Una nuova imbranata insegnante

di Aletorre22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 Tailleur nero? No, troppo formale. Un jeans per stare comoda? No, troppo caldo. Quei pantaloni beige leggeri abbinati a quella maglia blu? No, non mi convincevano. Scrutai attentamente i vestiti buttati sul letto, alcuni stropicciati, altri meno. Non avevo completamente idea di cosa indossare per il primo giorno di lavoro, che incubo. Mi girai di scatto verso l'orologio appeso alla parete dietro di me: "Oh merda!", urlai. Non potevo perdere altro tempo, dovevo decidere in fretta, ero in super ritardo. La preside della scuola mi aveva avvertita di essere puntuale almeno il primo giorno di scuola, così da poter conoscere gli altri professori della classe in cui avrei insegnato e coordinarmi con loro. Ovviamente la mia indole ritardataria aveva preso il sopravvento: avevo sentito la sveglia, ma notando che non erano neanche le sette, avevo deciso di rimanere a letto qualche minuto in più, addormentandomi. Per fortuna che sentii squillare il telefono di casa, altrimenti non mi sarei più svegliata; mia madre voleva assicurarsi che fossi pronta per il mio primo incarico e darmi l'in bocca al lupo. Sorrisi tra me e me ripensando a quanto fosse stata dolce nei miei confronti.

Frettolosamente presi tutti i vestiti sul letto, alcuni li raccolsi da terra e li gettai dentro l'armadio, decisa a sistemarli meglio quando sarei tornata a casa. "Oh e questo?" dissi a bassa voce. Mi avvicinai per guardarlo meglio, era davvero fantastico, perfetto per quella calda giornata. Un vestito semplice, altezza ginocchio per non essere troppo volgare, color bianco sporco. Si intonava anche con il residuo di abbronzatura estiva. Dopo essermi truccata rapidamente senza guardarmi allo specchio, misi tutto l'occorrente nella borsa e mi affrettai verso l'uscita. Entrai in macchina e misi la radio a tutto volume. Ero molto euforica, nervosa, ma allo stesso tempo contenta. Dopo la laurea in lingue non ero riuscita a trovare lavoro in quel campo, ma volendo essere autonoma, avevo affittato una villetta piccola e comoda nella zona centrale della città, pagando delle rate mensili grazie ad una serie di lavoretti part- time e l'aiuto dei miei genitori. Ora avevo compiuto da poco 30 anni ed avevo ottenuto anche un buon lavoro: più di contenta di così?

Finalmente arrivai nella scuola, lo stesso liceo che avevo frequentato da ragazzina. Provai un'emozione così grande nel varcare quella soglia, molti ricordi mi ritornarono alla mente. Pippo, il bidello grosso e gentile, che probabilmente era stato sostituito da quella donna minutina che stava pulendo per terra, Paolino l'uomo delle pizzette, Sara la segretaria dai capelli blu. Lei si che me la ricordavo bene, era una gran donna, molto simpatica. Girovagai per i corridoi in cerca della stanza della preside, ma non sapevo dove andare e per di più ero in ritardo. Era tutto vuoto, non vidi nessuno fuori dalle aule; l'unica persona in circolazione era quella bidella bassina.
"Buongiorno, sono la nuova insegnante di inglese. Sa dove posso trovare la presidenza?" le domandai sorridendo. Nessuna risposta. "Scusi, sto parlando con lei signora.." Ancora niente. Le toccai la spalla e finalmente si girò squadrandomi e continuando a non rispondermi mentre masticava una gomma. "Guardi sono molto in ritardo, se fosse così cortese da potermi indicare la stanza della preside, mi farebbe un gran favore" dissi con calma, senza lasciare trasparire la mia esasperazione. Si degnò di rispondermi così: " Bè, ti sembro mica l'ufficio informazioni? Cercala da sola" e si rigirò dall'altro lato. Sospirai e provai a salire le scale confusa. Assalita dalla preoccupazione dell'essere rimproverata per la mia mancata puntualità, non feci caso all'ultimo scalino, me ne accorsi troppo tardi e caddi letteralmente per terra, sbattei il mento e gemetti. Menomale che non mi aveva vista nessuno, cercai di rasserenarmi e mi alzai pian piano. Troppo presto, quel mio pensiero era arrivato troppo presto. Sentii una risatina soffocata seguita da qualche parola: " E quest'angelo biondo piovuto dal cielo? E caduto per terra?". Mi si avvicinò un ombra, che neanche degnai di uno sguardo, perché mi si illuminarono gli occhi nel leggere di fronte a me : "PRESIDENZA" . Mi diressi verso quella stanza, senza neanche rispondere al poveretto..poveretto? Si era preso pure gioco di me! Non potevo farmi rovinare questo giorno e decisi di non pensarci troppo, perché sarei potuta ritornare sui miei passi e dirgliene quattro.
Dopo avermi accolta ed essermi subita una breve ramanzina dalla preside per il ritardo, mi scusai assicurandole che non sarebbe più capitato. Fu un momento molto imbarazzante, soprattutto perchè le raccontai ridendo della caduta e le chiesi del ghiaccio. Ornella, la preside così si chiamava, mi accompagnò verso l'aula che mi spettava, la quinta E. Sorrise, dicendomi di avere pazienza con quei ragazzi molto chiassosi ed entrai.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


~~Ero seduta alla cattedra da un quarto d'ora e i ragazzi continuavano a parlare come se niente fosse. Inizialmente quando entrai, si erano girati tutti verso di me, qualcuno fischiando, qualche altro mi guardò perplesso e dopo qualche secondo persero il loro interesse nei miei confronti. Avevo anche provato a presentarmi e fare l'appello, ma nessuno mi aveva risposto tranne quelle due ragazzine sedute al primo banco molto composte. Luisa Marchetti e Fabiola Speranza, mi sembra si chiamassero così. Una delle mie doti era quella di memorizzare velocemente i nomi attribuendoli alle persone; almeno quello sarebbe stato un gioco da ragazzi, se anche gli altri si fossero presentati.. Sarebbe stato molto più semplice iniziare con un classe più piccola, non con una quinta liceo svogliata e irrispettosa, composta da 12 maschi e 3 ragazze. Ah no, forse 4 ragazze, pensai. Fissai attentamente una persona seduta in ultima fila, nonostante avesse i capelli molto corti e portasse un cappello in testa, aveva i lineamenti femminili, ma solo quelli, per il resto aveva il portamento di un ragazzo. Se ne stava sdraiata sulla sedia con i piedi allungati verso il banco e ascoltava musica con gli auricolari, mentre il suo compagno cercava di parlarle senza essere ascoltato.
"Ahi, ahi" sospirai. Se solo la loro professoressa non avesse accettato il trasferimento in un liceo più vicino casa, io non sarei qui, e neanche in un'altra classe. Gli altri insegnanti di inglese non avevano ora disponibili per poter fare lezione in questa classe e così avevano chiamato me. Queste furono le parole della preside, dispiaciuta per avermi potuto assegnare solo una classe e per giunta proprio questa, una delle più indisciplinate. Mi aveva proposto nelle ore buca, che sarebbero state molte, visto che la classe aveva lezione di inglese solo 3 volte a settimana, di andare a fare supplenza in altre qualora fossero mancati i professori. Questa giornata aveva preso ormai una piega sbagliata e al suono della campanella la maggior parte uscii dalla classe, tranne qualcuno che rimase, tra cui le due ragazze del primo banco. Mi avvicinai a loro volendo instaurare una minima conversazione
"Ciao ragazze! Ma gli altri si comportano sempre così?" chiesi impaurita leggermente.
"Si professoressa" rispose prontamente Luisa. "Solo con il professore di scienze stanno con due piedi in una scarpa, incute terrore. Ah e anche con la coppietta non si comportano tanto male, ma per il resto sembra uno zoo" aggiunse. Fabiola annuiva solamente.
"Ottimo, ci sarà di divertirsi allora.." affermai con un sorriso debole. "La coppietta? Chi sarebbero? Ancora non ho avuto modo di conoscere gli altri colleghi" riflettei.
Non fecero in tempo a darmi una risposta, che entrambe sobbalzarono e io con loro udendo delle urla forti.
"COSA DIAVOLO CI FATE FUORI DALLA CLASSE? SUBITO DENTRO! UNA BELLA NOTA NON VE LA LEVA NESSUNO!!"
Entrò un uomo pelato molto alto sulla cinquantina tutto rosso in viso.
"Lei deve essere quella nuova, immagino. Piacere Giacomo Conti, insegno scienze" e mi tese la mano.
"Si, oggi è il mio primo giorno e ho sentito già parlare del caro prof di scienze, qualche lezione sul metodo mi fare comodo " scherzai. "Posso darle del tu? Non mi sento molto a mio agio con i formalismi".
"Certo figurati! Comunque quando vuoi sono a disposizione, questi ragazzi devono essere messi in riga, non si può andare avanti così, altro che maturità..li rispedirei immediatamente all'asilo. Ah, aspetti, quanto inauguriamo questo nuovo anno con una nota di classe" rise divertito.
"No, dai non c'è bisogno, è stata colpa mia che non sono riuscita a mantenere l'ordine in aula, mi dispiace veramente. Per questa volta possiamo chiudere un occhio?" tentai di convincerlo. Sicuramente avrebbe fatto bene, però non me la sentivo di essere reputata come una professoressa stronza, senza neanche che mi conoscessero.
Si girò verso la classe e annunciò:" Per oggi siete salvi. Ringraziate la vostra insegnante Torini. Tranquilli che la prossima volta non ci sarà nessuno a salvarvi". Poi mi disse all'orecchio :"Gli occhi dolci con me non attaccano, quindi puoi anche risparmiarmeli. L'ho fatto solo perchè anche io ci tengo ai miei ragazzi, anche se non si vede". Mi fece cenno di andarmene, dopo averlo ringraziato ancora.
Fuori dall'aula decisi di provare il bar nel cortile, dovevo pur occupare il mio tempo in qualche modo fino alle ore 11, così durante la pausa della ricreazione avrei potuto conoscere gli altri miei colleghi e confrontarmi con loro. Rimasi meravigliata nel vedere quella stanza, piccola ma carina. Ai miei tempi non esisteva il bar dentro la scuola e alla fine delle lezioni correvamo tutti da Paolino che ci aspettava con un carrello piene di pizzette da mangiare, veramente buone.
 Mi avvicinai al bancone, ordinai un caffè e lo sorseggiai con calma seduta ad un tavolino.
"Ti dispiace se mi siedo qui? Solitamente occupo questo posto, sono un tipo abitudinario" mi chiese una donna, poco più grande di me, grassottella con una faccia buffa e due grandi occhi blu scuro. 
"Volentieri, nessun disturbo" accettai felice. Una donna con cui poter scambiare due chiacchiere finalmente. Parlammo del più e del meno e scoprimmo di insegnare lingue entrambe nella stessa classe, lei spagnolo e io inglese. Era una persona veramente piacevole. Anche lei come me aveva molte ore buca, però a differenza mia aveva tutta la sezione a sua completa disposizione, ma non riusciva proprio a farsi ascoltare dagli alunni, erano anni che ci provava e ormai si era rassegnata. Non sapeva comportarsi in modo duro con i ragazzi.  Mi raccontò anche degli altri nostri colleghi, aggiungendo qualche pettegolezzo, così da essere preparata per quando li avrei conosciuti.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


