Il principe Playboy

di HyeSeok
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il principe Cho Kyuhyun era esattamente il genere di uomo che Lee Sungmin disprezzava. Non che l’avesse mai conosciuto, ma una veloce occhiata ai rotocalchi gli aveva rivelato tutto quello che aveva bisogno di sapere. Ricco. Donnaiolo. Superficiale. E fin troppo attraente. Quattro ragioni per detestarlo. Sapeva tutto di uomini come lui, che prendevano e usavano senza curarsi di nessuno. Non aveva nessun desiderio di fare la sua conoscenza, ma sfortunatamente si trattava di un dovere professionale.
Sospirando, si adagiò contro lo schienale della limousine che lo stava conducendo al JFK Airport e ripassò le informazioni che si era annotato per il suo capo, l’architetto Park Jungsoo, il quale aveva presentato un’offerta per un progetto di un lussuoso hotel sulla costa mediterranea quasi incontaminata dello stato di Montvidant. E sarebbe dovuto essere lui ad incontrare il reale in arrivo all’aeroporto per condurlo fuori a cena. Quel mattino però, Jungsoo l’aveva chiamato nel suo ufficio.
«Sono occupato questo pomeriggio, Min. Dovrai essere tu ad accogliere il principe Kyuhyun.»
«Occupato? E’ il tuo potenziale cliente più importante...»
«Lo so.» L’usuale gentilezza di Jungsoo era stata rimpiazzata da una sorprendente freddezza. «È accaduto qualcosa, perciò dovrai andare tu.»
«Posso prenotare una limousine per lui...»
«Tutti gli studi della città vorrebbero questo progetto. Non posso lasciare che gli altri abbiano libero accesso al principe. Devi stargli addosso, Min.»
«Stargli addosso...» ripeté lei, facendo una smorfia alle immagini che quelle parole evocavano.
«Attaccato a lui, come una zecca a un cane.»
«Sei amabile.»
«Ci provo.»
Sungmin aveva sorriso nel costatare che il buon umore del suo capo era ricomparso, anche se non era contento del compito che gli aveva assegnato. Preferiva non stare troppo a stretto contatto con uomini come il principe Kyuhyun, ma era molta devota al proprio lavoro. Dopotutto, era forse la cosa più importante che aveva avuto nella vita negli ultimi quattro anni, la sola cosa in cui aveva avuto successo. «Ma sei comunque impegnato per la cena con lui al Mandarin alle otto, vero?»
«Sì» rispose Jungsoo dopo un attimo di esitazione. «Tu devi solo accompagnarlo in hotel.»
Doveva essere piuttosto semplice, si disse Sungmin mentre la limousine si fermava di fronte al terminal. Era sorpresa che il principe viaggiasse con aerei di linea, forse cercava di dimostrare al popolo che era solo una persona come le altre, pensò cinicamente.
Il volo da Parigi - poiché non c’erano voli diretti da Montvidant - era appena atterrato, e Sungmin sapeva di dover attendere qualche minuto, anche se il principe avesse ricevuto un trattamento di favore per il ritiro bagagli e il passaggio dei controlli doganali. Diede un’occhiata ai giornali e notò una foto del principe con non una, bensì due bionde procaci al braccio mentre sostava dinanzi a un casinò in una capitale europea. Il Principe Playboy in visita alla Grande Mela!, diceva il titolo.
Le porte degli arrivi si aprirono e il suo sguardo fu calamitato da un uomo alto e snello con un elegante completo grigio, seguito a pochi passi da due uomini in nero. Il principe Kyuhyun e le sue guardie del corpo. Svelto, e più nervoso di quanto si fosse mai sentito, si fece avanti.
«Principe Kyuhyun?»
Lui si fermò sollevando un sopracciglio sorpreso. «Lui non è Park Jungsoo, suppongo.» Aveva una voce bassa e accentata, lo sguardo era sicuro e assertivo.
«No, temo che il signor Park abbia avuto un contrattempo. Io sono Lee Sungmin, il suo assistente.»
Allungò un mano verso di lui, incerto se fosse il protocollo giusto, lui comunque la strinse. Il suo palmo era così caldo che Min lasciò quasi ricadere la mano, facendo un sobbalzo. Ondate di consapevolezza le partivano dalle dita, spedendo un calore minaccioso in tutto il corpo. Ignorò la sensazione con forza: si trattava solo di una reazione fisica basilare, niente di più.
Tutto quello che doveva fare era accompagnare quell’uomo al suo albergo, al resto avrebbe pensato Jungsoo. Lui aveva svolto il suo lavoro con successo, come faceva sempre, e non avrebbe trascorso altro tempo con il principe Playboy. Semplice, si disse quando lui finalmente gli lasciò la mano. Doveva esserlo.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Kyuhyun lasciò la mano di Sungmin con un lieve sorriso, e lui si accorse che era rimasto a fissarlo come un’idiota. Schiarendosi la gola, fece un cenno verso l’uscita. «Una limousine ci attende.»
«Eccellente. Lei viaggia con stile.»
«Come sicuramente fa lei, principe Kyuhyun.»
Lui sorrise più profondamente, rivelando una piccola fossetta sul mento. «Ovviamente.» La seguì alla limo, mentre lo sguardo di lui era perso su quella snella eppure potente figura inguainata in un completo elegante e molto costoso.
«E riguardo i suoi uomini...» disse accennando alle due guardie del corpo.
«Possono prendere un’altra auto. Sono solo di rappresentanza...» Il principe fece una smorfia ironica. «Ovviamente per la mia immagine.»
Proprio quello che lui detestava di più, considerò Sungmin salendo sull’auto: un uomo ossessionato dalla propria immagine. Eppure c’era quasi una nota di ironia nel commento di Kyuhyun, quasi come se si prendesse in giro da solo. Non lo aveva capito bene, e non desiderava farlo.
Quando lui prese posto sul largo sedile di pelle, per un attimo le sue cosce sfiorarono quelle di Sungmin, che di nuovo si sentì investire da una fiammata di consapevolezza.
«Scusi» mormorò Kyuhyun, gli occhi che luccicavano maliziosi.
Sungmin arrossì. Si rendeva conto di che effetto aveva su di lui? O era solo abituato ad avere quell’effetto, con tutti quegli uomini che gli svolazzavano attorno come falene intorno alla fiamma di una candela?
Non aveva importanza. Lui non gliene avrebbe attribuita alcuna, era un professionista e stava facendo il suo lavoro. Schiarendosi di nuovo la gola, si voltò verso il principe. «Abbiamo riservato una suite per lei al Mandarin. L’accompagnerò là, poi il signor Jungsoo la raggiungerà per cena alle otto.»
«Eccellente. Grazie per essere così efficiente.» Kyuhyun  gli sorrise di nuovo e lui digrignò i denti. Smettila di essere tanto affascinante. «Ho sentito dire che il ristorante ha una vista magnifica su Central Park.»
«Sì...»
«Si tratta della mia prima visita a New York, sa?»
Sungmin non disse nulla. Ma in verità era sorpreso. Pensava che un giocatore come il principe avesse frequentato tutte le metropoli del mondo, o quasi. «La prima volta negli USA, anzi» aggiunse Kyuhyun, con una nota ironica.
«Spero che si goda la visita» gli augurò Sungmin, la voce contratta. Non riusciva a parlare naturalmente con quell’uomo. Gli ricordava troppo del suo passato, dei terribili errori che aveva commesso.
«Sono sicuro che sarà così. Spero di avere il tempo di guardarmi attorno.»
«Certamente.» Quello sarebbe stato compito di Jungsoo, non suo, pensò Sungmin con sollievo. Tuttavia immaginava di dover fare almeno un po’ di conversazione. «Che cosa le piacerebbe vedere?»
«Mi interessa la Pierpont Morgan Library
«Davvero?» si meravigliò Sungmin. Non era ciò che si era aspettato dal principe Playboy.
Lui sollevò un sopracciglio. «Sorpreso?»
«Un po’» ammise lui. «Non è una tra le dieci attrazioni turistiche più richieste delle città.»
«Lei c’è stato?»
«S... sì» ammise Sungmin riluttante. La biblioteca era uno dei suoi luoghi preferiti in città. Si recava là ogni volta che aveva necessità di un luogo calmo e silenzioso.
«Allora forse potrebbe accompagnarmi» suggerì Kyuhyun, e Ella Sungmin non udì alcun sottinteso nel suo tono, solo sincero interesse. Non sapeva cosa rispondere, così annuì guardando fuori del finestrino.
«Siamo fortunati, non c’è troppo traffico.»
Nessuno dei due parlò più per il resto del tragitto. Quando Sungmin scese dall’auto davanti al Mandarin Hotel, il telefonò ronzò annunciando un messaggio. Era da parte di Jungsoo. Non posso essere presente per la cena. Prendi tu il mio posto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Sungmin fece una smorfia al proprio riflesso. Il semplice abito nero da cocktail era elegante, ma non poté fare a meno di chiedersi se poteva far pensare che volesse impressionare il principe, il che naturalmente non era quello che intendeva fare.
