La Maledizione dei Luthor

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ragazza nella torre ***
Capitolo 2: *** Un cuore maledetto ***



Capitolo 1
*** La ragazza nella torre ***


La Maledizione dei Luthor

 

 

La ragazza nella torre

 

“Hai paura!” La voce di Mon-El irritò profondamente la giovane.

“Non ho paura.” Ribatté, decisa.

“Io ho paura.” Affermò allora Winn, sbirciando verso la torre dei Luthor come se temesse di vederne spuntare la chiacchierata abitante. “Dicono che sia stata maledetta, che sia così orrenda che quando la guardi muori.” Gli occhi del ragazzo si sgranarono.

“Secondo me è solo brutta e i Luthor non volevano che rovinasse la loro perfetta immagine.” Disse Mon-El divertito. “Mia madre farebbe così, ma, per fortuna, ha avuto un figlio bellissimo.” Fece brillare il suo sorriso e Kara ruotò gli occhi, stomacata da tanto stupido egocentrismo.

J’onn ci ha detto di rimanere lontani dalla torre.” Ripeté Kara ed eccola di nuovo, la replica provocante di Mon-El.

“Hai paura. Se hai paura puoi dirlo, fai come Winn e ammettilo.” La sfidò il giovane.

Kara si portò le mani ai fianchi, decisa a non lasciarsi provocare.

“Non ho paura, ma non scalerò la torre solo per provarlo.”

“Tuo cugino l’ha fatto.” Quella replica secca fece accigliare Kara. Poteva essere che Kal avesse sfidato il divieto? Non era da lui… però… “Ovviamente, tu, non sei tuo cugino, lui è privo di paura…”

“Va bene!” Sbottò, infastidita. Dopo tutto non sarebbe stato difficile, avrebbe scalato quella maledetta torre e zittito Mon-El

“Alex non sarà contenta! E neppure J’onn.” Cercò di fermarla Winn, ma ormai lei era decisa.

Sganciò la spada dalla cintura e la consegnò al giovane, sfilò gli stivali e tolse il rosso mantello, rimanendo con una semplice guarnacca blu scura. Abbigliata così avrebbe scalato con facilità la parete e sarebbe stata quasi invisibile contro le pietre grigie del castello dei Luthor.

Ma alla parete, prima, doveva arrivarci. Prese un paio di respiri profondi e poi si lasciò scivolare nell’acqua del fossato.

Dietro di lei sentì Winn rabbrividire alla sola idea. L’acqua era fredda in quei primi giorni di primavera, questo era innegabile.

Non vi erano guardie armate su quel lato del castello, ma lei si mosse lentamente, cercando di non fare rumore e di non agitare l’acqua allertando quelle posizionate lungo altri punti del perimetro.

Nessuno intimò l’alt e lei tirò un sospiro di sollievo quando poté issarsi sulla parete di pietra ed uscire dall’acqua.

Poteva sentire i canti e le risate provenire dalla sala del castello dove vi era il banchetto e anche i rumori del campo, lì dove i cavalieri e i loro seguiti avrebbero riposato in attesa del grande torneo che sarebbe incominciato il giorno successivo. Dalla torre sopra di lei, però non giungeva nulla, anche la fievole luce che, al tramonto, filtrava dalla finestra, ora era spenta.

Mentre iniziava la scalata si chiese se tutta quella storia non fosse un’immensa invenzione. Probabilmente i Luthor non avevano affatto rinchiuso la loro figlia minore in quella torre, probabilmente era solo una storia creata dalle nutrici per far paura ai bambini prima di mandarli a letto. I Luthor potevano essere una famiglia da temere, ricca, potente, dai segreti oscuri, ma era impossibile che tenessero la loro stessa figlia segregata!

Ruotò un poco la testa e osservò, ormai lontani, sull’altra sponda del fossato, Winn e Mon-El.

Scosse la testa chiedendosi perché si fosse lasciata provocare. Kal era l’erede degli El, più vecchio di lei, un cavaliere conosciuto come leggendario, capace di sconfiggere qualsiasi minaccia e di portare giustizia ovunque il regno necessitasse. Era il braccio destro del re, lei era solo uno degli scudieri di J’onn, assieme a Winn e Mon-El.

Le sfuggì una presa e per un istante credette che sarebbe precipitata in basso, l’acqua avrebbe attutito la caduta? Con il cuore che batteva veloce recuperò l’equilibrio e riprese a salire, evitando di pensare e concentrandosi solo su quello che doveva fare.

Giunse alla finestra in poco tempo, le braccia le tremavano un poco, forse per il freddo, sicuramente per la fatica della scalata.

Girò di nuovo la testa, pronta a fare un cenno ai due compagni e poi a scendere, senza esitare oltre, ma vide Winn e Mon-El farle dei grandi gesti. Cercò di capire cosa succedesse, cosa avesse agitato così tanto i due ragazzi e cosa cercassero di dirle, poi, con un sussulto comprese: due guardie su di una piccola barchetta, stavano facendo il giro di ronda, illuminando, con i globi alchemici, la parete del castello.

Era incastrata, scendere non poteva, non avrebbe avuto tempo di nascondersi nell’acqua meno che mai di attraversarla e issarsi sulla riva opposta. Solo una strada le rimaneva aperta. Senza indugiare si aggrappò al davanzale della finestra e si issò, fino nascondersi tra le ombre che la rientranza produceva.

Il suo cuore batteva veloce, mentre lei si schiacciava contro la fredda finestra aspettando l’urlo che le avrebbe indicato che era stata scoperta.

J’onn sarebbe stato furioso, ma era nulla rispetto a quello che avrebbe detto Alex! E Kal? Si sarebbe vergognato di lei? No, lui era troppo nobile, ma lei si sarebbe vergognata di se stessa, a morte!

Il fascio di luce si avvicinò e lei si spinse ancora di più contro la finestra a cui, ormai, era completamente appoggiata. Un istante e la luce passò.

Ce l’aveva fatta! Mentre un sorriso pieno di sollievo le compariva sul volto il suo freddo appoggio venne a mancare e lei ruzzolò all’interno della torre, il cuore che riprendeva a battere con violenza.

“Chi siete?!” Esclamò una voce di donna, il tono acuto e teso. Kara ruotò la testa, cercando di cogliere la figura a cui quella voce apparteneva e si ritrovò a fissare la punta di una freccia e la suddetta freccia era incoccata in una balestra.

“Rispondete o dovrò considerarvi ostile e rilasciare la freccia.”

“Kara Zor-El, scudiero dei J’onzz, figlia adottiva dei Danvers.”

“Siete una ragazza?” Domandò allora la voce che, per il sollievo di Kara, abbassò l’arma.

“Ehm… sì.” Confermò, chiedendosi se poteva muoversi oppure no. La posizione però era alquanto scomoda, così come era freddo il pavimento quindi avrebbe potuto tentare, forse… si mosse un poco e la freccia tornò a brillare, colpita dall’unica luce presente, quella delle stella.

Kara alzò le mani.

“Non voglio farti del male!” Assicurò.

“Avete scalato la mia torre. Perché?” Domandò di nuovo la voce.

“Una sfida, una sciocca sfida, volevo…”

“Vedere il mostro che abita quassù?” Domandò aspra la giovane e Kara scosse la testa, velocemente.

“No! Volevo solo dimostrare di poter essere degna del mio nome.” Ammise e nel dire quelle parole, strappate al suo cuore dalla paura, comprese che erano vere.

La balestra scomparve di nuovo nel buio.

“Posso muovermi? Si sta un poco scomodi qua per terra…”

“Quella non è una porta, lady Zor-El.” Il tono della ragazza ora era più calmo e sembrava persino contenere una velata ironia, Kara si ritrovò a sorridere.

“Immagino di no…” Ammise, poi ruotò dalla sua posizione e si alzò in piedi, rabbrividendo un poco per il freddo.

“Avete freddo.” Comprese la ragazza.

“Non posso dire che non sia interamente colpa mia.” Si ritrovò ad osservare Kara. I suoi occhi cercavano una forma nel buio, ma la luce delle stelle era alle sue spalle e lei stessa creava un’ombra che le nascondeva la giovane alla vista.

“Cosa stavate facendo, senza luci?” Domandò visto che il silenzio si protendeva.