~~L'aula professori era molto affollata, tra chi scriveva al computer portatile, chi invece preferiva prendere appunti cartacei, chi faceva uno spuntino e chi riuniti in gruppetti discuteva.
 Secondo quanto mi aveva raccontato al bar Elena Saffi di spagnolo, avevo già inquadrato 3-4 colleghi.
In fondo all'ampia stanza c'erano una donna e un uomo intenti a litigare. Lei portava dei capelli castani sollevati con una pinza, era alta e snella con un nasino alla francese e un grosso neo vicino. La sua voce squillante aggrediva un uomo girato di spalle con i capelli ormai grigi, che rispondeva, invece, in modo molto pacato con un accento del Nord. Portavano le fedi, dovevano essere sicuramente Flavia Costa, prof di matematica, e Lorenzo Lentini, prof di italiano. Entrambi quarantenni, erano due tipi agli antipodi come caratteri, lei sembrava la vispa teresa e lui un bradipo  tranquillo, ma come si sa gli opposti si attraggono e così anche nel loro caso. Me li aveva descritti usando proprio queste parole e vedendoli confermai tutto.
Dall'altra parte, invece, estraniato dal resto del mondo, con una penna in mano e la testa fra le nuvole, c'era un uomo giovane con una massa di capelli neri ricci, se non sbaglio doveva chiamarsi Matteo Vitale, anche se di vitale non aveva proprio niente. Sul suo conto non si sapeva molto, era un tipo taciturno e questo era il secondo anno che insegnava latino e greco. Alzò gli occhi dal quaderno su cui scriveva e i nostri sguardi si incrociarono per un secondo, ma poi si chinò nuovamente a scrivere. Non era un tipo niente male da quello che avevo potuto notare quando mi aveva guardata. Aveva un fascino tutto suo, misterioso, dallo sguardo profondo. Avrei avuto sicuramente altro tempo per studiarlo meglio.
La mia attenzione si diresse poi verso una cerchia ristretta di gente tutte attorno al professore di religione, dedussi subito che era lui da come era vestito. Mi era stato descritto un po' come il padre di tutti che dispensava consigli a chiunque ne avesse bisogno sia adulti che soprattutto giovani. I ragazzi si fidavano cecamente di Alberto; si faceva chiamare solo per nome anche da loro. Peccato che questo era il suo ultimo anno e che poi sarebbe andato in pensione. Tra le altre persone riconobbi anche il prof di scienze Giacomo Conti, che avevo conosciuto prima, mentre rideva e scherzava con un uomo non identificato, ma quando ci vide si irrigidì. Elena mi aveva accennato solamente quanto fosse diventato scorbutico con gli studenti e alcuni insegnanti, da quando era stato lasciato dalla moglie almeno 6 anni fa; con altri invece non lo era, ma di certo lei non rientrava tra questi, si comportava in maniera molto strana, non le parlava e la salutava a tratti. Pensava di stargli antipatica e non ne sapeva il motivo, ma non aveva mai approfondito l'argomento, perché l'unica persona che le interessava veramente era il bel prof di educazione fisica. Non mi aveva confidato di questa sua cotta perché in fin dei conti ci conoscevamo da solo due ore, ma lo immaginavo da come me ne aveva parlato, l'aveva descritto in ogni minimo particolare, sottolineando più volte il fatto che fosse single e il modo in cui tutte le alunne lo mangiavano con gli occhi. Era il più giovane della scuola, 34 anni, anche se ora ero subentrata io con i miei 30 e quindi aveva perso la carica diventando il secondo più giovane; lei invece era più grande, ne aveva 42.
Guardandomi attorno non ero riuscita a trovare nessuno che corrispondesse alla sua descrizione:  fisico scolpito, molto alto, spalle larghe, vestito in tuta, sempre con il sorriso sulle labbra che avrebbe fatto sciogliere chiunque, capelli castano chiaro mai in ordine, occhi di un azzurro limpidissimo in cui potersi specchiare e un sedere che parlava da solo. Unica pecca era il naso, non perfettamente dritto, con una piccola gobba, che si adattava lo stesso con la forma del viso. Secondo la prof di spagnolo, aveva anche un bel carattere aperto, simpatico e dalla battuta pronta, appassionato di qualsiasi sport ma forse un po' troppo competitivo. Ah, sosteneva anche che non se la tirava per niente e che dovevo vedere per credere.
Chissà forse oggi era il suo giorno libero e a scuola non era venuto. Peccato mi sarebbe piaciuto vederlo e poter confermare le sue parole.
Ad un certo punto mi sentii toccare un braccio e vidi la Costa con al seguito l'ipotetico marito:
"Ciao! Io sono Flavia e lui Lorenzo, che bello poterti conoscere! Stamattina abbiamo parlato con la preside che ci aveva accennato del tuo arrivo, sei Marta Torini no? Sicuramente" rise e continuò a parlare come un fiume in piena "volevo scusarmi a nome di entrambi per esserci fatti trovare mentre litigavamo, ma come dobbiamo fare con questi uomini? Sempre colpa loro è, non se ne può più. Quindi.." non fece in tempo a finire il discorso che venne interrotta dal marito
"Flavia" disse solamente guardandola male e lei prontamente rispose :
"Cosa c'è ancora? Non è così? Le donne, caro mio, hanno sempre ragione. Siamo noi il sesso forte! Vatti a fare un giro mentre io parlo con la ragazza. Ma quanti anni hai? Sei così giovane..ah e come è andata stamattina?  Tutto bene? Forse per i nuovi arrivati non è tanto facile, ma poi ti abituerai, ne sono sicura".
"Nuova arrivata? Non ne ero a conoscenza" piombò una voce maschile alle mie spalle e vidi lui. Eh già, mi bastò dargli una sola occhiata per capire di chi si trattava, bello era bello, non potevo di certo smentire.
"Ma come? Lo sapevamo tutti che sarebbe arrivata" si intromise Elena.
"Ecco chi era la ragazza che oggi è caduta ai miei piedi" sorrise ammiccando.
Gli altri mi osservarono con uno sguardo interrogativo.
"Niente di che..sono solo inciampata in uno scalino, tutto apposto" poi mi rivolsi a lui presentandomi "Sono Marta piacere, Marta Torini".
Spalancò la bocca sbalordito e si mise a ridere da solo. Che avevo detto di male?
"Noo, non ci credo! Non è possibile. Sei quella Marta Torini? La ragazzina che mi aveva fatto letteralmente perdere la testa a scuola? Effettivamente ci assomigli parecchio..certo con qualche ruga" affermò divertito.
"Scusa? Non ricordo di te. Qualche ruga? Va bene che sono cresciuta, ma non darmi della vecchia!".
Non mi sembrava proprio di averlo già conosciuto, come avevo fatto a dimenticare un tipo così?
"Mi stai dando un colpo al cuore però" e mimò il gesto. "Gita a Parigi? Sono Enrico De Ponte!" disse leggermente offeso di questa mia mancanza.
Dalla mia espressione capii che non c'era niente da fare e allora abbassandosi leggermente, fece una faccia paffuta, si mise gli occhiali da vista e disse:" Bene immaginami così, più mingherlino e con dei brufoli in faccia".
Scoppiammo tutti a ridere guardandolo.
Poi mi venne un lampo di genio e ricordai :" Aspetta, aspetta, ho capito finalmente! Sai com'è..le tue rughe sul viso mi avevano portata fuori strada" lo provocai anche io.
"Non si copiano le battute " rise e rimasi incantata, ma mi risvegliai in fretta non volendo fare la figura del pesce lesso.
Poi continuò: " Comunque puoi stare tranquilla, la cotta che avevo per te è passata e anche tu sei stata messa nel cassetto dei ricordi. Il mio è cuore è impegnato ora" disse rivolgendosi anche agli altri. "Già signori miei, quest'estate credo di aver trovato la mia dolce metà. Niente di serio per ora, ma potrebbe diventarlo".
Tutte le donne sbiancarono, qualche alunna che passava davanti la porta si pietrificò, gli uomini si complimentarono e io ci rimasi un po' male. Se solo avessi saputo come sarebbe diventato da grande, avrei fatto sicuramente un pensierino.
Il tutto fu interrotto da una Flavia elettrizzata:" La organizziamo una bella grigliata sui colli domenica? Colleghi siete invitati tutti, domani sempre alle 11 oppure direttamente dopo la fine delle lezioni ci mettiamo d'accordo. Portate chi volete, mogli, mariti, fidanzati o fidanzate" marcando soprattutto quest'ultima parola.
"Io domani non vengo perché non ho lezione, magari mi farete sapere il giorno dopo" le risposi.
" No, voglio che ci sia anche tu. Colleghi ci organizziamo mercoledì. Chi c'è c'è, chi non c'è non c'è. Tu ci sei no?" chiese sperando in una risposta affermativa che le si leggeva dagli occhi speranzosi.
"Sì va bene mercoledì. Allora a presto".
Uscimmo tutti dalla stanza e chiesi ad Elena se andasse tutto bene dopo l'annuncio di Enrico. Mi rispose che non c'era nessun problema, era un bel tipo ma anche troppo piccolo per lei e che sapeva di non avere chance. Sembrava sincera. Aggiunse:
" Figurati, non mi interessa proprio in quel senso. E a te?" chiese indagatoria.
"No, no neanche a me. Non lo conosco minimamente. Da ragazzi abbiamo scambiato si e no quattro parole".
"Mmm..se lo dici tu".
Era vero, forse avevo mentito un po' sulle quattro chiacchiere, perché nella gita aperta a tutte le classi a Parigi l'avevo conosciuto meglio, mi seccavo, però, in quel momento approfondire l'argomento.

Era stata una giornata veramente stancante. Avevo voglia solamente di rilassarmi, anche se non sapevo come. Avrei potuto mettermi a sfornare dolci, una torta alle mele magari, la mia preferita. Ma al pensiero di doverla mangiare tutta da sola mi sentivo in colpa; altro che cibo, dovevo mettermi a dieta dopo l'estate. Fu allora che pensai di andare a farmi una corsetta pomeridiana per prendere una boccata d'aria fresca sul lungomare, ci voleva proprio. Non ero una persona che amava faticare, qualunque sport lo trovavo insopportabile. L'unica cosa che mi piaceva era correre, l'avrei fatto per ore intere. La sensazione di libertà che si prova è fantastica. Sentire il vento che scompiglia i capelli o l'adrenalina che scorre nelle vene mi appagava. Stavo correndo da circa quaranta minuti quando all'improvviso mi parve di vedere una persona a me familiare seduta in riva al mare. Mi dovetti fermare per guardare meglio, ma sembrava proprio lui: il tenebroso professore di latino e greco. Che strana coincidenza. Se ne stava là da solo mentre lanciava dei sassi cercando di farli saltare sull'acqua. Avevo avuto per un attimo l'intenzione di avvicinarmi ma fui sorpresa, poco dopo, nel vedere invece che era in compagnia di una donna, che non avevo notato inizialmente. Fin qui tutto bene, se non fosse per il fatto che io la conoscevo! Non riuscivo a credere ai miei occhi e ripetevo nella mia testa "non può essere, non può essere, non può essere che Matteo abbia una tresca con la preside della scuola!". Lei era pure sposata con un figlio. Fu uno shock per me. Riflettendoci bene non avevano fatto niente di male, poteva essere che mi stessi sbagliando, però cosa ci facevano loro due insieme? Come avrei fatto a non dire niente a nessuno? Mia nonna mi chiamava la rana dalla bocca larga. Senza pensarci mi facevo scappare le cose della bocca, ma senza malizia. Che disastro che ero.
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Ho cercato di scrivere qualche in rigo in più, spero che vi siano piaciuti i colpi di scena che ho inserito. Nel prossimo proverò a migliorare ancora, a presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


~~Quella mattina avevo un piano. Ero decisa più che mai ad affrontare i miei alunni, con le buone o con le cattive maniere. Preferivo, però, la prima opzione. La seconda era sicuramente più drastica: non fare niente per tutto l'anno, non farli ammettere agli esami di maturità e farli quindi bocciare. Sapevo già che non mi sarei comportata in quel modo anche se l'idea era piuttosto divertente e sadica.

