Lilith - All'alba di una luna nera

di missiswolf03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Due fuochi bruciano nell'oscurità. Sono alti, potenti, intoccabili. Perfetti. Le ombre si muovono intorno a loro, si contorcono, agonizzano. La loro luce è più forte. Insieme, sono invincibili, e bruciano quel mare nero di mostri oscuri senza pietà. La luce trionfa. Finché... finché non arriva un'ombra particolare. È impalpabile, infida. Non perdona, si porta dietro un presagio di morte e dolore. Avvolge una fiamma, sensualmente. Sembra danzare, il tempo pare ipnotizzato da questa magia. Poi, un movimento secco; soffoca il fuoco. Le braci roventi cercano aria, ma l'ombra le copre, impedisce loro di respirare, finché non resta che carbone, e il ricordo di una luce.

 

*

 

Apro gli occhi, urlando. Anche oggi, l'ennesimo incubo. Ansimo, prendo più aria che posso, ma i miei polmoni sembrano chiusi, non respiro...

- Lilith, ti senti bene? -, chiede la maestra, con voce allarmata.

“Ti sembro star bene, razza di vecchia che non sei altro?”

Vorrei risponderle a tono, ma non ho abbastanza aria in corpo, mi pulsano le tempie e tutto gira. La vista comincia a sgranarsi. Sto per svenire. Cado verso terra, il pavimento è sempre più vicino...

Resisti. Non puoi crollare così.

Una voce. Non è la prima volta che la sento. È gentile, dolce, flautata...
Senza accorgermene, le mie mani si sono aggrappate al banco. Il respiro è tornato regolare. Vedo di nuovo. Le facce sgomente dei miei compagni di classe mi fanno capire che ho dato spettacolo. Ancora. Ormai, è una routine. Mi alzo, vado a scuola, poi ho un vuoto, immagini confuse mi arrivano alla mente, e mi ritrovo in questa situazione, più morta che viva. Penseranno che io sia pazza. Lo penso anche io, ad essere sincera. Mamma mi dice di non preoccuparmi. Bah.

La maestra di italiano mi fissa, timorosa.

- Vuoi chiamare tua madre?

Annuisco, senza parlare. È davvero una vita che non apro bocca a scuola. È davvero una vita che non ho un giorno di scuola normale. Mi alzo, con tanto di stridio della sedia sul pavimento, e seguo la donna fuori dalla classe fino in segreteria. Le bidelle mi guardano in maniera compassionevole, e le prenderei a pugni dall'alto dei miei undici anni. Solo perché non ho una bella storia, non vuol dire che debba essere guardata come un cucciolo abbandonato. Assisto alla solita telefonata, e poi, senza che mi dicano nulla, mi siedo ad aspettare mamma.

Dopo dieci minuti la vedo arrivare, stramba come sempre, con quegli occhiali rotondi, i capelli biondi gonfi e spettinati, e i vestiti da mercatino delle pulci scadente. E, inevitabilmente, sorrido. Le vado incontro e l'abbraccio forte. Profuma di casa.

- Ti porto via di qui, sta' tranquilla. -, sussurra.

Usciamo e saliamo in macchina. Il viaggio fino a casa è silenzioso, così come il rientro, ma non c'è bisogno di parlare. Mi siedo sul divano, mi tolgo le scarpe e mi distendo sotto la mia bella coperta di pile. La mamma sorride.

- Hai fame?

Annuisco piano. Non mi piace parlare, penso si sia capito.

- Va bene, ti preparo qualcosa.

Sparisce in cucina. Fisso lo schermo della piccola televisione davanti a me. I miei sensi si fanno meno acuti, gli occhi pesanti... Mi sembra passato un attimo da quando mi sono sdraiata, eppure questa coperta è così calda e morbida, come il cuscino... Tutto ciò che sento prima di addormentarmi è la voce ovattata di mamma che mi dice che è pronto, poi crollo in un sonno profondo.

 

*

 

Non so per quanto ho dormito, ma quando riapro gli occhi il sole non splende più fuori dalla finestra. Mi alzo, stiracchiandomi. Le luci sono tutte spente, ad eccezione di quella in cucina che filtra da sotto la porta. Mi avvicino, ma la mia mano rimane ferma sulla maniglia; sento delle voci, ma non cpisco cosa dicono. Appoggio l'orecchio alla porta, curiosa.

- ...avevi ragione, Sibilla... La bambina è speciale. Sento la sua aura magica, i suoi poteri sono molto forti... Erano anni che non sentivo un potere tale.

È la voce che mi ha salvato dallo sfracellarmi sul pavimento oggi! Ma che ci fa qui, chiunque lui sia? Una seconda voce entra nel mio campo uditivo.

- Pensi che... Insomma, possa essere lei? Albus, le date coincidono...

Questa è la mamma. Ma di che parla, io non capisco...

- Lo scopriremo, mia cara Sibilla, a tempo debito... Tuttavia, temo che la nostra amabile chiacchierata debba concludersi qui, abbiamo visite...

Prima che possa accorgermene, la porta si spalanca. Cado rovinosamente a terra.

- Lilith! Quante volte ti ho detto che non si origlia?

Mi alzo frettolosamente, rossa di imbarazzo.

Abbasso la testa, in segno di scusa. Che figuraccia...

Sento una risatina, e alzo gli occhi sul nostro ospite misterioso. Rimango a bocca aperta. Davanti a me, seduto su una sedia della cucina, c'è un vecchietto decrepito vestito in maniera stravagante, e con una barba lunghissima, che tiene in mano una tazza di tè.

- Tu chi sei?-, chiedo, con sfacciataggine. Mia madre s'immobilizza sulla sedia. Non mi sentiva parlare da settimane, forse mesi.

Quello che penso sia Albus ride, e io non capisco cosa ci sia da ridere.

- Perché ridi sempre? E perché sei vestito come un bambino a carnevale? Ma soprattutto, perché conosci la mia mamma?

Quest'ultima sembra aver visto un fantasma. Probabilmente è il discorso più lungo che io abbia mai fatto in undici anni di vita.

Albus si avvicina a me, mi osserva. Ha gli occhi buoni.

- Ciao, Lilith, ne è passato di tempo da quando ci siamo visti l'ultima volta... Vedi, io sono Albus Silente, un vecchio amico di tua madre, nonché preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, e, proprio come te e la tua mamma, sono un mago. Uno dei più grandi maghi di tutti i tempi a dire il vero.

Ride. Ride ancora, mentre io sono confusa. Magia, maghi? Non esistevano solo nelle favole? È assurdo. Eppure, gli credo. È come se lo avessi sempre saputo.

Perché sei qui?

La mamma sta per svenire, lo sento. Sua figlia undicenne, praticamente muta, ha appena scoperto di essere una maga, tra l'altro figlia di una maga, ha davanti a sé uno dei più grandi maghi di tutti i tempi, e questa è la sua massima reazione? Beh, si.

Ero venuto per consegnare questa di persona. È per te. Avevo intenzione di darla alla tua mamma, ma visto che sei qui, perché non la prendi tu stessa?

Mi porge una busta. La prendo. È di una bella carta, con un bel timbro di ceralacca rossa a chiuderla. La apro.

 

Cara signora Lilith Cooman

 

Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso

troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle

attrezzature necessarie.

L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in

attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

 

Distinti saluti

Minerva McGranitt

Vicepreside"

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

Miaoooooo miaoooooo

 

Apro gli occhi, mugolando, mentre le mie compagne di stanza lanciano decine di maledizioni alla povera Selene. Avrei decisamente dovuto sterilizzare la mia gatta, si. Però mi faceva pena, poverina, magari un giorno sarebbe voluta diventare mamma...

Sto davvero pensando ai desideri materni di una gatta? Bah.

- Come si spegne?

La voce di Lea, abbastanza irata, arriva da sotto quell'ammasso di lenzuola che una volta era un letto.

- Selene, su, smettila adesso.

Lancio un'occhiata truce alla micia, che forse capisce che non è saggio far arrabbiare Lea la mattina appena sveglia, e sgattaiola fuori dalla finestra, sul tetto.

- Sia lodato Silente e pure la McGranitt!!- esclama Ginger.

Scoppiamo a ridere.

- Smettetela con questo chiasso!

Una quarta voce ci zittisce. Ci voltiamo verso l'ultimo letto, dove una Zora con i capelli che sembrano aver combattuto una guerra ci osserva con sguardo torvo. Inutile dire che ridiamo ancora di più.

Eccomi qua. Lilith Cooman, studentessa di Hogwarts, Grifondoro al quinto anno, ormai. Come passa in fretta il tempo...

Sono cambiate molte cose da quando ho scoperto di essere una strega. Sono cambiata io.

Prima mi sentivo così fuori posto, in mezzo a tutti quei “babbani”, e non capivo perché. Una ragazzina di undici anni che comincia a urlare nel mezzo della classe non è molto ben vista. Ma qui... Qui le mie visioni non sono roba da pazza. Anche se nessuno sa cosa vogliano dire. Adesso mi appaiono solo di notte, e nemmeno tutti i giorni, solo ogni tanto. Forse è merito dell'ambiente. Amo la mia casata, anche se ancora non ho ben inteso che cosa ci faccia io tra i coraggiosi della scuola. Albus mi dice che è perfettamente normale. “Ognuno è coraggioso, a modo suo. E prima o poi tutti lo scoprono, anche quando meno se l'aspettano”, dice. Dovrei chiamarlo Silente, ma quando siamo solo noi due, durante le nostre sedute mensili, o quando non sono in mezzo agli altri, è più forte di me. Non so perché, ma a lui non importa. Le malelingue ovviamente dicevano in giro che avevamo una storia, che ero una raccomandata, soprattutto quella vipera di Colin, un Corvonero montato che farebbe di tutto pur di screditare gli altri ed essere il migliore della classe, e la sua ragazza Shana, Serpeverde di casata e di fatto. Fortunatamente c'ha pensato Piton a smentire tutto e a farli tacere. E ovviamente ora pensano che sia la sua, di amante, ma non si azzardano nemmeno a dirlo in giro. Che sciocchi. Comunque, io me ne frego. Stando in questa casata, anche se non è sempre tutto rose e fiori, ho imparato che l'importante è andare avanti a testa alta.

La cuscinata che mi arriva sullo zigomo sinistro mi risveglia improvvisamente dal mio stato di trance. Davanti al mio letto vedo le mie compagne di stanza, già belle e pronte. Devo avere una faccia alquanto confusa in questo momento.

- Lilith cara, scusa se interrompiamo le tue visioni ma...-, comincia Lea, con le treccine che le ricadono sul volto.

- Sai, la colazione, tra un'ora cominciano le lezioni...-, continua Zora, che magicamente ha i capelli ricci completamente a posto.

Quest'anno abbiamo i G.U.F.O e dobbiamo studiare...-, conclude Ginger, tentando di sistemare i lunghi capelli biondi in una coda alta.

Pausa. Si guardano, le guardo.

- Quindi...?-, chiedo infine. Ho difficoltà a collegare le cose stamattina.

- MUOVITI!!!-, urlano in coro. Salto giù dal letto.

Hai cinque minuti, altrimenti vado da “lui” e gli dico tutto, e sottolineo TUTTO!-, conclude Lea, tanto per assicurarsi che io abbia recepito. Inutile dire che in quattro minuti e cinquantanove secondi sono pronta.

 

*

 

La sala grande è già strapiena. Gli ultimi ritardatari, fra cui noi, si affrettano ai tavoli, nella speranza che ci sia rimasto qualcosa. Cerchiamo con gli occhi i nostri amici. Non è difficile individuarli. Vedo tre teste rosse emergere dal mucchio di capelli normali. Non ci hanno viste. Mi avvicino piano piano, e, non appena sono dietro una delle tre teste, con uno scatto fulmineo gli metto le mani davanti agli occhi.

- Ma che diavolo...?

Davanti a me, Ron, Hermione ed Harry ridacchiano. Non so quale gemello ho acchiappato, ma vabbè.

- Chi sono?-, dice Ginger, per tentare di confonderlo...

- Mi sembrava mancasse qualcuno...-, sospira il rosso. George si volta verso di me, ridendo. Okay, ho acchiappato Fred. Uno strano nodo mi si forma all'altezza dello stomaco. Ho proprio fame oggi...

Prima di potermene accorgere, Fred mi prende una mano e, con qualche mossa strana, mi strattona in avanti, facendomi cadere sulle sue gambe.

- Che caspita fai, Weasley?-, strillo. Gli altri ridono.

- Ma buongiorno, principessina di ghiaccio!-, esclama lui. Poi, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, soffia: - Non ci casco più, Lilith.

Gli faccio una linguaccia e mi sposto sulla panca accanto a lui e suo fratello, mentre anche le altre prendono posizione. Agguanto una salsiccia prima che Ron le finisca, prendo del pane e una piccola porzione di uova e mi affretto a mangiare, ascoltando gli altri che parlano. Stanno blaterando qualcosa a proposito di un filtro memorabile che i gemelli vorrebbero sperimentare, mentre Hermione cerca di farli desistere. Ho seriamente paura di cosa potrebbero combinare quei due. Sicuramente c'entrerà la Coppa Tremaghi. Questi due imbecilli si sono messi in testa di partecipare da quando Silente ha dato l'annuncio ieri sera, nonostante il limite d'età... Che scemi. Volto di poco la testa, e vedo i ragazzi di Durmstrang seduti al tavolo dei Serpeverde. Fanno davvero paura. Viktor Krum è gigantesco, sembra un armadio. Il suo sguardo è tagliente come i coltelli. Sembra capace di ucciderti con un solo dito. Ed è fottutamente pazzo di Hermione. Non le toglie gli occhi di dosso da ieri sera, quando per caso si sono incontrati sulle scale. Ah, l'amore. Il classico colpo di fulmine... Un po' come Ginny con Harry. E quello sciocco non se ne accorge! Da quando mi sono seduta, ha lanciato una cosa come venti sguardi verso il tavolo dei Corvonero, e sicuramente non sta cercando di capire che libri stanno leggendo. Perché tutte queste complicanze? Io, l'amore, non lo capirò mai. Probabilmente, finirò zitella con sedici gatti e venti civette, tutte donne ovviamente. Vengo svegliata dai miei pensieri da due braccia che mi stanno completamente soffocando.

- Non... Respiro...

- Oh, scusa, non volevo...

Sorrido. Ginny. Mi sembrava che al nostro gruppo mancasse una componente.

- Attenta che ci strozzi la principessa!

Ovviamente, Fred non si contiene mai. Gli tiro un piccolo pugnetto sul braccio. Adoro i miei amici, nonostante tutto.

Finiamo la colazione, tra chiacchiere e battute, e poi ci dirigiamo in classe. Alla porta della Sala Grande, però, sento una forte spallata, che mi fa sbilanciare. Fortunatamente, riesco a non cadere. Mi giro, pronta ad uccidere chiunque abbia attentato alla mia vita; appena incrocio quegli occhi, però, tutto scompare.

- Scusa... No volevo fare male te.

Un ragazzo alto almeno trenta centimetri più di me mi guarda, con aria dispiaciuta. Ha due occhi color marrone che trasmettono una calma infinita, con qualche pagliuzza più chiara. I capelli, molto corti, sono scuri, quasi neri. È... Wow.

- Figurati, non è nulla, non preoccuparti...

Che mi succede? Non l'ho ucciso. E mi sento le gambe molli. E ho la pancia sottosopra. Forse sto per morire.

- Mi chiamo Nikolay, tu?

La sua voce è profonda, incerta nella mia lingua, ma la sua cadenza nordica è piacevole.

- Sono Lilith.

Sorride, poi si volta verso alcuni ragazzi, probabilmente compagni, che lo stanno chiamando.

- Devo andare-, dice: - Noi vede in giro, Lilith

Se ne va, e mi accorgo che non stavo respirando. Non so cosa sia successo. Però... Però è stato bello.

Mi giro, e vedo le ragazze che mi guardano con faccia maliziosa.

- Beh, che avete da guardare?-, dico. Si limitano a ridacchiare.