“Non credo sia qualcosa che vi riguardi, non sono io che ho scalato la vostra parete per finire in camera vostra.” Questa volta il tono era decisamente divertito.

“Avete ragione, ma non stavate dormendo, è chiaro, altrimenti non mi avreste sentita.”

“Ottimo spirito di deduzione.” La prese in giro. Kara sorrise, suo malgrado. I suoi occhi si stavano abituando al buio e lei iniziò ad individuare delle forme attorno a lei: una scacchiera, un letto, una libreria, una scrivania, uno strano attrezzo proprio accanto a lei.

“Quello.” Disse la ragazza che doveva aver seguito il suo sguardo. “Ecco quello che stavo facendo.”

Kara osservò, senza capire, lo strano cilindro appoggiato a un treppiede.

“Volete vedere cosa fa?” Domandò la giovane e Kara annuì, per poi bloccarsi.

“Non fa male, vero?” Chiese e dovette sbattere gli occhi sorpresa quando udì la delicata risata della giovane.

Come poteva essere che fosse brutta qualcuno con una simile, magnifica, risata?

“Non temete, lady Zor-El, non fa male. Sedetevi sullo sgabello in direzione della finestra, poi posate l’occhio sull’estremità del cilindro.”

Malgrado fosse un poco titubante Kara obbedì, sedendosi e dando quindi le spalle alla giovane e poi appoggiando l’occhio lì dove le aveva detto.

“Oh!” Si lasciò sfuggire esterrefatta quando il cielo stellato fu vicinissimo a lei. Tolse in fretta l’occhio e osservò il cielo dalla finestra, nulla si era mosso. Poi tornò a guardare nel cilindro. La magia si ripropose e questa volta Kara osservò per alcuni istanti le stelle.

“Questa è magia.” Disse con tono reverenziale.

“No, è scienza. La mia famiglia detesta la magia, dovreste saperlo.” Non vi era più divertimento nel tono della giovane, solo freddo distacco.

Kara distolse lo sguardo da quel strepitoso oggetto e ruotò sullo sgabello fissando l’ombra più scura che doveva appartenere alla ragazza.

“Siete, dunque, Lena Luthor?” Domandò.

“Sì.” Rispose lei.

“Perché siete chiusa in questa torre?”

“Non lo sapete? Sono stata maledetta, il mio aspetto è orrendo e nessuno vorrebbe posare il suo sguardo su di me. Mia madre me lo ha ricordato ogni volta che le ho chiesto di uscire da qua, fino a quando ho smesso di farlo, mio padre ha detto che lo faceva per il mio stesso bene, ma ha smesso di venire a trovarmi, troppo debole per sopportare quello che mi stava facendo e poi è morto, solo Lex riesce a…”

La sua voce si spezzò, una mano indicò la scacchiera, ma la giovane non aggiunse altro.

“Una maledizione? Perché non si è provato a spezzarla?”

Una piccola risata, tutto meno che divertita, sfuggì dalle labbra della giovane.

“Credete che non sia stato fatto tutto il possibile? Ma nessun mago o alchimista è riuscito nell’impresa.”

“Mi dispiace.” Si ritrovò a dire Kara.

“Non importa, sono venuta ai patti con questa realtà molti anni fa. Se devo portare io la Maledizione dei Luthor così sia.”

Rimasero in silenzio, Kara non era sicura di quello che avrebbe dovuto o potuto dire.

“Dunque guardate le stelle?” Chiese dopo un po’, era sicura che adesso avrebbe potuto andarsene, ma non le sembrava giusto e poi era curiosa, voleva conoscere meglio la giovane lady.

“Tra le altre cose.” Ammise lei. “Ho molto tempo, studio le scienze, costruisco cose, il telescopio è solo un gioco di ottica che ho creato quando avevo undici anni.”

“Un gioco?” Chiese Kara e ruotò di nuovo su se stessa per poter guardare le stelle brillare vicine e luminose come non mai, era affascinante.

“Non vi muovete.” Le mormorò la ragazza appoggiandole una mano sulla spalla. Kara sentì il cuore fare un balzo, ma obbedì, mentre con la seconda mano Lena spostava di un poco il cannocchiale. “Quella luminosa, al centro, la vedete?”

“Sì.” Bisbigliò, il tono e la vicinanza della giovane parlavano di segreti che non potevano essere espressi a voce alta.

“Non è una stella.”

“No?” Chiese, era brillante e grande, cosa poteva essere?

“No, è un pianeta, esattamente come il nostro. Gli antichi lo chiamavano Venere.”

“Oh! Uno dei sette pianeti che ruotano attorno alla Terra!” Ricordò lei.

Mmm… credo di aver eseguito calcoli che indicano che siamo noi a ruotare attorno al Sole, assieme ai sette pianeti e ai loro satelliti.”

“Satelliti? Come la Luna?” Domandò Kara, affascinata.

“Sì, Giove ne ha quattro visibili, ma sospetto che siano di più, anche se non posso vederli. Poi c’è Saturno con i suoi anelli e…”

Kara si tirò indietro e Lena fece due passi, tornando a nascondersi tra le ombre più fitte.

“Sapete tutto questo, perché non lo dite al mondo?”

“Il mondo non è pronto a udire queste cose, soprattutto non se a dirle è una giovane sfigurata e maledetta nascosta in una torre dalla sua stessa famiglia.”

“Ma…”

“Nessun ma, lady Zor-El, questa è la realtà.”

Kara fece una smorfia, non le piaceva arrendersi.

“Kara!” La voce di Alex fece sobbalzare entrambe.

Lena sembrò scomparire ancora di più tra le ombra.

È mia sorella.” Bisbigliò Kara. “Credo sia venuta a prendermi… temo che di essere nei guai.”

“Andate allora.” Nel tono di Lena vi era della stanca rassegnazione.

Kara esitò solo un istante, poi sorrise.

“Preparate il tè e un’altra meraviglia, domani torno a trovarvi!” Prima che la giovane potesse rispondere si sporse dalla finestra facendo un cenno ad Alex che la fissò con sollievo per un istante e poi con un cipiglio che prometteva guai, e si calò dalla finestra, scendendo al contrario il poderoso muro di pietra.

 

Kara sbuffò di sollievo quando lasciò cadere l’ultima fibbia sull’immenso mucchio di metallo che aveva dovuto lucidare. Mon-El accanto a lei fece una smorfia stiracchiandosi la schiena, stanco, Winn, invece stava dormendo sullo sgabello in una posizione assurda.

“Dove vai?” Chiese il ragazzo quando la vide alzarsi e indossare il mantello. “Non ti è bastata questa terribile punizione? Ne vuoi un’altra?” Insistette Mon-El.

“Vuoi andare a dirlo a J’onn?” Ritorse lei e lui corrucciò il volto, offeso.

“Certo che no! Non ti denuncerei mai.”

“Eppure ieri sei corso dritto da Alex.” Gli ricordò, anche se si sentì ingiusta, lui e Winn si erano davvero spaventati nel non vederla tornare e avevano scelto Alex invece che J’onn per tirarla fuori dai guai proprio per evitarle grossi problemi, peccato che, mentre rientravano al campo, fradice, con Alex che le lanciava occhiate di fuoco, il vecchio cavaliere li aveva intercettati e gli era bastato uno sguardo per comprendere ogni cosa, sembrava leggere nella mente a volte.

Winn ha iniziato a dire che la donna della torre ti avrebbe cucinato e mangiata! Dovevo fare qualcosa!” Disse lui con occhi sgranati, tanto che Kara non poté fare a meno di ridacchiare divertita all’idea di Lena che se la mangiava.

“Tu metti Winn a dormire, io faccio un giro e poi torno.” Aprì la tenda e poi tornò a guardarlo. “Non aspettarmi sveglio e, soprattutto, non dire nulla ad Alex!” Intimò, poi chiuse la tenda e sgattaiolò via.

 

Si issò sul davanzale con un piccolo ansimo, non era una scalata così semplice, dopo tutto!

Bussò delicatamente e sorrise quando sentì la finestra aprirsi. Questa volta entrò con maggiore grazia.

“Buonasera, lady Luthor.” Disse chinando il capo, un sorriso sulle labbra. “Avete preparato il tè?” Aggiunse.

