Run away

di DewoftheGalaxy
(/viewuser.php?uid=1066389)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vita ***
Capitolo 2: *** Luna che veglia e stelle testimoni ***
Capitolo 3: *** Fiamme gemelle ***
Capitolo 4: *** Rabbia di un padre ***
Capitolo 5: *** Caterina ***
Capitolo 6: *** Gioiello nascosto ***



Capitolo 1
*** Una nuova vita ***


Bisognava correre, Chiara lo sapeva, correre come mai aveva corso in vita sua, bisognava fare in fretta, molto in fretta.
Avrebbero potuto scoprire che era fuggita da un momento all’altro e allora sarebbero stari guai.

Tanti.

Chiara Scifi, figlia di Messer Favarone di Offreduccio degli Scifi e di Madonna Ortolana dei Fiumi, aveva 18 anni, capelli biondi come il grano e due occhi azzurri come il limpido cielo estivo.

E, cosa più importante in quel momento, stava fuggendo, di notte, da sola.
Fuggendo da casa, fuggendo da una vita che non la soddisfava più, fuggendo per andare da Francesco e consacrarsi a Dio.


Francesco. Chicco. François. Tanti nomi per una sola persona. Il figlio di Pietro di Bernardone, mercante di tessuti più ricco della città, che dopo l’esperienza orribile della guerra aveva iniziato a comportarsi in modo strano.

 

Baciava i lebbrosi, passava molto tempo della natura da solo, pregava molto.
Tutte cose che facevano pensare al padre che il figlio fosse impazzito.

 

Ma Chicco non è mai impazzito. Pensò Chiara, lei lo sapeva.
Aveva semplicemente avuto il coraggio di fare ciò che lei non avrebbe potuto:  lasciare tutto, tutto, per seguire Cristo.

 

E per dimostrarlo si era denudato davanti al padre, famiglia, vescovo e tutta la città di Assisi lì radunata.

 

Da allora in avanti Francesco era diventato lo zimbello di Assisi, l’argomento principale dei pettegolezzi delle comari di quel paesino disperso nel nulla nelle verdi colline umbre.

 

Fino a quando altri non lo avevano seguito.

 

Bernardo, Elia, Masseo, Rufino, Ginepro, Leone……tutti che avevano capito che c’era altro.
C’era altro oltre all’alzarsi la mattina, lavorare e guadagnare.
C’era altro oltre all’oro e all’argento e alle gemme.
C’era altro oltre alla ricchezza.
C’era il mondo.

Il mondo con la sua bellezza e il suoi lati oscuri: i poveri, gli invisibili.

 

E poi, soprattutto, c’era Dio.

Dio che ama, Dio che crea, Dio che è amore.

 

E Chiara di questo amore se ne era sempre sentita ricolma, fin da quando da piccola contava le preghiere che diceva con i sassolini su consiglio della madre Ortolana, fervente cristiana.
Solo non sapeva cosa fare, come esprimerlo, voleva dedicarsi a Lui ma non trovava il modo giusto.

 

Poi era arrivato Francesco, Chicco, con i suoi capelli nerissimi come una notte senza stelle, gli occhi marrone scuro e il colorito pallido.
Si erano incontrati molte volte, lei e Francesco, e lui le aveva aperto un mondo nuovo.

 

Un vastissimo mondo nuovo.

 

Per questo ora stava fuggendo: per entrare il prima possibile in quel mondo nuovo.

 

Assisi di notte era deserta, per le strade non correva rumore se non quello di qualche osteria ancora aperta, ma Chiara evitò quelle vie. Passò piuttosto per le viuzze, i vicoli e le stradine di cui Assisi abbondava.

 

Corri. Si diceva. Corri Chiara, devi fare in fretta.

 

Arrivò alle mura ed uscì, inoltrandosi fra gli ulivi che alla luce della torcia risplendevano con riflessi argentati.

 

Corri, Francesco e frati ti aspettano, corri.

 

Nessuno nella sua famiglia sapeva di questa fuga, solo le sue sorelle minori Caterina e Beatrice e le sue due migliori amiche Bona e Pacifica di Guelfuccio. Suo padre si sarebbe di sicuro infuriato, per non parlare di suo zio Monaldo: il giorno seguente, quando avrebbero scoperto che era fuggita, sarebbero andati in escandescenze e avrebbero mandato qualcuno a cercarla.

 

Seguire il pazzo della città quando per lei erano in serbo dei progetti di matrimonio? Inaudito!

 

Ma l’unico matrimonio a cui Chiara aspirava era quello con Cristo.

 

Gli ulivi cominciarono a diramarsi e cominciò il bosco di castagni, in mezzo al quale Chiara vide le fiaccole brillare, le fiaccole di Francesco e dei frati che l’aspettavano.
La vista le ridiede energia per correre .

 

Andiamo, manca poco, corri! Francesco è lì! La tua nuova vita è lì!

 

Arrivò.

 

I frati le sorrisero e in mezzo a loro comparve Francesco con il sorriso più smagliante di tutti.
Se non fosse stato per le fiaccole si sarebbero mimetizzato benissimo in mezzo all’oscurità: i suoi capelli erano di quello stesso nero che li circondava, oscuro ed infinito.

 

Al contrario quelli biondi di Chiara rilucevano d’oro alla luce delle torce.

 

Il fraticello le si avvicinò.

