L'altra riva di Miwako_chan (/viewuser.php?uid=58642)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRIMO CAPITOLO ***
Capitolo 2: *** SECONDO CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** TERZO CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** QUARTO CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** QUINTO CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** SESTO CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** SETTIMO CAPITOLO ***
Capitolo 8: *** OTTAVO CAPITOLO ***
Capitolo 1 *** PRIMO CAPITOLO ***
L'altra riva
Ed
eccomi qui con un’altra storia, o meglio una breve raccolta
di
spaccati quotidiani. Non ci sono particolari riferimenti geografici e
se ci sono,
sono sbagliati. Volevo scrivere di loro due in un contesto piacevole e
leggero, spero vi possa piacere! Grazie di cuore a chi
leggerà ❤
L’altra
riva
Le acque
del lago Izuya sono
rinomate per la loro ricchezza faunistica e colorazione blu, intensa e
pura. Sulla sponda a ovest, incastonato tra i monti Futogai, Kyokai e
Setegai si affaccia il pittoresco Villaggio dei Pescatori, un luogo in
cui la natura si fonde con l’operato del uomo secondo antiche
promesse, dando vita a una sinergia d’intenti talvolta solo
all’apparenza contrastanti. Gli abitanti, poco più
di un
centinaio, svolgono un’esistenza semplice e onesta, seguendo
i
lenti ed estenuanti ritmi dell’acquacoltura, dai cicli di
riproduzione dei pesci fino alla cattura nelle reti.
Su modeste terrazze
scavate nella
montagna, crescono rigogliose le piante di tè. Da lontano il
verde sfavillante delle foglie riverbera sotto il sole, accostandosi
come in un dipinto al blu del lago disseminato da piccole e lucenti
imbarcazioni.
Con le gambe nude
allungate
sull’erba fresca, si riposano due ragazzi sui quindici anni.
I
colori del cielo del tardo imbrunire si riflettono sull’acqua
placida dell'Izuya. Le prime lucciole fluttuano frementi, emettendo
tenui
bagliori, era da alcuni anni che non se ne vedevano così
tante.
“Cosa c’è di là?”
Lo sguardo può spaziare fino alla striscia di terra oltre il
lago, dove le miriadi di luci della capitale si stagliano sulla cornice
scura di montagne lontane.
Sasuke si sdraia e
cala sugli occhi la visiera del cappello.
“Oi,
dormi?” Insiste Naruto.
“Al di
là di che?” Sbotta.
“Del lago,
sull’altra riva.”
“Tokyo”
“Ehi,
l’hai detto come
se sembrassi stupido!” Sbraita, scaldandosi per un nonnulla.
Tra
loro è sempre stata guerra aperta, anche senza volerlo.
“Non lo sembri,” Mormora allungando un sorriso
sghembo sulle labbra. “lo sei.”
“Cos… Ripetilo sei hai le palle!”
“Se avessi
pensato che fossi stupido ti avrei detto: che diavolo vuoi che ci sia?
Tokyo!”
Sasuke si solleva sui gomiti di scatto ritrovandosi a scambiare con
Naruto un lungo sguardo in cagnesco.
Alla fine Uzumaki sbuffa rumorosamente e, roteando gli occhi, lascia
intendere di voler passare oltre. Almeno per questa volta
s’intende.
“Cazzo di
permaloso.” Dice a denti stretti Uchiha, incapace di
trattenersi.
Naruto sobbalza,
aggrottando la fronte. “Che hai detto?”
L’amico
s’accomoda nuovamente sdraiato. “Che fai
domani?” Replica invece.
Naruto lo fissa,
interdetto, stringendo ciuffi d’erba fra le mani. “Non so, devo
ancora
decidere, te?” Risponde dopo alcuni istanti e Sasuke non
capisce
se stesse davvero riflettendo su qualcosa in particolare o si fosse
semplicemente perso in sciocche fantasie.
“Vado col
vecchio a pescare, vuoi venire?”
Assottiglia gli occhi,
deluso. “I pesci gatto ancora?”
“Già-“
“Detesto
mettere i pesci gatto nelle ceste!” Confessa a voce alta.
“Se sapessi
pescare non saresti sfruttato per compiti ingrati.”
“Sono bravo
in molte altre cose, però.” Dice con spavalderia,
incrociando le braccia al petto.
“Quali?”
Chiede d’impulso, senza la volontà di offenderlo.
Naruto si alza in piedi come una molla, indicando col braccio
l’albicocco di cui si scorge la punta della chioma al di
sotto
del dolce declivio.
“Ti sfido a
chi arriva primo fino a quell’albero! Stai certo che ti
batto.” Afferma con un ghigno obliquo.
“Non scherzare.” Mormora Sasuke, alzandosi a sua
volta.
“Mai stato
più serio.”
“Poi non
piangere.” Continua, pulendosi la maglia dalle sterpaglie.
Naruto ridacchia, poi
punta lo
sguardo dritto davanti a sé. “Uno! Due!
Via!” Vocia,
cogliendo l’amico impreparato.
Sasuke scatta in
ritardo e si leva
il cappello bianco prima che gli voli via, insultando Uzumaki a mezza
voce. Il
vento gli gonfia la maglia,
rivelando a tratti la schiena, e gli spazza i capelli corvini
all’indietro. Corre a perdifiato sul terreno sconnesso in
discesa
con l’impressione che le ginocchia possano cedergli per lo
sforzo,
ma il suo corpo così allenato non ha alcuna intenzione di
abbandonarlo.
Il fiato si fa corto e
decide di
allungare ulteriormente la falcata, anche a rischio di capitolare a
terra. Con la coda dell’occhio può scorgere Naruto
cedergli il passo, lasciandosi superare a poco più di
duecento metri dall’arrivo.
“Non ne ha più, quello scemo.”
Riflette divertito.
Il grande albero dal tronco nocchiuto e i rami svettanti,
è di fronte a lui. Già può pregustarsi
il piacere,
un po’ asprigno, di una facile vittoria, quando a un tratto
si
sente braccato. Due forti braccia gli cingono saldamente la vita,
sbilanciandolo in avanti e con un urlo rabbioso si ritrova a ruzzolare
a terra insieme al suo assalitore.
“Idiota!”
Gli abbaia in faccia, divincolandosi. “Che diavolo ti
è saltato in mente?”
Non solo è
dolorante per la caduta, ma ha pure tutto il peso di Uzumaki addosso e
un ginocchio puntato al basso ventre.
“Se avessi
vinto non sarei più riuscito a sopportarti.”
“E quindi
cerchi di farci ammazzare?”
“Non fare il
drammatico, non ti sei fatto niente!”
Sasuke lo spinge via,
colpendolo al
petto con l’avambraccio, e ribalta le posizioni. “E
comunque hai perso lo stesso.” Soffia.
“Ah
sì, ho
perso?” Ribatte nel tentativo di deriderlo. “Chi lo
dice,
il campione di pesci in faccia?” Conclude, mentre viene
strattonato per la canotta. Sasuke inarca un sopracciglio, annoiato
oltre misura dal comportamento dell’amico, e gli tappa la
bocca
con una mano, con forza.
Naruto non si perde
d’animo e caccia fuori la lingua, bagnando di saliva il palmo
di Sasuke.
“Falla
finita!” Sbraita
duramente, perdendo la calma. Lo spintona, buttandolo a terra, ma
Naruto continua a prenderlo per i fondelli anche quando si ritrova una
mano umida di saliva a pigiargli mezza faccia nell’erba.
“Ehi, guarda.” Biascica all'improvviso, tirandogli
la
maglia mentre con l’altro braccio cerca di indicare
l’orizzonte.
“Cosa dovrei
guardare, idiota.” Gli fa, cattivo, vicino
all’orecchio.
Naruto se lo leva di
dosso, senza troppo impegno, del resto anche Sasuke si è
stancato di azzuffarsi nel prato.
“Il
panorama. Pazzesco!”
Uchiha osserva Naruto,
scettico. “Bello, ma il solito.” Replica poi,
dedicando un’occhiata sfuggente al lago.
Le luci della città sono
intense e brillanti quasi da sembrare vive, alcune sono bianche, altre
di un blu o magenta più violento, probabilmente appartenenti
a
qualche hotel o insegna commerciale. Come una spinta irrefrenabile
seguita da un balzo nel vuoto, la città pare richiamarlo.
Proprio in virtù di quella distanza e mistero, il desiderio
di
raggiungere quei luoghi si moltiplica. Negli occhi chiari di Naruto
splende un fulmine di eccitazione.
Sasuke si porta una
spiga selvatica bruciata dal sole alle labbra, sovrappensiero.
“È
pieno di luci laggiù.” Dice, carico di
aspettative. “E loro cosa pensi possano vedere da questa
parte?”
“La sagoma
del monte” Ribatte Uchiha, fissandolo.
“Come se avessi detto niente. Non è
triste?”
Per un attimo Sasuke ci casca, credendo davvero che quella semplice
constatazione possa dargli un dispiacere.
Sospira, calzando il
cappello, e si accomoda a gambe incrociate. “Non lo
è.”
Naruto grugnisce
qualcosa,
infastidito per essere stato ancora una volta contraddetto e non
capito, mentre Sasuke osserva l'Izuya, i bagliori tremanti che si
riflettono sulla
sua superficie. Sopra le loro teste, il cielo è
un’arcata di
stelle.
“Ti racconto una cosa,” Inizia, con tono pacato,
catturando
subito l’interesse di Naruto. “alcuni anni fa,
quando la
cara nonna si ammalò di polmonite, dovetti accompagnarla a
Tokyo
assieme a mio fratello, aveva appuntamento da un noto pneumologo per un
controllo. Lei sembrava star bene comunque.
Shisui, nostro cugino che vive lì, si offrì di
accompagnarmi per un giro della capitale, mentre Itachi rimaneva alla
clinica. Prendemmo l’autobus e Shisui guardando fuori dal
finestrino vide un falco appollaiato su una grossa insegna
pubblicitaria, allora mi confessò che avrebbe preferito
essere
come uno di quegli uccelli e non avere niente a cui pensare in
particolare.”
Sasuke fa una pausa, stropiccia la spiga tra le dita e la tira
lontano.
“Un’idea del genere non mi ha mai sfiorato. Non
potrei mai
rinunciare a essere una persona e non godere più della
bellezza
di un falco che si alza in cielo, dei gabbiani che planano sul filo
dell’acqua o di qualunque altra creazione della natura.
Perdere
la consapevolezza, che solo un umano può avere, di
ciò
che ci circonda, sarebbe terribile. Proprio per questo, anche se forse
non te ne rendi conto, essere nati in questo luogo è come
essere
privilegiati.” Conclude.
Naruto assottiglia le palpebre e si massaggia il collo. In
realtà non ha mai creduto di essere un privilegiato, ma
tende
per natura a non riflettere eccessivamente su certe questioni
perché rischierebbero di complicarsi.
Qui però si
sta bene, non
può dargli torto. Stare accanto al suo migliore amico, poter
parlare di qualsiasi cosa, la schiena bagnata di sudore e il venticello
in viso, forse tutto questo è da privilegiati.
“Non ricordo affatto di questa tua visita a Tokyo con la
nonna, come mai?" Replica
con simulata leggerezza. “E poi onestamente non ho ben capito
che vuoi dirmi.”
Sasuke scrolla le spalle e, lui che pare sempre un passo avanti
rispetto a tutti, si alza con fare risoluto.
Piantandogli gli occhi in faccia, risponde alla domanda che
quell'ottuso di Naruto non
è ancora riuscito a formulare.
“Io non ho
nessuna intenzione di lasciare questo posto.”
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Capitolo 2 *** SECONDO CAPITOLO ***
La
luce del sole riverbera sulla piatta superficie del lago, mentre le
sterne dal capo nero scendono in picchiata sul filo
dell’acqua senza mai fare ritorno a becco vuoto.
Le
vele delle barche ondeggiano lente, quasi immobili. Dall’alba
i pescatori sono al largo a gettare le reti, come i pesci sembrano
anch’essi rimasti intrappolati, ma in un’attesa
placida e senza tempo anziché in stretti tramagli.
La
strada che costeggia l’Izuya è in terra battuta, a
eccezione della parte adiacente al Villaggio lastricata con ciottoli
opalescenti, che riflettono il colore cangiante del cielo estivo. Sette
moli si protendono sul lago e nonostante gli innumerevoli anni passati
dalla loro costruzione si presentano ancora in ottime condizioni, segno
di una manutenzione recente. Di notte sono illuminati da lanterne verdi
piazzate su alti sostegni.
Sasuke
trascina un carretto di legno a due ruote, carico di ceste contenti
pesci gatto; Naruto lo segue, con la canottiera bianca fradicia di
sudore e sporca di fango, sulle spalle regge una gerla in vimini per il
trasporto del pescato.
“Mi
sono rotto di fare il mulo! Facciamo una pausa.”
Il
rumore del pesante carico sbattuto a terra fa voltare Sasuke di scatto.
“Perché
non la finisci di lamentarti invece? Prima arriviamo a casa e prima ci
riposiamo.”
“Parliamo
un attimo.” Replica Uzumaki, con un sorriso tirato sulle
labbra che preannuncia solo tempesta.
Sasuke
solleva di poco la visiera del cappello.
“Iruka
mi ha detto che ci sono ottime scuole superiori a Tokyo.”
Uchiha
sbuffa, guarda altrove, sembra valutare se ha davvero la pazienza
necessaria per intraprendere una discussione del genere.
“Ovvio,
è la capitale.” Dice asciutto.
“Stavo
pensando che qui non è che abbiamo molte prospettive per il
futuro. Se vogliamo diventare persone di successo, gente che conta
intendo, non possiamo restare al Villaggio. A Tokyo è tutto
diverso, studiare lì potrebbe aprirci molte porte, si
potrebbe pensare anche all’università e
poi—”
“Allora
perché Iruka non insegna in quelle diavolo di scuole? Ci hai
mai pensato? Forse qui non è così male come
vogliono farti credere.” Replica, giusto con
l’intento di ferirlo. Non ha grandi argomentazioni a
sostegno, ma solo una tagliente arroganza a sua disposizione.
“Se
non è andato altrove, l’ha fatto soltanto per
me.”
“Per
te?” Sasuke ride sommessamente, tutt’altro che
divertito.
“Ero
ancora un moccioso e lui mi ha fatto praticamente da padre! E poi
dubito che sia così semplice ottenere una cattedra a Tokyo,
la concorrenza dev’essere spietata.”
“Va
bene, vedila come ti pare.” Lo liquida. “Il fatto
invece è che qui si sta bene, ma tu proprio non riesci a
rendertene conto. Dietro a tutta quella lucentezza, c'è solo
marciume.”
Naruto
aggrotta le sopracciglia e serra i denti, mentre un moto di rabbia gli
colora il volto.
