Miss Simpatia

di LDstories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 0 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- Vita scolastica ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2- Le prime vacanze estive (attraverso un tema). ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3- Elisa riuscirà a dare un nome a quello di cui soffre: Anoressia. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4- Federico e altri ragazzi. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5- Le seconde vacanze estive, con tocco alcolico. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6- Elisa saluta (per sempre?) Borre. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7- Ci rivedremo, Bisi. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9- Tante le ripetizioni. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8- Erik, attraverso pagine di diario ritrovate. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10- La prima volta e la prima vera volta di Miss Simpatia. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11- Keep me in your heart for a while. (La parola a Sofia). ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12- Te lo ricordi Erik? ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13- Alessandro. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14- Fra ubriacature e discoteca. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15- Il 20esimo compleanno di Miss Simpatia. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16- I fallimenti di Miss Simpatia e il mondo ostile attorno a lei. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17- Esami di stato. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18- La delusione più grande. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19- Un anno dopo. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20- Capitolo finale. ***
Capitolo 22: *** Capitolo EXTRA- Una sola, come mille. ***



Capitolo 1
*** Cap. 0 ***


[Prologo.
E' pomeriggio, un ragazzo ed una ragazza passeggiano per la città, mano per la mano. Lei 14 anni, lui 16.
E' sera e lei sta piangendo, davanti al computer. Lui le ha scritto che si è fidanzato, ma che non vuole perderla...]
Piacere, Miss Simpatia – Capitolo 0

L’ autobus arrivò nel cortile esterno della scuola.
Elisa, che era al suo interno, sentì le gambe tremare dall’ ansia e dall’ eccitazione “Prenotare la fermata? Non prenotarla? E se non si fermasse?”

Ma, in mezzo al barlume di studenti, qualcuno la anticipo’. Il rumore della fermata prenotata iniziò e finì in pochi secondi, che per lei parvero durare un’attesa dal medico.
Elisa si alzò in piedi, si era appositamente appostata nei posti più vicini all’ uscita, per essere sicura di riuscire a scendere, il suo panico era tale da avere comunque l’ingiustificata paura di rimanere bloccata dentro.

Una ragazza impigliò il suo zaino al corrimano che si trovava accanto alle scalette che precedevano la porta d’uscita, Elisa riuscì ad aiutarla in fretta e ricevette un sorriso e un “grazie” di ricambio.
Sorrise anche lei, il suo primo giorno di superiori stava procedendo bene, quel buon giorno implicito pareva di buon auspicio.

Scese anche lei e iniziò ad aggirarsi in mezzo al cortile, con aria spaesata, rimanendo a bocca aperta davanti alla vastità di persone che stava guardando. Le scuole medie, nel suo paesino sperduto, non erano certo state così.
Iniziò a vagare alla ricerca di qualcuno, che possibilmente fosse solo come lei, per non rimanere… sola.

Vide una ragazza appoggiata alla ringhiera, sola, che le ricambiò lo sguardo. Elisa le si avvicinò e con aria speranzosa disse:
“Ciao,scusami, tu sei di prima?”
“No.” Le rispose quest’ultima scocciata, dopo di che si allontanò velocemente dalla sua postazione.

No, forse allora non tutto indicava una possibile buona giornata.

Procedette avanti, catturata e due cose, successive l’una all’altra: La prima, erano due ragazze con il crestino, che le ispirarono simpatia. L’altra era un ragazzo che trovò particolarmente carino. Erano le 8.20, dieci minuti e il preside avrebbe accolto i nuovi studenti, che successivamente sarebbero stati indirizzati nelle loro classi.
Del discorso del preside l’unica cosa che rimase impressa a Elisa fu: “Per poter frequentare questa scuola ricordatevi che avrete a che fare con un minimo di carico di studio di due o tre ore pomeridiane.”

Perché:“Ma va a quel paese”, aveva pensato. Le pareva un esagerazione bella e buona. “Due o tre ore di studio?! Al giorno? sese”, non l’aveva mai fatto, non avrebbe cominciato a farlo ora e le era sempre andato tutto bene.

Il preside iniziò a smistare le classi enunciando nome della classe e nomi degli studenti, che venivano accompagnati via via dai vari professori nelle loro nuove classi.
A Elisa di quel tram tram generale, non interessava nulla, non conosceva comunque nessuno, potevano parlargli di tutte le “Letizia o Bartolomea del mondo”, non le avrebbe fatto nè caldo nè freddo. Sapeva però di essere capitata nella classe col maggior numero di uomini, ma questo non le faceva piacere. Erano 7 per la precisione, sperava solo che quel ragazzo carino fosse con lei.
Le sue speranze si affievolirono dopo poco, quando ormai mancavano pochissime classi. Lo stava fissando e lo vide muoversi verso un’ altra sezione, chiamata prima della sua e a quel punto si disse che proprio no, non era la sua giornata. Chissà che classe del cavolo le sarebbe capitata.
Poi, la chiamarono.
Aveva poggiato tutta la sua roba a terra e parve ci vollero ore per recuperarla.

Cercò di rimediare correndo, ma non riusciva più a vedere la sua futura, o a questo punto, non più futura classe.
Si scontrò con una ragazza. Quest’ ultima si voltò.
Elisa la guardò da testa a piedi.
Lei non poteva saperlo, ma era la ragazza del prologo, solo 5, quasi 6, anni dopo. Era vestita finemente, i suoi abiti parevano ricercati. I suoi capelli erano lisci e occhi di un azzurro intenso, tali da metterla in soggezione.
Non le stava riservando uno sguardo benevolo pareva e nella sua bocca non appariva nemmeno l’ombra di un sorriso.
Ma, a un certo punto le loro voci, dopo un silenzio comune, si sovrapposero:
“Scusa…”
“Scusami se…”
E si bloccarono. Forse, in quel momento, sulle labbra della sconosciuta si formò una curva.

“Ciao, scusa, io sono nuova e abbastanza stupida. Infatti, sono appena arrivata e già mi sono persa. Tu non è che sai dov’è la prima n, vero?”
“Certo, primo piano, dopo le macchinette… vuoi che ti accompagno?”
Elisa rimase stupita di aver ricevuto una risposta così gentile da colei che aveva avuto un aria così fredda poco prima.
“No ma figurati. Anzi, grazie mille davvero”
Stava quasi per andarsene quando si rivoltò dicendo:
“A proposito, che sbadata, piacere Elisa”.
E fu quasi meccanica la risposta che ricevette:

“Piacere, Miss Simpatia”.
Fu un attimo e in una delle due, guardando l’altra, i flash back presero il sopravvento.

 

Note dell'autrice: Il capitolo 0 l'ho scritto moltissimi anni fa. Spero, sinceramente, di continuare a scrivere questa storia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- Vita scolastica ***


 

Capitolo 1
 

“No ragazze, io me lo sento proprio, oggi chiama me, oggi chiama me”. Diceva Laura, da Elisa meglio conosciuta come: colei il cui sogno è quello di partecipare ai provini di Miss Italia ma non a quelli per le veline perché secondo la sua logica le prime hanno un quoziente intellettivo maggiore delle seconde.
Elisa, al suo contrario, era piuttosto sicura di non essere prescelta per l’interrogazione di Scienze della Terra.

“Paltri Elisa”
“Cazzo”, al suo fianco, si trovavano tre persone: Laura, Francesca meglio conosciuta come la ragazza col crestino che a pelle le era parsa simpatica e Fabio meglio conosciuto da Elisa come l’ononimo di un ragazzo che sarebbe potuto essere in classe con lei.
Durante interrogazione, Laura avrebbe potuto dire anche il numero della pagina di appunti che aveva studiato, mentre gli altri tre si apprestavano a entrare in lizza per il premio Simpatia.
Lo vinse Francesca, mentre a Fabio non restò che il tentativo di formulare parole sconnesse e a Elisa quello di provare ad andare a memoria.
“Perché voi tre non siete preparati?”
“Io… ehm… ho provato a studiare ma…”
“Io le giuro, ho aperto gli appunti…”
“…Ma li ha chiusi subito, non è così?” risposte aspramente la professoressa. Per ultima, Elisa: “Io prof non ho studiato”.
“Ah, bene. Si fa per dire. Veniamo ai voti: 7 a Laura, 4 a Fabio e Francesca… 4 e mezzo a Elisa”.
Li annotò sul suo registro, aggiungendo: “Sono stata comprensiva solo perché è la prima interrogazione”.

Suonò la campanella delle 13. Elisa accumulò in fretta la sua roba e si apprestò a uscire con Lena, una ragazza composta dall’80 % di ricci e il 20 % di risate. Avevano stretto amicizia fin da subito e ogni volta dovevano smentire il fatto che si conoscessero da prima. Anche perché a quanto pare erano fra le poche a cui nessun altro nome diceva nulla, durante i primi appelli.
Cercarono posto sull’autobus che le avrebbe condotte sull’ autostazione delle corriere, ma, come nei primi giorni, lo trovarono occupato. Elisa però si riuscì a sedere per concessione di un compagno di classe che aveva trovato carino nei primi giorni e incredibilmente fastidioso in quelli direttamente successivi: “Io faccio sedere la bambina” lui disse semplicemente.

Per quanto riguardava gli altri compagni, ne ricordava uno che era stato presente solo il primo giorno, una che assieme a Lena avevano preso di mira. E poi? Il vuoto.
C’era anche Chiara. Di vitale importanza per Elisa che la notte prima del primo giorno scolastico aveva sognato che sarebbe diventata migliore amica di una col suo stesso nome.
Ma tutti questi pensieri svanirono nel momento in cui lei e Lena, dopo essere scese dall’autobus e aver aspettato la loro corriera, dopo aver lottato per ottenere un posto, si erano finalmente sedute per proseguire con ciò che avevano cominciato il giorno prima: stilare la lista mentale dei 10 ragazzi più belli visti nel periodo. Era qualcosa che, assieme ai ragazzi stessi, le avrebbe fatte rabbrividire qualche anno dopo, ma in quei momenti non ci pensavano, non pensavano a nulla.
Era come se tutto il mondo fosse loro e a loro completa disposizione per riderci sopra, tutto ai loro occhi era ridicolo, tranne i sentimenti esasperati che provavano in determinati momenti, quelli che le facevano sorridere per un “ciao” da parte del bellino di turno, piuttosto che piangere per l’amore platonico che le aveva deluse senza saperlo e senza forse essere nemmeno troppo a conoscenza delle loro esistenze.

Lena scese, la sua fermata era nel paesino che precedeva quello di Elisa. Forse quello aveva favorito la loro conoscenza. Anche se come tutti i paesi limitrofi, all’uno non andava a genio l’altro.
Finalmente anche Elisa, 10 minuti dopo, arrivò alla sua fermata.
Nessuno l’attendeva con la macchina, ma era abituata a tornare a casa a piedi dai tempi delle medie, la cui struttura di trovava proprio lì a fianco. Dopo essersi fermata a comprare caramelle di zucchero, tornò a casa.
“Com’è andata oggi a scuola?”

“Bene.”
“Ti hanno interrogato? Hai fatto verifiche?”
“…Si”

“Com’è andata?”
“Beh insufficienza non grave, la recupero subito.”
“Come, parti già così??”

“Mamma… non è grave, poi comunque ho preso anche il voto più alto fra le insufficienze… cioè è stato il secondo voto più alto.”

“Cosa ti sta succedendo? Non andavi così male l’anno scorso!”

“Eh… è la scuola che è troppo difficile”.
“Già finito di mangiare, oddio ma adesso dove vai?”
“Dall’Alessia mamma.”
“E quando studi?”
“Un po’ da lei, un po’ quando torno, un po’ domani mattina”
Tutte e tre le affermazioni nell’effettivo perdevano sempre valore. Non c’era dubbio studiasse da Alessia, anzi le loro medie per la prima volta dopo anni, cominciavano ad andare di pari passo, quasi influenzandosi a vicenda. Quando Elisa tornava a casa studiava un pochino, l’anno prima, ma non questo. Non aveva minimamente tenuto conto della stanchezza provocata dall’ alzarsi alle 5.30 del mattino, impiegare un’ ora di corriera, sorbirsi 6 ore di scuola, uscire dall'istituto, impiegare tempo maggiore per tornare a casa, per poi divertirsi con l’amica storica fino a tarda sera.
La mattine dopo avrebbe potuto studiare, non riusciva neanche volendo ad addormentarsi in corriera, ma la sua mente era troppo occupata a sviluppare immaginazione su qualsiasi cosa.
Quel giorno era prevista una verifica, e Elisa, come al solito, non aveva aperto libro.
Arrivò in classe, completamente abbattuta, persino i compagni quando facevano statistiche, la davano già a Novembre fra le future bocciate.
“Lena, io oggi non ho proprio voglia.”

“Non dirlo a me Elly”.
“Ma… se andassimo via?”
“Boh, tu sei sicura? Andiamo via?...”
Passarono due secondi di cronometro, ci fu uno sguardo d’intesa, poi Lena raccolse in fretta il suo zaino, salutarono in fretta e furia gli altri compagni presenti in classe, lasciandoli sbalorditi, per poi slittare sulle scale antincendio.
“Ragazze dove andate?” Non era una prof o una bidella. Era Francesca.
“Fra, noi oggi saltiamo” disse Lena.
Appena toccato il suolo, trovarono Francesca proprio dietro di loro, che era rientrata a prendere il suo zaino in fretta e furia e disse alle ragazze:
“Bella ragazze, dove si va?”
Ma si zittì subito dopo. Sopraggiungeva la parte più difficile: le finestre enormi che davano direttamente sull’aula professori, dove, ogni mattina i docenti si apprestavano a sistemare la loro oggettistica prima delle lezioni.
Le ragazze cercarono di coprirsi –per quanto fosse possibile- ma a Elisa non sfuggirono gli occhi spalancati della professoressa di italiano, che avevano quel giorno e che le aveva appena viste.
O non era un asso, o aveva deciso di non averle guardate, perché non ci furono né note né ammonimenti.
Nel frattempo, Francesca, Lena ed Elisa avevano trascorso la mattinata chiedendo sigarette e facendosi insegnare dalla ragazza ribelle e tutto pepe, più grande di loro di un anno e per questo ormai soprannominata “zia” che era, fra l’altro un appellativo che anche lei spesso utilizzava.
“Ragazze” zia Fra stava dicendo: “Io fumavo male come voi, poi un tizio mi disse, zia tu non aspiri e mi insegnò una tecnica.
“Quando aspirate dovete dire ‘aaah, la mamma’ capito”?
Le ragazze o discepoli, provarono la tecnica che su entrambe fece l’effetto di tosse incontrollata.

Francesca le portò anche in un luogo chiuso, così che, applicava una spruzzata di profumo per ogni tiro di sigaretta, nascondendola, per evitare che qualcuno la vedesse, ad ogni tiro dietro la schiena.
La mattinata la conclusero così, a due passi dalla loro scuola.
Sapevano tutte e tre che i libretti per le giustificazioni non erano ancora pronti, così, la mattina dopo, fu Chiara a firmare la giustificazione di Elisa.
Durante la mattinata, però accadde ciò che i ragazzi avevano sapevano sarebbe accaduto provando a non pensarci: arrivarono le lettere con le insufficienze e ,ad arricchire il tutto, anche l’avviso dei colloqui tra genitori e docenti.

Elisa diede un’occhiata alle sue: Storia dell’Arte, Inglese, Tedesco, Matematica, Scienze della Terra.
Inglese e tedesco. Due lingue insufficienti. In un linguistico. Che per i primi due anni prevede lo studio di due lingue, per lei entrambe insufficienti. A rendere il tutto più accattivante era il fatto che era palese non stesse simpatica alla sua professoressa d’Inglese, che l’aveva bacchettata dicendole “Cosa pensavi? Che alle superiori bastasse il bel faccino per filar liscio?”
Fra due ore la professoressa d’Italiano avrebbe assegnato nuove postazioni, nel frattempo, durante l’ora di diritto, Lena ed Elisa erano occupate a ridere sui nomignoli che stavano affibiando alle persone.
“Che carine!Trovate divertente quello che sto dicendo, Pagga e Paltri? Adesso mi diverto io, chiedendovi i paragrafi che c’erano per oggi” disse la prof di diritto. Lena fece scena muta mentre Elisa era combattuta, era riuscita, finalmente ad aver aperto libro ma conosceva solo il paragrafo che era stato chiesto all’amica, tentare di suggerirglielo, o non beccarsi un meno?
Scelse la seconda, e prese il suo primo più.

Nelle ultime ore, di Educazione Fisica Elisa fronteggiò per la prima volta tre compagne di classe con cui non aveva avuto molto modo di discutere prima: Shanon, Ielena e Gisa.
Agli occhi di Elisa erano le ragazze un po’ più atteggiate: Shannon prediligeva lo stile dark così come Ielena, dalle origini russe e una bellezza che se la competeva agli occhi di Elisa solo con un’altra compagna: Agata. E Gisa.
Di Gisa c’era molto più da raccontare. Quest’ultima le aveva ricordato che si erano conosciute prima di cominciare l’anno.
A quanto pare la ragazza che l’aveva squadrata dall’alto al basso e le aveva fatto pensare “speriamo non siano tutte così” se l’era ritrovata, incosciamente per mesi, nella sua stessa classe.

Mentre Gisa ne era più che cosciente, su sua stessa ammissione infatti, durante l’iscrizione di Elisa si era segnata tutti i suoi dati e quando aveva il visto il suo nome nell’elenco di classe c’era rimasta male, per poi odiarla segretamente fin dal primo istante. E poi adorarla. E poi riodiarla. Così si poteva riassumere il loro rapporto: amore e odio.
Ora si trovavano insieme fuori dalla palestra, Ielena e Shannon stavano fumando e parlavano di un discorso che a Elisa faceva rabbrividire: Le loro esperienze sessuali.
Lei non ne aveva e sperava solo di non essere messa in imbarazzo.
Cosa che accadde.
“Tu, Elisa?”
“Ah io nulla di che… voglio dire… ho baciato…”
“Hai solo baciato?”
A stampo. Ho solo baciato a stampo avrebbe dovuto dire. Ma l’aria si faceva tesa.
“Si ho baciato e fatto qual cosina?”
“Qualcosina tipo? Una s…?
“Si,si quello”. Rispose Elisa pur non sapendo nemmeno come fosse fatto un organo genitale maschile.
Le altre lo colsero. E lei voleva sprofondare. Aveva fatto la figura della sfigata? Loro descrivevano l’atto come fosse la cosa più figa del mondo, loro erano le più fighe del mondo, come la sua amica e lei era rimasta indietro.
Fu questo il messaggio che in quel momento le rimase.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2

“Dovete incollarvi bene addosso…”
Elisa ascoltava senza interesse la voce della Professoressa d’Italiano, mentre una voce la riportò alla realtà:
“Scusa, hai la colla?”
“Io…si, un attimo” poi guardò il suo compagno che era rimasto sbigottito e scoppiò a ridere.
“Scusa, l’ho capita adesso” Valerio, ora, rideva con lei.
Quello fu il primo contatto che ebbe con Borelli, Elisa non era la sua compagna di banco, eppure lui aveva deciso che lo sarebbe stata a giudicare dai suoi inarcamenti di schiena.
Borelli era il ragazzo che dopo essere venuto il primo giorno di scuola era a stato a casa malato per due settimane… e, al suo ritorno parve un po’ più abbronzato.
Eppure, tolti i primi tempi, nessuno riusciva a darlo per spacciato, “brillante” ecco come lo avrebbe descritto.
Se la cavava senza aprire libro e aveva una voce molto forte.

Impressionante, per i suoi compagni e per i suoi stessi professori.
Elisa non aveva mai avuto un ideale di uomo… prima, mentre ora si era formato nella sua mente e aveva il nome di Valerio Borelli: Ironico, educato, galante osava dire. E fisicamente di altezza medio-bassa, spalle larghe confronto al resto.
Occhi scuri e capelli castani.
Quel giorno ne parlò ad Alessia e le rimase un sorriso sul volto.
Che scomparve, quando i suoi genitori fecero ritorno dai colloqui.
“Stiamo scherzando?? E tutti questi votacci? Le assenze? Diamine Elisa, non sapevamo dove nascondere la faccia” –cosa che in quel momento avrebbe voluto fare lei- “Io dico… non è possibile! Sembrava non parlassero nemmeno di nostra figlia, non ti riconoscevo più da come mi hanno parlato di te. Questa storia deve finire. Tu non studi mai. E’ da Settembre che i tuoi appunti e i tuoi libri prendono polvere, sei proprio una delusione, tu adesso ti tappi in casa, voglio dei miglioramenti altrimenti ti mando in collegio o a lavorare, hai capito?”
“Ma Silvia è stata bocciata in prima e l’avete fatta continuare.”
“Perché metti sempre di mezzo tua sorella? Sai cosa ti dico?
Non voglio più paragoni ok? Tu sei tu, non me ne frega niente di quello che fanno gli altri.”
“Ma mamma! Io dicevo che…”
“Niente, devi stare zitta, devi solo startene zitta. Ho dovuto calmare tuo padre, sennò altro che queste quattro chiacchiere, vedevi come ti rimettevi in riga.”
“-Però pupetta, manca all’appello una cosa, la lettera con le materie insufficienti.”
“Ah… devo averla dimenticata nel diario”
“Certo, continua pure a tentare di prendermi per il culo.”
Suo padre si limitò a chiedere, visibilmente trattenuto: “Hai verifiche o interrogazioni domani?”
“No”
“Com’è che non hai mai verifiche e interrogazioni eppure hai la metà delle materie insufficienti?”
“Papà, tranquillo recupero. Domani però non ho verifiche.”
Mentiva.

