The Blair Witch Mess

di Black Drop
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** La strega di Blair ***
Capitolo 3: *** La furia dell'orso ***
Capitolo 4: *** Il controsenso della comunicazione ***
Capitolo 5: *** Imbarazzo di seconda mano ***
Capitolo 6: *** La legge di Murphy ***
Capitolo 7: *** La Cavalcata delle Valchirie ***
Capitolo 8: *** Il sostegno della costante ***
Capitolo 9: *** L'inchiesta delle pettegole ***
Capitolo 10: *** Il trucco del forno ***
Capitolo 11: *** Il fascino del freddo ***
Capitolo 12: *** La spinta del caffè ***
Capitolo 13: *** Il re delle paranoie ***
Capitolo 14: *** La prova del messia ***
Capitolo 15: *** Il festino delle farfalle ***
Capitolo 16: *** La danza del cowboy ***
Capitolo 17: *** I postumi della follia ***
Capitolo 18: *** L'attacco del bouquet ***
Capitolo 19: *** L'epilogo del caos ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fine ***


 

Nel momento stesso in cui Maka richiuse delicatamente la porta d'ingresso alle sue spalle, l’inesorabile certezza che quella mattina, già iniziata molto male, sarebbe potuta solamente peggiorare, la colpì, come un’improvvisa doccia fredda.
Un cappotto in pelliccia e una borsa dall'aria alquanto costosa facevano la loro bella mostra dal divano, esattamente come li aveva visti qualche ora prima, quando nel cuore della notte era sgattaiolata via, sull'orlo di una crisi di nervi.
Con uno sbuffo, avanzò a passo felpato verso le scale, diretta in camera sua, ma si fermò bruscamente quando sentì uno schiarirsi di gola, seguito da un: “E tu chi sei?”
Sulla soglia della porta della cucina, una donna che non aveva mai visto prima la scrutava con un velo di indignazione e forse un po’ di timore. Era a malapena vestita, con addosso solo una familiare camicia verde che fece storcere il naso a Maka, e i capelli scuri in disordine che le incorniciavano il volto pallido.
Maka strinse le labbra in una linea sottile.
Non si aspettava di trovare nessuno in piedi. In realtà non si era aspettata neanche che l'ultima conquista di suo padre fosse ancora lì, prima di notare la sua roba sul divano. In ogni caso era stata beccata e questo non rientrava nei piani.
“Potrei chiederti la stessa cosa.” borbottò quasi annoiata, lasciando perdere l’educazione. Non che l’avrebbe mai più rivista.
La donna sgranò gli occhi, sbigottita e Maka sospirò.
“Senti, non mi aspettavo che fossi ancora qui. Possiamo fare finta di nulla?” propose, cercando di non sembrare troppo seccata. “Ognuna continua per la propria strada. Chi si è visto, si è visto.”
Dopo di che, raggiunse la base delle scale, ma si fermò nuovamente quando la donna sconosciuta iniziò a balbettare sconvolta.
“Ma... ma... tu entri così, come se niente fosse, e ti aspetti che io non faccia domande? Ma insomma!”
“Io vivo qui!” scandì Maka perdendo la pazienza. Questa donna non aveva la più pallida idea di chi lei fosse e la situazione non faceva che peggiorare. “Ora, se vuoi scusarmi, devo prepararmi per andare a scuola.”
Detto questo, se ne andò al piano superiore, lasciando la sconosciuta da sola in cucina a boccheggiare confusa. Quando qualche minuto più tardi Spirit Albarn scese le scale, vestito di tutto punto, fu subito bombardato di domande.
“Spirit! C'è forse qualcosa che hai dimenticato di dirmi?” chiese la mora con aria stizzita.
Spirit, che in realtà non si aspettava di trovarla ancora lì, rimase a corto di parole, non sapendo davvero come rispondere.
“È appena arrivata una ragazzina e se n'è andata al piano di sopra come fosse la cosa più naturale del mondo!” sbottò lei, davanti al silenzio dell’uomo, sollevando la voce di qualche ottava.
Spirit chiuse la bocca e la riaprì. “Intendi Maka?”
“Chi?!”
“Te ne ho parlato ieri notte, non ricordi?”
In quello stesso momento, Maka tornò nuovamente in cucina, vestita e pettinata in maniera impeccabile. Ignorò completamente i due, iniziando a preparare un tramezzino.
“Maka, tesoro, sei già in piedi?”
Maka gli lanciò un'occhiata storta, serrando la mascella. Sentì l’ospite di suo padre muoversi in maniera impaziente alle sue spalle.
“Spirit?” incalzava nervosamente.
Spirit deglutì, quasi ansioso.
“Ieri notte ti avevo detto… insomma, so di avertelo detto!”
La donna continuava a guardarlo, senza capire a cosa si riferisse. Scosse il capo, irritata.
Spirit prese fiato con una certa esasperazione ma, prima che potesse continuare a parlare, fu interrotto da un bussare alla porta finestra della cucina. Con uno sbuffo, andò ad aprire, trovando un familiare ragazzo albino, dall'aria assonnata.
“Ciao Spirit.” salutò lui con uno sbadiglio.
Prima che l’uomo potesse chiedergli di aspettare fuori, Maka parlò a voce alta. “È Soul? Fallo entrare.”
Spirit e Soul si lanciarono un’occhiata diffidente a vicenda, prima che Maka si intromettesse nuovamente. “Vieni, dai!”
Il ragazzo superò Spirit e si piazzò al fianco di Maka. Notando poi l’altra presenza (e la sua mancanza di indumenti) nella stanza, sembrò percepire immediatamente l’atmosfera tesa.
“Uhm…” bofonchiò corrugando le sopracciglia. “Posso aspettare fuori, se vuoi.”
Probabilmente Spirit stava già per rispondergli che sì, sarebbe stato meglio se fosse rimasto fuori, ma Maka lo battè sul tempo, scuotendo il capo.
“No, rimani pure.” gli disse con palese finta tranquillità, offrendosi poi di preparare un tramezzino anche per lui. Ignorò spudoratamente suo padre che si portava le mani alla testa, con agitazione.
“Cosa sta succedendo?” sempre più nervosa, la donna guardava dall’uno all’altro i presenti con gli occhi spalancati. Tutta quella gente stava entrando in casa senza farsi nessun problema e lei non era vestita!
Spirit tentò di nuovo di spiegare. “Ti ho parlato di lei. La mia Maka.” disse indicando la figlia.
“Maka...” mormorò la donna, confusa. “Io non avevo capito che fosse una persona.”
La cucina si fece silenziosa.
Soul deglutì.
Maka rigirò tra le dita il coltello con cui stava spalmando la maionese, sporgendosi all’indietro e allungando il collo per guardare suo padre.
“Ora sono diventata il tuo cagnolino?” commentò con un sorriso pericoloso e una buona dose di amarezza. Lui scosse vigorosamente il capo.
Soul si schiarì la gola, evidentemente a disagio.
“Davvero, posso aspettare fuori.” ripeté debolmente.
“Rimani.” lo sovrastò Maka, con tono che non ammetteva repliche.
“Maka, angelo mio! Ti assicuro che non è così. È stato un malinteso, lei non mi ha capito.” blaterava suo padre, sempre più disperato. Soul riusciva a vedere la fronte che gli si velava di sudore.
Maka sospirò seccata, avvolgendo con poca grazia i tramezzini nella pellicola e porgendone uno a Soul. Si voltò di colpo a guardare l’estranea nella sua cucina.
“Non so cosa ti abbia detto e cosa tu abbia capito” iniziò, con una smorfia di irritazione. “Ma io sono semplicemente la figlia dell'uomo che ti ha rimorchiata ieri notte in qualche squallido bar. E no, non sei la prima che si porta a casa e di certo non sarai l’ultima.” concluse, lanciando un’occhiata di disgusto a suo padre. Lui si coprì il volto con un mugolio sofferente.
“Ora, se volete scusarci, noi dovremmo andare a scuola.” continuò Maka con tono ferreo.
Afferrò la manica della giacca in pelle di Soul e lo trascinò fuori dalla porta d'ingresso, sbattendola dietro di sé.
Durante il viaggio fino a scuola non dissero niente, il ruggito della motocicletta di Soul che li accompagnava per tutta la strada. Maka non parlò neanche quando scesero nel parcheggio e Soul la lasciò rimuginare per qualche altro minuto.
“Scusami. È stato imbarazzante.” gli disse dopo un po’, in un mormorio.
Soul fece una smorfia, poi si sforzò subito di tornare impassibile e si strinse nelle spalle. Le sfiorò la mano con la sua.
“Non preoccuparti. Ho passato di peggio.”
Maka sorrise.


Il suo sorriso, purtroppo, non poteva durare all’infinito.
Maka era una persona abbastanza positiva, ma c’erano davvero molte cose che non riusciva a sopportare, e la maggior parte di queste avevano a che fare con suo padre.
Erano passati due giorni dal suo incontro ravvicinato del terzo tipo, Spirit aveva chiesto perdono alla figlia in quasi tutte le maniere possibili e alla fine Maka aveva fatto spallucce, dicendogli che finché non si fosse dato una regolata sarebbe stato tutto inutile.
Per quei due giorni avevano cercato di evitare l’argomento e avevano cenato insieme a casa, ma, come ogni volta che sembravano avvicinarsi ad una tregua, suo padre ne stava già combinando un’altra.
“Ha detto che è a una cena di lavoro.” disse acidamente, passando in rassegna i contenuti del frigo.
Seduto al tavolo, Soul storse la bocca. Non ci voleva un genio per capire che Spirit facesse un po’ troppe cene di lavoro, per essere un insegnante. Avrebbe almeno potuto cambiare scusa di tanto in tanto.
“Devi tornare a casa a mangiare?” gli chiese poi lei, lanciandogli un’occhiata di sottecchi.
Soul scosse il capo.
“Non per forza. Se mi stai invitando allora rimango qua.” le rispose, facendosi più comodo sulla sedia.
Non era raro che Soul le facesse compagnia, quando Spirit era fuori per le sue importantissime cene di lavoro. Soprattutto visto che spesso suo padre non tornava neanche la notte, presentandosi il giorno dopo con aria stanca e aspetto alquanto disordinato. In quei giorni Soul si offriva di rimanere a dormire, giusto per non lasciarla completamente sola.
Maka viveva in un tranquillo quartiere residenziale, in una villetta a due piani, molto semplice e graziosa. Alla destra di questa, c’era una villa considerevolmente più grande e sfarzosa, in cui viveva la famiglia di Soul. Perciò, fin da quando erano piccoli, andare l’uno a casa dell’altra non era mai stato un problema.
Maka, comunque, si chiedeva come Soul giustificasse i loro ‘pigiama party’ improvvisati, e l’idea che i suoi genitori potessero avere periodicamente l’ennesima conferma di come suo padre fosse un donnaiolo la metteva assurdamente in imbarazzo.
Almeno aveva provato, di rimando, una certa di soddisfazione per le crisi isteriche di Spirit all’idea che Maka fosse rimasta di notte sola in casa con un uomo, come aveva affermato le due volte che era tornato all’alba e aveva trovato Soul spaparanzato sul divano al fianco del suo angioletto.
Inutile dire che dopo quell’episodio Soul non aveva fatto che prenderla in giro per la terribile scelta di parole di suo padre.
“Non hai un granché di angelico.” le aveva detto.
Maka gli aveva tirato un cazzotto sul braccio.
Anche quella sera, Spirit non sembrava in vena di tornare per la notte, ma Maka rassicurò Soul che sarebbe stata bene anche da sola e lo rispedì a casa sua.
Si mise a letto, leggendo fino a tardi e si addormentò, cercando di ignorare il solito pizzico d’ansia che la tormentava nelle notti che suo padre passava fuori. Sapeva che probabilmente era a casa di qualche bella donna sconosciuta, che probabilmente lei era l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento, ma ogni volta non faceva che pensare a come lui non avvisasse mai. E a quel punto si tormentava con una serie di paranoie che le facevano rizzare i capelli sulla nuca e sentire il cuore in gola. E se gli fosse successo qualcosa? E se avesse fatto l’idiota e avesse guidato dopo aver bevuto? E se…?
Cercava di non dargli troppo peso, distraendosi in altro modo e sostituendoli con la rabbia. Quella era decisamente più facile da gestire dell’ansia.
Come previsto, Spirit era a casa la mattina dopo. Sembrava più sereno del solito e le preparò la colazione con un sorriso sulle labbra. Maka non voleva assolutamente sapere perché fosse così felice.
L’unico momento in cui riusciva a distrarsi completamente era durante la scuola. Non pensava alla sua ridicola situazione familiare perché aveva altro per la testa. Aveva una borsa di studio per l’università da aggiudicarsi, quindi le sue uniche preoccupazioni erano seguire le lezioni e prendere appunti, senza farsi distrarre dagli schiamazzi di Black Star, o dalle sue bravate. Il che, in effetti, non era facilissimo in quei giorni. Non faceva che parlare continuamente di una fantastica ragazza che aveva conosciuto la settimana prima e che aveva deciso sarebbe diventata sua moglie.
La prima volta che ne aveva parlato (o meglio, urlato durante il pranzo, facendosi così sentire per tutta la mensa), Maka aveva fatto una smorfia, chiedendosi chi fosse la povera malcapitata, mentre Soul era semplicemente scoppiato a ridere. E poi c’erano Liz e Patty che avevano messo in dubbio l’esistenza stessa di questa misteriosa ragazza, alimentando maggiormente l’attacco di ridarella di Soul.
Ad ogni modo, che fosse distratta dallo studio o da questo tipo di ridicole situazioni (che considerati i suoi amici erano all’ordine del giorno) riusciva a non farsi buttare giù e non passare l’intera giornata col broncio, ripensando alla terribile condotta di suo padre.
Due sere più tardi però accadde qualcosa di inaspettato.
“Mangio fuori anche oggi.” la informò Spirit, armeggiando davanti ai fornelli. “Ti lascio la cena nel microonde.”
Maka girò il capo così bruscamente che sentì quasi dolore.
Non era certa di aver capito bene. Suo padre le aveva preparato la cena, nonostante dovesse uscire?
Ripensò a come gli ultimi due giorni si fosse persino alzato presto e avesse preparato la colazione.
“Potevo farlo da sola.” balbettò, confusa da quello strano comportamento.
Spirit le sorrise in maniera sdolcinata. “Non so a che ora torno, non aspettarmi.”
A quel punto Maka sapeva che c’era qualcosa di diverso dal solito.
Spirit Albarn, l’uomo che incarnava il concetto stesso di ‘fatica ad impegnarsi per qualsiasi cosa’, aveva già programmato la sua serata, l’aveva avvisata per tempo e le aveva persino lasciato la cena pronta.
Forse il giorno dopo avrebbe nevicato.
Il giorno dopo il clima era desertico come sempre, ma Spirit era già in piedi quando lei si alzò per andare a scuola. Sembrava aver mantenuto il suo buon umore e non sembrava subire particolarmente il tipico malessere da post sbornia.
Maka era a dir poco preoccupata.
“Ho paura che mio padre si sia ammalato.” esordì in un sibilo, tre giorni più tardi.
Soul poggiò il controller della play station sulla gamba e la guardò serio, gli occhi sbarrati.
“Cosa?”
Maka sospirò, lasciandosi cadere sul letto di Soul.
“Sono giorni che ormai si comporta in maniera davvero strana. È diventato quasi più responsabile, ha persino riniziato a cucinare.” spiegò scrutando il soffitto con aria sconsolata. “Perché all’improvviso è diventato così normale? Sicuramente si è ammalato e non vuole litigare.”
Soul lasciò andare il fiato che stava trattenendo con uno sbuffo stizzito.
“Cazzo! Mi hai fatto spaventare!” si lamentò, riprendendo a giocare con una smorfia.
“Ma io sono spaventata!” ribatté Maka, mettendosi a sedere. “Cosa dovrei pensare? L’hanno forse rapito gli alieni?”
Soul sghignazzò, gli occhi fissi sullo schermo della tv.
“L’area 51 non è così lontana da qui, dopotutto.” mormorò divertito.
“Dovrei chiamare Stein?” continuò Maka, preoccupata. Stein, il suo padrino, era un vecchio amico di suo padre, di certo si sarebbe accorto se qualcosa non andava con lui.
Soul si lasciò andare ad una risata vera e propria. Non la stava prendendo per niente seriamente.
“Penso che daresti inizio ad un ciclo di esperimenti, e non so se sia il caso.” commentò, beffardo.
Maka ci ragiono qualche secondo.
“Credo che sia già successo una volta, in realtà.” fece pensierosa.
Soul si voltò di scatto per guardarla. Aveva un’espressione a metà tra il divertimento e l’orrore. Parlare di Stein faceva sempre quell’effetto.
“Non so i dettagli.” si giustificò Maka, stringendosi nelle spalle. “Comunque, ora non è importante.”
Soul tornò a guardare il suo videogioco.
“Magari si è semplicemente reso conto di essere un idiota e sta cercando di rimediare.” ipotizzò, tornando a parlare di Spirit.
Maka non era convinta, ma non sapeva davvero più cosa pensare.
“Perché così all’improvviso?” borbottò tra sé e sé.
“Forse perché l’ultima volta è stato davvero uno stronzo e se n’è accorto pure lui.” le rispose Soul con semplicità. Poi la guardò, più cauto. “Senza offesa.”
Maka fece spallucce. Sapeva che Soul aveva ragione, dopotutto.
Guardò lo schermo della tv, imbronciata. Era sicura che la questione non fosse così semplice, c’era qualcosa che le sfuggiva.
Soul le lanciò uno sguardo veloce e sospirò, mettendo il gioco in pausa.
“Maka, non è malato e non c’è niente sotto.” disse come se le avesse letto il pensiero, poggiando nuovamente il joypad. “Stai facendo la paranoica.”
Maka non era convinta. Continuava a scrutare la televisione, cercando di analizzare il comportamento di suo padre. Il problema era principalmente uno: l’idea che Spirit si fosse finalmente accorto di essere stato un disastro per gli ultimi dieci anni e che stesse cercando in qualche modo di rimediare era talmente inverosimile per lei che non riusciva a prenderla seriamente. Non lo reputava abbastanza maturo.
Soul aveva ripreso il controller, ma stava spegnendo la console.
“Dai, guardiamo un film e non ci pensare più.” provò di nuovo, alzandosi e prendendo il computer dalla scrivania.
“Che film?” chiese Maka mentre Soul le si risedeva accanto con il pc sulla gambe.
La fissò in silenzio per qualche secondo, ragionando.
“The Blair Witch Project.” le disse poi. “Tu non l’hai mai visto.”
Maka fece spallucce. Forse avrebbe dovuto davvero cercare di distrarsi, stava continuando a pensare a rapimenti alieni o malattie rare.
“Possiamo anche fare i compiti, dopo.” aggiunse Soul stancamente, come se gli stesse costando uno sforzo enorme. Maka ridacchiò.
“Oh, perfetto! L’hai detto, ormai non puoi rimangiartelo!” lo minacciò con un sorrisetto. “Dai, metti il film.”
Soul sembrava vagamente preoccupato per la sua sorte, ma tornò alla ricerca del film senza dire nulla.
Nonostante tutto, Maka non era riuscita a togliersi dalla testa l’idea che ci fosse qualcosa di davvero strano nel comportamento di suo padre. Continuò a pensarci e ripensarci per tutta la notte.
Non l’aveva visto così sereno e responsabile da quando sua madre viveva ancora con loro. Anzi, da quando lei andava ancora alle elementari. Perché all’improvviso aveva iniziato a comportarsi quasi in maniera normale?
Quasi perché continuava a uscire la sera, ma la avvisava e a volte tornava persino a orari passabili. Sembrava essere diventato un qualsiasi padre, se non fosse per le sue sempre esagerate manifestazioni d’affetto nei suoi confronti (la mattina prima aveva cercato di farle i pancake a forma di cuore per colazione, con risultati decisamente disastrosi).
Maka, però, era sicura che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che non riusciva proprio a capire.
Poi, due settimane più tardi i suoi sospetti trovarono conferma. Come volevasi dimostrare.
L’aveva fatta sedere in soggiorno, un pomeriggio. Lei sul divano, lui sulla poltrona. Sembrava nervoso, e Maka non sapeva se sentirsi sollevata o se iniziare ad arrabbiarsi.
Suo padre aveva cercato di tornare nelle sue grazie di proposito!
“Mi chiedevo se fossi libera stasera.” iniziò, quasi timidamente.
Maka corrugò le sopracciglia, confusa. “Sì, perché?”
Spirit prese fiato, sforzandosi di sorridere.
“Be’, c’è qualcosa di molto importante di cui vorrei parlarti.” iniziò, tormentandosi le mani. “È da un po’ che aspetto di dirtelo, in realtà.”
Maka non poteva essere più impaziente. Annuì, incitandolo a continuare.
Suo padre tentò un sorriso nervoso che sembrava più una smorfia.
“Senti, so di non essere stato molto corretto nei tuoi confronti negli ultimi anni. Non ho fatto proprio un bel lavoro, come padre, eh!” balbettò con voce leggermente strozzata.
Come risposta ricevette solamente un sopracciglio inarcato, quindi si affrettò a continuare.
“E innanzitutto volevo dirti che mi dispiace.”
Maka sbuffò. “Ok. quindi?”
Voleva sapere cosa aveva da confessare.
“Il punto è che… qualche settimana fa in effetti è successo qualcosa di inaspettato.” Spirit iniziò a far ballare la gamba, il capo chino e la faccia contorta dal nervosismo.
Maka si mordicchiò il labbro, irritata. Doveva proprio girarci intorno così tanto?
“Insomma… ho conosciuto una persona.” confessò suo padre. Sollevò un attimo lo sguardo su di lei e precisò: “Una ragazza.”
Maka rimase impassibile.
Perché glielo stava dicendo? Suo padre andava con una donna diversa ogni sera, lo sapeva benissimo.
“Ci stiamo frequentando.” specificò Spirit, non ricevendo nessun tipo di reazione dalla figlia.
A quel punto, però, Maka reagì.
Frequentando. Suo padre stava frequentando una ragazza.
“Come?” balbettò, non tanto sicura di aver capito bene.
Spirit sospirò tremante. Sembrava che quella conversazione gli stesse costando un enorme sforzo.
“Insomma, stiamo uscendo insieme.” spiegò ad alta voce.
Maka sembrava non riuscire a capacitarsi di una tale notizia. “Cioè più volte? Con la stessa persona?”
Spirit si riavviò nervosamente i capelli rossi all’indietro, cercando di non farsi prendere dal panico. Annuì freneticamente.
Maka si prese qualche secondo per rimuginare su quelle parole, le sopracciglia corrugate e le labbra strette.
“Perché mi hai chiesto se sono libera stasera?” domandò all’improvviso con tono molto serio.
Spirit deglutì, allargando il colletto della camicia. Stava sudando freddo.
“Perché l’ho invitata a cena.”
Maka lo fissò attonita.
Quella serata si preannunciava a dir poco disastrosa.






Nota:
Non pubblico una long da circa un millennio, perciò sono giusto un filino nervosa... ehm...
Bene, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, vi abbia strappato almeno un sorriso e che vi abbia incuriosito abbastanza.
Grazie per aver letto. I commenti sono sempre ben accetti. :)
Alla prossima 

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Capitolo 2
*** La strega di Blair ***


La strega di Blair


“Come diamine ti è uscito quel risultato?”
Maka alzò il capo, notando Soul che scrutava con astio l’esercizio dal suo quaderno, probabilmente cercando di capire come l’avesse risolto.

Maka roteò gli occhi poi allungò la mano verso il banco dell’amico.
“Fammi vedere.”
Soul le consegnò il suo quaderno con uno sbuffo.
“Chi se ne frega poi di calcolare la percentuale di concentrazione di una stupida soluzione.” borbottò seccato, scivolando più in basso dietro al suo banco.
Maka gli lanciò un’occhiataccia.
“Dovrebbe fregartene, se ti vuoi diplomare.” sibilò con severità.
Soul si limitò ad alzare le spalle, senza sembrare troppo preoccupato.
“Un modo per passare già lo trovo.” fece, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono.
“Vuoi farti di nuovo beccare a copiare?” lo sgridò Maka con una smorfia. “Tra l’altro, dubito che lei sarebbe così buona come è stato Barret.” precisò indicando la professoressa Gorgon, seduta alla scrivania intenta a sfogliare i suoi appunti, in attesa che gli studenti finissero gli esercizi.
Soul storse il naso. Non rispose, ma Maka intuì dalla sua espressione che si stava immaginando che disastro avrebbe potuto scatenare.
Medusa Gorgon era, senza mezzi termini, una strega. Per alcuni questa definizione non era solamente metaforica, ma quello era un altro discorso.
Maka pensava che fosse indubbiamente una buona insegnante, era ben preparata e le sue spiegazioni erano chiare. Ma il suo terribile caratteraccio era più che sufficiente per far dimenticare le sue buone qualità.
Soul sbuffò sonoramente.
“Ma io non li riesco a capire questi cazzo di esercizi!” si lamentò, sollevando appena la voce.
Maka gli tirò un colpo, intimandogli con un cenno di fare silenzio. Medusa sollevò gli occhi e osservò gli studenti per un secondo, prima di tornare a guardare nuovamente in basso.
“Non è possibile che questa matta scateni questo terrore generale, comunque.” sussurrò Soul con irritazione. “E tutto perché qualche idiota si è lasciato sfuggire la storia della rinoplastica.”
Maka tentò di trattenere una risata, con scarso successo. Si nascose dietro al quaderno di Soul che stava ancora esaminando.
“Tu ci credi?” gli chiese in un sibilo.
Soul fece spallucce. “Perché, tu no?”
Maka guardò la professoressa, incerta. Indubbiamente aveva un naso dalla forma davvero strana.
“Insomma, non mi sembra molto naturale.” commentò Soul in prossimità del suo orecchio. “Le hanno fatto la faccia da serpente.”
Maka si coprì di nuovo col quaderno, cercando di soffocare le risate.
“Almeno adesso è in sintonia con la sua vera natura.” continuò lui, imperterrito.
Maka si accasciò sul banco, cercando di fare più silenzio possibile. Non poteva assolutamente scoppiare a ridere in quel momento.
Sentì Soul sghignazzare al suo fianco e allungò un braccio verso di lui alla cieca, finché non trovò la sua gamba e lo pizzicò. Lui si irrigidì di colpo, mordendosi il labbro per non imprecare.
“Smettila di dire cavolate. Se mi fai finire nei casini, ti ammazzo!” sbottò Maka, sempre tenendo il tono di voce più basso possibile.
Soul ridacchiò perfidamente e Maka lo colpì con il suo stesso quaderno. Si guardò intorno, immediatamente, ma a parte le persone nei banchi vicini a loro, nessuno sembrava essersi accorto di nulla. Medusa era sempre alla cattedra.
Maka lanciò un’altra occhiataccia a Soul, tornando poi a guardare il suo esercizio in cerca dell’errore. Lo sentì sbuffare per l’ennesima volta.
“Io la odio la chimica. Non ci farò mai niente, nella vita, con la chimica.” bofonchiò, imbronciato.
“Hai invertito il divisore e il dividendo, qua.” lo informò Maka con semplicità, ignorando le sue lamentele. “Se li scambi, ti dà il mio stesso risultato.”
Soul riprese il suo quaderno e osservò l’esercizio come se lo avesse offeso personalmente. Mentre iniziava a correggerlo, Maka tornò ai suoi appunti e si concentrò sul problema seguente.
“Comunque, non hai ancora detto niente della cena di ieri.” iniziò Soul, dopo qualche secondo di silenzio.
Maka smise di scrivere e strinse la penna.
“Te ne ho già parlato ieri.” rispose evasiva. Sentiva lo sguardo di Soul addosso.
“Non hai detto un granché.” ribatté lui. “Per lo più hai continuato a ripetere quanto fossi arrabbiata.”
Maka si raddrizzò e lo guardò a testa alta.
“Tu non lo saresti?” chiese con aria di sfida.
Soul sospirò, vagamente a disagio. Probabilmente si stava già pentendo di aver iniziato quella conversazione.
“Tuo padre ti dice che ha una fidanzata, una vera e propria, dopo più di sei anni in cui si è dato alla pazza gioia e si è portato a letto metà della popolazione femminile del Nevada.” iniziò Maka con tono aspro. “E proprio quando pensi che finalmente abbia messo la testa a posto, ti presenta una del genere. Tu non saresti arrabbiato?”
Si guardarono in silenzio per qualche secondo, Soul sembrava incerto su cosa dire e Maka si stava innervosendo sempre di più, solamente ripensando alla sera precedente.
“È così tanto più giovane?” chiese Soul, sibilando.
Maka strinse il bordo del banco con forza, storcendo le labbra.
“Ha ventotto anni.” sputò.
Soul fece un veloce calcolo. “Dai, otto anni di differenza non sono poi così tanti.” fece, cercando di placarla. “Insomma, poteva essere molto peggio.”
Maka lo fulminò con lo sguardo.
“Soul, ha ventotto anni. Vuol dire che mio padre sta uscendo con una che ha solo dieci anni in più di noi!” chiarì con disgusto.
Soul lanciò un’occhiata nervosa verso la professoressa.
“Abbassa la voce.” mormorò cauto.
“E tu allora non farmi pensare a cose che mi fanno innervosire.” borbottò Maka, stizzita.
Ignorò l’occhiata storta di Soul e tornò al suo esercizio.
“Però, non capisco perchè ti ha fatto arrabbiare così tanto.” continuò lui, facendosi più vicino per farsi sentire meglio. “A parte l’età.”
Maka sbuffò, guardandolo male. Voleva i dettagli?
“È esattamente il tipo di ragazza per cui mio padre perde solitamente la testa. Una gallina, che ride alle sue battute idiote, si veste come una spogliarellista ed è una potenziale alcolista.” spiegò con rabbia. Solo ripensare a quando l’aveva vista entrare in casa, le metteva un nervoso incredibile addosso.
Soul sembrò intuirlo, perché la osservò con cautela. Sembrava che si stesse sforzando di non sorridere, e se solo si fosse azzardato Maka gli avrebbe tirato un ceffone.
In realtà, probabilmente Soul riusciva a vedere il lato comico di quella storia, proprio perché era esterno alla situazione. Perché in fondo, se si sforzava, anche Maka riusciva a vederlo. Aveva appena descritto l’anima gemella di suo padre. Il problema era che invece che farle venire voglia di ridere, le veniva da piangere.
“Fa la barista.” continuò a raccontare. Ormai aveva iniziato, e Soul si sarebbe sorbito tutte le sue lamentele. Dopotutto era lui che aveva insistito con le domande. “Passa le sue serate a riempire i bicchieri agli ubriaconi come papà.”
Maka notò Soul stringere le labbra in una linea sottile e corrugare le sopracciglia.
“È così che si sono conosciuti?” le chiese, con la faccia di uno che stava provando seriamente a rimanere impassibile e non mettersi a ridere, e che si sentiva in colpa di conseguenza.
“Sì.” rispose Maka cupamente.
Soul emise una specie di risata strozzata, che camuffò prontamente con un colpo di tosse.
Maka incrociò le braccia sul petto e lo guardò stizzita. Era vero, quella situazione aveva un che di tragicomico, ma se si fosse messo davvero a ridere, non gliela avrebbe fatta passare liscia.
“Scusa.” mormorò lui, con aria colpevole.
Maka fece per rispondergli, ma fu sovrastata dalla voce di Medusa, che nel mentre si stava alzando dalla cattedra.
“Visto che vi state dando alle chiacchiere, suppongo che abbiate finito i vostri esercizi.” proferì a voce alta, scrutando tutti gli studenti con un sorriso perfido, prima di appoggiarsi al lato della scrivania. “Chi viene a correggere?”
Con un’imprecazione sussurrata, Soul si lasciò scivolare nuovamente sulla sedia, in modo da abbassarsi. Maka sapeva che in quei momenti malediceva il suo colore di capelli come non mai. Roteò gli occhi.
Qualche banco più in là, Ox Ford si offrì volontario, andando alla lavagna e sottolineando continuamente come avesse trovato le soluzioni in maniera veloce e pratica, finendo molto prima di tutti gli altri.
“Leccaculo.” sibilò Maka, tra i denti. L’unica risposta che ricevette fu un’altra risata strozzata da parte di Soul, che ormai aveva la testa quasi all’altezza del banco.
Gli lanciò un sorrisetto, mettendo momentaneamente da parte la rabbia accumulata.
Non valeva la pena pensarci troppo e rodersi il fegato.
Per il resto della giornata non tornarono sull’argomento.
Soul era distratto da Black Star, che continuava a parlare di questa meravigliosa Tsubaki che stava cercando di conquistare, e Maka ne approfittò per allontanarsi con Liz.
Non aveva detto niente all’amica, o avrebbe già subito un terzo grado anche da parte sua.
Soul era l’unico con cui ne aveva fatto parola, prevalentemente perché era quello che conosceva meglio la sua famiglia e di conseguenza la persona con cui si sarebbe vergognata di meno di una simile situazione.
In realtà, sapeva che Soul non l’avrebbe forzata a parlare di qualcosa di cui non voleva. Il problema era che, in fondo, Maka avrebbe voluto parlarne, avrebbe voluto dire ogni cosa, sputare fuori tutta la sua rabbia. Ma sapeva anche che invece di sfogarsi, sarebbe riuscita solo ad infuriarsi ancora di più. E per il momento non ne aveva davvero voglia.
Le bastava tornare con la mente alla sera prima, giusto per sentire di nuovo il fastidio immane che aveva provato. A quando quella ragazza era arrivata, con quel vestito attillato e decisamente troppo piccolo per lei, le unghie laccate di rosa, i capelli tinti di viola perfettamente ordinati, e il trucco di una modella.
L’aveva guardata sbattendo le lunghe ciglia sugli occhi dorati e un sorriso malizioso sulle labbra dipinte di rosso.
“Tu devi essere la piccolina di Spirit. È un vero piacere conoscerti.” le aveva detto con tono mieloso e petulante, prendendole le mani nelle sue.
Maka era rimasta pietrificata. Già da quel primo incontro, sapeva benissimo di non sopportarla.
Si sforzò di pensare ad altro, fino a quando Soul non riprese momentaneamente l’argomento, dopo la scuola.
“Come si chiama, comunque?” le chiese, mentre raggiungevano la moto nel parcheggio del liceo.
Maka fece una smorfia.
“Blair.” sputò fuori, come se fosse un insulto.
Soul si girò a guardarla con uno strano sorriso.
“Mi stai dicendo che la settimana scorsa, mentre noi guardavamo The Blair Witch Project, tuo padre stava uscendo con una che si chiama Blair?” fece sghignazzando.
Maka ci ragionò per qualche secondo, prima di capire dove volesse arrivare. Si ritrovò a ridere anche lei, suo malgrado.
“Oh mamma!” disse con una risata molto cupa. “Blair è la strega!”


 

Passò poco più di una settimana da quella fatidica prima cena, prima che la rivedesse. E in quell’arco di tempo Maka aveva tentato in tutti i modi di rimuovere dalla sua memoria anche solo l’esistenza di Blair.
Aveva strategicamente evitato l’argomento con Soul, per quanto poteva, e non aveva ancora avuto il coraggio di parlarne con Liz. L’amica si era resa conto che qualcosa non andava, visto che, come le aveva detto, la trovava persino più isterica ed irascibile di Kid davanti alla torre di Pisa. Maka aveva fatto una smorfia e aveva assicurato, in un borbottio stizzito, che era tutto a posto.

In realtà, ovviamente, si rendeva conto anche lei di essere nervosa. Quando parlava con suo padre sentiva sempre l’irrefrenabile impulso di essere sgarbata, e se lui anche solo nominava Blair, Maka andava subito in escandescenza.
Soul le aveva detto che avrebbe dovuto trovare un modo di scaricare tutta quella rabbia, o avrebbe finito per ferire qualcuno. Dopo di che si era portato le braccia alla testa, pronto a ripararsi da eventuali librate. Maka si era limitata a incenerirlo con lo sguardo.
Onestamente, non sapeva neanche bene cosa la irritasse maggiormente. Blair non le piaceva. Non le piaceva il suo modo di comportarsi, di vestirsi, di parlare con gli altri. Non le piacevano le sue domande inopportune come ‘Ce l’hai il ragazzo?’ e i sorrisi maliziosi che lanciava a chiunque si rivolgesse a lei. Non le piaceva il modo in cui guardava suo padre, perchè le faceva venire la nausea.
Poi, c’era anche il fatto che suo padre ricambiava gli sguardi di Blair con altrettanta passione, e questo Maka non riusciva davvero a sopportarlo. Aveva mandato all’aria un matrimonio di dieci anni perché non era capace di essere fedele ad una donna che affermava di amare. Come poteva, adesso, comportarsi come se Blair fosse la persona che aspettava da tutta la vita?
Aveva passato una sola sera con lei, ed era stato abbastanza perché notasse tutti quei particolari e li riproducesse a ripetizione nella sua mente, finché non si arrabbiava così tanto che sentiva quasi il bisogno di urlare.
Si vergognava di questo. Aveva mostrato solamente un frammento del suo stato d’animo e solamente a Soul.
Lui, un po’ per spirito di conservazione, un po’ perchè le voleva bene, ormai cercava di esorcizzare l’argomento come meglio poteva. Avevano continuato a scherzare sulla strega di Blair ogni volta che nominavano la donna e Maka doveva ammettere che quelle battute idiote la facevano sentire un po’ meglio.
Continuava a ripetersi che non andava bene giudicare qualcuno a primo impatto, ma aveva avuto una pessima impressione di Blair, la settimana prima, e non si sentiva molto propensa a cambiare idea.
Perciò quando suo padre la informò di averla invitata nuovamente a cena, Maka non riuscì a fare a meno di riaccumulare tutta di colpo l’ira che stava meticolosamente mettendo da parte.
Spirit le aveva chiesto di aiutarlo coi preparativi, e poi le aveva detto di mettersi un vestito carino.
Maka aveva arricciato il naso infastidita. Anche la settimana prima le aveva fatto la stessa richiesta e si era pentita di avergli dato retta. Tanto, il codice vestiario sarebbe stato stravolto dalla loro ospite, perciò non importava cosa avrebbe messo.
Era stata tentata di presentarsi direttamente in pigiama, solo per far innervosire suo padre, ma alla fine si era tenuta gli stessi vestiti che aveva indossato per andare a scuola quella mattina.
Mentre apparecchiava osservò suo padre che cucinava, con irritazione. Si stava persino sforzando di preparare una cena quasi decente, per questa tipa.
Spesso Maka si chiedeva come fossero sopravvissuti tutti quegli anni senza morire di fame o avvelenarsi. Né lei né suo padre erano questi gran cuochi, riuscivano a fare il minimo indispensabile e in maniera che fosse appena commestibile. Poi Maka ricordava che anche quando sua madre viveva con loro la situazione non era diversa. Mamma d’altronde non cucinava mai.
Si lasciò distrarre momentaneamente dal pensiero di sua madre, chiedendosi quale sarebbe stata la sua prossima tappa e quando le avrebbe spedito un’altra cartolina.
Blair arrivò con qualche minuto di ritardo, una bottiglia di vino scadente da discount e un vestito ricoperto di strass che di coprente aveva molto poco.
Maka fece del suo meglio per ignorare i suoni umidi emessi dal salutarsi di Spirit e la ragazza, soffocando l’impulso di lanciare piatti e bicchieri contro la parete.
“Ciao, Maka. È così bello rivederti.” Blair le si avvicinò per baciarle leggera una guancia e le narici di Maka furono invase dal suo profumo.
Le mostrò un sorriso tirato e poi tornò a sistemare le posate sui tovaglioli.
“Che si mangia di buono?” chiese Blair sedendosi senza troppi complimenti.
“Pollo abbrustolito” rispose cupamente Maka. Era sicura che suo padre l’avesse dimenticato in forno quando era arrivata Blair. Non puoi mica fermarti a pomiciare quando cucini!
Spirit portò a tavola le teglie con il cibo e si sedette al fianco di Blair, prendendole la mano.
“Scusa, tesoro, credo di aver cotto un po’ troppo la carne.”
Blair ridacchiò maliziosamente, rigirandosi una ciocca di capelli viola tra le dita. “Non preoccuparti. Ti farai perdonare.”
“Oddio, no.” Maka non sapeva se sentirsi più in imbarazzo o disgustata.
Si sedette a tavola facendo più rumore possibile.
Vederli lì davanti a lei, in quegli atteggiamenti e dicendosi certe cose, le faceva venire la nausea. Voleva solo mangiare la sua porzione di pollo bruciato e contorno, dopo di che sarebbe andata a nascondersi in camera sua e magari avrebbe chiamato Soul per lamentarsi un po’.
Assaggiando le patate constatò che, al contrario del pollo, avrebbero avuto bisogno di qualche altro minuto. Suo padre doveva essersene reso conto perché continuava a guardare la teglia e le due ragazze nervosamente. Blair continuava a ridere e Maka si chiese se avesse già assaggiato il vino mentre arrivava.
“Allora Maka, che mi racconti?” le chiese bevendo un generoso sorso dal suo bicchiere. Il rossetto rimase intaccato e perfetto sulle sue labbra e Maka si chiese quale magia avesse fatto.
“Non molto” bofonchiò lei, non sapendo cosa rispondere.
Blair la guardava con un sorriso snervante, come se la sapesse lunga. Aveva il mento poggiato sul palmo della mano, i capelli viola che le ricadevano sulle spalle nude e il trucco perfetto. Sembrava una bambola e Maka la trova terribilmente fastidiosa.
“Non stai studiando troppo, vero?” esclamò Blair con una risata. Maka strinse i denti.
“Sto studiando il tanto che mi serve” disse tra i denti. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era un’aspirante matrigna che le dava della secchiona.
Spirit si schiarì nervosamente la gola. “Maka è la prima del suo anno. E di tutta la scuola. È così intelligente.”
Invece di ricambiare il sorriso di suo padre, Maka addentò con ferocia la sua coscia di pollo senza farsi troppi problemi. Stava cercando di apparire come un padre presente e attento a sua figlia, tutto pur di farsi ammirare dalla squinzia di turno. Gli avrebbe lanciato il suo dannato pollo bruciato addosso, se non fosse stato uno spreco di cibo.
“Sei davvero in gamba.” le disse Blair dopo un altro sorso. “Spero solo che tu ti diverta anche, ogni tanto.”
Maka la scrutò con astio, indecisa se risponderle che passava le sue giornate chiusa in casa, china sui libri, o che in realtà passava le notti tra un festino e l’altro a farsi di acidi.
Suo padre intervenne prima che potesse dire qualcosa di irreparabile. “Ovvio che non studia e basta.”
“Beh, non che tu possa saperlo. La maggior parte del tempo a casa non ci sei.” commentò aspramente Maka.
Spirit deglutì e Blair emise un risolino nervoso.
“Su, ora non litigate” fece mielosa.
Maka sbuffò, lasciando cadere il discorso.
Si limitò a mangiare, ascoltando passivamente gli assurdi discorsi di Blair e suo padre. Voleva essere dappertutto fuorché lì.
Blair continuava a poggiare le mani sulle spalle o le ginocchia di Spirit e lanciargli sguardi che Maka trovava davvero rivoltanti. Implorò silenziosamente pietà.
Mentre Spirit sparecchiava, Blair fece scivolare la sua sedia verso di lei, il sorriso sempre sulle labbra.
“Allora, Maka” iniziò sorridente. “Che dici se magari un giorno andiamo a farci un giretto insieme? Potremmo fare shopping!”
Maka non voleva per niente fare shopping con Blair, avrebbe finito per riempire l’armadio di vestiti osceni come i suoi.
“Sì, potreste andare martedì! Il martedì è il giorno libero di Blair” si intromise Spirit e Maka lo fulminò con lo sguardo. Blair stava annuendo e la guardava sbattendo le palpebre sui suoi occhioni dorati.
“Martedì non posso!” sbottò Maka, più brusca di quanto volesse. “Devo fare già qualcosa… con Soul.” aggiunse poi, per non farla sembrare troppo la scusa campata in aria che era.
Spirit fece una smorfia.
“Sei sempre con lui. Potresti anche cambiare, di tanto in tanto” si lamentò. Ecco che riniziava con i suoi ridicoli attacchi di gelosia.
Blair sembrò illuminarsi. Si sistemò meglio sulla sedia con gli occhi che le brillavano.
“Soul? Non è la prima volta che parlate di questo Soul!”
Maka sapeva dove sarebbe finita quella conversazione. Voleva andarsene.
“È il figlio degli Evans, abita qui a fianco” borbottò Spirit, leggermente infastidito. Ma Blair guardava Maka con aria quasi famelica.
“Ed è il tuo ragazzo?”
Amico!” intervenne di nuovo Spirit, con tono tendente all’isteria. “Quel teppistello deve solo provare a toccare la mia bambina, e gli farò vedere io cosa si merita!”
“Papà, finiscila” ringhiò Maka, zittendolo all’istante.
Blair sembrava sempre più incuriosita e Maka si chiese perché le piacesse così tanto ficcarsi negli affari altrui.
“Siamo amici da sempre” spiegò senza perdersi in dettagli.
“Ooh!” Il sorriso di Blair sembrava farsi sempre più largo e Maka iniziava a trovarla leggermente inquietante. “Che bello! E, dimmi, lui è carino?”
Se prima aveva dubbi, ora Maka era sicura di non voler andare a fare shopping con Blair. Doveva proprio essere così invadente?
Non voleva rispondere a questa domanda, e non solo perché suo padre la stava guardando con gli occhi da cucciolo bastonato.
“Insomma, è… dipende da cosa intendi.” balbettò incerta.
Blair lanciò un veloce sguardo a Spirit e poi tornò a sorriderle con aria complice. Che però non fu ricambiata.
“Amici da sempre, eh?” ripeté con tono sognante. “Ah, com’è bello avere un amico d’infanzia. Immagino che siate proprio inseparabili, no?”
Maka fece spallucce. Stava iniziando a sentirsi a disagio.
“Vi dite tutto, vi raccontate tutti i vostri segreti,” continuava l’altra, il sorriso che si allargava sempre di più ad ogni parola. “Vi conoscete meglio di chiunque altro.”
Maka deglutì. Questa conversazione aveva assunto una piega molto strana e non sapeva come uscirne.
“Oh, per favore!” sbottò Spirit, il volto paonazzo che quasi si confondeva con i capelli. “Solo perché erano insieme all’asilo non vuol dire che siano così… attaccati!”
Ignorando la ridicola scelta di parole di suo padre, Maka sospirò quasi di sollievo. Blair sembrava aver colto l’irritazione dell’uomo e non premette più, cambiando pure discorso.
Per la prima volta nella vita, la gelosia di suo padre le era stata di aiuto. Era riuscita a salvarsi da una conversazione alquanto scomoda e Blair non si era neanche offesa con nessuno.
Così circa un’ora dopo si era ritrovata in camera sua, questa volta davvero in pigiama, le cuffie sulle orecchie ad ascoltare musica per cui Soul non faceva che prenderla in giro, e scrivere furiosamente messaggi a quest’ultimo.
Se Maka avesse dovuto essere davvero onesta, non avrebbe saputo dire perché fosse così tanto arrabbiata con Blair. Forse era il suo essere invadente, forse era il fatto che non riusciva a tenere le mani lontane da suo padre. In ogni caso, non le piaceva per niente e non avrebbero mica potuto costringerla ad andarci d’accordo.
Tanto come minimo si sarebbero lasciati dopo neanche un mese. Suo padre non era fatto per mantenere relazioni stabili. Tantomeno monogame.









Ehilà!
Ho aggiornato prima di quanto avessi programmato, speriamo di continuare così. xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie per aver letto! Per ogni commento si riceve anche un abbraccio virtuale

Alla prossima :D

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Capitolo 3
*** La furia dell'orso ***


3. La furia dell'orso


 

Elizabeth e Patricia Thompson non amavano particolarmente i loro nomi completi. Quando Maka le aveva conosciute, entrambe avevano insistito perché le chiamasse con i loro diminutivi. Inizialmente non ci aveva dato molto peso, ma solo quasi un anno dopo il loro primo incontro Liz aveva confessato che la ragione era che quel nome le ricordava sua madre.
Liz e Patty avevano avuto una situazione familiare particolarmente travagliata fin da piccole. Non parlavano molto del loro passato, quindi Maka stessa sapeva molto poco a riguardo, se non che non avevano praticamente mai conosciuto il loro padre, la madre non era rimasta per molto tempo con loro, e c’era stato un periodo in cui per vivere si erano avventurate oltre i confini della legalità.
A un certo punto erano intervenuti i servizi sociali. Dopo le disastrose esperienze con le prime famiglie a cui erano state affidate, un importante politico si era inaspettatamente offerto di prenderle in custodia.
Il signor Shinigami era uno degli uomini più potenti dello stato. Secondo ogni logica, le differenze fra il suo lussuoso mondo e quello degradato da cui provenivano le due ragazze dovevano essere insormontabili. Ma in qualche modo erano riusciti a far funzionare le cose. Soprattutto grazie a suo figlio Kid che era riuscito a creare un legame ferreo con loro.
Non si poteva dire che fosse loro fratello, visto che di fatto non erano state proprio adottate, ma di certo era un membro importante della loro famiglia.
E di questo Maka era sicura, perché Patty avrebbe torturato in quel modo solo qualcuno che considerava davvero parte della famiglia.
Non sapeva esattamente cosa l’amica stesse combinando, ma Maka sentiva chiaramente le urla esasperate di Kid, nonostante ci fosse un piano di distanza tra loro.
“Smettila! Li stai mettendo tutti in disordine!” stava gridando il ragazzo con una certa disperazione. In sottofondo si sentivano le risate quasi isteriche di Patty.
“Ma che stanno combinando?” chiese Maka perplessa. Era seduta sul letto di Liz, giocherellando col peluche a forma di giraffa che Patty le aveva regalato due anni prima per natale.
Liz fece spallucce, senza scomporsi più di tanto. Stava trafficando con un’assurda quantità di boccette di smalto, in cerca di un colore che le andasse.
“Sta cercando di aiutarlo a superare il suo disturbo ossessivo o come si chiama.” spiegò distrattamente.
Maka non conosceva bene Kid. L’aveva visto giusto qualche volta, ma non era di certo una persona facile da dimenticare. Era quasi sempre vestito elegante, rigorosamente di nero, aveva degli eccentrici anelli a forma di teschio e i capelli scurissimi sempre pettinati che facevano contrasto con la sua carnagione chiarissima. Insomma, sembrava una specie di goth. Ma al di là del suo aspetto, era un ragazzo brillante e colto. Spesso e volentieri, durante i loro rari incontri, lui e Maka si lanciavano in conversazioni che quegli imbecilli di Soul e Black Star avevano definito da secchioni.
Ma la particolarità di Kid era probabilmente la sua follia dell’ordine, come la chiamava Patty.
“Lasciali stare, fra un po’ si calmeranno.” fece Liz, girandosi da Maka e facendole cenno di parlare. “Tornando a noi…”
“Io lo voglio nero.” la informò Maka, indicando gli smalti. Liz lo afferrò, tornando poi a sceglierne un altro per se stessa.
“Stavi dicendo…?” la incalzò, curiosamente.
Maka sbuffò poco convinta.
Aveva finalmente deciso di raccontarle delle sue recenti vicende familiari e della nuova fidanzata di suo padre. Contrariamente alle sue aspettative, si era sentita un po’ meglio a parlarne con un’altra persona, e Liz le aveva dato esattamente il tipo di supporto di cui aveva bisogno, ovvero qualcun altro che si arrabbiasse con lei.
Per quanto Soul riuscisse a distrarla e a farla sentire meglio, tendeva, un po’ troppo per i suoi gusti, ad atteggiarsi da grillo parlante ricordandole di ragionare razionalmente o, per usare le sue parole, usare quel suo cervellone da secchiona anche per studiare un po’ la vita reale, per una volta, e non solo quei mattoni di carta che osava chiamare libri o i suoi dannati esercizi di chimica.
Al contrario, Liz la aveva ascoltata, aveva lanciato qualche imprecazione con lei e le aveva dato ragione a prescindere. E alla fine, l’aveva aiutata a sfogarsi.
Solamente il fatto di associare la parola ‘fidanzata’ a suo padre le faceva salire la pressione, perciò si era aspettata che a parlarne avrebbe solo peggiorato le cose, ma in realtà una volta scaricata la rabbia, stava iniziando a ragionare un po’ più lucidamente.
Probabilmente avrebbe dovuto parlare da subito con Liz, e poi avrebbe potuto sottoporsi ad un po’ di terapia di pensiero razionale con Soul.
Quando Liz scelse finalmente uno smalto blu metallizzato, Maka si decise a rispondere.
“Non la odio.” precisò, giocherellando con la giraffa di peluche sul letto dell’amica. “Ma diciamo che sembra quasi che si impegni per non farsi piacere.”
Liz sorrise beffarda, tornando a sedersi a fianco a Maka con le due boccette di smalto e una lima per unghie tra le dita.
“Dammi la mano.” chiese in un mormorio, prima di continuare l’argomento ‘Blair’. “Ok, ma spiegami che fa di preciso. Che ha detto?”
Maka fece spallucce.
“Un sacco di cose.” aveva davvero l’imbarazzo della scelta, con tutto quello che Blair aveva detto in due sole serate. “Vuole essere la mia confidente quando neanche ci conosciamo. Insomma, vuole comportarsi da amica più grande a cui racconti le cose.”
Liz schioccò la lingua, gli occhi bassi sulle unghie di Maka che stava limando.
“Quella sono io!” esclamò con finta indignazione e un sorrisetto.
Maka le lanciò un’occhiata seria. “Liz, abbiamo un anno di differenza.”
“E allora? Sono comunque più grande.”
Maka roteò gli occhi ridacchiando. Poi ripensò di nuovo a Blair, e provò a spiegarsi meglio.
“Vuole sapere chissà cosa.” continuò con un velo di irritazione. “E fa pure l’invadente.”
“Errore madornale, quando stai cercando di ingraziarti qualcuno.” commentò Liz divertita.
“Direi!” concordò Maka, cercando di ricordare particolari più specifici. “Fa domande strane. O che eviteresti con qualcuno che conosci così poco.”
“Che domande?” chiese Liz, sollevando lo sguardo su di lei.
Maka sospirò. Ci pensò per qualche secondo, incerta, poi decise di parlare.
“Beh, abbiamo nominato Soul.” raccontò mentre l’amica passava all’altra mano. “E da lì, la conversazione si è spostata su di lui perché Blair voleva sapere chi era. Ed è degenerata.”
Liz sghignazzò.
“Insomma, puoi immaginare com’è andata a quel punto, no?” borbottò Maka con aria cupa.
“Oh si!” fece Liz sempre più divertita. Ignorò l’occhiata storta dell’amica. “Immagino avrà fatto la domanda del secolo…”
“Ma smettila.” mugugnò Maka.
“...E tuo padre avrà dato di matto.” continuò lei imperterrita. “Il mio angioletto non ha nessun tipo di relazione con quel teppistello!” recitò in un’impressionante imitazione di Spirit Albarn.
Maka scoppiò a ridere mentre Liz, che aveva appena aperto la boccetta di smalto nero, le intimava di stare ferma.
“Beh, si, più o meno è andata così.”
Liz continuava a sorridere. “E che le hai detto, quindi?”
“Niente. La verità. Solo che poi ha iniziato uno strano discorso su come dovessimo conoscerci meglio di chiunque altro e cose del genere.” spiegò Maka leggermente a disagio.
Liz le lanciò uno sguardo penetrante, le labbra ancora curvate in un sorriso. Maka rispose con un’espressione impassibile e le sopracciglia sollevate.
Se avesse finto di non capire, forse avrebbe potuto evitare di avere quella conversazione per l’ennesima volta.
Liz scosse il capo con un sorriso derisorio e Maka la ignorò.
“Le cose fra te e Soul non diventano mai strane?” le chiese all’improvviso.
Maka la osservò mentre le dipingeva le unghie con attenzione quasi maniacale. Si chiese se Kid l'avesse contagiata con la fissa della perfezione.
“In che senso?” rispose distrattamente.
Liz sollevò un’altra volta gli occhi azzurri su di lei, sorridendole con malizia. “Andiamo, siete così vicini.”
Sembrava quasi ripetere le parole di Blair. Maka alzò gli occhi al cielo.
“È il mio migliore amico.” rispose automaticamente.
“Appunto!” Liz richiuse la boccetta di smalto, sempre sorridente. “Anche io sono la tua migliore amica e noi facciamo un sacco di cose che con Soul diventerebbero strane, no?”
Maka le lanciò un'occhiata confusa, le sopracciglia corrugate. “Per esempio?”
“Be', per esempio dormiamo tranquillamente nello stesso letto.”
Maka alzò semplicemente le spalle.
“Liz, ci conosciamo dall’asilo. È capitato di addormentarci insieme qualche volta, è normale.” disse in maniera strategicamente vaga.
Liz fece una smorfia, non soddisfatta. “Ci cambiamo tranquillamente l'una di fronte all'altra.”
“Ci siamo visti in costume da bagno un sacco di volte, non cambia molto.” ribatté Maka con un sorriso tirato. “E poi non è che ci sia questo granchè da vedere nel mio corpo, no?”
“Per l'ultima volta, Maka, tu non hai niente da invidiare a nessuno!” sbottò l'altra ragazza.
Maka le sorrise, apprezzando la premura dell'amica. Poi sospirò.
“Comunque, ora stai facendo esattamente come Blair.” le disse storcendo il naso.
Liz alzò gli occhi al cielo.
“Va bene. Continuerò a chiedermelo in silenzio.”
Ignorò l’ennesima occhiataccia di Maka, e si risistemò sul letto e occupandosi delle sue unghie.


 

Non rivide Blair per diversi giorni ma, quasi avesse paura potesse dimenticarsene, suo padre non faceva che nominarla di continuo, alimentando così la sua irritazione.
Maka stava raggiungendo un punto di rottura e suo padre non sembrava rendersi conto di essere sull’orlo del baratro.
Cenava con Blair e non tornava a casa la notte, a volte andavano a pranzo insieme, e qualche volta propose a Maka di unirsi a loro, così che potesse prendere più confidenza con la fidanzata. Certo, suo padre che passava tutto quel tempo fuori casa la infastidiva immensamente, ma non aveva nessuna intenzione di sorbirseli insieme più del dovuto. Rifiutava ogni volta, trovando le scuse più varie, qualche volta doveva studiare, altre volte doveva cenare con Soul oppure uscire con le sue amiche.
Suo padre annuiva e le diceva: “Sarà per la prossima volta.”
Maka iniziò a vederlo ancora meno di prima. Certi giorni le sembrava di vivere da sola, soprattutto quando si ritrovava a dover pulire la casa e di lui non si vedeva manco l’ombra.
Sbatteva scope, secchi e bottiglie di detersivo, imprecando e maledicendo tutto l’albero genealogico dell’uomo, ignorando volutamente il fatto che fosse anche il proprio.
Poi, alcune settimane più tardi, alle prime ore del mattino, Spirit e Blair tornarono a casa.
Maka fu svegliata dai loro rumorosi spostamenti. Dalle risate intuì che dovevano essere entrambi per lo meno brilli. Con uno sbuffo, si rigirò dall’altra parte e cercò di ignorarli, inutilmente visto il gran casino che stavano facendo.
Ogni volta finiva così, suo padre ne portava a casa una nuova e lei sentiva rumori e suoni che mai avrebbe voluto sentire nella sua vita.
E come ogni volta, era furente.
Afferrò il cellulare dal comodino e scrisse un veloce messaggio a Soul, sollevandosi poi a sbirciare tra le tende. Proprio di fronte alla sua finestra, quella di Soul le mostrava un leggero bagliore. Doveva avere ancora le luci accese.
La risposta arrivò tre secondi dopo, e in due minuti Maka si era munita di felpa e scarpe e stava sgattaiolando dalla porta sul retro e attraversando il giardino, fino al terreno dei vicini.
Soul l’aspettava alle vetrate scorrevoli del salone di casa sua, davanti alla piscina e agli gnomi di gesso che decoravano il giardino. Aveva l’aria assonnata e Maka si sentì improvvisamente in colpa.
“Se stavi dormendo, non dovevi mica darmi retta.” pigolò seguendolo dentro casa.
Soul sbadigliò. “Se stessi dormendo, non ti avrei sentito.”
Quando qualche anno prima Spirit aveva iniziato a portarsi a casa le conquiste delle sue serate al bar, Maka aveva iniziato a scappare la notte.
Doveva pur preservare la sua sanità mentale!
Inizialmente se ne andava in soggiorno e provava a dormire sul divano, oppure usciva nel giardino sul retro e si sedeva sugli scalini del portico, prendeva un po’ di fresco e cercava di riprendersi dal trauma.
Poi, una notte, Soul era tornato particolarmente tardi da un’uscita con Black Star e l’aveva beccata a strappare petali ai fiori, seduta sull’erba in pigiama. Inizialmente si era spaventato, pensando che fosse successo qualcosa di grave, poi una volta compresa la situazione era scoppiato a ridere. Dopo di che l’aveva trascinata a casa sua, dicendole che tanto i suoi genitori sarebbero stati fuori per qualche giorno.
Successivamente, Soul si era offerto di ospitarla, nonostante la presenza dei signori Evans. Le aveva assicurato che non sarebbe stato un problema e avevano elaborato il piano perfetto.
Era un segreto di cui erano a conoscenza solo loro due.
La mattina presto ritornava silenziosamente in camera sua e i genitori di Soul non si erano mai accorti di nulla. Spirit, poi, non era mai cosciente prima delle sette e mezza almeno, perciò non avrebbe mai notato la sua assenza.
E almeno Maka si sarebbe risparmiata qualche anno di terapia.
Arrivati in camera, Soul girò la chiave nella toppa, mentre Maka si sfilava scarpe e calze. Soul sosteneva che a volte suo fratello avesse la brutta abitudine di entrare senza bussare, perciò di solito chiudevano a chiave. Maka sinceramente non pensava che se Wes avesse scoperto delle sue invasioni notturne ci sarebbe stato un granché di conseguenze, ma non avrebbe sopportato l’imbarazzo.
Sul letto di Soul era appoggiato il suo pc acceso. Maka gli lanciò un’occhiata curiosa.
“Sono quasi le due.” disse semplicemente.
Soul fece spallucce. Chiuse il portatile e lo sistemò sulla scrivania.
Mentre si toglieva la felpa, Maka ripensò a qualche anno prima, quando Soul aveva iniziato ad avere problemi a dormire, a causa di brutti incubi. Era un argomento di cui lui non voleva mai parlare, quindi neanche Maka sapeva un granché.
Si chiese se non fossero riniziati, ma prima che potesse domandarglielo, Soul l’anticipò.
“Se non fossi stato ancora sveglio, come sarei potuto venire a salvarti?” disse con un ghigno, per sdrammatizzare.
Maka sbuffò stizzita, prima di infilarsi sotto le coperte, seguita da Soul.
“Lasciamo perdere.” borbottò con una smorfia disgustata. “Sarò sempre perseguitata dai ricordi di queste esperienze traumatiche.”
Soul le arruffò i capelli affettuosamente, anche se un po’ troppo violentemente, come a cercare di consolarla. Maka gli pestò una mano, facendolo ridere, e cercò di darsi una sistemata.
Lo osservò in silenzio, mentre dava un’ultima occhiata al suo cellulare, coricato nel letto a fianco a lei. Distolse lo sguardo, poi, rendendosi conto di stare fissando.
Soul lasciò perdere il cellulare e si sistemò meglio sotto alle coperte, dopo aver spento la luce. Era girato verso di lei.
Quando aveva detto a Liz che trovava normale dormire a fianco a Soul, non aveva specificato che, negli ultimi tempi soprattutto, percepiva una chiara differenza tra l’addormentarsi accidentalmente sul divano vicino a lui e dormire nel suo letto.
Non credeva che per Soul cambiasse niente, sinceramente, quindi preferiva non pensarci proprio. Probabilmente per lui sarebbe stato esattamente come dormire a fianco a Black Star.
Però Maka non poteva fare a meno di sentirsi particolarmente su di giri quando capitava. Nonostante Soul avesse in generale un effetto calmante su di lei (a parte quando la faceva arrabbiare, si intende), in quei momenti si sentiva come se il suo stomaco facesse le capriole.
Aveva gli occhi chiusi da un bel po’ quando lo sentì sussurrare quasi senza voce. Percepì il suo fiato sul collo.
“Sento l’odore del tuo shampoo.” aveva semplicemente commentato.
Maka sorrise, provando un irrazionale pizzico di soddisfazione.
Pensò che in fondo non poteva essere come avere Black Star a fianco.


 

Come ogni notte passata clandestinamente a casa Evans, il piano di Maka prevedeva dormire beatamente in silenzio, senza sottofondi di discutibili origini, ignorando il fatto di stare praticamente abbracciando la schiena di Soul e le conseguenti farfalle nello stomaco.
La mattina presto, si era svegliata prima di tutti ed era uscita in silenzio. Nessuno si era accorto di nulla.
Stava andando tutto liscio.
Almeno finchè non tornò a casa.
Come un orribile déjà vu, appena varcata la soglia di casa, trovò compagnia inaspettata. Blair armeggiava davanti ai fornelli con gran fragore, e Maka si bloccò improvvisamente non appena la vide. Ovviamente Blair la notò.
“Dove eri?” le chiese sorpresa.
Maka si mordicchiò nervosamente il labbro. “Perché sei già in piedi?”
Si domandò da quanto tempo Blair fosse lì. Magari avrebbe potuto fingere di essere appena uscita. Per fare cosa, poi, non lo sapeva davvero. Non sapeva proprio cosa inventarsi.
Blair sbatté le lunghe ciglia. Era struccata ma sembrava ancora perfetta.
“Volevo preparare la colazione per tutti.” rispose con semplicità. Maka lanciò un’occhiata critica ai toast bruciacchiati e alle uova sfasciate che friggevano nella padella.
“Maka, tesoro, dove eri? È prestissimo e tu sei… in pigiama.” concluse facendo scorrere lo sguardo sui vestiti della ragazza.
Maka non riuscì a trattenere una smorfia.
“Sono affari miei” bofonchiò stizzita.
Blair la guardò seria, le sopracciglia sollevate, e Maka si pentì immediatamente delle sue parole. Non aveva davvero voglia di litigare con suo padre, ma non vedeva perché Blair dovesse ficcarsi nelle sue questioni private. Dopotutto non era sua madre.
“Senti, potresti tenertelo per te, per favore?” si sforzò di essere gentile mentre glielo chiedeva. “Non ero in posti strani, non ero neanche lontano.”
Blair la scrutò curiosamente, piegando il capo di lato. Aveva degli strani modi di fare, a volte le ricordava un po’ un gatto. Un gatto molto snervante.
“E non si può sapere che posto fosse?” le chiese con finta dolcezza. Maka non la sopportava.
“Blair, ti prego.” disse solo. Fece per andarsene.
“Non vuoi fare colazione?” riprese la donna. Maka scosse il capo.
“Ho già mangiato” mentì un po’ fredda.
Le diede le spalle e salì in camera sua. Dopo un quarto d’ora era pronta e si precipitò giù, in cerca di qualcosa da prendere per merenda. Blair continuava a lanciarle occhiate curiose e Maka la trovava snervante. Doveva essere così invadente?
Quando bussarono alla porta d’ingresso, sospirò di sollievo. Si precipitò ad aprire, ignorando Blair che si era avvicinata, e sorridendo a Soul dall’altra parte della porta.
Alle sue spalle vide la sua moto sul vialetto.
“Sei pronta?” biascicò, con l’aria di uno che era sveglio per miracolo. Non pensava che fosse un bene, visto che doveva guidare lui.
“Un attimo solo.” rispose Maka, tornando davanti al divano a finire di sistemare le sue cose nello zaino.
Non si accorse di cosa stava succedendo fino all’ultimo momento. Alzò lo sguardo e vide Soul, fermo impalato con un’espressione strana in faccia. Davanti a lui, Blair sorrideva maliziosamente, con addosso solo una vestaglia rosa, per lo più trasparente, da cui si notava benissimo la biancheria intima in pizzo.
“Così tu sei Soul?” cinguettò, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita. “Finalmente ti incontro, Ho sentito parlare un sacco di te.”
Maka la guardò in cagnesco, poi si rigirò verso Soul e lo vide deglutire ad occhi sbarrati. Pareva essersi imbambolato.
Maka sentì il sangue ribollirle nelle vene e salirle alla testa.
“Mi dicono che tu sei l’amichetto del cuore di Maka.” continuò Blair, facendo l’occhiolino.
Sotto lo sguardo incredulo di Maka, Soul sembrò arrossire appena.
“Eh?” fu la sua risposta molto eloquente.
Maka stava venendo invasa dalla furia cieca. Senza pensarci due volte prese il suo zaino, artigliò la spalla di Soul e lo trascinò fuori di casa, ringhiando come un orso di montagna.
Sbottò che era tardi, prima di sbattersi la porta alle spalle e raggiunse la moto a passo di marcia. Ignorò gli sguardi confusi di Soul e si infilò il casco.
Quando si ritrovò dietro di lui, in sella alla motocicletta, pensò che era talmente arrabbiata che avrebbe preferito andare a piedi. Non voleva neanche tenersi a lui, ma quando alla prima curva rischiò di schiantarsi sull’asfalto, allacciò come sempre le braccia intorno alla sua vita.
Quando arrivarono nel parcheggio di scuola, Maka si sfilò il casco e glielo rese senza dire una parola.
“Che cacchio stavi facendo prima?” chiese lui bruscamente, mentre chiudeva la catena attorno alla ruota posteriore. “Cercavi di ammazzarti?”
Maka incrociò le braccia sul petto, non degnandolo di uno sguardo. Il fatto che la stesse pure sgridando non faceva che alimentare la sua rabbia.
Alzò le spalle, senza dire nulla, e marciò verso l’entrata della scuola. Dopo un secondo l’aveva raggiunta e la guardava infastidito.
“Che ti prende?” le chiese con un misto di confusione e irritazione.
Maka gli lanciò uno sguardo di fuoco.
“Nulla.” rispose ferrea.
Ignorò le sue occhiataccie, diretta verso il suo armadietto. Con la coda dell’occhio vide Soul fermarsi al suo, e decise di continuare a camminare.
“Mi aspetti?!” la richiamò, contrariato.
Maka si voltò di scatto e lo incenerì con lo sguardo.
“Si può sapere che ti prende?” sbottò lui, chiaramente irritato.
“E me lo chiedi pure?!” esplose Maka improvvisamente. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Soul continuava a guardarla in attesa, sempre più confuso, lo sportello dell’armadietto dimenticato aperto.
“Ti ho visto! Ho visto come la guardavi! Siete assurdi!” sputò Maka, pestando un piede a terra. E pensare che era stato proprio lui a consolarla.
“Di cosa stai parlando?!”
“Di cosa sto parlando, secondo te?!” era davvero furiosa, adesso. “Ancora un po’ e ti scendeva la bava!”
Soul ebbe almeno la decenza di sembrare in imbarazzo.
“Non è vero, non esagerare!” si difese con enfasi. Allo sbuffo di Maka continuò. “Sì, è una bella donna e magari l’ho notato. Ma di certo non è andata come stai dicendo tu!”
Maka ringhiò. “Siete tutti uguali! Patetici!
“Non puoi dire una cosa del genere proprio a me!” ribatté Soul a voce alta, offeso. “Non ho fatto nulla, cazzo!”
“Sei un dannato idiota!” Maka gridò. Era talmente furiosa che non riusciva neanche a ragionare lucidamente.
“Vai al diavolo!” ruggì, battendogli un pugno contro il petto con forza, incurante del suo lamento.
Quando si voltò per andarsene, vide Liz e Patty a qualche metro di distanza che la fissavano ad occhi spalancati. Probabilmente avevano assistito a tutta la scena. Sembravano leggermente preoccupate.
Fece alcuni passi verso di loro, a testa bassa, e sentì Soul imprecare a mezza voce. Un attimo dopo il colpo secco del suo armadietto che veniva chiuso con gran forza la fece sobbalzare.
Le veniva da piangere. Si diede della stupida.
Quando le raggiunse, Liz e Patty si stavano scambiando sguardi incerti e Maka intuì di essere sul punto di subire un interrogatorio alquanto scomodo. Come se non bastasse, sentiva gli angoli degli occhi bruciare.
Chinando di nuovo il capo, indietreggiò leggermente.
“Vado un attimo in bagno.” borbottò a bassa voce. “Non aspettatemi.”
Un secondo dopo, era già scappata.








Nota:
Uscire di nascosto la notte è una cosa che mi è sempre sembrata assurda, prevalentemente perchè a casa mia sarebbe impossibile. Ma questa non è la realtà, quindi facciamo finta di niente. 
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, grazie mille per aver letto e soprattutto grazie alle persone che hanno commentato i precedenti!


Alla prossima! :D

 

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Capitolo 4
*** Il controsenso della comunicazione ***


4.Il controsenso della comunicazione


Maka scrutò il purè di patate nel suo piatto con aria cupa. Aveva un aspetto ancora meno invitante del solito e sembrava quasi ricambiare la sua occhiataccia.
Sospirò e lo punzecchiò apaticamente con la forchetta.

