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[Storia Interattiva – iscrizioni aperte fino al 31 maggio
2018]
31 ottobre 2018,
Londra, Ufficio Misteri
«…ricapitolando,
per poter possedere un Giratempo bisogna prima di tutto compilare il modulo per
la visita specialistica completa per l’accertamento della salute psico-fisica
al San Mungo, poi…»
Senza nemmeno alzare gli occhi dalle pergamene ricoperte di
appunti Mike scosse la testa «No
Christie, prima devi passare dall’accettazione dell’ufficio Manufatti Magici,
compilare il modulo per richiedere il modulo specifico per i Giratempo che deve
poi essere spedito entro tre giorni alla segreteria dell’Ufficio Misteri e solo
dopo aver ricevuto il loro via libera puoi presentarti al San Mungo per le
visite»
Christie piagnucolò mestamente rigirando le pagine del
quaderno degli appunti «Ma
perché non ho queste cose scritte da nessuna parte. Che poi» sbottò irritata
passandosi una mano tra i capelli «a cosa serve compilare un documento per
farmi rilasciare un altro documento che serve per potermi presentare al San
Mungo a richiedere un altro documento per le visite?! Perché fare tutti questi
giri inutili?»
«Credo che
vogliano scoraggiare le persone e direi, guardando le statistiche dei Giratempo
rilasciati negli ultimi dieci anni, che stanno riuscendo nel loro intento»
Christie annuì distrattamente scuotendo i riccioli ramati «Solo quattro Giratempo sono stati
consegnati, un al professor Vitious e gli altri tre a Indicibili Esperti»
lanciò un’occhiata al ragazzo a fianco a lei in cerca di conferme «che sono gli
Indicibili che hanno ottenuto la specializzazione da almeno tre anni e con
almeno tre dei cinque giudizi finali pari a E»
Mike le sorrise incoraggiante «Esattamente»
le posò una mano sulla spalla «Dai Chris, passerai quest’esame senza problemi, vedrai»
la ragazza scosse la testa sconsolata mugugnando qualcosa di indistinto «Ti
presterò i miei appunti domattina così potrai controllare che non ti manchi
nulla»
«Più che
degli appunti avrei seriamente bisogno di un miracolo» borbottò grattandosi il
braccio destro nervosa «Avrei dovuto ascoltare mia madre e andare all’Ufficio
Passaporte con lei, almeno lì non avrei….» si bloccò
improvvisamente a metà frase irrigidendosi e guardandosi attorno.
«Chris?»
«Shhh!»
«Ma cosa…?»
Mike non finì la frase perché la ragazza gli tappò la bocca con la mano.
«Hai
sentito anche tu?» chiese qualche secondo dopo Christie sottovoce tirando fuori
la bacchetta dalla tasca.
Mike strabuzzò gli occhi «Ehm,
sentito cosa esattamente?» chiese perplesso non appena la ragazza gli liberò la
bocca.
Christie rimase in silenzio intimandogli di ascoltare: un
flebile ronzio si era diffuso nell’ampio corridoio vuoto «Lo senti anche tu adesso?»
«Sembra il
rumore di una lampadina» commentò Mike scrollando le spalle prima di tornare a
concentrarsi sugli appunti.
Christie lo
guardò storto «E da quando ci sono delle lampadine nell’Ufficio Misteri?»
«Che ne so…il
Ministro Shacklebolt vuole essere aperto nei confronti del mondo babbano,
magari le ha fatte installare per quello»
«E dove li
vedi i cavi?» ribattè la ragazza piccata. Era più che certa che servisse un
impianto eclettico per installare le
lampadine, l’aveva studiato in Babbanologia al quinto anno.
Mike sbuffò alzandosi in piedi piuttosto seccato «Se serve a farti calmare andremo a
caccia di lampadine inesistenti» prima che la ragazza avesse il tempo di
risponderle per le rime la bloccò «ma non prendertela con me quando troveremo
solo un povero topo che cercava la mensa»
I due si avviarono nel corridoio deserto facendosi luce con
le bacchette, avvicinandosi alle pareti per ascoltare meglio «Mi sembra che qui sia tutto tranquillo»
sussurrò la ragazza staccando l’orecchio dalla porta che conduceva alla Stanza
dell’Amore «ma considerando la situazione in cui versa la mia vita sentimentale
credo di non aver affinità con questa stanza» aggiunse sarcastica facendo
ridacchiare il ragazzo che si allontanò dalla porta della Stanza del Tempo.
«Anche qui
tutto tranquillo» Mike si guardo intorno «E’ una mia impressione o il rumore si
sta facendo più forte?»
«No, non lo
è…oh, spero davvero che non provenga dalla Stanza della Morte» piagnucolò
Christie «Quel posto mi mette i brividi, non voglio metterci piede»
Il ragazzo si avvicinò lentamente alla stanza in questione,
poggiando un orecchio sulla porta per poi allontanarsi pochi secondi dopo
scuotendo la testa «Non
proviene da qui, c’è un silenzio di tomba» ridacchiò mentre Christie lo inceneriva
con lo sguardo sbottando «Che idiota…aspetta, ascolta» indicò con la bacchetta
l’ultima porta sulla sinistra.
In prossimità dell’entrata alla Stanza dei Pensieri il ronzio
si era fatto più intenso «Tu
credi che dovremmo entrare?» chiese titubante Mike sperando in una risposta
negativa dell’amica
«Diamo un’occhiata
veloce e ce ne andiamo»
«O potremmo
anche andarcene e basta…»
Christie scosse la testa con convinzione «No, siamo di guardia e dobbiamo fare
il nostro dovere. Il tuo spirito Grifondoro è per caso
andato in vacanza?»
«Potrei dire
lo stesso della tua anima da serpe»
«Senti nemmeno
io vorrei entrare ma non aspettano altro che bocciare un po’ di reclute e non
voglio che se la prendano con noi perché non siamo stati abbastanza bravi come
guardiani» lo sguardo della ragazza lampeggiò mentre, con un gesto fluido della
bacchetta, faceva scattare la serratura della stanza «Non dobbiamo mai
sottovalutare alcunché, ricordatelo» aggiunse spalancando con decisione la
porta mentre una forte luce arancione investiva lei e l’amico.
«Questo non
è affatto nella norma» piagnucolò Mike coprendosi gli occhi mentre Christie indietreggiando
gli aveva afferrato con forza il braccio.
Dopo qualche secondo quando riuscirono entrambi ad alzare lo
sguardo con gli occhi ridotti a fessure a causa del violento bagliore, videro
una decina di globi aranciati che vorticavano furiosamente in cerchio vibrando
e sibilando a circa tre metri d’altezza.
Mike e Christie indietreggiarono spaventati «Dobbiamo chiamare Kincaid» sussurrò
atterrita la ragazza mentre l’ex grifondoro annuiva incapace di proferire
parola
Angolino Autrice
Eccomi qua con la mia
prima interattiva!
Questa storia è
ambientata ai giorni nostri, nel 2018 e la vicenda, nonostante sia ambientata
nell’universo creato dalla divina JK si ispira molto alla serie tv Sense8, che
finirà a giugno con mio sommo dispiacere.
I sensate (detti anche Hominessensorium) sono delle
persone, dei maghi in questo caso, nati nello stesso momento, nello stesso
giorno e nello stesso anno in parti diverse del globo, che ad un certo punto
della loro vita sviluppano una potente connessione tra loro: possono provare le
stesse emozioni degli altri sensate appartenenti al loro Cluster (gruppo di
sensate), possono comunicare mentalmente con gli altri sensate pur trovandosi
in diversi continenti e apparire a fianco ai loro compagni rimanendo invisibili
a tutte le altre persone. I sensate inoltre
condividono tutte le loro abilità: se Tizio finisce in una rissa a Beirut e
Caio, che in quel momento è sul suo divano a Chicago, è un esperto di arti
marziali, Caio si alzerà in piedi cominciando a combattere nemici inesistenti
nel suo salotto e Tizio simultaneamente compirà gli stessi gesti.
I
sensate sono rari e hanno doti
molto utili e per questo motivo molti Indicibili desiderano ardentemente
“catturarli” e studiarli motivo per cui i membri di un cluster devono essere
molto discreti riguardo al loro dono, cosa per nulla semplice, soprattutto agli
inizi quando sono ancora confusi e non sanno bene come gestire questo dono.
Accetterò tra i sette e
i nove personaggi cercando di bilanciare il numero di ragazze e ragazzi.
Proverranno tutti da scuole diverse per cui quando mi proponete i personaggi
date un’occhiata alle altre recensioni, mi spiacerebbe trovarmi magari con
tanti bellissimi oc provenienti dalla stessa scuola e doverli eliminare quasi
tutti.
Potete propormi massimo
tre oc (non tutti dello stesso sesso) che provengano tutti da scuole diverse.
Non accetto gemelli o
ragazzi che già si conoscono.
Non accetto Veela,
vampiri, metamorphomagus, lupi mannari, animagus, leprecauni e alcun tipo di ibrido. Direi che essere
collegato mentalmente con più di cinque persone basta come particolarità.
Nella recensione
scrivete un minimo di commento (secondo il regolamento non basta scrivere
vorrei partecipare con…) insieme al sesso, alla scuola e allo stato di
provenienza dell’oc. Inviatemi le schede via
mp solo dopo che vi avrò dato il via libera rispondendo alla recensione. Le
schede inviate come recensione non saranno considerate. Se doveste avere
bisogno di una proroga di un giorno o due (non di più però) avvisatemi senza
alcun problema e soprattutto avvisatemi se per qualche motivo non doveste
riuscire proprio a completare le schede.
Dovrei riuscire a
pubblicare il primo capitolo con la selezione oc entro una settimana dalla
scadenza delle consegne.
Se non vi fate sentire
per due capitoli di fila nel terzo il vostro personaggio non comparirà e se
anche allora non doveste recensire sarà eliminato nel capitolo successivo. Se
vi doveste rendervi conto che per un capitolo o due non potrete recensire
perché sarete in Namibia per un safari o per altri motivi avvisatemi via mp. Mi
bastano due parole e il vostro personaggio attenderà sano e salvo il vostro
ritorno. Certo anche in quel caso magari dopo un po’ cercate di farvi vivi,
altrimenti potrei preoccuparmi e pensare che durante il safari un leone vi
abbia sbranato.
Riguardo le scuole
specifico un paio di cose:
Hogwarts: ragazzi e ragazze provenienti da Gran
Bretagna, Irlanda e da qualunque paese che faccia parte del Commonwealth (che
sono veramente troppi per cui non li scrivo tutti XD). Devono tutti
obbligatoriamente saper parlare inglese.
Beauxbatons: ragazzi e ragazze provenienti da
Francia, dai territori francesi d’oltremare (Guyana, la Reunion, Martinica, ecc), Spagna, Portogallo, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi,
Lussemburgo, Italia e Nord Africa. Devono tutti obbligatoriamente saper parlare
francese.
Castelobruxo: ragazzi e ragazze provenienti
dall’America Centrale, dal Sudamerica, dalla Spagna o dal Portogallo. Devono
tutti obbligatoriamente saper parlare spagnolo.
Ilvermorny: ragazzi e ragazze provenienti da
Canada e Stati Uniti. Devono tutti obbligatoriamente saper parlare inglese.
Durmstrang: ragazzi e ragazze provenienti dalla
Scandinavia, dall’Europa centro-orientale e dai Balcani. Devono tutti
obbligatoriamente saper parlare tedesco.
Uagadou: ragazzi e ragazze provenienti da
tutta l’Africa. Devono tutti obbligatoriamente saper parlare Swahili. Accetto
eventualmente anche afrikaneers purché siano nati e
cresciuti in Africa.
Koldovstoretz: ragazzi e ragazze provenienti da
Russia e da tutti quegli stati che costituivano l’ex Unione Sovietica (quindi,
le repubbliche baltiche, Ucraina, Bielorussia, ecc).
Devono tutti obbligatoriamente saper parlare russo.
Mahoutokoro: ragazzi e ragazze provenienti da
Giappone, Hawaii, Filippine e Taiwan. Devono obbligatoriamente saper parlare
giapponese.
Istituto delle streghe di Salem: solo ragazze provenienti dagli Stati
Uniti. Devono obbligatoriamente saper parlare inglese.
Scheda OC
Nome completo:
Prestavolto (non
accetto attori che hanno recitato nei film della saga o in Animali Fantastici):
Aspetto fisico:
Descrizione
psicologica:
Luogo di nascita (la
data 31 ottobre 1993 è obbligatoria):
Scuola frequentata
(descrivete brevemente anche il percorso scolastico):
Famiglia e rapporto con
essa:
Dove vive (può
tranquillamente essere lo stato o anche la città d’origine):
Professione (può anche
essere ancora uno studente o aver scelto una professione babbana, ma dovete
dirmi perché):
Patronus:
Bacchetta:
Amicizie e inimicizie
(con che tipi di persone va o meno d’accordo):
Relazione (ha già una
relazione o con che tipo di persona lo vedreste bene):
Passioni e talenti:
Fobie e debolezze:
Cosa ama e cosa odia:
Lingue parlate
(coerenti al luogo in cui vivono e cercate di non esagerare, i poliglotti che
ne parlano 28 sono molto rari):
Altro (campo
facoltativo, scrivete qualunque cosa vi passi per la testa sul vostro oc):
Per qualunque dubbio o
domanda non esitate a chiedere!
«Ci espelleranno» la
voce funerea di Christie ruppe il pesante silenzio che si era creato «Ci
espelleranno e quando lo comunicherò ai miei genitori mia madre mi sbraiterà
contro dicendomi di aver perso un anno della mia vita dietro un sogno assurdo
invece di cercarmi un lavoro decente» Mike roteò gli occhi scuotendo la testa
«Per non parlare poi dei miei fratelli e di quella vipera di Belinda…oh mi
prenderanno in giro a vita»
Il ragazzo sbuffò «Ti offro asilo politico a casa mia a Manchester,
se non hai paura di una chiassosa famiglia anglo-giamaicana o di venire nel
nord» commentò ironico beccandosi un’occhiata velenosa dall’amica.
«Come diamine fai a
scherzare su queste cose?!» ringhiò massaggiandosi le tempie «Lo sapevo, non
avrei dovuto darti ascolto…»
«Sei stata tu a voler
controllare da dove venisse quel rumore!»
«È la tua cattiva
influenza grifondoro a farmi venire certe strane idee!»
«Non iniziare con la
storia delle case!»
«È innegabile che da
quando ci conosciamo io stia continuando a fare un disastro via l’altro»
«Non definirei un
disastro decidere di affrontare l’addestramento da indicibile con il più
affascinante ragazzo che tu abbia mai incontrato»
Christie cercò di
nascondere il rossore tra i capelli sibilando «Il
tuo ego mi sta soffocando»
«Dai, ammettilo…»
«Ammettere cosa?» una
voce alle loro spalle li fece sobbalzare e scattare in piedi, rischiando quasi
di rovesciare le sedie su cui erano seduti.
«Signor Kincaid»
mormorarono i due ragazzi in segno di saluto non osando guardare negli occhi
l’indicibile appena entrato nella stanza.
Le labbra di Silas
Kincaid si piegarono in un sorrisetto sardonico mentre con moderata lentezza
superò i ragazzi accomodandosi elegantemente dall’altra parte della scrivania
di fronte a loro «Sedetevi pure,
non c’è alcun bisogno di rimanere ritti in piedi come soldatini» osservò i due
ragazzi sedersi con lo sguardo basso in silenzio senza pronunciare alcuna
parola anche per i successivi due minuti.
«Dunque» esordì
catturando subito gli sguardi di Mike e Christie «Voi siete studenti del
secondo anno, Mike Torrance e Christianna Nott, corretto?» i due annuirono
mentre Silas sfogliava alcune pergamene poggiate sulla scrivania «Ottimi voti,
i migliori ai test attitudinali vedo, il signor Torrance è risultato migliore
nelle prove fisiche mentre la signorina Nott porta avanti i valori tipici di
serpeverde, la sua vecchia casa secondo quanto scritto, sbaragliando la
concorrenza riguardo le prove sotto stress psicologico» i ragazzi si scambiarono
un breve sguardo teso non capendo dove l’uomo intendesse andare a parare.
Silas li osservò
attentamente sorridendo «Suvvia, cosa sono quelle espressioni tese, credete
davvero che sarei così tranquillo all’idea di bocciare le mie due reclute più
promettenti?» si sporse in avanti poggiando i gomiti sulla scrivania di fronte
alle espressioni attonite dei due aspiranti indicibili.
«Noi…avevamo paur…insomma…» Christie si schiarì la voce imbarazzata
lanciando con lo sguardo una muta richiesta d’aiuto al ragazzo a fianco a lei
ma Silas la interruppe «Signorina Nott, questa notte avete entrambi dimostrato
di saper prendere decisioni rivelatesi corrette in tempi molto brevi. Ragionare
e fare delle scelte in fretta è una delle qualità che più apprezzo»
Christie arrossì
mentre Mike sorrise trionfante «Non
voglio trattenervi ancora a lungo, credo che entrambi siate piuttosto stanchi e
desiderosi di riposarvi come si deve» Silas si alzò imitato dai ragazzi e
strinse loro la mano con decisione «Consideratevi esonerati dalle ronde per
questa settimana, preferisco che vi prepariate a dovere per gli esami. Mi
preoccuperò personalmente di avvisare i vostri istruttori»
«Grazie!» Mike non
riuscì a contenere l’entusiasmo facendo alzare gli occhi al cielo a Christie
che si limitò a sorridere educatamente, come si confaceva a qualunque posata
ragazza purosangue, secondo quanto sostenevano i suoi genitori.
Con le esili dita
di Christie ancora strette tra le sue, Kincaid, inchiodando entrambi a terra
con lo sguardo, aggiunse «Credo
che voi siate d’accordo con me riguardo il fatto di tenere l’incidente di
questa sera privato» la ragazza
inarcò un sopracciglio mentre il sorriso sul volto di Mike si spense
all’istante «Non è il caso di allarmare i vostri compagni riguardo questo
piccolo guasto, giusto?»
Nonostante
l’inflessione interrogativa, il tono dell’uomo lasciava poco spazio alla
risposta «Certamente»
nonostante la risposta fin troppo frettolosa e per nulla spontanea, Silas si
fece bastare la rassicurazione dei due ragazzi, lasciando andare la mano di
Christie e indicando loro con un sorriso la porta.
Mike non fece in
tempo a poggiare la mano sul pomello d’ottone della maniglia che la porta si
spalancò e sulla soglia comparve una giovane donna bionda piuttosto affannata
che stringeva tra le mani una cartellina marrone. La donna squadrò i ragazzi da
capo stringendosi con fare possessivo i documenti al petto e facendo segno ai
ragazzi di passare per poi entrare velocemente nell’ufficio sbattendosi la
porta alle spalle.
Mike e Christie
osservarono perplessi la porta chiusasi di scatto di fronte a loro e, dopo
essersi scambiati uno sguardo d’intesa si avviarono con passo lesto verso
l’uscita, allontanandosi poi il più velocemente possibile dalla cabina del
telefono in cui erano spuntati.
«Questa faccenda non
mi piace» decretò la ragazza senza rallentare il passo «Non mi piace per
niente»
«Un piccolo guasto» Mike fece sarcasticamente il verso
all’indicibile «Un tostapane che si inceppa ha un piccolo guasto, ma quella
cosa…»
«Lo so»
«Credi sia qualcosa
di…beh, di grosso?»
Christie si fermò
di colpo guardando Mike spazientita «Quante
volte hai visto una decina di globi arancioni roteare come impazziti in giro
per la Stanza dei Pensieri?»
«Potrebbero avere a
che fare con il Cluster»
«Il che?!»
Mike si grattò la
testa improvvisamente imbarazzato «Sulla
cartellina di quella ragazza sono riuscito a leggere la parola Cluster»
«Hai spiato i
documenti riservati di Kincaid?!» Christie spalancò gli occhi chiari
esterrefatta.
«Tecnicamente non
erano ancora nelle mani di Kincaid» «Mike!» «Solo una parola, non l’ho fatto
apposta mi è caduto l’occhio» Christie inarcò un sopracciglio chiaro «Te lo
giuro!»
«Ad ogni modo»
proseguì la ragazza scuotendo la chioma ramata «che cos’è un Cluster?»
«Non lo so…»
«Molto utile dunque»
«…ma noi due lo
scopriremo»
La rossa
assottigliò gli occhi «Credo che tu
non abbia afferrato il messaggio nemmeno poi tanto implicito che ci ha dato
Kincaid»
«Dimenticate questa
storia, sì sì mi è arrivato forte e chiaro, ma non per questo ho intenzione di
obbedire»
Christie si passò
una mano sul volto «Questa è una di
quelle situazioni in cui io cerco di farti desistere dal fare qualcosa di
stupido, mentre tu, essendo a tua volta uno stupido, non mi ascolti e
architetti uno dei tuoi soliti piani che dovrebbero essere geniali ma che non
lo sono e che ti faranno finire nei guai»
Mike sorrise a
trentadue denti annuendo «E
tu da buona samaritana quale sei ti senti in colpa a lasciarmi solo nella mia
idiozia e finisci per ritrovarti coinvolta nelle mie geniali trovate» concluse
con un sorriso «È come tornare ai bei vecchi tempi di Hogwarts!»
«Ma perché non sono
andata nello scompartimento con le gemelle Rowle nel
mio primo viaggio a Hogwarts? Perché?!»
«Perché altrimenti
non avresti conosciuto me…era destino che ci incontrassimo»
«Tutte le fortune
capitano a me…ma poi…cos’è una samaritana?» chiese perplessa la ragazza facendo
scoppiare a ridere Mike.
«Ah la mia povera
purosangue ignorante» il ragazzo schivò prontamente la sberla di Christie,
passando poi un braccio sulla spalla della ragazza «Cara Christianna Ophelia
Marie Nott lascia che ti introduca alla mia scarsa conoscenza religiosa
impartitami dalla sapiente nonna Georgina…»
Dalle recensioni mi è parso di capire che Mike e Christie vi
stiano particolarmente simpatici quindi vi comunico che ho trovato il modo di
incastrarli nella storia e che saranno tra i personaggi principali.
In questo velocissimo intermezzo avete modo di iniziare a
conoscere Silas Kincaid, capo dell’Ufficio Misteri e personcina tutt’altro che
raccomandabile come vedrete nelle prossime puntate.
Christianna “Christie” Nott – 19
anni, ex serpeverde
Mike Torrance – 19 anni, ex
grifondoro
Silas Kincaid – 34 anni, ex
corvonero, capo dell’Ufficio Misteri
Colgo l’occasione per ricordare che venerdì 1° giugno scade il tempo limite per iscriversi, nel caso in
cui siate velocissimi a scrivere schede oc, e per consegnare le schede.
Considerando che ho dato 25 giorni per scrivere le schede e soprattutto nel
rispetto di chi ha consegnato i propri personaggi già da molto tempo non
considerò quelle che mi arriveranno in ritardo. Vi invito comunque a mandare le
schede al più presto, anche perché è più facile che mi innamori di un
personaggio avendo avuto tutto il tempo di leggerlo e rileggerlo, trovando il
giusto incastro per lui nella storia, poi #fatevobis
Dovrei riuscire a pubblicare il primo capitolo tra il nove e
il dieci giugno, al massimo all’inizio della settimana dopo
Con grande
attenzione Sebastian fece scivolare la ventesima e ultima goccia di sangue di
Ungaro Spinato all’interno del calderone che gorgogliò per qualche secondo
prima di assumere come da manuale una delicata colorazione azzurrina.
L’ex Serpecorno si
concesse finalmente di rilassarsi, abbandonandosi contro lo schienale della vecchia
sedia ignorando il sinistro cigolio che seguì la sua azione.
A causa di un errore
di uno degli stagisti era stato costretto a ricominciare la pozione da capo,
dopo aver passato almeno due ore a ripulire il laboratorio impiastricciato di
una strana sostanza appiccicosa simile alla melassa. Probabilmente avrebbe
dovuto lasciare che fosse il ragazzo a sistemare ai propri errori ma,
considerando che non gli era sembrato un tipo esattamente sveglio, aveva
preferito evitare di litigare e aveva fatto uscire tutti quanti dal laboratorio
in modo da poter sistemare la faccenda da solo, prima che qualcuno creasse
danni peggiori.
Certo, passare la
giornata a sistemare i danni altrui non era sicuramente il modo migliore di
trascorrere il giorno del proprio compleanno, ma fortunatamente era riuscito a mandare
un patronus a sua sorella Lisa avvisandola del cambio di piani e di aspettarlo
quella sera nel suo appartamento con Sam. Quale modo migliore di festeggiare il
proprio compleanno che passare una serata tra fratelli a guardare vecchi film
mangiando uno dei suoi amati cheeseburger?
Sperava vivamente
che Lisa scegliesse un bel film…quella in effetti sarebbe stata la serata
giusta per vedere qualcosa di adrenalinico…era da così tanto che non guardava
più BladeRunner….
Honolulu
Con una gambata
decisa Hele scese in profondità seguendo con lo sguardo un pesce pappagallo
verde che vedendola arrivare si stava allontanando velocemente. Maledisse sé stessa
per aver dimenticato la bombola e il resto dell’attrezzatura da immersione: l’acqua
era limpida e ormai la stragrande maggioranza dei turisti stava finalmente
lasciando le isole e non si sarebbe fatta viva prima delle vacanze natalizie.
Per quanto le
facesse piacere che le sue isole fossero così famose e apprezzate, non poteva
fare a meno di provare fastidio nel vedere le spiagge invase da vacanzieri
chiassosi e spesso maleducati.
Espirò
profondamente e una volta risalita in superficie si diresse verso la riva con
qualche bracciata. Non appena ebbe recuperato la propria bacchetta si asciugò
con un incantesimo non verbale lasciandosi cadere poi sulla sabbia umida con
gli occhi chiusi.
Le lezioni non
sarebbero iniziate prima di un’ora e mezza e il sole era appena sorto
illuminando di una delicata superficie rosata le acque cristalline. Hele amava
il mare più di qualunque altra cosa al mondo e, non appena riusciva a trovare
un’ora libera cercava una spiaggia poco affollata o meglio ancora deserta in
cui rifugiarsi da sola o al massimo in compagnia del fratello e delle tavole da
surf.
Rimase almeno mezz’ora
sdraiata sulla spiaggia prima di decidere di alzarsi, legarsi velocemente i
capelli in una coda alta dopo averli scrollati dai granelli di sabbia e
radunare le sue cose pronta per smaterializzarsi nella piccola scuola
elementare per maghi nella quale insegnava. L’unica cosa in grado di far
passare il mare in secondo piano per lei era il pensiero di quelle ventidue faccette
allegre che ogni mattina l’attendevano in classe e che quella mattina le
avevano organizzato una sorpresa per il suo compleanno, anche se ovviamente
Hele, una volta arrivata a scuola, avrebbe finto di non essersi affatto accorta
del bigliettino di auguri che i bambini si erano fatti passare il giorno prima
per firmarlo.
New Orleans
Blaise drappeggiò
con un gesto elegante della bacchetta un festone di velluto scarlatto attorno
agli espositori della vetrina, prestando attenzione a non rovesciare le
numerose zucche esposte o i calderoni che emanavano sbuffi di fumo violaceo.
Quella sera le
strade della città sarebbero stata invasa da un’eccentrica folla scatenata di nomag e maghi con indosso costumi fastosi e assurdi e la
giovane voleva a tutti costi che la vetrina del suo negozio risaltasse tra le
altre di Bourbon Street.
«Lavorare il giorno
del proprio compleanno dovrebbe essere illegale» una famigliare voce alle sue
spalle la fece voltare e un ampio sorriso le colorò il volto mentre si sporgeva
per abbracciare il suo migliore amico «Ce l’hai fatta a venire!» esclamò
allegra.
«Sono in missione
speciale al fine di costringerti a divertirti stasera» rispose Hunter ridendo
mentre la ragazza scuoteva la testa «No signorino, stasera mi aiuterai qui in
negozio»
«Blaise è Halloween e
soprattutto è il tuo venticinquesimo compleanno, non vorrai seriamente rimanere
dietro al bancone tutta la sera!»
«Proprio perché è
Halloween non posso permettermi di sprecare una giornata tanto proficua in un
bar! Andiamo, sarà divertente, mangeremo dolci tutta la sera, vedremo gli
individui più strani in circolazione e alla fine andremo in spiaggia a guardare
l’alba»
Hunter sbuffò «Ho speranze di farti desistere?» chiese
passandosi una mano sul volto
Blaise finse di
pensarci su grattandosi il mento «No,
no direi»
«Va bene, passami
quelle ampolle che ti do una mano…» non riuscì nemmeno a terminare la frase che
si ritrovò le braccia occupate da un pesante scatolone. Sarebbe stata una lunga
serata…
Rio de Janeiro
Rafael si rigirò
nel letto mugugnando infastidito quando un raggio di sole entrato dalle
persiane gli colpì il volto. La sera precedente era rimasto al bar fino a tardi
e non aveva intenzione di alzarsi prima di mezzogiorno quella mattina.
Ovviamente però il
destino sembrava avere altri piani.
Improvvisamente la
porta della sua camera si aprì e un profumo dolce gli invase le narici «Buon compleanno tesoro!» Anita Gomes entrò nella stanza e, dopo aver posato una piccola
torta sul comodino si chinò per abbracciare il figlio che continuava a
borbottare seccato e assonnato.
«Mamma ti prego sono
le sette di mattina…aspetta…come sei entrata in casa mia?»
La donna assunse
all’istante un cipiglio severo «Qualcuno
che oggi compie venticinque anni ma che evidentemente non è poi così maturo ha
lasciato la porta aperta. Ringrazia che non fossi un ladro»
Rafael si passò
una mano sul volto scuotendo la testa «Ora,
invece di lamentarti perché non dai un bacio a tua madre prima che vada al
lavoro e la ringrazi per la torta meravigliosa che ti ha portato» aggiunse la
donna con finta aria sostenuta.
Il ragazzo sbuffò
non riuscendo a trattenere un sorriso e lasciò un bacio sulla guancia della
donna che soddisfatta si allontanò «Domenica
mezzogiorno io e tuo fratello ti aspettiamo a pranzo»
«E’ solo una mia
impressione o quello non era un invito?»
«No, amorzinho, è un
ordine» commentò la donna prima di chiudersi la porta alle spalle.
Rafael si lasciò
cadere sul letto, senza riuscire a nascondere un sorriso spontaneo.
Londra
«Sono due galeoni e
sette falci, vuole un sacchetto per ritirare il libro?» chiese Margaret con un
sorriso cortese mentre l’anziana strega che aveva di fronte annuì allungandole
il denaro.
L’ex serpeverde
ritirò il libro in un sacchetto di carta che porse alla bambina dietro al
bancone che saltellava impaziente sul posto con una manina stretta il quella
della strega a fianco a lei «Sei
a fare spese con la nonna?» le chiese Margaret dolcemente mentre la piccola
annuiva facendo ondeggiare le sottili trecce bionde sotto lo sguardo intenerito delle due
donne «Spero di rivedervi
presto qui al Ghirigoro» aggiunse la ragazza porgendo il resto alle due che
salutarono allontanandosi.
Margaret rivolse
uno sguardo alle pile di libri al suo fianco sospirando: catalogare tutti i
nuovi arrivi era piuttosto faticoso e terribilmente monotono e soprattutto non
era certamente il modo migliorie di passare il proprio venticinquesimo
compleanno, ma non voleva rischiare di perdere il posto. Lavorare al Ghirigoro
le piaceva in fondo e soprattutto serviva a far innervosire i suoi genitori,
dettaglio per nulla insignificante dal suo punto di vista.
Armandosi di tutta
la pazienza che possedeva cominciò a tirare fuori i libri arrivati quella
mattina. Si rigirò tra le mani inarcando un sopracciglio una copia di Luna di Miele con il Lupo Mannaro di un
certo GilderoyAllock
indecisa su come catalogarlo. Avrebbe dovuto inserirlo tra i libri sulle
creature magiche o tra i romanzi rosa? Ma soprattutto, come mai quel nome non
le suonava nuovo? Scosse la testa mettendo il libro da parte; probabilmente era
uno di quegli scrittori di romanzetti che piacevano tanto a sua madre.
Barcellona
Camila accarezzò
con mano leggera il muso di Hector, il suo cavallo, allungandogli un pezzo di
mela che l’animale sembrò gradire parecchio. Amava passare del tempo nelle
scuderie, i cavalli erano la sua passione fin da quando era una bambina e
quella mattina era riuscita a ritagliarsi qualche ora libera, grazie anche ai
suoi colleghi che erano stati così gentili da modificare i turni e lasciarle la
mattina del suo compleanno tutto per sé.
Il lupo cecoslovacco
ai suoi piedi abbaiò indispettito dalle attenzioni che stava ricevendo il
cavallo facendo ridere la ragazza «Suvvia
Sherlock non c’è alcun bisogno di essere geloso» il cane uggiolò nuovamente
sfregando il naso contro i pantaloni della ragazza che lo accontentò
grattandogli il capo «Andiamo a casa, su, tra tre ore devo essere al Ministero»
Sherlock scodinzolò allegro saltellando verso l’uscita seguito da una
sorridente Camila che rallentò il passo per guardarsi intorno.
Trascorreva la
maggior parte del suo tempo libero in quelle scuderie da quando ne aveva
ricordo, conosceva tutti coloro che vi lavoravano e aveva cavalcato
praticamente ogni cavallo che fosse stato lì. La proprietaria ciclicamente le
propinava il solito discorso riguardo la possibilità di partecipare a delle
gare e quella mattina, in onore del suo venticinquesimo compleanno le aveva
rinnovato l’offerta che, come da tradizione, la giovane maga aveva rifiutato.
Dopo aver lanciato
un ultimo sguardo ai box la ragazza si allontanò, accelerando il passo per
avere il tempo di tornare a casa e cambiarsi o sarebbe stata costretta ad
andare al lavoro circondata da un alone di stalla ben poco gradevole.
Mariestad
Åke si grattò indeciso
la punta del naso con la piuma prima di tirare con decisione una riga sulle
parole appena scritte sul blocco, tornando poi ad osservare il lago Vänern.
Quando aveva bisogno di stare da solo a riflettere non c’era per lui luogo
migliore delle sponde del lago vicino al quale era cresciuto.
Gettò uno sguardo
distratto alla lettera aperta abbandonata al suo fianco nella quale Bastian ed Edzard, i suoi due migliori amici dai tempi della scuola
promettevano, o forse sarebbe più corretto dire assicuravano minacciosamente,
che quella sera l’avrebbero portato volente o no a fare un giro a Göteborg in
quanto, a loro parere, festeggiare il proprio venticinquesimo compleanno in una
baita in riva al lago era scandaloso.
Da quando era
tornato in Svezia i suoi amici l’avevano preso in giro bonariamente sostenendo
che andare a ritirarsi sulle sponde di un lago immersi nel silenzio avrebbe
dovuto essere legale solo dopo i sessant’anni, ma avevano finito per
rassegnarsi all’idea, approfittando della situazione per farsi qualche giro
nella zona di tanto in tanto, lasciandogli nella maggior parte dei casi una
discreta privacy.
Tutto sommato la
prospettiva di uscire e per una sera non pensare a nulla in ricordo dei bei
vecchi tempi non era poi tanto male, si disse lo spezzaincantesimi facendo
evanescare la lettera, il blocco e la piuma.
A venticinque anni
aveva tutto il diritto di divertirsi per una sera con i suoi amici, no?
San Pietroburgo
Andriy si alzò il
colletto della giacca, infastidito da un’improvvisa folata di vento freddo
mentre due ragazze truccate pesantemente lo superarono, affrettandosi verso
l’entrata di un locale da cui proveniva una musica assordante. Il giovane
medimago corrugò le sopracciglia infastidito; come facessero le persone a
sopportare o addirittura ad apprezzare qual baccano per uno come lui abituato
alla musica classica o al silenzio dei laboratori dell’ospedale era a dir poco
inconcepibile.