Il giorno dopo a favorire lei e altri suoi compagni c’era uno sciopero.
La situazione era la solita che si vedeva durante gli scioperi:
“Io sto fuori se la maggior parte della gente sta fuori”.
Questa era la risposta della metà della classe, tra cui l’85% solitamente “alla fine” decideva di entrare.
“Io entro” dicevano solitamente Laura e le altre considerate come secchione della classe.
L’unico che si distingueva era solitamente Borre con “Io non entro a prescindere”.
Elisa faceva parte per la metà delle volte della prima categoria, leggenda narrava avesse fatto per una volta parte della seconda e qualche volta anche nel “gruppo-Borre” che in realtà non era un gruppo visto che era raro in quei giorni si facesse anche solo vedere vicino al cancello o in suolo scolastico.
“Ragazzi, oggi c’è un problema: la verifica d’Italiano, nessuno ha studiato”

Disse con un pizzico di finta convinzione colei che sarebbe entrata, fra le prime cinque in classe, non più di sette minuti dopo.
Elisa ne rimase incastrata, contavano su di lei, era come l’ago della bilancia
“Meno di tredici, ragazzi, e la verifica salta”.
E sebbene volesse davvero entrare quel giorno, si sentì obbligata a chiamare suo padre:
“Papà, oggi c’è sciopero e entrano pochissimi”.
“Non m’interessa, hai già fatto troppe assenze”.
“Papà, te lo giuro, al prossimo sciopero entro e me ne frego, ma oggi davvero, cosa entro a fare che tutti stanno fuori?”
Suo padre si convinse e lei passò metà mattinata con la compagna Agata che le parlò della sua ultima ubriacatura.
Tornata a casa però, non filò tutto liscio come immaginava, quel giorno mentre lei chattava, il padre non convinto e forse stupefatto del modo di rispondere della ragazza disse:
“Chiedi a una tua compagna quanti erano e cos’hanno fatto”.
“Ok Papà, un attimo”.
“No, adesso”.
Elisa lo fece e il suo cuore batteva all’impazzata.
Avrebbe voluto inviare un SOS, distrarre il padre per chiamare un attimo la compagna, ma tutto filò come doveva. Come doveva essere la realtà dei fatti.
“Eravamo in 12. Ha fatto la verifica, per il resto nulla di che”.
Istantaneamente una guancia di Elisa si diventò più rossa.

Ora era chiaro. Era in punizione: niente più scioperi, niente più uscite e doveva farsi dare ripetizioni in matematica.
Non perché ne avesse bisogno, non ne aveva più bisogno che nelle altre materie, semplicemente perché un’anziana parente del padre gliene offriva gratuitamente, le era capitato di essersi sottoposta all’ obbligo anche durante le medie e più di tutto ricordava tutte le scuse che aveva usato per filarsela.
Ma non fu’ quello il motivo del suo miglioramento scolastico.
L’atteggiamento della professoressa d’Inglese che aveva a simpatia tutti tranne lei e che non riponeva minima speranza l’aveva infastidita al punto da volersi riscattare.
E via,via arrivarono i riconoscimenti degli sforzi che impiegò Elisa settimane dopo, poi arrivarono i complimenti e infine anche lei, come tutti gli altri, entrò nelle sue grazie ne ebbe la conferma durante i secondi colloqui dell’anno.
“Raramente mi sbaglio su uno studente, ma su Elisa mi sono sbagliata, aveva ragione lei”, le riferì sua madre le parole esatte.
Per quanto riguardava le altre materie fu semplicemente una questione di orgoglio personale. Elisa era talmente soddisfatta dopo il suo primo sette da voler provare quella stessa sensazione milioni di volte. E, matematicamente meno periodicamente, era riuscita ad ottenerla.
In matematica raggiunse la media dell’elité delle secchione, forse col loro dissenso e una volta arrivò a superarle tutte.
Le materie che facevano eccezione erano Scienze della Terra, Geografia e Storia dell’arte.
Sulle prime due, Elisa ormai trovava divertente cimentarsi come uno yo-yo, passando dai 4 agli 8 alla velocità della luce, aveva inquadrato il sistema della professoressa che non prevedeva di seguire una media precisa e di avere la sufficienza in tutti i moduli, per questo motivo sceglieva solo quelli che le piacevano e senza alcuno sforzo, in quelli, otteneva risultati degni di lode, fregandosene completamente del resto.
Storia dell’Arte richiedeva uno studio continuo e per come impostate le prove scritte anche mnemonico in modo elevato.
Questo a Elisa non piaceva, perciò si limitava a tentare, senza troppo sudore, una sufficienza.
Cosa che comunque non aveva raggiunto.

E in cui doveva rimediare: mancava ormai un mese alla fine dell’anno scolastico.
Ma i genitori, incoraggiati dai suoi ultimi successi ormai, avevano ricominciato a darle più libertà.
E libertà per Elisa significava poter ricominciare a saltare scuola a loro insaputa.
Così fece assieme a Chiara, Lena, Gisa ed Ilaria, da sempre spalla destra di quest’ultima, dotata di buon animo.
Le motivazioni principali consistevano nel fatto che sia Lena sia Ilaria avevano al momento, un ragazzo nel cuore, da specificare una per ognuno.
Lena infatti quel giorno tremava, aveva voglia di vedere il suo Francesco e ormai non faceva altro che parlare di lui. Nel frattempo arrivarono nella loro scuola.
Il primo ad accoglierle fu Bisi, un ragazzo che faceva tenerezza ed era innamorato perso di Lena, tanto da cercare a malincuore di aiutarla con Francesco, poi fecero la conoscenza di Davide, già amico di Gisa e con cui lei aveva un certo feeling.
Passarono, per oscure motivazioni agli occhi di Elisa davanti a quella che era un’ alternativa ad una sospensione, ne uscì fuori un ragazzo con intensi occhi azzurri che era rimasto evidentemente colpito da Elisa e si rivolgeva sorridendo completamente a lei.
Un professore però lì costrinse al saluto, pur facendo una battuta ai ragazzi che avevano portato ragazze nella scuola, invece di cacciarli via.
Così tutti si ritrovarono davanti alla classe di Davide, che lui aprì “E loro chi sono?” disse qualcuno, il tempo di essere viste da preside e bidelle che sgattaiolarono fuori, in fretta e furia.
“Ci hanno messo una nota” riferì loro Davide ridendo un momento dopo. Loro si dispiacquero, ma lui le tranquillizzo sul fatto che non fosse sicuramente la prima.
Chiara sorrise a Elisa dicendo “Oddio lì dentro c’era pure il mio ex”. Elisa pensò per un attimo che quindi tutte avessero oramai una presenza maschile, in una sola giornata, più o meno piacevole.
Eccetto proprio Lena che le aveva condotte lì.
Mentre uscivano in direzione dell’autostazione, Elisa si rivolse a Lena dicendo:
“Beh, Francesco di qua e di là ma alla fine non c’era?”
“Elisa stai scherzando?” rispose Lena ridendo.
“Dai, già non te lo ricordi? Era il ragazzo con gli occhi azzurri in punizione, quello che abbiamo incontrato in laboratorio.”

Un po’ se la cercò, un po’ se la trovò Elisa, cercandolo in un Social Network, sapendo che lui avrebbe visto la sua visita.
Quando effettuò di nuovo l’accesso trovò una richiesta di amicizia e il commento ad una foto “Ma tu sei quella che oggi era a scuola? Comunque sei molto molto carina” aveva scritto Francesco con smile imbarazzato ed uno di un bacio.
“Si grazie mille” rispose lei con smile sorridente e imbarazzato.
Di smile ne avrebbe visti pochi il giorno dopo. Nel frattempo, lui l’aveva aggiunta anche sul suo indirizzo di posta elettronica.
 

“Cavolo, ma no!” disse Elisa rendendosi conto di avere perso l’autobus, la madre telefonicamente le suggerì di tornare a casa.
Erano arrivate le 15. Le lezioni dovevano essere finite da un pezzo.
“Lena com’è andata oggi?” scrisse Elisa, aveva perso quella giornata di scuola controvoglia e sentiva il bisogno di sentire tutto quello che era stato fatto.
“Bene.” Rispose Lena, per poi aggiungere:

“Perché non mi hai detto che Fre ti ha scritto?”
Elisa le rispose che ci sarebbero rimasta male in modo spropositato rispettò all’entità del gesto e alla fine conclusero chiarendosi.
“Rinuncerai a lui, vero?”
“Si Lena, so quanto ci tieni, tranquilla”. Rispose, un po’ a malincuore Sofia.
Ma in una classe di prevalenza femminile si viene subito a conoscenza dei retroscena. E, sapute le cattiverie, che Gisa e Lena avevano proferito contro di lei, Sofia non era di buonumore, aveva risolto subito con Chiara che aveva chiesto a Lena:
“Beh non sei gelosa del commento che…?” Non per malvagità ma per non aver soppesato le possibili conseguenze. Come nessuno avrebbe saputo fare o prevedere. Infatti dopo la domanda Lena era esplosa in un pianto incontrollato, per poi prendere in giro Sofia assieme a Gisa, appellandola in diversi modi.
Lena si stava scusando con Sofia per questo. Che spazientita le rispose:

“Francesco è tutto tuo, tranquilla, ma io ho bisogno di pensarci sopra, non puoi comportarti così quando non ci sono, senza nemmeno aver tentato di sentire la mia versione.”
Con Gisa era in fase odio. Non capiva che bisogno avesse avuto di mettersi in mezzo, ma chiarita la riappacificazione, si arresero al loro solito rapporto d’apparenza.
Anche se l’odio di Gisa stava per tornare poiché Elisa stava per trovarsi in una situazione analoga a quella vissuta con l’amica Lena con Ilaria, fu proprio quest’ultima a riferirle che il suo Riccardo si era preso una bella cotta per lei e lei la rassicurò.
Quando lei e Lena, ormai chiaritosi fra di loro, tornarono nell’istituto Tecnico. Lei passò del tempo col ragazzo ricordandogli che Ilaria era una sua amica e nonostante non si conoscessero da molto non le avrebbe mai fatto del male.
Quel giorno Francesco decise di parlare con Lena, dopo che il giorno prima aveva contattato senza successo Elisa, Lena ne uscì piangente. “So quello che provi per me” le aveva detto: “Ma nulla di ciò che provi è ricambiato”. Forse si aspettava che il suo essere stato diretto sarebbe stato premiato con una possibilità d’interesse da parte di Elisa ma si sbagliava.
Elisa non aveva alcuna intenzione di mettersi contro qualcuno, tanto più contro amiche e classe, anche se quel ragazzo non le era mai dispiaciuto.
Lasciando Bisi consolare Lena per il rifiuto, salutò Riccardo in autostazione ma non era ancora consapevole del fatto che anche quel giorno, attraverso il suo indirizzo di posta, avrebbe dovuto dare spiegazioni a qualcuno.
“Perché sei scappata oggi? Cosa ci facevi in autostazione con Riccardo?” le chiese infatti Ilaria. A insaputa di Elisa, quando aveva preso la corriera Gisa ed Ilaria stavano arrivando in autostazione e li avevano visti, pur non sapendo i contenuti dei loro discorsi.
Gisa, impulsivamente, appena scesa aveva aggredito Riccardo e visto il semplice ritorno a casa di Elisa, malignamente, come una fuga da lei. Ma quella volta ELisa non aveva minimo senso di colpa, disse per filo e per segno ciò che aveva detto lui e come aveva risposto.
Anche questa volta Gisa tentò di provocarla, ma a differenza del primo scontro fra di loro, questa volta Elisa la ignorò completamente, pienamente convinta della sua innocenza e solamente infastidita dalle conclusioni che quel gruppo, non così solidificamente unito, traeva ogni volta senza chiederle spiegazioni.
Questo la premiò. Di comune accordo ormai sembrava predestinata a finire con Davide, forse per un po’ di tempo lei stessa si convinse che poteva piacergli, Ilaria e Lena erano più che a favore della coppia e Gisa fu quasi costretta a “cederlo” in seguito alle sue gaffé.

In classe nel frattempo Sofia aveva un bel rapporto con Borre, tanto da far sospettare di una cotta le sue compagne.
Fra i due erano consueti gli scambi di battute, in gita erano stati molto spiaccicati fra loro, il braccio di Borre era spesso visto dietro la schiena di Elisa, la situazione agli occhi generali non migliorò quando i due chiesero di andare in biblioteca… senza fare ritorno dopo 40 minuti.
In classe si arrivò a pensare di tutto, Gisa si rivolse alla professoressa d’Italiano dicendo “Prof, come mai quei due ci mettono tutto quel tempo per ritornare in classe? Dovrebbe essere già il turno mio e d’Ilaria”, la professoressa aveva sprigionato una delle sue risate più acute dicendo: “Boh, saranno andati ad imboscarsi”. I due in realtà avevano semplicemente passato quell’ora di lezione ridendo fra bar, cortile e biblioteca, in quest’ultima rischiarono anche di essere cacciati.
Tornarono al suono della campanella, senza alcun libro e senza nessuna ammonizione.
Quello era un giorno importante per Chiara e Elisa: avrebbero comprato il primo pacchetto di sigarette, che avrebbe tenuto quest’ ultima, così fecero, fumandone una in modo abbastanza ridicolo.
Quel pacchetto non durò una sera.
“Beppe vieni qui.” Aveva sentito dire da sua madre.
Successivamente i due, insieme, erano andati da lei con fare minaccioso e un pacchetto di sigarette in mano, il suo.
“Cosa ci faceva questo nel tuo zaino?”
“E’… di una mia amica, ma voi quale diritto avete di frugarci dentro?”
“Beh, tu non ce la conti giusta. Guarda che mi ricordo quando quest’estate ci avevano detto che fumavi con Alessia.
Dì ‘alla tua amica’ che il suo pacchetto me lo tengo e fumo io, guai a te se ricapita una cosa del genere.”
I suoi 15 anni a quanto pare, non erano giudicati abbastanza per fumare, non avrebbe osato immaginare cosa sarebbe successo se sua madre l’avrebbe beccata quando aveva fumato la prima sigaretta assieme ad Alessia a tredici anni.
“Mi hanno sgamata ieri sera e ho dovuto dargli le paglie” riferì a Chiara la mattina dopo.
“Cavolo Elisa, così presto? Ma nasconderle un po’ meglio no?”
“Tranquilla, ti ridò i soldi.”
“No tienili che vedremo di comprarne un altro, però stavolta mi sa che le devo tenere io.” Disse Chiara.
“Ma anche oggi andate lì?”
“Si” rispose Elisa. “Lena vuole vedere Francesco e io devo vedere Davide.”
Con Davide passò solo 10 minuti, che non furono meno meccanici della cotta a cui l’avevano indotta le amiche.
“Mi piaci, io direi che se ci vediamo altre due o tre volte e messaggiamo per un paio di giorni, potremmo metterci insieme”.
Alle parole del ragazzo era seguita un indecisione sul baciare o meno, che per un attimo aveva reso l’aria un po’ più spontanea.
Ma alla fine non erano baciati e Davide era rientrato in classe.

Sofia, fra le altre cose, quel giorno rise un sacco con Bisi, o almeno, rise lei, aveva cominciato un po’ a punzecchiarlo, non perché le stesse antipatico, proprio perché lo sapeva un bravo ragazzo e per nulla permaloso e aveva rivisto l’ex migliore amico che aveva incrociato per ben tre volte, quest’ultimo l’aveva poi salutata dopo essere sparito inspiegabilmente per mesi e averle tolto il saluto per altrettanto tempo.
Le braccia le cascarono definitivamente, quando quella sera, fu costretta per la terza volta a dover rispondere, di un casino che non aveva creato lei.
“Cosa ci facevi oggi nella scuola di Andrea?” chiese Lola, la fidanzata del suo ex migliore amico.
“Ero andata a trovare il ragazzo con cui esco, fa la sua stessa scuola, perché?”
“Eh perché, io sono stata zitta a lungo, ma a lui sono arrivati messaggi in questi mesi, da una persona che dice di essere te e ne ho ricevuti dalla stessa anche io, minatori”
“E’ uno scherzo?” chiese lei.
“No” le rispose.
“Oddio, mi sento in imbarazzo, non ne sapevi nulla?”
“No, te l’assicuro.”
“Oddio, non è che conosci qualcuno che c’è l’ha con te per qualche ragione?”
“Io… assolutamente no! Voglio dire, non da fare una cosa del genere almeno… Io comunque so di non centrare nulla, non so nemmeno di cosa stai parlando.”

La conversazione pacifica stava per finire, anche perché l’atteggiamento di Lola cominciò a cambiare notevolmente, quando aggiunse nella conversazione anche Andrea.
“Ecco, vediamo se mente ancora.” Disse per prima cosa.
Dopo di che Sofia cadde dalle nuvole sentendo tutte le accuse che le venivano rivolte e concluse con un:
“Voi siete dei malati di mente, questo scherzo sta diventando davvero di cattivo gusto, vi state inventando tutto, non pensavo che tu fossi una persona di merda Andrea.”
Ma il malumore continuò per giorni.
Fino a quando i due la ricontattarono, separatamente.
Per dimostrare la sua innocenza Elisa chiese a Lola il numero della persona che l’aveva contattata, quest’ultima non riusciva a trovarlo così Elisa scrisse il suo dicendo:
“Senti questo è il mio numero, è impossibile che corrisponda.”
“ Invece corrisponde” Si sentì rispondere… e cominciò a capire.
Andrea l’aveva contattata all’insaputa della fidanzata, non era convinto di quello che era successo né che alla fine “e menomale” pensò Elisa, che fosse capace di gesti del genere, indagando arrivarono a una conclusione su cui Sofia era più convinta del ragazzo, ma nessuno dei due aveva una prova concreta.
“So tutto, è inutile negare, mi è stato riferito tutto.”
“E da chi? Su, non dire fandonie”
“Non confesso nomi di chi mi aiuta. Senti, non dirò nulla se non mi fai innervosire e ammetti il tuo gesto, non ce l’ho con te, davvero. Voglio solo sapere perché l’hai fatto.”
“Se io te lo dico… tu non dirai nulla ad Andrea vero?”
“Si, tranquilla”
“E’ che lui mi parlava così bene di te. Io ti conoscevo solo in foto ma tu… tu lo vedi? Sei così maledettamente perfetta insomma, l’opposto di me, io avevo paura. Sapevo che lui ti veniva dietro tempo fa”
“Era molto tempo fa Lola, eravamo solo migliori amici”
“Lo so. Lo so. Ma avevo troppa paura che lui si sarebbe buttato a capofitto su di te, se tu avessi cambiato idea, volevo solo che tu cadessi ai suoi occhi… mi dispiace tanto… scusami… poi, ecco, una mia amica ci aveva preso gusto, in un certo senso è stato solo un gioco, ma ora tu puoi ricambiare? Puoi dirmi chi te l’ha detto? Di chi non posso fidarmi?”
“Di te stessa Lola. Me l’hai appena detto tu.
Come può un numero attivo da due settimane aver inviato messaggi da tre mesi? Bisogna studiarseli meglio i piani cara, se proprio non si vuole finire a rischio denuncia.”
“Ma tu non hai intenzione di denunciarmi vero? Avevi anche promesso che non avresti detto nulla ad Andrea!!”
“Soffro della sindrome d’esser troppo buona, purtroppo. Non ho intenzione di denunciarti e di dire qualcosa al tuo ragazzo, basta che tu sparisca dalla mia vita e siamo a posto.”
“Grazie, scusami ancora… ti sembrerà assurdo ma mi piacerebbe diventare tua amica un giorno… “
“Accetto le tue scuse” rispose Sofia.
E, a seguito dei sensi di colpa dell’altra ragazza, alla fine, per assurdo, si ritrovò a consolarla.
“Mi ha detto tutto” disse Andrea
“Non riuscivo a crederci, assurdo! Piangeva, poverina, aveva paura che la mollassi, poi le ho detto che non l’avrei mai fatto e che ho capito le sue ragioni e si è tranquillizzata, credo voglia davvero farsi perdonare ed essere tua amica.”
“Veramente… a me non sembra il caso…”
“Ma pensaci bene, se fate amicizia e noi ricominciamo a sentirci fra amici magari un giorno lei potrebbe accettare la nostra amicizia!”
Sofia sospirò. Non era stata crudele con Lola forse solo a causa dell’amico e sapeva che gli stava chiedendo troppo. Ma, rispose ugualmente:

“Forse ci proverò”.
Durante l’ultimo giorno di scuola, Elisa si assicurò la sufficienza anche in Tedesco, forse riuscì anche in Storia dell’Arte, ma non senza sentirsi prima dire:

“Ricordati, se ti salvo quest’anno, l’anno prossimo sarai massacrata”
Di buon auspicio, insomma, si disse con più ironia di quanto se lo fosse detto il primo giorno.
Quando andò a vedere i quadri coi voti, ripensò intensamente a quello, al giorno in cui nell’ora di religione si era ritrovata inspiegabilmente Antonio a passarle il pacchetto di fazzoletti, a come l’aveva ringraziato, a come aveva pianto e fatto piangere tentando di dire a Lena, Chiara e Ilaria quanto le volesse bene.
Piangeva pure Gisa, fra uno sfottio e l’altro e quando cercò di ringraziare anche lei il suo pianto si fermò. In seguito si scusò con Deborah per essersi in quel momento dimenticata di citarla, Deborah era la ragazza che all’inizio lei e Lena avevano preso di mira. Borre non faceva religione e la zia Fre aveva cominciato a mancare da scuola da un bel po’ e infatti compariva fra le bocciate. Assieme a Gisa, Ilaria, il ragazzo che la chiamava “bambina”, Agata, Samantha, una ragazza solare che aveva conosciuto poco.
Infine c’era Olly che non sarebbe più stata con loro, una ragazza tostissima, rappresentante di classe, che avrebbe cambiato scuola, aveva un anno in più rispetto a Elisa e l’anno prima era stata bocciata per un solo debito in inglese, da una professoressa diversa da quella che avevano avuto quell’anno.
Anche Laura aveva un anno in più, l’aveva confessato a Chiara, Lena e Sofia, era stata bocciata nel suo vecchio liceo, in quel momento Sofia era rimasta intontita a tal punto da dire la cosa più sbagliata e stupida che potesse dire nel momento più sbagliato:
“Ah… davvero? Io credevo fossi tanto intelligente!” Il guaio è che non era uno sbaglio fatto per cattiveria e nemmeno perché pensasse che essere bocciati compromettesse l’intelligenza, bastava buttare un occhio su Agata per capirlo. Ad ogni modo era riuscita a far rabbrividire la ragazza ancora di più, mesi dopo, ribattendo alla teoria secondo cui per fare l’amore bisognasse avere almeno 18 anni, sostenuta da Laura, dicendo che bisognava farlo quando si voleva, anche alla loro età.
 

Note dell'autrice: Anche questo, come il precedente, è stato scritto molti anni fa. Chiedo scusa perché, per quel poco che ho riletto è molto noioso e poco scorrevole. Oltre ai capitoli già scritti, avevo una scaletta con gli argomenti per ogni capitolo, non so se la modificherò. Se trovate qualche "Sofia" al posto di "Elisa" è perché avevo modificato il nome via via, per poi prendere una decisione, che spero conosciate. Non avendolo riletto a modo, mi scuso per tutti gli errori che troverete. Potrei decidere domani, di cancellarlo interamente e magari scriverne un altro. Un saluto!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2- Le prime vacanze estive (attraverso un tema). ***


Capitolo 4
Elisa si godeva le sue vacanze, senza alcun debito e con una media che sfiorava il 7, incredibile da pensare quando nei primi tempi era data per spacciata.
Queste andarono avanti di dieta drastica, sigarette e giornate “da barbona” con Chiara e Lena, con la quale fumava anche a casa sua, una casa enorme in cui nessuno se ne sarebbe accorto, tanto più nella sua camera al secondo piano, così almeno pensavano, ma furono smentite da un “Vietato fumare” trovato una mattina sulla porta della camera di Lena, scritto ironicamente dalla madre di quest’ ultima.

