First look

di PancakenFrenchToast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1- Pidge ***
Capitolo 2: *** Giorno 1- Hunk ***
Capitolo 3: *** Giorno 2- Pidge ***
Capitolo 4: *** Giorno 2- Hunk ***
Capitolo 5: *** Giorno 3- Pidge ***
Capitolo 6: *** Giorno 3- Hunk ***
Capitolo 7: *** Giorno 4- Pidge ***
Capitolo 8: *** Giorno 4- Hunk ***



Capitolo 1
*** Giorno 1- Pidge ***


Pidge è lì da qualche minuto ormai, si rigira quella scatolina nelle mani mentre osserva l’immagine e legge le informazioni sul retro.

È un grande progetto quello che ha in mente, è la prima volta che costruisce un computer dal nulla. Ha anche intenzione di programmare un suo sistema operativo: “Sistema Pidge” o semplicemente “Leaf”. Ci deve ancora pensare bene ma è già elettrizzata all’idea. Ormai sono mesi che ci fantastica sopra e scrive appunti, formule e idee in un quaderno dedicato solo a quello.

Manca così poco ad iniziare il progetto che quel piccolo dubbio la sta facendo innervosire più di quello che avrebbe fatto normalmente. Ha studiato, letto e riletto informazioni e opinioni su ogni singolo pezzo, cavo e ingranaggio ma ora si trova persa su quello stupido componente. Ne aveva ricercati di diversi e ancora non era sicura di quale fosse il più adatto a lei. Troppo potente, troppo pesante, troppo debole? Stupida CPU.

Sbaglia quello e rischia di mandare in fumo Il progetto perfetto, il suo progetto. Non può rischiare, è in gioco il suo orgoglio.

Sbuffa alzando lo sguardo, gli occhiali sono scesi sul naso. Ha provato anche a chiedere consiglio ad un commesso ma non ne capiva nulla. Le ha fatto mordere le labbra nervosamente parecchie volte prima che lei gli dicesse gentilmente che il suo parere era inutile. E ovviamente ora non sa più cosa fare.

Si sistema gli occhiali, butta la scatolina nel cesto che ha preso all’entrata e decide di farsi un giro tra gli altri scaffali per calmarsi e schiarirsi le idee. Magari dare un’occhiata a quella console che tanto bramava l’avrebbe aiutata.. come? Bhe non è importante fino a che poteva ammirarla.

Cammina velocemente, quasi fa un saltino pensando a quella bellissima ps4 in edizione limitata “Monster hunter". Sarà sicuramente il suo prossimo acquisto, un’altra cosa per cui è elettrizzata.

Sta quasi per premere il viso contro la vetrina del suo tesoro quando sente una voce familiare. Volta il viso facendo dondolare i ricci castani chiaro e dischiude le labbra un po’ sorpresa.

Come.. come è che si chiama? È il suo compagno di corso, quello di informatica. Ah, Hunk!

È da solo a guardare dei pezzi di ricambio, sta parlucchiando fra sè e sè mentre valuta il migliore. A volte anche Pidge lo fa, sorride.

Le mani di lui stanno tendendo più di una confezione di quelle che sembrano ventole. Pensa che lei non sarebbe mai riuscita a tenerne più di una, ha le mani troppo piccole.

Arriccia le labbra, Hunk è uno dei più bravi del corso. Ha un paio di anni più di lei, non perché fosse stato bocciato, ma perché Pidge è riuscita ad iscriversi al corso avanzato. Quello del suo anno era troppo noioso e semplice per lei.

Forse un suo consiglio sarà utile, pensa. Non ci aveva mai parlato direttamente anche se il suo amico, quello magro, aveva provato ad attaccare discorso ma lei era sempre troppo concentrata. Alza le spalle, sapeva comunque che di lui poteva fidarsi molto di più che del commesso.

Lo raggiunge camminando piano, si morde le labbra senza pensarci. Non sa come iniziare la conversazione. Non è timida ma non vuole fare figuracce. Stringe la mano intorno al manico del cesto << Ehi! >> lo chiama quando ancora è a due metri da lui. Hunk alza lo sguardo dai pezzi che stava confrontando << Ehi >> sorride << Pidge, giusto? >>

<< Sì >> sorride imbarazzata << Mh.. come va? >> Non si è preparata il discorso da fare.

<< Bene, stavo.. cercando una ventola per sostituire quella del computer di mia madre >> ride mettendo il pezzo scelto nel cesto << Non mi sorprende vederti qui. >>

Pidge sorride, le piace avere ragione, di lui poteva fidarsi per un consiglio informatico << Anche io sono qui per dei componenti, sto montando un computer >> si stringe nella spalle, dirlo ad alta voce è proprio soddisfacente. Anche l’espressione di Hunk lo è molto << Davvero? E a che punto sei? >> il suo tono è di sincero interesse.

Pidge si tira un lembo della camicia che sta tenendo aperta sopra una t-shirt << Sto cominciando a montare i pezzi nella case ma non li ho ancora tutti >> si sistema gli occhiali tondi sul naso << A proposito, posso chiederti un parere? >>

Hunk alza le sopracciglia << Oh, si, certo >> sposta il cesto all’altra mano << Se posso esserti utile >> e fa un’altro sorriso. È davvero un bel sorriso, grande e dolce.

Pidge scrolla le spalle e si schiarisce la voce mandando via quel pensiero << Si, ecco >> alza il suo cesto << Ho qualche dubbio sulla CPU, ne ho studiate un po’ ed ero abbastanza decisa per quella da 8 core e 16 thread e un GPS da 16 watt. >>

<< Potente >> commenta Hunk mentre si porta la mano libera in tasca.

<< Sì ed è questo che ha cominciato a preoccuparmi >> lo guarda mordendosi le labbra << Voglio un computer di un certo tipo per le mie esigenze, voglio poterci fare i compiti e giocarci ma anche programmare.. >> fa una pausa notando come lui la osservi attento, annuisce mentre lei parla << Ma ho anche paura che sia troppo >> arrossisce, non ama essere insicura.

Hunk china la testa di lato e alza gli occhi mentre pensa. Pidge nota quanto sia espressivo, nei movimenti e nel viso. Subito dopo torna a guardarla << Sai, non dovresti preoccuparti di questo. Se tutti gli altri pezzi sono equilibrati fra di loro non avrai problemi con quella >>.

Pidge non si aspettava che la risposta fosse così semplice. Come mai si era persa in un bicchier d’acqua? Non riesce a rispondere per qualche secondo a causa dei suoi pensieri << Immagino sarà davvero una bomba di computer >> Sorride Hunk per rompere quel silenzio << Come lo alimenterai? Ci vorrà molta corrente. >>

Lei deve riflettere un attimo per ricollegare il discorso << Pannelli solari >> risponde tranquilla. Sta volta è Hunk a fare silenzio per qualche secondo, con le labbra dischiuse << Pannelli solari..? >>

<< Sì, ho fatto una piccola batteria a pannelli solari solo per il computer >> poi nota il suo stupore e ridacchia << Mio padre lavora per la Nasa, me li posso permettere >>

<< Non è quello che mi ha sorpreso quanto ti sia costruita una batteria ad energia pulita da sola >> si passa una mano fra i capelli, ha gli occhi aperti nella sorpresa più totale << Sei sicura che l’informatica di quarta basti per te? >>

<< No >> lei ride più rilassata << Cominciavo a pensarlo >> lo guarda divertita, l’espressione di Hunk è così sorpresa. Si sente molto fiera di sé e allo stesso tempo lo trova carino.

<< Comunque >> continua lei, vuole domandargli se anche lui ha bisogno di aiuto, per ricambiare il favore << Tu hai trovato quello che- >> si blocca quando vede quello che è insieme alla ventola nel cesto. Ancora confezionato, perfetto, bellissimo: “Monster hunter world” rimane bloccata con le labbra dischiuse. Hunk lo nota, inizialmente confuso poi divertito << Ti piace? >> lo prende dal cesto per farglielo vedere meglio come se lei non conoscesse la copertina a memoria. Pidge sorride entusiasta << Ho amato i primi capitoli! Li ho giocati talmente tanto da averli rovinati. >>

<< Non lo hai ancora comprato? È uscito da un pezzo nello Playstation store >>  poggia a terra il cesto.

<< Oh no, voglio comprarlo con l’edizione limitata della ps4 >> sorride mentre poggia anche il suo, non ha intenzione di andarsene presto << E tu? >>

<< Bhe io.. >> Hunk si porta una mano alla nuca passandola fra i capelli << Sono uno vecchio stile, mi piace avere i cd e le confezioni fisicamente >> sorride più imbarazzato.

<< Capisco, vorrei farlo sempre anche io ma non ho spazio in camera >> arrossisce, di solito non si apre tranquillamente con chi non conosce ma, insomma, si parla di videogiochi, tecnologia e informatica non può che continuare.

<< Troppi libri? >> scherza lui.

<< Anche! Ma anche vecchi videogiochi, qualche progetto che ho finito o devo finire >> ride piano << e qualche computer >>. È così bello parlare di quello che piace con una persona senza vederla annoiata e la cosa che piace ancora di più a Pidge sono le risposte che le dà: all’altezza delle sue aspettative. Quando parla gli occhi le si illuminano di un’altra luce e Hunk probabilmente l’ha notato. Continua a sorridere dolcemente e le chiede di raccontargli qualcosa sui suoi progetti e lei gesticolando gli parla di come stia sperimentando con la robotica, come non possa tenere tutte le cose nel suo studio perché è troppo disordinato e a volte non ha voglia di andarci perché “Ci sono le scale da fare” quindi tiene i suoi progetti più cari insieme a sé in camera.

Inizia anche Hunk ad aprirsi di quanto ami la tecnologia ma anche come gli diverta la meccanica e Pidge sorride interessata chiedendogli di dirle di più.

Parlano e si avvicinano l’uno all’altra, sembrano nel loro mondo. Pidge non si accorge nemmeno delle persone che le passano accanto, non si accorge del tempo che sta passando mentre lui le parla e la stupisce, mentre la ascolta incuriosito. Mentre la fa sentire più sicura di sé.

I discorsi slittano e cominciano a parlare della musica che ascoltano, cosa ne pensano della scuola, cosa ne pensano su come l’essere umano sta usando la tecnologia e le nuove scoperte. I discorsi cambiano da più profondi a più frivoli ma Pidge si sta divertendo davvero tanto. Si è quasi dimenticata il perché è lì e il perché era così tanto preoccupata per il suo computer.

 

Quanto sarà passato? Mezz’ora, un’ora? Se lo chiede Pidge mentre si risveglia da quel turbinio di informazioni e pensieri. Forse stava cominciando ad annoiare Hunk, anche se l’espressione di lui diceva il contrario. << Scusami >> lo deve interrompere << devo controllare l’ora >> prende il cellulare dalla tasca dei jeans a cavallo basso.

<< Certo, non preoccuparti >> lo sente appena quando la sua attenzione viene catturata da un messaggio del fratello, c’è scritto che è venuto a prenderla. “Oh cavolo..” è di dieci minuti fa, alza lo sguardo che deve essere parecchio in colpa e preoccupato perché Hunk la sta guardando confuso << Va tutto bene? >>

<< Si, scusami >> mette di nuovo il telefono in tasca e prende il cesto da terra << devo muovermi a pagare questi componenti e uscire, mio fratello è fuori che mi aspetta >>

<< Oh! Si, si okay >> sorride << è stato un piacere >> la saluta ma nonostante abbia preso quello che doveva non sembra voler andarsene.

<< Anche per me >> sorride stringendosi alle spalle più timida << Grazie per l’aiuto >> esita per un attimo, con un piede davanti all’altro ma poi è costretta ad andare verso la cassa quando il pensiero del fratello che la sta aspettando da minuti le passa nuovamente in testa.

Paga velocemente, quasi non conta il resto. Non vuole che Matt si preoccupi ulteriormente. Una volta che tutto è stato messo dentro il sacchetto esce dal negozio e cerca la macchina con lo sguardo.

Quando la trova sussurra un “eccolo” e la raggiunge velocemente. Sale e il fratello la saluta con un “Finalmente!” tra lo spazientito e il divertito. Pidge si scusa ma fortunatamente Matt non è un tipo permaloso. << Allora com’è  andata? Trovato tutto? >> le chiede mettendo in moto

<< Si, si >> risponde sovrappensiero mentre controlla che dentro il sacchetto ci sia tutto, ha fatto le cose talmente di fretta che ha paura di aver dimenticato qualcosa

<< Come mai ci hai messo così tanto? >>

<< Ho avuto qualche problema con la CPU >> guarda fuori ricordandosi di Hunk, sorride piano. Quando mezz’ora prima aveva pensato di chiedergli un aiuto non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così; parlando ininterrottamente per minuti senza accorgersi del tempo scorrere o il cellulare vibrare nella tasca.

Si sistema gli occhiali sul naso, è un tic come il mordersi le labbra. Vorrebbe parlare così con qualcuno sempre. Abbassa le spalle, magari a scuola può salutarlo e parlarci ancora. Certo, ovviamente può farlo, perché ci sta ragionando così? È logico, può farlo.

<< Pidge! >> Matt che la chiama la fa saltare sul sedile

<< Cosa? >> volta di scatto lo sguardo mentre si riprende dallo spavento

<< Allora mi rispondi? >> sta ridendo, probabilmente per la reazione che le ha fatto avere << Vuoi andare da qualche altra parte prima di tornare a casa? >>

<< No, andiamo a casa >> sbadiglia << Sono un po’ stanca e domani c’è scuola..che giorno è oggi? >> poggia il viso sul palmo della mano

<< Giovedì, buongiorno >>

<< Haha, simpaticone, non farmi ridere troppo sai >> sorride comunque divertita. Alza lo sguardo verso il finestrino.

Domani c’è informatica.