 

<< Chiara…>> Le disse << Figlia, Sorella, colomba bianca, luce nuova >>

 

La ragazza rispose sorridendo, anche se avrebbe voluto aggiungere un’ altra parola: pianticella.
Lei sarebbe stata la prima pianticella di Francesco, una rosa candida, uno stelo forte, una pianta che sarebbe cresciuta a primavera ed avrebbe sparso il suo dolce profumo per tutta la Chiesa.

 

<< Francesco..>> Rispose lei. << Figlio, Fratello, allodola del buon Dio, cavaliere del più grande dei Signori >>

 

Lui la prese per mano. << Vieni, è ora >>
E, seguiti dai frati, cominciarono a camminare verso la Porziuncola.

La Porziuncola, “pezzettino”, la chiesetta dove Francesco abitava con i suoi frati dopo essersi trasferiti lì dal tugurio del Rivotorto. Pezzettino di cosa? Chissà…forse pezzettino di paradiso?

 

La mano del fraticello era calda, rassicurante, fatta più per dare che per ricevere, la mano di un fratello maggiore.

 

<< Sei nervosa? >> Le sussurrò l’amico all’orecchio. 

 

<< Molto…..Tu Chicco? >>

 

Al sentirsi chiamare col suo nomignolo, Chicco, le gote pallide di Francesco si colorarono leggermente, tuttavia sorrise.

 

<< Non sai quanto…>>

  

Chiara si rese conto che in effetti stavano per compiere, in un modo o nell’altro, un grande passo entrambi: per lui la prima donna nella sua comunità, per lei l’inizio di una nuova vita.
Ma stavano facendo una scelta giusta? Le sorse un dubbio.

 

Ma se ne andò via subito come un’ombra fugace.

 

Sì, era la scelta giusta, era quella la vita che voleva vivere, la strada che voleva percorrere e nessuno l’avrebbe distolta dal farlo.
Neanche la rabbia temibile dei suoi parenti.

 

Più sicura di sè di quanto non lo fosse mai stata prima entrò nella Porziuncola e, sempre mano nella mano con Francesco si avvicinò all’altare. Solo allora mollò la stretta.

 

Le fiaccole illuminate creavano un’atmosfera quasi mistica, surreale, come se le luci degli angeli fossero scese dal paradiso per assistere alla scena.

 

Chiara si inginocchiò davanti a Francesco e gli porse i suoi capelli.

 

<< Taglia >> Gli ordinò << Taglia i miei capelli, simbolo di un mondo al quale più non appartengo, perché a Lui mi consacro, a Lui mi dono tutta, per Lui ho lasciato ogni cosa. Tagliali e fammi Sua serva >>

 

Anche Francesco parlò: << Io Francesco, servo del Re dei Re e povero frate ignorante, prometto di proteggerti e custodirti come una sorella. >>

 

<< E io prometto obbedienza a te e prometto di proteggerti e custodirti come un fratello >>
Lui prese una forbice e cominciò a tagliare.

Ciocca dopo ciocca.

Fili d’oro che cadendo illuminavano d’oro il pavimento di pietra.

 

Quando ebbe finito Chiara si alzò e le fu porso un ruvido saio da indossare, con una corda ed il velo.

 

Si vestì ed in un attimo fu tutto finito, tutto cambiato.

 

La vecchia Chiara era morta quella notte per il mondo intero ed al suo posto ora vi era una nuova Chiara, che vestiva abiti poveri e pregava fra bianchi muri, che amava la povertà ed il suo Sposo Celeste.

 

Un nuovo piccolo germoglio, il primo della pianticella di Francesco.

 

Uscirono e la ragazza inspirò a pieni polmoni l’aria frizzante di quella notte, l’aria della sua nuova vita.
Avrebbe affrontato sfide su sfide, parenti arrabbiati…ma non le importava.

 

La nuova vita le si presentava dinanzi stupenda e meravigliosa.  Libera, una vita libera.

 

Nessuno ora le avrebbe proibito di volare per il suo cielo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Luna che veglia e stelle testimoni ***


Subito dopo la consacrazione avevano iniziato a camminare, lei, Francesco e altri due frati.

Bisognava muoversi, fare in fretta, prima che arrivassero i parenti infuriati.

 

Francesco le aveva detto che l’avrebbe portata al monastero benedettino di San Paolo delle benedettine ma sarebbe stata solo una cosa temporanea perché la sistemazione finale di Chiara sarebbe stata San Damiano.

 

San Damiano.
La chiesetta di campagna immersa negli ulivi che Francesco aveva iniziato a riparare durante la sua conversione.
Proprio per quella chiesa che ormai era un rudere abbandonato a sé stesso aveva dato via i suoi soldi, attirandosi l’ira del padre.

 

Il cuore di Chiara era esploso di gioia quando l’amico glielo aveva annunciato durante il loro ultimo incontro, quello prima della fuga, quello decisivo.

 

Lei l’aveva abbracciato non finendo più di ringraziarlo.

 

Ora sorrideva ripensando a quell’episodio.

 

Si erano immersi nel bosco sul sentiero che conduceva al Subasio, il monte sul quale era arroccata Assisi e sul quale stava il monastero.

 

La notte era al suo culmine: la luna in cielo era piena e bianca e nella foresta si udivano i famigliari suoni notturni: lì un gufo che spalancava i suoi occhi gialli, là il gorgoglio del ruscello, lì lo stormire del vento fra le foglie, là un cervo che si abbeverava.

