Il Diario di Nadia. di Esch (/viewuser.php?uid=1041621)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caramella. ***
Capitolo 2: *** Nadia. ***
Capitolo 3: *** Padre. ***
Capitolo 4: *** Madre. ***
Capitolo 5: *** Sorriso. ***
Capitolo 1 *** Caramella. ***
Diario di Nadia
Martedì 19 Gennaio 1999
Caro diario, è la prima volta che tengo un diario: buffo!
Sono al primo anno di scuola superiore, e mi rendo conto di essere
idealmente in ritardo con l'idea di avere un diario tutto mio, ma non
sono riuscita a trattenermi.
Ho deciso! Ti chiamerò Caramella!
Piacere Caramella, io sono Nadia! Sì proprio Nadia: mia madre
è una veterana nerd, ed avrà sempre nel cuore le
avventure di Nadia e la pietra azzurra; io non l'ho mai seguita la serie, ma confido nei gusti di mia mamma.
Caramella, te lo devo proprio dire, e sono sicura che non lo dirai a
nessuno, ma oggi sono riuscita a scambiare quattro chiacchiere con la
misteriosa ragazza
del pullman delle sei del mattino!
Sì ok semplicemente gli ho chiesto se poteva spostarsi che
dovevo scendere, ok ok non sono proprio quattro chiacchiere, ma
finalmente ho potuto ascoltare la sua voce che tanto mi ero immaginata: ha un tono così... uao! Lei
deve scendere all'ultima fermata, visto che la mia è la
penultima, quindi facciamo quasi tutto il tragitto assieme, e con il
tempo, ho sviluppato una strana curiosità nei suoi confronti.
Ora te la descrivo, sei curiosa vero Caramella? Voglio essere a tutti i
costi sua amica! Anzi! Voglio diventare la sua migliore amica! Non lo
so, ma quando la vedo... me lo sento! Siamo connesse!
Ora Caramella, non mi interrompere più ok? O sarò
costretta a scarabocchiare le tue pagine con degli stick man stupidi,
punkettosi e vandali!
Martedì 2 Febbraio 1999
Caramella! E' tanto che non scrivo! Ti chiedo scusa tantissimissimo! Mi
faccio perdonare subito! Ti ricordi di Melissa? AH! E' vero! Tu la
conosci come la misteriosa ragazza del pullman.
Finalmente abbiamo attaccato seriamente bottone: E' stato durante la prova di tiro con l'arco.
Sai lei è più grande di me di ben un anno! Uuuuh, ma se
la sentissi parlare: sembra molto più grande! E' una donna di
mondo lei! Ed io l'adoro! Saremo amiche per sempre! Lo so! Sembro una
bimbetta! Ma ti ricordo che sono grande ormai: ho ben quattordici anni!
Giovedì 25 Marzo 1999
Cara Caramella, oggi è il compleanno del mio papà!
Lo so che litigo spesso con lui, ma in fondo gli voglio bene.
Ti voglio bene papà.
Auguri.
Mercoledì 28 Aprile 1999
Cara Caramella, oggi è il turno di mamma di fare gli anni!
Non litigo mai con lei.
Giovedì 22 Luglio 1999
Cara Caramella, oggi il mio cuore è esploso! Non so ancora cosa provo, ma di certo ho tutto il corpo in preda al caos.
Oggi io e Melissa abbiamo fatto le piratesse! Mi ha invitata a casa
sua, e ci siamo bevute del rum! Sì! Proprio il rum dei pirati!
Cielo mi gira ancora un pochino la testa, ma tu non hai idea di cosa ha
fatto dopo Melissa: mi ha baciata! No Caramella, non sulle guance, ma
sulle labbra!
Oh cielo! Quando mi ha baciata mi sono sentita in preda al fuoco! Ho
risposto al suo bacio afferrandole il viso per impedirle di lasciarmi
troppo in fretta, ma a quel punto lei ridendo mi ha dato uno spintone;
son finita con il sedere per terra, e lei rideva un po' brilla.
Non mi sono sentita così in fiamme la sotto, nemmeno quando ho baciato Filippo l'anno scorso.
Purtroppo, quando mi ha dato una mano per rialzarmi, Melissa ha
precisato che il suo era solo un bacio per gioco; la faccenda del bacio
si è chiusa li.
Eppure io ho ancora il batticuore.
Caramella, non capisco cosa mi succede... Caramella ho paura.
Mercoledì 2 Febbraio 2000
Caramella ci sei? Ho fatto molta fatica a ritrovarti: per poco non ti buttavo per sbaglio nella spazzatura.
Sai Melissa, all'ultimo dell'anno, non appena gli ho raccontato che
tenevo un diario, mi ha detto che non voleva essere la migliore amica
di una bambina, allora ho smesso di scriverti: potrai mai perdonarmi
Caramella? Non mi rimani che tu come amica: oggi Melissa mi ha chiamata
mostro.
Non c'è la facevo più, ho ceduto e urlato addosso il mio amore per lei.
Lei allora mi ha guardato con disprezzo, e mi ha chiamata mostro.
Ora non siamo più niente.
Caramella, dentro non so cosa sento... è come, non so come
descriverlo... come una grandissima mancanza? Manca qualcosa dentro di
me?
Caramella, io voglio morire.
Giovedì 3 Febbraio 2000
Caramella... ho pianto tutta notte... non solo la mia ex migliore amica
mi considera un mostro, ma ora ho la certezza che anche mia madre, se
lo venisse a sapere, mi considererebbe un mostro.
Come lo so mi chiedi? Oggi al telegiornale, hanno fatto vedere un
incontro in piazza del movimento LGBT, e mia madre si è
inferocita a vederli al tg.
Stavo morendo di paura, ma per fortuna è intervenuto
papà, calmando in parte la mamma, prendendo le difese di quella
comunità, sottolineando il loro diritto di vivere come vogliono:
"Io sono un uomo etero, anche vecchio stampo, e quello che fanno loro
non mi piace, ma sono persone come noi; se sono felici, non vedo
perché dobbiamo togliere con la forza ed ingiustizia, il loro
giusto diritto di essere felici; non capisco tutto quest'odio nei loro
confronti".
Ed aggiunse, in modo di zittire ogni replica di mamma: "Non importa chi ami... l'importante è che ami".
Papà, mi dispiace se litighiamo spesso io e te: non puoi
immaginare quanto io ne sia pentita... oggi ti scopro un eroe: questo
fa di me la cattiva?
Caramella, mia unica amica, mi sento così vuota dentro.
Venerdì 4 Febbraio 2000
Caramella, ho trovato l'indirizzo del centro LGBT in città: cosa faccio, vado?
Venerdì 10 Marzo 2000
Ho deciso di non andarci.
Se ci vado è forse perché mi sento diversa? Ma non
potrebbe essere come dice mio padre? Siamo tutti uguali? Un po'
come gli slogan anti razzismo.
No, non voglio far parte di una comunità che per ritagliarsi una
fetta di normalità, grida "sono diversa dal normale".
Io non voglio sentirmi diversa: io voglio sentirmi normale, ed amare
qualcuno, non dovrebbe essere normale, indipendentemente dal suo sesso?
Sono confusa, molto; confusa e vuota... che sensazioni orribili!
Martedì 5 Ottobre 2004
Caramella ci credi?! Ho trovato un lavoro fisso! Ho iniziato ufficialmente ieri dopo il mese di prova! Non ci posso credere!
Quanto tempo è che non ti parlo? Scusamiiiiiiiii!
Volevo dirtelo subito ieri sera, ma ero troppo stanca e mi sono addormentata come un sasso sul divano.
Per fortuna papà mi ha puntato la sveglia, se no facevo buca
già il secondo giorno di lavoro: certo che sono una scema!
Grazie papà!
Sabato 12 Marzo 2005
E' così rilassante tirare con l'arco: mi devo concentrare
così tanto, che non mi do possibilità di ascoltare quel
dannato vuoto dentro di me!
Potessi sempre allenarmi, sarebbe il paradiso! Specialmente se Gabriele
la piantasse di fissarmi di nascosto mentre mi concentro sul bersaglio:
prima o poi gli ficco una freccia in mezzo alla fronte!
