Schwarzes Herz - Twincest

di DhakiraHijikatasouji
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrima nera ***
Capitolo 2: *** Il sole di Settembre ***
Capitolo 3: *** Come una stella ***
Capitolo 4: *** Simbiosi ***
Capitolo 5: *** 5. His Eroine ***
Capitolo 6: *** 6. Moon Flower ***
Capitolo 7: *** 7. Semplice Veleno ***
Capitolo 8: *** 8. Killer Feeling ***
Capitolo 9: *** 9. Bill ***
Capitolo 10: *** 10. Du bist alles was ich bin ***
Capitolo 11: *** 11. Dirty Dream ***
Capitolo 12: *** 12. All in the eyes of a boy ***
Capitolo 13: *** 13. Advices to kill yourself ***
Capitolo 14: *** 14. Inconvenienze ***
Capitolo 15: *** 15. The boy is a monster ***
Capitolo 16: *** 16. Back to zero @ ***
Capitolo 17: *** 17. Friends ***
Capitolo 18: *** 18. Non ti ricordi di me? ***
Capitolo 19: *** 19. Il millisecondo di un attimo ***
Capitolo 20: *** 20. Problemi psicologici ***
Capitolo 21: *** 21. A life like something new ***
Capitolo 22: *** 22. Only You ***
Capitolo 23: *** 23. Various types of puppies ***
Capitolo 24: *** 24. All the flowers wither ***
Capitolo 25: *** 25. Schwarzes Herz ***



Capitolo 1
*** Lacrima nera ***


1. Lacrima Nera


Le palpebre cominciarono a dare la vista del chiaro non appena il raggio opaco del sole si posò su di loro. E già questo feriva; doverle aprire, ancora di più. Soprattutto se venivano aperte per poi iniziare un'agonia, un'agonia di quelle misteriose, che non si sa perché, ma ti attanagliano dentro. Lo so, non è molto facile da spiegare. Di solito le persone, nella maggior parte dei casi, conoscono i motivi del proprio stato d'animo...invece Tom Kaulitz no. Ogni mattina si levava dal letto con i cornrows sempre al loro posto, si guardava allo specchio per mettere a fuoco la propria figura appena sveglia. E quello che si domandava tutte le mattine era: "Si può essere tormentati da qualcosa...o da qualcuno che non è mai esistito veramente?". Sapeva di aver avuto un incidente all'età di 15/16 anni e di non ricordarsi nulla della sua infanzia, se non qualche accenno, e qualche cosa che sua madre Simone aveva fatto fatica a riportargli alla luce. Dentro di lui, però, sentiva che c'era un tassello mancante, o che non coincideva. Come se sua madre gli avesse detto una bugia, o come se semplicemente non gli avesse detto la verità. Tra le due c'è una differenza sottile, ma anche marcata. Non dire una verità è peggio che dire una bugia. Sicuramente peggio.

-Chi sei?- Si chiedeva fissando lo specchio, dritto nei propri occhi, come se in essi avesse potuto trovare la risposta che tanto sperava. Ovviamente non giunse niente alle sue orecchie. Si mise la sua fascia e strinse con le mani i bordi del lavandino cercando di riprendere il controllo di sé. Ogni volta era una cosa insopportabile la mattina. Poi durante il giorno poteva anche passare, ma la mattina proprio no. Finì di prepararsi per poi scendere al piano di sotto.

-Buongiorno, Tom, vieni a fare colazione con noi- Simone stava terminando di mettere le cose sul tavolo. Latte caldo, caffè, cereali, paste, biscotti, frutta...questo c'era. Thomas sospirò, non perché non avesse voglia, ma perché quel "noi" pronunciato poco fa dalla propria madre, stava a significare la presenza di Gordon, il suo patrigno. Ancora i due non avevano imparato ad andare d'accordo, o meglio, Thomas non aveva dato l'occasione a Gordon di completare un discorso con lui...ancora non se la sentiva, e forse non se la sarebbe sentita mai. D'altronde non aveva deciso lui di mettersi Gordon in casa! Thomas posò la cartella accanto alla propria sedia, mettendosi a sedere in silenzio. Gordon era accanto a lui con il giornale in mano, giornale che chiuse subito non appena Tom toccò la sedia.

- Buongiorno, Tom-

- Buongiorno- Rispose lui monocorde, tanto per non essere maleducato. Gordon guardò Simone come in cerca di qualche consiglio, mentre Tom aveva già riempito la propria tazza con latte e cereali, e stava mischiando ininterrottamente senza decidersi a mettere il cucchiaio tra le labbra.

- Oggi che materie hai?- Il ragazzo roteò gli occhi.

- Non lo so- Sbuffò.

- Come siamo nervosi stamane...- Thomas non ce la faceva più. Sbatté le mani sul tavolo.

- Non ho fame!- E se ne andò. - Faccio tardi, ciao mamma- Diede un bacio sulla guancia di Simone prima di uscire. Non lo sopportava quel Gordon. Ma perché non lo lasciava in pace? La mattina non era in vena di domande, come non lo era il pomeriggio e la sera! Gli suonò il cellulare: una notifica.

Selene"Stasera discoteca, ore: 22:00"

Rispose ok al messaggio e ricontinuò sui suoi passi. Ormai era così almeno tre/quattro volte alla settimana. Tom si incontrava con Selene, una sua compagna di classe ed insieme...potevano essere chiamati amici, ma inteso come "amici di letto". Selene sotto sotto era anche un po' zoccola e Thomas lo aveva sempre pensato, ma d'altronde usava il sesso per reprimere quel senso di agonia che ancora non voleva saperne di lasciarlo andare, non gli interessava l'amore. Arrivò a scuola e venne affiancato da Andreas.

- Ehi, amico, ci sei anche tu alla discoteca stasera?- Andreas era un tipo più bastardo di lui. Andreas non solo usava le donne, lui le maltrattava nella maggior parte delle volte. Forse una l'aveva anche messa incinta e poi se ne era andato senza lasciare più traccia. Tom e Andreas erano i più temuti della scuola, oltre ad una piccola banda che seguiva Andreas da quando metteva piede nella scuola, fino a quando non lo rimetteva fuori...e a volte anche dopo.

- Sì, ho appena ricevuto il messaggio da Selene, e stasera ce la spassiamo!-

- Così mi piaci, Kaulitz!- Si dettero il cinque. Arrivarono nei pressi dell'istituto e tutti si discostavano al loro passaggio. Tutte le ragazzine guardando Tom arrossivano se questo ricambiava lo sguardo, oppure andavano in panico scuotendo la propria migliore amica urlando il fatto, che poi magari Thomas stava anche guardando un palo al posto di queste suddette ragazze. A parte gli scherzi, Tom le guardava tutte. Tutte meritavano di essere guardate, tutte quelle che alla fine Tom riteneva belle e fattibili. Abbordarle sarebbe stato facile per un tipo come lui. Lui e Andreas erano anche diventati amici facendo a botte senza nessun vincitore, e da quel giorno non si erano mai separati. Sempre a scuola insieme, e spesso anche fuori. Passando tra la folla, Tom notò due ragazzi che anche loro stavano sempre appiccicati, ma ritenuti due sfigati...sia da Andreas, che da lui stesso. Si chiamavano Georg Listing e Gustav Schäfer. Georg, capelli lunghi castani e occhi verdi. Lo guardava storto, e ogni tanto provava a scambiarci qualche parola, ma Andreas si metteva in mezzo e una volta era stato anche pestato perché aveva osato contraddirlo. Gustav, capelli biondi e occhi castani. Lui era sempre stato un tipo riservato. Dicevano tutti che era ricco, solo perché aveva una grande casa, e non era poco. Più che altro con Gustav si era creata la situazione inversa. Andreas aveva cercato di attirarlo, appunto perché possedeva i soldi, ma il biondo aveva rifiutato perché non voleva lasciare Georg e poi perché non ci avrebbe guadagnato niente di buono. Ad un certo punto, notò che gli sguardi si stavano tutti voltando verso l'ingresso del cortile. Tom seguì la massa fino a vedere forse una delle cose più belle che avesse mai visto. Era una persona nuova dell'istituto. Aveva i capelli neri, la pelle bianca ed i lineamenti delicati. Vestita di nero, unghie dipinte del medesimo colore, e sugli occhi un paio di occhiali da sole, quando di sole non ce ne era per niente.

- Chi è quella bellezza stratosferica?- Sussurrò con gli occhi spalancati, e notò di sentirsi accaldato, cosa che non era mai capitata. Il cuore cominciò a battere più veloce, una sensazione stranissima per uno come lui. Strana, ma non sconosciuta, eppure sentiva di non averla provata da nessuna parte, e per nessun'altra cosa o persona.

- Amico, ehm...è un ragazzo...- Disse uno degli scagnozzi di Andreas. Thomas non ci volle credere di aver pensato quelle cose di un maschio, e quindi cercò di ricomporsi nel migliore dei modi. Il suo sguardo tornò serio e non più perso.

- Come si chiama?-

- Bill Trümper...è il nostro nuovo compagno di classe, penso...- Quel nome gli fece provare una fitta al petto, una fitta sconosciuta. -Mamma mia però quanto è ridicolo! Cioè, sembra una ragazza! Dicono che si trucchi, per chi lo ha visto in giro...poi delle sue origini non sa nulla nessuno. Nessuno sa dove vive, qualcosa del suo passato, qualcosa del suo presente...insomma, è già tanto se sappiamo il suo nome- Thomas annuì senza dire niente, per poi riposare lo sguardo su Bill. - Ehi, Tom? Non dirmi che sei rimasto deluso perché volevi fartelo pensando che fosse una ragazza! Ahaha!- Gli diede due pacche sulla spalla. - Tranquillo, che se volessi potresti benissimo farlo, e comunque non ti converrebbe, oltre al fatto che ci sono molte ragazze belle al mondo e...andare con uno come quello...ma anche no, giusto?- Tom annuì di nuovo, ma era come se non lo stesse ascoltando. Quel Bill era interessante. Adesso stava attraversando il cortile dirigendosi verso l'ingresso della scuola con lo zaino nero in spalla. Aveva il passo svelto, forse non vedeva l'ora di sparire. Ad un certo punto si sentì uno scrosh, come se una grande quantità d'acqua fosse stata versata. Infatti non era per niente errato. Bill era appena stato inondato con un secchio di acqua. I capelli erano diventati lucidi e si erano abbassali di volume, gli occhiali fradici come i vestiti ed il resto. Lo vide sospirare con Andreas che rideva con un secchio in mano, insieme ad uno dei suoi tirapiedi.

- Benvenuta principessa- Aveva detto ridendo. Bill non rispose andandosene via. Thomas però notò un particolare. Da sotto la lente dell'occhiale, vide colare una goccia nera, una goccia di un nero caldo. Era vera la diceria che si truccava, e più che vero il fatto che Tom era rimasto come ipnotizzato. E quella lacrima nera non se la sarebbe scordata facilmente...

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

I suoi occhi erano belli quanto vuoti. Non raccontavano niente, anche se molto probabilmente avevano una storia dietro, una storia difficile...

-Io sono una persona che una volta che diventa tua amica non la devi tradire, perché fidati, non potrai fare a meno di me-

Capitolo 2: "Il sole di Settembre"

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Capitolo 2
*** Il sole di Settembre ***


2. Il sole di Settembre


La campanella suona e gli studenti cominciano ad ammassarsi all'ingresso come un gregge di pecore che deve entrare nel recinto. Tom si affiancò ad Andreas e intanto sentiva tutte le vocine delle ragazze che più o meno ridevano prendendo in giro quel ragazzo che era entrato prima. Chissà adesso dove poteva trovarsi! Magari in palestra dove c'era anche la piscina con i phon per i capelli.

- Era proprio necessario, Andreas?- Domandò.

- Oh, Tom! Non ti riconosco quasi più!- Disse come sconvolto.

- Sai benissimo che io detesto queste cose. Guardare le persone dall'alto in basso e non farle entrare nel nostro gruppo...quello mi può stare anche bene, ma se proprio devi eccedere, non davanti a me, per favore- Non lo stava neanche guardando in faccia, il suo sguardo era puntato dritto davanti a sé. Per questo non poteva vedere quanto l'espressione di Andreas fosse praticamente perplessa al massimo.

- Amico, ti senti bene? Come mai tutto di un tratto ti è presa...non so, la voglia di fare l'eroe?-

- Non voglio fare l'eroe, Andreas. In realtà neanche mi interessa di queste persone al quale dai fastidio, ma a me dà noia vedere queste cose, quindi per me puoi farle, ma non in mia presenza-

- Come vuole lei, sua maestà- Disse Andreas prendendolo in giro nonostante fosse ancora sconvolto da questo improvviso cambiamento di pensiero da parte di Tom. Thomas era sempre stata una persona che se c'era una rissa, o si metteva in mezzo, o stava in disparte a non fare niente...ma si vede che adesso si era stancato, stancato di non fare niente. Quando entrarono, i posti erano già occupati per la maggior parte, ma quello di Tom ed Andreas era sempre rimasto lo stesso. Accanto alla finestra. Thomas vicino al vetro, ancora caldo dato il sole di Settembre; Andreas accanto a lui. La professoressa prima di entrare, si era fermata sulla porta. Dalla visuale di Tom si poteva notare solo che stava parlando con qualcuno, ma non si vedeva chi fosse l'interlocutore. Ad un certo punto smise di parlare facendo il suo ingresso, e si scoprì che stava parlando appunto con Bill che entrò dietro di lei con i capelli come prima, più o meno. Il giubbotto di pelle nero sganciato e la cartella ancora bagnata. Gli occhiali da sole li aveva appesi sul colletto della maglietta anch'essa nera, indossava skinny del medesimo colore di tutto il resto, e finalmente Tom riuscì a vedere gli occhi. Su un viso candido, erano messi in risalto da un ombretto scuro, i suoi occhi marroni. Era praticamente una visione strana, che non potevi fare a meno di guardare, di notare. Vide poi che aveva un piercing sul sopracciglio, e quando aprì la bocca come per dire qualcosa, ne notò un altro sulla lingua. La professoressa intanto parlava e parlava presentandolo alla classe, ma Bill aveva uno sguardo strano. Beh, scoprire di essere in classe con chi prima ti aveva tirato una secchiata di acqua in testa non era di certo il massimo, ma in verità il suo sguardo non esprimeva nemmeno questo. I suoi occhi erano belli quanto vuoti. Non raccontavano niente, anche se molto probabilmente avevano una storia dietro, una storia difficile.

- Credo di aver detto tutto, Willheim puoi sederti lì- Concluse la professoressa. Allora Bill era il deminutivo di Willheim. Quest'ultimo era un nome molto particolare, proprio adatto alla persona che aveva davanti. Aspetta! Davanti!? Esatto, Bill si sarebbe seduto proprio davanti a lui e ad Andreas. Poverino, quasi gli dispiaceva per lui. Per tutta la lezione non aveva fatto altro che fissarlo, per tutta quella e per le altre a venire. Dal canto di Bill, la situazione era stranamente analoga. Anche lui aveva fissato Tom fin da quando aveva messo piede nel cortile della scuola, solo che avendo gli occhiali da sole non poteva notarlo quest'ultimo. Dopo che gli avevano rovesciato la secchiata d'acqua era corso dalla bidella che gli aveva indicato la direzione degli spogliatoi maschili in piscina. Senza averle dato il tempo di fargli qualche domanda sul suo stato, era scappato rinchiudendosi. Togliendo gli occhiali vide allo specchio i suoi occhi rossi di pianto e il viso macchiato dal mascara e dall'eyeliner colati. Si tolse i vestiti mettendoli sul termosifone un po' rimanendo in mutande e a piedi nudi. Il pavimento era freddo ma poco importava. Si asciugò i capelli usando i phon appesi che invece di asciugare, era come se soffiassero un alito di vento, ma meglio di niente. Dopo si era ridato il trucco e si era rimesso tutto. Nel mentre succedeva tutto questo, la campanella era suonata e poteva udire tante delle voci per i corridoi, oltre che sentire i passi di tutti gli studenti. Orribile, semplicemente orribile. Una volta fatto, si era rimesso la cartella in spalla e si era diresso presso la propria classe. Incontrò la professoressa scusandosi per il proprio ritardo. Questa per fortuna era stata gentile, anche se interiormente stava facendo le peggiori supposizioni su Bill per il modo in cui era. Quando era entrato, cercò di non guardare troppo in faccia i propri compagni. Sentiva i propri occhi pesanti, ma questo d'altronde era l'effetto della canna di quella mattina. Eroina, la sua amata eroina. Poi aveva di nuovo incontrato lo sguardo di Tom e riprese la vagonata di domande che la sua mente si stava ponendo. Si stava chiedendo dove l'avesse già visto, quando...tutte domande che alla fine non avevano trovato risposta, ma che lo stavano assillando. L'eroina ormai gli aveva bruciato i neuroni della memoria, oppure in realtà Thomas non era nessuno. Si sedette al suo posto ingnorando i bisbiglii altrui e le palline di carta che ogni tanto lo colpivano, a volte incastrandosi tra i capelli, quindi era costretto a levarsele e gettarle via...questo più o meno ogni cinque minuti. Nel mentre stava disegnando sul proprio quaderno quello che si ricordava del volto di Tom dato che non poteva girarsi per guardarlo. Aveva la dote di saper disegnare, per questo casa sua era piena di fogli volanti con qualche disegno diverso. Alcuni dimenticati, altri da finire...ma sentiva che questo non lo avrebbe né dimenticato né lo avrebbe messo tra gli interminati. Poi arrivò l'ora della mensa. Si alzò andando via prima degli altri per prendere subito il posto siccome poi i tavoli sarebbero stati tutti occupati e sarebbe stato costretto a mangiare sul pavimento dato che un posto in solitario era difficile trovarlo. Prese il proprio vassoio con un'insalata essendo che era vegetariano. Si diresse al proprio tavolo appoggiando la cartella con scioltezza e cominciando ad inforchettare le foglie senza davvero metterle in bocca. Tutti che lo fissavano e questo lo metteva a disagio. D'altronde lui non poteva rinnegare quello che era, era la gente che doveva saperlo accettare. Nessuno si sarebbe seduto con Bill, ma a lui stava più che bene. Però improvvisamente davanti a lui comparve un ragazzo che non aveva mai visto prima. Questo gli sorrise, e Bill cercava di non guardarlo troppo, anche perché gli avrebbe rivolto uno di quelli alla "ma che vuoi?", e non era il caso di sembrare scortese.

- Ciao...Bill, giusto? Non ho mai visto una persona diventare popolare in così poco tempo- Disse sempre con quel sorriso.

- Ah che fortuna- Rispose scocciato. - Tu saresti, di grazia?-

- Georg, mi chiamo Georg-

- Ah, e perché non sei a giocare a fare lo stronzo con i tuoi amichetti invece che a perdere il tuo tempo con me? Nemmeno io ho tanto tempo da perdere per la verità. Quindi? Che vogliamo fare?- Attaccò quasi subito. Non voleva nessuno, non voleva niente. E lui sapeva di chi era colpa! Un raggio di luce ferì i suoi occhi e fu costretto a protendersi in avanti per far in modo che i capelli scendessero ai lati del viso impedendo al raggio di sfiorare ancora il suo sguardo. - Odio il sole! Specialmente quello di Settembre!- Imprecò. A Georg sembrò un buon connettivo per attaccare bottone.

- Perché odi il sole di Settembre?-

- Perché significa inizio scuola, inizio scuola significa tante persone, tante persone significa immaturità, immaturità significa falsità, e falsità significa che il sottoscritto non la gradisce, quindi bada a quando parli con me! O hai intenzioni serie, o te ne vai a fanculo!- Disse. A Georg però non spariva quel sorriso. Bill era un tipo interessante.

- Ti assicuro che le mie intenzioni sono serissime. Se così non fosse...non lo so, puoi infliggermi la pena che ritieni più opportuna-

- La mia indifferenza- Georg rise. La sua indifferenza? E quanto mai avrebbe potuto fare male?

- La tua indifferenza?- Willheim annuì.

- Ti avverto. Io sono una persona che una volta che diventa tua amica non la devi tradire, perché fidati, non potrai fare a meno di me- Georg sbuffò divertito.

- Non ci credo-

- Va bene, allora facciamo una prova, a mai più!- Si alzò e se ne andò via. Wow, non aveva tutti i torti. In Georg si era aperto un vuoto formato dalla curiosità che aveva guardando Bill. Voleva sapere tante cose su di lui, e la verità era che gli mancava di già.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

- Ho visto uno che...- Con un accendino se l'accese tirando la prima boccata e soffiando via il fumo. -...mi sembrava di conoscere-

-Cosa è che vorrei dirti e non ci riesco? Cos'è che vorrei fare ma non posso?-

Capitolo 3: Come una stella

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Spazio dell'Autrice: Ciao, è la prima storia che pubblico riguardo al fandom e ho deciso di farla Twincest perché è una ship che amo tanto. Avverto però che le scene esplicite ci sono, ma non mi sono personalmente sembrate da reating rosso, scrivo di peggio, ahah! Comunque spero che vi piaccia e che aspettiate aggiornamenti. Come ho detto, la storia su Wattpad è già pubblicata e quasi al termine, con tanto di copertina (raffigurata sotto lo Spazio dell'Autrice), e di trailer. Quello posso incollarvelo qui sotto e magari dategli un'occhiata se vi va. Le recesioni sono sempre ben gradite, e...niente. Un bacio a tutti!

Hijikatasouji <3

Link del trailer fatto da me medesima
: https://youtu.be/4XbZeVGjRc0


QUESTA È LA COPERTINA CHE SPERO CON TUTTO IL CUORE CHE VI PIACCIA!

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Capitolo 3
*** Come una stella ***


3. Come una stella


Dopo quel giorno di scuola abbastanza singolare data la comparsa di Bill, Tom tornò a casa per fare i compiti in tempo essendo che dopo doveva uscire con Andreas e Selene. Appena arrivato, vide Simone che stava facendo le pulizie.

- Come è andata oggi a scuola?- Chiese mentre era in bilico su una sedia per pulire un lampadario.

- Bene, abbiamo un nuovo compagno. Si chiama Willheim...ehm...non ho afferrato bene il cognome- Simone scese dalla sedia cominciando a pulire il tavolo. Sembrava molto indaffarata, ma non per questo mancava di attenzione a Tom.

- E come è? E' un bravo ragazzo?-

- Non ho avuto occasione di parlarci, sembra timido e chiuso...- Disse sedendosi con il viso sorretto dalla mano. Sembrava con lo sguardo perso.

- A cosa pensi?- Chiese Simone.

- Forse al mio passato, mamma io credo che...!- Non finì la frase perché sulla soglia del salotto comparve Gordon che era appena tornato da lavoro. Aveva il solito sorriso stanco, come se avesse fatto chissà che cosa. Beh, di questi tempi qualsiasi lavoro è stressante, il lavoro in generale è portatore di stress.

- Ciao caro...dicevi, Tom?- Questo era rimasto a fissare Gordon. Non voleva vederlo per la miseria! Possibile che dovesse sempre essere in mezzo alle balle!? - Tom?- Sembrò risvegliarsi improvvisamente.

- Eh?-

- Mi stavi dicendo di questo nuovo compagno, e stavi per dire anche qualcosa sul tuo passato. Che c'è? Ti ricordi qualcos'altro?- Tom rimase con la testa china. Magari parlare davanti a Gordon di questo argomento gli metteva imbarazzo, anche se quest'ultimo sapeva per filo e per segno come fosse andata la faccenda. Sapeva come era accaduto l'incidente, sapeva quando, sapeva tutto! E ovviamente questo a Thomas non stava bene.

- No, niente. Vado a fare i compiti- Si alzò come sempre oltrepassando Gordon senza neanche guardarlo in faccia. Gordon sospirò.

- Riuscirò mai a farmi accettare?- Chiese a sé stesso però ad alta voce.

- Ho provato a parlare con Tom, ma è una persona irremovibile. Adesso è andato a fare i compiti, magari una mano gli farebbe comodo- Suggerì Simone mentre stava finendo di mettere a posto i vari utensili che aveva tolto da un mobile per spolverarlo. Intanto Thomas stava mandando un messaggio a Gustav. Non aveva voglia di farsi i compiti da solo quindi gli chiese la foto dei suoi per copiarli. Gustav ovviamente dovette accettare, anche perché non voleva problemi, ed in poco tempo gliele fece avere. Mentre stava copiando, sentì bussare alla porta.

- E' permesso?- Appena sentì la voce di Gordon, sospirò rumorosamente lasciandosi cadere sullo schienale della sedia.

- No- Gordon però entrò lo stesso. Se stava dietro al volere di Tom ogni volta, non sarebbe mai riuscito a trovare un dialogo o una qualche forma di contatto che non sia dominata da astio da parte del minore. Thomas questo non se lo aspettava e non fece in tempo a spegnere il cellulare, quindi Gordon poté intuire facilmente tutto.

- Che stai facendo?- Disse sporgendosi verso di lui. Tom preso dal panico quasi, diede un colpo al suo cellulare facendolo cadere per terra. Si chinò subito a riprenderlo.

- Cazzo!- Imprecò. Intanto Gordon stava dando un'occhiata a quello che stava scrivendo.

- Ascolta, se vuoi posso aiutarti io- E nella testa di Tom sembrò accendersi un campanello d'allarme.

- No, grazie, faccio da solo-

- Non mi sembra siccome ti stai servendo di questo- Gli prese il cellulare.

- Ascolta, si può sapere che accidenti vuoi dalla mia vita!? Mi lasci finire!? Va bene, ho capito, non posso fare neanche i compiti adesso! Sai che c'è? Me ne vado, non mi aspettate per cena che esco con amici dopo!- Nel mentre stava dicendo questo, stava rifacendo la cartella e se la stava rimettendo in spalla. Gordon provò a fermarlo, ma cosa mai avrebbe potuto fare? In ogni caso non gli sembrava giusto permettergli di copiare, anche se facendolo non sarebbe entrato comunque nelle sue grazie. Era davvero una sfida quella che Gordon aveva con Tom. Quest'ultimo non voleva saperne, e senza neanche un minimo di volontà o collaborazione, era tutto molto più difficile da realizzare.

Anche Bill era tornato nella sua buia casa. Un piccolo appartamento nei sobborghi della città. Un buco, più che un appartamento. La sua tana piena di fogli, droga...e un gatto. Appena entrò, Kasimir gli venne accanto e cominciò a fargli le fusa e strusciarsi sulle sue gambe. In realtà aveva solo fame, che sia mai che mostrasse tenerezza quel gatto.

- Sì, adesso ti do il cibo- Si diresse verso una delle dispense e prese la scatola con le bustine dove dentro c'era quella poltiglia puzzolente che però a Kasimir piaceva evidentemente. Si sedette sul pavimento accanto a lui cominciando ad accarezzarlo. Era morbido, ma la sua pelle era fredda. - Sei uscito, Kasimir?- Da questo poté intuire di aver lasciato qualcosa di aperto. D'altronde il suo appartamento era al piano terra. - Dove sei andato? Al parco?- Gli chiese come se potesse rispondergli. Bill rise prendendo mentre stava preparando una canna. - Sai, questo giorno...è stato una merda- Come sempre del resto, ma non rendeva per niente enfasi a quella frase dato che lo stava dicendo con un sorriso malato in volto. Kasimir intanto lo guardava, come per dargli il permesso di continuare. Bill si mise la canna tra le labbra. - Ma ho visto uno che...- Con un accendino se l'accese tirando la prima boccata e soffiando via il fumo. -...mi sembrava di conoscere. Ti è mai successo a te?- Kasimir miagolò. - Sì, è una cosa strana. Comunque non è male, è anche carino...- Il suo sguardo divenne assorto e si ricordò il disegno che aveva piegato accuratamente in tasca. Lo tirò fuori aprendolo e guardandolo. Non faceva una piega, perfettamente identico, doveva solo colorarlo con le adeguate sfumature. - Proprio carino- Disse sorridendo per poi riprendere una risata malsana tra una boccata e l'altra. - Sai, Kasimir...adesso mi sento meglio, meno male che ci sei tu con me- Prese il gatto in braccio, ma a sentire l'odore dell'eroina, il gatto cominciò a mugolare rumorosamente, a soffiare e graffiare a destra e a manca fino a che Bill non fu costretto a mollare la presa e lasciarlo scappare. - Kasimir! Ingrato di un gatto, torna qui!- Ma questo non si fece più vivo. Bill sospirò e dopo qualche minuto aveva finito la canna che si era preparato. Andò al tavolo e prese i colori concentrandosi sul suo disegno. Guardandolo, appoggiò la punta del dito sulla guancia del viso di Tom disegnato da lui cominciando a percorrere tutti i lineamenti lentamente. - Chi sei, accidenti?- Sussurrò. Poi prese il colore cominciando a passarlo con cura sul foglio. - Sei un capolavoro- E questo non lo diceva per le sue capacità, ma perché veramente Tom era un soggetto degno di essere immortalato o ritratto, per quanto fosse attraente e affascinante. - Perché quando ti guardo, sento un vuoto?- Si sentiva come più sicuro a porsi queste domande ad alta voce, come se Thomas potesse in qualche modo sentirlo. - Cos'è che vorrei dirti e non ci riesco? Cos'è che vorrei fare e non posso?- Un po' di colore di qua, un po' di colore di là e aveva terminato. Finalmente era finito, e stranamente non ci aveva messo molto. L'impegno era stato tanto, ma a quanto pare la sua bravura si era affinata. - Sei bello come una stella-

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

- Tom? Hai presente l'incidente? Ecco, prima di quello...io, te e Georg...- 
Il ragazzo rimase a bocca mezza aperta quasi, e Gustav capì che doveva continuare, era giusto che avesse delle spiegazioni.

"Capitolo 4: Simbiosi"

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Capitolo 4
*** Simbiosi ***


4. Simbiosi


Sfortunatamente il tempo non era a favore di Tom. La pioggia era cominciata a cadere, ma per fortuna non era ancora buio per le strade. Thomas ripensava a prima a come aveva reagito con Gordon e ancora non riusciva ad ammettersi l'errore. A lui sembrava di aver fatto bene, perché Gordon non aveva rispettato il suo volere. Si tirò su il cappuccio della larga felpa continuando a camminare sull'asfalto bagnato. Meno male la casa di Gustav era vicina a quella sua. Arrivò aumentando il passo, non ne poteva più di quella pioggia. Bussò con poca forza nonostante la fretta. Alla porta venne ad aprire proprio Gustav, che la prima cosa che fece, fu assumere un'espressione stranita.

- Prima di chiedermi cosa io ci faccia qui...posso entrare?- Lo precedette Thomas. Questo si discostò dalla porta facendolo passare senza aggiungere niente. - Ascolta, mi dispiace- Disse lasciando lo zaino da una parte. Ecco, Gustav adesso si stava seriamente spaventando. Kaulitz che chiedeva scusa? Naah, non esiste.

-Ok, Kaulitz, dove sta la fregatura?- Rispose incrociando le braccia. Tom non poteva dargli torto, d'altronde lui e Andreas avevano sempre provveduto a dare noia a lui e a Georg quasi ogni giorno.

-Non c'è nessuna fregatura, è solo che non volevo stare a casa mia, adesso mi fai copiare i compiti?- Ecco, adesso lo riconosceva molto di più. Gustav sospirò prendendo i propri esercizi. Thomas intanto si sedette a tavola. - Dove sta tua madre?-

-E' fuori, non so quando torna- Gli lasciò il quaderno davanti con gli esercizi e Tom cominciò a copiarli come un africano che finalmente riesce a mangiare qualcosa di sostanzioso. - Tu cosa ne pensi del nuovo compagno?- Si sedette anche lui davanti a Thomas. Questo fece spallucce.

- E' un tipo strano-

- Già, molto strano- Sorrise Gustav e Tom fece una risatina. Si trovavano d'accordo. - Però non è da escludere-

- In che senso?-

- Cioè secondo me non va giudicato a primo occhio, tentare un dialogo con lui potrebbe rivelarsi interessante. Georg ci ha provato oggi a pranzo- Thomas alzò la testa con sguardo interessato.

- E? Come è andata?- Gustav si stupì di tanto interesse, ma non se ne curò più di tanto.

- Ha detto che è interessante, ma molto chiuso in sé stesso, dice che odia il sole, sopratutto quello di Settembre, sinceramente questa cosa la devo ancora capire...-

- Bhe, parlando di lui dobbiamo capire ancora tante cose- Rise Tom.

- Già, e poi si è dato la nomina di "persona della quale non si può fare a meno", roba da matti! Il bello è che poi Georg ha confermato questa ipotesi! Quando è tornato al nostro tavolo ha detto che avrebbe voluto discutere ancora di più con Bill! Assurdo, semplicemente assurdo!-

- Magari il tuo Georg si è preso una sbandata- Fu in quell'istante che Gustav scoppiò a ridere quasi piegandosi in due.

- Georg? Una sbandata per quello? Ahahahahah!! Georg è sempre stato un tipo socievole, che prova ad attaccare bottone. Certo che voi pezzi grossi siete dettati a pensare sempre male eh- Tom non rispose riflettendo attentamente su quelle parole. Lui e Andreas erano considerati dei pezzi grossi, eppure Thomas non si sentiva minimamente così. Da quando aveva visto Bill, pensare di fare del male alle altre persone gli faceva solo senso e quindi credere di averlo fatto negli ultimi anni da dopo l'incidente...non lo faceva sentire come Gustav lo aveva definito.

- Prima volevo scusarmi davvero- Il sorriso di Gustav si spense ritornando serio. - Sia a te che a Georg, per tutto quello che vi ho fatto, per quello che è successo..- Gustav sospirò. Era difficile da accettare, ma c'era una grande verità che Gustav si era tenuto dentro da troppo tempo.

- Tom? Hai presente l'incidente? Ecco, prima di quello...io, te e Georg...eravamo amici- Il ragazzo rimase a bocca mezza aperta quasi e Gustav capì che doveva continuare, era giusto che avesse delle spiegazioni. - Sì, eravamo inseparabili. Ci conoscevamo meglio di chiunque altro. Facevamo i compiti insieme, uscivamo insieme...poi tu sei sparito sempre più lentamente. Avevamo cominciato a pensare che avessi qualcuno, come una ragazza...insomma che ti fossi innamorato, ed era strano perché sai benissimo anche tu che "Tom Kaulitz innamorato" è una barzelletta bella e buona. Insomma ci vedevamo sempre di meno e le distanze hanno cominciato ad ampliarsi fino a quasi ignorarci. Poi siamo venuti a sapere del tuo incidente e ti siamo venuti a trovare in ospedale. Quel giorno però non eri solo. Abbiamo visto una persona accanto al tuo letto. Ti stava parlando e sentivamo che piangeva, ma non siamo riusciti a vederle il viso. Quando è uscita è scappata via senza darci il tempo di capire chi fosse. Siamo entrati e il dottore ci ha informato della tua perdita di memoria. Poi ti sei svegliato e sei praticamente entrato sotto l'influsso di Andreas. Prima bullizzava anche te insieme a noi, ma un giorno di quelli che seguirono hai reagito. Avete cominciato a picchiarvi e sei riuscito a tenergli testa, così ti ha preso in simpatia e questa volta non avevamo più nessun modo di contattarti...neanche i tuoi ricordi, perché erano spariti in un puff- Thomas era rimasto letteralmente pietrificato, non riusciva a muovere un muscolo da quanto questo racconto lo avesse lasciato di stucco. Questa parte sua madre non gliel'aveva detta e magari non le aveva detto tante altre cose, oppure non le riteneva importanti, e altre ancora non ne era a conoscenza. Pensava poi anche a quella persona che piangeva. Chi era? Simone? Non gli veniva in mente nessun altro in effetti.

- Io...Io...mi dispiace...per tutto, per qualsiasi cosa- Riuscì a dire solo questo, ma per Gustav era sufficiente.

- Dai, vieni qui- Gustav si alzò facendo il giro del tavolo e allargando le braccia. - So che non sei il tipo da abbracci ma...- Non lo lasciò finire che fu proprio Tom a gettarsi in braccio a lui.

- Grazie per avermi detto queste cose, e ti prego di perdonarmi per quello che è successo con Andreas in tutti questi anni. Ascolta, puoi levare pure il quaderno. Io ti chiedo, tienilo bene a mente perché non lo farò mai più, di aiutarmi a migliorare...perché ultimamente non vado troppo bene a scuola-

- Certo, siediti- Thomas eseguì e Gustav sospirò. - Eeeh troppe seghe e troppo poco studio- Tom rise e dovette essere sincero, non se ne sarebbe voluto andare. La compagnia di Gustav in quel momento la gradiva tantissimo e non voleva lasciarlo per andare da Andreas e Selene a bere e fare sesso in qualche bagno, ma d'altronde doveva. Solo che a differenza delle altre volte ci sarebbe andato con una consapevolezza in più e un dubbio in meno.

La mattina seguente Bill stava camminando per andare a scuola. I suoi amici occhiali da sole erano posati sui suoi occhi come sempre e finché non metteva piede in classe non avrebbe avuto nessuna intenzione di levarseli.

- Ehi, Bill, che sorpresa!- Sentì una voce familiare e infatti sbucò Georg accanto a lui. - Allora? Che mi racconti? Come stai?-

- Perché tutte queste domande di prima mattina?-

- Per parlare, non capisco perché sei così scontroso con me, io sto cercando solo di essere gentile. Non mi credi ancora? Che cosa dovrei fare?-

- Ehi, ecco le due fatine- Andreas spuntò davanti a loro fermando il i passi dei due. Bill abbassò lo sguardo, la giornata non poteva iniziare nel migliore dei modi. - Ragazzina, fammi vedere i tuoi occhi con mascara, fammi vedere come ti trucchi a checca schifosa- Contrariamente a quello che Georg pensava, Bill sapeva come difendersi.

- Lasciami in pace. Sei quello della secchiata d'acqua, vero? Spero che dopo ti sia sentito meglio- Disse come se la situazione non fosse critica. - Sinceramente quelli come te mi fanno schifo, hai anche la faccia tosta di parlarmi, ma non ti sei visto? Tu che fai questi dispetti alle persone e ti senti il re del mondo solo per queste bravate!- Andreas si avvicinò a lui prendendolo per il colletto della maglietta.

- Sei solo una lurida troietta!-

- Fidati, in confronto a quelle che ti fai tu, sono molto più esperto!-

- Questo è troppo!- Stava per tirargli un pugno, ma Georg si era messo prontamente in mezzo e aveva spinto via Andreas facendo cadere Bill per terra. Gli occhiali gli si erano tolti e Bill si era coperto gli occhi per non farsi vedere e perché il sole lo aveva improvvisamente ferito. Sentiva solo che Georg le stava prendendo di santa ragione e non voleva che fosse così, non voleva per niente che fosse così. Georg si stava facendo picchiare per lui.

- Che succede qui?- Sentì un'altra voce e aprì gli occhi allargando uno spiraglio tra le dita per vedere. Era quel ragazzo di cui aveva fatto il ritratto e di cui non sapeva il nome. Era insieme ad un altro biondo. - Andreas, ti avevo detto che non volevo più vedere queste bravate! Lascia immediatamente Georg e non ti azzardare più a dare fastidio a Bill!-

- Sennò cosa mi fai?- Lo sfidò quest'ultimo. Thomas gli mollò un destro sul naso e Andreas lasciò Georg. Tutti rimasero come stupiti, perché forse era da tanto che aspettavano una cosa del genere. Il bello è che non si fermò lì, ma continuò a picchiarlo con una certa forza. Quando Tom ebbe finito con lui, si diresse verso Bill.

- Stai bene?- Questo si alzò scoprendosi gli occhi e Tom perse un battito a guardarli. Erano praticamente stupendi e visti da vicino gli avevano fatto provare una fitta al petto forte, ma piacevole quasi.

- Sì, grazie...-

- Thomas-

- Thomas...sì, grazie, Thomas- Tom si chinò prendendo i suoi occhiali.

- Non si sono rotti per fortuna, tieni- Glieli passò appoggiandogli una mano sul braccio e Bill accusò la stessa fitta sentendo quel contatto, anche se durò pochi istanti. Gustav intanto stava aiutando Georg a rimettersi in piedi. - Andiamo a scuola insieme e vedrai che nessuno ti torcerà un capello- Bill sorrise annuendo.

- Ok-

- Ok- Quel contatto visivo, entrambi sentivano di averne bisogno. Sentivano che avrebbero potuto trovare le risposte che cercavano, ma...

- Oh! Sono dieci alle otto, fate voi!- Si palesò Georg che era pieno di lividi. Tutti e quattro cominciarono a correre. Anche Bill che la ginnastica la odiava, ma in quella corsa non aveva sentito fatica quanto libertà.

Quella tra lui e Tom poteva essere benissimo definita "Simbiosi".

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Quel disegno era veramente un ossessione, e ancora di più lo era la persona nel mondo reale, ma Bill non voleva questo.

-Maledizione! NON SEI NESSUNO!-

"Capitolo 5: His Eroine"

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Capitolo 5
*** 5. His Eroine ***


5. His Eroine


Si era sempre soffermato sulla solitudine di quella che chiamava casa. Ancora con uno di quei bastoncini letali tra le dita candide e le sue preoccupazioni. Riguardava quel disegno che aveva fatto di Tom, e si soffermava sugli occhi mentre tirava boccate che in confronto il respirare faceva un baffo. Per lui l'eroina era aria, lo aiutava a frenare i propri istinti, a rimanere calmo.

- Incredibile- Non lo disse per niente con enfasi, era come rapito. Un paradiso si era aperto davanti a lui. E questo perché Tom era diventato la sua eroina. Questo non lo avrebbe mai ammesso a sé stesso, ma quella fitta al petto...il tocco della sua mano...lo avevano fatto sentire meglio di qualsiasi canna o siringa che ultimamente aveva imparato a fare e procurarsi. Non era difficile, andando in giro per la città di notte sai quanti ne trovavi disposti a dartene una! - Sento che potrei anche fare a meno di questa per parlarti qualche secondo di più, per avere il coraggio di chiarire quello che porto dentro...riesco solo a diventare erba- Sospirò spengendo la canna. Kasimir si fece vivo dopo qualche minuto, quando la puzza era andata via. Ovviamente veniva a chiedere, e cosa? Un po' di coccole. Si accucciò tra le gambe incrociate di Bill cominciando a fare le fusa. Bill prese ad accarezzarlo con poca attenzione. -Thomas...allora ti chiami così...- Quel disegno era veramente un ossessione, e ancora di più lo era la persona nel mondo reale, ma Bill non voleva questo. Gli prese un attacco nervoso che a quanto pare fece capire che l'effetto della droga era svanito. Si alzò improvvisamente facendo sobbalzare Kasimir dallo spavento. - Maledizione! NON SEI NESSUNO!- Prese un bicchiere e lo lanciò verso il muro frantumando il piccolo oggetto, facendolo diventare un ammazzo di cocci che si erano sparsi sul gelido pavimento. Si mise le mani tra i capelli e camminò avanti e indietro per la stanza cercando di darsi una calmata, ma il cervello stava nuovamente esplodendo e flash di vita confusa stavano offuscando la sua mente. Sentiva gli occhi lucidi, ma non di pianto. Sentiva la bava alla bocca che lentamente usciva dalle sue secche labbra. Sentiva il mal di testa che faceva male come una spada che lo trafiggeva. Dolore, solo dolore...e non ne avrebbe sopportato altro. Aveva bisogno di dimenticare. Bill Trümper aveva sempre bisogno di dimenticare. Da quel giorno ormai era così.