 

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Capitolo 2
*** Giorno 1- Hunk ***


Giorno 1 -Hunk-

 

Hunk non sa da quanto tempo si trova in quel negozio quasi vuoto, ma sa di esserci stato troppo per dover scegliere solo una semplice ventola.
Però sa anche di dover scegliere bene, vuole far durare il computer di sua madre il più possibile. Hanno speso un sacco di soldi per quel portatile e non possono comprarne un altro così potente ora come ora.
Vuole fare un buon lavoro.
Nemmeno si rende conto che sta passando in rassegna ad alta voce i pro e i contro di entrambe le marche. E’ troppo abituato a farlo quando è da solo a casa, che non si pone il problema di essere ascoltato.
Chissà da quanto tempo sta parlando. Starà facendo un monologo.
Si rigira tra le mani quelle che gli sembrano più giuste e sospira. Odia essere una persona così indecisa, ma essendo l’unico in famiglia che ne capisce di tecnologia e meccanica non può chiedere a nessun altro.
Sbuffa, per poi riporle entrambe nel cestino che ha appoggiato al braccio. Ne prende in mano una terza, controllando anche il prezzo, che è l’unica cosa della quale non ha tenuto conto in tutto questo tempo.
Guarda il soffitto, non vorrebbe doversi preoccupare di tutte queste cose.
Poi però si ricorda di essersi appena fatto un regalo. Ha preso l’ultimo gioco di Monster Hunter. Era da tempo che lo voleva, e ora, con quel piccolo gruzzolo che si guadagna coi lavoretti del fine settimana si può permettere qualcosina per sé.
Sua mamma glielo ricorda sempre di coccolarsi ogni tanto. Che non fa bene tirare sempre la corda. Che comunque lui si impegna, e può premiarsi.
Prima o poi tutte queste frasi gli entreranno in testa, spera.
Beh insomma, ricordarsi di aver comprato quel videogioco lo fa tornare di buonumore come suo solito.
E’ come una medicina istantanea. Se c’è una cosa che ama di più che costruire e modificare cose, è rilassarsi coi videogiochi.
Ci passerebbe le giornate se non dovesse studiare. E lui deve studiare.
Non che ne abbia voglia, anzi, è piuttosto pigro, ma vuole arrivare da qualche parte e fare qualcosa di grande. Ha così tanti sogni per il suo futuro, oltre che poter dormire fino a tardi la mattina.
Hunk è sicuramente una persona notturna.
Gli pesa che la vita si attivi di giorno, di notte non può andare da nessuna parte, se non al supermarket aperto ventiquattro ore.
Però è anche una persona socievole, e passare tutta la notte da solo è un po’ pesante. Non poter parlare con nessuno, né tenere troppe luci accese perché se no gli altri si svegliano e poi sono nervosi. Non poter uscire con gli amici.
Tutto troppo pesante.
E’ talmente preso dal parlare da solo che nemmeno si rende conto di essere osservato da qualche secondo.
Appoggia l’ultima ventola al suo posto e alza le spalle. Dopo tutto può sempre venire a cambiare quelle che ha scelto con qualcosa di meno forte o meno costoso, e farsi fare un buono.
Tanto lì sicuramente spenderà altri soldi prima o poi.
Si passa una mano fra i capelli e si sistema meglio la bandana che li tiene appena alzati. Ha passato tanti anni con i ciuffi davanti agli occhi che a un certo punto ha deciso di dover fare qualcosa per non rischiare di perdere la vista.
Non sa come ha fatto ad arrivare a ragionare sui colori che preferisce per le fasce e le bandane, ma sa che qualcuno deve avergli rivolto la parola mentre era ancora lì a farfugliare da solo.
Sarà sembrato un matto a parlare da solo. Probabilmente lo sta facendo da prima.
Si sente un po’ stupido.
Ha sentito un “Hei!” chiamarlo dal basso, così si è voltato sorridendo per risultare gentile come suo solito.
Poi collega che la persona che ha davanti, una ragazzina che dovrebbe avere circa la sua età, è una dei suoi compagni ai corsi di informatica della scuola.
Si chiama Pidge, se non ricorda male. Ed è una delle ragazze più brillanti della sua classe. E’ una delle persone più brillanti della sua classe, se non della scuola.
Sa che non dovrebbe essere in un corso con lui perché deve avere due anni in meno.
E’ tipo un genio. A Hunk piace molto sentirla parlare quando interviene o viene interrogata dal professore.
<< Hei - sta ancora sorridendo, e anche lei gli sorride. Ha un sorriso piccolo e carino, molto amichevole - Pidge, giusto? >> Hunk sa che lei si chiama così, ne è quasi certo al cento per cento, ma la sua insicurezza lo frega sempre e lo obbliga a chiedere cose scontate.
<< Si. >> e a lui sembra un po’ in imbarazzo, spera sia solo timidezza. Non vuole metterla a disagio, così cerca di essere il più amichevole possibile. Gli piacerebbe davvero chiacchierare un po’ con lei.
Forse quello timido è lui se non l’ha mai fatto.
Però poi lei continua con un “Come va?” e Hunk può tirare un sospiro di sollievo mentale per non aver appena fatto una figuraccia.
Annuisce << Bene, stavo cercando solo una ventola per il computer di mia madre. >> e lancia uno sguardo allo scaffale, sorridendo. Gli viene da ridere perché non sa come continuare la conversazione, ma non vuole finirla lì. Così cerca di essere il più dolce possibile.
<< Non mi sorprende vederti qui. >> che è vero, perché Pidge se ne intende davvero tanto di queste cose, e probabilmente i negozi come questo sono tra le sue mete più frequenti.
O almeno è quello che Hunk ha sempre ipotizzato.
Anche lei ora sta sorridendo, e si stringe appena nelle spalle piegando un po’ il collo della sua camicia.
Ha proprio un bello stile.
<< Anche io sono qui per dei componenti. Sto lavorando a un computer. >>
Gli occhi di Hunk si sono illuminati. Anche solo sentire una cosa del genere lo rende felice e curioso.
Lui adora vedere e costruire computer, ovviamente, e finalmente ha trovato qualcuno con gli stessi interessi.
O almeno simili.
<< Davvero? A che punto sei? >> si sente un po’ invadente, ma è troppo curioso di sapere che pezzi ha scelto e a cosa le serve.
Probabilmente non ha smesso di sorridere nemmeno per un secondo, e sapere di poter essere utile a una ragazza così brillante lo fa sentire bene.
Pidge si è sistemata gli occhiali sul naso, è un gesto davvero carino << Ho qualche dubbio sulla CPU. Ne ho studiate un po’ ed ero abbastanza decisa per quella da 8 core e 16 thread e un GPS da 16 watt. >> .
E’ troppo concentrato a seguire quello che lei gli sta spiegando, che quasi non si rende conto di aver commentato con un “potente” interrompendola.
Lei però non sembra scocciata, si morde solo le labbra in modo pensieroso << Si… ed è qui che ho cominciato a preoccuparmi. - Hunk deve trattenere un’altra domanda. Non gli piace interrompere - Voglio un computer di un certo tipo per le mie esigenze. Voglio poterci fare i compiti e giocarci ma anche programmare… Ma ho paura che sia troppo. >>.
Hunk nota che lei sta arrossendo, e non capisce bene come mai. Tutto quello che lui ha percepito è una ragazza intelligente che studia ogni minimo particolare. Però Pidge è talmente carina con le guance tutte rosse, che lui continua a sorridere e cerca di non commentare.
Decide di ragionare bene sulla domanda. Non vuole consigliarle qualcosa di sbagliato che possa rovinarle il progetto. Guarda come sempre il soffitto e si concentra.
Poi fa mente locale su cosa le ha spiegato lei, su cosa vuole e di cosa ha bisogno. Così le sorride più tranquillo.
<< Sai, non dovresti preoccuparti di questo. Se tutto il resto dei pezzi sono equilibrati fra di loro non avrai problemi con quella. - tra sé e sé spera di non essere sembrato troppo saccente rispondendo così - Immagino sarà davvero una bomba di computer >>.
Lei è rimasta un po’ in silenzio, come a ragionare su qualcosa.
Ma Hunk è troppo curioso << Come lo alimenterai? >> e anche se non è un suo progetto vorrebbe sapere tutto. Sa di essere un po’ invasivo a volte, ma lo fa solo quando è davvero interessato.
<< Ho fatto una piccola batteria a pannelli solari. >> dice tutta soddisfatta, dondola un po’ sul posto.
E lui deve ammettere di essere un po’ invidioso per non aver mai avuto un’idea simile. E’ confuso e piuttosto sbalordito.
<< Pannelli solari? >>
<< Si, mio padre lavora alla nasa, quindi posso permettermeli. >> poi abbassa un po’ la voce. E Hunk non può che sgranare gli occhi.
“Alla Nasa? WOW!” vorrebbe urlare, ma cerca di rimanere composto per non sembrare proprio sfigatissimo.
Non conosce nessuno che lavora alla Nasa. O che progetta cose coi pannelli solari.
Piacerebbe un sacco anche a lui.
Gli piace l’energia pulita.
Prende fiato per rimanere composto << Non è quello che mi ha sorpreso quanto ti sia costruita una batteria ad energia pulita da sola. Sei sicura che l’informatica di quarta ti basti? >>, perché davvero trova Pidge così intelligente che è sicuro potrebbe tranquillamente seguire qualche corso universitario. Forse lì sarebbe alla pari.
La vede un po’ gongolare, e lui è felice di averle fatto dei complimenti, perché li crede davvero.
<< No - dice - Cominciavo a pensarlo anche io. >> e la vede quasi iniziare un’altra frase prima di osservarlo incuriosita. Hunk si sente un po’ sotto il microscopio, ma non gli da fastidio. Pidge è tutto tranne che invasiva.
Dopo qualche secondo nota che le stanno brillando gli occhi, e che chinata così in avanti è davvero adorabile, sembra ancora più piccina. 
Finalmente collega. Deve aver visto la confezione del gioco che ha comprato.
<< Ti piace? >> lo raccoglie dal cesto e glielo porge. Non lo fa quasi mai, ma crede che Pidge sia una persona molto rispettosa delle cose degli altri. Così non se ne preoccupa.
<< Ho amato i primi capitoli! Li ho giocati talmente tanto da averli rovinati! >> ha alzato un po’ la voce, sembra così entusiasta.
La conversazione sta andando avanti così tranquillamente, Hunk ha la sensazione che si conoscano da sempre. Sente di essere sulla sua stessa lunghezza d’onda. Poi lei ammette di voler aspettare l’edizione speciale per la Playstation 4. Gli racconta di avere una collezione di videogiochi vintage e anche dei vecchi computer che usa ancora. E Hunk non riesce a distogliere lo sguardo da lei, ascoltando interessato ogni cosa che lei gli racconta. Pidge è così interessante e particolare.
Hunk è una persona amichevole e disponibile, ma non aveva mai incontrato qualcuno con il quale si sentisse così in sintonia prima di lei.
Certo, il suo migliore amico è Lance, e non può lamentarsi del loro rapporto. Ma ora come ora vorrebbe solamente fare buona impressione con lei e sperare in una futura amicizia.
Non sa come, ma a un tratto sono arrivati a parlare di musica. Forse dopo aver parlato di come si trovano a scuola e di cosa vorrebbero che cambiasse.
<< Non prendermi in giro, eh, ma io adoro la musica vaporwave - sorride lei, arrossendo. E Hunk non capisce come potrebbe prenderla in giro per una cosa del genere. - è che mi rilassa tanto e mi fa concentrare su cosa sto facendo. >>
<< Prenderti in giro per cosa? I gusti sono gusti. - e sta per toccarle una spalla, ma poi si sente troppo invadente - Non ascolto molta vaporwave, magari mi farai scoprire qualcosa tu. >>
Ecco, ora si è sentito un po’ invadente. Così si morde il labbro e tossicchia.
Spera di non essere sembrato fastidioso.
Lei annuisce e gli domanda cosa piace a lui.
Okey, forse non ha fatto niente di male. O forse si. Cerca di non pensarci.
Continuano a parlare. Sempre di musica, film, e anche di nuove tecnologie.
Spaziano così tanto che l’ansia di Hunk scompare quasi del tutto. Solo se ci pensa si blocca un po’.
Ogni volta però che inizia ad arrovellarsi, riescono a collegare un nuovo argomento, e tornano a ridere e divertirsi. A svagarsi.
Il tempo passa veloce. Le domande iniziano a diventare più personali, ma a Hunk sembra così normale. Non si pone il problema di raccontare qualcosa di suo.
Pidge lo sta mettendo a suo agio.
Poi a un tratto la vede fermarsi di colpo. Prende il cellulare e si scusa << Devo guardare l’ora. >>, e lui ovviamente non ha problemi con questo. Anzi, forse è anche meglio. Lui non ha per nulla idea di quanto sia passato.
Poi la vede tornare a osservarlo con sguardo… colpevole? Triste? Non lo sa decifrare, ma lei si scusa di nuovo, e lui non capisce.
<< Devo muovermi a pagare questi componenti e uscire, mio fratello è fuori che mi aspetta. >>
“Oh, deve andare.” Beh, ovviamente prima o poi sarebbe dovuta andare. Sono in un negozio per comprare delle cose e poi tornare ai loro lavori. 
Hunk cerca di rimanere tranquillo e non sembrare dispiaciuto. Lance gli ripete sempre di sembrare sicuro di sé.
“Così piacerai sicuramente.” gli ricorda ogni giorno. Come se non sapesse già di essere insicuro.
<< Oh, sisi, Okey - fa un gesto con la mano, che poi gli sembra un gesto così stupido - è stato un piacere! >> ed è vero, lo è stato.
Lei si stringe nelle spalle e aspetta un po’ prima di allontanarsi << Anche per me. Grazie per l’aiuto. >>
Hunk la guarda andare via, camminando decisa e piuttosto veloce. Poi sospira e prende il cesto che aveva appoggiato a terra. 
Cerca di fare mente locale su ciò che è successo e spera di non aver fatto una figuraccia, e di averle consigliato bene. 
Prende una delle ventole e la rimette a posto, un po’ confuso.
Pidge è stata così carina e gentile. E interessata. Raramente si trova così bene con qualcuno, e sa che è stupido arrovellarsi su una cosa simile, ma spera davvero di aver fatto buona impressione.
Domani ha informatica e sa che la rivedrà. Non sa proprio cosa succederà quando dovrà salutarla. “Vorrà salutarla”, perché vuole.
Ma sa che è davvero incapace con queste cose. Non per niente solo Lance riesce a stare a dietro alla sua sfigataggine cronica.
Si stringe nelle spalle e si alza il cappuccio sulla testa. Quasi senza pensarci va alla cassa e paga, non sa nemmeno quale ventola ha comprato, ma sa di per certo che ognni non la monterà.
Oggi penserà solo a cosa dire domani.