- Capirai...-, dice Zora.

Poi, s'incamminano verso la classe di Incantesimi.

- Adesso me lo dite, infami!-, urlo loro dietro, correndo per raggiungerle.

Continuano a ridere, e cominciano a correre anche loro. Arriviamo davanti alla porta tutte spettinate, ridendo come delle pazze. Gli altri alunni ci guardano straniti, ma ce ne freghiamo.

- Adesso me lo dite!-, esclamo, dopo aver ripreso fiato.

- E va bene...-, acconsente Ginger.

Prima che riesca a scoprire l'arcano mistero, però, arriva Gazza.

- Perché non siete in classe, ragazzine? Filate, subito!

Entriamo in classe con una velocità impressionante, che nemmeno il maratoneta babbano più veloce del mondo. Prendiamo posto dietro i banchi, e dopo poco il professor Vitious entra in classe. Sospiro, rassegnata. Non saprò mai cosa stavano dicendo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 

Sono in Sala Grande quando succede. Me ne sto comodamente seduta al mio tavolo, con Hermione, a ripassare Trasfigurazione. Accade così, dal nulla. Mentre cerco il quaderno nella borsa. La mia mano s'immobilizza, comincia a tremare. Gli spasmi arrivano lungo tutto il braccio, mi prendono la schiena, le gambe si serrano attorno alla panca. Reclino di scatto la testa, boccheggiando. Il respiro accelera. Non riesco a fare niente. Immagini mi appaiono davanti agli occhi. C'è un drago, due, anzi, quattro... Fiamme alte, che divorano corpi ormai carbonizzati. Il fumo sembra così reale che mi brucia gli occhi, mi entra in gola... In mezzo al fuoco intravedo qualcosa, come un'arena, e una figura accovacciata, di spalle. Mi avvicino, e pian piano la volto. Riesco a sentire il mio cuore che smette di battere, il sangue che mi si gela nelle vene. Harry. Un rivolo di sangue gli cola giù dalla bocca. Ha gli occhi aperti, sembrano terrorizzati. Eppure, quelle labbra violacee non emettono alcun suono. La divisa è squartata, intrisa di sangue fresco che la profonda ferita inferta molto probabilmente da uno dei draghi continua a rigettare fuori da quel corpicino indifeso. Harry Potter è morto. Urlo, mentre la visione scompare, lasciandomi al buio. Poi, improvvisamente, le mie vie respiratorie si liberano. L'aria entra fresca nei miei polmoni. Avverto chiaramente gli spasmi fermarsi, la presa sulla panca allentare. Pian piano torna anche la vista. Ho difficoltà a mettere a fuoco le cose. Devo sbattere gli occhi un bel po' di volte prima di rendermi conto di ciò che mi circonda: un gruppo bello sostanzioso di alunni è raccolto in cerchio, tutti mi fissano preoccupati. Una visione. Una visione chiara, nitida. Non era mai successo. Faccio per alzarmi, quando sento qualcuno afferrarmi. Prima di potermi ribellare, mi ritrovo tra due braccia, a mo' di principessa. Alzo la testa, e i miei occhi incrociano quelli austeri di Nikolay. Accanto a lui, il Professor Piton mi fissa e mi fa segno di tacere. S'incammina fuori dalla Sala, sotto lo sguardo ancora confuso di molti studenti, e il giovane vichingo lo segue a ruota. Io, in tutto ciò, non riesco a dire assolutamente niente. Il volto rapito dalla morte del mio amico mi si è impresso a fuoco in mente, e più mi sforzo di non pensarci, più quello si arricchisce di particolari. Non capisco che stiamo andando nell'ufficio di Silente finché non sento il professore pronunciare parole alquanto inusuali per un uomo come lui. Il mago è in piedi, la sua apprensione è papabile. I nostri occhi s'incontrano. Praticamente salto giù dalle braccia di Nikolay.

- Albus!-, urlo, abbracciandolo. L'uomo ricambia, stringendomi forte. Sento i miei arti sciogliersi, come se si fossero sbloccati tutto d'un tratto. Grosse lacrime cominciano a scendermi lungo le guance, finendo sulla lunga barba dell'uomo.

- Lei può fare questo?-, sento sussurrare al ragazzo dietro di me. Piton non risponde, molto probabilmente l'avrà fulminato con lo sguardo. Poverino, mi dispiace che si sia trovato in mezzo a tutto questo casino. Con il passare dei secondi, le mie lacrime finiscono. Mi stacco da Silente, con gli occhi che ancora pizzicano, e finalmente riesco a parlare.

- Ho avuto una visione.-, dico.

Albus mi guarda, nuovamente preoccupato.

- Raccontami Lilith, ti prego.-, ha fatto una richiesta, ma non vuole una risposta. È un ordine. Lancio un'occhiata dietro di me. Piton e Nikolay sono ancora lì. Il vecchio mago se ne accorge, e con un cenno invita il professore a uscire. L'uomo, impassibile come sempre, fa una sorta d'inchino col capo, ed esce, trascinandosi dietro il povero vichingo, più che confuso. Appena la porta si chiude dietro di loro, Albus mi guarda, impaziente. Sospiro.

- Ho visto Hogwarts. C'erano dei draghi, tutto bruciava, morti ovunque... E poi Harry, morto, squartato da una delle bestie...

Riassumo il tutto in queste poche parole, e come se non bastasse la voce mi si spezza a metà frase. Ho ancora i suoi occhi vitrei puntati nei miei. Il preside sta zitto, mi osserva da dietro ai suoi occhiali. Non capisco se sia qui con me, o se la sua mente sia lontana, persa tra chissà quali pensieri. Quando finisco il mio breve racconto, l'uomo fa un lungo sospiro, ma non dice nulla. Continua a fissare un punto indefinito dietro di me, in silenzio. In un angolo della stanza, Fanny gracchia. Comincio seriamente a preoccuparmi. Sono riuscita a lasciare Albus Silente senza parole. Comincio a giocherellare con le dita, per tentare d'ingannare l'ansia che si sta accumulando dentro di me. A questo punto, potrebbe succedere qualunque cosa. Mi aspetto di tutto. Ma Silente è Silente, è nato per sorprendermi.

- Non credo ci sia da preoccuparsi.

La frase dell'uomo mi lascia spiazzata. Lo guardo, visibilmente sconvolta e confusa.

- Come sarebbe a dire che non credi ci sia da preoccuparsi, ho avuto una visione praticamente apocalittica, e non c'è da preoccuparsi? Albus, ma che ti prende?

La sua leggerezza mi ha scossa. È Albus Silente, non prende mai niente alla leggera. Ci dev'essere qualcosa che mi sfugge.

- Lilith cara, le visioni sono immagini di un avvenimento che potrebbe accadere. Non è una profezia, la tua, non possiedi ancora le capacità necessarie per questo. Vedrai che nessun drago ci brucerà vivi.

Ride, come sempre, e fa ridere anche me. Nonostante mi abbia praticamente detto che non sono capace di prevedere il corso degli eventi, stavolta ne sono felice. Almeno per ora, Hogwarts è salva, anche se dopo quello che è successo l'anno scorso con i Dissennatori e Peter Minus, non sappiamo cosa aspettarci.

- Allora credo che andrò, quella specie di sogno mi ha distrutta.

- Vai, cara ragazza, riposati.

Faccio per uscire dalla stanza, quando lo sento chiamarmi.

- Si? -, chiedo.

Non parlare agli altri ragazzi di quello che hai visto, d'accordo?

È serio ora. Annuisco piano, e chiudo la porta.

 

*

 

Quando rientro nella Sala, la disposizione della stanza è completamente cambiata; i tavoli sono spariti, e al loro posto ci sono delle piccole tribune di legno, dove gli studenti chiacchierano in piccoli gruppetti. Al centro, la Coppa Tremaghi brilla di una forte luce azzurra, tanto da illuminare tutta la stanza. Con gli occhi cerco un viso conosciuto; individuo Ginger, ma decido di lasciarla fare non appena vedo che sta parlando con un Tassorosso del sesto anno, mi pare si chiami Will, e nel mentre si arriccia una ciocca dei suoi lunghi capelli biondo cenere. E questo può voler dire solo una cosa: quando Ginger Throne trova qualcuno per cui valga la pena spettinarsi, allora è cotta a puntino. Cerco altre facce amiche, e vedo che Harry e Ron stanno parlando in un angolo. Non faccio in tempo ad avvicinarmi, che una massa di studenti arriva, ridendo e spintonando un ragazzo. È Cedric Diggory, un tassorosso dell'ultimo anno. Non che ci abbia parlato molto, ma per quel che ne so è simpatico. Cedric si ferma davanti alla linea dell'età che Albus in persona ha tracciato, poi la oltrepassa sorridendo e mette il suo nome nel Calice. Boato generale della folla. Beh, il ragazzo è popolare. Mi avvicino a Ron e Harry.

- Eterna gloria... Sarebbe magnifico, no? Fra tre anni, quando avremo l'età per essere scelti...-, dice il rosso.

- Già, meglio tu che io.-, esclama Harry ridendo.

- E fra due anni ci sarà il mio nome, là dentro.-, m'inserisco nella conversazione, arrivando alle spalle del povero Ron, che rischia un infarto. Io e Harry, da bravi amici, ce la ridiamo. Vedo che il piccolo Weasley sta per ribattere, ma dato che oggi è diventato il giorno “Interrompi la vita di Lilith ogni mezzo secondo”, delle grasse risate ci costringono a voltarci verso il portone della Sala. Due voci fin troppo conosciute mi arrivano alle orecchie.

Fred e George fanno il loro ingresso, tenendo delle fialette in mano e declamando il loro successo.

- Ebbene ragazzi, l'abbiamo fatta!-, comincia Fred.

- Preparata proprio stamattina!-, finisce George.

Dev'essere la famosa pozione di cui parlavano stamattina. Non possono volerlo fare davvero. Ridacchio.

- E non funzionerà-à!

La voce di Hermione, che non avevo notato, si alza su quella dei gemelli. Se lo dice lei, io mi fiderei. Voglio proprio vedere come finirà la situazione.

Ovviamente, quei due testoni non vogliono darle ascolto. Salgono su una panca. Nel mentre, Fred mi vede, e mi fa un occhiolino dei suoi, impercettibile, come a voler dire “Guarda qua, ora ti stupirò”. Alzo un sopracciglio. Fammi vedere di che sei capace, Weasley.

Bevono il filtro, e saltano al di là della linea dell'età. Non succede niente. I ragazzi applaudono. Eppure, il mio sesto senso mi dice che non è finita qui... E il mio sesto senso difficilmente si sbaglia. Me la ghigno sotto i baffi, pronta a vedere cosa accadrà. Mettono i loro nomi nel Calice. E, di nuovo, non succede niente. Poi, dal calice esplodono delle scintille blu, e i gemelli vengono brutalmente scaraventati sul pavimento, lontani dalla Coppa. Una folta barba bianca comincia a crescerli sulle gote prima liscie, e i capelli da rosso fuoco diventano dello stesso colore. Cerco di soffocare una risata, ma non ci riesco, ed esplodo in una di quelle che le iene m'invidierebbero. I fratelli, intanto, fanno a botte. Ci voleva proprio per farmi dimenticare gli avvenimenti di stamattina. Tutto a un tratto, la Sala cade in un silenzio tombale. Viktor Krum entra, seguito da Karkaroff e da alcuni allievi di Durmstrang. Intravedo Nikolay; è serio, tiene lo sguardo puntato sul Calice. Krum passa la linea dell'età, e inserisce il suo nome. Poi, com'è arrivato, se ne va, insieme alla sua scorta, non prima però di aver lanciato un'occhiata alla piccola Grifondoro seduta sulla panca a leggere. E, miracolo, Herm ricambia. Lo so io come andrà a finire qua... Harry e Ron sono come scomparsi, quindi mi avvicino ai gemelli, ancora seduti a terra.

- La prossima volta, fate mettere il nome da uno più grande, sciocchi.-, ridacchio.

Alzano la testa. Sulle loro facce, prima demoralizzate, appare un sorrisetto diabolico, che viene prontamente spento dallo sguardo assassino che lancio loro.

- Che peccato, non potremo avere tutte le ragazze ai nostri piedi!-, dice George, con voce lamentosa. Alzo gli occhi al cielo. Non cambierà mai.

- Non ti servono tutte, ti basterebbe chiedere a Diane. Quella Grifona ti sbava dietro, e tu a lei. Volete che vi organizzi anche un appuntamento, o ci arrivate da soli?

George mi guarda con gli occhi sbarrati, e io sorrido, fiera di me stessa. Penso di essere una delle poche persone che riesce a lasciare uno dei gemelli più pestiferi del Mondo Magico senza parole. Fred, intanto, se la ride. Adoro quella risata... Cioè, mi piace sentire le risate della gente in generale, n-non la sua in particolare... Semplicemente le persone che ridono sono belle, si. Dev'essere per questo che la sua risata mi fa sorridere. Di sicuro.

- Ancora qui? Muoviti a chiederle di uscire, pesce lesso!

George, che ancora sta cercando di capire come io sia a conoscenza di tutto questo, si alza e corre a cercarla. Con ancora le sembianze di un vecchietto. A Diane verrà un infarto prima di sapere chi è. Forse anche dopo. Ma sono assolutamente sicura che dirà di si. L'anno scorso ha rifiutato tutti quelli che ci provavano, ovvero più di metà scuola, e l'ha fatto per quel cretino. Ah, quanti problemi.

- Allora, principessa, ti posso tingere i capelli?

Fred, che nel frattempo si è alzato, mi mette un braccio intorno alle spalle e comincia a giocherellare con una ciocca di capelli bianchi.

- Non ci provare nemmeno, Weasley.-, rispondo, seccamente. Nessuno deve permettersi di toccare i miei capelli. Eppure, per un annetto buono, sono stati al centro dei discorsi di molti. Tra chi pensava fossero tinti e chi scommetteva che fossi un Metamorfomagus, tutti parlavano dei miei capelli bianchi. Se sono nata così, che ci posso fare io?

- Adesso abbiamo lo stesso colore di capelli, Fred.-, lo canzono io.

- Che fai, prendi in giro, principessa dei ghiacci?-, mi stuzzica lui, e sento montarmi dentro una sensazione strana.

- Si, principe dei burloni.

- Principe? E chi sarebbe il re, Lilith?

Pronta a scappare tra tre, due, uno...

- Ma George, ovviamente.

Inutile dire che non sarò mai abbastanza veloce da seminare Fred Turbo Gideon Weasley, però posso provarci. Corriamo su per le scale, con la milsa che minaccia di esplodere per le risate.

- Mi scusi professoressa!-, urlo alla Sprite, che ho rischiato di travolgere in pieno. Spero di non perdere punti, ma non potevo assolutamente fermarmi.

- Desolato prof!-, sento Fred urlare dietro di me. Penso che perderemo più di qualche punto, si. Me ne farò una ragione.

Arrivo davanti al quadro della Signora Grassa, entro in Sala Comune e corro a nascondermi in camera sua, dentro l'armadio. Cerco di regolare il mio respiro, per non farmi sentire, e mi appiattisco contro i vestiti. Non devo emettere un suono. Sento la porta spalancarsi.

- Dove sei, fiocco di neve? Giuro solennemente di non avere buone intenzioni, puoi stare tranquilla...

Mi mordo l'interno della guancia per non ridere. Come si fa a non voler bene a quest'essere?

Io e Fred ci siamo conosciuti sul treno per Hogwarts. Lui e George erano al secondo anno, e ovviamente si sono divertiti un mondo a far smattare una povera novellina, scambiandosi o con cose del genere. Per non parlare delle storie terribili che mi avevano raccontato. Scesi a terra, avevano rivelato il misterioso arteficio, beccandosi non pochi insulti. Da quel momento, siamo inseparabili. Una volta li ho pure portati nel mondo babbano, a fare un giretto che doveva essere innocuo... Dimenticando ovviamente con chi avevo a che fare. Ecco perché vado io a trovare loro in estate, e non viceversa. Mi fanno sempre ridere... Inoltre, Fred è la seconda persona esclusa mia madre ad aver sentito la mia voce. Era davvero difficile parlare allora...