Inutile dire che arrivai nuovamente in ritardo, ma stavolta faceva parte del piano. Non mi meravigliai neanche di trovare la classe nel caos più totale: si erano inventati un nuovo gioco, facevano volare gli aereoplanini di carta, alcuni in modo casuale, altri erano indirizzati a Fabiola e Luisa, che rimanevano impassibili, sedute composte nel loro solito primo banco. Avevano adottato la tecnica del menefreghismo, ma non stava dando buoni risultati.
 I ragazzi non ricevevano nessuna risposta da parte loro e continuavano imperterriti, soprattutto uno dei due gemelli Fontana, Carlo o Giovanni, non sapevo distinguerli. Loro stavano seduti nel banco dietro le due povere ragazze, erano omozigoti e non ero ancora riuscita a notare alcun dettaglio per identificarli. Solamente capelli rossi e tante lentiggini.
Il gemello sulla destra era quello che indirizzava molti aeroplanini su Fabiola, che rimaneva in silenzio. Mi dispiaceva per lei, si vedeva che era un tipo chiuso e parlava poco. Cercava di non apparire e lo si notava da come si vestiva, voleva essere insignificante. Quei capelli lunghissimi fino al sedere, tutti pari senza un minimo di scalatura, gli occhi verdi nascosti dai grandi occhiali da vista e abiti monocolore. Al contrario Luisa era tutto un programma. La sua marca preferita doveva essere desigual; si vestiva ogni giorno con una fantasia diversa piena di colori. Sembravano una il giorno e l'altra la notte.

Presi un bel respiro e salii in piedi sulla cattedra.  Dopo qualche sghignazzo, fecero silenzio.
"Come mai è salita lassù? E' pazza?" domandò uno dei gemelli.
"Ma perchè non scende?" chiese un'altro ragazzo con un filo di barba dall'altra parte dell'aula.
Non risposi alle successive domande sempre dello stesso genere e mentre gli alunni stavano per riprendere le chiacchiere, iniziai il bel monologo che mi ero preparata il giorno prima.

"L'altro giorno quando sono entrata sono stata ignorata da tutti quanti, eccetto le due care ragazze qui sedute di fronte a me. Noto con piacere che neanche a voi piace essere ignorati. Bene, se mi sono guadagnata qui oggi la vostra attenzione facendo una cosa diversa dal normale,  continuerò a farlo, insegnandovi anche la mia materia con passione.
Se sarete tutti diligenti, sarete promossi, andrete all'università ed avrete un futuro. Non posso garantirvelo, questo è sicuro, ma voi dovete provarci, come ho fatto io. Se non mi fossi diplomata e poi laureata, non sarei qui a parlarvi.
 L'inglese, come voi sapete, è la lingua del presente e anche del futuro, senza di questa non andrete da nessuna parte, non troverete un lavoro e rimarrete a mani vuote, come lo sono stata io fino a qualche giorno fa. Chi è interessato alle mie lezioni, verrà con me in un'altra aula, a chi invece non importa nulla rimarrà qui in classe.
 Fate come credete. Non vi sto obbligando a studiare, potete pure non farlo. Non voglio mettervi i bastoni fra le ruote. Se pensate di divertirvi passando tutto il resto dell'anno a non fare niente, bene fatelo! Chissà per quanti altri anni rimarrete a scuola a lanciarvi agli aereoplanini come i bambini, chissà quando la maggior parte di voi diventerà maturo. Non è con un foglio di carta, che si diventa maturi, sia chiaro.
E ricordatevi che io non regalo nulla a nessuno. Fate pure venire i vostri genitori a supplicarmi di ammettervi agli esami, non lo farò per il vostro bene. Potrei pure darvela la sufficienza nella mia materia, ma non concluderete nulla; tanto vale studiare e passare l'anno ".

Nessuno proferii parola e quindi potei aggiungere la mia frase ad effetto citando uno dei miei film preferiti: "Perchè sono salita quassù? Chi indovina? "
Qualcuno rispose che l'avevo fatto affinché mi ascoltassero.
"Anche..ma non è questo il punto! Sono salita sulla cattedra per ricordare a me stessa che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. E proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva! Beh..ora il caro Robin Williams vi avrebbe detto di  salire anche voi sui banchi, ma io non sono Robin Williams e non lo farò. La prossima volta che avremo lezione vi porterò nell'aula video a vedere questo film, L'attimo fuggente, e poi lo commenteremo insieme. Durante il corso di quest'anno cercherò di stimolarvi a vedere le cose da vari punti di vista, ma soprattutto a farvi amare l'inglese. Ah, dimenticavo, ovviamente il film non lo guarderemo in italiano, sennò che gusto c'è?".

Seguirono vari lamenti interrotti da una voce che piombò nella stanza: "Professoressa Torini! Scenda subito dalla cattedra! Ma cosa sta facendo? Finisca di fare questo teatrino e mi raggiunga in presidenza!" vidi la faccia nera di Ornella Abate.
"Almeno se decide di fare queste pazzie, è pregata di chiudere la porta! Un po' di intelligenza ogni tanto non farebbe male a nessuno" proferii queste ultime parole con leggero sarcasmo.
Molto divertente devo dire. Parla quella che ha il toy boy. Intelligente uscire con un uomo che ha la metà dei suoi anni, per giunta professore nella sua stessa scuola. Non sono nessuno per giudicare gli altri, lo so. Però mi fece venire una gran rabbia essere stata richiamata da lei, che aveva pure ragione. Non sarei dovuta salire sulla cattedra, avevo sbagliato.

Raccolsi la borsa e me ne uscii dall'aula lentamente. Ero leggermente sovrappensiero che non mi ricordai neanche di bussare alla grande porta della presidenza. Davanti a me apparvero lei, lui e un altro.
"Lo sa che è buona educazione bussare? In questo momento non posso riceverla come vede". Poi rivolse lo sguardo verso l'altro, un uomo della sua stessa età molto affascinante :"Le presento mio marito e lui è..."
"Il professore Vitale!" mi sfuggii.
Il giovane mi guardò perplesso e riabbassò lo sguardo, sembrava stesse trattenendo un sorriso.
Bene, bene..moglie, marito e amante.
"Già vi conoscete?" chiese Ornella curiosa.
"Ehm..per sentito dire. Comunque piacere Marta" e lui ricambiò con una timida stretta di mano, leggermente sudata che lasciò la mia bagnata e non potei fare a meno di asciugare la mia sul pantalone.
  "Bene, vi lascio alle vostre discussioni e ritornerò da lei quando sarà più libera?" chiesi infine.
"Oh no, non si preoccupi, io e mio figlio stiamo giusto andando via" disse l'uomo.
Figlio? Avevo sentito bene? Era il loro figlio?
L a preside guardò severamente il marito e intervenne come se avesse letto la domanda nei miei pensieri : "Si è mio figlio. Nostro. Non c'è altro da aggiungere. Ah e per l'amor del cielo, non si metta a raccontare a tutti questo fatto, non vorrei che si pensasse a dei favoritismi". E mi congedò insieme ai due.
Come ero potuta essere così scema nel non vedere le somiglianze tra i due?  Vicini se ne trovavano moltissime. Entrambi avevano i capelli neri e lo stesso taglio degli occhi anche se di colori differenti. La bocca era identica e l'età poteva coincidere, all'incirca la preside aveva il doppio degli anni di Vitale.

"Terra chiama mondo fatato. Mondo fatato non risponde. Terra richiama mondo fatato" mi venne incontro il bel professore di educazione fisica ridendo.
"Mondo fatato? Come ti permetti? Pensa agli affari tuoi" lo aggredii.
"Se mi fossi ricordato del tuo dolce caratterino non mi sarei neanche avvicinato. Stavo solo scherzando, calma fanciulla. Avevi lo sguardo perso nel vuoto. Se vuoi puoi ritornare di nuovo nel tuo mondo fatato" e mi fece l'occhiolino.
Pallone gonfiato pensai. Torna nel tuo mondo dei palloni gonfiati.
"Ma questa simpatia la rivolgi a tutti o è un mio privilegio? Vorrei capire" chiesi con una smorfia.
"Solo con te. Tiri il mio lato migliore, vanne fiera" e rise.
"Fierissima" e non ricambiai il suo sorriso, anzi cercai di fare uno degli sguardi che fanno rabbrividire, gelare le persone. Forse però non riuscii nel mio intento perchè lui continuava a fissarmi sorridendo. Questa cosa mi dava molto sui nervi. Il suono del suo cellulare, lo fece distrarre da me e si concentrò verso la chiamata.
"Pronto amore! Si sono a scuola..ah davvero? .....con la moto...non tardi...." e si allontanò sempre di più, quindi non potei riuscire a sentire più la telefonata. Meglio così, non mi interessava per niente. Si era levato di torno e potevo tranquillamente andare da Flavia per sapere di più sull'organizzazione della gita ai colli della domenica.

Era da poco suonata la campanella dell'ultima ora e già si era creato un gran rumore nei corridoi. Ragazzi che scappavano, altri andavano a passo più lento chiacchierando. I più studiosi si trovavano ancora dentro le classi e parlavano con i loro insegnanti per i futuri compiti.
Mi incuriosii soprattutto una coppietta che si teneva per mano e ogni tanto scappava un bacio. In realtà prima di loro notai un ragazzino che li stava osservando nascosto mentre tratteneva le lacrime. Faceva tenerezza.
Questo quadretto mi fece pensare ad un episodio simile accaduto molti anni fa. Io mentre guardo mia cugina e Gianluca, il mio grande amore non ricambiato, scambiarsi effusioni in pubblico. Ero innamorata di questo mio compagno di classe che non mi si filava per niente, nonostante a detta di molti ero una delle più carine. Mia cugina, invece, era riuscita a fare breccia nel suo cuore in quella famosa gita a Parigi, ed così rimasi fregata. Piansi molto e durante quei giorni conobbi un ragazzo bruttino che mi teneva su di morale. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe diventato un mio collega, Enrico De Ponte!
La notizia devastante era arrivata dopo qualche anno, quando avevamo deciso di sposarsi. Pensavo di averlo dimenticato e invece non era stato così. Per lo meno, saperli sposati, mi aveva aiutato a mettere una pietra sopra su Gianluca.                
"Marta! Ciao! Ma che fai la guardona?" mi disse Elena mentre si avvicinava e indicava quei 3 ragazzi.
"Ah no no. Stavo solo pensando.. Comunque come è andata oggi?" cambiai argomento.
"Non avevo lezione con la quinta E, quindi direi che è andata bene! Bene..normale diciamo, al solito" concluse con un velo di tristezza.
"Devi trovare il coraggio e farti valere dai tuoi alunni. Io spero di esserci riuscita ".   Le raccontai per filo e per segno tutto ciò che era successo durante la mattinata, mentre lei rimaneva a bocca aperta senza proferire parola. Appena terminai, mi disse:
"Tu sei completamente folle! Mi piaci" disse scherzando. "Io non ce la farei, soffro pure di vertigini".
"Non provare a trovare delle scuse. Dai sono sicura che ci riuscirai anche tu. Ma poi non è detto neanche che abbia funzionato".
"Incrocio le dita per te allora" e mi salutò velocemente perché aveva da fare.