Li odio gli uomini.
Domenica 30 Maggio 2010
Caramella non ci potrai credere, ma per fortuna sei un oggetto
inanimato, quindi non puoi proprio, ma purtroppo dovrò crederci
io!
Hai presente quello stalker ninja di Gabriele? Ieri si è
dimostrato più bravo di me con l'arco! HA FATTO PIU' CENTRI DI
ME! CI CREDI?!
Io sono ancora sconvolta... quell'idiota si allena davvero, oltre a
guardarmi di nascosto... ed io che lo credevo solo uno stalker...
incredibile.
Sì è persino scusato per il fissarmi: "Sei così
brava, che oltre ad ammirarti come una moderna amazzone, volevo capire
come facevi, ed allora ti ho spiato! E se oggi son riuscito finalmente
ad emularti, lo devo a te! Grazie Nadia, sei un esempio per tutto il
circolo!". E poi mi ha mostrato un sorriso da perfetto deficiente.
Sono diventata rossa dalla rabbia, e me ne sono andata via prima di sparagli una freccia sul suo cavallino affamato di fieno.
Bah!
Lunedì 10 Settembre 2012
Oggi sono stata alla mia prima seduta dalla psicologa; sai Caramella... è stato liberatorio.
Sì! Mi rendo conto: dare un nome ad un diario, vista la mia
età, è perlomeno da matti, ma ho deciso che
continuerò a chiamarti per nome.
Lo sai già che sto per scusarmi per la mia assenza, ma la vita è una puttana.
Sabato 8 Giugno 2013
Sono due mesi che non pratico tiro con l'arco, e sai cosa ha fatto
Gabriele in questi due mesi? NO?! E' diventato maestro di tiro! LUI!
E sai la cosa più buffa, Caramella? Nonostante io sia stata
chiara sul mio orientamento sessuale, Gabriele non ha fatto una piega,
semplicemente mi ha
detto di volermi essere amico, punto.
Ma secondo te mi ha preso per scema? Allora ho provato a giocarmi la
carta del: "Sei sicuro di voler essere amico di una lella? Lo sai che
non siamo normali secondo voi etero?".
E sai cosa ha detto lui?
"Dei tuoi gusti sessuali non me ne deve fregare nulla: io devo
rispettare te come persona. Ok non mi piacciono i tuoi gusti, ma non
vedo come questo possa vietarmi di esserti amico; sei forse un'aliena
camuffata da amazzone, pronta ad invadere il pianeta a suon di frecce?".
"No, ma...".
"Allora sei un essere umano normale, punto".
"Ma...".
"Allora siamo amici?" E di nuovo mi sorride con quel sorriso da deficiente.
Sono diventata rossa come un semaforo e me ne sono andata, però
non riesco davvero a sentirmi arrabbiata con lui... mi ha ricordato
papà... la stessa espressione da pirata... buono, ma furbo come
il re dei paraculi dei sette mari.
Mercoledì 11 Settembre 2013
Queste sensazioni di vuoto, emozioni o come diavolo vogliamo
chiamarle... non riesco a sopportarle più Caramella! Aiutami!
E' come una fame diversa: puoi mangiare, ma è tutto inutile, tu ti senti sempre più vuota!
Aiutami Caramella! Per favore.
Domenica 2 Novembre 2014
Avrei voluto fare un mucchio di cose...
"Una volta diventata grande sarò un fuoco d'artificio in cielo!
Ed illuminerò la vita delle persone a me più care!"
Questo rispondevo alla classica domanda: "Cosa vuoi fare da grande?".
Poi sono diventata una donna adolescente; sono passati due anni
dall'inizio delle sedute, ho dei disturbi di personalità; sono
davvero stanca
di farmi del male; il vuoto ha iniziato a presentarsi ad episodi, e non
più sempre presente: peccato che ad ogni giorno di
normalità, si susseguono giorni di vuoto; e più provo
la normalità, più il vuoto si estende.
Questo alternarsi di normale e vuoto, mi uccide sempre più: sono
già due giorni, seppur per pochi attimi, penso alla morte... e
piango.
Ho bisogno di musica! Sì, musica! Devo scacciare quei secondi di
morte con minuti di musica ad alto volume! Non devo pensare: ci posso
riuscire.
Nadia passerà! Resisti: questi attimi orrendi e vuoti, passeranno! Devi solo resistere, tu puoi!
Papà, sono passati due giorni, ma tu mi manchi come se fossero trascorsi ventanni.
Lunedì 5 Dicembre 2016
Oggi è stato tremendo: non ho mai pianto così tanto in tutta la mia breve e vuota vita.
Mercoledì 21 Dicembre 2016
Oggi mamma è morta.
I dottori dicevano quattro mesi, ma a me e mia sorella non son sembrati... si ricordano come si conta?
Caramella... mi sento uno schifo.
Ti scriverò di nuovo non appena mi sentirò meglio: sempre se non mi sono ammazzata prima.
Lunedì 1 Gennaio 2018
Caramella, credo d'aver bevuto un pochino troppo ieri; non mi chiedere
il numero esatto di bicchieri: dopo il quinto ho perso il conto.
E' stato il rum migliore di tutta la mia vita! Anche perché
tutto quell'alcool mi ha impedito di sentire il vuoto: mi sono sentita
normale per la prima volta in trentadue anni! Ok una normalissima
ubriaca, ma pur sempre nella norma... a parte il fatto d'esser finita a
letto con Gabriele.
Tranquilla Caramella! Lo abbiamo fatto protetto: non eravamo
così ubriachi da non esserci con la testa... ok girava un
po' tutto, lo devo ammettere, ma questo me lo ricordo con una
incredibile lucidità: "O ti metti il cappuccio, o l'entrata
nella bat caverna te la puoi sognare amico!"
Sì... glielo urlato proprio in faccia... e santo cielo quanto ha
sorriso felice... quel sorriso mi ha stordito più del rum.
Glielo messo io il cappuccio o facevamo davvero mattino: nonostante lui
fosse effettivamente il mio primo uomo, non ci ho messo molti tentativi
a metterglielo!
Ora che sono di nuovo a casa mia, finalmente posso sfogarmi con te: mi sento molto confusa; mi sento una trentaduenne confusa.
Forse dovrei tornare dalla psicologa: è un anno che non ci vado più.
Però a parte questa confusione... io... io credo di sentirmi
bene... ok! Ok! Mi ricordo ancora che mi piacciono le donne... anche se
ora ho forti dubbi... cioè, son finita a letto con un uomo, con
Gabriele! Proprio quello!
Ho bisogno di riflettere.
Non so Caramella... mi sono sentita amata.
Ok mi sento ancora vuota, ma sento anche dell'altro adesso.
Mi-mi sento... bene credo: forse si può convivere con il vuoto?
Caramella... io credo... credo di non voler più morire.
N.d.A:
Salve gentili sconosciuti colleghi Lettori.
Mi ritengo io stesso un semplice Lettore, privo di arte; semplicemente scrivo per relax: ne più ne meno.
I veri Autori sono altri, ed io sono solo un Lettore; il mio modo di
pormi, non è umiltà, ma realtà: pura e
semplice.
Questo è il prologo; si susseguiranno altri tre capitoli, che
narreranno le sedute dalla psicologa; per poi concludere con un quinto
capitolo, seppur più breve, con unico compito, quello di
chiudere il cerchio.
Tutto il racconto è già scritto: devo solo decidere la cadenza con il quale pubblicarlo.
Non ci saranno altre note a piè pagina, salvo nell'ultimo capitolo.
Se avete domande, lamentele, o altro, il dialogo è sempre il benvenuto.
Vi auguro buona giornata.
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Capitolo 2 *** Nadia. ***
Uno
Lunedì 10 Settembre 2012
Sono nervosa.
Non so cosa dovrei aspettarmi, se è davvero come viene fatto
vedere nei film: un lettino su cui stendersi, ed un tizio, o una tizia
che senza guardarti, scrive su un taccuino, robe su di te, o molto
probabilmente in realtà sta facendo un sudoku o disegnando
stickman per passare il tempo e sopravvivere ai tuoi problemi.
