Ciò che mi ha insegnato Azkaban

di MaryMatrix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note

Ciao a tutti!

La storia seguente partecipa al concorso “Tenderly – destroy me” indetto da aware_, blu petrolio sul Forum di EFP con il pacchetto “inner darkness” che prevedeva l’utilizzo della coppia Lucius/Sirius e della canzone “Violence” del gruppo Tender.
Colgo l’occasione per ringraziarla nuovamente per aver indetto questo concorso in cui mi sono cimentata per la prima volta con una relazione slash. Proprio perché si tratta di un qualcosa che si discosta da ciò che scrivo di solito, mi piacerebbe avere il vostro parere a riguardo.

Note alla lettura:

- Uso della canzone: l'intera storia ruota intorno all'idea di sesso e violenza, soprattutto violenza, vista da Sirius come l'unico modo per sfuggire alla realtà. In particolare alcune strofe hanno proprio ispirato lo svolgimento di alcuni capitoli, ricalcati su di esse, e per questo le ho riportate all'inizio dei rispettivi capitoli.
- Lucius/Sirius: ho cercato, come da bando, di non cadere nell'OOC. In particolare, non mi sembrava credibile che due personaggi così incompatibili all'improvviso scoprissero di provare un amore travolgente l'uno per l'altro, così ho ritenuto necessario creare un contesto all'intera storia e quello della prigionia e della guerra calzava a pennello.
Lucius è un vigliacco che farebbe di tutto per salvarsi ma che allo stesso tempo è legato alla propria famiglia e ho ritenuto credibile che nelle condizioni create dal contesto, vuoi per paura vuoi per inedia, alla fine cedesse a Sirius.
Sirius Black è coraggioso, spavaldo, ma non è mai stato uno stinco di santo: insomma, ho creduto che fosse quasi divertente per lui lanciarsi in questa avventura, per sentirsi finalmente utile e che non fosse così lontano dalla sua natura l'imprigionare un Mangiamorte senza troppe remore; ma Sirius è anche un personaggio "rotto", che ad Azkaban ha sofferto molto ed è difficile immagine che quella esperienza lo abbia lasciato indenne. Sappiamo poco sulla vita dei prigionieri nella fortezza, a parte il fatto che sono tartassati di continuo dai Dissennatori, e ho ipotizzato che talvolta si abbandonassero al piacere per sfogarsi, per non pensare (esponendosi quindi meno all'azione dei carcerieri)... in questi piaceri, visto i tipi rinchiusi, ho nuovamente ipotizzato che fosse inclusa anche la violenza.

Bene, adesso niente più chiacchiere buona lettura!

Al prossimo aggiornamento,

Mel

Capitolo 1

Sirius P.O.V.

All I need is someone to save
Want to be remembered
Want you to know my face

Malfoy Manor.

Casa mia per il tempo che riterrò necessario. Mi guardo allo specchio e il riflesso che mi fissa non è il mio. Vedo lunghi capelli biondi, una corporatura più snella, più magra e più bassa, un pallore deciso e infine due occhi grigi così simili ai miei, eppure così diversi.
È strano realizzare che pur non essendo più nei miei panni è la prima volta dopo tanto, troppo tempo che mi sento me stesso: non più segregato al numero 12 di Grimmauld Place, non più con nullafacente, ma spia in casa Malfoy… con le sembianze di Lucius.

Sfilo nella cupa ed elegante camera con i miei nuovi vestiti per acquistare sicurezza nella parte, ripetendomi di dover migliorare il portamento: tutti quegli anni ad Azkaban non gli hanno giovato.

“Più impettito e più sprezzante, Sirius.” ecco cosa mi ripeto.

Tento un sorriso mellifluo, cercando di imitarne il legittimo proprietario. La mia versione è piuttosto convincente, ma forse troppo canzonatoria. E non è per Lucius, no. È per l’Ordine.
“Te l’ho fatta, Silente!”
Il pensiero solo mi sfiora e una risata con voce non mia echeggia nella stanza vuota. Voleva tenermi ad ammuffire in quella casa e invece eccomi qui, cane da caccia nel covo dei lupi.
Ho promesso di salvare Harry, di redimermi per non aver fatto in tempo a salvare James e Lily.
“Che ti piaccia o no, Albus, io aiuterò a sconfiggere Voldemort!”

In realtà ammetto che l’idea di tendere un agguato a Malfoy per prenderne il posto con la Pozione Polisucco non è tutta farina del mio sacco e se non fosse stato per quel pazzo di Crouch Jr non l’avrei concepita. A volte anche i Mangiamorte sono utili.
Sono soddisfatto del risultato e mi lego i capelli pronto per passare alla parte più attiva del piano: recitare e, soprattutto, portare la cena a Malfoy.

Chiamo un elfo domestico cercando di essere il più sgarbato possibile e l’atteggiamento è naturale perché mi basta immaginare di avere davanti quell’orrido Kreacher; gli ordino perentorio di preparare cibo e acqua in abbondanza, tutti i giorni alla stessa ora, e gli intimo di non farne parola con nessuno, pena un castigo lungo e doloroso. Evidentemente Lucius Malfoy è il tipo di uomo che manterrebbe una promessa del genere perché l’elfo si inchina più volte con deferenza, intimorito, e si ripresenta poco dopo con due portate succulente sparendo poi con un “pop” senza aggiungere nulla.

Io, al contrario, mi dirigo furtivo verso i sotterranei del Manor: mi accoglie un lungo corridoio in mattoni a vista con stanze adiacenti che in origine dovevano fungere da prigione.
Alcune porte invece celano strategiche vie di fuga in caso di pericolo. Tipica mentalità da Malfoy quella di prepararsi un modo per fuggire.

Finalmente raggiungo una porta di legno non ancora marcio e la apro. Dall’altra parte della bacchetta, il prigioniero.

A malapena solleva il capo per guardarmi: è limitato nei movimenti perché due catene massicce gli bloccano le mani sopra la testa.
La cella è fredda e spoglia, l’umidità è l’unica decorazione. È un luogo squallido, come lui.