Alzò lo sguardo e
sorrise istintivamente non appena vide la sagoma del teatro stagliarsi in
lontananza: sua madre si trovava a San Pietroburgo per una serie di spettacoli
in quei giorni e gli aveva fatto giurare di farsi vivo almeno il giorno del suo
compleanno.
Arrivato al teatro
fece il giro, ritrovandosi davanti all’entrata degli artisti; quando aprì la
porta avvertì una strana sensazione, ma prima che potesse tirare fuori la
bacchetta le luci si accesero «Sorpresa!»
una serie di voci lo fece sobbalzare ma sorrise non appena vide quattro volti
famigliari che si avvicinavano a lui.
«Buon compleanno
fratellone!» Anastasia e Svetlana corsero ad abbracciarlo con due sorrisi
enormi sui volti identici.
Andriy le strinse
a sé ancora stupito dalla situazione «Oh…questa
sì che è una sorpresa» mormorò imbarazzato prima di posare nuovamente lo
sguardo sulle due ragazze «Di chi è stata l’idea?»
«Di mamma ovviamente»
rispose svelta Anastasia «Sostiene che ultimamente stai lavorando troppo e hai
bisogno di svagarti un po’» aggiunse la gemella «Quindi ti abbiamo fatto una
sorpresa» conclusero in coro. Il ragazzo lanciò uno sguardo carico di
gratitudine alla madre che osservava con orgoglio e commozione i figli,
abbracciata al marito.
Guardando la sua
famiglia riunita in quella piccola stanza Andriy sentì la tensione accumulata a
causa del lavoro scivolargli via. In quel momento aveva tutto ciò di cui aveva
bisogno.
Entroterra keniano
Un rumore alle sue
spalle fece bloccare JB che rizzò le orecchie: un inconfondibile scalpiccio
sembrò avvicinarsi velocemente ai suoi piedi e sul volto del ragazzo si aprì un
ampio sorriso. Quando fu abbastanza certo di avere la sua preda vicina con un balzo
fulmineo si girò agguantando un piccolo snaso che cominciò a divincolarsi tra
le sue mani.
«Credevi di farmela stavolta,
vero?» commentò grattando l’addome dell’animale che aveva visto più volte
girovagare nella riserva di famiglia «Mi piacerebbe proprio saper che cosa cerchi
qui da noi piccoletto, forse dovrei essere io a venire a sgraffignare qualcosa
nella tua tana» commentò scoppiando a ridere e facendo accoccolare lo snaso che
continuava ad osservarlo dubbioso sul proprio brava.
«Ragazzo che
sussurrava agli snasi perché non lasci in pace quella povera creatura e vieni
da darmi una mano? Sono proprio una povera vecchia rimbambita per aver pensato
che a venticinque anni saresti finalmente maturato» l’inconfondibile voce acuta
di Baba Magia lo fece voltare e trovò l’anziana sulla
porta della sua piccola casa che lo guardava fintamente arrabbiata.
«Suvvia vecchietta mi
sono distratto solo un secondo» le rispose con un sorriso smagliante «Vado
subito a prendere gli ingredienti per i tuoi intrugli»
La donna agitò la
mano annuendo profondamente rientrando in casa «Sarà
anche meglio» prima di chiudersi la porta alle spalle si girò verso il ragazzo puntandogli
contro un dito ossuto «Cerca di tornare entro tre giorni o potrei iniziare a
preoccuparmi e pensare che un qualche serpente ti abbia scambiato per un baobab
alto come sei e ti abbia strozzato arrampicandotisi sopra»
Il rumore della
porta che si chiudeva alle spalle fu sovrastato dalle risate del ragazzo che,
con lo snaso ancora abbarbicato sul braccio si incamminò fischiettando senza
alcuna fretta.
Andriy Mikhail
Kolisnychenko – ex studente di Koldovstoretz
Åke Sandstrom – ex
studente di Durmstrang
Blaise Mather – ex
studentessa dell’Istituto delle Streghe di Salem
Camila Gabriela
Rodriguez – ex studentessa di Beauxbatons
Hele Mihara – ex
studentessa di Mahoutokoro
Jamal Bahari “JB” Akili – ex studente
di Uagadou
Margaret Eleanor
Powell – ex Serpeverde
Rafael Alves – ex studente di Castelobruxo
Sebastian Anthony
Baker – ex Serpecorno
Eccoci qui con la selezione dei personaggi! Sì, sono in
ritardo tragico e mi dispiace tantissimo!!! In questo capitolo ho dato
solamente una velocissima presentazione degli oc selezionati mentre nel
prossimo (che arriverà agli inizi di luglio) li vedrete cominciare a interagire
tra loro.
Mi sono arrivate tantissime schede e ho fatto veramente fatica
a scegliere quali personaggi tenere e quali eliminare, al punto che, per un
paio di scuole, ho dovuto praticamente fare ambarabaciccicoccò
o non ne sarei mai venuta a capo!
Invito chi non è stato scelto a non prendersela e sono
disponibile per eventuali chiarimenti via
mp.
Chiedo agli autori dei personaggi selezionati di partecipare
attivamente anche perché, considerando che i personaggi non sono moltissimi e
che non possono essere eventualmente sostituiti, sarebbe davvero un peccato
doverne eliminare qualcuno.
Okay ora la finisco di tediarvi con le mie note chilometriche.
Buona notte a tutti,
«Vado a ordinarmi una
burrobirra» disse Mike alzandosi dal tavolo vicino al caminetto rivolgendosi
all’amica di fronte a lui «Vuoi qualcosa?»
Christie ci pensò
un attimo «Mi andrebbe
un’acquaviola, grazie»
«Ma quanti anni hai,
cinquanta?»
La ex serpeverde
fulminò l’amico con lo sguardo «Tu
mi hai chiesto cosa volessi e io ti ho risposto» disse secca mentre Mike la
guardava costernato «Piantala di fare versi» aggiunse facendogli segno di
allontanarsi, ignorando i borbottii del ragazzo, certa che nel giro di due
minuti sarebbe tornato con due burrobirre fingendo che l’acquaviola fosse finita.
Lei come sempre avrebbe finto di indignarsi ma nel giro di trenta secondi non
le sarebbe più importato.
Per la verità quel
giorno non era riuscita a pensare ad altro se non agli avvenimenti della notte
prima e quella parola le aveva ronzato per la testa insistentemente. Cluster,
cluster, cluster…cosa diamine poteva essere un cluster?
«Ecco qui due
burrobirre» trillò allegro come da copione Mike tornando al tavolo «Ho
insistito per un’acquaviola, ho quasi litigato con Madama Rosmerta che
sosteneva di non vendere a nessuno sotto i quaranta quella roba e alla fine ha
avuto lei la meglio, mi spiace»
«Sono certa che tu ti
sia battuto con tutte le tue forze» Christie roteò gli occhi non riuscendo però
a nascondere un sorrisetto accettando di buon grado la burrobirra «Ma non è di
bevande che voglio parlare con te» rovistò per qualche secondo nella borsa
estraendo un libro che aveva l’aria di essere molto antico e pesante «Questo è
un glossario che ho trovato nella biblioteca dei miei nonni oggi pomeriggio,
dopo non aver trovato alcunché in quella di casa mia»
«Sono indeciso se
considerare più posh il fatto che sia
tu che i tuoi nonni abbiate una biblioteca privata o il tuo uso della parola
glossario» ridacchiò Mike sporgendosi per avere una visuale migliore sulla pagina.
«Qui dice che un
cluster» continuò Christie ignorando le parole del ragazzo «è un termine molto
generico per parlare di un gruppo di elementi con caratteristiche simili»
«Non va più nel
dettaglio?» chiese il ragazzo speranzoso mentre l’amica scuoteva la testa
«Purtroppo no, non dice molto»
«Quel gruppo di sfere
rotanti sono un cluster di…palle?»
«Apparentemente»
mormorò mesta la ragazza «A meno che quelle cose non rimandino ad altro: stiamo
parlando dell’Ufficio Misteri, ogni cosa rimanda ad altro, anche il dettaglio
più insignificante»
«Hai provato a vedere
sui vecchi appunti di tuo zio? Lui lavorava come ricercatore nell’Ufficio
Misteri, giusto?»
Christie si
mordicchiò il labbro «Li ho cercati
tutto il giorno ma nulla…credo che mia madre li abbia fatti sparire…sai…»
lanciò un’occhiata eloquente all’amico che annuì imbarazzato «Sì…scusa» la ragazza liquidò con un gesto spicciò la
faccenda «Ci rimane un solo
posto dove guardare, anche se temo passeremo dei guai»
Gli occhi di Mike
si illuminarono «Guai? Sembra già
interessante»
«Chissà come mai non
mi sorprende tutto questo tuo interesse» la rossa sbuffò «Dunque, secondo il
tuo parere di esperto combina guai, come facciamo ad entrare nell’area
riservata della biblioteca dell’Ufficio Misteri?»
New Orleans
«Nell’emporio dei
Lassalle sono entrate almeno ventitre gruppetti meno che da noi» constatò
Blaise sporgendosi oltre l’entrata del proprio negozio con un’espressione
palesemente soddisfatta che fece scoppiare a ridere Hunter «Blaise sei
assurdamente competitiva sai?»
La ragazza fece un
sorriso innocente stirandosi la veste di velluto viola «Preferisco il termine
determinata. Buonasera cari!» rivolse un sorriso amichevole a un gruppetto di
bambini mascherati che si era avvicinato con dei cestini per le caramelle.
«Dolcetto o
scherzetto?» strillarono i bambini eccitati mentre Blaise iniziava a
distribuire delle generose manciate di caramelle nei sacchetti di stoffa
colorati «Fate i bravi questa sera e non spaventate troppe persone» disse
strizzando l’occhio ai ragazzini che si allontanarono allegri e soddisfatti
mentre un altro gruppo si avvicinava.
«No, non ho proprio
speranza di trascinarti fuori dal negozio» commentò Hunter porgendole
rassegnato l’ennesimo contenitore pieno di dolci «Siamo due venticinquenni a
New Orleans, dovremmo solo divertirci» mormorò praticamente a sé stesso dato
che Blaise, troppo concentrata nel distribuire sorrisi regalando caramelle e
invitando gli avventori a fare un giro nel negozio era fin troppo impegnata.
La ragazza mollò
nelle mani dell’amico i dolci rientrando nel negozio in compagnia di un
gruppetto di maghi interessati ad alcuni libri di storia magica medioevale.
Blaise da buona amante della storia cominciò a illustrare ai potenziali clienti
un gran numero di volumi antichi con tanto fervore che ne rimasero ammaliati:
ogni qualvolta si trovasse a dover parlare di storia magica o meglio ancora di
riti misterici la rossa aveva l’abilità di incantare le persone con la
travolgente passione che impregnava i suoi racconti.
Mentre i maghi
sfogliavano interessati i libri la ragazza alzò lo sguardo osservando la folla
oltre la vetrina.
In mezzo alla
folla festante vestita con eccentrici e variopinti costumi spiccava un ragazzo
biondo immobile al centro della strada che aveva indosso semplicemente dei
jeans e una camicia un po’ stropicciata di colore scuro attorno a cui la
fiumana di persone passava apparentemente incurante della sua presenza. Blaise
inclinò lo sguardo perplessa: da quando a New Orleans qualcuno non veniva
trascinato nelle danze anche controvoglia?
Il ragazzo alzò gli
occhi chiari incontrando quelli della ragazza; Blaise sentì uno strano brivido
freddo percorrerla, ma proprio in quel momento i clienti, che a quanto sembrava
avevano deciso di acquistare un libro di incantesimi bretoni la distrassero e
quando la giovane volse nuovamente lo sguardo oltre la finestra il misterioso
ragazzo biondo era scomparso.
Göteborg
Nonostante Bastian
ed Edzard l’avessero praticamente costretto ad uscire quella sera tutto
sommato, considerò Åke la serata non stava andando affatto male: i tre ragazzi
erano riusciti a trovare una birreria abbastanza tranquilla dopo che lo svedese
si era categoricamente rifiutato di mettere piede in un locale affollato nel
centro e davanti ad una buona birra e ad una torta al cioccolato si erano messi
a chiacchierare come ai vecchi tempi, quando vivevano ancora tutti insieme a
Berlino.
O per meglio dire,
Bastian ed Edzard tenevano banco intervallati da qualche intervento ironico di Åke
che per la maggior parte del tempo si limitava ad ascoltare gli amici
osservandoli in silenzio.
«Ma ora basta con
queste idiozie» proruppe Bastian battendo un pugno sul tavolo come a
sottolineare il concetto «Qui c’è uno svedese brontolone che arriva a metà del
decennio oggi»
Edzard rise mentre
Åke roteava gli occhi senza riuscire a nascondere un modesto sorriso «Allo scandinavo più depresso che esista!»
declamò finendo quasi per strozzarsi con un sorso di birra poco dopo quando il
festeggiato gli assestò un coppino.
«Da come la mettete
giù spessa sembra che io abbia quasi un piede nella fossa» rispose secco Åke
mentre Bastian tra una risata e l’altra lanciò un incantesimo all’amico che
tornò a respirare correttamente «Stare solo tra gli orsi in riva al lago ti fa
male, lasciatelo dire, razza di ingrato» brontolò Edzard non appena fu in grado
di parlare «Dovresti essere più carino con i tuoi vecchi amici che ti hanno
offerto una torta, che diamine!»
«Vi sarò eternamente
grato di questa torta, croce sul cuore» rispose Ake ironico alzandosi dalla
panca «Con il vostro permesso vado a incipriarmi il naso» aggiunse facendo
ridere i due.
«Non mettere
l’ombretto rosa, fa a pugni con i tuoi occhi» gli urlò dietro Bastian a cui
Edzard rispose subito a tono «L’ombretto e la cipria sono due cose diverse,
ignorante» e i due ricominciarono a battibeccare
Ake scosse la
testa chiudendosi la porta del bagno alle spalle: voleva davvero bene a quei
due ma ogni tanto non poteva fare a meno di appartarsi da solo e stare un po’
tranquillo. Ormai non era più abituato al caos.
Quando uscì dal
bagno alzando lo sguardo notò una bellissima ragazza dai lunghi capelli rossi
che lo guardava perplessa: si trovava in piedi tra due tavoli del locale,
fasciata in una lunga veste da maga violacea e, cosa più strana, sembrava che
nessuno a parte lui si fosse accorto della sua presenza.
«Amico ti sei
incantato?» la voce dei ragazzi lo distrasse per un attimo e quando tornò ad
osservare il punto in cui fino a pochi secondi prima si trovava quella strana
figura notò che la ragazza era scomparsa.
Da qualche parte nel deserto del Chalbi,
Kenya
«Vous dovete savoir
que quella costellazione est le Capricorn» JB occhieggiò divertito il piccolo
campanello di turisti francesi a fianco a lui che osservavano ammirati il cielo
stellato sopra le loro teste: quel pomeriggio invece di portare a termine la
commissione per Baba Magia aveva scorrazzato per un po’ finchè non si era
imbattuto nel gruppetto di francesi che gli aveva chiesto qualcosa.
Cosa gli avessero
chiesto esattamente JB non lo avrebbe saputo dire con precisione, ma erano
ormai sei ore che girava per un’area del deserto non troppo lontano dal suo
villaggio parlando a macchinetta nel suo francese improvvisato con i turisti
che, sorvolando sulle sue frasi piuttosto fantasiose, lo seguivano ammirati «Elle resemble un…» il ragazzo si grattò indeciso
il mento «triangle? Oui, oui, un triangle» una serie di mormorii d’assenso si
diffuse e il ragazzo sorrise soddisfatto.
Alla faccia di chi
diceva che il suo fosse terribile e praticamente inutile: era praticamente
perfetto, o meglio, poteva facilmente fingere che lo fosse.
JB si guardò
intorno e notò una figura minuta leggermente distanziata dal resto del gruppo:
i capelli scuri le danzavano sulla schiena, mossi dalla brezza del vento e non
sembrava interessata a quello che stava accadendo intorno a lei.
Mentre il resto
dei turisti parlottava indicando il cielo stellato JB si avvicinò alla ragazza
di spalle, raggiungendola con poche delle sue ampie falcate; quando le fu a
circa cinque metri di distanza, come se avesse avvertito la sua presenza la
giovane si girò puntandogli addosso i suoi occhi chiarissimi e inclinando
curiosa la testa di lato.
JB si ritrovò ad
osservare quelle iridi così chiare per qualche secondo: come diavolo aveva
fatto a non accorgersi di lei? Okay che probabilmente tra loro due c’era almeno
mezzo metro di differenza, ma non era da lui perdersi dei particolari…
«Garçon» a malincuore
JB si voltò verso, attirato dalla voce di qualcuno del gruppo «Quelle est cette
constellation là-bas?»
Si grattò la testa
dubbioso osservando nella direzione in cui un uomo stempiato con un
improponibile multitasche rosso stava indicando «La
grande ourse» disse con un gran sorriso, finalmente una traduzione di cui era
sicuro!
Si voltò
allegramente deciso finalmente a rivolgersi a quella ragazza castana ma, date
le spalle alla comitiva, vide davanti a sé solo l’immensità del deserto. Con
molta poca delicatezza si tirò uno schiaffo sul braccio, controllando di non
essere impazzito di colpo, ma nulla, di quella figura minuta non c’era traccia.
JB scrollò le
spalle rassegnato: probabilmente Baba Magia gli aveva lanciato dietro qualche
strana fattura per prenderlo in giro…
Londra
Un’allegra canzone
dai toni molto anni quaranta risuonava nella piccola sala da thè babbana in cui
Margaret aveva insistito per entrare «Sembriamo due allegre settantenni» trillò
Sally ridacchiando e indicando con la mano il piccolo locale intorno a loro
«Anche se devo ammettere che questo posto è adorabile»
Sul volto di Margaret
si dipinse un sorrisetto soddisfatto «Vedi che non c’è bisogno di andare in
luoghi chiassosi?» la ex serpeverde detestava con tutta se stessa il chiasso e
i luoghi troppo affollati: passare la notte di Halloween a Diagon Alley sarebbe
equivalso ad una tortura per lei.
«Te lo concedo solo
perché oggi è il tuo compleanno, sappilo» la rossa le lanciò uno sguardo furbo
sorseggiando il thè «E anche perché come minimo oggi hai fatto il doppio turno
al Ghirigoro»
«Cosa ti fa pensare
che non abbia deciso di prendermi un giorno libero?»
Sally alzò le
sopracciglia chiare lanciandole uno sguardo eloquente «E va bene ho lavorato fino a qualche ora fa, ma
almeno non ho preso anche il turno notturno»
«Ci mancherebbe
altro!»
«Non prendermi in
giro, lavorare alla libreria mi piace e non ho intenzione di farmi licenziare»
«Il più grande pregio
di lavorare al Ghirigoro è far andare fuori di testa i tuoi, lo sappiamo
entrambe» Sally sospirò tamburellando le dita sul tavolo «A proposito di
lavoro, ieri sera ho letto sul Profeta un annuncio dell’Accademia di
Trasfigurazione»
«No»
«Non ho nemmeno
finito la frase»
«So dove vuoi andare
a parare e la mia risposta è no, sto bene dove sono»
«Quanto sei
permalosa!»
Margaret le soffiò
un bacio alzandosi dal tavolo «Vado
a scegliere un dolce, tu vuoi qualcosa?» mentre Sally scuoteva il capo
indicando il suo piatto ricolmo di biscotti alla cannella.
La vetrinetta dei
dolci in quel luogo era a dir poco illegalmente attraente; Margaret era in
adorazione di una torta alla liquirizia quando percepì uno spostamento d’aria
dietro di sé. Girando si si trovò davanti la persona più alta che avesse mai
visto, dopo Hagrid ovviamente: un ragazzone di almeno due metri con lunghissimi
dreadlocks la stava squadrando perplesso. Margaret inclinò leggermente il capo
osservando quella figura decisamente curiosa, vestita in modo molto strano.
Proprio quando si era decisa a chiedergli se desiderasse qualcosa da lei, la
padrona del locale le si rivolse «Desideri
qualcosa, cara?» Margaret si girò verso l’anziana con un sorriso cortese
indicandole il dolce che aveva adocchiato poco prima.
Quando però si
rigirò l’altissimo ragazzo era scomparso e di lui non c’era traccia in tutto il
locale.
«L’hai visto anche tu
quel ragazzo altissimo con i dread molto lunghi?» chiese all’amica una volta
ritorna al tavolo guadagnandosi un’occhiata decisamente stupita «Ma di che stai
parlando?»
Margaret inarcò le
sopracciglia «Il ragazzo in fila
dietro di me…doveva essere alto almeno due metri, come diamine hai fatto a non
vederlo?»
«Margaret, tesoro,
non c’era nessuno dietro di te, posso assicurartelo» Sally le lanciò uno
sguardo preoccupato «Sei sicura di stare bene? Sei un po’ pallida, non è che
hai la febbre?»
Honolulu
«Ten little,
nine little, eight little monsters, seven little, six little, five little
monsters, four little, three little, two little monsters, one of them can't
scare me! None of them can scare me!»
Hele sorrise guardando i bambini cantare mascherati con i costumi più fantasiosi
su piccolo palco allestito nella palestra della scuola in occasione della
festa.
Come le faceva
ironicamente notare suo fratello, ormai passava metà del suo tempo, feste
comprese con i suoi piccoli allievi, ma la ragazza si limitava a scuotere la
testa: amava il suo lavoro, le dava moltissima soddisfazione.
Si lisciò le
pieghe del vestito lungo nero ricamato con fiori di ibisco arancio che
indossava scrutando la platea allestita con le sedie di plastica gremita di
genitori e famigliari che scattavano fotografie sia magiche che babbane e
facevano filmini. Molte persone erano rimaste in piedi, appoggiate alle pareti
della palestra e saltellavano sulle punte per cercare di avere una visuale
migliore. Hele riconobbe molti visi conosciuti dei genitori dei suoi allievi
che le indirizzavano saluti o sorrisi facendo scorrere lo sguardo sulla folla
prima che i suoi occhi scuri si posassero su una figura decisamente fuori
luogo.
Un ragazzo biondo circa
della sua età con indosso un maglione che aveva l’aria di essere molto pesante,
troppo pesante per il clima hawaiano, nonostante fosse quasi novembre, si
trovava esattamente a metà della fila vuota che separava in due le sedie della
platea con le braccia conserte intento a guardare ciò che stava accadendo sul
palco.
Era decisamente
strano che nessuno avesse ancora richiamato infastidito la sua attenzione,
intimandogli di sedersi o di spostarsi in modo da non intralciare la visuale
altrui.
Pur facendo uno
sforzo mnemonico, Hele, che era sempre andata fiera del suo essere un’abile
fisionomista, non riusciva proprio a collegare quel viso ad un nome, né di un
collega, né di un genitore di qualcuno dei ragazzini.
Come se si fosse
sentito osservato il ragazzo iniziò a sua volta a far vagare gli occhi per la
sala finchè non incontrò lo sguardo diffidente di Hele. I due giovani si
guardarono a lungo e proprio mentre l’hawaiana stava per dire qualcosa la folla
intorno a loro si alzò in piedi coprendo la visuale e applaudendo la fine della
recita.
Hele si alzò in
punta di piedi ma non riuscì più ad individuare tra la folla quella chioma
biondissima.
San Pietroburgo
Andriy si
posizionò al centro del corridoio che divideva la platea del teatro Kukol con
un gran sorriso stampato sul volto: dopo aver terminato la cena le sue sorelline avevano insistito per
trascinarlo nel teatro e mostrargli i loro progressi improvvisando una curiosa
versione del passo a quattro del Lago dei Cigni in due.
Nastia e Svetlana
si posizionarono al centro del palco con due ghigni identici prendendosi per
mano e facendo simultaneamente un cenno del capo alla madre affinché facesse
partire la musica.
Non appena le
allegre note cominciarono a risuonare nel teatro le due iniziarono a muoversi
per tutto il palco, facendo ondeggiare le folte chiome bionde lasciate sciolte,
agili e scattanti nonostante i jeans.
Andriy aveva più
volte aiutato la madre con le sue piccole allieve durante le lezioni e aveva
visto passare per la sala prove innumerevoli ballerina alcune delle quali ormai
facevano parte dei più importanti corpi di ballo al mondo, ma nessuna di loro
ai suoi occhi sarebbe mai stata brava come le sue sorelline.
Terminata la
coreografia il ragazzo applaudì mentre le due, visibilmente soddisfatte fecero
una segni alla madre indicandole il brano da far partire successivamente.
Andriy fece
scorrere lo sguardo per il teatro e stupito vide una figura femminile con i
capelli castani e degli occhi a mandorla molto belli che lo stava osservando
perplessa.
Era più che certo
che in quel teatro non ci fosse nessuno all’infuori della sua famiglia: com’era
possibile che quella ragazza, che per giunta sembrava essere decisamente poco
russa, fosse entrata senza che nessuno di loro se ne accorgesse.
Prima che potesse
però dire o fare alcunché la ragazza scomparve, come se si fosse smaterializzata
senza però produrre alcun tipo di rumore.
«Andriy non ci stai guardando!»
la voce seccata di Nastia gli fece riportare l’attenzione sul palco mentre
Svetlana annuiva lanciando al fratello occhiate di fuoco «Ha ragione, eri
imbambolato»
Dopo aver dato un’ultima
occhiata alla poltroncina vuota in prima fila, Andriy sospirò scuotendo la
testa: che si fosse immaginato tutto? «Vi
ho guardato abbastanza bene da rendermi conto che scendendo dall’arabesque
avevate entrambe degli improponibili piedi a martello» sbuffò incrociando le
braccia «E ad un certo punto siete andate fuori tempo, ma dato che eravate
comunque sincronizzate avete camuffato bene l’errore»
«Non è affatto vero!»
strillarono le due in stereo facendo scoppiare a ridere i genitori «Mamma digli
che non è vero»
«Mmm, ora che ci
penso quei pieni in effetti quelle punte erano decisamente inguardabili»
«Siete più cattivi di
Rothbart»
Boston
Il campanello
trillò «E’ arrivato il
fattorino dei cheeseburger» decretò Sam prendendo un lungo sorso di pepsi dalla
lattina.
«Vai ad aprire per
favore» borbottò al fratello minore Sebastian, che stava trafficando con il
videoregistratore babbano insieme a Lisa
Il più giovane scosse
la testa senza muovere un muscolo dal divano «Nah non ho voglia di alzarmi» l’ex Wampus finse di ignorare l’occhiata
velenosa che il fratello gli aveva appena lanciato.
Lisa roteò «Ho capito, vado io o qui facciamo notte»
borbottò alzandosi diretta verso «Bas, dov’è il tuo portafogli? È il tuo
compleanno quindi offri tu»
«Non vuoi fare
davvero un regalo al tuo fratellino preferito?» chiese rivolto alla sorella con
la sua migliore faccia da cucciolo ottenendo in risposta un verso esasperato.
«Sappi che offro solo
per questa volta» lo avvertì Lisa tornando con la busta dell’ordine «Io vi
vizio troppo, mamma ha perfettamente ragione»
«Non fare scene,
probabilmente è da quando stai con Russell che non offri nulla a nessuno…ahia!
Manesca!» Sam si massaggiò la testa dove la sorella l’aveva appena colpito
mentre Sebastian scoppiava a ridere. Adorava quel genere di scene famigliari
che coinvolgevano tutti i fratelli Baxter.
«Non fare scene tu,
piccoletto» sibilò Lisa «Sebastian riuscirai a farlo partire prima del tuo
ventiseiesimo compleanno o devo chiamare aiuto?»
«Vuoi occupartene tu?»
sbottò innervosito disarticolandosi un braccio per sistemare il cavo «Se
nemmeno così parte io ci rinuncio ufficialmente e cerchiamo un drive-in»
«A novembre?!»
«Siamo ancora ad
ottobre per quasi quattro ore»
«E’ la stessa cosa!»
Prima che il
battibecco degenerasse la televisione miracolosamente si accese illuminando il
salotto in penombra con il menù del disco di Blade Runner.
Non appena ebbe
avviato il film Sebastian si sedette tra i fratelli soddisfatto, ma non riuscì
a prendere in mano il pacco con il suo ordine che udì un secondo trillo del
campanello «Abbiamo ordinato
qualcos’altro?» chiese perplesso?
Lisa annuì senza
staccare gli occhi dal televisore «E’
il gelato di Keegan’s»
«Ma io aveva qualche
vaschetta in casa»
«Il gelato di Keegan’s
è più buono» ribattè testarda Lisa agitando la mano «Il mio portafogli è sul
davanzale vicino all’ingresso, se vai tu offro io»
«Ma il film è
iniziato!»
«L’avrai visto
novecento volte probabilmente» per quanto fosse veramente tentato di mandare a
stender la sorella non trovò nulla con cui ribattere a quella frase, se non
specificare che probabilmente novecento era una stima al ribasso.
Il pozionista si
alzò di malavoglia andando ad aprire e ritrovandosi davanti un annoiato ragazzo
che non poteva avere più di sedici anni «Sette
dollari» biascicò allungandogli la borsa e la mano.
Sebastian gli
allungò i soldi e mentre il ragazzino si allontanava iniziò a trafficare con il
portafoglio di sua sorella la cui cerniera si era bloccata in uno scontrino.
Mai possibile che quando cercava di fare qualcosa velocemente capitava sempre
di fronte ad impedimenti, l’incidente di quella mattina ne era un esempio
palese. Quando alzò lo sguardo fece istintivamente un balzo indietro: sulle
scale del pianerottolo c’erano due figure, un ragazzo e una ragazza che si
guardavo in modo molto strano, come se si stessero studiando. Ma da dove erano
spuntate?
I due si girarono
verso di lui restituendogli uno sguardo stupito. Cos’avessero da guardare quei
due proprio non lo sapeva: lui aveva appena recuperato sulla porta di casa sua
quello che il fattorino gli aveva recapitato, semmai erano loro ad essere fuori
posto in quel palazzo!
«Bas sei ancora vivo
o dobbiamo chiamare una squadra di ricerca?» la voce di Sam lo distrasse
Il festeggiato mise
la testa in casa «Arrivo» urlò di rimando prima di lanciare un’occhiata al
pianerottolo che, con sua somma sorpresa era vuoto.
Barcellona
«No, è quasi un anno che abito qui…il telefono è là…eppure c’era…ah,
adesso ricordo l’ho ficcato nella valigia per non sentirlo troppo»
Come facesse
Audrey Hepburn ad essere elegante anche mentre sbadigliava era davvero un
mistero, pensò Camila trangugiando l’ennesima forchettata di paella e
osservando in adorazione la figura sullo schermo mentre Hèctor sonnecchiava ai
suoi piedi.
Nemmeno quell’anno
era riuscita a organizzare il viaggio dei suoi sogni a Roma in occasione del
suo compleanno, così si era dovuta accontentare di una maratona dei film della
divina Audrey nel suo salotto per celebrare degnamente il proprio compleanno.
L’eccitante e
meraviglioso negozio di Tiffany a New York e il giro in vespa per le antiche
vie romane avrebbero dovuto aspettare ancora un po’.
Un paio di strilli
e delle rumorose risate provenienti dalla strada su cui era affacciata casa sua
le fecero arricciare il naso: che motivo c’era di fare tutto quel chiasso per una
maledettissima festa di Halloween? Erano in Catalogna, non in una città
americana!
La ragazza cercò
di concentrarsi sul film ma quando l’ennesimo urlo coprì una battuta di Holly,
la legilimens si erse in tutto il suo metro e sessantatré posando con stizza il
piatto di paella sul tavolo e si diresse a passo di marcia verso il terrazzo da
cui si affacciò munita della sua miglior espressione battagliera «Callaos!» ringhiò guadagnandosi qualche
gestaccio da parte di un gruppo di adolescenti che si affrettò però ad
allontanarsi.
Camila li osservò
allontanarsi con le braccia incrociate, cercando di ignorare gli insulti poco
carini che poteva leggere con estrema chiarezza nelle loro menti. Si strinse a sé
il golfino leggero improvvisamente infastidita dalla brezza serale strizzando
gli occhi scuri quando vide una figura decisamente curiosa sulla strada sotto
il suo balcone: un ragazzo moro con una cicatrice sotto l’occhio sinistro stava
in piedi in mezzo alla via con le braccia incrociate e un sorrisetto rivolto a
chissà che cosa.
Camila si sporse
leggermente per osservarlo meglio e il ragazzo le restituì uno sguardo
incuriosito. Per quanto la ragazza si sforzasse non riusciva proprio a
leggergli nella mente per capire come mai la stesse fissando insistentemente.
Che fosse un occlumante naturale? Quasi dal nulla comparve nella sua visuale un
altro ragazzo abbastanza pallido che reggeva tra le mani un pacchetto di carta
colorato e osservava lei e il moro con perplessità.
Un ronzio
famigliare la distrasse facendole sbarrare gli occhi e, voltando la testa verso
la sua destra, vide una macchina arrivare a velocità sostenuta dritta dritta
nella direzione del primo ragazzo. Istintivamente fece un salto all’indietro
andando a sbattere contro lo stipite della porta balcone e ignorando il dolore
corse a tutta velocità giù dalle scale, dopo aver agguantato il cellulare
pronta a chiamare un’ambulanza.
Quando però giunse
in strada la trovò vuota.
Return Game, Rio de Janeiro
«Potevi anche
conciarti un po’ meglio questa sera» Alexandra gli andò incontro stampandogli
un bacio sulla guancia prima di osservarlo critico «Almeno una camicia potevi
mettertela il giorno del tuo compleanno»
Nico li raggiunse con
una bottiglia di birra in mano «Può sempre fare uno dei vostri numeri da
prestigiatori con quella bacchetta e cambiarsi giusto»
«Magie Nico, si
chiamano magie» Rafael sorrise osservando i suoi due migliori amici
battibeccare: non amava particolarmente la confusione, ma quei due erano
riusciti a convincerlo a stare dall’altra parte del bancone del bar per una
volta e a godersi la serata. Le sue lamentele sui cocktail non eseguiti a
regola d’arte erano state per lo più una presa di posizione, giusto per ricordare
loro che preferiva stare dietro al bancone del Return Game, il bar di cui andava molto fiero.
«Hey bella gente, un attimo
di attenzione» Nico salì in piedi su una sedia traballando non poco sotto lo
sguardo apprensivo di Alexandra e Rafael «Il nostro Rafi qui presente compie la
bellezza di venticinque anni oggi» un boato si levò dalla folla mentre l’interessato
abbassava lo sguardo senza nascondere un sorrisetto «Motivo per cui» continuò
Nico «Propongo di brindare a lui e alla sua bella faccia prima che questa si
riempia di rughe!»
«A Rafael» declamò Alexandra
alzano a sua volta il bicchiere seguita immediatamente da tutti gli avventori
del locale che in breve tempo circondarono battendogli amichevoli pacche sulle
spalle e facendogli gli auguri procurando non poco imbarazzo al ragazzo,
decisamente poco avvezzo a tutte quelle attenzioni.
In mezzo ai
ragazzi che si divertivano, bevevano e ballavano, Rafael notò una figura minuta
dai capelli scuri che lo osservava: aveva i capelli neri mossi e abbastanza
lunghi e, cosa più strana, indossava le ciabatte un golfino di lana decisamente
troppo pesante per il piccolo bar affollato in cui mancava l’aria. I due si
osservarono per un po’ finchè come percependo di essere osservati, si voltarono
in direzione del bancone trovandosi davanti gli occhi chiari di un ragazzo
molto alto che teneva tra le mani un sacchetto colorato di un ristorante.
Cominciando a
chiedersi se non fosse in preda a qualche allucinazione Rafael si voltò di
nuovo verso la ragazza il cui volto all’improvviso si sfigurò, attraversato da
un’espressione di puro orrore e si ritrasse bruscamente, affrettandosi in
direzione dell’uscita sul retro.