Quando a Settembre si ritrovarono una nuova professoressa d’Italiano, questa invitò a scrivere un tema sull’Estate trascorsa, su un episodio vissuto, in particolare.
La mente di Elisa non poté che concentrarsi sulle vacanze vissute nel paese nativo dei genitori, in provincia della Basilicata.
Aveva conosciuto Rocco. Un barista molto carino, che, grazie al fidanzato della sorella, che si era delegato per suo conto, le aveva dato il numero.
Accordatondosi sull’uscire insieme, non aveva tenuto conto del fatto che, quella sera, la nebbia aveva deciso di spostarsi dal Nord al Sud, rendendo le sue ore di preparazione inutili, che inoltre le avevano rubato del tempo, ponendola davanti a un evidente, futuro ritardo. Correndo e sudando in maniera indecente, si era dunque trovata dall’altra parte del paese, nel luogo predestinato per l’incontro. Ovviamente, lui ancora non c’era.
Circa dieci minuti dopo era arrivato, mettendola davanti all’appuntamento più imbarazzante della sua vita, cominciato con un: “Allora, prima di cominciare devi sapere che io sono un ragazzo vanitoso, permaloso…” e insomma, altri aggettivi di avvertimento, che, in realtà, su qualsiasi essere umano sarebbero apparsi come segnali di pericolo in strade strette o rovinate.
Non per lei, con cui alla fine scambiò un bacio a stampo.
Già, Davide non l’aveva più sentito dopo quel suo ultimo incontro, o almeno, lei ci aveva anche provato a contattarlo, ma il povero ragazzo era in eterna punizione a causa della sua bocciatura dovuta a una materia. A una sola materia sufficiente: Educazione Fisica.
Va anche detto però che nel suo tema, Elisa, aveva preferito non toccare alcuni punti.
Come ad esempio il fatto che quel bacio a stampo avvenne perché, dopo tanti silenzi imbarazzanti e rimproveri da parte di lui rivolti alla ragazza che ‘guardava la luna’, l’unica cosa che Elisa era riuscita a dire era “ Ma noi adesso dovremmo baciarci? Cioè, tu adesso mi dai un bacio?”
E lui, al contrario di come forse avrebbe detto Davide aveva risposto: “In che modo sarebbe vero?”
“Io, ad esempio potrei prenderti”, e lo fece.
“Potrei baciarti”, e la baciò, a stampo
e a due centimetri dalla faccia le disse:
“Ma cosa ci sarebbe di vero? Cosa di sentito?”
Lei gli avrebbe dato ragione eppure, forse, qualcosa aveva sentito.
Così era nato il loro bacio a stampo, anche se aveva evitato di scriverlo nel tema, così come aveva fatto del: “Io sono una da una botta e via”, gli aveva detto quella frase senza pensarci, non ne conosceva nemmeno il significato, ma per l’amica Alessia appartenevano alla categoria di ragazze fighe, quelle che dicevano così, perciò anche lei voleva apparire forte. Ma appena vista la faccia sbigottita del ragazzo, aveva capito di aver detto qualcosa di grave.
“Ehm, scusami ma qui cosa vuol dire essere una ragazza da una botta e via?”
Era riuscita ad imbarazzarlo: “Mmh, qui vuol dire sai… quelle che passano da un ragazzo all’ altro, facendo… insomma… hai capito, no?”
“Ah no, allora, scusa! Al nord significa un’altra cosa!” Aveva detto, mentre le sue guance erano diventate più rosse di quelle di un pomodoro geneticamente modificato. “Che figura!” aveva pensato.
E aveva anche evitato di dire, che in quella vacanza aveva dato il suo primo vero bacio, a quello che fino a cinque minuti era un suo amico e che dopo il bacio lo era rimasto. Non ricordava bene la sensazione anche perché aveva bevuto qualche birra in più, cosa che la sorella e il cognato avevano nascosto, con sua sorpresa, ai genitori, almeno fino a quando, dopo un litigio, Silvia lo aveva riferito alla madre. Del bacio appunto non ricordava sensazioni a parte la voce dopo, che diceva “Baci bene sai! A parte quando mi hai morso”
Tornata dalle vacanze aveva perso, prima di tornare a scuola, la sua dignità anche davanti a un ragazzo a cui fino poco tempo prima piaceva, dopo il cambiamento fisico del ragazzo cominciava ad apprezzarlo, ma lui non apprezzò la birra enorme che lei e Chiara bevvero in autostazione.
Comunque, la prof di Italiano, per quello che Elisa scrisse nel tema, la prese in simpatia.

Note dell'autrice: Ci avviciniamo al momento in cui dovrò riprendere in mano la mia scaletta, ci avviciniamo al momento in cui dovrò ricominciare a scrivere e non "vivere di rendita". Per questo capitolo, non aggiungo altro. Anzi, solo che rileggendo, mi dispiace non aver fatto trasparire la timidezza, agli inizi, della protagonista. Poi so che ci sono altre cose che non vanno. Grazie comunque a tutti quelli che leggeranno la mia storia :-)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3- Elisa riuscirà a dare un nome a quello di cui soffre: Anoressia. ***


Capitolo 5

Quell’anno, a differenza del precedente, i ragazzi avevano potuto scegliere un compagno con più consapevolezza.
Borre ed Elisa si erano scelti e i docenti non li avevano fatti durare nemmeno un giorno. Anche se, tentando di fare i finti tonti, i due ragazzi adottavano quella sistemazione ad ogni occasione.
Si erano dati anche dei soprannomi: Ciccina e Muscolino, Valerio aveva deciso il primo, conseguentemente la ragazza aveva fatto lo stesso con lui.
Elisa, a dire il vero, di “ciccia” ne perdeva sempre più e tutti dai compagni, dai professori, ai genitori se ne erano resi conto.
Ma era meglio non parlarne con lei, era diventata schiva e evitante, soprattutto se quell’argomento veniva tirato in ballo.
Facevano eccezione giusto Lena, che anzi, stava seguendo una linea imitatoria, Chiara che era forse l’unica persona a riuscire a fare breccia su di lei in quel senso e lo aveva dimostrato anche con una foto che era riuscita a rompere l’apatia in cui si era rinchiusa Elisa, facendola scoppiare di lacrime.
Nella foto di Chiara era visibile una schiena, in cui erano in evidenza le ossa, in primo piano c’era un piatto che non conteneva cibo, ma sigarette. “For you”, era il titolo, la dedica l’aveva scombussolata dentro ancora di più.
Aveva stretto anche più amicizia con Ielena e Shannon, con cui condivideva boccate di sigaretta durante la ricreazione.
Aveva sentito le ignoranze riguardo ai disturbi alimentari più disparate in quei periodi, erano assurde le troppe parole buttate quando lei non c’era, a confronto coi silenzi che l’accompagnavano nelle sue presenze.
L’assenza di cibo infatti era infatti data erroneamente come riempita dalle inalazioni di fumo, quando in realtà sentiva solo che l’avevano aiutata.
Elisa non aveva troppi pensieri per la testa in quel periodo, solo sigarette, kcal, cibo e smaltimento, bilancia che un giorno scomparve dalla sua vista dopo l’avvertimento di sua madre, così come le scomparve il ciclo per vari mesi, l’unica cosa che non se ne andava via era la preoccupazione di varie docenti, Elisa ne avvertì in particolare una, quella della sua nuova professoressa di italiano.
Nel frattempo lei e Borelli scherzavano e parlavano, lui l’aveva fatta salire su un banco a rotelle in corridoio, scatenando curiosità e risate nelle altre classi.
Non avevano litigato come in prima, quando lui, l’aveva dovuta rincorrere e fermare con un abbraccio.
Ora la teneva per mano su una tegola rialzata di ginnastica.
Quell’anno ebbe modo per la prima volta di andare in discoteca, senza troppe complicazioni, fu forse, assieme all’autobus, un luogo dove incontrò lui.
 

Nota dell'autrice: A tratti mi fa schifo la "superficialità", la leggerezza o la fretta, con cui ho parlato molti anni fa di quest'argomento, a maggior ragione per il fatto che ho messo questa storia nel genere "Introspettivo". Seguiranno molti capitoli così, corti. Fino ad arrivare al momento in cui, mi rimetterò a scriverci sopra e allora... chissà. Mi dispiarebbe se questo capitolo urtasse la sensibilità di qualcuno, è un tema che in realtà mi sta molto a cuore. Avrei dovuto approfondire l'argomento e mettere forse anche qualcosa, magari su blog "ProAna" "ProMia" o che si spacciano per non tali, pur essendolo, anche se avrebbe distolto l'attenzione dalla storia. In ogni caso avrò modo e tempo di risistemare ed aventualmente aggiungere qualcosa a questo capitolo. Nel frattempo ripropongo le mie scuse e buona lettura :-)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4- Federico e altri ragazzi. ***


Capitolo 6

In un paesino limitrofo, quello di Lena.
Come sottofondo, musica altissima, messa da un dj da Elisa conosciuto.
“C’è Federico?”
“Si, dovrebbe venire, Ely.”
Lo incontrò, forse in quell’istante con lo sguardo e si rese conto di quanto potessero essere potenti i desideri, quanto pericolosi nel momento di realizzazione.
“Ti va di ballare?” Gli chiese dopo pochi attimi di esitazione.
“Perché no?” Rispose lui semplicemente.
Il bacio arrivò da lì a poco e si rifugiarono all’esterno.
“Romantico un ascensore.” Le risate si confondevano ai baci.

“Elisa. Per lui sei carina e nulla di che.”
Si sentì dire da Lena, mentre lei rasserenata lo dovette apprendere per ben due volte prima di cominciare a capirlo, quando si trovò con la verità scritta per messaggio.

“Lo sapevo.” Dopo una giornata di abbracci, baci e pianti, davanti a una situazione instabile e l’ultimo saluto, arrivarono a un passo dal litigio, lui non poteva andare da lei la sera e qualcosa le disse che a causa dell'influenza di Lena sullo spronarlo a venire trovarla, era finita.

“Stop, basta, fine, chiuso.” Dopo averlo aspettato per ore seduta su una panchina, per beccare il suo stesso autobus, furono quelle le parole taglienti che udì da lui.
Nessuno, mesi dopo, avrebbe mai detto che ad accostarle, ma mai ad annullarle sarebbe stata la stessa frase del ragazzo:
“In fondo tra noi non è mai finita, no?”


Forse quello avvenì prima o dopo di una di quelle serate in cui fumarono più che sigarette e si trovarono gli uni con i capi sulle spalle degli altri e mentre si confondeva fra la compagnia la voce di una ragazza che incitava ad andare in gelateria, la musica della frase entrò in testa ad Elisa che vacillava con gambe piegate, sui sassi.


“Quel paesino si divide in due: I bigotti, finti santi, finti religiosi e i cannaioli.” Avrebbe conversato, anni dopo, a un amico.





Capitolo 7

Conobbe Sam, ma fu annoiata da un’ immagine di lui che non rispecchiava la realtà. Fu rapita da Alessandro, ma seppe mantenere viva nella sua testa la differenza fra voler bene ed essere attratti da una persona.
Conobbe Gianlù e lì le cose si diversificarono, ma ebbe un’altra delusione. Dopo una serata passata con lui e proprio grazie a Federico, con cui aveva avuto un breve ritorno di fiamma, finito a spegnersi mentre lui si fermava con lo scooter a guardare il suo forse primo o secondo amore, volare sulle stelle di una notte in una panchina con un altro e chiedendosi se fosse stata l’atmosfera a non renderli così belli e amabili, qualche pomeriggio prima , dall’impedire che ci fossero loro.
Seppe dargli l’immagine di una ragazza che sapeva tenergli testa e non farsi buttare giù, alla fine.
Non a Federico. A Gianluca, che si sentiva con un’altra, da prima di conoscere lei.
Senza lacrime e senza rimpianti.
In quell’estate, in vacanza conobbe meglio Isabelle, la ragazza che l’aiutò ad incontrare “La cattiva strada” quella della birretta di troppo, delle risate e dei rimproveri che quasi mai nemmeno la sfioravano.

Nota dell'autrice: Ed ecco qui, finalmente finiti, i capitoli scritti molti anni fa. E' meglio così, perché più si andava avanti, più erano peggio. Un po' troppo sbrigativi, insomma. Adesso mi tocca rimboccarmi le maniche e cominciare a riscrivere di sotto, anzi, prima di tutto, riprendere in mano quella maledetta scaletta, rivederla ed eventualmente, modificarla e poi giù di tastiera.Intanto auguro a tutti una buona lettura, o almeno, non troppo scarsa :-)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5- Le seconde vacanze estive, con tocco alcolico. ***


Capitolo 8



Isabelle si era avvicinata a lei, portandola via dal gruppo in cui erano. Era arrivata subito dritta al punto: “Ma tu sei Elisa? Quella che l'anno scorso si era ubriacata? E' vero?” le chiese con forte accento del posto. “Si, oddio, ero solo brilla... comunque sono io ed è successo sul serio” le rispose, interrogandosi sul punto in cui voleva andare a parare. “Bene, ho trovato la mia amica di bevute, andiamo a bere, ti va?” Elisa, timidamente, accolse la sfida.
Fu una settimana intensa, fatta di quelle ubriacate di troppo. Anni dopo sarebbe venuta a sapere, e se ne sarebbe stupefatta e vergognata a morte, che c'era chi diceva che, in una di queste, si fossero addirittura spogliate. Ma quelli erano anni prima e, negli anni prima, se ne fregavano completamente di azioni e conseguenze. Andavano nei bar, prendevano birra, andavano a berla di nascosto e incontravano gli amici. Una volta due di questi gli chiesero se volessero un passaggio in macchina,loro accettarono, Elisa dovette accasciarsi dentro ad essa perché si accorgessero che erano ubriache. Lasciata Isabelle, non prima della loro, solita in quelle fasi, pisciata dietro le macchine, fu il suo turno e non fu un bel turno. Era tornata a casa e suo padre aveva appreso solo il giorno prima della sua bevuta dell'anno prima e qualcuno, poco dopo, doveva avergli parlato di quella più recente. La mattina, in cucina del nonno, Elisa si ritrovò con due schiaffi in faccia e un calcio sulla pancia, da parte sua. Passò la serata con il nonno, non volevano più che uscisse. Il nonno materno. Le era rimasto lui e quello paterno. Ebbero una lunga conversazione e la ragazza lo ringraziò per aver sgridato suo padre la mattina.
“Le cavolate si fanno, ma...” era ormai una frase più che ricorrente. Ad ogni modo, il divieto non era durato a lungo ed era potuta uscire nelle sere successive, solo, trattenendosi.

 

Nota dell'autrice: Decido di postare questo capitolo, così. Anche se non mi convince molto. In ogni caso spero sia il più corto che, chi legge il mio racconto, possa leggere. Visto che non aveva appigli con quello che di futuro mi ero scritta nella scaletta, ho deciso di metterlo semplicemente in questa maniera. E' il primissimo che scrivo dopo tanti anni. Mi scuso perché non ha in sé una morale, un vero e proprio senso, un qualche insegnamento... Ad ogni modo, come sempre, auguro una buona lettura a chi deciderà di leggerlo :-)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6- Elisa saluta (per sempre?) Borre. ***


Capitolo 9




All'inizio del suo terzo anno, Elisa, subì una crisi scolastica. Si ricordava ancora delle parole del vicepreside, quelle del primo giorno e le doleva rendersi conto di quanto fossero state vere. Aveva provato a studiare una volta, tutte le materie per il giorno dopo, pur non avendo interrogazioni o verifiche in programma. Aveva impiegato ben 5 ore e per lei era decisamente troppo.
Prese a saltare le ore di filosofia per non rischiare di essere chiamata e quando improvvisò una verifica di quella materia, dando una sua definizione personale a tutte le parole richieste come definizioni, la professoressa le disse che si era sentita istigata a mettere il primo zero della sua carriera. Rifacendo la prova scritta a casa, la prof le disse che era evidente avesse tutte le capacità possibili per superare una verifica e quindi non vedeva possibile un altro disastro, men che non lo volesse Elisa in prima persona. Una volta le chiese anche se facesse la studentessa per hobby o per professione.

Le piaceva Francesco e questo avrebbe inciso, sulla sua futura e imminente scelta. Ma non era solo quello, sentiva che quella scuola la portava ancor più dentro i suoi sogni e che lei fosse decisamente troppo sognatrice e decise di voler diventare più razionale. Unendo le due cose si ottenne il suo cambiamento di istituto. Che avrebbe poi giustificato con una qualche attitudine vecchia del padre.

Nessuno ne fu felice: Dalla sua famiglia, ai suoi compagni di classe, ai suoi professori.
Salutò tutti il suo ultimo giorno, circondata da pianti e a sua volta piangente. Tutti, tranne Borre, che era assente.
Tornò a scuola giusto per salutare lui e gli disse anche che era una delle persone migliori che avesse mai conosciuto, lui le rispose che, allora, conosceva proprio bella gente, in senso ironico.

Un altra specie di saluto le rimase impresso, quello della sua professoressa di italiano. La minacciò, mentre lei rideva, di denunciare l'abbandono agli studi, era disperata. Poi, le confessò, con le lacrime agli occhi, che era stata una delle studentesse da lei preferite, in tutto l'arco della sua carriera.
Forse in quel momento le era venuto in mente quando un poeta era venuto a fare lezioni di poesia da loro.
Le aveva dato da scrivere una poesia dal titolo: “Dietro ai miei silenzi”.
“Io mi rifiuto di leggerla.”
“Dai, Elisa.”
“Piuttosto che leggerla la brucio.”
“Si potrebbe essere anche meno egoisti”, le aveva detto la prof.

Tutto questo svanì. Scrisse una letterina da dare alla prof che considerava una santa, quella di tedesco, quella che, pur contro la sua volontà, come le aveva riferito, aveva tacitamente accettato che lei arrivasse in terza con un quattro agli esami di recupero.

Ma tutti quelli ormai erano già ricordi sbiaditi per lei, che si apprestava a vivere mesi di vuoto. Però vedeva un ragazzo, Gabriele. Incontrato grazie a Cava, sulla pista da pattinaggio. Cava era un suo amico, conosciuto grazie a Lena, che lo aveva a sua volta visto per la prima volta in corriera. Era un ragazzo buono e simpatico. Elisa e Gabriele si erano conosciuti e lui le aveva chiesto il numero. Ma dopo un giorno, in seguito al rifiuto di lei di uscire, aveva saputo, fra le lacrime, che lui era uscito con un'altra e che si erano prontamente fidanzati.
Non durò a lungo ed Elisa potette gioire, poiché il giorno dopo, Gabriele le inviò un messaggio in cui si dichiarava arrabbiato e deluso, per essere stato lasciato. Messaggiarono tutti i giorni, per un mese e si vedevano. Elisa sapeva che non sarebbe durata, tolta la forte delusione, non erano fatti per stare insieme, difatti lui le inviò un giorno, un messaggio in cui le diceva che voleva una storia seria... E per questo non con lei. Elisa non capiva. Sapeva solo che quello era nella stessa compagnia, ma fortemente nemico, di Federico e pensava che Gabriele non avesse un osso di lui, nonostante tutto.
Avrebbe saputo da Lena, mesi dopo, che nonostante la rottura pacifica, lui andava in giro a dire che lei gli aveva praticato sesso orale.

Prima di Gabriele, aveva visto Sanso, nel periodo dell'occupazione scolastica. Nulla di che, erano durati un giorno. Poi le incomprensioni avevano preso la meglio.

Ma i ragazzi non erano finiti, un giorno, le scrisse Erik, un amico di Borre.
Si sentirono ed andavano d'accordo, tanto che si erano accordati per un appuntamento.
In cui Erik non si presentò, mandandole un messaggio.
Lei si disse che non l'avrebbe mai più visto.
In effetti, passarono otto mesi.

Nota dell'autrice: L'ho appena scritto, sono a mente fresca, quindi non posso giudicare, ma so che non mi entusiasma. Chiedo scusa per eventuali errori e... buona lettura :-)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7- Ci rivedremo, Bisi. ***


Capitolo 10



Torneranno i vecchi tempi
con le loro camicie fiammanti
sfideranno le correnti
fino a perdere il nome dei giorni
spesi male per contare
solo quelli finiti bene
per non avere da pensare
a nient’altro se non al mare”

Francesco era nella sua mente e anche Lena se ne era accorta, una volta, senza nessuna premura le aveva urlato in corriera: “Abbiamo capito che ti piace Francesco! Ma...” ad ogni modo, non l'aveva presa male, e quello era l'importante.

Un altra cosa che aveva fatto Elisa era entrare in una classe non sua e starci per un'ora, la prof non si era accorta di nulla. A fine lezione, l'aveva pure salutata. Sempre su consiglio della sua amica Alessandra, aveva fatto ridere tutta la corriera, un anno prima, mettendosi nel porta bagagli, quando pesava poco e nulla.

Una cosa ricorrente, forse come aveva fatto la sua amica Lena, era parlare con Bisi, quando le piaceva Francesco. Parlavano spesso e a lungo e fu lui ad informarla che il ragazzo sarebbe stato presente in discoteca. Elisa decise di andarci e fu Bisi a procurarle la prevendita, andando fino al paesino di Lena.

“Torneranno tutte le genti
che non hanno voluto parlare
scenderanno giù dai monti
ed allora staremo a sentire

Si incontrarono, Elisa avrebbe voluto abbracciarlo e salutarlo per bene, ma c'era suo padre. Si limitarono, quindi a poche battute:
“Ciao, come va?”
“Bene, tu?”
“Bene.”

“Quelle storie da cortile
che facevano annoiare
ma che adesso sono aria
buona pure da mangiare”

Tornò a casa dicendosi che avrebbe avuto un'altra occasione per salutarlo a modo. Difatti lui le scrisse prontamente che un giorno di quelli sarebbe venuto per una sigaretta a farsi una conversazione seria con lei e le promise anche che quando avrebbe avuto la patente le avrebbe fatto da autista gratis.

Torneranno gli innocenti
tutti pieni di compassione
e gli errori dei potenti
fatti senza esitazione
senza lividi sui volti
con un taglio sopra al cuore
prendi un ago e siamo pronti
siamo pronti a ricucire

In discoteca non le andò bene. Chiese, su consiglio di Simon, a Francesco di ballare, ma lui le disse che era troppo ubriaco.