Il giorno dopo potei constatare che la mia tecnica aveva avuto successo. Ora non ci allarghiamo, però non mi potevo lamentare. Mi scusai con la classe per l'inconveniente che era accaduto: avevo dimenticato di prenotare l'aula video e quindi la stanza era stata occupata. Molti si lamentarono , mentre  cinque persone decisero lo stesso di seguirmi in un altro progetto. Mi aspettavo di essere ascoltata solamente da Fabiola e Luisa, perciò rimasi sorpresa nel vedere che anche i due gemelli Fontana e la ragazza con il solito cappello verde in testa, Marina Boneri, si alzarono in piedi e uscirono dall'aula con me.  Avevo proposto loro di fare lezione nel giardino fuori. Mi sembrava un ottima idea. La giornata era calda, non c'erano nuvole e il cielo era quindi limpidissimo.
Li feci sedere per terra a cerchio e iniziai a fare un po' di conversazione in inglese. L'unica che parlava molto bene Luisa. Fabiola se la cavava, ma la timidezza la bloccava. Martina dopo i primi 10 minuti di silenzio assoluto, si mise più lontana da noi e si sdraiò per terra ascoltando musica con le cuffiette. I gemelli parlavano tra di loro in italiano.
Giacomo Conti uscii nel giardino per fumare una sigaretta e iniziò ad urlare contro di me, dicendo che stavo sbagliando tutto e non avevo il diritto di portare i ragazzi a fare lezione fuori dall'aula. Cercai di spiegare con calma i miei motivi, ma la sua voce sovrastava la mia e alla fine scoppiai:
"BASTA! NON SI DEVE PERMETTERE DI PARLARE CON QUESTO TONO, E' UN GRAN MALEDUCATO. UN GRANDISSIMO MALEDUCATO. SE NE VADA SUBITO O CHIAMO LA PRESIDE" urlai sfinita.
"Lei chiama la preside? Mi vuole fare ridere? Se c'è qualcuno che deve chiamare la preside qua sono io! Ma se ne torni a casa per favore, non è in grado di insegnare, non fa per lei"
"Se c'è qualcuno che non è in grado di insegnare qua è lei. I ragazzi hanno paura, la temono. Gran bel rapporto che tiene con loro..ma la finisca e se ne vada lei a casa".
Continuammo ad insultarci per un'abbondante mezz'ora fino a che non intervennero altri professori a separarci. Finimmo convocati entrambi dalla preside per indisciplina, come due alunni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


~~"Ma lei si rende conto nella situazione in cui mi sta mettendo? Arriva tardi a scuola, sale sulla cattedra, si porta i ragazzi nei giardini, senza chiedere l'autorizzazione e stava mettendo le mani addosso al professore Conti. Con quale diritto? Come si permette? Di questo passo, non credo proprio che arriverà a fine anno scolastico e sarò costretta a trovare una sostituta. O rispetta le regole o se ne va fuori da questo istituto. Sono stata chiara?"

"Quanto a lei Conti.. non si permetta più di aggredire verbalmente una sua collega. Anzi voglio che lavoriate molto voi due, insieme. Dovrà insegnarle il rispetto delle regole".

Poi si rivolse di nuovo a me.
"Torini! Non mi guardi con quegli occhi lucidi. Anche lei dovrà insegnare qualcosa a Conti" disse seria.

"Come scusi? Lei a me?" disse lui sbalordito.

"Ha sentito fin troppo bene. La signorina dovrà insegnarle ad essere più comprensivo con i suoi alunni. La odiano i ragazzi per i suoi modi. Non dico che debba essere troppo buono, ma neanche così. Mi serve un mix. Sicuramente dopo questa scenata, la Torini acquisterà punti a suo favore, mentre lei, caro Conti, li perderà" disse con uno sguardo composto, che non lasciava trapassare nulla.

"Torini, non dice nulla? Non prova neanche a scusarsi?" chiese la preside.

"Guardi, lo so che ho sbagliato e me ne pento. Sono lieta che mi abbia dato un'altra possibilità" dissi tirando su con il naso.

"Lecchinaggio" sentì bisbigliare Giacomo.

Ma quanto poteva essere odioso? Stavo per scoppiare a piangere, mi sentivo una nullità e lui doveva pure inferire. Ma che se ne vada al diavolo.

Uscimmo dalla presidenza e fuori c'erano un paio di studenti e anche Flavia Costa, che mi sorrideva.

"Tesoro! Cos'è quel faccino? Non scoraggiarti. Sei stata grande contro Giacomo, sei una bomba! ".

"È la terza ramanzina che mi fa la preside. E non sono neanche un'alunna" dissi rammaricandomi.

"I ragazzi ora ti adorano, sei stata proprio forte! Fregatene di Ornella, sotto sotto anche lei nutre un'antipatia nei confronti di Giacomo, ma non può darlo a vedere".

"Buongiorno care" disse avvicinandosi il marito sempre pacato.

"Dov'eri finito Lori? Oggi siamo a pranzo da mia mamma, visto che domani non possiamo andare a trovarla".

"Come mai?" chiese lui.

"La scampagnata!! Sei proprio rinco" disse divertita. Poi si rivolse a me:
" Ma è possibile che non si ricorda mai niente? Non ho parole. Vive nella sua nuvoletta. Non ho parole ".

"Flavietta! Allora ci vediamo domani? È tutto organizzato?" disse Enrico, che avevo visto in lontananza origliare la discussione.

"Eh certo bello mio, puntuale perché.."

"Tu che non hai parole? Questa mi è nuova" la interruppe Lorenzo.

Fu un attimo e Flavia se lo tirò per le orecchie, lasciandoci soli. Non ci voleva, mi seccavo stare a sentire Enrico.

"La nuova prof crea già scompiglio tra la scuola" disse dandomi una pacca sulla spalla e facendomi l'occhiolino.

"Non mi devi toccare Enrico" dissi ferma.

"Che caratterino..ciao miss! Ci si" esclamò e si incamminò per andarsene.

" Ci si..che? " chiesi in lontananza.

Si girò verso di me " Ci si vede! Vecchiarda". E ghignò.

Ah ah, simpaticone. Si salvava solo per la sua bellezza, per il resto l'avrei ucciso volentieri a mr simpatia.


Driin Driin.
Ma perché la gente mi chiama così presto la domenica mattina, pensai. Domenica mattina? Mannaggia. Dovevano essere Flavia e Lorenzo, si erano offerti di passarmi a prendere. E io ero in pigiama.

Lessi sul display il nome di Flavia e risposi.
"Prontooo! Siamo in ritardo Marta. Lorenzo è uscito ora a portare il cagnolino da sua sorella. Non possiamo lasciarlo a casa solo. Quando ritorna, mi prende e veniamo da te..ok? "

"Ehm..si si, ero quasi pronta, ma va bene" dissi una piccola bugia e riattaccai. Non volevo essere considerata come una dormigliona ritardataria.
Indossai una tuta verde, che risaltava i miei occhi, e mi feci una bella treccia alla francese. Presi un paio di birre e scesi sotto, nel frattempo la coppietta era arrivata.

Il tragitto in macchina fu piacevole. Erano molto simpatici i due. Ricevetti anche un invito da loro per la prossima settimana, perché lui era un ottimo cuoco e voleva farmi provare le sue tagliatelle al cinghiale.

"Insomma, non le fai mancare proprio niente alla tua signora"  dissi.

"Un bambino..quello si" rispose Flavia al suo posto.

Ai, avevo toccato un tasso dolente.
Non dissi nulla io e lei cominciò a raccontarmi del suo desiderio di diventare madre. Ci avevano provato varie volte, ma non era mai andato a buon fine. Era rimasta incinta, una volta. Ma per una tragica caduta dalle scale, lo perse. Entrò in depressione per poco tempo, perché grazie al suo meraviglioso carattere si riprese, ma la ferita era rimasta aperta e ogni tanto riemergeva.
Perdere un bambino credo sia una delle cose più brutte che possano capitare nella vita. E scoprire di non riuscirne a potere avere altri doveva essere anche peggio. Avevano pensato all'adozione, ma le pratiche sono piuttosto lente e nel frattempo avevano preso un cucciolo, ormai non più tanto cucciolo, di golden retriver. La loro unica gioia di vita. Lucky, si chiamava.

"Chi ha aderito all'iniziativa oggi ?" volli cambiare discorso.

"Mm guarda della nostra sezione un po' tutti. Giacomo, Elena..Enrico non se viene alla fine. Mi ha chiamato ieri dicendomi che aveva un contrattempo. Ah..sai chi viene pure? Vitale! "

"Magari ci sarà pure la preside allora"

"Dici? E come mai?" chiese lei.

"Sai è domenica, la vorrà passare con il figlio" dissi non pensando minimamente  a quello che avevo detto.

"Come scusa? Figlio? Ma perché è la mamma? Noo non ci credo" disse ridendo.

"No! Io non ti ho detto nulla. Per favore fai silenzio o mi metterai nei guai".

Tatatataaaan ecco la rana dalla bocca larga in azione. Al pensiero la mia dolce nonnina riderebbe. Ornella un po' meno. E Vitale? Beh, quello non l'ho mai visto aprire bocca. Chissà se ha i denti.


"Dai silenzio lasciala dormire".

"Che tenera".

Voci che non riuscivo bene a distinguere.

"Martaaaaa! Si son fatte le 3 di notte. E svegliati!!" urlò una voce, stavolta inconfondibile, al mio orecchio. Strano, però, non dovrebbe essere qua, pensai.

" Oh la bella addormentata è stata risvegliata".

"Enrico, piantala!" disse una voce che non conoscevo.

Davanti a me c'erano: Flavia, Lorenzo, persona sconosciuta, Enrico e... persona sconosciuta? La quale teneva la mano al bel prof, mentre mi squadrava dalla testa ai piedi. Io inarcai il sopracciglio, come per dire "embè?". Era una donna magra, forse anche troppo. Indossava uno shorts, troppo corto per i miei gusti, una canottiera fuxia, che metteva in risalto il suo davanzale (secondo me erano rifatte ) e un paio di Hogan con gli strass. Capelli rossi, splendenti, forse anche troppo e un sorriso così bianco, che sembrava facesse lo spot per qualche dentifricio. In effetti mi ricordava qualcuno  e mentre ci stavo riflettendo, si presentò.

"Penso che tu sappia chi sono io. Piacere Melissa " cinguettò con quella faccia da schiaffi.

" Hai un viso noto, ma al momento non mi sovviene il tuo nome" dissi con molta tranquillità.

"Che ragazza erudita. Ti sei ingoiata un vocabolario di italiano?" rise Enrico.

"Oh mamma che palle che sei! Ma tutta questa confidenza ti prendi tu? Abbiamo scambiato si e no 2 parole" mi irritava.

"Marta si scherza! Poi ci conoscevamo da ragazzini. Non fare come se te lo dimenticassi sempre" poi diede un bacio sulla bocca a quella Melissa e si allontanarono insieme.

"Mah..è proprio insopportabile!" sbottai.

"Lui o il fatto che stia con quella modella?" sentii la voce di Elena, che era arrivata da poco.

"Elena! Ciao bella" la salutai calorosamente e ricambiò.

"Non mi hai risposto però" mi guardava alludendo.

"Lui!! Che mi importa di quella..ma poi chi sarebbe?" chiesi con nonchalance.

"Ho detto che è una modella".

"Sul serio?" ero incredula. E bravo il prof De Ponte che aveva fatto centro. O era lei ad aver fatto centro nel cuore del belloccio?

"Sì in carne ed ossa. Forse più ossa che carne. Dovrebbe mangiare di più..è troppo asciutta. Comunque è uscita su qualche rivista. Ma credo che da poco si sia fatta notare nel mondo della moda. Avrà qualche carta nascosta...o magari si scopa gente importante" disse ridendo.

E io con lei a crepapelle. Non per il fatto in sè, quanto per le parole che aveva usato con una mimica perfetta. Non me lo sarei aspettato da lei.

"Ma che avrà da guardare quell'altro?" chiesi.

"Chi?".

"Giacomo Conti".

"Ma lascialo stare! Anzi a proposito..sei stata forte l'altro giorno!".

"Ehi voi due! Venite che stiamo iniziando a mangiare. Noi uomini ci siamo dati da fare con la griglia" disse un tizio stempiato.

E così ci avviammo per addentare qualcosa di commestibile.

"Ti prendo una birra Ele? Vuoi la bionda?" le domandai.

"Io preferisco le rosse" disse il simpaticone di Enrico.

