Una storia importante

di Ale78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1- Daryl ***
Capitolo 2: *** capitolo 2- Beth ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 - Prime impressioni ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4- Pace, guerra o... ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 - Sfida con se stesso ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 - La resa dei conti ***
Capitolo 7: *** capitolo 7- Complicazioni ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 Errori di valutazione ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Chimica ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10- Amicizia e Amore ***
Capitolo 11: *** capitolo 11- Paura ***
Capitolo 12: *** capitolo 12- Conseguenze. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13- Ritrovarsi ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14- Destino beffardo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15- Lungimiranza ***
Capitolo 16: *** capitolo16 - Stati di ansia ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Violenza ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 - Riflessi ***
Capitolo 19: *** Capitolo19- Calma per tempesta ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20- Il dottor Ming ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21- Chimera ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Altarini ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23- Lealtà? ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Speranza ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25- Pazzia ***
Capitolo 26: *** Capitolo26- Sortita ***
Capitolo 27: *** capitolo27- calma ***
Capitolo 28: *** Capitol0 28 -Il Dubbio ***
Capitolo 29: *** Capitolo29- Solo sesso? ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Verità ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - Soli- prima parte ***
Capitolo 32: *** 32- Soli - Parte 2 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 - Soli terza parte ***



Capitolo 1
*** capitolo 1- Daryl ***


Il dolore alla spalla gli faceva patire le pene dell'inferno, ma lo aiutava a ricordare di essere ancora vivo e di continuare a camminare. Fino a che avesse camminato e il suo corpo gli avesse risposto con respiro e movimento, avrebbe continuato a resistere. La rabbia cieca che lo aveva animato fino a quel momento, ardeva ancora sotto la cenere, insieme al nome di Beth sulle labbra, ripetuto come un mantra buddista, che fungeva da carburante per continuare a muoversi. Fino a che si spostava, non era una preda, finché si fosse mosso, la sua rabbia non lo avrebbe aggredito e dilaniato. Era stata la sua stupidità, quella notte, a farli separare. La sua errata considerazione del rischio lo aveva portato a dirle di andare sulla strada e attenderlo. Non avrebbe dovuto, ora lo sapeva, non aveva tenuto conto dei pericoli. Era una ragazza, maledizione! Se non c'erano degli azzannatori in giro, potevano esserci molte altre cose in agguato, e lui, stupido idiota, non ci aveva pensato. Stupido! Stupido, Daryl! O forse lo aveva abbandonato? No. Non voleva, non poteva credere che Beth, la dolce e compassionevole Beth, lo avesse lasciato, ferito, alla mercé dei vaganti e di tutto quello che c'era là fuori, fregandosene di lui. Era stata rapita? Probabile. Le avrebbero fatto del male? In quel momento promise a sé stesso che, se fosse sopravvissuto, l'avrebbe ritrovata, viva o morta che fosse, e li avrebbe uccisi uno per uno, quei fottuti bastardi che gli avevano tolto l'unica ragione che lo aveva portato a tornare a sperare in un futuro migliore. Già pensare al futuro, per lui, era stato un lusso che non si era potuto permettere fin da quando era bambino, e ora, con tutto quello che era successo, come poteva essere arrivato a tanto? In che modo poteva dare spazio alla speranza? Ora come ora, non aveva voglia di chiedersi cosa lo portasse a fare quel genere di ragionamenti. Cosa rappresentava davvero, per lui, quella ragazza bionda con gli occhi azzurri e una fede incrollabile nel prossimo? No. Non si sarebbe fatto quella domanda proprio ora. Non aveva tempo. Era un lusso che non poteva concedersi in quel frangente. Pensare a lei, però, era doloroso, terribilmente doloroso, quasi più della spalla che lo faceva impazzire. Aveva ammirato per molti anni suo fratello Merle, perché lo aveva portato via da casa, dalla solitudine che aveva provato nel crescere senza una madre, e dal padre, che li aveva picchiati entrambi troppe volte, ma si era reso conto in fretta che suo fratello, non gli avrebbe portato niente di buono, e gli ultimi avvenimenti lo avevano dimostrato. Cazzo. Aveva dovuto perfino essere lui a togliergli la vita, cioè la non vita... Ma era pur sempre suo fratello. Cazzo... Poi i suoi pensieri avevano indugiato su Rick Grimes. Aveva odiato Rick non appena lo aveva conosciuto, ma a pensarci bene, considerando come era Merle quando era fatto o ubriaco, non poteva davvero biasimare Rick per averlo lasciato ammanettato su un tetto, anzi, probabilmente lo avrebbe fatto lui stesso. Sorrise a quel pensiero, mentre continuava a camminare e ad andare avanti. Era ancora vivo, finche sentiva dolore e si muoveva, significava che era ancora su questo schifo di pianeta. Intanto la sua mente continuava a pensare a Rick, a quando aveva iniziato a stimare quel poliziotto integerrimo e deciso che, però, non aveva paura di sporcarsi le mani, nel caso ce ne fosse stato bisogno. Gli piaceva il suo modo di pensare, era stato uno dei pochi esseri umani che si era comportato lealmente con lui, come mai suo fratello Merle, aveva fatto in tutta la sua vita. E ora aveva perso anche Rick. Poi gli venne in mente Hershel, il padre di Beth. Troppo conservatore, troppo legato alle tradizioni, bacchettone quasi, con tutte quelle frottole legate a Dio. Come se potesse davvero esistere un dio, dopo quello che era successo. Ma in fondo Daryl apprezzava quel vecchio signore. Era un brav'uomo. Pur avendo anche lui un passato non proprio immacolato legato all'uso di alcool, non aveva mai abusato del suo ruolo e non aveva mai toccato le sue figlie, e questo per Daryl, era già un gran traguardo. Il padre di Beth era un po' come il padre che avrebbe voluto avere lui, magari le cose sarebbero state diverse anche per lui e suo fratello. Dannazione! Ancora lei! Quella ragazzina lo aveva stregato o cosa? Attraversò una radura parecchio esposta, poi incontrò una macchia di abeti selvatici, e ci si infilò. Quei tizi dalla macchina che gli avevano sparato, potevano essere ancora in giro. Sperava, in cuor suo, che lo stessero cercando per farla finita, li avrebbe affrontati e a costo della sua vita, avrebbe salvato Beth, o sarebbe morto nel provarci. Dopo un paio di metri trovò un capanno di caccia abbandonato e cercò di barricare la porta come meglio poteva. Poi si accasciò su un pagliericcio improvvisato. Solo pochi minuti, si diceva, l'odio che provava lo avrebbe ancora portato in avanti nella caccia, ma le sue membra non lo sostenevano più. Sentiva di avere la febbre, ma non poteva farsi abbattere da una cosa del genere. Pochi minuti, si disse, poi sarebbe ripartito e avrebbe ritrovato quegli stronzi. Si svegliò in piena notte. Doveva essere svenuto poco dopo essere entrato, aveva sete e le sue scorte d'acqua erano davvero esigue, ma la spalla pareva volergli dare un po' di tregua. Ripercorse mentalmente i giorni precedenti trascorsi al sicuro con Beth. In una parte della sua mente, forse, aveva davvero creduto che avrebbero potuto vivere laggiù, tranquilli e al sicuro? Felici?! Insieme? Merle gli avrebbe detto che doveva ancora crescere. -Fanculo, Merle! Grandissimo figlio di...- Tutto sembrava così lontano. Nella situazione attuale, non sapeva nemmeno come sarebbe sopravvissuto fino al mattino. Aveva la febbre, probabilmente un pezzo di tessuto era ancora all'interno della ferita e stava lavorando contro di lui. Sapeva bene che senza un aiuto adeguato non sarebbe riuscito a sopravvivere in quelle condizioni, ma era così terribilmente esausto. Si permise di pensare a cosa gli avrebbe detto Beth se fosse stata al suo fianco. -Avanti Daryl, fammi dare un'occhiata: occorre controllare la ferita, estrarre il proiettile e pensare a reidratarti. Gli antibiotici faranno il resto. - Sorrise fra sé a quella prospettiva. Alternava momenti di sonno a veglia, ma rimase immobile, continuando a ripetersi che doveva restare vivo. La mattina arrivò anche troppo presto, la febbre doveva essere aumentata durante la notte. Sentiva freddo. Analizzò in breve la situazione. Beth era scomparsa da ore e la doveva ritrovare. Dei figli di puttana, gli avevano sparato da una macchina, mentre una cazzo di infezione si stava diffondendo nel suo sangue spandendo il suo veleno. Senza contare i vaganti. C'era da stare allegri. Provò ad alzarsi un paio di volte, ma la testa sembrava esplodere a ogni movimento, a quel punto gli tornò in mente Merle. -Grane fratellino?- Pareva godere nel profondo della sua morte imminente. Sulle labbra il nome di Beth, quindi i sensi lo abbandonarono definitivamente. Una serie di flash: la porta che si apriva, una lingua di luce che lo lambiva, due braccia che lo tiravano fuori dal suo buco. - E 'vivo? - chiese una voce sconosciuta - E' stato morso? Nel caso meglio toglierci subito il pensiero. - - Gli hanno sparato. Non lo so, credo di no, ma è piuttosto malconcio, di sicuro dobbiamo toglierci da qui. I vaganti sono in fermento. - -Lo portiamo da lei? - -Lei? - - Si. Voglio dire, un aiuto malconcio è sempre meglio di niente, e con lui sarebbe finita. Debito saldato. - - E se crepasse? Lo vedi com'è conciato? - -Se crepa peggio per lui. - Non sapevo esattamente quanto tempo fosse passato, ogni volta che tornavo cosciente qualcosa faceva male, ma resistetti. Per quel che ne sapevo, se sentivo dolore, voleva dire che ero ancora vivo e stavo lottando. Il nome di Beth, era sempre lì, nei miei pensieri. -Cosa mi avete portato, questa volta? - Una voce di donna, molto vicino. Doveva trovarsi sopra di me. - È carne per zombie da quello che vedo. - - No, che dici. Guardalo meglio ...Signora... è ferito, è vero, ma tu potresti rimetterlo in sesto.- - Portatelo alla baracca e poi levatevi dai piedi. - Non sapevo esattamente quanto tempo era passato ma al mio risveglio, la testa era meno confusa, e il dolore alla spalla sembrava migliorato. Provai a guardarmi intorno ma mi accorsi con enorme disappunto, di essere legato alla brandina su cui ero disteso. - Non muoverti. I punti potrebbero riaprirsi. Con tutta la fatica che ha fatto per salvarti.- - Chi sei?- chiesi a fatica. - Allora non sai dire soltanto un nome... Anche frasi intere di senso compiuto ti riescono. - Mi sorrise. - Chi sei? - - Quella che ti ha accolto qui quando stavi morendo, è grazie anche ai miei antibiotici se sei ancora qui. Mi chiamo Anna Morton, ma per te, sono la dottoressa Morton, chiaro? - Annuii. -Certo che sei di molte parole. - -Grazie per avermi salvato, di questi tempi, beh lo sa.. - Mi sorrise, rilassata questa volta. Era una donna anziana di colore, aveva mani forti e sicure, capelli molto corti, e modi bruschi. -Ora scioglierò le cinghie, bada bene a non fare scherzi, se no stanotte la tua dose di antidolorifici te la scordi, chiaro? - Annuii nuovamente. -Quanto tempo sono rimasto svenuto? - -Svenuto? Il tuo era più uno stato comatoso, direi- mi squadrò- Ti faccio un rapido quadro della situazione. Sei arrivato qui mezzo morto. Avevi una setticemia molto grave del sangue, per colpa del proiettile che non era fuoriuscito. L'osso della spalla era scheggiato, e ringrazia che non sia stata toccata l'arteria, in caso contrario non saremmo qui a parlarne. - -Quanto tempo è passato? Devo andarmene da qui. - -Sono passate quasi due settimane. E non provare ad alzarti da lì. Avevi anche una caviglia slogata. Solo Dio sa come hai fatto a fare tanti chilometri in quello stato. Devi avere una volontà di ferro. Fosse stato per me, ti avrei lasciato al tuo destino. Il mio dubbio era che fossi stato morso, ma hai un angelo custode che veglia su di te, pare. - - Cosa ti ha fatto cambiare idea, allora? - le chiesi. -Chi, piuttosto! Quando sei arrivato, non facevi che ripetere un nome insistentemente che di certo non era il tuo, sai dirmi il perché? - -Beth...- ripetei quasi sovrappensiero. Era il motivo che mi aveva tenuto in vita fin a quel momento. Non volevo nemmeno cercare di capirne la vera ragione. Era basilare per me ritrovarla, ma non volevo e non potevo pensare a questo ora. -È una mia amica, credo sia stata rapita dagli stronzi che mi hanno sparato, e devo ritrovarla. - - Principalmente modera il linguaggio giovane, soprattutto in mia presenza, poi non hai pensato che potrebbe essere morta? - -No. No, non può essere. - dissi risoluto. Lo sentirei, mi ripetevo. - Lei ce la deve aver fatta, è forte per una ragazza...- poi aggiunsi cupo- Se così non fosse, sterminerò tutti quei figli di puttana fino all'ultimo, poi darò la loro carcassa in pasto agli zombi. Dovesse volermici una vita. - - Brutale e risoluto! - Mi rimbeccò la donna quasi divertita. - Forse dovresti chiederti da dove proviene questa furia, o non sei ancora pronto a scoperchiare quel vaso di Pandora? - rise e mi diede in mano tre pastiglie colorate. La guardai male. - Cosa sono? - -Vediamo. Antibiotico, antidolorifico e ..veleno per topi! Non lo sai che sto cercando di ucciderti da quando sei qui? - mi squadrò seria, poi si morse il labbro, tradendo l'ironia. - Non vorrai che scopra di nuovo la tua natica, figliolo? Nonostante il tuo fascino, son troppo vecchia per uno come te, e non è mia abitudine approfittare di giovanotti svenuti. Ora che sei cosciente credo che tu possa prendere i tuoi medicinali da solo, o no? Vuoi dell'acqua? - Annuii. - Grazie. - Buttai giù senza fiatare. - Finalmente un po' di cortesia. Ricordatene finché, sei qui. Grazie a te, Daryl! - -Come fai a sapere il mio nome? - mi misi sulla difensiva. -Gliel'ho detto io... - Una visione. Non poteva essere vero. Non poteva essere lì davanti a me, sulla porta che mi guardava. Feci per alzarmi ma Beth attraversò la stanza e me lo impedì, abbracciandomi stretto. Avevo un milione di domande, ma non riuscivo quasi a parlare, sapendo che se lo avessi fatto avrei tradito forse il tremito nella mia voce e qualcos'altro che mi opprimeva ed era sul punto di uscire ma, se avessi pianto, Beth non me lo avrebbe mai fatto dimenticare, quindi mi controllai. Ero ancora bravo in quello. La abbracciai di rimando- non lo avevo mai fatto consapevolmente-, e mi sentii, finalmente, completo.

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Capitolo 2
*** capitolo 2- Beth ***


Mentre scappavo dalla casa in cui avevamo passato quei pochi giorni tranquilli, riuscivo solo a pensare a una cosa. Daryl era rimasto indietro. Lui era ancora in quella casa enorme, infestata dai non morti, mentre io stavo correndo a perdi fiato per raggiungere la strada. Poi tutta una rapida sequenza di eventi, era avvenuta in un attimo. Tutto troppo velocemente perché io potessi reagire in qualsiasi modo. Scorsi con la coda dell'occhio una macchina, proprio accanto alla via principale mentre due uomini, armati fino ai denti si stavano avvicinando, quasi furtivi, alla mia posizione. Provai panico. Feci la cosa più semplice e stupida che avrei potuto fare. Cercai riparo dietro a un cespuglio, sperando che non mi avessero notata, ma un terzo uomo mi aveva vista e mi prese in spalla sollevandomi da terra. Quasi fossi stata un giunco, quasi non avessi avuto peso. Tentai, allora, di urlare e divincolarmi per farmi sentire da Daryl, ma era troppo lontano e la mano dell'uomo me lo impedì velocemente. Mi gettarono nel bagagliaio senza tanti convenevoli. Fortunatamente, il mio coltello da caccia, era nascosto e ben ancorato al mio stivale. La mia preoccupazione principale era Daryl, sapevo che sarebbe uscito incolume da quella casa, ma cosa avrebbe potuto pensare non trovandomi ad attenderlo? Ero spaventata a morte e il cuore sembrava uscirmi dal petto a ogni minimo rumore. La macchina si mise in moto all'improvviso. Urlai, poi, avvertii due spari in rapida sequenza. Un urlo bestiale spezzò l'aria e la vettura partì in velocità. Dio mio, fa che non sia successo nulla a Daryl, ti prego! Cominciai a singhiozzare come una stupida, poi cercai di ritrovare lucidità. Quelle persone non potevano avere buone intenzioni, quindi avrei dovuto difendermi con ogni mezzo necessario. Dovevo stare calma. Riflettere. Cosa avrebbe fatto, Daryl in un caso del genere? Prima di tutto, di certo, non si sarebbe mai fatto sbattere in un bagagliaio senza combattere. Già ma lui era anche sulla novantina di chili, mentre io... e aveva anche una balestra che sapeva come usare alla perfezione. Lui non era una preda, era un cacciatore. Nonostante la mia situazione fosse quasi senza speranza, non riuscivo a non pensare a lui. Perché mai? Parte di lei si ripeteva che era perché non l'aveva abbandonata durante la fuga dalla prigione, ma qualcosa di più profondo albergava in fondo al suo cuore. No. Non era il momento di affrontare la cosa, ma in qualche occasione, nello sguardo di Daryl Dixon, aveva scorto qualcosa di differente e insolito rispetto alla pacata indifferenza e freddezza che riservava alla maggior parte degli altri. Tornò, con la memoria, alla prima volta che aveva visto il gruppo di Rick. Non aveva neanche notato Daryl. Lui se ne stava lontano, in disparte, quasi non ne avesse voluto saper nulla di quel gruppetto di persone eterogenee che si arrabattava per sopravvivere in quel mondo alla rovescia. Lui era emarginato, una sorta di eremita. Poi aveva sentito delle sue ricerche in solitaria e della bambina scomparsa: Sofia. In quel frangente lo aveva visto trasportato in casa con una ferita di striscio alla testa e una bruttissima ferita al costato. A quel tempo, da lui, aveva solo ricevuto dei grugniti in risposta alle sue domande mentre lo medicava, nel tentativo, forse, di fare conversazione o amicizia, ma senza mai riuscire nell'intento. Una volta suo padre le aveva detto che non era facile addomesticare un animale rinselvatichito, perché una parte di lui, avrebbe sempre meditato di azzannarti una mano. Suo padre, però, le aveva spiegato anche che un tale comportamento era un meccanismo di difesa. Un cane che era sempre stato picchiato e affamato, non poteva di punto in bianco fidarsi di nuovo degli esseri umani, e allo stesso modo, dopo aver medicato Daryl, e aver notato i segni che portava sulla schiena, Herschel aveva spiegato alla figlia minore che sarebbe stato davvero difficile- se non quasi impossibile - riuscire a entrare in sintonia o avvicinare una persona del genere. Tutto ciò, però, non aveva mia scoraggiato Beth. In seguito lo aveva conosciuto meglio alla prigione, e il suo punto di vista era notevolmente cambiato. Daryl era sempre così scostante perché temeva di affezionarsi troppo a qualcuno che, immancabilmente, avrebbe perso?! La perdita di Merle, in quest'ottica, non aveva fatto che peggiorare le cose. Con Rick sembrava più rilassato, ma erano momenti. Attimi. Solamente durante i giorni che avevano passato assieme, però, credeva di averlo capito veramente. Con lei aveva abbassato le sue difese tanto da farle comprendere che dietro quella corazza impenetrabile e dura, c'era un uomo spaventato quanto lei e, probabilmente, fragile, forse più di quanto avrebbe voluto far trapelare, che aveva perso tanto, tutto, ma aveva continuato a lottare. Per cosa si domandava Beth? Era stata lei a spronarlo a reagire dopo aver perso il gruppo. Lei che lo aveva fatto imbestialire ogni volta che non gli dava retta, tanto che, a rigor di logica, avrebbe dovuto spararle a giudicare dalle occhiate che le lanciava qualche volta, e invece, aveva fatto di tutto per proteggerla. Sempre.Bastava che lei si allontanasse, anche di poco, dal sentiero che il cacciatore era subito dietro di lei. Doveva trovarlo, avrebbe fatto qualunque cosa per ritrovare Daryl, per sapere che stava bene. Per rivederlo. Per guardare ancora una volta da vicino, in quegli occhi azzurri come ghiaccio e cercare... Cercare cosa, Beth? La macchina si era fermata. Il coltello era ben fermo nella sua mano. Non appena avessero aperto il portellone avrebbe colpito. Poi degli spari. Vicini stavolta e delle voci. Non erano vanganti. Poteva essere Daryl? Doveva essere lui. Iniziò a gridare come un'ossessa il suo nome. - Daryl!! Daryl! Sono qui! Daryl!! - Il baule dell'auto venne spalancato, ma si trovò davanti un ragazzo un po' più grande di lei che la osservava sbalordito. Le porse la mano e l'aiutò a uscire dal bagagliaio dove era stata scaraventata in maniera poco gentile. - Spiacente di deluderti, non mi chiamo Daryl! Sono Sean. Loro sono i miei amici Doug e Carol. - A quel nome mi voltai e la vidi. Mi rianimai. - Carol! Oh Carol! - Carol mi osservò un secondo e abbassò il fucile. Il suo abbraccio era come quello di una madre. Una madre che ormai non avevo più da tanto tempo. - Sssh piccola! Tranquilla! È tutto finito, Beth! - Poi, dopo un primo momento di smarrimento, la consapevolezza che non era finito niente, mi colpì come uno schiaffo. - Daryl! Carol, Daryl è là fuori. Dobbiamo trovarlo. È solo. Diavolo, deve essere disperato, questi stronzi mi hanno portato via! Lui stava arrivando e loro mi hanno portato via. - Ero davvero fuori controllo, piangevo e, allo stesso tempo, non sapevo da dove iniziare per fare qualcosa. - Devo ritrovarlo Carol. Lo devo fare... - - Calma piccola! Ora andiamo in un posto sicuro, poi mi racconterai tutto... - Mi allontanai da Carol. Non voleva capire. - Gli hanno sparato! Non so nemmeno se è vivo o... - non volevo nemmeno pensare a quell'eventualità. Cominciai a singhiozzare e allontanarmi da loro, era assurdo pensarlo ma avevo ancora il coltello ben saldo nella mia mano destra. Stavo minacciando Carol, e non me ne rendevo nemmeno del tutto conto. Poi due braccia forti mi fecero gettare il coltello e mi sollevarono da terra. Era la seconda volta che mi capitava quel giorno. Svenni o persi conoscenza per qualche tempo. Al mio risveglio mi ritrovai Carol davanti. Aveva Judith in braccio. - Judith! - Carol me la porse e mi guardò sorridendo perplessa. - Ti senti meglio? Stanotte era in preda alle furie, ci sono voluti due uomini per metterti in macchina. - Mi guardai i piedi. - Scusa Carol! Non dovevo minacciarti a quel modo. Dove siamo? Da quando siamo qui? - - Al sicuro. È quasi l'alba. - - Devo muovermi. Il mio coltello? - Carol sospirò. - Credo tu abbia passato troppo tempo con Daryl, se le tue uniche parole, dopo tutto questo, sono: devo andare e dov'è il mio coltello! - - Scusa Carol, ma devo trovarlo! Fosse l'ultima cosa che faccio! - Sospirò di nuovo. - Ok. È importante ritrovare Daryl, questo l'ho capito. Ma, se ragioni un attimo, ti renderai conto che se c'è qualcuno che ce la può fare là fuori, quello è lui. - - Non capisci, credo sia ferito. Quegli stronzi gli hanno sparato perché voleva proteggere me, ed io non posso fregarmene e comportarmi come se niente fosse accaduto. - - E non lo faremo! Degli uomini sono in giro a cercarlo, sono bravi a seguire le tracce e vedranno da dove proveniva la macchina. Lo troveranno, o sarà lui a trovare loro. Conoscendo Daryl è possibile, sai?! - La sua calma era esasperante. Poi Judith mi tocco la guancia per richiedere la mia attenzione - Ciao Piccolina! Come sei cresciuta! Ci sono anche Rick e Carl? Si sa qualcosa degli altri? Maggie? - - No. Per ora nessuno di loro! Mi spiace, Tesoro! Ora andremo dalla dottoressa Morton che ti darà un'occhiata. Non sembri ferita, ma mi sentirei più tranquilla. Fallo per me. - Annuii. La dottoressa era una persona dell'età di mio padre, molto pratica. Mi medicò un graffio su una tempia, mi diede dei vestiti puliti e mi permise di farmi una doccia. Mi sentivo rinata. Poi mi appostai vicino al cancello d quella strana struttura, in attesa di qualche segno. Se quegli uomini lo avessero trovato entro sera, bene, in caso contrario sarei uscita da lì e lo avrei cercato io stessa. - So cosa stai pensando, ma non lo farai. - Carol. - Leggi nel pensiero ora? - - No. Ma non ti lascerò tornare là fuori a cercarlo con un coltello da caccia e le tue buone intenzioni. Se lo facessi Daryl mi ammazzerebbe. - - Lui non è qui. - - Sei così cambiata, Beth! - La osservai sbalordita. - Cambiata? E perché mai? Mio padre è stato ucciso da quel macellaio del governatore, mia sorella è dispersa, forse con Glenn, chissà dove... il resto del gruppo potrebbe essere ovunque o già morto e Daryl... - un groppo in gola, grosso come una casa, mi bloccò le parole. - Ascoltami Beth! Daryl è un cacciatore ed è abituato a restare fuori anche per lunghi periodi. Sa leggere le tracce e se vuole trovarti, almeno quanto lo vuoi tu, ti troverà. - Mi voleva trovare?! Ogni fibra del mio corpo si augurava di si. - E se... - - Non pensare al peggio. Nel tuo cuore cosa senti? - disse indicandomi la parte sinistra del corpo. Feci un profondo respiro- Lui è vivo. Lo so. Deve esserlo per forza, perché... - - Perché? C'è qualcosa che non mi hai ancora detto? - aggiunse Carol, senza malizia. - No. - non potei fare a meno di arrossire - No. Mi ha salvato e abbiamo condiviso parecchie cose, tutto qui. - - Sarà... ma non ti ho mai visto così determinata. - Passarono due interminabili giorni. Io mordevo sempre di più il freno, ma non venivo mai lasciata sola. Carol mi aveva assegnato una delle capanne ai margini del tracciato. Era una villetta abbastanza grande per una persona, aveva ben due camere da letto. Non che riuscissi a dormire, comunque. Era un po'isolata dalle altre e aveva alle spalle il fiume, ma a me non dispiaceva. Continuavo a pensare che a Daryl, una volta ritrovato, forse sarebbe piaciuta. Poi la notizia mi venne comunicata per mezzo di Sean. Lo avevano trovato in un capanno a quasi dieci km da dove ero stata prelevata. Corsi a perdi fiato fino all'infermeria e, quando lo vidi, il cuore perse qualche battito. Era malconcio, come mai lo avevo visto prima, e aveva una profonda ferita alla spalla. Notai, con disappunto, che era stato legato al lettino. Carol mi aveva spiegato che era la prassi da seguire per la nostra incolumità. Se i feriti gravi non rispondevano alle cure e si trasformavano, era più facile fare... No. Daryl era la persona più forte che conoscevo. Mi avvicinai decisa al lettino e la dottoressa mi squadrò. - Te la senti? - Annuii. - D'accordo. Prima di tutto tagliamo i suoi vestiti per accertarci che non sia stato morso, poi estrarremo il proiettile. Lo hai mai fatto? - - No. - - È un buon modo per cominciare, mettiti i guanti. Beth, e se dovesse finire male...- Le risposi senza distogliere lo sguardo da lui- Lo farò io, glielo devo. - - Ok. Prendi quelle forbici. Iniziamo. - Fu un pomeriggio estenuante. Lavorammo senza sosta per quasi cinque ore, e ad un certo punto sentii che lui borbottava qualcosa fra le labbra. Pensavo stesse vaneggiando, quando mi accorsi che pronunciava il mio nome. I miei occhi si riempirono di lacrime e dovetti fermarmi un secondo. - È da quando è arrivato qui che ripete il tuo nome, qualcosa mi dice che anche lui avrebbe fatto follie per ritrovarti. - sussurrò Carol al mio orecchio. Quella sera la febbre era ancora molto alta. Quando Carol mi chiese se poteva darmi il cambio, rifiutai. Lei si sedette dall'altra parte della barella, e guardò Daryl con profonda dolcezza. Non avevo mai capito perché fra loro non fosse mai accaduto niente, ma quello sguardo me lo fece intuire in un attimo. Lei gli voleva un gran bene, ma come avrebbe potuto volerne a Sofia o a me. Carol, prima di chiunque altro di noi, aveva capito la profonda solitudine e smarrimento di quell'uomo scontroso, ma che aveva l'animo di un ragazzino smarrito. - Anna dice che potrebbe cavarsela. La setticemia è pericolosa, ma ringraziando il cielo abbiamo ancora antibiotici. Dovresti Andare a riposarti. - - Quando si sveglierà, lo farò. - aggiunsi decisa. - Beth. Posso dirti una cosa, non vorrei offenderti, quindi se passo il segno potrai dirmelo, ok? - Annui, distrattamente. - Io non ti ho mai visto guardare nessuno come stai facendo ora con lui. - - È malato, sto solo cercando di aiutarlo. - minimizzai. - Questo è quello che ti racconti tu, ma io non ne sono così convinta. Daryl può essere un uomo meraviglioso, se sai dove guardare, - mi sorrise - Ma è anche molto sgradevole e maligno quando vuole. Fai attenzione, solo questo. Sei così giovane. - - Cerca solo ti tenere le persone a distanza. Non ha avuto niente di quello che posso avere avuto io, eppure fa tanto per gli altri - le risposi sicura. - Beth, se vorrai parlarne, io sarò qui, d'accordo? - - Carol, grazie! Per tutto. - la congedai non distogliendo lo sguardo d lui. Carol, allora aggiunse, - La dottoressa mi ha detto che se vuoi puoi restare per assisterlo, dietro quella porta c'è un sacco a pelo. - - Dov'è la sua balestra? - le domandai. - Al sicuro. Qui è un po' come alla tua fattoria, non tollerano molto che si giri armati. - - Daryl non lo apprezzerà molto. - sorrisi, accarezzandogli la fronte sudata. Era un gesto confidenziale, molto intimo per certi versi. Non so se avrei avuto il coraggio di farlo, con lui cosciente. Ma non volevo pensare neanche a quello. - Immagino. Ah, Beth, questo tienilo nascosto nello stivale. - Mi porse il mio coltello. - Non si sa mai. Io sarò nei paraggi, se non te la sentissi... - - Chiaro, ma non accadrà! - poi aggiunsi, sussurrandogli all'orecchio. - Ce la devi fare. Me lo hai promesso. - Vegliai, come mai avevo fatto, al suo capezzale per quasi due settimane. La dottoressa aveva dovuto operare senza grosse anestesie, e se il fatto che era svenuto poteva aver aiutato noi, non aveva di certo aiutato molto lui, che era piombato- a detta della dottoressa- in una sorta di stato comatoso auto indotto, a causa del dolore. Era il modo che aveva usato il suo fisico per proteggersi dal male subito. - Non restava di sapere quando si sarebbe vegliato, o, se lo avrebbe mai fatto. Quel pomeriggio autunnale ero, al solito, accanto a lui e gli stavo raccontando che erano nati dei paperotti giù allo stagno. Erano facezie e non sapevo nemmeno se mi stesse sentendo, però per me era importante, quindi continuavo senza sosta. Poi mi venne a chiamare Sean. Con Carol avevamo concordato che avrei dovuto lasciare il suo capezzale almeno per due ore al giorno non continuative, almeno per mangiare e prendere aria. Così anche quel pomeriggio mi decisi a seguire Sean per la mia "ora d'aria", lontana da lui. Era difficile lasciarlo, ma non lo avrei rivelato a nessuno. Era la prima volta che lo facevo, ma prima di andarmene, mi avvicinai a Daryl e gli diedi un bacio sulla fronte. Era sempre più dura vederlo in quello stato. Passeggiai, con Sean, in silenzio per un pò. Quando rimisi piede in infermeria e lo sentii conversare con la Dottoressa, mi mancò, per un momento, il respiro. Quella voce bassa e modulata, non avrei mai creduto che l'avrei risentita in questa vita. - Come fa a sapere il mio nome? - il tono di Daryl era già all'erta e sospettoso. Già intuivo il dramma che si sarebbe consumato da lì a poco, quindi mi palesai. - Gliel'ho detto io... - Anticipai il rapido movimento di Daryl per raggiungermi, in modo che non si alzasse dal letto, e lo abbracciai, cercando di trattenere le lacrime ancora per un minuto, ma già avvertivo i primi singhiozzi che mi scuotevano. Quando il braccio libero dalla fasciatura mi strinse a sé - non lo aveva mai fatto prima - fu un fiume in piena che non avrei più potuto controllare.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 - Prime impressioni ***


Capitolo 3- La prima impressione

Capitolo 3 – La prima impressione

 

-         Beth-

 

Carol arrivò all’infermeria non appena seppe che Deryl si era svegliato ma, contrariamente a quanto mi sarei aspettata, lui fu piuttosto restio a lasciarmi andare.

-Bene, Bene, bene. Ti sei svegliato allora! Stavolta mi hai fatto davvero preoccupare. Come stai, Daryl?

Carol si avvicinò e lo abbracciò, senza il minimo imbarazzo. Daryl era stranamente freddo e prudente con lei, forse sapeva qualcosa che io non conoscevo, come ad esempio, come mai Carol si fosse allontanata dalla prigione senza una spiegazione. Rich forse ne aveva parlato con lui, ma erano tutte supposizioni. Magari glielo avrei chiesto più tardi. Era stranamente tranquillizzante, per me, sapere che ne avrei potuto parlare con lui in seguito.  Sempre che fosse stato disposto a farlo, naturalmente, si trattava sempre di Daryl.

 Dopo un primo momento imbarazzante, Daryl  parve riaversi ritrovare il dono della parola.

-Carol! Come stai?

-Molto bene ora. Saperti qui e non là fuori, è un sollievo per parecchie persone in questa stanza! – gli rispose lei, scompigliandogli i capelli.  Era un gesto confidenziale che denotava una certa intimità fra i due. Daryl non si sarebbe fatto trattare come un bambino da chiunque.

La dottoressa Morton parve voler parlare, ma si trattenne, non la ringraziai mai per quel gesto cortese.

 -Dov’è la mia balestra?

-Ora ti riconosco. – disse Carol scuotendo il capo. - E’ al sicuro.

Daryl tentò di dire qualcosa, ma lei lo anticipò. – Qui vigono delle regole che ora ti saranno spiegate in breve, come ad esempio che non puoi girare armato dove ti pare. E poi con quel braccio al collo, come puoi pensare di poterla impugnare? Ci vogliono due mani da quello che ricordo per usare una balestra, o mi sbaglio?

-Non io. Lei. – rispose lui rivolgendosi a me, che non avevo ancora ritrovato la voce.

-Beth, Tesoro. - la Dottoressa Morton mi prese da parte -Ora che il tuo amico è sveglio, meglio che tu vada a riposarti. Non appena avrò finito di medicare Daryl lo farò accompagnare alla depandance . Ci sono due stanze da letto, giusto?

Annui.

Daryl e Carol intanto si stavano squadrando.Lei aveva un’aria divertita, mentre dallo sguardo di lui traspariva irritazione e prudenza.  Avrei pagato per assistere a quel diverbio, ma non avevo voce in capitolo, tanto più che nemmeno Daryl aveva detto una parola perché io restassi.

-Ciao Daryl!

Lui mi fece un cenno quasi impercettibile con la testa.
Inforcai, quindi, la porta. Ancora una volta mi ero sentita trattare come una bambina. Non lo sopportavo, soprattutto da lui.
Corsi verso il fiume e la mia nuova casa, trattenendo le lacrime,  lasciandomi l’infermeria alle spalle.

-         Daryl_-

La donna medicina aveva fatto allontanare Beth con una scusa qualunque. Mi infastidiva che la trattassero come una bambina, ma vista la piega della conversazione, non volevo nemmeno che restasse lì ad ascoltare.

- Lei? Daryl, da quando in qua ti fidi di qualcuno a tal punto da affidargli la tua balestra? O meglio la tua vita? – chiese una Carol allibita  dal mio comportamento.
Era uno scontro fra Titani, lo sapevo. Carol era la sola  che mi avrebbe potuto tenere testa, ma mantenni la calma. Di certo non sarebbe stata lei a farmi ammettere qualcosa, qualunque cosa fosse, che non avrei ammesso neanche con me stesso.
 – Sa usarla e ha abbastanza sangue freddo da non perdere la calma.

-     -  -  Ah si?

-         -Si! C’è altro che vuoi sapere, mamma?  – Le risposi in modo strafottente, ma il tono della conversazione stava prendendo una strada che non mi sarei sentito di affrontare. Non in quel momento, e sempre che lo avessi mai voluto fare. Una conversazione con una mandria di zombi mi sarebbe andata più a genio. Ed era tutto dire.

Ci studiammo per un momento, poi la a dottoressa ci interruppe e chiese a Carol di andare a procurarmi dei vestiti dato che, al momento, ero provvisto soltanto di un lenzuolo.

 
-Mi sento intontito. Confuso. – le riferii quando restammo da soli.

-E’ normale. Abbiamo potuto somministrarti solo dei liquidi e dei complessi vitaminici, in questi giorni. Dovrai mettere qualcosa sotto i denti, consiglierei frutta e un brodino di pollo leggero.

-Vuole che attacchi uno zombie a mani nude?

La dottoressa rise. - Capisco che il tuo cervello ti dica diversamente, ma il tuo stomaco non lo reggerebbe. Preferisci dormire qui stanotte? O vuoi che ti faccia accompagnare alla casetta?

-Casetta? Mi andrebbe bene anche un’amaca fra due alberi.- dissi sincero - comunque, se potessi alzarmi e uscire da qui ne sarei felice. Penso di averci passato anche troppo tempo, se mi capisce.

La donna mi squadrò- E magari  in compagnia di qualcun altro?!
-       -  -
Come ad esempio? – decisi di stare al gioco, anche se lo detestavo- Con Carol ho già dormito qualche volta, ma mi odia, dice che parlo nel sonno..
- Forse, e dico forse, avresti preferito passare un po’ di tempo con Beth, dopo tutta la fatica che hai fatto per cercarla.

La guardai male. Fosse stata un uomo, glielo avrei fatto rimangiare.. insieme ai denti. Ma era una stramaledetta donna, Cazzo.

 – Cosa vorrebbe insinuare, Dottoressa? – chiesi cauto.

 -Nulla! Nulla! Immagino solo che sia difficile per entrambi dormire a distanza – da qui alla capanna vicino al fiume- dopo tutti questi giorni passati vicini.

 Non capii subito l’allusione che aveva fatto, poi notai la branda abbandonata in un angolo. – Beth, ha dormito qui, stanotte?

-Stanotte? Vuoi dire per tutto il tempo che sei rimasto qua dentro. Mi ha assistito dal primo momento che hai passato svenuto. Ti lasciava solo per mangiare e per prendere aria. Due ore al giorno, e Carol ha dovuto faticare anche per ottenere di sostituirla per quel poco tempo. Ma io sono vecchia, certe cose non le capisco più, quindi non prendertela per le parole di una povera donna anziana e indifesa...

 Altro che povera vecchia, questa era più pericolosa del Governatore, ma in un altro modo, Stramaledetta Vacca...

-Pulisciti la bocca con il sapone, Giovanotto!

-Come diavolo faceva a sapere…- la mia affermazione fu sottolineata da un leggero schiaffo su una mano.

La Morton non era una donna da sottovalutare e lo capii immediatamente dalla ramanzina che mi presi.

-Non credere che non sappia leggere le persone, Daryl Dixon, conosco fin troppo bene gli uomini come te, e i segni che porti sulla schiena ne sono una prova.  Ora, tu puoi fingere di essere distaccato finchè vuoi, ma non con me. Quindi riga dritto! E non è un consiglio, è un ordine.

 Mi squadrò severa, tanto che mi venne quasi naturale, abbassare gli occhi pentito e  risponderle in quel modo.
– Mi scusi, Signora. Ho capito.

Mi ricordava molto una suora che avevo conosciuto da bambino, riusciva a metterci in riga solo con un’occhiata. Era passata un’eternità.
- Bravo ragazzo!- mi sorrise sincera, dandomi una pacca sulla spalla, quella  buona.

Carol tornò con dei pantaloni puliti della mia taglia, una camicia a maniche lunghe e, miracolosamente, il mio vecchio giacchino jeans, ormai rammendato in ogni parte, quasi mi commossi per l’emozione.

 

-Grazie. Ora, però, levatevi di torno. Vorrei vestirmi in pace.

Carol rise e anche la dottoressa pareva piuttosto divertita.

-Prima di tutto, Giovanotto, vorrei vedere come ti reggerai in piedi con la caviglia in quelle condizioni e poi ormai, non hai più tanti segreti per noi, lo sai?

Le guardai senza capire.

Carol allora spiegò- Sai com’è, quando sei arrivato abbiamo dovuto controllare se eri stato morso…e ti abbiamo spogliato, c’era anche Beth.
Ora mi sentivo davvero in difficoltà. Non solo si stavano divertendo alle mie spalle, a causa del mio momento di difficoltà, ma me lo stavano anche facendo pesare.-

-       Sei arrossito, Daryl?- chiese una Carol sempre più divertita.
-Ok! Levatevi dalle palle entrambe prima che perda la pazienza.- dissi deciso, riprendendo il controllo sulla situazione ormai fuori ratio.
Le due donne risero ancora di più, ma Carol, che mi conosceva abbastanza da sapere che lo scherzo era durato fin troppo, convinse la Morton a seguirla.

 Sentii bussare alla porta poco dopo. –Tutto bene? Posso entrare?

-Resteresti fuori?

Carol entrò e mi sorrise porgendomi una stampella. – Te la senti di alzarti e di muoverti da qui o vuoi aspettare qualche giorno? Nel caso la seconda opzione è una sedia a rotelle.
La guardai male e capì al volo che non mi sarei fatto trattare da invalido.

-Quali sono le regole  cui avete accennato distrattamente, per tutto il giorno? – dissi mentre Carol indicava la direzione da seguire per l’alloggio.

Carol sospirò- Non ti piaceranno. Qui c’è una specie di consiglio ristretto che detta regole abbastanza precise.

-Spara.

- E’ un gruppo molto unito, c’è un consiglio simile a quello che avevamo alla prigione. Tutto ciò che viene usato deve essere ripagato o rimpiazzato, chi ha delle competenze specifiche le mette disposizione della comunità, gli altri lavorano dove vengono assegnati.

Nessuno può andarsene di qui se non ripaga il debito con la comunità.

-Stai scherzando? Quindi al momento sono bloccato? Che bella stronzata

- Daryl! Modera il linguaggio. No, non scherzo e sì, credo che dovrai renderti utile qua dentro per qualche tempo, ma lo hai sempre fatto, quindi, non c’è differenza. C’è di positivo che molti, i più,  anche dopo, decidono di restare. Qui si assapora il piacere della tranquillità. E poi Beth sarebbe al sicuro.

Lasciai cadere il discorso volutamente.

-Siamo a Terminus?

-No. Non so perché, ma qui non vogliono avere niente a che fare con Terminus.

- Ti sei domandata il perché?

-Daryl! Ti prego…Goditi un po’ di pace, ne hai bisogno come chiunque altro, ok?

Diedi finalmente un’occhiata alla casa. 

- Immagino che l’abbia scelto tu, per me, questo posto?

La casa sorgeva dietro una piccola macchia di alberi decidui, le altre case si intravedevano appena ed aveva anche un piccolo giardino. Dietro di esse scorreva un fiume abbastanza  ampio da fungere da confine naturale per gli zombi.

Lei assentì.- Isolato al punto giusto, spero solo che anche Beth lo apprezzi quanto te, non vorrei si sentisse troppo isolata!

-Cosa c’entra Beth?- le domandai – Davo per scontato che stesse da te!

-Davi per scontato?E perché mai Daryl ?!

- Voglio dire io sono un uomo e lei…

- E’ una giovane donna, per cui tu sei l’unico punto di riferimento.

Mi stavo arrampicando sugli specchi.-  Non puoi pensare che viva qui con me?! Voglio dire cosa penserà la gente..

Carol mi guardò divertita – E tu credi davvero che di questi tempi qualcuno andrebbe a pensare? Non ci credo. Non ti facevo così moralista. E poi ci sei tu, no? Se qualche  malanimo  dovesse fare delle congetture spiacevoli su Beth..

-        - Dovrebbero solo provarci  gli farei ingoiare tutti i denti e si troverebbe a penzolare fuori da recinto durante il passaggio di una mandria.- lo dissi senza pensare alle conclusioni che avrebbe tratto Carol, ma me ne pentii, subito, infatti mi fissò in modo strano.

-         - Che ho detto di male?

-        -  Niente. Assolutamente niente. Notte Daryl!

Rimasi lì come un coglione a fissare Carol che si allontanava nel buio.

 - Entrai in casa. Le luci all’interno erano soffuse, ma con le candele non potevo aspettarmi niente di diverso, e la cena era sul tavolo. Beth aveva tentato di aspettarmi alzata, ma alla fine era crollata sul divano accanto alla finestra.
Mai, neanche nei miei sogni più belli, avrei potuto immaginare un futuro più perfetto.  Cercai una coperta e gliela posai sulle spalle.  Doveva essere esausta dopo tutto quello che aveva fatto per me, in quelle settimane. Merle mi avrebbe detto che avevo perso le palle riguardo a Beth, non pensavo lucidamente quando lei era coinvolta.

Cosa mi stava succedendo?

Presi un pezzo di pane e mi accomodai a terra accanto alla sua poltrona. Mangiai qualche boccone, poi l’antidolorifico e il calmante, iniziarono a fare il loro effetto. Non avrei dovuto cedere al sonno, ma ero accanto a lei e confidavo che se fosse entrato qualcuno, me ne sarei accorto. Morfeo mi accolse fra le sue braccia, e non mi svegliai che al mattino.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4- Pace, guerra o... ***


capitolo 4- Pace. guerra o-...

 

4- Pace, guerra o…

 

-Beth-

 

Mi accorsi troppo tardi che non ero riuscita ad aspettare l’arrivo di Daryl sveglia, come mi ero prefissata.
Poi lo vidi, era seduto a terra accanto alla mia poltrona, con le gambe stese. L’espressione sul suo viso era rilassata, come mai l’avevo visto in tanti giorni. Sembrava tranquillo. Mi dispiaceva solo che non fosse andato a dormire su un letto, tanto per cambiare.

Mi alzai cercando di non svegliarlo, miracolosamente, mi riuscii. Le dosi di sonnifero della dottoressa Morton dovevano essere belle forti, per stendere uno come lui!  

Volevo riuscire a procurarmi qualche biscotto per la colazione, quindi sgattaiolai fuori e andai a cercare Sean alle cucine.
Doveva essere di turno, ma lo incontrai strada facendo.

-Buongiorno, Beth!

-Ciao Sean! Stai andando alla mensa? Speravo di poter avere qualche biscotto. Ora che Daryl sta bene, immagino che mi occorreranno più provviste.

-No. Stamattina ho dovuto cambiare i miei programmi, c’è del movimento sul confine, vicino alla zona di Terminus e ci tocca controllare… Mi spiace. – rispose sincero.  - Non raccontare che te l’ho detto, il capo mi sparerebbe!

-Ho la bocca cucita. – gli sorrisi.

-Comunque vieni con me, ho ancora tempo prima di iniziare il mio giro, facciamo razzia in dispensa, - sorrise di rimando - La cuoca è mia madre!

 Mangiammo qualche biscotto in silenzio.

-E così il motociclista si è svegliato?

- Il motociclista? – aggrottai la fronte.

-Si il tuo amico, Daryl! Dal suo aspetto qui tutti scommettono fosse un motociclista o un poco di buono di qualche banda…

Mi alzai di scatto da terra. – E’ così facile qua dentro affibbiare delle etichette a qualcuno che non si conosce nemmeno?

-Scusa Beth! Non volevo offenderti. – si sbrigò  a spiegarsi- Immagino che tu lo conosca bene e a questo punto non dovrebbe più contare molto quello che c’era prima. Ti chiedo perdono e ti prometto che chiunque faccia delle affermazioni del genere, se la vedrà con me.

Mi calmai, ma il danno era fatto.

– Accetto le tue scuse, ma chiunque dica tali cattiverie su di lui, per me non da considerarsi. Credevo che tutto questo avesse insegnato qualcosa alla gente, vedo che mi sbagliavo.

-Beth, aspetta, non volevo farti arrabbiare…La gente parla, è sempre stato così, e immagino che la prima occhiata che hanno potuto dare all’ultimo arrivato, non sia stata la più rivelatrice. Il tuo amico pare un duro comunque, lo devo ammettere. Ha fatto più di dieci km a piedi con un buco nella spalla destra, una caviglia slogata e la febbre alta, e stava quasi per raggiungere il punto in cui ti abbiamo trovato…E qui nessuno credeva ce l’avrebbe fatta..  – poi aggiunse, -Voglio dire, a parte te.  Incavolato deve fare paura…

Intanto eravamo arrivati davanti alla casetta.

-No, non paura, - sorrisi ripensando alle nostre dispute accese – Occorre solo sapere tenergli testa! Non è facile, ma si può tentare!

-Parli bene tu, sei una ragazza! Non credo picchierebbe mai una donna! A me dà l’idea di uno che gli dovessero togliere quello a cui tiene davvero, potrebbe scatenare un inferno..

Riflettei sulla sua ultima affermazione.- Forse. Occorrerebbe solo individuare ciò a cui tiene maggiormente, a parte la sua balestra, naturalmente!

Sean si fece serio. - Davvero non lo immagini?

Aveva una strana luce negli occhi.

-No.  Perché dovrei?  Sul fatto che è un duro, però hai ragione, ma solo per certi aspetti…

-Amici? – mi porse la mano tesa.

-Certo! In bocca al lupo per la tua “gita”!

-Meglio che in bocca a uno zombi! Ciao Beth!

Rientrai in casa con il paniere con i biscotti caldi. Daryl era sveglio, ma la sua espressione non prometteva niente di positivo.

 

-Daryl-

 

-Si puo’ sapere dove diavolo di eri cacciata?

 Ero furioso. Mi ero svegliato che il sole era già alto, perché ero stato drogato da quella dottoressa bastarda. Ci trovavamo in un accampamento sconosciuto, con gente di cui non sapevo se potevamo fidarci, e lei – cosa fa?- sparisce?

 -Ascoltami bene,-  dissi puntandole un dito contro-  Non ho idea di come la veda tu, e neanche me ne frega un cazzo sia chiaro, ma qui le regole le faccio io. Ieri sera devono avermi dato un sonnifero troppo forte, ma tu non te ne puoi andare in giro senza nemmeno dirmelo. Non ho la minima idea di chi sia questa gente e non voglio, non posso, correre il rischio che tu sia portata via, un’altra volta, da me. 

  E-  E perché mai ti dovrebbe importare? – rispose   decisa.

-Perché? Perché devi restare viva. Ecco perché! Non mi sono quasi fatto ammazzare per te, per poi lasciarti correre dei rischi inutili, ora!

 Ma perché ero così sconvolto all’idea? In fondo ero stato io che avevo proposto a Carol che stesse da lei, e, a dirla tutta, volevo andarmene da quel luogo al più presto. Dovevo trovare gli altri: Rich, Michonne, Carl, Maggie..e di certo l’ultima cosa di cui avevo bisogno era lei. Non poteva essere che così. E allora perché me l’ero presa tanto a cuore?

 Beth mi guardava con quegli occhioni sgranati, impietrita, quindi cercai di aggiustare la cosa.

- Senza contare che avrei potuto avere bisogno di te, cazzo! Per alzarmi in piedi ci ho messo un’eternità e devo…devo pisciare!

Beth mi guardava come un cucciolo smarrito, poi affilò le unghie.

 - …E ritieni che possa esserti utile per espletare questa tua mansione?- Mi urlò contro a sua volta. Me l’ero cercata, ero nei guai.

 - ...Ero solo andata a cercare qualcosa per fare colazione, pensavo ti avrebbe fatto piacere qualche biscotto e della marmellata, per una volta! Ma no! Tu non puoi accettare l’aiuto di nessuno, come sempre! Allora sai cosa ti dico? Visto che sei riuscito ad alzarti, puoi anche arrangiarti ad andare in bagno, e già che ci sei fatti una doccia!
Puzzi come uno zombi!

 Detto questo prese la porta e la sbattè abbastanza forte da far cadere un paio di libri da una mensola.
Le urlai dietro di rimando- Io non ho finito…- ma lei già se n’era andata.
Diedi un calcio a una sedia per frustrazione. Non poteva andarsene così, stavamo ancora parlando! Mi calmai dopo qualche minuto e analizzai la cosa.
Ero stato un cretino, niente da dire. Bravo Daryl.
Avevo usato la stessa mano di velluto che usava Merle con le donne, riassumendo?  Una palata di merda su un muro bianco. Complimenti. 

Fanculo. 

Ora mi sarebbe toccato andare a cercarla. Era il minimo.


-Toc Toc. Disturbo?

-Che vuoi, Carol?

-Nervoso! Dormito male?

Un grugnito come risposta poteva bastare.

-A giudicare dalle urla che ho sentito venendo qui e da una Beth infuriata che si allontanava, devi averla fatta grossa.

- Perché io? Voi donne avete la malsana convinzione che noi uomini abbiamo sempre torto…Al diavolo!

Carol si sedette sulla poltrona, dove Beth aveva dormito la notte precedente. – E, sentiamo, stavolta chi aveva ragione?

-Mmmm. Lei!

- Quanto ti deve essere costato ammetterlo, non lo posso immaginare. – rise - Comunque, il Consiglio ti vuole incontrare. Si è a lungo dibattuto su di te in questi giorni e…

-…E devono decidere se sono un animaletto da compagnia o un cane rabbioso da abbattere?

-Daryl perché ti devi comportare così? Fatti un’idea anche tu di chi sia questa gente, poi potrai dare giudizi. Puoi farlo per me?

 -Carol, il mio principale obiettivo, al momento- dopo essermi accertato che Beth non corra rischi-  è mettermi sulle tracce degli altri.  Se, come mi hai detto, neanche quelli di qui si fidano di questo fantomatico Terminus, voglio assicurarmi che gli altri non siano incappati in qualche grosso casino.

 -Quindi hai intenzione di lasciarla qui, mentre tu andrai a farti ammazzare come un cane a Terminus, da solo?

 - E se anche fosse? Rich non mi avrebbe abbandonato, e nemmeno Glenn.

 - E’ vero. Ma se loro dovessero fare una cosa del genere, la farebbero da furbi, e non soli, feriti, stanchi e denutriti quanto lo sei tu ora.

Gettai la spugna. Era troppo per un solo giorno.

 – Non posso farcela contro due donne, e nello stesso giorno per giunta.  Hai vinto. Ti seguirò al tuo consiglio, sentirò quello che hanno da dirmi, ma se quando starò meglio non mi lasceranno andare a cercare gli altri, qui scoppierà un casino che neanche ti immagini! E ora vado a pisciare!

Arrancai fino al bagno e sbattei la porta.

 

-Beth-

 Avevo pregato e atteso per poterlo rivedere in piedi. Vivo. Guardarlo negli occhi, in quegli incredibili occhi chiari, e gioire del fatto che fosse al sicuro, qui, con me.  Chiedevo tanto?

E cosa avevo ottenuto? Ero riuscita a passare tipo, quanto? 15 secondi con lui sveglio nella stessa stanza, senza litigare? Daryl era impossibile, eppure ogni volta che lo guardavo…

Era mai possibile che vedessi in Daryl  qualcosa di diverso rispetto all’amico, al compagno di sventura? Avrei voluto parlarne con Maggie.
Chissà dov’era lei in quel momento, se stava bene?!
 
Stavo male per le parole di Daryl, e per la sua cattiveria nel rivolgersi a me. Avrei rischiato la vita per cercarlo…un altro giorno e avrei scavalcato il cancello, con un coltello da caccia e la mera speranza di ritrovarlo.

Mi ripetevo che non avrei mai più messo in pericolo me stessa per Daryl Dixon.  
Mentivo, lo avrei fatto ancora. Diecimila volte, nonostante tutto.

 

-         - Ehi Beth! Brutta giornata?- La voce di Sean mi riscosse dai miei pensieri cupi.

-         -Ciao Sean! Non me ne parlare. Già di ritorno? – mi asciugai una lacrima solitaria.

-         Si e no. Abbiamo trovato gente là fuori e la dottoressa Morton vorrebbe che le andassi a dare una mano.

-         - Sicuro. – Notai che Sean stava armeggiando con una balestra, molto simile a quella di Daryl, ma molto meno logora. - Problemi? – e la indicai.

-        -  Si è inceppato il meccanismo. Non capisco come…

- Posso? – me la porse divertito.
      
- Prego!

Avevo passato giorni a guardare Daryl occuparsi della sua balestra e immaginavo quale fosse il problema di quella di Sean. Ormai avrei potuto costruirne una con matite una penna e un elastico, all’occorrenza. Ci riuscii. Il carrello, ora, scorreva libero da impedimenti.

-Wow. Grazie! Sei una donna incredibile, Beth! Se ti fa piacere, prova a venire alla zona allenamento, mi mostrerai come usi la balestra…- poi aggiunse imbarazzato - Ho sempre qualcosa d imparare dai migliori.

-Magari fosse vero! Grazie ci penserò. Ora vado dalla Dottoressa, a più tardi Sean.
 I sopravvissuti trovati erano pochi e in condizioni abbastanza buone, tutto sommato.

Non mi andava di tornare verso casa, il pensiero che lì ci fosse Daryl incazzato come quella mattina, mi atterriva. Non ero spaventata dalla sua rabbia, ma dalle sue reazioni. Non volevo essere trattata così, probabilmente non aspettava altro che stare meglio per scaricarmi e andarsene…Perché contavo così poco per lui? In quel momento mi domandai come avrei fatto lì, quando se ne sarebbe andato. Era come avere una ferita aperta.

La cosa più assurda era che potevo accettare di provare qualcosa, per qualcuno, che non mi avrebbe mai ricambiato, ma dover accettare di provare qualcosa di simile per Daryl, era la cosa più masochista che avrei potuto fare.

Sapevo già come sarebbe finita: una volta guarito mi avrebbe lasciato e se ne sarebbe fregato.

Dovevo solo essere forte, per l’ennesima volta, e accettare ciò che sarebbe stato. Lui se ne sarebbe andato, mi avrebbe abbandonata…
Lui non provava nulla per me…

Vagai per un po’ per il campo, fino ad arrivare a una radura e mi misi a sedere sotto un albero. Le mie considerazioni mi risultarono piuttosto amare, tanto che piansi tutte le lacrima fra i rami di una grande quercia nel pressi del recinto interno.

Mi sentivo davvero una stupida ragazzina a comportarmi così, ma non trovavo conforto in niente pensando all’inevitabile. Non mi ero mai affezionata così tanto a nessuno. Mai.

Non so quanto tempo passò, so solo che mi addormentai e fui svegliata – ormai era notte- da voci che chiamavano il mio nome. Poi vidi Sean e senti una voce che diceva

- Lascia, ci penso io.
L’avrei riconosciuta fra mille.

 Daryl era lì davanti a me, aveva entrambi gli stivali ai piedi, nonostante zoppicasse abbastanza vistosamente.
Non mi disse una parola, ma mi prese in braccio, sollevandomi di peso e mi portò verso casa.

Sentivo il suo odore, un misto di muschio, sudore, tabacco che avrei riconosciuto fra mille, e, che non era affatto quello degli zombi, contrariamente a quanto gli avevo detto.
La verità era che avevo bisogno di quel contatto con lui., più di quanto credevo.

Entrò e mi depositò delicatamente sulla poltrona accanto alla finestra. Solo allora notai che, per lo sforzo di sollevarmi, qualche punto sulla spalla doveva aver ceduto.

 

-         -Daryl scusa! – Mi affrettai a dire, ma lui mi anticipò.

 

-   -   No, è stata colpa mia. Non avrei dovuto trattarti così questa mattina, tu hai agito solo di conseguenza. Sono un coglione anche quando non bevo, dopo tutto, sono riuscito  dimostrarlo ampiamente.

 

-         -No.- mi affrettai a dirgli, - Avevi ragione! Non sappiamo con chi abbiamo a che fare e dovrei stare più attenta. Appena ci saremo fatti un’idea di chi ci troviamo di fronte, non mi dovrai più fare da guardiano e te ne potrai andare dove vuoi.

 

Ci fu un momento in cui il tempo, credevo, si fosse fermato. Lui mi osservava, prudente, come se stesse valutando il da farsi.

 

-        -  Credi davvero questo di me? Credi il mio unico obiettivo sia quello di farti da balia, finche non mi sarò rimesso e poi mollarti qui? Credi, davvero, che non appena mi sarò reso conto che questa gente- a cui si è unita Carol,-  non siano dei maniaci, ti abbandonerò qui, fregandomene?

 Sentii una lacrima scendere dalla mia guancia, ma cercai di tenere gli occhi puntati nei suoi.

 Annui.

 – Tu…- iniziai senza nemmeno sapere dove mi avrebbero portato quelle parole, - non so come riesca a essere sempre così distaccato. Qualunque cosa succeda tu.. .sei sempre così ostinato, cocciuto e distante, come se il mondo non ti riguardasse, come se chi ti sta accanto, ti fosse d’impiccio. Hai una missione, vuoi ritrovare gli altri e lo capisco, voglio la stessa cosa, ma hai bisogno anche di qualche contatto umano, anche se detesti ammetterlo. Non serve a nulla raccontarmi  che non ce l’avresti mai fatta da solo, se poi, quando sei con i tuoi simili, li tratti come se non esistessero.
Non sei solo Daryl, non lo sei più, ma devi capire che hai bisogno degli altri, che devi comunicare loro un po’ di empatia, perché anche gli altri hanno bisogno di sentirsi accettati, benvoluti e amati. - Ero un fiume in piena.- Anche perché se tieni veramente a qualcuno, hai bisogno che quel qualcuno dimostri di tenere a te, almeno quanto io tengo…- mi interruppi. Avevo parlato troppo.

-       -  Beth…-la sua voce era roca.

-Vai a dormire, Daryl Dixon , domani darò un’occhiata alla tua spalla..