- Trovata!!!

La peste spalanca le ante del mobile. Io, colta alla sprovvista, cado in avanti, e insieme rotoliamo sul pavimento. Non ho il tempo di riprendermi, che Fred mi si mette cavalcioni sulla pancia e comincia a farmi il solletico.

- Chi hai detto che è il re degli scherzi? Eh?-, ride. Io, dal canto mio, mi contorco implorandolo di smetterla. Mi fa male la pancia da tutte le risate che abbiamo fatto.

Continua a darmi il tormento, finché, sfinita, mi arrendo.

- E va bene, va bene, hai vinto! Sei tu il re, non tuo fratello!

Molla la presa sui miei fianchi e si alza.

- Brava ragazza, adesso giura fedeltà al tuo nuovo sovrano!-, esclama, salendo sul letto e assumendo una posa da perfetto governatore.

- Si, si, ora non montarti la testa.

Gli do una leggera spintarella, e lui salta e si siede sul materasso, con la schiena contro la testiera del letto. Con la mano batte sullo spazio accanto a lui. Mi siedo anch'io, e reclino dolcemente la testa all'indietro. Fa lo stesso, e ci guardiamo. Fa un altro dei suoi mitici occhiolini, e gli tiro una spallata.

- Che dolore! Ah, è insopportabile! Ti prego, Lilith, portami in infermeria, e dì a mia madre che le ho voluto bene...

Sarebbe un ottimo attore.

- Scemo...-, sorrido.

Si ricompone, e mi guarda di nuovo. I suoi occhi marrone-verdi brillano, non so perché. Ha davvero dei begli occhi...

- Allora -, comincia, - è riuscito il qui presente Fred a risollevare il morale alla qui presente Lilith?

Lo guardo, con aria interrogativa.

- Non mentire, so che oggi hai avuto una visione. E pure brutta, da quello che ho sentito...

Miseriaccia, la visione. Non deve saperlo...

- No, che dici, era solo uno scherzo di qualche sciocco, mi hanno messo una pozione nel bicchiere...

Fred mi guarda, e io so benissimo che non riuscirò a fargli cambiare idea. Sbuffo.

- E va bene, ho avuto una visione brutta, ma ora sto bene, okay? Tranquillo. Non succederà più.

Fred si avvicina.

- Sicura di star bene?

Annuisco piano. Ma il ragazzo non sembra convinto.

- Facciamo come ai vecchi tempi?-, propone.

- Non importa, Fred, davvero...

- Zitta e vieni qua.-, dice con voce decisa, spalancando le braccia. Mi accoccolo contro il suo petto, e lui mi stringe forte a sé.

Restiamo così, in silenzio.

Sento le palpebre pesanti, e la stanchezza accumulata stamattina mi colpisce tutta insieme.

- Grazie, Freddie...-, sussurro, sbadigliando.

- Prego, Lils. Ora riposati, ne hai bisogno.-, dice, con dolcezza, e mi accarezza i capelli.

- Ci sono io a proteggerti.-, sussurra.

Poi chiudo gli occhi, e mi addormento abbracciata a lui.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


La lezione di Erbologia si conclude, finalmente. Diciamo che io e le piante non andiamo molto d'accordo. Al primo anno, mentre avevamo a che fare con le Mandragole, non posizionai molto bene i miei paraoercchie, ecco, e da quel momento... La professoressa preferisce che io stia lontano dalle sue piccole creature, per farla breve. Mi affretto fuori dalla serra, chiacchierando con una Tassorosso della mia stessa età.

- È proprio vero, le alghe sono così interessanti...-, mento io, per non contraddirla. Dev'essere brutto un Tassorosso arrabbiato, o perlomeno contrariato. Insolito, più che altro. Tipo un Corvonero stupido. Da brividi. Sto per accettare la condanna che mi sono auto-inflitta, pronta a sorbirmi una seconda lezione su quelle cose viscide, quando una voce familiare mi chiama.

- Scusa Tess, mi stanno chiamando, devo andare...

- Oh, tranquilla, non preoccuparti...

Dentro di me canto vittoria, ma vedo che c'è rimasta male. Dannata bontà...

- Però ehi, poi continuiamo la conversazione, ti va?

La ragazza annuisce, sorridente, e se ne va salutandomi. Forse il Cappello ha sbagliato a smistarmi.

Sospiro, e mi avvio verso la voce di prima.

- Hermione, mi hai salvata. Ti devo una bevuta.-, esclamo, grata.

Ride, con la sua risata limpida.

- Se mi dai le Api Frizzole che tieni in camera, siamo pari.-, propone. Le lancio un'occhiataccia, ma poi rido e acconsento. Chissà come diavolo lo sa... Bah, misteri della vita.

- Allora...-, comincia.

- Allora cosa, Herm?

Fa la misteriosa pure lei ora? Il mondo si diverte a confondere Lilith Cooman, è ufficiale.

- Nikolay, eh?- dice, lanciandomi un'occhiatina maliziosa.

Ah. Ecco cosa pensavano quelle sceme...

- Ma no, Herm, è solo un amico, ci con-

- Si si, certo, vi conoscete appena, lui è solo un buon amico, non lo vedi in quel modo... Ma fammi il piacere, l'ultima persona che hai guardato così è stato il figlio della vicina quest'estate, e non era decisamente “solo un amico”.

Mi sforzo di fare l'indifferente, trattenendo una risata. Hermione Jean Granger è una pessima migliore amica, ricorda troppe cose.

- Nemmeno me lo ricordo più Quentin...

Cavolo, mi sono fregata da sola. Accidenti.

La Granger se la ride.

- Vedi? Non sbaglio mai!-, esclama, facendo spallucce e ridendo. Non cambierà mai, almeno spero.

Io e lei ci conosciamo sin da bambine. I suoi si trasferirono nella casa di fronte alla mia prima che entrambe nascessimo. Poi, siamo cresciute insieme. Con lei non dovevo parlare, era lei quella logorroica. Mi insegnava un sacco di cose. Ed era l'unica a non scappare quando mi mettevo a urlare dal nulla. Più che una migliore amica, è una sorella. Avrei dovuto capire che in lei c'era qualcosa di magico. Forse, in realtà, una piccola parte di me lo sapeva. Appena avevo saputo di essere una maga, avevo anche capito che altri bambini potevano esserlo, perciò sebbene la maggior parte di me fosse stupita di incontrarla alla stazione l'anno successivo, quella piccola minoranza che se lo sentiva c'era. Ci siamo aiutate a vicenda, all'inizio del suo anno. Io l'ho iniziata al mondo reale, fuori dai suoi libri, e lei mi ha dato supporto morale quando mia madre mi ignorava in corridoio, in aula, o in Sala Grande... Ricordo che la cosa mi distruggeva. Ora ci ho fatto l'abitudine. Una sera, mentre eravamo nella sua stanza, mi ha rivelato di farlo solo per non trattarmi diversamente dagli altri studenti. Quindi è lei che viene a cercarmi, lontano dallo sguardo di tutti, mentre normalmente mi evita, fa finta che il nostro rapporto sia solo quello tra professore e studente. Devo ammettere che a volte è così brava che mi viene il dubbio che davvero non lo sappia, che è mia madre. Poi il momento di lucidità mette a tacere questi stupidi pensieri. Anche se...

- Lilith? Ma mi senti?

La voce della giovane Grifondoro mi riporta alla realtà.

- Eh? Si, certo ti sta bene il rosso...-, dico, completamente ignara dell'argomento del suo monologo.

- Ma che c'entra il rosso ora, sciocchina! Ti ho chiesto se sei sicura che Nikolay non ti piaccia nemmeno un pochino...-, dice stizzita, ma sempre con sguardo malizioso. Quand'è che la mia dolce piccola e innocente vicina è diventata una pettegola?

Ah già. Lea e le altre.

- Beh, carino è carino...-, decido di ammettere alla fine. Grosso errore.

- WOOOOOAAAAH, LO SAPEVO!

Ginger sbuca dal nulla, facendomi prendere un infarto. Comincia a urlare, un po' come quando aveva incontrato Gilderoy Allock o, come lo chiamavo io, il fratello segreto di Edvige.

- TU SEI PAZZA, MI UCCIDERAI COSÌ!!!!-, le strillo in faccia.

- E calmati, facevo solo il mio lavoro da Gossip Girl...-, si giustifica lei, ancora esaltata per quella che le sembra una notiziona.

Ma dove andrà a finire il Mondo Magico...

- Suvvia ragazze, non mi pare il modo di reagire, ho solo detto che Nikolay non è così male...

- COOOOSA?!

La voce di Zora si alza chiara da dietro una colonna, seguita da un tonfo. La giovane ragazza sta schiacciando Lea, visibilmente sofferente.

- MA VOI SIETE PAZZE -, urlo, facendo voltare il rimanente degli studenti che ancora non avevano deciso di godersi lo spettacolo.

Le due si alzano in maniera fulminea, lanciando occhiatacce a tutta la popolazione studentesca, che, terrorizzata, distoglie immediatamente lo sguardo. Le gemelle fanno davvero paura, a volte. Specie quando le persone non sanno che sono gemelle, cosa molto frequente data la loro diversità fisica: Lea è alta, con la pelle chiara e gli occhi marroni, di un colore molto simile a quello dei capelli, intrecciati in una miriade di treccine che le arrivano al seno; Zora, invece, è di un'altezza media ma è molto formosa, sembra costantemente abbronzata, ha due occhi verdi da paura e una cesta di scuri capelli ricci che è più intricata della Foresta Proibita. Insomma, due mondi completamente opposti. Tutto il contrario di Fred e George.

- Quindi, abbiamo sentito bene?-, esclama Lea.

Tutte mi guardano, piene d'aspettativa.

- Capirete...-, dico io, facendo la misteriosa. Dolce vendetta...

- Sei proprio una s-

- Simpatica amica!-, interrompo Ginger. Chi la fa l'aspetti, specie se si ha a che fare con Lilith Cooman.

- Uff, okay, hai vinto...-, si arrendono dopo altri dieci minuti di inutili insistenze.

Rido, vittoriosa.

Eppure, il mio sorriso si spegne in automatico non appena sento una voce alquanto odiosa alle mie spalle.

- Ti fai anche gli ospiti adesso, Lilith cara?

Quella voce da oca, quella risatina isterica, le battute pungenti... può essere solo una persona.

Mi volto, un sorriso tirato sulla faccia a nascondere i miei istinti omicidi.

- Shana, cara Serpe, simpatica come sempre...

Allungo il collo dietro di lei.

- Ma, ehi, dov'è il tuo cagnolino?-, dico, con finto interesse.

- Il “cagnolino” non è un raccomandato che si scopa mezza scuola.

La voce di Colin arriva da dietro le mie spalle.

Cazzo. Se dovessero attaccarmi, non avrei possibilità.

- Andate via.-, sussurro alle ragazze. Le gemelle hanno il fuoco negli occhi, ma dopo aver lanciato un'occhiata a Ginger che si stringe con forza la stoffa della divisa, la portano via, in silenzio. “Fa attenzione.”, dicono con le labbra.

- Io resto con te.-, dice la Granger decisa, ma io scuoto la testa.

- No, Hermione, ora tu te ne vai come le altre. E questo è un ordine.

La mia voce è dura, tagliente. Vedo la piccola Grifondoro sussultare. Poi, annuisce piano, e se ne va di corsa.

Il resto degli studenti si reca nelle aule, qualcuno va nella propria Sala Comune, altri ancora prendono varie direzioni; nessuno rimane in quel dannato corridoio.

- Non pensate sia l'ora di smetterla? Non ci crede più nessuno alle vostre insulse storielle su di me.-, dico.

I due in risposta ridono. Che rabbia che mi fanno. Se resto ancora qui, non rispondo più di me stessa. Sono cinque anni che muoio dalla voglia di sistemare la faccia da c... cavallo che si ritrova Colin.

Faccio per andarmene, quando sento la sua mano viscida afferrarmi l'avambraccio. Lo fulmino con un'occhiata di fuoco.

- Già te ne vai? E pensare che avevamo appena cominciato...

Non riesco più a trattenermi e gli sputo in faccia. La soddisfazione che mi da vedere la sua faccia disgustata è senza eguali. Poi lo schiaffo di Shana mi colpisce come una secchiata gelida.

La Serpe mi fissa, con aria di sfida. Vorrei dargliene quattro, ma non riesco a liberarmi dalla stretta del suo ragazzo. In men che non si dica, mi ritrovo contro la parete, le loro bacchette puntate contro. Sento il fuoco montarmi dentro, ma non posso fare niente. Il Corvonero ha preso la mia bacchetta.

- Ora mi diverto io -, sussurra, e il brivido che mi causa la sua voce mi suggerisce che non mi piacerà affatto. Chiudo gli occhi, portando le mani al ciondolo che porto al collo, pregando che non faccia troppo male, che finisca presto, ma l'unica cosa che sento è una terza voce, profonda e con un sensuale accento dell'est.

- Expelliarmus!

Apro gli occhi. Colin è disarmato, mentre Nikolay ha preso Shana e le punta la bacchetta contro.

- Tu restituisce bacchetta.-, ordina. La sua voce è così gelida e ferma, che la parete sembra sabbia del deserto al confronto.

Colin volge lo sguardo a me. Per un attimo, lo vedo soffermarsi sulla distanza che ci separa, probabilmente cercando una scappatoia. Dopo quella che mi sembra un'eternità, però, mi lancia la bacchetta. I miei riflessi, che magicamente esistono ancora, mi fanno scattare in avanti. La afferro al volo, e immediatamente gliela punto contro. Nikolay lascia andare la ragazza, e la spinge verso di lui. Colin la abbraccia, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Un ultimo gelido sguardo, una promessa: “Non finisce qui”. Poi, entrambi girano i tacchi e spariscono in uno dei tanti corridoi della scuola. Butto fuori tutta la tensione che avevo accumulato. Per ora è andata.

Guardo il giovane venire verso di me.

- Tu sta bene?-, chiede, preoccupato.

- Si, tranquillo. Piuttosto, che ci fai qui?-, chiedo, come se non fosse successo nulla. Il giovane ride, e non posso fare a meno di notare quanto belli siano i suoi lineamenti mentre è rilassato.

- Io ho appena salvato te, e tu chiede me perché sono qui?

Faccio spallucce.

- Pura curiosità.-, dico, sorridendo.

Scuote la testa, divertito.

- Tua amica avvertito me.

La mia amica?

- Quale?

- Ragazza con capelli mossi e occhi da belva, amica di Potter.

Hermione Jean Granger, cosa farei se non ci fossi tu nella mia vita?

- Hai buone amiche, Lilith, tu fortunata.

Sorrido, spontaneamente.

- Lo so.

C'è un momento di silenzio. Non so cosa dire, mi limito a osservare ogni singola caratteristica del suo viso. I capelli sono cresciuti un po', dalla prima volta che l'ho visto, ormai un mese fa. Dopo l'incidente della visione, abbiamo cominciato a passare diverso tempo insieme, cosa che probabilmente ha fatto nascere i sospetti delle mie amiche... E che ha dato inizio ad uno strano comportamento di Fred. Stando con lui, l'ho un po' trascurato, eppure continuavo a passare molto tempo con i miei gemelli; George, infatti, non aveva mutato in alcun modo il suo modo di stare con me. Fred... Fred era sempre il solito Fred, certo, ma ogni tanto, solitamente quando venivano nominati gli allievi di Durmstrang, si alzava di scatto e andava via, senza dire a nessuno il perché. Avevamo deciso di credere fosse un attacco d'invidia nei confronti della bellezza straniera. Ma non è da lui...

Guardo Nikolay. Ogni volta che i nostri sguardi s'incrociano, una dolce sensazione mi pervade, e vengo pervasa da una forte sicurezza.

Che mi piaccia davvero?

Non so, forse è troppo presto davvero per definire quale sentimento mi lega a lui.