Quella discoteca la sera era sempre piena di gente. Vuoi perché era stata aperta da poco, o vuoi per il divertimento, fatto sta che lì dentro non si respirava. Con "da poco" si intende qualche mese, sia chiaro...ma comunque abbastanza poco da ricordarsi ancora il giorno in cui era stata inaugurata con i primi ubriachi e le prime puttane. Bill entrò come se non ci fosse nessuno. Attraversò il piazzale e nel mentre vide di tutto. Oltre alla gente che ballava, riuscì a vedere molte ragazze in top che si limonavano con energumeni pieni di muscoli, molte coppie che tenendosi per mano scappavano in un bagno, e molti gruppi di ragazzi che si divertivano a dare fastidio e fare battute di merda...ma Bill li ignorò quasi tutti. Lui guardava e basta, non aveva bisogno di reagire. Il suo viso non esprimeva niente di niente. Si sedette al banco su uno di quegli sgabelli sempre un po' traballanti. Il barista arrivò quasi subito.

- Cosa ti do?- Chiese.

- Qualcosa di fortemente alcolico, fai tu- Il barista annuì e dopo pochi minuti gli mise davanti un liquido da un colore strano, ma tanto a Bill non importava. Voleva bere fino a dimenticare anche chi fosse. Ormai era dettato a rovinarsi, e lo voleva fare bene. Dopo il primo sorso, si sentì già leggermente stordito. Il restante lo buttò giù tutto insieme serrando gli occhi per contenere l'alcool. - Un altro- Disse. Il barista gliene preparò un secondo immediatamente, e non è che questo ci mise più tempo dell'altro a sparire. Cominciò a ridere, ma tornò serio subito. - Un altro, per favore- La sua mente era ben lontana, forse era uscita dal suo corpo e gli stava chiedendo cosa diamine stesse combinando.

- Amico, non dovresti esagerare...-

- Non sono affari tuoi! Muoviti!- Non stava neanche più ragionando. Gliene arrivò un terzo e lui cominciò a berlo dopo l'ultimo sguardo da parte del barista, che uno sano avrebbe potuto benissimo intuirne il significato, ovvero: "Questo non torna a casa stasera". O per un motivo o per un altro, magari aveva ragione. Magari non sarebbe tornato a casa, magari si sarebbe accasciato per strada, magari non sarebbe neanche arrivato alla strada. In quel momento tutto poteva succedere, e la mente di Bill rimaneva apatica ed estranea all'esterno. Ad un certo punto poté sentire una presenza accanto a lui.

- Ciao, principessa- Oh no, riconosceva quella voce, e purtroppo l'avrebbe riconosciuta tra mille. - Che ci fai qui tutta sola?- Bill continuò a bere senza rispondere.

- Qualche problema?- Si mise in mezzo il barista che Andreas guardò male.

- No, non...nessun problema- Rispose Bill confuso, ma non voleva che ci fosse l'eroe della situazione.

- Come vedi, nessun problema...sloggia!- Il barista si allontanò con cipiglio infastidito dall'irruenza di Andreas.

- Che vuoi, Andreas?- Ecco che Bill si stava rivolgendo a lui. - Non ti è bastata la lezione di oggi?- Andreas lo prese per le spalle costringendolo a girarsi verso la sua direzione.

- Tranquillo che Thomas la pagherà...in un modo o in un'altro, ma adesso puttanella, fammi vedere di cosa sei capace- Gli prese il bicchiere appoggiandolo sul bancone e avvicinandosi pericolosamente a Bill.

- Sì, Andreas, vai così!- Disse un'altra voce e il moro poté notare un flash, quello di un cellulare. Stavano riprendendo tutto. Andreas gli prese il viso tra due dita avvicinandolo al proprio.

- No...lasciami in pace...non voglio...- Le proteste di Bill erano abbastanza confuse e difficilmente comprensibili. Esso tentava con le braccia di respingerlo, ma si sentiva debole, sia di mente, che di forza di volontà. Non era più niente ormai. La sua testa era stata impossessata da eroina e alcool, e il suo corpo bene o male, se andava avanti così, fra poco neanche quello sarebbe più appartenuto a lui. Nel mentre altri due spettatori stavano osservando la scena.

- Ma quello non è Bill?- Chiese Gustav a Georg. Erano seduti ad un tavolo con due drink. Georg alzò lo sguardo e notò il diretto interessato che stava praticamente limonando con quello che sembrava essere Andreas.

- Ma...non ti sembra strano? Bill e Andreas?- Nel mentre quest'ultimo aveva cominciato a spingersi un po' troppo oltre. La sua mano era andata sempre più giù fino ad insinuarsi sul cavallo dei pantaloni di Bill che sussultò. Strinse le sue mani attorno al braccio di Andreas, ma non riusciva a spostarlo neanche di un centimetro.

- Basta...ti prego...- Disse una volta che ebbe le labbra libere per respirare, ma Andreas non lo ascoltò e ricominciò a ficcargli la lingua in gola.

- Ehi, Andreas, credo che tu ti sia divertito abbastanza!- Questo si staccò da Bill e voltandosi si trovò accanto Gustav e Georg.

- Che problema c'è, sfigati? Mi stavo solo divertendo un po' con questo giocattolino, non vi sembra adorabile?-

- Lascialo in pace, Andreas!- Georg era già pronto a caricare il pugno e Gustav stava componendo il numero della polizia.

- Pronto, polizia...-

- No! Non starai mica facendo sul serio!- Lo sguardo di Gustav non faceva trasparire scherzi. - Va bene, ho capito, non c'è bisogno di ricorrere a questi metodi, metti giù quel cellulare...- Gustav eseguì. Andreas guardò prima loro e poi spostò il suo sguardo su Bill. - Per questa volta sei salva, lurida troietta- Gli afferrò il collo spingendolo giù dallo sgabello, facendo riversare a terra entrambi. Bill batté la testa e perse inevitabilmente conoscenza. Sia Georg che Gustav decisero di non curarsi più di tanto di Andreas, quanto del fatto che Bill avesse bisogno di aiuto in quel momento. Lo portarono quindi a casa di Georg, siccome viveva da solo.

-Mettilo qui sul divano- Disse Gustav al proprietario di casa che lo stava tenendo in braccio, e neanche con tante difficoltà essendo che Bill era parecchio gracile. Georg eseguì posandolo lentamente sul confortevole divano. - Dovrebbe riprendersi adesso- Come se le parole di Gustav fossero state incantesimo, Bill schiuse gli occhi.

- Che mal di testa- Disse mettendosi una mano sulla fronte. - Dove sono?-

- A casa mia. Ti sei fatto una bella sbronza-

- Oddio, vomito!- Si alzò di scatto correndo a casaccio per la casa sperando di beccare la porta del bagno prima di rigettare sul pavimento. La dea fortuna gli era stata vicina almeno in quel momento e dopo una o due porte, aveva finalmente beccato quella giusta. Gustav e Georg preferivano lasciarlo stare e sottoporlo dopo all'interrogatorio. Aveva proprio un viso sciupato una volta uscito dal bagno. Sciupato, ma sempre con la sua particolarità. Si risedette sul divano sospirando.

- Che ci facevi lì?-

- Ero a farmi un giro, non posso?- Beh, in effetti la domanda di Gustav poteva risultare stupida vista in quel modo.

- Te la faccio semplice...perché ti sei ridotto in questo stato? Non sai che bere troppo fa male?-

- Certo che lo so, mammina- Disse stizzito. - Potrei avere dell'acqua per favore?- D'altronde la gola aveva preso a bruciare per via del vomito. Georg annuì portandogli un bicchiere d'acqua subito dopo. - Grazie. Comunque perché mi avete aiutato?-

- Bill, ormai sei nostro amico. Ti abbiamo visto in difficoltà con quel porco di Andreas e abbiamo preferito darti una mano. Dal tuo sguardo non sembri molto contento...-

- Perché, lo è mai sembrato?- Incalzò Gustav, e non aveva tutti i torti, ma anche Georg aveva il suo asso nella manica. Sfoderò il suo sorrisetto pervertito che non prometteva niente di buono.

- Invece una volta ha sorriso-

- Ah, sì? E quando?- Bill guardava prima uno e poi l'altro. Sembrava che parlassero come se lui non fosse presente. Bevve un sorso d'acqua.

- Quando guardava Thomas- Improvvisamente Georg si sentì docciato. Bill si stava passando il dorso della mano sul labbro.

- EH!?- Georg non aveva neanche risposto, che come uno zombie si era diretto in bagno a prendere un asciugamano per asciugarsi il viso. - Secondo te sorridevo per Thomas? Tu sei totalmente fuso! E' normale sorridere quando si scampa ad un pugno-

- Io credo che quello che intenda Georg sia un sorriso con una sfumatura diversa, capisci?-

- Ma statti zitto- Sbuffò Bill. - Comunque sto bene, posso anche andare- Si mise una mano sul petto. - Vi ringrazio di tutto e prometto solennemente che arriverò a casa senza farmi male- Disse a presa in giro. - Ci vediamo domani semmai, ciao- Prese il suo giubbotto di pelle che evidentemente gli avevano tolto, e uscì di casa. Come faceva freddo quella sera! Eppure vedeva la gente che ancora girava solo con le felpe addosso! Ma come poteva essere possibile?! Lui si sarebbe messo anche un piumone, eppure era abituato al freddo essendo che la sua casa era senza riscaldamento. Avvertì un capogiro fortissimo e improvvisamente la vista si stava scurendo, e le persone le vedeva come sagome sfumate. - No, non adesso...- Sentiva di non farcela più. Girava tutto troppo e non vedeva niente, non sapeva dove fermarsi, riusciva solo a traballare, fino a che non andò addosso a qualcuno.

- Bill!- Non riuscì a dire nulla che sentì le gambe cedere come se fossero state tagliate...però...però quella voce aveva capito di chi era, e fortunatamente l'avrebbe riconosciuta tra mille. - Bill! Ehi, non fare scherzi, che hai?- Ma ormai questo era già crollato. Thomas sospirò e se lo caricò in spalla. - Cristo santo, Bill...sapessi solo quello che ti passa per la testa!- Eh già.

Sapesse solo che era lui l'oggetto dei suoi pensieri...

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Come aveva fatto a dimenticarsi chi aveva provveduto a regalargli questo sentire? Era arrabbiato, confuso, deluso dalla vita che conduceva, immersa nel dubbio e nell'errore.

- Il tuo concetto di sentirti di troppo è pari a quello di esistere, vero?-

"Capitolo 6: Moon Flower"

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Capitolo 6
*** 6. Moon Flower ***


6. Moon Flower


Fortunatamente il tragitto non era tanto lungo. Anzi, la casa di Tom era vicina a quella di Georg e Gustav. Bill quella sera ormai era certo che non sarebbe tornato a casa propria. Tom fece un balzo, una volta arrivato sulla soglia della porta, per tenerlo meglio anche con solo un braccio, mentre con la mano libera cercava la chiave in tasca. La infilò rapidamente nella toppa e aprì usando la propria mole per discostarla totalmente dal proprio campo visivo. Simone e Gordon appena lo videro, si precipitarono subito su di lui.

- Cosa è successo? Chi è?- Cominciò a domandare Simone impanicata quasi, ma così non aiutava.

- E' Willheim...Bill...il mio nuovo compagno di classe. Mi è praticamente svenuto in braccio, deve avere la febbre alta- Gordon si avvicinò, ma Tom strinse di più Bill a sé come se Gordon stesse avendo cattive intenzioni. Ovviamente non era niente del genere, ma Thomas non voleva.

- Ascoltami, Tom. Vedi quella scala? Suppongo che dovrai salirla con Bill sulle spalle...- Ma lo stava trattando da idiota? - Ecco, quindi non fare mosse stupide e dallo a me. Se salendo cadessi, vi fareste entrambi molto male e preferisco stare sicuro- Tom sospirò e gli scocciava ammettere che Gordon aveva ragione. Si voltò lasciando scivolare Bill tra le braccia di quest'ultimo. Poi notò Simone, che era rimasta ad osservare la scena come ipnotizzata.

- Simone, c'è qualcosa che non va?- Domandò Gordon. Lei stava continuando ad osservare il viso di Bill.

- Mi sembrava...no, niente- Gordon e Tom si guardarono per qualche istante, prima che questo lo precedette cominciando a salire le scale. In fondo al corridoio c'era la camera degli ospiti. Essa sinceramente era una delle stanze più fredde della casa. Appena aperta la porta li invase un odore di chiuso che non si poteva proprio immaginare, solo che non potevano aprire le finestre adesso.

- Tienilo un secondo che vado a prendere delle coperte per fare il letto. Appena si sveglierà chiedi chi possiamo chiamare, i suoi genitori saranno preoccupati- Detto questo, ripassò Bill a Tom e se ne andò. La testa di Willheim era appoggiata sulla spalla di Thomas e questo riusciva a sentire il suo profumo. Bill aveva un odore familiare, ma non sapeva proprio rammentarsi dove e quando potesse averlo sentito. L'unica cosa...è che gli piaceva. Sì, gli piaceva il suo odore ed era in uno stato di estasi pazzesco, non percepiva più niente, se non che le braccia stavano cedendo. Automaticamente si girò per sedersi sul materasso, che più che materasso sembrava una tavola di legno da come era rigido. - Eccomi- E lo stato di torpore finì in quel preciso istante, quando davanti a lui non comparve Gordon, ma una montagna di coperte con in cima due cuscini.

- Gordon?- Rise leggermente. - Non ti sembra di aver esagerato?-

- No, adesso potresti gentilmente spostarti che così faccio il letto, di grazia?- Thomas si alzò immediatamente. Era incredibile, solo ora si era accorto della propria risata di prima. Gordon non era mai stato capace di farlo ridere, ma forse era la presenza di Bill ad incrementare il tutto e a rendere Tom...più sciolto, più spontaneo di come normalmente fosse.

- Thomas...- Abbassò lo sguardo e incontrò di nuovo i suoi occhi marroni, quegli occhi che gli avevano sempre dato tanto da pensare, da domandarsi, e al quale ancora non aveva trovato una risposta.

- Ciao, come ti senti?- Bill si guardò intorno e solo in quell'istante si era accorto di essere tra le braccia di Tom. - Hai la febbre-

- C..cosa? La febbre?-

- Esatto- Si palesò Gordon che aveva appena finito di mettere a posto tutto. - Io adesso mi levo da tre passi, tanto so Tom che puoi cavartela da solo- Gli diede una pacca sulla spalla prima di uscire. Thomas riposò il suo sguardo su Bill che stava guardando il soffitto.

- Come ci sono finito qui?- Domandò con espressione assente.

- Mi sei praticamente svenuto in braccio. Ci siamo scontrati e mi hai dato solo il tempo di realizzare che fossi tu- Il respiro di Bill era accelerato e la gola si stava facendo inspiegabilmente secca. Era nella casa del suo tormento, e non sapeva cosa fare, come comportarsi. Dal canto di Tom non voleva chiedergli ancora chi avrebbe dovuto chiamare per dirgli che Bill stava a casa sua, ma non facendolo avrebbe rischiato che sia mamma che Gordon lo riprendessero. - Bill- Questo voltò lo sguardo. I suoi occhi vuoti...come accidenti facevano ad essere così belli!? - Mi diresti il numero di...chessò, tua madre, o tuo padre, di qualcuno che possa venire a prenderti, insomma- Bill sbuffò divertito.

- Il mio numero di scarpe ti sarà senz'altro più utile- Thomas lo guardò stranito, e prima di concludersi la risposta, Bill lo precedette. - Sono solo, non ho nessuno a casa-

- Ah, come Georg, ma lui i genitori li ha semplicemente in un'altra casa...immagino che i tuoi...-

- Già...guarda, meglio che non ti racconti niente- D'altronde Bill non sapeva fare altro che rimanere in silenzio, e Tom non voleva insistere.

- Se vuoi, puoi rimanere qui finché non ti sentirai meglio-

- Non dire sciocchezze, posso cavarmela da solo-

- Eh certo, volevo vedere come te la cavavi privo di sensi su un marciapiede!- Ribatté Thomas. Bill invece non proferì più parola al riguardo. Guardò da un'altra parte.

- Va bene, rimango...ma sia chiaro, non voglio favoritismi, non voglio sentirmi di troppo-

- Il tuo concetto di sentirti di troppo è pari a quello di esistere, vero?- E ancora una volta aveva ragione. Tom si sedette sul materasso guardandolo in silenzio. - Perché? Posso saperlo? Sei così misterioso, non dici mai niente di te...-

- Perché vuoi sapere qualcosa su di me? Non c'è niente da sapere- Affermò serio.

- Perché ti trucchi in questo modo...dark?- Bill fece spallucce.

- Perché mi piace, no?-

- E perché ti piace?-

- Perché mi descrive-

- In che senso ti descrive?-

- Oh, e basta!- Si stufò Bill che aveva capito l'inganno di Thomas.

- Sei sempre così nervoso?-

- Sei sempre così rompiscatole?- Thomas sorrise. - Che ridi? Veramente, mi sembri stupido- A quel punto Tom tornò improvvisamente serio.

- Ascolta, ti ho ospitato e pretendo almeno rispetto. Per un po' sto al gioco, ma anche io posso dire basta-

- E cosa vorresti fare casanova? Mi butti fuori? Non chiedo di meglio- Incrociò le braccia al petto. Sembrava un bambino che teneva il broncio e a Tom faceva molta tenerezza sinceramente, ma il fatto di essere stato chiamato stupido non gli andava giù, soprattutto dopo che aveva mostrato il suo lato gentile. Purtroppo peccava un po' sul lato paziente, per questo sarebbe stato meglio se Bill non ci avesse giocato tanto. Thomas si alzò.

- Ci vediamo domani, fiore di luna- Quel nomignolo gli era venuto veramente spontaneo, e non seppe spiegarsi il motivo, ma tanto ormai le cose che faceva o diceva sembravano sempre destinate a non avere un senso. Nonostante tutto però lo disse con una serietà che lo faceva sembrare normale. - Buonanotte- Spense la luce e solo i raggi lunari stavano ormai illuminando i vestiti del ragazzo dalla pelle candida.

Ovviamente Bill non dormì per tutta la notte. Il freddo lo stava cogliendo sempre nonostante le coperte. Gli mancava da tempo quel tipo di calore che solo un corpo umano sapeva infondere. Ricordava che una volta lo aveva provato, si ricordava ogni singola sensazione. Il brivido delle labbra sulla pelle del suo collo mentre quelle braccia gli circondavano i fianchi. Braccia che gli facevano provare quel senso di protezione e un batticuore assurdo. Come aveva fatto a dimenticarsi chi aveva provveduto a regalargli questo sentire? Era arrabbiato, confuso, deluso dalla vita che conduceva, immersa nel dubbio e nell'errore. Ad un certo punto avvertì dei passi e alzò le coperte fin sopra il naso. Stava tremando di freddo. Poi vide una figura che stava entrando nella stanza avvicinandosi sempre di più a lui.

- Bill? Non riesci a dormire?- Era la voce di Tom, e infatti riuscì a metterlo a fuoco poco dopo nell'oscurità della camera.

-...sinceramente no-

- Sono passato per vedere come stavi. Siccome sei sveglio, ti dispiace se ti misuro la temperatura?- Bill scosse la testa e si mise a sedere sul letto mentre Thomas aveva acceso la bajour e stava prendendo il termometro nel cassetto del comodino. Bill se lo mise sotto il braccio. - Cerca di non muoverti-

- So come devo misurare la febbre- Un'altra volta con questo tono scortese. Possibile che non sapesse essere un tantino più riconoscente? Tom decise di non ribattere, non gli sembrava il caso. - Scusa, hai ragione- Disse improvvisamente Bill come se avesse letto la mente del ragazzo con i cornrows. Sospirò. - Non dovevo darti dello stupido, avrei dovuto...ringraziarti fin dall'inizio, e non l'ho fatto, perciò ti chiedo scusa, e ti ringrazio per quello che stai facendo per me, anche se non me lo merito-

- Perché dici questo?-

- Ricominci con le domande?- Disse Bill con un mezzo sorriso.

- Dai, su, non avere paura di parlare con me-

- D'accordo, l'ho detto perché la mia vita non è mai stata cristallina possiamo dire...ho commesso tanti errori, e la gente intorno a me è sempre stata capace di rovinarmi invece che aiutarmi. Gli ostacoli ho sempre dovuto affrontarli da solo, e alla fine ho detto basta-

- In che senso basta?-

- Nel senso...- BIP! BIP! Il termometro fece il suo solito suono e interruppe il discorso di entrambi. Bill lo prese e sospirò non appena vide il numero comparso sul display. - 38 e mezzo...evviva- Disse con un finto entusiasmo. Improvvisamente gli prese un brivido e si raggomitolò su sé stesso.

- Bill, hai freddo?-

- Troppo, accidenti alla febbre! Mi fa sempre questo effetto! 50 piumoni e nessuno che riesca a tenermi caldo!-

- Capisco, comunque me lo aspettavo. Ho messo nel cassetto anche la tachipirina- Tom riempì il bicchiere con acqua facendo sciogliere la compressa che Bill bevve subito. - Vuoi che dorma io con te? Non ti converrebbe perché fra poco suderai come una fontana, ma se proprio hai tutto questo freddo...-

- Davvero lo faresti?-

- Sì, dai. Che c'è? Due amici non possono dormire insieme? La vedi strana come cosa?- Bill sembrò pensarci su, per poi negare con la testa.

- No, assolutamente- Il suo tono poteva essere confuso per una presa in giro, e magari era proprio così, ma Thomas sorvolò e si mise sotto le coperte accanto a lui.

- Ci credo che non riesci a dormire, è scomodissimo!- Si lamentò Tom stendendosi. Bill rimase a guardarlo senza mettersi giù. Intanto il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma sentendo che la coperta non si era totalmente posata su di lui, li riaprì nuovamente. - Bill, che mi guardi a fare?- Chiese Tom divertito, ma Bill non stava ridendo per niente. Si stese finalmente giù e chiuse gli occhi. Incredibilmente si addormentò dopo poco tempo, e anche Tom. Dopo pochi minuti, però, avvertì il calore addosso. Si svegliò, essendo che non era ancora sprofondato nel sonno profondo e si ritrovò Bill addosso. Ancora il suo odore invase le sue narici e fu per Thomas un grande aiuto per addormentarsi con il sorriso.

 Ancora il suo odore invase le sue narici e fu per Thomas un grande aiuto per addormentarsi con il sorriso

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!

- Perché, Bill?- Appoggiò la fronte sul tavolo. Era confuso. Bill era sempre stato un tipo strano ma...

- Tu non sai come è vivere ogni giorno sapendo che tutti sono pronti a schiacciarti!- Stava quasi piangendo.

"Capitolo 7: Semplice Veleno"

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Capitolo 7
*** 7. Semplice Veleno ***


7. Semplice Veleno


Come era prevedibile, Bill rimase per dei giorni a seguire a casa di Tom. Bill si era ammalato di rado nell'arco della propria vita, però quando succedeva, il virus non lo lasciava mai in pace per un bel pezzo. Thomas aveva esposto il problema a Simone e Gordon, che si erano quasi ritrovati costretti ad essere d'accordo. Simone con più difficoltà di Gordon. Certo, quest'ultimo che diritto aveva di dirgli di no? Avrebbe dovuto essere Simone. Infatti lei inizialmente era titubante, aveva sbuffato, ma alla fine si era convinta vista anche la gentilezza che Bill aveva dimostrato, stranamente. Quando si sentiva meglio, quest'ultimo scendeva al piano di sotto e aiutava Simone con le proprie faccende. Provava sensazioni che una persona normale molto probabilmente le avrebbe odiate, ma a Bill mancava quella felicità che solo lo stare in casa con una famiglia poteva dare. Simone dopo qualche giorno lo trattava già come un secondo figlio, e quando non c'era Thomas, perché era a scuola, si prendeva lei cura della febbre di Bill che andava e veniva. Riguardo Tom, esso lo aggiornava sulla scuola per non farlo mai rimanere indietro e le giornate erano spesso passate tra studio, risate e musica, che in camera di Thomas non mancava mai. Adorava i Guns n Roses, e anche a Bill piacevano tanto. Bill si era lasciato più andare e si rese pian piano conto che non aveva bisogno dell'eroina. Ogni giorno aveva sempre qualcosa da fare, e non pensava quasi alla droga, e quando il suo corpo la richiedeva cercava di distrarsi. Quando la voglia era troppo forte, chiedeva a Simone se avesse del cioccolato, che lui odiava. Del cioccolato fondente forte, perché mangiandolo riduceva la sua voglia. Non sapeva che magico potere avesse, ma meglio di niente. Solo che Tom lo sapeva, sapeva che quando lo trovava con del cioccolato in mano, c'era qualcosa che gli dava da pensare. Non poteva immaginare di certo che quello che a Bill mancava, fosse assumere le sostanze nocive che in quel momento albergavano e prendevano le ragnatele in casa di quest'ultimo. E mentre erano appunto a studiare con la musica di sottofondo, Bill gli fece la solita domanda che gli faceva ogni giorno.

- Sei passato da Kasimir? Come sta?- Thomas quando tornava da scuola, passava da casa di Bill almeno per dare qualche attenzione a quel gatto. Solo che aveva notato uno strano particolare. Aveva intravisto delle bustine di plastica con una sostanza non ancora identificata, e da quella volta era diventato pensieroso nei confronti di Bill, senza però fargli mancare niente delle proprie attenzioni, sennò avrebbe sospettato qualcosa.

- Sì, sta bene- Rispose con calma. Improvvisamente si alzò cominciando a mettere via.

- Dove vai?-

- Mi sono ricordato che devo andare da Georg, dato che oggi non era a scuola- Era serio, troppo serio.

- Ma non puoi risolvere con il cellulare? Devi proprio andare?-

- Mia madre insiste che io esca di più- Solo in un frangente sorrise, tanto per far credere a Bill quella baggianata. - Torno subito, non preoccuparti- Willheim sentiva che non gliela raccontava giusta, ma non voleva risultare troppo polemico. Annuì ricambiando il sorriso, prima di abbassare di nuovo il suo sguardo sul quaderno. Tom uscì. Ovviamente aveva dovuto inevitabilmente mentire. Entrò in casa di Bill essendo che aveva ancora le chiavi in tasca. Non aveva provveduto a metterle nel contenitore delle chiavi. La casa era come sempre buia, ma non più piena di fogli. Thomas aveva provveduto a raggrupparli in ordine da una parte. Erano bellissimi quei disegni, e di certo non glieli avrebbe mai buttati senza il suo permesso. Quando li aveva visti la prima volta. Era tornato a casa portando con sé tutto il materiale da disegno di Bill facendoglielo ritrovare. Questo assunse un sorriso gioioso e aveva cominciato subito a disegnare. Uscì fuori un fiore in bianco e nero. Aveva delle belle sfumature e sotto c'era la firma di Bill e con una scrittura elegante aveva inciso "Moon Flower", dicendo: "Ti piace? Siccome mi chiami sempre così...ah, aspetta dovrei avere una cosa...qui da qualche parte". Cominciò frenetico a cercare e Thomas lo fissava. Gli faceva tenerezza ed era praticamente più bello quando non era preso da rabbia, o paura. Pareva un bambino gioioso con la sua vitalità ed energia. Spuntò poi con un altro disegno aprendolo davanti a Tom che riconobbe il proprio volto. "Questo sei tu...ho voluto disegnarti il primo giorno di scuola. Spero di non aver sbagliato niente" Continuò ad osservarlo. "Nah, la forma del naso mi sembra corretta". Però non si era reso conto che Tom era rimasto come ipnotizzato. Era attratto da quello che Bill aveva fatto. Quando questo se ne accorse, si sentì arrossire perché non immaginava la sua reazione, e pensò di aver fatto una cosa avventata a mostrarglielo. A Tom tremavano le mani e senza pensarci due volte lo abbracciò forte e Bill questo non se lo aspettava. Il freddo si stava trasformando in calore. Il suo cuore nero sembrava riprendere vita con un semplice gesto come quello. Ripresosi dallo stato di estasi, ricambiò l'abbraccio. Era contento. Contento che Tom non lo stesse ingannando come il resto del mondo aveva provveduto a fare. E Thomas si ricordava di quella sera, perciò non voleva credere a quello che aveva visto. Kasimir venne nuovamente verso di lui cominciando a fare le fusa. - Levati, Kasimir!- Se non fosse che Bill lo avrebbe ucciso male, Tom non si sarebbe minimamente preso l'incarico di accudire Kasimir. Non sapeva perché, ma odiava i gatti. Kasimir eseguì andandosene sculettando come sempre. Thomas si diresse verso la cucina dove si ricordava ci fosse un vaso di porcellana. Infatti era ancora così, al centro della tavola. Lo aprì e come previsto non si sbagliava. Aprì una delle bustine di plastica lasciando cadere il contenuto sul tavolo. Sembrava tabacco, ma non del semplice tabacco. Ne prese un po' tra le dita fregandole insieme, prima di odorare. -...marijuana- Gli venne un groppo alla gola a dire quella parola. Non voleva crederci. Poi notò anche della polverina su quella marijuana. - Non può essere...questa è senz'altro eroina- Con i gironi che aveva frequentato aveva anche imparato ad identificare le droghe, e non doveva andarne fiero, ma in quel momento era utile. - Perché, Bill?- Appoggiò la fronte sul tavolo. Era confuso. Bill era sempre stato un tipo strano ma... - Ah!- Non si era accorto di una siringa accanto al vaso e si era bucato. Quella siringa gli distrusse anche solo quella piccola parte di certezza, di speranza, di dubbi a favore di Bill. La prese mettendola nello zaino e afferrò anche una bustina. Quando tornò a casa, chiese a sua madre dove fosse Bill.

- Dovrebbe essere in stanza, no?- Thomas corse per le scale arrivando in stanza di Bill. Rimase a fissarlo. Era in accappatoio bianco e si stava pettinando i capelli girato verso la porta finestra. Si voltò e balzò nel vedere Tom.

- Oddio santo!- Si mise una mano sul petto. - Non si bussa più?- Posò la spazzola sul mobile.

- Che vuol dire?- Tom attaccò subito, voleva risolvere la faccenda. Chiuse la porta dietro di lui ed estrasse la siringa, e la bustina, lanciandole sul letto davanti a Bill che perse un battito. - Allora Bill? Mi sapresti dire che cosa è questa roba e cosa ci faceva a casa tua?- Era frustrato, e mai Bill aveva visto Thomas così. Anche per questo non riusciva a parlare. - OH, MI RISPONDI!?-

- Ti prego, non urlare...- Disse con un fil di voce. - Non arrabbiarti, posso spiegare...- Tom incrociò le braccia al petto e i suoi occhi stavano diventando lucidi.

- Sto aspettando-

- Io ne ho bisogno Tom, o meglio...ne avevo bisogno-

- E perché?-

- Tu non sai come è vivere ogni giorno sapendo che tutti sono pronti a schiacciarti...- Stava quasi piangendo.

- Oh sì che lo so, lo so eccome, ma non sono mai arrivato a...cristo, Bill! Si può sapere come devo fare con te!?-

- Io te l'avevo detto di sbarazzarti di me, non ti avrei portato niente di buono!- Tom prese Bill per le braccia. Non doveva pensare minimamente che Thomas l'avrebbe fatta finita con lui.

- Io ci credevo, Bill, e ci credo ancora in te. Tu puoi cambiare, tu ce la puoi fare...- In quel momento Bill scoppiò in lacrime e lo abbracciò cercando di nascondere il viso. Si sentiva non degno di essere visto in faccia. - Bill...non piangere. Guardami- Questo scosse la testa. Non ce la faceva a guardarlo. - Allora fammi vedere le tue braccia- Gli prese una manica dell'accappatoio alzandola e intravedendo dei piccoli buchetti un po' riemarginati. - Lo vedi, Bill? Se continui finirai per ucciderti-

- Lo so, Tom, lo so...scusami-

- A me basta che tu abbia capito. Non lo fare mai più, ok?- Bill annuì e Thomas ne approfittò per predergli il viso tra le mani e guardarlo meglio. Anche senza trucco era bellissimo. Al naturale avrebbe baciato quegli occhi lo stesso. - Adesso asciugati le lacrime - "...anche se sei bellissimo quando piangi" pensò, ma ovviamente non lo disse. Quando Bill si fu calmato, Thomas uscì per sbarazzarsi della droga. Andò anche a ripulire casa di Bill, tanto sapeva lui dove portarla. Quando tornò, Bill aveva una sigaretta in mano e sembrava stesse cercando qualcosa.

- Oh, meno male sei tornato. Ce l'hai un accendino?- Thomas fece un mezzo sorriso lasciando intendere quello che volesse dire guardando l'oggetto in mano di Bill. - Tranquillo, l'ho presa da te. È una normale sigaretta, del semplice veleno. Allora? Ce l'hai?- Tom frugò nelle sue tasche tirandone fuori uno. Bill si avvicinò con la sigaretta tra le labbra. Thomas gliel'accese e nel mentre non riusciva a non guardare quelle labbra così rosee. Era così perfetto anche quando fumava, anche quando si faceva del male. Tirò la prima boccata come stesse riprendendo ossigeno. - Mi ci voleva. Vieni fuori sul balcone con me?- Thomas annuì sfilando dal pacchetto una sigaretta anche per lui. Si ritrovarono fuori con le braccia appoggiate al cornicione. Stettero un po' in silenzio, ognuno a godersi il proprio "semplice veleno". Thomas avrebbe tanto voluto fare una foto a Willheim in quell'istante. Così perfetto in quella posizione, mentre guardava l'orizzonte il quale aveva il panorama di un bellissimo tramonto. Questi pensieri però furono interrotti dal cellulare di Tom che vibrò. Una notifica, precisamente una foto. Bill non si stava accorgendo di niente e Tom osservando quella immagine, provò un senso di tristezza. Era Bill con Andreas che si baciavano. Quella foto gliel'aveva mandata un anonimo e si vedeva che non era un fotomontaggio. La descrizione era molto singolare: "Ecco chi ci sa fare con la tua principessa"
Sbuffò. Poi guardò Bill. Non voleva tirare fuori l'argomento, il momento era già stato rovinato abbastanza. Spense la sigaretta.

- Torno dentro- E lo lasciò nuovamente solo.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

Bill implorava aiuto nella sua mente e piangeva. Piangeva per non aver avuto una vita degna di questo nome, piangeva perché non poteva neanche provare a riaggiustarla...e piangeva, perché aveva abbandonato l'unica persona che forse era proprio in grado di farlo.

- Vedrai che se deve essere, sarà-

"Capitolo 8: Killer Feeling"

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Capitolo 8
*** 8. Killer Feeling ***


8. Killer Feeling


Bill spense la sigaretta rientrando. Si rese conto di sentirsi meglio, e quindi forse era un bene se tagliava la corda. Non voleva più arrecare preoccupazioni a Tom, e ormai era inevitabile che ci sarebbe stato un susseguire di attenzioni eccessive da parte di Thomas. A Bill dispiaceva doverlo fare, ma d'altronde non aveva altra scelta. Lasciare Tom significava una cosa in meno a cui pensare per entrambi. Non avrebbe più ceduto alla droga, voleva provare a vedere se la vita potesse essere diversa anche senza l'uso di una via di fuga, che alla fine lo avrebbe condotto solo alla morte, così come diceva Thomas. Si spogliò rindossando i propri vestiti, rubando una sigaretta e l'ultimo pezzetto di cioccolata che ancora era incartato vicino al suo letto. Gli sarebbe servita. Poi scese le scale e vide Simone e Gordon. Lei era intenta a cucinare, e Gordon stava apparecchiando. Entrambi stavano chiacchierando allegramente. Bill quindi bussò sulla parete per non disturbare.

- Oh, Bill, tesoro- Disse Simone, gentile come sempre.

- Volevo ringraziarvi per tutto, per esservi occupati di me, è il minimo che posso fare, ma adesso io andrei...- Lo disse con un sorriso triste.

- Come, Bill? Rimani almeno per questa notte, te ne andrai domani semmai- Willheim scosse la testa, pur sapendo di non aver ragioni di contraddire o disdire, ma in realtà era consapevole di averne. Ne aveva una: Tom.

- No, davvero, mi basta questo-

- Cosa significa mi basta questo?-

- Che avete fatto abbastanza per me, e ve ne sarò grato finché vivrò, ma adesso ritengo che sia meglio se io vada- Ovviamente non per questo non si avvicinò a Simone e Gordon perlomeno per un abbraccio. - Grazie, grazie infinite- Si diresse verso la porta.

- Bill- Lo fermò Gordon.

- Sì?-

- Hai salutato Thomas?- Bill sorrise.

- Salutatelo voi per me, fatemi questa cortesia- Senza dar tempo di ribattere, chiuse la porta dietro di sé e scappò via. Era stato benissimo lì dentro, ma doveva affrontare la vita da solo, doveva imparare a farlo, e aggrapparsi a Tom non lo avrebbe per niente aiutato. Quando arrivò a casa sua, entrò di fretta e furia chiudendo la porta alle sue spalle e appoggiandovi la schiena cercando di recuperare il fiato, ma questo venne interrotto da un violento singhiozzo. Bill si toccò il viso notando di avere le guance bagnate. - Che cosa ho fatto...?- Arrivò Kasimir ad accoglierlo, ed improvvisamente capì di non essere del tutto solo. Cercò di sorridere, mentre si abbassò per prenderlo in braccio- Siamo solo io e te, mio piccolo Kasimir- Gli fece i grattini alla testa e lui assottigliò gli occhi. - Di nuovo- Se lo portò al petto, e andò nella sua stanza. Il piccolo letto solo per sé, e stranamente sentiva che avrebbe provato lo stesso freddo di quella notte prima che Thomas lo stringesse tra le sue braccia. - Hai fame, piccolo? Ah, no...certo che no, Tom penso abbia provveduto a darti tutto, oltre che a sbirciare in casa mia. Non sono arrabbiato con lui, dato che ha provveduto ad aiutarmi. Sai? Credo che da ora in poi tutto andrà per il meglio, anche senza Thomas accanto. Non significa che se non viviamo insieme, non possiamo non essere amici, no?- Kasimir rispose facendo le fusa per le carezze. - Già...amici-

La mattina seguente Bill si era alzato e se ne era andato a scuola. Come sempre non sapeva quello che sarebbe successo, e si sforzò tanto per non immaginare il peggio. Si mise il suo solito mascara, l'eyeliner, l'ombretto e il fondotinta. La gente avrebbe dovuto accettarlo così per come era, e se non lo accettava, non avrebbe dovuto importunarlo in alcun modo, perché non ne avevano il ben che minimo diritto. Durante il tragitto si sentì improvvisamente spinto contro un muro e batté la testa lasciandosi scivolare in ginocchio gemendo di dolore.

- Ciao, Bill. Come ti va oggi?- Era Andreas insieme ai suoi scagnozzi. Bill si rialzò, ma uno gli assestò un colpo allo stomaco costringendolo a piegarsi in due. - Resta giù, merda!- Per un istante gli era mancato il respiro. - Non sei venuto a scuola, ma io non dimentico, figlio di puttana!- Gli arrivò una ginocchiata ancora più forte. Si stava sentendo seriamente male, ma non sarebbe ceduto...o almeno avrebbe provato a non farlo.

- Basta- Gli scappò debolmente, per quello che riusciva a dire. Era già tanto se respirava.

- Ci implori? Troia!- Gli arrivò un cazzotto che lo rispedì sul suolo. Non voleva rialzarsi. Tramava, aveva paura. - Cosa c'è? Ti sei immobilizzato?- Bill implorava aiuto nella sua mente e piangeva. Piangeva per non aver avuto una vita degna di questo nome, piangeva perché non poteva neanche provare a riaggiustarla...e piangeva, perché aveva abbandonato l'unica persona che forse era proprio in grado di farlo. Ad un certo punto sentì un lamento strozzato e sobbalzò. Non riusciva a voltarsi, non poteva vedere.

- Bill! Ehi! Tutto a posto?-

- Thomas...- Sussurrò incredulo.

- Bill, mi senti?- Adesso percepiva che riusciva a muoversi nonostante i dolori. Si rialzò voltandosi, trovandosi Tom accanto mentre Andreas e gli altri erano andati via dopo una scazzottata. - Che ti hanno fatto?- Gli mise una mano sul viso, che Bill discostò subito.

- Botte, Thomas...come sempre- Questo sospirò e lo prese per mano. Stettero così fino a quando non entrarono nel cortile della scuola, andandosi a mettere in una parte più appartata. Willheim appoggiò la schiena ad un tronco d'albero e Thomas gli si mise così vicino che avvertì le caldane. Due occhi intensi che si guardavano altrettanto intensamente.

- Perché sei andato via ieri sera, Bill?-

- Perché era giusto così- Willheim era davvero incredibile, e Tom non riusciva a credere davvero a che tipo fosse la persona che aveva davanti.

- Ma perché fai così? Siamo amici, ti sto aiutando, e tu scappi? Mi abbandoni improvvisamente perché ti va? Ma che discorsi sono!?- Bill stava per ribattere, ma grazie al cielo la campanella suonò e lo salvò in tempo.

- Devo andare, Thomas- Si sistemò meglio la cartella sulle spalle oltrepassando Tom lasciandolo solo. Questo diede un forte pugno all'albero. Che rabbia!

Ma la verità era che quel sentimento stava uccidendo entrambi...

Santa ricreazione! Andrebbe proprio battezzata come materia scolastica, perché insegna che ogni tanto il cervello ha bisogno di una pausa. Bill si era diretto fuori, lontano da tutto e da tutti e si era messo a sedere sotto l'albero dove lui e Thomas avevano avuto quella discussione.

- Ehi, Bill, ciao- Alzò lo sguardo. Era Georg. Sorrise, stranamente era contento di trovarlo lì.

- Ciao-

- Allora? Passata la febbre?-

- Sì-

- Perché non vieni con me, Tom e Gustav invece di startene tutto solo? Andreas è nei paraggi e sembrava più irritato del solito...-

- Ho visto- Abbassò lo sguardo, e quello di Georg assunse una sfumatura di rabbia.

- Ti ha toccato, Bill?-

- Nah, lascia perdere-

- Lascia perdere una sega! Deve smetterla di metterti le mani addosso!- Bill sorrise. - Che sorridi? E' una cosa seria, Bill!- Lo sapeva, non era stupido, ma non si era accorto nemmeno di aver sorriso. Era stato automatico nel momento che aveva pensato all'intervento di Thomas. Lo salvava sempre. - Posso seriamente chiederti perché sei così strano? Vorrei sapere qualcosa in più su di te...- Bella domanda. Anche Bill ricordava poco e niente. L'unico sentimento che ricordava del suo passato, era una grande felicità che poi un qualcosa gliel'aveva strappata via. La droga poi aveva provveduto, oltre che i vari traumi a seguire. Sapeva di essere sempre stato un tipo facilmente traumatizzabile, e delicato verso i cambiamenti della vita, soprattutto quelli violenti e inaspettati. - Bill?- Questo sembrò come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti.

- Eh?-

- Lo vedi? Stai sempre tra le nuvole, posso sapere perché?- Era Georg, praticamente l'unica persona che fin dal primo giorno lo aveva accompagnato. Non se la sentiva di mentire, ben che meno di scappare.

