The evil inside me

di Laura Taibi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il regno sospeso ***
Capitolo 3: *** Greenhouse ***
Capitolo 4: *** La lettera ***
Capitolo 5: *** Come il giorno e la notte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La pioggia cadeva incessante sul suo mantello nero, inzuppandola da capo a piedi.

La terra intorno a lei portava ancora i segni della devastazione dei tempi antichi e i kai, nascosti nei loro tuguri di roccia, la osservavano con sospetto, chiedendosi se quei capelli d'argento appartenessero davvero all'ari di cui tutti parlavano e che, forse, li avrebbe resi liberi.

La verità era che non le importava di loro. Non le importava più di nessuno, ormai.

Quando lui era morto - quando lo avevano ucciso davanti ai suoi occhi -, con lui era morta anche una parte di lei. Quella che sorrideva, che credeva alla favola del mondo perfetto... che vedeva Cseles come casa sua.

Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a sentire la sua voce, ad avvertire il tocco delle sue mani e il calore delle sue labbra. Nonostante si fosse spinta fino al limite del mondo e avesse superato per conoscenza qualsiasi incantatore, non era riuscita a trovare il modo di riportarlo indietro. La speranza l'aveva abbandonata da tempo e ciò che era rimasto era il rancore e la rabbia, che le bruciavano dentro, divorandola.

Scostò dal viso una ciocca di capelli zuppi, sfiorando la cicatrice che le marcava la guancia sinistra e che le ricordava quel giorno in cui aveva giurato, con le mani sporche di sangue, che avrebbe avuto la sua vendetta.

Erano passati molti anni da quel giorno. Aveva vissuto nell'ombra, facendo perdere le proprie tracce, ma non aveva smesso di perseguire i suoi scopi e adesso era quasi giunto il momento.

Alzò gli occhi e la vide. Cseles era proprio sopra di lei, nascosta dalle nuvole e, come sempre, cieca a tutto ciò che accadeva lì sotto.

Inspirò profondamente e si preparò a tornare a casa... e a distruggere la stirpe degli arii, per sempre.

 

 

 

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Ciao a tutti e benvenuti su questa nuova storia!

Per la prima volta, ho deciso di pubblicare un racconto direttamente qui, su wattpad, sperando che a possa piacere.

Quello che avete appena letto è solo il prologo di questa sorta di "esperimento" e mi piacerebbe sapere le vostre impressioni, quindi sappiate che chiunque vorrà lasciarmi un commento avrà la mia infinita gratitudine!

Non so ancora bene dove arriveremo, né tantomeno con quale frequenza riuscirò a postare i capitoli (visto che li sto scrivendo passo passo), ma spero che vorrete intraprendere questo viaggio con me. Vi prometto una bella storia e tanti, tanti feels!

Al prossimo aggiornamento <3

 

Laura

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Capitolo 2
*** Il regno sospeso ***


Selene non aveva praticamente dormito. Quello sarebbe stato un giorno importantissimo, sia per lei che per la sua famiglia, e l'emozione non le aveva fatto chiudere occhio.

Quel giorno avrebbe fatto il suo ingresso nella prestigiosa Greenhouse di Cseles.

Era un rito di passaggio per tutti gli arii che, raggiunta l'etá adolescenziale, iniziavano a frequentare i corsi che li avrebbero formati, fino a farli diventare incantatori.

Bussarono alla porta un paio di volte, dopodiché una figura bassa e grassoccia fece il suo ingresso nella stanza, reggendo un vassoio con la colazione. Era Suri, la sua domestica personale che, come tutti quelli che lavoravano per la sua famiglia - e per tutte le famiglie di Cseles - era una kai.

I kaii erano esseri strani, dalle fattezze quantomeno bizzarre: avevano un aspetto non troppo diverso da quello degli arii, ma la loro pelle era chiarissima, a volte quasi bianca. Avevano corna simili a quelle di un ariete che spuntavano dai capelli scuri, la pelle coriacea e le mani nodose. Il loro sguardo aveva un nonché di sinistro, con pupille feline. Non era permesso loro parlare se non interpellati e vivevano prestando servizio fino alla loro morte.

Allo stato selvaggio quegli esseri vivevano a Tarie, la butterata e inospitale terra sotto le nuvole. Era un onore e una fortuna per loro poter salire fin lì e vivere una vita dignitosa, pensava Selene mentre Suri, ossequiosa come sempre, le versava da bere e si affaccendava per mettere in ordine la camera.

Dopo aver rifatto il letto, la kai prese la divisa che Selene avrebbe indossato da quel giorno fino alla comunica: un austero vestito a collo alto, maniche lunghe e gonna a tre quarti, bianco con rifiniture dorate. sul petto spiccava il sole a sette punte, simbolo della Greenhouse di Cseles.

Selene si avviò nella sala da bagno e si sistemò i capelli argentati, tagliati in un caschetto corto e spettinato, davanti allo specchio. I capelli degli arii erano sempre molto chiari, passando dal biondo oro al bianco candido. Questo particolare spiccava particolarmente sulla loro pelle color miele.

Vestitasi, la ragazza scese al piano di sotto della loro villa e trovò suo padre e sua madre intenti a parlare, davanti l'uscio di casa.

