Figlia della Montagna

di _Lilli_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 2: *** Una stramba Compagnia ***
Capitolo 3: *** L'avventura ha inizio ***
Capitolo 4: *** Confidenze ***
Capitolo 5: *** Una piccola disavventura ***



Capitolo 1
*** Decisioni difficili ***


La luce che filtrava dalla finestra socchiusa la infastidiva, ma aveva trascorso così tanto tempo al chiuso in quella stanza che era grata a chiunque fosse stato ad aprirla per farle sentire ancora la brezza leggera ed il rumore di una città che pian piano si stava riprendendo dalla grave pestilenza che l’aveva colpita. Voleva dire che era ancora viva e di certo non un’allucinazione dovuta alla febbre alta. Percepiva molto silenzio in casa ma non vi badò troppo poiché tenere gli occhi aperti e formulare anche quei semplici pensieri l’aveva affaticata e ripiombò nel sonno senza nemmeno accorgersene.
 
Un lieve e fresco tocco la ridestò qualche ora più tardi, e aprendo gli occhi vide una figura indistinta che la guardava con un misto di sollievo e preoccupazione. Una figura piuttosto grossa, pensò scioccamente. «Tu non sei un nano.» Furono le sue prime parole con voce roca e impastata, cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti. «Ottima osservazione, non c’è che dire.» Rispose divertita la voce, che lei trovò famigliare ma che non riusciva ancora ad associare ad alcun volto. «Sono venuto a vedere se stavi bene. L’epidemia è ormai terminata, sei stata fortunata ad essere riuscita a sopravvivere.» C’era un che di sorpreso ed ammirato nella sua voce e questo la mandava in confusione. «I miei... I miei genitori, dove sono?» Chiese preoccupata; si erano gravemente ammalati e si era occupata di loro fino a che il corpo non si arrese a sua volta alla malattia. L’uomo sospirò afflosciando le spalle, e lei chiuse gli occhi stringendo il lenzuolo tra le dita. «Mi dispiace così tanto Nàli, la malattia è stata più forte del previsto e loro erano troppo deboli.» Lei riaprì gli occhi lasciando che calde lacrime le rigassero il volto, e ringraziò mentalmente la figura al suo capezzale che lasciò silenziosamente la stanza per lasciarle il tempo di assimilare la notizia e piangere la scomparsa della sua famiglia.
 
«Gandalf.» Era riuscita a mettersi seduta, e scrutava lo stregone mentre consumava il pasto che egli le aveva gentilmente portato; era la prima volta che gli rivolgeva la parola da quando aveva ricevuto la brutta notizia, e non si era mai sentita così sola. Gandalf dal canto suo, si limitò a guardarla tenendo in mano la sua pipa; interpretando il suo silenzio come un invito a continuare, Nàli gli pose il dubbio che la assillava dal momento in cui lo aveva visto li, in casa sua. «Perchè siete qui? Non c’è nulla per voi, solo morte e desolazione.» Lo stregone si concesse un piccolo sorriso e posò la pipa avvicinandosi a lei per versarle dell’acqua che accettò volentieri. «Sono qui per te. Ormai l’epidemia è solo un brutto ricordo, i pochi nani superstiti stanno recuperando provviste per il viaggio. Abbandonano la città per trasferirsi sulle Montagne Azzurre e ormai è inutile restare qui soprattutto ora che sei rimasta sola.» Nàli ci pensò su, ma alla fine scosse la testa e riprese a mangiare ignorando l’espressione sconsolata dell’uomo. «Vi ringrazio per la premura, ma non c’è nulla li per me. Tanto vale che rimanga qui, devo riprendere il mio lavoro non appena mi rialzerò da questo letto.» Disse con risolutezza, ma Gandalf insistette. «C’è molto lavoro anche sulle Montagne Azzurre, e li saresti a casa tra la tua gente e con la tua famiglia.» Nàli sbuffò e scosse la testa. «La mia famiglia è morta, e dovunque io vada sarò in ogni caso sola. Nessuno si è mai occupato di me tranne mia madre, conoscete abbastanza bene la situazione da capire il perché del mio rifiuto.» Lo stregone alzò gli occhi al cielo esasperato. «Sei sola perchè vuoi esserlo, ma devi dare una possibilità ai nani altrimenti non ti accetteranno mai.» Nàli sospirò affranta, ed annuì lievemente. «Ci penserò, ve lo prometto.» Gandalf sembrò soddisfatto della risposta, e lasciò la città promettendole di tornare a trovarla quando i nani sarebbero stati pronti a partire. E questo non sarebbe di certo accaduto in poco tempo: non vi erano molte provviste in città e bisognava attendere l’arrivo della bella stagione se si voleva intraprendere un viaggio così lungo. Se tutto andava bene, pensò Nàli, i nani sarebbero partiti di li ad un mese e lei aveva tutto il tempo per guarire e cercare di rimettere in sesto la sua vita.
 
Il tempo trascorse relativamente tranquillo, nessuna visita inaspettata e nessun nano si era presentato chiederle di unirsi a loro; rimasta sola, dopo la sua completa guarigione Nàli tornò quindi a caccia per rimpinguare la dispensa ormai vuota e soprattutto poter concentrarsi sull’unica cosa che le riusciva bene: lavorare. Amava plasmare con le proprie mani i metalli preziosi da cui creava gioielli che le venivano richiesti dagli uomini e dagli elfi, che doveva ammetterlo avevano davvero buon gusto. Lei dopotutto non faceva distinzioni di razze, l’importante era lavorare e venire pagata il giusto ed il resto non le interessava.
 
Stava lucidando un sottile ed elegante bracciale in argento quando lo stregone tornò da lei, un giorno di inizio primavera. «Salve Gandalf.» Lo salutò cortesemente per nascondere la sorpresa nel vederselo apparire sulla soglia della bottega per cui lavorava. «Dovevo immagine che non fossi partita. Ma del resto voi nani siete così testardi, che a volte faccio davvero fatica a comprendervi.» Disse in tono bonario, entrando e mettendosi ad ammirare i suoi lavori. Nàli si limitò a sbuffare, trovando la presenza di Gandalf sempre più detestabile. «Beh ormai avrete capito che non andrò sulle Montagne Azzurre, inoltre nessuno è venuto a cercarmi per chiedermi se volessi partire, dunque cosa vi porta qui? Non certo per comprare un gioiello.» Disse in tono sarcastico, facendo sorridere lo stregone. «No, sono qui per farti una proposta che spero accetterai> «Allora fermatevi a cena da me, ho l’impressione che sia una faccenda importante e certe cose non si discutono a stomaco vuoto.» Detto ciò raccolse i suoi attrezzi ed uscì dalla bottega seguita dall’uomo che accettò di buon grado l’offerta.
 
Attraversarono la città in silenzio, e solo quando furono tra le mura domestiche in tutta tranquillità Gandalf le rivolse di nuovo la parola. «Sono felice che ti sia ripresa così in fretta, so che non è stato facile ma hai bisogno di cambiare la tua vita. Parti con me, per un’avventura.» Disse quasi con veemenza, ignorando quasi del tutto lo stufato che Nàli gli aveva messo sotto il naso. «Mi piacete Gandalf, davvero, ma sapete che non ho uno spirito avventuroso e poi non posso abbandonare tutto senza nemmeno sapere dov’è che volete portarmi.» Gli fece notare, sorridendo cordialmente. Doveva ammetterlo, abituata com’era ad essere sola stava apprezzando la compagnia dello stregone nonostante le idee strampalate che le rifilava. Una piacevole distrazione dalla vita monotona, a cui però era legata e con cui si sentiva al sicuro; proprio quello che Gandalf cercava di farle capire, insistendo nel farla partire per potersi lasciare tutto alle spalle. «So che forse non ti piacerà la mia proposta, ma cosa ne pensi di unirti alla Compagnia di Thorin Scudodiquercia?» «E chi sarebbe costui? E perchè dovrei unirmi a lui ed i suoi amici?» Chiese sospettosa, dopo aver buttato giù un boccale di birra.  
«Mi state chiedendo decisamente troppo, io nemmeno conosco questo Thorin. Mia madre mi ha raccontato molte volte di lui e le storie su Erebor, ma io non sono mai riuscita a sentirmi parte di tutto questo. E poi davvero credete che io sia adatta ad affrontare questa avventura? Non credo poi, che Scudodiquercia ed i suoi amici sarebbero contenti di avermi tra di loro.» Gandalf, con infinita pazienza, accese la sua pipa e creò alcuni cerchi di fumo prima di tornare a parlare. «Sei figlia di sua cugina e sarà felice di averti con se, per questo sono qui. Voleva venire di persona ma i preparativi sono molti e mi sono offerto di fare le sue veci. In ogni caso lascia decidere a me se sei adatta o meno a partire con loro, ma dato che dobbiamo raggiungere la Contea il prima possibile ti consiglio di andare a riposare.» Le rispose soddisfatto dall’espressione sorpresa che aveva suscitato in Nàli, che non riusciva a credere alle sue parole. Senza attendere però una sua risposta, lo stregone si alzò congedandosi con la scusa per la stanchezza del viaggio e si ritirò a dormire.
 
Nàli dal canto suo era piuttosto confusa, e si chiese perchè questo Thorin avesse richiesto la sua presenza dato che nemmeno la conosceva; era forse un trucco di Gandalf per convincerla a partire? Non poteva saperlo, ma prendere una decisione simile in così poco tempo era impensabile. La luce della luna illuminava la stanza e solo quando si avvicinò al letto notò sul comodino una scatola che riconobbe essere di sua madre che non ricordava di averla messa li; fu con gesti automatici che la aprì rivelandone il contenuto: moltissime lettere, tutte scritte da Thorin e inviate a sua madre. Fu con febbrile curiosità che iniziò a leggerne il contenuto al lume della candela che teneva stretta in una mano, e più leggeva più nel suo cuore si faceva strada la consapevolezza che sua madre era sinceramente legata a Thorin e che Gandalf non stava mentendo; le parole del nano erano sicure, orgogliose e fiduciose ed immaginò che anche l’animo di sua madre non fosse stato da meno. Un’idea folle si creò nella sua testa e nel suo cuore, dopo che si fu addormentata con in mano ancora le lettere di suo zio.
 