Una settimana fa, quando ho chiesto al mio dottore di famiglia, se
conoscesse un buon psicologo, mai avrei immaginato di doverlo
incontrare proprio nel medesimo studio; aveva ragione il professore di scienze: il mondo è piccolo e cattivo.
Che il globo sia piccolo non ho dubbi, che sia cattivo spero almeno abbia del buon cibo.
Una scrivania scialba, le solite pareti bianche, la classica luce
morta, il lettino per le visite mediche, le omonime sedie nere da
ufficio, una tizia pallida stravaccata su una di esse ed una giovane
dottoressa dal fare pacato, ma attento; non ha un taccuino, ma un pezzo di
carta su cui ogni tanto si segna come degli step, o meglio: dei
checkpoint! Sì! Credo proprio si stia segnando una specie di
mappa con dei punti fermi ben precisi: sta tracciando il disegno per
intervenire sulla mia mente confusa.
Chissà che cosa ho che non va.
Non lo so, e lei non mi risponderà di certo ora, nemmeno fosse
l'oracolo di Delfi; la verità ha un prezzo: il suo dazio
è il duro lavoro.
Ci vorranno molte sedute.
Sarà estremamente difficile per me ottenere risultati, mi trovo a pensare guardando nel vuoto.
Lunedì 15 Aprile 2013
Un sopracciglio della dottoressa si inarca: "A cosa stai pensando?".
"Penso che sarà una cosa incredibilmente lunga".
"Non esiste un tempo per fare le cose: ogni persona ci mette il dovuto".
Gli sorrido a bocca chiusa, marcando lo zigomo destro: "Anche una pigra paracula come me?".
Ride.
Io la seguo.
Ride: "Ecco vedi!".
La squadro con fare interrogativo, inclinando la testa come farebbe un cucciolo: "Cosa dovrei vedere?".
"Tu non sei depressa!".
"Non capisco..." Ero convintissima di essere almeno depressa: tutto
quel vuoto, tutta quella rabbia... tutto quel dannato ed infinito vuoto.
"Qualsiasi ostacolo o fatto ti si para davanti, tu sviluppi quasi
immediato un pensiero che ti aiuta a schivare il dolore, e finisci per
riderci sopra, e questo ti permette di affrontare il problema in una
maniera tutta tua; questo ovviamente è anche un arma a doppio
taglio...".
"Eh?" Sono ancora più confusa di prima: "Non sono depressa?".
"Nadia, tu sei indeprimibile!".
"E' qualcosa che si mangia?".
"Rieccola! Iniziamo con lavorare su un tuo punto di forza, rendendolo
effettivamente un ariete! Questa tua capacità sviluppata negli
anni di isolamento ed errata educazione... criminale, permettimi di usare
questo termine seppur un po' forte, ti può essere di
grande aiuto...".
"... sento in arrivo l'inculata".
"... dobbiamo renderla effettivamente un arma efficace, perché se
usata male, può solo che portarti lontano dal dolore...".
Inarco tutto l'inarcabile del mio volto: "...e fuggire dal dolore non è forse un bene?".
"No".
"Ma che cazzo?!".
Si sporge verso di me appoggiando i gomiti sulla scrivania, e gesticolando mima un oggetto: "Immagina una bilancia".
Deglutisco nervosa e mi curvo come una gobba: "Uhm, ok".
Una delle sue mani scende colpendo con un suono sordo la scrivania,
mentre l'altra sale: "Il peso che scende è il dolore, quello che
sale è quello che vuoi".
"Mi stai dicendo che il dolore può essere usato come carburante per...?".
"Per cambiare".
"Ma sedute fa non mi avevi detto...".
"Parlavo della tua struttura caratteriale di base: quella non la puoi
modificare, ma la puoi smussare agli angoli! Puoi rendere rotondi gli
spigoli!"
"Chi nasce quadrato muore quadrato, e chi nasce cerchio muore rotolando?".
"Tu invece non hai una forma precisa, tu ti adatti alla situazione, tu
riesci, seppur a volte per il rotto della cuffia, riesci sempre ad
atterrare in piedi; sei come dell'acqua che si adatta al recipiente".
"Ed è una cosa buona, vero?".
"Non del tutto: l'arma a doppio taglio di cui prima ti ho accennato è proprio questo particolare".
"???".
"Non fare quella faccia, perché tu hai già capito anche se fai finta con te stessa di non averlo compreso".
Drizzando la schiena, chiudo le braccia al ventre: "Le tue parole, se
non erro, dette alla fine della prima seduta, erano che io so
esattamente cosa fare per cambiare, ma convincendomi che è
inutile, non cambio".
"Non cambi perché non ti soffermi troppo sulle brutte
sensazioni: dopo anni di pianti e dolore, ed un infanzia tutt'altro che
sana, ed aggiungiamoci anche il parto prematuro ad alto rischio di
morte con cui sei venuta al mondo; hai sviluppato un tuo modo personale
di sopravvivere a tutto quel dolore, sfruttando tutta la fantasia che
sei riuscita a coltivare".
La guardo dritta negli occhi: "Eh grazie al cazzo! Era l'unica cosa che
potevo sviluppare! Non potevo uscire, non godevo di buona salute, avevo
una madre possessiva ed apprensiva che non faceva altro che riempirmi
la testa di paure, e dirmi che il mondo la fuori era pieno di gente
cattiva ed invidiosa; ero sempre ammalata e debole, venivo sempre
tenuta in disparte dagli altri le poche volte che riuscivo ad andare a
scuola! Scusami se uso la mia testa come barriera contro il dolore".
"Questo ti ha portato ad allontanare la testa dal tuo corpo".
"uhm...".
"E' come se la tua testa fosse staccata dal corpo; esso è sede delle tue emozioni".
La guardo con gli occhi vuoti: "Io le emozioni le ho sempre... come
dire... no, non le intendo più forti, insomma le emozioni sono
uguali per tutti no? Quello che cambia è la loro
percezione...sì, io le sento più forti di quel che sono,
e molto spesso se non sempre, per me sono ingestibili".
"Ti ricordi un emozione su tutte che non sei riuscita a gestire nonostante questo tuo, chiamiamolo distaccamento?".
Sospiro cercando di beffarmi di quel ricordo: "La prima volta che mi
sono innamorata... sono stata male per quasi un anno; solo quel
simpaticone di dio, sempre se esiste, sa quanto dolore ho provato ad
innamorarmi".
"Chiudi gli occhi, respira con calma, e concentrati su quel ricordo, su quell'emozione".
"Merda, devo proprio?".
"Forza Nadia".
"Uff... ok ok lo faccio".
"Quando senti o vedi qualcosa, quando te la senti, di la prima cosa che ti viene da dire".
"... ... ... ... ... ... ... ... ...Fuoco...".
"Fuoco?".
"Nonostante tutto quel fuoco che sentivo dentro, mi sentivo bene, mi
sentivo viva; il cuore mi ballava nel petto quando la vedevo... e
quando riuscivo a farla ridere... diamine era come assistere al sorgere
del sole su un campo di girasoli...".
"Continua non ti fermare".
"... ma non riuscivo a dirglielo, tutto quel dolore oltre a rendermi
forte, mi bloccava, non riuscivo a gestire tutta quella forza nel mio
petto, era come se avessi delle fiamme nello stomaco; le fiamme
bruciavano il cuore, ed i fumi della brace annebbiavano il cervello...
eppure ero così contenta di farla ridere e parlare con lei, non
mi ero mai sentita così prima... quanti anni avevo? 14, e lei
15... quanto dolore... eppure una parte di me è ancora convinta
che ne sia valsa la pena essermi innamorata di lei... tsk... l'amore
non corrisposto è orribile".
Vedo un attimo di silenzio interrogativo nell'espressione della
psicologa, allora intervengo: "No, non era un problema per me che lei
fosse una donna come me! Questo è un problema per gli altri! Non
per me".
"Mmm, non è che sei un pochino masochista?" Mi canzona la dottoressa.
"Masochista, io?" Spalanco gli occhi con fare seccato.