Seduta davanti a lei, Liz si schiarì la gola.
“Non vuoi parlarne?” le chiese con cautela.
Maka si infilò il primo boccone in bocca e dopo aver ingoiato arricciò il naso.
“Non ha un granché di sapore.” la informò.
“Certo.” Liz fece una smorfia. “Non sto parlando del purè.”
Maka abbassò lo sguardo continuando a giocare con la poltiglia giallognola nel suo piatto. Si strinse nelle spalle.
“Non c’è molto di cui parlare.” bofonchiò, prima di bere un sorso d’acqua.
Liz la fissava, per niente convinta, ma sembrava incerta se continuare a insistere o meno. Assaggiò anche lei il purè e gemette, storcendo le labbra.
“Che schifo!” si lamentò.
“Te l’ho detto, oggi è particolarmente brutto.” fece Maka con tono piatto.
“È proprio immangiabile!” la corresse Liz, afferrando la sua bottiglietta d’acqua e bevendo un lungo sorso. Poi allontanò il piatto col purè in favore di quello con la cotoletta.
“Spero solo che non sia piena di cartilagine come l’ultima volta.” borbottò stizzita.
Maka non le stava prestando un granché di attenzione. Da lontano riusciva a vedere Soul seduto a pranzare con Black Star. Non era per nulla difficile individuarli, considerati gli assurdi colori di capelli di entrambi.
Si erano evitati per tutta la mattina, dopo il litigio davanti agli armadietti, e Maka stava iniziando a ragionare un po’ più lucidamente. E a vergognarsi.
Aveva dato di matto perché Soul si era imbambolato davanti a Blair. L’aveva visto arrossire e non aveva capito più niente. Lo aveva praticamente paragonato a suo padre, l’aveva definito patetico. Dio, gli aveva persino tirato un pugno.
Si sentiva lei patetica.
Sospirò un’altra volta e ignorò prontamente l’occhiata curiosa di Liz.
Probabilmente stava per dirle qualcosa, ma furono tutte e due distratte da Patty che, praticamente, si lanciava nel posto a fianco Liz. Nel vassoio aveva un trancio di pizza e Liz e Maka la fissarono a bocca aperta.
“Come hai fatto ad avere la pizza?” iniziò Maka corrugando le sopracciglia. “Quando siamo arrivate noi era già finita.”
Patty mostrò un sorriso malvagio.
“Diciamo che la gentile signora che distribuisce i pasti mi deve un favore.” spiegò, facendo un cenno verso i lavoratori dietro al bancone.
Liz lasciò andare le posate e fissò la sorella con aria penetrante.
“Stai di nuovo ricattando persone innocenti, Patty?” le chiese molto seriamente, a bassa voce.
Patty fece spallucce, fingendo un’aria innocente con impeccabile precisione. Sbattè le palpebre sugli occhioni blu e sorrise con dolcezza.
“Che cavolo, Patty!” commentò la sorella, prima di sospirare. “Se lo scopre Kid, sai che succede?”
Maka osservò Patty iniziare a mangiare la sua pizza. Ignorando l’invidia per il suo pranzo, notò che l’amica probabilmente si stava sentendo leggermente in colpa, al pensiero di cosa avrebbe potuto pensarne il ragazzo in questione.
Maka sapeva quanto sia lei che Liz fossero grate a Kid e a suo padre e quanto entrambe cercassero di ripagare almeno in minima parte la loro gratitudine.
Patty chinò il capo, imbronciata.
“Insomma, se devi proprio ricattare quelli della mensa, allora vedi di prendere la pizza anche per noi.” riprese Liz con serietà.
Maka le lanciò un’occhiataccia. Per quanto avrebbe volentieri mangiato anche lei una pizza, non era il caso di far andare avanti quella storia.
Patty sorrise divertita. “Se volete, domani…”
Maka roteò gli occhi, tornando al suo tristissimo purè sbiadito. Lo avrebbe lasciato volentieri, se non fosse che stava morendo di fame.
Lanciò un’altra occhiata nella direzione di Soul, non rendendosi conto di avere un’espressione abbastanza corrucciata.
“Dai, ci dici cos’è successo?” iniziò Patty. “L’ho chiesto a Black Star, ma ha detto che neanche Soul vuole parlare.”
Maka le rivolse un’occhiata storta, sbuffando.
“Niente. Stamattina è successa una cosa e io mi sono arrabbiata.” spiegò, senza perdersi in dettagli.
“E perché continui a guardare verso di lui con aria da cane bastonato?” chiese Liz a quel punto.
Maka si imbronciò. “Aria da cane bastonato?”
“Sì, lo stai facendo tutto il giorno.” intervenne Patty, senza mettersi troppi problemi.
Maka scosse il capo, riprendendo a mangiare. Sentiva gli sguardi delle amiche addosso.
“Non ho l’aria da cane bastonato.” borbottò con tono stizzito, poi sbuffò rassegnata. “Potrei aver esagerato, e mi sa che adesso lui è arrabbiato con me.”
Ammetterlo a voce la faceva sentire ancora più stupida.
Si coprì il viso con un lamento indefinito.
Liz le diede un buffetto sulla testa. “Andiamo, risolverete.”
Maka la guardò poco convinta.
“Sì, basta che gli fai gli occhi dolci e ti perdona.” le disse Patty, sorridendo.
Liz ghignò maliziosamente. “Puoi contarci.”
Maka le scrutò corrugando le sopracciglia.
“Non mi sembra il momento di fare battutaccie.” sibilò cupa.
Preferì ignorare Liz che borbottava “Fossero solo battute.” e la conseguente risatina di Patty.
Alla fine del pranzo vide Soul passarle davanti, seguito da Black Star che parlava ininterrottamente con un volume di voce discutibile. Aveva le mani in tasca, la schiena un po’ curvata in avanti e un’espressione cupa sul volto.
Pensò che gli avrebbe voluto dire di stare dritto. Poi pensò a quando quella mattina si era risvegliata al suo fianco, a come fosse carino quando dormiva.
Si maledì immediatamente per quei pensieri. Cosa ci trovasse di carino in uno che dormiva a bocca aperta sbavando il cuscino, poi, non lo capiva proprio.
Per l’ora seguente fece del suo meglio per concentrarsi solo sulla lezione che stava seguendo, distraendosi solo per una breve pausa in bagno.
Mentre si lavava le mani osservò l’immagine riflessa nello specchio, chiedendosi se avesse davvero l’aria da cucciolo bastonato come le aveva detto Patty. Vide semplicemente una faccia seria, e un po’ di stanchezza.
Agitò le mani per cercare di asciugarle e uscì dal bagno. Stava attraversando il corridoio, diretta nuovamente in classe, quando sentì un tonfo improvviso provenire dagli armadietti alla sua sinistra. Gli gettò un’occhiata veloce. Probabilmente erano caduti dei libri messi male o qualcosa del genere, pensò distrattamente. Non ci diede troppo peso.
Almeno, finché non iniziò a sentire uno strano mugolio.
Si fermò all’improvviso e si guardò intorno spaesata. Il corridoio era deserto.
Si stava chiedendo cosa potesse provocare un lamento del genere, quando lo sentì di nuovo. E sembrava provenire proprio dagli armadietti.
“Ma che diavolo…?” balbettò incerta, avvicinandosi lentamente.
Era davvero confusa. Qualche matto aveva rinchiuso un gatto o un altro animale in uno degli armadietti?!
Li studiò perplessa, notandone poi uno in cui sporgeva l’anta, come se fosse stato chiuso a forza contro qualcosa di troppo grande. Mentre lo osservava, qualcosa si mosse all’interno, sbattendo contro il metallo e facendo sobbalzare Maka.
“C’è qualcuno?” chiese all’improvviso una vocina debole debole dalle fessure dell’anta di metallo, e per un secondo le si gelò il sangue nelle vene.
C’era una persona dentro un armadietto!
“Oddio!” esclamò Maka sconvolta.
“Mi dispiace disturbarti, ma non è che potresti farmi uscire?” fece di nuovo la voce, rendendo quella situazione ancora più surreale.
Le venne quasi da ridere. Quella persona era dentro un dannato armadietto e si scusava del disturbo?
Scosse il capo incredula e provò a tirare la maniglia senza successo. Ovviamente non poteva fare nulla senza la combinazione.
“Non so come aprirlo.” spiegò frettolosamente. “Vado a chiamare un bidello.”
“Posso dirti io la combinazione.” disse con semplicità l’inquilino dell’armadietto.
Maka rimase a corto di parole per qualche secondo.
“La sai?”
“Sì, è il mio.”
Non riusciva a credere che stesse davvero succedendo una cosa simile. Se avesse dovuto elencare tutto ciò che c’era di sbagliato in quella situazione, non avrebbe neanche saputo da dove iniziare. Di sicuro in cima alla lista c’era il fatto che quegli armadietti non erano poi così grandi, di certo non si era aspettata che ci potesse stare un essere umano dentro.
Si passò una mano sul volto, sempre più sconcertata.
La vocina le dettò la combinazione e un attimo dopo Maka stava aprendo l’anta sgangherata. All’interno c’era un ragazzino stranissimo. Era magrissimo, appallotolato in una posizione assurda, gli occhi sgranati si guardavano intorno con agitazione e nonostante la penombra dell’armadietto sembravano luccicare.
Maka lo fissò per alcuni secondi senza sapere cosa dire.
Sembrava incastrato. Lo vide cercare di sciogliersi da quella posizione finché non riuscì a muoversi abbastanza per liberarsi, cadendo rovinosamente a terra.
“Oh, cavolo!” Maka gli afferrò un braccio e lo aiutò a rialzarsi.
In piedi sembrava ancora più magro e il fatto che i suoi vestiti fossero completamente neri non aiutava. I capelli erano tinti di un rosa sbiadito e sembravano essere stati tagliati ad occhi chiusi.
Maka sbatté le palpebre confusa. Aveva un milione di domande. Non era neanche sicura se fosse un maschio o una femmina. Represse il pensiero, perché di certo non è il genere di cose che si può chiedere a qualcuno e non aveva nessuna intenzione di essere così maleducata.
Probabilmente stava fissando, perché si accorse che il ragazzino aveva abbassato il capo e le lanciava occhiate nervose di sottecchi, chiaramente a disagio.
“Scusa, è che non ti ho mai visto a scuola.” si giustificò Maka, in imbarazzo. Quella persona era davvero strana, ma non era un buon motivo per essere scortese.
“No, è che non so come comportarmi con una come te.” borbottò l’altro con la sua vocina insicura.
Maka rimase interdetta. Una come lei? Doveva offendersi?
“Come, scusa?”
“Tu sei quella ragazza.” rispose in un mormorio. “Quella con la media più alta del liceo.”
Maka aprì la bocca sorpresa.
“Sono Maka.” non sapeva cosa dire, quindi si presentò. Magari l’avrebbe fatto sentire più a suo agio.
Cercò di mettere su il sorriso più amichevole che le riusciva, nonostante fosse ancora sconvolta dall’avvenimento. Insomma, aveva trovato una persona in un armadietto! Ci si era infilato di proposito? Ne dubitava. Doveva trattarsi di qualche scherzo di cattivo gusto di qualche bulletto. Ma infilare qualcuno in un armadietto era una cosa che aveva visto solo in tv, non pensava che succedesse anche nella vita reale.
“Maka…” ripeté debolmente il suo interlocutore. La guardò con incertezza, prima di abbassare il capo. “Io mi chiamo Crona.”
Pareva estremamente teso. Probabilmente era la cosa più naturale, vista la situazione, ma Maka aveva l’impressione che non fosse semplicemente quello. Sembrava non sapere cosa fare, come muoversi. Come comportarsi.
“Da quanto eri lì dentro?” chiese Maka preoccupata.
Crona fece spallucce, tenendo sempre il capo chino. Ogni tanto sbirciava verso di lei, poi abbassava fulmineamente lo sguardo.
“Non da molto. Forse un’ora.” rispose in un mormorio, poi alzò la testa e la guardò negli occhi per un attimo. “Grazie per avermi liberato. Pensavo che avrei dovuto di nuovo aspettare che mi trovassero i signori delle pulizie.”
Maka era senza parole. Di nuovo? Non solo aveva avuto altre esperienze dentro gli armadietti, ma aveva persino dovuto aspettare fino alla fine della scuola?
“Cosa è successo?” fece, incredula.
Crona stava nuovamente scrutando con insistenza la punte delle sue scarpe, mentre muoveva nervosamente le mani.
“Non so mai cosa dire, in questi casi.” borbottò, corrugando la fronte. “È successo quello che è successo, che importanza ha?”
Maka era sempre più confusa. Quel ragazzino sembrava venire da un altro pianeta, ma probabilmente era proprio per quello che qualche idiota aveva deciso di chiuderlo dentro il suo stesso armadietto. Certa gente era davvero incivile!
“Non devi aver paura di accusare chiunque ti abbia fatto qualcosa.” disse cercando di trasmettere quanta convinzione e sicurezza poteva. “Non è un comportamento ammissibile e va punito.”
Che razza di sociopatico farebbe una cosa simile ad un’altra persona?
Crona sembrò agitarsi maggiormente. Scosse il capo, gli occhi sempre fissi sui suoi stivali.
“Se mia madre scopre che mi hanno infilato di nuovo negli stipetti si arrabbierà un sacco.” si lamentò con una smorfia, poi alzò di nuovo gli occhi su di lei. “Per favore, non dire niente.”
Maka lo fissò a bocca aperta. Cercò di formulare una risposta sensata, ma Crona la batté sul tempo.
“Non pensavo che avrei mai parlato con te. Non so come comportarmi.” disse, muovendosi nervosamente. Era evidentemente a disagio a causa di Maka.
“Mica mordo.” scherzò lei, per lo più perché non sapeva come rispondere. Non le era mai capitato di mettere a disagio qualcuno al di fuori di suo padre, ma quella era un’altra storia. “Sono una persona qualunque.”
“Sei intelligente.” spiegò Crona, stringendosi nelle spalle. “Sei la più brava della scuola. Mia madre dice sempre che dovrei essere come te.”
Ora era davvero sconcertata. Ma chi diamine era sua madre? E soprattutto, perché prendeva Maka come esempio?
“E i tuoi amici fanno un po’ paura.” ammise poi Crona in un pigolio. Dopo di che, le lanciò un’occhiata terrorizzata, come se avesse paura di averla offesa.
Maka scoppiò a ridere.
“Ti fanno paura?” ripeté divertita. Non se lo aspettava di certo.
“Con te c’è sempre quello con la faccia arrabbiata. Quello coi capelli chiari.”
Quello la fece ridere di nuovo. Doveva ammettere che lei stessa spesso prendeva in giro Soul per lo stesso motivo.
“Lui è nato con la faccia arrabbiata. Non vuol dire che lo sia davvero.” anche se in quel momento lo era. Era molto arrabbiato. Con lei.
Scacciò immediatamente quel pensiero.
“Beh, ma anche le ragazze bionde sembrano spaventose.” continuò Crona, strisciando i piedi sul pavimento. “E poi quello coi capelli blu che urla sempre è davvero….” non sembrò in grado di trovare un aggettivo adatto e lasciò cadere la frase, curvandosi sempre di più.
Ovviamente Black Star era in grado di fare disastri anche senza un contatto diretto. Sospirò, scuotendo il capo.
“Senti, Crona, ti assicuro che siamo tutti persone normali. Un po’ rumorosi, con delle facce un po’ strane, ma normali.” dichiarò con un sorriso gentile. “E se avessi bisogno di aiuto, puoi chiedere a noi. Va bene?”
Crona la osservò con un’espressione insicura, si mordicchiò il labbro e giocherellò con l’orlo della sua felpa. Poi annuì lentamente e accennò un sorriso.
Era chiaramente una persona davvero insicura e Maka pensò che chiunque fosse il disgraziato che l’aveva preso di mira dovesse essere senza cuore.
Si offrì di scortare Crona in classe. La sua offerta venne declinata, ma il ragazzino la salutò con un sorriso incerto, prima di andarsene e lasciarla da sola a ripensare esterrefatta a quell’incontro assurdo.
Quando un’ora più tardi stava uscendo da scuola, si chiese se fosse stata solamente una strana allucinazione causata dal purè. In ogni caso, reale o meno, Crona era riuscito a distrarla dalla sua lite con Soul e a placare notevolmente la sua ira.
Ovviamente non abbastanza per poter tornare a casa con lui. Non le andava ancora di vederlo, figuriamoci ripetere l’esperienza da equilibrista sulla moto di quella mattina. Così, dopo aver salutato le sue amiche, si incamminò verso casa.
Si chiese se Soul avesse intenzione di aspettarla e per sicurezza gli scrisse un messaggio, giusto per non fargli perdere tempo.
Poteva essersi calmata, ma non era abbastanza. L’orgoglio era davvero una brutta bestia, e Maka perdeva tutto il suo coraggio davanti a questo. Si diede della codarda.
Quando arrivò a casa, diede uno sguardo veloce al giardino degli Evans. Soul doveva essere già tornato ormai, ma di solito teneva la moto nel garage, insieme alle macchine.
Aprì la porta di casa, già pronta a lanciarsi sul divano e fare finta di non esistere per mezz’ora prima di studiare, ma quando entrò trovò Blair seduta in soggiorno a guardare la televisione.
“Ciao!” la salutò allegramente, prima di tornare a guardare le schermo.
Maka non riuscì a sorridere. Rispose con un grugnito indefinito che fece voltare di nuovo Blair.
“Tutto a posto?”
Maka sospirò esausta. Probabilmente le si leggeva in faccia che aveva avuto una giornata tremenda, perché Blair continuò con le domande.
“Ma sei tornata a piedi? È successo qualcosa?”
“È tutto a posto.” bofonchiò Maka irritata. Di certo non le andava di parlarne con lei.
Blair la guardò con un sorrisetto accennato e l’aria di chi la sapeva lunga.
“Hai litigato col tuo ragazzo?” chiese con tono quasi divertito.
Maka si morse la lingua per impedirsi di risponderle male.
“Soul non è il mio ragazzo!” sbottò. Blair le stava facendo nuovamente venire il nervoso.
La sentì ridere. “Non ho mai parlato di Soul.”
Maka ringhiò.
Non aveva più pazienza, era stanca e non aveva voglia di ascoltare le battute di Blair sulla sua possibilmente ambigua relazione con Soul. Quando sarebbe finita quella terribile giornata?
Salì pesantemente le scale, trascinandosi dietro lo zaino sgraziatamente e maledicendo tutto ciò che le capitava a tiro.
“Maka?” sentì Blair che la chiamava dal piano inferiore.
“Devo studiare!” gridò un po’ troppo acidamente, prima di sbattere la porta di camera sua e chiudersi dentro coi suoi amati libri.
Per le due ore seguenti dedicò tutta la sua attenzione alla letteratura inglese, fermandosi solo quando il suo stomaco iniziò a brontolare. Decise di concedersi una pausa.
Senza pensarci si voltò a guardare verso la finestra. Riusciva a vedere quella di Soul da lì, ma la sua stanza era nascosta dalle tende. Sentì lo stomaco contorcersi e sapeva che non era per via della fame.
Scese al piano inferiore facendo più silenzio possibile. Il salotto era libero e Maka intuì che Blair fosse andata via. Quasi con sollievo entrò in cucina, trovando però la ragazza seduta al tavolo a leggere una rivista con una tazza fumante tra le mani.
Quella era una persecuzione!
Non appena Blair si rese conto di lei le sorrise. “Ehilà cervellona!”
Maka iniziò a contare mentalmente fino a dieci, prendendo dei bei respiri.
“Oggi non lavori?” chiese in un sibilo.
Blair scosse il capo con un sorriso.
“Oggi è martedì.” le ricordò. “Giorno libero.”
Maka prese una scatola di biscotti dalla dispensa e poi si sedette al tavolo di fronte a lei.
“Il tuo papà mi ha chiesto di rimanere anche a cena. Cosa ti andrebbe di mangiare?” Blair lasciò perdere la rivista e si alzò ad afferrare il bollitore per il the dai fornelli.
Maka fece spallucce, sgranocchiando i suoi biscotti. “Basta che non ci sia pesce crudo. Per il resto va bene tutto.”
Blair la osservò curiosa.
“Non ti piace?”
Maka scosse il capo con una smorfia, le codine che si agitavano intorno al viso. Soul l’avrebbe presa in giro, se fosse stato lì e se non avessero litigato.
Blair annuì, poi fece un cenno verso il bollitore.
“Ho messo troppa acqua, vuoi un po’ di tè? È ancora calda.”
Maka la fissò, pensierosa, per qualche secondo.
“Va bene.” accettò, infine.
“Come va lo studio?” continuò Blair, preparandole una tazza.
Maka si pentì immediatamente di aver accettato. Blair aveva chiaramente voglia di parlare e farle un sacco di domande. Al contrario, lei non voleva parlare con nessuno, di niente. Era stanca, triste e arrabbiata. Con se stessa per aver avuto quella ridicola reazione, con Blair per aver indirettamente causato quella lite, e con Soul la cui unica colpa era quella di aver pensato che Blair fosse bella.
Maka la osservò con rinnovata irritazione.
“Sto facendo una pausa.” rispose secca.
Continuò a sgranocchiare silenziosamente i suoi biscotti, ringraziando Blair con un cenno del capo quando le passò la tazza di tè. Si accorse che la stava studiando con curiosità.
“È stato un litigio molto brutto?” le chiese all’improvviso.
Maka serrò la mascella. Lei era decisamente l’ultima persona con cui volesse parlarne.
“Blair, per favore, lascia stare.”
“Ma sei così giù di morale.”
“Mi passerà.”
La donna la guardò seria, per niente convinta. Il fatto che stesse cercando di nuovo di atteggiarsi da amica più grande a cui chiedere consiglio la infastidiva ulteriormente.
Bevve un sorso di tè, godendosi il calore che si spargeva nel suo torace, e chiuse gli occhi per qualche secondo, massaggiandoli.
Quando li riaprì, Blair la stava ancora osservando con un’espressione indecifrabile.
“Non so cosa sia successo, ma è un peccato che abbiate litigato. Insomma, siete migliori amici.” iniziò con voce delicata e un sorriso alle parole migliori amici.
Maka non rispose, limitandosi a fissarla con la fronte corrugata e uno sguardo quasi di sfida, come a invitarla a risolvere quell’assurda situazione.
“Dovete chiarirvi.” continuò con semplicità e Maka alzò gli occhi al cielo.
Come se fosse così facile!
Blair sembrò intuire il suo filo di pensieri.
“Il punto è che dovete decidervi a farlo.” spiegò con un sorrisino. “O tu, o lui.”
Maka avrebbe voluto rispondere a tono ma Blair stava dando voce ai suoi pensieri più razionali. Inutile dire quanto lo trovasse irritante.
Sospirò rassegnata. Come poteva farle quei discorsi, con quella semplicità?
“Non è così facile.” borbottò indispettita, esprimendo a voce i suoi pensieri.
Blair sollevò un sopracciglio fine, invitandola a continuare.
“Tu probabilmente non ti arrabbi per cose per cui non dovresti.” disse Maka con un vago tono d’accusa. “O hai reazioni magari un tantino esagerate.”
Blair rise. “Io mi arrabbio per un sacco di cose stupide. Ed esagero pure. Succede a tutti, Maka.”
Maka abbassò il capo, quasi vergognosamente. Bevve un lungo sorso di tè, per nascondersi dietro alla tazza.
“L’importante è riconoscere i propri errori. Fatto quello, si può risolvere tutto.” la consolò Blair, con un sorriso incoraggiante.
Maka la guardò di sottecchi, sempre più in imbarazzo.
“Anche se l’ho colpito?” chiese, con una vocina debole debole. Sembrava quasi Crona.
Blair si lasciò sfuggire una risatina, ma prima che Maka potesse arrabbiarsi di nuovo, l’accecò con un altro sorriso gentile.
“Basta chiedere scusa.” la rassicurò, con un’alzata di spalle.
Maka si mordicchiò il labbro nervosamente. Detto così certo che sembrava facile. L’orgoglio era davvero tremendo!
Bevve l’ultimo sorso di tè e poi si alzò a mettere la tazza nel lavandino e la scatola di biscotti al suo posto nella dispensa. Fece per uscire dalla stanza, ma si fermò sulla soglia, senza voltarsi.
“Vado un attimo da Soul.” avvisò a bassa voce. Dopotutto Blair aveva ragione.
Uscì di casa e tagliò verso le siepi che separavano il suo cortile dal giardino degli Evans, salendo in fretta gli scalini del portico. Prendendo un grande respiro, bussò contro la porta in legno bianco. Dopo neanche un minuto, si aprì e Wes le sorrise raggiante.
“Ciao, Maka. Sei venuta a svegliare il bello addormentato?”
Maka sorrise debolmente. “Sta dormendo?”
Wes fece spallucce, spostandosi per farla entrare.
“È il caso che si svegli, altrimenti non dorme la notte. E poi rompe le palle a me perché è sempre stanco.” le disse, tornando ad accomodarsi sul divano davanti allo schermo piatto. Poggiò i piedi sul tavolino di vetro e sprofondò tra i cuscini. Se i suoi genitori fossero stati in casa, Maka sapeva che non l’avrebbe mai fatto.
Wes le fece un cenno verso le scale.
“È in camera sua.” la informò con un sorriso gentile. “Vai pure.”
Maka lo ringraziò, sorridendo a sua volta, prima di precipitarsi al piano superiore. Davanti alla porta di Soul si fermò, non sapendo come agire. Non aveva la più pallida idea di cosa gli avrebbe detto.
Prese nuovamente fiato e bussò.
“Wes, sto dormendo!” grugnì Soul da dentro la stanza.
Suo malgrado, Maka si lasciò sfuggire una risata.
“Non sono Wes.”
Sentì diversi rumori provenire da dentro, prima che Soul aprisse bruscamente la porta. Aveva i capelli disordinati, come quando si alzava la mattina, ed era a mutande.
Maka sollevò le sopracciglia alla vista dei suoi boxer. Erano neri con dei teschi disegnati in stile cartoon.
“Ho interrotto qualcosa?” scherzò, senza batter ciglio.
Considerando che erano amici da quando erano bambini piccoli, Maka aveva visto Soul in momenti e situazioni molto più imbarazzanti o compromettenti di quella. Purtroppo questo discorso valeva anche al contrario.
Soul sbuffò, liquidando la sua battuta. Tornò dentro la stanza in cerca di vestiti, ma lasciò la porta aperta in un chiaro invito a farla entrare. Maka la richiuse dietro di sé e cercò di vedergli il petto, preoccupata. Non sembrava avere lividi, ma era comunque sicura di avergli fatto male.
Rimase in silenzio per un bel po’, formulando varie frasi nella sua mente e rendendosi poi conto che Soul, completamente vestito, la guardava in attesa, sul volto un’espressione seria.
Prese fiato, nervosa. Doveva cercare di ingoiare il suo dannato orgoglio.
“Direi che è il caso di risolvere questa cosa.” disse, schiarendosi poi la gola. Si mordicchiò il labbro, ripensando a tutti i discorsi che aveva provato a pianificare.
Soul continuava a guardarla impassibile, con le braccia incrociate davanti al petto.
“Mi dispiace.” ammise finalmente Maka, iniziando a giocare con l’orlo della maglietta. “Mi rendo conto che potrei aver reagito un po’ male.”
“Hai reagito male?” ripeté Soul, stizzito.
“Fammi finire!” fece Maka alzando una mano. Sospirò. “Ok, ti sei imbambolato davanti a Blair e mi sono arrabbiata. E mi dispiace di averti urlato contro. E di averti detto che sei patetico. E di averti tirato un pugno.”
Soul la stava fissando con gli occhi spalancati. Scosse appena il capo e si passò una mano sul volto.
“Non sei patetico.” continuò Maka, che non sapeva più cosa dire. Ormai stava parlando senza pensare. “Non lo sei per niente, mi dispiace.”
“Io non mi sono imbambolato!” sbottò Soul con una certa indignazione. Sembrava anche un po’ in imbarazzo.
Maka si mordicchiò il labbro, per evitare di rispondergli e lo guardò in silenzio.
“No!” Soul si difese dalla sua accusa silenziosa. Era assurdo come riuscisse a capirla solo con un’occhiata. “Non mi sono assolutamente imbambolato!”
“Senti, non importa.” disse Maka, scuotendo il capo. “È come hai detto tu, Blair è bella e tu l’hai notato.” E non avrebbe dovuto darle così fastidio. Scacciò immediatamente il pensiero.
Soul sospirò. Sembrava anche lui a corto di parole.
Erano sempre stati così, loro due. Passavano dal capirsi solo con uno sguardo al non riuscire a comunicare neanche con le parole. Erano un controsenso.
“Va bene, lo capisco che con tutta questa storia di Blair e il tuo vecchio tu abbia reagito così.” le disse senza guardarla.
Maka gli si avvicinò quasi timidamente.
“Mi dispiace per quel pugno.” ripeté in un mormorio. “Ci ho messo più forza di quanta volevo.”
Soul si lasciò sfuggire una risata strozzata che la fece sentire subito molto meglio. Forse non era più così arrabbiato. Gli appoggiò una mano sul petto, più o meno dove l’aveva colpito.
“Non ti è uscito il livido?”
Lui scosse il capo, con un mezzo ghigno.
“Non ha fatto così tanto male.”
Maka provò a sorridergli e lui ricambiò con tanto di fossette.
Si sedettero tutti e due sul letto, fianco a fianco, e rimasero in silenzio per un momento.
“E non mi sono incantato. Ho solo notato che non ha proprio l’aspetto che dovrebbe avere una strega.” bofonchiò Soul all’improvviso.
Maka lo spinse, ma allo stesso tempo stava soffocando una risatina.
Quando circa un’oretta più tardi tornò a casa per cena, Blair le parve leggermente meno irritante del solito.
O forse era solo il suo buonumore.









Nota:
Quando ho pensato di mettere Crona in un armadietto mi sono chiesta se fosse solo una cosa da serie tv o se succedesse davvero. Internet mi ha dato varie risposte, alcune preoccupanti, altre tragicomiche, e tra queste c'era un povero ragazzo che diceva di essere stato chiuso in un armadietto dal suo stesso fratello.
Comunque Crona è maledettamente difficile da scrivere, anche se è solo una comparsa. 
Spero che questo capitolo vi piaccia, grazie mille per aver letto!! :D

Bye bye

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Capitolo 5
*** Imbarazzo di seconda mano ***


5.Imbarazzo di seconda mano



 

“Non li trovi inquietanti?”
Soul scrutò pigramente i nani di gesso al di là della piscina e i loro malefici sorrisi sghembi. Sollevò le spalle, voltandosi a guardare Maka, con gli occhi assottigliati per il sole pomeridiano.
“Ormai mi sono abituato.” borbottò con semplicità. Maka fece una smorfia.

La madre di Soul sembrava avere una vera e propria passione per gli gnomi da giardino e stava lentamente invadendo l’intero terreno con la loro simpatica presenza, come la definiva lei. Maka li aveva sempre trovati, senza mezzi termini, terrificanti. Ogni volta che passava di lì al buio, cercava in tutti modi di evitare di guardarli.
Soul la stava fissando con un sorrisetto derisorio.
“Ma dai!” sbuffò con una mezza risata. “Non ti spaventi per cose molto peggiori e ti fanno paura degli stupidi gnomi?”
Maka si imbronciò indispettita. “Non mi fanno paura! Li trovo solo un po’ inquietanti! Non capisco cosa ci veda di carino tua madre.”
Soul rise e Maka lo fulminò con uno sguardo, prima di colpirgli il braccio con un pugno non tanto debole.
“Guarda come sorridono. Sono tremendi!” continuò lei, ignorando le lamentele di Soul per il colpo ricevuto. “Sembra che stiano pianificando i nostri omicidi.”
“E dove siamo, nei Piccoli Brividi?” Soul rise nuovamente, beccandosi un’altra occhiataccia e un’altra botta.
“Mi uscirà il livido!” si lamentò, risistemandosi sulla sdraio.
Aveva i capelli ancora bagnati e come era uscito dall’acqua li aveva tirati all’indietro, pettinandoli con le dita. Sbadigliò.
“Non dirmi che hai sonno?” fece Maka scettica.
Soul si strinse nelle spalle, apparentemente più interessato a fissare la piscina dove avevano allegramente sguazzato fino a dieci minuti prima, piuttosto che risponderle.
“Perché ti ho visto benissimo a storia.” lo accusò, non facendosi incantare dalla sua finta innocenza. “Ancora un po’ e come sottofondo avremmo avuto il tuo spensierato russare.”
“Io non russo.” puntualizzò lui, storcendo il naso. “Lo sai. Altrimenti non mi permetterei mai di dormire a scuola.”
Maka aprì la bocca, pronta a partire con una bella ramanzina, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa lui si lasciò scivolare di lato, poggiando la testa sulla sua spalla. Il contatto coi suoi capelli umidi la fece rabbrividire. Lei si era imposta di non bagnare la testa proprio perché non aveva voglia di aspettare che i capelli si asciugassero, anche se Soul le aveva detto che quello non era un vero bagno.
“A volte sei peggio di un gatto.” lo prese in giro.
Soul emise un suono a metà tra uno sbuffo e una risata.
“Hai sempre avuto le spalle comode.”
“Dovrebbe essere un complimento?” si informò Maka diffidente, ma come risposta ricevette solo un vago gesto della mano.
Rimasero in silenzio per alcuni secondi, tranquillamente pensando ognuno alle proprie cose.
“A proposito di gatti” iniziò Soul all’improvviso. “Blair sta praticamente vivendo da voi ultimamente, o sbaglio?”
Maka sospirò. Contrariamente alle sue aspettative, la relazione tra suo padre e Blair stava durando più del previsto. Ormai stavano insieme da quasi quattro mesi.
“L’hai capito dal continuo sottofondo da bar che si sta creando la notte?” ironizzò con tono molto cupo. Se anche papà e Blair rimanevano a casa con lei, finivano sempre per bere qualche bicchiere di troppo.
“In realtà dal fatto che la sua macchina è quasi sempre qui.” rispose Soul con un ghigno. Giusto, la macchina di Blair non passava certo inosservata, esattamente come lei. Era di una tonalità di viola talmente sgargiante che, e di questo Maka era convinta, nessuno sano di mente avrebbe potuto volerla per la carrozzeria della propria macchina.
“Nelle ultime due settimane è tornata a casa sua solo per un paio di giorni.” spiegò con una mezza smorfia. La maggior parte delle cose di Blair erano nel suo appartamento, ma riusciva comunque ad essere disordinata con quel poco che si portava appresso.
“E com’è la convivenza?”
“Bah… va benino.” rispose incerta. “Lascia un po’ troppo spesso i suoi rossetti in bagno e i ci sono capelli viola dappertutto, ma mi aspettavo di peggio.”
Soul si mosse appena, facendola rabbrividire di nuovo.
“Almeno lei è meno insopportabile di come era all’inizio.” continuò corrugando le sopracciglia. “Questo non vuol dire che mi piaccia.” aggiunse poi, tenendoci a precisare.
Soul mugugnò per indicarle che stava ascoltando.
“Lo so che a te piace un sacco.” scherzò lei, camuffando giusto un filino di amarezza.
Soul le pizzicò il braccio, facendola quasi saltare sul posto.
“Non è vero! E di certo non mi incanto a guardarla, come dici tu.” bofonchiò indispettito, raddrizzandosi. Sembrava in imbarazzo.
In realtà Maka si era resa conto, negli ultimi mesi, che Soul sembrava per lo più a disagio quando incontrava Blair. Come se si sentisse messo in soggezione. Il punto era che Blair spesso non si rendeva conto di essere invadente o inopportuna e superava limiti del buon senso che avrebbe dovuto rispettare, e per una persona privata e timida (perché sotto la facciata da ragazzaccio cool, era timido) come Soul, tutto questo era un po’ troppo.
In ogni caso, Maka avrebbe giurato che Soul fosse anche un po’ affascinato da Blair. E se di solito evitava di sbilanciarsi troppo in commenti riguardo la donna, probabilmente perché non voleva farsi prendere a pugni da Maka, questo non gli impediva comunque di fissarla ad occhi sbarrati, raggiungendo tonalità che avrebbero fatto invidia ai pomodori più maturi della stagione, quando era a casa loro e Blair compariva con addosso solo un asciugamano o poco più della biancheria intima. Perciò alla fine, i colpi se li prendeva lo stesso.
Maka cercava di farlo passare solo come fastidio per il suo comportamento da pervertito (da cui Soul si difendeva sempre con una certa indignazione) e cercava di ignorare la fastidiosa sensazione che sentiva al petto ogni volta che succedeva qualcosa del genere, perché se ci avesse prestato davvero attenzione probabilmente l’avrebbe riconosciuta per quello che era realmente. E non aveva nessuna intenzione di ammettere, tra tutte le cose, di essere gelosa.
Soprattutto con Blair che cercava di coinvolgerla in strane conversazioni sul suo rapporto con Soul.
“Ieri hanno di nuovo scambiato la nostra posta” iniziò Soul, dopo essersi schiarito la gola. “A quanto pare Blair è venuta a riportare la nostra a metà mattina.”
Maka lo fissò in attesa. Con una premessa del genere, Blair che metteva piede nel terreno degli Evans, non si aspettava certo di sentire niente di buono.
“In vestaglia.” precisò Soul, con un mezzo sorriso.
Maka chiuse gli occhi, espirando lentamente. La totale mancanza di pudore di Blair diventava sempre più allarmante e soprattutto imbarazzante. Più per le altre persone che per lei, che sembrava proprio non percepirla.
“I tuoi genitori erano a casa?” chiese in un filo di voce. Perché se ad accogliere Blair ci fosse stata solamente la signora delle pulizie, il risultato sarebbe stato certamente infelice, ma non irreparabile. Ma se avesse trovato i signori Evans, allora si parlava di una vera e propria catastrofe.
“Mamma sì.” rispose Soul, il sorriso che si allargava con una punta di malignità.
“Oh no!” Maka si coprì il volto con le mani.
Riusciva ad immaginare la scena perfettamente. Papà era a lavoro, lei a scuola e Blair, ritrovandosi con la posta sbagliata, si era diretta immediatamente dai vicini. Con la sua cortissima camicia da notte e la sua per niente coprente vestaglia rosa. Ora tutta la strada sapeva di che colore avesse avuto le mutande il giorno prima.
Non che gli altri giorni ne rimanessero all’oscuro, ora che ci pensava. Effettivamente vestiti o gonne dalla lunghezza discutibile erano all’ordine del giorno.
Soul iniziò a sghignazzare.
“Devi sentire come ha descritto il suo pigiama.” fece, con tono assolutamente divertito. “Era da tanto che non la vedevo così scandalizzata.”
Maka gemette, coprendosi il volto in imbarazzo.
Se c’era qualcuno a cui Blair proprio non piaceva, erano i genitori di Soul. Fin dal primo giorno che l’avevano incontrata, Maka aveva chiaramente visto la nota di sdegno e indignazione per la ragazza nelle loro espressioni stupite. Non c’era da sorprendersi, ovviamente. Si parlava, dopotutto, di individui alle estremità opposte di due poli. Sia della società che del buon gusto.
A quanto pareva, la madre di Soul aveva avuto un ulteriore motivo per far calare ancora di più la già bassa considerazione che aveva di Blair. E quello scemo di Soul, come al solito, provava divertimento nel vedere l’indignazione pura dei suoi genitori, solo per il gusto di vederli scomporsi.
Maka gli diede una gomitata sulle costole.
“Non ridere!” si lamentò, preoccupata. “Adesso cosa penserà tua madre?”
Si stava vergognando da morire ed era tutta colpa di quello stupido donnaiolo di suo padre e della sciroccata svergognata che aveva come fidanzata.
“Che sei l’unica normale della famiglia.” le rispose Soul, soffocando una risata.
Maka gli lanciò un’occhiataccia e lo vide mordersi il labbro, sforzandosi di tornare serio.
Le passò un braccio intorno al collo, avvicinandola a sé e poggiando il capo contro il suo.
“Non cambiano opinione su di te, solo perché non approvano i gusti di Spirit in fatto di donne.” le disse, cercando di tranquillizzarla. “Insomma, tu gli piaci molto più di quanto gli piaccio io. Fidati. Potrebbero anche proporre uno scambio di figli, se non fosse che Spirit mi odia.”
Scoppiarono entrambi a ridere. Maka lo colpì debolmente sul petto, mentre cercava di calmare le risate.
“Non dire cavolate.” sghignazzò, premendosi contro di lui per qualche secondo. Dopo un po’, Soul la lasciò andare e tornarono entrambi a fissare la piscina e gli gnomi che vegliavano intorno.
“Stasera se ne vanno fuori a cena.” fece Maka, pensierosa. “Ormai non mi invitano più.”
“Volevi andare?”
“Ovvio che no.” puntualizzò con una smorfia. Blair e Spirit si scambiavano continuamente smancerie anche a tavola, fare da candelabro già a casa era più che abbastanza.
Soul rise appena.
“Vuoi che ti faccio compagnia?”
Maka fece spallucce, anche se avrebbe decisamente preferito passare la sera con lui, piuttosto che starsene sola come un cane.
“Se hai voglia. Potremmo guardare un film.”
Soul non rispose per un po’.
“Mi hai fatto vedere i tuoi strani horror giapponesi tutta la settimana, credo di aver bisogno di una pausa.” fece con voce gracchiante. “Usciamo anche noi? Magari andiamo al bowling.”
Maka diede un’occhiata veloce al suo orologio da polso e annuì.
“Ma sì! È da tanto che non ci andiamo.”
Mezz’ora più tardi avevano pianificato la loro serata e Maka fece ritorno a casa sua, iniziando già a pensare a che vestiti avrebbe potuto mettersi. Salutò Blair, che sfogliava una rivista di moda seduta comodamente sulla poltrona.
“Papà è ancora a lavoro?” le chiese, indugiando vicino al divano. Non voleva sedersi lì con lei, ma non aveva neanche ancora voglia di andare a prepararsi.
Blair lasciò stare la rivista e spostò la sua attenzione su Maka.
“Immagino che stia tornando. Ha detto che andava a fare una commissione veloce dopo le lezioni.” disse, facendo scivolare lo sguardo sul prendisole a fiori di Maka. “Carino!”
Maka si strinse nelle spalle. “Grazie.”
“Non hai fatto il bagno?” continuò Blair, accennando ai suoi capelli asciutti.
“Oh sì, ma non avevo voglia di perdere tempo ad asciugarli, quindi non ho bagnato la testa.” spiegò con semplicità. “Anche se adesso mi devo comunque fare la doccia, quindi è stato inutile.”
Blair le sorrise, quasi compiaciuta. “Ah, allora te lo sei tolto il prendisole.”
Maka corrugò le sopracciglia, perplessa.
“Sì…” fece, incerta. Non era sicura di cosa stessero davvero parlando.
Il sorriso di Blair si allargò.
“Quindi ti sei fatta ammirare con il tuo bel bikini?” canticchiò, sbattendo le lunghe ciglia sugli occhi e piegando la testa di lato.
Ecco di che cosa stavano parlando.
Maka fece un passo indietro, quasi intimorita dall’atteggiamento dell’altra.
“Ammirare…?” balbettò, in imbarazzo. “Ma che dici?!”
Blair ridacchiò soddisfatta.
“Andiamo, sei così carina con quel costume da bagno!” le disse, facendole l’occhiolino.
Probabilmente Maka era arrossita. In quei momenti non sapeva se odiarla o se esserle grata per i complimenti, più o meno, indiretti.
Si schiarì la gola, indietraggiando ulteriormente verso le scale.
“Beh… adesso dovrei andare a farmi una doccia.” fece, cercando di sgusciare via da quella conversazione prima che fosse troppo tardi. “Ehm… grazie.”
“Devi uscire?” le chiese Blair, abbandonando momentaneamente i sorrisetti complici.
Maka si fermò sul primo scalino.
“Sì, mangio fuori.”
Ma prima che potesse portare avanti la sua fuga, Blair parlò di nuovo.
“Con lui?” il sorrisino era tornato. “Soul?”
Maka si strinse nella spalle.
Non era possibile che non potesse neanche nominare Soul, senza che Blair partisse in quarta con la fantasia. Anzi, non era neanche necessario nominarlo, faceva tutto da sola.
“Non è niente di strano, Blair, smettila di comportarti da cupido ubriaco!” si giustificò con una smorfia.
Blair scoppiò a ridere, particolarmente divertita dalle sue parole.
“No, non dico che è strano.” spiegò, quando si fu calmata. “Trovo solo carino, che passiate tutto questo tempo insieme.”
Maka arricciò il naso. Con chi altro avrebbe dovuto passare il suo tempo? Lei? Suo padre? Lei e suo padre insieme? No, grazie.
E comunque non era come se non avesse anche altri amici.
“Eravate insieme tutto il pomeriggio oggi, e ieri sei rimasta a casa sua tutta la sera.” continuò Blair, lo sguardo sognante e il sorriso costante sulle labbra.
“Guardavamo film horror.” precisò Maka con tono piatto, cercando di uccidere tutto il romanticismo che Blair si ostinava a vedere.
Ma lei non sembrava darsi per vinta. Maka sospirò e riprese a salire le scale, prima che potesse continuare con qualche altra stupidaggine.
“Vado a lavarmi, adesso!” sbottò, fiondandosi in bagno.
Suo padre non c’era mai quando serviva. Blair evitava di insistere troppo su quell’argomento davanti a Spirit perché diventava isterico e, francamente, nessuno aveva mai voglia di sentirlo quando partiva con i suoi scatti d’ira verso qualunque essere di sesso maschile che potesse anche solo respirare in direzione di Maka.
Sentì la porta d’ingresso chiudersi, dopo che fu uscita dalla doccia. Troppo tardi, ormai.
Sgattaiolò in camera sua in accappatoio, volendo evitare altre domande di Blair e conseguenti reazioni esagerate di Spirit, dedicandosi quindi al quotidiano problema del ‘cosa mi metto’.


Verso le sette Blair e Spirit erano usciti di casa, raggiungendo l’auto mezzo abbracciati e lanciandosi sguardi innamorati che Maka non poteva fare a meno di trovare nauseabondi. Mezz’ora più tardi era uscita anche lei, tra un messaggio e l’altro a Soul, per intimargli di darsi una mossa.
Un paio di enormi panini farciti più tardi, Maka aveva stracciato Soul per tre partite di seguito, così avevano deciso di abbandonare il bowling e farsi un giro in centro, affrontando la folla del venerdì sera.
Maka si sfiorò la pancia con una smorfia. Si sentiva lo stomaco pieno per il panino e il mezzo litro di cocacola che si era bevuta quasi in un colpo. Stava per dirlo a Soul, ma lo vide tirare fuori il cellulare dalla tasca e muovere il dito sul display.

Lo notò fare una strana smorfia e scuotere leggermente il capo.
“Chi ha bisogno di pagine facebook per il meme del giorno, quando Black Star ne invia più o meno uno ogni ora?” mormorò con tono sarcastico.
Maka sollevò un sopracciglio, scettica.
“Non sto scherzando.” le disse Soul, mostrandole lo schermo del telefono e facendo scorrere la sua conversazione con l’amico. Effettivamente ne mandava davvero tanti.
“Ognuno ha un modo personale per dimostrare il proprio amore, no?” ironizzò Maka, facendolo ridere.
“A questo punto, mi chiedo se sono solo io a beccarmi questo suo specialissimo amore o se riserva lo stesso trattamento anche a Tsubaki.” fece lui con un sorrisetto.
“Tsubaki è la ragazza…?” Maka lasciò cadere la domanda, non sapendo bene come finirla.
Soul annuì, rimettendosi il telefono in tasca. “Esattamente.”
“Stanno proprio insieme?” chiese Maka, curiosa. Non voleva fare la pettegola, ma effettivamente non aveva ancora capito un granché di quella situazione, nonostante Black Star parlasse un sacco della ragazza in questione.
Soul le lanciò un’occhiata divertita e si strinse nelle spalle. “Si stanno frequentando. Suppongo che abbia accettato di uscire con lui visto che non riusciva più a scollarselo di dosso.”
Maka sghignazzò. E pensare che l’avevano preso in giro tutti.
“Sarà tipo lui?” si chiese, pensierosa.
“Da come la descrive, per niente.” la informò Soul. “Ed era già sorprendente il solo fatto di aver convinto una ragazza più grande a uscire con lui.”
Se non ricordava male, Black Star aveva detto che Tsubaki era al primo anno di università.
Maka rise.
“Comunque, vuole farcela conoscere.” le disse Soul, infilandosi le mani in tasca. “Vuole portarci nel locale dove lavora, una sera.”
“E che ci facciamo?” chiese Maka con una smorfia. “Se voglio fare la candelina in pubblico, mi basta uscire con papà e Blair.”
Soul soffocò una risata.
“E dai, io devo andare per forza, almeno vieni a farmi compagnia.” la pregò, poi. “Puoi portare anche Liz e Patty, se vuoi.”
Maka sospirò, rassegnata.
“Come l’ha conosciuta?” si informò poi. Probabilmente Black Star l’aveva raccontato almeno una o dieci volte, negli ultimi mesi, ma Maka aveva sviluppato un efficacissimo filtro mentale per buona parte delle sue chiacchiere insensate.
“Era in quel locale, e con la sua solita grazia da ippopotamo costipato le è finito addosso e le ha fatto fare un bagno con le bibite che stava portando.”
Maka rise.
Soul stava spiegando come Black Star si fosse poi prontamente spogliato per offrire la sua maglietta alla ragazza, quando incapparono in una folla di persone ferme intorno ad un piccolo complesso musicale improvvisato. Ingombravano quasi tutto il marciapiede e bloccavano il passaggio.
Si fecero largo tra la calca e Soul, incuriosito, allungò il collo per vedere meglio, poi si fermò, perplesso. Maka non riusciva a scorgere nulla, neanche in punta di piedi e tenendosi alla spalla del ragazzo. C’era troppa gente davanti.
“Stanno cantando una serenata?” chiese confusa.
“Così sembra.” rispose incerto Soul, continuando a scrutare al centro dello spiazzo. Ad un tratto si irrigidì, notando sicuramente qualcosa di particolare.
“Oh mio dio.” mormorò apparentemente inorridito.
“Che succede?” fece Maka, cercando di allungarsi il più possibile per riuscire a vedere. Se non avesse avuto ancora il panino sullo stomaco, avrebbe iniziato a saltare.
“Ehm…” Soul le afferrò un braccio con aria incerta. Maka stava per chiedere altre spiegazioni, quando qualcuno davanti a lei si spostò, lasciandole finalmente vedere la scena con i suoi occhi.
La piccola band stava suonando una serenata per una ragazza. Una familiare ragazza coi capelli tinti di viola, una canottiera dalla scollatura paurosa e grandi occhi dorati.
Prima che Maka potesse anche solo chiedersi perché dei musicisti sconosciuti stessero suonando per Blair in mezzo alla strada, la musica si fermò e Maka riconobbe immediatamente la voce di suo padre che riempiva il silenzio.
“Blair, micetta mia! Da quando stiamo insieme, io mi sento così leggero e felice. Io voglio continuare a sentirmi così per sempre. Voglio passare il resto della mia vita con te.”
Spirit entrò finalmente nella sua visuale e Maka lo vide inginocchiarsi lentamente al centro dello spiazzo. Sotto il suo sguardo inorridito, lui porse una scatolina di velluto verso Blair e l’aprì, mostrando un anello con un grosso diamante in cima.
Maka si sentiva improvvisamente molto lontana da lì. Stava probabilmente vivendo un’esperienza extracorporea o qualcosa del genere.
“Oh mio dio!” sibilò a denti stretti.
Con la coda dell’occhio, notò Soul girarsi verso di lei per qualche secondo, prima di tornare a osservare l’improbabile scena a cui stavano assistendo.
“Blair, vuoi sposarmi?” chiese suo padre a gran voce, scatenando nel pubblico una serie di sibili e risatine.
Maka non rideva. Guardava la scena davanti a lei come in trance. Era agghiacciata.
Quattro mesi. Erano stati insieme per quattro mesi scarsi, e ora lui le faceva una maledettissima proposta di matrimonio. Così ridicola, per giunta.
“Non ho mai provato così tanto imbarazzo per qualcun altro.” mormorò Soul, in maniera quasi sofferente. “Come si fa ad accettare una proposta del genere?”
Maka scosse il capo, incredula.
“Non accetterà mai, infatti.” sibilò con la mascella serrata, gli occhi fissi davanti a sé. Quell’anello doveva essere costato un bel po’. “Non può accettare.”
Nessuno avrebbe mai accettato una proposta di matrimonio, dopo soli quattro mesi, fatta nel bel mezzo del marciapiede con musicisti di strada, il sottofondo di clacson e sgommate e l’odore di fumo di scappamento delle macchine che sfrecciavano a fianco a loro. Suo padre doveva aver perso completamente la ragione.
Sentiva lo sguardo di Soul addosso.
Blair emise uno strano verso, simile a un miagolio molto stridulo, si portò le mani sulle guance e balzò più vicina a Spirit.
“Cavolo, sì! Sì, che ti voglio sposare!” gridò, scoppiando in lacrime.
All’improvviso si sollevarono risate, urla e fischi dalla folla, incitazioni e cantilene di bacio, bacio riempivano l’aria. Il complesso riprese a suonare mentre Blair, anello al dito, saltava addosso a Spirit prima di iniziare a baciarlo con foga davanti a tutte quelle persone. Il boato della folla si fece ancora più forte.
Maka si accorse di non stare più sbattendo le palpebre.
Afferrò la mano di Soul e lo trascinò fuori dalla calca, volendo allontanarsi il più possibile da quel disgustoso spettacolo mieloso.
“Maka…?”
Provò a concentrarsi sui suoi passi, accelerando fino all’angolo.
Maka lanciò una veloce occhiata all’amico, sforzandosi di assumere un’espressione neutra e cercando di non dare di matto. Doveva andarsene immediatamente da lì.
“Scusami, Soul. Non è che potremmo tornare a casa?” chiese con voce innaturalmente tranquilla.
Soul sembrava incerto, ma annuì e la seguì senza spiccicare parola.
Mentre si arrampicava sulla moto dietro di lui, Maka pensò a quanto gli fosse grata. Quando partirono, gli si strinse addosso con forza, la testa poggiata sulla sua schiena.
Provò a concentrarsi sul calore corporeo di Soul, sforzandosi di ignorare la terribile sensazione che le stava invadendo il petto e che le stava facendo contorcere lo stomaco.









Note:
Di notte non si studia, di notte si aggiorna.
"La vendetta degli gnomi" è stato il primo Piccoli Brividi che ho letto, credo. Non ricordo un granché della storia, se non che gli gnomi si animano durante la notte, ma mi era piaciuto un sacco! xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non siate rimasti colpiti letalmente anche voi dall'imbarazzo per la proposta di matrimonio più trash della settimana.
Grazie per aver letto! :)

Alla prossima! 

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Capitolo 6
*** La legge di Murphy ***


6.La legge di Murphy



 

“Mi dispiace.” pigolò Maka mortificata, in pigiama davanti alla piscina. I nani di gesso le perforavano la nuca con i loro sguardi vitrei.
Soul fece spallucce e la tirò per un braccio dentro casa. Quando furono al sicuro nella sua stanza, Maka si tolse le scarpe e prese un lungo respiro.

“Sono appena tornati.” spiegò con un filo di voce.
Soul storse la bocca.
“Figurati. Lo so che non è colpa tua.” Si infilò nuovamente tra le lenzuola, lasciandole però spazio per coricarsi al suo fianco.
Maka si sistemò, prima di spegnere la luce e scrutare cupamente il soffitto buio.
Era ancora talmente confusa da ciò che era successo che non avrebbe saputo dire come si sentiva. Soul non le chiese nulla, probabilmente per non forzarla a parlare quando non se la sentiva. In quel momento Maka pensò che gli voleva così bene.
Si girò a guardarlo, ma nel buio non riusciva a distinguere nulla, se non la sagoma del suo profilo.
Con un sospiro, chiuse gli occhi e la mente tornò involontariamente all’assurda proposta di matrimonio a cui aveva avuto il dispiacere di assistere.
Si mordicchiò l’interno della guancia e strinse i pugni.
La rabbia era sicuramente ciò che riusciva a distinguere meglio nel miscuglio di emozioni contrastanti che provava in quel momento. Era anche quella più facile da gestire, almeno per lei. Cercava di ignorare il resto, come si sentisse delusa, infastidita, tradita. La rabbia era sicuramente la cosa più semplice.
Probabilmente non avrebbe neanche dovuto prendersela così tanto. Probabilmente stava esagerando, ma non poteva farci nulla. Le sembrava di essere l’unica persona ragionevole e allo stesso tempo si sentiva come una bambina immatura.
Blair neanche viveva con loro.
Sposarsi dopo così poco tempo era una pessima idea, Maka non aveva dubbio. Soprattutto per suo padre, l’uomo che aveva mandato all’aria un matrimonio di dieci anni.
Era vero che i suoi genitori avevano avuto appena diciotto anni quando si erano sposati, e la ragione principale era stata molto probabilmente la sua imminente nascita, ma per quanto fosse un matrimonio assolutamente improvvisato, Maka ricordava come sembrassero felici insieme, molti, molti anni prima.
Si premette una mano sul viso, sospirando di nuovo. Doveva calmarsi o non sarebbe riuscita a dormire.
Erano le prime ore di sabato, quindi non si sarebbe dovuta alzare presto per andare a scuola, ma avrebbe preferito comunque non dover passare la giornata a recuperare una notte di sonno. Soul soffriva occasionalmente d’insonnia, e solitamente finiva per assomigliare molto ad uno zombie. Maka non voleva finire nella stessa situazione.
“Maka.” gracchiò lui all’improvviso. “Pensa a qualcosa di noioso.”
Ecco, era talmente agitata che stava impedendo di dormire anche al ragazzo con problemi di sonno. Sbuffò seccata con se stessa.
“Conta le pecore. Conta tutti i libri che hai letto nella tua vita!”
Suo malgrado, si ritrovò a sghignazzare contro il cuscino. “Sono davvero tanti.”
“Appunto.” lo sentì sbadigliare. “Poi se vuoi, conta anche quelli con cui mi hai picchiato.”
Maka continuò a ridere. “Mi fai passare per una manesca, così.”
“Lo sei.” fece lui atono, facendola ridere di nuovo.
Nonostante la stesse prendendo in giro, sotto il lenzuolo le afferrò la mano e la tenne stretta in maniera confortante. Non sapeva se fosse la stanchezza, Soul che scorreva il pollice sulle sue nocche o il fatto che stesse davvero tentando di contare i libri che aveva letto, ma Maka riuscì a rilassarsi. Si addormentò poco più tardi.
Dopo quelli che le sembravano solo cinque minuti, il suo telefono prese a vibrare rumorosamente. La sveglia impostata per le sei del mattino le ricordava che non era nel suo letto, tanto meno a casa sua, e che doveva tagliare la corda.
Si sforzò di alzarsi, abbandonando il calore del letto, e ripescò le sue scarpe. Soul mugugnò qualcosa di incomprensibile.
“Io vado. Tu torna a dormire.” gli disse piano.
Soul tirò fuori una mano e la salutò, socchiudendo appena gli occhi. Sembrava così carino da mezzo addormentato e Maka, che era mezzo addormentata pure lei, si sporse per schioccargli un bacio sulla guancia.
Se ne andò immediatamente, facendo più silenzio possibile. Fuori, l’aria era fresca e il cielo ancora un po’ scuro. Attraversò il prato degli Evans, tornando nel suo giardino e affrettandosi sugli scalini del portico. Entrò dalla cucina.
“Maka.”
Maka balzò per lo spavento e si morse il labbro per impedirsi di imprecare. Dall’altra parte del tavolo, Blair la guardava con le sopracciglia sollevate, sorpresa.
Che diamine ci faceva in piedi a quell’ora?
Era la seconda volta che Blair la beccava mentre tornava dalle sue gite notturne. Era stata così attenta negli ultimi mesi, ed era successo di nuovo.
Sospirò sconsolata, scrollando le spalle.
“Possiamo evitare di parlarne?” chiese implorante.
Blair la scrutava con un’espressione indecifrabile.
“Non so. È un po’ preoccupante che tu te ne vada in giro la notte.” disse storcendo la bocca.
Ora si preoccupavano! Era un po’ tardi per quello.
“Hai intenzione di dirlo a papà?” chiese Maka tagliente. Non si fidava per niente di Blair, ma poteva cercare di fare appello alla sua strana voglia di complicità nei suoi confronti.
Blair sembrava indecisa.
“Se mi dicessi dove sei stata non ci sarebbe bisogno.” rispose dopo averci pensato per un po’.
Maka non riuscì a trattenere una smorfia.
“Perché ti interessa?” non capiva il motivo di tutte quelle domande. Blair non era mica sua madre. Non era affar suo dove andava.
Blair la guardava con un’espressione snervante, a metà tra la delusione e il dispiacere.
“Perché voglio assicurarmi che tu non stia facendo niente di pericoloso.”
Maka sbuffò. Distolse lo sguardo con fare nervoso.
“Non faccio niente di stupido, Blair. Sono io.” disse stizzita, alzando le spalle. “Non è che vada chissà dove, davvero.”
Blair la fissò in maniera penetrante per qualche secondo molto lungo. I suoi occhi dorati che la studiavano attentamente.
Sembrò convincersi e annuì.
“È sabato. Potresti dormire qualche ora in più.” le disse, alzandosi a prendere un bicchiere e riempiendolo d’acqua. “E poi, io e tuo padre dobbiamo parlarti di qualcosa di importante.” concluse sciogliendosi in un sorriso.
Maka sentì lo stomaco contorcersi, nonostante sapesse benissimo cosa dovevano dirle. O forse era proprio quello il motivo. Annuì meccanicamente e si rifugiò in camera sua. Inutile dire che non riuscì a riaddormentarsi.
Dopo qualche ora decise di farsi una doccia e mangiare, visto che continuare a rigirarsi inutilmente a letto non aveva senso.
Scendendo in cucina trovò Blair e Spirit che facevano colazione, l’una imboccando l’altro. Maka si schiarì rumorosamente la gola.
“Oh Maka, sei sveglia finalmente.” suo padre le sorrise mielosamente. Blair non gli aveva detto nulla, evidentemente.
“Vieni qua, tesoro. Io e Blair abbiamo una grande notizia.”
Maka si sedette, prendendo una fetta biscottata e iniziando a spalmarci sopra un po’ di nutella. Si chiese se dovesse dirgli che aveva visto tutto. Mentre decideva, però, Blair si era sporta sul tavolo, mettendo in bella mostra il brillante anello che aveva al dito.
Maka lo fissò quasi inorridita.
“Ci sposiamo!” esclamò suo padre, mostrando tutta la sua dentatura con un sorriso. Blair gli diede un bacio sulla tempia, accarezzandogli i capelli rosso fuoco. Maka sentiva l’appetito abbandonarla.
“Oddio.” mormorò sconsolata.
“Vero? Sembra incredibile!” disse Blair, fraintendendo completamente il suo tono.
Maka li guardò scambiarsi baci e farsi gli occhi dolci per qualche secondo prima di parlare.
“Non vi sembra un po’ presto?” chiese senza farsi troppi problemi, addentando poi la sua fetta biscottata. Almeno la nutella le avrebbe regalato un po’ di gioia.
Spirit scosse appena il capo, mentre Blair fece spallucce.
“Se ci amiamo, perché aspettare?” ribatté la donna, sorridendo raggiante.
Maka non fu contagiata dal loro entusiasmo, prendendo un’altra fetta biscottata e spalmando altra nutella.
“Insomma, non vivete neanche insieme.” constatò, con tono del tutto neutro, come se stesse parlando del tempo.
Suo padre le sorrise nuovamente, girandosi poi verso Blair. Lei gli fece l’occhiolino, le braccia ancora avvolte intorno al suo collo, poi tornò a sorridere a Maka.
“Beh, in realtà mi trasferisco da voi.”
Per poco, Maka non si soffocò con la sua colazione. Deglutì dolorosamente e sbatté le palpebre perplessa in direzione dei due.
“Ti trasferisci? Qui?” ripeté con un tono di voce molto più acuto di prima.
Spirit e Blair annuirono contemporaneamente. I loro sorrisoni stavano diventando inquietanti.
“E quando?” sbottò Maka.
“Il prima possibile.”
“Dovremo aiutarla anche noi, tesoro. Così il trasloco sarà più veloce.”
Maka li fissò di nuovo ad occhi sbarrati e le sopracciglia talmente sollevate che avrebbero potuto toccare l’attaccatura dei capelli. Dovevano essere entrambi fuori di testa. Stavano facendo tutto al contrario e persino Maka, dal basso della sua quasi totale inesperienza in fatto di relazioni, si rendeva conto che era una follia.
“Oh! E c’è qualcos’altro che vorrei chiederti!” riprese Blair, riportando l’attenzione su di lei.
Maka si chiese cos’altro ci potesse essere di peggio. Di rimando, Blair la accecò con un sorriso smagliante.
“Vorrei che mi facessi da damigella!”
Quella mattina, Maka poté constatare e tristemente confermare la veridicità della legge di Murphy.
Non era possibile che Blair le avesse appena chiesto quello che pensava.
“Come?” batté le palpebre, sperando di aver sentito male.
Blair le afferrò una mano e la strinse tra le sue.
“Maka, voglio che tu sia la mia damigella d’onore.” le ripeté sempre sorridente. Non iniziavano a farle male le guance?
“Davvero?” chiese Maka in un filo di voce. Non sapeva se sentirsi più confusa o preoccupata dalle possibili conseguenze di quella decisione. “Cioè, vuoi me? Come damigella? Non dovrebbe essere una tua amica, o qualcosa di simile?”
“Voglio che sia tu.” disse nuovamente Blair, continuando a stringere la mano di Maka.
Maka la guardò, incerta. Le stava sorridendo speranzosa, con occhi dolci. Le faceva quasi tenerezza, e Maka si pentì immediatamente di quel pensiero.
Spostò lo sguardo su suo padre e poté notare anche sul suo viso un sorriso uguale a quello della sua fidanzata.
Maka sospirò.
Non voleva essere la damigella di Blair. Non voleva neanche partecipare a quel matrimonio, per la miseria! Ma cosa avrebbe potuto dirle?
Non capiva davvero perché avrebbe dovuto preferire lei piuttosto che una delle sue amiche. Effettivamente stavano andando più d’accordo ma non avevano proprio un ottimo rapporto. Soprattutto ora che Blair aveva al dito un anello di fidanzamento comprato da papà.
Si mordicchiò il labbro, fissando gli occhioni dorati e fiduciosi di Blair.
Era una stupida. Sì, Maka era una stupida ed era pure debole, perché si sentiva troppo in colpa a rifiutare e si stava pentendo di quella scelta prima ancora di accettare. Si aggrappò alla speranza che il matrimonio saltasse prima di venire celebrato, mentre annuiva debolmente e mormorava: “Se proprio insisti…”
Non ebbe neanche il tempo di stare a ragionarci un granché, perché Blair si era alzata in piedi e, emettendo un urletto eccitato tremendamente simile al verso di una banshee, l’aveva avvolta in un abbraccio stritolatore, quasi soffocandola col suo seno enorme.
Si era già pentita.
Per il resto della giornata, Blair e Spirit non fecero che sorridere e atteggiarsi da piccioncini in luna di miele, quasi come se lei non fosse lì a vedere tutto. Si facevano gli occhi dolci e sghignazzavano come ragazzini delle medie. Erano disgustosi. Assolutamente ripugnanti. Al contrario, lei non faceva che lanciare occhiatacce all’uno e all’altra, rimuginando nel suo malumore.
Alla fine non riuscì più a sopportarli e, volendo stare un po’ da sola nella sua bolla di rabbia e astio, optò per la fuga. Si chiuse in camera sua e provò a leggere per un po’, ma non riusciva a stare concentrata sul libro per troppo tempo. Dal piano inferiore continuava a sentire risatine e il suono snervante della voce di Blair, il che non faceva che ricordarle cosa aveva accettato di fare quella mattina e di conseguenza farla innervosire ancora di più. Cosa le era saltato in testa? Come aveva potuto lasciarsi convincere da un paio di occhioni supplichevoli?
Sempre più irritata, provò a mettere ancora più distanza tra loro, salendo addirittura in soffitta. Il che era grave perché non ci mettevano piede da un bel po’ di tempo e la pulizia della stanza ne aveva chiaramente risentito.
Nascosta tra vecchi giocattoli e altre cianfrusaglie varie, Maka pensava afflitta alle terribili scelte di vita di suo padre (e alle sue, vista la questione della damigella d’onore), mentre cercava qualcosa di interessante con cui intrattenersi. Nascosta dietro un vecchio spiaggino per il mare, trovò una scatola con dentro dei vecchi album di foto. Iniziò a sfogliarne qualcuno, ma ogni volta che vedeva sua madre si deprimeva sempre di più, così lasciò perdere.
Si chiese quando le avrebbe spedito la prossima cartolina. Si chiese anche quando l’avrebbe rivista.
Sbuffò seccata.
Stava facendo la bambina, se n’era persino andata lassù senza motivo, se non per prendere polvere e altro nervoso. Ma non aveva davvero voglia di subirsi Blair e Spirit nella rinnovata fase di luna di miele in cui si trovavano.
Optò per un tipo di fuga un po’ meno patetica e uscì di casa direttamente, andando a bussare alla porta dei vicini.
Le aprì Wes.
“Hey, Maka!” la accolse con un sorriso perfetto. “Come va?”
Maka provò a sorridere a sua volta, ma probabilmente le uscì una smorfia perché Wes sembrò vagamente preoccupato.
“Diciamo che va benino.” rispose senza entrare nei dettagli. “Soul è impegnato?”
Le sembrava di essere tornata indietro di dieci anni, a chiedere alla mamma di Soul se poteva uscire a giocare.
“Vieni.” la invitò Wes, facendosi da parte per lasciarla entrare.
L’atrio di casa Evans era spazioso ed elegante, come il resto della casa, con un grande lampadario di cristallo che le ricordava il Titanic e un grande specchio antico, che Maka aveva sempre ammirato fin da piccola, di fronte alla scala che portava ai piani superiori. Appena Wes chiuse la porta alle sue spalle, Maka sentì le voci dei genitori provenire dal soggiorno e una musica di sottofondo.
“È su in mansarda, vai pure.” le disse Wes, facendo un vago cenno verso il soffitto.
Maka gli sorrise di nuovo e salì su per le scale. Man mano che si avvicinava alla mansarda, la musica si faceva più forte e ormai riusciva a distinguere chiaramente il suono cupo del pianoforte. Si ritrovò a sorridere.
Da quando lo conosceva (quindi praticamente da tutta la vita), Soul aveva suonato davanti a lei un totale di sei volte.
Aveva uno strano rapporto di amore-odio con il piano. Da quando si era imposto con i suoi genitori per smettere di frequentare il conservatorio, passava mesi in cui non lo toccava neanche e poi all’improvviso si ritrovava a suonare per ore, giorni.
Maka raggiunse l’ultimo piano e si fermò in cima alla scala, senza fare il minimo rumore.
Al contrario della sua soffitta, la mansarda degli Evans era luminosa e ben tenuta. C’era un altro televisore e un divano antico in pelle al centro della stanza, un biliardino vicino alla scala, e in fondo il pianoforte a coda davanti a cui era seduto Soul.
Le dava le spalle e, preso com’era, probabilmente non l’aveva sentita arrivare.
Ne approfittò per ascoltare attentamente quella musica tetra. Riusciva sempre a dare un tono cupo a ciò che suonava, quasi folle. Maka non capiva molto di musica, ma aveva sempre pensato che fosse così affascinante. La musica di Soul le era sempre piaciuta.
Fece qualche passo verso il divano ma lui si fermò di colpo e si voltò, sobbalzando.
“Cazzo, Maka!”
Ed ecco rotta la magia.
“Non puoi avvicinarti di soppiatto alle spalle della gente, mi hai fatto cagare!” sbottò con innata grazia.
“Già, e si sente.” ironizzò lei con una faccia serissima. Si guadagnò un dito medio.
Maka fece una smorfia.
“Non mi sono avvicinata di soppiatto. Non volevo disturbarti.” si giustificò, appoggiandosi al bracciolo del divano. “Volevo sentirti suonare.”
Fin da piccolo, Soul non aveva mai amato particolarmente la presenza di un pubblico e Maka cercava sempre di fare tesoro di quelle rare volte in cui aveva potuto assistere.
Soul corrugò le sopracciglia, poco convinto.
“Sei venuta da casa tua per sentirmi suonare? Cosa sei, un pipistrello?”
“No, idiota!” Maka finse di tirargli un calcio, con un mezzo sorriso sulle labbra. “Wes mi ha detto che eri qui e poi ho sentito il piano.”
“Beh, allora vedi di fare più rumore la prossima volta.” si lamentò di nuovo, ma anche lui stava sorridendo. “Sembrava un po’ una scena di uno dei tuoi horror giapponesi, con la ragazzina inquietante che ti spunta fuori alle spalle all’improvviso.”
Maka ridacchiò.
“Ti mancavano solo i capelli davanti alla faccia.” continuò lui, portando una gamba dall’altra parte della panca.
“Sono un po’ troppo bionda per essere in un horror giapponese.” constatò Maka, afferrando una codina e rigirandosi un ciuffo tra le dita.
“Fa nulla.” scherzò Soul con un’alzata di spalle. “Sei giapponese per un quarto.”
“E si vede molto, eh?” La gente non ci credeva mai.
Soul rise debolmente.
Le lanciò un’occhiata di sottecchi, poi si girò nuovamente verso il piano e si fece da parte nella panca, lasciando uno spazio al suo fianco. Maka ci si sedette.
“Vuoi parlarne?” le chiese Soul, andando dritto al punto.
Maka sospirò.
“Scusami. Ti sto stressando con questa storia.” borbottò con un pizzico di vergogna.
Soul sbuffò, agitando la mano come a scacciare le sue parole.
“Anch’io ti stresso con un sacco di roba. Ti ho fatto una testa così con la questione del pianoforte.” disse con un tono a metà tra il divertimento e l’imbarazzo.
Maka gli strinse la mano senza guardarlo in faccia. Sentiva il suo sguardo addosso.
“Me l’hanno ufficialmente annunciato. Non ho avuto il coraggio di dirgli che avevo visto tutto.” disse con una smorfia.
Soul si fece sfuggire una risata molto debole.
“Come stai?” le chiese poi.
“Sono arrabbiata.” rispose decisa. “Insomma, loro sono liberi di fare quello che vogliono, ma non si rendono conto di quanto sono irresponsabili? Non è che stia reagendo così solo perché è mio padre, giuro!”
Soul annuì. “Penso anch’io che sia davvero troppo presto.”
Maka sospirò. Almeno Soul condivideva la sua opinione.
“Come se non bastasse mi hanno chiesto di fare la damigella.” annunciò in un gemito.
Soul la guardò sollevando le sopracciglia, le labbra che si curvavano appena in un sorrisetto.
“La damigella?” ripeté divertito.
Maka lasciò cadere la testa in avanti, con un lamento. “Sì. Ti rendi conto?”
“Dai, potrebbe andare peggio…” tentò lui, ma si zittì quando Maka gli lanciò un’occhiataccia.
“Vuol dire che Blair sceglierà il mio vestito. Mi concerà come lei.”
Soul sembrava improvvisamente curioso.
“Come lei?” chiese con interesse.
Maka sbuffò seccata. “Mi farà mettere qualche vestito osceno tipo i suoi e sembrerò… non lo so, ma sarò ridicola!”
Per l’ultima ora aveva pensato attentamente a cosa aveva accettato di fare e quella era l’inevitabile conclusione a cui era arrivata. Sperava davvero che si lasciassero prima del matrimonio.
Soul non sembrava dello stesso parere.
“Non è detto.” disse con una strana luce negli occhi. Maka lo fissò confusa, non sapendo come rispondere.
Era forse un qualche modo contorto di farle un complimento?
Sentiva caldo alla faccia e abbassò immediatamente il capo per cercare di nascondere l’imbarazzo.
Calò di nuovo il silenzio per qualche minuto e Maka fece scorrere le dita sui tasti del pianoforte con aria distratta.
“Non riesco a credere che mio padre si stia risposando.” mormorò. Non pensava davvero che sarebbe mai successo, lui non era per niente adatto al matrimonio. “E lei… Dio, la strega di Blair sarà la mia matrigna!”
Soul scoppiò a ridere e cercò immediatamente di soffocare le risate, coprendosi il volto con la mano libera. Gli ci volle qualche secondo per calmarsi e Maka lo guardò divertita. In fondo se fosse riuscita a sdrammatizzare, si sarebbe sentita un po’ meglio.
Tornato per lo più serio, Soul le lanciò una veloce occhiata di sottecchi.
Si schiarì la gola.
“Ti ricordi quando in seconda elementare mi hai chiesto di sposarti?”
Maka quasi cadde dalla panca. La schiena rigida e il volto che le andava a fuoco, gli lanciò uno sguardo a metà tra il terrore e la furia.
“Perché ne stiamo parlando?” sbottò con una vocina acuta che la fece imbarazzare ancora di più.
Soul rise, il bastardo.
“No, è che persino tu a sette anni eri più giudiziosa di tuo padre.” spiegò con un ghigno. “Noi ci conoscevamo da molto più tempo.”
Nonostante l’imbarazzo, Maka si ritrovò a ridere. Soul aveva ragione. Persino quella sua terribilmente imbarazzante e assolutamente inappropriata proposta di matrimonio a un Soul bambino era meno campata in aria di quella che aveva fatto suo padre la sera prima.
Con un velo di mortificazione, Maka ripensò a quel momento di undici anni prima. Il fatto che Soul avesse accettato, poi, rendeva il tutto ancora più imbarazzante.
Non avevano mai parlato di quella storia, neanche un accenno, e per anni Maka aveva sperato che Soul se ne fosse dimenticato. Ovviamente non era stata così fortunata.
“In ogni caso, la mia proposta è stata meno ridicola di quella di papà.” borbottò ancora tutta rossa.
Soul rise di nuovo e annuì con enfasi. Maka lo osservò per qualche istante, sorridendo anche lei.
Si mordicchiò nervosamente il labbro.
“Ti prego, puoi venire con me al matrimonio?” pigolò con tono supplichevole.
“Sono invitato?”
“Ti sto invitando io.”
Soul le sorrise di nuovo, questa volta in maniera rassicurante, stringendole nuovamente la mano.
“Certo.”