Appoggio il vassoio al suo fianco e sigillo la porta prima di liberarlo, continuando a minacciarlo con la mia bacchetta.

- Mangia. – gli ordino.

Lui non degna il pasto nemmeno di un’occhiata e si concentra su di me scrutandomi con odio e sdegno.

- Non accetto il tuo cibo, Black.

- Non è il mio cibo, Malfoy, è quello delle tue cucine. – lo correggo. – E permettimi, da ex detenuto, di darti un consiglio: mangia se ti è concesso, perché non so quando e se avrò voglia di venire a nutrirti di nuovo. -.

Lui non cede. Forse è più stupido ma meno smidollato di quanto pensassi.
Resta immobile nel suo dignitoso contegno.

- Esattamente che cosa speri di ottenere, Black? – si informa. – Si accorgeranno subito che non sono io. -.

Sorrido. Povero, illuso Malfoy.

- Sono io che faccio le domande. – chiarisco. – Quindi rispondi: sei forse curioso di sapere che cosa farebbe il tuo signore nello scoprire che uno dei suoi più fedeli Mangiamorte si è fatto sconfiggere e imprigionare a casa sua da un usurpatore? No, non lo sei, vero? Allora ti conviene tifare per me e aiutarmi in modo che ti lasci riprendere il tuo posto senza che nessuno si accorga di nulla. -.

Il suo sguardo si fa ancora più temibile. Mi ucciderebbe se potesse, glielo leggo in faccia. Poi digrigna i denti e non ribatte: sa che ho ragione ma gli è rimasta ancora un briciolo di fedeltà a quel marchio che porta.

- Non ti renderò le cose semplici, Black.

- Che peccato. Ops, tempo scaduto per la cena.

Con un incantesimo lo rimetto in catene: Malfoy non è altro che un debole, una banderuola, e non impiegherò molto a piegarlo.

Lui si agita come un’anguilla.

- Black! Devo andare in bagno!

- Prendilo come un allenamento per quando sarai ad Azkaban. – lo sbeffeggio. – Quella prigione insegna tante cose, sai? Per esempio che se lasci il cibo… arrivano i topi. Chissà se ti schiariranno le idee. Buonanotte, Lucius.

- Cosa? – è inorridito. – Aspetta! ASPETTA, ho detto! Black! BLACK! -.

Mi richiama, ma lo ignoro e lo chiudo in un incubo. Urla pure quanto vuoi, Malfoy: non ti sentirà nessuno. Cederai e io sarò ricordato come Sirius Black l’eroe di guerra e non come Sirius Black l’infame traditore.

---

La prima notte è proceduta bene.
Narcissa non si è accorta di nulla. Ieri sera mi ha accolto in camera abbracciandomi e ha fatto per baciarmi ma le sono sfuggito ignorando la morbidezza della sua pelle, così diversa da quella ruvida e sporca dei prigionieri di Azkaban, e il profumo dei suoi capelli, così splendenti e non unti come quelli dei prigionieri di Azkaban.

Da quanto non mi unisco a una donna?

Sono ormai più avvezzo a violenze, sangue mischiato ad acqua nelle docce, grida di dolore in un luogo dove nessuno chiede nulla, nessuno usa premure.
Meno romantico di un bacio di un Dissennatore, ma l’unico modo per scollegare la mente per pochi secondi, per non impazzire del tutto. Per ricordarsi di essere ancora umani.
Ma non potevo cedere, non con mia cugina.

- Sono molto stanco. – ho mentito, cercando di sembrare convincente.

Mi sono steso accanto a lei e so che avrei dovuto fingere affetto, che avrei dovuto ignorare la repulsione per la mia parente, ma non ci sono riuscito. Così, con una punta di disgusto per lei e una valanga di compiacimento per me, mi sono finalmente addormentato.
Al mio risveglio la osservo di nuovo: Narcissa è bellissima, ancora dormiente, e sembra un angelo, ma non suscita in me alcuna reazione. Mi ritrovo quasi a sorridere nel pensare che i miei gusti forse sono cambiati, che adesso preferisco braccia forti, spalle larghe e spinte vigorose, in me, fino a togliermi il fiato.

Oh, Lucius me lo toglierebbe davvero il fiato con tutta la rabbia che cova.

Forse spinto da quel pensiero o da pietà sollevo la pesante coperta verde e lo raggiungo nella sua cella. Non si aspetta una mia visita così presto e sobbalza. Scorgo vergogna nei suoi occhi grigi e ne capisco il motivo appena sono investito dal tanfo di escrementi.

Il ratto intento a divorare la cena di Lucius scappa seguito da un paio di scarafaggi.
Noto che lui ne ha pestati tre: probabilmente volevano salirgli addosso.

Faccio evanescere il cibo e le carcasse degli insetti, poi lo libero e faccio apparire vestiti puliti e caldi. Glieli porgo senza ostilità, indicandogli con un movimento del viso la porta del piccolo bagno.

Lui gira la testa e rifiuta il mio aiuto.

- Non puoi stare in queste condizioni, Malfoy. – insisto.

Ma la sua voce è gelida quando finalmente mi parla.

- Queste condizioni sono come tu mi hai ridotto. Un comportamento da vero Grifondoro. Lo vedo il tuo vero volto, Black: ti atteggi a paladino, ma non sei diverso da noi.

Il mio me giovane probabilmente si sarebbe surriscaldato a sentire una tale infamia, ma Azkaban insegna anche a crescere.

- Il mio vero volto, Malfoy, è quello di chi ti sta porgendo vestiti puliti e che ieri ti ha offerto del cibo. Siamo in guerra e comprenderai che non posso tollerare certi atteggiamenti da parte di un prigioniero e che questo va ben oltre la puerile divisione in Case.

Lui di nuovo rifiuta. Sta resistendo più del previsto, lo ammetto.

- Malfoy, non dimostri niente a nessuno restando immerso nelle tue feci. – faccio un ultimo tentativo.

- Ti scopriranno presto.

Sono parole al vento e non ho nemmeno voglia di ripetermi. Faccio per uscire, ma la sua voce mi richiama, per un’altra domanda.