Lui si era rivelato sorprendentemente conciliante dinanzi al cambiamento di programma. «Il signor Leeteuk è un uomo molto impegnato» aveva commentato con una nota scherzosa nella voce, e a Sungmin erano venuti i brividi.
«Temo che si tratti di un’emergenza» aveva risposto, sebbene non avesse idea di cosa trattenesse Leeteuk dall’intrattenere il suo cliente. Quell’improvvisa assenza non era davvero nel suo carattere, e lui cominciava a preoccuparsi.
«In ogni caso, non vedo l’ora di cenare con lei» aveva concluso Kyuhyun, e Sungmin aveva fatto un pallido sorriso. Non poteva dire lo stesso, anche se, in verità, il problema era che invece poteva.
Non desiderava che il principe Kyuhyun gli piacesse, ma fino a quel momento lui non era come si era aspettato. Sotto quella maschera di fascino arrogante sembrava sorprendentemente alla mano, a volte persino stravagante. Qual era la sua vera personalità? Conosceva uomini che potevano mostrare due facce contemporaneamente, e lui aveva già dimostrato di non essere in grado di capire quale fosse quella vera.
Si scostò dallo specchio e si avviò verso il ristorante del Mandarin, in Columbus Circle. Era una breve camminata dal suo appartamento, e la notte dei primi di dicembre era luminosa e fredda.
Il principe lo aspettava all’ingresso del ristorante al trentacinquesimo piano dell’hotel, che godeva di una vista a trecentosessanta gradi sulla città.
«Principe Kyuhyun.» Si fermò davanti a lui, che gli sorrise.
«Kyuhyun, per favore. Non mi piacciono le formalità.»
Stava flirtando? Pensava di no, eppure in qualche modo pareva di sì. Era troppo mellifluo, il che lo rendeva sospettoso e freddo allo stesso tempo.
Annuì, mentre il maître li conduceva al tavolo migliore della sala, un’alcova privata con comode poltrone e una fantastica vista su Central Park ormai avvolto nell’oscurità. Sungmin si tenne occupato con il menu, non sapendo esattamente cosa fare delle proprie mani, o persino del proprio viso. Cercava di apparire freddamente professionale, ma l’atmosfera intima e romantica dell’ambiente gli dava l’impressione di avere una maschera sul viso. Il suo cuore batteva decisamente troppo in fretta.
kyuhyun si sporse in avanti per cogliere una vista migliore della città, Columbus Circle visibile giusto oltre il parco, sfolgorante di luci al neon.
«Meraviglioso.»
«Qual è la sua prima impressione di New York?»
«Frenetica.» Tornò ad appoggiarsi all’indietro. «Devo ammettere di preferire la vita più tranquilla di Montvidant, ma come ho già detto prima, è bello visitare New York.»
«La vita più tranquilla...?» Sungmin udì lo scetticismo nella sua stessa voce. «Ma la sua vita è tutt’altro che tranquilla, principe...»
«Kyuhyun.» Alzò un sopracciglio. «Non sapevo che conoscesse così bene la mia vita.»
«Non è così, infatti» ammise Sungmin in fretta. «Ho solo visto i giornali.»
«Ah, i giornali.» Lui annuì, gli occhi che si spostarono da lui.
Che cosa voleva dire? Che quello che riportavano i giornali non era vero? «Lei sembra avere uno stile di vita adeguato al jet set» disse cauto.
«Ovviamente.» Si strinse nelle spalle mentre prendeva il bicchiere del vino. «Sono un principe.»
Sungmin lo guardò incerto: aveva colto una nota scura e insondabile nel suo tono. Poi lui sollevò lo sguardo, l’espressione rischiarata, sebbene per la prima volta il suo sorriso non apparisse molto sincero.
«Basta parlare di questo, ora» concluse con leggerezza. «Ordiniamo?»

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Kyuhyun osservò l’uomo di fronte a lui, le guance un po’ arrossate a causa dei due bicchieri di vino che l’aveva convinto a bere, alcune ciocche di capelli che cadendo ammorbidivano il contorno del viso a forma di cuore. Sungmin era bello, e lui si era sentito intrigato ed attratto da lui fin dal primo momento in cui gli si era avvicinato in aeroporto, con l’aria di dover incontrare qualcun altro.
Ovviamente credeva a tutto quello che aveva letto di lui sui rotocalchi, e non poteva biasimarlo. Per molti versi avrebbe dovuto esserne contento. Era esattamente per ottenere quel risultato che aveva posato per quelle fotografie, concedendo interviste e dichiarazioni. Desiderava che la gente pensasse che lui fosse il principe Playboy. E a giudicare dal modo in cui Sungmin lo guardava quando pensava di non essere visto – con freddo disdegno – aveva avuto successo.
Purtroppo, in quel momento si sentiva come se avesse fallito.
Era comunque riuscito a farlo scoprire un poco quella sera, chiedendogli di New York, un soggetto abbastanza innocuo, per poi passare a domandarle un poco di lui, che chiaramente per Sungmin non era un soggetto innocuo. Infatti aveva declinato tutte le domande personali, per tornare invece all’architettura.
«Leeteuk  adopera sempre materiali locali e rinnovabili in tutte le sue costruzioni. E si sforza sempre di inserire i suoi progetti nel paesaggio naturale.»
«Ammirevole» mormorò Kyuhyun. Lo sapeva già, ed era per quello che aveva deciso di collaborare con lo studio Park. «Le interessa l’architettura, Sungmin?»
Poteva sembrare una domanda innocente tuttavia le sue guance si tinsero di rosa. «Certamente» rispose dopo un secondo di pausa. «Lavoro per Leeteuk, dopotutto.»
«Intendevo personalmente. Ha mai pensato di studiare anche lei architettura?»
Il rossore si intensificò, e quella semplice reazione fece scorrere un flusso di desiderio attraverso il corpo di Kyuhyun, che si agitò nella poltrona. «L’ho fatto» ammise lui, guardando via. «Ma ho completato solo il primo anno.»
Intrigato, lui si allungò in avanti. «Che è accaduto?»
«La vita» rispose lui piano, riportando lo sguardo su di lui. «La realtà è che non sempre si può avere quello che si vuole. Ma dal momento che lei è un principe, forse non può capirlo.»
Si stava mettendo sulla difensiva, una tattica con cui lui aveva molta familiarità. «Per la verità, lo capisco benissimo.» Fin troppo.
Lui piegò la bocca cinicamente. «È difficile immaginare quali sogni abbia dovuto sacrificare.»
«Ne sono sicuro.»
Sungmin bevve un sorso di vino, incontrando il suo sguardo sopra l’orlo del bicchiere. «Mi dica allora.»
«Dirle?»
«Quale sogno ha sacrificato, principe Kyuhyun?»

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sungminstava flirtando con il pericolo, lo sapeva. Con il disastro. Perché aveva rivolto a Kyuhyun una domanda così provocatoria? Non voleva un coinvolgimento personale con il principe. Non voleva conoscerlo. Voleva solo fare il suo lavoro e farlo bene, come sempre. Il lavoro gli dava la sensazione di avere uno scopo e lo rendeva felice, e l’ultima cosa che desiderava era che il principe Kyuhyun sconvolgesse entrambe quelle sensazioni.
Il problema era che quell’uomo continuava a confonderlo. Da una parte era talmente bello e affascinante che non era difficile credere a quello che dicevano i rotocalchi. Tuttavia, non aveva esattamente l’aria di un playboy, o di un giocatore di casinò. O forse era solo un’ingenuo, perché una parte di lui non voleva che lui fosse proprio quell’uomo?
«Il mio sogno... be’...» iniziò Kyuhyun, posando il bicchiere, «non è mai stato il mio desiderio essere l’erede al trono di Montvidant.»
«Ma deve averlo sempre saputo...»
«No. Ahra, mia sorella maggiore, avrebbe dovuto diventare regina. In Montvidant il primogenito sale al trono, non importa di che sesso sia.»
«Molto avanzato come modo di pensare.»
Lui piegò la testa in cenno di assenso. «Ma mia sorella ha abdicato tre anni fa per poter continuare la sua carriera di medico.»
«Medico?» Non ricordava di aver letto nulla di simile sui giornali. Per la verità, ora che ci pensava, non rammentava di aver letto niente riguardo Montvidant prima che il principe Kyuhyun apparisse sulla scena, fotografato in tutta Europa con splendide donne al braccio.
«Ha preso la sua prima laurea in Medicina a Cambridge, diventando ricercatrice. Ma quando la salute di nostra madre ha cominciato a degenerare, avrebbe dovuto dedicarsi in prima istanza ai suoi doveri di futura regnante. Invece voleva continuare a dedicarsi alla ricerca, così ha abdicato rendendo me l’erede al trono.»
«E lei come si è sentito?» domandò Sungmin, a dispetto del suo proposito di non coinvolgersi personalmente con il principe.