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Capitolo 3
*** Giorno 2- Pidge ***


Non è stata una mattinata particolarmente pesante, insomma, a parte le due ore di letteratura. A Pidge si arricciano le labbra intorno alla cannuccia del succo di pesca. Non è brava in materie come quella, le è difficile capire il perché certi autori scrivano delle cose per nasconderne altre. Perché nascondono i veri significati dietro forme retoriche e come fanno?

Lo stesso vale per storia dell’arte, così tante interpretazioni diverse, così tante simbologie. Sbuffa soffiando dell’aria nella cannuccia facendo gorgogliare il liquido nel cartoncino. Non potevano avere una regola precisa? Una formula perfetta da utilizzare? Sarebbe stato molto più semplice, meno noioso e più logico.

Scrolla la testa e cerca nella cartella il suo quaderno degli appunti. Non è quello di scuola ma quello per i suoi lavori e progetti. Vuole cercare di non pensare a quella lezione andata male studiando per filo e per segno un nuovo progetto da seguire. Certo, dovrebbe concentrarsi di più sul suo computer ma con quello sa già come procedere. Andrà tutto alla perfezione e comincerà a programmare il suo sistema operativo.

Si dà un colpetto sulla fronte con il palmo della mano. Ecco cosa doveva fare: continuare a progettare il suo “Sistema Pidge”... o “Leaf”? Ci penserà dopo.

Torna indietro sfogliando le pagine. Gli appunti sono ordinati, la scrittura pulita e leggibile. Usa i colori per i punti più importanti. Sospira dal naso e sorride quando arriva alle pagine che cercava. È tutto così logico e perfetto. Mentre rilegge è curvata sul tavolo, quando è seduta non ha mai una buona postura, cerca di sistemarsi però quando se ne accorge. Non le piace l’idea di diventare gobba, già è bassa, non le servono altri centimetri in meno.

Un leggero venticello le fa prendere un lungo respiro, sta arrivando il caldo. Non si può dire che Pidge sia un’amante della natura, cioè ne capisce l’importanza e spesso i suoi progetti si basano sull’energia pulita o sulla difesa dell’ambiente (Come i cestini che ripuliscono gli oceani senza danneggiarli ulteriormente, è un work in progress). Ma purtroppo Madre Natura stessa l’aveva fatta nascere con la pelle troppo chiara per il sole e con un naso troppo sensibile ai pollini.

Starnutisce.

Appunto.

Tira su con il naso “comunque sia, studiare fuori mi fa sentire bene” starnutisce ancora “Beh, psicologicamente bene”.

Pidge si perde a scrivere nuovi appunti e rileggerne di vecchi, confrontando le sue stesse idee. L’unica cosa che la risveglia dal suo lavoro è la suoneria del cellulare che aveva appoggiato sul tavolo precedentemente. Alza lo sguardo, nel display lampeggia al ritmo di musica vaporwave la scritta “informatica”. La spegne, per fortuna che aveva impostato le lezioni pomeridiane come memo o sarebbe arrivata sempre in ritardo.

Si alza dopo essersi sistemata la borsa a tracolla sulla spalla, il cellulare in tasca e rientra a scuola.

Mentre cammina nei corridoi si chiede di cosa parleranno oggi. È riuscita, sì, a salire di un paio di anni in quel corso ma gli argomenti a volte sono scontati per lei. “Sei sicura che l’informatica di quarta basti per te?” Hunk l’aveva capita subito. Si morde le labbra, già, oggi l’avrebbe visto in classe. Ha delle sensazioni contrastanti, è felice dell’idea di poter avere un’altra conversazione interessante ma come avrebbe potuto iniziarla sta volta? Non ha più la scusa di un dubbio su un acquisto, però potrebbe parlargli ancora del computer: “Ciao! Domani ho finalmente tempo di tornare a lavorare sul mio computer” tira le labbra infastidita dal suo stesso pensiero, non può iniziare così. Proverà a salutarlo e chiedergli come sta, lui dovrà rispondere per forza, al resto ci penserà sul posto.

Rilassa le spalle, ecco finalmente l’aula di informatica. Può già sentire l’odore dei computer che accesi da tutto il giorno hanno surriscaldato le case rilasciando quello che per Pidge è un profumo.

Entra, ci sono altri due dei suoi compagni impegnati a chiacchierare nei posti in fondo, vicino alle finestre. Lei preferisce stare in seconda fila, al computer che da sul corridoio della classe. È perfetta per vedere le slide proiettate sul muro senza tirare gli occhi o per fare quello che voleva nel caso la lezione fosse stata noiosa. Le altre due file sarebbero state una troppo vicina e l’altra troppo lontana.

Si siede, poggia la borsa a terra e aspetta. Tra poco arriveranno anche gli altri. Muove il mouse per riavviare il computer che era andato in blocco durante l’ora in cui non è stato utilizzato. Intanto un altro gruppo di compagni entra in aula, lei alza lo sguardo sperando di vedere Hunk. Sperando? Beh, se c’è, mica doveva esserci per forza. Si distrae per prendere l’astuccio, è piccolo e a forma di fetta pizza. Gliel’ha regalato Matt, sa quanto le piaccia mangiare, era stato un pensiero carino. La fa sempre sorridere quando lo vede. Poi prende nuovamente il suo quaderno, si ferma alla prima pagina bianca e aspetta ancora, sta volta guardando verso la porta. Nessuno l’avrebbe notata piccola com’è; ride fra sé e sé, così nessuno l’avrebbe trovata inquietante.

Vede entrare un’altra persona quando comincia a sentire una voce alta nel corridoio, non capisce cosa stia dicendo ma è molto sicura che sia l’amico rumoroso di Hunk. Alza gli occhi, lui è proprio uno particolare.

Le voci si avvicinano << Ssh, Lance >> la voce di Hunk è calma << Se c’è la prof ti manderà di nuovo dal preside. >>

<< Non preoccuparti! >> Lance è il primo ad entrare nella classe, ha un passo deciso e spavaldo, come la voce.

Pidge si drizza sulla schiena e stringe i pugni, non sa perché reagisce così ma quando entra Hunk prende un respiro. Ecco dovrebbe salutarlo ora.

No forse è meglio aspettare. Torna piegata e lo osserva.

<< Sei stato fortunato >> risponde a Lance. Anche oggi è vestito sportivo con una felpa chiusa, ha una stampa davanti di quello che sembra un gruppo e dei jeans con alcuni strappi.

Come era vestito Lance? Non ci ha fatto caso, come normalmente, di solito non si sofferma su questi dettagli.

<< Vedi? Ti avevo detto di non preoccuparti >> si siede al computer esterno della seconda fila, come Pidge.

<< E io ti ho detto che sei stato fortunato >> si siede affianco a lui e appende il suo zaino alla sedia. Non si era accorto di lei ma non le ha dato fastidio, sa di essere piccola e dietro uno schermo praticamente scompare. Vorrà dire che dovrà andare da lui, non le va di aspettare a fine lezione. Si alza, non dovrebbe essere così agitata ci ha già parlato. Non l’aveva annoiato il giorno prima.. vero? No, no, non deve pensare così, è solo un po’ di insicurezza. È vicina ai loro banchi mentre ancora stanno parlando, Pidge non li sente nemmeno ma vede Lance voltarsi verso di lei e sorridere. Che sorriso strano, ci sta provando? Manno è impossibile a Lance non piacciono le ragazze come lei.

Stringe un pugno è manda via quello stupido pensiero, non è con lui che deve parlare anche se deve averla salutata nel frattempo, almeno Pidge crede così, meglio rispondere per sicurezza.

<< Ciao >> si è fermata poco prima del banco di Hunk, ha un sorrisino timido e scosta lo sguardo sul suo vicino di banco << Ciao, Hunk >> lui ha lo sguardo sul monitor quasi non lo alza << Ah, ciao >>.

“Ah, ciao”? Non era la risposta che si aspettava, né il tono. Si morde le labbra, non riesce ad aggiungere altro, forse gli aveva davvero dato fastidio ieri. Non poteva stare lì, non importa, torna al suo posto. Si tiene il viso fra le mani e si mastica le labbra in un broncino. Aveva proprio fatto casino, non voleva sembrare una rompiscatole, una pesante. Sospira, che brutta impressione che aveva dato. Arrossisce, gli ha anche raccontato di cose personali. Probabilmente non gli importava di sapere quale è il suo tipo di musica preferito o della sua mancanza di vitamina D. Che figuraccia. Nasconde il viso fra le mani alzandosi gli occhiali fra i capelli. Sospira più forte facendo passare l’aria fra le dita. Sperava di aver fatto amicizia. Scosta le mani, per fortuna è arrivata la professoressa, così potrà pensare ad altro. Si sistema composta.

<< Ragazzi mettete via i quaderni, si fa verifica a sorpresa >> di colpo si alza un borbottio preoccupato e nervoso. Non è tra i professori più simpatici ma nemmeno Pidge se lo aspettava. Abbassa le spalle e risistema il quaderno nella borsa. Ha ripassato ieri sera, non avrà problemi. Si concentrerà sulle risposte da dare e non su Hunk. “A proposito, avrà studiato?” si chiede voltandosi istintivamente a guardarlo, sembra tranquillo. Lo osserva meglio cercando di non guardare Lance che gli sta sclerando accanto. Lo vede tamburellare le dita sul tavolo. Allora un po’ nervoso lo è.

Distoglie lo sguardo, deve pensare alla verifica. Pensa alla verifica. Se lo ripete nella mente mentre i compagni dividono i banchi, fortunatamente lei non deve farlo non avendo qualcuno affianco.

Continua a ripeterselo anche quando la prof ha cominciato a distribuire le verifiche.

Finalmente arriva anche la sua e comincia a darci un’occhiata. Okay, sono cose semplici, nulla di particolarmente insidioso. Almeno per lei. Le viene naturale alzare di nuovo lo sguardo verso Hunk ma si blocca. Basta, Pidge, concentrati sulla verifica. Si piega sul banco e mordicchiandosi le labbra rilegge le domande e comincia a dare le risposte. Si prende il suo tempo, ci ragiona sopra anche se è molto sicura di se. Di solito è molto più veloce, soprattutto con un compito così semplice ma ha paura che i pensieri negativi la facciano distrarre e sbagliare. No, non l’hanno abbandonata come sperava avrebbero fatto una volta iniziata la verifica.

Sospira e chiude gli occhi, si sente così stupida e un po’ delusa. Non sa nemmeno lei perché sta reagendo così male, forse perché ci teneva davvero tanto. Riapre gli occhi, non importa, potrà parlare con suo padre e suo fratello delle cose che le interessano.

Si sistema gli occhiali “Anche se non sarà la stessa cosa” Pidge fa quasi un ringhio spazientito per quel pensiero. Ma è in classe.

Arrossisce di colpo. Non riesce nemmeno ad alzare lo sguardo per controllare se qualcuno l’ha sentita. Non riesce nemmeno a contare quante volte si sta maledicendo. Basta, deve concentrarsi sul compito, davvero sta volta.

 

Finalmente la campanella segna la fine dell’ora. Pidge ha consegnato da almeno dieci minuti, se non quindici. Quel suono le fa tirare un sospiro di sollievo, chiude l’astuccio e prende la borsa buttandocelo dentro. Vuole finire le lezioni che le sono rimaste e andare a casa. Ha lo sguardo basso quando sente la voce di Hunk.

<< Pidge >>

Lei alza lo sguardo << si? >> le esce quasi come un pigolio. Lui le sta sorridendo anche se più timido.

<< Volevo scusarmi, cioè, prima ti ho proprio salutato male >> ride piano << stavo controllando una cosa ed ero talmente concentrato.. >>

Ah.. che stupida. Era solo concentrato. Vorrebbe tirarsi una pacca sulla fronte ma si trattiene << No, No, figurati >> sforza un sorriso mentre si ripete quanto stupida è stata << Magari dovevo salutarti prima e non mentre stavi lavorando >>

<< Non era nulla di importante ma ero proprio preso >> ride, sembra quasi imbarazzato. Pidge nota Lance che lo sta aspettando alla porta, sempre con quel sorriso strano.

<< Davvero non preoccuparti >> continua anche se il suo amico lì dietro è proprio inquietante << come è andata la verifica? >> si azzarda a chiedere.

<< Bene.. e a te? >>

<< Bene >> sta volta il sorriso è molto dolce e sincero. C’è un momento di silenzio che Pidge non capisce. Hunk e lì che la guarda immobile quando finalmente parla << Bene, bene.. ora vado o perdo la prossima lezione >> si sistema lo zaino sulle spalle.

<< Oh >> rimane sorpresa ma ora che ci pensa anche lei ha una lezione << Certo, ci vediamo. >>

<< Ciao! >> Hunk esce dalla porta mentre Lance lo osserva con uno sguardo quasi allibito. Pidge arriccia le labbra confusa, quando esce lo sente chiamarlo come se fosse successo chissà cosa.

Alza le spalle, saranno cose fra amici. Si sistema la borsa in spalla.

Ora si sente davvero stupida per tutti quei pensieri negativi, sospira, ma è sollevata. Stupida e sollevata. Le viene da ridacchiare e si stringe alle spalle quando esce dalla classe. Si sente stranamente felice ora, all’improvviso. Settimana prossima potrebbero davvero avere un’altra bella conversazione ora che sa di non aver annoiato o infastidito nessuno. Dondola la testa, non vede l’ora.