- Che cosa farai, Black, oggi alle tre quando Voldemort ti porterà due prigionieri da torturare?

Mi fermo. D’improvviso il pericolo diventa reale.

Sono turbato, ma raccolgo tutta la mia infinita sfacciataggine e gli rispondo prendendomi un’ultima soddisfazione su di lui.

- Ti ho già detto che le domande le faccio io, Malfoy: tu le coccole a tua moglie, dopo il sesso, le fai?

Serro la porta alle mie spalle e i suoi insulti mi seguono fino alla fine del corridoio.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Note

Ciao a tutti!

Ringrazio tantissimo Summers84 per la recensione e per aver inserito questa storia tra le preferite.
Ringrazio di cuore anche Chander10 e jarapu che hanno inserito la storia tra le seguite.

Senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura del (breve) secondo capitolo.

Buonanotte,

Mel

Capitolo 2

Sirius P.O.V.

All I need is rest
Get that pain off my chest
All I need is silence
Give me sex and violence
It's all the same
It's all the same to me

La mia insolenza non ha giovato per niente alla causa: non ho scoperto il tipo di rapporto che ha con Narcissa, né che tipo di attività svolga, né i suoi impegni.
Sono teso per l’incontro che avverrà a breve: so che Lucius non mi ha mentito, perché anche Narcissa ha fatto riferimento a quell’appuntamento, specificando di preferire restare nelle sue stanze, come al solito. Non ho obiettato.

Infine il Marchio Nero mi avverte che il momento è giunto e qualche secondo dopo nel sontuoso salotto, proprio sul tappeto accanto ai divani di pelle nera, compaiono Lord Voldemort insieme a quella pazza di mia cugina, che potrebbe riconoscermi, e a quel lurido Greyback, che se solo collegasse le narici al cervello potrebbe fiutare in me un odore diverso.

Faccio appello a tutta la mia calma, la mia forza e a malincuore mi inchino.

- Risparmiami i convenevoli, Lucius. – taglia corto il Signore Oscuro, fissandomi con quei suoi occhi rossi che terrorizzano un mucchio di gente là fuori.

Ma non me. Non è peggio di un Dissennatore.

Sembra avere fretta, mentre Bellatrix è esaltata.

- Abbiamo catturato gli Indicibili che ci hai indicato! – esulta.

Noto due uomini a terra, molto magri, piegati su loro stessi. Non hanno nulla a trattenerli e mi chiedo quanto abbiamo dovuto cruciarli per ridurli in quello stato.
Senza forze, sanguinanti, tremanti come bambini.

- Che cosa aspetti Lucius? – mi incita Lord Voldemort. – Mi era parso di capire che avessi un conto in sospeso con loro. Coraggio, falli confessare. -.

Ignorando i fatti mi sforzo di fare buon viso a cattivo gioco e sfodero il mio sorriso peggiore, posizionandomi davanti ai due.

Per una provvidenza alla quale non credo più è proprio mia cugina a venirmi in soccorso.

- Su, coraggio, fai loro sputare fuori dove si trova la profezia.

Quindi Voldemort sta cercando una profezia.
I prigionieri iniziano a supplicarmi. A piangere.

- Malfoy no…

- … Lucius ti prego.

Penso a tutto il peggio che ho subìto ad Azkaban per farmi possedere dalla rabbia e non provare pietà, perché la Cruciatus funziona solo se si desidera fare del male e la mia copertura è al sicuro solo a prezzo della loro condanna.

- Crucio!

E che qualcuno mi perdoni per questo, mentre si contorcono, sanguinano, urlano. Sarà un pomeriggio molto lungo.

---

Li ho uccisi.

Li ho torturati fino allo sfinimento, tra le loro grida e le risate di Bella, poi li ho semplicemente ammazzati su ordine di Voldemort. Come un Mangiamorte. Proprio come loro.
E li ho dovuti lasciare a Greyback… Greyback!
Fatico a trattenere i conati mentre mi sbarazzo dei resti sbranati da quel… lurido. Ma non riesco a liberarmene prima che Narcissa veda lo scempio e me in quello stato.

- Oh, caro! – si precipita a stringermi, disgustata. La cingo in automatico e lei prosegue. – Sono stanca di questo. Di vederti così. Non siamo così, noi, Lucius. Ti prego, ti prego, fuggiamo . -.

È solo per abitudine che immagazzino l’informazione che mia cugina è una potenziale alleata e persino Lucius non condivide tali violenze: il mio senso di colpa non lascia spazio né al sollievo né alla sorpresa.
Quella sera scendo le scale con urgenza e so solo pensare che devo pagare per ciò che ho fatto, per il crimine commesso. Voglio solo riposo, solo il silenzio, voglio che cessino le urla nella mia mente, voglio liberare il mio petto da questo peso.

Annullo l’effetto della Pozione Polisucco e immagino di apparire come una vera schifezza dato il sorriso sghembo che scorgo sul viso di Lucius.
Tra qualche minuto non sorriderà più. Gli avvicino un nuovo vassoio.

- Cambiati. – non ammetto repliche. - E dopo mangerai. E dopo mi darai quello che merito per averli uccisi e averli lasciati a Greyback. Per essermi comportato come uno di voi, per essere stato vostro complice. -.

A quelle parole spalanca gli occhi: ha capito che cosa è successo. Abbassa lo sguardo sconfortato.

Insisto col porgergli gli indumenti e finalmente obbedisce e li accetta. Con la bacchetta gli fornisco tutta l’acqua necessaria e il sapone e tutto ciò di cui ha bisogno per la pulizia. Brucio i vecchi vestiti e lui esce indossando una vecchia tuta grigia che fa apparire i capelli ancora più chiari.
Inizia a sbocconcellare qualcosa e quando termina mi denudo, non prima di aver chiuso la porta con un incantesimo che solo io posso rompere.

- Che cosa stai facendo, Black? Abbi un po’ di contegno!

- Non ti piace quello che vedi? – lo provoco.

Il Malandrino in me riprende un po’ di controllo mentre lui si indigna non poco a quelle parole.

