Le vite celate.

di Chiaroscura69
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di primo impatto. ***
Capitolo 2: *** Incontro-scontro. ***



Capitolo 1
*** Di primo impatto. ***


Spiegarvi il mio carattere non è mio compito.
Non lo dico per un partcolare eccesso di arroganza o menefreghismo ma io sono un investigatore e a noi altri non piace guardarci molto dentro.
Il mio compito è raccontarvi chi si cela sotto le maschere dell'onnivora società in cui viviamo, senza remori e senza pietà.
Almeno questo è quello che mi sono imposto di fare, putroppo, come scoprirete nel corso della storia, non sarò in grado di essere troppo oggettivo da un certo punto in poi. Questo capita a chi si fa coinvolgere troppo.
Comunque, io mi chiamo Sebastian e sono un ragazzo eccentrico. Sin da piccolo ho la passione di scoprire cosa ci sia sotto qualsiasi elemento della vita reale. Questo è tutto ciò che avete bisogno di sapere di me.

Ho sempre pensato che per essere un buon bugiardo bisognasse avere un'ottima memoria; insomma, è semplice cadere in contraddizione se si dimentica anche un piccolo dettaglio. Il compito di ogni rispettabile investigatore non è quello di scovare la più piccola falla in una bugia?
Eppure l'esperienza della mia vita, che mi ha sempre cresciuto in mezzo ai bugiardi, mi ha insegnato qualcosa di diverso.
Non è tanto la perfezione architettonica della bugia a renderla intoccabile, quanto la convinzione di chi la pronuncia. La prima regola perciò è questa: se vuoi mentire devi essere il primo a credere nelle tue bugie. A nessuno interessa se ci sono contraddizioni nel tuo discorso; l'uomo è in contraddizione di natura. Tutti sottovalutano il potere della mente; eppure la mente è il teatro della bugia. Tutto avviene lì, la genesi, la crescita e il radicamento. Una volta acquisita la convinzione personale che ciò che si dice sia vero, anche il corpo si predispone per mostrare pura autenticità. Ma dei segnali del corpo vi parlerò in un altro capitolo.