Mi sorride, e io ricambio.

Poi, la magia si spezza.

- Lilith!

George, Ron e Ginny vengono verso di noi.

- Ah, ciao anche a te, Nicholas.-, dice il mezzano, beccandosi una gomitata dalla sorella.

- Nikolay, voleva dire Nikolay.-, lo corregge questa.

- Quello che è, insomma, ora non è importante. La McGranitt ci ha detto di andare tutti in Sala Grande. Pare che stiamo per scoprire i nomi dei tre campioni!-, dice George, indifferente alle gaffe dei fratellini.

Dopo la notizia, me ne dimentico anche io.

- Davvero?!-, esclamo, e posso giurare che mi stanno brillando gli occhi.

- Muoviamoci! Cosa stiamo aspettando!?-, dico ancora, afferrando la mano della piccola Weasley e trascinandola verso la Sala. Poi mi ricordo di Niko. Praticamente inchiodo in mezzo al corridoio, ora magicamente di nuovo pieno di studenti con la nostra stessa destinazione, e mi volto.

- Ci vediamo dopo la cerimonia, okay?-, urlo. Annuisce, sorridendo. Sorride sempre questo ragazzo. Credevo che Albus fosse imbattibile, ma dopo aver conosciuto lui non ne sono più così convinta...

Bene, ora possiamo andare.-, dico, e senza lasciare il tempo a Ginny di dire alcunchè, la strattono verso la grande porta, seguita da due ridenti Weasley.

- Fred?-, chiedo, prima di entrare.

- Ha detto che andava direttamente alla Sala -, risponde Ron, con espressione mortificata.

- Oh, okay, fa nulla -, replico, con finta noncuranza, anche se in realtà mi dispiace che lui non sia venuto a cercarmi.

La rossa lo capisce, infatti mi stringe forte la mano.

“Avrà avuto un buon motivo, Lils”, cerca di dirmi con gli occhi.

Spero sia così. Non posso perderlo.

Entriamo nella Sala Grande, già ricolma di studenti. Lo vedo subito, la sua capigliatura rossa spicca in mezzo alle altre dei nostri compagni di Casata. Ci dirigiamo al tavolo e, mentre tutti prendono posizione e cominciano a chiacchierare, eccitati, io vado dietro di lui, e lo abbraccio, senza dire niente. Lo sento sussultare, mentre il silenzio cala in un attimo sulle bocche dei nostri amici. Sento che nessuno respira, e Fred non fa nulla. Vorrei poter vedere la sua faccia in questo momento.

Non m'importa del trambusto intorno a noi, voglio solo che lui faccia qualcosa, qualsiasi cosa, purché la finisca di non dirmi cos'ha.

Sta fermo. Il mondo sta fermo insieme a lui.

“Ti prego, non puoi abbandonarmi così”.

Niente.

Stacco piano le braccia dal suo collo. Le ragazze mi guardano sconsolate, mentre i ragazzi hanno distolto lo sguardo.

Faccio per allontanarmi e andare a cercare un altro posto, quando sento una mano afferrarmi l'avambraccio. Il mio cuore fa un salto, ripensando a come poco prima, Colin avesse fatto lo stesso. Ma io conosco questo tocco, conosco questa mano. È morbida, forte, ma gentile. Mi volto, e lo vedo, in piedi davanti a me. Mi butto tra le sue braccia senza pensarci due volte, e stavolta ricambia. Mi stringe a sé talmente tato che penso quasi che ci siamo fusi.

- Scusa, principessa. Non dovevo comportarmi così. Non voglio perderti.

Boato Grifondoro, gente che si alza, qualcuno applaude, Seamus fa esplodere la sua coppa e Draco Malfoy urla che suo padre lo verrà a a sapere se non la finiamo subito, Piton prova a togliere sessanta punti alla nostra Casata, ma Albus ce ne assegna centosessanta. Colin e Shana cominciano a bisbigliare e ridacchiare. Eppure a me non interessa. Lui è di nuovo mio.

Ma stavolta non va così.

Trovo posto vicino ad Angelina Johnson e Katie Bell, che cercano di coinvolgermi in una conversazione dai toni frivoli che mi pare tratti di tulle e chiffon, borbottando qualcosa su un ceppo, per poi rinunciare dopo poco visto il mio elevatissimo interesse verso l'argomento.

Io non sono qui.

Continuo a fissarlo.

“Perché?”

Si volta, come se qualcuno lo avesse chiamato.

Contatto.

Occhi negli occhi.

“Scusami”, lo supplico.

Una scossa mi pervade nel momento in cui lo vedo esitare.

Qualcosa, dentro i suoi occhi, gli impedisce di voltarsi, di interrompere la connessione.

E quel qualcosa lo sta facendo alzare.

Poi, si rimette seduto, e sposta lo sguardo dietro di me.

Cerco di trattenere al meglio la delusione, e guardo verso il tavolo dei professori, davanti al quale brilla la Fiamma azzurra del Calice. Albus è appena entrato, seguito da Karkaroff e dalla Preside di Beauxbatons, Miss Maxime.

Ci siamo. Il momento è finalmente giunto. Eppure, io non riesco ad essere felice, o perlomeno eccitata all'idea di scoprire chi saranno i campioni. Così, quando il Calice sputa il nome di Fleur Delacour, mi limito ad applaudire svogliatamente, e così anche quando Viktor Krum viene nominato Campione per Durmstrang. Tu guarda che sorpresa. Giro gli occhi per la stanza in subbuglio, fino ad incontrarne due che ormai sono diventati la mia ancora. Niko c'è sempre, è sempre nel posto giusto al momento giusto. Anche quando Fred era troppo occupato a fare la bambina capricciosa, lui era lì. Ogni volta che avevo una visione, lui sembrava saperlo, e mi sollevava il morale. Mi faceva ridere, cosa che fa anche in questo momento. Sta esultando con i suoi compagni, ma trova il tempo per pensare a me. È una certezza.

Rimango a fissarlo come un ebete, fino a che il terzo e ultimo nome non esce dal fuoco.

Cedric Diggory.

Almeno siamo in buone mani.

La scuola esplode, pronta a festeggiare i suoi Campioni. Cerco Niko con lo sguardo, determinata a non star male per il comportamento ingiustificato del Weasley. Intravedo i suoi occhi guardare verso di me, ma prima che possa alzarmi una morsa potentissima allo stomaco mi inchioda alla panca. Le braccia iniziano a formicolarmi, come se tanti piccoli spilli mi trapassassero la pelle.

Qualcosa sta per succedere.

Vedo Albus venire verso di me, tra i festeggiamenti degli altri alunni.

Sento il silenzio piombare sulla Sala, pesante come un macigno.

Percepisco la Fiamma cambiare, crepitare più intensamente.

Poi, tutto accade troppo velocemente per poterlo prevedere.

Un quarto foglietto.

La morsa aumenta d'intensità.

Sento un urlo viscerale crescermi dentro.

Albus prende il foglio.

Nessuno parla.

Nessuno sorride.

Nessuno respira.

Nikolay mi guarda, o forse non guarda me, chissà dov'è con la mente.

Sento gli occhi di Fred su di me, e so per certo che vorrebbe correre da me.

Da qualche parte, nella Sala, qualcuno tossisce.

Tutti aspettano, trepidanti.

Albus guarda il nome.

Ma io so già qual è.

Io lo sapevo già da settimane.

Prego di sbagliarmi, ma so che non è così.

Una sola parola mi rimbomba in testa.

“No.”

Il professor Silente, osserva la Sala in silenzio.

“No.”

Il vecchio mago cerca di parlare, ma la voce sembra morirgli in gola.

“No.”

Le sue labbra tremano, lo vedo dal movimento che fa la barba.

Il dolore è fortissimo.

Stringo la panca con forza, stringo i denti, e mi si stringe il cuore.

“No.”

Tutto questo, in pochi secondi.

Poi, Albus parla.

- Harry Potter.

La morsa allo stomaco se ne va, gli spilli scompaiono, eppure nella mia mente continua a rimbombare solo quell'unica parola.

“No.”

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Quattro.

Erano quattro le visioni che avevo avuto da dopo quella in Sala Grande.

Una durante Babbanologia. Ricordo che Ian, Grifondoro al quinto anno come me, aveva fatto una domanda su un qualche oggetto di cui aveva sentito parlare, e che avevo chiuso gli occhi un attimo, solo un piccolo attimo, date le poche ore di sonno della nottata precedente.

Nessun dolore stavolta. Solo, non riuscivo più a sbattere le palpebre o a parlare. Vedevo tutto buio.

Poi, un enorme drago pieno di spine era apparso, sputando fuoco contro di me. Avevo sentito gli occhi bruciare, fino a che la Professoressa Burbage mi aveva dato uno scossone. Avevo fatto finta di niente, parlandone solo con Nikolay.

Eravamo in Biblioteca quando Fred era venuto a cercarmi. Ci aveva visti, e non so perché il suo enorme sorriso si era spento.

- Ti serve qualcosa, Weasley?-, avevo chiesto, col solito tono scherzoso.

- No, tranquilla Lilith, parliamo dopo.-, aveva tagliato corto il rosso, anche se ero in seguito venuta a sapere da Neville che mi aveva cercato con urgenza, euforico. Non avevo dato peso nemmeno a questo.

La seconda visione era arrivata mentre ero in dormiveglia. C'erano fiamme alte, ragazzi che urlavano, e una voce... Una voce solitaria, che sussurrava un nome, a ripetizione...

Harry Potter...

Mi aveva svegliata Lea, dicendo che avevo cominciato a chiamare Harry nel sonno. L'avevo pregata di non dirlo a nessuno, inventandomi che m'imbarazzava, e grazie al cielo mi aveva creduto. Anche stavolta, come per magia, Niko aveva capito che era successo qualcosa.

Alla terza, era stato proprio lui a salvare la situazione. Ero sulle scale, diretta alla Sala Comune, quando una fitta alla testa mi aveva fatto fermare. Avevo appoggiato la mano destra sul corrimano, e questa si era come incollata. Quella volta avevo visto Harry, sembrava terrorizzato. Guardava me, sperando forse in un aiuto, un suggerimento. E io non sapevo cosa fare. Il drago di fiamme era spuntato dal nulla, e se l'era portato via. La mano del vichingo si era posata sulla mia, e mi ero riscossa. Non eravamo più sulle scale, ma dentro una stanzina.

- Tu stava spaventando studenti-, aveva sussurrato.

- Tuoi capelli brillavano, tuoi occhi bianchi erano.

Un fiocco di neve, insomma.

Ma Fred non era lì.

Fred non c'era.

Niko c'era.

Niko aveva evitato che mi mettessi ad urlare davanti a dei ragazzini.

Niko. Non Fred.

Fred non c'era.

Fred non c'è.

Non sono sue le braccia che mi circondano, evitandomi di cadere a terra, dopo che Silente urla di nuovo il nome di Harry.

Albus urla. Albus Percival Wulfric Brian Silente, dopo cinque anni da che lo conosco, urla, e la sua voce furente mi entra in testa e non ne esce più.

Persino il suo sorriso si è spento.

Il mio cuore, per quella che mi sembra un eternità, si ferma.

Non vedo cosa succede intorno a me. Non vedo niente, in realtà.

Una nube nera mi si forma davanti agli occhi.

Che cosa potrebbe succedere adesso?

Che cosa possiamo fare noi, semplici spettatori di quello che sembra uno strano scherzo del destino?

Immagini, nere, cupe, rosse di fuoco e ferite iniziano a contornarmisi in mente.

Occhi vitrei.

Tutto sparisce in un lampo.

 

*

 

La luce che vedo quando riapro gli occhi mi accieca.

Dove sono? Dove diamine sono?

La stanza che vedo non è sicuramente la Sala. Mi sembra familiare, in realtà, ma non riesco a mettere bene a fuoco i contorni.

Sbatto le palpebre, e finalmente capisco di essere nella mia stanza.

Chissà come ci sono arrivata.

Le coperte che mi avvolgono, calde e lisce, si muovono, e per un attimo il panico mi assale, poi Selene sbuca da sotto al lenzuolo e mi si struscia su un braccio. Non posso fare a meno di sorridere, e le accarezzo dolcemente il dorso, lasciandole qualche grattino dietro alle orecchie. La micia fa le fusa, contorce il corpo snello sotto la mia mano. Il pelo grigio cenere risplende, come se qualcuno l'avesse lavata in questi giorni. Effettivamente, è da un po' che non si fa vedere. Forse ha fatto un tuffo nel Lago Nero. La mia gatta è una piccola avventuriera, l'ho sempre sostenuto. Continua a farsi coccolare per qualche minuto, e man mano che l'accarezzo, la sensazione di prigionia con cui mi sono svegliata scompare, lasciando posto a una dolce parvenza di relax. Nessun suono, nessuna visione catastrofica... niente di niente. Cerco di prolungare questo momento il più possibile, dato che so per certo che non ne vivrò uno simile per molto tempo. Con Harry Campione del Torneo, le possibili svolte negative sono troppe per poter sperare che vada tutto liscio.

Comincio ad innervosirmi, e la gatta deve sentirlo, perché drizza il pelo e comincia a soffiare, guardandomi con un'intensità tale da farmi pensare che voglia dirmi qualcosa. Certe volte, penso che non sia una gatta normale. Avrà preso dalla padrona.

Ad un certo momento, potrei giurare di vedere un lampo attraversarle gli occhi, ma è solo un attimo, probabilmente me lo immagino. La gatta gira il corpo, balza giù dal letto ed esce dalla porta. Noto solo ora che è aperta, e che appoggiata allo stipite c'è una figura.

Capelli rossi, alto...

No, non è di sicuro lui.

- George?-, provo a chiamare. Ma quando alza la testa da quello che mi sembra un libro di fiabe, sento il cuore esplodermi in petto.

- Non mi riconosci più, principessa?

Si avvicina, con il solito ghigno in faccia.

- Non credevo tu fossi capace di leggere...-, dico con sfacciataggine, anche se dentro vorrei solo saltargli al collo.

Quando si siede sul bordo del letto, il materasso si piega sotto il suo peso. Appoggia il libro accanto a sé, e poi mi guarda, e i suoi occhi urlano “Scusa”.

Senza dire nulla, gli avvolgo delicatamente le braccia attorno, e lo stringo forte a me. Sentire le sue mani che ricambiano la stretta sulla mia schiena mi riempie di gioia, tanto che ho paura di mettermi a piangere. Non siamo mai stati quel genere di amici che piangono uno sulla spalla dell'altro. È una sorta di promessa silenziosa che ci siamo fatti; io non piango, lui mi consola, e viceversa. Non so come avrei fatto se non avessi più potuto sentire il calore del suo corpo contro il mio, passare le dita fra i suoi capelli o anche solo vedere i suoi occhi ridere.

È un momento magico. Tutto sembra al suo posto, nonostante non lo sia affatto. La fine potrebbe essere appena iniziata, però con lui che mi abbraccia sento che ce la possiamo fare.

- Lils... Stai brillando -, esclama dopo un po' il giovane Weasley.

Mi stacco, e mi guardo una ciocca di capelli, rischiando di acciecarmi. Sembro una lampadina.

- Se è uno scherzo, sei un genio del male, Weasley -, dico, incredula.

- So di essere geniale, Cooman, ma questo al momento supera persino le mie capacità -, ridacchia lui.

Cerchiamo una possibile spiegazione per il mio essere diventata tutto a un tratto un faro in miniatura, quando una voce ci riscuote.

- Signorina Cooman, Silente ha richiesto la sua presenza nel suo ufficio. Se volesse seguirmi...

Piton, con la sua solita faccia impassibile, fissa me e Fred.

- Oh, va bene, arrivo.-, mi affretto a dire, scendendo dal letto.

- Ci vediamo dopo, dobbiamo parlare -, sussurro al ragazzo, che si alza dal letto e annuisce.