- Ti sei già fatto scoprire e ti hanno torturato fino a farti perdere il senno?

- Le faccio io le domande, per l’ultima volta! – sbotto a voce troppo alta. – Adesso colpiscimi! Ce l’hai con me per tutto questo. Ebbene, sfogati. Come vuoi. Nessun limite. -.

Lui alza gli occhi al cielo. Non mi prende sul serio? È impietosito?

- Per quanto trovi la tua proposta… allettante… - comincia lentamente, scandendo ogni parola. – Non credere che il dolore fisico ridurrà il biasimo che provi per te stesso in questo momento. -.

- Ad Azkaban funzionava benissimo. – replico. - Chiacchiera meno e approfittane. -.

Ho bisogno dell’oblio di Azkaban, ho bisogno del dolore, ho bisogno del suo corpo per smettere di pensare. Sesso e violenza a volte vanno a braccetto.

- Black, non ho alcuna intenzione di…

Non ce la faccio più a tollerare la sua accondiscendenza.
Non lo faccio finire.
Cado ancora più in basso.

- Imperio!

Sesso e violenza è ciò che merito. Ed espiazione è ciò che ottengo, pugno dopo pugno, livido dopo livido, spinta dopo spinta.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note

Ciao!

Alle porte del fine settimana ecco il terzo capitolo della mini-long.

Questo capitolo sarà dal punto di vista di Lucius e ci tengo a fare una precisazione: i fatti scritti in corsivo si riferiscono a eventi passati rispetto a quelli scritti normalmente, tuttavia ho scelto di riportarli in prima persona per conferire loro una maggiore vividezza. Sono dei flashback al presente dal punto di vista di Lucius come se li stesse vivendo in quel momento.

Vi auguro una buona lettura e un buon weekend! J

Mel

Capitolo 3

Lucius P.O.V.

Il tempo in questa cella sembra non passare mai. Quanto ne è trascorso? Settimane? Mesi?

Non c’è nulla che mi indichi il susseguirsi dei giorni, tranne forse gli incontri con Black.

Nel primo incontro avvenuto dopo quella terribile notte in cui mi aveva costretto a violentarlo il mio odio nei suoi confronti era tale da essere quasi palpabile.

Black entra con le mie sembianze e compie i soliti gesti di routine: chiude la porta, appoggia il vassoio del cibo accanto a me e mi libera dalle catene, minacciandomi con la bacchetta.

La notte precedente mi ha ferito e mi sento sporco, indegno di rispetto. Dovrei avere paura di lui perché sono alla sua mercé, perché può rifarlo ancora e ancora e abusare di me quanto vuole, ma davvero non riesco a provare nient’altro che odio.

E d’altronde lui non sembra nella posizione di comando: prova vergogna e so che non ci vorrà molto per farlo sentire ancora peggio. Mi rivolgo a lui con parole calme che scivolano dalla mia bocca intrise del veleno del serpente che sono.

- Complimenti Black. Ti sei finalmente comportato come il bullo che sei sempre stato, che infierisce sui più deboli.

Incassa senza replicare e mi offre il cibo.

- Dovresti mangiare.

Continuo a canzonarlo.

- Chissà che cosa direbbe il caro Potter se sapesse che il suo amato, nobile padrino, si è macchiato di un tale peccato. – sputo quella frase con palese sarcasmo.

È la vergogna, adesso, a troneggiare sul suo volto. L’ho ferito.

- Mangia. – ripete, sempre pacato.

- Perché, credi che nutrirmi sia sufficiente a farti perdonare? A cancellare questa tua colpa? Usare una Maledizione Senza Perdono con un prigioniero per umiliarlo e costringerlo a un rapporto non voluto… sarà interessante raccontarlo a Silente.

Lui si massaggia le tempie, come se avesse un gran mal di testa.

- Harry e Silente capiranno. Siete voi i mostri che lasciano che Greyback infierisca sui morti. – replica come per giustificarsi.

- Credi che abbiamo una qualche scelta? Tu ieri l’hai avuta?

Sorprendentemente riacquista risolutezza e mi si rivolge con animo fiero.

- Io la mia l’ho compiuta quando ho preferito unirmi all’Ordine piuttosto che al Signore Oscuro. La tua scelta, Malfoy, è indelebile sul tuo braccio e affonda la sua origine in ideali repellenti.

Gli faccio eco con una risata roca e divertita.

- Sei ancora più arrogante di come ti dipinge Severus, Black. Nessuna sorpresa che la tua famiglia ti abbia rinnegato. E, a proposito di Piton, quello a cui hai assistito ieri non è altro che uno degli esiti che avrebbe potuto avere lo scherzetto che gli giocasti a Hogwarts. Volontariamente.

So che quelle parole acuiranno il suo senso di colpa e gli faranno male e infatti, quasi come per un riflesso, solleva la bacchetta contro di me. Tuttavia resto impassibile.

- Forse avrai anche ragione quando sostieni che non mi conviene che ti scoprano, ma fossi in te non mi dimenticherei che hai bisogno di me per avere informazioni e per aiutare concretamente il tuo gruppo di amichetti.

Ora sono io quello in vantaggio e ne è consapevole.
Infine l’ultima infida domanda.

- Black, lo sapevi a cosa stavi andando incontro quando mi hai aggredito o hai pensato che si trattasse di uno dei giochetti da Malandrini, sfidare il Signore Oscuro e cavarsela?

Non aveva risposto perché era superfluo. Gli orrori erano inimmaginabili.
Avevo infine mangiato qualcosa e cessato di infierire, non per lui, ma per me stesso: che mi piacesse o no Black era la mia unica compagnia giornaliera e non volevo abbatterlo troppo col rischio che poi non mi rivolgesse più la parola; insulti e ordini erano comunque meglio rispetto al silenzio e allo squittio dei ratti.
Comprendevo la sua pena, perché era anche la mia: diventava sempre più complesso obbedire agli ordini del Signore Oscuro ma ero un codardo e da tale gli obbedivo soffocando ogni emozione.
Ora, invece, lui era il dipinto di come sarebbe stato il mio volto se ciò che covavo avesse potuto urlare. Le occhiaie, il pallore, l’atteggiamento affranto: a differenza mia, lui non fingeva e quelle espressioni sbocciavano e fiorivano sempre di più tra i suoi lineamenti.
Quello spettacolo non era di mio gradimento e avevo affrontato la questione il giorno seguente.