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Capitolo 4
*** Giorno 2- Hunk ***


Giorno 2 -Hunk-



Hunk fa molta fatica ad annoiarsi a scuola. Di solito le sue emozioni sono “divertito” o “infastidito”. E tutte e due dipendono dal fatto che Lance è il suo migliore amico e, spesso, vicino di banco.
Quella mattina, se fosse rimasto da solo anche semplicemente per un’ora, probabilmente si sarebbe arrovellato cercando di capire se avesse fatto una buona impressione a Pidge il giorno prima, o se avesse distrutto ogni possibilità di diventarci amico.
Più di una volta gli è stato detto di essere noioso.
Soprattutto da Lance.
Quella mattina gli aveva raccontato del pomeriggio precedente, e da allora Lance non ha mai smesso di ripetergli che deve buttarsi e provare. Che hanno tante cose in comune e che se oggi non prova a rivolgere la parola, lo picchierà con la prima sedia che trova.
Lance è il migliore a motivare, decisamente.
E così Hunk ha passato una mattina tutt’altro che noiosa, cercando di seguire la professoressa di storia, e soprattutto cercando di ignorare i bigliettini di Lance con disegnini minatori.
Fatti anche piuttosto bene deve ammettere.
Ma fastidiosi.
Anche nella pausa non ha smesso un secondo di incoraggiarlo, con la delicatezza che lo contraddistingue.
Se non si conoscessero da così tanto, Hunk potrebbe anche rimanerci male. Ma sa che lo fa solo perché gli vuole bene e crede sia la cosa giusta da fare.
Bisogna accettare i difetti degli altri, no?
Hunk spera sia vero, perché lui sa di averne tanti. Soprattutto l’essere impacciato e timido. E il non sembrare timido.
Quello è il difetto che lo mette più in crisi perché non sembrando timido, la gente pensa che sia uno stronzo che ignora gli altri.
Mentre è solo un ragazzo che se ne sta nel suo angolo a chiedersi perché non riesce a parlare normalmente con gli altri.
Sospira.
Lance finalmente è andato a provarci con qualcuno in fondo al corridoio principale.
Non si ricorda nemmeno se è un ragazzo o una ragazza questa volta. Tanto a lui non fa molta differenza.
Stando da solo però ripensa al giorno prima. Al fatto che si è divertito e aperto con una persona che conosce così poco. Non gli era mai successo nemmeno con la maggiorparte delle persone che conosce da sempre.
Quelle che conosce da poco sanno al massimo il suo compleanno.
Si passa le mani sul viso e si arrotola le maniche fino ai gomiti.
Tra poco sarebbe entrato in classe e avrebbe rivisto Pidge. E finalmente avrebbe scoperto se è riuscito a comportarsi da persona normale.
Cerca Lance con lo sguardo. Le lancette segnano l’inizio della lezione, e lui è in ritardo come al solito. Così anche Hunk è in ritardo, perché non sa lasciarlo lì a doversi giustificare da solo con i professori.
E quella di informatica non è nemmeno particolarmente simpatica.
Si beccheranno l’ennesima nota, se lo sente.
Tamburella sul muro con le dita, come sempre. Non è nemmeno tanto l’arrivare in ritardo che gli da fastidio, quanto il dover stare lì da solo perché Lance ha da fare con qualcuno che probabilmente gli darà il due di picche.
Gli dispiace un po’ per lui, ma va dietro a troppe persone, e ci rimane male come se fosse sempre l’amore della sua vita.
Hunk sospira. Poi finalmente lo vede arrivare, anche piuttosto felice.
“Meno male” pensa.
<< Allora, ti muovi? >>
Lance alza le spalle e il suo sorriso si ingrandisce ancora di più << Questa domenica ci vediamo! >>, lo ignora completamente.
<< Chi è questa volta? >> Hunk sbuffa un po’, non gli piace non essere ascoltato. Lo prende per un braccio e si avvia verso la loro classe.
<< E’ quel ragazzo che ho nel corso di spagnolo, non ti ricordi? >>
Si, se lo ricorda. Ed è conosciuto per essere uno stronzo.
<< Sta attento, Lance. >> arriccia le labbra, ma Lance annuisce convinto. Se si fissa con qualcuno è finita. Hunk potrà solo lasciarlo sfogare una volta finito.
Anche perché ora Lance sta parlando, a voce molto alta, di cosa vuole fare domenica con questo nuovo ragazzo. Per fortuna non entra nei minimi particolari, perché Hunk sa che lui è capace di farlo anche in mezzo alla classe.
<< Abbassa la voce che già siamo in ritardo. - mentre l’altro parla e rischia anche di dare una gomitata a un armadietto, Hunk si guarda attorno per controllare che nessun professore o bidello fosse lì per segnalare il ritardo - Shh, Lance! Se c’è la prof ti manderà di nuovo dal preside. >>
Hunk spinge dentro la classe il suo amico, che ride << Non preoccuparti! >>
Nella classe ormai sono arrivati praticamente tutti, senza contare i possibili assenti. Manca solo la professoressa, che stranamente è in ritardo.
Hunk sorride fra sé e sé, contento di non doversi sorbire una ramanzina per l’orario. E si avvia verso il suo computer.
Appena si siede ha un brivio lungo la schiena.
Quella è l’ora di informatica. Quindi c’è Pidge con lui in classe.
E lui non l’ha salutata.
Cioè, non l’ha nemmeno vista in realtà, ma comunque non l’ha salutata o cercata.
Era così distratto dall’infinito discorso di Lance che non ha nemmeno connesso che finalmente l’avrebbe rivista.
Si incassa nelle spalle, un po’ in imbarazzo. E accende il computer.
Chissà cosa starà pensando ora. Sempre che sia lì.
Da una parte spera che lei sia in classe, perché vuole rivederla. Dall’altra si dice che se lei è assente almeno lui non ha fatto una brutta figura.
Sente Lance sedersi al suo fianco e il rumore di passi, così sta per alzare lo sguardo quando nota che la sua cartella non è sul desktop.
Apre un paio di altre cartelle e non la trova.
Tutti i suoi lavori sembrano essere scomparsi.
Controlla nel cestino, ma non è nemmeno lì.
Non è difficile ritrovarla nemmeno se è stata eliminata del tutto dal computer, ma è comunque una rottura e un procedimento lungo.
Sbuffa. Perché devono toccare le sue cose?
Continua a frugare nella speranza che sia stata solo spostata, così quando sente un “Ciao, Hunk.” nemmeno capisce chi gli sta parlando e si limita a rispondere piuttosto scocciato.
<< Ah, ciao. >>
Poi, dopo qualche secondo, si sente tirare un pugno sulla spalla.
Si volta di scatto, ancora più nervoso. Hunk ha sempre il viso piuttosto rilassato ed è strano vederlo molto arrabbiato.
Come lo è ora.
<< Che ti prende, Lance! >> non urla solo perché è entrata la professoressa e non vuole anche prendersi una nota.
<< Ma ti pare che la saluti così? >>
<< Saluto chi così? >> lo guarda incredulo e confuso, abbassando ancora la voce e anche un po’ la testa.
Lance gli da un altro pugno sulla spalla.
<< Ma Pidge, no? E’ appena venuta a salutarti e tu fai “Ah, ciao.” - gli fa il verso, con una voce che nemmeno è quella di Hunk, ma molto più fastidiosa - e così lei se n’è andata. Sei proprio coglione, eh. >>
<< Ah. >> si. Lance ha ragione.
La professoressa sta dicendo qualcosa, ma Hunk si sente così stupido per come ha trattato Pidge, che non la sente. Non sente nemmeno Lance che lo insulta e gli ripete che se non sta attento a queste cose rimarrà sempre con un solo amico.
Lo sente solamente dirgli << Vedi di rimediare, eh. >> e appoggiargli una mano sulla spalla, mentre la prof consegna i fogli di una qualche verifica che Hunk non ha sentito annunciare.
Sospira e appoggia il viso sulle mani.
Legge distrattamente le domande e annuisce quando Lance inizia a lamentarsi di quanto siano difficili.
A lui in realtà sembrano piuttosto fattibili, ma è troppo nervoso per aver perso i suoi documenti nel computer e per aver trattato male Pidge senza volerlo.
Tamburella sul tavolo con le dita, lo fa sempre, e oggi lo sta facendo davvero molto spesso.
“Concentrati sulla verifica” si dice mentalmente, e prende la penna.
Scarabocchia qualcosa, saltando quelle più difficili, per rispondere dopo con calma.
Però è difficile pensare ad altro quando tutto ciò che c’è scritto su quel foglio riesce a collegarlo a Pidge o a quello di cui hanno parlato il giorno prima.

 

Mancano ormai dieci minuti alla fine dell’ora e Hunk ha già risposto a tutte le domande. Non sa bene come sia andata, cerca sempre di non pensarci. Si limita ad aspettare il voto finale.
Si appoggia allo schienale della sedia e guarda Lance.
Anche lui sembra aver risposto a tutto, e ora mastica la penna.
<< Che vuoi? >> gli sussurra dopo essersi sentito osservato.
Hunk alza e la spalle a lancia un’occhiata a Pidge.
<< Vai a scusarti. >>
Hunk annuisce e guarda l’orologio. Ancora qualche minuto.
Sa che dovrà occuparsi del computer e dei suoi file un’altra volta, ma non vuole che Pidge pensi ancora per molto che a lui non freghi niente.
Si scarabocchia sul braccio senza pensarci. Ha le maniche della felpa arrotolate. Soffre molto il caldo.
Poi finalmente la campanella suona e lui si decide a consegnare portando anche la verifica di Lance che intando sistema gli zaini di entrambi. Non che avessero tirato fuori molto oltre all’astuccio.
Si dividono sempre i compiti e di solito è Hunk che riordina, ma ora deve parlare con Pidge quindi non può perdere tempo a fare lo zaino.
Infila le mani in tasca e stringe un po’ le spalle.
Pidge è seduta al suo banco, sta chiudendo l’astuccio a forma di pizza che Hunk prima non aveva notato, ma che ora trova carinissimo.
Spera non gli brontoli lo stomaco in quel momento.
Prende un respiro e cerca di sorridere. Anche se gli esce un sorriso timido.
<< Pidge. >>
Lei alza la testa e lo guarda, ha gli occhioni aperti, l’espressione appena confusa << Si? >> e la voce più dolce e piccola di sempre.
A lui viene da ridere per sembrare più tranquillo e non farla preoccupare.
<< Volevo scusarmi, cioè - si morde le labbra tirandole un po’ - prima ti ho salutato proprio male. Stavo controllando una cosa ed ero completamente concentrato… >>.
Pidge sembra tirare un sospiro di sollievo. O almeno, Hunk spera sia di sollievo. Perché lui quando la vede finalmente sorridere, si sente decisamente sollevato.
Il suo cuore sembra tornare a battere, anche sse sa perfettamente che l’ha fatto fino a quel momento. Anzi fin troppo forte.
<< Nono, figurati! - sembra che le passi per la mente qualcosa - Magari dovevo salutarti prima e non quando stavi lavorando. >>
Hunk sente che Lance gli passa dietro dandogli una piccola gomitata nella schiena, è praticamente il suo incoraggiamento. 
Arrossisce un po’ e stringe le mani nelle tasche << Non era importante, ma ero proprio concentrato… >>
<< Davvero, non preoccuparti. - Dice lei spostando lo sguardo su qualcosa e poi nuovamente su Hunk - Com’è andata la verifica? >>
Non si immaginava sarebbe stata così carina e gentile, forse non aveva fatto la figuraccia immensa che pensava.
Si sente ancora più rincuorato.
Annuisce << Bene, e a te? >>
Lei sorride di nuovo chiudendo gli occhi << Bene. >> e Hunk vorrebbe fare come gli ha detto Lance, ossia di chiederle se ha voglia di giocare assieme a qualche videogioco, o di uscire da qualche parte.
Voleva proporre la sala giochi. Vintage e divertente.
Ma invece rimane immobile per qualche secondo e si maledice un po’ mentalmente.
<< Bene, bene… - che stupido - Ora vado o… perdo la prossima lezione. >>
Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.
Prende lo zaino e se lo sistema sulle spalle quasi scappando verso la porta per non continuare a insultarsi da solo.
A quello ci penserà Lance.
La sta ancora guardando, come ad aspettare una risposta. Anche se nemmeno lui sa cosa vorrebbe sentirsi dire.
<< Certo, ci vediamo. >>
Hunk esce dalla classe, ma riesce a urlare un << Ciao! >> prima di essere colpito dall’ennesimo pugno di Lance.
Sulla spalla non fa male, ma sulla testa si. Anche se Lance è tutto tranne che forte.
<< HUNK! Ma sei stupido! E no. Non è una domanda. - lo spinge verso gli armadietti, o almeno ci prova, Hunk sospira - Madre de Diòs-! >>
<< Mi dispiace, non ce l’ho fatta…- si massaggia la testa - ma non c’è bisogno di picchiarmi. Se no divento ancora più lento. >>
Ride. E anche Lance ride, anche se sempre con il muso.
Poi si appoggia con la schiena al proprio armadietto invadendo un po’ anche quello del suo amico.
<< Non l’ho invitata fuori, ma ci ho parlato, dai. >> apre le braccia e fa un sorrisone. Ha le guance rosse.
E Lance quando lo vede così non può che abbracciarlo e sbuffare << La prossima volta la invito fuori io, eh. >>
Hunk allora lo stringe più forte che può, perché sa che Lance non sta scherzando.

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Capitolo 5
*** Giorno 3- Pidge ***


Fuori dalla finestra della soffitta entra della fievole luce, ormai saranno le dieci, almeno così crede Pidge. Da quando si è alzata da tavola per andare nel suo studio non ha più controllato l’ora, troppo concentrata a montare i pezzi nella case del suo futuro computer.

Ha una luce da scrivania puntata sul lavoro, ha molti piccoli particolari a cui stare attenta e la luce di un lampadario non sarebbe bastata.

Lavora seduta per terra con le gambe incrociate. Quando è nel suo studio preferisce il pavimento perché le da più spazio su cui muoversi anche se non aiuterà la sua postura.

Gira il cacciavite mentre tiene gli occhi stretti e la lingua fra i denti.

Quel Sabato mattina l’ha passato nel migliore dei modi: dormendo fino a mezzogiorno passato.

Pidge non è una pigra ma è sicuramente una persona notturna. La notte prima è stata sveglia fino alle cinque, all’inizio per lavorare e poi per guardare Netflix non stop. Ovviamente prima di andare a letto si era anche fatta una lunga e rilassante doccia. La notte è il momento in cui è più attiva. Le piacerebbe vivere in un mondo dove si dorme di giorno e si vive di notte.

Sorride mentre ci pensa.

Purtroppo con la scuola non può mantenere quel ritmo di vita quindi approfitta dei weekend per fare quello che più preferisce. Magari il suo futuro lavoro le permetterà di essere come un gufo.