Andare a quella festa mi riempiva di gioia. Ho sempre adorato le occasioni mondane, ci va un sacco di gente e ho modo di osservare e analizzare senza destare sospetti. Conoscevo la laureata solo di vista, ma questa faceva parte di quella categoria di persone che pensano che se un intero locale non è straripante di persone, allora non vale la pena laurearsi. Così eccomi qui, un estraneo in giacca e cravatta.
Appena varcata la soglia dell'enorme locale mi accorsi subito della sfarzosità dell'evento. Un gigantesco tavolo troneggiava nella sala ed era come tornare indietro nel tempo e sedersi alla tavola di Trimalcione. Ogni leccornia, ogni prelibatezza mai vagheggiata, era lì a farsi desiderare.
Naturalmente ogni ragazzo o ragazza che sia stato invitato ad una festa del genere sa che quel cibo dovrà limitarsi ad assaggiarlo, o passerà per morto di fame.
Un dj set di tutto rispetto era collocato nella parete destra della sala e già una pletora di fanciulle gaudenti dimenava il proprio deretano a ritmo di musica.
In tutto questo, non vidi subito la mia vittima. Non ero capitato a quella festa per caso, chiariamolo subito. Ho intravisto Gaia per la prima volta in facoltà e mi ha colpito subito. C'era qualcosa in tutto ciò che faceva di altamente e machiavellicamente costruito. Dovevo scoprire cosa ci fosse sotto, a qualunque costo. Come ogni rispettabile investigatore avevo scoperto da impensabili soffiate che l'oggetto della mia indagine si sarebbe dovuto recare alla festa di laurea di questa sconosciuta e così, dopo aver capito di chi si trattasse, avevo fatto in modo di essere invitato.
C'è da dire che per fare l'investigatore ci vuole anche una certa dose di innegabile fascino, modestia a parte.
Mi guardai attorno con circospezione decidendo quale fosse il luogo più adatto per avere una visuale completa di tutta la sala e alla fine mi piazzai vicino al banco del buffet.
E finalmente la vidi.
Dei vertiginosi tacchi neri sorreggevano due gambe chilometrichicamente perfette e un sedere a compasso. Era fasciata da un vestito a tubino vertiginosamente corto e scollato. Una cascata di boccoli rossi le incorniciava il viso. Il viso invece era perfettamente celato dietro chili di trucco ben lavorato; i suoi occhi verdi erano impiatricciati con abile maestria da una quantità illegale di mascara nero e le sue labbra fini erano trasfigurate da un acceso rossetto rosso.
Tuttavia, dirò la mia impressione su di lei per ultima. Gaia non era sola, era attorniata da un gruppetto di ragazzi.
Se si faceva attenzione si poteva capire benissimo che quella compagnia non era stata scelta a caso. Era il gruppo più eterogeneo che avessi mai visto, sembrava che ognuno di loro si fosse imposto un ruolo ben determinato da svolgere nella società.
Mi spiego meglio.
C'era una ragazza al fianco di Gaia che aveva l'aria di essere una perfetta snobbina, si guardava intorno costantemente e osservava chiunque dall'alto al basso storcendo il nasino. Per quell'attitudine al disprezzo probabilmente il suo naso aveva cambiato la propria fisionomia, puntando verso l'alto, come quello delle delicate ragazze francesi. Questa ragazza, che in seguito scoprirò chiamarsi Rebecca (un nome che si addice alla sua appartene personalità), sembrava voler comunicare al mondo la propria superiorità. Anche il suo abbigliamento tradiva questo messaggio universale; aveva dei pantaloni a campana color beige e una camicia bianca inamidata nel cui colletto spuntavano prepotentemente due gemelli con il simbolo di Firenze. I suoi capelli erano severamente legati con un'alta crocchia che dava al suo sguardo una parvenza ancor più austera.
Accanto a lei invece c'era un ragazzo palesemente omosessuale, che però, tentava con tutte le sue forze di nasconderlo. Il chè naturalmente lo metteva ancora più in evidenza. Nei suoi occhi e nelle sue labbra c'era perennemente il sorriso di chi si sta impegnando a divertirsi un mondo alle occasioni mondane ma che in realtà spera solo che in breve avvenga qualcosa che movimenti la serata. Inoltre non mi sfuggì come gettasse occhiate disperate in direzione del buffet sperando di non farsi notare troppo. Questo ragazzo sembrava del tutto a disagio nel proprio corpo, era alto abbastanza da svettare fra quasi tutte le teste dei presenti, era molto magro, al limite dell'ossuto, e aveva dei piedi di notevoli dimensioni. Era stretto in una camicia azzurra molto elegante e dei semplici jeans.
Al suo fianco c'era una ragazzina decisamente più bassa, con una nuvola di capelli ricci color ebano e un'espressione corrucciata. Guardandola non avresti mai pensato che quella ragazza avesse mai sorriso in vita sua. Sembrava la tipica ragazza che in quel momento avrebbe preferito seppellirsi sotto una pesante coltre di libri fantasy e che invece era stata obbligata a fingere che le persone, o meglio gli esseri umani, le piacessero. Portava degli occhiali dalle lenti spesse che riducevano i suoi occhi a due fessure stranamente misteriose e affascinanti, aveva le labbra carnose e solo un filo di rossetto. Si ciondolava sulle gambe un po' tozze e ogni tanto batteva un piede per terra nervosamente. Il suo abbigliamento era quello che ognuno di noi assocerebbe alla tipica nerd: aveva un paio di sneackers dalle quali spuntavano le calze del Quiddich di Harry Potter, un paio di pantaloncini di jeans mettevano in risalto il suo paffuto ed invitante fondoschiena e una maglietta  a maniche corte con scritto ''l'Inverno sta arrivando'', suppongo di Game of Thrones.
Un ultimo ragazzo faceva parte di quel gruppetto così composito, ma non lo vidi subito perchè era appostato dietro Rebecca. Questo ragazzo sembrava l'alter ego maschile della ragazza che vi ho appena descritto; sembrava il tipico nerd. Dato il fatto che non rivolgeva la parola a nessuno all'interno del gruppo tranne che a Rebecca, e dato che la seguiva ovunque si spostasse come se fosse la sua ombra, intuii che dovesse essere il suo ragazzo.
Infine c'era Gaia; guardandola era molto chiaro il ruolo che voleva interpretare in quella farsa che tutti noi chiamiamo vita; l'ochetta giuliva. Sì, quell'adorabile creatura vestita di nero, non faceva che ridere sguaiatamente, non faceva che assumere posizioni provocanti che mettessero in risalto il suo bellissimo corpo e non faceva che guardarsi intorno per vedere se qualcuno l'avesse notata.
C'era qualcosa che non andava in quel gruppo, lo notai subito. Tanto per cominciare Rebecca sembrava la tipica ragazza che ogni uomo teme, la tipica so tutto io che sa recitarti a memoria una poesia di Leopardi e allo stesso tempo guidare come Ayrton Senna. Una ragazza di questo genere ha bisogno di un uomo al suo fianco che non sia affatto preda di insicurezze ma che abbia un carattere forte quanto il suo, altrimenti se lo mangerebbe. E allora che dire di quel fantasma compassato che le gira intorno e che pende dalle sue labbra? Chi dei due recita?
E poi, una ragazza come lei, che guarda tutti con malcelato disprezzo e sembra portatrice di ampi valori morali e diciamocelo, una certa arretratezza mentale, come può essere amica di un portatore sano di una caratteristica ancora non del tutto apprezzata nel 2018, ovvero l'omosessualità?
Le mie erano tutte considerazioni amorfe, che prendevano vita e poi si sfaldavano subito.
Ciò che imparai conoscendoli bene uno per uno, fu che ognuno di loro sarebbe stato smascherato dalla vita, da qualcuno. Tutti avrebbero dovuto mostrare il loro vero volto ad un certo punto. Tutti tranne una, tutti tranne Gaia.
Almeno prima che io non mi ci accanissi con tutto me stesso.
E così arriviamo al punto che dà veramente inizio a questa storia. Ad un certo punto Gaia si staccò dal gruppo e si avvicinò al tavolo del buffet. Io, come un avvoltoio sulla sua carcassa, ero lì, pronto ad aspettarla.