- Non mi piace questa tua cera, Black. – lo accuso senza tanti giri di parole. – Sembra che servire il Signore Oscuro sia un enorme fardello per te, quando dovrebbe essere un onore. -.

- So gestire la mia espressività, Malfoy, fatti gli affari tuoi.

- Tu sai a malapena gestire un prigioniero, figuriamoci una copertura.

I suoi occhi si erano assottigliati, offesi.

- Non sono un inetto, per quanto ne possiate pensare tu e la mia non più famiglia.

- Davvero? Sei qui solo da qualche giorno e guardati… pari un cadavere. Non ti dai tregua, non sei ancora riuscito a estrapolarmi nemmeno una parola sulle mie abitudini e non hai più rivisto il Signore Oscuro, quindi sei persino privo delle tue preziose informazioni.

Ma quelle parole non lo colpiscono. Anzi, sembrano ridargli vigore.
Forse sbaglio. Forse è riuscito a scoprire qualcosa.

- Un’altra parola, Malfoy, e riproviamo gli effetti dell’Imperius, ti va?

Taccio. Ripenso al colloquio del giorno precedente e mi ricordo che non mi ha chiesto scusa. Si vergognava, sì, ma non era pentito. Forse, rifletto, anche lui ha un lato oscuro. Sorrido con amarezza.

- Il sangue dei Black sta finalmente venendo a galla. Diventerai peggio di tua cugina, se continui così.

Sa che non riferisco a Narcissa. Sta per ribattere, ma sono più rapido.

- Vedi di tirare fuori questo lato sadico anche quando sei di sopra, Black, perché se il Signore Oscuro iniziasse a dubitare di te si prenderebbe la sua rivincita su Narcissa e mio figlio e se questo dovesse avvenire ti garantisco che non ci saranno catene, Imperius né Cruciatus che ti terranno in vita. Sono stato chiaro?

Non annuisce ma capisco che quell’intimidazione ha funzionato: Narcissa è pur sempre sua cugina e Draco solo un ragazzo.

- A questo proposito ho una cosa da dirti… whisky.

Lui finalmente solleva gli occhi e mi guarda come se fossi diventato pazzo.

- Non guardarmi così. Bevo due drum di whisky ogni sera prima di andare a dormire.

Qualcosa si riaccende dentro di lui.

- È un’abitudine che ho preso da mio nonno. – continuo a spiegare, mangiando.

Vedo che fa un movimento con la bacchetta e lo squittio dei ratti finalmente finisce.

- Elimina ratti e insetti sgraditi. – è il suo turno di spiegare. - È un trucchetto che ho imparato ad Azkaban.

Da quel momento, tuttavia, le ostilità non erano scemate. Per quanto gli fornissi indicazioni per non farsi scoprire, per proteggere mia moglie e mio figlio, e il suo aspetto fosse un po’ migliorato, non potevo farmi sfuggire l’occasione di stuzzicarlo sempre di più: il mio unico passatempo in quella cella.

- Come hai fatto Black? – gli domando un giorno, di pessimo umore.

- A fare cosa?

- A resistere.

La sua prigionia è un argomento che lo turba e per le condizioni in cui vessa so che quella mia domanda gli evoca ricordi che sono come sale sulle sue ferite.

- Innocenza. – risponde. – Sapevo di essere innocente. Pensavo ai miei amici. A Remus… a James. – si guarda intorno. – Questa cella non è come Azkaban, Malfoy. Qui puoi provare insofferenza, ma non certo dolore. Pensa ai tuoi cari, se proprio ti annoi. -.

- Come stanno?

- Tuo figlio va molto bene a Pozioni e a Difesa delle Arti Oscure, con quel traditore di Piton e quella venduta della Umbridge. – mi aggiorni. - Che strano, eh? -.

- Mio figlio sarebbe andato bene comunque.

- Mai quanto Harry.

- Come no.

Gli sfugge un sorriso, che poi soffoca. Non vuole mostrarti vulnerabile.

- Narcissa è sempre più preoccupata e vorrebbe fuggire.

Mi protendo all’improvviso verso di lui.

- Non farle fare sciocchezze!

Ora sono io quello che si è mostrato vulnerabile e non si fa certo sfuggire l’occasione.

- Perché se no che fai?

- Non fare finta con me, lo sappiamo entrambi che non faresti mai del male a Narcissa.

- Sicuro?

Per un attimo scorgo nei suoi occhi grigi un riflesso, uno che non ha nulla a che fare con me ma che conosco bene: Bellatrix. Non sono poi così diversi e per un istante, forse per la prima volta, ho paura.

- Tutti i miei impegni sono riportati nell’agenda del quarto cassetto a destra della scrivania nel mio ufficio. Nel secondo a sinistra troverai tutte le informazioni importanti per continuare a gestire i miei affari senza ridurmi sul lastrico. – cerco di mostrarmi collaborativo, per proteggere Narcissa.

Un sorrisetto soddisfatto incrina il suo volto.

- Molto bene, Malfoy. Considera la cara Cissy al sicuro.

Quel riflesso oscuro nel suo sguardo tornava ad affacciarsi sempre più frequentemente.
Una sera, addirittura, era trionfante in un modo esagerato, da brividi.

- Come mai hai portato anche il dolce? – lo guardo con sospetto. – C’è del Veritaserum o qualche veleno? -.

- Malfoy, se volessi farti del male non utilizzerei un espediente così scontato.

Vorrei rivolgermi a lui con sarcasmo, ma le mie papille gustative non assaggiano qualcosa di dolce da non so quanto e la gola vince sull’orgoglio.

- È per festeggiare. Ho torturato altre due persone. – mi annuncia sorridendo.

Quasi il dolce non mi va di traverso e tossisco.