“Siete tornata.” Fu la risposta di Lena ed era così sorpresa che Kara si ritrovò a battere gli occhi, confusa.

“Sì… ve l’ho detto, ieri, non mi avete sentita?”

“Certo, ma…” L’ombra si agitò nel buio. “Non credevo che foste seria.”

“E perché non avrei dovuto esserlo?” Domandò Kara, perplessa.

Lena rimase in silenzio per un istante.

“Non lo so.” Ammise poi.

“Oh, ma allora c’è qualcosa che non sapete!” La canzonò con ilarità Kara.

“In realtà vi sorprenderebbe sapere quante cose non so.” Rispose Lena.

“Avete più libri di quanti io ne abbia mai visto.” Kara si mosse fino alla libreria, passando la mano sui titoli, per poi ritirarla in fretta quando si rese conto che li stava bagnando.

“Avrò anche molti libri, ma non ho mai visto il mare, dalla mia finestra osservo gli alberi e l’erba, ma non li ho mai toccati con le mie mani, gli unici animali con cui sono entrata in contatto sono dei gatti e i cani di Lex, ho osservato qualche uccello, ma quando Lex me ne ha portato uno non ho resistito e l’ho liberato, non potevo condannarlo al mio stesso destino.”

“Non avete mai visto un cavallo?” Chiese, sconvolta, Kara. “Sono animali dolcissimi e cavalcarli è la cosa migliore del mondo.” Si agitò aprendo le mani. “È come volare!”

“Come volare?” Chiese Lena e di nuovo nel suo tono comparve quella nota divertita che lo rendeva più profondo, accattivante, intrigante.

“Sì!”

“Voi volate, lady Zor-El?”

“Ehm… no…” Ammise Kara. “Ma dovreste provare!”

“Certo, come no, me ne farò portare uno alla torre e…”

“No, adesso! Proviamo adesso, uscite con me, il campo non è lontano, posso…” Lena che si era allontanata dal muro ora tornò indietro e agitò la mano in un cenno deciso e secco.

“Non uscirò da questa torre. Ne oggi ne mai!”

“Andiamo, questa cosa è assurda!” Kara strinse i denti, esasperata dalla situazione.

“Assurda? Credete che mi piaccia rimanere qua dentro? Credete che sia quello che voglio?”

“Mostratemi il vostro volto.” Il silenzio scese netto nella stanza.

“Cosa?” Chiese Lena, la sua voce aveva perso durezza.

“Avete sentito: mostratemi il vostro volto, lasciatemi giudicare da sola.”

“No.” Questa volta la risposta giunse sicura.

“Perché?” Chiese Kara. “Non ho paura di un volto che non è canonicamente bello, voi avete così tante qualità che mi sembra solo giusto che non siate anche bella, altrimenti una simile ingiustizia sarebbe intollerabile.”

“Siete folle.” Rispose Lena, ma nel suo tono vi era l’ombra di una risata, Kara scosse la testa.

“Folle, dite? No, no, solo onesta. Andiamo, siete una specie di genio se a undici anni per gioco costruivate attrezzi che nessuno ha mai neanche sognato e poi siete divertente e coraggiosa, io sarei morta se qualcuno fosse scivolato nella mia stanza in piena notte, mentre voi avevate una balestra ed eravate pronta a infilzarmi!”

“Non vi mostrerò il mio volto.” Tentò di chiudere la discussione Lena.

“Perché?” Chiese ancora Kara, incapace di arrendersi.

“Perché scappereste via e… non voglio. Vi prego, smettetela di chiederlo.”

Kara esitò ancora un’istante poi a malincuore annuì.

“Va bene.” Accettò. “Ma in cambio dovete raccontarmi o mostrarmi qualcosa di meraviglioso, altrimenti accenderò una candela e voi per impedirmelo dovrete sforacchiarmi con la vostra balestra.”

“Ho una buona mira.” Minacciò Lena, ma la tensione era solo più un lontano eco. “Qualcosa di meraviglioso? Bene.” Kara quasi percepì il sorriso sulle labbra della giovane e non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

Pochi minuti dopo, Lena le mostrava come la luce bianca delle stelle se attraversava un cristallo poteva creare un arcobaleno, lasciando Kara, ancora una volta, senza parole.

 

Quando rientrò era quasi l’alba, crollò sulla sua branda e dormì fino a quando Mon-El non la scosse, eppure, la sera dopo, non esitò neppure un istante a risalire la torre per vedere Lena. Questa volta la attendevano degli abiti asciutti e una tazza fumante di tè.

“Allora?” Chiese dopo essersi cambiata. “Cosa mi fai vedere questa sera? Non credo che tu possa battere il cilindro per vedere le stelle e l’arcobaleno!” La sera prima erano passate al tu senza neanche rendersene conto e ora le sembrò naturale continuare su quel nuovo tono informale.

“Dovrai chiudere gli occhi.” Le disse Lena. “E promettermi che non li aprirai.”

“Ok.” Kara non esitò neppure un istante.

“Parola di El?” Insistette lei e Kara annuì.

“Non aprirò gli occhi fino a quando non mi dirai che posso farlo.” Assicurò, chiudendoli con forza.

Sentì la giovane muoversi nella stanza, il distinto rumore di un acciarino che scattava e l’odore dello stoppino che prendeva fuoco. La tentazione di aprire gli occhi e vedere, infine, il volto della donna, fu intensa, ma Kara resistette, aveva dato la sua parola.

Ancora un po’ di rumori, il fruscio di pergamene e poi il silenzio. Un istante e Kara aprì la bocca sorpresa, mentre una musica, prima da lei mai udita, riempiva la stanza.

Qualcosa di unico, di diverso da tutto ciò che conosceva, un suono pulito, semplice eppure meravigliosamente completo. La musica era dolce, ricca e al contempo triste, parlava di solitudine, parlava di mancanza, parlava di tristezza. Una lacrima scivolò lungo il viso di Kara che la lasciò scivolare lungo la sua guancia, troppo presa nell’ascoltare per poter anche solo pensare di muovere un muscolo.

Poi la musica finì. Kara rimase immobile in attesa di qualcosa altro, ma sentì solo il soffio di Lena che spegneva la candela.

“Puoi aprire gli occhi.” La voce della giovane era esitante, come se le avesse rivelato un grande segreto ed era così, comprese Kara, la giovane le aveva mostrato più del suo viso, le aveva mostrato il suo cuore.

È la cosa più bella che io abbia mai sentito.” Mormorò.

È uno strumento a corde e al contempo a percussione, dei martelletti colpiscono delle corde tese e…” Iniziò Lena, come sempre quando le mostrava qualcosa poi le spiegava nei dettagli come ciò fosse possibile, ma questa volta Kara dovette interromperla.

“No.” Disse, poi scosse la testa. “Cioè, sì, lo strumento era geniale, ma… la musica che hai suonato, le note, erano… io…”

“Oh…” Disse la ragazza. “Non è nulla, sola qualcosa che ho scritto in un giorno di pioggia.”

“Io ho sentito… nel cuore quello che volevi dire, era… non mi è mai successo, la musica è allegra, accompagna le danze o i cantori, non è mai così… intima.”

Lena non le rispose e Kara non aggiunse altro.

“Ti va di provarlo?” Le chiese Lena, dopo un poco, e Kara annuì, ridendo e facendo ridere Lena quando riuscì solo a strappare terribili rumori allo strumento.

 

Il torneo arrivò alle sue ultime sfide, i cavalieri festeggiavano nel grande prato all’esterno del castello dei Luthor, mentre Kara scalava per l’ultima notte la torre.

Aveva passato l’intero giorno con un senso di tristezza, non poteva immaginare di non vedere più Lena, ma sapeva che l’indomani lei, Winn e Mon-El avrebbero dovuto smontare le tende e partire per tornare alle rosse praterie dei domini dei J’onnz.

Aveva rimuginato tutto il giorno fino a quando non aveva preso una decisione, avrebbe reso quell’ultima notte unica e speciale, ora doveva solo convincere Lena.

“Buonasera, lady Zor-El.” La accolse Lena, Kara si lasciò cadere sul pavimento e guardò tra le fitte ombre della stanza.