“Non
voglio dare la caccia a 'sti cazzo di pesci per tutta la vita, lo
capisci?” Sbraita.
Sasuke
piega gli angoli delle labbra in una linea severa, vorrebbe ribattere
con una collera di pari entità, ma al momento non la
possiede.
“Io
voglio diventare qualcuno, combinare qualcosa nella vita, e a Tokyo so
che avrò le basi per realizzare i miei sogni. Anche tu,
Sasuke, dovresti darti una possibilità. Chessò
potresti diventare addirittura medico con la testa che ti
ritrovi!”
“E
tu? Con quella testa quadra cosa credi di poter fare?”
“Tutto
quello che voglio.” Dice, indurendo lo sguardo.
Sasuke
abbandona il carretto e avanza a grandi falcate verso
l’amico, i nervi sono saldi ma le sue spalle rigide lasciano
trapelare una certa impazienza d’azione.
“Rischi
solo di prenderti un granchio.” Mormora rauco, mentre allunga
già la mano a ghermirgli la canotta.
Il
braccio di Naruto risponde autonomamente, copiando il gesto di Sasuke.
Senza quasi rendersene conto gli sta strattonando anche lui il collo
della maglia. Si ritrovano in una fase di stallo, dove nessuno dei due
intende cedere di un solo passo.
Uzumaki
è un ragazzo cocciuto, ma di solito sa essere molto
più diplomatico.
“Ho
ragione a volermene andare, ma detesti dirmelo.” Sentenzia,
serrando la presa.
“Affatto.
Un cazzo, hai ragione.”
Naruto
avvampa. “Lasciami.” Ringhia, ma Sasuke non ne ha
intenzione.
Uchiha flette leggermente il capo e dai suoi occhi scuri
traspare un’incredibile sicurezza, simile a una lama
baluginante: “Sei un egoista.” Lo dice come se
fosse la cosa più semplice e ovvia.
Nelle
ceste i pesci gatto si dimenano senza tregua, lo s’intuisce
dal rumore delle grosse code che sbattono. Le livree degli animali,
scure e maculate, luccicano umide sotto il sole cocente.
“Tu
sei un egoista!” Urla Naruto con veemenza. Non sa se
effettivamente quello di Sasuke sia egoismo o addirittura codardia, ma
dovrebbe dargli almeno la soddisfazione di dirgli di non andare, e non
perché ci sia qualcosa di sbagliato nel voler studiare a
Tokyo ma perché senza di lui questo posto diventerebbe di
una noia mortale. Che diavolo ne sarebbe di loro? Della loro amicizia,
di tutte le cazzate fatte insieme?
“Sei
disgustoso, mi è arrivata la tua saliva in
faccia.” Uchiha si strofina il viso con il dorso della mano.
“Adesso
ti colpisco!” Vocia, allontanandolo in malo modo, e leva un
pugno. Sasuke per quanto rapido non riesce a schivarlo in tempo,
ritrovandosi con uno zigomo segnato. Senza perdere di
lucidità, para il successivo colpo diretto allo stomaco e
contrattacca immediatamente. Aggancia una gamba di Naruto con la
propria e gli fa perdere l’equilibrio, scaraventandolo sul
terreno secco e polveroso.
“Bastardo!”
Uchiha
non lascia trasparire alcuna emozione e cala il cappello sulla fronte.
Naruto
osserva la guancia livida dell’amico. Si sente in colpa,
eppure non può ignorare quella prepotente voglia di
saltargli nuovamente addosso, infrangere quel gelido distacco e vedere
finalmente cosa c’è dietro.
Tuttavia
prima che possa agire, Sasuke gli dà le spalle a
dimostrazione del fatto che non teme alcuna scorrettezza da parte sua.
“E adesso muoviti. Quei pesci stanno soffrendo
inutilmente.” Lo riprende brusco, afferrando le stanghe del
carretto.
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Capitolo 3 *** TERZO CAPITOLO ***
Cap III altrarivaaa
L’acqua scorre con dolce violenza sulle mani mentre lava i
piatti. Lo sgabello che usava da piccolo per arrivare al lavandino,
adesso è relegato in un angolo del salone rimesso a nuova
vita
come base d’appoggio per un vaso d’iris decidui.
Mikoto
adora quei fiori, in particolar modo quelli di colore blu.
“Non
c’è
virtù più preziosa nell’uomo che
l’amicizia.” Suo padre parla rigorosamente, immerso
nei
soliti sermoni. Tiene gli occhiali da presbite sulla punta del naso e
il giornale ben stirato in mano.
“Non
dovremmo criticarli
duramente, quanto non potremmo fare con noi stessi. Gli amici, fino a
una certa misura, sono a nostra immagine e somiglianza.”
“Fino a una certa misura…” Ripete
Sasuke, sovrappensiero.
“È da un po’ che non inviti Naruto a
casa.” S’intromette Itachi.
“E
perché dovrei? È solo una testa dura, non fa il
minimo progresso in niente!”
“Io lo trovo
migliorato nella pesca.”
“Cos-?”
Il piatto che stava lavando gli scivola andando a cozzare contro le
altre stoviglie nel lavello.
“Anche tu hai un umore migliore quando
c’è Naruto intorno.” Dice Fugaku.
Sasuke emette un secco monosillabo, i suoi famigliari sanno essere
davvero pesanti quando vogliono. “Esco.” Fa. Chiude
il
rubinetto e si asciuga velocemente le mani con lo strofinaccio.
“Dove?”
Fugaku gli dedica una rapida occhiata.
“Qui fuori, faccio due passi.” Risponde evasivo.
Fugaku
è preistorico, non saprebbe con che altro aggettivo
descriverlo,
e non lo capisce per niente nonostante sia palese che si sforzi davvero
tanto per farlo; questo lo esaspera, ma lo fa anche sorridere
intimamente.
Itachi gli scompiglia la zazzera nera in un maldestro gesto
d’affetto. “Prima finisci i piatti… e
sparecchia.”
Sul tavolo ci sono
ancora la tovaglia, le chicchere delle salse e la piastra per cuocere
la carne.
“Potresti
fare qualcosa anche tu!”
Il maggiore si limita
ad alzare un braccio in segno di saluto e si ritira al piano di sopra.
Sdraiato sul letto,
Naruto sfoglia
distrattamente le pagine della rivista Naitai; ne ha diversi numeri
buttati alla rinfusa in uno scatolone nell’armadio, gli sono
stati regalati dallo zio Jiraiya con grande generosità e
spirito
formativo.
La ragazza mora in
prima pagina con
il costumino a righe è un autentica bellezza, ha pure il
seno
enorme, ma non è esattamente a questo che pensa mentre fa
scivolare il pollice lungo l’elastico delle mutande e
intrufola
la mano nei pantaloni.
Sasuke ha
stronzeggiato per tutta
la settimana, comportandosi come una vera spina nel fianco e non sa
bene se essere contento di questa sua reazione oppure disperarsi.
Aggrotta la fronte, la rivista di ragazze in costume non si sta
rivelando granché utile. Ricorda come se fosse ieri quel
pomeriggio di un paio di anni fa, quando con l’acqua del lago
a
cingergli i fianchi ha provato l’impulso di premere le sue
labbra
contro quelle umide di Sasuke. Qualche meccanismo nella sua testa
è scattato con un rumore assordante, qualcosa che
probabilmente
non avrebbe mai dovuto entrare in funzione.
A volte pensa, con una
certa dose d’ingenuità, che baciarlo sul serio
potrebbe spazzare via ogni dubbio.
L’unico
problema di spingersi
troppo in là è che poi non è
più possibile
tornare sui propri passi, ma il problema ancora peggiore è
che
Sasuke non ha nessunissima idea di spingersi, punto.
Anche la ragazza con le mutandine rosa è uno schianto.
Si stravacca meglio sul letto e socchiude gli occhi, ansando in un
misto d’impaccio ed eccitazione. Lui e Sasuke che si baciano,
che
si stringono, che si masturbano, che si parlano a un soffio dal
viso… si rende conto che fantasticare su tutto questo
è
un po’ come tradirlo, macchiare di nefandezza la loro
amicizia.
Credere che per
dimenticare questi
stupidi sentimenti basti gettare tra loro qualche centinaio di
chilometri, è come crogiolarsi in una facile e anestetica
soluzione. Ma non avere Sasuke sotto gli occhi tutto il santo giorno,
forse renderebbe più semplice smettere di desiderare scelte
sbagliate per entrambi.
Non si è
mai sentito
così disonesto, proprio lui, che spesso viene considerato
troppo
ottuso anche solo per mentire.
Getta la rivista a terra e guarda il bianco del soffitto. Chiude le
palpebre e reclina il capo sul cuscino, emettendo un gemito basso e
rabbioso.
È diventato
di una diplomazia vergognosa, e se devono menarsi per avere un contatto
degno di questo nome, se l’è fatto andar bene.
Domani potrebbe
chiedergli di
andare al fiume a catturare i gamberi grigi, o arrampicarsi sugli
alberi, oppure potrebbero fregare la barca a Fugaku e farsi un giro
alla conca a ovest. Gli basterebbe alla fine anche solo parlare con
Sasuke, non importa l’argomento, sfiorarsi per caso e sentire
quella tensione spietata, ritrovandosi a deglutire il nulla.
Si potrebbe andare a
tuffarsi alla
cascata, nuotare insieme. Capitava di restare nudi l’uno di
fronte l’altro, per non bagnare la biancheria, e non
c’era
nulla di male tra amici. Tuttavia è dall’estate
scorsa che
non succede. Potrebbe proporgli, con lo sguardo basso, un bagno
improvvisato e sarebbe tanto facile quanto sleale.
Ed è
proprio fottuto, fino all’osso.
Va a darsi una ripulita in bagno. Osserva dal riquadro della finestra
il leggero muoversi delle onde dell’Izuya. Può
distinguere
nitidamente la sagoma di Sasuke seduto sul bordo del pontile, la sua
apparizione è una sorta di monito capace di rizzargli i peli
sulla nuca.
“Un demone.” Pensa, rabbrividendo. Di Sasuke non ne
voleva
sapere più niente, almeno fino al giorno successivo.
Si getta sul letto, dovrebbe essere facile continuare a ciondolare in
camera come se nulla fosse. Guarda il soffitto, sbuffando.
“’fanculo!”
Grugnisce, convinto ormai di non avere più un briciolo di
controllo sul suo corpo. Si alza con furia ed esce sbattendo
la
porta.
I colori caldi del
cielo si
riflettono volubili sulla superficie del lago. Le lanterne sul pontile
illuminano l’acqua circostante, rendendola quasi cristallina.
Le
trote iridee nuotano lentamente, le loro livree presentano strisce di
scaglie argentee che risplendono sotto la luce artificiale; si spostano
in piccoli branchi e alcuni esemplari, i più temerari,
s’affacciano a filo dell’acqua per poi scivolare
nelle zone
d’ombra.
Si toglie una ciabatta e appoggia il piede sulla schiena di Sasuke.
“Sei venuto ad annoiarmi pure qui?”
“Beh potevi
evitare di appostarti sotto casa mia, allora.” Replica
Naruto, premendo tra le scapole.
“Volevo
stare da solo, a
farmi i cazzi miei.” Dice. “Per te è
incomprensibile, ma a volte la gente ne ha bisogno.”
Naruto abbassa le palpebre e storce la bocca, non lo sta più
ascoltando. Gli osserva la nuca, nitida, con i capelli tenuti corti.
Per gioco cerca di afferrargli il cappello, infilando
l’alluce
nella fessura per regolarne la dimensione, ma qualcosa va storto e
maldestramente glielo scalza di colpo dalla testa. Il cappello finisce
in acqua sotto lo sguardo esterrefatto di Uchiha.
“T’ammazzo.”
“Ah! Oh…” Mormora, ridacchiando.
“non l’ho fatto di proposito.”
“Sei
morto.” Si alza,
facendo perno con le mani sulle ginocchia, con un movimento fluido e
misurato. Naruto rimane fermo sul posto con la faccia da ebete,
nonostante il puzzo di pericolo gli penetri nelle narici.
Sasuke senza alcun
preavviso gli
sferra una gomitata nelle costole strappandogli un verso di dolore. Si
gira e Naruto gli colpisce con un pugno la spalla. Uchiha incassa il
colpo, serrando i denti, e gli prende il braccio torcendoglielo dietro
la schiena. Indirizza Naruto, che si dimena insultandolo a gran voce,
sul bordo del pontile e con una pedata lo fa cadere in acqua.
Uzumaki finisce sottacqua, lì i suoni sono come ovattati e
riesce a percepire a stento il rimbombo della voce di Sasuke. Davanti
ai
suoi occhi il cappello bianco affonda lentamente. Lo afferra
strizzandolo nel pugno e riemerge in superficie.
“Non credi di aver esagerato, bastardo?” Bercia,
agitando il capello a mezz’aria.
“Poteva andarti peggio.” Sasuke si sgranchisce la
spalla.
Naruto si toglie la
ciabatta,
miracolosamente rimastagli ancora infilata al piede, e la lancia con
forza contro l’amico. Uchiha, con le mani ficcate nelle
tasche
dei bermuda, si sposta un poco di lato, evitandola.
“Com’è l’acqua?”
Domanda, apatico,
mentre la ciabatta rimbalza inoffensiva sulla passerella di legno.
“Ah, una goduria! Guarda, avevo davvero voglia di fare un bel
bagno.” Vocia, imbronciandosi. “Ero sceso proprio
per
questo.”
“Se
è fredda,
t’affogo.” Un lieve sorriso accende il volto di
Sasuke. Poi
si toglie la maglia, rimanendo a torso nudo.
Naruto abbassa lo
sguardo per un
istante, con il cappello stretto spasmodicamente nella mano.
Tutt’intorno, i piccoli pesci scivolano nell’acqua
a
scatti, resi folli dalla sua presenza estranea.
Sasuke retrocede di
qualche passo,
piega un ginocchio e solleva il tallone opposto per darsi la spinta.
Parte di corsa e si getta nel lago tuffandosi di testa. Naruto non
può che ammirare la dimostrazione di stile
dell’Uchiha e
segue col capo la parabola perfetta che compie proprio sopra di lui.
Buca la superficie dell’acqua, senza produrre schizzi, e
riemerge
diversi metri più in là. Poi, con poche bracciate
regolari, fa ritorno dall’amico.
Si squadrano senza
proferire
parola, Naruto con le sopracciglia ancora aggrottate e Sasuke con la
solita espressione carica di supponenza, come se il mondo avesse da
sempre un debito aperto con lui. L’acqua del lago li avvolge
dolcemente, è tiepida, carica del calore del sole catturato
durante l’arco della giornata. In lontananza i boschi fitti e
rigogliosi dei monti risplendono bagnati dalla luce incendiaria del
tramonto.
“Stai meglio senza cappello.” Dice Uzumaki infine.