Fu con delusione che il mattino seguente si accorse dell’assenza di Gandalf, che tanto aveva insistito per portarla con se. Si sentì per un istante sperduta, ma trovare le istruzioni per arrivare a casa di un certo Bilbo Baggins fece tornare in lei la determinazione. «Ora o mai più Nàli, se non parti adesso non lo farai mai più e resterai per sempre in questa landa desolata.» Si disse ripiegando il foglio, e raccolti i pochi oggetti che possedeva salì in sella al suo fedele pony color miele e partì in direzione della Contea.

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Capitolo 2
*** Una stramba Compagnia ***


Ti prometto che rivedrai Erebor Nàr, tornerai a camminare nelle sale dei nostri Padrie la stirpe dei Durin sarà di nuovo forte come un tempo. Non disperare perchè verrò a prenderti e ti ricondurrò a casa.”
Le parole di Thorin le riecheggiavano  in continuazione nella testa ed erano state una rivelazione per lei; ricordava il modo in cui sua madre custodisse gelosamente le lettere che si erano scambiati e si accorgeva sempre quando Nàr ne riceveva una, perchè un grande sorriso felice e nostalgico le increspava le labbra. Se chiudeva gli occhi le tornava in mente la schiena della nana china sullo scrittoio a volte illuminata con la sola luce di una candela, lo sguardo perso nei suoi mille ricordi e la mano che scorreva rapida e decisa sul foglio. Sua madre amava raccontarle le leggende della stirpe dei Durin, storie a cui lei però non sentiva di appartenere: non  aveva mai conosciuto la sua famiglia e questo senso di distacco divenne più forte quando un giorno si ritrovò ad ascoltare per caso il suo patrigno lamentarsi del re e del fatto che nessuno voleva accogliere di nuovo Nàr anche se il suo primo marito era ormai morto da tempo. Si era sentita in colpa e più abbandonata e sola che mai in quel momento ed aveva finalmente capito il motivo per cui tutti l’avevano sempre trattata con distacco e diffidenza in quegli anni, a causa di un padre che loro non avevano mai accettato.
Si chiese cosa l’aveva spinta a dar retta ad un vecchio pazzo e partire per quell’insensato viaggio. Senso del dovere? Forse. Un modo per onorare il ricordo di sua madre? Molto probabile. Le mancava terribilmente, lei che conosceva così poco il mondo e che non aveva esperienza alcuna sentiva ancora la necessità di una guida a cui rivolgersi per poter trovare la forza di andare avanti e prendere le giuste decisioni; aveva sempre dato per scontato che sarebbe rimasta in quella città di provincia vivendo col suo lavoro e non aspettandosi nulla da niente e nessuno, vivendo accanto alla sua amata madre e al suo amore su cui fare affidamento.
 
“Tu e tua figlia avete il diritto di vivere tra la nostra gente e quando riuscirò a liberare Erebor dal drago ci riprenderemo ciò che era nostro. Canti e balli torneranno a riempire le sale vuote del palazzo, tornerà la vita e voi sarete al mio fianco quando diventerò Re sotto la Montagna.”
Nàli scosse la testa sbuffando leggermente, per lei rimanevano solo chiacchiere inutili anche se sapeva in cuor suo che stava facendo tutto questo per sua madre. Nàr non poteva più varcare la soglia di Erebor quindi lo avrebbe fatto lei al suo posto, non le importava del tesoro, della gloria o della riconoscenza e soprattutto del pericolo a cui andava incontro perchè le bastava solamente rendere felice lo spirito della persona a cui aveva provato amore e rispetto e lo avrebbe fatto ad ogni costo. Riscuotendosi da quei pensieri alzò gli occhi al cielo trapunto di stelle stringendosi al mantello per proteggersi dal freddo; si era riparata in una nicchia nella roccia scaldandosi con un misero fuocherello e chiedendosi quanto distasse quella dannatissima Contea; Gandalf le aveva parlato degli Hobbit quindi sapeva più o meno cosa aspettarsi anche se non ne aveva mai incontrato uno in vita sua, ma il suo cuore si agitava sempre quando pensava al momento in cui avrebbe incontrato Thorin e si chiese di nuovo perchè l’avesse fatta chiamare: aveva un vago ricordo di lui dato che era molto piccola la prima ed unica volta che lo vide ed i suoi tratti le apparivano indistinti, ricordava solo lo sguardo felice di sua madre quando erano insieme e quello triste quando lo vedeva andar via; per lei Thorin era solo una macchia indistinta tra i suoi ricordi, priva di significato ma anche di un volto dato che nel corso degli anni lo aveva del tutto dimenticato. Dunque, perchè dopo così tanto tempo si era fatto vivo attraverso lo stregone? Era una domanda che non vedeva l’ora di porgli ed esigeva delle risposte, ne andava l’esito del viaggio: se non avesse ricevuto una spiegazione sul comportamento che suo nonno e gli altri avevano tenuto nei suoi confronti non ci avrebbe pensato un attimo a salire sul suo pony e tornare indietro; quando finalmente la stanchezza ebbe la meglio sulle sue farneticazioni l’ultima cosa che vide chiudendo gli occhi furono le stelle luminose che brillavano in cielo, e che indisturbate ignoravano ciò che accadeva sulla Terra di Mezzo e ai suoi abitanti.
 
 
Casa Baggins appariva accogliente a qualunque viaggiatore passasse di li per caso: il prato ben curato, le aiuole potate e molti fiori profumavano l’aria; leggere tende in pizzo ornavano le piccole finestre e la grande porta rotonda di un bel verde brillante si apriva su una casa deliziosa e colma di oggetti che rendevano il focolare bello ed invitante; era il buco Hobbit più invidiato da tutti giù alla Contea e su questo Bilbo poteva esserne certo, lo rendeva orgoglioso e gli piaceva ricevere ospiti perchè lo rallegravano. Ma non uno stregone e tredici nani di cui dodici decisamente troppo allegri e chiassosi che avevano messo sottosopra la sua bellissima casa e svuotato quasi del tutto la dispensa; il suo disappunto sembrava divertire l’allegra compagnia e in particolar modo Galdalf che fumando la sua inseparabile pipa rideva di gusto nel vedere l’espressione sconsolata dello Hobbit; dopo le presentazioni e le domande di rito i canti, i balli e l’abbondante cena, l’allegria lasciò ben presto il posto alla solennità e Bilbo restò incantato e scosso al tempo stesso udendo il canto che Thorin e il resto della Compagnia intonarono alla sola luce proveniente dal camino, dall’energia che le loro parole riuscivano ad infondere; il tempo del riso e degli scherzi era terminato, era giunto il momento di parlare della spedizione e del pericoloso viaggio che stavano per affrontare. Thorin stava osservando la mappa stringendo in una mano la chiave che suo padre gli aveva affidato tramite Galdaf quando tre colpi alla porta ruppero il poco silenzio che aleggiava nella piccola sala; tutti si guardarono intorno tesi chiedendosi chi mai potesse essere a quell’ora della sera; non si aspettavano altri nani, oltre ai presenti nessun’altro aveva accettato l’invito di Thorin. «Dunque è giunta. Iniziavo a preoccuparmi.» Esordì lo stregone attirando su di se gli sguardi curiosi ed indagatori dei presenti, tranne quello di Scudodiquercia che non si preoccupò di nascondere il fastidio dato che era stato interrotto in faccende decisamente importanti. Altri tre colpi fecero sussultare un già tesissimo Hobbit che trafelato corse alla porta seguito poco dopo da Gandalf che non voleva perdere l’occasione di accogliere la nuova e, inaspettata per gli altri, ospite.
 
 
Nàli si trovava di fronte la casa in attesa di essere ricevuta con una certa impazienza, non amava molto aspettare soprattutto dopo un lungo viaggio che si era rivelato piuttosto noioso ma anche irritante dato che si era persa un paio di volte prima di trovare la strada giusta; ringraziò di fatto lo stregone per aver lasciato un segno sulla porta in modo da poter riconoscere la casa giusta. Il simbolo in questione, che si trovava in basso a destra, riluceva alla luce della luna quasi a volerle dare il benvenuto; bussò altre tre volte chiedendosi perchè nessuno venisse ad accoglierla e per un folle istante pensò che forse aveva interpretato male il messaggio di Gandalf, che forse era giunta troppo tardi e fossero già partiti tutti lasciandola indietro, stava quindi per andar via quando la porta si aprì ed un esitante mezzuomo fece capolino per vedere chi fosse. Lo Hobbit restò sorpreso e per un istante non seppe cosa dire. «Buonasera, questa è la casa di Bilbo Baggins? Spero proprio si, sapete mi sono persa non so quante volte prima di giungere qui.» Esordì la voce che destò ancor più curiosità nei nani che erano in ascolto e che si alzarono cercando di affacciarsi dalla sala per poter sbirciare e vedere chi fosse. «Ehm si, si sono io. Prego, accomodatevi.» Bilbo nonostante la sorpresa la lasciò entrare e prendendo il suo bagaglio si fece da parte quando Gandalf rivelò a sua presenza mentre lui correva in dispensa alla ricerca di qualche cibo sopravvissuto all’assalto famelico dei nani. «Temevo di non essere riuscito a convincerti, ma per fortuna sei qui.» Nàli si limitò a sorridere e lanciò uno sguardo oltre l’uomo con ansia nonostante cercasse di nasconderlo. «Lui è qui, non temere.» Disse con un sorriso, e voltandosi per chiamarlo si meravigliò nel vederlo avanzare con sguardo arcigno nella sua direzione: il nano, sempre più infastidito, aveva deciso di raggiungerlo per chiedergli cosa ci fosse di così importante da tenerlo occupato e si bloccò non appena vide la nuova arrivata. «No, non è possibile.» Esordì il nano incapace di dire altro; fece un passo verso di lei e Galdalf soddisfatto capì che era il momento di tornare dagli altri nani. «Costui è Thorin Scudodiquercia mia cara, sono sicuro che avrete molto di cui parlare.» Detto ciò, li lasciò soli.
 