Nota:
Risorgo dalle ceneri della sessione estiva per aggiornare, ora che ho un po' di tempo.
La Legge di Murphy, per chi non lo sapesse, sostiene che "se qualcosa può andar male, andrà male". Proprio come la vita familiare di Maka.
Il fatto che Maka sia per un quarto giapponese l'ho inventato fino a un certo punto. Nel manga Black Star dice che il Giappone è anche il paese d'origine di Maka, quindi ho immaginato che sua madre potesse essere per metà giapponese (così non sembra neanche troppo assurdo che Maka sia uscita bionda con gli occhi verdi xD).
Grazie mille per aver letto. E ringrazio infinitamente chi mi ha lasciato un commento, mi mettete sempre di buon umore! 
❤❤

A presto! :)

 

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Capitolo 7
*** La Cavalcata delle Valchirie ***


7.La Cavalcata delle Valchirie



Onestamente parlando, Maka non avrebbe creduto che la situazione potesse peggiorare.
Le sembrava di essere già caduta talmente in basso che non sarebbe più riuscita a risalire, e invece si era dovuta ricredere. Quello era davvero il fondo. In quel momento, aveva l’agghiacciante certezza che la sua vita non sarebbe potuta peggiorare ulteriormente. Perché non c’era davvero niente di peggio delle condizioni di quel bagno.
Con un tic all’occhio alquanto preoccupante, segno di una imminente crisi di nervi, Maka contemplava, con furia talmente intensa da lasciarla senza parole, il disastro che la fidanzata di suo padre aveva lasciato dietro di sé.
Negli ultimi mesi, da quando Blair aveva iniziato a passare le notti da loro e a portare un po’ della sua roba, Maka aveva già potuto vedere coi suoi occhi come la donna non avesse un minimo senso dell’ordine. Ma in quei (ormai lontani) giorni, Blair non abitava ancora lì con loro e non aveva tutte le sue cose appresso. E Maka non si era resa conto che quello non era stato che un assaggio della portata reale del problema.
Poi c’era stato il trasloco, due settimane infernali in cui sia suo padre che Blair avevano fatto avanti e indietro dal suo vecchio appartamento con una quantità non indifferente di scatoloni, e in cui Maka si era dovuta cimentare, quando riusciva a sgusciare dai suoi doveri di piccola aiutante traslocatrice, nell’arte dello studio in soffitta, con una torcia e un paio di tappi per le orecchie o le cuffie, per evitare il più possibile una devastante crisi isterica.
Durante quel periodo si era chiesta cosa ci fosse in tutte quelle scatole. Blair aveva risposto che erano per lo più vestiti ed era vero, perché in effetti non c’erano molte cose in più rispetto a prima. Il problema era proprio quello, però. Blair aveva l’assurda capacità di tenere le poche cose che aveva in uno stato di caos talmente spaventoso che persino Black Star, facendo un esempio a caso, l’avrebbe trovato disturbante.
E Maka aveva compreso con chiarezza la vera natura del problema solo quando un pomeriggio Blair l’aveva portata nel suo bilocale. Le aveva chiesto di aiutarla, visto che Spirit era impegnato con il lavoro, e per una volta nella vita era vero, e sarebbe stato per tutta la sera ad una conferenza popolata, come aveva specificato lamentandosi a gran voce mentre si annodava la cravatta, da docenti universitari nati nell’era paleolitica. Così Blair si era caricata in macchina Maka, promettendo che si sarebbe trattato giusto di due o tre scatole. Quella era anche stata la prima volta che Maka aveva avuto il dispiacere di sperimentare la guida spericolata della ragazza. Tra andata e ritorno, si era vista passare la vita davanti così tante volte che era riuscita a ricordare anche il giorno della sua nascita.
Le due o tre scatole di Blair si erano rivelate essere praticamente tutto il contenuto di una vecchia cassettiera con quattro grandi cassetti, di cui tre erano sfondati, e a cui mancava un piede, sostituito da tre libri impolverati che tenevano il mobile in piedi.
Probabilmente Maka sarebbe rimasta più sconvolta per lo stato della cassettiera in questione, non avesse prima visto il resto dell’appartamento. Praticamente ogni mobile aveva un qualche tipo di problema e almeno quindici anni ben visibili alle spalle. Alla sua faccia sbigottita, mentre le indicava il televisore a tubo catodico ricoperto da almeno un metro di nastro da imballaggio di un marrone ormai sbiadito, Blair le aveva detto di essere lì in affitto e che tutti i mobili, con l’eccezione di un pouf e una poltrona, non erano suoi. Quello stesso pouf, poi, avevano finito per trasportarlo giù per quattro rampe di scale e lo avevano infilato a forza tra i sedili posteriori della decappottabile di Blair quella stessa sera, alla faccia delle sue giusto due o tre scatole.
La cosa più importante, però, era che Maka non mancò di notare come, nonostante metà dei suoi averi fossero ormai a casa loro, nell’appartamento di Blair regnava un caos permanente che le faceva venire mal di testa solo a stare lì.
Era quindi inevitabile che la stessa sorte sarebbe toccata alla loro povera povera casa, una volta completato il trasloco. E così era capitato al loro povero, poverissimo bagno quella mattina.
Sembrava che un tornado fosse entrato in quella stanza. Ovunque guardasse trovava tutto fuori posto. C’erano asciugamani, rosa e viola con dei gattini disegnati, spazzole, pettini, biancheria intima talmente piccola che Maka si chiedeva che senso avesse usarla, bottiglie di shampoo, balsamo, lozioni per capelli, creme per il corpo, il viso, le mani, e trucchi dappertutto. Il mascara da una parte, l’eyeliner dall’altra, la cipria sul bordo della vasca, il fondotinta e un’altra serie di prodotti per la pelle appoggiati sul coperchio chiuso del water.
Stava per avere una crisi isterica.
“Blair!” chiamò con quanta aria aveva nei polmoni.
Pochi secondi dopo la donna fece capolino dalla porta. “Dimmi, tesoro.”
Probabilmente, uno dei motivi per cui lei e suo padre si piacevano tanto era la loro comune mania di usare nomignoli con tutti.
Maka aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, cercando di calmarsi inutilmente. Agitò freneticamente il braccio per indicare in generale lo stato del bagno.
“Cosa diamine è successo qui?! Cos’è questo disastro?!” esclamò con tono tendenzialmente isterico.
Blair ebbe almeno la decenza di sembrare imbarazzata. Si strinse nelle spalle, con un sorriso colpevole.
“Mi dispiace molto, Maka.” le disse con voce debole. “Blair ha qualche problema a mantenere un po’ di ordine tra le sue cose.”
Ed ecco che riniziava a parlare di se stessa in terza persona.
Maka sollevò le sopracciglia e la guardò ad occhi sgranati. Non si mosse di un centimetro.
Blair ridacchiò nervosamente. “Scusami. Ora raccolgo tutto.”
Iniziò a sistemare come meglio poteva, raccogliendo i suoi trucchi e poggiandoli tutti da una parte.
“Tu dove li tieni?” le chiese sistemando i rossetti tutti in fila. Forse ne aveva persino più di Liz.
“I miei trucchi? In camera mia.” bofonchiò Maka, ancora irritata. “Ma non ne ho mica così tanti.”
Blair le sorrise dolcemente e Maka si preparò ad uno dei suoi soliti commenti imbarazzanti.
“Sì, ho notato che la mia Makina tende sempre a fare trucchi molto naturali. Sembra quasi che tu non ti metta nulla, ma io riesco e vedere la differenza.” cantilenò allegramente, dandole un buffetto sul naso.
Maka storse la bocca al nomignolo assurdo. Era lo stesso che a volte usava suo padre.
“Un giorno lascia che ti trucchi io, ok? Ti posso anche fare le unghie. E i capelli! E…”
“Va bene!” la interruppe Maka, un po’ a disagio. “Magari, un giorno…”
Blair sembrò soddisfatta e la lasciò sola dentro il bagno, promettendole la colazione pronta giù.
Sapeva già come sarebbe finita, se avesse lasciato che Blair la preparasse. Nella sua testa si dipinse una chiara immagine di una se stessa ridicolizzata da un abbigliamento assurdo e trucco e acconciatura esagerati. Magari su di Blair avevano un bell’effetto, ma lei sarebbe sembrata solo uno spaventapasseri con la messa in piega.
Era esattamente come si sentiva riguardo al vestito da damigella che le avrebbe appioppato. Ogni volta che ci pensava si ritrovava a sospirare sconsolata. Prima di tutto perché si era trovata incastrata a fare qualcosa che, nella maniera più assoluta, non voleva fare, ma soprattutto perché avrebbe dovuto farlo per una donna che voleva seriamente sposare suo padre.
Il matrimonio si avvicinava, ormai, e Maka non era ancora riuscita a capacitarsene.
Insomma, suo padre si stava ufficialmente legando in maniera (quasi) definitiva ad un’altra donna. Lo stesso uomo che la settimana prima, al supermercato, l’aveva sottoposta ad una patetica scena imbarazzante quando la cassiera lo aveva riconosciuto e gli aveva chiesto perché non l’avesse mai richiamata.
Lui non aveva saputo come rispondere e di certo Maka che gli lanciava occhiatacce di fuoco non lo aveva aiutato. Ad un certo punto era stato chiaro che Spirit neanche si ricordasse della povera ragazza. Dopotutto, povero lui, non poteva mica tenere una lista di tutte le donne che si era portato a letto nel corso della sua vita. (Gli sarebbe semplicemente bastato cancellare tutti i nomi maschili dall’elenco telefonico, probabilmente.)
Dopo quell’avvenimento, Maka non gli aveva rivolto la parola per due giorni, rifiutandosi categoricamente di accompagnarlo a fare la spesa per il resto della sua vita.
“Le prossime volte ci vai da solo!” aveva sputato, chiudendo definitivamente la questione.
A maggior ragione, l’idea di un matrimonio tra lui e Blair le sembrava ancora così assurda che forse avrebbe anche potuto dimenticarsene se non fosse stato per Blair che mostrava il suo sobrio anello di fidanzamento a chiunque incontrasse.
Ciò che invece non avrebbe potuto assolutamente dimenticare era il fatto che Blair vivesse con loro, visto come aveva disordinatamente cosparso i suoi averi per tutta la casa. Non era stato solo il bagno a venire vittimizzato in quella maniera, dopotutto. Un giorno era tornata da scuola e il soggiorno era talmente irriconoscibile che per un momento si era chiesta se non fosse entrata nella casa sbagliata.
Ma la cosa peggiore era probabilmente la questione delle faccende domestiche.
Con uno scansafatiche come Spirit a farle da padre, Maka aveva preso la situazione in mano già da abbastanza piccola, aiutandolo con le pulizie ed altre faccende. Blair aveva, per così dire, stravolto quel sistema. Voleva aiutare, com’era giusto che fosse, ma sembrava quasi incapace di fare le cose come di dovere. O almeno, di farle senza complicare esponenzialmente la situazione.
E il bucato era ciò che ne risentiva maggiormente. E Maka stava iniziando ad odiare seriamente i suoi turni.
Un conto era lavare la sua roba. Un conto era lavare la roba di suo padre, per quanto non le piacesse. Ma trovarsi a lavare lingerie e camicie da notte oscene era tutta un’altra storia. Blair le aveva raccomandato di usare il ciclo super delicato, col detersivo apposito per quei tessuti. Maka aveva avuto la tentazione di berlo lei il detersivo. O di lanciare la bottiglia in testa alla donna.
Quando se ne lamentava con Soul, lui rideva. Rideva come un idiota perché a casa sua queste cose le faceva la signora delle pulizie e lui da solo non si era mai lavato neanche il costume da bagno.
Quella situazione la stava sfinendo, avere Blair come coinquilina era terribile, e vivere sotto lo stesso tetto con lei e suo padre era la cosa peggiore di tutte.
Ma la ciliegina sull’orribile torta che non aveva mai voluto arrivò quella mattina, sotto forma di una proposta da parte di Blair. Proposta che riguardava, come l’aveva definita lei, la giornata di svago di Blair e Maka.
“Cioè, ti stai lamentando perché devi andare a fare shopping?” sbottò Liz all’improvviso, durante la pausa pranzo, dimenticando momentaneamente gli esercizi di fisica che stava copiando all’ultimo minuto.
“Devo fare shopping con lei! Per il matrimonio!” precisò Maka con una smorfia.
“Magari non sarà così male. Magari sarà, non so, fantastico?” fece Liz con un certo vigore. “Però la costringerà a comprare un vestito ridicolo da mettere per il matrimonio.” intervenne Patty, tra un cucchiaio e l’altro di stufato. A quanto pareva aveva smesso di farsi tenere da parte la pizza per ricatto.
“Grazie Patty.” mormorò cupamente Maka. Finalmente qualcuno che capiva il suo disagio.
“Che ne sai che sarà ridicolo?” chiese Liz piccata, lanciando un’occhiata veloce alla sorella.
“Di solito è la sorte delle damigelle, no?” rispose Patty con semplicità, non rendendosi conto di stare demoralizzando sempre di più Maka, che la guardava con aria sconsolata.
“Te lo sta pagando tuo padre, chi se ne frega.” le disse Liz, riportando la sua attenzione su di lei. “Tu approfittane e compra anche altri vestiti.”
“Punta solo le cose che ti piacciono.” aggiunse Patty.
Maka lasciò andare le posate con rassegnazione.
“Fosse facile, con lei.” sbuffò e nascose il viso dietro le mani, emettendo un lamento strozzato. “Già lo vedo, sarà uno dei suoi soliti vestiti e sembrerò una scopa travestita da baldracca.”
“Oh, per la miseria!” Liz sbuffò spazientita. “Non è vero che sembri una scopa, tu sei bella. E al matrimonio lo sarai ancora di più, qualsiasi vestito tu abbia.”
Maka guardò la ragazza, senza sapere come rispondere. Poi notò il sorriso di Patty e annuì timidamente.
“Grazie.” mormorò a capo chino.
“Al massimo sarai un po’ ridicola per una sera.” le disse Patty con un sorriso smagliante. Al gemito di Maka, Liz le diede una gomitata e le lanciò un’occhiataccia.
Patty fece spallucce, ritornando al suo pranzo con aria innocente, mentre Maka scrutava il suo piatto con astio indirizzato ad ipotetici vestiti improponibili.
“Magari è la volta buona che vi conoscete meglio e iniziate ad andare d’accordo.” bofonchiò Liz, tornando ai suoi esercizi e corrugando le sopracciglia. “Insomma, stai andando a fare shopping, non può essere un’esperienza terribile a priori.”
Maka sbuffò, scartando a prescindere quella possibilità. Ci aveva tentato, ma ogni volta che si ritrovava a pensare che Blair non fosse poi così male, lei finiva per fare qualcosa di irritante e rovinare tutto. Ora che stava sempre appiccicata a suo padre, poi, la situazione era peggiorata ulteriormente.
“Cacchio, Maka, pagherei per essere al tuo posto. Costretta a fare shopping!” continuava Liz, scuotendo il capo sempre china sul quaderno. “Se preferisci fare scambio con me, dillo subito. Kid ha deciso che vuole controllare il suo disturbo ossessivo e sta facendo terapia. È diventato insopportabile!”
Patty scoppiò a ridere a annuì con vigore.
“Dovresti vederlo!” fece tutta divertita, guardando Maka. “Fa morire dal ridere!”
“A me fa venire voglia di premergli un cuscino sulla faccia mentre dorme.” borbottò Liz con una smorfia.
Maka la scrutò con una certa preoccupazione ma Patty, sempre sghignazzando, scosse la mano come a dirle di lasciar perdere.
“E il matrimonio quand’è?” chiese poi Liz, tornando all’argomento iniziale.
“Il 12.” rispose Maka sconsolata.
Le altre la guardarono all’improvviso.
“Ma stiamo parlando di che mese?” chiese Liz confusa.
Maka sospirò, scrollando le spalle. “Giugno. Subito dopo la gita.”
Di nuovo fu fissata da due paia di occhi azzurri sbigottiti.
“Ma è fra un mese!” esclamò di nuovo l’amica, perplessa.
“Wow, non perdono tempo.” commentò Patty con schiettezza.
“Già!” sbottò Maka seccata. “Appunto! E loro non lo vogliono capire!”
“Stanno organizzando il matrimonio in due mesi scarsi? È pochissimo tempo.” constatò scettica Liz.
Maka sospirò nuovamente. “Non hanno ancora finito infatti. Non hanno invitato molta gente, ma stanno comunque facendo le cose in grande.”
Patty la stava guardando con una smorfia preoccupata. “Non ti faranno mica vestire da bomboniera?”
Maka sgranò gli occhi, irrigidendosi. “Dio, spero di no! Forse preferirei i vestiti di Blair, a questo punto!”
“E il vestito da sposa com’è?” chiese Liz curiosa.
“Non l’ha ancora scelto.” rispose Maka cupamente. “Vuole portarmi a vederne qualcuno per aiutarla.”
Patty scattò sul posto. “È la tua occasione! Cerchi di non farla vestire da spogliarellista in fuga per il matrimonio e poi fai lo stesso col tuo vestito.”
“Non è così facile, ti dico.” protestò Maka. Loro non avevano mai conosciuto Blair, perciò non avevano idea di cosa volesse dire convincerla. L’unico che avrebbe capito era Soul, ma non le sembrava il caso di assillarlo per i vestiti. Soprattutto dopo l’ambiguo commento che aveva fatto l’ultima volta.
“Piuttosto…” cominciò Patty pensierosa. “Deve fare l’addio al nubilato, vero?”
Maka la fissò ad occhi spalancati senza dire niente.
Quello era un particolare a cui non aveva minimamente pensato.
“Beh, comunque non è una cosa che mi riguarda, no?” balbettò speranzosa.
“Sei la damigella d’onore.” le fece notare Liz con un sorrisetto. Si stava divertendo un mondo con i suoi disastri familiari.
“Sono la figlia del suo fidanzato, sarebbe strano se ci fossi anch’io.” ribatté Maka, più che altro volendo autoconvincersi.
Patty fece spallucce, tutta sorridente. “Non toglie il fatto che sei la damigella.”
“E da come la descrivi non sembrerebbe un problema per lei, no?” aggiunse Liz.
Probabilmente aveva ragione. Probabilmente Blair si sarebbe fatta pochi problemi ad invitarla se avesse voluto.
Maka scosse il capo, turbata, e di rimando Patty cominciò ad annuire divertita.
“Oh sì!” fece con una risatina crudele. “Finirai con un cappellino o un cerchietto decorato a forma di genitali!”
“Oh, per la miseria!”
Con il sottofondo delle risatine di Patty, Maka finì silenziosamente il suo pasto, imbronciata. Andare all’addio al nubilato di Blair era decisamente l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, ne sarebbe andata della sua sanità mentale. Non appena fosse tornata a casa avrebbe dovuto chiedere a Blair che intenzioni avesse.
Alla fine del pranzo, era un po’ meno abbattuta all’idea di cercare vestiti insieme a Blair, impegnata a pensare alla sua nuova preoccupazione.
Uscendo dalla sala mensa, si fece distrarre da Patty che le raccontava le vicende di Kid e la sua battaglia con la terapia, mentre Liz risistemava il quaderno di fisica con i suoi esercizi freschi di copiatura nella borsa.
“Gli hanno detto che se magari trova qualcosa di asimmetrico con cui non può fare a meno di convivere, magari riuscirà finalmente a superare quella sua fissa della perfezione.” stava spiegando Patty.
“Qualcosa di che tipo?” chiese Maka, confusa.
“Oh, non ha ancora deciso.” fece Patty con un sorrisetto. “Ma lo vuole fare su se stesso, così dice che sarà più efficace.”
Maka le lanciò un’occhiata stranita, mentre Patty continuava a sghignazzare.
“Ieri sera è arrivato a un tanto così dal rasarsi un sopracciglio!” esclamò tra le risate, avvicinando il pollice e l’indice fino a lasciare solo uno spiraglio.
Liz sbuffò sonoramente.
“Sì, e poi all’ultimo ha detto che non ce la faceva e che avrebbe finito per rasarsele tutte e due.” raccontò stizzita, con una smorfia. “Ma a quel punto sarebbe sembrato un alieno e quindi avrebbe dovuto disegnarsele. E tu hai idea di cosa vuol dire se Kid decide di disegnare delle sopracciglia?”
Maka stava cercando di soffocare una risatina con scarso successo, mentre al suo fianco Patty stava arrivando a non riuscire più a respirare un granchè.
“Alla fine è scoppiato a piangere!” riuscì a dire, mentre cercava di riprendere aria.
“Sì, tu ridi! Intanto sono io che l’ho dovuto consolare!” sbottò Liz con una smorfia.
Maka ridacchiò. In fondo Liz non era l’unica a divertirsi per le vicende familiari altrui. Anche se si sentiva un po’ in colpa con il povero Kid.
Mentre raggiungevano il corridoio principale, Liz la richiamò con una gomitata.
“Quello non è il tuo amico strano?” fece, con un cenno del capo verso destra.
Sia Maka che Patty si girarono a guardare di lato dove, appoggiato ad un muro e tutto ricurvo, c’era Crona che cercava di sistemare una quantità non indifferente di libri tra le sue braccia.
Dopo il loro assurdo primo incontro, Maka aveva rivisto Crona diverse volte. Aveva cercato di farci amicizia e le piaceva pensare di esserci più o meno riuscita. Era sempre in un costante stato di ansia e nervosismo, che Maka iniziava a pensare facesse ormai parte del suo carattere, ma le sembrava che con lei Crona riuscisse a sentirsi un filino più a suo agio che con altre persone. Bastava pensare a quell’unica volta che l’aveva convinto a pranzare con lei e, troppo ansioso e spaventato dai suoi amici, non aveva praticamente toccato cibo o spiccicato parola, limitandosi ad annuire o scuotere il capo e balbettare qualche saluto, mentre si congedava.
“Oh sì!” fece Patty, riconoscendo il ragazzino. “Io però non ho ancora capito. È un maschio o una femmina?”
“Patty non puoi chiedere alla gente se sono maschi o femmine!” sbottò immediatamente Liz.
“Non lo sai neanche tu, vero?” commentò la sorella con un ghigno.
Maka roteò gli occhi e le ignorò, facendo qualche passo verso Crona. Era già pronta a salutare con un bel sorriso, quando un ragazzo le tagliò la strada e colpì i libri di Crona, facendoli cadere tutti a terra.
Crona emise un lamento e si chinò per cercare di raccoglierli, mentre il ragazzo rideva.
Maka osservò la scena agghiacciata.
“Che bastardo!” esclamò Liz da qualche parte alle sue spalle e qualcosa scattò in lei. Senza neanche rendersene conto stava marciando verso il ragazzo, che nel mentre aveva raccolto uno dei quaderni di Crona e stava provando a leggere.
“E queste cosa sono? Le tue poesie da sfigato?” diceva tra le risate.
“No, lascialo!” gemette Crona, guardando da una parte all’altra senza sapere bene come muoversi. Al suo sguardo angosciato Maka sentì una stretta al cuore.
Il bullo stava per dire qualcos’altro o forse stava per leggere a voce alta dal quaderno, non l’avrebbero mai saputo, perché prima che potesse fare qualsiasi cosa Maka lo aveva spinto violentemente a terra e gli aveva strappato il quaderno dalle mani, parandosi poi tra lui e Crona.
“È facile prendersela con qualcuno quando sei grande il doppio, ah!?” gli sputò contro, con disgusto.
Poi si girò e porse il quaderno a Crona.
“Stai bene?” chiese gentilmente, mentre aiutava a raccogliere gli altri libri. “Sono troppi, ti aiuto io a portarli.”
Crona la stava fissando con aria preoccupata. Scuoteva il capo e fece per dire qualcosa ma si interruppe e indicò dietro di lei con gli occhi sempre sgranati.
“Nessuno ti ha chiesto niente, Albarn.” esclamò il bullo, nuovamente in piedi. Si era avvicinato e probabilmente pensava di intimidirla con la sua altezza. Illuso.
Maka lo fissò a testa alta con altrettanta avversione, le mani sui fianchi.
“Sparisci.” gli ringhiò contro.
Lui sembrò irritarsi ancora di più. Probabilmente l’idea di venire minacciato da una ragazza con le codine e una gonna a fiori lo stava facendo impazzire.
“Che cazzo di problema hai?” ribatté lui, con una smorfia. “Sei arrivata dal nulla e come una matta mi hai spinto giù!”
“Sono venuta a darti quello che ti meriti a fare lo stronzo con quelli più piccoli di te!” sbottò Maka, che intanto stava perdendo del tutto la pazienza. La gente come questo pallone gonfiato la mandava in bestia.
“Hey, vedi di badare a come parli!” lui fece un altro passo in avanti e la spinse con poca grazia. “Stronza!”
Maka fu come avvolta da una nube d’ira che le fece ribollire il sangue nelle vene e prudere le mani. Probabilmente aveva smesso di ragionare all’istante, perché un secondo dopo gli aveva già tirato un cazzotto in faccia, facendolo cadere a chiappe in terra per la seconda volta nel giro di cinque minuti.
Sentì Crona mugolare in ansia dietro di lei e Liz che provava a chiamarla dalla folla che nel mentre si era formata intorno a loro. Con la coda dell’occhio vide Patty che ovviamente se la rideva alla grande.
Il suo avversario era balzato di nuovo in piedi e gli occhi gli lampeggiavano di rabbia.
“Maledetta puttana!” sbottò, venendole contro. “Questa me la paghi!”
Maka gli si gettò addosso con un ruggito degno di un guerriero vichingo, non facendo un granché caso alle voci che si erano sollevate intorno a loro, tantomeno alla cantilena di “Maka! Maka!” che si era creata dai suoi tifosi.
Pensava solo a zittire quel maledettissimo troglodita. Gli avrebbe dato ciò che meritava per essersela presa con Crona. L’avrebbe fatto pentire amaramente della sua arroganza. E magari l’avrebbe anche fatto piangere un pochino per averle dato della stronza e della puttana.
In preda all’ira più profonda e primordiale, non si rese conto del disastro in cui si stava ficcando, impegnata a tirare calci, gomitate, ginocchiate. Le sembrava quasi che la sua visione fosse stata intinta di rosso dalla sua furia. Probabilmente avrebbe potuto sparare laser dagli occhi, se si fosse impegnata abbastanza.
Poi, come il getto di una doccia fredda che la colpiva improvvisamente, sentì il suo nome venire chiamato da una voce severa e autoritaria, sovrastando il baccano dei suoi compagni di scuola e spegnendo improvvisamente il fuoco che l’aveva animata fino a un secondo prima. Maka si ritrovò davanti al suo avversario a terra, piegato in posizione fetale che gemeva pateticamente con le mani tra le gambe, e tornò bruscamente con i piedi a terra.
Cosa aveva fatto?












Note:
Per la serie suggerimenti per un'improbabile colonna sonora di cui nessuno sentiva assolutamente bisogno, La cavalcata delle Valchirie è il sottofondo che dovete immaginare per la rissa. xD
Sono davvero mortificata per tutte queste brutte cose che faccio succedere a Crona, mi dispiace davvero. Vi sembrerà quasi che ci prenda gusto, ma vi assicuro che non è così. 
Grazie come sempre per la lettura e soprattutto per i commenti! :*

A presto

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Capitolo 8
*** Il sostegno della costante ***


8.Il sostegno della costante



Il ticchettio dell’orologio da parete sembrava incredibilmente assordante nel silenzio che avvolgeva l’ufficio.
Maka si guardò le mani, sfiorando le nocche arrossate con le dita, e sospirò. Questa volta l’aveva combinata davvero grossa.

Alla sua destra, Crona era seduto appallottolato con le ginocchia strette al petto e la testa china. Le ricordava un po’ un armadillo molto magro.
Sembrava in preda alla disperazione e Maka pensò a cosa potesse dire per consolarlo.
“Crona.” provò con tono dolce. “Andrà tutto bene.”
Crona mugolò insensatamente. Dopo qualche secondo sollevò il capo e mise giù i piedi. La guardò con gli occhi enormi e sgranati, sembrava sull’orlo del pianto.
“Hey, è tutto a posto.” insistette Maka, raddrizzandosi sulla sedia. “Non ti preoccupare.”
Crona scosse il capo, con agitazione.
“Hai visto come erano arrabbiati.” mormorò, adocchiando nervosamente la porta chiusa davanti a loro. “Ci… ci espelleranno.”
Maka si avvicinò con cautela a Crona e posò gentilmente una mano sulla sua spalla.
“Non ci espelleranno.” assicurò con un sorriso gentile. “L’espulsione la tengono per cose più gravi.”
“Come fai ad esserne sicura?” chiese Crona con tono tremante.
“Hai presente Black Star? Il mio amico rumoroso, coi capelli blu…” Crona annuì e Maka continuò. “Ecco. Se non fosse così, lui l’avrebbero mandato via a calci già a metà del primo anno.” E non era neanche un’esagerazione.
Crona non sembrò convincersi del tutto, ma almeno si calmò un po’.
Maka dubitava che avrebbe subito conseguenze, era una vittima ed era pieno di testimoni che potevano confermare. Lei, d’altro canto, era in un bel casino. Aveva, sì, fermato un atto di bullismo ma poi aveva perso completamente la calma e la ragione, e aveva mandato quell’imbecille del bullo in infermeria in lacrime.
Di certo la sua condotta ne avrebbe risentito pesantemente. Pensò preoccupata a quanto la sua media si sarebbe abbassata.
Era assurdo! Durante tutti gli anni di liceo era stata perfetta, aveva sempre fatto in modo di prendere voti altissimi e di stare fuori dai guai il più possibile e adesso, proprio alla fine dell’ultimo anno, aveva rovinato tutto per colpa di un troglodita qualsiasi. A seconda di come si sarebbe sviluppata la situazione, avrebbe anche potuto dire addio alla borsa di studio per l’università.
Si mordicchiò il labbro nervosamente.
Di fronte a lei, la porta della presidenza era sempre chiusa. Avevano detto di aspettare fino a che non gli avessero detto loro di entrare, ma sembrava che ci stessero mettendo un’eternità.
Voleva sapere cosa avevano deciso, cosa ne sarebbe stato di lei e della sua carriera. Quella attesa era davvero troppo snervante.
A rompere di nuovo il silenzio fu il tac-tac di un paio di scarpe col tacco che si avvicinavano a passo spedito. Un secondo dopo, la professoressa Gorgon era dentro l’ufficio con gli occhi che lanciavano lampi. Sembrava particolarmente di cattivo umore e Maka si chiese quale fosse il problema.
La Gorgon fece scivolare lo sguardo su di lei e poi si fissò su Crona.
“Ma che mi combini?” fece con tono severo. “In che razza di guaio ti sei…”
Sospirò e scosse il capo, senza finire la frase. Sembrò ragionare sulle sue parole, prima di parlare di nuovo.
“Non ti ho insegnato niente, Crona?” chiese con una smorfia. Aveva le sopracciglia corrugate e le narici dilatate e Maka pensò che non fosse assolutamente un buon momento per ricordare i commenti di Soul sulla sua faccia da serpente. Si impose di stare calma e si concentrò sulla situazione attuale.
Perché la professoressa Gorgon era lì? E soprattutto perché stava sgridando Crona?
“Mi dispiace.” mugugnò Crona a capo chino.
Medusa storse la bocca, scuotendo di nuovo la testa.
“Dispiace anche me, Crona. Soprattutto perché è chiaro che ancora non sei in grado di farti valere.”
Maka osservava la scena sempre più confusa. Chiaramente c’era qualcosa che le sfuggiva. Prima di tutto erano in evidente confidenza, e secondo, il modo in cui la professoressa stava parlando a Crona sembrava tanto…
Maka aprì la bocca, sconcertata.
Probabilmente era un bene che Medusa non la stesse degnando neanche di uno sguardo, altrimenti avrebbe avuto di certo da ridire su come Maka la stesse fissando spudoratamente con una faccia da pesce lesso.
“Come credi che mi sia sentita quando mi hanno avvisato che eri in presidenza?” stava continuando a dire lei, con tono di ramanzina.
Crona aveva lo sguardo insistentemente puntato sulle proprie scarpe, mentre con le mani torturava l’orlo della maglia nera. Sembrava di nuovo sul punto di scoppiare a piangere e Maka sentì una stretta al cuore.
“Professoressa Gorgon.” si intromise, con voce più debole di quanto avrebbe voluto. “Crona non c’entra nulla. È colpa mia.”
Con la coda dell’occhio notò Crona voltarsi a guardarla. Anche Medusa finalmente le rivolse la sua attenzione, con lo sguardo più gelido che le avesse mai visto in faccia. Persino peggio dell’aria che aveva quando parlava degli scrutini finali.
“Maka, per favore, non metterti in mezzo.” le disse con tono secco.
“Ma è vero!” ribadì Maka. Quegli occhi la stavano mettendo in agitazione, ma non poteva lasciare che Crona venisse accusato per qualcosa di cui non aveva colpe. “Sono stata io a fare tutto. Beh, io e il ragazzo che è in infermeria.”
Si voltò un secondo a lanciare un sorriso incoraggiante a Crona, prima di guardare di nuovo Medusa con aria determinata.
“Crona era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.” affermò decisa.
Medusa Gorgon la fissò in maniera penetrante per quasi un minuto intero e Maka si chiese come avesse fatto a non sbattere le palpebre. Forse le voci riguardo la sua natura di strega non erano così false.
Finalmente la professoressa sospirò e distolse lo sguardo, voltandosi verso la porta della presidenza e bussando. Un secondo dopo era dentro lo studio, lasciando nuovamente Maka e Crona da soli.
Maka si voltò immediatamente nella sua direzione.
Lei è tua madre?” chiese sconcertata.
Crona annuì debolmente.
“Lo sapevo che si sarebbe arrabbiata.” si lamentò con una smorfia sconsolata.
Maka posò di nuova la mano sulla sua spalla con fare confortante.
“Non ti preoccupare.” disse con tono calmo. “Il professor Barret e la preside non faranno che confermare quello che le ho detto anch’io. Non ha nessun motivo per arrabbiarsi con te.”
Crona si strinse nelle spalle, sfregando nervosamente le mani sulla stoffa nera dei pantaloni. La guardò per un secondo poi provò a ricambiare il suo sorriso, anche se debolmente.
“Posso chiederti una cosa?” domandò poi Maka. Non voleva assolutamente metterlo a disagio, ma era davvero curiosa. “Scrivi davvero poesie?”
Crona parve andare nel panico. I suoi occhi schizzavano da una parte all’altra della stanza, senza mai fermarsi su di lei, e stava visibilmente sudando.
Maka si maledì mentalmente.
“No, aspetta! Ero solo curiosa.” cercò di giustificarsi, con tono rassicurante. “Perché sai… anch’io scrivo… poesie, a volte.” concluse in un sussurro.
Ma Crona la sentì comunque e la fissò con aria stupita.
“D-davvero?” soffiò con tono incerto.
Maka annuì. Non era una cosa che diceva agli altri generalmente e quando quell’idiota di Soul l’aveva scoperto aveva riso per mezz’ora, il bastardo.
“Però, diciamo che è un segreto.” disse, stringendosi nelle spalle. “Quindi potresti tenerlo per te, per favore?”
“Devo mantenere un segreto?” ripeté Crona con sgomento. Fece una smorfia corrucciata. “Non so bene come fare con i segreti.”
Maka stava pensando a come rispondergli, quando la porta della presidenza finalmente si aprì e ne uscì un uomo.
Sid Barret era il professore di educazione fisica e il vicepreside, e il fatto che si chiamasse come il primo chitarrista dei Pink Floyd era, secondo Soul, una figata. Era un uomo abbastanza grosso, in grado di mettere in soggezione praticamente chiunque gli si trovasse davanti, nonostante fosse una persona molto tranquilla. Nell’ultimo anno però doveva aver esagerato col lavoro, perché aveva sempre un’aria costantemente esausta e sciupata e gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie violacee. La sua aria malaticcia aveva scatenato la fantasia di quei cretini di Soul e Black Star, dando inizio alla miriade di battute sulla sua presunta zombificazione.
“Forza, venite dentro.” disse, tenendo la porta aperta.
Maka entrò nello studio, seguita da Crona, e si fermò davanti alla scrivania della professoressa Azusa Yumi, la preside.
“Accomodatevi.” fece di nuovo Barret, con fare burbero.
Maka prese fiato, imponendosi di stare calma. Era stata una sola volta in presidenza ed era stato solo per farsi firmare un modulo. Non si sarebbe mai immaginata di finire lì, proprio alla fine del liceo, per una dannatissima rissa.
Oh mamma, e se le avessero fatto ripetere l’anno? Altro che fine del liceo. Quella sarebbe stata la fine della sua vita!
Medusa era appoggiata al muro in un angolo dietro di loro, e fissava il vuoto con una smorfia vagamente seccata.
La preside finì di sistemare dei fogli sulla sua scrivania e sollevò lo sguardo severo su loro.
Maka deglutì. Sembrava che con quegli occhi potesse vederle attraverso.
“Allora…” iniziò con tono professionale. “Vediamo di risolvere questa situazione.”
Maka sospirò e si preparò all’inesorabile rovina della sua carriera scolastica. E della sua vita.

 

Nel corridoio proprio fuori dagli uffici, Patty, Liz, Soul e Black Star stavano parlando animatamente fra loro e non si accorsero subito della sua presenza.
Maka si schiarì la gola e loro si zittirono tutti all’istante, girandosi verso di lei. Il silenzio durò precisamente sette secondi.

“Maka!” esclamò Patty, gettandole le braccia intorno al collo.
“Ma che cacchio ti è saltato in testa?” fece Soul con una smorfia.
“Esattamente!” concordò Black Star, scuotendo il capo. “Fai a botte senza di me? Non siamo più amici?”
Soul alzò gli occhi al cielo e gli diede una gomitata sulle costole, mentre Patty ridacchiava.
Liz fece una smorfia e le lanciò un’occhiata ansiosa.
“Allora che ti hanno detto?”
Maka ripensò a quando, neanche mezz’ora prima, si stava immaginando le potenziali disastrose conseguenze delle sue azioni, e quasi si mise a ridere.
“Domani devo rimanere a pulire la palestra per punizione.” spiegò semplicemente, stringendosi nelle spalle.
“Tutto qua?” le chiese Patty, stupita.
Maka sorrise. Le avevano detto che il suo voto di condotta ne avrebbe certamente risentito, ma non ci sarebbero state grosse ripercussioni sulla sua media finale e questo voleva dire che aveva ancora la borsa di studio praticamente in pugno.
“Se vuoi io ho un trucchetto per far sembrare che l’hai pulita tutta subito.” la informò Black Star. “Insomma è davvero enorme e quel pavimento sembra non finire più quando lo devi lavare.”
Maka lo guardò sconcertata. Era vero che lui in punizione ci finiva di continuo, dopotutto.
“Comunque sei stata fantastica!” esclamò Patty, tutta contenta.
“Già, con quella ginocchiata sui gioielli di famiglia hai creato una vera e propria opera d’arte.” commentò Liz con un sorrisetto beffardo.
Soul ridacchiò, mentre Black Star la invitava a battergli il cinque.
“Ben fatto!” disse, soddisfatto. “Sei proprio una mia degna discepola!”
Non sapeva se prenderlo come un complimento o un’offesa, sinceramente, ma Soul era scoppiato a ridere e Maka si fece contagiare.
Poi vide Medusa e Crona uscire dagli uffici e dividersi senza troppi convenevoli, se non per un veloce “Sii puntuale all’uscita.” da parte di Medusa.
Maka fece cenno agli amici di fare silenzio.
“Crona!” chiamò.
Crona la guardò e rivolse uno sguardo nervoso al resto dei ragazzi, prima di avvicinarsi a passo incerto.
Maka lanciò un’occhiataccia ai suoi amici, come a dire di smettere di fissare e di salutare. Si sollevò un coro sconnesso di “Ciao, Crona.”
“Hai visto che è andato tutto bene?” fece Maka con un sorriso. Come aveva previsto, Crona non aveva subito alcuna ripercussione e Medusa era sembrata persino un po’ più calma.
“Tu comunque hai la punizione.” le disse con voce debole.
Maka scosse una mano, come a scacciare il pensiero.
“Non preoccuparti. Avevo paura che mi avrebbero fatto di peggio, quindi non è un problema.” spiegò Maka con una risatina nervosa.
Crona annuì con aria incerta. Abbassò il capo e strisciò nervosamente le suole delle scarpe sul pavimento.
“Hey Crona.” intervenne Black Star, facendo un passo avanti e puntandosi il pollice contro il petto. “La prossima volta che qualcuno ti da fastidio, tu chiama me! Lo faccio pentire anche di essere nato!”
Crona lo fissò ad occhi sgranati, vagamente terrorizzati e Maka alzò gli occhi al cielo.
“Stai esagerando.” bofonchiò Soul verso l’amico.
Crona sbirciò con aria preoccupata verso Maka e poi sorrise debolmente.
“Grazie…” mormorò, prima di salutare frettolosamente e dileguarsi.
Black Star si voltò a guardare gli altri, confuso.
“Dite che l’ho spaventato?”

 

Quando un’ora più tardi stava smontando dalla motocicletta di Soul, Maka iniziò a rendersi conto di cosa l’aspettava una volta varcata la soglia di casa.
Sapeva che la scuola aveva già chiamato suo padre per metterlo al corrente dell’accaduto.

Con un sospiro sconsolato porse il casco a Soul, che stava spingendo la moto verso il garage.
“Non ho per niente voglia di sorbirmi un’altra ramanzina.” disse Maka con tono cupo. Le erano già bastate quelle di Barret e della signorina Yumi.
“Se vuoi tentare la fuga, puoi sempre venire da me.” fece Soul, in cerca delle chiavi nel suo zaino.
Maka sospirò. “La proposta è allettante, ma devo affrontare mio padre. Se no sarà peggio.”
“Come vuoi.” Soul fece spallucce, tirando finalmente fuori le chiavi e puntandole contro la serranda automatica del garage. Mentre aspettava che si sollevasse, si voltò a guardarla con un sorriso strano. “Non ci credo che mi sono perso la scena in cui fai piangere un ragazzo alto quasi il doppio di te a suon di calci sulle palle.”
Il modo in cui lo disse, quasi con ammirazione, la fece scoppiare a ridere.
“Non penso che fosse un bello spettacolo, sinceramente.” sghignazzò, con un’alzata di spalle. “E poi è stata solo una ginocchiata.”
“Avrei comunque voluto vederlo.” continuò lui con un sorrisetto storto.
Maka sospirò un’altra volta e guardò verso casa con una smorfia sulle labbra.
“Bene. È ora di affrontare il mio destino.” affermò con aria solenne. “Ci sentiamo più tardi.”
Soul annuì.
“A dopo, spacca-mascelle!” la salutò, con un buffetto sul naso.
Maka gli fece la linguaccia, prima di allontanarsi. Lo sentì ridacchiare sotto i baffi e si ritrovò a sorridere anche lei.
Il sorriso si spense, appena entrò nel soggiorno di casa sua.
“Ciao papà.” salutò con cautela.
Spirit balzò in piedi appena la vide e le corse incontro, mettendole le mani sulle spalle e squadrandola da testa a piedi.
“Stai bene? Ti ha fatto qualcosa, quel verme schifoso?” le domandò con frenesia.
Ecco, questa non era proprio la reazione che si stava aspettando, ma dopotutto si parlava di suo padre, l’iperprotettività incarnata.
Li raggiunse anche Blair, guardandola preoccupata.
“Maka, tesoro, cosa è successo?”
“Perché ti sei messa a fare a botte con un delinquentello così, amore di papà?” continuò Spirit con tono petulante. “Hanno detto che domani sarai in punizione.”
Maka sgusciò dalla sua stretta e, lasciato cadere lo zaino sulla poltrona, si fece scivolare sul divano.
“Stavo difendendo una persona, e la discussione è degenerata un po’.” spiegò con le sopracciglia corrugate. Quello era un po’ un eufemismo, ma sperava che bastasse a placarli.
Blair piegò la testa di lato, con un principio di sorriso.
“In pratica hai picchiato un bullo?” chiese, confusa.
Maka si mordicchiò il labbro e annuì incerta.
Spirit le si sedette a fianco, sempre più agitato.
“Maka, angelo mio, è stato sicuramente un gesto davvero nobile, ma non puoi metterti in mezzo a queste situazioni pericolose!”
Maka lo incenerì con lo sguardo.
“Mi stai dicendo che quando vedo un deficiente del genere che disturba qualcuno, dovrei fare finta di niente? Perché non ho intenzione di farlo!” sbottò acida.
“No, Maka.” intervenne Blair, poggiandole una mano sul braccio come a placare la sua rabbia. “Quello che vuole dire è che preferirebbe che non risolvessi la questione con la violenza fisica.”
Maka si calmò un po’.
“Beh, mica avevo intenzione di picchiarlo.” borbottò piccata, incrociando le braccia davanti al petto. “Ma poi ha iniziato a insultarmi e ho perso un po’ la calma.”
Suo padre la stava ancora guardando con una smorfia di preoccupazione. Maka ricordava quando, qualche anno prima, aveva provato a farle un discorso sul controllo della rabbia. Non era finita bene e se si fosse azzardato a riprovarci si sarebbe imbestialita come un drago.
Invece Spirit sospirò e scosse appena il capo.
“Maka, non sarà mica che ti senti ignorata?” domandò lentamente, guardandola negli occhi.
Maka lo scrutò confusa. “Come?”
“Insomma, posso capire che con tutta questa storia del matrimonio, magari, non ti stiamo prestando molta attenzione e…”
“Pensi che stia cercando di attirare l’attenzione?” ripeté Maka incredula. Suo padre era fuori di testa! Non riusciva a credere che l’avesse detto davvero! “Oh mio dio!”
Si alzò di scatto e fece qualche passo verso la cucina.
“Sai che ti dico? Lasciamo stare.” disse, cercando di darsi una calmata. Se si fosse arrabbiata avrebbe solo alimentato i suoi sospetti. “Ho sbagliato a picchiarlo. Non avrei dovuto e non lo farò mai più. Domani pulirò la palestra per punizione e tutto tornerà alla normalità.”
Detto questo si voltò e marciò verso la porta finestra della cucina.
“Dove stai andando?” le chiese suo padre, confuso.
“A casa di Soul!” esclamò Maka, facendo un cenno con la mano e uscendo immediatamente in giardino.
Prese un bel respiro e si appoggiò alla parete. Non voleva stare lì a sentirli borbottare qualche altra stupidaggine sul suo comportamento.
Pensò di mandare un messaggio a Soul ma poi decise di chiamarlo direttamente.
“Maka?”
“L’offerta della fuga è ancora valida?”
Lo sentì ridere e un attimo dopo lo vide affacciarsi dalle vetrate davanti alla piscina e farle cenno di raggiungerlo.
Lo seguì nel grande soggiorno, dove sua madre stava guardando la televisione, seduta sul divano. Era come al solito bellissima, i capelli biondi in ordine e il vestito impeccabile.
“Ciao, Maka.” le sorrise elegantemente. “Come va? Vedo che siete tutti indaffarati con le preparazioni. Ho detto a tuo padre che se ha bisogno posso dare una mano.”
Maka sorrise a sua volta, ringraziando.
Il sorriso della signora Evans si fece più grande. “Davvero, non è un problema. Mi fa piacere aiutarvi.”
“Grazie, ma non si deve preoccupare.” la rassicurò Maka, ma lei sembrava bloccata con quell’espressione facciale.
“Non è un problema. Per qualsiasi cosa.”
“Ha recepito il messaggio.” la tagliò bruscamente Soul.
Maka lo notò lanciare un’occhiata strana a sua madre, prima di afferrarle il polso e trascinarla verso le scale.
“Noi andiamo su.” bofonchiò, dimostrando l’esatto opposto della grazia della signora Evans.
Una volta in camera, Maka gli lanciò uno sguardo curioso.
“Cos’è successo?”
Soul sbuffò, lasciandosi cadere sul letto. Sembrava un po’ in imbarazzo.
“Beh, sai che il tuo vecchio ha invitato anche i miei, no?” iniziò con una certa esitazione. Maka annuì e lui chinò il capo prima di continuare. “E loro… ecco, stanno discutendo da un paio di giorni su cosa regalargli. E hanno iniziato a farmi domande strane.”
Maka corrugò le sopracciglia, confusa. “Cioè?”
“Tipo in che condizione è la vostra lavatrice, o altri elettrodomestici. Come se io dovessi saperlo, poi!” borbottò, incrociando le braccia sul petto. “Avevo paura che iniziasse a fare domande inopportune anche a te.”
Suo malgrado, Maka rise. Si sedette a fianco a lui.
“Se è per questo, lo scaldabagno è un po’ vecchio, ormai.” disse, scherzando.
Soul la guardò serio. “Davvero?”
“Facevo una battuta. Non era un suggerimento.” precisò Maka. Ovviamente gli Evans dovevano sempre fare le cose in grande.
Soul scrollò le spalle.
“Stanno diventando davvero noiosi con questa cosa.” spiegò con una smorfia. “Stanno pensando di prendervi una piscina fuoriterra.”
Maka quasi si strozzò con la sua saliva. “Cosa? E perché me lo stai dicendo?”
Poteva immaginare che tipo di piscina avrebbero potuto scegliere gli Evans e di certo non sarebbe stata una di quelle gonfiabili.
“Per farti capire a che punto stanno arrivando.” rispose Soul senza guardarla in faccia.
Come al solito, sembrava vagamente a disagio anche solo ad accennare a come i suoi genitori utilizzassero il loro assurdamente vasto patrimonio. Allo stesso tempo, Maka stessa non sapeva bene come reagire all’idea di un regalo così costoso da parte degli Evans.
Soul sembrò intuire i suoi pensieri.
“Senti, vedilo come un regalo a Spirit. Il fatto che anche tu ne usufruiresti è un altro discorso.” disse continuando a guardare tutto fuorché lei.
“Si, ma non devono per forza fare un regalo costoso. Andrà bene qualsiasi cosa.” ribatté Maka, togliendosi le scarpe e incrociando le gambe sul letto.
Soul fece un sorriso un po’ forzato.
“Lo sai come sono.” borbottò un po’ a disagio.
Maka sospirò e si lasciò cadere all’indietro, guardando il soffitto bianco.
“Quando devi uscire con Blair?” chiese Soul cambiando discorso.
Maka fece una smorfia. Con tutta quella storia della rissa, se n’era quasi dimenticata.
“Sabato.”
“Quanto entusiasmo.”
Maka gli lanciò un’occhiataccia, finendo però per ridere.
“Andiamo, non deve essere per forza una cosa brutta, no?” fece lui, cercando di sollevarle il morale.
“Sì, invece! Non può andare bene in nessun modo!” ribatté Maka con vigore. Soprattutto se suo padre avesse continuato a blaterare sciocchezze riguardo una sua presunta ricerca di attenzioni.
Guardò Soul sistemarsi al suo fianco a pancia in su. Da quando Blair si era trasferita definitivamente a casa loro, le sue fughe notturne da lui erano aumentate.
“Per il vestito?” fece lui, girando la testa sul materasso per guardarla.
“Per esempio! Pensa ai vestiti più osceni che ti vengono in mente.” esclamò Maka sconsolata. “Quello sarà il suo vestito da sposa. Il peggiore a cui hai pensato.”
Soul inclinò il capo di lato, non convinto.
“Non penso che sarà proprio quello a cui ho pensato.” sghignazzò.
Maka gli pizzicò il braccio, facendolo lamentare e lui la pizzicò altre due volte di rimando.
“Se non la smetti, ti schiaccio!” esclamò Maka artigliandogli un braccio.
“Pesi la metà di me!” ribatté lui ridendo.
Maka boccheggiò con finta indignazione e cercò di salirgli sopra, mentre lui si dimenava un po’.
“Io ho più muscoli di te!” gli ruggì nell’orecchio, facendolo scoppiare a ridere.
“Io sono decisamente più alto!” strillò lui a sua volta.
In un modo o nell’altro, Maka era riuscita stendersi sopra di lui, a peso morto, mentre Soul le teneva le mani sulla vita, in uno svogliato tentativo di sollevarla. Alla fine si limitò a spostare una codina che gli era finita in faccia e a stare fermo sotto di lei, lasciandole poggiare la testa sulla sua spalla. Le risate si erano spente lentamente e rimasero in silenzio per un po’.
In quel momento non esisteva nessuna preoccupazione, nessuna punizione ad intaccare una media praticamente perfetta, nessun matrimonio da celebrare. C’erano solo loro, Maka e Soul, esattamente com’era sempre stato.
Se Maka avesse dovuto individuare un elemento immutato e sicuro della sua vita, sarebbe stato Soul. Avevano fatto amicizia da bambini, erano diventati inseparabili, e da quel momento Soul era sempre rimasto al suo fianco. Era con lei quando alle elementari sentiva i suoi genitori litigare in soggiorno, perché suo padre era stato fuori fino a tardi. Era con lei quando sua madre aveva deciso di andarsene di casa e di trasferirsi in Europa. Era con lei durante il divorzio e poi tutti gli anni a seguire. Ora suo padre si stava risposando con un’altra donna e non le sembrava neanche vero, e Soul era l’unico briciolo di normalità che come sempre uniformava la sua vita.
A volte Maka pensava a come avrebbe potuto reagire diversamente a tutti quegli avvenimenti, se non ci fosse stato Soul con lei. Se la sarebbe cavata comunque, senza ombra di dubbio, ma probabilmente si sarebbe sentita molto più sola. E a quel punto, i discorsi sull’attenzione di suo padre avrebbero avuto anche un senso.
Se doveva essere sincera, Maka non si sentiva ignorata perché c’era abituata. Sua madre viveva dall’altra parte del mondo, i loro unici contatti erano le cartoline dei suoi viaggi di lavoro e le telefonate per i compleanni o le feste, e suo padre aveva passato gli ultimi sette anni tra un bar e l’altro a rimorchiare sconosciute e passare le sue notti fuori casa.
Maka non aveva dubbi sul fatto che la rissa di quella mattina non c’entrasse niente col suo stato d’animo, al contrario di come aveva pensato Spirit. Perché il punto era che non si sentiva ignorata, ma tradita. Tradita da tutti quegli anni passati a dirsi che suo padre non era fatto per avere una relazione stabile e poi dal vederlo all’improvviso vivere felicemente con Blair. Tradita da quei quattro mesi in cui le era davvero stato fedele. Si era impegnato. E sembravano funzionare davvero.
Maka si era chiesta perché non l’avesse fatto anche prima. Si era chiesta se il fattore malfunzionante fosse stato sua madre, alla fin fine. Si era chiesta perché la vita fosse così ingiusta.
Blair non era il problema, o almeno non l’unico. Non era perfetta e a Maka non piaceva molto, ma non era una cattiva persona e, per quanto fosse assurdo, era davvero innamorata di suo padre. Non c’era nessun motivo perché non potessero sposarsi, se li avesse resi felici. Di certo non poteva fermarli solo perché era gelosa.
Si sentiva una bambina. Si vergognava moltissimo di quella stupida gelosia, ma non poteva farci niente. Non poteva dirlo a nessuno, perché ovviamente chiunque le avrebbe detto di crescere. Era quello che avrebbe voluto fare.
Avrebbe voluto poter essere felice per loro. Avrebbe voluto poter fare shopping con Blair senza provare quella sensazione di fastidio ogni volta che pensava al motivo per cui avevano bisogno di quei vestiti.
Chiuse gli occhi e sospirò, prima di spostarsi da sopra di Soul e tornare a coricarsi al suo fianco. Come al solito, fece finta di nulla, sforzandosi di pensare a qualcos’altro e di tornare alla tranquillità di qualche minuto prima.
Si vergognava di tutti quei pensieri, quindi cercava di ignorarli il più possibile. Non le andava di parlarne e di certo non voleva che Soul la guardasse con pietà o che pensasse a quanto fosse patetica, ancora a soffrire per il divorzio dei genitori dopo tutti quegli anni.
Soul però la conosceva bene, probabilmente meglio di chiunque altro, e le sfiorò le mano con la sua. La guardò senza dirle nulla, ma Maka percepì la sua domanda come se l’avesse formulata ad alta voce: stai bene?
Maka si fece più vicina e poggiò di nuovo la testa sulla sua spalla, chiudendo nuovamente gli occhi.
Li riaprì quando lui parlò.
“Se vuoi convinco i miei a regalarvi un set di nani da giardino.”
Maka storse il naso e gli lanciò un’occhiataccia. Ma Soul le stava sorridendo con un misto di affetto e malizia, e Maka pensò a quanto gli voleva bene.











Note:
Ho riletto, cambiato e corretto l'ultima parte del capitolo talmente tante volte che sto iniziando a non capirla più. Per non parlare di tutto il tempo che ho perso cercando di pensare a costruzioni di frasi più generali possibile per Crona. 
In ogni caso, grazie mille per la lettura e per il supporto. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

Un bacio e a presto! :D

 

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Capitolo 9
*** L'inchiesta delle pettegole ***


9.L’inchiesta delle pettegole


“Hai tutto?” chiese Blair, agganciando la cintura e sistemandosi gli occhiali da sole sul naso.
Maka annuì, gettando la borsa sul sedile posteriore della decappottabile viola sgargiante.
Blair non era ricca, e probabilmente aveva speso tutti i suoi soldi per quella macchina.
Come la prima volta che ci era salita, Maka non potè fare a meno di notare come fosse così da Blair. A partire dal colore, per finire al gatto di peluche sul cruscotto e la zucca di halloween in miniatura appesa allo specchietto retrovisore.
Ed esattamente come la prima volta che ci era salita, Maka agganciò subito la cintura e si preparò all’inevitabile serie di piccoli infarti che le avrebbe provocato la sua guida da squilibrata.
Non appena Blair mise in moto, lo stereo si accese e l’aria fu invasa da musica pop ad alto volume, provocando una leggera smorfia da parte di Maka. Le sembrava di essere uscita da un film teen drama degli anni 2000 e stava iniziando a vergognarsi.
Blair partì, canticchiando e muovendo la testa a tempo della canzone, e Maka cercò di concentrarsi sulla musica e non su quanto stesse accelerando. Avevano già superato il limite di velocità.
Maka sospirò, guardando il paesaggio circostante. Le piaceva stare nella decappottabile, ma allo stesso tempo era come stare in una macchina con tutti i finestrini costantemente aperti e il vento diventava abbastanza irritante con facilità. Le muoveva i capelli fastidiosamente, schiaffeggiandola coi suoi stessi codini, e non faceva che innervosirla ulteriormente.
Si sforzò di rilassarsi contro il sedile, ma tornò bruscamente in allerta quando superarono un incrocio senza minimamente rallentare, ignorando completamente il segnale di precedenza. Qualcuno le suonò dietro, ma Blair non ci fece caso, impegnata com’era nella sua interpretazione canora.
Più lei accelerava e più Maka si irrigidiva, schiacciandosi contro il sedile. Non sarebbero dovute andare così veloce in un centro abitato, soprattutto con Blair che ogni tanto mollava il volante per mimare un microfono con il pugno chiuso, mentre seguiva una logica molto personalizzata delle precedenze.
Maka credette di vedere una vecchina sventolare il proprio dito medio nella loro direzione da una macchina vicina. Iniziava a sudare freddo.
Si stavano avvicinando ad un altro incrocio e Blair non accennava a rallentare. Maka si ritrovò a premere il piede destro contro il pavimento dell’auto, il suo inconscio che cercava di frenare inutilmente.
“C’è uno stop!” sbottò istericamente e un attimo dopo Blair inchiodò.
“L’avevo visto.” le disse con un sorriso divertito. Maka avrebbe voluto prenderla a schiaffi.
Diversi minuti più tardi, stavano finalmente scendendo dalla macchina, nel parcheggio del centro commerciale. Doveva aver perso tre anni buoni di vita.
Con un sospiro sconsolato, cercò inutilmente di sistemarsi i capelli, chiedendosi come Blair fosse ancora così impeccabile.
“Fai prima a scioglierli.” le disse la ragazza in questione, sollevando gli occhiali da sole sulla testa. “Sarà anche meglio, considerando che proverai un sacco di vestiti.”
Maka le lanciò uno sguardo preoccupato. “Un sacco?”
Blair ridacchio, liberando le codine dagli elastici e sistemandole i capelli sulle spalle. Le fece l’occhiolino e la prese a braccetto, trascinandola verso l’entrata.
Soltanto nelle prime due ore, entrarono in cinque negozi diversi e Blair le fece provare una quantità di vestiti impensabile. Nonostante tutto quello che aveva detto, Maka era sicura che persino Liz si sarebbe stancata a quel punto.
Blair sceglieva vestiti come niente, prendendone uno dopo l’altro e sistemandoli tra le braccia di Maka, tutto il tempo ridendo e chiacchierando allegramente. Prendeva vestiti che lei non avrebbe mai scelto, con scollature paurose o aperture sui fianchi o sulla schiena che lasciavano poco all’immaginazione. Maka le faceva notare che forse non sarebbe stato il caso, la sua corporatura non era delle più adatte per certi indumenti e poi stavano scegliendo un vestito per un matrimonio, ma Blair le diceva di non pensarci.
Così Maka si ritrovò a fare la passerella in ben cinque camerini diversi, per tanti vestiti che ormai aveva perso il conto. Blair la guardava pensierosa e sembrava prendere la questione molto più seriamente di quanto Maka avesse potuto immaginare.
“Hai visto?” le diceva con un sorriso, mentre le sistemava il vestito di turno e la faceva girare davanti allo specchio. “La scollatura non è un problema.”
Nonostante Blair lo avesse ripetuto per buona parte dei vestiti, non era mai convinta. Diceva che non erano quello che cercavano. Maka non lo sapeva neanche cosa stessero cercando!
Nel quinto negozio le fece provare un vestito nero, aderente fino alla vita con una gonna a ruota che arrivava a metà coscia e un piccolo fiocchetto sulla parte bassa della schiena.
Era decisamente il più normale che le aveva fatto provare, ma dopotutto lo aveva aggiunto alla pila di abiti dopo che l’aveva beccata ad osservarlo.
Quando uscì dal camerino, Blair la guardò ad occhi spalancati e il volto le si illuminò. Si alzò e le girò intorno, muovendole le braccia e sistemandole i capelli. Poi la fece girare bruscamente verso lo specchio e le sorrise da sopra la sua spalla.
“Sei bellissima.” le disse con semplicità.
Maka si sentì avvampare. “Non esageriamo, adesso.”
“Non esagero! Sembra sia stato fatto apposta per te.” rispose l’altra ragazza, stringendole affettuosamente le spalle. “Prendilo!”
Maka rimase interdetta. Il vestito in effetti le piaceva, ma non era il più adatto per il loro scopo.
“Non so, questo per un matrimonio forse non va…”
“Non pensare al matrimonio.” ribatté Blair mettendosi di fianco a lei. “Questo è per te. Per usarlo quando vuoi. Il vestito del matrimonio lo dobbiamo ancora trovare.”
Maka boccheggiò, non sapendo cosa dire. Si guardò un’altra volta allo specchio.
“Sei sicura? Insomma…” iniziò titubante.
“Se non lo prendi tu, lo faccio io e te lo metto nell’armadio a forza.” rispose Blair spingendola dentro il camerino. “Ora cambiati, così andiamo a cercare l’altro.”
Dopo altri due negozi, trovarono finalmente un vestito che Blair definì assolutamente perfetto. Maka non era esattamente della stessa opinione ed era abbastanza sicura che lei non l’avrebbe mai scelto. Era un po’ troppo pomposo ed eccentrico per i suoi gusti, ma tutto sommato non era così terribile come si sarebbe aspettata.
Ovviamente era viola. O come lo aveva definito la commessa, color ciclamino.
“Ti piace davvero tanto, eh.” commentò divertita, rigirandosi davanti allo specchio. Quel vestito doveva essere magico, le faceva sembrare le tette più grandi.
Blair ridacchiò, facendo spallucce. “È il mio colore preferito. Insieme al rosa.”
Maka le guardò i capelli, pensierosa.
“Da quanto tempo li tingi?”
La donna ragionò un momento prima di rispondere.
“La prima volta che li ho tinti avevo quattordici anni, ma avevo semplicemente le punte blu. Poi li ho avuti rosa, poi rossi.” spiegò con un sorriso nostalgico. “Ho iniziato a farli viola a ventun anni.”
Maka la guardava leggermente stupita.
“Wow.” farfugliò. Non riusciva a immaginarsela con tutti quei colori in testa.
Pensandoci meglio, non riusciva a immaginarsela neanche così piccola, alla sua stessa età o a quattordici anni.
“I tuoi capelli al naturale ti sembravano noiosi o semplicemente ti piacciono i colori strani?” mormorò, senza pensarci un granchè. Se ne pentì subito, pensando di averla offesa, ma Blair rise.
“Mia madre aveva sempre i capelli di qualche colore assurdo.” raccontò con un sorriso nostalgico. “Era così bella, e io volevo essere come lei.”
Maka la fissò, immobile, senza dire niente.
Era la prima volta che Blair le parlava della sua famiglia e aveva usato il passato.
Si maledì mentalmente. Avrebbe dovuto capirlo da sola. Dopotutto Blair non aveva mai accennato ai suoi genitori, neanche col matrimonio che si avvicinava. Maka sapeva che Spirit aveva incontrato alcune delle sue amiche, e proprio la sera prima avevano parlato di un imminente visita di Stein e Marie così che potessero conoscere Blair, ma nessuno aveva mai tirato in ballo i genitori.
Blair doveva aver intuito il suo filo di pensieri. Le sorrise dolcemente, stringendole il braccio con affetto.
“I miei genitori sono morti quando ero piccola.” spiegò con un’alzata di spalle.
Maka sentì lo stomaco contorcersi e la gola seccarsi. Era una stupida!
“Scusami.” disse all’improvviso.
Blair sembrò sorpresa poi scosse il capo, sorridendole gentilmente.
“Non c’è bisogno. Mi piace parlare di loro.” le disse, circondandole le spalle con un braccio. “Così non li dimentico mai.”
Maka la osservò incerta per alcuni secondi poi tentò a sua volta un sorriso.
Si rese conto che in fondo non sapeva quasi nulla di lei, con la sua mania di evitarla non aveva neanche mai provato a conoscerla davvero. Pensò che forse aveva giudicato un po’ troppo male Blair per tutto quel tempo.
Comprarono anche il secondo vestito e poi si fermarono per il pranzo.
“Dopo andiamo a vedere le scarpe e finalmente il mio vestito. Ce ne sono tre che sono fantastici e non so quale scegliere.” disse Blair, mentre aspettavano al bancone di un fast food dentro il centro commerciale.
Maka si accorse che erano passate più di tre ore dal loro arrivo.
“Certo che tu sai come passare il tempo, qui dentro.” commentò con ironia, mentre un ragazzo dall’altro lato del bancone porgeva finalmente il loro pranzo.
Blair le sorrise. Afferrò il vassoio e si fece strada fino a un tavolino libero, seguita da Maka.
“Quando ti diverti, il tempo passa in fretta, eh.” esclamò, accomodandosi sulla sedia e sistemando bibite, panini e patatine sul tavolo. “Ti sembrerò una sfigata, ma io non ho molte amiche. In realtà ne ho pochissime.”
Maka sbatté le palpebre, perplessa. Non se lo sarebbe mai aspettato. Una perfida vocetta nel retro della sua mente suggerì che probabilmente di amici maschi invece ne aveva tanti, ma Maka soffocò il pensiero sul nascere. Quella mattina Blair le sembrava più piacevole del solito e non voleva essere lei a rovinare quel momento.
“Dopotutto tu sei l’unica damigella.” continuò Blair con un sorrisino. “In ogni caso, direi che ora siamo diventate davvero amiche. Mi sono divertita un sacco oggi.”
Maka si sentì avvampare di nuovo. Abbassò il capo, fissando il suo panino e annuì impacciata.
Si sentiva una carogna. Aveva pensato e detto cose orribili di Blair, per tutto quel tempo, e neanche la conosceva così bene.
Fece per iniziare a mangiare ma Blair la bloccò, con il cellulare in mano.
“Aspetta, prima faccio una foto!” spiegò allungandosi per inquadrare il tavolo dall’alto.
Maka la osservò mentre scattava tre foto e attese fino a che Blair non sembrò soddisfatta del risultato. La vide sorridere compiaciuta allo schermo del telefono.
“Ce l’hai instagram? Così ti taggo.” le disse, maneggiando sul display.
Mentre iniziava a mangiare, Maka pensò che Blair e Liz sarebbero potute andare d’accordo. Poi pensò a quanto sarebbero potute diventare noiose insieme e decise che quello sarebbe stato un incontro da evitare ad ogni costo.
Blair le mostrò la foto pubblicata con un sorriso e iniziò a mangiare tutta contenta.
A vederla così, Maka pensò a ogni volta che Soul o Liz le avevano detto che magari, col tempo, le cose tra lei e Blair sarebbero potute funzionare, e a come lei avesse sempre scartato l’idea a priori. Quanto odiava avere torto!
Guardando le buste sulla sedia vuota tra loro si ritrovò a sorridere. Dopotutto si era divertita anche lei, anche se magari non come Blair. Era pure riuscita finalmente a distrarsi completamente dal ricordo della rissa a cui aveva dato inizio qualche giorno prima e la conseguente punizione.
Maka ripensò a quando, due sere prima, si fosse lasciata prendere dallo sconforto, di nuovo preoccupata per la sua media scolastica e a come fosse stata proprio Blair a consolarla. Pensò che forse aveva cercato di tirarla su di morale anche con quella gita al centro commerciale.
La guardò con sorriso.
“Allora, che scarpe cerchiamo?”
Blair si illuminò, prima di lanciarsi in una descrizione dettagliata del tipo di scarpe che voleva.
Maka pensò che Blair non fosse poi così male, dopo che la si conosceva.
Anche se guidava come una pazza.