Nonostante quelle parole, non sembra affatto meno scontroso.
Sasuke si tira i
capelli fradici via dal volto. “Questa è una tua
tipica frase.”
“Perché?”
“Perché
non ha senso.”
“Eh? Non
è che volessi farti un complimento,” Ci tiene a
precisare. “ma lascia perdere.”
“E io non
è che lo indosso per sentirmi più
figo.” Dice, canzonandolo.
“Che ci
sarebbe di male? Poteva essere anche per quello, visto che ce
l’hai sempre in testa.”
“È
un regalo di mio fratello.” Lo interrompe.
“Lo
so.” Dice, seccamente.
Sasuke si riprende il
capello e lo calza, sistemandolo alla rovescia.
“E
se…” Blatera
Naruto, come distratto. “mettiamo che io, tipo, e se io ti
facessi un regalo, tu lo porteresti sempre con te?”
“Perché
mai dovresti
regalarmi qualcosa?” Sasuke non sembra volerlo ferire,
è
la sua schiettezza a far male.
“Un ricordo,
per quando mi
trasferirò a Tokyo.” Risponde, senza staccargli
gli occhi
di dosso, un po’ come quelle gocce d’acqua
appicciate al
suo corpo.
Uchiha accenna a un sorriso obliquo. “Un po’
patetico.” Mormora.
Sasuke è così odioso, ma Naruto l’ha
passata ormai
da un pezzo la fase dove non riusciva a far fronte a
quell’arroganza.
Sorride anche lui di
rimando, mostrando i denti. “Girano voci
dell’avvistamento di un siluro.”
Uchiha pare
riscuotersi, anche se per poco, ma non manca di correggersi blaterando
un annoiato: “Cazzate.”
“Non sono
cazzate! Ci sono i testimoni.”
“Non darai
credito a queste
dicerie? Anche se non nego che qualche idiota possa averne liberato
uno. Se così fosse è molto grave, quei pesci
sopravvivono
in qualsiasi ambiente e soprattutto non hanno competitori naturali
qui.”
Naruto deglutisce
infastidito. Non
sa bene il motivo, del resto si è inventato tutto, ma
è
come se avesse l’impressione che l’idiota in
questione
debba essere per forza lui.
“Beh, non so
come sia successo, ma si parla di un bestione di sette
metri.” Dice, grattandosi una guancia.
“Ah
sì,
addirittura…” Sasuke guarda altrove,
assottigliando le
iridi scure. “e quindi? Vorrà dire che
sarà
più divertente da pescare.”
“Io non
starei così
tranquillo, nei loro stomaci sono stati trovati resti di cani e
addirittura bambini. Hanno bocche così grandi che ti
risucchiano
un arto senza manco che te ne accorgi.”
“Sei
peggiorato, Naruto. Sono solo leggende senza fondamento.”
“Meglio fare attenzione.”
Sasuke osserva stranito Uzumaki che s’immerge con una
capriola in avanti.
Poco dopo sgrana gli
occhi, capendo
le stupide intenzioni dell’amico. “Non ci provare,
coglione!” Impreca, ma è troppo tardi quando una
mano gli
afferra saldamente la caviglia trascinandolo sott’acqua.
Lottano avvinghiati.
Uchiha
digrigna i denti e sbraita, ma dalla sua bocca escono solo bolle
insieme a suoni gorgoglianti, mentre Naruto tenta di passargli una
gamba attorno al collo.
Risalgono in superficie poco dopo, per riprendere fiato. Gli occhi di
Uzumaki fremono e un sorriso gli si apre sulle labbra. Sasuke si rende
conto che qualcosa è cambiato senza soluzione di
continuità, ma agire a riguardo gli costerebbe uno sforzo
tremendo e poi ha un po’ paura, a esser sincero. Si calca il
cappello in testa.
“Idiota.” Gli tira la maglia con forza, quasi con
urgenza,
come se bastasse questo per mantenersi in equilibrio. Le fibre del
cotone marcio d’acqua si tendono allo stremo sotto la sua
presa.
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Capitolo 4 *** QUARTO CAPITOLO ***
Capitolo 4 altrariva
L’ha cercato per tutto il Villaggio e alla fine si
è arreso all’evidenza che Naruto fosse proprio nel
luogo più faticoso da raggiungere. In cima al monte Setegai
si erge il santuario shintoista dedicato al dio Hachiman, al suo
interno vi è custodito il corpo sacro della
divinità rappresentato da un arco dorato e una faretra.
Uzumaki è sempre stato profondamente legato a quel luogo,
dove si respira un’aria particolarmente pura e luminosa,
circondati da un paesaggio percorso dalle suggestioni della
spiritualità. Non che sia una persona religiosa o dedita a
certe pratiche così prive di concretezza, ma certi luoghi
rappresentano una sorta di spiraglio verso i propri cari e antenati,
l’unico modo per avvicinarsi a qualcosa di ormai
irraggiungibile. E dopo un profondo respiro, lo spirito
s’innalza leggero, sollevato dalle noie quotidiane.
La strada è ripida, immersa nei boschi punteggiati dagli
accesi colori dell’autunno. Verso la cima il terreno
è così scosceso che sono state fissate delle
catene alle rocce per offrire sostegno in caso di difficoltà.
Sasuke corre come un folle, talvolta arrancando. Vorrebbe fermarsi ma
il suo cuore pompa furioso con una frenesia tale che, non appena
rallenta, viene percorso sulle braccia da un prurito insopportabile.
Reclina il capo all’indietro, le gambe si muovono libere e
veloci, e osserva il cielo sbiadito fantasticando di essere ascoltato
da una qualche divinità, ma non sa esattamente in cosa
sperare.
Attorno al tempio si estende un prato cosparso qua e là da
piccoli fiori dai petali semi trasparenti, fragili e bianchi. Naruto
è seduto sopra una roccia ricoperta da licheni colorati,
all’ombra di un imponente acero. I raggi del sole penetrano
tra le fronde disegnando delicati giochi di luce. Il ragazzo pare
assorto, lo sguardo scuro, indossa una maglietta arancione che spicca
in modo chiassoso in quel quadro di semplice natura.
Una brezza leggera fa stormire le foglie e ondeggiare le strisce votive
appese alle corde sacre che decorano la veranda del tempio.
Sasuke ha la canottiera bianca appiccicata alla schiena e il sudore che
gronda dalla fronte.
“Quando pensavi di dirmelo?” Nonostante tutta la
rabbia in corpo si mantiene pulito nel linguaggio. Sotto la visiera del
cappello, i suoi occhi riflettono l’usuale limpidezza, ora
così acuminata da pungere. Naruto al contrario non
è mai stato tanto disonesto e sporco. I suoi pensieri sono
imbrattati di fanghiglia come i pesci gatto che discendono il fiume.
Nasconde qualcosa d’inafferrabile in quelle sabbie
limacciose, Sasuke ne ha il presentimento.
“Ehi”
Uchiha stringe i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
“Pensavi di dirmelo una volta a Tokyo? Un po’ tardi
non credi?”
Naruto scuote il capo e scende dal masso. “Sei stupido? Non
far finta di non saperne nulla! È da mesi che te ne parlo,
voglio andare a Tokyo perché voglio studiare
lì.”
“Tu!” Sbraita con voce arrochita. “Tu non
fai altro che parlare a vanvera. Come potevo sapere che facevi sul
serio o era un’altra delle tue stronzate?”
“Che bastardo… come sarebbe a dire che parlo
sempre a vanvera? Io sono una persona seria, così seria che
a Tokyo domani ci vado sul serio.” Naruto
l’affronta con un’energia tale che perfino uno come
Sasuke inizia a sentirsi spaesato.
“A Tokyo non pensare che sia tutta ‘sta gran cosa,
tornerai con la coda tra le gam—” Blatera con un
ghigno dimesso.
Naruto l’interrompe: “Non iniziare con i tuoi
discorsi intimidatori del cazzo.”
“Che speri di trovarci? Cosa ti manca qui?”
Mormora, rabbuiandosi sotto la tesa del cappello.
“La possibilità di fare qualcosa di grande. Stando
qui non combinerò mai niente a parte cazzeggiare, pescare
e…”
“Tu non sai pescare.”
“Appunto!” Ringhia Uzumaki.
“Perché sei così ottuso da non
accorgerti che qui hai già tutto, cosa puoi desiderare
più di questo?” Sasuke lo dice con collera,
aprendo un braccio verso il promontorio. I gabbiani descrivono ampi
cerchi nel cielo, che si riflette nel lago Izuya creando
l’illusione di fondersi con esso. Un panorama così
abbacinante da strappare il cuore.
“Per me non è abbastanza.” Afferma
duramente, senza nemmeno soffermarsi a guardare qualcosa che ha
imparato a memoria. I suoi occhi chiari rimangono fissi su Sasuke. Si
avvicina quasi volesse sbattere la fronte contro la sua, inclinando
leggermente il volto. Uchiha si leva il cappello in un gesto inusuale.
“Inizi a essere irritante.”
“Non vuoi che ti stia così vicino?”
“No.”
“E cosa vuoi?”
Uchiha tace, ma le sue iridi grigie mostrano una lucida
volontà.
“Sei venuto fin qua per cosa allora?” Naruto
incalza, rabbioso. “Per ammorbarmi con le tue prediche? Non
sei neanche in grado di dirmi che ci tieni alla nostra amicizia, che
non dovremmo perderci!”
“Cosa diavolo dovrei dirti quando tu sei l’unico a
voler gettare tutto alle ortiche! Io sto cercando di farti desistere da
scelte sbagliate, visto che sei troppo idiota per capirlo da
solo.”
Dietro quella scorza dura, Naruto comincia a credere che forse anche
Sasuke ha le sue stesse paure. Sente un poco di calore riscaldargli il
petto.
“Vieni insieme a me.” Gli rotola via dalla lingua e
poi sgrana gli occhi, preoccupato. Il motivo per cui se ne sta andando
è proprio Sasuke, allontanarsi da lui per non doverlo
affrontare più in modo così diretto. Socchiude le
labbra e il suo cuore impazzito accelera i battiti, quasi si
aspettasse, in modo del tutto improbabile, una risposta affermativa
dall’altra parte.
Il senso si perde tra le sue dita, mentre gli afferra il polso con
forza.
Sasuke osserva la mano di Naruto, la sua stretta è dolorosa.
“Io non me ne andrò mai.” Recita come se
fosse l’unica certezza disponibile. “Sei tu che
devi rimanere.”
Naruto lascia la presa. “Ti dimostrerò che
sbagli.” Sbraita a pochi centimetri dal suo viso e gli
dà le spalle, allontanandosi. “Ciao,
Sasuke.” Caccia le mani in tasca e abbassa la testa. Forse ha
sbagliato tutto, forse non c’era proprio nessuna
possibilità di fare giusto. Come se l’acqua del
lago l’avesse raggiunto allagando il terreno, inizia a vedere
sfocato.
Uchiha non risponde e se ne va calandosi il cappello sugli occhi, la
sua schiena si perde nell’ombra nitida dell’acero.
I sentimenti, come pezzi di vetro in frantumi, luccicano di mille
colori in una sconnessa scia tra i fili d’erba ai loro piedi.
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Capitolo 5 *** QUINTO CAPITOLO ***
altrariva cap V
Tokyo è come te la descrivono, sporca e caotica. Un sistema
rumoroso e abbagliante di grattacieli, centri commerciali, locali e
uffici, attraversato da una rete metropolitana labirintica. I cittadini
della capitale sono tutti diversi l’uno dall’altro,
e solo in questo assomigliano alla gente del Villaggio.
Naruto credeva fossero stronzate, eppure il primo impatto con quella
convulsa realtà non è stato dei migliori. La voce
tediata di Sasuke che ripete: “Non
è un granché” a volte gli
riecheggia nelle orecchie.
Adagia la testa sul banco sbuffando, mentre Inuzuka da dietro gli
lancia palline di carta tra i capelli con una rudimentale fionda.
Quando suonerà la campanella dell’intervallo si
alzerà e lo riempirà di botte, è una
promessa. Il professore prosegue imperterrito la lezione
d’inglese, gli studenti per quanto gli riguarda possono fare
ciò che vogliono fintanto che restano seduti e in silenzio.
I suoi coetanei non sono poi così male. Alcuni sono
piuttosto creativi e dotati di senso dell’umorismo, come quei
burloni che gli nascondevano i branzini nell’armadietto. In
quegli occhi tondeggianti, ricoperti da una patina sottile, rivedeva il
suo stesso sconforto.
È stato
difficile, deve ammetterlo. È bastato uno sguardo per
prenderlo di mira. Non aveva assolutamente modo di mescolarsi o fuggire
in sordina, perché troppo ottuso per stare zitto e troppo
diverso per non essere notato. Il cortile sul retro, un appezzamento
ricoperto di cemento con una fontana ormai in disuso nel mezzo,
è stato teatro del pestaggio giornaliero.
Ne ha prese tante, ma qualche colpo l’ha messo a segno anche
lui dimostrando almeno di non essere una preda così facile.
Scemato l’entusiasmo iniziale e stanchi di avere a che fare
con un cane che nonostante le bastonate tenta sempre di morderti, pian
piano l’hanno lasciato perdere. Del resto in quel liceo
arrivano nuovi studenti con una certa frequenza, avrebbero trovato
presto un degno sostituto.
Dopo essersi leccato le ferite e con l'animo un po' più
calmo, Naruto ha riconsiderato tutta la vicenda come una sorta di rito
d’iniziazione. La capitale offre tanto, ma è
rigida, non perdona chi si arrende.
Stupid-Sampei. Quel nomignolo idiota è ancora
sulle loro bocche però.
“Io non so manco pescare, coglioni.”
Serra i denti e stringe i pugni. Ha le nocche sbucciate e lo stomaco
sottosopra.
Scende una pioggia leggera, l’aria è talmente
umida e afosa che neanche il fumo della sigaretta si alza, ma aleggia
tra il suo viso e le mani in una densa nuvola. Fa un altro tiro.
Appoggiato sulla ringhiera del balcone, osserva quell’angolo
di periferia grigia e silenziosa. Le luci dei lampioni si mescolano
fioche in un cielo incolore. Non c’è molto a cui
pensare, è stata una giornata pesante. Un gatto in calore
passeggia ciondolando sul muretto col pelo arruffato, bagnato
dall’acqua. Miagola rauco.
Sente il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni della tuta.
Sarà sicuramente Inuzuka che gli chiede di andare a farsi un
giro. Si sposta sotto la tettoia di plastica gialla e afferra il
cellulare, sullo schermo illuminato c’è la
notifica di un messaggio accompagnata dagli ideogrammi del nome Sasuke.
Porta la sigaretta alle labbra e inspira profondamente. Poi la spegne
contro il muro gettando il mozzicone nel vaso del ficus, una pianta
rinsecchita che pende dal lato sinistro.