Rafael lanciò uno
sguardo in direzione del ragazzo, notando con suo sommo stupore che il giovane
pallido sembrava sparito e, senza sapere esattamente perché, si lanciò all’inseguimento
della ragazza mora, ma quando uscì dal locale trovò la piccola via in cui
sbucava l’uscita sul retro completamente vuota.
Ufficio Misteri
Silas si grattò il
mento pensieroso osservando le numerose pergamene piene di calcoli sparse sul tavolo:
un ampio schema rappresentante i globi nelle posizioni in scala in cui si erano
disposti nella stanza del Pensiero occupava quasi tutta la scrivania.
Era da giorni che
cercava di calcolare a quanto corrispondessero nella realtà le distanze tra i
globi, ma gli appunti che aveva a disposizione erano ben pochi e soprattutto
non era certo che fossero attendibili: trent’anni prima coloro che si trovavano
nella sua stessa posizione avevano combinato non pochi disastri e non erano
riusciti a venire a capo praticamente di nulla.
Erano riusciti ad
individuare una sola delle sei coordinate, nemmeno verificata per la verità,
mentre ora lui ne aveva ben nove e nessun punto di partenza affidabile.
Sfera
1, dimensioni più grandi → Gran Bretagna/Irlanda (?)
Quegli stupidi
appunti pieni di punti di domanda lo nauseavano, ma era determinato a risolvere
quella faccenda: nessuno era mai riuscito a rintracciare tutti i membri di un
cluster, a riunirli, a studiarli, essere il primo sarebbe stato il suo più
grande risultato.
Il risultato che
l’avrebbe reso immortale.
Mi cospargo il capo di cenere, sono indecentemente in ritardo
e il capitolo è decisamente più lungo di quanto avessi preventivato. Spero
possiate perdonarmi.
Abbiamo i primi confusi contatti tra i nostri sensate. Dal
prossimo capitolo si parleranno/urleranno addosso spaventati e cose simili, ma
mi piaceva l’idea che si abituassero gradualmente gli uni alla presenza degli
altri.
Oggi sono tornati Christie, Mike e Silas il viscido. Parte la
sfida per eleggere il più ficcanaso dei miei tre inglesi, chi è interessato può
votare da qui alla fine della storia tutte le volte che vuole 😊
*Se non l’aveste intuito, io parlo francese ancora peggio di JB
(sono cinque anni che non tocco un libro di francese e alle medie usavo quelle
ore per fare gli esercizi di matematica, capitemi) quindi un po’ ho inventato e
un po’ ho usato Google Translate, come credo si fosse capito. Siete i benvenuti
se volete farmi delle correzioni.
**Rothbart è il cattivo del Lago dei Cigni, il magnifico
balletto con le musiche di Tchaikovsky.
*** la battuta in corsivo nel pezzo di Camila è tratta dal
film Colazione da Tiffany. Se non vi siete immaginati immediatamente la scena correte
subito a rivederlo per rimediare.
****Non parlo nemmeno spagnolo (lo so, sono un’ignorante con i
fiocchi) ma dato che mi vergognavo a guardare di nuovo su Google Translate (ho
una morale anche io!) per le frasi di Camila ho chiesto ad un’amica. Anche in
questo caso le correzioni e i consigli sono ben accetti.
Capitolo 5 *** Perché c’è un tipo in mutande sul mio divano?! ***
Perché c’è un tipo in mutande sul mio divano?!
Villa Nott, Banbury, Oxfordshire
Christie
mordicchiò la punta della penna d’oca fissando corrucciata la pergamena davanti
a lei mentre Mike di fronte si muoveva rigido e imbarazzato nel tentativo di
evitare di far cadere delle gocce di inchiostro sul pregiato tappeto persiano
su cui si erano sdraiati che, considerò il ragazzo, probabilmente costava più
di tutto l’arredamento della sua casa: stare a villa Nott lo faceva sempre
sentire a disagio, motivo per cui preferiva ad essere lui a ospitare l’amica a
casa sua, ma col senno di poi gli era sembrato maleducato rifiutare o
reindirizzare l’ennesimo invito.
«Mike ti prego rilassati mi stai facendo venire l’ansia» sbottò dopo
qualche minuto Christie alzando lo sguardo dagli appunti per lanciargli
un’occhiataccia «Alastair e Roderick hanno vomitato entrambi su questo tappeto
da bambini, nessuno ti dirà nulla se dovessi per sbaglio far cadere due gocce
di inchiostro» la ragazza non riuscì a nascondere un sorrisetto alla vista dei
muscoli dell’amico improvvisamente molto più rilassati.
«Da quante ore siamo qui dentro?» chiese meno di due minuti dopo il
ragazzo con voce lamentosa «Ho le chiappe anchilosate ormai»
Christie rotolò
sulla schiena allungando il collo per avere una visuale migliore sulla grossa
pendola appoggiata in uno dei vani della libreria «Due ore e
quaranta minuti durante i quali non siamo venuti a capo di nulla né per lo
studio né per il piano» con un verso spazientito ricadde sul tappeto con i
capelli rossi sparsi a corolla intorno alla testa.
Stufo di stare con
la testa china sugli appunti, Mike si rialzò tenendosi la schiena come un
pensionato e cominciando a curiosare tra le foto sulla scrivania «Chi è il tipo
con i capelli rossi?» chiese soffermandosi su una foto che ritraeva un ragazzo
poco più grande di lui con una folta zazzera rossa che rideva di seduto in riva
al lago nero.
Christie si
avvicinò all’amico osservando a sua volta l’immagine «Mio zio Paul*, il
fratello di mia madre»
«Ecco da chi hai preso i geni pel di carota! Ti giuro che per un po’
sono stato convinto che tua madre avesse avuto una scappatella con uno dei Weasley»
«Scemo!» i due si spintonarono ridendo «Nella famiglia di mia nonna
sono quasi tutti rossi»
«Ma tuo zio era un grifondoro! Mi sta già simpatico»
«Doveva essere un bel tipo, una testa calda, ma decisamente
interessante»
«Non l’hai mai conosciuto?»
«No quando è morto non era ancora nato nemmeno Alastair» Christie si
rigirò la cornice tra le mani «28 luglio 1992» mormorò soprappensiero.
«E’ per quello che non volevano che tu diventassi un’indicibile? Hanno
paura che ti succeda qualcosa?»
«Mi piace pensare che sia per quello e non a causa degli strani
discorsi di nonna Ophelia sul fatto che le ragazze dovrebbero rimanere da brave
a casa a fare le brave mogliettine»
Mike inarcò un sopracciglio «Ma tua madre non lavora al Ministero?»
«Infatti lei e nonna Nott si detestano cordialmente» commentò la
ragazza con un sorrisetto «Rimanendo in tema di sovversivi, tu sei davvero
certo che mercoledì sia il momento giusto per agire?»
«Ci sarà un evento di beneficenza per raccogliere fondi per il San
Mungo nel tribunale quella sera» spiegò il ragazzo «Kincaid e i pezzi grossi
dell’Ufficio Misteri saranno tutti impegnati a stringere mani»
«Ora che mi ci fai pensare anche i miei dovrebbero andarci» mormorò la
ragazza «Potrei accompagnarli, almeno avrei un buon alibi per essere lì»
«Perfetto!» Mike si illuminò «Io farò in modo di prendermi il turno di
quella sera, se parlo con uno degli assistenti invece che con Kincaid posso
ottenerlo facilmente senza destare troppi sospetti e tu mi potresti raggiungere
ad un’ora stabilita»
«Giocare agli 007 con i tacchi sarò uno spasso, me lo sento» borbottò
sarcastica la ragazza passandosi una mano tra i capelli «D’accordo, si può
fare»
«Grande!» Mike la sollevò facendole fare un giro in aria «Tra l’altro
il tuo riferimento alla cultura babbana è decisamente apprezzabile»
«Vero? Sto diventando proprio brava»
Barcellona
Camila camminava
su e giù per il suo appartamento torturando la tazza di thè che aveva in mano
con le dita affusolate sotto lo sguardo apprensivo di Hector che sembrava
chiedersi se la sua padrona non fosse improvvisamente impazzita.
Dopo aver
assistito ad uno schianto mortale apparentemente inesistente ed essere stata
praticamente derisa dagli agenti di polizia che aveva chiamato seduta stante, i
quali peraltro l’avevano sottoposta all’alcooltest -all’alcooltest!-, non era riuscita a chiudere occhio tutta notte e
quella mattina aveva un’emicrania a dir poco allucinante.
Aveva mandato un
patronus al suo capo comunicandogli che per un giorno il ministero avrebbe
dovuto fare a meno di una Legilimens: non era da lei quel genere di
comportamento ma non riusciva a calmarsi, per quanto ci provasse. Era abituata
ad avere tutto sotto controllo, adorava pianificare e vedere i fatti
susseguirsi in modo ordinato come aveva previsto e quello che era successo la
sera prima era decisamente fuori dall’ordinario.
Cosa diamine
poteva essere successo ai due ragazzi della sera prima?
Boston
Sebastian si tirò
su dal letto con fatica: la testa gli faceva maledettamente male, gli sembrava
di avere un cerchio metallico stretto intorno alla testa. Con le sue
rudimentali conoscenze di medimagia aveva intuito che doveva trattarsi di
emicrania, il che era piuttosto strano considerando che non ne aveva mai
sofferto in tutta la sua vita.
A quanto pare a
venticinque anni si diventava troppo vecchi per reggere una serata
film-cheeseburger-gelato, doveva essere quella la spiegazione.
Incespicò nei
proprio passi cercando di spostarsi in cucina attaccandosi allo stipite della
porta per evitare di franare miseramente a terra non riscendo però ad evitare
che il suo piede sbattesse con forza contro lo zoccolo di legno della parete.
Rio de Janeiro
«Porra*!» Rafael si svegliò,
sedendosi di scatto mentre reggeva il piede con un’espressione sofferente in
volto. Ma come diavolo aveva fatto a prendere una botta nel suo letto mentre
dormiva? Doveva aver bevuto troppo la sera prima alla festa…
Si alzò mestamente zoppicando dirigendosi verso la sala dove si lasciò
cadere stancamente sul divano stropicciandosi gli occhi assonnati con le mani.
Uno strano sciabattare lo fece voltare verso il bancone della cucina e
con sua somma sorpresa vide una ragazza minuta con i capelli neri che camminava
nervosamente avanti e indietro reggendo una tazza di thè e un ragazzo seduto di
spalle sullo sgabello con la testa ciondolante. Nonostante fosse ancora mezzo
addormentato riconobbe i due come i ragazzi sconosciuti che aveva visto la sera
prima al bar.
Okay, la sera prima doveva essere successo qualcosa di davvero strano.
Barcellona
Camila fece per
bere un altro sorso di thè quando, sentendosi osservata, bloccò la sua marcia;
lentamente si voltò verso il grande divano bianco della sala cacciando un urlo
spacca timpani pochi secondi dopo.
La tazza andò in
frantumi schiantandosi sul pavimento mentre il povero Hector scappava guaendo a
nascondersi sotto il tavolo «CHE CAZZO CI FA UN TIPO IN MUTANDE SUL MIO
DIVANO???!!!» senza nemmeno riflettere la legilimens sparò un bell’impedimenta allo sconosciuto.
Rio de Janeiro
Il povero Rafael,
che era scattato in piedi all’urlo disumano della ragazza, fu sbalzato
nuovamente sul divano con una botta secca al torace e prima ancora che potesse
cercare di pronunciare una sola parola la morettina sconosciuta gli stava
nuovamente puntando la bacchetta addosso con gli occhi castani spalancati in preda
al terrore.
Boston
Uno strillo acuto
fece sobbalzare Sebastian che cadde pesantemente dalla sedia sulla quale era
seduto, sbattendo con forza il sedere per terra. Prima il piede e ora le
chiappe, ma che cosa stava succedendo quella mattina?
Senza nemmeno
provare ad alzarsi in piedi il ragazzo si voltò a carponi cercando di
individuare la fonte di quell’urlo la banshee e senti la mascella cadere quando
si ritrovò davanti uno spettacolo a dir poco assurdo.
Una ragazza
piuttosto bassa con i capelli neri che tremava da capo a piedi stava puntando
la bacchetta contro un tipo con i capelli corti scuri e una strana cicatrice
che era seduto in modo scomposto sul divano del suo salotto. In mutande.
Nonostante non
riuscisse a vedere in volto la ragazza riconobbe il moro come l’uomo che aveva
visto la sera prima sul pianerottolo. Cosa diavolo ci facevano in casa sua?
Rio de Janeiro
«Senti…ehm…io…» Rafael alzò le mani in segno di resa, appiattendosi il
più possibile controllo lo schienale del divano e rischiando di diventare
strabico a furia di far saltare lo sguardo dagli occhi castani della ragazza
alla bacchetta che gli stava puntando contro il volto «Non so davver…»
«CALLATE TU BOCA!» la mano della ragazza tremò vistosamente: sembrava
completamente nel panico «Cosa cavolo ci fai in casa mia?!»
Rafael spalancò gli occhi e si guardò decisamente perplesso in giro.
Casa sua? Quella ragazza doveva decisamente avere qualche problema.
«Senti credo che tu si leggermente…confusa» «Io sto benissimo, voglio
solo sapere cosa cazzo ci fa un tipo in mutande che giuro su Dio ieri ho visto
venire investito nel mio salotto!» «Ma quale tuo salotto, questa è casa mia!»
«Veramente» una terza voce li fece sobbalzare entrambi «Questa sarebbe
casa mia e mi piacerebbe sapere cosa diavolo ci fate qui»
Boston
Sebastian, con un’espressione dura sul volto, teneva la bacchetta di
faggio puntata verso i due sconosciuti che stavano battibeccando animatamente
con una freddezza abbastanza intimidatoria negli occhi azzurri «Voi due siete i
tipi che ho visto ieri sera sul pianerottolo»
«No, voi due siete i due sconsiderati che camminavano in mezzo alla
strada ieri sera, ne sono sicura!»
«Ma siete entrambi impazziti? Vi ho visti ieri sera nel mio bar!»
«Nel tuo bar?!» Camila e Sebastian si scambiarono un’occhiataccia dopo
aver parlato in stereo.
«Il Return Game»
Sebastian inarcò un sopracciglio «Non conosco nessun Return Game»
«E’ quel locale sulla Santo Ambrosio de Sena»
«Non conosco nessuna via Santo Ambrosio de Sena» Camila mulinò i
capelli scuri seccata «Ora che avete finito con le assurdità spiegatemi cosa
diavolo ci fate in casa mia!»
«Ma questa è casa mia!» i due ragazzi sbottarono esasperati
praticamente in sincrono e Camila sentì l’ennesima ondata di nervosismo
pervaderla «Da quel che ne so a Carrer Progrés 55 ci vivo io» ringhiò la
ragazza mentre i due spalancavano gli occhi a metà tra il sorpreso e
l’esasperato.
«Non per fare il guastafeste ma qui siamo al 343 di Bolton Street»
«Ma cosa cavolo state dicendo a Cacuia non esistono quelle vie»
«Cacosa?»
Rafael sbuffò «Cacuia, il quartiere nella zona sud dell’Ilha do
Governador»
«Pal vivo a Boston da anni e
non ho mai sentito un nome simile»
«Ma qui siamo a Barcellona» il sussurro di Camila fu appena udibile ma
bastò per far rimanere di sale ai due ragazzi «Siamo a Rio de Janeiro direi,
giusto?» mormorò Rafael guardando alternativamente i due in cerca di risposte.
«L’ultima volta che ho controllato io ero a Boston» commentò
sarcastico Sebastian passandosi una mano tra i capelli «L’unica cosa certa è
che siamo in un bel casino»
Mariestad
Non appena aprì gli occhi Åke capì che quella non sarebbe stata una
giornata normale.
Non che credesse a quelle assurdità che dicono secondo le quali quando
si compiono gli anni ci avvicina sempre di più alla morte e si comincia a
sentire il peso degli anni incombere sulle spalle. No, assolutamente nulla del
genere.
La cosa che l’aveva lasciato interdetto e altamente perplesso non era
chissà quale considerazione filosofica quanto piuttosto una ragazza decisamente
bassina con i lunghi capelli castani che stava sistemando dei libri che
sinceramente non si era mai accorto di avere nella sua libreria, nella sua
camera, nella sua baita.
Il Ghirigoro
Margaret stava sistemando i libri di alchimia che erano arrivati
quella mattina sugli scaffali della libreria canticchiando un motivetto che le
era rimasto in testa quando due giorni prima era andata al cineforum babbano ad
Hackney a vedere Grand Budapest Hotel. Checché ne dicessero i suoi esimi
genitori, i babbani erano veramente dei geni.
Aveva ancora più di un’ora prima che la libreria aprisse e se la stava
prendendo con tutta calma.
Nonostante fosse perfettamente consapevole di essere l’unica persona
nella stanza aveva da almeno dieci minuti l’insistente sensazione di essere
osservata. Inizialmente aveva liquidato quella sensazione come semplice
paranoia dovuta alla stanchezza ma alla lunga si era detta che non poteva
essere solo un’impressione. Il suo sesto senso da serpeverde raramente faceva
cilecca.
Si era voltata con estrema lentezza, con la mano sinistra ben stretta
attorno alla bacchetta d’ebano che teneva nella tasca della giacca e un pesante
libro sulle proprietà dei bezoar stretto nell’altra mano come se fosse stato
uno scudo.
Entroterra
keniano
JB era seduto con le spalle appoggiate al pozzo che si trovava nel
centro esatto del suo villaggio e si massaggiava la testa dolorante. Quella
mattina quando aveva portato alla Baba Magia le erbe che lei gli aveva chiesto
un paio di giorni prima come ringraziamento aveva ottenuto una bella mestolata
in testa per averci messo così tanto.
Vecchiaccia ingrata.
Uno salva dei poveri turisti francesi sperduti nel deserto e come
premio ottiene una mestolata in testa, il mondo era veramente ingiusto!
«Ma tu sei il tipo di ieri?!» una vocetta squillante gli fece alzare
lo sguardo e, con sua somma sorpresa, il ragazzo si ritrovò davanti la
francesina misteriosa della sera prima, quella che sembrava essersi
volatilizzata.
JB cercò di tirarsi in piedi il prima possibile: insomma stare stravaccati
con le gambe divaricate e la testa ciondolante non era il modo migliore di
presentarsi ad una ragazza «In carne, ossa e dreadlocks, come posso aiutarti,
ti sei persa di nuovo?»
La ragazza inarcò un sopracciglio abbassando il pesante libro che
aveva in mano ma non la bacchetta, ben salda nel suo pugno «Semmai sei tu
quello che si è perso. La libreria non è ancora aperta»
«Uhm…buono a sapersi» JB si grattò il capo rimuginando sulla strana
frase pronunciata dalla ragazza non riuscendo a capire cosa diamine centrasse
una libreria…magari aveva capito male e in una qualche strana lingua quella
parola voleva dire altro…
Osservò con più attenzione la ragazza che non accennava ad abbassare
la bacchetta: era un bel tipetto…che fosse tedesca? No, i tedeschi erano biondi
e alti…
«Per quanto mi faccia davvero piacere sapere che la libreria non è
ancora aperta ho una domandina da fare a entrambi» una voce distrasse entrambi
facendoli voltare verso un ragazzo biondo con addosso un pigiama grigio «Chi
sareste voi due?»
Ecco, quel tipo doveva essere decisamente tedesco.
Mariestad
Åke era sufficientemente sicuro di non essere né ubriaco né in
hungover dato che la sera prima non aveva esagerato. Il che lo portava a
ritrovarsi senza spiegazioni plausibili riguardo alla presenza di quei due
individui nella sua camera da letto.
«Chi siete voi due giganti piuttosto!» la ragazza minuta buttò
indietro i capelli fulminando entrambi con un’occhiata gelida. Se fosse stata
alta una ventina di centimetri in più, considerò Åke, avrebbe potuto seriamente
mettergli paura «Se non mi rispondete immediatamente chiamerò gli Auror»
L’altissimo ragazzo con i dread gli lanciò un’occhiata in tralice come
a volergli chiedere spiegazioni e lo svedese si limitò a scrollarsi le spalle.
JB alzò le spalle prima di tendere una delle sue enormi mani verso la
ragazza: meglio cercare di farsela amica, quella tipetta «Ehm sono JB, piacere»
Margaret guardò basita la mano tesa verso di lei chiedendosi cos’aveva fatto di
male la sera prima per trovarsi chiusa nella libreria con due tipi così strani «Io
sono…Margaret?» tanto valeva essere gentili. Poi era più che certa che ne Il Negoziatore avessero detto che con i
pazzi bisognava cercare di instaurare un rapporto di serena fiducia in attesa
dei soccorsi, quindi…
«E io sono Åke, grazie davvero per averlo chiesto» sbuffò infastidito
il biondo «Ora, se non vi è di troppo peso potreste gentilmente spiegarmi
perché siete in casa mia?»
Il Ghirigoro
Margaret inarcò le sopracciglia «Come prego?» chiese cercando di non
suonare troppo sgarbata «temo che tu ti stia sbagliando, qui siamo al Ghirigoro»
JB si grattò la testa pensieroso «Ghirigoro è una parola tedesca? Voi
siete tedeschi?»
«No»
«Greci?»
«No…»
«Olandesi? …no gli olandesi sono alti, tu sei troppo bassa per essere
olandese…»
«Hey ma che cavolo!»
Åke si massaggiò le tempie spazientito: era tornato a vivere a
Marienstad apposta per avere un po’ di pace! «Uno, non so cosa sia questo
Ghirigoro di cui stai parlando. Due io sono svedese.
Tre continuo a non avere idea di chi siate voi»
«Jamal Bahari Akili, per tutti JB» ripeté pazientemente il ragazzone
con i dread che, Åke constatò con suo sommo fastidio, superava il suo metro e
ottantasei di almeno una spanna «Per qualunque problema, domanda, dubbio,
richiesta d’aiuto io ci sono: giro tutto il Kenya e mezza Africa in poco tempo,
basta chiamarmi»
«Frena un momento» Margaret spalancò gli occhi «Come sarebbe a dire
Kenya e mezza Africa?!»
JB trasse un profondo sospiro si chinò e prese una manciata di polvere
dal terreno sotto di lui facendosela scorrere fra le dita «So che per voi
europei può sembrare strano, ma io conosco come le mie tasche il mio continente»
Margaret guardò basita il mucchietto di sabbia rossastra che era
caduto sul pavimento del negozio. E
quella da dove l’aveva tirata fuori? pensò esattamente nello stesso momento
di Åke, che fissava con tanto d’occhi la sabbia sul parquet della sua camera da
letto.
Entroterra
keniano
JB guardò i due ragazzi che fissavano come in trance la sabbia che
aveva fatto cadere chiedendosi cosa potesse aver detto di tanto strano.
Proprio mentre stava per dire qualcosa vide il ragazzo
svedese…Eko…Ike…com’è che aveva detto di chiamarsi? allungare una mano verso il
vuoto alla sua destra e stringere pochi secondi dopo una bacchetta che sembrava
essere comparsa dal nulla.
Il biondo assunse un’espressione decisamente battagliera mentre
aumentava la presa sulla sua bacchetta «Basta giochetti, ora mi spiegate chi
siete e cosa ci fate in casa mia»
«In casa tua?! Siete voi ad essere nella libreria dove lavoro!» la
ragazza con i capelli castani aveva fatto un balzo verso il biondo co gli occhi
chiari lampeggianti ma prima che potesse fare o dire altro JB decise
saggiamente di frapporsi fra i due «Stiamo tutti calmi adesso, va bene?»
«Calmi?! Sono da sola con due energumeni sconosciuti!» strillò la
ragazza così forte da far balzare indietro i due «Cosa centrano la Norvegia, il
Kenya, l’Africa con tutta questa storia?!»
«Svezia»
«E’ la stessa cosa!»
«A quanto pare siamo tutti e tre pazzi» commentò con leggerezza JB e
prima che gli altri due potessero protestare alzò le mani in segno di resa «Non
credo di capirci nulla di questa storia ma, ricapitolando: Margaret si trova
nella libreria dove lavora, tu ragazzo con il nome strano sei in casa tua in
Svezia mentre io fino a dieci minuti fa mi stavo facendo i fatti miei nel mio
villaggio in Kenya eppure, per qualche strano motivo ora siamo tutti e tre
insieme in un luogo non meglio specificato»
«Questa storia è assurda…deve essere un sogno» borbottò Ake
massaggiandosi gli occhi come se sperasse di risvegliarsi improvvisamente nel
suo letto. Senza nessun altro sconosciuto in camera possibilmente.
«Ma come facciamo ad essere tutti e tre in tre posti diversi insieme?»
Margaret scosse la testa «Anche solo questa frase non ha un minimo di senso»
«In effetti questo dettaglio devo ancora capirlo…»
Honolulu
Hele si strizzò i lunghi capelli osservandosi con aria critica le
punte decolorate: forse due bagni nell’oceano al giorno non erano il miglior
modo di trattare dei poveri capelli ma, come dicevano sia lei che suo fratello nell’oceano si sta bene anche calvi nel caso.
Quella mattina si era alzata all’alba dopo aver dormito male: non
riusciva a togliersi dalla testa il ragazzo che aveva visto la sera prima e
aveva cominciato a elaborare una serie di teorie una più assurda dell’altra
riguardo l’identità dell’uomo. Dopo aver scartato l’ipotesi del maniaco o del
sequestratore di bambini, mentre nella sua testa rimbombava la risata del
fratello che la accusava di guardare troppo Hawaii Five 0, era rimasta senza
spiegazioni plausibili.
Mentre ritornava con passo lento verso la spiaggia dove aveva lasciato
la sua borsa lo vide: in piedi con lo sguardo rivolto alla sinistra della
ragazza c’era il ragazzo biondo della sera prima con indosso un lungo camice
bianco che stava leggendo con espressione corrucciata alcuni fogli contenuti in
una cartella.
Se era un’idea di Nalu mandarle uno dei suoi amici idioti vestito da
dottore per prenderla in giro avrebbe fatto passare ad entrambi la peggior
mezz’ora della loro vita, si disse avvicinandosi al biondino a passo di marcia.
New Orleans
“La Casata
Mather: le origini di secoli di malvagità”, Blaise sbuffò rimettendo al
suo posto sulla bancarella quel libraccio da due soldi e lanciando un’occhiata
di puro odio al cognome dell’autore di quell’obbrobrio: chi se non un Rosewood
poteva scrivere tali scemenze screditando la sua famiglia? Che colpa ne aveva
lei se uno dei suoi antenati era stato un pazzo invasato*?
La vita a New Orleans era decisamente più semplice che quella a Salem
per chiunque avesse la sfortuna di chiamarsi Mather, ma spesso e volentieri
incappava in spiacevoli incontri anche nella città più pazza degli Stati Uniti
anche se, mentre girava a zonzo per i quartieri francesi, nessuno l’aveva mai
guardata storto. Era una delle cose che preferiva della città.
Dopo aver lasciato le bancarelle del mercato magico si infilò in una
via laterale prendendo la direzione del negozio ma si bloccò di fronte ad uno
spettacolo decisamente strano: un ragazzo biondo con indosso un camice bianco
stava leggendo assorto dei fogli, appoggiato con le spalle contro il muro di un
palazzo e una ragazza dagli occhi a mandorla con un costume da bagno intero e i
capelli bagnati stava marciando verso di lui con un’espressione furiosa in
volto.
Quello era decisamente strano anche per gli standard di New Orleans
San
Pietroburgo
Andriy stava controllando con attenzioni i referti delle analisi che
gli erano stati consegnati giusto quella mattina: con sua grande gioia vide che
gli esami della signora Volkova andavano molto meglio rispetto all’ultima
volta, nonostante l’età avanza della donna e la gravità del vaiolo di Drago.
Forse avevano veramente trovato un metodo efficace di curare quella malattia.
«Hey tu!» una voce parecchio arrabbiata lo riscosse dalle sue
considerazioni e non appena si voltò si ritrovò davanti una ragazza che lo
fissava con gli occhi neri che mandavano scintille. Il medimago ci mise qualche
secondo a riconoscere nei tratti della ragazza quella misteriosa figura che
aveva notato la sera prima a teatro, complici anche il fatto che in quel
momento fosse struccata, con i capelli bagnati appiattiti dietro la testa e
che, cosa decisamente stramba e fuori luogo, indossasse un costume da bagno.
«Piantala di venirmi dietro! Se è Nalu che ti manda digli pure che
stanotte dormirà in macchina!»
Andriy strabuzzò gli occhi «Prego?»
«Non fare il finto tonto, tu con il tuo camice…questa del camice però
dovete spiegarmela»
«Non ho idea di chi lei sia ma si dà il caso che io sia un medimago»
«Wow, mio fratello ha degli amici intelligenti, questa è nuova»
«Signorina si è per caso persa?»
Hele sentì la rabbia montarle e dovette ricorrere a tutto il suo
autocontrollo per non prenderlo per la collottola «Io sono esattamente dove
stare» ringhiò arrabbiata, sollevando astiosa la sua borsa da spiaggia ed
estraendone un asciugamano in microfibra con il quale inizio ad asciugarsi con foga
sotto lo sguardo basito di Andriy. Da dove diamine era spuntata quella borsa e perché
il pavimento era improvvisamente pieno di sabbia?
«Ma da dove viene tutta questa sabbia?!»
«Siamo su una spiaggia» borbottò la ragazza «Sai quelle distese enormi
giallastre che circondano le Hawaii»
«Le Hawaii?»
«Sì le isole dove viviamo…giuro, è più facile spiegare le divisioni ai
bambini di sette anni»
«In realtà ci troviamo a New Orleans» una voce fece voltare entrambi e
si trovarono di fronte ad una bellissima ragazza dai lunghi capelli rossi.
New Orleans
Blaise osservò i due con il capo inclinato. Si era per sbaglio
ritrovata su un set cinematografico senza rendersene conto?
Andriy si passò stancamente una mano sul volto: doveva esserci stata
una fuga di massa dal reparto psichiatrico «Sentite adesso vado a chiamare la
dottoressa Kalinina, voi aspettatemi qui»
«Ma di che diamine state parlando?» Hele guardò alternativamente il
biondo e la rossa. Ma perché tutti i matti avevano deciso di riunirsi nella
piccola e appartata cala in cui era solita nuotare quella mattina?
Blaise inarcò un sopracciglio mentre il medimago continuava a tacere
osservando la sabbia lasciata dalla borsa sul cemento della strada. Andriy fece
per allontanarsi ma fu bloccato dalla bionda che lo trattenne per un braccio «No
aspetta, dobbiamo capire cosa sta succedendo» affermò sicura cercando di mantenere
la calma e di reagire nel modo più razionale possibile, per quanto quella
situazione lo permettesse «Dove hai detto che ti trovi?» chiese rivolta alla
ragazza dagli occhi a mandorla «Vicino alla baia di Hanauma» mormorò Hele.
«E tu dove ti trovi in questo momento?» chiese poi al medimago che
aveva un’espressione decisamente scettica in volto.
«Ospedale Magico di San Pietroburgo»
Blaise emise un verso disperato «E io posso giurare sui padri
fondatori che mi trovo nel quartiere francese di New Orleans»
«Tutto questo non ha il minimo di senso» borbottò Andriy pur avendo
ormai capito che era praticamente impossibile che quelle due fossero scappate
dal reparto di psichiatria «Come facciamo ad essere tutti in posti diversi ma
tutti insieme in ognuno di quei posti…okay detto ad alta voce è ancora più
confuso di quanto intendessi»
«Ho letto temi molto più confusi nella mia carriera da insegnante,
tranquillo» Hele cercò di smorzare la tensione ottenendo due sorrisetti tirati da
parte dei due ragazzi «Qualcuno ha dunque qualche idea riguardo a come
procedere?» per quanto la situazione fosse assurda, tanto vale cercare di
calmarsi prima di prendere a pugni qualcuno.
«In che senso procedere?»
«Non volete davvero farmi credere che non avete voglia di capire cosa
c’è sotto a tutta questa storia?»
«Sì, ma…»
«A posto allora» Hele si legò l’asciugamano in vita prima di
rivolgersi a Blaise «Hai detto di essere di New Orleans, vero…ehm…»
«Blaise» l’aiutò la rossa.
«Blaise…okay, posso farcela a ricordarlo» mormorò Hele pensierosa «Quale
posto migliore per scoprire in che pasticcio siamo finiti se non la città più
assurda sulla faccia della terra? Ah, comunque io sono Hele»
«Andriy» si presentò il biondo ancora leggermente titubante «Ma come
facciamo a cercare qualcosa di cui non abbiamo alcuna informazione?»
Blaise sorrise finalmente più sicura di sé «Come giustamente ha detto
Hele, a New Orleans si può fare di tutto, anche le cose più assurde.»
Ufficio
Misteri, Londra
Silas spense la sigaretta nel posacenere blu scuro alla sua sinistra
senza staccare gli occhi dal fascicolo di fronte a lui: gli ci erano voluti due
giorni e numerose leccate di culo ad
un bel numero di persone per mettere le mani su quei fogli per riuscire ad
ottenere quell’ammasso di carta su cui non era mai riuscito a mettere le mani.
Si era sinceramente stupito del fatto che nell’archivio nessuno gli
avesse fatto troppe domande quando aveva richiesto un fascicolo di un incidente
avvenuto più di venticinque anni prima: se di norma le persone poco perspicaci
gli davano il nervoso, quel pomeriggio aveva ringraziato Merlino che non ci
fosse nessuno più di tanto sveglio in archivio.
Lo scatolone di carta riportava scritto a caratteri maiuscoli la
dicitura CHIUSO, cosa che aveva dato non poco fastidio all’uomo: archiviare un
caso come incidente solo per evitare di sollevare l’ennesimo polverone dopo che
appena un mese prima c’erano state polemiche riguardanti dei non meglio
determinati pasticci avvenuti a Hogwarts* non era certo indice di professionalità.
Era solo un bambino all’ora, aveva appena compiuto otto anni eppure
ricordava benissimo quel giorno quando gli Auror si erano presentati alla porta
di casa sua durante la cena. Chiudendo gli occhi sentiva ancora nelle orecchie
l’urlo disumano di sua madre quando le avevano comunicato la notizia.
Morto. Suo padre, Elijah Kincaid, capo dell’Ufficio Misteri e Paul
Fawley, il suo vice, erano morti un’ora prima in una tremenda esplosione
avvenuta nella Stanza dei Pensieri. Gli Auror avevano spiegato che qualche
esperimento doveva essere andato storto, ma a distanza di tanti anni, dopo
essere diventato a sua volta un indicibile Silas non ci credeva: suo padre era
un ottimo indicibile, il migliore, e quel Fawley non doveva essere da meno o
non l’avrebbe mai scelto come proprio vice, nessuno dei due avrebbe mai fatto
mosse azzardate rischiando di far saltare in aria l’intero Ministero.
Le fotografie sbiadite di suo padre e di Fawley che aveva estratto dalla
scatola gli restituirono uno sguardo determinato: quella notte, il 28 luglio
1992, doveva per forza essere successo qualcosa di estremamente grave, qualcosa
che nessuno aveva capito*.
Qualcosa che centrava con quei maledetti cluster: tre anni prima aveva
ritrovato in cantina un foglio pieno di scarabocchi veloci che aveva
riconosciuto appartenere alla grafia veloce e nervosa del padre e ora,
finalmente e fortuitamente aveva la possibilità di capire cosa fosse successo
quella notte.
Avrebbe svelato il mistero dei cluster e avrebbe chiuso il caso della
morte di suo padre una volta per tutte.
*ora sapete tutti chi
era il fantomatico zio di Christie. Niente Mangiamorte o simpatizzanti di
Voldemort.
*imprecazione
portoghese trovata in rete. As usual, se notate errori non esitate a farmelo
notare.