«Dov'eri finita? Rischiamo di far tardi» la rimproverò suo padre. Era alto e magro e aveva sempre un'espressione dura in volto, che rifletteva perfettamente il suo carattere intransigente.

Sua madre le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte, sorridendole. «Stai benissimo» disse, rimirando la figlia nella sua divisa nuova. «Sono così fiera di te.»

Selene abbracciò la madre, dopodiché seguì suo padre all'esterno, dove la carrozza li stava già aspettando.

durante il tragitto non dissero nulla.

La città scorreva attraverso il finestrino, risplendendo nella fulgida luce del giorno. Le guglie madreperlate dei palazzi signorili e le strade lastricate riflettevano i raggi solari, creando giochi di luce e colori, quasi fossero in un immenso caleidoscopio. Molti arii erano in giro a quell'ora, affaccendati nelle loro occupazioni e anche alcuni kaii, che spiccavano tra la folla non solo per l'aspetto, ma anche per gli abiti decisamente modesti, erano già in strada, diretti al mercato o in altri luoghi per conto delle famiglie per il quale lavoravano.

Selene guardò suo padre, chiedendosi cosa gli passasse per la testa mentre, con il suo solito sguardo duro, osservava il panorama all'esterno.

Saros aveva sempre avuto quel modo di fare, almeno per quel che ricordava la figlia. Non era mai stato amorevole e, vista la loro posizione sociale, aveva sempre preteso il massimo da lei.

 «Questo è quello che ci si aspetta da noi» diceva sempre, ogni volta che Selene gli chiedeva per quale motivo non poteva fare ciò che voleva, o perché era costretta a seguire infinite e noiosissime lezioni di etichetta.

La sua famiglia era sempre stata culla di potenti incantatori e faceva parte del consiglio reale da quando ne avevano memoria, servendo con fedeltà e dedizione il regno. Il primogenito aveva sempre preso il posto del padre, e un giorno sarebbe toccato a lei mantenere quella lunga e antica tradizione.

Il problema che però affliggeva sia lei che, probabilmente, suo padre era la totale mancanza di scintilla magica della ragazza. Avevano tentato per anni di portare alla luce qualche sprazzo di magia, ma Selene al momento sembrava non possederne.

Sua madre la rincuorava, dicendole che era una fase e che alla Greenhouse le avrebbero insegnato a tirar fuori ciò che era chiuso dentro di lei, ma suo padre, nonostante non proferisse parola riguardo all'argomento, a ogni suo tentativo fallito la guardava come se non potesse credere che fosse davvero sangue del suo sangue.

La carrozza rallentò fino a fermarsi davanti i cancelli dorati della Greenhouse e la ragazza si preparò a scendere.

 «Selene» la chiamò suo padre, con voce bassa e baritona «ricordati chi sei e comportati di conseguenza.»

La ragazza inghiottì, sentendo quelle parole trafiggerle il petto. Annuì.

La carrozza, ripartì alle sue spalle e Selene si voltò, alzando lo sguardo sull'enorme istituto le cui mura, antichissime, erano realizzate con la più pura madreperla del regno, intervallata da gigantesche vetrate e da intarsi in oro.

Era alla resa dei conti. Avrebbe reso suo padre orgoglioso e avrebbe dimostrato a sé stessa di meritare il ruolo che le spettava.

Non avrebbe fallito... non quella volta.

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Capitolo 3
*** Greenhouse ***


Ben presto la Greenhouse divenne piuttosto affollata.

Centinaia di ragazzi e ragazze iniziarono a confluire verso l'enorme entrata. Gruppetti di studenti più grandi si salutavano, pronti a ricominciare le lezioni tutti insieme, mentre quelli del primo anno si guardavano in giro un po' spaesati, cercando di capire dove andare... e Selene non faceva eccezione.

Ad un tratto la ragazza si sentì chiamare. Non fece in tempo a girarsi che una massa enorme di capelli dorati la travolse.

«Finalmente ti ho trovata!» esclamò Afelia, avvolgendola in un abbraccio.

Selene sorrise. come al solito il viso dolce e tondo della sua migliore amica riusciva a metterla istantaneamente di buon umore.

Afelia era di pochi centimetri più bassa di lei, ma i suoi enormi boccoli biondi la facevano sembrare più alta, avvolgendola come la criniera di un leone. Sul viso qualche spruzzata di lentiggini contornavano il nasino all'insù e gli occhi, chiari ed enormi, erano sempre pieni di vita, come se non conoscessero la tristezza.

Molti si voltarono a guardarla, ma era una cosa a cui ormai entrambe erano totalmente abituate. Dopotutto, era la principessa, futura erede al trono di Cseles.

«Pensavo che avresti raggiunto la Greenhouse con tua madre» disse Selene, che non si era aspettata di vederla lì.

Afelia piegò la testa di lato. «Ero con lei fino a pochi minuti fa, ma essendo il primo giorno aveva mille cose da fare ed è subito sparita.»

Sua madre Solaris, oltre ad essere la regina di Cseles, era anche la direttrice della Greenhouse, nonché una delle donne più influenti del regno. La sua famiglia aveva dato vita all'istituto e, nonostante avesse sposato re Perion, non aveva rinunciato al ruolo di direttrice, che le spettava di diritto e per la quale si era preparata tutta una vita.