Sorride di nuovo a quei pensieri e finisce di avvitare l’ennesimo pezzo. Si stiracchia e la sua schiena scrocchia indolenzita

<< Ai..>> deve essere lì da davvero tanto, accarezza la testolina della gattina nera che le si è addormentata sulle gambe << Floppy, mi si bloccheranno >> riceve come risposta delle fusa. Pidge sa che non la sposterà comunque, le piace avere la compagnia dei suoi gatti mentre lavora. Alza lo sguardo sui suoi appunti e sospira sempre sorridendo << Mac, Cidì dovevate proprio mettervi lì? >> un gattone rosso dalla testa grande e tonda sta dormendo a pancia in su affianco ad un più piccolo, ma comunque rotondo, gatto bianco e grigio. Stanno riempiendo di peli i fogli de lei ha così accuratamente scritto.

Fa nulla, vederli lì con sé le fa solo venir voglia di lavorare di più.

Ha anche un vecchio cane che i suoi hanno preso quando lei era ancora piccola ma preferisce di gran lunga i gatti.

Volta lo sguardo sullo schermo del portatile che sta ancora facendo passare la musica. Non l’aveva più sentita talmente era presa dal suo lavoro. Ora che la sente di nuovo chiude gli occhi e sospira rilassata. La vaporwave è perfetta per lavorare.

Si fa scrocchiare le dita e tira le braccia per poi tornare a lavoro, ne avrà ancora per qualche ora ma poi avrà finalmente finito.

Torna piegata sulla case e prende fra le mani un altro pezzo. Alza lo sguardo nuovamente sullo schermo del portatile, ci sono delle immagini che la aiutano a capire dove va ogni componente. È per avere una sicurezza in più.

La sua mente torna lentamente a concentrarsi, la musica si unisce ai suoi pensieri e alle sue azioni. Fa uno strano effetto ma c’è abituata. Fa sempre così prima di distaccarsi del tutto dal mondo che la circonda per poi farla rimanere sola con il suo lavoro e la sensazione di calore sulle gambe data da Floppy.

Ogni tanto parla da sola, si dice cosa fare, lo mormora fra le labbra. È una procedura delicata quella che sta seguendo ora. Le viti sono così piccole che le sue dita fanno fatica a tenerle nei fiorellini in cui le deve avvitare. Il labbro inferiore è stretto fra i denti.

<< Tesoro.. >>

Pidge sobbalza e le cade la vite dalle dita <> guarda sua madre ferma davanti a lei che sorride dispiaciuta << Che paura mamma- >> sospira mandando via lo spavento.

<< Scusami >> ridacchia << Ho spaventato anche tutti i gatti >> Le porge una tazza fumante mentre l’altra mano stringe un pacchetto di patatine. Pidge sorride felice

<< Grazie mille! >> prende la tazza fra le mani che la madre lascia solo quando sente la presa di lei più sicura

<< Anche se non mi piace molto farti bere il caffè così tardi>> sorride <>

<< È vero >> ridacchia.

<< Come sta andando, mh? >> si poggia le mani ai fianchi.

<< Bene, ho ancora un paio di ore di lavoro, forse qualcosa di più >> beve un sorso di caffè e chiude gli occhi. Ci voleva proprio, zuccherato e con un po’ di latte. Perfetto.

<< Vedo >> nota sua madre osservare il lavoro ancora incompleto. Pidge sorride speranzosa, vuole un commento positivo anche da lei. La notte prima era stato suo padre a portarle il caffè e qualcosa da mangiare per poi dilungarsi nei consigli e complimenti ma ora ne voleva uno anche da lei << È molto preciso, hai sistemato bene i pezzi, brava! >> Oh, eccolo!

<< Non vedo l’ora di accenderlo >> risponde tutta sorridente.

<< Non stancarti troppo però >> le scompiglia i capelli.

<< Promesso >> ride << Buonanotte, mamma. >>

<< Notte tesoro >> ed esce socchiudendo la porta.

Pidge sospira ancora sorridendo, carezza Floppy con la mano libera. Può prendersi una piccola pausa ora che mamma le ha portato il caffè.

Beve ancora e si ricorda delle patatine. Poggia la tazza a terra e prende il pacchetto facendo rumore. Ormai Floppy è sveglia sulle sue gambe e si lecca minuziosamente una zampina.

Pidge alza lo sguardo mentre sgranocchia una patatina, controlla se anche gli altri due sono ancora lì.

Lo sono, sdraiati sugli appunti in un’altra posizione.

<< Stupidini >> sussurra mangiando un’altra patatina. Le piace molto il cibo spazzatura, è buono e facile da preparare: apri e mangia o apri, scalda e mangia. Perfetto per lei che non ha tempo da perdere. Quando andrà a vivere da sola è sicura che sopravviverà con quello.

Arriccia le labbra, chi è che le aveva detto che si diverte a cucinare? Hunk?

Si era stato Hunk, ora se lo ricorda. Glielo ha detto sempre quel Giovedì, fra i diversi argomenti. Aveva detto che gli piace cucinare per la sua famiglia e che è anche bravo.

Mangia un’altra patatina. Bhe sarebbe meglio avere qualcuno che ti prepara qualcosa di buono al posto di vivere di surgelati e patatine. Fantastica per qualche secondo. Qualcuno che ti prepara da mangiare e ha le tue stesse passioni.

Arrossisce e scrolla la testa << È la stanchezza >> poi sospira e guarda nel pacchetto. Quel pensiero l’ha fatta rabbrividire, lei non crede nei colpi di fulmine, è una persona troppo logica per quella roba. Però non le dispiacerebbe scoprire che, conoscendosi, nasca davvero qualcosa. Si morde le labbra. Sarebbe bello avere una persona come lui. L’ha colpita a livello intellettuale e subito dopo Pidge ha iniziato a notare quanto sia bello il suo sorriso e il suo viso...e il suo modo dolce di fare.

Scrolla di nuovo le spalle e torna a mangiare le patatine a manciate << Ormoni, Stupidi ormoni >> non è da lei ragionare così, ha bisogno di qualcosa di logico a cui aggrapparsi; ovvero è vicina al suo ciclo e quindi gli estrogeni stanno facendo quello fanno gli estrogeni.

Riprende la tazza di caffè e beve. Meglio tornare a lavoro.

 

Si rigira nel letto, la luce del giorno entra dallo spiraglio della finestra. Pidge la lascia sempre leggermente aperta. Non ha problemi a dormire con la luce, anzi, lo preferisce. Ma ora il sonno non è più così forte ed è sveglia da qualche minuto, semplicemente non ha molta voglia di alzarsi. Si stropiccia gli occhi, dalla luce e dai rumori di pentole venire dal piano di sotto capisce che è mezzo giorno, forse l’una.

Sicuramente la mamma le sta preparando la colazione, le dispiace farla cucinare due volte ma la possibilità di lavorare tutta la notte è più forte di lei.

Volta lo sguardo verso il comodino cercando la sveglia. Con una mano tasta per cercare gli occhiali e quando li trova li indossa. Fra fazzoletti, cellulare in carica e un paio di libri vede finalmente la sveglia che segna l’una e dieci. Si stiracchia “Okay, meglio alzarsi” e così fa. Scende dal letto infilandosi le pantofole e va ad aprire la finestra facendo entrare luce e aria nuova. Respira profondamente, è una bella giornata.

Striscia i piedi verso il bagno, ha ancora lo sguardo assonnato. Mentre cammina nota con la coda dell’occhio la porta della camera di Matt, è aperta e le tapparelle sono alzate << Buongiorno Matt >> mentre cammina piano aspetta una risposta che però non arriva. Alza le spalle. Sarà uscito con quella ragazza che le diceva.

Finalmente entra in bagno, si guarda allo specchio; il pigiama verde acqua le sta largo e i pantaloncini corti le si sono alzati durante la notte, arrivando quasi fino al petto. Sbuffa un sorriso e se li sistema. Anche i capelli non sono nel loro momento migliore, con la frangia che va da tutte le parti tranne che in quella giusta e dietro li sente come una matassa disordinata. Prende la spazzola e cerca di sistemarli come può.

Da quando li aveva tagliati facevano sempre e solo quello che volevano. Non era stata una mossa troppo pensata quella di tagliarsi da sola quei capelli così gonfi e mossi ma aveva bisogno di farlo. Non si sentiva più bene con se stessa, i quindici sono gli anni delle domande, dei cambiamenti e Pidge non era un’eccezione. I capelli lunghi l’avevano stancata, per quanto prima le piacessero erano diventati troppo difficili da gestire, prendevano troppo tempo per lavarli ed asciugarli. Insomma, non le andavano più e dopo aver visto altre ragazze stare bene con un taglio corto aveva deciso di farlo. Si era chiusa in bagno e aveva dato qualche taglio a caso. In cinque minuti e aveva quella specie di caschetto riccioluto piacendosi finalmente davvero.

Finisce di pettinarsi, stanno leggermente meglio. Apre l’acqua e si lava il viso mentre si chiede cosa farà oggi. Non crede proprio uscirà, se ne starà in casa a studiare e fare i compiti per domani. È quasi tentata di rimanere in pigiama ma opta per dei vestiti comodi. Metterà dei pantaloni in tuta larghi e una maglietta. Anche nel vestire è cambiata tanto, dai vestiti era passata ai Jeans e alle camicie. Comodi, veloci da abbinare e che attirano poco l’attenzione. Le piacciono molto anche le t-shirt, soprattutto quelle con le stampe o le scritte. Quelle a tema spazio stanno cominciando ad andare di moda e lei se ne è comprate così tante da non farcele stare in armadio. Ridacchia, si asciuga il viso. Si piaceva davvero tanto così.

Dopo aver finito di fare le sue cose torna in camera per vestirsi. Comincia ad avere proprio fame, le brontola la pancia pensando alle cose buone che le avrà preparato mamma per il suo brunch.

Si veste buttando il pigiama sul letto ancora disfatto. Pidge non è una ordinata, camera sua e lo studio ne sono la prova. Le piace dire che è un disordine metodico, un ordine nel disordine. Nella sua testa è vero e riesce a trovare tutti quello che cerca senza problemi. Quasi sempre.

Indossa la maglietta con la stampa di un alieno e si alza i pantaloni che rischiano di scivolarle dai fianchi. Deve legare i laccetti in vita per assicurarli bene. Per quanto Pidge ami mangiare, soprattutto schifezze che fanno male, è comunque minuta e magra. Per un periodo alcune persone senza nemmeno conoscerla la giudicavano e le additavano chissà quante e quali disfunzioni alimentari a livello psicologico, commenti che la facevano sentire a disagio con il suo corpo e aveva provato più volte a cambiarsi rischiando di farsi seriamente del male. Crescendo ha capito che probabilmente lei era così solo per un fattore di genetica e ha cominciato a rispondere a queste persone solo con uno sguardo di sufficienza.

Il profumo di Pancake sale dalle scale e le fa leccare le labbra. Fa gli scalini saltellando e arriva in cucina sciabattando velocemente.

La tavola è apparecchiata per lei, ci sono i Pancake in pila su un piatto, il bacon croccante, il caffè.. ah! Anche i biscotti al burro di arachidi!

<< Ciao mamma >> La saluta sedendosi al suo posto e afferra un biscotto addentandolo.

<< Buongiorno >> sorride la madre poggiando sul tavolo, vicino alla tazza, una boccetta di vetro. Sono le gocce di vitamina D che deve prendere una volta a settimana. Sono disgustose e Pidge spera che non le rovinino la colazione << Finito ieri? >>

<< Fi >> risponde mentre ancora mastica e svita la boccetta della medicina per versarne dieci gocce su un pezzo di biscotto << É partito subito, è velocissimo >> sorride prima di mangiare il biscotto e il sorriso presto diventa una smorfia. Che schifo quella roba.

<< Non è buona vero? >> le accarezza i capelli sedendosi affianco a lei << Poi me lo fai vedere il computer? >>

Pidge annuisce mentre beve il caffè per levarsi quel gustaccio dalla bocca. Si chiedeva dove fosse suo padre, forse lo avevano chiamato all’ultimo minuto. Capita spesso, anche di domenica quando hai un lavoro come il suo.

Non ci pensa più, si perde a chiacchierare con la madre del più e del meno. In tutti i sensi, in casa Holt non esistono i piccoli discorsi. Pidge é proprio felice questa mattina. Non si sa spiegare il perché ma è così ed è una piacevole sensazione. Aveva solo un piccolo ronzio in testa che cercava di ricordarle qualcosa. Ma cosa?

 

È tardo pomeriggio, Pidge è sui libri da qualche ora ed è già triste nel pensare che non potrà stare sveglia fino a tardi.

Sospira e chiude il libro, vuole prendersi una pausa. Passa un dito sul mouse pad del computer sbloccandolo. Guarda il desktop per qualche secondo per poi decidere di fare un giro su Facebook. Non lo usa tantissimo ma segue delle pagine interessanti lì.

Scorre la bacheca, condivide qualche notizia scientifica quando di colpo il ronzio della mattina si definisce. Hunk avrà Facebook? Può chiedergli l’amicizia?

La curiosità è troppa, digita il nome sulla barra di ricerca e lo trova. Clicca sulla sua immagine profilo, è semplicemente lui con il suo solito bel sorriso. Il profilo è privato e può vedere solo poche cose ma le curiosa comunque.

Sospira, ieri sera aveva pensato a come le sarebbe piaciuto poter legare di più, non solo in amicizia. Arrossisce e sospira, si sente davvero strana, quasi emozionata. È quella sensazione di felicità che aveva quella mattina. Rimane bloccata per qualche secondo

<< Lo faccio e basta >> clicca “chiedi richiesta di amicizia” e comincia a scrivergli un messaggio da allegarci, si mordicchia le labbra mentre lo fa e si ferma un paio di volte prima di essere soddisfatta di quello che ha scritto.

“Ciao Hunk! Ho deciso di chiederti l’amicizia perché.. bhe ci tenevo ed è anche l’unico modo per scriverti. Domani è Lunedì e non ci vedremo prima di Venerdì quindi volevo chiederti se ti andava di pranzare insieme, dimmi tu dove. Aspetto una tua risposta

-Pidge”

Prende un respiro, presa ancora da quella emozione.

Va bene.

Invia.