"Sempre in mezzo ai piedi tu eh?"

"Mi piace darti fastidio".

"Sì, ma sei un po' grandicello per fare il bambino. Non trovi? ".

L'avevo ammutolito. 1-0 per me!
Notai in lontananza Vitale con un taccuino in mano, appoggiato ad un albero. Così decisi di avvicinarmi a lui per fargli un po' di compagnia, faceva tenerezza. Mi sedetti vicino a lui e notai che si irrigidì, ma continuava a scrivere. Decisi di rompere il ghiaccio per prima.

"Stai scrivendo un libro?".

Senza girarsi, fece cenno di si con la testa.

"È una tua passione?"

Stavolta non si mosse. Insomma di compagnia.

"Va bene, ti lascio in pace allora" e feci per andarmene. Mentre mi stavo alzando, mi prese per un braccio.

"Aspetta! Scusa ma stavo scrivendo e se mi interrompevo, perdevo l'ispirazione".

"Comunque no, non scrivo un libro. Per adesso solo poesie" ammise.

"Oh, complimenti davvero. Me ne faresti leggera una?".

"Magari quando la completerò".

"Ok ci sto! E sarò anche la prima" sorrisi.
"Da quanto tempo scrivi?"

"Da quando ero picolo. Sono sempre stato una persona silenziosa, ma tramite le poesie riesco ad esprimere me stesso.  Ogni pensiero lo scrivo. Prendo come fonte di ispirazione i grandi poeti greci. Amo l'arte in tutte le sue forme, ma credo che tramite le poesie raggiunga la sua Forma più alta".

Iniziò a parlarmi di quanto fosse attratto da tutto questo mondo, lo faceva con entusiasmo e notai che con me riuscii ad aprirsi parecchio. Ne fui contenta. Era una bella persona, peccato che non riusciva a mostrarsi agli altri.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


"Buongiorno ragazzi. Da oggi vorrei iniziare un programma particolare. Ognuno di voi dovrà scegliere un argomento del libro che trova interessante e approfondirlo con qualche ricerca. Di volta in volta vi chiamerò e lo esporrete a tutta la classe, così potrete mettervi nei miei panni e io nei vostri, perché mi siederò tra di voi. Carina l'idea, non trovate? " domandai molto contenta.

" Eeeh! Tantissimo prof..non vediamo l'ora " dissero in coro prendendomi in giro. 

"Ho preso questa decisione e non si discute. Se non vi sta bene, verrà il professore Conti e prenderà seri provvedimenti. È probabile che sia presente a qualche lezione nostra..e io nelle sue".

"Cosaaa? E come mai?" chiese la ragazza con il cappello in fondo all'aula.

"Non sono affari vostri. Ora se non vi dispiace, aprite il libro a pagina 10 e inziate a tradurre ognuno per conto vostro. Oggi sono io a non aver voglia di spiegare".

"Prof, ma si sente bene? È stata morsa dalla tarantola? " chiese il gemello Fontana, quasi sicuramente doveva essere Carlo. 

"Non siete solo voi a poter fare come vi pare. Comando io e non si discute. E silenzio in aula" affermai rigida.

Non mi sarei più fatta mettere i piedi in testa da questi ragazzi e non sarei più andata dalla preside per sentirla lamentarsi di me. Polso duro ci voleva e ce l'avrei fatta. Ammetto che volevo anche impressionare i miei alunni con questa presa di posizione, ma sicuramente non mi sarei comportata sempre così. Volevo avere un bel rapporto con loro. Farmi valere, ma allo stesso tempo anche essere apprezzata. 
Prima del suono della campanella, mentre stavo seduta a girarmi i pollici, si avvicinò Luisa Marchetti, meglio denominata 'ragazza desigual' da me. 

"Professoressa, ma veramente ci ritroveremo il professore Conti anche nelle sue ore? La prego non lo faccia..o sarà la fine" e si morse il labbro. 

"Luisa non essere così dastrica. E poi vorrei che questa classe fosse più disciplinata. Vogliono prendere in giro me, gli sembra che non li vedo che stanno con i cellulari in mano al posto di tradurre il brano!" dissi quest'ultima frase con un tono più alto, così che mi potessero sentire tutti. Mi avevano preso per scema? Almeno, però, ero riuscita a fargli fare meno casino. 

"Lei ha ragione, ma qui c'è gente che rischia di perdere l'anno, se il prof metterà ancora delle note sul registro. Incidono molto, che io sappia, sul voto del comportamento. Se non dovesse raggiungere la sufficienza.."  abbassò lo sguardo e bisbigliò qualcosa, che non riuscii a capire. 

Allora la incoraggiai a parlare: "Sei preoccupata in generale o per qualcuno in particolare? Puoi fidarti di me. Se vuoi confidarti, io sono qui che ti ascolto e puoi stare tranquilla, che nessuno verrà a sapere niente" e le sorrisi.

"No no..in generale"

Non me la contava proprio giusta, però non volli insistere. In fin dei conti, non erano fatti miei. Mi sarebbe piaciuto sapere che ispiravo fiducia a qualche mio alunno. Ma non sembrava volermi dire altro al momento.

"Torno a tradurre. Ah! Lei ci sarà oggi pomeriggio? Inzia il torneo di pallavolo interscolastico. La nostra squadra si sfiderà con il liceo scientifico Luigi Pirandello. Penso che ci sarà una grande affluenza di ragazze ahah ".

"E come mai? Piace a molte la pallavolo?"

"Più che la pallavolo..piace l'arbitro" e continuò a ridere.

"E chi sarebbe? Basta con questa suspance" dissi con molta calma.

"De Ponte, ovviamente!"

E ti pareva. Dove c'è lo sport, c'è lui. E dove c'è lui, ci sono ragazze. Avevo sentito che qualcuna lo chiamava addirittura 'il dio greco'. Era un bell'uomo senza dubbio. Ma addirittura definirlo un dio per la sua bellezza...ok forse ci stava tutto quel soprannome. Era bellissimo. Ma allo stesso tempo stupido. Quelle sue battute, mi facevano venire il voltastomaco. Ogni tanto, però, facevano ridere. E quando rideva lui, sembrava che il mondo finisse. Ma che pensieri stavo avendo? Mi sa che dovevo smetterla di pensare a lui. Al massimo poteva essere un amico.Sinceramente non mi vedevo proprio con lui.
Poi corressi la ragazza: "Il professore De Ponte! Si deve aggiungere la parola professore, non è certo tuo fratello". Ora inziavo pure a difenderlo. Andiamo bene. All'uscita da scuola, lo incrociai un attimo, ma neanche mi salutò. Che maleducato. Io non avevo intenzione di salutarlo per prima. Poi mi venne incontro Elena.
 
"Marta! Dove vai così di corsa?".

"Scusa, ma devo scappare a casa dei miei oggi. Pranzo di famiglia. Ci vediamo di pomeriggio alla partita? ".

"No, non penso che andrò. Mi annoiano..al massimo farei un pensierino per Enrico. Quando arbitra ce la sa..eccome" e mi fece l'occhiolino.

"Anche tu! E basta con questo Enrico, se lo sento ancora nominare..".

"Aspetta aspetta.. ma vogliamo parlare di Vitale? " ammiccò gli occhi.

"Cioè? " dissi evasiva. 

"Daii vi abbiamo visto tutti l'altro giorno in montagna. Siete stati tutti il tempo a parlare e ridere da soli. Sembravate una coppietta".

Arrossii un po'. "Ti racconto dopo. Comunque niente di che, abbiamo parlato e non è così male come pensavo. Certo bisogna spingerlo un po' a parlare, però quando inzia non si ferma più".

"Ah si? Non lo facevo un tipo che intrattenesse la gente. Però ha un suo perché anche lui. Uno sguardo molto intenso".

"Sì infatti. È molto intelligente anche. Ha tante passioni, ma quella che lo prende di più è la poesia!".

"Addirittura, abbiamo il nuovo Dante" e rise. Che fossette carine, che aveva quando rideva.

"Secondo me è bravo, anche se non me le ha fatte leggere. Va bene dai, se non oggi, ci vediamo il 20! Domani non ho lezione, i ragazzi hanno assemblea nella mia ora, perciò per questa settimana sono libera dagli impegni scolastici".

"Penso che l'odio che provo per lo sport, mi porterà a non andare a seguire la partita, neanche De Ponte riuscirà a farmi cambiare idea. Ma in caso, ti chiamo! A presto".

Ci salutammo e così potei andare al pranzo a casa dei miei genitori. Mi aspettava un annuncio importante, ma non sapevo cosa.  
La porta era socchiusa e c'era un gattino nero con una macchia bianca vicino all'occhio, che inziò a strusciarsi sulla mia gamba facendo le fusa.

"Mamma! Papà! Sono arrivata! Ma da quando avete un gatto?" ero leggermente incredula. Mio papà ha sempre detto di voler prendere un cane e che i gatti sono degli esseri malefici. Avrà cambiato idea, pensai.

"Amore della mammaaaaa vieni vieni. Sono già tutti qui" sentii mia mamma urlare dall'altro lato della casa. 

Tutti? Ma non dovevamo essere solo noi tre? Già immaginavo la novità importante..doveva essere una scusa e al solito suo aveva invitato qualche figlio di amiche per farmelo conoscere. Una trappola che mi traeva ogni tanto. Non le andava giù che fossi ancora single e voleva vedermi felicemente sposata. Io? Ero allergica ai matrimoni. Convivere si, ma sposarsi mai. Che bisogno c'è di annunciare davanti a tutti la felicità altrui? Se uno è felice, se lo tiene per sè. Senza bisogno di organizzare cerimonie e pranzi infiniti. E senza bisogno di un foglio di carta che lo attesti!

"Sbaaam" qualcuno urlò così forte al mio orecchio, che per lo spavento inizia ad urlare. Mi girai e vidi mio fratello. Non ci vedevamo da almeno un anno. Si era trasferito a vivere a Londra con la moglie e la piccola Sofia. Ovviamente inziai ad insultarlo per lo spavento che mi aveva fatto prendere. Ma lui mi prese in un abbraccio fortissimo, mentre io ancora replicavo.

"Martolinaa! Ma quanto mi sei mancata. Abbracciami e smettila di lamentarti".

"Sei il solito! Mi hai fatto prendere un colpo! Non ti sopporto proprio".

In realtà lo adoravo e lui lo sapeva. Era il mio piccolo fratellino, non tanto piccolo ormai, ma sarebbe rimasto per sempre un bimbo per me. Mi era mancato parecchio. Da piccoli litigavamo sempre. Era un continuo. Io ero gelosa di lui, che aveva sempre tutte le attenzioni di sopra e mi sentivo trascurata. Perciò quando rimanevamo soli a casa, gli facevo tutti i dispetti che potevo. Mi divertivo parecchio. Peccato che i miei lo venivano a sapere e mi beccavo la punizione. Odiavo il fatto che fosse viziato da loro. Poi crescendo tutto cambiò. Conobbe Rebecca, unica e sola ragazza con cui stette per anni e che alla fine sposò. Erano innamoratissimi, ma anche molto giovani. Andava tutto a gonfie vele, a quanto sapevo. Da due anni si erano trasferiti a Londra, perché lei aveva trovato lavoro là come ingegnere. E lui la seguii. Sofia era nata l'anno scorso invece. Il mio fratellino era cresciuto e mi mancava terribilmente. Fortuna che ci vedevamo su Skype.

"E Rebi? Sofia?" gli domandai dopo che riuscii a staccarmi dal suo abbraccio.

"Sono solo. Ci siamo lasciati", lo disse così e mi lasciò di sasso, soprattutto il fatto che non sembrasse per niente turbato. Che insensibile. Feci una risata isterica.

"Ma ti pare il modo di fare questi annunci così? Come se niente fosse?" Ero incredula. Non potevo crederci.
 