Gli ha scritto un semplice saluto.
“Ehi” Digita velocemente.
Si ritrovano a mandarsi nello stesso momento: “Com’è?”
“Come va?”
“Benissimo
credimi” Scrive Naruto. “Sono successe una
sacco di cose”
“Quali?”
“Troppo lunga
da scrivere per messaggio”
Sullo schermo appare l’avviso di chiamata.
Sgrana gli occhi osservando interdetto il cellulare. Si passa una mano
sulla faccia, tra i capelli e dietro la nuca. Non è
preparato per questo, ma le dita sono più veloci del
cervello e accetta la chiamata.
“Ohi, Naruto.”
Anche se è da diverso tempo che non la sentiva, la sua voce
continua a rimanere qualcosa di estremamente famigliare.
“Sasuke!”
“Che stai facendo?”
“Sto studiando.”
“Non dire stronzate.”
“Davvero.”
“Che materia?”
“Letteratura del periodo Meiji… i testi di
Miyazawa Kenji.”
“Kenji viene dopo, durante l’Impero di Taisho. Ti
starai confondendo con Mikazawa Kejiro.”
“No, senti, qua studiamo quel periodo e
quell’autore, due cose insieme ma separate.”
“Che idiozia.”
“I programmi scolastici della capitale sono diversi da quelli
delle nostre scuole.”
“Non hai fatto un grande affare a trasferirti per studi a
questo punto.”
“Che ne sai tu.”
“L’unico effetto positivo, ammesso che davvero
stessi studiando, è che l’aria di Tokyo pare abbia
risvegliato i tuoi neuroni e senso di respons—”
“Oh! Mi sto impegnando seriamente, non immagini quanto. Sono
riuscito a recuperare quasi tutte le materie. Manca solo matematica e
inglese.”
“Non hai ancora saldato tutti i debiti e ti aspettano anche
gli esami di fine trimestre.”
“Mi sto impegnando, credimi!”
“Testa quadra, stai andando peggio di quanto
immaginavo.”
“Non devi immaginarti proprio nulla! E poi devo dedicarmi
anche ad altre cose, mi sono iscritto a un club scolastico.”
“Male.”
“Perché? Ce ne saranno quasi una cinquantina qui,
è stata una scelta molto difficile.”
“Suppongo ti porterà via altro tempo allo
studio.”
“Può anche darsi, ma sono obbligatori.”
Dice e neanche si accorge di avere già le sopracciglia
corrugate. “Ho scelto basket.”
“Me l’aspettavo.”
“Che? Le mie scelte sono sempre imprevedibili!”
“E fortunatamente le alternative non ti
mancavano...”
“Non fare tanto il superiore, ho semplicemente scelto
qualcosa per sfogarmi. Comunque c’è di tutto:
arte, letteratura, scrittura creativa, giornalismo, una marea di sport,
anche il nuoto e perfino il kendo.”
“Che t’importa del kendo.”
“È tra le varie possibilità. E, beh,
stavo pensando a te. La palestra è molto attrezzata, ci sono
insegnanti validi, so che ti ha sempre ispirato l’idea di
praticarlo ad alti livelli.”
“Basta un’armatura e una buona spada, non necessito
d’altro.”
“Va bene, sarai anche portato, ma non ti vedrà mai
nessuno al Villaggio. Come pensi di migliorarti?”
“Non ho ben capito dove vuoi andare a parare, ma ad ogni modo
non mi trasferisco a Tokyo per fare kendo, non mi sembra una
motivazione sufficiente.”
“Dimmi quale sarebbe una buona motivazione.”
Sasuke pare pensarci un attimo. “Non
c’è.” Dice brusco.
Naruto sbuffa e si gratta il capo, calciando la ringhiera.
“Raccontami qualcosa tu. Qui il tempo è una
merda.”
“Solo il tempo?”
“Solo il tempo, bastardo. Come sta la famiglia? E
Iruka?”
“Bene. Perché non lo chiami?”
“L’ho sentito ieri.”
“Allora perché me lo chiedi?”
“Di certo non vorrà farmi preoccupare, forse non
mi dice esattamente le cose come stanno. Tutto qui.”
“Lui è sincero, dovresti fare
altrettanto.”
“Lo so.”
“Nascondere i problemi non farà altro che
ingigantirli.”
“È soltanto questione di tempo, le cose si
sistemeranno. A che serve fare casini adesso.”
“Tu stai già creando casini.”
Stringe il pacchetto di sigarette nella tasca, in un gesto istintivo.
“Vuoi dirmi se è successo qualcosa al Villaggio, o
i miei problemi sono molto meglio del piattume in cui
affoghi?” Replica con fin troppa foga.
“L’altro ieri ho catturato un dorato, ti
può bastare come qualcosa?”
Naruto ridacchia. “Dai, non scherzare.”
“Non mi piace scherzare.”
“Serio.”
“Ottantacinque chili di pesce gatto. È stata una
lotta estenuante di quasi due ore, ma alla fine l’ho
spuntata.”
“Pazzesco!”
“Dovevi vedere Fugaku, non ha fatto altro che sorridere tutto
il giorno.”
“Ah cazzo, non ho mai visto tuo padre sorridere.”
“Ha detto che era fiero di me, deve essergli costato un certo
sforzo. Abbiamo scattato una foto.”
“Voglio vederla!"
“Se fossimo stati in tre sarebbe venuta meglio.”
“Perché?”
“Avresti potuto dare una mano a sorreggere il
bestione.”
“Come ai vecchi tempi!”
“Già. A pescare eri inutile, ma per queste cose
direi che funzionavi.”
“È un modo per dirmi che ti manco?”
“Non pensare di essere per forza al centro dei pensieri di
qualcuno.”
Non sa bene perché, ma immagina Sasuke sorridere nel dirlo,
al di là di centinaia di chilometri sotto un cielo terso e
luminoso.
“Perché non ci vediamo?” Afferra la
gelida ringhiera, come per cercare un conforto. La pioggia gli bagna i
capelli e le spalle nude. Indossa solo una canottiera e inizia a
sentire freddo.
“Quando?”
“Anche questo sabato.”
“Va bene.”
Deglutisce a vuoto. Non se l’aspettava, non una risposta
affermativa e non con questa semplicità. Pensava che avrebbe
dovuto sudare sangue per rivederlo. “Fantastico! Puoi
fermarti a casa mia se vuoi e rimanere per tutto il fine settimana.
Così sei più comodo, per il treno
intendo.”
“Okay.”
“Okay,” Un sorriso tremante gli affiora sulle
labbra. “ci sentiamo per messaggio.”
“Bene, ora devo andare.”
“Ciao, Sasuke.”
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Capitolo 6 *** SESTO CAPITOLO ***
capitolo 6 lar
Il cappello bianco gli adombra il viso. Sasuke è un ragazzo
semplice, una figura nitida senza troppi dettagli, indossa i pantaloni
neri della tuta, quelli belli con le righe ai lati, e la maglietta a
mezze maniche. Il treno superveloce scivola via dietro di lui,
più rapido e silenzioso di quanto si possa pensare date le
dimensioni. La stazione è affollatissima. Il sole si
riflette su una distesa di candido cemento, facendola brillare come uno
specchio d’acqua.
“Sasuke!”
Alza un braccio al cielo e lo sventola con foga. “Contenuto, non
esagerato, dimostra contentezza ma non darlo troppo a vedere.”
Così si era detto qualche minuto fa percorrendo a passo
svelto i gradini. “Non
stargli addosso. Act cool.”
Sasuke non fa nemmeno in tempo a dare uno sguardo intorno, che Naruto
l’ha già braccato. Gli piazza un braccio intorno
alle spalle, tirandoselo vicino.
“Ohi! Non
starmi addosso!” Dice e gli afferra la nuca. Nella foga del
momento cozzano le fronti. Alcuni passanti si scansano continuando di
fretta per la loro strada, altri si soffermano a guardarli giusto il
tempo per etichettarli come teppistelli rumorosi ma innocui.
Sasuke si libera dalla
presa di Uzumaki, si rassetta la maglia e tira sulle spalle lo zaino
che durante quel saluto irruento gli è scivolato lungo un
braccio fino al gomito.
“Sei il
solito idiota.” Lo squadra dalla testa ai piedi con calma e
si cala la visiera sulla fronte. Poi si volta e inizia a incamminarsi.
“Ehi, dove
stai andando?”
“Usciamo
dalla stazione.”
Naruto ride.
“Pensi sia così facile?”
“Basterà
seguire le indicazioni.”
“Per
dove?”
Sasuke si gira e serra
le labbra, incapace di ammettere di non averne idea. “Qualunque posto
andrà bene” gli sembra una risposta
talmente da Naruto che la sua lingua non osa srotolarsi.
Uzumaki gli
dà una pacca sulla spalla, la pressione della sua mano ha la
capacità di placargli lo spirito, ma è una
sensazione fugace, che lascia subito spazio alla finta
necessità di aumentare le distanze. “Seguimi. Ti
ho fatto scendere a una fermata più tranquilla
così prendiamo la metropolitana per spostarci nella zona
centrale. A Shibuya sarebbe stato un disastro trovarci.”
Sasuke tace e stringe
uno spallaccio dello zaino, Naruto pare percepire la sua
difficoltà. “Ho imparato a
sopravvivere.” Dice con un sorriso aperto.
All’ennesima
persona che lo urta, Sasuke si volta col piede di guerra.
“Che diavolo… guarda dove vai!”
“Dopo un
po’ ci fai l’abitudine.” Blatera Naruto e
intreccia le mani dietro al capo. Lo affianca, procedendo con
disinvoltura sull’affollato marciapiede.
“Dalla tua
hai solo un misero vantaggio.” Dice Sasuke con tono piatto.
Uzumaki s’imbroncia e strizza gli occhi in due fessure come
una volpe selvatica.
“Non fare
quella faccia.”
“Perché
non dovrei?” Gli si avvicina al viso, tanto che Sasuke
è costretto ad allontanarsi, infastidito.
“Sembri
ancora più idiota.”
“Smettila di
camminarmi davanti! Sono io la guida!”
Sasuke allunga un
ghigno sottile. Il rosso furore del tramonto avanza calando ombre
decise sulla città. Tokyo è piena dei bagliori di
un futuro dirompente. “Tra poco si riempirà di
luci.”
“È incredibile di notte, ti piacerà
che…”
Uchiha si volta a guardarlo. I suoi occhi sono scuri e vividi. Per una
volta l’arcata sopraccigliare è distesa in
un’indolente espressione.
“che non vorrai più tornare alla noia del
Villaggio.” Conclude Naruto dopo un leggero tentennamento.
“Tutto
dipende dalla propria attitudine mentale, se è buona nulla
potrà annoiarti. Evidentemente la tua è
guasta.”
“Che? Non
c’è nulla che non vada in me.” Replica
brusco e scuote il capo, affondando le mani nelle tasche.
“Dai, vieni. Andiamo a mangiare qualcosa.”
Sferra un morso
all’ultima polpetta di takoyaki. Socchiude gli occhi, mentre
il sapore squisito gli invade la bocca come un’onda lenta e
spumosa. Poi guarda Sasuke che tiene lo spiedino a mezz’aria
e la bocca socchiusa. I palazzi di Tokyo si ergono altissimi fino a
sfiorare le nuvole scure, splendidi e ricoperti di riflessi dorati
sembrano racchiudere la grandiosità senza tempo dei
monumenti imperiali. I giganteschi schermi, posizionati in modo
strategico per essere perfettamente visibili da diverse
angolazioni, trasmettono le immagini in movimento di svariate
pubblicità: succulenti piatti, bellissime modelle dai begli
abiti e gioielli, annunci di sconti fuori controllo ai magazzini locali.
Le luci si proiettano nel cielo senza stelle, trapassandolo con fasci
baluginanti simili a stilettate di spade. Le insegne al neon si
alternano alle lanterne di negozi fatiscenti. Nella fiumana che si
riversa sulla strada, è possibile scorgere donne in abiti
tradizionali aggirarsi come spettri. Il passato sembra volere
ostinatamente la sua parte in una capitale lanciata verso un futuro
vorticoso.
“Ti sta
cadendo la mandibola.” Naruto sghignazza, mentre Sasuke si
ricompone all’istante schioccando un monosillabo a denti
stretti.
“Si
può sapere dove stiamo andando?”
Un treno sfreccia
sulla superstrada superiore a decine di metri sopra le loro teste.
Uchiha alza lo sguardo sconvolto, gli è parso quasi
silenzioso a confronto della cacofonia della strada.
“Stiamo
camminando da ore.” Continua poi con tono neutro.
“Siamo
arrivati.”
Naruto
l’afferra per un gomito e si fa seguire in un vicolo.
Immondizia di vario genere e scatoloni vuoti giacciono abbandonati
lungo i lati della via. Un capannello di giovani chiacchera
soffusamente accanto a una porta ricoperta di graffiti come il resto
del muro, cosa che la rende difficile da notare. Sasuke si libera della
presa dell’amico, lo seguirà in ogni caso quindi
non c’è alcun bisogno di farsi trascinare.
Naruto cerca il suo sguardo mentre attraversa il gruppetto. Apre la
porta e scendono una scalinata lunga e stretta, le pareti sono come
trasparenti e illuminate dall’interno da luci al led di
colore blu. La musica è fortissima e confusa, un rimbombo
ovattato che si ripercuote fin dentro il petto. Un tizio con un abito
in tweed li accoglie all’ingresso, consegnando i biglietti.
“Non si
paga?” Chiede Sasuke all’orecchio
dell’amico.
“All’uscita,
non preoccuparti.”
Il locale è gremito di gente. Sasuke si cala istintivamente
il cappello in fronte, non ha mai visto così tanta gente in
un singolo posto. Naruto si accalca insieme a un gruppo di ragazze
davanti al bancone.
“Non devi offrirmi roba.” Dice seccato, quando si
ritrova un bicchiere di plastica con cannuccia sotto il naso. Naruto
gli sorride mentre beve a grandi sorsi una birra, è evidente
che non abbia sentito le sue parole a causa della musica.
“Potevi
prendere una birra anche per me.”
Uzumaki assottiglia
gli occhi con espressione interrogativa, tanto che Sasuke si vede
costretto a tirarselo vicino per ripetere la frase, seccato.
“La birra
c’è anche al Villaggio, quello non lo
trovi!”
Sasuke sorseggia
cautamente. La bevanda è dolce con una punta di piccante,
una merda in pratica. Mentre Naruto s’inoltra nella folla
sotto il palco, Uchiha abbandona il bicchiere sul primo tavolino libero
che trova.
Raggiunge l'amico, trovandolo intento a discutere con una ragazza dagli
abiti scuri e due incredibili codini in testa, che lo accusa
probabilmente di averle fatto rovesciare il drink. Sasuke sospira,
scusandosi al posto suo. “Razza di imbranato.”