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Capitolo 2
*** Incontro-scontro. ***


Ho letto che una delle tattiche più efficaci per nascondere qualcosa sia quella di dire per ultima la vera causa del problema. Vengo e mi spiego.
A chi non sarà mai capitato di non avere voglia di uscire con un amico ma allo stesso tempo non voler offenderlo? E allora basta inventare almeno due o tre scuse e poi per ultimo dire il vero motivo. Del tipo: 'No guarda devo andare a trovare mia zia, ho tantissimo da studiare e poi sinceramente sono molto stanco e non mi va proprio. Provateci. Noterete subito che l'amico farà attenzione solo alle prime cose che avete detto, tralasciando quella reale, ovvero che proprio non vi va.
I meccanismi mentali sono meravigliosi.
Vi ho accennato nell'altro capitolo che quando ci convinciamo della nostra bugia la nostra mente predispone il corpo a mentire, tuttavia ci sono dei segnali inequivocabili che ci permettono di capire se la persiona che ci troviamo davanti stia cercando di mentirci. Per esempio le persone hanno la tendenza a toccarsi di più il naso quando mentono. Chi mente, spesso si copre la bocca con le mani oppure le tiene vicine a essa, come se volesse nascondere le bugie che sta per dire. Oppure
puoi capire se una persona sta cercando di ricordare o inventare qualcosa sulla base dei suoi movimenti degli occhi. Quando ricordiamo un dettaglio, i nostri occhi si muovono in alto e a sinistra; quando invece inventiamo qualcosa, gli occhi si muovono in alto e a destra. Le persone hanno anche la tendenza a sbattere le palpebre più rapidamente quando mentono.
La cosa che mi diverte di più in tutto ciò è che spesso la verità è sotto i nostri occhi ma noi non la vediamo.