Per Selene il re e la regina erano sempre stati una coppia perfetta, da ammirare e amare ma, nonostante non ne parlassero quasi mai, Afelia alcune volte si era lasciata sfuggire parole dure nei confronti dei genitori, dicendo che quella era solo una maschera e che la realtà era ben diversa. Selene, in quelle occasioni, aveva avuto la tentazione di approfondire ma non le sembrava giusto immischiarsi.

Il suono di un corno richiamò l'attenzione degli studenti, che si affrettarono a varcare il portone d'ingresso. Afelia prese Selene per mano e la guidò lungo i gradini, fino all'immenso e luminoso atrio, le cui pareti erano quasi tutte composte da vetrate. Dal centro della stanza partiva una scalinata, sulla cui sommità vi erano degli arii con una tunica blu notte e rifiniture dorate. La tunica dei maestri.

Tutti loro stavano in piedi uno accanto all'altro, disposti in due file ordinate e, al centro, la direttrice Solaris osservava gli studenti con cipiglio severo.

«Un nuovo ciclo sta per cominciare» iniziò la direttrice, con voce alta e chiara. «Voi siete il futuro del nostro paese e l'orgoglio del nostro popolo, pertanto mi aspetto che ognuno di voi faccia onore al suo nome e porti avanti il buon nome e la tradizione degli incantatori.» Spostò lo sguardo sulla platea che la osservava dal basso. Non appena incrociò gli occhi di sua figlia Afelia sorrise in modo quasi impercettibile. «Ricordate sempre chi siete e qual'è il vostro posto.»

La regina fece una pausa, dopodiché iniziò a nominare gli studenti delle varie classi, a presentare i professori e a elencare le regole della scuola. Terminate le comunicazioni di servizio, congedò tutti gli studenti, che si affrettarono lungo i corridoi.

Afelia e Selene erano nella stessa classe, al primo piano. L'aula era spaziosa e la parete esterna era composta unicamente da vetrate piombate, decorate con motivi floreali. I banchi a due posti, in legno e laccati di bianco, erano disposti in semicerchio attorno alla cattedra, del medesimo colore.

Le due ragazze si sedettero in uno dei banchi vicini alle vetrate.

«Guarda chi c'è» sussurrò Afelia, indicando l'entrata.

Selene si voltò giusto in tempo per vedere Nergal fare il suo ingresso, chiacchierando allegramente con il suo amico Zefir. Quei due erano amici da una vita, nonostante fossero molto diversi.

Nergal faceva parte di una famiglia molto importante, il cui padre era a capo delle guardie reali e il suo aspetto non lo faceva passare di certo inosservato: aveva i capelli biondi, molto chiari, la pelle abbronzata e due occhi magnetici. Il suo fisico suggeriva le ore che passava ad allenarsi nell'arena con il padre, con spalle larghe e muscolatura scolpita da anni di scherma. A completare il tutto vi era la sua imponente statura e la mascella squadrata.

Era davvero un bel vedere.

Zefir, a differenza dell'amico, era più basso e mingherlino. I suoi capelli bianco latte ricadevano in ciocche morbide sul suo viso dai lineamenti delicati, nascondendo in parte gli occhi grandi e grigi. La sua famiglia non era molto importante ma Nergal aveva deciso di prenderlo sotto la sua ala e, così facendo, permettergli l'ingresso alla Greenhouse.

Anche tra gli arii infatti, vi erano diversi ceti sociali. Non tutte le famiglie erano così in importanti e antiche da permettere ai propri figli l'accesso al prestigioso istituto, e la scalata sociale era sempre molto agguerrita, con matrimoni combinati e corse al potere. Dietro la facciata paradisiaca anche Cseles nascondeva i suoi segreti.

Nergal intercettò lo sguardo di Afelia e, con un cenno di saluto, si avvicinò alle due ragazze, seguito a ruota da Zefir.

«Che fortuna essere tutti insieme!» esclamò il ragazzo, prendendo posto nel banco dietro il loro.

Afelia sorrise, raggiante come sempre. «Avere la madre direttrice ha i suoi vantaggi!» esclamò. Lei e Nergal si conoscevano da quando erano bambini e Selene aveva sempre visato una strana complicità tra loro.

il maestro entrò in aula e tutti presero posto.

«Sono così emozionata! Finalmente ci siamo... ci pensi a tutte le volte che abbiamo fantasticato di essere qui?» sussurrò Afelia.

Selene sorrise, annuendo a disagio. Era vero. Per anni, da bambine, avevano fantasticato sul momento in cui sarebbero entrate alla Greenhouse ma dopo un po', quando Selene si era accorta di non riuscire a praticare alcuna magia, aveva iniziato a temere quel momento.

Neppure Afelia sapeva di quel suo imbarazzante segreto. Come avrebbe potuto dirglielo?

Cseles era un luogo in cui rispettare le aspettative contava più di qualsiasi altra cosa, sopratutto se si faceva parte di quella fetta importante della società, con una lunga e antica storia alle spalle. Per lei non diventare incantatrice era inammissibile, e se qualcuno avesse scoperto quel suo segreto sarebbe stata additata come quella strana, imperfetta e suo padre si sarebbe vergognato ancora di più. No, doveva farcela. La Greenhouse sarebbe stata la sua rivalsa.