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Capitolo 5
*** capitolo 5 - Sfida con se stesso ***


-Daryl- La mia prima reazione a quella discussione era stata la rabbia. Beth non aveva nessun diritto di mandarmi a dormire, trattandomi per giunta come un ragazzino, e non dandomi, tra l'altro, nemmeno diritto di replica. Se pensava di avere a che fare con Carl o Judith si sbagliava di grosso. Oppure era così che trattava quegli imberbi imbecilli, di cui si era attorniata fina ad ora? Che rabbia. Sean ne era la prova lampante! Se voleva stare con lui, non aveva che da dirglielo e poi avrebbe potuto incazzarsi fino a quanto voleva o mandarlo a letto senza cena, per quello che mi importava. Ma con me no. Con me no. Cazzo. Fino a prova contraria ero io l'adulto responsabile. Poi però c'era il rovescio della medaglia, e cioè che mi sentivo terribilmente in colpa e in difetto con lei, perché credevo di averla nuovamente ferita. E sicuramente lo avevo fatto, ma io non potevo davvero gestire in maniera pulita una cosa del genere, e lei avrebbe fatto meglio a girarmi al largo Lei meritava di più, molto di più. E di sicuro non ero io la cosa migliore che le sarebbe potuta accadere in questo mondo di merda. E poi... E cosa, Daryl? Entrai nella mia stanza sbattendo la porta, e me la presi con i mobili. Capii in fretta che non era una soluzione, però. A rigor di logica non avrei dovuto prendermela così tanto per una...Cosa? Giovane donna che mi stava stregando? Dovevo essere abbastanza uomo e ammetterlo, almeno con me stesso. Mi piaceva Beth ma non era solo una simpatia passeggera, e non c'erano nemmeno le stesse sensazioni o sentimenti che c'erano per Rick o Carol...o chiunque altro del gruppo. Era parecchio tempo che vedevo Beth con occhi diversi, ma capivo anche che non poteva esserci nessun seguito. Prima di tutto lei era giovane, e questo doveva restare un punto fermo e un limite, per me, invalicabile. Hic sunt leones, avrebbe detto mio padre, che era un uomo del tutto inutile e violento, ma quanto a cultura, nulla lo poteva battere. E lei, per me, doveva restare un tabù inviolabile. Tuttavia, considerando l'invasione di vaganti e tutto il resto, forse non era nemmeno quello il reale problema. Forse il problema ero io, che non mi sentivo per niente alla sua altezza, e per quel motivo, la volevo tenere a distanza. Non ero esattamente il genero ideale che avrebbe voluto Herschel, per una delle sue figlie. E ora cosa diavolo andavo a pensare? No. No. Dovevo togliermela dalla testa, ora. Subito! Uscii di casa nonostante la caviglia non fosse proprio d'accordo, e mi fiondai verso il campo di allenamento. Per rendere più scenografica e rumorosa la mia uscita di scena, feci più baccano di quanto era possibile, giusto per farle capire che, di certo, non sarei stato alle sue regole. Avevo voglia di muovermi, ma soprattutto di menare le mani e, se possibile, spaccare qualche testa. Non ero un ragazzino che poteva comandare a bacchetta. Lo doveva capire a sue spese. La bambina, stanotte, avrebbe avuto di che riflettere. -Chi va là? - mi fermò l'uomo all'ingresso. - È possibile fare un po' di esercizio con un arco o una balestra? - chiesi senza preamboli. - Ho assoluto bisogno di "falciare qualche vagante", se capisci cosa intendo?!- L'uomo che costudiva le armi, mi sorrise. - Eccome amico! Sei il nuovo arrivato, vero? Si fatica a restare tranquilli dopo aver passato molto tempo là fuori, giusto? - Alzai le spalle. Non avevo voglia di fare conversazione. Volevo soltanto rimanere solo con i miei pensieri e scaricare la mia frustrazione e la mia rabbia. -Bersaglio numero otto, è laggiù in fondo, nessuno ti disturberà. - Ringraziai con un cenno e presi la balestra che mi porse. Incredibile a dirsi, era la mia. Lo guardai, senza capire. -Carol, è una mia amica- spiegò l'uomo - È stata lei a dirmi di tenere qui al sicuro la tua balestra, perché ti saresti fatto vedere presto- anche se non pensavo così presto. - Le abbiamo dato una ripulita, ma per il resto è la tua. - Mi allontanai a grandi passi dalla baracca della guardia, e mi diressi verso il numero otto. L'unica cosa che volevo in quel momento era concentrarmi sul bersaglio e non pesare a nulla. Più facile a dirsi che a farsi. Anche la riunione dal loro Consiglio mi era parsa pesante, in quella giornata. Mi erano sembrate tutte persone a posto, a dire il vero, ma anche loro, come Carol, mi stavano ponendo dei freni che non potevo rispettare. O almeno non ora, non con il mio gruppo, la mia famiglia, là fuori, forse in pericolo. Le frecce si susseguirono veloci una sopra l'altra. Mi accorsi presto che avrei dovuto andare a svuotare il bersaglio per recuperare munizioni, quindi attraversai velocemente lo spiazzo che mi divideva dalla sagoma che fungeva da obiettivo. Osservai il mio operato: su sei frecce scoccate, quattro avevano centrato il bersaglio, mentre due erano molto vicine. Ero un fottuto killer di azzannatori, ecco cos'ero. Il loro presidente mi aveva fatto una proposta interessante quella mattina, non appena il resto del Consiglio era stato congedato. Mi aveva proposto di entrare nei gruppi attivi, quelli cioè che uscivano da questa isola felice in cerca di sopravvissuti, cibo o per pattugliare gli spazi. Carol mi avrebbe detto di aspettare, che non ero ancora pronto. E Beth non l'avrebbe presa bene, e me lo avrebbe proibito, ma dovevo smettere di pensare a quella ragazza, dovevo starle lontano, ed era quello che avrei ottenuto uscendo da lì. E poi la ragazzina doveva rendersi conto che io non ero una sua proprietà, né mi poteva comandare come faceva con i suoi fidanzatini precedenti, e di certo, non mi poteva proibire le cose. Sono io l'adulto, cazzo. E che cazzo di pensieri stavo formulando? Non potevo davvero essermi messo sullo stesso piano di uno dei bimbetti imberbi con cui si era fidanzata la ragazzina. Maledizione. Tra l'altro, non mi ero ancora ripreso del tutto dallo spavento della sera precedente, quando non riuscivamo più a trovarla da nessuna parte. Non potevo continuare a vivere in quella maniera. E sì, avevo accettato di entrare nei gruppi esterni. Tanto più, che non avevo mai dato alla mia vita così tanto peso. Ritornai verso la casetta che era quasi l'alba. Ero sudato, stanco e facevo schifo anche a me stesso, ma non importava. Almeno non avevo pensato a Beth, o almeno non lo avevo fatto sempre, e questo, nel momento attuale, era già un bel risultato. Il tizio della baracca aveva detto che potevo tenermi la balestra, ora che avevo il pass di sicurezza più alto. Entrai e notai la porta chiusa, segno che Beth era ancora nella sua stanza, quindi mi gettai in doccia. Speravo che l'acqua, seppur razionata, mi avrebbe potuto schiarire le idee. Quanto mi sbagliavo. Quando uscii dal bagno con un asciugamano in vita, me la trovai davanti. Aveva pianto, glielo si leggeva in faccia. -Dove sei stato? - mi chiese. -Fuori. - -Fuori dove? - -Scusa? E da quando in qua devo rendere conto a te di dove vado? - -Sei stato tu a imporre questa regola, pensavo valesse per entrambi. - - Be' ti sbagliavi! Vale, ma soltanto per te, o adesso sei diventata tu la mia balia? - -Ieri la dottoressa Morton mi ha comunicato che sei entrato nei gruppi attivi. Cosa aspettavi a dirmelo? - disse lei cambiando repentinamente discorso. Ero in fallo, non le avevo detto nulla. Strinsi i denti. Non avrei ceduto alle sue pressioni. - È la stessa cosa che facevo anche prima, alla prigione. Non ti sei mai lamentata. - -Non mi sto lamentando, dico solo che è presto. Non ti sei ancora ripreso dalla ferita, devi continuare a prendere degli antibiotici e non credo che fisicamente tu sia pronto per lo stress emotivo a cui si è sottoposti là fuori. - La guardai. Ero arrabbiato, per lo più con me stesso, ma lei non poteva saperlo. - Va bene, mamma, c'è altro? Mio Dio, sembri Carol!! Voi due dovete rendervi conto- le dissi puntandole il dito contro - Che non dovete occuparvi di quello che faccio io! Sono adulto, e la pelle è mia! E non ho bisogno di qualcuno che mi dica cosa è meglio per me...Sono maggiorenne da un pezzo, so difendermi e, di sicuro, non ho bisogno di una babysitter, contrariamente a qualcun altro in questa stanza! - Beth mi guardava negli occhi, stava trattenendo le lacrime e, per me, era molto difficile restare fermo sulla mia posizione, ma non dovevo cedere. Non ora. Dovevo essere crudele per staccarla da me. Per farle capire che non ero quello che lei stava cercando, e forse, così ci sarei riuscito. Risi. - Avevi ragione, sai? Non sei poi così cambiata, ancora non riesci a mantenere il giusto distacco da tutto ciò che accade in questo folle mondo, come dovresti. Magari devi crescere ancora un po', ragazzina! Mettiamola così, con il mio nuovo incarico, non mi avrai più così tanto fra i piedi come ora, e magari, riuscirai ad abituarti alla vista di un uomo a torso nudo. Fai pratica con Sean, magari! Sei imbarazzata, te lo si legge in faccia. - Fui cattivo e per niente moderato. La volevo colpire proprio lì, dove sapevo che avrei fatto più male. Un altro problema risolto, mi dissi mentalmente. Le dissi quelle parole, e per me, fu come ferirmi con una stilettata al cuore, ma sapevo che era la sola via da seguire. Era fatta, così l'avrei persa. Già immaginavo la sua reazione. Sarebbe scoppiata in lacrime a minuti e mi avrebbe lasciato sbattendo la porta. Io sarei uscito, e in serata, avrei scoperto che- sorpresa! - si era trasferita da Carol. Magari tra qualche mese, o magari qualcosa di più, avremmo potuto... Sempre se fossi stato ancora vivo, bè, magari mi avrebbe salutato di nuovo, ma solo da lontano. Ero certo che, dopo quello che stavo combinando, non mi avrebbe mai più voluto . Sospirai per farmi forza.. Comunque stavo riuscendo nel mio intento. Beth continuò a guardarmi negli occhi. Fu a quel punto che mi arrivò uno schiaffo. Un sonoro schiaffone, come non ne ricevevo da parecchio tempo. Poi lei, alzò le braccia in segno di resa. -Sei crudele Daryl, non lo eri mai stato, ma ora lo sei. Messaggio arrivato, grazie mille. Fai quello che ti pare, fatti anche ammazzare, se dai alla tua vita e ai sentimenti degli altri così poco valore, è la cosa giusta. Mi spiace solo che tu stia dicendo questa serie di puttanate perché hai paura! - -PAURA? PAURA? E di che? Degli zombi? Del giudizio degli altri? Di TE, magari, ragazzina? Lei era davvero molto calma e determinata, contrariamente ai sentimenti che avevano animato me per tutto il giorno. -Si hai paura. Una paura fottuta di quello che provi per me e di quello che senti quando siamo lontani. Le stesse cose che sento anche io, con l'unica differenza che io, al contrario di te, sono abbastanza matura da ammetterlo, pur essendone del tutto atterrita. Tu invece stai cercando una via di fuga facile, da una situazione che non sai come affrontare e che hai paura di gestire, perché hai una fifa gialla di essere felice, quindi hai preso la tua decisione. È più facile scappare, vero Daryl Dixon? Vuoi tornare a vagabondare come facevi quando eri con Merle? Accomodati, ma quello non sei tu. Non sei più tu. Sei cambiato in modo molto più profondo di quanto credi ora, e lo capirai prima o poi...- Notai alcune lacrime che erano sfuggite al suo controllo, ma Beth cercò di dominare la sua reazione. - E tu dici di non aver paura di niente, Daryl? Bè io invece ho paura di tante cose, ma ti posso rivelare un segreto: Quando non ci sarò più, perché sarò l'ennesima ragazza morta, e solo perché tu non avrai avuto il coraggio di starmi vicino, ti mancherò davvero tanto. E a quel punto, non ci sarà più nessun tempo da recuperare. Non ci saranno più appelli o ripensamenti. Forse in quel momento, ma solo allora, avrai abbastanza palle per fermarti e riflettere su quello a cui stai dicendo no. - Disse tutto questo senza mai staccare i suoi occhi da miei. Altro che ragazzina immatura, questa era una donna con i controc... che mi aveva appena dato la lezione della mia vita. Dopo quelle parole Beth si infilò in camera sua e io rimasi a raccogliere i cocci del disastro che avevo combinato. Nei giorni successivi al nostro diverbio, Beth e io ci incontrammo poco, pur abitando nello stesso stabile. La mia spalla stava guarendo e il ciclo di antibiotici stava sortendo il suo effetto. Mi sentivo in forze, e per quella sera, c'era in programma la mia prima uscita. Fisicamente, stavo bene davvero. Emotivamente, ero uno schifo. E il fatto di vedere sempre più spesso quello stronzetto di Sean girarle intorno, poi, mi faceva imbestialire. Ero geloso? Potevo essere geloso? Cazzo, si, che lo ero. Lei mi rivolgeva la parola solo per cortesia e in presenza di altri, in caso contrario era come se non esistessi. Qualcosa almeno lo avevo ottenuto. E allora perché mi sentivo di merda? Più di una volta avevo visto Sean, al campo di allenamento avvicinarla con una stupida scusa, o per insegnarle a puntare - Mio Dio, come se fosse stata stupida! - la balestra. E solo per starle vicino. Soltanto per sfiorarla. Che schifo, il mondo era davvero ingiusto. Tra l'altro non la stava per niente facendo migliorare, non correggeva nemmeno i suoi errori. Lo avrei strozzato. Non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, quel pidocchio!? La trattava come se lei fosse stata un animaletto di cristallo che non poteva essere sfiorata, e invece lei era una forza della natura. E Beth? Lei era ancora peggio. Lo incoraggiava. Merle mi avrebbe detto che era la classica dimostrazione di quanto le donne fossero tutte delle insulse puttane, ma non era il caso di Beth. Avrei fatto ingoiare i denti anche a Merle, per un'affermazione del genere su di lei. Ma era giusto così, lei stava solamente facendo quello che le avevo, implicitamente, consigliato. Ora stava ridendo, chissà cosa le aveva detto, quel coglione?! - Se continui a guardarla così, la consumerai... - - Dottoressa, a cosa devo l'onore di vederla, qui al campo, a quest'ora? - le risposi senza distogliere lo sguardo dai ragazzini, e rivolgendolo, di nuovo, al mio bersaglio. -Volevo solo vedere come sta questo giovanotto che ho davanti, e se si sente pronto per una battuta di caccia esterna per questa notte. - La guardai. - Mi vuole intimorire? Ma se è stata lei e monitorarmi in questi giorni, sa bene come sto! - -Fisicamente sei una roccia, mai visto nessuno riprendersi più in fretta, è il lato emotivo che mi preoccupa! - Sorrisi senza convinzione. - Non c'è nessun lato emotivo. Non sono una femminuccia! - sputai duro La donna mi sorrise. - Non occorre essere una donna per vedere certe cose, Signor Dixon, anche un cieco vedrebbe quanto stai male per questa situazione. - -Quale situazione? - le risposi con nonchalance, mentre scoccavo un dardo. -Dieci su dieci Daryl! Complimenti! - mi disse una voce da dietro. Uno del gruppo degli adulti che passava dietro di noi, per arrivare alla sua sagoma. Mi voltai verso la Dottoressa, deciso. Non avrei fatto trasparire la minima emozione. Mai più. - Non so di cosa parla- le risposi strafottente, ma mentre lei stava per rispondere, notai il bersaglio di Sean accanto al mio, ancora intonso. Era ora che qualcuno insegnasse a quello stronzetto a stare al suo posto. Così, invece di dare aria al cervello e palpeggiare le ragazze, avrebbe forse capito che là fuori saper tirare come si deve, avrebbe forse salvato la sua inutile pellaccia. Puntai la balestra e scoccai. -Ehi! - sentii dire allo Stronzetto. -Scusa, mi ero stufato di tentare tiri dritti. Tanto tu non lo stavi usando! - mi giustificai. Sorrisi fra me di quel piccolo punto segnato sulla mia lavagna. Davvero un magra consolazione, considerando cosa avevo ormai perso. Mi caricai la balestra sulla spalla e feci per allontanarmi. Fu allora che sul mio bersaglio arrivò un centro perfetto, che fece cadere un paio delle mie frecce precedenti. Mi voltai verso lo stronzetto, ma non era stato lui a scoccare. Beth aveva ancora la balestra alzata. Le feci un cenno di assenso che lei ricambiò. Seria. Non era stato lui a insegnarle a tirare così, ammisi con me stesso non senza una bella dose di autocompiacimento. La mia Beth... - Beth- Sembrò che, nei giorni successivi al nostro litigio, Daryl mi evitasse. Quando io ero in casa, lui o dormiva o era ad allenarsi, mentre io alternavo turni all'ambulatorio a pomeriggi al campo di prova. Quello che mi aveva insegnato Daryl mi stava aiutando. Passavo qualche ora con Carol e Judith non appena i miei impegni, e quelli di Carol, ce lo permettevano, e pensavo a Maggie. Non mi permettevo di avere del tempo libero per evitare di pensare a lui, e quando lo vedevo, anche io, cercavo di cambiare strada. Non che lui facesse di tutto per incontrarmi, comunque Quella notte sarebbero usciti in pattuglia. Tremavo all'idea che gli capitasse qualcosa, ma non potevo farci niente. E tutto era davvero frustrante. Carol aveva tentato di parlare con me, ma l'avevo pregata di desistere. Non volevo parlare di lui, con nessuno. Era troppo gravoso il peso di ciò che sentivo nei suoi confronti. E la sua ottusità, non faceva che peggiorare le cose. Quando quella sera, uscirono dal primo cancello, mi feci trovare nei pressi e lo seguii con lo sguardo. C'era anche Sean che mi fece un cenno con la mano. Fu a quel punto che scoprii Daryl che mi lanciava un'occhiata penetrante, che sentii fin dentro le ossa. Ci salutammo così e mi accorsi che, nonostante facesse di tutto per starmi lontano, fra noi, non era cambiato nulla. La spedizione sarebbe tornata a notte fonda, ma io non mi allontanai di un metro dal cancello. Volevo solo accertarmi con i miei occhi di quando sarebbe rientrato e che stesse bene. Carol non mi fece domande, ma a un certo punto mi portò una coperta. -Tutto bene? - -Certo! Perché ci dovrebbe essere qualcosa che non va? - -Come mai non sei a dormire? - La guardai negli occhi. Entrambe sapevamo bene perché ero lì. -Vedrai, non dovrebbe più mancare molto. Perché non aspetti all'infermeria, invece di stare qui al gelo? - - Un posto vale l'altro. Quando li vedrò tornare andrò alla baracca. - -Beth- mi disse allora Carol- Dovresti parlargli. - -Oh, ma io parlo con Sean, ogni giorno. - le risposi facendo la gnorri. -Beth, sai di cosa sto parlando. La tensione fra voi è tale che si taglia con un coltello. E questo attrito di Daryl, con Sean, non fa che confermarlo. Parla con lui non appena tornerà, e non importa se sarà difficile o non vorrà ascoltarti. Mettilo davanti alle sue emozioni, sei l'unica che può farlo. - -Credi che non ci abbia già provato, Carol? -sibilai nella sua direzione. -No, ma credo che dovrai essere molto più convincente per smuoverlo dalle sue certezze granitiche. Ma per quanto possa essere un mulo, e ti giuro che io lo so bene, ti posso solo consigliare di non arrenderti. Daryl è cocciuto, ma non è stupido...- Stavo per risponderle, quando delle urla annunciarono l'arrivo del gruppo. - Stanno arrivando! Ci sono dei feriti! - Balzai in piedi e mi avvicinai al cancello. Carol era lì al mio fianco. Il gruppo rientrò. C'erano tutti, fortunatamente, anzi guardando meglio, notai fra loro un cappello conosciuto. Carl. Avevano trovato Carl, che, non appena mi vide, mi corse incontro. Era spaventato e scosso ma lo affidai a Carol, che aveva capito chi stavo cercando. Dopo una frazione di secondo in cui mi sembrò di non poter respirare tanta era l'ansia, finalmente lo vidi, e impallidii. Era fra Sean e un altro tizio, e lo stavano sorreggendo. Il cuore mi balzò in gola. - Cosa è successo? - Mi affrettai a chiedere avvicinandomi. Fu Sean a rispondermi. - È stata colpa mia! Avevo visto qualcosa muoversi fra i cespugli e stavo per colpirlo, ma Daryl si è accorto che si trattava del ragazzino e si frapposto. L'ho colpito di striscio alla testa, ma non volevo. Ti giuro, Beth, io non volevo... - In quel momento Sean avrebbe potuto dire tutto ciò che voleva, ma io non lo stavo già più ascoltando. Daryl era cosciente, ma perdeva parecchio sangue. La dottoressa Morton mi raggiunse velocemente, e chiese agli uomini di portarlo a casa nostra, in modo da poterlo stendere su un letto. Una volta nella sua stanza Anna mi prese da parte. - Ricordi ancora le regole di base, vero Beth? - disse passandomi delle manette. -Dobbiamo legargli i polsi, non è vero? - La dottoressa annuì. - Solo una precauzione! Questo giovanotto prima di tornare fuori in pattuglia avrà bisogno del mio nulla osta e glielo darò, forse, il prossimo anno, considerando quello che capita quando esce dal recinto. - Era più un rimbrotto verso sé stessa, che verso Daryl, che continuava a tenere gli occhi fissi su di me. Medicammo la ferita alla testa e il sangue si fermò. Fortunatamente a parte una grossa commozione celebrale, niente di grave era stato intaccato. Avrebbe avuto un gran mal di testa, questo era sicuro. -Come sta Carl? - lo sentii sussurrare. -Bene. Non è di lui che ti devi preoccupare ora, Daryl. - Lo sentii sospirare, poi svenne. E io passai l'ennesima notte a vegliarlo.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 - La resa dei conti ***


-Beth- Sean passò un paio di volte per fare due chiacchiere, ma non avevo molta voglia di intrattenere una conversazione con lui. Soprattutto, non dopo ciò che era accaduto là fuori.Il ragazzo era stato troppo avventato e, per colpa sua, avevo quasi perso Daryl, quindi non ero particolarmente propensa a essere così condiscendente. - Ancora nessun segno di ripresa?- mi chiese Carol quel pomeriggio. Le feci segno di no. Ero uscita sulla veranda per prendere un po' d'aria. -Carl? - -Lui sta bene! Ora è con Judith. Credeva di averla persa. - -Sa qualcosa di suo padre? Maggie? Michonne? - -Da quello che ha detto Carl, sembra che siano a Terminus. E la notizia non può rendermi felice. Ci sono troppe voci contrastanti su quel posto. - -Potremmo accertarcene.- dissi senza pensare, ero come in una sorta di trance. -Occorrerà organizzare una spedizione di salvataggio, ma prima il consiglio deve deliberare al riguardo. - quindi la donna si rivolse a me. -Beth sei a pezzi, da quanto non dormi? - -E credi riuscirei a dormire? - Mi abbracciò forte e sussurrò. - Chiamami non appena si sveglia, per favore. - Poi fece per allontanarsi, ma tornò indietro - Carl ha chiesto se può venire qualche volta a trovarlo. Gli ho risposto che non appena sarà cosciente, potrà farlo. - Annui. - Certo. Carl può venire quando vuole, e magari riusciremo anche a non urlarci contro, con lui presente.- aggiunsi rassegnata. Carol mi sorrise stanca. -Sai, quando Sophia era scomparsa, prima che sapessimo come era finita, continuavo a ripetermi che non le avevo detto abbastanza volte quanto le volevo bene. Quanto era importante per me. Quanto la mia vita sarebbe stata vuota e priva di significato, senza di lei. So che non è la stessa cosa, ma almeno tu questa possibilità ce l'hai ancora. Se è quello che senti davvero, è la cosa giusta da fare. - Trattenni le lacrime che sentivo arrivare.- Grazie Carol! La vedo molto difficile, ma non perdo la speranza.- -Non ti invidio per il compito, ma se c'è una persona che può riuscire a fare breccia in quello zuccone, quella sei tu. E tieni ben a mente una cosa: a lui non sei indifferente, anzi. Per quanto faccia e si arrabatti per sembrare distaccato, i suoi occhi sono sempre su di te. E può fingere quanto vuole di essere super partes, ma si sta comportando da adolescente geloso a ogni passo che fa. Fidati. A più tardi Beth!- Tornai dentro. Daryl era ancora privo di conoscenza, con una fasciatura sulla testa. Mi ricordava molto la prima volta in cui ci eravamo parlati, anzi, non parlati. Quasi quasi preferivo quando mi rispondeva a grugniti. Portai la poltrona reclinabile del soggiorno in camera sua, poi mi ci raggomitolai sopra, tirandomi una coperta addosso. Mi svegliai di soprassalto che era notte, perché avevo sentito un rumore. Immediatamente pensai ai vaganti, poi ricordai che ero al sicuro, dopo tanti mesi, quindi controllai Daryl. Accesi la candela e lo trovai sveglio che mi fissava di rimando. Non lo avevo mai visto così a pezzi. Aveva gli occhi cerchiati di viola e febbricitanti. Per una frazione di secondo, pensai fosse accaduto il peggio, poi parlò e mi tranquillizzai. -Potresti togliermi le manette ora, per favore? Nemmeno stavolta sono morto, pare.- Sorrisi. - Per fortuna, aggiungerei. - -Hai un aspetto orribile! Da quando non dormi? - -Ha parlato quello che credevo fosse morto...- Mi sorrise stanco. Era il primo sorriso che vedevo da giorni.- - Dobbiamo parlare. - Esordì lui risoluto. -Non mi sembra il momento più adatto. Devi avere la testa che ti scoppia, temo.. Prendi un paio di queste. - Gli passai un paio di aspirine e, per una volta, non fece storie. -Carl? - Sorrisi.- Sta bene, grazie a te. E' a casa di Carol, voleva stare un po' con la sorella. Ora vado ad avvisarli che ti sei svegliato...- -No. Resta. Ti ho appena detto che dobbiamo parlare. - mi rispose con un filo di voce. Era esausto, ma il tono era sempre deciso. -Domani. Ora, riposati. Purtroppo non posso ancora scioglierti le manette. Ordini del medico, ma le ho allentate. Starai più comodo. Hai sete? - Annuì. -Io sarò qui accanto a te, Daryl. Per qualunque cosa ti serva, svegliami d'accordo? - Annuì di nuovo poco convinto, ma alla fine si riaddormentò. Fu a quel punto che pensai di uscire di casa per andare a chiamare Carol, ma era quasi l'alba. Valutai così che anche io ero esausta e lei si sarebbe svegliata presto, e in ogni caso, non avrei voluto lasciare Daryl, solo. Fu così che mi rimisi a dormire, ripromettendomi di alzarmi soltanto un po' più tardi. Alle sei e dieci, come mi ero aspettata, trovai Carol davanti alla mia veranda, in compagnia della dottoressa Morton. -Allora? - Sorrisi stanca, ma molto più tranquilla, - Si è svegliato verso le cinque. Gli ho dato le aspirine e si è riaddormentato. Scusa Carol, avrei dovuto chiamarti, ma ero stanchissima e, in ogni caso, ti saresti comunque alzata verso quest'ora. - -Tranquilla, Tesoro! lo capisco. Anche tu eri a pezzi. Sei riuscita a riposare qualche ora? - Disse Carol facendomi una carezza. -Non molto, ma recupererò, non appena lui starà meglio. - Le due donne entrarono in casa. Daryl era sveglio. -Buongiorno, giovanotto! - lo salutò la Morton. - Mmmm Potrebbe togliermi le manette, ora? Per favore, signora?!- Anna gli sorrise, fu allora che Daryl rincarò la dose. - Non è per scortesia nei suoi confronti, davvero, ma inizio a pensare che ci stia provando gusto a spogliarmi e legarmi a un letto.- la stuzzicò lui, cercando di sorridere. -Che ragazzaccio impudente! A una signora della mia età! - Ma si vedeva che era felice di vederlo sano e salvo. Quindi si rivolse a me. - Ora Beth, fammi il favore di andare a dormire. Non voglio vederti per almeno tre ore. - - Ma..- cercai di obiettare -Nessun ma. Carol ed io possiamo occuparci di questo paziente, da sole, per qualche ora.- Lanciai un'ultima occhiata a Daryl, che mi fece un cenno d'assenso, poi mi eclissai in camera mia, ero davvero stremata. Quando mi svegliai, gettai un'occhiata alla sua porta, ma era chiusa. Probabilmente si era riaddormentato, quindi decisi di fare un giro per prendere una boccata d'aria. Restai, comunque, nei pressi, nel caso il malato avesse avuto bisogno di me. Non appena mi avventurai nel piccolo giardino, incontrai Sean. -Buongiorno, Beth! Posso chiederti... - -Sta bene! Tranquillo Sean. - -PFFFIU....sto davvero meglio ora! Ero davvero preoccupatissimo. Non scherzo. Non avrei dovuto agire così d'impulso, ma là fuori...Oddio tu lo sai meglio di me! - -Quanto tempo sei rimasto là fuori, Sean? - -Circa un mese, prima che questa gente mi raccogliesse e mi salvasse. Ero con mia madre e mia sorella. - - Noi un po' più di un anno. E' capitato Sean, non è colpa di nessuno. Se avessi ferito Carl o lo avessi ucciso, sarebbe stato peggio. E, fortunatamente, anche Daryl è vivo. - - Credo sia un po' peggio di così, Beth. Avrei potuto ammazzare due persone stanotte, perché avevo paura. Senza contare che, il tuo amico Daryl, ora vorrà farmi la pelle.- Sorrisi. - Forse.- dissi, non del tutto certa che Daryl non premeditasse vendetta, - Ma non si diventa uomini senza commettere degli errori. Soprattutto di questi tempi. E Daryl lo sa. - - Earl mi ha sospeso dal servizio attivo fino a nuovo ordine, magari dillo al signor Dixon. Sapermi disarmato lo dovrebbe tranquillizzare. - Sorrisi ancora a quella considerazione. - Sai, una volta Andrea, una componente del nostro vecchio gruppo - che si stava esercitando a colpire gli zombi in movimento- sparò a Daryl. Fu un errore, ma lo colpi di striscio alla testa e passò almeno un giorno a tormentarsi per l'accaduto. Sai cosa gli rispose Dale? Che ormai era successo e non si poteva cambiare il passato e che, in fondo, un po' tutti avremmo voluto sparare a Daryl E' passato così tanto tempo. - dissi sovrappensiero ripensando agli amici che non c'erano più. -Tu non lo faresti mai. - -Cosa? - -Sparargli. Credo che non lo faresti nemmeno se fosse stato morso.- - Se Daryl fosse stato morso,- risposi cercando di non far trapelare nulla di ciò che albergava davvero nel mio cuore, - lo farei eccome. Glielo devo.- -Non so come facciate. Io non potrei mai sopprimere qualcuno a cui voglio bene..- -Sai Sean, sbagli a dire così. E' una forma di pietà anche quella. Se io mi trasformassi, vorrei che qualcuno lo facesse per me, perché la mia vita sarebbe comunque già finita, quindi perché diventare un pericolo per gli altri? E comunque Daryl non vorrebbe mai fare quella fine.- - La tua concezione della vita è molto dura...- rispose amaro. - In ogni caso non so come fai. Ma sono molte le cose che mi incuriosiscono di te, Beth Greene, e mi auguro di scoprirle tutte, pian piano.- aggiunse sorridendomi e dandomi un bacio sulla guancia. Pregai che Daryl non fosse sveglio. E pregai anche, che non avesse sbirciato dalla finestra. Se avesse assistito, quel pomeriggio sarebbe diventato davvero molto lungo da gestire, e avremmo sicuramente finito per litigare. E per cosa poi? In fondo lui era stato molto chiaro l'ultima volta che mi aveva urlato contro. Fra di noi non c'era nulla e non doveva esserci nulla, quindi se anche mi fossi, appartata? No, chiamiamo le cose come stavano: se anche mi fossi voluta scopare Sean in mezzo al giardino, a lui non sarebbe dovuto interessare. Non che volessi farlo, in ogni caso. Dio, perché le cose dovevano essere così complicate? -Vuoi entrare a salutarlo? - Chiesi a Sean per ritardare l'inevitabile. Già sentivo l'eco delle grida di Daryl, che mi avrebbero riempito di raccomandazioni e improperi su Sean. -No. Devo andare, ho un turno alle cucine, ma passerò domani per scusarmi. Sempre che accetti le mie scuse.- - Accetterà. Se no dovrà vedersela con me. - gli dissi sincera, più per convincermi che avrei potuto gestire la situazione, che per reale sicurezza di poter convincere Daryl. Ma non calcolai come l'avrebbe presa Sean. Il ragazzo si avvicinò di nuovo a me e mi scoccò un' altro bacio, questa volta fra la guancia e le labbra, ma solo perché fui veloce ad intuire il gesto, e mi scansai in tempo. Sean non si rese conto della mia manovra, tanto che aggiunse. -Allora, a questo punto, il signor Dixon, dovrà iniziare a farsene una ragione se mi vedrà più spesso gironzolare da queste parti. - Io lo guardai cercando di non far trasparire il mio sgomento, e cambiai discorso. - Buon lavoro Sean, ci vediamo domani. - - Ciao Beth!- Ero confusa e lusingata allo stesso tempo, dalla tenerezza di quell'approccio così...Oddio, ero davvero stata troppo a lungo con Daryl. Anche io stavo trovando quell'avance di Sean davvero, come dire, acerba? Sicuramente la vecchia Beth l'avrebbe trovato delizioso e molto romantico, ma nella mia testa, quella fase era passata da un pezzo. Ora l'unico approccio accettabile sarebbero state delle mani ruvide che scorrevano, delicate, lungo i miei fianchi mentre, la sua bocca era impegnata sulla mia, non lasciandomi lo spazio nemmeno per riprendere fiato e poi.. Arrossii, mio malgrado. Era inutile. Sapevo bene di chi avrei voluto che fossero quelle mani, e di certo, anche le labbra che avrei voluto sentire su di me, avevano un proprietario ben preciso. D'un tratto, nonostante il freddo pungente, mi sentii accaldata. Ma decisi che avrei dovuto ignorare la cosa, tanto più che non avrei potuto fare molto da sola. Sospirai sconsolata e cercai di ricompormi per rientrare in casa. Non appena rientrata sapevo che avrei dovuto tentare di convincere Daryl a mangiare qualcosa, e immaginavo già, che avrei incontrato non poca resistenza. Rientrando, lo trovai in piedi accanto allo scrittoio. Sperai, in cuor mio, di non avere più le guance ancora imporporate a causa dei pensieri poco casti che facevo, più spesso di quanto avrei dovuto, su di lui. Non feci in tempo a chiudere il gelo oltre la porta di casa, che mi trovai Daryl davanti. - Che ci fai in piedi? - domandai.. - Bisogna tenerti legato per farti stare a letto? - - Lo sai che dobbiamo parlare, vero? - Li per lì mi ero anche scordata le parole di Daryl la notte precedente ma, non lui, che pareva parecchio determinato e molto calmo, contrariamente a quello che mi sarei aspettata. Osservai, però, che le sue mani sembravano tremare, ma forse era solo il riverbero della luce della candela. D'altronde era quasi sera. -Prima di tutto- iniziò pacato e con la voce bassa- Non puoi metterti insieme a quell'idiota di quel ragazzino. Non ora. E non credere che non vi abbia visti lì fuori. - aggiunse severo - Soprattutto, perché non appena mi reggerò in piedi, credo che anche io userò la balestra su di lui, e non sarò così stupido da mancarlo.- -Daryl...- lo ammonii. Sospirò. -Daryl, devi riposare o ti verrà la nausea. Per quanto la tua testa sia dura, il colpo che hai subito non gli ha fatto per niente bene..- gli dissi cercando di spingerlo verso la sua stanza. Cercai di insistere in modo da ritardare la scenata che ne sarebbe seguita a breve. Era come se la sentissi arrivare .La tempesta perfetta era nell'aria. - A parte questo particolare, - insistette lui, come se io non avessi nemmeno aperto bocca - Dobbiamo parlare. Davvero- Teneva le mani chiuse sui pomelli della sedia dello scrittoio, per reggersi, ma forse, c'era dell'altro. - Daryl - Eravamo alla resa dei conti. Avevo una forte nausea e le orecchie mi ronzavano come un alveare, così mi appoggiai allo schienale di una sedia per evitare che le mani mi tremassero troppo davanti a lei e, stando attento alla scelta delle parole, cercai di mantenere una certa calma e un certo distacco. Avrei preferito affrontare dei non morti a mani nude. Ma dopo la conversazione con Carol di quel pomeriggio, avevo capito che non potevo continuare così.. Oramai certe cose erano innegabili per entrambi e, per quanto avessi cercato di negare anche a me stesso lo stato delle cose, non potevo più riuscirci. Non dopo quello che, anche lei, mi aveva detto qualche giorno prima. La presi larga. Lei intanto si era seduta sulla poltrona accanto a me, e mi osservava preoccupata. Ero sicuro che stesse pensando che sarei stramazzato al suolo molto presto, e la cosa era innegabile, avrebbe forse potuto anche accadere, e non solo per la mia situazione fisica. Mai, come in questo momento, avrei desiderato di tentare la fuga. -Beth,- avevo la salivazione azzerata. - Tu non puoi nemmeno immaginare cosa è stata la mia vita. Ho avuto un'infanzia che non si può definire tale in nessun continente civilizzato. Mio padre mi picchiava con la cinghia finché gli reggevano le mani e ho avuto un fratello che...beh, tu lo hai conosciuto Merle, era un grandissimo figlio di ...- La mia voce doveva risultare incerta, ma non perché avessi dei dubbi su cosa dirle, piuttosto perché non era facile per me, scoprirmi così. Nonostante tutto però, continuai col filo del mio sgangherato discorso. Ero consapevole che era assai probabile che lei inforcasse la porta e fuggisse a gambe levate da me non appena avessi detto qualcosa di più, e forse, una parte di me, ci sperava davvero, ma la speranza che questa straordinaria ragazza aveva instillato in me, continuava a dirmi di continuare a parlare. Fanculo, ormai è fatta. Game over, non si torna indietro. -Quindi, come puoi immaginare tu stessa, non ho mai avuto nessun modello molto positivo a cui ispirarmi. Tu mi conosci: sono irascibile, insofferente all'autorità e fatico a controllare la mia rabbia. Tu, più di chiunque altro, ne sei un'esperta. Agisco d'istinto per lo più, e la maggior parte delle volte, devo rimediare ai miei errori. Faccio casini con le persone, perché nella maggior parte dei casi, non ho la minima idea di come comportarmi. Ho rischiato di diventare un tossico, di finire in riformatorio più di una volta, e tutto questo grazie a Merle, ma è stato merito di mio fratello se sono uscito vivo da Atlanta, quando tutto si è capovolto. D'altronde senza Rick, tuo padre, Glenn...Il nostro gruppo insomma, non sarei l'uomo che hai davanti ,qui, ora. - Non lo avrei mai creduto, ma le mie emozioni si stavano palesando, amplificate, tutte in quelle parole e sentivo gli occhi pizzicarmi, ma cercai di controllarmi. Beth mi guardava emozionata, con le mani tremanti, ma io non avevo ancora finito e, facendomi forza, presi un profondo respiro. - Ma è soprattutto grazie a te, alla tua dolcezza, alla tua incrollabile fede nel prossimo, e in me, anche quando io stesso non ci credevo più, che mi hai cambiato. Mi ci è voluto un po' per capirlo, sono un'idiota questo lo sai già. Ma più stavo insieme a te, più mi scontravo con te, e più la situazione rischiava di sfuggirmi di mano, perché tu stavi diventando importante e io non volevo ammetterlo. Avrei dato la mia vita per te quando siamo scappati dalla prigione, perché tu sopravvivessi, anche se, in quel momento, ero decisamente il più smarrito dei due. Lo farei anche ora se la situazione lo richiedesse, e mi rendo anche conto di averlo sempre saputo. Forse, anzi sicuramente, anche prima di quella notte in cui ti hanno portato via da me. Quella malaugurata notte è stata la mia rabbia che mi ha spinto a non gettare la spugna. Dovevo trovarti o perire nel tentativo. Ora, io lo so che non ho niente da offrirti, che sono un casinista, che probabilmente rovinerò tutto in qualche modo stupido, e ti deluderò in ogni modo possibile, sempre che non mi faccia ammazzare prima. Senza contare la differenza d'età.. Cazzo meglio che non pensi anche a quella- aggiunse più con se stesso - Ma mi sono reso conto che provo per te qualcosa di profondo e decisamente inspiegabile a parole. Almeno per me. Io non sono un fottuto poeta e non so nemmeno se questo sentimento potrebbe essere...bè ,lo stesso che fa andare voi donne in paranoia, ma so cosa sento e sono geloso marcio di quell'insulso ragazzino che ti gira sempre intorno... Non so più cosa dire, ma se vorrai tentare di sopportarmi, ti dono tutto me stesso. - Beth, ora, piangeva a dirotto, ma io non stavo molto meglio. Mi ero aperto completamente con una persona, per la prima volta, e il risultato era abbastanza imprevedibile, anche per me. Mi asciugai le lacrime che minacciavano di cadere, passandoci sopra il braccio con molta nonchalance. Mi ero reso, per la prima volta da quando ero adulto, vulnerabile davanti a qualcuno. Ora, tutto era nelle mani e nelle parole, di quella ragazzina bionda che mi aveva fatto del tutto perdere la testa. Avevo esposto la giugulare, in segno di resa, alla mercé di un avversario molto più temibile di me, almeno in quel campo, e attendevo il mio verdetto. Magari mi avrebbe riso semplicemente in faccia. E intanto lei piangeva a dirotto e non parlava. Sentivo che le gambe stavano per cedermi. Beth, allora, si avvicinò con le mani protese verso le mie, e io mi lasciai cadere in ginocchio davanti a lei, non osando sollevare gli occhi, temendo di scorgere nei suoi, magari, indifferenza. Non avrei mai voluto che lei mi vedesse così indifeso, ma ormai era fatta. Fu in quel momento che anche lei si mise in ginocchio davanti a me, accarezzandomi i capelli, e, tra un singhiozzo e l'altro, mormorò. - Si, Si, Anche io ti amo stupido zuccone e non devi azzardarti mai più a dire che rovinerai tutto o ti farai ammazzare, Daryl Dixon, perché anche io morirei se accadesse! Quello che sento quando penso a te è così grande che io...-singhiozzò- E tu sei un idiota, quando facevi di tutto per tenermi lontano e metterti in pericolo. Non ti azzardare mai più a comportarti in quel modo, d'ora in avanti, Daryl, o te la dovrai vedere con me! Mentre lei continuava a piangere, io cercai di riprender il controllo su me stesso. -Però, c'è una condizione, Beth. - Lei si bloccò. Eravamo ancora l'uno nelle braccia dell'altra, ma dovevo comunicargli la mia decisione - Farò tutto quello che vuoi. Comandi tu qui dentro e là fuori, cercherò di essere più prudente. Fra noi, non ho pretese. Sono già abbastanza fortunato così, ma nel mondo reale, nessuno saprà cosa ci lega.. - Beth non capiva, glielo si leggeva in faccia. - Non mi fraintendere, sarei il figlio di puttana più fortunato del mondo, se potessi urlare quello che provo per te, ma voglio tutelarti, in qualche modo. - - Tutelarmi? - - Si ascoltami ti prego, se io dovessi morire...- - No. No. E no! Non dirlo neanche per scherzo. Non voglio sentire questi discorsi, soprattutto, non dopo quello che hai appena detto. - -Lo so, Beth, ma ascoltami. Tu sei giovane e bella e, anche con gli zombi e tutto il resto, potresti trovare chi vuoi, - e quello stronzetto là fuori, ne è la prova vivente - Ma stai scegliendo me, e questo, non depone certo a favore del tuo buon senso. Quindi non voglio che tu sia additata in malo modo una volta che io... - - Non posso essere d'accordo! E' una nostra scelta, e la porterò avanti in ogni modo. - - Deve essere per forza così, in caso contrario, me ne andrò domani stesso dalla colonia. - Beth sospirò. -Perché con te debba essere sempre tutto così complicato, proprio non lo capisco. Non funzionerà, ma per ora starò alla tua regola...Per ora...- -Dovrà funzionare altrimenti...- Ma non riuscii a terminare la frase, dato che Beth aveva colto l'occasione per avvicinarsi di nuovo a me, e farmi tacere con un bacio. Fu un bacio lungo, dolce e appassionato insieme. Le sue labbra sapevano di fragola. Non ero mai stato baciato in quella maniera in tutta la mia vita. Era un bacio che aveva il sapore degli amori adolescenziali, certo, ma aveva anche qualcosa di diverso. Qualcosa di adulto e urgente. Ero perduto per lei, era l'unica cosa di cui ero certo. Mai avevo provato qualcosa di simile per qualcuna e mai sarebbe accaduto di nuovo, non con quella stessa intensità. Quando si staccò da me, con tutta la semplicità e candore del mondo, mi spiazzò di nuovo. -E d'ora in poi non sgaiattolerai più nella tua stanza appena tramonta il sole per evitarmi, ma dormirai con me. - Non avevo capito se quello che mi stava proponendo era quello che ero andato a pensare io, ma la sua occhiata successiva mi tolse ogni dubbio sulle sue intenzioni. -Beth- la guardai imbarazzato - Non è necessario, voglio dire sono passi importanti per chiunque e...- - Lo so. Ma non so per quanto tempo saremo in questo mondo e non voglio sprecare più neanche un attimo senza di te. - Mi lasciai guidare in camera sua- la mia sembrava un'infermeria ambulante- per mano. Non l'avevo mai vista così decisa e risoluta. Nemmeno io capivo del tutto quello che ci avrebbe portato quella notte, ma stava accadendo, e in quel momento non avrei avuto né la forza né il coraggio di fermare tutto. Iniziò, lenta, a slacciare i bottoni della mia camicia.. Beth aveva il respiro accelerato, ma non credo fosse paura, non solo quella, o almeno immaginavo fosse così, perché era quello che sentivo io. Ero emozionato e teso come uno scolaro che attende l'inizio delle vacanze. Mi sentivo vivo, forse per la prima volta da quando il mondo era cambiato, o forse da sempre. Non distinguevo più. Faticavo a mantenere il contatto visivo con lei, l'emozione mi aveva sopraffatto. - Scusa- mi disse interrompendo il flusso dei miei pensieri,- Non ho mai spogliato un uomo in vita mia... - - Anche per me non credere che sia così facile, io....-- Fu a quel punto che mi baciò di nuovo e con ritrovato vigore, ed io non potei che seguirla. Non che fossi mai stato un tipo di molte parole, ma questa ragazza aveva capito come ridurmi al silenzio. -Beth- La testa mi girava e sentivo le farfalle nello stomaco vorticare. Non potevo credere che stesse capitando davvero. Il freddo e ostinato Daryl Dixon era capitolato e aveva appena confessato di amarmi e ora era qui, con me, e ci stavamo baciando. Non so dove ci avrebbe portato il futuro, sempre che ne avessimo avuto uno, ma quello che contava eravamo noi , lì e adesso, e che quello che provavamo l'uno per l'altra era reale, e non frutto di fantasie adolescenziali o di un capriccio del momento. Era un sentimento forte che era nato e cresciuto con fatica, tanto sacrificio e fortuna. No, Non lo avremmo sprecato. L'unico neo era che non ero per niente d'accordo con la condizione imposta da lui, ma lo conoscevo abbastanza da sapere che avrei potuto fargli cambiare idea. Al momento la mia preoccupazione era come riuscire a essere naturale e all'altezza di una situazione così al di fuori dal comune per me. A un tratto Daryl si staccò da me e mi squadrò prudente. I suoi occhi fissi nei miei. - Forse non dovremmo- lo sentii sussurrare- Non dovrei essere io la tua prima volta... - Lo baciai di nuovo, mordendogli delicatamente le labbra, il mento, il collo, mentre cercavo di armeggiare per slacciargli la cintura dei pantaloni. Sapevo cosa intendeva, forse avrei dovuto godermi di più quel momento, prendermi un attimo per assaporarne tutta la dolcezza intrinseca, ma avevo troppo bisogno di lui, almeno quanto lui ne aveva di me. Tentò di parlare ancora, ma lo zittii di nuovo con le labbra. Sentivo le sue dita callose e ruvide sfiorarmi la pelle, accarezzandomi gentile. Erano quelle stesse mani che maneggiavano la balestra con tanta maestria e che, con tanta forza, fermavano i vaganti. Le stesse mani che avevo visto tremare davanti a me, sfiorandomi con estrema dolcezza, quasi avessero paura di ferirmi. Una volta stesi sul letto e liberati dei vestiti, continuammo a baciarci, toccarci e accarezzarci finché non raggiungemmo l'apice e oltre ed io non mi pentii mai di quella scelta. Il mattino dopo mi svegliai presto e mi accorsi che lui stava ancora dormendo. Esaminai i suoi lineamenti: era in pace e rilassato . Credevo di non averlo mai visto così e, soprattutto, era di una bellezza sconvolgente, almeno per i miei occhi. Durante la notte appena trascorsa Daryl era stato di una dolcezza disarmante, un amante attento e gentile. Non potevo fare paragoni, certo, - per me era stata la mia prima volta- ma non credo che avrei potuto sperare in un'esperienza migliore. -Smettila di guardarmi - la voce di Daryl mi riscosse dalle mie congetture - Aveva ancor agli occhi chiusi, ma fingeva di continuare a dormire. -Perché? - - Sto dormendo. - -Non è vero! - Fu a quel punto che apri gli occhi con un sorriso stampato in faccia. -Daryl.- -Buongiorno - mi disse lei stampandomi un bacio sulla fronte. -Direi di sì.- le sorrisi. Restammo in silenzio qualche minuto, poi lei mi chiese. - Posso farti una domanda? Quando è stata la tua prima volta? - Era una domanda legittima ed io ero al settimo cielo, ma temevo che fosse una richiesta dovuta al fatto che il mio comportamento fosse stato troppo irruento la notte precedente. -Beth,- non sapevo da che parte iniziare - Se stanotte ho fatto, o detto, qualcosa che ti ha infastidito, ti chiedo scusa... - -Perché? Daryl è stata è l'esperienza più bella della mia vita, almeno fino a questo momento.. -Mi sorrise gentile.- Era solo una domanda, se è troppo personale..- -Lo vuoi sapere davvero? - Annuì allegra. Mi sdraiai di lato girandomi verso di lei. - Oddio, fammi pensare: il mio primo bacio è stato a 14anni, lei era una compagna di scuola..- -Non sei stato molto precoce, - commentò lei ridendo, - Ma stai eludendo la domanda...- -Grazie della comprensione - le sorrisi- Guarda ragazzina che non è facile neanche per me parlare di queste cose, cosa credi?- Beth sembrava divertita, ma non fiatò. --E sentiamo a che età, il tuo primo bacio? - - A 12anni, Billy Hanes, al campeggio. Entrambi con l'apparecchio, un incubo. Tocca a te! - - E va bene- mi arresi - Avevo sedici anni quando Merle decise che ero pronto, per così dire.. così uscimmo e pagò una prostituta per...occuparsi di me, diciamo. Credo che quella volta, lei, si sia divertita molto più di me, se capisci cosa intendo. Non molto edificante come storia, lo ammetto. - Ero imbarazzato a raccontare alla dolcissima ragazza che avevo al fianco, le mie esperienze poco ortodosse, ma lei era il mio presente e non le avrei nascosto niente del mio passato. - Dopo le definirei esperienze di una notte e via, nessuno coinvolgimento particolare. Era solo sesso, sia per me che per loro. Vediamo parliamo probabilmente di 4, massimo 5 scopate, in tutto. Non ho mai voluto legarmi a qualcuno neanche prima di tutto questo. Preferivo stare per conto mio.- - Chissà perché non faccio fatica a crederlo?! - La guardai serio, ma lei mi sorrise dolcemente, poi mi baciò sulle labbra. -Io ti amo, devi tenere presente solo questo d'ora in poi.. - Poi si alzò dal letto e si diresse verso il bagno. - E la doccia è mia per almeno dieci minuti. - sparì oltre la porta del bagno facendomi una linguaccia, mentre io rimasi a pensare che, a volte, la vita nasconde ancora qualche sorpresa.

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Capitolo 7
*** capitolo 7- Complicazioni ***


- Beth- Daryl, contrariamente a quello che mi ero aspettata, fece come gli era stato detto, e si prese un po' di riposo. Quello che sconvolse e insospettì Carol, fu la sua arrendevolezza nell'accettare quello che la dottoressa gli impose, anche se in realtà era alle mie regole che stava ubbidendo. O almeno, così voleva farmi credere. La verità - e io lo sapevo bene- era che continuava ad alzarsi nel cuore della notte per andare ad allenarsi, probabilmente per non perdere i riflessi, ma d'altronde era pur sempre Daryl, e non potevo aspettarmi troppi cambiamenti, così in fretta. 36 ore prima di aver parlato con Beth -Daryl- Mi alzavo verso le quattro del mattino ogni giorno. Ormai i turni di guardia della prigione mi erano entrati nelle ossa. Arrivato al campo di tiro, salutavo la guardia al cancello con un cenno, e mi avviavo al numero otto. Ogni tanto vedevo qualche zombi al di là della tripla cancellata che era stata eretta, ma nulla di preoccupante. Questa gente si era data davvero da fare. Era davvero- o almeno così sembrava- un'isola felice. Stando al campo, almeno per un paio d'ore, non pensavo a Beth. Togliermela dalla testa era davvero impossibile, ma almeno se ero impegnato, non ci avrei rimuginato troppo. Ormai conoscevo gli orari di tutti i gruppi. Earl e gli uomini della sua squadra, che staccavano dal turno di notte, arrivavano dopo le cinque, si allenavano per circa un'ora, poi avevano il riposo. Dovevano essere ex militari, poiché notai che si facevano ancora il saluto. Dalle sei e venti, era un avvicendarsi di vari gruppi di persone, per lo più singoli, che volevano restare in allenamento. C'erano poliziotti, impiegati, casalinghe, tutti sopravvissuti e che volevano restare tali. Quello che notai maggiormente era che si trattava di tutta gente a posto, quella che, comunemente, Merle avrebbe voluto fregare. Verso le otto del mattino arrivavano i ragazzi.In effetti era l'unico crocchio che io detestavo davvero, cioè quello di Sean. I ragazzini arrivavano alla spicciolata, erano tutti impegnati con mansioni diverse al campo prima di quell'ora, ma poi si ritrovavano tutti lì. Alcuni di loro, i più grandi a giudicare dalle facce, con poche e sparute barbe accennate, erano già parte di gruppi attivi all'esterno. Sean e i suoi amici, Alan e Willie, ne erano la prova vivente, anche se, a giudicare da come usavano le armi, non lo sarebbero rimasti a lungo. Willie era un ragazzino magro con gli occhiali, i capelli corti e la faccia da sfigato cronico. Alan era il più robusto, un filo di barba accennato, ma non meglio precisato, su un viso lungo con problemi di acne. Lo avrei visto bene in una sala giochi in tempi diversi, ma anche lui si era adattato. Poi c'era Sean. Ecco, lui era il classico bravo ragazzo. Era interessante, - moro, occhi chiari- o lo avrebbe, probabilmente, potuto essere per una ragazza intelligente che si sentiva troppo vulnerabile per un mondo come questo. Dio, se solo Beth si fosse resa conto di quanta forza c'era in lei e di quanta ne comunicava, forse non avrebbe cercato l'appoggio di qualcuno come...come Sean. Non ero geloso di lui, o forse si,, ma non potevo esserlo. Lei non era mia, ma Sean aveva il potere di innervosirmi. Si erano avvicinati alla mia postazione senza notarmi, a giudicare almeno, dai discorsi che stavano facendo. Non mi piaceva origliare, ma già che ero lì. -Non ci credo!! Sei un pallista!- faceva Alan -Dai davvero!? Sean come ci sei riuscito? - -Bastava chiederlo gentilmente a Earl, e stasera sono di pattuglia con loro. - -No! Non ci credo. Quindi domani niente turno alla mensa e stanotte fuori sul confine! Sei un grande!! A me già è tanto se mi fanno andare a ricontrollare le trappole – aggiunse Willie, deluso. -E domani mattina potrò andare a chiedere a Beth di fare un giro assieme. - -E lo psicopatico ti taglierà la gola nel sonno! - -Chi? – Chiese Willie. -Oh andiamo. Dai Alan, Daryl non è poi così male. - cercò di spiegare Sean – Beth vi toglierebbe il saluto se vi sentisse parlare così.- - Già, ma tu non ci sarai più, perché sarai morto. Lo hai visto come ti squadra? - -Siete esagerati, io non credo... - Alan lo spintonò. – Ragiona fratello. Stiamo parlando di un tizio che arriva qui al campo prima del sorgere del sole e si allena a uccidere..- Willie allora sembrò prendere consapevolezza della cosa. – A proposito stamattina qualcuno lo ha visto? - Gli altri non lo ascoltarono nemmeno. Ragazzi stupidi. Il quattr' occhi, al contrario, lo stavo rivalutando. -Poi che fa? Torna a "casa" e si mette sulla veranda ad affilare un coltello alto come Willie..- - Ehi, non sono basso!- -E va a dormire prima del tramonto. Lo hai mai visto parlare con qualcuno? - - Si che parla. Con Carol parla, con Earl ha parlato anche ieri e poi c'è Beth. Non solo parla con lei, ma la ascolta anche - -E questo cosa ti dice, citrullo? - -Fanculo Alan! che vuoi insinuare? - -Niente. Dico solo che là fuori la Biondina avrà trovato validi argomenti per ammorbidire il killer. Che so, magari scaldarsi nelle notti fredde o strusciarsi un po' per avere qualche cosa in cambio..- terminò sghignazzando. Stavo per uscire dal cono d'ombra in cui mi ero rintanato, e palesarmi ai ragazzi. Quello stronzo aveva passato il segno e aveva urgente bisogno di una lezione, quando Sean intervenne. Lo prese per il bavero e lo sbatte' contro la palizzata alle loro spalle. -Ascoltami bene, amico mio, a me non interessa il tuo punto di vista sull'argomento, ma se provi ancora a spargere in giro merda su di lei, te la vedrai con me. E piantatela di sparlare. Daryl e Beth sono amici. Punto. Lui può fare quello che vuole, ma lei sarà mia. Voglio dire, se non altro ho una buona parlantina, e sono molto figo, dopo tutto. Ragazzi quando passo io, schiocco le dita, e le donne svengono. - Risero alla battuta di Sean e si spostarono per prendere le armi. Quest'ultima affermazione mi fece salire la pressione. Come poteva, quell'insulso stronzetto, essere così sbruffone e pieno di sé, da credere che schioccando le dita, Beth, la Mia Beth, sarebbe caduta ai suoi piedi? Dovevo stare calmo e allontanarmi da lì, ma Logan, il responsabile dell'allenamento dei Cuccioli, mi aveva notato e mi chiamò in causa. -Daryl, visto che sei qui, gentilmente potresti dare una dimostrazione a questi tre poppanti di un tiro, a questa distanza, a un bersaglio mobile? - I tre si voltarono all'unisono e si accorsero del luogo in cui mi ero appostato. Nei loro occhi: terrore puro. Il loro dubbio era: avrà sentito tutto? Era come leggerglielo in faccia. Dal mio punto di vista, tutto ciò era troppo divertente. Li osservai distaccato, non rivolgendogli nemmeno un'occhiata. Willie tremava, mentre Alan e Sean stavano, prudenti, valutando il da farsi. Un sacco pieno di sabbia, era stato attaccato a circa dieci, quindici metri da noi, ed era stato lasciato oscillare. Li guardai duro, uno per uno, cercando di non far trasparire niente di quello che stavo pensando, poi puntai la balestra e mi concentrai sul movimento oscillatorio del sacco. Il tiro non era difficile a patto di riuscire a calcolare il tempo, e mantenere la calma. Carol e Beth arrivarono in quel momento al campo e, naturalmente, si avvicinarono. Con Beth non avevamo ancora chiarito nulla, riguardo la nostra disputa della sera precedente, e la cosa mi innervosiva parecchio. Logan a quel punto iniziò a spiegare che il tiro già era complesso di per sé, in quanto occorreva tenere conto, oltre che della distanza e del movimento, anche dei vari fattori di disturbo che c'erano là fuori. Un esempio su tutti : uno o più non morti, che avrebbero potuto tentare di attaccare mentre si mirava. Insomma, ordinaria amministrazione. Li ignorai e rimasi concentrato sul bersaglio. Uno. Tensione e respirazione. Ci voleva il giusto equilibrio. Due. Mentalmente contavo le oscillazioni e il tempo di rallentamento del peso nel suo incedere. La calma era la mia alleata. Tre. Merle diceva che essere in grado di tirare con una balestra, era una forma d'arte. perché non era facile calcolare tutte le variabili e gestire anche il possibile errore umano. Noi, per nostra fortuna, eravamo stati preparati per questo fin da piccoli. E diventi davvero bravo quando un tuo errore può costarti la cena. Ora era anche peggio, c'era la vita in gioco. Quattro. Respira. Non c'è niente intorno a te. Mi ripetevo come un mantra queste parole, e mi apprestai a scoccare. Fu un quel preciso attimo, una frazione di secondo prima che scoccassi, che Beth scivolò accanto a me e mi toccò leggermente, con le dita affusolate, il collo. Senti una scarica di adrenalina e la mia concentrazione andò, letteralmente, a puttane. La freccia partì, e per poco non c'entrai il deposito dell'attrezzatura, mancando totalmente il sacco e il suo oscillare. -Ecco appunto quello che volevo dimostrare. Daryl sarebbe appena stato morso.- sputò duro Logan. -Dannazione! – sbottai gettando a terra la balestra. -Coraggio Daryl! – fece Logan dandomi una pacca sulla spalla – Capita anche ai migliori! Allenarsi serve anche a quello... - -Scusa. – mi disse Beth sincera - Non pensavo ...- -E' appunto quello il tuo problema. Tu non pensi... - Mi allontanai da lei in fretta, lasciandola a farsi consolare dallo stronzetto, a cui le donne, Mio Dio, non potevano resistere! Dovevo allontanarmi da lei, dovevo andarmene al più presto lontano da quei suoi occhi chiari, che mi impedivano di pensare lucidamente. Ero talmente preso dai miei pensieri che non mi accorsi per niente di Carol mi aveva seguito. -Cosa diavolo vuoi? – sbottai. -Prima di tutto calmati! Non ti ho mai visto così fuori controllo- mi rispose lei. – Che problema hai, Daryl Dixon? - -Problema? Quale problema? Nessun fottuttissimo problema! Perché diavolo tutti pensate che io abbia dei problemi? Sempre se non contiamo il fatto, che Rick, Carl e l'intero nostro gruppo sono dispersi là fuori. Soli, senza un riparo, mentre noi giochiamo all'allegra fattoria in questo posticino idilliaco. Quella bambina che ti spupazzi in giro per il campo, cara Carol, ha un padre e un fratello là fuori, e noi non stiamo facendo un dannato accidente per ritrovarli. - - Calmati. Abbassa la voce. - -No Carol! Non mi voglio calmare.- Ero completamente fuori controllo - Qui tutti non fate altro che dire di calmarmi, ma mi sono stancato! Sono preoccupato perché la mia famiglia è la fuori, e sono stanco di vedere tutti qui comportarsi come se all'esterno non ci fossero particolari problemi! Là fuori è l'inferno, e restare qui non mi aiuta a vivere bene. Beth forse può adattarsi a vivere così, ma non io, non con lei sotto gli occhi che...- mi bloccai appena prima di dire qualcosa che non ero pronto a condividere. Scossi il capo. - Sono un coglione, Carol. Sono un coglione! Merle aveva ragione su di me. Sono un coglione senza palle, che non ha il coraggio di tornare là fuori, da solo, a cercare gli altri e perché non vuole affrontare il giudizio di una ragazzina, che sembra avermi strappato il discernimento.. - - Daryl.– rispose Carol calma, - Le hai mai detto queste cose? - -Dirle cosa, Carol? Cosa dovrei, dirle? Qui tutti parlate di sentimenti, di provare a esternare quello che sentiamo.. E io- secondo te- cosa dovrei esternare? Cosa dovrei dire a Beth? Se fossi furbo, la allontanerei da me definitivamente e me ne andrei per la mia strada senza voltarmi indietro. Per lei sarebbe la cosa migliore. Si metterebbe con quello stronzetto atomico che le gira intorno e magari, col tempo, potrebbe anche a dimenticare lo schifo che c'è là fuori.- - E tu? - - Io cosa? - - Per te cosa sarebbe meglio? - Mi avvicinai a Carol col dito puntato contro di lei. - No. Non mi porterai a dire qualcosa che non vorrei ammettere neanche con me stesso! No, Carol! - -E allora cosa farai? Continuerai a scappare dai tuoi sentimenti per lei, e poi da te stesso? Guarda che dai nostri demoni non possiamo fuggire a lungo.- -Cosa vuoi dire? Anche tu sostieni che ho paura? Ti sei messa d'accordo con quella stupida ragazzina?- Ero rabbioso e pieno di risentimento. Quello che avrei voluto e quello che avrebbe dovuto essere, erano in netto contrasto. Carol non stava facendo altro che mettermi davanti a quelle verità che avrei voluto dimenticare, poi mi guardò seria, ma non perse la sua tranquillità. -Prima di tutto, lei non è stupida, se lo fosse davvero non si sarebbe neanche accorta di aver rubato il cuore a un uomo meraviglioso e non saremmo qui a discutere. Te lo avrebbe fatto capire con la sua indifferenza già da parecchio tempo. E non è nemmeno una ragazzina, Daryl! Neanche tu pensi davvero che si metterebbe insieme a uno come Sean, o qualche suo amico, e non lo farebbe perché sarebbe la scelta più facile e più vigliacca. Per certi versi, è molto più matura di quanto tu creda. Lei è qui e sta lottando per te, diversamente da quello che stai facendo tu. Vuole restare e non scappare davanti a dei sentimenti che le sembrano troppo grandi per la sua età, e che tu ritieni tanto inadeguati. - -Carol...- la guardai con tutta la freddezza di cui fui capace. - So che tu vuoi credere ancora nella belle favole, ma è tutta roba che non esiste. So esattamente cosa devo fare e ...- -E ti rovinerai la vita per sempre. Vivrai il resto della tua esistenza con la consapevolezza che avresti avuto una scelta diversa, ma che, razionalmente, non l'hai voluta seguire. Daryl – continuò Carol con dolcezza – tu non sei Merle. Lui era arrivato a un punto della sua vita in cui non aveva più una scelta, o almeno così deve aver creduto. Tu, al contrario, sei diverso. In questo mondo capovolto hai deciso chi vuoi essere già da molto tempo e, se questo tuo mutamento ti ha portato Beth, si vede che era destino. Lasciai Carol e mi diressi verso casa, senza darle la minima risposta, ma lei sapeva di aver instillato in me qualcosa di molto pericoloso: il dubbio. Quella sera la spedizione partì col piede sbagliato. Ero già abbastanza teso per quello che ci eravamo detti quel pomeriggio, Carol ed io, e intanto ero ormai certo che Beth mi odiasse sul serio. Ero avvilito, ma capivo che era l'unica cosa giusta da fare. Poi la vidi al cancello che scrutava il nostro gruppo allontanarsi, immaginai che fosse venuta per salutare Sean, infatti notai che lui gli fece un cenno con la mano. Puntai gli occhi su di lei per scorgere un qualunque cenno di affetto nei confronti del coglione imberbe, ma lei aveva gli occhi putati su di me. Lei stava fissando me. Carol, dopo tutto non aveva tutti i torti. Beth non si sarebbe fatta imbambolare da Sean, ma cosa provava esattamente per me? Le feci un cenno col capo e mi voltai verso il cancello, nonostante questo sentivo ancora i suoi occhi, come dardi, puntati sulla mia schiena.. Una volta fuori, tornai a respirare. Mi accorsi solo lì che avevo trattenuto il respiro fino a quel momento. Il mio obiettivo era semplice e chiaro, avrei lasciato gli altri andare avanti e mi sarei staccato dal gruppo. Avrei raggiunto i confini di Terminus e mi sarei accertato che gli altri non fossero lì. Mi orientai in fretta, fu allora che mi accorsi che Sean mi stava seguendo da vicino. Sembrava che lo stronzetto avesse voglia di fare conversazione. -Ciao... - Lo guardai, freddo. Non poteva voler davvero parlare con me. -Senti arrivo subito al sodo. Io credo che oggi al campo tu ci abbia sentito chiacchierare e abbia... frainteso.- -Frainteso?! - risposi piano. -Si voglio dire, la storia del killer...- Sorrisi stanco. – Non mi frega un cazzo di quello che pensate di me. - Argomento chiuso, stronzetto. Ma lui tornò alla carica. -Si, ma è stato ingiusto dire quelle cose. Noi non ti conosciamo, e non possiamo giudicare proprio un bel niente. - Resati in silenzio. Sean sembrava disorientato, o forse, pensai, era un modo come un altro per guadagnare punti con Beth. -E poi quello che Alan ha insinuato su Beth.. - Ecco dove voleva andare a parare il ragazzino. Se credeva che avrei voluto parlare di lei si sbagliava. -Insomma lei a me piace, e quello che ha detto Alan, mi ha infastidito. Posso solo immaginare quello che puoi aver pensato tu... - -Immagini?- lo guardai divertito. Se avesse avuto, una, seppur piccola idea, di quello che gli avrei voluto fargli, sarebbe andato il più lontano possibile da me. Era giovane e sprovveduto, però, ed eccolo lì a colloquiare con il leone. -Daryl credi che la cosa ti disturberebbe molto se io le chiedessi di uscire e cose così... - Mi fermai di botto. – Fammi capire. Tu stai chiedendo a me...- non avevo parole!- Ma per chi mi hai preso? Non sono mica suo padre! Cristo.. – esordì continuando a camminare. Ma credi davvero che lei sia così stupida da non capire il gioco che stai facendo? Credi sul serio che sia la classica ragazzina idiota, che frequentavi prima di tutto questo? La bionda svampita che puoi imbambolare con qualche moina? Gesù! Il nostro discorso si interruppe così, perché gli uomini avanti a noi avevano individuato qualcosa. Lasciai Sean ai suoi pensieri assurdi e mi feci in avanti con la balestra puntata. Qualcosa si agitava negli arbusti davanti a noi. Poteva essere di tutto, ma mi avvicinai per guardare meglio. Si vedeva che quelli che erano con me non erano abituati a osservare l'ambiente. Fu un semplice attimo, abbassai la balestra mi girai per dire- Non sparate! - Ma una freccia fu più veloce di me e venni colpito. Per un momento, subito dopo il colpo, vidi tutto nero. Poi sentii le voci distintamente e mi trovai faccia a faccia con Carl che, sopra di me, mi chiamava. Alternai diversi momenti difficili mentre venivo trasportato di peso al campo, ma l'unica cosa che avevo ben chiaro nel cervello era Beth. Il fatto che non la volevo perdere, o almeno, volevo almeno accertarmi che sapesse cosa pensavo davvero. Carol dopo tutto non aveva torto, non potevo scappare per sempre. Presi la decisione che le avrei parlato. E se non avessi letto nei suoi occhi il minimo accenno di qualunque cosa mi aspettassi, me ne sarei andato per la mia strada senza voltarmi indietro. Oggi - Beth -Lo sai che dovrò tornare a Terminus ora che Carl ci ha confermato che gli altri sono lì..- iniziò Daryl, quella mattina di punto in bianco, mentre facevamo colazione. -Me ne rendo conto. Ma lo sai che verrò anche io...- gli risposi sfoderando un sorriso tranquillo. Quella mattina non potevo farne a meno. - Nei tuoi sogni, forse.- mi rispose sarcastico.- Credi davvero che ti farei venire con noi? E dopo stanotte, poi... - scosse il capo. - Cosa vuoi dire, Daryl? Cioè fammi capire, visto che io e te.. ora, io non avrò più facoltà di decidere?!.- - La decisione è già presa. Tu non ti muoverai da qui. Io sarò già troppo impegnato a dover pensare alla mia pelle, là fuori. Non sappiamo nemmeno che intenzioni hanno quegli stronzi. Non posso essere in tensione tutto il tempo perché tu sarai lontana da me. - -Daryl Dixon dobbiamo ancora affrontare questo argomento? Quello che è successo fra noi non cambia una virgola quello che sono e ciò che so fare. Vi serve un medico, io sono la cosa che più vi assomiglia. La dottoressa Morton non credo se la sentirebbe di venire con voi. - -In ogni caso tu non ti muoverai da qui. Non accetto nessun compromesso su questo, Beth. – le ribadì lui, ostinato. - C'è mia sorella là fuori. - - E te la riporterò sana e salva, se sarà possibile, ma non puoi chiedermi di lasciarti mettere in pericolo la tua vita, solo perché credi di essere pronta. - - Vedremo. Tra l'altro vorrei capire come hai intenzione di impedirmelo. Ho già dato la mia disponibilità alla cosa e, per quelli là fuori, tu e io non abbiamo nessun tipo di relazione, quindi.. Hai già perso, signor Dixon. - Daryl- La guardai tranquillo, con un sorrisetto stampato in faccia. Ce l'avevo in pugno e neanche se ne accorgeva. Era davvero disarmate la sua ingenuità, alle volte. Le immagini di Beth che si lasciava spogliare da me e che, a sua volta, armeggiava impacciata con i bottoni e le asole della mia camicia, sarebbero stati uno di quei ricordi che non avrei mai potuto scordare nemmeno in milione di anni. Era stata meravigliosa, ed io non credevo di aver mai fatto certe cose con maggior trasporto. Stavolta, di sicuro, non potevo derubricare la cosa con la dicitura de: l'ennesima scopata. Nonostante l'imbarazzo e la rivelazione – non tanto inaspettata – che non aveva mai spogliato un uomo prima d'ora, era stato tutto perfetto. Rivedevo flash back della nottata appena trascorsa come se fossi stato un adolescente alle prime armi. E in fondo un po' era stato così, anche perché avevo in tutto e per tutto rispettato i suoi ritmi, con la consapevolezza che avremmo avuto tutto il tempo per approfondire certi discorsi e che quello era solo un preludio. La sola certezza che avevo, era cha d'ora in avanti nessuno avrebbe più potuto avvicinarsi in quel modo a lei, a parte me, naturalmente. E anche che la sua sicurezza, ora più di prima, avrebbe avuto priorità su tutto. – Potrei sempre dire a Earl che non mi sentirei tranquillo se tu fossi con me e, dei due, credimi, quella gente, preferisce avere me a coprirgli le spalle.- Mi ero avvicinato per dirle le ultime parole e lei si era sporta e mi aveva dato un bacio sulle labbra. Non ero ancora abituato a quel modo di rapportarci fra noi, ma era davvero piacevole. Per la prima volta sentivo di far parte di qualcosa di reale e condividevo speranza. Pensai di aver vinto, che si fosse arresa e le sorrisi soddisfatto, ma lei aggiunse,- Infatti io farò parte dell'altra squadra. Quella di Sean. Buona giornata Daryl, ci vediamo più tardi al campo pratica.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 Errori di valutazione ***