- Ho avuto una vita difficile, Georg. Mi ricordo poco del mio passato, ma so che ho avuto un presente di merda, e tutt'ora ce l'ho ma sto cercando di migliorarlo, solo che come vedi non è facile- Georg annuì, ma non voleva commentare niente, era giusto che lo lasciasse finire. - L'unica cosa che ricordo, è che il mio passato è stato bello, ricordo che ero felice, ricordo che non avevo problemi...- Gli tremavano le mani mentre parlava. Ed improvvisamente un flash... - Conoscevo qualcuno!- Affermò. La memoria stava come spingendo per essere liberata. - Lui...perché era un lui...- Georg fece un mezzo sorriso, aveva praticamente confessato il proprio orientamento sessuale senza problemi, e a Georg non dava fastidio. - Lui era perfetto. Mi faceva sorridere, rendeva tutto più bello- Sorrise, come se si ricordasse ogni minimo dettaglio, ma poi quel sorriso si spense. - Poi un giorno seppi che ebbe un gravissimo incidente e che morì. Da quel momento caddi in depressione, non volli più sapere niente di nessuno, Los Angeles mi chiamava ed io non potevo farla attendere...l'ultima volta che l'ho visto è stato in ospedale, poi nessuno mi aveva fatto sapere più nulla- In quell'istante Georg si sentì come una pugnalata al petto e il suo sguardo divenne sconvolto. Ricordava di quella persona che stava al capezzale del letto di Thomas quando era in ospedale, poi però non la vide più. Cioè, se teneva così tanto a lui avrebbe dovuto perlomeno rifarsi viva al suo risveglio...e invece niente! Adesso i conti tornavano tutti! Quella persona si trovava a LOS ANGELES! - Georg? Georg? Stai bene?-

- Come si chiamava lui?- Bill sospirò.

- Purtroppo non ricordo il suo nome, non mi ricordo molto..- Georg avrebbe tanto voluto dire tutto, ma se poi questo tutto si sarebbe infine rivelato una grandissima stronzata? Se poi avrebbe illuso Bill di una cosa che non esisteva più davvero? Non poteva rischiare, però non voleva lasciare Bill così. Gli mise una mano sulla spalla sorridendo.

- Vedrai che se deve essere, sarà- Bill fece un'espressione interrogativa. Che cosa intendeva dire con questo? - Vuoi venire con me e Gustav al caffé dopo? Tanto per passare un pomeriggio tra amici, chiacchierare un po'...- Willheim sorrise annuendo.

- Mi farebbe molto piacere-

- Ah e mi ha reso molto contento il fatto che tu mi abbia detto tutto, davvero molto felice. Credevo che ancora non ti fidassi, e invece ti sei confidato, non me lo aspettavo-

- Io so stupire- Disse Bill con espressione da uno che se la tira. Georg sorrise.

- Beh? Che ci fai ancora lì? Dobbiamo tornare in classe!- Bill si alzò in fretta, improvvisamente aveva riacquistato la vitalità perduta, e questo grazie a Georg.

Quel bar gli sembrava familiare a Bill, come se non fosse la prima volta. Può darsi che ci fosse già stato in un'altra vita. Sì, perché il suo passato poteva essere tranquillamente paragonato ad un'altra dimensione con altri tempi. Nulla a che vedere con il presente. Entro sedendosi ad un tavolo con Gustav e Georg che non la smettevano di scambiarsi occhiate, come se stessero aspettando un momento giusto per fare un qualcosa, o perché semplicemente gli era partita la testa! Nono, questi erano d'accordo, e Bill lo capì nell'istante che vide avvicinarsi a loro proprio l'ultima persona che avrebbe voluto vedere. Anche questa si bloccò al bordo del tavolo non appena i loro sguardi si incontrarono.

- Bill!-

- Thomas!-

- Ragazzi!-

- Georg!-

- Gustav!-

- Va bene, ci siamo tutti, adesso mi volete spiegare che ci fa lui qui? Avevi detto solo noi, Georg!- Sbottò Bill.

- Infatti me ne vado subito- Disse Thomas facendo per andarsene, ma Gustav lo prese per un braccio tirandolo dolcemente a sedere su una sedia.

- Nono, caro, tu adesso ti siedi, e rimani qui con noi come ai vecchi tempi- Gli diede due pacche sulla spalla e Tom sbuffò infastidito. Dopo qualche minuto di silenzio, Georg cominciò a parlare.

- Gustav, mi sono appena ricordato che devo fare una cosa importante, scusate ragazzi, ma temo di dover andare via- Pessimo attore, proprio.

- Vuoi che ti dia una mano?- Intanto Bill e Thomas si fissavano come per dirsi: "il cinema di Hollywood si vorrebbe tagliare le vene".

- Non vorrei rovinarti il pomeriggio-

- Figurati, vi dispiace se noi andiamo?-

- Beh, veramente..-

- Perfetto, andiamo Gustav- E questi due uscirono lasciando i due ragazzi allibiti.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Quel sorriso...

"Posso dirti una cosa?"

"Cosa?"

"Sei la mia stella" Tom rise.

"Dormi, mio fiore di luna"

Quelle parole...dette in quel letto...l'ultima notte...

"Capitolo 9: Bill"

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Capitolo 9
*** 9. Bill ***


9. Bill


La superficie del tavolo si era fatta più fredda, il disagio più grande. Bill stava nascondendo il viso dietro al menù e Tom stava battendo le dita come impaziente, ma in realtà lo stava solamente osservando. Era così adorabile quando era nervoso, ma quel giorno lo aveva fatto arrabbiare e non poco. Tutto questo mistero che non riusciva a concepire! Di cosa Bill aveva tanta paura? Magari era il caso di iniziare a comprendere.

- Tu mi ricordi qualcuno, sai?- Bill finalmente tolse il menù dalla visuale riuscendo a guardare Thomas. Questo sorrise continuando a fissarlo, sembrava in uno stato di dormiveglia, ma era solamente tranquillo.

- Chi?- La curiosità di Bill era pari a quella di un bambino.

- Una...persona...che apparteneva al passato. Non so come fai, ma guardandoti mi ritorna in mente altri piccoli tasselli della mia vita...e anche lei-

- Era una ragazza?- Domandò appoggiando il mento sulla mano sorreggendosi il viso. Tom sbuffò divertito.

- Non...ne sono sicuro- Confessò e Bill fece una faccia sembrava sconvolto. Beh, Tom Kaulitz omosessuale era una bella storia, e il bello è che la voleva sentire tutta. - Ma ricordo che non ne potevo fare proprio a meno- Lo sguardo di Bill si fece sempre più indagatore. - Sì, praticamente ricordo ogni singola sensazione, ma niente del suo nome o che aspetto avesse...e infatti mi sembra strano che tu possa ricordamela, ma tanto ormai ne sono successe di cose strane, non mi impressiono neanche più-

- Raccontami un po', sono curioso-

- Beh...- Il cameriere passò con due bicchieri con qualcosa da bere. Li posò sul tavolo e se ne andò. - Certo che Georg e Gustav hanno provveduto veramente a tutto-

- Li adoro, hanno delle uscite direi singolari- Disse Bill prima di mettere la cannuccia tra le labbra. Fece un'espressione stranita, come schifata. - Ma cosa è?- Riassaggiò di nuovo. - È troppo dolce- Thomas sorrise.

- Anche questa persona odiava le cose troppo dolci. Questa è una cosa che ricordo fin troppo bene. Non so ovviamente quando e dove me lo abbia detto, ma aveva la tua stessa espressione più o meno-

- Ah, mi stavi dicendo appunto...continua, io intanto cerco di buttare giù questa specie di medicina, solo perché Georg e Gustav l'hanno pagata. Ancora devo capire perché lo hanno fatto- Tom sospirò. Rimase un po' in silenzio. Non era facile riordinare le idee. 

- Sì, ecco...con questa persona ero felice. Era unica, e premetto che di amore ero dettato a non volerne sentire parlare- Bill fece un'espressione eloquente. Era praticamente ovvio, ormai era a conoscenza del temperamento di Thomas. - Dal momento che l'ho vista, non ho saputo rinunciarvi. Ho capito che anche io potevo amare, ed è stato bello finché quell'incidente non...-

- Un incidente?- Lo interruppe Bill.

- Sì, un incidente in moto. Sono finito in coma e quando mi sono svegliato...tutto il mio mondo, tutto quello che avevo mi era stato portato via...perfino lui. Non mi ricordavo più nulla, pensa che inizialmente neanche il mio nome- Adesso non stava parlando più genericamente, ma ormai era sicuro che avesse avuto delle esperienze omosessuali. Quando disse quel "lui" aveva un tono di amarezza nella voce, chissà come doveva essere questa persona speciale, chissà quanto aveva contato per Thomas!

- Un incidente in moto...- Bill sembrava pensieroso. - Anche io conoscevo una persona, una che come te, mi ha cambiato la vita. Avevo già dei problemi a livello psicologico, o almeno così sosteneva il mio patrigno, ed ero andato ad una di queste sedute, sai dove ognuno racconta dei propri problemi...e lì lo incontrai. Inizialmente non diedi molto peso alla cosa, ma una sera...CAZZO! ECCO DOVE!- Pareva come ripresosi da uno stato di incoscienza. Thomas quasi aveva preso un infarto. - QUESTO BAR!-

- Cosa?!-

- Prima avevo la netta sensazione di esserci già stato, ecco perché! Io l'ho rincontrato qui dentro!- Era così contento di essersi ricordato quel particolare, che non si era accorto di aver praticamente attirato l'attenzione di mezzo locale. Arrossì rimettendosi composto e abbassando lo sguardo. Che figura! - Lui è stato...carino. Voleva conoscermi, poi siamo usciti insieme e ogni volta sembrava come l'ultima che avremmo mai potuto vivere. Sempre vissuta al meglio, con delle sensazioni travolgenti- Quel sorriso scomparve come fosse stato fatto un incantesimo -...e una sera...per proteggermi...lui...- Aveva cominciato a parlare a scatti perché gli si stavano inumidendo gli occhi. Le lacrime spingevano per uscire. Ricordare faceva troppo male.

- Bill...-

- Sto bene, sto bene...- Si asciugò il viso cercando di reprimere il nodo alla gola per riprendere fiato.

- Non sei costretto a continuare se ti fa stare male- Disse Thomas passandogli un fazzoletto vedendo che ne aveva disperatamente bisogno, perché sennò il trucco sarebbe sbavato di brutto, anche se questo non aveva importanza, o perlomeno non per Tom.

- No, ce la faccio. Come ti stavo dicendo...quella sera eravamo in moto io e lui, ma...poi siamo sbandati e solo io mi sono salvato. Lui...beh, so che è morto- Ci fu un bel po' di silenzio, prima che Bill riprendesse. - Ma non ne sono sicuro, mi è stato detto da quello scellerato del mio patrigno e da mia madre che non hanno mai accettato la mia omosessualità. Da quando i miei si sono separati, la mia infanzia si era rovinata. Ero sempre chiuso in me stesso e prima che arrivasse questo ragazzo, tutto era solo nero. Nel momento che è scomparso, il nero si è preso possesso di me, ma ho cercato di farmelo amico. Ecco perché mi vesto di nero, perché nero è la mia vita, nero è il mio cuore, nero è il mio passato, nero è il mio presente. Tutto è nero, e lo sento mio- Quelle parole lo avevano lasciato così stupito, che Thomas sentiva che qualsiasi cosa che avrebbe potuto dire...sarebbe risultata una sciocchezza, anche se fosse stata la cosa più saggia del mondo. - Comunque tralasciando questi discorsi, volevo scusarmi per oggi-

- Eh?- Già si era dimenticato. Vedere Bill soffrire così, gli aveva fatto sfuggire di mente la rabbia che aveva provato oggi.

- Sì, solo che non volevo arrecarti problemi. Con il fatto che mi drogavo, non volevo suscitare ancora più attenzioni da parte tua...-

- Ma tu Bill...!- Bill lo zittì con un gesto della mano, doveva lasciarlo finire.

- Ma poi mi sono accorto che non posso farcela da solo. Oggi quando Andreas mi ha picchiato e tu mi hai difeso...non so come ringraziarti. Sei sempre stato così disponibile ed io ho solo...approfittato, alla fine, perché non ho mai saputo come ricambiare- Era dispiaciuto. Le sue dita stavano torturando la cannuccia rigirandola nel bicchiere per quanto gli era possibile data la presenza della grande quantità di ghiaccio. Sospirò, parlare così a cuore aperto lo metteva sempre a disagio, ma con Tom gli veniva quasi semplice. Tutti e due avevano lasciato per strada pezzi importanti della loro esistenza, e insieme stavano cercando di rimetterli al loro posto. - Mi sento inutile-

- Non dire così- Quel campanello di rabbia si era riacceso leggermente. A Thomas faceva rabbia sentire questi discorsi, anche se poteva capirli, ma no! Non voleva che Bill si sentisse così, perché non era vero, per niente!

- Eddai, Tom, parliamoci chiaro. Dillo che non so fare niente, dillo che il mio futuro è essere mantenuto-

- Smettila, Bill! Seriamente, non capisco perché ti devi sottovalutare tanto- Si stava alterando. Doveva calmarsi. Fece un sospiro per trattenere i nervi. - Anche la persona che conoscevo mi aveva detto una frase del genere, e ricordo che io gli dissi...tu non sei come tutti gli altri, ed è per questo che ti senti diverso, perché...-

Non hai scelto di essere come gli altri, ma di essere te stesso...- Finirono la frase insieme e Thomas rimase come stupito. Non se lo aspettava minimamente una cosa del genere. Nemmeno Bill a dirla tutta, ma c'era un'altra cosa che doveva dire.

- Sì, lo ricordo...Thomas- Le lacrime questa volta non trovarono un freno. Ormai era impossibile fermale. Doveva piangere, Bill sentiva di dover piangere, ma non sapeva perché. Non sapeva neanche se quello che provava fosse tristezza, o qualche altro sentimento. Poi sobbalzò sbarrando gli occhi.

Quel sorriso...

"Posso dirti una cosa?"

"Cosa?"

"Sei la mia stella" Tom rise.

"Dormi, mio fiore di luna"

Quelle parole...dette in quel letto...l'ultima notte...

- Cosa c'è Bill?- Era stato come un film che si era creato all'interno della sua mente per qualche istante. L'espressione di Willheim si era calmata. Si era lasciato cadere sullo schienale. Non voleva crederci, oppure aveva paura di crederci, perché sarebbe stato troppo felice, e sapendo che non era possibile, avrebbe commesso un grosso atto di autolesionismo.

- Chi sei tu?- Chiese tranquillamente con un fil di voce. Tom fece una faccia stranita.

- Tom, Tom Kaulitz...Bill, ti senti bene?- Questo annuì piano non staccando gli occhi da Thomas.

- Sì, adesso che so la verità...-

- Quale verità?-

- La persona che amo non è morta, sennò non mi parlerebbe in questo istante- A Thomas sembrò venire un arresto cardiaco. Questo si prova quando un vuoto riesce a colmarsi? - Adesso mi ricordo di te- Silenzio. Solo silenzio rimase dopo quelle parole. Tom ricordò in un solo istante tutto. In quelle lacrime vide il suo passato e ripercorse all'indietro ogni minima cosa. - Tu sei Tom Kaulitz, ed io Bill Trümper- Quei nomi, era da tanto tempo che non li udiva così vicini. Bill non se la sentì di lasciarlo solo a capire, e gli prese la mano accarezzandola. In quell'istante Tom riuscì ad avvertire anche solo il sapore di ogni bacio, riuscì di nuovo a percepire ogni carezza, ogni sguardo, ogni sbaglio, ogni tocco...qualsiasi ricordo gli era riaffiorato alla mente. E finalmente le sue corde vocali riuscirono a riprodurre quel nome che in quel momento e per i giorni a seguire, avrebbe assunto una sfumatura diversa.

-...Bill-

Il suo sorriso...quanto poteva mai essere bello il sorriso di un fiore di luna?

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Voleva sentirlo ancora, voleva quelle labbra, voleva provare quel contatto di unione ancora e farlo suo. Il desiderio di appartenere a qualcuno.

- Ero perso senza la mia stella-

"Capitolo 10: Du Bist Alles Was Ich Bin"

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Capitolo 10
*** 10. Du bist alles was ich bin ***


10. Du bist alles was ich bin


-...Bill- Ancora quella sembrava non essere la realtà delle cose. Come mai tutto adesso appariva sia facile, sia difficile? Sia sciocco che saggio? Era un'accozzaglia di atmosfere che mischiandosi non avevano ancora dato forma a niente, eppure quello non poteva essere "Niente". - Io credevo che...- Bill annuì prendendo la sua mano. I brividi. Provò dei brividi sulla spina dorsale, letteralmente. Non negò a sé stesso di aver goduto solo per questo. Gli mancava un sentire simile, ed era contento che ne avrebbe potuto approfittare a pieno, perché il destino aveva deciso di dar loro una seconda possibilità.

- Sai, quando due persone sono fatte per stare insieme...insomma, è così che succede- Era difficile anche per lui parlare, adesso che voleva dire tanto, perché c'era da dire veramente tanto! Adesso che però potevano farlo, non riuscivano nessuno dei due. Tom invece voleva accarezzare anche solo leggermente quella mano fredda, ma era rimasto come pietrificato una volta avvertito il contatto, ma andava bene anche rimanere così. - E' da tanto che non te lo chiedevo come una volta...usciamo?- Thomas sorrise e annuì. Aveva bisogno di aria, ne avevano bisogno entrambi, perché quel silenzio stava reprimendo anche il loro respiro. Non pagarono neanche dato che avevano già provveduto Georg e Gustav, ma anche se non fosse stato così, mancava a tutti e due una vita libera, con la giusta dose di trasgressione. - Tom, lo so che è difficile per te, lo è anche per me...- Disse il corvino facendosi coraggio per rompere quella quiete diventata ormai insopportabile, ma era Thomas che davvero non era capace di emettere ancora alcun suono. La sua mente era in subbuglio, stava ancora pensando al passato, a tutti quei flashback che aveva avuto. Quella era la vita che aveva sempre sognato, e senza che facesse niente, qualcuno di sovrannaturale aveva stabilito che doveva essere concesso loro una seconda chance. Arrivarono nei pressi del parco senza neanche rendersene conto e avevano cominciato a camminare per il sentiero. L'aria umida, il sentiero deserto, gli alberi mezzi rinsecchiti che stavano cominciando a perdere le foglie, e niente...l'autunno si stava facendo sentire. - Stai pensando a prima, giusto?- Tom annuì. - E cosa pensi?-

- A quello che eravamo-

- E che possiamo ancora essere, Thomas- Bill intervenne prima nel suo discorso, proprio perché non voleva sentire un Tom senza speranze.

- Sì, direi di cominciare subito, allora- A Willheim non gli venne neanche dato il tempo di realizzare, che si trovò con le spalle ad un tronco d'albero. Il cuore aveva cominciato a battere forte, il respiro stava accellerando, peggiò di qualsiasi iperventilazione. Voleva sentirlo ancora, voleva quelle labbra, voleva provare quel contatto di unione ancora e farlo suo. Il desiderio di appartenere a qualcuno. Thomas posò una mano sulla sua guancia facendo scorrere un dito sulle rosee labbra di Bill mentre si stava torturando il proprio piercing. - Bill, è colpa mia- Sussurrò. - Ho sempre dato tutto per scontato- Non perse altro tempo, e si gettò sulle sue labbra riassaporandole dopo tanto tempo. Un sapore di fumo che a Tom faceva impazzire. Le mani le immerse nei morbidi capelli di Bill, voleva sentirlo ancora più suo. - Sei sempre stato mio- Lo lasciò respirare un secondo, prima di mordergli ancora il labbro inferiore. - Lo sai vero?- Willheim doveva ancora riprendersi. Respirava affannoso e si inumidiva la bocca. Fece di sì con la testa, per poi saltare in braccio a Thomas ricominciando il contatto. Tanto nessuno stava passando, nessuno poteva vedere niente, anche la foga che ci stavano mettendo era perdonata. Si mancavano, si erano cercati e finalmente si erano ritrovati. Nessuno forse lo avrebbe mai capito, ma poco importava, a loro interessava soltanto di loro stessi, come d'altronde era sempre stato. Volevano ancora perdersi negli occhi dell'altro, volevano ancora impazzire per un bacio, volevano ancora tremare per un solo sguardo. Bill sorrise.

- Ero perso senza la mia stella- Thomas lo colse alla sprovvista fecendolo saltare e riprendendolo a mo' di sposa sedendosi su una delle panchine del parco.

- Io ti prometto che non commetterò più gli sbagli che ho fatto, non voglio perderti ancora-

- Thomas, non darti la colpa di tutto, ho fatto anche io la mia parte-

- Ma chi era alla guida della moto quella sera?-

- E chi è che ha preferito tenere al sicuro solo sé stesso? Andiamo, Tom...-

- Macché, tu non hai sicuramente pensato a questo!-

- E' proprio questo il problema, Thomas. Io non ci ho pensato e guarda come eravamo ridotti-

- Beh, allora guardaci adesso- Bill osservò quegli occhi marroni, e quel viso che certe volte sembrava bambino.

- E' una visione magnifica- Si chinò su di lui posando dolcemente le proprie labbra facendole schioccare in un bacio più dolce di quelli precedenti.  Ma durante quello un flash attraversò nuovamente la testa di Tom. Quella foto. Quella foto di Bill e Andreas che si stavano baciando in quel bar. Si staccò di botto lasciando Bill interdetto. - Tom? Che succede?-

- Scusa, Bill, è solo che...niente- Sembrava quasi traumatizzato. Ora non era più tempo di mentire, adesso non era più tempo di fingere di stare bene rimanendo zitti. Bill prese tra le mani il viso di Tom.

- Non dire che non è niente se non è niente- In quel momento Bill aveva un'espressione quasi di rimprovero nei confronti di Thomas. Non voleva che fosse bugiardo con lui, anche se per il suo bene. Tom sospirò prendendo il cellulare cercando la foto cliccandola per ingrandirla e poi passò l'oggetto tra le mani del corvino. - Come hai fatto ad avere questa foto?- Disse con sguardo sembrava schifato più che sconvolto.

- Me l'hanno inviata, non so chi-

- Thomas, non è come pensi...ero ubriaco-

- Aaaahh pure-

- Sì, questo è uno dei tanti errori che ho commesso. E' successo la stessa sera che mi è venuta la febbre e sono venuto a casa tua. Stavo male e volevo rendermi ancora più inutile di quanto già non mi ritenessi e allora sono andato a questa discoteca...poi è arrivato Andreas cominciando a fare delle avances eccessive-

- In che senso eccessive?-

- Se non fossi sicuro, direi che avrebbe voluto arrivare al sodo...prima che Georg e Gustav lo fermassero- Notò la mano di Thomas fremere per poi battere in un pugno con un colpo secco e deciso sul legno della panca.

- Non dire altro, mi basta per spezzargli le ossa- Era davvero arrabbiato. Bill da una parte era contento di questo, che Thomas lo volesse proteggere, ma dall'altra temeva che la stessa cosa avrebbe potuto generare altri danni irreparabili, e sicuramente dopo tutto quello che era successo era l'ultima cosa che desiderava.

- Ti prego, Thomas, non fare cose avventate. Non mi ha fatto niente, non è successo nulla...-

- Ma poteva succedere! Come si è permesso anche solo di toccarti! Poi...argh, mi tocca dire tutto! Pensare anche a quante volte ti ha messo le mani addosso facendoti del male!- Bill lo abbracciò per ammorbidire quel corpo teso come una corda di violino.

- No, Tom, non è necessario. So quello che stai pensando, "appena lo vedo lo ammazzo", ma ti prego io di non farlo. Non voglio che una sciocchezza del genere mi possa riportare via da te- Thomas circondò i suoi fianchi stringendolo ancora più a sé.

- Non è una sciocchezza e quindi non posso prometterti niente, però se lo incontro vorrei che tu mi distraessi perché sennò non gli farò vedere il domani- Bill rise.

- Aaaahh sono innamorato di un tipo violento...- Thomas sorrise malizioso.

- Gli faccio vedere io chi si sa fare con la principessa-

- Cosa?- Tom lo tirò verso di sé ribaciandolo cercando di entrare anche con la lingua. Bill non gli negò l'accesso e continuarono finché il fiato decise di dire basta e dovettero separarsi.

- Dovremmo tornare a casa adesso, anche se non voglio-

- Già, adesso che ti ho ritrovato vorrei passare ogni singolo secondo con te- Ognuno comprendeva i bisogni dell'altro, e avrebbero provveduto a difenderli a tutti i costi, ma erano ancora giovani. Ancora il tempo era loro amico, ma avevano delle responsabilità alle quali dovevano sottostare. Prima il dovere e poi il piacere. E quale piacere...

Tom rincasò e la prima cosa che fece fu andare a dare un abbraccio a sua madre Simone, che mancava poco non lo riconosceva. Cosa aveva da essere così contento?

- Mamma grazie per avermi partorito, lo so che fa male, ma mi hai fatto il dono più bello del mondo!- Ok, era impazzito. Simone rise.

- Tesoro, che succede? Stai bene?-

- Sto benissimo! Scusa, ma adesso devo andare in camera mia a studiare. Sto calando un po' e devo rimettermi in pari- Scappò via senza dare tempo a Simone di ribattere. Anche Gordon entrò in cucina e aveva udito tutto.

- Che succede? Perché quell'uforia?- Domandò.

- Non lo so proprio, meglio così. Era da tanto che non lo vedevo così felice- Simone era quasi commossa. Rivedere il figlio così aveva smosso qualcosa in lei, stava provando forse un'emozione più grande di quella di Tom, oppure erano alla pari, solo che a differenza del ragazzo, Simone reagiva con il pianto. Thomas aveva spalancato la porta della propria stanza e fece due ore buone di studio prima di buttarsi sul letto e prendere il cellulare, che per quel tempo non aveva neanche sfiorato. Aveva in mente di scrivere un messaggio a Bill, ma poi ci ripensò. Non perché non volesse, era solo che privarsi il contatto con lui come se fosse un gioco, per poi averlo davanti di persona, la trovava una cosa intrigante. Così prese le cuffie mettendo i suoi Guns n Roses. Quando giunse l'ora di cena, scese come un razzo aiutando ad apparecchiare. Più volte Simone chiese il motivo di tale comportamento, ma ottenne risposte vaghe. Thomas non se la sentiva di dirle che aveva ricordato, perché non voleva parlarne. Voleva tenere quella felicità solo per lui ancora per qualche istante, voleva tenere il segreto con Bill solo per lui ancora per un po'. Però ad una domanda rispose. Quando Gordon domandò per scherzare:

- Sei innamorato, Tom?- Lui rispose con una semplice frase.

- Nah, ho solo la certezza che la cosa più bella che esista a questo mondo appartenga a me-

***

Thomas andò a letto abbastanza presto, circa verso le 22:00. Quella era stata una giornata piena di rivelazioni e aveva voglia di riviverla ancora, perciò la sua testa fece un collegamento abbastanza insolito, come se pensasse che se fosse andato a dormire prima, avrebbe riottenuto quei momenti ancora più nell'immediato. Lo so, forse non aveva tanto senso. Sentì delle corde di chitarra venire sfiorate con delicatezza e si svegliò di colpo. Guardò l'orologio, non era passata neanche un'ora, si vede che si era appena addormentato. Cosa mai poteva essere a quest'ora? L'idea di una chitarra gli veniva quasi bizzarra, ma non la scartò subito dalle possibilità...e fece bene. In cucina non c'era nessuno, le luci della casa erano tutte spente, così decise di servirsi della torcia del cellulare. Si fermò ad ascoltare: proveniva dal seminterrato. Mosse dei passi lenti verso la porta di legno bianco che discostò leggermente trovandola accostata. Scendendo, in fondo alle scale, cominciava la luce e il suono ormai era chiaro essere quello della SUA chitarra, dato che in casa non ne avevano altre. Ma chi stava suonando? Piano piano, e ogni volta ogni gradino sembrava cigolare sempre più forte, fino a che una voce...

- Chi è?- Gordon? Thomas finì di scendere la gradinata e vide Gordon seduto al centro del seminterrato con la sua chitarra in mano. - Ah, sei tu Tom. Scusa se ti ho svegliato-

- Perché hai la mia chitarra?- Gordon si guardò addosso, come se si fosse accorto solo adesso di avercela.

- Era leggermente scordata, e la stavo provando, spero non sia un problema...- Thomas non rispose e si avvicinò.

- La sai suonare?- Gordon sorrise annuendo.

- Sì, devi sapere che io sono un musicista, Thomas- Tom rimase sconvolto.

- E come facevo a non saperlo prima?-

- Beh, fino a qualche tempo fa non c'era verso neanche respirare vicini, figuriamoci parlare di noi- Aveva ragione. Probabilmente Simone non gli aveva detto nulla sulla professione di Gordon, perché voleva che fosse lui stesso a dirglielo quando gliene avrebbe dato la possibilità. Tom non se ne accorse neanche, che lo colse un'improvvisa euforia.

- Ma è una cosa fantastica!- Poi si rese conto, e cercò di ricomporsi. - Me la daresti un secondo?-

- Certo, in fondo è tua- Thomas la prese in mano con il plettro tra le dita cominciando a sfiorare le corde per suonare un motivo che conosceva. Ne conosceva tantissimi, era sempre stato appassionato e certe volte aveva addirittura provato a scrivere spartiti, ma alla fine si era limitato soltanto ad imitare dalle altre persone facendo qualche modifica. Chiuse gli occhi, come se dovesse recitare un incantesimo, e per certi versi era così. Quando suonava la chitarra, essa era come se gli facesse una magia portandolo in un altro mondo, in un mondo parallelo, come una specie di oblio dal quale eri tu stesso a non volerne più uscire. Finì la sua melodia riaprendo gli occhi. - Non hai neanche avuto la necessità di guardare le corde- Disse stupito Gordon.

- Vabbè, perché questa la so a memoria, e perché ormai io e la chitarra ci capiamo. Grazie per avermela accordata. Comunque adesso ho sonno, vado a letto...sarebbe meglio che vada anche tu, non lasciare la mamma da sola- Gli mise una mano sulla spalla dando due pacche prima di andarsene. Entrambi rimasero bene di questa breve conversazione, fatta di parole e di note musicali. Tom tornò a letto chiudendo nuovamente i propri occhi scivolando in un sonno più profondo di prima.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Le parole di quel micetto spelacchiato gli avevano dato il coraggio di fare quello che non aveva mai fatto prima d'ora: prendere la decisione di andarsene.

- Sai, Tom...credo che potremmo rivederci...io e te..-

"Capitolo 11: Dirty Dream"

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Capitolo 11
*** 11. Dirty Dream ***


11. Dirty Dream


Dove sono...? Che posto è questo...?

La scuola. Era semplicemente la scuola.

"Tom! Ehi Tom!" Georg... "Domani abbiamo la verifica, spero che ti sia arrivato il messaggio di Gustav, stasera ci ritroviamo da lui" Un messaggio? Prese il cellulare e vide una notifica appuntata. Lo sbloccò e lo lesse annuendo. "Amico, tutto bene?" Disse Georg notando il suo sguardo stranito. Thomas annuì sorridendo.

"Sì"

"Dai, muoviamoci che sennò facciamo tardi!" Cominciarono a correre come se fosse una gara...

***

Quella struttura. Prima non se la sarebbe mai ricordata, ma adesso sentiva di poter ricordare anche ogni stanza, ogni percorso al suo interno per arrivare nelle varie sale di terapia. Sua madre lo vedeva depresso e quindi lo aveva iscritto lì, ma forse perché era più depressa lei che lui, dato che papà l'aveva lasciata. Thomas era semplicemente annoiato da una vita monotona, e perciò era solito chiudersi, rimanere nel suo, ma a lui stava bene così, non stava soffrendo. Inutile dire che provare a spiegarlo a Simone era stata una grande perdita di tempo. Entrò lì dentro dirigendosi verso quella che ricordava essere la sua sala. Trovò l'uomo che stava con loro, lo psicologo peggio dei Testimoni di Geova.

"Ah, buongiorno. Tu sei Thomas, giusto? Abbiamo appena iniziato, siediti con noi" Tra il cerchio fatto con le sedie infatti c'era ancora una sedia libera e prese posto. Non voleva trovarsi lì, non vedeva l'ora di andarsene e pensandoci avrebbe potuto anche farlo, fino a che non vide una cosa che lo trattenne. Un ragazzo con i capelli neri che si stava guardando intorno come spaesato. Era seduto in una delle sedie davanti a lui. "Allora, adesso vi alzate in piedi uno ad uno presentando voi e il motivo per il quale siete qui" E Tom voleva davvero tagliarsi le vene.

"Sparatemi" Sussurrò. Iniziò appunto quel tale con la presentazione. Si mise in piedi sospirando. A quanto pare lui e Thomas erano delle stesse idee.

"Io mi chiamo Bill Trümper, ho 16 anni e sono qui perché..." Si bloccò incupendo la propria espressione.

"Tranquillo, Bill. Siamo tutti amici qui" Se adesso non la smetteva di parlare come ad un ritrovo dopocresima, Tom avrebbe cominciato veramente a vomitare. Comunque Bill sembrò prendere coraggio.

"Vengo da una situazione difficile. I miei credono che io sia pazzo per come mi vesta e non mi accettano per come sono quando invece dovrebbero essere i primi a farlo...detto sinceramente io non avrei messo mai piede ad una stupidata come questa, ma lo sa, quando si è disperati..." A Tom partì uno sbuffo divertito per la schiettaggine del ragazzo. Tutti gli sguardi vennero immediatamente puntati su di lui, e Tom non ebbe minimamente pensiero a rispondere con il proprio.

"Tom, potresti spiegare il motivo della tua ilarità improvvisa? Bill sta raccontando un momento complicato, un po' di rispetto" Lo rimproverò lo psicologo, ma Thomas continuava a fissare Bill che lo guardava a sua volta con sguardo curioso. "Presentati tu adesso"

"Allora io sono Tom Kaulitz, ho 16 anni e sono qui perché mia madre mi vede depresso e mi ha praticamente costretto a venire. Io non so quindi perché sono qui, io sto bene. E prima ridevo perché il capellone ha detto una cosa azzeccata. Questa è proprio una stupidaggine" Thomas non era sicuro, ma gli parve di vedere spuntare sul viso di Bill un sorriso. "Quindi me ne vado, ci si vede, gente" Accompagnato dal silenzio e dall'orgoglio, rimise piede fuori dalla struttura respirando l'aria fresca. Le parole di quel micetto spelacchiato gli avevano dato il coraggio di fare quello che non aveva mai fatto prima d'ora: prendere la decisione di andarsene.

(NdA. Tom sta ripercorrendo il proprio passato attraverso un sogno ed è ovviamente come se non conoscesse Bill, ma può ricordare altri particolari come si può notare nel sogno successivo...e anche in questo appena avvenuto. Mi scuso per l'interruzione)

***

Ok. Quello davanti a lui era il bar dove Georg e Gustav li avevano portati (NdA. Questo ad esempio, perché è importante che venga specificato). Non sapeva perché era lì, l'istinto gli diceva di entrare e così fece. Si armò di cautela, dato che nonostante tutto gli sembrava ancora ignara ogni cosa. La musica prese a bombardargli i timpani, le luci da discoteca ad accecarlo e l'atmosfera festaiola lo travolse come un'onda tsunami. C'era una grande quantità di gente. Essa per fortuna era meno concentrata verso il bancone, così si diresse lì.

"Finalmente un po' di calma" Sospirò.

"Anche a te danno noia troppe persone?" Sentì una voce familiare accanto a sé. Quegli occhi, quel sorriso...Bill. "Io sono Bill, piacere. Ci siamo già visti, ma forse non ti ricordi di me" Gli porse la mano. "Perdona l'approccio, solitamente non sono così spontaneo con gli sconociuti, tu come avevi detto di chiamarti?"

"Mi ricordo di te, la sala terapia. Comunque mi chiamo Tom, Tom Kaulitz" Gli strinse la mano.

"Bene, Tom...perché qui stasera?" Thomas lo non smetteva di osservare i suoi occhi. Erano praticamente bellissimi, di un marrone stupendo, truccati benissimo e con una forma delicata. Sembravano disegnati da quanto erano belli. "Tom? Ehi?" Questo si riprese cercando di contenere il proprio imbarazzo.

"Oh scusami tanto, è solo che mi sembrava di conoscerti" Usò come scusa.

"Strano, di solito le persone mi definiscono un tipo singolare per il mio modo...eccentrico, sì" Rise nervosamente spostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Ma quanto poteva essere...dolce? Cioè trasmetteva tenerezza, era adorabile e sexy allo stesso tempo.

"Sì, sei insolito in effetti, ma non mi dispiace"

"Posso offrirti da bere? Ordina quello che vuoi, pago io" Thomas sbuffò con il suo sorrisino sornione.

"È il tuo modo di rimorchiare?" Bill arrossì.

"Volevo solo essere gentile..."

"Tranquillo, anzi...barista!" Questo li raggiunse dopo pochi secondi.

"Prego?"

"Gli porti due birre!" Il barista annuì e se ne andò. Bill si tappò la bocca ridendo sotto i baffi. Che voleva renderlo sbronzo? Erano minorenni, non avrebbero potuto farlo. Anche se la loro statura dimostrava sicuramente di più. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che avessero solo 16 anni.

"Ti ringrazio, ma almeno una vorrei pagarla io"

"Sarei capace di lasciarti qui, pagare e andarmene, quindi ti conviene accettare senza fiatare" Poco dopo arrivarono le due birre. Bill rise coprendosi gli occhi con le mani come rassegnato.

"Due no, aiutami tu" Thomas non esitò e ne prese una per sé. "Sai, Tom...credo che potremmo rivederci...io e te" Thomas sorrise guardando quegli occhi castani.

"Lo credo anche io"

***

"Tom" Sentiva la voce di Bill. Ma dove si trovava? Era tutto nero intorno a lui, c'era un buio pesto.

"Bill...dove sei? Dove siamo?" Allungò le mani per capire un po' lo spazio nel quale poteva muoversi, poi ne percepì una più fine prendere dolcemente la sua.

"Sono qui" La luce della bajour si accese rivelando un Bill in accappatoio bianco con le spalle al muro e Thomas che si ritrovò a bloccarlo. Bill condusse la mano di Tom lungo il suo petto andando verso il basso fino alla fascia dell'accappatoio che, essendo legata debolmente, si sciolse subito, rendendolo totalmente nudo. Tom lo osservava rapito, attirato...eccitato. Stava succedendo davvero. Stava per fare un atto del genere con Bill.

La loro prima volta insieme...

Tom non aveva mai provato sensazioni più belle come in quella notte.

"Voglio farlo" Aveva sussurrato Bill prima di gettarsi sulle labbra di Tom lasciando cadere al suolo l'unica cosa che poteva ancora coprirlo. Sentire quel corpo così minuto e freddo poggiato sul proprio era stata la prima sensazione indimenticabile. Un corpo freddo che riesce ugualmente ad infondere calore. Seguirono poi i baci sul collo che continuarono una volta che Thomas aveva provveduto a posizionare Bill sotto di lui, entrambi su quel letto che stavano esprimendo quello che il mondo aveva vietato loro di provare. Tom quella notte fece suo Bill e se lo promisero quando le loro labbra si erano scontrate. Se lo promisero quando le loro dita si stavano intrecciando per vivere insieme il piacere che si stavano infondendo. Dopo quei momenti si stesero con il respiro pesante e subito si erano cercati, come per ripararsi dal freddo; abbracciati, come per non lasciarsi mai.

"Bill..."

"Tom..."

Stavano ancora recuperando fiato ascoltando ognuno i battiti cardiaci dell'altro che stavano man mano rallentando riprendendo un ritmo più regolare.

"Posso dirti una cosa?"

"Cosa?"

"Sei la mia stella" Tom rise leggermente baciandogli la fronte accaldata.

"Dormi, mio fiore di luna"

Tutto quella notte era venuto spontaneo. Tom credeva che avrebbe potuto trattenere i propri istinti, ma provava qualcosa per Bill e non aveva saputo retrocedere. Per entrambi era un segreto che dovevano custodire. Quella notte era diventata il loro sogno proibito.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

Quando erano insieme, niente aveva più importanza. Avevano cominciato insieme ad infrangere qualche regola per diletto, anche se rischiavano.

- Bill...hai per caso tentato il suicidio?-

"Capitolo 12: All in the eyes of a boy"

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Capitolo 12
*** 12. All in the eyes of a boy ***


12. All in the eyes of a boy


Dopo quella notte gli animi rimasero sempre più accesi. Tom automaticamente passava meno tempo con Georg e Gustav, cercava continuamente Bill perché sapeva che anche il loro tempo era ben poco. Se Jörg e la madre lo avessero visto con Thomas lo avrebbero subito accusato di quella che in effetti era la verità, e sarebbe andata a finire molto male. Di questo però ai due importava fino ad un certo punto, perché quando riuscivano a stringersi la mano, a scambiarsi sguardi o baci, per loro poteva anche cadere il mondo che stava intorno. Quando erano insieme, niente aveva più importanza. Avevano cominciato ad infrangere qualche regola per diletto, anche se rischiavano. Gli era capitato di entrare e rubare al supermercato qualche oggetto, oppure di fingersi altre persone per non pagare in dei determinati luoghi, e finché non sarebbe andato a sfociare in penali era tutto divertimento. Per fortuna la passarono sempre liscia. Poi una sera andarono a quella piscina. Non era ovviamente loro. Tom non aveva detto a Simone che sarebbe rimasto fuori quella notte, e neanche Bill aveva fatto rapporto ai suoi, ma tanto non se ne sarebbero nemmeno accorti. Si intrufolarono in una casa con piscina sul retro. Si tolsero i vestiti immergendosi nell'acqua sempre calda. Ovviamente era stato Tom ad indurre Bill a farlo, ma questo non aveva nemmeno esitato un secondo, anzi, la cosa lo eccitava tanto. Provare quel brivido di trasgredire, anche se era sbagliato. D'altronde ancora erano giovani adolescenti, niente nella loro mente era chiaro. Bill si tolse tutto fino a rimanere solo con l'intimo e fu il primo ad entrare. Senza accorgersene fece delle mosse, che in Thomas smossero un qualcosa...di importante, insomma. Willheim appoggiò le braccia sul bordo piscina ammirando Tom che lo stava imitando. Egli aveva decisamente un bel fisico, più abbronzato e ben piazzato del suo. Si rilassò chiudendo gli occhi lasciandosi cullare dall'acqua. Poi avvertì dei rumori di flutti e una figura dietro di lui che gli circondò i fianchi.

"Sei in relax?" Gli sussurrò all'orecchio.

"Mhmh" Rispose annuendo leggermente. Tom gli baciò il collo provocandogli un lieve brivido. "Tom..." Non sapeva se classificarlo come un lamento o una richiesta, quindi decise di fare di testa propria, quella che gli aggradava di più. Con la mano tolse rapidamente l'intimo a Bill che sussultò. "No, Tom! Se venissimo scoperti..." Ma Thomas non lo stava ascoltando e si appoggiò con il petto alla sua schiena aderendo ancora di più alla sua pelle.

"Mi pare che uno di noi sia già stato scoperto..."