*Cotton Mather
era un pastore protestante, considerato uno dei fomentatori dell’isteria
collettiva dilagata a Salem nel Massachusetts e culminata con il celeberrimo
processo alle streghe del 1692. In questa storia Blaise ha la sfortuna di
essere una sua discendente e questo suo lignaggio è stato per lei causa di
prese in giro e di insulti ai tempi della scuola.
*alla fine del
suo primo anno (presumibilmente nel giugno 1992) Harry Potter ha affrontato
Raptor-Voldemort.
*cosa sarà
successo la notte del 28 luglio 1992? Lo scoprirete nelle prossime puntate…
Il capitolo è parecchio lungo, me
ne rendo conto, ma fino a settembre sarò in pausa a causa di impegni/vacanze
dove, conoscendomi, riuscirò a scrivere ben poco e volevo lasciarvi con un
capitolo abbastanza corposo. Nel prossimo capitolo vedremo tutti i nostri
sensate riuniti mentre Mike e Christie saranno in versione 007.
Ci risentiamo a settembre con la storia,
ma io passerò spesso dalla pagina, connessione permettendo, nel caso in cui
aveste qualcosa da dirmi.
Si
torturò le mani controllando per la decima volta l’orologio: dov’era finito?
Tutto quel ritardo non era affatto normale.
Un
rumore proveniente dal camino la fece sobbalzare e scattò in piedi con la
bacchetta sguainata.
«Mi schianteresti davvero?»
La ragazza sospirò rilassando le spalle «Non
ero certa che fossi tu» sottolineò piccata ritirando la bacchetta «Ci sono
novità?» chiese poi agitata e sentì una spiacevole sensazione di vuoto allo
stomaco quando vide il ragazzo adombrarsi «I tracciati sono quasi tutti
completati…entro un paio di settimane potranno essere impiegate le squadre
speciali per rintracciare le fonti di energia» la giovane si sedette con le
mani tremanti sulla sedia più vicina prima di seppellire il volto tra le mani
«Hey non fare così, sistemerò tutto» il ragazzo le si inginocchiò di fronte
spostandole gentilmente le mani dal volto «Ti ho giurato di proteggerti e non
verrò meno alla mia promessa, lo sai»
«Non puoi controllare questa situazione! Nessuno
può!» la voce della ragazza era salita di svariate ottave «Ricordati con chi
stai parlando» il ragazzo si sforzò di sorridere accarezzandole una guancia «Ho
un piano» le sussurrò con fare cospiratorio «Ma tu devi promettermi che
qualsiasi cosa accada tu non parlerai con nessuno di tutta questa storia.
Nessuno a parte noi deve saperlo»
«Cosa intendi dire con questo…» «Con nessuno,
mago, babbano, creatura magica o fantasma» «Ma…» «No, niente domande,
promettilo e basta»
«…Promesso» sussurrò infine la ragazza senza
riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione che non sarebbe andato affatto
tutto bene.
Blaise si accomodò
nel posto più defilato che era riuscita a trovare della biblioteca con le
cuffiette infilate nelle orecchie non collegate ad alcun dispositivo: in quel
modo se qualcuno l’avesse vista bisbigliare avrebbe pensato che stesse
canticchiando o parlando al telefono con qualcuno e non blaterando con persone che
solo lei poteva vedere e che si trovavano dall’altra parte del mondo.
«Okay cerchiamo di
capirci qualcosa in tutto questo casino» sbuffò Hele avvicinandosi alla rossa e
dando un’occhiata al libro che aveva aperto «Compendio sul Teletrasporto e la Comunicazione Mentale…dite che i
nostri cervelli si sono teletrasportati da un’altra parte?» l’hawaiana si morse
il labbro guardando pensierosa il medimago in cerca di conferme, ma Andriy si
limitò a scrollare le spalle.
«Non credo sia solo
una questione di cervelli altrimenti vedrei solo della materia grigia
fluttuante invece di voi due in carne ed ossa» la frase di Blaise riuscì a far
sorridere gli altri due ragazzi rimasti fino a quel momento piuttosto seri «Qui
dubito troveremo qualcosa» borbottò poco dopo richiudendo il libro e
appellandone un altro tra quelli che aveva portato con sé alla scrivania «In
che sezione bisogna cercare secondo voi per trovare qualche informazione su
come ci si possa trovare in più posti contemporaneamente?»
«Normalmente direi
nella sezione dei libri di psichiatria, ma visto che siamo apparentemente sulla
stessa barca non credo sia il caso di scherzare» una voce squillante fece
sobbalzare i tre che si ritrovarono davanti una minuta ragazza castana in piedi
con le braccia incrociate in mezzo a due ragazzi molto alti.
Åke strizzò un po’
gli occhi scrutando con attenzione il volto della ragazza dai capelli rossi «Tu sei quella del pub, vero?» chiese incerto
ottenendo in risposta uno sguardo decisamente perplesso che dopo qualche
secondo però si aprì in un mezzo sorrisetto «Nonostante io non abbia idea di
che pub tu stia parlando suppongo di essere proprio io» commentò con leggerezza
la ragazza.
«Vi conoscete?»
chiese Hele guardando perplessa il nuovo terzetto leggermente intimidita all’altissimo
ragazzo con i rasta «Noi ci siamo solo visti una sera a…»
«Göteborg» concluse
al suo posto Åke grattandosi il capo. Non bastavano il gigante e l’inglesina,
ovviamente dovevano essere di più in quel pasticcio a complicare ulteriormente
le cose «Anche se suppongo che per te non fossimo lì» aggiunse sarcastico
ottenendo qualche risatina piuttosto nervosa in risposta.
«Eccoti spiegato come
mai due tizi si trovassero in casa tua» una voce ironica fece girare tutti
verso l’ennesimo trio che aveva fatto la sua comparsa «Hai finalmente la prova
che nei io né…» «Rafael» «Sì, giusto…che né io né Rafael siamo due maniaci. A
proposito io sono Sebastian» un ragazzo alto con degli occhi azzurri molto
belli alzò la mano in segno di saluto verso la piccola folla di sconosciuti che
lo circondava.
Camila si
massaggiò le tempie emettendo un verso frustrato «Vi
prego ditemi che stiamo tutti sognando così posso svegliarmi finalmente»
«Mi spiace deluderti
ma il tuo impedimenta è stato tutto tranne
che un sogno» commentò Rafael mentre sul volto della ragazza compariva
un’espressione colpevole «Ti ho detto che mi dispiace! Come avrei dovuto
reagire nel trovarmi un tizio in mutande sul divano»
«In realtà non ero
sul tuo divano»
«Per favore non ricominciate,
stavamo già andando bene» borbottò Sebastian frapponendosi fra i due «Dite ce
c’è qualcun altro in arrivo o possiamo passare alle presentazioni?»
Margaret inarcò un
sopracciglio «Come facciamo a
sapere se c’è qualcun altro in arrivo?» chiese dubbiosa mentre JB al suo fianco
sorrideva «Prova a urlare ehilà nella tua testa, magari qualcun altro risponde»
la ragazza rise e Blaise si guardò intorno preoccupata all’idea che qualcun
altro in quella biblioteca potesse udire quel baccano ma, considerando che
nessuno aveva alzato infastidito la testa dai libri, non dovevano essersi
accorti di nulla «Cominciamo a presentarci noi e poi nel caso ci ripeteremo. Io
sono Blaise e vengo da New Orleans»
«Hele e fino a poco
fa stavo nuotando allegra e pacifica alle Hawaii mentre lui è Andriy e viene
da…» guardò dubbiosa il ragazzo biondo che le fece un sorrisetto incoraggiante
«San Pietroburgo?» «Esatto»
«Come ho detto io
sono Sebastian e credeteci o no mi trovo a Boston» commentò il ragazzo pallido
con i capelli scuri «Toglietemi una curiosità perché voi tre state
sussurrando?»
«Siamo in una
biblioteca…o per meglio dire Blaise si trova in una biblioteca, io ed Hele
parliamo piano solo per solidarietà suppongo» commentò Andriy facendo
ridacchiare la comitiva.
«Io sono Jamal
Bahari, ma chiamatemi pure JB e vengo dal Kenya mentre i due pallidini qui
vicino a me» disse posando una mano sulla spalla di Margaret e passando un
braccio sulle spalle di Åke che trasalì a disagio «Sono Margaret e Iko» «Åke»
«Sì sì, loro due, e vengono dall’Inghilterra e dalla Finlandia» «Svezia» «Sì,
lì vicino, no?» Hele trattenne a stento una risata non potendo fare a meno di
pensare ai suoi studenti e ai loro buffi pasticci con la geografia.
«Io sono Camila e
vivo a Barcellona» disse la ragazza mora facendo poi segno di parlare alla
figura di fianco a lei che era rimasta in silenzio per tutto il tempo «Sono
Rafael e vengo da Rio de Janeiro»
Blaise estrasse un
quadernetto colorato dalla borsa e si affrettò a copiare quanto le era stato detto
«Giusto per chiarire, voi mi
vedete tutti come se fossi in carne ed ossa vicino a voi, non vi sembro un
fantasma o qualcosa di simile?»
«A me sembri
decisamente reale e posso assicurarti che anche questi due qui non sembrano
fatti d’aria» JB strinse la presa su Margaret e Åke facendo ridere la ragazza
mentre il povero svedese sembrava non desiderare altro che tornarsene nella sua
baita. Possibilmente da solo.
Blaise annuì
scribacchiando «Quindi noi siamo
veramente gli uni accanto agli altri ma a quanto pare nessuno a parte noi nove
può vederci…c’è qualche condizione medica che può causare situazioni del
genere» chiese poi rivolta a Andriy che sembrò riflettere qualche secondo prima
scuotere il capo infilandosi le mani nelle tasche del camice «Non ho mai studiato
né letto qualcosa del genere ma a mia discolpa posso dire che la psichiatria
non è la mia specializzazione»
«Non potremmo essere
vittime di un’allucinazione?» chiese Margaret «Tutti quanti?» chiese Sebastian
decisamente scettica mentre la ragazza faceva spallucce «Sto ancora valutando
l’ipotesi che voi tutti non esistiate e che io mi stia sognando tutto»
«Come Alice nel Paese
delle Meraviglie?» chiese Camila pensierosa «In effetti nemmeno io che sono una
Legilimens ho mai sentito parlare di una cosa simile»
«Dite che ci potrebbe
aiutare?» chiese JB mentre Camila inclinava la testa di lato «Chi?»
«Quell’Alice di cui parlavi prima» la maggior parte dei ragazzi iniziò a
ridacchiare mentre JB si grattava la testa perplesso. Cos’aveva detto di tanto
divertente?
«Alice nel Paese
delle Meraviglie è un romanzo babbano» spiegò Rafael senza riuscire a
nascondere un sorrisetto «Una storia piuttosto inquietante se vuoi la mia
opinione, ma a mia madre piace molto»
«Non siamo tutti
purosangue dunque?» chiese Andriy pensieroso «E’ un problema per caso» ribattè
stizzito Rafael mentre il russo si affrettava a scuotere la testa «No, stavo
solo cercando di trovare un possibile nesso tra di noi ma direi che le nostre
origini sono da escludere» concluse mentre gli altri otto annuivano pensierosi.
«Potrebbe essere un
collegamento astrologico…basato per esempio sul segno zodiacale» tirò a
indovinare Margaret «Non ne capisco molto di Divinazione ma credo che la
posizione delle stelle significhi qualcosa…no?»
JB annuì pensieroso
«Baba Magia parla spesso di
queste cose ma non ci ho mai capito granché» «Baba Magia?» chiese con una nota
di panico Åke: già si ritrovava in balia di otto sconosciuti, che non si
aggiungessero all’improvviso altre persone o veramente avrebbe rischiato un
crollo nervoso.
«Magari nel luogo e
nel momento in cui siamo nati avevamo una congiunzione astrale simile…»
rifletté Blaise cercando di richiamare alla memoria tutte le nozioni di
astrologia che possedeva «Provate a dirmi il vostro luogo e la vostra data di
nascita così posso fare qualche ricerca»
«Sono nato il 31
ottobre 1993 a Boston» incominciò Sebastian sicuro guardando poi perplesso
Blaise che invece di scrivere era rimasta a fissarlo con la piuma a mezz’aria
«Anche io sono nata il 31 ottobre 1993» mormorò la ragazza e in men che non si
dica gli tutti quanti cominciarono a parlare insieme piuttosto agitati.
«Alt, stop
piantiamola di starnazzare tutti quanti» Åke alzò la voce per sovrastare il
baccano «A quanto sembra siamo nati tutti lo stesso giorno in posti diversi
quindi suppongo che questo fosse il collegamento che stavamo cercando, no?»
«Sapete per caso
anche l’ora in cui siete nati?» chiese Camila pensierosa beccandosi un’occhiata
decisamente perplessa da parte di Rafael «Tu davvero lo sai?» «Beh era scritto
sul mio certificato di nascita…» «Io sono nato sul divano della mia vecchia
casa per cui non ne ho proprio idea» «E anche in questo caso non concludiamo
nulla»
Blaise scosse il
capo «Non è detto, cercate di non
essere pessimisti. Camila…ti chiami Camila, giusto? Sapresti dirmi a che ora e
dove sei nata?»
«Sono nata poco dopo
l’una di pomeriggio a Barcellona»
«Okay io sono nata a
Salem circa alle otto del mattino»
«Io sono nato a
Boston che ha lo stesso fuso orario di Salem più o meno alle otto e se non erro
tra di noi e la Spagna ci sono esattamente cinque ore di differenza, il che
significa che molto probabilmente siamo nati…» «Nello stesso momento» sussurrò
Camila.
«Mia madre mi ha
raccontato che sono nata di notte ad Honolulu…» disse Hele «Quante ore ci sono
di fuso rispetto a voi?»
«Dieci ore indietro
rispetto alla Gran Bretagna» disse Margaret sicura «Ne sono abbastanza certa
perché mi piacerebbe andarci in vacanza e avevo fatto qualche ricerca»
«E io sono nato nel
primo pomeriggio a Kiev» Andriy sospirò passandosi una mano tra i capelli
chiari «Direi che anche senza andare avanti ci sono già parecchie coincidenze»
«Praticamente siamo
dei gemelli mentali» concluse JB con un gran sorriso facendo scoppiare tutti a
ridere, compreso Åke, che se il ragazzo cercò di nasconderlo.
Hele si fermò un
secondo a riflettere «Avrei un’altra
domanda» disse catturando l’attenzione di tutti «Noi siamo qui tranquilli a
chiacchierare ma come facciamo a capirci tutti perfettamente?»
Sebastian fece
spallucce «Beh l’inglese ormai è largamente diffuso anche se in effetti devo
dire a tutti coloro che non sono madrelingua che la vostra pronuncia è davvero
grandiosa…»
«Io non sto parlando
inglese in questo momento» disse Camila lasciandosi sfuggire una risatina
leggermente isterica «Anzi per la verità mi sembra che anche voi stiate
parlando catalano come me»
«Catalano come la
crema?» chiese perplesso JB «E’ il tipo di spagnolo parlato a Barcellona»
spiegò Rafael beccandosi un’amichevole pacca sulla spalla dal keniano in
ringraziamento che per poco non lo fece finire per terra. Okay, quel ragazzo
era decisamente troppo grosso.
«Fatemi capire,
stiamo tutti parlando lingue diverse ma riusciamo comunque a capirci?» più
passavano i minuti più Åke rimpiangeva la vecchia tranquillità del suo lago
dove non si avventurava mai anima viva «Dite che è un po’ come la storia dei
luoghi?»
«E’ l’unica
spiegazione a meno che improvvisamente non siamo diventati dei geniali
poliglotti»
«Io di sicuro non
corro questo rischio» borbottò Hele mesta: se non era riuscita ad imparare
discretamente il giapponese in sette anni di scuola dimenticando comunque
almeno il 70% delle poche nozioni apprese nei due anni successivi, dubitava
fortemente di essere in grado di svegliarsi e imparare una nuova lingua da un
giorno all’altro.
Blaise richiuse il
quadernino e osservò gli altri otto che stavano parlottando: nove ragazzi
provenienti un po’ da tutto il mondo nati verosimilmente nello stesso momento
potevano vedersi e comunicare senza che il mondo esterno ne fosse cosciente…non
aveva mai sentito nulla di simile «Credo
che a questo punto l’unica cosa da fare sia cercare delle informazioni
basandoci su quanto abbiamo capito oggi»
«Io lavoro in una
libreria, posso provare a vedere se trovo qualche libro interessante dato che
in negozio e in magazzino abbiamo veramente di tutto» propose Margaret «Se
dovessi trovare qualcosa ve lo direi immediatamente»
«Come facciamo ad
organizzarci per rivederci tutti quanti» chiese Rafael perplesso.
Camila sospirò
incrociando le braccia «Ho
come l’impressione che in un modo o nell’altro ci rivedremo tutti molto molto
presto.»
*
Christie, dopo
essersi lisciata per l’ennesima volta la gonna del lungo abito blu, alzò gli
occhi da terra incontrando lo sguardo allegro della madre che le porse un
calice pieno di succo di zucca «Mamma
non mi inganni questo l’hai appena trasfigurato, nessuno servirebbe mai succo
di zucca ad una festa»
Margaux ridacchiò
nel vedere l’espressione costernata della figlia «Non
ho intenzione di dare dell’alcool a mia figlia, Christianna, altrimenti che
razza di madre degenere sarei?» Christie accettò il bicchiere roteando gli
occhi astenendosi sapientemente dal sottolineare che se lo avesse voluto,
avrebbe potuto tranquillamente andare a chiedere un bicchiere di whisky
incendiario ad un cameriere, ma in quel momento, nervosa com’era, era più che
certa che non sarebbe stata in grado di reggere nemmeno una burrobirra.
Erano quasi le
dieci passate e non aveva ancora visto Kincaid da nessuna parte; cominciò
veramente a sperare che l’indicibile non avesse deciso di starsene proprio
quella sera tutto solo nell’Ufficio Misteri o Mike avrebbe rischiato di finire
in guai seri.
«…sì come ti
dicevo…ah, ecco Christianna» la voce di suo padre la strappò dalle sue
riflessioni e improvvisamente si ritrovò svariate paia di occhi sconosciuti che
la osservavano curiosi «Vi ricordate tutti di Christianna, la mia bambina?» sul
volto di Stephen si aprì un sorriso dolce che Christie ricambiò.
«Stephen credo che
ormai più che una bambina sia una donna» disse una strega vestita in modo
elegante facendole l’occhiolino prima di alzare la mano e salutare qualcuno
alle spalle di Christie «Silas! Ho trovato una delle tue studentesse!»
Christie deglutì
senza trovare il coraggio di voltarsi verso l’indicibile che aveva chiaramente
percepito avvicinarsi alle sue spalle «Una
delle più promettenti aggiungerei» Christie tossicchiò a disagio voltandosi
verso Silas che, dopo averle lanciato uno sguardo penetrante, si presentò con
una stretta di mano a suo padre.
Se non altro
l’aveva trovato, pensò la ragazza mentre suo padre e l’indicibile iniziavano a
parlare con suo grande imbarazzo.
«Signor Kincaid mi
permetta di presentarle mia moglie Margaux; Christianna ha preso sicuramente il
talento da lei» Christie si era sempre chiesta come facesse sua madre a non
arrossire o a non roteare gli occhi in quel genere di situazioni, suo padre
sapeva essere decisamente imbarazzante quando ci si metteva. In quello
specifico frangente però notò che le dita della madre erano decisamente troppo
strette intorno al sottile stelo del calice di champagne e che la donna
sembrava a disagio mentre stringeva la mano di Silas.
Come se avesse
percepito il suo disagio Silas la guardò leggermente perplesso e la signora
Nott si affrettò a mettere su il suo miglior sorriso distogliendo velocemente
lo sguardo dagli occhi azzurri dell’uomo. Un rintocco segnò le dieci e mezza e
Christie sobbalzò. Era in ritardo, Mike la stava aspettando da chissà quanto!
La ragazza si schiarì
la voce «Volete scusarmi, credo di aver visto alcuni mie ex compagni di scuola»
disse con gli occhi fissi sulla madre «Vai pure dai tuoi amici, immagino che la
compagnia di una decina di persone abbondantemente sopra i trenta non sia
esattamente il massimo» rispose il padre scatenando le risatine delle persone
vicine «Io e la mamma ci faremo trovare verso le undici e mezza ai camini»
«Undici e mezza? Stai
proprio invecchiando Stephen» commentò gioviale un mago assestando una pacca
sulla spalla del signor Nott, Conrad Devington, a Christie parve di ricordare
«In realtà è colpa mia» si affrettò a precisare la ragazza «Domani ho lezione e
voglio essere riposata»
«Kincaid fai davvero
il lavaggio del cervello a questi ragazzi!» Silas si limitò a ghignare e,
approfittando delle chiacchiere Christie sgattaiolò fuori dalla combriccola.
*
Mike camminava
avanti e indietro nell’Ufficio Misteri in attesa. Ma dove diamine era finita
Chris? Era in ritardo di quasi mezz’ora, praticamente un secolo per i suoi precisissimi
e puntualissimi standard.
Un ticchettio di
tacchi sul pavimento di marmo le fece voltare e il ragazzo ebbe la chiara
sensazione che la sua mascella fosse caduta «Scusa, lo so, sono in ritardo
assurdo, ma dovevo accertarmi che Kincaid fosse impegnato…perché hai la bocca
aperta come un merluzzo?» Mike si sentì avvampare e distolse in fretta lo
sguardo dal vestito estremamente
fasciante che indossava l’amica cercando di concentrarsi su quegli occhi
chiari che lo fissavano perplessi «Uh…ehm…si…io ti aspettavo…qui…» si schiarì
la voce grattandosi il capo imbarazzato «Vogliamo andare» chiese infine
sperando vivamente che la sua voce non suonasse istericamente acuta.
«Prima mi tolgo
questi aggeggi infernali» commentò Chris appoggiandosi alla sua spalla e
sfilandosi gli altissimi sandali sui quali aveva camminato per decisamente
troppo tempo «Oh è tutta la sera che non vedevo l’ora di liberarmene!» esclamò
poi allegra muovendo le dita pallide sul pavimento e facendo sparire i sandali
nella borsetta magicamente allargata «Andiamo?» chiese poi allegramente
lasciando la presa culla spalla dell’ex grifondoro.
Mike scosse la
testa cercando di scacciare dalla testa il disappunto per quel contatto
interrotto e seguì l’amica senza dire una parola «…Scusami
ancora ma sono stata bloccata dagli amici dei miei genitori…pensa che persino
Kincaid è venuto a chiacchierare con noi! È stato parecchio inquietante devo
dire, ma almeno ho appurato con certezza che non si trovava qui sotto…Mike…Mike
mi stai ascoltando?»
Il ragazzo si
stoppò di botto «Sì scusa stavo solo
pensando…»
«Non voglio nemmeno
immaginare quanto tu sia agitato per startene zitto così a lungo» cercò di
sdrammatizzare Chris «Quella strana sei tu: da dove esce tutta questa voglia di
avventura?» le rispose a tono Mike cercando di recuperare un po’ del solito
humour.
«E’ la tua cattiva
influenza» Christie gli fece la linguaccia prima di fermarsi di fronte alla
porta della biblioteca «Quanto tempo abbiamo? Devo essere indietro per le
undici e mezza…»
«Poco più di venti
minuti» mormorò Mike girando la chiave magica nella toppa «Ho già disattivato
gli incantesimi anti-intrusione…ho usato una delle bacchette del deposito così
non possono rintracciarci»
«Tutti quei gialli babbani
ti hanno reso una vera macchina da guerra» Chris ridacchiò sorridendo poi
all’amico quando questi le fece segno di precederlo ed entrare mentre lui
teneva la porta «Io ho fatto alcune ricerche sulla biblioteca e ho scoperto che
per fortuna le sezioni in cui è divisa sono le stesse in cui sono ripartite le
varie stanze»
Mike annuì «La
sezione del Pensiero credo sia quella più in fondo, se rispettano l’ordine
delle camere»
I due si
avventurarono nella sezione proibita e Christie sospirò guardandosi intorno
ammaliata «Se potessi passerei
giornate intere qui dentro» «Invece abbiamo poco venti minuti scarsi» «Lo so
anche io! Fammi sognare!» Mike rise avvicinandosi ad un alto scaffale
impolverato «prendiamo i libri che ci sembrano più promettenti e poi li confrontiamo…dobbiamo
essere veloci»
«Io non ho ancora
capito come faremo a trascrivere in così poco tempo le informazioni»
«Oh, noi non
trascriveremo alcunché» Christie lanciò uno sguardo di sbieco all’amico che
estrasse una vecchia macchina fotografica babbana dalla tasca «Mike gli oggetti
elettronici non funzionano qui dentro…» «Infatti questa non è elettronica, è
una vecchia macchina fotografica con rullino resistente a tutto, persino alla
magia»
«Ottima pensata,
venti punti a grifondoro» commentò Christie mentre il ragazzo le faceva
l’occhiolino.
Dieci minuti dopo
erano seduti per terra con una decina di libri aperti di fronte a loro «Telepatia
e Maledizione Imperio: controllo su sezioni diverse dell’encefalo…dici che
le sfere sono telepatiche?» chiese Christie osservando il libro dubbiosa mentre
Mike scattava foto a raffica alle pagine di un libro che parlava della storia e
del funzionamento della Camera del Pensiero «Non saprei…prova a sfogliarlo
velocemente e vedere se nei titoli dei capitoli si parla di sfere o cluster»
Christie diede
un’occhiata veloce al libro prima di rispedirlo frustrata al suo posto con un
colpo di bacchetta dopo non aver trovato nulla di interessante o utile sopra:
sperava davvero che la loro gitarella illegale non si rivelasse solo una
perdita di tempo. Si rigirò tra le mani una copia di un vecchio libro il cui
titolo, Le Degenerazioni del Pensiero,
le aveva messo i brividi e lo aprì lentamente come se avesse paura che le
pagine potessero in qualche modo attaccarla «Mike
forse ci siamo!» sussurrò poi eccitata quando si trovò davanti alla tanto
agognata parola cluster.
Il ragazzo rispedì
in fretta una pila di libri al loro posto e si avvicinò all’amica con la macchina fotografica ben stretta in mano
e incominciò a fotografare tutte le pagine che l’amica gli mostrava prima che
il suo orologio da polso cominciasse a emettere un flebile bip «Merda dobbiamo
andare…mi mancano le ultime dieci pagine!» sussurrò affranto guardando
arrabbiato sia l’orologio che la macchina fotografica che aveva esaurito le
fotografie disponibili sul rullino. Christie spalanco gli occhi preoccupata
guardando il libro «Giura che non dirai a nessuno cosa sto per fare» disse con
voce bassissima prima di strappare con un gesto secco le ultime dieci pagine
del libro sotto lo sguardo basito dell’amico.
«Christianna Nott ti
devi avere la febbre» borbottò Mike sconvolto mentre l’amica rossa
dall’imbarazzo e probabilmente per la vergogna di aver compiuto una tale
atrocità si affrettava ad alzarsi nascondendo le pagine incriminate nella
borsetta «Mike ti prego non farmici pensare» mormorò implorante verso l’amico
che si rialzò poggiandole una mano sulla spalla «Oh per Salazar sono una
criminale» esclamò qualche secondo dopo portandosi le mani sul volto «Una
criminale che rischierà di essere presa a meno che non si muova a uscire da
questo posto» borbottò Mike trascinandosi letteralmente l’amica dietro mentre
si affrettava a ritornare nel corridoio dell’Ufficio Misteri.
Il ragazzo
richiuse la porta e si affrettò a riattivare gli incantesimi di protezione «Vai pure dai tuoi qui posso finire io di
sistemare tutto…Chris? Chris va tutto bene?» chiese poi preoccupato
avvicinandosi all’amica che era rimasta immobile con gli occhi spalancati e
lucidi «Mike ci arresteranno» mugolò disperata «Abbiamo fatto una cazzata e
verremo arrestati entrambi»
Senza pensarci due
volte Mike la strinse a sé accarezzandole la schiena «Nessuno sa che siamo stati qui, non mi sono
fatto scambiare il turno» «Cosa? Ma allora come…» «Ho corretto il caffè del
guardiano di stanotte con un potente sonnifero che lo lascerà incosciente per
almeno un’altra ora e ho lanciato incantesimi usando solo una bacchetta del
deposito che abbandonerò stasera da qualche parte a Londra» Christie guardò
l’amico basita «Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Mike Torrance» mormorò
facendolo ridere.
«A furia di
frequentare serpi sto diventando un esperto di faccende poco pulite…ahia!» si
massaggiò la spalla dove l’amica gli aveva appena assestato uno schiaffo «Te lo
sei meritato» dopo avergli fatto la linguaccia Christie gli sorrise «Sarà
meglio che vada, mio padre sarebbe capace di mandare le squadre Auror a
cercarmi se dovessi arrivare in ritardo. Buonanotte Mike, ci vediamo domani»
Mike rimase fermo
per un secondo «Chris?» la richiamò
pentendosene non appena la ragazza si voltò a guardarlo incuriosita. Sei bellissima, ecco cosa avrebbe voluto
dirle ma non riuscì ad articolare nulla più che un «Notte anche a te»
Mentre la guardava
allontanarsi con passo leggero pensò che davvero a furia di frequentare serpi
aveva perso una buona dose di coraggio.
Margaux Nott
Stephen Nott
Paul Fawley
Elijah Kincaid
Dopo una lunghissima attesa eccomi qua! Parto subito col dire che
entro dieci giorni avrete il prossimo capitolo dato che mi sono ripromessa di
essere più celere.
Anche questa volta, chiedo venia, il capitolo è molto lungo,
ma ci tenevo veramente a descrivere abbastanza nel dettaglio le varie scene
anche perché siamo entrati nel vivo della storia.
Come sempre sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate e
soprattutto di conoscere le vostre congetture/teorie. Se dovesse venirvi un colpo di genio potete anche scrivermi via mp per non dare troppi indizi agli altri lettori ahahahah
Ho aggiunto anche i pv di alcuni personaggi secondari nel caso
in cui qualcuno fosse curioso. Non so voi ma io ho sempre bisogno di
immaginarmi la faccia di un personaggio per ricordarmelo meglio. Ovviamente
l’aspetto di Paul ed Elijah è quello che avevano nel 1992.
Christie non aveva chiuso occhio per almeno
tre giorni. Ogni notte dormiva con le pagine strappate dal libro sotto il
cuscino e di giorno quando usciva per andare a lezione le nascondeva con cura
sotto il materasso del minuscolo lettino contenuto nella sua casa delle bambole
pregando intere genealogie di illustri maghi che nessuno lo venisse mai a
sapere.
Mike guardò preoccupato l’amica e
soprattutto quelle spaventose occhiaie che la facevano sembrare un panda mentre
erano seduti con le gambe a penzoloni su un muretto in una via traversa a
Camden intenti a sbocconcellare un panino per pranzo: l’idea di essere scoperta
la stava davvero mandando al manicomio «Senti quelle pagine
da domani le tengo io, va bene? Dio Chris non puoi andare avanti così, stai
diventando una piccola larvetta deperita e assonnata»
«Ma che cosa carina da dire, quasi quasi
arrossisco» commentò sarcastica la ragazza staccando quasi con rabbia un morso
del panino «Poi si può sapere quando dovrei dartele? A scuola, magari
sventagliandole platealmente prima di passartele?»
«Posso sempre autoinvitarmi da te domani
pomeriggio»
«Ma se qualcuno ti vedesse potrebbe insospettirsi»
«Certo, sarebbe stranissimo se io uscissi da casa della mia migliore amica» «La
pianti di sfottermi, sono mentalmente instabile al momento!» «Almeno lo
ammetti…» bofonchiò il ragazzo guadagnandosi un’occhiata velenosa da parte di
Christianna che avrebbe fatto commuovere Salazar Serpeverde in persona «Ora che
sappiamo che cos’è un tu-sai-cosa come facciamo a capire cosa ha in mente
Kincaid»
«Semplice, come ogni cattivo che si rispetti
vorrà diventare il signore, padrone e dominatore del mondo» «Con un esercito di
persone connesse tra di loro ad aiutarlo?» «Beh indubbiamente sarebbe un piano
originale per gli standard dei cattivi dei film…forse li userà come suoi
minions»
Christie inclinò leggermente il capo «Quelle
sottospecie di banane tozze che fanno versi?»
«Per quanto questo probabilmente sia il modo meno
gentile per descriverli, sì, proprio loro» la rossa sbuffò facendo spallucce
«In ogni caso ora che sappiamo di cosa si sta occupando non ci resta che
pedinare il grande capo e vedere cosa combina»
«Certo perché pedinare di nascosto il miglio
indicibile del paese sarà un gioco da ragazzi» commentò sarcastica la ragazza
«Se solo mio zio fosse vivo potrei chiedergli di aiutarci» mormorò mestamente.
«Tu sei proprio certa che in casa tua non ci
siano i suoi vecchi appunti?» chiese Mike speranzoso «Insomma lui doveva essere
davvero bravo ed esperto, sono certo che potremmo capire molte cose»
«Li ho cercati, giuro, ma non ho trovato
nulla…credo che mia madre abbai ritirato tutto da qualche parte, in un luogo
ben nascosto» la rossa rimase in silenzio per qualche secondo e Mike dopo
averle scoccato un’occhiata in tralice sorrise felice come un bambino il giorno
di Natale «Conosco quello sguardo! La mia serpe preferita sta macchinando
qualcosa» sorrise felice abbracciando la ragazza che fece finta di protestare
senza troppa convinzione «Dove dobbiamo intrufolarci questa volta?»
«Mike Torrance stai per avere l’onore di fare un
giro nei meandri di Villa Nott in compagnia della sottoscritta»
«Magari è la volta buona che trovo qualche tua
vecchia foto compromettente e imbarazzante di quando eri piccola»
«Mi spiace deluderti, caro mio, da piccola ero
assolutamente e modestamente stupenda» esclamò la ragazza pomposamente facendo
ondeggiare la chioma vermiglia mentre l’amico le sorrideva. Stai tranquilla Chris, anche ora sei
semplicemente meravigliosa, penso il ragazzo scuotendo poi il capo come per
allontanare dalla propria mente quella considerazione.
*
Hele sospirò affranta guardando i due
vecchi tomi di fronte a lei sui quali si stava spaccando la testa da minimo due
ore, periodo di tempo in cui avrebbe potuto fare cose molto più produttive come
correggere i compiti dei bambini di seconda o cucinare una vagonata di biscotti
per i suoi nipoti invece di cercare di decifrare quei maledetti libroni in
giapponese.
Se suo padre l’avesse vista in quel momento
ad annaspare cercando disperatamente di ricordare come si leggesse in una
lingua che tecnicamente aveva parlato tutti i giorni per sette lunghi anni e
che lui aveva provato a insegnarle con tanta dedizione, si sarebbe come minimo
offeso.
«Sembra che tu voglia bruciare con lo sguardo
quel libro» commentò allegramente Margaret affiancandola all’improvviso e
facendola sobbalzare «Scusa non volevo spaventarti» si affrettò a dire
l’inglese mentre Hele scuoteva la testa «Ci farò l’abitudine, credo»
«Conosci il giapponese? Quanto ti invidio, io
parlo solo una lingua…» disse Margaret interessata e affascinata da quegli
strani simboli mentre Hele emetteva in risposta un grugnito frustrato
«Teoricamente sì, ma praticamente mi sto sentendo analfabeta…purtroppo la
maggior parte dei libri di magia che possiedo solo in giapponese anche se
ammetto che erano anni che non li toccavo» Margaret guardò l’hawaiana sottecchi
ma si astenne dal fare ulteriori domande avendo percepito una sorta di fastidio
nel tono della ragazza. Margaret alzò lo sguardo dal libro e fece vagare lo
sguardo per quello che in teoria doveva essere il suo monolocale londinese
prima di sobbalzare strillando «Per i boxer verdi di Salazar!»
Hele saltò immediatamente in piedi al suo
fianco estraendo la bacchetta e guardandosi intorno in cerca di un potenziale
pericolo «Che succede? C’è qualcuno?»