 
Nàli aveva trattenuto il respiro nel vedere il nano avvicinarsi a lei con quello sguardo sorpreso e quasi spaventato e non ci fu bisogno delle presentazioni quando le fu vicino, nonostante non conoscesse il volto di Scudodiquercia lo riconobbe all’instante: lo stregone aveva ragione, avevano molto di cui parlare ma il problema era che non sapeva da dove iniziare. Le mille domande che si era imposta di fare a Thorin non trovavano la forza di uscire dalla sua bocca, e proprio in quel momento le tornò in mente una delle tante lettere di sua madre: “Quando diventerò Re sotto la Montagna voi tornerete con me. Rivedrai di nuovo Erebor.” In quel momento capì che non aveva torto. Thorin irradiava regalità da ogni fibra del suo corpo, dal portamento sino alle espressioni del suo volto sempre accigliato e scontroso; Nàli ne fu quasi intimorita ma capì che non poteva restare li in piedi in silenzio per sempre. «I miei occhi mi ingannano, tu non puoi essere lei. Com’è possibile? » Le chiese piano, avvicinandosi ancora; Nàli si accorse che era poco più basso di lei solo in quel momento ma preferì non farlo presente, non era certo il momento adatto e non voleva passare per una maleducata. «Sono… Sono sua figlia, Nàli.» Riuscì a dire sentendo la bocca piuttosto secca, deglutì un paio di volte senza perdere di vista il mutamento di espressioni che attraversavano il volto del nano e cercò di interpretare le sue emozioni. Thorin annuì e posandole una mano sulla spalla la condusse in una stanza poco distante per non lasciarsi disturbare dai nani che nella sala accanto avevano ripreso i festeggiamenti. «Come puoi essere la figlia di Nàr? Loro sono morti tutti, così mi hanno detto i nani che sono riusciti a raggiungere le Montagne Azzurre!» Nàli sussultò a quelle parole e scosse la testa tirando fuori dalla scarsella le lettere di sua madre. «Sono riuscita a sopravvivere, quando loro sono fuggiti dalla città ero in via di guarigione ma nessuno si è preoccupato di venirmi a cercare!» Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ma non voleva farsi vedere così debole, detestava quando questo succedeva soprattutto davanti a qualcuno. Posò tra le mani di un incredulo nano il plico che aveva con se e fece un bel respiro sperando che le credesse; il nano riconobbe le sue parole e la sua grafia, e capì che quella nana doveva per forza essere la figlia di sua cugina, non avrebbe mai e poi mai potuto avere quelle lettere altrimenti. E poi la somiglianza con Nàr era notevole, per questo quando la vide ferma sull’uscio di casa Baggins l’aveva scambiata per lei sentendo il cuore smettere per un istante di battere; ogni dubbio si dissipò in ogni caso quando tornò a guardare Nàli, che con aria stanca ma risoluta sembrava cercare risposte e conforto. «Ti chiedo scusa. Sono stato brusco ma vedi tu… Lei.» Sospirò e Nàli gli sorrise timidamente per fargli capire che andava tutto bene. «Posso immaginare come ti senti perchè anche io non so bene come comportarmi. Sono venuta qui dietro invito di Gandalf, ma dalla tua reazione immagino che sia stata sua l’idea di farmi venire qui anche se non ne capisco il motivo.» Il nano annuì lasciando che un breve sorriso comparisse sulle sue labbra. «Galdalf sa essere insistente quando vuole quindi non sono sorpreso che sia riuscito a convincerti.» Nàli annuì alle sue parole. «Insistente e molesto oserei dire, non mi ha dato tregua. Ma a quanto pare i suoi metodi funzionano.» Disse con un’alzata di spalle. Si sentiva più a suo agio ora, non ancora in piena sintonia con Thorin ma sperava di rimediare durante il viaggio. «Mi sono sempre chiesta perché mia madre sia stata allontanata e di quale colpa si sia potuta macchiare per essere stata bandita. Speravo che tu potessi spiegarmene il motivo.» Il nano fu sorpreso da quella domanda ma abbassò lo sguardo come se si vergognasse di qualcosa; prese infine coraggio e guardò sua nipote negli occhi. «Nàr ha avuto la forza di ribellarsi a mio nonno, il re. Le unioni tra nani e uomini non sono così disprezzate anche se non molto comuni, ma quella tra i tuoi genitori non fu mai accettata perché Nàr era destinata ad un nano del nostro stesso rango ed il re interpretò il suo come un tradimento. Fu bandita e nessun’altro della famiglia a parte me le rivolse più la parola anche dopo la morte di tuo padre.» Sembrò quasi giustificarsi e lei capì che Thorin si sentiva in colpa per quella storia, e non poté fare a meno di essere stupita da una sciocchezza come quella. «Mi dispiace, lei ci teneva moltissimo a voi ed ha sempre sofferto a causa di questa lontananza. Sperava davvero di tornare ad Erebor e ti ha aspettato a lungo ma capisco che non sia stato possibile.» Il nano abbassò un istante la testa e le restituì le lettere con un pesante sospiro. «Non mi perdonerò mai quello che è successo ma spero di farlo un giorno, ed estendo la mia promessa a te perché so che il momento è finalmente giunto e lo faremo insieme per lei.» Nàli lo guardò con gratitudine e sorrise ancora. «Oh il viaggio si, non sapevo se mi volessi davvero con te ma sono pronta a partire. Non vedo l’ora in effetti!.» Thorin sembrò sinceramente sorpreso ma anche compiaciuto dalla forza di volontà di sua nipote «Bene vediamo cosa si può fare in proposito allora, chiederò a Balin se ha un contratto da farti firmare. Ora credo sia arrivato il momento per te di rifocillarti e di conoscere il resto della compagnia.» Disse in tono pacato ma che non ammetteva repliche, e Nalì fu suo malgrado costretta a seguirlo.
 
 
«Lei è Nàli, la figlia della mia defunta cugina Nàr, e ci ha raggiunti per unirsi alla Compagnia. Prego, ora siediti e mangia qualcosa.» Scudodiquercia la presentò a tutti in modo quasi solenne, poi quasi con indifferenza tornò a sedersi accanto ad un compiaciuto Gandalf. Dodici paia di occhi curiosi si posarono su di lei quando apparve al fianco di Thorin nell’angusta e decisamente troppo affollata sala, ma raccolto un po’ di coraggio lasciò scorrere lo sguardo sui nani per poter conoscere ognuno dei loro visi. «Salve a tutti. C’è posto anche per me?» Chiese con un sorriso quando vide che tutti i presenti, eccetto Thorin Bilbo e Galdalf, si alzarono per porgere i loro saluti. «Ai vostri ordini, mia signora.» Dissero all’unisono esibendosi in un inchino prima di tornare a sedersi, cosa che Nàli trovò piuttosto bizzarra ma si limitò a sorridere e ad accomodarsi accanto ad un simpatico nano che scoprì essere proprio Balin, espressione dolce e saggia ed una buffa barba lunga e bianca che terminava sul suo ventre formando due punte. Risa e canti tornarono a rallegrare i commensali compreso Thorin anche se in modo più tranquillo rispetto ai suoi compagni, e Nàli trovandosi suo malgrado coinvolta da tutta quell’allegria si sorprese nell’osservare la naturale compostezza che lo caratterizzava. «Gradite della birra mia signora?» Chiese una voce accanto a lei che nel voltarsi si ritrovò a fissare un paio di occhi scuri dall’aria giocosa che la osservavano con vivo interesse, occhi che aveva notato anche quando si era presentata pochi istanti prima. «Si, ti ringrazio.» Rispose afferrando il boccale che le venne dato e con un cenno di ringraziamento al giovane nano si mise a parlare con Balin che le aveva chiesto educatamente come era andato il viaggio, e da quale parte della Terra di Mezzo arrivasse. Fu quando scostò accidentalmente i capelli e rivelando una collana che catturò di nuovo l’attenzione di tutti i presenti su di se. «È davvero un bellissimo gioiello quello mia signora, chi lo ha creato è un’artista ma chi ve lo ha dato in dono ha davvero buon gusto.» Mormorii di assenso seguirono le parole di un altro giovane nano dalla folta chioma dorata che la guardava con aria divertita dall’altra parte del tavolo. «Sono felice che ti piaccia e ti ringrazio per i complimenti dato che sono stata io a crearlo, i metalli preziosi per me non hanno segreti.» Rispose con soddisfazione lasciando per la seconda volta la Compagnia, compresi stavolta anche Gandalf e Bilbo, a bocca aperta. «Ottimo ragazza mia, vuol dire che sai il fatto tuo.» Commentò allegramente Balin strizzandole l’occhio con aria complice.
 