Per fortuna, almeno per le prime settimane, le lezioni sarebbero state per la maggior parte teoriche. Avrebbe avuto modo di mettere in pratica gli insegnamenti a casa, sperando di essere pronta quando sarebbe stato il momento.

***

Le lezioni della mattina risultarono alquanto noiose e piene di nozioni base che Selene conosceva bene.

Aveva studiato per anni su quegli stessi libri, tentando di capire come funzionasse la magia, ma l'unica cosa che era riuscita a capire era che serviva una "scintilla", qualcosa che l'attivasse, e che per ogni persona era diversa. Alcuni l'attivavano grazie alla rabbia, altri grazie alla felicità, altri ancora con la forza di volontà. Selene era certa che suo padre l'avesse attivata semplicemente ordinandoglielo... era uno a cui non era facile disubbidire, con quello sguardo glaciale e il cipiglio severo.

Per pranzo lei, insieme ad Afelia, Nergal e Zefir, si ritrovarono sotto uno degli immensi alberi che prosperavano nell'immenso giardino della Greenhouse. Vi erano tantissimi altri ragazzi che avevano avuto la loro stessa idea e, ben presto, si formarono diversi capannelli di studenti intenti a chiacchierare tra loro.

Ad un tratto Selene vide una zazzera di capelli scuri, spiccare tra la gente. Anche gli altri si voltarono.

A circa una decina di metri da loro, un kai stava raccogliendo dell foglie con un rastrello, raggruppandole in ordinati mucchetti. Sembrava giovane, probabilmente non doveva essere molto più grande di loro, con le solite corna e la pelle chiara. indossava degli abiti smessi, di qualche taglia più grande del necessario e lavorava tenendo gli occhi bassi.

«E quello chi sarebbe?» fece Nergal, alzando un sopracciglio. «Credevo che i kaii non potessero entrare qui!»

«Quello non è uno studente» esclamò Afelia sorridendo, come se la sola idea fosse ridicola. «È solo Shade.»

Selene si voltò a guardarla, confusa. «E tu che ne sai di lui? Come mai conosci il suo nome?»

«È il figlio della kai di mia madre» rispose la ragazza, alzando le spalle, dopodiché riprese a parlare del più e del meno con i due ragazzi.

Selene rimase qualche istante a fissare quel kai. Era strano vederne così giovani e, osservandolo, la ragazza pensò che avesse qualcosa di diverso dal solito. Stava chino su quel rastrello tentando di non dare nell'occhio, ma era chiaro che tutti quelli intorno lo avessero notato.

Chissà se anche lui si sentiva fuori posto lì quanto, in quel momento, ci si sentisse lei.

«Selene, mi stai ascoltando?» chiese Afelia, scuotendola.

La ragazza si voltò verso l'amica, sbattendo le palpebre. «Scusa, dicevi?»

Afelia scosse la testa, sorridendo. «Dicevo che qualche volta dovremmo uscire tutti insieme, non trovi?»

Selene annuì distrattamente, poi tornò a voltarsi verso il kai, ma lui non c'era più.

 

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Salve lettori!
Finalmente sono riuscita a concludere questo capitolo. È sempre difficile dover parlare di mondi e regole totalmente diverse dalle nostre senza appesantire il racconto... spero di esserci riuscita!
So che ancora è presto per emettere giudizi, ma che ve ne pare della storia fin'ora? Abbiamo avuto modo di conoscere alcuni dei personaggi principali e capire un po' di più come funziona la vita a Cseles e mi piacerebbe avere pareri, consigli, critiche e tutto quel che volete!

Spero di aggiornare presto con un nuovo capitolo, anche se non so quando potrò... fino ad allora baci e a presto!!!

Laura

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Capitolo 4
*** La lettera ***


Era appena passata qualche settimana quando Selene iniziò a pensare che iscriversi alla Greenhouse era stato il più grande errore della sua vita.

Aveva seguito tutte le lezioni, si era impegnata più di chiunque altro, sapeva tutto sulla teoria, ma i suoi poteri non ne volevano sapere di palesarsi e, quel che era peggio, i suoi compagni di classe stavano iniziando a rendersene conto.

«Sicura che sia tutto a posto?» le chiese Afelia, mentre faceva crescere rigogliosa una piantina di rose gialle dal vaso che aveva davanti, senza mostrare apparente sforzo.

Selene, al contrario, tentava da ore di far crescere qualcosa - qualsiasi cosa - da quel mucchetto di terra, senza riuscirci.

«Sì, sono solo... stanca... davvero» rispose, sentendo la frustrazione crescere dentro di lei.

Afelia la guardò con crescente preoccupazione. «Anche ieri, alla lezione di guarigione, mi sei sembrata spossata. Sei certa di sta...?»