Borbotta, invitandolo a seguirlo.
“Chi sarebbe
l’imbranato? È lei che mi è venuta
addosso!”
Sul palco ci sono un
tavolino e diverse attrezzature, una tastiera, un microfono e un
laptop, in alto è posizionato un grande schermo accompagnato
da altri quattro più piccoli ai lati. Quando
l’artista entra in scena ed emergono dalla
semioscurità le prime e inconfondibili note, Sasuke si volta
verso l’amico sgranando gli occhi. Naruto piega le labbra in
un sorriso obliquo.“Porter Robinson.” Bisbiglia
Uchiha.
“Non
è proprio lui, ma…”
Un lieve ghigno
compare sul volto di Sasuke. Non gli importa se non è lui,
ma fa le sue canzoni ed è di certo la cosa che
più gli si avvicina e che mai avrebbe pensato di ascoltare
se non dallo stereo, chiuso in camera sua.
È sul punto
di ringraziare Naruto, ma lo vede distratto, spensierato, e per qualche
motivo riesce solo a ricambiare tiepidamente il suo sorriso. Ben presto
viene rapito da quella musica accompagnata dalle immagini che si
susseguono sugli schermi. I disegni coloratissimi e i suoni gli
riempiono l'animo di un’emozione mai provata, una sorta di
sottile euforia. La musica diventa immagine e i colori e le forme
diventano musica. È quasi facile per lui adesso sognare a
occhi aperti, Naruto è bravo a farlo, ha sempre sognato
qualcosa d’altro che andasse oltre i limiti imposti e forse
ha visto giusto in Tokyo la risposta per tutti i suoi dubbi.
Balla al suo fianco,
ogni tanto lo prende dentro con una spallata, Sasuke barcolla appena
reggendosi saldamente sulle gambe. Dovrebbe lasciarsi andare ma non ne
ha idea. Nelle iridi scure si riflettono lampi di colore. Chiude gli
occhi e si leva il cappello, strizzandolo nel pugno. Vuole farsi
cullare da quella follia di suoni che nulla hanno di umano.
Lean into my side never
felt alive
Call
the chants inside
Tuffarsi nel mare, senza avere il mare. Si aprono così tante
possibilità, e anche se ha vissuto in un luogo dove la vista
poteva spaziare ovunque senza confini, qui incastrato tra i corpi di
sconosciuti si sente stupidamente pervaso da un nuovo affascinante
senso di libertà. Naruto gli passa un braccio intorno alle
spalle e salta sul posto, il suo peso lo indolenzisce e
l’odore del suo corpo, misto a quello del fumo e del sudore,
è così intenso da stordirlo. Sente a malapena la
sua risata prepotente e contagiosa.
We were made for this,
we will wait for this
Balza sopra la
ringhiera e si mette a sedere. Si porta una sigaretta alle labbra,
proteggendo il fuoco dell’accendino col palmo. La musica li
raggiunge fino all’esterno, è come un sottofondo
martellante. Sasuke si appoggia con i gomiti alla sbarra in metallo e
distende il collo all’indietro, osservando il cielo reso
brunastro dall’inquinamento luminoso. “Sei cambiato
molto Naruto.”
Uzumaki
l’osserva e aspira a lungo. “Nonostante non sia
passato neanche un anno, la capitale ha comunque agito su di
te.” Continua Sasuke.
Naruto butta fuori il
fumo, sorpreso. “Per queste?” Dice, roteando la
sigaretta tra le dita.
“No, non
è solo per quello.”
“Eppure sto
facendo del mio meglio per rimanere fedele a me stesso.”
“Non sto
dicendo che sei cambiato negativamente.” Replica Uchiha.
“ma nemmeno positivamente.”
Naruto corruga la
fronte.
“Fammi
provare.” Sasuke indica con un cenno del mento la sigaretta.
Uzumaki gli passa
quella che tiene in mano.
“Dammene
un’altra.” Mormora indispettito.
“È
l’ultima.” Commenta facendo spallucce. È
palesemente una balla, Sasuke assottiglia lo sguardo ma alla fine
accetta ugualmente l’offerta. Porta la sigaretta alle labbra
con una manualità che non gli appartiene.
“Devi
ingoiare il fumo.”
Fa un tiro e solleva
un poco il capo, con la chiara intenzione di ignorarlo. Gli pizzica il
naso, ma piuttosto che mettersi a tossire come un pivello preferirebbe
il seppuku. “Non ti ho chiesto spiegazioni.” Sbotta
col fumo che si spande tra i loro visi.
“Ma
è la tua prima volta!”
“Questo non
ti dà il diritto di insegnarmi qualcosa.”
Così
Naruto, stranamente silenzioso, rimane ad osservarlo; il suo migliore
amico con la maglietta bianca e la pelle d’oca sulle braccia,
lo zainetto buttato ai piedi, la gamba destra piegata contro la
ringhiera.
Sasuke finisce quel che rimane della sigaretta con un impercettibile
ghigno di soddisfazione. Ha la testa piena di pensieri densi come il
fumo che gli esce in un soffio sottile dall’angolo della
bocca. Le orecchie gli fischiano spiacevolmente.
“Bastardo,
tu invece non sei cambiato per nulla.” Naruto ride, colpito
all’improvviso da questa consapevolezza.
L’asfalto
è disconnesso, pieno di buche che sono diventate pozzanghere
dopo le scorse piogge. Ai lati della strada si susseguono piccole
villette a schiera con alte reti di recinzione laccate di verde, hanno
un aspetto freddo in questa notte senza luna. I due ragazzi percorrono
la strada di periferia di un quartiere residenziale. Il cielo
è reso ancora più scuro dal contrasto con la luce
bianca dei lampioni.
Sasuke caccia una mano
in tasca, mentre con l’altra si aggiusta la visiera. Naruto
riesce giusto a scorgere il profilo del naso.
“Allora, ti
sei fatto qualche amico qui?”
Uzumaki si gratta la
nuca scoperta. Forse la sua solitudine è trapelata dai pori
della pelle come un odore.
“Mi sono
fatto un sacco di amici.”
Uchiha sembra
ascoltarlo attentamente.
“Sono…
piuttosto popolare.”
“Tu!”
Sputa, incapace di trattenersi. Naruto sgrana gli occhi, ferito da una
reazione tanto spontanea da parte sua.
“Yeah!
Perché cazzo non dovrei esserlo?”
Sasuke ghigna appena e
l’osserva fugacemente con la coda dell’occhio.
“Mi sono
fatto anche la ragazza!”
Ha sganciato la bomba,
ma Sasuke continua a camminare, impassibile. Nessuna reazione.
“Nah, sto scherzando.” Si affretta ad aggiungere.
Uchiha rilassa la mano stretta a pugno, gli sono rimasti i segni delle
unghie conficcate nel palmo.
“Lo
sapevo.”
“Come facevi
a saperlo? Bastardo, pensi che sia impossibile per me trovarmi la
ragazza?”
“Se
l’avessi avuta me l’avresti sbandierata davanti dal
primo momento che ho messo piede a Tokyo. Tutto qui.”
“Che stai
dicendo, probabilmente non te l’avrei mai
presentata.”
“Perché?”
“Come
dirtelo… sei tipo l’incarnazione del suo ideale
d’uomo.”
Sasuke incurva le
spalle e si lascia sfuggire una debole risata. “Di chi
incontrerei i gusti?”
“Di
Sakura.”
“Sakura
è il nome della tipa che ti piace.” Mormora
talmente piano che sembra parlare tra sé e sé.
“Già…”
“E come fai
a sapere che sarei il suo tipo?”
Naruto pensava che
avrebbe sorvolato su una questione del genere con la sua solita
indifferenza, quell'interesse invece lo lascia po’ sorpreso e
anche un po’ turbato. “Che devo dirti,”
Risponde asciutto. “le piacciono i bastardi, di
bell’aspetto, che fanno i misteriosi.”
“Quindi se
mi avesse visto in stazione, avrebbe subito preferito me a
te.” Sasuke gli sta ridendo in faccia. Non che lo stia
facendo davvero, ma i suoi occhi sono incredibilmente lucidi.
“No!”
“Ma
è praticamente quello che hai detto.”
“Nessuno
sano di mente potrebbe preferirti a me! E Sakura è
intelligentissima!”
Sasuke assottiglia le
palpebre. “Da quando sei così poco onesto,
idiota?”
“E con
questo” Sbotta Naruto, afferrandogli un gomito con fermezza.
“cosa vorresti dire?”
Ha iniziato a
piovigginare. Sasuke cammina a testa bassa, tirandosi Naruto dietro,
per nulla disposto a dargli ulteriori spiegazioni. Le piccole gocce
d’acqua scendono sempre più fitte fino a rendere
l'asfalto nero e terso, percorso dai riflessi delle luci artificiali.
“Quanto
manca a casa tua?” Sasuke scuote il braccio per liberarsi da
quella presa invadente.
“Siamo quasi
arrivati.” Naruto si scosta i capelli umidi appiccicati alla
fronte. Circonda le spalle dell’amico con un braccio e mostra
uno sguardo deteminato.
“Se corriamo non ci bagneremo più di
tanto.”
Uchiha sa che è una cazzata, ma per una volta non ha voglia
di ribattere. Si scrolla Naruto di dosso e prendendolo alla sprovvista
decide di far partire la sfida.
Inizia a correre con
lo zaino che gli sobbalza sulla schiena a ogni falcata. “Chi
arriva ultimo è un coglione!” Gli urla,
scalzandosi il berretto.
“Bastardo!”
Naruto si lancia all'inseguimento, quasi vola sull’asfalto
sfiorandolo appena con le scarpe da ginnastica. Ha le sopracciglia
aggrottate nella consueta espressione rissosa, ma il suo sorriso
racconta tutt'altro.
Getta lo zaino a
terra, ansando. Hanno corso come dei pazzi e dopo aver varcato la porta
dell’appartamento hanno finto entrambi come di comune accordo
di essersi dimenticati del motivo di tutto quell'inutile sforzo. Essere
così infantile imbarazza un po’ Sasuke ora che
è fuori dal Villaggio.
Fa scorrere lo sguardo
lungo le pareti di quell’angusto monolocale.
C’è un gran casino e puzza di chiuso, i piatti
sporchi sul tavolo da chissà quanto e diversi vestiti
accantonati in giro.
“Che merda
di posto.” Mormora, mentre si passa una mano tra i capelli,
infilandosi i ciuffi ai lati del viso sotto il cappello. Naruto pur
avendolo sentito non risponde e sembrerebbe dargli ragione. Recupera
una maglia pulita dall’armadio e gliela schiaffa sul petto.
“Ohi, cambiati.”
Sasuke
l’afferra e va ad aprire la portafinestra che da sulla
balconata.
“Voglio far
cambiare un po’ d’aria qui dentro.”
Naruto si toglie la
maglia. Sasuke indugia con lo sguardo senza timore, come se fosse
estraneo da se stesso. Le luci tenui dell’esterno disegnano
misteriose ombre sul dorso nudo dell’amico. Si spoglia anche
lui, alle sue spalle l’aria frizzante gli percorre la schiena
in un piacevole brivido. Appoggia la t-shirt bagnata sullo schienale di
una sedia. Naruto si avvicina e gli stringe l'avambraccio, è
un contatto lieve che dura poco, Sasuke fa giusto in tempo a osservare
le dita dell’amico serrarsi.
“Vuoi una
birra?” S’infila la maglia asciutta, dirigendosi
verso il frigo.
Sasuke si piazza sul
divano, rivestito da un lenzuolo dai colori chiassosi. Sobbalza quando
Naruto gli appoggia la lattina gelida contro la nuca.
“Ehi!” Sbotta, scansandosi, e gli strappa la birra
dalle mani. Uzumaki ridacchia e accende la console sopra il televisore,
con i cavi dei joystick che penzolano davanti allo schermo.
È una delle poche cose che si è portato dietro
dal Villaggio, probabilmente l’unica che non avrebbe stonato
alla capitale.
Si siede poi accanto a
Uchiha con pesantezza, sfiorandolo di proposito. Naruto è sempre stato una persona
molto fisica, al limite dell’invadenza, e Sasuke non sa bene
come abbia potuto sparire dalla sua quotidianità in
così poco tempo e senza che lui potesse in qualche modo
opporsi. Si ritrova a indurire lo sguardo sotto l’ombra di
quei pensieri, non riesce in alcun modo a rilassare i lineamenti del
volto, eppure il suo spirito potrebbe lasciarsi andare fino ad
addormentarsi su quel divano, come se si fosse finalmente posato in un
luogo sicuro e familiare. “A che gioco vuoi
perdere?” Dice sforzandosi di apparire naturale.
“Chi
perderà è tutto da
decidere…” Replica Uzumaki, accomodandosi meglio.
“Visto che ho voglia di metterti le mani addosso, facciamo un
picchiaduro.” Continua e appoggia una mano sul suo ginocchio,
stringendolo. Sasuke lo spinge via col gomito in malo modo.
“Levati.” Apprezza la scelta, anche lui ha bisogno
di sfogarsi ma non ne ha le forze o il coraggio.
Lancia il joystick sul
lato libero del divano, imbronciato.
“Ti sei
arreso di già?”
“Mi sono
stancato, è diverso.”
“Hai i
riflessi di un salmerino”
Naruto lo guarda
stravolto. “Non sai neanche più come cazzo
insultarmi.” Dà un colpo alla visiera del cappello
per indispettirlo.
Sasuke lo trafigge con
un’occhiata furibonda, ben più incazzato di quanto
Naruto potesse sperare. “Non devi toccare il cappello,
coglione.” Sibila duramente e gli si butta addosso. Uzumaki
tenta di colpirlo al petto, a suo parere l’attacco
è sempre la miglior difesa, ma Sasuke con
rapidità gli blocca l’avambraccio e lo spinge di
schiena sul divano.
Si azzuffano per pochi
minuti, a suon di calci, pugni e spintoni, strattonandosi i vestiti.
Sasuke lo inchioda sotto di lui, puntandogli un ginocchio in mezzo alle
gambe e fermandogli un braccio sopra la testa. Naruto gli stringe una
spalla, cercando di allontanarlo. È nel momento in cui i
loro sguardi s’incontrano e gli insulti si esauriscono, che
Uchiha nota come il sorriso sul volto di Naruto si sia spento,
lasciando spazio a un’espressione più seria.
“Ehi.”
Fatica a riconoscere in quello sguardo il suo migliore amico.
“Ehi.” Gli sfiora il viso e affonda le dita tra i
capelli folti e stopposi. “Che diavolo ti prende
adesso?”
Naruto strizza gli
occhi per un istante e serra i denti, afferrandogli con forza il polso.
“Sai cosa
c’è? Che non ce la faccio
più!” Sbraita con voce ruvida, piena di rabbia.