La serata trascorse in modo tranquillo fino a che la stanchezza non ebbe il sopravvento e molti dei nani cercarono un giaciglio per poter riposare; Nàli rimasta sola accese la sua pipa sorridendo: quel gesto le ricordava la madre che non approvava quel suo vizio, non reputandolo affatto adatto ad una femmina. Aspirò un paio di boccate sovrappensiero quando avvertì una presenza ma non si scompose anzi rimase li a fumare indisturbata fino a che il nano dagli occhi scuri non prese coraggio rivelandosi a lei per posarle di fronte un contratto. «Oh, ti ringrazio…» Rispose lasciando la frase in sospeso per fargli capire che non ricordava il suo nome. «Siete davvero decisa a partire mia signora? Si insomma, non è certo una faccenda semplice questa.» Finse di ignorare quel piccolo dettaglio e rimase in attesa di una risposta quindi Nàli alzò lo sguardo su di lui e sorrise senza smettere di fumare osservando il suo volto alla luce tremula di una candela; non doveva avere molti più anni di lei, di questo ne era sicura. «E tu sei pronto? Mi sembri piuttosto giovane per intraprendere un’avventura simile.» Lo canzonò notando il lieve rossore che colorò le guance coperte da una leggera barba. «Lo sono abbastanza da poter affrontare il drago e reclamare il trono di Erebor accanto a mio zio Thorin.» Stava per esclamare indignato, ma poi si ricordò che tutti dormivano quindi lo disse in tono più basso azzardandosi a sedere accanto a lei per farsi sentire. «Un gesto nobile da parte tua ma in ogni caso se proprio vuoi saperlo si, sono decisa a partire. Ho le mie buone ragioni per farlo.» Disse in un tono che al nano suonò misterioso, ma non chiese spiegazioni limitandosi ad osservarla mentre firmava con decisione il contratto che avrebbe riconsegnato all’efficiente Balin la mattina seguente. «Non credi possa farcela perché sono una femmina?» Chiese di punto in bianco mettendo a posto la pipa e voltandosi del tutto verso il suo interlocutore che rimase spiazzato da quella domanda. «Non volevo offendervi mia signora, mi dispiace.» Si scusò il nano sorridendole nonostante la figuraccia. Nàli lo trovo simpatico oltre che molto bello e questo la sorprese: non aveva mai pensato nulla del genere nei confronti di un nano. O meglio, nei confronti di qualsiasi essere che aveva avuto modo di incontrare «Scuse accettate. Immagino che il mio arrivo improvviso abbia suscitato molti interrogativi e non posso biasimarvi.» Lo informò mentre si alzava, seguita a ruota dal nano che senza chiederle se fosse o meno d’accordo la accompagnò fino alla camera che Bilbo le aveva gentilmente messo a disposizione. «Buonanotte mia signora.» La salutò il nano quando si fermò di fronte alla stanza. «Buonanotte Kili, a domani.» Rispose di rimando sorridendogli e sparendo dietro la porta che si chiuse silenziosamente alle sue spalle. Kili restò un istante a fissarla sorridendo e andò a dormire con la consapevolezza che non avrebbe mai atteso impazientemente l’alba come in quel momento.

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Capitolo 3
*** L'avventura ha inizio ***


Il sole splendeva alto il mattino seguente quando i nani lasciarono casa Baggins in sella ai loro pony fin troppo carichi di armi e provviste, lamentandosi dell’assenza dello scassinatore ed affermando che fosse stata un’inutile perdita di tempo essersi fermati da lui tranne Thorin che in testa alla fila condivideva il loro pensiero limitandosi però ad osservare con cipiglio severo la strada. Nàli era l’unica a voltarsi e controllare la via alla ricerca di Bilbo mentre gli altri scommettevano su di lui ed una sua improbabile apparizione; le sarebbe dispiaciuto se il mezzuomo avesse davvero rinunciato a partire con loro nonostante l’idea di lasciare le proprie comodità per affrontare un drago sputafuoco non sembrasse affatto un ottimo affare, ma quando stava per rassegnarsi sentì un grido alle sue spalle. «Aspettate! Aspettate!» Urlò il signor Baggins correndo verso di loro agitando in una mano il contratto e fermandosi ansante di fronte a Thorin e Kili. «L’ho firmato!» Disse con aria soddisfatta consegnandolo ad un divertito Balin che lanciandogli uno sguardo d’intesa afferrò la sua lente leggendo con attenzione. «Sembra che sia tutto a posto. Benvenuto Mastro Baggin, nella Compagnia di Thorin Scudodiquercia!» Il nano posò con cura il contratto in una scatola di legno mentre le sue parole venivano accolte da risa e applausi. «Dategli un pony.» La voce di Thorin interruppe il gioioso momento e Bilbo scosse la testa. «No no no, non sarà necessario! Posso tenere il passo a piedi, insomma ho fatto un bel po’ di vacanze a piedi sapete e sono arrivato fino a…» Ma non terminò la frase perché le robuste braccia dei due nani più giovani lo alzarono da terra senza il minimo sforzo depositandolo sul pony destinato proprio allo Hobbit; Nàli assistendo alla scena non poté fare a meno di sorridere e avvicinatasi a Bilbo gli diede un pezzo di pane che era riuscita a salvare durante la colazione. «Oh, vi-vi ringrazio.» Sorpreso, il signor Baggins afferrò il cibo ringraziandola con un cenno del capo. «Se sei arrivato così di corsa immagino tu non abbia avuto tempo di mangiare qualcosa.» Si giustificò voltandosi poi verso Gandalf che silenzioso li aveva raggiunti osservando la postura rigida di Bilbo. «Coraggio Nori, paga!» Disse Ori afferrando poi al volo un sacchetto che dal rumore sembrava essere pieno di monete. «Di che si tratta?» Chiese lo Hobbit vedendone altri volare tra lui e lo stregone. «Mhm, hanno fatto scommesse se saresti o no ricomparso. La maggior parte ha puntato sul no.» Rispose e lo scassinatore dopo un attimo di esitazione tornò a guardarlo. «E tu che pensavi?» Chiese ancora, quasi in tono di sfida. Per tutta risposta Gandalf bofonchiò qualcosa e allungata una mano davanti a se afferrò al volo un sacchetto il cui precedente padrone restava però sconosciuto. «Mio caro amico non ho dubitato di te nemmeno per un secondo.» Bilbo stava per rispondere ma venne interrotto da uno starnuto ed iniziò a lamentarsi del crine dei cavalli e sulla sua allergia, pretese persino di tornare indietro per prendere il suo fazzoletto quando si accorse di averlo dimenticato a casa ma Bofur mise prontamente fine alle lamentele strappando senza indugi una striscia di stoffa dalla sua camicia. «Tieni, usa questo!» Gli disse lanciandoglielo e riprendendo il suo cammino seguito dal resto dei nani che sollevati tornarono a chiacchierare allegramente dimenticando completamente lo scassinatore ed i suoi problemi.

Il viaggio proseguì in modo tranquillo allietato da canti e bisticci tra nani mentre il paesaggio intorno a loro lentamente cambiava: le colline ondulate e ben curate della Contea lasciarono il posto a grandi valli e spazi verdi incontaminati, attraversarono foreste e aspre montagne lasciando a bocca aperta Bilbo che non essendosi mai allontanato così tanto dalla sua confortevole casa iniziava ad apprezzare quel viaggio ora che i suoi occhi potevano ammirare quegli splendidi paesaggi. «Nàli ragazza mia, pronta per questa avventura?» Chiese Balin col suo tono bonario quando si accostò a lei dato che Thorin, sempre in testa alla fila, stava conversando con Dwalin e Gandalf e non aveva quindi bisogno di lui. «Si, sono impaziente di vedere finalmente Erebor. Immagino che anche tu lo sia, di tornare a casa intendo.» Le rispose e il saggio nano annuì con espressione felice ma anche nostalgica e Nàli capì che per loro quella Montagna era tutto: speranza, felicità e una vita; dopotutto la meritavano dato che per anni avevano sofferto a causa di Smaug prima e degli orchi dopo, che li avevano cacciati costringendoli ad emigrare e a lavorare per gli uomini. «Siamo stati così tanti anni in esilio che avevo ormai perso le speranze di tornare, ma quando Thorin mi ha convocato ho capito che il momento era giunto. Le sale dei nostri Padri attendono il nostro arrivo ragazza e dobbiamo solo trovare il modo di sbarazzarci del drago.» Bofur e Fili poco distanti dai due, annuirono alle parole di Balin e il giovane nano avvicinandosi ancora passò una borraccia a Nàli. «Tieni mia signora, avrai sete.» Gli disse con tono gentile per poi rivolgersi al vecchio nano. «Non dimentichiamoci che abbiamo uno scassinatore con noi, e Gandalf di sicuro conoscerà qualche incantesimo per fermare il drago!» Disse fiducioso infondendo a chi gli stava intorno una nuova e più forte speranza. «Credo che preoccuparsene ora non serva poi a molto, il viaggio che ci attende è lungo e non sappiamo quali ostacoli troveremo non appena arriveremo nelle Terre Selvagge.» Nàli espresse quel pensiero che la tormentava da qualche giorno a voce alta ricevendo in risposta qualche grugnito e cenni di approvazione. «Ben detto, siamo solo all’inizio e per prima cosa ora dobbiamo trovare un riparo per la notte.» Intervenne Bofur che col suo solito tono pratico aveva già iniziato a cercare un posto adatto dove potersi fermare. Difatti il paesaggio era nuovamente cambiato divenendo brullo e per nulla inospitale e la notte incombeva su di loro quando Thorin diede l’ordine di fermarsi e di preparare la cena, scendendo dal suo pony solo dopo aver trovato una radura abbastanza grande e confortevole da poter ospitare l’intera Compagnia che sollevata iniziò a prepararsi per affrontare la loro prima notte all’addiaccio.