Selene si alzò di scatto e, dicendo di aver bisogno d'aria, uscì dall'aula. Era stanca di tutto. Non riusciva più a reggere quello sguardo, preoccupato e stranito, della sua migliore amica, mentre con una facilità sfacciata le sbatteva in faccia la sua superiorità. Non voleva più saperne di quegli sguardi dubbiosi che i maestri le rifilavano ad ogni lezione d'incantesimi o di quelli dei suoi compagni, che la osservavano di nascosto, ridacchiando della sua incapacità.

Allungò il passo, sentendo gli occhi pizzicarle e dandosi della stupida per questo. Piangere era da deboli e immaturi. Se suo padre lo avesse saputo le avrebbe come minimo dato della stupida, dopodiché le avrebbe detto di smetterla immediatamente, che la loro famiglia non era piena di smidollati... quel pensiero le fece venire un groppo in gola.

Si chiuse in uno dei bagni femminili del loro piano, poggiò la schiena contro la parete e di lasciò scivolare sul pavimento candido, ricacciando indietro le lacrime. Piangersi addosso, si disse, non l'avrebbe condotta da nessuna parte e di certo non le avrebbe fatto fare progressi con la magia.

non appena si fu calmata era ora di pranzo, ma la sua voglia di confrontarsi con gli sguardi di tutti era pari a zero.

Si diresse in biblioteca.

L'edificio si trovava al terzo ed ultimo piano, in una grande sala circolare posta esattamente al centro della Greenhouse. Il tetto era a forma di cupola, completamente trasparente, il che permetteva di godere di una fantastica luce naturale per la maggior parte del tempo. Lungo le pareti erano disposti scaffali pieni zeppi di libri e pergamene e i tavoli, disposti in cerchi concetrici, convergevano fino alla scrivania della bibliotecaria, un'ari magra come un chiodo, con un lunghissimo naso appuntito, che in quel momento era affondato all'interno di un libro.

Selene prese quanti più libri possibili, ben decisa a non andarsene fino a quando non avesse trovato un qualche voume sull'argomento che ancora non aveva letto e che potesse aiutarla, ma dopo diverse ore si rese conto che era fatica sprecata: non vi era nulla che non sapesse già.

Si sentiva completamente a terra. Ora che la rabbia era passata e aveva la mente lucida si rese conto di aver trattato Afelia malissimo. In fondo che colpa ne aveva la sua amica se lei non riusciva a compiere magie? E forse, se solo gliene avesse parlato, Afelia avrebbe saputo aiutarla... dopotutto era una delle migliori, a detta di tutti.

Prese carta e penna e iniziò a scrivere. All'inizio sembrava difficile trovare le parole, ma a poco a poco divenne più semplice e, in men che non si dica, aveva buttato fuori tutto: aveva scritto del suo problema, di come si sentisse inutile e di quanto bisogno di aiuto avesse.

Rilesse la lettere varie volte, poi, dopo averla firmata, la piegò e la infilò in tasca. Sapeva che era la cosa giusta da fare e che quello era l'unico modo. Non sarebbe mai riuscita a dirle tutto a voce, ne era certa.

Ritornò in classe giusto in tempo per seguire l'ultima lezione. Fu tentata di dare la lettera ad Afelia ma non voleva rischiare che altri la vedessero, decise quindi di attendere fino all'uscita e di consegnargliela quando fossero state sole.

Quando finalmente le lezioni terminarono, Nergal si affiancò ad Afelia e iniziò ad attaccare bottone, costringendo Selene ad attendere finché, finalmente, lui non si allontanò con Zefir, lungo la strada che costeggiava la Greenhouse.

«Afelia, possiamo parlare un secondo?» chiese Selene, che già sentiva le mani tremarle e la sicurezza venirle meno.

L'amica si voltò verso di lei. Era stata silenziosa per tutta la lezione. «Vuoi parlare davvero? perché oggi non mi sembrava lo volessi.»

Selene si morse il labbro, a disagio. «Lo so, sono stata terribile, ma voglio spiegarti tutto.»

Afelia la guardò senza dire nulla per un lungo, interminabile minuto, poi incrociò le braccia, sospirando. «Ok, ti ascolto» disse.

Selene fece un respiro profondo. Era il momento della verità, da quel momento in poi Afelia avrebbe saputo tutto. L'avrebbe guardata con occhi diversi? Le avrebbe voltato le spalle? Era tardi per quelle domande, pensò Selene mentre infilava la mano in tasca.

Ma la lettera non c'era.

Presa dal panico prese a controllare ovunque. Nella borsa, in tutte le tasche, ovunque.

«Allora? Hai intenzione di dirmi che hai o no?» la incalzò l'amica.

«Io non... devo andare» esclamò Selene agitata «ma ti prometto che ti dirò tutto, davvero!»

Non aspettò la risposta dell'amica, ma le bastò osservare per un secondo la sua espressione a metà tra il confuso e il risentito per capire che non era andata bene e che il suo comportamento aveva peggiorato le cose, quel giorno.

Avrebbe voluto rimediare, davvero, ma in quel momento aveva cose decisamente più urgenti a cui pensare: se qualcuno avesse trovato la lettera e l'avesse letta avrebbe scoperto il suo segreto e non poteva permettere che ciò accadesse.

Fece il percorso inverso, dal cancello fino all'aula, con il cuore che le batteva forte nel petto. I corridoi e le aule erano deserte e , se qualcuno l'aveva trovata, probabilmente l'aveva portata con se e lei non avrebbe potuto fare nulla.