- Comunque, appena Piton ha parlato, i tuoi capelli sono tornati normali.-, bisbiglia lui prima di uscire, sotto lo sguardo di disapprovazione del professore, che conoscendolo vorrebbe togliere venti punti alla nostra Casata per averlo beccato nel dormitorio delle ragazze. Per nostra fortuna, non lo fa. Sai che dolori sarebbero stati se avessimo fatto perdere il primo posto ai Grifondoro...

Seguo il professore senza fiatare. Mi limito ad osservare il suo lungo abito nero, e non posso fare a meno di pensare che assomigli a un abito da sposa, solo in versione lugubre. Chissà se è sposato, o se ha una compagna. È strano pensare che quest'uomo possa avere dei sentimenti verso un essere umano diverso da se stesso, ma d'altronde per gli altri ragazzi è anche strano pensare che la professoressa Cooman possa avere una figlia, considerando cosa implica questo fatto...

Rabbrividisco. Non voglio pensare che mia madre possa, ecco, aver... fatto cose, con un essere vivente di genere maschile, e che insomma, da queste cose, sia stata generata io. Oddio. Che schifo. Cioè, no che schifo che schifo, ma, che schifo, dai.

Piton che pronuncia la parola d'ordine di turno mi distoglie dai miei pensieri, grazie al cielo. Camminiamo, fino a che non arriviamo davanti alla porta dell'ufficio del Preside. Prima che l'insegnante di Pozioni possa bussare, questa si apre.

- Entra, Lilith, vieni -, mi accoglie la voce di Albus. Entro, superando Piton, che mi chiude la porta alle spalle. Sento i suoi passi mentre scende le scale e torna a occuparsi delle sue faccende.

Il Preside sta guardando Fanny, che oggi è in ottima forma. Deve essere rinata da poco. Aspetto che dica qualcosa, ma l'uomo resta in silenzio, a osservare la sua Fenice. Starà pensando a tutto quello che è successo...

- Ti sei riposata bene, bambina?

Non mi abituerò mai alle sue domande improvvise.

- Ad essere sincera, mi sento abbastanza spossata. Non credo di aver dormito molto...

La grassa risata del vecchio mi fa pensare di aver appena detto una cavolata.

- Bambina cara, hai dormito per quasi tre giorni!!

La mia faccia dev'essere sconvolta, perché l'uomo ride ancora più forte.

- Oh ma, tranquilla, non hai dormito per tre giorni consecutivi. Le signorine Reeze mi hanno riferito che ogni tanto, nel bel mezzo della notte, ti sei alzata e ti sei messa a guardare la luna fuori dalla finestra. Dimmi, Lilith, non te lo ricordi?

“Dimmi, Lilith, non te lo ricordi?”

Lo psicologo una volta mi aveva fatto la stessa domanda, quando frequentavo la scuola babbana. L'aveva fatto chiamare la maestra, dopo che in classe avevo fatto piangere una bambina. Ancora non ricordo perché, ma la maestra aveva blaterato qualcosa a proposito di una strana luce e di parole straniere. Io, a riguardo, ho un vuoto più che totale. Come adesso.

- No, Albus, non me lo ricordo. Non mi ricordo niente. Puoi aggiornarmi su cosa mi sono persa?

- Certo cara ragazza, siediti, vieni.

Mi fa accomodare su una sedia molto comoda, rivestita di un morbido velluto rosso scuro. Mi porge una Bacchetta di Liquirizia, che prendo molto volentieri. Adoro la liquirizia.

- Come ben ricorderai, Harry è diventato il quarto Campione del Torneo. Stiamo ancora cercando di comprendere le dinamiche della faccenda, ma il ragazzo ci ha assicurato che non è stato lui a far mettere il suo nome nel Calice, e io gli credo. Il problema non è questo, il problema è tutto il resto del corpo studentesco. Nessuno gli crede. Voci mi hanno fatto sapere che alcuni ragazzi si stanno mobilitando per creare una campagna contro il giovane Potter... Povero ragazzo, non ha scelto lui questo destino...

Non voglio pensare a Harry, da solo, mentre qualche idiota lo canzona, lo infastidisce, calpesta la sua dignità... Quel ragazzino è come un fratello per me. Non parliamo sempre, non ci abbracciamo davanti a mezza scuola, e certamente non gli ho mai parlato delle visioni che ho su di lui. Eppure se qualcuno si azzarda a sfiorarlo, e non per dargli affetto, dovrà vedersela con la mia furia.

- Ma adesso parliamo di te, Lilith.

Drizzo le orecchie, mentre un brivido mi convince a mettermi sull'attenti; Albus che mi fa un discorso serio, e che per giunta riguarda me, è raro come un Mangiamorte pentito.

L'anziano uomo mi guarda da dietro i suoi buffi occhiali.

- La visione, quella che hai avuto in Sala Grande, non è stata l'unica, vero?

Scuoto la testa, con gli occhi bassi. Avrei dovuto parlargliene.

- E non ne hai parlato con nessuno, ad eccezione del signor Weasley, me lo confermi?

Avvampo, mentre una sorta di macigno mi si posa sul petto, mentre annuisco energicamente. Sto mentendo al Preside, fantastico. Sto mentendo ad Albus. Ma, d'altro canto, non posso fare altrimenti. Godric solo sa cosa potrebbero fare a Nikolay se sapessero che è a conoscenza di ogni singolo particolare.

- Fred non sa cosa ho visto, in ogni caso. Sa solo che ho avuto una visione, non gli ho detto delle altre.-, mi affretto ad aggiungere a testa bassa.

- Bene, bene... Sapevo che mi avresti dato ascolto bambina. Di te posso fidarmi.

Non sto nascondendo certo un omicidio, ma mi sento come se stessi omettendo chissà quale fondamentale verità.

- Dopo questo terzo grado, ti chiederai perché ti ho fatta chiamare, eh?

Non mi lasci il tempo di rispondere, come se fosse scontato.

- Temo di essermi sbagliato, Lilith. Potrei aver commesso un errore madornale lasciando correre quell'episodio. Ho sottovalutato te e le tue capacità. Sibilla mi aveva avvertito...

- Non capisco, Albus. Cosa stai cercando di dirmi? E che c'entra mia madre?

Come chiamata dagli spiriti, la diretta interessata entra dalla porta, portandosi dietro un forte profumo di caffè e foglie di thè.

Sibilla, ben arrivata! Penso davvero sia giunto il momento che stavamo aspettando.-, esclama il vecchietto, ignorandomi completamente.

- Così presto? Non è possibile, Albus, non può essere, lei...

- ...lei è pur sempre la tua progenie, cara amica mia -, la interrompe lui, guardandola con insistenza.

Si fissano per un po', e non riesco a capire cosa stanno facendo. Sembriamo io e Fred quando vogliamo dirci qualcosa senza farlo sapere a tutto il Mondo Magico. Si ricorderanno che esisto?

Nel dubbio, passati una manciata di secondi, mi schiarisco la voce. Sembrano svegliarsi da una trance, tanto che la mamma sbatte gli occhi un paio di volte, con aria confusa. È strana. È più strana del solito. Ero certa fosse impossibile.

- Bene, direi che potete cominciare subito!-, esclama dal nulla Silente, come se tutte e due sapessimo di che parla.

- Qualcuno si decide a dirmi cosa succede?-, sbotto allora. Mamma mi fissa, seria, ed è un'espressione così insolita per lei che mi fa dedurre si tratti di roba importante. E, scommetto tutte le mie gelatine Tuttigusti+1, potrebbe essere potenzialmente pericolosa.

- Da adesso, per un periodo di tempo indeterminato, seguirai delle speciali lezioni con tua madre, dato il divieto che ti abbiamo posto a quelle normali di Divinazione. Imparerai l'arte della predizione, e l'interpretazione delle visioni. Tutti i giorni, appena dopo cena, vi ritroverete in una stanza alquanto... particolare, diciamo.

Quindi mi sta dicendo che, dopo avermi assolutissimamente proibito di seguire le lezioni con mia madre, adesso non solo sarò obbligata a farlo, ma dovrò rinunciare anche ad alcune delle mie già poche e precarie ore di sonno? Oggi andiamo di bene in meglio proprio.

- Ne sono molto felice, professore.-, mento, stando attenta a dargli del lei davanti alla mamma.

- Avrei solo una domanda, se mi permette...

- Certo, Lilith, chiedi pure.

- Ecco, vede... Lei mi aveva detto che sono ancora troppo piccola per poter fare profezie o, perlomeno, prevedere davvero il futuro... Ma allora perché è necessario che impari proprio adesso, con lezioni aggiuntive perlopiù?

Albus sorride e mi poggia le grandi mani rugose sulle spalle.

- Anche il mago più saggio può sbagliare, Lilith, l'importante è che ponga rimedio ai suoi errori...

Si era sbagliato. Abbiamo trascurato la peggiore visione che io abbia mai avuto perché supponeva fosse innocua, e si era sbagliato? Una fiamma comincia a crescermi dentro, incontenibile. Forse, se l'avessimo analizzata attentamente, avremmo potuto prestare più attenzione, e magari Harry non sarebbe in pericolo. Per Godric, che stupida che ero stata. Dovevo insistere, lo sapevo che significava qualcosa. Stupida, stupida, stupida. Una forte rabbia preme per esplodere, e non ho ne la forza ne la voglia per reprimerla.

- QUINDI MI STAI DICENDO CHE POTEVAMO EVITARE CHE TUTTO QUESTO MACELLO ACCADESSE?-, esplodo, mandando a farsi un giro le buone intenzioni di sembrare un'alunna modello.

- LILITH!-, urla mia madre, ma non me ne frega niente se le sembro maleducata. Guarda mamma, ecco cosa è diventata la tua dolce bambina silenziosa, una sfacciata che urla in faccia al Preside e gli da del tu. Una criminale, dovrebbero rinchiudermi ad Azkaban.

Sta calma, bambina, lo so che sei arrabbiata, ma questo non ci darà il potere di cambiare le cose...-, cerca di tranquilizzarmi Silente, senza riuscirci.

- PARLIAMO DEL TORNEO TREMAGHI ALBUS, LA GENTE MUORE IN QUESTA COMPETIZIONE...

- Ed è proprio quello che devi evitare, Lilith.-, mi interrompe, la voce sempre pacata. Vorrei ribattere in qualche modo, ma serro le labbra e lo fisso, come invitandolo a continuare. Ormai, tanto vale ascoltare cosa mi toccherà fare fino in fondo.

- So benissimo di aver permesso che tutto questo accadesse con il mio stupido errore, ma ciò non m'impedisce di provare a porvi rimedio. E tu sei la nostra unica speranza. Certo, il giovane Potter è un ragazzo già molto sveglio e capace, ma, come hai detto tu, questo è il Torneo Tremaghi, anzi, Quattromaghi. Qui Harry è davvero in grave pericolo, e potrebbe accadergli di tutto. Nessuno può prevedere ciò di cui potrebbe cadere preda. Nessuno, eccetto te. Siamo nelle tue giovani mani, Lilith.

Non so cosa dire. Resto ferma, troppi punti di domanda dipinti negli occhi. Non posso farcela, voglio dire, sono solo al quinto anno, e non ho mai preso una lezione di Divinazione prima d'ora...

- Perché non lei?-, chiedo invece, inghiottendo il nodo che mi si è formato in gola e facendo un cenno verso mia madre.

- Saprai ogni cosa a tempo debito, tesoro -, s'inserisce lei. Ben svegliata, mamma. E poi si può sapere che razza di risposta è? Sospiro, e con sguardo supplichevole guardo Albus, che scuote la testa. Umpf. Odio arrendermi, ma così non otterrò mai niente.

- Bene, lo farò. Ci riuscirò, Albus.-, dico per concludere questa conversazione. Mi ha prosciugata a tal punto che non m'importa nemmeno più di cosa pensi mia madre sentendomi dare del tu al Preside. Dunque, pronunciate queste parole, mi alzo, e prima che uno dei due possa anche solo pensare di fermarmi, mi fiondo fuori da quell'ufficio.

Finalmente.

Mi affretto per i corridoi, con migliaia di pensieri che mi pulsano in testa. È mai possibile che non possa avere un anno normale in questa scuola? Mi accontenterei anche solo di un paio di mesi, davvero.

Evidentemente, non è nel mio destino. Che nervi.

Non so dove mi stanno portando le mie gambe,ma so dove non devo assolutamente andare; in Sala Comune. Troppe facce amiche, troppe persone da affrontare adesso. Ho mentito a tutti loro, e dovrò continuare a farlo... O forse no?

Ah, che sciocca che sono, non posso andare in giro a dire che devo evitare che Harry muoia perché, ehi, a quanto sembra posso prevedere il futuro. Che scemenza, non dovevo nemmeno pensarla. Parlare con quei due deve avermi fuso i neuroni.

Senza accorgermene mi ritrovo fuori, e l'aria fresca mi colpisce il viso. Respiro a pieni polmoni, sperando così di riuscire a riprendermi. Man mano che l'ossigeno mi entra in corpo, la mia mente comincia a schiarirsi. Sento la mia fronte, che nemmeno mi ero resa conto fosse corrugata, che si distende. Wow, era da troppo tempo che non avevo un momento così, in compagnia solo di me stessa. Chiudo gli occhi, apro le braccia; il vento mi passa tra le dita, e mi sembra di essere sulla mia scopa, a volare lontano, lontano da tutto. Da tutti. Magari potrei...

No, non se ne parla. Qui ci sono le persone che amo, e adesso hanno bisogno di me. Non risolverò niente scappando. Adesso l'ho capito.

Mi appresto a rientrare, dato che ha cominciato a calare il sole, ma sento una voce che mi fa bloccare.

- Guarda qua, una povera ragazza indifesa, tutta sola...

Un lungo brivido mi attraversa dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli. Cazzo. Sono nei guai.

Calma, Lilith, sangue freddo.

- Colin, ma quale grandissimo piacere...

Mi volto verso di lui, e non appena vedo il ghigno che ha stampato in faccia il finto sorriso sulla mia faccia muore.

- Anche per me, Lilith, anche per me...

- Cosa vuoi, Colin? Siamo entrambi abbastanza maturi e intelligenti per sapere che non sei qui per parlarmi del meteo.-, sibilo, velenosa, sperando di riuscire a mascherare la paura fottuta che ho di lui.

Non risponde, mi fissa, quel ghigno arrogante stampato in faccia, le braccia incrociate. È disinvolto.

- Oh, andiamo Cooman, voglio solo parlare.-, sussurra, e so per certo ce mente.

Sbuffo, e giro i tacchi, decisa ad andarmene. Ma un forte dolore alla testa mi fa immobilizzare sul posto. Sento le dita del ragazzo tirare con forza i miei capelli.

- Come mai hai sempre tutta questa fretta, eh, Lilith?

Si avvicina al mio corpo, posso sentire il suo petto contro la mia schiena. I suoi respiri mi arrivano caldi sul collo, causandomi fitte fredde al cuore. La sua lurida mano da pervertito fa presa sul mio fianco. Inala il mio profumo, strusciandomi il suo naso addosso. Non so come è riuscito ad immobilizzarmi le braccia. Sono in trappola. D'un tratto, sussulto. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Le sue labbra umide cominciano ad esplorare la pelle dietro al mio orecchio. Comincio a tremare, ma sono più che certa che non sia desiderio questo.

- L-lasciami, lurido verme schifoso...-, prego, con un tono che è un misto tra il disperato e il disgustato. Per tutta risposta, la mano con cui mi cingeva il fianco comincia a scendere pericolosamente. Non respiro.

- Stavolta il tuo amichetto non ti salverà...

E finalmente capisco dove vuole andare a parare. Vuole vendetta. Nikolay ha calpestato il suo orgoglio quella volta. E lo ha fatto per me. Ma Colin crede che sia colpa mia. Perché? Non sono stata io a chiamarlo...

In ogni caso ha ragione. Questa volta non può trovarmi, sarà a lezione, e siamo lontani dagli occhi della Scuola...

Credo che sia davvero finita.

- Dì un po', vuoi picchiarmi, ferirmi? Vuoi uccidermi, forse?-, sputo, con una lieve rassegnazione mascherata da sarcasmo.