“Spiegami ancora perché io sono qua.” chiese Maka, la testa pesantemente poggiata sul palmo della mano.
Soul le mostrò un sorrisetto accennato. “Per aiutarmi a tenere a bada Black Star.”
Maka sbuffò, tamburellando le dita sul tavolo. “Ma a stare con voi due mi viene il nervoso.”
“E perché, di grazia?” Soul le diede una gomitata leggera sollevando un sopracciglio.
“Perché Black Star ha la maturità mentale di un bambino dell'asilo e ha la sorprendente capacità di trasformarti nella versione più stupida di te stesso.” spiegò Maka con un sorriso tirato.
Aveva passato tutta la giornata con Blair e, non appena era tornata a casa, Soul l’aveva trascinata nuovamente fuori per portarla in un pub con Black Star. Avrebbe preferito stare a casa a dormire, sinceramente.
Al suo commento Soul rise, dandole però ragione. “Appunto, mi serve qualcun altro per fermarlo prima che faccia qualche stupidaggine.”
Maka roteò gli occhi e poi si guardò intorno. Erano in un locale abbastanza piccolo, ma molto carino e accogliente. Le ricordava un pub irlandese.
Distogliendola bruscamente dai suoi pensieri, Black Star si lanciò nella sedia vicino a Soul.
“Tsubaki stacca fra un’ora!” esclamò senza farsi troppi problemi per il suo tono di voce. “Fra un po' viene a prendere le ordinazioni.”
Mentre Soul gli intimava di abbassare la voce, Maka prese il cellulare, aprendo la conversazione con Liz e scrivendo un veloce messaggio. Aveva decisamente bisogno di rinforzi.
“Ah, non vedo l'ora di sfondarmi lo stomaco con un bel maxi kebab.” annunciò Black Star, stravaccato sulla sedia con un sorriso felice sul volto.
Soul fece una smorfia.
“No! Il kebab, no!” si lamentò spingendosi lontano dall'amico. “Se scorreggi, e so che lo farai, dovranno chiudere il locale per le radiazioni.”
Maka li guardò entrambi con una smorfia disgustata, mentre Black Star sorrideva con aria di sfida.
“Se non fossi già albino, potrei farti diventare biondo!” scherzò, e sia lui che Soul finirono per sghignazzare come due idioti.
Maka alzò gli occhi al cielo. Aveva seriamente bisogno di qualcun altro.
Fu momentaneamente distratta da una suoneria di qualche telefono vicino a loro. Maka si guardò intorno confusa, aggrottando le sopracciglia e riconoscendo I’m too sexy. Inorridì quando Black Star tirò fuori il suo cellulare dalla tasca e rispose alla chiamata, fermando la canzone.
“Oh mio dio.” esalò debolmente, scatenando altre risate da parte di Soul. Maka scrisse un altro paio di messaggi a Liz, sempre più disperata.
“Non fare così, Maka.” Soul poggiò il mento sulla spalla della ragazza, le labbra incurvate in un sorriso divertito. “Da quanto non passavi un po' di tempo con Black Star fuori da scuola?”
Maka si voltò a guardarlo, per quanto possibile in quella posizione, sollevando un sopracciglio.
“Da molto, e non ne sentivo la mancanza.” ribatté a bassa voce, riportando poi l'attenzione sul telefono quando vibrò. Lesse velocemente la risposta di Liz e sorrise trionfante, ignorando persino Soul che sbirciava il display senza farsi troppi problemi.
“È una mia impressione o sei di buon umore?” le chiese sottovoce, raddrizzandosi ma rimanendo comunque molto vicino. Maka lo guardò scettica.
“Mi sono appena lamentata di Black Star.” mormorò confusa.
“Intendo per aver passato tutta la giornata con Blair.” precisò lui.
“Oh.” Maka sollevò le spalle. Non sapeva se voleva dargli la soddisfazione della ragione.
Soul continuava a guardarla in attesa, così decise di aggiungere semplicemente: “Non è stato così male.”
Soul mostrò un sorriso trionfante ma prima che potesse dire qualcosa fu interrotto.
“Oi, gente! Non escludetemi dalla conversazione.” Black Star aveva concluso la sua telefonata e ovviamente richiedeva attenzione.
Maka si lasciò andare sconfitta contro lo schienale della sedia, passando i seguenti dieci minuti ad ascoltare gli assurdi discorsi del ragazzo. Si chiese dove trovasse tutta quell'energia. Probabilmente da piccolo gli riempivano i biberon di redbull.
“Hey Maka, com’è andata la pulizia della palestra, poi?” le chiese Black Star all’improvviso.
Maka si incupì appena.
“È stato terribile.” rispose secca. Quando aveva finito era talmente esausta che si era ripromessa di non andare mai più in escandescenza in nessun tipo di contesto scolastico.
“L’hai pulita seriamente?” chiese Black Star, incredulo, e Soul gli lanciò un’occhiata stranita.
“Tu fai davvero finta?” gli chiese sconcertato.
Maka lo incenerì con lo sguardo.
“Non rispondere.” sibilò, incrociando le braccia davanti al petto. Black Star sghignazzò in maniera fastidiosa e Maka prese un bel respiro, soffocando come poteva l’irritazione.
La salvezza arrivò finalmente nella forma di Liz che apriva la porta del pub e si guardava intorno disorientata. Maka si rizzò a sedere e agitò il braccio con un sorriso. “Siamo qui.”
Liz si fece strada tra i tavoli, seguita da Patty e un altro ragazzo. Guardandolo meglio, Maka riconobbe Kid, con qualcosa di decisamente strano.
Con la coda dell’occhio notò Soul lanciarle una veloce occhiata perplessa, per poi riprendere immediatamente la sua tipica faccia da poker.
“Ehilà!” salutò allegramente Patty, sedendosi di fronte a loro. “Vi ricordate di Kid?” disse facendo un cenno verso il ragazzo moro che sorrise educatamente. Soul e Maka lo salutarono, Black Star lo scrutò confuso.
“Le hai sempre avute quelle tre strisce bianche sui capelli?” chiese senza neanche salutare.
Kid si irrigidì all'improvviso e lo guardò con occhi colmi di disperazione. Black Star saltò sul posto con un ululato.
“Perché cazzo mi tiri calci?” sbottò contro Liz, che nel mentre si copriva il volto con le mani.
Patty si sporse sul tavolo con aria cospiratoria. “Non parlare dei capelli. Sta facendo terapia.” bisbigliò in maniera perfettamente udibile anche da Kid.
Maka si chiese come avesse potuto pensare che chiamare altre persone sarebbe stato d’aiuto per sopravvivere alla serata. Guardò Soul cercare di soffocare le risate dietro la mano, poi spostò lo sguardo sul povero Kid che intanto fissava il vuoto con aria afflitta.
Come aveva notato Black Star, le tre strisce decolorate che gli circondavano solo metà del capo non c'erano sempre state. Maka intuì che quella fosse la sua soluzione finale per controllare il suo disturbo ossessivo compulsivo di cui le avevano parlato Liz e Patty giorni prima.
“Come va all'università, Kid?” chiese decidendo di distrarre il ragazzo. Lui le sorrise sollevato.
“Oh, benissimo. Si sente la differenza con il liceo, ma sto riuscendo a stare al passo.” rispose con semplicità. Sembrava nuovamente di buon umore.
“L’importante è svagarsi ai festini nei dormitori!” si intromise Black Star. Tutti sollevarono gli occhi al cielo alla sua uscita.
“Non alloggio nei dormitori.” gli fece notare Kid, con tono pacato.
Black Star si limitò a sollevare le spalle. “Non ti impedisce di ubriacarti.”
“Cosa stai studiando?” chiese Soul, ignorando completamente l'amico.
Kid sembrava compiaciuto della domanda. “Architettura.” rispose soddisfatto. “È davvero affascinante-”
Black Star lo interruppe nuovamente, saltando in piedi sulla sedia e quasi cadendo sul tavolo.
“Tsubaki!” urlò, agitandosi come un ossesso.
Soul si voltò verso Maka con aria turbata. “Possiamo spostarci in un altro tavolo e fare finta di non conoscerlo?” bisbigliò. Patty lo sentì comunque e scoppiò a ridere.
“Mi hai trascinato qua con lui e ora vuoi scappare?” ribatté Maka con un velo di irritazione. Ignorò lo sguardo supplichevole di Soul.
“Non sei curioso di vedere questa fantastica ragazza che ha fatto perdere la testa a Black Star?” mormorò con un sorriso tirato, mentre lui sbuffava imbronciato.
“Sì, Soul.” intervenne Patty, sghignazzando. “Non vuoi vedere Black Star che si mette in ridicolo per una povera malcapitata?”
Soul fece una smorfia. “Il problema è che metterà in ridicolo anche noi.”
Come a confermare le sue parole, Liz si stava coprendo nuovamente il viso con le mani.
“Scendi dalla sedia, cretino!” sbottava di tanto in tanto, mentre Kid si guardava intorno preoccupato.
“Penso che io seguirò il suggerimento di Soul.” mormorò, corrugando la fronte, prima che Patty gli artigliasse una spalla per farlo stare fermo.
Black Star si accomodò di nuovo solo dopo che al loro tavolo si fu avvicinata una ragazza con addosso una camicia nera con il logo del locale ricamato sulla manica.
Tutti si voltarono a guardarla curiosamente. Era alta, aveva lunghi capelli neri raccolti in una coda e occhi scuri a mandorla. Maka pensò che fosse davvero carina.
La ragazza, sicuramente sentendosi studiata fin troppo approfonditamente, arrossì appena, riavviandosi un ciuffo di capelli dietro alle orecchie.
“Ehm... ciao.” salutò timidamente.
“Ragazzi, questa è Tsubaki. Non è bella?” tuonò Black Star, facendo arrossire ancora di più la ragazza. “Tsubaki, questi sfigati sono i miei amici.”
Patty emise un suono sprezzante. “Sfigato vallo a dire a tua-”
“Piacere!” Urlarono Maka e Liz insieme, sovrastando l’altra.
Tsubaki guardò interdetta Patty per un secondo, poi sorrise agli altri, stringendo le varie mani che le venivano offerte.
“Piacere di conoscervi!”
Un’ora più tardi, stavano tutti finendo di mangiare e Tsubaki si era unita a loro.
Più tempo passava con lei e più Maka si chiedeva come una ragazza del genere fosse finita a frequentare quel buzzurro di Black Star. Era il suo esatto opposto. E poteva capire perché lui si fosse infatuato così di lei, ma non riusciva davvero a capire cosa lei potesse vedere in lui.
Tsubaki era timida, educata, gentile. Era una persona piacevole e silenziosa e la conosceva solamente da un’ora ma stava davvero apprezzando la sua compagnia.
“Quindi ti piace Black Star?” le chiese Patty, con tutta la schiettezza possibile.
Tsubaki arrossì.
“Uhm… è un bravo ragazzo. E riesce a farmi ridere come nessuno.” rispose con un sorriso imbarazzato.
“Oh, sicuro.” commentò Patty. “Anch’io rido un sacco di lui.”
“Non penso che fosse quello che intendeva.” intervenne Maka con una risatina nervosa.
Liz lanciò uno sguardo veloce a Black Star che dall’altra parte del tavolo gesticolava con frenesia mentre raccontava qualche storia assurda a Soul e Kid.
“Be’, non capisco davvero i tuoi gusti in fatto di ragazzi, ma tu sembri a posto.” le disse con un cenno di approvazione.
Maka alzò gli occhi al cielo. A primo acchito, Liz e Patty sapevano davvero essere spaventose.
Tsubaki ridacchiò, leggermente in imbarazzo.
Si creò un momento di silenzio pesante, in cui nessuno sapeva bene cosa dire. Maka pensò di portare l’attenzione su ciò che stava raccontando Black Star, ma Patty riprese a parlare.
“Comunque, perché hai preso solo un’insalata?” fece con tono di accusa, indicando il piatto vuoto di Maka.
“Ti ho detto che ho mangiato panino e patatine anche a pranzo.” si difese Maka, stringendosi nelle spalle. Patty fece una smorfia.
“Ci devo credere? Non sarai mica a dieta?” sbottò, come se fosse un affronto personale.
Maka sbuffò una mezza risata. “Se vuoi ti faccio vedere la foto che Blair ha messo su instagram.”
Liz si raddrizzò all’improvviso e le agguantò una spalla con una faccia serissima.
“Hai finalmente accesso ai suoi social.” disse, senza neanche il tono interrogativo, con gli occhi che le brillavano. “Mostramela!”
Patty si sporse verso di loro tutta eccitata e Maka si rese conto che aveva appena offerto alle due più grandi pettegole che conosceva il loro piatto preferito, con tanto di vassoio d’argento.
Con un sospiro prese il suo telefono e dopo qualche secondo di ricerca, lo posò sul tavolo per mostrare a tutte l’account di sexyladycat_ in tutta la sua gloria. Liz e Patty si avvicinarono immediatamente e anche Tsubaki diede un’occhiata curiosa.
Mentre iniziava a scorrere col dito e ad aprire qualche foto, Liz sollevò le sopracciglia con aria colpita.
“Tra i soggetti più frequenti ci sono le sue cosce.” commentò.
“E le sue tette.” aggiunse Patty.
“E la sua faccia che manda baci.” riprese Liz.
Patty aprì una foto e la osservò per alcuni secondi.
“Questa è la mano di tuo padre?” chiese chinando il capo di lato.
Maka afferrò il telefono e chiuse immediatamente l’applicazione, con un grugnito poco amichevole. Un attimo dopo si accorse che Tsubaki le stava osservando leggermente confusa e si ricompose imbarazzata.
“Scusa. È che la fidanzata di mio padre è un po’ esuberante.” E riusciva a mandarla in bestia con una sola foto, dopo che aveva pensato bene di lei per quasi tutta la giornata.
Tsubaki le sorrise dolcemente. “Non preoccuparti.”
“E la caccia al vestito com’è andata?” chiese Liz, riappoggiandosi allo schienale.
Maka si strinse nelle spalle.
“Non è stato così terribile.” ammise in un mormorio. Non voleva che Soul sentisse. “Insomma, Blair non è così male, presa da sola.”
“Il padre di Maka si sta per risposare e lei è la damigella d’onore.” spiegò Patty, notando l’espressione incuriosita di Tsubaki. “Probabilmente il suo vestito la farà sembrare ridicola.”
Liz soffocò una risata, mentre Maka si lasciava andare rassegnata contro lo schienale della sedia.
“Dai, non è così ridicolo.” ribatté imbronciata. “Sì, è viola sgargiante, ma poteva andare molto peggio.”
Patty la guardò ad occhi sgranati, prima di iniziare a ridacchiare.
“Viola sgargiante?” ripetè, divertita. “Wow! Magri ha pure dei fiocchi.”
Maka la fissò senza sapere cosa dire per mezzo secondo.
“Sì, ne ha qualcuno.” confessò, indicando la parte alta della pancia per far capire la zona.
Patty scoppiò a ridere, mentre Liz cercava di sovrastarla.
“Hai la foto? Voglio una foto!” esclamava eccitata.
Maka guardò sconsolata Tsubaki che le sorrise dolcemente.
“Sono sicura che non è così terribile.” le disse, cercando di consolarla.
Maka annuì con enfasi.
“Sì. Insomma, tu non sai com’è lei, ma ti assicuro che tutto sommato ha scelto un vestito abbastanza normale.” provò a spiegare, pizzicando il braccio di Patty e facendola ridere di più. “Poteva andare molto peggio. Molto, molto peggio!”
Liz sghignazzò.
“Almeno non ti ha vestito come lei.” commentò, iniziando a giocare con il suo tovagliolo.
“Infatti.” fece Maka, sempre più imbronciata. “Non avete idea di come sia il vestito da sposa.”
Patty si zittì e la fissò intensamente, seguita da Liz e Tsubaki.
“Com’è?” chiese Tsubaki quasi con timore. Aveva captato abbastanza velocemente i toni di quella situazione assurda, notò Maka.
“Oh, era indecisa fra tre vistiti.” iniziò con una smorfia. “Ha scelto quello meno terribile, ma è comunque un disastro. Come l’intero matrimonio, d’altronde.”
Patty riniziò a ridere sguaiatamente.
“Oh sì, non vedo l’ora di vedere le foto di questo matrimonio!” esclamò tutta felice. Si stava divertendo in una maniera assurda a ridere delle sue disgrazie.
“E chi ti dice che ti farò vedere le foto?” ringhiò Maka, indispettita.
Patty sorrise malefica. “Chiederò a Soul di farne qualcuna.”
Maka serrò la mascella, presa alla sprovvista. Quell’idiota avrebbe probabilmente accettato.
“Oh! È vero che deve andare anche lui.” commentò Liz. Poi si raddrizzò, come se si fosse ricordata all’improvviso di qualcosa. “Quindi ci sarà anche suo fratello?”
“Beh… sì.” rispose Maka. Aveva una vaga idea di dove Liz volesse andare a parare.
“Mi sa che mi imbucherò a questo matrimonio.” fece lei con finta nonchalance, confermando i sospetti di Maka. Sollevò un sopracciglio e la fissò con aria critica.
“Che c’è? È un figo!” si giustificò Liz, sollevando le mani, facendo ridacchiare la sorella.
Non era la prima volta che Liz esprimeva un certo apprezzamento per Wes Evans, e ogni volta che Soul la sentiva si lamentava di quanto gli facesse impressione sentire certi commenti su suo fratello. (Non era comunque paragonabile all’imbarazzo generale che aveva provocato Black Star definendo la signora Evans una milf. Maka non aveva mai visto Soul tirare un pugno così forte come quello.)
“Quindi è invitata anche la sua famiglia?” chiese Tsubaki, curiosa.
Maka annuì, senza pensarci troppo. Tsubaki sembrò soppesare l’idea.
“Ah. Pensavo che fosse il tuo accompagnatore.” spiegò, con tutta l’innocenza di una persona che conosceva Liz e Patty soltanto da un’ora scarsa. Maka sentì il battito cardiaco accelerare, ma non fece in tempo a dire o fare nulla perché Patty l’aveva già anticipata.
“Oh, una cosa non esclude l’altra, non so se mi spiego.” disse con un sorrisetto malizioso e Maka le lanciò un tovagliolo in faccia. Sperava solo che gli schiamazzi di Black Star coprissero le loro voci.
Vide Liz avvicinarsi a Tsubaki, quasi come se volesse raccontarle un segreto, con un ghigno sulle labbra.
“Nonostante le apparenze, Maka e Soul non stanno insieme.” affermò in tono perfettamente udibile, e Maka lanciò un’occhiata ai ragazzi quasi nel panico. Sembravano sempre ignari delle loro chiacchiere.
Tsubaki si raddrizzò e si coprì la bocca in imbarazzo.
“Scusami!” esclamò, arrossendo. “Pensavo che fosse il tuo ragazzo.”
Maka sentiva le guance e le orecchie calde, ma cercò di fare finta di nulla. Scosse il capo con un sorriso nervoso. “No. Siamo solo amici.”
Patty si sporse verso Tsubaki con una mano davanti alla bocca.
“Per ora.” precisò, prima di beccarsi un altro tovagliolo in faccia.
Maka le lanciò un’occhiata di fuoco a cui Patty avrebbe sicuramente risposto con qualche altra buttutina idiota, quando Black Star si intromise.
“Ehi, Tsubaki! Ti stanno trattando bene?” chiese a voce alta.
La ragazza sorrise raggiante. Black Star sembrò soddisfatto e sorrise a sua volta, girandosi poi a guardare l’intero gruppo.
“Sì, tutto sommato non sono male questi pagliacci, vero?” sghignazzò, appoggiando il gomito sulla spalla di Soul. “Anche questo fissato con la roba simmetrica è divertente.”
Kid lo guardò con un sopracciglio sollevato, ma non disse niente.
“Pagliaccio vallo a dire a tua-”
“Patty!”










Note:
Ehilà!
Ho un paio di commenti sul capitolo. Prima di tutto, di recente ho scoperto che in alcune parti d'Italia per 'busta' si intende solo quella delle lettere (o almeno mi è sembrato di capire così), ma facendo un giro su internet trovavo comunque i sacchetti della spesa o dei negozi in generale sotto la dicitura 'busta' quindi ho deciso di lasciarlo così.
Riguardo la storia, invece, il vestito nero che compra Maka dovrebbe essere una versione più corta e un po' più casual (?) di quello della black room. 
La suoneria di Black Star è una canzone che conoscono tutti, ma se non doveste ricordarla cercatela su YouTube. È stupida, lo so, ma mi faceva ridere.
Detto questo, grazie mille come sempre per la lettura e soprattutto per i commenti agli scorsi capitoli! ❤
Spero vi sia piaciuto anche questo! :)

Un bacio e alla prossima!

 

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Capitolo 10
*** Il trucco del forno ***


10.Il trucco del forno


“Allora me la mandi o no, questa foto?”
Maka sbuffò, tenendo il cellulare in bilico tra la guancia e la spalla.
“Adesso non ho il tempo di tirarlo fuori e mettermelo.” si lamentò, rovistando tra i suoi quaderni sulla scrivania. “Lo faccio uno di questi giorni.”
“Va bene, se non hai voglia di mettertelo, almeno fai una foto al vestito da solo.” ribatté Liz piccata. “Voglio vedere com’è.”
Maka alzò gli occhi al cielo, prima di iniziare a sgombrare la scrivania.
Alla fine dell’anno scolastico la sua stanza diventava sempre un campo di battaglia, con tutti i libri, gli appunti e i quaderni pieni zeppi di esercizi che invadevano ogni superficie e distruggevano l’ordine che Maka riusciva a mantenere durante il resto dell’anno.
Doveva studiare e doveva farlo bene. Non aveva certo tempo da perdere a mettere in ordine, non quando la sua media era stata abbassata a tradimento dalla sua condotta a causa di un bulletto imbecille che l’aveva insultata e della sua pazienza, che forse era andata a farsi benedire un po’ troppo presto.
Maka aveva una borsa di studio per l’università da aggiudicarsi e avrebbe fatto il possibile per averla. E se doveva rimediare a quel piccolo errore allora avrebbe dovuto studiare ancora più a fondo. Ormai stava arrivando a conoscere tutti i suoi libri a memoria, ed era abbastanza fiduciosa del fatto che sarebbe riuscita a fare del suo meglio. E quello probabilmente era l’unico motivo per cui era riuscita a mantenere un minimo di compostezza davanti alle provocazioni di qualche giorno prima di quel verme strisciante che era Ox Ford.
Se l’era ritrovato alle spalle mentre rovistava nel suo armadietto, si era schiarito la gola e le aveva lanciato un sorrisetto arrogante. Con il suo snervante tono di voce lagnoso e la sua solita faccia da schiaffi, le aveva detto che non aveva dubbi sul fatto che la media più alta sarebbe stata la sua quell’anno, visto come Maka si era data all’arte del pugilato nei corridoi.
Il primo istinto di Maka era stato invitarlo a togliersi i suoi antiquati occhiali da nerd e usarli come supposta, ma si era sforzata di tenere la bocca chiusa e prendere un bel respiro. Aveva pensato alla miriade di particolari per cui avrebbe potuto prenderlo in giro: i suoi capelli assurdi, il fatto di essere talmente insopportabile da avere praticamente un solo vero amico, o la sua imbarazzantissima cotta per Kim, capitano delle cheerleader, reginetta del ballo, ragazza popolare e chi più ne ha più ne metta, che di rimando non lo degnava neanche di uno sguardo a meno che non avesse bisogno di scroccargli un po’ di soldi. Aveva pensato a tutto ciò che avrebbe potuto sputargli contro e l’aveva prontamente ignorato. Primo, perché non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di averla innervosita a tal punto, e secondo, perché Maka non era così meschina e farlo pentire della sua spocchiosità con tutta la discrezione e l’eleganza di un punteggio finale migliore del suo sarebbe stato impagabile.
Così si era limitata a mettere su un sorriso plastico e cercare di ammazzarlo con la forza del suo sguardo.
“Vedremo.” gli aveva detto con finta cordialità. “Magari ti supero anche con la condotta più bassa della tua.”
Perciò, a sfida lanciata, non poteva assolutamente perdere tempo. Doveva studiare in ogni momento libero che aveva, a costo di trasformarsi in un eremita e vivere in una discarica di cartacce e quaderni. Avrebbe avuto la sua borsa di studio e avrebbe battuto Ox!
Con uno sbuffo lasciò cadere altri tre grossi tomi sul materasso e tornò alla scrivania.
“Va bene, quando posso la farò.” promise distrattamente a Liz, spostando le cuffie e un quaderno pieno zeppo di esercizi di matematica. C’erano cavi di ogni tipo dappertutto, ma non riusciva comunque a trovare il suo dannato caricabatterie.
“Non me lo vuoi fare vedere perché in realtà è brutto, vero?” chiese Liz sospettosa, distraendola momentaneamente.
Maka lasciò stare la scrivania e afferrò il telefono con la mano.
“Liz, ti prometto che domani ti faccio questa foto, ok?”
“Ci conto, eh!”
Maka stirò le labbra in una smorfia. In realtà aveva davvero un po’ paura di far vedere il suo vestito da damigella a Liz, ma non voleva ammetterlo. Sinceramente, Maka non pensava che fosse un brutto vestito. Certo, lei l’avrebbe scelto sicuramente di un colore più sobrio, o meno pugno nell’occhio. E magari, l’avrebbe preferito anche con qualche fiocco di meno. Ma tutto sommato, pensava che non fosse così male. Aveva visto altri vestiti, proprio il giorno al centro commerciale con Blair, che erano davvero terribili e sapeva bene cosa aveva scampato.
Ma sia Liz che Patty avevano riso solamente alla descrizione, se l’avessero visto le avrebbero probabilmente guastato l’umore, facendola pentire per la centesima volta di aver accettato di essere la maledettissima damigella d’onore.
“E per l’addio al nubilato hai chiesto, poi?”
Maka sospirò, sconsolata. Se doveva essere sincera se n’era completamente dimenticata, distratta com’era dallo studio e confusa dalla velocità di tutti quegli eventi. Le sembrava quasi di aver conosciuto Blair soltanto la settimana prima.
“No.” borbottò, pensierosa. “Sinceramente, ho un po’ di paura di chiederglielo.” ammise poi con voce debole, facendo ridere Liz.
“Di che hai paura?” la prese in giro lei.
“Di cosa possa volere!” sbottò Maka. “Se davvero vuole che vada anch’io, non saprei come rifiutare. Quando fa i suoi maledettissimi occhioni supplichevoli non riesco a dirle di no! È così che sono finita a fare la damigella d’onore!”
Liz scoppiò a ridere, nel suo orecchio.
“E siccome sono la damigella d’onore devo… organizzarlo io?” balbettò Maka, che si rendeva conto della gravità della cosa mentre parlava. Dio, cosa avrebbe fatto? Non voleva organizzare nessun addio al nubilato!
“Andiamo, non sarebbe così male.” provò a consolarla Liz, tra una risata e l’altra.
“Non sei molto convincente.”
“Ops!” ironizzò Liz, prima di lasciarsi andare ad un’altra risata.
Maka alzò di nuovo gli occhi al cielo e riprese la sua ricerca.
“Dai, adesso chiediglielo.” insistette l’amica, di nuovo calma.
Maka mugugnò infelice. In fondo Liz aveva ragione, doveva chiarire quella storia prima possibile.
“Va bene.” acconsentì, non troppo convinta.
“Guarda che dopo ti interrogo.”
“Ma quanto sei pettegola!”
“Non sono pettegola!” si difese Liz con enfasi. “Mi preoccupo per te.”
“Già, e questa situazione è uno spasso dal tuo punto di vista.” si lamentò Maka con una smorfia.
“Oh, non sai quanto!” Liz ridacchiò.
Maka scosse il capo, rassegnata.
Avrebbe voluto poter ridere anche lei di quella storia, invece di continuare a pensare a come la sua vita fosse stata più molto facile prima di quell’assurda proposta di matrimonio, prima di eccentrici vestiti viola, e prima di feste possibilmente traumatizzanti.
“Magari posso inventare qualche malessere dell’ultimo minuto e non andare.” mugolò Maka con tono quasi disperato, e Liz ridacchiò.
“Ah, io ci andrei volentieri. Si fa baldoria e mi offrono da bere.” rispose lei con tono pratico. “E non mi devo neanche sentire in colpa perché non è Kid che sta pagando per me.”
Per essere una che dava una certa importanza ai soldi, Liz sembrava non gradire sentirsi più in debito del dovuto con Kid e suo padre.
“Tecnicamente dovrei essere io a offrire.” fece notare Maka con tono piatto. Sospirò, preferendo poi cambiare discorso. “Viene anche Kid, stasera?”
Nonostante la sempre maggiore affinità allo stile di vita eremitico, quella sera si era lasciata convincere ad uscire, dopo una settimana all’insegna dello studio.
“Sì. Da quanto si è tinto i capelli, è sempre sull’orlo di una crisi isterica e sto cercando di distrarlo in tutti i modi possibili.” spiegò Liz, come al solito lamentandosi pur facendo cose carine per lui.
“Si è fatto quelle strisce per provare a controllare il suo disturbo?” Ci aveva visto bene allora, l’altra sera.
Liz confermò con un grugnito esasperato.
“Non chiedermi perché ne abbia fatte tre, invece di una.” bofonchiò seccata. “Probabilmente lo facevano sentire un po’ più in pace, per qualche oscuro motivo.”
“Poverino!” commentò Maka, non riuscendo però a trattenere una risatina.
Tornò a guardare il disordine della sua scrivania e i libri che aveva abbandonato sul letto. Avrebbe dovuto dare una sistemata, non appena avesse trovato il suo caricabatterie.
“Comunque, tu e Soul venite in moto o vi devo venire a prendere?” le chiese Liz, cambiando discorso.
“No, veniamo in moto. Siamo già d’accordo.”
“Va bene, allora ci incontriamo direttamente lì.”
Maka emise un verso di assenso e sospirò.
“Ora vado, il telefono sta morendo e devo cercare il caricabatterie. Ci vediamo stasera.”
“D’accordo. A dopo!” La salutò Liz. “E chiedi a Blair della festa!”
“Sì…” acconsentì Maka con un gemito, prima di salutare di nuovo e chiudere la chiamata.
Subito dopo uscì dalla sua stanza e scese in soggiorno, guardandosi intorno.
Spirit stava parlando al telefono e girava nervosamente intorno al tavolo, in cucina. Maka gli lanciò un’occhiata curiosa e poi si voltò verso Blair che saltava da un canale all’altro, fissando la televisione con aria annoiata.
“Hai visto il mio caricabatterie?” le chiese Maka, risvegliandola dal torpore in cui sembrava essere caduta. “È bianco…”
Blair si guardò intorno e le indicò qualcosa sul mobile del televisore. “Quello?”
“Oh, finalmente!” esclamò Maka, afferrandolo. “Ho messo sottosopra la mia scrivania per nulla.”
Blair sorrise divertita, mentre Spirit dava del malefico bastardo a chiunque fosse dall’altra parte del telefono.
Maka lo guardò nuovamente, incuriosita.
“Con chi sta parlando?”
“Con il tuo padrino.” Blair corrugò le sopracciglia. “Penso che stiano confermando per il prossimo fine settimana, ma ogni tanto lo sento lanciare qualche insulto.”
Maka ridacchiò.
“È normale. Papà e Stein hanno un rapporto un po’ particolare.” spiegò stringendosi nelle spalle.
Blair non sembrava troppo convinta ma annuì comunque, probabilmente pensando che fosse meglio non immischiarsi.
“Quindi vengono la settimana prossima?” ripeté Maka, felice. Finalmente avrebbe condiviso quel supplizio con qualcun altro.
“Penso di sì.”
Maka sorrise compiaciuta. Non vedeva l’ora di rivedere Marie e Stein, e soprattutto di avere degli alleati in quella casa. Effettivamente stava iniziando ad andare più d’accordo con Blair, ma di certo non approvava quel matrimonio totalmente campato in aria.
Tornò a guardare la ragazza in questione e si mordicchiò il labbro incerta.
“Senti…” iniziò dopo essersi schiarita la gola. “Dovrei chiederti una cosa.”
Blair la guardò con aria più attenta. Spense la tv e si alzò in piedi, mormorando che tanto non c’era niente di decente da guardare.
“Dimmi pure, tesoro.” le disse, mentre la seguiva fino alla sua stanza.
“Mi stavo chiedendo…” iniziò Maka, ma si fermò subito. Non aveva la più pallida idea di come porre la domanda, senza sembrare in cerca di un invito. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che Blair pensasse che si sarebbe offesa se non l’avesse invitata. O peggio, farle sembrare che volesse organizzarlo lei. Per l’ennesima volta si maledì di aver accettato di essere la damigella.
Si schiarì la gola e ci ritentò.
“Tu, per caso, devi fare una festa di addio al nubilato?” chiese fingendosi disinteressata, mentre attaccava il cellulare alla corrente. “Sai, con le tue amiche.” precisò infine.
Blair sembrò avere un’illuminazione.
“Sì! Dovevo giusto parlartene, ma mi dimentico di continuo.” esclamò, picchiettandosi la fronte.
Maka si morse l’interno della guancia. Merda!
“Ho immaginato che fossi troppo impegnata, con la scuola e il resto, quindi ce ne stiamo occupando io e le mie amiche.” le spiegò Blair, tutta sorridente. “Abbiamo pensato di farlo proprio il giorno prima del matrimonio, ma tu sarai appena tornata dalla gita scolastica, giusto?”
Maka sentì il sangue gelarsi nelle vene. Stava interpretando male, o Blair la stava chiaramente includendo nei suoi piani?
“Sì, perché?” provò con un tono neutro. Magari, facendo la finta tonta sarebbe potuta uscirne.
“Beh, se sei troppo stanca, allora lo facciamo prima della gita.” spiegò Blair con semplicità.
Ok, continuare a far finta di non capire era inutile a quel punto.
“Devo venire anch’io?” chiese, senza mettersi troppi problemi.
“Certo!” esclamò Blair come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Tu sei la damigella.”
“Ma sono anche la figlia del tuo…” Maka deglutì. “...futuro marito.”
Blair piegò appena il capo con un sorrisetto.
“E allora? Sei mia amica.”
Maka la guardò senza dire niente. Le stava sorridendo e le stava facendo quei dannatissimi occhioni dolci.
Scrollò le spalle.
“Va bene dopo la gita.” concesse, voltandosi a riportare tutti i libri e i quaderni sulla scrivania. Almeno non avrebbe dovuto organizzarlo lei.
Blair emise uno dei suoi pseudo-miagolii di gioia, afferrandola per le spalle e stritolandola con un abbraccio.
“Ci divertiremo un sacco!” le assicurò, schioccandole un bacio in fronte e sicuramente lasciandole un segno di rossetto.
Maka emise un risolino nervoso, liberandosi dalla stretta e riprendendo il suo lavoro.
Si schiarì la gola con fare irrequieto.
“E che cosa avresti intenzione di fare? Per sapere…” chiese, con un velo di timore.
“Sono ancora un po’ indecisa. Mi piacerebbe andare alla spa, ma voglio anche fare una vera e propria festa, no?” rispose, ammiccando verso di lei, prima di sedersi sul letto.
Maka stava iniziando a preoccuparsi.
“Di sicuro, andiamo a mangiare qualcosa di davvero buono!” continuò Blair tutta sorridente. “Una delle mie amiche mi stava parlando di questo ristorante dove ha mangiato un’aragosta buonissima…”
“Aragosta?” ripeté Maka colpita. Voleva andare in ristorante a mangiare aragosta?
“Però anche andare in una pizzeria italiana non sarebbe niente male.” ormai Blair stava praticamente parlando da sola, presa com’era a decidere sul cibo.
“Ehm… e le tue amiche quante sono?” la interruppe Maka. Voleva almeno sapere con chi si sarebbe trovata ad aver a che fare. O meglio, le amiche di Blair dovevano essere tipo lei, quindi voleva sapere con quante altre svitate del genere avrebbe dovuto passare la serata.
“Oh siamo solo in quattro. Io, te e Lisa e Arisa.” rispose Blair con semplicità. “Sono a posto, vedrai che ti piaceranno!”
Ne dubitava.
“Non è che loro vogliono festeggiare con te e basta? Insomma, senza avere una ragazzina in mezzo ai piedi, no?” ritentò Maka, facendo un cenno verso se stessa. Magari poteva ancora sperare di uscirne.
Blair scosse il capo con una risatina.
“Macché! Non vedono l’ora di conoscerti!” esclamò, distruggendo le ultime speranze di Maka.
“Ah… che carine.” fece debolmente, non sapendo che altro dire.
Non sapeva cosa avrebbero fatto, cosa avrebbero mangiato, o con chi avrebbe passato la sera, ma sapeva che non c’era modo che ne uscisse sana di mente.
Riprese a sistemare le sue cose sulla scrivania, rassegnata.
“Devi uscire più tardi?” fece Blair, raddrizzandosi e scrutandola curiosamente.
Maka annuì, distratta.
“E quanto tempo hai per prepararti?” chiese ancora Blair, particolarmente interessata.
Maka le lanciò un’occhiata confusa.
“Devo uscire fra un paio d’ore, perché?”
Blair la stava fissando con un sorriso enorme e gli occhi sognanti. Sembrava essersi ripresa completamente dal suo momento di svogliatezza sul divano.
“Perché mi stai guardando così?” chiese Maka in un filo di voce. Stava iniziando a spaventarsi.
Blair si alzò di nuovo e la raggiunse, posandole le mani sulle guance, sempre sorridente.
“Ti trucco io!”


Probabilmente Blair si faceva il bagno nel suo profumo, constatò Maka. L’aveva notato fin dal loro primo incontro. E in quel momento, standole così vicina, sembrava quasi che non sarebbe riuscita a sentire più altri odori.
L’aveva davvero convinta a lasciarsi truccare da lei, incredibilmente. Maka era leggermente preoccupata per il risultato finale, ma Blair l’aveva rassicurata che non si sarebbe spinta troppo oltre la soglia dell’accettabile.
Aveva portato tre (e non erano neanche tutti quelli che aveva) astucci pieni zeppi di cosmetici e aveva invaso il letto di Maka con tutti i suoi trucchi, mentre le diceva che almeno avrebbero fatto pratica per il matrimonio.
Mentre le aveva spalmato la crema le aveva detto che aveva una bella pelle.
“Non dovrò neanche usare il fondotinta.” aveva commentato.
Maka l’aveva ringraziata con un mormorio imbarazzato.
Doveva ammettere che in un certo senso faceva piacere, avere qualcuno che faceva tutto il lavoro per lei. Sperava solo di non pentirsene, più tardi.
“Esci con la tua amica? Liz?” chiese Blair, mentre trafficava tra una manciata di pennelli in cerca di quello giusto.
“Anche.” rispose Maka adocchiando l’enorme quantità di ombretti nella palette. “Dobbiamo vederci anche con gli altri miei amici.”
“Vai con Soul, quindi?” si informò Blair, brandendo un pennello e scegliendo il primo colore.
“Sì.”
Blair annuì, chiedendole poi di chiudere gli occhi.
“Bene, allora devo impegnarmi per bene.”
“Perchè?” domandò Maka, confusa.
“Perchè ti deve vedere anche Soul.” spiegò Blair con molta semplicità.
Maka si sentì avvampare. “Ma che dici, Blair!”
La sentì ridacchiare.
“Che male c’è?” sghignazzò con malizia. “Per una volta che ti trucco io, almeno faccio in modo che qualcuno possa apprezzare il mio lavoro.”
“Tanto non dirà niente di come sono truccata.” ribatté Maka, riaprendo gli occhi. “Non hai capito che a lui non frega nulla?”
In realtà, c’era solo un caso in cui Soul avrebbe potuto commentare il suo trucco, ovvero il caso in cui Blair dimostrava di avere un concetto ben diverso dal suo di trucco ‘non troppo pesante’, ma Maka preferiva non pensarci.
Blair le lanciò un’occhiata per niente convinta.
“Chiudi gli occhi.” le disse di nuovo. “Maka, andiamo, si vede lontano un miglio.”
“Ma che cosa?!” fece lei, perplessa e imbarazzata al tempo stesso.
Blair rise apertamente ora e Maka aprì di nuovo gli occhi, imbronciata.
“Tesoro” iniziò la donna, guardandola poi quasi seriamente. “È chiaro che lui ti piace.”
Maka percepì chiaramente l’allarme lanciato dai suoi neuroni. Ormai era a un passo dall’autocombustione.
Aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Ci ritentò.
Il risultato fu il più debole “No” della storia.
Il sorriso di Blair era di nuovo largo e compiaciuto.
“Già. E tu piaci a lui.” continuò, con lo stesso tono che avrebbe usato per dirle che il cielo era blu. “E anche un sacco, direi.”
Maka si coprì il volto. Pensò che fosse una fortuna che suo padre fosse ancora in cucina a lanciarsi insulti con Stein al telefono.
Blair le tolse le mani dalla faccia.
“Mi rovini il lavoro!” esclamò con una risata.
“No. No, Blair, ascoltami.” balbettava Maka. Non sapeva neanche bene cosa dirle. “Adesso devi ascoltarmi, non è così… non è…”
Blair continuava a ridacchiare.
“Oh sì, invece. Ti sembrerà scontato, ma si vede da come ti guarda.”
“Ma che dici?!” esclamò Maka. Le sembrava di essere dentro un forno.
Blair sembrava incapace di smettere di sorridere. Le alzò il viso e le fece chiudere per l’ennesima volta gli occhi.
“Senti, non vi ho neanche dovuto osservare per molto, per capirlo.” le disse, mentre le spennellava l’ombretto sulle palpebre. “In realtà all’inizio pensavo che foste insieme e che lo stessi nascondendo a Spirit, quindi dicevi che era tuo amico e basta. Poi ho capito che eravate seri.”
“Cosa?!” sbottò Maka con una vocina che la fece imbarazzare ancora di più.
“Ti giuro.” continuò Blair. “Poi ho iniziato a chiedermi quanto ci sarebbe voluto prima che uno di voi si decidesse a fare qualcosa. E lasciami dire che sono molto delusa da entrambi.”
Sentì il tintinnio dei suoi orecchini, come se stesse scuotendo il capo.
Maka sbuffò nervosamente. Prima di tutto non sapeva come uscire da quella conversazione, e poi Blair le stava mettendo strane idee in testa.
“Insomma, Blair! Ma che ti aspetti che succeda?” si giustificò nervosamente.
Perchè diamine si stava giustificando?!
“Voglio dire… le cose non sono così semplici come…”
“Maka, adesso ascoltami bene.” iniziò Blair, svitando il tappo dell’eyeliner. “Quando siete insieme vi comportate come una coppia. Perchè praticamente lo siete. Ma non ve ne siete mai accorti, mi chiedo come!”
Maka sentì che le stava delicatamente disegnando con il pennellino dell’eyeliner sulla palpebra e si impose di stare ferma, nonostante l’agitazione.
“E io non ci credo di essere l’unica ad avertelo detto.” continuò lei.
Maka non disse nulla. Liz glielo aveva detto un milione di volte e persino Black Star aveva fatto una battuta a riguardo, una volta. Soul era diventato fucsia e l’aveva colpito. Per non parlare, poi, del commento di Tsubaki dello scorso sabato.
“Prenderò questo silenzio come una conferma.” fece Blair. Praticamente la sentiva sorridere.
Sospirò sconsolata. Non c’era via d’uscita da quella situazione.
Insomma, non era come se non ci avesse mai pensato. Al contrario ultimamente capitava sempre più spesso, ma poi pensava alle battutacce di Soul riguardo il suo corpo senza forme e allora si convinceva di essersi inventata tutto.
“Anche qualche giorno fa, eravate in cucina a prepararvi da mangiare mentre guardavo Master Chef, e non vi stavo osservando o niente di simile ma era palese anche in quel momento.” raccontò Blair.
Maka aveva una chiara idea della sera a cui si stava riferendo, ma lei ricordava semplicemente un’accesa discussione sulla tostatura del pane e qualche presa in giro da entrambe le parti. Di certo niente di neanche lontanamente romantico. Pensò che Blair stesse sicuramente esagerando ma ormai anche provare a ribattere sembrava inutile con lei, quindi rimase in silenzio, arresa e rassegnata.
Blair le toccò una guancia.
“Ma sei bollente!” esclamò con una risata.
“Smettila, Blair!” sbottò Maka, aprendo di nuovo gli occhi. Stava morendo di imbarazzo.
Blair si morse il labbro e soffocò un’altra risata. Prese fiato ed espirò lentamente.
“Comunque con gli occhi ho finito.” annunciò con l’aria di chi stava trattenendo un sorriso.
Maka la fissò intensamente con aria di accusa. La osservò in silenzio mentre finiva di truccarle il resto del viso.
Blair iniziò a parlare di make up e Maka apprezzò lo strategico cambiamento di discorso. Intuì che probabilmente avrebbero continuato quella conversazione un’altra volta, ma per ora Blair aveva avuto abbastanza pietà di lei da lasciarla in pace.
“Ecco fatto.” le sorrise soddisfatta del suo lavoro. La prese per mano, guidandola fino allo specchio. “Ho fatto di tutto per mettere in evidenza i tuoi bellissimi grandi occhi verdi.”
Maka sghignazzò, non prendendola seriamente. Si guardò e la sua immagine riflessa ricambiò.
Sembrava più grande. O meglio, forse per una volta dimostrava la sua età. E Blair non stava mentendo, aveva fatto qualcosa con l’ombretto e i suoi occhi erano più evidenti del solito, il colore sembrava più forte in contrasto con il nero che li circondava.
L’eyeliner era perfetto.
Non era di certo il tipo di trucco che sarebbe mai riuscita a fare da sola. E, contrariamente alle sue aspettative, si piaceva. Blair aveva mantenuto la promessa e non aveva esagerato.
Maka le sorrise.
“Grazie. Sei davvero brava.” disse quasi timidamente.
Blair sembrò illuminarsi e le circondò le spalle con affetto. “Grazie mille, micetta. Quando vuoi.”
Maka rise per l’assurdo nomignolo, poi guardò l’orario.
“Bene. È ora che inizi a vestirmi.”
Blair iniziò a raccogliere tutti i suoi trucchi. “Vestiti carina, mi raccomando.” le disse ammiccando.
Maka scappò in bagno prima che riniziasse a fare riferimenti espliciti a Soul e la sua stupida cotta forse corrisposta.
Si maledì mentalmente per essersi concessa quel pensiero. Blair aveva aperto una porta che aveva accuratamente tenuto chiusa per un sacco di tempo.
Tornata in camera sua, Maka notò che Blair e le sue trousse piene zeppe di trucchi erano già andati via e si concentrò sulla scelta dei vestiti, cercando di bloccare qualsiasi pensiero riguardo la conversazione che avevano appena avuto.
Quando, un’ora più tardi, Soul l’avvisò con un messaggio di uscire, Blair stava chiacchierando allegramente con Spirit in cucina e Maka si limitò a salutarli di passaggio, annunciando che sarebbe tornata dopo cena.
Suo padre le mandò un bacio che lei non ricambiò e Blair le sorrise complice, facendole poi l’occhiolino. Maka uscì il più velocemente possibile, sbattendosi la porta alle spalle.
Qualche metro più in là, Soul la scrutò curiosamente dal vialetto di casa sua dove la stava aspettando.
“Maka, se non impari a controllare la tua forza sovrumana, un giorno o l’altro ti rimarrà in mano la maniglia.” le disse con un sorrisetto.
“Ah-ah.” fece Maka sarcastica.
Arrivò davanti a lui, senza rendersi conto che in quella posizione era illuminata in pieno dai lampioni.
Soul fece per dire qualcosa, ma si interruppe, fissandola intensamente. Maka si allisciò nervosamente la maglietta, schiarendosi la gola. Sperava solo che non si mettesse a fare battutacce idiote perchè l’avrebbe preso a pugni.
Invece, lui sorrise.
“Come mai?” chiese semplicemente.
Maka fece spallucce. “Blair aveva voglia di giocare a Barbie, e io ero l’unica disponibile.” rispose con ironia.
Soul continuava a fissarla con un sorriso. Non era beffardo. Era un semplice sorriso.
“Stai bene. Sei carina.” mormorò e Maka si accorse che sembrava in imbarazzo.
Si sentì arrossire.
“Cioè, non che di solito non lo sei.” precisò lui, con una certa agitazione. “Intendo che di solito non ti…”
“Ho capito, Soul.” lo interruppe, con lo stomaco che si esibiva in notevoli capriole nella sua pancia. Sorrise compiaciuta. “Grazie.”
Soul sembrava più rosso del normale. Si mordicchiò il labbro e si schiarì la gola.
“Ok. Andiamo.” borbottò in imbarazzo, girandosi di colpo e marciando verso il garage.
Maka lo seguì, sempre sorridente. Le sembrava di camminare sulle nuvole.
Mentre aspettavano che la serranda del garage si sollevasse, Soul la guardò di nuovo, prima di sottecchi poi più apertamente. Maka ricambiò.
Si sorrisero senza dire nulla.
Il suo stomaco si inchinò davanti al pubblico, dopo l’ennesimo salto mortale.









Note:
Non ero dispersa, ero semplicemente sepolta sotto i libri. Vorrei tanto avere le stessa capacità di concentrazione di Maka per lo studio, mi renderebbe le cose molto più semplici e veloci.
Questo capitolo è un po' 'rosa', mi dispiace, ma dovevo dare a Blair modo di sfogare la sua natura ahah
Grazie per la lettura, spero vi sia piaciuto! Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno commentato, siete fantastici! :D

Alla prossima :)

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Capitolo 11
*** Il fascino del freddo ***


11.Il fascino del freddo


Tra una nevicata sul Sahara, un’aurora boreale e Black Star non solo puntuale ma addirittura in anticipo ad un appuntamento, l’evento a cui Maka mai si sarebbe aspettata di assistere in tutta la sua vita era proprio l’ultimo.
Per quello, sia lei che Soul furono abbastanza sorpresi di vederlo già al punto di incontro, mentre li notava e li additava, balzando in piedi sul muretto dove era seduta Tsubaki.

“Finalmente!” gli gridò contro, nonostante ci fossero ancora diversi metri tra di loro.
Maka abbassò il capo vergognosamente, mentre tutti i passanti si giravano a guardare verso il ragazzo e poi verso di loro, i poveri scemi che stava indicando agitandosi come un ossesso.
Tsubaki sembrava imbarazzata tanto quanto lei e probabilmente stava cercando di convincerlo a scendere dal muretto.
“Non vorrei che perdessi l’equilibrio.” la sentì dire Maka, quando furono abbastanza vicini.
“Che dici? Io sono come un equilibrista.” rispose lui, iniziando a saltellare sul posto come a dimostrare le sue parole.
La suola della scarpa sinistra slittò di lato, facendolo barcollare pericolosamente, e sarebbe probabilmente caduto in terra se non fosse stato per Tsubaki che gli afferrò prontamente un braccio e lo tenne fermo.
Soul scoppiò a ridere, mentre Maka scuoteva il capo e alzava gli occhi al cielo.
“Giuro che ogni volta che dici qualcosa del genere, rischi di spezzarti il collo in qualche modo!” fece Soul, sghignazzando.
Black Star gli mostrò il dito medio, gonfiando il petto con orgoglio. “Se questo muro non si sente pronto per sostenere la mia grandiosa persona, non è mica colpa mia!” affermò con enfasi, alimentando nuovamente le risate di Soul.
Maka si sedette al fianco di Tsubaki, ridacchiando.
“Ci siete da molto?” le chiese spostando la sua attenzione su di lei.
Tsubaki scosse il capo.
“Giusto qualche minuto.” la rassicurò con un sorriso dolce.
Maka la conosceva solo da una settimana, ma le piaceva già un sacco. Non le importava che le cose tra lei e Black Star funzionassero o meno, si sarebbe tenuta Tsubaki stretta nel suo gruppo di amici. Avevano disperatamente bisogno di una persona razionale e tranquilla. Semplicemente, di una persona normale.
“Sto crepando di fame!” si lamentò Black Star, saltando giù dal muretto e puntando un dito contro Soul. “E voi non arrivavate più!”
“Stavo cercando parcheggio! E poi mica siamo in ritardo, sei tu che per una volta nella vita sei quasi in anticipo.” si difese Soul con una smorfia. Lanciò una veloce occhiata a Tsubaki. “E probabilmente è solo merito suo, vero?”
Tsubaki ridacchiò, confermando i sospetti di Soul.
“Stavi cercando parcheggio.” ripeté Black Star scettico. “Hai una cazzo di moto, non ti serve mica chissà quale spazio per parcheggiare!”
“Non è che posso lasciarla dove capita!” ribatté Soul piccato. Maka lo guardò con un sorrisetto, ricordando quell’unica volta in cui si era preso una multa per divieto di sosta e ne aveva fatto un dramma.
Black Star scosse il capo, contrariato.
“Ho così fame che potrei mangiarmi anche te!”
Soul lo fissò storcendo il naso e Maka e Tsubaki risero.
“È più alto di te, non riusciresti a mangiartelo.” fece notare Maka, con fare pratico. “Non tutto in un colpo, almeno.”
Soul le lanciò un’occhiata perplessa, seguita da una mezza risata.
“Sì, ma è pelle ossa.” ribatté drasticamente Black Star afferrandogli un braccio.
“Pelle ossa?” ripeté Soul, sempre più divertito. “Chi sei, mia nonna?”
“Se ti decidessi a venire in palestra con me, guarda che bei muscoloni che metteresti su!” Black Star sollevò la manica della tshirt fino alla spalla e piegò il braccio, mettendo in bella mostra il muscolo flesso.
“Cioè se fossi più muscoloso, non sarei considerato come un possibile pasto?” chiese Soul con aria confusa e divertita al tempo stesso.
Black Star sembrò soppesare l’idea.
“Non so, se avessi davvero fame non penso che mi farei problemi.” considerò pensieroso. “Ma a quel punto sarebbe anche più facile per te difenderti, quindi mi stancherei di più. E non è l’ideale quando stai morendo di fame…”
Maka, che li ascoltava con un ghigno in faccia, si rese conto che Tsubaki li stava fissando con un sorriso nervoso e l’aria di chi non sapeva cosa dire o fare. Effettivamente, ipotesi di atti di cannibalismo in tempi di improvvise carestie non era l’argomento ideale da discutere davanti a qualcuno con cui non si aveva ancora molta confidenza. O qualcuno di normale, per l’appunto.
Si schiarì la gola, rendendosi conto di far parte anche lei del gruppo di stralunati e sentendosi un po’ in imbarazzo.
“Comunque, dove cazzo sono Liz e Patty?” sbottò Black Star con un altro lamento.
“Staranno arrivando.” cercò di placarlo Maka, dando un’occhiata veloce al suo orologio, mentre Soul si sedeva al suo fianco con le mani in tasca.
“Deve venire anche il fratello finto?” si informò Black Star. Quando Soul annuì schioccò le dita con una smorfia. “È colpa sua, di sicuro! Starà cercando di farsi la riga in mezzo da due ore o qualcosa del genere.”
Tsubaki si voltò da Maka, con aria confusa.
“Fratello finto?” ripeté, curiosa.
“Non sono davvero fratelli. Ma il padre di Kid è il tutore di Liz e Patty.” spiegò Maka. “Beh, ormai di Patty e basta, visto che Liz è maggiorenne.”
“E alla buon’ora stanno arrivando!” esclamò Black Star balzando nuovamente sul muretto a fianco a Soul. “Se mi dicono anche loro che stavano cercando parcheggio, li picchio!”
“Se mi cadi addosso, sono io che picchio te.” bofonchiò Soul, adocchiandolo con una smorfia e sporgendosi verso Maka.
Da lontano, videro Patty portarsi davanti a Liz e Kid e saltellare, sbracciandosi nella loro direzione.
“Muovete il culo! Ho fame!” strillò Black Star, attirando di nuovo l’attenzione di tutti i passanti e facendo imbarazzare Maka, Soul e Tsubaki in un colpo solo.
“Se non la smette, sarò io a picchiarlo.” ringhiò Maka, lanciandogli occhiate di fuoco.
Patty li raggiunse con un sorriso, seguita dagli altri, e salì sul muretto anche lei.
“Ovviamente.” commentò Maka, roteando gli occhi e facendo ridacchiare Tsubaki.
“Ciao a tutti!” cantilenò Patty allegramente.
“Scusate per il ritardo, spero non abbiate dovuto aspettare troppo.” disse Kid, porgendo una mano a Patty per aiutarla a scendere.
“Sì, grazie tante!” esclamò Black Star, saltando giù insieme a lei, mentre Tsubaki scuoteva il capo e diceva che non dovevano preoccuparsi.
“Lizzy ci ha messo un sacco di tempo a prepararsi.” aggiunse Patty, ignorando le lamentele della sorella.
“Non mi uscivano le codine dell’eyeliner uguali, va bene?!” si giustificò con una smorfia.
“Mi stai dicendo che per una volta sei tu che fai l’ossessiva?” fece Black Star sempre più seccato. Liz lo fulminò con lo sguardo, mostrandogli il dito medio, poi si voltò verso Kid che la stava fissando intensamente.
“Che c’è?” gli chiese cupa.
“Vorrai sapere che quella di sinistra è più inclinata di un grado rispetto all’altra.” puntualizzò lui, vagamente contrariato. “Non te l’ho detto prima perché sto cercando di combattere questa cosa, no? E poi non mi piace arrivare in ritardo.”
Liz incrociò le braccia sul petto, fissandolo come se volesse strozzarlo.
“Hai perso un dannato treno apposta, una volta, perché quello successivo partiva alle otto in punto!” gli rinfacciò con un grugnito poco amichevole, facendo scoppiare a ridere Patty.
“Me lo ricordo!” commentò lei divertita.
Kid abbassò il capo, quasi in imbarazzo.
“Ho detto che ci sto lavorando, ok?” mormorò colpito nell’orgoglio.
Black Star, che aveva osservato quello scambio di battute stranamente in silenzio, sbuffò sonoramente riniziando ad attirare l’attenzione.
“Non me ne frega niente! Voi siete tutti matti e quello stronzo pensava di dover parcheggiare un pullman!” esclamò, gesticolando verso Kid, Liz e Soul. “Andiamo a mangiare o no?!”
Patty gli balzò a fianco. “Sì! Ho una fame da lupi!”
“A dirlo tu, a dirlo io!!”
Maka li guardò con un sorriso, incamminandosi poi con gli amici verso il locale. Liz le si affiancò, scrutandola curiosamente.
“Come mai oggi hai questo trucco elaborato?” chiese con un sorrisetto.
Maka si sistemò i capelli nervosamente.
“Oh, sì. Mi piace molto come ti sei truccata oggi.” le disse Tsubaki alla sua destra.
“Sì, ti sta bene.” confermò Liz con tono professionale. “Accentua il colore degli occhi.”
Maka si strinse nelle spalle, un po’ a disagio.
“Blair.” mormorò semplicemente, e Liz annuì soddisfatta.
“Almeno sappiamo che al matrimonio non sarà truccata male.” commentò con una risata.
Maka annuì con un sospiro.
Non era il truccarsi il problema.


 

“Allora glielo hai chiesto?” fece Liz, stringendosi nella sua giacca per ripararsi dal fresco.
Maka osservava con aria assente Patty e Black Star che dondolavano in piedi sulle altalene a qualche metro da loro. Si voltò a guardare Liz confusa.

“Per l’addio al nubilato.” precisò lei.
Maka scrollò le spalle e distese le gambe per un secondo, sentendo i fili d’erba che le sfioravano la pelle.
“Sì, gliel’ho chiesto.” rispose con una smorfia. “Ci devo andare anch’io.”
Liz le lanciò un sorrisetto trionfante che Maka non ricambiò. Cambiò posizione, girandosi verso i suoi amici sul telo che Liz aveva tirato fuori dal cofano della sua auto.
Dopo cena avevano deciso di fermarsi al parco a godersi il fresco e ovviamente Black Star e Patty avevano già usurpato la zona dei giochi per i bambini.
Kid stava osservando la struttura di legno dell’altalena con un’espressione vagamente preoccupata, visti i pericolosi scricchiolii che stava emettendo.
“Se continuano così finiranno per romperla.” commentò, attirando improvvisamente l’attenzione di Tsubaki che si voltò a guardare anche lei con aria nervosa.
“Non sarebbe la prima volta per Black Star.” disse Soul con tono piatto. Tsubaki gli lanciò un’occhiata agitata. “Tranquilla, non si è fatto niente. Probabilmente è di gomma.”
Maka sorrise, prima di riportare di nuovo l’attenzione su Liz che continuava a fissarla con un sorriso beffardo.
“E quindi?” la incalzò lei, incrociando le gambe all’altezza delle caviglie. “Cosa farete?”
“Non lo ha ancora deciso.” spiegò Maka con una smorfia. “Vorrebbe andare alla spa e a mangiare qualcosa di buono, ha detto. Ma vuole anche fare festa, ed è quella la parte che mi preoccupa.”
Patty ridacchiò e balzò sull’erba con agilità. Black Star tentò di fare lo stesso, decisamente con meno grazia.
“Di che state parlando?” chiese Patty incuriosita, piazzandosi in piedi davanti a loro, mentre Tsubaki faceva posto a Black Star.
“Della festa di addio al nubilato della sua matrigna.” rispose Liz, con un sorrisetto e lo sguardo fisso su Maka.
“Non chiamarla così.” si lamentò Maka, storcendo il naso. Quella parola le avrebbe fatto impressione anche se non fosse stata associata a Blair.
“Figo! Andate a far baldoria?” si intromise Black Star, improvvisamente interessato. “Posso venire?”
Tsubaki gli posò una mano sulla spalla, scuotendo il capo.
“Non puoi imbucarti ad una festa del genere, Black Star.” gli disse con una risatina nervosa.
“Che palle!” brontolò lui, incrociando le braccia davanti al petto. “Io non ho neanche mai visto questa tipa. È gnocca?”
Con la coda dell’occhio, Maka vide Soul iniziare ad annuire per poi bloccarsi subito. Cercò di soffocare la sensazione di fastidio che le stava invadendo il petto, fissando intensamente un punto nel vuoto.
“Sì.” rispose Liz, probabilmente ripensando al profilo instagram di Blair e la quantità assurda di selfie tattici in cui si vedeva la sua generosissima scollatura o alle foto delle sue cosce. “E ne è consapevole.”
“Secondo me finisci in uno strip club!” esclamò Patty con un sorriso maligno.
Maka fu violentemente riscossa dai suoi pensieri e la fissò inorridita.
“Cacchio, voglio venire anch’io!” sbottò di nuovo Black Star e Soul trattenne a stento una risata.
“Black Star, penso che tu stia fraintendendo.” gli disse Kid corrugando le sopracciglia. “Sarebbe uno strip club per donne.”
“Oh.” fece Black Star imbronciato. Sembrò ragionare sulla cosa e scosse il capo. “Non funzionerebbe. Se entrassi in un posto del genere gli ruberei tutta la clientela.”
Patty scoppiò a ridere, mentre gli altri lo guardavano tutti straniti.
“A volte vorrei avere la tua autostima.” commentò Liz vagamente colpita.
Black Star fece spallucce. “Se foste tutti belli quanto me, vi verrebbe naturale.” poi si girò da Tsubaki e le sorrise. “Tranne te. Tu sei già bellissima!”
Tsubaki arrossì violentemente e abbassò il capo, mormorando un debole ringraziamento, sotto gli sguardi stupiti di tutti quanti. Non erano per niente abituati a sentire Black Star fare complimenti del genere a qualcuno che non fosse la sua immagine sullo specchio.
Kid non sembrava convinto. Lo stava guardando con una smorfia contrariata e Black Star ricambiò con uno sguardo di sfida.
“Che c’è? Non ti sembro abbastanza bello?”
“No.” rispose subito Kid, senza batter ciglio. “Liz, per esempio, è molto più bella di te. Se si facesse di nuovo la riga al centro sarebbe praticamente perfetta.”
Liz emise uno strano suono strozzato dalla gola e fissò Kid ad occhi sgranati, senza sapere cosa dire, mentre Patty le si lanciava praticamente addosso.
“È vero, la mia sorellina è bellissima!”
“La finite di dire cose imbarazzanti?” sbottò lei, nervosa. Maka le sorrise divertita e Liz le lanciò un’occhiataccia che prometteva vendetta.
Black Star sbuffò. “Solo perché è simmetrica, o roba simile? Non è valido!”
“La simmetria è bellezza pura.” ribatté Kid. “Guarda le facciate delle basiliche europee, non ne troverai neanche una asimmetrica.”
“Chi se ne frega! Se uno è bello, lo è e basta.” fece Black Star, sbuffando. “Come me!”
Maka ridacchiò. L’autostima di Black Star non sarebbe dispiaciuta neanche a lei. Forse l’apprezzamento di Soul nei confronti di Blair sarebbe stato meno fastidioso.
Liz si mosse nervosamente e riportò l’attenzione su Maka, volendo chiaramente cambiare discorso.
“Stavi dicendo, dell’addio al nubilato?”
Maka si imbronciò di nuovo. Voleva ancora spaventarla con altre ipotesi agghiaccianti?
“Cos’altro vuoi? Sono costretta ad andare e sorbirmi pure le sue amiche.” si lamentò, rabbrividendo appena. Non per la festa di Blair, per quanto l’idea fosse spaventosa, ma per la brezza fresca che si stava alzando. Era vestita abbastanza leggera.
“Io so già come sarà il mio addio al celibato.” annunciò Black Star, distraendo Liz e Patty. Maka pensò che non gli aveva mai voluto così bene. “Prima di tutto andremo a Las Vegas.”
“Ovviamente.” mormorò Kid, ironico. Maka sorrise, mentre si stringeva le braccia davanti al petto, con un altro brivido. Stava iniziando ad avere proprio freddo.
Soul le tirò debolmente una codina, attirando la sua attenzione, e Maka si voltò con una smorfia, pronta a lamentarsi. Non disse niente. Soul le stava porgendo la sua giacca, con aria apparentemente impassibile, e lei si ritrovò a guardarlo in silenzio.
“Sicuro?” sibilò senza voce, afferrandola con aria incerta. Lui annuì e si strinse nelle spalle, probabilmente pensando che tanto non l’avrebbe usata.
“Altrimenti a casa ci torni di ghiaccio.” commentò in un sussurro che solo lei sentì. “Visto che non sai vestirti.”
Maka si imbronciò e avrebbe ribattuto qualcosa se Black Star non l’avesse sovrastata con la sua voce squillante.
“E ci sarà un sacco di alcool!” stava ancora dicendo.
Maka ignorò il sorrisetto pungente di Soul e si infilò la sua giacca, godendosi finalmente un po’ di calore.
“Soul prendi appunti!”
Soul scrutò l’amico confuso, prestandogli finalmente attenzione. “Ah?”
“Tu sarai il testimone.” spiegò Black Star con semplicità.
Soul alzò un sopracciglio. “Davvero?”
Black Star fece spallucce, come se fosse una cosa ovvia. “Sì!”
Soul si mise una mano sul petto, fingendo di essere stato colpito dalle sue parole, con fare teatrale e un’espressione esagerata.
“Oggi sei in vena di dolcezza, eh?” commentò Patty divertita, sporgendosi verso Black Star per pizzicargli con forza una guancia.
“Ahia, cazzo!” si lamentò lui, pizzicandole a sua volta il braccio e facendola gridare.
“Vuoi la guerra?” sbottò Patty, diventando improvvisamente aggressiva. Prima che Black Star potesse reagire, Liz afferrò la sorella e la allontanò, spingendola tra Kid e Soul e dicendole di stare buona. Tsubaki si schiarì la gola, con un sorriso un po’ teso.
“E quando sarebbe la festa?” chiese a Maka, cercando di alleggerire di nuovo l’atmosfera.
“Fra tre settimane. Praticamente subito dopo la gita.”
“Oh, non vedo l’ora di andare in gita.” fece Patty con aria sognante, apparentemente di nuovo calma.
“Dove andate?” si informò Tsubaki, curiosa.
“In California, per quattro giorni.”
“Che bello! Io ci sono stata solo una volta, vorrei tanto tornarci.” commentò Tsubaki, con un sorriso nostalgico.
“Vieni con noi, allora. Non se ne accorgerà nessuno.” le propose Black Star, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Tsubaki scosse il capo.
“No, Black Star. Non posso farlo.” gli disse con una risatina.
Lui sbuffò seccato, lamentandosi rumorosamente.
Kid iniziò a raccontare dei suoi viaggi in California con suo padre e Maka rimase per un po’ in silenzio ad ascoltare, stringendosi la giacca di Soul addosso in cerca di calore. Le stava grande e dalle maniche spuntavano fuori solo le punte delle dita.
Quando Patty iniziò a sbadigliare vistosamente, contagiando Soul e Tsubaki, Kid lasciò perdere i racconti (e le conseguenti intromissioni di Black Star).
“Vuoi andare a casa?” le chiese, guardando l’orario dal suo cellulare. “Effettivamente si è fatto tardi. Io devo anche alzarmi presto domani.”
Liz si stiracchiò e si alzò in piedi, offrendo una mano a Patty e tirandola su.
“Dai, andiamo. Il telo potete tenerlo, me lo ridate la prossima volta che ci vediamo.” fece, avvicinandosi a Maka per salutarla.
Black Star la guardò pensieroso. Si voltò verso Tsubaki, poi da Soul e Maka e infine di nuovo da Liz.
“Il telo lo teniamo io e Tsubaki.” disse con un sorriso ammiccante, per poi rivolgersi a Soul. “Tanto dovete andarvene anche voi, no?”
Maka lo fissò incredula. Stava davvero dicendo quello che pensava?
Patty sghignazzò e Tsubaki gli lanciò uno sguardo allarmato, rossa come un peperone.
“Molto discreto.” ironizzò Soul con una smorfia.
Liz scosse il capo, chiaramente turbata.
“Lascia stare. Me lo porta via.” fece sbrigativa, afferrando un lembo e facendo cenno agli altri di alzarsi.
Mezz’ora più tardi si erano separati, Maka e Soul avevano lasciato Black Star e una Tsubaki alquanto imbarazzata al parco e stavano tornando alla moto da soli.
“Vuoi già andare a casa?” le chiese Soul con le mani dentro le tasche dei jeans.
Maka si strinse nelle spalle. Effettivamente non le sarebbe dispiaciuto rimanere un altro po’ in giro.
“Tu no?”
Soul scrollò il capo. “Beh, di certo non volevo assistere a Black Star che ficca la sua lingua nella gola di Tsubaki, o tutto ciò che ne consegue. Ma ci ha praticamente mandati a casa.”
Maka ridacchiò. Ormai avevano raggiunto la moto e Soul tirò fuori le chiavi dalla tasca.
“Ti va di fare un giro?” le disse porgendole il casco.
Maka lo afferrò e annuì con un sorriso.
Gli ci vollero diversi minuti per sbrogliarsi dal traffico del centro, dopo di che Soul imboccò la strada principale e accelerò. Per un po’ guidò senza una meta vera e propria, godendosi semplicemente il giro, mentre Maka osservava le luci della città scorrere al loro fianco.
I giri in moto con Soul le erano sempre piaciuti. Adorava la sensazione di muoversi circondata soltanto dal vento, sfrecciando per le strade con la sola compagnia della sua persona preferita, accompagnati unicamente dal ruggito del motore e i rumori della città. Inoltre riusciva ad apprezzare il paesaggio molto meglio e molto più liberamente di quanto avrebbe potuto da una macchina.
Soul iniziò a guidare in direzione della collina e Maka pensò a come la notte rendesse quella strada più bella, con gli alberi su un lato e dall’altra il centro urbano che oltre il guardrail si faceva via via più piccolo.
In cima alla collina c’era una piccola piazza da cui si poteva ammirare la città dall’alto. Soul ci si fermò, spegnendo il motore, e scesero entrambi. Rimasero in silenzio per diverso tempo a guardare il panorama appoggiati alla moto, nessuno dei due che voleva spezzare la calma del momento.
Maka lanciò un’occhiata veloce a Soul e poi lo sguardo le cadde sulle sue braccia nude. Le sembrava che avesse i brividi.
“Soul non ti ho ridato la giacca.” gli disse all’improvviso, sentendosi in colpa. “La vuoi?”
Lui la guardò velocemente, scosse il capo e tornò a guardare la città. “Sto bene.”
Maka lo scrutò, incerta. Era abbastanza sicura che avesse davvero i brividi.
Sollevò appena la manica della giacca, liberandosi la mano, e gli toccò il braccio. Soul sobbalzò con un’imprecazione.
“Hai le dita congelate!” esclamò afferrandole la mano per allontanarsela dal braccio.
“Lo sapevo, hai i brividi.” fece Maka, corrugando le sopracciglia.
“Sei tu che mi fai venire freddo con le tue dita ghiacciate!” la accusò lui, stizzito.
Le stava ancora tenendo la mano. Forse stava cercando di scaldarla, comunque era piacevole e Maka lo lasciò fare.
“Non sono così ghiacciate.” ribatté, toccandosi la guancia con la mano libera. Non le sembrava tanto fredda. “Vedi?”
Si avvicinò a Soul e gli sfiorò il collo con le dita, facendolo sobbalzare un’altra volta.
“Cazzo, Maka!” sbottò lui con una smorfia e, suo malgrado, Maka scoppiò a ridere.
“Hai freddo! Perché non lo ammetti?” ripeté con un sorrisetto e Soul si limitò a guardarla storto. “Cos’è? Un tipo cool come te non soffre per cose futili come il freddo?”
“Non dire cavolate!” si lamentò lui, quasi indignato, facendola ridere di nuovo. “Me lo stai facendo venire tu il freddo.”
Maka sogghignò, beccandosi un’occhiataccia. Effettivamente, farlo imbarazzare in quel modo era uno spasso.
Soul aveva riportato gli occhi sul panorama, osservandolo con aria imbronciata, e infilò di nuovo le mani in tasca. Maka pensò che avrebbe preferito che continuasse a stringere le sue, piuttosto.
Lo vide tentare di soffocare uno sbadiglio, con scarso successo.
“Ora sta venendo anche a te sonno, eh?” commentò con un sorrisino.
Soul si voltò di nuovo a guardarla, ma le non disse nulla. La fissò per qualche secondo con un’espressione indecifrabile e Maka si chiese a cosa stesse pensando. Le sembrava quasi che stesse soppesando un’idea.
Senza motivo, le tornò in mente quando qualche ora prima le aveva detto che stava bene truccata in quel modo. E poi le aveva praticamente detto che la trovava sempre carina. Sentì il petto invaso dal calore e ricordò involontariamente le parole di Blair di quella sera.
Improvvisamente non riusciva più a guardarlo negli occhi.
Spostò di nuovo l’attenzione sul panorama, maledicendosi mentalmente per il suo stupido imbarazzo.
Soul sembrò intuire il suo stato d’animo. Si schiarì la gola, quasi nervosamente, e le chiese che ore fossero. Maka tirò fuori il cellulare e diede un’occhiata al display.
“Oh merda!” imprecò, distruggendo la tranquillità del momento. “Sono quasi le due e mezza.”
Soul fece una smorfia e si rinfilò il casco.
“Torniamo a casa.”