I due giovani fratelli si occuparono dei pony e poco distanti Nàli e Bofur aiutavano Bombur a preparare la cena per rendersi utili mentre gli altri sistemavano i bagagli, ella non perdeva mai d’occhio il capo dei nani ed avrebbe volentieri scambiato due parole con lui ma ogni volta che provava ad avvicinarsi era sempre impegnato con Balin e Dwalin o con Gandalf e non voleva disturbarlo; l’occasione si presentò dopo cena quando tutti si stavano rilassando fumando la pipa e Nàli avvolta nel suo mantello ascoltava i discorsi dei suoi compagni quando vide Scudodiquercia passeggiare poco distante da loro finalmente solo: seguendo l’istinto decise di raggiungerlo camminandogli accanto e insieme passeggiarono fino al limitare della radura. «Tua madre amava guardare le stelle e sgattaiolava sempre fuori per rifugiarsi sui tetti ogni volta che poteva, nessuno sembrava mai accorgersene.» Disse con tono divertito ed era la prima volta che Nàli lo udiva esprimersi in quel modo da quando erano partiti, sembrava quasi non appartenergli quel lato a tratti spensierato che stonava con il suo aspetto regale e i modi decisi ed imperiosi. «Quando ero piccola portava anche me a guardarle dicendo che se mi fossi sentita sola dovevo solo alzare lo sguardo perché in esse avrei scorto i nostri antenati.» E così fece, imitata da Thorin che fissò i suoi penetranti occhi sulle stelle luminose; un improvviso rumore alla loro destra li distolse dai loro pensieri ed entrambe le loro mani si posarono sull’elsa delle spade che portavano appese alla cintura, ma una figura a loro famigliare si avvicinò con un timido sorriso. «Ero andato a controllare i pony ma sembra tutto a posto, non volevo disturbarvi.» Disse Kili in tono di scusa quando notò le loro espressioni tese. «Non importa. Sarà il caso di riposare dato che domani ci attende una lunga giornata.» Senza aggiungere altro il più anziano dei Durin si allontanò lasciando soli i due ragazzi che si guardarono scrollando entrambi le spalle sorridendo a quel gesto. «È sempre stato di poche parole?» Il nano rise piano confermando le sue parole. «Si, almeno da quando ne ho memoria. Sempre con l’espressione accigliata e i modi un po’ rudi ma con me e Fili si lasciava andare e giocava con noi quando eravamo piccoli.» Sul volto del giovane apparve un nostalgico sorriso a quei ricordi che sembravano ormai così lontani. «Kili abbiamo il primo turno di guardia, andiamo a scaldarci davanti al fuoco.» La voce di suo fratello maggiore lo riscosse dai propri pensieri e insieme tornarono dagli altri che nel frattempo avevano sistemato i giacigli al riparo di una grande roccia, Nàli raggiunse il suo immaginando che non sarebbe stato facile riposare sulla scomoda terra ma quando si coricò le membra erano così stanche dopo la lunga cavalcata che non ci fece così tanto caso come aveva temuto.

Un ululato risuonò nella notte facendola sobbalzare e mettendosi seduta notò che tranne i due giovani fratelli solamente Bilbo era sveglio davanti al suo pony; lo scassinatore si guardò intorno e fece un passo verso i due nani intenti a fumare la pipa. «Che cos’era?» Chiese, rivolgendosi ai due fratelli «Orchi.» Rispose Kili con tono serio ed il mezzuomo saltellò verso di loro piuttosto spaventato. «Orchi?!» Chiese ancora svegliando anche il resto della compagnia che si mise in ascolto. «Sgozzatori, ce ne sono a dozzine là fuori. Le Terre Solitarie ne brulicano.» Continuò Fili con lo stesso tono e l’espressione di chi ha vissuto esperienze simili. «Colpiscono nelle ore piccole quando tutti dormono, lesti e silenziosi, niente grida. Solo tanto sangue.» Disse Kili ormai in un sussurro facendo agitare ulteriormente Bilbo che continuava a guardarsi intorno e i due nani si guardarono scambiandosi un sorriso divertito alle sue spalle. «Lo trovate divertente? Un’incursione notturna degli orchi è uno scherzo?» La voce profonda di Thorin riscosse i presenti ed egli avanzò verso il fuoco lanciando un’occhiata di rimprovero ai due nipoti. «Non intendevamo dire niente.» Si giustificò Kili abbassando poi lo sguardo, sentendosi tremendamente in colpa. «No infatti, non sapete nulla del mondo.» Rispose duramente suo zio allontanandosi dal fuoco e fermandosi accanto ai pony. «Non farci caso ragazzo. Thorin ha più ragione degli altri di odiare gli orchi.» Esordì Balin col suo solito tono pacato ed iniziò a raccontare loro i fatti accaduti dopo l’arrivo di Smaug e della guerra che si scatenò tra nani ed orchi che capeggiati da Azog si erano impossessati della montagna. Bilbo si sedette davanti al fuoco ma anche gli altri avevano lasciato i propri giacigli per ascoltarlo dato che aveva inevitabilmente catturato la loro attenzione: lui e suo fratello Dwalin erano tra i pochi che sopravvissero a quel massacro e che potevano narrare ciò che era accaduto; raccontò di come l’orco pallido avesse promesso di sterminare la razza dei Durin iniziando dal loro re e nonno di Thorin, Thrór, a cui mozzò la testa lasciandola rotolare sul campo di battaglia. Suo padre Thráin impazzì dal dolore scomparendo nel nulla e nessuno sapeva dove fosse e quale fosse stato il suo destino, erano senza una guida e sconfitta e morte ormai incombevano su di loro: avevano perso ogni speranza ma proprio in quel momento avvenne l’impensabile. «Fu allora che io lo vidi. Un giovane principe dei nani che affrontava l’orco pallido; fronteggiava da solo questo terribile nemico con l’armatura squarciata brandendo solamente un ramo di quercia come scudo.» Il saggio nano sorrise al ricordo di quella battaglia e spostò lo sguardo sulla schiena del suo principe imitato anche dagli altri che ormai impressionati da quel racconto riuscivano quasi a vedere quell’epico scontro davanti ai loro occhi, e continuò a narrare la battaglia e di come Thorin avesse riportato la speranza nel cuore dei nani che tornarono alla carica e sconfissero il nemico mentre due orchi trascinavano via Azog gravemente ferito. «Ma non ci furono feste ne canti quella sera, perché i nostri morti superavano di gran lunga il nostro cordoglio; noi pochi eravamo sopravvissuti. E poi pensai tra me e me: là c’è uno che potrei seguire, là c’è uno che potrei chiamare Re.» Balin concluse il suo racconto e quando Thorin si voltò tutti erano in piedi ad osservarlo, il cuore gonfio di tristezza ma anche di ammirazione per il loro capo. Nàli pensò che il vecchio nano avesse pienamente ragione e solo in quel momento capì fino in fondo il rispetto e l’ammirazione che la madre aveva sempre provato per suo cugino, non solo per le sue eroiche gesta che lo rendevano un perfetto re ma anche per la sua determinazione. Per un istante, osservando Scudodiquercia illuminato dalla luce lunare, sentì di essere felice e onorata di essere li e di appartenere finalmente a quella che più di tutte si avvicinava ad una famiglia. «E l’orco pallido? Che fine ha fatto poi?» Chiese Bilbo seguendo con lo sguardo Thorin che nel frattempo si era riavvicinato al fuoco. «Tornò strisciando nel buco da cui era uscito, quel lerciume morì per le ferite tempo fa.» Rispose il nano mettendo fine ad ogni inutile chiacchiera e tornando al suo giaciglio per riposare imitato ben presto dagli altri, lasciando i due giovani fratelli ad occuparsi del turno di guardia.
 

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Capitolo 4
*** Confidenze ***


Il bosco era silenzioso attorno lei e nemmeno un alito di vento soffiava tra i rami dei folti alberi, mentre con passo felpato seguiva un indefinito sentiero su cui orme di zoccoli tradivano la presenza di altri esseri viventi oltre lei; caddero alcune foglie al suo passaggio e cercando di fare il minor rumore possibile raggiunse un piccolo corso d’acqua dove trovò alcune cerve intente ad abbeverarsi, e nascosta dietro un cespuglio decise di attaccarle: non era mai stata brava nel tiro con l’arco ma se la cavava piuttosto bene con un approccio diretto quindi aveva imparato ad arrangiarsi usando solo un coltello che però sapeva fare il suo dovere; era un modo rischioso dato che poteva far fuggire le prede e rimanere così a mani vuote ma questo non la spaventava, anzi la spronava ad impegnarsi e a dare il meglio di sé. Si avvicinò di qualche passo cercando di non spaventare gli animali cercando di individuare l’anello debole del piccolo branco e trovò l’esemplare perfetto intento a bere poco distante: notò che era ferita alla zampa posteriore destra e questo lo rendeva di certo meno veloce rispetto agli altri quindi si concentrò su quella cerva, e stringendo l’impugnatura del coltello fece un bel respiro flettendo i muscoli delle gambe pronta al balzo che l’avrebbe portata diritta alla sua preda; sgomberò la mente da ogni possibile distrazione e partì all’attacco avventandosi sulla preda prescelta che accorgendosi troppo tardi del pericolo tentò di fuggire ma come previsto dalla nana la zampa ferita limitò la sua fuga e alla fine riuscì a raggiungerla saltandole addosso e conficcando con un unico gesto la lama nel collo. Le altre cerve fuggirono terrorizzate mentre la sua preda si dimenava convulsamente fino a che il corpo smise di muoversi e la vita abbandonava del tutto le sue membra, il colpo netto e preciso le era stato fatale e Nàli ansimando per lo sforzo restò inginocchiata accanto al corpo inerme chiudendo un istante gli occhi e mormorando una piccola preghiera per la cerva: non se ne spiegava il motivo eppure aveva sempre sentito il bisogno di farlo, come a volersi scusare per aver strappato quella vita innocente.
 