Salì le scale a due a due e raggiunse la sua aula al secondo piano con il fiatone e le gambe tremanti per lo sforzo e la paura. Si avvicinò al suo posto e la vide: era lì, poggiata sul legno lucido del banco, ancora piegata.

Non ricordava minimamente di averla tirata fuori dalla tasca ma, al momento, non le importava. Averla ritrovata era tutto ciò che contava.

Era appena uscita dall'aula, quando un suono la fece sobbalzare. Era come se qualcosa di metallico si fosse schiantato a terra. Sbirciò oltre l'angolo del corridoio e vide Shade, il kai, intento a sbuffare, scuotendo la testa, mentre osservava la pozza d'acqua sudicia che si allargava per tutto il pavimento. A pochi centimetri dal suo piede un secchio - lo stesso da cui probabilmente proveniva l'acqua - era riverso a terra, abbandonato insieme ad uno straccio.

La ragazza stava quasi per andare, ma quello Shade assunse un'espressione strana e prese a guardarsi intorno con fare furtivo.

"Che diavolo ha in mente?" si ritrovò a pensare Selene, sbirciandolo senza farsi vedere.

Quello, convintosi di essere solo, alzò un braccio sopra la pozzanghera e, con immenso sgomento da parte della ragazza, racchiuse l'acqua in una bolla di energia, facendola poi fluire nuovamente all'interno del secchio... come per magia.

Selene sentì il fiato mancarle, mentre il cuore nel petto rischiava di scoppiarle. Quel kai aveva appena fatto un incantesimo, su questo non vi erano dubbi, ma come? Nessun kai era dotato di poteri, era una cosa che sapevano tutti! Eppure lei lo aveva visto con i suoi occhi.

Era sconvolta ma sopratutto arrabbiata. Era furiosa perché quello sciocco e inutile kai aveva fatto con estrema facilità qualcosa che per lei era praticamente impossibile e la cosa era inaccettabile.

Era così accecata dalla rabbia che non si accorse che il kai si era avvicinato. Fece per svoltare l'angolo e la vide.

I loro sguardi s'incrociarono, dapprima stupiti, poi Shade assunse un'espressione di puro terrore, aprendo e chiudendo la bocca senza sapere cosa dire mentre Selene scuoteva la testa, ancora incredula.

«Come hai fatto?» chiese la ragazza con tono accusatorio.

Il kai sembrava una pallida statua di cera. Scosse impercettibilmente la testa, cercando le parole giuste con scarsi risultati.

«Non osare mentirmi, ti ho visto. Quella era una magia!»

Ancora silenzio.

Selense indietreggiò di qualche passo ma, non appena fece per voltarsi e correre via, quello la fermò. Prendendola per un polso.

«Non toccarmi, kai!» esclamò la ragazza, sconvolta da quel gesto tanto ardito.

Il ragazzo si affrettò a staccare la mano, alzando i palmi a mo' di resa. «Scusam... c-cioè mi... mi scusi» si corresse immediatamente, tentando di evitare di farla alterare ulteriormente.

Selene inspirò profondamente un paio di volte, guardandolo con sguardo duro.

«Per favore, non dica nulla di quello che ha visto» la pregò il ragazzo.

Selene sarebbe scoppiata a ridere, se non fosse stato per la rabbia che ancora provava. «Perché non dovrei?» chiese.

«Perché se lo fa, finirò in guai seri.»

«Non è un mio problema.» disse Selene e fece per andarsene. Era quasi a metà corridoio quando sentì il ragazzo parlare di nuovo.

«Posso insegnarti!» esclamò.

La ragazza si voltò a guardarlo con aria dubbiosa. «Cosa vorresti insegnarmi?»

Shade si morse il labbro. Quello che stava per dire avrebbe potuto salvarlo o distruggerlo definitivamente, ma non aveva altra scelta se non rischiare. Alzò il braccio ed indicò il foglio ripiegato che la ragazza aveva ancora stretto in mano. «L'ho letta» disse.

Selene avverti l'aria abbandonarle i polmoni. «T-tu, cosa... come hai osato?!»

«Non era mia intenzione!» si scusò prontamente Shade. «Era per terra, sotto un banco. Ho solo dato un'occhiata per capire cosa fosse.»

Selene strinse la lettera tra le dita. Sentiva la testa girarle e tremava per la vergogna.

«Sentite, io posso aiutarvi» disse Shade «venite domani dopo le lezioni, nel capanno degli attrezzi sul retro, e vi aiuterò... in cambio voglio solo che manteniate il mio segreto.»

La ragazza rimase silenziosa a lungo, chiedendosi se fosse il caso o meno di accettare. «Come faccio a sapere che non mi stai dicendo questo per evitare che io spifferi tutto?» chiese infine.

«E io come faccio a sapere che non lo farete dopo che vi avrò aiutato?»

Selene sospirò. «E va bene kai, ti concedo un giorno» disse. Si voltò e s'incamminò lungo il corridoio.

«Shade» disse il ragazzo.

Selene si voltò. «Come scusa?»

«Shade» ripetè quello «mi chiamo Shade, non kai.»