 

“Per la miseria, Maka!” esclamò suo padre, non appena fu in grado di tenere gli occhi aperti. “Ti sembra questa l’ora di tornare?”
Maka lo fissò in silenzio, non sapendo cosa dire. Effettivamente si era fatto tardi, ma di certo non si aspettava che Spirit le facesse la ramanzina. E invece eccolo lì, tutto spettinato e in pigiama, con l’aria di uno che era appena stato buttato giù dal letto.

“Non ci siamo accorti dell’orario.” provò a giustificarsi lei. Sinceramente non si era mai trovata in una situazione del genere. Di solito succedeva il contrario.
Spirit scosse il capo con una smorfia.
“Eri fuori fino a quest’ora di notte con quel teppistello!” si lamentò e Maka non capì se era una domanda o un’esclamazione. “Se non avessi sentito il rumore della moto neanche me ne sarei accorto!”
Lo aveva detto come se avesse voluto farlo apposta alle sue spalle, come se lui fosse semplicemente il povero padre modello che aspetta la figlia in pensiero.
Maka gli lanciò un’occhiataccia. Non fosse stato per il motore della moto non avrebbe notato nulla, come sempre, e aveva pure la faccia di sgridarla dopo anni in cui non si era neanche mai reso conto delle sue fughe notturne, troppo impegnato a rotolare tra le lenzuola di qualche sconosciuta.
“Ti ho detto che è stato un incidente.” sibilò irritata. Fece per entrare in camera sua ma lui sembrava ancora infastidito.
“Beh, non mi piace questa cosa che stai in giro fino a notte fonda.” affermò con tono quasi autoritario, mentre alle sue spalle Blair si affacciava in corridoio con aria confusa.
Maka percepì chiaramente l’ultimo briciolo di pazienza che l’abbandonava, facendo spazio all’ira. Strinse le mani a pugno.
“Ah, non ti piace?” ripeté con tono sprezzante. “Allora immagina come ci si senta quando è tuo padre a farlo. Quando a volte non torna proprio e non sai dove sia o con chi sia. E se invece torna, si è portato appresso qualche sconosciuta con cui passare una sola notte insieme, fregandosene altamente del fatto che sua figlia è proprio nella stanza accanto!”
Non si rese conto di aver alzato la voce finché non gridò l’ultima frase.
Spirit reagì come se gli avessero dato uno schiaffo in piena faccia. La fissò ad occhi sgranati senza sapere cosa dire, la rabbia e il fastidio dimenticati e il senso di colpa che si faceva sempre più evidente nel suo sguardo.
Maka abbassò il capo. Per quanto fosse un comportamento infantile, non voleva vedere come si sentisse in colpa perché sapeva che l’avrebbe perdonato più velocemente.
Serrò la mascella ed espirò lentamente.
“Scusate se vi ho svegliato.” sibilò, prima di chiudersi in camera sua e buttarsi a faccia in giù sul suo letto.
Gli occhi di suo padre sembravano timbrati dietro le sue palpebre.









Note:
In questo capitolo non succede un granché, ma è stato divertente da scrivere quindi spero lo sia anche da leggere. Per lo più volevo aggiungere un'altra scena con tutta la gang, visto che in generale sono davvero poche. 
Grazie tante per la lettura e i vari seguiti e preferiti, spero davvero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. :)  Inoltre vorrei ringraziare infinitamente tutte le persone che hanno commentato, vi adoro e mi mettete sempre di buon umore! 
Proverò ad essere abbastanza veloce con il prossimo aggiornamento. Ma non prometto niente!

A presto! :D

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Capitolo 12
*** La spinta del caffè ***


12.La spinta del caffè


Maka guardava con aria poco convinta il vestito viola shocking, appeso alle ante dell’armadio tramite la gruccia. Lo sistemò per l’ennesima volta, inclinando appena la testa e osservandolo un altro po’.
Dal piano inferiore, suo padre armeggiava rumorosamente in cucina.
Makina, tesoro del papà, vieni ad aiutarmi?” la chiamò a gran voce.
Maka sospirò. Afferrò il telefono e si decise a scattare finalmente una foto al fatidico vestito da damigella da inviare nella chat di gruppo con le sue amiche, prima di infilarlo di nuovo dentro l’armadio. L’aveva promesso a Liz già dalla settimana precedente e lei non aveva fatto che ricordarglielo ogni singolo giorno. Non poteva più evitarlo ormai.
Scese velocemente le scale, precipitandosi in cucina.
Seduta al tavolo, Blair stava pelando patate con aria svogliata e ogni tanto faceva qualche smorfia. Aveva un vestito attillato semitrasparente che sarebbe andato bene per una discoteca e che invece stonava parecchio con il suo attuale ruolo da assistente cuoco. Quando vide Maka, le sorrise silenziosamente.
“Potresti occuparti della besciamella, pasticcino mio?” le chiese gentilmente suo padre, armeggiando vicino ai fornelli con addosso un ridicolo grembiule da cucina arancione con la scritta Super Papà in Comic Sans. Glielo aveva regalato Blair il mese prima, affermando di trovarlo adorabile. Maka non era d’accordo.
Era passata quasi una settimana dalla loro discussione notturna e Spirit stava cercando di tornare tra le sue grazie in ogni maniera possibile, compreso l’uso sempre più assiduo di ridicoli nomignoli affettuosi.
In realtà Maka si era sentita un po’ come una bambina capricciosa, avendo rigirato la ramanzina contro il suo stesso padre e capovolgendo la situazione, ma era stata talmente arrabbiata per la sua faccia tosta che non era riuscita a trattenersi.
Il giorno seguente al litigio, praticamente non avevano parlato. Papà le lanciava occhiate caute di sottecchi e Maka faceva finta di nulla, non sapendo se scusarsi o se arrabbiarsi nuovamente.
Alla fine era stata Blair a sistemare un po’ quella situazione e portarli all’ennesima tregua, dopo quasi due giorni interi di tensione. Si era seduta con lei sul suo letto e avevano chiacchierato un po’ del nulla, poi le aveva posato una mano sul braccio e le aveva sorriso delicatamente.
“Papà sa di aver fatto un disastro e non pretende di cancellare tutto soltanto con delle scuse.” le aveva detto con cautela.
Maka aveva serrato la mascella, ma si era imposta di stare zitta e lasciarla finire.
“Si è preoccupato per te perché ti vuole bene. Dopotutto sarai sempre la sua bambina ai suoi occhi, lo sai.” aveva continuato Blair, con un sorriso dolce e Maka aveva sbuffato.
“Sono perfettamente in grado di cavarmela da sola.” aveva borbottato indispettita. “E di certo non grazie a lui. Se non fosse stato per il casino della moto di Soul, neanche si sarebbe accorto di niente. Sarei potuta stare fuori tutta la notte e lui non se ne sarebbe…”
Si era fermata, perché quell’ipotesi era una realtà abbastanza frequente. E Blair era l’unica persona al di fuori di lei e Soul a saperlo.
Infatti Blair le aveva lanciato un sorrisetto complice.
“Già, di solito sei più attenta quando non vuoi farti scoprire.” aveva commentato con sguardo penetrante. Era sembrata sul punto di aggiungere qualcos’altro e, col senno di poi, Maka si era accorta che probabilmente voleva chiedere delle sue gite al chiaro di luna, ma invece aveva scosso appena il capo ed era tornata al discorso principale.
“Si sente in colpa. Non solo per l’altra sera, ma per tutto.” le aveva spiegato con un sorriso quasi malinconico. “Se devo essere sincera, penso che gli abbia fatto bene sentirsi dire quelle cose, per quanto siano state dure.”
Maka aveva fissato insistentemente i suoi piedi, non volendo mostrare nessun tipo di reazione. Sputare in faccia a suo padre tutta quella rabbia accumulata l’aveva fatta sentire meglio e peggio al tempo stesso. Si era sentita più libera, certamente, ma continuava a ripensare all’espressione ferita di papà con un groppo in gola.
Sapeva che Spirit si sentiva in colpa, ma aveva pensato a come ciò non gli avesse comunque mai impedito di mettere fine a quel comportamento. Poi si era resa conto che effettivamente ci stava provando sul serio. E la prova era proprio Blair, seduta al suo fianco a consolarla.
Da quel momento le cose erano tornate quasi normali. Maka lanciava ancora qualche frecciatina e Spirit continuava a cercare di addolcirla come poteva, in un patetico tentativo di farsi perdonare (si era comunque dato da fare per riservare le peggiori occhiatacce possibili a Soul ogni volta che lo aveva anche solo intravisto, durante quella settimana).
Con un sospiro Maka afferrò un mestolo e si concentrò sulla besciamella.
Sembrava che stessero preparando il pranzo di Natale. Avevano pasta e riso, un arrosto che avrebbe sfamato tre famiglie e almeno quattro contorni. Più la torta che stava occupando buona parte dello spazio interno del frigorifero.
In realtà non c’era nessuna festa o ricorrenza particolare. Molto più semplicemente, in quel banalissimo venerdì di fine maggio, il padrino di Maka e sua moglie sarebbero venuti a trovarli, per la prima volta da quasi sei mesi. E in quel weekend avrebbero finalmente avuto modo di conoscere Blair.
Maka aveva atteso con trepidazione quel momento, ansiosa di avere altre due persone con cui condividere lo sconforto causato da quel matrimonio campato in aria. Inoltre era davvero felice all’idea di rivederli entrambi.
Così quel venerdì mattina, approfittando di un’assemblea d’istituto, era rimasta a casa per aiutare col pranzo e accogliere gli ospiti.
Frank Stein (soprannominato Franken da suo padre) era stato compagno di scuola di Spirit e, nonostante le discordanze riguardo alcuni incidenti che avevano coinvolto il laboratorio di chimica e certi esperimenti, i due erano rimasti buoni amici nel corso degli anni (sempre se non si toccava, appunto, l’argomento degli esperimenti). La madre di Maka aveva sempre odiato Stein con tutto il suo cuore, e Maka non ne aveva mai capito il motivo. Si era sempre chiesta, infatti, come mai gli avesse permesso di farle addirittura da padrino.
In ogni caso, visto che i suoi genitori erano entrambi figli unici, Stein era la cosa più vicina che Maka avesse mai avuto ad uno zio. Era divertente stare con lui, prevalentemente perché era fuori di testa, ma la sua era uno strano tipo di follia geniale. Era sempre andata più d’accordo con lui che con suo padre, semplicemente per il fatto che Stein non la deludeva continuamente (come qualcun altro) e soprattutto continuava ad imparare sempre nuove cose da lui.
Soul le aveva detto una volta che la sua essenza da secchiona era in parte dovuta alla presenza di Stein nella sua vita. Maka gli aveva tirato un libro in testa.
Da quando Stein si era trasferito in un altro stato per lavoro, però, non avevano modo di vedersi se non per le feste o altre occasioni speciali.
“Quante altre ne devo sbucciare?” chiese Blair stancamente.
Maka gettò un’occhiata veloce alla ciotola. “A me sembrano abbastanza.”
Suo padre non rispose, intento a tagliare la carne per farla stare nella teglia.
“Allora come sono questi Frank e Marie?” domandò di nuovo Blair, questa volta con un certo interesse e forse una certa cautela.
Maka si ritrovò presa alla sprovvista.
“Sei nervosa?” chiese a sua volta. In effetti sarebbe stato l’equivalente di conoscere i suoceri, ma era comunque decisamente inaspettato.
Blair fece spallucce. Iniziò a tagliare le patate a cubetti.
“Non più di quando ho incontrato te.” rispose con una nonchalance che Maka stava iniziando a sospettare fosse falsa.
La adocchiò sempre più incredula. “Eri nervosa quando hai incontrato me?”
Blair sorrise quasi timidamente. L’aggettivo timido e il nome di Blair nella stessa frase avrebbero potuto creare un vero e proprio paradosso.
“Un po’, sì.” ammise, alzando di nuovo le spalle. “Volevo che le cose funzionassero tra noi. E avevo paura di fare un disastro.”
Maka la stava fissando ad occhi spalancati. Non doveva avere un’aria molto intelligente, ma Blair che sganciava una bomba simile era stato assolutamente inaspettato. Era sempre così a suo agio in ogni tipo di situazione, anche nelle più disparate, che Maka a stento riusciva a credere che si fosse sentita in agitazione, anche se per poco.
“Oh.” riuscì solo a mormorare. Nelle ultime settimane aveva scoperto molto più su di Blair, che negli ultimi quattro mesi.
Tornò alla sua besciamella.
“Comunque, per rispondere alla domanda originale,” riprese Maka, tenendo gli occhi fissi sulla pentola. “Sono persone tranquille. Sono i miei zii preferiti.”
Blair ridacchiò. “Sono gli unici che hai, no?”
Spirit si intromise per la prima volta dall’inizio della conversazione.
“In realtà non sono neanche zii.” borbottò distrattamente. Sembrava in difficoltà, tagliando il maiale con una mannaia. “Maledetto porco.”
“Da che pulpito.” commentò Maka cupamente.
Non si aspettava certo che Blair scoppiasse a ridere.
Spirit guardò Maka con aria ferita, e boccheggiò senza sapere cosa dire. Poi si voltò da Blair, probabilmente mostrando anche a lei gli occhioni da cucciolo bastonato, e lei si tappò la bocca con una mano, chiaramente trattenendo un’altra risata.
“Scusami, amore.” gli disse con un sorrisino. “Scusami davvero. Mi ha preso alla sprovvista…”
Spirit scrollò le spalle con un sospiro sconsolato, tornando a tagliare il maiale.
Da dietro di lui, Blair ammiccò in direzione di Maka e lei si ritrovò a sorridere, suo malgrado.
“Allora, i tuoi zii preferiti, eh?” riprese la donna, dopo essersi schiarita la gola.
Maka annuì. “Sì. Stein è una specie di genio. Parlare con lui è molto bello. E Marie è fantastica.”
Circa cinque anni prima, in barba alle durature prese in giro di suo padre, secondo cui Stein non fosse capace di comprendere nemmeno il concetto di amore (e alle sporadiche conferme da parte dell’interessato), si era presentato da loro con Marie, introducendola come la sua fidanzata. Spirit era stato il più sorpreso di tutti.
Marie si era rivelata essere la ragazza più dolce che Maka avesse mai conosciuto e probabilmente la più paziente, in concorrenza soltanto con Tsubaki. Si era affezionata moltissimo a lei e, durante il divorzio dei suoi, Maka le telefonava spesso.
“Io ho finito.” li informò Maka. Ormai la besciamella era pronta.
“Anch’io.” le fece eco Blair.
Spirit sbuffò, finalmente infilando la carne in forno.
“Ok, dobbiamo darci una mossa. È tardi.” esclamò guardando l’orologio con una smorfia e sistemandosi meglio il grembiule da cucina addosso.
Durante la mezz’ora seguente si diedero da fare, tra un’imprecazione e l’altra, con il resto del pranzo e la disposizione delle sedie intorno al tavolo.
Maka si concesse una pausa per leggere le risposte delle sue amiche in merito al vestito, pentendosene quasi all’istante. Patty lo aveva definito ridicolo, Liz salvabile, ma ‘quel colore è proprio un pugno nell’occhio, ti vedranno anche dagli aerei’ e Tsubaki, aggiunta da poco alla chat, sosteneva che tutto sommato non fosse così male. Maka non sapeva se ne fosse davvero convinta o se stesse cercando di essere gentile.
Tornò ad aiutare Blair e Spirit, decisa ad ignorare qualsiasi richiamo di attenzione del suo cellulare fino alla sera.
Quando finalmente la macchina di Stein e Marie si fermò davanti a casa, il pranzo era ormai pronto e Maka andò ad aprire, sorridendo raggiante.
“Maka! Che bello rivederti!” esclamò Marie, dopo averla raggiunta, abbracciandola stretta a sé. Maka ricambiò con entusiasmo, inspirando il profumo della donna.
“Ciao, Marie.” disse contro la sua spalla.
Marie si allontanò il tanto che bastava per poterle stampare un bacio in fronte e accarezzarle i capelli.
“Sei sempre così bella.” le disse con tenerezza.
Maka avvampò e fece spallucce.
“Se le pizzichi anche le guance ti guadagni ufficialmente il titolo di vecchia zia.” Stein si avvicinò a loro con un sorriso, issando la tracolla di un borsone da viaggio sulla spalla. “Ehi, Maka. Come va?”
Maka lo abbracciò, sempre sorridente.
“Abbastanza bene. Il pranzo non sembra un completo disastro, almeno.” rispose vivacemente.
Marie e Stein si scambiarono una veloce occhiata. Sembravano un po’ incerti, sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi Stein si limitò a posarle una mano sulla testa in segno di affetto e la seguì dentro casa insieme a Marie.
Maka li guidò fino alla cucina, dove Spirit esplose in un gran sorriso non appena li vide.
“Eccovi qua, finalmente!” esclamò, abbracciando Marie e tirando poi una potente pacca sulla spalla di Stein.
“Maka ci diceva che sei riuscito a non bruciare il pranzo.” commentò lui con un sorriso beffardo.
Spirit roteò gli occhi e si girò da Marie a chiedere del viaggio.
Maka si sedette al tavolo, notando l’espressione stranita di Blair seduta al suo fianco. Nonostante quello che aveva affermato prima non sembrava per niente nervosa, ma dopotutto non lo era sembrata neanche quella prima notte in cui l’aveva conosciuta.
Ma indubbiamente ciò che sembrava averla momentaneamente stupita era più che altro la visione dei nuovi arrivati. E Maka poteva capire perché.
Se Marie ispirava tenerezza soltanto con il suo viso dolce e i suoi sorrisi radiosi, Stein creava esattamente l’effetto opposto soltanto col suo aspetto, grazie ai capelli chiarissimi che gli adombravano gli occhi spiritati, le vistose cicatrici rattoppate sul volto e la sua altezza paurosa che gli faceva sfiorare lo stipite di ogni porta che varcasse.
Maka lo conosceva da sempre, perciò era talmente abituata a lui che non ci faceva più caso, ma effettivamente trovarselo davanti per la prima volta senza preavviso doveva fare un certo effetto. Di sicuro Soul non aveva reagito tanto tranquillamente quando lo aveva conosciuto.
Blair squadrò Stein ad occhi spalancati e farfuglio un “Wow” di sconcerto che solo Maka udì. Poi si riscosse dal suo stupore e si alzò in piedi, tornando perfettamente padrona della situazione.
“Ragazzi, lei è Blair.” disse suo padre, gonfiando il petto e indicando la ragazza con un sorriso soddisfatto. “Blair, questi sono i miei amici.”
“Molto piacere.” Blair sorrise raggiante, porgendo la mano ai due. “Spirit e Maka mi hanno parlato tanto di voi.”
“Oh, che cari.” commentò con dolcezza Marie, stringendo la sua mano. “Sono felice anch’io di conoscerti, finalmente.”
Stein mostrò un sorrisetto con gli occhi che gli brillavano dietro gli occhiali.
“Sì, eravamo davvero curiosi di incontrare la coraggiosa che lo sta di nuovo incatenan-”
Marie gli piantò una violenta gomitata sulle costole, impedendogli di terminare la frase, e Spirit gli lanciò uno sguardo di fuoco.
Ma Blair non era tipa da prendersela per queste cose (Maka ancora non aveva capito per cosa precisamente se la sarebbe presa) e scoppiò a ridere, posando una mano sul braccio di Spirit, come a placare la sua irritazione.
“In carne e ossa!” esclamò con una risatina, sollevando le braccia come per mostrarsi meglio. “Ma dopotutto la cosa è reciproca, no?” aggiunse poi, ammiccando in direzione di Spirit.
Maka alzò gli occhi al cielo, concentrandosi piuttosto sul grissino che aveva appena rubato dal vassoio dell’antipasto.
Blair sembrava come sempre non cogliere il leggero imbarazzo che sollevava coi suoi commenti e continuava a ridacchiare.
“Mi piace tanto il tuo vestito, Marie!” disse poi, accennando all’indumento in questione.
“Oh grazie.” rispose Marie con un sorriso gentile. Poi squadrò Blair e il suo cortissimo vestito attillato. “Anche tu sei… stai molto bene.” aggiunse infine, non sembrando troppo convinta.
Blair era comunque compiaciuta e la ringraziò calorosamente.
Marie si schiarì la gola. “Allora, come vanno i preparativi per il matrimonio?”
Il sorriso di Blair si allargò ulteriormente e subito si lanciò in una spiegazione entusiasta sull’organizzazione, mentre Spirit faceva sedere gli ospiti.
“Tra l’altro, Spirit voleva parlarvi riguardo a questo, no?” fece lei, dando una leggera gomitata all’uomo.
Maka guardò suo padre fare una smorfia, poi fissare lo sguardo su Stein.
“Mi fai da testimone?” chiese quasi controvoglia, neanche l’avessero costretto.
“Di nuovo?” domandò Stein con semplicità.
Il volto di Spirit assunse lo stesso colore dei suoi capelli e Marie si voltò di scatto verso il marito con aria stizzita.
Maka notò Blair curvare leggermente le labbra in un sorriso per poi camuffarlo immediatamente con un sorso d’acqua. Si scambiarono uno sguardo veloce, poi Blair si alzò.
“Beh, allora serviamo il pranzo.” annunciò iniziando a portare i vassoi a tavola.
Spirit continuava a guardare Stein in cagnesco.
“Questa è l’ultima volta che ti chiedo una cosa simile.” borbottò offeso.
Stein sorrise ancora di più.
“E speriamo, non mi sembra il caso di mandare all’aria anche questo matrimonio, no?” disse con un tono abbastanza basso da non farsi sentire da Blair, indaffarata a riempire i piatti.
Maka osservò suo padre diventare sempre più paonazzo. Si complimentò con se stessa per la semplicità con cui stava affrontando quella situazione. Per una volta stava riuscendo ad ignorare il groppo in gola che sentiva ogni volta che si parlava di quel matrimonio.
“Marie, va bene così o ne vuoi altra?” chiese Blair con il piatto e la spatola in mano.
Marie adocchiò la sua fetta di lasagne.
“Oh, puoi metterne ancora un po’.” disse, prima di arrossire leggermente.
“C’è anche l’insalata di riso.” l’avvisò Maka.
Marie sorrise in imbarazzo. “Oh, non preoccuparti, oggi sono affamata.”
Blair sorrise. “Il viaggio deve essere stato stancante. In ogni caso abbiamo abbastanza cibo per sfamare una caserma quindi favorisci pure.”
Marie emise una risatina nervosa, lanciando poi una veloce occhiata a Stein che ormai sembrava avere un sorriso beffardo come espressione costante.
“Mi dicevi del matrimonio.” riprese, cambiando discorso.
“Oh sì! Due settimane fa ho preso il vestito finalmente, mi ha accompagnato Maka.” raccontò Blair con entusiasmo.
Maka sollevò lo sguardo dal suo piatto e si limitò ad annuire con un sorriso. Il vestito da sposa poteva essere leggermente meglio di quanto avesse pensato, ma non era comunque il caso di esprimersi a riguardo.
“E abbiamo preso anche il suo. Visto che è la damigella.” continuò Blair circondandole le spalle in un improvviso impeto di affetto. Maka si ritrovò presa alla sprovvista ma le sorrise.
Ormai si stava quasi abituando al suo essere così fisica con le persone.
Questo non voleva dire che quando cercasse di abbracciare Soul non sentisse comunque un certo fastidio, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Mentre continuavano a parlare dei vestiti, Marie ingurgitò due piatti di pasta come niente e Spirit sollevò un sopracciglio leggermente perplesso.
“Fame, eh?”
Marie arrossì nuovamente.
“E si sta anche trattenendo.” commentò Stein, intento a pulirsi il piatto col pane. Subito dopo sobbalzò quando Marie gli tirò un pugno sulla coscia.
Blair tossicchiò nervosamente. “Volete del vino? O una birra magari?”
Stein accettò la birra, mentre Spirit si versò una grande quantità di vino nel bicchiere. Maka emise un ringhio basso nella sua direzione, che lui prontamente fece finta di non sentire.
“Marie?” chiese ancora Blair.
Lei scosse il capo. “No, no. Solo acqua, grazie.”
Maka ebbe l’impressione che papà stesse per insistere con la birra, ma fu interrotto da Stein che intanto si stava servendo la carne.
“Chi l’ha tagliata, se posso chiedere?”
Spirit lo guardò cupamente. “Lo so, è terribile, ma è il meglio che sono riuscito a fare.”
Stein fece spallucce. “Non sei un granchè come macellaio.”
“Già, e tu te ne intendi di carne macellata, no?”
Stein sollevò lo sguardo, mostrando un sorriso inquietante. “Non animale, di solito, ma ti sorprenderesti di quanto le differenze siano minime.”
Spirit sospirò e bevve un grande sorso di vino, mentre Blair gli lanciò una veloce occhiata perplessa.
“Non preoccuparti, è un chirurgo.” precisò Marie, notando la sua confusione. “Anche se parla come un serial killer.”
Blair si lasciò andare ad una risatina. Per essere la sua prima volta ad aver a che fare con lo strano senso dell’umorismo di Stein, se la stava cavando bene.
“Maka, la scuola?” chiese Stein, tenendo la teglia con la carne per Marie che si stava riempiendo il piatto con quantità non indifferenti di cibo. Subito dopo passò al vassoio delle patate.
Maka mostrò un sorrisetto soddisfatto. “Ho la borsa di studio per l’università quasi assicurata.”
Il suo studio sfrenato stava dando i suoi frutti e la condotta non sembrava più un grosso problema, alla faccia di Ox.
Marie emise un verso indefinito tra un boccone e l’altro che Maka interpretò come di felicità, mentre Stein le sorrideva con orgoglio.
“Sempre decisa per medicina?” le domandò.
“Sì.”
“Vuoi fare la psichiatra, vero?” chiese Blair, al suo fianco.
Maka la guardò stupita. Non le sembrava di averglielo mai detto. Lanciò uno sguardo veloce a suo padre, prima di riportare gli occhi su Blair, annuendo.
Doveva intendere che parlassero di lei quando non c’era? Era già sorprendente che parlassero quando erano da soli.
“Così finalmente qualcuno potrà farti una dannata diagnosi decente, Stein.” scherzò suo padre.
“Ha!” fece Stein divertito. “Non penso che sia necessaria una laurea in psichiatria.”
“Per rendersi conto che sei fuori come un balcone? No, hai ragione.” commentò Spirit. “Marie, sicura che non vuoi un po’ birra?”
“No, grazie.” declinò lei, intenta a riempire il piatto un’altra volta. “Oggi non mi va.”
“Sei proprio affamata oggi!” commentò Spirit, come al solito parlando prima di pensare.
“Papà!” ringhiò Maka con indignazione. Se fosse stata abbastanza vicina gli avrebbe tirato un calcio.
Blair gli pizzicò forte il braccio, facendolo sobbalzare sul posto.
“Che diamine dici?” gli sibilò nell’orecchio con un certo nervosismo.
Marie era diventata tutta rossa.
“Scusate. È che avete preparato così tante buone cose.” ridacchiò con imbarazzo.
“Oh, lascialo perdere. Mangia tutto quello che vuoi.” la rassicurò Blair. “Basta che ti lasci spazio per il dolce.”
Stein lanciò un’occhiata penetrante a Marie, ma lei fece finta di nulla. Maka li osservò in silenzio. Aveva come l’impressione che ci fosse qualcosa che le stava sfuggendo.
“Di’ un po’...” iniziò Stein, interrompendo il suo filo di pensieri. “Quella vipera di Medusa Gorgon insegna ancora da te?”
Maka sghignazzò, annuendo.
“Non dovresti parlare così di una sua insegnante.” disse Marie con tono di disapprovazione.
“Se la conoscessi anche tu, diresti cose molto peggiori.” ribatté Stein, prima di infilarsi un boccone di carne in bocca.
Spirit emise un verso di approvazione mentre masticava.
“Ha ragione.” affermò dopo aver ingoiato. “Quella lì ha chiaramente qualche rotella fuori posto e se n’è accorto persino lui.”
“Com’è che voi la conoscete?” domandò Blair curiosamente.
Maka sorrise compiaciuta. Quella era una storia che non aveva mai sentito completa.
“Era a scuola con noi.” spiegò suo padre. “Era già matta. Aveva rubato delle cose dal laboratorio di chimica, degli elementi o roba simile…”
“Degli acidi.” precisò Stein armeggiando con le posate. “Non sono molto facili da reperire, qualche volta ce li siamo dovuti litigare.”
Maka trattenne una risatina, mentre sia Spirit che Marie lanciarono occhiate taglienti a Stein.
“Già e tu facevi ben altro.” ringhiò Spirit, con una smorfia a metà tra la rabbia e il terrore.
Stein gli sorrise sornione e si strinse nelle spalle.
“Non ho mai fatto niente che potesse metterti in pericolo di vita.” giustificò con semplicità. “Potrei anche averti scambiato i reni o tolto la colecisti, ma tu non avresti notato nulla.”
“Cosa mi hai tolto?!” sbottò agitato Spirit, lasciando cadere di colpo le posate sul piatto.
Stein scoppiò a ridere e Marie si coprì il volto sconsolata.
Blair lo stava fissando ad occhi sbarrati, chiaramente a corto di parole. Guardò tutti i presenti e si girò per ultima da Maka, con una debole risatina nervosa. Maka sogghignò, sollevando le spalle.
“Sta scherzando.” la rassicurò, facendo un cenno vago con la mano.
“Io non ne sono così sicuro, Maka. Potrebbe davvero avermi messo in disordine gli organi interni!” accusò suo padre con indignazione, posandosi una mano sulla pancia e alimentando maggiormente le risate di Stein.
Maka osservò la scena sempre più divertita. Sapeva che Stein e suo padre avevano avuto degli scontri in passato, ma non credeva che il suo padrino avrebbe realmente potuto fare qualcosa di così pericoloso. Lo diceva solo per far spaventare papà. Probabilmente.
Marie roteò gli occhi e scosse il capo, sembrando tanto una madre alle prese con dei figli irrequieti.
“Finiscila.” sbottò, dando un’altra gomitata al marito e guardando Spirit con aria seria. “Non ti ha tolto o scambiato nulla, non ti agitare.”
“Facile parlare per te, non l’hai conosciuto quando era un sociopatico.” bofonchiò Spirit, infischiandosene di non farsi sentire.
Stein sembrò trovare il suo commento particolarmente divertente, perché scoppiò a ridere ignorando gli sguardi di fuoco dell’amico.
“Stavi dicendo di questa Medusa” riprese Marie, finendo di mangiare la sua bistecca, per distrarre Spirit. “Rubava dal laboratorio?”
Spirit lanciò un’ultima occhiataccia a Stein, prima di sospirare e riprendere il discorso.
“Sì. Si diceva che li avesse usati per creare una specie di strana droga che chiamava ‘Sangue Nero’ o qualcosa del genere. Ovviamente lei ha sempre negato, ma non mi sorprenderebbe se fosse stato vero.” raccontò tornando a tagliare gli ultimi pezzi di carne nel suo piatto. “Aveva anche messo un serpente dentro l’armadietto di una ragazzina del primo anno.”
Blair fece una smorfia disgustata e Marie lo fissò a bocca aperta.
“Oh mio dio, per quale motivo?” chiese sconcertata.
“Perché è una stronza infernale.” rispose Stein con semplicità.
Spirit bevve un altro lungo sorso di vino e guardò Marie con un sorriso.
“Sai, aveva una cotta assurda per lui.” raccontò, agitando la forchetta verso Stein. “Visto che era quasi matto quanto lei.”
“Oh mamma.” commentò Blair in un sussurro. Maka scoppiò a ridere. Quello di certo era un particolare che non le avevano mai raccontato.
“Ogni scusa era buona per provarci con lui.” continuava suo padre, sempre più divertito. Sembrava ci stesse prendendo gusto e Maka pensò che probabilmente era la sua maniera di vendicarsi. “Al ballo di fine anno l’ha convinto a ballare per quasi due canzoni intere.”
Marie lanciò un’occhiata preoccupata verso il marito.
“Me la sono filata prima che potesse drogarmi e rapirmi.” la rassicurò lui, rigirandosi il coltello fra le dita.
Spirit continuava a ridacchiare, tra un sorso di vino e l’altro. Maka si chiese se fosse quello ad alimentare il suo divertimento.
“Si è anche dichiarata!” esclamò prima di scoppiare a ridere.
“Dichiarata?” ripeté Marie sempre più disturbata.
Quella storia non faceva che migliorare, pensò Maka sempre più divertita. Lanciò un’occhiata curiosa a Stein e notò una smorfia sul suo volto.
“Oh sì!” Spirit annuì con enfasi. “L’ha visto vivisezionare una rana per biologia, gli ha puntato il bisturi contro e gli ha detto ‘ti amo’!”
Maka cercò di soffocare una risata, senza successo, ma si lasciò andare completamente quando Marie scoppiò a ridere al suo fianco. Lanciò una pacca sulla spalle di Stein.
“Ha ragione!” fece scossa dalle risate. “Questa è persino più matta di te!”
Anche Blair rideva. Sembrava essere tornata perfettamente a suo agio, ormai.
Stein fece un sorrisetto amareggiato mentre si infilava l’ultimo boccone di carne in bocca.
Dopo che si furono calmati abbastanza, Blair si voltò verso Maka incuriosita.
“E questa è la tua professoressa?”
“Sì, quella di scienze.” confermò Maka sogghignando.
“E anche a voi fa brutti scherzi coi serpenti?” chiese Marie, con un tono a metà tra il divertimento e la preoccupazione, facendo di nuovo sghignazzare Stein.
“No, ma la odiano tutti.” spiegò Maka, facendo spallucce. “Non è esattamente molto amichevole.” Almeno non da quando aveva abbandonato la finta dell’insegnante dolce e innocente in favore della sua vera natura da demone.
“Non lo è mai stata.” confermò Spirit con un sospiro.
Maka si chiese come si comportasse a casa, con Crona. L’unica volta che li aveva visti insieme, Medusa non era sembrata molto amichevole, ma dopotutto era arrabbiata. Ripensò a Crona che le aveva raccontato delle lamentele di sua madre in merito al suo rendimento scolastico, espresse con commenti che Maka giudicava davvero poco gentili.
Pensò che prima della gita avrebbe voluto passare un po’ di tempo con Crona.
Papà si schiarì la gola, distraendola dai suoi pensieri. “Bene, abbiamo finito tutti?”
Si alzò dal tavolo, seguito da Blair e iniziarono a sparecchiare.
“Così mangiamo il dolce.”
“Abbiamo fatto la crostata di frutta.” Maka si girò da Marie con un sorriso e lei sembrò illuminarsi.
“Oh, che buona!”
Spirit la guardò stranito ma non disse nulla, visto che sia Maka che Blair lo incenerirono con un’occhiataccia.
“Volete un caffè?” offrì Blair tornando al suo sorriso amichevole.
“No, niente caffè per lui.” intervenne Spirit, facendo un cenno vago verso Stein che rispose con un sopracciglio alzato. “Vorrei evitare la micidiale combinazione caffè e sigarette, visto che per tutto il finesettimana dovrà usare il nostro bagno.”
Maka sgranò gli occhi. Non riusciva a credere che suo padre avesse detto una cosa simile! Doveva essere sempre così cafone?!
Fortunatamente Stein sembrò prenderla sul ridere. Al contrario, Blair aveva pestato con inaudita forza il piedi di Spirit, facendolo mugolare come un cane sofferente. Il fatto che persino lei si fosse imbarazzata chiariva quanto suo padre potesse essere inopportuno.
“Non ti preoccupare, ho smesso di fumare.” lo informò Stein con tranquillità, poi si rivolse a Blair. “Accetto volentieri una tazza di caffè.”
Maka lo osservò stupita. Si chiese cosa lo avesse finalmente convinto a smettere. Probabilmente suo padre stava pensando la stessa cosa, perché stava fissando Stein con una strana espressione.
Bevve un altro sorso di vino e aprì la bocca per parlare, ma non fece in tempo ad aggiungere niente perché Blair tornò al tavolo con la crostata, distraendo tutti dai propri pensieri.
“E comunque, se vogliamo, il caffè da solo è abbastanza per intasarti il cesso.”
Maka soffocò una risata contro la mano e Spirit si strozzò col vino, iniziando a tossire tanto forte che Blair gli dovette dare qualche pacca sulla schiena per cercare di aiutarlo.
Il tentativo di camuffare di Maka si rivelò inutile quando Marie lanciò una potente manata in testa al marito, facendola definitivamente scoppiare a ridere.











Note:
E finalmente Blair ha avuto la sua esperienza da futura sposa vs famiglia.
In realtà questo e il prossimo dovevano essere un unico capitolo, inizialmente, ma solo questa scena del pranzo mi stava uscendo chilometrica quindi li ho divisi. Spero di aver reso giustizia a Marie e Stein e, nel caso, di riuscirci anche più avanti perché li rivedrete. Mi sono impegnata per cercare di pensare a cose abbastanza strane da far dire a Stein e non è stato facilissimo. xD
Tra l'altro, io non fumo e non amo il caffè perciò non so se la combinazione dei due sia davvero così efficace ma mi è capitato spesso di sentirlo dire. 
Comunque questo è già il secondo capitolo in cui faccio vaghi riferimenti alla chimica e come per l'altro ho dovuto chiedere informazioni visto che, nonostante il diploma scientifico, io e la chimica siamo un po' come due rette parallele (prevalentemente perché non mi è stato insegnato un granché al contrario di scienze della terra). Non ho la più pallida idea se degli acidi possano essere usati per creare droghe o meno, perciò perdonatemi per eventuali eresie. 
Infine, grazie infinite per la lettura e per i commenti che mi avete lasciato! :D

A presto∼

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Capitolo 13
*** Il re delle paranoie ***


13.Il re delle paranoie


Seduta al tavolo della cucina, Maka guardava con aria assente suo padre che richiudeva il materasso del divano letto in soggiorno. Dalla poltrona a fianco a lui, Stein lo osservava con aria divertita, intervenendo di tanto in tanto per fargli notare che stava sbagliando, senza però degnarsi di dargli una mano.
“Guarda che lo stai mettendo storto.” gli stava dicendo con un sorrisetto perfido. “Non si chiuderà mai così.”

“E allora vieni a darmi una mano, disgraziato!” sbottò Spirit, il volto arrossato per lo sforzo.
Stein fece spallucce, riprendendo ad osservare in silenzio.
“Maka, vuoi altro tè?” le chiese gentilmente Blair.
Maka scosse il capo, voltandosi poi verso Marie, seduta a tavola vicino a lei. Aveva mangiato appena, giusto un biscotto o due, mentre sorseggiava dalla sua tazza. Blair le aveva chiesto più volte se volesse qualcos'altro, ma lei aveva rifiutato.
“Non ho fame.” aveva detto con una smorfia. Sembrava stare male.
“Di nuovo nausea?” le aveva chiesto allora Maka.
Marie aveva sollevato le spalle con un piccolo sorriso.
Per il tutto il fine settimana le era parsa un po’ strana e Maka non aveva potuto fare a meno di chiedersi se non ci fosse qualcosa dietro. Appena era arrivata, si era abbuffata senza troppi complimenti e i giorni seguenti si era chiaramente sforzata di mangiare il tanto necessario, dicendo di avere lo stomaco scombussolato. Aveva avuto la nausea anche la mattina precedente e per il resto della giornata era sembrata esausta.
Avevano passato il pomeriggio fuori e avevano cenato in ristorante e Marie si era dovuta scusare in bagno spessissimo. Ad un tratto Maka aveva iniziato a preoccuparsi, ma Stein le aveva assicurato che Marie stava semplicemente avendo qualche problema di digestione e che non era niente di grave.
Ovviamente non era stato abbastanza per convincerla, era sicura che ci fosse qualcosa che le stava sfuggendo. E sapeva di non essere l'unica a pensarlo.
Maka e Spirit potevano non andare molto d'accordo, ma erano pur sempre padre e figlia. E per Maka, suo padre era come un libro aperto (non che fosse difficile neanche per gli altri, emotivo come era). Sapeva che lui era preoccupato per Marie, quanto lo era lei.
Il problema era che non aveva avuto neanche un momento per poter parlare da sola con lui nell’ultimo giorno.
Così finì in fretta la sua colazione e aspettò che Spirit terminasse di sistemare i cuscini sul divano. Guardò Marie alzarsi da tavola e offrirsi di aiutare a sparecchiare, mentre lui e Blair la invitavano ad andare a sedersi con Stein in soggiorno, prima di dileguarsi in giardino.
Maka uscì dalla porta sul retro e si guardò intorno indecisa. Aveva intenzione di chiamare Spirit lì fuori con qualche scusa in modo da poter parlare con lui dello strano comportamento di Marie.
Non fece neanche un passo, sentendo delle voci non troppo lontane discutere animatamente, e si fermò ancora sotto il portico.
“Ti dico che qua quattro metri non ci sono!” fece una prima persona, con una certa irritazione.
“Abbassa la voce!” sbottò immediatamente la seconda.
Maka rimase immobile vicino al graticcio per rampicanti. Se stava ferma in quella posizione il graticcio la nascondeva e poteva ascoltare, tendendo le orecchie al massimo. Quelle voci erano sicuramente familiari.
“Se ne metti una da tre metri non c'è lo spazio neanche per camminare.” insisté di nuovo la prima voce e Maka era sicura di conoscere la persona che stava parlando, anche se era la prima volta che lo sentiva con un tono che non fosse del tutto impassibile.
“Sì, se è tonda!  O quadrata. Le fanno anche quadrate, no?” ribatté con enfasi la seconda voce.
Maka allungò appena il collo e sbirciò a destra, verso il giardino di Soul. I signori Evans erano in piedi dietro le siepi che delimitavano il confine del loro terreno, rivolti verso il giardino di Maka, e gesticolavano animatamente. Non la vedevano da lì, ancora nascosta dietro i rampicanti, e non si erano accorti di non essere più soli.
Maka si chiese perché quella domenica mattina, i genitori di Soul fossero là fuori a discutere delle misure del suo giardino come se fosse una questione di estrema importanza.
“Non avremmo neanche questo problema se scegliessimo qualcos'altro. Qualsiasi altra cosa!” si lamentò il signor Evans, seccato. In tanti anni che Maka lo conosceva, non lo aveva mai sentito parlare così tanto. Era un uomo abbastanza taciturno, a cui non piaceva mostrare un granchè delle sue emozioni. Dopotutto, Soul doveva pur aver preso da qualcuno.
“Non avremmo questo problema se avessero fatto una lista nozze!” ribatté ancora la signora Evans, voltandosi verso il marito con le mani sui fianchi. “Ti dico che la piscina è la scelta migliore!”
A quel punto Maka capì di cosa stavano parlando. Ricordò quando qualche settimana prima Soul aveva ammesso che i suoi genitori fossero indecisi sul regalo di matrimonio per Blair e papà, e che avessero addirittura pensato ad una piscina.
Si coprì il volto con una mano, sospirando.
“Hai visto come guarda la nostra?” continuò la mamma di Soul. “Glielo si legge in faccia che non desidera altro che una piscina.”
“Non esageriamo.” borbottò scettico il marito. “L'avrà guardata con desiderio qualche volta d'estate, al massimo.”
Maka sgranò gli occhi, imbarazzata. Scherzi a parte, papà aveva davvero commentato su quanto sarebbe stato bello avere una piscina, la scorsa estate, ma non si aspettava che gli Evans l'avessero capito soltanto da come guardava la loro.
Sospirò di nuovo, sconsolata.
Iniziò a battere i piedi sul pavimento, cercando di fare più rumore possibile e poi scese gli scalini, schiarendosi la gola e fingendo di notare i vicini solo in quel momento.
“Oh, buongiorno!” salutò con un sorriso.
Gli Evans si erano zittiti appena l'avevano vista e ora le sorridevano imbarazzati.
“Ciao Maka.” le disse la signora, riavviandosi nervosamente i capelli biondi dietro le orecchie.
Il padre di Soul aveva un'aria vagamente stizzita, probabilmente per la situazione scomoda in cui si trovavano. Fissava con insistenza le siepi, come se potessero fornirgli un alibi sul perchè fossero proprio lì a discutere.
La madre di Soul doveva aver pensato la stessa cosa, perchè lanciò un'occhiata fulminea al marito, poi alle siepi e poi di nuovo a Maka. Le sorrise nervosamente poi tornò a guardare le siepi, indicandole.
“Vedi, qui? Sembra che si stia ingiallendo, chiaramente qualcosa non va.” disse con enfasi al marito. Lui annuì non troppo convinto, ostinandosi a non guardare Maka per niente al mondo, forse convinto che se l'avesse fatto si sarebbe tradito.
“Bene, allora ne parlerò con Victor.” riprese la signora Evans sforzandosi di mantenere un'espressione seria.
Victor era il giardiniere degli Evans. Era molto bravo nel suo lavoro e Maka sapeva benissimo che la siepe non era per niente ingiallita. Non sapeva se ridere o se sentirsi in imbarazzo quanto i suoi vicini.
“Allora torniamo dentro. Ciao Maka.” la salutò allegramente la madre di Soul.
Il signor Evans le rivolse un sorriso di circostanza ed un cenno del capo, poi si girò e marciò velocemente dentro casa, seguito dalla moglie.
Maka scrollò le spalle e si lasciò sfuggire una risatina sospirata.
Tutta quella storia la metteva terribilmente a disagio, ma almeno forse quell'estate avrebbero avuto una piscina. Anche se il signor Evans non sembrava troppo convinto dell'idea.
Osservò per qualche secondo il cielo limpido e chiuse gli occhi, assorbendo il calore del sole di fine maggio.
Non vedeva l'ora di andare in gita, la prossima settimana.
Si stiracchiò e poi tornò nuovamente verso la porta della cucina e l'aprì. Quando infilò la testa dentro casa percepì chiaramente lo sbalzo di temperatura. Dentro c'era fresco e si stava decisamente meglio.
“Papà, puoi venire un attimo qua fuori?”
Spirit la guardò sorpreso ma la seguì in silenzio, richiudendosi la porta alle spalle.
“Che c'è?” chiese curioso.
Maka gli fece cenno di raggiungerla vicino alle siepi. Male andando avrebbero potuto riciclare la palese scusa degli Evans.
“È una mia impressione o Marie ha qualcosa che non va?” iniziò, andando dritta al punto.
Spirit si fece improvvisamente serio.
“L'ho pensato anch'io.” ammise con aria vagamente preoccupata. “Insomma, chiaramente sta male. Ma non capisco perchè non voglia parlarne.”
Maka si mordicchiò nervosamente l'interno della guancia.
“Non avrà qualcosa di grave?” fece con una vocina un po' angosciata. Non voleva essere paranoica, ma tutto quel mistero la stava preoccupando.
Suo padre la fissò con gli occhi spalancati e deglutì. Sembrava a corto di parole.
Le mise una mano sulla spalla per confortarla.
“Non ti agitare, tesoro. Sono sicuro che non è niente di grave.” Le disse, probabilmente cercando di convincere se stesso per primo. “Magari è qualche malattia imbarazzante di cui si vergogna.”
Maka gli lanciò un'occhiataccia.
“Siamo seri, per favore.” disse stizzita.
Spirit sospirò.
“Penso che non voglia farci preoccupare, anche visto che il matrimonio è fra poco.” spiegò, riavviandosi i capelli con fare nervoso. “Il che è ridicolo, perché se c’è qualcosa che non va dovrebbe dircelo senza problemi.”
Maka fece per rispondere, ma richiuse immediatamente la bocca quando sentì la porta aprirsi. Un secondo dopo Blair li aveva raggiunti e li guardava confusa.
“Che succede? Cos'è questo summit improvviso in giardino?”
Maka lanciò uno sguardo a suo padre, indecisa se parlare o meno. Lui non si fece troppi problemi.
“Riguarda quello che ti dicevo ieri notte.” spiegò, sbrigativo.
Blair scrollò il capo.
“Oh, ancora?” fece scettica. Poi si rivolse a Maka. “Sei preoccupata anche tu?”
“Certo!” sbottò lei. Come faceva Blair a non rendersene conto? “Sta male, chiaramente.”
“Non è che sta male.” Blair scosse il capo convinta.
“Sì, invece!” ribatté Maka con enfasi. “Ha la nausea da ieri, ha mangiato poco e si è pure sforzata di farlo. E penso che abbia anche vomitato. Hai visto tutte le volte che è dovuta andare in bagno ieri al ristorante.”
Blair continuava a scuotere il capo con un sorriso strano, come se sapesse qualcosa che a loro era sfuggita.
“Anche il suo comportamento è strano.” intervenne Spirit. “Non ha toccato un goccio d'alcool. Non è che di solito beva molto, ma un bicchiere di birra non l'ha mai rifiutato.”
Ovviamente lui aveva notato i particolari da pseudo alcolista.
Blair sembrava non essere per niente d'accordo, al contrario pareva divertita dalle loro parole.
“Non è malata.” ripetè sicura con un sorriso.
“Non puoi saperlo.” insisté Spirit, agitato. “C’è chiaramente qualcosa che non va.”
“Non è malata.” disse di nuovo Blair sollevando un po' la voce. “È incinta.”
Si zittirono entrambi.
Maka la fissò sbigottita. Si girò per un secondo verso suo padre, constatando che aveva la sua stessa espressione.
“Cosa?” farfugliò confusa, non sapendo che altro dire.
Blair si strinse nelle spalle.
“Ho notato anch’io tutto quello che avete notato voi e ho messo insieme i pezzi.” spiegò con semplicità.
Spirit la guardava con la fronte corrugata e una smorfia sulla labbra, e Maka spostava lo sguardo dall'uno all'altro, a corto di parole.
Blair ridacchiò di nuovo, prima di iniziare ad elencare sulle dita tutti i particolari.
“Ha la nausea, non ha bevuto alcolici, è molto stanca. E va in bagno di continuo, ma non per forza a vomitare.” spiegò con semplicità, sorridendo. “Le donne incinte fanno pipì più spesso.”
Maka la fissava stupita. Tornava tutto perfettamente, perchè non ci aveva pensato?
“Il primo giorno stava bene, quindi ha mangiato tranquillamente.” aggiunse ancora Blair, alzando di nuovo le spalle, rivolgendosi poi a Spirit. “Probabilmente tutta quella fame, che tu hai molto elegantemente sottolineato, era dovuta alla sua condizione.”
Lui non parve considerare molto quel commento, ancora sul punto di rimuginare su quella storia a dire dall’espressione corrucciata che aveva.
“Quel bastardo non mi ha detto niente.” disse all'improvviso, indignato.
Maka fece per parlare, ma suo padre si mosse prima che potesse dire qualsiasi cosa. Attraversò il giardino in due falcate, affrettandosi alla porta.
“Dove vai?” gli chiese Blair, seguendolo confusa.
“A chiederlo a lei!” rispose lui come se fosse ovvio.
Maka vide gli occhi di Blair quasi uscirle dalle orbite come nei cartoni animati.
“No!” gli gridò subito. “Non puoi chiedere una cosa del genere!”
Spirit non l'ascoltò, già superando la soglia. Blair gli corse dietro immediatamente e anche Maka li seguì dentro casa.
Quando arrivarono in salotto, Spirit era già seduto a fianco a Marie e la stava scrutando con una faccia serissima. Sembrava quasi che dovesse darle una terribile notizia e Maka alzò gli occhi al cielo.
“Marie, come ti senti?” le chiese con una cautela che sorprese sia Maka che Blair.
Marie lo fissava confusa e vagamente allarmata.
“Bene.” rispose lentamente, lanciando un'occhiata confusa a Stein.
“Che succede?” chiese lui, guardando Spirit come se gli fosse cresciuta un'altra testa.
Blair si girò da Maka, agitata. Non sapeva cosa fare, chiaramente.
“Oh, per la miseria!” esclamò Spirit d'un tratto. “Sei incinta?”
Regnò il silenzio.
Marie lo fissava con gli occhi sgranati senza dire nulla. Si girò a guardare un momento Stein e lui scrollò le spalle con una smorfia.
Maka vide suo padre osservarli entrambi con occhi da folle, mentre scuoteva appena il capo.
“Perché l’unica spiegazione plausibile per gli ultimi giorni è che sei incinta, o hai qualche malattia terribile di cui non vuoi parlarci per non farci preoccupare.” sputò fuori tutto d’un fiato, con un’espressione quasi angosciata.
Maka si coprì il viso con una mano.
Spirit, che di secondo nome faceva Paranoia, Albarn ne aveva sparata un’altra delle sue, con la sua tipica delicatezza da elefante. Ammesso e non concesso che anche lei era preoccupata, di certo non avrebbe mai affrontato la situazione in quel modo.
Al suo fianco, Blair si mosse nervosamente, probabilmente indecisa se prendere a colpi di pantofole il suo fidanzato o se soffocarlo direttamente con un cuscino mentre chiedeva scusa agli ospiti, il tutto accompagnato dalla tipica risatina con cui pareva riuscire ad affrontare qualsiasi situazione scomoda.
Prima che potesse fare qualcosa però, Stein e Marie si scambiarono un’occhiata veloce e scoppiarono entrambi a ridere con Spirit che li guardava ancora con aria stranita.
Maka si rese conto di essere stata tesa quanto papà, in fondo, perché vedendoli ridere si sentì all’improvviso sollevata.
Blair doveva aver ragione, a quel punto.
Marie riuscì a calmare un po’ le risate e poggiò una mano sul braccio di Spirit.
“Per future evenienze, non fare mai domande del genere.” gli disse, con un sorriso divertito. “A nessuno.”
Stein stava ancora ridendo. Ogni volta che sembrava sul punto di calmarsi un po’, guardava l’espressione ancora preoccupata di Spirit e riniziava.
Marie sospirò e sorrise, voltandosi poi a guardare anche Maka e Blair.
“Volevo aspettare fino a dopo il matrimonio per dirvelo, ma…” iniziò con un’alzata di spalle, prima di portarsi una mano sul ventre e annuire. “È vero, sono incinta.”
Maka la fissò a bocca aperta.
Notò Blair sorridere compiaciuta, mentre subito dava i suoi auguri.
Maka era sorpresa. Le sembrava quasi incredibile. Ma non per Marie, no. Era da Stein che non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere.
Spostò lo sguardo su di lui. Ormai aveva placato le risate e si stava guardando le mani con un sorriso divertito.
“Lo sapevo che non sarebbe riuscita a tenervelo nascosto.” disse, sistemandosi gli occhiali sul naso. Poi si rivolse di nuovo a Spirit, sghignazzando. “Ma questa volta ti sei davvero superato. È assurdo quanto tu possa diventare cafone, quando ti ci metti.”
Maka era pienamente d’accordo.
Spirit sembrava ancora intontito dallo stupore e non reagì, se non corrugando di più le sopracciglia.
Maka scosse il capo, tornando a guardare Marie, ancora stupefatta. Avrebbe avuto un bambino! E per la sorpresa non si era ancora congratulata con loro, porca miseria!
Proprio mentre apriva la bocca per parlare, suo padre si risvegliò improvvisamente dalla trance in cui era caduto in quell’ultimo minuto.
“Sei matta?” sbottò all’improvviso, rivolto a Marie. “Un figlio con lui? Hai idea di cosa gli farà?”
Blair emise un risolino nervoso e gli mollò una pappina sulla nuca, mentre Stein scoppiava nuovamente a ridere.
“Ho una nuova cavia. Che c’è di male?” commentò divertito. Blair gli lanciò uno sguardo inorridito, sciogliendosi poi in una risatina nervosa come per convincersi che fosse stata soltanto una battuta.
Maka ridacchiò, avvicinandosi a Marie per abbracciarla.
“Congratulazioni!” esclamò, andando poi ad abbracciare il suo padrino.
“È per questo che hai smesso di fumare.” fece ancora papà, senza tono interrogativo.
Stein si strinse nelle spalle.
“Avreste dovuto dircelo.” iniziò Blair preoccupata. “Con tutto quel cibo che abbiamo preparato, magari c’era qualcosa che ti ha peggiorato la nausea.”
Marie scosse il capo.
“Oh no, non preoccuparti. Ormai è raro che non mi venga.” spiegò con una smorfia. “Per quello il primo giorno ho mangiato in quel modo. Stavo bene e ne ho approffittato.”
“Adesso, con la scusa di stare mangiando per due, può tranquillamente spazzolarsi via un tacchino intero da sola.” spiegò Stein con un sorrisetto, prima di ricevere una cuscinata alquanto violenta da parte della moglie.
Anche Spirit si beccò una botta, visto che le era sfacciatamente scoppiato a ridere in faccia.
Maka e Blair sorrisero nervosamente, non azzardandosi a commentare ulteriormente.
A quel punto Spirit si alzò con un sorriso, andando a mollare una pacca sulla spalla di Stein.
“Comunque, congratulazioni!” esclamò finalmente. Alla buon’ora sembrava aver digerito la notizia. “È davvero una cosa bellissima. Inaspettata, ma bellissima.”
Tornò da Marie per abbracciarla con un sorriso. Prima di scostarsi del tutto, le strinse i gomiti con una strana smorfia.
“Per favore non farlo diventare come lui.” le disse con tono grave. “Uno è già troppo.”
Stein esplose in un’altra risata, come sempre divertito dalle preoccupazioni dell’amico.
Il resto della giornata passò abbastanza velocemente, tra il pranzo e le chiacchiere sulla buona notizia.
Era ancora presto per sapere il sesso del bambino, perciò non avevano ancora deciso un nome. Spirit e Blair ne approfittarono per offrire qualche suggerimento ridicolo che, Maka ne era sicura, Marie non avrebbe mai nella sua vita preso in considerazione, non importava quanto Stein sembrasse divertito.
Durante il pranzo Blair si premurò anche di invitare Marie al suo addio al nubilato, nonostante sembrasse dispiaciuta per il fatto che non avrebbe potuto bere.
Maka strinse la mano di Marie come fosse la sua unica ancora di salvezza.
“Sì, per favore, vieni anche tu!” la pregò. Sarebbe stato l’unico caso in cui poteva sperare di uscirne ancora sana e priva di ulteriori traumi.
Marie la scrutò perplessa, ma accettò comunque l’invito.
Nel pomeriggio, la coppia aveva caricato la macchina con i loro bagagli prima di salutarli.
Marie aveva abbracciato forte Maka e le aveva dato un bacio sulla guancia.
“Se hai bisogno, lo sai, puoi chiamarmi quando vuoi.” le aveva sussurrato all’orecchio.
In quei tre giorni, si era resa conto che l’aveva osservata attentamente, probabilmente per assicurarsi che quella situazione non fosse troppo dura per lei.
Maka si sentiva quasi invasa dal calore, quando ci pensava. Non un calore fastidioso, come quello dell’imbarazzo. O neanche come quello di eccitazione che provava ultimamente quando passava le notti da Soul. Era più il tipo di sensazione che sentiva quando da piccola sua madre si coricava a letto con lei e le leggeva un libro prima di dormire.
Maka l’aveva stretta e sua volta, mormorando un ringraziamento.
“Allora ci vediamo fra due settimane!” avevano salutato, prima di salire in macchina e partire. In casa era tornata la tranquillità e Maka stava ancora cercando di assimilare con calma la notizia della gravidanza di Marie.
Ripensando al weekend appena trascorso, ricordò poi gli stravaganti racconti sulla professoressa Gorgon e decise di provare a chiamare Crona.
Era la prima volta che parlavano al telefono. Da quando si erano scambiati i numeri avevano giusto parlato qualche volta per messaggio.
“Ti andrebbe di andare a mangiare un gelato insieme, uno di questi giorni?” propose Maka, cercando di porre la questione in maniera più leggera possibile, per non mettergli pressione. “Giusto per vederci fuori da scuola, per una volta.”
Crona sembrò rimuginare sulla proposta.
“Mi piacerebbe un gelato, ma ho dei compiti da finire per mercoledì e non riesco a fare questi esercizi.” mugugnò con aria cupa. “Non so proprio come gestire i compiti e il gelato insieme.”
Maka lanciò un’occhiata alla sua scrivania, quasi completamente ripulita dal mostro creato dal suo studio sfrenato per gli esami finali. Gliene mancava soltanto uno ormai, e aveva già finito di studiare. Un giorno in meno per ripassare non avrebbe fatto un granché di differenza.
“Se vuoi posso aiutarti io coi compiti.” disse, sperando di non peggiorare il suo disagio. “Vediamo insieme cosa non va e così possiamo anche mangiare il gelato.”
“Sei sicura?” fece Crona con voce incerta. “Non voglio disturbarti.”
Maka gli assicurò che non ci fosse alcun problema. Al contrario, le avrebbe fatto piacere aiutarlo e magari risparmiargli qualche ramanzina di Medusa.
Dopo aver fissato l’impegno, Maka salutò Crona e tornò ad aiutare Blair e papà con le pulizie.
Mentre era fuori a buttare la spazzatura, la motocicletta di Soul raggiunse il giardino dei vicini e salì su per il vialetto. Maka aspettò un po’ che il ragazzo uscisse dal garage e lo salutò, mentre si avvicinava a lei, con uno zaino sulle spalle. Aveva l’aria di non aver chiuso occhio.
“I tuoi zii sono già partiti?” le chiese, non vedendo la macchina.
Maka annuì. “Qualche ora fa. Hai dormito?” fece a sua volta, vedendolo sbadigliare.
Lui fece una smorfia e scosse il capo.
“Ero da Black star.” spiegò, accennando allo zaino.
“Siete di nuovo rimasti svegli tutta la notte per giocare a playstation?” domandò Maka, con tono piatto.
Soul si strinse nelle spalle, senza guardarla. “Volevamo finire il gioco.”
Maka alzò gli occhi al cielo.
“Siete incredibili.” esalò, iniziando a tornare verso la porta. Si girò a guardare Soul, che era rimasto fermo. “Vuoi entrare?”
Soul sembrò soppesare l’idea.
“Prima vado a farmi una doccia.” rispose, facendo qualche passo all’indietro. “Vengo fra mezz’oretta, ok?”
Maka annuì e tornò dentro casa.
La mezz’oretta di Soul si rivelò essere in realtà quarantacinque minuti, ma comunque arrivò e, ignorando le occhiatacce di Spirit, la seguì in camera sua.
Si sentì un lamento ovattato dal piano inferiore che somigliava molto ad un “La porta dovrebbe stare aperta!”, seguito da una risata sguaiata di Blair, ma sia Maka che Soul lo ignorarono. Erano abbastanza abituati a quel genere di commenti.
Soul sembrava più sveglio di prima, ma pareva ancora un po’ stanco.
“Senti, devo chiederti una cosa.” disse, dopo essersi schiarito la gola ed essersi accomodato sul suo letto. Non sembrava particolarmente serio, quindi Maka non si allarmò più di tanto.
“Ok?” fece lei, seduta al suo fianco.
Soul aveva l’aria di uno indeciso su come porre la domanda.
“È successo qualcosa coi miei genitori stamattina?” chiese infine.
Per poco Maka non scoppiò a ridere. Invece emise un suono strozzato non meglio definito e si schiarì la gola, facendo finta di niente.
“Non proprio…” mormorò, in difficoltà. Non voleva metterlo in imbarazzo per via dei suoi genitori.
Soul le rivolse un’occhiata penetrante, chiaramente non credendole.
“Stavano litigando.” iniziò a spiegare. “Mio padre accusava mia madre di averlo ficcato in non so che situazione e di avergli fatto fare una figuraccia. Hanno continuato a scaricarsi la colpa a vicenda per un po’, poi sono riuscito a captare il tuo nome.”
Maka si coprì il volto con una mano. Da una parte le veniva da ridere, ma allo stesso tempo si sentiva a disagio.
Soul le si avvicinò e le afferrò il polso, spostandole la mano e scrutandola con sospetto.
“Lascia stare.” sospirò Maka, con un sorriso nervoso. “Non è niente di che.”
Soul non era per niente convinto. Provò ad insistere ma Maka scosse il capo con una smorfia, tenendo le labbra saldamente chiuse.
“Ti ho detto che non è niente di che!” sbottò ad un tratto, prima di serrare nuovamente la bocca e girare la testa dall’altra parte. Si sentiva tanto come quando era bambina e non voleva ammettere qualche cosa di stupido o di cui si vergognava. Il problema era che Soul ricordava benissimo come farle sputare il rospo.
Le lasciò andare il braccio e le mise le mani sui fianchi. Maka capì troppo tardi cosa voleva fare e, prima che potesse provare a fermarlo, lui aveva iniziato a farle il solletico e lei gli si era accasciata contro, ridendo come una folle e dimenandosi senza successo.
Quando riuscì a tirargli una cuscinata in faccia, lui la lasciò andare per ripararsi dai colpi e Maka gli si gettò addosso, cercando di bloccarlo. Ignorò le sue lamentele sul suo presunto mancato controllo della forza, mentre cercava di avere la meglio su di lui in quella strana lotta che ormai si stava trasformando in una sorta di incontro di wrestling improvvisato sul letto.
Maka si ritrovò sopra di lui, a qualche centimetro dal suo viso, e nel momento di calma che seguì rimasero immobili a guardarsi in silenzio, mentre riprendevano fiato. Vicino com’era, sentiva il suo respiro sul volto e pensò che avrebbe potuto contare le sue ciglia.
Soul deglutì, gli occhi sempre fissi sui suoi, e si mosse appena. I loro nasi si sfiorarono e Maka si rese conto che il cuore le stava martellando nel petto. Si chiese se Soul riuscisse a sentirlo.
Le tornò in mente Blair che le diceva, convinta, quanto lei piacesse a Soul, e si sentì improvvisamente andare a fuoco.
Poi, come se fossero momentaneamente entrati in un altro universo, tornarono improvvisamente alla realtà quando dal corridoio si sentirono dei pesanti passi e le voci di Blair e Spirit.
Senza pensarci due volte, Maka si scansò velocemente e si allontanò quanto possibile senza rendere la situazione sospetta. Soul intanto si era raddrizzato e guardava fisso il pavimento ad occhi sbarrati. Sembrava vagamente irritato, ma Maka non ebbe molto tempo per ragionarci, perché la porta si era spalancata e Spirit stava entrando dentro con il petto gonfio e uno sguardo truce in direzione del ragazzo. Maka notò che Blair lo stava tenendo per un braccio, tirandolo verso il corridoio. La vide farle un sorriso nervoso e sillabare la parola ‘scusa’ senza voce.
Si sentì di nuovo invadere dal calore, questa volta per l’imbarazzo. Prima di tutto, perché Blair finiva sempre per assumere che tra lei e Soul stesse succedendo chissà cosa, poi perché si rese conto che forse quella volta aveva ragione.
“Sono venuto a dire a mia figlia che fra poco la cena sarà pronta.” annunciò Spirit, mentre Soul gli mostrava un sorrisetto divertito.
La loro cena sarebbe stata semplicemente un insieme degli avanzi di cibo accumulati quel fine settimana.
Maka scrutò suo padre con aria di sfida e colse la palla al balzo. Si piazzò nuovamente a fianco a Soul e allacciò il braccio intorno al suo.
“Soul può cenare con noi?” fece con un sorriso innocente falsissimo, guadagnandosi un’occhiata stranita da parte del ragazzo in questione. “Tanto abbiamo cibo a volontà.”
Spirit fece una smorfia, ma non riuscì a mantenerla per molto davanti al sorriso di Maka. Sbuffò, seccato.
“Insomma, non è come se non avesse una casa enorme proprio qua a fianco.” bofonchiò sottovoce, prima che Blair gli mollasse uno scappellotto e lo trascinasse fuori dalla camera.
“Certo che puoi rimanere a cena, tesoro!” fece lei, ammiccando in direzione di Maka e Soul. “Se scendete, iniziamo ad apparecchiare.”
Dopo di che, sparirono in corridoio. Sentirono qualche lamento indefinito da parte di Spirit e Blair che cercava di consolarlo.
“Wow.” commentò Soul sottovoce. “C’è qualcun altro oltre a te a cui da retta.”
Maka lo guardò pensierosa. Effettivamente Blair riusciva a gestire Spirit molto bene.
“Già.” mormorò.
Mentre soppesava quell’informazione si sentì un po’ come Crona. Non sapeva come sentirsi a riguardo.