- Credevo che non ti piacesse.

- Anch’io. Ma mi piace molto se le due persone in questione sono Greyback e Yaxley. Non che detesti Yaxley più degli altri, ma Greyback… ho assaggiato il dolce sapore della Cruciatus.

Sono io quello sconvolto. Poi Black scoppia in una risata senza gioia.

- Ho anche scoperto dei segreti importanti, riferiti già a Silente. Sta andando tutto com’era nei piani e da anni non mi sentivo così utile.

Quella sera non dico nulla, non lo sfido. Ho come l’impressione che davanti a me ci sia un altro Black. Il Black che potrebbe torturarmi.


Altre volte, invece, mi poneva dei quesiti troppo stupidi, tanto che avevo il dubbio che soffrisse di doppia personalità.

Al suo ingresso non ha nulla del Black con il trionfo negli occhi di qualche giorno prima. Sembra piuttosto tormentato da qualcosa.

- Black! – esclamo, richiamandolo. – Qualcosa non va più come nei piani? – lo punzecchio un po’, con cautela.

- Ho un dubbio atroce. – mi confida dopo un momento di esitazione.

- Posso avere l’ardire di chiedere quale?

- I tuoi capelli.

Ora sono perplesso.

- I miei capelli?

- Esatto. Travers si è accorto che si stanno rovinando e non posso permetterlo. – mi spiega. – Come fai a tenerli perfetti? -.

- Hai sbattuto la testa. – concludo, dopo un attimo di silenzio. – Di tutte le cose che puoi chiedermi mi domandi dei miei capelli? -.

- Le domande le faccio io. – ripeti lentamente. – Dobbiamo ritornare ai trattamenti dei primi giorni? -.

Esito qualche secondo ma poi vedo che mi punta addosso la bacchetta e temo di nuovo un’altra notte insieme. Mi affretto a rispondergli.

- Balsamo, una volta al giorno.

Non è un’informazione la cui segretezza valga una maledizione.

- Molto bene. Molto bene.

Fa evanescere il vassoio vuoto ed esce.

Sono qui solo da troppo tempo, soggetto agli sbalzi di umore di Black. Si sta abituando e lo vedo rinvigorito, più sicuro. Ogni tanto arriva nella cella malconcio a causa delle punizioni di Lord Voldemort quando le missioni falliscono, cioè quando quelli dell’Ordine sono un passo avanti a loro.

Gongola quando scende per annunciarmi notizie come quelle, sorridendo impertinente, muovendosi con quella eleganza poco formale che lo distingue, scadendo sempre nell’autocompiacimento.

Io invece sono sempre più spento, sempre più annoiato, scivolato nell’inedia. La mia unica gioia consiste nelle lettere che mi invia mio figlio e che lui mi legge.
Il tempo non scorre mai e io bramo una qualsiasi azione, un qualsiasi passatempo.
Finché un giorno, mentre sonnecchio, giunge più malconcio del solito: si regge a malapena in piedi e il vassoio con il mio cibo ancora fumante traballa pericolosamente sulle sue mani tremanti.

Come da copione serra la porta, lo ripone goffamente accanto a me e mi libera.

Prendo il vassoio e lo fisso senza osare fare domande.

Deve essere molto inquieto, perché mi aggredisce a parole poco dopo.

- Che hai da guardare?

- Non sono abituato a vederti col tuo aspetto. – rispondo dopo un po’.

Ma non è quello a non farmi levare gli occhi di dosso a lui, no. Piuttosto è il timore che provo, perché l’ultima volta che l’ho visto così non è finita bene.

- Non avrei sopportato un solo sorso di quello schifo di Pozione Polisucco, non dopo tutte le pozioni Rimpolpasangue.

- Non dirmelo, hai fatto qualcosa di idiota e ti sei fatto finalmente scoprire.

- Non ancora, ma il Signore Oscuro si è molto arrabbiato per una missione finita male al Ministero. Si aspettava di catturare Harry, ma, ovviamente, l’Ordine sapeva dell’inganno. Così, quando i Mangiamorte si sono recati all’Ufficio Misteri hanno trovato come comitato di accoglienza l’Ordine, il Ministro e qualche Auror. Alcuni sono già ad Azkaban.

Noto le sue ferite.

- Immagino che il Signore Oscuro non l’abbia presa bene.

Black sorride, nonostante il dolore.

- Per niente.

Mi si avvicina a grandi falcate e si abbassa in ginocchio fino a raggiungere la mia altezza e mi prende il mento tra le mani.

- Sai, io voglio scordare questo dolore e tu… tu hai bisogno di un po’ di svago. – mi soffia vicino alla bocca.

La voce è roca, sensuale. Non è più irritato, ma forse è ancora più pericoloso.
Un brivido mi attraversa la schiena.

- Black… - inizio con voce apparentemente ragionevole.

Ma non riesco a parlare oltre perché sento la sua mano accarezzarmi ed è così diversa dalla fredda pietra su cui dormo da settimane e la reazione del mio corpo è un sussulto. Appoggia lentamente le sue labbra sulle mie e sento la sua lingua umida delinearne i contorni. Contro ogni ragione logica, spinto solo dal desiderio di calore, mi sorprendo a schiuderle.
La sua bocca sembra ora volersi mangiare la mia, la sua lingua mi promette cose oscene.

Poi si stacca, per riprendere fiato.

- Allora, Malfoy? Non ti vuoi divertire un po’ in questa cella? – mi sibila all’orecchio, tentatore.

Poi mi lambisce il collo, languido, e mi accarezza l’inguine al ritmo dei miei sospiri.

Quando prendo coscienza di ciò che sto facendo lui è già nudo sotto di me e io sono in balìa scariche di eccitazione.

Lo sento in mano mia, i capelli neri e ribelli sparsi, la schiena contro il muro, seduto a gambe larghe per farmi spazio, le sue forti braccia artigliate sui miei fianchi per trattenermi, e i suoi riflessi sono offuscati.
Vorrei approfittarne per liberarmi: la porta è chiusa ma la sua bacchetta fa capolino tra gli abiti abbandonati poco più in là.
Gli mordo un labbro con veemenza fino a farlo sanguinare e mi allontano all’improvviso, allungando un braccio verso la mia salvezza. Ma Black è più veloce e dopo un momento di intontimento iniziale mi è addosso, feroce come una belva.