 

Luna che veglia e stelle testimoni di un cambiamento alla loro luce

 

Chiara si doveva ancora abituare alla sensazione della terra sotto i piedi nudi;   per chi era abituato a portare scarpe di raso e calze di seta fin dalla nascita non era una sensazione quotidiana

 

 

<< Tutto bene? >> Francesco le si era avvicinato all’improvviso, distogliendola dai suoi pensieri e facendola sussultare leggermente.

 

I suoi occhi scuri riflettevano la luce della torcia.

 

<< Scusa >> Aveva detto poi. << Non intendevo spaventarti…>>

 

<< Non fa niente >> Lei gli sorrise. << Ero persa nei miei pensieri….e comunque sì, tutto bene grazie.>>

Anche Francesco rispose al sorriso. << Lieto di saperlo e….>>  Non finì la frase che il sorriso si trasformò in un’esclamazione di sorpresa e gli occhi scintillarono di meraviglia.

 

<< Guarda Chiara! >> Indicò un campo lì vicino.

 

Lucciole.
Tanti piccoli esserini luminosi che invadevano il campo.

 

<< Sorelle lucciole…>>  Francesco era incantato da quella visione.

 

Amava tutti gli animali, li considerava suoi fratelli.
Quando vedeva i vermi sulla strada si chinava per spostarli affinché non venissero investiti e voleva scrivere all’imperatore Federico II per far sì che il giorno di Natale venisse dato abbastanza mangime agli uccelli.

 

Una volta liberò due colombe che venivano portate al mercato per essere vendute e l’uomo che le portava si fece frate, un’altra volta liberò da una trappola una lepre e l’animale continuava a saltargli in grembo per ringraziarlo e non si staccava più da lui.

 

L’amore di Francesco per il creato si estendeva a chiunque e a qualunque cosa.

 

<< VIENI CHIARA! >> l’esclamazione di Francesco la destò da quella visione scintillante.

 

Il fraticello si era gettato nel campo facendo muovere le lucciole.
Era divertito.

 

<< Francesco…>> Disse lei sorridendo. << Dobbiamo continuare, le lucciole ci sono sempre e i miei parenti potrebbero arrivare da un mo- >>

 

Chiara non riuscì a finire la frase perché l’amico l’afferrò per un braccio trascinandola nel mare di piccoli esseri luminescenti.

 

Francesco aveva gli occhi luccicanti di monelleria

 

<< Ma….Chicco?! >> Rise e anche Francesco rise.

 

Poi lui la prese per le mani e cominciarono a fare un girotondo.
Un girotondo in mezzo alle lucciole.
Un gioco da bambini.

 

Le lucciole si muovevano ad ogni loro giro creando un’atmosfera quasi magica e le stelle sopra di loro diventarono un unico disco bianco.
La corona del cielo.

 

Luna che veglia e stelle testimoni di giochi alla loro luce.

 

Girarono e girarono fino a che entrambi caddero al suolo ridendo.

 

Più in là i due frati, Elia e Leone, giocavano ad acchiappare le lucciole, ridendo ed urtandosi nel buio.


Essere fratelli vuol dire anche condividere la gioia. Pensò Chiara.  
Era vero, e lei in quel momento si era divertita come non mai.

 

Francesco l’aiutò ad alzarsi. << È così bello godere delle bellezze del Creatore! È così bello essere come bambini quando si è presenza delle Sue opere, stupirsi di tutto e godere come loro! >>

 

<< Noi siamo come bambini di fonte a Dio >> Continuò l’amica mentre riprendevano il sentiero. << Siamo così piccoli ed ingenui e molto spesso sbagliamo….eppure Lui è sempre lì pronto a tenderci la mano.>>

 

<< Già..>> Ora Francesco guardava davanti a sé, ma fu solo per poco e riposò lo sguardo su Chiara. << Tra poco arriveremo al monastero di San Paolo Chiara!. >>

 

<< Sono felice! >>

 

Lo era veramente: aveva riscoperto una gioia nascosta quella notte e presto avrebbe trovato la sua prima sistemazione della sua nuova vita.

 

E poi San Damiano. Già poi San Damiano e una vita di povertà, di quella stessa povertà in cui aveva vissuto Cristo, e di preghiera per il mondo.

 

Per un mondo migliore, per un mondo che avrebbe ascoltato le voci di Chiara e Francesco e sarebbe cambiato.
Un mondo libero e poi cielo libero

 

Chiara riprese a camminare al fianco dell’amico, avvistando in lontananza il monastero di San Paolo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fiamme gemelle ***


La badessa li aveva accolti a braccia aperte e aveva subito mostrato a Chiara la sua celletta dove avrebbe dimorato durante il tempo della sua presenza in convento.

 

E proprio Chiara aveva insisto affinché Francesco, Elia e Leone sostassero per riposarsi nella sua celletta.

 

<< Il cammino è stato lungo e faticoso ed il ritorno non sarà da meno! >> Aveva risposto a Francesco che insisteva nel voler partire subito.

 

Alla fine i tre avevano accettato e ora dormivano uno accanto all’altro con la schiena appoggiata al muro, le gambe al petto e i cappucci sul capo.

 

Chiara invece se ne stava nel suo letto con tanti pensieri nella mente e nel cuore.

 

Ora è tutto fatto, tutto compiuto. Hai un cammino davanti ora! Un cammino tortuoso certo, ma pensa al Finale! 

 

Un raggio della nascente alba penetrava dalla finestra e illuminava i granelli di polvere nell’aria.
Chiara li guardava pensante.