"Thomas..." Prese la sua intimità cominciando quel piccolo gioco. La mente di Bill stava andando in confusione e già non si  poneva più il problema. Tom gli stava baciando il collo, e desiderava solo che quelle dannate labbra andassero sempre più giù. "Tom, io..."Thomas capì e lo prese mettendolo a sedere a bordo vasca continuando da dove si era fermato, ma usando la bocca, togliendola poco prima che Bill avesse il suo momento. Esso quindi venne sul proprio ventre e ci pensò Tom a pulire tutto con la lingua. Ricominciarono i baci dati con foga, fino a che la notte stava avendo intenzione di assisterli. Non potevano stare in acqua a lungo, quindi controvoglia decisero di uscire e asciugarsi con dei panni che erano riposti lì fuori. Si rivestirono e qualche minuto dopo erano di nuovo per strada, sempre per mano, continuamente traballanti dalle troppe risate. Improvvisamente Bill si incupì. "Thomas, ma io cosa sono per te?" Chiese. Nonostante fosse tutto ovvio, gli mancava ancora qualcosa. Quelle parole che Tom non aveva mai detto, per quanto invece le avesse dimostrate.

"Come cosa sei per me Bill? Sei una cosa fondamentale di me, mi piace stare con te" Quell'articolo indeterminativo ed il "mi piace stare con te" non erano abbastanza. Queste potevano essere parole da dire ad un amico speciale, non ad una persona con la quale ti baci e ci fai sesso. Tuttavia Bill sorrise lo stesso, come se apprezzasse perlomeno lo sforzo.

"Anche a me piace stare con te" Non voleva aggiungere altro. Il fatto che Tom avesse risposto con una tale superficialità, lo aveva fatto astenere dall'eccedere. "Ma adesso temo proprio di dover tornare a casa. Tra poco ci saranno le prime luci dell'alba e Jörg si sveglierà, se non mi troverà non so proprio cosa potrebbe succedere. Dobbiamo stare attenti" Thomas lo prese per le spalle puntando di propri occhi nei suoi.

"Te lo prometto Bill. Un giorno io e te ce ne andremo da qui...insieme" Era così deciso che poteva prenderlo per vero. No, doveva prenderlo per vero. Tom Kaulitz non era solito essere un tipo serio, e perciò quando lo era, bisognava crederci. Anche se per un adulto sarebbero sembrate aspirazioni date da una mente troppo ingenua per poter capire.

"Dove vorresti portarmi?"

"Ovunque tu voglia" Si voltò poi verso la sua moto aprendo il piccolo cruscotto. "Ma per adesso credo dovrai accontentarti di casa tua" Ecco appunto, non dura molto, ma questo non significa che una magia provata per pochi secondi, non possa realizzarsi nella vita in un 'per sempre'. Thomas prese un casco e lo mise in testa a Bill allacciandoglielo. "Perfetto"

"Thomas, ma..." Gli voleva rammentare del casco, ma non ne aveva visti altri e il tragitto tanto era breve, oltre il fatto che il ragazzo era già in sella e stava aspettando solo lui. "Nulla" Non sapeva che una sola parola avrebbe potuto costargli l'intera esistenza. Si mise dietro cingendogli i fianchi con le sottili braccia. Era meraviglioso sentire il rombo del motore e la moto tremare sotto di loro. Si strinse ancora più forte a Tom provando una sicurezza che adorava sentirgli scorrere nelle vene, e voleva fosse droga per lui. Poteva percepire il vento che gli andava sul viso e lo accarezzava con una certa violenza. Una violenza che gli faceva provare libertà. Avrebbe voluto gridare, ma decise di trattenersi, solo che Tom stava correndo troppo, veramente troppo. Improvvisamente spuntò un gatto che inizialmente lo vide fermo, ma ad un certo punto si lanciò in mezzo alla strada. "TOM!" Per evitarlo, il veicolo sterzò di colpo. Thomas riuscì a tenere il controllo per un frangente di secondo. Giusto il tempo di sussurrare a Bill quelle parole che mai avrebbe pensato di poter pronunciare nei confronti di qualcuno.
"Ti amo"
Poi la moto li sbalzò. E sia Bill che Tom non videro le luci di quell'alba.

***

Bip. Bip. Bip.
Il rumore di un elettrocardiogramma. Poteva sentirlo, ma tutto era confuso e sfumato. Percepiva una stanza d'ospedale ma non poteva muoversi né parlare. Improvvisamente sentì una mano fredda, che avrebbe tanto voluto stringere in quell'istante, ma sapeva di non poterlo fare.

"Tom, non so se puoi sentirmi" La sua voce...stava piangendo. "Il dottore ha detto che molto probabilmente non ti riprenderai dal coma..." No, Bill! Non credergli! "Ma se in caso fosse il contrario, tu avrai una forte amnesia, non ti ricorderai di me, di tutti i momenti che ci hanno portato ad essere chi siamo". Una lacrima lasciò il suo viso per toccare la mano di Tom. "Ho incontrato tua madre là fuori. Non ho mai sentito urlo più disperato. Appena è successo l'incidente, io sono rinvenuto in ospedale e la sentivo gridare e piangere. Perdevi sangue dalla testa, temevano di non poterti salvare, ma alla fine sono riusciti a destabilizzarti solo che sei finito in coma...e come se questo non bastasse, adesso arriva la notizia più brutta..." Thomas avrebbe tanto voluto asciugare quelle lacrime. "Partirò per Los Angeles e può darsi che non ritorni indietro. Jörg ha trovato un lavoro e sono costretto a seguirli. Speravo che fossi tu un giorno a portarmi là, ma a quanto pare il destino non vuole che ci apparteniamo" Gli baciò la mano. "Mi dispiace di riuscirtelo a dire solo adesso stella mia, ma...io ti amo e ti amerò per sempre, perché solo tu sei stato capace di amare me davvero. Adesso devo andare. Vorrei non lasciarti mai, vorrei poterti baciare ancora, vorrei stare con te qui ad aspettare e sperare. Vorrei il tempo, quello che non basta mai...ma devo scappare purtroppo, ho il volo tra due ore" Si chinò su di lui posando le sue labbra su quelle delicate di Thomas che avrebbe baciato per l'ultima volta. Si godette quel bacio non ricambiato, quelle labbra ancora calde. Appoggiò poi la fronte a quella di Tom lasciando cadere qualche sua lacrima anche sulla guancia della persona che al suo risveglio l'avrebbe dimenticata, come se per questo tempo fosse stato solo un angelo. Sì, un angelo, ma che nel momento del bisogno non era stato capace di salvarlo.

***

I secondi diventavano minuti, i minuti, ore, le ore, giorni, e tutto lo stava uccidendo sempre di più. Voleva morire. Thomas era morto, o almeno così gli aveva detto Jörg con quel tono sprezzante: "Quel poco di buono ci ha lasciato le penne, uno in meno". Non aveva più senso continuare una vita senza speranza, anche se la droga aveva già preso possesso di lui. Afferrò una corda dal cassetto del capanno degli attrezzi. La legò ad un lampadario in modo da fare un cappio perfetto. Salì su uno sgabello infilando la propria testa con un sospirò. Jörg e sua madre avevano scoperto la sua vera natura e gli avevano detto che poteva pure ammazzarsi, e così stava facendo.

"Te l'ho detto. Nessuno mi hai mai amato come mi hai amato tu" Chiuse gli occhi, poi saltò...

-BILL NO!- Il respiro affannoso, il viso lucido di sudore. Erano le due di notte. Era tutto solo un sogno. Bill era ancora vivo, ma dio santo che spavento. Per un attimo aveva creduto fosse tutto vero e che lui non poteva fare niente. Doveva...doveva vederlo subito. Doveva sapere che stava bene, non ce la faceva a resistere dopo quello che aveva visto. Si alzò velocemente vestendosi in fretta uscendo di casa. L'aria fuori era freddissima, ma poco importava, lui doveva raggiungere Bill. Arrivò davanti al portone e suonò al suo campanello. Sapeva che abitava al primo piano ormai. Dopo un terzo tentativo, finalmente gli venne aperto. Sul pianerottolo gli si presentò un Bill con i capelli più disordinati del solito, senza trucco e con cipiglio leggermente infastidito.

- Tom, che ci fai qui?- Entrarono in casa chiudendo.

- Stai bene?- Bill lo guardò stranito.

- Sì, perché?- Si sentì delle immediate mani sui fianchi.

- Fammiti baciare ora- Si gettò su di lui, aveva bisogno di sentirlo. Non gli importava dell'orario, non gli importava di niente, voleva solo saziare il suo bisogno di Bill. Lui aveva perennemente bisogno del suo fiore di luna. Bill si lasciò cadere sul sofà. Tom gli alzò la maglietta scoprendo il suo tatuaggio con la stella. Si ricordava di quello. Bill se lo era fatto per avere sempre un ricordo di lui, nonostante non avrebbe potuto.

- In quel tatuaggio avevo inciso il nostro legame, ma purtroppo non sono mai stato in grado di ricordare fino a che non mi hai ripetuto le tue parole. A volte sono più indelebili le parole di un tatuaggio- Disse, e aveva fottutamente ragione, ne aveva la prova. Tom ci passò sopra con la lingua facendo andare Bill in trans. Non capiva più nulla, voleva solo che non si fermasse. Gli tolse anche il sotto baciando il suo inguine. Bill stava letteralmente impazzendo. Lo voleva dentro di sé in quel preciso istante. Thomas non lo fece attendere molto ed entrò in lui sempre di più.

- Tom...- Gemette con le mani ai lati della testa mentre le loro dita erano intrecciate.

- Ti amo, Bill- Il cuore di Bill cominciò a battere più forte. Quelle parole lo avevano spiazzato. Le voleva sentire da tanto tempo, e sentiva che avrebbe tanto voluto piangere dalla gioia.

- Ti amo anche io, Tom- Dopo questo, vennero insieme stringendosi l'uno all'altro e cadendo successivamente sfiniti.

***

Quel sofà era diventato improvvisamente comodo nel momento che Tom aveva la testa di Bill appoggiata sul suo petto, ed entrambi erano nudi, coperti parzialmente da un leggero lenzuolo. Stavano in silenzio ancora respirando l'odore del sesso, l'odore del loro amore, l'odore dei loro corpi uniti in uno solo.

- È stata la nostra prima volta dopo tanto tempo- Disse Tom accarezzandogli i lunghi capelli.

- Mi mancava tutto questo, mi mancava la nostra vita...mi mancavi tu-

- Cosa è successo quando sei partito per Los Angeles?-

- Ho cercato di rifarmi una vita con la gente del posto, ma non riuscivo a smettere di pensare a te...- Thomas non voleva credergli semplicemente perché lo conosceva troppo bene. Non aveva per niente cercato di rifarsi una vita, lui aveva cercato di porre fine alla medesima, ed il solo fatto che non smetteva di pensare a lui sapeva che aveva implicato sicuramente quella conseguenza.

- Bill...hai per caso tentato il suicidio?- Avventata come domanda, ma Thomas aveva bisogno di sapere. Bill rimase in silenzio. - Bill? Dimmelo, ho bisogno di sapere se la persona che amo ha tentato di morire- Questo sospirò.

- Ho provato ad impiccarmi, sì...tu per me eri morto e nessuno sarebbe stato disposto a fermarmi. Jörg e mia madre erano d'accordo, anche se poi hanno provveduto a bloccarmi inspiegabilmente, solo che dopo Jörg mi ha riempito di legnate quindi...avrei preferito morire sul serio- Tom poggiò una mano sotto il viso di Bill in modo che lo guardasse. Lo capiva e gli dispiaceva non essere stato lì a difenderlo, ad impedirlo. Essere andato da Jörg, averlo guardato negli occhi dicendogli: "Serve più a me che a te!"

- Tu con me non devi temere niente, e non lo devi fare anche senza di me. Sei una persona forte, io lo so. Hai smesso con la droga, sei stupendo, sei bello, hai tante qualità che potresti utilizzare per emergere nel mondo, con o senza di me. Io non sono la tua ragione di esistere, perché questo significherebbe metterti un freno. Io voglio essere quella persona che sei felice di vedere, di sentire e sapere al tuo fianco nel bene e nel male, con la quale fai l'amore quando abbiamo voglia...non un ostacolo- Erano state parole bellissime. Bill era rimasto a bocca semi aperta senza sapere che dire. - Adesso dormiamo fiore di luna, per stasera abbiamo dato- Non si sarebbero più ripetute, ma questo non significa che sarebbero state le ultime. Anche quelle parole sarebbero diventate indelebili. Tutto per degli occhi di ragazzo.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Si guardò intorno e vedeva tutti gli sguardi puntati su di lui, e non sarebbe stata una novità, se questi non fossero stati carichi di un odio, forse astio, forse disprezzo, forse rabbia o delusione.

- Non so se tutto questo è uno sbaglio, non so cosa può succedere se reagiamo in un certo modo o in altro, ma sei l'errore più bello della mia vita-

"Capitolo 13: Advices to kill yourself"

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Capitolo 13
*** 13. Advices to kill yourself ***


13. Advices to kill yourself


Il bus aveva la fama di arrivare in ritardo nella sua strada, ma tanto era presto e quindi Bill decise di prenderlo. Si accorse dopo essere salito che forse non era stata proprio una grande idea. Era caotico da paura, la gente emanava odori nauseabondi e non essendoci posto a sedere era costretto a stare in piedi venendo sbalzato di qua e di là ad ogni curva. Reggersi ad un palo giallo non bastava, sembrava un pazzo l'autista. Stava per morire, davvero. C'era così tanta...chiusura, ed era senza aria. Il soffitto pareva restringersi, e lentamente sembrava girare tutto. All'ennesima curva non riuscì neanche a tenersi che andò a sbattere addosso all'ennesima persona.

- Scusi...-

- Scusi? Bill- Alzò lo sguardo incontrando quello di Thomas. Rassicurato, si lasciò libero di appoggiarsi al suo petto. - Buongiorno, anche tu hai avuto l'idea del bus?-

- Pessima, solo...pessima- Stava respirando a fatica.

- Bill, tutto bene?-

- Mi manca l'aria, è tutto così chiuso e così stretto...- Tom capì quale fosse il problema di Bill. Stese il braccio verso l'alto fino a raggiungere una specie di gancio che tirò aprendo così la parte superiore della vetrata del bus. - Meglio, decisamente- Si tenne a lui per tutta la durata del viaggio.

- Un leggero attacco di claustrofobia, non prendiamo mai più il bus- Disse una volta sceso. Arrivarono nei pressi della scuola e vennero raggiunti immediatamente da Georg e Gustav.

- Avete sentito l'ultima?- Georg sembrava impazzito, ma non di gioia.

- Dai, Georg, è solo una diceria, non c'è da dare di matto in questo modo- Intanto Bill e Tom non stavano capendo assolutamente niente continuando a guardarli con un punto interrogativo stampato in faccia.

- Ah no?! Tutta la scuola sta dicendo praticamente che questi due sono fidanzati e non è nulla di che?- Bill abbassò lo sguardo. Non era bello sentire un amico che sbraitava a quel modo per una cosa che alla fin fine era veritiera e che per la tale cosa lui ci teneva molto, per altro.

- Georg, chiudi quella bocca!- Decise che tirare fuori la sua parte un po' da "oggi ho il ciclo, non rompetemi" non sarebbe stato un così grande errore di scortesia. - Sì, è vero che stiamo insieme e quindi?- Ci fu un minuto di silenzio tombale. Georg e Gustav non se lo aspettavano proprio. Dal canto di Tom invece si poteva notare il suo apprezzamento al riguardo. Adorava vedere Bill irritato e con un cipiglio poco nervoso.

- Ah, cioè...non...ok- Insomma, era venuto fuori un discorso concreto e ben coagulato dalle labbra di Georg.

- Quindi siete...fidanzati? Wow, sono contento per voi- Invece Gustav si era espresso meglio e aveva abbracciato i due come se gli avessero dato la notizia di una gravidanza.

- Ci fa molto piacere, ma un problema esiste lo stesso siccome lo abbiamo detto solo a voi, quindi...-

- Chi ha sparso la voce?- Si palesò finalmente Tom. Si guardò intorno e vedeva tutti gli sguardi puntati su di lui, e non sarebbe stata una novità, se questi non fossero stati carichi di un odio, forse astio, forse disprezzo, forse rabbia o delusione. Quindi una cosa era certa: non erano sentimenti positivi.

***

- È una tragedia, Selene! Non puoi farti mettere i piedi in testa da un emo come quel...quel...!- Margot sapeva essere veramente pesante e petulante, ma questa volta Selene era costretta a darle ragione. Anche lei aveva sentito cosa stavano raccontando le mura dell'istituto e non è che la cosa le andasse tanto bene.

- Sì, lo so, Margot. Avevo già intenzione di ficcare un po' il naso nella faccenda- Disse seria. Sembrava che non le importasse un granché, ma era tutto il contrario.

- E fai bene! In fondo Tom è il tuo ragazzo, giusto?-

- Già...- Premettendo che Thomas non sapeva di essere fidanzato prima dell'arrivo di Bill. Sembrava tipo come all'asilo, che per gioco dicevi di essere fidanzata con un bambino che magari neanche ti aveva rivolto la parola. La differenza è che Tom aveva rivolto più di una parola a Selene e questo non era un gioco. Nessuno qui se la sentiva di giocare...ma se proprio dovevano, allora neanche di perdere.

***

- Tom...il finestrino...- Quella macchina era diventata improvvisamente stretta in quello piccolo spiazzo desolato dove Thomas e Bill si erano fermati per fare nuovamente l'amore. In macchina non lo avevano mai provato, anche se si ricordavano entrambi che al sesso ci avevano sempre dedicato del tempo. D'altronde è un bene, quando una coppia fa ancora l'amore significa che il sentimento non è svanito, soprattutto se si è ancora dei giovani spiriti liberi. Tom abbassò leggermente il vetro giusto per permettere all'aria di entrare meglio.

-Va meglio?- Bill annuì e Thomas riprese da dove si era fermato. Da poco si era comprato quella macchina, quale modo migliore per inaugurarla? A parte gli scherzi, Tom non poteva di certo chiedere la macchina di Gordon o di sua madre per fare queste cose, quindi giustamente ne aspettava una propria. La faccenda era partita proprio con Thomas che stava facendo il proprio giro di prova, possiamo dire, e aveva visto Bill camminare da solo per le strade con un libro in mano. Incredibile che evitasse tutte le persone come se avesse dei sensori, non staccò mai gli occhi dalle lettere incise su quelle pagine, fino a che non sentì un clackson. Alzò lo sguardo vedendo una bellissima macchina di un nero lucente fermarsi proprio davanti a lui, e Tom con un sorrisino come era solito fare. Bill mancava poco lasciasse cadere il libro. - Sei impegnato stasera?- Bill sorrise avvicinandosi lentamente al finestrino chinandosi per dargli un bacio.

- Beh...sai pensavo di andare a casa mia, fare una doccia, guardare la tv...senza un rompiscatole tra i piedi- Lo stava tentando con quello sguardo ammiccante.

- Oh, e il rompiscatole sarei io?-

- Tu che dici?- Si dettero un secondo bacio, poi Tom gli diede una pacca sul sedere.

- O porti tu questo sedere qui dentro, oppure lo faccio io-

- E se non volessi?- Forse era meglio se non gli avesse chiesto una cosa del genere. Tom lo tirò su facendolo passare attraverso il finestrino. Il tempo di chiudere e riaprire le palpebre che si ritrovava di già in braccio a Thomas. - Dove hai imparato queste tecniche di sequestramento?- Tom lo mise a sedere allacciandogli anche la cintura, come se Bill fosse un impedito. Prima che potesse anche solo toccare qualcosa, ci pensava Tom. Tanto valeva che stesse fermo. Dopo qualche minuto di guida, uscirono dalla strada entrando praticamente in mezzo ad un boschetto, possiamo dire, poi Thomas dette la frenata che annunciava l'arrivo, e Bill inizialmente non capiva quali fossero le sue intenzioni. - Thomas? Perché mi hai portato qui? Non c'è nessuno...-

- Appunto- Un bacio sul collo che lo fece rabbrividire.

- No, Tom...- Appoggiò delicatamente una mano sul suo petto per discostarlo con leggerezza, sapeva di certo che Tom non avrebbe desistito.

- Perché?-

- Perché non me la sento oggi- Non era normale. Di solito era quello che cominciava, che lo provocava, e mai prima d'ora si era tirato indietro. Thomas avrebbe rispettato la sua decisione, ma prima voleva andare più a fondo, e disse la prima cosa sensata che gli era venuta in mente.

- Sei incinto?- Bill sgranò gli occhi e scoppiò a ridere.

- Noooo, ma che cazzo dici?- Era giusto sdrammatizzare la situazione, magari aveva solo bisogno di ammorbidirsi un secondo.

- Allora potrei sapere quale è il problema? Non ti ho messo incinto, non puoi avere il ciclo, anche se a volte stento a crederlo, quindi...c'è sicuramente qualcosa- Era inutile che Bill si sforzasse a nasconderlo, i suoi occhi parlavano da soli.

- Selene...chi è?- Ecco, adesso direi che non si scherzava proprio più. Anche lo sguardo di Tom tornò serio. Si lasciò cadere sullo schienale sospirando. Era giusto che glielo dicesse.

- Era una mia amica...io e lei...-

- Immagino- Thomas non riusciva ad aggiungere altro e quindi stettero in silenzio, fino a che Bill non ne poteva più. - Comunque non ti devi preoccupare con me, io non sono arrabbiato. Giustamente la tua vita sessuale te la potevi gestire a modo tuo...però oggi sul banco mi è arrivato un bigliettino. L'ho letto in bagno.

C'era scritto: "Consigli per ucciderti" e sotto una lista con dei prodotti tossici dosati in milligrammi, come se avessi dovuto mischiarli e ingerirli. Ed infine a caratteri cubitali c'era un bellissimo "Buona Fortuna!". Non so chi sia stato, e neanche mi interessa, ma ho l'impressione che sia perché la gente sa di noi. Ho visto come ci guardavano stamane e per un istante...mi fa male dirlo, ma voglio che tu lo sappia...ho percepito tutto questo come uno sbaglio- Tom era stato in silezio ad ascoltare, ma quando avvertì quell'ultima parola capendo anche a cosa era affibbiata, non seppe trattenersi.

- Non devi minimamente pensarlo! Quel biglietto, scoprirò chi te lo ha mandato ed io non gli darò dei semplici consigli, ma lo ammazzerò direttamente! Ma ti rendi conto? Ascolta, se hanno minacciato di ucciderti, dovranno prima uccidere me perché se oseranno anche solo toccarti, giuro che non risponderò più di me e non so cosa sarei capace di fare- Lo guardò dritto negli occhi, voleva sapervi leggere una risposta, ma questa non stava arrivando. Bill non reagiva perché non sapeva come sarebbe andata a finire questa storia, ed era spaventato come non lo era mai stato. Di tutto gli era capitato nella vita, ma mai di essere minacciato di omicidio, anche se indirettamente. Certo, sua madre e Jörg gli avevano detto che poteva pure morire, ma perlomeno Bill sapeva che erano loro e comunque li aveva quasi accontentati. Aveva paura che il timore lo avrebbe indotto nonostante tutto, nonostante la presenza di Tom. - Bill, sei spaventato, ed è normale, ma affronteremo questa cosa insieme- Willheim sentì come un moto dentro, qualcosa che lo spingeva a liberare la sua paura trasformandola in qualcos'altro. Si mise a cavalcioni su Tom che lo teneva per i fianchi.


 

- Non so se tutto questo è uno sbaglio, non so cosa può succedere se reagiamo in un certo modo o in un altro, ma sei l'errore più bello della mia vita- Si sporse su di lui baciandolo e fu proprio lui ad approfondire il bacio.

- Dimmelo che non avresti mai voluto avermi incontrato, Bill- Tom cominciò a baciargli il collo con sempre più foga. - Dimmelo che non avresti mai voluto neanche conoscere il mio nome- Gli prese il viso tra le mani guardandolo negli occhi. - Dimmelo, Bill- Willheim gli accarezzò la guancia, si morse il labbro e con un gesto si tolse la maglietta. Era una chiara risposta. Thomas fece un sorriso malizioso e ripresero a baciarsi per poi ritrovarsi in poco tempo completamente senza vestiti. Solo i loro corpi erano in grado di riscaldarli a vicenda, qualsiasi indumento era inutile. - Stai usando il sesso per dimenticare quello che ti dà da pensare?-

- Ti piacerebbe ugualmente- Bill scese verso il basso.

- Sì, ma sarebbe ingiusto, è come se...oh dio Bill- Era difficile parlare quando si era immersi nel piacere.

- Ti dirò la verità, farlo mi aiuta a non pensare, ma non farlo mi aiuta ad impazzire- Gli sussurrò all'orecchio. Thomas lo afferrò portandolo sotto di lui e penetrandolo seduta stante. Improvvisamente però sentirono dei passi e si fermarono. Il sudore era diventato freddo e il loro sangue si stava raggelando. - Oh cazzo, Tom!-

- Ssshh, magari se ne va- Stettero fermi mentre Thomas guardava. C'era un uomo che stava passando di lì. Si guardò un po' intorno e intravide la macchina di Tom ovviamente, ma per fortuna si fece gli affari suoi e si allontanò qualche secondo dopo. - Fiuuh, per un pelo- Bill cominciò a ridere. - Che ridi?-

- Niente...sono felice- Disse semplicemente. Sembrava una risposta banale, forse priva di teatralità, ma invece voleva dire tanto. Bill stava bene con Thomas, e quest'ultimo pensò in quell'istante che non avrebbe mai potuto avere occhi per nessun altro. Il solo pensiero di tradire Bill lo fece rabbrividire, non avrebbe mai potuto farlo e neanche gli sarebbe mai passato per l'anticamera del cervello. Ma non perché Bill avrebbe potuto ricominciare a farsi del male, o almeno non solo per quello, ma anche perché vederlo in quel momento, sotto di lui, che stavano facendo l'amore senza che nessuno sapesse niente...erano delle belle sensazioni che non avrebbe potuto provare con nessun altro o altra che fosse.

***

- Bill, aspetta- Willheim stava per scendere dalla macchina per incamminarsi verso casa sua, ma Tom lo trattenne per un braccio facendolo risedere. - Sai, non so come, ma sento che...se anche non avessimo ricordato...forse mi sarei innamorato di te lo stesso, e forse avremmo ricominciato da zero- Sul viso di Bill si formò lentamente un sorriso. Sarebbe stato un po' impossibile non essersi ritrovati essendo che praticamente si vedevano ogni giorno, ma se così non fosse stato...forse anche per Willheim sarebbe stato lo stesso.

- Anche io, molto probabilmente. Sei l'unica persona di cui mi potrei innamorare più di una volta, ed in più di una vita- Gli diede un ultimo bacio veloce prima di uscire e saltellare contento fino al cortile. Era così felice che Tom gli avesse detto una cosa del genere, così euforico che non sapeva nasconderlo, e Thomas lo amava anche per questo, per questa dolcezza per certi versi infantile.

***

Tom rientrò a casa che era già buio. Le giornate si stavano accorciando e il freddo stava cominciando a farsi sentire. Si tolse il proprio giubbotto di pelle appendendolo all'attaccapanni. Non voleva farsi sentire da Gordon e Simone, che in quel momento stavano guardando tranquilli la TV...ma purtroppo sua madre aveva l'orecchio bionico.

- Oh, Thomas, finalmente sei a casa! Hai una visita-

- Una visita?-

- Sì, ti aspetta in camera. Non mi sembrava giusto farla congelare fuori...ah, e dopo mi devi delle spiegazioni, mi ha detto che tu e lei avete un rapporto speciale. Quando avevi intenzione di presentarmela?- Disse. Tom non capiva. Che visita? Che spiegazioni? Chi lei? Per trovare una risposta decise quindi di salire le scale e dirigersi appunto nella sua stanza. Aprendo la porta, però, non si trovò proprio una persona gradita.

- Selene, che ci fai qui?- Questa si voltò accorgendosi della sua presenza. Stava rovistando un po' in giro.

- Sempre la stessa questa stanza, meno male che l'influenza di quell'uccello del malaugurio non ha avuto effetto su di te- Selene conosceva fin troppo bene la sua camera, e ancora meglio il letto. - Quindi? E' vero che state insieme?- Domandò con fare strafottente.

- E se anche fosse? Qualche problema?- Selene non ebbe per niente la reazione che Tom si aspettava. Si mise a ridere.

- E me lo chiedi? Uno come te è gay? Che barzelletta, non ho nessuna intenzione di crederci, poi soprattutto con un emo! Sei caduto proprio in basso-

- Beh, tu a darla a tutti non credo sia al top- Uno a zero per Tom. Per adesso stava calmo, ma se Selene lo avrebbe indotto, si sarebbe pure infuriato. Questa si avvicinò abbracciando il suo collo con le braccia. - Che fai?-

- Andiamo, Tom. Tu ami me, non lui-

- Sei completamente impazzita-

- Solo un bacio, Tom- Si stava accostando troppo. Thomas fu costretto a spingerla via.

- No, Selene. Io amo Bill, e lo so che sembra strano sentirlo dire da uno come me, ma hai visto anche tu come sono cambiato. Odio Andreas, e se continui odierò pure te, e non sto scherzando- Poi gli venne alla mente il bigliettino che aveva ricevuto Bill e gli prese una rabbia improvvisa. Prese per le braccia Selene attaccandola al muro. - SEI STATA TU?-

- Di che cosa stai parlando?- Gli occhi di Tom era come se volessero accoltellarla.

- Quel biglietto, quello che hai mandato a Bill consigliandogli di uccidersi!-

- Non sono stata io, ma anche se lo fossi stata sarei orgogliosa di averlo fatto!- Questo era troppo.

- Fuori di qui, ORA!-

- Non puoi trattarmi così-

- Oh sì che posso, adesso tu sloggi! Non voglio più sentirti, o rischio seriamente di perdere il controllo, e non ne vale assolutamente la pena- Uscì dalla stanza, e in quell'istante squillò il cellulare di Tom che era appoggiato su un mobile. Selene lo prese leggendo il nome sul display e scorse sulla cornetta verde.

- Pronto?-

- Pronto...ma chi parla?- Chiese la voce dall'altra parte. Selene fece un sorrisino bastardo.

- Guarda, hai telefonato proprio nel momento sbagliato, io e Tom stavamo per metterci...come dire...comodi-

- Come? Ma chi sei?-

- Non posso perdere tempo con te, ciao- E riattaccò. Thomas arrivò poco dopo dandogli il rispettivo cappotto. - Me ne vado subito- Si diresse verso l'uscita da sola. Tanto ormai il danno lo aveva fatto. Il nome sul display l'aveva portata a comportarsi da stronza. Sul registro delle chiamate di Tom c'era scritto:

"Bill- Oggi 18:37- Chiamata in arrivo, 34 sec"

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Solo i passi di Bill risuonavano battendo sul pavimento. Poi improvvisamente una mano che lo afferrò tappandogli la bocca. Che stava succedendo? Cercò di urlare, ma la mano premuta sulle sue labbra ovattava qualsiasi tipo di suono che volesse produrre.

- Io voglio che tu...sparisca. Hai presente?-

"Capitolo 14: Inconvenienze"

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Capitolo 14
*** 14. Inconvenienze ***


14. Inconvenienze


La mattina non era mai apparsa più gelida. Dei leggeri fiocchi di neve avevano preso a sfiorare l'aria, cavalcandola come una tavola da surf con le onde di un mare australiano. Bill ancora non riusciva a scordarsi di quella chiamata. A chi apparteneva quella voce? Una mezza idea ce l'aveva, ma non voleva crederci...solo che non era facile, soprattutto dopo quello che Thomas gli aveva detto. No, non era da lui fare così, ma l'unico modo per scoprirlo era fare l'offeso, il disinteressato...praticamente recitare la parte di quello ferito. Non perché lo fosse davvero, ma perché credeva in Tom, credeva in quello che erano, ma voleva una conferma. Lo definiva interessante e produttivo per la coppia creare delle inconvenienze. Filosofia strana, ma fidatevi, che funziona.

- Ciao, Bill- Arrivarono Gustav e Georg. Era giusto coinvolgere anche loro? Ma certo che sì. - Bill, ti vedo con una brutta cera. Dov'è Tom?-

- Lui...beh, lui...c'è un problema tra noi in questo momento- Abbassò lo sguardo. Georg e Gustav si guardarono un istante, poi quest'ultimo sospirò.

- Andiamo, intanto ce lo racconti-

- Beh, ieri sera ho chiamato Thomas così, per stare un po' al telefono, ma ha risposto un'altra persona...una donna-

- Una donna? Sarà stata sua madre-

- Eh certo, e sua madre risponde dicendomi che ho telefonato nel momento sbagliato perché lei ed il figlio stavano per mettersi comodi!-

- Non fa una piega-

- Andiamo, Georg...anche se forse un nome ce lo avrei-

- Chi?-

- Selene- I tre ragazzi si fermarono, come se quel nome fosse stato una parola magica.

- Quella Selene? Oh, cazzo...allora sei nella merda- Bill fece uno sbuffo divertito.

- Non è una novità. E cosa potrebbe succedermi? Mi ammazza?- Georg e Gustav non risposero, e il sorriso di Bill scomparve, soprattutto quando ripensò a quel biglietto. E se fosse stata lei a mandarglielo? E' chiaro! Lei era gelosa, e ha fatto questo per spaventarlo e tenerlo alla larga da Tom! Voleva questo? Lo avrebbe ottenuto. Se non lo avesse fatto, sarebbe potuto succedere qualcosa anche a Thomas, e lui non voleva.

- Bill- Alzò lo sguardo sentendo una terza voce. Oh, no...lui no.

- Tom- Questo sorrise, ovviamente lui era ignaro di Selene. Non sapeva cosa aveva detto a Bill. Thomas si avvicinò, ma il ragazzo si discostò malamente.

- Bill...tutto bene?- Lui non rispose oltrepassandolo dirigendosi dentro la scuola. Tom guardò Georg e Gustav in cerca di una risposta, come se sapessero qualcosa che lui non sapeva, e infatti era così. - Che succede?-

- Vallo a dire a Selene, playboy!- Gli rispose storto Georg prima di andarsene seguito da Gustav. Tom si guardò attorno cercando Selene, e vide che stava parlando con Margot. Si avvicinò strattonandola per un braccio.

- Che hai fatto?-

- Io? Nulla. Ho solo detto a Bill quale sia il suo posto e che deve rimanerci. Thomas, tu sei sprecato per lui- Se non fossero stati a scuola, molto probabilmente avrebbe reagito con le mani, per quanto tutto questo fosse stato ingiusto.

- Tu...- Ringhiò. Adesso c'era da avere paura.

***

I corridoi della scuola erano ancora vuoti e deserti, e certe volte potevi paragonarli a quelli di una prigione, oppure quelli di una grande villa in un film dell'orrore. Silenzio. Solo i passi di Bill risuonavano battendo sul pavimento. Poi improvvisamente una mano che lo afferrò prendendolo per la bocca. Che stava succedendo? Cercò di urlare, ma la mano premuta sulle sue labbra ovattava qualsiasi tipo di suono che volesse produrre. Riconobbe una voce, e poté dire in quell'istante di avere paura. Venne condotto in una stanza buia.

- Allora frocetto? Hai seguito i consigli?-

- Andreas...che vuoi da me?- Si guardava intorno spaesato. Dove era? Tutto era nero intorno a lui e veniva tenuto fermo da delle braccia. Ogni tanto anche schiaffeggiato da qualche mano volante. Non stava capendo.

- Voglio che tu...sparisca. Hai presente?- Gli arrivò un pugno che lo spedì per terra. - Stattene buono qui, tanto nessuno sa che esisti. Thomas sta con Selene, ficcatelo in testa!- Gli diede un calcio sullo stomaco costringendolo a piegarsi ancora di più su sé stesso. - Frocio di merda. Volevi influenzare anche Tom, guarda che ingenuo. Ti ha solo ingannato, merdaccia!- Le lacrime cominciarono a scorrere sul viso di Bill e il poco fiato che gli rimaneva venne mozzato da singhiozzi. Non sapeva se le lacrime che toccavano il suolo erano di sangue, o di semplice acqua salata. Stava male. - Oooh, poverino. Deluso? Ma non preoccuparti, finirà tutto presto, non appena mi libererò di te, e fidati, non manca molto- Detto questo, riuscì solo a percepire la porta chiudersi, ed il rumore delle chiavi che giravano nella toppa. Con fatica si alzò da terra, ma non vedeva niente. Era chiuso in una stanza e diventato come cieco...in più claustrofobico. Stava cominciando a sudare, il panico cominciava a farsi strada in lui facendo ribollire il sangue.

- AIUTOOO!!- Urlò. Cominciò a battere sulla parete sperando di trovare la porta. Continuò ad urlare aiuto. - Ma perché nessuno passa da qui, cazzo?- Il motivo era che lo avevano proprio portato nel seminterrato, ma forse c'era una buona possibilità che qualcuno lo sentisse. - VI PREGO, AIUTATEMI!- Il respiro si stava facendo sempre più corto e tutto sembrava diventare più stretto. La testa prese anche a vorticare, dovette inginocchiarsi. - Aiutatemi...- Sussurrò piangendo. Sarebbe morto senza ossigeno o per mano di Andreas, nessuno sarebbe venuto a salvarlo. Stava lasciando Thomas dopo aver discusso per un motivo che lui non conosceva nemmeno. Perché tutto doveva essere così? Perché erano destinati a non poter mai stare insieme normalmente, senza discriminazioni, o semplicemente senza rotture di coglioni?

- C'è qualcuno?- Una voce! ODDIO UNA VOCE! Bill si rialzò subito, ma era ormai debole. Cominciò a bussare sulla porta.

- AIUTO!- Urlò.

- Bill? Bill che ci fai qui?- Era la voce di Gustav.

- Grazie al cielo, tirami fuori!- Gustav fece pressione sulla maniglia tirando quanto più poteva.

- Cosa fai, Gustav?- Chiese un'altra persona.

- Bill è rimasto chiuso dentro, aiutami, Georg!- I cardini della porta emisero un rumore di scordinamento ancora più intenso, ma niente di efficace. Bill stava ansimante al suolo. Si sentiva come sott'acqua e sperava di essere tirato fuori in fretta. - CHIAMA TOM!- Sentì gridare, ma poi chiuse gli occhi lasciandosi cullare dall'incertezza di una vita.

***

- TOM! TOM!- Georg cominciò a correre come un pazzo verso il cortile. Spinse persone a destra e a manca pur di passare e arrivare in tempo. Lo trovò che stava discutendo con Andreas e Selene. - TOM!-

- Che vuoi!?- Gli rispose invece Andreas mettendosi tra i due, ma Thomas lo spostò con una spinta.

- Bill...nel seminterrato...- Non lo lasciò neanche finire, che già corse verso quella direzione. Gli era bastato per capire che era in pericolo. - E tu, Andreas...vaffanculo! Selene, sei una puttana!- Urlò preso dalla rabbia, prima di scappare dietro a Tom in caso avesse bisogno di aiuto. Intanto quest'ultimo scese le scale in fretta trovando Gustav.

- Tom, è dentro! Non riesco a farlo uscire!- Era quasi impanicato. - Sono sicuro che sia stato Andreas-

- Lui è claustrofobico!- Gridò cominciando a colpire la porta a spallate. Georg e Gustav si unirono, ma qualcuno venne a fermarli. Andreas li raggiunse e prese Georg sbattendolo da una parte. Thomas, stava per reagire, ma Gustav si mise davanti.

- Occupati di Bill, ci pensiamo noi a lui- Anche Georg si era rialzato e tra loro era cominciata una lotta, mentre Tom era quasi riuscito a scardinare la porta. Non aveva mai sentito dentro di sé una tale forza scorrergli dentro. Era frustrato, arrabbiato, e pensava a Bill, era preoccupato da morire. Finalmente la porta cedette cadendo al suolo. Thomas non perse assolutamente tempo fiondandosi dentro. Lo vide disteso a terra. Era svenuto.

- Bill...mi senti?- Ma questo non stava reagendo, tanto che Tom cominciò ad immaginarsi il peggio. Appoggiò l'orecchio al suo petto. Il cuore batteva, e a lui questo bastava. - Dio, grazie-

- Cosa è successo qui?- Era la voce di un professore. Tom prese Bill in braccio portandolo subito fuori. Fulminò Andreas con lo sguardo e stava per partire alla carica per suonarlo di legnate, ma Georg lo fermò.

- Non ne vale la pena..-

- SEI UN BASTARDO! FIGLIO DI PUTTANA! IO TI AMMAZZO SE CI RIPROVI, E' CHIARO!?- Era fuori di sé e a stento Georg e Gustav riuscivano a tenerlo fermo.

- Si calmi, Kaulitz, mi può dire cosa è successo?-

- VOLEVA UCCIDERLO! LO HA RINCHIUSO IN QUESTA STANZA, MA BILL E' CLAUSTROFOBICO!- Questa volta fu il professore a prendere seri provvedimenti. Intimò ad Andreas di alzarsi e di seguirlo dal preside. Sarebbe stato sicuramente espulso. In quanto a Bill, disse loro di portarlo in infermeria.

***

Riprese conoscenza poco dopo, si sentiva intorpidito, stordito, ma vivo. Aveva avuto davvero paura, sapeva che sarebbe dovuto succedere qualcosa.

- Ehi- Mise a fuoco le figure dei suoi due amici. Georg e Gustav gli erano rimasti vicino...ma dove era Tom? Prima era certo che lo avessero nominato. - Come ti senti?-

- Di merda...cosa è successo?-

- Notiziona, Andreas espulso dalla scuola, e anche Selene! Non li rivedrai mai più- Fu un sollievo per Bill sentire quelle parole. Allora un Dio da qualche parte esisteva. Sorrise.

- Finalmente...ma Tom?-

- Ti sono mancato?- Infatti spuntò da dietro le tendine proprio in quel preciso istante. Georg e Gustav, neanche fossero fantasmi, si volatirizzarono in un istante lasciandoli soli. Bill voltò lo sguardo dall'altra parte mentre Thomas si sedette su una sedia accanto al suo letto. - Tu mi sei mancato molto, invece- Nessuna reazione. Sospirò. - Che avevi stamattina? E' per via di quello che ti ha detto Selene? Non le avrai creduto sul serio, Bill- Gli lasciò l'acqua sul mobiletto. - Tieni, sono andato a prendertela, e ho preso anche questa dall'aula di musica- Tirò fuori una chitarra. - Sai, stare in infermeria è noioso, e non poco...io lo so bene- Cominciò prima a fare un po' di accordi e Bill non si era mosso. Non lo stava neanche guardando. Poi Thomas cominciò a suonare una melodia tranquilla. Era rilassante e bellissima. Bill si sentì come libero da pensieri mentre quelle mani sfioravano quelle corde con destrezza. Durò forse poco, forse tanto, aveva addirittura perso la cognizione del tempo da quanto era rimasto rapito. Uno stato di estasi lo aveva colto. Era sicuro che il cuore gli di fosse ristretto un po' non appena l'ultima corda aveva prodotto il suono finale, poi Tom aveva appoggiato lo strumento da un lato aspettando.

- E' stato magnifico- Sussurrò. Si voltò per guardarlo negli occhi. - Scusami, ma ti giuro che io non ho mai dubitato di te, volevo solo esserne sicuro- Sorrise finalmente. A Tom mancava il suo sorriso. Si avvicinarono per baciarsi, ma Thomas si ritrasse inspiegabilmente. Bill infatti aveva un'espressione incredula, non capiva.