“Fanculo la capitale! L’unica cosa che voglio
è tornare al Villaggio. Sono stanco di essere trattato da
sfigato, alla stregua di un reietto!”
Naruto è un
fiume in piena, anche se Sasuke aveva già il sentore che gli
avesse rifilato un sacco di cazzate riguardo quei mesi a Tokyo, non
pensava che le cose andassero così male.
“Il futuro
brillante che ti immaginavi…” Dice, cercando di
trovare uno spazio nello sfogo dell’altro.
“Quale cazzo
di futuro? Le superiori sono una merda, è impossibile che
riesca a recuperare gli esami per tempo e i professori mi hanno
già preso di mira.”
“Questo non
è da te.” Lo interrompe con tono duro.
“Cosa non
sarebbe da me?”
“Lamentarti
per delle stronzate.” La mano di Sasuke è ancora
sul suo viso. “Se gli altri ti trattano da schifo, reagisci.
O pensi di risolvere la cosa frignando come un mocc-”
“Che cazzo
dici, non sto frignando!”
“Hai idea
dei sacrifici che sta facendo Iruka per permetterti di studiare, di
vivere qui a Tokyo?”
Naruto tace e il solco
tra le sopracciglia si fa più profondo che mai.
“Le persone
che tengono a te hanno fatto dei sacrifici per permetterti di essere
qui adesso, tutti abbiamo sacrificato qualcosa. Tu in prima persona hai
dovuto pagare un caro prezzo, non è vero? E ora non puoi
assolutamente tradire te stesso.”
Naruto gli stringe la
maglia con foga, cercando di attirarlo a sé. Increspa le
labbra in un vago sorriso. “Anche tu a volte ti senti
terribilmente solo?”
Sasuke a quel punto
smette di opporsi e ricade su di lui. Naruto lo stringe in un goffo
abbraccio, sente il suo volto nell’incavo del collo e la voce
cupa vibrargli nell’orecchio.
“Sì.” Gli risponde Uchiha, intrufolando
una mano sotto la maglia. Naruto deglutisce a vuoto e lo artiglia con
ancor più forza sulla schiena.
Sasuke gli sfiora col
naso la mandibola, seguendo poi con le labbra una linea invisibile sul
collo. Gli ha sollevato la maglietta quasi fino al petto. Poi si alza
lentamente, rimanendo a cavalcioni su di lui, lo guarda per pochi
istanti e volta il capo. Naruto non sa se trattenerlo ancora, blatera
qualcosa di sconnesso mentre le sue mani vanno ad aggrapparsi
istintivamente al rivestimento stropicciato del divano, come in cerca
di un vitale appiglio.
Sasuke scende dal
divano, raccoglie il cappello caduto a terra durante la lotta e gli
dà le spalle. “Vado a farmi una doccia.”
Gli comunica, grattandosi incerto la nuca.
Naruto ne approfitta
per darsi una rapida rovistata nei pantaloni. C’è
qualcosa di bello e doloroso insieme nell'osservare la schiena di
Sasuke. “Ah.” Bofonchia. “Il bagno
è in comune, fuori sul corridoio in fondo a
destra.”
“Ok.”
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Capitolo 7 *** SETTIMO CAPITOLO ***
cap 7 llar
Credeva che trasferirsi per studi a Tokyo avrebbe portato solo a
risultati positivi, tra questi tornare a vedere Sasuke come un amico e
invece la lontananza ha contribuito a creargli un’immagine
ancora più idealizzata del ragazzo. Gli spigoli del suo
carattere sono come smussati, parlare con lui è
terribilmente piacevole e lo è in un modo diverso che farlo
con chiunque altro. Il sentimento che lo lega a Sasuke è un
qualcosa d’irripetibile, che non è stato
minimamente offuscato dai chilometri che ha gettato tra loro.
È stato drastico. In questo la distanza l’ha
agevolato, è fin troppo semplice evitare una persona se non
c’è la possibilità di incontrarla
fisicamente. Ha iniziato a rispondere sporadicamente ai messaggi e
Sasuke ha agito di conseguenza scrivendogli sempre più di
rado. Ha inventato le scuse più banali per non rispondere
quando gli telefonava e non l’ha mai richiamato.
È passato
più di un anno dall’ultima volta che si sono
visti, da quella sera in cui ha sentito le sue labbra lungo il collo e
la sua mano contro la pelle, in cui ha creduto che il cuore potesse
esplodergli nel petto. L’ha considerato un momento di
debolezza da parte di entrambi, una sorta di cattivo gioco: quello di
chi si sbilancia di più, così che
l’altro possa colpire con più forza.
“Stai studiando
testa quadra?”
“Senza di te si
pesca molto di più”
“Incredibile oltre
che inutile eri pure dannoso”
“Quando
torni?”
“C’è
un posto che devi vedere”
“Come
stai?”
Eppure ogni volta che
legge quelle parole, scritte in piccoli e freddi caratteri neri, si
scatena in lui la speranza sottile e insidiosa che anche Sasuke viva in
una trepida attesa.
La sua testa
è piena di pensieri confusi e controproducenti, ma si
è ripromesso di non perdere di vista l’obiettivo
per cui si trova a Tokyo.
“Stupido
stupido stupido! Stupido al cubo!”
A scuola le ragazze
sono tutte molto carine, ma forse un po’ difficili da
avvicinare e lui ignora totalmente un modo decente di approcciarsi.
Sakura ha rifiutato di uscire con lui almeno una decina di volte e alla
fine stremata ha accettato quantomeno di diventare sua amica o
dispensatrice d’insulti.
“Sei crudele Sakura-chan, in fondo non ho fatto nulla di
male.”
Haruno gli strofina
forte le nocche sulla testa. “Nulla di male? Come puoi
davvero averle chiamate in quel modo!”
“Merda,
perché voi ragazze dovete sempre dirvi tutto?”
“Coniglie
bianche!” Geme mettendosi le mani tra i corti capelli rosa.
Alcuni giorni fa ha convinto Hinata ad arrischiare un momento
d’intimità chiusi nello spogliatoio della
palestra. Con le mani infilate sotto la maglietta di cotone leggero, si
è rivolto alle tette della ragazza chiamandole candide
coniglie con il risultato che lei per poco non è scoppiata a
piangere per l’imbarazzo. Naruto allora si è
fermato immediatamente, già poco convinto dal principio, e
biascicando delle scuse si è levato d’impiccio.
“Tu non capisci proprio niente, sei un animale! Te le volevi
mangiare per caso?”
“Abbassa la
voce!” Sbraita Uzumaki alzandosi dalla sedia di scatto.
Sakura per tutta risposta si siede a gambe accavallate sul suo banco.
“Nel libro
che mi ha prestato Sasuke le descrivevano anche
così… pensavo di far colpo.” Bofonchia.
Sakura scoppia a
ridere di gusto. “Davvero? Che razza di libri ti
prestano!”
“Raccontava
la storia di una povera famiglia cinese del Novecento.
S’intitola, ehm, ‘Grande seno, fianchi
lar—”
“Il tuo
amico dev’essere una specie di pervertito, sicuro!”
Sakura continua a ridere e con il braccio destro si tiene la pancia.
Era pure un bel mattone di quasi mille pagine, ma stupendo perfino se
stesso è riuscito a leggerlo tutto, e ora a ripensarci il
motivo è ancora lo stesso: far colpo su qualcuno.
“Sasuke non è un pervertito!”
Sakura sgrana gli
occhi verdi, sorpresa da quel tono duro. Con le labbra ancora
increspate in un sorriso lascia scivolare la questione e gli picchia
una mano aperta sul petto. “Sì, ma non ti scaldare
adesso! Senti… forse non tutto è
perduto.”
Naruto storce la bocca
in una smorfia. “Che vuoi dire?”
“Che potrei
mettere una buona parola su di te, Hinata è una ragazza
molto comprensiva e paziente.”
“Non ce
n’è bisogno.” Dice. “Voglio
risolverla da me.” Non farà nulla in tal
proposito, è probabile che tutto sia accaduto per
risparmiargli l’ennesimo errore.
“Sicuro?”
Sakura scende dal banco e si piazza davanti a lui con le mani ancorate
ai fianchi.
“Certo.
Grazie Sakura-chan.” Naruto la scansa e si dirige fuori dalla
classe. “Pranziamo insieme? Offro io.” Propone poco
dopo.
“Quanta
generosità in un uomo solo!” Replica la ragazza
con tono allegro, tirandogli una pacca così vigorosa sulla
schiena da far girare tutti i presenti.
Il ronzio del
ventilatore si mescola al rumore di spari, alle sottili imprecazioni di
Shikamaru Nara e lo sghignazzare convulso di Kiba Inuzuka, che
stravaccati sul divano giocano alla console.
Akamaru, il cane di Inuzuka, ignorato da tutti è riuscito a
profanare lo zaino di Naruto sparpagliando per terra il suo contenuto.
Se ne sta accucciato sul tappetino vicino all’ingresso
intento a ridurre in pezzi un quaderno. È un cucciolone di
appena sei mesi, ma supera già i venti chili. In
realtà nello stabile è vietata
l’introduzione di animali, ma né Kiba
né Naruto sembrano molto interessati al rispetto delle
regole. “Non
se ne accorgerà nessuno” Aveva
ribadito Kiba, come se si trattasse di un gattino da nascondere sotto
la giacca.
“Già, un
animale discreto.” Aveva commentato Shikamaru.
Gli altri due avevano annuito non cogliendo minimante il sarcasmo o
fingendo di non farlo.
Naruto appoggiato alla ringhiera del balcone mangia un ghiacciolo
all’anice dello stesso colore del cielo della Capitale. Dalla
portafinestra spalancata entrano ondate di aria calda e afosa insieme al frinire incessante delle
cicale.
“Mi sto
annoiando!” Vocia Kiba ululando l’ultima sillaba
della frase.
Shikamaru gli ha
piazzato sei kill di seguito e lui ha perso ogni briciolo di
concentrazione. Sente i pollici intorpiditi a furia di pigiare
freneticamente sul controller.
Akamaru solleva la
testa, istintivamente attratto dalla voce del padrone, e drizza in
avanti le pendule orecchie fulve.
“Non ti puoi
stancare proprio quando inizi a perdere.” Replica mollemente
Shikamaru, non intende insistere comunque, è da
più di mezz’ora che gioca solo per inerzia. Mette
in pausa, incrocia le braccia dietro la testa e divarica le gambe.
Inuzuka prende una manciata di snack all’alga piccante dalla
ciotola sul tavolino davanti al televisore, gli basta allungare un
po’ il braccio senza nemmeno alzarsi. Sul tavolino ci sono
diverse lattine vuote e le confezioni del cibo d’asporto che
hanno mangiato per pranzo.
“Andiamo a giocare a basket?”
“No.” Sbadiglia Nara.
Naruto non dice nulla, l’afa estiva è opprimente,
e lecca via dalle dita qualche goccia del ghiacciolo che ha
incominciato a sciogliersi. Il riflesso della luce del sole che
attraversa la tettoia gialla crea un soffuso disegno sulla sua
schiena.
“Perché
no?” Dice Kiba innervosito e nel girarsi verso
l’amico quasi non lo colpisce con una gomitata.
Shikamaru gli lancia
uno sguardo tagliente.“Fa troppo caldo.” Risponde, poi reclina la
testa all’indietro e chiude le palpebre.
“Il basket
non ha mai ucciso nessuno! Ehi, Naruto, che ne dici?” Cerca
appoggio.
“Ha ragione
Shika. Possiamo farci una partita stasera al massimo.” Dice
mentre osserva il quartiere immerso in una quiete singolare. Gli
insulti sbraitati con ferocia da Kiba si rovesciano contro le sue
spalle.
“Fattene una
ragione.” Mormora Nara, poi sempre a occhi chiusi tira fuori
un pacchetto accartocciato di sigarette dalla tasca dei jeans e ne
accende una.
“Ci vorrebbe qualcosa di fresco.” Dice Kiba,
incazzarsi a quel modo gli ha fatto venire ancora più caldo.
Si siede di fronte al ventilatore e lo imposta fisso nella sua
direzione. “Se abitassimo al mare, sai che figata.”
Commenta trasognante. “Potremmo organizzare una vacanza! Che
dite?”
Shikamaru annuisce
appena, il fumo scivola lento dalle sue labbra socchiuse allungandosi
verso il soffitto.
“Tu, Naruto,
prima di trasferirti a Tokyo non abitavi vicino al lago Izuya? Potremmo
andare lì!”
“Non parlavi
del mare?” Replica Uzumaki.
“Fa lo
stesso, è sempre acqua e il clima sarà di certo
migliore.”
“Non credo
sia una buona idea. Il Villaggio dei pescatori non è come
Okinawa!”
“E con
questo?”
“Dico che
non ci sono feste, non ci sono locali, non c’è
niente d’interessante.”
“Beh, le
tipe ci saranno, no? O vi riproduce per partenogenesi?”
“Per
parte-cosa? Certo che ci sono!”
“E come
sono?”
“Eh? Non so,
normali! Ma mi ascolti quando ti dico che non c’è
niente da fare? Non è un posto turistico!”
“Forse non
sono tutti interessati a festeggiare sulla spiaggia o cose simili, un
posto tranquillo andrebbe più che bene per me.”
S’intromette Shikamaru.
“E il vitto
e alloggio gratis? Non dimentichiamoci del vitto e alloggio
gratis.” Esclama Kiba e sul suo viso si allarga un sorriso
furbo. L’aria del ventilatore gli spazza deliziosamente i
capelli via dalla fronte.
“Cosa?”
Sbotta Naruto.
“Non abbiamo
abbastanza soldi da parte per andare a Okinawa, quello sarà
il viaggetto per festeggiare la maturità. Per
quest’estate ci accontenteremo
dell’Izuya.”
“Dovrei
ospitarvi a casa mia?”
“Cazzo di
domande sono? Certo! Il Villaggio è un gran posto, bagni al
lago e natura incontaminata. Poi ci potrai presentare questo Sasuke di
cui parli spesso, il tuo miglior amico mi pare.”
“No.”
Inuzuka aggrotta le
sopracciglia scure. “Come no?”
“Ho detto di
no. Non si farà nessuna vacanza al Villaggio.”
Ripete duramente e getta lo stecco del ghiacciolo nel vaso del ficus
rinsecchito. “Cosa non ti è chiaro?”
Kiba spalanca la bocca
in una smorfia. “Che cazzo di carattere! È da
settimane che ti comporti da merdaccia, ma la vuoi finire?”
Afferra un cuscino del divano e glielo lancia mancando però
clamorosamente la mira, Naruto non riesce ad afferrarlo in tempo e il
cuscino vola oltre la ringhiera del bancone.
“Cazzo! Vallo a recuperare!” Sbraita.
Kiba ghigna. “Non ci penso proprio.”