“Voglio portarti fuori con me.” Disse. “Domani partirò e…”

“Domani è domani, non voglio pensarci ora.” La interruppe Lena.

“Ma io voglio!” Dalla tasca estrasse un sottile tessuto. “Indossa una maschera se è questo a preoccuparti. Nessuno ti vedrà, neppure io e, comunque, sono tutti al banchetto.” Il silenzio che seguì alla sua frase la fece sperare, così decise di insistere. “Devo mostrarti una cosa speciale, è il mio turno di darti qualcosa di magnifico. Dì di sì, ti prego, rientreremo prima dell’alba, nessuno lo saprà e…”

“Oh Kara, non credo sia una buona idea…” Sentirsi chiamare per nome le fece accelerare il cuore.

“Certo che è una buona idea. Una notte, una soltanto.” Aggiunse, un ampio sorriso sulle labbra, aveva sentito per la prima volta Lena esitare.

“Non…”

“Lena, ti prometto che non te ne pentirai.” Vide la donna sobbalzare, ma non si pentì di aver pronunciato il suo nome, invece si sollevò in piedi e le tese il delicato tessuto blu che aveva rubato dagli abiti di Sam, la compagna di Alex, alla ragazza non sarebbe mancato troppo… almeno sperava.

Lena esitò ancora un momento, ma alla fine annuì.

“Va bene, ma non credo di poter scendere dalla torre come fai tu.”

Kara batté le mani, felice.

“Ho un piano!” Esclamò. “Ho preparato ogni cosa.”

Poco dopo lei e Lena scendevano lungo la parete aiutate da una corda che Kara aveva faticosamente trascinato con sé e lasciato sul davanzale prima di entrare. Ad attenderle alla base del muro vi era una piccola barchetta sulla quale Kara fece sedere Lena.

La donna tremava, Kara non era sicura se fosse per la paura o l’emozione, le prese le mani, stringendole forte.

“Andrà tutto bene.” Le mormorò, poi si lasciò cadere silenziosamente nell’acqua e spinse la leggerissima imbarcazione fino alla sponda opposta. Uscì dall’acqua, tese la mano a Lena aiutandola e poi nascose la barchetta tra i cespugli.

“Vieni.” Disse, aveva un enorme sorriso sulle labbra e di nuovo strinse con gioia le mani di Lena portandola verso il campo dei cavalieri.

“Kara…” La chiamò lei, quando iniziò a sentire delle voci.

“Non ti preoccupare.” Si voltò a guardarla e le fece un sorriso rassicurante, era strano vederla dietro quel pesante velo, ma era felice di poter osservare qualcosa di più che una sagoma d’ombra. “Siamo quasi arrivati.”

Pochi passi e furono esattamente dove Kara voleva: il recinto dei cavalli. Sentì la mano di Lena stringersi alla sua.

“Non pensavo che… certo dovevano essere grandi, ma così grandi?” Domandò fissando con titubanza il cavallo che Kara stava velocemente sellando.

Streaky è buonissimo.” Le disse.

“Non è una zebra… almeno credo.” Commentò e Kara rise nell’udire il tono scettico di Lena.

“Lo so, ma da bambina volevo una zebra e quando ho avuto il mio primo cavallo l’ho chiamato così.” Si strinse nelle spalle, poi controllò di aver fissato bene la sella prima di salire con facilità sul dorso dell’animale.

“Non sono sicura di poter… non possiamo solo fare una passeggiata e poi tornare alla torre?”

È tutta la vita che sogni questo momento, solo che non lo sai ancora.” Kara le tese la mano e sorrise cercando, tra le pieghe del tessuto, gli occhi di Lena, frustrata dal non vederli.

La donna esitò ancora un istante, poi sollevò la mano e Kara poté issarla dietro di lei.

“Stringiti.” L’avvisò prima di colpire con leggerezza i fianchi dell’animale che, pronto, scattò in avanti.

Le braccia di Lena si strinsero attorno a lei e Kara sorrise. “Ora, preparati a volare.” Con un colpo più deciso indicò a Streaky cosa fare e lui allungò il passo, lanciandosi al galoppo.

Kara rise di gioia assaporando quel folle senso di libertà che le dava cavalcare. Dietro di lei Lena, prima sembrò aggrapparsi a lei con più forza, tanto che Kara pensò di rallentare, poi scoppiò a ridere, una risalta che sembrava riempire il mondo di gioia.

Dopo un poco Kara rimise l’animale al passo e lo diresse lungo la strada reale, verso Nord, aveva un’idea ben precisa sul dove andare. Lena, dietro di lei, la stringeva, in silenzio, ma rilassata.

La notte era limpida, la luna sarebbe sorta solo più avanti e le stelle brillavano nel cielo.

“Non ne ho mai viste così tante.” Mormorò Lena e Kara ruotò per poterla guardare. La donna fissava in alto, la sua espressione però le era preclusa dal velo. “Certo, ruotano, ma era impossibile osservarle tutte, ora invece…” La sua emozione era evidente.

Rimasero in silenzio, cavalcando nella notte fino a quando Kara non notò un particolare del paesaggio.

“Puoi chiudere gli occhi?” Chiese.

È tutta la vita che tengo gli occhi chiusi.” Protestò lei, ma Kara sorrise.

“Solo un istante.” Alla fine la donna annuì.

“Devo fidarmi?” Scherzò e Lena le diede un colpetto con la mano.

“Certo che devi fidarti. Ti do la mia parola: non aprirò gli occhi.”

“Molto bene.” Kara spinse Streaky fuori dalla grande strada battuta, su verso la collina. “Occhi ben chiusi.” Ricordò prima di fermare il cavallo, scendere e aiutare Lena a fare altrettanto. Con attenzione la condusse esattamente dove voleva. “Ora stenditi pancia in su.” La istruì.

“Cosa stai preparando?” Domandò la donna, leggermente preoccupata.

“Ehi, io ho eseguito i tuoi ordini ogni notte del torneo, tocca a te, ora, fidarti.”

Lena non rispose, invece si stese a terra, il volto rivolto verso l’alto.

“Bene, ora farò una cosa…” Posò le mani ai lati del viso di Lena e la donna sobbalzò prendendole i polsi con forza. “Non toglierò il velo.” La rassicurò Kara e la donna, dopo un attimo di esitazione, le permise di continuare. Kara le fece inclinare il collo fino a quando non fu in una posizione decisamente strana.

“Ora.” Le disse, con voce emozionata. “Apri gli occhi.”

Lena obbedì. Ci fu solo il silenzio. Kara inclinò la testa, cercando di capire cos’avesse sbagliato, eppure era perfetto. Il lago tra le colline creava un effetto unico riflettendo il cielo, così che, osservando il cielo sembrava di guardare il mare infinito.

“Il mare…” Disse finalmente Lena.

“Sì! Ti piace? Avevi detto che non lo avevi mai visto quindi… lo so che è un po’ come barare, ma è quasi uguale e…”

Lena si sollevò a sedere.

“Grazie.” Disse e Kara sorrise, perché poteva sentire tutta la commozione nella voce della giovane. “Ho una cosa per te.” Aggiunse poi Lena. “È l’invenzione che ti avrei mostrato questa sera.”

“Oh! Bello.” Disse allora Kara. La donna estrasse un attrezzo curioso che era riuscita a infilare nelle tasche del vestito e portare con sé.

“Tieni, metti queste due parti nelle orecchie.” Kara obbedì, curiosa. Si trattava di uno strumento musicale? Di un qualche bizzarro aggeggio che le avrebbe permesso di... “Appoggia questo al tuo cuore.” Kara obbedì appoggiando la terza estremità al proprio petto, udendo subito, con forte chiarezza, il proprio cuore battere forte e regolare.

“Wow!” Disse estasiata, poi abbassò la mano, colta da un improvviso desiderio, e si allungò andando a posare lo strumento sul petto di Lena.

Il cuore della donna fece un rapido balzo, poi prese a battere più veloce. Quello di Kara lo imitò e la giovane si morse il labbro.

“Batte veloce.” Mormorò Kara alzando gli occhi verso Lena e trovando solo del tessuto. Senza togliere l’attrezzo dal cuore della donna sollevò la mano. “Voglio vedere il tuo viso…” Bisbigliò e il cuore di Lena accelerò ancora.