Note:
Finisce sempre che a Spirit faccio dire le cafonate peggiori, ma in un certo senso è lui stesso a offrirmele spontaneamente (può considerarsi normale parlare di personaggi fittizzi come se ti suggerissero cosa scrivere?). Mi sono chiesta se il fatto che né lui né Maka capiscano subito che Marie è incinta fosse un po' stupido, ma mi sono convinta perché, sinceramente, vedendo una mia parente/conoscente stare male io non andrei subito a pensare ad una possibile gravidanza, soprattutto se è sposata con uno come Stein, ma forse sono io quella lenta. In questo caso, perdonate se ho reso i personaggi un po' addormentati. Ahaha
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Grazie di cuore per la lettura e per i commenti che mi lasciate sempre! <3

A presto :p

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Capitolo 14
*** La prova del messia ***


14.La prova del messia


La prima volta che Maka aveva visto l’oceano non se l’era goduto per niente.
Era stato quando era ancora una bambina, durante l’unica vacanza di famiglia che avesse mai fatto con entrambi i suoi genitori, in una località marittima in cui avevano passato un fine settimana. Suo padre aveva flirtato pesantemente con la ragazza del bar sulla spiaggia e sua madre l’aveva chiuso fuori dalla loro stanza di albergo. Il resto della vacanza era stato alquanto deprimente sia per loro che per Maka, che aveva dovuto subirsi i loro litigi come costante sottofondo.
La seconda volta, invece, era stata pochi anni prima, quando il rapporto già delicato tra Soul e i suoi genitori si era fatto ancora più precario e lui sembrava cercare ogni scusa per stargli lontano, chiudendosi in camera sua o stando il più possibile fuori casa. Quando gli Evans avevano deciso di fare una settimana nella loro casa al mare, avevano proposto di invitare anche Maka, così che Soul potesse stare più tranquillo. Non aveva funzionato un granché. Erano stati accompagnati da un’assurda tensione che ogni tanto scaturiva in litigi esplosivi tra Soul e i signori Evans. (Ancora anni dopo, Soul continuava a imbarazzarsi per la situazione a cui avevano sottoposto Maka ed evitava di parlarne come poteva.)
Quelle erano state le uniche occasioni in cui Maka aveva potuto vedere l’oceano e di certo nessuna delle due si era rivelata particolarmente soddisfacente. Perciò l’idea di una gita scolastica in California l’aveva entusiasmata fin da subito, non solo per la gita in sé o per i musei, ma anche per la possibilità di riscattarsi e assaporare finalmente quell’esperienza come non aveva mai potuto fare. Per la possibilità di ritrovarsi in una spiaggia e vedersi davanti un’infinita distesa d’acqua e godersi ogni singolo particolare, il paesaggio, il rumore delle onde, l’odore della spiaggia. E di farlo in completa tranquillità.
Quell’entusiasmo l’aveva accompagnata per settimane, mentre sognava come sarebbe stato, per i giorni precedenti alla partenza, mentre preparava i bagagli, e per tutte quelle ore di viaggio, impaziente di arrivare a destinazione. Quell’entusiasmo era stato poi istantaneamente distrutto e frantumato in mille pezzi dal più grande imbecille che avesse mai avuto il dispiacere di incontrare nella sua vita: Black Star!
“Perché non l’abbiamo lasciato a casa?” ringhiò Maka sottovoce, guardando il ragazzo in questione che saltava da una parte all’altra come un canguro, riempiendo di sabbia tutti i suoi compagni di scuola, e strillando come un’aquila.
Liz fece un passo più lontano da lui, in modo da non venire investita dal polverone che stava sollevando, e lo incenerì con un’occhiataccia.
“Questa è davvero un’ottima domanda.” sputò seccamente. Era furibonda con lui e non faceva niente per nasconderlo.
Maka trattenne a stento un sorriso, ma tornò bruscamente seria quando Black Star iniziò a lanciare le sue scarpe in aria.
“Perché diamine si sta spogliando, adesso?” mugugnò con un lamento, mentre anche la maglietta di Black Star finiva sulla sabbia.
“Perché quando uno nasce coglione, non può che continuare ad essere coglione!” affermò Liz tra i denti, incrociando le braccia davanti al petto e scrutando con astio davanti a sé.
Durante il viaggio, Black Star aveva avuto la brillante idea di dissetarsi con una bibita gassata mentre era seduto a fianco a Liz. Aveva tirato fuori una bottiglia di Cocacola dal suo zaino, incurante del fatto che fosse stata lì dentro, a venire sballottata da una parte all’altra per ore.
L’esplosione era stata improvvisa, Maka aveva visto tanta schiuma e poi Liz e Black Star bagnati fradici che sbattevano le palpebre confusi. Subito dopo, Liz aveva cercato di strozzarlo con una presa degna di un wrestler professionista, lanciando urla capaci di aprire le porte dell’inferno.
Maka sbirciò i capelli dell’amica. Le punte sembravano ancora umide. Soffocò un’altra risata, trovando la situazione vagamente divertente nonostante il fatto che, trovandosi al posto di Liz, sarebbe stata ancora più furiosa di lei.
Si concentrò sul panorama, provando ad ignorare gli schiamazzi dell’idiota blu sopracitato.
Se non si consideravano le manciate di sabbia (della quantità che solo un cane di grossa taglia avrebbe dovuto essere in grado di sollevare) e la visione delle sue mutande blu elettrico, quella poteva anche essere una bella esperienza. La parola chiave era: poteva.
“Oddio, perché è a mutande? Non vorrà farsi il bagno!” esclamò sconcertata, perdendo tutto il suo ottimismo, proprio mentre Black Star iniziava a correre in riva al mare, schizzando acqua dappertutto e confermando i suoi sospetti.
Come se si fosse materializzata dal nulla, Patty comparve a fianco a Liz con un sorriso enorme.
“Vado anch’io!” annunciò tutta allegra, iniziando a sollevarsi la maglietta. Liz gliela riabbassò con un movimento fulmineo e gli occhi sgranati.
“Non dire cavolate!” la rimproverò, afferrandole i polsi per tenerla ferma. “Non abbiamo il tempo per un bagno e non hai neanche il costume!”
Patty si imbronciò. “Neanche lui ce l’ha il costume.”
“E non è il caso di imitarlo, a maggior ragione!” sbottò Liz, riavviandosi nervosamente i capelli dietro le orecchie.
Patty sbuffò sconfitta e Maka le diede una pacca affettuosa sulla spalla. “Andiamo, hai sentito Barret: cinque minuti e poi andiamo. Se non ci diamo una mossa con le visite ai musei faremo tardi per il check-in.”
Patty fece una smorfia, scrollando il capo. “Ma che noia!”
Maka fece per ribattere, pronta a difendere l’importanza del fattore istruttivo in una gita scolastica, ma fu distratta da Soul che le raggiunse in quel momento, separandosi dai suoi amici, mentre adocchiava con un ghigno gli indumenti di Black Star sparsi sulla sabbia a qualche metro da loro.
“Quell’idiota ha lanciato tutto dove capita. Vorrei vedere la sua faccia se gli rubassero i vestiti.” commentò con una mezza risata.
Liz si voltò di scatto a guardarlo ad occhi spalancati e gli afferrò un braccio.
“Soul, magnifico geniaccio che non sei altro!” disse, con un sorriso malefico che le si allargava sul volto e che stava mettendo leggermente a disagio Soul.
“Guarda che scherzavo.” precisò lui ad alta voce, come a scrollarsi di dosso una possibile colpevolezza. “Sei ancora arrabbiata con lui?”
Maka fallì nel trattenere l’ennesima risatina, ma fortunatamente Liz non se ne accorse.
“Non sono arrabbiata con lui.” affermò Liz, nonostante fosse palese il contrario. Si avvicinò alla roba di Black Star. “Voglio solo farlo soffrire un po’.”
“Gli vuoi davvero rubare i vestiti?” chiese Maka scettica. Al suo fianco, Patty rise.
“Potremmo farlo arrivare in hotel a mutande!” fantasticò divertita.
Soul soffocò una risata a sua volta. “Forse pagherei per vedere una cosa simile.”
“Le mutande di Black Star?” si informò Patty, con un sorrisetto beffardo.
“Dobbiamo andare al museo, prima.” fece notare Maka con tono piatto, intromettendosi. Non capiva perché tutti sembravano volerlo saltare!
Liz raccolse entrambe le scarpe da ginnastica di Black Star e si accovacciò in terra.
“Non ho intenzione di rubare i vestiti di nessuno.” spiegò, afferrando grosse manciate di sabbia e riempiendo le scarpe. “Barrett si arrabbierà già abbastanza appena lo vedrà in acqua. Voglio solo rendergli il tragitto più vivace.”
Patty non sembrava d’accordo.
“Se vuoi lo faccio io.” disse alla sorella, subito prima di iniziare a calpestare i vestiti e cercare di insabbiarli come meglio poteva. “A rubarglieli, dico.”
Maka la scrutò incerta. “Sei seria?”
Certo, sarebbe stato divertente da vedere, ma dubitava che i professori avrebbero apprezzato la scena.
“Sì che è seria.” le rispose Soul, mostrandosi particolarmente interessato al piano di Patty. “E lasciala fare.”
“Patty non è il caso di farti sgridare per quel deficiente.” ribatté Liz, non troppo felice all’idea della sorella che si metteva deliberatamente nei guai. Ma Patty non la ascoltò, raccogliendo tutti gli indumenti di Black Star, tranne le scarpe e le calze (insabbiate pure quelle) e avviandosi verso il pullman.
Maka, Liz e Soul la osservarono senza dire niente per qualche secondo.
“Sto creando un mostro.” mormorò poi Liz con un sospiro, prima di incamminarsi dietro la sorella.
Maka le osservò allontanarsi con una smorfia vagamente preoccupata, prima di notare il sorriso trionfante di Soul.
“Ti godrai questo momento alla grande, eh?” commentò, con una gomitata giocosa. “Suggerisci il misfatto e assisti alla scena senza sporcarti le mani.”
Soul ridacchiò. Scosse il capo e alzò le mani.
“Non ero serio, lo giuro!” si difese, senza però smettere di sorridere.
Maka sollevò un sopracciglio, scettica. “Intanto non glielo farai mai dimenticare, no?”
Il sorriso di Soul si allargò, prendendo una sfumatura quasi maligna.
“Oh, avrò un bel ricordo di questa gita, un bel video per esempio.” disse, e Maka rise con lui.
Si voltò nuovamente a guardare l’orizzonte ed ammirò un altro po’ la spiaggia.
“Non me la sto godendo molto.” constatò, dispiaciuta. “Tra la fretta e quel cretino che rovina tutto.”
Con la coda dell’occhio vide Soul muoversi al suo fianco.
“Vuol dire che dopo il diploma ci torniamo da soli.” le disse, con lo stesso tono che avrebbe avuto se stesse parlando del tempo.
Maka si voltò a guardarlo, senza sapere come rispondergli. Non sapeva bene come interpretare quella frase. Era una proposta? Un invito? Doveva leggere fra le righe o si stava immaginando tutto? Perché Soul doveva essere sempre così complicato?
Soul ricambiò il suo sguardo, silenziosamente, e Maka tornò per un attimo solo alla settimana prima, quando dopo quella strana lotta sul suo letto Soul l’aveva guardata intensamente a un centimetro dal suo volto, col suo fiato sulle labbra. Non era riuscita a togliersi dalla testa quella sensazione, l’effetto che le aveva fatto averlo così vicino, e l’impressione che forse (forse!) lei non era stata l’unica a desiderare di annullare quel centimetro di distanza tra loro.
Quel pensiero l’aveva accompagnata per una settimana intera, mentre Soul sembrava quasi voler essere il più difficile possibile da decifrare. Ogni tanto diceva o faceva cose che in un’altra situazione Maka avrebbe interpretato come chiare dimostrazioni di un certo interesse, ma allo stesso tempo si trattava comunque di Soul, che l’aveva vista in costume da bagno un miliardo di volte senza batter ciglio e a cui bastava solo un’occhiata veloce a Blair in camicia da notte per arrossire.
Però era anche vero che era Maka quella a cui si mostrava maggiormente, la persona con cui si rendeva più vulnerabile, la persona che ogni tanto guardava intensamente negli occhi, come se stesse cercando di comunicarle qualcosa di estremamente importante solo con quelli. Esattamente come stava facendo in quel momento.
Maka deglutì, sentendo il solito fastidioso calore al viso, e voltò il capo per nascondere il rossore che molto probabilmente le stava colorando le guance. Il problema fu che, voltandosi, i suoi occhi finirono su un individuo che si avvicinava a passo spedito verso la riva del mare e Maka si ritrovò a gemere, seccata.
Soul corrugò le sopracciglia e si girò per seguire il suo sguardo.
“Oh no.” esalò con un sospiro.
Il professore di storia doveva aver notato la testa blu di Black Star in mezzo all’acqua, mentre radunava gli studenti, ed era venuto di persona a recuperarlo. Maka fece una smorfia, preparandosi mentalmente alla ramanzina più pallosa di sempre.
“Sciocco!” lo sentirono gridare, mentre agitava il bastone da passeggio in direzione di Black Star. “Esci immediatamente dall’acqua! Non puoi fare il bagno adesso, sciocco!”
Black Star si girò e sul suo volto si dipinse l’espressione di irritazione che gli provocava sempre la vista del professor Excalibur.
In realtà Excalibur non era il suo vero nome, ma il soprannome con cui era conosciuto da generazioni di studenti. Tutti quanti lo chiamavano in quel modo, tanto che faceva uno strano effetto sentire il suo nome reale. E se il nomignolo affibbiatogli poteva sembrare eccentrico, non era comunque niente paragonato alla persona in sé.
Il loro insegnante di storia era un ometto strano e pallido, dal viso lungo e la personalità stravagante. Portava sempre degli assurdi completi bianchi dall’aria antica, con tanto di cilindro e bastone da passeggio signorile, che puntualmente utilizzava per gesticolare freneticamente (sempre troppo vicino alla faccia di qualcuno) o per pestare le mani del povero studente di turno che proferiva qualche cosiddetta eresia storica in classe. Come se non bastasse, il suo narcisismo era di gran lunga superiore persino a quello di Black Star, cosa che li aveva portati più e più volte a scontri verbali rimasti per sempre negli annali della scuola. Inoltre, era senza ombra di dubbio la persona più noiosa che Maka avesse mai conosciuto. Anzi, era abbastanza sicura che non esistesse individuo più noioso di lui in tutto il mondo. (Ed era così che Soul passava puntualmente tutte le ore di storia a dormire beatamente con la testa sul banco.)
Come volevasi dimostrare, Black Star non apprezzò la presenza del suo acerrimo nemico. Si sollevò ed uscì dall’acqua mentre discuteva con il professore, muovendosi e schizzandolo copiosamente.
Excalibur lo colpì col suo bastone.
“Sciocco! Bagnerai dappertutto!” gli gridava, interrompendo qualsiasi tentativo di ribattere del ragazzo. “Ai miei tempi non ci si comportava così!”
Soul sbuffò.
“Ah, grande. Adesso rinizia con le storie sul dodicesimo secolo.” mormorò, in modo che solo Maka potesse sentirlo e facendola scoppiare a ridere.
Dopo aver camuffato con successo le risate, decisamente non in vena di beccarsi anche lei un discorsetto sulle buone passate maniere da parte di Excalibur, afferrò il polso di Soul e iniziò a tirarlo verso il parcheggio.
“Dovremmo muoverci, se vuoi immortalare Black Star che corre in mutande.” gli fece notare con un sorrisetto.
Soul annuì, facendosi trascinare fino al pullman dove Liz e Patty erano già pronte per salire.
Cinque minuti più tardi, comodamente seduti nei posti di dietro (tra la faccia arrabbiata di Soul e le occhiatacce di Patty non era stato difficile guadagnarseli), assistevano con piacere alla scena di Black Star che correva verso di loro, indossando soltanto i suoi boxer blu elettrico e le scarpe piene di sabbia, e con Excalibur che gli agitava il bastone dietro, spiegando per filo e per segno come lui ai suoi tempi si fosse sempre comportato da giovanotto per bene e come Black Star dovesse assolutamente prendere esempio dalle sue gloriose gesta.
Una volta ritrovati i vestiti sul muretto del parcheggio dove li aveva lasciati Patty, e dopo esserseli rinfilati, Black Star si fece strada tra i sedili del pullman per raggiungerli.
“Oh, sono tutto pieno di sabbia!” si lamentò con una smorfia.
“Adesso sei una fettina impanata!” gli strillò Patty, scoppiando poi a ridere.
Quell’ilarità non durò a lungo, non con Black Star che iniziò scuotersi come un cane appena uscito dall’acqua, schizzando tutti quelli seduti vicino a lui con i capelli ancora bagnati e lanciando sabbia dappertutto.
Si sollevò un coro sconnesso di urla, imprecazioni e minacce dal fondo del pullman, frenato soltanto da un’esclamazione ancora più forte: “Sciocchi!


Il resto della giornata trascorse abbastanza velocemente, tra un museo d’arte, un giro veloce nel centro della città, il check-in all’hotel e la tanto agognata cena. Prima di dormire, Maka, Liz e Patty andarono per un po’ in camera dei ragazzi, finendo per guardare la tv tutti insieme. Black Star si stava ancora lamentando del furto di vestiti e soprattutto del professor Excalibur.
“Avresti preferito ci fosse la Gorgon?” gli fece notare Soul con un’espressione annoiata. Black Star arricciò il labbro in una smorfia.
Maka si chiese se Medusa avrebbe accettato di andare in gita se fosse stato l’anno di Crona a partire. In ogni caso, per quanto Excalibur fosse irritante, Maka lo preferiva alla professoressa di scienze, di cui invece aveva ormai una pessima considerazione.
Era comunque un peccato che quella gita fosse riservata all’ultimo anno, Crona avrebbe sicuramente apprezzato. Dopotutto giusto qualche giorno prima le aveva detto di non aver mai visto l’oceano.
Fu distratta da Black Star che aveva ripreso a lamentarsi mentre Patty scuoteva il capo con aria critica, continuando a ripetergli come non apprezzasse mai i suoi simpatici scherzi.
“Sei proprio palloso!” sbottò ad un tratto, lanciandogli uno sguardo di sfida. “Uno che si lamenta così non è certo degno di definirsi al pari degli dei!”
Black Star reagì come se gli avessero lanciato l’insulto peggiore del mondo e probabilmente, se non fosse stato per Liz che si intromise cambiando prontamente discorso, la situazione sarebbe precipitata pericolosamente.
Mezz’ora più tardi erano tutti a letto. Se fosse stata una notte qualsiasi, Maka avrebbe avuto il tempo di ripensare alla giornata appena conclusa e magari anche fantasticare per qualche minuto sulla possibile ambiguità delle frasi di Soul o su come avesse pronunciato le parole ‘da soli’, ma era troppo esausta per tutto quello e si addormentò non appena mise la testa sul cuscino.
La mattina seguente fu un’impresa svegliarsi. A colazione erano tutti ancora in fase rem, con l’eccezione di Liz che aveva incontrato al tavolo del buffet un mancato modello, come l’aveva definito lei, a cui continuava a lanciare sorrisetti accattivanti.
Black Star sbuffò, assonnato.
“Almeno quando eravamo più piccoli, potevo spaventare le tue conquiste facendoti sembrare una giovane madre con un figlio troppo cresciuto.” ricordò con aria sognante. “Ormai non ci crede più nessuno.”
“Ma non sarebbe dovuto essere credibile nemmeno prima, era quel tipo che era un deficiente!” ribatté Liz inviperita, iniziando a mangiare con foga e dimenticandosi della farsa a cui stava dando vita due secondi prima.
Molte ore più tardi erano nuovamente tutti riuniti in una stanza, questa volte delle ragazze, a scaricare la fatica della seconda giornata, amplificata dalla lezione improvvisata di Excalibur al museo di storia naturale (persino Barret era sembrato sul punto di addormentarsi in piedi).
Avevano unito i tre letti ed erano tutti spaparanzati disordinatamente a guardare con aria assente la televisione e chiacchierare. Nonostante Maka fosse esausta, Patty e Black Star sembravano tutti e due molto più attivi della notte precedente e tennero la conversazione viva anche per gli altri (in maniera più pacifica del giorno prima). Quando Patty affermò che Kid si sarebbe divertito molto lì con loro, Maka si ritrovò a pensare a casa sua. Durante la consueta telefonata serale, Blair le aveva detto che si stava annoiando senza di lei, ma Maka dubitava che fosse vero. Probabilmente lei e papà stavano facendo baldoria a casa da soli, e Maka si chiese se non fossero in grado di combinare qualche disastro. Si rese conto di stare ragionando come un genitore in pensiero per i bambini lasciati soli e questo la irritò leggermente. Dieci minuti più tardi non ci stava pensando già più, distratta dai suoi amici.
Si svegliò dopo quelli che le sembravano essere stati solo cinque minuti, al rumore di Black Star che veniva calciato giù dal bordo del letto dove aveva dormito tutta la notte.
“Scusa.” mugugnò Patty, facendosi più comoda, mentre Black Star imprecava in maniera colorita.
Poco più tardi lui e Soul tornarono nella loro camera per prepararsi per la giornata.
Massaggiando il punto della schiena dove il gomito di Liz era rimasto piantato per l’intera notte, Maka si chiese come dormire tutti e cinque in tre letti non fosse sembrata una pessima idea, giusto qualche ora prima, e si ripromise di non ripetere mai più l’esperienza.
Sicuramente lei non era stata l’unica a pentirsene, stando al continuo sbadigliare di Liz (aveva persino ignorato il suo pretendente al ristorante dell’hotel) e all’aria da morto vivente di Soul. Per il resto della mattina era sembrato estremamente stanco e Maka intuì che doveva essere rimasto sveglio per buona parte della nottata. Durante il viaggio in pullman verso la città vicina, le si era addormentato a fianco, scivolando lentamente fino a poggiare la testa sulla sua spalla.
Inizialmente Maka non ci aveva trovato niente di strano, era talmente abituata a dormire a fianco a lui che le sembrava una cosa normale. Poi si era accorta del sorrisetto malizioso che le aveva lanciato Liz e delle occhiate curiose di Kilik, uno degli amici di Soul, e aveva improvvisamente ricordato la conversazione che aveva avuto con Blair circa due settimane prima.
Si chiese se quella fosse una delle cose che li faceva sembrare una coppia agli occhi degli altri. Mordicchiandosi il labbro in leggero imbarazzo, Maka puntò lo sguardo sul paesaggio fuori dal finestrino e incrociò la braccia sul petto.
Chissà se Soul si era mai posto quella domanda. Sembrava abbastanza a suo agio, ogni volta che faceva qualcosa di potenzialmente ambiguo, ma dopotutto si trattava di un tipo che era un maestro nel nascondere le sue emozioni. E proprio perché lo era, spesso era un mistero anche per lei che riusciva a capirlo meglio di molte altre persone.
E in quel momento, ragionandoci, Maka non riusciva a capire se Soul semplicemente non ci avesse mai fatto caso, come lei fino a poco tempo prima d’altronde, o se semplicemente ignorasse completamente le implicazioni dei suoi gesti. Perché ora che ci pensava, le volte in cui si erano trovati in quella stessa identica posizione, o si erano tenuti per mano, o abbracciati, o semplicemente guardati intensamente senza spiccicare parola, erano innumerevoli. E ultimamente più frequenti, se doveva essere sincera.
Una vocina speranzosa, e talmente simile a quella di Blair da essere irritante, si sollevò a tradimento da un antro nascosto della sua mente e le suggerì che forse Soul era perfettamente consapevole di ciò che faceva e del significato delle sue azioni. Forse quello era semplicemente il suo modo di tastare il terreno. E quindi, forse lei era l’idiota che non aveva capito un accidenti, impegnata com’era a negare tutta quell’assurda situazione.
Maka deglutì e sbirciò il ragazzo in questione. Aveva un’espressione più rilassata quando dormiva e come suo solito aveva la bocca aperta. Era incredibilmente carino e Maka si sentiva tutto il petto invaso dal calore.
Inspirò lentamente e chiuse gli occhi, sforzandosi di ignorare il battito cardiaco in accelerazione e provando a bloccare sul nascere quella stupida speranza che si stava facendo strada dentro di lei.
Un’ora più tardi Soul si stava stiracchiando, lamentandosi del torcicollo che gli era venuto a dormire in quella posizione.
“È perché sei una cavolo di nanetta.” le disse, mostrando con uno sbadiglio tutta la dentatura.
Maka si limitò a ringhiargli contro, più confusa che mai.
Diverse visite guidate e un’abbondante cena più tardi, Maka e Patty si presentarono in camera dei ragazzi in pigiama. Nonostante la tv fosse accesa, nessuno dei due la stava guardando. Infatti, Soul era impegnato a lanciare una per una delle patatine in busta in direzione di Black Star che di rimando cercava di addentarle al volo.
Maka osservò la bizzarra scena con una smorfia sconcertata.
“Siete dei trogloditi.” disse scuotendo il capo.
Black Star sghignazzò e si risistemò meglio sul letto.
“Ah, ecco tutti i miei fedeli discepoli al mio cospetto!” esclamò con un sorriso mentre Maka e Patty si sedevano con loro. Poi sembrò notare qualcosa che non andava. “Hey, dov’é Liz?”
Patty ghignò. “A rimorchiare!”
“È andata a fare un giro con quel tipo che ha conosciuto a colazione.” spiegò Maka, mal celando un sorrisetto. Non era giusto che fosse solo lei a subirsi le prese in giro dopotutto.
Con una smorfia di indignazione Black Star afferrò il pacchetto di patatine dalle mani di Soul e se ne infilò una grossa manciata in bocca.
“Ah perfetto!” sbottò, masticando. “Lei è fuori dal testamento!”
“Testamento?!” ripeté Soul, confuso.
“Hai un testamento per i tuoi ‘discepoli’?” si informò Maka scettica.
Black Star fece spallucce, riempiendosi la bocca di altre patatine. Era passata un’ora scarsa dalla cena, Maka si chiese se il suo stomaco avesse un fondo.
“Pfff! Discepoli!” fece sprezzante Patty. “Non sei neanche in grado di mangiare delle patatine al volo!”
Black Star si voltò a guardarla con un grugnito poco amichevole. “Mi stai forse sfidando?”
Patty fece spallucce.
“Dico solo che prima di definirmi tua discepola, dovresti fare qualcosa di davvero notevole.” affermò con tono di superiorità.
Black Star la fissò con il mento sollevato e gli occhi assottigliati e per qualche secondo si guardarono in cagnesco senza dire niente.
“A che stiamo assistendo?” mormorò Soul confuso. Questa volta non c’era Liz a fermarli.
Maka scosse il capo, perplessa quanto lui. “Non sono sicura di volerlo sapere.”
Black Star gonfiò il petto e fece un cenno col capo a Patty. “Allora che devo fare?”
Patty spalancò gli occhioni blu e increspò le labbra, mostrando quella che Maka riconobbe come la sua faccia da finta innocente. Oh, Patty sapeva già benissimo cosa fargli fare.
“Vediamo…” iniziò con un sospiro. All’improvviso mostrò un sorriso malefico e puntò un dito contro il petto di Black Star. “Ci sono! Devi mostrare le tue chiappe in pubblico.”
Nella stanza regnò il silenzio per qualche secondo, e Maka lanciò un’occhiata sconcertata all’amica. Che diamine stava combinando?!
“Tutto qua?” fece Black Star con semplicità.
Soul scoppiò a ridere. “Lo vuoi fare sul serio?”
“Questa piccola eretica pensa che non ne abbia il coraggio!” spiegò lui, con un sorrisetto strafottente. “Lo faccio anche adesso, se volete!”
Maka fece una smorfia e scosse vigorosamente il capo. “No, grazie!”
Patty schioccò la lingua.
“Se vuoi farlo adesso allora devi affacciarti alla finestra.” spiegò, sogghignando.
Black Star emise un suono sprezzante e balzò in piedi.
“Altro che finestra! Lo faccio dal tetto!” annunciò spavaldo, mentre afferrava la tessera della stanza e la infilava nella tasca dei pantaloni del pigiama. “Puoi anche immortalare il momento se vuoi.”
Se possibile, gli occhi di Patty si fecero ancora più grandi. “Oh certo che lo immortalo! Maka dove ho il telefono?”
Maka lanciò un’occhiataccia di disapprovazione prima all’una e poi all’altro.
“A parte il fatto che non puoi, come cavolo pensi di salirci sul tetto?”
Black Star si strinse nelle spalle.
“C’è una terrazza, quindi c’è anche una porta da qualche parte.” disse tranquillamente, mentre Patty gli si affiancava armata di cellulare. “Troverò un modo.”
“Sì!!” esclamò Patty tutta divertita, agitando un pugno in aria. “Andiamo, dai!”
“Voi non venite?” chiese Black Star, con la mano già sulla porta.
Maka scosse il capo, storcendo il naso per l’ennesima volta.
“No, ci accontentiamo delle foto che farà Patty.” gli rispose Soul, accomodandosi sul letto.
Black Star e Patty annuirono ed uscirono dalla stanza. L’ultima cosa che sentirono prima che la porta si chiudesse fu Black Star che diceva: “Mi raccomando, falle bene. Tsubaki mi ha chiesto foto della gita.”
Maka pensò agghiacciata alla sorte della povera ragazza e Soul ridacchiò.
“Immagino sia il sogno di Tsubaki, ritrovarsi all’improvviso delle foto di un culo che saluta dalla terrazza di un hotel.” commentò con le sopracciglia corrugate.
Maka si sistemò a fianco a lui, con un sospiro. Certe volte Black Star era talmente strano da non sembrare neanche vero.
Si accorse che Soul la stava guardando, quasi come se si aspettasse qualcosa.
“Allora, che vuoi fare?”
Maka fece spallucce e si guardò intorno. Gli occhi scivolarono sugli oggetti sparsi sulla cassettiera.
“Giochiamo a Uno?” propose, notando il pacchetto di carte.
Neanche venti minuti più tardi stavano litigando sulle regole del gioco.
“Non c’è scritto da nessuna parte che puoi rispondere a un +4 con un altro +4!” sbottò Maka, dopo una veloce ma profonda lettura del regolamento.
“Ma quanto sei pallosa!” sbuffò Soul, con una smorfia. “Si fa sempre!”
“Non è vero! È inventato!” ribatté Maka, indispettita. Non era valido usare regole inventate dalla gente, quando le istruzioni del gioco parlavano chiaro.
Soul mollò le carte e si lasciò di nuovo andare contro i cuscini.
“Lasciamo perdere, tanto non ho più voglia di giocare.” borbottò dando un’occhiata all’orario sul cellulare, prima di fissare lo sguardo sulla televisione. “Black Star deve aver incontrato più problemi del previsto nella sua ascesa alla terrazza.”
Maka sospirò una risata debole, mentre metteva a posto le carte.
“Starà cercando la luce migliore per le sue foto hot per Tsubaki.” ironizzò, corrugando la fronte. Non era sicura di voler immaginare la scena che si stava svolgendo lassù.
Soul sghignazzò.
“Questo è vero amore, siamo noi che non capiamo il romanticismo di certe dichiarazioni.” scherzò, facendo scoppiare a ridere Maka.
Era di nuovo seduta vicino a lui, con la schiena affondata nei cuscini appoggati alla testiera.
“Anche se così fosse, di certo non vorrei essere al posto di Tsubaki.” commentò con una risatina.
Soul le diede una gomitata giocosa. “Ah no? Non ti piacerebbe?”
Maka rise di nuovo, scuotendo il capo. “No, grazie.”
“Accidenti, Maka!” fece Soul, con tono sarcastico. “E io che mi stavo già organizzando.”
Maka esalò un accenno di risata, bloccata dal significato di quelle parole. Soul sembrò accorgersi un attimo troppo tardi della portata di ciò che aveva detto e Maka lo sentì irrigidirsi appena al suo fianco, mentre si fissava con insistenza le mani.
Sembrava essere arrossito e Maka improvvisamente ricordò come si respirava. Sentiva un calore assurdo invederla per tutto il corpo, ma Soul pareva imbarazzato quanto lei e quel pensiero la faceva sentire meglio, per qualche motivo.
“Ah sì?” commentò in un sussurro, richiamando a sé tutto il coraggio che le stava dando il rossore sulle guance di Soul.
Lui alzò il capo e la guardò. Le sue labbra si piegarono in un sorriso minuscolo e i suoi occhi sembravano così caldi. Maka si accorse di quanto era vicino e di quanto poco le sarebbe bastato per colmare la distanza tra loro.
Soul aprì la bocca e fece per parlare, e Maka aveva il cuore che minacciava di uscirle fuori dal petto, ma non sentì mai quello che Soul aveva da dirle.
“BACIATE IL MIO ILLUSTRISSIMO CULO SODO, PEZZENTI!!” fu l’assordante urlo che entrò dalla finestra aperta e annientò senza pietà quella strana atmosfera che si era creata negli ultimi minuti.
Maka e Soul si guardarono in silenzio per circa tre secondi, prima di scoppiare entrambi a ridere e accasciarsi sul letto senza possibilità di ripresa.
Gli ci vollero cinque minuti buoni per riuscire a calmarsi e Maka si rese conto che con quelle risate aveva scaricato anche un po’ di nervoso (se dovuto alla tensione di qualche minuto prima o alla perdita di una possibilità, non era sicura).
“Probabilmente stanno per tornare.” disse Soul, con una strana espressione in faccia.
Maka si schiarì la gola, leggermente in imbarazzo.
“Già.” fu l’unica cosa che riuscì a balbettare. Tutta la sua audacia sembrava essere volata fuori dalla finestra insieme alle urla di Black Star. E lei sarebbe dovuta essere quella coraggiosa!
Tornarono a guardare la tv in silenzio e, nonostante l’adrenalina, Maka si fece comoda sui cuscini, cullata dal basso volume del programma televisivo e dal calore di Soul vicino a lei.
Se fosse stata più sveglia, probabilmente, si sarebbe resa conto di quanto Soul fosse ancora teso, ma era come se, una volta superato quello strano momento che si era creato tra loro, fosse stata investita tutta d’un colpo da tutta la stanchezza accumulata negli ultimi tre giorni.
Poco più tardi si era già addormentata, accoccolata al fianco di Soul.









Note:
Questi giorni avevo finalmente un po' di tempo che non mi sarei sentita in colpa ad usare per fare cose che non fossero studiare libero e ne ho approffittato per aggiornare. Scusate per... ehm... l'interruzione finale di Black Star, ma se fosse tutto facile non sarebbe divertente... No? In ogni caso, spero il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia fatto sorridere.
Io non ho mai visto l'oceano, purtroppo, e condivido appieno il desiderio di Maka. In compenso vivo vicino al mare quindi almeno con il Mediterraneo ho abbastanza confidenza.
Comunque, mi sono accorta di non averlo mai detto esplicitamente, Crona è più piccolo degli altri. Anche per questo motivo Maka non lo conosceva prima di trovarlo dentro quell'armadietto. Non ho proprio deciso la sua età, ma dovrebbe essere al primo o al secondo anno.

Poi, la questione di Black Star che finge di essere il figlio di Liz è una citazione ad una scena del manga in cui lui e Patty fanno questa cosa. Mi fa ridere un sacco ogni volta che la leggo, quindi ho deciso di inserirla anche qui.
Concludo questo papiro ringraziando per la lettura e soprattutto per i commenti che mi avete lasciato! :)

Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Il festino delle farfalle ***


15.Il festino delle farfalle


“Stai diventando proprio una ragazzaccia!”
Maka alzò lo sguardo dalla sua valigia, con aria confusa. Seduta sul suo letto, Liz le stava rivolgendo un sorrisetto malizioso, il telefono della sorella tra le mani. Stava ancora guardando quella stupida foto.
“Ti fai coinvolgere in risse nei corridoi di scuola, finisci in punizione,” elencò con tono beffardo, prima di voltare di nuovo il display verso di lei. “Passi le notti in gita con un ragazzo.”
Maka sbuffò per l’ennesima volta quella mattina, ritrovandosi nuovamente davanti all’imbarazzantissima foto che Patty aveva scattato la notte prima, quando lei e Black Star erano tornati in camera. A quel punto sia lei che Soul si erano ormai addormentati, talmente esausti da prendere sonno in poco tempo e forse tutti e due un po’ amareggiati per la strana situazione che si era creata andata in fumo in un batter d’occhio.

In barba al coraggio per cui veniva spesso lodata, quella notte Maka si era lasciata spaventare. Una volta distrutta l’atmosfera (grazie tante Black Star!) e dopo che Soul aveva notato che gli amici sarebbero probabilmente tornati di lì a poco, l’unica cosa che Maka era riuscita a fare era stato annuire e addormentarsi nel giro di due minuti. Questo ovviamente non le aveva impedito di avvinghiarsi a Soul nel sonno in maniera alquanto imbarazzante.
Ed era proprio quello il soggetto della foto incriminata, scattata poco prima dell’accesa discussione tra Patty e Black Star, che aveva poi svegliato bruscamente Maka. A quanto pareva Patty voleva tornarsene in camera sua, ma Black Star non voleva essere lasciato solo con i ‘piccioncini’, come li aveva definiti, che dormivano abbracciati nel letto a fianco al suo.
Con il volto in fiamme, Maka aveva afferrato il cuscino, strappandolo da sotto la testa del povero Soul che doveva essersi addormentato poco dopo di lei, e aveva colpito violentemente Black star, facendogli perdere l’equilibrio.
Soul, ancora intontito dal suo torpore, si era guardato intorno confuso delle risate di Patty e dalle lamentele di Black Star sulla violenza di Maka. La sua confusione però non era durata molto, specialmente grazie ai commenti assolutamente inappropriati di Black Star.
Si era raddrizzato e aveva fatto un vago cenno col capo a Soul.
“Se volevi stare solo con lei bastava dirmelo, sarei tornato molto più tardi.” gli aveva detto, e Soul si era improvvisamente irrigidito e gli aveva lanciato uno sguardo di fuoco che Black Star non aveva notato o aveva deliberatamente ignorato.
“Insomma sarò stato via mezz’ora scarsa. E considerando che eravate già addormentati non dev’essere durato molto, no?” aveva continuato.
Maka ci aveva messo un po’ per capire a cosa stesse alludendo, il tempo necessario perché Soul si sollevasse e si lanciasse addosso all’amico con una sorta di ruggito, facendolo cadere a gambe all’aria.
Il fischio di Patty aveva accompagnato la lampadina che si era finalmente accesa nella mente di Maka, facendola cadere in un senso di imbarazzo talmente profondo da renderla quasi muta per qualche secondo. Era esplosa poco dopo, strillando a sua volta contro il ragazzo e lanciandogli addosso il cuscino con tutta la forza che aveva in corpo. Il fatto che avesse colpito anche Soul non fece che divertire ancora di più Patty, che aveva assistito alla scena sbellicandosi dalle risate.
Maka l’aveva trascinata via poco dopo, intimandole di smettere di ridere mentre raggiungevano la loro stanza a passo spedito.
Ci aveva messo un sacco ad addormentarsi poi. Continuava a chiedersi cosa sarebbe successo se le urla di Black Star dal tetto non li avessero interrotti. O se lei non avesse fatto la codarda e avesse combattuto il sonno. E come se non bastasse, i commenti terribili di Black Star continuavano a tornarle in mente e questo non faceva che imbarazzarla di più. Era davvero convinto che lei e Soul l’avessero fatto o li stava solo prendendo in giro? A prescindere da tutto, era comunque un deficiente!
In ogni caso, anche volendo, non sarebbe riuscita a dimenticare quelle scemenze, visto che Patty le aveva sbattuto in faccia la sua foto non appena si era svegliata.
L’aveva avvisata subito che anche se l’avesse cancellata non sarebbe servito a niente.
“L’ho mandata a Kid, così non la perdo.” l’aveva informata con un fastidiosissimo sorrisetto.
“Perché l’hai mandata a Kid!?” aveva praticamente strillato Maka. Non tanto per Kid, ma per il fatto che qualcun altro avrebbe visto quella foto.
A quel punto, Patty l’aveva mostrata alla sorella. E così erano arrivate a quella ridicola scena, Liz che le sorrideva con un misto di malizia e orgoglio e Patty che ridacchiava, mentre combatteva con la sua valigia piena zeppa di tutte le cianfrusaglie che si era comprata come souvenir.
Maka stirò le labbra in una smorfia.
“Tu piuttosto sei rimasta fuori quasi tutta la notte.” sbottò, provando a rigirare la frittata. “Non ti ho neanche sentito tornare, doveva essere molto tardi.”
Liz ridacchiò.
“Guarda che nessuno giudica qui.” disse facendo spallucce, sempre intenta a maneggiare il cellulare della sorella. “Non c’è bisogno di andare sulla difensiva.”
Maka alzò gli occhi al cielo.
“Non dovresti prepararti la valigia?” borbottò poi.
Liz annuì distrattamente. Aveva ancora quel ghigno sulle labbra.
“E comunque non c’è niente di male a stare fuori la notte.” continuò, accavallando le gambe. “O dormire con lui.”
Maka sospirò e la guardò di nuovo.
“Non. È. Successo. Niente!” scandì con un ruggito. “Siete voi e quel cretino di Black Star che vi state facendo chissà quale film mentale a rating rosso!”
Patty scoppiò a ridere, dall’angolo in cui stava cercando inutilmente di chiudere la zip del suo trolley. Liz si voltò a guardarla per un attimo, sempre più divertita.
“Che dici, dobbiamo crederci?” fece sghignazzando.
“Non saprei.” Patty sbuffò, coricandosi di pancia sulla valigia e provando a schiacciarla col proprio peso. “Ma comunque erano tanto carini mentre dormivano tutti abbracciati.”
“Senza ombra di dubbio!” concordò Liz, tornando a rivolgere un sorriso smagliante a Maka.
Lei lanciò un’occhiataccia sia all’una che all’altra senza dire niente.
Quelle sceme si stavano proprio divertendo un mondo a sfotterla! Sperava solo che quando si sarebbero unite agli altri, non ci si sarebbe messo anche Black Star.
Tornò a prestare attenzione alle magliette che stava piegando, domandandosi se Soul si sentisse almeno un po’ come lei.
Nella mezz’ora seguente si era quasi distratta del tutto, impegnata com’era a finire i bagagli e aiutare Patty con la sua enorme valigia problematica. Poi raggiunsero il punto d’incontro nel piazzale dell’hotel, già affollato da molti dei loro compagni di scuola, e come volevasi dimostrare Black Star si premurò di mandare personalmente al diavolo le speranze di Maka.
La prima cosa che aveva notato, mentre si avvicinavano a lui e Soul, era che avevano compagnia. Poi si era accorta che i ragazzi con loro erano Ox e Harvar, il che era abbastanza inaspettato, ma visto che il primo sembrava impegnato a lamentarsi di qualche cosa non ci fece più di tanto caso. Almeno finché non fu abbastanza vicina da sentire le loro parole.
“Non si riusciva a dormire.” stava dicendo Ox, con una smorfia corrucciata. “Avete fatto un casino assurdo!”
Black Star sembrò illuminarsi e soffocò appena una risata.
“Addirittura!” esclamò, lanciando un sorrisetto malizioso a Soul e dandogli una gomitata.
Soul parve prendere colore all’improvviso. Tirò una potente manata in testa a Black Star, seguita poi da un calcio sullo stinco.
“Abbiamo fatto casino perché stavamo picchiando te, maledetto stronzo!” gli ringhiò contro, continuando a colpirlo. Black Star stava ridendo talmente forte che neanche provava a difendersi.
Maka osservò la scena ad occhi spalancati.
Ci mancava solo che Black Star andasse a raccontare certe storie a Ox!
Ignorò le risatine di Liz e Patty e si affiancò ai ragazzi, sempre fulminando Black Star con lo sguardo.
“Buongiorno.” sputò fuori, incrociando le braccia sul petto per poi rivolgersi sottovoce a Black Star. “Hai finito?”
Ox stava ancora osservando i due ragazzi, più confuso che mai. Scosse il capo e si voltò verso Harvar, probabilmente preferendo lasciar perdere.
Quando Black Star riuscì finalmente a calmare la ridarella e a liberarsi dagli attacchi di Soul, si voltò verso Liz con un sorrisetto.
“Finalmente ti rivediamo!” esclamò dandole una pacca sulla spalla e beccandosi un’occhiataccia. “Ieri notte ti sei persa un bel po’ di roba interessante.”
Maka lo guardò di nuovo irritata, mentre Soul sibilava tra i denti: “Sarà meglio che tu stia parlando del tuo culo.”
“A proposito del suo culo!” intervenne Patty a voce alta, facendo girare qualche testa verso di loro. “Non vi ho ancora fatto vedere le foto!”
Maka storse le labbra in una smorfia. Non era sicura di volerle vedere.
Patty tirò fuori il cellulare e fece scorrere per un po’ il dito sul display, prima di metterlo in modo da mostrarlo a tutti.
“Ta-daaan!” fece con allegria.
Si ritrovarono a guardare le chiappe pallide di Black Star che facevano capolino nell’oscurità, sulla terrazza dell’edificio. La smorfia di Maka si fece più disgustata.
“Voi pensavate che non l’avrei fatto, eh?” commentò il padrone del sedere in questione, tutto tronfio. Sapeva prendersi soddisfazione per le cose più strane.
Liz mosse il dito sulla foto e Soul corrugò le sopracciglia.
“Liz, non zoommare quando stiamo guardando anche noi, per favore.” si lamentò, storcendo il naso.
“Non fraintendere!” ribatté Liz con aria concentrata. Stava inquadrando la strisciolina di stoffa verde acido che si intravedeva sotto il bordo dei pantaloni. “Ma hai solo mutande di colori fosforescenti, tu?”
Black Star ghignò, gonfiando il petto. “Sono le mutande dell’uomo che non ha niente da nascondere.”
Soltanto quel commento riuscì a scatenare un’ilarità non indifferente, anche da parte degli altri studenti intorno a loro, e una serie di prese in giro all’illustrissimo, che si difese subito con arroganza e indignazione.
Maka sospirò cercando semplicemente di dimenticare all’istante quelle parole. Pensò alla povera Tsubaki e ai suoi dubbi gusti in fatto di ragazzi.
Si diedero tutti una calmata quando si iniziò ad intravedere il bastone da passeggio di Excalibur che veniva agitato per aria, segno di un’imminente ramanzina.
Maka si ritrovò ad osservare di sottecchi Soul che ancora rideva di Black Star, ignorando completamente le parole del professore. La sua attenzione era decisamente concentrata altrove.


In una vita passata, Maka doveva essere stata una persona alquanto spiacevole. Quella era l’unica spiegazione che si dava per tutto quello che stava succedendo. O forse sarebbe stato meglio dire che non stava succedendo.
Aveva rimuginato sugli avvenimenti della notte precedente più o meno per il resto della giornata e ad ogni minuto che passava diventava sempre più nervosa.
Era in un limbo. Era chiaramente successo qualcosa che non poteva più essere ignorato, ma non avrebbero avuto modo di chiarire finché non avessero nuovamente avuto tempo per affrontare con calma la questione, da soli.
In quell’ultimo giorno, Maka aveva seriamente iniziato a credere a quella forza comunemente nota come sfiga. Sembrava quasi che l’universo si fosse imposto per complicarle la vita come possibile, sfidandola con una serie paurosamente lunga di interruzioni e allungando le ore.
Ammesso e non concesso che lei stessa fosse preda di una buona dose di fifa, l’unica cosa che Maka avrebbe voluto fare in quella giornata sarebbe stata rimanere un po’ sola con Soul e… parlare? Non era neanche sicura di cosa avrebbero fatto, ma senza ombra di dubbio gli avrebbe sicuramente fatto comodo avere un po’ di tempo e privacy. E non parevano in grado di ottenere nessuna di quelle condizioni attualmente.
La cosa peggiore, poi, era che Soul sembrasse infastidito quanto lei. Ogni tanto lo beccava a fissarla intensamente, per poi venire distratto da Black Star che blaterava idiozie su un ipotetico monumento dedicato a lui. E se solitamente Soul dava abbastanza corda all’amico, divertito dalle sue bravate, quel giorno pareva semplicemente svogliato, quasi fosse stanco di quella situazione.
Anche una volta ritornati a casa, erano stati rapiti dalle proprie famiglie senza possibilità di potersi dire niente se non un ‘ciao’ amareggiato. Maka aveva pensato di andare da lui, dopo cena, ma si era resa conto di essere esausta e aveva ricordato le paurose occhiaie che avevano accompagnato Soul per gli ultimi quattro giorni. La luce nella sua stanza era spenta e, convinta che stesse già dormendo, si era coricata pure lei, entrando in un sonno talmente profondo da riuscire a raggiungere l’Iperuranio.
Si svegliò all’ora di pranzo, con lo stomaco che le ruggiva per la fame e i segni del cuscino su metà faccia.
In cucina, Blair stava finendo di cuocere due fettine di pollo e quando la vide le regalò un sorriso enorme.
In quel momento Maka si rese conto del disordine che la circondava. In un primo momento si innervosì. Non era possibile che mancasse per quattro giorni e papà e Blair rendessero la casa un porcile!
Poi, si accorse che si trattava di un altro tipo di disordine, quello che si crea subito prima di una trasferta o di un evento importante. Quello per cui il soggiorno si era trasformato in una zona di transito per borse, valigie e un grande sacco bianco appeso a una gruccia che Maka riconobbe come il vestito da sposa di Blair.
In un attimo si rese conto di che giorno fosse e ricordò bruscamente che, non solo il matrimonio si sarebbe svolto di lì a ventiquattr’ore, ma quella sera avrebbe avuto anche una maledettissima festa di addio al nubilato a cui partecipare.
Improvvisamente le sembrava di essere di nuovo sfinita.
“Ciao tesoro! Come hai dormito?” la salutò allegramente la futura sposa, mentre spegneva il gas e iniziava ad armeggiare con piatti e bicchieri.
Maka sbadigliò.
“Come un sasso.” borbottò, aiutandola svogliatamente ad apparecchiare. “Ma sono ancora stanca, sinceramente.”
Blair ridacchiò. Poggiò la padella sul tavolo e prese un’insalatiera piena dal frigo.
“Immagino.” commentò sorridente, mentre le riempiva il piatto. “Papà è a lavoro, ma torna fra un’oretta circa così possiamo salutarlo prima di uscire.”
Maka si stropicciò stancamente gli occhi. Non aveva per niente voglia di affrontare quella serata. Stava così bene nel suo pigiama e sarebbe stata ancora meglio di nuovo a letto.
“A che ora devo essere pronta?” si informò, tra un boccone di carne e un sorso d’acqua.
Blair diede un’occhiata veloce al suo cellulare, prima di risponderle.
“Passano a prenderci verso le cinque. Portiamo la mia roba a casa delle ragazze e poi possiamo dare inizio alla festa.” spiegò con aria raggiante. Sembrava di ottimo umore e Maka si chiese come non fosse un minimo nervosa all’idea di sposarsi.
“Sei più tranquilla di quanto pensassi.” le disse, pensierosa.
Blair si strinse nelle spalle e prese a giocare con l’insalata.
“Non vedo l’ora che sia domani!” esclamò con entusiasmo.
Maka neanche riusciva a credere che stesse succedendo. Papà si stava per sposare di nuovo. Erano arrivati finalmente al giorno prima e il matrimonio non era ancora saltato. Doveva ammettere che si erano impegnati più di quanto si fosse aspettata.
Poi ripensò al fatto che quella sera anche Spirit sarebbe uscito a festeggiare, una volta che Stein fosse arrivato, e aveva ancora una notte intera per rovinare un’altra relazione sul nascere.
Un caso del genere avrebbe di certo messo fine a quella situazione assurda, ma per qualche motivo, l’idea non la faceva sentire meglio. Al contrario le dava un senso di profondo fastidio.
Scacciò il pensiero, concentrandosi su Blair che iniziava ad elencare le cose da fare.
Avrebbero passato la notte dalle amiche di Blair e la mattina seguente lei si sarebbe preparata con calma lì, mentre papà sarebbe rimasto a casa. Inaspettatamente avevano deciso di seguire la tradizione e passare la notte prima del matrimonio separati.
“Puoi portare anche la tua roba e prepararti direttamente con noi.” le propose Blair.
Maka ripensò al suo vestito viola, ancora in un sacco trasparente nell’armadio, e alle scarpe col tacco che Blair le aveva fatto comprare apposta per l’occasione (almeno quelle erano abbastanza sobrie da poter essere riutilizzate), e diede uno sguardo alle cose di Blair, già sparse per il soggiorno in attesa.
“No, non ho voglia di portarmi tutto appresso.” fece, scuotendo appena il capo. “Preferisco tornare e prepararmi qua.”
Blair annuì. “D’accordo! Poi ci regoliamo, allora.”
Dopo pranzo la aiutò a lavare i piatti, prima che Blair elencasse nuovamente tutti i passaggi cruciali delle prossime ventiquattr’ore e tutto ciò che aveva bisogno di portare con sé quella sera.
Maka tornò in camera sua, pronta a riposare per un’altra mezz’ora buona prima di iniziare a prepararsi, e si gettò sul letto con uno sbuffo. Afferrò il telefono dal comodino, dove l’aveva lasciato la notte prima, e notò una notifica di messaggio. Quando vide che era da parte di Soul, il suo battito cardiaco iniziò ad accelerare.
‘Sei sveglia?’ chiedeva semplicemente.
L’aveva mandato quasi un’ora prima, mentre Maka stava già pranzando con Blair.
Mordicchiandosi il labbro, gli scrisse velocemente una risposta e rimase in attesa a guardare il soffitto con il cellulare sul petto. Quando sentì la porta d’ingresso chiudersi al piano di sotto, si accorse che erano passati già venti minuti. Si chiese che diamine stesse combinando Soul che gli impediva di guardarsi il telefono.
Qualche minuto più tardi scese a salutare suo padre e poi si decise finalmente ad andare a farsi una doccia, dando inizio alla preparazione per quel tanto temuto addio al nubilato. Mentre se ne tornava in camera in accappatoio, con l’asciugacapelli tra le braccia, Blair la intercettò con una mano sul gomito. Aveva i capelli raccolti con dei bigodini e si doveva essere appena messa lo smalto, a giudicare dall’odore.
“Sai già cosa metterti?” le chiese con finta semplicità. Era palese che fosse venuta a fare una proposta.
Maka fece spallucce. Aveva qualche idea, ma niente di troppo concreto.
Blair le sorrise compiaciuta.
“Metti il vestito nero. Quello che abbiamo comprato insieme.” le disse, spingendola poi nella sua stanza. “Quando hai finito coi capelli, poi vieni che ti trucco.”
Maka fece per ribattere che poteva benissimo farlo da sola, ma Blair era già svanita, richiudendosi la porta alle spalle.
Mentre si asciugava i capelli, Maka gettò un’occhiata veloce al suo telefono ancora muto. Il fatto che Soul non avesse neanche ancora visualizzato il suo messaggio la infastidiva leggermente. Si chiese se anche lui fosse in quello strano stato di ansia e aspettativa che la stava mandando nel pallone. 
Dando un’occhiata all’orario, constatò di avere un buon margine di anticipo e decise che non appena avesse finito di prepararsi sarebbe passata da lui. Riprese il telefono e gli scrisse velocemente un messaggio per avvisarlo. Subito dopo averlo inviato si pentì di come aveva formulato la frase.
Maledizione!
Conosceva Soul meglio di quanto conoscesse chiunque altro, parlare con lui era sempre stato naturale, così come dirgli che sarebbe andata per un po’ da lui. Ma in quel momento, tutte quelle azioni avevano assunto una sfumatura un po’ diversa, implicando un qualcosa che Maka non sapeva ancora bene come affrontare.
Iniziò ad imprecare contro se stessa e pure contro Soul che avrebbe fatto meglio ad avere una buona scusa per non controllare il suo dannatissimo telefono (avrebbe accettato solo cose del livello di ‘Mi dispiace, mi è caduto dentro il water e mi faceva schifo riprenderlo a mani nude’).
Mezz’ora più tardi aveva indosso il suo vestito nero, Blair le aveva messo un po’ di eyeliner (perché Maka l’aveva fermata, altrimenti avrebbe avuto un trucco più stile concerto di Cher) e le aveva legato i capelli con un sottile fiocco nero. Maka si ritrovò a guardare la sua immagine riflessa sullo specchio con una certa soddisfazione.
Una volta finito di preparare anche una borsa con dei vestiti di ricambio per quella notte, constatò di avere circa mezz’ora. Sperò che le amiche di Blair fossero in ritardo.
Afferrò il telefono e si diresse verso la cucina. Quando raggiunse la porta sul retro, si accorse che Soul le aveva finalmente risposto, con il più semplice e ambiguo ‘Ok’ della storia.
Maka storse le labbra. Quando faceva così era insopportabile, lui e la sua finta impassibilità davanti al mondo.
Attraversò il giardino e raggiunse quello degli Evans a passo di marcia, pensando con una certa irritazione a cosa poteva dirgli. Non aveva la minima idea di come agire.
Presa com’era dai suoi pensieri, si accorse di non essere sola soltanto quando superò la piscina. Soul era seduto in maniera scomposta sulla panca nel portico, a fianco alle vetrate del soggiorno. Era in pigiama e aveva tutta l’aria di essersi appena svegliato.
Maka lo raggiunse, si appoggiò alla colonna del portico proprio di fronte a lui, senza dire una parola, e si guardarono in silenzio per qualche secondo.
“Prima mi scrivi e poi non rispondi più?” commentò Maka, incrociando le braccia sul petto.
Lui fece un minuscolo sorrisetto di scuse, sollevando le spalle.
“Mi sono riaddormentato.” spiegò, raddrizzandosi. “Mi ha svegliato Wes per farmi mangiare. Diceva che il mio stomaco avrebbe iniziato ad autodigerirsi nel sonno.”
Maka sollevò le sopracciglia, sconcertata.
“A volte sei un pericolo per te stesso.” mormorò, scuotendo appena il capo.
Soul arricciò il naso e Maka lo trovò adorabile.
“Ma stai zitta.” borbottò, deviando lo sguardo.
Maka ridacchiò.
“Hai provveduto a tutti i tuoi bisogni primari per questa mattina?” gli chiese, con un sorrisetto beffardo. “Sei pronto ad iniziare la giornata?.”
Soul le mostrò un ghigno strafottente, fregandosene delle sue battute e scuotendo leggermente la testa.
“Sono le cinque del pomeriggio e io sono in pigiama, non ti sembro pronto?” scherzò, incrociando le caviglie e rimettendosi comodo sulla panca. Poi si passò una mano sugli occhi. “Giuro che ho ancora sonno.”
“Tu hai sempre sonno.” gli fece notare Maka, scontrando giocosamente un piede con il suo.
“Non esageriamo, adesso.” ribatté Soul, tornando a guardarla. I suoi occhi scivolarono sul suo vestito, prima di tornare al suo viso. “Vedo che anche tu sei molto sportiva, oggi.”
Maka si mordicchiò il labbro e prese a scrutare uno degli gnomi di gesso della mamma di Soul.
“Fra un po’ usciamo.” disse, nonostante fosse palese. “E facciamo questa stupida festa di addio al nubilato.”
“Il fatidico giorno è arrivato.” commentò Soul, con aria pensierosa. Poi si alzò in piedi e mise le mani in tasca. “Beh, sei più tranquilla di quello che mi sarei aspettato. Ne parlavi come se dovesse essere l’esperienza peggiore del mondo.”
Maka corrugò le sopracciglia in una smorfia  contrariata.
“Sono terrorizzata.” affermò, cercando di mantenere un tono di voce basso. “Non ho la più pallida idea di quello che dobbiamo fare e ho paura di cosa abbiano organizzato.”
Soul sghignazzò. “E che Patty e Liz abbiano ragione?”
“Oh mio dio.” mugugnò Maka, con una mano sul viso. Aveva davvero tanta paura.
Soul rise e si avvicinò a lei.
“Andiamo, sei abbastanza forte da superare anche questo tipo di… difficoltà.” fece, come per consolarla, ma con il ghigno divertito che aveva stampato in faccia non servì a molto.
Maka stava di nuovo guardando male lo gnomo, e pensò che avrebbe di gran lunga preferito stare lì a parlare con Soul tutta la sera.
“Non so se sopravvivrò al trauma.” puntualizzò sconsolata.
Soul ridacchiò ancora, prima di pizzicarle un braccio.
Maka si lamentò, colpendolo debolmente sulla spalla, ma lui le stava rivolgendo uno strano sorriso. Non la stava più prendendo in giro.
“Mi piace questo vestito, ti sta bene.” mormorò, con gli occhi fissi sui suoi, e Maka sentì il cuore martellarle contro il petto. Si morse l’interno della guancia per impedirsi di sorridere come un’ebete, visto come il rossore che sicuramente le stava colorando il viso fosse già troppo per i suoi gusti.
Ripensò a tutto quello che avrebbe voluto dirgli, accennare all’ultima notte in California o persino agli stupidi commenti di Black Star, ma non riuscì a pronunciare nemmeno una parola. Sinceramente non le sembrava neanche necessario in quel momento.
Soul era più vicino e Maka si sentiva incollata alla colonna dietro di lei. Avrebbe dovuto riprendere il controllo del suo corpo, raddrizzarsi e annullare quei pochi centimetri che li separavano, ma si ritrovò invece incantata a guardarlo, immobile.
“Dovrei dirti che anche tu non stai male?” gli sussurrò, accennando un sorriso. “Sei carino in pigiama.”
Non era una bugia.
Gli angoli della bocca di Soul si sollevarono e Maka pensò che invece di fare commenti stupidi avrebbe dovuto provare a vedere se le sue labbra fossero morbide come pensava.
“Me lo ricorderò, la prossima volta che non so cosa mettermi.” ironizzò Soul in un soffio. Maka non ebbe molto tempo per pensare a cosa rispondergli, perché un secondo dopo Soul si era chinato su di lei e aveva premuto le labbra sulle sue.
Maka si sentì praticamente sciogliere contro di lui, il corpo invaso dal calore e lo stomaco in subbuglio. Sentiva le gambe molli, ma allo stesso tempo era inchiodata in quella posizione, come se Soul la stesse reggendo in piedi soltanto tramite quel bacio.
Soul la stava baciando. Lo stava facendo per davvero, non era la sua immaginazione o non era neanche uno di quei sogni che faceva ogni tanto e che poi la facevano imbarazzare quando ci ripensava. Stava succedendo sul serio ed era come se avesse dimenticato qualsiasi cosa che non avesse a che fare con lui in quel momento.
Non durò a lungo, Soul si scostò il tanto che bastava per guardarla e Maka lo fissò con aria sognante e le farfalle che festeggiavano nel suo stomaco.
Avrebbe voluto avvolgere le braccia intorno al suo collo e baciarlo di nuovo, avrebbe voluto che lui l’abbracciasse, che le dicesse qualsiasi cosa sembrasse sul punto di dire.
Quello che non avrebbe voluto, invece, era la doccia fredda che la investì improvvisamente quando sentì la voce di Blair chiamarla dal suo giardino.
Soul fece due passi indietro e rinfilò le mani in tasca, fissando ad occhi sbarrati un punto nel vuoto e mordicchiandosi il labbro.
Maka pensò che quello stesso labbro lei lo aveva appena baciato, ma Blair interruppe nuovamente il suo filo di pensieri.
“Maka, dove sei?” la chiamò ancora, avvicinandosi alla siepe e finalmente individuandola. “Dai, le ragazze sono arrivate! Dobbiamo andare!”
Maka la fissò senza sapere cosa dire. Si sentiva ancora intontita e le sembrava quasi di non capire niente di quello che le succedeva intorno. Soul la stava guardando di nuovo e Maka sentì lo stomaco arrovellarsi.
“Ci vediamo domani, allora?” farfugliò, molto intelligentemente.
Dio, se un solo bacio la stava rincoglionendo in quel modo, si chiese cosa sarebbe successo se Blair non fosse arrivata a interromperli. Altro che borsa di studio!
Soul annuì e le mostrò un minuscolo sorriso. I suoi occhi erano puntati intensamente su di lei e a Maka sembrò di potercisi perdere dentro.
“Dai, Maka!” insisté Blair, con fare impaziente. Maka la stava odiando.
Dopo aver finalmente ricordato come muovere le gambe, si sforzò di raggiungere la donna e seguirla dentro casa. Prima di entrare si voltò un attimo verso casa di Soul e lo vide ancora lì sul portico, con la differenza che adesso aveva il capo poggiato contro la colonna. Maka non poté fare a meno di provare un pizzico di soddisfazione, all’idea che fosse irritato quanto lei da quell’interruzione.
I minuti seguenti furono abbastanza veloci e confusi, soprattutto per il cervello di Maka che era ancora rimasto bloccato al momento sotto il portico di Soul, con lui che la guardava intensamente dopo averla baciata.
Si ritrovò nei sedili posteriori di una vecchia auto, con Blair seduta a fianco che le presentava le ragazze che si sporgevano verso di loro dai sedili anteriori.
In un qualsiasi altro momento, avrebbe pensato che quelle due sembravano svampite almeno quanto Blair, che a primo acchitto non le piacevano un granché, e magari si sarebbe fatta prendere dall’ansia per quella sera.
Ma quello non era un momento qualsiasi e lei non riusciva a pensare ad altro che al suo battito cardiaco che non sembrava voler rallentare, alle farfalle che ormai avevano infestato senza rimedio il suo stomaco, e alle sue labbra che sembravano ancora infuocate dal tocco di Soul.










Note:
Avrei voluto aggiornare tra Natale e Capodanno, ma le vacanze sono letteralmente volate via e sto ancora cercando di realizzare che l'anno nuovo è iniziato (siamo nel 2008, giusto?). Spero che abbiate passato delle buone feste e abbiate potuto mangiare a volontà.
Avevo delle cose da dire sul capitolo, ma adesso non mi viene in mente assolutamente nulla. In ogni caso, sono abbastanza soddisfatta della parte finale e spero davvero che vi sia piaciuto. :)
Potrei essere un po' lenta con il prossimo aggiornamente, perché gennaio vuol dire esami purtroppo, ma comunque non dovrei andare oltre le tre settimane.
Infine, grazie di cuore per i commenti che mi avete scritto. 

Alla prossima!

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Capitolo 16
*** La danza del cowboy ***


16.La danza del cowboy


Per quanto fosse assurdo, Maka non avrebbe saputo come esprimere il suo stato d’animo in quel momento se non con degli ossimori. Indubbiamente, mai in quasi due decenni di vita si era sentita così rilassata e agitata al tempo stesso.
Quella sera aveva scoperto che quando la gente parlava di quanto fosse bello andare alla spa, non si trattava certo di storie infondate. Soltanto due ore lì dentro e la sua pelle era liscia e morbida come non lo era mai stata, si sentiva come ripulita da testa a piedi e praticamente ogni muscolo del suo corpo aveva raggiunto momentaneamente il nirvana, ringraziandola per quel senso di pace e relax assoluti.
Tutti quei trattamenti, però, avrebbero sicuramente avuto un effetto ancora più efficace se non avesse avuto come sottofondo le insopportabili chiacchiere delle amiche di Blair, Lisa e Arisa.
Doveva ammetterlo, se aveva pensato che sarebbero state terribili, non si era di certo preparata abbastanza.