 

Io sono come uno di quei granelli di polvere…piccolissimo, minuscolo….ma illuminato dalla luce dell’amore di Dio…

 

Sorrise.

 

E poi dovrò fare qualcosa per Francesco…insomma, lui ha fatto così tanto per me!

 

Un rumore la distolse dai suoi pensieri.
Un sussulto.

 

Il sussulto spaventato di Francesco, che si era alzato ed era uscito fuori, nel chiostro.

 

Chiara lo seguì con lo sguardo e poi si mise a sedere sul letto.  
Perché Chicco aveva sussultato spaventato? Perché si era alzato così all’improvviso?

 

Si alzò dal letto ed uscì.
 

<< Chicco?…>>

 

Questa volta era stata lei a farlo sussultare e girare all’improvviso.
Francesco se ne stava seduto fra due colonne nel chiostro, lo sguardo basso ed era ancora più pallido del normale.

 

<< C-Chiara! Mi dispiace tanto di a-averti svegliato! Scusami! Scusami! Scusami…>>

 

Lei gli sedette vicino, mettendogli una mano sulla spalla. << Ehi ehi calmo! >>
Sorrise. << Stai calmo Chicco, tanto non stavo dormendo, ma tu…>>

 

Lui volse lo sguardo verso il terreno. << Non era niente…>>

 

<< Ti ho sentito sussultare…>>

 

<< Ma credimi: non era niente! >>  Cercò di sorriderle.

 

Ma Chiara non ci cascava. << Francesco….hai avuto un incubo? >>

 

 Il sorriso scomparve e lui annuì.

 

<< Ed era molto brutto e spaventoso? >>

 

Altro annuire.

 

La ragazza gli prese la mano. << Dimmelo. >>

 

Francesco sospirò, poi cominciò a raccontare: << Mi trovo in una radura verde e soleggiata con tanti animali ed un laghetto vicino. Poi d’improvviso compare nel cielo una nuvola scura e gli animali cominciano…a tossire e stare male. Tossire capisci! Come noi uomini! E poi… >>

 

<< E poi?…>>

 

<< E poi molti svengono e li raccolgo tra le mie braccia. Ma non è finita qui perché c’è anche l’acqua nera e appiccicosa…>>

 

Acqua nera ed appiccicosa? Come faceva l’acqua ad essere appiccicosa? Era strano per Chiara, ma più sicuramente anche per Francesco, che l’aveva sognata.

 

Lui continuò. << Quest’acqua si attacca alle ali degli uccelli marini e li sporca e fa morire i pesci! Mi fa tanta paura Chiara, perché penso che potrebbe succedere un giorno! >>

 

Era spaventato, lo si capiva dal suo sguardo.

 

Ma Chiara era lì per aiutarlo.

 

<< Ascoltami Chicco. >> 

 

Lui alzò lo sguardo verso di lei.

 

<< Forse, e dico forse, un giorno questo tuo sogno si avvererà ma ti dico una cosa di cui sono convintissima: l’umanità non lascerà che ciò accada, non lascerà la natura e gli animali a morire. E sopratutto il Signore non li lascerà morire, sono Sue creature! >>

 

L’aveva rassicurato ed il fraticello sorrise. << Hai ragione, grazie Chiara. >>

 

Lei rispose al sorriso.

 

Stettero così per un po’, guardandosi l’un l’altra mano della mano, con il trillo frizzante di un’allodola nell’aria e i colori sfumati dell’aurora che illuminavano il chiostro.

 

Occhi marroni come il legno delle foreste in occhi azzurri come il cielo d’estate.
Incrocio di sguardi.

 

E nell’aria vi era un silenzio mistico, quasi sacro, come se non si volesse disturbare l’incontro fra due anime così limpide.

 

Solo l’allodola, araldo del mattino e uccello della luce, esprimeva il suo canto.

 

Anime gemelle, in sincronia, anime che si amano di un amore fraterno e spirituale.
Un avvenimento meraviglioso, un legame unito da un filo invisibile che va fin sopra le nuvole 
 

Chiara sapeva che era così per lei e Francesco, da sempre, fin da quando l’aveva incontrato un giorno in un campo di papaveri ed ulivi bagnato di sole. *
 

O forse anche prima, quando si intravedevano per le vie della città, lui dietro gli amici ed il fratello minore, “ Francesco re della gioventù”, paladino delle feste e figlio del mercante di tessuti….e lei, accompagnata da amiche, dalle sorelle o dalla madre, in giro per fare compere oppure per aiutare segretamente i poveri, cosa che Chiara ama fare allora….

 

Due persone completamente diverse allora, lei e Francesco, avviati su due strade diverse e di estrazione sociale diversa: lui un “minores”, un minore, la nascente borghesia di mercanti e lei una “maiores”, una maggiore, l’antica nobiltà feudale.

 

Eppure il destino li aveva voluti vicini, fratelli, fiamme gemelle nell’amore di Dio.

 

Chiara si ricordava Francesco nella bottega del padre, tutto indaffarato fra stoffe, conti e clienti.

Allora i loro sguardi erano sbrigativi, nessuno badava molto a quali pensieri nascondessero.

 

Ma ora invece sì.

 

Una voce interruppe però il loro mistico legame.

 

<< DOV’É ?!….DOV’É MIA FIGLIA ?! >>

 

Era suo padre: Messer Favarone di Offreduccio degli Scifi.

Non era solo.

Ed era arrabbiato sopratutto.

 

Molto.