capitolo 8 Ciao! Solo due parole e vi lascio al capitolo, in quest'ultima fatica, ho provato a inquadrare meglio Sean e la sua immaturità cronica, perchè vorrei solo che si notasse la differenza fra un ragazzo che non ha vissuto a lungo" fuori" e quelli del gruppo di Rich...nel caso c'è sempre la mandria di vaganti  liberata in camera del ragazzo - come per magia- che ho proposto in una recensione! Ciao alla prox!

Capitolo 8- Errori di valutazione

-Daryl-

Tutto mi sarei aspettato, tranne che Beth mi giocasse un tiro come quello. Sapeva perfettamente quanto Sean mi stesse sui…ma non importava.

Se la bambina voleva giocare con me, l’avrei fatta divertire io, ma alle mie condizioni.

Arrivai al campo di tiro che era già alto il sole. In effetti, nessuno si aspettava di vedermi a quell’ora, ma ormai.

Beth era vicino al capanno di tiro, in mezzo al gruppo di Logan, il loro capo squadra, e Sean, neanche a dirlo, era accanto a lei e la sua mano destra, era fin troppo vicina a quella di Beth, per quello che mi riguardava, ma dovevo tacere, in fondo le regole le avevo imposte io.
Ma se non ci fossero stati questi limiti, probabilmente Sean sarebbe già stato steso a terra a cercare di raccogliere un po’ di buon senso e i denti, e non propriamente in questo stesso ordine.

D’altronde dovevo stare buono, se volevo scongiurare che, la persona a cui  tenevo di più al mondo, venisse con noi là fuori.

 Beth non alzò nemmeno lo sguardo vedendomi arrivare, era davvero brava, non potevo lamentarmi, quella parte del patto l’aveva presa con molta solennita’, ma allora, perché mi ero sentito come una stretta al petto quando mi aveva ignorato del tutto?

Mi avvicinai al gruppo tanto per sentire le ultime parole di Logan.

-         Allora avete capito tutti?

-Si Logan, - lo interruppe Sean – Ma in caso di estrema necessità del gruppo di Earl, la MIA squadra potrebbe intervenire per un fuoco di copertura…

- Quando distribuivano il cervello, tu, Sean Miller dovevi essere in fila per il frappe’ di MacDonald..Prima di tutto questa non è la tua squadra, e seconda questione, vi ho appena finito di dire che il vostro è solo un gruppo di supporto. Non siete dei commando ragazzi, e le vostre vite sono uniche. Tanto più che tra di voi c’è anche del personale medico, quindi non dovrete assolutamente svolgere servizio attivo.
Sean mise il broncio, poi Earl chiese l’attenzione di tutti.

-Ok ragazzi e ragazze, visto che ci siamo quasi tutti, è ora di farvi un discorsetto. A Terminus ci sono buone possibilità che tengano le perone confinate nei loro spazi o, peggio ancora, imprigionate. Sembra, da notizie avute da quelli che sono riusciti a fuggire, che le usino per sperimentazioni di vario genere, queste informazioni, in altri tempi, sarebbero state classificate, ma è giusto che sappiate a chi e cosa andiamo incontro.

Earl fece una lunga pausa ad effetto, per avere l’attenzione dell’uditorio, poi riprendendo fiato.

       - Sembrerebbe che quegli stronzi – perché non chiamarli con l’appellativo giusto.-  Operino una sorta di selezione naturale da loro gestita.

-         In che senso? – chiese una voce dal fondo.

-         Quello che ho detto. Eliminano i vecchi e i malati, o li usano per la sperimentazione sugli zombi o per capire la trasformazione, mentre i giovani e gli adulti , li adoperano per quello che potremmo definire un gruppo di selezione e controllo in un allevamento di bestiame. Ci sono giunte voci di prevaricazioni e violenze, costrizioni di ogni genere, fino alle  sevizie fisiche per chi rifiuta di sottostare alle loro regole

Mentre Earl continuava a raccontare le porcate che pareva si compissero  a Terminus, notai il turbamento di Beth. 

Potevo capire come si sentiva, c’erano sua sorella e i nostri amici laggiù, probabilmente. Le sue emozioni si leggevano in faccia come fossero scritte.
Mi avvicinai e, senza farmi accorgere dagli altri, le misi una mano sul fianco, intrecciando la mia mano alla sua, che teneva stretta al torace. Beth tremava, ma non appena avvertì la mia presenza si rilassò.

-         Non credo dovremmo andare a Terminus se ci sono i rischi per i nostri – disse un uomo in fondo al gruppo.

Aveva ragione, cazzo. Aveva ragione eccome. In fondo quelli a Terminus erano il nostro gruppo e i nostri amici, persone che loro non conoscevano nemmeno, quindi perché avrebbero dovuto esporsi e rischiare?

Anche noi nelle stesse condizioni,  avremmo dovuto mettere la cosa ai voti e, quasi certamente, non avremmo messo a repentaglio i nostri. Il gruppo era la priorità. Rich sarebbe stato il primo a sostenerlo. Stavo per lasciare la mano di Beth , per tentare di convincerli, quando Earl riprese la parola.

-Ok. So a cosa state pensando e lo capisco. Perché mai dovremmo rischiare la vita per degli estranei? E’ lo stesso pensiero che abbiamo avuto tutti qui in momenti diversi, ma sapete cosa mi sono risposto io, ogni volta?  Che prima di ogni altra cosa non dobbiamo dimenticare di essere tutti umani, e che abbiamo tutti gli stessi diritti davanti a Dio - se ci credete ancora – e agli altri uomini. Tutti qui saremmo potuti morire là fuori se non ci avessero salvati e, il lavoro di tutti, ha creato questo posto. Ora, io non dico che questa sia l’idea più geniale del mondo, provare cioè  a penetrare a Terminus per salvare un gruppo di sconosciuti, ma non dobbiamo dimenticare che anche noi saremmo potuti finirci, se non ci avessero trovati prima quelli di questo campo…- nessuno si azzardò a fiatare. - Ciò nonostante, questa missione di recupero sarà affidata solo a volontari. Chi verrà con noi – previa approvazione- lo farà perchè crede ancora nei valori di fratellanza che ci hanno animato fino ad ora.  Gli altri, nessun rancore.
Chi verrà con me?

Cinque uomini del gruppo di Earl fecero un passo avanti, Earl mi guardò e io feci un cenno d’assenso, niente mi avrebbe impedito di esserci. Carol alzò la mano e poi fu il turno di Logan, Sean, Amber, Willie, Alan e Beth.

Lasciò la mia mano delicatamente, quasi non me ne resi conto e senti la sua voce forte e chiara.

- Ci sono anch’ io.

Il gruppo si sciolse e notai come Sean cercasse di trattenere Beth a parlare con lui. Me ne dovevo andare dal campo per evitare di perdere la calma.

-Ciao Daryl.

Incrociai Carol nei pressi dell’infermeria, e non potei fare a meno di fermarmi.

-Ciao.- la salutai senza entusiasmo, mentre continuavo a lanciare occhiate verso il campo di tiro per vedere quando Beth sarebbe tornata indietro.

-Ti senti pronto per Terminus? - domandò lei senza mezze misure.

-Si. Certo.- risposi annoiato.- Credo solo – aggiunsi cercando di non far trasparire lo stato di agitazione e panico dovuti al fatto che la mia ragazza - Mio Dio! era la prima volta che la definivo così - sarebbe stata dei nostri, – Che sarebbe molto meglio che Beth non venisse.

Carol mi osservò sospettosa.. – Perché mai lei, non dovrebbe essere dei nostri? C’è Maggie laggiù!

Mi schiarii la voce. – Appunto per quello. E’ troppo coinvolta e temo che non sia abbastanza lucida per affrontare questa cosa, voglio dire, col giusto distacco e un approccio razionale.

Carol sorrise divertita e appoggiò entrambe le mani sui suoi fianchi.

-         Più tardi mi racconterai anche la favola della buona notte, Daryl?  

-         Perché? – chiesi il più sinceramente possibile.

-         Ti ho osservato oggi al campo e nei giorni precedenti, e dovresti vederti…

Restai in silenzio. Qualunque cosa avessi detto in quel momento non avrebbe fatto altro che peggiorare la mia situazione.

-In mezzo agli altri cerchi di fare l’indifferente, il distaccato, lo spaccone, il solito Daryl Dixon, freddo e controllato.…poi la guardi e ti sciogli. Sei un’altra persona, ed io ti osservo, e non posso fare a meno di notare quanto tu sia in pace, come mai ti ho visto, quando lei è con te.

Stavo per dire qualcosa ma proprio Carol, mi fermò.

-No. Meglio che tu stia zitto. Se non sei pronto a parlare di questa cosa, lo posso capire, ma non mentirmi. Quando avrai voglia di fare due chiacchiere, me lo dirai, ma non barricarti dietro a delle scuse. Se temi che le succeda qualcosa lo posso accettare, ma non mentire a me.
Avevo un groppo in gola grosso come una casa, ma non fiatai. Le feci un cenno con la testa e mi avviai verso il fiume.

-         Beth-

Mi attardai al campo per raccogliere le mie cose, e d’altronde, non volevo correre subito dietro a Daryl.

-E così faremo parte della stessa squadra. - Mi accorsi solo a quel punto che al campo eravamo rimasti solo Sean ed io.

-Sembra che le cose andranno così. Ma noi siamo solo di supporto logistico, ricordi cosa ha detto Earl?!

-SI. si… So cosa ha detto quel vecchio rompipalle. Quello che mi sorprende è che il tuo angelo custode ti lasci venire.

-Perché credi che Daryl non mi avrebbe lasciato venire?

-Chi altri se non Capitan America, potrebbe impedirtelo?! Permettimi di dirti che è un po’ troppo protettivo nei tuoi confronti. – mi rispose Sean risultando, alquanto, sgradevole.

-Smettila. Perché lo chiami così? E poi è solo perché – cercai di mentire, ammettendo una mezza verità.– siamo molto legati…

-Beth, andiamo. Si comporta, a volte, come se tu fossi la cosa più importante della sua vita, poi, ti tratta come se non esistessi. Non può essere così possessivo, o almeno deve prendere una decisione. Non gli interessi più di tanto, ma si sente in dovere di proteggerti? Ok, ma per tutto il resto deve finirla. Tu sei una ragazza intelligente e devi poter fare le sue scelte e vivere la tua vita, facendo anche i tuoi errori…

-E di che errori stiamo parlando Sean? – ero curiosa di sapere, dove sarebbe potuto arrivare, ma non piaceva il tono che stava prendendo la conversazione. 

- Bhe, - disse lui avvicinandosi con fare mellifluo.- Magari con tutto quello che sta succedendo là fuori, avresti anche voglia di lasciarti andare verso sentimenti nuovi… Una romantica storia di amore e passione con un, quasi, sconosciuto uomo tenebroso e pieno di fascino..

-Ok, - scherzai, nervosa.- Allora appena ne conosco uno ti farò sapere..- dissi cercando di allontanarmi da lui.

Perché si era avvicinato così tanto, perché mi stava facendo quei discorsi, oddio, e perché aveva preso la mia mano fra le sue?

-Sean io non credo che …- Cercai di farlo ragionare.

-Non dire niente, piccola!  Goditi soltanto l’attimo…

-Sean ti ho detto che di no…- insistetti ferma, ma lui sembrava ancora più deciso.

Sean si era avvicinato ancora e temevo davvero che, avrebbe potuto tentare- mio Dio - di baciarmi.

Cercai di allontanarlo spingendolo, ma lui era più forte di me.

Fu in quel momento che qualcosa o qualcuno, lo sollevò per la collottola, e sbattè a terra.

Non ebbi nemmeno un dubbio, su chi fosse il mio salvatore.

-Ascoltami bene, brutto sacco di merda!!- gli stava dicendo Daryl, puntandogli un dito contro in modo minaccioso.  - Quando una ragazza ti dice di no…tu non puoi continuare per la tua strada come se niente fosse. Ora il mio sentimento, riguardo il tuo comportamento, sarebbe quello di spaccarti il culo e lasciarti agonizzante a terra, ma non lo farò perché sarebbe una perdita di tempo per me e non ti insegnerebbe un cazzo. Ora le chiederai scusa per come ti sei comportato e…

Sean non lasciò finire la frase, e colpì Daryl al volto, mandandolo a terra.

Quello che successe dopo, fu molto veloce ed estremamente forte per il mio punto di vista. Non avevo mai visto nessuno darsele, ma soprattutto, non avrei voluto essere io, il soggetto del contendere.

Daryl si alzò da terra, aveva il labbro spaccato, e si asciugò il sangue con la mano, fu a quel punto che colpì Sean al viso e al tronco con almeno due colpi. Sean non si lasciò intimidire, era piuttosto piazzato per la sua età e colpì di nuovo al volto.

Daryl non si mosse e incassò, ma notai che un lampo di consapevolezza gli balenò negli occhi e un mezzo sorriso. Lasciò che si avvicinasse un poco e gli fece lo sgambetto, in modo che Sean perdesse l’equilibrio. Una volta a terra Daryl gli sferrò un calcio.

– Non avevo finito stronzetto…Le chiederai scusa poi, porgerai le tue scuse a me per aver dovuto scomodarmi a spiegarti tutto questo.

Sean respirava a fatica col piede che  Daryl gli teneva sullo stomaco per bloccarlo a terra. – O ne vuoi ancora?

Rimasi a guardarli per una frazione di secondo, poi provai ad avvicinarmi a Daryl, toccandogli un braccio.

-Daryl –

Vedere quel piccolo bastardo che tentava di mettere le mani addosso a Beth, mi aveva fatto sragionare, ma il pugno che mi aveva tirato, da vigliacco qual’era, mi aveva fatto riapprezzare i benefici della rabbia.

Aveva un bel destro, il sangue sul mio labbro spaccato ne era la prova, ma non aveva nessuna esperienza sulle risse da strada e questo giocava a mio favore. Fu solo nel momento in cui quello stronzo fu a terra che mi accorsi dello sguardo smarrito di Beth, e del suo tocco delicato sul mio braccio.

-Scusa Beth…- iniziò Sean rialzandosi a fatica- Non volevo farti del male..

Poi mi guardò con astio e si allontanò.

-Daryl, stai bene? – mi chiese Beth dolce.

Mi pulii di nuovo il sangue sul labbro col dorso della mano, senza darle risposta.

L’avevo, probabilmente, delusa totalmente col mio comportamento, ma non potevo permettere a quel coglione…
Fu a quel punto che Beth prese il suo fazzoletto e lo posò sul labbro.

-Almeno così ti si fermerà il sangue! - mi sorrise - Ti verrà un occhio nero.

-Lo so. Mi spiace…

-E di cosa? Mi hai difeso…probabilmente hai un tantino esagerato, ma è stato…carino che tu l’abbia fatto.

-Ti devo aver spaventato…Temo di aver perso il controllo.

-Daryl…no. Tu me lo hai staccato di dosso, è stato lui a colpirti per primo- Tu ti sei solo difeso. E ora andiamo a  casa, vorrei medicarti quel labbro e mettere qualcosa di freddo sul tuo occhio.

Rientrammo e, dopo aver armeggiato in cucina per un po’, mi cacciò una pezza d’acqua gelata sull’occhio.

-Ahio!!!

-Fai l’uomo. E’ solo un po’ di ghiaccio. E ora fammi dare un’occhiata, a quel labbro.

Era a pochissimi centimetri dal mio viso ed io faticavo a mantenere la concentrazione, poi non ce la feci più. La presi in braccio e la trascinai verso la sua camera. La posai sul copriletto e iniziammo a baciarci come se non ci fosse un domani.

Lei mi voleva così come la volevo io, e avertii presto che le sue mani stavano operando per slacciarmi la camicia. Sorrisi, divertito dai suoi modi impacciati, ma la lasciai fare. Non volevo pensare. Non volevo svegliarmi un giorno accorgendomi di aver perso la cosa più bella che mi fosse capitata. Poi mi venne in mente Maggie, e quello che mi avrebbe fatto se avesse saputo che, mi ero innamorato della sua sorellina. Io, proprio io… Avrei dovuto pensare anche a quello, una volta tratti in salvo gli altri, perché immaginavo che mi avrebbe sparato, non appena Beth avesse accennato a…Ma non dovevo farlo in quel momento. Era solo nostro.

-Smettila di lambiccarti il cervello, Daryl Dixon! – mi sussurrò lei piano – Ora sei mio!

Immaginai il color porpora sulle sue guance, a quella frase, ma eravamo nella semi oscurità della camera e non me ne curai.

Mi conosceva.

Mi conosceva eccome. Era la prima donna a cui avevo permesso di avvicinarmi così tanto e di amarmi davvero. Ero felice? Qualcosa di molto simile alla felicità mi contraddistingueva, ma cresceva nella stessa proporzione all’idea di perdere tutto.

Fu in quel momento che sentimmo bussare alla porta.

Ci guardammo smarriti per un secondo. Beth non era in condizione di andare ad aprire, allora mi offrii io.

-Daryl..

-Me ne libero e torno.- La lasciai con queste parole e un bacio sulle labbra.

Andai ad aprire a torso nudo, cercando di riprender il controllo sulle mie azioni e sui miei pensieri, non proprio, casti del momento.

-         Ciao Daryl. Hai un attimo?

-         Carl! – dissi a voce alta per far capire a Beth che il nostro “discorso” era momentaneamente sospeso.

-         Posso parlarti.- Mi disse serio – O ti disturbo?

-         Disturbo? No. No, non ti preoccupare- dissi cercando di riallacciarmi la camicia e accomodandomi sulla veranda.

-         Che hai fatto?- mi chiese, ma nicchiai.

-         So che non potrò essere dei vostri per la spedizione a Terminus, ma, – iniziò deciso – Vorrei chiederti un favore.

Lo ascoltai serio, sperando che si sbrigasse a dire ciò che voleva. Avevo ben altro, per la testa.

-Vedi, mi domandavo se avrei potuto venire a stare con te fino alla vostra partenza

-Con me?  -

Scusa????

-Si vedi, Carol mi ha detto che avresti preferito che Beth stesse da lei, allora io pensavo  che avrei potuto venire a stare qui. Carol è un tantino pesante..

-Carl - Non sapevo da che parte iniziare –il problema è che Beth ormai ha sistemato tutte le sue cose qui e non credo che Carol sia pesante come dici tu…E poi non appena riporteremo a casa tuo padre, quella da Carol sarà stata solo una sistemazione temporanea.

Carl non si arrese.- Ma Daryl, se non vuoi stare a sloggiare Beth, allora potrei stare in soggiorno sulla poltrona o mettere una branda nella tua stanza.

-Carl credo che ognuno di noi abbia bisogno di un po’ di privacy, anche di questi tempi.

E poi mi domandavo  insistentemente come avrei potuto mantenere la mia relazione con Beth segreta, se Carl fosse stato dei nostri.  Ma, d’altronde, era pur sempre il figlio di Rich, e lo sentivo vicino come se fosse stato mio, quindi era difficile per me deluderlo.

Stavo valutando i pro e i contro quando Earl arrivò nei pressi della casa.

-Posso parlarti Daryl?

Mi scusai con Carl e notai Beth dietro la finestra che finalmente si palesò e invitò Carl a mangiare qualche biscotto.

-Che c’è Earl?

-Scusa se ti disturbo, ma c’è una cosa che è stata portata alla mia attenzione e che devo chiarire.

Lo lasciai continuare.

-Sembra che ci sia stato qualche problema al campo oggi, dopo gli allenamenti e ora che ti guardo, non posso che averne conferma. Vedi è arrivata a casa mia la madre di Sean  Miller, dicendo che suo figlio è stato pestato a sangue da qualcuno.

Earl fu molto sottile, ma capivo dove voleva arrivare.

-Sean ha spiegato il motivo di ciò che è successo?

Earl rise. – Sean ha 21 anni, Daryl, e nonostante tutto quello che è accaduto, non ha ancora capito come stare al mondo. Incidente chiuso, solo, se mi posso permettere, la prossima volta che devi dargli una lezione, vacci più piano e cerca di non fartene dare così tante…Ma è solo un consiglio.

Mi piaceva Earl, avremmo finito per andare d’accordo.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Chimica ***


CAPITOLO 9 CHIMICA

Capitolo 9 – Chimica

-Daryl-

 Feci un profondo sospiro ed entrai in casa, Carl stava conversando allegramente con Beth.

Quando entrai i due si interruppero e, dopo essersi guardati in modo complice, mi scoppiarono a ridere in faccia.

-Mi sono perso qualcosa?- domandai cauto, chiedendomi cosa potessi aver fatto di così divertente.

Beth smise di ridere e comunicò alcune modifiche che volevano apportare.

       Sai Daryl- mi disse lei, solenne, copiando le mie esatte parole, e usando fin troppa enfasi. – Dato che io, ormai, ho” sistemato tutte le mie cose” in casa e non ho voglia di muovere il mio domicilio e tu sei quello che va più d’accordo con Carol in assoluto, Carl ed io avevamo pensato che potresti trasferirtici tu da lei.

Mentre Beth mi spiegava il motivo di tanta ilarità, anch’ io avevo preso un biscotto, ma mi bloccai all’istante non appena compresi le sue parole.

-Scusa? Che hai detto? – chiesi sbalordito.

Solo allora quei due scimuniti scoppiarono di nuovo a ridere.

-Te lo aveva detto Carl, quale sarebbe stata la sua reazione..

Era felice. Lo erano entrambi. Erano dai giorni della prigione, quando eravamo ancora tutti insieme che non sentivo Beth ridere così.

Restai lì a osservarla come un ragazzino alla sua prima cotta, senza avere la volontà di ribattere. Poi si calmarono, e Beth, addusse una scusa per uscire. Sapevo cosa aveva in mente, voleva lasciarmi la possibilità di parlare con Carl, e di chiarire, come avrei meglio potuto, tutta la faccenda.

-         Non puoi proprio restare ancora un po’? – chiese Carl dispiaciuto.

-         No, Carl, mi spiace. Devo passare dalla dottoressa per sentire se ha bisogno di aiuto. Credo ci sia stato qualche problema al campo praica ieri…e poi, voi maschietti avrete voglia di fare quattro chiacchiere da uomo ad... adolescente complessato.

Carl si sentì toccato e si rabbuiò. – Non sono un adolescente complessato!

Beth gli strinse d’occhio – Non mi riferivo, a te, ma non dirglielo! – gli rispose mentre gli dava un bacio sulla guancia e mi scoccava un’occhiata tagliente.

Quindi ero io l’adolescente complessato? Bene. 

Avevo capito quello che voleva dirmi, o io rivelavo a Carl il reale motivo per cui non volevo che stesse alla casetta, oppure, avrei dimostrato di avere paura di quello che ormai era palese, e mi sarei comportato da quindicenne impacciato.

-         Beth è davvero un tesoro!

-         Scusa? - Guardai Carl basito senza capire il motivo della sua frase.

-         Dico solo che è una ragazza speciale.

-         Andiamo Carl! Anche tu ti ci metti? Non bastava Carol?

Mi impensieriva il fatto che le mie emozioni nei confronti di Beth, fossero così trasparenti. 
Non era un bene per lei, e neanche per me, se non fossi stato abbastanza lucido da proteggerla nel momento del bisogno, proprio a causa dei miei pensieri su di lei.

Carl mi guardava in attesa, studiandomi. 
Mi ero scordato quanto quel ragazzino riuscisse a carpire i segreti degli altri.
Era sempre nel posto giusto, al momento giusto.  

Cazzo!!!

-Sentiamo, - sospirai arrendendomi– Cosa sai? Che ti ha raccontato Beth?

Carl sorrise trionfante. – Beth non c’entra, e se mi dici così, significa che quello che sospettava Carol è vero, mi hai appena dato una conferma tu stesso.

Mi ero davvero dimenticato di quanto Carl fosse empatico e leggesse le persone. Era molto più maturo, per tanti versi, della sua età.

Rimasi in silenzio, guardandomi le mani e mi accorsi troppo tardi di avere la mascella troppo serrata per essere uno che non aveva nulla da nascondere.

-Voglio soltanto che lei sia felice e al sicuro, Carl…- gli risposi sincero.

A quel punto il ragazzino si avvicinò  e mi diede una pacca sulla spalla. Un gesto un po’ impacciato fatto da lui, ma apprezzabile, per poi dirmi:

-Forse dovresti fare quattro chiacchiere con Carol. Io so solo che non ho visto Beth così serena, nemmeno alla fattoria. Dopo tutto, forse, non sei proprio un’adolescente complessato.. C’è ancora speranza..

Di bene in meglio, ora anche gli adolescenti si sentivano in diritto di darmi dei consigli. Strepitoso!!!!


Carl mi lasciò per andare al campo dagli altri ragazzi, anche lui iniziava a sentirsi a casa, dopotutto.  Fu in quel momento che mi venne in mente Merle. 
Di certo la mia infanzia con lui non poteva avere aiutato né la mia autostima, né, tanto meno, il mio approccio con le donne.

-Beth-

Me ne andai gironzolando per il campo, per un po’.
Daryl doveva prendere una decisone, riguardo noi due, almeno per quello che riguardava Carl. Se ci fosse riuscito con lui, forse, in un secondo momento, ne avrebbe parlato liberamente.
Non osavo immaginare quando avrei detto a Maggie…mi mancava davvero tanto la mia sorellona.
Fu a quel punto che notai nel giardino di casa, Sean.
Era solo. Mi avvicinai un poco e lo salutai con la mano.

-Beth, aspetta!

Mi fermai nervosa, ma c’era ancora lo steccato di legno a dividerci.

Sean era conciato molto peggio di Daryl. Aveva il naso rotto e anche il sopracciglio sinistro. Non volevo nemmeno immaginare i lividi che doveva portare.  Rabbrividii all’idea che fosse stato proprio Daryl a conciarlo così. Non riuscivo a far collimare l'idea  dell'uomo dolce e  attento di quando eravamo insieme, con quello che era successo.

-Ciao Sean.

Lui si fermò confuso, vedendo come lo avevo squadrato.
- Volevo solo dirti che sono davvero dispiaciuto per quello che è accaduto…

-Anche a me dispiace, guarda com’è finita.

-No aspetta. Ho sbagliato io. Non avrei dovuto cercare di baciarti, quando tu mi avevi detto di no, e, soprattutto, non avrei dovuto colpire Daryl quando ha cercato di farmi ragionare. Ha fatto bene a reagire così.

-Oddio, proprio bene..- cercai di dire

-No ha fatto bene.  Esistono numerosi modi di comportarsi, io li ho sbagliati tutti. Non ultimo, immediatamente dopo, ho cercato di far cadere la colpa sull’accaduto su di lui.

-Ti hanno creduto?- chiesi in allerta.

-No. A parte mia madre, ma lei non conta. Sono uno stronzo e, voglio fare le mie scuse anche a Daryl, sempre che le accetti. – Deglutì.- Come l’ho conciato?

Sorrisi.-Niente di grave a parte qualche escoriazione superficiale e un occhio nero. Nessuna cosa nuova per lui, credo.

-Senti Beth, non giriamoci intorno. Tu mi piaci, non posso negarlo, e so di essere partito col piede sbagliato, ma voglio rimediare. Diventiamo amici almeno, poi, se ci sarà qualcosa di diverso o le cose resteranno uguali, me ne farò una ragione.. Ok? 

Annuii convinta.

Sean mi sorrise.- Stasera i ragazzi hanno organizzato una specie di mini festa.  So che non dovremmo, ma dopo essere andati a Terminus, non è detto che ci saremo tutti la prossima volta che…
Insomma, è un modo per passare qualche ora assieme, senza fare tardi. Ho invitato anche Carl.. Se vuoi puoi chiedere a Daryl se vuole essere dei nostri…

Dubitavo che Daryl avrebbe voluto essere della partita, ma non rifiutai.

– Grazie, Sean. Riferirò a Daryl del tuo invito e farò un salto sicuramente.

 Mi allontanai col cuore più leggero, se non altro, avrei avuto davvero un amico sincero, in tutto questo assurdo mondo capovolto.

Me ne tornai a casa per la via più lunga e passai a salutare Judih e Carol.

 

-Ciao Piccolina! – le dissi prendendola in braccio.

-Aveva voglia di vederti, Beth!- disse allegra Carol, mentre la piccola spacca culi tendeva le sue manine per toccarmi i capelli. –Stasera sono stata invitata a un festa, - le raccontai allegra – Mai avrei pensato che mi sarebbe ricapitato nella vita.

Carol mi guardò attenta.- TI riferisci alla festa di Sean e Alan?  So che Earl non vede di buon occhio questa cosa..

-Solo un paio d’ore nel pomeriggio. Poi dovremo pensare a prepararci. Ha invitato anche Daryl…

Carol si bloccò. – E Daryl ha accettato?

-Glielo dovrò chiedere. – sospirai – Poi vorrei passare un po’ di tempo con lui…- lo dissi così semplicemente. Senza pensare.

Carol fece finta di nulla, poi la curiosità, prese il sopravvento. – Lui non mi risponderà mai in modo coerente, e se passo il segno, me lo puoi dire, non sono affari miei, ma, devo chiedertelo…

Credevo che Carol mi avrebbe chiesto in modo diretto se Daryl e io avevamo mai...ma mi spiazzò.

-Come sei riuscita a ridare la serenità a quel ragazzo tormentato? – chiese, dolce - Voglio dire, non fraintendermi, conosco abbastanza Daryl e posso assicurarti che è innamorato perso di te, anche se non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura, ma al di là della tua dolcezza, vorrei sapere da te, cosa provi per lui..

-Carol io…- Non potevo tradire la promessa che avevo fatto a Daryl. Non potevo venire meno alla sua fiducia, ma era Carol…

Lei mi guardava in attesa. Ero combattuta, ma non potevo sfuggirle. Dovevo, volevo dissipare i dubbi di Carol riguardo a Daryl, tanto più che, se mai ne avessi avuti ancora su di lui, lei mi aveva appena regalato una certezza ineluttabile.

Sospirai. – Quello che dirò, confido che resterà fra di noi.- Le dissi tesa. -Daryl ha giurato che se avessi raccontato qualcosa a qualcuno, se ne sarebbe andato, e quello che mi chiedi, mi sta facendo rischiare sia  la mia felicità per il futuro sia la mia sanità mentale che credo, perderei se lui mi lasciasse.

Carol era attenta e in silenzio. Avevo la sua totale attenzione.

-Cosa vuoi che ti dica Carol. All’inizio, forse, non avevo dato peso neanche io a quello che erano i miei reali sentimenti per lui, ma è una cosa che è cresciuta e rafforzata, giorno dopo giorno.
Avevo le lacrime agli occhi, potendo parlare liberamente con qualcuno di quello che rappresentava, per me ormai, Daryl.

 -Hai mai studiato il greco antico, Carol? Io si.  Qualche cosa alle superiori, bhè, per me lui è il mio alfa e il mio omega, l’inizio e la fine di ogni cosa. Se dovesse capitargli…Mio Dio, non voglio nemmeno pensare a quell’eventualità. So solo che piano piano fra noi le cose sono andate avanti, e tra una litigata e l' altra, ci siamo resi conto di non poter più fare a meno l'una dell'altro. Lui ha superato i suoi preconcetti sull mia età, mentre io ho saputo guardare oltre quegli occhi di ghiaccio che gli servono da corazza contro tutti. So che sembra assurdo parlare d'amore in questo mondo popolato da mostri, ma è successo, e ringrazio ogni giorno Dio, per aver portato Daryl nella mia vita. 

Carol piangeva commossa. unendosi alle lacrime di gioia che anche io stavo già versando. 
Solo Judith ci guardava senza comprendere cosa fosse successo.

-Puoi stare certa che quello che mi hai detto resterà fra noi, ma sappi che sono sicura che Daryl provi lo stesso per te. Lo hai cambiato nel profondo, e prima o poi, anche lui sarà pronto per confidarlo a qualcuno. Devi solo avere ancora un po’ di pazienza.

  Carol si avvicinò a me e mi strinse forte. Era come l'abbraccio di una madre che non avevo più o di una sorella maggiore, di cui, al momento, ero sprovvista.  Sapevo che aveva capito cosa volevo dirle  e sentii le lacrime liberatorie scorrermi copiose e rigarmi il viso. 
Finalmente avevo qualcuno con cui poter parlare, qualcuno con cui sfogare le mie angosce sulla sua incolumità e potei piangere tutte le lacrime che avevo serbato fino a quel giorno.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10- Amicizia e Amore ***


capitolo 10 - Amicizia e amore

Capitolo 10 – Amicizia e Amore.

 

- Beth –

 

Ritornai a casa che stava facendo buio, nonostante fossero solo le cinque del pomeriggio. L’autunno stava avanzando velocemente, e anche il freddo, nonostante ce ne accorgessimo meno, dato che ci trovavamo – tanto per cambiare – in un posto sicuro.

Rabbrividii al contatto con l’aria fredda e mi incamminai verso il fiume. Considerando l’orario, sospettavo che Daryl sarebbe stato ancora in giro con Carl o al campo.
Era teso come una corda di violino a causa della nostra spedizione a Terminus, ma non l’avrebbe mai ammesso. Il giorno dopo, o al massimo, quello successivo, sarebbe iniziata la “missione”, o almeno, così l’aveva definita Earl con toni allarmanti.

Dovevamo essere tutti pronti e operativi alla chiamata. Ero terribilmente in ansia per gli altri, e sapevo che era giusto andare, ma temevo più per Daryl che per me stessa. 
Sapevo che avrebbe dato il massimo per salvarli, ma avrebbe anche rischiato la vita. La nostra, ormai avrei dovuto dire, perché senza di lui questo mondo non aveva poi così tante attrattive ai miei occhi.

-         Ciao Beth!

-         Oh, Alan! Tutto bene?

-         Si certo. – mi rispose lui cauto, senza avvicinarsi troppo – Solo mi domandavo se hai intenzione davvero di venire alla festa.

-         Perché? – chiesi curiosa. –Sean mi ha invitato, anzi mi ha detto di chiederlo anche…

-         Stoppati, dolcezza. Se Sean si lascia fare il culo a strisce da un tizio del genere, a me sta bene. Problemi suoi, ma non sono d’accordo per niente, che, alla mia festa di addio, perché è molto probabile che qualcuno ci rimetterà la pelle, sia invitato anche lo psicopatico…

Sentii la rabbia montare, ma attesi.

-         Non dici niente, Biondina? – rise - Non voglio essere scortese con te, a Sean piaci più del dovuto, e non mi sta per niente bene che tu lo meni per il naso, perché in realtà vuoi tenere i piedi in due staffe.

Ero sbalordita dalle parole che Alan mi stava rivolgendo, tanto più che con lui avevo parlato, si e no, tre volte,

Io avrei voluto tenere i piedi in due staffe? Non aveva la minima idea di quello di cui stava parlando. Ma, d’altro canto, come avrebbe potuto?
Daryl mi proibiva di essere chiara col mondo per una qualche sorta di assurda convinzione di proteggermi, e poi, non avrebbe dato la possibilità nemmeno a Carol di avvicinarsi, figurarsi aprirsi con qualcun altro.

-         Non preoccuparti, - gli risposi – Farò solo un rapido passaggio, giusto perché l’ho promesso a Sean, la festa è anche sua da quello che ho sentito, poi me ne vado.

Girai i tacchi, ma prima di andare, volli chiarire un paio di cose.

-Alan, solo una parola.  Se credi davvero stia tenendo  i piedi in due staffe, non hai la minima idea di quello di cui stai parlando e, forse, dovresti discutere con Sean un po’ meglio, per chiarirti le idee. Secondo punto, non so come diavolo siate abituati qui, ma prima di sparare giudizi su qualcuno, dovreste prima prendervi la briga di conoscerlo.  A proposito Alan, nemmeno tu mi sei mai piaciuto!

 Me ne andai con aria trionfante, come se avessi vinto una guerra. Sapevo che non potevo cambiare i pregiudizi e le insulsaggini a parole, ma non ero più disposta a tacere.

Se mi aveva insegnato qualcosa stare con Daryl era proprio il fatto di tirare fuori il mio carattere. 
Non ero più una ragazzina timida e spaventata da tutto. Sola e debole. Avevo capito di stare diventando una donna forte, che sapeva tenere testa agli avversari e, soprattutto, a coloro che mi volevano bene.
Mi avviai verso casa di Sean molto più risoluta. Se qualcuno mi avesse anche solo detto una mezza parola storta, se la sarebbe vista con me.

Beth la vendicatrice – risi a quell’idea.

C’erano già quasi tutti quando arrivai, e non appena varcai la soglia, tutti smisero di parlare. Mi bloccai d’istinto. Tutte le mie risoluzioni, scomparse.

Carl e Sean però vennero in mio aiuto e mi salutarono.

-         Ciao Beth!

-         Ciao Beth, ti aspettavo- aggiunse Sean rilassato. – Daryl?
 

-         Mi spiace Sean, ma non l’ho trovato. Conoscendolo sarà… 

-         E’ al campo di allenamento. - anticipò Carl, - Piuttosto nervoso e irritabile, se vuoi saperlo. Stasera rientrerei presto e lo lascerei dormire in veranda, fossi in te!

Guardai Carl senza capire il motivo di tanta confidenza, - Irritabile?  

Sarebbe stato sì, davvero irritabile, solo se lo avessi lasciato sulla veranda, ma conoscendo Daryl, non si sarebbe scomposto più di tanto e si sarebbe arrangiato. 

-         Diciamo- spiegò Carl, facendomi l’occhiolino.- che non ha preso benissimo il fatto che volessimo sfrattarlo di casa

Stava cercando di dirmi qualcosa, ma mi sfuggiva il reale significato recondito.

-Daryl –

Dopo la chiacchierata con Carl ero stato al campo per quasi un’ora, poi mi ero stancato. La tensione non mi stava giovando, ma era la situazione, non potevo farci nulla.

Avevo voglia di vedere la piccola spacca culi, ma notai Beth e Carol, sulla veranda di Carol, che stavano parlando fra loro, quindi non mi avvicinai. Temevo di essere io l’argomento in discussione, e non volevo rischiare di essere scambiato per un impiccione.

Feci un giro lungo e notai Carl che parlava con Sean davanti casa sua. Cambiai strada. Dubitavo che Sean avesse molta voglia di vedermi, dopo la nostra “discussione”.

-         Ehi Daryl! Vieni qua!

Naturalmente, Carl, non aveva notato per niente la mossa diversiva. Sean ed io eravamo tesi e in guardia, ma ormai.

-Ciao- dissi cauto, avvicinandomi – Come va, la faccia?

Fu a quel punto che quello stronzetto mi sorprese del tutto, tendendomi la mano.

-         Senti Daryl, - posso chiamarti così? –siamo partiti col piede sbagliato dall’inizio, e vorrei poter ricominciare. Non avrei dovuto comportarmi in quel modo con Beth. Per quanto lei mi piaccia, ho voluto presumere troppo e sono andato oltre ogni limite consentito. Per fortuna c’eri tu che hai mantenuto l’aplomb del vero gentiluomo, e hai corretto il mio comportamento in modo irreprensibile.

 Lo guardai senza capire.

- Mi stai pigliando per il culo, ragazzino?

Sean e Carl scoppiarono a ridere, poi Sean tentò di spiegarmi.

-         Solo un pochino, il messaggio è arrivato, tranquillo, ma se ogni volta che ho dovuto imparare una lezione mi avessero rotto il naso, ora sarei un uomo distrutto. – a parte gli scherzi - Quello che volevo dirti, è che ho sbagliato tutto e sono felice che tu mi abbia fatto capire la cosa, anche se a modo tuo…Avrei preferito, magari, una maniera meno cruenta, ma non mi lamento. Me la sono cercata.

 La sua mano destra era ancora protesa, oltre la cancellata, verso di me.

 Sorrisi. Dopo tutto lo stronzetto aveva fegato.

Gli strinsi la mano. – Comportati bene, ragazzino.

Stavo per andarmene ma Sean mi trattenne.

-         C’è una festa qui tra un po’, ho invitato anche Beth, se ti va di farci un salto con lei.

-         Earl lo sa?- chiesi cupo.

-         Eddai Daryl!! Ti dò la possibilità di stare dalla parte giusta della barricata, anzichè con quei vecchi bacchettoni, e tu mi chiedi se Earl lo sa? E’ stato informato, non ne è felice, comunque, sa dove trovarci.

-         Grazie.  Ci penserò, davvero. Ora meglio vada.  Carl, posso parlarti?

-         Dimmi – disse Carl – facendo un saluto a Sean.

-         Quando sarete alla festa potresti dire con Beth, che è meglio che rientri presto?

-         Perché?

Lo guardai eloquentemente.

-         Vorrei prepararle qualcosa da mangiare, magari così mi sdebiterei di tutto quello che ha fatto, per me, in questo periodo. - risposi elusivo, pur non dovendo alcuna spiegazione.

-Non intendevo perché la vuoi a casa - rispose imbarazzato – Volevo solo sapere cosa dovevo apporre come scusa…

-A parte un’apocalisse zombi, quello che ti pare.

-Come fatto. Buonanotte Daryl, - mi salutò ironico.

Quel ragazzino aveva bisogno di qualcuno che gli spiegasse un paio di cose, ma ci avrebbe pensato Rich, al suo ritorno.

Entrai in casa e mi misi ai fornelli, nonostante gli zombi e tutto il resto, un paio di pancake con lo sciroppo, li sapevo ancora mettere insieme. Una delle poche cose che mia madre fosse riuscita ad insegnarci, prima di…
Non era tanto un menù adatto a una cena, lo capivo bene, ma non mi avrebbero lasciato andare a caccia nemmeno se li avessi pagati, prima di una spedizione come quella che stavamo per fare, quindi mi dovevo accontentare.
Mi diedi da fare e accesi un po’ di candele qua e là, forse nel complesso era tutto troppo esagerato, ma non avevo grossi termini di paragone, quindi lasciai perdere.

In fondo Beth avrebbe apprezzato il tentativo. Lo speravo almeno. Ormai fuori era buio. Mi accomodai sulla poltrona e attesi.

-Beth-

Rientrai a casa pensando che Daryl non fosse ancora tornato. Mai valutazione fu più errata, lo trovai addormentato sulla poltrona accanto alla finestra. La luce era soffusa, grazie ad almeno quattro candele accese per la stanza e la cena – o qualcosa di simile- era in tavola. Mi avvicinai piano per non spaventarlo e mi andai a sedere accanto a lui, sul bracciolo della poltrona.

-Sei tornata – disse aprendo gli occhi e stiracchiandosi.

-Anche tu- facendogli una carezza.

-Scusa per la cena, se dicevo a Earl che uscivo a caccia, mi avrebbe fucilato. Hai visto Carl?

Annuii. – Mi ha detto che eri molto irritabile perché abbiamo deciso di sfrattarti…

-Allora è una notizia confermata. Mi devo trasferire a casa di Carol?- chiese lui stando al gioco.

-A meno che non trovi un buon motivo, per cui dovrei tenere qua te, e non Carl. Evita di dire che sai cucinare, perché quello vedo sul tavolo, non vale..

Rise. -Vediamo, - disse stringendomi più a sé - So usare la balestra piuttosto bene…

-Anche io…e ormai, in quel campo, non ho quasi più bisogno di te. So anche seguire le tracce di zombi da sola. Ormai me la posso cavare.

-Ah sì? Allora, potrei sempre esserti utile per spaccar qualche testa…

-Avrei Carl per quello... 

-Carl? – rise - Non lo so. – Mi passò un dito sull’incavo del collo - Sono ancora convinto che poter ancora trovare qualcosa per convincerti.

Mentre diceva quelle parole iniziò a baciarmi il collo, la spalla, la clavicola, poi rialzò la testa puntandomi gli occhi addosso, e mi baciò le labbra, prima con enorme dolcezza, prendendosi tutto il tempo necessario, come ad assaporare il momento, poi, i suoi baci divennero più urgenti, più aggressivi. Sentivo il calore del suo corpo, vicino al mio. Le sue labbra mi cercavano, come si cerca l’acqua dopo una lunga corsa, come se avessi, in qualche modo, potuto dissetarle.

In quel momento c’eravamo solo io e lui, se uno zombi fosse entrato nella stanza, non me ne sarei accorta. Poi si staccò da me e mi fece alzare.

-Daryl!!!

-Allora? Ho trovato un motivo per poter restare qui con te, o dovrò condividere la stanza con la piccola spacca culi, d’ora in avanti?

Lo baciai, stringendolo a me.

-         Sei stato un tesoro per tutto questo…a parte i punti che hai appena perso facendomi alzare da lì.- dissi riferendomi alla tavola e al resto.

-         Penso di poter rimediare più tardi a quello. Sai ho pensato molto a noi due e…

Lo zittii. 
– Zitto. Mi è appena venuto in mente che abbiamo una chiacchierata in sospeso.

-         Beth,. Pensavo… 

Devo dire che adoravo vedere Daryl, in quei rari momenti, in cui sembrava smarrito, annichilito, dai suoi stessi sentimenti. Era in forte contrasto con tutta la forza, il coraggio e la determinazione che lo contraddistinguevano là fuori.

-         Prima ho visto Sean, e mi ha detto della festa dei ragazzi, Non volevo che l’ultima sera passata insieme fosse una serata orribile…

-         Daryl, non dirlo mai più. Io non voglio che questa sia l’ultima serata che passiamo insieme, ma l’inizio.  Non puoi continuare a fuggire da quello che provi. Io sono qui per te e se tu resterai fedele a te stesso, niente potrà cambiare quello che sentiamo.

Mi baciò e non toccò più l’argomento quella sera, a quel punto presi il coraggio a quattro mani e lo guidai in camera mia.

 Molto più tardi mi svegliai di soprassalto. 
Daryl non era lì con me. Mi vestii in fretta, al buio, e mi diressi nel soggiorno. Non capivo esattamente cosa fosse, ma mi sentivo ansiosa. Lo trovai sulla poltrona accanto alla finestra.

-         Ti ho svegliato?

-         No. E’ che allungando una mano e non sentendoti, mi sono allarmata.

-         Non volevo svegliarti, mi spiace, ma non riuscivo più a dormire e ho pensato di venire qui.

-         Pensieri?

-         Più corretto sarebbe poterti dire cosa non mi impensierisce.

-         Terminus?

-         Anche. Ma anche il fatto che mi sono reso conto che non potrò mantenere ancora a lungo, quello che ti ho fatto promettere.

-         Finalmente. – Gli dissi con un sorriso. – Tra l’altro ho una piccola confessione da farti, Carol lo sa.

Fissò il suo sguardo sul mio per un secondo, poi sospirò.

– Lo sospettavo. Non sono arrabbiato, Carol avrebbe continuato a insistere finchè o tu o io avremmo ceduto. Con Carl ho combinato un disastro, alla fine è stato lui a confortare me, se non l’ha ancora indovinato, poco ci manca.

Sorrisi e gli feci una carezza, scompigliandogli i capelli. - Dispiaciuto?

-         No. Davvero. Tanto più che prima o poi Sean, dovrà mettersi il cuore in pace, sempre che non voglia vedersela, nuovamente con me. Sono altre le cose che mi preoccupano.

-         Ad esempio?

-         Maggie. Non credo che tua sorella avrebbe fatto una scelta del genere per la sua  sorellina. Appena avrà il minimo sentore della cosa, mi taglierà…

-         Esageri…Maggie sarà felice di sapere che ho seguito il mio cuore..

-         No, Beth, sono realista. Perché sono certo che dirà che io ho seguito altro…

-Daryl!

- Che c’è? Sono sempre un uomo, non dimenticarlo!

Il resto della notte lo passammo lì, abbracciati, con una coperta in grembo. 

Il mattino dopo sentii bussare alla porta.

Era Earl.  

-Ragazzi, è ora.

 

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Capitolo 11
*** capitolo 11- Paura ***


paura

Ciao! Grazie  a tutti quelli che stanno ancora seguendo questo ff,  spero che anche questo capitolo sia all'altezza, fatemi sapere. Tanto più che manca ancora qualcuno all'appello, quindi ci sarà ancora un pò da penare, sempre che Daryl non elimini Sean e Beth...prima...

Capitolo 11- Paura

-Rich-

Ero rinchiuso in un container da almeno due giorni. L’odore all’interno era nauseabondo, segno del passaggio di almeno parecchi altri esseri umani in quel posto.  Non vedevo Michonne da quando eravamo stati separati la notte del nostro arrivo a Terminus, la sera in cui, per un caso fortuito, eravamo riusciti a far scappare Carl.

Dopo quella stramaledetta notte, Glenn ed io, eravamo stati divisi da Michonne e Maggie, e rinchiusi qui.

 Ogni tanto – circa una volta al giorno- qualcuno ci veniva a portare acqua e un po’ di cibo, ma non eravamo riusciti a strappare a quel tipo nemmeno una parola.

Rischiavo di impazzire là dentro, soprattutto perché dopo Judith, ora anche Carl era disperso là fuori, forse morto. 
No. Sarei impazzito se avessi anche solo pensato a mio figlio, in quei termini.

-         Rich. Tutto bene?  

-         Si Glenn, grazie. Ero solo perso nei miei pensieri. 

-         E’ facile qui dentro. - mi rispose l’amico

-Carl ce l’avrà fatta di sicuro, Rich. – aggiunse indovinando i miei timori - Avrà disseppellito le armi e ora sarà al sicuro. Da qualche parte lontano da qui.

-Grazie Glenn. – dissi dandogli una pacca sulla spalla.- Troveremo una soluzione…

Ma la porta del container si aprì in quel momento e lo sceriffo Grimes fu fatto scendere.  

-Dove mi state portando?

Le parole pronunciate rimasero in sospeso, il tizio condusse Rich su un piazzale, legandolo a un palo,  e lo lasciò in attesa.

-Daryl- 

Le parole di Earl segnavano un confine ben preciso, sentii le mani di Beth che cercarono febbrilmente le mie sotto la coperta e le strinsero, ma, sapevamo entrambi che era il momento di separarsi.  Mi alzai, ma lei mi trattenne e, dopo avermi dato un bacio, sussurrò.

-Ricorda quello che mi hai promesso. Torna da me. 

Annui staccandomi da lei, avevo un groppo in gola inimmaginabile, ma dovevo concentrarmi sul nostro compito. 

Mi vestii in fretta e uscii con la balestra sulla spalla, l’aria fredda mi avrebbe schiarito le idee. Notai nei pressi del nostro piccolo giardino, Sean, che mi fece un cenno che ricambiai. Aveva un filo di barba accennato e due belle occhiaie. Neanche lui doveva aver dormito molto, ma non aveva rinunciato a venire a prendere Beth.

Decisamente, avrei dovuto parlargli.

Mi incamminai verso i cancelli.
Earl era già lì da ore a giudicare dalla faccia e dalla sua espressione.

-         Daryl.

-         Earl.

Il suo gruppo d’assalto si organizzò in fretta. Erano tutti armati fino ai denti, il solo armato di balestra, coltello e una pistola, ero io.

Gli altri erano tutti attrezzati con armi automatiche. Poi arrivarono i ragazzi.
Sean e Beth erano gli ultimi. Lui, Mio Dio, le stava portando lo zaino, come se lei non ne fosse stata in grado.

La verità, però, era che invidiavo Sean per aver il privilegio di starle accanto e proteggerla, nel caso ne avesse avuto bisogno.

Partimmo in fretta, e tentai di restare nelle retrovie, il più possibile, volevo tenere d’occhio Beth, fino a che avessi potuto.

Fu a quel punto che si affiancò Carol.

-Buongiorno - disse piano.

Grugnii qualcosa in risposta. Sapevo che lei era al corrente di noi, e la cosa non mi piaceva. Era difficile, per me, accettare che quella ragazzina bionda e dolcissima, fosse riuscita a conquistarmi, ma molto più difficile era sapere che gli altri avrebbero potuto fare congetture su di lei, sapendo della sua scelta. Di me, sinceramente, non m importava. L’idea che si erano fatti, era già stata stereotipata alla prima occhiata. I miei tatuaggi e il mio modo di fare erano per molti, se non tutti, un biglietto visita già abbastanza eloquente.

-Decisamente sei di ottimo umore stamattina. Un vero chiacchierone.

-Ti pare il momento?- bofonchiai seccato.

-No. - si fece seria – Ma credo tu non sia stato molto sincero con me.

-Carol.

Stavo cercando il modo giusto per dirle qualcosa, quando avvistammo dei vaganti, almeno una dozzina, davanti a noi.
Earl utilizzo il pugno chiuso per indicare di abbassarsi fra i cespugli, ma ormai eravamo stati individuati come colazione. 

-Usate i coltelli o gli archi, evitiamo di farci sentire fino in fondo alla valle. 

Sbagliai un vagante, che rimase bloccato a un albero, per coprire il culo a Willie.
Il quattrocchi aveva una pessima mira, ma per il resto sembrò andare tutto liscio, finchè, non sentimmo chiedere aiuto da una voce femminile.
Per una frazione di secondo, temetti il peggio, avevo perso di vista Beth in quel parapiglia, e mi sentii morire, poi la vidi, realizzando che si trattava della voce di Amber.

Tornammo indietro in fretta, ma non arrivammo in tempo.
Amber e Alan erano rimasti indietro ed erano incappati in una mandria di una trentina di individui.

Vidi Sean e Willie che avrebbero voluto tentare di aiutare i loro amici, ma erano troppi, e ormai Amber era stata attaccata, mentre Alan, che continuava strenuamente a difendersi, stava per essere raggiunto e sopraffatto, da una ventina di vaganti.

Logan bloccò Willie mentre Carol fermò Sean.

-         E’ troppo tardi, Sean.

Buttai l’occhio verso Beth, e notai che aveva gli occhi lucidi e le tremavano le mani.
Avrei voluto avvicinarmi e abbracciarla, ma non lo feci. Non potevo permettermi di perdere la concentrazione nemmeno per un attimo, la sua incolumità dipendeva anche da quello.

Poi vidi Carol che la stava confortando, e mi sentii meno in colpa.
Ritornammo sui nostri passi e il resto del viaggio fu abbastanza tranquillo.
Nel tardo pomeriggio eravamo giunti nei pressi dei cancelli di Terminus.

Earl convocò un consiglio.