Quando aveva conosciuto Blair, cinque mesi prima, non aveva fatto che pensare a lei come alla persona più fastidiosa con cui avesse mai avuto a che fare. A prescindere dal fatto che nel mentre le si fosse pure affezionata e la sua opinione di lei fosse migliorata, queste due galline di certo non avevano concorrenza di alcun tipo.
Avevano passato buona parte del tempo a spettegolare e sparlare di un mucchio di gente, pronunciando cattiverie e commenti inappropriati su chiunque capitasse disgraziatamente a fare da tema alla conversazione. Maka stava quasi iniziando a provare dolore agli occhi per quanto li aveva roteati.
Tra l’altro si era pure dovuta sorbire un replay di quelle primissime sere con Blair, ma moltiplicato per due e amplificato a livelli paurosi. Le avevano fatto talmente tante domande sulla sua vita che sembrava dovessero scrivere la sua biografia. Maka aveva rimpianto i giorni in cui Blair le era sembrata invadente. Quanto era stata ingenua!
Come da copione erano arrivate poi alla fatidica domanda, manco fosse una questione di vita o di morte.
“E tu, Maka, ce l’hai il ragazzo?”
La risposta immediata del suo cervello era stata riportarla mentalmente a due ore prima, quando Soul l’aveva baciata sul portico davanti alla piscina.
Non aveva saputo cosa dire. Il fatto che Soul l’avesse baciata non lasciava più molti dubbi sul fatto di piacergli. E se lei piaceva a lui e lui piaceva a lei, allora, secondo la logica delle relazioni sociali, Soul sarebbe potuto essere il suo ragazzo. Ma era stato solo un bacio, non avevano neanche avuto il tempo di spiccicare parola prima che lei venisse rapita da quelle esaltate.
Blair doveva aver notato la sua momentanea difficoltà. Le aveva lanciato uno sguardo curioso, prima di distrarre le amiche.
“Ragazze, queste sono informazioni riservate.” aveva detto con tono scherzoso per poi cambiare completamente discorso. Maka l’aveva amata seriamente in quel momento.
L’unico lato positivo di tutta quella situazione era la presenza di Marie. Blair l’aveva invitata all’addio al nubilato due settimane prima, e non appena lei e Stein erano tornati in città per il matrimonio, Marie si era unita a loro, per la gioia di Maka. Con lei si sentiva meno sola, meno a disagio, meno come l’unica sana di mente.
Marie sembrava sconcertata tanto quanto lei dalle amiche di Blair e forse anche un po’ infastidita dai loro atteggiamenti, ma per lo più cercava di mantenere la calma e mandare avanti la conversazione in maniera più tranquilla possibile. Certo, quando Arisa si lasciò sfuggire una battutina sul fatto che Marie fosse la più anziana delle quattro, guadagnandosi un’occhiata glaciale da parte dell’interessata, l’atmosfera si fece un po’ tesa per qualche secondo ma un attimo dopo Blair le stava già distraendo, cambiando discorso.
In generale, si poteva dire che Blair fosse assolutamente euforica. Sembrava apprezzare il tempo passato con le amiche, ridendo e scherzando con loro per tutto il tempo. Non pareva per niente agitata per il giorno seguente.
Durante la cena, nella pizzeria italiana richiesta dalla sposa, anche le galline sembrarono notarlo.
“Chi l’avrebbe mai detto che un giorno la nostra Blair si sarebbe sposata!” commentò Lisa prima di bere un lungo sorso di vino. “Non sei neanche un po’ nervosa?”
Blair si strinse nelle spalle con un sorriso.
“Immagino che un po’ di agitazione sia normale.” rispose con semplicità. “Ma sono sicura di quello che sto facendo.”
Maka si chiese come fosse possibile essere sicuri di un matrimonio organizzato così al volo, frutto di una relazione nata ancora più al volo. Ingoiò un boccone di pizza silenziosamente, soffocando i suoi dubbi col cibo. Dio, quella pizza era ottima.
Dall’altra parte del tavolo Arisa ridacchiò.
“Beh immagino che uno come Spirit ti faccia venire quella sicurezza, eh!” disse con un sorriso malizioso. “Ben piazzato com’è.”
A Maka andò di traverso il boccone.
Cosa le toccava sentire!
Alla sua destra, Marie soffocò una risata e le sfregò una mano sulla schiena in maniera confortante, mentre lei tossicchiava per cercare di non soffocarsi.
“Sarò sincera, all’inizio non pensavo che sarebbe nato niente di serio.” stava continuando Arisa, come se non avesse quasi ammazzato indirettamente Maka con la sua stessa pizza. “Mi sembrava una di quelle storielle da niente. Te lo fai per qualche notte e poi lo molli. Magari tieni il suo numero per quando ti stai annoiando.”
Maka si nascose dietro il suo bicchiere, desiderando di essere ovunque tranne che lì. Vide Marie lanciarle un’occhiata cauta con un sorriso nervoso stampato in faccia.
Blair ridacchiò, per niente disturbata dai commenti dell’amica.
“Sì, effettivamente è partita così.” ammise addentando una fetta di pizza. “Già alla fine di quella prima sera, però, avevo cambiato idea.”
“Ti sei fatta affascinare dal suo bel viso.” cinguettò Lisa con un sorriso malizioso.
“E dal suo corpo.” aggiunse Arisa, ammiccando.
Maka prese fiato molto lentamente, provando a concentrarsi su qualsiasi cosa non fosse quella conversazione, mentre al suo fianco Blair rideva.
Bevve anche lei un lungo sorso di vino, prima di aggiungere: “Non è stato solo quello.”
Arisa si sporse verso di lei, interessata.
“È bravo a letto?”
Quello era decisamente troppo!
“Non rispondere, ti prego!” mugolò pietosamente Maka, bloccando sul nascere quella conversazione rivoltante. Non aveva nessuna intenzione di sentire certi discorsi sul suo stesso padre, per la miseria! Stavano cercando di traumatizzarla a vita? Non aveva sofferto abbastanza tutte le volte che aveva dovuto sentire gli effetti sonori delle attività notturne di Spirit?
Sentì addosso gli occhi delle tre donne e un attimo dopo stavano ridendo tutte sguaiatamente. Maka roteò gli occhi per la cinquantesima o sessantesima volta quella sera, maledicendo il giorno in cui gli occhioni supplichevoli di Blair l’avevano incastrata in quella terribile posizione.
Anche Marie si lasciò sfuggire una risata sospirata e le strinse affettuosamente una spalla, ricordandole che non era sola.
“Scusa, micetta!” le disse Blair, ancora ridacchiando.
“Perdonaci Maka, ma tuo padre è proprio un bel figone.” le disse Lisa, con tono suggestivo.
Maka la fissò ad occhi sbarrati, irrimediabilmente turbata.
“Forse sarebbe meglio dire che è un bell’uomo, piuttosto.” intervenne Marie con una risatina nervosa. “A nessuno piacerebbe sentir parlare così dei propri genitori.”
Maka riportò l’attenzione sul suo piatto, rimpiangendo la sua stanza e il suo letto. Nemmeno quella pizza buonissima poteva rendere quella situazione sopportabile.
“Comunque quello che stai facendo non è mica roba da niente.” riprese Lisa, rivolgendosi di nuovo a Blair. “Ti stai per sposare con un uomo già con un divorzio alle spalle.”
“È vero.” intervenne Arisa. “Pure con una figlia già così grande per giunta. Non è una cosa da tutti.”
Marie annuì senza aggiungere niente, tagliando un’altra fetta di pizza.
Probabilmente era vero, ma la sfida più grande secondo Maka era semplicemente il fatto di sposarsi con Spirit, punto.
Blair scosse il capo, facendo tintinnare gli orecchini a cerchio.
“Si tratta semplicemente di trovare la persona giusta. Si è in grado di affrontare qualsiasi cosa come fosse niente, a quel punto.” affermò con aria quasi solenne, prima di bere altro vino. “Poi se in più si incontra qualcuno di meraviglioso come Maka allora diventa una passeggiata.” aggiunse poi, facendole l’occhiolino.
Suo malgrado, Maka si ritrovò a sorriderle. La trovava anche dolce quando faceva così. Il problema era che non durava molto.
“Sono sicura che tu mi capisci, vero Marie?” aggiunse poi Blair con un sorriso che Marie ricambiò, il volto che assumeva un’espressione affettuosa solitamente riservata al marito.
“Hai ragione.” confermò, con un cenno del capo, dopo un sorso d’acqua.
“Marie, non ti piace il vino?” le chiese a quel punto Lisa con aria curiosa.
“Oh no…” iniziò Marie, scuotendo leggermente la testa. “Non posso bere.”
“È incinta.” intervenne Blair, senza farsi troppi problemi.
Lisa emise uno squittio eccitato.
“Oh, ecco.” commentò Arisa, annuendo con una fugace occhiata di sottecchi al suo corpo.
Maka la guardò ad occhi spalancati, incredula. Si chiese se fosse stata l’unica a notarla.
Marie le rivolse uno sguardo gelido.
“Scusa?” sibilò con un sorriso che avrebbe potuto gentilmente uccidere all’istante.
Blair si schiarì la gola quasi nervosamente, mentre Lisa ridacchiava senza un vero e proprio perché. Maka si chiese se fosse per allentare la tensione o se, più semplicemente, fosse dovuto al vino.
“Comunque,” iniziò una volta ricomposta, rivolgendosi a Blair. “Dovete farvi il regalo di matrimonio a vicenda? Tu e Spirit, intendo.”
Blair scosse il capo, riavviandosi una ciocca viola dietro l’orecchio. “No, no. A meno che non si consideri la luna di miele come una sorta di regalo.”
“Meglio così!” intervenne Arisa, scrollando le spalle. “Fare regali ai maschi è terribile. Non sai mai cosa comprare.”
Maka vide Lisa annuire con enfasi, mentre Blair ridacchiava.
Supponeva che fosse vero fino a un certo punto. Fare regali a Soul, per esempio, non era mai stato un grosso problema per lei, ma probabilmente era dovuto al fatto di conoscerlo molto bene. Fare regali a Black Star, invece, era già più stressante e finiva sempre per fare colletta con gli altri.
“Dipende.” disse allora Blair, pensierosa. “Dalla persona e dal rapporto che avete.”
Marie fece un cenno di assenso col capo, cambiando posizione sulla sedia.
“Sono d’accordo. Prendendo per esempio Spirit, basta comprargli una bottiglia di vino o una birra artigianale per ogni compleanno e Natale e lo fai felice. Mio marito, d’altro canto, è decisamente più difficile.” spiegò con una leggera smorfia. “Io so più o meno che genere di... strane cose potrebbe apprezzare, ma ho comunque bisogno di suggerimenti.”
Maka ridacchiò. Effettivamente lei e papà tendevano a consultarsi per fare regali a Stein.
Blair si schiarì la gola nervosamente. “Che cosa si regala ad un tipo come tuo marito?”
Marie mostrò un sorrisetto divertito e si strinse nelle spalle.
“Uno dei più bizzarri che ho fatto, e anche dei più apprezzati, è stata una tac del mio cervello.” raccontò con semplicità, come se fosse la roba più naturale del mondo.
Maka scoppiò a ridere, notando poi le espressioni sconcertate delle altre.
“E perché mai?” fece Lisa basita.
“Dice che gli piacerebbe vedere il cervello delle persone a cui tiene in funzione. Un referto tac è la cosa che gli si avvicina di più.” spiegò Marie con una vaga smorfia, sciogliendosi poi in un risolino nervoso. “Lo so, è matto da legare.”
Lisa e Arisa si scambiarono un veloce sguardo incredulo e alle risate di Maka si unirono quelle di Blair.
“L’ho conosciuto soltanto per tre giorni, ma è assolutamente il genere di cosa che mi aspetterei da lui.” esclamò divertita.
“Immagino allora che razza di regali ti farà lui.” commentò Arisa, ancora spiazzata.
Marie ridacchiò ancora e fece un vago cenno con la mano.
“È meglio se lasciamo perdere.” mormorò, facendo cadere la questione.
Maka le rivolse un ghigno divertito. Aveva una vaga idea di cosa si potesse trattare e cambiare discorso era sicuramente la scelta più saggia.
“Allora se abbiamo finito, direi che possiamo andare a pagare e spostarci.” annunciò Lisa dopo essersi schiarita la gola.
“Sì, diamo inizio a questa festa!” esclamò Arisa, alzandosi dalla sedia con fare entusiasta.
Marie si alzò da tavola con una smorfia. Si avvicinò a Blair, infilandosi un cardigan nero e issando la borsa su una spalla.
“Blair, sei stata davvero gentile a invitarmi, ma penso che la mia serata finirà qui.” iniziò, sfiorandole delicatamente un braccio. “Sono davvero stanca per il viaggio e in ogni caso non potrei neanche festeggiare come si deve.”
Maka la fissò ad occhi sbarrati. Non poteva abbandonarla proprio adesso!
“Oh, sei sicura?” esalò Blair con aria dispiaciuta.
Provò a insistere un altro po’, mentre pagavano il conto alla cassa, ma Marie le assicurò che sarebbe stato meglio per lei andare a riposarsi. Stava salutando le altre ragazze, quando Maka le si avvicinò preoccupata.
“Marie, non mi lasciare per favore.” iniziò a bassa voce, cercando di mostrarle tutto il suo panico attraverso lo sguardo. “Portami con te.”
“Non essere ridicola, Maka.” Marie ridacchiò debolmente, frugando distrattamente nella sua borsa. “Sei la damigella, non puoi andartene.”
“Le hai viste anche tu, sono fuori di testa!” esclamò lei, per quanto fosse possibile a bassa voce. “Non voglio stare sola con loro. Ho paura di cosa sia questa ‘vera festa’.”
Marie sospirò con un sorrisetto e le strinse le spalle. “Non ti faranno fare niente che tu non voglia. Stai tranquilla.”
Pescò le chiavi della macchina dalla borsetta e le sorrise ancora.
“Ti vengo a prendere domani mattina. Tu divertiti.” Alla smorfia di Maka aggiunse: “Almeno provaci.”
Maka non era assolutamente tranquilla ed era abbastanza sicura che non si sarebbe divertita, ma si lasciò baciare la guancia e si ritrovò a guardare Marie che usciva dal locale da sola.
Sospirò sconsolata. Il fatidico momento si avvicinava e sembrava non potesse fare niente per evitarlo.
Adocchiò le porte, contemplativa. Magari se si fosse data una mossa sarebbe potuta fuggire in quel momento, mentre nessuno guardava.
Blair le circondò le spalle con un braccio, affogandola con l’aroma del suo profumo.
“Grazie per essere venuta, Makina.” disse con tono mieloso. Con tutto il vino che aveva ingurgitato non le sarebbe sembrato strano se fosse stata già almeno un po’ brilla. “Mi sto divertendo un mondo.”
Ed ecco che i suoi piani di fuga andavano in fumo.
Dopo aver pagato salirono tutte e quattro sull’utilitaria color ruggine di Arisa, che a giudicare dalle molle che spuntavano dai sedili spellati e il nastro isolante che teneva insieme lo specchietto retrovisore e le manopole per abbassare i finestrini, doveva avere giusto un quarto di secolo. Già il fatto che rimanesse in piedi era un miracolo, figurarsi il mettersi addirittura in moto.
Lisa tirò fuori un foulard nero dalla borsetta e si sporse verso i sedili posteriori per darlo a Maka.
“Legaglielo sugli occhi. Deve stare bendata.” disse con un cenno del capo verso Blair.
“Oh, andiamo! Ancora non posso sapere dove stiamo andando?” si lamentò lei, mentre Maka iniziava ad avvolgerle la stoffa intorno alla testa.
“No, è una sorpresa!” ribatté Arisa, riuscendo finalmente a far partire la macchina con un ruggito rauco del motore. Dovevano aver appena liberato un nuvolone nero dallo scarico per niente buono dal punto di vista ecologico.
Dopo aver annodato il foulard e aver chiesto a Blair se vedesse qualcosa, Maka notò con una smorfia che nei sedili posteriori mancavano le cinture. Il modello precedente a quello doveva essere stato a pedali.
Si lasciò andare contro lo schienale con un sospiro. Avrebbe voluto sapere anche lei dove stavano andando. Giusto per capire quanto preoccuparsi, se dovesse architettare più seriamente altri piani di fuga, o magari fingere un improvviso malore per indigestione di pizza o qualcosa di simile.
Si chiese cosa stesse facendo Soul a casa. Pensò che avrebbe tanto voluto essere con lui.
Anche se, sinceramente, tutto quel ragionamento che aveva fatto qualche ora prima l’aveva messa un filino in agitazione. O meglio, la prospettiva di una conversazione di quel tipo la rendeva un po’ nervosa. Come se avesse paura di rovinare tutto, proprio sul punto di ottenerlo.
Dopo un viaggio di circa un quarto d’ora, con la musica dell’autoradio (ovviamente a cassette, Maka era sorpresa soltanto dal fatto che ci fosse) che copriva a malapena il gracchiare roco del motore, Arisa si fermò davanti a un locale nella periferia.
Maka scese dalla macchina, tenendo Blair per un braccio, e diede un’occhiata all’insegna.
Osservò sconcertata la scritta in neon rosa che recitava Chupa Cabra’s! circondato da cuori.
Dove diamine l’avevano portata?
Era talmente allibita che dimenticò la benda sugli occhi di Blair e di conseguenza di avvisarla di abbassare il capo. Si risvegliò dalla sua confusione solo quando sentì il tonfo della sua testa contro il tetto dell’auto.
La aiutò a scendere e richiuse delicatamente lo sportello (aveva paura che un colpo troppo violento l’avrebbe fatto cadere) e si voltò nuovamente a guardare la facciata del locale, mentre le amiche di Blair la raggiungevano per toglierle la benda.
Quando anche lei fu di nuovo in grado di vedere, le bastò uno sguardo velocissimo all’insegna prima di emettere una strana risatina stridula, subito imitata dalle altre due.
Maka le osservò turbata.
Che diavolo di posto era quello? Che genere di locale doveva aspettarsi che fosse con un nome come Chupa Cabra’s? Che razza di degenerato chiamava un locale Chupa Cabra’s?
“Ehm…” fece con voce debole, seguendole preoccupata verso l’entrata.
Lisa si voltò e le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla.
“Tranquilla. Ce li hai 18 anni, no?” disse, probabilmente fraintendendo la sua incertezza.
Maka non poteva vedersi ma sapeva di essere sbiancata.
Ricordò con chiarezza quasi allucinata il momento in cui Patty aveva disgraziatamente scherzato sulla possibilità dello strip club, mentre varcava la soglia e seguiva quelle tre esaurite dentro il locale.
Non era come nei film, di quelli grandi coi palchi lunghi con i pali e i tavoli piazzati intorno. Si rese conto che probabilmente i pali erano un’esclusiva dei club per gli uomini, quelli con le spogliarelliste donne. Si chiese se un uomo potesse essere in grado di ballare su un palo e si rispose immediatamente che non lo voleva sapere.
Effettivamente quel posto non era tanto grande, e non dava neanche l’idea di essere molto sofisticato (per quanto un locale del genere potesse esserlo). Sembrava piuttosto molto provinciale, quasi improvvisato.
“Avremmo voluto portarti in un posto un po’ più divertente, magari a Las Vegas, ma abbiamo avuto un po’ di problemi con il budget.” confessò Lisa, guidandole tra i tavoli.
“Oh non preoccupatevi.” rispose Blair, con una risatina. “Questo andrà benissimo.”
Si sedettero ad un tavolino, Blair e le altre che continuavano a ridacchiare come delle scemine per tutto il tempo, mentre Maka si chiedeva cosa avesse fatto di sbagliato nella sua vita per meritarsi una tale punizione.
“Allora, che cosa ordiniamo?” fece Arisa guardandosi intorno in cerca di un cameriere.
Maka non fece un granché caso a cosa risposero le altre, guardandosi ancora intorno sempre più agitata.
Al contrario di come aveva pensato all’inizio, un palo c’era con tanto di spogliarellista donna appesa. Si accorse che dopotutto tra la clientela c’erano anche molti uomini.
Lisa doveva aver notato la sua espressione perplessa, perché le mostrò un sorretto accompagnato da un’alzata di spalle.
“Così hanno il doppio del guadagno, no?” commentò con semplicità. Maka non disse nulla, sconcertata.
“Maka, tu cosa prendi?” la richiamò Arisa, distraendola.
“Uh…” Maka lanciò un’occhiata veloce a Blair, che però aveva ormai iniziato a parlare con Lisa e non le stava prestando attenzione. “Preferirei non bere.” disse con tono incerto.
Arisa strinse le labbra e scosse il capo scontenta.
“Ti piace il tè freddo?” le chiese all’improvviso.
“Sì.” Maka annuì. Non che normalmente bevesse un granché, effettivamente, ma in quella situazione non le sembrava proprio il caso.
Quando Arisa si allontanò per ordinare, Maka si voltò nuovamente verso le altre accorgendosi che proprio sull’estremità del palco vicino al loro tavolo un uomo con un ridicolo vestito da cowboy aveva iniziato ad esibirsi in un’imbarazzantissima danza da spogliarello. E come se non bastasse quelle matte di Blair e Lisa lo stavano incitando a gran voce.
“Oh mio dio.” mugolò Maka, appoggiandosi stancamente al tavolo. Stava provando imbarazzo e mortificazione a livelli assurdi.
Quando Arisa tornò al tavolo con i loro bicchieri, il ballerino si era già tolto la camicia e si stava levando i pantaloni a strappo, iniziando poi a rotearli in aria.
“Vai bello!” gridò Lisa tutta entusiasta, lanciandogli una banconota.
Maka la fissò basita, senza sapere cosa fare, mentre Arisa le metteva un bicchiere di tè sotto il naso. Un attimo dopo stava esultando anche lei verso lo spogliarellista.
Maka vide i pantaloni dell’uomo volare e tornò a guardare insistentemente il suo bicchiere. Aveva uno spicchio di limone e due cannucce infilate tra i cubetti di ghiaccio. Lo assaggiò.
Mentre il ballerino continuava a dimenarsi sul palco, ormai vestito soltanto con i suoi slip fosforescenti, il cappello e gli stivali da cowboy, Maka arrivò alla conclusione che quello che stava bevendo non fosse un semplice tè freddo.
Non sapeva che drink fosse, ma il sapore alcolico era bello forte. In ogni caso continuò a berlo perché era buono e perché forse affrontare quel supplizio con un semplice tè sarebbe stato troppo. Non aveva comunque intenzione di ubriacarsi.
Blair provò a contagiarla con il suo entusiasmo, scuotendole il braccio più volte o semplicemente girandosi verso di lei, mentre rideva istericamente. Maka si limitava a sorriderle o nascondersi dietro il suo bicchiere, guardandola agitarsi davanti al ballerino. Muoveva il capo e batteva la mani a tempo di musica, gridandogli incitamenti insieme a Lisa. Maka si ritrovò a fissarle con aria agghiacciata mentre gli infilavano qualche banconota nell’elastico degli slip. Sconcertata, sorseggiò ancora il suo drink misterioso.
Quando il ballerino annunciò sopra la musica che aveva bisogno di una volontaria, Maka gemette, con una smorfia. Bevve un altro sorso e poi iniziò ad abbassarsi preoccupata, scivolando sulla sedia. Ripensò a tutte le volte che aveva visto Soul o Liz o qualunque altro dei suoi compagni di scuola fare quella stessa danza, cercando di non farsi notare dall’insegnante di turno, e pensò a quanto fossero ingenui a preoccuparsi per cose futili come la scuola, quando lei stava venendo traumatizzata a vita da un uomo che ballava mezzo nudo, agitando furiosamente il bacino nella loro direzione.
“Blair!” esclamò Lisa, spingendo la ragazza verso il palco. “La sposa è la volontaria!”
Blair stava ridendo come una matta. Finì il suo cocktail, un bicchierone di liquido rosato con degli ombrellini decorativi, e si fece largo fino al palco. Considerato il top di pizzo nero (più un reggiseno che altro) e i cortissimi pantaloncini che stava indossando, non risultava molto fuori posto.
“Ti devi sposare?” le chiese il ragazzo, e Maka vide Blair annuire con un sorrisino.
“Domani! Questo è il mio addio al nubilato!” spiegò con voce stridula. Sembrava ancora più euforica e per niente imbarazzata dalla situazione.
Lo spogliarellista parve prendere la notizia con molto entusiasmo, afferrando la mano di Blair e guidandola davanti a sé.
Davanti agli occhi esterrefatti di Maka, Blair iniziò a ballare insieme all’uomo, agitandosi come se non ci fosse un locale intero a guardarli.
Maka si portò le mani alla testa, ignorando le urla di esortazione di Lisa che continuava a lanciare soldi, apparentemente decisa a svuotarsi il borsellino. Si guardò intorno sconcertata e si accorse che Arisa era sparita, lasciando soltanto il bicchiere vuoto sul tavolo.
Si chiese dove fosse, poi si rese conto che non le interessava. Con un altro sorso del suo misterioso drink continuò ad osservare il ridicolo balletto di Blair e il cowboy nudista con uno strano senso di disapprovazione mista a curiosità. In un certo senso, si poteva dire che fosse divertente da vedere, estrapolato dal contesto.
Lisa si era alzata in piedi e ormai era sporta sul palco, ridendo a crepapelle tra un sorso e l’altro del suo cocktail. Ne aveva ordinato un secondo, o forse un terzo, ma effettivamente Maka non avrebbe saputo dire quando fosse successo.
Guardò ancora l’assurdo spettacolo sul palco, quasi ipnotizzata. Era come se non riuscisse a smettere di fissarli, nonostante lo sconcerto. Scosse il capo con una leggera smorfia, mandando giù un altro po’ della sua bevanda, e lasciò finalmente vagare lo sguardo altrove.
Si girò leggermente spaesata, e si ritrovò ad osservare una donna in biancheria stile burlesque che ballava intorno al palo che aveva visto prima, qualche metro più in là. Ignorò la fila di uomini che le sbavavano davanti, e che normalmente le avrebbe fatto scuotere il capo con aria ripugnata, concentrandosi sui movimenti della ballerina.
Effettivamente, per stare appesi in quel modo, servivano di certo degli addominali massicci. Mentre beveva ancora dal suo bicchiere, pensò che forse quella tipa avrebbe avuto abbastanza muscoli e agilità per poter combattere con facilità.
Si rese conto di aver fatto un pensiero molto da Black Star e l’idea la fece ridere.
Quando Blair tornò a sedersi con loro, tutta rossa per il movimento o per l’alcool, o forse tutti e due insieme, Maka stava ancora ridacchiando.
Nonostante non fosse stata lei a salire sul palco a ballare, Lisa era completamente spettinata, anche lei paonazza, e continuava a sbellicarsi dalle risate.
“Accidenti, avrei dovuto fare un video!” esclamò con quel poco di fiato che riuscì a prendere. “Blair devi rifarlo, così ti filmiamo!”
Blair scoppiò a ridere a sua volta.
Maka le osservò confusa. Non capiva davvero perché stessero ridendo così, ma erano buffe, in un certo senso.
Si rese conto che il fastidio e l’agitazione che aveva provato fino a un’ora prima sembravano essere sfumate ad una vaga sensazione di fondo che ora non le sembrava tanto importante.
Guardò il suo drink, ormai a metà. Qualsiasi cosa fosse era bello potente, forse avrebbe dovuto berlo più lentamente.
Negli ultimi anni, Maka aveva assistito alla prima sbronza di Black Star (ed era stata patetica), ai postumi di quella di Soul, e ai racconti di quella di Liz. Era abbastanza sicura di stare assistendo alla sua, a quel punto, e il fatto che stesse succedendo in un locale del genere la irritava un po’.
“Hey Blair! Tu sei una barista.” fece con voce rauca. “Come si chiama questo?”
Le agitò il bicchiere sotto il naso e Blair le afferrò la mano per tenerlo fermo e osservarlo attentamente.
“Mi sembra un Long Island Iced Tea.” rispose con aria vagamente professionale.
“È una bomba!” commentò Maka con una vaga smorfia, prima di continuare a informarsi. “Ma c’è davvero tè dentro?”
Blair e Lisa ripresero a ridere.
“No.” fece la prima, scuotendo il capo. “Però sembrerebbe, vero?”
Maka si ritrovò ad annuire e ridacchiare con lei, affascinata da quella scoperta.
Sorseggiò ancora la sua bevanda.
In quello stato aveva quasi l’impressione di poter affrontare qualsiasi cosa col sorriso. Forse avrebbe dovuto averne un bicchiere anche per il matrimonio. O per affrontare la conversazione che avrebbe dovuto avere con Soul.
Si raddrizzò sulla sedia, improvvisamente colta da un’illuminazione.
“Non ho mai detto a Soul che mi piace!” si lamentò, tirando fuori il suo cellulare dalla borsa.
Blair sembrava bloccata in un’eterna risata senza fine, mentre Lisa ormai non prestava più attenzione a loro, impegnata ad incitare un nuovo ballerino.
“Che cosa vuoi fare?” le chiese Blair, con voce stridula.
Maka non lo sapeva esattamente. Aveva pensato di mandargli un messaggio ma non sapeva cosa scrivergli.
Lasciò andare il telefono sul tavolo e guardò Blair corrugando la fronte.
“Mi ha baciato!” annunciò a voce più alta di quanto avrebbe voluto.
Blair reagì come se le avessero dato la notizia migliore dell’anno. Lanciò un urletto stridulo e le afferrò una spalla, iniziando a scuoterla con forza.
“Te lo dicevo, quello è innamorato perso di te!” gridò tutta entusiasta. Maka avrebbe preferito che non si facesse sentire così tanto dagli altri, ma non le importava abbastanza da dirglielo.
“Sì, ma poi siamo venute qui e io non gli ho detto niente.” spiegò, poggiando stancamente il mento sul palmo della mano. “Magari adesso pensa che io non voglio stare con lui.”
“Non dire cavolate!” Blair le diede una spintarella sulla spalla, facendole spostare violentemente il braccio su cui si stava reggendo.
“Beh, magari se ne sta convincendo.” continuò Maka, risistemandosi di nuovo coi gomiti sul tavolo. “Magari sta già superando la cosa.”
Nella sua testa si dipinse una terribile immagine di Soul che le diceva di dimenticarsi tutto, che ormai non era più interessato.
“E poi anche la nostra amicizia verrà rovinata!” ormai era sull’orlo della disperazione, in preda alle sue disastrose fantasie. “È il mio migliore amico, non voglio rovinare il nostro rapporto!”
Blair rise un altro po’ e la afferrò per le spalle.
“Tesoro, ti stai facendo prendere giusto un pochino dal panico.” le disse, provando a rassicurarla. Forse avrebbe funzionato meglio se non stesse ancora ridendo. “Non è passato neanche un giorno.”
“Sì, ma gli devo dire qualcosa subito!” ribatté Maka, afferrando di nuovo il telefono con frenesia.
“Che cosa vuoi dirgli?” fece Blair, divertita.
Maka la fissò perplessa. “Non lo so! Cosa gli posso dire?”
Blair sembrò ragionare su una risposta valida.
“Digli che ti piace il suo culo.” sghignazzò, bevendo un altro lungo sorso del suo nuovo cocktail (di nuovo, Maka non sapeva quando lo avessero ordinato).
“Blair, no!” si lamentò indignata. “Non sono mica te!”
Si accorse un secondo troppo tardi che non aveva detto una cosa troppo carina, ma Blair scoppiò a ridere, per niente turbata.
Era vero che si sentiva come se stesse bevendo coraggio liquido, ma non era assolutamente al livello di fare cose simili. Voleva scrivergli qualcosa di meno diretto o banale, qualcosa di più… sofisticato.
Sbuffò seccata, guardando sul display la conversazione tra lei e Soul. L’ultimo messaggio che gli aveva mandato era quello in cui lo avvisava che sarebbe passata da lui prima di quella festa. Sembrava passata quasi un’eternità.
Si mordicchiò il labbro e, presa da un’improvvisa ispirazione, scrisse qualche parola, premendo subito invio prima di poter cambiare idea. Dopodiché bloccò il telefono e lo gettò nella borsa, come se avesse paura di vedere una possibile risposta.
L’idea che fosse notte fonda e che lui fosse ancora stanco morto dalla gita, e quindi probabilmente già nel mondo dei sogni, non la sfiorò minimamente.
Blair stava chiedendo dettagli sul messaggio, quando due ragazze si piazzarono davanti al loro tavolo.
“Chi non muore si rivede!” esclamò la più alta.
Maka la osservò confusa. Era una tipa strana, coi capelli a caschetto, tinti di fucsia, e un viso antipatico allungato. Aveva una maglia corta che lasciava scoperta la pancia, mostrando uno strano tatuaggio intorno all’ombelico. Dopo qualche secondo speso a scrutarlo, Maka si rese conto che sembrava rappresentare dei baffi di un qualche animale, tipo un gatto o un topo.
“Mizune! Che ci fai qui?” chiese Blair, storcendo il naso.
“Che ci fai tu, piuttosto.” ribatté quella, mettendo le mani sui fianchi. “Mi avevano detto che stavi giocando a fare l’allegra sposina con un uomo più grande.”
Maka le lanciò un’occhiataccia. Che problemi aveva questa?
Passò ad osservare anche la sua amica, che sembrava voler essere ovunque tranne che lì, una ragazza minuta con dei lunghi capelli lisci di un celeste chiarissimo e una familiare faccia da rana. Maka era sicura di averla già vista, ma non ricordava dove.
Blair si alzò in piedi, scrutando con astio Mizune.
“Si da il caso che domani io mi sposi.” affermò a testa alta. “Questo è il mio addio al nubilato, perciò gira al largo.”
L’altra sembrava assolutamente basita. Scacciò la sorpresa con un’irritante risata beffarda.
“Ti sposi?” ripeté, scettica. “Hai davvero trovato un idiota che si è fatto incantare da te?”
Maka grugnì leggermente. Papà era senza ombra di dubbio un idiota, per tanti motivi, ma non le sembrava il caso che una sconosciuta si mettesse a insultarlo così.
Blair sembrò perdere del tutto le staffe, abbandonando la sua caratteristica allegria, e si sporse in avanti pestando le mani sul tavolo.
“Senti, faccia da topo, non ho intenzione di stare qui a sentire i tuoi deliri su cosa pensi di me o della mia vita!” sbottò, improvvisamente aggressiva. Maka non l’aveva mai vista così. “Non ti azzardare a insultare il mio fidanzato mai più, o ti strappo tutti i capelli dalla testa, così non li torturerai più con le tue tinte da quattro soldi. Hai una ricrescita chilometrica, tra l’altro!”
Maka la fissò ammutolita. Proprio qualche tempo prima si era chiesta come sarebbe stata Blair da arrabbiata e adesso eccola lì, ad insultare una tizia in un night club, difendendo Spirit tutta indignata.
“Ah sì? Vediamo che sai fare, sgualdrina! Tira fuori gli artigli!” sputò Mizune, ormai furibonda. “Elka, tienimi la borsa.”
Elka.
Quel nome lo conosceva.
Maka la guardò di nuovo, osservò il suo vestito a pois e poi di nuovo la sua faccia, mentre faceva una smorfia in direzione dell’amica. E poi le tornò in mente.
“Io ti conosco!” aveva esclamato, senza neanche rendersene conto, sovrastando la lite di Blair e Mizune. “Tu hai fatto un tirocinio nella mia scuola, due anni fa. Con la professoressa Gorgon!”
Elka sbiancò e spalancò gli occhi a quel nome.
“Oh mamma, tu sei una dei suoi studenti?” gemette, allarmata.
Blair lanciò un’occhiata curiosa prima all’una e poi all’altra. “Chi?”
“Medusa!” spiegò Maka con un sorrisetto. “Quella di cui stavano parlando papà e Stein.”
Blair strinse gli occhi pensierosa, poi si voltò di scatto verso Elka con aria preoccupata.
“Cielo!” esclamò, apparentemente avendo dimenticato la furia nei confronti di Mizune. “Maltrattava anche te?”
Elka fece una smorfia.
“È stato l’anno peggiore della mia vita.” spiegò con un lamento. “Ero praticamente la sua schiava, mi trattava come uno zerbino!”
Mizune sembrò abbandonare momentaneamente lo spirito combattivo e si riprese la borsetta con un sospiro.
“Mi mandava persino a fare le sue commissioni. Dovevo pagarle le bollette, farle la spesa… di certo non facevo il lavoro di una tirocinante.” continuava Elka, che ormai sembrava aver bisogno di continuare a sfogarsi. “Andavo anche a prendere suo figlio a scuola. Era alle medie, e lei diceva che le veniva male spostarsi solo per quello.”
Maka si raddrizzò sulla sedia, alla menzione di Crona.
“Quel povero ragazzino era un disastro. Non ho mai conosciuto nessuno di così ansioso.” commentò, scuotendo il capo. “Non ho neanche mai capito se fosse un maschio o una femmina.”
Sia Blair che Mizune le lanciarono un’occhiata perplessa.
“Come?”
Elka scosse il capo, ignorando il loro sconcerto.
“Ho provato a ragionare con lei all’inizio…” disse ancora, con una smorfia sconsolata. “A ribellarmi. Le ho detto che me ne sarei andata.”
“Elka noi eravamo nel mezzo di discussione.” borbottò Mizune, con un cipiglio irritato, ma l’amica non la stava ascoltando chiaramente.
“Aveva due serpenti enormi. Erano disgustosi!” esclamò all’improvviso, con gli occhi colmi di terrore. “Ha minacciato di darmi in pasto a loro. Ed erano davvero giganti, avrebbero potuto mangiarmi sul serio! Ero terrorizzata!”
Maka la fissò sconvolta. Quella storia le stava mettendo i brividi.
Mizune sospirò rassegnata e posò una mano sulla spalla dell’amica.
“Va bene, andiamo a bere.” mugugnò trascinandola via, non senza lanciare un’occhiataccia a Blair.
Lei la scrutò a sua volta in cagnesco, mostrandole i medi di entrambe le mani. Ma prima che potesse ottenere una qualsiasi reazione, Arisa comparve finalmente dal nulla e afferrò Blair per un braccio.
“Ragazze, andiamo via!” annunciò, sporgendosi a raccattare Lisa che non si era accorta nemmeno della lite, ancora impegnata a infilare soldi nelle mutande degli spogliarellisti. “Su, facciamo un giro in macchina!”
Blair si lamentò, ma non era decisamente in condizione di opporsi e finì per farsi trascinare insieme a Lisa.
Maka si alzò per seguirle, notando che effettivamente la testa le girava un po’, e salutò Elka prima di andare via. Soltanto Elka perché Mizune non le piaceva per niente.
Quando furono di nuovo all’aria aperta nel parcheggio, Blair era tornata di buon umore e rideva di nuovo con Lisa.
Maka le seguì distrattamente fino alla macchina e salì dietro Blair, accomodandosi sui sedili di pelle, mentre Arisa metteva in moto e partiva. Avevano iniziato tutte a chiacchierare, ma Maka non ci stava prestando attenzione.
Pensò ai giri in moto con Soul, alla sensazione del vento addosso. Voleva sentirlo.
Abbassò il finestrino, e solo quando fu investita in piena faccia da una folata di vento si accorse che era stato facile. Aveva dovuto soltanto premere il pulsante, altro che la manopola con lo scotch del viaggio di andata.
Maka aprì gli occhi. Non si ricordava di averli chiusi, ma non era importante in quel momento. Perché quella di certo non era la macchinetta preistorica color ruggine su cui erano arrivate, bensì un SUV di ultima generazione.
“Blair.” chiamò con un filo di voce, tutto a un tratto allarmata. “Questa non è la macchina di Arisa.”
Blair la guardò confusa, poi perlustrò l’ambiente intorno a sé, scoppiando infine a ridere.
“Ragazze, siamo entrate nell’auto sbagliata!”
Lisa venne immediatamente contagiata dalla risata, mentre Arisa scosse il capo con un sorrisetto.
“Oh no! È in prestito.” disse semplicemente.
“Di chi?” domandò Lisa, sghignazzando.
“Di uno che ho rimorchiato prima.” rispose lei, voltandosi a guardarla.
Maka si raddrizzò. Improvvisamente le sembrava di essere tornata più lucida.
“Ti ha prestato la macchina?” ripeté scettica.
Arisa ridacchiò, piegando il capo.
“Beh, diciamo più che altro che sono io che l’ho presa in prestito. Ma poi gliela riporto.”
Maka ci mise un po’ per comprendere quelle parole, prevalentemente perché quelle cretine di Blair e Lisa continuavano a ridere sguaiatamente.
“Hai rubato una macchina?!” sbottò poi, di colpo furiosa.
Arisa si girò a guardarla, ignorando completamente la strada davanti a sé e Maka sentì il sangue gelarsi nelle vene. Cercò di ricordare quanto l’avesse vista bere durante tutta la sera, ma considerando che era sparita per un sacco di tempo non ne aveva idea.
“Ho detto che gliela riporto!”
“Guarda la strada!!” sbraitò subito Maka, mentre la macchina curvava verso destra. Un attimo dopo colpirono violentemente il marciapiede con una ruota.
“Oh merda!” imprecò Arisa, raddrizzando immediatamente. “Dite che ho bucato?”
Maka deglutì, alzò il capo e prese fiato.
“Fammi scendere immediatamente da questa macchina!!” strillò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, facendo spaventare Blair che era ancora intontita al suo fianco. “Fermati, subito!”
“Dai, non fare così!” si lamentò Arisa, ma Maka non aveva intenzione di starla a sentire.
“Hai bevuto e stai guidando un’auto rubata!” la accusò accecata dall’ira. “Ferma questa maledetta macchina!”
A quelle parole anche Blair sembrò rinsavire un poco. “Arisa, fermati! Per favore.”
Arisa sbuffò e accostò. Prima ancora che potesse spegnere il motore Maka era già scesa. Sentiva lo stomaco in subbuglio e gli occhi che le bruciavano. Cercò di prendere fiato, trovandolo decisamente più difficile del solito, mentre il battito cardiaco sembrava essere impazzito. Il sangue le stava ribollendo nelle vene, e l’unico sentimento che riusciva a distinguere nel suo panico era la furia cieca. Contro quelle due pazze, contro Blair che l’aveva ficcata in quella situazione e pure contro se stessa per essersi lasciata andare nel momento meno adatto possibile.
Senza rendersene conto aveva iniziato a piangere, mentre blaterava tutto quello che le passava per la testa.
Non avrebbe mai avuto nessuno di quei problemi, se non ci fosse stato nessun matrimonio, se papà non avesse mai deciso di risposarsi, se non avesse mai distrutto la relazione con mamma. E invece aveva portato Blair a casa, sbattendole in faccia il simbolo per eccellenza del suo più grande tradimento.
“Io non ti sopportavo neanche, all’inizio.” si ritrovò a dire ad un certo punto. “Non ti sopportavo proprio. Eri tutto quello che non sarebbe mai dovuto succedere.”
Deglutì, storcendo le labbra e coprendosi gli occhi.
“Maka.” sentì Blair chiamarla in un sussurro, mentre una mano le sfiorava esitante il polso.
“Non dovresti essere così buona con me.” mugugnò, mentre le braccia di Blair la avvolgevano, facendole poggiare la testa sul suo petto. “Ho pensato cose orribili su di te.”
Ormai stava praticamente delirando. Blair le accarezzò i capelli, cercando di rassicurarla.
Passò qualche minuto, prima che Maka riuscì a calmarsi di nuovo. Blair continuava stringerla a sé, sempre ripetendo che era tutto a posto e che le dispiaceva.
Maka tirò su col naso.
“Non voglio venire arrestata per colpa della tua amica.” mormorò con una voce patetica. Si sentiva ancora uno schifo. “Scusami, ma sono pazze furiose.”
Blair ridacchiò.
“Non ci arrestano, tranquilla.” la rassicurò, prima di voltarsi verso le altre ragazze che intanto esaminavano preoccupate la ruota destra che lentamente si sgonfiava.
Oddio, avevano bucato per davvero!
“Cosa facciamo?” chiese Lisa, con una risatina nervosa.
Si guardarono tutte in silenzio per qualche secondo.
Arisa fece spallucce, riavvicinandosi allo sportello. “La riportiamo al locale e facciamo finta di niente?”
“E come gliele ridai le chiavi, senza farti scoprire?” le fece notare Blair. La botta contro il marciapiede sembrava aver fatto tornare un minimo di sale in zucca anche a lei.
“Come gliele ho prese.” rispose Arisa ammiccando, prima di provare ad aprire lo sportello. La macchina rimase chiusa. Ci riprovò.
Maka si schiarì la gola, ancora rauca per il pianto.
“È la chiusura automatica.” fece notare. Le sembrava abbastanza inutile dirlo, ma Arisa sembrava in difficoltà. “Riaprila.”
“Cosa?” Lei la guardò confusa. “Io non l’ho chiusa.”
Maka scosse il capo, irritata.
“No, le macchine nuove si chiudono automaticamente.” Perché sembrava che non avesse mai sentito niente del genere? “Anche quella di papà è così.”
Lisa emise una risatina maliziosa. “Wow, Blair. E tu lo stai sposando.”
Blair non le prestò attenzione. “Arisa, dove sono le chiavi?”
Arisa guardò nuovamente la macchina, sempre più nervosa.
“Le ho lasciate dentro! Mica potevo sapere che si sarebbe chiusa da sola!”
“Ma dove vivi?” sbottò Maka, che ormai non aveva pazienza per niente. Blair le strinse una spalla, spingendola poi dietro di sé.
“Ok, non è il caso di innervosirci.” esclamò, vedendo l’occhiata di fuoco che Arisa stava rivolgendo a Maka. “Torniamo a casa, adesso. Tanto le chiavi non gliele puoi rendere.”
Regnò il silenzio per qualche secondo. Maka sospirò, seguita da Arisa.
“Va bene, torniamo a casa.” mormorò la seconda con tono secco.
Si incamminarono in silenzio, imboccando la strada da dove erano arrivate e lasciandosi l’auto alle spalle.
Maka scrollò il capo e Blair strinse appena il braccio con cui le stava ancora avvolgendo le spalle.
Dire che quella serata era stata un disastro sarebbe stato l’eufemismo dell’anno. Era ancora furiosa e come se non bastasse continuava a pensare al povero diavolo a cui avevano rubato e abbandonato la macchina a bordo strada, con tanto di ruota bucata e portiere bloccate dall’interno.
Che vita di merda.












Note:
Questo capitolo è chilometrico e paurosamente trash. Il punto è che sono passata dal non sapere cosa far succedere all'avere un sacco di idee. Spero di non avervi agghiacciato troppo con questa serie di pacchianate imbarazzanti. Ahaha
A parte tutto il tempo che ho perso facendo ricerche sul Long Island Iced Tea (perché non l'ho mai assaggiato) e la chiusura automatica nelle macchine nuove, è stato molto divertente da scrivere. Spero lo sia stato anche per voi da leggere. 
Infine, grazie mille per i commenti che mi avete lasciato! :D

A presto! :)

 

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Capitolo 17
*** I postumi della follia ***


17.I postumi della follia


Maka non somigliava per niente a sua madre. Era una cosa per cui da piccola non si dava pace, il fatto di essere così diversa da lei. Una cosa per cui, quando fu abbastanza grande da comprendere perché mamma e papà litigassero così spesso la notte, convinti che lei non li sentisse, stava davvero male. Si chiedeva se quando mamma la guardasse in faccia riuscisse a vedere soltanto gli occhi di papà sul suo viso. Da più grande, si era chiesta se forse non fosse stato proprio quello a spingerla così lontano da lei.
Ogni volta che la vedeva, Maka non faceva che pensare a quanto fosse bella senza sforzo, anche mentre le parlava di quanto lavoro avesse da fare, di quante commissioni dovesse sbrigare, guardando il suo orologio da polso con la fronte corrugata perché non aveva mai abbastanza tempo.
Maka voleva dirle di fermarsi, di prendersi un momento di pausa, ma allo stesso tempo ammirava quella sua assurda tenacia che la faceva brillare in tutto quello che faceva. E così si ritrovava sempre ad osservarla con un sorriso affascinato. Proprio come in quel momento.
Mamma la guardò inarcando un sopracciglio, le chiese perché stesse sorridendo.
Maka si strinse nelle spalle e fece per rispondere.
Sentì un peso sulla pancia. Si accorse che era un braccio, si accorse di essere coricata, e le parole che stava per pronunciare si persero nella sua mente, mentre il suo cervello tornava lentamente a distinguere sogno e realtà.
All’inizio pensò a Soul, ma non ricordava di essere andata da lui quella notte. Non ricordava neanche di essersi coricata.
Quando aprì gli occhi si ritrovò ad osservare un soffitto bianco, in una stanza che mise un po’ a riconoscere. L’amica di Blair, Lisa, aveva ceduto loro il suo letto, ricordò Maka, facendosi poi ospitare a sua volta in camera di Arisa. E quella che ronfava beatamente sulla sua spalla era proprio Blair, con ancora indosso i vestiti del giorno prima e i capelli spettinati in faccia. Per una volta non aveva il suo aspetto da bambola perfetta.
Maka sbadigliò e si sollevò sui gomiti, spostando il braccio di Blair. Non sapeva che ore fossero, ma a giudicare dalla luce e dal rumore che veniva dalla finestra doveva essere metà mattina. Il che voleva dire che Blair avrebbe dovuto iniziare a prepararsi.
Sospirò. Il giorno del matrimonio era arrivato veramente.
Individuò la sua borsa e la raggiunse, frugandoci dentro in cerca del telefono.
Quando lo afferrò, ebbe una fugace impressione di aver fatto qualcosa di stupido la sera prima. O meglio, qualcosa che riguardava il suo cellulare e che in quel momento le sfuggiva. Perché la verità era che Maka aveva fatto tante cose stupide quella notte, come abbassare la guardia e continuare a bere quel dannatissimo drink.
Guardò il display con una smorfia.
“Blair.” chiamò, tornando a sedersi sul letto. “È ora di alzarsi. Devi prepararti.”
Blair non parve sentirla. Continuava a dormire profondamente e Maka sbuffò seccata.
“Svegliati!” esclamò, scuotendole la spalla.
Blair mugugnò insensatamente e provò a coprirsi il viso con le mani.
“No! È tardi! Sveglia!” continuò Maka, allontanandole le braccia e facendola piagnuccolare.
“Abbassa la voce.” si lamentò lei.
Maka alzò gli occhi al cielo. Ed ecco che la sposa stava facendo i conti con la sbronza della notte precedente.
Al contrario, doveva ammettere che, per quanto si fosse comunque intontita, Maka non stava subendo conseguenze di nessun tipo, se non un profondo rimorso. Ma dopotutto la sua non era neanche stata una vera e propria sbronza, aveva bevuto abbastanza per diventare un po’ euforica e non notare immediatamente di essere stata coinvolta in un furto d’auto.
“Blair, dai.” chiamò di nuovo. “Sono quasi le dieci. Ti devi iniziare a preparare.”
Blair sembrò ascoltarla questa volta. Si sistemò a pancia in su e aprì finalmente gli occhi, lanciando poi un’occhiataccia alla finestra come se l’avesse offesa personalmente.
Spostò lo sguardo su Maka.
“Buongiorno.” la salutò con voce debole.
Maka ricambiò il saluto, con un minuscolo sorriso.
“Possiamo stare così ancora per un po’? Poi giuro che mi alzo.” fece Blair, ancora in un sussurro assonnato.
Maka si sistemò a fianco a lei, poggiandosi alla testiera del letto. “Solo cinque minuti.”
Sentì Blair ridacchiare, per niente turbata, e si ritrovò a pensare a quando quella notte l’aveva abbracciata, mentre lei sputava fuori veleno diluito con le lacrime.
Si mordicchiò il labbro.
“Ho detto delle brutte cose, stanotte.” mormorò Maka, rompendo il silenzio che era calato. “Mi dispiace.”
Blair le afferrò la mano e gliela strinse.
“Non preoccuparti.” le disse, con un minuscolo sorriso. “Lo so che all’inizio mi odiavi.”
Maka si morse l’interno della guancia. Non era esattamente così, ma non poteva negare di aver provato una certa ostilità nei suoi confronti. Sospirò.
“No.” mormorò poi, scuotendo appena il capo. “Ero arrabbiata con papà. Odiavo quella situazione, perché ce l’avevo con lui. Tu eri…” sospirò, corrugando la fronte in cerca delle parole adatte.
“Il tradimento più grande di Spirit.” concluse Blair, ripetendo ciò che Maka stessa aveva ammesso quella notte. “Io non so cosa voglia dire avere i genitori separati, ma lo capisco che questa non è una situazione facile da accettare.”
Maka la guardò, non sapendo bene cosa dire. Quella conversazione avrebbero dovuto averla molto prima forse. Ripensò a quel pomeriggio di tanti mesi prima, quando dopo il suo litigio con Soul era stata proprio Blair a ricordarle l’importanza del riconoscere i propri errori.
“Mi dispiace.” le disse quasi timidamente. “Ero sempre arrabbiata e sono stata cattiva con te.”
Blair ridacchiò, stringendole ancora la mano affettuosamente.
“Non sei stata cattiva, Maka. Non mi aspettavo che mi avresti accettato dall’oggi al domani e di certo non pretendevo di piacerti dal primo giorno. Però mi hai comunque dato una possibilità, mi hai lasciato entrare nella tua vita e guardaci ora.” concluse Blair, sorridendole raggiante. “Insomma, mi sento un schifo, in questo momento, ma ho te vicino.”
Maka si lasciò sfuggire una risata, incrociando le gambe sul materasso. Si era tolta dal petto un peso che non aveva neanche notato di portare.
“Come va la testa?” le chiese dopo una pausa.
Blair emise un lamento abbastanza eloquente in risposta, affondando di nuovo il capo sul cuscino. “Tu?”
Maka fece spallucce. “Io sto bene.”
Blair sospirò. “Forse avremmo dovuto far guidare te ieri.”
Maka stirò le labbra in una smorfia. Era vero che si era rivelata ancora abbastanza padrona di se stessa, al contrario delle altre, ma sicuramente non sarebbe stato il caso di mettersi a guidare.
Alla fine a casa erano tornate a piedi, prevalentemente perché Maka si era rifiutata di salire in macchina con Arisa nuovamente al volante e Blair aveva insistito per far andare tutte con lei.
Scosse il capo, leggermente irritata al ricordo delle disavventure di quella notte.
Blair si mise seduta, provando inutilmente a domare la sua chioma.
“Quando mi sono svegliata ero completamente disorientata, non capivo dove ero.” commentò con uno sbadiglio.
“Anch’io.” rispose Maka ancora sovrappensiero. “All’inizio ho pensato di essere da…”
Si bloccò immediatamente, mordendosi il labbro.
Blair le lanciò un’occhiata penetrante, con un sorrisetto sulle labbra. Improvvisamente aveva l’aria di essere a conoscenza di tutti i suoi segreti più oscuri.
“Sì?” la incalzò, con una risatina.
Maka deglutì, con gli occhi spalancati. Scosse il capo, con un sorriso nervoso.
“Lascia stare.” tentò, pur sapendo che fosse completamente inutile.
Blair schioccò la lingua e sghignazzò un altro po’.
“È da Soul che vai, quando esci la notte, vero?” chiese poi, andando dritta al dunque.
Maka sospirò. Avrebbe dovuto immaginare che Blair l’avrebbe capito. Dopotutto non c’erano molte alternative su dove potesse aggirarsi alle prime ore del mattino in pigiama.
Annuì, evitando lo sguardo sicuramente divertito di Blair.
“E suppongo che la scusa sia per evitare di sentire rumori molesti, se così vogliamo chiamarli, dalla nostra camera?” continuò Blair, con aria complice.
“Non è una scusa! È la ragione, semmai!” ribatté Maka scrollando le spalle e facendola ridacchiare.
“Avresti potuto dirmelo!” disse lei a quel punto.
“Oh, tanto succedeva anche prima.” si lamentò Maka, pentendosene subito dopo. Blair però non sembrava particolarmente disturbata, anzi continuava a ridere. L’idea di Spirit con altre donne non sembrava infastidirla, ma considerando le circostanze in cui si erano conosciuti forse era anche normale.
“Non lo dici a papà, vero?” fece Maka, con tono incerto.
Blair la guardò stupita, prima di scoppiare a ridere sguaiatamente.
“Stai scherzando? Vuoi fargli venire un infarto prematuro?” esclamò, con una vocina stridula.
Maka sentì il volto invaso dal calore. Doveva essere senza dubbio arrossita.
“Ma cosa ti stai immaginando?” accusò, imbarazzata.
Blair scosse il capo.
“Il punto è cosa si immaginerebbe lui!” esalò, prima di sciogliersi in altre risate.
Maka si coprì il volto in imbarazzo, suo malgrado lasciandosi andare anche lei a ridere. Effettivamente papà sarebbe stato in grado di immaginare le peggiori cose in una situazione simile. E probabilmente non si sarebbe più limitato alle occhiatacce nei confronti di Soul.
Blair le sorrise ancora, ammiccando, e si alzò finalmente dal letto.
Si stiracchiò e poi scrollò stancamente le spalle, con un grugnito.
“Tutte queste risate mi stanno facendo male alla testa.” gemette, portandosi una mano al viso. “E mi sento come se dovessi vomitare anche lo stomaco.”
Maka la raggiunse immediatamente. “Allora, magari, è il caso di andare in bagno.”
L’ultima cosa che voleva era ritrovarsi a pulire il contenuto dello stomaco di Blair dal pavimento. Tra l’altro dubitava che le padrone di casa fossero in condizioni migliori.
“Oh, non ancora.” precisò Blair, cercando di tranquillizzarla.
Sembrava stordita, ma non proprio sul punto di rimettere. Comunque Maka si disse che non appena avesse assunto un colorito più verdastro l’avrebbe trascinata di peso fino al water.
Il salotto era in penombra, le tende chiuse sulle finestre che oscuravano l’ambiente. Non ci fu bisogno di chiedersi il motivo, Lisa accasciata sul tavolo con un paio di occhiali da sole sul naso era abbastanza come risposta.
“Hey.” salutò debolmente. “Ho messo a bollire l’acqua per il tè. Volete una pastiglia?”
Sembrava ancora più stordita della notte precedente.
“Arisa dorme ancora?” chiese Blair, prendendo posto vicino a lei.
“No, è andata a riprendere la macchina.” spiegò Lisa, prima di posare delicatamente una mano sul braccio di Maka. “Potresti gentilmente controllare il pentolino?”
La colazione si svolse per lo più in silenzio, con Lisa sempre in modalità da losca spacciatrice di paracetamolo e Blair che mangiò a malapena, nonostante Maka insistesse per farle mettere qualcosa sotto i denti.
Quando Arisa tornò a casa, Blair era già sotto la doccia e Maka stava aiutando Lisa a sgomberare il tavolo e tirare fuori ogni utensile possibile e immaginabile per trucco e parrucco.
“Stiamo già iniziando i preparativi?” fece, gettando con mala grazia la sua borsa su una poltrona. Pareva irritata.
Lisa annuì e poi le lanciò un’occhiata curiosa. “Tutto a posto con la macchina?”
Arisa fece spallucce, affondando sul divanetto.
“Cosa dovrebbe avere?”
“Non saprei, è rimasta tutta la notte lì.” commentò Lisa, finalmente sollevandosi gli occhiali da sole sulla testa. “Non è esattamente il primo posto in cui lascerei un’auto, normalmente.”
Arisa sbuffò, scettica. “Figuriamoci.”
Maka non disse niente, ma era perfettamente d’accordo. Chi mai avrebbe rubato un simile catorcio? Neanche partiva sempre.
“Se qualcuno la prendesse, forse mi farebbe anche un favore.” borbottò secca Arisa. Poi sembrò rimuginare sulla questione. “Dovrei fare un’assicurazione anche per furto. Quanto mi daranno se me la rubano?”
Maka le lanciò un’occhiata sconcertata. Stava pianificando di farsi rubare l’auto apposta?
Lisa ridacchiò scacciando le parole dell’amica con un gesto della mano.
“Non è che sei passata dove abbiamo lasciato l’altra macchina ieri?” chiese poi, con un’altra risatina. “Io ricordo a malapena come ci siamo finite.”
Maka storse le labbra in una smorfia.
Arisa sbuffò, nuovamente irritata.
“Sì, ho dovuto fare quella strada.” sbottò acida. Quando Lisa la guardò curiosa, esortandola a continuare, arricciò il naso. “Ho beccato proprio il momento meno adatto possibile. Ho cercato di passarci più lontana che potevo perché avevo paura che mi avrebbe riconosciuto.”
“C’era il padrone?” chiese Lisa, divertita. “L’aveva già trovata?”
Maka si chiese se avesse passato tutta la notte in cerca dell’auto o se l’avesse trovata prima la polizia.
“Sì.” borbottò Arisa, scivolando sempre di più sui cuscini del divano. “E i pompieri.”
“I pompieri?” ripeté perplessa Lisa. Doveva avere proprio i ricordi confusi.
“La macchina si è chiusa con le chiavi dentro.” le ricordò Maka, con voce cupa.
Arisa la guardò infastidita e Maka ricambiò con altrettanto astio. Se voleva dire qualcosa che lo facesse pure, sarebbe comunque stata in torto marcio.
Lisa sembrò ricordare improvvisamente gli avvenimenti di quella notte.
“Oh cavolo!” esclamò, con una mano davanti alla bocca. “Abbiamo anche bucato una ruota?”
“Sì.” sibilò Maka, sempre pronta ad un eventuale scontro con Arisa, che continuava a lanciarle occhiatacce.
“Merda!” esclamò Lisa, prima di ridacchiare nervosamente. “Praticamente non ricordo quasi nulla di cosa è successo dopo che il cowboy si è tolto i pantaloni.”
Maka sospirò stancamente. Purtroppo lei ce l’aveva tutto marchiato a fuoco nella mente, invece.
“Cacchio, c’era anche la polizia?” fece a quel punto Lisa, il sorriso che si trasformava in una smorfia. “Insomma, ti sembrava che stessero indagando?”
Arisa la scrutò confusa, le sopracciglia corrugate.
“Stavano cercando di aprirla in quel momento.” borbottò secca. “Di che hai paura?”
“Non so, magari rilevano le impronte digitali.” spiegò Lisa turbata.
Maka la fissò poco convinta. Non era un’esperta, ma rilevare le impronte digitali avrebbe richiesto sicuramente un ulteriore lavoro che non le pareva valesse la pena fare per una macchina che, pneumatico a parte, era stata ritrovata intatta.
Blair uscì dal bagno in quel momento, coperta solo da un asciugamano rosa e con i capelli avvolti in un turbante.
“Eccomi qua!” esclamò, decisamente più vitale di quando si era alzata. La doccia e le medicine spacciate da Lisa dovevano averle fatto bene.
Lisa e Arisa non sembravano ancora pronte a condividere il suo entusiasmo, visto che fecero entrambe una smorfia al suo tono di voce, intimandole di non urlare.
“Cosa sono quei musi lunghi?” bofonchiò Blair, incrociando le braccia contrariata. “La pastiglia non ha ancora fatto effetto?”
“No. E Lisa ha paura di venire incastrata dalle impronte digitali sull’auto di ieri notte.” spiegò Arisa storcendo la bocca per l’ennesima volta.
Blair scoppiò a ridere e tirò una pacca a Lisa, chiaramente non prendendo seriamente le sue preoccupazioni. Si accomodò nuovamente al tavolo, liberando i capelli dall’asciugamano e afferrando una spazzola.
“Voglio vedervi sorridere. Questa è la parte divertente.” annunciò, rifilando l’asciugacapelli a Lisa, una piastra e un ferro per capelli a Maka e lanciando un astuccio pieno di bigodini ad Arisa. “È ora di preparare la sposa!”


Il piano di Maka, inizialmente, prevedeva rimanere soltanto per la mattina e poi tornarsene a casa, riposarsi un po’ e prepararsi con calma. Ovviamente Blair l’aveva stravolto.
L’aveva convinta a farsi una doccia lì, rimanere fino all’ora di pranzo e lasciarsi truccare da loro, così una volta tornata avrebbe dovuto soltanto vestirsi.
“Ti sistemiamo anche i capelli!” aveva detto tutta entusiasta.
Quando Maka aveva provato a ribattere, dicendo che non c’era bisogno, Lisa era intervenuta contrariata.
“Sei la damigella, sarai sotto gli occhi di tutti tanto quanto gli sposi.” aveva affermato con gli occhi che le brillavano di una luce quasi inquietante. “Devi essere perfetta.”
Maka aveva pensato che con il vestito da sposa che aveva scelto Blair, nessuno avrebbe guardato come fosse truccata lei, ma non poteva mica dirlo a voce alta.
E così era finita tra le grinfie di due svitate e una sposa esaurita (tra l’altro tutte ancora impegnate a smaltire i vari malesseri post-sbronza) a cui aveva ripetuto fino alla nausea di non fare niente di troppo esagerato. Aveva iniziato ad impanicarsi quando avevano commentato sul fatto di non fare mai trucchi naturali di quel genere, ma alla fine il risultato era stato ottimo. Avevano rispettato la sua richiesta e soffocato le sue paure di finire conciata come una drag queen.
Si era fatta fare giusto un po’ di boccoli morbidi col ferro e le avevano messo qualche fiore della stessa tonalità del suo vestito sull’acconciatura.
Si congedò il pomeriggio, salutando Blair, a cui ormai mancava solo il vestito, e le sue amiche che continuavano a muoversi da una parte all’altra dell’appartamento.
Fuori dalla palazzina, Stein la aspettava seduto in macchina. Non appena Maka salì, la salutò e mise subito in moto.
“Pensavo che dovesse venire Marie a prendermi.” commentò Maka. Erano rimaste d’accordo così dalla sera prima, dopotutto.
“Sì, voleva venire, ma non era il caso.” borbottò Stein stringendo appena le labbra.
“È successo qualcosa?” chiese a quel punto Maka, confusa.
“Prima di tutto si sarebbe persa di nuovo.” rispose lui atono, con gli occhi fissi sulla strada. “Ma più che altro non è in condizione di guidare, ora come ora.”
Di nuovo? Quando si è persa?” fece Maka, preoccupata. “Aspetta, cosa vuol dire che non è in condizione…?”
“Non è niente di grave, non preoccuparti.” la interruppe Stein, placando le sue infinite domande con una mano sollevata. “Diciamo soltanto che attirerà qualche sguardo.”
Maka si chiese che diamine fosse successo. Quell’ultimo giorno si era rivelato proprio lungo per tutti.
Poco più tardi Stein parcheggiò l’auto di fronte a casa e lui e Maka percorsero il vialetto fino alla porta. Non appena entrarono si accorsero di essere finiti nel mezzo di un battibecco tra Marie e Spirit, a giudicare dal vociare che veniva dal piano superiore.
Stein sospirò e si lasciò andare sul divano, poggiando la fronte sui palmi delle mani con aria stanca. Maka si chiese se anche lui e Spirit avessero fatto le ore piccole quella notte, e si rispose immediatamente di sì. Figurarsi se papà si sarebbe lasciato sfuggire un’occasione per potersi ubriacare come se non ci fosse un domani.
Salì le scale in fretta, dando un’occhiata all’orologio. Alla fine non aveva un granché di tempo per riposarsi, sarebbe stato meglio finire di prepararsi in fretta.
Quella situazione aveva un che di surreale. Si sentiva come se dovesse partecipare ad un evento importante, sì, ma uno che non la toccava direttamente. Era come se non avesse ancora realizzato di essere arrivata al fatidico giorno. E poi ogni tanto se ne ricordava, si rendeva conto che quello era proprio il matrimonio di papà e Blair.
Se glielo avessero detto sei mesi prima, avrebbe riso a crepapelle. Anche perché sei mesi prima Blair non la conoscevano nemmeno, e questo sarebbe dovuto essere abbastanza per chiarire quanto tutta quella storia fosse assurda.
Stava per entrare in camera sua quando dalla stanza di suo padre uscì Marie, chiaramente di fretta che sbuffava nervosa. Maka la guardò in faccia e capì immediatamente di che cosa stesse parlando Stein, poco prima.
“Che ti è successo?!” esclamò, indicando la benda nera che le copriva l’occhio sinistro.
Marie la notò e le si avvicinò con un sorriso, abbandonando momentaneamente l’irritazione.
“Oh Maka, sei arrivata!” fece, sfiorandole delicatamente i capelli. “Sei già pronta a metà, vedo. Come sei bella!”
Piuttosto doveva sembrare abbastanza ridicola, con quel trucco e acconciatura eleganti abbinati alla sua semplicissima combo di tshirt, jeans e scarpe da ginnastica. Appunto, si era aspettata di tornare a casa quella mattina, dopotutto.
“Marie…” balbettò ancora Maka, sempre guardando la benda con aria sconcertata.
“Frank non te ne ha parlato?” fece Marie con un risolino nervoso. “Non è niente di grave, solo un graffio sulla cornea. Ma ho l’occhio tutto arrossato ed davvero è brutto da vedere, quindi ho messo la benda.”
“Hai graffiato la cornea?” ripeté Maka basita.
“Sì, l’addio al celibato di Spirit è finito nella sala d’aspetto del pronto soccorso.” continuò Marie, come se niente fosse. “Ma è un’abrasione molto superficiale, fra pochi giorni sarà già guarita. Non preoccuparti.”
Maka la fissava ad occhi spalancati, a corto di parole. Aveva un milione di domande e non sapeva quale fare per prima.
Marie diede un’occhiata al suo orologio da polso e si schiarì la gola.
“Poi ti raccontiamo. Per ora è meglio se finiamo di prepararci.” fece sbrigativa, riprendendo a camminare verso il bagno. “Tuo padre mi sta facendo dannare.”
Maka sospirò rassegnata e si chiuse in camera. Avrebbe fatto chiarezza su quella storia non appena fosse stata pronta.
Tirò fuori la busta trasparente con il suo vestito e la appese all’anta dell’armadio. Era arrivato finalmente il momento di farsi coraggio e indossarlo. La sua unica consolazione era che a fianco a Blair sarebbe sembrata quella più sobria, senza ombra di dubbio.
Dopo aver litigato per un po’ con la lampo, prima per aprirla e poi per richiuderla, Maka si guardò allo specchio con un sospiro. Se fosse stato di un altro colore, meno acceso, meno violento, sarebbe stato carino anche se comunque non la sua prima scelta. Ripensò ai commenti delle sue amiche, soprattutto quelli di Patty, con una smorfia. Si chiese se si stesse facendo influenzare troppo da loro.
Tornò a frugare nell’armadio in cerca delle scarpe nuove, comprate apposta per l’occasione. Non era la prima volta che le metteva, ma sarebbe stata la prima volta che le avrebbe usate per uscire di casa. Blair le aveva detto di provarle ogni tanto, così che prendessero la forma del suo piede e fossero meno dolorose. Sarebbe stato inutile, probabilmente, perché Maka i tacchi non li metteva quasi mai e non era per niente abituata a camminarci. Entro mezz’ora le avrebbero già fatto male i piedi.
Dopo aver aggiunto un paio di orecchini, un bracciale e il bouquet da polso che Blair le aveva raccomandato di mettere, Maka tornò davanti allo specchio a contemplare quella versione tirata a lucido di se stessa. Almeno quel giorno nessuno avrebbe dubitato della sua età o l’avrebbe scambiata per una molto più piccola.
Mentre cercava di infilare lo stretto necessario nella sua minuscola pochette nuova, le venne un’illuminazione improvvisa.
Uscì di corsa dalla sua stanza, cercando disperatamente una persona qualunque.
“Il bouquet!” esclamò, scendendo le scale frettolosamente e rischiando di girare il piede sui trampoli che stava indossando e rotolare giù. “È arrivato? L’hanno consegnato?”
Stein era dove l’aveva lasciato sul divano e sarebbe potuto sembrare che non si fosse mosso per niente, non fosse stato per il completo elegante che indossava ora.
“Sì, l’hanno portato stamattina.” le rispose, senza alzare lo sguardo dal telefono che stava maneggiando. “È in cucina.”
Maka individuò da lontano i fiori sul tavolo e tirò un sospiro di sollievo.
Dal piano di sopra Marie insultò papà, mentre lui si lamentava a gran voce, rompendo quel momento di tranquillità.
“Ma che sta succedendo?” fece Maka, con una smorfia verso il soffitto.
“Se ho capito bene, la cravatta di Spirit è macchiata e ne stanno cercando un’altra che stia bene col vestito.” spiegò Stein con tono vagamente annoiato.
Maka tornò a guardare lui. “E all’occhio di Marie, invece, cosa è successo?”
Stein sospirò e lasciò andare il telefono, sollevando lo sguardo spiritato su di lei. Fece per parlare ma fu interrotto da Marie che lo chiamava dal piano superiore. Alzò gli occhi al cielo, prima di alzarsi e raggiungerla.
Maka scrollò il capo con esasperazione, seguendo poi il suo padrino su per le scale. Incappò in Marie che usciva nuovamente dalla stanza di Spirit e andava in bagno, tra uno sbuffo e l’altro.
“E poi dicono che dovrebbe essere la sposa quella isterica!” stava borbottando stizzita.
Maka entrò nella camera da letto di suo padre con un sospiro. Vide Stein appoggiato svogliatamente al muro senza far niente, mentre Papà stava praticamente svuotando l’intero contenuto di un cassetto sul suo letto, ormai strapieno di cravatte, brontolando a bassa voce. Quando alzò lo sguardo su di lei si fermò, raddrizzandosi a guadarla meglio da testa a piedi.
“Maka.” fece con tono ammirato. “Sei bellissima, tesoro.”
La guardò in faccia ed eccoli, gli occhi verdi che lei aveva ereditato, che adesso le stavano rivolgendo un’occhiata piena di affetto e che brillavano sospettosamente.
“Non ti starai mettendo a piangere!” sbottò Maka bruscamente. “Non sei neanche arrivato all’altare!”
Spirit emise una risatina umida.
“È che sei meravigliosa.” le disse, prendendole le mani nelle sue. “E pensare che io ho creato qualcosa di così meraviglioso è incredibile.”
Maka lo fissò intensamente, sempre più sconcertata e a quel punto anche imbarazzata.
“Ma sei ancora ubriaco?!” accusò, non sapendo cosa pensare.
Stein non riuscì (o non provò) a nascondere il suo divertimento, sciogliendosi in una risata beffarda. Papà sembrò riprendere la calma momentaneamente.
“No, ma che dici?” si difese con un velo di indignazione. “Ma che ti ha detto quel cretino?”
Maka gli lasciò le mani, incrociando le braccia sul petto con un cipiglio nervoso.
“Niente! Nessuno mi ha ancora spiegato perché Marie ha una maledettissima benda da pirata!” sbottò lanciando un’occhiataccia prima a suo padre e poi al suo padrino.
Papà sospirò, piazzandosi al suo fianco a contemplare il disordine sul materasso.
“È stato un incidente. Effettivamente, ieri abbiamo esagerato un po’ con gli alcolici.” ammise quasi in imbarazzo, proprio mentre Marie rientrava in camera con una cravatta in mano.
“Cos’è, stai ancora male?” chiese lei, con cipiglio nervoso.
“Anche tu?” sbottò Maka, voltandosi da suo padre.
Grandioso! Adesso doveva sorbirsi anche lo sposo con i postumi della sbornia.
Maka scosse il capo, voltandosi di nuovo verso Stein, sempre in cerca di una spiegazione. Lui prese fiato e iniziò a raccontare la loro serata con tono piatto.
“Abbiamo bevuto molto ieri, così abbiamo chiamato Marie per farci venire a prendere.” spiegò, infilandosi le mani in tasca. “Ma poi Spirit ha fatto un casino perché era troppo su di giri…”
“Non dare la colpa a me!” sbottò l’interessato, difendendosi con enfasi. “Eri tu col tuo sguardo da Jack lo Squartatore che mi stavi facendo agitare!”
“Come fai a dire che avevo lo sguardo di una persona che non si sa neanche che aspetto avesse?” si informò allora Stein. Sembrava genuinamente curioso.
Spirit roteò gli occhi. “Posso immaginare che avesse un’espressione molto simile alla tua!”
“Possiamo tornare alla questione principale?” intervenne Maka, prima che divagassero ulteriormente. Stein si schiarì la gola e annuì.
“Il punto è che grazie al suo agitarsi, delle birre sono finite addosso a un tipo ed è scaturita una brutta discussione.” continuò con una smorfia.
“Una rissa?” chiese Maka.
“No.” rispose papà con un sospiro.
“Hanno iniziato tutti a lanciare tappi di bottiglie come bambini delle elementari.” si intromise Marie a quel punto con tono secco. “Io ero appena entrata nel bar.”
Maka la fissò a bocca aperta. “Ti hanno colpito nell’occhio?”
Marie si strinse nelle spalle rassegnata, rigirandosi la cravatta tra le mani.
“A quel punto abbiamo preso un taxi per andare al pronto soccorso.” raccontò Stein con un sorrisetto. “E poi un altro per tornare a casa. E all’inizio avevamo chiamato Marie proprio per non pagare una corsa.”
Maka scosse il capo incredula. “Voi siete matti!”
“Comunque se Marie fosse arrivata subito, invece di girare a vuoto chissà dove, non sarebbe successo niente.” bofonchiò Spirit con una smorfia infastidita e la sua solita delicatezza da elefante.
“Quindi adesso è colpa mia?” sbottò Marie, mettendo i pugni sui fianchi.
“È colpa del tuo senso dell’orientamento da scoiattolo!” si giustificò subito lui, sollevando le mani. Stein lo guardò pensieroso, scuotendo appena il capo.
“In realtà gli scoiattoli hanno un senso dell’orientamento abbastanza buono.” constatò con semplicità e Marie sospirò stancamente.
“Beh, allora è colpa del tuo senso dell’orientamento da… un animale con un pessimo senso dell’orientamento, ok?!” esclamò Spirit, chiaramente non sapendo più che pesci pigliare.
Maka gli lanciò un’occhiataccia, ma lui sembrava più preoccupato dello sguardo omicida che gli stava rivolgendo Marie.
“Ma l’importante è che tu stia bene.” mormorò a quel punto, deglutendo, prima di sorriderle nervosamente.
Lei lo fissò con aria truce per qualche altro secondo, prima di agitargli la cravatta davanti al naso con uno sbuffo.
“Torniamo piuttosto al tuo problema. Fra poco dovremmo iniziare ad andare all’hotel.”
Maka li stava ancora fissando tutti con aria sconcertata. Parevano abbastanza tranquilli nonostante quello che le avevano appena raccontato. Dopotutto sia Marie che Stein avevano detto che non si trattava di una ferita grave.
“Ho provato a lavarla e asciugarla in tutta fretta.” stava dicendo Marie, irritata. “Mi sembra che adesso vada bene.”
Spirit l’afferrò e la esaminò, avvicinandosi alla finestra in cerca di qualsiasi tipo di macchia.
“Se hai altro di cui lamentarti, con la cravatta ti strozzo e invece di un matrimonio celebreremo un funerale.” sputò infine Marie, lanciandogli sguardi di fuoco.
Stein le rivolse un sorriso ammirato, quasi fosse orgoglioso delle minacce della moglie.
Dieci minuti più tardi Maka si stava affrettando a portare alcune borse in macchina, così da accelerare i tempi. Si stava facendo tardi e lei sembrava l’unica consapevole. Con la coda dell’occhio vide il signor Evans uscire di casa e dirigersi verso il garage, e Maka si chiese se sarebbe riuscita a salutare Soul prima della cerimonia. Non avevano molto tempo e, in ogni caso, se non si fossero dati una mossa sarebbero arrivati molto in ritardo.
Sentì un fischio alle sue spalle e si voltò, ritrovandosi davanti proprio a Soul con addosso un completo che sembrava fatto apposta per lui.
L’aveva visto vestito elegante qualche altra volta, e come sempre si ritrovò a pensare che stesse dannatamente bene così.
Non appena i suoi occhi finirono sul suo sorrisetto malizioso, Maka ricordò con improvvisa vividezza il disgraziato momento in cui le sue dita, la scorsa notte, avevano digitato la frase “Sei il mio Mr. Darcy.” e avevano poi premuto invio, infilandola irrimediabilmente in una situazione di un imbarazzo agghiacciante.
Per un secondo si appellò alla speranza che Soul non avesse mai letto Orgoglio e Pregiudizio, prima di ricordare che era stato costretto a farlo per letteratura e che lei stessa lo aveva convinto, dicendogli che quello era uno dei suoi libri preferiti in assoluto. Per la miseria, era stata proprio lei a prestargli la sua copia!
La sua seconda speranza fu che Soul non ricordasse niente del libro, o almeno non i nomi dei personaggi.
“Miss Bennet.” la salutò con un cenno del capo e quel dannatissimo ghigno sulle labbra.
Come non detto!
Se già si sentiva in imbarazzo, il fatto che poi lui fece scorrere lo sguardo su di lei fino ai piedi e poi di nuovo al suo viso non aiutò di certo.
“Mi aspettavo qualcosa di molto meno coprente.” commentò infine, piegando appena il capo di lato. Per lo meno, il signor Evans era sparito dentro il garage, lasciandoli soli e risparmiando Maka da ulteriore vergogna.
“Avevo detto che alla fine non era così terribile.” borbottò Maka, quasi indispettita per l’imbarazzo che le stava provocando. “Si è contenuta.”
Soul scosse il capo con finta delusione. “A me era stato promesso un vestito come quelli di Blair. Questo è troppo normale.”
Ormai Maka doveva essere diventata catarifrangente. Si limitò a sbuffare.
Lui ridacchiò, dando un’altra occhiata al vestito.
“Di certo oggi non rischieresti di venire investita.” disse, riportando gli occhi suoi suoi. “Sembri un po’ una caramella.”
Maka stirò le labbra e incrociò le braccia sul petto.
“Oggi ho i tacchi.” sbottò con poca grazia.
“Lo vedo.” Soul fece un vago cenno di assenso con il capo. “Puoi parlare con gli adulti senza aver bisogno di farli abbassare al tuo livello.”
In qualsiasi altra occasione gli avrebbe mollato uno scappellotto bello potente, ma sembrava essersi sforzato di domare la sua chioma per una volta e non voleva rovinare il lavoro.
“Vuol dire che se ti schiaccio un piede ti faccio molto male.” lo minacciò con un ghigno malefico. “E ti sto avvisando!”
Soul rise e Maka si incantò a guardarlo per un momento. Era troppo carino.
Gli occhi le scivolarono sulle sue labbra e l’unico pensiero coerente che il suo cervello riuscì a formulare fu che il giorno prima proprio quelle labbra le aveva baciate e avrebbe voluto farlo di nuovo. Si chiese se valesse la pena rischiare, con Spirit che sarebbe potuto uscire da un momento all’altro.
Manco lo avesse invocato, la porta d’ingresso si aprì in quel momento e Maka si mordicchiò nervosamente l’interno della guancia.
Lei e Soul si scambiarono un’occhiata e si rese conto che probabilmente lui avrebbe voluto fermare il tempo tanto quanto lei. Gli sorrise facendo spallucce, mentre Spirit ancora discuteva di qualcosa con gli amici.
Soul ricambiò il sorriso.
“Avrei un paio di domande, ma dovrò tenerle per dopo.” mormorò divertito, e Maka immaginò si stesse riferendo al messaggio incriminato. “Ci vediamo più tardi.” si congedò a quel punto, facendo qualche passo all’indietro per poi raggiungere suo padre nel garage.
“Hai preso il bouquet?” le chiese Spirit, richiamando la sua attenzione, mentre usciva finalmente di casa.
Stein e Marie comparvero dietro di lui con i fiori in questione in mano.
“Ce l’ho io!” esclamò lei chiudendosi la porta alle spalle. “Su, andiamo.”
Venti minuti più tardi erano all’hotel, con gli invitati che iniziavano a prendere posto nella sala della cerimonia, dopo essersi avvicinati a salutarli.
Stein si sporse verso Spirit, in modo da non farsi sentire da chiunque non fosse vicino.
“Ti chiederei come ti senti nei tuoi ultimi momenti da celibe, ma questo non è il tuo primo matrimonio, quindi non avrebbe senso.” fece con un sorrisetto malefico.
Spirit si voltò a guardarlo con aria assassina.
“Chiudi quella fogna, Stein.” ringhiò contro di lui, facendolo ridere ancora.
Maka alzò gli occhi al cielo, spostando il peso da un piede all’altro. La cerimonia non era neanche iniziata e voleva già lanciare via quelle scarpe. Quanto le mancavano i suoi amati stivali.
“Damigella!” si sentì chiamare.
Fece appena in tempo a voltarsi, che Arisa che le afferrò un braccio.
“La sposa richiede la tua presenza.” esclamò, tirandosela appresso.
Si ritrovò in una delle stanze vicino alla sala, dove Blair stava dando gli ultimi ritocchi davanti allo specchio, mentre Lisa le sistemava il velo.
“Oh eccoti qui!” esclamò Blair, quando la vide dal riflesso. Si voltò a guardarla meglio. “Sei fantastica Maka!”
Maka ringraziò impacciata, prima di mostrarle il mazzo di fiori tra le sue mani.
“Ti ho portato il bouquet.”
“Grazie mille, tesoro.” fece Blair, girandosi di nuovo verso lo specchio.
Era la seconda volta che la vedeva col suo vestito da sposa e, di nuovo, Maka si chiese di che cosa si fosse fatto lo stilista prima di disegnarlo.
La parte superiore era semi trasparente, se non per il pizzo bianco che le copriva il tanto che bastava per non essere considerato topless, e il tutto poi si univa ad una gonna corta e vaporosa che le ricordava vagamente la forma di un fungo.
Maka si sforzò di ricordare come quello fosse stato comunque il più decente, dei tre vestiti che le aveva mostrato quel giorno al centro commerciale.
“Io sono pronta, ormai.” annunciò Blair, dopo essersi sistemata per l’ennesima volta i capelli. “Là fuori a che punto sono?”
“Ci siamo quasi.” rispose Maka, sedendosi e riposando momentaneamente i piedi. Le facevano comunque male.
“Allora noi iniziamo ad andare in sala. Vi chiamiamo quando siamo pronti.” propose Arisa, prima di dileguarsi insieme a Lisa.
Maka guardò Blair perplessa.
“Non dovrei iniziare ad andare anch’io?” chiese.
Blair si voltò verso di lei e le afferrò la mano.
“In realtà devo chiederti un favore.” le disse con un leggero sorriso.
Irrazionalmente, Maka pensò che le avrebbe chiesto di aiutarla a scappare.
“Non ho nessuno che mi accompagni all’altare.” disse invece Blair, e Maka capì immediatamente quale fosse il favore. “All’inizio pensavo di andarci da sola. Ma poi ho pensato di chiederlo a te.”
Quella richiesta le sembrò così dolce, un po’ per il tono quasi timido (per niente da Blair) con cui era stata formulata, un po’ per il valore non indifferente che aveva.
Maka le sorrise, stringendole a sua volta la mano e annuendo. Si ritrovò stretta tra le braccia della sposa, le narici invase dal suo profumo, e ridacchiò.
Dieci minuti più tardi erano in fondo alla sala, la musica che partiva e Blair che stringeva il bouquet, sorridendo raggiante.
Attraversarono il corridoio tra le sedie a braccetto, sotto gli sguardi incantati degli invitati (tra cui quelli sbigottiti degli Evans, chiaramente agghiacciati dal vestito di Blair), fino all’altare.
Papà le guardava sorridente, con gli occhi lucidi, ed era chiaro che stesse trattenendo le lacrime. Maka era abbastanza sicura che non sarebbe durato ancora molto.
Blair le diede un bacio leggero sulla guancia, prima di lasciarla e stringere la mano che le stava offrendo Spirit.
Prendendo il suo posto a lato, Maka li guardò sorridersi mentre la cerimonia iniziava, e si rese conto della realtà di quel momento. Si stavano sposando per davvero, e lei continuava a pensare che fosse un errore. Però notando lo sguardo sognante che avevano negli occhi, mentre si scambiavano le fedi nuziali, Maka si ritrovò a pensare che in fondo, finché erano felici e finché riuscivano a farlo funzionare, non aveva davvero importanza cosa pensasse lei. Poteva non condividere la loro scelta, ma quando l’officiante pronunciò la fatidica formula finale, dichiarando Spirit e Blair marito e moglie, Maka sorrise fiduciosa.