- Oh no, no no no, Lilith. Sai benissimo che non ti ucciderei mai... Dopotutto, io mantengo fede alle mie promesse.

Un colpo al cuore. Se lo ricorda ancora?

- Non puoi fare sul serio, Colin. Non puoi odiarmi solo per quelle stupide promesse!

Colin ride, ma la sua risata è piena di rabbia repressa. Il suono che produce è netto, tagliente, cattivo.

- Non ha importanza. Non è ciò di cui devo occuparmi ora. Prima, è meglio regolare i conti che abbiamo in sospeso.

Con un movimento brusco e improvviso, il ragazzo mi spinge a terra. Sbatto violentemente contro il prato, soffocando dei gemiti di dolore. L'erba fresca mi bagna la faccia. Deve aver piovuto recentemente. Le gocce d'acqua si mischiano alle lacrime che ormai scendono senza freni lungo le mie guance.

- Preparati a subire la stessa umiliazione che ho subito io.-, vomita con una freddezza e crudeltà inimmaginabili per un quindicenne. Quasi... surreali. A dire la verità, tutta la situazione è surreale. Colin mi odia, ma è troppo anche per lui.

Ma non riesco a ragionare. Sento le sue mani ovunque, e ogni punto che sfiora è un colpo di frusta sulla mia anima.

- Paga il tuo debito, piccola Luna Nera.

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ho paura. Sono terrorizzata. Sto sperando con tutta me stessa che un individuo qualunque passi di qui, mi accontento anche di Malfoy. Nemmeno quel ragazzino arriverebbe a provare divertimento o piacere davanti a questa scena.

Le sue mani s'insinuano sotto la mia divisa, le sue dita mi stuzzicano la pelle nuda. Sono sul punto di vomitare.

- TU! FERMO!

La dura voce maschile è musica per le mie orecchie.

Niko. Non è possibile che lui sia qui, eppure c'è. Come diavolo avrà fatto a trovarci? Poco importa. Tutto ciò che riesco a provare è un forte senso di sollievo.

- N-Niko...-, sussurro, con voce tremante. Non posso vederlo, ma so che c'è.

Grazie al cielo.

Il Corvonero si pietrifica, ma non molla la presa. Stringe così forte che le sue unghie quasi si conficcano dentro la pelle dei miei fianchi.

- Lascia Lilith, adesso.

Il giovane si volta, alzandosi, e mi tira su con lui. La faccia di Nikolay è nera di rabbia, la mascella serrata. Sembra sul punto di esplodere.

- E se non lo facessi?

Ostenta una voce sicura e strafottente, ma è ovvio che si sta cagando sotto. Adesso tocca a me ridere. Punto tutto sull'effetto sorpresa e, mentre i due ragazzi si fronteggiano a suon di sguardi, strattono con un colpo secco il bacino, riuscendo a liberarmi. Scatto in avanti, e in contemporanea afferro la bacchetta. In men che non si dica, Colin si trova l'oggetto puntato contro, la confusione gli si legge in faccia.

- Non la passerai liscia, non stavolta.-, sibilo, a denti stretti. La violenza che mi monta dentro mi è estranea. Una forte energia negativa mi pervade, come se non avessi più il controllo di me stessa.

“Uccidilo”, mi sussurra una voce sibillina.

Le mie labbra si aprono, le mani si muovono da sole.

- Stupeficium!-, urlo, e quel verme schifoso cade a terra con un tonfo.

Mi sento svuotata. Sbatto le palpebre un paio di volte, e barcollo, ma riprendo subito il mio equilibrio. Ho appena schiantato il mio peggior nemico. Fantastico. Ma il mio corpo... Il mio corpo, che lui aveva palpato con violenza, voleva che io lo uccidessi. Sulle mie labbra era già pronto un altro incantesimo. Per fortuna, la mia mente è tornata in sé prima che succedesse l'irreparabile.

- Stai bene?

La sua voce cauta e dolce mi arriva alle orecchie, e senza rimuginarci su un secondo di più mi volto e lo abbraccio con slancio. Devo coglierlo di sorpresa, perché ci mette un po', ma poi ricambia. Le sue braccia sono forti e accoglienti, come il suo petto. Respiro contro la sua maglia; odora di bosco e caramello. Odora di salvezza e luoghi sicuri.

- Grazie, mio prode gigante delle montagne nordiche.

La sua risata si scontra con i miei capelli, il suo respiro mi arriva sull'orecchio, ma contrariamente a quello di poco prima con Colin il brivido che mi scuote adesso è piacevole. La sensazione del suo corpo contro il mio è piacevole.

Ma tutti gli incantesimi prima o poi si spezzano.

- Che ne facciamo di Corvonero bastardo?-, esclama dopo un po' il gigante.

Sospiro, staccandomi da lui, e guardo verso il corpo privo di sensi.

- Non possiamo lasciarlo qui. Dobbiamo portarlo in infermeria.

Niko mi guarda, in silenzio, e capisco alla perfezione che preferirebbe finirlo a suon di cazzotti che aiutarlo. Ma non posso, nonostante l'impulso sia molto, moooolto forte.

Mi avvicino, e con cautela lo prendo per le gambe, non riuscendo però a smuoverlo di un millimetro.

Niko continua a fissarmi a braccia conserte durante i miei inutili tentativi, fino a che, dopo la quinta volta che lo strattono con la mia solita delicatezza, sbuffa, mi raggiunge e in men che non si dica se lo carica a mo' di sacco di patate sulle spalle.

Borbotto un grazie, imbarazzata. Ho proprio bisogno di un po' di allenamento.

Lo seguo per la strada verso il castello, ripensando a quanto siano surreali tutti gli avvenimenti di quest'ultima settimana.

Poi, è come un fulmine a ciel sereno.

Una domanda comincia a farsi strada nella mia testa, premendomi sulla lingua per uscire. Ci provo con tutta me stessa a trattenerla, ma a quanto pare anche un punto interrogativo è più forte di me.

- Come hai fatto stavolta ad arrivare al momento giusto?

Subito dopo averlo detto, mi tappo la bocca con le mani. Dovrei scrivere un manuale su Come sembrare ingrati agli occhi dei propri salvatori. Sono sicura che venderebbe tantissimo.

Prego in tutti modi che non mi abbia sentito.

Per una volta, sembra che mi sia andata bene.

Il ragazzo, infatti, continua per la sua strada, senza dare alcun segno di aver sentito la mia domanda. Che sollievo.

La mia me interiore, tuttavia, sembra soffrire di una brutta forma di masochismo.

- Niko, come hai fatto a trovarmi?

Si ferma, davanti al portone d'entrata del cortile, e si gira.

La luce che lo illumina lo fa sembrare ancora più grande, come se non mi sentissi già una nanetta al confronto.

È la prima volta che lo vedo serio, eppure ha una luce particolare che gli brilla negli occhi.

- Ancora tu non ha capito?-, dice, e la sua voce è così profonda e sensuale che mi fa fremere.

Fa un passo verso di me, due, tre, fino ad arrivarmi di fronte. Sollevo il mento, per guardarlo negli occhi. Siamo così vicini...

- Io sono sempre accanto a te. Io proteggo te, sempre.

Quelle parole, dette a mezza voce, sono come miele sul mio cuore ammaccato. Il respiro accelera, mentre una forza interna cerca di spingermi verso le sue labbra...

Prima che questo accada, Nikolay si volta, e ricomincia a camminare, verso l'infermeria.

Ma che cavolo...?

- Io pensa a lui, tu va a rilassare te. Ne ha bisogno.-, dice, prima di sparire nel corridoio.

Rimango li, ferma, a sentire il fantasma di quel bacio mancato che mi accarezza la pelle.

Ma che mi prende? Come avrei potuto baciare quel ragazzo?

Avrei rovinato tutto. Meglio che sia andata così, si.

È più giusto, sicuro.

Riesco magicamente a far muovere i miei piedi, e, sia lodata la McGranitt, le scale non prendono percorsi strani. Quando arrivo in Sala Comune, non è ancora tornato nessuno dalle lezioni. Nessuno, fatta eccezione per un ragazzo con i capelli rossi.

- Georgie!-, urlo.

George, prima chino su una strana pergamena, sobbalza sul divano non appena mi butto sul posto accanto a lui.

- Principessina di ghiaccio!-, urla in risposta lui, richiudendo la pergamena e appoggiandola di fianco a lui.

- Che fai?-, chiedo curiosa, sforzandomi di sbirciare al di là del suo busto.

- Progetti top secret...-, risponde vago lui, ridacchiando.

Gli lancio un'occhiataccia, mettendo su il mio solito broncio.

Cosa mi nascondi, George Fabian Weasley?

Decido di lasciar perdere, per ora, e mi preparo ad affrontare l'argomento spinoso.

- George...-, dico con voce flebile, la testa bassa. Il gemello, che prima stava ridendo, diventa improvvisamente serio. Mi si avvicina, con aria preoccupata, e mi scruta attentamente in volto, alla ricerca di un indizio che gli indichi che sto cercando di fargli uno dei miei soliti scherzi. Non ne trova.

- Che hai, Lils?

Mi mordo il labbro inferiore, indecisa su come dirglielo. Alla fine, opto per il metodo cauto.

- Colin... Lui ha, ecco... Cercato di farmi del male...

Vedo che stringe i pugni.

- Quel bastardo ancora non ha imparato che non deve azzardarsi a picchiarti? Per Godric, ti giuro che se lo vedo gli rendo il triplo delle botte che ti ha dato...

- N-no, Georgie, non hai capito...

Il rosso, con ancora i pugni stretti, mi guarda, con aria interrogativa. Respiro.

- …non mi ha picchiato, lui...

Dirlo mi costa una fatica immensa.

-...lui ha cercato di violentarmi sessualmente.

Bum. La notizia gli piomba addosso come un macigno, zittendolo. Vedo solo l'ira crescergli dentro. Nessuno vorrebbe mai vedere uno dei gemelli Weasley incazzato nero. Io, nella nostra lunga amicizia, gli avevo visti più di una volta entrambi, nello stesso momento. Da brividi.

- TI GIURO CHE LO AMMAZZO, LO UCCIDO CON QUESTE MANI!

Si alza di scatto, ma prima che possa fare qualcosa, lo afferro per un polso.

- No, fermo, ti prego!

Lo trascino di nuovo a sedere sul divano. Mi guarda, il fuoco negli occhi, la faccia confusa.

- Lilith, un tipo cerca di stuprarti e tu non vuoi che la paghi? Che cazzo hai nel cervello, le noci?

È arrabbiato, perciò non faccio caso a cosa mi dice.

- George, lo conosci Colin, è un coglione, ma non arriverebbe mai a tanto. Specie con me, specie dopo tutto quello che è successo. Lo sai.

Il ragazzo si è lasciato andare contro lo schienale, e fissa il vuoto davanti a sé. Ecco un raro esemplare di Weasley che tenta di collegare le cose, alla ricerca di una spiegazione plausibile. Evidentemente non ne trova, perché gira la testa e, guardandomi negli occhi, esclama: - Pensala come vuoi, io lo vado ad ammazzare.

Prova ancora ad alzarsi, ma io non mollo la presa e lo tengo fermo dov'è. Poi, sperando di convincerlo a stare fermo, mi siedo sulle sue gambe.

- Ascoltami -, dico, con voce ferma: -, io lo so che vorresti ucciderlo. Ti giuro che io stavo per farlo, ma poi un raptus di lucidità mi ha fermata. Per fortuna, oserei dire. In ogni caso, credo che lui non fosse lui. Mi capisci?

Lo guardo, mentre lui fissa lo stesso punto di prima. Poi, lentamente, gira la faccia verso di me.

- Sai che pesi?-, dice, e anche se non lo esprime so che ha capito, che ci è arrivato. Rido, e gli scompiglio i capelli.

- Appurato ciò, sappi che io a mio fratello non lo dico.

Ha il terrore negli occhi. Che buffo, avrebbe ucciso Colin ad occhi chiusi ma ha paura del gemello.

- Non pensiamoci ora...-, replico, con voce spensierata.

- Che ne pensi, invece, se ci facessimo una partitina a Gobbiglie?

Un sorrisetto di sfida gli nasce sulle labbra.

- E Gobbiglie siano.

 

*

 

- Maledetta! Scommetto che hai barato, non puoi avermi battuto sette volte di fila!

George sbatte il pugno sul materasso. O meglio, ci prova, perché preso dalla furia lo manca, e le sue nocche scelgono di scontrarsi contro la povera Selene, che ha deciso di unirsi a noi in queste dodici partite di Gobbiglie. In realtà, dovevano essere tre, ma poi queste tre sono diventate cinque, e queste cinque sette, e poi dieci... Ed eccoci qui, undici a uno per me. Diciamo che alla quinta mi sono impietosita e l'ho fatto vincere.

Poi sono tornata in me e l'ho distrutto.

Succede.

- Sta tutto in quanta furbizia usi, Weasley numero 4/5, e tu sarai pure un mago quando si tratta di scherzi o marachelle varie, ma in fatto di Gobbiglie... Mi dispiace Georgie, ma fai davvero pena.

Rido, malefica. Poverino, quasi quasi mi sento in colpa.

Quasi.

Un pochino.

No, okay, non mi sento per niente in colpa.

Ti voglio bene George Weasley, ma fai davvero schifo.

- Va bene, ma poi non venirti a lamentare se ti esploderà una Caccabomba sulla divisa...

- Non ti azzarderai, rosso.

- Oh no che non lo farà.

La voce dell'altro gemello entra nel nostro campo uditivo, mentre arriva buttandosi sul suo letto.

Fred si stiracchia e stropiccia tutto il lenzuolo, come se fosse il suo letto, che poi, a dire la verità, è, e ovviamente distrugge tutto il nostro improvvisatissimo tavolo da gioco.

- Guarda cosa hai combinato, Forge!

Il fratello lo attacca subito, sempre ridendo, mentre io, non so perché, non riesco a stampare un sorriso convincente sulla mia faccia. Sono tesa, e George lo sa. Nel fondo dei suoi occhi vedo brillare la mia stessa identica paura.

Qualcuno glielo deve dire.

Non possiamo tenerlo all'oscuro, potrebbe dare in escandescenze, ancora più che scoprendolo adesso. È sempre stato impossibile mentirsi, fra noi tre. E, vista la piega che stanno prendendo gli eventi, non so più se è una cosa così positiva come pensavo prima, quando, superati i segreti imbarazzanti, non c'era mai niente che valesse la pena nascondere. Da quando sono arrivate le altre due scuole, invece...

Insomma, ho scoperto di prevedere il futuro, sono quasi stata stuprata, una presenza oscura aleggia nell'aria, ho quasi perso il mio migliore amico con cui non litigavo da anni, Harry è in pericolo...

Abbastanza impegnative queste ultime settimane.

E adesso, qualcuno deve informare Fred dell'accaduto. E so che quel qualcuno non sarà suo fratello.

- Ehm, Freddie?-, mi schiarisco la voce.

Il rosso si gira, incuriosito dal mio tono di voce, e mi fissa negli occhi, pronto ad ascoltare qualsiasi cosa io debba dirgli.

Con un cenno della testa, invito George ad uscire. Questi, senza fiatare, si alza dal letto ed esce dalla sua stanza. Il fratello lo segue con sguardo curioso. E confuso, molto confuso.

Riporta gli occhi su di me.

- Okay, Lilith, così mi spaventi però...-, dice ridendo, tentando di smorzare questa tensione che si è involontariamente accumulata nella camera.

Abbozzo un sorriso, ma poi torno seria.

Abbasso lo sguardo sulla coperta, e prendo un lungo respiro.

Poi, tutto d'un fiato, sputo quelle parole così spinose.

- Colinhatentatodistuprarmi.

Fred non deve aver capito molto, visto che ho praticamente borbottato per tutto il tempo, e infatti mi guarda con aria interrogativa.

Uffa. Che fatica.

Un altro lungo respiro.

- Colin... haprovatoastuprarmi.

- Lilith, non sto capendo un accidente, solo, potresti, che so, parlare in maniera un po' più-

- COLIN HA CERCATO DI STUPRARMI MENTRE ERO FUORI!