 -Ok ragazzi, abbiamo già individuato, dove si trovano le sentinelle, e c’è almeno un angolo cieco da cui possiamo entrare. Dobbiamo attuare, però, un rapido cambio di programma, visti i recenti avvenimenti. Il nostro gruppo di supporto si è parecchio assottigliato e, in tutta coscienza, non mi sento di lasciare qua fuori Sean, Beth e Willie, soli. Logan e Carol verranno con noi.

-Quindi? – chiese Carol.

-Abbiamo le radio e corto raggio e tutti conosciamo la frequenza, quindi ho deciso, dato che ho visto la nostra Beth molto migliorata, di dislocarli sul confine ovest, per garantirci una via di fuga.

Non mi piaceva quella parte del piano, non volevo che Beth rischiasse così la vita, tanto più che Willie non era davvero in grado di difendere  nessuno, tanto meno se stesso.

-Ok, per noi va bene. - Rispose Sean, prima che io potessi dire qualunque altra cosa.

-Beth-

Riorganizzammo le scorte e ci preparammo. Ero ancora molto scossa da quello che era successo. Alan non mi piaceva, ma Amber era mia amica e nessuno dei due meritava quella fine.
Daryl  non mi aveva rivolto nemmeno uno sguardo, se non di sfuggita. Sapevo che cosa provava, e non volevo rendergli le cose ancora più difficili, ma, prima che ci dividessimo lo chiamai.

-Daryl. 

Lui si voltò verso di me in attesa.

-Ricorda la tua promessa.

Lui annuì impacciato, poi aggiunse qualcosa che non mi sarei mai aspettata - Vale anche per te, Ragazzina!

Poi mi sorrise abbassando lo sguardo verso il terreno, come a cercare qualcosa che aveva perso in mezzo i piedi, e mi voltò le spalle, mentre  io raggiunsi Sean.

Ci avvicinammo alla zona “non calda”, cosi come l’aveva definita Earl, senza una parola.

Willie sembrava assorto nei suoi pensieri, forse ancora troppo a pezzi per poter elaborare qualche flusso di coscienza, sensato, ma Sean era presente a se stesso e determinato.
 Per la prima volta, scorgevo in lui il riflesso dell’uomo che sarebbe diventato, se solo questo mondo lo avesse permesso. Lasciammo Willie al coperto, mentre noi tentammo una rapida ricognizione dell’area.
Fu a quel punto che notammo un recinto non troppo distante dalle mura protettive. Era diviso in due: da un lato c’erano almeno una trentina di vaganti o forse più, mentre dall’altro, c’erano due pali, con due figure legate.  Non riuscivo a distinguere chi fossero, ma una delle due, avrei giurato, assomigliava terribilmente a Maggie.

-Sean, quella potrebbe essere mia sorella! – Dissi in preda a una terribile ansia, indicandogliela.

Sean tirò fuori un binocolo e me lo passò. 

Era quasi buio, ma poteva essere lei, o il mio cuore, mi stava totalmente tradendo.

-Bene.- Cercai la radio armeggiando, - Ora avvisiamo gli altri e ..

-No. Saranno dentro ormai e rischieremmo di farli scoprire. Ce la potremmo fare da soli.

-Come?  - Bisbigliai.- Davanti a quel recinto ci saranno almeno quaranta zombi, come pensi di abbatterli senza farti sentire?

-Abbatterli?  Ma per chi mi hai preso? Non sono mica Capitan America o magari Daryl..- mi sorrise.

-Sean! Che intenzioni hai? – chiesi seria.

-Non abbiamo abbastanza frecce per abbatterli tutti, giusto?  Anche se fossimo certi di andare a bersaglio ogni volta, sarebbe una pazzia.

-Quindi?

-Quindi se riuscissimo a far passare un doppio cavo e bloccarlo, diciamo, in quell’edificio laggiù, potremmo andare oltre la parte dei cattivoni, e calarci dove vediamo gli ostaggi.

-E’ una pazzia.

-Lo so. E’ per quello che lo farò io..

-         Sean.

-Troppo tardi Bellezza, mi sono già offerto volontario, ma occhio, avrò bisogno di te, non mi fido della mira di Willie e sarai tu a dovermi coprire le spalle.

-Sean è troppo rischioso, se qualcosa dovesse andare storto. Se la fune dovesse cedere…

-Sarebbe un bel casino. – disse – Ma fortunatamente io studiavo ingegneria e so calcolare il punto di tenuta di un materiale, o era il fulcro? – scosse il capo - Comunque funzionerà.

 Mi sorrise. – Dato che qui la miglior tiratrice sei tu, a te l’onore, ma usa questa.

-         Cos’è?

-         Questa è una freccia sperimentale, dentro contiene un filo di metallo che dovrebbe sorreggere almeno 210 chilogrammi. L’avevamo testata io e Alan, ma non avevamo trovato nessuna applicazione. Fino ad ora.

-         E’ una cazzata Sean.

-         No, che non lo è. Avanti scocca.

-         La freccia non reggerà! – insistetti. 

-         E qui ti sbagli, Beth! E’ stata studiata apposta. Hai presente i gingilli di Batman, nei film? Questa è meglio. 

-         Sean non è un gioco. 

-         Lo so. Fidati. So quello che faccio. Io e Alan siamo…eravamo – concluse cupo - degli assi nella progettazione e sviluppo.

Mi lasciai convincere a scoccare la freccia.

Daryl ci avrebbe sicuramente fatto desistere.  Probabilmente avrebbe schiaffeggiato lui e inveito contro di me, per farci rinsavire, ma se quella laggiù era Maggie, era l’unica cosa da fare.

Considerai la resistenza del vento e la distanza.

Daryl ci sarebbe riuscito di sicuro, ma dovevo credere in me stessa.

Scoccai dopo un lungo sospiro. La freccia andò a conficcarsi esattamente dove l’avevamo immaginata.
Niente in torno si muoveva.

Sean controllo la portanza e la tenuta.

 

-Ok. Ora prendi la mia balestra, Beth. – disse mentre tirava fuori un oggetto dallo zaino. –Questo è un mirino a infrarossi, l’ho fregato nell’armeria militare delle scorte di Earl, se lo scoprisse, mi ammazzerebbe. Mi coprirai le spalle.

-Continuo a sostenere che non sia una buona idea, come farai a..

Lui mi zittì.

-Si fa. Punto.

La corda di acciaio restava almeno a 6 metri da terra e dagli zombi, e ancora mi domandavo, come avrebbe, Sean, potuto calarsi nell’altro recinto, ma pareva avere una risposta su tutto, quindi non volli insistere.

Pregavo soltanto che non gli capitasse nulla, la morte di Alan e Amber pesava ancora come un macigno, per poter anche solo tentare di ragionare coerentemente.

S’infilò l’imbragatura e mi fece un cenno per passargli la corda di sicurezza.

Willie a quel punto ci raggiunse. Non appena si accorse di quello che stava per fare Sean, ci redarguì.

-Voi siete deficienti. Io avviso Earl.

-Non lo farai. E sai perché?- lo ammonì severo Sean.-  Perché il comando al momento è mio e ho dato la carica di secondo a Beth, quindi, sei fuori dai giochi.

-Beth—mi disse Willie implorante, aveva già perso troppo quel giorno. – Fallo ragionare almeno tu! E se qualcosa andasse storto?

-Credi non ci abbia provato? – lo accusai.- E’ irremovibile. La mia unica opzione è trafiggerlo con una freccia, ma chi lo trasporterebbe?

-         Siete due idioti.

Mentre finiva di dirlo, esasperato, Sean ci colse alla sprovvista e si avventurò, strisciando, sotto la corda.

- Ricordate - mi arrivarono alcune scariche statiche all’orecchio – Frequenza 2.0. Non vorrei mettere Earl, al corrente di quello che stiamo facendo, proprio sul più bello.

La freccia pareva tenere, ma le oscillazioni del cavo stavano iniziando a interessare gli zombi sotto di lui.

Resta col fiato sospeso finchè non lo vidi passare nell’altra metà del recinto. A quel punto sentii qualcuno gracchiare nell’auricolare.

– Ok. Ora mi provo a calare a terra. Com’è la visibilità?

-         Scarsa. Se ti dovesse attaccare qualcosa, rischierei di prendere te.

-         Incoraggiante. Ricordami di chiederlo a Daryl, la prossima volta che lo facciamo.

-         Stronzo.

A quel punto decisi di spostarmi al limite del recinto. C’era un grosso albero, una quercia, che costeggiava l’area e mi spostai su uno dei rami più grossi. La quercia era all’interno della zona farcita di zombi, sapevo che era un rischio, ma da lì, se qualcosa si fosse mosso verso Sean, lo avrei visto.

 Finalmente i piedi di Sean toccarono terra e lui si abbassò con aria cospiratoria. 

-Mi avvicino al primo palo. Non c’è nessuno nei dintorni. – sussurrò.

-Ok, fai attenzione.

Fu a quel punto che mi accorsi di qualcosa nell’ombra, una sorta di riflesso sul lato della costruzione. C’era qualcuno là sotto e Sean non se ne era ancora accorto.

Notai che la figura si era mossa e a quel punto vidi la canna di un fucile sporgere dal lato e puntare sul mio amico.

Non pensai in quel momento, sapevo come farlo e mi occupai soltanto di colpire il mio bersaglio.

Scoccai.

Sean doveva aver avvertito il sibilo della freccia perché si era di nuovo abbassato.

-Uaaaa..…Caz..- sentii Sean nel microfono – Mi rimangio la frase precedente. Tu sei molto meglio, di Daryl! l’hai fatto secco con un colpo solo.

- Muoviti – Squittii ancora sconvolta, dall’idea di aver ammazzato un uomo.

-Agli ordini generale!- scherzò Sean mentre si avvicinava al primo palo.

- E’ una donna. E’ viva, pare, svenuta. Controllo l’altro.

 Sean si avvicinò al secondo.

-E’ un’altra ragazza. E’ viva anche lei. Beth devi tirare un altro cavo…organizziamo una carrucola. E dì a quel… razza di marconista da strapazzo, che la prossima volta mi porto Carl.

Willie mi raggiunse in quel momento, - Si sta lamentando?

Gli sorrisi. – Sai com’ è fatto. Ora aiutami quando avremo allestito il sistema di trasporto, dovrai renderti utile.. Temo movimento, a breve, là sotto.
Gli zombi erano in fermento. Non appena Sean riuscì a imbragare la prima persona e a issarla, vidi le figure dalla mia parte del recinto, che si muovevano sempre più nervosi.

La corda oscillava sotto le mani di Willie, mentre io restavo immobile e cercavo di scorgere il minimo movimento nell’ombra.
Non ero tranquilla.  Gli zombi sotto il mio albero iniziavano a fare troppo baccano.
Se qualcuno avesse fatto caso a tutto quel trambusto, saremmo stati davvero nei guai.

-Daryl -

Non mi andava giù la scelta di Earl, e neanche che Sean avesse fatto così in fretta a svicolarsi dal gruppo. Aveva qualcosa in mente.
Ma cosa?  Quel ragazzo aveva fegato, ma non aveva nessuna esperienza qua fuori e Terminus era indubbiamente pericoloso.

Maledì la mia stupidità per non aver detto a Beth di concordare una frequenza radio, in caso di necessità, ma ormai era tardi.
C’erano container, ovunque, e non era facile orientarsi, ma la cosa più allarmante era che, a parte qualche sentinella, non c’era praticamente nessuno in giro.

Earl era metodico e costante nell’avanzare, si vedeva che lui e la sua squadra, erano ex berretti verdi. Poi notammo un assembramento di persone attorno a un recinto. Stavano legando qualcuno a un palo. Mi ricordava molto una tortura attuata dalla cavalleria, sui nativi. Merle mi aveva, per anni, costretto a leggere moltissimo, ma almeno mi aveva sempre lasciato libertà di scelta, e la storia  e le leggende sui pellerossa, mi avevano sempre affascinato. I bastardi legavano il prigioniero a un palo, e lo lasciavano agonizzante sotto il sole senza cibo né acqua per giorni, a seconda della colpa, a volte fino alla morte. 
Logan- ex navy seals – mi passò un binocolo.

Il mio cuore perse un palpito, quello là sotto era Rich.

La mia prima reazione sarebbe stata quella di mollare tutto e fiondarmi là, ma non potevo. Carol toccò la mia  mano. Capiva esattamente quello che provavo.

-Ora ragazzi, calma e colpo in canna.- sussurrò Logan.- Carol, avvisa la squadra due. Bersaglio acquisito.

Carol si allontanò da me e provò a mettersi in contatto con i ragazzi. Ero in ansia, quando vidi che non le rispondeva nessuno, mi lasciai prendere dal panico.

Mi spostai.

-         Come sarebbe che non ti risponde nessuno? – chiesi allarmato, pur cercando di non far trapelare il nervosismo e la rabbia.

-         Non capisco. Non credo siano sulla giusta lunghezza d’onda, tutto qui, ma vedrai che sarà solo una svista.

Strinsi i pugni, tanto che le nocche diventarono bianche, se Sean aveva messo Beth e Willie in pericolo, non se la sarebbe cavata con un naso rotto, questa volta.

Mi avvicinai a Earl. - I ragazzi non rispondono.

Earl mi osservò.
Temevo che se avesse letto tutta la mia frustrazione, mi avrebbe esentato da qualsiasi azione, ma non fu così.

       - Se ti fidi di noi, tireremo fuori di qui il tuo amico. Tu prendi Carol e andate a vedere che combinano quei tre, al minimo cenno di guai, frequenza di emergenza e si sloggia.

Dicendomi quelle parole mi consegnò un auricolare. Sapeva che non ne volevo uno, ma il suo non era un consiglio, era un ordine. 
Valutai il da farsi. Volevo salvare Rich, ma non potevo rischiare la vita del mio angelo personale.
Beth ormai incarnava la mia parte buona, e sotto la sua guida, confidavo sarei anche riuscito a migliorare, ma se l’avessi persa…

Chiamai Carol e tornammo indietro, sui nostri passi.

-Stavolta lo ammazzo- mi lasciai sfuggire a fior di labbra.- Poi, Beth se la vedrà con me…

Ero incazzato nero, come mai lo ero stato.

Dopo aver ucciso e smembrato il cadavere di Sean, avrei preso Beth e l’avrei chiusa in casa fino a che non fosse cessata l’emergenza zombi.  Fosse anche durata in eterno.

Carol ebbe il buon senso di lasciarmi sbollire, in quel momento avrei preso a male parole chiunque.

-Beth-

-         Huston, abbiamo un problema.

-         Cosa Willie? – gli risposi concentrata mentre tenevo la zona dove si trovava ancora Sean e l’altro ostaggio, sotto controllo.

-         Vuoi la versione breve?

-         Ne esiste una lunga? Spara. Non riesco a tenere tutto sotto controllo.

-         Avevo spostato la frequenza di ricezione sulla 2.0 per seguire il nostro recupero, quando la squadra 1 ci ha cercato.

-         -Guai? – Chiesi senza fiato, in attesa.

-         Per noi. Non avendo ricevuto risposta Earl si è incazzato e ci sta mandando qui Carol e Daryl.

-         Caz.. - Sentii dire in quel momento da Sean, anticipando il mio disappunto,  - Beth, qui  inizia a esserci del movimento. Willie, prendi il fucile silenziato. Veloce.

       -Oh merda!  - Mi sfuggì.

A ore sei e otto di Sean, stavano ammassandosi più persone di quanto avrei mai voluto vedere.  Almeno tre da un lato e cinque dall’altro.
Piovvero alcune frecce. Qualche fucile iniziò a farsi sentire. Willie era steso a terra e cercava di colpire qualcosa, pur continuando a tenere in movimento la carrucola che trasportava il secondo ostaggio.

-Sean!Fuori di lì, subito. – ordinai più a me stessa che a lui.

Colpii uno dei tizi, sulla destra, a una spalla e un altro che tentava di avvicinarsi al recinto, lo freddai senza troppi rimorsi.
Avevo capito cosa stavano cercando di fare, volevano raggiungere il cancello degli zombi e riversarlo nella parte in cui si trovava Sean.

Un altro dei cattivi, cadde ferito a una gamba da un colpo di pistola di Sean che aveva quasi raggiunto il cavo in alto.

Willie mi urlò che le due donne erano in salvo sulla nostra parte del muro, ma non potevo abbandonare la mia postazione. Non ancora. 
Arrivarono altri, e almeno un cecchino si piazzò sulla palazzina più alta.
Una freccia sibilò nella mia direzione.

Mi avevano ormai individuato.

Sospirai.

Dopo tutto, non sarebbe, forse, stato Daryl a non mantenere la nostra promessa.

Stavo per mirare all’ennesimo avversario, quando avvertii un sibilo, poi un dardo passò sulla mia testa e colpì il mio bersaglio in pieno petto.

-Levati dalle palle. Ora!

Non era una richiesta, era un ordine.

Non mi azzardai a discutere con Daryl - afferrando la mano che mi porse - Perché qualcosa nei suoi occhi me lo sconsigliò.

Era furente e letale. 

Sentii gracchiare la radio nell’orecchio,

 - Squadra 2 . Passo. Bersaglio recuperato. Ci ritiriamo. Troviamoci a randevou 5.4.

-         Roger.- rispose Carol, proprio quando Sean veniva preso da Daryl per la collottola indirizzato verso il bosco.  Li seguii.

Sentivo gli occhi di Daryl, furenti, puntati su di me. Il fatto che non avesse detto altro, non presagiva nulla di buono. Gli spari all’interno del perimetro andavano cessando. Ci allontanammo veloci.  Finalmente potemmo prendere un po’ di fiato e liberammo dei cappucci le due donne che eravamo riuscite a trarre in salvo.

Il mio cuore non si era ingannato, una delle due era Maggie, mentre l’altra, in condizioni fisiche decisamente, migliori era, niente meno, che Michonne. Le ragazze erano prive di conoscenza, ma sembravano illese.

 Lo sguardo di Daryl, freddo come il ghiaccio, come non lo vedevo da giorni, era puntato verso il bosco in attesa. Quando notammo del movimento e ci accertammo fossero i nostri, si rilassò, ma non diede segno di nessun cedimento.

-Credo che qualcuno abbia voglia di salutarvi.- ci disse Earl

Fu a quel punto che, sorretto da Logan, notammo Rich.

Osservai Daryl.  La freddezza dei suoi occhi data dalla rabbia e dalla feroce incazzatura nei miei confronti, svanì per un attimo.

-Ehi - sentì sussurrare dall’ex poliziotto, porgendogli una mano.

-Ehi.- rispose Daryl col groppo in gola.

Rich allora si avvicinò e lo abbracciò.  Daryl dapprima rimase impassibile. Era sempre difficile rivelare i suoi sentimenti, anche per Rich, ma alla fine ricambiò l’abbraccio.

Poi il nostro poliziotto, si rivolse a Carol e abbracciò anche lei, quindi mi vide.
Io stavo per piangere, ma la sensibilità di Rich, ebbe la meglio sulle mie lacrime, quando mi avvicinò e mi abbracciò stampandomi un bacio sulla fronte. – Beth! Sono felice di vederti.

Ma anche Rich era molto debole, quindi decidemmo di muoverci. La strada era lunga. Allestimmo delle barelle per Maggie e Michonne, a cui almeno, eravamo riuscii a far bere qualche goccia d’acqua.

Una volta al nostro accampamento Carol ed io venimmo smistate verso l’infermeria dove era in attesa la dottoressa Morton.

Prima di andare Earl ci bloccò.

-Solo un minuto, Giovani! Grazie a voi tre siamo riusciti a portare  fuori da lì ben due persone in più e di questo non posso fare a meno di esservi grati, ma…

Temevo il seguito.

-...Se dovesse ricapitare che ignoriate un’altra volta i miei ordini, saprete cosa significa il vero dolore. Ora, Beth, tu sei ufficialmente parte del personale medico, quindi non ricadi direttamente nella mia giurisdizione, quanto a voi due…Capirete cosa intendevo col fatto che chi non fa quello che gli dico, ne paga le conseguenze. Nonostante ciò, - cercò di aggiustarla - complimenti per il lavoro svolto, ben fatto.

Ero felice di sapere che non ci sarebbero state conseguenze troppo pesanti per i ragazzi, ed anche che Earl non potesse farmi nulla, ma conoscevo bene l’ira funesta che avrei dovuto affrontare al mio ritorno quella sera. Non c’era scelta, d’altronde, ma al momento dovevo concentrarmi su Maggie e gli altri.

 

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Capitolo 12
*** capitolo 12- Conseguenze. ***


nn ricordo

 

Capitolo 12- Conseguenze 

-Beth-

La dottoressa Morton mi aspettava a braccia aperte e quando entrai nell’ambulatorio, e mi chiese di medicare Rich.

Michonne stava riprendendo i sensi ma, notai che era Maggie, a destare maggior preoccupazione.

Il nostro poliziotto aveva un profondo taglio sulla guancia e numerose escoriazioni, ma niente di serio, a parte l’eccessiva magrezza.

-Come stai?

Rich pareva sovrappensiero- Scusa, Beth! Sono un po’ frastornato. Fisicamente abbastanza bene, è il resto…

In quel momento qualcuno bussò alla porta- già immaginavo chi potesse essere - e li invitai a entrare.

-         Avanti!

-         Papa’!- urlò Carl con Judith in braccio.

Rich rimase per un solo istante bloccato, troppo stordito dall’emozione e dagli avvenimenti della giornata per reagire in qualunque altro modo, poi li abbracciò stretti.

La sua famiglia di origine, o almeno quello che ne rimaneva, era lì davanti a lui. Non avevo mai visto lo sceriffo Grimes così felice. Carl, per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, si era sciolto in lacrime, mentre Judith, sempre molto allegra a dispetto del mondo in cui viveva, metteva le manine in faccia  a Rich, come ad accertarsi che fosse davvero reale, toccandogli i capelli e facendo quello che, di solito, faceva con Daryl, cioè tentando di tirargli le orecchie.

Avevo gli occhi lucidi e mi spostai un momento per lasciare un po’ di privacy a quella situazione così toccante, quando, Rich, mi richiamò.

-         Finisco di medicarti e ti faccio accompagnare da Carl ai vostri alloggi. – comunicai un po’ in difficoltà, temendo di rovinare quel momento così intimo e familiare.

-         Beth, grazie! – disse abbracciando anche me, di riflesso. - Mi avete ridato la vita stanotte.

Ricambiai il suo abbraccio. Sapevo che si riferiva ai ragazzi, ma anche al fatto che era stato tratto in salvo, fu allora che domandò. 

-Michonne? Bob? Sascha? Tyreese? Maggie? Glenn?

Fu allora che mi resi conto, una volta in più, che facevamo parte della stessa famiglia allargata, ormai.

Scossi il capo sconsolata. La squadra che ti ha tratto in salvo non ha trovato né Glenn, né gli altri.

-         Maggie e Michonne sono di là nelle mani della dottoressa Morton. La conoscerai, è una vera forza della natura.

Rich sospirò. - Come stanno?

-         Michonne era al limite, ma si sta riprendendo, è Maggie che desta più preoccupazione, non ha ancora ripreso conoscenza- spiegai trattenendo un singhiozzo.

-         Mi spiace. Avrei voluto poter fare di più.

Lo abbracciai di nuovo, capivo che quell’uomo tutto d’un pezzo, che tante volte aveva dovuto prendere decisioni difficili e sopportare il peso di tanto, aveva bisogno di conforto.

-Hai fatto quello che potevi, come tutti. Qui potrai saggiare un po’ di calma, sono tutte persone apposto.

Rich annuì. – E che mi dici di te?

-Io? – finsi indifferenza – Io sono sempre la stessa. - risposi mentre armeggiavo fra disinfettanti e garze, lanciando un’occhiata tutt’altro che velata, verso Carl.

Rich mi osservava curioso. – Non lo so, la squadra che mi ha tratto in salvo, era parecchio contrariata quando ci siamo mossi per venire  incontro al vostro gruppo. Le parole esatte sono state- Daryl li ammazzerà! – A me non suona benissimo, anche se non credo che Daryl arriverebbe a tanto. Tu e Daryl siete fuggiti insieme dalla prigione, vero?

-Come ti sbagli, Rich!

- Si, è solo grazie a lui se sono ancora viva. – sorrisi ripensando a tutti quei momenti, non proprio idilliaci, che avevo trascorso con Daryl all’inizio - La squadra due, la nostra, era solo di appoggio, poi però abbiamo trovato Maggie e Michonne,  allora Sean ha detto..

Ma, per quale motivo stavo cercando di giustificarmi con Rich?

-         Insomma, abbiamo combinato un bel casino. – Minimizzai - Ne siamo usciti per miracolo e se non fosse arrivato Daryl…- ma le parole mi si smorzarono sulle labbra. Daryl era appena entrato nell’infermeria.

Non mi degnò neanche di un’ occhiata, ma si rivolse direttamente a Rich.

-         Come stai?- chiese diretto. 

-         Meglio.- rispose guardando Judith e Carl- Ora va quasi tutto bene! Tu ?

-Mmmm - grugnì Daryl.

La sua incazzatura non era passata, lo avvertivo distintamente, era come se sentissi delle vibrazioni negative di avvertimento, provenire da lui.
Fu a quel punto che Judith manifestò l’intenzione di essere presa in braccio.

-Oh andiamo piccola spacca culi, - disse rasserenato dalle manine della bimba che puntavano verso di lui-  Non puoi passare la tua vita in braccio a me..

Era sempre così, ogni volta che vedeva Daryl, lei faceva di tutto per attirare la sua attenzione. Una sorta di attrazione fatale che, a dirla tutta, colpiva entrambi, perché anche lui non si faceva pregare.

Ma Judith non voleva sentire ragione e si sporse dalle braccia di Rich.

Daryl sbuffò bonario ma la prese in braccio e si lasciò tirare le orecchie e i capelli.  

Invidiai Judith in quel momento, chissà quando, e se, Daryl mi avrebbe fatto riavvicinare.

Cercai di riassettare il caos dell’ambulatorio per non far notare che lo stavo osservando.

I due uomini ripresero a parlare, mentre Carl mi si avvicinò, fingendo di aiutarmi.

-         Ho saputo quello che avete fatto là fuori.- sussurrò - Nonostante i rischi corsi, tu e Sean siete stati encomiabili.
 

Lo guardai sorridendogli poi mi avvicinai per dargli un colpo, di lato, col bacino, avendo le mani impegnate.

    -    Grazie Carl!!- avevo le lacrime agli occhi.

Era la prima parola buona, che ricevevo dopo tutta l’adrenalina e l’ansia di quelle ore. – Anche a te la scuola fa bene: …ENCOMIABILE…wow!

Carl mise il broncio, ma aggiunse.

- Lo capirà. E’ un adolescente complessato, ma lo capirà.

Lanciai un’occhiata alle mie spalle. Daryl aveva, si è no, risposto con tre vocali alle domande di Rich, tanto che lui, a quel punto, avendo origliato parte dela nostra conversazione, mi domandò.

-         Beth da quando tiri con la balestra? E chi sarebbe l’adolescente complessato?

L’ultima domanda non capii se era rivolta a me o a Daryl, forse la perspicacia del figlio non era tutta presa da Lory.

-         Poco. Solo fortuna. Nessuno, qui gli adolescenti li abbiamo finiti, abbiamo solo uomini duri e troppo cresciuti.

-         Telegrafica. Di un pò hai frequentato troppo Daryl in questo periodo? – aggiunse lo sceriffo scherzando, ma la reazione che ottenne da entrambi, fu il gelo, quindi cambiò discorso, sorpreso. - Il tuo amico Logan non ha detto lo stesso. Mentre mi riaccompagnava qui, mi ha raccontato quello che avete fatto tu e un altro ragazzo..

-         Logan è di parte- minimizzai.

Fu allora che Daryl riconsegnò Judith- regalandole l’ultimo barlume di sorriso – e salutò Rich e Carl, uscendo.

-Quanto è arrabbiato? – chiese Rich, che non era stupido.  

Carl ed io ci guardammo complici. – A te cosa sembra?

-         Un bel po’, non che sia mai stato un gran chiacchierone, ma qui si esagera.

-         Beth, non ti invidio – annunciò Carl.

-         Nemmeno io. – aggiunse Rich - Ma non ne capisco il motivo. In fondo tutti abbiamo sempre rischiato la vita. Fa parte del gioco in questo mondo assurdo.

Le congetture di Rich furono, fortunosamente, interrotte dall’arrivo della dottoressa.

-Signor Grimes! E’ un piacere conoscerla. – gli disse con un gran sorriso – Come si sente?

-E’ un piacere Dottoressa. – disse Rich affabile. – Bene, tutto considerato!

-Mi fa molto piacere sentirlo! Spero che Beth abbia già fatto gli onori di casa.

Sorrisi ad Anna.

- I graffi sono superficiali e non vedo grossi problemi. Ora sceriffo, vorrei che lei seguisse Carl e andasse a mangiare qualcosa, poi a riposare. Domattina Beth, passerà a controllare le medicazioni. Beth, posso parlarti?

-Certo. Scusatemi.

-         Ho bisogno di te.. Aiuta Carl a portare suo padre e la bambina al loro alloggio, è dalle tue parti, poi…

-         Maggie?

-Michonne si sta riprendendo. La stavano facendo morire di fame, ma è di tempra forte. Tua sorella, invece, mi preoccupa davvero.

-Cosa le hanno fatto?

-         Era ferita, ma non è stata medicata a dovere, e la setticemia è parecchio avanzata, ma se ce l’ha fatta Daryl, - su cui non avrei scommesso molto- potrebbe farcela! Solo che è molto provata. Stanotte resterò a vegliarla, te la senti di farmi compagnia?

Non avrei mai ringraziato abbastanza Anna. - Non c’è problema. E’ il minimo.

- Lo sospettavo. Allora passa casa, fatti una doccia, parla con Daryl, e torna qui.  Ah, Beth, siete stati davvero coraggiosi a fare quello che avete fatto, ve lo direbbe chiunque.

La Morton aveva capito il mio stato d’animo alla perfezione. Trattenni le lacrime e, mentre Carl aiutava Rich, io presi in braccio Judith, dopo averla imbacuccata per bene.

Arrivammo al cottage – molto simile  a quello dove vivevamo Daryl ed io anche se leggermente più grande- e anche abbastanza vicino, tanto che notai, in mezzo agli alberi, le luci delle candele provenienti dalla nostra casetta.

Di bene in meglio, Daryl mi stava aspettando al varco.

Entrai nella nuova casa di Rich, e trovai Sean.

-Salve. – si presentò – Sean Miller. Felice di conoscerla, sceriffo Grimes.

Carl.

- Ciao, ma chiamami Rich.

-Che ci fai qui? – domandai brusca.

-         Fa parte del pacchetto di Earl, sai la “ vera sofferenza”? – Rise poco convinto, poi aggiunse rivolgendosi a Rich – Ho già acceso il camino e montato il box per la piccola spacca culi…Mi scusi, scusa, Judith, volevo dire Judith.

Carl rise e Rich scosse il capo, anche lui, divertito. Sean continuò.

- Ho spaccato anche un po’ di legna, e per un paio di giorni, dovreste stare tranquilli. Sembra che stia per nevicare.

-Quanto durerà la condanna? – chiesi infine a Sean.

-  La condanna? A vita, temo e non è ancora iniziata. A proposito, se Earl ti ha graziata, per Logan sei nei guai, le sue parole esatte sono state: Visto che Beth è così brava a tirare con la tua balestra, non vedo perché non debba essere punita anche lei, per insubordinazione.

Assestai un pugno sulla spalla a Sean. – E chi diavolo gli ha detto che sono stata io a usare la balestra?

 Sean rise. – Scusa, non ho resistito, poi con un maestro come il tuo, non poteva essere altrimenti.

-Già. Ma ti rendi conto che io devo ancora affrontare … - mi interruppi sentendomi osservata.

-         Decisamente sei cambiata parecchio, Beth. – disse Rich osservandomi, mentre si sedeva.- Non hai quasi più nulla della ragazzina smarrita e spaventata che avevo conosciuto alla fattoria.

-Ah no? – chiesi allarmata, domandandomi cosa ne avrebbe pensato Maggie quando mi avesse visto.

-No. Ora vedo, al suo posto, una giovane donna molto decisa e con un bel carattere forte. Assomigli molto sia a Maggie che a Herschel.

Ringrazia Rich e lo affidai a Carl.

Sean salutò – Vi lascio. E’ stato un piacere Rich, per qualunque cosa, terza casa gialla vicino al muro est, ora scappo perché mi restano tre ore di sonno. A domani mattina Beth!

- Forse. Ciao. – dissi distratta, e mi avviai al patibolo.

- Daryl -

La visita all’infermeria era stata una cazzata.

 Vederla mi aveva fatto imbestialire ulteriormente. Quando avevo raggiuto il punto dove si trovavano a Terminus, e l’avevo vista cavalcioni – in equilibrio precario - su un ramo di un albero, a picco su una fossa piena zeppa di zombi, non ci avevo più visto.

Sarebbe potuta scivolare, avrebbe potuto essere colpita da qualsiasi cosa, cadere, perdere l’equilibrio, ed essere divorata.

Non volevo nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere. 
Andare a dormire era fuori discussione, affrontare Sean ora, equivaleva a pestarlo a sangue, quindi non era il caso neanche quello.

Dovevo calmarmi.

Si rendeva  conto di quello che mi aveva fatto passare?

 Il mio progetto di chiuderla in casa non era attuabile, in quel momento, ma d’ora in avanti, l’avrei sicuramente accompagnata ovunque. Non mi importava quello che avrebbe detto e le sue proteste. Sean era fuorviante per lei… o forse era colpa mia?

Forse subiva troppo la mia influenza, ma io, porco cazzo, ponderavo le mie decisioni, non agivo stupidamente senza collegare i neuroni.

Erano due incoscienti che avevano avuto fortuna. Ecco cos’erano!

Sentii dei rumori sulla veranda, e mi appoggiai allo stipite della porta della sua camera. Non mi sarebbe sfuggita.

Entrò in casa e nonostante la luce del camino rischiarasse poco la stanza, notai quanto fosse esausta. Chiuse la porta alla quale si appoggiò di peso, sospirando, poi alzò gli occhi su di me.

-         Avanti! Inizia a urlarmi contro e aggrediscimi. Siamo stati avventati e stupidi e avremmo potuto restarci.  Lo so. Lo sapevamo entrambi. Non avrei mai pensato di fare quello che abbiamo fatto, te lo giuro, ma è accaduto, e grazie anche a noi se mia sorella e Michonne sono ancora vive, e, nonostante abbia rischiato di perdere la mia vita e te, con essa, lo rifarei ancora.

-         A dire il vero – mugugnai confuso dalla sua reazione, - Sono orgoglioso e fiero di quello che hai fatto, ma, allo stesso tempo, sono arrabbiato come non mai, tanto che, in un primo momento, ti avrei chiuso in casa fino alla fine dei tuoi giorni. Ho capito, sulla mia pelle, cosa vuole dire temere per qualcun altro e ti posso giurare che non mi è piaciuto per niente.  Quando ti ho visto abbarbicata su quella merda di quercia, ti avrei ucciso con le mie mani. – Le parlai  evitando di incontrare il suo sguardo, per non cedere - Una freccia ti è passata a tanto così dalla testa. E se ti fosse capitato qualcosa? Ci hai pensato per un momento a cosa avrei potuto farci io?  Cosa, cazzo, avrei fatto io senza di te? Spiegamelo?!  Hai una vaga idea di quello che provo e di quanto ci abbia messo per accettare che tu….ti avvicinassi?! Non ho più fatto niente di troppo avventato né mi sono messo in situazioni potenzialmente rischiose perché eri stata tu a chiedermelo… Merle direbbe che mi sono rammollito, forse è vero, ma non puoi impormi certe cose e poi comportarti come se per te non valessero…come se a te non importasse nulla della tua vita. Di me.

-         Daryl..

-         No. Non dirmi Daryl.  Non dirmi un cazzo di niente. Sono furioso con te, e non basterà che tu sbatta gli occhi per farmela passare. Non sono un cucciolo abbandonato che hai trovato per strada, e se devo stare a delle regole, lo farai anche tu, oppure…

Beth mi guardava seria, in effetti avevo alzato la voce un bel po’ durante la mia sfuriata.

- Oppure? – chiese piano, mantenendo i suoi occhi fissi nei miei.

-..Oppure, chiudiamola qui. – la guardai freddo, mantenendo tutta la distanza di cui ero capace. Mi stavo pugnalando al cuore con le mie mani e lo sapevo.

Fu a quel punto che vidi una scintilla di carattere negli occhi di Beth.

-Credi che sia così facile? – mi urlò in faccia. –Tu sei arrabbiato? Per ora quella che è dovuta sottostare a più regole, sono io. Tu eri preoccupato? Tu? E cosa avrei dovuto dire io, quando ti sei offerto volontario per ogni genere di cose, quando mi hai imposto il silenzio per la nostra relazione? No!? E non puoi pretendere che io resti buona a casa mentre tu rischi di farti ammazzare ogni giorno. Dici che le regole valgono per entrambi? Allora dimostramelo, perché sono davvero stufa di vegliarti ogni volta che ti riportano al campo, sanguinante e malconcio. Finalmente hai capito cosa si prova? Bene. Almeno avrai imparato una lezione. Ti sei rammollito secondo te? Io dico che ti stai umanizzando, non puoi avere sempre tutto sotto controllo, come non posso averlo io. Se io morissi…

-No.

- Se io morissi,- disse lei ignorandomi - Non sarebbe una tua responsabilità.  Sia tu, che io facciamo le nostre scelte, magari tu sarai il più razionale, ma non sono stupida Daryl Dixon! Ho anche io il libero arbitrio, e non sarai tu a impormi cosa fare e non fare. Ora scusami, ma devo andare da Maggie.

 Le sue ultime parole furono accompagnate dalla porta che sbatteva e io rimasi da solo, a riflettere. 

-Beth-

Ero stata dura con Daryl, ma non ci avevo più visto quando mi aveva,velatamente, - ma non troppo-minacciato di lasciarmi se non fossi stata alle sue regole. Ma chi si credeva di essere? E cos'ero io allora? Un bel gioco? Un passatempo?

Ripensandoci ora, mai le parole di Rich erano state così profetiche. Alla fattoria- erano ormai i passati quasi tre anni- non mi sarei mai sognata di affrontare Daryl Dixon in quella maniera, allora dopo parole del genere, mi sarei rifugiata in camera mia a piangere.  Avevo pianto abbastanza, e, probabilmente, lo avrei fatto ancora, ma non era quella la situazione che avrebbe provocate altre lacrime.

Erano quasi le cinque ed io ero alla terza tazza di caffè.
Anna verso le tre del mattino era andata a riposare, ma sarebbe arrivata presto, mentre io ero rimasta con Maggie.
Michonne aveva ripreso i sensi verso l’una, poi, dopo averla tranquillizzata su dove e con chi si trovasse, stava riposando.

Maggie era ancora incosciente ed io non sapevo più che fare a parte continuare a parlarle e provare a tranquillizzare i suoi sogni agitati.

 Alle sei meno un quarto, qualcuno bussò alla finestra dell’infermeria. Pioveva a dirotto e l’aria era davvero fredda, ma mi aiutò a svegliarmi.

-Ciao Beth!-

Sean era avvolto in un giaccone impermeabile, tutto bagnato.

Sbadigliai, stiracchiandomi. – Ciao Sean! Dormito?

-Altre domande? Ormai sono tipo zombi…ma non tenterò di morderti, Giuro!

-Sei a pezzi.

-Anche tu sei stanca. Come sta tua sorella?

- Niente di nuovo. Stai andando al campo?

- Si Logan parlava di preparazione atletica…o giù di lì. Tu non ti preoccupare, gli farò presente che eri qui stanotte.

-Anche tu e Willie siete cotti.

-Willie ha la febbre, ma le intemperanze vanno pagate, ma non riesco a dormire più tanto dopo.. gli zombi.. Ci vediamo nel pomeriggio?

-Non so a che ora mi libero. Ora voglio solo buttarmi a letto e farmi una doccia. Poi credo tornerò da Maggie.

-         Capisco. Noto che hai anche la scorta per tornare a casa, quindi io vado, non ce la posso fare stamattina ad affrontare anche lui.

Pronunciate quelle parole Sean si allontanò e notai, vicino alla pensilina della casa di fronte, sotto una pioggia battente, Daryl, completamente fradicio. 
Chissà da quanto tempo era là sotto. Ci osservammo da lontano per un attimo, poi gli feci un cenno, invitandolo a entrare.

Era bagnato fino alle ossa e i capelli gli ricadevano davanti alla faccia, gocciolando sul pavimento. Rimase in piedi sulla soglia, senza accennare a muoversi, probabilmente temendo una reazione non buona di Anna al suo arrivo, se avesse allagato l'ambulatorio.

 Mi sentivo in colpa per le parole che ci eravamo rivolti e trovarmelo lì a quell’ora, in quello stato,  mi faceva supporre che anche per lui fosse così, ma non ne potevo essere certa.

-Daryl-

- Togliti i vestiti.

Sentii quelle parole pronunciate da Beth che mi lasciarono un attimo interdetto, tanto che la guardai.

-Togliti quei vestiti bagnati- ripetè porgendomi una maglia a maniche lunghe, dei pantaloni e un maglione verde militare.- Vuoi prenderti una polmonite?

- Qui?

Lei si piazzò davanti a me. Le mani sui fianchi.

– Daryl, credo che fra noi non ci siano più così tanti segreti, ormai, ma se preferisci cambiarti di là, dietro a quella tenda, c’è Michonne che dorme.

-         Non importa. – convenni alla fine.

Avevo freddo e le mani, tremando, facevano fatica a slacciare i bottoni della camicia. 
Beth, notando la mia difficoltà, si avvicinò e iniziò a slacciarli dalle asole, con decisione. 
La pioggia fredda e gelata era arrivata in profondità e le gocce imperlavano il mio torace, nella loro corsa verso il pavimento. Lei tolse la camicia e mi passò un asciugamano.

Fu allora che le afferrai il braccio e lei mi guardò, senza capire.

-Scusa- sussurrai.

Avrei potuto dirle mille parole, subissarla con cento pensieri che mi erano passati per la testa in quelle ore, ma sapevo- come di certo sapeva lei- che quella semplice parola riassumeva il processo interno che avevo maturato in tutto quel tempo passato a riflettere. Certo, la rabbia era ancora lì, ma per certi versi aveva ragione lei e avrei dovuto – come faceva con me – accettare anche le sue decisioni. Non era più una ragazzina, e me lo aveva dimostrato per l'ennesima volta.

Era certo che avremmo ancora discusso su tanto, forse su tutte le decisioni, che avremmo potuto prendere da lì in avanti, ma avevo bisogno di lei. E lei di me, a giudicare dal lungo e profondo bacio che mi diede dopo quello che le avevo appena detto.

Poi la cosa si fece più seria e giudicare dalle sue mani su di me e viceversa.

Beth mi spinse contro il muro accanto alla porta. La lasciai fare, ero troppo impegnato a tentare di spogliarla, fu a quel punto che sentimmo qualcuno schiarirsi la voce.

Beth teneva gli occhi fissi nei miei, come a dire, non ho il coraggio di guardare, fallo tu.

Mi girai e mi trovai faccia a faccia con Carol.

La mia prima reazione fu quella di aiutare Beth a rivestirsi, ritirandole su la camicia. Fortunatamente non ero riuscito a fare altro, poi finii di asciugarmi velocemente e afferrai la maglia asciutta che mi aveva procurato Beth.

-Posso spiegare…- riuscii a dire, imbarazzato, a una Carol abbastanza divertita e, quasi per nulla turbata, che ci studiava di sottecchi. Non mi ero mai sentito così in tutta la mia vita. Ero come un ragazzino beccato a fare cose, con la fidanzatina, dai genitori.

La giornata era iniziata, davvero, di merda.

Beth era rimasta in silenzio, troppo in difficoltà per poter tentare una linea di difesa accettabile.

Toccava a me.

- Non è come pensi…

Ecco un’altra frase che avrei dovuto decisamente evitare di dire.

Carol si sedette alla scrivania e ci osservò divertita ancora un momento, poi rivolgendosi a Beth.

-Tesoro, tu sei stanca ed è meglio se vai a dormire qualche ora. Ti posso rubare Daryl solo un secondo?  Dopo lascerò che ti accompagni a casa.

Beth non se lo fece ripetere due volte e si fiondò nell’altra stanza a prendere il suo giaccone.


-         Non pensavo foste arrivati già tanto oltre, Daryl..- disse Carol una volta soli.- era seria.

-         Vuoi farmi la predica? Le cose hanno preso una piega inaspettata anche per me.. se lo vuoi sapere.- risposi colpevole.

-         Non mi fraintendere. Siete entrambi adulti, ma vorrei almeno sperare che stiate prendendo qualche precauzione. Immagino che dovresti essere tu il più responsabile, comunque…

-         Per chi mi hai preso Carol?! – risposi offeso, anche se sapevo, quanto lo sapeva lei, che quello che stava per succedere in quell’infermeria sarebbe stato fuori da ogni sorta di controllo.

-         Me lo auguro. Complimenti comunque, sei davvero in forma. – mi congedò ridendomi quasi in faccia.

La giornata era decisamente di merda.

Raggiunsi Beth fuori  e andammo verso casa di Rich. Mentre camminavamo, Beth, timidamente, cercò la mia mano e la intrecciò alla sua. Era mattino presto, nessuno ci avrebbe notato, ma quel contatto fece quasi più piacere a me che a lei.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13- Ritrovarsi ***


capitolo 13

 Angolo autore: Ciao, scusate per la poca azione in questo capitolo, ma avevo bisogno di un capitolo un tantino pù riflessivo, possiamo chiamarlo così? Spero di esserci riuscita, ma sono un tantino dubbiosa, quindi, nel caso fatemelo sapere. Ora vi lascio alla lettura. Il prox sarà un pò ansiogeno, temo. Ciaooo

Capitolo 13- Ritrovarsi

- Beth-

Quel giorno iniziò a nevicare.

Era una cosa nuova, forse il freddo avrebbe rallentato ulteriormente i vaganti, oppure era solo una mera speranza di chi – come noi-  si sentiva abbastanza al sicuro.

Mi recai all’ambulatorio nel tardo pomeriggio, non era stata cattiva volontà, ma solamente stanchezza e stress, accumulati per giorni.  Il mio risveglio era stato abbastanza tranquillo, come solito, Daryl, non c’era, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine.

Passai da Rich per un saluto e lo trovai fuori con Carl che stavano mostrando la neve a Judith.

-Quest’anno è arrivata presto!

- Già – convenni con Rich, mentre osservavo divertita Judith

-Vai all’ambulatorio?

Annuii. – Più tardi vieni a farti dare un’occhiata. Dormito qualche ora?

-Mi sembra di non aver dormito così da anni.- mi sorrise lo sceriffo- A dopo!

Tornai all’ambulatorio e trovai la dottoressa Morton con Carol che stavano prendendo un the.

-         Ne vuoi una tazza? – mi chiese Anna gentilmente.

-         Grazie.

Mi sentivo ancora un po’ in imbarazzo per la situazione in cui eravamo stati sorpresi da Carol, ma lei, da donna intelligente, qual’ era, non ne fece il minimo cenno. 

Chiesi notizie di Maggie, e Anna mi tranquillizzò. La febbre stava iniziando a scendere e i segni vitali a migliorare, fu a quel punto che la tenda alle nostre spalle venne tirata e mi trovai di fronte Michonne.

-Potrei avere anch’io, una tazza di the? – mi sorrise.

Carol lasciò che assorbissi la notizia, poi comunicò che l’altra novità della giornata, a parte la neve, era che Michonne era di nuovo in piedi.

Ci salutammo e lei mi abbracciò.

-So che devo ringraziare te se sono viva.

Minimizzai l’accaduto. – Non è proprio così, la nostra squadra di recupero è molto… accurata… nel suo modo di operare.

Mi stavo arrampicando sugli specchi.

Fu allora che Carol ci interruppe, - A proposito, mi stavo scordando, il tuo caposquadra, Logan, mi ha detto che sei stata convocata al campo non appena ti avessi visto. Temo che la vostra “accuratezza” la pagherete per parecchio tempo.

-         Logan esagera. - scossi la testa – Ok, finisco il the, faccio una visita a Maggie e vado.

-         Magari porta Michonne con te, le farai da cicerone. Credo che anche Rich sia stato convocato.

-Grazie Carol – le risposi sconsolata. Le notizie che mi aveva appena dato,  non erano delle più incoraggianti.

La missione a Terminus aveva iniziato qualcosa, che si sarebbe conclusa solo con la liberazione di Glenn e degli altri, ma ne  temevo le conseguenze.
Sorseggiai un altro sorso di the, quando Carol, a tradimento, mi domandò.

- Hai visto Daryl stamattina?

Stavo quasi per affogarmi con sorso appena ingerito.

Tossii per un attimo per riprendere fiato nei polmoni. – No. Perché?

Carol angelica mi rivolse un sorriso.

 - Era solo per sapere, Stamattina non ti ha accompagnata, lui?

Guardai Carol in modo da non lasciare adito e dubbi su quello che stavo pensando, poi andai da Maggie.

Lei stava ancora dormendo, ma la fronte era più fresca e il suo viso era molto più colorito. Avrei voluto provare a parlarle, ma temevo di disturbarla, quindi mi rimisi il giaccone e domandai a Michonne se era pronta per il giro.

La donna samurai, sebbene fosse, al momento, sprovvista di spada, mi seguì sulla neve senza dire una parola.

-         Il campo non è distante. - provai a dire per fare conversazione.

Michonne mi osservò enigmatica per un secondo, poi annuì.

 Per un secondo immaginai come doveva essere andare di pattuglia con lei e Daryl: un silenzio di tomba, e mi venne da sorridere.

Arrivammo al campo. – Questa è la zona di allenamento. Si cerca di mantenere i riflessi attivi…

-         Com’è possibile che questa gente viva così? – mi chiese lei spiazzandomi, essendo ormai abituata al suo silenzio.

-         In effetti, è una domanda legittima. Vedi, questo era un una sorta di quartiere residenziale per le case delle vacanze. E’ stato costruito nel primo dopoguerra e il muro di contenimento, è stato aggiunto in seguito, per far acquisire più valore alle proprietà, di per sé, un po’ datate. Il primo blocco di questo campo è stato costruito così, poi, il lavoro della gente ha fatto il resto. Chiunque abbia un’abilità specifica, qui la mette a disposizione del prossimo e gli altri, chi è troppo giovane o troppo vecchio, aiuta come può.

-         E i recinti esterni?

-         Quelli sono stati eretti dopo gli zombi.  La squadra che ti ha tirato fuori da là è composta da ex militari, ciclicamente la zona viene ripulita e i carpentieri fanno il resto. E’ quasi come essere alla prigione, ma qui è più…

-         Sicuro? Ricordi com’ è finita alla prigione?! – Osservò Michonne.- Avete provocato l’ira di qualcosa di molto pericoloso l’altra notte, spero ve ne rendiate conto.

-         Michonne, chi è quella gente?

La mia amica scosse la testa, quasi non volesse ricordare.

-         Quel posto è comandato da una sorta santone squilibrato, che crede di poter salvare il mondo, ma le sue idee, - fece una smorfia – sono alquanto estremiste, quasi filonaziste. Chi non ritiene adatto a continuare a vivere, per colore, credo o qualunque altra idea che non collimi con la sua, viene torturato o usato per esperimenti non troppo ortodossi. Testano nuovi farmaci sugli esseri umani, come fossero cavie da laboratorio.

Quello che mi stava dicendo Michonne stava ghiacciandomi il sangue nelle vene, come potevano degli esseri umani, con tutto quello che stava accadendo, attuare un simile comportamento con i propri simili?

-Quelli che invece sono degni di sopravvivere, possono e devono continuare a perpetrare la razza umana. Ho visto cose..- si interruppe- Mi auguro che non tu non debba mai vedere quel posto, Beth.

Le parole di Michonne mi turbarono molto.

Notai, con la coda dell’occhio, Daryl che mi osservava attento a ogni mio movimento, all’entrata del campo. Avrei avuto  davvero bisogno di essere stretta fra le sue braccia, in quel momento, ma non potevo.

-Beth! – mi chiamò Earl – come sta tua sorella?

-Meglio, sembra, grazie. – risposi impacciata. - Che succede?

-Consiglio di guerra, sembra.  – Mi rispose Daryl, che si era avvicinato a noi, riprendendo le mie parole in modo ironico e sfiorandomi un braccio, come per sbaglio, come a dire, io ci sono.

-         In effetti – iniziò Earl cauto – Ieri sera abbiamo provocato una qualche, sicura, reazione che non credo si farà attendere, tanto più che sappiamo di cosa sono capaci ora. – aggiunse guardando Michonne in modo eloquente.

Mi strinsi le braccia al busto, nonostante avessi un giaccone pesante, sentivo freddo. Sean mi si avvicinò.

-         Dopo siamo di pattuglia.

-         Siamo? – sussurrai.

-         Non guardare me. La mia squadra è a corto di ben tre elementi, ma abbiamo avuto dei rimpiazzi.

Sean mi diede una pacca sulla spalla e si avvicinò al parapetto dietro di noi, parlottando con Carl. 

- Intensificheremo le ronde vicino al confine. Tutti, ripeto tutti i gruppi operativi saranno impiegati a rotazione per questi compiti. In più, dato che sappiamo bene quante risorse vadano usate ogni giorno, inizieremo anche a perlustrare la zona al di là del fiume,  verso Savannah.  Alcuni di voi, nominerò solo un nome per fare prima, cioè Sean Miller, faranno battute stupide su “Via col vento”, ma continuerò a ribadire fino alla nausea, che la zona è molto calda, e occorre la massima accortezza.

Ci fu un po’ di brusio, dovuto per lo più a Sean che faceva un po’ di folklore, ma si placò in breve.

-Logan, come da sua richiesta, sarà integrato nella squadra bravo alfa, con i miei ragazzi.

Alcuni uomini del gruppo di Earl, diedero un cinque a Logan, ma fu tutto.

-         Il gruppo dei ragazzi più giovani, o almeno - ciò che ne rimane- Dato che sono, gravemente a corto di organico, sarebbero stati riassegnati, ma dopo lunghe discussioni, siamo giunti a un buon compromesso.

-         E cioè? – chiesi senza pensare che avrei aperto bocca.

-         Cioè, Beth, che vi è stato assegnato un nuovo caposquadra e..

-         Io non faccio parte dei gruppi attivi esterni, faccio parte del personale medico, non..

-         Su questa cosa si è a lungo dibattuto Beth, ma il vostro nuovo capo non ha sentito ragioni. Quindi, occhio, e fattene una ragione.

Sospirai e andai da Sean.

 - Si sa almeno chi sia questo nuovo vessatore?

-Non chiederlo a me. Ma ho un terribile sospetto.

Fu come una lampadina che si accese nella mia testa, un barlume di consapevolezza, poi lo vidi avvicinarsi, col suo maglione verde e i suoi occhi di ghiaccio.

Lo presi da parte.

-Sei impazzito? – riuscii a sussurrargli.

-Perche’? Te lo avevo detto che non potevo continuare così, adesso ho la certezza di sapere dove ti trovi, cioè, con me.

-         Tu sei pazzo, ora ne ho io la certezza! E nessuno sospetterà nulla su noi due, immagino.

-         Sono il tuo caposquadra, Beth. Punto. – disse serio.

-         E tu credi. - gli dissi bloccandolo, - Che io ti obbedirò solo per quello?

Daryl mi osservò divertito.

Solo allora realizzai, che lo stavo trattenendo con la mano sul maglione.

Era più forte di me, ogni volta che eravamo vicini, cercavo disperatamente, il contatto con lui.
Quindi, avvicinandosi, mi sussurrò a un orecchio, in modo malizioso.

- La’ fuori, nel mondo reale, comando io. Appena varcato quel cancello, sono a tua completa disposizione.

Lo odiavo quando si comportava così, ma ero perdutamente innamorata di lui e quegli occhi chiari nei miei, e quel sorriso così sincero, anche se un po’ strafottente, mi avrebbero convinto a fare qualunque cosa.

E lui lo sapeva.

Al diavolo!

Finsi di spingerlo per allontanarlo da me, poi dissi più forte – Ti odio, profondamente!

Daryl si fece serio - Anche io! Sempre.

E mi fece un cenno col capo, ma i suoi occhi tornarono a essere indecifrabili e comunicò all’intera squadra.

 – Tra un’ora vi voglio qui sul piazzale antistante al cancello. Verrà anche Rich.

Sean mi passò accanto. – Lasciate ogni speranza o voi che entrate…Vai da tua sorella?

Annuii senza pensare.

-         Ti accompagno.

-Daryl-

Lasciai Beth in compagnia della sua fedele ombra. Non ero geloso di Sean, o almeno, era quello che mi raccontavo, anche perché sapevo che sarebbe stato molto più adatto per lei. Ma le cose erano andate in modo diverso, e lei provava per me qualcosa che neanche io riuscivo a spiegarmi, perché sentivo la stessa cosa. In quel momento mi augurai che lo avrebbe capito anche Maggie, una volta che lo avesse saputo.

Ora, capivo che avrei dovuto, almeno per correttezza, provare a raccontarlo a Rich, anche se non avevo idea di come l’avrebbe presa, era come un fratello per me, e non potevo lasciare che gli riferissero voci, anziché cercare di spiegarglielo.

Tutte le mie elucubrazioni furono interrotte da Michonne.

-Ehi!

-Ehi! Come stai?

-Meglio, grazie a voi!

-Io non c’entro quasi niente, dovresti rivolgerti a quell’incosciente laggiù, che sta accompagnando Beth.

Michonne mi stava studiando. Lo capivo da come mi squadrava.

-Sei cambiato.

-Ah si? – chiesi senza mostrare interesse.

-         Posso farti una domanda?

Da quando ero in quel posto, diffidavo di chiunque iniziasse una frase in quel modo, soprattutto perché, ogni volta che accadeva, l’oggetto del contendere erano i miei sentimenti.
Possibile che, riguardo a Beth, fossi diventato così trasparente?

-         Dipende. Cosa vuoi sapere?- ero teso.

-         Esattamente, cosa sta accadendo tra te e Beth? L’altra notte ero sveglia e oggi, vi ho osservati.

Ci pensai per una frazione di secondo. Michonne era un’amica ed era inutile negare a quel punto.

-         Cosa vuoi che ti dica? – le risposi senza guardarla in faccia.

-         La verità per cominciare.

Restai in silenzio. Non avevo la forza per argomentare qualcosa che nemmeno per me era semplice da ammettere, figurarsi parlarne.

-         E’ complicato...- provai a dire.

-         La ami davvero? – chiese Michonne spiazzandomi.

Annuii piano, guardandomi la punta delle scarpe.

Michonne rimase in silenzio.- Siete fortunati, con i tempi che corrono. Vedi di non rovinare tutto.

Annuii di nuovo. – Darei la mia vita per lei.

-Lo immagino, conoscendoti. Ma prova a conservarla. Adesso hai delle responsabilità, la sua sicurezza è una delle prime. E ricorda sempre che, anche solo una tua parola storta, potrebbe distruggerla. Ti guarda in un modo…

Annuii di nuovo, senza sapere cosa poter dire a Michonne, ma lei mi anticipò.

-Sta arrivando Rich.

-Ehi Daryl! Michonne! Allora sarò dei vostri? Felice che tu me lo abbia chiesto, come ai vecchi tempi, quindi.

-Felice di sentirtelo dire, fratello- Lo dissi senza pensare, come fosse una cosa naturale. Rich ed io eravamo legati da qualcosa di molto più forte, rispetto a una semplice amicizia.
Rich parve toccato dalle mie parole, ma cercò di nicchiare.

       - Come sono i ragazzi? Voglio dire, la squadra, il capo, per ora non sembra male. – scherzò lui.

-Stanchi e pieni di buone intenzioni. Te la senti?

-Andare di pattuglia? Non vedo perché no. Vediamo almeno di renderci utili.

Andammo verso il cancello, al luogo del randevouz con il gruppo e trovammo Willie.

-Quatt’Occhi! Che ci fai qui?

-Non siamo a rapporto?  

-Ma non avevi la febbre?

-Sto bene. Davvero. Dov’è Sean?

-Credo sia con Beth. Arriveranno presto, suppongo.

Willie mi guardò e annuì con aria complice, poi aggiunse.- Lascia che ti dica una cosa, - non per vantarmi ma sono un grande osservatore – e, secondo me, fra quei due potrebbe nascere qualcosa da un momento all’atro. Se conosco Sean, a breve farà una mossa.

Mi augurai con tutto me stesso, per l’incolumità fisica di Sean, che non provasse a fare un’altra mossa come quella al campo di tiro, non mi andava di mandarlo in infermeria per almeno un mese con le ossa rotte, ma se non altro Willie non aveva capito un tubo, quindi non era così facile leggermi come temevo.

- Mmmm.- Risposi come per non dare importanza alla cosa e cambiare discorso. - Questo è lo sceriffo Grimes. Rich questo è quattr’Occhi, cioè Willie.

Rich si presentò a quel Grande Osservatore che era Willie, mentre io gli comunicai di tenerlo d’occhio, perché aveva una mira davvero imbarazzante.

In quel momento Beth e lo Stronzetto si fecero vivi.  Lei sembrava più tranquilla.

-Maggie? – le chiesi.

-         Si è svegliata. – mi rispose lei felice. – E’ ancora sotto sedativi, ma la dottoressa confida che prestò potrà alzarsi.

- Quindi stasera non tornerai a casa? – chiesi sovrappensiero, quasi come un fidanzato in ansia.

Omioddio cosa stavo andando a pensare.

Beth doveva aver pensato la stessa cosa, ma fortunatamente, mi venne in aiuto.

-         Tranquillo. Non ti lascerei mai senza cena. Tanto lo so che è quella che ti preoccupa. E’ una vera seccatura dover condividere dello spazio con te! A maggior ragione ora che sei, pure, il mio caposquadra.

-         Tu si che mi conosci! – la imbeccai- Ora muovi il culo, Biondina, siete in ritardo.

-Beth-

Camminammo per un paio di miglia senza avvertire la minima traccia di vaganti. La nostra, era soltanto una missione perlustrativa e di ricognizione, quindi non eravamo particolarmente attrezzati.
Alla fine ci imbattemmo in un paio di casette mono famigliari. Probabilmente erano già state razziate, ma tentare, non ci avrebbe fatto male.

-Vado con Rich! – Annunciai spiazzando Daryl incredulo.

-         Ok! Accomodati. Voi due con me.

-E così adesso tiri con la balestra - mi chiese Rich per fare conversazione.

-Si. Più o meno, Anche se alle volte non ho la minima idea di come faccio a colpire qualcosa.

-Ti ha insegnato Daryl?

- Quando siamo fuggiti dalla prigione. Siamo rimasti insieme per qualche tempo e, per alleviare il terribile fastidio di avermi appresso, mi ha insegnato qualcosa.

-         Perché dici così?

- Così come?

-         Terribile fastidio. Dubito che Daryl ti abbia mai considerato in quel modo. E’ eccessivo. 

Mi fermai. Eravamo nel soggiorno della casetta e avevamo trovato poco e niente durante la perlustrazione. - Hai mai passato un’ intera giornata con uno che non ti rivolge la parola? Che ti risponde a grugniti? Io si. E ti posso assicurare che sono state ore interminabili.

-E’ un po’ migliorata, poi?

Sorrisi più a me stessa che a lui. – Direi di si, anche se andare d’accordo con Daryl..è complicato.

-Complicato? – mi sorrise. - Un po’rude, forse.

-         Forse?

Ci squadrammo e poi scoppiammo a ridere entrambi. – Vado a controllare di sopra.

- Io in cucina. Beth. Fai attenzione, ok?

-Sempre. L’ho promesso.

Non so perché glielo dissi, ma era vero.

 

Salii al piano di sopra puntando la balestra a ogni angolo. La camera padronale era completamente a soqquadro, ma entrai comunque. Nei comodini trovai una scatola di munizioni per una semi automatica e ben due pacchi di biscotti nascosti in un armadio.

Chi diavolo nasconderebbe del cibo in un armadio?

Nel bagno mi trovai, faccia a faccia, con la risposta. Una grassona zombi di quasi due quintali, tentò di aggredirmi, ma riuscii a fermarla con un colpo preciso.