 

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Capitolo 6
*** Giorno 3- Hunk ***


 

Giorno 3 -Hunk-


“Finalmente è sabato!” avrebbe esclamato chiunque quella mattina. Contento di essersi finalmente alzato tardi e lanciato quasi subito sul divano a guardare la televisione, o uscito con gli amici sotto il tiepido sole delle undici, o ancora a letto a messaggiare con qualcuno di speciale.
Chiunque tranne che Hunk. Non che il sabato non gli piaccia, anzi. Il non doversi svegliare prima delle otto è già buona come cosa.
Per lui però vale più o meno come tanti altri giorni, perché il sabato ha comunque il turno al supermercato. Imbusta la spesa. Da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio. Fino alle sei durante i festivi.
Perciò la mattina si alza, si sciacqua il viso. Controlla che i cani del vicino abbiano mangiato, perché non si fiderà mai di quell’uomo. E si siede alla scrivania a fare i compiti mentre mangia i cereali.
Hunk è una persona piuttosto metodica, perciò a lungo andare questa situazione gli pesa sempre meno, ma gli dispiace non poter prendere impegni nel giorno in cui tutti i suoi coetanei fanno qualcosa.
E con tutti intende Lance. Anche se ormai lui è abituato a non chiedere ad Hunk di uscire. Escono sempre meno ultimamente. Tra i lavoretti in casa e il suo lavoro, e i mille fratelli a cui Lance deve badare, Hunk passa sempre più tempo da solo a pensare.
Ovviamente quel giorno, mentre si sta sistemando la divisa del supermercato guardandosi allo specchio, inizia a pensare a Pidge. E a quando riuscirà a chiederle di uscire o di passare a casa sua a giocare a qualche videogame assieme.
Forse prima dovrebbe chiederle di fare una partita online, così da non sembrare troppo inquietante.
Ma poi, perché invitare qualcuno a casa dovrebbe essere inquietante? Non vuole mica farle nulla, non gli è mai passato in mente di fare nulla a nessuno.
Eppure sa che risultare inquietante potrebbe essere una possibilità.
Sospira. Tutte queste cose che gli hanno insegnato i suoi proprio non le capisce.
Lance invita gente senza problemi, e lui si che è inquietante a volte, eppure accettano e non succede nulla.
Si chiude l’ultimo bottone. La maglia gli sta un po’ stretta. Per fortuna che con i pantaloni e la cintura si nasconde un po’.
Storce le labbra. Il giallo gli piace tanto, ma senza qualcosa sopra sembra proprio una meringa al limone.
Non poteva avere una divisa nera? O blu scuro.
Sospira.
Si guarda le braccia, sono muscolose. Quelle gli piacciono molto.
“Chissà se Pidge le ha notate” si ritrova a pensare arrossendo subito. Non deve pensare certe cose, sono braccia, avrà visto che sono grosse, si. Ma lui è grosso, è impossibile da non vedere.
Scuote la testa. Che cretino.
Di Pidge lui ha notato tante cose, e lei è così graziosa. Oltre che intelligente.
E non fa nemmeno figuracce come lui. Gli viene da sorridere ripensando a come si è comportato venerdì. E a come lei si stata carina e abbia perdonato il fatto che lui non ci arriva alle cose.
Vorrebbe davvero averla come amica.
Prende un grande respiro.
Ricordarsi come ha regito lei quando si è scusato gli fa venire più energia.
Lancia una rapida occhiata ai compiti che ha abbanotato lì a metà per mangiare velocemente e vestirsi.
Da una parte preferirebbe poterli continuare, dall’altra non ne ha per niente voglia, e anche se il lavoro non gli piace, almeno esce un po’ di casa.
Cammina velocemente in soggiorno, gli anfibi fanno più rumore da quando li ha rinforzati con il metallo. Ma a lui come suono piace. Fa diventare il suo peso qualcosa di figo.
Afferra al volo lo zaino e una merendina. Sua mamma deve essere andata ad accompagnare nonna da qualche parte. O qualcosa di simile. Non se lo ricorda.
La casa vuota è strana. Nessuno che gli ricorda di portarsi una felpa, né di essere gentile con tutti.
La felpa effettivamente se la stava dimenticando.
E’ quella che indossava giovedì al negozio di elettronica. Deve ricordarsi di metterla da lavare.
Vede anche la ventola ancora appoggiata sul tavolo. Alza le spalle. Non trova proprio il tempo di sistemare quel computer.
Deve farlo.
Non ha così tanti impegni, effettivamente, ma negli ultimi giorni tende a fare le cose sempre più lentamente.
Si perde sempre di più nei suoi pensieri e non riesce mai a finire ciò che vuole.
Come i compiti quella mattina, o il computer, o i biscotti.
Già nemmeno cucinare riesce più a farlo.
Finalmente esce di casa, e si rende conto che avendo il lavoro deve per forza attivarsi un po’.
Cercherà di riprendere la sua routine per avere la domenica libera per sé, e per la sua famiglia.
Chiude la porta a chiave e indossa le cuffiette. Vorrebbe comprarne un paio più grande e antirumore, ma sua mamma ha troppa paura di vederlo uscire con quelle.
Ha paura che non si accorga delle macchine e che gli vadano addosso.
Come se un ragazzino di più di ottanta chili vestito di giallo non si vedesse abbastanza.
Gli viene da sorridere, sua madre è così apprensiva.
Attraversa la strada, stando attento alle strisce pedonali. Un paio di bambini gli corrono a fianco, seguiti dal padre che è al cellulare.
Dondola un po’ quando cammina e inizia a fantasticare. Si immagina di star andando a prende Pidge per fare un giro. Per andare al lago o in un parco, come fanno tutti i suoi compagni di scuola.
Sarebbe divertente andare a fare un giro con lei. Prendere un gelato o un caffé assieme. Fermarsi in qualche sala giochi.
Già.
Magari qualche volta riesce a farsi spostare il turno per uscire con lei di pomeriggio.
Si ritrova a sorridere.
Deve solo riuscire a chiederglielo. Cosa difficile, ma fattibile. Soprattutto con il fiato di Lance sul collo. Sia metaforicamente che fisicamente.
Non salta nessuna canzone, non le sta nemmeno ascoltando veramente.
E’ troppo intento a fantasticare sulla possibile giornata assieme a Pidge. Avrebbero parlato un sacco, senza lasciare nemmeno un momento di silenzio imbarazzante. Lei è così interessante quando parla, che Hunk avrebbe ascoltato qualsiasi cosa avesse da dire, e sa che comunque ci avrebbe solo guadagnato.
Si stringe nelle spalle e mette le mani in tasca. Lance gli aveva consigliato di invitarla a cena, ma era così formale e strano. Loro si erano appena parlati, passare un pomeriggio assieme gli sembrava l’idea migliore.
Quella volta avrebbe fatto di testa sua.
E’ così contento e concentrato che quasi va contro le biciclette legate alla ringhiera. Si spaventa così tanto che una cuffietta gli salta via.
E’ arrivato.
Sospira un po’ triste e mette l’ipod nello zaino. Guarda l’insegna e un collega che lo sta salutando da dentro al negozio.
Entra e sorride a tutti, perché comunque sono gentile e ci deve vivere lì. Fino a che non finisce gli studi almeno.
Guarda la sua collega, lei sta in cassa e gli passa le cose. La cliente invece è la mamma di una bambina che è seduta nel seggiolino del carrello.
Sospira di nuovo e sorride anche a loro. La bambina batte le mani.
Sarebbe stato meglio se avesse continuato a camminare senza fermarsi al lavoro.

 

La domenica è il giorno preferito di Hunk. Finalmente anche lui può rilassarsi e dormire fino a tardi. Guardare la televisione e stare in giardino a godersi il sole.
Spesso lo passa giocando coi cani del vicino, o leggendo un libro. Se non ha nulla da aggiustare ovviamente.
Ma oggi no, oggi ha voglia di compagnia.
E’ ancora in pigiama, seduto sul divano assieme a sua nonna, a guardare un programma di cucina.
L’amore per la cucina l’ha ereditato propria da lei.
Sua mamma invece non è particolarmente brava, se la cava, ma se qualcuno cucina al posto suo è ben felice. Infatti sono sempre Hunk e sua nonna a cucinare per tutti. Che siano in tre, quattro o venti persone.
Ad Hunk piace la compagnia di sua nonna. Anche lei è sempre stata molto apprensiva, ma non lo ha mai giudicato per le sue scelte o per ciò che provava. L’ha sempre ascoltato e supportato, cercando di fargli vedere anche il risvolto della medaglia, ma lasciandogli sempre fare i suoi errori.
Hunk le vuole davvero tanto bene.
Volta lo sguardo e vede che si è addormentata, così cambia canale e cerca qualche cartone animato.
La casa è sempre più silenziosa ultimamente.
Non sa perché ci fa caso proprio ora. Forse perchè ha più cose a cui pensare. O forse perché le cose a cui pensa sono più importanti.
Starà crescendo?
Si stringe nelle spalle e lascia il canale che sta trasmettendo i Teen Titans. Gli piacciono, più o meno. Ma in realtà non li sta seguendo molto.
Guarda ancora sua nonna che dorme, e poi nota di nuovo la ventola vicino al computer di sua madre.
Sembra stia chiamando il suo nome.
Sbuffa.
Non ne ha voglia, ma si sente in colpa.
Così si alza, e il suo divano scricchiola un po’. Sta attento a non fare troppo rumore cercando le ciabatte.
Alla fine riesce a trovarne solo una.
Come sempre.
Striscia i piedi contro il pavimento. Forse non si sarebbe dovuto fermare subito dopo essersi svegliato. Gli sembra di essere stanchissimo. Come se non dormisse da tempo.
Si siede alla scrivania di sua mamma. Il cacciavite è già lì da chissà quanti giorni.
Inizia a svitare tutto, poi apre finalmente la confezione e si rigira la ventola tra le mani. Proprio come deve aver fatto giovedì, al negozio, prima di incontrare Pidge.
Sorride.
Forse avrebbe potuto chiederle un consiglio. Se ne intende davvero tanto.
Si morde le labbra.
Si è un po’ pentito di non averle ancora inviato una richiesta di amicizia su qualche social. Tipo su Facebook. Adesso avrebbe potuto scriverle. Sapere come stava. Vedere se anche lei stava ripensando ai giorni prima.
Sospira ancora.
Deve prima finire quel maledetto computer.
Divide bene i pezzi e li mette nella confezione di quella nuova. Non si sa mai, si dice sempre. Non è uno che butta via subito le cose.
Anzi, spesso è sua madre che deve buttarle via per lui.
Controlla che ogni cosa combaci. Inserisce la ventola.
Ci sta anche piuttosto bene, non sembra un pezzo di ricambio.
Ha fatto bene a scegliere quella.
Dondola un po’. O meglio, gongola. Non si ritrova spesso a dirsi bravo da solo, ma quando capita è davvero contento.
Poi si stiracchia prima di avvitare il tutto, e guarda verso il soffitto.
“Chissà che sta facendo Pidge, ora” e arriccia un po’ le labbra. Vuole davvero scriverle.
Si ricorda di quando Lance gli ha chiesto se avesse avuto il suo numero, del perché non gliel’ha domandato, e di perché non l’ha aggiunta subito.
Non lo sa nemmeno lui in realtà.
Poi entra sua mamma, sorridente come suo solito. Dicono spessissimo che lui le somiglia tanto. E a lui fa piacere. Sua mamma è una donna davvero forte.
Inizia a fargli così tante domande, che Hunk non sa come rispondere perché è ancora un po’ intontito.
Tipico di sua madre parlare senza mai prendere fiato.
Così, senza nemmeno sapere come, si ritrova a cucinare assieme a lei, a preparare da mangiare per i parenti che a quanto pare stanno arrivando.
Nessuno gliel’ha detto. Forse hanno improvvisato. Non lo sa.
E così passa la mattina a cucinare e buona parte del pomeriggio a mangiare a badare ai cuginetti arrivati da lontano.
I bambini non gli dispiacciono. E’ un po’ bambino anche lui.
La giornata passa più veloce di quello che dovrebbe, non ha tempo nemmeno di finire i compiti. Voleva portarsi avanti. Ma gli zii gli chiedono del suo lavoro, dei suoi amici. E lui cerca di farli ridere come fa sempre.
Non ama i discorsi seri con loro.
In realtà i discorsi seri gli sono venuti spontanei solo con due persone in tutta la sua vita.
Una di queste è Pidge.
Il giorno è passato così velocemente che lui non ha più avuto l’occasione di contattarla da nessuna parte, e ora che sta lavando da solo i piatti, se ne pente. Moltissimo.
Non è riuscito a invitarla fuori nemmeno oggi.
Storce le labbra quando sente il chiacchiericcio dei suoi parenti fuori in giardino.
Gli piace la sua famiglia, ma questo oggi non ci voleva.
Finisce di asciugare una pentola, poi si trascina in camera sua strisciando i piedi.
Potrebbe scriverle ora. Alla fine non è così tardi. E’ poco prima di cena.
Camera sua è ancora in disordine. Non gli piace per niente riordinare. Di solito cerca di non spargere le cose in giro, ma nella fretta di prepararsi e cercare qualche gioco per i bambini, non è riuscito a tenerla come dovrebbe.
Alza le spalle e accende il suo computer.
E’ piuttosto veloce, nonostante gli anni. Sorride soddisfatto per averlo sistemato bene ogni volta che rischiava di rompersi.
Apre tutti i siti che gli interessano e si sofferma a scegliere la musica giusta.
Poi un piccolo “due” a fianco della scritta Facebook attira la sua attenzione.
“Strano” pensa “di solito non ho notifiche. Sarà qualche gioco”
Non usa particolarmente tanto i social, in realtà lo fa solamente per tenersi aggiornato con le nuove uscite di videogiochi, film e fumetti.
Va a curiosare. Una richiesta di amicizia, e una chat.
Quasi sobbalza.
E’ di Pidge.
“E’ di Pidge!”
Si ritrova a sorridere come un pirla. Stringe le spalle e dondola un po’.
Poi apre la chat, spera sia lei. Anche solo un suo “ciao” sarebbe bastato.
“Ciao Hunk! Ho deciso di chiederti l’amicizia perché.. bhe ci tenevo ed è anche l’unico modo per scriverti. Domani è Lunedì e non ci vedremo prima di Venerdì quindi volevo chiederti se ti andava di pranzare insieme, dimmi tu dove. Aspetto una tua risposta
-Pidge”


<< E’ molto più che un ciao! >> urla in stanza da solo. Felicissimo.
Non si preoccupa nemmeno più di non averla invitata fuori, perché l’ha appena fatto lei. E ad Hunk va benissimo. Sente che anche a lei importa di stare assieme.
Batte un po’ le mani. Vede che è offline, ma decide di scriverle subito.
“Hey ciao-! Mi fa super piacere vedere la tua richiesta e, beh, il tuo messaggio. Sono stupido, avrei voluto chiederla io. E anche invitarti a mangiare qualcosa in realtà. Sono proprio pirla… MA! Sono davvero contento me l’abbia chiesto tu, e io accetto davvero volentieri.”
Lo scrive senza nemmeno starci a pensare troppo, e lo invia. Il tutto talmente veloce, che la sua mente si è mangiata via alcune parole mentre lo rileggeva.
Lance gli dirà che è uno stupido perché doveva svegliarsi prima e invitarla lui fuori, ma ad Hunk non importa.
A lui importa che domani avrebbe mangiato con Pidge.