"È colpa mia. Sono stato io a lasciarla. In realtà è una cosa fresca, ma non credo proprio che ritornerò sui miei passi. Ora dobbiamo vedere come fare con Sofia".

"Voi siete l'incarnazione dell'amore! Come hai potuto? Non potete lasciarvi. Torna da lei, subito! Prendi il primo volo e torna a casa da lei e dalla bambina" lo implorai. Rebecca era una donna speciale. Simpatica, amorevole e semplice. Moglie e madre perfetta. 

"Non rompere. Ho perso la testa per un'altra. Lei.." lo interruppi subito.

"No! Non lo voglio sapere. Rebecca rimarrà sempre nel mio cuore e nessuna prenderà il suo posto". Ero molto delusa.

"Mica è morta! Non fare drammi, che ancora è lunga la strada per fare l'attrice" e fece un'espressione odiosa.

"Sei da prendere a schiaffi. La mamma come l'ha presa?".

"Le stava venendo un infarto a momenti.." .

"Ahaha immagino la scena! Due figli, entrambi single. Già non sopporta che io stia sola..ora ti ci metti anche tu".

In quel momento ci raggiunse nostro padre e mi diede un bacio in fronte. La trovavo una cosa tenerissima, perfino alla mia età. 

"Smettetela voi due. Dai sù andate in veranda, che è tutto a tavola". Poi si rivolse a me: "Hai visto che è tornato Luca? Piaciuta la sorpresa?".

"Eccome! Ma anche a voi ve ne ha fatta una grossa..".

"Rebecca! Mi ha dato un colpo al cuore quando l'ho saputo. Che disastro!" disse la mamma entrando, mentre teneva il gatto nero in mano.

"Ma quella palla di pelo di chi sarebbe?" chiesi.

"Micio! È mio. Bello no?" sorrise Luca.

"Che è un micio lo vedo..caruccio" dissi con un espressione insoddisfatta.

"Solo caruccio? È stupendo".

"Smettila di fare quella faccia da schiaffi. Come si chiama?".

"Sei sorda per caso? Ho detto Micio!"

"Micio? Ma che fantasia il mio super fratellino..lo sai che ora ti danno un premio?" lo derisi. Mi divertivo molto a prenderlo in giro.

"Il premio lo daranno a te e alla tua simpatia!".

"Contaci caro " e gli feci l'occhiolino. Poi mi rivolsi a mia mamma: "Allora che hai cucinato di buono?".

"Il tuo piatto preferito: risotto ai frutti di mare" disse gongolando.

"Quello è il piatto preferito di Luca" grignai i denti. Ma come faceva a non ricordarsi cosa piacesse a me? Basta che il figlio preferito è contento e lo siamo tutti. A distanza di anni un po' di gelosia nei suoi confronti, a volte, mi tormentava. 

"Ah si ? Non lo sapevo" e intanto se la rideva sotto i baffi.

"Mamma!".

"Marta! Non si può mai scherzare con te. Sei sempre stata permalosetta, cara mia. Ho cucinato il tacchino con le patate, contenta?".

Le saltai addosso piena di felicità e la riempii di baci. In fondo non si è mai troppo grandi per certe cose. Quando sei piccolo, vuoi essere grande e quando sei grande, ti piacerebbe tornare bambino. Dopo pranzo ci mettemmo tutti e quattro sul divano a sfogliare vecchi album di famiglia. Mi piaceva molto guardare le vecchie foto. E tra i tanti ne trovai uno intitolato 'Gita Parigi Marta'. Noo non ci potevo credere. Non ricordavo che ci fosse anche questo. Lo misi in borsa, mentre gli altri erano distratti, così da potermelo sfogliare meglio quando fossi tornata a casa sola. Non volevo uscire l'argomento Enrico. Non ricordavo se quando ero piccola, gli avevo raccontato di lui. Ma era meglio non parlarne ora, perché un po' mi vergognavo e non volevo che i miei sapessero troppo sulla mia vita privata. Però, quando mia mamma tornò alla carica per chiedermi se avessi un fidanzato o se volessi presentata l'ennesima persona di buona famiglia, ma noiosa, mentii loro dicendo che in realtà avevo una frequentazione.

"Matteo si chiama. Saprete solo questo e per ora vi deve bastare" dissi solamente. Matteo? Ma come mi era venuto in mente proprio Vitale? Marta ma in che guaio ti stai cacciando? Ma perché proprio il suo avevo detto? Va bene, fin quando sapevano il nome, non sarebbe potuto succedere nulla di grave. Era quello che speravo. Poi pensai ad una scenetta divertente: io, lui e Ornella, nonché sua mamma, nonché mia preside. Bel quadretto insomma. Fortuna che non stavamo insieme veramente. Sai che bella notizia per lei. Avrebbe fatto i salti di gioia, come no. Che bella l'ironia.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


~~Mi recai nuovamente alla scuola. Volevo vedere la partita. Solo quella? Non mi dispiaceva l'idea di incontrare anche Enrico, dovevo essere sincera. Stranamente mi ritrovavo spesso a pensarlo, ma non ero di certo innamorata. La mia era sola attrazione, per lo più fisica. Dovevo ammettere a me stessa che ci sapeva fare con le donne. Ti entrava in testa e non riusciva più ad uscire. Dall'altro lato, però, ogni tanto mi ritrovavo a pensare a Matteo. Quella discussione che avevamo avuto, mi aveva dato molto da pensare, non solo su di lui, ma anche su di me. Era veramente intrigante. Il bel tenebroso. Non scopriva subito le sue carte con tutti e quindi potevo essere una privilegiata. Fui contenta quando lo vidi subito tra gli spalti, stavolta senza taccuino o computer sulle gambe. Guardava la partita, iniziata da poco, messo nelle ultime file. Era stato facile notarlo; il resto era pubblico esclusivamente femminile, eccetto qualche ragazzo e genitore interessati alla pallavolo. C'erano perfino delle ragazze pon pon, che facevano gli occhi dolci ad Enrico, ma lui neanche le notava intento com'era ad arbitrare. Cercai con lo sguardo Melissa, ma non la trovai. Evidentemente aveva altro da fare o non le interessava vedere la partita. In fondo non c'è gusto se una coppia ha tutti gli interessi in comune. Sai che noia. Feci cenno con la mano a Matteo e mi incamminai verso di lui.

"Ciao! Anche tu da queste parti?".

"Eh già, volevo vedere i ragazzi giocare. Ma vieni, non stare in piedi, accomodati qui" e toccò la sedia accanto alla sua.

"Grazie! Da qui, però, non si vede granché. Cerchi di nasconderti da qualcuno? " chiesi ridendo.

"Ma no, volevo un posto tranquillo".

"Troppe fan sfegatate per Enrico". E stavolta ridemmo insieme.

"Ma non l'hai visto che era fuori? Arbitro VENDUTO!" urlò qualcuno. E a seguire molti altri iniziarono a lamentarsi.

"Invece di distrarsi stia più attento! Guardi la partita, non gli spalti!" qualche genitore urlò. Ma che stava succedendo? Guardai Matteo interrogativa e lui fece spallucce. Continuammo a chiacchiere.

"Allora come ti stai trovando qui?" mi chiese lui.

"In fin dei conti non è poi così male sai. Fin da piccola mi piacevano le lingue e poter insegnare il tuo sapere ad altri è qualcosa di straordinario..".

"..per creare un mondo migliore" continuò la mia frase sorridendo.

"Esatto!  Mi hai tolto le parole di bocca. So che può sembrare la solita frase che dicono tutti, ma io ci credo veramente".

"Sarebbe bello sapere che i nostri ragazzi un giorno diventeranno delle persone importanti e che si ricorderanno di noi con il sorriso, nonostante le lamentele e gli sbadigli, che ci rivolgono in classe".

"Mia nonna era un'insegnante alle medie. Sai quanti suoi alunni si ricordano di lei? Veramente tanti! Ogni tanto, quando andavo a trovarla, mi leggeva le lettere che riceveva da loro. Le erano molto grati" dissi con un tono nostalgico.

"Deve essere proprio una gran donna allora" lo sguardo fisso dentro al mio.

"Lo era..se n'è andata tre mesi fa". A quel punto mi passò un braccio attorno al collo consolandomi. Non me lo sarei aspettato da lui quell'abbracio. E non perché non lo ritenevo in grado di provare sentimenti, ma non lo facevo così tenero. Solitamente non lasciavo che una persona invadesse i miei spazi così in fretta. L'ultima volta che l'avevo fatto ero rimasta scottata e da allora mi tenevo a distanza. Luca mi chiamava 'porcospino' per questo mio modo di fare; era come se uscissi tutte le spine per pungere la gente, mentre quando mi sentivo a mio agio, le ritiravo. Allora perché non mi aveva soprannominato il 'riccio'? Penso perché il porcospino sia un tantino più brutto del riccio e mio fratello è sempre un "tesoro" con me.

Questo momento di coccole fu interrotto dal fischio finale della partita.
Mi voltai verso Enrico, che per tutta la partita avevo ignorato, concentrata com'ero nel parlare con Matteo. In quel preciso istante mi stava guardando, ma un secondo dopo, si voltò dall'altro lato. Non fui neanche sicura che stesse guardando me. Fu un attimo.

Avevo sognato? O era vero? Non ne avevo idea. Mi persi a guardarlo in tutta la sua bellezza. Gocce di sudore gli scendevano dalla fronte e altrettante dal collo e finivano per bagnare la maglia bianca e blu. Sembrava avesse giocato lui la partita, invece che i ragazzi, per quanto era sudato. In viso leggermente arrossato. I muscoli definiti sembravano lisci come l'olio. Perfino i polpacci erano sexy di quell'uomo.

"Marta andiamo?" sentii dire da Matteo, mentre mi scuoteva. Mi voltai verso di lui e gli feci cenno di si con la testa.

"Volevo chiederti.." iniziò a diventare leggermente rosso, ma feci finta di non accorgermene.

"Dimmi tutto" lo guardavo interrogativa.

"Ehm..hai un cellulare?" chiese diventando ancora più colorito in volto. Imbarazzato come un ragazzino, tenero.

"Sono uno sciocco" continuò poi. "Volevo chiederti se potevamo scambiarci i numeri..magari organizziamo qualcosa una di queste sere se ti va.." abbassò il tono della voce, come se non volesse farsi sentire.

"Certo che mi va! Segnatelo" dissi allegra. Era un bravo ragazzo.

Neanche il tempo di salutarmi, che  qualcuno mi toccò la spalla.

"E brava la prof che si dà da fare".

Ovviamente riconobbi subito la sua voce. Enrico di fronte a me; ignorai palesemente la sua frase.

"Magari una doccia potevi fartela" e feci per scacciare l'aria con la mano.

"Divertente". E se ne andò. Certo che alle volte era proprio strano. Non feci in tempo a realizzare che se ne fosse andato senza salutarmi, che sentii vibrare il telefono. Pensai subito a quanto fosse stato svelto Matteo nello scrivermi.

Mittente: Mamma
Tesoro, ho organizzato un cena per domani. Porta quel ragazzo, Matteo, mi pare che hai detto si chiami così. Non si accettano rifiuti, baci. La mamma

Non so se era peggio il fatto che mia mamma già volesse conoscere un ragazzo, che avevo nominato qualche ora prima a pranzo, o che si ostinasse ancora a firmarsi alla fine dei messaggi, non sapendo che già nel messaggio viene indicato il nome di chi ti ha scritto. Pensandoci meglio, la prima era molto peggiore, anche se la seconda non scherzava.
Ma come le era venuto in mente? Era fuori di testa! Mai e poi mai avrei invitato Matteo a conoscere i miei. Se solo avesse aperto bocca, avrebbero capito subito che non era il mio fidanzato. Le avrei dato un grande dispiacere. Non potevo, però, neanche dire a Matteo di fingere, mi avrebbe preso per pazza. Ero in trappola. Un pensiero mi illuminò. Composi il numero e chiamai la persona a cui non avrei mai pensato di dover chiedere un favore.