Accadde poi, in un giorno prossimo alla fine scolastica, una tragedia.
 

Torneranno anche gli uccelli
ti diranno come volare
per raggiungere orizzonti
al di la del mare”


Cominciò a leggere degli status, come: “Tieni duro, Bisi”

Stringimi come sei
non c’è più
niente”


Mise allora da parte l'orgoglio e scrisse a Francesco, chiedendogli cosa fosse successo, lui le rispose d'impeto e senza usare virgole o preoccuparsi di come scrivesse.
Bisi aveva fatto un'incidente ed era in condizioni gravi e in coma vegetativo.
Elisa cominciò a piangere, di un pianto disperato. Quel ragazzo con cui si era scritta fino ad appena due giorni prima. Non pensava in quel momento alla promessa di Bisi di farle da taxista per un giorno, né al fatto che avrebbero dovuto vedersi, ci sarebbe stato tempo per pensarci, ma non in quel momento.
Pianse per tutto il pomeriggio.
Sua madre la ritrovò così e lei, senza dare spiegazioni, mise sul televideo, dove era raccontata la notizia e si limitò a un: “E' il mio amico. Quello che mi ha portato le prevendite.” Fra i singhiozzi.
Anche Sofia non avrebbe smesso mai di pensarci, di pensare a Bisi. A quel ragazzo brufolosetto e imbranato, a quel ragazzo d'oro. A cui aveva voluto un bene dell'anima.


Tornerai tu in mezzo agli altri
e sarà come impazzire
tornerai e ti avrò davanti
spero solo di non svenire
mentre torni non voltarti
che non voglio più svanire
nel ricordo dei miei giorni
resta fino all’imbrunire.”

 

Nota dell'autrice: Per questo capitolo scrivo solo che avrei dovuto scriverlo meglio. Ma ci sarà tempo e modo in futuro, credo. Per questo, in ogni caso, chiedo scusa a tutti. Sono un po' frettolosa, così come ero diventata anni fa, del resto. Buona lettura a chi leggerà!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9- Tante le ripetizioni. ***


Capitolo 13

Elisa si era preparata solo in chimica, anche molto mnemonicamente. Per il resto, ovvero per quanto riguarda tecnologia, disegno tecnico e fisica aveva potuto contare solo su una cosa: la notte e quella, non le aveva portato consiglio, che non avrebbe avuto nemmeno quel giorno.
Si era vestita coi primi abiti trovati, truccata malamente e non si era piastrata, come faceva di solito.
Era seduta sul pavimento, mentre, presa dal panico, sfogliava frettolosamente e nervosamente le dispense che le erano state date dal vicepreside.
Assieme a lei c'erano altri ragazzi. Uno che sarebbe diventato il rappresentate d'istituto, uno che le avrebbe fatto proposte sconce per poi diventare suo amico e un altro che, forse, sarebbe diventato un suo compagno di classe.
La professoressa di chimica riconobbe il suo tipo di studio e la incalzò con domande a trabocchetto, che non riguardavano lo studio.

In disegno tecnico, fu aiutata non appena svelò di non averlo fatto alle superiori, col cambiamento in un disegno più semplice e ogni tanto il prof passava a darle direttive, alla fine le disse il voto che le avrebbe dato: Buono/Distinto.
Prima di lì, non sapeva come aveva fatto a cavarsela in fisica, ma se l'era cavata. Aveva risolto un problema ragionando.
In tecnologia non sapeva dove andare a parare, non conosceva nulla, ma il professore alla fine le disse che non era andata male, che alcune cose le sapeva ed altre no, semplicemente.

Quando seppe che era passata, al telefono con la bidella, non poté che esultare.

Seguirono quei mesi del tutto e del niente. Non studiava, eppure andava piuttosto bene in quella nuova scuola: Un istituto tecnico industriale.

Continuava a vedere Cava, ogni tanto.

Arrivò il momento in cui vide per la prima volta Erik. Non si erano messi.

Sofia avrebbe letto ciò, sul suo blog, mesi dopo:

"Perché hai voluto rivedermi? Com'è andata con L.?" Queste domande incomprensibili per chi le ha lette di getto sono le ultime che un'appena 18enne avrebbe voluto udire.

Provocò l'imbarazzo, lei non si aspettava quel velato terzo grado, furono sorrisi da stress quelli che si dipinsero sul suo volto, ma tentò comunque di non far trapelare quello che c'era dietro il loro incontro:  l'unico motivo per cui aveva voluto rivederlo era proprio per far ingelosire L.

 

 

Mesi prima


"Non posso crederci! Il primo appuntamento e questo pezzo d'idiota lo annulla come se nulla fosse! All'ultimo momento!" Rilesse il messaggio del ragazzo:

"Blabla malato-calcetto-blabla, Facciamo più avanti?"

A cui lei aveva risposto con un: "Si, ok".

E pensato:"Facciamo mai, sfigato", disfando la borsetta e riflettendo sull'inutilità di quel trucco e di quei capelli appena sistemati.

Il "mai" non sarebbe stato poi così incoerente, se si considera che lui dovette aspettare circa 7 mesi per sperare di rivederla. Quel giorno lei era col suo ex e con un suo caro amico, ed era certa che sarebbe tornata col suo ex, ma decise di avvisare comunque quel ragazzo perché il suo senso di colpa era grande visto che si trovava proprio nei suoi paraggi.

Lui, E. , da casa, si vestì in fretta e l'aspettò -oltre che per i 7 mesi- per un ora piena al freddo. Solo quando la ragazza, per puro caso, lo incrociò, gli andò incontro, cercando in tutti i modi di non fare capire agli altri due ragazzi che si erano accordati, in un certo senso, per vedersi.

Dedicò così a quel ragazzo l'accompagnamento verso la macchina più lungo della sua vita, fra chiacchiere, discorsi e pomiciamenti vari. Quando il suo cellulare cominciò a impazzire fu però costretta ad ascoltare la chiamata: "Noi fra un po' ce ne andiamo, sbrigati".

Così, si fece accompagnare verso il locale che, prima d'incontrare E., di comune accordo avevano scelto. Salutò E. quando non poteva ancora essere visibile agli altri.

 

Prima di entrare accese una sigaretta e udì una voce dal tono cortese.

"Tu sei Elisa vero?" le chiese un ragazzo.

"Si, perché?"

"Piacere, T. Gli altri sono dentro, sono un amico. Detto tra noi erano preoccupati."

"Oddio e perché?"

"Avevano paura che fra te e il tizio fosse successo qualcosa." 

Si fermò e vide che la faccia della ragazza era ancora perplessa per cui aggiunse:

"Piaci a tutti e due. Oh, però io non ti ho detto un cazzo eh."

La ragazza sottovalutò, in quel momento tante cose; la troppa gentilezza del ragazzo, il suo entrare fin da subito nella sua vita come confidente e amico... Non avrebbe dovuto farlo, non dopo che quest'ultimo, una volta messo piede nel pub, cominciò ad offrirle, assieme agli altri, che però si tenevano maggiormente in disparte, shottini e superalcolici in quantità.

Non ricorderebbe nulla oggi, dei discorsi fatti in quel momento, solo che la sua vista era annebbiata, persa, sdoppiata e che non capiva un cazzo.

Si ricorderebbe, però, che appena uscita, zigzagando per la strada, disse: "Ragazzi ho finito le sigarette, dov'è la macchinetta? Chi ha la tessera?"

"Io, ti accompagno io." le aveva detto T.

Rimasti soli, mentre lei non riusciva ad infilare la tessera nella macchinetta, che continuava a cadere per terra, lui l'aveva presa -lei, non la tessera- sbattuta di forza al muro e aveva cominciato a baciarla. Lei era succube, come se in quel momento si potesse affidare solo a lui, lui che l'accompagnò non si sa come a casa dell'amico, lui che la reggeva verso la camera da letto...

Solo quando il suo ex aprì la porta per poi richiuderla imbarazzato, la sua coscienza finalmente si svegliò:

"Cazzo."

E lo rincorse, nel corridoio.

"Io te lo giuro, volevo tornare con te, è l'unico motivo per cui sono venuta."

E lui non si opponeva con troppa forza ai suoi baci, ma si staccò quando arrivarono in soggiorno, dove c'era anche il vero amico e lì, la situazione cambiò.

Completamente distaccato il suo ex le disse: "Guarda che lui ti sta aspettando e io non dormirò con te, troia."

Troia, quella parola non se la sarebbe mai dimenticata.

Ed erano cominciati i pianti, gli insulti reciproci, gli oggetti tirati l'uno contro l'altro.

Il suo amico, buono come il pane, aveva tentato di deviare: "Ma no su, non ti ha dato della troia, sei solo ubriaca, calmati."

"Si che le ho dato della troia", aveva continuato l'altro di tutta risposta.

E insulti e urla e ancora cuscini lanciati.

"Sei tu che mi hai fatta diventare così pezzo di merda, io non ero così e tu lo sai...Stronzo..."

Fino a quando T. non si era aggiunto, proponendo di fumare, per poi andarsene a letto e trascinandoci lei.

Non fecero sesso, lei non voleva e non l'aveva mai fatto. Ma ci andarono vicini. Al risveglio sentì la voce del ragazzo, priva della finta gentilezza della sera prima:

"Sei proprio una brava ragazza."

Lei aveva accennato un sorriso, ma poi si era resa conto.

"Sei ironico?"

"Molto ironico. E sono alla terza volta."

"La terza volta che?"

"La terza volta in cui tradisco la mia ragazza."

Fu come una batosta dritta sui denti, ma nulla confronto al messaggio che lesse poco dopo, da parte del ragazzo, E., che aveva aspettato troppi mesi per vederla : "Sei fantastica, grazie mille per la serata, spero di rivederti al più presto, sono stato benissimo, buonanotte <3"

Il destino aveva deciso di farla sentire uno schifo fino infondo e forse, non si poteva dire che non se la fosse cercata. In casa erano rimasti solo lei e il suo vero amico a cui chiese: "Dov'è?"

Lui aveva subito capito a chi si riferisse: "Oh, non ci crederai mai e non so come cazzo abbia fatto, ma alle sei e mezza si è svegliato, ha fatto i compiti ed ora non c'è né lui né il suo zaino, è andato a scuola come aveva detto."

E in quel momento si era ricordata completamente di com'era il suo ex, quel mix di genio e sregolatezza, quello che poteva essere il primo della classe, facendo chiedere a tutti gli altri come cavolo fosse possibile.

Andando a fare colazione con l'amico, lei passò davanti alla sua di scuola, con la consapevolezza che non sarebbe mai riuscita a metterci piede.

 

Di lì con E, quel ragazzo che tanto l'aveva aspettata, nacque di tutto. Tormenti, tante scuse per non uscire, fino a quando consapevole di averle usate tutte aveva solo sperato che lui, non vedendo più messaggi da parte sua, non sarebbe partito per farsi 40 minuti per andare da lei, cosa che invece fece. Elisa quella sera stava male sul serio, aveva avuto il vomito provocato da nausea e non si reggeva in piedi, ma aveva usato una volta quella scusa e non sapeva più cosa inventarsi, sentiva il cellulare vibrare, suonare, in continuazione, ma non aveva la più pallida idea di come comportarsi, così lasciò scorrere passivamente il tutto, fino a quando si addormentò. La mattina dopo trovo una trentina di messaggi e circa quaranta chiamate perse, lesse i messaggi. Il povero ragazzo aveva aspettato due ore che arrivasse fino a quando aveva deciso di tornare a casa e farsi altri quaranta minuti di macchina per tornare indietro. Il tutto, nei messaggi, si concludeva con un: "Addio." Ma ben presto la ragazza si rese conto che non avrebbero avuto nessun valore effettivo gli addii di E. O almeno, arrivò ad esserne talmente abituata che era lei a non dargli il giusto valore ormai, un po' come faceva con lui in carne ed ossa.

Le bastò inventarsi che avesse dimenticato il cellulare a casa di un'amica per sistemare la situazione e quel ragazzo diffidente col mondo, che si autodefiniva cattivo ed era intelligente come pochi le crebbe subito.

Un altra ricorrenza nei messaggi di E. erano i :"Mi manchi", arrivavano sempre, ogni due settimane, ogni mese, la ragazza era felice ma non riusciva a guardarlo se non come una seconda, terza scelta.

Per quale diamine di motivo aveva scelto lei? Quel genio matematico, quella persona così bisognosa d'affetto quanto chiusa per paura di delusioni... Perché aveva deciso di aprirsi proprio con lei?

La ragazza nemmeno si rendeva conto di quanta ipocrisia ci fosse dietro i suoi sinceri: "Non puoi comportarti così, allontanerai tutte le persone, ce ne sono meritevoli di fiducia!"

Ai tempi proprio non capiva come mai lui fosse così incazzato verso il mondo...

...Lo avrebbe capito solo quando raggiunse l'età che il ragazzo aveva allora... o ancor prima.

Fatto sta che a un certo punto si mise una mano sul cuore e sulla coscienza e gli invio: "Io credo che sia meglio finirla... Siamo lontani -(un ora di corriera)- e ci vediamo pochissimo, non potrebbe mai funzionare."

Fu un po' commossa nel sentirsi rispondere: "No, io non ce la faccio al pensiero di non rivederti mai più. Posso venire da te tutti i giorni, te lo giuro, ti prego..."

E con un mese di distanza, puntuale arrivo anche il suo:"Mi manchi".

Ma non solo quello. Anche un messaggio, un messaggio del migliore amico - o ex migliore amico di E.-

L.

 

 

Si videro.

 

L. era bellissimo, insicuro, forse un po' narcisista, ma più spensierato di E. agli occhi della ragazza, trovava più feeling con lui e forse il perché si può immaginare.

Non si preoccupò che L. abitasse nella stessa cittadella di E., non si preoccupò del fatto che i due ex amici ora si odiassero a morte e che lei forse era solo una vendetta, si preoccupò solo quando venuto da lei L. l'aveva finalmente baciata, dopo varie uscite ma... non voleva fermarsi lì.

"Sono vergine."

"Cosa? Stai scherzando?"

"No... Spero non sia un problema, ma preferirei non..."

"Certo, certo, solo che... scusa, oddio, io non ho mai trovato una 18enne ancora vergine... capisci, ho ventun anni e a vent'anni tutto gira intorno al sesso, lo capirai anche tu..."

No, caro L., non lo capirà e non lo penserà come facevi tu quando raggiungerà i vent'anni.

"...Ma qualcosa, qualcos' altro insomma... l'hai già fatto oppure no?"

 

La riaccompagnò a casa, galante come sempre e lei fu presa da un impulso dopo averlo baciato.

"Promettimi che non è l'ultimo."

"Te lo prometto" le disse, aggiungendo: "Per me non è un problema tranquilla..."

Aspettò che lei non fosse più visibile per partire con la macchina, a differenza di quanto faceva E.

Ma, se si può usare un po' d'ironia, la ragazza mesi dopo si sarebbe solo chiesta in quale stato del mondo fosse scomparso.

 

Poco dopo, attraversò uno dei suoi periodi più difficili nella vita e la cercarono entrambi, sia E., sia L.

Solo che l'ultimo non rispose più appena lei le chiese quando potevano vedersi, mentre E. le disse: "Anche domani." e il domani fu.

 

"Perché hai voluto rivedermi? Com'è andata con L.?" Queste sono le ultime domande che l'appena 18enne avrebbe voluto udire.

Provocò l'imbarazzo, lei non si aspettava quel velato terzo grado, furono sorrisi da stress quelli che si dipinsero sul suo volto, ma tentò comunque di non far trapelare quello che c'era dietro il loro incontro:  l'unico motivo per cui aveva voluto rivederlo era proprio per far ingelosire L.

 

Ma a nulla valse il suo tentativo di aggrapparsi sugli specchi, E. le crebbe come al solito -o almeno parzialmente- ma stavolta era diverso. Era l' E. con il mondo, quello distaccato, cattivo, indifferente. Non più l' E. che era stato in tutti quei mesi con lei.

Non la ferì con parole volgari, non alzò i toni... e forse ciò creò ancora più impatto su di lei.

Decise che proprio per quello era arrivato il momento di essere sincera: "Sai quella volta che ti ho dato buca..."

"Si dai, me l'hai già detto, avevi lasciato il cellulare dalla tua amica, non vedo come centri adesso."

E da lì non ebbe nemmeno più coraggio di aprire bocca.

E. invece si, ma nemmeno lui fu completamente sincero. Evitò di dirle quanto le aveva fatto male, evitò di chiederle come fosse potuta uscire con uno che aveva sbattuto fuori da casa sua a pedate in culo, evitò di farle pesare le cose che pesavano a lui e quello fu il suo unico errore.

 

La discussione univoca, si concluse di lì a poco, con uno, l'ennesimo: "Addio." da parte di E.

Mentre la ragazza si chiedeva dove fosse lo scherzo... insomma, non poteva finire così...

Lui sarebbe tornato indietro di lì a poco, le avrebbe sorriso, l'avrebbe perdonata, l'avrebbe aiutata in quel periodo difficile.

 

Eppure quella che aspettava quella volta era lei e in quaranta minuti non successe nulla;

No, lui non sarebbe tornato.

Si alzò in piedi, stordita e impressionata "Però mi sa che me la sono meritata" pensò e disse ai suoi amici per messaggio, amici che comunque avevano sempre conosciuto solo alcuni contenuti della storia, perché gli altri fece molta fatica a raccontarli anche a sé stessa.

 

I mesi passarono e non arrivò più nessun: "Mi manchi", mentre lei continuava a sperarci.

Forse per egoismo, forse perché finalmente cominciava a ragionare, forse perché vedeva la situazione meno superficialmente, fatto sta che a lei cominciò a mancare.

Chi cazzo era stato L. confronto a lui? Mister nessuno, uno come tanti altri. Mentre E. era fisicamente uno dei ragazzi più normali con cui fosse uscita, interiormente aveva lasciato il segno tremila volte in più rispetto ai ragazzetti bellini per cui si può piangere all'inizio, ma poi ci si scorda anche il nome.

 

La decisione che prese fu ragionata e soppesata. Consultò amici e di tutto e di più, prima di attuarla e questa volta, ci penso su solo e unicamente perché non voleva ferirlo, chiedendosi se quello che stava per fare fosse giusto.

 

La tastiera del suo telefonino cominciò a scrivere un: "Mi manchi", con difficoltà atroce, però poi rimase a penzolare fra le sue mani. No, non era giusto, non era giusto che lo facesse.

Il tasto "canc" si mise in azione fino a quando, mentre le sue lacrime cominciavano debolmente a scendere, ormai era rimasto solo un: "Mi "

Prese fiato dopo aver digitato e dopo cinque minuti inviò.

 

 

 

 

 

Quando E. ricette il messaggio lesse un: "Mi hai fatto del bene." “


Questo l'intervento, sotto a quello dell' “A dopo...”:

“Quante volte le persone si sentono ripetere "a dopo!" ed è più che normale... a parte per me e per poche altre.

Ricordo, ad esempio, come un' amica lo abolì dalle nostre conversazioni parlandomi di un incidente avvenuto ad un familiare del suo moroso, dopo che le ultime parole che aveva pronunciato quest'ultimo erano proprio state: "a dopo".

 

I gesti nella normalità ci pesano. Ci pesa molto dire un "ti voglio bene", un "mi manchi", un "ti amo" o almeno, quando io le ho dette, le prime due frasi, credendoci davvero, guardando dritta negli occhi le persone a cui mi sono rivolta, le lacrime hanno preso sempre il sopravvento.

A volte è difficile anche dare una carezza in più, piuttosto che un abbraccio, siamo troppo abituati a rimandare.

 

Lui era un ragazzo un po' brufolosetto e imbranato. Lo guardavo mentre in prima superiore ci provava inutilmente con la migliore amica di quei tempi - e non di tutti i tempi- era dolcissimo, le avrebbe dato il mondo, era persino disposto ad essere felice vedendola felice con qualcun altro, aveva ed era un animo purissimo.

Mi stava simpatico, io non saprò mai se a lui un po' meno, ma non credo. Mi divertivo con lui, anche a prenderlo un po' in giro, ci facevamo un sacco di risate insieme.

Mi mancò quando ci perdemmo di vista.

Ma poi tornò, puntuale anche nel volermi aiutare con un ragazzo che mi attraeva ai tempi.

Eravamo tornati a parlare di tutto: cazzate, battute e promesse, a tal proposito; s'incazzò quando gli dissi che poteva non mantenermi la promessa di farmi da tassista per un giorno quando dopo i 18  anni che avrebbe compiuto il mese dopo, l'avrebbe cominciata. Lui no, non lo considerava come "troppo" e io dovevo accettarla la sua promessa, a tutti i costi e fu quello che alla fine feci.

Mi venne incontro per il tragitto, dovetti, anzi, insistere per potergli andare incontro anche io, era per darmi i "biglietti" per entrare in discoteca, in una serata in cui lui nemmeno andava, sarebbe stato assieme alla sua morosa durante il sabato sera, era più importante.

Io ero con mio padre, lui da solo, in scooter. Fu una stretta al cuore rivederlo, avevo voglia di abbracciarlo rimembrando i primi tempi, dirgli un sacco di cose...

E invece la presenza di mio padre mi pressò a non espormi, "come va?", impacciatissimi tutti e due.

Mi diede le prevendite e alla fine lo salutai con un misero bacino sulla guancia e non con un abbraccione immenso che avrei voluto dargli.

Tornai a casa, così fece anche lui. Un po' di quello che non c'eravamo detti in faccia ce lo dicemmo per messaggio, forse anche un "ti voglio bene" e la promessa che un giorno sarebbe venuto da me per fumarci una sigaretta insieme e parlare un po' di più.

Mi feci la mia serata e il ragazzo con cui lui stesso mi stava aiutando deluse un sacco, gliene parlai, "non ci parlerò mai più con lui."

 

Dovetti ricredermi quando lessi sulla sua bacheca il nome del mio amico con accanto un: "Tieni duro!"

Cos'era uno scherzo? No.

In troppi cominciavano o avevano già scritto cose simili sulla loro bacheca.

Così il ragazzo a cui dopo la serata "non avrei più parlato" lo ricontattai senza indugio, fottendomene di tutto.

E lui spiegò. Quando mia madre tornò a casa la sera trovò il mio viso così com'era diventato dopo la notizia, gonfio di lacrime, lacrime che non finivano di uscire e singhiozzi forti, irriducibili. Non le parlai quella sera, le indicai il televisore, dove nel televideo era visibile la notizia, quella del ragazzo di 17 anni anni che aveva fatto un incidente mentre andava al lavoro, gravissimo e in coma farmacologico.