Il tonfo che provocò la caduta del corpo, richiamò Rich al piano di sopra.

-Tutto bene?

Annuì tesa. – Non mi rimane che controllare le altre due camere. Mi fai compagnia?

Alla fine il bottino non fu molto entusiasmante, ma eravamo vivi, e questo era già un buon risultato.

Ci ritrovammo sul retro delle case, con gli altri. Vidi Daryl con un lungo taglio su un braccio e la mia apprensione nei suoi confronti, non mancò di manifestarsi. – Cosa ti è capitato?

-C’era un chiodo sporgente…- iniziò Sean.

-Uno stupido chiodo arrugginito.. Niente d’importante.

-Sei il solito incosciente, coglione.  Hai una vaga idea di come sia la morte per tetano?

Intanto avevo estratto dal mio zaino il kit di pronto soccorso e stavo preparando l’iniezione con il richiamo per l’antitetanica.

 Daryl mi puntò il dito contro, cercando di prendere le distanze da me.

       - Dove avresti intenzione di conficcare quella cosa?

 Sorrisi divertita. – Hai due scelte caposquadra. O mi porgi il braccio volontariamente o ti faccio bloccare da questi baldi giovani e te la faccio con le cattive.

Daryl sbuffò e s guardò intorno cercando alleati. Non trovandoli, neanche in Rich, mi porse il braccio.

-         Da quando ti conosco non fai che seccarmi.

- Ah davvero? – chiesi infastidita, mentre gli facevo l’iniezione.  –Lo terrò a mente!

Daryl sbuffò ancora e cacciò un’occhiataccia a Sean.

- La prossima volta che provi a parlare non interrogato, faremo un altro discorsetto come quello al campo.

Continuammo a camminare nel folto della boscaglia. Alla fine ci ritrovammo davanti a un capanno molto simile  a quello che avevamo bruciato Daryl ed io, una vita prima, ormai.

-Ragazzi, lì dentro ci sarà, sicuro, del whisky di contrabbando. Buttiamoci.- esordì Sean con rinnovato entusiasmo.

Daryl ed io restammo muti, entrambi stavamo pensando a quella famosa notte in cui, per la prima volta, avevamo parlato davvero, e ci eravamo toccati, metaforicamente parlando, l’anima.

-Ragazzi, quella roba era illegale prima, e, per quello che mi riguarda anche ora, e, in più,  potrebbe rendervi ciechi, cosa vi fa pensare che ci farei mai avvicinare? – esordì Rich.

 Daryl ed io ci guardammo complici. – Meglio bruciarla. – disse lui.

-Gia’. – gli feci eco.- Posti come quello, meritano una fina del genere, ma un’altra volta. Ora sarebbe meglio non dare indicazioni su dove ci troviamo.

 Ci allontanammo dal capanno. Sean ed io aprivamo la fila, e Sean tornò alla carica. 

– Senti Beth, mi domandavo, quando Maggie starà meglio, dici che potremmo vederci una sera?

Notai con la coda dell’occhio Willie che dava una gomitata a Daryl che ci tallonava da vicino.

-In che senso?- finsi di non capire.

-Bè un appuntamento è un po’ troppo, so che al momento, non vuoi coinvolgimenti di quel genere, ma se per caso avessi voglia di farti un giro. Vorrei conoscerti meglio, tutto qui!  

Mentre Sean faceva la sua mossa, Daryl ci superò sburlonandolo.

 - Cerchiamo di non fare notte, qui. Vorrei tornare al campo prima che cali il sole, ragazzino. Per invitare le ragazze ci sono modi e tempi diversi.

Risi e lascia cadere il discorso di Sean.

A volte Daryl dava quasi l’impressione di essere geloso, e la cosa non poteva far altro che lusingarmi, ma prina avesse chiarito le cose con se stesso e il mondo prima sarebbe stato meglio.

-Daryl-

Provarci con Beth sotto il mio naso era troppo. E così ero intervenuto, ma non potevo continuare così. Lei era stata chiara con Sean, ma lui era un tipo paziente, e non avrebbe ceduto. Tutti i miei propositi andavano a farsi benedire, ma cosa avrei potuto fare diversamente?

Rientrammo senza molto da segnalare, mentre il gruppo di Earl aveva notato parecchio movimento verso Terminus. Non mi piaceva, ma non c’era niente da fare al momento. Liberai i ragazzi e Sean si offrì di accompagnare Beth da sua sorella.

Nessuno poteva immaginare quanto ne fossi felice!

Beth mi salutò e mi avvisò che sarebbe tornata entro un’ora a casa,  mentre io, avrei dovuto andare da Earl per fare il mio rapporto.

Rich si offrì di accompagnarmi.

-         E’ dura avere tutte queste responsabilità?  

-         E’ una seccatura. Non che ti proporresti come capo del gruppo? Mi toglieresti un bel peso.

-         Te la stai cavando magnificamente, perché dovrei farlo?

-         Perché sei tu il Leader. Lo sei sempre stato. Io posso solo tentare di emularti.

Rich scosse il capo.- Daryl se ti hanno dato l’incarico, vuol dire che si fidano di te e delle tue valutazioni. Non dubitare di te stesso, proprio ora.

Minimizzai ma le parole di Rich mi avevano fatto un enorme piacere.

-Come ti sono sembrati i pischelli?

-         Simpatici. Un tantino avventati, ma simpatici. Beth è cambiata. E’ diventata sicura di sé, decisa, nelle sue scelte. Sembra passato un secolo da quando eravamo alla prigione, poi c’è qualcos’altro che non riesco a definire. Probabilmente ci vorrebbe la perspicacia di una donna per capire. Tu come la vedi?

-         Già, Beth è cambiata. – ammisi mio malgrado. - In meglio, spero.

-         In meglio, certo, E’ una donna ormai. E non ti sei fatto domande? Magari si è innamorata. C’è quel ragazzo nella squadra, Sean. magari…Può capitare.

-         Già. Può capitare. Ma Sean non è il tipo giusto per lei.

-         Daryl – fu a quel punto che Rich mi inchiodò – Non sei mai stato una persona particolarmente loquace, ma stai esagerando ora. Cosa c’è? E non dirmi niente perché a questo punto non ci crederei. Quando parliamo di Beth cambi atteggiamento e non ci vuole un grande osservatore per capirlo. Che succede?

Non riuscivo a guardare Rich in faccia, quindi continuai a camminare guardando davanti a me.

-E’ complicato.

-Prova a renderlo semplice.

Intanto eravamo arrivati alla casetta che dividevo con Beth. Lei non era ancora tornata.

-Vuoi un po’ di caffè?

Rich mi seguì in casa e si guardò intorno curioso.

Realizzai tardi, che Rich era un - ex- poliziotto, e avrebbe potuto fare due più due, solo con un’ occhiata alla stanza, ma in quel momento ero troppo concentrato su me stesso per accorgermene.

La tavola era apparecchiata per due - segno che Beth era passata di lì, prima di tornare da Maggie- e c’era un biglietto sul tavolo.

Non vi diedi molto peso perché il mio primo pensiero fu di far sparire la mia camicia dalla porta della nostra camera e gettarla nella mia ex stanza.

Fu allora che mi misi a cercare il caffè solubile, e mi accorsi che Rich mi guardava strano. In  quel momento notai che teneva in mano il biglietto di carta che avevo totalmente ignorato. Il mio cuore accelerò.

-Sicuro che non c’è niente di cui vuoi parlare, e cito, “ Tesoro mio”?

Ero alle corde. – Sapevo che avrei dovuto trovare il modo di parlartene prima.

Rich si buttò sulla poltrona. – Non ci credo! Davvero, non ci credo. Tu… non …Ma com’è successo? Voglio dire non mi fraintendere, non che sia una cosa sbagliata…

-Io capisco – iniziai cauto – che è una cosa assurda, che non avrei nemmeno dovuto pensarla, nemmeno per sbaglio, neanche per un momento…ma è accaduto piano piano, e poi ce ne siamo resi conto entrambi… e non potevo più ignorare che le cose erano cambiate..

-Daryl, calma.- mi bloccò Rich – Tu la ami?

Ascoltai la sua domanda senza capirla.

 -Perché, date le circostanze attuali, è tutto qui. Tu la ami? Perché se è così nessuno può biasimarvi o giudicarvi. E dalla tua espressione non credo che sia qualcosa di così effimero da minimizzarlo. Vi ho osservati là fuori, siete distaccati al punto giusto, e per chi non vi conosce, sarebbe impossibile indovinare, ma il modo che avete di guardarvi.. Io guardavo Lori nella stessa maniera.

Non sapevo cosa dire. - Allora la vuoi questa tazza di caffè?

-Decisamente si, fratello.

Chiacchierammo per almeno un’ora del più e del meno, era bello poter parlare con qualcuno, anche di Beth. Fu in quel momento che lei rientrò.

- Beth-

 Rientrai un pò più tardi e trovai Rich e Daryl a casa, che bevevano caffè.

Si zittirono non appena varcai la soglia.  Rich a quel punto, mi abbracciò e disse che si era fatto tardi.

– Ottima scelta, niente da dire, Beth. Trattalo bene, è un po’ cocciuto, ma non è cattivo.- aggiunse allegro - Ci vediamo domani, buona serata ragazzi. Daryl.

-Non ci credo. Glielo hai detto. – esordì Beth quasi sconvolta dall’idea.

-Già. Anche se non lo avessi fatto aveva già letto il biglietto che mi avevi lasciato sul tavolo, e a quel punto era difficile negare.

- Ecco perché...-osservai, delusa dalla sua risposta.

- Lo avrei fatto, comunque. A proposito cosa avevi scritto su quel foglio? Alla fine non so dove sia finito.

-Davvero? Giusto. Scusa, ma non pensavo che Rich sarebbe venuto con te…

-         Ormai non ho più alibi, non posso rinnegare quello ce c’è fra di noi..

-         Dobbiamo solo dirlo a Maggie – gli dissi mentre gli andavo a sedere in braccio.

-         Che c’era su quel biglietto?

Mi venne da ridere. – Vediamo, c’era scritto: Tesoro mio, scusa se oggi ti costretto a fare un antitetano, minacciandoti, ma avevi passato il limite e.

-E?

-Mettiamola così, se Rich avesse avuto qualche dubbio, il resto del mio messaggio, non gli avrebbe lasciato nessuna perplessità.

-Dio mio, ti ho portato proprio sulla via della perdizione.- scherzò lui

-Magari sono stata io.

- Ne dubito - disse scettico - Ma puoi sempre tentare.

Mi alzai dalla poltrona. – Che ne diresti di mangiare qualcosa?

-Ci sto.  Cucini tu, però, l’ultima volta non sono stato apprezzato abbastanza, per la mia prestazione culinaria. 

Mi fece ridere, ma alla fine aiutò. 

Erano rari i momenti in cui Daryl era davvero sereno, ma notavo, che ogni volta che stavamo insieme, non emergeva quasi per niente quell’uomo distaccato e freddo che avevo conosciuto alla fattoria.

Quella sera andai a dormire più serena anch’ io. Daryl era davvero stanco, la tensione accumulata durante la ricognizione, unita alle poche ore di sonno di quei giorni, lo avevano totalmente spossato, e gli si leggeva in faccia. Restai sotto le coperte e lui mi cinse la schiena, respirando l’odore dei miei capelli.

Ero lì, fra le sue braccia, il mondo ci aveva regalato un altro giorno insieme e, pregavo Dio, di darmene ancora molti da passare con lui.

-Daryl?

-Mmmm.

-Dormi?

- Mmmm..Quasi…- rispose assonnato.

- Mi faresti un piacere?

-Mmm.

-Mi ascolti?

-Si. Sei peggio di Carl quando ti ci metti.

-Domani mattina sveglieresti anche me, quando ti alzi? Sono stufa di ritrovarmi qui sola.

 Sentii le sue braccia stringermi di più. – Farò di meglio, domani svegliami tu, ok?

-Ok. - sorrisi a quella risposta.

-Posso chiederti una cosa anch’ io?

-Quello che vuoi, Cucciolo.- risposi sincera, ma non so perché lo chiamai così.

Daryl era la virilità in persona, ancora dovevo abituarmi alla nonchalance con cui si spogliava quando dormivamo insieme, oramai ogni notte, senza comprendere appieno quello che provocava in me, ma alle volte, quando lo spiavo addormentato sul cuscino accanto al mio, rivedevo in lui i lineamenti del ragazzo che era stato, e mi comunicava tanta tenerezza.

-Non chiamarmi mai più cucciolo, nel dormiveglia. La cosa in sé può anche risultare carina, ma, conoscendoti, saresti capace di sbagliarti e chiamarmi così anche al campo…il mio amor proprio non lo sopporterebbe.. e credo che sarebbe un duro colpo per il mio ego. In più – disse mentre si girava verso di me, - Come ti ho già detto una volta, non sono un cucciolo abbandonato, sono una persona adulta che…

Lo baciai per zittirlo. Era un metodo che funzionava, lo avevo appurato.

-...         Una persona adulta che non può contare su nessuno, mai in nessun caso?

Daryl rise, – Guarda Biondina, che sei davvero nei guai, ora. Avevo trovato un libro interessante nella casa che abbiamo perlustrato oggi, ma se continui così…

-No. Ti prego, Daryl. Un libro nuovo, sono curiosa.- dissi eccitata dall’idea di avere per le mani qualcosa che non avevo ancora letto. - Ti prego… - gli dissi mentre cercavo di impietosirlo riempiendolo di baci.

-Visto che sei tu…credo che per questa volta.. – e mi consegnò il libro. Una copia rilegata di Anna Karenina.

Era un libro che avevo avuto tra le mani molte volte, prima, ma che non avevo mai avuto la voglia di leggere, forse era quell’incipit sulle famiglie che mi bloccava.. Ma ora le cose erano davvero cambiate.

-Non è male- mi disse Daryl.

-         Lo hai letto? – gli chiesi sorpresa. Non perché lo credessi poco propenso alla lettura, ma avevo sempre creduto quel libro, poco adatto a un uomo.

- Per chi mi hai preso, Ragazzina? Uno stupido bifolco cresciuto fra le pannocchie?- naturalmente scherzava – Poi si fece serio e si rabbuiò. – Di questo libro ho un ricordo molto chiaro. Era una giornata particolarmente brutta a casa, io avrò avuto poco più di una decina d’anni. Merle – al solito – non c’era, e mio padre era tornato a casa ubriaco, di pessimo umore con parecchia voglia di menar le mani. Mi chiese dove fosse mio fratello, ma io non lo potevo sapere, e allora tirò fuori la cinghia e me le diede di santa ragione. Quando si stancò, addormentandosi sul divano, io sgattaiolai fuori in veranda, con questo libro. Avevo la schiena a pezzi, ma mi imposi di concentrarmi su ciò che stavo leggendo, e così riuscii a superare anche quel momento, nonostante avessi avuto solo una gran voglia di piangere e spaccare tutto.

Daryl aveva segni sulla schiena che erano inequivocabili, non capivo davvero perché mi avesse raccontato proprio quell’avvenimento, poi mi resi conto che era un tentativo di aprirsi con me e lo apprezzai enormemente.

-         Grazie. – gli dissi baciandolo sul naso- Anche per quello che mi hai raccontato.  Lo apprezzo molto.

-Non l’ho mai detto a nessuno..- cercò di giustificarsi.

Quella notte prima di addormentarci, parlammo ancora di tante cose e poi ci addormentammo uno vicino all’altro.
Se quello era l’inferno in terra, con gli zombi e tutto il resto, io avevo trovato il mio paradiso.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14- Destino beffardo ***


capitolo 14

Ciao A tutti! Ed eccomi di nuovo qui. Non avete idea della fatica che ho fatto a scrivere questo capitolo....ma qualcosa doveva capitare, ed eccomi qua.. una vera sofferenza però, poi capirete il perchè.. Vi lascio alla lettura e fatemi sapere cosa ne pensate!!

Capitolo 14- Destino beffardo

-Daryl-  

Quella notte dormii poco e niente. Sognai zombi che volevano uccidermi,  poi Merle, a più riprese, che cercava di dirmi qualcosa, ma era come una richiesta muta. Lo vedevo aprire la bocca, urlarmi in faccia, con fare concitato, ma non avvertivo nessun suono. 

C’era urgenza nei suoi occhi, quasi una supplica, affinchè capissi. 

Ma capissi cosa?

Mi svegliai di soprassalto. Sentivo le gocce di sudore imperlarmi la fronte e scendermi dal petto, la stanza era ancora immersa nel silenzio e nel buio. Per un momento, non capii dove mi trovassi, poi realizzai, e cercai Beth.

Dov’era lei? La stanza era vuota.

-Beth! – la chiamai, accorgendomi che l’ansia stava crescendo.

 Alla fine fu come emergere dopo un’immersione. Aria nei polmoni ormai al limite, e mi misi a sedere sul letto, urlando il suo nome.

-Daryl? Tutto bene? – mi chiese, piano, visibilmente spaventata. La sua voce aveva un potere calmante su di me.

La abbracciai come ad assicurarmi che fosse lì davvero con me, e provai a tranquillizzarmi.

-         Scusa. Un incubo, credo. Che ore sono?

-         A occhio e croce, abbastanza presto…non sento ancora nessun rumore provenire da fuori.

Mi rimisi giù cercando di rassicurarla.
– Davvero, non è niente, solo un incubo.

-Daryl?.

Era preoccupata per me, glielo leggevo in faccia.

-Dimmi.

-Stai bene?

-Tranquilla, rimettiti a dormire. Quando ti sveglierai sarò ancora qui con te. L’’ho promesso, ricordi?

Beth si riaddormentò, ed io andai in bagno. Fuori era buio e la neve continuava a cadere. Mi lavai gli occhi con dell’acqua fresca e mi osservai, di rimando, dallo specchio davanti a me. Avevo due occhiaie profonde e gli occhi febbricitanti.  Se si fosse accorta che, probabilmente, avevo un po’ di febbre, mi avrebbe segregato in casa fino a primavera, quindi presi un’aspirina e tornai in camera.

Mi raggomitolai vicino a lei e provai a dormire qualche altra ora.

Mi riaddormentai e stavolta, il mio, fu un sonno davvero pesante, perché mi accorsi a malapena di Beth che mi dava il buongiorno.

-         Buongiorno – le risposi di rimando.

-         Come va? – mi disse lei passandomi una mano sui capelli in disordine.

-         Bene, davvero. E’ stato solo un incubo. Capita, credo.

-         Ti va di mangiare qualcosa? Per ora siamo liberi di uscire, ma se continua a nevicare così, dovremo correre ai ripari.

-         Oggi non abbiamo nessun compito specifico, darò una mano a quelli che stanno spalando la neve.- le risposi.

-         Non sarebbe meglio che ti riposassi un po’, caposquadra?

-         Sto bene.

-         Immagino che tu stia bene, ma credo che l’antitetano ti abbia provocato un leggero stato di alterazione…

-         Come fai a saperlo? – chiesi quasi allerta.

-         Pensi che io sia solo una bionda svampita? Ho visto che hai preso un’aspirina e ho fatto due più due. Difficile che tu faccia uso di farmaci, altrimenti.

-         E adesso mi chiuderai in casa…- dissi rassegnato.

-         Non necessariamente. Come mi hai detto tu ieri però, visto che là fuori comandi tu, ora è il mio turno, e oggi, preferirei non ti muovessi di casa.

-         Beth! Non sto così male.

-         Mi puoi fare questo favore?  Non credo di chiederti molto. – mi rabbonì con quegli occhi dolci, che si ritrovava.

Non mi chiedeva un sacrificio enorme, lo capivo anch’io, e in effetti, non mi sentivo particolarmente in forma, ma a spaventarmi era quello che provavo al momento. Nessuno mai, in tutta la mia vita, si era preoccupato per me in quel modo, ed era una cosa del tutto nuova. Merle mi avrebbe detto che, ormai,  ero come una volpe addomesticata, ma se quello che avevo ora, era il prezzo da pagare, lo avrei fatto volentieri, e al Diavolo lui e tutte quelle cazzate sull’essere uomini. Essere un vero uomo non dipendeva da quanto a fondo nascondevi i tuoi sentimenti e da quanto il tuo orgoglio ti poteva strattonare negli eventi della vita.

Mi arresi. – Ok. Oggi starò buono, a casa. Dillo a Rich, però. Non vorrei che Sean, pensasse di avere campo libero. Digli di tenerlo marcato, lui capirà.

-Sean avesse campo libero, per cosa? Non sarai geloso, adesso?

-         E se anche fosse? Avrò pure qualche diritto, o no?

Beth si avvicinò leggera come una farfalla, ma sapevo che la gattina nascondeva unghie molto affilate. Mi diede un bacio sulle labbra che non lasciava molto all’immaginazione, poi aggiunse.

-Qualche diritto, lo avrai quando ti convincerai di poter dire a tutti, di noi due… Oggi voglio provare a parlare con Maggie, ma una volta che lei lo saprà, non avrai più scuse.

 Mi stampò un bacio sulla fronte e mi salutò.

-         Torno verso mezzogiorno per prepararti il pranzo, quindi ti toccherà mangiare qualcosa. Resta in casa, Cucciolo.

-Ti odio! – Le urlai mentre chiudeva la porta di casa e si avventurava in mezzo alla neve, ridendo.

In casa il camino era già stato acceso e avevo la colazione accanto al comodino.

Sospirai e mi ributtati in mezzo ai cuscini. In effetti, l’idea di restare a letto o, almeno in casa, quel giorno, non mi dispiaceva così tanto. Ero stranamente stanco e qualche ora di riposo in più, non mi avrebbe fatto male.

-Beth-

Non mi piaceva l’idea di lasciare Daryl da solo dopo la nottata appena trascorsa, ma dovevo andare da mia sorella.

Vidi Rich che, accompagnato da Carl, andava nella mia stessa direzione.

-         Buongiorno ragazzi.

-         Ciao Beth! Tutto bene?

-         Abbastanza. Grazie. Continua a nevicare. - dissi più a me stessa che a lui, - Immagino che più tardi dovrò procurarmi una pala.

-         Chiedi a Daryl. Non ti manderà in mezzo alla neve con questo freddo - scherzò Rich. Era così rilassante poter parlare con qualcuno con cui non dovevo fingere.
 

-         A dire il vero preferirei di no. L’ho pregato di restare in casa per oggi. Staremo a vedere, quanto mi darà retta.

-         Problemi?- Rich si fece serio. Il nostro gruppo, nonostante tutte le nostre vicessitudini, era sempre molto unito e, Rich era molto legato a Daryl.

-         Non lo so. Per ora la imputo a stanchezza, ma stamattina aveva qualche linea di febbre. Solo una precauzione, tutto qui. A proposito…Daryl mi ha detto d tenere “marcato”, Sean. Se tu hai una vaga idea di cosa significhi?!

Rich ridacchiò.

– Si. So cosa significa. Non vorrei essere io a dirtelo Beth, ma Daryl Dixon è geloso marcio di quel ragazzino. Mai avrei creduto che fosse così dannatamente insicuro con le donne, ma è vero.

-Come se avesse qualcosa da temere…- mormorai fra me e me. – Stai andando all’infermeria?

-Si. La dottoressa mi ha detto di andare a farmi dare un’occhiata e così, ne approfitterò anche per andare a salutare Maggie. Si è svegliata, giusto?

-Già. Ora viene il bello. Dovrò cercare di spiegarle che Glenn è ancora nelle mani di quei pazzi e che le condizioni meteo non ci permettono di fare molto al riguardo, per ora.

-Coraggio.

Restammo in silenzio per qualche minuto. La neve continuava a cadere leggera.

-Rich, tu sei stato là dentro, puoi dirmi cosa ne pensi? Michonne mi ha fatto un quadro agghiacciante..

- Non vorrei proprio parlare di Terminus con te, Beth – fece lui sospirando. - Ci sono cose che non vorrei aver visto nemmeno io. Quei tizi sono fuori di testa! Michonne ed io eravamo stati lasciati, legati a quei pali, a morire perché avevamo aiutato Carl a scappare, la notte del nostro arrivo a Terminus. Maggie posso pensare che fosse stata punita per aver difeso Glenn…Non lo so. Sono solo supposizioni, l’ultima volta che ho visto Glenn eravamo entrambi chiusi in un vagone ferroviario. Saperlo laggiù, solo, non può farmi piacere!

 Arrivammo all’infermeria e trovai mia sorella seduta sul lettino. Le corsi incontro.

-Maggie!!

-Beth! Piccola! Sono così felice di poterti riabbracciare.

Stavo piangendo a dirotto e non riuscivo ad articolare nemmeno una parola, Maggie era lì con me ed era viva.

-Non ci credo. – continuavo a dirle, - non ci credo.

Dopo tutto quello che avevamo passato, tutto quello che era successo sia  a me che a lei, ci eravamo ritrovate. Nostro padre, ne ero certa, aveva vegliato su di noi costantemente.

-Come stai? – Provai a domandarle.

-         Meglio, ora. Bene, Ora che so che tu sei viva! Dov’è Glenn?

-Maggie, non so come dirtelo. Non lo abbiamo trovato. Siamo riusciti portare in salvo solo te, Rich e Michonne.

Maggie scoppiò a piangere e la dottoressa intervenne dandole un calmante.

Potevo solo provare a immaginare come mi sarei sentita io, con Daryl prigioniero chissà in quali condizioni.
Il mio cuore era davvero pesante.

Tornai nell’atrio dell’infermeria, dove Carol, stava togliendo i punti a Rich.

-Come stai?- Mi chiesero in ansia.

Mi asciugai le lacrime alla meglio. – Dobbiamo ritrovare gli altri. Neve o non neve. Non appena Earl tornerà con la squadra devo parlargli.

-Conta su di me.- mi rispose Rich. Gliene fui grata

-Posso scambiare due parole con voi? – Ci disse grave la dottoressa- Ho i risultati degli esami del sangue di Rich, Maggie e Michonne.

- E?

-         Nel loro sangue c’erano evidenti tracce di efedrina e metanfetamina.

- Vuol dire che ci hanno drogato?

-Si. E anche in modo abbastanza massiccio.

-Non me lo ricordo. – esordì Rich sconvolto dalla cosa.  – Ma come?

-A questo non posso rispondere. C’erano anche tracce di un’altra sostanza, una sorta di tossina, credo. Il mio laboratorio non si può spingere tanto oltre.

 

A quel punto Willie piombò all’interno.
Era senza fiato e faticava a parlare.

 -         Beth! Sceriffo!

 -         Che c’è Willie? Hai corso la maratona? – domandò la dottoressa scherzando

Ma Willie, ed io lo conoscevo abbastanza bene, non stava scherzando

- Wil, che succede?

-Zona ovest. Sean è di guardia. Ha notato nella boscaglia un riflesso strano, ha controllato col binocolo e ha avvistato un gruppo armato. Saranno almeno in dieci. – la voce di Willie tremava.

Era spaventato, lo ero anche io.

-Earl? – chiese Rich

-         Fuori per almeno due giorni, spedizione al di là del fiume.- Gli risposi io, conoscendo la turnistica, - per tenere d’occhio Daryl - meglio di chiunque altro.

- Carol?

-Piano di evacuazione. Anna ed io porteremo via i bambini, le donne e i vecchi. Conosci tutto il piano, Beth?

Annuii.

 -         Willie, passami il tuo walkie talkie.

Lo presi dalle sue mani tremanti e lo portai alla bocca. Conoscevo il codice: Sean lo usava per comunicare qualunque cosa.

 –Alfa Delta due, passo. Aquila, mi ricevi?

Rumori metallici e scariche elettrostatiche. – Qui alfa delta due, Passo. Avanti Falco.

-Situazione. Ripeto, Situazione.

-         Saranno una decina di Hobbit, armati fino ai denti e stanno penetrando nel perimetro più esterno, Passo. Sicuramente ostili, sto aspettando il rapporto di Lince, ma non la vedo bene! Che faccio? Li fermo? Passo.

 - Puoi spiegare anche a noi? – chiese un Rich irritato, a Beth, che ancora stava parlando.

 Fu allora che intervenne Carl spiegando a suo padre il nostro codice interno, molto diverso da quello del gruppo di Earl.

-Non è difficile, Papa’ - spiegò Carl – Hanno tutti dei nomi in codice, presi dal “ signore degli anelli”per identificare le minacce.  Gli Hobbit sono uomini, i Nazgul gli erranti. E via così.

-Tanto per semplificare le cose, - disse Rich spazientito. 

Intanto Willie mi aveva passato una balestra e un auricolare.

-Wil, ascoltami. La tua mira non è delle migliori, quindi aiuterai Carol, Carl e la dottoressa a ripiegare nella zona più interna. Ricordi la battaglia del fosso di Elm?

-Aspettiamo gli Elfi, barricandoci all’interno della zona fortifica?

- Mi sa che stavolta dovremo cavarcela senza Earl.

-Falco, passo. Qui Aquila. Non voglio farli arrivare alle mura di contenimento, Lince è già in posizione. Aspettiamo te, Opossum e Capitan America.

-         Roger.Ma Opossum si ritira, ed è meglio anche per noi considerando come tira.  Capitan America, non è qui,quindi dovremo arrangiarci.  Vi raggiungo con Rich!

-         Posizione, tre, bravo, charlie. Ok Falco? passo e chiudo.

Rimediammo un fucile d’assalto per Rich con un silenziatore sul retro dell’ambulatorio.

-Willie, aiuta a sgombrare e vai a casa mia, chiama Daryl e digli di difendere le mura con le sentinelle interne. Rintracciate Michonne.

Carl tentò di protestare, ma Rich fu, giustamente,  irremovibile.

-         Anche tu dovresti andare con i feriti. – mi disse alla fine.

-         Perché?  So usare una balestra e non sono di vetro. Non mettertici anche tu, Rich, ok?

Ci appostammo dove ci aveva comunicato Sean, abbastanza in fretta, e dopo circa mezz’ora, li vidi.
Procedevano tentoni fra le baracche ormai quasi vuote del recinto più esterno, lasciando varie impronte sulla neve. 

Sentì gracchiare il mio auricolare, poi Sean.

-Siamo appostati al mio segnale scatenate l’inferno.

Alle volte credevo davvero di vedere in Sean, l’uomo che sarebbe stato, altre, lo reputavo, come ora, un coglione. Che bisogno c’era di usare una frase come quella o chiamare Daryl, in codice, Capitan America.
Se solo Daryl lo avesse saputo! 
Daryl... pensavo a lui in quel momento, al fatto che, forse, non lo avrei più rivisto.
Dovevo evitare, con ogni mezzo, che quei tizi arrivassero nel cuore del nostro campo.

-Cercheremo di utilizzare il fattore sorpresa? – mi chiese Rich, richiamandomi alla realtà.

- Già. Se puoi, colpisci alla testa, non vorrei trovarmi problemi dopo.

Uno egli uomini a terra cadde colpito da una delle frecce di Sean. 
Lince, al secolo, conosciuta meglio come Emily – unita al gruppo delle riserve –eliminò un altro tizio. Si stava dimostrando brava.

Centrai anch’io uno degli assalitori, ma fui individuata. Iniziò così una gragnola di colpi nella nostra direzione.

- Daryl -  

Dovevo essermi addormentato, quando qualcosa mi fece svegliare di soprassalto. Era una sensazione o era stato un rumore? Fu a quel punto che Willie fece la sua irruzione in casa.

Lo guardai senza capire, poi lo incitai a parlare.

-         Vai al muro di contenimento e organizza una linea di difesa, siamo sotto attacco.

-Dov’è Beth?

Il pensiero che ci stessero attaccando e che lei non fosse lì con me…mi terrorizzò.  

Sean, Beth, Rich e Emily sono rimasti là fuori  a fermarli, è stata lei a dirmi di venirti a chiamare, e organizzare la difesa interna.

Guardai quattr’Occhi, duro. Non era colpa sua, certo, ma in quel momento non stavo ragionando serenamente. 

Era più esatto dire che non stavo ragionando.

-         Non è lei che può dirmi cosa posso o non posso fare.

Afferrai la balestra e mi precipitai fuori. L’aria era ghiacciata, ma iniziai a sentire gli spari in lontananza.

 Non stavo correndo, volavo.

Arrivai tardi.

La scena che mi si parò davanti era la più catastrofica che avrei mai potuto immaginare.

Sean, Rich, Emily e la mia Beth erano stati radunati sul piazzale innanzi alla recinzione in pietra, attorno alle nostre case.  Erano stati fatti inginocchiare e tenevano le mani sollevate sopra la testa.

Sean aveva un taglio sulla tempia, da cui fluiva abbastanza sangue. Beth era vicina a Rich. Da dove mi trovavo,  non riuscivo a decifrare la sua espressione.

Un tizio col fucile, spinse Rich in avanti e poi si rivolse a “noi” al di qua, del muro.

-Non vogliamo fare del male a nessuno…

 Certo, come no.

Uno degli scagnozzi dietro di lui rise a quella frase e posò una mano sulla spalla di Beth. Trattenni il respiro.  Se solo l’avesse sfiorata io….
La mia mano, senza che me ne accorgessi, andò a cercare il mio coltello.

Il primo tizio continuò. – Ma voi altri non vi siete poi comportati così bene nei nostri confronti. Cioè, venite a casa nostra, trafugate “cose” che non vi appartengono, e uccidete due dei nostri, senza contare altri quattro che sono finiti all’ospedale. E ora noi abbiamo altri tre morti, cosa dovremmo dire.?!?!

Il silenzio che ne seguì mi gelò il sangue, il tizio vicino a Beth continuava a girarle intorno. La guardava con troppo interesse e la cosa non mi piaceva per niente, fu allora che si spostò verso Emily.
Le passò una mano fra i capelli, con fare lascivo, poi in un millesimo di secondo e le conficcò un coltello alla base della nuca.
Pregai che Sean non si ribellasse, il bastardo alla sua destra, non aspettava altro.

Vidi il sangue sgorgare dal corpo di Emily che si afflosciò a terra.

Beth tremava, ma cercò di controllarsi.

Carol mi prese per un braccio, trattenendomi.

Il tizio continuò la sua arringa.

-Ora, abbiamo le registrazioni della vostra bella bravata e vogliamo i responsabili del blitz al serraglio di Terminus. Noto che qui davanti a me ho già qualche faccia conosciuta, ma vogliamo anche qualcun altro. Dov’è l’arciere?  Datemi quello che chiedo e mi porterò via solo questi quattro, anzi il poliziotto senza macchia, potrei anche lasciarvelo, non ci interessa. Dipende da voi.

Mi sarei consegnato immediatamente, non avrebbero portato via Beth senza che muovessi un dito.

-Se ti consegni ti spareranno davanti a lei e non ci sarà più nessuno che li tirerà fuori di lì.

Era un rischio. Lo sapevo anch’ io, ma se quel tizio avesse toccato Beth un’altra volta.

Poi vidi che lei diceva qualcosa.

-         La biondina, qui,  dice che l’arciere se n’è andato… Noi le crediamo?

Uno degli stronzi, rimasto indietro, fino a quel momento, le si avvicinò. Aveva un cappuccio in testa tipo Klu klus klan.

Le sollevò il viso e la guardò in faccia.
Trattenni il respiro. Se l’avesse uccisa, molti di loro l’avrebbero seguita quel giorno.

Poi le prese i capelli, tirandole la testa indietro e facendola urlare. Le mise la lama di un coltello alla gola.

-         Allora? – urlò – Arciere…se tieni alla biondina quanto hai dimostrato a Terminus fatti avanti, o, quanto è vero che sono qui, la sgozzerò.

-Daryl.- Sentì la voce di Carol sussurrare il mio nome, ma non l’avrei ascoltata.  

Non ascoltai nessuno di loro.

Beth era in pericolo e se mi avessero anche sparato non appena avessi messo piede fuori, non sarei rimasto lì ad aspettare che le facessero del male.

Uscii dal cancello e gettai la balestra a terra.

-Eccolo qui il nostro invitato! – Disse l’uomo che aveva parlato per primo . – E’ lui?
L’uomo con il cappuccio lasciò la presa su Beth e si diresse verso di me puntandomi un fucile in faccia. Mi osservò deciso. Aveva due occhi freddi, ma che avevano qualcosa di familiare. - Si. 

Guardai Beth aspettandomi l’inevitabile. Lei piangeva, ma non distolse lo sguardo da me. Aveva cercato di salvarmi fino alla fine.

Poi l’uomo davanti a me, mi spinse in avanti e crollai sulle ginocchia.  Sibilò di abbassare lo sguardo, e intanto cercò di spingermi la testa verso terra.

Gli sputai in faccia, o meglio sul cappuccio, e cercai di liberarmi dalla sua presa sul mio braccio.  Guardai Rich che mi fece segno di desistere, scuotendo il capo.  L’incappucciato allora si spostò verso Rich e Beth.

-Ascoltami bene, arciere, credo che tu non abbia capito la situazione. Tu ora farai quello che ti sarà ordinato, se vuoi che il tuo amico sia liberato, la vostra stupida cittadella resti in piedi e la Biondina arrivi sana e salva a un’ altro giorno.

Quella voce. Dove avevo già sentito quella voce? Era contraffatta certo, ma il timbro e l’intonazione...

-Lascia andare anche il ragazzo e la bionda, oltre Rich, e farò quello che chiedi.

Il primo tizio, quello a viso scoperto, colpì Sean, che però non diede segno di cedere di un centimetro, rimanendo immobile.

 -Troppo comodo, arciere.  – Rispose il tipo incappucciato raccogliendo la mia arma da terra. – Le regole le facciamo noi, al momento, e se sei furbo, lo capirai in fretta. Ragazzi è ora di muoversi.

-Sceriffo, questo è il tuo giorno fortunato- disse il tipo col cappuccio, rivolgendosi a Rich - Ti ho scelto come messaggero. Ora tu ti alzerai e tornerai al vostro accampamento. Dirai con la tua gente che se terrete un basso profilo e non interferirete più con gli affari di Terminus, nessuno vi disturberà. In caso contrario, esigeremo un pagamento in vite umane ogni anno. Tutto chiaro? Oggi ci accontenteremo di questo risarcimento. – disse indicando me, Sean e Beth.

Rich ascoltava le parole di quel pazzo maniaco ma non riusciva a distogliere gli occhi da me. Sapevo cosa voleva dire quello sguardo. Sapevo cosa desiderava comunicarmi.

Non ti arrendere, ma non farti ammazzare.

Feci un cenno impercettibile verso Rich e cercai con lo sguardo, gli occhi della mia coraggiosa Beth. 
Era spaventata a morte e, decisamente, provata ma cercava di essere forte. Avrei voluto poter fare di più per lei in quei momenti, ma ero bloccato. Il tizio col cappuccio mi aveva intanto passato un laccio attorno ai polsi e mi stava facendo alzare. Ci trascinarono via da quella che era diventata casa nostra, quasi come bestie portate al macello, ma non era quello che mi preoccupava di più. Sean sanguinava parecchio e Beth, continuava a essere osservata un po’ troppo, da almeno un paio degli uomini che ci avevano catturato.
Mentre mi arrabattavo su questi pensieri, continuavo a pensare a dove avessi mai sentito quella voce.
Sicuramente Merle lo avrebbe saputo.  

-Beth-

Arrivammo ai cancelli di Terminus che era ormai notte. Le fiaccole che illuminavano la struttura incutevano una certa ansia, ma furono gli uomini armati che ci accolsero a spaventarmi davvero. Sean cercava di restare il più vicino a me possibile, ma era Daryl che mi preoccupava di più.
L’uomo col cappuccio lo aveva staccato da noi quasi subito, non appena entrati nella struttura.
Sapevo già che Daryl,  non avrebbe permesso che ci separassero, quindi mi aspettavo guai da un momento all’altro. I miei timori però vennero disattesi, in quanto l’uomo col cappuccio, che ormai avevo capito essere il capo, ordinò di far portare Sean in infermeria e avvicinò me a Daryl.

Lui mi fece un mezzo sorriso, ma sapevo che era teso come una corda di violino.
Il tizio ci scortò lungo un corridoio buio e abbastanza lungo. A ogni passo mi chiedevo quanto stavamo penetrando nel ventre del campo nemico, ma Daryl era ancora con me, e la cosa non poteva che farmi coraggio.

Ci fermammo davanti a una stanza chiusa e il tipo col cappuccio ordinò di entrare.

Mi aspettavo una sorta di angusta segreta, invece, nonostante fosse una stanza senza finestre, era molto confortevole. C’era un letto vero e una stanza bagno con spogliatoio, una sorta di mini libreria, e  due poltrone.

Sembrava un luogo di attesa e riposo.

Sciolse i lacci che mi bloccavano le mani e mi diede dell’acqua. Daryl, al contrario, era stato lasciato in piedi in mezzo alla stanza. Mi domandai se avrei fatto bene a bere un sorso d’acqua,  ma Daryl mi fece un piccolo cenno di assenso, quindi mi arrischiai.

-Laggiù c’è una stanza da bagno – indicò l’incappucciato – Se vuoi andare a rinfrescarti un po’ Bambolina, puoi approfittarne.

Guardai Daryl per avere da lui qualche dritta sul da farsi e lui annuì nuovamente.
Aprii la porta del bagno, come per accertarmi di non trovare sorprese all’interno, poi entrai. La mia idea era quella di sciacquarmi il viso e tornare da Daryl, ma il tipo del Klu Klus Klan fu più veloce e mi chiuse dentro alla stanza.

-Daryl -  

Non avevo la minima idea di quello che sarebbe successo una volta a Terminus, ma, almeno Sean, era stato portato in infermeria per essere medicato e i tizi che ci avevano prelevato,  un po’ troppo interessati a Beth, si erano eclissati come spettri, non appena varcato il cancello.  Almeno un paio di problemi sembravano scongiurati. 

Quello che non capivo era cosa volesse, l’uomo del mistero, da me.

Quel tizio mi conosceva, era come se lo sapessi, ma l'enigma su chi fosse, per me, restava insoluto.

L’incappucciato mi fece cenno di sedermi e, finalmente sciolse anche a me i polsi.

-Tu ti stai domandando chi io sia, non è così?

-L’idea è quella. – risposi cauto.

Finalmente con rapidi e calcolati gesti, pur rispettando una giusta pausa a effetto, si levò il suo assurdo copricapo e io, restai senza parole per almeno un paio di secondi.

-Allora? Non hai niente da dire al tuo vecchio, figliolo?

 Dopo lo shock iniziale, in effetti, almeno un paio di parole, e tutte non troppo gentili da rivolgergli, mi erano venute in mente. Ma in quel momento, l’unica reazione, fu quella di arretrare da lui, di qualche passo.

Mi rise in faccia come se si aspettasse, da me, una gestualità del genere.

Lo detestavo. Lo odiavo con tutta la forza che avevo in corpo e, trovarmelo davanti, quando mi ero augurato, con tutto me stesso, che questa dannata epidemia si fosse portata via almeno lui, con giusta ragione, non faceva che avvalorare la mia tesi, sul fatto, che il mondo facesse davvero schifo.

-Suvvia Daryl! Ancora oggi mi temi così tanto da starmi almeno a dieci passi di distanza?

Lo studiai restando dove mi trovavo. C’era un innumerevole gamma di pensieri che albergavano in me, in quel momento, e nessuno positivo, relativi all’uomo che si faceva chiamare “padre” durante la mia infanzia.

Arrivare a pensare che Merle fosse la normalità, la salvezza, e la sola via da seguire, poneva seri dubbi su ciò che avevo lasciato indietro.   Quell’uomo mi aveva fatto conoscere le pene dell’inferno, quando ancora non avrei dovuto sapere nemmeno cosa fosse la dannazione, e ora me lo ritrovavo davanti.

Il destino era davvero beffardo.

Ero arrivato al punto di pensare che lo avrei probabilmente ucciso, se mi avesse toccato ancora una volta da ragazzino, poi era spuntato Merle, chissà da dove, e mi aveva portato via da lì.
Quel pezzo di merda intanto mi osservava curioso, probabilmente chiedendosi, forse, quali potevano essere i pensieri di un figlio, ormai adulto, seviziato senza pietà, per anni.

-Non mi vuoi abbracciare? Dopo così tanto tempo?- esordì lui ironico, facendo un passo nella mia direzione.

Ritrovai la voce e me stesso, nell’esatto momento in cui si mosse in avanti.

-         Prima di tutto non ti avvicinerai di un altro passo, né a me né lei, - dissi indicando la porta del bagno – Per nessuna ragione al mondo. Secondo- presi un profondo respiro perché ancora, dopo anni, quell’uomo riusciva a instillare in me, la paura – Ho pregato perché tu fossi morto, più volte di quanto si a ragionevole fare, ora che mi hai rivisto, voglio che ci liberi, con Glenn e gli altri…

-         In caso contrario?

-         Correggerò, io stesso, l’errore che hanno fatto all’inferno, non prendendoti con loro.

L’uomo davanti a me rise. – Andiamo Daryl, di solito è Merle che ha le palle per dare seguito a certe minacce, tu sei solo..

-         Cosa? Un ragazzino spaventato? Bhè ti dò una notizia, il ragazzino è cresciuto e ora ti spaccherà il culo, vecchio.

Non gli piacque la mia idea, perché notai un guizzo dell’antica malvagità in lui, ma non si mosse.

-         Dov’è Merle? In realtà ero assolutamente convinto che  avrei trovato lui, facendo quell’incursione al vostro campo. Pensavo ci fosse lui dietro la spedizione para militare che avevamo subito. Immagina il mio stupore quando, dalle telecamere di sorveglianza, ti ho visto porgere la mano a quella ragazzina bionda.

Restai in silenzio. Non volevo parlare con quello stronzo. Non volevo nemmeno condividere lo stesso spazio con lui, figurarsi dovergli dire di Merle.

-Allora?

Avvertivo nella sua voce la stessa nota irritata di quando ero bambino, ma nella mia testa non facevo che ripetermi che ormai era solo un vecchio e non dovevo più temerlo.

-Daryl, - disse cupo- Non mi costringere a farmi portare fuori la biondina da quella stanza, e farci divertire uno dei miei. – Allora, dov’è Merle?

L’accenno di minaccia, per niente velato, riferito a Beth, mi convinse a rispondere. La mia priorità era comunque lei.

-Morto.

-Ne sei certo?

Annuì.

-Questo potrebbe essere un bel guaio- disse più a se stesso, che a me.- Merle, sarebbe stato la mia punta di diamante. Quindi mi sei rimasto solo tu…Mi dovrò accontentare.

-Sarebbe più esatto dire che sei rimasto solo, i tuoi figli li hai persi molti anni fa…

-         E dimmi- chiese ignorandomi del tutto – Come se n’è andato Merle? Combattendo immagino. Lui si che era un vero duro.

Facevo fatica a parlare di Merle e di quello che era accaduto, la cicatrice era ancora troppo fresca.

-Era stato morso?- incalzò lo stronzo.

Gli feci un cenno affermativo col capo.  Era ancora troppo vicino il ricordo di ciò che avevo dovuto fare quel giorno. Avevo ucciso lo zombi che era diventato mio fratello, e il ricordo di quella storia popolava ancora i miei incubi.

-E’ strano. – disse lui a quel punto.

-Strano?

-In tutto questo casino, con gli zombi e tutto il resto, avrei detto che eri tu il più a rischio ei due. Sei sempre stato il più fragile, quello più simile a tua madre…

-Mi dispiace averti deluso anche stavolta.- risposi disgustato. – Per ora a me è andata bene. Se, comunque, avessi avuto anche solo il sospetto che ci saremmo rivisti, avevo sperato che fossi tu quello morto, non Merle. E fidati, la cosa era reciproca.

Mi rise in faccia poi, si avvicinò di un altro passo.

-         Ti ho avvisato. – sibilai  con un dito puntato su di lui.– Non ti avvicinare!

A quel punto l’antico demone che albergava nei suoi occhi si fece, di nuovo, strada.

-Sai cosa ci facciamo con i tipi come te qua dentro? Sai cosa gli capita? Il tuo amico sceriffo ne aveva avuto soltanto un assaggio!

-Allora eri stato tu a ordinare quelle torture medievali? Avrei dovuto immaginarlo, trovandoti qua. Niente che io non abbia ancora provato, comunque, grazie a te...  Ti sentivi come un Dio a prendertela con un bambino di quaranta chili, bagnato. Provaci ora, con me!

Era pura malvagità che scaturiva dal suo sguardo.

– Fidati Daryl! Quello che hai passato, non è niente in confronto a quello che qualcuno ha sperimentato qui a Terminus, e poi, ciò che hai vissuto, ti ha solo reso più forte di quello che eri. Non saresti qui senza quello che ti ho insegnato…

Ero arrabbiato. 
Non solo riteneva di essere nel giusto per quello che avevamo dovuto tollerare Merle e io da piccoli, ma pensava perfino di averci fatto un favore.
Prima, molto prima di aver conosciuto Rich e gli altri, non ci avrei pensato due volte e mi sarei gettato sul quel vecchio pazzo, spaccandogli quella testa di cazzo che si ritrovava.  Oggi, che ormai ero sulla buona strada per essere l’uomo che sarei diventato, mi limitai a guardarlo male e gli risposi a tono.

-E secondo la tua opinione- cominciai misurando le parole con attenzione - Io sarei quello che sono, grazie a tutti i maltrattamenti subiti? Sai cosa stavo diventando? Lo vuoi sapere, davvero? Ero sulla buona strada per diventare un delinquente drogato. Uno che faceva tutto quello che gli veniva detto di fare, perché si sentiva troppo in debito con suo fratello per rifiutargli alcunchè. Una persona che seppelliva qualunque tipo di sentimento talmente a fondo da non riuscire quasi a sentire più niente, a parte l’odio, annullando totalmente sé stesso. Sai cosa significa arrivare a questo punto, brutto figlio di puttana? Significa che non avevo più alcun rispetto per me stesso e nelle mie capacità. Ero spazzatura e mi ci sentivo anche bene.  Non ero niente, ero solo il braccio armato per le idee balzane di Merle. Due zoticoni coglioni che avrebbero fatto una fine ancora più stronza. Poi è successo tutto questo, e le cose sono cambiate.

-E cosa sarebbe cambiato, in te Daryl, di così illuminante? – chiese strafottente, come solo lui sapeva essere.

- Ho conosciuto persone differenti da te, dagli amici bizzari – chiamiamoli così - di Merle e da mio fratello stesso, che mi hanno insegnato che al mondo c’erano anche dei valori in cui credere, come l’amicizia, l’amore e la compassione anche. Mi hanno fatto capire che in questo mondo non potevo contare solo su me stesso, e non erano solo parole, perché loro erano lì con me.
Rich, Michonne, Glenn e Carol, sono andati oltre al grandissimo stronzo che ero e mi hanno tirato fuori da un abisso di intolleranza e odio in cui ero caduto, un pozzo che tu avevi iniziato a scavare per me e in cui mi ero rifugiato, perché non conoscevo altro. Poi grazie a Beth, ho capito che razza di persona avrei voluto essere, per me stesso e anche per lei.

Il pezzo di sterco applaudì la mia arringa. – Sai che ti preferivo prima? Credevo mi avresti spaccato la faccia per quello che ti ho appena detto, e invece sei rimasto lì, impettito. Non me lo aspettavo! Magari mi ero sbagliato, magari anche tu potresti fare al caso mio, forse più di Merle.

-Peccato che da me non otterrai nulla.

-Oh, è qui che ti sbagli, figliolo. So esattamente come ottenere qualcosa da te e, leggendo fra le righe, credo di avere anche la carta migliore, proprio chiusa nell’altra stanza. Senza contare l’asiatico.

-E’ coreano.

-         E’ uguale. Senza tenere poi conto, anche dei i tuoi cari amichetti vicino a fiume. Non pensavo che giustiziare quel piantagrane di quel poliziotto sarebbe stata una pessima idea,  ma ora, credo mi sarà molto più utile da vivo, anzi forse, anche lui, sarà più propenso ad aiutare.

-Che diavolo vuoi? – chiesi spaventato.

Quella creatura maligna che per una malaugurata fatalità, era mio padre, sorrise.

-Niente. Per ora niente. Goditi la serata con la puttanella bionda. Uno dei miei uomini le aveva già messo gli occhi addosso, ma confido, troveremo una soluzione.

Uscì dalla stanza e ci chiuse dentro, mentre io andai ad aprire a Beth.

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Ok...ora avete capito è perchè sono stata così male a scrivere? Alla prox spero abbastanza presto!! Ciaooo

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15- Lungimiranza ***


capitolo 15

 Ciao a tutti! E' iniziato ottobre e noi siamo tutti in attesa di twd quinta stagione, e prima della fine della settimana, ho voluto scrivere ancora qualcosina, anche se, già so che il capitolo non è lungo come al solito, chiedo venia.

Capitolo 15 – Lungimiranza

-Daryl –

-Ho sentito tutto. – fu la prima cosa che mi disse Beth, non appena le aprì la porta. Le sue parole furono comunque accompagnate da un abbraccio consolatore.

-Grazie. Ne avevo bisogno. – riuscii a dirle.

Avevo un groppo in gola non indifferente e la tensione accumulata quel giorno, non faceva altro che peggiorare le cose. Non soltanto avevo scoperto, mio malgrado, che quel padre che, Merle ed io, avevamo così tanto odiato, era ancora vivo, ma anche, che era il pazzo psicopatico che comandava a Terminus.

A peggiorare la situazione, c’era il fatto, che Beth era lì con me, e che lui, aveva capito…troppo.

Lui sapeva cosa rappresentava lei. Lo aveva letto nei miei stessi occhi. Non aveva, certo, tutti i particolari, ma sapeva la verità.

Mi conosceva, dopo tutto.

Conosceva le mie paure, e capiva dove, avrebbe potuto ferirmi davvero, colpendomi dritto al cuore.

E mi faceva incazzare a morte che, dopo così tanti anni, non potendomi ferire fisicamente, perché ormai il fisico non temeva più nulla, ero ancora nelle sue mani, dal punto di vista emotivo.

Beth mi fece sedere, ma apprezzai che non mi bombardò, subito, di domande.
Ero sotto shock, e lei questo lo aveva compreso alla perfezione.

-Vuoi un po’ d’acqua? –domandò alla fine.

Erano almeno un paio d’ore che non le rivolgevo la parola, cercando di capire come uscire da questa cosa, salvandoci la pelle.

-         Grazie. Scusa.

-Di cosa, Daryl?  Chiese dolce.

-         Ti ho ignorato del tutto, per ore.- sono uno stronzo! -  anche tu devi essere sconvolta!  Hanno ucciso Emily a sangue freddo davanti ai tuoi occhi, ferito Sean, ti hanno minacciata con un coltello..Non è stata decisamente una bella giornata, neanche la tua.

Feci una pausa per cercare di rimettere in ordine le idee.

– E poi hai tentato, per l’ennesima volta, di salvarmi il culo, dicendogli che me ne ero andato.

Beth mi abbracciò di nuovo. – Magari mi avessero creduto.

Le sorrisi, sforzandomi di essere rassicurante, ma niente, in quel momento, mi pareva sicuro, le nostre vite per prime.

-Daryl? Come stai?

-Altre domande?  

In quel momento la chiave girò nella serratura ed entrò uno degli uomini che vivevano a Terminus. Mi osservò con aria di sufficienza,come per soppesarmi,  poi si rivolse a entrambi.

-         Il capo mi ha detto di comunicarvi che stasera, sarete suoi graditi ospiti a cena.

-         Sai cosa puoi rispondere a quel pezzo di merda? Che il suo invito può metterselo in cu….ma gentilmente.- gli risposi con il miglior sorriso strafottente che potevo sfoggiare.

Il tizio mi sorrise a sua volta. 
Mi sovrastava di parecchi centimetri, ma non lo temevo.

- Ha detto che avresti risposto così, A quel punto ha aggiunto che saresti intervenuto con le buone, o con le cattive.

-Proviamo con le cattive, allora! Che ne dici? – lo incalzai.

Fu a quel punto che Beth si frappose fra noi.

-Grazie,- rispose gentile come solo lei sapeva essere – Accetteremo con piacere. Giusto, Daryl?

La guardai senza capire, ma il tipo la prese in parola.

-Ok, Bellezza! – poi si rivolse a me, per schernirmi – Allora è vero che sei senza palle, è a lei che devo rivolgermi d’ora in poi, per avere delle risposte? Basta dirlo!

Mi rise in faccia e uscì.

Guardai Beth in cagnesco per un attimo, fu lei a rompere il silenzio.

-         Ok. Sei arrabbiato. Ma mi dici cosa avresti ottenuto se quel tipo ti avesse massacrato di botte? Ho bisogno che tu ragioni a filo ora, Daryl. Stasera tuo padre ci avrebbe trascinati a cena che noi lo volessimo o no.

-         Non chiamarlo così. -  sibilai.- Ha un nome, chiamalo col suo nome: Dustin.

Beth annuì.

– Se tu ti fai amazzare mi dici che possibilità ho io? O Sean? Sei tu la mia roccia Daryl, cerca di non dimenticartelo quando ti senti in dovere di litigare con un energumeno di un centinaio di chili, che ti ammazzerbbe molto volentieri, da come ti guarda: E non dirmi che non è vero, te ne sei accorto anche tu.

Mantenni le distanze da lei ancora per un attimo, per assorbire il colpo. Aveva ragione. Beth era molto più lucida di me in quei momenti. Dovevo riprendermi velocemente. Mi andai a sedere vicino a lei.

-Scusa – sussurrai – Dovrei pensare di più, te l’ho detto che sono un coglione.

- Un coglione che io amo moltissimo, però! – mi sorprese, dandomi un bacio sulle labbra. Poi si avvicinò alla porta.

-         Beth-

Daryl era davvero fuori controllo. Era sconvolto e spaventato al contempo. Non lo avevo mai visto, così.

Stava per tentare un match con Godzilla e non gli aveva nemmeno dato molto peso.
Ero preoccupata davvero per lui, tanto più che abbracciandolo, pochi minuti prima, e guardandolo meglio, mi ero accorta che probabilmente la temperatura non era ancora scesa. Mi staccai da lui, che non capì subito, le mie intenzioni.

-Ehi!- sbattei i pugni contro la porta, urlando – C’è qualcuno?

Godzilla venne ad aprirmi dopo qualche attimo.

-         Bellezza! Quanto tempo! Cosa posso fare per te? – domandò quasi affabile. Quasi.

-         Non avresti dell’aspirina? Mi basterebbe anche un po’ di corteccia di salice bianco e dell’acqua calda.

-         E tu cosa mi darai in cambio, Tesoro?

Fu Daryl a rispondere a quell’ennesima provocazione.

– Adesso amico hai passato il segno e ti spaccherò il culo…- disse avventandosi contro il nostro carceriere.

Non feci in tempo a muovermi e a frappormi fra i due, che una voce mise fine alla disputa, che sarebbe terminata molto male.

-Basta così, Jake!

 Godzilla si bloccò all’istante e spintonò Daryl che, capita la situazione, si arrestò.

 La voce che aveva bloccato la montagna era di un uomo di mezza età. Uno che avrei visto, in altri tempi, dietro una scrivania. Un contabile o forse un avvocato.

 L’uomo si avvicinò e mi porse la mano. Sembrava gentile.

-Dottor Jhensen. Ma potete chiamarmi, Stewart.

-         Ciao Stewart- Beth Greene e lui – dissi voltandomi verso Daryl – è Daryl Dixon.  

Daryl lo squadrò e gli fece un cenno.

-         Niente meno.- disse il nuovo arrivato- Ma allora le voci sono confermate, il figlio del Boss è davvero dei nostri.

-         Vi piacerebbe. – sputò Daryl, strafottente.

  Il medico lo ignorò e si rivolse a me. – Come mai, hai chiesto della corteccia di salice? Sono curioso.

-Se non volete sprecare delle aspirine per noi, posso anche capirlo, ma credo che non sarebbe un problema per nessuno se potessi avere quello che chiedo. E’ dal V secolo che gli infusi del genere sono usati per far abbassare la febbre, lo sapevano anche i nativi americani. Quindi non credo di aver domandato niente di che.

-Hai la febbre, Beth? – mi domandò il medico a quel punto.

-         No. Non io.  Ma dato che so come trattarla, vi ho chiesto solo un aiuto, visto che non posso uscire io stessa e procurarmela.

Il medico guardò Daryl, che lo squadrava con astio.

– Sei medico?

-No. Ma me ne intendo abbastanza da potermi arrangiare.

-Posso aiutarti.

Detto questo  i due ci lasciarono soli e dopo poco, l’energumeno, di nome Jake, tornò  portandomi qualche aspirina e un decotto al tiglio a giudicare dall’ odore.

-         Quella roba non la bevo. – esordì Daryl.

- Prendi almeno un’aspirina- risposi cercando di convincerlo. – E’ sigillata.

Daryl non parve proprio entusiasta, però, alla fine, acconsentì e, poco dopo, si addormentò.
Restai al suo fianco fino quando il dottore non ci venne ad avvisare che la cena era pronta.

Svegliai Daryl con dolcezza, beandomi del fatto che la febbre sembrava essersi abbassata.

– Bentornato. – sussurrai.

Mi sorrise davvero stavolta, e mi rilassai un poco.

 

Stewart ci scortò fino ad un imponente sala delle udienze, o almeno così mi venne in mente di definirla, in quanto era di proprozioni principesche.

-Benvenuti! - Ci accolse Dustin. –Vedo che avete già fatto conoscenza con il nostro Dottore. Prego accomodatevi.

 Stewart mi fece strada, mentre io mi trascinavo, letteralmente, Daryl per mano.

Ci accomodammo attorno a un grande tavolo chippendale antico. 
Le candele, almeno due dozzine, rischiaravano la stanza. In effetti eravamo noi a essere fuori luogo, con i nostri abiti sdrulciti e sporchi.

Una ragazza, molto bella, iniziò a servirci a tavola. Aveva forse qualche anno più di me e sembrava terribilmente spaventata.
I nostri piatti furono riempiti e mi accorsi di non aver mai visto tante cose tutte insieme, su un piatto, da almeno tre anni.

 Non sarei mai riuscita a mangiare nemmeno la metà di quello che avevo davanti, ma non fiatai.

Dustin studiava la situazione, lo immaginai come una specie di ragno famelico in attesa delle sue vittime. 
Era un uomo che aveva i suoi anni, anche se non del tutto definibili,  ma manteneva un certo stile e un fascino misterioso, che era per lo più, supportato da un sorriso accattivante – che ricordava quello di Merle – e due occhi di ghiaccio. Gli occhi di quell’uomo però, non avevano niente a che vedere con le maestose immensità che potevo trovare in quelli Daryl, erano invece molto più chiari- quasi grigi – e freddi. Se anche non avessi saputo che razza d’uomo, avevo davanti, quegli occhi di ghiaccio avrebbero mostrato l’eco di una sorta di aridità interna. Erano distaccati e cattivi, avidi e bramosi di tutto quello su cui si posavano.

-Non credo ci abbiano, ancora, presentato, Bellezza. – esordì rivolgendosi a me o a nessuno in particolare, visto che tutti sembravano più interessati a studiarsi.

- Sono Dustin Dixon. Immagino che mio figlio non avrà parlato molto di me, visto l’accoglienza freddina con cui mi ha accolto.

Daryl tossi’, mascherando un insulto.

-Beth Greene, signor Dixon. Scusi se non riesco a essere molto cortese, ma capirà la situazione.
Lo guardai diritto negli occhi, senza cedere di un passo.

Il padre di Daryl mi guardò stupito.

-Sai che ti avevo giudicato un agnellino spaventato, a vederti? E invece mi stai provando perfino a tenere testa. Normalmente non permetterei a una donna di rivolgersi a me in tono così sprezzante, ma non sei una mia proprietà e se qualcuno non ha nemmeno le palle per metterti in riga, non posso essere io a correre ai ripari. O,no?

Stava sfidando il figlio a reagire. Sperai in cuor mio, che Daryl non cadesse nella trappola.

Stewart sembrava in difficoltà, non era- da quello che avevo potuto capire- un uomo violento o d’azione, e non credo apprezzasse molto l’agire di quello che definiva il suo Boss, ma era lì e, anche lui voleva sopravvivere a tutto questo.

Daryl teneva entrambe le mani sulle ginocchia, cercai il contatto con lui e mi accorsi che tremavano. Era rabbia, furore- sopito per anni-  che doveva celare, per non combinare un vero casino. Gli strinsi la mano sinistra e lui mi rivolse un mezzo sorriso, che non coinvolse gli occhi.