Gaia affettava una certa disinvoltura mentre si versava un calice di champagne e elegantemente se lo portava alle labbra. Sembrava cresciuta studiando intonsi tomi di galateo, e io stavo per rovinarle la festa.
Senza farmi notare mi avvicinai lentamente e mi posizionai esattamente dietro di lei a distanza di un palmo di mano. Come avevo previsto si voltò di scatto e andò letteralmente a sbattermi sopra. Sacrificare il mio immacolato smoking per fare la sua conoscenza mi sembrava un buon compromesso. Tutto lo champagne finì sulla mia camicia e sui pantaloni.
La sua espressione di sincero orrore trasparì solo per un istante, poi si ricompose.
''Oh mi dispiace molto''si scusò prendendo un tovagliolo dal tavolo e cercando di tamponarmi la camicia.
''Non preoccuparti, sono cose che capitano. Anche io sono molto sbadato'' la provocai sorridendo.
Smise subito di tamponarmi e incrociò il mio sguardo.
''Scusami se ti correggo ma  solo tu sei stato sbadato. Io ero di spalle e di certo non potevo vederti, nè potevo immaginare che mi stessi passando accanto''rispose piccata.
''E allora perchè ti sei scusata?''la presi in giro.
Gaia incrociò nuovamente il mio sguardo e notai che cercava di capire esattamente che intenzioni avessi.
''Per educazione, naturalmente''rispose dopo un po' sorridendomi con stizza.
''Allora, per educazione, mi puoi gentilmente dire il tuo nome?''
La ragazza riacquistò in un lampo il suo contegno da femme fatale e mi sorrise languidamente. Era rientrata in un baleno nel suo ruolo una volta convinta di aver fatto colpo.
''Mi chiamo Gaia Diamante''
''Benissimo. Ora so a chi far recapitare la ricevuta della lavanderia. Sai quanto costa questo abito?''le chiesi, fingendomi indignato.
Le sue labbra perfettamente truccate formarono una perfetta piccola 'o'. L'avevo del tutto spiazzata.
Oh avanti Gaia, impegnati. Altrimenti non è più divertente.
Dopo essere scoppiata in una risata argentina la ragazza sorrise con garbo.
''Sarò ben lieta di pagarti il tuo abito, solo se tu mi riveli il tuo nome''insinuò.
''Mi chiamo Sebastian Conti''risposi senza pensare. Un vero investigatore in incognito non dovrebbe mai rivelare la propria identità.
Notai un guizzo nei suoi occhi quando sentì il mio nome ma poi fece finta di nulla.
''Non ti piace il mio nome?''le chiesi incuriosito.
Nel suo sguardo baluginò per un attimo lo sconcerto di essere stata scoperta. Probabilmente la esasperavo.
''No, no...Non è questo. Mi ricorda una cosa''sussurrò con un sorriso mesto. Sentii che per un attimo avevo squarciato il suo velo di Maya.
Quella creatura affascinante destava in me una smania di sapere incontrollabile.
''Che cosa?''
Gaia mosse una mano nell'aria come a voler scacciare un ricordo e tornò imperturbabile.
''Non ha importanza. Comunque, io so chi sei. Conosco il tuo segreto e ora gli hai dato un nome'' insinuò con un sorriso velenoso.
Stava chiaramente bluffando ma aveva un ottima faccia da poker.
''Ah sì? E quale sarebbe?''la sfidai alzando un sopracciglio.
''Lo so che sembro particolarmente stupida, ma non lo sono così tanto. I segreti sono un'ottima lama''
''Sarebbe una minaccia?''la provocai.
''Non ti hanno mai detto che la miglior difesa è l'attacco?''
''Ti senti attaccata da me?'' sussurrai avvicinandomi di più a lei.
La sua sicurezza vacillò per un istante e incredibilmente la vidi arrossire. Come poteva arrossire la signora indiscussa delle tresche? Come poteva imbarazzarsi dalla vicinanza di un ragazzo quando si mostrava come una ragazza abituata ad avere rapporti ravvicinati con l'altro sesso?
''In qualche modo mi spaventi, signor Sebastian. Ma mi sembra corretto avvertirti che iniziare una guerra con me non è affatto una mossa saggia''sussurrò a sua volta, avvicinandosi a me probabilmente senza volerlo.
''Lo terrò a mente'' risposi con un sorriso spavaldo.

''Gaia vieni un attimo?''la chiamò Rebecca con un sorriso tirato ma spazientito. Appena lei si voltò mi sentii attraersare il corpo dalle occhiate inquisitorie del suo gruppetto mal assortito.
''Arrivo''rispose velocemente Gaia.
''Beh, immagino che ora passarei il tempo ad aspettare con ansia la fattura della giacca''le dissi per lanciarle la stoccata finale.
''C'è chi passa il tempo ad aspettare una fattura e c'è chi lo passa spiando gli altri. La prossima volta che decidi di giocare al piccolo investigatore almeno scegli la festa di qualcuno che conosci'' rispose piccata e si allontanò, lasciandomi lì a rimurginare sui miei errori.
Non capivo come la situazione si fosse ribaltata; io ero lì per levarle la maschera ma era stata lei a smascherarmi. Al primo colpo. Non avrei saputo dire se provassi maggior ammirazione o fastidio nei suoi confronti.
Una cosa era certa: la guerra era iniziata.

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