Uzumaki a piedi scalzi avanza verso l’amico con intenzioni
tutt’altro che pacifiche e gli si butta addosso sul divano.
Kiba viene spinto contro Shikamaru che cerca in qualche modo di
protestare e togliersi di mezzo. “Idioti! Ho la sigaretta in
mano!”
“Devo
insegnare una lezione a questo cagnaccio!”
Inuzuka ride
stupidamente, difendendosi come può. Una gamba di Nara
è incastrata sotto la sua schiena. Akamaru saltella intorno
al divano, tirando calde slappate ovunque trovi qualche centimetro di
pelle nuda. Uggiola di tanto in tanto, desideroso di unirsi anche lui
all’allegro baccano in cui è coinvolto il padrone.
Shikamaru tira un
sospiro di stanchezza, non sente più la gamba.
“Ehi, Naruto, quando inizi il turno?” Fa un ultimo
tentativo prima di decidere di rassegnarsi e crepare lì, se
non schiacciato quantomeno di caldo.
Quella domanda posta
così alla sprovvista fa abbassare la guardia a Uzumaki che
viene colpito sotto al mento da una pedata di Kiba.
“Ahio!”
Si porta una mano alla bocca, trovandola macchiata di sangue. Con i
denti dev’essersi tagliato il labbro dall’interno.
“Ah! Scusa
dai!” Esala Kiba.
“Cazzo! Che
ore sono?” Afferra per il collo Inuzuka e gli pigia con forza
la testa sul divano. Shikamaru in qualche modo riesce a rotolare sul
pavimento e a rimettersi in piedi. “Ti esce
sangue.” Commenta fiaccamente.
Inuzuka raggiunge con
il braccio libero il controller poggiato sul tavolino e accede al menu
di gioco. “Quasi le due.” Bofonchia contro la
stoffa del lenzuolo di copertura, schiacciato dal peso di Naruto.
“Merda.”
Uzumaki si alza di scatto e va a darsi una ripulita al lavandino della
cucina. Kiba ed Akamaru lo seguono come pulcini.
“Ohi,
scusa.” Blatera ancora, guardando ovunque tranne che Naruto.
“Nah, non mi
hai fatto niente.” Dice con una leggera alzata di spalle.
Alla fine si tratta solo di un taglietto.
“Non hai
nemmeno del ghiaccio in casa,” Shikamaru gli porge un
pacchetto di piselli surgelati. “tieni.”
“Ah!
Grazie.” Naruto prende la busta e la pigia sulla zona
dolente. “Non sapevo di averne nel congelatore.”
“La cosa non
mi stupisce.”
“Devi andare
via subito immagino, beh, ci vediamo comunque stasera per la
partita?” Dice Kiba.
Naruto allunga un
sorriso obliquo. “Ok.”
Cercando il cane con
lo sguardo, Inuzuka nota vicino all’ingresso lo zaino aperto
dell’amico e i pezzi di carta stracciata
tutt’intorno. Akamaru è nuovamente lì
che pascola languidamente nella sua opera di distruzione. Sente i peli rizzarsi sulla
nuca e si mette di fianco al tavolo cercando di coprire il fattaccio
con il suo stesso corpo, anche se è consapevole
dell’inutilità del gesto. “Vuoi un
passaggio fino alla fermata della metro? Sono venuto in
bici.” Quando è nervoso Kiba tende a straparlare.
Naruto
l’osserva scettico. “Se è il tuo modo di
farti perdonare, accetto.”
Al café non
l’hanno assunto per una qualche valida ragione, se non per il
sorriso. Il fatto che sia un ragazzo trasandato nel vestire, dai modi
grezzi, dall’accento marcato e con zero esperienza nel campo
della torrefazione, o in qualsiasi campo in generale, non sono da
considerarsi punti a suo favore.
“Un caffè, un cappuccino e due torte alla
fragola.” Ripete l’ordine e sorride.
Gli serviva un lavoretto estivo per contribuire alle spese
d’affitto del suo monolocale e, motivo da non sottovalutare,
far passare il tempo in modo costruttivo. Nonostante attenda sempre con
smania l’arrivo della bella stagione durante il periodo
scolastico, una volta arrivata si ritrova in una specie di limbo.
L’anno scorso è successa la stessa identica cosa,
ha passato due mesi a rosolare nei suoi problemi senza combinare niente
di buono.
Dovrebbe sfruttare questo periodo per studiare, ma ha ancora meno
voglia del solito. Le giornate diventano lunghe, molli, senza respiro,
e i suoi amici spariscono uno dopo l’altro per andare in
vacanza o tornare dalle loro famiglie. Presto anche Kiba e Shikamaru
partiranno, non ha soldi per seguirli e non intende dirglielo o
farglielo pesare, ma senza di loro sarà ancora
più difficile. Stare alla Capitale è un
supplizio. Tornare al Villaggio sembrerebbe l’unica
alternativa valida, ma significherebbe affrontare la realtà
dei propri sentimenti e paure.
“Naruto va a vedere i tavoli nell’altra saletta,
stanno aspettando da un po’. Muoviti.”
Il suo capo
è un tipo allampanato, dovrebbe essere sulla trentina ma ha
già tutti i capelli bianchi. Per certi versi gli ricorda suo
padre, cioè il suo tutore Iruka, ma non è buono
quanto lui, in realtà non sa bene fino a che punto
può fidarsi.
“Sì, sì, subito.” Blatera,
dirigendosi a prendere le ordinazioni.
Quella sera nel suo
appartamento, Sasuke gli ha confessato di sentirsi solo quanto lui.
Chissà a cosa starà pensando adesso, cosa
starà facendo, può immaginarlo intento a pescare,
oppure addormentato all’ombra di qualche albero. Osserva la
ragazza al tavolo ringraziarlo, è molto bella con una
frangetta corta e folta a incorniciarle il viso, ma non sente nemmeno
le sue parole. Sorride di rimando e finisce di scrivere la comanda. Ha
la netta sensazione che la Capitale non gli apparterrà mai e
lui non apparterrà mai a lei.
“Oggi ho bisogno che rimani qualche ora in più,
c’è da sistemare in cucina.” Kakashi
glielo dice pacatamente, mentre si incrociano lungo il corridoio che
porta ai bagni. Prima che Naruto possa ribattere qualcosa,
l’uomo ha già svoltato l’angolo. Niente
basket stasera, il suo piano di fracassare a pallonate la testa vuota
di Kiba verrà rimandato.
Porta fuori la spazzatura, sono le dieci passate. Tira un vento
leggero, molto piacevole, e qualche timida stella traspare nel limpido
cielo estivo di Tokyo. Infila la mano sotto il grembiule per prendere
il pacchetto di sigarette. Ne accende una, del resto pensa di
meritarsela una piccola pausa. Fa giusto in tempo a fare un tiro che
appare Kakashi da dietro i pannelli in plastica del retrocucina. Naruto
incurva le spalle e lancia un’occhiata sbieca al capo,
aspettandosi già un cazziatone. “Vuole
favorire?” Dice nascondendosi dietro la sua sfacciataggine.
“Non
dovresti fumare.”
“Si
preoccupa per me adesso?”
“Eh? No, non
sono nessuno per dirti di smettere, alla tua età facevo lo
stesso. Ma devi finire di pulire dentro.” Replica spiccio.
Naruto aggrotta le
sopracciglia.
“Ascolti.”
“Dimmi.”
“Domani ho
bisogno della giornata libera.”
“È
sabato.” Kakashi si gratta il capo.
“L’unico giorno in cui mi sei realmente
utile… Dovrei dirti di no.”
Naruto spegne la
sigaretta e la getta nel cassonetto. “Se non me la concede,
mi licenzio.”
“Stai un
po’ esagerando, ragazzo.” Kakashi ha
un’espressione stanca e un tono di voce sempre corroso
dall’indifferenza. È difficile farsi
un’idea precisa di quello che ha in mente.
“Affatto.”
“Passa nel
mio ufficio prima di andartene. La pausa è finita
comunque.” Replica e con un lieve fruscio di
tende rientra in cucina.
Il lago Izuya è rinomato per il colore blu delle sue acque,
capace di infondere un senso di pace e tranquillità. I
pensieri negativi scompaiono trasportati via dalla brezza accompagnata
dai richiami striduli dei gabbiani.
Se deve avere poco, preferisce non avere niente ed è questa
la consapevolezza da cui può finalmente ripartire. Afferra
il cellulare e scrive un messaggio semplice e conciso: “Sto bene domani
torno.”
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Capitolo 8 *** OTTAVO CAPITOLO ***
Ultimo capitolo
C’è un luogo a cui apparteniamo, al quale tendiamo
spasmodicamente. L’unico che non ci fa desiderare
nient’altro, dove è possibile prendere un respiro
profondo e sentirsi finalmente in pace. Per Naruto quel posto
è il Villaggio dei Pescatori, sulle sponde di un lago
così blu e vasto che un occhio inesperto potrebbe scambiarlo
per il mare.
Il cielo è terso, di un azzurro abbacinante, e i gabbiani
volano alti lanciando striduli richiami. Naruto sgrana gli occhi, grato
di quello spettacolo. Pur essendo piena estate non
c’è afa e il caldo è mitigato da un
vento gentile.
Sasuke è il frutto di quel fortunato incontro tra i monti e
l’Izuya. I boschi di faggio, i pesci, le onde fulgide, le
piante del thè e degli agrumi sono profondamente radicati
nel suo spirito tanto da aver fatto della natura un valore
imprescindibile.
Naruto potrebbe giurare che è diventato più alto.
Le sue spalle sono più larghe, gli spigoli del suo corpo e i
muscoli tesi di braccia e gambe sfiorano l’ombra della loro
forma definitiva. Si è perso quei giorni, riflette con
malinconia, quelli in cui sarebbero diventati adulti insieme, fianco a
fianco senza accorgersi dei cambiamenti. Oggi invece ogni differenza
emerge prepotente come uno schiaffo. Sasuke indossa dei bermuda color
cachi, una canottiera slabbrata e le infradito. Una collana fatta di
conchiglie e piume di falco gli adorna il petto. Non porta il cappello
e al posto della visiera una frangia spettinata gli nasconde la fronte.
Nei suoi abiti curati all’ultima moda di Tokyo, troppo
costosi per quello che potrebbe permettersi, cioè niente,
Naruto si sente stretto e accalorato. Lascia cadere lo zaino a terra e
si toglie la giacca rossa.
“Con quale faccia ti ripresenti dopo tutto questo
tempo.”
E Naruto avanza a passi decisi, lo sguardo duro di Sasuke non lo
scalfisce minimamente.
“La mia.” Blatera e prendendolo di contropiede lo
abbraccia. Sasuke gli afferra la nuca con una mano mentre con
l’altra gli artiglia la maglia.
“Alla fine hai trovato la strada di casa.”
Ha la salivazione ridotta a zero. Naruto annuisce con la fronte
appoggiata sulla pelle dell’amico vagamente abbronzata.
Sasuke lo allontana spingendolo con l’avambraccio,
è più un invito a sciogliere
l’abbraccio che una reale protesta. Entrambi distolgono lo
sguardo.
“Dove hai messo il cappello?”
“Quale cappello?” Gli dà le spalle, ma
Naruto fa comunque in tempo a scorgere un lieve ghigno sulle sue labbra.
“Bastardo, il tuo.”
“Credo di averlo dimenticato” Risponde neutro.
“da qualche parte.”
“Che? Non è possibile, non puoi essertelo
semplicemente dimenticato!”
“È così invece.” Sasuke si
sistema la frangia passando le dita tra i fini capelli neri.
“Le cose cambiano, ne è pass-“
“Non così tanto.” Lo interrompe Naruto,
raggiungendolo. Sfodera un sorriso obliquo.
“Che devi fare?” Sasuke si ferma a pochi passi dal
molo. Si sente il rumore dell’acqua che sciaborda contro i
pilastri di legno.
Naruto osserva il lago appena increspato dalla brezza luccicare di
riflessi argentei.
Potrebbero prendere una barca, remare fin nel bel mezzo
dell’Izuya, fermarsi lì e parlare, toccarsi,
riconoscersi. Vedere fin dove sono simili e in cosa diversi.
“Per prima cosa voglio andare da Iruka.”
Sasuke annuisce piano, anche lui sovrappensiero. L’aria
è talmente limpida che all’orizzonte è
visibile la riva grigia e sottile della Capitale.
“T’accompagno.”
Hanno camminato a lungo, percorrendo le viuzze del Villaggio fino a
raggiungere le strade di periferia che conducono ai campi di sorgo
selvatico.
Tra le sparute spighe, dallo stelo sottile e il pennacchio rosso, i
bambini del Villaggio hanno messo delle girandole colorate. Naruto
sorride, anche lui e Sasuke ne avevano piantate alcune nel terreno, ma
ora non saprebbe riconoscerle. Di che colore erano? Forse quella
laggiù di un blu sbiadito dal sole e dalle intemperie
è una delle loro.
“E così ti sei trovato un lavoro.”
“Un lavoretto estivo” Specifica Uzumaki. Ha un
sorriso calmo sul viso mentre guarda le girandole ruotare a tratti,
hanno un non so che di magico e nostalgico.
“Già. Chi l’avrebbe mai detto che un
idiota come te…”
Naruto aggrotta le sopracciglia e serra i pugni. “Oh! Falla
finita con ‘ste stronzate!” Non ha nessuna
intenzione di litigare, ma gli afferra ugualmente con veemenza il
braccio. Uchiha gli prende il polso, facendo una pressione tale che
sembra avere delle tenaglie di ferro al posto delle dita. Lo sta
invogliando con le buone a lasciare la presa.
“Il cameriere.” Sasuke ghigna.
“Tu.”
Uchiha è come quei felini rinchiusi nello zoo del quartiere
Ueno di Tokyo, un animale selvatico, puro e fiero, ficcato a forza in
uno spietato meccanismo di cui è totalmente ignaro. Naruto
si allontana di qualche passo.
“Io.” Si siede a terra e sbuffa rumorosamente, la
fronte ancora corrugata.
“Resta qualcosa dello stipendio dopo aver ripagato le cose
che rompi?”
Uzumaki strappa una spiga e gliela lancia contro, pizzicandogli un
braccio. Senza scomporsi Sasuke la osserva ricadere a terra e
mescolarsi nel prato.
“Abbastanza per permettermi di pagare qualche mese
d’affitto.”
“Lo fai per Iruka? Perché lui vorrebbe solo che
t’impegnassi con la scuola.”
“Lo faccio soprattutto per lui, ma anche per me.”
Sasuke si accovaccia di fronte a lui, poggiando le mani sulle
ginocchia. “Non dovevi diventare una persona di
successo?” Mormora vicino al suo viso.
Naruto non ha mai visto un ragazzo così bello. È
costretto a distogliere lo sguardo, ha le orecchie in fiamme.
“Ovvio!” Replica con voce ruvida.