Quanto avrei voluto che non fossi tu, amico mio.

 

Poco sopra ho scritto che non ricordo se ci scrivemmo mai un "ti voglio bene", è così perché era talmente scontato ce ne volessimo che non so se fosse scritto e perché non riesco più a leggerli quei messaggi, a cui se ne aggiunsero, altri, mai abbastanza, con la speranza che un giorno avrebbe risposto.

Avrei voluto prendere un Dio, se esiste a sto mondo, in quei giorni e dirgli che no cazzo, lui aveva fatto le sue promesse e che non poteva decidere di non fargliele mantenere, perché lui era un ragazzo che manteneva sempre la parola data.

Poi io non potevo non averglielo dato quel abbraccione... quanto ero stata stupida? Non era giusto, non c'era nulla di giusto.

Tutto si era ridotto in un istante, troppo breve. Emozioni compresse e rimandate.

Il punto è che l' "A dopo" stavolta lo aspetto da quasi quattro anni, anche se mi preparo a dovergli fare io da taxista un giorno.

 

Mi manchi amico mio

Tieni duro

 

Potrebbe non esserci tempo per gli abbracci e le parole grandi, per i fatti... non fatti.

Nel dubbio agite ora e non dopo. “


Elisa non lo aggiornava spesso. Solo quando se lo sentiva.
Quel T., ad ogni modo, lo avrebbe reincontrato.
Un giorno ricevette una chiamata da Cava, ma la voce che le passo poco dopo era proprio la sua, assieme a un: “Cosa sei? Terrorizzata da me? Ahah”

Non poteva saperlo, ma lui sarebbe stato, improbabilmente e inspiegabilmente, la sua prima volta.

Nota dell'autrice: Ho scelto questo titolo come autopunitivo. MI SCUSO. Mi scuso per questo capitolo molto confusionario, ma, a parte il disastro che sto per postare, alla fine ho deciso di lasciare i capitoli numericamente in ordine per com'erano. Mi vergogno a dire buona lettura...

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Capitolo 10
*** Capitolo 8- Erik, attraverso pagine di diario ritrovate. ***


Capitolo 12

Elisa, 8/08/2012. Si sedette ed emise un sospiro.
Era tanto che non scriveva, ma quella sera decise di farlo per sfogarsi, mentre a noi appare solo una scritta cubitale: Erik.

“E' sempre giusto dire a una persona che ti manca?


 

ERIK



Di lui,avevo forse accennato quando mi piaceva Francesco.
Cerco di riassumere,io e lui ci siamo sentiti e visti per circa un anno.Ci siamo sempre voluti bene,lui ha sempre riempito momenti vuoti,mi ha sempre fatta ridere,mi ha sempre tirata su di morale...anche se io non mi sono mai comportata troppo bene con lui.Buche agli appuntamenti,ritardi e tutto...(una volta addirittura,mi ha aspettata,invano,per più di un ora e mezza),l'ho sempre visto come una seconda,terza,quarta,quinta scelta.Anche lui si era adattato alla cosa,e quindi cercava di darmi la stessa importanza non vedetelo però come uno stupido tappetino,anzi,lui è stato sempre più furbo e più intelligente di me,anche se col tempo perfino io me n'ero scordata.E' normalmente un ragazzo freddo,di quelli che non regalano emozioni,con me invece dopo un po' si era sciolto,molto dolce e a volte perfino aperto.Quando facevo qualche cavolata,magari spariva,ma dopo un mese quel "mi manchi" arrivava sempre.
Verso marzo,misi una mano sulla coscienza e gli dissi che forse fosse meglio smetterla di sentirci,visto che ormai ci vedevamo poco,lui mi ha cercato anche il giorno dopo,dicendomi che sarebbe potuto venire sempre da me e che non sapeva come fare al pensiero che non ci saremmo più visti.
Poi,esco con Lorenzo,il suo ex migliore amico(il quale mi aveva cercato ed è...assai bello),anche se dopo poco,due mesetti,finisce.
Quando c'è stato il terremoto,mi ha cercata ed è stato carinissimo...io gli ho chiesto di vederci il giorno e così ci siamo visti.
Non c'era nulla in lui del ragazzo che ho conosciuto per un anno,nè di quello che avevo sentito il giorno prima.Non era l'Erik con la Lucia,era l'Erik con il mondo.Freddo,distaccato,addirittura cattivo.
Mi incalza subito con due domande "Perchè mi hai voluto vedere?Com'è andata con Lollo?",la fine.
Anche perchè ai tempi l'avevo voluto vedere solo per infastidire Lorenzo.Ho detto un sacco di bugie e più ne dicevo più mi scavavo la fossa.Ho provato a convincerlo del fatto che semplicemente mi mancasse e che ero uscita con l'altro per ingelosirlo,mi sono sentita dire che non prova più niente per me e che ho un carattere troppo diverso dal suo.L'incontro è terminato con un suo "addio",testuali parole.

L'ho cercato dopo solo per dirgli che mi aveva fatto del bene,lui mi ha risposto che ci aveva provato.
Poi per gli auguri,a cui ha risposto mezz'ora dopo con un "Grazie".

Io speravo che tornasse,speravo che si girasse quel giorno e tornasse indietro,non l'ha fatto.
Speravo che in questi quattro mesi mi cercasse,non l'ha fatto.
Ma a me manca,sempre di più.Mi manca tutto di lui.
Non riesco a capire perchè abbia voluto chiudere del tutto la porta.
Con lui è strano,non è come quando una persona si allontana da te e prima o poi te ne fai una ragione,più il tempo passa più penso sarebbe facile a confronto smettere di fumare.
Tutti gli altri mi fanno schifo.Anzi,di più.Ogni volta che vedo una chiamata o un messaggio di Simone (a cui da una settimana non rispondo più) provo un fastidio assurdo,perchè speravo fosse Erik.
Sono disposta ad andare avanti,si o con lui o con un altro come lui.

Ho paura che sia solo egoismo eppure non me ne frega niente,so solo che se torna io me lo stringo e difficilmente lo faccio andare via.
Si,ma lui non sta tornando,quindi cosa fare?
Rassegnazione oppure probabilità di un rifiuto?
No,perchè non mi piace sentirmi umiliata.

Lui è forse il ragazzo meno attraente con cui sia mai uscita.Non che sia orribile,ma è uno di quelli normali,che non ti dicono nulla fisicamente.
Eppure nonostante sia uscita con tanti ragazzi belli,posso solo dire che di quelli finisci per scordarti anche il nome,fra qualche anno anche l'esistenza.Un ragazzo come Erik invece più il tempo passa,più non se ne va.”



Sofia, dopo aver letto, chiuse il diario. Sospirò, ma un sorriso non poté che tramutarle il volto.
 

Nota dell'autrice: Questo capitolo sarebbe dovuto arrivare dopo. Dopo la nuova scuola di Elisa e tutti gli avvenimenti che ne derivano, difatti quando scriverò il successivo, probabilmente lo invertirò con questo.
Nel frattempo, buona lettura a chi leggerà.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10- La prima volta e la prima vera volta di Miss Simpatia. ***


Capitolo 14

Le prime volte di Miss Simpatia

Era ubriaca, a Milano Marittima, con Lena, Cava...e T.
Le avrebbero raccontato il giorno dopo che si era appassionatamente baciata un barista ed anche le circostanze.
Lui era andato da T. dicendo: “E' la tua fidanzata?”
“No” lui gli aveva risposto.
Allora gli aveva detto: “Ti sfido, baciala.”
Lui aveva riso scuotendo la testa e il barista infine aveva aggiunto: “Allora la bacio io.”
In seguito aveva provato a portarsela a letto e le aveva mandato dei messaggi.
Questo si aggiungeva alla sua caduta di schiena verso la strada trafficata, che ricordava.
Assieme alla sua prima volta, anche se in modo confusionario.
Tornati a casa, lei e T., si erano saltati addosso e poi lei gli aveva chiesto se avesse un preservativo, alla fine lui, invece, le aveva chiesto se non avesse il ciclo. Questo era quello che ricordava. Questa era quindi stata, la sua prima volta. A 18 anni, ironia della sorte, così come Laura l'aveva persa prima.

Ma la prima vera volta di Miss Simpatia era stata un'altra.

E' pomeriggio, un ragazzo ed una ragazza passeggiano per la città, mano per la mano. Lei 14 anni, lui 16.
E' sera e lei sta piangendo, davanti al computer. Lui le ha scritto che si è fidanzato, ma che non vuole perderla..

Matteo. Matteo lo aveva conosciuto tramite un social network e se ne era innamorata, a 13, 14 anni.
Ma lui l'aveva delusa... per due volte.
Si era sempre fidanzato con un'altra mentre si sentiva con lei. Spezzandole il cuore.

Però Sofia ormai era grande e non la toccava più.
Ma una cosa Elisa se la chiedeva: Riuscirò a innamorarmi di nuovo?

Nota dell'autrice: Vedrò se nei prossimi mesi, quando avrò concluso con "Miss Simpatia", riuscirò a dargli una sistemata. Se lo farò, questo capitolo diverrà più ampio, approfondito e introspettivo, come il genere che mi ostino a non seguire, ma che ho scelto. Però quello arriverà, è una promessa, è già scritto. Buona lettura!

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Capitolo 12
*** Capitolo 11- Keep me in your heart for a while. (La parola a Sofia). ***


Capitolo 15

Sofia sul suo blog, riguardo il primo giorno di vacanza:

“GIORNO PARTENZA/ARRIVO:
Ovviamente dovevamo partire alle otto e ci mancava poco non facessimo invece le dieci.
Il viaggio è stato abbastanza noioso,fra il cd delle canzoni del Settecento di mio padre e il mio cercare di non ascoltare leggendomi per la 38495 volta il libro "Destinazione ignota" della Christie,che è uno dei pochi libri che non ho riletto milioni di volte,anche se ormai sapevo già a memoria le parole lo stesso.
Quando ci siamo fermati in autogrill è stato molto bello vedere un enorme cacca di cane,roba che ho detto:sicuramente,qualcuno della mia famiglia la calpesterà,idioti come sono.
Infatti,tornati in macchina questa sottospecie di Eau de Toilet si sparge in tutta la macchina.Chi può essere quell'idiota ad averla calpestata?Io.
Del resto nulla,solo che mentre stavamo andando avanti per l'autostrada,fermandoci in un altro autogrill abbiamo visto tipo 5 o 6 furgoncini fermi lì,di quelli che trasportano carcerati,io mi aspettavo una scena da film,tipo:poliziotti fighissimi che scendono,furgoncini che si aprono con relativa fuga dei carcerati,sparatoie ecc...
Invece ovviamente scendono poliziotti panzuti e di età avanzata e non succede nulla.

Appena arrivata esco subito con mio cugino (lui è venuto qui già da un po') e chi vedo subbbito subbbito subbbito?!Rocco,Rocchinoo! (dovete sapere che anche se l'anno scorso non son venuta qui,ci sono già stata 3 e due anni fa,con sto ragazzo (bello e anche un po' vanitoso,ma bravissimo) ci sono uscita una sera (ed ho fato anche grandissime figure di merda,ero pur sempre un appena quindicenne))

Comunque si lo vedo,identico straspiccicato a com'era prima e lo saluto con indifferenza,perchè era insieme ad una ragazza,ma in definitiva a valutarlo in queste due sere non ci dovrebbe stare insieme,quindi bieeen,bien,muyy bien!

PRIMA SERA (SEMPRE QUELLA DELLA PARTENZA/ARRIVO):
A dir poco noiosissima,ora capisco perchè a 15 e 16 anni,tutte le sere mi andavo a brillare/ubriacare con una ragazza del posto che quest'anno non ho ancora visto.Una noia mortale,cammini di qua di là,saluti e basta.Poi mi sono resa conto che uscire con mio cugino non è una buona idea,chi non ci conosce e non sa che siam cugini,può pensarci immmmorosati.
Ho visto Alessandro. (uno che mi veniva assai dietro) che fra un po' neanche mi riconosceva per il nuovo taglio di capelli,dio mio quando migliora di anno in anno *-*

Per quanto riguarda Erik dico solo che la sera prima di partire l'ho sognato,ho sognato che ci ricercavamo tutti e due e fra le lacrime reciproche riniziavamo insieme e,proprio a dirla tutta,stamattina l'ho pensato un bel po'.
Cazzo.

E' che non era mai successo,anche quando avevo lasciato il sospeso la questione Gianlù (ragazzo dello scooter) ed ero andata in vacanza,perdio lui m ipiaceva,ma ero riuscita a vivere la vacanza come un mondo a parte,quest'anno invece,un po' meno...”

Sofia sul suo blog, riguardo l' ultimo giorno di vacanza:
 

“Blblblblbl siamo al giorno prima del ritorno...
sono abbastanza giù.

Alla fine con Alessandro c'è stato un pomeriggio un po' intenso (alla faccia del ragazzo che doveva essere solo di bacini,rischiavo mi saltasse addosso) ed è finito tragicamente quando ho scoperto che è fidanzato.COSA?MA SEI S*RONZO?viaviavia. E il bello è che poi non è che mi ha ricercata per chiedermi scusa o robe del genere mi ha pulsata continuamente per convincermi a uscire di nuovo con lui,ditemi voi se è normale.

Rocchino l'ho visto giusto un altro paio di volte e ieri l'ho salutato un po' meglio.

Mario...Mario...Mario.L'ho visto la sera stessa del pomeriggio passato con Alessandro e da lì...l'ho visto tutti i pomeriggi e tutte le sere...com'è che l'avevo definito?Una grandissima scopata?Di quelle ne abbiamo avute tante,ma non c'è stato solo quello.
Alla fine lui si è affezionato tantissimo a me e anche io un po' a lui...
Sia chiaro,ci fossimo incontrati in una situazione normale l'avrei trattato come ogni altro ragazzo,solo che ti trovi qui,già sapendo che ci sarà una fine,magari all'inizio ci esci così spesso solo perchè lui te lo propone e tu non sai che fare poi invece alla fine glielo inizi a proporre tu...
Diciamo che ho capito che ci si può affezionare un po' a una persona,soprattutto se non si pensa a difetti reali o immaginari (del tipo:è troppo buono,lo farei soffrire ecc).
Poi non so,so solo che ieri dopo aver fatto l'ennesima volta l'amore son scoppiata a piangere.Che destino bastardo.La cosa che più mi rode è più che altro sapere che è probabile non ci vedremmo più...gli odio gli addii...Lui ieri mi ha regalato un puffo che aveva da piccolo (mi chiama puffetta) e io la sera invece gli ho dato l'accendino col micino.
Che carino che è lui,mi ha detto e mi dice sempre un sacco di cose carine,rinuncia alle serate in discoteca (e a lui piace molto andarci) per stare con me,mi difende...
Io gli ho detto che se abitassi qui forse uscirei con lui con quelle intenzioni serie,lui di risposta ha detto che se io abitassi qui di sicuro avrebbe fatto di tutto per stare con me.
Blblblbl,quanto sono smilelosa,troppo?Nah,non vi preoccupate,ho visto che comunque i miei occhi sono continuati a posarsi su altri anche mentre ero con lui,alla fine è che gli voglio bene più che altro.
Oggi quando vado a casa sua gli lascio un post-it da qualche parte prima di uscire...glieli ne ho fottuti un paio ieri,era pensando a quel che volevo fare che poi son scoppiata a piangere.Quiiindi oggi quando lui andrà in bagno prima di accompagnarmi via,glielo attacco da qualche parte,poi lo obbligo a non mettere a posto il casino che faremo così domani dovrà tornare (lui sta spesso dai suoi più che altro) e appena entrato,mentre metterà a posto si ritroverà un bel post it da qualche parte con scritto "Sometimes when you're doing simple things around the house,maybe you'll think of me and smile.
You know I'm tied to you like the buttons on your blose,

Keep me in your heart for while. "


 

(ero indecisa se togliere la seconda frase perchè è troppo "esagerata",ma mi sa che alla fine metto anche quella)
....cazzo non ci posso far niente solo pensar a sto gesto mi fa bruciacchiare gli occhi.
.....sopprimetemi.

Blblblblblblbl fatto sta che domani probabilmente torno.E che dopodomani probabilmente esco subito con Simone.Sarà un rompicogl*oni ma forse capirete perchè voglio uscirci subito.

Un bacione...”

Quell'anno, per Sofia, fu una vacanza diversa dal solito. Alessandro insisteva per vederla, ma ormai gliel'aveva detto, era fidanzato, ed Elisa non se la sentiva.
Le era andata bene, invece, con quel Mario. Aveva semplicemente detto a suo cugino che era un ragazzo carino e lui aveva fatto in modo che l'accompagnasse da solo a casa. Si erano fermati in un parchetto e lei gli aveva raccontato delle cose più recenti della sua vita, non della sua prima volta, ma del bacio col barista. A quel punto lui le aveva detto: “Io non sono un barista, ma...” l'aveva presa e baciata. Un bacio appassionato.
Si erano visti nei pomeriggi e nelle sere successive in maniera soft, qualche toccata, qualche “Non andiamo da un'altra parte che non sai cosa ti faccio”, le chiacchierate, le lattine di coca cola vuote lasciate sulle scalinate lunghe, la sera, quelle di cui Sofia avrebbe avuto paura, molti anni dopo.
Poi arrivò il sesso. Di pomeriggio, nella seconda casetta del ragazzo. Arrivò lo: “Scopami”, coi vestiti di Sofia tolti in fretta e furia, dopo essere stata sbattuta alla porta, poi lui era entrato, su e giù e lei aveva goduto.
Era arrivata anche la gelosia, verso il ragazzo che a Sofia aveva regalato il suo primo vero bacio, ma lei la accettò. Accettò di allontanarsi da questo una sera e andare a vedere come stava Mario, che la ignorava e lui gliel'aveva spiegato e gli aveva detto che sapeva e che sapeva anche della sua pessima reputazione, che si era messo contro tutti i suoi amici, per stare con lei. Ma che non doveva pesarle e che quelli, in fondo, non erano i suoi veri amici.
Si era ingelosito anche, quando, passeggiando di pomeriggio, un ragazzo l'aveva fissata e lui aveva urlato: “C' 'cazz s' mir? Non lo vede che sto con te?” (“Che cazzo guarda a fare? Non lo vede che sono con te?”) e lei aveva detto: “Ma lascia stare, che era pure carino.” e aveva dovuto trattenerlo, per non farlo andare via.
L'ultimo pomeriggio, dopo il sesso, dopo le lattine che avevano quasi completato la scalinata, disposte ognuna su un gradino diverso, lei lo aveva aspettato, come sempre, sulle panchine vicine a casa di lui e lo aveva visto rientrare in macchina. Dopo un suo scatto, a sua volta, di gelosia, lui le aveva riferito delle cose rinunciate agli amici, per stare con lei.
Dopo aver avuto almeno tre rapporti quel pomeriggio, Sofia aveva scritto il post-it, ma gliel'aveva dato subito, lui lesse: “Sometimes when you're doing simple things around the house,maybe you'll think of me and smile.
You know I'm tied to you like the buttons on your blose,

Keep me in your heart for while. "
E non capì, così lei, che già piangeva, ne prese un altro e scrisse:
“Qualche volta, quando starai compiendo gesti semplici in casa,

magari penserai a me e sorriderai,

sai che sono attaccata a te come il tuo bottoncino nella camicetta,

tienimi nel cuore per un po'.”
E anche lui, il non piangente, era scoppiato in singhiozzi, si erano abbracciati, poi le aveva regalato un puffo della sua infanzia.
Avevano passato la sera a piangere e scattarsi foto, Sofia aveva anche sforato l'orario di ritorno dato dai suoi genitori e per l'ultimo saluto, lui l'aveva accompagnata baciandola all'interno del portone.
Quella sera lei gli aveva anche detto: "Sai che se abitassi qui, forse avrei intenzioni serie con te?"
E lui le aveva risposto: "Se abitassi qui, saresti già mia.
Ma pure che abiti... lasciamo stare..."
Dopo essersi presa il rimprovero per il ritardo da parte di sua madre, la mattina dopo, nel viaggio di ritorno ebbe l'illusione di vederlo accanto lei, abbracciarla e consolarla.
Le mandò un messaggio la sera: Aveva messo lui l'ultima lattina nella scalinata, per completarla e l'aveva fatto da commosso.

Nota dell'autrice: Questo è uno dei capitoli che considero fra i più importanti di questa storia. Non è uscito come avrei voluto, come tutto, del resto. Ma ci ho provato e spero che non sia troppo lontano, almeno, dalla decenza. Un saluto e buona lettura a tutti! Mi scuso per eventuali errori.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12- Te lo ricordi Erik? ***


Capitolo 16

5 anni dopo.

Sofia si buttò a cercarla prontamente, pensava al peggio, che si fosse già suicidata. Tutti la volevano morta, compresa quella professoressa dai modi fintamente gentili che la stava cercando a sua volta, forse felice del fatto che avrebbe potuto aver già compiuto l'atto. Poi la vide, in classe, seduta a un primo banco, con una mano posata sulle vene dell'avambraccio opposto. Si guardarono e questa, lacrimante si alzò ad abbracciarla. La prof cominciò a sbraitare, il loro piano comune non era andato a buon fine e Sofia strinse forte quella ragazza, con le sue stesse caratteristiche fisiche, ma molto più bella di lei e dall'accento straniero. Sbuffò con le labbra, pensando che l'altra non meritasse tutte quelle cattiverie del mondo. 
Il suo abbraccio con Miss Simpatia sembrava non finire mai...


"Ma se sono io Miss Simpatia!" disse svegliandosi.

5 anni prima.

Sofia lasciò la porta di casa chiudersi alle sue spalle, per poi sedersi accanto al tavolo e scoppiare in un pianto compulsivo.
Ce la stavano facendo i professori, a vederla cedere. La volevano bocciare, al suo ultimo anno, era evidente.
Prese un fazzoletto e spense le sue lacrime, domani avrebbe avuto il First, con quei ragazzi simpatici e avrebbe visto anche il “Riccio”. Sorrise al pensiero.

La sua mente ci mise poco a passare altrove. Quel giorno aveva voglia di ricordi.
Si mise davanti al computer, a sfogliare ciò che vedeva.
Era arrivata ai post dell'anno prima.