"Tutto quel fuoco che bruciava ti piaceva in fondo...una masochista emotiva direi eheheheh" Continua a scherzarci sopra.
"Vai a fanculo, con affetto eh!" La guardo con un mezzo sorriso.
Ride per qualche attimo per poi tornare seria.
"Nadia sono fiera di te"
La guardo sbigottiva: "Uh?! Perché?".
"Beh, hai presente la frase fatta: non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace?".
Corrugo la fronte: "Mi stai prendendo in giro?".
Mi sorride con una sincerità disarmante: "Nadia non importa di
chi ti innamori, l'importante è che ti innamori: amare è
un salto nel vuoto, un atto di coraggio".
La mia espressione si fa ancora più vacua: "Non importa chi ami... l'importante è che ami".
"Esatto Nadia".
"Sai è una frase che mi ripete spesso mio padre".
"Deve essere un uomo buono".
"Lo è".
"Allora, ora, chiudi gli occhi di nuovo, respira normalmente, rilassati, non pensare a niente, e dimmi cosa senti".
Fa una brevissima pausa, per poi chiudere il discorso: "E sta volta non
ti perdere in pensieri e descrizioni: sii diretta, non ti perdere in
romanzi, stai sull'emozione, non sul film che ci costruisci sopra con
il pensiero, fuggendo così dalla scomodità di quella
sensazione".
Eseguo l'ordine non con poca smorfia.
Passa un minuto buono in profondo silenzio.
"Fango".
"Dove?".
"Nello stomaco".
"Ed?".
"E' pesante e mobile".
"Rimani su di te, non scappare in un pensiero, resisti".
"Rabbia, molta rabbia".
"Ed il fango?".
"Il fango è la rabbia".
"Bene, continua a sentire, concentrati su quella rabbia".
Digrigno i denti rimanendo con gli occhi chiusi, inizio a muovere la testa senza una direzione precisa.
"Non muovere la testa, non darti delle vie di fuga, vai dentro quella rabbia".
Stringo le mani più forte che posso sui braccioli della sedia.
"Non fuggire".
Rilasso come posso le mani.
"P-paura... tanta paura".
"Apri gli occhi".
"Me l'avevi detto...".
"Che cosa?".
Vuole che lo dica io, vuole che fermandolo in una frase, io possa
dargli una forma da cui io non possa scappare con la fantasia...
è in gamba.
"Le persone".
Mi sorride: "Brava Nadia! Per la precisione hai paura del rifiuto da parte delle persone".
Non ho per niente uno sguardo allegro: "Quindi se imparo ad usare
questo mio atterrare sempre in piedi, posso usare questa forza non per
scappare, ma per affrontare le mie paure?".
"Hai usato il plurale" Mi guarda con finta aria di chi non ha capito.
"Oh andiamo! Non è l'unica! Tutto quel fango non può essere una sola paura".
"E quali sono?" Mi guarda mal celando uno sguardo soddisfatto.
"Per favore non farmelo rifare, non oggi per lo meno" La guardo con uno sguardo sincero, stanco ed in parte spaventato.
"Perfetto, per oggi basta, ci possiamo vedere il prossimo lunedì, ti va bene sempre la stessa ora?".
Mugugno per poi rispondergli di sì.
Mi alzo stranamente stanca; mi trovo a titubare davanti la maniglia, mi volto:
"Ma..." faccio fatica ad non incepparmi.
Mi guarda: "Cosa?".
"Ma cosa ottengo ad affrontare le mie paure? Non vedo un possibile risultato in questo".
"Nadia ti ho mai raccontato della storia dell'elefante da circo?".
"Uhm, no".
"Ok allora la prossima volta te la racconto".
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Capitolo 3 *** Padre. ***
Due
Lunedì 3 Novembre 2014
"Oggi fa freddo".
"...come stai?".
"...fa molto freddo, ma per fortuna passa tutto".
"Mi dispiace Nadia, le mie condoglianze per tuo padre".
"La cosa che mi ha pesato di più, sai qual'è?".
"Dimmi, ti ascolto".
"Quando ci hanno chiamato dalla clinica, ha risposto mia madre, e come
suo solito non ha perso occasione di prendersi tutto il palco scenico".
"???".
"Intendo dire che non mi ha lasciato possibilità alcuna di potermi lasciare andare e piangere".
"Non potevi, perché?".
"Perché quella stronza si è messa a piangere ed urlare
come una fottuta sirena: talmente forte che le pareti avrebbero potuto
crollarle addosso".
"Ma era suo marito, perché la descrivi in questo modo?".
Mi giro verso di lei, lasciando perdere per pochi secondi il vuoto che
ormai mi accompagna da quando ho memoria: "Perché non lo ha mai
amato".
"Come fai a dirlo?".
La mia espressione diventa ancora più vuota: "Lo ha sempre
trattato con ferocia, cattiveria ed egoismo mal celato in rari gesti di
finta gentilezza".
"Che intendi?".
"Ha sempre voluto qualcosa di materiale in cambio: da un vestito, alla
stronzata del momento che irrimediabilmente sarebbe finita solo ad
occupare spazio in casa, aumentando il numero di oggetti ricoperti di
polvere; e mio padre l'accontentava sempre, prima per amore, poi per
non sentirla più".
"Torna indietro un attimo, non potevi piangere, perché?".
Sbuffo cullata male dal vuoto: "Piangevo sempre da piccola sai?
Piangevo per qualsiasi cosa; ho pianto talmente tanto che ad un certo
punto ho deciso di smettere".
"Perché hai smesso? Piangere è un meccanismo naturale ed ottimo per la salute".
"Ho smesso perché o piangevo o mi facevo forza da sola: entrambe le cose non riuscivo a farle".
"In quel momento avevi bisogno di forza o di sfogarti?".
"In quell'attimo, quando ho realizzato cosa era successo, ho avuto
bisogno di farmi forza all'istante, non potevo permettermi di perdermi
in un bicchiere d'acqua: ho sviluppato la convinzione negli anni, che
in famiglia, se uno dei due piange ed è debole, l'altra persona
deve reagire per darle il tempo di riprendersi, e solo dopo piangere
lasciandosi andare; un alternanza".
"Poi ti sei lasciata andare?".
"Sì, quando io e mia sorella siamo state le ore davanti il cadavere nella stanza della clinica".
"Hai pianto?".
"Sì, poco, ma l'ho fatto; sono anche riuscita a far ridere mia sorella tra le lacrime".
"La facevi ridere?".
"Per me non importa il momento: se hai bisogno di ridere per buttare
fuori il marcio che hai dentro, io ti posso far ridere anche durante
l'apocalisse, anche se sto morendo".
"Ma non ti importa del momento? Intendo, eravate davanti vostro padre appena deceduto".
"Se gli altri trovano questo mio comportamento, boh strano, irriverente
e privo di maturità e qualsiasi altro epitaffio del cazzo... beh
potete tutti andarvene a fanculo".
Sorride lievemente: "Addirittura?".
"Per me se non siete in grado di ridere in faccia alla morte, allora siete dei senza palle e delle senza ovaie, punto".
"Non credi di esagerare un pizzico?" Mi guarda perplessa.
"Non me ne importa: chi non piange davanti alla morte è debole?
Bene, visto che io non sono quasi più capace di piangere, allora rido:
ci si sfoga anche ridendo sai?".
"Non riesci quasi più a piangere?".
"Solo con i film romantici, sai quelli dove di solito uno dei due
muore, allegri proprio, che poi non è vero che sono film per
donne: sfatiamo questo mito maschilista stupido e a tratti misogino".
Sorride: "Perché dici questo?".
Alzo le mani sopra le spalle: "Facci caso! Spesso muore sempre la
donna! E' chiaro che lo fanno per sottolineare il presunto ruolo da
maschio che soffre, ma è talmente "uomo", e maturo, da vivere il
resto della sua vita ricordandola ogni secondo, ogni minuto, in lutto
ed in castità finché non morirà per raggiungerla
in un ipotetico dopo morte... solo a me pare una stronzata
intergalattica? Che poi, ho detto pure maturo! Tutto il mondo sa, ma
non ammette ahimè, che l'uomo è la figura più
immatura tra i due sessi! Diamine lo sanno anche i sassi! Ti rendi
conto che la figura maschile, in quei film, ha come unico modo per
farsi vedere matura, quello di usare come tramite la dipartita della
figura femminile, centinaia di volte più matura dell'ometto
sopravvissuto, che solo ora, dopo la vagonata di dolore che gli
piomberà addosso, colpa una sceneggiatura scritta con una matita
conficcata tra le chiappe, diventerà maturo".