 

 

 

 

Nota Autrice:

 

Salve a tutti! Non sono morta ( altrimenti chi vi rompeva le scatole su Chicco e Chia? XD ) ed ho aggiornato!

 

Mi sto riferendo ad una scena di “Fratello Sole Sorella Luna” di Franco Zeffirelli del 1972, il mio film preferito su San Francesco e Santa Chiara.

In questa scena i nostri due cari ragazzi sono appunto in un campo di papaveri ed ulivi e Chiara rivolge a Francesco quella piccola ma stupenda frase ( a parer mio ) di….: “Per me eri matto prima, non ora”.

AMO QUELLA SCENA ed amo quel film, ve lo consiglio vivamente se non ve lo siete ancora visto!
La scena va ai suoi legittimi proprietari, così come il film e la frase e qualunque cosa riguardi esso.

 

Ed oltre stare qui a decantare le lodi di questo film che devo fare? Niente lol.

Arrivederci carissimi!

Dew.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Rabbia di un padre ***


 

<< DOV’ È? DOV’È QUELLA STUPIDA? ORA LA UCCIDO! LA UCCIDO! >>

 

A queste esclamazioni erano seguiti nitriti di cavalli, fragore di spade, voci di uomini ed latrati di cani.

 

Si è per caso portato tutto il corteo per la caccia? Pensava Chiara mentre correva con Francesco verso la cappella, da dove i suoni provenivano.

 

E constatò, una volta arrivata prima di Francesco, che era così.
 

Favarone di Offreduccio degli Scifi troneggiava sulla piccola e grassottella madre badessa seguita dalle altre monache.

 

<< Come osate entrare in questo modo in un convento? >> disse la donna con un’aria capace da tenere testa all’uomo.
Lui la spinse via, facendola cadere sul pavimento.
Chiara corse ad aiutarla e nel farlo chiese più volte scusa, a lei ed alle consorelle, per ciò che stava accadendo.

 

<< Scusa a loro? >> Favarone sembrava sorpreso, pur restando arrabbiato. << A me dovresti chiedere scusa, ingrata! Alla tua famiglia! Ci hai disonorati nel voler seguire quello scemo che veste di stracci!… >>

 

Proprio mentre pronunciava queste parole arrivò Francesco, seguito dai frati.

 

<< Tu… >> Il nobile si girò verso il fraticello, il quale non si mosse. << Tu razza di cretino! >>
E gli diede una sberla in volto, facendogli sanguinare il naso.

 

<< Sai cosa vuol dire vedere una figlia spogliarsi di tutto, tutto?! Sai cosa vuol dire vederla buttar via la sua vita, la sua giovinezza, la sua bellezza… e poi vestire come una mendicante? LO SAI? >>

 

Sbraitava di rabbia, ma una rabbia disperata.
Quella di un padre.
Ma anche quella di un nobile.

 

<< Aveva ragione quel pover’uomo di tuo padre nel volerti diseredare! Eri pazzo! Sei un pazzo! E ora con la tua pazzia hai contagiato anche mia figlia! Dite che la povertà é bellezza ma voi giovani non capite, non capite….non capite che i soldi a questo mondo ti rendono qualcuno, ti danno possibilità, una vita! >>

 

Alzò la spada pronto a colpire Francesco.
Ma Chiara non lo permise.

 

<< LASCIALO STARE! >>

 

Il suo grido risuonò fra le mura di pietra della cappella.

 

Favarone si girò verso la figlia e la afferrò per un braccio.
Lei si divincolò.

 

<< Tu, tu ora ragazzina ignobile vieni a casa con me oppure ti uccido qui, insieme a questo scemo… >>

 

Chiara riuscì a liberarsi e corse verso l’altare, aggrappandosi alla tovaglia.


Il padre la seguì ma si immobilizzò quando la ragazza si tolse il velo.
I suoi capelli.
Cortissimi.
Era consacrata.
Non poteva farle del male.

 

<< C-chiara… >>

 

<< Qui, a questo altare, vicino a Dio, vicino a Cristo, vicino a Francesco, è il mio posto padre. >>

 

E se ne sarebbe sempre stata lì: quello era il suo posto, lo scopo della sua intera esistenza.
Non se ne sarebbe mai andata, non si sarebbe mai allontanata dal suo Celeste Sposo e da colui che l’Onnipotente le aveva dato per seguirlo al meglio.
Francesco era la sua via per seguire Cristo.
Il suo maestro, suo fratello, suo padre, il suo migliore amico ora e sempre.

 

<< Ma, ma… >> L’uomo sembrava non capire. << Siete ancora due ragazzini, avete ancora il latte sulle labbra, non sapete niente del mondo…come pensate di cambiarlo da, da…pezzenti?! >>

 

Francesco prese parola, pur avendo ancora il sangue che gli colava dal naso.
Sorrideva.

 

<< Nulla è impossibile a Dio, e noi due siamo solo Suoi strumenti. Tutti, in un modo o nell’altro, siamo Suoi strumenti nel Suo gioco d’amore che Egli ha per noi. >>

 

Queste parole sciolsero la scorza dura di Favarone di Offreduccio degli Scifi, che lasciò cadere la spada con un tonfo metallico sul pavimento di pietra.

 

Abbracciò la figlia e pianse.
 

Pianse, lui.
Un nobile.
Un gran signore.
Uno di quelli che vista la carica che ricoprono non lasciano trasparire mai alcuna emozione.
Lui.
Proprio lui.
Pianse.