Messi da parte i convenevoli trascinò il corpo dell’animale fino alla radura dove Dwalin prontamente la aiutò afferrando il loro pranzo senza sforzo alcuno, e trasportandolo su una spalla lo portò a Bombur che lo avrebbe cucinato; gli altri nani esclamarono sorpresi e felici alla vista della cerva dato che grazie alla sua carne non avrebbero intaccato le loro provviste, era stata Nàli stessa a proporsi di andare a caccia per potersi rendere utile. Non sapeva quanto sarebbe durato il viaggio e nemmeno se le provviste sarebbero state sufficienti soprattutto ora che il confine con le Terre Selvagge si avvicinava, un luogo tanto vasto quanto pericoloso dove non avrebbero trovato di certo un villaggio dove potersi rifornire: dovevano quindi fare attenzione alla suddivisione del cibo con grande disappunto dello Hobbit e della maggior parte dei nani che erano abituati a mangiare abbondantemente; ma dopo ogni pasto canti e storie allietavano gli stanchi viaggiatori e questo sembrava far dimenticare loro questo piccolo ma non trascurabile dettaglio. «Quella cerva è davvero un bell’esemplare, e tu sei bravissima a cacciare!» Esclamò un impressionato Bilbo osservando Nàli mentre ripuliva il coltello dal sangue, e lei sorrise un po’ imbarazzata liquidando la faccenda con una scrollata di spalle. «Nulla di che credimi, sono stata solo fortunata. L’animale era ferito quindi è stato facile catturarlo.» Lo Hobbit annuì apprezzando la modestia con cui la nana sembrava sempre giustificare ogni suo gesto. «Sei comunque brava e siamo fortunati ad averti nella Compagnia, persino Thorin ti apprezza anche se non lo esprime apertamente. Anzi, sono quasi convinto che non ne sia capace.» Scherzò il mezzuomo e risero entrambi spaventando un povero passerotto che stava cinguettando poco distante e che spiccò il volo in direzione del bosco. «So che per te non deve essere stato facile aver lasciato tutte le tue belle comodità per vivere in questo modo, sapendo anche a cosa stai andando incontro. Sei più coraggioso di quanto tu non creda Scassinatore, e prima o poi te ne accorgerai.» Il Signor Baggins fu sorpreso da quelle parole e stavolta fu lui a scrollare le spalle per sminuire la faccenda. «Non sono un grande guerriero come voi, non so nemmeno usare una spada. Forse troverò un modo per cavarmela o forse no, ma ho dato la mia parola e non posso tirarmi indietro.» Nàli annuì soddisfatta alla sue parole e gli passò la borraccia per condividere con lui un sorso di birra mentre il buon odore della carne di cerva si spandeva nell’aria facendo brontolare più di qualche stomaco. «Non temere, Thorin accetterà anche te. Devi solo dargli il modo e il tempo per apprezzare le tue qualità e lo faranno anche gli altri, io e Balin lo facciamo già e ti stimiamo quindi sei già a buon punto.» Si voltarono entrambi in direzione del vecchio nano che stava chiacchierando con Gandalf poco distante dal resto della Compagnia, e Bilbo annuì con un ampio sorriso sentendosi rincuorato dalle parole della nana capendo in quel momento di aver appena trovato un’amica sincera di cui fidarsi soprattutto nei momenti difficili che ben presto avrebbero incontrato sul loro cammino.
 
La Compagnia consumò il pranzo in un clima piuttosto sereno e rilassato ma il tempo stringeva e Scudodiquercia li costrinse a rimettersi in viaggio per poter trovare un riparo sicuro prima della notte, quindi tra lamentele e brontolii di disappunto tornarono tutti in sella ai loro pony e ripresero il loro cammino attraversando una grande vallata che terminò poco distante dal fianco di una montagna e da un ruscello dove trovarono un posto riparato che sembrò soddisfare il Principe dei nani; intimò agli altri di preparare l’accampamento e prima che il sole morisse oltre l’orizzonte Nàli lasciò la sua cavalcatura per raggiungere il ruscello e cercare di pescare qualcosa in vista della cena, seguita a ruota dallo Hobbit che si sentiva a disagio e fuori posto in compagnia degli altri nani. «Gandalf mi ha detto che non sei cresciuta sulle Montagne Azzurre con la tua famiglia, come mai tua madre decise di rimanere in quella cittadina?» Chiese Bilbo osservando Nàli mentre toglieva gli stivali e arrotolava i calzoni sopra il ginocchio per non bagnarli, e notando il suo silenzio si pentì subito della domanda; forse era stata troppo indiscreto e l’aveva indispettita, ma Nàli dopo averci pensato su decise di rispondere al suo nuovo amico in modo del tutto sincero. «Mia madre fu bandita dal re, suo nonno e di Thorin, perché fuggì per sposare un uomo.» Sorrise all’espressione sorpresa dello scassinatore ed entrando in acqua si fermò in un punto abbastanza profondo dove vide dei pesci nuotare indisturbati accanto a lei. «Mio padre. Era un Rohirrim, un Signore dei Cavalli, o così diceva mia madre quando mi parlava di lui ma non le ho mai creduto; ho sempre pensato che fosse un semplice uomo tutt’altro che interessante e non come lei ha voluto farmi credere, una piccola bugia in fin di bene per farmelo amare nonostante io non l’abbia mai conosciuto dato che morì a seguito di un attacco degli orchi quando ero molto piccola e non ho alcun ricordo di lui.» Mentre parlava, Nàli catturava i succulenti pesci con mani ferme e decise posandoli in un capiente cesto e Bilbo la ascoltava avidamente desideroso di saperne di più. «Poi si è risposata con un rispettabile nano che mi ha cresciuta come fossi figlia sua, ma mia madre ha sempre rifiutato di tornare a vivere sulle Montagne Azzurre sentendosi tradita e abbandonata da coloro che l’avevano scacciata senza farsi troppi scrupoli; l’unico membro della famiglia che si interessava a noi era Thorin che ogni tanto veniva a trovarci anche se ho vaghi e confusi ricordi su di lui, e questo è uno dei motivi per cui non sono partita con i pochi nani che fuggivano dall’epidemia: non ho più nessuno, e per quanto loro possano essere simpatici o amichevoli per me rimangono degli estranei.» Lo scassinatore rifletté sulle parole di Nàli sentendosi enormemente dispiaciuto per la sua triste storia e questo gli fece comprendere il suo atteggiamento scostante e il fatto che interagisse poco con i compagni, anche la nana proprio come lui si sentiva a disagio e diversa; era ferita e si sentiva sola nonostante fosse circondata da un nutrito gruppo molto affiatato. «Forse questo viaggio ti aiuterà a capire cosa provi e soprattutto a decidere cosa farai una volta riconquistata Erebor.» Il mezzuomo non mentiva e lei sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto fare una scelta, ammettendo a se stessa che aveva paura di prendere una decisione e cercava di evitarla come fosse la creatura più disgustosa della Terra di Mezzo. «Quando ci arriveremo saprò cosa fare Bilbo, per ora i tempi non sono ancora maturi e penso che non sia saggio prendere decisioni in modo affrettato.» Si giustificò sorridendogli mentre usciva dal ruscello con il cesto abbastanza pieno da poter sfamare tutti, e lo Hobbit rise scendendo dal masso su cui era seduto per seguirla e tornare dalla Compagnia e lasciare a Bombur i pesci che avrebbe cucinato per cena.

 Thorin ascoltava distrattamente Gandalf e Balin discutere sui vari pericoli che avrebbero incontrato una volta entrati nelle Terre Selvagge mentre osservavano scrupolosamente la mappa che lo stregone aveva dato a Scudodiquercia alcuni giorni prima, che perso nei propri pensieri osservava i membri della Compagnia intenti ad occuparsi dei pony o preparare i loro giacigli per la notte; quando il suo sguardo si posò su Nàli e lo Hobbit di ritorno con il pesce aggrottò le sopracciglia e si lasciò sfuggire un borbottio che attirò l’attenzione dei due interlocutori poco distanti. «Guardar male nella loro direzione non ti sarà di grande aiuto Thorin, dovresti parlare con lei anche se non condivido la tua decisione .» Si espresse Gandalf, supportato da Balin che rincarò la dose. «Ha preso la sua decisione firmando il contratto, ma se non te la senti più dovrai parlarle prima che diventi troppo difficile e pericoloso tornare indietro.» Il nano guardò i due amici ed annuì, conscio che i due avevano perfettamente ragione. «E sia, più tardi le parlerò.»

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Capitolo 5
*** Una piccola disavventura ***


«Sono davvero felice di averti ritrovata, mai avrei sperato di vedere la mia famiglia riunita  ma ho riflettuto a lungo da quando siamo partiti sulla pericolosità di questa spedizione e soprattutto a cosa dovremo affrontare una volta giunti ad Erebor.» Nàli osservava il Re stringendo il pugno lungo il fianco, non riuscendo a credere a quelle parole. «Questo è un modo criptico e prosaico per dirmi che devo andarmene?» Thorin sussultò udendo il tono duro con cui la ragazza si era rivolta a lui ed abbassò un istante il suo sguardo fiero. «Non voglio preoccuparmi anche per te ed affrontare questo viaggio con la paura che ti possa accadere qualcosa, non me lo perdonerei mai.» Il nano tornò a guardare Nàli che aveva iniziato a passeggiare avanti e indietro, sempre più incredula. «All’inizio ero felice di averti con noi e nessuno può e deve mettere in dubbio le mie parole ma le Terre Selvagge si avvicinano sempre di più e…» La nana sbuffò ed alzò la mano per interromperlo. «So benissimo che ci aspettano moltissimi pericoli, per favore non ripeterlo di nuovo. Non puoi chiedermi questo, sai a cosa ho rinunciato per seguirti ed ora non puoi ordinarmi di abbandonare la spedizione e tornare indietro; non c’è più nulla lì per me.» Fece un bel respiro per calmarsi e ricacciare indietro le lacrime, non voleva dargliela vinta e fargli vedere quanto la sua proposta l’avesse offesa; non attese oltre e si allontanò a grandi passi prima che Thorin potesse aggiungere altro, non aveva alcuna intenzione di ascoltarlo ne tantomeno dargli retta: avrebbe continuato il viaggio con o senza la sua approvazione.
 