"Sei sicura sia sempre così?".
Mi rilasso sulla sedia: "Ovvio che no, esistono sempre le eccezioni".
"E tu?".
"Io mi sento un immatura di merda, ma fidati, se avessi una compagna, di certo non la vorrei morta".
Ridiamo.
Passano circa quattro secondi, e la psicologa mi chiede di eseguire il solito esercizio:
"Ok Nadia, ora chiudi gli occhi e rimani in ascolto, svuota pian piano
la mente, come una pellicola di un film, e non appena qualcosa ti
colpisce, soffermati su di essa, sull'emozione che ti suscita".
Me ne rimango così, rilassata come posso sulla sedia, quando
vengo colpita da un odore che non sento da moltissimi anni; un odore
tempo fa colmo d'amore, ora pieno d'odio, rabbia e paura.
Apro gli occhi e guardo nel vuoto, alterno lo sguardo con la psicologa; per ricordare meglio guardo nel vuoto:
"Era inverno, era sera; siamo tutti e tre in cucina: io in pigiama con
l'onnipresente robot trasformabile tra le mani, mai piaciute le bambole; mamma ai fornelli,
dall'odore posso dire che sta cucinando il minestrone, ed io l'adoravo
il minestrone...; poi c'è papà, ha un aria strana, non
sembra il solito papà; la tv è accesa alle sue spalle, ma
sembra non avere suoni".
Faccio una brevissima pausa, dove nessuna delle due dice nulla: la
tensione nell'aria lascia presagire l'entità del ricordo ancor
prima che io possa finirlo.
"Poi, non ricordo il motivo, mamma e papà incominciano a
litigare, ma ai loro litigi ci avevo fatto l'abitudine, mi spaventavo
un po' e poi tutto passava con me che gioco con un nuovo
giocattolo preso da uno dei due, come una sorta di scusa per avermi
spaventata a morte".
Mi fermo a fissare la dottoressa, per poi riprendere.
Papà allora disse, indicando il lampadario: "Ora vi appendo
tutte e due al soffitto, e quando torna nostra figlia le dico quanto
sono stato bravo!".
Le mostro tutto il dolore che ho negli occhi: "Ero una bambina... ed in
quel momento sono morta di paura: allora la mamma ha ragione, pensai!
Papà è davvero un mostro!".
Sono sull'orlo di un pianto, ma resisto abbassando la testa: "Mi ricordo
ora, perché odio il minestrone... ed io l'adoravo
quell'accozzaglia di verdure: l'unico modo per farmele mangiare.
Da quella sera, mi convinsi che mamma aveva ragione a parlare sempre male di papà, che era cattivo e bastardo davvero.
Quanto mi sbagliavo... quanto ho sbagliato".
"Non ti ricordavi nulla?".
"Me ne sono ricordata ora: evidentemente, prima lo avevo cancellato; non credevo fosse davvero possibile eliminare un ricordo".
"Cosa senti?".
"Niente, non sono nemmeno arrabbiata o spaventata: perdono mio padre,
perché con il senno di ora, so perché ha reagito
così quella volta, so che era la malattia che si manifestava per
la prima volta, non era lui a parlare; lui era un uomo buono...
ok un paraculo di prima categoria, un pirata della strada in
bicicletta, ma pur sempre un pirata di terra ferma, ed i pirati hanno
un codice d'onore.
Ok non lo sto idolatrando, stai tranquilla; aveva i suoi bei difetti
quell'uomo, e se ora sono qui di mia spontanea volontà in
terapia, di certo non è solo colpa mia, o solo di mia madre, ma
anche sua: diciamo un terzo a testa".
"Qual'è secondo te la colpa più grande di tuo padre?".
"Se proprio non voleva ammettere d'aver sposato la donna sbagliata,
almeno doveva ammettere che non farla lavorare è stato un grande
errore".
"Perché?".
"Se mamma avesse lavorato, anche solo part-time, le cose in casa
sarebbero state molto differenti, se non addirittura enormemente
diverse".
"Ma?".
"Ma papà era un uomo vecchio stile in questo: l'uomo a lavorare come un mulo, e la donna a badare i figli e la casa".
"E tu non sei d'accordo con questa visione della famiglia?".
"Manco se mi pagano; se si lavora entrambi è meglio; anche se
uno dei due fa part-time, è sempre comunque meglio di una sola
persona che lavora, e così si possono anche suddividere le
faccende in casa; non sto dicendo che stare a casa è fare nulla,
non mi fraintendere: tenere a bada due figlie, ed in contemporanea
mantenere in ordine e pulita una casa, oltre all'economia domestica,
è un lavoro anch'esso, ma lo vedo molto meglio come un lavoro in
comunione".
"Ed in cosa in casa, sarebbe stato diverso?".
Guardo ancora un punto imprecisato nel vuoto, ma stavolta un pizzico
più in basso, rialzo lo sguardo e guardo con aria avvilita, la mia interlocutrice
:
"Mamma avrebbe imparato il valore dei soldi; papà avrebbe
lavorato un pizzico di meno e non sarebbe entrato in depressione, non
si sarebbe nemmeno ammalato di quell'altra fottuta malattia invisibile;
e se anche questo non fosse bastato, almeno avrebbe avuto affianco una
compagna con un cervello in grado di convincerlo a curarsi".
"E per te? Non sarebbe cambiato niente?".
"Forse non sarei cresciuta con tutta questa paura e vuoto che ho
dentro; per la paura ho delle certezze, per il vuoto un po' meno
sai?" Ridacchio pacata con le mani conserte.
Sospiro, ed a malincuore, riprendo: "Poi si è ammalata anche mamma; e pensare che se l'è
sempre menata per questo, convinta al cento per cento che la sua
malattia fosse la peggiore tra lei e papà: povera ignorante
stupida... trasformare il proprio stato di malata in uno status
symbol... ma porca puttana!".
"Guarda che tua mamma è ancora viva, la odi così tanto?".
"Io non odio mia madre, odio il mostro che diventa".
"???".
"Solo ora capisco come mai mio padre l'amasse così tanto,
nonostante i momenti no, fossero molti di più dei momenti
sì".
La psicologa mi guarda in silenzio, tanto sa già cosa dico a grandi linee; è una psicologa no?
Interrompo la quiete: "Perché i momenti sì erano bellissimi, più di tutto quell'inferno".
"E ciò giustifica tutto il male che c'era tra di loro?".
"Certo che no!".
"Ti prego, continua".
"Il mio ricordo più forte che ho di loro come copia, è
quello di una sera, quando papà si era seduto sul letto con
mamma: lei in uno dei suoi pigiami coloratissimi e buffi; lui orribile
in mutande e canotta, peggiore di un qualsiasi fantozzi; all'epoca
già aveva perso i piedi, ma era incredibile quanto era bravo a
camminare sui talloni, e per un uomo alto un metro ed ottantotto, non
doveva essere per nulla semplice".
"E cosa facevano i tuoi seduti sul letto, quella sera?".
"Mio padre grattava un gratta e vinci, ed erano apparsi ben cinque numeri positivi!".
"Deve aver vinto molto".
"Cinquanta euro: ogni numero valeva dieci euro".
"Uhm, e cosa ti è rimasto nel cuore?".
"La loro espressione".
"Com'era?".
"Mio padre non guardava solo il gratta e vinci, guardava lei, e il suo
sguardo cambiava quando la guardava: si riempiva d'amore.
E senza che lei se ne accorgesse, le sorrideva, talmente pieno d'amore, da poter far male al cuore".
"E lo sguardo di tua madre?".
"Quello si riempiva d'amore quando guardava il gratta e vinci... e
quando guardava papà si riempiva solo di un tenue affetto".