“No…” La contraddisse lei, bloccando di nuovo il suo polso.

“Ti prego, non credo che potrei trovare nulla di brutto in te, non importa quanto sia terribile la maledizione che ti affligge, io so che sei bella, in ogni modo possibile e voglio… voglio vederti, portare con me il ricordo dei tuoi occhi.” La mano che la tratteneva esitò, poi Lena la lasciò cadere, in un tacito permesso.

Il cuore della ragazza batteva folle nel suo petto, così veloce che sembrava rombare nelle orecchie di Kara. Non che il suo fosse da meno. Ora che era così vicina a vedere il viso di Lena, il suo cuore sembrava volerle sfuggire dal petto.

Lentamente arrotolò il tessuto, ma, prima che potesse scorgere alcunché il battito di Lena tacque e la donna si accasciò su se stessa.

“Lena!” Chiamò lei, spaventata. Rapida la rovesciò sul ventre cercando di capire cosa stesse succedendo, poi sconvolta dall’idea che non respirasse più a causa del velo lo strappò via dal suo viso.

In un solo istante di puro shock si rese conto che era la donna più bella che avesse mai visto, perfetta in ogni linea del viso, poi ignorò quell’informazione decisamente secondaria e si piegò su di lei, ascoltando il suo respiro.

Un debolissimo refolo d’aria le indicò che la donna respirava ancora, ma il suo cuore sembrava rifiutarsi di battere. Senza esitare afferrò la giovane tra le braccia e salì a cavallo, stringendola con forza a sé, poi si lanciò al galoppo verso il castello.

 

 

Note: Eccovi la storia che vi avevo promesso! Spero che vi sia piaciuta questa prima metà, con le sue meraviglie e i suoi misteri, perché ora le cose si fanno difficili… cos’è successo al cuore di Lena? Kara cosa potrà fare contro un cuore che ha smesso di battere? E il viso di Lena, perché non è terribilmente brutto come credeva la giovane? Di che maledizione stiamo parlando?

Fatemi sapere se la storia vi è piaciuta e se siete curiose di scoprire come prosegue!

 

Vi aggiungo l’immagine del castello dal quale ho preso spunto per l’ambientazione, non è bellissimo? Si tratta del Kasteel van Wijnendale e lo potete trovare il Belgio.

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Capitolo 2
*** Un cuore maledetto ***


Un cuore maledetto

 

“Non me la porterete via!”

“Oh, povera illusa.” Alta, algida, bella, eppure terribilmente fredda, sorrise. “L’ho già presa e voi, siete già morta.”

La sua vittima si portò la mano al petto strabuzzando gli occhi, per poi fissare inorridita la coppa dalla quale aveva bevuto.

“Sì, veleno: e sarà lento e sarà doloroso e sarà terribile.” Sorrideva ancora, ma i suoi occhi brillavano di rabbia. “Non avreste dovuto espormi al ridicolo.” Le disse.

La donna, la sua vittima, si trascinò verso la camera nella quale aveva lasciato la sua bambina addormentata, la culla era vuota, la finestra aperta. Occhi pieni di rabbia si fissarono su di lei e una voce terribile uscì dalla gola di quella madre defraudata e tradita da colei che aveva accolto credendola una viandante.

“Il seme dei Luthor io maledisco…”

 

Fu la corsa più folle della sua vita, i suoi occhi lacrimavano per il vento freddo e la cavalcata, ma anche perché aveva paura, così tanta paura di averla persa per sempre, di averla, in qualche modo, uccisa.

“Altolà!” Urlò la guardia, agitando la mano, mentre altri uomini sulle mura del castello puntavano le balestre.

El!” Urlò lei e bastò perché le guardie esitassero. Le oltrepassò in corsa fino a giungere direttamente nel grande prato dove si teneva il banchetto, molti uomini avevano messo mano ai pugnali, visto che nessuno portava le spade ad una festa.

“Aiutatela!” Implorò lei, frenando bruscamente il cavallo. “Non so cos’abbia, vi prego aiutatela.”

Vari nobili riconoscendo lei si fecero avanti, aiutandola a scendere da cavallo mentre ancora stringeva Lena tra le braccia.

“Cosa hai fatto?!” Urlò una voce tra la folla e Kara, malgrado la paura fosse tanta, riuscì a rabbrividire, mentre Lillian Luthor fendeva la folla e arrivava davanti a lei. “Cosa hai fatto, piccola sciocca!”

“Madre.” La richiamò Lex facendosi avanti e prendendo la sorella tra le braccia.

“Aiutate vostra sorella, vi prego, aiutatela.” Supplicò lei e udì appena i mormorii sorpresi tra la folla, ma non poté impedirsi di notare le reazioni quando gli occhi dei signori e delle dame si posarono su quel volto che tanto avevano immaginato trovandolo, oltre ogni aspettativa, bellissimo.

Lord Maxwell si passò la mano sul viso, pensieroso, Lord Spheer batté le palpebre, impallidendo, lady Anna svenne, rovesciando un’intera caraffa di vino e dovette essere soccorsa, Alex strinse la mascella e poi si fece avanti a spintoni fino ad arrivare a lei.

“Cos’è successo?” Chiese con voce tesa, gli occhi che non si fermavano su nulla, pronta all’azione.

“Non lo so… io… volevo solo renderla felice e…” Scosse la testa, incredula, poi nel vedere l’erede dei Luthor allontanarsi cercò di seguirlo, ma le guardie le bloccarono la strada.

“Prendetela.” Ordinò Lillian e gli uomini con le casacche verdi estrassero le spade.

Alex in un secondo aveva due pugnali in mano e non fu l’unica, accanto a lei Winn, J’onn e Sam, stavano facendo fronte comune. Probabilmente anche Mon-El lo avrebbe fatto se non fosse stato ubriaco fradicio sotto un tavolo.

“Lady Zor-El è sotto la mia protezione.” Affermò deciso J’onn. “Non permetterò che venga arrestata.”

“Queste sono le mie terre.” Dichiarò Lillian. “Sovrani sono la mia legge e il mio volere.”

“Il torneo porta con sé la tregua del re. Le vostre terre sono quelle del nostro sovrano, almeno fino all’alba di domani.” Dichiarò l’uomo e Lillian fece una smorfia.

“Molto bene, ma la legge del re non vi proteggerà se mia figlia muore.”

Quelle parole strinsero il cuore di Kara ben più che la minaccia negli occhi e nelle parole della donna.

“Posso restare con lei?” Chiese alla donna che si stava già allontanando. Lillian si voltò, fissandola con uno sguardo di puro odio.

“Non credete di aver già fatto sufficiente danno?” Domandò e poi ruotò su se stessa rientrando all’interno delle mura del castello.

 

Kara si ritrovò in ginocchio sotto il cielo stellato a pregare, pregare Rao, il dio dei suoi antenati, affinché le concedesse quel miracolo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla salvare, ogni minuto temeva di veder arrivare i soldati dei Luthor, non per la minaccia che avrebbero rappresentato, ma per la verità che avrebbero portato con sé: la morte di Lena.

“Dobbiamo andarcene.” Dichiarò per l’ennesima volta Mon-El che sembrava aver recuperato un po’ di sobrietà.

“Non andiamo da nessuna parte.” Rispose decisa Alex. “I Danvers non sfuggono alle loro responsabilità.”

“E nemmeno i J’onz.” Dichiarò l’uomo, lanciando al ragazzo uno sguardo di fuoco.

“Uccideranno Kara e, probabilmente, anche noi nel mentre.” Replicò il ragazzo.

“La giovane Luthor potrebbe vivere.” Commentò J’onz.

“Lady Zor-El.” Kara balzò in piedi.

Lex, attorniato dai suoi uomini la guardò appena fuori dal cerchio di luce creato dal fuoco.

Kara sentì il cuore tremare, ma l’uomo scosse la testa.

“Respira ancora.” Dichiarò e Kara lasciò che un poco di paura scemasse.

“Cosa volete?” Intervenne, dura, Alex.

“Ho bisogno di parlare con voi, di mia sorella.” Kara fece un passo verso di lui, ma Alex si frappose.

“Non verrà da sola.”