“Questo lavoretto, ritornare qui all’improvviso
senza motivo… sembra che tu abbia voglia di perdere tempo,
dovresti rimanere concentrato sul tuo obiet—”
“Venire qui non è una perdita di tempo!”
Dice, stavolta puntandogli gli occhi addosso.
Sasuke tace, ma non intende allontanarsi. È strano stare
così vicini senza mettersi le mani addosso. Naruto prende
con una mano la collana di juta che oscilla dal collo
dell’amico. “E questa?” È da
quando l’ha vista che ne è rimasto incuriosito.
Uchiha gli stringe la mano nella sua. “L’ho fatta
io.” Dice, sembra provare un certo orgoglio.
“C’è un luogo dove puoi trovare sia
conchiglie che piume di falco senza spostarti.”
“Dove?”
“Sulle sponde dell’Izuya, un posto che non hai
ancora mai visto.”
Naruto ride forte e gli tira una pacca sulla spalla. “Ho
vissuto qui per oltre quindici anni,” Comincia e Uchiha
socchiude le palpebre con fare annoiato. “abbiamo percorso
ogni strada e sentiero, ci siamo arrampicati su ogni albero. Abbiamo
scalato insieme tutti e tre i monti! Non può esserci un
posto che non abbia mai visto.”
“Ti sbagli. C’è ancora tanto da
scoprire, non peccare di presunzione.” Sasuke si alza. Un
vento gentile gli smuove i capelli. “Per quanto resterai al
Villaggio?”
Naruto lo fissa indispettito, ora salta fuori che lui non sa
più nulla dell’Izuya. Se c’è
qualcuno di davvero arrogante quello è Sasuke.
“Domani torno a Tokyo, lavoro.”
Per un attimo Sasuke sgrana gli occhi, Naruto ha la netta sensazione
che ci sia rimasto male, questo dovrebbe regalargli una piccola
soddisfazione e invece sente solo una spiacevole fitta al petto.
“Non abbiamo molto tempo, allora.” Replica spiccio
e s’incammina spedito tra la bassa sterpaglia.
“Muoviti.”
Naruto l’osserva allontanarsi. Ha forse intenzione di
andarsene via senza di lui? Sasuke non si gira indietro nemmeno una
volta.
“Ehi!” Urla e si alza di scatto, mettendosi a
correre per raggiungerlo. “Aspetta!”
La luce filtra attraverso il fogliame degli alberi, disegnando soffuse
chiazze verde giada. La schiena di Sasuke è imperlata di
sudore, i muscoli guizzano appena percettibili sotto la pelle a ogni
passo, esprimono l’incredibile tensione e forza della
giovinezza.
Si sente provenire da poco lontano il rumore dell’acqua che
in piccole onde s’infrange sulla riva. La vegetazione si apre
su una cala incassata tra due alte rocce. La sabbia è fine e
chiara a causa della presenza di polveri di cristalli.
“Come abbiamo potuto farci sfuggire questa
spiaggetta?”
“Non lo so.” Sasuke si toglie le infradito e
cammina lungo la battigia a piedi scalzi. “E
chissà quanti altri luoghi.”
Le loro impronte sono così diverse: la sagoma magra dei
piedi di Sasuke e la suola delle sue scarpe da ginnastica bianche.
Naruto inizia a spogliarsi, ha voglia di abbandonare tutto, vestito
dopo vestito, pezzo dopo pezzo, tutto quello che lo lega ancora a
Tokyo. È come un serpente che si toglie con soddisfazione la
pelle vecchia di dosso, placando quella sensazione pruriginosa.
Raggiungono la roccia che fa da parete a ovest della conca, ricoperta
nelle zone meno ripide da zolle erbose e piccoli arbusti.
“Sei pronto a faticare un po’?” Sasuke fa
il gesto di tirarsi su delle invisibili maniche e inizia a scalare la
parete. È molto abile e senza titubanza raggiunge le
sporgenze migliori su cui far leva.
“Pensavo volessi fare il bagno!” Vocia Naruto.
Sasuke lascia un appiglio per voltarsi a guardare l’amico.
“Più tardi.” Replica facendo cenno di
seguirlo e riprende la scalata. Dev’essere già
salito lassù, riflette Naruto corrugando le sopracciglia, ad
ogni modo non ha nessuna intenzione di farsi lasciare indietro.
Sulla cima c’è un piccolo spiazzo e in due si sta
comodi. Lì a terra ci sono delle piume di falco e dei
rametti secchi che dovevano essere utilizzati per la costruzione di un
nido. Sasuke raccoglie una delle piume e la rigira tra due dita come se
si trattasse di una preziosa scoperta.
Il panorama che si dispiega davanti a loro è meraviglioso:
il lago brilla sotto il sole, piccole barche solcano
l’orizzonte con le loro vele colorate e boschi rigogliosi si
estendono in entrambe le direzioni a perdita d’occhio. I
gabbiani giocano in cielo sfrecciando sul filo dell’acqua e
più in alto una coppia di rapaci riposa le proprie ali
sfruttando le correnti.
Naruto prende un respiro profondo riempiendo i polmoni di aria pura.
“Qui è bellissimo!” Urla così
forte che Sasuke è costretto a coprirsi infastidito le
orecchie con le mani.
Gli inveisce di zittirsi. “Idiota! Qui nidificano i falchi,
vuoi farli spaventare?”
“E ora che si sveglino anche loro.” Naruto ride.
Sasuke gli strattona un braccio con forza. “Ti sei bevuto il
cervello!”
Naruto gli cinge la vita con presa ferrea e Sasuke si ritrova a
sbarrare gli occhi consapevole della situazione in cui si è
cacciato.
“Ti va un tuffo?”
“Non ci provare coglione.” Sputa serrando i denti.
Oppone tutta la resistenza che può tentando anche di
colpirlo, ma sente già il terreno mancare sotto i piedi.
“Nessun cazzo di perfetto tuffo di testa stavolta!”
Naruto para un pugno con la mano e coglie l’occasione per
bloccargli l’altro braccio. Così avvinghiati,
Uzumaki si lancia dalla roccia trascinandosi Sasuke dietro.
Uchiha non si accorge nemmeno di aver iniziato a urlare, mentre il
vento gli sferza la faccia e una tremenda sensazione di vuoto lo prende
allo stomaco. Naruto ride forte contro il suo orecchio, ma è
un suono ovattato che s’interrompe all’improvviso
quando affondano nell’acqua, alzando mille altissimi schizzi.
Banchi di agoni fuggono dalla loro presenza estranea come una nuvola
argentata. Naruto e Sasuke si tengono ancora le braccia a vicenda, in
una sorta di abbraccio distaccato. Muovono le gambe lentamente,
l’acqua è pesante e fredda, rischiarata dai caldi
raggi del sole. Naruto ha le palpebre serrate e i capelli biondi
ondeggiano intorno al suo viso, sembrano addirittura morbidi.
I pantaloni da 11000 yen hanno cambiato colore virando per un marrone
molto scuro. Visto che non si decide ad aprire gli occhi, Sasuke inizia
a insultarlo spazientivo. Nessun suono ma solo una serie di bolle gli
escono dalla bocca. Lo colpisce con una manata in faccia. Naruto
sobbalza digrignando i denti. Uchiha si raccoglie su se stesso e
picchiando un piede sulla spalla dell’amico si dà
la spinta necessaria per raggiungere la superficie.
Naruto riemerge poco dopo e prende una vigorosa boccata
d’aria. “Ti sei messo a gridare come una
ragazzina!” Bercia.
Sasuke gli sferra un pugno sulla medesima spalla. “Sta zitto!
Non è vero.”
“Ohi!” Uzumaki accusa il colpo e si massaggia la
parte dolorante. “Sì invece!” Dice.
“Ti sei spaventato?”
“Non è certo la prima volta che mi tuffo da
lassù, solo che” Biascica. “che mi hai
preso alla sprovvista.”
Naruto ridacchia divertito. Poi si mette a galleggiare sul dorso,
allargando braccia e gambe. Il sole picchia forte e la roccia da cui si
sono buttati sembra ancora più imponente da quella
prospettiva. I rapaci volteggiano sopra di loro come raffinati ventagli
neri.
“Sei un pazzo.” Afferma, togliendosi i capelli dal
volto.
“Nuotiamo un po’?”
Sasuke non risponde e inizia con una decina di metri a delfino e poi in
stile libero, Naruto gli sta dietro pur essendo un po’ fuori
allenamento, la sua tecnica non è mai stata molto precisa.
L’acqua dell’Izuya li avvolge, li separa e li
unisce. È bello rivedere Sasuke immerso nel suo ambiente,
è quasi più elegante lì che sulla
terra ferma. Naruto lo guarda, lo ascolta. Ogni sfida pronunciata dalle
sue labbra, mentre gli occhi tagliati a mandorla si assottigliano,
sembra avvicinarsi a una promessa: raccogliere un sasso dal fondale,
toccare la coda di un pesce, nuotare a rana ad occhi chiusi fino alla
rupe laggiù.
Quando finalmente escono dall’acqua sono stanchi e un
po’ infreddoliti. Sulla spiaggia Sasuke cammina un paio di
metri avanti a lui. Allaccia le mani dietro la nuca e si guarda
intorno, teme che Sasuke percepisca i suoi occhi fissi sulla sua
schiena.
“Se tu te ne fossi andato, ti avrei inseguito
ovunque.” Dice infine.
Uchiha stringe le nocche istintivamente. Il pizzicore alle guance
è immediato, perché quella frase assomiglia tanto
a una sciocca quanto insperata dichiarazione.
“Allora perché sei stato tu ad andartene a
Tokyo?” La voce gli esce più cupa e bassa di
quanto vorrebbe. Un sorriso amaro gli aleggia sulle labbra al pensiero
di quanto sia folle la logica di Naruto. Rallenta il passo.
“Te l’ho detto” Uzumaki lo supera. I
pantaloni bagnati gli aderiscono come una seconda pelle.
“volevo diventare una persona di successo, fare qualcosa di
più della mia vita. Dimostrare di essere un tuo degno rivale
e amico.”
Sasuke lo trattiene per un gomito. “La vera
ragione.”
Naruto si siede sulla battigia, le onde raggiungono a stento le dita
dei piedi. “Beh, forse volevo vedere se mi avresti
seguito.”
Sasuke l’osserva in silenzio. “Invece ti ho
lasciato andare.” Replica piano, sedendosi accanto a lui.
Raccoglie la sabbia e la soppesa nel palmo, facendola poi filtrare dal
pugno socchiuso. “Non posso e non potrò mai
abbandonare questo luogo, è parte di me. Capisci cosa
intendo?”
Tiene lo sguardo rivolto al lago, increspato dal vento e cosparso di
bagliori dorati come una rappresentazione del paradiso buddista.
L’altra riva è un profilo lontano, ora offuscato
dal torpore arancione del cielo pomeridiano.
Naruto scuote il capo, non in segno di diniego ma per dire che non
c’è alcun bisogno di ulteriori spiegazioni. Sa
perfettamente cosa intende Sasuke quando dice di essere parte operante
dell’Izuya, anche lui serba nel cuore la stessa pulsione per
la natura e la vita del Villaggio seppur in modo meno lancinante
rispetto all’amico.
“Io” Non riesce ad andare avanti, si ritrova a
deglutire rumorosamente, Sasuke è talmente vicino al suo
viso che fatica a trovare la concentrazione necessaria per parlare.
“Tu cosa?” Dice senza smuoversi di un centimetro.
Ha le ciglia umide unite e una goccia gli solca la fronte, scorrendo
poi lungo il profilo dritto del naso.
In quegli occhi scuri, Naruto riesce a scorgere l’ombra
nascosta di un sogno che credeva lontanissimo. “Se resti
così vicino, fatico a trattenermi.” Biascica,
arreso. Sente sgretolarsi qualcosa di dosso e non è la
sabbia bagnata sulle gambe.
“Sei sempre stato un debole, Naruto.”
Riesce a sentire il suo respiro sulla pelle. Gli afferra un braccio con
rabbia.
“Non sono un debole!” Serra i denti. Le fronti si
scontrano. Sasuke stringe le labbra in una linea sottile.
“Dimostralo.” Il suo tono è duro,
completamente fuori luogo con il modo in cui cerca lo sguardo
dell’altro.
Naruto schiude la bocca, sta annaspando. Pigia la fronte contro la sua
piegandogli quasi collo. “Bastardo, adesso io
ti—.” Sbraita nella confusione.
Sasuke inclina il capo e lo bacia. Un bacio morbido, sorprendente.
Naruto stringe gli occhi e gli prende il viso tra le mani. Gli sfiora
le orecchie e gli accarezza i capelli corti dietro la nuca, tagliati di
recente. Caccia fuori la lingua ficcandogliela in bocca e Sasuke,
anziché tirarsi indietro, lo asseconda con la stessa
famelica urgenza.
Credeva di conoscerlo, ma ora si rende conto di non sapere proprio
nulla di lui. Si ritrovano uno sopra l’altro. Allontana le
labbra dalle sue per baciarlo sul collo fino a macchiare di rosso
quella pelle sottile. Ha l’euforia in corpo, è
bastato un solo bacio per colmargli l’anima. Gli accarezza il
fianco col palmo aperto scendendo poi sull’addome. Sasuke a
quel punto lo prende con forza per una spalla obbligandolo ad
allontanarsi quel che basta per rimettersi seduto. Ha la sabbia
dappertutto, sulla schiena e tra i capelli fradici. Gli prende il
collo, passandogli il pollice sul mento vicino al labbro inferiore.
Naruto socchiude gli occhi e sorride. Gli stringe il polso, mentre
Sasuke si protende verso di lui.
“Restiamo qui tutta la notte.” Dice Naruto.
Percepisce il respiro di Sasuke farsi corto, i suoi muscoli irrigidirsi
d’un tratto.
Uchiha si alza, accarezzandogli distrattamente il volto. Vorrebbe
trovare una scusa per dire che non è possibile, ma non
c’è nulla che non possano fare, non
c’è più alcun appiglio per tirarsi
indietro. “Non abbiamo avvisato nessuno, si preoccuperanno
per noi.” Tenta di scoraggiarlo senza convinzione. Non
pretende e forse non vuole che le sue parole abbiano un qualche effetto.
“Ohi.”
Sasuke si sfiora la fronte con un gesto istintivo, come se ci fosse un
cappello da risistemare e si allontana di alcuni passi, immergendosi
fino alle caviglie nell’acqua. Neanche guardare
l’Izuya riesce a calmare i battiti del cuore.
“Non m’importa.” Uzumaki lo affianca,
dandogli una scherzosa gomitata. “Oggi sono troppo
felice.”
Si volta verso Naruto incrociando i suoi occhi chiari, limpidi come il
cielo e l’acqua che li circonda.
“Quando tornerai, Naruto?”
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