"Tua madre non sorrideva?".
"Io e lei non siamo mai state come papà: noi non sorridiamo mai".
"Sicura?".
"Sicura quanto la mia certezza nell'invidiare quel fottuto pezzo di
cartoncino, o di chissà quale materiale stratificato era
composto... bah!".
"Invidiavi un gratta e vinci?".
"Lo invidiavo perché mi ha dato l'occasione di vedere degli
sguardi innamorati: mio padre amava davvero mamma; ed un mostro, come
lo descriveva lei, non poteva di certo provare un emozione così
forte senza morirne! Ed ho visto papà provare affetto verso quel
pezzo di cartoncino, perché gli ha permesso di vedere l'amore
negli occhi di sua moglie... seppur mal riposto; ed ho visto mia madre
amare quell'oggetto, e voler bene a papà... un malato
triangolo".
"Sì in effetti non è proprio l'immagine di un felice amore".
"Spero nel profondo del mio cuore, che con quel pianto, mia madre abbia
dato finalmente il giusto valore a quell'amore ormai perduto".
"Ma tu non dici sempre che sperare è inutile?".
"Non canzonarmi solo perché non me la prendo, uffa!".
"E tu quando pensi di trovarti una compagna?".
"Guardala che continua! Ma non sei la psicologa tu?".
"Lo sono, lo sono; non scappare e rispondi su".
"Mi troverò una compagna quando? Fanculo io sto bene così: sola mi sento dentro e sola morirò".
"Ma non sei stanca di tutta questa solitudine?".
"No, ci sono cresciuta, e posso sopportarla".
"Non è che hai paura di fare la fine di tuo padre?".
"E finire di amare la donna sbagliata? Sì! Ho paura! Ti ricordi
di quando ti ho parlato di Melissa? E delle poche altre che ho
incrociato dopo di lei?".
"Sì che me lo ricordo, ma questo non vuol dire che la tua
compagna futura sarà come loro: se tu cambi, anche la persona che
incontrerai sarà diversa".
"Ho più probabilità di vincere cinquanta euro con un gratta e vinci".
Ridiamo.
Il mio sguardo torna vuoto: "E poi, sinceramente, una schizoide, anche
borderline, può davvero trovare una compagna normale?".
"Nadia, tu non sei delle tue caratteristiche, o disturbi; tu sei tu, e
nonostante quelle grandi etichette, tu sei una persona normale: tu sei Nadia, non sei delle etichette".
"Ne pazza, ne sana, sono semplicemente Nadia... fa un po' ridere sai?".
"Perché?".
"Perché tanto lo so che quando finirò su un giornale, con
la mia brutta faccia in prima pagina, dove racconteranno le mie
malefatte; tu avrai il tuo piccolo spazietto con tanto di primo piano,
e la tua frase profetica: io l'avevo detto che non era apposto, ma
nessuno mi ha dato retta!".
"HAHAHAHAHAHA! Non la smetterai mai vero di fuggire? Però era bella come battuta".
"Hahahahaha! No!".
"Prima o poi troverai una persona dalla quale non potrai fuggire, anzi!
Ogni tua battuta te la porterà più vicino".
"E' un tuo modo per dirmi che arrotondi come indovina?".
"Pff! Ci vediamo il prossimo lunedì alla stessa ora".
Lunedì 17 Novembre 2014
No... oggi non riesco neppure ad alzarmi dal letto... oggi salto sia il
lavoro che la seduta... non mi sento... è come se fossi fatta di
vuoto... le uniche cose percepibili, credo siano le righe di fuoco
lasciate dalle lacrime, finite per bagnare il cuscino... vuoto e
fuoco... e lacrime... voglio morire.
Caramella dove sei? Perché continuo a dimenticarti in giro per
casa... come si può essere così stupide da perdersi
sempre il proprio cuore con così tanta facilità?
Maledizione odio scrivere su dei fogli presi a casaccio!
Ieri mi ha persino scritto su what's up quell'idiota di Gabriele! Era
preoccupato, perché Sabato mi ha vista strana! Ma fatti i cazzi
tuoi, idiota! Tu non sei mio padre! Anche se... è così
dannatamente dolce... li odio i pirati, li detesto, che possano marcire
all'inferno! Onorevoli! Ma per piacere! Ti abbandonano nel momento del
bisogno!
Io mi sono limitata a rispondergli con una faccina sorridente ed un
"sto bene"... mi manca Messenger... perché lo hanno dovuto
chiudere? Non mi trovo proprio a mio agio con questo what's app,
uffa!
A parte il mio modo di fare infantile ed irritante, Caramella, tu lo
sai cosa c'è sotto tutto questo, lo sai come mi sento: morire! A
volte mi trovo a pensare decisa all'idea della morte come il vuoto
assoluto: non potrei mai sceglierla come opzione, visto tutto il vuoto
che sento tutti i giorni; oltre il danno la beffa.
E poi ci sono giorni in cui non vedo altra soluzione: un tuffo nel
vuoto, da un palazzo alto, preferibilmente un bel grattacielo, come
quelli di Milano, la grande città.
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Capitolo 4 *** Madre. ***
Tre
Lunedì 5 Dicembre 2016
"Ti vedo seria oggi".
"Il mio esser grulla è solo un aspetto di me, non sono io".
"Giusto, ma non posso fare a meno di notare il tuo malessere; non riesci a fuggirne questa volta".
"No, hai ragione: non ci riesco".
"Cosa è successo?".
"Mia madre ha quattro mesi di vita".
L'espressione, per quanto controllata dagli anni di studio e tirocigno,
mi fa intravedere, seppur milletricamente, la sorpresa nel volto della
psicologa.
"Ti ascolto Nadia".
"Lei non sa nulla; mia sorella, ha deciso di mentirle fino alla fine".
"E tu, sei d'accordo?".
"Nostra madre non è forte per reggere una notizia diretta del genere".
"Lo sai, anche se non glielo dite, lei se lo sentirà che sta morendo".
"Cosa intendi?".
"I malati terminali, anche se nella maggior parte dei casi non lo ammettono; ad un certo punto lo capiscono che moriranno".
"Ho capito, ma una cosa e sentirsela dire in faccia senza filtri, un
altra è arrivarci da soli con i propri tempi e
sensibilità, no?".
"Se fossi stata al suo posto, tu avresti voluto che ti mentissero?".
"Ovvio che no, mi sarei incazzata come una bestia, ma io non sono
mamma; la conosco abbastanza per dire con certezza che la menzogna,
almeno in questo caso, è la scelta migliore: per lei, ma anche
per noi".
"Va bene".
"Non mi chiedi come mi sento?".
"Come ti senti?".
"Mi faccio schifo".
"Come mai?".
"Da una parte sento dolore: è mia madre nonostante tutti i
problemi che mi ha causato, e di cui non ti starò di nuovo a
raccontare".
"L'altra parte?".
"L'altra parte sta raccogliendo più pensieri positivi possibili
per prepararsi a reggere il colpo: se con papà non ne abbiamo
avuto il tempo; ora invece abbiamo ben quattro mesi per prepararci alla sua
dipartita".
"E cosa c'è di cui avere schifo in questo?".
"Tra i pensieri positivi, c'è la sicurezza che finalmente
smetterà di bruciare i soldi in giro in stronzate, dimenticarsi
di pagare le bollette, e chiedere sempre soldi ed aiuto alle sue figlie,
di continuo, senza mai imparare dai propri errori; e soprattutto la
smetterà di trattare a convenienza, male noi, le sue figlie,
tutte le volte che non facciamo come dice lei; mentre con il pubblico,
gli altri, di comportarsi sempre come un angelo, per poi lamentarsi di
quelle stesse persone con noi, facendoci due ovaie grandi come due
emisferi celesti".
"Sei arrabbiata con lei, ancora".
"Come dovrei fare per non sentirmi più arrabbiata con lei?".
"Usa questi quattro mesi per non perdere l'occasione di chiudere i conti in sospeso con lei".
"In che senso?".
"Tu cosa desideri da tua madre? Cosa non ti vuole dare, che tanto ti fa
infuriare? Tu sei arrabbiata con lei perché nutri ancora la
speranza che lei possa anche solo cambiare di un centimetro nei tuoi
confronti".