“Che periodo...non va tutto a puttane...di più!
Pensare che l'anno scorso lottavo coi miei per avere più libertà,per potere iniziare ad avviarmi verso l' indipendenza...adesso mi sto privando di tutto,di mia iniziativa.
Al problema della mamma che non lavora si è aggiunto mio nonno che abita lontano da noi che è stato praticamente abbandonato dalla badante,ha 87 anni e se qualcuno non lo alzasse e lo aiutasse a trascinarsi i piedi se ne starebbe sul letto 24 ore su 24 aspettando la morte...che situazione... mio padre era preoccupatissimo,è andato lì tre giorni e adesso ne ha assunto un altra che non è sicuramente il massimo e il marito del ex badante aveva richiesto 10.000 euro in una lettera che sotto toni pacati implicava minacce,ma di questo non mi preoccupo,gli è bastato sapere che mio padre fosse andato a parlare con un avvocato perchè ritirasse tutto...però mio nonno c*zzo,quanto mi dispiace...
Sapendo la situazione io ho interrotto la mia vita sociale per stare più vicina a loro senza dirglielo,pensare che per come sono messi ora mi farebbero andare ovunque voglia per quanto tempo voglia...perchè hanno tutt'altro per la testa,eppure l'idea non mi sfiora la mente,quando l'anno scorso sarebbe stato esattamente quello che volevo.A scuola sicuramente sto andando bene e mi sto impegnando,ma lo dico con amarezza perchè è l'unica cosa che un po' mi distraee da tutto e,ripeto,lo faccio neanche per gratificarli,quanto per non dargli altri problemi...
...Mia sorella invece,coi suoi vent'anni non so dove,invece no.
Non so se ne abbia mai parlato,ma io e lei siamo come il giorno e la notte,diversissime a partire dal fisico a tutto il resto...Beh lei ha deciso in questo periodo di mettersi con un carcerato (incontrato perchè lei attualmente fa parte della protezione civile e loro svolgono servizi sociali),37enne,con un divorzio alle spalle e un fglio che ha 15 anni,5 in meno di lei.Lei ha sempre avuto storie impossibili con ragazzi non sbagliati (di più),è la persona più ingenua che abbia mai conosciuto ed è tanto insicura da cadere fra le braccia del primo che le fa due complimenti.Pur avendo due anni in più di me sono convinta che più cresce più diventa peggio,dovevate vedere come parla e come parlava della cosa,una bimba di 12 anni,roba da senza parole,io ho smesso di parlarle e la ignoro,i miei come ho detto prima avevano i loro cazzi per la testa,stasera finalmente le hanno dato una strigliata...
Gli ha dato solo un colpo al cuore in più quella deficiente e si sta facendo anche del male come sempre.Io quando le parlo lo faccio in tono duro ma è palese quanto le cose le entrino in un orecchio e le escano dal altro...non so cosa fare con lei,non so come fare in generale.
Giuro...
Sto rinunciando a amici e tutto un po' per studiare,un po' per stare coi miei,un po' perchè è come se non avessi voglia di fingermi felice,un po' perchè per andare in posti in cui mi serve un passaggio mi vergogno anche solo a chiederlo a mio padre,così come mi vergogno di chiedergli di fare shopping o roba simile e alla fine non lo faccio...
A scuola la mattina prima riuscivo a distrarmi,ma col fatto di mia sorella...
Il fatto poi è che mi tengo tutto dentro,è che mi viene da tenermi tutto qui...non mi escono lacrime,non ho raccontato la situazione a qualcuno per paura di piangermi addosso,forse qualcuno si è accorto che sono diversa e più triste del solito e eppure nemmeno i miei hanno idea del fatto che ci stia morendo dentro anchio...ho una famiglia praticamente frantuamata,sono impotente e non vedo sbocchi in lontananza per una risoluzione,ne per stare meglio,in compenso per ogni qualche piccola cavolata quotidiana a volte mi verrebbe da piangere (ma mi trattengo) come se mi fosse appena successo qualcosa di tragico è come se le mie lacrime siano in attesa. “

Si fermò su suo nonno... Suo nonno. Si ricordò dell'ultima estate in cui l'aveva visto, gli aveva lasciato un bigliettino con su scritto: “Nonno ti voglio bene.” Lui l'aveva letto ed era stato di commozione generale, anche se lei ne era in imbarazzo. Ma non aveva bisogno in quei momenti, di rileggersi in attimi più tristi.
Scorse sotto e sopra.

"...L'unica cosa è che durante l'estate le mie uniche compagne di classe hanno avuto...come definirlo? "uno scontro muto".Un amica dell'Ale le ha detto che la Lore le aveva dato della poco di buono e così l'Ale l'ha ignorata fino a fine estate,anche nei corsi di recupero (pur sparlandole dietro e dicendo che alla prima occasione le avrebbe spaccato la faccia).Io,vado d'accordo con tutte e due,ho il grosso difetto di essere TROPPO tollerante e comunque nessuna delle due mi ha mai fatto qualcosa di grave,togliendo qualche atteggiamento del loro carattere che mi può dar fastidio.Vabbè,mi son persa.Praticamente mi son messa il primo giorno vicino alla Lore,anche perchè alla mattina avevo beccato prima lei e c'eravamo messe a parlare e l'Ale vedendola è stata da tutt'altra parte,dopo mezz'ora però mi arriva un messaggio (dall''Ale) "Non parlo per la coerenza di certe persone ahah! Meglio sola che con delle coglione!" e ne leggo anche uno prima che inequivocabilmente doveva essere per il suo moroso.Ad ogni modo,dopo una mezz'ora (nel frattempo io avevo io mi ero scazzatissima) si gira,tutta rossa in faccia e mi dice "Sofi,Sofi,non era per te il messaggio!" continuando poi a dire,mentre mi vedeva scettica,che me l'avrebbe detto in faccia,avesse avuto qualcosa contro di me e che quel messaggio era riferito a non so chi.Dobbiam crederci?Crediamoci.La mattina dopo ferma la Lore prima della lezione e comincia dal nulla a urlargli in faccia (facendo non poca scena) e dicendole tutto quello che non le aveva detto per un intera estate.Io son stata con la Lore tutto il giorno,fino a quando la mattina dopo l'Ale mi ha chiamata per parlare,mi ha chiesto se la Lore mi avesse messo contro di lei,mi ha detto che per lei sono un gran amica,che le dispiaceva che in qualche modo la ignorassi e che non voleva che per una litigata con l'altra ci finissi di mezzo io,perchè ci tiene a me.Discorso molto bello che ho condiviso e che mi ha fatto quasi scordare del messaggio che ancora mi ronzava in testa.Poi però la mattina dopo (aveva litigato anche con l'Ila,la sorella gemella della Lore che non è in classe con noi ) la vedo con le braccia conserte aspettando qualcuno e capisco subito.Così decido di aspettare anche io fuori.Appena arriva l'Ile infatti,assisto alla scena più patetica della mia vita:l'Ale che le si butta addosso cercando di schiaffeggiarla,mentre lei che ,essendo in quinta non può permettersi sospensioni,non può reagire (anche se con un solo gesto l'avrebbe stesa),io cerco di calmare l'Ale,tenendola ferma e allontanandola da l'Ile (nel frattempo tutta la scuola si godeva la scena) e lei cosa fa?Se la prende con me,mi tira uno spintone dicendomi in modo "poco carino" di levarmi di torno e a quel punto l'Ile le tira il suo unico ceffone dandole della pazza perchè se l'era presa con me e dopo un po' si placano.
Dopo 10 minuti l'Ale viene da me mi abbraccia e mi dice "Scusa Sofi non ce l'avevo con te,davvero",roba da no comment sinceramente.
Comunque per farla breve,in sti giorni,l''Ale si è fatta abbastanza perdonare e ci son tornata a parlare,lei e la Lore sono in una sorta di tiro alla fune (dove io sono una fune) ha avuto dei problemi anche stamattina,ma non ho visto e ho preferito non sapere.

Sisisisi dovevo parlare della classe e dei due nuovi,visto che uno è anche molto carino e mi attrae un pochicchio peeerò,non ci posso far niente,è successo poco fa e devo spezzare il discorso,ERRRRRRIKKKKKKKK MI HA CERCATAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAA
MMmmm,okkey,basta. Comunque se tutto va bene da come abbiam parlato dovremmo vederci e potrebbe essere e da come ne abbiam parlato o sarà un modo per lasciarci più dolcemente,oppure un provare a ricominciare...onestamente però ragazze mi viene da pensare più alla prima ma va bene così  anche se credo dipenda tutto da come mi comporterò...

...ErikErikErikErik Ohdiomio.Dire che mi è venuto un infarto è riduttivo.Pensare che io a settembre mi facevo tutte le pippe mentali del mondo,alla fine avevo deciso di mandargli un messaggio VUOTO.Mi ero messa subito l'anima in pace non vedendo risposta,anche se un po' su fb mi veniva il dubbio che non si riferisse a me per qualcosa,solo che alla fine mi dicevo di smetterla d'illudermi e basta...e invece  Oddio! “

Le partì una sonora risata. Erik. Sempre questo Erik. Ma in fondo, sempre meglio che ricordare Mario, no?
I tempi tra Ale e Lore erano cambiati. Nel senso che si erano prese a botte e lei era quasi svenuta. Lei, Sofia. Tirò un sospirone ripensando alla chiamata ricevuta da Ale per non perderla, anche quell'anno, pochi giorni prima.

Se il buongiorno si vede dal mattino,questo 2013 non sarà sicuramente male!

Cheeee capodanno!
Del tipo che pochi giorni fa non avevo accettato di andare in montagna con certi amici e mi ero messa d'accordo con l'Ale,ovviamente non avendo patente e non avendo mio padre disponibile nè a portarmi nè a vienirmi a prendere avrebbero dovuto fare loro,sorgono problemi e mi rassegno a dover passare il capodanno in casa,ma con sorriso.
Fino a che alle 22.30 mi arriva la chiamata dell'Ale dove dice che stan partendo per venirmi a prendere e di non oppormi.Credo di non essere mai stata così svelta a passare da barbona a addobbata per uscire.
Vengono a prendermi l'Ale,il suo moroso e un amico del moroso,il cui nome è Luca.
Ovviamente benedico e maledico l'Ale allo stesso tempo dicendole anche che nulla faceva pecca tranne che avesse portato dietro il Luca sbagliato.
Quest'ultimo ci provicchia tutta la sera e la stessa dose di disinteresse indietro.
Che poi non è assolutamente brutto e nemmeno antipatico,ma avevo credevo di avere testa altrove.
Stiamo un po' a san felice,beviamo un drink (il malibù all'ananas era la mia bevanda alcolica preferita.ERA.Mi ha disgustata così tanto che non ho voluto alcolici per il resto della serata,mai bevuto un malibù fatto così male!),poi il tempo di fare conto alla rovescia e guardare i fuochi,che siamo già in macchina diretti a Modena,dopo la fase "alla ricerca di un locale decente" decidiamo di andare in uno dove si balla latino-americano.PRIMA E ULTIMA VOLTA CHE METTO PIEDE Lì DENTRO. Di quel locale non mi piaceva per niente,nè la gente,nè l'atmosfera.Preferisco posti più sofisticati,magari spendendo anche di più.
Fatto sta che declino ogni offerta da parte di Luca di offrirmi da bere,e di ballare,per poi ballare con due sconosciuti sottocostrizione dell' Ale (uno si era attaccato come una medusaaa),poi inutile dire che quel genere non lo so ballare,roba da figura di merda apocalittica,decidiamo di andare a casa e tempo di accompagnare prima l'Ale che si son fatte già le 4,venti minuti dopo,proprio mentre avevamo fatto una sosta da bravi tossici dimmerda per una sigaretta,e chi mi chiama?Erik,il cell vibra un po' ma io ci ho messo un po' per cercarlo,così tempo di trovarlo che aveva smesso.Dubbio:Miraggio o ha sbagliato numero o il suo cellulare è spastico tipo il mio? Decido di buttarmi e richiamarlo,ma non lo fa squillare troppo,dopo due secondi messaggio da parte di lui,dove mi augura buon anno,gli rispondo e mi richiama,mi rifà gli auguri mi chiede come sto e...dove sono.Gli rispondo che ero a 20 km dal mio paesino e lui,a un'ora da me,mi dice di dirgli una via,perchè voleva venire a farmi gli auguri di persona,appurato che non fosse ubriaco,gliela indico.Arrivata fuori di casa (4.20 circa) lo aspetto,mentre lui continua a mandarmi messaggi dicendomi che da li a poco sarebbe arrivato e di aspettarlo,così faccio,però,anche se ci ha messo effettivamente poco stavo morendo assiderata lo stesso.

Dadadadan non mi ritrovo l'Erik col mondo,ma mi trovo l'Erik con la Sofia.
Parliamo un po' fino a quando mi prende,mi abbraccia e mi chiede scusa per quanto avvenuto st'estate.
Passiamo la serata assieme (fra sbaciucchiamenti/pomiciamenti vari) fino le 6.30 del mattino,lui era stanchissimo (era stato in discoteca prima di arrivar da me) e doveva guidare,così mi riaccompagna a casa e mi manda un messaggio mezz'ora dopo,appena arrivato a casa.

Gran bel capodanno,davvero!

Oggi pocopocopoco per una stronzatina sono andata un po' giù di morale.Ma fanculo,ho deciso proprio di fottermene!
Almeno l'inizio dell'anno,non me lo rovina nessuno!

Buona notte (oggi vado a letto presto,che stamattina avrò dormito si e no 3-4 ore) e un bacione!”

Chissà che fine aveva fatto poi, quel ragazzo!
Le ultime volte che si erano visti le aveva dato ripetizioni di matematica ed era stato gentile una volta su sei, nonostante lei le volesse solo per stare un po' con lui.

A quel punto, spense il computer, promettendosi di guardare qualcosa il giorno dopo e andò in camera a studiare, perché era cambiata.

Nota dell'autrice: Come state, belli? Io sono nel limbo, quando le idee generali cominciano a scarseggiare non si è mai messi troppo bene, sopratutto se voglio dare a Sofia la stessa consistenza che ho dato a Elisa, che non dovrebbe essere un problema, direte sarcasticamente voi e invece lo è! Mi auguro di riuscire a proseguire, in qualunque modo vada, a questo punto. Buona lettura :-)

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Capitolo 14
*** Capitolo 13- Alessandro. ***


Capitolo 17

Sofia decise il giorno dopo, di mettere un punto dopo la parola Erik. Oppure andarsi a cercare dove quel punto era già stato messo.
Scorse perciò giù col mouse.

“Nausea,mal di testa bestia,sonno.
E' questo che provoca il rientro dalle vacanze.
Alzarsi alle 5.25 non è certo una gran cosa e,di sicuro,andare a letto tardi non migliora le cose,ma ieri ero giustificata,dovevo vedere il signore degli anelli e il ritorno del re,con relativo pianto come una scannata,quella trilogia è micidiale:ogni volta che li guardo mi emoziono come fosse la prima volta.
Tuttavia è stata una giornata positiva,di un periodo positivo.
Ed ho scoperto quanto sia vero che a volte tutto dipende dalla visione che hai delle cose.
Ad esempio Erik è come se l'avessi già mandato a quel paese.Dopo la buonanotte del capodanno,non si è praticamente fatto sentire e ieri li ho detto: "O hai un modo molto discutibile di tenere alle persone o sei solo molto abile a prenderle in giro."
Risposta "Ho anche una certa abilità nel distruggere la macchina."
Per quanto sia vero che sia in riparazione,l'ho trovato comunque un messaggio non degno di risposta.Da quando una persona la si cerca con la macchina?
E poi diamine,abitiamo così lontani forse?Io abito in Gandha-Burundi,lui in Norvegia?
Non mi sembra.Avrebbe anche potuto anche dirmelo (se solo avesse tenuto a vedermi o sentirmi),non avrei avuto problemi a prendere corriere.
E quindi niente,prenderò come buona la seconda opzione che io stessa ho supposto,non gli ho risposto e non lo farò.E se si farà sentire la vedo comunque molto dura.Comincio a pensare che mi inizi a vedere più come passatempo.Ma me ne fotto.

Mi sa mi sa mi sa che questo è proprio il mio cazzo di anno.Sarebbe bello se tutto il 2013 fosse così,oggi è stata proprio una giornata piacevole e serena,a parte il mio stato fisico (dovuto anche alle troppe sigarette,su cui però sono sulla via dello stop) e lo è stato soprattutto per la mia nuova filosofia di vita "Fottitene di chi se ne fotte di te".E anche in senso di "amicizie".
Fa stare molto molto meglio.

Un mega bacione :* “

Niente, qui non aveva chiuso i ponti.

“Erik è tornato.Dopo due mesi e mezzo.Con un "Ehi,come stai?"
Lì per lì ho avuto un senso di soddisfazione personale,perchè me l'ero detta: Tornerà,e la prenderà nel culo.
Poi però ho visto che era molto dolce,nonostante le mie risposte scontrose,così ho cercato di chiudere lì la faccenda senza essere cattiva e/o vendicatica.Quando mi ha chiesto scusa però,mi è salita un po' di rabbia e gli ho detto:" Le tue scuse me le hai già fatte due mesi e mezzo fa.Poi,sei sparito per due mesi e mezzo" Ovviamente nessuna risposta,ma passati tre giorni mi ha ricercata.Devo ammetterlo,in quei tre giorni un po' d'indecisione l'ho avuta.Era come scegliere fra ciò che era meglio per me e ciò che credevo di volere.Fatto sta che mi ha ricercata,ieri e oggi.E non è cambiato.Uno di quelli che torna giusto per rientrarti nella testa da cui era uscito,ma lo fa con mille dubbi,roba che quasi quasi dovrei essere io a dimostragli qualcosa...NO,non ha capito proprio niente.Io,invece,qualcosa l'ho capita. Ho capito che a lui faceva molto comodo quando io ero la ragazzina disinteressata,distratta,sfuggente,bambina,quanto mi cercava,come mi cercava... poi, appena ho iniziato a crescere,ad assumere e richiedere certe responsabilità,lui si è tirato indietro,spaventato.E quasi sempre l'ha fatto scomparendo,volatilizzandosi nel'aria.Gli faceva comodo perchè,infondo,aldilà di tutta la sua intelligenza che supera nettamente la mia, credo che ,dall'altro dei sui 22 anni, sia molto immaturo sotto questo punto di vista.Ma io sono cresciuta e non posso aspettarlo.
Certo che ci voglio parlare,voglio sentire quello che ha da dirmi.Se lui dimostrasse di volermi davvero,di essere deciso una possibilità gliela darei anche.Il punto è che so già che non lo farà e quindi non vedo nessuno spiraglio di speranza fra di noi.
Non so più comunque,ormai,se mi hanno più stancato le sue "scuse" o i suoi "scusa",dubito di ogni cosa che mi dice,non sto dicendo che non tenga a me almeno un po',però non mi fido minimamente più di lui.Questo è quanto.

Simone ha raggiunto il suo livello più basso.Nel senso che ha scavato ancora più a fondo del livello a cui era prima.
Sabato sera si presenta sotto casa mia.Chiamate,messaggi,chat.Stavo impazzendo.
Sono scesa,giro in macchina,ci siam fermati per parlare.
Io l'ho smontato,gli ho tolto tutte le illusioni che poteva ancora avere,non glielo dovevo,sono sempre stata sincera con lui anche a costo di passare per stronza acida e cattiva (cosa che penso di non essere) e gli ho sempre detto che a me non interessava,diciamo che quella sera sono stata anche a dargliene tutte le motivazioni,quale può essere la reazione di un uomo davanti all'ennesimo,decisivo,ultimo rifiuto?Rabbia?Tristezza?E' normale,sarebbe stato normale.
Lui però non ha reagito così.Lui ha reagito saltandomi addosso.Mettendomi le mani addosso,nel senso marpione e viscido del termine,dicendomi che dovevo lasciarmi andare,non farmi troppe paranoie e ammettere che anche io ne avevo voglia (si,una voglia straripante proprio) ho provato prima a parole a dirgli di allontanarsi,poi ho cercato di spostarlo,alla fine ho dovuto allontanarmi brucamente,scendere dalla macchina e urlargli che o mi avrebbe accompagnata a casa o ci sarei andata a piedi.Mi accompagna,silenzio assoluto.Prima che scendessi prova a farmi tutte le scuse del mondo e a baciarmi.Vado a casa indignata e ricevo tre messaggi di fila il primo: "So che non doveva prendermi ma mi è presa troppa voglia..!" il secondo: "Scusa..." il terzo: "Non vuoi stare proprio 10 minuti vero?..." UN DEVIATO MENTALE!
Ovviamente non ha avuto nessuna risposta,però vorrei aggiungere che era così affranto e dispiaciuto,che poi è andato a ballare,scrivendo che il locale era pieno di fighe sul suo fb.
Io le parole le ho perse tutte.
Dico solo che certi maschi è un offesa chiamargli "Uomini",non dovrebbero essere chiamati così neanche per sbaglio.Che schifo.Che cazzo di schifo.

Un altra notizia è che ho ricevuto il mio primo regalo di san valentino dal ragazzino che mi viene dietro(Alessandro).Era un periodo no e per quella giornata è riuscito a farmi tornare il sorriso.”

Non si soffermo nemmeno un po' su Simone.
Si voltò e vide una rosa ancora viva. Era di quell'anno, sempre di Alessandro.
“Almeno qualcuno che mi apprezza al mondo esiste allora!” si disse.

Poi andò ancora più giù.

“....

Erik è tornato.

Simone forse forse l'ho messo ko.Non ho più risposto a messaggi/chiamate/chat per un mese e sembra e dico sembra si sia arreso (dopo avermi scritto che sono una maleducata).”

Niente. Era l'ultimo post eppure Erik non se ne era andato via... da lì. Dalla sua mente e dal suo cuore si.

Capitolo 18

Attendeva un po' quel giorno, tanto più per avere letto quel post il giorno prima.
Quel giorno, dopo tre anni di corteggiamento, avrebbe chiesto ad Alessandro di farsi un pranzo assieme a lei.
Lo cercò a ricreazione, ma non lo trovava. A un certo punto lo vide, lui nascose qualcosa dietro alla schiena.
“Cos'hai in mano?” Chiese Sofia sorridendo.
“Niente...” Il suo sorriso si spense.
“Cosa...”
Lui aprì la mano e all'interno c'era del fumo.
Le labbra di Sofia erano serrate.
“Non dovresti fumare questa roba, Ale, lo sai?”
La sua voglia di chiedergli un pranzo assieme era svanita.
Per la prima volta nella sua vita, provava rabbia e delusione verso di lui.
Come aveva potuto farglielo... Ma si sentiva ridicola per questo pensiero.
Ciò che era certo è che era il primo ragazzo con cui aveva concluso in fretta, una cosa che non aveva dato mai nemmeno la possibilità di nascere.