Lui si strinse nelle spalle. «Accettai.» Il che non gli diceva molto. Lui sorrise, chinandosi in avanti. «Adesso, le domande più importanti. Verrai con me domani alla Morgan Library, Sungmin?»
Cercò di ignorare il flusso di calore provocato dal suono del proprio nome sulle sue labbra, e il fatto che recarsi con lui alla biblioteca esercitava un’attrattiva fin troppo forte su di lui. «Sono sicuro che il signor Leeteuk vorrà incontrarsi con lei...»
«E io con lui. Ma voglio anche rivedere... te.»
Il cuore di Sungmin precipitò in caduta libera fino ai piedi. Lo sguardo grigio-azzurro di Kyuhyun era intento su di lui, così non poté distogliere gli occhi. «Perché...me?» domandò dopo un momento, la voce poco più che un sussurro.
«La risposta più facile è che sei l’unica persona che conosco in città» rispose Kyuhyun. «Ma la risposta vera è che voglio trascorrere più tempo con te.»
Sungmin non aveva una risposta. Il cuore sprofondò di nuovo e la gola si seccò, mentre ancora non riusciva a distogliere gli occhi da quelli ipnotici di lui.
«E tu, Sungmin?» domandò Kyuhyun, la voce bassa, l’accento debole ma percepibile. «Tu desideri passare altro tempo con me?»

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Sungmin deglutì, e non disse nulla. Vuoi trascorrere altro tempo con me? Era una domanda così onesta e diretta, e l’aveva pronunciata con sincerità. Lo turbava, facendogli desiderare di rispondere con altrettanta sincerità. Era intrigato da quell’uomo, intrigato e interessato.
Ma non poteva rispondere onestamente, anzi non poteva rispondere del tutto, perché la faccenda stava diventando troppo pericolosa. Lui non flirtava, né aveva relazioni occasionali o stabili. Lui lavorava. Era l’unica cosa sicura, nella quale il successo era garantito.
Si schiarì la gola. «Penso che dovremmo mantenere il rapporto in modo professionale.»
Kyuhyun sorrise lievemente. «Cosa c’è di non professionale nel mostrarmi la città?»
Sungmin arrossì. Lo aveva equivocato? «Volevo dire... il signor Leeteuk vorrà incontrarsi con lei...»
«Anche in questo caso, sono sicuro che ci sarà tempo per vedere alcune cose.»
«Be’, sì...»
«E mi piacerebbe vederle con te. Il tuo compito non è quello di accontentarmi?» I suoi occhi luccicarono, e Sungmin dovette sopprimere un moto di rabbia. Lo stava ricattando? Come poteva dire di no, quando c’era in ballo così tanto? Non poteva certo fare uno sgarbo a Leeteuk, dopo tutte le possibilità che lui gli aveva offerto. La cosa peggiore, e più irritante, era che lui non voleva dire di no.
«Vedremo» rispose alla fine, e kyuhyun fece un sorriso che poteva essere definito di trionfo. Sapeva che aveva vinto.
Stava solo giocando con lui, si disse Sungmin. Un uomo in ogni porto? Che altro poteva essere?
«Si sta facendo tardi» osservò lui, riponendo il tovagliolo sul tavolo. «Permettermi di accompagnarti di sotto e trovarti un taxi.»
«Non è necessario» rispose lui svelta. «Sto abbastanza vicino, andrò a casa a piedi.»
«Allora ti accompagnerò alla porta» dichiarò Kyuhyun e Sungmin non poté fare a meno di pensare che era stato loi praticamente a sollecitare quell’offerta.
Non parlarono mentre si diressero all’ascensore, dopo che lui ebbe pagato il conto nonostante Sungmin avesse dichiarato che era ospite di leeteuk. Mentre scendevano i trentacinque piani, soli nello spazio ristretto, la tensione tra loro sembrò salire di livello. Sungmin gli lanciò uno sguardo, studiando la linea decisa della mascella, il vivido marrone dei suoi occhi, i capelli del colore della quercia illuminata dal sole.
Fuori l’aria era fresca e frizzante, e Columbus Circle era vuota eccetto per alcuni taxi. Kyuhyun si voltò.
«Da quale parte?»
«Nord.» Si avviarono verso Broadway. «Non le servono le guardie del corpo?» domandò Sungmin. «Non pensavo che un reale potesse andarsene a passeggiare senza scorta.»
«È un rischio che mi piace prendere una volta ogni tanto» rispose kyuhyun con un’alzata di spalle. «Prima che mia sorella abdicasse, mi piaceva andarmene in giro libero. È stato troppo duro rinunciarvi.»
«Ne sono sicuro» mormorò Sungmin. Aveva creduto che il principe fosse viziato, che esibisse i suoi privilegi con pigra soddisfazione. Ora invece non ne era più sicuro. Camminarono in silenzio per alcuni minuti, poi Sungmin si fermò dinanzi allo stabile dove abitava. «Eccomi arrivato.» Gli rivolse un sorriso imbarazzato, il cuore che gli batteva forte anche se si rifiutava di chiedersi perché.
Kyuhyun sorrise in risposta e sollevò una mano. Sungmin trattenne il fiato mentre lui passava le dita nella ciocca di capelli . Il fiato gli uscì di colpo. «Kyuhyun...»
«Un fiocco di neve» disse lui, ancora sorridendo. «Nevica.»
Sungmin sentì le guance bruciare. Aveva pensato che stesse per baciarlo. E non si sarebbe opposto.
Kyuhyun lasciò ricadere la mano. «Arrivederci, Sungmin» lo salutò, e se ne andò nella notte.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Sungmin lesse il messaggio di Leeteuk incredulo. Ancora indaffarato oggi. Per favore, intrattieni tu il principe.
Andare a ricevere il principe all’aeroporto era una cosa. Cenare con lui un’altra. E adesso la prospettiva di trascorrere l’intera giornata con il principe Kyuhyun era...
Fin troppo attraente.
Con una smorfia, lanciò il telefono sul letto e finì di prepararsi. Si era scervellato su cosa indossare, volendo apparire professionale senza essere goffo o rigido. Alla fine aveva scelto un jeans, con gli stivali e un maglione di soffice cashmere color crema, e dopo aver indossato il cappotto di lana uscì per andare ad incontrare il principe.
Lui l’aspettava nella hall quando arrivò, seduto su un divano di pelle a leggere il giornale. Non appena lo vide varcare la soglia, buttò via il giornale e si alzò.
«Sungmin.»
«Temo che il signor Leeteuk sia ancora occupato oggi» Lo informò lui rigido. «Se le fa piacere, possiamo andare alla biblioteca.»
«Sembra perfetto.» Il suo sorriso sfolgorava mentre lo afferrava per un braccio sospingendolo verso l’uscita. «Non sono mai stato così contento di essere stato evitato.»
«Il signor Leeteuk non la sta evitando» protestò Sungmin, anche se sembrava che fosse proprio quello che Leeteuk stava facendo.
kyuhyun alzò una mano. «Rilassati, Sungmin, stavo scherzando. Sono sicuro che, qualunque cosa sia quella che tiene occupato Park Leeteuk, debba essere molto importante. Sono solo molto contento di passare l’intera giornata con te.»
Sungmin scosse il capo, troppo frastornato per dissimularlo. «Perché?» sussurrò.
«Perché no?»
Lui strinse le labbra. Ovviamente avrebbe risposto così. Perché no, infatti. Un uomo andava bene come qualunque altro.
«Smettila» gli intimò gentilmente Kyuhyun quando i loro sguardi si incontrarono.
«Smettere cosa?»
«Di pensare che sono il playboy di cui parlano i giornali.»
«Ma lo è» replicò Sungmin ragionevole. «Non è così?»
Kyuhyun piegò la bocca. «Perché non provi solo a conoscermi, per oggi? Non il principe, ma l’uomo.»
Non il principe, ma l’uomo. Quelle parole gli causarono quasi un brivido. Poteva osare fare una cosa simile? Solo per un giorno? Quanto poteva essere pericoloso?
Sorridendo, Kyuhyun gli prese più fermamente il braccio mentre si avviavano verso Broadway.Sungmin
sentì il calore risalire lungo tutto il braccio, e poi defluire nel ventre accendendo la fiamma del desiderio.
In effetti, poteva essere davvero pericoloso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Kyuhyun osservò una ciocca ramata di Sungmin mentre lui si chinava ad osservare uno dei manoscritti alla Morgan Library, e sentì uno strale di desiderio passarlo da parte a parte. Sungmin era così amabile, così onesto e aperto, con quegli occhi scuri cristallini. Era molto sospettoso della sua reputazione di playboy, ma gli sembrava che cominciasse a sgelarsi, almeno un po’.
Un giorno, si disse. Un giorno per gioire di se stesso, per essere l’uomo che voleva essere, l’uomo che era davvero. Non l’inguaribile playboy che imperversava sui giornali allo scopo di attirare l’attenzione e favorire il turismo nel suo paese per altri versi quasi sconosciuto.