"Io vorrei solo che mi chiedesse scusa".
"Scusa per cosa?".
"Per tutto il male che mi ha fatto, convinta di farmi del bene, quando in realtà era solo per suo tornaconto.
Per tutti gli anni che non mi ha fatto uscire di casa; per tutte le
volte che aizzava me contro mio padre, per poi dirmi che ero un mostro;
per tutte le volte che mi ha urlato che non dovevo nascere, e se sono
nata, lei poteva anche distruggermi, visto che era solo merito suo se
ero venuta al mondo; per tutte le volte che lei doveva essere la prima
priorità in famiglia; per tutte le volte che mi ha riempito la
testa di merda e di paura; non potevo nemmeno andare fuori in
bicicletta, mi era proibito... al massimo potevo girare in bicicletta
nel cortile in tondo... ed io lo facevo per ore, come una stupida
criceta".
"Come ti senti Nadia?".
Ho gli occhi umidi: "E' ironico quanto poco esca oggi, nonostante io lo
possa fare tutte le volte che voglio... ora; prima, da piccola, avrei
dato volentieri un braccio per poter uscire come facevano le mie
coetaene... anche due se non fosse stato sufficiente un arto... ma ero sempre
malata, ero sempre debole; la testa colma di merda, e nessuno che mi
infondesse coraggio, e allora facevo l'unica cosa che potevo fare...
resistere ed usare la fantasia per rendere il tutto meno vuoto e
doloroso".
"Eri sempre malata, ok, ma non ti si dava mai comunque l'opportunità di poter diventare forte".
"C'era sempre mia madre in mezzo ad impedirmelo, con un ma o con un se: anche mio padre aveva rinunciato a farla ragionare".
"Lo sai vero che quelle scuse non le otterrai mai vero?".
"Lo so... ma mio dio, quanto ancora spero di riceverle... mi basterebbe una piccola scusa, detta anche sottovoce".
"Ormai Nadia, se non è cambiata prima, di certo non
cambierà ora: te lo dico per esperienza, più si va avanti
con l'età, e più i cambiamenti sono improbabili; salvo
ovviamente una mente incredibilmente aperta e sensibile, ma da come me
l'hai descritta in questi anni, non è certo il caso di tua
madre".
A quel punto la mia fantasia mi da la risposta!
Mi illumino in volto ed i miei occhi vuoti prendono un tono vivace, come una candela che si accende: "Sai una cosa?".
La psicologa mi guarda perplessa, ma non gli do il tempo di rispondere
perché ci penso io a farlo per entrambe: "Io mi chiedo scusa!".
"Cosa?".
La guardo con la serenità negli occhi: "Se la bimba dentro di me
non può avere le sue scuse dall'agoniato genitore, allora
sarò io! La me adulta di ora, a porgergli delle sincere scuse!
Sì cazzo! Mi sento già meglio, come se mi fossi tolta un
peso dallo stomaco! Sarò io il mio genitore amorevole! E mi
chiederò scusa! Nadia! Scusami, davvero, di cuore, scusa!".
La psicologa mi guarda sorpresa con un sorriso a trentadue denti: "Non me l'aspettavo! Brava! Ottimo!".
"Avevi ragione! Una forza del genere, se non si fugge, è proprio un ariete!" Gli sorrido sincera.
"Brava, mi hai proprio spiazzato".
"Allora non sei brava come indovina...".
"Eh?".
"Beh non lo avevi previsto, quindi dovrai ripiegare solo sulla professione da psicoterapeuta" La canzono.
"Tu cadi proprio sempre in piedi".
"Prima di tornare nel mio appartamento, mi fermerò da mia mamma,
per dirle che mi dispiace d'aver litigato con lei l'altro ieri, e
l'abbraccerò; anche se lei come suo solito, non
risponderà all'abbraccio, lasciando le sue braccia dritte e
stese sui fianchi, come uno stoccafisso".
"Ha sofferto anche lei nella sua vita, se ha determinate caratteristiche".
"Lo so, ma come mi ricordi sempre, siamo qui per risolvere i miei
problemi, non quelli degli altri che circolano nella mia vita".
"Esatto, lieta che tu l'abbia capito".
"E' una bella sensazione sentirsi meno elefante da circo".
"Ti ricordi vedo".
"Come posso dimenticarmi di una così bella analogia; diamine!
Stai parlando con qualcuna che ha fantasia a pacchi: non posso non
apprezzare una metafora così bella e profonda, e allo stesso
tempo semplice e diretta".
"Non iniziare di nuovo a fuggire e resta su quello che senti ora".
Mi tocco la pancia con entrambe le mani: "Ehm, non sono abituata a
sentirmi così soddisfatta e bene nell'essere me stessa... cerca
di capirmi, è una sensazione quasi nuova per me".
"Non cercare scuse, e rimani lì".
"D-devo proprio?".
"Chiudi gli occhi".
Maledetta!
Non vorrei farlo, proprio no! Ho paura... non voglio esplorare il vuoto dentro di me... vedere quella cosa...
"Non vedo e sento niente" Gli rispondo seccata e visibilmente infastidita riaprendo gli occhi.
"Mi stai mentendo Nadia".
"Non ho visto nulla".
"Mmm".
Come cazzo fa? Davvero?!
"I-io...".
No! NO! Sto tremando?!
"Nadia, non sei sola, io ti ascolto e voglio aiutarti".
"I-io... io... i..." Scoppio a piangere. "Noo... non lo voglio
ricordare no!" Piagnucolo come una bambina di quattro anni... :
"A-aAaA...".
"Nadia, stai rivivendo un trauma...".
"aAa...". Stringo i denti come se dovessi azzannare l'invisibile; ho il
collo teso peggio dei cavi di un ponte; sento male... tanto
male... troppo male.
"Nadia...".
"N-adia è una brava bambina, e...eee...".
"Nadia... cosa?".
"Nadia era... io! Io ero... sono stata una brava bambina, mi credi Laura?" La Imploro: "Mi credi, vero?!".
Ha lo sguardo che non ha mai avuto mamma... uno sguardo d'amore puro,
privo di qualsiasi pretesa... lo sguardo di una mamma vera.
"Ti credo Nadia; non trattenerti, lascia che le lacrime escano" Mi sorride.
Biascico solo poche lettere tra sigulti e lacrime: "Ma... mamma nooo... mamma no...".
Laura mi guarda in rispettoso silenzio: attende che il mio dolore si sfoghi ed emerga completamente fuori.
"Io... iooooOooOo..." Provo a mettere due parole in croce con molta
fatica: "Iooo... per un anno intero l'ho ripetuto tutte le volte che
avevo paura".
"Che cosa?" Mi domanda dolcemente Laura.
"Mamma no, mamma no".
Scendo dalla sedia, mi rannicchio seduta per terra, con le ginocchia al
petto e la testa nascosta da tutto: non ho mai pianto così
tanto in tutta la mia breve e vuota vita.
Mamma perché mi hai fatto quelle cose? Come ho potuto dimenticarmene?
Scusami Nadia, perdonami Nadia, non volevo Nadia, ti voglio bene Nadia, sei un pezzo di cuore della mamma, lo sai Nadia?
Lunedì 2 Gennaio 2017
E' ancora festa, ma da quando mia sorella si è trasferita a Trieste, io mi sento ancora più vuota di prima.
Oggi è un Lunedì vero? Mmm, a proposito dei
Lunedì! Ho deciso: non ci vado più dalla psicologa! Non
ho più niente da ricordare, e se c'è preferisco rimanga
sepolto dov'è.
Tu la pensi come me, vero Caramella? Io posso andare avanti da sola! Finché ho te, niente potrà farmi a pezzi!
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Capitolo 5 *** Sorriso. ***
Epilogo
Martedì 2 Gennaio 2018
Gabriele ha insistito tanto per vederci, ed ho accettato.
Con tutti gli uomini al mondo, proprio un sensibile pirata doveva capitarmi tra i piedi?
Era nervoso, almeno quanto me... hehe forse un pizzico di più, dai!