 

<< Ti voglio bene Chiara. >> Le sussurrò nell’abbraccio.

 

<< Anch’io padre. >> Rispose lei.

 

Poi abbracciò anche Francesco, come un figlio, e gli scompigliò i capelli.
<< Trattamela bene. >> Fu la sua raccomandazione in un sorriso.

 

E se ne andò, con tutto il seguito rumoroso.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto suo padre, ma Chiara non lo sapeva ancora.

 

Sapeva soltanto che l’ira dei suoi parenti non era ancora finita.

 

C’era ancora un altro convento dove Francesco intendeva trasferirla in seguito.
C’era anche sua sorella Agnese che aveva intenzione di seguirla.
E, soprattuto, c’era suo zio Monaldo.

 

E lui non si sarebbe fermato davanti alle parole come suo padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Caterina ***


Dopo il monastero di San Paolo Francesco fece trasferire Chiara in un altro monastero: Sant’Angelo in Panzo.
E fu lì che la raggiunse la sorella minore Caterina.

 

Caterina era la terza delle sorelle dopo Chiara e Penenda, seguita da Beatrice ed ora era lei la maggiore in casa essendo Chiara scappata e Penenda sposata.
A differenza della sorella maggiore aveva i capelli castani, come Penenda, e due brillanti occhi verdi, gli occhi della madre Ortolana, che condivideva con Beatrice.

 

 

Era arrivata all’imbrunire e aveva subito insistito per vedere la sorella che si trovava nel chiostro.

 

 

<< Sono scappata. >> Aveva risposto semplicemente alla domanda di una stupita Chiara sul perché fosse lì.

 

<< Questo lo vedo…>> rispose l’altra.

 

L’elegante abito verde scuro di Caterina era strappato e sporco di fango, così come i suoi capelli erano visibilmente spettinati, eppure nei suoi occhi vi era una luce diversa.
Una luce nuova.

 

E sorrideva.

 

<< Ti sei scalata metà Subasio? >> Rise la maggiore.

 

 

Anche la minore rise, ma smise dopo poco e ritornò con il suo enigmatico sorriso. Le sì avvicinò e le sedette accanto sul muretto del chiostro.

 

 

<< Chiara, ho capito finalmente! La vostra vita, tua e di Francesco, mi ha illuminato. Ora so cosa devo fare, ne sono sicura, anzi no, sicurissima! Vi voglio seguire. >>

 

 

Chiara stette un attimo in silenzio a riflettere: Caterina era giovane, un’adolescente, eppure dentro di lei bruciava il fuoco della Chiamata.
Ce l’avrebbe fatta la sorella minore a convivere con Madonna Povertà, come la chiamava Francesco?

 

 

<< Anche Bice vorrebbe. >> Aggiunse la sorella.

 

 

Bice. Beatrice. Pure lei? Era la più piccola di loro quattro, una ragazzina!
Ma se il volere di Dio era quello, accendere la Fiamma della vocazione dentro le sue sorelle e le sue conoscenti, cosa poteva fare Chiara se non sottostarvi?

 

 

Sia fatta la Tua Volontà Signore.
Ora e sempre.

 

 

La ragazza guardò per un attimo il chiostro.
Era fatto della pietra rosa del Subasio, di quella stessa pietra con la quale erano costruiti gli edifici di Assisi e che al crepuscolo e all’aurora facevano brillare la città come un piccola perla arroccata sul monte.

 

 

Colori dolci e sfumati, gerani e mille fontane zampillanti. Assisi era un piccolo paradiso, come quel chiostro: con il pozzo al centro e gerani e surfinie sui suoi muretti.

 

 

Sospirò abbandonando la visione.

 

 

Caterina pendeva dalle sue labbra aspettando una risposta.

 

 

<< Sei la benvenuta. >> Rispose Chiara con un sorriso. Caterina l’abbracciò non finendo più di ringraziarla.

 

————————————————————————

 

Però se i famigliari erano riusciti, seppur a fatica, a tollerare dopo un po’ la fuga e la decisione di Chiara non lo fecero con Caterina.

 

Aveva già fatto casino una, facendo parlare e straparlare le comari del paesino umbro, e adesso doveva farlo pure l’altra?
No, questo no di certo, l’onore degli Scifi non sarebbe caduto tanto in basso con un’altra ragazza scappata per seguire quello scemo.

 

O almeno così pensava Monaldo, fratello minore di Favarone e zio di Chiara, Penenda, Caterina e Beatrice.
Stava andando a recuperare Caterina.

 

Quando aveva scoperto che era scappata la rabbia gli era ribollita dentro.
Ma quelle sciocche sapevano cosa significava portare onore alla famiglia attraverso un matrimonio con un buon partito?! Sapevano a cosa stavano rinunciando?!

 

E tutto per colpa del figlio di Pietro di Bernardone.
Decisamente.

 

Non vedeva già di buon occhio i frequenti incontri di Chiara con Francesco quando lui era ancora il figlio di mercante di tessuti e vagava in giro come un’anima in pena dopo la guerra che, si diceva in giro, l’aveva cambiato.
Stavano fuori delle ore, a volte non tornavano neanche per pranzo o per cena…e per che cosa poi?

 

Chiara non lo diceva, accennava solo alla bellezza della natura, dell’aiuto agli altri e della preghiera. Ed era per questo che stavano fuori insieme un’eternità facendo spettegolare tutte le donne di Assisi?!