-Mi è stato detto che avevi un po’ di febbre, è vero D.?

Daryl lo squadrò con una freddezza tale, che mi fece rabbrividire. Era un sentimento che non gli avevo mai visto, prima, cucito addosso. Era uno sguardo vuoto e terribile, quello che si potrebbe rivolgere a un insetto velenoso, non a un essere umano.
Non potevo nemmeno immaginare cosa quell’uomo avesse potuto fare a due bambini, come erano stati i fratelli Dixon, tanto da fargli credere che non ci fosse modo di uscirne, ma, costui, doveva avergli fatto passare davvero l’inferno, per provocare un odio così radicato. Non volevo, tuttavia, che, la sua sola presenza, facesse tornare Daryl allo stato iniziale, quando ancora girovagava con Merle. Chiuso e scostante. Allerta e arroccato dietro alle mura impenetrabili del suo silenzio.
Lui non era così, non lo era più da tanto tempo.

-Niente che ti debba minimamente interessare, ma sì, qualche linea. Ho già qualcuno che si occupa di me, non temere.

 La sua mano sinistra strinse, la mia, più forte.

Si stava controllando. Non avrebbe lasciato che suo padre lo manipolasse, facendolo dominare dalla rabbia.

Mangiammo in silenzio per almeno una mezz’ora buona, poi il signor Dixon si alzò in piedi spiazzando tutti.

-Signorina Greene – disse porgendomi la mano destra. – Vuole essere così gentile da seguirmi sulla terrazza, per un caffè?

Il panico puro, mi colse a quella richiesta, ma non avrei potuto rifiutare, comunque.

Avvertì la mano di Daryl stringere più forte la mia, come a domandarmi – in una muta preghiera – di non andare.

-Tranquillo - sussurrai per calmarlo, ma ero io la prima a non esserlo.
Staccai la mano da lui e mi alzai da tavola.

-Stewart, gentilmente, potresti chiedere a Jake di scortare, il mio ragazzo, nella sua stanza?

Non era una richiesta. Era un ordine e il dottore chiamò l’energumeno.

Daryl era ancora impalato, dove si trovava, e mi fissava. I nostri sguardi erano incatenati l’uno a quello dell’altra. Cercavo di comunicargli una calma che non avevo a mia disposizione al momento, ma era meglio di niente, mentre lui, lui era davvero spaventato.

-Te la riporterò a breve, ragazzo. – disse il signor Dixon accompagnandolo con uno sguardo beffardo e un falso sorriso.

Mi fece passare oltre una porta alle sue spalle e ci ritrovammo in terrazza.

Ok, so che in questo momento qualcuno di voi, vorrà uccidermi. In effetti anche io ci sarei rimasta di ...sale.. se qualcuno mi avesse finito un capitolo così, ma pensavo avrebbe creato più suspence..  :) Vi ho convinti?se cìè ancora qualcuno che vuole uccidermi chiedo scusa, e cercherò di aggiornare al più presto! ciao un abbraccio. Ale

 

 

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Capitolo 16
*** capitolo16 - Stati di ansia ***


capitolo 16

 Ma Ciaoo! Scusate il ritardo...ma, come dire, ho qualche impegno anche nella vita vera!! :) Siamo a meno di una settimana da Twd, emozionati? Vi lascio al capitolo...mi saprete dire se devo continuare a scappare da chi voleva uccidermi dopo lo scorso..:) ciaooo

Capitolo 16 – Stati di ansia

-Daryl-

Godzilla mi prelevò in malo modo, e mi costrinse a seguirlo a ritroso verso la stanza dove ci avevano rinchiusi in precedenza. Il dottore ci seguì senza proferire parola e quando arrivammo, entrò con me. Osservai senza capire le sue mosse, fino a che non mi spiazzò del tutto.

-Potresti porgermi il braccio?  - domandò a bruciapelo mentre estraeva dalla sua borsa alcune fialette e una siringa.

-Perché mai dovrei farlo?- domandai a mia volta senza perderlo di vista. Ero già abbastanza in ansia sapendo che Beth era sola, in balia di quel pazzo, che non mi sarei di certo lasciato circuire da quel medico dall’aspetto bonario, che non mi convinceva per niente.

Il medico sorrise in maniera strana. Non mi piaceva, c’era qualcosa nel suo modo di agire, che non mi convinceva.

-Voglio fare un esame del sangue e accertarmi che sia solo un qualche ceppo influenzale, - tentò di spiegarmi – Quindi vorrei farti un antibiotico a ampio spettro.

Lo guardai cercando di non far trasparire l’ironia della frase.

- Non per essere il solito guastafeste, ma, nelle ultime quarantotto ore, sono stato rapito, minacciato con una pistola alla nuca, chiuso in una stanza e trattenuto contro la mia volontà. Ora, non so a lei, ma a me non suona bene, quindi perché mai dovrei farmi piantare un ago in un braccio, da qualcuno che non conosco, e di cui non mi fido?

Stewart non fece una piega, sorrise, e rispose altrettanto tranquillamente.

-Capisco il tuo punto di vista e comprendo che tu non sia così propenso a collaborare, ma hai la febbre da un giorno intero e…

-Due. Ma, sto bene.

-Due. – mi guardò condiscendente.- Non vorrei che, sottovalutando la cosa, diventasse più seria.

-Non mi pianterà nessun ago nel braccio, Signore. Qua dentro mi fido di una sola persona, a parte me stesso. E lei non è qui.

-Daryl.- sospirò- Posso chiamarti così? Tuo padre…

-Questo è uno di quegli argomenti che non mi convinceranno di certo, Dottore, glielo assicuro. Quell’uomo – che ha perso molti anni fa la possibilità di farsi chiamare con quell’appellativo- per me è morto e sepolto e di certo, qualunque ordine le abbia impartito, non può aspettarsi che io obbedisca.

Stewart si mise allora a sedere su un divanetto prendendo un libro dalla, scarna, libreria.

-Sai quali sono esattamente i miei ordini?- spiegò il medico – Dovrei farti il prelievo e controllare che tutto sia regolare, voglio dire a parte il contagio e tutto il resto, iniettarti un antibiotico e, intanto, farti assumere una leggera quantità di metanfetamina risintetizzata, per poterti controllare un po’ di più. Ti avrei dovuto convincere con le buone, in caso contrario, avrei dovuto chiamare Jake, bloccarti con le cinghie al letto, e inserirti, tuo malgrado, un catetare centrale.

Restai in silenzio, chiedendomi quale sarebbe stata la sua mossa, in ogni caso, ero pronto a reagire.

- E sai perché non l’ho ancora fatto?

-Beth- 

Mi feci coraggio e mi inoltrai sulla terrazza di quella che, pareva, una vera e proria fortezza.

Il balcone si ergeva almeno a tre piani di altezza da terra, e sotto, lasciati liberi, a mò di cani da guardia, ci saranno stati almeno una quarantina di zombi.

-Non c’è modo di fuggire da qui, se è questo che ti stavi domandando.

-Non pensavo a quello, è che non immaginavo di essere tanto in alto.

- La cosa ti infastidisce?

-Non esattamente, è che non capisco come facciate a tenere tanti di quei mostri, così vicino, a dove abitate.

-Mostri? Io credo che tu ed io, ragazzina, vediamo le cose, in modo differente.

-Quello sicuramente. – ammisi decisa, considerando quello che aveva fatto passare a Daryl e Merle.

Lui mi sorrise. Doveva essere stato comunque interessante da giovane, ma i suoi occhi grigi avevano qualcosa di vagamente inquietante.

-Noto che da quando sei qui, mi stai studiando. Cercando, magari, una qualche somiglianza fra me e il tuo…ragazzo?! Mi spiace deluderti, ma D assomiglia molto di più a quella puttana di sua madre.

Restai in silenzio per un attimo, per riflettere sul modo di affrontare una persona così complessa e pericolosa. Mio padre sosteneva che se un avversario sembrava invincibile, era facile che avesse dei nervi scoperti.
Per ora quest’individuo, mi comunicava solo un gran senso di vuoto e paura, ma nessuna incertezza rilevante, da poter usare contro di lui.

- In realtà, non definierai Daryl il mio ragazzo, non abbiamo ancora avuto il tempo per chiarire cosa siamo in realtà..- risposi sincera.

Fui interrotta in modo scortese.

– Quindi, posso ancora sperare, dal tuo discorso, che non lo hai rovinato del tutto? Meno male, temevo che D fosse, ormai, irrecuperabile. Sarebbe stato un terribile spreco.

Lasciai cadere l’argomento, non mi pareva davvero una grande idea quella di far imbestialire, un tipo parecchio irascibile. Almeno, ora sapevo, dove Daryl aveva preso, parte, del suo “meraviglioso” carattere.

-D? Perché non lo chiama col suo nome, signore? – Era una cosa che avevo notato anche durante la cena, il padre di Daryl lo chiamava solo in quel modo.

Mi sorrise, stavolta, in modo strano.

 – Sei brava a cambiare discorso, Beth Greene. – aggiunse con una strana luce negli occhi- D, è solo uno stupido diminutivo che usava sua madre, già gli aveva affibbiato un nome che non mi piaceva, ma non ero presente quando lui è nato, e così, una volta tornato, mi sono trovato questo bimbetto per casa che, non solo era inutile, ma che si nascondeva in un angolo, ogni volta che mi vedeva in giro. Ci è voluto tempo per plasmarlo.

Non volevo neache pensare come aveva fatto a plasmare- parole sue- Daryl.

Parlai, quindi, senza pensare alle conseguenze.

 – Posso immaginare i suoi sistemi, ho visto i segni che porta Daryl sulla schiena, ancora oggi.

-Ed è stato lui a mostrarti la sua schiena? O lo hai spiato dal buco della serratura, ragazzina?

Mi osservò per un attimo in silenzio. Poi comprese la situazione.

-Non mi dire! Addirittura! Devi esser davvero importante per lui se sei riuscita a far breccia nella sua corazza. E devi avere una bella fiducia anche tu, in lui, per esserti lasciata andare fino a...- ghignò - Ci vuole coraggio, e dimmi era la tua prima volta?Vuoi raccontarmi qualche particolare?  – Era davvero un maniaco e mi rise in faccia. Io non potei, altro, che nascondergli di essere arrossita.

 – Sai, - continuò lui- Per un periodo avevo davvero scambiato la sua riservatezza, per qualcosa di diverso, e temevo di dover intervenire, poi Merle mi assicurò che non era il caso. Ora finalmente mi dai la certezza matematica che non fosse approdato nei pressi di  altre sponde..

-         La smetta!- gli urlai, per poi riprendere il controllo su me stessa. Mi aveva fatto infuriare ogni sua parola pronunciata fino a quel momento.

- A parte il fatto che sta parlando di qualcuno che non conosce per niente, che ha terrorizzato da piccolo e che ora, vuole far finta di conoscere, nei dettagli. E, sentiamo, non è per sapere qualcosa su di lui,  che mi ha trascinato qui, con lei? Voleva ferirlo, e intanto capire con chi esattamente aveva a che fare. Nonostante tutto, lei lo teme, perché non ha la minima idea di chi sia, davvero, l’uomo che si trova davanti oggi. Bhe, posso dirle quello che so io: Daryl, è l’uomo migliore che poteva capitarmi da quando è iniziato tutto questo! E di certo, per quanto faccia, non potrà più ferirlo irreparabilmente o usarlo per i suoi scopi, qualunque essi siano.

A quel punto il padre di Daryl, si avvicinò e mi porse la tazzina di caffè, con mano ferma.

La presi dalle sue mani- cercando di fingere una sicurezza che non possedevo - e mi chiese se ci volevo latte e zucchero.

 Era un maestro a cambiare discorso o sviare le sue intenzioni.

Prendemmo il caffè in silenzio, con il solo sottofondo, del rumore degli zombi, sotto di noi. 

-Sai Beth, - mi disse alla fine l’uomo, appoggiando la tazzina- Tu mi piaci, nonostante non sappia stare al tuo posto, mi piaci davvero tanto. Sono molto tentato di prenderti come amante, se solo non ci fosse ancora Amaral fra le palle. – disse mentre cacciava un’occhiata pungente verso la ragazza che ci aveva servito a tavola, che stava appiattita, come un’ombra sul muro, per non farsi notare. – E certo… anche D, potrebbe essere un problema, da quello che ho visto almeno... ma, appunto in virtù di questo, credo che mi sarai più utile se ti lascio sotto il suo controllo. Per ora, almeno.- aggiunse mellifluo, facendomi rabbrividire e passandomi due dita sull’incavo del collo.

-Amaral?

La ragazza si fece avanti e restò in attesa.

-Riaccompagneresti la giovane Beth da mio figlio? Stewart dovrebbe aver finito con lui.

La mia lingua fu, al solito, più veloce del mio raziocinio.

-         E per quanto riguarda i nostri amici? Sean e Glenn? Tyreese, Sacha e Bob?

-Cosa vorresti che facessi? – mi guardò con aria di sfida. – Cosa rappresentano queste persone, per te?

-Sono miei…nostri amici!

-Non mi dire che D, adesso, tollera cinesi e simili?

-Glenn è coreano, e per la cronaca, è mio cognato. Sono la nostra famiglia.

Dustin Dixon mi squadrò per un minuto che mi sembrò eterno.

-La vostra famiglia? A me pareva che il sangue che scorre nelle vene di D, sia il mio, fino a prova contraria..

Mi fece rabbrividire, poi aggiunse, - Arrivederci, signorina Beth Greene.

-Daryl-

-Non l’ho ancora fatto, perché non credo che per controllarti, ci sia bisogno di drogarti.

Lo squadrai.

-Ora, per favore, potresti darmi il braccio e permettermi di fare il mio lavoro?

Gli porsi il braccio, anche se a malincuore, e gli permisi di farmi un prelivo di sangue.

Armeggiò con alcune provette e, alla fine, comunicò che mi avrebbe somministrato un atibiotico.

Grugnii qualcosa in risposta, poi mi sdraiai sul letto.

- Quella ragazza ha del fegato, lo devo ammettere.

Lo guardai male. Ero già abbastanza in ansia per Beth così, senza che lui rigirasse il coltello nella piaga.

-Non sei un tipo di molte parole, non è vero?

Sorrisi stanco. – Se posso evitare.

In quel momento la porta si aprì e Beth fu fatta entrare dall’energumeno.

Non le andai incontro, come forse avrei dovuto, per lo più per la presenza di Stewart nella stanza, ma le dissi semplicemente. - Ehi!

Lei mi guardò e notò Stewart.

-Che succede? – chiese.

- Un semplice esame del sangue. - disse Stewart- Ora vi lascio soli.

Non appena il medico lasciò la stanza, mi alzai dal letto e la abbracciai.

Era spavetanata a morte, lo avevo capito nell’attimo in cui era arrivata, solo con un semplice sguardo ai suoi occhi verdi.

 Beth non riuscì a nascondere un singhiozzo e poi scoppiò a piangere. Era un pianto liberatorio, da quello che potevo sapere io, ma avevo davvero paura le avesse fatto del male.

-Beth. Beth, piccola. Guardami. Ascoltami, Beth. – cercai di attirare i suoi occhi verso i miei.

 Nonostante gli occhi lucidi mi guardò dritto.

– Stai bene? Ti ha fatto del male?

Scosse il capo decisa e, finalmente, anche io tirai un sospiro di sollievo.

La tenni stretta a me, per un tempo che  sembrò infinito, poi la feci sdraiare, vicino.  Fu a quel punto che parlammo un po’.

-A parte qualche minaccia, di certo non velata, niente di che...quell’uomo..

-         Lo so. Lo so meglio di chiunque altro. Credimi. Non avresti mai dovuto accettare di andare con lui. Come posso proteggerti se ti allontani da me?

-Cosa avrei potuto fare di diverso? – mi chiese lei, imbronciata.

Stavamo discutendo. Ogni volta, con lei, doveva diventare una disputa vera e propria, e questo di certo non era il momento più adatto, ma la cosa che mi consolava era che fosse ancora stretta a me.

Fu a quel punto che sentimmo dei rumori provenire dalla stanza da bagno.

Mi alzai e le intimai di restare dov’era.

Ero disarmato, ma andai comunque, eravamo in territorio nemico, dopotutto.

Entrai in bagno e osservai che, da una porta in fondo alla stanza, che era precedentemente chiusa, sbucava la testa di Sean.

-Sean!

-Capitan America! Che bello vederti. – mi prese in giro lui.

Beth si affacciò al bagno e saltò quasi in braccio a Sean.

Lui, naturalmente, non si fece pregare.

-Capitan America? – sbuffai.

-Scusa. – rise - E’ bello vedervi.  C’è qualcuno qui con me, che forse, anche voi, sarete felici di rivedere.

-Ehi ragazzi!

Beth si staccò da Sean e corse ad abbracciare Glenn. Ora le sue lacrime erano davvero incontrollate.

Glenn, a sua volta, abbracciò Beth, continuando a ripetersi, quasi per accertarsi della cosa.

- Incredibilie! Sei ancora viva!Avevo avuto davvero paura che ti avessimo perso…

Fu allora che Glenn si accorse di me, e mi abbracciò a sua volta. 
Mi ritrovai in una situazione che non avevo preventivato. Non ero abituato a certe manifestazioni d’affetto da parte del coreano, anche se, eravamo indubbiamente, felici di reincontrarci.

Glenn si accorse che, per i miei standard, un abbraccio era fin troppo azzardato, quindi si ricompose e mi diede una vigorosa pacca sulla spalla.

–Scusa amico. E’ stato il momento.

Gli sorrisi, ero felice di sapere che anche Glenn era al sicuro.

-Come stai, Glenn?- domandò Beth. Guardandolo, in effetti, doveva averle prese, e anche della grossa, ma nel complesso, era vivo.

-Sono rimasto rinchiuso in un vagone per quasi tre giorni, poi un’ora fa, un tizio mi ha scortato qui e mi ha detto di aspettare.  Avete qualche notizia di Maggie o Rick?

-Sono vivi e al sicuro, per ora- risposi anticipando gli altri.- A momento siamo noi quelli in pericolo.
Aggiornai, gli altri, riguardo ai nuovi avvenimenti, in fondo, era giusto che lo facessi io, mi sentivo un poco responsabile.

-         Fammi capire- disse allora Sean- Quindi tuo padre è a capo di Terminus? Allora siamo a posto, vacci a parlare e saremo a casa entro sera.

-         Magari fosse così semplice. – rispose Beth al mio posto – Quel tizio è un po’ fuori fase, forse lo era già parecchi anni fa, e non credo abbia la minima intenzione di lasciarci andare.

Restammo in silenzio qualche minuto, poi fu Glenn a parlare.

- In ogni caso, stasera non decideremo nulla di definitivo, sarà meglio dormire qualche ora e affrontare il problema a mente lucida.

La proposta di Glenn venne accolta con entusiasmo da tutti, e a quel punto Sean fece la sua mossa, chiedendo a Beth, la mia Beth, di andare a dormire con lui nell’altra stanza per permettere a me e Glenn di ricordare i vecchi tempi.  

-Grandissimo pezzo di me…

Decisi in quel momento che, se mai ne fossimo usciti vivi, avrei raccontato, io stesso, a Sean come stavano le cose. Non era tanto per gelosia nei suoi confronti, o forse anche per quella, ma soprattutto, per non costringere Beth a raccontare tante bugie.

-Lo farei volentieri Sean, ma, Daryl ha ancora la febbre e preferisco restare con lui, se dovesse avere bisogno di qualcosa.

Sean ci restò male. Aveva creduto di avere una chance con lei, lo stronzetto, ma sapevo bene che, in condizioni diverse, Beth me l’avrebbe fatta pagare e, prima o poi, avrebbe accettato, giusto per farmi passare la notte più brutta della mia vita.

Restammo, di nuovo, soli e lei mi provò la temperatura.

-E’ ancora alta.- constatò mentre mi faceva una carezza, scompigliandomi i capelli.

Ero frustrato dalla situazione e, in più mi ci voleva anche questa.

-Che ti ha chiesto, quel gran figlio di put..? – le domandai sovrapensiero.

-Daryl…non è il momento, davvero..

-Beth. Devo saperlo. Se ti ha minacciato in qualche modo io…

Lei annuì e mi abbracciò, appoggiando la testa sul mio petto.

-Principalmente, voleva sapere con chi ha a che fare. Mi ha chiesto se eri il mio ragazzo e, quando gli ho detto che non ne abbiamo mai parlato, mi ha risposto che forse non ti avevo rovinato del tutto...

Sospirai, cercando di celare la rabbia crescente che sentivo.

-         Ha detto che abbiamo idee molto diverse - cosa che mi ha fatto molto piacere sentirgli dire – e che comunque gli piaccio.

La scostai da me per guardarla negli occhi. – Ti ha molestato in qualche modo?

Scosse il capo. – Fortunatamente ha detto che ha già un’amante..

-Se ti sfiora anche solo con un dito io…

Lei mi tappò la bocca con un bacio e mi strinse a sé.
– Glenn ha ragione, domani saremo più lucidi se riusciremo a dormire qualche ora.

Annuii e provai a rilassarmi, anche se rabbia e paura per lei continuavano a mischiarsi.

-Beth-

Dopo tutte le emozioni della giornata, finalmente mi sentivo al sicuro, fra le sue braccia.  Cercai di stemperare i toni della chiacchierata che avevo avuto con Dustin, per evitare che Daryl si infuriasse, ma sentivo che qualcosa ardeva sotto la cenere. A momento la sola cosa che avrei voluto era riuscire a dormire un po’, con lui accanto. Dopo un po’ di tempo, sentii il suo respiro normalizzarsi e il suo cuore scandire i battiti, a un ritmo più lento.

Qualche minuto dopo anche io, fui preda di Morfeo.

Ok, fine capitolo, cosa ne pensate? Continuo a correre? ciao buon pomeriggio e a presto!

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Violenza ***


capitolo17- Violenza

Buongiorno!!Ok, nuovo capitolo. Io sono già con le scarpe da corsa e con i piedi fuori dalla porta...ciao :) alle prossima!

Capitolo 17-Violenza.
 

-Non crediate che sia facile, per noi, doverlo fare, Carol. – Sostenne, Earl,  il capo della sicurezza, senza nascondere una certa difficoltà. – Ma non possiamo muoverci senza avere un piano. Non  dopo tutto quello che è accaduto qui, due giorni fa. Irrompere in quel posto come se niente fosse, sarebbe un suicidio.

-Quindi aspetterete?

-E’ necessario riorganizziare le forze. Ci coordineremo e studieremo un piano d’azione, anche Rick, lo sceriffo Grimes, è d’accordo con noi.

-Rick? È vero?

Rick Grimes era terreo in viso e pareva non dormisse da giorni, ma non si scompose, sospirò, come per prendere coraggio, e prese la parola.

-Quello che vuole dire Earl, è semplicemente che ci occorre più tempo per studiare il modo migliore per irrompere a Terminus e salvare i nostri, ma, allo stesso tempo, non lasciare sguarnito il campo, come è accaduto. Nessuno di noi credeva avrebbero potuto tentare una sortita e colpirci così duramente.

-E se ci fosse Carl fra loro?- lo interruppe Maggie, con rinnovata foga

- Io laggiù, ci ho già dovuto abbandonare mio marito, ora c’è anche mia sorella, Rick.!

Un lampo di luce e rabbia balenò negli occhi dello sceriffo.

-Maggie - le rispose avvicinandosi carico di astio– Non credere che tu sia l’unica che tiene a quelle persone, e che ci stiamo disinteressando alla situazione, solo perché non siamo direttamente coinvolti. Anche la sicurezza di chi resta, a questo punto, deve essere tutelata. Prima li abbiamo sottovalutati, ora non possiamo fare lo stesso errore.

La riunione continuò ma Rick sgattaiolò fuori dalla sala. Carol lo seguì.

-Come stai?

Lo sceriffo la guardò stanco.

– Avevo davvero creduto che ci saremmo potuti godere un po’ di pace, e invece, eccoci in una situazione, ancora più stronza di quella precedente.

Rick si passò le mani sul viso e rimase con lo sguardo rivolto a terra.

Carol gli andò a sedere accanto, accomodandosi a terra.

Restarono in silenzio per un po’.

-Credi che siano ancora vivi?

-Se conosco Daryl, avrà fatto carte false per tenere Beth al sicuro e di conseguenza anche Sean, ma non ho la minima idea di cosa possa essere accaduto a lui. Quel tipo sembrava un po’ troppo interessato a Daryl, a dire il vero, ma è solo una sensazione.

-Sei preoccupato, lo capisco. Lo sono anch’io. Quando ho visto Daryl, uscire…- scosse il capo - Ma non lo sarei riuscita a trattenere neanche se avessi potuto, lei era là fuori e non l’avrebbe abbandonata.

-Finalmente, dopo tanto tempo, avevo visto in lui aprirsi uno spiraglio di umanità in più, rispetto alla solita freddezza e indifferenza, e guarda in che razza di guaio…

-Rick.

-Avrei voluto poter fare di più, poter…

-Rick, guardami. Nessuno di noi, poteva farci un bel niente. Quelli sono arrivati e se li sono presi, uccidendo quella povera ragazza. Maggie non ce l’ha con te, è solo arrabbiata e frustrata da questa immobilità.

Rick ascoltò le parole di Carol, e si alzò in piedi. Spazzolò via la polvere con le mani, antico retaggio, di quando ancora viveva in una società civile.

– Non posso fare a meno di pensare, però, che quelli, hanno attuato quella rappresaglia a causa nostra.

Detto questo lo sceriffo di avviò verso casa e Carol, capì quale peso doveva conservare nel suo cuore.

-Daryl-

Il mattino dopo mi svegliai di soprassalto, come se un terribile presentimento pesasse sul mio cuore.
Ci misi più del solito a rendermi conto di dove fossi. Beth era ancora profondamente addormentata, accanto a me. Fu allora che realizzai pienamente che qualcuno mi stava osservando.

-Buongiorno, splendore! – disse mio padre.

Ci misi una frazione di secondo di troppo per mettere insieme le cose. Quel medico alla fine non doveva essere stato del tutto sincero con me, e forse, un qualche tipo di sonnifero, me lo aveva propinato. Ero stodito.

 Parlai piano per evitare di svegliare Beth. - Che diavolo ci fai….

-Rilassati. Non si sveglierà. Dormivate della grossa e le ho somministrato un sonnifero poco fa.

Lo osservai stupito.

 – Si. Se te lo stai domandando, anche tu sei stato drogato ieri sera, ma in modo molto più blando, di quello che avrei voluto. 

Provai ad alzarmi ma mi accorsi che uno dei miei polsi, era bloccato alla testata del letto.

-Che diavolo vuoi, ancora? – chiesi esaperato.

- E’ presto detto: te.

Lo osservai senza capire.

-Ti vedo confuso Proverò a spiegartelo. Ho costruito questo posto con grande impegno e, avrei voluto poterlo condividere con i miei figli. Ora, purtroppo Merle non c’è più, ma tu sei qui, sei vivo, e così ti metterò a parte di tutti i miei segreti..

-E non ti aiuterò.- risposi lapidario.

Finalmente smise di farneticare sui suoi sogni di onnipotenza, e mi osservò.

-Scusa?

-Non contare su di me. Io non sono più il tuo giocattolo da anni,  e ora, con tutto quello che sta capitando, ho ben altri pensieri in testa. - guardai Beth profondamente addormentata al mio fianco.

Lo stronzo mi rise in faccia.

 – E credi di avere qualche scelta? Ho in mano, la ragazza di cui sei innamorato - lo disse con disprezzo- e, anche un paio di tuoi amici. Non ho mai avuto carte tanto belle.  Se solo schioccassi le dita, Jake, porterebbe fuori il tuo amico cinese e gli sparerebbe in testa senza pensarci due volte.  O prima, vuoi che si scopi la ragazzina davanti a te? Scegli.

Contai mentalmente fino a dieci per cercare di ritrovare un po’ di calma e lucidità, ma era dannatamente difficile.

-Non oseresti. – sibilai accecato dall’ira.

-Tu credi? Mettimi alla prova D. E poi ci sono i tuoi amici vicino al fiume. Quanto credi ci impiegherei, a riunire una squadra e mettere il loro campo a ferro e fuoco? Scegli.

Ero con le spalle al muro. – Voglio delle garanzie.

- Non ti fidi della parola del tuo vecchio?

Lo guardai senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Nemmeno in un milione di anni.

-Avanti, sentiamo.

-Punto primo, il nostro campo vicino al fiume sarà dimenticato. Non ti avvicinerai nemmeno per sbaglio alla zona.

Secondo, i miei amici, tutti, nessuno escluso, vengono liberati oggi stesso.

Terzo, Beth. Lei, viene rilasciata.

Dustin mi osservò studiandomi per alcuni secondi.

-Potrei venirti incontro fino al punto due, e guarda che ti sto concedendo molto, visto la tua attuale situazione, ma la ragazza non si muove. E’ la carta migliore che posso avere per controllarti e me la lascerei sfuggire, così, dalle mani? Tu resterai qui e mi obbedirai, anche se la cosa non ti aggrada, e lei resterà con te. Quando ti stancherai, troveremo un’altra soluzione. Vedi che riesci a essere accondiscendente quando vuoi? 

Si avvicinò e sciolse la catenella che mi bloccava il braccio destro, fissato alla testata del letto, sfoggiando il suo miglior sorriso soddisfatto.

Fu un impeto improvviso, liberatorio, ma non ci pensai nemmeno un secondo, e gli sferrai un pugno al viso, con tutta la forza con cui ero capace, poi un altro, in rapida successione, ancora più forte.

Dustin crollò a terra, e io lo colpii con un calcio alla base della spina dorsale. Lui, a terra,  sputò sangue e,  dopo alcuni minuti, iniziò a ridere.

 –Alla fine sei riuscito a colpirmi, ragazzino! Qualche anno fa saresti stato fino troppo spaventato per farlo- convenne - Ora però è il mio turno. – aggiunse, con una strana luce negli occhi.

Fui scaraventato fuori dalla camera, da Jake, e portato nel cortile.

Era a pianta quadrangolare, circondato da una recinzione parecchio alta che, al suo interno, conteneva parecchi zombi famelici.
Al centro dello spiazzo c’era un cippo di marmo. Fui legato al cippo, e la mia schiena fu scoperta senza tanti convenevoli.

Dustin- che da una prima sommaria occhiata, aveva il labbro superiore spaccato, il naso ridotto parecchio male e l’occhio sinistro chiuso a causa del trauma- si avvicinò.

-         La tua amichetta non aveva mentito. Hai ancora qualche segno sulla schiena. Niente a che vedere con quello che ti capiterà oggi, comunque, quando eri bambino, ci andavo leggero con te.  Jake!

-Si signore?

-Porta il cinese e il ragazzo qui.

- La Biondina?

- La Biondina non deve essere toccata, non stavolta. Sta dormendo e ne avrà ancora per parecchie ore, credo. Avrà il suo bel da fare per curare il suo cavaliere, dopo.- sputò con disprezzo le ultime parole.

L’aria fredda stava iniziando a entrarmi nelle ossa e il contatto col marmo, non poteva che aumentare la mia ipotermia. Sapevo che non l’avrei passata liscia spaccandogli la faccia, ma non avevo potuto resistere. Qualunque punzione avrei subito, almeno l’avrei pagata io.

Glenn e Sean furono portati di sotto.

-Grazie per essere intervenuti, Signori. – iniziò Dustin senza preamboli. – Ora, io e il vostro amico Daryl, abbiamo avuto un piccolo scambio di opinioni. Ora assisterete a una piccola dimostrazione, che vi servirà da monito, per capire una cosa. Jake, venti sferzate, basteranno, per questa volta.

Sentii il primo colpo alla schiena, che mi tolse il fiato. Non ero pronto, ma chi lo sarebbe stato? Subito dopo seguirono il secondo e il terzo. Da bambino, ci avevo fatto il callo, e avevo giurato che non sarebbe più accaduto. Odiavo l’idea che quell’uomo avesse ancora quel potere su di me. Chiusi gli occhi e li strinsi cercando di appiattirmi contro il marmo freddo. 
Ultima difesa dell’impotente, contro l’inevitabile.

Glenn credo, tentò, di divincolarsi per cercare di aiutarmi, ma venne fermato. Era tutto molto confuso, in quel momento.
Intorno alla quindicesima frustata, non avvertivo più il dolore, in parte, attutito dal freddo pungente. Sentivo però il calore del sangue, il mio, che colava dalle ferite aperte. Gli zombi erano in fermento, l’odore del sangue fresco li stava infervorando ed eccitando.

Jake mi staccò dal ceppo e mi sorresse. Notai che Glenn aveva le lacrime agli occhi. Non dovevo essere messo proprio bene, ma stranamente ero lucido.

-Niente lacrime Daryl? – mi domandò lo stronzo schernendomi.

No cazzo, quella soddisfazione non gliela avrei mai data. Quello che provavo ora, era, pura, rabbia, cieca, che, se avesse avuto un piccolo spiraglio, lo avrebbe disintegrato.

-Signori, vi lascio cinque minuti per salutarvi, poi, Terminus non sarà più affar vostro. Se voi o il vostro gruppo, sarete trovati anche solo nelle vicinanze dell’area, ne pagheranno le conseguenze i vostri amici. E quello che è accaduto oggi a lui, - aggiunse con diprezzo - sarà solo un pallido riflesso della mia ira. Cinque minuti.

Fui lasciato da Jake vicino a Glenn e Sean.

-Che cazzo è successo Daryl? – chiese Sean allibito mentre tentava di sorreggermi.  – Ma, ma.. non era tuo padre?

Glenn era sconvolto.

Sorrisi in modo tirato, o forse era una smorfia dovuta al dolore.

       Gli ho spaccato la faccia, non poteva andare liscia. Ascoltatemi bene, voi due siete liberi, ma non sono riuscito a ottenere la libertà per Beth. Quel pezzo di merda sostiene che lei sia la sua carta per controllarmi, non posso permettere che le accada qualcosa.

Glenn annuì cercando qualcosa nei miei occhi, che sperai non riuscisse a leggere.

-Cosa dobbiamo fare noi? – mi chiese Sean smarrito.

-Restate vivi e lasciate questo posto.

-Cosa diremo a Rick, Carol e Maggie? – chiese Glenn.

-Capiranno. Per ora, è meglio lasciare le cose così. Per ora.

I cinque minuti finirono, e i miei amici, furono scortati al di fuori dei cancelli di Terminus, con mio grande sollievo.

- Jake! – Sentii la voce di mio padre ancora prima di vederlo arrivare.    - Lega di nuovo Daryl al ceppo.

Lo osservai senza capire, davvero, cosa volesse. Avevo già avuto quello che, riteneva, mi meritassi.  O, no? Una volta, un secolo fa,  avevo sostenuto con Beth di non avere paura di niente, ma quella situazione aveva risvegliato in me, qualcosa di più recondito e terribile, da farmi accapponare la pelle.

 Lasciai che Jake facesse ciò che gli era stato ordinato, non mi sentivo in condizioni da poter affrontare quel godzilla.

Dustin si avvicinò, sussurrandomi qualcosa all’orecchio.

-Credevi fosse finita qui D? Non è il caso che tu mi chieda scusa?

-Va a farti fottere, pezzo di merda! – risposi deciso.

Quello che non valutai era che aveva ancora lui il coltello dalla parte del manico.

-Sai cosa ho in questo sacchetto, D?

Non lo ascoltai nemmeno, cercando di concetrarmi su qualcosa di totalmente diverso. Dovevo estraniarmi per non rivivere certe situazioni, che speravo, di non provare mai più.

-Salnitro e zolfo. Sai qual è la reazione di queste due sostanze, sulla pelle scorticata?

- Cauterizza la ferita. Era un rimedio utilizzato nel medioevo, e brucia come l’inferno.

Risposi in maniera meccanica, quello era una di quelle cose che, avevo imparato, tanto tempo prima, e a mie spese.

-Vedo che le nostre piccole lezioni di storia, ti sono rimaste impresse.

Mi fece una carezza sulla testa, scompigliandomi i capelli, ma il suo era solo un altro modo, per dimostrarmi la sua supremazia su di me. In quel momento giurai a me stesso che, stavolta, avremmo chiuso i conti. Merle se ne era andato per non arrivare a ucciderlo, io non sarei stato altrettanto gentile.

-Fallo. Tanto so già come finirà. – lo provocai.

Non ricordo nulla dopo.

Fui trasportato di nuovo nella mia camera, ma non sapevo nemmeno dopo quanto tempo. Non avevo nessun ricordo nemmeno di Beth che mi chiamava, e cercava di svegliarmi. Il freddo e il dolore provati annebbiarono tutto. Mi ripresi due giorni dopo.

Ero sdraiato sulla pancia e notai una bacinella con della neve appoggiata al comodino.

-Beth?- la cercai con lo sguardo.

-Daryl! – la sua voce aveva una nota ansiosa. - Come ti senti?

Sorrisi cercando di minimizzare l’accaduto.

-E’ così grave?

Mi passò una mano tra capelli tirandomeli indietro. -Come stai?

-Me lo dovresti dire tu, immagino, mi sarai stata intorno fino a ora. – cercai di sdrammatizzare.

Lei sembrava esausta e aveva gli occhi rossi. Smisi di comportarmi da coglione.

-Ok. Quanto sono ridotto male?

-Sono due giorni che non riprendi conoscenza, ti hanno portato qui ricoperto di sangue, e mi hai fatto morire di paura..Pensavo fossi morto, pensavo che quello stronzo ti avesse ucciso..Credevo…

Presto le mancarono le parole e i singhiozzi presero il sopravvento.

Pianse disperata per un po’.

Era il suo modo per eliminare tutta la sua rabbia e frustrazione degli ultimi giorni. La lasciai sfogare.

-Scusa. Non ho pensato alle conseguenze- le dissi sinceramente pentito.

-Non si tratta di quello. E’ che stavolta ho davvero temuto…- la voce si spezzò a metà frase.

- Vieni qui, ragazzina!. La strinsi fra le mie braccia cercando di non farle capire, che, ogni movimento, era una sorta di stilettata.

-         La tua schiena- mi disse alla fine, cercando di sfoggiare un tono professionale e politicamente distaccato. - Sembra un campo di battaglia. Credo ti abbia rovinato il tatuaggio - cercò di sorridermi- ma, nel complesso, poteva andare peggio. Ti rimarrano dei segni credo…mi spiace.

In quel momento non mi importava della schiena o dei segni che sarebbero rimasti, ero abituato al dolore fisico, ma era di lui che volevo sapere.

-Lui? Lo hai visto?

-E’ venuto qui ieri sera, era messo piuttosto male..sembrava fosse finito sotto un tir..non vorrai dirmi che sei stato tu?

Sorrisi più a me stesso che a lei. Se non altro, quello che avevo patito, aveva avuto due effetti importanti. Glenn e Sean erano liberi e avevo finalmente spaccato la faccia all’uomo che odiavo di più al mondo.
Ero relativamente soddisfatto, ma sapevo, in cuor mio, che se ne avessi mai avuto la possibilità avrei rispedito quel pezzo di fango da dove era venuto.
Beth mi raccontò di aver pulito le ferite e di averci applicato un estratto di aloe,  ma si rammaricava del fatto di non aver potuto fare di più.
Quella sera il Dottore, dei miei stivali, che mi aveva drogato senza avere il coraggio di dirlo, si presentò e addusse la scusa della medicazione per darmi un’occhiata.

Non avevo voglia di discutere né di oppormi. Gli lasciai la possibilità di visitarmi, ma, notai che questa volta si rivolse per lo più a Beth, quasi ignorandomi.

Due giorni dopo, lo stronzo si fece vivo. Se non altro potevo affrontarlo sulle mie gambe, avevo faticato ad alzarmi per un giorno intero.

Dustin entrò seguito da Godzilla e altri due grossi energumeni. Aveva paura di me, ma considerando, come era conciato, forse ne aveva motivo.

Per prima cosa, si avvicinò a Beth e le fece una sorta di bacia mano, che mi innervosì parecchio, ma si staccò subito da lei.

-Tranquillo, D. Non te la sciuperò, la tua preziosa amica. – rise.

Lo osservavo teso, non sapendo quale sarebbe la sua reazione.

-Sai che, oltre ad avermi spaccato la faccia, mi hai incrinato almeno tre costole? Non sono cose da fare ad un povero vecchio come me..

Fu allora che avvertii la voce, molto più che adirata di Beth, che gli rispondeva per le rime.

Quella ragazza aveva tanto coraggio e un gran cuore.

-E allora? Non crede di avegliene fatte passare abbastanza? Non solo ha abusato del suo potere quando era bambino, ma ora dopo tutto quello che ci ha fatto, doveva anche frustarlo a sangue?

Vidi il lampo dell’antica pazzia infrangersi sulle iridi dell’uomo che aveva contribuito a darmi la vita. Sapevo cosa voleva dire quello sguardo, quindi tirai delicatamenteil braccio di Beth, per portarla dietro alle mie spalle.

L’avrei protetta da lui, a ogni costo.

Mio padre rise sinceramente divertito, poi mi lanciò la balestra.

-Ti stai rammollendo, a stare chiuso qui dentro. Stamattina andremo a caccia.

Beth mi strinse la mano, e io le sorrisi, per tranquillizzarla.

-La tua amichetta, verrà scortata da Amaral, nei vostri nuovi alloggi, tutto chiaro Daryl?

Annuii. Per ora conveniva fare buon viso a cattivo gioco.

 

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Capitolo 18
*** capitolo 18 - Riflessi ***


Capitolo 18- Riflessi.

 Buongiorno! Scusate il terribile ritardo,ma mi ero bloccata. E non ho la minima idea di come sia questo capitolo, se fa schifo, comunicatemelo, mi raccomando! Un abbraccio e stasera, twd!!!:)

Capitolo18-   Riflessi

-Beth-

Dopo aver passato giorni a chiedermi se Daryl ce l’avrebbe fatta anche stavolta, vederlo di nuovo in piedi mi aveva rassicurato.
Quell’uomo era una roccia, anche se, ultimamamente, la vita, lo aveva messo a dura prova. L’aver ritrovato quel “simpatico” individuo che era suo padre, non aveva potuto che peggiorare le cose. 
E ora che eravamo bloccati a Terminus, quello che mi spaventava maggiormente, erano le implicazioni, anche psicologiche, che questo avrebbe comportato. Quella mattina quando avevo visto Daryl di nuovo in piedi, il mio cuore aveva tornato a battere normalmente.
Era strano pensare quanto ci eravamo legati, lui ed io, da quando eravamo fuggiti dalla prigione. Ci capivamo con un solo sguardo, anche se dovevo ammettere che, qualche volta, tendevo ancora a perdermi nell’azzurro profondo degli occhi di Daryl- vagando senza meta nella grammatica, senza riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto - cosa che a lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso, faceva impazzire.
Dustin quel giorno lo aveva trascinato fuori dal piccolo spazio, dove ci aveva confinato e, se da un lato, poteva essere un piacevole passatempo, temevo sempre gli accadesse qualcosa. Suo padre era uno squilibrato completo, e pensarlo là fuori con lui, era davvero preoccupante.

Amaral, come promesso da Dustin, non si fece attendere quella mattina, prelevandomi da quella stanzetta angusta, e scortandomi in un’altra zona del campo.

-Ciao. – dissi cercando di essere amichevole – Io mi chiamo Beth. Tu devi essere Amaral.
La ragazza mi guardò male e rivolse lo sguardo verso Jake, che ci scortava, come per chiedere conferma di potermi rispondere.
Jake annuì e si eclissò, pur restando nei paraggi.

-Non dovresti parlare con me. - disse - Non senza permesso, almeno.

- Il permesso di chi? – chiesi sinceramente divertita e allarmata al contempo - Di quell’energumeno fuori di testa? O di Dustin? Il più sciroccato, qua dentro.

Lei mi osservò sinceramente spaventata.

– Non sfidarlo. Un consiglio.

Amaral era la classica bellezza mediorientale. Mora, con carnagione olivastra e con gli occhi scuri, e proprio non capivo, come fosse finita in quel casino, ma, quel giorno, avrei avuto, molte più risposte di quelle che andavo cercando.

Fui scortata in una zona diversa rispetto ai profili in lamiera e al territorio urbano che avevo visto fino a quel momento a Terminus, fino ad arrivare in una sorta di zona residenziale, con aiuole curate e fiori alle finestre. Tutto aveva un che di normale e artefatto assieme. Nemmeno al nostro accampamento al fiume, avremmo mai raggiunto un livello tale di normalità. Allo stesso tempo, tutto pareva troppo curato e finto, a tratti, tanto da farmi dubitare di vivere nella realtà. Mi sentivo come Charlie, appena entrato nella fabbrica di cioccolato di Willie Wonca.

Mentre mi guardavo in giro basita, notai Stewart che veniva verso di noi assieme a un altro
ragazzo.


Amaral si fece indietro, quasi volesse scomparire.


-Beth!- salutò Stewart- Come ti senti?

-Bene Dottore. Considerando le circostanze. - dissi corrucciata, guardando il nuovo venuto con curiosità.

- Scusatemi. Lui è Gareth. Beth, ti presento il braccio sinistro di Dustin.

Osservai il ragazzo che mi trovavo davanti con curiosità e astio, al contempo. Era un tipo interessante, e non sembrava, pericoloso o squilibrato come il suo capo, ma come poteva aiutare quel pazzo, altrimenti?

-Lui e Amaral sono capitati qui almeno un anno fa- disse, non senza imbarazzo - Come puoi immaginare, Dustin, non li ha più lasciati andare via.

Gareth mi squadrò pungente, anche lui aveva la carnagione olivastra e gli occhi scuri, ma qualcosa di gentile albergava in quelle due iridi marroni.

-Ciao Beth! – mi porse la mano.

In quel frangente non sarei riuscita a essere così affabile, ma, di riflesso, gli porsi la mia.

-Gareth.

- Posso parlare un momento con Amaral, Stewart, per favore?

- Cerca di sbrigarti. – gli intimò il medico - Se Jake tornasse prima, passeremmo dei guai.

Gareth mi fece un mezzo sorriso e si avvicinò alla ragazza.

- Vieni Beth. Ti mostro la tua nuova casa.

La cosa non mi entusiasmava, e immaginavo quanto sarebbe piaciuto a Daryl, ma non avevamo scelta, quindi decisi di assecondare il dottore.

-Immagino quanto tu odi tutto questo- iniziò Stewart sorprendendomi. - E non vglio nemmeno cercare di capire cosa ne pensi, Daryl. Dopo quello che ha subito, poi…

-Se immagini tutto questo, perché non ci aiuti?

-Aiutarvi?

-Si. A fuggire da qui. Basterebbe che ci dessi una possibilità, noi avvertiremmo gli altri e ci defileremmo. Dustin Dixon perderebbe le tracce di suo figlio, e tutto sarebbe sistemato.

-La fai semplice tu. Dustin è una persona… complicata.

-E’ un sadico, pazzo e omicida. Ha seviziato i suoi stessi figli per anni, e ora, ha messo in piedi questo circo, facendola da padrone e atteggiandosi a santone. Ho già conosciuto uomini come lui- senza riflettere pensai al governatore, pur valutando che la pazzia non si poteva misurare con esattezza,-  e finirà per autodistruggersi, portandosi tutti voi, con lui. E’ già accaduto.

Stewart mi squadrò serio.

 – Credo Beth, che tu non stia affrontando la cosa dal giusto punto di vista. E’ vero che, Dustin, è una persona dal temperamento irascibile, ma in mezzo a tutto questo, è riuscito a creare qualcosa di nuovo e duraturo. Ha instaurato regole e ha dato speranza a chi non ne aveva più.

-A chi avrebbe dato speranze? Qua dentro – da quello che ho potuto vedere- ci sono persone schiavizzate e sottomesse, solo per colpa della razza, del colore o dell’ideologia.. A me più che ordine, mi dà  l’idea di un campo filonazista. Quella ragazza, Amaral, è terrorizzata. Non si attenta nemmeno a rivolgere la parola a me, non oso pensare a quello che può aver passato..

-E tu credi che Daryl sia diverso?- chiese Stewart serio.

-Ma stai scherzando? – mi stavo davvero arrabbiando -Daryl non assomiglia per niente a suo padre.

-Però, anche lui, ha deciso di stare alle regole, questo non ti dice niente?

-Ha deciso? Hai visto anche tu, come lo ha ridotto, o no?

-Non aveva rispettato le direttive.

-Regole? Direttive? E di quali parliamo? Dopo quello che quell’uomo gli aveva fatto passare, era il minimo che gli potesse capitare. Lo ha pestato, e allora? Avrebbe dovuto fargli di peggio, considerando, anche soltanto, le frustate ricevute.

-Pestare il Boss, non è stata una gran mossa in ogni caso. Un’altra persona ci avrebbe rimesso il collo, per una cosa del genere…ma Daryl, bè, lui è un privilegiato.

-Non potersi alzare dal letto per due giorni perché non ti reggi in piedi, è da privilegiato, qui? E anche ora, pensarlo, là fuori, in compagnia di quel pazzo…

Stewart non rispose a quelle provocazioni e cambiò discorso.

-Gareth! Gentilemente, potresti mostrare tu a Beth la nuova magione, meglio che accompagni io Amaral.

-E’ così dura affrontare la realtà, Stewart?

La mia ultima frecciatina non rimase inascoltata, tanto che Stewart mi sussurrò all’orecchio.

-Se io fossi in te, non mi sentirei così tranquilla da poter sempre dare voce a tutti i pensieri che ti passano per la testa. Al momento sei in una posizione alquanto certa, ma, ricorda, non è detto che le cose restino sempre così. Innumerevoli fattori possono sempre cambiare. Daryl potrebbe stancarsi di te, smetterla di difenderti a spada tratta o, più semplicemente, venire ucciso.  E allora, cosa ne sarebbe di te?

Mi lasciò con queste parole e  si allontanò, con Amaral al seguito. Quell’uomo iniziava a mettermi i brividi.

Gareth mi fece entrare in un giardinetto all’italiana, tramite un piccolo cancello e mi fece percorrere un vialetto di entrata, con cui si arrivava a una piccola villetta immersa nel verde. Lo guardai senza capire, domandandomi come fossero riusciti a ottenere angoli del genere accanto a una mostruosità industriale come Terminus.

Il ragazzo sembrò leggermi nel pensiero.

-Ne sono state realizzate soltanto tre. Una è occupata da Dustin, una struttura molto più piccola, da Stewart e da me, mentre questa, è stata data a te e suo figlio.

-Con sua immensa gioia. – dissi fra me, e Gareth mi osservò stupito.

-Non corre buon sangue fra padre e figlio?

Lo guardai senza nascondere una certa curiosità.

– Non lo sai? Io non capisco come possiate stare ai suoi ordini.

Gareth mi prese a braccetto e mi condusse verso l’entrata. Era un gesto strano e intimo, fatto da una persona appena conosciuta, ma gli permise di sussurrarmi all’orecchio.

- Quella ragazza che ha preso come amante, è mia sorella. Se potessi, gli avrei gia’ fatto pagare per tutte le sue porcate, ma non posso..- poi, come se niente lo avesse turbato, tornò a parlarmi in tono normale, staccandosi da me.

– Questo è il giardino e qui ci sono le chiavi. Ti lascio a eplorare il resto, credo che tu possa continuare da sola.

Restai sulla veranda, seduta in terra, a riflettere su tutti gli elementi venuti alla luce quel giorno.

-Daryl-

Uscimmo dalla zona recintata di Terminus e ci inoltrammo nel folto del bosco. Dustin mi procedeva di qualche passo, sentivo la mia balestra sulla spalla, pesare come non mai. Da un lato, la mia schiena protestava dopo il trattamento subito, ma dall’altra, l’idea di piantargli un dardo in mezzo agli occhi, mi solleticava. Certo, era una sicura condanna a morte, ma mi sarei tolto un gran peso, solo il pensiero di Beth e della fine che avrebbe potuto fare, senza di me, in quel luogo, mi faceva desistere.
Dopo almeno un’ora di cammino mi fecero fermare e sedere a terra, mentre due tizi venivano portati al cospetto di Dustin. Lui, come un re magnanimo e maligno, di altri tempi e altri luoghi, li guardò con condiscendenza.

-Sai chi sono questi due imbecilli, Daryl?

Scrollai le spalle mentre cercavo di raccogliere le idee.

-Questi due teste di cazzo, sono stati soppesati e trovati mancanti.

Quella frase, mi fece accapponare la pelle, come un brivido.
Era la stessa frase che mi veniva rivolta, prima di essere punito, da bambino, e la cosa mi fece ripiombare in un baratro che non credevo di dover riaffrontare.
Non in questa vita almeno.

-         Questi due coglioni sono quelli che si sono lasciati giocare da tre ragazzini, facendosi soffiare due ostaggi, le vostre due amiche, il giorno che ti ho ritrovato.

-         Allora dovresti ringraziarli, senza di loro, io, non sarei qui!

Non so perché lo dissi, in effetti, ero io che avrei dovuto avercela con quei due sfigati, ma il tono della sua arringa, mi evocava una sgradevole sensazione, come se la caccia, fosse stata uno spiacevole nonsense.

Dustin mi ignorò, non ero io il suo obiettivo. Non in quel momento.

 – Signori mi avete profondamente deluso e sapete quali sono le conseguenze.

-Signore..- cercò di dire uno dei due, ma gli arrivò un malrovescio col calcio di un fucile alla nuca.

Non mi piaceva il tono della conversazione, e nemmeno le implicazioni di quella caccia. Avevo un terribile sospetto.

-Per questo motivo, ora vi lascerò liberi di guadagnare un po’ di terreno, poi, verremo a cercarvi.

-Dateci un’arma…ci sono gli zombi. - supplicò uno.

-Non funziona cosi..gli animali non sono armati, non è vero Daryl?

Non risposi, troppo frastornato dalla scellerata proposta.

-Dunque vediamo, vi lascio circa trenta minuti, poi, la caccia ha inizio.

I due si guardarono in faccia, smarriti, poi, si inoltrarono nel bosco a gambe levate.

Se erano furbi, avrebbero dovuto cercare di mettere più spazio possibile fra loro e gli inseguitori, e, possibilmente, avrebbero anche dovuto piazzare qualche trabocchetto per rallentarci. Io avrei fatto così, ma io avevo dalla mia, l’esperienza fatta con Dustin e Merle, quindi ero un outsider. 
Da quello che avevo visto e dalle loro espressioni smarrite, però, non mi sarei aspettato niente di tutto questo e quei due sarebbero stati impallinati in breve.

Dustin fece passare la mezz’ora bevendo jack Daniels e sparando a qualche zombie. Io ero stato lasciato libero di gironzolare intorno. Sapevano che non mi sarei mosso, non con Beth ancora nelle loro mani.
Passati i trenta minuti Dustin ci disse che ci saremmo divisi e mi squadrò divertito.

-         La tua prima caccia all’uomo! Non posso nemmeno immaginare ciò che provi..

Disgusto? Raccapriccio? Nausea?

-Inutile ricordarti, D, che se tu sparisci, - e so che ne saresti capace - qualcun altro ne pagherà le conseguenze.

Annui e mi addentrai nel bosco, seguendo la scia del primo uomo, mentre il gruppo di Dustin si addentrò nel punto in cui si era dato alla macchia il secondo.

Il mio piano era semplice e stupido. Mi sarei addentrato per quel tanto da seminare il tipo che mi stava seguendo, poi, mi sarei infrattato da qualche parte e avrei atteso il ritorno deli altri. Non avrei mai dato la caccia a un uomo disarmato.

Mi sono sempre domandato perché quello che progettavo, alla fine, andava a puttane, in un modo o in un altro.

Riuscii a seminare, in breve, l’uomo che avevo alle costole, grazie anche al piccolo aiuto di un paio di zombi affamati, e cercai un posto dove potermi nascondere. Se Dustin era convinto che mettermi una guardia appresso mi avrebbe frenato, aveva sbagliato ancora, con me.

 Le radici di un albero particolarmente nodoso, avrebbero fatto al caso mio. Era facile nascondersi alla vista, soprattutto quando non ti stavano cercando. Fu a quel punto che notai uno dei tizi a cui Dustin stava dando la caccia, malamente nascosto, in mezzo a dei cespugli.

-Ti prego non mi uccidere.- disse mentre si buttava, a terra, in ginocchio, facendo un gran baccano.

Mi guardai intorno in ansia, temendo che qualcuno lo avesse sentito, e gli feci cenno di fare silenzio.

Il tizio abbassò la voce.

- Ti prego. Non voglio morire. Io sono un falegname, non ho mai fatto male a nessuno e, prima di tutto questo, non avevo neanche mai maneggiato una pistola.

-Si vede. – gli concessi. – Devi fare silenzio, però.

 Quell’uomo era spaventato a morte. Gli feci cenno di seguirmi e lo scortai verso ovest, esattamente il più lontano possibile da dove era il gruppo di Dustin.

Con me, avrebbe avuto certamente più probabilità di farcela. Verso mezzogiorno ci fermammo per riposare e divisi con lui quel poco d’acqua che mi era stata data.
Due scoiattoli trovati strada facendo, fecero da companatico.

-Tu non sei come loro. - mi disse il tizio alla fine – Nessuno di quei bastardi ci avrebbe pensato un attimo, e mi avrebbero freddato sul momento.

-Ti conviene mangiare e non perdere tempo a blaterare. Non sei ancora al sicuro. 

-Jeremy. Il mio nome è Jeremy.

-Daryl.

L’uomo continuò a mangiare.

-Ora, ascoltami bene, Jeremy. Io non posso accompagnarti oltre. Se non torno indietro, rischio grosso. Tu dovrai continuare verso ovest per almeno altre due ore, quindi, troverai un fiume. Risali il corso d’acqua e troverai un accampamento. E’ brava gente. Chiedi di Earl o di Rick, digli che sono stato io a indirizzarti là.

-Perché lo stai facendo? – mi chiese a bruciapelo.- Quelli con cui stai, non lo farebbero.

-Io non sto con loro, La differenza è tutta lì. Ora vai ed evita gli zombi, per quanto ti è possibile.

Dustin, oltre che della balestra mia aveva dotato di un coltello, che gli consegnai. Avrei sempre potuto dire di averlo perduto.

–Mira alla testa. Deciso.

Jeremy annuì e  mi ringraziò ancora, inoltrandosi nella boscaglia, verso ovest. Sperai davvero che ce la facesse, io ora sarei dovuto rientrare.

Beth era una mia responsabilità.

Arrivai alla radura e non trovai nessuno, quindi mi arrampicai sopra un albero e, dopo essermi assicurato, mi rilassai.

Un paio d’ore dopo, avertii del trambusto e notai gli uomini di Dustin, con lui, che tornavano nella radura. Facevano fin troppo rumore per i miei gusti, immaginavo che anche mio padre la pensasse così.

Con loro c’era anche un macabro trofeo, l’altro uomo che era con Jeremy, quella mattina.  Stranamente era ancora vivo.

-E il tuo ragazzo? – chiese il più anziano del gruppo- Scommetti che ha colto l’occasione e si è dato alla fuga?

Dustin si guardò intorno circospetto - No. Non credo. Quella è una cosa che avrei fatto io, lui sarà qui intorno, che ci osserva.

Da dove mi trovavo, provai a centrare la testa di quello stronzo con il mirino. Sarebbe stato un colpo perfetto.
Pulito e veloce. Contai mentalmente fino a cinque, per normalizzare il respiro e mirare.

Uno.
La mia mano tolse la sicura alla balestra.

Due.
Il respiro si fece più lento e si adattò alla situazione. Dovevo ridurre al minimo i miei movimenti.

Tre.
L’occhio appoggiato al mirino. La concentrazione ai massimi livelli. I muscoli tesi e pronti scattare.

Quattro.
Ero pronto. Mi bastava un piccolo e impercettibile movimeto sul grilletto e sarebbe finita.

 -Molla la balestra, Giovane.- Disse una voce sotto di me. Era una voce decisa e forte.

Un Ak47 era puntato contro di me e pronto a sparare. 

Beccato.

Reinserì la sicura e lasciai cadere, a terra, la balestra. Misi le mani in alto e domandai il permesso di scendere dall’albero.

Dustin rideva.

-         Me lo aspettavo sai, Daryl? Non credevo che avresti tentato ma, mi aspettavo una tua reazione.

Fui portato in mezzo alla radura con le mani sopra la testa e messo in ginocchio.

-Sapevo che forse era troppo presto per darti in mano una balestra, ma non mi aspettavo che fossi così scaltro. Hai ucciso tu Simmons?

-No. Ha incontrato alcuni zombi che lo hanno invitato a una festa. – risposi guardandolo dritto in faccia. Lo stavo sfidando.
Lui lo sapeva, io lo sapevo.

Sorrise e scosse il capo.

- Tagliate la gola a quel coglione e lasciatelo per gli zombi- disse rivolgendo lo sguardo al prigioniero.

Fu una cosa raccapricciante. Quel poveretto rantolò e cadde a terra morto. Un colpo di pistola, terminò il tutto.

Fui fatto muovere e riportato a Terminus come un reietto, ma ero abituato.

-Strano che Jeremy sia riuscito a scappare. – disse Dustin avvicinandomi. – Quel ragazzo era un vero incapace là fuori, e, d’un tratto, riesce a seminarci e fa perdere le sue tracce. Deve essere stato difficile riuscirci nel giro di tre ore.- ossevò lanciandomi un’occhiata tagliente.

-Non so a cosa ti riferisci.

-Gia’. – sorrise- E con te cosa dovrei farci?

Lo guardai. Forse il mio piccolo appostamento non gli era andato giù.

-Ho una mezza voglia di prendermela con la biondina per il tuo scherzetto.

Mi irrigidii.

-Tranquillo D. Se avessi voluto, lo avrei già fatto. Oggi mi hai solo dimostrato di sapertela cavare, anche a far perdere le tue tracce..Sono colpito.

Tornammo all’interno dei cancelli di Terminus, ma le fascette che bloccavano i miei polsi non furono allentate. Venni strattonato verso una zona diversa dallo stesso Dustin e, finalmente, arrivammo in una sorta di quartire residenziale abbandonato. C’erano due villette in stile vittoriano congiunte da un giardino con un vialetto di sassi bianchi. Un sogno alla "via col vento" in mezzo all’inferno. Di bene in meglio.

Chiesi, dove fosse Beth, ma la risposta fu solo uno spintone più forte degli altri. Mi risolsi a tacere.

Sentivo su di me l’odore del sangue di quel poveretto sgozzato nella radura, fu allora che Dustin mi fece avanzare verso una sorta di doccia all’aperto e mi ci buttò sotto. Doveva essere stata una doccia di una sorta di zona solarium, nei pressi della piscina, oramai asciutta, che avevo notato fra gli alberi, ma l’acqua era ghiacciata.

Le tracce di sangue scivolarono nello scarico, ed io venni tirato fuori da là sotto, fradicio e intirizzito.

-Sai D? più ci penso, più mi risulta strano che Jeremy ce l’abbia fatta. Tu non ne sai niente, vero?

Mantenni la testa bassa e cercai di concentrarmi su me stesso e il freddo che sentivo, ogni altra risposta sarebbe stata rischiosa.

Fu in quel momento che sentii la voce di Beth che diceva il mio nome.

-Beth-

-Daryl!- lo chiamai cercando di nascondere l’apprensione che provai, non appena, lo vidi a terra, con un fucile puntato alla testa.

-Cosa…- non feci in tempo a chiederelo che Dustin mi precedette.

- Il tuo cagnolino, qui, ha provato a uccidermi con la balestra, fortunatamente è stato fermato in tempo..in più, ha aiutato un ostaggio a fuggire. Ora dimmi Biondina cosa dovrei fargli a questo punto?

Ero alquanto confusa. Cosa aveva in mente, Dustin?

Gareth mi aveva accompagnato fino a lì e ora aspettava istruzioni, rilassato.

-Stanotte nevicherà- osservò alla fine- Potrei anche legarlo qua fuori, così com’è, e vedere se domattina è ancora vivo…

Daryl non aveva rialzato la testa,ma sapevo, che se avessi guardato nei suoi occhi, avrei visto la paura di quello che sarebbe potuto accadere, forse, più per me, che per se stesso.