 

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Capitolo 7
*** Giorno 4- Pidge ***


L’ultima lezione del mattino si è conclusa da dieci minuti. È una mattinata soleggiata e calda, così Pidge ha deciso di aspettare Hunk seduta sul muretto fuori scuola, quello che da sul giardino.

Hunk aveva accettato l’invito per mangiare insieme quel pomeriggio e avevano deciso insieme di fare una specie di picknick, avrebbe portato lui la coperta su cui sedersi.

Sorride ripensandoci, ha lo sguardo basso sul cellulare mentre scrive un messaggio: “Ti sto aspettando vicino all’uscita, sono seduta sul muretto 🐤” lo invia.

Durante la breve chat della sera prima si erano scambiati i numeri, cosa che a Pidge aveva fatto molto piacere, era un bel passo avanti.

Sospira mentre ancora sorride e torna a guardare davanti a se. Non lascia il cellulare dalla stretta, vuole sentire la vibrazione quando Hunk le risponderà. Dondola le gambe che non toccano terra, è emozionata per quell’incontro e si sente un po’ stupida ad esserlo ma la felicità non le fa pensare troppo a quel piccolo dettaglio.

La sera prima era andata a dormire con quella strana euforia che aveva provato anche la mattina. Quella, mista all’essersi abituata ad andare a dormire alle cinque, non l’avevano fatta dormire molto. Fortunatamente il caffè di mamma l’ha aiutata a non sembrare un morto vivente. Ha un po’ di occhiaie ma quelle le ha quasi tutti i giorni, non è un gran problema.

Sente il cellulare vibrare e abbassa lo sguardo leggendo l’anteprima: “Sto arrivando” si mordicchia le labbra e decide di non sbloccare il telefono, lo sistema in tasca e le gambe si muovono più velocemente. Si pente di non essersi vestita meglio, quella mattina si era detta che era solo un pranzo assieme, a scuola fra l’altro, quindi non aveva bisogno di essere troppo elegante ma ripensandoci ora magari doveva esserlo. Si guarda la felpa leggera che le cade giusta alla cintura dei jeans chiari. È una di quelle felpe corte che quando alzi le braccia mostrano la pancia, non le dispiace quel vedo non vedo e poi sopra c’è scritto nero su bianco  “Give me space” con qualche pianeta disegnato, quindi è ancora meglio.

Muove i piedi facendo schioccare i tacchi delle Platform, tutto sommato non è vestita così male ora che ci pensa.

<< Pidge, eccomi! >> viene risvegliata dalla voce di Hunk, sposta lo sguardo su di lui mentre prima era persa ad osservare gli alberi in giardino. Fa un sorriso a trentadue denti, le viene naturale.

<< Ciao! >> scende dal muretto prendendo la borsa e mettendola in spalla, si sofferma ad osservarlo

<< Ci ho messo un po’ ma il prof non voleva davvero smettere di parlare >> sorride anche lui più imbarazzato. Indossa dei pantaloni neri e Pidge nota subito una catena che pende dai passanti, è sorpresa da quel tocco ma lo trova interessante. La felpa arancione invece non è una novità, Hunk indossa spesso colori caldi dal quel che si ricorda lei e con la sua pelle scura stanno benissimo.

<< Fa nulla, mi stavo godendo il caldo sulle gambe >> sorride di nuovo, oggi Hunk sta davvero bene, forse anche lui sta mattina aveva pensato di sistemarsi bene per l’occasione << Dove ci mettiamo? >> fa un passo avanti verso di lui.

<< Io pensavo di metterci sotto un albero, così stiamo all’ombra. >> non era una cattiva idea visto i problemi di scottature di Pidge, però spera di non cominciare a starnutisce a manetta. Ci pensa qualche secondo

<< Mh, Si, Si, va bene. >>

<< Sicura? >> Hunk la guarda con le sopracciglia corrucciate, forse ci aveva messo troppo a rispondere.

<< Si, cioè >> si sistema gli occhiali affrettandosi a rispondere << Sono un po’ preoccupata di mettermi a starnutire per colpa dei pollini ma non è un problema, cioè, lo è quando starnutisce troppo >> ride << ma per ora non mi sembra ancora il periodo di occhi rossi e naso che cola >> Pidge, perché lo hai detto? Non potevi trovare argomento migliore prima di pranzo. Le viene voglia di sbattere la testa su uno spigolo.

Per fortuna Hunk ride << Nel caso ci spostiamo >> lei annuisce per evitare di aggiungere qualcos’altro di imbarazzante, si incamminano verso il primo albero che non è ancora stato occupato da qualcuno.

<< Come sono andate le lezioni fino ad ora? >> Hunk sembra non voler lasciar scendere il silenzio, meno male

<< Bene! Il lunedì mattina mi piace, c’è molta scienza e poca arte >> sorride guardandolo << a te? >>

<< Bene, sì >> non sembra convinto, poi ride << in realtà è stato molto noioso ed ero anche assonnato >> anche Pidge ride, anche lei lo era stata le prime ore prima che il caffè facesse  effetto.

<< Ma tutto sommato non è stato malissimo >> continua << Ho avuto Lunedì peggiori >> la fa sorridere di nuovo, quando ormai sono sotto la chioma di un albero libero.

<< direi che qui va più che bene >> Pidge fa scendere la borsa dalla spalla sull’erba.

<< Anche secondo me >>  si sfila lo zaino e lo poggia per terra, non è quello che ha di solito è molto più grande, sembra uno di quelli da trekking. Lei china la testa di lato e le sfugge una risatina << quanta roba hai portato? >>

<< Il giusto per un buon pranzo >> risponde aprendolo, si vede la coperta ben piegata alla sua estremità, deve essere davvero pieno. La stende con un gesto deciso e la sistema << Okay ci siamo >> si siede lasciandosi un po’ andare e prende anche il suo pranzo, è riposto in delle scatoline in plastica semi trasparenti.

<< Io penso di avere solo la pasta fredda che mi ha preparato ieri mamma >> ride mentre si sfila le scarpe, non vuole sporcare la coperta. Un po' si sente in imbarazzo ad ammettere di non farsi io pranzo ma è la verità. Ai fornelli riuscirebbe a bruciare anche l’acqua che bolle. Che, per la precisione, è impossibile.

<< Solo? >> Hunk prende dallo zaino anche un paio di posate e una bottiglietta d’acqua << Fortunatamente ho deciso di portare qualcosa in più. >> Pidge lo guarda confusa mentre si siede a gambe incrociate affianco a lui che allunga di nuovo la mano nello zaino. Ne tira fuori un’altra di quelle scatole ma più grande. Da fuori si possono vedere quelli che sembrano biscotti.

<< Non dirmi che.. >> lo guarda stupita, ha un mezzo sorriso

<< Biscotti al burro di arachidi >> sorride fiero di sé << Ma con un tocco di Hunk. >>

<< Non ci credo! >> ride e si sporge verso di lui che sta aprendo la confezione, la sera prima durante quella breve chat gli aveva accennato quanto le piacessero. Lui le aveva risposto che glieli avrebbe preparati ma Pidge non ci aveva creduto troppo, erano quasi le dieci quando ne stavano parlando e non aveva molto tempo per farli davvero.

<< Ecco perché eri assonnato, ci avrai messo tutta la notte a cucinarli! >> ride e arrossisce, quel gesto è stato davvero carino. Non se lo aspettava.

<< Ops >> gli porge la scatola << Dai assaggia, dimmi come sono >> non se lo fa ripetere due volte e ne prende uno fra le dita. Sono davvero grandi come biscotti e solo a guardarli le fanno venire l'acquolina in bocca. Lo assaggia.

Ah si.

Questo non è un biscotto al burro di arachidi, è un biscotto al burro di arachidi perfetto. Chiude gli occhi con un sorrisetto  << È buonissimo. >>

<< Non vorrei vantarmi ma è vero >> quella frase la fa sorrisede e lo sente aprire anche il suo pranzo. Riapre gli occhi << È verissimo >> abbassa lo sguardo sulle mani che stanno tenendo la forchetta e il contenitore << cosa altro hai di buono? >>

Hunk sorride e gli porge la forchetta con il cibo << Vuoi assaggiare? >>

<< Oh, no, no >> sorride imbarazzata prendendo la borsa e aprendola << Ho il mio pranzo, ero solo curiosa. >> Prende un bento color verde brillante, ha delle foglioline bianche stampate sopra, alza di nuovo lo sguardo su Hunk che sta finalmente mangiando.

<< Sono solo alcuni avanzi della cena di ieri >> risponde dopo aver deglutito.

<< Sembra buono però, come i biscotti >> lo apre, c’è la pasta fredda come aveva detto, condita con pezzetti di verdura e formaggio. Dondola e prende la forchetta dall’altro scomparto.

Iniziano di nuovo a parlare dei loro pranzi, Hunk si è avvicinato per curiosare il bento commentando come fosse carino e come la pasta sembrasse buona. Pidge ha un po’ di difficoltà a rispondere a quel discorso quindi appena può cambia direzione, chiedendogli di come ha passato il weekend. Iniziano a parlare del lavoro di lui, cosa gli piace e cosa no. Parlano di come lei il sabato sia stata sveglia tutta la notte per finire il suo computer, di quanto fosse felice di averlo visto accendere senza alcun problema e di come ora si stia piegando la schiena sulla programmazione. Hunk come sempre la ascolta attento e partecipa al discorso attivamente. Lei sorride per tutto il tempo senza nemmeno accorgersene. Gli chiede della ventola se è riuscito a montarla e di come funziona. Hunk gli riassume la giornata di Domenica, che è stata così impegnato che per un momento pensava di non riuscire a montarla nemmeno quel giorno. Lei è stupita della quantità di parenti autoinvitati, la fa ridere, a casa sua non succederebbe mai una cosa del genere e comunque lei si sarebbe chiusa in camera o nello studio, non ama le visite dei parenti.

<< Comunque alla fine verso tardi sono riuscito a controllare che tutto andasse bene e poi mi hai scritto tu >> sorrise guardandola, ha un sorriso così dolce che con quella frase fa arrossire Pidge.

<< Sì.. a proposito >> lei abbassa un attimo lo sguardo sul bento vuoto, il sole che passa dalle fronde le sta scaldando la schiena << Volevo parlarti di una cosa >> rialza lo sguardo, si sta mordicchiando le labbra. Ogni tanto ha dei periodi dove lo fa così spesso che si fa sangue rompendo la pelle o si lascia piccoli ematomi. Non riesce a controllarlo troppo quando è stressata o nervosa. Hunk la guarda con le sopracciglia alzate sembra quasi preoccupato, forse emozionato << Sì, dimmi >>  si sistema seduto composto, mentre chiacchieravano si era sempre più stravaccato sulla coperta.

<< Ho pensato un po’ in questi giorni >> chiude il bento iniziando a giocare con il coperchio <>  sorride timida stringendosi alle spalle, vorrebbe continuare il discorso ma è bloccata.

Hunk sembra ancora stupito con le sopracciglia alzate e le labbra dischiuse, chissà a cosa sta pensando. Magari aveva esagerato, non doveva essere così frettolosa.. o doveva solo continuare per spiegarsi meglio. Sta per riaprire bocca quando lui continua per lei << Anche a me piace parlare con te >> Pidge rilassa le spalle sentendosi sollevata << E, come ti ho detto per messaggio ieri, mi ha fatto piacere ricevere il tuo invito per mangiare insieme >> e lei torna a stringersi alle spalle ma sorridendo. Boccheggia un attimo cercando di parlare, vede Hunk ridacchiare. Deve avere una faccia buffa, scrolla la testa per riprendersi.

<< Quindi.. volevo chiederti se magari possiamo vederci più spesso o anche sentirci più spesso >> riesce finalmente a buttare fuori quello che pensa e appena finisce la frase si morde forte le labbra. Ha lo sguardo sul viso di Hunk che sorride a trentadue denti

<< Mi piace, è una bella idea >> le porge i biscotti e lei sorride felice prendendone uno << Allora bene >> le trema un po’ la mano.

<< Sta sera ci sentiamo per organizzare la prossima uscita e non sarà a scuola >> prende anche lui un biscotto dandogli un morso.

<< Ehi! Io pensavo di pranzare insieme anche domani. >> 
Ridono entrambi e senza accorgersene si siedono uno più vicino all’altra tornando a parlare.
Parlano di domani, parlano di loro conoscendosi ancora.
Pidge 
spera che quella pausa non finisca presto.

 

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Capitolo 8
*** Giorno 4- Hunk ***


Giorno 4 -Hunk-


Hunk sta sistemando le ultime cose nello zaino. Ha appena sistemato quello di Lance, per poi occuparsi con calma del proprio.
Deve stare attento a non schiacciare o rovesciare nulla.
Ha dovuto prendere quello da trekking per poter portare tutto ciò di cui aveva bisogno.
Una coperta, tanto cibo e i biscotti fatti apposta per Pidge.
Già. Ha passato tutta la notte sveglio con sua nonna a prepararli.
“Quattro mani sono più veloci di due.” si dicevano sempre per aiutarsi.
Oh, si, ha anche i quaderni lì dentro. Non che li abbia usati molto fino a quel momento. Non ha seguito per niente quella mattina. Come sempre la voce di Lance ha coperto quella dei professori per tutto il tempo. Ma soprattutto era troppo preso a pensare alla conversazione della sera prima con Pidge.
<< Hai preso tutto? I dolci? Sei sistemato bene? Aspetta che i capelli sono in disordine. >>
<< Si. Mamma, non preoccuparti. >> ride.