Ops. Penso di aver gridato.

Perlomeno, adesso ha capito.

Vedo il suo volto mutare, contorcersi in una smorfia strana, una rabbia profonda salirgli negli occhi, in bocca, ovunque. Fred, in un nanosecondo, diventa una maschera d'ira, tanto intrisa d'odio da spaventare pure me.

Si alza, e comincia a girare in tondo, la mascella contratta, i pugni così serrati da farmi pensare siano sul punto di esplodere.

Poi, senza preavviso, si ferma davanti all'armadio, dove poco tempo fa mi ero nascosta, e tira un pugno così potente che gli fa una profonda spaccatura. La botta è così forte che la sente anche George da fuori, e spalanca la porta.

Brutto errore, perché Fred corre verso di lui, determinato ad uscire da qui per ammazzare Colin.

Subito mi butto addosso a lui, saltandogli sulla schiena, mentre la sua copia lo blocca da davanti.

È una bestia.

Comincia a provare a scrollarmisi di dosso, agitandosi, ma la mia presa è ben salda.

- LASCIATEMI! VI GIURO CHE LO AMMAZZO, QUEL BASTARDO! VOGLIO VEDERLO SOFFRIRE, AGONIZZARE! LASCIATEMI!

Lo stringo più forte a me, mentre le sue urla si trasformano pian piano in singhiozzi.

Sta piangendo. Il mio Fred sta piangendo.

Lascia che le braccia che fino a poco fa stavano combattendo contro George cadano ciondoloni lungo i suoi fianchi. Con delicatezza, il fratello lo spinge dentro, e poi richiude la porta.

Scendo dal suo dorso, ma nemmeno stavolta mollo il suo busto.

Il ragazzo si gira e ricambia la stretta. Poi appoggia la sua testa nell'incavo del mio collo, facendomi il solletico con le lunghe ciglia bagnate. Ma a me non interessa.

- Avevamo detto che non avremmo più pianto, te lo sei scordato?-, sussurro contro la sua divisa.

- 'Fanculo a quello che avevamo detto, Lils. Io non ti ho protetto, cazzo. Io non c'ero. Io... Ti ho lasciata da sola. È colpa mia, è tutta colpa mi-

- Ehi, ehi, ehi, calmati.

Mi stacco leggermente, in modo che riesca a guardarlo negli occhi. Sono arrossati, le guance, bagnate.

- Non dirlo mai più. Lo sai che se non fosse per te le cose sarebbero degenerate anni fa. Lo sai benissimo. Non è assolutamente colpa tua, né mia, e, se la mia teoria è esatta, nemmeno di Colin.

- Che vuoi dire, quale teoria, che...

- Shhhh-, dico, tappandogli la bocca con l'indice, mentre un piccolo sorriso mi nasce spontaneo sulle labbra.

- Tempo al tempo.

Il rosso mi guarda confuso, e vedo la sua lotta interiore, ce l'ha riflessa negli occhi, percepisco che ancora si sente in colpa.

Forse è questo che mi spinge a sollevarmi sulle punte e posare un lieve bacio sulla sua guancia.

È un gesto impulsivo, non riesco a fermarlo.

Però che bella sensazione le mie labbra sulla sua pelle...

Appena mi rendo conto di questi pensieri, mi stacco subito.

Fred, che inizialmente sembra come sconvolto, poi mi guarda sorridendo. La battaglia nei suoi occhi è scomparsa.

Si avvicina e mi da un bacio a sua volta, sulla fronte però.

Tutto quello che è successo negli ultimi giorni scompare.

Chiudo gli occhi, godendomi la sensazione delle sue labbra morbide.

Quando si stacca, avvicina la bocca al mio orecchio.

- Se non la smetti di brillare, comincerò a chiamarti Lampadina, invece di Principessa.-, sussurra.

Mi stacco da lui e, incredula, mi avvicino allo specchio della camera per osservare il mio riflesso.

Davvero sembro una lampadina. Sorrido.

Un giorno, dovrò svelare anche questo mistero.

Facciamo una cosa per volta.

- Quindi, Sherlock Holmes? Che facciamo?

Canto mentalmente vittoria per avergli fatto conoscere un personaggio babbano e averglielo fatto piacere.

- Dobbiamo cercare di andare a fondo. Ma ci servirà l'aiuto di tutti. Ci pensi tu a riunirli e ad informarli?

Annuisce, pensieroso.

- C'incontriamo stasera in camera vostra?

Faccio per assentire, ma poi ricordo delle lezioni, ogni sera dopo cena.

- Preferirei cominciare da domani pomeriggio prima di cena. Sai, in questo periodo ho una voglia matta di riposarmi, dopo mangiato...

Ti prego, bevitela.

- Mh, d'accordo, intanto vediamoci domani. Ora vado, Lils, mi faccio un giro al Campo di Quidditch. Ho bisogno di, ecco... Sbollire un po'.

- Non fare cavolate, intesi?

Sorride, ed è il suo solito sorriso sghembo da malandrino.

- Per chi mi hai preso, ti sembro per caso il tipo?

Poi, giusto il tempo di un occhiolino e si fionda fuori dalla porta, dove afferra il gemello e lo trascina via con sé.

Esco anch'io dalla loro camera, solo per andare nella mia.

Non c'è nessuno, perfetto.

Chiudo a chiave, poi mi butto sul letto, improvvisamente stanca.

Selene, sbucata da chissà dove, mi salta subito in braccio.

Comincio ad accarezzarla, godendomi le sue fusa, segno d'affetto incondizionato.

- Ah, Selene, cara Selene... Certe volte vorrei fare a cambio con la tua vita. Ti andrebbe di diventare umana, eh, micia?

La gatta soffia, e io lo prendo per un no.

- Tranquilla, non turberei mai così la tua vita... Chissà che strano, mutare forma, così, da un momento all'altro...

Selene si alza di scatto dalle mie braccia. Non mi sopporta più, poverina.

Rido, mentre la guardo acciambellarsi sulle coperte, e lanciarmi strane occhiate.

Brr. Quest'animale sembra così umano che a volte mi da i brividi.

Sospiro.

- Ah, Selene... Da adesso, sarà davvero tutto diverso.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 

 

 

 

- Mamma, dove stiamo andando?

I corridoi di Hogwarts, la sera, vuoti, sono davvero inquietanti, specie quando i quadri seguono ogni tuo passo con i loro sguardi a metà strada tra il reale e il finto.

Mia madre, dal canto suo, sembra fregarsene.

- Ti ho chiesto di chiamarmi professoressa, Lilith. E da quando sei così impaziente? Aspetta e vedrai.

Il suo tono è scocciato, freddo. Questo posto la trasforma, veramente.

- Scusa. Hai ragione, mam... professoressa.

- E dammi del lei. Oh, diamine, puoi comportarti come un'alunna qualsiasi? Te l'ho già detto un sacco di volte, non ti tratterò diversamente dagli altri, solo perché sei mia figlia. Quando siamo in questi corridoi, dove tutti possono vederci, il nostro rapporto è puramente formale. Chiaro, signorina Cooman?

Penso abbia il ciclo. Cavolo, voglio solo poterla chiamare come ho sempre fatto, chiedo troppo?

Il suo modo di comportarsi mi turba ogni volta, ma ormai ho imparato a non farglielo capire, anche se non penso mi abituerò mai.

- Certo, professoressa. Errore mio.

La donna non replica, cosa che interpreto come un suo cenno di assenso. Penso sia un cenno di assenso.

Ormai non sono più così sicura di conoscerla.

Dopo aver camminato per degli interminabili minuti, con questo clima teso e imbarazzato a farci compagnia, arriviamo davanti a un corridoio e la donna si ferma.

“Mamma, ma dove cavolo mi hai portato?”

Mi lancia un'occhiataccia.

Cacchio, mi legge nel pensiero?

Perfetto, adesso dovrò passare col setaccio anche ciò che mi frulla per la testa.

Mentre la vedo scuotere la testa in maniera impercettibile, sospirando di frustrazione, una porta appare dal nulla davanti ai nostri occhi.

Questa scuola non smetterà mai di sorprendermi.

Sibilla mi fissa, forse aspettandosi che sia io a fare la prima mossa.

Leggermente titubante, apro i battenti.

La stanza che mi ritrovo davanti è piccola, ma ben illuminata.

È molto semplice, e mi ricorda tantissimo la camera di mamma nel mondo babbano.

In realtà, l'ho vista una volta sola, di nascosto, perché me l'ha sempre proibito... Eppure la sfera di cristallo che intravidi sulla scrivania contro il muro la ricordo come l'avessi vista ieri. E potrei giurare che è la stessa che adesso si trova sul tavolo al centro della stanza, accanto a una teiera e... Oh, sono ossa quelle?

Le pareti sono spoglie, eccezion fatta per una grossa libreria polverosa, e ci sono due sedie ai lati del tavolo. Un tappeto che sembrerebbe persiano completa il tutto.

Mi guardo intorno, disorientata.

Così dovrei imparare a sfruttare la mia dote?

Penso che lo scetticismo mi si legga in faccia, perché la professoressa/mamma se ne esce con un: - Non è quello che ti aspettavi, eh? Non sempre gli eventi prendono la piega che vorremmo...-, il tutto accompagnato da uno sguardo penetrante e ricco di un sentimento molto simile alla... Rabbia?

Nah, impossibile, sono stanca, avrò le allucinazioni.

- Cominciamo?-, chiedo, decidendo di ignorarla.

Per tutta risposta, la donna si siede e mi invita a fare lo stesso. Prendo posizione davanti alla sfera, osservandola. È così liscia, sembra non avere imperfezioni...

Poi vedo una macchia.

No, no, è... Un cervo?

Quell'animale comincia a correre, sembra venire verso di me, ed è sempre più vicino, sempre più grande...

Poi una lacrima si affaccia al suo occhio e scende a rigargli la guancia, e improvvisamente non è più un cervo, ma un'ombra di luce, acciecante, ed è come se tutta la stanza brillasse, purificata, e poi c'è un fulmine, e dopo...

Dopo la sfera è di nuovo trasparente, e tutto quello che ho visto è scomparso.

Okay, ora sono più che certa di avere le allucinazioni.

Ho davvero bisogno di dormire.

Distolgo lo sguardo dall'oggetto, e quando incrocio quello dell'indovina davanti a me, vedo una sorta di luccichio nei suoi occhi e una sorta di smorfia che forse dovrebbe assomigliare ad un tentativo mal riuscito di nascondere un sorriso.

- Cristallomanzia visiva. Impressionante.

Dato che questa donna sembra capire cosa mi passi in testa prima che ci riesca io stessa, mi spiega meglio.

- Quello che hai visto nella sfera. Raccontamelo.

E io, convintissima di essere la ragazza sbagliata, le racconto del piccolo cervo, della luce, del fulmine...

- Così hai visto un cervo che scaccia via le tenebre con la luce, e poi un fulmine che cancella tutto?

Annuisco, sentendomi stupida. Adesso anche mia madre penserà che sono pazza.

- E dimmi, Lilith, non ti ricorda niente quest'animale?

La mia testa dice di no, la mia bocca risponde da sola, come in trance.

- Potter. Il patronus di Harry.

Harry ha un patronus? Ma poi, che roba è un patronus?

- Scusi, non so cos'ho appena detto, io non so che mi prende stasera...

- Perché ti scusi, ragazza? Hai risposto bene...

Mi guarda di sottecchi, seria.

- In realtà, il problema è proprio questo. Non dovresti sapere queste cose.-, continua, spostando l'attenzione sulla parete alla sua sinistra, dove un vecchio quadro che non avevo notato ricambia il suo sguardo con aria grave.

Non mi abituerò mai a questa cosa.

I due si fissano, comunicando probabilmente con le sopracciglia, unico elemento dei loro visi che si muove.

Scommetto che nemmeno stavolta verrò messa al corrente dell'argomento di questa bizzarra... conversazione?

Posso definire questo aggrottamento di sopracciglia una conversazione?

Ma soprattutto, perché devo sempre farmi queste domande assurde?

Dopo quella che mi sembra un'eternità, e dopo essermi rassegnata a non dormire stanotte, Sibilla torna a guardarmi, con espressione indecifrabile.

- Bene, per me non c'è altro da fare oggi. Sulla Cristallomanzia sei già a buon punto. Chi ti ha insegnato? Hai preso lezioni di nascosto? -, indaga.

Cosa? Penso di essermi persa un passaggio.

- N-no, professoressa, mi avete proibito di farlo, e poi dove l'avrei presa una sfera di cristallo...? Ma poi che vuol dire che abbiamo finito, non abbiamo fatto niente...

Ricevo un'occhiata fulminante che mi fa intendere di dover chiudere la bocca. Non pensavo di poterlo dire, ma sono ufficilmente spaventata da mia madre.

Cioè, da Sibilla. Oddio, che confusione.

- Se pensi che non sappia fare il mio lavoro, Cooman, ti sbagli di grosso. Ogni nostra lezione si concentra su una particolare forma di Divinazione. Stasera avevo in programma di insegnarti la Cristallomanzia ma, visto che per qualche oscuro e misterioso motivo già la conosci e sai metterla in pratica, - altra occhiataccia tattica, - non devo insegnarti proprio niente.

Si alza, lisciando la gonna colorata, e senza parlare aspetta che faccia lo stesso.

Una volta in piedi, faccio per andare verso la porta, ma un suo colpo di tosse mi porta nuovamente a girarmi verso di lei.

La donna, a braccia conserte, ha un'aria spazientita e dura.

Come ogni volta che sono nervosa, inizio a grattarmi l'avambraccio sinistro, ma non appena noto che la donna fissa insistentemente il movimento della mia mano, smetto subito.

Allora, e solo allora, quella sembra risvegliarsi dal suo stato di trance, e si dirige verso la libreria, cominciando a rovistare tra gli scaffali.

Mentre aspetto, non sapendo che fare, inizio a guardarmi intorno in maniera casuale; ciò mi porta a incontrare lo sguardo dell'uomo del quadro, un ragazzo piuttosto giovane ora che lo vedo bene.

Mi stava fissando?

Inquietante.

Sfrutto l'occasione per studiarlo. Ha grandi occhi verdi, inespressivi, o forse troppo espressivi per essere decifrati, e capelli neri, un po' mossi, portati lateralmente, in un ciuffo. È diverso da chiunque abbia visto finora in questo castello, sembra come circondato da un'aura particolare...

Sarà che è dentro un quadro, forse.

- Eccolo qua!

L'esclamazione della strega mi costringe a interrompere il contatto. È davanti a me, e tra le braccia tiene un tomo enorme, con le pagine dorate. La pesante copertina in velluto viola lo ricopre di un fascino antico.

- Questo è il libro dei segni.-, esordisce, dando per scontato che io sappia di cosa stia parlando.

L'espressione interrogativa che mi si stampa in faccia deve farla ricredere, infatti si decide a spiegare.

- Vuol dire che contiene le spiegazioni di ogni segno che sia mai stato incontrato in migliaia di anni nell'arte divinatoria, sin dalle prime forme riscontrate a Babilonia.

Ah, tutto molto più chiaro.

In sostanza, è un libretto di istruzioni per la veggenza.

Che bello.

- Devi memorizzarlo.-, aggiunge poi, con molta naturalezza.

Io, invece, rischio di strozzarmi con la mia stessa saliva.

Devo memorizzarlo? A occhio e croce saranno più di duemila pagine!

Sgrano così tanto gli occhi che temo mi cadano a terra, più o meno come minaccia di fare la mia mascella.

- Ovviamente, nessuno deve vederlo o aprirlo. È estremamente raro e, in mani sbagliate, può essere letale. -, conclude, porgendomelo e, non so perché, guardando storto il ragazzo nel quadro, che si limita a scrollare le spalle e ritirarsi, lui solo sa dove.

Lo prendo, e per poco non cedo sotto il suo elevato peso.

Devo solo introdurlo di nascosto nel dormitorio, e poi mantenerlo segreto a tutta la mia casata. Non vedo cosa potrebbe andare storto.