 

Ma adesso, adesso…dopo Chiara, la cui fuga era stato un boccone amaro da ingoiare per lui visto che aveva già stretto accordi di matrimonio con una nobile famiglia di Perugia…anche Caterina ci si aggiungeva?!

 

Oh quanto avrebbe voluto dirgliene quattro a quel pazzo vestito di stracci e alle sue idee malsane! E si che adesso nessuno in città lo prendeva più in giro, ne’ lui ne’ i compagni, anzi li rispettavano da quando era tornato dal Papa.
Rispetto per quello scemo i quali ideali contagiavano la la gioventù di Assisi?! Ma per favore!

 

Pure suo fratello Favarone lo rispettava adesso e alla notizia della fuga di Caterina aveva semplicemente detto che se quella era la volontà della figlia andava rispettata. Rispetto per la decisione di diventare una pezzente?! Ma gli era andato di volta il cervello?!

 

Aveva minacciato Beatrice di non fare anche lei una scemenza simile e lei di tutta risposta si era gettata piangendo tra le braccia della madre Ortolana con i riccioli rossi che le coprivano il volto.

 

 

Monaldo aveva raccolto attorno a sé dodici dei suoi cavalieri e amici più fidati e si era mosso verso il monastero di Sant’Angelo in Panzo.


Doveva, ancora una volta, salvare la reputazione della sua famiglia per una ragazzina capricciosa scappata di casa e questo gli dava sui nervi.

 

Ma soprattutto gli dava sui nervi il fatto che se non ci fosse riuscito la storia sarebbe stata, ancora una volta, sulle labbra di tutte le donne assisane già il mattino seguente.

 

E dentro di sé si chiese perché Assisi doveva essere un buco di città disperso nel nulla dove tutti sapevano tutto di tutti.

 

—————————————————————————

 

Trovarono Caterina seduta sul prato fuori dal monastero.
Indossava già il saio ed il velo ma Monaldo vide che nonostante ciò i capelli non le erano ancora stati tagliati.
Bene.
Non era ancora monaca.
Poteva tornare dunque.

 

La afferrarono per i capelli trascinandola giù per il Subasio.

 

<< Chiara! Chiara! >> urlava la ragazza.

 

Non poteva stare zitta?! Monaldo era ancora incavolato nero e le urla disperate della ragazza lo facevano incavolare ancora di più.

 

<< Stai zitta Caterina! Io e te faremo i conti a casa! >>

 

<< Mio padre non lo permetterà. >>

 

Per una volta Monaldo mandò a quel paese mentalmente il nome del fratello, che si era rammollito dopo l’incontro con Francesco e la nipote appena scappata.
Rammollito a tal punto da rispettare quel ragazzo, cosa che Monaldo non riusciva proprio a fare ne’ a comprenderne il perché.

 

Per lui erano tutti uguali quei ragazzi vestiti di stracci.
Tutti pazzi.
Tutti scemi.
E ora che anche Chiara si era unita a loro e stava per farlo anche Caterina poteva includere anche le nipoti nella categoria.

 

<< Chiara! Chiara! >> continua ad urlare quella.

 

Ora Monaldo non ce la faceva più e stava per tirare un ceffone a Caterina quando questa cadde d’improvviso dalle mani dei suoi cavalieri.

 

Provarono a tirarla sù ma non ci riuscirono.
Provarono tutti i dodici cavalieri ma non ci riuscirono. Niente da fare: Caterina era diventata pesante come il piombo.

 

Qualcuno ci trovò da ridere.

 

<< Hanno gusti fini queste monache! >>

 

<< Monache? Io penso tutto il gruppo di straccioni a cui hanno deciso di appartenere! >>

 

<< Già! ahahah! >>

 

<< Questa stanotte si dev’essere ingoiata del piombo! ahaha! >>

 

E giù tutti a ridere.
Ma Monaldo non rideva; era furioso. Non sarebbe tornata? Bene, l’avrebbe uccisa lì lui sul posto allora.

 

Alzò il bracciò pronto a colpire Caterina.
Ed il suo braccio rimase sospeso a mezz’aria, immobile.

 

Cosa? Monaldo non capiva. Era incredulo.
Scapparono via tutti, Monaldo compreso, lasciando Caterina sfinita sul prato dove fu poi raggiunta dalla sorella e dalle monache.

 

Era state le preghiere di Chiara a salvarla, Chiara che chiusa nella sua celletta in preghiera aveva sentito le sue urla e aveva pregato.
Da quel momento non le tormentarono più.

 

Quando Francesco arrivò a Sant’Angelo in Panzo rimase colpito dal coraggio di Caterina e, tagliatole i capelli, le cambiò nome in Agnese.

 

E mentre le monache si congratulavano con Agnese, Chiara si mise in disparte (dopotutto era il momento della sorella) a guardare il tramonto dal balcone.
La luce rosata illuminava Assisi, più giù, oltre i boschi del Subasio, facendola brillare. Era uno spettacolo meraviglioso.

 

<< Chiara..>> Francesco le si avvicinò sorridendole.

 

Con quella luminosità dolce e sfumata i suoi capelli nerissimi assumevano riflessi bluastri e le labbra rosse si arrossavano ancora di più.
Invece le ciglia e sopracciglia bionde di Chiara risaltavano, così come i suoi occhi.

 

Gli occhi marroni dell’amico luccicavano di qualcosa che Chiara non riusciva bene a comprendere. Monelleria forse?