Sungmin guardò su, gli occhi sgranati.
«Cosa c’è che non va?»
«Non c’è nulla che non va.»
«Ha sospirato.»
«Davvero?» Era deliziato da quanto lui fosse conscio di lui, così come lui lo era di lui... fin dall’inizio. «Stavo solo guardando questa composizione di Mozart.»
«Meravigliosa, vero?» Lui lo raggiunse vicino alla bacheca. «Adoro questo posto.»
«Davvero?» Non era sorpreso. Solo compiaciuto.
Sungmin annuì. «Mi piace sentirmi parte di tanta storia.»
«So cosa intendi.» Era quello che lui provava nei confronti del proprio paese, parte del motivo per cui non si era opposto quando sua sorella aveva abdicato. Quando ti rendi conto che sei parte di qualcosa di molto più grande di te, ti sembra che ogni preoccupazione personale sia sciocca.
«E la stanza...» proseguì lui alzando gli occhi all’alto soffitto affrescato. «Mi sembra di essere entrata in un altro mondo. Ma immagino che lei sia abituato a luoghi come questo.»
«Suppongo che lo sarei, se fossi cresciuto in un palazzo.»
Sollevò le sopracciglia. «E non è così?»
«Sono cresciuto in una casa colonica tra le montagne. Ammetto che fosse una casa molto bella, ma non si trattava di una reggia. Il palazzo reale a Montvidant viene usato solo per occasioni e cerimonie di stato.»
Sungmin lo fissò, e lui poté quasi vedere gli ingranaggi che giravano nella sua mente. Un’altra supposizione distrutta... o almeno così sperava lui.
«E dove vive adesso?» domandò lui mentre si avvicinavano a una bacheca che conteneva la Bibbia di Gutenberg.
«Ho un appartamento nella capitale di Montvidant, Amarne.»
«Ma quando sarà... re? Allora vivrà nel palazzo, giusto?»
Si strinse nelle spalle. «Mia madre trascorre la maggior parte del suo tempo nella casa tra le montagne, ma risiede nel palazzo quando deve essere ad Amarne per funzioni di stato. Quindi, sì, occasionalmente dovrò stare a palazzo.»
«E non vede l’ora?» domandò Sungmin.
Prima che potesse censurarsi, Kyuhyun rispose con onestà. «Per niente.»
Lui piegò il capo, gli occhi carichi di simpatia. «Perché no?»
«Perché non ho mai desiderato essere re. Ma accetto i miei doveri.» Sorrise, sapendo di aver detto troppo e volendo alleggerire il momento. «Hai visto abbastanza? Non vorrei mai minacciare il tuo pranzo.»
«Uhm... certo» rispose lui, quasi a corto di fiato, e Kyuhyun lo prese la mano, intrecciando le dita alle sue. Avvertì uno strattone profondo dentro di lui nel sentire la sua pelle soffice contro la propria, e notò che aveva le pupille un po’ dilatate. Era attratto quanto lo era lui. La domanda era: ne avrebbero fatto qualcosa?
Kyuhyun sapeva che risposta avrebbe desiderato.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Gli stava piacendo troppo, lo sapeva. Abbassare la guardia, rilassarsi, ridere. Dopo la visita alla biblioteca Kyuhyun l’aveva condotto in un ristorante molto esclusivo, solo una manciata di tavoli nei pressi di Madison Avenue.
Quando era stato servito un vino eccellente, non aveva resistito, anche se si trattava solo di un pasto leggero. E non aveva potuto sopprimere un tremito del cuore quando lui si era seduto contro lo schienale guardandolo con gli occhi scuri. «Allora, parlami di te, Sungmin.»
Bevve un sorso di vino, dal sapore ricco e vellutato. «Non c’è molto da dire.»
«C’è sempre qualcosa.»
«Cosa vuole sapere?» domandò, avvertendo una nota di flirt nel proprio tono. E dallo scintillio d’argento negli occhi di lui, si rese conto che anche lui l’aveva colto.
«Dove sei cresciuto?»
«A Seoul.»
«Quanti anni hai?»
«Ventotto.»
«Un fidanzato?»
Lui esitò solo un attimo, il cuore che prese a battere forte. «No.»
Kyuhyun sorrise lievemente e bevve un sorso di vino. «Perché hai completato solo un anno di università?»
Lui quasi sussultò, sorpreso dal repentino cambio di soggetto. «Mia madre si ammalò» rivelò dopo un attimo. «E mio padre non c’era. Così ho lasciato la scuola per prendermi cura di lei.»
Vide le ombre calare negli occhi di Kyuhyun, la linea seria delinearsi sulle labbra, e capì che provava empatia. In modi diversi avevano entrambi obbedito al richiamo del dovere, e ne avevano pagato il prezzo. «Mi dispiace» disse lui.
Sungmin annuì, la gola chiusa. «E lei, principe Kyuhyun? Perché non ha mai desiderato essere re?»
Si strinse nelle spalle. «Suppongo fosse perché non avevo mai pensato di doverlo essere.»
«E cosa faceva invece?»
«Insegnavo storia alla Sorbona.» Per una attimo lui pensò che stesse scherzando, ma poi lui piegò le labbra. «Ti ho sorpreso, di nuovo.»
«Vero» ammise. «Così è un accademico.»
Scrollò le spalle. «Non più.»
«Lo rimpiange?»
Per un lungo momento non rispose, facendo roteare il vino nel bicchiere. «Né rimpianti né rimorsi» disse alla fine. «La vita è quella che è.»
«Sì, ma...»
«Vieni...» Si alzò, un sorriso sulle labbra. «Hai finito? Perché ho sempre voluto pattinare in Rockfeller Plaza.»
«Pattinare...»
«Sai pattinare?»
«Un poco...»
Lui gli tese la mano e lui la prese, le dita di lui che le si chiudevano intorno. «Andiamo allora. È tempo di passare alla seconda parte del nostro appuntamento.»
Sentì una scossa riverberarle in tutto il corpo. «Questo non è un appuntamento!»
Il sorriso di Kyuhyun si fece lupesco mentre lo faceva allontanare dal tavolo. «Oh, sì, lo è.»

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Era un appuntamento. Come poteva negarlo, quando Kyuhyun gli aveva tenuto la mano mentre camminavano verso Rockefeller Plaza, gli aveva versato del vino a pranzo e lgli aveva chiesto se avesse un fidanzato? Naturalmente era un appuntamento. Uno meraviglioso, che gli faceva battere il cuore e seccare la bocca e suscitava speranze senza nome dentro di lei. Eppure...
Non avrebbe portato da nessuna parte. Si trattava solo di un giorno. Un appuntamento unico. E quando Leeteuk fosse tornato il giorno seguente, lui e Kyuhyun si sarebbero occupati di affari e Sungmin non l’avrebbe mai, mai più rivisto.
Il che era un bene, si disse in tutta fretta, perché a dispetto di quanto Kyuhyun poteva essere affascinante in quel momento, i rotocalchi non mentivano poi così tanto. Le fotografie che aveva visto erano vere: lui era pur sempre un playboy con un uomo ad ogni braccio, che frequentava casinò e club delle città più mondane d’Europa. Non era certo il genere di uomo di cui poteva innamorarsi. Per non parlare dell’intera faccenda dell’essere di sangue reale, il che lo poneva definitivamente al di fuori della sua portata.
«Perché sei così accigliato?» gli domandò Kyuhyun.
Sungmin udì il divertimento nella sua voce e si girò verso di lui, ancor più accigliato. «Non lo sono.»
«Sì, lo sei.» Gli passò un dito in mezzo alla fronte. «E si vede bene qui, c’è una linea di preoccupazione.»
«Sto solo pensando» rispose lui, e lui scosse il capo.
«Meglio smettere. Pensare è pericoloso.»
«Detto da un accademico...»
«Pericoloso almeno per oggi. Godiamo di noi stessi, Sungmin.»
Annuì lentamente, rendendosi conto che lui stava stabilendo le regole. Quel giorno era per gioire, divertirsi e godere. Ovviamente Kyuhyun non voleva altro da lui. Così, perché lui doveva preoccuparsi del domani? «Okay» annuì, e lui gli strinse più forte la mano.
Alcuni minuti dopo erano entrambi sul ghiaccio. Sungmin non pattinava da anni, forse decenni, così era incerto sulle gambe, almeno finché Kyuhyun non l’afferrò per la vita. Lui avvertì il calore del suo corpo contro di sé, e con il supporto del suo braccio si unì alle sue scivolate.
«Pattini come se l’avessi sempre fatto» notò.
Kyuhyun sogghignò. «Ricordi la casa tra le montagne dove sono cresciuto?»
«Sì.»
«C’era anche un lago.»
«Ah. Capisco.»
«Anche tu non sei male, comunque» osservò lui, e prima che Sungmin potesse rispondere l’aveva fatto roteare in un circolo, ed lui lasciò uscire un piccolo grido.