Note:
So che forse vi aspettavate direttamente tutto il matrimonio ma dovevo dare spazio ad alcune cose prima, in primis la conversazione tra Blair e Maka. Il resto del matrimonio (la festa per intenderci) sarà nel prossimo capitolo, dopo di che c'è solo l'epilogo. Insomma, stiamo arrivando alla fine della storia ormai. non ho ancora finito di pubblicare e già mi sto sentendo nostalgica lol
Poi, lo so che Spirit ha gli occhi blu nell'anime, ma nelle copertine dei volumi/capitoli o nelle official art Ohkubo glieli colorava di verde e mi piace l'idea che Maka li abbia presi da lui.
Comunque, spero che tra voi non si nasconda nessun esperto di scoiattoli perché quella roba del senso dell'orientamente l'ho inventata spudoratamente. xD
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie mille per le letture e per il supporto! :D

A presto!

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Capitolo 18
*** L'attacco del bouquet ***


18.L’attacco del bouquet


“Se per il tuo vestito si è contenuta, direi che per il suo è andata a briglia sciolta.” esordì Soul, rivolgendo a Blair un’occhiata stranita che fece sogghignare Maka. Si era avvicinato appena entrato nella sala, separandosi momentaneamente dalla sua famiglia.
Maka sospirò.
“Fidati, si è contenuta abbastanza anche per il suo.” gli disse, ricordando con un brivido gli altri due orrori che Blair aveva quasi scelto.
Soul corrugò le sopracciglia curioso, ma Maka si limitò a stringere le labbra e scuotere il capo.
“Comunque, cos’è successo all’occhio di tua zia?” chiese poi Soul, sempre confuso. Maka si ritrovò a ridacchiare, suo malgrado.
“Oggi sembriamo tutti matti, eh!” scherzò rassegnata, facendo ridere anche Soul. “A quanto pare ha un’abrasione all’occhio. Comunque hanno detto che dovrebbe passarle nel giro di due giorni o giù di lì.”
Soul storse le labbra in una smorfia, probabilmente immaginando il dolore della ferita, ma non disse nient’altro. Maka lo osservò con aria assente per qualche istante.
Tutti matti, aveva detto scherzando. Il punto era che di certo gli invitati non avrebbero dimenticato facilmente quel matrimonio, soltanto per la stravaganza del corteo. Prima di tutto c’erano Blair, il suo vestito psichedelico e lo sposo troppo emozionato dalla lacrima facile. Poi avevano il testimone con l’amichevole sorriso da serial killer e la moglie pirata, le amiche svitate della sposa, che definivano l’aggettivo inappropriato in ogni sua accezione, e infine lei, la damigella a un passo dal vincere l’Oscar per la migliore performance per tutti i sorrisi preimpostati che aveva tirato fuori per le foto e per tutte le volte che si era trattenuta dal roteare gli occhi nelle ultime due ore (prevalentemente durante gli scatti in questione).
Effettivamente non ci si sarebbe potuto aspettare niente di molto diverso, visti gli individui. Spirit e Blair erano abbastanza strani presi singolarmente e insieme non facevano che accentuare le reciproche peculiarità (forse peculiarità era un po’ generoso, ma quello era un giorno di festa d’altronde). Maka ne aveva avuto l’ennesima conferma quando li aveva sentiti parlare, mentre si recavano nella sala del ricevimento, dei rispettivi malesseri mattutini.
“Ieri ci siamo andati abbastanza pesanti, stamattina ho anche vomitato.” aveva bofonchiato Spirit con un sospiro.
Blair si era illuminata.
“Anch’io.” aveva ridacchiato, rivolgendogli uno sguardo sognante immediatamente ricambiato da lui.
Maka li aveva scrutati con sconcerto, ritrovandosi a scuotere il capo sconsolata. Erano incredibili!
E lei che si era convinta che Blair si fosse ripresa soltanto grazie alla doccia.
Soul la riportò al presente con una leggera gomitata, distraendola dai suoi pensieri.
“Mi sa che ti vogliono.” le fece notare, gli occhi puntati sull’altro lato della sala.
Seguendo il suo sguardo, Maka si ritrovò a ricambiare le occhiate curiose delle amiche di Blair e il sorriso della sposa stessa che agitava la mano nella sua direzione, facendole cenno di avvicinarsi.
Maka si raddrizzò, schiarendosi la gola.
“Probabilmente mi vuole presentare ad altri dei suoi strani amici.” constatò con aria rassegnata. Aveva avuto pochissimo tempo per parlare con Soul e non si erano mai trovati del tutto soli. Non che ci fosse un’atmosfera pesante o imbarazzante, ma Maka sentiva il bisogno di parlargli una volta per tutte in tranquillità. Anche se ciò comportava rispondere alle sue scomode domande riguardo il famoso messaggio.
In ogni caso avrebbero dovuto rimandare ancora, e all’idea Maka si ritrovò a scrollare stancamente le spalle.
Gli lanciò un’occhiata veloce per salutarlo, facendo qualche passo all’indietro. “A dopo.”
Soul le sorrise con un’alzata di spalle, ricambiando il suo saluto e allontanandosi a sua volta nella direzione opposta.
Per i venti minuti seguenti, Maka si ritrovò a stringere le mani di almeno una decina di persone, tra amici di Blair e colleghi di suo padre, prima di potersi finalmente accomodare a tavola.
Quando stavano ormai finendo gli antipasti, si rese conto dei sorrisetti compiaciuti che le stavano rivolgendo Lisa e Arisa. Prima che potesse chiedere che avessero per la testa, Blair le mise un nuovo vassoio sotto il naso, distraendola momentaneamente. A quel punto Arisa si schiarì la gola, attirando di nuovo la sua attenzione.
“Ehi Maka, chi era il bel giovanotto con cui parlavi?” fece con un sorriso malizioso. “Il tuo ragazzo?”
A Spirit andò di traverso il vino in maniera alquanto rumorosa. Tossicchiò prepotentemente, mentre agitava le mani con frenesia e diventava sempre più paonazzo.
“Non è il suo ragazzo!” sputò quando fu nuovamente in grado di respirare. “Sono solo amici!”
“Oh! Solo amici!” ripeté Arisa, rivolgendo a Maka uno sguardo molto eloquente, mentre Lisa annuiva con la stessa identica espressione stampata in faccia.
Maka le incenerì entrambe con un’occhiataccia, prima di notare che anche Blair le stava sorridendo con aria complice e persino Marie e Stein sembravano trattenere a stento dei sorrisetti. Ma che gli era preso a tutti quanti? Avrebbero dovuto smetterla. Papà avrebbe continuato a negare soltanto fino ad un certo punto, non era mica stupido.
Il fatto che poi il suo cervello avesse risposto a quella situazione con un continuo replay del bacio del giorno prima non faceva che peggiorare le cose.
Maka abbassò il capo, scrutando insistentemente il suo piatto e sperando di non essere arrossita.
Per l’ora seguente si concentrarono soltanto sulle prime portate di quella cena, con Lisa e Arisa che tenevano la conversazione viva nelle maniere peggiori possibili. Quando una delle due fece presente che il testimone avrebbe dovuto fare un discorso, Blair annuì e si rivolse a Stein.
“È vero, dovresti!”
Stein soppesò l’idea per un istante, girandosi poi verso Spirit.
“Vuoi che faccia un discorso?” gli chiese con un sorriso sornione. Era chiaro che quella domanda fosse del tutto inutile, aveva già preso la sua decisione.
Maka vide gli occhi di suo padre spalancarsi, colmi di terrore.
“No. Meglio di…”
“Troppo tardi!” cantilenò Stein, alzandosi in piedi e sbattendo con poca grazia la forchetta sul suo bicchiere per attirare l’attenzione.
Spirit scrollò le spalle, sconsolato e preoccupato, quando Stein salutò gli invitati e iniziò a parlare di come lui e papà si conoscessero da quando erano solo dei ragazzini.
“Non si può dire che sia cambiato molto, è sempre il solito casanova quando ci sono delle fanciulle e un disastro nella vita privata.” stava raccontando. Si interruppe per un secondo, quando Spirit lo colpì sul fianco. “Ma sicuramente ha conservato anche molti pregi nel tempo. In maniera particolare, è sempre stato estremamente divertente.”
Maka osservò il suo padrino interessata. Quello non sarebbe stato certo un complimento gratuito.
“Quando si spaventa è esilarante, il che rende davvero piacevole torturarlo.” spiegò Stein, lanciando un sorrisetto inquietante allo sposo. Non specificò se si riferisse a torture fisiche o psicologiche, semplicemente andando avanti col suo assurdo discorso. “È seriamente uno spasso! E adesso Blair può avere questo spasso tutto per sé!”
Maka soffocò a stento una risata nel suo bicchiere. Papà stava fissando Stein con una smorfia a metà tra la rabbia e l’imbarazzo, mentre al suo fianco Blair si stava sbellicando dalle risate. Di certo lei quel discorso lo stava apprezzando.
Stein fece per continuare ma sia Spirit che Marie lo afferrarono per la giacca e lo tirarono malamente giù, costringendolo a sedersi e ringraziare frettolosamente il pubblico per l’attenzione.
Lisa si avvicinò a Maka con un sorrisino nervoso.
“Il marito di Marie è spaventoso.” notò in un filo di voce e Maka si lasciò sfuggire la risata che aveva tentato di soffocare prima.
Il resto della cena proseguì in maniera abbastanza tranquilla. A stomaco pieno, Maka lasciò stare le posate e si rilassò nella sua sedia, in attesa che anche gli altri finissero di mangiare.
Mentre sempre più persone abbandonavano i propri posti per aggirarsi per la sala, Maka contemplò l’idea di andare a salutare gli Evans e magari prendersi da parte Soul per qualche minuto. Mezz’ora più tardi si ritrovò ad ammettere che l’idea era più facile a dirsi che a farsi. Veniva continuamente fermata da qualcuno che puntualmente non faceva che notare quanto fosse cresciuta e come gli sembrasse solo il giorno prima che era stata una bambina piccola.
Quando Blair e Spirit si piazzarono dietro la torta nuziale armati di coltello, era già passata un’ora e Maka aveva già raccontato almeno quattro volte che si sarebbe diplomata la prossima settimana e cosa avrebbe voluto studiare all’università.
Sarebbe tanto voluta uscire a prendere una boccata d’aria e rimanere in silenzio e in pace, ma dovette rassegnarsi a guardare papà e Blair tagliare una fetta sbilenca dalla grande torta mentre ridevano come matti, un po’ perché avevano bevuto, un po’ per qualche cosa che si erano detti in quel momento.
Poi Blair imboccò Spirit scossa dalle risate, sporcandogli il viso, e decise di rimediare leccandogli via la panna delle guance e dal mento, provocando mortificazione e imbarazzo a chiunque non fosse Lisa o Arisa, che nel mentre avevano iniziato a incitarli con fischi e risate. Maka li scrutò disgustata, scuotendo il capo con esasperazione. Erano davvero incorreggibili!
Fece in tempo a riprendersi momentaneamente da quella visione, che dovette poi sorbirsi la loro prima agghiacciante danza da marito e moglie. C’erano davvero poche parole che avrebbero potuto descrivere quello spettacolo, e di certo non erano cose come elegante o decente.
Quando la pista da ballo iniziò ad affollarsi, Blair e Spirit si separarono. La prima venne raggiunta dalle amiche con cui iniziò uno strano balletto sgraziato, mentre il secondo raggiunse Maka. Le porse una mano con un sorriso e Maka l’afferrò dopo un istante di esitazione.
“Lo sai che non sono brava a ballare.” borbottò impacciata, ma papà sembrava al settimo cielo.
“Non importa, voglio solo un ballo con la mia bellissima bambina.” le disse raggiante, mentre iniziavano a muoversi sulla pista.
Maka arrossì. Papà doveva sempre essere imbarazzante.
“Mi ricorda tanto quando eri piccola.” continuò lui, con sguardo sognante. “Anche all’epoca dicevi di non saper ballare quindi salivi sui miei piedi.”
Maka ridacchiò. “Oggi ho i tacchi, non ti conviene.”
Lui rise, stringendole affettuosamente la mano.
“Maka,” iniziò a bassa voce, facendosi più serio. “Grazie.”
Maka lo guardò con aria interrogativa.
“Per essere qui con noi, oggi.” chiarì papà, con un sospiro. “Per aver dato una possibilità a Blair.”
Lo sguardo di Maka scivolò sulla ragazza, ancora nel mezzo di una danza scatenata poco più in là. Si strinse nelle spalle.
“Non è così male, in fondo.” ammise con nonchalance, mentre suo padre sorrideva compiaciuto. “E poi solo gli stupidi non cambiano idea.”
Spirit esalò un’altra risata.
“Blair è una brava persona.” continuò Maka, fissandolo con serietà. “Non rovinare anche questa relazione.”
Lui ricambiò il suo sguardo con altrettanta serietà e per la prima volta le sembrò realmente consapevole dei suoi errori.
“Non lo farò.” affermò con tono fermo. Poi stirò le labbra in una leggera smorfia e Maka vide il senso di colpa nei suoi occhi. “Mi dispiace.”
Glielo aveva detto milioni di volte, insieme ai vari ti voglio bene e io amo te e la mamma più di chiunque altro al mondo. Maka aveva smesso di crederci anni prima, ma ormai era abbastanza grande e matura da distinguere quale di quelle frasi fosse reale e quale una semplice bugia di cui Spirit stesso aveva cercato di convincersi.
In quel momento, però, le scuse di suo padre erano più genuine di quanto non fossero mai state e Maka avrebbe perlomeno apprezzato lo sforzo.
“Lo so.” gli disse in un sussurro. “Non vuol dire che sei perdonato, non ancora, ma lo so.”
Papà aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto il regalo più bello della vita.
“Mi basta già questo.” balbettò con voce tremante e gli occhi, così simili ai suoi, che si riempivano di lacrime.
Maka si schiarì la gola nervosamente. “Stai piangendo di nuovo?”
Spirit si limitò a singhiozzare una risata, prima di stringerla a sé con affetto.
“Ti voglio bene, angelo mio.” le disse tirando su col naso. Era proprio un disastro.
Però Maka sorrise e ricambiò il suo abbraccio, incurante del fatto che ormai fossero fermi in mezzo alla pista da ballo, circondati da danze più o meno scatenate.
“Anch’io.” mormorò a bassa voce, ma papà mugolò felicemente tra le lacrime e la strinse maggiormente, dimostrando di averla sentita forte e chiara.
Quando si scostò, le accarezzò delicatamente la testa e le sorrise col viso tutto arrossato dal pianto. Maka ridacchiò.
“Sei in tinta col mio vestito.” scherzò, facendolo scoppiare a ridere.
“Scusa tanto per questo sfogo.” fece poi lui, schiarendosi la gola e provando a ricomporsi.
Maka gli posò una mano sul braccio con un sorriso. Era strano, quella era stata la conversazione più profonda che avessero avuto negli ultimi anni e Maka si rese conto in quel momento di quanto tempo perdessero quotidianamente a discutere.
Si schiarì la gola, quasi impacciata, e si congedò lamentandosi del dolore ai piedi.
Papà annuì con un sorriso. “Grazie per il ballo.”
I piedi le facevano davvero male, le sue bellissime scarpe la stavano uccidendo lentamente, ma si sarebbe fermata una volta trovata la compagnia ideale. Sempre ostacolata da conoscenti di suo padre o parenti che non sapeva neanche di avere, Maka riprese la sua ricerca dell’unica persona con cui le andasse davvero di parlare in quel momento.
Riuscendo finalmente a liberarsi dalle ennesime chiacchiere di circostanza sulla sua vita (erano tutti interessati ai suoi piani per il futuro a quanto pareva), Maka perlustrò la sala con uno sbuffo.
Finalmente individuò Soul, appostato vicino al suo tavolo con il fratello. Aveva ancora il piatto della torta in mano, nonostante sembrasse averla già finita.
Maka si fece velocemente largo tra la folla, sperando di non venire intercettata da nessuno.
Aveva una mezza idea di chiedergli di ballare, ma sarebbe stato inutile. Soul odiava ballare, per qualche motivo, nonostante al contrario di lei fosse pure bravo, e non sarebbe mai riuscita a convincerlo.
Mentre si avvicinava a loro, Wes la notò e disse qualcosa a Soul. Un attimo dopo anche lui si girò a guardarla.
“Ehi damigella.” la salutò quando fu abbastanza vicina.
Maka mimò uno strano accenno di un saluto militare, sentendosi improvvisamente impacciata. Ma porca miseria! Il confronto con papà doveva averla stordita.
Si fermò al fianco di Soul e incrociò le braccia sul petto, non sapendo bene che cosa farci.
Alle sue spalle, Blair stava annunciando il lancio del bouquet. Si voltò un attimo ad adocchiare distrattamente Arisa e Lisa che si piazzavano con aria incerta davanti alla sposa, scosse da sguaiate risate. Dovevano già essere completamente andate con gli alcolici.
Quando tornò a guardare Soul, vide che anche lui stava osservando la scena con un ghigno accennato. Con i tacchi era quasi alla sua altezza e non doveva alzare molto la testa per guardarlo. Ripensò agli ormai lontani giorni in cui a tredici anni aveva potuto vantare ben tre centimetri in più rispetto a lui.
“Tu non vai?” le chiese Soul.
Maka fece una smorfia.
“No.” affermò con tono cupo, facendolo ridacchiare.
Soul si schiarì la gola e poggiò il suo piatto sul tavolo vicino a loro. Si girò a lanciare una strana occhiata a suo fratello.
Soul e Wes avevano sempre dimostrato di avere un’intesa abbastanza buona da permettergli di comunicare senza parole. Era una cosa che Maka aveva invidiato moltissimo da piccola. E come volevasi dimostrare, dopo aver ricambiato lo sguardo del fratello, Wes tossicchiò e mostrò un sorriso di circostanza.
“Vado a prendermi qualcosa da bere.” annunciò, per poi congedarsi con un sorrisetto, lasciandoli finalmente soli. Era incredibile quanto ottenere quella agognata solitudine fosse diventato difficile in quegli ultimi giorni.
Soul le rivolse un sorriso divertito.
“Ok, ho giusto qualche domanda.” iniziò in un mormorio. “Sulla scorsa notte, per essere precisi.”
Maka gemette con una smorfia, coprendosi il volto con una mano.
“Prima di tutto, non è che il tuo messaggio fosse illeggibile, ma tu non fai mai errori.” continuò Soul imperterrito. “Sei assurdamente pignola con l’ortografia e la punteggiatura persino nei messaggi.”
“Era una frase semplice, non c’era bisogno di punteggiatura.” ribatté Maka, provando a ricordare come avesse scritto quel suo imbarazzantissimo pensiero notturno. Effettivamente era stata talmente distratta e intontita dal suo cocktail che aveva avuto troppa fretta, limitandosi a digitare ed inviare subito.
“Non hai messo il punto.” precisò Soul. “Ed era tutto minuscolo. In più c’erano ben due errori di battitura.”
Maka lo fissò imbronciata. “Ne hai per molto?”
Soul ridacchiò di nuovo.
“Insomma, chiaramente non era da te. E poi se aggiungiamo il contenuto…” fece sempre più divertito. Sembrava davvero compiaciuto per quella situazione.
“Devo chiedertelo.” disse infine, mettendosi le mani in tasca. “Eri ubriaca?”
Maka alzò gli occhi al cielo, storcendo le labbra. Aveva di nuovo le braccia conserte.
Scrollò le spalle e sospirò.
“Non direi ubriaca.” precisò in un sussurro. “Solo un po’ alticcia, magari.”
Soul aprì la bocca, stupito e trionfante al tempo stesso.
“Non ci credo che me lo sono perso.” fece con una mezza risata.
“Non è stato un bello spettacolo.” borbottò Maka imbarazzata.
“Cosa tutto è successo?” chiese ancora Soul, ormai deciso a conoscere i dettagli.
“Oh, non lo vuoi sapere. Fidati.” dichiarò lei, prima di venire sovrastata dal vociare degli invitati che si faceva sempre più alto.
Blair doveva aver lanciato il bouquet.
Soul scosse il capo e fece per parlare, ma fu interrotto da qualcosa di colorato che gli piombò addosso, colpendolo in piena faccia. I riflessi di Maka reagirono prima del suo cervello, facendole aprire le braccia per acchiappare l’oggetto in questione prima che cadesse a terra.
Sentì Soul imprecare, mentre abbassava lo sguardo per scrutare agghiacciata il bouquet della sposa tra le sue mani.
Doveva essere uno scherzo. Un bruttissimo scherzo.
Oltre le urla della folla, sentì qualcuno scoppiare a ridere lì vicino e quando alzò il capo vide Wes Evans sul punto di accasciarsi a terra per le risate poco lontano da loro.
Maka tornò a guardare Soul e notò solo in quel momento che si stava tenendo una mano sugli occhi, le labbra distorte in una smorfia.
“Soul?” gli bisbigliò, posandogli una mano sulla spalla. “Ti ha fatto male?”
“Mi è finito nell’occhio.” mugugnò lui, per poi imprecare di nuovo.
Maka si guardò intorno, notando che erano ormai al centro dell’attenzione. Si sentì avvampare.
Notò Blair con un enorme sorriso malizioso e suo padre che scuoteva il capo storcendo le labbra in una smorfia, chiaramente a un passo dal fare una scenata. Sentiva ancora le risate di Wes.
Sbuffò stizzita, mollò il mazzo di fiori sul tavolo e afferrò la mano di Soul, trascinandolo fuori dalla sala. Le sue orecchie captarono qualche parola di papà che affermava che il suo angioletto fosse ancora troppo giovane per sposarsi e che quel lanciò non voleva dire niente. Sentì anche qualche principio di dibattito su chi effettivamente tra lei e Soul avesse preso il bouquet.
Quando riuscì a chiudersi la porta del bagno alle spalle, tirò un sospiro di sollievo, trovandosi finalmente in silenzio e lontano dalle imbarazzanti attenzioni pubbliche.
Portò Soul fino al lavandino, afferrandogli poi il polso e provando a spostargli la mano dal viso.
“Fammi vedere.”
“Aspetta.” si lamentò lui. “Mi brucia.”
“Appunto, fammi vedere!” ripeté Maka piccata. “Togli questa mano!”
Gliela schiaffeggiò via, afferrandogli poi il viso e girandolo verso la luce.
“Se stai cercando di spezzarmi il collo, non si fa così.” borbottò lui con una smorfia.
“Non sono stata mica così brusca.” ribatté Maka, prima di spostargli i capelli dalla fronte. “Apri l’occhio.”
Soul fece una smorfia, probabilmente sul punto di ribattere ma Maka lo anticipò.
“Provaci almeno. Devo vedere com’è.”
Soul sbuffò, borbottando che lei non era mica un’oculista e che poteva essere un po’ più carina, ma comunque fece come gli aveva detto.
Aveva l’occhio arrossato, ma non sembrava ci fosse entrato niente.
Aprì il rubinetto e lo aiutò a sciacquarsi con l’acqua fresca. Sembrò dargli un po’ di sollievo. Almeno riusciva di nuovo a tenere gli occhi aperti senza troppa fatica.
Lo vide guardarsi intorno confuso.
“Siamo nel bagno delle donne?” le chiese poi, riportando lo sguardo su di lei.
“Sì. Avevo bisogno di acqua.” si giustificò Maka.
Soul arricciò il naso. “Bene. Così se entra qualcuno potrà darmi del pervertito.”
Maka fece un vago cenno della mano, come a scacciare le sue preoccupazioni.
“Preferivi che fossimo andati nel bagno degli uomini?” si informò.
Soul la fissò con una strana espressione.
“Come sei disinvolta.” ironizzò dopo un momento di silenzio.
“Per cosa?” Maka corrugò le sopracciglia interdetta, prima di capire. A quel punto gli mollò un colpo sulla spalla. “Deficiente!”
Soul ridacchiò, sfregandosi ancora la pelle sotto all’occhio.
“Effettivamente, non dovrei più sorprendermi dopo la tua dichiarazione notturna.” continuò imperterrito, con il suo ghigno strafottente.
Maka gonfiò le guance indispettita, piantando i pugni sui fianchi. Voleva parlare del messaggio? L’avrebbe accontentato.
“Devo ammettere che sono sorpresa, comunque.” iniziò a testa alta, con tutta la dignità che riusciva a raccogliere nel suo imbarazzo. “Non mi aspettavo che ti ricordassi addirittura i nomi dei personaggi di Orgoglio e Pregiudizio.”
Il sorriso di Soul tentennò. Lo vide mordersi il labbro, vagamente impacciato.
“Questo è perché mi sottovaluti sempre.” disse con un tono talmente poco convincente che neanche lui sembrava crederci.
Maka sollevò un sopracciglio.
“Io non ti sottovaluto mai, Soul. So soltanto che a malapena ricordi i nomi delle persone che incontri, figuriamoci quelli dei personaggi di un libro che sei stato costretto a leggere per scuola.”
Soul la guardò senza dire niente per diversi secondi e Maka sapeva di aver vinto.
“Va bene, potrei essermi fatto aiutare da internet.” ammise dopo un po’ con una leggera smorfia. “Ma comunque sapevo di conoscere Darcy. Non ricordavo perché, semplicemente.”
Oh sì, riusciva a immaginarlo facilmente: Soul che, appena sveglio, leggeva il suo messaggio e cercava disperatamente di ricordare chi diamine fosse quel Mr. Darcy a cui l’aveva paragonato.
Maka sorrise trionfante, convinta ormai di averlo zittito.
“Questo non toglie il fatto che la tua spontaneità alcolica, a quanto pare, ti porti a dire delle cose molto interessanti.” riprese lui, con un’espressione più seria di quanto si sarebbe aspettata dalle sue parole.
Maka strinse le labbra in una linea sottile, scontenta.
“Ti stai divertendo?” grugnì, scrutando i lavandini infastidita.
Soul emise una strana risata amara.
“Dovrò pur trovare qualcosa per cui ridere, vista la fortuna allucinante che mi perseguita ultimamente.” ironizzò tetro.
Maka gli rivolse un’occhiata confusa.
“Solo per un occhio irritato?” commentò scettica. “Poteva andarti peggio, guarda zia Marie.”
“Non è solo per quello.” bofonchiò Soul, lo sguardo che gli si incupiva.
Maka gli rivolse un'occhiata confusa. Non era sicura di capire bene a cosa si stesse riferendo.
“Oh andiamo! Dovrai averlo notato anche tu.” disse a quel punto Soul con una smorfia a metà fra imbarazzo e irritazione.
Maka non disse niente, fissandolo sempre con aria incerta. Negli ultimi giorni avevano collezionato una serie di situazioni assolutamente anticlimatiche, grazie alle continue interruzioni, che probabilmente nessuno dei due avrebbe dimenticato facilmente. Aveva la vaga impressione che le lamentele di Soul si riferissero a quello.
“Credo di sì.” iniziò con una certa esitazione, prima di sorridergli smagliante. “Ma vedi il lato positivo, almeno un mazzo di fiori ha messo fine alle tue stupide prese in giro.”
“Prese in giro?” ripeté Soul scettico.
Maka si mordicchiò il labbro, incrociando le braccia sul petto e guardandosi con insistenza le punte delle sue belle décolleté.
“Sì. Per quello stupido messaggio.” mormorò impacciata. “Sarebbe stato meglio se lo avessi semplicemente ignorato.”
Soul sembrava nervoso tutto all'improvviso.
“Meglio per chi, scusa?” interrogò, scrutandola insistentemente.
Maka sostenne il suo sguardo con altrettanta testardaggine.
“Per me!” affermò con più veemenza di quanto fosse necessario. Non era una questione poi così importante dopotutto. “Mi sarei risparmiata un po' di commenti scemi.”
Soul si era fatto serio e Maka non era sicura di afferrare il motivo.
“Solo perché è imbarazzante?” le chiese con una strana cautela.
Maka lo guardò imbronciata, come se la risposta fosse ovvia. Il fatto che stesse arrossendo probabilmente non faceva che rendergliela ancora più evidente.
“Ok, mettiamo un attimo da parte le battute.” disse a quel punto Soul, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “Maka, quel messaggio è la cosa più... Hai idea di quanto...”
Poi sbuffò senza finire le sue frasi e rivolse uno sguardo truce ai cubicoli vicino a loro.
“Possiamo andare da qualche altra parte? Preferirei non avere questa conversazione in un bagno. Uno in cui non potrei neanche stare, tra l'altro.”
Maka alzò gli occhi al cielo, ma lo seguì nel corridoio fuori dalle toilettes. Notando la sua incertezza, gli afferrò un braccio e lo guidò fino al cortile. Almeno lì avrebbero trovato finalmente un po' di tranquillità e soprattutto privacy.
Uscirono all’aria aperta e si fecero strada tra le aiuole fiorite, illuminati soltanto dalla luce che usciva dalle vetrate della sala del ricevimento e qualche lampione qua e là.
Maka sbirciò verso le finestre, notando che gli invitati avevano ripreso a ballare. Intravide una testa viola che si scatenava vicino a una chioma rossa e si tranquillizzò, pensando che almeno non avrebbero notato la sua mancanza.
Davanti a lei Soul aveva le mani ficcate in tasca e da come stava serrando la mascella pareva ancora nervoso. Si chiese su cosa stesse rimuginando, con quello sguardo intenso perso nel vuoto.
Poi i suoi occhi si sollevarono nuovamente su di lei e Maka alzò un sopracciglio, in attesa.
“Perché mi hai scritto quel messaggio?” le chiese Soul a bassa voce, cogliendola di sorpresa.
“Come?” Maka sbatté le palpebre, interdetta.
“Perché?” si limitò a ripetere lui.
Maka sbuffò, prendendo a giocare nervosamente con uno dei fiocchetti sul suo vestito.
“Te l'ho detto.” borbottò, senza guardarlo in faccia. “Ho bevuto un Long Island Iced Tea.”
Soul fece un passo verso di lei.
“Ok, riformulo. Perché la Maka di ieri notte si è scolata un Long Island Iced Tea e mi ha scritto quel messaggio?”
“Non me lo sono scolato.” precisò Maka piccata. “Non l'ho neanche finito, per tua informazione.”
“Maka.” la richiamò lui con una certa impazienza.
Lo scrutò leggermente confusa. Non le era chiaro perché si stesse agitando in quel modo e si chiese se non si stessero fraintendendo come milioni di altre volte in passato.
Non voleva dirgli che, nel suo stato di paranoia alcolica, aveva ritenuto assolutamente necessario scrivergli quella sua personalissima dichiarazione, ma sembrava importante per lui che gli rispondesse.
“Non è chiaro?” concesse dopo diversi secondi di silenzio, nonostante fosse in imbarazzo. “A me sembra abbastanza chiaro.”
Quello era un vero e proprio eufemismo, l'unico modo in cui sarebbe potuta essere più esplicita sarebbe stato seguire i dubbi suggerimenti di Blair ed esprimersi in apprezzamenti sul suo fondoschiena. Soul stesso sembrava aver colto perfettamente il significato, almeno fino a cinque minuti prima, perciò non capiva davvero quale fosse il problema lì.
“Anche a me sembrava chiaro, fino a poco fa.” disse allora lui, accigliato. “Ma a questo punto preferisco chiedertelo direttamente. Perché ogni volta che mi sembra di averti capito, tu poi fai o dici qualcosa che me ne fa dubitare.”
Glielo aveva detto con un tono d'accusa che non le piaceva per niente e Maka rispose con uno sguardo di sfida e il mento alto.
“Ma da che pulpito! Vogliamo parlare di incomprensioni?” rimbeccò beffarda. “Tu pensi di essere tanto facile da capire?”
Di certo non si sarebbe fatta lanciare frecciatine da uno che viveva con una costante faccia da poker perché guai a mostrare agli altri di avere dei sentimenti.
Soul non parve prenderla bene, fissandola ad occhi spalancati con sempre maggiore irritazione.
“Sai, per essere così intelligente, a volte sai essere proprio ottusa.” sbottò a quel punto.
Scusa?!”
“Cosa devo fare per rendertelo più chiaro?” ringhiò lui, arricciando le labbra. “Per la miseria, ieri ti ho baciato!”
Probabilmente Maka stava arrossendo di nuovo, ma lo ignorò in favore di difendere la sua posizione.
“Certo, adesso sì che è chiaro!” ribatté, non volendo lasciargli l'ultima parola. “Ma prima non capivo un accidenti di quello che ti passava per la testa!”
“Appunto, non lo capivi!” ripeté Soul, ormai proprio arrabbiato. “Hai idea di quanto tempo ci stavo girando intorno e tu non capivi?!”
“Magari se non ci avessi girato intorno ci sarei arrivata prima!” replicò Maka, indispettita. Quella conversazione non stava andando per niente come se l’era immaginata.
“Scusa tanto se ho preferito essere cauto!” esclamò Soul irato, e se Maka non fosse stata così nervosa avrebbe capito all’istante. Perché lei Soul lo conosceva davvero bene e sapeva che avvicinarsi a qualcuno così, aprirsi in quel modo e mostrare la sua stessa anima, era terrificante per lui. E lo avrebbe compreso. Che probabilmente aveva avuto paura che lei non ricambiasse, che il loro rapporto si rovinasse. Che forse si era lasciato tormentare da inutili paranoie tanto quanto lei.
“E come se non bastasse, quando ero finalmente abbastanza sicuro di quello che stavo facendo, è iniziata la sfiga!” continuò con rabbia, ormai intento a sfogare tutta la sua frustrazione. “Ogni volta che provavo a dire o fare qualsiasi cosa, c’era sempre qualcuno o qualcosa a interrompere! Che fosse tuo padre, o Blair, o il fottutissimo culo di Black Star!”
Maka lo stava osservando ormai in silenzio, rendendosi conto di quanto nervoso si doveva essere preso, e si chiese perché diamine stessero discutendo. Erano proprio due cretini patentati, loro, riuscivano a trasformare persino un momento del genere in un litigio.
“E adesso pure quel maledetto bouquet di merda che mi ha quasi accecato…” stava continuando Soul, accennando con una mano alle vetrate.
Probabilmente avrebbe avuto anche altro di cui lamentarsi, ma Maka ormai aveva deciso che dovevano finirla di perdere tempo a battibeccare come i due idioti che erano. Così gli afferrò il viso e senza tanti preamboli lo baciò, zittendolo definitivamente.
Questa volta fu lui a sciogliersi contro di lei, abbandonando tutta la collera che lo aveva invaso negli ultimi minuti e ricambiando il bacio con inaudito entusiasmo. La circondò con le sue braccia e la strinse a sé, avvolgendola in un piacevole calore e facendola sospirare contro di lui.
Si separarono dopo un po’, prevalentemente perché avevano bisogno di respirare. Si guardarono senza dire niente, soltanto accompagnati dal sottofondo della musica che proveniva dalla sala.
Soul esalò una risatina sospirata, chiudendo gli occhi e premendo la fronte contro la sua. Aveva ancora le braccia intorno alla sua vita e Maka prese a giocare con il colletto della sua camicia.
“È abbastanza chiaro?” lo prese in giro con tono sarcastico.
Soul riaprì gli occhi e si scostò appena per mostrarle un sorriso sprezzante.
“Vogliamo chiederlo alla Maka ubriacona?” sghignazzò senza pietà.
Maka infilò le dita tra i capelli sulla sua nuca e tirò, facendolo lamentare.
“Sono cose come questa che ingannano, sai?” gli fece notare, pungente. “Mi dai dell’ubriacona, dell’ottusa.”
Soul ridacchiò ancora, premendo il naso contro la sua guancia.
“Non è che sei davvero ottusa. Sei la persona più intelligente che conosco.” farfugliò, le sue labbra che le sfioravano la pelle e la facevano rabbrividire. “E proprio per questo mi fa incazzare ancora di più che non lo capivi.”
Maka sospirò. Doveva ripeterlo ancora?
“Anche tutti quei commenti su quanto fossi piatta di certo non hanno aiutato.” accusò ancora con un maligno sorriso di trionfo.
Soul si raddrizzò e scrollò il capo con esasperazione. “Cristo, avevo 13 anni! Ero un idiota!”
Maka avrebbe voluto ribattere che quel tipo di battute erano state fatte anche più avanti, anche se effettivamente più di rado, ma Soul continuò a parlare senza darle il tempo di intervenire.
“E poi, chi se ne frega se hai le tette piccole. Sono tette! Sono belle lo stesso!” esclamò, con tono ovvio e Maka si sentì andare in fiamme per l’imbarazzo. Gli coprì la faccia con una mano, lamentandosi delle sue osservazioni da pervertito.
Soul rise, afferrandole il polso per liberarsi, prima di baciarla di nuovo.


Quando tornarono nella sala, la pista da ballo era ancora affollata. Lisa e Arisa parevano aver perso completamente il controllo e si stavano esibendo in un’imbarazzante danza scatenata, attirando molte occhiate sconcertate e probabilmente facendo scuotere il capo ai genitori di Soul, ovunque fossero.
Maka vide Blair che chiacchierava allegramente con quelli che aveva detto essere i suoi colleghi di lavoro, mentre papà era seduto a bere vicino a Stein e altri amici. Sembravano entrambi molto felici e Maka si lasciò sfuggire un sorriso, sovrappensiero.
La mano di Soul era calda avvolta intorno alla sua e Maka lo guardò di sottecchi per qualche secondo. Aveva i capelli in disordine per come Maka ci aveva affondato le dita nell’ultima mezz’ora, ma non sembrava importargli molto. Lei almeno aveva avuto la premura di darsi una sistemata prima di tornare dentro, onde evitare commenti inappropriati da parte di quelle svitate delle amiche di Blair o, peggio, un’altra scenata di papà.
Ripensò alla faccia che aveva fatto dopo il lancio del bouquet e increspò appena le labbra.
“Ti rendi conto che hai preso il bouquet, comunque?” esordì divertita.
Soul arricciò il naso.
“Io non ho preso il bouquet, sono stato aggredito e mi ha quasi fatto perdere un occhio!” puntualizzò corrucciato. “Tu l’hai preso!”
Maka fece per ribattere, non volendo assolutamente accollarsi quella responsabilità, ma fu interrotta da una voce alle loro spalle.
“Tanto non fa questa grande differenza ormai, no?” disse Wes mostrando un ghigno consapevole dietro al suo bicchiere.
Soul gli lanciò un’occhiataccia, le spalle incurvate per l’imbarazzo. “Chiudi il becco, Wes!!”
Lui lanciò una veloce occhiata alle loro dita intrecciate, sempre ridendosela sotto baffi.
“Lo sapevo!” sghignazzò, prima di dileguarsi per evitare eventuali insulti da parte del fratello.
Maka rivolse a Soul uno strano sorriso, aumentando la stretta sulla sua mano. Quando lui ricambiò lo sguardo, Maka pensò che avrebbe voluto baciarlo ancora e sperò che suo padre fosse troppo distratto per rendersi conto delle occhiate intense e definitivamente poco platoniche che si stavano scambiando lei e Soul.
Poi gli occhi le scivolarono oltre, sulla figura di Blair che li stava invece osservando con un sorriso compiaciuto. Come notò il suo sguardo le fece un occhiolino e Maka assunse nuovamente una sfumatura rosé.
Si schiarì nervosamente la gola e tirò Soul per la mano.
“Andiamo a sederci.” borbottò impacciata. “Queste scarpe mi stanno uccidendo.”
A fine serata aveva ormai perso la sensibilità alla pianta dei piedi, Blair l’aveva trascinata a ballare con lei e Maka aveva seriamente contemplato l’idea di togliersi le scarpe e sfoggiare un alternativo look a piedi nudi. Lisa, d’altro canto, non si era limitata a contemplare e si era levata davvero le sue zeppe colorate, abbandonandole in un punto non meglio definito della sala e andandosene in giro scalza senza farsi molti problemi.
Così, quando buona parte degli invitati era ormai andata via, Maka era finita a perlustrare con lei il pavimento in cerca della sua scarpa sinistra mentre Arisa sbraitava all’amica di darsi una mossa.
Mentre era intenta a sbirciare sotto l’ennesimo tavolo Soul si inchinò al suo fianco.
“Noi stiamo andando via.” le disse e Maka diede un’occhiata intorno, notando che anche gli ultimi rimasti stavano rivolgendo gli ultimi saluti agli sposi e recuperando i loro effetti personali. “Mia madre ha detto che se vuoi puoi tornare con noi. Così non fai spostare i tuoi zii.”
Maka tornò a guardare Soul, con un velo di sorpresa.
Effettivamente le dispiaceva far uscire nuovamente Stein e Marie, considerando che sarebbero dovuti tornare in hotel.
“Se non è un problema.” rispose con un piccolo sorriso, annuendo.
Soul piegò le labbra in un ghigno storto.
“Sì, portarti addirittura fino all’altra parte del prato è davvero un peso.” scherzò, raddrizzandosi e porgendole una mano. “Ma faremo questo sacrificio.”
Maka ridacchiò, lasciandosi tirare su.
“Allora vado a salutare anch’io.” annunciò, cercando con lo sguardo Lisa e trovandola seduta per terra a guardarsi intorno con aria sconfitta. “Ehi Lisa, mi dispiace ma devo andare via adesso.”
Lisa sollevò le spalle e agitò la mano sinistra verso lei.
“Non preoccuparti. La troverò.” borbottò stancamente, prima di salutarla.
Mentre lei e Soul si allontanavano, incrociarono Arisa che marciava in direzione dell’amica, borbottando imprecazioni, prima di aiutarla con la sua ricerca.
“Se devi essere così acida posso anche cercarla da sola.” Maka sentì Lisa lamentarsi. “Se ci fosse un bel ragazzo ad aiutarmi sarebbe molto più piacevole. Come Cenerentola, no?”
Arisa sbuffò. “Sì, Cenerentola ubriaca!”
Maka roteò gli occhi, finalmente raggiungendo Spirit e Blair, proprio mentre salutavano gli Evans. Li sentì accennare al regalo di matrimonio, che a quanto pareva sarebbe dovuto arrivare il lunedì seguente. Maka si chiese cosa sarebbe stato alla fine.
Poi la signora Evans la notò e le sorrise.
“Eccoti qui, Maka.” le sorrise elegante come sempre. “Ho già avvisato i tuoi che ti possiamo dare un passaggio noi.”
Maka vide suo padre annuire senza troppi complimenti e si affrettò a ringraziare gli Evans con un sorriso educato.
Poco più tardi stava salutando Marie e Stein, mentre i genitori di Soul andavano a prendere la macchina, per poi spostarsi da suo padre.
“Mi raccomando, chiudi anche la porta del retro.” le disse lui, prendendole le mani e stringendole tra le sue.
Maka annuì stancamente. Fosse stato un altro giorno gli avrebbe ricordato che non era decisamente la prima volta che rimaneva sola la notte, ma si impose di mantenere ancora il senso di pace che avevano creato dal momento in cui avevano ballato insieme.
Dopo averlo tranquillizzato si voltò verso Blair, pronta per un saluto degno delle sue espansive dimostrazioni d’affetto. Invece Blair le prese la mano e la guidò fino a un tavolo in un angolo del salone su cui stavano diversi sacchetti e decorazioni floreali.
“Grazie di tutto, micetta.” le disse con tono dolce, prima di metterle un mazzo di fiori tra le mani. Maka guardò interdetta prima i fiori, poi lei.
“Hai preso il bouquet.” spiegò Blair con un sorrisino fin troppo innocente.
Maka assottigliò gli occhi con sospetto.
“No, il bouquet è finito sull’occhio di Soul e poi mi è caduto addosso.”
“Ti è caduto tra le mani.” precisò Blair, ancora più divertita. “O se proprio vogliamo considerare chi l’ha toccato per primo, allora puoi dare questi fiori al tuo bello più tardi.”
Maka si sentì avvampare.
“Ti stai divertendo un mondo, eh.” bofonchiò imbarazzata.
Blair rise. “Effettivamente sì. Più di quanto mi fossi aspettata.”
Maka corrugò le sopracciglia, confusa.
“Insomma, è andata ancora meglio di quanto potessi sperare.” continuò lei, sghignazzando.
“Blair,” iniziò Maka con cautela. “Che cosa intendi?”
Blair si mordicchiò il labbro con aria colpevole, finendo poi per ridacchiare ancora.
“Dico solo che è bastato lanciare il bouquet nella direzione giusta.” fece con un’alzata di spalle e con decisamente troppa nonchalance.
Maka la fissò con gli occhi e la bocca spalancati, non credendo alle sue orecchie.
“Tu…!” balbettò, non sapendo neanche cosa dirle.
Era assurdo! La stava prendendo in giro?
“Che diamine ti è saltato in mente?!”
Blair emise un’altra risatina.
“Beh, mi pare che sia andata bene, no?” sogghignò con malizia. “Poi siete spariti per una mezz’ora buona.”
Se prima era un pochino arrossita, adesso doveva essere proprio diventata fucsia.
Aprì la bocca per replicare ma non ne uscì alcun suono.
Blair le strinse affettuosamente la spalla, sorridendole ancora.
“Adesso vado a salutare anch’io gli ultimi rimasti, così posso accomodarmi nella mia suite nuziale. Ci vediamo domani.” fece, senza darle possibilità di provare a dire qualcos’altro. Si sporse per baciarle la guancia, prima di fare un passo indietro.
“E goditi la casa tutta per te stanotte!” le raccomandò, facendole l’occhiolino.
Maka la fissò ad occhi sbarrati, mentre lei tornava da Spirit. Tra la rivelazione, i fiori che le aveva appioppato e quel suggerimento implicito l’aveva lasciata senza parole.
Fissò allibita il mazzo di fiori tra le sue mani. Se non altro, erano belli.











Note:
Questo capitolo mi ha fatto dannare, ma dopo milioni di taglia e incolla, taglia e basta, correzioni varie e un paio di scene che ho proprio riscritto da capo, devo dire che alla fine è come lo volevo.
Ha fatto dannare anche Soul, un po' come tutta la storia che se fosse stata scritta dal suo punto di vista sarebbe stata molto più frustrante. Almeno qui gli ho dato modo di sfogarsi, finalmente. xD
Andando contro ogni logica, la scena del bouquet è stata tra le primissime che ho pensato all'epoca in cui questa storia era solo uno dei tanti vaneggi nella mia mente (e doveva avere soltanto una decina di capitoli). Non mi sembra vero che finalmente stia vedendo la luce.

Diciamo che la storia vera e propria si chiude qui, il prossimo capitolo sarà solo un epilogo.
Che dire, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento tanto quanto il matrimonio è stato per Blair, che mi sa che è quella che si è divertita di più. 
Grazie per le letture e i commenti! :)

Alla prossima!

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Capitolo 19
*** L'epilogo del caos ***


19.L’epilogo del caos


“Ho detto di no!”
“Dai, Maka!” esclamò Black Star per l’ennesima volta nel giro di dieci minuti. “Ci divertiremo!”
Maka sbuffò seccata, scuotendo il capo. “Per l’ultima volta, non ho intenzione di fare nessuna festa a casa mia!”
“Ma ce l’hai libera!” ribatté ancora Black Star, prima di guardare il resto dei loro amici in cerca di sostegno. “Siamo a inizio estate, ci siamo appena diplomati e tu hai la casa libera. Quale momento migliore per fare una festa?”
“Sai, non ha tutti i torti.” intervenne Patty con un sorrisetto, mentre ripuliva attentamente la sua coppa di plastica dai residui del gelato alla fragola che si era appena divorata.
Erano seduti intorno a un tavolo all’esterno di un bar, sotto gli ombrelloni da giardino colorati con l’insegna del chiosco stampata sulla tela, ma il sole era basso ormai e di ombra ce n’era poca.
Maka fulminò i due amici con lo sguardo.
“Fatela a casa vostra, allora.” borbottò imbronciata.
Black Star alzò gli occhi al cielo.
“Eddai! Non essere la solita bacchettona guastafeste!” sbottò con un esagerato sbuffo di esasperazione.
Maka lo squadrò con le labbra strette in una linea sottile e un sopracciglio sollevato.
“Non stai aiutando molto la tua causa così, sai?” sibilò, assottigliando gli occhi.
Black Star fece per dire qualcos’altro, ma Tsubaki gli posò una mano sul braccio con un sorriso gentile.
“Su, Black Star. Se non vuole non puoi mica costringerla.” gli disse, cercando di farlo ragionare (cosa, secondo Maka, del tutto impossibile).
Black Star guardò la ragazza con aria scontenta, prima di sbuffare come un bambino capriccioso e incrociare le braccia sul petto. Sotto gli sguardi perplessi di tutti quanti si zittì per un po’, limitandosi ad aspirare rumorosamente dalla cannuccia della sua granita.
Ancora una volta, Tsubaki si dimostrava in grado di compiere veri e propri miracoli. Forse, con un po’ di pratica, avrebbe anche potuto camminare sull’acqua.
“Però non era male l’idea di una festa.” constatò ancora Patty, lanciando un’altra occhiata speranzosa a Maka.
“Non puoi organizzare feste a casa degli altri.” le fece notare Kid, serio. Sembrava ancora più pallido del solito, illuminato dal sole della sera.
“Soprattutto se ti chiami Black Star.” aggiunse Maka con una smorfia.
Soul si trattenne a stento dal ridere, mordicchiando la bacchetta del suo gelato, già finito, per camuffare il sorriso. Dal canto suo, Liz non ebbe altrettanto successo e si lasciò sfuggire un risolino sospirato.
“Perché ce l’hai con me?” fece allora Black Star con tono di polemica.
Maka lo scrutò molto seriamente, come a sfidarlo a contraddirla.
“Sappiamo tutti bene come possono finire le tue feste e di certo non voglio che succeda in casa mia.” spiegò secca.
A quel punto sia Liz che Soul scoppiarono in una vera e propria risata, indirettamente dando ragione a Maka, e lei si ritrovò a sorridere trionfante.
La mano di Soul, che fino a quel momento stava distrattamente giocando con le pieghe della sua gonna, si fermò e Maka sentì il palmo poggiarsi sulla sua gamba in una stretta giocosa, un po’ come a dirle che aveva apprezzato il suo commento.
Black Star emise un suono sprezzante, riguadagnandosi l’attenzione di Maka.
“È per la storia del fuoco?” chiese con una smorfia. “È stata solo una volta ed è stato un incidente!”
Già, l’esempio per eccellenza di quanto le feste di Black Star potessero diventare distruttive era il principio di incendio con cui l’anno prima aveva rischiato di dare fuoco al suo appartamento. Su come poi era stato domato Maka aveva ancora molti dubbi. Ricordava solo una confusione assurda, urla, fumo e l’estintore del pianerottolo che veniva passato da una persona all’altra in cerca di qualcuno che riuscisse a rompere il sigillo.
“Ti pare poco?” sbottò Maka scettica.
“Mi spiace, ma ha decisamente ragione lei.” si intromise Kid, dopo un sorso del suo tè freddo. “Non sei esattamente il più affidabile quando si tratta di festeggiare.”
Black Star si imbronciò, facendo ridacchiare Tsubaki che gli strinse una spalla in maniera confortante.
“Ma quella festa è stata uno spasso!” affermò Patty con un ghigno.
“Sì, tranne la parte in cui i vicini hanno chiamato i pompieri.” le ricordò Soul con un sorriso amaro. Sotto il tavolo, aveva ripreso a giocherellare con la stoffa della gonna di Maka.
Patty fece spallucce, come a dire che non era stato un grosso problema.
“Solo tu puoi pensare una cosa simile, Patty.” commentò Liz con un sospiro rassegnato, rigirandosi la cannuccia del frappé tra le dita.
“Adesso un piccolo incidente col fuoco, per voi, mi sporca definitivamente la fedina penale?” bofonchiò Black Star sempre più contrariato.
Soul gli rivolse un sorrisetto divertito. “Sei seriamente sorpreso?”
“Tu sei d’accordo con loro?!” esclamò Black Star con tono di accusa.
Soul fece spallucce e piegò il capo, sulle labbra sempre un ghigno ironico.
“Io alle tue feste ci vengo, ma devo ammettere che non te ne farei mai fare a casa mia.” spiegò con semplicità.
Maka immaginò l’ipotetica crisi isterica della signora Evans in una situazione simile e si ritrovò a sghignazzare. Lasciò scivolare lo sguardo sul suo bicchiere di frappé, ormai vuoto, mentre Black Star si lamentava ancora sulla scarsa fiducia che gli veniva affidata.
“Effettivamente, quella notte io ho davvero avuto paura di morire.” confessò Liz con una smorfia e Black Star sbuffò ancora più rumorosamente, per poi darle della codarda.
Prima che Liz potesse lanciargli qualche insulto, Kid si intromise scuotendo il capo con le sopracciglia corrugate.
“Sinceramente, neanche io lascerei mai casa mia nelle tue mani. Se anche riuscissi a non darle fuoco, vogliamo parlare del casino che faresti?” aggiunse con tono severo. “Sarebbe un vero e proprio disastro.”
Black Star sbuffò per l’ennesima volta. Ormai sembrava una vecchia locomotiva a vapore.
“Sapete che vi dico? Darò una festa straordinaria, la festa dell’anno, e voi non sarete invitati perché siete troppo rompipalle!” esclamò, facendoli scoppiare a ridere tutti più o meno sguaiatamente per diversi minuti.
“A parte gli scherzi, quando tornano i tuoi?” Liz chiese a Maka, dopo aver ritrovato abbastanza fiato per riuscire a parlare.
Sentir definire papà e Blair come i suoi le faceva uno strano effetto, ma si limitò a rispondere senza commentare la dubbia scelta di parole dell’amica. “Giovedì prossimo.”
“Perfetto, ho ancora una settimana per convincerti.” bofonchiò Black Star con tono sicuro.
“Come no!” ironizzò Maka, scuotendo una mano nella sua direzione.
“Andiamo, puoi farla come vuoi!” provò ancora lui, sporgendosi sul tavolo e facendo traballare pericolosamente la sua granita.
“Lascia perdere, Black Star.” intervenne Liz con un sorrisetto pungente. “Maka riserva il suo animo festivo per eventi e persone particolari.”
Maka le rivolse uno sguardo a metà tra la confusione e l’indignazione. Al suo fianco, Soul sghignazzò, annuendo.
“Già.” concordò, sorridendole beffardo. La sua mano era di nuovo ferma sul suo ginocchio.
Maka assottigliò gli occhi nella sua direzione, quasi offesa per il mancato sostegno.
“Oh, sì.” si aggiunse anche Patty poggiando i gomiti sul tavolo, la coppetta del gelato dimenticata. “Non ci hai mai raccontato cosa è successo di preciso a quel famoso addio al nubilato.”
Maka strinse le labbra.
Era passato quasi un mese da quella maledetta notte, e di conseguenza dal matrimonio, e lei continuava ancora a sognare di venire arrestata per colpa delle amiche squilibrate di Blair e finire con loro in una fredda cella grigia, a chiedersi come la sua vita fosse andata a rotoli fino a quel punto e a pianificare la sua vendetta contro le sue svitate compagne di cella. C’era anche un’altra variante dei suoi incubi, ovvero quella in cui l’università rifiutava di ammetterla a causa della sua fedina penale irrimediabilmente intaccata da una ginocchiata sui gioielli di famiglia di un tizio alto il doppio di lei nei corridoi del liceo, e dalla sua complicità in un furto d’auto in uscita da uno squallido strip club.
L’aveva confidato soltanto a Blair una sera, prima che lei e Spirit partissero per le Bahamas in luna di miele. Blair stava facendo le valigie e Maka l’aveva osservata appallottolare un’assurda quantità di vestiti in maniera scomposta dentro un enorme trolley fucsia. Aveva adocchiato la notevole varietà di costumi da bagno che Blair stava tirando fuori dalla cassettiera (bikini e costumi interi di ogni forma e colore immaginabile) con vago sconcerto, prima di iniziare a parlarle dei curiosi incubi che la stavano tormentando. Blair si era limitata a ridere e non prendere per niente seriamente la situazione, liquidando i suoi turbamenti e tentando (secondo lei) di distrarla facendosi aiutare con i bagagli.
“Non essere ridicola. Lo sai che non è successo niente.” le aveva semplicemente detto, aprendo un nuovo cassetto e ripetendo lo stesso processo con una lunga serie di articoli di lingerie.
In ogni caso, alcuni degli avvenimenti di quella notte erano rimasti e avrebbero dovuto continuare ad essere rigorosamente segreti.
I suoi amici non erano dello stesso avviso, ovviamente.
“Non ne voglio parlare.” bofonchiò tetra, scatenando una serie di risatine e altre domande curiose a riguardo.
Liz e Patty, le principali investigatrici del caso, cambiarono strategia e presero a fissare in maniera insistente Soul. Lui si limitò a fare spallucce e cambiare posizione, lasciando stare la gonna di Maka e prendendo a tamburellare le dita sul tavolo.
“Mi dispiace, io ne so quanto voi.” ammise, lanciando un’occhiata sospettosa a Maka. “Poco e niente.”
Black Star scosse il capo e sollevò le mani quasi con esasperazione. “Sei una delusione, Maka!”
Lei si limitò a scrutarlo impassibile. “Che peccato.” sibilò con tono piatto.
Poi sospirò e accavallò le gambe, rilassando la sua espressione. Avrebbe fatto meglio a cambiare discorso.
“Se volete, voi potete venire a casa.” poi lanciò uno sguardo di avvertimento a Black Star, manco fosse un bambino piccolo. “Solo voi!
Lui le sorrise smagliante.
“Meglio di niente!” esclamò improvvisamente felice. “Domani tutti da Maka!”
“Aspetta, no.” lo fermò Maka, prima che potesse continuare con i suoi piani. “Domani devo fare ripetizioni a Crona.”
Ne avevano parlato durante l’ultima settimana di scuola. Maka aveva già notato la sua difficoltà con alcuni argomenti e Crona le aveva confermato quanto quel pomeriggio in cui avevano fatto i compiti insieme fosse stato davvero di aiuto. Le era venuto naturale offrirsi di fare delle ripetizioni durante le vacanze estive, così da rendergli l’anno seguente almeno un po’ più semplice.
Certo, lei stava ancora studiando per i test universitari ma si era fatta un piano sin dal primo giorno di vacanza, e finché l’avesse seguito non avrebbe avuto problemi. Non era certo la prima volta che organizzava nel dettaglio un piano di studi e aveva sempre funzionato per il meglio, esattamente come dimostrava la sua media finale (la più alta del suo anno, alla faccia di Ox Ford) e la borsa di studio che finalmente le era stata assegnata.
“D’estate non si studia!” proferì Black Star con una smorfia. “Invita anche il tuo strano amico, più siamo meglio è!”
“Black Star, non ti sembra di essere un po’ sgarbato?” gli fece notare Tsubaki.
“Che ho detto?” si difese lui, genuinamente confuso. Era davvero incredibile!
“Sai, è perché continui a dargli dello strano che non si sente a suo agio con te.” affermò Maka, con una smorfia.
“Senza offesa, ma quello non si sente a suo agio con nessuno.” borbottò Patty a bassa voce.
“A maggior ragione, dovremmo impegnarci di più.” suggerì Tsubaki con un sorriso dolce che Maka ricambiò raggiante. Altro che quel buzzurro del suo ragazzo.
“Beh, comunque puoi invitare chi tutto vuoi.” riprese Black Star, sempre intento a trasformare quella serata in un festino scatenato.
Maka scrollò il capo.
“Chi vuoi che inviti a parte voi?” mormorò, senza aspettarsi veramente una risposta.
“Che ne so! Tu fai amicizia con tutti!” rispose lui, facendo ridacchiare Liz e Patty. “Riesci a parlare anche con un muro, se ti lasciamo.”
“Ma che dici?!” fece Maka, leggermente in imbarazzo. Ok, era abbastanza estroversa ma quello le sembrava esagerato.
“È vero!” intervenne Liz con l’aria di chi la sapeva lunga. “Hai fatto amicizia con me nel giro di un giorno, il che è notevole.”
Maka la guardò poco convinta ma con un minuscolo sorriso sulle labbra.
“Fino a prova contraria, tu hai fatto amicizia con una strega.” ironizzò Soul con un ghigno e Maka scoppiò a ridere. Scosse il capo.
“Però, in fin dei conti, Blair non è una strega.” disse dopo aver calmato le risate, sempre sorridente. “È ingannevole a primo acchitto, ma non ha l’anima di una strega.”
Aveva smesso di fare quelle battute sulla strega di Blair quando aveva iniziato, senza neanche rendersene conto, ad affezionarsi seriamente alla donna. Alla fine aveva smesso di vederla come la svitata poco di buono con cui suo padre usciva solo per il suo bell’aspetto, ma piuttosto come quella che era davvero: un po’ svampita, un po’ fuori di testa e con un senso del pudore praticamente pari a zero, ma in fondo come una buona persona e qualcuno di cui potersi fidare.
“Sei sdolcinata oggi, eh!” sbottò Black Star, riportandola bruscamente alla realtà.
Maka gli piantò una gomitata bella forte sulle costole, facendolo grungnire in protesta.
“Zitto, Black Star.” lo rimproverò Liz. “Domani ci sta invitando da lei.”
Maka scosse ancora il capo. “Ho detto che domani non posso.”
“Hai ragione!” Black Star annuì verso Liz, ignorando completamente le parole di Maka. “A caval donato non si guardano i denti, o come si dice.”
Soul e Tsubaki scoppiarono in un’altra fragorosa risata, mentre Kid scuoteva il capo sconsolato.
“È senza speranza.” mormorò tra sé e sé, prima che Patty gli chiedesse con aria confusa quale fosse il modo di dire corretto.
“Allora, domani si va da Maka.” ripeté Black Star a gran voce, e Maka poté soltanto roteare gli occhi rassegnata. “Se poi fa troppo caldo, invadiamo casa di Soul e ci buttiamo in piscina.”
Quello sarebbe potuto essere un buon metodo per liberarsi di Black Star: sbolognarlo a Soul, complici il caldo pauroso e la mancanza di una piscina nel giardino di Maka. Alla fine, infatti, il regalo di matrimonio degli Evans per papà e Blair non era stata la piscina che avrebbe voluto comprare la mamma di Soul, ma una Signora lavastoviglie (il titolo nobiliare era d’obbligo, visto il modello di lusso che gli avevano scelto).
Soul sollevò le sopracciglia, guardando l’amico con un sorriso tirato.
“Possiamo anche giocare con gli gnomi.” aggiunse allegramente Black Star.
“Sì!” esclamò Patty, raddrizzandosi sulla sedia e agitando le braccia con entusiasmo.
“Bravi, così mia madre ammazza prima me e poi voi.” biascicò Soul, storcendo le labbra.
Kid gli rivolse un’occhiata perplessa. “Di che gnomi sta parlando?”
Maka ridacchiò.
“Gli gnomi assassini del giardino di Soul.” rispose con un ghigno.
“Ok, basta.” la interruppe Liz, con le sopracciglia corrugate e le labbra arricciate. Maka sghignazzò ancora, mentre Soul le rivolgeva un sorriso maligno, improvvisamente interessato.
“Tranquilla, Liz. Sono innocui finché non li guardi negli occhi.” le disse in un sibilo cupo e lei gli schiaffeggiò il braccio con un gemito e un’occhiataccia.
“Io non vengo più a dormire a casa tua.” bofonchiò a Maka con una smorfia di orrore.
Black Star le rivolse un sorriso trionfante. “Oh sì! So cosa regalarti per il compleanno, adesso!”
“Non ci provare!” gli strillò lei con voce acuta, provocando l’ennesimo attacco di ridarella generale.
Un’ora più tardi, sulla via di casa, Soul lanciò uno sguardo curioso a Maka, sfiorandole la spalla con la sua.
“Allora, non vuoi davvero svelare cosa è successo all’addio al nubilato di Blair?” le chiese con un sorrisetto.
Maka sospirò una risata e soppesò l’idea, sollevando il capo per osservare il cielo ormai scuro. Il sole era calato da un po’.
“Va bene, te lo dico.” concesse infine, guardandolo attentamente. “Ma solo a te. E non devi raccontarlo a nessuno, è un segreto.”
Lui ricambiò lo sguardo altrettanto intensamente.
“Ok.” sillabò, celando a malapena un sorriso trionfante.
Maka sorrise a sua volta, prima di tornare a guardare il vuoto pensierosa. Sfiorò la mano di Soul con la sua.
“Rimani da me, stanotte?” gli chiese, così come glielo aveva chiesto milioni di altre volte.
Lui la guardò ancora e, come milioni di altre volte, annuì con le labbra appena incurvate.
Non dissero nient’altro, semplicemente intrecciando le dita l’uno con l’altra.











Note:
Il 3 aprile dell'anno scorso ho pubblicato il primo capitolo di questa storia. Esattamente un anno dopo sto pubblicando l'ultimo, così posso dire di averci messo un anno esatto a scriverla e provare abbastanza soddisfazione da compensare il fatto di aver finito a 19 capitoli invece che 20. 
Ma sarò onesta e ammatterò che in realtà l'idea alla base di questa storia mi è venuta nel 2016 e quello stesso anno avevo iniziato a scribacchiare la primissima versione dei primi capitoli, quindi mi ci sono voluti due anni a rimuginarci sopra prima di iniziare a pubblicare. La morale è che magari se ci rimugino abbastanza, riuscirò a dare vita anche a qualche altra idea in futuro. xD
In ogni caso, mi sono divertita moltissimo a scrivere questa storia e il supporto che mi avete dato ha reso l'esperienza ancora più piacevole.
Chiudendo questo pseudo discorso da accettazione dell'Oscar, per questo capitolo volevo una scena di calma, per concludere la storia in maniera semplice, ma siete liberi di immaginare come preferite la sorte della casa di Maka nelle grinfie di Black Star. Spero che vi sia piaciuto e spero che vi sia piaciuta tutta la storia nel complesso.
Grazie infinite a tutte le persone che hanno recensito, vi voglio bene!  Inoltre ringrazio anche chi ha seguito e messo tra le preferite la storia. :)

Baci! Ci si vede! 😎

 

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