- Questo non dovevi farlo! – ruggisce, infuriato.

Spalanco gli occhi terrorizzato. Ho la schiena sul pavimento e il suo corpo preme sul mio e io ne sono succube. Ho letteralmente il suo fiato sul collo.

- Lasciami. – la mia suona come un’implorazione. – Perché mi fai questo? -.

- E perché voi fate del male a quella gente?

- Perché sono esseri inferiori…

- Perché sei spregevole, Malfoy, pronto a vendere i tuoi servigi a chi ti assicura più prestigio! Non ti vergogni nemmeno un po’? – siamo vicini, ma sta gridando.

Vorrei replicare, ma non ragiona e sarebbe inutile. Sono inerme nelle sue mani.

- Pagherai tu e pagherò anch’io, facciamo i conti con l’oste di Azkaban.

- No, ti supplico Back, per favore, no…

Mi ignora e mi prende di peso, sbattendomi senza grazia contro il muro. Le mie gambe molli cedono e mi ritrovo in ginocchio ai suoi piedi.

- Ti dirò tutto ciò che vuoi… - insisto.

- La tua vigliaccheria è imbarazzante, Malfoy. Ti ho sempre trattato in modo gentile e alla prima difficoltà eccoti in ginocchio a rinnegare la tua fazione. -.

Mi schiaccia nuovamente a terra, fulmineo, e senza indugiare ulteriormente mi lacera ed entra in me. E io grido. Nel dolore non c’è lembo di pelle sul suo corpo che le mie mani non graffino, che i miei denti risparmino. Lo colpisco con rabbia sui tatuaggi, così diversi dal mio: i suoi sono una libera scelta, il mio un simbolo di schiavitù.

- Non violentarmi, Black… - sussurro.

La concupiscenza lo rende sordo alle mie preghiere e più il dolore si trasforma lento in scariche di piacere più il mio astio si fomenta. Sono prigioniero, suo, del pavimento, infine anche dei miei istinti, mentre gemo, mentre gli mordo le labbra, mentre mi inarco verso il suo bacino.

I nostri volti sono trasfigurati dal piacere, la mia barba ispida lo graffia, ma non è abbastanza come scudo; i suoi capelli neri sono arruffati e cedo infine ad affondarci le mani per tastarne la ribelle morbidezza; mi afferra i fianchi e mi sento completo e tutto il calore che mi è mancato in questi mesi mi travolge in pochi estatici istanti.

Cedo ai sensi e Black cala su di me come una scure, finché lui non si perde e io non mi perdo con lui.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Note

Buona domenica!

Prima di tutto ringrazio moltissimo sibley per aver aggiunto la storia alle preferite.

In secondo luogo ringrazio anche tutti i lettori silenziosi di questa brevissima long e senza indugiare ulteriormente vi lascio all’ultimo capitolo.

Auguro a tutti una buona serata

Giulia

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Capitolo 4

Lucius P.O.V.

Found myself in a living room
Surrounded by people I don't even know
I can count all my friends with a single hand
Watching me like I got something to show

I don't want to talk about it
I don't want to dream anymore
I don't want to talk about it
Is it love?
Is it war?

We've all got damage done
I'll pretend to be someone
But I don't want to talk about it
I just want the violence to overgrow


Dopo quel momento di iniziale ebbrezza sono sprofondato in una angustiante depressione. Ho trascorso i giorni seguenti a rimuginare. Ho perso il rispetto per me stesso. Con che coraggio posso di nuovo tornare a guardare negli occhi Draco? E la mia Cissy? Le farei ribrezzo e avrebbe ragione.

Sono solo uno straccio e mi sento uno straccio. Sono un oggetto come uno straccio. Sono sporco come uno straccio. Giaccio per terra come uno straccio, sono usato come uno straccio e come uno straccio sono bagnato.

Se mio padre potesse vedermi, selvaggio e appagato ad accoppiarmi con un uomo, a godere mentre sprofonda nella mia carne, mi ucciderebbe con le sue mani e con la mia benedizione.

Mi sono arreso e il suo corpo rappresenta ormai il mio unico svago, il mio unico possedimento, il mio unico piacere. Per lui, invece, sono il suo unico sfogo.

“Hai visto Black quanto è difficile essere un Mangiamorte? Credi di avermi imprigionato, ma mi hai reso libero.”

In un certo senso si è fatto carico delle mie preoccupazioni quotidiane e forse per questo gli ho dato non solo il mio corpo, più volte, ma anche le mie abitudini, per renderlo credibile.

Per quanto possa detestarlo, intravedo in ogni sua vittoria una speranza di libertà per me e la mia famiglia.

Ho rinunciato a combatterlo e ogni volta che viene anelo solo un po’ di calore, spero che il tempo passi in fretta, prego che non mi faccia troppo male. È l’unica cosa che mi resta in quella cella.

Finché un giorno è pronto a rendermi il fardello.
Ha delle occhiaie marcate ma nessun vassoio.
Avanza senza esitare e mi libera con un veloce colpo di bacchetta: è la mia e me la porge dal lato del manico.

Lo fisso incredulo: avevo immaginato la mia “liberazione” diversamente, credevo che mi avrebbe Schiantato, lasciandomi accanto la bacchetta, e che si sarebbe Smaterializzato.

Invece resta in piedi davanti a me, senza vacillare.

- Imprudente da parte tua. – commento, afferrando la bacchetta come un assetato potrebbe lanciarsi su una brocca d’acqua. Mi sembra quasi irreale.

I suoi occhi non lasciano i miei.

- Ho ucciso due studentesse, minorenni, indifese. – racconta.

La voce non gli trema ma il tono è spento.

So già che cosa vuole, ma mi ha dato troppo dolore e troppo piacere e non ho intenzione di accontentarlo.