-No. – senti la mia voce alzarsi - Non vuole davvero ucciderlo, vuole solo che le dia retta.  Se lo uccide, domani avrà soltato uno zombi di più - la mia voce era incerta e spaventata, ma sapevo di dover fare qualcosa.- e un figlio in meno.

-Potrebbe anche farcela, è forte.

-Non nelle condizioni in cui si trova. Aveva già la febbre, se lo lega qua fuori con questo freddo, bagnato fino alle ossa, non otterrà nulla. A parte un cadavere.

-Cosa mi consigli, allora, Biondina?

- Gli parlerò io. Mi lasci provare. Tenterò di convincerlo.

Sapevo che Daryl mi avrebbe odiato per quelle parole, ma in quel momento salvargli la vita era la mia sola priorità, e non l’avrei sprecata.

Dustin fece passare alcuni minuti.

- Io continuo a pensare che certe canne vadano spezzate, ma se ritieni di poterle piegare, accomodati.

Annui e presi un coltello dalla cintura di Gareth, avvicinandomi a Daryl e suo padre. Dustin restò impassibile, e io sciolsi le mani dell’unica persona a cui tenevo lì dentro e lo aiutai ad alzarsi.

Gettai il coltello a terra e, senza che nessuno ci bloccasse, lo accompagnai verso il posto che avremmo chiamato casa, per un po’.

 

-Signore, crede davvero che la ragazza riuscirà a convincere suo figlio a collaborare?

Dustin sputò a terra.

-Dovrà riuscirci. La prossima volta non sarò più cosi tenero con Daryl, e non risparmierò nemmeno lei.

Dopo aver pronunciato quelle parole, tornò verso casa  seguito da Gareth.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo19- Calma per tempesta ***


19

 Ma ciaoooo!!!Ok capitolo 19, tutto molto Bethyl,- tra l'altro tutto raccontato dal nostro focoso arciere -  ma soprattutto capitolo che mi convince meno del precedente...forse mi sto perdendo, fatemi sapere!! e stasera, buon twd a tutti!!!;)

Capitolo 19- Calma per tempesta

-Daryl-

Credo che, se non fosse intervenuta Beth questa volta, lo stronzo, mi avrebbe fatto fuori.
Ora, mentre cercavo di trattenermi dal battere i denti dal freddo, lei mi aiutò a entrare in casa. Una volta varcata la soglia, rimasi impietrito da quello che vidi.
Là fuori faticavamo a restare vivi, mentre in quella casa, l’opulenza e il lusso la facevano da padrone. Il gusto, certo, era un’altra cosa, ma pareva proprio che a Terminus, si fossero dati un gran da fare, per trafugare opere d’arte e oggetti vari.
Rimasi sulla porta, gocciolante e sporco, appoggiato a uno stipite, guardandomi intorno. Mi sarei sentito, fuori posto in ogni caso, in un luogo del genere, ma nelle condizioni in cui vertevo, sembravo un profugo, scampato a un affondamento.

-Ce la fai a camminare?

Annuii. Riuscivo a camminare, perché il mio fisico rispondeva agli stimoli meccanici, ma il freddo mi stava brandendo in modo deciso.

Beth mi osservò un secondo.

- Togliti tutto quello che hai addosso, e intendo proprio tutto, stavolta.

Scusa? Ho capito, davvero, quello che mi hai appena detto?

La squadrai, non senza nascondere un certo interesse.

Beth sparì per un secondo e riapparve con un accappatoio verde.

-         Dai scemo, spogliati o ti prenderai un malanno..- aggiunse con un mezzo sorriso.

Mi tolsi i logori scarponi da trekking e ciò che restava dei calzini, sedendomi su uno scalino, con calma.
Le mani faticavano a riprendere confidenza con il calore corporeo che le doveva caratterizzare, ma mi arrangiai. Mi sfilai il gilet di pelle e passai alla camicia. Non so perché, o forse si,  ma mi tornò alla mente ciò che era accaduto quella mattina di un secolo fa, ormai, nell’infermeria della dottoressa Morton.

Sorrisi a quel ricordo e notai che Beth, arrossì un poco, forse anche a lei era tornato alla memoria quel particolare evento, quando cioè mi aveva sbattuto con le spalle al muro, baciato, e chissà cosa sarebbe successo, se Carol ci non ci avesse sorpreso.

Ora non c’era nessuno che avrebbe potuto fermarci.

Avevo la salivazione azzerrata, ed ero nervoso come un ragazzo alla prima esperienza amorosa.
Non era normale.

Ormai,però,  cosa lo era davvero?

Mi sentivo a pezzi ma, ero pur sempre un uomo, diamine.
Beth, che inizialmente mi aveva aiutato a togliermi la camicia, si era fermata, e aveva lasciato a me i pantaloni.
I rivoli d’acqua fredda, continuavano a gocciolare sul pavimento di marmo, e formavano una pozza accanto ai miei vestiti luridi.

Restai in biancheria intima e mi fermai. In effetti, tutto quello che c’era stato fra noi fino a quel momento, era avvenuto in una stanza buia, nella casetta accanto al fiume, in cui nessuno dei due avrebbe potuto mostrare all’altro, il nervosismo o l’imbarazzo che poteva averci colpito.
Mentre, in quel particolare frangente…il cuore pareva rimbombare in tutta la stanza, tanto mi sentivo agitato.

Beth era arrossita paurosamente, il freddo era ancora palpabile, ma sentivo che qualcos’altro stava iniziando a scaldarsi e cercai di controllarmi.
Presi l’accappatoio e me lo buttai addosso. Non volevo che si sentisse in dovere di fare o dire qualcosa.

-Vieni nel bagno, l’unica cosa positiva di tutta questa storia è che a Terminus, l’acqua calda, non è un miraggio.

Mi prese per mano, e mi lasciai giudare da lei.

 Era assudo pensare che fino a qualche tempo prima, non avrei mai affidato la mia vita a chicchessia, e non mi sarei, certo, lasciato avvicinare. 
Tanto meno avrei lasciato qualcuno prendermi per mano, mentre ora, se Beth mi avesse anche guidato nel fuoco dell’inferno, glielo avrei lasciato fare.
Il bagno era scarsamente illuminato. Le solite candele erano ovunque e notai, che c’era un enorme telo di spugna pulito accanto alla doccia, ad attendermi.

-C’è n’è un altro…- dissi roco.
Non so perché ma faticavo a parlare, o forse conoscevo bene il motivo e lo stavo, volutamente, ignorando.

-     Di cosa? – mi chiese Beth, concentrata, mentre regolava l’acqua calda.

-Di lati positivi.

 Mi guardò interrogandomi con gli occhi, curiosa.

Mi schiarii la voce, mi ero messo in scacco da solo.

       - Siamo ancora insieme. 

Beth mi guardò negli occhi con una tale intensità, da farmi abbassare i miei.

-Fatti una doccia. - disse lei - Poi, dovremmo parlare.

Aveva le guance arrossate e gli occhi sgranati, sapevo bene cosa volevano dire quegli sguardi.
Lei sentiva le stesse cose che provavo io, in quel momento.
Nel suo cuore albergavano gli stessi tumulti e le stesse paure, e l’identica voglia, di essere l’uno nelle braccia dell’altra.

E al diavolo, ogni altra cosa.

Le presi le mani e la trascinai nella doccia con me, dandole un bacio dolce.
Un bacio, che non avrei mai pensato di poter dare a nessuno, tanto era dissimile da me, ma, con lei, tutto acquisiva nuovi significati, tutto era differente.
Beth era completamente vestita ma non parve accorgersene. 
Iniziai a baciarla e la strinsi a me. L’accappatoio, ormai fradicio, lo lasciai cadere a terra, calciandolo malamente di lato.

Iniziai a spogliarla con calma, mentre sentivo le sue mani su di me toccarmi, prima in modo timido e impacciato, poi in maniera più decisa. Sentivo le sue unghie sulle spalle, delicate e ferme, allo stesso tempo. Notai che lo sportello della doccia era rimasto aperto, e l’acqua, stava uscendo copiosa.

Fanculo a Dustin e alla sua casa di merda.

 In quel momento nemmeno l’attacco di uno zombi, mi avrebbe potuto staccare da lei. Catturai le sue labbra, assaporando la sua lingua con la mia, e iniziai a succhiarle il labbro inferiore con foga, mordicchiandolo. 
Qualcosa, al piano di sotto, mi stava facendo capire che c’era ancora vita da quelle parti, ma non avevo fretta.
Continuai a baciarla, scendendo verso la linea della mascella, il collo, la giugulare, bianca e perfetta. Mi presi tutto il tempo del mondo, in quel momento, c’eravamo soltanto noi due.

-Mi stai facendo il solletico…- sussurò lei con un filo di voce tra il divertito e… Bhè, c’era anche altro, nella sua voce.

-Cosa?- le sussurrai col fiato corto. In quel momento ero concetrato su ben altro, per fare conversazioni troppo articolate.

-         La barba… – sussurrò di nuovo.

Sorrisi a contatto con la sua pelle bollente, e continuai a scendere baciando ogni centimetro del suo corpo e cercando, per quanto era possibile, di lasciare fuori da quella porta, tutto lo schifo con cui avevamo a che fare.

Alla fine il freddo se ne era andato.

Usciti dal bagno, ci buttammo, letteralmente, su dei tappeti davanti al camino, che Beth era riuscita ad accendere prima che io arrivassi.

Lei era deliziosa con i capelli bagnanti, raccolti in uno chignon, e la t-shirt bianca da uomo, che si era infilata sopra la biancheria. Non c’erano parole per descriverla, ed io, certo, non ero un poeta, però ci provai.

-Sei bellissima.- sussurrai.

Benvenuti alla fiera delle banalità. Presenta, Daryl- incredibilmente idiota- Dixon.

Beth arrossì fino alla punta delle orecchie.

-         Se vuoi mangiare qualcosa, in cucina c’è dello scatolame.

Annuii, grato di quella proposta.
Mangiammo in silenzio per un po’.
Ero stanco, ma la doccia, e quello che ne era seguito, aveva ricaricato abbastanza, sia le mie batterie, che l’entusiasmo.

-Grazie. Anche per i vestiti puliti. – dissi alla fine

Stupido bastardo! Qualunque altra cosa, sarebbe stata più azzeccata.Hai passato l’ora più bella della tua vita con una ragazza incantevole che mai, nemmeno in un milione di anni, potrai arrivare a ringraziare per quello che rappresenta per te, e le dici, cosa?  Grazie, per i vestiti?

Lei sorrise. Un sorriso dolce, che solo lei sapeva regalarmi. 
Quasi come se capisse la difficoltà che provavo cercando di essere più…umano?  Faticavo a restare concentrato se la osservavo per molto tempo, tanto era l’emozione e il trasporto che sentivo per lei, ma c’era anche altro, una cosa che mai, in nessun momento della mia stramaledetta vita, mi avevano fatto provare : la pace.

-         Daryl…

Restai in attesa. Dovevamo parlare, me lo aveva detto appena entrato in casa, ma io lo avevo, momentaneamente, accantonato.
Avrei, comunque prestato orecchio a tutto quello che aveva da dirmi, e probabilmente l’avrei ascoltata, lei di sicuro era molto più diplomatica di me. 

Subito al punto.

- Occorre che tu faccia buon viso a cattivo gioco e stia alle regole, che Dustin, vuole che rispetti.

Tutto, tranne questo.

-No. Non ci pensare neanche per sbaglio.

-Daryl! Queste sono puttanate!

Ci guardammo in cagnesco per un minuto buono, poi io sbottai.

-No. Niente Daryl!Non guardarmi così!  E non sono puttanate, non stavolta. Ti rendi conto, cazzo, che quello psicopatico mi ha rovinato la vita da piccolo, e ci sta provando anche ora? E non guardarmi così. Non puoi chiederemi quello che mi stai chiedendo, non davvero. Non proprio tu.

Mi stavo innervosendo e avevo alzato la voce, non volevo che la nostra serata finisse in quel modo, ma, quell’individuo,che non sarei mai riuscito a chiamare padre, aveva il potere di  farmi girare le palle, solo col fatto di esistere.

-         Sai come ho passato la giornata oggi? – disse lei condiscendente – Con Stewart che mi ha mostrato il giardino di questo posto e mi ha, neppure tanto velatamente, minacciata.

-         Cosa? – le urlai in faccia,  alzandomi in piedi - Io lo uccido quel pezzo di merda, poi lo dò in pasto agli zombi…Ti ha fatto del male? Sei ferita?

-         No. Non mi ha fatto del male, e non ha minacciato me direttamente, ma mi ha fatto capire molto chiaramente che la tua vita non è così certa, qui dentro, anche se Dustin ti vuole. E stasera, le parole che ha usato Dustin, sul fatto che certe canne vanno spezzate...- la vidi rabbrividire, nonostante il camino acceso.

-Beth.  – non sapevo da che parte cominciare – Quell’uomo mi ha già piegato una volta, ma quando ero un bambino, ora non è più possibile…Ora è guerra.

Pronunciai le ultime parole cone fermezza, capivo che non era facile per lei accettare che, ogni qualvolta avessi avuto a che fare con quell’individuo, sarei finito sanguinante e sapevo anche - come lo sapeva lei – che era una questione di vita o morte, uno dei due avrebbe continuato a vivere, l’altro…

Beth riflettè per un secondo. 

       --    -Bene. E questi tuoi propositi di suicidio, li avevi anche quando mi hai detto quello che provavi per me, o pensavi che non ci sarebbero stati contraccolpi?

La osservai senza capire, o forse, il mio era solo un meccanismo di difesa.

-         Perché ti rendi conto che qui non si tratta, più, solo di te?- mi ammonì lei seria. –Se vuoi ignorare quello che mi hai detto o, per te, non conta più nulla, posso anche capire, o almeno provarci. – aggiunse triste. – Ma, se tieni a me almeno un pochino, devi capire che le nostre vite sono legate ormai, e se hai pensato di tentare di farti uccidere, forse dovresti valutare le conseguenze. Io voglio che usciamo da qua entrambi, vivi possibilmente, poi, se il tuo pensiero sarà ancora di allontanarti da me il più velocemente possibile, va bene…ma, ti prego, ragiona!

Mi sentivo in colpa. Già proprio così, Beth era riuscita a toccare le corde giuste, proprio come faceva Hershel quando voleva ottenere qualcosa, solo che con me, lei, aveva un ascendente maggiore. La guardai meglio. Era lì davanti a me, con quegli occhioni grandi, lucidi di pianto, che provava a trattenere.

-         Non ho manie suicide, - sospirai - Come solito, hai ragione tu,- ammisi di malavoglia – E’ che quando lui tenta di imporsi,  scatta qualcosa in me, che è piu’ forte di ogni istinto di sopravvivenza..

Beth mi ascoltava in silenzio, quasi volesse farmi pagare la mia intemperanza.

-Mi spiace. Davvero. Tu sei e resti la mia priorità in tutto quanto questo casino, e d’ora in poi tenterò di stare buono, te lo giuro…

-Grazie. – Mi rispose lei, mentre osservava il fuoco.- Un tentativo è meglio di niente. – sospirò.

-Beth? 

-SI? 

-Vieni qui.

L’abbracciai forte e la tenni stretta a me, davanti al fuoco che scoppiettava.

-…Non voglio che tu possa pensare che io… – nonostante non la stessi guardando negli occhi, non riuscivo a terminare la frase. 
La mia testa era un vero turbinio di emozioni, e quello che avevamo vissuto nel pomeriggio, non aveva fatto che accentuarlo.

Riprovai.

-…Anche se alle volte mi comporto come se niente m’ importasse, non è così.. Quello che ti ho detto quella sera, vale ogni giorno della mia via, e continuerà a esserci…- poi aggiunsi impacciato - Sono uno stronzo, ma non fino a quel punto. 

In quel momento Beth era appoggiata con le spalle al mio petto, e non riuscii a decifrare la sua espressione, ma la sentii stringersi più forte a me.
Ero completo, niente avrebbe potuto rovinare quel momento di perfezione.

-Che dici- spezzai il silenzio, imbarazzato, dopo un poco – Proviamo a esplorare il piano di sopra alla ricerca di un letto? Non so tu, ma io mi sento come se avessi passato la giornata in mezzo un bosco a caccia.
Lei mi sorrise a si alzò, precedendomi verso le scale.

Mi divertiva l’idea di eplorare, con lei, quella sorta di mausoleo. Una volta tanto, non dovevamo guardare dietro ogni angolo con il patema di essere azzannati, ed era un piacevole cambiamento.

Salimmo le scale e ci ritrovammo davanti ad almeno, quattro porte chiuse.

Aprii la prima e ci trovai dietro una stanza da bagno, lasciai stare e mi avvicinai alla seconda porta.

La stanza era ampia e luminosa, - c’erano almeno due finestre - con un enorme letto a due piazze a baldacchino, e delle zanzariere in bianco e rosa che scendevano come ad avvolgere il tutto.
Il copriletto era rosa: era una sorta di incubo di  barbie, formato gigante.  Neanche a dirlo, Beth guardava il tutto con gli occhi sgranati, dalla curiosità.

-Non vorrai dormire qui? – le chiesi meravigliato e inorridito, al contempo.

-No. Forse. Non lo so, Daryl. E’ la prima volta in tutta la mia vita che vedo una stanza come questa, sembra quella di un racconto di fiabe…Nella vita che avevo prima, avrei adorato poter dormire qui almeno per una volta.

Mi guardai intorno sconsolato. Quella stanza avrebbe messo a dura prova la virilità di chiunque, ma se lei, “avrebbe adorato dormirci”, cosa potevo fare io?

-Possiamo dare uno sguardo anche alla camera a fianco? – le chiesi quasi supplicandola.

Lei annuì lanciando un ultima, disperata, occhiata alla stanza.

La camera attigua era decisamente più sobria:  c’era un letto singolo che costeggiava il muro da un lato, e un comodino. Alcuni trofei alle pareti e qualche libro, sembrava un’opera incompiuta ma, nella sua essenzialità, era perfetta.

-D’accordo, considerando che non ti farei mai dormire da sola in questo posto, - e che in questa stanza c’è un letto singolo- cedo alle insistenze e dormirò nel letto rosa…ma, se lo racconterai mai a qualcuno, non saranno gli zombi di cui dovrai preoccuparti…

Beth ridacchiò tutta felice e mi saltò al collo, scoccandomi un bacio sulle labbra.

-         Grazie. Sei il mio eroe, Magari lo racconterò solo a Rick, in caso venissimo in argomento. – aggiunse scherzando.

-Non oseresti- la avvisai.  

-Dici? – mi sorrise mentre arretrava divertita verso la prima stanza.

-         Beth Greene.. non mi sfidare. – l’ammonii sorridendo, mentre la raggiungevo bloccandola.

Quella sorta di inseguimento fasullo, che non doveva essere molto più di un gioco stupido fra noi due, terminò sul lettone rosa, in cui quasi, eliminai, per la foga di fermare Beth, la zanzariera.

-Quanta foga signor Dixon! – scherzò lei.

Per tutta risposta mi sfilai la maglietta a maniche corte che avevo addosso e la baciai, bloccandola sotto di me. 
Fu un bacio dolce a fior di labbra, non volevo che finisse come era accaduto in doccia, il nostro rapporto era qualcosa di diverso dal solo sesso, e non lo avrei mai svilito a quel modo. . Mi meravigliai io stesso di quei pensieri così delicati. Non erano da me.

-Sei fortunata, ragazzina, che sono troppo stanco per qualunque altra cosa..- le dissi, per non rivelarle davvero i miei pensieri.

Lei aveva gli occhi chiusi ed era sdraiata supina sul letto. Era di una bellezza che avrebbe fatto impallidire un angelo.

 Socchiuse i suoi due occhioni e  mi sussurrò vicino all’orecchio.      

      - Peccato!

Quella ragazza mi avrebbe fatto diventare matto, prima o dopo, e suo padre, mi avrebbe fulminato da lassù, sapendo quello che stavamo combinando, ma in quel momento, l’unica cosa che mi venne in mente, fu di buttarle addosso le coperte e stendermici accanto.

-Dormi, piantagrane! – le sussurrai stendendomi, e cingendola con un braccio.

Lei appoggio la sua testa al mio petto e, dopo qualche tempo, sentii il suo respiro regolarizzarsi. 

Non credevo avrei mai provato un tale istinto di protezione per qualcuno, né che avrei fatto tanto per una persona, ma Beth era diventata il simbolo che incarnava tutti lati positivi che la vita aveva ancora. Era davvero amore? Non ne avevo idea, ma per quello che ne potevo capire io, stupido bastardo, quello che mi legava a lei era così prodondo e radicato, che non sarebbero bastate dieci vite per estirparlo.  Cullato da queste riflessioni- sebbene mi fossi ripromesso di stare in guardia – mi addormentai ascoltando il ritmo del suo cuore.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20- Il dottor Ming ***


20

Buongiorno!! Ok, capitolo 20. Non mi uccidete, chiedo venia per l'attesa...ma è stato un momento difficile arrivare alla fine di questo capitolo, quindi, dopo la lettura mi saprete dire se ne valeva la pena!!!!! ;)  

Capitolo 20-  Il dottor Ming.

-Beth-

Svegliarsi fra le braccia di Daryl aveva qualcosa di corroborante, almeno, per me. Era giorno, dalla luce che filtrava dalle finestre, ma lui era ancora profondamente addormentato.
Il suo braccio destro era ancora appoggiato alle mie spalle. Il suo respiro, calmo e regolare, seguiva il ritmo del suo cuore che avvertivo distintamente. L’altro braccio, era abbandonato sul fianco, in riposo.
Osservai le sue labbra, che la sera precedente mi avevano regalato momenti che non avrei mai dimenticato, e credo che il rossore colorò di nuovo le mie guance.
La notte passata insieme, era stata letteralmente il paradiso, al centro perfetto dell’inferno.

C’eravamo soltanto noi due e niente avrebbe cancellato dalla mia memoria la dolcezza e la passione dimostrata da quest’uomo meraviglioso, che avevo giudicato- la prima volta, che ci eravamo incontrati – alla stregua, di un selvaggio.

Sentivo ancora sulla mia pelle, il calore delle sue carezze e i baci urgenti e dolci, che le sue labbra, avevano saputo regalarmi.
Rabbrividi, ma non era il freddo quello che sentivo.

Daryl si mosse. Il suo risveglio era molto vicino, lo capivo da tanti piccoli particolari che avevo imparato a conoscere da quando dormivamo assieme, alla nostra capanna.
Gli diedi un bacio sulle labbra. Non volevo svegliarlo, ma in quel momento l’impulso di avere un contatto con lui, era più forte.

-Mmmm.

Continuai a guardarlo, e lui cambiò posizione, voltandomi la schiena.
I segni delle frustate ricevute, erano ancora evidenti, ma le ferite sembravano pulite, e quella era la cosa principale. 
I due demoni neri, a destra della schiena, erano ancora lì, un po’ malconci, certo, come il loro proprietario, ma presenti, nella loro fiera e tenebrosa bellezza. In quel momento pensai che loro e Daryl, si assomigliassero.
Tenebrosi, oscuri e incompresi, ma anche loro sicuramente, nascondevano un grande cuore.

-Se continui a guardarmi con tutta questa inisistenza, mi consumerai, ragazzina! 

La voce di Daryl, ancora un po’ impastata dal sonno, ma relativamente chiara, arrivò come un fulmine a ciel sereno, distogliendomi dalle mie fantasie.

-Guarda che non scherzo! - Aggiunse mentre si rigirava verso di me, sbadigliando. I capelli erano tutti arruffati, per colpa del cuscino. - Se non la smetti, giuro che domani notte, dormo di là…

Risi. – Non ne avresti il coraggio! Di dormire da solo, intendo.

Daryl si stropicciò gli occhi. – Non mi sfidare, ragazzina. Credo che tu saresti in grado di difenderti meglio di me, comunque. - mi sorrise.

-Buongiorno. - gli feci una carezza.

Lui non si ritrasse.

-Mmm. Te lo farò sapere. – disse stropicciandosi nuovamente gli occhi- Siamo ancora in una situazione di merda.

Mi ributtai sul letto. – Lo so! Solo che non riesco a pensare solo ai lati negativi, uffa!

-Beata te. – disse lui risoluto, poi aggiustò il tiro. -  Scusa. Hai ragione. Alle volte tendo a dimenticare quanto tu abbia fiducia nel futuro! Quella parte di me fatica a…

- Lo so.- ammisi cercando di tranquillizzarlo.
-  Non è un problema. So cosa c’è qui. – dissi indicando la parte sinistra del suo petto, all’altezza del suo cuore. – Anche tu sei sempre qui. – aggiunsi indicando il mio.

Daryl pareva sopraffatto dalle emozioni, quando gli dicevo certe cose, ma si ricompose in fretta.

-Bene. - disse afferrando la maglietta e un paio di pantaloni che avevo trovato in quella casa, la sera prima.

– Anche la notte nel letto di Barbie l’abbiamo superata. Cosa può esserci di peggio? – abbozzò un sorriso sincero.

- Andiamo di sotto, a vedere se c’è qualcosa da mangiare? – domandai.

- Buona idea. Ieri sera mi hai, letteralmente, distrutto. Sono affamato!- disse serio.

-Io? – dissi fingendo indignazione.

Daryl scoppiò a ridere.

Quando il suo sorriso raggiungeva gli occhi, nei rarissimi momenti in cui capitava, il suo viso era più luminoso del solito.

Incantava, guardarlo.

Se ne accorse troppo in fretta. – Che c’è?

Scossi il capo. – Niente. Mi fa piacere vederti così.

Mi osservò per un momento, era uno sguardo strano, come quello di un gatto che sta studiando la situazione.

- Se tuo padre sapesse quello che c’è fra noi...- scosse la testa sconsolato – Spero tanto che, se c’è un paradiso, lassù, non siano vendicativi… Tuo padre mi avrebbe sparato, parlandone da vivo, e  io, anche se ti sembrerà strano, glielo avrei lasciato fare…Non ho nessun diritto di avere tutto questo.

Lo ascoltai. – Perché dici così?

-Beth. Siamo in questo casino per colpa mia. Perché ho un padre pazzo, bastardo e maniaco, in più, non avrei mai e poi mai, dovuto lasciarmi avvicinare così tanto da te. Io non sono un bene, non lo sono mai stato, per nessuno. E, certemente, non avrei mai dovuto ammettere con te, di provare certe cose. Già era grave che le sentissi.

-Sei un essere umano, come lo sono io.  Che cosa avremmo dovuto fare? Fingere che non ci fosse niente? Condannarci alla solitudine e alla sofferenza, in un mondo che è già abbastanza duro, così?

Daryl si era ridisteso sul letto in diagonale. Teneva gli occhi chiusi, stava riflettendo. Potevo quasi sentire  il suo cervello lavorare.

-         Non posso fare a meno di pensare che, se non ci fosse stato tutto questo, tu avresti avuto una vita molto diversa, e io… bhe,’  probabilmente, avrei continuato a fare quello che Merle mi diceva di fare. Chissà come sarei finito, ora…

-E invece no.

Non sopportavo che si autocomiserasse in quel modo, lui era una forza della natura quando era necessario, era la mia forza e il mio coraggio, nei momenti davvero critici, quindi non gli avrei permesso di deprimersi.

Daryl aveva riaperto gli occhi e mi osservava. Mi sdraiai accanto a lui.
Volevo avere tutta la sua attenzione.

-         Prima di tutto, tu non saresti ancora con Merle, perché sei un uomo troppo in gamba. Tu te ne sei andato da situazioni come quella capanna abbandonata, con distilleria annessa, tanto tempo fa, ricordi? E non saresti mai tornato indietro, me lo avevi promesso. – gli sorrisi - E poi, per quello che riguarda noi due, non pensare che non ci saremmo mai incontrati. Io non credo nelle coincidenze, e anche in condizioni normali, immagino che una volta che ti avessi conosciuto, avrei fatto carte false per un tuo solo sguardo…magari, saresti stato tu a non considerarmi, ci hai mai riflettuto?

Daryl aveva aperto i suoi luminosi occhi blu, puntandoli nei miei.  Faticai non poco, a terminare la frase.

-         No. Non credo che ti avrei ignorato.

Daryl Dixon, era cosi.
Poche parole, che descrivevano un mondo.
Avvicinarsi a lui era stato difficile e impegnativo, ma valeva ogni singolo istante che mi stava regalando.

Fu a quel punto che sentimmo dei rumori al piano di sotto. Daryl si irrigidì e scattò in piedi.

 -Stai qui. – gli intimai decisa scendendo per le scale.

Arrivai al piano di sotto e mi trovai di fronte Stewart, che fece cenno di bussare sulla porta, anche se ormai era entrato. 

-Toc toc. Disturbo?

-Che vuoi? – chiesi sgarbata, ma proprio non avevo voglia di essere tiranneggiata da lui, anche quel giorno.

-Buongiorno! Volevo sapere se vi occorreva qualcosa. 

-No. Non ci occorre niente, grazie. - risposi seccata.

-E Daryl?

-Cosa?

- Lui ha bisogno di qualcosa?  

-Pensi che non possa rispondere per lui?

Stewart sorrise. – non intendevo questo, - Volevo sapere se ha ancora la febbre, e se ti occorrono degli antipiretici.  Ieri è stata una giornata lunga e parecchio dura per lui.

Stavo per rispondere di no, poi immaginai che sarebbe stato meglio accettare. 

– Grazie. Se solo potesse avere un po’ di riposo, magari, la febbre gli passerebbe – risposi fredda, facendo l’offesa, e comunque ne avevo ogni diritto.

Stewart sorrise – Se vuoi posso visitarlo.

L’occhiata che gli scoccai, dovette farlo desistere.

-Come vuoi. Se dovesse stare davvero male, però, non esitare a chiamare.

-Sarà lasciato stare?

Stewart stava per andarsene, ma alla mia domanda si bloccò.

-Per un paio di giorni credo che Dustin non lo tormenterà, vuole lasciarti il tempo di farlo ragionare, ma dopo questa tregua,o si adeguerà, o ne pagherà il prezzo.

Stavo per rispondere a tono a quell’ennesima e sprezzante minaccia, quando Daryl apparve sulle scale.

I jeans che indossava erano stinti e stretti in vita da una cintura, e  aveva una maglietta bianca. Disarmato, ma con tanta fierezza e coraggio, che chiunque avrebbe dubitato che pochi minuti prima era stato, pieno di dubbi e incertezze.

-Puoi dire a Dustin, - disse scendendo le scale, scalzo – Che non mi sono mai tirato indietro, se anche c’era un prezzo da pagare, ma dovrebbe saperlo. Comunque sia, mi adeguerò alla situazione. Solo, vorrei che gli comunicassi, che non lo faccio, perché me lo ha detto lui, lo faccio per lei. Se proprio vuole rendersi utile, digli di farmi avere, un paio di scarpe da trekking nuove, le mie sono distrutte.

Stewart annuì pratico e inforcò la porta.

-Ti avevo detto di restare di sopra.

-Anche io ti dico sempre di restare al sicuro, là fuori, lo fai mai?

-Vuoi litigare? – chiesi stizzita dal suo comportamento.

Lui scosse la testa e si avvicinò. Era teso, ma cercava di non darlo a vedere. - Sinceramente preferirei passare queste ore in pace, almeno finchè ci è possibile. Dustin mi farà impazzire ora che sa di protermi controllare.

- Mi spiace.  Ma non potevo sopportare in silenzio che tu finissi sempre pestato, ogni volta, che avevi a che fare con lui.

-Lo so.

Daryl si diresse in cucina e lo sentii armeggiare fra gli scaffali, in cerca di cibo, mentre io, mi andai a fare una doccia.

Era un vero controsenso quel posto, c’era l’acqua calda, ma non il riscaldamento. Prima di chiudere la tenda del bagno, guardai fuori.
La neve continuava a cadere placida, coprendo tutto, anche i cadaveri.
Tutto era più soffice e sembrava almeno all’apparenza, più pulito e puro. Per un attimo provai a immaginare di essere ancora al nostro accampamento. Là eravamo al sicuro.
 A quell’ora- libera dagli impegni dell’infermeria, - avrei potuto giocare con Carl, Sean e la piccola Judith, in braccio al suo papà, tirandoci le palle di neve.
Sarebbe stato bello. Con un po’ di fortuna anche il mio freddo e controllato arciere, si sarebbe potuto unire alla nostra piccola guerra innocua.
Era strano pensare a Daryl Dixon, come qualcuno che mi appartenesse. Non era la prima volta che stavo con una persona, anche se, era la prima persona con cui ero stata veramente, e non lo avrei saputo spiegare altrimenti, ma, lui ed io, ci appartenevamo in qualche modo. 
Una vita fa, se qualcuno, anche Maggie, mi avesse fatto un discorso del genere, le avrei risposto che non esisteva, a nessun livello, un rapporto di questo genere. Quanto mi sbagliavo.
E non importava se Daryl non era il classico principe azzurro,- non ero mai stata molto romatica -  ma un ruvido e scontroso motociclista, il classico bad boy dal cuore tenero. Lui era tutto quello che avrei potuto desiderare in un uomo, sia in condizioni normali, che ora.

-Beth?- la voce di Daryl mi scosse dai miei pensieri. Entrò nel bagno.

- Ti ho spaventata?

Negai. –Dimmi! – gli sorrisi.

Mi ossevò per un secondo, senza rispondermi.

- Cosa ti andrebbe di mangiare? Di là c’è di tutto, anche cose che non vedevo da almeno un anno.

-Quello che preferisci.- sorrisi di nuovo.

-Daryl –

Dopo qualche minuto che armeggiavo in cucina, mi accorsi che Beth era sparita alla vista, e la cercai, non senza una certa apprensione. Finalmente la trovai nel bagno, Aveva i capelli raccolti in una coda alta, avvolta in un morbido accappatoio bianco. Restai senza parole, tanto che la guardai imbambolato per un attimo.

-Cosa ti andrebbe di mangiare? Di là c'è di tutto… – furono le prime parole di senso compiuto che mi arrivarono al cervello.
Non che fossi mai stato un uomo di molte parole, ma quella ragazza sapeva come zittirmi del tutto, bastava mi guardasse, come stava facendo ora.

- Quello che preferisci.

Annuii, e me ne tornai verso la cucina, cercando di fare del mio meglio per allestire, una qualche sorta, di pranzo.

-C’è parecchio freddo, qua dentro. - comunicò lei entrando.

-Non appena finito di mangiare, accenderò il camino. Almeno non congeleremo. - le dissi.

-         Ok.- acconsentì.

Aiutai Beth a riordinare la cucina, se non fosse stato per il fatto che, eravamo trattenuti contro la nostra volontà a Terminus, saremmo sembrati l’immagine della normalita’.
Eravamo così tanto" normali", che per me era davvero molto strano trovarmi lì. In quella situazione di tranquilla pace familiare. Non credevo di aver mai aiutato nessuno ad asciugare i piatti prima di quel momento, ed erano pensieri semplici, ma alquanto sconvolgenti, per uno come me.

Nel bel mezzo delle mie riflessioni, la porta d ingresso si aprì, e Dustin, piombò nella stanza, con due guardie al seguito.
 Non feci in tempo a reagire che mi ritrovai in ginocchio con le braccia in alto bloccate da una fascetta plastica.
Dustin si avvicinò a me e appoggiò una mano sulla fronte. Cercai di ritrarmi, ma il tizio dietro, mi bloccò il collo.

-In effetti, la Biondina, non aveva mentito. Hai ancora un po’ di febbre, credo. Mi hanno comunicato che d’ora in poi sarai dei nostri, non puoi immaginare quanto mi faccia piacere questa notizia, D.
Non proferii parola, già gongolava troppo così.

-Vorrei presentarvi una persona, finche sono qui.

Un tizio cinese o coreano, o qualcosa del genere, - Glenn questa affermazione,  non me l’avrebbe perdonata -  era lì davanti a noi, accanto a Stewart. Non era da Dustin contornarsi di etnie tanto diverse dalla sua, quindi quest’uomo gli serviva.

-Questo è il dottor Ming. Gentilmente D saluta il dottore che, d’ora in avanti, seguirà i tuoi progressi.

Lo guardai senza capire realmente cosa aveva in testa, poi cercai Beth, anche lei pareva confusa e preoccupata. Non mi azzardai a rispondere, ma lei fu più veloce.

-Ed esattamente che progressi dovrebbe seguire questo Dottore, che Stewart, non possa? In fondo Daryl ha una semplice influenza.

Logico. Chiaro. Limpido. Cosa cazzo voleva farmi questo tizio?

Negli occhi di Dustin passò un lampo strano, uno di quelli che, quando eravamo piccoli, Merle ed io, evitavamo di indagare troppo a fondo e sapevamo che avrebbe portato guai.

-Stewart? Potresti spiegare tu ai “bambini”, in cosa è specilizzato il dottore?

Intanto il fantomatico “dottore” era imperscrutabile come un Budda, e freddo come il ghiaccio. Non aveva mosso un muscolo da quando si trovava in quella stanza, ma continuava a fissarmi insistentemenete.

Stewart si schiarì la voce, poi con professionalità, parlò come un libro stampato.

- Il dottor Ming,  ha lavorato per dieci anni alla CIA,  e prima nella Repubblica Popolare Cinese. Il suo campo erano le microtossine, specializzandosi, poi, nel condizionamento mentale.

Alzai la testa e guardai Beth, anche lei aveva gli occhi puntati su di me. Era spaventata a morte.

Ecco il reale motivo, per cui Dustin si sarebbe fidato di me.

-E non ce la farà! – azzardai.

Un colpo, col calcio di un fucile, arrivò a tradimento, alla schiena. Mi fece male e sentii il grido di Beth, ma non vacillai, facendo finta che non fosse accaduto. Dei lividi mi sarei occupato in seguito.

Dustin si avvicinò a me.

-Si che ce la farà, Daryl. Quando avra’ finito cone te, sarai così condizionato e avvezzo  a certe cose, che non darai il minimo peso a quello che ti sembra così importante ora.

-Avevate detto che gli avreste lasciato del tempo per rimettersi n forze! – sentii la voce di Beth protestare disperata. 

Dustin le sferrò uno schiaffo talmente forte da farla cadere a terra.  

Non ci vidi più.

Mi ribellai al tizio che mi teneva in ginocchio e cercai di divincolarmi, sferrandogli un colpo con le mani ancora legate. Lo colpii forte, facendolo vacillare. Perse l’equilibrio e ne aproffitai, per sferrare un calcio al secondo uomo della guardia di Dustin. Quello fu più veloce di me e scartò di lato, tentando di colpirmi. Questa volta fui io a incassare, ma il colpo non mi rallentò. 
Mi gettai addosso a Stewart, ma l’unica cosa che ottenni fu che lui perse l’equilibrio e si ruppe gli occhiali. A quel punto le guardie di Dustin si avventarono su di me e sentii la voce del mio angelo, urlare.
Dustin l’aveva presa per i capelli e le aveva puntato una calibro nove alla tempia.

-Dammi un solo motivo per farlo! – minacciò. –Una sola mossa e lei muore.

Esaminai in fretta la situazione: avevo le mani legate e ed ero in minoranza numerica. Beth era sotto tiro, quindi desistetti e mi arresi.

Mi fecero rimettere in ginocchio e mi ritrovai con una spada da samurai alla gola.

Sentivo il freddo acciaio sulla pelle. Se avessi deglutito, o mi fossi mosso, anche impercettibilmente, sicuramente il mio pomo d’adamo si sarebbe strusciato attorno alla lama, facendomi uscire il sangue, tanto era vicino alla mia epidermide.

Alzai gli occhi e vidi che Dustin aveva allentato la presa su Beth, così mi rilassai un poco. Il dottor Ming, quindi, non era solo un pazzo che giocava con la vita della gente, ma era anche un abile shogun.

-Stewart, se lascio Daryl nelle abili mani della nostra zelante Beth, quanto ci vorrà perché l’influenza passi?

-Tre giorni al massimo, poi potrete iniziare il trattamento. – rispose lui inflessibile.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21- Chimera ***


21

Buongiorno...lo so, ci ho messo un pò, tra l'altro capitolo duro e abbstanza da cardio palma, non uccidentemi, anche perchè è ancora tutto da giocare...quindi... bho..ma ho tutto quasi sotto controllo...:) ciao fatemi sapere.

Capitolo 21- Chimera

-Daryl –

Non appena quell’allegra congrega si levò dal salotto, anche se avevo ancora i polsi bloccati, mi avvicinai a Beth per accertarmi delle sue condizioni. Le scostai i capelli dal viso e la controllai.

-Stai bene? Fammi dare un’occhiata.

Lei, come solito, minimizzò, e si preoccupò prima di me, liberandomi dai legacci.

-Tutto bene, è stata più che altro la sorpresa, non mi aspettavo di essere colpita.

Era spaventata. Lo ero anch’io. La sua voce  tremava leggermente.

- Stavolta lo ammazzo quel figlio di puttana. – ero agitato e furioso. - Guarda qui. Ti ha colpito in piena faccia.

Mi tolsi la maglietta e la usai per pulirle il sangue dal labbro spaccato. Le sarebbe venuto l’occhio nero, ero pratico di quel tipo di violenza.

-Ti sanguinano i polsi. – mi disse lei.

-Non è un problema.- minimizzai. – Sono sopravvissuto a ben di peggio. – provai a sorriderle.

-         Ti verrà un livido enorme sul costato, quel colpo che hai ricevuto non è stato uno scherzo.

Era preoccupata per me, da non crederci.

La guardai. – Tu noti sempre tutto? E comunque, non è un problema.

La trascinai nel bagno e le misi una pezza fredda sull’occhio. –Ahio!.

-Quando il tuo occhio si aprirà ancora, mi ringrazierai.

-Fatti dare un’occhiata anche tu.

La guardai male.

-Ti prego, Daryl. Mi sentirei più tranquilla.

Mi lasciai medicare, solo per tranquillizzarla. Erano solo escoriazioni superficiali e qualche livido. Niente d’inaffrontabile.

-Visto? Niente di grave. Ne ho viste di peggio, davvero.

Fu a quel punto che tutta la forza di Beth, venne meno e si sciolse in un pianto liberatorio.
La strinsi a me e cercai di consolare le sue frustrazioni e le sue ansie con la mia vicinanza, ma capivo che era davvero poco, per tutto quello che aveva subito in quel periodo.
Fu allora che recuperai la lucidità necessaria e parlai.

-Raccogli tutto quello che puoi recuperare, ce ne andiamo.

Beth mi osservò senza capire. – Come?  Siamo in questa situazione perché non c’era modo, ricordi?

-Lo so. Ma se aspettiamo ancora, può solo peggiorare. E se quel medico è così bravo come dicono loro, e riuscisse davvero a condizionarmi a tal punto, Beth, non ho idea di cosa potrei fare, davvero, e se arrivassi a fare del male a te, o a qualcuno dei nostri…Non potrei vivere con questo peso.

Recuperai quel poco di contundente, che ci avevano lasciato alla cucina della villa, e riempii uno zainetto. 

Avevo delle fitte al costato, probabilmente, a forza di provarci, erano riusciti a incrinarmi una costola o due,  ma non avevo il tempo di preoccuparmi anche di questo.

Beth aveva recuperato qualche medicinale, e dei vestiti dal piano di sopra, e mi aveva imposto di buttarmi addosso, un maglione di lana grezza, ma quello che mi premeva di più era recuperare la mia balestra. Se fossimo riusciti ad allontanci da Terminus, là fuori ci saremmo trovati davanti parecchie miglia di vaganti e saremmo stati braccati. Non volevo fare la fine del tizio, che Dustin, aveva sgozzato in quella radura. 
Sarei morto per proteggerla.

Beth mi osservava, mentre scrutavo dalle finestre che non ci fossero guardie sul prato. Mi ributtai addosso, il mio vecchio gilet di pelle e i miei scarponi a pezzi, non importava del freddo, la nostra sicurezza era stata messa in discussione, una volta di troppo. 

Beth si era infilata in un vecchio maglione enorme, di lana grezza, di un colore non meglio precisato, ma la cosa principale, era che stesse al caldo. Aspettammo che la luce del giorno calasse, anche se la neve rischiarava ogni angolo, avremmo tentato.

-Resta dietro di me, e stai bassa. Tentiamo di arrivare all’armeria…

-Ma non sarebbe più sicuro…

-Beth. – la baciai, non era il momento, lo sapevo anch’io, ma non avevo idea di come sarebbe finita, tanto valeva. – Ti prego, dammi retta, se riusciamo ad andarcene, dobbiamo avere delle armi. Se no, non riusciremo a percorrere che pochi chilometri, fra boschi e vaganti.  Senza contare che Dustin sicuramente tenterà di fermarci…

Lei annuì. Pareva l’avessi convinta. Appena usciti dal giardino, trovammo il primo problema davanti a noi, l’enrgumeno era proprio di fronte all’armeria.

Era stato facile trovarla, sembrava che a Terminus avessero così poco da fare, che si erano preoccupati di mettere dei grossi cartelli su ogni edificio, che fosse di qualche interesse.

Jake era là davanti che si rollava una sigaretta, tutto concentrato, con la lingua in mezzo alle labbra.
Doveva essere davvero un grosso sforzo, per quel dannato coglione, concentrarsi così tanto. Feci cenno a Beth di restare nascosta e strisciai lungo la parete. Lui era di spalle e mi ci avventai, con un paio di forbici in mano- trovate in cucina-  che, prontamente, gli conficcai nel collo.

Avrei voluto rallentarlo, stordendolo, ma la sua reazione quando lo attaccai, fu di schiacciarmi attorno al muro. Inveii pesantemente contro quella baldracca di sua madre, ma peggiorai le cose. Il tizio era molto più grosso, forte e alto di me.
Riuscì a sbattermi a terra, anche per colpa delle mie costole incrinate, ed era anche piuttosto alterato considerando il sangue che stava sgorgando dal suo collo.  Forse lo avevo ferito molto, troppo, vicino alla giugulare. 

Mi rimisi in piedi in fretta. Lui gettò a terra le sue armi, la voleva finire a cazzotti. Bene, non mi sarei tirato indietro. 
Solo che il primo pugno che presi mi rincoglionì parecchio, diritto alla mascella. Cercai di recuperare l’equilibrio, quando vidi Beth che sgusciava dal cespuglio e gli conficcava una siringa in una gamba.

Jake fece per girarsi e provare a colpirla, non capendo esattamente cosa fosse accaduto.  Lei fu più veloce, passò una frazione di tempo che non saprei quantificare, poi il bestione crollò fra i cespugli.

Beth mi sorrise. – Uno a zero, signor Dixon.

-Come hai fatto? – le chiesi sbalordito e dolorante.

-Visto che godzilla stava vincendo il match, ho pensato che un piccolo aiuto ti sarebbe servito.  Questo è il narcotico che Stewart deve aver usato su di noi la prima sera, ora saprà che, anch’io, ho capito come usare i mezzi a disposizione, e volgerli in mio favore.

-Tu sei straordinaria.

Non so perché, non mi venne in mente altro da dirle, ma era quello che pensavo, ci voleva fegato per affrontare disarmata quel cazzone di cento, e passa, chilogrammi.

-Stai bene? – mi chiese seria.

-Quando saremo fuori di qui, a casa, al sicuro, risponderò alla tua domanda, ora no. Va bene?

Mi fece una carezza ed io intanto, presi la balestra che quel coglione aveva lanciato in mezzo ai cespugli. Lo frugai. Aveva, anche, due coltelli da macellaio e una pistola.  Consegnai a Beth la pistola, e presi per me, il coltello più grande.  Rinunciai, a quel punto, a forzare il lucchetto dell’armeria, il fattore tempo era più che mai vitale.

Scavalcammo il cancello sul confine più interno di Terminus, eludendo la guardia su cui, almeno in quel caso, riusci ad avere subito la meglio, stordendola.

Eravamo fuori, e nessuno si era ancora accorto della nostra fuga.

-Muoviamoci.

 Avanzammo nella boscaglia per qualche miglio, quando sentimmo risuonare delle sirene.
Erano stati furbi. Le sirene di Terminus erano collocate abbastanza distanti dal campo, in modo da non attirare vaganti verso i loro cancelli, solo che a quel punto eravamo noi quelli in pericolo, perché ci trovavamo ad appena duecento metri da una delle torri di segnalazione. I morti, attirati dalla confusione, si stavano ammassando, in zona. Era scacco matto.
Beth era spaventata.  Lo ero anche io, a dire il vero. Eliminai almeno otto vaganti, ma ne arrivavano sempre di più. Era, davvero, una situazione disperata, ma non mi fermai.
Cercavo di tenere Beth dietro di me, ma sembravano essere ovunque. Eravamo circondati.

A un tratto, quando la situazione, sapevo, sarebbe precipitata, vidi un nugolo di frecce colpire i bersagli multipli che avevamo davanti e dietro. Eravamo di nuovo circondati, ma non dagli zombi stavolta.
Jake mi punto un fucile automatico in faccia, costringendomi a gettare a terra la balestra, lontano.

-Porca puttana!

Beth era ancora vicino a me, quando Dustin si avvicinò con passo fermo.
Mi prese per i capelli e mi costrinse a mostrare il collo, appoggiandomi una lama alla giugulare.

-Ora mi dici che ci dovrei fare, io, con te? – la sua voce era fredda e controllata, ma il tremito della sua mano mostrava la rabbia malcelata.

- Mi dici che cazzo, dovrei farci, con una testa calda, come te, ragazzo?

Fossi stato solo, gli avrei risposto per le rime, gli avrei sputato in faccia tutto quello che celavo dentro di me da tanto, troppo tempo, ma c’era Beth…

Ci stavano di nuovo scortando a Terminus.

C'erano due cavalli in quella radura, Beth fu fatta montare con Gareth, sopra uno di questi.Io ero stato legato al cavallo di quel figlio di buona donna, di Dustin, che mi strattonava a ogni occasione.

Vidi Beth che tentava di girarsi per guardarmi, ogni volta che le capitava, ma potevo solo immaginare come si sentisse.
Rientrammo a Terminus e mi sentii morire quando i pesanti cancelli, si chiusero alle mie spalle.

-Bene. Bene. Bene.

Dustin scese da cavallo e si avvcinò a Jake, sussurrandogli alcune parole all’orecchio. Lui guardò nella mia direzione, e sorrise maligno. Lo avevo fatto davvero incazzare. Quell’energumeno non se lo sarebbe scordato.
Beth scese da cavallo e cercò di avvicinarsi a me, ma uno degli uomini di Dustin, la fermò in fretta, caricandosela in spalla.

-Mi dispiace, Biondina, ma ora,  le regole le faccio io. Eravate stati avvisati, ma dovevo immaginare che questa testa calda avrebbe voluto fare il contrario. Ora ne pagherete, entrambi, le conseguenze e sarà tutta colpa tua, Daryl.

 

-E’ stata colpa mia. L’ho convinta io, lei non c’entra..- cercai di giustificarmi.

Una secchiata di acqua gelata e ghiaccio mi colpì a tradimento, facendomi tacere.

-Legatelo alla pietra, laggiù.

Per la seconda volta nel giro di pochi giorni, fui legato al cippo di marmo, ma stavolta la mia schiena venne fatta aderire alla pietra. Voleva che vedessi qualcosa.

Beth fu avvicinata a un palo di legno e legata, fu a quel punto che notai Jake con un frustino in mano.

Iniziai a gridare e a scalciare, per liberarmi, ma ero legato troppo saldamente.

-Tranquillizzati Daryl, - mi disse Dustin maligno, - il tuo turno arriverà presto… ma credo che vederla soffrire sia molto più istruttivo per te, di qualunque cosa subirai, sulla tua pelle in seguito.

-No. No. Ti… Prego.. – Non avevo mai pregato quell’essere abbietto in tutta la mia vita, nemmeno quando… ma per lei, lo avrei fatto. Per lei lo stavo facendo.

-...E’ colpa mia, farò ogni cosa vorrai, diventerò il tuo fottuto cagnolino, se questo è quello che vuoi, ma non toccarla.

Urlavo, la neve continuava a cadere sopra di me incessante, ma non sentivo il freddo, perché il mio sangue ribolliva di rabbia pura nelle vene.

Lo avrei ucciso. Ci avrei rimesso la vita per riuscirci, ma lo avrei fatto, ormai non c’erano più scuse.

Alla fine quella barbarie si consumò e Beth ricevette ben tre frustate, in rapida sequenza. Per tutto il tempo lei non disse una parola, solo, le lacrime che le rigavano il  viso, furono un monito di quello che stava passando. Lei tenne gli occhi fissi nei miei per tutto il tempo, ed io, avrei voluto poter essere al suo posto.

-Portate la ragazzina ai suoi alloggi. Stewart si occuperà di lei. Ora faremo capire a Daryl che non è lui a comandare qui. Non volevi che ti chiamassi col tuo nome? 

Non avevo niente da dirgli, niente da ribattere. Ero svuotato, a parte un potente odio nei suoi confronti che, prima o poi, avrei scaricato su di lui. 
Ora no, non potevo, ora ero in balia di tutto.

Ricevetti almeno trenta fustate, dieci delle quali direttamente da quella testa di cazzo dell’uomo che si riteneva mio padre, le altre da quel pezzo di merda, di Godzilla, che si divertì non poco.

 Avevo un freddo allucinanante. La neve continuava a cadere placida, su di me ricoprendomi. Non sentivo più nemmeno il dolore e le mani, con le braccia, erano intorpidite, a causa dell’immobilità e delle corde troppo strette.

Restai svenuto per un po’ e quando mi ripresi, notai che la neve sotto di me era sporca di rosso. Il mio sangue era colato in terra, brutto affare, pensai distratto dal rumore degli zombi che sentivo intorno.

E così lo stronzo mi aveva lasciato sotto una nevicata, bagnato fradicio e ferito.

Mi voleva morto, era chiaro, quasi quanto io volevo morto lui.

Non so se e quanto tempo passò:  ore o minuti, ma mi sentii, sciogliere e prendere di peso, e fui trasportato all’interno. Ero in preda a una forte ipotermia, sia per il freddo, sia per il sangue perso, sia, anche per tutto quello che avevo subito. Mi gettarono addosso, una coperta termica e mi inserirono una flebo in un braccio.

-E’ soluzione salina riscaldata. Quindi non fare il pazzo…- mi sussurrò qualcuno all’orecchio. Ero troppo provato anche per rispondere.

Chiesi solo una cosa. - Lei sta…sta.. bene?

Stewart sospirò in maniera pesante, ma mi ignorò.

Fu Gareth, lasciato di guardia, quando il medico si allontanò dalla stanza, ad avvicinarsi al mio orecchio.

-Non dovrei dirti nulla, ma è viva e sotto la mia custodia, voleva darla a Jake, ma mi sono opposto.

Battevo i denti ed ero ridotto a davvero male, ma annuii, grato, al ragazzo.

-Posso…-? - tentai di chiedere.

-Dipende da Dustin.  Ormai tutto dipende da quello che decide. – rispose lui freddo.

Provai ad alzarmi, ma mi accorsi che avevo almeno due flebo in infusione, piantate rispettivamente in un braccio e su una linea centrale. Le braccia e le gambe erano bloccate.  Cercai di divincolarmi, ma fu tutto inutile.

Stewart rientrò nella stanza seguito dal dottor Ming. Parlottavono sommessamente tanto che non riuscii a cogliere una sola parola,  poi, poi fu il buio.

-Beth-

Mi risvegliai di soprassalto in quella che, Daryl aveva definito, la stanza di barbie.
Tutto era buio e silensioso.

-Daryl?

Provai a chiamarlo, volevo che quello che era accaduto fosse tutto un terribile incubo, poi allungai la mano verso l’altra metà del letto e la trovai vuota. 
Il movimento mi provocò una fitta terribile alla schiena e, a quel punto realizzai, che quello che ricordavo, era tutto vero: Il nostro tentativo di fuga, la lotta contro quella madria inferocita, l’arrivo di Dustin. Le conseguenze in cui eravamo incappati, quello che avevo subito, ma soprattutto salì dentro di me la consapevolezza che ciò che avevo provato, lo avrebbero fatto passare a lui, in maniera molto più  feroce.

Mi alzai a fatica dal letto e provai a uscire dalla stanza, ma era chiusa a chiave.  Fui presa dal panico e inziai a battere i pugni sul legno.

Venne ad aprire l’energumeno.

-Allora ti sei svegliata, Principessa- mi disse minaccioso.

Lo guardai con astio.- Dov’è Daryl? Chiesi raccogliendo tutto il coraggio che ancora mi restava.

Lui si avvicinò minaccioso e mi fece una carezza scostandomi i capelli.

-Speravo davvero che Dustin… ma non importa, non ho bisogno del suo permesso.

Jake si avvicinò minaccioso. Temevo di sapere cosa aveva in mente, e sapevo anche, che non sarei mai riuscita a difendermi. Arretrai verso il centro della stanza e fu allora che avvertii una voce calma, stentorea e decisa.

-E farai quello che ti è stato detto.

Dustin era entrato in quel momento nella stanza seguito da Stewart, sempre serafico.

Jake si fece indietro. Facendosi da parte.

-Bene, Biondina, finalmente in piedi! Ne sono felice. Temevo di esserci andato troppo pesante con te.

Deglutii e continuai a guardarlo fisso, restando in attesa.

-Tu ti starai chiedendo, dove si trovi ora,  Daryl. No? Se ti può consolare è vivo e lo stiamo curando, credo di esserci andato un po’troppo pensate, anche con lui, questa volta.

Rise.

Ero attenta e tesa. – Posso vederlo?

Dustin sorrise.- E qui sta il dilemma. Devo o non devo farti questo piacere enorme? E perché poi? In fondo Daryl si è ribellato a me una volta di troppo e tu, che mi avevi assicurato di poterlo controllare, mi hai deluso davvero, ragazzina.

-Daryl è adulto, non posso impedirgli di fare le cose come fosse un bambino, avrei potuto riuscirci se non avessi messo in mezzo quel medico cinese…. - Tentai di giustificarmi mentre provavo a mantenere la calma.

-Sai, la mia fiducia nella tua caparbietà ha subito un brutto arresto, dopo il vostro tentativo di fuga. Tu dovevi fare da deterrente…ma le tue arti seduttive, forse, non sono così convincenti, riguardo a Daryl.

Se solo Dustin si fosse reso conto di quello di cui stava parlando. Se solo avesse saputo, quanto aveva allontanato Daryl, lui stesso, da quello che poteva essere un rapporto normale con qualunque essere umano, e quanto avevo faticato a scalfire quella corazza. E se avesse potuto anche, solo immaginare, quanta rabbia e furore aveva dovuto lasciarsi dietro, quell’uomo meraviglioso che era suo figlio, anche solo per arrivare a poter permettersi di provare quello che sentiva per me, e poi per ammetterlo...
Lui non aveva, la più pallida idea, di quello ci cui stava parlando.

-Posso farcela. – dissi cercando di mostrare più sicurezza di quanto ero realmente in possesso, nonostante la paura, il vuoto e il terrore che sentivo in quel momento. 

– Non è necessario che sia sottoposto a torture psicologiche o fisiche, di nuovo. Lo posso controllare, lo controllerò e alla fine, avrai quello che desideri. – dissi decisa.

-Biondina, - disse lui avvicinandosi – ora come ora, vorrei solo dividervi e liberarmi di te, una volta per tutte. Non credo tu abbia così tanto ascendente su Daryl, tanto da poterlo costringere a fare quello che gli ordino.

-Qui sbagli.- ormai anch’ io davo del tu, a quel grandissimo stronzo di Dustin.- Lo hai sentito anche tu quando stavi per frustarmi. – trasalii al ricordo, non avevo mai provato niente di così terribile – Quando ti ha giurato che avrebbe fatto tutto quello che gli avresti chiesto, se non mi avessei toccato..Sono la tua carta migliore…ma non tentare di cambiarlo..- aggiunsi.

-Lo potrei controllare.

-Ma non sarebbe quello che vuoi tu..- ebbi in quel momento un pura intuizione, pregando che fossi nel giusto. – Tu vuoi avere del controllo su di lui e vuoi che lui sappia di non avere scelta. Se lo fai condizionare, avrai un servo perfetto, ma non sarà la stessa cosa… Non era quello che tentavi di dimostrare a Daryl e Merle fin da piccoli?

Nascosi le mani nel maglione, temendo che il tremito che mi stava percorrendo, causato dalla paura che avevo, mi tradisse e lo convincesse del contrario.

Quell’uomo era disturbato, non dovevo dimenticarlo.

Passarono alcuni attimi, guardai verso la finestra e notai che la neve continuava a cadere copiosa.  Pregai. Pregai, come non facevo più da quando c’era mio padre al mondo.

Stewart mi osservava con condiscendenza, come se fosse assolutamente certo che Dustin non avrebbe abboccato, mentre quel grandissimo figlio di…scoppiò a ridere in modo inaspettato.

– Ci penserò Biondina. Tu sei intelligente, ed è proprio il sale in zucca che manca a mio figlio…ti farò sapere.

La stanza era un ghiacciolo, ma io non me ne accorgevo, tanto era l’agitazione provata. 
Mi andai a sedere sul letto e mi rannicchiai dalla pare di Daryl, sperando e appellandomi a tutto quello in cui avevo creduto fino a quel momento.

-         Rick Grimes-

Earl era stato chiaro e perentorio. 
Finchè la neve fosse caduta in quella maniera niente e nessuno si sarebbe mosso dal campo base. Se dal punto di vista logistico e organizzativo, avevo capito ogni stralcio del suo pensiero, avevo il cuore spaccato a metà.

Mio fratello era prigioniero in un posto che a mio avviso era quasi un lager nazista ed io, io , dovevo restare buono e tranquillo senza poter muovere un dito. 
Ogni giorno facevo lunghe passeggiate con Carl, più per scaricare la tensione che per reale necessità di farlo, e immancabilmente, finivamo davanti alla capanna occupata da Daryl e Beth, ora rimasta vuota.  Mi aspettavo ad ogni passo di vedere Beth, che mi salutava da dietro la tendina improvvisata, che avevano messo su, prima del mio arrivo, o Daryl che si dirigeva verso il campo.
Se l’inverno fosse rimasto così rigido per mesi, sarei impazzito. Le uniche note positive erano che Maggie, finalmente si era rimessa in piedi e anche Michonne pareva ritornare quella di sempre.

La mattina in cui, poi, erano arrivati alle porte del campo Glenn e Sean, malconci, ma vivi,  pensavo che sarebbero presto stati seguiti dagli altri.  Il loro racconto su ciò che aveva subito Daryl, però, mi aveva fatto accaponare la pelle. 

La speranza non svanì del tutto, però, quando arrivò all'accampamento, il ragazzo che arrivava da Terminus. Era stato morso, ma nelle ore precedenti alla morte, mi raccontò che era stato proprio Daryl a guidarlo a noi. Erano passati giorni, da allora, e in quali condizioni i nostri amici si ritrovavano, ora?

Era la domanda che ci eravamo posti tutti, almeno un volta. Carol mi aiutava con Judith,  ma parte di lei, ma non sapevo quale e quanto importante,  era come fosse spenta, durante quel periodo.
Anche la dottoressa Morton sembrava meno allegra del solito. 
Sean, al contrario di tutti noi, sembrava diventato una macchina da guerra. Potevo solo provare a immaginare cosa provasse in quel momento, ma non riuscii mai a parlarci davvero, lo vedevo sempre più agguerito e arrabbiato questo si. Stava diventando un uomo, lo potevo capire, ma di che genere, ancora non potevo saperlo.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - Altarini ***


~~Capitolo 22 – Altarini

-Beth-
Restai, una notte e un giorno, raggomitolata fra le coperte.  In parte era per il freddo, infatti, il camino della stanza era spento, e la coperta restava l’unica fonte di calore, ma anche, perché non avevo stimoli.
Ero rinchiusa in una stanza da quasi tre giorni e gli unici contatti che avevo avuto con l’esterno, erano stati quelli con Gareth che mi portava qualcosa da mangiare. 
Neanche a dirlo, non avevo quasi toccato cibo, da quando ero rinchiusa.
Gareth mi aveva domandato di poter accendere il camino, ma avevo sempre rifiutato. Volevo Daryl, e mi stavo davvero lasciando andare, se non avessi avuto presto, notizie di lui.
Quella mattina Gareth entrò con la colazione su un vassoio. Sentivo i morsi della fame ma, se non mi muovevo troppo, sarei forse riuscita a ignorarli.