“Lo farà se tiene a Lena. Quello che devo dire potrà essere ascoltato solo da un paio di orecchie e, la mia, è una grande concessione.”

“Sì.” Disse allora Kara, poi con gentilezza posò una mano sul braccio di Alex e le sorrise, triste. “Devo farlo.” Mormorò. La donna si morse il labbro preoccupata, ma la lasciò andare.

Assieme all’erede dei Luthor e alla sua guardia armata, Kara si allontanò dal campo dirigendosi verso il castello.

“Mia madre vuole uccidervi.” Le disse l’uomo, quando oltrepassarono le porte.

“Lo so.” Lex la fissò per un lungo istante.

“Eppure siete qua, non siete partita.”

“Sì, ditemi quello che devo fare, qualsiasi cosa e la farò.” Dichiarò. Lex annuì piano, poi la guidò fino ad una stanza elegante, uno studio, probabilmente proprio quello del giovane padrone di casa.

“Sedetevi.” Invitò. Nel vederla rimanere in piedi annuì. “Siete sempre così sinceri nelle vostre emozioni, voi El… così intensi…” Nel vedere la sua perplessità l’uomo sorrise amaramente. “Conosco vostro cugino. Abbiamo amato la stessa donna… ha vinto lui il suo cuore.” Si versò una coppa di vino e poi la sorseggiò, pensieroso, Kara aveva rinunciato alla sua con un cenno negativo della testa.

“Ma non importa ora, quello che importa è che il cuore di Lena non sta battendo.”

“Perché?” Chiese allora Kara.

“Tutti conoscono la Maledizione dei Luthor.” L’uomo fece ondeggiare il vino nel bicchiere. “Nessuno ne conosce il contenuto, è chiaro, a questo ci ha pensato mia madre, persino Lena non ha mai saputo.”

“Crede di essere brutta, le avete fatto credere di essere un mostro! Inguardabile, tanto che nessuno avrebbe retto nel posare lo sguardo su di lei.” Accusò.

“Sì.” Acconsentì l’uomo, senza il minimo rimorso. “Dovevamo darle una ragione… una qualsiasi ragione per non volersi mostrare, per non voler conoscere nessuno. Cosa poteva esserci di meglio se non la sicura repulsione che avrebbe generato nell’altro?” Domandò lui, il tono piatto. Kara strinse il pugno con rabbia.

“Perché le avete fatto questo?” Sollecitò.

“Per salvarle la vita.” La risposta secca di Lex la sorprese, ora l’uomo la fissava con rabbia. “Credete che siamo dei mostri? Credete che era quella la vita che volevo per mia sorella?”

“Io…”

“Voi non sapete nulla!” Dichiarò l’uomo agitando la mano in un gesto secco che tanto le ricordò la sorella.

“Allora ditemi.” Esigette lei. “Ditemi di cosa si tratta.”

“Mia madre vi ucciderà se saprà che siete a conoscenza di questo segreto.” L’avvisò Lex.

“Vostra madre vuole già uccidermi.” Precisò lei e lui annuì, piano.

“Molto bene.” L’uomo si alzò e le diede la schiena, osservando i lontani fuochi del campo dei cavalieri. “Quando avevo undici anni mio padre dovette partire, rimase lontano da casa molti mesi. Io non seppi mai cosa lo spinse a…” Scosse la testa. “Non importa, quello che conta è che mia madre scoprì che in quei mesi mio padre non era rimasto fedele al letto coniugale.”

Kara, malgrado la situazione, arrossì. Non era un segreto da poco, avrebbe portato vergogna ai Luthor, sminuito la loro influenza politica ed economica e reso Lillian Luthor uno zimbello per le malelingue.

“E da questa infedeltà era nata una bambina.”

“Lena…” Bisbigliò lei. Lex si voltò e annuì.

“Lena.” Confermò. “Mia madre la strappò all’amante di mio padre, affermando che se era una Luthor allora sarebbe stata sua, ma non si limitò a prendere Lena… uccise la donna con del veleno.”

L’omicidio era punibile con la morte che fosse un nobile a compierlo o un paesano, se ci fossero state prove di quel crimine Lillian avrebbe dovuto incontrare il boia.

“Ma la madre di Lena non era una donna qualunque, era una maga… nelle sue vene scorreva la magia e questa magia si legò al veleno. Le sue ultime parole furono una maledizione.”

“Perché maledire la propria figlia? Che colpa ne aveva lei?” Intervenne Kara, incredula che una madre potesse fare una cosa simile.

“Oh, la Maledizione non era per Lena, la Maledizione era per me.” Lex si passò la mano sulla testa, completamente priva di capelli. “Ma mia madre è una donna tenace ed è riuscita a spostare la Maledizione sull’altra erede dei Luthor, sull’altra figlia di Lionel: Lena.”

“Ha condannato una bambina in fasce.” Si rese conto, incredula.

“Per salvare suo figlio, l’erede al titolo e ai possedimenti di un’intera nobile casata.” Dichiarò con decisione Lex.

Kara scosse la testa, tutta quella storia confermava la pessima reputazione dei Luthor, ma non avrebbe mai immaginato che Lillian avesse potuto macchiarsi di crimini così grandi.

“Perché la Maledizione ha colpito adesso? Cosa diceva?” Chiese Kara, mettendo da parte i pensieri su Lillian, rendendosi conto che in quel momento solo Lena era importante.

 

 “No!” Urlò Lillian afferrando il pugnale e uccidendo la donna, ma era tardi, troppo tardi.

Al suo urlò un uomo entrò dalla stanza, un pugnale che brillava nel suo pugno, pronto ad uccidere per la sua signora, anche con una bambina ancora in fasce addormentata tra le braccia.

“Era una maga! Non mi hai detto che era una maga!” Lo aggredì lei e lui scosse la testa, sorpreso.

“L’ho sorvegliata per tre mesi, non ha mai fatto nulla per mostrare…”

Gli occhi di Lillian si muovevano rapidi e poi si fissarono sulla bambina.

“Lei. Spostala su di lei.”

“Mia signora…” L’uomo esitò, ma gli occhi della donna brillavano terribili e lui obbedì, posò il fagotto per terra accanto al corpo della madre e intinse le dita nel sangue che macchiava il pavimento. Con un gesto deciso strappò la propria camicia esponendo l’amuleto verde che brillava al suo collo e tracciò rune magiche sulla fronte della neonata.

Esitò e fissò Lillian Luthor che annuì secca, allora chiuse gli occhi.

“Che ciò che il tuo sangue porta sia tua eredità.” Per un istante ancora l’amuleto brillò al petto dell’uomo, poi si spense.

“Questo è il mio dono per te, Lena Luthor.” Disse allora la donna, prendendola tra le braccia. “Tu laverai la colpa di tua madre portando la Maledizione dei Luthor.”

 

“Il seme dei Luthor io maledisco: se amore toccherà il suo cuore che quello stesso cuore freddo diventi e che gli ultimi momenti passati in solitudine siano lunghi e sofferenti.” La frase risuonò nell’aria carica di veleno, anche se a pronunciarla era stato solo Lex e non una maga che stava morendo. Kara rabbrividì malgrado la stanza fosse calda. Lex ora la guardava dritto negli occhi. “Lena non può amare”

Kara lo guardò per un lungo istante, in silenzio. Il suo cuore batteva veloce, mentre comprendeva cosa, quella semplice frase, significasse.

“L’abbiamo esiliata nella sua torre, impedendole qualsiasi contatto umano, assicurandoci che lei stessa lo reputasse impossibile a causa del suo aspetto credendo che, così, non avrebbe mai amato. Ma voi, lady Zor-El, siete entrata nella sua stanza, voi l’avete…”

“Fatta innamorare.” Mormorò Kara, le guance rosse, il cuore che batteva. “No… io…”

“Voi l’avete uccisa. Il veleno racchiuso nel suo cuore si sta espandendo nel suo corpo, lo stesso veleno con cui mia madre ha ucciso la sua. Un veleno senza antidoto che blocca il cuore, ma impedisce al corpo di morire se non dopo ore, giorni, di agonia.”

“No, no!” Si oppose Kara. “Deve esserci un modo per salvarla, c’è sempre un modo!”