«Kyuhyun...»
«Penso che sia la prima volta che hai detto volontariamente il mio nome.»
«Non stavo pensando...» confessò lui.
Lui rise piano, tirandolo verso di sé così che lui dovette sollevare il capo per guardare il suo viso sorridente. «Adesso hai capito.»
«È davvero così negativo pensare?» domandò Sungmin, e si meravigliò di quanto suonasse  a corto di fiato.
«A volte.»
«Quando per esempio?» Dischiuse le labbra mentre aspettava la sua risposta, e gli occhi di lui si oscurarono in un grigio cupo. Sollevò una mano per afferrargliil viso, che fece piegare un poco sotto il proprio.
«Adesso» affermò, e lo baciò.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Le labbra di Kyuhyun erano calde e morbide sulle sue. Sungmin aprì la bocca mentre lui approfondiva il bacio, le braccia che lo stringevano mentre la lingua si insinuava in lui. Tremò, non per il freddo ma per il desiderio sopraffacente che lo sommerse con un uragano di sensazioni. Troppo. Lo respinse.
«Non dovremmo...»
«Perché no?» chiese lui, sorpreso.
Sungmin scosse il capo, incapace di parlare.
Cosa stava facendo? Dimenticando l’intera faccenda del solo per oggi, solo un appuntamento, perché lui non era così, non faceva così... specialmente non con un uomo come Kyuhyun. Si spinse indietro e cominciò a pattinare verso l’uscita. Lui lo raggiunse con facilità, afferrandolo per un braccio e tirandolo di lato.
«Lasciami andare....»
«Sungmin, cosa c’è che non va?» Lui scosse il capo e Kyuhyun si accigliò. «Era solo un bacio.»
«Esattamente.»
«Cosa intendi dire?»
«Io non sono... non faccio...» Si sentì ridicolmente pudibondo, ma non poteva fare a meno di essere come era. Non poteva fare a meno di sapere che una storiella, persino un solo bacio, con un principe non era nella sua natura.
Gentilmente, Kyuhyun gli posò le mani sulle spalle e lo fece voltare verso di sé. «Tu non fai... cosa?»
«Non faccio cose senza pensare» sbottò lui. «Non posso spegnere il mio cervello e divertirmi con te, accettare tutto questo fine a se stesso. Mi dispiace, perché tu sei molto bello e affascinante e io mi sono divertito, ma penso che sia ora di mettere uno stop.»
Kyuhyun lo guardò serio e Sungmin ricambiò lo sguardo, sentendosi ridicolo eppure determinato.
«Sei meraviglioso quando sei arrabbiato» gli disse lui, e Min si scostò di colpo.
«Non essere condiscendente.»
«Non lo sono.»
«Sono serio, Kyuhyun...»
«Anche io. Oggi sono stato meglio di qualsiasi altro giorno riesca a ricordare...»
«Meglio anche di quei party notturni a Cannes?» sbottò lui, detestando quello che stava facendo, e tuttavia con il bisogno di farlo.
L’espressione di Kyuhyun gelò. «Pensavo che avessimo lasciato i gossip e i rotocalchi fuori da questa storia.»
«Operazione difficile quando vi compari così spesso.»
«E tu credi a tutto quello che leggi?»
Sollevò il mento. «Mi stai dicendo che quelle storie non sono vere, Kyuhyun, almeno in parte?»
Lui esitò e lui vide la risposta nei suoi occhi. «Sono vere, in parte» rispose lui grave. «Ma questo non significa che io voglia che lo siano.»
«Oh, povero piccolo principe che deve partecipare ai party che durano tutta la notte» lo sbeffeggiò Min, arrabbiato con lui così come con sé stesso per essersi ficcato in quel ridicolo litigio.
«Non capisci.»
«Hai ragione. E neppure voglio farlo.»
Non avrebbe dovuto importargli quello che lui faceva, né chi era. Ma era già troppo tardi, gli importava troppo. Tutti quegli anni a tenere alta la guardia e a dedicarsi al lavoro, e poi questo era accaduto nello spazio di un singolo giorno.
Si girò e si diresse di nuovo verso l’uscita della pista. «Questo appuntamento è finito.»

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Kyuhyun guardò Sungmin che barcollava oltre l’uscita e si dirigeva verso la panchina per togliersi i pattini. Sembrava veramente furioso, e in qualche modo senza speranza. Avevano condiviso una giornata così piacevole, come aveva fatto a finire in quel modo, e tanto in fretta?
Lo vide lottare con i lacci, le dita ovviamente intirizzite, e con una certa esasperata simpatia lo raggiunse e gli sedette accanto. «Lascia che ti aiuti.»
«Non ne ho bisogno...»
«Sungmin.»
Lui si arrese e allungò un piede, il viso contratto. Kyuhyun sciolse il nodo dei lacci, sentendo la tensione che attraversava il corpo di lui. E di colpo, con una fitta interna, seppe che non era solo riguardo a quel giorno, o riguardo a lui. O al loro appuntamento singolo. «Sungmin» cominciò mentre gli toglieva il pattino. «Chi ti ha ferito?»
Lui lo fissò, gli occhi pieni di sorpresa e di allarme. «Cosa?»
«Qualcuno ti ha ferito, vero? Un uomo. Un uomo, sospetto, un po’ come me, almeno all’esterno.»
Min scosse il capo piano, gli occhi ancora sgranati, e lui si limitò ad aspettare. «Come lo sai?» sussurrò lui.
«Perché devo dire che la tua reazione è stata un po’... esagerata. C’è in ballo di più del nostro appuntamento unico.» Sciolse anche gli altri lacci e gli tolse l’altro pattino. «Quindi racconta.»
Lui guardò in basso, le ciocche che cadevano sul viso. Ma lui poteva vedere lo stesso la liscia consistenza delle sue guance, che il freddo aveva reso rosate.
«Non è una storia molto interessante» disse piano, e il cuore di lui ebbe un lieve tonfo.
«Per me lo è.»
«Si tratta della classica storia di un ragazzo che spezza i cuori, temo» raccontò lui, cercando di assumere un tono leggero, ma fallendo miseramente. «È stata raccontata migliaia di volte...»
«Non a me.»
Sospirando, Min sollevò lo sguardo, un lieve sorriso che curvava la sua bocca sensuale. «Sei molto insistente.»
«E tu stai gelando. Lascia che ti offra una cioccolata calda, e poi mi racconterai tutti i dettagli.» Lo prese per mano e fu contento che non opponesse resistenza. Tuttavia mentre lo conduceva all’interno della caffetteria, si domandò perché stesse compiendo tanti sforzi per quel uomo. Perché gli importava così tanto di lui e della sua vita.
Aveva iniziato quella giornata ripetendosi che poteva essere solo quello: un giorno. Era un principe, stava per diventare re, e aveva doveri reali. Una vita da un’altra parte. Non poteva esserci nulla di più tra loro, e nel momento in cui aveva incontrato Lee Sungmin aveva capito che lui non era il genere di uomo con cui trastullarsi per poche ore. E allora, perché era ancora lì con lui?
Perché voleva esserlo. Perché Sungmin era così divers dagli uomini che aveva conosciuto, e non era pronto a lasciarlo andare.
Anche se, fin troppo presto, era proprio quello che avrebbe dovuto fare.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Sungmin strinse le mani intorno alla tazza di cioccolata calda, chiedendosi da dove cominciare la storia. Non poteva credere di essere sul punto di raccontarla a Kyuhyun, e la cosa più sorprendente era che desiderava farlo. Non aveva mai parlato a nessuno della sua disastrosa relazione – ammesso che si potesse chiamarla così – con KangIn. Se l’era lasciato alle spalle e si era gettato nel lavoro, un mondo che gli era sembrato molto più sicuro.
Tuttavia adesso voleva parlarne. Con Kyuhyun.
«Ci incontrammo qui, in città» cominciò di colpo. «Io lavoravo come PA per uno dei maggiori studi di architetti. Vi lavorava anche Leeteuk, che poi mi prese con sé quando aprì il proprio studio.» Offrendogli  un rifugio dall’umiliazione di essere stato piantato in asso in pubblico, e dalla pena senza fine del suo cuore spezzato. «Si chiamava KangIn, ed era uno degli architetti emergenti. Affascinante e molto appariscente, un po’ viziato...»
«E ritieni che io sia come lui?» kyuhyun sembrò sorpreso e un po’ offeso.
Min fece un sorriso. «Be’, sei molto appariscente. In ogni caso, mi conquistò su due piedi. Uscimmo per due anni. Sembrava tutto meraviglioso all’inizio, poi cominciò a cambiare. Lui cambiò. Con me, era così divertente e affascinante...» Scosse la testa al ricordo. «Ma con gli altri era un altro uomo. Duro e ambizioso. E mi disapprovava, quasi come io se non gli piacessi affatto.» Deglutì, lo sguardo che svicolava. «Poi cominciò a cercare di cambiarmi, a farmi diventare una persona diversa, come lui. Mi diceva cosa indossare, cosa leggere, persino cosa pensare.»