«Come ti pare...» fu la risposta di Selene, prima svoltare l'angolo e sparire.

 

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Nuovo capitolo, molto importante!
Abbiamo visto il primo incontro tra Selene e Shade che, a quanto pare, è in grado di utilizzare la magia... povera Selene, non dev'essere facile per lei accettare uno smacco simile!

Spero che la storia vi stia piacendo. Fatemi sapere che ne pensate!
Baciii!!!

Laura

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Capitolo 5
*** Come il giorno e la notte ***


Era stata una mossa avventata, una pazzia. Per un'ari come lei fraternizzare con un kai era qualcosa di proibito. Se li avessero scoperti di sicuro avrebbe passato dei guai e suo padre, in quanto capo del consiglio reale e convinto sostenitore della legge per le restizioni tra i rapporti tra arii e kaii, non gliel'avrebbe mai perdonato.

Per tutte le lezioni, il giorno seguente, fu combattuta riguardo la decisione di andare o no e, come se non bastassero le sue preoccupazioni, Afelia non le aveva quasi rivolto la parola, ancora arrabbiata per il suo comportamento del giorno prima. Selene aveva deciso di rimandare la sua confessione e aveva tentato di trovare una scusa, ma al momento la sua migliore amica non sembrava disposta ad ascoltarla.

Quando le lezioni terminarono Selene rimase indietro rispetto agli altri, tergiversando in attesa che la gente abbandonasse l'istituto. Fu tentata quasi di andare via e rinunciare a quell'incontro, ma il pensiero di quel kai che con un solo gesto della mano aveva evocato una magia e la certezza di aver tentato qualsiasi altra strada, la spinsero a percorrere la strada che, dai corridoi, potrava all'uscita posteriore della Greenhouse.

Il giardino sul retro era molto diverso da quello che che costeggiava la facciata: non vi erano aiuole fiorite ma alberi che crescevano alla rinfusa, circondati da erba tagliata approssimativamente e che aveva invaso parte del vialetto. Qua e là si potevano scorgere utensili da giardinaggio, un gruppo di banchi accatastati e bidoni della spazzatura che dovevano essere stati svuotati da poco.

Selene si avviò lungo il viottolo che conduceva a un capanno in legno, simile a quello che si trovava al limitare del giardino di casa sua. Vi erano un paio di finestre sui lati, ma delle tende all'interno non permettevano di vedere nulla e la porta era chiusa.

"Se vuoi andare via, non avrai altre occasioni" pensò Selene ma, un minuto dopo, bussò ugualmente.

La serratura scattò e Shade aprì la porta. Era più alto di lei di una spanna - cosa che il giorno prima non aveva notato - e la guardava con un'espressione strana. «Per un attimo ho creduto che non sareste venuta» disse.

«Non sono il tipo da rompere una promessa» rispose Selene, incrociando le braccia con fare altezzoso, nonostante avesse pensato più e più volte di non presentarsi. «Hai intenzione di insegnarmi o no?»

Shade sospirò e si spostò, facendole segno di entrare.

Selene era confusa. Quel kai voleva davvero insegnarle la magia lì dentro?! Incerta, fece qualche passo all'interno e rimase stupita nel constatare che, oltre a rastrelli, scope e stracci, vi era un letto, un tavolo con delle sedie sconquassate e una minuscola cucina a legna. Il tutto era illuminato da diverse lampade ad olio, poste in giro per la rimessa.

«Ma che diavolo...? Qualcuno vive davvero qui?!» chiese la ragazza, realizzando solo un secondo dopo che l'inquilino era proprio di fronte a lei, e la stava guardando con un'espressione da cui traspariva una nota d'imbarazzo. Nonostante ciò, l'attimo seguente mutò atteggiamento, quasi sfidandola a dire qualcos'altro e stavolta fu Selene a sentirsi in imbarazzo, per la prima volta in vita sua, nei contronti di un kai.

«Sedetevi per favore» disse Shade. mentre rovistava tra gli scatoloni alla ricerca di qualcosa.

Selene si sedette su una delle sedie accostate al tavolo, sporcandosi la divisa candida di polvere e terra, che avevano praticamente invaso il capanno. Lei e Shade, si ritrovò a pensare osservando la rimessa, vivevano nello stesso luogo, molto vicini, ma appartenevano a due mondi totalmente diversi. Erano un po' come il giorno e la notte.

Shade ci mise qualche minuto, poi si sedette di fronte alla ragazza, con il tavolo a separarli, poggiando su di esso una candela, accendendola.

«Se il tuo intento è quello di convincermi con una cenetta romantica, sei fuori strada» esclamò Selene.

Il ragazzo fece un mezzo sorriso, poi mise le mani intorno alla fiammella e si concentrò. Dopo pochi attimi la piccola fonte di luce tremolante si staccò dallo stoppino ed iniziò volteggiare tra i suoi palmi, quasi fosse racchiusa in un piccolo globo invisibile.

Suo malgrado, Selene rimase ipnotizzata da quello spettacolo.

Shade ricollocò la fiammella a posto, dopodiché osservò la ragazza, in attesa.

«Cosa vuoi?» chiese lei, confusa.

«Provate voi, adesso.»