“Volevo che voi lo sapeste.” Concluse Lex, ignorando le sue parole, le sue proteste. “Amo mia sorella, farei qualsiasi cosa per lei, ma so che il suo cuore non batterà più.”

Kara scosse la testa, avrebbe voluto poter cavalcare verso un artefatto magico, magari un’erba magica, un antidoto qualsiasi, avrebbe sfidato qualsiasi creatura, qualsiasi avventura pur di salvarla.

“Farò quals…”

“Abbiamo avuto ventiquattro anni per cercare un antidoto, volete spendere queste ultime ore con lei o alla folle ricerca di qualcosa che non esiste?” Il tono di Lex era duro adesso, ricordando quello della madre, così diverso da quello di Lena.

“Mi permetterete di…?” Chiese, Kara, esitante.

“Sì. Vi ama, questo è chiaro, e qualsiasi sia il sentimento che voi nutriate per Lena di certo tenete a lei.”

Kara trangugiò a vuoto torturandosi le mani.

Cosa provava per Lena? Neanche lei lo sapeva! Ma una cosa era chiara, voleva starle accanto.

Annuì all’erede dei Luthor che la condusse lungo i corridoio del castello, su fino alla torre che ormai aveva imparato a conoscere. Questa volta, però, la stanza era illuminata da molte candele e Lena non era solo un’ombra, ma una pallida figura stesa nel letto.

Una servitrice le stava accanto, ma al cenno di Lex si alzò e se ne andò.

“Non ha bisogno di cure particolari. Il veleno agisce lento, ma inesorabile, la vera sofferenza non è nel corpo, ma nella sua mente. Rimanetele accanto e, forse, soffrirà un po’ di meno.”

Lex guardò la sorella per un lungo istante, poi si piegò su di lei e le posò un delicato bacio sulle fronte.

“Avrei dovuto esserci io… credimi, vorrei poter essere io.” Mormorò. Poi si alzò di scatto e se ne andò, con passo deciso, la schiena ritta, l’espressione di ferro.

Kara si chiese se fosse sincero, poi scosse la testa, non era importante. Si inginocchiò accanto a Lena e le prese la mano intrecciandola con la sua.

“Sono qui.” Mormorò. “Non vado via, neanche l’alba mi scaccerà dalla tua stanza questa volta.”

Rimase in silenzio aspettando un miracolo, aspettando che gli occhi della giovane si aprissero.

Non li aveva mai visti, si rese conto all’improvviso. Saranno stai azzurri come quelli del fratello? Ma lui aveva gli occhi della madre, dunque scuri come quelli di Lionel? Ricordava di averlo visto, una volta, a corte. Oppure aveva gli occhi di sua madre? O, ancora, aveva occhi che solo lei possedeva? Kara era sicura che, comunque fossero stati, avrebbero illuminato il suo viso rendendolo la cosa più bella al mondo da guardare.

“Se solo tu sapessi quanto sei bella…” Mormorò, alzò la mano e le sfiorò le linee del viso, come non aveva mai potuto fare prima. “Darei qualsiasi cosa per poterti risvegliare.”

Sospirò, poi ricordò cosa aveva nella tasca ed estrasse lo strano attrezzo per sentire il cuore. Lo sistemò nelle proprie orecchie e poi appoggiò, con delicatezza, l’estremità sul cuore di Lena. Chiuse gli occhi e attese.

Nella sua mente poteva ricordare con facilità il momento in cui lo aveva sentito battere per la prima volta nel petto di Lena, andava già così veloce… Aveva paura che lei le togliesse il velo. Kara corrucciò la fronte, no, anche prima che lei le chiedesse di togliere il velo il cuore di Lena batteva veloce…

Innamorata.

Questo aveva detto Lex. Lena si era innamorata di lei. Sentì le guance scaldarsi, ma tenne gli occhi chiusi. Lei, cosa provava? Il suo cuore batteva rapido quando Lena rideva, batteva rapido quando le loro mani si sfioravano, anche solo per un istante, era così bello riuscire a…

No, non poteva essersi innamorata di…

Aprì gli occhi e guardò la giovane, era così bella, così perfetta, eppure lei l’aveva amata prima, prima di vedere quel viso magnifico, l’aveva amata quando era solo un’ombra tra le ombre.

Una lacrima le scivolò lungo la guancia, mentre Kara capiva, capiva che stava per perdere la donna di cui si era innamorata.

Sfilò dalle proprie orecchie quel curioso oggetto e lo sistemò a quelle di Lena poi appoggiò l’estremità al proprio petto. Sapeva che il suo cuore batteva regolare.

“Lena… lo senti?” Chiese. “Lascia che batta anche per te…” Mormorò. Cercò una traccia, una qualsiasi che indicasse che la giovane avesse sentito, ma non ci fu nulla che cambiò.

“Ti prego Lena, ti prego, il mio cuore è già tuo!” Le prese la mano e la strinse portandosela alle labbra e baciandone le nocche.

“Ti amo…” Bisbigliò e il suo cuore batté veloce. “Ti amo!” Disse più forte, più sicura.

Il suo cuore ebbe uno spasimo. Kara annaspò, poi si portò la mano al petto, sorpresa. Un secondo spasimo più forte la fece gemere di dolore. Ma un altro gemito la sorprese, alzò la testa e vide Lena che si stringeva il petto, gli occhi sgranati.

“Lena!” Riuscì a dire. “Ti amo!” Ripeté e fu attraversata da un terribile dolore.

“Morirai anche tu!” Le disse allora la giovane, ansimando di dolore, gli occhi cha la fissavano spaventati. “Ti prego, smettila.” Supplicò, poi si rese conto della luce e si portò le mani al volto, sconvolta all’idea che lei l’avesse vista.

“Ti amo.” Dichiarò allora Kara con tutta la forza e la serietà che poté esprimere anche con quell’atroce dolore al petto. “Ti avrei amato anche se tu fossi stata bruttissima e, oh, credimi, non lo sei! Il tuo viso Lena è bellissimo!” Strinse i denti sopportando un’altra fitta. Lena era sveglia, se era sveglia, forse poteva salvarla.

“Ti amo, Lena, ti amo.” Ogni parola portò con sé nuovo dolore, Kara ora giaceva a terra gli occhi chiusi. “Ti amo.” Disse i denti stretti dal dolore.

Due mani si strinsero attorno al suo viso e lei aprì gli occhi specchiandosi in quelli di Lena. Erano belli, pieni di paura e terrore, ma belli, belli come non avrebbe mai potuto immaginarli.

“Ti amo.” Bisbigliò e fu presa da un altro spasimo.

“Smettila, Kara!” Intimò Lena.

“No. Ti amo.” Il dolore fu tale che attorno a lei la stanza divenne buia, ma due labbra si appoggiarono sulle sue e Kara rinvenne.

“Io amo te, sciocca e pazza ragazza!” Dichiarò Lena. Aveva le lacrime agli occhi, ma stava anche sorridendo. Kara vide il dolore che quelle parole le procurarono e scosse la testa.

“Lena, permettimi di salvarti.”

“No.” Affermò allora la giovane. “Non mi importa di morire.”

“Mi dispiace tanto… se avessi saputo che quello che proviamo ti avrebbe uccisa non avrei…” Lena le appoggiò le mani sulle labbra scuotendo la testa.

“Non dirlo, grazie a te ho potuto vivere, grazie a te ho potuto assaporare cosa significasse esistere. Tu mi hai vista dentro un’ombra e quell’ombra hai illuminato… se devo morire per aver avuto il privilegio di innamorarmi di te, allora, così sia.”

“Lascia a me questa Maledizione” Le supplicò Kara.

“No.” Lena sorrise, dolcemente. “No, perché ti amo.” Il suo pugno si strinse nel dolore, ma lei non cedette.

“Kara!” La voce di Alex sorprese entrambe, la giovane colpì il vetro della finestra, lo ruppe e si precipitò nella stanza. “Cos’è successo, cos’hai?” Le domandò, aiutandola a sedersi, gli occhi che passavano da lei a Lena.

“Credo di aver detto o fatto qualcosa che ha passato la Maledizione anche a me.”

“Tu hai cosa?” Chiese Alex e il suo viso si scurì di rabbia. “Lo sapevo che non dovevo lasciarti andare!”