«Sembra un bastardo.»
«Be’... Suppongo che lo fosse, e io ho sbagliato a continuare a stare con lui. Ero così attaccato a lui, così determinato a tenermelo.» Deglutì ancora. «Così ho cominciato a cambiare, cercando disperatamente di essere come mi voleva.» Scosse il capo, i ricordi che riaffioravano. «Non voglio fare mai più una cosa simile.»
«Io non vorrei mai che lo facessi.»
«In ogni caso» proseguì lui dopo aver bevuto un sorso di cioccolata, «finì tutto bruscamente. Venni a sapere che per tutto il tempo mi aveva tradito con segretarie e stagiste. Anche allora avrei potuto perdonarlo, tanto era scesa in basso la mia autostima, ma fu lui a lasciarmi.» Se cercava di suonare secca o indifferente, sapeva di aver fallito. «Dichiarò che non ero adeguato alla sua immagine. Così finì per uscire con una collega architetto, una che aveva un futuro brillante davanti, che ovviamente io non avevo.» Con il suo unico anno di università e i suoi sogni infranti. Semplicemente, non ero stato abbastanza per lui.
«Questo deve averti ferito» osservò Kyuhyun quietamente. Si allungò e coprì la sua mano con la propria. Min sentì la sua forza e il suo calore, sapeva che capiva molto riguardo i sogni infranti. Non si sarebbe mai aspettato che un uomo come Kyuhyun potesse farlo, ma non aveva davvero saputo che genere di uomo fosse in realtà.
«Mi ferì» ammise. «Ma la cosa che mi fece più male fu il fatto che non ero riuscito a vedere chi era davvero. Non volevo farlo. Volevo credere alla favola, così chiusi gli occhi e ignorai ogni segnale di avvertimento.» Scosse il capo. «Non sarò mai più così stupido.» Infatti, non avrebbe più messo a rischio il proprio cuore, e di certo non con Kyuhyun. Non che lui glielo avesse mai chiesto, si rammentò.
Kyuhyun era silenzioso e Sungmin si arrischiò a guardarlo. I suoi occhi erano incupiti, la bocca stretta in un cipiglio pensoso.
«Non so bene perché ti ho raccontato tutto questo» riprese lui dopo un momento. «Non che abbia qualcosa a che fare con...» Cercò le parole giuste, per non dire noi. «Te e me.»
«No?» Kyuhyun  sollevò le sopracciglia.
«Voglio dire, si tratta solo di un giorno.» Prese fiato. «Mi dispiace di avere esagerato prima. So bene che era solo un bacio.»
«Solo un bacio.»
«Sì...»
«Bene.» Kyuhyun gli sfregò il palmo della mano con le dita, accendendo di nuovo scintille nel suo corpo. «La giornata non è ancora finita. Vieni con me questa sera.»
Lo guardò, gli occhi spalancati. «Dove?»
«A bere un cocktail di benvenuto al Guggenheim.»
Gli girava la testa. «Come...»
«Sì» lo interruppe Kyuhyun con un sogghigno. «Come mio compagno.»

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Sungmin entrò nella famosa torre a spirale del Guggenheim e si sentì la gola secca. Era circondato da ospiti elegantissimi che reggevano coppe di champagne tra lo scintillare dei gioielli. Nel suo semplice completo color argento si sentiva appena presentabile. Guardò kyuhyun, che indossava gli abiti formali del suo stato – cravatta bianca e giacca da smoking con fusciacca rossa intorno al petto. Era bello e regale, in qualche modo remoto, e più che mai appariva come un principe, in procinto di diventare re.
La mano di lui scivolò intorno alla sua vita, mentre con l’altra mano sollevava due flute di champagne da un vassoio, porgendogliene uno. «Sospetto che sarà una serata molto noiosa» gli sussurrò in un orecchio. «Che è il motivo per il quale ti ho chiesto di accompagnarmi.»
Era per metà girato verso di lui, conscio di come il petto aderisse al suo braccio. «Oh? Sono la tua distrazione, allora?»
«Sei la mia salvezza» ripose lui, poi lo guidò in mezzo alla folla.
Le ore seguenti trascorsero in un baleno. Kyuhyun era affascinante con tutti, e sembrava conoscere chiunque incontrasse. Lo presentava con noncuranza, e lui vide la curiosità negli occhi della gente, che certo si chiedeva che tipo di relazione ci fosse tra loro. Sunfmin non spiegò nulla, né lo fece Kyuhyun. Che cosa avrebbero potuto dire, in ogni caso? Si erano incontrati soli ventiquattro ore prima, e il tempo che restava loro era limitato.
Tuttavia Min non voleva che terminasse. Non era ancora pronto a dirgli addio, anche se riteneva che lui lo fosse. E anche lui avrebbe dovuto esserlo, considerato il proprio passato. Anche se Kyuhyun avesse deciso di volere un qualche genere di relazione con lui, che futuro potevano avere? Lui non era certo adatto a diventare Re, e non avrebbe mai più cambiato se stesso per adeguarsi all’ideale di un uomo.
Verso la fine della serata il suo telefono suonò. Min vide che si trattava di Leeteuk e si appartò per rispondere.
«Leeteuk? Va tutto bene?»
«Sto bene.» Però non suonava come uno che stava bene. Suonava esausto e persino depresso.
«Che cosa succede? Incontrerai Kyuhyun e...»
«Lo vedrò al ballo domani sera.»
«Il ballo...» Sungmin aveva completamente dimenticato il Park Ball, offerto da Leeteuk e dai suoi due fratelli. I Park erano una famiglia molto in vista a New York, e il Park Ball era un evento sociale particolarmente ambito. «E domani mattina?»
«Sarò ancora occupato.»
«C’è qualcosa che non va?» Non aveva mai visto Leeteuk assentarsi dal lavoro, soprattutto quando c’era un progetto tanto importante in ballo.
Leeteuk sospirò. «Niente che non va. È solo accaduto qualcosa di... inaspettato. Puoi tenere occupato Kyuhyun per un altro giorno?»
Un altro giorno. Min deglutì. «Sì.»
«Grazie, Sungmin. Lo apprezzo veramente.»
Alcuni secondi più tardi si salutarono e Sungmin rimase fermo per un attimo, la mente che spaziava. Poi sentì la mano di Kyuhyun su una spalla.
«Va tutto bene?»
«Sì, certo.»
«Allora che ne dici di andarcene?»
«Per andare dove?»
Kyuhyun lo fece girare verso di sé. «Potresti venire con me al mio hotel.»

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Gli occhi di Sungmin si dilatarono e le labbra si dischiusero. Nessuna parola ne uscì. Appariva così comicamente sorpreso che Kyuhyun scoppiò quasi a ridere. Solo che non c’era nulla di cui ridere. Desiderava che lui dicesse sì più di ogni altra cosa. Voleva che andasse al suo albergo con lui, e voleva far l’amore con lui.
Finalmente Sungmin piegò la bocca in un sorriso tremante. «Se ho avuto una reazione esagerata per un singolo bacio, come pensi che dovrei reagire ora?»
Lui rise piano. «Correrò il rischio. Ti voglio, Min. So che ci conosciamo solo da pochi giorni...»
«Un giorno.»
«Ma ci tengo a te. Provo di più per te di quanto abbia provato per un uomo da molto tempo.»
Strinse le labbra. «Non so se questo sia significativo.»
Kyuhyun fece una smorfia. Dannazione alla sua reputazione di playboy.  «Anche così... vuoi venire con me?»
Per un lungo momento Min non rispose. Poi guardò su, incontrando il suo sguardo con gli occhi ancora sgranati, e annuì. «Sì.»
«Allora andiamocene» decise lui e senza perdere un altro momento intrecciò la mano a quella di lui e lo condusse fuori dal museo.
Fece cenno a un taxi fuori e pochi secondi dopo correvano nell’oscurità, diretti al suo albergo. Min teneva il viso rivolto al finestrino e lui non riusciva a capire cosa stesse pensando, o provando.
«Min?»
«Non ti comporti come un principe.» Si voltò di colpo verso di lui, la voce morbida nel buio. «Non voli su un jet privato, non hai un’auto al tuo servizio, le tue guardie del corpo non ti seguono a ogni passo.»
«Ho dato loro il giorno libero.»
«Non vivi in un castello e non vuoi neppure essere re. Non sei affatto quello che mi aspettavo.»
Lui gli prese la mano e si portò le sue nocche alle labbra. Lui rabbrividì in risposta. «È una cosa così brutta?»
«No» rispose lui piano. «No, non lo è. Ma... mi spaventa.»
«Perché?»
«Perché non so chi sei» mormorò Min. «So solo quello che vorrei che fossi.»