- Mi scusi, professoressa, ma come dovrei portarlo in camera? -, tento di farmi suggerire.

A tale domanda, la donna scoppia in una risata quasi strafottente. Sembra che mia madre si diverta a prendersi gioco di me.

- Cara signorina Cooman, lei pensa davvero che la lascerei portare il libro nella stessa ala del castello dove risiede metà famiglia Weasley, la signorina Granger e Harry Potter in persona? Per chi mi ha preso, per una sprovveduta?

Cavolo, se sta recitando la parte della cattiva, le riesce davvero bene.

- E dove dovrei portarlo, professoressa? -, dico, tentando di mantenere un tono di voce accomodante e “da studentessa”.

- Lo conserverà lontano da qui, in un luogo insospettabile.

Si interrompe ancora, lasciandomi a metà della frase, e solo un miracolo mi impedisce di tirarglielo in testa, il suo tomo raro.

- Ovvero?-, sbotto, stufa di tutto questo teatrino.

- A casa di Rubeus, non è ovvio?

Ecco a voi la versione “odiosa stronzetta del liceo” di mia mamma. Solo nei film avevo trovato un tale accanimento contro qualcuno. E in Piton verso Potter, certo.

- Giusto, come ho fatto a non pensarci. -, rispondo, lasciando trapelare il sarcasmo e guadagnandomi perciò l'ennesima occhiataccia.

- Posso andare? -, chiedo allora, un grosso nodo alla gola.

Non le farò vedere che mi fa male comportandosi così.

- Certo. Buonanotte, signorina Cooman. -, mi congeda, ma io sono fuori prima che abbia finito la frase.

Sbatto la porta con violenza, e poi corro, corro via, per quanto il carico alquanto pesante non mi permetta di sfrecciare come mio solito.

I quadri mi osservano, nel loro muto giudicare, ma non m'importa.

Sento che potrei scoppiare a piangere, ma negli ultimi tempi ho sprecato fin troppe lacrime, e sento che il peggio deve ancora venire.

Corro finché non mi ritrovo all'esterno, e in lontananza vedo la rassicurante luce della capanna di Hagrid, unico faro di speranza a guardia dell'infinita distesa buia che è la foresta proibita, e allora rallento il passo.

Mi rendo conto soltanto adesso quanto il clima stia cambiando, pentendomi di non aver portato la sciarpa di lana comprata con le ragazze durante un'uscita ad Hogsmeade.

Metto un piede dopo l'altro, quasi come se dovessi camminare su un filo, le braccia mi fanno un male cane ma sopporto in silenzio, fino a che, sovrappensiero, non mi accorgo di un sasso e mi sbilancio in avanti, rovinando a terra.

- AAAAH!

Il mio urlo molto virile spinge il custode a uscire di corsa da casa, per quanto la sua enorme stazza glielo consenta, e precipitarsi verso di me, evitando sapientemente le zucche del suo orto.

Sotto il suo barbone scorgo chiaramente un cipiglio preoccupato.

- Lilith, ma cosa mi combini? Ah, guardati, stai tremando tutta... Ma, ehi, perché piangi? Ti sei fatta male? Vieni, su, vieni con me...

Sto piangendo? Non sento niente, solo una fitta al gomito destro, su cui devo essere atterrata.

Il mezzo gigante mi prende gentilmente l'altro, tirandomi su pian piano. Mi sento in trance, come se non fossi io a imporre al mio corpo cosa fare.

- E questo libro? Oh, guarda com'è ridotto, tutte queste pagine svolazzanti! E la copertina...!

Hagrid sa come risvegliare le persone.

Sussulto, cercando di individuare il tomo. Giace per terra, aperto, la copertina rilegata rivolta al cielo, le pagine nel fango, alcune staccate si sono adagiate poco più in là.

Dire che non sto respirando è il minimo.

- Oh no. Oh no. OH NO.

Non riesco a pronunciare altro.

Fisso il disastro, immobile come un pezzo di marmo.

Non avverto più né il freddo né il dolore.

- Lilith, mi dispiace...

Ingoio l'angoscia che mi sta pervadendo.

- Puoi aiutarmi a raccogliere tutto? -, mormoro.

Lui esegue senza dire niente, probabilmente conscio che non avrebbe alcun effetto positivo.

E ora? Ho distrutto uno dei più importanti libri al mondo, non mi sembra il modo migliore per salvare Harry.

- Vieni dentro, ragazza, forse riusciamo a sistemarlo.

Hagrid mi fissa dall'uscio.

Mi muovo, a testa bassa,come si muoverebbe un carcerato condotto al patibolo.

Realizzo di star congelando quando, entrata in casa, chiudo la porta e il calore del fuoco nel caminetto incontra la mia pelle ghiacciata.

Provo la stessa sensazione di quando si hanno le orecchie tappate e, improvvisamente, si stappano, e si sentono nuovamente tutti i rumori circostanti.

Il guardiano poggia tutto sul tavolo, mentre Thor annusa l'aria, curioso.

Mi abbandono su una sedia senza nemmeno chiedere, oramai sono di casa.

- Allora. -, rompe il silenzio lui, esaminando il mio volto, - Abbiamo a che fare con un libro abbastanza rilevante per la popolazione magica.

Gli lancio uno sguardo di lato, cercando di trasmettergli che, si, non è una bella situazione.

Si schiarisce la voce, mentre io emetto un lungo e sofferente sospiro.

- Vado a prendere qualcosa per provare a riattaccare le pagine. -, enuncia quindi, sparendo dal mio campo visivo.

Mi lascio prendere dallo sconforto.

Lilith Cooman, in una giornata, ha scoperto di dover salvare Harry Potter da morte certa, rischiato lo stupro, litigato con sua madre e distrutto un libro di vitale importanza.

Come posso anche solo sperare di riuscire a non essere più un disastro?

Come posso scoprire cosa sta succedendo di così losco?

In questi momenti, vorrei tanto che Fred fosse qui.

Lui saprebbe trovare una via d'uscita, anche se folle.

Almeno mi avrebbe rinvigorita un minimo.

Ma perché adesso sto pensando a Fred?

Possibile che io non sia capace di combinare niente da sola?

Ritengo di aver appena commesso un errore irrimediabile e inscusabile, e invece di cercare una soluzione presumibilmente inesistente, io penso al mio migliore amico.

C'è definitivamente qualcosa di sbagliato in me.

Per la frustazione, sbatto con forza il pugno sul cadavere del manoscritto, facendo volteggiare le pagine verso il soffitto.

Accade tutto in maniera troppo repentina, tanto da farmi credere di star fantasticando.

Il volume si solleva, in un vortice di polvere argentea, impalpabile. Vortica su sé stesso, sempre più veloce, sempre più su, sempre più avvolto da quel pulviscolo brillantinoso.

Thor comincia ad abbaiare, intanto che uno sfavillio via via più iridescente e sfolgorante ingloba dentro di sé tutte le parti del libro.

Quindi, bruscamente come è iniziato, finisce tutto, e il testo ricade con un tonfo sul tavolo, perfettamente chiuso e in eccellenti condizioni.

Le pagine sono più dorate di come erano prima, il velluto che lo ricopre riflette la luce delle lampade.

Non sono per niente sconvolta, no.

Nemmeno Hagrid, a giudicare dalla sfumatura che colgo nella sua voce, flebile per un omaccione come lui.

- Per Godric, questa non me l'aspettavo.

Apro e chiudo la bocca, ma non sono in grado di assentire.

Il mezzo gigante si accomoda accanto a me, chinandosi in avanti, gli occhi incollati alla causa di tale stupore, indagando alla ricerca del minimo movimento.

- Pensi che sia vivo? -, bisbiglio, dopo cinque minuti passati a scandagliare l'oggetto.

Hagrid si tira su, guardandomi.

- Penso che tu non debba più tirare pugni, quello che Hermione ha tirato a Draco l'anno scorso si inchinerebbe a confronto.

Assumo un'aria confusa, che lui liquida con un gesto della mano.

- Niente, niente, lascia perdere i deliri di questo mezzo gigante. Piuttosto, dimmi, stavi venendo da me per lasciarmi il manoscritto?

- Si, me l'ha detto la mam... la professoressa Cooman. -, mi correggo.

Hagrid mi osserva, indagatore, ma non chiede niente, e gliene sono infinitamente grata.

- Certo, non ci sono problemi. Ma, dimmi, l'hai aperto?

Scuoto la testa. In effetti, non ho avuto neppure il tempo di dargli una sfogliata.

- Beh, rimediamo subito! Ti prendo una coperta, hai ancora i brividi. E non preoccuparti dell'orario, per stavolta sono certo che chiuderanno un occhio.

Com'è premuroso, anche se a dire il vero non ho freddo, non sapevo neanche di avere i brividi.

Mentre scompare di nuovo, avvicino la mano al volume per aprirlo. Sfioro la stoffa con le dita, ed è morbida e piacevole al tatto. È così bello toccarla che ci stendo tutta la mano sopra.

Forse non dovevo farlo.

Gli occhi si spalancano, tutto il mio braccio sembra cristallizzarsi, mentre vengo percossa da tremori incontrollati.

Una visione, penso subito.

E invece no.

Un forte flusso infuocato va dal libro al mio palmo, costringendomi a inspirare a fondo.

Mi fa male la testa, le luci si accendono e si spengono a intermittenza, il petto pesa come un macigno.

Quando sento di essere al limite, tutto cessa.

Thor si è rintanato sotto un panchetto, uggiolando.

Respiro affannosamente, scossa.

In mente, migliaia di simboli e immagini si susseguono.

Hagrid accorre, sconvolto.

- Lilith, tutto bene?

Scuoto la testa, blaterando parole confuse.

- Draghi... Scopa... Bacchetta... Incantesimo... Astuzia... Harry...

- Harry? Cosa c'entra Harry?

Volto di scatto la testa, guidata da un istinto viscerale.

- Harry può solo usare l'astuzia, Harry non può vincere se non usa l'astuzia... Il drago può volare, Harry no... Ma la sua scopa si...

Hagrid sembra spaventato, ma non si allontana.

- Vincere? Parli del torneo? Ci saranno dei draghi?

Non rispondo.

Sono in un'altra dimensione.

- Harry deve usare l'astuzia, Harry deve volare.

- Lilith, cosa stai dicendo? Harry non potrà portare la scopa durante le prove...

La voce che lo interrompe non è la mia, è oscura, è paurosa.

- Però il ragazzo ha una bacchetta. Digli questo, guardiano.

Immediatamente dopo quest'ordine, sento come un alito di vita nuova che mi spinge a buttare fuori l'aria.

Sussulto, staccando la mano dalla copertina.

Mi guardo intorno, terrorizzata.

Hagrid cerca di tenermi ferma, ma io mi alzo di scatto e mi scrollo le sue mani di dosso, scappando via, fuori da quella casa, senza guardare dove vado.

I miei piedi inciampano ovunque, tutto il mio corpo mi impone di fermarmi, ho la vista appannata, eppure continuo a correre.

Solo quando arrivo davanti il quadro della signora grassa realizzo di essermi diretta al dormitorio.

Ancora sconcertata riesco ad entrare, spostando gli occhi in giro per la stanza, senza guardare niente davvero.

Mi lascio cadere sul divano, inerme, non riuscendo più a muovere un muscolo.

I miei occhi si chiudono piano piano, pesantissimi.

Il sonno mi accoglie tra le sue braccia, cancellando tutto con il suo mantello nero.

 

*

 

- Lilith, sveglia, Lilith...

Una voce melodiosa e cantilenante mi carezza le orecchie, gli occhi pizzicano ma non ne vogliono sapere di aprirsi.

- Coraggio, Luna Nera, non farti avvolgere dall'oblio.

Luna Nera. Di nuovo quel soprannome.

Anche Colin mi aveva chiamato così quando...

Salto su a sedere quando avverto qualcosa sfregare contro la mia coscia.

La vista è ancora appannata, ma riesco comunque a distinguere i contorni di una figura dai lunghi capelli rossi.

Ginny?

Sbatto le palpebre più volte, e dopo qualche attimo metto a fuoco la piccola Weasley.

- Lilith, che ci fai sul divano? -, chiede, sottovoce, segno che gli altri stanno ancora dormendo.

Mi stiracchio, rendendomi conto solo adesso che sono tutta dolorante e intorpidita.

La ragazza segue ogni mia mossa, ma non mi costringe a parlare e mi lascia libera di allungare tutti i muscoli che ho, anche i più impensabili.

Quando poi finisco questa rilassante operazione, e sento di stare già meglio, mi degno di risponderle, o perlomeno di farle capire che sono ancora in grado di spiccicare parola.

- 'Giorno, Ginny. -, bofonchio, la voce bassa come ogni mattina, abbozzando un quarto di sorriso.

La rossa scuote la testa, sogghignando e distendendo il volto.

- Buongiorno, Lilith.

Mi guardo intorno, strizzando gli occhi.

La Sala Comune è avvolta nella penombra, rischiarata solo dal caminetto sempre acceso in questo periodo dell'anno.

- Che ore sono?

- Notte fonda. -, replica lei.

La coperta di stelle fuori dalla finestra conferma la sua affermazione.

- Si può sapere cosa ci fai tu sveglia a quest'ora?

Realizzo solo adesso che lei dovrebbe essere a letto, invece che seduta su un divano a fissarmi.

Scrolla le spalle, distoglie lo sguardo, dondola velocemente la gamba sinistra...

Harry c'entra qualcosa, ne sono sicura.

- Cosa ha fatto il tuo adorato Potter?

Gira di scatto il volto, tirandomi una frustata con i suoi lunghi capelli color carota.

Sembra un coniglietto spaurito.

- Tesoro, si vede lontano un miglio quando lui è al centro dei tuoi pensieri. -, le svelo, alzando gli occhi al cielo.

Le sue guance assumono il colore della tipica capigliatura Weasley, abbassando la testa.

Mi fa davvero tenerezza, questa piccola ragazza innamorata, così indifesa davanti a un sentimento troppo grande eppure così valorosa nella vita di tutti i giorni.

Le tiro una leggera spinta col ginocchio, invitandola a raccontarmi. È un bel po' che non facciamo una chiacchierata come si deve.

- Allora, che cosa è successo?

Sospira rumorosamente prima di parlare.

- Harry e Ron hanno litigato, prima. Ho sentito dei rumori, così sono uscita dal mio dormitorio e sono scesa a controllare... Mio fratello stava accusando Harry di qualcosa, ma lui sembrava assente, continuava a fissare il camino... Prima che potessero vedermi sono scappata in camera, ma non sono riuscita a riprendere sonno... Oh, Lilith!

La piccola, ormai non così piccola, si copre la faccia con le mani tremanti. Non avevo idea che lei si sentisse così, non avevo idea che tutti loro si sentissero così... Così male.

- Ehi, guardami Ginny. -, le sollevo il mento con due dita.

Anche i suoi occhi adesso sono arrossati.

Poso una lieve carezza sulla sua guancia fredda.

- Andrà tutto bene, te lo garantisco. Lo so che ora non sembra possibile, ma Harry e Ron faranno pace e, vedrai, al ragazzo che ti sta tanto a cuore non accadrà niente... Non finchè ci sarò io ad impedirlo.

Accenna un sorriso.

- Grazie Lilith, ora capisco come mai Fred tiene così tanto a te.-, mi ringrazia lei, avvolgendo le braccia intorno al mio collo. Ricambio la stretta, con un piccolo sorriso soddisfatto che mi si forma spontaneamente sul volto. Fred tiene a me, è vero. E io tengo a lui, tantissimo.

- Su, andiamo a dormire adesso, altrimenti alle lezioni di domani crolleremo come due pere cotte! -, la incito, alzandomi.

- Okay, okay, anche perché ho Pozioni la mattina... E non penso che Piton sarà tanto clemente. Buonanotte, Lils.

Sbadiglia, mi lascia un bacio sulla guancia e sale nel dormitorio.

- Si, buonanotte, Ginny.

Buona notte insonne, Lilith.

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