Lo so

di Hetty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'origine del Male ***
Capitolo 2: *** Trova il mostro e sbattilo in prima pagina. ***



Capitolo 1
*** L'origine del Male ***


Roteò gli occhi verso, l'alto.
Cosa abbiamo qui? Al solito, pensò. Eccola, era lei. Un'odiosissima macchia di caffè, sulla giacca nuova. Sorrise. Gli uomini erano dei bambinoni, senza una donna che si occupa di loro, non potrebbero vivere. Suo marito era un uomo fortunato ad avere a fianco una donna come lei, che si occupasse in maniera esemplare delle sue necessità.
Dietro un grande uomo, c'è sempre una grande donna, pensò, compiacendosi di se stessa, mentre svuotava le tasche della giacca. Posò il contenuto sul tavolo: un paio di monete, tre scontrini di un bar. Osservò la via, era quella dell'ufficio in cui lavorava suo marito. Si rabbuiò. Che bisogno aveva di andare al bar? Forse il caffè che gli faceva, non era abbastanza buono? Erano le torte che preparava non di suo gradimento? Eppure mai aveva fatto qualche critica alla sua colazione, solo complimenti... Doveva esserci qualcosa sotto, sicuramente erano i suoi colleghi a trascinarlo in quel postaccio pieno di zitelle acide che non vedevano l'ora di rubare l'uomo alle donne oneste dalla retta morale, soltanto per invidia, facendo cadere nelle loro trappole maliarde i poveri ingenui mariti. Eh, non l'avrebbero passata liscia, quelle svergognate invidiose senza amore. Nadia avrebbe fatto passar loro la voglia di rovinare le famiglie perfette altrui, che cambiassero sport, quelle zoccole!
Ne era certa, era stato costretto dai suoi colleghi e lui, per non offenderli, li aveva seguiti. Poveretto, si era sacrificato per la sua famiglia! Anche se non aveva mai lavorato in vita sua, Nadia sapeva che un buon clima di lavoro era fondamentale per tornare a casa sereni e non incrinare la pace della casa. Sì, lo faceva per lei, per loro! Il suo valoroso guerriero, che ogni giorno lottava per non far mancar nulla ai suoi cari, che trepidanti e gioiosi lo aspettavano tutte le sere.
Lo perdonò e continuò a controllare il contenuto delle tasche.
Un fazzoletto di carta, una graffetta... Improvvisamente lo sguardo si fermò su un oggetto anomalo, qualcosa che non avrebbe dovuto stare in una tasca della giacca, soprattutto in quella di suo marito. Un incubo per ogni moglie per bene, il terrore di ogni sposa, la tragedia.
Era proprio lì, davanti a lei.
No, non stava sognando, era tutto reale.
Era proprio lui, un pezzo di carta appallottolato.
Con il cuore che le martellava nel petto all'impazzata, dispiegò quel cartoccino.
Spalancò gli occhi e trattenne il respiro. Sbatté le palpebre un paio di volte, si sentì priva di ossa ed energie, si accasciò su una sedia, come morta.
Il demoniaco bigliettino cadde sul pavimento, lasciando in bella vista il mortifero messaggio che conteneva. Due parole, scritte a matita su uno sfondo a quadretti. Due parole, scritte in un incerto stampato maiuscolo. Due parole che recitavano “lo so”.
Il mondo perfetto della povera Nadia si era sgretolato in una manciata di secondi.
Ogni certezza era crollata.
Quell'oscuro messaggio, come un incendio, aveva bruciato tutto quello che, con fatica, aveva costruito.
I suoi sogni, i suoi desideri, la sua felicità, dissolti come neve al sole.
Nadia si alzò, andò verso il lavabo della cucina e si bagnò il viso con l'acqua fredda.
No, non poteva morire tutto così.
Avrebbe lottato con le unghie e con i denti, per salvare la sua famiglia. Avrebbe sconfitto l'orrida bestia carica di odio che voleva vederla nel fango a soffrire.
No, non gliel'avrebbe data vinta.
Avrebbe trovato il colpevole e gli avrebbe sfondato il culo a forza di calci e sarebbe stato solo l'inizio.