Il cuore di lui ebbe un pericoloso sbandamento. «Io sono l’uomo che hai conosciuto in questa giornata» rispose Kyuhyun, la sincerità che risuonava nella sua voce. «Questo è esattamente quello che sono.» Non il principe Payboy dei giornali o delle feste. Non l’uomo che lui si era aspettato e aveva creduto che fosse, a dispetto di quello che aveva dichiarato di volere.
Aveva bisogno che il mondo credesse che lui fosse quell’uomo. Anche se non lo era. Ma con Sungmin voleva che fosse diverso. Voleva che lui conoscesse chi era davvero, anche se la loro relazione non sarebbe potuta andare da nessuna parte.
Il taxi si fermò di fronte al Mandarin e Kyuhyun strinse la mano di Sungmin «Siamo arrivati.»

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Sungmin entrò nella suite all’attico del trentacinquesimo piano dell’hotel, con le finestre a parete che rivelavano il panorama di luci della città sotto di loro. Dietro di sé udì la porta che si chiudeva piano, poi le mani di Kyuhyun di posarono lievi sulle sue spalle.
«Sei sicuro?» gli domandò piano.
Prese un respiro e si girò a fronteggiarlo. «Sì, sono sicuro.» E lo era, sorprendentemente sicuro. Spaventato anche, e di certo nervoso, ma sapeva di volerlo. Voleva Kyuhyun, anche se poteva finire tutto l’indomani. Anche se lui era il principe Playboy.
Tuttavia non aveva agito come un playboy nel breve tempo in cui l’aveva conosciuto. Era stato dolce, premuroso, divertente e gentile. Il genere di uomo di cui poteva facilmente innamorarsi, e temeva che fosse esattamente quello che stava succedendo.
E se fosse stata tutta una commedia, proprio come era stato con KangIn? Se Kyuhyun fosse stato solo molto, molto abile nell’ottenere quello che voleva? Lui non era adatto a essere un principe, e non voleva cambiare. Né voleva che lui desiderasse cambiarlo.
«Non sembri sicuro» notò lui con un sorriso ironico.
Sungmin scacciò tutti i pensieri e le paure. Era sicuro riguardo a questo, riguardo a ora. Lo voleva, si sentiva attratto da lui più che da qualunque uomo avesse mai incontrato. Sorridendo, gli circondò il collo con le braccia.
Era l’invito di cui Kyuhyun aveva bisogno. Lo tirò gentilmente a sé e gli catturò le labbra, un bacio più dolce e più profondo di quello che si erano già scambiati. Sungmin rovesciò indietro il capo e si lasciò avvolgere da sensazioni squisite mentre la bocca di lui tracciava un caldo sentiero di baci lungo il suo collo fino all’incavo del petto. Tremò, e lui sorrise contro la sua pelle.
«Sei così bello, sai.»
Lui gli credette, credette alla sincerità nella sua voce. In quel momento credeva in quell’uomo, l’uomo che Kyuhyun aveva voluto che lui conoscesse, non il principe dei rotocalchi. Sungmin voleva quell’uomo.
In qualche modo trovarono la strada per la camera, con il grande letto coperto da un piumino di seta, e le ampie vetrate che mostravano Manhattan gloriosamente illuminata.
Kyuhyun gli tolse il vestito color argento, e Sungmin rabbrividì nell’aria fresca. Poi lui si strappò gli abiti in fretta e coprì il corpo nudo di lui con il proprio, e tutto quello che lui poté pensare, sentire ed assaporare fu Kyuhyun. I suoi baci profondi, le sue carezze esperte, il modo in cui riusciva a far cantare di piacere il suo corpo, la dolcezza con cui loincoraggiava a toccarlo, a esplorarlo.
Poi, quando finalmente unì il suo corpo a quello di Min in quel dolce atto d’unione, gli strinse il viso tra le mani e gentilmente gli fece dischiudere gli occhi in modo che incontrasse il suo sguardo intenso, pieno di... amore... o così sembrò a Min in quel momento, mentre lacrime di una emozione pura e incontrollabile presero ad annebbiarle la vista. kyuhyun lo baciò ancor più intensamente mentre il piacere finalmente li sopraffaceva.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Sungmin si svegliò al sole invernale che inondava la camera da letto di Kyuhyun. Sbatté le palpebre e si girò, sentendo il cuore che si stringeva in petto nel vedere Kyuhyun accanto a lui, nudo e addormentato. Stupendo.
I ricordi della notte gli si accavallarono nella mente come un caleidoscopio di sensazioni. Era stato un amante meraviglioso: tenero, premuroso, e tuttavia appassionato, perfino selvaggio. Si era sentito custodito e temerario allo stesso tempo, liberato eppure meravigliosamente al sicuro.
Ma... e oggi, e il futuro... cosa poteva accadere?
La risposta era... niente.
Quietamente scivolò fuori dal letto e andò a cercare i vestiti. Doveva andare a casa, prepararsi per il lavoro. Aveva trascorso troppo tempo lontano dall’ufficio e poteva immaginare il numero di emails e di chiamate che si sarebbe trovato davanti. Solo il pensiero di aver trascurato qualcosa di importante lao faceva rabbrividire. Lui viveva per il lavoro, era stata una sua scelta. Non poteva rischiare di vivere per qualcosa d’altro, aprire se stesso e farsi spezzare di nuovo il cuore...
Come se potesse avvertire i suoi pensieri, Kyuhyun aprì gli occhi, stirandosi lussuriosamente, e si sollevò su un gomito. «Dove stai andando?»
Sungmin si infilò svelto l’abito. «Devo andare a casa, prepararmi per il lavoro.»
Kyuhyun si protese sopra il gomito. «Pensavo che il tuo lavoro al momento fosse prenderti cura di me.»
Fece una smorfia. «Considerati libero dalla cura allora.»
«Non ne sono sicuro.» Pigramente, si sporse per afferrarlo. «Torna a letto, Sungmin. Tutto il resto può aspettare.» Lo tirò sul letto, baciandogli le spalle mentre le mani percorrevano tentatrici il suo corpo.
E lui era tentato. Così tentato di balzare nel letto con lui e dimenticare ogni altra cosa, anche il suo cuore che era già a rischio di spezzarsi.
Con uno sforzo si divincolò e si alzò. «Non posso, Kyuhyun. Devo lavorare. Il mio lavoro è molto importante per me. E, in ogni caso, abbiamo avuto il nostro unico giorno. La nostra unica notte.» Lottò con la zip dei pantaloni, le mani che tremavano, e Kyuhyun si alzò dal letto, gloriosamente nudo, per aiutarlo.
«È questo che pensi?» gli domandò dolcemente, il respiro che gli solleticava la nuca. «Che è finita?»
Lui chiuse gli occhi contro le lacrime. «Non lo è?»
kyuhyun non rispose, il che era già una risposta. Ovviamente era finita. Naturalmente non sarebbero andati da nessuna parte. Lui era un playboy, un principe, e Min era solo un segretario che era stato così stupido da farsi spezzare il cuore per la seconda volta da un uomo che pensava che lui non fosse adatto a lui.
Deglutendo, Sungmin si allontanò. «Ci vediamo questa sera» sussurrò. «Al ballo.»
«Vieni con me, come mio...»
«No, Kyuhyun.» Sungmin scosse il capo, la sua compostezza così vicina a spezzarsi. «Ci vedremo là, ma questo sarà tutto.»
E senza un’altra parola, non fidandosi a parlare, se ne andò.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***



Kyuhyun  si guardò allo specchio e si accigliò. Indossava un frac con cravatta bianca per il ballo di Park, con la fusciacca rossa sul petto.  L’insegna reale di Montvidant gli pesava addosso con particolare gravità quella sera, dopo che aveva trascorso la giornata da solo vagando per la città e pensando a SungMin.
Lui aveva avuto ragione a farla finita. Logicamente lo sapeva, ed era d’accordo con lui. La loro relazione - per le poche ore in cui era durata - non poteva andare da nessuna parte. Lui era l’erede al trono del suo paese, e sua madre si aspettava che sposasse una donna adeguata a essere regina, non un anonimo segretario del Connecticut.
Più importante ancora, era sicuro che Min non desiderasse il genere di vita che lui poteva offrirgli. Il tipo di esistenza colma di doveri che era richiesta a lui. Ovviamente avrebbe lasciato cadere l’immagine del playboy una volta che si fosse sposato, ma la sua vita sarebbe sempre stata alla ribalta. Sarebbe sempre stato schiavo dell’immagine e di cosa il suo popolo pensava di lui e del suo Paese. Da quello che sapeva di Sungmin e della storia del verme che l’aveva usato, lui avrebbe disprezzato quel genere di vita.
Eppure... sussurrò una voce – infida, disperata eppure speranzosa – dentro di lui. Eppure... e se per lui non fosse stato così? E se quello che avevano condiviso era sufficiente per rendere tutto il resto non importante, o quanto meno gestibile? Era pronto a gettare via quello che aveva trovato con SungMin soltanto perché la logica gli suggeriva che era ragionevole?