«Io…questa non è casa mia…ti giuro, venti secondi
fa ero nel mio appartamento mentre ora…dove cavolo sono finita?» Margaret fece
due passetti in avanti molto lentamente come se avesse paura che quel
misterioso pavimento di legno chiaro potesse improvvisamente sparire da sotto i
suoi piedi sotto lo sguardo perplesso di Hele che non vedeva altro che il suo
salotto.
Mentre Margaret continuava la sua ispezione
camminando in un modo buffissimo che ricordava la pantera rosa, Hele cercò di
farsi venire qualche idea «Mi descriveresti questo posto?»
«Abbastanza ampio e luminoso…il soffitto non è
molto ampio ma il pavimento di legno chiaro e le pareti azzurrine amplificano
lo spazio…» Hele inarcò un sopracciglio «Dimmi ci sono delle orchidee sul
davanzale?» «Sì, esatto! Lo vedi anche tu?» «In realtà ci vivo, hai descritto
il salotto di casa mia»
Margaret si bloccò osservando la ragazza
dubbiosa «Mi stai dicendo che sono in casa tua in questo
momento?» Hele alzò le spalle e annuì incerta mentre gli occhi di Margaret si
illuminavano entusiasti «Questo vuol dire che sono alle Hawaii! Che figata!»
l’ex serpeverde lanciò uno strillo e si fiondò alla finestra osservando in
adorazione la fila di casette colorate e palme mentre Hele rideva «Vorrei dirti
di provare a fare anche tu lo stesso, ma posso assicurarti che questa vista è
molto meglio di quella del mio appartamento a Tottenham» aggiunse Margaret
prima di strizzare gli occhi verso una figura che si stava avvicinando «Hele un
tipo, un gran bel tipo se vuoi il mio
parere, sta entrando nel tuo vialetto»
La padrona di casa sobbalzò «Deve
essere Nalu…è in anticipo diamine!» «Il tuo ragazzo?» chiese Margaret maliziosa
«No è mio fratello» sbuffò la ragazza affrettandosi a far evanescare i libri
sbattendo poi senza troppa cura la bacchetta nel primo cassetto disponibile
sotto lo sguardo perplesso di Margaret.
Hele si fiondò ad aprire la porta e dovette far
ricorso a tutto il suo autocontrollo per non urlare dalla sorpresa: sulla
soglia a fianco di Nalu c’erano due figure ben note che si guardavano intorno
decisamente incuriosite.
«E’ una mia impressione o sembra che questo posto
sia uscito dal set di Hawaii Five 0?» chiese Rafael osservando il giardinetto
davanti alla casa mentre al suo fianco Sebastian, che per qualche strana
ragione aveva un camice addosso, annuiva «Sì, decisamente…a proposito anche io
guardo quella serie!» Hele emise un verso non ben classificabile prima di
rantolare con il più finto dei sorrisi «Ciao fratellone, entra pure»
guadagnandosi un’occhiata inquisitoria dal fratello, insospettito dal suo tono,
che entrò in casa non dando segno di aver sentito la conversazione tra i due
ragazzi.
«Scusa se sono piombato qui con quasi un’ora di
anticipo, ma sono stanco morto e non avevo voglia di guidare fino a casa» il
fratello si lasciò cadere su una poltrona esattamente di fronte a Margaret che
lo squadrò attentamente soffermandosi poi con uno sbuffo stizzito sulla fede
che portava al dito «E ti pareva che uno così bello non fosse sposato» Rafael e
Sebastian le si avvicinarono incuriositi «Quindi lui non può vederci?» «A
quanto pare no» bofonchiò Hele guadagnandosi un’occhiata in tralice dal
fratello che la fece tossicchiare imbarazzata «Vuoi qualcosa da mangiare? Del
succo magari? Sì ho del succo buonissimo…faccio in un attimo» borbottò
allontanandosi in fretta verso la cucina e gesticolando con le mani per far
capire agli altri di seguirla.
Quando tutti e quattro furono entrati la ragazza
si chiuse la porta alle spalle «Okay, come siete arrivati qui?» sussurrò
decisamente in ansia «Poco fa ero al bar…il mio bar…poi non ho capito come sono
finito nel laboratorio di Sebastian e poi improvvisamente ci siamo ritrovati
entrambi sulla soglia di casa tua» «E non ci siamo nemmeno materializzati»
aggiunse Sebastian scambiandosi uno sguardo d’assenso con Rafael mentre Hele
trafficava nervosa con i bicchieri «Okay questo non è decisamente il momento
migliore per avere delle persone che vedo solo io in casa. Mio fratello è un
poliziotto e da ragazzo era un portento con la legilimanzia» sibilò nervosa
«Per poliziotto intendi un Auror?» chiese Rafael pensieroso «Noi in portoghese
chiamiamo così i poliziotti magici…» Hele scosse la testa a disagio «No, lui è
proprio un poliziotto» rispose evitando accuratamente lo sguardo degli altri
tre.
«Va tutto bene qui?» Nalu comparve dedicando uno
sguardo indagatore alla sorella minore «Hele sei strana è successo qualcosa?»
la ragazza si affrettò a negare scuotendo il capo prima di girarsi di scatto
verso il bancone della cucina facendo cadere uno dei bicchieri appoggiati sopra
che si infranse sul pavimento.
Rafael estrasse la bacchetta facendo un
passo in avanti con l’intenzione di aiutarla a sistemarlo venendo prontamente
bloccato da Margaret e Sebastian che con lo sguardo gli fecero capire che non
era il caso di intervenire: cosa avrebbe detto il fratello della ragazza se
avesse visto il bicchiere risparsi senza che nessuno lanciasse un incantesimo?
Quando sentì i passi del fratello salire le
scale, Hele si schiarì la voce «Scusate per il…casino» sussurrò rivolta agli
altri tre. Sebastian, piuttosto perplesso, fece per dire qualcosa ma fu
prontamente bloccato da un pestone di Margaret che sorrise alla ragazza
«Tranquilla può capitare a tutti qualche disattenzione…noi faremmo meglio ad
andare così ti lasciamo libera per prepararti giusto ragazzi?» Sebastian e
Rafael non poterono che annuire di fronte agli occhi lampeggianti della minuta
inglese che sembrava sfidargli a dire qualcosa di sbagliato «Ci vediamo poi
domani?» Hele annuì ringraziando con un sorriso l’altra ragazza per il suo
tatto e guadagnandosi un occhiolino in risposta.
*
«Perché non mi hai lasciato parlare?» chiese
Sebastian appena i tre si ritrovarono nel suo appartamento di Boston «Non era
il caso di chiederle cosa intendesse il fratello» sbuffò la ragazza con aria di
sufficienza «Come fai a sapere che voleva chiederle proprio quello?» chiese
perplesso Rafael osservando la castana roteare gli occhi «Voi ragazzi siete
prevedibili…il più delle volte»
«Non sono certo che lasciarla sola sia stata la
scelta giusta» mormorò Rafael grattandosi il mento «Sembrava decisamente
abbattuta, forse sarebbe stato meglio rimanere e farle compagnia» aggiunse
mentre Sebastian al suo fianco annuiva solennemente scoccando un’occhiataccia a
Margaret.
«Infatti non ho intenzione di lasciarla da sola»
un sorriso furbo si dipinse sul volto della ex serpeverde mentre i due ragazzi
la guardavano decisamente perplessi «Ditemi, sapete per caso dov’è Andriy in
questo momento?»
*
Pace.
Åke si stiracchiò godendosi la tanto
agognata pace che aveva desiderato per giorni. Giorni in cui era stato
trascinato in un pub, aveva avuto delle presunte allucinazioni e si era ritrovato
in casa un’inglesina tutto pepe e un ragazzone keniano enorme, ma veramente
enorme, decisamente troppo espansivo per i suoi gusti.
Certo al suo fianco, sdraiata sul parquet
della sua baita intenta a scribacchiare sul suo quadernetto c’era una ragazza,
una perfetta sconosciuta se doveva essere sincero, ma apprezzava decisamente il
fatto che Blaise si fosse dimostrata una ragazza pacata e molto molto discreta.
«Ora capisco il motivo per cui sembravi così
terrorizzato e a disagio quando ci siamo ritrovati tutti insieme in modo così
caotico» commentò la ragazza distraendolo dalle sue considerazioni «La calma
che si respira qui dentro è quasi irreale, l’esatto opposto di qualunque luogo
contenga tutti noi nove insieme» aggiunse con un sorriso mentre il biondo
annuiva sbuffando «Non amo la confusione, è per questo che mi sono trasferito
qui» spiegò mentre la ragazza lo osservava interessata «E’ curioso, non trovi?
Siamo tutti così diversi tra noi: tu ti sei trasferito qui per cercare pace e
tranquillità e io mi sono trasferita nella città più pazza e assurda del mondo»
«Immagino che un gruppo più eterogeno sia
difficile da trovare» commentò sarcastico il ragazzo «Forse è un bene, no? E’
bello ogni tanto conoscere gente nuova» gli occhi chiari di Blaise si illuminarono
allegri e Åke, nonostante ne avesse in fondo in fondo voglia, non riuscì
proprio a tirare fuori una delle sue uscite caustiche e si limitò a bofonchiare
qualcosa di indistinto sotto lo sguardo divertito dell’americana «Tornando
all’indagine, ho cercato un po’ tra le varie maledizioni citate nei miei testi
per spezzaincantesimi, ma non ho trovato nulla che sembri essere collegato alla
nostra situazione»
«Se non altro vuol dire che non siamo maledetti»
disse Blaise incoraggiante mentre il ragazzo scuoteva il capo «Non
è detto…domani proverò a guardare alla biblioteca magica Goteborg, ma a meno
che non si tratti di qualche strana fattura norrena, dubito troverò qualche
informazione in più di quante tu non ne abbia trovate a New Orleans»
«Nel caso in cui si trattasse effettivamente di
una maledizione, come dovremmo comportarci?» chiese Blaise pensierosa
osservando il ragazzo «Bisognerebbe procedere con cautela, usare incantesimi
poco invasivi per classificarla e poi cominciare a lavorarci su con delicatezza…penso
che Andriy sarebbe sicuramente più bravo di me in questo, essendo un medimago:
io di solito non mi occupo di maledizioni sugli esseri viventi»
«Non devi abbatterti per non aver trovato delle
maledizioni, molto spesso è un bene essere certi di poter escludere parte se
non tutto un argomento durante delle ricerche» disse Blaise con un gran sorriso
che calzava a pennello con il suo sguardo positivo e risoluto «Anche andando
per esclusione potremmo trovare una soluzione»
«Speriamo solo di trovarla in fretta» disse Åke
prima di mordersi la lingua imbarazzato e preoccupato di essere stato sgarbato
«Sì ecco insomma, non è che voi non mi piacciate, ma…» «La situazione è davvero
troppo strana» completò Blaise annuendo «Non posso che darti ragione, questa
faccenda è davvero un bel casino, ma noi lo risolveremo, presto o tardi, dico
bene?»
Åke fece spallucce «Forse,
non saprei» «La positività non è certo il tuo forte, sbaglio?» «No, non sbagli
affatto»
*
Camila continuava a correre da una parte
all’altra del villaggio guardando ammirata e incuriosita qualunque cosa si
trovasse davanti sotto lo sguardo divertito di JB «Ma
è bellissimo qui! Non ero mai stata in Africa e non avevo mai pensato di
venirci, come ho potuto essere così ottusa?» esclamò osservando incantata un
alto albero al quale si era avvicinata «Che pianta è questa?»
«E’ un’acacia» spiegò JB divertito mentre la
ragazza ne accarezzava il tronco «E io da perfetta scema ho sempre pensato che
l’Africa fosse completamente desertica»
«Alcune zone lo sono, ma c’è una grande
biodiversità…amico ti senti bene?» Jamal guardò in modo apprensivo il ragazzo
biondo seduto per terra accanto a lui di fronte ad un librone di psichiatria.
Andriy boccheggiò un attimo allentandosi il colletto bella maglia «Non ti preoccupare…non
sono propriamente un fan delle alte temperature» spiegò parlando molto
lentamente così da non consumare il poco ossigeno che credeva gli fosse rimasto
nei polmoni. Ammesso e non concesso che ce ne fosse ancora.
Dannazione il suo concetto di vacanza era girovagare per le steppe della
Siberia con uno zaino in spalla, non di certo ritrovarsi sotto il sole del
Kenya a cerca di cavare fuori qualcosa da un libro di psichiatria e
legilimanzia «E pensa che questa non è nemmeno lontanamente la
temperatura massima» spiegò JB calandosi con suo sommo piacere nel ruolo di
divulgatore e guida turistica delle sue zone «Anche se posso assicurarti che la
notte le temperature si abbassano moltissimo, l’escursione termica tra notte e
giorno è pazzesca» «La prossima volta verremo qui di notte allora» commentò
allegra Camila lasciandosi cadere sulla terra bruna di fronte ai due ragazza
«Così il povero Andriy non rischierà di svenire» «Esatto» le diede man forte JB
«Se dovesse stare male il medico del gruppo chi mai potrebbe curarlo tra noi
incompetenti?» Camila scoppiò a ridere e anche Andriy ci provò finendo però per
tossire e annaspare fino a che sia Camila che JB non gli lanciarono
simultaneamente un anapneo e un
incantesimo rinfrescante meritandosi un’occhiata di profonda gratitudine.
Andriy si schiarì la voce cercando di ricomporsi
«A parte la mia poca attitudine alle alte temperature, qui c’è scritto che le
connessioni mentali prolungare possono portare ad una vera e propria simbiosi
dei soggetti che le condividono» il ragazzo fece una pausa «Considerando che
noi in questo momento ci troviamo insieme nel bel mezzo del Kenya direi che
siamo ad un buon punto»
JB tamburellò le lunghe dita sul terreno
dubbioso «Noi però siamo collegati, passatemi il termine,
da circa una decina di giorni…non mi sembra molto» «Per quanto la mente sia una
struttura complessa e delicata mi trovo d’accordo con JB» asserì Camila
cercando di pensare ai suoi studi come Legilimens «Non credo di ricordare di
aver studiato nessun tipo di connessione così forte da coinvolgere l’intero
corpo, l’ambiente circostante e soprattutto la bellezza di nove persone»
«Siamo ufficialmente un caso raro» borbottò
Andriy sfogliando velocemente le pagine scritte in fitto cirillico «Forse unico
in effetti»
Jamal scosse la testa «Vuoi
davvero dirmi che con tutti i miliardi di persone passate su questa terra,
nessun’altro è mai stato come noi?»
«Beh i maghi sono stati molto meno della
popolazione mondiale totale…» considerò Camila mentre il keniano scuoteva la
testa «Secondo me il punto è questo: noi continuiamo a considerarla una
connessione magica, ma se non lo fosse?»
Andriy lo guardò perplesso «Noi
nove però siamo tutti dei maghi…credo che anche altri umani siano nati nel
nostro stesso istante eppure non sono collegati con noi» «Sì sì quello lo
so…dico solo che forse la data di nascita e l’essere dei maghi ci accomuna ma
magari questo tipo di collegamento non è solo questione di magia»
«Credi che ci sia una strana fusine di scienza
babbana e magia?» «Ho isto parecchie cose girovagando per questo continente…non
sarebbe neanche la teoria più assurda che ho sentito»
Il medimago annuì pensieroso «Suppongo
che potrebbe avere un senso…e forse questa è anche la ragione per cui non
riusciamo a capire molto di questa situazione»
Camila mugugnò passandosi una mano tra i
capelli neri «Se già stiamo faticando a capirci qualcosa considerando
solo l’aspetto magico non oso immaginare quanto sarà difficile scoprire
qualcosa di scienza babbana…io penso di essermi fermata alla fotosintesi
clorofilliana fatta alle elementari prima di iniziare Beauxbatons» JB scoppiò a
ridere e anche Andriy sorrise «Posso provare a dare un’occhiata ai libri
babbano di anatomia, magari mi coglie un’ispirazione»
Jamal annuì «Io cercherò di trovare uno sciamano
o qualcosa di simile a cui chiedere…quelli sanno sempre tutto, fidatevi» Camila
sorrise «Io mi concentrerò ancor sulla legilimanzia, domani ho l’intera
giornata libera quindi dovrei riuscire a combinare qualcosa»
«Ah, finalmente eccovi qua…ma in che posto
stupendo siamo?!» i tre si voltarono verso la voce alle loro spalle trovandosi
di fronte Margaret, insieme a Rafael e a Sebastian, che con la bocca spalancata
si mangiavano con gli occhi il paesaggio magnifico tutt’intorno «Benvenuti nel
mio villaggio» JB spalancò le braccia teatralmente balzano in piedi e
avvicinandosi con ampie falcate al terzetto «JB fattelo dire sei un ragazzo
fortunato…non credo riuscirò a tornare in quella giungla di cemento di Boston
dopo essere stato quaggiù» disse Sebastian guardandosi attorno estasiato mentre
il più alto scuoteva la testa «Invece ci tornerai eccome, mi dovrai fare da
guida turistica: io sono sempre stato curioso di vedere gli States, pensa che i
miei parenti mi chiamano l’americano»
«Sicuramente con questa connessione avremo la
possibilità di farci un sacco di vacanze gratis» commentò con tono calmo Rafael
accomodandosi vicino ad Andriy e osservando incuriosito il libro aperto che
aveva sulle ginocchia «E’ russo quello? Capisco, non so bene come, quello che
c’è scritto, ma non avevo mai visto quell’alfabeto prima d’ora» disse poi
grattandosi la testa mentre Andriy annuiva «Sì sono i libri che su cui ho
studiato»
«Ma a voi insegnano anche il nostro alfabeto o
solo il cirillico?» chiese Rafael curioso «Entrambi, anche se ovviamente nelle
scuole usiamo il cirillico…in realtà mia madre, pur essendo cresciuta in
Russia, è di origine tedesca e svedese per cui mi ha insegnato anche quelle due
lingue»
«Quanto vi invidio, sapete parlare tutti almeno
due lingue» borbottò Rafael facendo scoppiare a ridere JB «Se mi credi un super
poliglotta dovresti sentirmi parlare la maggior parte delle lingue che conosco:
vado molto a sentimento» «Fino a qualche anno fa quando parlavo inglese
sembravo la brutta copia di qualunque personaggio messicano nelle commedie
idiote americane» aggiunse Camila sorridendo al ragazzo che, dopo averle
lanciato una lunga occhiata ricambiò.
«Lingue a parte» la voce squillante di Margaret
distrasse tutti «Andriy non è che potresti cercare di metterti in contatto con
Hele…era un po’ strana, magari ha voglia di parlare un po’» disse con
leggerezza studiata mentre sul volto di Camila si apriva il sorriso tipico di
chi sa dove si sta andando a parare «Margaret ha ragione» le diede manforte «Se
non dovesse sentirsi molto bene saresti tu il più indicato per
aiutarla…tranquillo qui proseguiamo noi sei» aggiunse quando il ragazzo fece
per obiettare «Sette» aggiunse Blaise comparendo all’improvviso con Åke al suo
fianco si guardava intorno ammirato «Questo posto sembra molto tranquillo»
commentò lo svedese stupito: dopo aver conosciuto JB si sarebbe aspettato che
provenisse da un posto chiassoso e rumoroso invece quell’area, tralasciando i
colori violenti sui toni del rosso e dell’ocra illuminati da un sole cocente
che rendevano il tutto un filo, m proprio un filo troppo luminoso, era davvero
meravigliosa e calma.
Mentre Jamal scoppiava a ridere e
cominciava ad illustrare le bellezze del luogo ad un esasperato Åke, che per un
attimo si era illuso di poter stare tranquillo, e Blaise che ridacchiava
divertita, Andriy dopo aver fatto rimbalzare dubbioso gli occhi tra le due
ragazze dai capelli scuri si limitò ad annuire e ad alzarsi sparendo subito
dopo dalla vista dei sensate.
«Io non ho ben capito quali fossero le tue
intenzioni» disse Sebastian guardando con fare inquisitorio le due ragazze che
si limitarono a ghignare «Ogni cosa ha il suo tempo, Sebastian, ogni cosa ha il
suo tempo»
*
Andriy si ritrovò senza sapere esattamente
come in una graziosa cucina dal mobilio di legno chiaro e si accorse
immediatamente della ragazza seduta sullo sgabello con lo sguardo perso nel
vuoto con una serie di cocci di bicchiere sparpagliati sul bancone della cucina
di fronte a lei. Cercando di attirare la sua attenzione con discrezione si
schiarì la voce facendola scattare in piedi con i muscoli tesi che si
rilassarono improvvisamente appena lo riconobbe «Scusa,
non credevo ci fosse qualcun altro…» mormorò imbarazzata mentre Andriy scuoteva
la testa. Una voce decisamente stonata li distrasse entrambi facendo emettere
un verso disperato a Hele «Mio fratello è stonato come una campana…» borbottò
passandosi le mani sulle tempie mentre Andriy ridacchiava «Devo ricordarmi di
silenziare la porta del bagno…sappi che ne avremo per molto, Nalu ci impiega le
ore sotto la doccia…farai in tempo a goderti la discografia completa dei Clash
e degli Oasis»
«Non sono esattamente il mio genere ma
sopporterò» la rassicurò il ragazzo riuscendo a strapparle un sorriso «Tu
piuttosto» continuò con la sua miglior espressione da medico che scruta il
paziente in cerca di un qualche disturbo «Sei sicura di stare bene?»
«Sì…ho solo qualche pensiero per la testa»
mormorò posando la mano sul tavolo e ritraendola un secondo dopo accompagnata
da una sonora imprecazione quando il suo palmo incontrò le schegge di vetro del
bicchiere «Che imbecille che sono» sbottò scattando in piedi e affrettandosi a
mettere la mano sotto l’acqua fretta prima che Andriy le si avvicinasse
prendendole don delicatezza la mano e facendo rimarginare i taglietti in pochi
istanti con un gesto della bacchetta prima di rivolgere la sua attenzione ai
cocci del bicchiere probabilmente intenzionato a ricomporlo con la magia quando
la ragazza lo bloccò «Potresti semplicemente spostarli nel lavandino?» chiese
senza guardarlo negli occhi «Non vorrei…lo riparerò quando tornerò a casa…per
adesso non voglio usare la magia…non mi va che mio fratello se ne accorga…»
Andriy inarcò un sopracciglio «Tuo
fratello è un babbano» Hele si morse il labbro «No, è un mago…ma non usa la
magia da molto tempo» il medimago rimase in silenzio senza fare ulteriori
domande anche se era abbastanza certo che nel giro di pochi secondi sarebbe
stata la ragazza a parlare.
Qualche secondo dopo infatti Hele sospirò «Io
e mio fratello siamo andati insieme a scuola a Mahoutokoro» disse la ragazza
con tono piatto «Lascia che te lo dica quella scuola è la migliore al mondo per
quanto riguarda fare terrorismo psicologico» commentò acida facendo inarcare un
sopracciglio ad Andriy «con quelle stupide divise che cambiano colore in base
alla tua presunta intelligenza e abilità e i secchioncelli di turno che ti
guardavano come se fossi un rifiuto della società se la tua divisa era più
tendente al rosa che all’oro. Io sono completamente negata con le lingue e non
ero abituata a parlare in giapponese quindi facevo davvero fatica a studiare,
ma non volevo trasferirmi a Ilvermorny, sarebbe stato un fallimento per me e in
più mi piaceva l’idea di studiare nella scuola di mio padre, che è l’unico tra
i miei genitori ad avere poteri magici. Nalu invece era un genio, aveva il
massimo in tutte le materie, capitano della squadra di quidditch, caposcuola,
aveva tutte le ragazze ai suoi piedi, gli insegnanti lo adoravano e la sua
divisa era dorata e abbagliante, ma, nonostante tutti gli impegni trovava
sempre il tempo per stare con me anche se ero solo una ragazzina petulante di due
anni più piccola»
«Petulanti o no, viene spontaneo viziare le
proprie sorelline, te lo dico per esperienza personale» la interruppe Andriy
con un sorriso «Agli studenti degli ultimi due anni era permesso uscire di
tanto in tanto in gita a Kyoto» la ragazza riprese il suo racconto «Quando
facevo il quinto anno un giorno mi sono imbucata confondendomi con la marea di
studenti ma una volta arrivata in città mi sono persa e non sapevo più cosa
fare: ho girato a vuoto per tre ore poi mi sono rifugiata in una stradina
laterale e ho mandato un patronus a Nalu anche se, teoricamente non avrei
dovuto fare magie fuori dalla scuola. Mentre aspettavo che arrivasse a
prendermi due babbani sono entrati nel vicolo» la ragazza sospirò «Erano
visibilmente ubriachi e prima che potessi cercare di nascondermi mi hanno
vista…io non voglio immaginare cosa sarebbe successo se mio fratello non fosse
arrivato» sussurrò mentre Andriy sentì lo stomaco contrarsi «Quando vide quei
due tipi Nalu si avventò su di loro…non ricordo che incantesimi abbia usato, so
solo che quando finì, quei due uomini erano stesi a terra più morti che vivi e la
sua divisa era diventata bianca, segno che aveva usato la magia oscura. Sapendo
che gli Auror sarebbero arrivati ha incantato il mio cerchietto per i capelli
in modo che funzionasse come passaporta e mi ha fatto giurare che non avrei
detto a nessuno ciò che era successo. Prima che potessi protestare mi ritrovai
nel mio dormitorio, dato che la passaporta si era attivata. Nalu venne espulso
quella sera stessa e gli spezzarono la bacchetta…per colpa mia, ma nessuno a
parte noi due lo sa» Hele si guardò le scarpe «Da quel giorno ha lasciato
perdere la magia, è tornato qua, si è laureato ovviamente con lode e adesso è a
tenente di polizia ha una moglie stupenda e due bambini. Tutti quelli che lo
conoscevano e lo stimavano a scuola gli hanno voltato le spalle ma, nonostante
tutto, non mi ha mai incolpato di nulla» «Ha fatto quello che ogni fratello
maggiore farebbe» commentò secco Andriy pensando che lui in primis avrebbe
ridotto letteralmente in poltiglia chiunque avesse mai cercato di fare del male
alle sue sorelline «Se non mi fossi comportata come una deficiente non sarebbe
successo nulla» «Avevi quindici anni, a quell’età spesso si fanno delle
sciocchezze» «Peccato che sia stato lui quello che ne ha pagato le conseguenze»
Andriy guardò la ragazza con i suoi occhi chiari socchiusi «Da quello che dici
magia o no, non mi sembra che tu fratello abbia una brutta vita no?» le chiese
in tono ragionevole «L’autocommiserazione è una mia prerogativa all’interno
della famiglia» disse sarcastica Hele.
«Capisco che tu ti senta in colpa, ma
tagliuzzarsi la mano accidentalmente con dei pezzi di vetro rotti non è
certamente il modo migliore per espiare»
Hele sbuffò «Non
puoi farmi una paternale sensata e razionale mentre io sono qui a piangermi
addosso, non è corretto» borbottò guardando però il ragazzo con gratitudine
mentre dal bagno al piano di sopra il poliziotto intonava a squarciagola
qualcosa che probabilmente nelle sue intenzioni doveva essere Should I Stay or
Should I Go, anche se ci somigliava decisamente poco.
*
Paul si passò stancamente una mano sul volto osservando i
fogli che invadevano la sua scrivania: le ricerche erano considerate terminate
e al momento l’unico ostacolo che avevano davanti era ottenere i permessi per
potersi spostare in giro per il globo a rintracciare i sensate. Stava davvero
facendo del suo meglio per ritardare il più possibile le procedure, mano a mano
che il tempo passava doveva essere sempre più cauto o Elijah si sarebbe
certamente insospettito.
Elijah…come poteva qualcuno desiderare così tanto di catturare
delle altre persone e studiarle come se fossero dei pesci in un acquario?
Probabilmente il suo capo non si rendeva nemmeno pienamente conto della portata
della loro scoperta, non sembrava considerare il fatto che gli individui coinvolti
fossero delle persone e non delle cavie da laboratorio.
Kincaid non era una persona malvagia, non lo era mai stata,
era sempre disponibile con tutti, amava insegnare e trasmettere la sua passione
alle reclute ed era un vero e proprio genio dotato di una mente più unica che
rara e di un’intelligenza che avrebbe fatto impallidire Rowena Corvonero in
persona.
Il giovane si sentiva profondamente in colpa poiché sapeva che
continuando con il suo piano avrebbe tradito la fiducia di colui che l’aveva
preso fin dal primo giorno sotto la sua ala protettiva e lo aveva portato nel
giro di pochi anni e a nemmeno trent’anni ad essere il vice comandane
dell’intera sezione.
Nonostante le sue remore, Paul sapeva di non avere scelta,
c’era troppo in ballo.
Ehilà! Avevo
promesso di aggiornare a metà settimana, ma la mia prima settimana di
università è stata più intensa del previsto.
Come
avrete notato questo capitolo si focalizza molto su Hele e sulla sua storia: ho
deciso di dedicare i prossimi capitoli principalmente ad uno dei ragazzi per
farvi conoscere meglio le loro storie anche se ovviamente solo alla fine
saprete tutto di tutti, altrimenti dove sta il divertimento?
Per questo
motivo vi chiedo di votare il personaggio principale del prossimo capitolo
mandandomi via mp il nome di uno dei
ragazzi entro venerdì prossimo. Sabato mi metterò a scrivere il capitolo di
colui che ha ricevuto più voti ed entro fine settimana/i primi giorni di
ottobre dovrebbe essere pronto.
La seconda
richiesta che vi faccio è di mandarmi una preferenza in vista delle future
coppie. Scrivetemi via mp chi
vedreste bene con il vostro oc e perchè. Cercherò di accontentare la maggior
parte di voi…
Domani tra
l’altro pubblicherò il prologo di una nuova interattiva che è rimasta fin
troppo tempo a vagare nel pc…spero passerete a dare un’occhiata!
Uno
strano ronzio fece bloccare JB, intento a tenere sottocchio un gruppetto di
cuccioli di caracal consentendo alla loro mamma di pulirsi per un attimo in
pace. La femmina di caracal tese le grandi orecchie prima di correre intimorita
verso il ragazzo e portare i suoi piccoli a nascondersi in una cavità poco
distante.
Quando
il ronzio cominciò ad aumentare la mascella di Jamal si contrasse dalla rabbia:
aveva capito perfettamente di quale rumore si trattasse e la cosa non gli
faceva per nulla piacere. Maledetti bracconieri che si permettevano di entrare
con le loro ridicole jeep nella riserva.
«Che
cosa sta succed…» provò a chiedere Margaret, che fino a quel momento era
rimasta a sua volta vicino al keniano a coccolare i cuccioli, prima che
l’enorme mano del ragazzo le coprisse la bocca e buona parte della faccia. Il
ragazzo le sillabò la parola bracconieri
facendo spalancare gli occhi della ragazza dalla paura.
«Ora
ci penso io» sibilò con una sfumatura poco rassicurante nella voce che stupì
non poco la ragazza «Non ti muovere da qui, stai vicino alla tana dei caracal e
controlla che non escano» prima che Margaret potesse ribattere il giovane aveva
già preso le sembianze di un possente ghepardo sotto lo sguardo basito
dell’inglese ed era sfrecciato in direzione del rumore.
*
«Ahia,
porca Circe!» Christie ridacchiò sporgendosi oltre la scrivania dietro la quale
era seduta e vedendo Mike a carponi che si massaggiava la testa dolorante
guardando con odio l’antina aperta di un mobile sulla quale doveva aver
sbattuto poco prima «Tutto bene lì Mike?» chiese con aria innocente senza
riuscire a trattenere un sorrisetto.
«Una
favola…stupidi mobili di legno massiccio» borbottò il ragazzo «Voi maghi
dovreste iniziare a fare acquisti dall’IKEA, almeno quando sbatto contro quei
mobili sono loro a rompersi»
«Parli
per esperienza diretta?»
«Oh
sì, il buco nell’armadietto nel bagno di mia sorella ne è la prova…» Chris
ridacchiò «Fattelo raccontare da mia nonna…ah, a proposito, sei invitata da noi
domenica prossima a pranzo»
«Io
adoro tua nonna, sai?» «Chi non la adora, quella donna è una specie di
leggenda…a proposito di leggendari parenti, hai trovato nulla da quella parte?»
«Solo un mucchio di foto dei miei fratelli da piccoli…certo che loro da neonati
erano veramente orripilanti, sembravano dei lombrichi violacei»
Mike rise «Che sorella amorevole…immagino che tu fossi
stupenda invece» «Avevi davvero qualche dubbio al riguardo?» chiese Chris
alzando in aria il meno e scuotendo la chioma rossa «No, nessuno» Mike sentì il
sangue defluirgli dalla faccia quando si rese conto di non averla solo pensata
quella risposta e anche Chris arrossì vistosamente prima di schiarirsi la voce
e di borbottare qualcosa riguardo il sottotetto.
Mike
gattonò verso la piccola porta di legno che la ragazza gli aveva indicato
evitando accuratamente lo sguardo dell’amica «Dici di entrare qui?» chiese
maledicendosi mentalmente in venti lingue quando notò quanto la sua voce fosse
assurdamente acuta «Non avevi detto di aver già guardato qui?»
«Beh
ho guardato quasi tutta la soffitta ma non sono mai entrata in…quel posto» Mike
guardò l’amica mordicchiarsi le labbra. Claustrofobia, che ebete a non averci
pensato da solo! «Possiamo darci un’occhiata insieme» propose con un sorriso
«Tu puoi metterti sulla porta e farmi luce con la bacchetta dove io ti indico
mentre cerco, che ne dici? In fondo in due saremmo decisamente troppo stretti»
Chris gli sorrise grata ben conscia del fatto che in realtà nel sottotetto ci
sarebbero potuti entrare tranquillamente entrambi e si posizionò dove il
ragazzo le aveva detto.
Mike
si ritrovò davanti ad una fila di vecchi scatoloni polverosi accatastati, che
sembravano contenere principalmente giocattoli, e cominciò a farli scivolare
dietro di sé, spingendoli verso Chris, affinché la ragazza gli spostasse,
premettendogli di liberare il campo per poter vedere cosa ci fosse sul fondo.
Dopo
aver gentilmente sbattuto un enorme ragno contro il muro e spostato uno
scatolone contenente vestiti per le bambole il ragazzo si trovò davanti un
vecchio baule di legno rossastro graffiato «Forse
ho trovato qualcosa» mormorò avvicinandosi per leggere le scritte che c’erano
sulla superficie «Grifondoro domina…la torre ovest non si infama…» lesse
lentamente senza riuscire a trattenere un sorrisetto mentre Chris tratteneva il
fiato «McMinnie idolo…P.R.F.» «E’ il baule di mio zio!»
sussurrò Chris estatica mentre il ragazzo lo tirava fuori dal sottotetto.
I
due ragazzi si inginocchiarono davanti al alla serratura e Chris puntò con
fermezza la bacchetta contro il lucchetto «Alohomora»
pronunciò con chiarezza ma la serratura non si mosse nemmeno. Mike inarcò un
sopracciglio perplesso prima di riprovare a sua volta l’incantesimo con esiti
sempre fallimentari «Hisce(1)»
il ragazzo provò con uno degli incantesimi avanzati che gli avevano insegnato
ma ancora una volta non successe nulla.
Mike
prese tra le mani il lucchetto ed emise un verso frustrato «Qualcuno ha incantato un cavolo di lucchetto
babbano» borbottò arrabbiato «C’è modo di aprirlo?» chiese preoccupata Christie
mentre il ragazzo scuoteva il capo «L’unica cosa che mi viene in mente è di
provare ad aprirlo alla babbana…» «Cioè come?» «Dimmi, sai per caso un codice di
cinque sei cifre che tuo zio avrebbe potuto usare?»
*
Jamal
correva a tutta velocità con gli occhi feline serrati ma ben fissi sulla jeep
che stava diventando sempre più grande a mano a mano che le sia avvicinava e
dalla quale erano appena scesi tre uomini vestiti con dei ridicoli completi
bianchi(2) e dei fucili in mano.