In fondo lui mi ama: come posso spiegare quei occhi così luminosi quando guardano i miei?
Non lo sto neppure ascoltando; poverino, lui c'è la sta mettendo
proprio tutta a non sembrare preso, ma distaccato con un fare da finto
padre, ma io proprio non ci riesco a distogliere lo sguardo dalle sue
labbra... così agitate, così comprensive, così
buffe... così lui.
Persino la cameriera del bar, dove stiamo facendo colazione, si è accorta di quanto è emozionato.
E mentre parla, gesticola come suo solito... lo trovo delizioso... non smette di sorridere.
E' un amore.
Amo quel suo sorriso: quando mi sono innamorata di Gabriele?
Anche quando siamo usciti, per proseguire il mattino lungo il parco comunale, non ha smesso d'essere innamorato perso.
Avrei voluto essere un artista per poter disegnare quel sorriso... e farlo mio.
Il farlo mio lo bisbigliai, come se avessi paura della furtiva aria, in agguato nella mia gola, pronta a rubarmi quel desiderio.
"Uh? farlo che?" Si interrompe lui di scatto.
Ho finalmente buttato giù il suo castello di carte: ora posso prendermi il principe ranocchio.
Lo afferro per il colletto e mi sporgo verso di lui in punta di piedi per baciarlo.
Stacco le labbra, ma gli rimango appiccicata al viso: "Finalmente sei
stato zitto! OH! Perché devi sempre gesticolare così
tanto?! Avevo paura che mi avresti mollato una sberla prima o poi!".
"Nadia... ma...".
"Ma un corno! E vorrei farti notare che ora sei paonazzo come un semaforo!".
Lui di risposta con una mano sulla mia schiena ed una tra i miei capelli,
mi tira a se per affondare un altro bacio: sono letteralmente in aria.
"Mettimi giù scemo!".
"Non-non ho resistito, scu...".
"E non ti permettere di scusarti idiota!" Lo addito io, tornata sui miei piedi, ma paonazza almeno quanto lui.
"M-ma...".
"Ma un corno! Voi pirati siete tutti uguali!".
"P-pirati?!".
Lo abbraccio con tutto l'amore possibile; affondo la testa nel suo petto: "Mio padre lo ripeteva spesso...".
Lui decide di assecondare il mio abbraccio, e mi accarezza dolcemente la nuca: "...".
Alzo lo sguardo verso il suo sorriso: "Non importa chi ami... l'importante è che ami".
25 Marzo 2019
Caramella, oggi io e Gabriele ci siamo sposati! CI CREDI?!
Lui è stato così comprensivo e dolce da esser d'accordo per il giorno: oggi è il compleanno di papà.
Non ho voluto nessuno all'infuori di mio padre, per scortarmi all'altare!
Sono passata in mezzo alle panche degli invitati, con stretta al petto,
una gigantografia del tuo bel faccione da pirata papà!
Il parroco era contrario, ma quando gli ho fatto capire che fine avrei
fatto fare al suo sedere usando la sua amata bibbia... beh! Sì
è dovuto arrendere!
Ti sto scrivendo in questo piccolo momento, ora che sono in bagno a
farmi ancor più carina per la nostra prima notte di nozze,
mentre lui è in stanza; conoscendolo avrà camminato
avanti ed indietro fino a tracciare solchi indelebili nel pavimento.
Ti confesso Caramella... nonostante tutta questa felicità,
continuo a sentire il vuoto dentro di me: com'è possibile?
Eppure io sono così sicura di sentirmi felice!
E' così che ci si sente quando si è felici?
Vedo i miei occhi irrigarsi lentamente di un velo di lacrime: NO! NON
OGGI! Mi rifiuto di soccombere al vuoto! Oggi non mi avrai merda!
Uscirò da questo bagno, e sarò felice con l'uomo che amo, con l'uomo che mi ama!
Nadia e Gabriele saranno FELICI!
Quando esco dal bagno, non posso che pietrificarmi di dolcezza, appena
incrocio il mio sguardo con il suo sorriso: papà Mikael, ci
credi che Gabriele ha il tuo stesso identico sorriso da pirata
straripante d'amore?
Domenica 31 Dicembre 2023
Caramella, caro mio cuore cartaceo, questa è l'ultima volta in cui ti scrivo.
Ma questa volta non ho una penna con me: ti dovrai accontentare del mio pensiero.
Gabriele è riuscito ad ottenere la custodia di Mikael.
Io non mi sono mai sentita più vuota di così... ed è una sensazione che non riesco più a sopportare.
Comprendo bene le mie colpe, e non cerco scuse, non più
almeno... il giudice mi ha imposto di tornare sotto terapia, ed ha
insistito anche per dei psicofarmaci... si crede uno psicanalista
adesso... ma non posso dargli torto: non posso proprio.
La mia vita con Gabriele, almeno i primi due anni è stata una
vita da film romantico: non sono mai stata amata così tanto ed
intensamente.
Lo amo ancora, non posso mentire, e lui mi ama ancora, nonostante tutto
il male che ho fatto a noi, con i miei incontrollabili sbalzi d'umore,
le urla, i miei momenti di autolesionismo, i momenti in cui ero come
mamma... però almeno sono riuscita ad amarlo: nei momenti di
lucidità, mi sono impegnata con tutta me stessa, ogni fibra del
mio corpo per dimostrare l'amore che provo per lui... e per nostro
figlio venuto al mondo da sette mesi... lo ammetto tra le lacrime, ma
sono contenta che abbia vinto
lui l'affidamento: ho fatto bene a scegliere apposta una mezza sega
come avvocato d'ufficio, ed aver chiesto all'avvocatessa migliore della
città, di prendere le difese di Gabriele, senza fargli sapere
che
centravo io.
Ora mio figlio potrà crescere in una famiglia normale, una vita
normale: non correrà il rischio di poter diventare come sua
madre... un mostro con attimi di umanità.
E' venuto al mondo da pochi mesi: mi dimenticherà come è giusto che sia.
Ho fatto troppo male a Gabriele: non ne farò mai anche a nostro figlio; non me lo permetterò.
Ci siamo separati così in fretta: è stato come strapparsi il cuore con le proprie mani.
Il vento si fa sempre più forte tra i miei capelli e la giacca; il vento spegne le mie lacrime:
ho scelto proprio un bel posto per finire la mia storia, vero Caramella?
E' stato più facile del previsto arrivare all'ultimo piano: qui
nessuno può fermarmi, ne tanto meno vedermi; tutti troppo
impegnati nel festeggiare l'imminente arrivo del nuovo anno.
Gabriele, mi dispiace così tanto... e tu Mikael, vivi
intensamente ogni attimo con il sorriso: lo stesso sorriso di tuo padre.
Voglio chiudere gli occhi così, immaginando il vostro sorriso,
mentre precipito; il vostro sorriso, come in questa foto che
ora tengo stretta al petto.
Eravamo tutti insieme in montagna, in quel
salone d'albergo così caldo ed accogliente, tutti vicini ed
abbracciati, mentre i genitori di Gabriele rendevano immortale quel
momento pieno d'amore: il ritratto di una famiglia felice, il dipinto
di una famiglia innamorata.
Non lascerò volare via questa foto per nulla al mondo! Tutto questo vento non me la porterà via!
Quanto manca al suolo?
...!!!
N.d.A.
Non scrivo mai cose felici: anche quando scrivo qualcosa di comico,
puntato sul ridere, ecco che i protagonisti muoiono o succede comunque
qualcosa di brutto ed irreparabile.
Confesso di averci provato tempo fa a scrivere qualcosa con un lieto
fine, ma proprio non è nel mio cuore: infatti il risultato era
un puré di stronzate.
Ho cancellato la storia senza pietà alcuna.
Perché non scrivo lieto fine? Bella domanda... forse perché non ne ho mai visto uno dal vivo.
I lieto fine sono come i due liocorni della famosa canzoncina: non si vedono, ma speri ci siano.
E poi devi saper scrivere bene per dettare un buon finale lieto.
Se avete domande, lamentele, o altro, il dialogo è sempre il benvenuto.
Vi auguro buona giornata.
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