Quando mai l’amore era ragionevole?
E lui amava Min?
Kyuhyun si riscosse dalle sue riflessioni. Il Park Ball era la sua ultima opportunità di parlarle. Di convincerlo... a cosa?
Che l’amava. O, almeno, che pensava di poterlo amare, se un paio di giorni non erano abbastanza per poterne essere sicuri. Lui però conosceva già la forza dei suoi sentimenti, sapeva che non era pronto a rinunciare a questa cosa. A rinunciare a lui.
Era convinto che neppure lui volesse rinunciare a lui. Le loro diverse posizioni potevano rappresentare una sfida, ma di sicuro non c’era nulla di impossibile. Insieme potevano farlo funzionare. Loro potevano funzionare.
Un sorriso si diffuse nel viso di Kyuhyun e il cuore gli diede un balzo mentre si rendeva conto di quello che stava prendendo in considerazione. Quello che intendeva fare.
Quella sera sarebbe andato da Sungmina... e gli avrebbe chiesto di essere suo.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


«Sungmin, che cosa diavolo hai fatto negli ultimi giorni?»
Min si girò nel guardaroba e vide il suo capo, Park Leeteuk che lo guardava con un sorriso attonito. Lui appariva, pensò lui, orribile. Oh, Leeteuk sarebbe sempre stato splendido, con i suoi occhi scuri, i capelli bruni e un fisico tonico, ma in quel momento il suo viso appariva grigio e spento, e gli occhi erano iniettati di sangue.
«Ho intrattenuto il principe kyuhyun, come mi hai chiesto di fare» rispose. «Tu piuttosto, che cosa hai fatto, Leeteuk? Spiacente di essere brutale, ma hai un aspetto terribile.»
 «Non pensare a me. Non hai visto i giornali, vero?»
Min si irrigidì, sentendo qualcosa dentro di lui che gelava. Forse era il suo cuore. «I giornali?»
Lui scosse il capo con una smorfia. «Devono avere avuto un’imbeccata.»
«Io... no.»
«E probabilmente non vuoi vederli...»
«Credimi, lo voglio.»
Pochi minuti dopo Leeteuk tornò con un plico di rotocalchi, il genere che di solito riportavano foto e notizie di Kyuhyun. Solo che questa volta c’era anche lui. Guardò costernatu l’intero reportage fotografico della loro giornata a New York. Il ristorante, dove avevano preso posto accanto alla vetrata. Il bacio molto pubblico al Rockefeller Center. L’uscita dal Guggenheim e il taxi preso insieme.
Ma la cosa peggiore era il titolo. Il principe racconta tutto. L’intervista esclusiva sull’avventura a Manhattan.
«Mi dispiace, Min.»
«No, a me dispiace.» Gettò via i giornali. «Mi dispiace di essere stato così stupido... di nuovo.» Chiaramente Kyuhyun aveva pianificato tutto. Aveva scelto i momenti per le fotografie giuste. L’aveva sedotto... ma a quale scopo? Solo per divertirsi? O per ottenere qualcosa? Ma faceva qualche differenza?
Fece un sorriso lacrimevole. «Non sono stato per nulla professionale.»
«Non importa questo» rispose lui brusco, abbracciandolo con calore, cosa di cui Min gli fu grato. Leeteuk era un po’ come il fratello che non aveva mai avuto. «Stai bene, Sungmin?»
«No» singhiozzò. «Ma lo starò presto.» Era forte, aveva già superato quel genere di tradimento, l’avrebbe fatto di nuovo. Doveva farlo.
«Se avessi avuto anche solo la più pallida idea che potesse accadere una cosa simile...»
«Oh, Leeteuk, sono un’adulto. Sono responsabile della mia vita e del mio cuore. Apprezzo la tua preoccupazione da fratello maggiore, ma è solo colpa mia. Non avrei mai dovuto...» Deglutì forte, senza finire la frase. Innamorarmi del principe Playboy.
Leeteuk gli sorrise e gli asciugò una lacrima che gli rotolava sulla guancia. «Lo supererai, tesoro.»
«Mi scusi» disse all’improvviso una voce con ferrea autorità, «ma è pregato di tenere le mani lontane da Min.»
«Cosa...» Sungmin guardò su, la sorpresa che si trasformò subito in furia. Il principe Kyuhyun era là, e sembrava stesse per prendere a pugni Leeteuk.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***



«Principe Kyuhyun.» Leeteuk si scostò da Min, tuttavia non tese la mano al nuovo venuto. «Finalmente ci incontriamo. Sono Park Leeteuk... mi scuso per il ritardo...»
«Non importa.» Kyuhyun si voltò verso Min. «Voglio parlare con te...»
«E io voglio parlare con te!» sbottò lui. Si asciugò le lacrime dalle guance e prese i giornali. «Così era questo lo scopo della nostra piccola avventura, Kyuhyun?»
Lui guardò le fotografie e il titolo con le sopracciglia aggrottate. «Sungmin...»
«Penso che mi scuserete...» mormorò Leeteuk accennando ad andarsene.
«Per favore, andiamo in un luogo privato» chiese Kyuhyun a bassa voce, e Sungmin annuì. Non voleva fare una scenata nel bel mezzo del Park Ball.
Si avviarono in una piccola stanza accanto al guardaroba e Kyuhyun lo fissò per un lungo momento, il viso serio. «Sei bellissimo questa sera, Min. Assolutamente delizioso.»
Le sue parole non avrebbero dovuto scaldarlo, invece lo fecero. Min squadrò le spalle. «È un po’ tardi per i complimenti, Kyuhyun.»
«Pensavi che fossi al corrente di quell’articolo? Che abbia davvero rilasciato l’intervista?»
«Perché non avresti dovuto farlo? Sei il re del gossip, il principe Playboy...»
«Non questa volta. Non con te.»
«Allora come...»
«Devono avermi seguito. Sungmin, non ti mentirò: la stampa mi dà la caccia, e io li ho incoraggiati fino ad ora... per il vantaggio del mio paese.»
Lo guardò incredulo. «Per il tuo paese?»
«Montvidant è un piccolo stato praticamente sconosciuto. Quando mia sorella ha abdicato, mia madre mi ha chiesto di fare qualcosa per portare il paese alla ribalta, per incoraggiare il turismo e gli investimenti. E tutto quello che ho fatto, l’ho fatto solo per attirare l’attenzione dei giornali allo scopo di ottenere visibilità.»
«Quindi si è trattato di una sorta di... trucco?»
Lui fece un sorriso storto. «Più o meno.»
 «Allora... chi sei tu davvero?» sussurrò lui.
Kyuhyun fece un passo verso di lui. «L’uomo che tu hai conosciuto in questi pochi giorni. L’uomo che ti ha tenuto tra le braccia e ti ha baciato. L’uomo che si è innamorato di te.»
Lui scosse il capo, l’incredulità che lottava con la speranza dentro di lui. «Non puoi amarmi...»
«Io voglio farlo. Per favore, Min, dammi una possibilità. Dai a noi una possibilità. So che non sarà facile. So che la mia vita non è del genere che avresti mai voluto, ma io credo che ciò che abbiamo sia speciale, e raro. Per favore, non gettarlo via.» Si sporse a prendere le sue mani. «Sono venuto qui questa sera per dirti questo. Non avevo idea di quell’articolo sul giornale.»
«Ti credo» sussurrò lui, e si rese conto che era vero.
«E allora?» lo esortò Kyuhyun stringendogli le mani.
Sungmin lo guardò, le paure che si facevano indietro mentre la speranza avanzava. «Io... Io non so. Come possiamo avere una relazione, Kyuhyun? Tu sei un principe...»
«Di un paese molto piccolo e moderno.» Fece un sogghigno, poi un sorriso più incoraggiante. «Ti accetteranno, Min...»
«Come puoi esserne sicuro?»
«Perché mi assicurerò che lo facciano.»
Lui resisteva ancora. «E che ne sarà del mio lavoro? Della mia vita? Non cambierò per te, Kyuhyun, non cambierò mai più per un uomo.»
«Io non voglio che tu cambi. Non te lo chiederò mai.»
«E io non lo chiederò mai a te.» Lo amava esattamente come era. Tuttavia non sapeva cosa dire, ancora combattuta tra vecchi timori e nuove speranze.
«Min?» chiese kyuhyun gentilmente.
Lui prese un respiro profondo. Per troppo tempo aveva vissuto una vita quieta e al sicuro, proteggendo il suo cuore, concentrato solo sul lavoro.  Era pronto per rischiare ancora, pronto a provare. Ad amare.
«Sì» sussurrò. «Sì, voglio provare, Kyuhyun. Voglio provare con te.»
Sorridendo, Kyuhyun lo tirò a sé e lo baciò gentilmente, ma quando Min gli mise le braccia intorno al collo il bacio si approfondì in una promessa che era per sempre. Quello, Sungmin lo sapeva, era il miglior bacio di tutti.

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