- Hai voluto darmi una lezione, stronzetto- Lo sguardo di Tom faceva intendere che qui lo stronzo era lui, non di certo il ragazzo che aveva davanti, che ugualmente continuava a non comprendere. - Anche io, siccome non me la meritavo. Solo che io voglio fare un gioco- Sarebbe sembrata più tranquilla la cosa se Tom non avesse dipinto uno sguardo per niente rassicurante sul viso. - Sarà difficile, ma io non vedrò il tuo culetto e tu non lo prenderai per un bel po' di tempo- Co...cosa? Gli stava dicendo che avrebbero affrontato un momento di astinenza dal sesso?

- Sei serio?-

- Ti sembra che scherzi?- Bill era impanicato.

- Ma tu non puoi...ne ho bisogno, ne abbiamo bisogno- Tom guardò l'orologio.

- Che il gioco inizi da...adesso!-

Come avrebbe fatto..?

D'altronde lo definiva interessante e produttivo per la coppia creare delle inconvenienze. Filosofia strana, ma fidatevi, che funziona.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

L'emozione fu grandissima in quel momento. Avrebbe voluto baciarlo, e così stava per fare, se non fosse che Tom lo tenne praticamente fermo senza permetterglielo. Neanche un bacetto innocente.

- Sto solo giocando un po' con te-

"Capitolo 15: The boy is a monster"

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Capitolo 15
*** 15. The boy is a monster ***


15. The boy is a monster


Bill lo aveva detto. Bill lo aveva detto e lo aveva fatto! Ogni giorno era sempre più dura. Ormai Tom era fisso a casa sua, avevano provveduto a renderla un luogo più confortevole, possiamo dire. Infine Thomas aveva detto una delle frasi che Bill aspettava da tanto tempo.

- Questa sarà casa nostra- Era ricoperto di sudore per il duro lavoro di spostamenti, ma quell'espressione soddisfatta lo rendeva così bello! L'emozione fu grandissima in quel momento. Avrebbe voluto baciarlo, e così stava per fare, se non fosse che Tom lo tenne praticamente fermo senza permetterglielo. Neanche un bacetto innocente. - Nono, Fiore di Luna...ricordi?-

- Ma...Tom!- Aveva cercato di ribattere, ma Thomas lo aveva zittito con un gesto della mano.

- Il periodo di punizione non è finito-

- Ma sarà passata una settimana! Quanto hai intenzione di farmela pagare?-

- Non ho mai avuto questa intenzione, Bill. Sto solo giocando un po' con te- Quelle parole lo avevano zittito, reso incapace di continuare la conversazione. Fu Thomas ad avvicinarsi pericolosamente a lui. - Sei adorabile, quando sei eccitato...e ancora di più quando sei insoddisfatto- Condusse la sua mano a sud fino a metterla sopra il cavallo dei pantaloni di Bill. Esso sussultò, non poteva crederci. Ma la verità, era che non doveva crederci, perché Tom lo stava solamente stuzzicando con il suo sorriso da bastardo. - Bill...che sporcaccione- Lo prese in giro prima di togliere la mano e andarsene a fare una doccia con il suo sorrisino. Si guardò in mezzo alle gambe e capì il motivo di quella affermazione.

- Sporcaccione? Io?- Era il suo corpo che reagiva in quel modo, non ci poteva fare un bel niente! Decise comunque di darsi una calmata. Si sedette sul letto con la testa tra le mani. No, doveva assolutamente distrarsi con qualcosa. Andò in cucina con l'intenzione di farsi una tisana, o magari una camomilla. Sì, avrebbe optato per la seconda...con della cioccolata fondente come accompagnamento. Rovistò per le dispenze. Gli era rimasto giusto un pezzettino. Con tutte le volte che era stato nervoso, aveva fatto in tempo a prenderne un'altra tavoletta e quasi finirla. Cominciò a mangiarla mentre aspettava la camomilla. Quando anche questa fu pronta, la bevve come fosse quasi uno shottino, anche se scottava come lava bollente ai momenti. Lo capì dopo quando tutti i sensi delle papille gustative erano ormai diventati insensibili, e quando il petto prese a bruciare precedentemente allo stomaco. Fece come se nulla fosse, non tirò nessuna madonna per aria e ripose la tazza nel lavandino continuando a mangiare la sua cioccolata. Piccoli morsi, in modo che non finisse. Nel mentre però non smetteva di tenere gli occhi fissi sulla porta del bagno. - Dovrebbe uscire adesso- Infatti aveva sentito l'acqua fermarsi da qualche minuto. Poco dopo la porta si aprì rivelando un Thomas in accappatoio, con i capelli sempre al loro posto. - Non girarti, non girarti- Pregava Bill sussurrando. Purtroppo però nessuno accolse la sua preghiera.

- Bill?- Lo aveva trovato. - Ah, ecco dove sei- A Bill andava di traverso la cioccolata ai momenti. Thomas si avvicinò prendendogliela delicatamente dalle mani, come se Bill non potesse fare niente per desistere. - Basta con questa cioccolata, e parliamone- Eh, una parola! Poi, parliamone di cosa? Sicuramente Tom stava ignorando quello che effettivamente era il problema. Bill appoggiò una mano sul suo petto caldo e l'odore di bagnoschiuma stava invadendo le sue narici. Solo questo bastava a fargli perdere definitivamente la testa. Voleva riuscire a farlo cedere, ma per renderlo possibile doveva anche mantenere il controllo di sé stesso, e non era per niente facile. Purtroppo Thomas gli afferrò il braccio e glielo discostò.

- Stattene buono, piccolo Bill- Non resisteva, cristo! Aveva voglia, e la doveva reprimere per un cazzo di gioco?! Se Tom non cedeva subito, gli stava già balenando per la testa l'idea di tentare un attacco dall'alto, ovvero gli sarebbe praticamente saltato addosso senza che se ne accorgesse e poi lo avrebbe stuprato.

- Io un giorno ti violenterò- Lo minacciò. Era preoccupante, perché sembrava serio, ma a Thomas venne solo da ridere. Gli accarezzò la guancia prima di andarsene nuovamente per vestirsi. - Un giorno, Kaulitz, succederà- Si stava mordendo le labbra, e le fece quasi sanguinare nel momento che Tom lasciò cadere l'accappatoio mettendo in mostra il proprio sedere. - Giuro su Dio!- Sbottò. E neanche la camomilla e la cioccolata erano serviti a qualcosa. E lui doveva pure dormire con quello?! Vabbè, dove si trovava una corda? Impiccagione istantanea avrebbe desiderato, ma purtroppo non possedeva dei Fantagenitori. (NdA. Ci stanno sempre, andiamo😂)

***

- Insomma, avete capito quale è il problema? Io e lui non lo facciamo da settimane, non posso sopportare a lungo!- Willheim era a casa di Gustav, con Georg, e stava raccontando tutto. Si era sfogato di qualsiasi cosa raccontando momenti in cui Tom lo aveva tentato e come era andata a finire. - Cioè, poi mi dice che è un gioco...ma io direi anche basta!- Intanto Georg era seduto sul materasso dietro di lui e gli stava facendo una treccia con i suoi capelli lunghi. Bill lo aveva lasciato fare, troppo occupato a parlare di sé.

- Capisco, ma perché questo gioco?- Chiese Gustav a braccia conserte in piedi davanti ai due.

- Non lo so, ad un tratto gli è balenata per la testa questa stronzata...ce l'hai una banana?- Georg e Gustav si guardarono, data la domanda piuttosto ambigua. Gustav poi gliene portò una già sbucciata.

- Ma non odiavi le cose dolci?-

- Infatti fa schifo- Disse masticando. - Ma quando sto nervoso mangio quello che non mi piace per distrarmi- Filosofia piuttosto contorta, ma originale.

- Eh, Bill vorrebbe un'altra banana- Disse Georg, e in men che non si dica, gli arrivò una gomitata sul petto.

- Finisci la treccia tu- Disse Bill. Georg cercò in Gustav un po' di aiuto, ma non sortì l'effetto sperato.

- Finisci la treccia-

- Ma...mi ha fatto male-

- Zitto, fai come ti dice- Bill annuì assecondando Gustav sul proprio volere, e Georg fu costretto a starsene zitto e a continuare il proprio lavoro come uno schiavo sottopagato. - E quindi come hai intenzione di risolverla questa cosa?-

- Aspettando, ma in caso non ce la dovessi fare, o mangerò banane split dalla mattina alla sera, tanto non ingrasso, o lo violento nel sonno- Disse tranquillo come se stesse parlando di una cosa quotidiana. Inquietante. Rimasero in silenzio, fino a che il cellulare di Bill non mostrò una notifica per lui importante. - Un messaggio di Tom-

- Che dice?- Domandò Georg cercando di guardare.

- Ha dimenticato la maglietta a casa, chiede se gliela posso portare-

- Ma lui dove si trova ora?-

- In palestra...- Gustav gli appoggiò una mano sulla spalla.

- Allora buona fortuna- Capiva il livello.

***

Era sempre nervoso ogni volta che doveva entrare in quella palestra. Beh, era piuttosto bizzarro veder entrare un emo dentro un luogo dove fare ginnastica. Era passato velocemente da casa prendendo la prima maglietta che gli era capitata sotto mano, e poi era scappato verso quel luogo, tanto per fare in fretta. Era sempre pieno di voci, con quell'odore di sudore che aleggiava nell'aria. Palestrati a destra e a manca, e ragazze in top con un fisico praticamente perfetto. Uno gli aveva anche fatto l'occhiolino mentre passava. Oddio, non vedeva l'ora di uscire. Finalmente trovò Tom. Si stava allenando alla sbarra. Era appeso e faceva su e giù tenendosi solo con le braccia. Bill stava letteralmente morendo. Vedere quei pettorali scolpiti con dei rivoli di sudore che vi scorrevano come cavalcandoli.

- Oh, Bill- Si lasciò cadere sospirando affaticato. Si diresse verso di lui afferrando la maglietta da quello che ormai sembrava essere un manichino, non più un essere che respira e cammina. - Grazie- Sorrise passandosi l'asciugamano sul collo. - Io ho quasi finito, vuoi rimanere?- Se accettava, la palestra sarebbe forse diventato uno scenario porno, se se ne andava, forse avrebbe solo guadagnato un pentimento, ma avrebbe potuto ragionare sulla prossima mossa.

- Io...no, devo andare, ci vediamo a casa- Se ne andò senza mai voltarsi indietro, perché avrebbe potuto cambiare seriamente idea. Dal canto di Thomas, era soddisfatto di quello che stava facendo. Bill era così adorabile e bello così, e lui ci godeva, sapendo poi che avrebbe solo avuto da guadagnarci alla fine. Ritornò a casa anche lui, pronto per mettersi sotto la doccia. Non si curò della presenza di Bill, era a conoscenza che fosse in casa. Si infilò sotto il getto dell'acqua chiudendo gli occhi. Era così bello rilassarsi dopo tutti quegli esercizi! Percepì poi lo sportello della cabina aprirsi. Schiuse gli occhi trovandosi davanti un altro corpo, messo di spalle.

- Bill- Questo non rispose. Prese la spugna per insaponarsi, come se fosse da solo. - Ehi, sei arrabbiato?- Nessuna risposta. Thomas fece spallucce e lo lasciò finire. - Ti sta bene la treccia-

- Grazie-

- Chi te l'ha fatta?-

- Georg- Rispose monocorde. Poi gli passò la spugna risciacquandosi e uscendo. - Muoviti, che mi devi accompagnare alla biblioteca della scuola- Nervosetto, eh? Vabbè, comprensibile essendo che gli era stato vietato una delle cose vitali in una coppia. Anche per Thomas non era di certo facile, ma a lui intrigava e voleva resistere ancora un po'.

***

-Shhh...shhh...sshh!- Si sentiva solo questo rumore in quella biblioteca nonostante non ci fosse quasi nessuno da zittire. Era la bibliotecaria che stava riponendo i libri che gli studenti negligenti aveva lasciato sul tavoli.

- Perché mi hai portato qui?- Chiede Tom.

- Devo prendere un libro, aspettami qui- Gli indicò un posto dove Thomas si sedette e lo vide scomparire tra gli scaffali. Bill era deciso a sembrare indifferente alla cosa. Aveva capito che più chiedeva, più non otteneva. Prese una scala appoggiandola sullo scaffale salendo fino a dove aveva focalizzato il libro che gli serviva. Stava per afferrarlo, quando si accorse di non aver posizionato proprio bene la sua piattaforma che cominciò perciò a traballare. Dovette lasciarsi cadere, sennò si sarebbe portato dietro tutto. Si sentì avvolto da due braccia. - Tom!-

- Giusto in tempo, meno male non ti ho dato retta-

- Mi rimetteresti giù?- Chiese. In realtà avrebbe voluto starci per sempre, e ne era consapevole, ma non poteva. Thomas eseguì.

- Come hai messo questa scala? Per forza cadi! Qual'è il libro che vuoi? Faccio io- Bill lo indicò e andò Tom a prenderlo. Glielo passò. - Sul serio? Mi hai portato fino a qui per prendere...quello!?- Indicò la copertina del libro: "Fifty Shades of Grey". In realtà la scuola non teneva libri del genere, ma gli studenti esportavano anche da fuori, e quindi si poteva trovare di tutto. Bill fece spallucce.

- Sì, signore- Disse. Sembrò imitare Anastasia, la protagonista del libro, per un istante perché era assorto a leggere la trama, e sussurrò quelle parole distrattamente. Questo accese un non so che in Tom. Cominciò a stuzzicarsi il piercing al labbro. - Beh, sediamoci- Sembrò come aver preso una scossa elettrica. Si sedettero ad un tavolo in silenzio. Thomas si guardava intorno mentre Bill leggeva. C'era un silenzio da tagliarsi le vene,  seriamente. Piano piano anche quelle poche persone avevano fatto piazza pulita. Vide la bibliotecaria sbadigliare annoiata. La loro biblioteca chiudeva molto tardi, circa le 21:00, anche se non c'era nessuno quella povera donna era tenuta a rimanere. Sgarrò per un istante, quando prese e se ne andò lasciando i ragazzi soli. Tom spostò il suo sguardo su Bill che era ancora con gli occhi sulle lettere. Appoggiò una mano dalla sua gamba a quella del corvino accanto a lui. - Tom, che fai?- Sembrava indifferente, ma in realtà stava come tremando. La sua mano stava accarezzando la sua coscia dirigendosi verso qualcosa che non avrebbe dovuto neanche sfiorare in un posto simile. - Tom! Siamo in una biblioteca!- Era contento all'idea di averlo fatto cedere, ma non si aspettava che venisse attuata lì. Le labbra di Thomas sfiorarono il suo candido collo facendolo rabbrividire. Dovette chiudere il libro e ritrarsi, sennò rischiava di non connettere più. - Si può sapere che ti prende? Tutto ad un tratto? Qui?-

- Sì- Rispose semplicemente. Va bene, e come aveva intenzione di...beh, per una volta era stato Bill ad avere il rimedio. Lo discostò da sé. Tom inizialmente non aveva capito fino a che non lo vide scivolare sotto il tavolo. Per fortuna quella scrivania era ricurva e toccava il suolo, quindi Bill era perfettamente invisibile agli occhi di chiunque sarebbe entrato. Thomas sentì le sue mani che gli stavano slacciando la cerniera dei jeans e prendendo la sua virilità tra le labbra. Si accasciò sul tavolo invaso dal quel piacere improvviso. - Bill...!!!- Gemette piano, ma dovette contenersi nel momento che vide la bibliotecaria tornare e dirigersi precisamente nella loro direzione per rimettere al loro posto alcuni libri. Tuttavia era difficile nascondere una cosa del genere. Tom aveva assunto un colore più rosato del solito, e stava respirando in modo leggermente più accelerato.

- Thomas? Ti senti bene?- Gli domandò la donna preoccupata. Stava più che bene, ma si sa non si può dire ad un'anziana donna di oltre 60 anni che il tuo fidanzato ti sta facendo un pompino seduta stante!

- Be...benissimo- Si morse un dito con forza.

- Sicuro?-

- Certo...anzi, non si sforzi, dopo glielo metto a posto io- Cercò di sorridere per quanto la situazione glielo permettesse. La bibliotecaria lo guardò stranita ma poi annuì con un sorriso.

- Ti ringrazio, ma dove è andato l'altro ragazzo?-

- Penso al bagno- Questa annuì e se ne andò. Thomas avvertì che Bill aveva tolto le labbra e abbassò lo sguardo. Stava ridendo. - Che c'è?-

- Nulla...- Era divertente, ed era impossibile trattenere le risate. Bill finì il suo operato fino a che Tom non gli venne in bocca. Finalmente poté uscire dal tavolo dovendo ammettere che era anche abbastanza scomodo. - Mamma mia che fatica- Disse mentre Thomas si stava richiudendo.

- Ti avessi preso come solo io so fare, altro che fatica. Una settimana senza toccare sedia- Bill rise dandogli un bacio.

- Per me guardarti e non poter...insomma, è stata dura-

- Beh, anche per me è stata dura- E non era difficile capire in quale senso intendesse dato che abbassò lo sguardo guardando tra le proprie gambe. Bill gli tirò una pacca.

- Adesso fammi continuare a leggere, signor Kaulitz- Fece l'occhiolino.

- Il gioco può dirsi finito, mio sottomesso-

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!

Quella porta bianca. A Tom non l'aveva mai intimorito così tanto come quella volta.

Poi sentiva qualcosa in Bill, come un senso di protezione maggiore.

- Io so chi è tuo padre-

Capitolo 16: "Back to Zero"

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Capitolo 16
*** 16. Back to zero @ ***


Era arrivato il momento. Non potevano più nascondersi per tanto tempo e lo sapevano entrambi. Ne avevano avuto la conferma nel momento che si erano fermati davanti ad un lago a guardare l'orizzonte mentre pensavano che una vita del genere per loro era meglio di chi navigava nell'oro. L'amore ti dà tutto quello di cui hai bisogno, ti dà la vita, il motivo di stare al mondo.

- Bill- Questo si voltò staccando gli occhi da una bella visione per averne una migliore. - Sei il mio ragazzo adesso, ed io il tuo- Bill sorrise dolcemente, era piacevole sentirsi dire quelle parole. Il fidanzato di Tom Kaulitz, proprio una bella sensazione. Tuttavia sembrava volesse dire qualcosa di importante e quindi non interferì con il discorso lasciandolo libero di continuare. - E...credo che, proprio perché sono sicuro della nostra relazione, penso che dovremmo dirlo- Thomas si aspettava un cambiamento nell'espressione del ragazzo che aveva davanti, ma non ci fu per niente. Bill si avvicinò a lui cingendogli il collo con le braccia guardandolo negli occhi.

- Dipende da te, stella mia. Io non ho nessuno a cui dire che ho il fidanzato più bello del mondo- Tom non gli aveva mai chiesto che fine avessero fatto i suoi genitori, o comunque le persone che lo avevano malamente accompagnato nel suo percorso di crescita. In quegli occhi non vi era mai stato capace di leggervi nulla di concreto, se non la certezza che il suo cuore battesse solo ed unicamente per lui.

- Dovrò dire alla mamma e a Gordon che io amo un ragazzo...ok- Disse guardando in altre direzioni come se si stesse preparando il discorso. Sembrava in ansia, era così carino! Era raro vedere Thomas Kaulitz insicuro. Gli strinse la mano nella sua.

- Certo, ma non da solo- Tom sorrise. Sì, era sicuro che sarebbe durata per sempre nonostante tutto.

***

Quella porta bianca. A Tom non l'aveva mai intimorito così tanto come quella volta. Continuava a guardarla come se non sapesse dove si trovasse il campanello, dato che aveva lasciato le chiavi a casa.

- Sei pronto?- Domandò a Bill cercando di trovare il coraggio nella sua risposta.

- Solo quando sei pronto tu- Tom a quel punto, con un sospiro, pigiò il pulsante che attuò un tintinnio all'interno dell'abitazione. Adesso non si scappava più. Simone venne ad aprire.

- Oh, ciao, Bill. È da molto che non ci si vede, come stai?- Disse facendoli entrare.

- Bene, grazie, voi?-

- Anche noi, benissimo, ti ringrazio- Rispose con il solito sorriso sempre accogliente.

- Mamma, siamo venuti qui per dirvi una cosa, puoi chiamare anche Gordon?- Simone aveva già intuito dalle loro facce che era qualcosa di molto importante, e forse anche delicato. Annuì semplicemente chiamando il compagno. Si unirono tutti in salotto seduti. I ragazzi sul divano, e Simone e Gordon sulle poltrone davanti a loro. Tom si prese il suo tempo, non era facile, ma con Bill accanto sentiva di avere più coraggio. - Ho ricordato qualsiasi cosa- Solo questo fece andare in tilt Simone che sgranò gli occhi.

- Sul serio!? E lo dici così!? Sono così felice!- Aveva detto solo questo prima di lasciar cadere qualche lacrima. Gordon le passò un fazzoletto per asciugarsi gli occhi. Era contento anche lui, ma tuttavia manteneva ancora quella parte razionale che lo asteneva dall'esprimere emozioni troppo forti.

- Ma il fatto è un altro...- Ecco. Tom poteva sentire chiaramente gli occhi di Bill parlare infondendogli forza. - Io Bill lo conoscevo già. Ti ricordi quando mi hai mandato in quella sala di terapia dopo la separazione con papà?- Simone annuì pensierosa. - Ecco, lì l'ho incontrato, poi l'ho rivisto una sera, poi per due, poi per tre...e poi sempre- Lo guardò sorridendo. Stava per dirlo. - Non era solo un amico, mamma. È questo che sto cercando di dirvi- Sentiva di avere gli occhi lucidi, voleva piangere perché in cuor suo aveva paura. Voleva che quel momento finisse al più presto. - E lo so, non è semplice da accettare, ma dopo l'incidente ci siamo ritrovati e...ci siamo innamorati per la seconda volta- In altre circostanze, da parte di Tom sarebbero sembrate parole non adatte al suo personaggio, possiamo dire, ma era giusto che in quel momento non nascondesse neanche una sfumatura. - Mamma, io amo Bill. Lui ed io stiamo insieme da molto tempo, solo che per un lungo periodo abbiamo perso di vista tante cose, ma adesso Willheim è il mio ragazzo, che vi piaccia oppure no- E aveva finito. Non doveva aggiungere altro, doveva solo aspettare la sentenza. Sarebbe stata anche quella una parte complicata se Bill non gli avesse accarezzato la schiena stringendogli la mano.

- Sei stato bravo- Gli sussurrò all'orecchio con tono di appoggio.

- Lo sai, Tom, io non posso sancire quello che è o non è giusto per te. Io non discrimino gli omosessuali, perché ognuno deve amare chi vuole, e se sei felice con Bill...a me va bene. Non deve essere stato facile trovare il coraggio di parlare- Disse Gordon. Tom annuì ma purtroppo gli sfuggì una lacrima dall'occhio. Sembrava un bambino che aveva bisogno di essere preso in braccio. Era stata dura, ma ce l'aveva fatta. Gordon si alzò facendo alzare anche Thomas e per la prima volta si abbracciarono come un padre con un figlio. - E tu, Simone?- Chiese Gordon. La donna si diresse da Tom abbracciandolo a sua volta.

- Non piangere, Tom- Disse, quando era più lei quella in lacrime. - Io ti voglio bene, e te ne vorrò sempre. Sei comunque mio figlio, qualsiasi scelta tu prenderai. Chi amare è una scelta importante, e se Bill è la tua decisione, io la accoglierò con gioia- Thomas la strinse ancora più forte. Finalmente aveva superato un grande ostacolo. Poi Gordon e Simone abbracciarono anche Bill, ma quando lo fece l'uomo, sembrò esserci un momento di staticità come si suol dire. Un momento di confusione che dura meno di un millisecondo ma percepito con tutti i sentimenti.

- Mi dici quale è il tuo nome completo?-

- Willheim...Willheim Trümper, signore- Aveva il suo stesso cognome, ma come era possibile? Così coincidente...poi sentiva qualcosa in Bill, come un senso di protezione maggiore.

- Mi odierai, ma devo chiederti di toglierti...il trucco- Bill fece una faccia stranita non capendone il motivo, ma non se la sentiva di disobbedire al proprio suocero acquisito, così annuì. Si diresse in bagno, e ci stette un buon quarto d'ora.

- Gordon, ma perché?- Chiese Tom.

- Thomas...lascia- Disse Simone, come ad intendere di lasciare che le cose vadano come devono andare, perché Gordon sapeva quello che faceva. Quando Bill uscì riapparì esattamente in mezzo a loro neanche un fantasma. Gordon lo guardò meglio. Aveva un che di familiare.

- Come si chiama tua madre?-

- Come si chiamava, non la considero più mia madre. Comunque il suo nome era Korinne- Gordon non sembrò scomporsi per quanto i tasselli si stessero ricomponendo.

- E tuo padre?-

- Non...non lo so. Korinne mi aveva detto che ero molto piccolo quando se ne è andato. Poi ho avuto un patrigno, ma non so niente del mio vero padre. Ho solo il suo cognome- Nel mentre continuava ad osservarlo. Adesso ne era sicuro...magari stava rischiando, ma se non avrebbe tentato se ne sarebbe pentito a vita, e lo sapeva.

- Io so chi è tuo padre- Bill sembrò scattare sull'attenti. - È un uomo che non ha saputo gestire la situazione, ha lasciato la moglie il figlio perché non si sentiva adatto a fare il padre, per continuare a fare il musicista...avrebbe tanto rivoluto vedere quel figlio, ma la verità era che aveva paura di essere odiato da lui a causa della propria assenza come padre...- Bill era attento, piano piano il suo cervello stava facendo 2+2 arrivando alla conclusione. Gordon si inginocchiò davanti a lui prendendogli le mani. - Quindi ti prego di perdonarmi, Willheim, se non sono stato un padre per te. Perdonami se lo sai in questo modo, perdonami per tutto quello di cui senti che devi ottenere le mie scuse- Bill era sconvolto. Non riusciva a credere di avere davanti il suo vero padre. Simone era contenta di questo, mentre Tom era praticamente sulla stessa barca di Bill. Semplicemente spiazzato. - E sono contento che tu stia con Tom. Non avresti potuto scegliere ragazzo migliore. È testardo, ma ha tante qualità che lo rendono la persona che tu ami, ed io sono felice se tu sei felice, adesso posso dirtelo- Si rialzò in piedi. - A volte mi chiedo che cosa sarebbe successo se ti avessi portato con me...- Non continuò perché si sentì un peso addosso, un peso che avrebbe voluto sentire sempre. Bill lo stava abbracciando.

- Mi avresti salvato, papà- Per la prima volta, sentire quella parola rivolta a lui. - Korinne è impazzita. Mi ricordo che mi ignorava, non badava più a me. Andava via di casa la mattina e tornava la sera con i vestiti mezzi strappati, sempre traballante. Poi ha conosciuto Jörg, un camionista. Si sono messi insieme, peccato che questo era un uomo violento e ogni occasione era buona per mettermi le mani addosso...ma poi ho incotrato Tom, e ho perso letteralmente la testa provando quel sentimento che ti distrugge ma allo stesso tempo ti fa sentire...vivo. Ma nell'incidente...-

- Scusami, Bill- Lo interruppe Simone. - Adesso mi ricordo dove ti avevo già visto. Tu eri coinvolto con Thomas- Willheim si avvicinò a quest'ultimo.

- Sì, e dovete sapere che questo ragazzo ha uno dei cuori più grandi di questo universo. Mi ha dato il suo casco per proteggermi, sennò saremmo stati in due a finire in condizioni critiche...ma credetemi che dopo quello che ho passato, avrei tanto voluto essere andato in coma anche io- Thomas annuì per quanto non gli piacesse l'idea del proprio ragazzo in coma. Ma lui era a conoscenza di tutto e lo comprendeva.

- Cosa è successo dopo?- Domandò Simone.

- Sono dovuto partire per Los Angeles perché Jörg aveva trovato lavoro. Sono stato lì tre anni. La mancanza di Thomas mi stava deprimendo e avevo cominciato ad assumere stupefacenti. Un giorno ricordo che tentai di uccidermi siccome avevo fatto coming-out e avevano detto che potevo morire. Presi una corda... me la misi al collo...- Era difficile parlare del proprio suicidio davanti a suo padre. Era difficile dire che aveva tentato di morire mentre Gordon lo guardava pentito, come se avesse voluto prendere un qualsiasi oggetto contundente e lacerarsi l'anima. -...ma nel momento che stetti per saltare, qualcuno mi afferrò sfilandomi il cappio e sbattendomi al suolo. Era Jörg. Mi domandò cosa stessi facendo e perché. Gli risposi con quel poco coraggio che mi aveva infuso l'adrenalina per essere sopravvissuto, ma cominciò a picchiarmi minacciandomi che mi avrebbe ucciso lui stesso se ci avessi riprovato. Mia madre piangeva, ma le sue lacrime non valevano niente. Alla fine, sono riuscito a scappare con la mia droga ma nel frattempo avevo dimenticato tutto quanto. Tornai a Magdeburgo per ricominciare, e poi finalmente ad un tavolo in un bar, lo stesso bar nel quale avevo incontrato Tom, ci siamo ricordati di tutto- Thomas circondò i suoi fianchi con un braccio tirandolo a sé. Gordon annuì ripercorrendo le parole di Bill nella sua mente. - Si vede che in quel momento non ero destinato ad andarmene, e aver resistito mi ha portato a rifare tutto da zero, ed era proprio quello che avrei sempre voluto ottenere. Ricominciare da capo-

- Sono contenta che sia finita bene, meritate di essere felici- Disse Simone con un sorriso. Era al settimo cielo. Era all'oscuro di così tante cose, e invece non sapeva che questi ragazzi avevano combattuto così tanto per tenersi il loro amore stretto. Quella giornata continuò tra chiacchiere e risate, ma la troppa felicità genera altrettanta tristezza.

***

- E proseguiamo con la prossima notizia. A Magdeburgo un ragazzo di 16 anni, di nome Bill Trümper, è scomparso ieri verso tarda sera. Si pensava che l'unico suo parente fosse il fidanzato Tom Kaulitz, 16 anni, il quale è sconvolto per l'accaduto, ma fino ad adesso è sempre stato difficile trovare un contatto con lui. Annuncia che non ha niente da dire, che è distrutto e che spera solo che il suo ragazzo sia vivo. Sua madre, anch'essa sconvolta, spiega il comportamento del figlio dicendo agli inquirenti che sta soffrendo abbastanza e che non ha risposte alle loro domande. Gordon, il vero padre di Bill, ammette per la prima volta di sentirsi smarrito dopo aver perso il figlio ritrovato dopo tanto tempo, ecco il servizio...-

La voce della giornalista rimbombava in quella stanza. Il volume sembrava perfino troppo alto, anche se era tenuto nella norma. Questo perché non c'era più nessuna risata a coprirlo, quella voce gioiosa che tutta di un tratto aveva deciso di volare via con il vento. Bill Trümper era scomparso. Thomas non lo vide tornare a casa quella sera e cominciò a preoccuparsi quando le lancette cominciarono ad essere troppo lontane dall'ora in cui teoricamente Bill avrebbe ridovuto mettere piede a casa. Chiamò tutte le persone che avrebbero potuto avere qualche contatto con lui: Georg, Gustav, Gordon che era fuori per lavoro, ma nessuno dette risposte certe. Gli restò solo da denunciare la scomparsa con un nodo alla gola di una persona che non voleva credere a quello che stava succedendo. Quel divano era così vuoto, eppure vi erano sedute tre persone. Gordon in quel momento gli appoggiò una mano sulla spalla mentre Simone lo stava abbracciando. Thomas avrebbe voluto dare il proprio contributo per consolare anche Gordon, ma era troppo a pezzi. Aveva paura di affrontare un'altra Odissea, temeva che lo avrebbero ritrovato freddo e senza vita.

- Perché il destino ci è contro?- Disse trattenendo a stento le lacrime.

- Non è facile ripartire da zero. Ripartire da zero non significa cancellare gli errori del passato e non ricommetterli in futuro- Rispose Gordon asciugandosi una lacrima che gli era sfuggita al controllo.

In quell'istante Tom capì che forse non tutti i tasselli erano tornati al proprio posto...

FINE PRIMA PARTE!

Continua...

COMMENTATE TANTO! IO STO GIÀ LAVORANDO ALLA SECONDA. PIÙ COMMENTATE, E PRIMA FINISCO IL MIO OPERATO CONTINUANDO QUESTA STORIA, MA ADESSO...IL TRAILER DELLA SECONDA PARTE!!!

NEI PROSSIMI CAPITOLI

Trailer Schwarzes Herz pt 2

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Capitolo 17
*** 17. Friends ***


17. Friends

INIZIO SECONDA PARTE!

Il cielo grigio stava tuonando quella mattina verso le 5:00. Era così silenzioso che si sentiva bene il rombo che attraversava il vento. Anch'esso era forte, picchiava sui vetri delle finestre, sfiorava le foglie degli alberi e accarezzava le siepi. Erano passati ormai nove anni dall'evento e in nove anni le cose cambiano. Già tre anni avevano sconvolto abbastanza le loro esistenze, nove ancora peggio. Sempre se di esistenza si poteva ancora parlare. Gustav si era alzato presto quella mattina. Si era diretto in cucina a fare la colazione guardando il telegiornale che trasmettevano, anche se era prestissimo. Non aveva più sonno, aveva dormito a sufficienza, sentiva che il suo corpo non lo richiedeva più.

- Perché è dovuta andare così?- Si chiese ripensando al passato non ancora dimenticato. E come avrebbe potuto? In fin dei conti ne faceva parte anche lui. Da quando Bill era scomparso, tutto il mondo intorno a lui era andato sempre peggio. Questo perché questa volta tutti, soprattutto Tom, erano consapevoli della sua esistenza. Gli volevano tutti bene, ma il fato aveva deciso che non doveva essere amato, molto probabilmente.
DRIIINN! Il campanello. A quest'ora, chi mai poteva essere? Si diresse ad aprire, ma prima guardò dallo spioncino. Vide un ragazzo, con espressione po' trasandata, dallo sguardo stanco, e dei capelli biondo quasi platino, mossi, con un ciuffo che gli si poggiava delicatamente sul viso. Non lo conosceva, ma magari aveva solo bisogno di aiuto. Tuttavia si armò di un coltellino svizzero, per ogni evenienza. Poi, finalmente scostò la porta potendo anche vedere meglio la persona che aveva suonato alla sua porta. Era vestito con abiti semplici. Dei normali jeans e una maglia con giacca sopra per proteggersi dal freddo. - Posso aiutarla?- Chiese.

- Gustav...- Come faceva a conoscerlo?

- Chi sei? Come sai il mio nome?- Il ragazzo aveva le mani tremanti, come se stesse trattenendo un impulso. Sembrava smarrito, bisognoso.

Bill- Quel nome...non poteva essere. Lo osservò meglio. Gli occhi erano certamente i suoi. Aveva alcuni tratti somatici che corrispondevano, ma magari quel poco di barba ne nascondeva altri. Gustav solo in quel momento avvertì il freddo di quella mattina, avrebbe dovuto farlo entrare? Era davvero lui?

- Sei...davvero tu? Ma eri scomparso, ti credevamo morto-

- Oh, Gus...sono successe cose orribili, ti prego di farmi spiegare- Non c'era verso, era Bill. Si vedeva da lontano un miglio ormai. Inizialmente un cambiamento così repentino lo aveva fatto esitare, ma alla fine si era convinto. Si era discostato facendolo passare. Bill si guardò intorno. Non era cambiata la casa, sempre la stessa...solo che ancora non era stata toccata dalla luce del mattino.

- Dormono ancora tutti- Lo informò Gustav. Bill annuì.

- Capisco- Gustav lo abbracciò. Gli era mancato tanto, senza di lui tutto si era sgretolato in un istante e l'equilibrio aveva perso la sua stabilità.

- Meno male che stai bene- Disse.

- Papà...- Una voce di bambina fece separare entrambi da quell'abbraccio. Abbassarono lo sguardo. C'era una piccola bambina di forse due anni che stava in piedi a fatica presa ancora dal sonno. Gustav la prese in braccio cominciando a cullarla.

- Lei è mia figlia- Bill la osservò. Era bellissima, aveva già dei riccioli biondi e un viso paffutello. - Vorresti tenerla? Dorme come un ghiro- Il ragazzo sorrise.

- Posso sul serio?- Non gli sembrava vero. Lui adorava i bambini, ed era contento per Gustav. Questo annuì passandogliela con delicatezza. Era così bello sentire un corpicino piccino in quel modo appoggiato sul petto. - Congratulazioni, è stupenda- Nel mentre il suo sguardo si incupì. Pensava a Tom, aveva sempre pensato a lui in tutti questi anni. Non vedeva l'ora di vederlo, di sapere sue notizie, e tenere quella bambina in braccio gli fece per un istante immaginare di avere un figlio con Thomas. Lo sentiva così vero, ma la nostalgia che lo opprimeva lo rendeva triste...e forse insulso.

- Tutto a posto?-

- Sì...ma cosa è successo qui?- Gustav sospirò. Non era facile raccontarlo, ma aveva il diritto di sapere. Tuttavia voleva che ci fosse anche un'altra persona all'appello.

***

DRRIIIN! Poco dopo, anche questa suonò al campanello. Era Georg, che appena vide Bill lo abbracciò per quanto gli era possibile vista la presenza della bambina di Gustav. Era il momento di parlare, così il neo papà cominciò il suo discorso.

- Quando sei scomparso, Tom giurò a sé stesso che non si sarebbe dato pace fino a che non ti avrebbero ritrovato. Pensa che di notte usciva andando a cercarti, ma ogni volta tornava a mani e mente vuote. Cadde come in un oblio, era sempre difficile avere un contatto con lui. Gli unici che riuscivano a strappargli una parola ogni tanto erano Gordon e Simone. Io e Georg ci eravamo arresi; ormai con te, tutta la nostra felicità era andata via. Abbiamo continuato con le nostre vite, io mi sono innamorato e ho una bambina, Georg vive sempre da solo ed è ancora single...mentre Tom...- Si fermò proprio sul punto che a Bill interessava di più. Questo si sporse leggermente chiedendo con lo sguardo a Gustav di proseguire.

- Lui, beh, circa 4 anni fa è partito per Los Angeles dicendo di voler cambiare vita. Era la prima volta che lo vidi arreso. Ti ha cercato per 5 anni, poi ha deciso di lasciare perdere perché molti ti davano per morto...tanto che ci credette anche lui alla fine- Concluse Georg.

- E così adesso lui è a Los Angeles...- Quella città era sempre riuscita a separarli, a chiamarli ed accoglierli nel momento in cui avevano perso la loro metà. Non sapeva se doveva odiarla o ringraziarla.

- Ma tu Bill? Non ci hai ancora detto cosa ti è successo...-

- Andreas- Solo quel nome li fece rabbrividire.

- Ma come...?- Chiesero all'unisono.

- Lui mi ha...sequestrato. Mi ha portato fuori città, precisamente a Berlino, e mi ha tenuto prigioniero in un capannone per nove anni fino a che non lo hanno scoperto e mi hanno liberato- Gustav non poteva crederci, e nemmeno Georg. Chissà cosa aveva dovuto sopportare... - Non c'era giorno che io non pensassi a Thomas, e a tutti voi, ma questi erano direttamente proporzionali alle siringhe che Andreas mi iniettava a forza nelle vene- Stava piangendo, non era piacevole ricordare l'inferno. - Perché la mia vita è un continuo desiderare di morire?- Si chiese ad alta voce. I due amici sospirarono, non potevano biasimarlo purtroppo. - Nel momento che la polizia ci ha trovati, io avevo le punte dei capelli tutte bruciate...Andreas minacciava così se non volevo prendere la droga. Io furtivamente gli ho rubato dei soldi, che alla fine ho utilizzato per prendermi questi vestiti e per rifarmi i capelli ormai rovinati- Sorrise tristemente. - Spero che le cose adesso andranno meglio. Sapete entrambi quello che voglio, non è vero?- I due si guardarono. Sì, lo avevano capito. - E sapete anche che non posso realizzarlo senza di voi...-

- Tu vorresti andare a LA, giusto?-

- Georg, se c'è anche una sola possibilità di ritrovare Tom...io voglio tentare- Era deciso, voleva farlo. Determinazione era quello che esprimevano i suoi occhi.

- Noi ti aiuteremo, ti daremo dei vestiti in modo da avere una valigia con la quale partire. Non puoi andartene di punto in bianco, devi equipaggiarti. Un cellulare ti servirà, e non solo- Aveva ragione, non poteva assolutamente lasciare Magdeburgo in quelle condizioni.

- Te ne andrai da qui con stile- Gli fece l'occhiolino Georg.

- Grazie, ragazzi-

***

Un aeroporto piuttosto caotico quel lunedì mattina. Bill non si era mai sentito più felice ma anche più...solo. Doveva arrivare quasi dall'altra parte del mondo, e doveva farlo da solo. Georg e Gustav lo avevano accompagnato. Direi che proprio sobrio non era. Scarpe con le zeppe, come sua moda, e un valigione grande quasi fino ai suoi fianchi. Capiamo il livello.

- Io...non so come ringraziarvi, saprò ripagarvi- Disse abbracciandoli. Doveva molto a tutti e due che gli avevano permesso ancora una volta di provare a realizzare quel sentimento che gli eventi avevano cercato di spegnere, di far arrendere.

- Ricorda quello che ti abbiamo detto- Gustav prese un post-it dalla propria tasca passandolo a Bill. - Questo è l'indirizzo dove si dovrebbe trovare Tom verso mezzogiorno- Il ragazzo lo osservò, ma gli tremavano le mani. Georg allora le strinse nella sua con sorriso rassicurante.

- Ehi, non è un'impresa impossibile. Per qualsiasi problema, chiamaci...ti aiuteremo senz'altro da qui- Bill annuì.

- Sì, grazie-

- Adesso vai-

- Questo potrebbe essere un addio, ragazzi...perché io non so cosa succederà e non so se tornerò mai- Stava per piangere. Era un momento molto triste. I due amici cercavano di trattenersi, ma era difficile. - Ma questo non significa che non ci sentiremo per telefono. Avrete sempre nostre o mie notizie, ve lo prometto- Un ultimo abbraccio prima di allontanarsi senza guardarsi più indietro, ma dentro di sé il suo cuore stava al coltempo battendo forte immaginandosi un Tom che presto o tardi lo avrebbe nuovamente stretto a sé. - Certe volte mi sento davvero morto, quando non sei come- Sospirò mentre era a sedere al suo posto e stava osservando il finestrino.

- Signore, devo chiederle cortesemente di allacciare la cintura perché stiamo per decollare- Era la hostess. Bill annuì eseguendo. Avrebbe continuato ad osservare quel vetro per il resto del lungo viaggio, o almeno questo era il suo proposito, ma scivolò in un sonno molto profondo poco dopo. Non aveva dormito quelle notti prima della partenza, si era fatto sì e no quelle due/tre orette a notte. Per la maggior parte parlava con Georg. Gli mancava sfogarsi con lui, perché era l'unico che riuscisse sempre a sollevargli il morale.

"Chissà cosa dirà quando ci rivedremo..." Disse sdraiato accanto a Georg mentre guardava il soffitto.

"Secondo me niente, sverrà sul colpo" Bill rise.