Quando
fu abbastanza vicino il ragazzo contrasse i muscoli delle zampe posteriori e
dopo aver scaricato il peso a terra spiccò un enorme balzo atterrando con
precisione sulla schiena di uno dei tre bracconieri, facendo rovinare entrambi
per terra. Jamal ringhiò sulla schiena dell’uomo che cominciò ad urlare e
dimenarsi agitando il fucile dalla quale partì un colpo rimasto in canna che
fortunatamente finì tra le sterpaglie. JB morse il polso dell’uomo
costringendolo a mollare la presa sul fucile mentre gli altri due si
avvicinavano, richiamati dalle urla.
Jamal
dovette saltare indietro e nascondersi tra degli arbusti per schivare alcuni
proiettili fino a che con la coda dell’occhio non vide un gruppo di antilopi
che scappava a tutta velocità dall’area cercando riparo spaventate dai colpi.
Mentre
uno dei bracconieri prestava soccorso al compagno, sdraiato ancora a terra con
il polso sanguinante, l’altro si era già voltato pronto a sparare a destra e a
manca su qualunque povera creatura passasse lì vicino.
Jamal
si lanciò nuovamente all’attacco, stavolta fiondandosi direttamente sul fucile
dell’uomo, riuscendo a strapparglielo dalle mani trascinandoselo in terra:
sentì un improvviso calore ad una delle zampe anteriori dove, rifletté
probabilmente un proiettile l’aveva colpito di striscio, ma non ebbe nemmeno il
tempo di realizzare bene cosa stesse accadendo che un calcio si abbatté sul suo
fianco facendolo rotolare di lato. Si rimise in piedi il più in fretta
possibile e vide l’uomo a cui aveva strappato il fucile con in mano un lungo
coltello.
Non
si stava affatto mettendo bene.
*
Margaret
cacciò un urlo quando udì un secondo colpo di fucile, inciampando e cadendo a
terra per lo spavento. Sentiva il cuore batterle all’impazzata e il braccio
sinistro aveva cominciato a farle un male cane; si rialzò cercando di pensare
lucidamente mentre sentiva il panico crescerle «Devo
raggiungerlo» sussurrò tra sé e sé.
«No,
tu stai ferma qui» una voce famigliare la fece sobbalzare e si ritrovò davanti
Rafael che aveva un’espressione dura e determinata sul volto «Tu contatta gli
altri, soprattutto Andriy, credo avremo bisogno di un medimago»
«Cosa
hai intenzione di…» senza neanche darle il tempo di finire la frase il ragazzo
era scomparso lasciandola sola.
Margaret
si strinse la testa fra le mani frustrata, sentendo chiaramente le lacrime
scorrere sul suo volto, cosa che non fece che aumentare la sua rabbia: odiava
piangere e mostrarsi debole, ma sembrava proprio che non fosse in grado di
arginare di arginare il tumulto di emozioni che la stava agitando in quel
momento.
Vi prego aiutatemi, se qualcuno di voi
riesce a sentirmi, venga qua al più presto.
*
«240564,
la data in cui si sono sposati i miei nonni» «Non va» «130866 la data di
nascita di mio zio» «L’abbiamo già provata…due volte» «020270, la data di
nascita di mia madre» «Non funziona nemmeno questa» «111111» Mike guardò
perplesso l’amica «Perché questa combinazione?» «Perché non so più dove
sbattere la testa» esclamò Christie frustrata passandosi una mano sul volto «Ci
saranno decine di migliaia di combinazioni possibili, come facciamo a trovare
quella giusta?!» ringhiò inviperita la ragazza tirando un calcio ad una scatola
che aveva avuto la sfortuna di capitare sulla sua traiettoria.
Mike
si stiracchiò alzandosi in piedi per cercare di riprendere la sensibilità alle
gambe ormai decisamente anchilosate. Raggiunse la piccola finestra tonda che
dava sul giardino e, quando riuscì a mettere a fuoco quello che stava accadendo
all’esterno, sbarrò gli occhi «Credo che la combinazione ora non sia il nostro
problema maggiore» mormorò «Tua madre è appena entrata dal cancello»
«O
cazzo!» Christie saltò in piedi «Se dovesse vedere tutto questo casino e
soprattutto il baule di mio zio non so come riusciremmo a farle bere una balla»
Mike
iniziò a spedire con la magia gli scatoloni nel sottotetto mentre Christie
lanciava incantesimi a destra e a manca cercando di riordinare il
disordinatissimo disastro che avevano combinato con fogli, libri e pergamene e
infine lanciò un incantesimo riducente sul baule infilandoselo in tasca.
«Usciamo
da qui prima di combinare qualche casino» Mike richiuse con un colpo deciso la
porticina che conduceva al sottotetto prima di seguire velocemente l’amica giù
dalle scale, senza minimamente accorgersi del braccialettino d’argento,
sganciatosi dal polso della ragazza, che brillava beffardo sul pavimento.
*
Jamal
strisciò più veloce che poteva tra le sterpaglie, ma le tracce lasciate dal
sangue che perdeva copiosamente dalla zampa anteriore sinistra rendevano fin
troppo facile inseguirlo.
Morire
per mano di un branco di idioti con dei fucili non era decisamente la fine che
si era aspettato di fare, che diavolo «JB
non ti muovere, ora ci penso io» il keniano si voltò e fu decisamente stupito di
trovarsi di fronte Rafael che acquattato tra le sterpaglie lo fissava serio «Ti
do una mano» JB fece per alzarsi ma il brasiliano gli posò una mano sulla
spalla intimandogli di non muoversi «Lasciami fare, ti prometto che farò il
culo a quei bastardi» e prima che JB avesse la minima possibilità di replicare,
l’altro, con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono, si era alzato e
dopo aver estratto un coltello a serramanico dalla giacca si era diretto con
decisione verso i bracconieri.
I
due bracconieri armati furono decisamente stupiti quando videro uscire un
giovane alto almeno due metri con una folta chioma di rasta, apparentemente
incurante del braccio lacerato, dal punto in cui avevano visto nascondersi quel
ghepardo(3).
*
«Margaret…Margaret»
l’inglese sollevò gli occhi da cui non smettevano di sgorgare copiosamente
lacrime e incontrò gli occhi chiari contornati di eyeliner di Blaise che la
fissavano preoccupati «I bracconieri…colpi…JB ferito…Rafael…combattono» iniziò
a balbettare freneticamente stringendo forte le mani che l’americana le aveva
porto mentre anche il resto del gruppo le si faceva vicino.
«Margaret,
cerca di respirare, d’accordo?» Andriy rivolse uno sguardo calmo e
incoraggiante alla ragazza «Fai due respiri profondi e dimmi lentamente cosa
sta succedendo» Margaret lentamente sentì i muscoli rilassarsi e obbedì alle
parole del medimago «Molodetz(4),
brava» il biondo le fece un grande sorriso e la ragazza, dopo aver preso un
altro profondo respiro iniziò a parlare «C’erano dei bracconieri…JB è andato da
loro, voleva cacciarli…mi ha detto di stare qui dietro nascosta, si è
trasformato in un ghepardo e li ha attaccati» le altre tre ragazze e Andriy si
guardarono allarmati mentre Sebastian e Åke imprecarono nelle rispettive lingue
«Penso lo abbiano ferito…sento che
l’hanno ferito…anche Rafael deve essersene accorto ed è arrivato subito e ora è
andato ad aiutarlo»
«Se
così fosse dobbiamo tirare via entrambi da questa situazione» Camila balzò in
piedi torturandosi le mani preoccupata mentre, con grande sorpresa di tutti, le
labbra di Åke si piegarono in un sorrisetto «Io invece credo proprio che Rafael
se la caverà benissimo da solo» spiegò indicando agli amici con il braccio il
punto in cui si poteva notare il brasiliano darle di santa ragione ai
bracconieri
*
Rafael
saltò lanciando in aria la gamba sinistra e andando a colpire uno dei
bracconieri dritto dritto sul mento, facendolo volare lungo e tirato accanto al
suo amichetto, che rantolava sdraiato in posizione scomposta tra le sterpaglie
con il vestito, una volta immacolato, sgualcito, rotto e imbrattato di sangue.
Il
brasiliano fece evanescare il coltellino che aveva in mano e si fermò poggiando
le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, guardando poi con aria di sfida i
due uomini ai suoi piedi. Mai mettersi contro un ragazzo cresciuto nelle
favelas, stupidi damerini parassiti.
Con
calma estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e lanciò un incarceramus sui tre uomini, li fece
levitare e piombare di malagrazia sulla jeep che incantò in modo che
funzionasse come passaporta e che in meno di dieci secondi avrebbe trasportato
quei tizi decisamente lontano. Più precisamente in Brasile, nell’area più
malfamata della favela di Belo Horizonte.
«Rafael!»
una voce acuta e con una forte nota di panico lo fece voltare e il ragazzo
voltandosi vide Camila e Blaise che correvano nella sua direzione, muovendosi a
fatica tra le sterpaglie, gli arbusti e le zolle di terra sollevate «Sei un
maledetto idiota, potevi farti ammazzare, dovevi chiamarci tutti! Perché non
hai usato la bacchetta?! Era proprio il caso di mettersi a fare tutto quel
teatrino di taekwondo!» strillò Camila rifilandogli quello che probabilmente
doveva essere un potente schiaffo sul braccio, ma che in realtà non gli fece
affatto male «Era capoeira in realtà» commentò serafico mentre la ragazza lo
guardava infuriata «E’ la stessa cosa!»
«Vi
prego ragazzi, potreste evitare di scannarvi?» Blaise faceva del suo meglio per
non ridere di fronte a quella scenetta decisamente assurda «Raggiungiamo gli
altri, è meglio che anche tu ti faccia dare un’occhiata da Andriy quando avrà
finito con JB» «Ma io sto benissimo!» «Taci un po’ e fai quello che ti viene
detto una buona volta!» ringhiò Camila guardandolo con gli occhi scuri
lampeggianti «Agli ordini, senhorita»
*
Silas
guardò per l’ennesima volta la mappa in scala della disposizione delle sfere
nella Stanza dei Pensieri. C’erano due sfere che si trovavano ad una distanza
pressochè identica rispetto a quella che era abbastanza certo si trovasse in
Gran Bretagna anzi, molto probabilmente proprio in Inghilterra. Quelle altre
sue sfere dovevano per forza essere relative ad altre località europee, come
verosimilmente doveva esserlo la quarta che distava esattamente il doppio
rispetto delle sfere 2 e 3 da quella inglese, mentre la sfera 3 e la sfera 4
erano relativamente vicine. Con le altre cinque sfere sembrava esserci un
distacco decisamente maggiore e l’uomo non sapeva dire esattamente in quale
continente si potesse trovare la località a cui facevano riferimento.
Era
decisamente frustrante non avere ancora un’idea precisa delle distanze,
nonostante stesse lavorando giorno e notte su quel problema: il giorno prima si
era messo in contatto con un esperto di astronomia che gli aveva consigliato di
mettersi in contatto al più presto con un impiegato dell’ufficio trasporti
magici o dell’ufficio passaporte: loro erano abituati a lavorare dalla mattina
alla sera con cartine e a calcolare distanze, di certo avrebbero potuto dargli
uno mano, ma non aveva ancora ricevuto delle risposte.
Nonostante
razionalmente si rendesse conto che tutte le cose necessitassero di qualche
tempo per essere fatte come si deve, non riusciva davvero a rimane tranquillo e
aspettare, ormai era troppo vicino a trovare lui stesso i sensate.
Non
sapeva dire esattamente cosa avrebbe fatto una volta che se li fosse trovati
davanti: probabilmente li avrebbe studiati anzi, quasi sicuramente l’avrebbe
fatto, ma principalmente voleva portare a termine la sua missione per suo
padre. Se Elijah aveva letteralmente dato la sua vita per quella scoperta
doveva per forza essere qualcosa di veramente importante; avrebbe davvero
voluto avere la possibilità di parlargli, di confrontarsi con lui, di capire a
cosa aspirasse con il suo studio dei cluster, ma il destino non gliene aveva
dato la possibilità.
E
ora doveva fare tutto da solo.
*
JB
stava sdraiato per terra con il braccio ancora funzionante dietro la testa
intento a contemplare il cielo stellato; i suoi compagni se n’erano andati poco
tempo prima e Andriy, il medimago gli aveva snocciolato una lista infinita di
cosa da fare e cose da non fare per cercare di far rimarginare al meglio la
ferita che era abbastanza certo avrebbe ignorato. Mal che andava avrebbe
chiesto a Baba Magia di fargli uno dei suoi intrugli da applicare come impacco
alla ferita.
«Stai
un po’ meglio?» una voce timida lo riscosse dalle sue riflessioni e si trovò
davanti la figura minuta di Margaret la cui pelle pallida sembrava brillare nel
buio pesto della notte «Sono ancora tutto intero, tranquilla, Andriy mi ha
ricucito come si deve» le disse sorridendole nel tentativo di tranquillizzarla
facendole segno di sedersi accanto a lui.
Margaret
si accomodò sulla terra sorprendentemente fredda e rimase in silenzio per
qualche minuto «Non era la prima
volta, vero?» chiese poi a bassa voce «Intendo dire che non era la prima volta
che ti ritrovavi a combattere contro dei bracconieri»
JB
annuì «Purtroppo no, capita
più spesso di quanto si pensi» rispose il ragazzo con un tono tetro che
Margaret non gli aveva mai sentito «Per ora mi è sempre andata bene, sono
sempre stato io ad avere la meglio» Margaret inarcò un sopracciglio osservando
la fasciatura sul braccio del giovane «Oh fidati questo non è nulla, mi sono
beccato ferite ben peggiori e ne ho anche inflitte molte a mia volta, alcune
delle quali mortali» JB si morse la lingua temendo di aver spaventato la
ragazza con le sue parole avventate ma la ragazza, con sua grande sorpresa, si limitò
a lanciargli una lunga occhiata prima di annuire «L’hai fatto per proteggere
casa tua…non ci vedo nulla di male…cioè» Margaret arricciò le labbra e sbuffò «Non
che uccidere qualcuno sia bello…però…oh che cavolo mi sto impappinando!!» «A
volte purtroppo bisogna scegliere o tu o loro» completò per lei JB sentendosi
improvvisamente più tranquillo dopo essersi reso conto che la ragazza non
sarebbe scappata a gambe levate «In questo villaggio vive la tua famiglia, non
è sbagliato lottare per proteggerla…anzi, fidati avere una famiglia che ami con
tutto il tuo cuore e che difenderesti anche a costo della vita è forse una
delle cose più belle» JB osservò meglio la ragazza alla quale improvvisamente
si era adombrato il volto «Un giorno mi racconterai la tua storia, Margaret» le
disse riuscendo a farle spuntare un sorriso «Un giorno lo farò» promise la
ragazza sdraiandosi al suo fianco e guardando ammirata il cielo «Ora però devi
spiegarmi tu come hai fatto a diventare un animagus»
JB
rise «Non so sono sicuro di potermi
definire un animagus, sai? Non mi trasformo semplicemente in un animale solo,
posso assumere svariate sembianze…anzi, secondo Baba Magia è importante che io
cambi animale spesso o potrei cominciare a pensare e a comportarmi come lui
anche da umano» Margaret ridacchiò immaginandosi il ragazzone che, dopo essere
stato per troppo tempo con le sembianze di un coniglio, saltellava in giro per
il villaggio addentando carote «In che genere di animali ti trasformi?» «Predatori
per lo più…è utile per la difesa» la ragazza annuì leggermente invidiosa «Me lo
insegneresti?» «Cosa?» «A trasformarmi in un animale» «Ma non siamo collegati?
Insomma hai visto cosa è successo oggi con Rafael, se posso fare io una cosa la
puoi fare anche tu» «Sì…ma vorrei essere proprio io a farlo» Margaret sbuffò «Ho
provato più di una volta a diventare un animagus, ma nonostante fossi davvero
brava in trasfigurazione non riesco proprio da sola con il poco tempo che ho»
JB scosse il capo e scoppiò a ridere «Cosa c’è da ridere» «Voi maghi muniti di
bacchetta siete tutti uguali» commentò il ragazzo quasi rassegnato «Credete che
la magia risieda solo in una bastoncino di legno o in piantine magiche e
pozioni. La magia è prima di tutto e soprattutto dentro di te, scorre nelle tue
vene: non hai bisogno di accessori per usarla, devi solo…liberarla» Margaret lo
guardò ammirata: perché non aveva studiato anche lei a Uagadou? Quella scuola
sembrava dare una preparazione decisamente più particolare di quella inglese…
JB
sollevò il braccio destro e con il dito indice iniziò a disegnare per aria:
delle piccole scintille di luce formarono il disegno stilizzato di un’antilope
sotto lo sguardo estasiato di Margaret e la creatura disegnata cominciò a
saltellare sopra le loro teste «Non
è qualcosa che possono insegnarti, devi essere tu e basta» le spiegò JB prima
di iniziare a congiungere con delle sottili linee le stelle che brillavano
sopra di loro nel cielo buio. Il disegno stilizzato poi si mosse cominciando ad
ondeggiare lentamente sopra di loro «Quella è l’orsa maggiore?» chiese Margaret
allungando la mano come a volerlo toccare «In realtà è la cintura di Orione»
spiegò JB senza trattenere una risatina mentre la ragazza si copriva il volto
con le mani «Sto facendo fare una pessima figura a Hogwarts, vero?» mugolò non
senza una vena di sarcasmo «Non più di tanto…sulla cartina le forme sono
diverse da quelle che vedi nella realtà…una conoscenza di tipo teorico e non sperimentale
può trarre in inganno di tanto in tanto»
«Okay
professor JB, mostrami le stelle» la ragazza strisciò più vicino a lui
incurante della terra leggermente umida che le stava imbrattando i vestiti. Jamal
sorrise e cominciò a indicare le stelle «Vedi le tre stelle molto vicine? Sono
Mintaka, Alnilam e Alnitak…la cintura di Orione somiglia leggermente ad una
clessidra e queste stelle idealmente potremmo dire che sono la parte di sottile
della clessidra. Sotto poi puoi notare due stelle molto luminose poste
idealmente su una stessa retta: sono Saiph e Rigel, la base della clessidra
diciamo, mentre più in alto trovi, a formare una specie di triangolo da
sinistra Betelgeuse, Meissa e Bellatrix. Orione è la stella vicino a Bellatrix»
Margaret ascoltava rapita, seguendo con lo sguardo la direzione che la mano del
ragazzo le mostrava con sicurezza: quello era decisamente meglio di una noiosa
lezione di astronomia passata a tracciare scarabocchi su una cartina che, ora
che aveva visto un vero cielo terso non inquinato dalle luci della città, le
sembrava decisamente poco fedele «Più a sinistra poi c’è quella specie di
rettangolo aperto: è la costellazione dei gemelli, che è chiamata così poiché le
due stelle più in alto prendono il nome da Castore e Polluce i due…» «Dioscuri»
disse sicura la ragazza finalmente contenta di poter mostrare le proprie
conoscenze «Esatto…in basso a sinistra, sotto la cintura invece c’è il Cane
maggiore la cui stella più brillante è Sirio…le altre stelle che la compongono
sono Mirzam, Wezen, Adhara e Aludra…se tu le vedessi in un altro contesto
probabilmente ti sembrerebbero eccezionali, ma messe vicino a Sirio vengono
sminuite, passami il termine…non è facile brillare al fianco della stella più
luminosa»
«Povere
stelle complessate…comunque ci sei sempre tu a ricordarti di loro» i due
ragazzi risero «Come fai a ricordarti tutti questi nomi? E soprattutto come fai
a riconoscerle…a me sembrano tutte simili a grandi linee» «Non è una questione
di memoria, si tratta di abitudine, bisogna imparare ad osservare»
Margaret
osservò a lungo il ragazzo sorridendo prima di tornare a contemplare il cielo,
ammaliata dallo splendore delle stelle e dalla voce profonda di JB, che le
narrava come se fosse una favola la descrizione delle costellazioni.
Essere
parte di un cluster era davvero la cosa più bella che le fosse mai capitata.
1 hisce se non erro, ma molto probabilmente sto errando alla grande,
dovrebbe essere l’imperativo del verbo latino hisco e dovrebbe significare apriti.
Se c’è qualcuno che non ha finto di sapere latino per cinque anni e che dovesse
notare errori si faccia avanti senza problemi.
2 non è propriamente un
abbigliamento giusto per un safari, me ne rendo conto, ma ci tenevo ad inserire
questa immagine liberamente ispirata a una scena del libro Cuore di Tenebra di Joseph Conrad.
3 penso di averlo già spiegato
nel primo capitolo, ma per chiarezza preferisco dirlo anche ora. I sensate sono
collegati non nel senso che possono leggersi i pensieri, ma condividono
emozioni e soprattutto capacità: JB è ferito e non sarebbe saggio farlo
combattere ancora, mentre Rafael sa come lottare ed è nel pieno delle forze. È
come se le capacità di Rafael defluissero nel corpo di JB: le persone che non
fanno parte del cluster e che in quel momento si trovano nella riserva vedono
così JB che, apparentemente incurante della brutta combatte come se non ci
fosse un domani; se qualcuno dovesse imbattersi in Rafael a Rio si troverebbe
davanti l’assurdissima scena del ragazzo che combatte apparentemente contro
l’aria. Gli unici che hanno una visione chiara e completa della situazione sono
gli altri sensate che riescono a distinguere. Vi lascio il link di una clip
della serie originale, per rendere meglio l’idea, dato che presumo di essere
stata piuttosto confusionaria. Ovviamente spoiler alert.
4 in russo significa qualcosa
tipo molto bene, ben fatto…o almeno,
così dicevano i sottotitoli del documentario sull’accademia Vaganova 😊
Mi scuso per il ritardo e
soprattutto per il capitolo un po’ così…so che alcuni personaggi hanno avuto parti
più rilevanti di altri, ma ci tengo davvero ad approfondirli singolarmente:
sono tutti davvero magnifici e mi sembra giusto lasciagli spazio. La scena finale
mi è stata indirettamente consigliata da Phebe, la creatrice di JB e non ho
resistito alla tentazione di inserirla e mostrarvi uno dei tanti talenti del
nostro keniano preferito. Ancora una volta vi chiedo di votare il personaggio a
cui vorreste che fosse dedicato il prossimo capitolo via mp. Non appena avrò ricevuto tutti i voti mi metterò a scrivere
per cui vi prego di mandarmi il messaggio velocemente, mi basta solo il nome
del personaggio. Sono davvero curiosa di sapere chi sarà il vostro o la vostra
prescelto/a perché già alla scorsa votazione ho ricevuto davvero tanti nomi
diversi!
Åke si chiuse la
porta di casa alle spalle esalando un respiro che somigliava ad un rantolo
rassegnato: quella mattina era stata caotica…molto caotica…troppo
caotica per i suoi gusti.
Quella mattina mentre
lui stava lavorando tranquillo, pacifico e, soprattutto, da solo e in silenzio
nel suo ufficio, un manipolo di elfi era entrato -senza degnarsi di bussare- sbraitando in preda al panico perché
l’ospedale magico svedese gli aveva spedito senza alcun preavviso via
passaporta -non autorizzata- un caso
di “maledizione oscura che necessitava
dell’intervento di uno spezzaincantesimi”, un modo estremamente elaborato
per descrivere un tizio che dopo aver toccato uno strano reperto vichingo che
vibrava insistentemente, trovato vangando nel suo giardino, (che razza di idiota si mette a toccare un reperto magico vibrante?!
Ma la gente non ha un minimo di amor proprio?!) che aveva cominciato a
subire continue e inspiegabili mutazioni.
E ovviamente in
cosa aveva preso a trasformarsi se non nella compilation completa di tutte le
maledettissime creature possibili, immaginabile e anche inimmaginabili?
Quando se l’era
trovato davanti con la testa di avvincino e il corpo di una sirena, per poco
Åke non si era messo a strillare in modo assai poco virile, ma era riuscito a
resistere all’impulso di darsela a gambe o di usare i folletti come scudo solo
perché gli altri sensate, probabilmente incuriositi da quello strano scenario,
erano magicamente comparsi di fianco a lui assistendo alla scena come se si
trattasse di un film appassionante, con tanto di popcorn che Rafael aveva
tirato fuori da non si sapeva dove.
Morale della
favola si era ritrovato a dover sistemare un ibrido di svariate creature
marine, esibendo una serie di complicati incantesimi e fatture alcuni dei
quali, con sua somma stizza, purtroppo fallimentari, per la bellezza di venti
minuti di fronte ad un pubblico molto attento e per certi versi troppo
entusiasta. Ogni riferimento a JB era puramente intenzionale e voluto.
Quando finalmente
quella cosa aveva smesso di sbavare
riempiendo di melma l’atrio della Banca Magica Svedese e aveva assunto
sembianze umane, il ragazzo aveva tirato un sospiro di sollievo, anche se era
più che certo che quella creatura avrebbe tormentato i suoi incubi per giorni.
Perché proprio un avvincino? Non poteva
essere un unicorno?
Una volta finito
con il mutante i medimaghi finalmente di erano degnati di presentarsi
affermando con una spocchia non indifferente che c’era l’assoluta necessità di
fare ispezioni nell’edificio e controllare che coloro che avevano assistito
alla scena. Il povero spezzaincantesimi aveva fatto veramente fatica a cercare
di evitare di mandarli tutti a cag…a
stendere insultandoli nelle tre lingue che conosceva, impresa resa ancora più
difficile dai suoi compagni di cluster che sembrava non cercassero nemmeno di
mascherare le risatine di fronte al suo volto paonazzo e alla sua espressione
omicida.
Dopo svariate ore
di visite, ispezioni, domande ripetute fino alla nausea e prelievi a dir poco
assurdi, Åke era stato finalmente congedato e non aveva aspettato nemmeno un
secondo prima di filarsela a casa.
Finalmente poteva stare tranquillo….
«Quel tipo era
veramente conciato male!» …o forse no
«Di maledizioni ne ho viste tante, ma mai nulla di simile; certo che i
vichinghi ne avevano di inventiva» JB entrò come nulla fosse nella casa del
ragazzo lasciandosi cadere sul divano del salotto e allungando le sue gambe
chilometriche mentre Blaise si sedeva con più discrezione sul bracciolo «Poi
che cos’era quella specie di piccola piovra deforme e assatanata…in Africa non
ho mai visto nulla del genere»
Cioccolata…aveva
bisogno di un bel pezzo di cioccolata o avrebbe finito per uccidere qualcuno.
«Si chiamano
avvincini» disse Blaise indirizzando un sorrisetto al biondo che la osservava
con la coda dell’occhio «Vivono principalmente nei piccoli bacini di acqua
fredda e salmastra»
«E che cosa fanno di
preciso?»
Schifo essenzialmente«Ti
si avviluppano addosso e cercano di trascinarti con loro nell’acqua facendoti
annegare» commentò Åke con meno distacco di quanto non avesse preventivato al
punto che, sia Blaise che Jamal lo guardarono con aria interrogativa «Quando
ero piccolo uno di quegli affari ha cercato di trascinarmi nel lago…fortunatamente
mia sorella ha avuto uno scoppio di magia involontaria e non so come è riuscita
a liberarmi»
Blaise lo guardò
preoccupata mentre Jamal annuiva serio «Avere
dei fratelli è una gran bella cosa, a volte vorresti solo mandarli a stendere
ma il più delle volte ti salvano la vita»
«E dopo averlo fatto
ti trattano come un poppante per il resto della vita» rispose Åke senza però
riuscire a trattenere un sorriso spontaneo: iperprotettiva o meno, lui voleva
un mondo di bene a Edith «E’ il lato brutto e allo stesso tempo bello di essere
i più piccoli» gli diede manforte Blaise, pensando ai due fratelli maggiori che
non vedeva da qualche tempo.
«Lasciatevelo dire»
Sebastian entrò nella stanza con le mani in tasca «Voi fratelli piccoli siete i
più viziati…e in effetti è un po’ colpa anche dei fratelli maggiori, sono il
primo ad ammetterlo»
Rafael annuì
mentre Åke, vedendo quanta gente cominciava ad affollare il suo salotto. stava
seriamente per avere un colpo «Fate
tanto i duri perché volete essere indipendenti ma non combinereste nulla senza
i vostri fratelli e sorelle maggiori che vi proteggono»
«Hey non è il caso di
generalizzare» Camila incrociò le braccia al petto guardando con aria di sfida
il brasiliano mentre Margaret, in piedi al suo fianco, annuiva solennemente
«Posso assicurarti che me la cavo da dio anche senza i miei cari fratelloni»
percependo il tono altamente ironico della ragazza JB le aveva lanciato un
lungo sguardo penetrante che la ragazza aveva finto di ignorare per il momento.
Ci sarebbe stato tempo in fututro per certe confidenze.
«A quanto pare non
sono l’unico che viene comandato a bacchetta dalle mie sorelle minori» Andriy
scosse la testa lasciandosi sfuggire un sorrisetto «Sorelle?» chiese Hele
curiosa «Quante sono?»
«Solo due, Nastia e Svetlana…però
sono gemelle, quindi credo che valgano almeno per…»
«Almeno per
quattro…cavolo due in un colpo solo è una bella botta!»
Camila roteò gli
occhi «E’ di due sorelle gemelle che parliamo, non di un trauma infantile
insuperabile» Andriy scoppiò a ridere scuotendo il capo «Non è male come
sembra…quando si alleano tra di loro fanno abbastanza paura, ma mediamente è
bello averle intorno»
«Sei uno di quei
fratelli maggiori iperprotettivi che tra un po’ piazzano una cintura di castità
sulle sorelle?» chiese Margaret guardando il ragazzo severamente come a volerlo
sfidare a rispondere in modo affermativo «Assolutamente no…non sarebbe giusto e
comunque credo che se anche solo ci provassi loro mi affatturerebbero e mia
madre dopo finirebbe l’opera…e poi insomma, sono piccole per certe cose!»
Andriy si bloccò un attimo a riflettere improvvisamente preoccupato mentre Åke
grugniva non troppo convinto prima di parlare, sporgendosi oltre l’anta del
frigo «Ne riparleremo quando andranno alle loro prime feste serie…ora, giacché
a quanto sembra avete tutti deciso di mettere le tende nel mio salotto, volete
qualcosa da bere? Vi avverto però, non ho molto nel frigorifero…»
*
«210972»
«Non va»
«290567»
«Non va nemmeno
questa…che poi, perché proprio quelle combinazioni?»
Mike scrollò le
spalle «Sono le date di
nascita dei fratelli Gallagher» Christie lo guardò abbastanza smarrita «Sono
membri di un famoso gruppo musicale babbano, gli Oasis…no, dai, non puoi non conoscere gli Oasis per i mutandoni di
Godric» il ragazzo guardò basito l’amica che sbuffò «Senti sapientone tu il
primo anno credevi che le Sorelle
Stravaghiere fosse un programma di cucina»
«Beh dal titolo mi
sembrava il genere di cosa che sarebbe potuta piacere molto a mia nonna»
Christie non riuscì a trattenere una risata. La ragazza mollò la presa sul
lucchetto per riavviarsi i capelli prima di guardarsi intorno, nella piccola e
incasinatissima camera dell’amico. Probabilmente, in origine, doveva essere
stata una stanza ampia, ma Mike l’aveva riempita con qualunque cosa
immaginabile, compresi un mini-canestro e una riproduzione di un anello da
quidditch «Da quanto hai l’anello? Non ricordo di averlo mai visto»
«Da un paio
d’anni…probabilmente non ti sei mai accorta di cosa fosse perché era coperto di
vestiti: lo uso molto come appendiabiti» Mike la guardò con un sorriso
smagliante «Un appendiabiti…come ho fatto a non pensarci?» mormorò la ragazza
mentre ricominciava a sparare combinazioni a caso.
Dopo circa sette
tentativi fallimentare Mike coprì con grande delicatezza le mani indaffarate
della ragazza con la sua, facendo arrossire Christie come un peperone «Credo che non abbia senso tirare a indovinare»
Mike mollò immediatamente la presa sulle dita della ragazza «Ehm…» sul serio
Mike ripigliati, sembri uno stoccafisso «Prova a pensare a cosa potrebbe aver
messo tuo zio»
Christie sospirò
schiarendosi la voce per cercare di non suonare imbarazzata «Fossi stata in lui
avrei messo un numero che fosse per me facile da ricordare…ma allo stesso tempo
non così facile da azzeccare»
«Niente compleanni
dunque»
«Decisamente no,
sarebbe troppo scontato»
«Un anniversario?»
«Ho già inserito
l’anniversario dei miei nonni…»
«Non per forza un
anniversario di matrimonio…una ricorrenza, qualcosa che è importante per la tua
famiglia»
La rossa si grattò
il naso incerta «Non mi viene in
mente nulla» borbottò sconfitta dopo un po’ prima che l’amico le mettesse un
braccio intorno alle spalle «Vedrai che ne verremo a capo, Chris» senza neanche
rendersene conto la ragazza si accoccolò meglio nell’abbraccio di Mike «Siamo
una squadra che non molla, giusto?» guardando gli occhi scuri scintillanti
dell’amico Christie non poté che sorride e annuire, improvvisamente incapace di
formulare una frase di senso compiuto.
Da quando Mike le
faceva quello strano effetto?
*
Margaux Fawley in
Nott si rigirò tra le mani un libro sul diritto magico cinese indecisa se
acquistarlo o meno: aveva passato l’intero pomeriggio libero a girovagare per
Diagon Alley, più a curiosare un po’ le vetrine che a comprare veramente
qualcosa, ma, come sempre, quando si ritrovava al Ghirigoro la tentazione di
dilapidare il patrimonio era fortissima.
Alla donna sembrò
quasi di vedere per un attimo tra gli ideogrammi il sorriso furbo del fratello
che la prendeva in giro dandole della secchiona. Non che effettivamente avesse
tutti i torti.
Chiuse di scatto
il manuale scuotendo il capo e, dopo averlo rimesso a posto nel punto giusto
agguantò un libro che aveva adocchiato poco prima nella sezione dedicata alla
storia della magia del Medioriente e si diresse verso la cassa.
Un visetto
famigliare la salutò con vivacità «Buongiorno
signora Nott, come sta? Tutto bene a casa?» Margaret Powell le rivolse un
grande sorriso che fu immediatamente ricambiato dalla donna «Buongiorno cara!
Stiamo tutti bene, ti ringrazio per l’interessamento» rispose cordiale mentre
la ragazza controllava il prezzo del libro «Tu invece come stai? Ti trovi bene
qui?» conoscendo la situazione famigliare decisamente problematica della
ragazza, Margaux preferì rimanere sul generico sulle domande. Davvero non
capiva come i Powell potessero essere così spregevoli con la figlia, quella
ragazza era tanto carina ed educata!
«Non mi lamento…sono dodici
falci e diciannove zellini…vuole per caso un sacchetto in cui ritirarlo?»
«Si ti ringrazio
cara…» quando alzò lo sguardo, Margaux per poco non urlò per la sorpresa: un
ragazzo alto e biondo in tuta e ciabatte stava porgendo a Margaret un bicchiere
di quello che sembrava essere succo. La donna si voltò indietro osservando le
persone in fila dietro di lei ma nessuno di loro sembrava essersi accorto del
ragazzo che era appena comparso.
La donna osservò
meglio il biondo che, improvvisamente si voltò incrociando il suo sguardo
stupito. Con una tremenda sensazione di vuoto allo stomaco la signora Nott si
affrettò ad abbassare gli occhi e a pagare. Dopo aver salutato Margaret e aver
dedicato alla giovane e al ragazzo al suo fianco un ultimo veloce sguardo si
affrettò ad uscire dalla libreria cercando di trattenersi dallo scappare a
gambe levate…
*
Åke osservò la
donna bionda allontanarsi in tutta fretta con lo sguardo corrucciato «Margaret conosci quella signora? Ho avuto
l’impressione che mi stesse fissando» Margaret si strinse le spalle nel modo
più discreto possibile senza staccare i soldi dalla cassa dalla quale stava
tirando fuori il resto per un altro cliente. Lo svedese fece per chiederle
nuovamente qualcosa ma sentì un tocco leggero sulla propria spalla «Margaret
sta lavorando ora, non credo possa mettersi a chiacchierare all’aria di fronte
ai clienti o la prenderebbero per pazza» disse saggiamente Blaise mentre
l’inglese, fingendo di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
annuiva.