 

<< Cosa c’è Francesco? >>

 

<< Beh…diciamo che ho appena finito una chiesetta per te e Agnese e le tue future consorelle…diciamo che vi è annesso un conventino….>>

 

<< San Damiano? È finito? Oh grazie Chicco grazie grazie grazie! >> 

 

La ragazza era al settimo cielo ed abbracciò Francesco che ricambiò l’abbraccio.

 

Prossima tappa, e per sempre questa volta, San Damiano.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Gioiello nascosto ***


<< Dove mi stai portando? >>

<< Aspetta e vedrai… >>

<< Non mi dai neanche un indizio? >>

<< Siamo quasi arrivati, non c’è bisogno di nessun indizio…>>


Chiara sorrise a quell’affermazione.
Se la sorpresa di Francesco era vicina, la sorpresa per cui l’aveva bendata e verso cui la stava guidando, allora voleva dire che presto San Damiano sarebbe comparso davanti ai suoi occhi.


Non che ci volesse un genio per capirlo, eppure aveva accettato volentieri questo gioco dell’amico.
Con Francesco ogni giorno era una sorpresa dopotutto.


<< Madamigella, siamo arrivati! >> Fu l’annuncio e poco dopo la benda le fu tolta.


E San Damiano apparve in tutta la sua umile e semplice meraviglia, tanto che Chiara non riuscì a trattenere un gridolino di stupore.


È….esattamente come nei miei sogni…


Era un conventino di pietra rosa del Subasio, circondato da ulivi argentanti e con tante finestrelle che facevano capolino qua e là come bottoni disordinati.
Da quelle finestrelle si poteva ammirare la vallata tutta verde con i paesini dalle bianche case e campanili che si alzavano al cielo come giganti.


Era bellissimo lì, con i balconicini pieni di umili fiori, e un dolce e gradevole silenzio.
Un’oasi di pace e di riflessione immersa nella natura, un gioiello nascosto.


E quel gioiello era tutto di Chiara.


<< Allora? >>


Così presa dalla contemplazione del convento, Chiara si era dimenticata della presenza di Francesco.


<< È…È bellissimo Francesco….sono senza parole… >>


L’amico sorrise. << Se sei senza parole adesso, allora resterai muta a quello che sto per mostrarti! >>


Perché? Cosa c’era adesso?


Lui la prese per mano. << Vieni! >>


<< Che cos’è? >>


<< Vieni e vedrai! >>


Francesco si avvicinò a San Damiano e aprì la porta. E anche qui Chiara rimase stupita.


<< Sorpresa! >>


Davanti a lei vi erano sua sorella Agnese e le sue due migliori amiche Bona e Pacifica di Guelfuccio. Le abbracciò commossa.


<< Pensavo…pensavo che sareste arrivate fra qualche giorno…. >>


<< Beh ti sbagliavi! >> Agnese rise. << Perché questo birichino qui… >> Ed indicò Francesco, il quale fece per scherzo uno sguardo innocente e da cagnolino bastonato. << ….Mi ha convinto a farti una sorpresa insieme a Bona e Pacifica che nel frattempo avevano deciso di entrare nell’allegra combriccola! >>


<< "L’allegra combriccola" è proprio il termine adatto per descrivere tutti noi cara Agnese! >>  disse Francesco, provocando una risata collettiva.


Poi il fraticello si mise in disparte, lasciando le quattro monache alle loro conversazioni.
Chiara lo notò e lo raggiunse.


<< Ora vado Chiara… >>


<< Ci lasci di già? >> Non poteva rimanere qualche momento in più?


Erano nel giardino di San Damiano e il sole all’orizzonte stava tramontando, avvolgendo tutto nel rosa e nell’arancione.


<< Ti lascio al tuo gregge Chiara. >>


Sarà stata la luce del tramonto o sarà stato qualcos’altro, ma Chiara vide negli occhi di Francesco un guizzo di energia e maturità. Le sembrò…più grande.
Eppure era comunque solo un ragazzo, un ragazzo gracile, mingherlino e cagionevole.


Oh Signore! Solo tu sai cosa vuoi da lui!


Lei gli afferrò la mano. << Ma tornerai vero? E…e mi aiuterai a guidare la comunità? >>


<< Ma certo! >> L’amico sorrise. << E..e..e tu non mi lascerai solo vero? >>


Con questa domanda Francesco le chiedeva amicizia incondizionata. Ma Chiara gliela aveva già donata da tempo.


La ragazza sorrise. << Io non ti lascerò mai solo Chicco! Sarò con te quando andrai per il mondo… >>


<< Ed io con te quando pregherai…>>


<< Sarò con te nell’aiuto di ogni fratello…>>


<< Ed io sarò con te nella carità e nel silenzio…>>


Si erano capiti. Si erano decisi. Nessuno dei due avrebbe mai lasciato l’altro, si sarebbero sostenuti a vicenda nelle tribolazioni e nelle necessità e avrebbero formato un’unione meravigliosa.


Erano il germoglio di un grande albero che avrebbe dato tanti, infiniti, meravigliosi frutti in seguito.


Quale stupendo gioiello era la loro amicizia! Segreta e nascosta nei loro cuori, era grande e profonda quasi quanto la loro fede.
Un filo invisibile. Un dolce, misterioso ma fedele legame


Si abbracciarono e si salutarono e Chiara guardò Francesco andare per la via e poi scomparire fra gli ulivi.


<< Pace e bene Francesco. >> Fu il suo augurio in un sussurro.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3762424