“Ho cercato di impedirglielo.” Specificò Lena. Alex la guardò e poi aiutò anche la giovane a sedersi, la schiena appoggiata al letto.

Kara ruotò la testa e sorrise, poi tese la mano e la intrecciò con quella della giovane Luthor.

“Sono innamorata di lei.” Ammise e io suo cuore si torse di dolore.

Alex scuoteva la testa, incapace di comprendere.

“Sono venuta a portarti via.” Disse, ma era chiaro che non era più sicura neanche lei.

“Non vado da nessuna parte senza Lena.” Specificò subito Kara.

“E mia sorella non si muove da…” Lex aveva aperto la porta e parlato con forza, ma ora si bloccò nel vedere la sorella sveglia, anche se dolorante. “Cosa…? Com’è possibile?” Chiese, inginocchiandosi.

“Mi avete mentito, fratello.” Kara strinse un poco la mano di Lena nel sentire un dolore, differente da quello fisico, nel suo tono.

“Volevo proteggervi.” Disse allora lui, scuotendo la testa.

“Proteggermi?” Insistette lei.

“L’amore vi avrebbe uccisa.” Spiegò Lex. Alex corrugò la fronte, passando lo sguardo dalla sorella adottiva a Lena, comprendendo un po’ meglio quello che stava accadendo.

“Non credete che avrei dovuto scegliere io?”

“Lena…” Lex scuoteva la testa, ma la donna, malgrado la sofferenza, lo fissava con aria ferma, decisa, il viso pallido, ma gli occhi che brillavano.

“Avrei scelto una vita vera, aspettando con gioia il momento in cui il mio cuore, fermandosi, mi avrebbe detto che avevo conosciuto l’amore, che era lei, lei la donna che aspettavo.” Una smorfia di dolore seguì le sue parole e Kara sorrise, perché, malgrado tutto quel dolore significava che era vero, che il loro amore era reale.

“Mi dispiace.” Mormorò Lex.

“Molto bene, ma adesso cosa facciamo?” Alex incrociò le braccia, decisa. “Non lascerò che mia sorella muoia.”

“Lena non dovrebbe neppure essere sveglia e non so come Lady Zor-El abbia spostato su se stessa parte della…” Si interruppe, corrugò la fronte e poi i suoi occhi scesero verso le mani delle giovani, intrecciate. “Voi l’amate!” Esclamò, sorpreso.

Luthor, tieniti i tuoi pregiudizi per…” Iniziò Alex, facendo un passo avanti, ma Lex scoppiò a ridere.

“Voi vi amate! Questo, questo non era qualcosa a cui avevo pensato. Posso?” Chiese, allungando la mano verso il petto di Kara.

Alex posò la mano sul pugnale, ma l’uomo aveva alzato entrambe le mani e ora guardava le due giovani sedute a terra in attesa del permesso.

Kara annuì e Lena la imitò, l’erede dei Luthor chiuse gli occhi e posò le mani sui cuori delle due donne.

Un sorriso illuminò il suo viso.

“All’unisono.” Mormorò, poi si tirò indietro. “Incredibile…” Disse, gli occhi che brillavano.

 “Possedete della magia, lady Zor-El?” Domandò poi.

“No, i miei genitori erano alchimisti.”

“Dunque…” Lex ruotò lo sguardo su Lena. “Oh, ma certo!” Sembrava entusiasta, come se un rompicapo sul quale ragionava da anni si fosse risolto sotto i suoi occhi, finalmente. “Il tuo sangue, la tua eredità, non solo la Maledizione dei Luthor, ma anche la magia di tua madre.”

“Di cosa stai parlando?” Lena fissava il fratello senza comprendere.

“Vi spiegherò ogni cosa, quello che conta, adesso, è che in qualche modo lady Zor-El vi ha offerto il suo cuore e voi l’avete preso, ma, non contenta, gli avete dato il vostro.”

“Potete dirmi cosa diavolo state borbottando?” Esclamò, impaziente, Alex.

“Hanno diviso i loro cuori, metà malato, metà sano in ogni petto: due cuori divenuti uno solo.” Spiegò, allora lui, un ampio sorriso sulle labbra.

“Vivranno?” Chiese Alex, arrivando al punto che più interessava loro.

“Non lo so, ma, ora, hanno una possibilità.”

Alex fece una smorfia, ma Kara ruotò il viso verso Lena e sorrise.

“Dunque sei una maga… Ho sempre saputo che i tuoi marchingegni erano magia e non scienza.” La giovane Luthor rise, divertita, una mano che si stringeva il petto, l’altra ancorata a Kara. “Sopravvivremo.” Mormorò allora Kara.

“Perché ne sei così sicura?” Chiese Lena, osservandola, malgrado tutto, con un sorriso sulle labbra.

“Perché voglio passare tutta la mia vita a farti ridere.”

 

Il veleno non si lasciò sconfiggere facilmente, ma quando sorse l’alba Kara e Lena erano vive e il dolore si stava lentamente attenuando.

“Devo parlare con nostra madre.” Disse Lex, dopo aver compreso che sarebbero sopravvissute.

“E io devo parlare con J’onn.” Concordò Alex, entrambi si voltarono verso le sorelle, l’aria preoccupata.

“Sarebbe tanto chiedervi di non fare sciocchezze mentre non ci siamo?” Domandò Alex.

“Temo sia come chiedere al sole di non sorgere.” Sospirò Lex, un sorriso sulle labbra. “Ci terrei a precisare però, che è stata vostra sorella ad avere una pessima influenza sulla mia.” Mentre si allontanavano Kara e Lena li ascoltarono discutere su chi avesse la sorella migliore.

“Tuo fratello è bravo con i pugnali?” Chiese Kara, dopo un poco.

“Sì… perché?”

“Perché Alex è molto brava…” Il suo viso preoccupato fece sorridere Lena.

“Non si uccideranno.” La rassicurò. Rimasero in silenzio ancora un poco, poi Lena prese di nuovo la parola. “Ora che siamo sole… posso chiederti una cosa?” L’esitazione e la titubanza nel tono di Lena fecero corrugare la fronte a Kara, che annuì. “Hai detto che… quando hai visto il mio viso, hai detto che era… voglio dire…”

“Oh, Lena…” La ragazza aveva abbassato il volto, le gote leggermente rosse, ma ora alzò gli occhi incrociando i suoi. Kara sorrideva. “Lena Luthor, sei la donna più bella che io abbia mai visto e non lo dico perché sono innamorata di te e, adesso, a quanto pare, abbiamo lo stesso cuore, ma lo dico perché è l’assoluta verità.”

“Parola di El?” Chiese allora Lena con un ampio sorriso.

“Decisamente parola di El!” Assicurò Kara.

Rimasero in silenzio, a guardarsi, poi Lena si morse il labbro.

“Posso baciarti, lady Zor-El? Perché prima l’ho fatto mentre stavi per svenire e non credo che sia stato proprio…” Fu interrotta dalle labbra di Kara che si scontrarono con le sue.

Sorrisero entrambi, nel bacio, perché i loro cuori, in perfetta sincronia, iniziarono a battere veloci.

Kara si separò sconvolta da un’idea.

“Tua madre vorrà ancora uccidermi?” Chiese e Lena scoppiò a ridere.

“Probabile.” Affermò e poi prese il viso della giovane e lo attirò di nuovo a sé.

“Posso sempre scalare la torre…” Disse Kara, evidentemente persa nei suoi pensieri. Lena sorrise ancora di più.

“Non è una porta quella, lady Zor-El.” Bisbigliò.

Kara arrossì e sorrise, ricordando il loro primo incontro, poi le loro labbra si trovarono di nuovo e non ci fu più spazio per altro che non fossero i loro cuori e il loro amore.

 

 

Note: Anche questa volta la storia giunge al termine.

Inizio subito scusandomi per gli eventuali errori, non ho avuto il tempo di rileggerla, ma non potevo rimandare ancora la pubblicazione, avevo detto presto e presto doveva essere. ;-)

 

Vi aspettavate questa origine e questo contenuto per la maledizione? Cosa ne dite di questo finale?

Vi è piaciuto il ruolo dei due fratelli? E le nostre protagoniste?

Fatemi sapere!

 

P.S. Lady Anna, ti sei riconosciuta? ;-)

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