«Ragazzi io sono
convinto che quella donna mi vedesse» si incaponì Ake «Mi ha guardato negli
occhi ed è rimasta di sasso»
«Sai com’è non è
propriamente normale vedere un tipo in pigiama che offre ad un’impiegata del
succo come se nulla fosse nel bel mezzo di una delle librerie più antiche del
mondo» fece notare Hele lanciando uno sguardo eloquente all’abbigliamento
decisamente comodo del ragazzo.
«E’ una tuta, non un
pigiama!» replicò stizzito lo spezzaincantesimi facendo scoppiare a ridere gli
altri «E comunque secondo me c’è qualcosa che non va…tanto per cambiare»
qualcuno dei ragazzi avrebbe probabilmente avuto qualcosa da ribattere ma
Margaret scarabocchiò in tutta fretta un messaggio su un pezzo di pergamena che
fece scivolare sul bordo del bancone in modo che gli altri sensate potessero
leggerlo.
Non per sembrare cattiva ma vi prego tacete, non riesco a
concentrarmi! xoxo
*
Margaux si rigirò
tra le mani il braccialettino argenteo della figlia con un groppo alla gola:
Christianna era stata in mansarda e il baule di Paul era improvvisamente
sparito.
La mattina dopo la
festa al ministero si era assicurata che fosse ancora al suo posto dopo che
l’aver incontrato il figlio di Elijah Kincaid l’aveva mandata completamente in
tilt: che stesse portando avanti le stesse indagini del padre?
Soprattutto cosa
diamine voleva fare sua figlia, la sua piccola Christianna, con il baule dello
zio? Kincaid per caso l’aveva costretta ad aiutarlo fornendogli delle
informazioni? Sua figlia poteva anche fare Nott di cognome ma in una comunità
magica pettegola e ristretta come quella britannica non doveva essere troppo
difficile scoprire con chi era imparentata, tanto più che comprensibilmente
l’uomo aveva certamente cercato di reperire informazioni riguardo al lavoro del
padre che era morto quando era solo un bambino.
La donna si lasciò
cadere sul davanzale della piccola finestra triangolare passandosi con
frustrazione una mano sul volto. Per quanto ancora avrebbe potuto fingere che
nulla fosse fuori dall’ordinario come aveva fatto ogni giorno per più di
venticinque anni? Ma d’altro canto valeva davvero la pena di mettere a rischio
la vita di altre cinque persone?
Anni prima erano
stati loro a rispettare la sua scelta acconsentendo a interrompere a tempo
indeterminato i contatti…con che coraggio poteva rettificare tutto sulla base
solo di alcuni sospetti?
Il fatto però che
gli appunti di suo fratello fossero spariti proprio quando lei si ritrovava
davanti due membri di un cluster -perché non c’era dubbio, Margaret Powell e il
ragazzo biondo erano sicuramente dei sensate, sapeva
come riconoscerli- non poteva essere una coincidenza.
E poi non poteva
astenersi dall’aiutare se necessario quella ragazza: sarebbe
potuta essere sua figlia e di certo non poteva contare sull’aiuto della
propria famiglia.
Dopo aver preso un
profondo respiro la donna chiuse gli occhi cercando di concentrarsi: erano
ancora in grado di mettersi in contatto dopo tutto quel tempo?
«Ma che
cavolo…Margaux? Per tutti gli Opaleye degli antipodi, sei proprio tu?!» una
famigliare voce dall’accento australiano la fece sorride e la signora Nott
aprendo gli occhi si ritrovò davanti un uomo dai folti capelli scuri
leggermente brizzolati che la guardava stupito.
Prima che uno dei
due potesse dire qualcosa una terza voce, decisamente seccata li precedette «Par bleu, non ci sentiamo per venticinque anni e
decidete di ricomparire mentre sto guidando in via Cigna alle cinque di
pomeriggio? Avete un tempismo allucinante lasciatevelo dire» una donna con uno
stretto chignon castano li fulminò sullo sguardo mentre si trovava buffamente
seduta apparentemente nel vuoto.
«Ah Emilia, mi
commuove sapere che ti siamo mancati» un uomo mingherlino con almeno un metro
di rasta in testa si stiracchiò alzandosi da terra «Come mai questa riunione
d’emergenza? Non che non mi faccia piacere rivedervi, ma sono abbastanza
sorpreso»
Margaux guardò
quei volti quasi sconosciuti dopo tanti anni ma nei quali vedeva ancora
chiaramente i suoi vecchi compagni di avventure «So
di non avere alcun diritto di chiedervelo, ma ho bisogno del vostro aiuto»
Gli occhi a mandorla
dell’uomo più sulla sinistra si illuminarono «Quale avevamo stabilito che fosse
la prima regola del cluster?»
«Non avere mai paura
di chiedere aiuto agli altri membri» disse retorica Emilia «Ora, prima che
qualcuno possa aggiungere qualcosa cercate di tacere quaranta secondi, che vedo
di infilarmi in una traversa»
«Non puoi accostare
la macchina con le frecce?»
«Ma ti sembra che con
sto casino io possa accostare la macchina in mezzo alla strada?! Non so come
guidiate voi a Kingston, ma qua a Torino probabilmente mi tamponerebbero in un
millisecondo»
*
Silas stava
esaminando la sfera arancione più piccola quando improvvisamente una luce
fortissima si diffuse in tutta la stanza costringendolo a chiudere gli occhi
per non esserne abbagliato mentre un incessante ronzio gli perforava i timpani.
L’uomo raggiunse a tentoni la parete e, quando la luce sembrò diminuire
leggermente di intensità si azzardò ad aprire gli occhi. Il blocco
prendi-appunti gli cadde dalle mani per la sorpresa mentre meravigliato
spalancava la bocca: insieme alle nove sfere arancioni su cui stava lavorando
ne erano comparse altre sei di colore verdi più piccole ma decisamente più
luminose, identiche in tutto e per tutto a quelle descritte da suo padre negli
appunti, che sembravano guardarlo con aria di sfida.
Quello decisamente
non l’aveva preventivato.
Speravo di aggiornare in una settimana ma anche stavolta sono
in ritardo…tanto per cambiare.
Allora a parte la mia disorganizzazione cosmica, come avrete
notato Åke ha vinto l’avvincente sfida del televoto: voi tutte brave persone mi
avete mandato due voti a testa e di questi alla fine ne avevo quattro sia per
Åke che per Rafael e ho scelto lo svedese per il semplice fatto che è stato la
prima scelta di tre persone mentre il brasiliano solo di due. Ovviamente il
prossimo capitolo sarà dedicato al nostro barista preferito. Solo una domanda:
vi siete messi d’accordo? XD
Ta-ta-ta-ta-taaan, ecco che arriva la cavalleria! Complimenti
a Phebe che ci ha preso in pieno un bel po’ di capitoli fa: ebbene sì Madama
Nott fa parte di un cluster e potete stare tranquilli, difenderà con le unghie
e con i denti i membri del cluster più giovane, aiutata dai suoi compagni
ovviamente, che faranno da comparse. Ah, dimenticavo, i membri dei vari cluster
possono vedersi tra di loro.
Ora vi lascio e vado a convincere Silas a non spaccarsi la
testa a furia di prendere a testate il muro dopo aver scoperto di non aver a
che fare con solo uno, ma con ben due cluster!
Camila stava leggendo
dei documenti di lavoro, seduta su un grosso freezer in cui erano stipate le
bottiglie del Return Game e di tanto in
tanto alzava lo sguardo osservando JB e Rafael che stavano praticamente
smontando e rimontando una vecchia moto da almeno due ore nel magazzino del bar
«Mi passeresti quel cacciavite alla tua sinistra?» la mano di Rafael comparve
da dietro la ruota posteriore e JB gli passò quanto richiesto, avvicinandosi
poi al brasiliano per vedere più da vicino quello che stava facendo «Secondo me
dovremmo allentare un po’ il bullone da quella parte» aggiunse poi dopo qualche
momento di riflessione il keniano grattandosi perplesso il mento «Non vorrei
che se aumentasse troppo la pressione saltasse via»
Rafael si mi
seduto osservando con attenzione il punto che gli aveva indicato l’altro
sensate «Credo tu abbia
ragione…mal che vada se vediamo che non va bene gli diamo un altro giro»
Jamal annuì «Sì,
facciamo un tentativo»
Camila abbassò
leggermente i fogli che stava leggendo inarcando un sopracciglio «Non sta per esplodere nulla giusto?» chiese non
del tutto convinta.
JB fece saettare
lo sguardo dalla ragazza alla moto prima di scrollarsi le spalle «Nah, non penso…non dovrebbe succedere nulla»
«Ecco, è l’uso del
condizionale che mi preoccupa»
Rafael roteo gli
occhi sorridendo «Malfidente,
guarda che io e JB siamo dei meccanici abilissimi»
«Dei veri
professionisti…cioè non esattamente professionisti, mica abbiamo un’officina»
«Siamo degli amatori
molto molto bravi» concluse Rafael allungando poi una mano nella direzione
della ragazza per aiutarla a scendere dal frigo «Puoi anche fare un giro se
vuoi»
Camila guardò a
metà tra lo schifato e il terrorizzato la moto «Mi
spiace ma credo che passerò…nel caso in cui però avessi una vespa da qualche
parte, accetterei l’offerta»
«Fa tanto Vacanze Romane» commentò JB con un
sorriso mentre Rafael aggrottava le sopracciglia perplesso «Quel film con
quell’attrice babbana famosa con le sopracciglia folte che piace tanto a mia
madre?»
Camila emise uno
strano verso di orrore «Audrey
Hepburn è L’Attrice babbana per
eccellenza, ignorante!» sibilò adirata mentre i due ragazzi scoppiavano a ridere
«E non ridete! È una cosa seria!»
Rafael alzò le
mani in segno di resa con un gran sorriso «Chiedo
umilmente perdono» la catalana gli lanciò un altro sguardo di fuoco «Posso
offrirle della sangria per farmi perdonare?»
«La sangria dici? E
da quando voi sudamericani sapete farla bene?» la ragazza guardò il barman
incrociando le braccia con aria di superiorità.
JB si sfregò le
mai «Oh oh, sento odore di sfida!»
con un gran sorriso il ragazzone fece segno agli altri due di precederlo
all’interno del bar.
*
Silas sbatté
frustrato un pugno sulla scrivania disseminata di documenti: doveva
ricominciare da capo! A pensarci gli veniva veramente voglia di sbattere la
testa contro il muro fino a che, dopo aver perso la memoria a causa di danni
cerebrali possibilmente irreparabili, non si fosse dimenticato una volta per
tutte di quella maledetta faccenda dei cluster.
Due! Erano
magicamente diventati due! Da un momento il cluster descritto dal padre era
rispuntato come un fungo incasinando ulteriormente la situazione.
Per sicurezza
aveva fatto chiudere tutta la sezione delle camere dell’Ufficio Misteri e aveva
proibito a chiunque di avvicinarcisi: se non era in grado lui di gestire la
situazione, modestia a parte, figuriamoci cosa sarebbe successo agli altri
indicibili.
Guardò gli occhi
penetranti di suo padre, il cui azzurro intenso non risaltava dalla foto in
bianco e nero, indirizzargli uno sguardo penetrante dalla cornice. Negli ultimi
giorni aveva solo voglia di mandare tutto al diavolo, creare una nuova stanza
del pensiero, chiudere con venti mandate quella vecchia e di dimenticarsi tutto
quel macello, ma c’era sempre qualcosa che lo tratteneva: il pensiero che suo
padre avesse dato letteralmente la vita per studiare quello strano fenomeno lo
faceva sentire in dovere di andare avanti.
Doveva capire cosa
gli era successo, non accettava di rimanere all’oscuro di qualcosa, lui, che da
quando ne aveva ricordo era stato lo studente più brillante, colui che si era diplomato
indicibile undici mesi prima del tempo standard, il più giovane capo
dell’Ufficio Misteri della storia.
Sollevò con uno
sbuffo le due mappe che aveva disegnato sulla carta trasparente babbana e le
mise a confronto: per un paio d’ore si era illuso che avere più elementi
avrebbe potuto essergli utile, ma ben presto si era reso conto che quelle
informazioni non facevano altro che complicargli la vita.
L’unica
conclusione a cui era arrivato riguardava le due sfere più grandi che aveva
stabilito, più a naso che su basi scientifiche, dovessero appartenere a
individui localizzati a circa cento chilometri di distanza. Più precisamente la
sfera arancione si trovava sempre e comunque più vicina al ministero mentre
quella verde alle volte sembrava essere nella stessa posizione dell’altra e in
altri casi diventava leggermente più piccola.
Probabilmente la
persona a cui apparteneva la sfera arancione non si muoveva spesso da Londra
mentre, verosimilmente, l’altra persona viveva fuori dalla capitale, ma veniva
spesso per lavorare…o forse solo perché voleva farsi un giro in centro: in
tutta franchezza, non ne aveva la minima idea.
Guardò un’ultima
volta gli appunti prima di alzarsi spazientito e uscire dall’ufficio a grandi
falcate. Aveva un disperato bisogno di una burrobirra…magari anche di un paio
di bicchierini di whisky.
*
Mentre Mike
continuava ad inserire combinazione bellamente a caso, Christie improvvisamente
saltò in piedi, colta da una vera e propria folgorazione «Primo settembre
1981!» strillò precipitandosi al fianco dell’amico «010981…dai, dai prova a
inserire questa combinazione»
L’ex grifondoro
guardò leggermente perplesso l’amica «Perché
proprio questi numeri?» chiese mentre inseriva le cifre «E’ stato il primo giorno
ad Hogwarts di mia mamma…il primo giorno in cui lei e mio zio sono stati a
scuola insieme»
Il lucchetto saltò
e Christie trattenne il fiato «A
quanto pare sei veramente entrata nella testa di tuo zio, Chris Holmes»
commentò con un filo di voce il ragazzo mentre la rossa lanciava un urlo di
gioia abbracciandolo con uno slancio tale da far finire entrambi per terra.
Più precisamente
Mike si ritrovò sdraiato sul tappetto con Chris stesa sopra di lui ed entrambi
rimasero senza fiato «Eh…forse
dovremmo dare un’occhiata al…baule» mormorò Mike deglutendo e maledendosi un
secondo dopo averlo detto, quando Christie, rossa come un pomodoro annuì
frettolosamente alzandosi dal petto del ragazzo «Sì…meglio guardare cosa
contiene…»
I due si
avvicinarono al baule evitando accuratamente di guardarsi negli occhi e, dopo
aver preso un bel respiro, Christie ne aprì il coperchio.
*
Rafael servì con
uno sguardo decisamente soddisfatto la sangria agli altri membri del cluster «Forza Camila, aspettiamo tutti il tuo giudizio!»
Sette sensate
ridacchiarono mentre Camila, con l’aria della più navigata sommelier annusava
poco convinta il liquido assaporandone un sorso «Non
male» decretò poi
«Guarda che ti cresce
il naso: si vede lontano un miglio che ti è piaciuta tantissimo» commentò
furbescamente Sebastian.
«Hey qui la
legilimens non io!»
«Sì ma siamo
collegati tra noi e il mio senso senso mi suggerisce che hai apprezzato molto
la bevanda» mentre la spagnola borbottava qualcosa di poco carino riguardo dove
avrebbe volentieri mandato il suo sesto senso, JB guardò i ragazzi piuttosto
perplesso «Mi sono perso qualche passaggio…in che senso dovrebbe crescerle il
naso»
«C’è una favola
babbana che racconta di questa marionetta a cui cresce il naso quando dice le
bugie» spiegò Rafael mentre il keniano lo guardava abbastanza sconvolto «E’
abbastanza…»
«Inquietante» completò per lui Hele «Già, non posso che darti ragione, ma quasi tutte
le favole hanno un fondo di inquietudine, comprese quelle magiche»
«Non per fare il
guastafeste, ma non credete che sarebbe meglio parlare della faccenda della
signora Scott» disse Åke rigirandosi tra le mani il bicchiere «Nott, signora
Nott» lo corresse Margaret.
«Stai esattamente facendo il guastafeste»
aggiunse Blaise con un sorriso prima però di dare qualche amichevole colpetto
sulla spalla del biondo, quando lo vide adombrarsi offeso.
«Dico solo che io
sono certo che lei mi abbia guardato» continuò il ragazzo mentre JB scoppiava a
ridere assestandogli una pacca molto meno delicata di quelle di Blaise «Come si
fa a non guardare un bel ragazzo come te?»
Andriy sorrise «Dai ragazzi, forse Åke ha ragione»
«Ma nessuno ci ha mai
visti…come mai lei dovrebbe essere diversa?»
Il medimago si
mordicchiò il labbro «Non
saprei…magari studia i casi come il nostro» ipotizzò «o forse anche lei ha la
nostra stessa particolarità…i casi simili spesso hanno delle attività, giusto?»
chiese poi all’indirizzo di Åke che, essendo uno spezzaincantesimi, doveva
saperne parecchio «Non sarebbe insolito in effetti: spesso per annientare una
maledizione se ne usa un’altra molto simile…»
«Similia similibus
curantur» mormorò Blaise soprappensiero, guadagnandosi delle occhiate perplesse
dalla maggior parte dei compagni «I simili si curano con i simili» tradusse poi
velocemente «Sono appassionata di rune latine» aggiunse sorridendo.
Åke annuì «Sì, l’idea
di base è quella…questo però vuol dire che ci sono altri come noi in giro»
«E io che speravo di
essere un caso unico, raro e speciale» Sebastian spalancò le braccia con fare
teatrale facendo scoppiare a ridere gli altri «Scherzi a parte, credete che
dovremmo preoccuparci degli altri come noi?» chiese Margaret corrucciata.
«No, perché
mai…insomma, se sono come noi saranno certamente delle adorabili persone a modo»
commentò JB con un sorriso cercando di pensare positivo.
«E’ anche vero che
noi siamo nove sbandati senza la minima idea di cosa stia succedendo» fece
notare Rafael «Magari qualche gruppo con più esperienza di noi potrebbe non
avere intenzioni oneste»
«In base alla mia
esperienza posso solo dire che le rarità non sono mai lasciate in pace» mormorò
tetro Åke mentre Hele sbuffava «Sì però ragazzi siete catastrofici! Fino a sei
secondi fa parlavano di belle cose come simili che aiutano simili e ora stiamo
pensando ai mille modi in cui un ipotetico»
Åke le rifilò un’occhiataccia «altro gruppo come il nostro potrebbe nuocerci»
«Dobbiamo vagliare
tutti i possibili casi» le disse paziente Andriy con fare scientifico e
professionale «E’ sempre meglio essere pronti al peggio»
«Ma la vera domanda
è» sospirò Camila incrociando le braccia «Quale potrebbe essere il peggio in
questo caso?»
«Finire come delle
cavie di laboratorio» buttò lì Rafael «Okay, fa tanto filmaccio americano da
quattro soldi sulla teoria del complotto, però potrebbe anche succedere»
Margaret sospirò
tamburellando le dita sul bancone prima di chiudere stancamente gli occhi e
spingere il bicchiere verso Rafael «In
tutto ciò, io credo di avere bisogno di un altro bicchiere di quella cosa»
borbottò facendo ridacchiare il barman, che la servì generosamente.
*
Mike si massaggiò
la testa dove pochi secondi prima sua madre l’aveva colpito con una ciabatta
straordinariamente pesante quando, dopo aver visto Christie schizzare in bagno
alla velocità della luce, aveva frainteso la situazione pensando che fosse
stato proprio suo figlio a farla piangere.
«Chris?» Mike bussò
piano alla porta del bagno «Chris per favore fammi entrare» supplicò con un
filo di voce: odiava vedere le persone tristi e Chris era la sua persona
preferita, vederla stare male era fisicamente insopportabile per lui.
Appoggiando
l’orecchio al legno chiaro non sentì alcun singhiozzo ma, con buona pace della
privacy, aprì la porta con la magia, non volendo lasciarla sola.
Chris era seduta a
terra contro il mobiletto sotto il lavandino, con la faccia pigiata contro le
ginocchia e Mike, dopo aver chiuso la porta a chiave le si sedette a fianco,
attirandola a sè «Mi spiace
Chris…mi spiace tanto»
La rossa sollevò
la faccia dalle ginocchia e guardò l’amico con occhi persi «Mia madre non mi ha mai detto nulla…noi ci
diciamo sempre tutto…e io non mi sono mai accorta di nulla» Mike le cominciò ad
accarezzare i capelli «La sua apprensione esagerata quando mi sono iscritta al
corso per diventare indicibile era dovuta a quello. Per Salazar non sai quante
cose orribili le ho detto in quel periodo! L’ho accusata di essere parte di una
vuota società patriarcale che si rifiutava di vedere le ragazze fare
carriera…che razza di stronza sono stata»
«Chris tu non ne
sapevi nulla, non devi incolparti» Mike cercò di sorriderle «Ora possiamo
sistemare le cose!»
«Sì e saltare in aria
come zio Paul»
«Non dirlo nemmeno
per scherzo: sistemeremo tutto, mi hai capito?!» Mike le prese le mani
guardandola serio «Mio zio era uno degli indicibili migliori…se non è riuscito
lui cosa pensi che potremmo combinare noi due?» la ragazza lo guardò scettica
e, nonostante il suo tono tagliente, Mike si rilassò un attimo riuscendo
finalmente a riconoscere il carattere peperino dell’amica
«Prima di tutto come
hai detto bene tu siamo in due e in seconda istanza, magari il nostro cattivo
non sarà cattivo come Elijah»
Christie sbuffò «Silas è suo figlio…»
«Non fare di tutte le
erbe un fascio»
«Non sto facendo di
tutte le erbe un fascio, dico solo che probabilmente vuole solo sapere cos’è
successo a suo padre…ad ogni costo»
«Senti sto cercando
di tirarti su il morale, cerca di essere più collaborativa» Chris guardò
l’amico per qualche secondo con uno sguardo strano prima di scoppiare a ridere
«Ah beh, lieto di averti fatta ridere» borbottò il ragazzo vagamente offeso
«Ora miss Nott alzi il suo regale deretano dalle piastrelle del mio bagno e
vediamo di andare a scoprire qualcosa…ah, quando usciremo da qui potresti
esibire un sorriso o qualcosa di simile?»
«Ehm okay…perché?»
«Perché mia madre mi
ha già lanciato una ciabatta in testa, convinta che fossi stata io a farti
qualcosa…non vorrei che questa volta mi tirasse addosso il phon o qualche
oggetto contundente» la ragazza spalancò la bocca sorpresa alzandosi
immediatamente a controllare la testa dell’amico mentre non la finiva più di
scusarsi.
*
Joseph si trascinò
nel Return Game, crollando poi su uno sgabello con la testa sepolta tra le
braccia stese sul balcone «Sono
morto» mugugno tetro mentre il fratello maggiore scoppiava a ridere «E’ stato
duro l’allenamento?» chiese Rafael versandogli del succo nel bicchiere.
«Tutti i bolidi ce
l’avevano come» Rafael scoppiò a ridere e il più piccolo alzò lo sguardo
risentito «Cosa ridi, è vero! Uno per poco non mi spaccava il manico della
scopa!»
«Sei ancora tutto
intero, il che significa che sei riuscito a schivarli tutto: probabilmente,
dato che sei molto bravo vogliono metterti alla prova»
«Non sono così eccezionalmente
bravo»
«Regola numero uno,
non denigrare il mio fratellino…»
«Che poi sarebbe
proprio il sottoscritto»
«…e regola numero
due, non contraddire tuo fratello maggiore» concluse Rafael sorridendo «Dai,
bevi qualcosa»
Joseph prese un
sorso della bevanda prima di alzare lo sguardo risentito verso il maggiore «Ma è succo di pera! Non ho mica quattro anni!»
Rafael inarcò un
sopracciglio «Mamma sarà qui a
breve, davvero vuoi farti beccare a bere alcol da lei?» chiese con uno sguardo
eloquente mentre il più giovane spalancava gli occhi impaurito al solo pensiero
«Penso che potrebbe appendermi per i pollici dei piedi al soffitto»
«Chi potrebbe
appendere chi?» Anita fece la sua comparsa nel bar, scrutando attenta i due figli
«Nessuno mamma, si scherza…» borbottò il più piccolo mentre la donna faceva
rimbalzare lo sguardo da uno all’altro «Cosa stai bevendo?» chiese poi con tono
fintamente leggero.
«Un disgustoso…»
Rafael fulminò il fratello con lo sguardo «cioè, volevo dire, un delizioso
succo alla pera»
Anita si sedette
sulle sgabello a fianco a Joseph e, prima che potesse dire alcunchè, Rafael le
fece comparire davanti un piattino ricolmo di tramezzini e una tazza di thè
fumante «Hey a me non hai
dato gli stuzzichini! Cos’è questa storia?» Joseph guardò offeso il fratello
maggiore che si scrollò le spalle «La mamma è la mamma» disse semplicemente
facendo ridere la donna.
«Fate i bravi e non
litigate…Joseph non fare il bambino e leva quel broncio, a breve andremo a casa
a cena…vieni anche tu Rafael?»
Il ragazzo ci
rifletté un attimo «Sì, per stasera lascio chiuso il bar»
«No sei obbligato
tesoro, davvero…»
«No mamma, lo sai che
mi fa piacere» il barman rivolse un sorriso sincero alla donna, il cui volto si
illuminò «Perfetto! Io e Joseph andiamo e ti lasciamo il tempo di chiudere con
calma»
Prima di uscire
con la madre dal locale, Joseph si assicurò di rubare un paio di tramezzini,
lanciando uno sguardo di sfida al fratello che in risposta si limitò a scuotere
il capo esasperato.
«Tua madre mi sembra
un bel tipo» commentò allegra Camila, che era spuntata al posto di Joseph non
appena i due erano usciti «E tu sei un fratello maggiore molto più responsabile
di quanto non mi sarei mai aspettata» aggiunse inghiottendo un tramezzino.
«Non so se
ringraziarti per il complimento o offendermi per il tuo aver messo in dubbio la
mia serietà» il ragazzo le si sedette di fronte con un sorriso.
Camila scrollò le
spalle prima di bloccarsi con un tramezzino a mezz’aria «Ma io ti sto facendo perdere tempo! Tu dovresti
sistemare il locale…»
Il ragazzo fece un
gesto incurante con la mano «Un
paio d’incantesimi se sarà tutto a posto, tranquilla…e poi mia madre deve avere
il tempo di cucinare»
«Lei non ha poteri,
giusto?»
«No, ma ti assicuro
che fa magie ai fornelli, anche senza trucchetti, come li chiama lei» precisò
Rafael non senza una nota di orgoglio nella voce
«Mio padre non aveva
poteri…» il volto della ragazza si adombrò e Rafel le poggiò una mano con la
sua «Anche mio padre è morto quando ero piccolo» mormorò «Mi spiace» il ragazzo
annuì «Nonostante tutto ringrazio però, ogni giorno di avere almeno mia madre e
mio fratello»
Camila annuì
sorridendo a sua volta «Anche
io…le donne latine hanno una marcia in più, c’è poco da fare, mia madre è una
vera forza della natura» Rafael la guardò stupito «Da quel che sapevo agli
spagnoli non piace essere definiti latini»
«Infatti è così, ma
mia madre è messicana»
«Allora avrà frequentato
Castelobruxo!» Rafael sorrise ripensando alla sua vecchia scuola «Già…peccato
che non mia abbia passato i geni della botanica: sembra che io sia in grado di
far morire qualunque pianta anche solo guardandola»
Rafael guardò
preoccupato le piante grasse posate sul davanzale della finestra «Allora non guardarti troppo in giro, per favore,
non si sa mai…ahia, sei violenta» il ragazzo si massaggiò la testa dove Camila
l’aveva appena colpito con una sberla «Mezza latina, ricordatelo» soffiò lei
offesa prima di prendere un altro tramezzino e sparire, facendo però
l’occhiolino al ragazzo.
Rafael scosse il
capo sorridendo prima di incominciare a sistemare, senza riuscire a togliersi
dalla testa l’idea che Camila e sua madre sarebbero potute andare veramente d’accordo.
Buondì gente!
Sarò breve e concisa perché devo ancora iniziare il capitolo
per l’altra interattiva e poi devo scappare fuori casa, ragione per cui
probabilmente questa cosa che ho
scritto sarà un vero e proprio macello, ma più che una rilettura veloce non
riesco a darle, altrimenti vi farei aspettare troppo.
A proposito di aspettare, vi avviso che il weekend prossimo
non penso di riuscire a pubblicare, ma sicuramente ci risentiremo dopo il sette
novembre e fino al giorno appena citato avrete il tempo di votare il
personaggio a cui vorreste fosse dedicato il prossimo capitolo. Mandatemi
magari due preferenze, così in caso di parità non sarò costretta a usare metodi
scientifici e altamente sofisticati per decidere come fare testa o croce.
Ah, vi ringrazio per le recensioni e scusate davvero se non ho
risposto a tutti…prometto di rimediare anche su quel fronte!
Stay tuned e non disperate, non abbandonerò questa storia!
Christie sbuffò
mesta, ritirando con aria depressa le pergamene e le piume dal banco «Non sono psicologicamente pronta a tornare a casa»
borbottò «Non posso stare da te anche questa notte?» chiese poi guardando con i
suoi occhioni grandi supplicanti il povero Mike che deglutì.
Per quanto mi
riguarda puoi anche trasferirtici.
«Non puoi ignorare
tua madre per sempre Chris» si sforzò di rispondere il ragazzo «Avete molte
cose da dirvi e non ha senso rimandare ulteriormente»
«Ma cosa posso
dirle?!»
Mike sospirò «Falla
parlare e ascoltala…sai ogni tanto puoi anche lasciar parlare gli altri stando
zitta per dieci secondi» il ragazzo rise dell’occhiata velenosa dell’amica
«Scherzi a parte, davvero prova semplicemente ad ascoltarla, tua madre non è
una stupida, dubito che faccia qualcosa senza averci riflettuto molto prima»
«Ma se avesse…paura
di me?»
Mike strabuzzò gli
occhi «Insomma io sto studiando
per diventare indicibile…categoria che sembra averle dato svariati problemi…»
«Non pensare
assolutamente una cosa del genere, capito?!» Mike posò una mano sulla spalla
dell’amica, stringendola con decisione «Vedrai che sistemerete tutto»
«Spero solo che
nessun Fawley o Nott finisca male questa volta…»
«Facciamo anche
Torrance, che dici? Sai com’è, ci tengo alla mia pellaccia» Mike cercò di
metterla sul ride.
«Mike?» Christie lo
guardò accennando ad un piccolo sorriso «Grazie»
Senza neanche
provare a trattenersi, il ragazzo la abbracciò di slancio, lasciandole un
piccolo bacio tra i capelli «Qualsiasi
cosa per te, Chris» mormorò poi con il naso tra i capelli rossi della ex
serpeverde, la quale sentì chiaramente il cuore farle una capriola.
*
«Cosa fate voi a…»
«Se dici capodanno ti
schianto sul posto» Camila sventolò minacciosa la bacchetta sotto il naso di
Sebastian «I miei colleghi parlano dei programmi per capodanno da settembre e
sento ancora parlare di chalet di montagna o gite a Monte Carlo potrei non
rispondere delle mie azioni» avvertì la catalana con aria terribilmente seria
«Io stavo per dire Natale a dire il vero» si giustificò Sebastian, alzando le
mani in segno di resa.
«Manca ancora un po’
a Natale, due settimane di sicuro…penso…che giorno è oggi?» chiese Rafael
grattandosi il capo decisamente perplesso mentre Blaise scuoteva il capo
sconsolata «Oggi è il 6 dicembre e sono terribilmente indietro con i regali di
Natale, non so cosa riuscirò a farmi venire in mente nei prossimi 19 giorni»
Andriy fece un
grande sorriso «Io invece ho tempo
fino al 7 gennaio» commentò allegro, guadagnandosi sette occhiate decisamente
perplesse «Il Natale ortodosso cade tredici giorni dopo il venticinque
dicembre»
«Questa mi
mancava…non so voi ma io sto diventando molto più acculturata da quando vi ho
conosciuti» la battuta di Hele fece scoppiare a ridere tutti, tranne Åke, che
ci tenne a specificare di come lui fosse già a conoscenza di quel dettaglio,
essendo stato a scuola con molti ragazzi provenienti dall’Europa dell’est.
Mentre stavano
tutti parlando allegramente, lo sguardo di JB cadde su una figura minuta e
imbronciata, leggermente in disparte rispetto all’allegra brigata «Tutto bene?» le chiese gentilmente avvicinandosi
e Margaret si limitò a stringersi le spalle «Più o meno» borbottò, evitando il
suo sguardo.
«Hai voglia di fare
due passi?» le propose il ragazzo.
Gli occhi chiari
della ragazza finalmente si illuminarono «Solo
se andiamo nella riserva» propose sorridendo poi entusiasta quando il ragazzo
annuì.
I due si
allontanarono silenziosamente, lasciando il resto della compagnia a
chiacchierare nel salotto di Hele, e si ritrovarono nella riserva dove viveva
la famiglia Akili. Margaret rabbrividì leggermente, e
JB appellò immediatamente una delle sue felpe dalla capanna «Grazie, mi ero dimenticata di quanto facesse
freddo qui di notte» la ragazza la indossò rise quando vide che praticamente il
bordo azzurro della felpa le arrivava alle caviglie «Certo che sono proprio
alta come un UmpaLumpa»
fece notare scuotendo il capo e arrotolando le maniche decisamente troppo
lunghe.
«Guarda il lato
positivo, se la situazione fosse stata al contrario, io non avrei mai potuto
mettere una tua felpa…comunque se ti è scomoda puoi sistemarla, sei brava in
trasfigurazione, giusto?»
Margaret scosse la
testa dondolandosi allegra sui talloni «Tranquillo,
è comodissima proprio perché è morbida e un
pochino abbondante»
I due camminarono
per un po’ in silenzio nella terra rossastra, circondati dal silenzio più
assoluto «Grazie di avermi
portata qui» disse dopo un po’ Margaret e il ragazzo si strinse le spalle «Mi
sembrava ne avessi bisogno»
«Già…non è che non
ami il Natale, non sono certo il Grinch, ma non amo
parlare delle tradizioni famigliari più che altro» spiegò gesticolando
animatamente, mentre Jamal rimaneva in silenzio, non volendola interrompere
«Non ho un grande rapporto con la mia famiglia»
Jamal annuì «Avevo intuito qualcosa del genere»
Margaret lo guardò
«Non sono esattamente delle
persone simpatiche, sai appartengo a quella categoria di persone che credono ancora
che coloro che non siano purosangue siano feccia e vorrebbero vedermi con un
bel maritino di buona famiglia a sfornare bambini, possibilmente maschi» Jamal
la guardò un po’ stupito: non era abituato a quel genere di mentalità, in
famiglia e anche a scuola gli avevano sempre insegnato a vivere in modo da
rispettare e conoscere sia la magia che il mondo babbano «E immagino che non
sopportino di avere una figlia schietta e decisa come te» concluse per lei il
ragazzo
«Non sono certa di
essere poi così tanto decisa, ma sì, non gli vado molto a genio» mormorò
stringendosi le spalle «Ogni volta che mi vedono sottolineano come le mie manie
anarchiche mi abbiano solo procurato un lavoretto come commessa»
«Sempre meglio che
starsene a casa a farsi pulire il culo, pardon,
il deretano, dagli elfi» commentò Jamal facendola scoppiare a ridere di gusto
«Vuoi accompagnarmi alla visita natalizia quest’anno? Magari con te riuscirei
anche a divertirmi»
JB le rivolse un
grande sorriso «Penso che ai tuoi verrebbe un infarto, ma se sono davvero come
dici, non dovrebbe essere poi tanto tremenda come prospettiva, no?»