 
Una forte pioggia si abbatteva sui viaggiatori e questo non contribuiva a migliorare l’umore già pessimo di Nàli che in silenzio seguiva il corteo di pony lanciando di tanto in tanto delle occhiate alla schiena di Thorin che in testa alla fila cercava di seguire il cammino reso più difficoltoso dal maltempo; l’atmosfera era piuttosto tesa, tutti avevano ascoltato la discussione della sera prima fingendo di dormire ma avevano avuto il buonsenso di non parlarne né di chiedere spiegazioni ma il disappunto sul volto di Gandalf era palese e non si preoccupava di nasconderlo dato che aveva faticato non poco a convincere la ragazza ad unirsi a loro e detestava veder andare in fumo i suoi sforzi per un mero capriccio. Kili avvicinò il suo pony a quello della nana che si trovava in fondo alla fila e alzando un lembo del cappuccio le sorrise, pregando in cuor suo di non essere cacciato via. «Spero che questa pioggia smetta presto di cadere, è piuttosto difficoltoso muoversi in queste condizioni.» Disse lei dopo alcuni istanti di silenzio, ricambiando il sorriso. «Trovare riparo in questa parte della Valle è quasi impossibile, credo sia per questo motivo che lo zio ha deciso di proseguire il viaggio.» Rispose il giovane e Nàli annuì chiedendosi cosa ne pensasse lui della decisione presa da Thorin la sera precedente. «Potete anche far finta di nulla ma immagino abbiate ascoltato tutti ciò che ci siamo detti, non abbiamo usato dei toni pacati. Anche tu sei dell’idea che debba lasciarvi e tornare indietro?» Chiese di punto in bianco mettendo per un istante Kili in difficoltà. «Io e gli altri non vogliamo che te ne vada, tutti sapevamo che non sarebbe stato facile e nessuno si è mai tirato indietro te compresa. Hai diritto quanto noi di combattere per riprenderci la nostra casa, ma posso capire Thorin: non vuole ammetterlo ma tiene molto a te e di conseguenza non vuole che ti accada nulla, crede che rispedirti indietro potrebbe essere la soluzione migliore.» Nàli annuì a quelle parole, grata per la sua sincerità; aveva confermato i suoi dubbi rendendola più determinata di prima: il Re sotto la Montagna poteva dire quello che voleva ma lei aveva la Compagnia dalla sua parte e questo la rassicurava. «Non voglio tornare indietro ma essere con voi nel momento in cui il drago verrà scacciato, per realizzare il sogno di mia madre.» Il resto del viaggio trascorse in silenzio, i viaggiatori si lasciarono alle spalle la foresta e verso sera smise persino di piovere con grande sollievo di tutti dato che ormai erano fradici fin dentro le ossa e difficilmente sarebbero riusciti a far asciugare i loro indumenti, con il misero fuoco che sarebbe stato acceso una volta fermatisi per la notte.

 
 
Sulla cima di una collina notarono i ruderi di quella che doveva essere una casa abbandonata e Thorin la raggiunse, per darle un’occhiata più da vicino. «Ci accamperemo qui per la notte. Fili, Kili occupatevi dei pony.» Ordinò ai due nipoti che prontamente eseguirono le sue direttive senza proferir parola, mentre i restanti nani si aggiravano alla scoperta del luogo. «Un fattore e la sua famiglia vivevano qui.» Disse Gandalf pensieroso, più a se stesso che rivolgendosi ai presenti, mentre scrutava l’interno della baracca. «Oin, Glòin accendete il fuoco.» Stava dicendo Thorin ai due nani poco più in la, che annuirono e si misero subito al lavoro. «Secondo me sarebbe più saggio proseguire. Potremmo raggiungere la valle nascosta.» Propose lo stregone al capo della spedizione andandogli incontro, che accolse la sua richiesta con un’occhiataccia. «Te l’ho già detto, non voglio avvicinarmi a quel posto.» L’uomo, esasperato, non capiva il comportamento del Re. «Perché no? Gli elfi ci aiuteranno, potremmo avere cibo, riposo, consigli.» Cercò di farlo ragionare, ma il nano era irremovibile. «Non mi servono i loro consigli.» Alcuni membri della Compagnia si fermarono per ascoltare lo scambio di battute tra i due, chiedendosi come sarebbe andata a finire. «Abbiamo una mappa che non riusciamo a leggere, Elrond potrebbe aiutarci.» Thorin, incredulo alle parole dello stregone, lo guardava con cipiglio severo. «Aiutarci? Un drago attacca Erebor, quale aiuto arrivò dagli elfi? Gli orchi saccheggiano Moria, profanano i nostri luoghi sacri. Gli elfi rimasero a guardare senza fare niente e tu mi chiedi di cercare le stesse persone che hanno tradito mio nonno? Che hanno tradito mio padre?» Le sue parole erano dure, a stento celavano la rabbia e l’umiliazione che a causa degli elfi lui e la sua gente erano stati costretti a sopportare in quei lunghi anni e si chiedeva perché Gandalf non capisse il suo punto di vista. «Tu non sei nessuno di loro due, non ti ho dato la mappa e la chiave perché tu ti ancorassi al passato.» Il nano, stringendo la mano sull’elsa della spada al suo fianco, distolse per un istante lo sguardo prima di rispondere. «Non sapevo appartenessero a te.» Lo stregone scrutò in silenzio Thorin, poi senza aggiungere altro si allontanò attraversando i ruderi abbandonati davanti a degli attoniti nani. «Va tutto bene? Gandalf dove vai?» Chiese Bilbo, in piedi accanto al suo pony. «A cercare la compagnia dell’unico qui che ha un minimo di buonsenso.» Rispose mentre saliva in groppa al suo cavallo. «E chi è?» Chiese ingenuamente lo Hobbit. «Io stesso signor Baggins! Ne ho abbastanza di nani per un giorno solo!» E detto ciò sparì velocemente alla loro vista lasciando i presenti senza parole. «Forza Bombur, abbiamo fame.» Si limitò a dire il Re mettendo così fine ad ogni discussione, e tutti i nani tornarono ad occuparsi della propria mansione. «Tornerà mai?» Chiese il mezzuomo con aria spaesata e preoccupata rivolgendosi a Balin e Nàli, che non sapendo cosa rispondere si guardarono scuotendo la testa.

 
 
La notte scese lentamente su di loro il buon profumo della zuppa aleggiava nell’aria facendo brontolare più di uno stomaco quando finalmente la cena venne servita. «È via da parecchio.» Esordì un preoccupato Bilbo avvicinandosi al fuoco, dopo aver scrutato l’oscurità alla ricerca di un qualunque segno da parte dello stregone. «Chi?» Chiese Bofur, intento a versare un’abbondante porzione di zuppa. «Gandalf!» Esclamò Bilbo, chiedendosi com’era possibile che solamente lui fosse in pensiero per la prolungata assenza dell’uomo. «È uno stregone, fa come vuole. Tieni, facci un favore: porta queste ai ragazzi.» E così dicendo depositò nelle mani di un attonito Hobbit due ciotole destinate ai giovani nani impegnati nell’accudire i pony.
Con le pance piene e finalmente riposati i nani si godettero la serata preparandosi per la notte ma Nàli non smetteva di guardare il punto in cui lo Scassinatore era sparito chiedendosi perché non fosse ancora tornato, Bofur accorgendosi del suo nervosismo cercò di rassicurarla dicendole che probabilmente aveva deciso di restare a far compagnia ai ragazzi e questo sembrò tranquillizzarla. Balin decise quindi di distrarla raccontandole altri particolari sulla Battaglia di Azanulbizar tra gli orchi di Azog il Profanatore ed i nani coinvolgendo anche il resto dei compagni che non erano mai stanchi di ascoltare quella storia, soprattutto se a farlo era qualcuno che aveva partecipato in prima persona e visto ciò che era accaduto; fu durante il racconto su come il loro esercito riuscì a respingere l’orda degli orchi che un agitato Fili irruppe nella radura tenendo in una mano le due ciotole vuote e cercando di riprendere fiato mentre l’intera Compagnia lo raggiungeva per cercare di capire cosa fosse successo. «I Troll, sono tre ed hanno rubato i pony. Lo Scassinatore, Bilbo, forse hanno catturato anche lui!» Esclamò e Thorin senza perder tempo afferrò la sua spada e corse nella direzione indicatagli dal nipote seguito dal resto dei compagni. Quando raggiunsero la radura videro il povero Hobbit volare sopra le loro teste ed atterrare tra le braccia di Kili che cadde a terra stringendolo a se. Urlando e brandendo le armi i nani uscirono allo scoperto attaccando i mostri presi alla sprovvista ed ebbero subito la meglio su di loro: per quanto grossi i Troll erano più stupidi e lenti mentre le armi naniche affilate, e le loro urla di dolore si diffusero per il bosco; scoppiò un vero pandemonio: i nani saltavano da una parte all’altra colpendo i Troll alle loro grosse gambe o sui loro volti quando questi ultimi si chinavano per cercare di afferrarli, ma i membri della Compagnia erano veloci e riuscivano a sgusciare via continuando ad attaccare e saltare e colpire. Un tremante signor Baggins approfittò della confusione per liberare i pony ma il loro nitrito attirò l’attenzione di uno dei mostri che vedendolo lasciò perdere i nani e lo raggiunse riuscendo a catturarlo senza troppi sforzi, poi con l’aiuto di uno dei suoi compari lo tenne in alto pronto a fargli del male. «Bilbo!» Esclamò Nàli facendo un passo avanti, ma Thorin prontamente la fermò spingendola dietro di se tra Dwalin e Kili per tenerla al sicuro. «Incrociate le braccia, o gli stacchiamo le sue!» Tutti esitarono, non potevano ne volevano arrendersi ma alla fine Scudodiquercia lanciando un’occhiata carica di odio al Troll infilzò la propria spada nel terreno e anche gli altri titubanti lo imitarono lasciando cadere le armi in terra chi in silenzio e chi borbottando. I Troll ne imprigionarono così la metà dentro dei sacchi puzzolenti e legarono gli altri su un grosso spiedo che facevano ruotare sul fuoco a cui avevano aggiunto altra legna.