Nota dell'autrice: Questo capitolo è stato scritto coi piedi, ma auguro lo stesso una buona lettura (magari con qualcos'altro)!. Forse farò un estratto a parte e da un'altra parte con "La storia di Alessandro", altrimenti integrerò qui qualcosa, se lo farò, non lo so ancora.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14- Fra ubriacature e discoteca. ***


Capitolo 19
"Avrei solo voglia di morire.

Non ce la posso fare,davvero. É successo un casino.
Sabato ero alla grigliata di un amico/compagno di classe (Fabio) conoscevo solo lui,l'Ale e il suo moroso, Martino. C'era anche un ragazzo,che visivamente mi sembrava di aver già visto da qualche parte,ma non lo riconoscevo (e credo fosse stessa cosa per lui),prima che Fabio mi convincesse a cominciare a bere (non volevo,credevo dovesse essere una serata tranquilla),mi si presenta e mi dice la sua scuola.Da lì a non son quando ho iniziato a bere di tutto,all'inizio Fabio quasi mi obbligava,poi ho iniziato di mia spontanea volontà,vino/birra/cocktail/cicchetti,di tutto,anche ciò che mi faceva schifo. Da lì,ricordo poco,solo che sto tizio continuava a farmi complimenti sugli occhi e mi guardava in continuazione,ed era carino...io ero molto fuori e so solo che alla fine mi ha dato un bacio a stampo poi si è fermato dicendo che non poteva perchè era fidanzato.
Sono una troia,perchè non ricordo bene, ma a quanto pare lui mi aveva accennato di una fidanzata quando ero gia fuori,una cosa tipo:"Se non fossi fidanzato..." ma io lo stesso ci sono stata e magari se non si fermava ci saremmo anche baciati sul serio. Il giorno dopo,ragionando a mente lucida vengo a scoprire che la sua morosa è una grande amica della mia miglior amica (Stella),un senso di colpa allucinante,chiamo piangendo quest'ultima e chiedendole che fare lei mi rassicura dicendo che ci avremmo pensato insieme,poi, la sera mi dice che lui aveva parlato con la morosa e probabilmente per pararsi il culo,lui le ha detto che ero una tipa che ci aveva provato con lui,ma che lui mi si era scansato dicendo che era fidanzato.(ha giusto omesso/cambiato qualche passaggio).
Fatto sta che o la voce si è inziata a spargere o si spargerà.Ieri sera e ve lo giuro,ho pensato seriamente di farla finita e non sono riuscita a dormire tutta notte.Anche perchè la paura e i sensi di colpa generano mostri,ero arrivata a convincermi che la Stella e tutte le mie amiche di quella compagnia per sta cosa si fossero messe contro di me e che credessero a lui.E sto dubbio ancora ce l'ho.Non ce la posso fare...I suoi amici son quasi sicura mi dian già della poco di buono perchè sicuramente avran già saputo,figuriamoci quando la voce si spargerà ancora di più,se già non si è sparsa...
Voglio morire...

Comunque un bacio alla santa Ale,che mi ha portato a casa e non si è incazzata per il fatto che si è dovuta fermare in mezzo alla strada per farmi vomitare (e le ho vomitato anche in macchina lo stesso) ma che ha solo e soltanto voluto sapere come stavo.
Con mia sorpresa la gente non si è arrabbiata e ci ha riso su.

Io,per quel che è successo ci rido su molto meno...anzi,non so proprio come andrà a finire..."

Sapeva che quei post sul blog li aveva già finiti di leggere e che non avrebbe dovuto tornarci mai più, ma quello lo aveva evitato, fino a quel giorno.
Il suicidio... Quante volte ci aveva pensato e lì era stata da un passo.
Sicuramente tutti ci avrebbero goduto, lei era "Miss Simpatia" per gli altri, ricordava gli sguardi torvi di quelle ragazzine che non conosceva nemmeno.
Però, e ne sorrise, ai ragazzini che le conoscevano non stava così antipatica.
Ne aveva conosciuto uno, Davide, che le aveva scritto perché voleva del sesso e lei lo aveva rifiutato, nonostante il suo avvenente aspetto fisico.
Poi lo aveva ringraziato per la sua sincerità, lui ne era stato molto felice, per poi ritradirsi, sempre con la sua voglia di rapporti. Però erano rimasti amici e una volta, mentre lei stava, come tutte le mattine, andando verso scuola con Mohammed, l' aveva bloccata e aveva detto a un suo amico:" Visto che ci sono anche belle ragazze?" E quest' ultimo, le aveva fatto il bacio a mano, dicendo:" Molto piacere, Davide". I due Davide erano ragazzi che, se ci pensava, facevano cose orribili, riprendevano le ragazze, lo mostravano a tutti... Ma a lei non potevano non essere simpatici.
Quella, comunque, non era stata la sua unica sbronza, la sua mente vagò quindi a un anno prima.
Cava la chiamò per una festa di Carnevale, si vestirono da ragazza dai facili costumi e da calciatrice. Forse agli occhi della morosa di T. erano una bella coppia, questa si era presentata a Sofia, evidentemente ignara e a un certo punto della festa in discoteca le aveva fatto cenno di smettere di bere.
Lei si era risvegliata con una maglia diversa da quella indossata precedentemente, sul pavimento di casa di Cava, con un cuscino sotto la testa, sentendo una porta chiudersi alle sue spalle. Ma lo sapeva che, con tanto di capate agli oggetti ornamentali e al tavolo, aveva avuto un rapporto sessuale. Con Enrico, un ragazzo conosciuto la sera prima. Avevano cominciato a baciarsi sul divano, poi si erano spostati lì. Questo, ciò che ricordava.
Poi lui l' aveva cercata e si erano visti. Lei era stata fredda e distaccata e lui, a fine appuntamento, aveva fatto retromarcia per darle un bacino a stampo.
Davide le aveva detto anche che lei aveva degli scheletri nell'armadio, ma non le aveva fatto sapere quali.
La ragazza non stette a pensarci, non era il momento. Per un attimo la sua testa pensò a Mario, ma scacciò il pensiero, non era il caso di pensare a lui. Non in quell' attimo.
Capitava di frequente quello stesso anno che andasse in discoteca, col suo migliore amico, Daniele. 
Lì non succedeva niente di interessante, faceva amicizia con gli sconosciuti, beveva fino a diventare almeno brilla e ballava.
Non aveva superato il First, le avevano dato solamente il Pet e a scuola guida non andava bene, aveva saltato troppo lezioni e ormai le sarebbe scaduto il foglio rosa. Tanto peggio con la scuola ordinaria.
Ripensò a quella voglia di morire che aveva avuto l' anno prima.
 

Nota dell' autrice: Questo capitolo è stato scritto col tablet e sarà ancora più impreciso degli altri. Nonostante la mia delusione, in generale, rispetto a come sto sviluppando la storia, auguro a tutti una buona lettura!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15- Il 20esimo compleanno di Miss Simpatia. ***


Capitolo 20

4 anni dopo
Aveva capito che forse era un sogno, un sogno terribile.
Aveva un solo modo per uscirne fuori: suicidarsi. Se si fosse fatta male si trovava nella realtà.
Vide una finestra e si lanciò nel vuoto.

4 anni prima
Un 2. Quel 2 che non aveva mai preso in matematica, per quello i suoi genitori erano lì, ben pronti a parlarne con la preside. Questa dapprima si era mostrata cordiale e disponibile, poi, dopo essere uscita per pochi minuti, si era trasformata in una iena.
All' inizio le aveva detto:" Tu sei nel nostro gruppo di teatro, vero?" Col sorriso sulle labbra e aveva invece concluso difendendo la sua scuola.
Era accaduto a Sofia anche di vivere un' altra mattinata particolare, quando una professoressa l' aveva chiamata in disparte. "Vuoi uscire con un 60 quest' anno o con un 80 l' anno prossimo?" Le stava chiedendo di bocciarsi, facendole l' esempio di un ragazzo che, intraprendendo quella strada, era uscito con un presunto cento e poi si era riferita al fatto che non era il solo. Sofia tentò di defilarsi da quel discorso illegale, disse che si meritava ciò che si meritava. Sarebbe stato il quasi ultimo atto " di gentilezza" da parte di quella prof nei suoi riguardi. Da lì, sarebbe stata pura guerra fra nemiche.
Fra i compagni di classe Sofia aveva Tommaso, che, ignaro, quella mattina, le aveva chiesto se volesse dei pass gratuiti, per accedere al privé di una discoteca, ma visto che non sarebbero state anche per Daniele, la ragazza rifiutò.

" E forse ci ritroveremo come le star,
a bere del whisky al Roxi bar,
oppure non ci incontreremo mai,
ognuno a rincorrere i suoi guai"

Questo il sottofondo di quando, senza essersi messi d' accordo prematuramente, Tommaso, Giovanni e Sofia, si incontravano al bar adiacente alla scuola per non entrarci o saltare un' ora.
Ma questa non era la questione che un po' attanagliava Sofia. Lei, guardando Tommaso, in quel momento da fidanzato, non poteva che esserne felice. Quando non lo era, ci aveva provato con lei. Quindi, per due anni. In maniera pesante, con tanto delle sue fantasie erotiche feticiste, che, su richiesta, Sofia aveva tenuto segrete agli altri, domande di uscita insieme e altre varie cose.
Lo avrebbe visto anche in discoteca, come capitava spesso, dargli due baci sulle guance per poi chiederle una sigaretta, che Sofia gli diede. Quello era il giorno del suo ventesimo compleanno.
Era piuttosto brilla, quando rivide Borre. I due si abbracciarono, poi andarono fuori a bere qualcosa e a parlare. Anche se interrotti dal momento coraggioso in cui un ragazzo aveva buttato parte del suo drink in testa a Miss Simpatia. Lei gli aveva detto che era si brilla, ma che non si era sognata nulla e che lui rimaneva uno stronzo. Poi aveva continuato a parlare con Borre, lui si era fidanzato, ma diceva che dopo due anni era difficile... A Sofia ricordò tanto un discorso passato e, forse sbagliando persona, si congedò per questo da lui. Mentre Daniele faceva la bella statuina e la seguiva, lei incontrò in mezzo alla folla urlante un altro suo ex compagno di classe, si dimenò per abbracciarlo, era con una sua amica.
Quando uscirono fuori, lui le disse:
"Sofia Simpatia, è da tanto che ci provo con te, me lo vuoi dare un bacio?"
"No." Disse lei ridendo.
" A stampo, dai!"
"Nooo"
La sua amica era intervenuta:
"Ti capisco sai? Con me ci prova da sette anni!"
"Con me da tre..."
" E a me, lo daresti un bacino a stampo?"
" Si"
E le loro labbra si erano toccate.
Sofia non sapeva che quella sarebbe stata una, forse un' altra, botta alla sua reputazione, proprio grazie a chi le era più vicino.

Nota dell' autrice: Anche questo scritto col tablet, per cui non oso immaginare come sia uscito fuori, spero non regali una cattiva giornata a chi lo legge, io non l' ho nemmeno riletto. Giusto per non essere ripetitiva, auguro comunque una buona lettura!

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Capitolo 17
*** Capitolo 16- I fallimenti di Miss Simpatia e il mondo ostile attorno a lei. ***


Capitolo 21

Difatti per mezza città, la città in cui Sofia, ad esempio, andava a scuola, si sparse la voce falsa che lei avesse limonato in discoteca con una ragazza, per attirare l'attenzione su di sé.
A provocare queste voci era stato Daniele, il suo migliore amico.
A quanto le aveva detto lui ne aveva parlato solo con un'amica in comune e le aveva detto la verità, essendo stata mezza vuota la discoteca, Sofia o per tutti, Miss Simpatia, non riusciva a spiegarselo.
L'amicizia con Daniele era già in crisi. Sofia era mal sopportata da tutto il resto della compagnia e lui si era aggiunto raccontando balle su presunte uscite o accompagnamenti a lei mai avvenuti, solo per saltare dei ritrovi con loro. Questo non le importava, sul serio, non credeva di essersi mai comportata male con loro, tolto il fatto che rimaneva sempre e comunque Miss Simpatia.

Non sapeva le origini di quel soprannome. Forse derivavano dai suoi scarsi sorrisi, dalla sua chiusura verso il mondo, dalla sua antipatia. Qualcuno le aveva detto che era invidia, ma lei non ci credeva. Non pensava né di essere bella, né di essere invidiabile e se poi proveniva indistintamente da uomini e donne, sicuramente ci doveva essere qualcos'altro di mezzo, o la semplice assonanza con il nome “Sofia” accompagnata da qualcos'altro. Non lo poteva sapere e in quel momento scacciò il pensiero.

Aveva comunque litigato con Daniele a causa di quelle sue bugie, non erano rivolte a lei, forse, a meno che non riservasse anche a lei questo suo gioco, ma le avevano dato ugualmente fastidio. Poi avevano fatto pace, poi questo...

Sofia sospirò, se lo sentiva: Era un'amicizia finita.
Pensare che, se lui, in qualche tempo passato, le avesse detto che gli piaceva, lei, a costo di non perdere il loro rapporto, avrebbe accettato di starci assieme. Era assurdo in quel momento in cui aveva deciso meccanicamente di mettere la parola “fine”.
Ma dovevano vedersi... e lei era lontana dal rispondere ai suoi messaggi.

Quel giorno aveva la sua ultima guida prima dell'esame pratico, e non sarebbe andata come quando, nonostante i pochi test fatti, aveva superato l'esame di teoria al primo tentativo, se lo sentiva. Ad aggiungersi al suo malessere, ci fu il fatto che l'istruttore le fece fare lo stesso giro venti volte, per poi dirle che non sarebbe stata in grado di prendere la patente. Sofia, per la rabbia, gli aveva buttato i soldi in mano e se ne era corsa via. Aveva risposto a Daniele che non era il caso di andare in discoteca quella sera, andava tutto a rotoli: la scuola, scuola guida... per lei, andava tutto a rotoli. Daniele non era dello stesso parere, le disse di svagarsi. Arrivarono al litigio e tornata a casa, Sofia lo aveva rimosso da tutti i social, così che lui capisse, capisse come stava e dove era finita la loro amicizia. Ricevette un: “Ma quanto sei infantile” e capì che non aveva capito nulla.
Ma anche che lei non si sapeva esprimere.

Capitolo 22

La sua salvezza era il gruppo di teatro, quell'anno. Aveva cominciato proprio da Ottobre dello stesso a praticarlo e tolti asti da parte di qualcuno si trovava bene, soprattutto a recitare.
Aveva intenzione, come monologo, di portarne uno non suo.
Poi si era messa a scrivere, una, due, tre, quattro, forse pure cinque o sei volte e aveva incredibilmente letto il tutto ai suoi compagni, ce n'erano tre con cui andava particolarmente d'accordo. Aveva partecipato anche a un'intervista ed è per questo che la preside l'aveva riconosciuta.
Le prove per lo spettacolo procedevano.

Quando si esibì mise a tacere tutti, perfino la scuola le fece complimenti fin troppo vivi, ma una cosa era sicura: Si era guadagnata la sua promozione. Forse qualcosa nell'aria questo ancora non glielo diceva, ma lo avrebbe capito, per le sue esibizioni o per la pratica d'attrice che fosse, più avanti nel tempo.

Era arrivato il primo giorno di esami. Il tema. Sofia salutò i suoi compagni e si sedette al primo banco, sentì il presidente di commissione dire: “Ma me ne hanno dette di tutti i colori su questa ragazza qui, di tutto! Eppure mi sembra così tranquilla!” A ciò avrebbe aggiunto “...E sempre al primo banco” nei giorni successivi, Sofia, svolse la sua prima prova con un sorriso velato.

Tornò a casa, e proprio mentre stava studiando per la seconda prova, suo padre si sentì male a causa di un'ernia che aveva da tempo e fu portato, d'urgenza e col pronto soccorso, in ospedale.

Nota dell'autrice: Non riesco a trovare un titolo a questo capitolo completamente non riletto, ma vedrò di fare uno sforzo. Ci avviciniamo alla fine, probabilmente il prossimo capitolo sarà ancora più scarso e forse pure il successivo ancora, ma prometto che, se mai dovessi finire, avverrà un giorno in cui rileggerò, aggiusterò, aggiungerò. Nel frattempo, buona lettura :-)

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Capitolo 18
*** Capitolo 17- Esami di stato. ***



Capitolo 23

Il suo secondo giorno d'esame Sofia era estraniata, come il giorno prima. Come se gli eventi attorno a lei non la toccassero. Non c'era tempo per le lacrime. Aveva semplicemente preso l'autobus, invece di andare in macchina. Si sentiva pronta.
Come si aspettava, il nome estratto in segreto era stato il suo, come prima degli orali. Lo avrebbe previsto, ma se così non fosse stato, si sarebbe offerta come volontaria, per quanto non possibile.

Finì l'esame e tornò a casa, il giorno dopo l'avrebbe attesa il terzo.
Lo svolse e notò che una prof aveva mandato a quel paese la sua prof nemica, per poi avvicinarsi a lei e chiederle: “Tutto bene tesoro?”
“Si” aveva risposto.
“Se hai bisogno...” le aveva detto.
Sofia non si chiese alcun perché. Ma probabilmente, giorni dopo, capì. In seconda prova, quella della sua professoressa non preferita

le aveva dato il voto più basso, 6/15. Nemmeno chi aveva consegnato in bianco si era aggiudicato tale valutazione, il minimo degli altri era un solo 8, poi dal 9 in su.
Quel 8 era di chi, come lei, aveva fatto il rappresentante di classe quell'anno.
Sofia non andò in panico, suo padre era tornato dall'ospedale e stava bene. Le mancava solo l'orale.

“Allora Sofia, correggiamo...”
“Ah prof, è da correggere? Col voto che mi ha messo, pensavo di aver scritto solo nome e cognome...”
“Sofia, se mi vuoi saltare...”
“Nono prof”
Era arrivata a quel punto dopo l'esposizione della sua tesina e varie domande difficili da parte dei suoi professori, era ancora agli interni.
Arrivò poi a quelli esterni, il professore di matematica le chiese un diagramma da costruire fra periodi storici e periodi letterali. Sofia lo fece, fu l'unica della classe. Aveva fatto l'attrice, quella dura, quella che non si lascia intaccare, quella sicura di sé.
Mentre origliava per gli altri, d'altronde la sua nemica lo aveva consigliato in generale, lo sentì più volte ripetere: “Pensa al caso! Quella ragazza dal brutto percorso, però è stata l'unica che mi ha fatto il diagramma.”
Dicevano che lei aveva avuto un brutto percorso e a lei che decidevano gli esterni.

“Sofia, quanto ti hanno dato?” Le chiese suo padre, telefonicamente.
“64/100” rispose Sofia.
“Lunedì chiamo l'avvocato, tu non preoccuparti.” e chiuse la chiamata.

Durante i giorni successivi al suo esame orale, Sofia, aveva visto anche tutti i suoi compagni e gli aveva aiutati prima dei loro esami, lo considerò il suo ultimo compito da rappresentante di classe.

 

Quell'anno non sarebbe andata al sud, in ogni caso e il pensiero non la sfiorava nemmeno, l'anno prima, si era fatta troppo male.

Nota dell'autrice: Come promesso, un capitolo scarso, come promesso, forse lo sarà anche il successivo, questo vedo di rileggerlo in fase di anteprima. Buona lettura!

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Capitolo 19
*** Capitolo 18- La delusione più grande. ***


Capitolo 24

L'anno prima si era fatta troppo male...

Un anno prima

Lo rivide, in mezzo alla folla, si stava avvicinando a lei, con un sorriso pieno la salutò, dandole due baci sulla guance: “Mi ha chiamato Giorgio pochi secondi dopo averti salutata, per farmi venire qui. Come stai? Quando sei scesa? Perché non mi hai fatto sapere nulla? Ci facciamo un giro?” così si ritrovarono a passeggiare, ma ben presto si sapeva dove sarebbero finiti: nella seconda casa di Mario.
Lui la baciò subito e cominciò a toccarla, quando le toccò il seno, alzandole la maglietta, però, la ragazza lo bloccò.
Scoppiò a piangere di un pianto compulsivo. Non provava niente, non stava provando nulla e , in aggiunta, si sentiva in colpa.
Mario si convinse che aveva un ragazzo.
Il giorno dopo litigarono e non uscirono insieme, la ragazza stette con la compagnia del suo primo vero bacio, Leonardo, lo aveva incontrato mentre era con sua madre, ma non era l'unica persona che aveva incontrato, anche degli amici di Mario, o i suoi falsi amici, come li aveva definiti lui.
Il giorno dopo fecero pace e lei si disse di sforzarsi a provare qualcosa.
Lungo le scalinate si sedettero e lui, come al solito, parlò di quanto gli aveva dato fastidio il suo pianto il giorno prima, che si piange per le cose importanti, non per le fesserie...
Si baciarono...

e finirono a letto insieme.
Qualcosa in lui era strano. Era particolarmente violento.
Poi il cellulare di Sofia squillò: “E' Leonardo? Ti sei divertita anche con lui ieri sera, come con me?” Le guance di Sofia diventarono rosse e presto bagnate, cercò di tirargli un ceffone poi disse: “Ma ti pare una cosa da dire? Poi Leonardo, è il mio ex cognato, è stato con mia sorella, un anno fa...” “Guarda che lo so cos'è successo fra di voi, comunque stavo scherzando.”
Sofia si chiuse in bagno, era accovacciata e piangeva.
Poi sentì quella frase:”...Ho finito con l'amica porca”.
Uscì e cominciò a picchiarlo.
“Ma sei matta? Sono al telefono, stavo scherzando... per cosa?” Posò il cellulare, chiudendo la chiamata.
“Sta arrivando qui un mio amico. Tu mi hai fatto male al cuoricino, che sei uscita con quello su, pochi giorni dopo...”
“Parlamene...” disse con un bagliore di speranza lei.
“No, stavo scherzando... lascia stare, stavo scherzando. Comunque hai messo su due prosciutti eh” disse guardandole le cosce.

 

Il suo amico arrivò e a quanto pare, si sorbì le battutine rivolte a lei, mentre Sofia rimaneva indietro, perché a un certo punto si girò, la guardò e disse all'amico Mario: “Basta.”

Sofia si fermò da una parte, lo rivide per il resto della serata, ma lui la ignorava.
Tornò a casa da sola, ripercorse il primo posto in cui si erano baciati, quel parchetto...
Era a braccia conserte e con le lacrime passate ancora visibili sul volto.
Entrò a casa e si chiuse in camera e il suo pianto pareva quasi uguale a quello versato nella stessa stanza, prima di partire, l'anno prima.
Lui era partito, le aveva anche detto che l'avrebbe salutata prima di farlo, lei restò ore a guardare il cellulare inutilmente.
Poi si rialzò.