Lance no. Lo guarda male.
Ma non importa. Lance fa sempre così. Entrambi mettono il muso facilmente, ma poi torna tutto come prima.
Si carica lo zaino in spalla, non pesa così tanto come pensava. O forse è lui che non lo sente.
<< Allora io vado. >> e guarda Lance, sperando in una risposta. Non sa nemmeno lui quale di preciso.
Lance si volta, anche lui con lo zaino in spalla, solo su una. E scuote la testa, ma sorride.
<< Dovevi essere là già da dieci minuti… Vai- >> lo spinge un po’, facendolo ridere.
Così Hunk si lascia spingere e poi lo saluta camminando veloce.
Guarda il telefono che ha appena vibrato. E’ un messaggio di Pidge.
Sorride.
Le risponde che sta arrivando. E aumenta il passo perché ha visto di essere in ritardo.
Lui è sempre in ritardo, ma oggi si sente in colpa. Non vuole farla aspettare. Non vede l’ora di vederla.
Le vetrate che danno sul giardino della scuola si fanno sempre più vicine. Una è aperta, uscirà da quella.
La scavalca e cerca Pidge con lo sguardo. Sembra un bambino che ha perso la mamma al supermercato.
Prova a guardare tra gli alberi, arriccia il naso quando non la trova. Forse ha sbagliato il posto? Però nel messaggio diceva vicino all’uscita. 

Oh. Sul muretto!
Che scemo.
Si picchia mentalmente quando la vede seduta tranquilla, con il suo zainetto a fianco. E’ così carina.
Hunk torna a camminare veloce, schiva un paio di persone e la raggiunge. Sempre sorridendo felice.
<< Pidge! - riprende un attimo fiato. Più che per la corsa, per l’agitazione - Eccomi. >>
Quando lo vede, Pidge scende subito dal muretto salutandolo e gli fa uno sorriso così grande che lui non riesce a non trovarla ancora più carina.
E sta proprio bene vestita così.
Si è vestita bene per lui. O forse no. Magari si è vestita bene per se stessa. E ad Hunk va comunque benissimo.
Ora crede di non essersi impegnato come sperava. Alla fine ha solo su dei pantaloni e una felpa.
Avrebbe dovuto chiedere a Lance.
<< Ci ho messo un po’ ma il prof non voleva davvero smettere di parlare. >> il che era anche abbastanza vero, l’ha dovuta pregare in ginocchio di smettere al suono della campanella. Ovviamente poi l’ansia di aver fatto tutto bene ha aiutato a fare le cose molto più lentamente del solito.
<< Fa nulla. Mi stavo godendo il sole sulle gambe - sorride e gli si avvicina. Hunk nota subito le scarpe. Non è una persona che bada molto ai vestiti, ma le platform gli sono sempre piaciute - Dove ci mettiamo? >>
<< Io pensavo di metterci sotto un albero - si stringe un po’ nelle spalle e mette le mani in tasca. Gli piace stare tranquillo nella natura - Così stiamo all’ombra. >> mentre non gli piace per niente stare sotto il sole. Troppo caldo. Poi tende a sudare.
Decisamente meglio all’ombra.
Sperando che anche a Pidge vada bene come cosa.
Non vorrebbe sudare ora che è lì con lei.
Ma poi perché sta pensando a quello ora?
Figurati se l’avesse anche detto ad alta voce. Che imbarazzo.
<< Mmh, sisi. Va bene. >>
Ci ha messo un po’ a rispondere. Forse stava pensando se ci fosse un posto più comodo. Hunk spera che non avesse accettato solo per fare piacere.
<< Sicura? >>
Lei si sistema gli occhiali sul naso, e Hunk sorride fra sé e sé. Adorabile.
<< Si, cioè - ridacchia, e così anche lui si rilassa un po’ - Sono un po’ preoccupata di mettermi a starnutire per colpa dei pollini ma non è un problema, cioè, lo è quando starnutisce troppo. Ma per ora non mi sembra ancora il periodo di occhi rossi e naso che cola. >> e poi lei si ferma e sembra quasi un po’ in imbarazzo.
Hunk non capisce perché. Gli piace quando lei si lascia prendere dal discorso.
Sia che parlino di programmi del computer, che di allergie.
Così ride tranquillo << Nel caso ci spostiamo. >>, non vuole che lei stia male.
Lei annuisce subito e la cosa lo fa sorridere tranquillo. Così iniziano a camminare verso gli alberi. Hunk nota che la leggera aria che tira sta muovendo lentamente i capelli di Pidge.
Sembrano davvero morbidi.
E hanno proprio un bel colore.
Poi si rende conto di starla fissando, e allora deve dire qualcosa. Non deve sembrare strano.
<< Come.. Come sono andate le lezioni fino ad ora? >>
<< Bene! - si è voltata a guardarlo per rispondere, sorride - Il lunedì mattina mi piace, c’è molta scienza e poca arte. A te? >>
Anche a lui non piace particolarmente arte, gliel’ha già raccontato la sera prima. Come del fatto che la studia solo perché sua mamma è laureata in arte e se no lo stressa.
Così risponde tranquillo, per non essere ripetitivo, insomma << Bene, si - poi però ripensa a Lance che non è stato zitto un secondo e che l’ha annoiato ancora di più del professore - in realtà è stato molto noioso ed ero anche assonnato… Ma tutto sommato non è stato malissimo, ho avuto Lunedì peggiori.>>
Sono arrivati sotto gli alberi, e Pidge si toglie lo zaino per appoggiarlo a terra.
<< Direi che qui va più che bene. >>
Anche a lui piace il posto che hanno scelto, è tranquillo e isolato. E fresco.
<< Anche secondo me. >> così inizia a preparare il posto. Si sfila lo zaino e lo apre. Stava per scoppiare.
Ride fra sé e sé.
Poi sente che lei sta ridacchiando davvero, e si volta.
<< Quanta roba hai portato? >>
Non vuole rovinare la sorpresa che le ha fatto, così alza appena le spalle e prende la coperta che usa per i picnic in famiglia.
<< Il giusto per un buon pranzo. - la sistema bene a terra - okey, ci siamo. >> così Pidge può sedersi tranquilla.
Si siede comodo, appoggiandosi a un albero, e  inizia a tirare fuori tutti i vari contenitori. Sua mamma va pazza per quelle cose, ne hanno tantissime.
Lui va pazzo per il cibo, quindi sono tremendamente utili a tutti e due.
Si sente un po’ osservato, così alzalo sguardo.
<< Io penso di aver portato solo la pasta fredda che mi ha preparato ieri mamma… >> la vede togliersi le scarpe.
Non ci aveva pensato, ma lo fa anche lui per educazione.
<< Solo? >>
Lei lo sta guardando un po’ confusa, mentre si sistema al suo fianco. Con le gambe incrociate.
Gli piace averla a fianco. Così sorride frugando nello zaino, e vedendo l’espressione di lei mutare in una più curiosa.
<< Fortunatamente ho deciso di protare qualcosa in più. >>
Hunk tiene in mano uno dei contenitori di sua mamma. Ha scelto quello più grande apposta.
Pidge è ancora curiosa, più confusa di nuovo, e infine stupita. Con gli occhi spalancati. Ha dei begli occhi. Gli occhiali non li coprono quasi per nulla.
<< Non dirmi che… >>
<< Biscotti al burro di arachidi. Ma con un tocco di Hunk. >> è molto fiero e contento di averli preparati. Non poteva non farlo, sapeva quanto li adorava e da quanto non ne mangiava qualcuno.
Ma come sempre ha modificato la ricetta. Inizialmente lo faceva a caso, ma da quando ha scoperto che spesso irrita le persone, lo fa quasi apposta.
In questo caso però, no, non l’ha fatto per un dispetto. Ma perché sperava di poter fare dei biscotti che a lei rimanessero impressi. E che gli chiedesse di poterne cucinare altri per lei.
Lei ride e un po’ dondola, aspettando che Hunk apra la confezione << Non ci credo!  Ecco perché eri assonnato, ci avrai messo tutta la notte per prepararli. >>
Apre il contenitore ed è davvero contento di quel pensiero. Vuole far vedere che gli importa davvero tanto di essere usciti assieme.
Le porge la scatola << Dai assaggia, dimmi come sono. >> e sorride quando lei ne afferra subito uno.
Ha fatto centro.
Non deve più chiedere consigli a Lance su come comportarsi. Sta andando bene.
Pidge chiude gli occhi e la si sente respirare. Anche lei sorride << E’ buonissimo. >>
Hunk ci sperava. Cioè, li aveva assaggiati e sapeva che erano venuti bene. Ma sentirlo detto da lei era tutt’altra soddisfazione.
<< Non vorrei vantarmi, ma è vero. >>
Pidge sorride di nuovo, anzi, ridacchia << E’ verissimo! >>
Ad Hunk piace la voce allegra di Pidge.
Gongola ancora un po’ per il complimento, e inizia ad aprire altri due contenitori più piccoli,
<< Cos’altro hai di buono? >> e da un altro morso al biscotto.
Gli viene spontaneo porgerle cosa stava per tagliare << Vuoi assaggiare? >>, ha portato delle lasagne e dell’insalata. Oltre a qualcos’altro che sicuramente gli ha messo nello zaino sua nonna. Di nascosto.
Pidge muove la mano << Oh nono, ho il mio pranzo. Ero solo curiosa. >> e prende velocemente un piccolo bento dallo zaino.
E’ verde, con delle foglioline bianche.
“E’ così carino. E’ un sacco adatto a lei.” pensa, e spera di non arrossire. Però è vero.
Poi scuote la testa << Sono solo alcuni avanzi della cena di ieri. >>
Lei apre il bento e inizia a mangiare piano la pasta << Sembra buono però. Come i biscotti. >>, gli sorride e lui si stringe nelle spalle.
Viene naturale continuare a parlare ancora un po’ dei loro pranzi, e Hunk le racconta che vorrebbe anche lui un bento, ma che mangia troppo per prenderne solo uno. Hunk parla spesso di cibo, così quando la conversazione varia, a lui non da fastidio. Gli piace parlare di tutto, e lei gli racconta com’è andato il suo weekend, con il computer funzionante e i programmi a cui sta lavorando. Le racconta come anche a lui piacerebbe vivere di notte, e anche vedere come lavora lei ai suoi progetti, ma che ha spesso la casa piena di gente che arriva da tutto il mondo perché mamma non sa dire di no ai parenti.
Scopre che da loro è molto più tranquillo, e ogni tanto piacerebbe anche a lui potersi chiudere in stanza e non dover badare ai cugini.
Vorrebbe anche chiedere di lavorare al prossimo progetto di informatica assieme, ma si ferma prima. Ha paura di correre troppo. Anche se quella giornata sta andando così bene.
E lei sembra davvero interessata a quello che lui le sta raccontando. Gli chiede della ventola, se funziona o se deve cambiarla.
<< Sul tardi sono riuscito a controllare che tutto andasse bene - annuisce - e poi mi hai scritto tu. >>
Le sorride, continua a pensare a quanto era contento che lei gli avesse scritto. Che quando la vede abbassare lo sguardo, un po’ si preoccupa.
Lei si sta mordicchiando le labbra <>, torna a guardarlo. Ha le guance un po’ rosse.
Hunk non capisce bene, gli viene spontaneo risponderle subito << Sisi, dimmi. >> e sperare in una risposta positiva.
Va molto in panico per queste cose. Soprattutto quando tutto va molto bene. E la persona è dolce e simpatica come Pidge.
Chiude il bento, facendo un piccolo rumore << Ho pensato un po’ in questi giorni e mi piace davvero tanto la tua compagnia e parlare con te. >>
“Oh.” non sa come reagire, perché non pensava gli avrebbe detto subito una cosa così... bella. Perché lui pensa le stesse cose, ma sentirle dire è diverso.
E’ emozionante.
Non sa se ha finito di parlare, così a fatica aspetta prima di buttarsi a capofitto per dirle cosa sente lui.
Proprio quando lui decide di riprendere il discorso, lei stava per cominciare a parlare.
Si maledice un po’, ma non riesce a fermarsi. Ormai è andata << Anche a me piace parlare con te. E, come ti ho detto per messaggio ieri, mi ha fatto piacere ricevere il tuo invito per mangiare insieme. >>
Ma lei rilassa subito le spalle e sorride. Sembra sollevata. Così lo è anche lui.
E’ abituato ad essere “quello sensibile”, ma non sa mai fino a quanto fa piacere.
<< Quindi… - questa volta Hunk non la interrompe, è troppo preso a guardarla - volevo chiederti se magari possiamo vederci più spesso o anche sentirci più spesso. >> notando che quando finisce la frase si morde le labbra.
Lo fa spesso.
Così come far sorridere Hunk dicendo cose intelligenti e carine. Ascoltandola o impara qualcosa di nuovo, o è felice come un bambino.
<< Mi piace, è una bella idea. >> è una frase così banale, ma non sapeva come esprimersi meglio. Avrebbe voluto abbracciarla, ma forse sarebbe stato troppo.
<< Allora bene. >>
Lui prende un biscotto per calmarsi, quando vede che lei non li sta più mangiando << Sta sera ci ci sentiamo per organizzare la prossima uscita e non sarà a scuola. >>. Magari finalmente riesce a proporle qualcuna delle idee avute fino ad allora. Che continuavano ad aumentare sempre di più.
Pidge si sporge un po’ verso di lui, facendo forza sulle gambe << Ehi! Io pensavo di pranzare insieme anche domani. >> e ad Hunk sembra subito una bella idea.
Tanto è felice che inizia a ridere. E anche lei con lui.
Ha una bella risata, come la sua voce, ma è leggermente più alta. E spesso chiude gli occhi quando lo fa.
Gli viene spontaneo avvicinarsi, quando tornano a parlare sotto gli alberi.
Sembra di conoscerla da sempre e di non smettere mai di scoprire cose nuove di lei. Certo, si conoscono da così poco.
Anche Hunk si morde le labbra.
Non vuole tornare in classe.
No.

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