"Perché mi chiami?" chiese lui.

"Vieni a cena con me domani" dissi velocemente. Mi comportavo come una ragazzina.

"Ma sei completamente scema? Io a cena con te..tu stai fuori".

Mi infuriai per quella battuta. E anche se fosse? Non potevamo andare a cena insieme? Era forse vietato? Doveva scendere da quel piedistallo.

"Guarda che non te lo chiederei se non fosse importante. Figurati se voglio un appuntamento con te! Fammi questo favore...e vieni a cena dai miei" lo implorai.

"Ma sto parlando con Marta? È uno scherzo telefonico?".

Riattaccai. Odioso. Trillò di nuovo il cellulare.

"Pronto?".

"Ma lo sai che mi ha appena chiamato una dicendo di essere te dal tuo numero? Veramente strano, perché la soggetta in questione mi ha chiamato per andare a cena DAI SUOI GENITORI..e con tale confidenza. Assurdo no?"e rise malvagiamente.

"Pazzo frustato che non sei altro. Non ti chiederò mai più un favore. Ho combinato un casino e devo risolverlo, non vuoi venire? Bene ne cerco un altro. Non sei l'unico uomo in questo mondo" chiusi la chiamata ancora più infuriata di prima. Si prendeva gioco di me, pure!! Me l'avrebbe pagata.
Se non avessi trovato nessuno, sarei andata da sola. Non è mica una colpa essere single. Ognuno ha i propri spazi e campa felice, senza dover rendere conto a nessuno.

La sera seguente prima di preparmi per la fatidica cena, decisi di dedicare più tempo a me stessa e di concedermi una bel bagno. Solitamente preferivo la doccia, per fare più in fretta, ma l'idea del bagno caldo con le bollicine fatte con il bagnoschiuma, mi attirava parecchio. Mancavano le paperelle e sarebbe sembrata la scena di un film. Mentre aspettavo che si riscaldasse l'acqua, misi nel forno la torta, che avevo preparato prima, da portare come dessert. Dopo di che , mi tolsi i vestiti di dosso, accesi la radio e mi infilai nella vasca.

Se solo avessi le parole
te lo direi
anche se mi farebbe male
se io sapessi cosa dire
io lo farei
lo farei lo sai
...
Una canzone d'amore per farmi ricordare
Una canzone d'amore per farmi addormentare

A quelle dolci note chiusi gli occhi e potei immergere la testa e le orecchie al limite dell'acqua.

Un leggero formicolio al naso mi risvegliò bruscamente. L'acqua mi era appena entrata nelle narici e dovetti starnutire. Aprii gli occhi e con orrore mi accorsi di quello che era appena successo intorno a me.

"CAZZO! Cazzo, cazzo, cazzooo! Ci mancava solo questa!" urlai come una disperata. Seguirono altre imprecazioni. Ero propio volgare. Acqua ovunque. Come una  cretina avevo lasciato il rubinetto aperto per tutta la durata del bagno ed era fuoriuscita tutta l'acqua.

"Dannazione! Tutte a me! Ci fosse mai una volta, dico una, in cui mi vada bene qualcosa!" mi lamentai ancora. Ero un disastro. Anzi, il lago attorno a me era un disastro. Ma naturalmente, visto che la sfiga mi perseguitava, ancora non era finita. Misi un piede fuori dalla vasca, non considerando che il pavimento era pericolosamente scivoloso, piano piano la mia gamba andò sempre più avanti fino ad arrivare a fare una spaccata, mentre l'altro piede era rimasto, invece, ancora dentro.  Trattenni il dolore per lo strappo muscolare, che mi ero appena provocata. Non ero certo una ballerina di danza classica!

Trillò il cellulare. Risposi senza leggere il nome di chi mi stava chiamando.

"Ma chi diavolo è? Lasciatemi in pace!" strillai, rompendo sicuramente un timpano al mio interlocutore.

"Marta! Sono tua mamma. No, non ti lascio in pace. Volevo solo avvisarti di vestirti bene stasera, sai..ho allargato gli inviti e ci sarà un po' di gente".

"Allargato quanto???" chiesi disperata. Peccato che aveva già riattaccato. Ero fumante di rabbia, sentivo l'odore perfino spargersi per tutta la casa. Le orecchie stavano andando a fuoco..ma facevano veramente tutta questa puzza? Realizzai in fretta. Corsi con tutti i dolori inguinali verso la cucina. Aprii lo sportello del forno e naturalmente avevo letteralmente carbonizzato il dolce.

"Calma Marta. Mantieni la calma. Non è successo nulla. In fondo hai solo bruciato una torta... annacquato tutto il pavimento, avuto uno strappo muscolare e sei ancora senza accompagnatore per la cena di stasera". L'accompagnatore? E dove lo trovavo alle otto di sera? Senza pensarci due volte inviai le coordinate della casa dei miei genitori a quello stupido, che non voleva venire. Aveva ragione in fondo, per cui cercai di addolcire il tutto con parole carine. Poi andai a prepararmi. Dovevo essere una bomba!

"Devo dire che il risultato non è niente male" dissi ad alta voce dopo l'ultima prova vestito.

Indossavo un lungo abito rosso ciliegia, scollato davanti e con uno spacco a livello del ginocchio destro. I capelli erano raccolti in uno chignon e due fili mi pendevano a destra. Il tutto accompagnato da una semplice collana con la mia lettera iniziale e due perle nei buchi delle orecchie. Mancavano le scarpe. Non potevo di certo uscire con degli stivali o ballerine. Mi servivano dei tacchi. Ma come avrei fatto a camminare con quel dolore?

In fin dei conti era solo una cena e si presume che si stia seduti, non in piedi, quindi optai per i tacchi, dopo averci riflettuto. Potevo appendermi al braccio di qualcuno al limite..o usare il bastone della nonna. Risi al pensiero. Tutta elegante e con il bastone a cui mi appoggiavo. Meglio stare seduti e non alzarsi mai, nessuno si sarebbero accorto del mio disagio.


Suonai il campanello
Ero un po' agitata devo dire. Non sapevo che cosa aspettarmi da questa cena. Non sapevo neppure chi era stato invitato. Alzai gli occhi al cielo in cerca di conforto e quando li riabbassai, ero allibita. Tutti mi sarei aspettata di vedere, meno che lui! Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, ci guardavamo e basta. E non riuscivo a capire dall'espressione cosa pensasse. Perché non sapevo leggere nel pensiero? Era indecifrabile. Un misto di stupore, perplessità, ammirazione...ammirazione? No forse no, al massimo di sdegno. Alla fine  ruppe lui il ghiaccio per primo.

"Marta! Ma sei veramente tu? Quanto tempo!" disse Gianluca, dandomi un bacio sulla guancia.

Eh si, era proprio lui, Gianluca. La prima cotta mai dimenticata del liceo. Ecco perché mia mamma aveva detto di vestirmi bene. Quindi ci sarebbe stata anche mia cugina. Ottimo. Avevo cercato di evitarli per tanto tempo e ora me li sarei dovuta ritrovare qui, insieme. Il gioco di mia mamma era stato furbo: sventolare ai quattro venti la mia felicità con il nuovo ragazzo..che non avevo. Ottimo. Ripensai nuovamente. Diamo inizio alle danze.
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Per almeno una settimana non potrò aggiornare la storia perchè ho un esame a breve..spero vi stia piacendo e ringrazio chi l'ha messa nelle seguite, sono contenta :) Mi scuso per non essere riuscita a scrivere in corsivo le note della canzone, ma non riesco ad inserirlo. E purtroppo non riesco neanche a colorare questo piccolo spazio autore. Comunque..
..pensate che il destinatario misterioso della chiamata e del messaggio arriverà a salvare la donzella sul cavallo bianco o dovrà cavarsela da sola? Avete idea chi possa essere quest'uomo? Lo scoprirete nel prossimo capitolo..a presto!

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


~~"Martolinaa come ti sei fatta bella!" trillò mia cugina sbucando dietro Gianluca e venendomi incontro per abbracciami.

"Non è vero Gianlu?" disse tenendomi ancora stretta.

Perlomeno ci aveva salvato da quella situazione imbarazzante. Nel frattempo io rimanevo ancora davanti la porta con una bottiglia di vino rosso nelle mani. Parve accorgersene e mi invitò ad entrare, come se fosse casa sua. Forse lesse il mio disappunto perché dopo aggiunse:

"Tua mamma ci ha detto di fare gli onori di casa mentre loro sono impegnati in cucina..ma con te non credo ce ne sia bisogno. Non restare imbambolata e vieni ad aiutare".

La seguii osservandola meglio. Il tubino nero le stava divinamente con quelle gambe chilometriche che si ritrovava. Mi sentivo una nana in confronto a lei, che sembrava uscita da una rivista di Victoria Secret.

In salone c'era parecchia gente e non ero nemmeno sicura di conoscerli tutti. Iniziai a salutare qualcuno e poi collassai sul divano, non ce la facevo a stare in piedi, odiavo i tacchi. Tutti intorno a me si divertivano, mentre io facevo l'asociale. Ero senza accompagnatore, in una festa in cui l'obiettivo di mia madre era quello di far vedere il contrario. Gianluca si sedette di fianco a me per farmi compagnia, forse gli facevo pena.


"Posso?" mi chiese.

Ormai ti sei già seduto e me lo chiedi pure. Va beene. Marta rilassati e sii cordiale, pensai. Forse, però, aveva imparato a leggere nel pensiero, perché dopo aggiunse: "Sì, in realtà mi sono già accomodato. Tutta sola stasera?".

"Come vedi.." abbassai lo sguardo.

"Oh andiamo una bella donna come te avrà sicuramente qualcuno! Prima non ho avuto modo di farti i miei complimenti, stai molto bene vestita così" sembrava sincero.

"Grazie.." alzai lo sguardo e quasi non mi venne un colpo quando fece il suo ingresso in salotto Enrico.

Allora mi aveva ascoltato ed era venuto a salvarmi. L'avrei baciato dalla testa ai piedi in quel preciso istante. No, magari i piedi no, la testa sicuramente. Più che la testa, la bocca. Poveri piedi però..non potevo mica escluderli. Secondo me dovevano essere curati. Oddio non potevo fare simili pensieri, non quando mi accorsi che era venuto con Melissa. Che stronzo. Forse mi ero dimenticata di precisare di non portare la donna dalla chioma rossa splendente. Mia colpa.
Dovetti alzarmi di scatto dal divano, perché si stava per prospettare una scena disastrosa. Eh si, perché mia mamma li aveva appena visti con uno sguardo interrogativo. Non so neanche io come trovai la forza di alzarmi dal divano e correre sui tacchi.

"Mamma!" dissi con il tono di voce più pacato possibile.

La fortuna giocò a mio favore e Melissa dovette allontanarsi per rispondere ad una chiamata al cellulare, senza avere il tempo di presentarsi. Tirai un sospiro di sollievo.

"Ti presento Matteo.." .
"Piacere Enrico" dicemmo all'unisono.

Lo guardai con gli occhi del terrore. Ma non poteva starsi zitto?

"Come prego? " chiese allora lei.

"Matt.."
"Enrico!" di nuovo insieme. Gli pestai il piede e lo fulminai con lo sguardo.

"Aiah! Ma che cazz.." si lamentò a bassa voce.

"Marta! Ma che stai facendo? Pesti i piedi alla gente?" e stavolta mi fulminò lei con lo sguardo.

Imbarazzatissima cercai di spiegare la situazione.

"Lui è Enrico Matteo. Io preferisco chiamarlo Matteo, ma si presenta come Enrico.." sorriso più falso non potevo farlo.