"No, quello sono più io"

"Ma...come mai sei così...donna? Cioè Tom è lo stesso uomo anche se omosessuale...tu sei...particolare, ecco" Non voleva offenderlo, ma infatti Bill non l'aveva percepita come un'offesa. All'inizio lo aveva guardato stranito, ma poi aveva capito.

"Non lo so, sono venuto al mondo e sono fatto così" Rispose semplicemente girandosi verso la sua direzione. "Mi piace essere come sono, essere me stesso, che alla gente vada bene o no" Georg annuì sorridendo. Lo ammirava. Non era da molti avere il coraggio di essere sé stessi e distinguersi dalla massa.

"È per questo che Tom ti ama" Questa frase la disse con il cuore, ed in quell'istante non sembrava il Georg di sempre. Era serio, voleva che quella frase toccasse Bill nel profondo, e ci era riuscito.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

Si fermò di colpo soffermandosi sul suo viso. No, non poteva assolutamente trattarsi di lui.

- Vieni via con me, non ho intenzione di lasciarti solo stanotte-

"Capitolo 18: Non ti ricordi di me?"

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Capitolo 18
*** 18. Non ti ricordi di me? ***


18. Non ti ricordi di me?


- Signore...signore...si svegli, siamo atterrati- Bill aprì gli occhi. Di nuovo la hostess. Che figura! Ma quelle notti insonni lo avevano proprio sfinito e fotte sega, adesso stava molto meglio. Ritirò il proprio bagaglio dirigendosi fuori dall'aeroporto. Il sole ferì i suoi occhi come una lama. Los Angeles era sempre luminosa, proprio come la ricordava. Ma quel giorno in cui aveva tentato di morire, l'aveva vista grigia quanto la sua amata Germania in inverno. Poi LA era anche caotica, e non poco. Un taxi stava anche per investirlo! 
Doveva trovare un Motel nelle vicinanze, e non sarebbe stato facile. Cominciò a camminare a vuoto, ma doveva sbrigarsi. Tra qualche ora si sarebbe fatto mezzogiorno e doveva dirigersi in quel luogo. Per una volta la fortuna lo aveva preso per mano e condotto davanti ad uno di quelli. Vi entrò prendendo una stanza, giusto per lasciare la valigia. La sarebbe venuta a riprendere se le circostanze lo avrebbero permesso; in caso contrario, sarebbe stato costretto a disfarla per sistemarsi lì nell'attesa di trovare i soldi per tornare indietro. Riprese il post-it tra le dita appostandosi al marciapiede per fermare un taxi disposto ad accompagnarlo. Finalmente uno si fermò e Bill gli passò il biglietto.

- Questo indirizzo, per favore- L'uomo annuì. Quel giorno la città non era tanto affollata per le strade, quindi arrivò ad un orario abbastanza decente: 12:30 circa. - Speriamo che tu sia ancora qui- Sussurrò nel momento che il veicolo si era fermato. Era una scuola superiore. Perché Thomas avrebbe dovuto essere lì? Per un attimo pensò che Gustav avesse sbagliato. - Mi scusi, è proprio questo il posto?- Domandò al taxista.

- Certo, ne sono sicuro- Gli disse poi quanto doveva pagare prima di andarsene. Bill si incamminò dentro l'istituto sempre meno convinto, ma d'altronde che scelta aveva? Appena aprì, una custode gli si avvicinò vedendolo spaesato.

- Le serve aiuto? Sta cercando qualcuno?-

- Sì, cercavo Tom Kaulitz, mi hanno detto che era qui- Disse deciso, anche se timoroso di una seconda figuraccia. La donna sembrò pensarci su, prima di annuire vagamente.

- Sta facendo una riunione con i ragazzi dell'istituto-

- Dove si trova la stanza?- La custode gli dette le indicazioni, e Bill la ringraziò seguendole. Per fortuna aveva un buon senso dell'orientamento, sennò si sarebbe perso. Quella scuola era un labirinto! Il cuore intanto stava cominciando a battere sempre più forte, ma ad un certo punto sentì un dolore che lo costrinse a mettersi in ginocchio in mezzo ad un corridoio stringendosi il petto. Fu una fitta di pochi secondi, ma non si spiegò il perché fosse apparsa così improvvisa e senza una ragione. Dovette ignorarla, adesso doveva solo pensare a ritrovare Tom. Raggiunse una porta di legno con le vetrate trasparenti che permettevano di vedere all'interno della stanza. Intravedeva una grande platea di sedie con tutti gli studenti seduti, dal primo al quinto anno. Davanti a loro, oltre ai professori, c'era anche un'altra persona che si capiva subito non avesse quel ruolo. Aveva una chitarra e un microfono in mano e stava parlando ai ragazzi. Bill poté sentire quelle parole, perché il rumore era abbastanza forte da riuscire ad udire quello che diceva.

- Cosa mi ha spinto a diventare un musicista? Beh, ho sempre avuto la passione per la musica fin da quando ero piccolo, più o meno credo di aver avuto l'età della prima classe nel momento che iniziai a coltivare questa passione al meglio, poi si è espansa fino a che non sono arrivato in America- Parlava in inglese, era bellissimo sentirlo parlare in un'altra lingua. Un ragazzo aveva alzato la mano facendo un'altra domanda. - Perché sono venuto in America? La Germania è un paese meraviglioso, pieno di opportunità...ma sono venuto qui per un altro motivo, perché semplicemente avevo bisogno di concentrarmi su qualcos'altro, essendo che quel paese mi teneva attaccato a dei ricordi che ero costretto ad accantonare...per andare avanti, insomma- Lo disse con un tono amaro ed in sala era cominciato un brusio che fu subito zittito dagli insegnati. Bill intanto non aveva staccato gli occhi da quella figura. Era davvero il suo Tom quello! Quanto era cambiato! Aveva un po' di barba, i capelli non più raccolti in treccine, chiamati cornrows, ma in una coda a pocchio trasandato che sinceramente gli donava molto. Era così emozionato, ma aveva al contempo paura di quello che sarebbe potuto succedere.
Poco dopo la riunione finì e tutti gli studenti uscirono. Alcuni lo guardavano interrogativi, altri lo ignoravano, e alcune ragazzine rimasero praticamente con il fiato sospeso cominciando a bisbigliare alla compagna accanto. Ma Bill aspettava la sua persona. Quando tutto era tornato silenzioso, vide solo quello che avrebbe dovuto essere Thomas all'interno della sala prepararsi per andarsene. Le luci erano spente, e tutto era nella penombra. Bill entrò piano incamminandosi lentamente verso di lui. Gli tremavano le gambe, sentiva come se da lì a poco sarebbe svenuto. - Buongiorno- Lo salutò non riconoscendolo il ragazzo.

- Tom...- Gli tremava la voce, aveva un nodo alla gola che pulsava da quanto era doloroso! Thomas lo guardò stranito.

- Sì?-

- Non ti ricordi di me?- Chiese trattenendo le lacrime con voce arrochita.

- No...io...- Si fermò di colpo soffermandosi sul suo viso. No, non poteva assolutamente trattarsi di lui. Guardò quegli occhi marroni, quel viso angelico...e improvvisamente non stava capendo più niente. - Tu...no, non può essere vero- Bill si avvicinò a lui prendendogli la mano appoggiandola sul proprio viso.

- Sì, Tom...sono io, Bill-

- Bill...- Sussurrò con sguardo incredulo, come se stesse per urlare. - Tu...Bill...ma allora...sei vivo...io...pensavo che tu...insomma che tu...-

- Lo so, ma non è così, io sono vivo e sono qui per te, per dirti che non ti lascerò mai più- Il respiro di Tom accelerò il ritmo fino a che non lo prese stringendolo a sé così forte che per un attimo temette di avergli fatto male, ma gli mancava da morire. Non poteva assolutamente crederci. Nove anni! Nove fottutissimi anni il mondo aveva deciso di separarli ancora! - Sono successe tante cose, Tom...ma non smettevo mai di pensarti, ti volevo accanto, ma tu non c'eri, nemmeno io sapevo dove ero fino a che non sono riuscito a fuggire- Stava piangendo. I ricordi facevano male, ma neanche con Georg si era sfogato così. Quelle lacrime erano riservate alla persona che amava, era un dolore che si era dovuto portare dentro per mostrarlo solo a chi fosse veramente in grado di farlo dissolvere in un gesto. Tom voleva sapere tutto, voleva capire dove era stata la sua felicità, che cosa aveva passato e perché, ma per adesso non riusciva a dire altro. Separarono quell'abbraccio e Thomas poté guardarlo meglio. Gli asciugò le lacrime spostandogli quel ciuffo che si avvicinava al biondo platino. Anche così era bellissimo, ma dovette ammettere a sé stesso che sulle prime non lo aveva riconosciuto. Si avvicinò piano a lui, un po' esitante, come se fosse spaventato dall'idea che fosse tutto solo un sogno, e che presto si sarebbe svegliato non avvertendo più il suo profumo. Lentamente le loro labbra si unirono di nuovo dopo tempo immemorabile. Era sempre morbide, calde e dolci...solo più mature. Entrambi erano cresciuti, in quel tempo si erano fatti adulti, ed i baci non erano più dati con ingenuità, ma con la consapevolezza dell'atto. Se ne scambiarono altri di baci, sempre piccoli, sempre lenti, ma sempre con meno paura di star baciando un angelo e non la persona in carne ed ossa. Quando sentirono di doversi fermare, lo fecero all'unisono. - Da quanto tempo non mi baciavi così..- Disse Bill arrossendo abbassando lo sguardo. Thomas sorrise. Non si sarebbe voluto fermare solo a quello, ma sapeva benissimo che non era né tempo né luogo adatto. L'unica cosa che poté fare, era di posizionargli una mano sui fianchi avvicinandolo a sé.

- Sei sempre il mio fiore di luna?-

- Come tu la mia stella- Il sorriso di Thomas si distese ancora di più.

- Vieni via con me, non ho intenzione di lasciarti da solo stanotte- Sussurrò. Bill non avrebbe esitato per nulla al mondo, era lì per quello, per vivere finalmente una vita con Tom proprio come aveva sempre desiderato. Si diressero fuori mano nella mano, sempre stretta saldamente per sentire meglio il calore emanato da entrambe. Fuori dalla scuola ad attenderli c'era uno Chauffeur che aprì loro le porte dell'auto senza fare domande sulla presenza di Bill. Tom comunicò l'indirizzo del Motel del ragazzo che si stava rilassando su di lui, e l'autista lo raggiunse in poco tempo. - Ehi, ci siamo- Lo svegliò Tom a malincuore. - Vengo ad aiutarti a prendere la roba-

- No no, faccio io, aspettami pure qui- Bill scese dalla vettura incamminandosi nel Motel e salendo le scale per andare nella propria stanza. Trovò la valigia ancora da aprire sul letto, proprio come l'aveva lasciata. Era pesantissima, e forse avrebbe fatto meglio a chiedere un aiuto a Thomas ma non voleva scomodarlo. Quando però stette per arrivare all'uscita, lo colse nuovamente quella fitta al petto che gli fece mancare il respiro. Stava male, sentì le labbra improvvisamente secche, e dovette accasciarsi sorretto dal proprio bagaglio. Tom lo raggiunse correndo, avendolo visto dall'auto.

- Bill, che succede?-

- Non mi sento bene...- Tom chiamò lo Chauffeur che prelevò la valigia pensandoci lui a caricarla in macchina.

- Tranquillo, adesso ti porto in ospedale-

- No, Tom...- Odiava gli ospedali, ma doveva andarci e ne era consapevole. Queste fitte non erano normali. Purtroppo non riuscì a vedere più nulla dopo che ebbe toccato il sedile della macchina e appoggiato la testa sulla spalla di Tom. Questa volta non avrebbe permesso a questo malore di separarlo nuovamente da Thomas. Adesso che lo aveva vicino, sentiva che insieme avrebbero superato anche questa.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

Riattaccò senza dare il tempo di un saluto, che lo avrebbe fatto sentire nuovamente solo. Anche prima lo era, ma era diverso. Prima non aveva paura di rimanere solo.

- Bill...non sta bene-

"Capitolo 19: Il millisecondo di un attimo"

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Capitolo 19
*** 19. Il millisecondo di un attimo ***


19. Il millisecondo di un attimo


Tom lo stava osservando su quel letto mentre aspettava il dottore. Era così felice di averlo ritrovato, che non avrebbe superato un'altra perdita soprattutto sotto i suoi occhi. Apparentemente non sembrava essere niente di grave, ma non voleva darsi false speranze nel mentre vedeva il suo fidanzato sbiancare sempre di più come se stesse lentamente morendo. Il medico entrò chiedendo a Thomas cosa fosse successo, il ragazzo gli espose la situazione cercando di mantenere la calma, sebbene volesse urlare in faccia a quell'uomo la sua paura.

- Capisco. E' necessario eseguire delle analisi, devo chiederle di lasciare questa stanza. I risultati le saranno comunicati il prima possibile. Ci vorrà un po' di tempo, quindi può...chessò, andare a farsi un giro, per calmarsi e respirare un po'. Penseremo noi al suo amico-

- Al mio ragazzo, voi penserete al mio ragazzo- Chiarì. Non c'era vergogna in quello che provavano. Il dottore, dopo un attimo di perplessità, annuì.

- Certamente- Lo sguardo di Tom non ammetteva di certo discriminazioni, e poco dopo aver udito la risposta, si diresse fuori sperando di lasciare Bill nelle mani giuste. La prima cosa che fece, fu chiamare Gustav e Georg.

- Pronto?-

- Gus...ho trovato Bill, o meglio, lui ha trovato me- Disse con una lieve nota di divertimento, già consapevole che erano stati i suoi due amici a permettere a Bill di raggiungerlo. Tuttavia non è che fece comprendere a Gustav proprio la sensazione che voleva dimostrare.

- Sono contento, ma...come mai non sembra che sia lo stesso, se non di più, per te?- Non era stupido e lo aveva capito.

- Sono in vivavoce? Georg può sentirmi?- Chiese. Gustav lo mise immediatamente in vivavoce essendo che in quel momento aveva Georg a casa. Ormai veniva sempre più spesso a casa sua. Era lo zio di sua figlia ai momenti.

- Ecco, dicci tutto-

- Bill...non sta bene- I due ragazzi si guardarono un istante percependo l'arrivo di guai.

- Che cosa ha?-

- Non lo so. Quando ci siamo ritrovati, ha cominciato ad avvertire delle grandi fitte al petto, la sua pelle si sta schiarendo, le labbra di stavano seccando, come se un qualcosa dentro di lui gli stesse rapidamente portando via...la vita- Non voleva neanche pensare una cosa del genere, ma era come sembrava apparire la realtà dei fatti. - Ragazzi, io non vorrei che...-

- Non dirlo, Thomas. Deve esserci sicuramente una spiegazione a questo malore- Disse Georg.

- Sì, ma non me lo hanno ancora comunicato, stanno facendo delle analisi-

- Allora aspettiamo il risultato di queste, e poi ci informi...vediamo come va- Rispose Gustav.

-...va bene- Riattaccò senza dare il tempo di un saluto, che lo avrebbe fatto sentire nuovamente solo. Anche prima lo era, ma era diverso. Prima non aveva paura di rimanere solo. Uscì dall'ospedale cominciando a farsi un giro per la città ricordandosi come erano stati quei nove anni senza Bill. Quasi si stupiva adesso di essere riuscito a sopravvivere senza più avere un ideale per poter vivere. Senza Bill la sua vita scorreva senza un senso. Ogni volta che faceva un azione, o diceva qualcosa, gli pareva priva di significato perché non c'era motivo che la facesse per lui. Per Tom non c'era neanche la ben che minima ragione di alzarsi la mattina, di guardare fuori e trovare un mondo nel quale Bill molto probabilmente non esisteva più. Aveva retto per cinque anni, dove ogni singola notte, invece di dormire, perché tanto sapeva che non ci sarebbe riuscito, andava a cercare qualche indizio che potesse anche solo suggerirgli un minimo dove potesse essere lui. Poi un giorno si era appostato davanti a Simone e Gordon dicendo: "Io me ne vado". Diretto, così diretto che a Simone parve prendere un attacco cardiaco. Suo figlio che partiva per andare chissà dove, e dopo le condizioni nelle quali lo aveva visto. Si oppose categoricamente. Gordon cercò di placarla. Non essendo suo padre, al riguardo poteva capire più facilmente Thomas e lasciarlo libero di fare come meglio credeva. Aveva 21 anni, era in grado di badare a sé stesso. "Mamma" Si sarebbe ricordato per sempre quelle parole mentre teneva tra le mani il viso della donna in lacrime. "Ti prego, lasciami andare via. Questo posto mi terrà sempre in contatto con il suo ricordo"

"Ma tu devi affrontare la realtà, non devi scappare" Disse con il tentativo di fargli cambiare idea.

"Mamma, sto affrontando la realtà...o preferiresti trovarmi in un bagno, magari con un oggetto contundente in mano, strisciando a terra ogni giorno come per sopravvivere ad una vita che ormai ritengo inutile se non la capovolgo? Ho bisogno di voltare pagina, mamma...e tu mi devi aiutare. Questo non è un addio, ma se rimarrò qui, non vorrei dover pronunciare quella parola anche per te" Le sussurrò perché non era sicuro di dire la cosa giusta, ma non perché non era certo di quelle parole, ma semplicemente perché dirle alla propria madre non era semplice. "Ti prego, mamma" Ripeté un'ultima volta. Simone gli accarezzò la guancia sempre piangendo. "Tutti dobbiamo essere forti, lo so, ma io non ce la faccio adesso...chiedo a te di fare questo sforzo per me" La donna annuì.

"Va bene, ma fammi sapere tutto di te, non dico di mandarmi un messaggio ogni minuto, ma una telefonata al giorno, ci terrei particolarmente" Finalmente sorrise. Anche Tom fece lo stesso.

"Certo, te lo prometto" Ricordava quelle parole come se fossero state dette il giorno prima, eppure erano passati ormai quattro anni. Ancora ogni giorno la telefonava, ma in quel momento se ne era completamente scordato. Era stato in grado soltanto di riflettere sul discorso, ma l'idea di una chiamata il suo cervello la stava escludendo a priori, eppure sarebbe stata una cosa da raccontare, che avrebbe modificato il solito "come stai?" "cosa fai?". Aveva proprio bisogno di prendere aria, anche se insistentemente la sua mente lo riconduceva sempre all'immagine di Bill immobile su quel letto di marmo. Sospirò, calciò un sassolino, si guardò intorno, e tutto non smetteva di essere così opprimente. Inoltre il sole stava cominciando a calare, era accaduto tutto in un solo giorno. Un giorno che forse gli avrebbe cambiato la vita due volte a distanza di poco tempo. Andò al parco, unico posto che riuscisse davvero a rilassarlo, soprattutto se deserto. Non sopportava le urla dei bambini in momenti di riflessione; in altri sì, non ci avrebbe fatto semplicemente caso. Magari il sorriso di uno di questi lo avrebbe contagiato anche solo per un millisecondo di un attimo. Si stava bene quella sera. Non faceva né troppo caldo, né un freddo. Tirava un venticello che lo spinse a sedersi per goderselo meglio immerso nel silenzio di quello spazio desolato. Quella pace però non filava liscia, sentiva un rumore acuto che proveniva da non molto distante da lui. Si guardò intorno, ma nulla che potesse anche solo vagamente ricondurlo a quello che le sue orecchie stavano percependo. Si alzò addirittura, e capì che esso era originario dalla pattumiera vicino alla panchina dove era seduto. Incuriosito, si affacciò per guardare e rimase come incredulo al vedere un musetto bianco spuntare tra le varie cartacce. Allungò la mano, era abbastanza sufficiente vista la taglia di quello che stava andando ad afferrare. Lo tirò fuori. Un cagnolino. Cosa ci faceva un cagnolino nella spazzatura? Lo guardò in quei piccoli occhi ascoltando i suoi lamenti disperati. Mugolava e tremava infreddolito. Era a pelo corto, inoltre la sua pelle era molto più delicata di quella di Tom.

- Ehi piccolo- Disse portandoselo al petto cercando di infondergli un poco di calore e magari sicurezza. I mugolii cessarono, e il piccolo cominciò a leccargli la mano annusandolo e mordicchiando un po' le sue dita, come per giocare. Era adorabile, qualcuno aveva avuto l'insana idea di gettarlo via. Come poteva un cucciolo così piccolo essere un rifiuto? Prese il cellulare cercando la razza alla quale corrispondeva. Quando la trovò, rimase stupito. Non aveva per niente trovato un cane di poco conto. - Un bulldog inglese...ti rivendessi farei qualche soldo- Disse per scherzo. Volle dargli un bacio, ma puzzava non poco essendo stato chissà per quanto tempo nella spazzatura. Inoltre doveva avere fame. - Mi occuperò io di te- Ci rifletté meglio. -Io e...un'altra persona- Si incamminò così dicendo verso l'uscita del parco portandolo a casa sua che non distava così tanto. Gli diede da mangiare qualche avanzo di casa che aveva trovato al momento e lo aveva ripulito con un bagnetto abbastanza disordinato, siccome il cucciolo aveva cominciato ad agitarsi non appena ebbe contatto con l'acqua calda...ma era stato divertente in fondo.

Tornò in ospedale subito dopo aver finito il tutto. Il dottore lo raggiunse poco dopo.

- Ho i risultati, è tornato giusto in tempo- Aprì la cartella mostrando dei dati con termini medici nel quale Tom non ci capiva niente. - Vede qui?- Indicò una riga come se fosse stato fatto a caso, data l'ignoranza del ragazzo che aveva accanto. - Questa è la percentuale di una sostanza anomala rintracciata nel suo corpo, molto probabilmente è questa che gli sta provocando questi malori-

- Quale sostanza?- Il dottore lo disse un po' titubante.

- Eroina...- Da quanto non sentiva quella parola...ma come? No, le cose non tornavano. Cioè, voleva fargli credere che Bill, durante tutti questi anni di assenza aveva ricominciato con la droga? No, non ci avrebbe mai creduto almeno che non fosse stato lui a dirglielo, ma i dati parlavano da soli...aveva bisogno di una spiegazione, ma per questo non cercava la medicina, ma bensì il ragazzo che nascondeva più segreti di un mondo inesplorato. Entrò nella sua stanza con il permesso del medico. Si mise accanto al materasso afferrando la mano piena di tubi di Bill.

- Dimmi che non è vero, Fiore di Luna- Disse stringendola. - Tu non puoi averti fatto questo, averci fatto questo. Comunque sia tu ce la farai, non ti lascerò mai più solo, e prometto che non mi arrabbierò anche se fosse vero il fatto che la tua volontà abbia intromesso ancora una volta l'ago di una siringa dentro la tua pelle, perché il rancore non serve a niente...non ci è servito a niente- Si chinò su di lui baciandogli la fronte tiepida. - Io ci sono-

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

A Bill tanti di quei momenti erano costati l'esistenza, e adesso aveva paura.

- Thomas...hai mai pensato...che io fossi pazzo?-

Capitolo 20: "Problemi psicologici"

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Capitolo 20
*** 20. Problemi psicologici ***


20. Problemi psicologici


Aprì gli occhi stancamente quella mattina. Poteva dire di non sentire neanche più il proprio corpo. Era debolissimo, così voleva la cura che stava effettuando per guarire. Gli avevano diagnosticato una malattia data dai residui di eroina ancora evidenti nel suo corpo. Quell'eroina che gli era stata sempre vicina adesso lo stava tradendo, ma d'altronde doveva aspettarselo. Solo che non era stata colpa sua, questa volta poteva non pentirsi siccome era un atto che non aveva commesso.

- Dove sei...?- Chiese debolmente cercando di guardarsi intorno. Tom non c'era. Che fosse stato tutto solo un sogno e fosse svenuto per strada? No, certo che no! Sentì poi bussare e vide la porta aprirsi. - Tom-

- Bill- Esso si avvicinò. - Come stai?-

- Non mi piace stare qui- Stava parlando come se ad ogni parola una lama gli percorresse la gola. 

- L'eroina, Bill...- Voleva continuare il discorso, ma non avrebbe voluto farlo sentire in colpa...anche se apparentemente da quello che ricordava avrebbe dovuto esserlo.

- Tom, non è come pensi...- Thomas non ci pensò minimamente a interromperlo. Voleva ascoltarlo. Bill tossì un paio di volte prima di continuare. Si tolse la mascherina per parlare meglio. - Io...sono scomparso...perché...- Tuttavia non sortì l'effetto sperato essendo che respirava peggio. Thomas allora la prese e gliela riposizionò sul viso. - Andreas- Quel nome...come era possibile!? Che c'entrava Andreas!? - Lui...quella sera mi ha rapito e...mi ha portato a Berlino in una capanna di legno nei sobborghi della città...lì giorno dopo giorno mi...costringeva a...a...- Il respiro era accellerato e le lacrime avevano cominciato ad abbandonare i suoi occhi castani. - Drogarmi con l'eroina...- Numerosi flash stavano prendendo vita nelle menti di entrambi. - Lui...mi legava e...- Tom non riusciva più a sopportarlo. Ad ogni parola sentiva la rabbia scaturirsi nelle sue vene, il pensiero di non essere stato lì per salvarlo lo distruggeva. -...diceva che se avessi fatto il bravo mi avrebbe lasciato tornare da te...voleva farmela pagare...in realtà desiderava solo uccidermi...- Thomas cercava di non guardare quel viso sofferente, ma non ci riusciva. Il suo amore aveva nuovamente attraversato l'Inferno senza lui al suo fianco. - Ogni volta mi minacciava di bruciarmi i capelli...e così faceva se non gli permettevo di iniettarmi la siringa nella vena...i suoi occhi...erano pazzi...avevo sempre più paura ogni volta che li guardavo...volevo te...- Debolmente raggiunse la mano di Tom stringendola per quanto possibile. - Il mio unico desiderio era quello di poterti amare...e lui ha tentato di distruggerlo portandomi via da te per nove lunghi anni...ma questo non ha per nulla scalfito il sentimento che provo per te...io sono pazzo di te...e lo sarò sempre, nonostante il tempo, nonostante la malattia, nonostante la morte...nonostante la vita che sembra volerci male- Tom gli asciugò i residui delle lacrime ormai quasi asciutti. Era più lui ad aver bisogno di qualcuno che provvedesse, infatti Bill ricambiò il favore. - Perché la mia stella sta piangendo?- Chiese debolmente.

- Bill, mi dispiace di non aver potuto fare niente. Tu eri in pericolo, avevi paura, giorno dopo giorno ti aggrappavi alla vita che non smetteva di darti calci...me li sarei presi tutti io, avrei sofferto io al posto tuo, qualsiasi dolore, qualsiasi parola. Avrei voluto rendere polvere Andreas prima ancora che arrivasse a sfiorarti, ma non ero lì, non ci sono mai stato quando ne avevi bisogno, e tutte le volte hai rischiato di morire...e perché? Perché sei fidanzato con uno che in quell'attimo non ha saputo tenerti con sé e proteggerti, più che in qualsiasi altro momento- Bill lo capiva. Si sentiva in colpa ma lui non poteva saperlo. Thomas non poteva sapere che Andreas sarebbe uscito di testa a tal punto da escogitare un rapimento e un omicidio fortunatamente solo programmato e non attuato..ma se Bill sarebbe morto, Thomas non se lo sarebbe mai perdonato. - Se ti dovesse succedere qualcosa a causa di questo...io giuro che troverò Andreas e neanche all'Inferno gli darò pace- Bill gli accarezzò il viso.

- Tu mi hai già salvato, lo fai ogni giorno con il tuo respiro- Sorrise. - Baciami- Thomas si chinò su di lui unendo le loro labbra ed era impressionante sentire la secchezza di quelle di Bill, ma questo spinse Tom a metterci più sentimento come se volesse parlare al malore e dirgli che non avrebbe potuto vincere. Improvvisamente sentirono un mugilio. Si staccarono d'improvviso. Solo in quel momento Bill notò una scatola vicino a Thomas. Era era bucata e praticamente si stava muovendo da sole. Tom la prese tra le mani sorridendo.

- Me ne ero quasi dimenticato, tieni- Gli passò il pacco tra le mani aiutandolo a mettersi seduto meglio. Bill non attese neanche un secondo che aprì di poco il coperchio vedendo spuntare un musetto bianco.

- Non ci credo...Tom!- Tolse tutto il coperchio rivelando un piccolo bulldog inglese che lo fissava provando ad annusargli le mani. - Come lo hai...?-

- Era abbandonato...e ho pensato che avrebbe potuto farti piacere aver...- Non finì la frase che se lo sentì addosso.

- È BELLISSIMO!- Da quanto era contento, sembrava avesse gli occhi a forma di cuore. Prese il piccolo cucciolo in braccio levando la scatola. - Ciao amore- Cominciò a fargli i grattini. - Ti chiamerò...Pumba, ti piace?- Chiese poi alzò lo sguardo verso Tom come per rifargli la stessa domanda.

- Molto, ci sta- Bill era contentissimo. Thomas lo aveva visto poche volte con un sorriso così radioso. Cioè, Willheim sorrideva sempre quando le circostanze lo consentivano, ma raramente i suoi occhi brillavano come in questo istante.

- Mi hai fatto uno dei regali più belli del mondo, ti amo- Disse spontaneamente accarezzando Pumba. - Tom, io sono sicuro che riuscirò a guarire, quindi non temere per me...non mi lascerai solo stanotte- In quel momento entrò il medico con una cartella in mano, quindi Thomas fu costretto a prelevare Pumba dalle braccia di Bill. Si sistemò meglio gli occhiali prima di schiarirsi la voce e parlare.

- Bill, come ti senti?- Domandò.

- Debole, ma meglio di prima sicuramente- Ad un certo punto gli prese una fitta enorme al petto e cominciò ad ansimare. Tom si spaventò, ma tutto quello che poteva fare era sperare che finisse non facendo mancare a Bill il proprio supporto. Era orribile una cosa del genere, vedere la persona che ami soffrire e sentirti impotente. Il dottore prese subito un antidolorifico mettendolo in una siringa. - Fatelo smettere, vi prego- Disse cominciando a sudare, ma appena vide l'ago si agitò ulteriormente.

- Signor Kaulitz, la prego, lo tenga fermo- Tom sapeva il motivo di questa paura, il dottore ovviamente no, ma doveva aiutare Bill e non c'era altra scelta. Mise Pumba nella sua scatola sicuro che da lì non si sarebbe mosso. Si sedette insieme a Bill sul materasso. - È solo un momento, si calmi- A Bill tanti di quei momenti erano costati l'esistenza, e adesso aveva paura. Guardò Thomas in cerca di aiuto, ma questo non poteva fare molto.

- Aiutami, qui mi vogliono fare del male...- Sussurrò con le lacrime agli occhi abbracciandolo nonostante il dolore non lo lasciasse andare. Per Tom era difficile, ma doveva essere forte.

- Vogliono aiutarti-

- No, ha una siringa in mano, mi ucciderà, non lo capisci!?- Era traimatizzato, ma Thomas tirò un sospiro cingendolo con le braccia.

- Ci sono io, Bill...sono qui con te, tranquillo che non succederà nulla che ti possa fare del male. Proceda, dottore- Willheim cercò di ribellarsi. Urlava, scalciava, ma Tom era molto più forte di lui, e quindi non ebbe successo. Una volta iniettato il liquido il dolore sparì, e tutto di un tratto si sentì come intorpidito.

- Ho messo anche un calmante, così non si agiterà troppo. Se la cura che effettuaremo nei giorni a seguire andrà a buon fine, possiamo dimetterlo anche tra una settimana, e speriamo sia così, noi facciamo tutto il possibile- Si congedò in questo modo lasciando i ragazzi soli. Bill era in uno stato di dormiveglia a causa del calmante e stava appoggiato con la testa sulla spalla di Tom. Poteva ancora parlare però, non era del tutto andato.

- Thomas...hai mai pensato, anche solo per un istante, da quando ci conosciamo...che io fossi pazzo? Che avessi...problemi psicologici?- Lo domandò tranquillo, ma la verità era che la risposta lo spaventata perché sentiva tutto troppo vero. Bill era sicuro di essere pazzo, di essere quasi da manicomio. Thomas lo strinse meglio a sé.

- Hai solo tanta paura. Sei spaventato, traumatizzato dagli eventi che hai dovuto sopportare...ma no, pazzo no- Lo guardò dritto negli occhi. - Io mi sono innamorato di te perché sento che nonostante tutto, non mi arrenderò con te, che ogni mattina mi sveglierò guardandoti e penserò di essere il ragazzo più fortunato di questo mondo ad averti al mio fianco. Quelli che tu chiami problemi psicologici, non sono altro che cicatrici, Bill...solo cicatrici- Aveva ragione. Se sentì rincuorato in quel momento e percepiva che lo sarebbe stato per sempre. Tom avrebbe curato il suo cuore ferito.

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

Bill prese la mano di Tom non appena disse le ultime parole. I fischi e le acclamazioni ripresero il sopravvento. Bill aveva il fiatone, ma era contentissimo della serata, era contento di essere riuscito e di aver potuto condividere un dono così grande insieme a tante persone.

- Perciò io ti chiedo qui davanti agli occhi del mondo intero...-

"Capitolo 21: A Life like Something New"

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Capitolo 21
*** 21. A life like something new ***


21. A life like something new


Quella settimana sembrò volare, ed ogni giorno quelle quattro mura bianche erano rese a colori da quel piccolo cucciolino che aveva preso a fare parte delle loro vite. Pumba ormai per Bill era come un figlio. Lo adorava, poteva dire di amarlo in modo sconfinato. Tom si occupava di lui quando Bill era in ospedale. Lo portava a spasso, e a casa per dargli da mangiare...e poi i cani non potevano stare in un luogo igienico come l'ospedale, per questo con sé aveva sempre uno zaino nel quale il cucciolo usciva e rientrava a seconda delle occasioni. Una mattina entrò il dottore proprio mentre Pumba era fuori dallo zaino e lo vide sul letto. Purtroppo erano stati presi con le mani nel sacco, ma l'uomo fu magnanimo. Sospirò.

- E' un cucciolo, quindi può rimanere, ma ragazzi non si potrebbe- Thomas lo prese in braccio.

- Ci scusi, è solo che...è un po' noioso stare qui- Si giustificò accarezzando la piccola creatura.

- Posso immaginarlo- Tirò fuori una cartella da dietro la schina osservandola. - Ma tanto da domani potrete già lasciare la struttura- Disse con un sorriso. Bill scattò a sedere come preso da una scossa elettrica.

- Davvero?-

- Certo, sembra che la cura abbia avuto un buon effetto ed hai recuperato le forze. Per fortuna non era troppo tardi, e l'hai presa in tempo- Era una notizia meravigliosa, tanto che pure Pumba fece il suo primo abbaio...un motivo in più per sorridere.

***

La casa di Tom era bellissima, ma troppo grande per un persona sola. Uno stile moderno, con dischi appesi alle pareti, mobili in bianco e nero, qualche pianta qui e là che si vedeva non mancava mai delle attenzioni richieste, e si potrebbe descrivere per ore, anche elogiando il fatto di quanto fosse tenuta in ordine.

- Ti piace?- Chiese Thomas apparendo da una delle tante stanze mentre Bill si stava guardando attorno.

- E'...enorme...è...perfetta- Era rimasto come a bocca aperta e ai momenti avrebbe lasciato cadere Pumba per terra. - Ma questi li hai fatti tu?- Disse riferendosi agli album dei dischi in vimili appesi al muro.

- Già...non è tanto, ma sono soddisfatto. Sono tre album da solista. Canto e suono la chitarra, oltre che il pianoforte, il resto sono tutte registrazioni fatte con le macchine apposta- Lo prese per le mani scrutando quegli occhi castani, come amava fare. - Macchine che ti porterò a vedere all'istante- Gli stava proponendo di andare con lui allo studio di registrazione!? Noooo, cioè sììì, ma nooo...oddio, era tutto così confuso che l'unica cosa che seppe fare era rimanere ad osservarlo senza una reazione. A Tom partì uno sbuffo divertito. - Amore?- Quella parola lo fece ridestare e cominciò a saltellare.

- Sul serio!?-

- Certo! Ti vedo contento-

- Beh, io non sono mai stato in posti come questi e...sono emozionato all'idea di sentirti- Thomas lo baciò. Era troppo bello baciare quel sorriso.

- Allora andiamo-

Per fortuna non era molto lontano, anche perché prima di lasciare l'ospedale, il dottore gli aveva dato una cosa per accertarsi che le fitte non riprendessero proprio più, e quella specie di medicina gli stava dando un po' di stanchezza, ma neanche tanta. L'emozione per fortuna aveva avuto la meglio e aveva contribuito a ridargli l'energia necessaria. Una volta dentro, Bill respirò subito un odore di tecnologia. C'era una sala di registrazione con i pannelli silenziatori alle pareti ed il microfono. Poi intorno a lui delle macchine addette al suono, quindi compreso l'autotune, delle poltroncine in pelle e degli strumenti. Un ragazzo si avvicinò a Tom dandogli la mano e scambiandosi un abbraccio amichevole.

- Come stai?-

- Si va avanti- Rispose a battuta Tom. - Lui è Bill...il mio fidanzato- Non era mai stato presentato ad altre persone con quell'appellativo ed era leggermente nervoso, ma era normale.

- Piacere, io sono David, il manager nonché produttore- Bill cercò di sembrare più naturale possibile, ma era agitato. Fece un sorriso lieve afferrando la sua mano. - Perfetto, allora Tom, dobbiamo provare l'ultima-

- Va bene- Bill si sedette su una di quelle poltroncine un po' emozionato. Si accorse che gli stavano tremando incontrollatamente le gambe. Allora per calmarsi, guardò Pumba che gli stava ancora in braccio cominciando a fargli i grattini da lui sempre graditi. Intanto Tom era già pronto con la sua chitarra e la sua voce. Partì la base e la tensione in Bill stava crescendo sempre di più, sentiva il cuore esplodere, era qualcosa di indescrivibile. Poi Thomas cominciò a cantare...e si sentì come mancare. La sua mano su Pumba si fermò, e il cucciolo lo guardò prendendo a leccargli la mano come a chiedergli ancora coccole, ma Bill non rispose. Era come ipnotizzato. Tom ogni tanto lo guardava sorridendo. Era difficile non permettere la formazione di una curva divertita sul proprio viso vedendo l'espressione di Bill. Quando la base terminò, Thomas uscì per risentire. Insieme a David si misero a discutere sulle varie modifiche che potevano essere apportare, o su qualche pezzo che magari sarebbe stato meglio riprovare. Intanto Bill stava ancora pensando alla canzone, ed era come se ormai avesse imparato il testo a memoria. La stava ripetendo in mente, ma improvvisamente si ritrovò gli occhi dei due ragazzi puntati addosso.

- Ehm...mi sono perso qualcosa?- Chiese osservandoli. Lo sguardo di entrambi sembrava perplesso, forse allibito, o magari sorpreso, ma Bill non sapeva spiegarsene assolutamente il motivo.

- Lo hai sentito anche tu, David?- Disse Tom non mutando l'espressione.

- Assolutamente sì...ma wow!- Improvvisamente esplose. Sembrava estasiato.

- Bill...ma eri tu?- Chiese nuovamente Thomas.

- Ero io? Cioè?- Davvero non se ne era neanche accorto?

- Hai cantato la canzone e sei stato...perfetto, anche meglio di me!- Non riusciva a credere che il suo fidanzato avesse una voce così celestiale.

- Io...era bellissima...l'ho solo canticchiata un po'...-

- Sei un portento!- Senza neanche lasciargli il tempo di replicare, David lo fece ritrovare dentro alla sala di registrazione, con il permesso di Tom che ovviamente non esitò ad accordarglielo. Voleva risentire di nuovo quella voce meravigliosa. Era stato un attimo, ma aveva spaccato tutto.

- Ehm...che significa?- Domandò Bill spaesato.

- Lo capirai, tu canta- Disse Thomas.

- C...cosa? Ma no, devi farlo tu, è solo una perdita di tempo Tom!- Ma questo non lo ascoltò facendo partire la base della sua canzone. - Ma non so il testo-

- E' lì davanti a te, tanto so che ti sei registrato tutto in testa- Gli fece l'occhiolino. Poi Bill cominciò a cantare dopo le prime battute. Vedeva Thomas e David fare facce compiaciute, alcune sorprese...ma dovette chiudere gli occhi perché sentiva che così avrebbe potuto concentrarsi meglio sulla propria voce e non stonare. Una volta che la base si era stoppata e riaprì gli occhi, non c'erano più solo David e Tom, ma almeno altre cinque persone del quale ignorava l'identità. Li vide battere le mani e si sentì arrossire. Poi Tom entrò dentro abbracciandolo. - Tu...sei incredibile- Lo baciò e praticamente sentì tutti urlare, come si fa quando due si baciano sotto lo sguardo dei presenti. - Hai una voce stupenda, possibile che tu non te ne sia mai reso conto?- Gli sembrava assurdo infatti.

- No, non mi è mai interessato il canto, o la musica in generale. Mi piaceva ascoltarti, ma non ho mai pensato ad una cosa per me- In quell'istante a Tom gli venne il lampo di genio.

- E se...d'ora in poi cantassi tu?-

- COSA!?- Fu costretto a tapparsi le orecchie. Per poco non diventava sordo.

- Certo, io potrò unirmi a te durante un ritornello, o una strofa...ma le canzoni potresti cantarle tu. E' un dono il tuo e va coltivato. Io mi accontento anche solo di suonare- Bill avrebbe voluto pensarci. Non sarebbe stato semplice, ma se avesse accettato avrebbe potuto lavorare insieme a Tom invece di cercarsi un'altra occupazione.

- Tom...non so cosa pensare- Era confuso però stava sorridendo. - E' tutto così improvviso, e non riesco quasi a crederci- Era adorabile, così contento dal fatto che finalmente tutto si stava rivolgendo in positivo. - Accetto, sì- E finalmente aveva risposto. Da quel "sì" sarebbe cominciata una nuova vita per loro e lo sapevano. Ma era proprio quello che avevano sempre desiderato...qualcosa di nuovo.

***

Bill era su un lettino vicino alla loro piscina privata e stava leggendo le ultime notizie. Balzò a sedere non appena lesse i loro nomi.

- Pumba!- Richiamò l'attenzione del cucciolo che stava disperatamente cercando di recuperare la pallina caduta nell'acqua, ma perse la concentrazione nel momento che udì la voce del suo padrone. Bill lo prese in braccio inducendolo a guardare l'articolo sulla rivista. - Guarda, parlano di me!- Eh, dopo circa un mese che ormai Bill e Tom vivevano insieme la notizia di una loro possibile relazione si era diffusa attirando un bel po' di persone. I fans erano cresciuti in modo esponenziale da quando Bill aveva cantato tutto il nuovo album scritto da Tom, e che era uscito da poco. Quella sera ci sarebbe stato il primo concerto proprio a Los Angeles, e inutile dire che Bill era eccitatissimo. - "Il bellissimo cantautore Thomas Kaulitz ha un amante?" Pff, ovvio...MOI!- Disse in un francese abbastanza pacchiano. Poi sentì un braccio cingergli le spalle. - Oh Tom...- Thomas era già con gli occhi sulle righe respirando l'odore della carta. Sorrise, lo baciò, e poi se ne andò. Era sospetta questa cosa. Stava tramando sicuramente qualcosa, Bill ormai lo conosceva troppo bene, ma era troppo occupato a pensare al concerto di quella sera. Ne sarebbe stato all'altezza?