Margaret lo guardò
grata, prima di portare gli occhi chiari sul cielo stellato «Sai, potrei sempre decidere di saltarmi la cena
a casa Powell e venire a fare un giro qui»
«Ti terrò da parte un
po’ del pollo di Baba Magia, ti assicuro che è a dir
poco leggendario»
«Andata!»
*
Margaux appoggiò
la mano sulla maniglia incerta sul da farsi «Tesoro,
non indugiare, stai facendo la scelta corretta» le ricordò incoraggiante
Emilia, affiancandola «Ho paura di spaventarla» mormorò Margaux, guardandosi
intorno, preoccupata che qualcuno potesse sentirla parlare da sola «Ricordi
com’eravamo spauriti noi appena abbiamo iniziato a comunicare»
«Io mi ricordo solo
che Emilia ci prendeva a parole la metà del tempo perché non la lasciamo
studiare» commentò con allegria Adil, l’uomo indiano,
trascinandosi gli altri sensate «E poi questo cluster sembra essersi messo in
contatto più tardi rispetto a noi: hanno venticinque anni, non sono dei
bambini, vedrai che saranno ragionevoli»
«Altrimenti
attaccheremo noi per primi» commentò stringendosi le spalle con tranquillità
l’uomo con i rasta, guadagnandosi un’occhiata gelida da Emilia «Trevor sei un
villano!» gli sibilò, guadagnandosi un occhiolino impertinente.
Roteando gli
occhi, Margaux spinse la porta della libreria e, con suo sommo sollievo, notò
che era l’unica avventrice in quel momento; effettivamente mancavano nemmeno
cinque minuti all’ora di chiusura.
«Non fatevi vedere
subito» mormorò poi ai suoi compagni di cluster che annuirono «Preferisco
parlarle io prima»
«Tra cinque minuti
chiudiamo…oh, signora Nott, che piacere rivederla» sul volto di Margaret si
aprì un grande sorriso «Le serve qualcosa?»
Margaux ricambiò il
sorriso, prendendo poi un profondo respiro «Avrei bisogno di parlare con te,
cara»
Margaret rimase un
attimo interdetta «Io ve l’avevo
detto che quella tizia sapeva qualcosa» borbottò ansioso Åke, che insieme agli
altri l’aveva raggiunta.
La signora Nott,
spostando lo sguardo dal volto della ragazza a quello di Åke guardò lo svedese
dritto negli occhi «Il tuo amico ha
ragione, Margaret» i nove ragazzi sobbalzarono e Jamal si fece avanti,
affiancando l’inglese «Chi è lei e cosa vuole da noi?» sibilò con gli occhi
ridotti a due fessure.
«Modera i toni
ragazzo» un uomo alto dal forte accento australiano gli lanciò un’occhiata
severa mentre, sotto lo sguardo esterrefatto dei venticinquenni, comparvero
altre quattro figure vicino alla signora Nott.
Mentre i quindici
si scrutavano con diffidenza, un uomo mingherlino con dei rasta lunghissimi
scoppiò a ridere, rompendo il silenzio «Non
avrete seriamente pensato di essere gli unici ad avere questo potere, vero
pivellini?»
Blaise incrociò le
braccia offesa «E’ da solo un mese
che abbiamo questi poteri» sbottò piccata «E’ già tanto se sappiamo cosa sta
succedendo a noi nove» improvvisamente i nove ragazzi più giovani cominciarono
a parlare tutti uno sopra l’altro, confusi e preoccupati.
«Okay cerchiamo di
fare tutti un bel respiro profondo, che sono davvero troppo stanca per
litigare» una donna molto bella, con un lieve accento italiano prese la parola
«Come credo ormai abbiano capito anche i muri, anche noi costituiamo un
cluster»
«Il leggendario
cluster del 2 febbraio 1970» precisò Trevor con un gran sorriso, improvvisando
un inchino mentre Emilia roteava gli occhi «Non vogliamo farvi nulla di male,
ragazzi, vogliamo solo aiutarvi» spiegò Margaux, guardando con aria materna i
nove giovani.
Hele guardò
preoccupata i sei, facendosi più vicina ad Andriy, che non esitò a prenderle la
mano, vedendola spaventata «Ce
la stiamo cavando egregiamente da soli» Sebastian guardò diffidente gli
sconosciuti mentre Åke al suo fianco batteva nervoso un piede a terra.
Emilia alzò gli
occhi al cielo «Mon dieu, non bastano le due adolescenti
isteriche che ho a casa, pure qui mi ritrovo con dei ragazzini ribelli» sibilò
facendo ridere i membri del suo cluster «Fai la brava dottoressa, tu a
vent’anni eri ben peggio» le ricordò l’uomo con i rasta beccandosi un’occhiata
velenosa «Non sapevo che ti fossi sposata» aggiunse poi con finta leggerezza.
«Divorziata» ribattè
piccata la donna «Finisco sempre con dei perfetti deficienti, sai com’è»
aggiunse poi sarcastica mentre l’uomo le faceva l’occhiolino e l’altro membro
del cluster dai tratti asiatici emetteva un verso spazientito «Potreste
piantarla di amoreggiare per dieci minuti, non è il momento!»
Margaux sorrise «Come stavamo dicendo noi vorremmo solo darvi una
mano…venticinque anni fa sarebbe piaciuto anche a noi avere l’aiuto di un altro
cluster. Essere dei sensate è una gran bella cosa, ma
non è sempre facile» fece una pausa cercando le parole giuste «Ci sono persone
che sono…smaniose di studiare i casi particolari come noi»
Camila spalancò
gli occhi spaventata «Studiare?»
chiese lentamente, mentre i nove ragazzi si guardavano a vicenda stupiti.
«Utilizzare come
cavie da laboratorio per la verità» disse senza troppi giri di parole l’indiano
«Un potere come il nostro è molto utile e sono parecchie le persone a cui
farebbe comodo»
«Credevo fosse un
qualcosa di innato» ribattè Åke inarcando le sopracciglia chiare.
«E lo è, ma spesso
alcune persone assetate di potere non accettano di arrendersi all’evidenza»
«E sono sempre gli
innocenti a pagarne le conseguenze» concluse la signora Nott con un filo di
voce, mentre Emilia le posava una mano sulla spalla «Non vogliamo che vi
succeda nulla di male e, modestia a parte, siamo convinti che il nostro aiuto
potrebbe esservi utile» concluse per lei l’australiano, che poi aggiunse
«Venticinque anni fa un indicibile privo di scrupoli ci diede non poche grane
e, se non avessimo avuto la fortuna di avere qualcuno all’interno del ministero
che si sacrificò per noi non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto
succederci» Margaux abbassò lo
sguardo «Abbiamo motivo di
credere che il degno erede, in tutti i sensi, di quell’indicibile che ci diede
problemi, stia seguendo le orme del suo predecessore»
L’asiatico lanciò ai
ragazzi più giovani uno sguardo penetrante «Noi possiamo aiutarvi, Margaux
lavora al Ministero della Magia qui a Londra»
I nove ragazzi si
scambiarono lo sguardo d’intesa e, dando le spalle al cluster più anziano si
misero in cerchio «Dite che
dovremmo fidarci?» sussurrò Camila lanciando uno sguardo incerto al gruppo,
oltre la spalla di Blaise «La signora Nott è una brava persona» Margaret si
strinse le spalle «E se fossero in combutta con il ministero?» incalzò
Sebastian guadagnandosi degli sguardi perplessi «Magari hanno stretto un patto
per il quale, consegnandoci, verranno lasciati in pace» spiegò con sguardo
preoccupato.
«Dio, quanto si vede
che sei americano» Rafael scosse il capo sconsolato, mentre gli altri fecero
del loro meglio per trattenere una risatina, escluse Hele e Blaise, che guardarono
il brasiliano leggermente offese «Io sinceramente sarei d’accordo a
collaborare» disse Andriy «Anche io…ho accidentalmente
scrutato le menti di un paio di loro» Camila fece un sorrisino colpevole
facendo ridere i suoi compagni «E mi sembravano davvero armati delle migliori
intenzioni»
«Sentito Signor
complotto?» Margaret si rivolse a Sebastian che le fece la linguaccia, prima di
sospirare convinto «Va bene mi fido di voi»
I nove ragazzi si
voltarono verso i più anziani, che per tutto il tempo erano rimasti a guardare
la loro piccola riunione di gruppo con un sorrisino «Accettiamo» disse Margaret mentre i suoi amici
annuivano «E ora diteci tutto quello che sapete»
La donna mora si
rivolse ad uno dei suoi compagni «Adil, vuoi parlare tu che sei l’avvocato?» gli chiese con
un sorriso e l’indiano annuì.
*
«È andata bene»
commentò quasi stupita Emilia «Sembrano dei bravi ragazzi e mi sembra che ci
abbiano ascoltati con attenzione»
Margaux annuì prima
di passarsi una mano sul volto «Già…ora mi aspetta una chiacchierata con mia
figlia»
«Vedrai che andrà
bene anche questa volta, sono certa che tua figlia sia una ragazza
intelligente»
«Se Emilia, la regina
del pessimismo, è positiva non può che andare bene» le rassicurò Trevor, il
giamaicano dai lunghi rasta «Non ti insulto solo perché ho scommesso con Chin
che sarei riuscita a stare buona per quattro ore»
«Hai scommesso con
Chin? Allora sappi che non ti mollerò un secondo per farti perdere»
«Non osare, devo
andare a casa a controllare le mie figlie, perché probabilmente non avranno
nemmeno iniziato a fare i compiti e non posso averti intorno che mi importuni»
i due continuarono a battibeccare e Margaux, dopo aver sorriso, interruppe il
contatto: aveva bisogno di parlare da sola con Christianna.
Con un sospiro si
smaterializzo direttamente nel salotto di casa e, prima ancora che potesse
appoggiare la borsa sul tavolo, un rumore di piedi che correvano sulle scale e
sorrise istintivamente: solo
Christianna saltellava in quel modo.
«Mamma» Margaux si
girò e non fu sorpresa di trovarsi davanti sua figlia, che si dondolava sui
talloni, mordicchiandosi il labbro; la donna aprì leggermente le braccia e in
men che non si dica Christie corse ad abbracciare la madre, stringendola forte
«Credo che stasera ci aspetti di diritto una serata tra donne, cosa ne dici?»
le sussurrò la donna e sentì la figlia annuire contro il suo petto «Abbiamo un
bel po’ di cose da dirci»
*
Rafael, che stava
servendo cocktail alla velocità della luce al bancone del bar, parlava
tranquillamente con gli altri sensate, che si trovavano nel salotto di Blaise
«Certo che quel Kincaid era veramente un pazzo» borbottava scuotendo il capo.
«Già…il fratello
della signora Nott è stato veramente coraggioso» Margaret annuì «Un grifondoro
fino in fondo»
Il brasiliano inarcò
un sopracciglio mentre continuava a shakerare chissà cosa «Fingerò di sapere
cosa voglia dire essere un grifondoro»
«E’ una delle case nelle
quali gli studenti vengono divisi a Hogwarts» spiegò l’inglese «Grifondoro è
quella dei coraggiosi e orgogliosi»
Hele fece
un’espressione imbronciata «A
Mahoutokoro non avevamo nulla di simile» brontolò «Tu di che casa fai parte?»
Margaret fece un
sorrisino furbo «Serpeverde, quelli
brutti e cattivi» rispose con ironia facendo ridere i compagni «Non ti ci vedo
proprio tra i malvagi» rise Blaise, accarezzando con delicatezza la schiena
nera e setosa di Balerion, il suo gatto.
«Spesso le
caratteristiche di una non corrispondono per filo e per segno ad una persona»
spiegò Sebastian, sdraiato sul tappeto che giocava un’avvincente partita a
scacchi con Åke «Figurati io ho scelto la casa degli intelligenti e sono una
delle persone meno studiose che avrete mai la possibilità di incontrare»
«Sì certo, infatti
sei diventato capo del tuo reparto nel laboratorio di pozioni perché hai
collezionato i bollini della spesa» commentò sarcastico Åke prima di sorridere
trionfante guardando la scacchiera «Scacco matto, comunque» Sebastian sbuffò,
guardando astioso i suoi pezzi venire spazzati via.
«Case a parte, non
sono certa che sia sicuro che Margaret rimanga in Inghilterra» mormorò Camila
guadagnandosi otto sguardi basiti «Insomma lei vive a pochi chilometri da un
potenziale pazzo con manie di potere mentre noi ce ne stiamo belli tranquilli
nelle nostre case a migliaia di chilometri di distanza»
Andriy soppesò le
parole prima di parlare «La
signora Nott ci ha detto che ai suoi tempi avevano progettato di catturarli
tutti contemporaneamente» fece notare.
«E poi non è nemmeno
detto che questo Kincaid sia davvero pazzo come il padre» aggiunse Margaret «In
ogni caso serve qualcuno sul posto…e poi non preoccupatevi, sono piccola ma con
i duelli me la cavo bene»
«Mal che vada mi
trasformo in un leone e sbrano chiunque ti importuni» commentò con leggerezza
Jamal e, sebbene gli altri sensate ridacchiarono, sapevano perfettamente che
non stava affatto scherzando.
«Piuttosto» si
intromise Hele «Se la situazione dovesse improvvisamente degenerare, potremmo
venire tutti a Londra»
Åke la guardò
stralunato «Eh?!»
Hele agitò le mani
«Rifletteteci bene, se fossimo
tutti nello stesso posto o comunque a poca distanza potremmo mandare in tilt
quella stanza di cui parlava la conoscente di Margaret…»
«O venire catturati
tutti in blocco come dei fessi» concluse per lei Åke con voce cupa «E gli
indicibili farebbero festa per non averci messo molto a trovarci»
«Londra è una città
grande, se ci sparpagliassimo non saprebbero più dove andare, la signora Nott
ha detto che i loro tracciati non erano molto precisi e soprattutto questa
volta sembra che non ci sia ancora nulla di pronto»
«Questo è quello che
crediamo…»
«Kincaid sta
lavorando da solo stavolta, per quanto sia intelligente non sarà mai veloce
come dieci uomini…è poi abbiamo anche questa volta un infiltrato»
«Sì, ma è solo una
studentessa…e poi siamo davvero certi che possiamo fidarci di quella
ragazzina?» Åke incrociò le braccia, come sfidando gli altri a contraddirlo
«Chi è adesso il complottista?» chiese Sebastian retorico generando uno
scroscio di risate
Margaret si mosse
leggermente, appollaiata sul bracciolo della poltrona dove era seduto Jamal
«Christianna è davvero carina, a scuola era bravissima, molto seria e
responsabile fin da bambina, io mi fido di lei»
«Se Margaret si fida
mi fido anch’io» disse con decisione Jamal, guadagnandosi un grande sorriso
dalla ragazza «Non è il caso di discutere tra di noi, se dovessero sorgere dei
problemi li affronteremo, ma non ha senso diventare paranoici» Margaret gli
fece l’occhiolino
Andriy annuì «Aspettiamo di avere notizie dai Nott» disse con
tono deciso «Poi ci regoleremo di conseguenza»
Camila batté un
paio di volte le mani per richiamare l’attenzione «Dato che per una volta, a quanto pare, abbiamo
una sottospecie di piano, proporrei di rilassarci adesso» appellò con la
bacchetta una serie di videocassette e dvd «Propongo un film tutti insieme,
poco conta che qui da me siano le quattro di notte, io non ho molto sonno»
«Mettete qualcosa che
ho già visto, per favore, non posso distrarmi troppo da lavoro» borbottò
Rafael, ancora impegnato al bar.
Hele si mise più
comoda sul divano «Io avrei delle
verifiche di matematica da correggere, ma posso anche farlo domani…che ne dite
di vedere una commedia?»
«Quattro matrimoni e
un funerale?»
«Ma che commedia è se
parla di un funerale?» chiese perplesso Andriy facendo ridacchiare gli altri
«E’ bellissima, fidati» Hele gli tirò una lieve gomitata e il ragazzo si limitò
a stringersi le spalle: non gli rimaneva che fidarsi degli altri membri del
cluster.
Margaret si
sistemò meglio sul bracciolo, appoggiando la testa sulla spalla di Jamal e
guardando con un gran sorriso gli altri sette ragazzi. Indicibili pazzi o meno,
per ora andava davvero tutto bene.
Il cluster del 2 febbraio. Da
sinistra a destra Daniel, Trevor, Margaux, Adil,
Emilia e Chin
Sono maledettamente in ritardo,
lo so e davvero non so come scusarmi. Spero davvero davvero
di riuscire a fare di meglio la prossima volta.
Vi chiedo ancora una volta di
votare il personaggio del prossimo capitolo: Margaret questa volta ha stravinto
ma gli altri nomi erano davvero molto diversi…mi chiedo chi la spunterà questa
volta, ho idea che sarà una sfida all’ultimo voto!
Em
Ps: ho finalmente trovato un’app decente per fare i collage mentre sono in treno,
piano piano sostituirò quelli bruttissimi di prima ahahah
Nonostante la lezione
fosse finita da un pezzo, Christie continuava a scrivere alla velocità della luce
sulla pergamena, sotto lo sguardo divertito di Mike, che aveva deciso di avere
dato abbastanza per quel giorno in fatto di appunti non appena la campanella
era suonata.
Una ragazza alta
con i capelli neri si avvicinò al banco che i due condividevano «Hey Mike…Christianna» salutò con entusiasmo il
ragazzo e più per cortesia che per altro la serpeverde.
«Ciao Sarah» Mike le
sorrise gentilmente e Chris mugugnò una risposta senza alzare gli occhi dagli
appunti «Mi chiedevo se avessi un attimo per parlare» continuò Sarah sorridendo
al ragazzo.
«Certo, dimmi pure!»
La mora storse
leggermente il labbro occhieggiando Christie oltre la spalla del ragazzo
«Ehm…okay…ti andrebbe di uscire oggi pomeriggio? Nulla di che, chiaro, potremmo
fare due passi a Diagon Alley…qualcosa del genere…» Christie smise per un
secondo di scrivere irrigidendosi.
Mike rimase per un
attimo bloccato, non sapendo bene come rispondere «Ehm…oggi pomeriggio in realtà devo uscire con
Chris»
«Oh…» Sarah non provò
nemmeno a mascherare il suo disappunto, mentre Chris, con un lieve sorrisetto a
incresparle le labbra, riprendeva a scrivere. Quando la mora se ne andò Chris
appoggiò la piuma e si appoggiò contro lo schienale della sedia «Credo che tu
abbia appena spezzato il cuore di Sarah Kerry» commentò non senza una certa
soddisfazione, mentre l’amico si grattava la testa «Beh è vero, dobbiamo già
uscire noi…cioè non uscire uscire…uscire nel senso…»
«Mike…stai
impanicando!»
I due amici
scoppiarono a ridere «Ti va una cioccolata?» chiese infine Christie «Anche
senza uscire uscire» lo prese poi in giro.
«Okay,
non-usciamo-usciamo a prendere una cioccolata allora!»
*
SBAM!
Sebastian strizzò
gli occhi, udendo un forte tonfo all sue spalle e, quando si voltò, faticò a
trattenere le risate alla vista del povero Jamal lungo e tirato sulla pista di
ghiaccio mentre Margaret, a sua volta in equilibrio precario sulle lame dei
pattini, cercava di aiutarlo ad alzarsi.
«Forse venire a
pattinare non è stata esattamente una grande idea» commentò il pozionista, lanciando
un’occhiata in tralice a Åke, che pattinava tranquillamente sulla pista mal
illuminata al suo fianco.
«Cadute e infrazione
di proprietà privata a parte mi sembra che ci stiamo divertendo tutti
parecchio» osservò Blaise con un sorriso, affiancando i due ragazzi mentre alle
loro spalle Margaret, che nel frattempo era caduta a sua volta, e Jamal se la
ridevano, lamentandosi ad alta voce della loro imbranataggine. Alcuni dei
sensate avevano pregato Åke fino allo sfinimento per portali a pattinare e lo svedese,
dopo aver ribadito che a lui sembrava una pessima idea almeno quaranta volte,
aveva acconsentito ad intrufolarsi in una pista di pattinaggio vicina a casa
sua di notte, bloccando le telecamere di sorveglianza. Quegli otto ragazzi
stavano davvero avendo una pessima influenza su di lui.
Hele nel frattempo
guardava preoccupata il ghiaccio sotto di sé, rigida come un pezzo di legno «So che ti sembrerà retorico da dire» Andriy
sorrise leggermente «Ma davvero, dovresti cercare di rilassarti un pochino»
l’hawaiana, ben stretta al suo braccio sbuffò «Parli facile tu: non capisco
come tu riesca a sembrare così tranquillo e con un buon portamento» borbottò
seccata «Dovrei iniziare sul serio a prendere lezioni di danza…potrei
sfruttarti in effetti»
Rafael si sentì
mancare la terra sotto i piedi per qualche secondo e mulinò le braccia per
cercare di rimanere in equilibrio, mentre Camila gli girava intorno
ridacchiando «Direi che avere una
pista nei giardini di Beauxbatons ogni inverno è stata una fortuna» commentò la
spagnola occhieggiando Rafael, che la guardò male «Ho appena deciso che non
pattinerò mai più in vita mia»
Camila alzò gli
occhi al cielo «Quanto la fai
tragica…prova a piegare un po’ le ginocchia…non così tanto! Ecco sì bravo…non
buttare in fuori così il sedere, sembri una papera…raddrizza un pochino la
schiena…»
«Ma mi sbilancio!»
«Ma proprio per
niente, anzi, vedrai che avrai più equilibrio…bene e ora muovi un passo con la destra
e spingiti con la mano sinistra…cerca di rilassarti! Se rimani così rigido ti
verrà una contrattura in meno di dieci minuti!»
Rafael,
cominciando a muoversi borbottò «Spero
che tu non finisca mai a fare l’insegnante, sei una vera tiranna!»
«Grazie, me lo dicono
tutti» commentò con un sorriso la ragazza.
*
Silas guardò per
la ventesima volta l’ammasso di fogli riempiti di calcoli che ricopriva la sua
scrivania: continuava a lavorare come un disperato a quella faccenda del
cluster e, nonostante fosse riuscito a capire molto più cose riguardo al gruppo
di sensate, aveva ancora la spiacevole sensazione di stare girando a vuoto.
Cominciava
seriamente a chiedersi quale fosse il punto di tutto quel lavoro.
Prendere i sensate ed essere finalmente il
primo a studiarli.
Certo, l’idea di
riuscire a studiare ed esplorare un campo della magia così poco conosciuto era
affascinante e potenzialmente appagante, sia personalmente che a livello di
fama accademica, ma non era nemmeno certo che il suo attuale metodo di indagine
fosse legale.
Qualora fosse
arrivato a delle conclusioni, cosa avrebbe potuto farne? Parlarne con la
fotografia di suo padre?
L’uomo scosse la
testa, passandosi una mano tra i capelli: avrebbe fatto meglio a continuare il
suo lavoro senza pensare troppo a cosa sarebbe successo dopo, ammesso e non
concesso che fosse stato in grado di arrivare ad una conclusione.
*
Sebastian mescolò
delicatamente il contenuto della beuta, ben attento a non far schizzare fuori
il contenuto, rischiando di spargere l’acido creato con sangue di Ironbelly e
di unicorno.
«Quella cosa puzza
davvero da far schifo» borbottò Åke, alzando lo sguardo dal faldone che stava completando
e controllando «Non puoi interrompere il contatto mentale per qualche secondo,
quella roba mi dà il mal di testa»
«Guarda che puoi
interromperlo tu stesso» Jamal ridacchiò, mentre curiosava interessato tra le
provette, tenuto d’occhio da Margaret, preoccupata che il ragazzo, e
soprattutto la sua stazza non indifferente, potessero causare qualche danno «E’
affetto anche lui dalla febbre da laboratorio» Andriy sorrise «La leggenda
vuole che una volta che una persona prova a lavorare in laboratorio non sia più
in grado di smettere» narrò solenne, ricordando quanto era stato eccitante per
lui mettere piede in un laboratorio per la prima volta, quando era giovane
matricola al corso di medimagia.
Hele si guardò
intorno un po’ preoccupata «Io
sono stata bandita dalle lezioni di pozioni al mio quinto anno» ammise.
Rafael la guardò
stupefatto «Che cosa avevi
combinato di tanto grande?»
«Non lo so, la mia
pozione gialla e puzzolente è saltata in aria quando ci ho buttato
dentro…qualcosa»
Sebastian inarcò
un sopracciglio «Qualcosa tipo?»
«Bella domanda,
teoricamente dove essere polvere di luna, ma sinceramente ho preso a caso della
roba azzurra dal tavolo» il gruppo cominciò a ridere.
«Se ti può consolare
le migliori scoperte sono quasi tutte state fatte in modo casuale» Sebastian
sorrise «E io amo molto Pozioni perché è una materia che ti permette di
sperimentare: non puoi imparare tutto dai libri, ogni tanto devi andare di
fantasia»
«Un po’ come con i
cocktail» si intromise Rafael «Salvo per il fatto che solitamente i cocktail
non rischiano di saltare in aria» lo corresse Camila.
«Oh, fidati, quello
non è detto» Rafael sorrise diabolico «Se vuoi ti posso consigliare due o tre
cosette che potrebbero rendere i tuoi cocktail…speciali» Sebastian posò la
beuta sul bancone, prendendo un quaderno per appuntarci alcune nozioni.
Åke chiuse il libro
di scatto, guardando gli amici con gli occhi chiari serrati «Non avevo capito
di essere finito in una cricca di avvelenatori seriali e scienziati pazzi»
borbottò cercando di fare del suo meglio per ignorare il lato comico di quella
situazione.
Blaise ridacchio,
issandosi sul bancone e guardando con interesse la fila di provette piene di
liquidi colorati «Vedila così, abbiamo
tutti un piccolo scienziato interiore, desideroso di fare esperimenti»
«Sai quando dico che
a volte essere un sensate è leggermente terrificante, senza offesa per nessuno
di voi, intendo proprio questo»
Jamal sorrise
dall’altra parte della stanza «Considerando
solo la parte del “senza offesa per
nessuno di voi”, sembrava quasi che tu volessi in qualche modo dirci che ci
vuoi bene» fece notare furbescamente mentre lo svedese cominciava a sbuffare,
borbottando che Jamal aveva frainteso il suo intero discorso.
*
Christie guardò
allegra la sua gigantesca tazza di cioccolata con un’enorme meringa allo
zucchero di canna in cima «Quella
meringa è tre volte più grande della tua faccia» Mike ridacchiò prima di
attaccare con voracità la panna della sua cioccolata «Ma il vero problema è che
tu ancora ti ostini a prendere la cioccolata al latte: andiamo lo sanno anche i
muri che quella fondente è la migliore»
La ex-serpeverde
prese un sorso della sua cioccolata «La
sua dolcezza serve a ripristinare il mio naturale pH acido interiore» disse
allegra «E quella cosa all’ottanta percento cacao è veramente immangiabile,
seriamente, devi avere un apparato digerente di amianto per riuscire a mandarlo
giù»
Dopo che ebbero
finito le loro cioccolate e anche le fette di torta ordinate appena dopo, Chris
si pulì la bocca con un tovagliolino, osservando attentamente l’amico «Mike» il ragazzo alzò lo sguardo facendole segno
di continuare «Se volevi uscire con Sarah per me sono sarebbe stato un
problema, davvero» disse senza pensarci troppo, prima di mordersi le labbra,
maledicendo la sua lingua lunga.
Perché dici queste cose a Mike? Cioè vuoi
davvero che esca con Sarah?
No…cioè sì, che cosa ci sarebbe di male se
Mike uscisse con una ragazza che non sei tu?
Beh, appunto, il fatto che quella ragazza
non sono io.
Ma allora…
ASSOLUTAMENTE NO!
Mentre nella testa
della rossa si affollavano un migliaio di pensieri, Mike si mosse un po’ a
disagio sulla testa «Il fatto è che
io volevo uscire con te…»
«So che avevamo preso
un impegno, ma davvero io avrei capito…»
«No non è per quello»
Christie rimase un attimo interdetta. Mike prese un profondo respiro: o ora o mai più «Il punto è che di Sarah
Kerry non mi importa davvero nulla, io volevo davvero uscire con te Chris Nott»
Chris lo guardò spiazzata
«Oh…»
«Noi usciamo sempre
insieme come amici ed è bello…lo è sempre stato…diciamo però che ultimamente è
più bello ma non so se lo è nel senso di uscire come amici» Bravo Mike, un discorso spettacolare,
dovrebbero darti il Nobel per la Letteratura per questa cosa, altroché Bob
Dylan «Quello che sto cercando di dirti in modo piuttosto confuso…molto
confuso a dire il vero…okay forse non è questo il modo giusto…quello che volevo
dirti è che tu…noi…insomma»
«Sì» sputò fuori
Chris d’istinto, lasciando il ragazzo spiazzato «Sì?» le chiese lentamente.
«Sì?» ripeté la
ragazza leggermente in panico «Tu ehm stavi parlando di noi due e io ho
supposto che…beh, sai, insomma…»
«Oh sì, sì!»
«Ti prego dimmi che
stavi cercando di provarci o ho appena fatto la figura di merda più clamorosa
della storia delle figure di merda clamorose»
«No, no ci stavo
provando…cioè…Gesù sembro un coglione vero?» il ragazzo si grattò furiosamente
la testa mentre Christie arrossiva come un pomodoro «Okay forse dovrei
ricominciare da capo…quello che stavo cercando di dire è che mi fa piacere
essere tuo amico, solo che mi piacerebbe ecco…tu mi piaci va bene? Mi piaci in
quel senso»
Chris puntò dritta i
suoi grandi occhi azzurri sul volto del ragazzo «Spero che tu intenda lo stesso
senso che intendo io» mormorò, sporgendosi sul tavolo mentre il ragazzo la
guardava quasi ipnotizzato «Penso di sì» mormorò Mike come in trance
«Altrimenti anche io potrei fare una clamorosa figura di merda» il ragazzo si
sporse a sua volta, unendo le labbra con quelle della ragazza, baciandola
timidamente, prima di urlare mentalmente di gioia quando la ragazza rispose al
bacio.
Chris si avvicinò
ulteriormente a lui, circondandogli il collo con le braccia magre e attirandolo
perso di sé; peccato che il ragazzo, sporgendosi sul tavolo, finì per urtare la
tazza di cioccolata vuota e, nel tentativo di riacciuffarla prima che cadesse,
si staccò bruscamente da Chris, appoggiando il braccio nel piatto della torta.
«Salazar
disgraziato!» borbottò guardando con una smorfia la manica del maglione
ricoperta di panna, mentre Chris incominciò a ridere «Lieto di averti fatta
ridere» mugugnò fintamente indispettito senza riuscire a nascondere un sorriso
«Non ti sei nemmeno arrabbiata per l’insulto alla tua casa»
Chris si zittì facendosi
pensierosa «Ora che ci penso potrei effettivamente essermi offesa per quello»
Mike inclinò la testa lanciandole uno sguardo eloquente «Ma sono troppo
contenta quindi per oggi soprassiederò»
«Avrei dovuto
dichiararmi prima, non sei mai così dolce»
«Cretino»
«Ecco, adesso ti
riconosco di più»
*
Lisa entrò nel
salotto con un vassoio in mano e un’espressione di disappunto sul volto «Bas la
tua cucina è un porcile» commentò secca, guardando male il fratello «Invece di
giocare a scacchi o di mischiare schifezze varie in laboratorio, ogni tanto
potresti anche sistemare, sai?»
Sebastian si prese
tutto il tempo del mondo per muovere il suo pedone, prima di rispondere alla
sorella «Il resto della casa è a posto, in cucina ci entro solo io» e altre otto persone, ma non credo sia il
caso di parlarne «Non vedo perché debba sbattermi per sistemarla»
«Pigro» borbottò
Lisa, sedendosi sul divano e accendendo la televisione «Quanto vi serve per
finire la partita?» chiese ai due fratelli, osservando i CD che levitavano di
fronte a lei «Voglio vedere il mago di Oz»
Samuel, il più
piccolo dei fratelli Baker, storse il naso «Credevo
avremmo visto il Grande dittatore» Sebastian guardò con un moto di affetto e
orgoglio il fratellino «Quel film mi inquieta con quei personaggi grotteschi…Somewhere over the rainboooooooooow»
canticchiò poi con una vocetta stridula, facendo ridere Bas.
Lisa alzò gli
occhi al cielo «E io che ho sprecato
il mio tempo preziosa da bambina per leggervi quei libri…incompétents»
Samuel schioccò le
dita «Tu
sei quello che i francesi chiamano les incompetents»(1) Sebastian scoppiò a ridere, tirando una pacca amichevole
al fratello, declamando di essere fiero della sua conoscenza cinematografica,
mentre Lisa sbuffava, lamentandosi di come quei due, oltre ad insultare
capolavori della letteratura, non si facessero problemi a storpiare la loro
lingua materna.
*
Chris si chiuse il
portone di casa alle spalle con un sorrisino ebete. Dopo essere usciti dal bar,
lei e Mike avevano fatto un giro per la Londra babbana: avevano avuto una
specie di appuntamento a pensarci bene, ma non era stato uno di quegli
appuntamenti strani, pieni di imbarazzo, era stato normale e rilassante come
sempre, solo che questa volta aveva la consapevolezza di non uscire più solo
come sua amica. Il che le sembrava assolutamente magnifico.
«Tesoro, sei tornata,
hai fatto un po’ tardi» sua madre si sporse oltre lo schienale del divano,
guardandola con un sorriso.
«Ah ah» mormorò la
ragazza sorridendo felice.
Margaux inarcò le
sopracciglia «Tutto a posto?»
Christie si incamminò
con sguardo perso sulle scale «Ah ah»
«Vuoi qualcosa da
cena?»
«No, no, sto
benissimo» Margaux guardò con un lieve sorriso la figlia risalire saltellando
le scale mentre alle sue parte sentì una risatina famigliare «Ah, l’amore»
Emilia, seduta sul divano di fronte alla signora Nott guardò con tenerezza il
punto in cui era scomparsa la ragazzina.
«La tua figlioletta
ha l’aria di una che ha appena fatto bisbocce» commentò Trevor allegro facendo
ridere l’intero cluster, compresa la signora Nott che, suo malgrado, non riuscì
a rimanere seria.
Adil guardò
malizioso due dei suoi compagni di cluster «E
qualcuno qui ne sa qualcosa di bisbocce giovanili»
Mentre Trevor
scoppiava a ridere, Emilia lanciò all’indiano un’occhiata di fuoco «Adil!» ringhiò.
«Davvero lo
negheresti di fronte al nostro avvocato preferito?» Trevor le rifilò un’amichevole
gomitata, accompagnata dal suo sorrisetto strafottente a cui la mora rispose
con un colorito insulto «Vi odio tutti, sappiatelo!» nonostante tutto Emilia
fece fatica trattenere a sua volta un sorriso, mentre gli altri cinque membri
del suo cluster continuavano a ridere.
(1)citazione colta da Mamma
ho Perso l’Aereo. Anche se credo che quasi tutti l’abbiate beccata. Sebastian è
per metà franco-canadese, giusto per fare chiarezza.
Sono stata via troppo a lungo, ma
adesso cercherò di recuperare. Nei prossimi capitoli alternerò ragazzi e
ragazze, per cui non ci sarà più bisogno di votare.
E la prima coppia è andata,
contenti? Il prossimo capitolo sarà decisamente più cluster-centrico, in questo
capitolo ho variato tanto, ma avevo bisogno di riprendere il ritmo, ho scritto
veramente poco ultimamente. Vi ringrazio ancora per la pazienza infinita!