«Sei stupido?» esclamò quella, alterandosi «Non riesco a fare alcuna magia! Pensi che non ci abbia...?»

«Vi prego» la interruppe lui «fatemi solo vedere.»

Selene sospirò. Sapeva che era tutto tempo sprecato e di certo l'idea di mettersi in ridicolo per l'ennesima volta non la elettrizzava, specialmente in quell'assurda situazione, ma ormai era arrivata fin lì e non voleva rinunciare. Mise le mani come aveva visto fare a Shade e si concentrò, richiamando a se tutte le nozioni teoriche che aveva minuziosamente studiato.

Niente.

Abbandonò le mani sul tavolo, sconfitta. «contento adesso?» chiese, a mo' di sfida.

«Riprovate» la incalzò Shade.

Selene sbuffò spazientita, ma fece come le era stato detto. Mise le mani talmente vicine alla fiamma che avvertì un leggero pizzicore sui palmi, prese un respiro e si concentrò nuovamente.

Shade si avvicinò con la sedia e allungò le mani, quasi sfiorando quelle della ragazza. Per un attimo Selene fu tentata di ritrarsi ma avvertì qualcosa, come una scossa, che le attraversava le mani e tutte le braccia. Il ragazzo chiuse gli occhi e i suoi palmi iniziarono a brillare di una luce rossastra.

«Cosa stai...?» iniziò la ragazza.

«Shhh. Chiudi gli occhi. Concentrati.»

Quel kai le aveva davvero parlato in quel modo?! Era inconcepibile. Selene gli avrebbe dovuto urlare contro, ma qualcosa le disse che avrebbe fatto meglio a seguire quelle istruzioni. Avrebbe pensato ad arrabbiarsi più tardi.

Chiuse gli occhi.

«Stai vivendo cercando di essere qualcosa che non sei. Ti sforzi di essere all'altezza di aspettative che non ti appartengono, reprimendo ciò che sono i tuoi desideri... vorresti solo approvazione, ma sai che non la riceverai se resterai te stessa.»

Il cuore di Selene prese a battere più forte. Shade le stava scrutando il cuore e stava dicendo a voce alta cose che lei non osava ammettere neppure a sé stessa. Sapeva che tutto ciò che stava dicendo era la verità, ma se lo avesse ammesso avrebbe dovuto mettere in discussione la sua intera vita.

«Cerchi parole di orgoglio che non ti verranno mai concesse e la paura di non farcela ti frena e blocca qualsiasi tuo tentativo.» La voce di Shade si era fatta grave, quasi stesse provando lui stesso quelle sensazioni. «Non pensare agli altri. La magia viene da dentro il tuo cuore, devi solo imparare ad ascoltarlo. Sii onesta con te stessa, fai quasiasi cosa solo per te.»

Selene sentiva un groppo alla gola e avvertì, suo malgrado, gli occhi inumidirsi. Sentiva le mani scottare e avvertiva quella strana sensazione simile all'elettricità statica propagarsi per tutto il corpo.

«Smettila di cercare l'amore che tuo padre non riuscirà mai a darti, inizia ad amarti tu stessa» terminò Shade.

Rimasero in silenzio talmente a lungo che Selene si chiese se l'altro non fosse andato via, poi lo sentì tossire, come a voler attirare la sua attenzione, e quasi scoppiò a piangere quando, aperti gli occhi, vide la fiammella fluttuare a mezz'aria tra i suoi palmi.

«Come... io... cosa...» balbettò, confusa.

«A quanto pare era solo un problema di testa... dovresti stare attenta e non mentire a te stessa. La magia ne risente» disse Shade massaggiandosi i palmi.

Selene stava per riprenderlo per il suo linguaggio quando notò che le mani del ragazzo erano rosse e lucide. Si era bruciato.

Shade intercettò lo sguardo della ragazza e, nascondendo le mani sotto il tavolo, sorrise. «Non è nulla di grave» disse «sono solo effetti collaterali della connessione tra due fonti magiche.»

si scambiarono uno sguardo, poi Shade sembrò resndersi conto della situazione e abbassò lo sguardo. «Scusatemi, non volevo mancarvi di rispetto» disse.

La ragazza scosse la testa e sorrise, stranamente in imbarazzo.

Continuarono ad allenarsi con piccoli incantesimi. Una volta sbloccato il potere, Selene scoprì di riuscire, seppur con qualche difficoltà, di saper gestire la magia, in che la rese estremamente felice.

Il tramonto arrivò senza che lei se ne rendesse conto e, preoccupata, si affrettò ad andar via. Durante la strada di ritorno avvertiva una strana allegria ed era certa che, da quel momento in poi, tutto sarebbe andato bene.

Non poteva immaginare che quella giornata e quel kai avrebbero segnato il suo destino, per sempre.




 

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Bentrovati con questo nuovo capitolo. So che non siete in tantissimi a leggere questa storia, ma confido che aumenterete con il tempo e, intanto, un abbraccio a chiunque la stia leggendo!

Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto. Se vorrete lasciarmi un commento con la vostra opinione ve ne sarò infinitamente grata, davvero! I vostri commenti sono sempre utili e fanno tanto piacere!

Al prossimo aggiornamento. Baci!!!

 

Laura

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