L'avrebbe superata, si disse.
Eppure era passato un anno e non l'aveva superata.
Erano passati tre anni e non l'aveva superata, ma si erano rivisti.
Però poi di anni ne passarono cinque e, decisamente, non l'aveva ancora superata.

Nota dell'autrice: Non ho riletto. Sono sicura che c'è molto da aggiustare, ma auguro ugualmente una buona lettura! Ormai siamo alla fine.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19- Un anno dopo. ***


Capitolo 25

Un anno dopo 

Era da tanto che non entrava in quel blog, non sapeva con esattezza quanto, eppure, quel giorno, aveva proprio voglia di scrivere qualcosa.


24/6/2013, 22:17
4/10/2015, 18:35

Ciao belli. E' incredibile tutto questo.
Le emozioni e non esagero, che si provano rimettendo piede qui.
Quante cose sono cambiate.

Non ho nemmeno la vaga presunzione di pensare che qualcuno passando possa leggermi a distanza di tanto tempo e visto le nostre vite, le nostre età, in generale, e i nostri "futuri" o quanto meno le aspirazioni.
Ma se lascio una traccia è perché comunque spero.

Detto questo, come parlarvi di me?
E' cambiato tutto e sta cambiando ancora.
Finite le superiori (e anche qui ne avrei da dire), Scuola di teatro e Università.

Con la Scuola di teatro all'inizio tutto rose e fiori, ho fatto zero assenze e non ci credereste mai.
Mi piace, lo amo è ciò che voglio fare, assieme al costruire e scrivere storie.
Però uno sborsamento di soldi.
Persone che ti parlano dietro.
Invidie, cattiveria.
Falsità.
I loro pregiudizi per paura dei tuoi pregiudizi inesistenti.
Loro non mi sono piaciuti o almeno non tutti. La prima volta dai tempi delle medie in cui mi capita una cosa del genere, considerando che in quinta ero arrivata a Rappresentante di classe è stata una botta, fino a quando la docente di movimento espressivo mi disse:
"Lucia, non sei qui per loro, ne per farti degli amici. Fottitene e non fargli vedere che hai pianto"
(Y)

Troppo superficiali.
Dannati, ma forse solo dannati.
Ma non voglio usare troppe parole cattive, non so come mi sia venuta questa sorta di autocensura, ma sta decisamente prendendo corpo, quando scrivo,  e lo faccio almeno:per non sparare, scusate la ripetizione, cattiveria. Anche se loro non dovessero mai leggere, no, non riesco più a sfogarmi come un tempo.

Sono più contenuta e più timida. E più comica.

Più timida: anche coi ragazzi.
Mario. Non voglio dirvi per filo e per segno cosa mi ha fatto.
L'ho rivisto durante questa pasqua.
Ci siamo ribaciati.
Non baciavo un ragazzo da un anno e mezzo.
L'ultimo era stato comunque lui.
E' stato uno sbaglio pasqua,
ma è stato in mezzo a un periodo, che dura dalla circa quarta superiore in su, in cui è come se vivessi un po' col terrore di commettere errori.

Più coscienziosa.
Eh già.
Mi viene da sorridere nel rileggermi cose del 2012, ero tosticcia eh.
Davo del filo da torcere ai ragazzetti.

Capirò
Perché
Sto
Scrivendo
Così

L'università, la devo lasciare, motivi economici (va be' nel senso che mio padre visto l'indirizzo, ha paura che non porti a nulla). Una delle cose più sofferte.


Un abbraccio belli, magari aggiusterò, magari mi concederò invece spontaneità.
Vi voglio bene.”

Concluse e non l'avrebbe mai più riguardato.

Capitolo 26

Pochi mesi prima

Aveva resistito per sei giorni, ma per quanto riguardava l'ultimo, non ce la faceva.
Sentiva il bisogno di vederlo, dargli la lettera e restituirgli il puffo.
Un amico di Mario le passò il suo telefono e lui le disse che stava per arrivare.
Arrivò e si salutarono, si staccarono presto dal gruppo.
Fecero prima una tappa a prendere le sigarette.
“Ma ti sei fidanzato? No, perché se sei fidanzato, guarda...”
“Ma Sofì, tranquilla, mica dobbiamo fare qualcosa, no? Tranquilla proprio. Mò andiamo a casa mia e ci vediamo un film, sai quante amiche che ci ho portato e non abbiamo fatto nulla.”
La raggiunsero, tutto era in fase di lavori in quell'edificio, si sedettero su delle sedie, uno di fronte all'altro.
“Io volevo restituirti questo...” Disse lei, tirando fuori il puffo.
“Ah, ce l'hai ancora. Pure io.” Rispose lui, facendole vedere il post-it attraverso il portafoglio.
“...Non lo tiro fuori, se no si rovina. Ma tienilo scusa, un regalo...” Sofia lo ascoltò.
Tirò fuori la sua lettera e cominciò a leggerla.
“Ironia del destino vuole che
Io sia ancora qui a pensare a te
E la mia mente flash
Ripetuti attimi vissuti con te”
Le passeggiate, loro sdraiati per terra con lei poggiata sul suo petto, rivolti verso l'esterno.
“È passato tanto tempo ma
Tutto è talmente nitido
Così chiaro e limpido
Sembra ieri”
Lei sta continuando a leggere, poi si baciano, lui fa il gioco del non bacio prima di cominciare a farlo e iniziano a spogliarsi.
”Ieri avrei voluto leggere i tuoi pensieri”
Come si erano guardati in passato, successivamente loro accovacciati su una sola sedia.
“Scrutarne ogni piccolo particolare ed evitare di sbagliare
Diventare ogni volta l'uomo ideale”
Quando Sofia lacrimante lo picchiò.
“Ma quel giorno che mai mi scorderò
Mi hai detto non so più se ti amo o no”
Sofia che lo bloccò e scoppiò a piangere.
“Domani partirò sarà più facile dimenticare, dimenticare”
Lei che nel suo viaggio in macchina, quando lo vide comparire, abbracciarla e scomparire.
“E adesso che farai
Risposi "io non so"
Quel tuo sguardo poi
Lo interpretai
Come un addio”
Quando lei speranzosa gli chiese cosa fosse successo e lui abbassò lo sguardo prima di rispondere.
“Senza chiedere perchè
Da te mi allontanai
Ma ignoravo che
In fondo non sarebbe mai finita”
Lei quando si mise a camminare da sola tornando a casa, con le lacrime ancora visibili e loro ora, mentre si guardano negli occhi. 
“Teso, ero a pezzi ma un sorriso in superfice
Nascondeva i segni di ogni cicatrice
Nessun dettaglio che nel rivederti
Potesse svelare quanto ci ero stato male”
Quando lui era andato a salutarla il giorno in cui lei era tornata, un anno e mezzo prima.
“Quattro anni scivolati in fretta e tu
Mi piaci come sempre, forse anche di più
Hai detto so che un controsenso ma
L'amore non è razionalità”
Immagini del primo anno in cui si erano incontrati.
“E non lo si può capire
Ed ore a parlare, poi abbiam fatto l'amore
È stato come morire”
Loro, ora.
“Prima di partire
Potrò mai dimenticare, dimenticare
L'infinito sai cos'è, l'irraggiungibile
Fine o meta che
Rincorrerai per tutta la tua vita
Ma adesso che farai
Adesso io non so
Infiniti noi
So solo che non potrà mai finire
Mai, ovunque tu sarai
Ovunque io sarò
Non smetteremo mai
Se questo è amore, è amore infinito
Infinito”
Una sequenza di immagini che passa rapidamente, con loro in diversi momenti, ed una più lenta in cui stanno vivendo adesso. Qui, si rivestono, escono, e si baciano contro il muro, prima che lei se ne vada.
Nota dell'autrice: (mi stavo dimenticando di metterla) Allora, questo capitolo, così come tutta la storia, è da riempire (e non solo). Auguro però, intanto, una buona lettura a tutti!

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Capitolo 21
*** Capitolo 20- Capitolo finale. ***


Capitolo 27

Un anno prima.

Sofia era davanti a Lia. Stava per tirarle un pugno, non ce la faceva più, ma con sorpresa, anche da parte di Elisa, lo sferrò contro il muro. Così la ragazza la portò o trascinò via assieme a un'amica, che aveva dovuto sollecitare. Erano in una specie di grotta.
A un certo punto Sofia si accasciò e rannicchiata versò qualche lacrima, poi, cominciò a parlare.

- "Nella mia vita sono sempre stata bulleggiata perchè sono una persona debole e a dire il vero non ho idea di come diventare forte. Me ne rendo conto a 20 anni, nella mia vita sono sempre stato il bersaglio perfetto per le altre persone, tranne forse per un periodo.

 

Da piccola ero molto strana, capelli scompigliati, secchiona, il “maschiaccio” che cercava di avere anche amiche femmine, vestita come capitava e timida da vergognarmi a momenti del mio respiro.

 

Inutile dire le prese in giro da parte di qualche bullo e quelle dalle ragazzine un po' cattivelle.

 

Poi crebbi. Ricordo di quell'età la voglia stupida di essere diversa, quella che mi ha fatto iniziare a dipendere da bibite commerciali solo per farmi un nome, quella che in terza media mi faceva fumicchiare qualche sigaretta assieme ai bulli, durante i sabati negli oratori, nell'illusione che mi avrebbero accettata.

 

Superiori. Lontana km dal mio paese. Mi rivoluzionai nel modo di vestire e di sistemarmi. Ho un ricordo stupidissimo del primo anno: tre ragazze già atteggiate che parlavano delle loro esperienze sessuali, mentre

 

io non ne avevo. La cosa stupida è che per me non era un vanto, era una cosa che in quel momento mi fece vergognare da morire, soprattutto quando chiesero a me quali esperienze avessi, provai a inventarmi qualcosa per non sentirmi inadeguata e loro si fissarono fra di loro: avevano colto la balla.

In quegli anni devo dirlo, non ebbi esperienze di sopraffazioni, anzi, ero molto amata.

 

Ero diventata abbastanza svogliata nello studio, cercavo di bruciare le tappe in modo sbagliato -anche se pur facendo la gradassa, ne ero spaventatissima, sono rimasta vergine fino ai 18 anni , nonostante mi professassi come una libertina- C'è da dire che non ero comunque a certi livelli, che vedo soprattutto oggi, anche se quasi cercavo di darne l'aria, dentro ero la solita ragazzina insicura più che mai.

 

Cambiai scuola, nel frattempo le cavolate, che erano già di per se periodiche, diventarono rare, ne feci una, nemmeno particolarmente grave, ma che mi diede tantissimi sensi di colpa, che mi fece capire che non stavo seguendo la mia natura e inoltre a pochi mesi di distanza per la prima volta mi capitò di sentirmi giudicata. Da loro, quelli che un tempo erano miei amici, ragazzi che il giorno prima mi sorridevano, ridevano con me per le mie cavolate, incolpavano altri quando i miei mi rimproveravano, ora tentavano di dissuadere il ragazzo che avevo iniziato a frequentare a non uscire più con me: ero diventata improvvisamente quella che beveva, una puttana, una non raccomandabile. Lui all'inizio se ne fregava dei loro giudizi, ma fu inevitabile, passato del tempo iniziò a dargli corda e mi lasciò in malo modo, trattandomi come una poco di buono.

 

Non lo meritavo, non lo meritavo davvero. Mi fece molto male. Ma non sotto tutti i punti di vista.

 

Cambiai, di nuovo studioso, di nuovo serio, di nuovo me.

 

Non esco, non bacio, non frequento nessuna ragazzo da quando mi ha praticamente lasciata, un anno e un mese fa.

 

E' stato il secondo e , per come lo considero, ultimo ragazzo con cui ho fatto l'amore, il sesso, o come lo volete chiamare.

 

Eppure il mio cambiamento non è stato accolto bene.

 

A cominciare dai miei benamati professori, , che nell'ultimo anno mi hanno preso di mira, facendomi diventare ancora più debole e vulnerabile, mi preferivano più cazzona che seria, mi hanno fatto passare dei mesi infernali.

 

 

 

Ma non solo loro, anche tutti gli altri. Il mio cambiamento è stato visto come un' arroganza, una supponenza, un'ipocrisia, non come un miglioramento. Non posso dire nemmeno una parola senza essere giudicata, a volte qualcuno mi indica, molte delle tue stesse amiche mi guardano male, uno mi ha tirato anche una spallata una volta, guardandomi con aria di sfida. E ne fanno di cotte e di crude loro eh.

 

Oppure ci sono loro, i "potenti", quei ragazzi a cui non ero interessato, per lo più abbastanza conosciuti fra l'altro, che però cercavo di tenere buoni per paura -non fisica ovviamente-. A cui a un certo punto ho dato fine, interrompendo le loro lusinghe. Loro però non la mettono mai la faccia, leccano addirittura i piedi, alcuni hanno avuto la faccia tosta di agire da stronzi, per poi venire da me dicendo che mi aiuterebbero a trovare il colpevole delle loro stesse malefatte. I peggiori, dei frustrati.

 

Io so, che per come sono adesso, non me lo merito, forse neanche per cos' ero, alla fine ero semplicemente una ragazza tonta, spensierata, illusa ed insicura. Che quelle ragazzine hanno negli occhi anche un po' d'invidia, perchè, e non ne so il perchè, dai ragazzini invece non sono malvista così.
 

Altre volte ,invece, mi dico che infondo me lo sono meritata. Che anche se parlano per parlare, per sentito dire, infondo per altre cose del passato me lo merito. E che sono senza spina dorsale, perchè c'è chi fa di tutto e di più, eppure non è così toccato, perchè non è debole come me. Perchè magari ha più spina dorsale, perchè magari è meno stupido, perchè è rispettato, perchè ha qualcuno che comunque lo difende.

 

A volte ho pensato al suicidio.

 

A volte ho pensato che io per tutto questo, non troverò qualcuno che mi amerebbe, nemmeno se lo volessi, che nessuno si avvicinerebbe mai a me, anche a causa dei giudizi che potrebbero averne gli altri… "

 

 

 

"- Sofia…" Disse Elisa a quel punto richiamando la sua attenzione: "Sofia...(Sofia mirò lo sguardo nella sua direzione, dopo averlo tenuto verso il muro a lungo) a me dispiace invece dispiace una cosa: tu ti autobulleggi e non è giusto. Non sei debole affatto, anche quella ritardata della Lia lo ha detto, perché una persona che riesce a cambiare il suo carattere e a fare un cambiamento drastico come quello che hai fatto tu… non lo fa una persona normale. Non puoi lasciare che il passato ti perseguiti ,anche se non ne hai uno per qui vergognarti ma sei tu che lo percepisci cosi, ed anche il ragazzo che hai avuto è un fallito perché non ha usato cervello e cuore per capire che tipo di ragazza sei. Devi solo capire che se sei riuscito a combattere contro te stessa, gli altri gli hai gia sconfitti. "

Capitolo 28

Elisa e la sua amica la sollevarono. Di sottofondo abbiamo sentito pezzi di “Sei” dei Negramaro, ora la canzone continua. 
Mentre lei si staccò e corse. Inciampò e fece cadere dalle sue mani il puffo a terra, non lo riprese, sorrise forte fra le lacrime che le solcavano il viso, ormai aveva raggiunto il cancello della sua vecchia scuola, adiacente a una parte di quella nuova. Si fermò.
“Ehi, vuoi cambiarmi...”
Rivediamo Elisa col suo zaino fermarsi il suo primo giorno di scuola davanti a quel cancello.
Vediamo ora Sofia nella stessa posizione.

Nota dell'autrice: Non sarò ripetiviva come in precedenza, ovvero, non ripeterò quanti difetti abbia questa storia nel suo sviluppo e quanto sia quantomeno da aggiustare. Ma siamo arrivati alla fine. Vi chiederete perché allora io non dichiari la storia finita, la risposta è semplice, ci sarà un extra, che presumibilmente, pubblicherò domani. Ho scelto un extra per non scrivere né un continuo, né una one-shot a parte. Auguro a tutti una buona lettura :-)

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Capitolo 22
*** Capitolo EXTRA- Una sola, come mille. ***


Capitolo 29- EXTRA

4/5 anni dopo
Aveva capito che forse era un sogno, un sogno terribile.
Aveva un solo modo per uscirne fuori: suicidarsi. Se si fosse fatta male si trovava nella realtà.
Vide una finestra e si lanciò nel vuoto.

“Lo sapevo” disse risvegliandosi, col sorriso.
Non aveva più voglia di dormire, eppure, e lo sapeva, avrebbe dovuto sostenere un viaggio di 9 ore, a partire da quella mattina, per arrivare al sud, con la sua famiglia.
Sentiva il bisogno o la voglia di salutare tutti i suoi amici prima di farlo. Era forse per il desiderio di passare il resto della vita assieme a Mario, se l'avesse incontrato?
Non lo sapeva, ma sbuffò a quel pensiero. Però doveva ammettere che la sua importanza, in realtà, cresceva di quanto in quanto si avvicinavano quelle famigerate vacanze. Non erano tanto i ricordi a prendere il sopravvento, quanto l'emozione.

Trascorso il viaggio, si ritrovò a uscire anche quella stessa sera, ma non vide nessuno.
Nella seconda serata invece incontrò qualcuno.
Non era Mario.
Ma i suoi falsi amici, per come lui li aveva definiti molto tempo prima.
Uno di loro voleva fumare lontano da occhi indiscreti, per cui si allontanò col ragazzo e altri due .
Era immersa nel suo mondo quando...
“Che poi nei casini di Mario ci stavo finendo io...”
“Si, è stato proprio un infame, però a Luca gli ha chiesto scusa, anche se dopo un anno...”
“Era quel Mario?” Si chiese Sofia senza la minima voglia di intervenire.
“Comunque gli aveva anche chiesto: Ma ti senti con Martina? E lui gli poteva pure dire la verità, prima che si mettessero insieme, dico, invece di dire di no...”
Dopo poco, la richiamarono per salire le scalinate. Erano le stesse, le stesse delle lattine e a Sofia erano venute le vertigini, aveva anche paura delle salite e delle discese e di salire e scendere le scale.
Tornarono al bar, dov'erano prima e a un certo punto un suo amico le presentò Martina, che a lei non accennò espressioni facciali, mentre nel presentarsi alla sorella sorrise.

Un giorno Sofia la ritrovò anche dietro di lei, intenta forse a leggere i suoi messaggi.

Passavano i giorni e non lo vedeva.
Ma quel giorno arrivò.
Sofia stava passeggiando, con altri amici e non sapeva se lo aveva visto in lontananza. Se quello fosse proprio lui.
Si avvicinò e lo era
...Ed era con Martina, la ragazza che le era stata presentata.
Lui sembrava avesse visto un fantasma. Ebbe un sussulto silenzioso e immobile. Lei con tono molto preoccupato chiese: “Andiamo dentro?” E lui rispose: “Si, andiamo dentro” con lo stesso tono.
Poi ripassò ed erano di nuovo fuori, Martina, guardandola, spalancò esageratamente gli occhi, per poi avvicinarsi e mettersi dietro a Mario, mentre lui ignorò Sofia completamente.
Quest'ultima portò dentro di sé un turbinio di emozioni, tutte messe insieme.
Ma mancava ancora l'ultimo giorno.
 

Tre giorni prima.

Come tutte le sere, Sofia era uscita. Non aveva speranze, non lo vedeva, ma non vedeva neppure qualcuno. Quella serata le stava dando una noia mortale. Quando a un certo punto, rivide Nico, era con un suo amico.

“Ciao.” La salutò con due baci sulle guance: “Lui è Massimo, possiamo sederci?”
“Si, ti ho visto prima. Mi è venuto in mente di quella volta in cui io e la mia migliore amica dei tempi ti facemmo quello scherzo telefonico, ti ricordi?” Sofia era piena d'attenzione, che si era risvegliata in lei e pareva che lo fosse anche lui, si avvicinavano, volto a volto, ogni volta che parlavano, senza rendersene conto.
“Oddio, si che me lo ricordo. No ,ti ho vista anchio prima”
“Difatti a me ha detto: Ora andiamo a salutare un' amica...”
Nico fulminò con gli occhi Massimo per aver parlato e detto quella cosa.
“Ti sei fidanzata?”
“No, tu?”
“No”
Dopo aver parlato ancora del più e del meno, Nico le chiese il numero e lei glielo diede.
“Mi sta chiamando mio padre, scusatemi.” Lei rispose a suo padre, provando a chiedere ancora dieci minuti, ma lui non si convinse e dovette andare via.

Quella notte non pensò a Mario. Pensò a Nico. Poi, si addormentò.

Quattro giorni dopo.

Era l'ultimo giorno e lei camminava, camminava il più lontano possibile dagli altri. “Nonno, non mi guardare” disse osservando la vecchia casa dello stesso, poco distante da dove si trovava lei. Poi scoppiò a ridere e pensò “Forse devo guardare più su”

Era arrivata al limite.

Al limite di un dirupo, prese il cellulare e premette rec. Dal video erano visibili le sue lacrime, ma sorrise, esageratamente, subito: “Cara vita, sapevamo che questo momento sarebbe arrivato.”
“Sofia?” Sentì una voce che la chiamava, era Nico.
Lei buttò il cellulare per terra.
Mentre quel Sofia, non era più interrogativo e diventava urlato.

Aveva capito che forse era un sogno, un sogno terribile.
Aveva un solo modo per uscirne fuori: suicidarsi. Se si fosse fatta male si trovava nella realtà.
Ma lei non ne aveva bisogno. Sapeva benissimo di essere nella realtà.

Si lanciò nel vuoto.

Capitolo 30

Due giorni dopo.

Tutti erano in lacrime, persino le ragazzine, persino quella a cui non aveva tirato un pugno.
Mario era abbracciato a Martina e anche lui piangeva.
Poi l'ambiente cambiò completamente e lui, che è l'ultimo a trasparire, dopo gli amici di Sofia, si avvicinò al burrone, dove Sofia si era buttata.
Arrivò al limite.
 

Tirò fuori il suo portafoglio. Prese un post-it e lo lesse tentando di tenerlo a memoria: "Sometimes when you're doing simple things around the house,maybe you'll think of me and smile.
You know I'm tied to you like the buttons on your blose,

Keep me in your heart for while. "
Poi lo lanciò nel vuoto, e disse, singhiozzando e con la rabbia dentro:
“A questo è valsa la tua morte.”


Fine.



Riflessione dell'autrice: Quando decidi di farla finita, non risolvi nulla.
Quando decidi di farla finita, rinunci a un nuovo amore, a una nuova felicità, a nuove persone.
Quando decidi di farla finita, la dai vinta ai pregiudizi e alla tua reputazione.
Quando decidi di farla finita, compi la unica vera cazzata irrimediabile della tua vita.

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