***

C'erano così tante persone. Il posto era praticamente esaurito. Il concerto era all'aperto. Non faceva freddo quella sera, ma l'agitazione che colse Bill glielo fece provare.
- Sono così tanti...non credevo- Sussurrò.
- Non devi preoccuparti, li stenderai tutti- Lo rassicurò Thomas, che uscì provocando le urla di tutte le persone. La base della prima canzone era già partita e Tom più che altro metteva del suo con i vari strumenti che era un grado di suonare. Bill finalmente fece il suo ingresso cominciando a cantare. Poteva sentire chiaramente il cuore battere forte, il sudore colare sulla propria pelle...Ma poi aprì gli occhi e vedendo tutte quelle persone a sentirlo, a supportarlo, ad acclamarlo, gli deve rinvigorire l'animo e si calmò. La voce stava uscendo più naturalmente e per la prima volta si rese seriamente conto del suo potenziale. Si voltò verso Tom solitamente preso dal suonare al meglio, ma quella volta, anche se solo forse per un istante, lo aveva guardato regalandogli uno di quei sorrisi che lo fece rabbrividire. Stava andando bene, quello sguardo gli aveva dato la certezza di non stare assolutamente sbagliando. Appena finita la prima canzone, era d'obbligo un discorso.

- CIAO LOS ANGELES!- Gridò con euforia, cercando di far espandere la sua voce per quanto riusciva. - La prima cosa che mi sento di dire è di ringraziarvi di essere qui, non ci aspettavamo così tanta gente! Ma...stasera ho una sorpresa per Tom- Lo guardò con uno sguardo ammiccante e le persone cominciarono ad urlare. - Ho scritto una canzone, l'ho provata con David, il nostro manager, nonché produttore, certo, quindi tu non dovrai fare niente...solo ascolta- Thomas non se la aspettava una cosa del genere, che Bill avesse scritto addirittura un pezzo. - Non fa parte ovviamente dell'album perché doveva essere un inedito, quindi voi sarete i primi a sentirlo!- Di nuovo le urla invasero quella piazza. - Il titolo è Something New- La base era partita di già da un po' nel mentre parlava presentando il proprio brano...e poi la sua voce...

Midnight 
I must say it 
All those lights, they call my name

My world isn't ready 
I've seen the best of it 
I've got the best of you 
Pick me up, Pick me up 
Pick me up, Pick me up 
Help me back on my feet 
Pick me up, Pick me up 
Pick me up, Pick me up 
It feels like 
I can see Something New 
Do you feel that too? 
I'm looking for something new 
I don't know what 
I'm looking for 
But I'm looking for something 
For something 
For something 
I felt everything 
I ever gonna feel 
Don't know where 
I've been 
All those streets looks wrong 
Don't know where 
I belong 
Pick me up, Pick me up 
Pick me up, Pick me up 
Help me back on my feet 
Pick me up, Pick me up 
Pick me up, Pick me up it feels like 
I can see 
Something New 
Do you feel that too? 
I'm looking for something new 
I don't know what 
I'm looking for 
But I'm looking for something 
For something 
For something 
Do you feel that too?

Tutte le volte che era arrivato a questo punto della canzone era preoccupato perché avrebbe dovuto raggiungere una nota leggermente più alta delle precedenti e nelle prove non ne era mai stato capace, ma decise di rischiare. C'era Tom che lo guardava, non poteva fare figure, inoltre improvvisamente sentì qualcosa dentro che lo spinse a dare il meglio di sé.

I'm looking for something 
But i'm looking for something

Era il momento, ce la poteva fare.

Something new

Erano solo due parole, ma in esse c'era un significato enorme. Una nuova vita, una nuova esistenza priva di brutte sorprese. Sgranò quasi gli occhi dopo che aveva riprodotto quella nota mai raggiunta in tutto quel tempo. Non credeva di esserne in grado e ce l'aveva fatta proprio in un'occasione simile! Guardò Tom con sorriso trionfante mentre continuava a cantare. Thomas si era appena ripreso dall'estasi, perché aveva capito che non era per niente facile arrivare a simili livelli soprattutto senza anni di esperienza. Come accidenti aveva fatto?!

Do you feel that too? 
But I'm looking for something 
For something 
For something 
I've never knew

Bill prese la mano di Tom non appena disse le ultime parole. I fischi e le acclamazioni ripresero il sopravvento. Bill aveva il fiatone, ma era contentissimo della serata, era contento di essere riuscito e di aver potuto condividere un dono così grande insieme a tante persone. Improvvisamente la loro stretta divenne ancora più salda, poi Thomas si incamminò ancora di più verso il palco.

- Posso?- Chiese il microfono a Bill.

- Certo- Non sapeva cosa aveva in mente, ma non aspettava altro che poterlo scoprire.

- Vaaaa beeene...da dove comincio?- Sbuffò divertito ed era arrossito notevolmente. Willheim non poteva fare altro che sorridere rassicurandolo. - Allora sai benissimo che per me non è facile parlare in certi termini, perché non sono un tipo molto romantico, sono una persona abbastanza istintiva, perciò quello che sto per dire lo prova tutto me stesso, e lo dico nel rispetto tuo, e nel rispetto di tutte queste persone che sono qui stasera, come di quelle che non sono potute essere presenti, perché è giusto che sappiano- Si mise una mano tremante in tasca. Bill stava andando in stand-by, il suo cervello era così preso dal momento che mal connetteva quei piccoli movimenti. - Ma dove l'ho messo?- Intanto lanciava occhiatine a Bill per capire se il tempo stava continuando a scorrere o si era fermato, ma quanto trovò l'oggetto fu costretto lui a fermarlo per un istante. Quell'istante in cui rifletté su quello che stava per fare. Sì, era sicuro. Non avrebbe potuto desiderare nessun altro. Tirò fuori una scatolina, e in quell'istante a Bill prese quasi un infarto. Cosa stava succedendo? Si sentiva come in un universo pararello. - Tu sei la persona più importante della mia vita, e so che non sono sempre stato in grado di dimostrartelo, ci sono stati alti e bassi, ma nonostante tutto io non ho mai dubitato della splendida persona che sei, del cuore che hai, delle tue potenzialità...ma soprattutto non ho mai dubitato di quello che provo per te- Aprì la scatolina. Dentro c'era un bellissimo anello. Era qualcosa di semplice, ma parve essere il mondo. Era stupendo...e non poteva pensare che tutto stesse accadendo sul serio. Tremava, aveva voglia di scappare forse, dato il momento e il suo petto che stava contenendo un'emozione forse troppo grande per essere sopportata da un cuore solo. - Perciò io ti chiedo, qui, davanti agli occhi del mondo intero...- Si inginocchiò, era sempre più rosso in viso e per la prima volta Bill giurò di averlo visto in quella leggera difficoltà che lo rendeva tenero. Stava quasi per avere gli occhi lucidi. -...se vuoi essere solo mio- Sospirò, doveva riuscirci. - Insomma...Bill, vuoi sposarmi?-

...

...

...

Ok, il cuore di Bill poteva essersi considerato assente nel momento che Tom aveva pronunciato quelle parole. Non riusciva ad esprimersi, sentiva che voleva parlare e non ce la faceva. Gli mancava l'aria, le lacrime stavano cominciando ad uscire ed anche il suo viso si stava arrossendo per lo sforzo di trattenerle. - Bill, io ti amo, e voglio che sia tu a portare questo anello, voglio che sia tu la persona che mi troverò davanti appena aprirò gli occhi ogni mattina...- Si fermò per un istante, non stava controllando il proprio respiro. Il cuore aveva perso il controllo e infatti stava respirando affannosamente, ma riuscì a concludere quello che voleva dire guardando negli occhi il proprio amore. -Voglio che il mio fiore di luna renda splendido ogni giorno della mia vita soltanto esistendo- Avvicinò ancora di più la scatolina verso Bill. - Sposa questo stupido, che ha perso la testa per te dalla prima volta che ti ha visto- Sorrise nervosamente. Bill ormai era diventata una fontana. Le mani erano sopra la sua bocca a trattenere i singhiozzi. Non aveva mai pianto di gioia, ed era una sensazione strana. Voleva non piangere, ma non ce la faceva. Voltò lo sguardo dall'altra parte per non farsi vedere, ma dette la sua risposta proprio nel momento che tese la mano a Thomas. Aveva accettato. Era un sì! Tom gli mise l'anello potendo rialzarsi abbracciandolo. Le urla diventarono ancora più forti di prima e si poteva intravedere molte ragazze con le lacrime agli occhi. Bill saltò in braccio a Tom posando le proprie labbra sulle sue. Voleva sentirle come mai prima. Le ribaciò più volte ancora con il viso umido dalla felicità.

- Sì, sì, e ancora sì- Stava continuando a piangere. Tom provvedette ad asciugargli il viso, anche se pure lui ne aveva bisogno. Era emozionato all'idea di un per sempre con Bill.

- Solo con te io posso vivere- Gli sussurrò all'orecchio.

- Sì, una vita magnifica-

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITOLO!!!

- Io vorrei dialogare con te, vorrei parlarti...ma oggi sei stato così distante, così distaccato e rude e...mi hai fatto male come non credevo potesse mai succedere- Tom in quel momento si sentiva così uno schifo, che avrebbe fatto di tutto pur di riconquistare Bill, ma purtroppo qualcosa lo fece trattenere, qualcosa che forse avrebbe solo peggiorato le cose.

"Capitolo 22: Only you"

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Capitolo 22
*** 22. Only You ***


22. Only You


CINQUE ANNI DOPO...

La vita da sposati era immaginata da molti come un lucchetto. Avete presente un lucchetto con la serratura? Bello, d'oro, pieno di diamanti...ma sempre chiuso. Il che non sarebbe dovuto risultare un problema per la coppia in questione, o almeno non sempre, ma tutti hanno dei brutti momenti, anche le persone che insieme sono le più perfette del mondo. E' meglio partire da un po' più indietro...magari qualche mese fa.

- TOM! DOV'E' PUMBA?- Bill era entrato come una furia nella sala di registrazione dove Tom e David stavano facendo le modifiche aggiustando le piccole imperfezioni. Infatti a causa della musica alta, lo avevano sentito solo entrare. Quindi a Bill toccò urlare in un modo ancora più disumano. - DOV'E' PUMBAAAAAAAAAA!!!!!???- I due ragazzi giurarono di aver visto le pareti tremare. Spensero immediatamente tutto dando anche attenzione a Bill che non aspettava altro.

- Che succede?- Chiese Tom dopo aver recuperato l'udito.

- Il mio bambino! E' SCOMPARSO!!- Era agitato, ai momenti si voltava verso il muro a battere testate.

- Calmati, sarà pure da qualche parte...- Cercò di tranquillizzarlo, ma Bill non voleva sentire ragioni. Prese l'ombrello, dato che fuori pioveva, e lo passò a Tom come fosse un sacco di farina.

- Vallo immediatamente a cercare, rimarrò io qui con David a finire il lavoro! Non tornare a mani vuote, io rivoglio il mio bambino!- Thomas non poteva fare altro che dargli ascolto e dirigersi fuori. Se lo avrebbe contraddetto sapeva benissimo dove si sarebbe andato a piantare quell'ombrello. A volte Bill era proprio come una donna, quando era nervoso pareva fosse una di queste con il suo periodo. Pioveva a dirotto fuori, come se stesse venendo giù il mondo. Andò in tanti posti, un po' a giro a casaccio e chiese informazioni ai passanti se per caso avessero visto passare un cane di razza bulldog inglese per le strade. Era andato anche al canile, per vedere se qualcuno potesse averlo preso e portato lì, ma non ve ne era traccia alcuna. Avrebbe dovuto considerarsi morto data la reazione di Bill se sarebbe tornato senza? Questo era il dilemma. Per ripararsi, si diresse sotto la tendina di un negozio. Faceva freddissimo. Decise di accendersi una sigaretta nel mentre attendeva la decisione del tempo di darsi una bella calmata. Ad un certo punto sentì un rumore come di uno scroscio. Si voltò in quella direzione e vide una donna. Era scivolata cadendo in una pozza d'acqua. Era vestita bene, indossava gli occhiali da sole ed era parecchio coperta proprio come lui. Tom doveva esserlo per rimanere in incognito, ma sinceramente non voleva lasciarla lì facendo finta di niente, anche perché era l'unico che aveva visto tutto e magari quella ragazza da lui si stava aspettando proprio un aiuto.

- E' ora di fare l'eroe- Sospirò burlandosi di sé stesso e dirigendosi nel punto dove la donna stava raccogliendo le proprie cose ormai mezze.

- Accidenti- La sentì imprecare anche con qualche parolaccia. Non lo considerava maleducato, lo avrebbe fatto chiunque in una situazione simile.

- Le serve aiuto?-

- Non sembra?- In effetti era stata una domanda piuttosto idiota, ma a Thomas dopotutto sembrava che fosse tutto a posto essendo che era di nuovo in piedi.

- Ha i vestiti tutti bagnati, posso aiutarla sul serio se non fa troppo la smorfiosa- Aveva attaccato Tom. Per una volta che voleva essere gentile, non c'era proprio verso!

- Io? Smorfiosa!?- Thomas sospirò. Che seccatura.

- Tenga questo- Le passò il proprio ombrello. - E adesso se si fida abbastanza, potrebbe seguirmi cortesemente?- Ai momenti si dovette anche inchinare.

- Ma chi è lei?-

- Posso rigirare la domanda?-

- Io mi chiamo Heidi...- Allora Tom fermò il suo passo e la guardò meglio. Ma come aveva fatto a non essersene accorto prima?

- Ma lei è...Heidi Klum?-

- Ssssshhh!!-

- Ok, ok...- Alzò le mani come in segno di resa data la sua reazione molto spigliata.

- Non deve saperlo nessuno!-

- Stai tranquilla, anche io sono in incognito...mi chiamo Tom Kaulitz-

- Quel Tom Kaulitz!?-

- Sssshhhh!!!- Ecco, gli aveva reso pan per focaccia. Lei rise.

- Scusami- Wow era molto bella quando sorrideva, anche se non riusciva a vederle molto bene gli occhi a causa delle lenti. - Comunque io amo troppo le canzoni che scrivi, ultimamente non ascolto altro- Ammise arrossendo.

- Mi fa molto piacere...ah, siamo arrivati. E' il miglior negozio di vestiti che conosco a Los Angeles, e dubito che tu non abbia soldi, quindi...- Lei si avvicinò un po' troppo tirando fuori una carta di credito sfoderando un sorriso ammiccante.

- Già, non mi mancano- Aveva un profumo veramente pesante, ma buono. Se non si fosse avvicinata così tanto, molto probabilmente lo avrebbe gradito di più.

- Allora ti saluto, che sono di fretta-

- Aspetta! Lasciami il tuo numero, magari possiamo risentirci più avanti...ormai credo che possiamo considerarci amici, possiamo invitarci ai vari eventi...vedi tu, ti va?- Lì per lì a Thomas non parve una cosa sbagliata, che cosa sarebbe potuto accadere di sbagliato? Era sicuro di sé stesso, delle scelte che aveva fatto, e si era capito che era sicuro anche di questa nel momento che infilò una mano in tasca prendendo il proprio cellulare segnandosi il numero della ragazza e lei il suo. - Allora ciao e grazie, Tom- Detto questo sparì lei e il suo profumo dentro il negozio. Aveva un'amica adesso? Un'amica? Seriamente? Poi proprio Heidi Klum? Quella donna avrà avuto circa una quarantina d'anni nonostante ne dimostrasse molto meno dato il suo essere affascinante. Comunque si era distratto abbastanza, adesso doveva solo trovare Pumba. Improvvisamente sentì un abbaio e si girò.

- PUMBA!- Si mise in ginocchio ignorando il fatto che il suolo fosse bagnato per abbracciarlo forte e riempirlo di coccole. - Ma dove accidenti eri finito?- Come se Pumba avesse capito la sua domanda, sembrò voltare lo sguardo accanto a lui. Vide una cagnetta leggermente più piccola ma della stessa razza del proprio. - Aaahh, capisco- Tuttavia dovette controllare se aveva la medaglietta per vedere se apparteneva a qualcuno, ma non era per niente così. Sembrava randagia esattamente come lo era Pumba. - Ma in questa città è un vizio abbandonare i bulldog inglesi- Disse ridendo. - Venite dai, che è ora di tornare a casa- Mentre si stava incamminando seguito dalle due bestiole, il suo sguardo si fece cupo, come se non avesse voglia di rientrare, di tornare dalla persona alla quale cinque anni prima aveva chiesto la mano. Non sapeva perché, ma sentiva un po' di nostalgia della propria...libertà? La parola sposato credeva che non avrebbe mai fatto parte del suo vocabolario, ma quella sera lui era sicuro di chiederglielo, non poteva farsi venire a noia tutto subito, sennò dove stava il sentimento? L'amore che aveva detto di provare? Si diede un colpo in testa. - Ma che accidenti sto dicendo?- Sussurrò pentendosi di aver anche solo sfiorato una cosa del genere. Appena rientrò in casa, vide Bill intento a preparare da mangiare come meglio gli riusciva, ma si staccò dai fornelli non appena vide Pumba rientrare. Si gettò letteralmente sul pavimento riempiendo di baci il proprio cucciolo.

- Amore mio, dove sei stato?- Si sentì un altro debole abbaio, e non appena Bill vide la piccola cagnetta gli si formarono occhi a forma di cuore sul viso. - BELLINA! Oddio che amore!-

- Grazie per aver salutato tuo marito- Disse Tom passandogli accanto con aria pareva seccata. Bill dovette scusarsi per questa mancanza riconosciuta, ma non comprendeva un atteggiamento così esagerato.

- Tom...c'è qualcosa che non va?-

- No, niente, anzi...se vuoi possiamo tenere anche lei-

- Davvero!?- Era come se ci sperasse ad una cosa del genere. Saltò sulle sue spalle baciandogli il collo. - Grazie, grazie, grazie!- Tom avvertì un odore di bruciato.

- Bill, ma...-

- ODDIO!- Corse in cucina, e c'era un incendio in corso. Il mangiare aveva preso fuoco, cominciò ad urlare il nome di Thomas che accorse immediatamente lanciando dell'acqua sul fuoco. Tuttavia la scena era stata parecchio comica, quindi ad entrambi era venuto da ridere. - Beh, ordiniamo qualcosa- Se ne andò saltellando a chiamare qualcuno al quale poter ordinare qualcosa di commestibile. Tom si occupò del disastro...e pensò a come aveva reagito con Bill. Si sentiva uno stupido, ma cosa gli stava prendendo? Lanciò lo straccio con il quale stava pulendo.

- Fanculo!- Imprecò. Stava respirando affannosamente. Improvvisamente sentì delle mani massaggiargli la schiena.

- Che cosa succede, Tom?-

- Nulla...-

- Sei così teso...- Le sue mani si stavano dirigendo in tutti i punti più raggiungibili, tra i quali dietro il collo che prese delicatamente a baciare. - Rilassati un po', parliamone-

- Non ho nulla di cui parlare, Bill-

- Allora perché ti comporti così?- Che spiegazioni avrebbe dovuto dargli? Non sapeva nemmeno lui il motivo del suo comportamento. Era come se non potesse controllarsi e le parole uscissero da sole. Doveva controllarsi, Bill non c'entrava niente...o forse sì, ma non doveva saperlo.

- Sono solo stanco, oggi è stato parecchio asfissiante come giorno, e poi penso di aver contratto qualcosa, sai, stare sotto la pioggia non fa bene!- Voleva provare a calmarsi, ma aveva nuovamente rovesciato la situazione.

- Oh! Ti calmi!? Ti avevo chiesto semplicemente di andare a cercare Pumba!-

- Tu me lo hai imposto!-

- E beh!? Avevi intenzione di rifiutare!?- No, così non andava bene, stavano cominciando a discutere, e a Tom non piaceva discutere con Bill, non gli era mai piaciuto. Poi non è che avessero mai discusso per cose di cui valesse davvero la pena farlo, ma questa probabilmente avrebbe preso una brutta piega.

- No, ma mi irrita il tuo atteggiamento!- Perché non riusciva a darsi un contegno?

- Se ti irrito così tanto, allora perché mi hai sposato?- Purtroppo in una situazione del genere una domanda come questa non faceva una piega.

- Andiamo, non ingigantire le cose...-

- Io ingigantisco le cose!? Mio marito torna a casa, mi risponde con tono storto, gli chiedo di risolvere e continua ad aggredire, che dovrei pensare!?-

- Lasciami in pace, stasera non va proprio, Bill- Volle chiuderla subito, non voleva continuare ancora per molto.

- Ed io che volevo chiederti...no, lasciamo stare- Se ne andò, ma la curiosità prese il sopravvento e Thomas lo fermò.

- Cosa?-

- Nulla, davvero, adesso lasciami andare, Tom!- Gridò le ultime parole liberandosi dalla sua presa e correndo via. Stava piangendo. Thomas si lasciò cadere su una sedia con la testa tra le mani.

- Sei uno stupido idiota, fai schifo!- Si disse da solo. Non sopportava l'idea di aver fatto piangere Bill. Dopo un po' sentì suonare al campanello. Era il ragazzo delle consegne, che lasciò la roba, e, dopo aver preso i soldi, se ne era andato via togliendo il disturbo. Tom non pensò neanche di chiedere a Bill di mangiare, era sicuramente chiuso in stanza o nel bagno a piangere. In realtà non era in nessuno dei due. Era nel garage dietro casa almeno poteva godere di un po' di solitudine e sfogarsi. Sentì la porta aprirsi, e inizialmente si spaventò, ma poi vide entrare Pumba. Questo si prese la libertà di stendersi sulle sue gambe con tentativo di consolarlo. Bill cominciò ad accarezzarlo e nel mentre gli saltò all'occhio la fede al dito. Pumba alzò la testa leccandola insistentemente, come per dirgli di perdonare Tom.

- Amore, tu non puoi capire- Pumba emise un breve ringhio di disapprovo. - Ah, già...adesso anche tu sei impegnato. Ma per voi cani è diverso- Si chinò e gli baciò la testa. - Ti amo tantissimo, Pumbi- Se lo strinse fortissimo a sé. Era così morbido e bello. Era come se fosse Pumba ad abbracciarlo e la sensazione era stupenda. - Pumba io...volevo chiedere a Tom una cosa, ma lo farò solo se tu sarai d'accordo, ok?- Pumbi si accoccolò ancora di più aspettando la proposta. - Volevo chiedergli...se vorrebbe adottare un bambino, io e lui...se insomma si sentiva pronto- Pumba rimase molto attento. - Però visto come stanno andando le cose...vabbè, posso chiederglielo per vedere la sua reazione, quello che ha intenzione di fare. Prima o poi sarebbe dovuto accadere, no?- Pumba fece gli occhioni cominciando a mugolare. - Tranquillo, piccolo, non mi scorderò di te solo perché avrai un fratellino...sempre se succederà, vediamo un po' la reazione di tuo padre- Per quel poco che poteva, il cane scondinzolò contento della sua risposta. - Senti Pumbi...- Alzò le orecchie. - Ma un maschio...non c'è proprio verso che possa rimanere incinto?-

No, Maria, io esco.

***

Intanto Tom era seduto in salotto con una birra in mano. Non voleva assolutamente assumere dei super alcolici, voleva soltanto bere per distrarsi un po' e per rimettere a lucido i propri pensieri. Appena aveva visto Bill piangere gli si era formato un groppo alla gola assurdo, che tutt'ora neanche il liquido che immetteva nel proprio corpo riusciva a sciogliere. Poi sentì la porta sul retro aprirsi e vide entrare appunto Bill che senza pensarci due volte si sedette accanto a lui.

- Ascolta, non parlare se non vuoi parlare, ma non cercare di scappare in questo modo...provochi solo ferite sul cuore di chi ne ha già avute abbastanza- Queste parole gli avevano fatto più male di qualsiasi lama o proiettile di pistola che qualcuno avrebbe potuto piantargli in petto.

- Bill, io...-

- No, lasciami finire- Ogni tanto singhiozzava con il respiro dato il fatto che aveva appena pianto. - Adesso starai per dirmi che non era quello che volevi, che mi ami più di qualsiasi altra cosa, insomma starai per fare uno dei tuoi bei discorsi che incantano le persone e le fanno cascare ai tuoi piedi...ma io non ho alcuna intenzione di subire altro dolore, soprattutto dalla persona alla quale ho giurato fedeltà eterna, soprattutto da chi prendendomi per mano mi ha detto "lo voglio"...- Una lacrima calda si era fermata sulla sua guancia. - Io vorrei dialogare con te, vorrei parlarti...ma oggi sei stato così distante, così distaccato e rude e...mi hai fatto male come non credevo potesse mai succedere- Tom in quel momento si sentiva così uno schifo, che avrebbe fatto di tutto pur di riconquistare Bill, ma purtroppo qualcosa lo fece trattenere, qualcosa che forse avrebbe solo peggiorato le cose. Il suo cellulare suonò una notifica di un messaggio. Lo schermo si accese rivelando il nome di una certa "Heidi". Bill fu veloce e lo afferrò. In quel messaggio c'era scritto un semplice: "Ciao, Tom. Domani sono libera, prenderesti un caffè con me?". Nulla di più, ma a Bill bastava. - Chi è Heidi?- Chiese con voce tremante.

- Una mia amica, l'ho incontrata oggi- Non se la sentiva di mentire.

- Cosa c'è stato tra voi due?- Chiese sempre con quella calma preoccupante.

- Nulla, due parole...-

- Allora perché ha il tuo numero?-

- E' una famosa modella, siamo entrambi persone importanti...-

- E questo cosa c'entra TOM!?-

- Non mi è sembrata una cosa sbagliata, non vedo perché farne una tragedia...- In quel momento Bill capì, ma aveva paura di dirlo.

- Tu...tu ti stai comportando in questo modo...da quando sei tornato a casa...quindi da dopo che l'hai incontrata...- Ricollegare i pezzi tutti insieme non era poi così difficile. Si alzò di colpo e non dette neanche il tempo a Thomas di capire cosa stava succedendo che gli mollò un ceffone in pieno viso. - Tu...sei un bastardo! Non posso crederci, mi tratti in questo modo per lei!? Chi è lei per te, eh!? L'hai conosciuta solo da qualche ora e ti prendi certe libertà verso TUO marito!-

- Bill, non è come pensi-

- Zitto, ah e digli pure di sì a quella...argh!- Se ne andò ringhiando di rabbia per non dire parole sconvenienti. - Vado a letto, ciao!- Così dicendo, sbatté la porta della propria stanza. Tom sospirò. Doveva assolutamente chiarire, non poteva sopportare una situazione del genere. Heidi non era niente per lui, neanche un'amica. La notizia delle sue nozze con Bill si era diffusa da tempo immemore, quindi non c'era verso che lei non ne fosse a conoscienza e ugualmente gli aveva proposto un'uscita che sicuramente poteva avere anche un secondo fine visto il suo comportamento ambiguo di quel giorno. Si alzò dal divano incontrando Pumba insieme alla sua compagna. Si abbassò per accarezzarli.

- Vi amo entrambi- Quei cani erano speciali. Se non ci fossero stati, avrebbero forse trovato un altro modo peggiore per consolarsi o per calmare gli spiriti.

***

La sua risata che faceva venire la pelle d'oca, i suoi occhi rossi come le fiamme infernali e quella violenza inaudita.

"E' l'ora, principessa" Diceva con un accentino in mano. Quella scintilla così piccola e letale, proprio come quella siringa il quale ago stava colando di un liquido trasparente.

"No!" Era seduto sul pavimento lercio, legato con delle manette di ferro. Cercava di divincolarsi, ma Andreas lo prese per i capelli tirandoli forte da scoprire il candido collo. Appoggiò la punta dell'ago. "No, non puoi.." Se gliel'avesse iniettata nel collo sarebbe morto all'istante.

"Allora fai il bravo, voglio solo divertirmi un po' con te. E' così bello vederto così innocente, così debole, impaurito e indifeso" Era sporco addosso per quante volte era stato riversato al suolo dalle percosse che aveva subito. "E poi Tom hai pensato a come reagirebbe sapendo che il suo ragazzo è morto? Quindi cerca di non fare scherzi o altrimenti..." Avvicinò l'accendino così tanto da bruciare le punte nonostante la fiamma non le avesse neanche sfiorate. "Ti faccio bruciare e diventare cenere, ci siamo intesi!?" Tremante, annuì. Andreas gli prese il bracciò avvicinando l'ago alla sua pelle ormai sfigurata e piena di lividi, e proprio in uno di quelli inserì la punta. Bill, man mano che il liquido stava scorrendo nelle sue vene, si sentì sempre più intorpidito, sempre più debole, e prima di chiudere gli occhi, l'ultima cosa che vide furono proprio quelli sanguinei di Andreas...

Si svegliò con il fiatone. Era notte e c'era silenzio in quella stanza. Si mise a sedere sul materasso e si accorse di avere il viso bagnato di lacrime. Era stato solo un brutto sogno per fortuna. Si ridistese appurando che la figura di Tom era accanto a lui. Improvvisamente si ricordò della discussione che avevano avuto e lasciò liberare i suoi occhi che chiuse prendendo a singhiozzare piano. Non sapeva cosa stava provando, se paura o delusione. Forse entrambe. Poi percepì qualcosa sulle sue labbra, qualcosa di morbido, ma ne aveva fottutamente bisogno. In quel momento non gli interessava capire cosa stava succedendo. Chiuse gli occhi lasciando le proprie labbra agire da sole. Solo dopo si accorse che era Tom che lo stava baciando vedendolo in lacrime. Lo stava tenendo con un braccio stretto al suo petto nudo. I loro occhi si stavano parlando da soli, come i loro corpi non appena essi vennero a contatto. I baci continuarono sempre più vogliosi e fogosi. Bill si mise sopra Tom, ma questo ribaltò subito le posizioni cominciando a mordergli il collo e l'addome leggermente. Stava andando sempre più giù fino anche non lo aiutò a denudarsi del tutto. I gemiti presero il sopravvento in quella stanza soprattutto nel momento in cui Thomas era entrato in lui. Lo aveva fatto dolcemente, come tutte le altre volte, ma poi aveva preso un ritmo deciso e sempre più ritmato.

- Tom..!!!..Tom...- Bill lo stava invocando sempre più desideroso, ciò stava a significare solo una cosa. Aumentò la velocità delle spinte dentro il suo corpo. Dopo qualche minuto vennero insieme ricadendo sul letto con il fiato pesante. Thomas accarezzò quel viso angelico baciandone ogni singola parte.

- Ti amo- Bill, nonostante gli mancasse il fiato ad entrambi, si gettò ancora sulle sue labbra un'ultima volta.

- Mi hai salvato ancora- Disse piangendo. - Ho sognato Andreas prima, era un incubo...tu sei con me- Lo abbracciò forte. Tom gli accarezzò i capelli sospirando.

- Mi dispiace per oggi, sul serio. Non so cosa mi sia preso, non so neanche perché...so solo che sono un'idiota...e che voglio te e nessun altro. Io morirei per te, se dovessi perderti non lo sopporterei. So che non volevi un grande discorso, ma mi sembrava giusto che prima delle parole venissero dimostrati i fatti- Disse ironicamente. Risero e dio santo quanto era bello il sorriso del suo fiore di luna. Ma come era possibile che fosse stato capace di dimenticarlo? E il bello è che era solo per lui...e per Pumba qualche volta, certo, ma quando rideva per qualcosa che aveva detto o fatto, era un'emozione indescrivibile per Thomas. Bill appoggiò la fronte sulla sua e tennero gli occhi chiusi per un po' fino a quando Tom si ricordò di una cosa. - Bill, ma...non dovevi dirmi una cosa?- Improvvisamente un flash attraversò la mente di Bill e gli venne in testa quello che voleva chiedergli.

- Io...pensavo di...ti andrebbe di...insomma di...- Possibile che non riusciva a dirlo? Ormai c'era, doveva buttarsi. - Avere un bambino...con me?- La reazione di Tom fu sgranare gli occhi quasi come se gli dovessero occupare tutto il viso.

- Un bambino...con te?- Bill annuì.

- La mia era solo una proposta, lo adotteremo...ma se non sei pronto, puoi dirmelo tranquillamente-

- Ma perché questa scelta?-

- Io non ho scelto ancora niente, è solo un bisogno che sento. Mi piacerebbe, e l'ho sognato da sempre, ma aspettavo il momento giusto per potertelo dire, aspettavo che potessimo avere un'età che ce lo consentisse in tutti i sensi. Io non voglio obbligarti, diventare padre...e intendo realmente padre...non è facile, ne sono consapevole, e so anche che questa non è una questione di tentare, perché non si può tentare o provare ad essere genitori, ma esserlo a tutti gli effetti...magari inciampando qualche volta perché non possiamo essere perfetti, ma essere decisi in quello che forse intraprenderemo. Sempre insieme, solo che invece di essere in due, saremo in tre- Lasciò a Tom il tempo di riflettere. Non era una decisione che andava presa alla leggera, ma proprio per niente! Thomas non sapeva se si sentiva pronto, ma d'altro canto nemmeno Bill era sicuro. Nessuno dei due aveva mai avuto esperienze prima, ma nessuno genitore sa o no di essere in grado finché non si ritrova il pargolo tra le braccia. Sospirò lasciando scorrere un altro po' di silenzio mentre osservava gli occhi marroni di Bill.

- Lo vuoi davvero?-

- Solo se lo vuoi anche tu, è una cosa che coinvolgerebbe entrambi, e inoltre influirebbe con la nostra carriera, ma sai che ti dico? Per un figlio con te, posso scalfire un minimo quello che insieme abbiamo costruito, perché alla fine il mio sogno non era avere tanti soldi, la macchina e la casa di lusso...ma di poter avere una semplice vita con te...e magari con una terza persona, ma questo non posso dirlo da solo- Thomas abbassò lo sguardo e accarezzò l'addome di Bill.

- Allora? Quando me lo fai?- Scoppiarono nuovamente a ridere, era stata una battuta tenera sinceramente.

- Accetti?- Tom gli prese il viso tra le mani stampandogli un grosso bacio.

- Sì-

Continua...

NEL PROSSIMO CAPITO..!

No, ho sbagliato, ahah. Non ci saranno più trailer da questo momento in poi perché la storia si sta avvicinando alla fine e quindi meglio terminare qui che non mi piace spoilerare un finale ormai prossimo. Non dico che il prossimo capitolo sia l'ultimo, ma insomma ci siamo capiti. Bill e Tom hanno deciso di adottare un bambino...la trovo una cosa così CUTE!! Voi cosa ne pensate? Ci terrei a saperlo.

Hijikatasouji <3

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Capitolo 23
*** 23. Various types of puppies ***


23. Various types of puppies


Gli istituti per adozione sembravano semplici uffici, questo perché ovviamente non tengono di certo i bambini lì con loro ma sono in contatto con associazioni e vari posti che se ne occupa prima che una coppia ne richieda uno. Era l'ennesima visita che facevano, ma adottare un bambino richiedeva una procedura abbastanza lunga e complessa. Bill e Tom firmarono tutti i documenti necessari, e più volte era necessario dichiarare le stesse informazioni. Per fortuna in America era legale avere un figlio anche essendo una coppia omosessuale. Cioè, in realtà di avere un figlio più che l'idea di uno stato, bisognava tenere in considerazione l'idea delle persone, ma a Tom e Bill questo non interessava. Soprattutto dopo che videro...chi era loro destinato.

-Prego, seguitemi- Aveva detto la donna dell'associazione incamminandosi in una direzione. Il posto teneva un grande spazio aperto, con dei bei giardini ben tenuti, ed era proprio lì che li aveva condotti. Essa balzò quando vide la creatura, ma non per essa, ma per quello che stava facendo. Era senza sorveglianza e aveva attivato il tubo della pomba dell'acqua cominciando a bagnarsi tutto. - Accidenti!- Tom si diresse a chiudere il rubinetto in fretta, ma ormai il bambino era fradicio. - Ci dispiace molto, avrebbe dovuto esserci un nostro socio a tenerlo d'occhio aspettando il vostro arrivo. Per fortuna non è successo nulla di grave, comunque lui si chiama Joshua, ha quasi quattro anni, e il resto dei dati sono scritti qui, ma sicuramente di molte cose ne sarete già a conoscenza- Porse loro una cartella che più che altro fu Tom ad afferrare essendo che Bill si era già gettato sulla creatura. Per modo di dire, certo. Si era chinato per arrivare alla sua altezza. Era biondo e con gli occhi castano chiaro, e la pelle candida contornata da guanciotte paffutelle e rosse.

- Ciao- Il piccolo sorrise a vedere Bill, come se lo conoscesse da sempre. Poverino, in fondo non aveva ancora l'età per capire. Chissà quanto aveva dovuto affrontare per arrivare dove era adesso. - Io mi chiamo Bill-

- Josua- Aveva detto incapace di pronunciare bene la sh. Adorabile. Poi si era chinato raccogliendo una margherita dal prato e porgendogliela.

- Per me?- Joshua annuì e Bill la afferrò arrossendo dalla tenerezza della cosa. - Grazie, è molto bella-

- Io vi lascio familiarizzare un po', basta che ci comunicate quando lo portate a casa- Disse la donna prima di andarsene.

- A casa?- Aveva domandato Joshua. Anche Tom si era chinato per guardarlo meglio. Era una sensazione strana quella che si stava creando dentro di lui ad osservare i lineamenti di quel bambino. Era strano il sentimento che si provava a sapere che quello sarà tuo figlio.

- Sì, verrai a stare da noi- Disse prendendogli un braccino con delicatezza. Aveva la pelle così morbida che gli fece per un istante provare un brivido.

- Come ti chiami?- Domandò.

- Ah, scusami, io sono Tom-

- E chi è il mio papà?- Saggia domanda. I due si squadrarono per un momento, giusto per leggere l'uno negli occhi dell'altro una possibile risposta.

- Ehm...entrambi-

- Ho due papà...?- Giustamente era confuso, non era una cosa da tutti e poi era così piccolo che era comprensibile non capisse.

- Capirai quando crescerai- Rispose Tom per abbozzarla, anche perché non voleva che andasse in confusione per questo argomento che non era il momento giusto per affrontarlo.

- Allora andiamo?- Disse Bill impaziente. Si diressero dentro la struttura con Joshua comunicando la loro dipartita. Dovettero compilare gli ultimi documenti e poi si caricarono in macchina. Tom alla guida, e Bill dietro con Joshua. Bill sembrava proprio destinato ad avere a che fare con i bambini, perché sapeva familiarizzarci in modo assurdo. Era adorabile, ci giocava, li faceva ridere, e li coccolava. Tanto che durante il viaggio il piccolo Joshua era ceduto addormentandosi tra le braccia di Bill. - Tom...a cosa pensi?-

- Niente...siete stupendi- Disse osservando per un istante lo specchietto giusto per vedere la reazione di Bill alla sua risposta, che fu un timido sorriso.

- Prima eri un po' a disagio-

- Ma che dici?-

- Eddai, pensi che non l'abbia capito? Riguardo alla questione dei due papà...-

- Eh, può darsi un pochino...cioè è ancora piccolo, ed è normale che da quella età gli è stato impartito lo stereotipo mamma e papà, e non sto dicendo sia sbagliato, anzi...ma il fatto è che forse per lui sarà più difficile- Bill non rispose capendo cosa voleva intendere, ma il problema non erano né lui né Tom, insomma il problema non era la loro coppia in generale, ma le persone con le zucche vuote, e quelle, omofobe o non omofobe, ci sono, e sicuramente Joshua le avrebbe incontrate per alcuni motivi o per altri. Inoltre aveva percepito una cosa dentro di lui, un qualcosa di non positivo, e quindi non valeva la pena ribattere...magari Joshua non avrebbe avuto di questi problemi. Gli scese una lacrima che si asciugò in fretta, poco prima che cadesse e potesse posarsi sul corpicino adagiato su di lui e che Tom la vedesse. Quando arrivarono, ci pensò Tom a tenere in braccio Joshua su sua richiesta. Era tardo pomeriggio e lo misero a dormire sul letto preparato appositamente per lui. Poco dopo, sentirono suonare il campanello ed andarono ad aprire. Con loro grande sorpresa notarono proprio una persona gradita alla porta e non i paparazzi che si aspettavano dopo una notizia che già aveva preso piede sul web.

- Potete dire allo chauffeur buttafuori di essere un po' più delicato? Ho dovuto contrattare!-

- GEORG!- Bill lo abbracciò. Il suo più grande amico, gli mancava tantissimo.

- Ciao Bill, ciao Tom- Si abbracciarono tutti insieme fortissimi.

- Come mai qui?-

- Ho dei bagagli con me e questo per chiedervi se posso rimanere da voi per un po', per qualche mese, anche per conoscere...il bambino- Bill non rifiutò di certo, anzi, era contento del fatto che fosse lì, e anche Tom che lo accolse dicendo queste parole.

- Certo, Pumba sarà fiero di accoglierti nella sua cuccia- Facendo ridere i presenti, ma Georg tornò subito serio.

- Sei serio?-

- Ti sembro uno che scherza?-

- Ehm...eheh...- Ci furono intensi scambi di sguardi. - Hmm...- Bill ai momenti si stava mettendo a calcolare i minuti, neanche fosse stato un quesito al quale solo Einstein sarebbe stato in grado di trovare una risposta. - Ehm...forse- E finalmente ce l'aveva fatta. - Adesso posso entrare?-

- Ma se dormi fuori!-

- Smettila, Tom!- Gli diede una pacca Bill. - Certo, entra- Georg si guardò subito attorno. Era enorme quella casa, ma chissà come mai c'erano solo due stanze da letto. Forse quella grande enormità era data dall'ampio ingresso che includeva il salotto e la sala da pranzo all inclusive.

- Wow, ed io dove dormo?- Tom gli indicò il divano.

- Scusaci, ma non eravamo preparati all'arrivo di un secondo figlio-

- Ah-ah, spiritoso-

- Joshua sta dormendo, tu sistemati pure. Puoi mettere i tuoi vestiti in questi cassetti qui e farti una doccia se vuoi- Certo che l'accoglienza di Bill era proprio da invidiare. Georg sorrise annuendo e ringraziando, per poi chiudersi in bagno. - E chi se lo aspettava?- Disse Bill sospirando sempre con la risata in volto. Si misero insieme a cucinare, e quando Georg uscì e li vide rimase come incantato ad osservare la loro complicità e ne ebbe invidia per un istante. Erano bellissimi. Quanto poteva essere bello amare una persona? Una sensazione sicuramente meravigliosa. - Eccolo!- Lo notò sull'uscio della porta. - Vieni, siediti pure, tu Tom vai a svegliare il piccolo Joshua, speriamo che abbia fame- Thomas si diresse nella camera del piccolo dando il cambio a Georg nella cucina. Aprì lentamente per non destarlo in maniera troppo brusca. Si avvicinò con cautela mentre lo sentiva respirare nella penombra. Era cute quel corpicino il quale pancino faceva su e giù. Quasi quasi gli dispiaceva svegliarlo.

- Amore- Lo chiamò piano. Mai aveva detto quella parola rivolta ad altri individui fuorché a Bill. Il piccolo reagì piano piano cominciando a mugolare leggermente. - Nono, ssshhh, c'è il papà qui- Ma che gli stava prendendo? Si era definito papà da solo...e gli era piaciuta la sensazione che aveva percepito al suo cuore. Così forte. Lo accarezzò con la mano lasciandogli tutto il tempo di riprendersi. Aveva smesso di mugolare infatti.