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Capitolo 2
*** Trova il mostro e sbattilo in prima pagina. ***


«AAAAAAAH! AAAAAAH! CHE COSA HAI FATTO! AAAAAH! AAAAAH!»
Nadia tornò in sé e afferrò il nefasto messaggio.
«AAAAH! NO, NOOOO!»Basta piangersi addosso,
era giunto il momento di agire.
«PERCHÉ LO HAI FATTO, PERCHÉ?! SEI BRUTTO E CATTIVO, TI ODIO, NON SEI PIÙ MIO FRATELLO! SEI CATTIVISSIMO, NON TI VOGLIO PIÙ VEDERE!»
Avrebbe chiesto aiuto alle sue amiche, da sola non poteva farcela. Afferrò il cellulare e cercò il numero di Serena, niente messaggino, non c'era tempo. Questa era un'emergenza, una vera emergenza.
«BRUTTOOOOO! LO DICO ALLA MAMMA ADESSO, COS
Ì POI VEDI... MAMMAAAAAA!»
«Sere, sono io. È un'emergenza. Sono in grossi guai, ho bisogno del vostro aiuto. Chiama le altre. Non posso spiegarti ora, per telefono.»
«MAMMA! MAAAAAMMA!» gridò a squalciagola la figlia di Nadia, tirandola per i pantaloni, «GUARDA CHE MI HA FATTO! GUARDA! ORA LA MAESTRA MI SGRIDA!»
Nadia finse di non sentire, ma quando la bambina le fece scivolare a terra i pantaloni della tuta, rivolse lo sguardo verso di lei.
«Scusami un attimo Sere, tesoro. QUANTE VOLTE TI HO DETTO A MAMMA CHE NON DEVI DISTURBARMI MENTRE STO AL TELEFONO? E DOVE STO ADESSO? AL TELEFONO, STO. E QUINDI NON MI DEVI SCASSARE, CAPISCI A MAMMA? GUARDA CHE HAI FATTO A MAMMA, TIRAMI SU ‘STE BRAGHE CHE POI FAI SEMBRARE A MAMMA UNA SCOSTUMATA. VUOI UNA SCOSTUMATA PER MAMMA, TU?»
La bambina si rannicchiò, tenendo il quaderno aperto con entrambe le manine. Scosse la testa per far cenno di no, lasciò cadere il quaderno e sistemò i pantaloni della madre.
«Oh, brava, così mi piaci! Adesso fai la brava a mamma e vai di là a giocare con il tuo fratellino, vai, a mamma, che tengo da fare.»
La bambina tirò su con il naso e si asciugò una lacrima. Raccolse il suo quaderno, lo chiuse e se lo strinse al petto. Senza dire una parola, girò le spalle e si avviò mesta verso l'altra stanza.
«Eccomi scusami Sere, tesoro, tenevo la creatura un po' in crisi, ma una mamma sa sempre come risolvere queste cosa, ma che ti sto a dire, tra mamme ci capiamo subito! Ma torniamo alle cose importanti, chiama tutte qui, fammi 'sto favore che se no non so dove si va a finire. Grazie cara, ciao, ciao, bacini baciottelli, ciao!»
Nadia chiuse la conversazione. Sapere che le ragazze sarebbero arrivate entro breve la rincuorava. Averle vicino la faceva stare bene, il loro supporto era importante. Loro erano la sua forza, in questo mondo pieno di nefandezze e invidie, erano la sua boccata di ossigeno.
Si sedette e riguardò lo strumento del demonio che aveva tra le mani. Ma come era potuto succedere, proprio a lei? Beh, di cose invidiabili ne aveva molte, forse troppe, doveva aspettarselo, prima o poi. Alzò gli occhi e guardò la gigantografia della foto delle sue nozze. Com'era bella, in quel giorno speciale! Il suo traguardo, il suo ingresso nella vera vita, il giorno in cui il suo destino era giunto a compimento! Spostò gli occhi sulle riproduzioni delle ecografie delle sue creature: com'erano adorabili, così piccolini e così perfetti! Sospirò e sorrise. Quanto le mancava un piccolino tra le braccia... Si chiese quanto ancora doveva aspettare per poter stringere un'altra creaturina al petto e riempirla d'amore... Dell'amore che solo le vere mamme erano capaci di dare, quell'amore immenso, sconfinato, che non è possibile trovare altrove. Aveva grandi poteri, grandi doni e non vedeva l'ora di mostrare al mondo quanto valesse.
I suoi bambini, i suoi gioielli, il suo vanto.
Le signore del palazzo le facevano sempre complimenti e solo le invidiose senza amore se ne stavano zitte. Zitelle inutili, che crepassero nella loro invidia!

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