Le si illuminanoro gli occhi e iniziò a stringergli la mano e dopo neanche un secondo iniziò ad abbracciarlo.

"Oh sono così contenta, finalmente ti conosco".

"Mamma smettila per favore..." la implorai. La faccia di Enrico era diventata nera.

"La tua descrizione non gli rende giustizia. Non è bello, di più" finì per dire mia mamma, facendomi diventare rossa per la vergogna.

"Il tuo viso ha lo stesso colore del vestito Marti" scherzò di nuovo la donna che mi stava mettendo in ridicolo. Vidi Enrico fare un ghigno. Ora mi avrebbe preso in giro per sempre.

"Mi sono persa qualcosa?" piombò di colpo Melissa.  "Piacere io sono la ragazza di Enrico, Melissa Arpiano".

Mia mamma per poco non si strozzò con l'acqua.
"Crede nella poligamia?" chiese sbigottita.

Dovetti appartarmi da sola con mamma, spiegandole la situazione a modo mio. Inventai che in realtà loro non stavano insieme, ma erano fratellastri. Melissa aveva dei problemi mentali e andava dallo psicologo perché pensava che Enrico Matteo fosse il suo ragazzo, essendo molto simile al suo ex. Lui ogni tanto l'assecondava. Aveva deciso di portarla alla festa, non volendo lasciarla sola. Mia mamma ci credette o fece finta di crederci. Il resto della serata passò in modo tranquillo, ogni tanto Melissa ed Enrico si prendevano per mano, guadagnandosi delle occhiatecce da parte dei miei ed ogni volta che lei tentava di baciarlo, lui la evitava. L'avevo pregato di non farlo raccontando solo a lui la verità degli accaduti e stranamente aveva acconsentito, dopo avermi fatto mezz'ora di ramanzina insultandomi  e dicendo che ero io quella che doveva andare dallo psicologo. Di fatto non aveva tutti i torti. Mi ero cacciata in un bel guaio.

"Allora non mi sbagliavo..qualcuno nel tuo cuore c'è" un sospiro all'orecchio destro. Mi voltai di scatto sfiorando con la punta del naso quella di Gianluca. Avevo riconosciuto subito la voce.

"A quanto pare.." abbassai lo sguardo.

"Peccato che non ti sta filando di striscio. Avete litigato? Ho sentito delle voci strane prima" mi guardò curioso. Dovetti sollevare la testa e notai le sfumature verdi dei suoi occhi, le stesse che mi avevano fatto innamorare anni prima.

"Non credo ti riguardi l'argomento. Va tutto bene. Torna da mia cugina, che ci sta osservando". Si voltò di lato e poi ritornò a fissarmi sorridendo sornione.

"Ma non è affatto vero! Come mai vuoi allontanarmi? Non hai fatto altro che evitarmi".

"Senti Gianlunca, non sei al centro del mondo. Ho avuto altro per la testa..non sono un'animatrice" dissi dura.

"Come vuoi.." ora sembrava quasi dispiaciuto.

"Non ho niente contro di te seriamente, sono passati anni. Le persone cambiamo e cambiano anche i sentimenti. Puoi stare tranquillo..e ora se non ti dispiace vado un attimo da Luca".

Ero convinta di ciò che avevo avevo appena detto. Gianluca era acqua passata e quella sera stessa l'avevo finalmente capito. Mi era bastato rivederlo per giungere alla conclusione che era stato definitivamente cancellato dalla mia mente. Ormai nella mia testa si stavano facendo strada altre persone e lui non rientrava più. Se l'avessi ricontrato prima, magari avrei capito tutto già da un po'. Ma la vita va così.

"Sorellina..quella Melissa é una bomba sexy. Perché non me l'hai mai presentata prima?" Luca era su di giri.

"Fammi pensare....forse perché fino ad oggi credevo che fossi felicemente sposato?".

"Brutta strega" serrò gli occhi.

"Strega a chi scusa?" lo spinsi. Tentai più che altro, visto la sua stazza.

"Ma voi a 30 anni fate ancora così?" ghignò Enrico avvicinandosi mano nella mano con Melissa. Gli feci cenno di staccarsi, ma sembrava non capire. Scuotevo la testa mimando un < no > con le labbra.

"Tutto bene? Hai un tic per caso?" mi domandó la rossa stupita.

"Ha il Parkinson" sorrise Luca.

"Oh..." sembrava dispiaciuta.

"Ma cosa dici? Non sono cose su cui scherzare! Sei un deficiente.. si capiscono tante cose ora" alzai il tono della voce.

"Cosa vorresti dire tu?" mi puntò il dito sul petto.

"Capisco perché Rebecca ti abbia lasciato!! Ti comporti come un bambino e fai battute di pessimo gusto. Non ti meriti nessuno" sibillai a denti stretti.
 
Lui mi guardò infuriato, ma non disse una parola. Prese la sua giacca e uscii sbattendo la porta.

Ben fatto Marta, complimenti. Sembrava  fosse la frase che stessero per dire tutti quelli che avevano assistito alla scena, ma prima che qualcun altro potesse aprire bocca, me ne uscii anche io.

Il giorno dopo lo tempestai di chiamate. Volevo scusarmi per aver detto quelle cose brutte davanti agli altri, ma non ci riuscii. Non aveva intenzione di rispondere alle chiamate? Bene sarei andata a casa a parlargli.

" E dai Luchino" attaccava sempre fare il labbruccio. "Mi dispiace veramente". Era da un'ora che dicevo la stessa frase a ripetizione, ma lui era impassibile.

"Ma tu hai idea di quello che ho dovuto passare ieri? Enrico, Melissa, Gianluca, amici di mamma...ero avvilita. Tu al solito tuo non risparmi le battutine".

"Battutine? Ho detto che avevi il Parkinson per scherzare!" si difese.

"Lo vedi? Per scherzare....a me non faceva ridere. È una malattia e non si scherza su certe cose" lo rimbeccai.

"Non fare la maestrina con me. Ma poi come ti sei permessa di parlare di Rebecca, eh?? Non la devi nominare" era ancora decisamente arrabbiato.

"E va bene, però adesso basta. H-O S-B-A-G-L-I-A-T-O. Ma anche tu" misi le braccia conserte.

"La amo..." voce bassissima, che non ero sicura di aver capito bene. Dovetti chiedere di ripetere.

"La amo" disse nuovamente.

"Ma chi? La ragazza per cui hai lasciato Rebecca?" spalancai gli occhi.

"Eh?" inarcò il sopraciglio. "Noooo non mi dire Melissa! Di già a questo punto siamo arrivati. È impegnata vedi" spalancai gli occhi ancora di più.

"Ti droghi forse? Non sto parlando nè di Francesca né di Melissa, che poi l'ho vista solo ieri. Gran bel fondo schiena l'amica tua, non c'è che dire.."

"Luca!!" strillai.

"Con chi è impegnata?"

"Non cambiare argomento farabutto" mi si accese una lampadina in testa poi.

"Rebecca???? Ami ancora Rebecca?" gli occhi ora mi stavano uscendo dalle orbite.

"Oh vedo che le scimmiette nella tua testa stanno sbattendo i piattini" asserì.

"Ah ah divertente...andiamo al dunque forza. Ieri dicevi A ed ora dici B. Forza spiegami meglio" e mi sedetti per terra, convincendolo a fare lo stesso.

"Non c'è molto da dire. La verità è semplice: mi sono invaghito di una, siamo andati a letto, l'ho detto a Rebecca e senza che le mi dicesse nulla, me ne sono andato via da casa, tornando qui in Italia per schiarirmi le idee. Ieri a pranzo non avevo voglia di parlare e quindi vi ho fatto credere, che non mi importasse nulla. La realtà è diversa. Sono uno stronzo e voglio stare con lei. Ma come hai detto anche tu, non mi merito nessuno. Rimarrò solo come un cane. Fine" una lacrima scese dall'occhio destro, ma l'asciugò subito. Mi avvicinai e lo abbracciai forte. Il mio piccolo Luca.

"Torna a Londra e riconquistala" gli dissi all'orecchio.

"Forse è meglio lasciarla sbollire ancora un po'...".

"No. Corri subito, falle vedere che sei presente e non fare l'orgoglioso. Non cercare di comprarla con dozzine di rose rosse, non funzioneranno da sole. Parlale" .

"Grazie. Ti...voglio un po' di bene" e mi diede un bacio sulla guancia.

Così partì il giorno dopo, pagando un biglietto un occhio della testa.

Il rientro a scuola non fu affatto male. Ero di buon umore. In classe avevo inziato a fare le prime interrogazioni a chi si era offerto volontario, ovviamente Luisa e Fabiola. Si erano guadagnate un 9 e 8 e mezzo e delle occhiatacce dal resto della classe. Nessuno aveva osato fiatare perché quel giorno c'era pure il professor Conti, che seminava terrore, in piedi nelle ultime file. Appena vedeva qualcuno parlare, gli sequestrava il cellulare. Non ero molto d'accordo sulle sue tecniche, ma non avevo il diritto di oppormi.

"Professoressa, io andrei. Mancano 10 minuti all'inizio della mia lezione nella 3A, l'aula è diametralmente opposta e impiegherò 7 minuti, arrivando con 3 di anticipo" disse Conti, mentre già varcava la soglia della mia classe.

"Sono quasi le 11, c'è la ricreazione! Quindi è posticipato l'inizio, se ricordi..." lo inseguii.

"Ricreazione? E cos'è? Non esiste nel mio vocabolario. Oggi ho intenzione di fare un compito a sopresa...ma da quando ci diamo del tu? ".

"A domani..professore" mi voltai e me ne andai. Mi trattava come una ragazzina. Ma poi era stato anche d'accordo sul darci del tu il primo giorno e ora cambiava idea. Odioso.

Io avevo deciso di rispettarlo, ma ero pur sempre una donna e il rispetto doveva essere reciproco.

Sbaam.
Elena era appena andata addosso a Conti ed entrambi erano caduti per terra. Il corpo di Conti era letteralmente schiacciato da quello di Elena.

Risate generali. Foto scattate da tutte le angolature, che presto sarebbero finite su internet.

"Il ginocchiooo! Che dolore! Si alzi immediatamente. Mi sta soffocando. Aiuto, aiutatemi" si lamentò il professore.

"Non riesco ad alzarmi neanche io. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace tanto" rispose Elena.

Io non avevo intenzione di muovermi minimamente dal mio posto di osservatrice. L'avrei fatto per Elena, ma non avevo la forza minima per sollevarli. L'unico che si fece avanti per primo fu Enrico, forse sentendosi in colpa dato che era quello sportivo tra i prof. Dopo aver aiutato Elena ed essersi accertato che non si fosse fatta male, fu il turno di Giaocmo. Prima le donne poi gli uomini, da bravo gentiluomo.

Solamente che Giacomo Conti non era di certo leggero e ci volle l'aiuto di un altro professore. Elena lo guardava mortificata, non sapeva che aggiungere oltre le proprie scuse. Stranamente non le rispose.

"Dai portiamoli in infermieria" presi la parola.

"Ma quale infermiera? Io voglio andare in ospedale! Non riesco a piegare la gamba, mi fa male il ginocchio e voglio una risonanza magnetica" sibillò Conti.

"Vi accompagno io che ho l'ora buca. Dai dai andiamo" disse velocemente Enrico incamminandosi, senza pensare che Giacomo volesse un appoggio per camminare. Rimasti soli, Elena si offrii di aiutarlo. Era molto gentile e lui non meritava tutto ciò, visto che solitamente non le rivolgeva neanche la parola, ma sicuramente la prof si sentiva in colpa per l'accaduto e voleva dare una mano.

Io dovetti rimanere a scuola per fare supplenza nell'ora di Conti per grande gioia dei ragazzi. Anche se non lo sapevano, erano stati appena salvati da un compito a sorpresa. 

 

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