- Papà...- Quegli occhioni...no, Tom non poteva resistere. Andiamo, nessuno avrebbe mai potuto farcela.

- Sì?- Gli brontolò lo stomaco. - Hai fame?- Joshua annuì lasciandosi prendere in braccio. - Dopo fai la nanna, adesso andiamo a mangiare- Inutile dire che quando comparve nella cucina. Bill glielo rubò.

- Eccoloooo- Lo prese in braccio mettendolo a sedere. Era ancora un po' stordito il piccolo Joshua, ma riuscì a mettere a fuoco tutte le figure attorno a lui.

- Ciao Joshua- Disse Georg subito osservato con curiosità dal diretto interessato. - Io mi chiamo Georg...sono...ehm...lo zio-

- Lo tio?-

- Sì, lo tio-

- E da quando in qua?- Si intromise Tom.

- Zitto tu- In poco tempo si era organizzata una bella famigliola e Joshua non si era trovato così male. Bill non gli faceva mai mancare niente riguardo ad attenzioni, anche le più minime. Tom ugualmente, ma era meno apprensivo. Riguardo a Georg, lui era contento per loro e per quello che insieme erano riusciti finalmente ad avere.

***

- Joshua, è ora di andare a letto- Bill si avvicinò al divano parandosi proprio davanti alla televisione dove Tom, Georg e il piccolo Joshua stavano allegramente guardando la partita, e per quanto Bill fosse uno stecchino, non era gradito ai due maggiorenni tale gesto. Tuttavia il piccolo si attaccò morbosamente a Georg.

- No!- Si era impuntato. Bill sospirò grattandosi la nuca pensando ad una soluzione. Intanto Georg e Tom si stavano contorcendo provando le posizioni più assurde pur di cercare di vedere qualcosa allo schermo. Poi Bill schioccò le dita.

- Perché no? Io volevo leggerti delle favole della buona notte...- Disse con vocina che avrebbe inquietato un adulto, ma per un bambino andava più che bene. Infatti Joshua scattò sull'attenti.

- Ok, ma voglio quelle con gli animali- E quello che diceva lui ormai era legge. Bill lo prese per mano portandolo via proprio nel momento che la squadra per la quale i due rimasti stavano tifando, aveva segnato il goal.

- NOOOOO! CE LO SIAMO PERSO!- Gridò Georg. Thomas gli appoggiò una mano sulla spalla.

- Qui in casa è così, non ho mai visto una partita in pace- Disse con una nota di scherzo nella voce e prendendo una bottiglia di birra dal mobile dove le aveva appoggiate. - Con Bill soprattutto quando...- Cominciò a fare dei gesti con le mani che lasciavano ben intendere i pensieri perversi della sua mente. -Beh, non importa che vada nei dettagli, no?- Georg aveva già capito il motivo di tale mancanza di calcio televisivo. Beh, in effetti non poteva dire che Bill non fosse attraente, sarebbe stata una bestemmia bella e buona!

***

- ...E alla fine tutti gli animali se ne tornarono contenti alle loro fattorie dopo la grande avventura che avevano vissuto insieme- Si era inventato una storiella lì sul momento essendo che aveva letto ben due/tre libri per bambini e neanche uno aveva fatto addormentare Joshua, così aveva dovuto improvvisare un racconto lungo quanto necessario per far chiudere le palpebre al piccolo. Spostò meglio la coperta in modo che potesse coprire meglio Joshua che finalmente si era appisolato su di lui, le piccole braccia che avvolgevano i suoi fianchi e la testa appoggiata sul suo addome. Bill provò ad alzarsi con tutta la delicatezza possibile per non svegliarlo, quando ad un certo punto sentì una parola.

- Mamma...- Joshua lo aveva detto nel sonno per poi lasciare cadere qualche lacrima. A Bill gli venne il cuore piccolissimo a vederlo così. Non gli piaceva veder piangere i bambini, ben che meno il bambino che era diventato suo figlio.

- Ehi- Si voltò e sobbalzò al vedere Tom. - Tranquillo, sono io- Poi guardò Joshua. - Che ha?-

- Penso che stia sognando sua mamma, non lo so. Ha detto 'mamma' e adesso sta piangendo nel sonno, io...-

- Mamma Bill- Questa volta aveva aggiunto anche il suo nome, ma come è possibile? Poi gli venne un aneddoto in mente. Quando i genitori di Joshua morirono lui era troppo piccolo, e di conseguenza non era in grado di ricordare.

- Mamma Bill?- Ripeté Tom.

- Sì...- Affermò Bill, ma come se fosse in un'altra dimensione. Perché Joshua stava piangendo e lo stava chiamando in quel modo? Che stesse sognando una cosa brutta che lo riguardava? No...nessuno lo sapeva, quindi...

- Bill? Non preoccuparti, rimango io, tu vai a letto, sarai stanco- Il ragazzo non poté fare altro che dargli ascolto e lo ringraziò per questo con un bacio sulle labbra. Lasciò la stanza con il sorriso al vedere Tom che cercava di infilarsi nel letto senza destare Joshua e poi tenerlo stretto a sé cullandolo.

- Sarai un padre meraviglioso...-

***

Mugolii. Continui mugolii lo destarono quella mattina. Aprì gli occhi di colpo trovandosi avanti la cagnetta che gli stava leccando la mano e appunto producendo quei mugolii.

- Cosa succede?- Beh, in effetti non pareva stare bene. Magari doveva andare dal veterinario. Le accarezzò la testa per poi guardare che ore fossero. - Sì, è aperto l'ambulatorio- Si alzò andando dall'altra parte del letto scuotendo leggermente Tom. - Devo uscire, la cagnetta non sta bene- Thomas con la voce ancora impastata dal sonno cercò di formulare qualche domanda.

- Che cosa ha?-

- Questo non lo so, ma non smette di mugolare e non so davvero cosa possa essere-

- Aspetta, adesso mi alzo e vengo anche io con Pumba, tanto c'è Georg con Joshua, sarà meglio avvesarlo- Si alzò dal materasso andando a svegliare 'dolcemente' lo zio come suo solito per dirgli tale cosa, poi si caricarono in macchina dirigendosi verso gli studi veterinari. Di mattina solitamente non c'era molta gente, non così presto, così poterono entrare subito. Bill non espose il problema, non sapendo neanche lui di cosa si trattasse, ma dichiarò di non averla vista in saluto e il fatto che mugolasse senza smettere. La veterinaria cominciò una visita generale controllando di tutto e un po'.

- Sembra perfettamente in salute, e posso dirvi che il mugolare così tanto è solo un modo per attirare l'attenzione, ve lo posso assicurare, solo che ovviamente non lo fa a caso, c'è un motivo...- Si voltò prendendo un attrezzo che collegò ad uno schermo. - Sarà meglio fare un'ecografia per controllare l'interno in maniera più accurata- Stese la cagnetta su un fianco cominciando a passargli un aggeggio sullo stomaco. Sul monitor si distinguevano immagini confuse, che solo un occhio di medico era in grado di interpretare il meglio possibile. - La cagnetta non è sterilizzata, no?- Chiese concentrata sullo schermo.

- No- Ammise Bill.

- Beh, allora vi posso dire che...è incinta- Come se a Bill fosse stata data una scossa, si sporse immediatamente verso la proiezione per vedere meglio. - Vede? Sono qui...uno, due, tre, quattro...quattro cuccioli sono visibili al momento! Il che significa che è in dolce attesa da almeno una o due settimane circa- Bill era rimasto come ipnotizzato. - Questa è la testa, che si vede bene, questo è il corpicino, ma ancora si devono formare tante cose- Spiegò mentre indicava. Bill si stava trattenendo dallo sclerare. Era euforico, si sentiva felice; mentre Tom prese in braccio Pumba come per far guardare anche a lui.

- Ti sei dato da fare, eh?- Gli disse facendo scoppiare l'ilarità generale che però non coinvolse il diretto interessato che si limitava soltanto a guardarsi intorno, come se non capisse la faccenda. - Congratulazioni-

- Sììì, congratulazioni Pumbi, e anche a te!- Bill riempì di baci entrambi, ma si fermò subito non appena gli venne alla mente una cosa. - Tom?-

- Sì?-

- E questi dove li mettiamo?- Non sarebbe stato di certo un problema per loro. Volendo avrebbero potuto affittare una parte di casa anche solo per i cani.

- C'è posto, d'altronde anche Pumba ha diritto ad avere figli- Certo, questo non lo metteva in dubbio, e anche volendo come avrebbe potuto? Il danno era fatto, ahah!

Continua...

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Capitolo 24
*** 24. All the flowers wither ***


24. All the flowers wither


Il sole stava splendendo e l'inverno era finito da un pezzo. La primavera per fortuna era cominciata senza ritardi. I fiori stavano popolando le aiutole e i prati, i giardini cominciavano ad essere più affollati, la città in generale con il suo gran chiasso. Los Angeles era sempre bellissima, la vita era bellissima. Joshua era cresciuto in quei pochi mesi. Su una colonna di casa la distanza tra una linietta nera all'altra era cambiata di qualche centimetro. Bill aveva questo rituale. Ogni mattina aveva preso l'abitudine di misurargli l'altezza e con un pennarello nero segnare fino a dove il piccolo arrivava, e gioiva tantissimo quando questa superava, anche se di poco, quella precedente. Gli diceva di quanto fosse cresciuto e finivano per ridere insieme. Georg invece lo portava spesso fuori per farlo scatenare. Giocava tantissimo con lui e non riusciva ad astenersi dal viziarlo, comprandogli qualsiasi cosa chiedesse, come se non avesse già tutto, ed era per questo che a Joshua piaceva tanto stare con Georg. Tom si occupava del lavoro dato che era quello che conosceva il campo e lo sapeva fare al meglio. Oltre a questo non faceva mai mancare le sue attenzioni a Bill e al resto della famiglia. Riguardo Pumba e Queenie, così avevano chiamato la cagnetta in dolce attesa, beh, la situazione andava migliorando. La gravidanza di Queenie veniva costantemente seguita dai padroni e dalla veterinaria che l'aveva diagnosticata, e avrebbe partorito a breve. Era tutto così perfetto, tutto così meraviglioso, che faceva invidia persino a chi aveva tanti soldi quanti ne avevano loro. D'altronde non erano nati ricchi, e avevano provato sulla loro pelle come era avere una vita normale, e la preferivano di più sinceramente. Tutto quel via vai di pensieri e pochi momenti intimi non facevano proprio per loro. Dovevano darsi una calmata, vivere una vita tranquilla, ed era proprio quello che stavano facendo.

- Joshua, non avere paura, ti prendo io- Bill tese le mani verso il bambino. Era nella piscina attendendo che il piccolo prendesse coraggio e si immergesse con lui, ma a quanto pareva non ne aveva ancora intenzione. - Ascolta, l'acqua non ti fa male, poi tengo con me- Joshua fece addirittura tre passi indietro. - Eddai, Joshua...- Sospirò. - Anche io avevo paura dell'acqua, ma...eh, vabbé adesso che ci tocco però è ovvio che non ho paura...- E la situazione sembrava essersi capovolta nella sua mente prendendo a parlare a sé stesso, rimuginando in parte sulla sua fobia dell'acqua, ed in parte su come convincere Joshua a mettere almeno i piedi. Venne distratto però da un onda tsunami che lo immerse bagnandogli i capelli. - Ecco, adesso ammazzerò chiunque abbia osato...- I capelli parvero riasciugarsi in fretta, ma questa era solo un'impressione data dalla testa di Bill che stava fumando di rabbia. Si voltò e vide riemergere Georg che aveva appena fatto un tuffo a bomba. Si avvicinò a lui lentamente, con i movimenti di uno squalo in agguato. Georg si voltò sorridendo.

- Oh, ciao, Bill...- Ma poi lo notò tutto mezzo. - Ehm...- "Allarme rosso! Allarme rosso!" Questo produceva la mente del ragazzo mentre gettava fugaci sguardi a Joshua che stava sempre a bordo piscina osservando la scena.

- Tu...-

- Mi dispiace, Bill...io, io...-

- Disgraziato...come hai osato...- Stava inevitabilmente per esplodere, doveva trovare un riparo. - I MIEI SPLENDIDI CAPELLI! TU, CHE CON UN CENCIO IN TESTA TI SEI PERMESSO DI FARE TALE OLTRAGGIO! A ME! CHE TI DO DA MANGIARE, DA DORMIRE...!- Era la prima volta che Georg si sentiva come un cane, dato che Bill gli parlava proprio come se avesse quelle sembianze. Il ragazzo rimase immobile, perché quando provò a muovere un passo, Bill strillò: - E ASCOLTAMI QUANDO TI PARLO!- Era tutto così comico che Joshua si mise a ridere, e perciò la discussione terminò. La sua risata faceva acquietare Bill.

- Cosa è tutto questo casino?- Invenne Tom come un razzo fuori da casa.

- Papà! Tio Georg ha baniato i capelli alla mamma- Disse andandogli vicino e tirandolo per il costume che si abbassò leggermente. Bill si morse il labbro, ma accorgendosene, si voltò dall'altra parte arrossendo all'istante.

- Ehi, che mi vuoi spogliare?- Lo riprese Tom ridendo. Poi lo afferrò da sotto le braccia tirandolo su. - Adesso ti va di andare a fare il bagnetto?-

- NO! HO PAURAAA!!- Cominciò a strillare ed a piangere. Bill e Georg si avvicinarono a bordo piscina per aiutarlo in questa difficile impresa. Doveva smetterla di avere paura dell'acqua, era grande ormai.

- Non fare così, vai da mamma Bill- Esso lo guardò storto e Tom rispose con un occhiolino. - Ti teniamo noi, su- Lo sollevò passandolo tra le braccia di Bill che lo prese delicatamente. Il suo corpicino tremava, che cucciolo!

- Ho...f...feddo- Disse. Era normale, doveva abituarsi all'acqua. Tom si sedette a bordo piscina e insieme a Bill crearono un cerchio dove Joshua poteva familiarizzare con il nuovo elemento. Dopo un po', cominciò a schizzare addosso ai genitori e rideva. Finalmente...ma i capelli di Bill non si salvarono neanche stavolta.

- Abbiamo troppi bambini, Bill- Lo prese in giro Tom facendo rientrare anche Georg nella battuta che rispose con una schizzata. Bill sorrise, lascio Joshua a Georg aggrappandosi al collo di Tom per tirarsi su aiutato dall'acqua e stampandogli un bacio sulle labbra. E poi un altro...e poi un altro...

- Oh! Se continuate create la squadra di calcio!- Li interruppe Georg. Per quanto la cosa fosse fisicamente impossibile, nessuno si trattenne dal ridere, nemmeno il piccolo Joshua che da quel momento in poi si divertì come un matto.

***

Avevano deciso di uscire quella sera di primavera. Era ancora freschino per non potersi permettere l'uso di un cappotto leggero. Volevano solo fare una passeggiata adesso che era abbastanza tardi. Bill era in bagno con Joshua e lo stava agghindando come se avesse dovuto fare da modello in una sfilata trasmessa in 25 paesi del mondo. Tom, il tipico ragazzo da "un paio di pantaloni dall'armadio, una maglia che non mi renda ridicolo e via!", così come Georg. Riguardo a Bill invece aveva cominciato a prepararsi qualche ora prima, ai momenti non partecipava neanche al rituale umano chiamato cena.

- Bene amore mio, sei pronto...oh no! Ho scordato il profumo!- Posò la spazzola con la quale fin'ora aveva pettinato i biondi capelli del bambino afferrando invece una boccetta e cominciando a dare spruzzate con nuvolette che si formavano a destra e a manca e che andavano a posarsi sugli indumenti di Joshua, che indubbiamente cercava di discostarsi per non sottostare a tale supplizio.

- Mamma! Non lo voglio!- Cercava di schiaffeggiarlo con le piccole manine, ma Bill non voleva sentire ragioni.

- Amore, oggi pomeriggio non hai voluto fare la doccia e sai di cloro dalla testa ai piedi. Ti ho detto che l'avresti fatta dopo questa passeggiata, ma non posso mandarti a giro senza provvedere!- Si mise le mani sui fianchi sfidando lo sguardo del piccolo Joshua che non esitava. - E' così che la mettiamo? Toooomm!!- Lo chiamò a gran voce. - Tuo figlio non vuole darmi retta!-

- Joshua, ascolta la mamma- Urlò dall'altra stanza mentre si abbottonava la camicia come se fosse programmata. Bill diceva una cosa del genere, lui doveva rispondere in questo modo, punto.

- Hai sentito? Quindi fai come dico io, senza storie- Gli mise le scarpe mentre Joshua gli teneva il broncio.

- Mamma cattiva!- Gli tirò i capelli.

- Joshua, ma come ti permetti!? Vuoi rimanere a casa?-

- Ehi, che succede qui?- Finalmente Tom era spuntato tutto vestito e profumato, tanto che Bill si fermò per un istante a guardarlo ma dovette riprendersi.

- Joshua fa il bambino cattivo! Mi ha tirato i capelli!- Anche Georg fece il suo ingresso. In quel bagno erano accorsi pure i cani, era leggermente troppo affollato.

- Joshua, si fa?- Gli chiese Tom alzando leggermente la voce per incutere un po' di timore al piccolo che indietreggiò mantenendo il broncio.

- La mamma...la mamma...- Continuava a ripetere quasi singhiozzando ma senza piangere. - Cusaaaaa- E alla fine era scoppiato facendosi arrossire il viso da come urlava. Bill sorrise teneramente e lo prese in braccio stampandogli un bacio sulla fronte.

- Non fa niente, amore- Improvvisamente sentirono dei lamenti, come un pianto di cane sommesso.

- Ehi, Tom! Bill!- Accorsero in salotto al richiamo di Georg che era anche abbastanza allarmante. Non gli servì molto per capire l'emergenza. Notarono Queenie sul tappeto e compresero che era arrivato il momento. - I veterinari non sono aperti a quest'ora!- Georg stava andando nel panico come se fosse a vivere la situazione in prima persona. - Come facciamo? Cosa facciamo? Ma soprattutto DOVE?!- Nel vedere Georg andare avanti e indietro ci fu un'intensa calma che fu spezzata da Joshua che ne chiese il motivo a Bill.

- Joshua, vuoi dare una mano alla mamma?-

- Pecché?- Giustamente continuava a non capire.

- Stanno nascendo i cuccioli, e non posso farcela da solo. I maschi lasciamoli fuori- Disse con disinvoltura ignorando praticamente il sesso del bambino che aveva davanti. Si diresse verso Queenie intimando a Tom e Georg di portare via Pumba e lasciarli soli. Tom e Georg non se la sentirono di disobbedire anche perché era un momento delicato e non era proprio il caso. Tom fuori dalla stanza camminava avanti e indietro con Pumba che lo seguiva. Georg invece era seduto con la testa tra le mani, in un silenzio misurato solo dal ticchettare dell'orologio. Passò qualche ora, ogni tanto udirono dei lamenti, poi Bill che faceva i complimenti a Joshua per l'aiuto, anche se non si immaginavano come lo stesse realmente aiutando. Poi la porta si aprì rivelando un piccolo Joshua tutto in ghingheri che li osservava perplesso al vedere quelle facce ansiose di un responso.

- Sono nati- Disse aprendo totalmente la porta per permettere loro di entrare. Era una scena adorabile quella di Bill che cercava di sistemare i piccoli i modo che tutti potessero prendere il latte senza esclusioni.

- Ecco, e tu...qui- Finalmente aveva messo l'ultimo sorridendo soddisfatto del lavoro. - Joshua è stato bravissimo, tranquillizzava Queenie e mi ha portato degli asciugamani, poi mi ha portato una bacinella che ho riempito d'acqua per lavarli, proprio ubbidiente- Gli dette un bacetto tenendoselo stretto al petto ad osservare lo spettacolo.

- E quanti sono?- Domandò Tom abbassandosi a dare un'occhiata.

- Quattro- Sussurrò Bill per non rompere quel silenzio così adorabile. - Un maschio e tre femmine- Era eccitatissimo mentre lo diceva. - Non è stato facile, io non mi sono mai occupato di questo, ma nel momento che ho avuto tra le mani uno, ho capito che non dovessi fare chissà che cosa, solo aspettare, prenderli, lavarli e assicurarmi che tutto andasse per il verso giusto- Georg si era appostato con Pumba che cercava di andare lì ed annusarli, ma Queenie non glielo permetteva. Per la prima volta l'avevano sentita ringhiare, non che Pumba fosse una minaccia, semplicemente perché era il momento di connessione tra la madre e i cuccioli, ed il quell'istante il padre non era ammesso purtroppo. Quando si staccarono dopo una lunga poppata, Tom ne prese uno in una mano. Sembrava un ratto, non un cane.

- E' una bestiolina- Disse. - Sembrano sani, ma non possiamo tenerli tutti, sarebbero troppi...che ne dici se uno lo dessimo a Gustav? Lo facciamo venire qui, glielo diamo e se lo porta via. Teniamo il maschio semmai, le restanti due...purtroppo dobbiamo darle via-

- Una me la posso portare via io una volta che tornerò in Germania. Passo l'estate qui e verso Settembre ci salutiamo...anzi, siccome mi renderebbe triste separarle le prendo tutte e due-

- Buonafortuna- Disse Tom e non aveva tutti i torti, doveva stare attento con due femmine, ma Georg sapeva a cosa andava in contro. - Beh, adesso possiamo uscire, no? Sono le...MEZZANOTTE!?- Eh sì, il tempo era volato.

- Usciamo comunque, ancora meglio, c'è meno gente in giro- Assolutamente vero. Lasciarono Queenie, Pumba e i cuccioli a casa e andarono fuori. L'aria era fresca, ma si stava abbastanza bene se stavi coperto. Georg e Joshua stavano qualche passo più avanti chiacchierando un po' mentre Bill e Tom stavano abbracciati un po' più indietro. - La luna è bellissima stasera...Tom, adesso che Joshua non mi sente...devo dirti una cosa- Il suo tono divenne serio e malinconico perciò Thomas stava cominciando a proccuparsi e non poco. - Voglio che tu sappia che ti amo da morire- Perché glielo stava dicendo così? C'era qualcosa in più che avrebbe dovuto sapere?

- Bill ma che stai...?-

- Io ho un cancro, Tom- Solo questa frase lo fece fermare e sentire il cuore stopparsi nel petto con un dolore atroce come se una lama lo trafiggesse da parte a parte. - Ma non è nulla di grave, tranquillo...non volevo dirlo con Joshua vicino perché non volevo che si preoccupasse...-

- Da quanto, Bill?- Chiese sentendo i propri occhi lucidi.

- Da qualche mese...ho fatto dei controlli...ma non dovrebbe accadermi nulla, non preoccuparti- Tom non rispose perché continuare la conversazione lo avrebbe solo ucciso e poi non era il momento adatto. Lo strinse maggiormente a sé baciandogli i capelli profumati di miele e poi le sue labbra di fragola, e percepiva chiaramente le sue lacrime. Non voleva piangere, non davanti a Bill, ma non ce l'aveva fatta. Tuttavia si lasciò consolare dalle fini mani di Bill che lo accarezzavano sussurrandogli parole di conforto. - Shhh, amore...ehi...guardami...- Tom alzò lo sguardo cercando di sostenere i suoi occhi d'angelo. - Io sono qui, sarò sempre qui con te, non piangere per favore o...- Si stavano inumidendo gli occhi e tremando le labbra. - Piangerò anche io..- Voleva confortando ma stava facendo peggio che meglio. Gli dispiaceva dover dare questa notizia a Tom, adesso che stava andando tutto bene, adesso che potevano essere finalmente felici con una famiglia e senza problemi, oltre che un lavoro stupendo come quello della musica. Sospirò tirando su con il naso. - Meglio raggiungerli adesso, sennò li perdiamo- Sorrise prendendo la mano di Tom e precedendolo, ma si fermò accorgendosi che Tom non gli stava venendo dietro. Venne strattonato e si ritrovò nuovamente tra le sue braccia.

- Sorridimi, Bill, dimmi che andrà tutto bene, dimmi che...che non morirai- Bill gli asciugò le lacrime. Sapeva che a Tom faceva male pronunciare quelle parole. Lo baciò delicatamente sulle labbra.

- Sono qui- Non poteva promettergli niente. - Goditi il momento, godiamocelo insieme- Solo questo e purtroppo a Tom doveva bastare. Quella passeggiata la passò non staccandogli gli occhi di dosso facendo fotografie di lui che sorrideva, di lui che pensava, di lui che parlava a Joshua, di un Bill che sperava non diventasse solo un ricordo.

- Ti amo- Gli sussurrò una volta tra le lenzuola. Bill stava dormendo e si mosse leggermente al suo tocco. Tom si leccò le lacrime che presero a solcare ancora le sue guance. - Hai solo 30 anni, mio fiore di luna-

E forse a 30 anni sarebbe rimasto...

Continua...

Finalmente sono riuscita ad aggiornare questa fanfiction, tutto sta andando come deve andare.

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Capitolo 25
*** 25. Schwarzes Herz ***


25. Schwarzes Herz

Silenzio...

Così poteva essere descritto quella mattina di un buio sabato. Il tempo non era dei migliori quel giorno. Non pioveva, tirava solo un forte vento. Erano circa le quattro quando una figura stanca si stava aggirando per casa. Passò davanti alla camera del piccolo Joshua che stava ancora dormendo. Vide Georg sul divano ancora nel mondo dei sogni, e per quello che stavano passando gli avrebbe augurato di rimanerci per sempre. Era sicuro di poter uscire indisturbato. Afferrò il giubbotto di pelle chiudendo la porta il più delicatamente possibile. La furia del vento mattutino lo investì come a volerlo sbattere al suolo o portare via chissà dove, e se fosse stato in grado di farlo forse sarebbe finito tutto, ma non doveva lasciarsi andare...non doveva farlo per Joshua. Entrò in quell'edificio che ormai era diventato come una seconda casa per loro. Accese le luci che presero ad illuminarsi come se fossero su una pista aerea. Solo il rumore del soffiare del vento era udibile dall'interno, un po' ovattato dalle finestre chiuse. Accarezzò gli attrezzi di registrazione, quasi come se volesse salutarli, poi ebbe il coraggio di sedersi, di prendere una piccola telecamera, collegarla al proiettore e premere il tasto PLAY.

 Accarezzò gli attrezzi di registrazione, quasi come se volesse salutarli, poi ebbe il coraggio di sedersi, di prendere una piccola telecamera, collegarla al proiettore e premere il tasto PLAY

Mi si vede? Sì.

La sua voce...Era impacciato, come sempre. L'unica differenza era nel suo sguardo. I suoi occhi spenti, il viso sempre più candido, consumato dalla malattia che in breve tempo lo aveva strappato dalla vita. Cercò tuttavia di sorridere all'obiettivo, si sistemò il ciuffo dietro l'orecchio.

Ciao, amore mio. Sarà la milionesima volta che provo a parlare senza far tremare la voce. E' difficile sapendo che ti resta poco tempo, sapendo che gli stessi secondi che vedi scorrere accanto alla lucina rossa REC equivalgono ad un countdown al contrario. Eravamo a conoscenza entrambi di quello che sarebbe successo, di come si sarebbe sviluppata questa cosa, ma non ce l'aspettavamo così repentinamente. Lo sai, sono sempre stata una persona che è fatta a modo suo, vuole sempre fare di testa sua, non ascolta quello che le viene detto e piange, piange tanto, piange per tutto. Tu mi hai reso una persona migliore...ed io non so se esserti grato per questo, perché per migliorare bisogna anche soffrire, fare degli sbagli, ed io e te ne abbiamo fatti tanti. Tanti, ma sempre insieme.

Delle lacrime avevano cominciato ad abbandonare i suoi occhi, ma nonostante questo stava continuando a sorridere. Si asciugò il viso.

Mi ero promesso di non piangere, ma non sono il tipo capace a mantenere certe promesse, mi conosci. Ho paura, non te lo nascondo. Ho paura di pensare che da un momento all'altro io sparirò, tu sparirai, Joshua e Pumba spariranno...ed io sarò solo, ad affrontare un nuovo mondo che non so nemmeno se esiste. Mi spaventa il fatto di non poterti più stringere la mano, sentire le tue braccia avvolgermi per trovare la sicurezza, il calore, il conforto necessario. Ho paura di morire, vorrei che ci fosse stato più tempo per noi, ma quel poco che abbiamo avuto lo abbiamo sempre trascorso al meglio. So che in questo momento anche tu non riesci a trattenere le lacrime, e credimi se ti dico che vorrei essere lì per potertele portare via, credimi se ti dico che vorrei essere lì per baciarti, accarezzarti e dirti che ti amo guardandoti negli occhi...e che non ti avrei lasciato più. Purtroppo non potrò più farlo, ed è orribile parlare di questo sapendo che sei nella stanza accanto, sapendo che se tu mi stessi sentendo sarebbe tutto inutile. Ho cercato di isolarmi, quindi spero che tu abbia trovato questa cassetta nel momento giusto.

Fece una lunga pausa sospirando più volte, passandosi le mani sul viso tentando invano di asciugare la propria pelle.

Devi essere forte, hai capito? Fallo per me, fallo per Joshua, fallo per qualsiasi persona che amerai, anche se ce ne sarà un'altra dopo di me. Non buttarti giù, io sono il tuo passato ormai. Mi fa male dirlo perché avrei voluto essere il tuo presente...e anche il tuo futuro. Così avevamo detto, ricordi? Ma che dico, certo che lo ricordi. E' stato un giorno fantastico quello. Io vestito con uno smoking bianco, tu con uno nero. Eravamo perfettamente in contrasto. Io ero agitato tantissimo, ricordo che ai momenti Georg mi avrebbe tirato una scarpa in testa pur di farmi stare fermo. Già, quel giorno c'erano tutti i nostri amici. C'era Simone, Gordon, Georg e Gustav con la sua famiglia...le persone più importanti per noi. Non abbiamo voluto una cerimonia con troppi invitati, bastava l'essenziale. Poi quanto era buffa Simone continuamente a sistemarti il papillon al collo e mi hai detto che ti ripeteva: "Devi essere perfetto", ahah...anche se tu lo sei sempre stato per me. Poi sono entrato io, con Gordon da una parte e Pumba dall'altra che aveva la sua mini cravatta. Era proprio un amore. Io cercavo di guardarti nel mentre mi incamminavo verso di te, ma era difficile, ero così emozionato, mi tremavano le mani. Finalmente ho incontrato la tua mano e la cerimonia iniziò per poi concludersi nel migliore dei modi. La frase: "Puoi baciare lo sposo" e quel "Lo voglio" rimarranno scolpiti nella mia mente...ma soprattutto quel "Sì", che nonostante tutto pronuncerei sempre. Con me se ne andranno via tante parole, tanti discorsi...me li porterò con me, li custodirò in uno scrigno che nessuno potrà più aprire.

Il suo sguardo si era nuovamente incupito, ma aveva ritrovato un sorriso triste in un angolino della propria anima che adoperò subito.

Non temere per me una volta che me ne sarò andato. Penso che starò bene lassù, o ovunque io mi trovi.

Sospirò mordendosi un dito per trattenere inutilmente le lacrime, Tom invece era già ceduto senza accorgersene.

Mi mancherai...

Anche tu mi mancherai.

Ti auguro una vita magnifica con Joshua. Io ti terrò sempre per mano, anche adesso che mi stai guardando, io sarò lì da qualche parte...ma il punto è che vorrei esserci in tutti i sensi.

...

Ti amo

Ti amo anche io.

Temo che adesso sia arrivato il momento di salutarci...per sempre purtroppo.

No, non ancora. Mi manca la tua voce, mi manchi tu.

Volevo lasciarti questo ultimo addio per avere sempre un ricordo di me in qualche modo, e so che le parole saranno sempre queste, e forse un giorno potresti stancarti di sentirle, un giorno nel quale avrai un'altra persona accanto, che saprà amarti come ho fatto io, ma ricorda...nessuno ti amerà mai più di me anche se ti auguro tutto l'amore del mondo. Adesso devo andare vita mia...ti amo, stella mia. Addio.

Così si era interrotto il filmato improvvisamente.

Tom's pov

Il mio viso era in lacrime come mai lo era stato. Cominciai ad urlare quelle lacrime, ad urlare tutto il mio dolore, la mia frustrazione. Avevo perso la persona che amavo per sempre questa volta...e tutto per una malattia data da quella maledetta droga. Quella bastarda aveva trovato il modo di fare il suo operato lentamente in questo tempo fino a renderla incurabile. Cominciai a lanciare gli oggetti, qualsiasi cosa che mi capitasse tra le mani, ma dovetti calmarmi. Spaccare qualche cosa non me lo avrebbe riportato indietro, non mi avrebbe ridato la sensazione di averlo accanto. Non me lo avrebbe fatto di nuovo stringere a me, non avremmo più riso insieme, e neanche avremmo più litigato per poi concludere in una notte di sesso come accadeva la maggior parte delle volte. Non ci sarebbe stato più niente di tutto questo...solo un amaro ricordo di una vita splendida passata insieme. Non avrei mai più sentito la sua voce calda che cantava per me, la sua bocca di fragola, il profumo della sua pelle contro la mia. Il ricordo di quando in ospedale l'elettrocardiogramma aveva detto basta e Bill aveva chiuso gli occhi, il suo petto si era fermato, e con lui tutto era diventato immobile, perfino il tempo. Io lo avevo stretto a me in preda ad una crisi, non volevo crederci...Bill...l'amore della mia vita....l'unica persona che io abbia mai amato davvero...era morta davanti a me. L'unica cosa che mi aveva lasciato era Joshua, nostro figlio. Non so cosa avrei fatto se lui non fosse entrato nelle nostre vite. Fra poco si dovrebbe svegliare per la scuola, meglio se torno.

***

- Buongiorno, papà- Si era appena svegliato con la sua voce tenera ed impastata dal sonno. Ovviamente era a conoscenza della morte di Bill, e addormentarlo tutte le sere era una cosa struggente. Piangeva a fiumi, e finivo per piangere anche io...ma alla fine cedeva e mi lasciava solo a singhiozzare nella penombra della stanza.

- Buongiorno, amore- Sorrise. - Adesso vai a prepararti, è il tuo primo giorno di scuola-

- Ma lo zio Georg dorme!- Protestò giustamente.

- Pensaci tu- Joshua annuì alzandosi dal letto come una molla correndo in salotto saltando addosso a Georg facendogli prendere un infarto.

- Cosa succede!? Un attacco terroristico!?- Riprese un respiro regolare quando vide Joshua. - Ah, sei solo tu, campione...mi hai spaventato-

- Su, vai a vestirti, Joshua-

- Sì, papà- Era un bravo bambino, ubbidiente, anche se a volte faceva i suoi capricci. Sospirai.

- Thomas...l'hai visto?- Domandò Georg in un sussurro. Annuii guardando altrove, non volevo pensarci, ma non ci riuscivo. Doveva essere un bel giorno quello, perfino il sole era uscito.

- Odio il sole di Settembre...- Sussurrai con voce tremante...anche Bill lo detestava. Poi mi rivolsi a Georg che non mi aveva sentito. - Era bello come sempre...sarà difficile...continuare- Georg non poteva contraddirmi, d'altronde questa volta era sicuro che Bill non sarebbe più tornato.

- Tu ce la farai, Tom. Quando Bill credeva che tu fossi morto tanti anni fa, ricordi? Ha provato ad uccidersi, ma ha fallito semplicemente perché la vita aveva ancora dei progetti per lui, e poi si vede che il destino si è preso la sua rivincita...-

- Stai cercando di dirmi che non devo uccidermi per amore? Grazie, lo so già- Georg sospirò.

- Sto cercando di dire che eravate destinati a questo, e non so perché proprio a voi doveva capitare una cosa del genere...ma quello intendo, è che non sei solo, e neanche Bill lo è. Siete sempre insieme in un modo o nell'altro, solo che noi non lo possiamo vedere...- Non sapevo se credere a quello che stava dicendo. Crederci mi avrebbe fatto comodo da una parte, ma dall'altra era semplicemente assurdo. - Joshua è quello che Bill ti ha lasciato, lui confida in te anche se adesso non può più dirtelo-

-...lo so, Georg- Avevo detto a bassa voce. - Grazie...di esserci- Glielo dovevo da morire. Anche Georg era stato un grande personaggio in tutto questo film.

- Papà, andiamo, sennò facciamo tardi- Joshua era già pronto all'uscio della porta con la cartella sulle spalle piena solo di qualche quaderno, un astuccio e un diario. Salutammo Georg e uscimmo. Stettimo per mano durante la strada, la scuola privata non era molto distante. Era il primo giorno di scuola per il piccolo Joshua ed era quasi scontato che i figli venissero accompagnati da entrambi i genitori. Si vedeva tante madri e padri che stavano insieme a percorrere il tragitto prima di salutarsi. Essendo di una scuola privata, la gente era vestita bene, e se Bill ci fosse stato avrebbe pettinato la capigliatura a Joshua senza lasciare nessun capello staccato dagli altri, gli avrebbe fatto mettere dei vestiti che manco un matrimonio, e per un istante lo avrebbe come chiuso in una camera a gas con tre chili di profumo. Insomma praticamente sarebbe stato come un bambolotto da mettere in vetrina. Bill aveva sempre desiderato che Joshua potessero ammirarlo tutti, che non passasse mai inosservato, un po' come era lui. Sarebbe stato felice di vivere questo giorno, ed io lo sarei stato molto di più se lo avessi vissuto in sua compagnia. Arrivammo al cancello, era il momento di lasciarlo andare. Per me era come lasciare andare un pezzo di me. Lo so, era semplicemente un giorno di scuola, poi lo avrei rivisto tra qualche ora ma... - Papà, mi lasci la mano?- Mi fece notare Joshua. Sorrisi chinandomi per dargli un bacio sulla fronte. Un bacio che durò qualche secondo. In lui per un istante avevo visto Bill e non volevo lasciarlo andare.

Tranquillo...

Cosa!?
Sgranai gli occhi alzando lo sguardo.
Bill...

- Papà, cosa succede? Che hai visto?- Era forse un angelo...Bill era lì in piedi accanto a Joshua e gli stava appoggiando una mano sulla spalla! Ma quanto poteva essere bello? Era vestito di bianco come al nostro matrimonio, con le ali piumate del medesimo colore. Il suo sorriso...quanto mi mancava...ma come poteva essere reale?

Ci penso io a lui...

Mi sembrò di aver sentito. Ma cosa...? No, non può assolutamente essere...

- Bill...- Sussurrai. Joshua mi guardò e gli scese una lacrima nel momento che pronunciai quel nome.

- Mi manca, papà...mi manca la mamma- Disse. Lo abbracciai, anche se avrei voluto tanto piangere anche io in quel momento.

- Lui è sempre con te, non dimenticarlo mai- Alzai lo sguardo. Era ancora lì che stava aspettando. Mimai con le labbra un "Ti amo" e lo vidi sorridere...ma era un sorriso triste, di una persona consapevole che ormai era tutto finito e che non si poteva tornare indietro. Nel momento che mi separai da lui, feci come mi aveva detto il mio angelo. Lo lasciai andare con lui che lo accompagnava aldilà del cancello. Joshua si voltò indietro per salutarmi da lontano e potei notare in Bill una cosa che non avevo notato prima. 

Il mio angelo era vestito di bianco, aveva le ali bianche...ma nel petto un cuore nero come solo un fiore di luna poteva possedere...

























 

ma nel petto un cuore nero come solo un fiore di luna poteva possedere

 

E INVECE NO!

Aprì gli occhi, scostò le coperte da sé, come se queste gli impedissero di riprendere fiato, ma anche un'altra cosa glielo impedì. Delle labbra che dolcemente si posarono sulle sue.

- Buongiorno, amore mio...- Aveva detto con la sua candida voce.

- Bill...tu! Oddio, vieni qui!- Lo aveva davanti! Era vivo! Era tutto solo un sogno! Lo abbracciò così forte avendo paura quasi di avergli fatto male. Sentì il suo profumo, e sulla sua pelle fece scorrere le proprie lacrime per la paura di non averlo accanto una volta sveglio. - Tu...il cancro...- Bill capì e lo abbracciò a sua volta per tranquillizzarlo.

- Non sono più in pericolo, Tom...io rimarrò con te e Joshua per sempre-

- Per sempre?-

- Per sempre- Gli ribadì prendendo il suo viso tra le mani asciugandogli le lacrime con le dita affusolate. Tom gli appoggiò una mano sul petto e sentì il suo cuore battere. Lo tirò a sé baciandolo con possessività. Gli era mancato troppo in quell'incubo poterlo fare.

- Che giorno è oggi?-

- Qualcuno dovrebbe andare a svegliare Joshua per il primo giorno di scuola...- Disse mentre si stava alzando mettendosi addosso solo una vestaglia da notte di seta nera. Tom scatto in piedi subito e Bill rise, e lo amava da morire. Non avrebbe sopportato l'idea di morire, e tutto questo non doveva finire! BILL E TOM DOVEVANO AMARSI! DOVEVANO STARE INSIEME DA QUI FINO ALL'ETERNITA' E NESSUNO AVREBBE PIU' DOVUTO METTERSI TRA DI LORO! Questo era il pensiero nella mente di Bill mentre preparava la cartella a Joshua.

- Buongiorno mamma- Ma la sua voce lo distrasse. Abbassò lo sguardo vedendo il sorriso stanco del piccolo.

- Ciao splendore, vieni che la colazione è pronta- E quel giorno andò così. Come era prevedibile, Bill decorò Joshua quasi da cerimonia e camminarono mano nella mano stando al passo con le altre coppie di genitori, fregandosene degli sguardi strani e semplicemente vivendo.

- Mamma...non voglio entrare- Cominciò a mugolare Joshua spaventato. Bill e Tom si chinarono alla sua altezza, anche Georg che aveva deciso di accompagnarli.

- Ehi- Gli mise un dito sul petto. - Sei nostro figlio, fai vedere chi sei- Joshua smise di piangere e gli si gettò addosso abbracciandolo fortissimo.

- Non morire, mamma-

- Joshua! Che sciocchezze vai dicendo!? Io non morirò!- Disse Bill guardandolo negli occhi rossi di lacrime.

- Scusa mamma- Non sapeva spiegargli il motivo di quella frase, ma Bill lo aveva già capito e sorrise teneramente asciugandogli le lacrime e baciandogli la fronte.

- Non preoccuparti, amore, la mamma ti adora- Joshua gli dette un ultimo abbraccio, così come a Tom e a Georg prima di correre allegro verso l'entrata.

- Il mio nipotino sta diventando grande- Disse Georg commosso.

- Che dici? Lo mandiamo dentro anche a lui?- Bill rise a quella domanda di Tom, dette un bacio sulla guancia a Georg per consolarlo e se ne andarono tutti e tre. Quella mattina avrebbero inciso, quel pomeriggio Joshua sarebbe tornato, e quella sera Georg avrebbe preso un aereo per la Germania. Ma nessuna partenza sarebbe stata senza un ritorno, non più.

Ora come ora si trattava semplicemente di VIVERE...

FINE DAVVERO!!

Spazio dell'autrice: Ho amato scrivere questa storia dalla prima all'ultima riga, e stranamente non mi andava di fare la stronza, così l'ho fatta finire bene. Se l'avete apprezzata ci terrei a saperlo con dei commenti. E' stato un piacere scriverla per voi.

Hijikatasouji<3

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