 
 
«Non perdere tempo a cucinarli, sediamoci sopra di loro e spappoliamoli come gelatina.» Propose Maso, all’apparenza il più tonto dei tre Troll. «Andrebbero fatti saltati e grigliati con una spolveratina di salvia.» Rispose invece Guglielmo, che doveva essere il capo, mentre sistemava la corda di uno dei nani con gesti che sembravano assurdamente amorevoli. «Ohh, mi piace! Mi viene già l’acquolina.» Commentò estasiato il primo mostro ed i prigionieri che arrostivano sul fuoco si agitarono alle loro parole; tra loro vi era Nàli che cercando invano di liberarsi ascoltava disgustata i loro discorsi maledicendo i due giovani compagni per essere stati così sciocchi ed aver combinato quel gran casino per degli stupidi pony. «Scordiamoci il condimento, non abbiamo tutta la notte. L’alba non è lontana. Diamoci una mossa, non mi piace essere trasformato in pietra.» Si intromise il terzo Troll di nome Berto, che continuando a girare la cena sul fuoco scoppiettante sembrava contrariato dai discorsi inutili dei suoi amici. «Aspettate!» Una vocina si alzò al di sopra del loro chiacchiericcio e tutti gli sguardi si posarono sullo Hobbit che rinchiuso nel suo informe sacco, tra Bombur e Balin, fissava il capo di quei mostri disgustosi. «State facendo un terribile sbaglio.» Esordì, ignorando il battibecco nato tra Bofur e Dori intendi a decidere chi fosse più scemo tra loro e i Troll; riuscì ad alzarsi in piedi e saltellò verso di loro. «I-io parlavo del condimento.» Guglielmo lasciò stare il girarrosto e si chinò verso di lui. «Cosa c’entra il condimento?- Chiese, piuttosto interessato. «Ma li hai annusati? Ci vuole qualcosa di più forte della salvia prima di servirli su un piatto.» I nani, offesi dalle sue parole, iniziarono ad inveirgli contro minacciandolo in ogni modo. «Che ne sai di come si cucinano i nani?» Chiese invece Berto, abbastanza infastidito da quella interruzione. «Stai zitto! Sentiamo il fruburroscrashobbit che dice.» Rispose Guglielmo, chinandosi ancora di più sul povero Bilbo che preso alla sprovvista pensò velocemente a cosa poter dire; intanto i nani sulla graticola continuavano a girare, Nàli iniziava a sudare e le mancava il respiro ma cercò di rimanere lucida per cercare di capire cos’aveva in mente il loro Scassinatore. «Ahem il segreto per cucinare un nano è…» Il signor Baggins tacque, apparentemente incapace di poter dire altro. «Si? Forza, dicci il segreto.» Lo incalzò Guglielmo che iniziava a spazientirsi a sua volta. -Si, te lo sto dicendo.» Borbottò in risposta il poveretto, iniziando ad agitarsi. «Il segreto è: spellarli prima.» Disse dopo un attimo di esitazione, e chiuse gli occhi mentre attirava su di se le male parole dei compagni che ripresero ad inveire contro di lui apostrofandolo come uno sporco traditore. «Maso, prendimi un coltello da filettatura.» Ordinò Guglielmo, piuttosto eccitato all’idea di mettere in atto il consiglio di quello scricciolo. «Ma che fesserie stai impapocchiando, ho mangiato una montagna con tutta la pelle! Mandiamo giù in fretta stivali e tutto!» Si lamentò Berto, sempre più affamato e stanco di quelle chiacchiere. «Ha ragione, non c’è niente di male in un po’ di nano crudo.» Disse Maso, e facendo un passo avanti afferrò il povero Bombur per una gamba facendolo dondolare sopra le sue fauci. «Bello croccante!» Ormai la testa del nano stava per entrare nella bocca del Troll quando Bilbo parlò di nuovo. «N-non quello la, è infetto.» Maso si bloccò piuttosto disgustato e Guglielmo lo guardò male chiedendogli a cosa si riferisse. «Si, ha i vermi nelle sue tubature. I-in effetti ce li hanno tutti, sono infestati dai parassiti.Una faccenda terribile, io non rischierei dico davvero.» Consigliò Bilbo mentre uno spaventato Bombur volava oltre la sua testa, cadendo sopra Thorin e Kili. «Parassiti?! Noi non siamo parassiti! Ce li hai tu i parassiti, noi non siamo infestati!» Urlarono indignati il giovane nano ed Oin, che nonostante l’ausilio del suo cornetto acustico non era riuscito a capire le parole dello Hobbit; lo Scassinatore dal canto suo alzò gli occhi al cielo esasperato e Nàli notando il suo gesto capì il piano: iniziò ad agitarsi e ad urlare per attirare l’attenzione, seguita infine dal resto dei compagni che finalmente avevano compreso a loro volta cosa stesse accadendo. «Io ho dei parassiti grossi come il mio braccio! I miei parassiti sono i più grossi, ho degli enormi parassiti! Io ho pidocchi!» Si scatenò un’improvvisa confusione, tutti urlavano più che potevano elencando le più schifose malattie o infestazioni, ogni voce si sovrapponeva all’altra così tanto che non si capiva più chi diceva cosa. «Secondo te che ne facciamo di questi? Li lasciamo andare?» Chiese Berto in tono minaccioso, avvicinandosi pericolosamente al mezzuomo che assunse un’espressione eloquente beccandosi però un paio di spinte dal Troll visibilmente arrabbiato. «Credi che non so che ti frulla nel cervello? Questo piccolo furetto ci sta prendendo per degli stupidi.»Non si erano resi conto che il sole stava ormai per sorgere, lo si poteva scorgere da dietro un grosso masso su cui una figura a loro famigliare fece la sua apparizione brandendo il suo bastone. «L’alba vi prenderà tutti!» Tuonò con voce profonda e alzando le braccia al cielo colpì la roccia sotto di esso rompendola a metà: un grosso fascio di luce irruppe nella radura ed il sole trasformò i Troll in tre grosse statue di pietra sotto gli occhi stupefatti dei prigionieri che alla fine proruppero in grida di giubilo, sollevati e soprattutto felici di essere scampati ad una fine davvero orribile.

 
 
Una volta liberi da quei sacchi puzzolenti e recuperate le loro armi i nani si prepararono a riprendere il cammino, Nàli recuperò la sua spada e massaggiando un fianco dolorante raggiunse lo stregone che stava parlando con Thorin poco distante. «Devono essere calati dagli Erenbrulli.» Stava dicendo Gandalf, sorridendo poi alla ragazza che evitò accuratamente di incrociare lo sguardo con Scudodiquercia. «Da quando i Troll di montagna si avventurano così a sud?» Chiese ingenuamente allo stregone. «Mhm, non da un’Era. Non da quando un potere più oscuro guidava queste terre.» Rispose con voce tetra, e calò un pesante silenzio sul terzetto, che mise Nàli a disagio. «Non possono essersi mossi alla luce del giorno.» Continuò lei, guardandosi intorno. «Deve esserci una grotta nelle vicinanze dunque, che hanno usato per i loro spostamenti.» Dedusse la nana e senza aspettare ordini si mise alla sua ricerca seguita subito dopo da tutti gli altri; trovarono ben presto l’apertura di una galleria poco distante e si avventurarono al suo interno con circospezione arricciando il naso a causa del pessimo odore che si respirava, una puzza tremenda che li costrinse a coprire il volto con la manica delle loro giacche prima di potersi abituare a quel fetore nauseabondo. «Un bottino Troll. Attenti a cosa toccate.» Esordì Gandalf notando sacchi e forzieri sparsi nella grotta; trovarono molte monete d’oro che prontamente Gloin, Bofur e Nori decisero di mettere al sicuro sotterrandole dentro un discreto forziere. Nàli trovò alcune armi e tra queste uno splendido pugnale che dedusse fosse di forgiatura elfica a giudicare dalla splendida lama quindi lo ripulì dalle ragnatele e lo mise al sicuro all’interno della giacca, prima di uscire all’aperto per poter prendere una boccata d’aria; trovò la maggior parte dei nani intenti a scambiarsi i tesori appena recuperati seduti su tronchi e sassi e afferrando la sua borraccia bevve un lungo sorso d’acqua, iniziando ad accusare la stanchezza dovuta alla notte infernale appena trascorsa. «Non hai un bell’aspetto.» Scherzò Fili seguito da Kili quando la raggiunsero. «Neanche voi se è per questo, anzi mi sa che siete messi persino peggio.» Rise la nana passando la borraccia al fratello più grande e sedendosi accanto a Balin che scosse lievemente la testa. «Abbiamo tutti bisogno di riposare ragazzi miei, e devo dire che rischiare di essere mangiato mi ha fatto persino passare l’appetito.» I tre giovani scoppiarono a ridere ed il vecchio guerriero stava per aggiungere altro ma fu interrotto dall’arrivo di Thorin ed il resto dei compagni che usciti dalla galleria si unirono agli altri ormai pronti a rimettersi in viaggio, Nàli raccolse le sue cose e seguì i due giovani cercando di nuovo di evitare lo sguardo di Scudodiquercia perché temeva di dover affrontare una discussione con lui e rischiare di essere rispedita a casa soprattutto dopo la disavventura a cui erano miracolosamente scampati. Il nano in questione stava giusto incamminandosi nella sua direzione quando si bloccò all’improvviso tendendo l’orecchio e spostando lo sguardo in mezzo alla fitta boscaglia, alzò un braccio per intimare a tutti di fermarsi e fare silenzio per poter ascoltare meglio e posò la mano sull’elsa della spada che aveva recuperato in mezzo al bottino dei Troll. «Arriva qualcosa!» Esclamò infine, mettendo in allarme i presenti. «Rimanete uniti, tutti pronti!» Ordinò Gandalf raggiungendolo e sguainando la sua spada; tutti i nani impugnarono le proprie armi e si prepararono ad affrontare l’imminente pericolo.

 
 
 
-Angolo autrice-
Per la prima da quando ho iniziato a pubblicare questa storia, mi ritaglio un piccolo spazio. Vorrei innanzitutto ringraziare tutti i lettori che continuano a seguire questo racconto ma soprattutto chi recensisce facendomi sapere se davvero piace ciò che scrivo e se vale la pensa continuare a farlo. Siete tutti fantastici!
Volevo anche scusarmi per questa lunga pausa, purtroppo impegni famigliari mi hanno tenuta lontana dal capitolo ma finalmente sono riuscita a pubblicare e spero vi piaccia!

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