Abbasso la bacchetta e mi alzo in piedi, scotendo via la polvere dai pantaloni.

Persino camminare sembra diverso adesso che non sono più integro.

Ha scalfito la mia impassibilità, ha sradicato i miei ideali, ha sfondato tutto ciò che mi restava. Ha alimentato in me la paura.

A fatica, con le gambe intorpidite, lo raggiungo e mi vendico negandogli l’oblio che cerca.

Mi limito ad appoggiargli una mano sulla spalla, sfinito.

- Torna a casa.

Questa volta sono io a lasciarlo solo nella cella, tormentato dalla sua coscienza.

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La gioia nel rivedere Narcissa e Draco è incontenibile. Dopo quasi un anno finalmente la luce del sole torna a illuminare il mio mondo!
Solo quando li ho entrambi davanti realizzo quanto mi siano mancati davvero.
Il ritorno alla mia vita è sereno, alternando le faccende quotidiane ai gravosi impegni da Mangiamorte. Mi ripeto che Draco è al sicuro, Narcissa è al sicuro, i miei affari sono al sicuro. Me lo ripeto ogni volta che il Signore Oscuro mi umilia, ogni volta che mi ordina di fare qualcosa che non voglio, ogni volta che mi fa sfiorare una morte dolorosa per una missione senza un buon esito.
Ma non oggi. Oggi la missione si conclude con la vittoria che ci arride e nel nostro attacco a Diagon Alley puniamo almeno tre traditori. Scorgo Sirius impegnato nel duello, le vesti stracciate, i capelli neri al vento, l’indole combattiva che lo anima. Sta mettendo Dolohov in difficoltà.
Si blocca solo quando vede Bellatrix attaccare due ragazze che cercano un riparo e che sono troppo giovani per Smaterializzarsi e deve scegliere: o si difende da Antonin o salva loro.
Conosco l’esito del dilemma ancora prima di vedere un lampo verde che dalla sua bacchetta si dirige verso sua cugina, mancandola. Dolohov lo colpisce ma lui ha ottenuto il suo scopo e le ragazzine hanno il tempo di fuggire.
Bellatrix è adirata e lo canzona e gli spezza la bacchetta, lasciandolo privo di difese.
Non lo uccidiamo subito. Lo portiamo di nuovo qui, a Malfoy Manor, e lui lo accetta a testa alta, con lo sguardo orgoglioso di chi sa di aver fatto la cosa giusta. Rifulge della dignità spavalda di chi non teme né morte né dolore.
Sono circondato da Mangiamorte eccitati che sorridono crudelmente seduti sui miei divani in pelle nera mentre Bellatrix, raggiante, lo tortura. Sono persone piene di segreti che conosco a malapena, che credono di essere miei amici ma che tollero a fatica e i loro volgari sghignazzamenti mentre Black viene condotto fin quasi alla pazzia mi disgustano.
Quante volte l’ho sentito urlare? Ma mai così disperato, mai così addolorato. Ora è lui lo straccio.

Resto imperturbabile, ma vorrei solo mettere fine alle sue sofferenze una volta per tutte.

- Ti sei divertita abbastanza, Bella. – la mia voce fredda la sorprende. – Il Manor non è adatto a imprigionare qualcuno che è stato abbastanza intelligente da evadere da Azkaban. Uccidilo. -.

Lei fa una smorfia contrariata.

- Che crudele che sei Lucius. Interrompere questa piacevole riunione familiare. – è Lord Voldemort a parlare.

Bellatrix sorride vittoriosa, sa già che potrà continuare a fare a pezzi il suo giocattolo.

- Tuttavia riconosco il senno nelle tue parole. Bellatrix, mia cara, procedi pure.

Lei corruccia un po’ la bocca, ma alla fine sospira, rincuorata da quel “mia cara”.

- Molto bene. Ultime parole, cuginetto? – lo deride Bellatrix.

Black esibisce il suo ghigno compiaciuto, quello di chi ha vinto, verso Voldemort.

- L’ho fatta ai Dissennatori. – si vanta, arrogante fino all’ultimo. – L’ho fatta a Silente e un giorno ti spiegheranno, Tom, perché l’ho fatta anche a te. -.

Il lampo di strafottenza malandrina che passa nei suoi occhi abbaglia la stanza per un momento e nemmeno l’Avada Kedavra riesce a spegnerlo.

E mentre esulto falsamente con gli altri, che si aspettano questo da me, guardo il suo corpo privo di vita, il suo sorriso spontaneo e quasi sono felice per lui: finalmente ha trovato la pace.

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La guerra è finita. Sono sulla tua tomba, quella che i tuoi amici ti hanno fatto quando il fu Signore Oscuro ha avuto cura che il tuo cadavere dilaniato ritornasse a loro.
Ti assicuro che sono stato io stesso a rivelargli in che modo tu gliel’avessi fatta, un momento prima che Potter lo uccidesse. Mi sembra di sentire la tua risata dall’Oltretomba.
Il cielo è plumbeo, ma i narcisi gialli che ti ho portato conferiscono un po’ di colore.
Continuo a sognarti. A volte sono sogni dolorosi, più spesso sogni poco casti. Il sesso, il dolore, la redenzione: la loro malata logica consequenziale te l’ha insegnata Azkaban, a me l’hai insegnata tu.
Azkaban. Vuoi sapere come l’ho evitata? Grazie a te, Black. Dopo la tua morte ho capito che continuare il tuo lavoro era la cosa giusta da fare. Ero stanco di morti sul mio tappeto.
Mi hanno fatto un processo veloce e ho testimoniato contro gli altri. Ho taciuto ciò che si è consumato in quella cella: non voglio rievocare quei momenti, non voglio rievocare il ricordo di quella guerra tra noi due, sfociata in passione.
Ovviamente ho rinnegato pubblicamente il mio credo per proteggere me e la mia famiglia dalla prigione. Ma con te non devo fingere, non ho mai dovuto farlo.
Sistemo meglio i narcisi e ti faccio l’ultima confessione: vorrei che tu fossi vivo per farci ancora violenza.
Per darci ancora pace.

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