-Buongiorno!

-Mmmm. – grugnii, immersa fra le coperte.

-Anche stamani siamo di ottimo umore, vedo?!

-Che vuoi Gareth?- chiesi sbuffando, spazientita dalla sua insistenza.

Lui mi sorrise enigmatico. Non so perché, ma in quel momento mi venne in mente lo stregatto, quello di Alice nel paese delle meraviglie.
La cosa strana della faccenda fu che, invece di appoggiare il vassoio sul tavolo e lasciarmi, come nei giorni precedenti, si sedette alla scrivania.

Mi tirai le coperte sulla testa. Ero ancora completamente vestita, ma non avevo voglia di fare conversazione.

-Potrei avere la tua attenzione, Beth? – mi chiese a un tratto.

Mi immobilizzai, ero tesa e uscii dal mio nascondiglio dal mondo.

– Daryl?

Garteh sospirò. –E’ vivo, se è quello che ti preoccupa.

-Come sta? Potrei vederlo? Per favore!?.

Sentivo che le lacrime mi sarebbero arrivate presto agli occhi,  quindi deglutii, e cercai di ricacciarle indietro.

Garteh sorrise. – Vorrei parlarti prorio di questo.

Aveva tutta la mia attenzione.

Gareth se ne accorse e si rilassò, ormai ero catalizzata, bastava solo nominare Daryl per ipnotizzarmi.

- Dopo che sei stata riportata alla villa svenuta, Daryl è stato puntito duramente per il suo tentativo di fuga, ed anche, per aver ridicolizzato le guardie di questo complesso.
Dustin aveva chiesto trenta frustate, ma da quello che ho sentito, Jake ha rrotondato per eccesso.

Avevo il fiato sospeso e pendevo dalle sue labbra, ed io, stupida ragazzina idiota, che mi ero disperata per il dolore alla schiena, che mi aveva tenuta sveglia, quella prima notte.
Il suo racconto non era finito.

-E’ stato lasciato sotto la neve, come si trovava, almeno tre ore. Puoi immaginarti le conseguenze, sei quasi medico, giusto? Ipotermia, primi segni di assideramento alle estremità, parecchio sangue perso, devo continuare? E’ stato portato dentro svenuto e febbricitante, che era già notte. Stewart si è messo al lavoro immediatamente, anche se non hanno ritenuto il caso di fargli una trasfusione, hanno fatto il possibile per riportarlo tra noi. Ha ripreso conoscenza solo una volta, per ora, ed ha chiesto come stavi tu.

Ora non riuscivo più neanche a pensare di ricacciare indietro le lacrime, ormai, le sentivo scendere rotolando giù dalle mie guance.

- Il dottor Ming continua a stare nei paraggi della camera, ma forse è più corretto chiamarla cella, dove è tenuto prigioniero, ma per ora, Dustin non ha dato ordini per iniziare  o no, il trattamento.

Gareth interruppe quel racconto del terrore, controllando se ancora lo stavo seguendo. Ero in trance. Se qualcuno mi avessee punto, non me ne sarei accorta.

- Il tuo appello a Dustin, sembra aver avuto un certo effetto, considerando che non si è ancora espresso al riguardo…- considerò Gareth sovrapensiero.- Non avrei mai creduto che fosse possibile, ma Dustin, sembra, darti ascolto per ora.

Sorrisi triste. – E mi avrebbe ascoltato secondo te? Daryl è stato massacrato, e ora è, comunque, in mano a quell’aguzzino cinese.

Gareth mi osservò.

-Possiamo parlare seriamente? – mi chiese lui.

-Intanto che ci siamo. - risposi io. – Non ho di meglio da fare. - Restai in attesa.

-Ognuno di noi due, vuole ottenere qualcosa, da questa storia. Tu rivuoi il tuo arciere, mentre io voglio mia sorella.

Lo guardai senza capire. – Come...?

-Dustin vuole esattamente quello che gli hai detto tu. Lui vuole che suo figlio si pieghi, ma non credo abbia davvero intenzione di andare fino in fondo con gli esperimenti del Dottore, per ottenerlo.

-Perché?

- Tu lo sai com’è ridotta l’ultima cavia di Ming? – mi sorrise, dandomi ancora l’idea di assomigliare allo stregatto.

– Non sta  più in piedi, fatica parlare, sbava, e non riesce nemmeno ad allacciarsi le scarpe…

-Come posono aver ridotto qualcuno così? -Chiesi allarmata.

-Ming è principalmente specializzato in tecniche coercitive, è un aguzzino, per lo più. Mettici strani intrugli con i farmaci, ellettroschock ripetuti più volte al giorno, sedute d’ipnosi, torture.. devo continuare?

-Cosa devo fare? – chiesi asciugandomi gli occhi con una manica.

- Dustin ti ascolta. Recentemente ha mostrato chiari segni di mal sopportare la presenza di mia sorella al suo fianco, voglio solo evitare che la uccida, dopo tutto quello che, bhe,  già le ha fatto..

-Come posso aiutarti?

-All’inizio avevo pensato di chiederti di diventare la sua amante, poi ho capito che lui non ti apprezza solo, in quel senso…E poi c’è Daryl, non farebbe una corognata tanto grossa al proprio figlio, a meno che non lo volesse punire,  ma lui aprezza anche il tuo cervello, e su quello dovremo battere.

-E io che ci guadagnerei dalla nostra alleanza?

-Tu convinci Dustin che se mia sorella, non è più utile alla sua… causa…- aggiunse imbarazzato – Vorrei che avesse, almeno, la decenza di lasciarla andare… Io, come ho già iniziato a fare, cercherò di convincerlo che, dopo un’adeguata strigliata, Daryl farà ciò che lui vuole, tu sei, la sua carta migliore, la più alta.

-Come potrei convincerlo a lasciare andare tua sorella? Dustin non è scemo, e mangerà la foglia, capendo che ci siamo parlati. Ci metterà poco a fare due più due.

- E’ proprio per questo che agiremo con la psicologia inversa. Tu inizierai a farlo riflettere sul fatto che Amaral non è più così indispensabile, e alla lunga, credo, che ti ascolterà!

- E se mi trovassi nei guai? Se lui decidesse che vuole…me?- rabbrividdi all’idea.

-Rischierebbe di vanificare quello che sta facendo con Daryl, anzi, forse sarebbe proprio la molla.

-Ancora ricatti e sotterfugi. Questo modo di agire, che avete qui, proprio non riesco a capirlo.

-E’ la vita, ragazza. Sono giovane, ma ho dovuto fare i conti con tutto questo schifo, da tempo.

-Perché invece, credi che per me, o Daryl, o chiunque altro, là fuori, sia stato più facile?

-Non lo penso, lo so. Voi non avete incontrato Dustin, fino a ora…voglio dire, a parte Daryl, ma lui è stato sfortunato doppiamente. Quell’uomo sa come rovinarti la vita, come e meglio, di chiunque altro.  Quanti anni hai Beth?

-Venti.

-Io ventiquattro, senza contare gli zombi e tutto il resto, ho incontrato Dustin quasi subito, non appena è iniziato tutto questo, e non è stato facile, quasi niente, da allora. Mi ha costretto a fare cose…- si interruppe.

-E ora che c’è Daryl, vorresti che ci fosse lui al tuo posto?- chiesi dura.

Gareth ci pensò su.- Se anche fosse?  E’ il posto che gli compete, è suo figlio, e la mela non cade mai troppo lontana dall’albero, ricordatelo!

-Ma ti rendi conto di che razza di stronzate stai dicendo? – sbottai.- E perché mai dovrebbe essere così? Daryl non sa nemmeno cosa sia la crudeltà.

-Tu credi? Cioè, tu, giureresti che, messo alle strette, magari per salvare te, non farebbe niente contro un suo simile?

Dentro di me il mio cuore urlava a Gareth una risposta negativa, ma la mia testa, sapeva. Il mio cervello conosceva la verità, la realtà delle cose. Il nostro gruppo, la nostra famiglia, veniva prima di chiuque altro, e se si fosse davvero trattato di vita o morte, credo che Daryl non si sarebbe tirato indietro.

 Gli occhi di Gareth, neri e molto profondi, erano fissi nei miei e lui stesso, era davvero molto vicino. Sperai di non essere così trasparente, in modo che non notasse la traccia del dubbio che si era insinuato in me.
Il suo respiro era accelerato, probabilmente a causa della discussione che avevamo appena sostenuto.

Avrei voluto spostarmi, allontanarmi da lui, tutto questo era profondamente sbagliato. Non riuscii a fare nulla, però, semplicemente, lui mi prese la testa fra le mani, colmò la distanza fra noi e mi baciò.
Non fu un bacio come quelli cui ero abituata, dolce e passionale, ma fu qualcosa di inaspettato, rubato, sporco quasi, perché non era accompagnato da un sentimento, ma solo dalla rabbia.

Non sarei riuscita a staccarmelo di dosso neanche volendo, quindi sopportai, senza ricambiarlo. Ad un tratto, lui si staccò da me e riprese le distanze.

-Vedi? – mi disse – Continui a difendere a spada tratta il tuo bel cavaliere che, credi, senza macchia, ma lui ha già molto di più di quello, che potrei mai avere io…

Gareth uscì dalla stanza ed io rimasi al buio, sola e infreddolita, cercando di controllare le lacrime che mi scossero come un tremito, non appena fui sola.
Ripensai a mio padre, a quanto avrei voluto che lui fosse lì ad abbracciarmi, poi pensai a Maggie.  Il pensiero di Daryl,infine, e della condizione in cui sapevo stesse vertendo, non fece che peggiorare la situazione. Non so quanto tempo restai così, ma alla fine mi addormentai e al mio risveglio, il sole era già alto.

Mi svegliai e faticai ad aprire gli occhi, avrei solo voluto rimettermi a piangere e scordarmi di tutto, poi mi sentii osservata… Mi svegliai davvero, a quel punto, trovandomi, faccia a faccia, con Dustin.
Era la seconda volta che mi trovavo, da sola, in compagnia di quel mostro.

- Buongiorno Principessa. – disse lui

Paura. Panico. Freddezza. Furono le uniche emozioni che mi passarono per la testa in quel momento, lui era lì e mi guardava con quei freddi occhi chiari, studiandomi, come se  fosse stato un grosso felino ed io la sua colazione.

Non proferii parola, stavo ancora studiando la situazione, mi limitai a controllare le sue mosse.
Dustin si diresse alla scrivania con fare diverito, e un sorrisetto stampato in faccia. Servì due tazze di caffe’.

-Latte e zucchero?

Annuì senza pensare.

Mi trovai davanti a una tazza fumante di caffè nero e solo l’odore, mi rinfrancò non poco.

-Avanti chiedimelo. C’è solo una persona di cui ti interessi davvero sapere e, se vuoi concedermelo, , è la stessa a cui tengo anche io.

Non aprii bocca. Lui scosse il capo sempre più divertito dal mio atteggiamento.

-Stewart lo sta tenendo sedato, inutile nasconderti che le sue condizioni non sono buone ma, nonostante si sia meritato tutto ciò che gli è accaduto, non volevo soffrisse così tanto.

-Sei un filantropo, ora!? - Aggiunsi schifata.

-No semplicemente credo che Daryl dovesse capire come vanno le cose qui, e stavolta, probabilmente gli è servito…

-Non so come fai a pensare di guadagnarti la fiducia e il rispetto di un uomo, seviziandolo. E da lui vorresti, addirittura, il suo affetto, non so cosa dire…- ero disgustata.

-Daryl, è mio figlio ragazzina, - mi incalzò minaccioso – E solo io psso decidere come sia meglio educarlo.

-Tuo figlio è un uomo adulto, ormai, che ha già fatto le sue scelte, ha già un’identità e sa cosa vuole essere, ora tu non puoi pensare di sostituirti a Dio e plasmarlo a quello che desideri.

-Tu ragazzina mi piaci. E più ti conosco più comprendo perché piaci tanto a mio figlio. Tu non accetti i compromessi, per te le cose o sono bianche o nere… Sei così giovane e idealista. Ammirevole!

-Non si tratta di vedere le cose o bianche o nere, si tratta solo di accettare la realtà.  Qualche mese fa, non avrei mai creduto che tuo figlio potesse anche solo ascoltare una come me, tanto meno provare qualcosa.  E oggi invece… guardami. Io non ho ancora capito cosa tu voglia dimostrare comportandori così con l’unico figlio che ti è rimasto, ma non otterrai mai niente, in questo modo.

Fu in quel momento che mi venne in mente la conversazione che avevo avuto con Gareth.

-E’ come per Amaral, vero?

Vidi qualcosa nei suoi occhi lampeggiare,- Cosa vuoi dire!?

-Tu non vuoi lei, davvero! Forse prima era così, ma non ora. Volevi poter dimostrare che sarebbe potuta essere tua, ma ora, quando è tutto più facile, te ne sei stancato… Non hai il coraggio di ammetterlo e così trovi nuovi passatempi, sfogando la tua rabbia, su quelli che si oppongono al tuo volere, come Daryl. Ora lui è la tua nuova sfida, e non sarai contento, se non riuscirai a vincerla.

Era un azzardo. Stavo davvero giocando col fuoco. Se la mia analisi dell’operato di Dustin fose stata errata, non solo avrei vanificato la possibilità di rivedere l’unica persona che avevo mai amato, davvero, ma avrei nuociuto anche alla causa di Amaral, che sarebbe, nella peggore delle ipotesi, stata sacrificata all’altare dell’ego smisurato di colui che si professava il suo padrone.

Dustin mi ascoltò attento, poi, con mia grande sorpesa, scoppiò in una fragorosa risata.


-Tu ragazzina, sei adorabile, davvero! Daryl dovrebbe essere onorato di avere un avvocato così abile, nel perorare la sua causa, ma…

-Ma…?

- Tu sei la sola persona che ha capito davvero i miei intenti, probabilmente, molto di più di quanto abbia fatto il mio stesso sangue.  E, soprattutto, devi aver parlato con Gareth e aver saputo che gli esperimenti del dottor Ming, non sono poi così sicuri come avevo voluto farvi credere.

Ad un tratto mi sentii perduta davvero, se Dustin aveva immaginato tutto questo, doveva aver anche capito che tutto quello che stavo facendo era solo un tentativo maldestro di ottenere, se non la nostra liberazione, almeno la possibilità di stare con Daryl.  Finchè eravamo insieme, eravamo forti, finchè non ci avessero divisi, avremmo avuto speranza.
Dustin mi penetrò con uno sguardo che avrebbe fatto accaponare la pelle, a chiunque. I suoi occhi di ghiaccio avrebbero intimorito gli animi più indomiti.

-Credevi davvero che non ti avessi capito, Biondina? E che non avessi capito il gioco di Gareth?  Amaral mi ha stancato, è vero, e presto troverò altri passatempi, certe cose al momento non sono nelle mie priorità.

Trasalii.

-Tranquilla, non sono il tipo da dividere i giocattoli con mio figlio, magari potrei regalarti a Gareth, così avrebbe altro da fare anziché occuparsi di intrighi subdoli di palazzo, se li vogliamo chiamare così.- Dustin sembrò riflettere sulla cosa -  Ma se voglio davvero che Daryl collabori del tutto, dovrò mostrarmi più magnanimo del solito. E sia. Ti restituirò  a lui…

Non credevo che si potesse parlare di restituzione, come per un libro, quando ci si riferiva a una persona, ma le idee di Dustin, erano fino troppo bizzarre per essere analizzate. E se avessi ottenuto quello che volevo, non mi sarebbe interessto per niente il modo in cui l’avrei fatto.

-Ma desidero delle assicurazioni per precise da parte tua.

-Come ad esempio? Sono trattenuta contro la mia volontà qui dentro.  Se solo ti andasse, potresti farmi gettare nel recinto con gli zombi in ogni momento, disarmata. Sarebbe la fine. Cosa posso prometterti, che già non hai ottenuto?

- La tua lealtà.

-Daryl –

Da quanto dormivo? Da quanto ero svenuto? Da quanti giorni ero tenuto in stato catatonico?  Dov’era Beth? 
Ero rimaso in una sorta di dormiveglia per un tempo non precisato, ma non sapevo dove mi trovassi, tutto era terribilmente confuso. Avevo riconosciuto qualche voce qua e là, ma non avevo ancora realizzato cosa fosse accaduto realmente e quanto tempo fosse passato.
Ricordavo come un terribile incubo, la punizione subita per la fuga, le frustate, la neve, il freddo.  Provai a muovere un braccio, ma mi accorsi di essere legato alla lettiga. Provai a inarcare la schiena, per sporgermi e capire dove fossi, ma non mi riuscii. Quella stanza era caldissima, e opprimente, mi sentivo in trappola, come un topo che avevo osato troppo.  Fu a quel punto che qualcuno entrò nella stanza.

La flebo attaccata al mio braccio venne staccata, senza una parola, e un liquido ambrato fu spinto forzatamente nelle mi vene tramite il tubicino che ancora era piantato nel mio braccio sinistro.

Passarono alcuni minuti, poi, piano piano, mi sentii più lucido.

-Bentornato! – Mi disse mio padre davanti al letto. – Stewart, gentilmente, slegalo.

Le manette furono rimosse in fretta. Mi massaggiai i polsi indolenziti, cercando di rialzarmi.

-Ti consiglio di fare piano. Sei digiuno e non hai passato dei bei momenti fino ad ora. – disse Stewart.
 Mi rialzai ma un dolore alla schiena mi colpì come una nuova sferzata, e la testa mi girava come una trottola.  Vomitai nel cestino a fianco, pur avendo lo stomaco completamente vuoto.

-Ti avevo detto di fare piano. – mi ammonì, quel finto medico da strapazzo.

-Fanculo. – sibilai a denti stretti. – Dov’è Beth?

-Calma Daryl. Ora dovrai rimetterti in forze, poi, con molta calma, parleremo di lei.

Lo guardai con astio.- Col cazzo, stronzo! Ne parliamo ora! Come sta lei? Dove si trova? Quando la potrò vedere?

-Vedi Stewart, perché non ho il minimo dubbio sulla mia paternità su Daryl? Ha un carattere meravigliosamente inappuntabile.

-Fanculo!

-La rivedrai presto. Devo dire che Gareth ci aveva messo gli occhi sopra, ma non potrei mai farti, anche, questo.

-Fai uscire le guardie armate e il tuo dottore del cazzo, e vedrai la mia reazione!  Posso batterti come un tappeto anche in queste condizioni.

-Quanto astio, Daryl!! Come se tu fossi nella condizone di contrastarmi. La biondina sì che si è resa conto della situazione e si è adattata.

Restai in attesa. In che senso Beth si era adattata?

-Ammutolito? – mi rise in faccia.- Bhe, vedi la biondina ha capito che resistere è vano. Che siete in balia degli eventi.

Gareth entrò in quel momento con una cartellina in mano, sembrava un contabile, con quella matita dietro l’orecchio.

-Anche quando il nostro Gareth qui, l’ha baciata, lei non ha fatto nulla per respingerlo, perché capiva di non avere scelta.- aggiunse maligno.

I miei occhi fiammeggiarono nella direzione di Gareth, che abbassò i suoi verso i suoi piedi.

-Orsù Gareth. Era un bacio rubato lo sappiamo entrambi, ti sei approfittato del fatto, che il gatto non c’era. Pensavi davvero che io non controllassi tutto qui a Terminus..e ora ti se fatto un nemico pericoloso. Non appena Daryl sarà di nuovo in piedi, non so cosa potrebbe farti, ma occorre avere il coraggio delle proprie azioni, te lo avevo già detto! Beth ha accettato le mie condizioni, ora Daryl vorrei sapere cosa vuoi fare tu, tanto più che la neve contiuna a cadere, e se Terminus è autosufficinte, non posso dire lo stesso dei tuoi amici al fiume. Potrei, nella mia infinita magnanimità, diciamo, fornire mezzi di sostentamento ai tuoi amici in cambio di reale lealtà da parte tua.. so che ci sono anche bambini fra loro…

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Capitolo 23
*** Capitolo 23- Lealtà? ***


 

Capitolo 23 – Lealtà? 

 

-Beth- 

 

-Tu mi parli e chiedi lealtà? E in virtù di cosa? 

 

-Suvvia Biondina. In fondo siete ancora vivi, e una sola mia parola, vi farà tornare insieme. Non è poco, di questi tempi, converrai anche tu. In più, cosa da non sottovalutare, siete al sicuro. Nessuno qua a Terminus rischia di morire per colpa di un attacco zombi, di qualche altra fazione, o per fame. A proposito, le condizioni meteo non indicano nessun miglioramento, sei certa che i tuoi amici siano così al sicuro, laggiù vicino al fiume?

 

-Che vuoi dire? 

 

-Niente. Dico solo che li monitoriamo da mesi, e il loro unico sostentamento, a parte le battuta di caccia, sono le riserve che trovano via via, spingedosi sempre più verso la costa. Non potendo muoversi…Dico solo che ci sono, donne vecchi e bambini in quel posto, magari un aiuto da parte nostra, potrebbe essere gradito! Una sorta di ricompensa…

 

-Ricompensa per cosa? – chiesi cupa.

 

-Per avermi riconsegnato mio figlio, per cominciare, e anche il tacito accordo, in modo che a nessuno di loro venga in mente di togliermi qualcosa di mio, di non belligeranza, fra noi.

 

-E credi che un po’ di cibo li possa comprare? Daryl ed io siamo stati rapiti, non consegnati da loro. Come se si potessero, anche solo pensare certe cose. Non siamo merce di scambio, siamo esseri umani.

 

-Perché no? In fondo anche tu, se fossi affamata e qualcuno ti aiutasse, non saresti riconoscente? 

 

-Ci sono i nostri amici laggiù, la nostra famiglia! – cercai di insistere.

 

-La famiglia di Daryl sono io. – sibilò – Tu, in teoria, potresti andartene quando vuoi, ma sei legata a lui, in qualche modo, giusto? L’ho capito dai filmati di sorveglianza quando avete salvato le vostre amiche, poi, una volta visti insieme, è stato palese.

 

-Mi lasceresti andare? - chiesi sfidandolo.

 

- Te ne andresti, senza di lui, se te lo lasciassi fare? 

 

-No. – risposi con un filo d voce. 

 

-Vedi, allora, che ho ragione. Tra l’altro occorerebbe ufficializzare questo vostro rapporto, se Daryl è così deciso a portarlo avanti. Qui a Terminus tutto è finalizzato al bene supremo. E qual è il bene più grande per un essere umano, in mezzo a un’apocalisse zombi? 

 

-Non saprei. Sopravvivere, magari? – risposi annoiata da queste elucubrazioni mentali da pazzo. 

 

-Perpretare la razza umana. Non mi guardare come se fossi un marziano, ragazzina. E’ un dato di fatto: qui a Terminus tutti abbiamo un compito. Coloro che sono troppo deboli per essere di qualche utilità alla causa, sono sacrificabili. Per lo più, si tratta di vecchi o malati, gli individui più forti, quelli che sono sopravvisssuti là fuori più a lungo, hanno sviluppato capacità innate, più sviluppate di altri, e la nostra difesa è affidata loro. Poi ci sono quelli che caratterialmente non potrebbero resistere alla pressione là fuori, - e magari lo stress post traumatico, da impatto con il  mondo di oggi, li ha resi, del tutto o parzialmente,  incapaci di reagire – risultando inutili per l’economia qua dentro, quindi ci aiutano – con il loro sacrificio -  a studiare il virus.  Poi c’è un’altra categoria di persone, quelle forti, ma incapaci di sottostare alle regole. Quel genere di persone sono quelle che preferisco. – mi osservò maligno con gli occhi che brillavano – Pechè sono le stesse persone che, un volta indottrinate, sono più assertive delle altre.  Tu e mio figlio, siete il classico esempio di esse.  Daryl è cresciuto con delle regole, che ha preferito, da un certo punto in avanti, tralasciare e vivere come un derelitto. Merle, in questo, non gli ha fatto un favore, strappandomelo quando stava appena diventando interessante, ma anche questo suo retroterra, lo ha reso  più forte, quindi il mio primogenito, alla fine, ci ha visto giusto, anche se lo ha fatto diventare più selvatico del necessario. D è un ribelle, ora, uno che ritiene di poter fare scelte senza che siano approvate da chicchessia. 

 

-E’ un uomo, non più un ragazzino spaventato da te o dal mondo esterno. 

 

-Forse è come dici tu, ma io esercito ancora una qualche sorta di controllo su di lui, se non altro perché ho in mano la ragazza che…ama? – mi rispose maligno, dicendolo, come se fosse la cosa peggiore che potesse capitare al mondo.  – E posso manovrare ancora i fili, come meglio credo. 

 

-Non ce la farai. Daryl non è uno stupido. 

 

Dustin mi sorrise arrogante. – E’ vero. Non è stupido, ma purtroppo per lui, ha deciso di diventare vulnerbile, nel momemto peggiore. Se ancora ci fosse Merle, avrei potuto fare leva su di lui. Daryl si sarebbe lanciato nel fuoco per una parola del suo fratellone, ma le cose sono andate così. Per mia fortuna, lui è affettivamente ed emotivamte dipendente da te, ora, in caso contrario, avrei dovuto faticare molto di più.

 

-Non vorrà fargli del male?  - chiesi in ansia, dalla piega che il discorso stava prendendo. 

 

-Miss Greene, - rispose gelido, punto sul vivo - Mi è rimasto solo un figlio, credi davvero che farei qualcosa che gli possa nuocere in maniera, davvero, seria? Se Daryl avrà davvero imparato la lezione, vi lascerò fare la vostra vita, prima o  poi vorrò anche che concretizziate la cosa con un figlio o due, certo…

 

-Ma credi che le persone si possano usare come fossero bestie?  E’ lo stesso principio che si protrebbe applicare, che so, in una fattoria! 

 

-E allora cosa vorresti biondina? Che Daryl ti prendesse come amante? Lo preferiresti?  Glielo protrei proporre, ma non so quanto lui ne sarebbe felice… Tu sei ancora convinta che esistano brave persone, tu sei un idealista, un’inguaribile romantica, che crede che al mondo ci sia ancora del buono da qualche parte, ed è questo che lui ama. Poi è in dubbio che il tuo bel faccino, abbia aiutato…

 

Bruciavo di vera rabbia. Stava analizzando una persona, di cui non sapeva assolutamente niente. Lo odiavo! Lo odiavo davvero.

 

Dustin sorrise beffardo e si alzò dalla sedia, - Ora scusami, ma voglio vedere se il mio figlio prediletto, è disposto a essere più morbido, riguardo a certe posizioni, rispetto alla sua…amichetta del cuore? Forse, un giorno, dovrete chiarire cosa siete voi due. No? 

 

A quel punto si avvicinò alla porta, ma prima di uscire aggiunse. 

 

– Goditi la colazione, tra un po’ qualcuno verrà ad accenderti il camino. Qui dentro si gela, principessa. 

 

Rimasi lì come una stupida, pregando che Daryl, non cedesse ai suoi ricatti.

 

-Daryl - 

 

 Ero lucido, molto più di quello che ero stato nei giorni precedenti, Stewart, finalmente, aveva allentato la morsa degli antidolorifici e dei calmanti che mi doveva aver somminstrato in tutti quei giorni. La schiena era un vero tormento, e il braccio sinistro era coperto da lividi, come parte dello sterno, segno che, non stavo reagendo benissimo, al trattamento d’urto cui ero stato sottoposto.  Stewart mi aveva raccontato che i primi due giorni ero stato tenuto sedato e sotto morfina, per evitare che il dolore mi facesse impazzire, e quello era forse il motivo del mio intontimento. Ma la cosa non mi convinceva, del tutto, ricordavo che nel sangue di Rick e delle ragazze, erano state trovate grosse tracce di efedrina, e io, mio malgrado, conoscevo bene gli effetti  di quella merda. Grazie a Merle li avevo provati, nel peggiore dei modi possibile, a diciassette anni. 

Pensavo spesso a Merle in quei giorni, forse era la sua mancanza che sentivo, oppure, era la consapevolezza crescente che, se lui fosse ancora stato qui, lo avremmo affrontato ed eliminato insieme, questo problema. 

Ogni mattina un tizio mi portava la colazione che consumavo sotto il suo sguardo attento. Probabilmente se mi fossi rifiutato, me l’avrebbero fatta ingurgitare a forza, ma non era il mio intento. Volevo rimettermi in forze al più presto ed espellere tutto quello schifo di droghe che mi avevano fatto ingerire, quando ero privo di conoscenza. 

Quando il tizio si ritirava, il tutto senza mai proferire parola, cercavo di alzarmi e provavo a fare un po’ di movimento. I miei muscoli si lamentavano, e non poco, i primi giorni, ma era mera sopravvivenza, quindi sopportavo, stoico. 

Prima mi fossi rimesso in forma, prima mi avrebbero fatto uscire da quella cella e prima avrei, probabilmente, rivisto Beth, accertadomi che stesse bene. Solo a quel punto, ci saremmo scervellati per andarcene da qui, o almeno, lei lo avrebbe fatto, mi fosse anche costata la vita. 

Passarono almeno due settimane in quella maniera, e per quanto mi sentissi in forma ogni giorno di più, nessuna visita di Dustin, né nessun accenno alla possibilità di uscire da quell’angusta cella, si era palesato.

 

L’inizo della seconda settimana era stato scandito da un incidente. In un momento di frustrazione, più pesante del solito, avevo dato un pugno allo specchio del bagno, ferendomi la mano e procurando, a Stewart, almeno due ore di lavoro per togliermi le schegge. 

Niente. Nessuna reazione.
Dustin non si era fatto neanche sentire, con la sua voce baritonale, nel corridoio antistante. 

L’inizio della terza settimana, mentre ammazzavo il tempo e lo scoraggiamento, facendo alcune flessioni, lui entrò nella stanza e si fece lasciare dalle guardie. 

 

Eravamo soli.

 

-Finalmente in piedi! – esordì, quasi allegro. - Non ci avevo visto male pensando avresti reagito in fretta. 

 

Non proferii parola, restando in attesa. Quelle settimane mi avevano aiutato a riflettere sulle mie azioni e su ciò che avrei dovuto o non dovuto, fare. Non mi mancava di sentire la mia voce, in fondo ero sempre stato un tipo abbastanza silenzioso. 

 

Dustin pareva scontento del mio silenzio, ma non lo diede a vedere troppo.

 

-Vediamo come sta procedendo la guarigione, togliti la maglietta e mostrami la schiena Daryl! 

 

Non era una richiesta gentile, o il mero interesse di un essere umano nei confronti di un’altro. Meno che mai, la preoccupazione di un pade nei confronti del proprio figlio, senza contare, che era stato proprio lui, la causa della mia condizione.  Era un ordine perentorio e sterile. 

 

-Non farmelo ripetere. Io non voglio arrivare a metodi drastici. Hai già avuto un assaggio di quella che può essere la mia ira, ma non hai ancora visto tutto. Tu sei forte, l’ho capito sai? Me lo hai dimostrato ampiamente. Non hai più niente del ragazzino che eri una volta, ma io non voglio arrivare al punto di spezzarti, voglio solo che tu ti pieghi.

 

Sospirai pesantemente. Non volevo dargliela vinta, ma, o mi piegavo a quello che mi veniva ordinato, o a Beth sarebbe capitato qualcosa di ancora peggio delle frustate, e non potevo permetterlo. 

Mi sfilai la maglietta nera che mi era stata data, dalla testa, e gli voltai le spalle per mostrare lo scempio, che avevo sulla schiena.  Era un campo di battaglia, su cui più eserciti si erano fronteggiati, e avevano perso. 

 

-Devo dire che, forse, Jake, ci è andato giù un po’ pesante con te!

 

Mi voltai e lo guardai con risentimento. Un po’ pesante era una pietosa bugia, se erano dovuti ricorrere alla morfina, per permettermi di sopportare il dolore, durante le cure. 

Avevo dato anche io un’occhiata alla mia schiena, prima di distruggere lo specchio, e mi ero sorpreso di essere riuscito a reggere la vista, senza autocommiserarmi o vomitare. 

 

-Dovresti ringraziarmi, al giorno d’oggi, chiunque  portassse segni del genere addosso, darebbe chiari segni, al suo prossimo, di essere qualcuno con cui non puoi scherz…

 

-Che puoi prendere a calci in culo, a vista. Non sono un monito per gli altri, tipo statemi lontani sono pericoloso, ma solo un faro per chiunque creda di potermi piegare. E con i vaganti, credi che possa funzionare?  Per loro sono solo cibo, come chiunque altro.

 

Dustin rise. – Andiamo Daryl! Non ti lamentare come una checca! Tuo fratello, sarebbe stato il primo a dirtelo. 

 

-Cosa c’entra Merle? – chiesi esausto dalle sue altalenanti connessioni mentali.

 

- Quando eri svenuto hai nominato solo tre persone. La tua amichetta bionda, tuo fratello, e …Rick? Sei diventato uno stramaledetto bisessuale, ora, figliolo? 

 

Tentare, anche solo di spiegare, che fra me Rick, c’era un legame fraterno, anzi, probabilmente, qualcosa di ben più profondo, era fiato sprecato con uno come Dustin. 

Scrolla le spalle, per liquidarlo.

 

-Se anche fosse davvero così… - risposi scoraggiato - Non sarebbe un tuo problema. Sarebbe bello, sapere di essere libero di assecondare le mie inclinazioni, almeno per ciò che riguarda il sesso, visto che non mi è rimasto più molto altro…- lo guardai sfidandolo. – Comunque tranquillo. Rick ed io siamo amici, per quanto tenga a lui, nessuno dei due ha mai pensato, cose del genere, nei confronti dell’altro.

 

-Felice di saperlo, se no la Biondina ci sarebbe rimasta male! – aggiunse sprezzante - Quella ha bisogno di un amante focoso, - dammi retta!- non di una checca.

 

-Se mi ritieni tale, adotta Gareth. Sembra che lui non abbia problemi con le donne, visto che le aggredisce quando meno se lo aspettano, non rispettando la volontà di chi si trova di fronte. Io ho sempre saputo che se una donna dice no.. .

 

-Tu sei sempre stato un debole in quel senso e, per quanto mi dispiaccia dirlo, anche Merle, non credo sia mai andato troppo oltre… Non è impossibile cambiare, lo sai vero? 

 

-Vai a farti fottere, stronzo!. – Dissi rinfilandomi la maglietta e sedendomi sul letto. 

 

Fu veloce e inaspettato. Dustin mi colpi con la mano aperta, in piena faccia, con un malrovecio che mi spaccò il labbro inferiore e mi fece voltare la testa di lato. 

 

Rimasi sgomento dall’accaduto asciugandomi il sangue dal labbro con la manica e guardandolo in faccia. L’anello con una croce uncinata che portava da una vita, all’anulare,mi aveva dato un bel colpo.

 

-D’ora in poi, parlerai solo se direttamente interrogato. E non sarà solo con me, ma lo farai con tutti quelli che vivono qui. Il comando va guadagnato, e la disciplina sarà la tua migliore medicina. 

 

Stavo per ribattere, mandarlo a fanculo di nuovo, ma qualcosa nei suoi occhi, di antico, mi fece desistere. 

 

Dustin annuì soddisfatto.  

 

-Visto che ti senti abbastanza in forma, dirò a Jake di iniziare con il tuo addestramento, vedremo se trattarti come un cane, porterà qualche beneficio alla tua condotta. 

 

-Posso parlare? 

 

Dustin sorrise quasi gongolando.- Prego, figliolo.

 

-Da quello che ho capito, e fermami se sbaglio, se faccio quello che mi viene detto, non verrò più pestato a sangue, ogni due per tre, guisto? 

 

Dustin mi concesse di proseguire.

 

-D’accordo – dissi deciso. – Lo farò, ma io voglio poter vedere Beth, stare con lei, assicurarmi che stia bene.. oppure…- un’idea logica quanto terribile nelle sue implicazioni, ma solo per me, arrivò, chiara come un lampo, nella mia testa. - Voglio che sia rilasciata. Riaccompagnata al campo al fiume, con provviste anche per gli altri, in modo che possano passare quest’ inverno, e munizioni..Ci sono bambini e vecchi in quel posto, per quanto per te la vita umana conti il giusto, per me è ancora importante. 

 

-E tu credi di valere così tanto per me, Daryl? – disse schietto. 

 

-Non lo credo, lo so. Farò quello che mi verrà detto di fare, mi comporterò come facevo con Merle, non farò domande, ma alle mie condizioni. 

 

-E tu restereresti qui, solo? Senza un amico al mondo, senza il supporto di un letto caldo la notte, solo per salvare la vita a lei e ai tuoi amici? 

 

-Io non ho amici. Loro sono la sola famiglia che mi è rimasta, e, per quanto per te sia incomprensibile, loro, vengono prima di me e della mia sicurezza. Rick e gli altri si sacrificherebbero nelle stesse condizioni, è il minimo che possa fare io. 

 

Dustin si alzò dalla sua sedia,alzando le mani, come a dire, "se va bene a te..."

 – E sia! Lo hai voluto tu! Stasera ti concedo due ore con il tuo grande amore, e domani sarà scortata al suo accampamento. 

 

Dustin uscì, e io andai in bagno per tamponare il labbro rotto. Mi osservai nello specchio, - che era stato sostituito - se non fossi stato certo di conoscermi, avrei giurato che stavo per crollare.
Ero solo. Lo ero sempre stato dopo tutto, ma ora lo sarei stato davvero e per sempre, in una condizione che non avrei retto a lungo, ma sapevo che era necessario.  Per la sicurezza di Beth e degli altri, era vitale, quindi lo avrei fatto.
Pensai a Rick e Carol, loro avrebbero capito, mentre Beth? Cosa avrei dovuto dirle? Le avrei spezzato il cuore, lo sapevo, esattamente come stavo spezzando il mio, dannazione, ma almeno così lei avrebbe potuto rifarsi una vita.
Magari Sean non sarebbe, a quel punto, stato una scelta così deprecabile, e allora perché mi sentivo come se fossi stato appena pungnalato al cuore?

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Speranza ***


 

Capitolo 24- Speranza

 

- Beth-

 

 

I giorni dopo il mio incontro con Dustin passarono uguali a loro stessi: pigri e inconsistenti. 
 

Gareth non sia era più visto dopo l’icidente del bacio, e la cosa se mi poteva fare piacere, mi gettava anche nella più completa confusione. Eo davvero sola per la prima volta nella mia vita, e sapere di essere, magari, a solo pochi metri da dove si trovava lui, mi devastava psicologicamente.

Ogni giorno un tizio sempre diverso mi accompagnava a fare due passi fuori, su una sorta di terrazza, in un palazzo attiguo a dove ero rinchiusa. Attraversavamo il giardino, che avevamo valicato al sera della fuga, passavamo davanti all’armeria, e, dietro una porta,ecco la  scala antincendio, che ci avrebbe portato di sopra. 
 

Stewart, alle volte si univa a me, portandomi un libro da leggere per quando sarei rientrata, o cercando di fare conversazione. 

Apatica. Era quella la parola giusta. 

Ero circondata da nemici o presunti tali, e l’unica persona che potevo considerare mio amico, ed anche qualcosa in più, era segregato chissà dove, magari sofferente, lontano da me.

 

In uno di quegli interminabili e freddi momenti d’aria, e solo quando la neve sembrava dare tregua al cielo, dalla terrazza dove ero confinata, lo vidi. 

Dapprima era un puntino abbastanza difficile da distinguere, ma avvicinandosi, lo avrei riconosciuto fra mille. Era Daryl, ed era in piedi. 

Jake era dietro di lui, armato, e lo stava scortando proprio, non ci potevo credere, stavano venendo verso la costruzione accanto a dove mi trovavo.

Abbandonai il terrazzo in fretta, quando mi scontrai con Stewart che stava salendo da me.

 

-Lasciami passare- gli intimai decisa. 
 

Non vedevo Daryl da quasi tre settimane, e non ce la facevo davvero più. E non era solo una faccenda di attrazione fisica, o forse non solo,ma  sentivo il bisogno di essere di nuovo fra le sue braccia, di parlargli, di baciarlo…di…

 

-Calmati Beth!- mi rispose al limite, della gentilezza il medico, stizzito. – Lo rivedrai entro sera. Pare che Dustin abbia stretto un accordo col figlio, che potrebbe funzionare, questa volta.

 

Sbuffai. 

 

– Si, mi immagino. Stewart, so che non mi hai mai voluto dire come stanno le cose, ma io devo sapere.  

 

Non mi andava per niente di pregare Stewart, non volevo mostrarmi vulnerabile, nel mio unico punto debole ma Daryl, era l’unico mio nervo scoperto in quel posto, e avevo la necessità di sapere cosa gli stava succendendo. 

 

Stewart mi osservò con una tale intensità, che, per un minuto intero,  parve interminabile, ed infine, temetti davvero che stesse per andarsene senza dirmi nulla. Poi, contro ogni previsione, mi prese per un braccio e mi trascinò nel bel mezzo della terrazza al gelo, con il vento che ci sferzava, dicendomi, in modo che lo sentissero fino al cortile interno.

 

-Ora devi restare qui e  prendere aria, ragazzina. E’ in arrivo una nuova perturbazione e chissà quando rivedremo un po’ di sole.

 

Mi fece segno di tacere con un dito e io, lo assecondai, annuendo. Ci spostammo verso il parapetto. 

 

Stewart abbassò la voce sensibilmente, e mi sussurrò.

 

-Quello che posso dirti, e ti giuro che sto rischiando davvero molto, è che Daryl ha accettato tutte le condizioni di Dustin e, in cambio, ha ricevuto la promessa che tu saresti stata liberata. Lo potrai salutare, credo o oggi o al massimo, domani, poi verrai scortata fuori da Terminus.

 

Ero scioccata. 
 

Come al solito, quello stupido testone, faceva l’eroe e non si preoccupava minimantante della consguenze. Come se, per me, potesse essere facile, questa sua decisone.  Come se io avrei mai potuto accettarla. 

 

-Dustin – continuò Stewart – Sembra essere riuscito a rimetterlo in riga, ora lo comanda come se non avesse mai fatto altro. 

 

-Lo ha fatto condizionare? – chiesi quasi tremando, ma non era il freddo. 

 

Stewart lo avrebbe saputo, dopotutto lavorava a stretto contatto con Ming. Scosse il capo per diniego. 

 

– No. Credo però che si sia arreso all’idea che a essere pestato ogni volta, non avrebbe resistito a lungo. 

 

-E quindi mi stai dicendo che Daryl avrebbe deciso di immolarsi volontariamente, per salvare me? 

 

- Non solo. Ha anche ottenuto generi di prima necessità, come armi e munizioni, cibo, vestiti, per il vostro campo. La sola condizione è che lui resti. 

 

-Qui? Solo? Esigo parlare con Dustin subito. 

 

- Non vorrà riceverti.

 

-E invece lo farà, quando tu gli riferirai i miei timori. 

 

-Di cosa stai parlando Beth? – chiese lui condiscendente.

 

- Del fatto che Dustin, pur non rendendosene conto, perderà Daryl in ogni senso, se continua a mantenere questa condotta.  

 

Stewart mi guardò senza manifestare nessun sentimento.

 

-Che vuoi dire, Ragazzina?

 

-Gli sta togliendo tutto. Non avrà più nemmeno una speranza minuscola, a cui aggrapparsi, io so cosa significa.. – dissi mentre scoprivo il polso e lo mostravo a un’incredulo Stewart – E se non arriverebbe mai a togliersi la vita, perché lui è troppo forte per un gesto del genere, non  esiterà  a farsi magari mordere… o peggio..  – la mia voce vacillò - Come può essere così stupido da pensare di farcela, qui solo? – chiesi più a me stessa. Era la stessa domanda che avrei rivolto a Daryl, non appena lo avessi visto.

 

-Stupido coglione, - stavolta ero davvero arrabbiata. 

 

Mi ripresi in fretta e mi rivolsi nuovamente a Stewart. – Fammi parlare con Dustin! Dovrà alcoltarmi, e poi affronterò Daryl.

 

-Ma non ti basta di essere libera? – Mi chiese lui esasperato.- Non credo tu abbia capito davvero. Tu sarai libera di andartene da questo posto, da tua sorella, dai tuoi amici. 

 

-E secondo te, - dissi cercando di tenere la voce abbastaza bassa per non farmi sentire. – Il prezzo da pagare sarebbe la vita di Daryl? 

 

Sterwart scosse il capo.- Mi arredo ragazzina, parlerò con Dustin e gli riferitò il tuo messaggio. Mi spiace che tu voglia sbattere via questa occasione, tutto qui. Daryl è suo figlio, ritiene che sia una sua proprietà, quindi il suo destino è segnato. Non capisco questo tuo accanimento, io so riconoscere le cause perse, quando le vedo, perché tu non vuoi accettarle?

 

Lo guardai come se fosse un matto, o forse la vera pazza ero io, ma non  importava. 

 

– Parecchi mesi fa, ho conosciuto un uomo freddo e scostante, che non voleva che gli altri si avvicinassero a lui, era una sorta di gatto randagio, che aveva conosciuto solo sdegno e violenza da parte dei suoi simili.  E’ stato difficile provare a scalfire, anche solo un poco, quella sorta di armatura, ma con la pazienza, la tenacia e tanta dolcezza, di cui nemmeno io credevo di essere capace, ce  l’ho fatta. Ora, non so perché Dustin provi questo attaccamento morboso nei confronti di un figlio che, prima di pochi giorni fa, non sapeva nemmeno fosse vivo, ma so cosa provo io per lui, è non lo abbandonerò. 

 

Stewart mi ascoltò in silenzio, poi aprì le mani in segni di resa, mostrandomi poi una videocamera che aveva registrato il nostro diverbio. 

 

-Messaggio inoltrato, ragazzina. Spera che Dustin non si senta troppo punto sul vivo, dal tuo tono sprezzante.

 

 

-Daryl- 

 

Fui scortato, praticamente in catene, in una palazzina bassa, di solo un piano,  molto vicino alla zona residenziale dove, Beth ed io, eravamo stati confinati. 

Mi sporsi in avanti per scorgere qualcuno in giardino. Sapevo che l’avrei rivista entro poche ore, ma sarebbe stata l’ultima volta, quindi volevo sfruttare tutte le occasioni possibili.  
 

A un tratto avvertii quasi la sua voce, ma era sicuro un'allucinazione, quindi proseguii, spintonato da Jake. 

Ero svuotato dalle emozioni, mi sentivo davvero senza speranza.
 

La stanza in cui mi fecero entrare pareva un salone per appuntamenti d’infimo ordine, non che ne avessi frequentati molti, intendiamoci, ma con Merle, non era difficile incappare in posti del genere. La cosa che mi colpì maggiormente fu il letto rotondo , avvolto in drappi di damasco rosso e con delle manette fissate alla testata.  Deglutii nervoso. 
 

Notai anche dei frustini di varie domensioni fissati alle pareti,  e sapevo già che non avrei tollerato di prendere ancora scudiscate, neanche, e soprattutto, per qualche gioco perverso.  Già così,  mi reggevo in piedi per miracolo Jake mi indicò la stanza da bagno. 

 

-Vatti a fare una doccia, poi torna qui e vedi di non metterci un’eternità. 

 

 Ressi il suo sguardo per un secondo. Non ero ancora sconfitto, volevo che almeno quel bestione, lo capisse.  Lui non mi degnò nemmeno di risposta, mettendosi a lucidare la sua pistola. 

 Mi gettai sotto l’acqua calda e provai a  pensare alle ultime dodici ore. 

 

Avevo accettato un contratto capestro con il Diavolo in persona, avrei perso l’unica ragazza che per me contava davvero, e sarei rimasto solo. Se non fosse stato per le mani che mi tremavano in modo vistoso,  avrei giurato di non stare per crollare.  

 

Uscii dalla doccia e mi legai un asciugamano in vita, anche perché i miei vestiti erano spariti.  Una volta uscito dal bagno, trovai Amaral, la sorella di Gareth, che mi accolse. 

Vedendola mi vennero in mente le odalische, il suo abbigliamento era alquato succinto. 

Avrei voluto parlare, ma rimasi interdetto dalla velocità con cui mi bloccò le mani dietro la schiena, fissandole a un palo in mezzo la stanza,  che non avevo notato prima.

 

-Ti conviene tacere. So che non hai il permesso di rivolgerti a me.

 

-Ma veramente…

 

Fu in quel momento che Amaral accese una sigaretta, tirandone almeno una boccata, poi la spense sul mio braccio.
 

Maledissi la mia boccaccia per non aver mantenuto il mio proposito di mantenere un basso profilo. 

 

-Era un avvertimento. – disse. 

 

Annuii. Era davvero semplice il giochino, ero sottomesso anche alla donna di Dustin, stupendo! Se avessi fatto qualcosa per cercare di parlare o oppormi, avrei sofferto. Lineare. In fondo non ero così stupido. 

 

-Ora ti medicherò la schiena con gli unguenti prescritti da Stewart, qundi non provare a fare il furbo. 
 

Non dissi niente e mantenni gli occhi puntati a terra. Non volevo nemmeno sapere cosa avrebbe potuto farmi se avesse interpretato male un mio sguardo. 

 

-Sai Daryl…- iniziò la ragazza mentre delicatemente apponeva l’unguento sulle mie ferite – Dustin ha deciso che non desidera più avermi intorno e questo fa di me una donna libera. Quindi, d’ora in poi, 

sarò in grado di vivere la mia vita e prendermi l’amante che preferisco… 

 

Sapevo dove sarebbe andata a parare, conoscevo quel genere di donna, non era la prima volta che una così, mi si strusciava addosso, anche se non pensavo, davvero, mi sarebbe più successo. 

 

Amaral cercava un nuovo amante e aveva pensato bene di buttarsi sull’anello più debole della catena, cioè io. 

O forse non lo pensava nenmeno lei, forse le era stato suggerito. Di certo era una bella donna e quello che indossava, non lasciando molto all’immaginazione, dava anzi, parecchi indizi sul dove volesse arrivare. Quando mi passò le dita sul margine esterno dell’asciugamano, e avvertii che qualcosa al piano di sotto, stava rispondendo agli stimoli fisici, ripresi quindi il controllo della situazione. 

 

-Posso parlare? – Chiesi.

 

-Vuoi che ti sciolga, - domandò lei speranzosa. 

 

-Amaral. No. Cioè, se vuoi sciogliermi fallo, ma non accadrà nulla di ciò che ti immagini. Per quanto ti possa sembrare inconcepibile, c’è solo una donna nella mia vita, e resterà tale, anche se non la dovessi rivedere più, quindi smetti di affannarti, per favore e ridammi i miei vestiti.

 

Lei mi guardò come una bambina, a cui avevano sottratto la bambola preferita. 

 

-Mi spiace. Ma le cose stanno così. Capisco che per te debba essere difficile, ma non più di quanto lo sia per me, fidati!

 

Amaral mi sciolse le mani e indicò dove erano riposti i vestiti. 

 

-Non sono convinta che col tempo, non riuscirò a toglieterela dalla testa, - ammise sovrapensiero- Ma per ora, devo arrendermi all’evidenza dei fatti. 

 

Bussò alla porta tre volte e Jake entrando, mi guardò sogghignando. 

 

– Non sarai mai abbastanza uomo, per una così. 

 

Sorrisi, mio malgrado, della battuta, che credesse quello che voleva e al diavolo tutto. 

 

Uscimmo di nuovo, e il vento ghiacciato, dopo la doccia calda, mi fece uno effetto strano.  Era davvero difficile che sentissi freddo in circostanze normali, ma in quel frangente mi sentii gelare. 

 

Riattraversammo il giardino e mi fece entrare nella villetta in cui avevo vissuto con Beth quei pochi giorni. 

 

-Tu aspetta qui.

 

Mi gettai sul divano – che a breve sarebbe stato solo mio- chiusi gli occhi e appoggiai le mani sulla fronte. Mi stava per venire una forte emicrania, ma era solo lo stress, a cui ero sottoposto e lo capivo bene.

 

Dopo qualche ora, probabilmente mi dovevo essere addormentato, senti una porta aprirsi. Non aprii nemmeno gli occhi e restai disteso in penombra.

 

-Amaral, se sei tornana alla carica, ti ho già spiegato che non voglio fare sesso te, né ora né mai. 

 

Sentii i passi avvicinarsi al retro del divano, e due mani piccole e fredde, tirarmi indietro i capelli e accarezzarmi, gentili. Non erano le mani d Amaral quelle, non lo sarebbero mai state. 

 

-E se una persona volesse, invece,  fare l’amore? – mi sussurrò a pochi millimetri dalle labbra. 

 

Sospirai senza riaprire gli occhi e concentrandomi su quello che sentivo. Avvertii le sue labbra morbide sulle mie, ma non ricambiai il bacio. Sarebbe stato troppo dopo, troppo duro, dover affrontare un addio.

 

Quella ragazza mi aveva conquistato in ogno modo possibile, prima intaccando il mio orgoglio, poi la corazza che ci avevo costruito intorno, per non far avvicinare nessun e, nello stesso tempo, mi aveva salvato, anche da me stesso. Ora, lei era ancora qui, a chiedermi qualcosa che non avrei mai più potuto dargli, considerando, che se ne sarebbe dovuta andare entro un paio d’ore.

 

-Beth. – Provai a dirle, ma lei mi baciò di nuovo. E quel bacio non poteva essere frainteso, a nessun livello. C’erano amore, trasporto, passione e dolcezza, c’era tutta la fiducia della sua giovane età, a dispetto di tutto lo schifo in cui eravamo incappati, e al mondo di merda che c’era ormai là fuori. 

 

-So cosa hai in mente brutto idiota! - mi disse lei decisa, quando si staccò da me, notando la mia distanza e la freddezza che cercavo di manifestare.  -Qualunque cosa sia, non te lo permetterò. Non puoi decidere anche per me. 

 

-E questo chi lo avrebbe detto, ragazzina? – cercai di ribattere, allontanandomi da lei.

 

-Io. E smetti di chiamarmi ragazzina. Sono diventata decisamente molto più matura e grande di te, da quando hai deciso di intraprendere questa tua crociata suicida…Vuoi tentare la sorte, qui? Ok. Ma non lo farai da solo. So cosa vuole dire essere disperati, so cosa vuol dire credere di non avere scelta! Ho tentato il suicidio, ricordi? Ma non ti immolerai per salvare tutti e poi, tentare di resistere chiudendoti in te stesso. Lo hai già fatto per troppi anni, e poi allora c’era Merle. Ora che cosa vorresti fare? 

 

-Metterti in salvo, Biondina o salvarti il culo, se preferisci. Qua dentro che vita faresti? L’amante di qualcuno? Magari, la mia… Credo che sia troppo deprimente per la tua intelligenza, la tua forza d’animo e il tuo coraggio, fare una fine del genere… Non lo sopporterei io per primo, come puoi pensare di riuscirci, tu? 

 

-Preferirei, di gran lunga, finire come dici, che sapere di averti abbandonato qui, solo. Una volta mi hai detto che non ce l’avresti mai fatta, là fuori, senza il gruppo.. Ora cosa dovrebbe essere cambiato? 

 

Cos’ era cambiato? Il fatto che tu sia diventata molto più importante della mia sicurezza, o della mia felicità. Ecco cosa era cambiato davvero, ma non ebbi il coraggio di rivelarlo così apertamente.  

Beth sarebbe dovuta tornare al campo, Rick ed Earl si sarebbero occupati di lei, anche Carol l’avrebbe difesa a questo punto. Un giorno, forse, nel caso fossi riuscito a occuparmi di Dustin, una volta per tutte,  e, se fossi sopravvissuto.. chissà…

 

-Ti sei incantato? Credi di poter fare quello che vuoi, come se io non ci fossi? Dopo tutto quello che c’è stato fra di noi?

 

Aveva e lacrime agli occhi. Sentivo il suo respiro più pesante e sapevo cosa sentiva in quel momento. Avrei dovuto essere forte per entrambi, questa volta. 

 

- E cosa c’è stato, Beth? – ero bravo a fingere indifferenza, ma soprattutto a dissimulare. Lo ero sempre stato, in fondo. - Siamo stati insieme, quante? Tre, quattro volte la massimo.

 

In realtà potevo ricordare, perché ben impresse nella mente, ogni singolo bacio, anche i più sofferti, ogni carezza, ogni singola manifestazione d’affetto che quella ragazza scosì straordinaria mi aveva regalato, anche quando, né io né lei, aavremmo mai sospettato che ci fosse altro, se non una normale collaborazione fra sopravvissuti. Ricordavo perfino,anche se non avevo la minima idea se fosse stato un sogno o qualcosa di realmente accaduto, un bacio a fior di labbra, che pensavo di aver ricevuto da lei, quando combattevo fra la vita e la morte, incosciente e del tutto in balia degli eventi, nell’ambulatorio della Dottoressa Morton.
Ora non avrei nemmeno più potuto domandarglielo. 

 

- E quello che mi hai detto quella sera? 

 

Beth mi scosse dal flusso, sconnesso, dei miei pensieri. 

 

Strinsi i pugni e mi misi a braccia conserte, affrontandola. Dovevo essere fermo. Duro. 

 

 – E credi che tutto quello che esce dalla bocca di un uomo, sia vero? Sei una ragazzina, - sputai perfido - D’altronde lo sapevo. – sorrisi mantenendo un atteggiamento strafottente. Ce la postevo fare.
 

- Beth, cosa vuoi che ti dica? Magari ti ho detto quelle cose per farmi una scopata…o due..

 

Mi guardò come se mi vedesse per la prima volta. I suoi occhi chiari erano impenetrabili e tersi. Era decisa, come mai lo era stata prima. 

 

-Bel tentativo Signor Dixon, Bravo. Stai diventando bravo quasi come Dustin…a mentire. Ma non crederò mai a una parola di quello che hai detto se non hai nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi e ripetermi parola per parola, quello che hai appena rivelato, evitando il mio sguardo. Dimmi che fra di noi non c’è niente, guardandomi negli occhi e sarà l’ultima volta che mi vedi. 

 

 

Beccato. Bravo Daryl, complimenti!!

 

 

Sospirai esaperato. 

 

- Io ti ho preso in giro. Non ho mai provato nulla per…

 

Cercai il contatto visivo con lei, ma niente. Non riuscivo a dirle quella serie di cazzate tutte insieme. Merle mi avrebbe sfottuto, fino alla morte. La mia. 

 

Provai ad attaccarla. 

 

-Credi sia facile per me? Dovevo provarci. Io non ho scappatoie, ma tu puoi andartene. Magari, col tempo, potresti anche non dico dimenticarti di noi, di me almeno, ma trovare qualcosa di positivo in Sean…

 

Beth si avvicinò e mi diede un cazzotto al costato con forza.

 

-Ahio! Ho due costole incrinate!

 

-Dì un’altra stronzata del genere, e te ne potrei incrinare altre due magari, se continui a fare questi discorsi di merda. E sai cosa ho deciso io, invece? Che se prorio non mi vuoi come amante, sarai tu il mio… Dato che tuo padre, non ti ha dato la minima scelta, non lo farò neanche io. Se hai deciso di assecondare il suo volere, e non credere che non sappia che lo fai anche perché Dustin aiuti anche gli altri, al campo, so tutto delle provviste e del resto, ma non puoi includermi nel pacchetto regalo, perché non ci sto.  

 

-Non te lo posso lasciare fare! – dissi deciso. – Non a queste condizioni. 

 

-Daryl… quando tu mi dicesti quelle cose, alla baracca quella sera, per me, per quello che mi riguarda, non erano una novità, perché le avevo già maturate di mio, molto prima che tu fossi ritrovato dai ricognitori di superficie e portato dalla Morton.  Ho passato giorni a chiederemi se fosse giusta una cosa del genere, e se fosse davvero quel genere di sentimenti che provavo per te. In fondo tu eri, sei, - mi sorrise-  Daryl Dixon, l’uomo solitario che aveva cercato come una missione,  Sophia per giorni, rischiando la pelle. Quello che alla prigione, all’inizio, lasciavi avvicinare solo Carol e Rick, e non credevo ti fossi mai realmente aperto nemmeno con loro. Poi, dopo l’arrivo di Judith e la perdita di Merle, ho iniziato a vedere i primi segni di disgelo, ma era una cosa graduale, e terribilmente difficile per te, lo potevo solo immaginare. Quando mi dicesti di Zack e io ti abbracciai, mi accorsi di un primo cambiamento nel tuo atteggiamento,infatti,  pur non ricambiando il gesto, non ti scostasti. E ciò fu importante per me, perché, per la prima volta, mi accorsi realmente che mi sarei potuta fidare ciecamente di te. Ed anche se fu più che difficle, per entrambi, il momento della fuga dalla prigione in fiamme, ero certa che non avrei mai potuto trovare una persona migliore con cui fuggire. Tu ci saresti stato, comunque, anche se abbiamo avuto i nostri scontri. – Beth si interruppe per bere un sorso d’acqua e io restai impalato, troppo confuso per ribattere. Quella ragazza mi aveva seguito e cercato di capire per mesi, quando nemmeno io sapevo realmente in cosa stavo credendo, se mai fossi rimasto con loro, e che cosa sarei diventato.

 

- Ma fu quella notte in cui ci separammo, in cui fui rapita, quando realizzai che il mio unico pensiero, era sapere che tu fossi in salvo, lontano da quella casa infestata, piuttosto che la mia sicurezza, che capii davvero l’entità di quello che provavo.

Carol, al campo, faticò non poco a tenermi al sicuro, perché volevo partecipare alle ricerche e tutte le notti in cui ti ho vegliato, non sapendo se ti saresti più svegliato… Dio, non hai la minima idea di come mi sentissi. Ma ancora non lo avevo realizzato pienamente, fino a che, una sera, la Morton, prima di lasciarmi per la notte, mi disse che se le cose non fossero migliorate in breve, aveva i suoi dubbi, sul fatto che ce l’avresti fatta.  Ecco, quella sera, feci qualcosa che non credo che la Beth di un tempo, avrebbe mai anche solo ipotizzato di fare, dopo averti parlato per ore, come d’abitudine, ti diedi un bacio sulle labbra…

 

Beth a quelle parole e a quel ricordo, arrossì, ma volle comunque continuare il suo racconto.

 

- Fu niente di più di un bacetto, ma capii a pieno, forse solo in quel momento, che tu non eri per me solo un compagno di sventura, ma qualcuno che amavo…

 

Beth si interruppe e io mi buttai a peso morto di schiena sul divano, in parte perché faticavo a restare in piedi per molto, in parte perché finalmente capivo che, tutti i dubbi che avevo passato io, non erano stati solo miei. 

 

-E io,- sospirai – che credevo di esseremelo solo sognato quel bacio…

 

Beth mi si accoccolò di fianco dandomi un bacio sulla guancia. – Ora capisci zuccone celebroleso, perché il solo pensiero di lasciarti mi sia così estraneo? 

A quel punto si distese di fianco a me e l’utima cosa che ricordo, fu di averla circondata con il braccio per riscaldarla, il mattino dopo il sole ci svegliò, trovandoci ancora abbracciati sullo stesso divano. 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25- Pazzia ***


Capitolo 25- Pazzia

 

- Daryl- 

 

Mi svegliai col sole sulla faccia.
Per una volta ero davvero felice di vedere l’occhio del sole che mi accecava. Voleva dire che la bufera inziava a passare. Provai a muovermi, ma Beth si era stretta a me e non riuscivo a sgranchirmi, come avrei voluto. 

Rimasi fermo ancora per un momento, non volevo svegliarla, poi l’immobilità di tante ore, si concretizzò con l’insensibilità del braccio, e, a quel punto, avrei dovuto fare qualcosa. 

Spostai delicatamente la testa di Beth dalla mia spalla a un cuscino, senza svegliarla. Strano a dirsi, ma il trucco, mi riuscì. Mi sgranchii le giunture, e mi avvicinai alla finestra della sala. 

Fuori, tutto era immobile. Il giardino era deserto e i cristalli si neve, ammantavano tutt’intorno, quasi come in una favola. 

 

-Daryl?

 

-Sono qui. – Le risposi, schiarendomi la voce.

 

-Riuscirò mai a svegliarmi con te accanto? – chiese, tra il serio e lo stizzito.

 

Le sorrisi. – Scusa.  Non sentivo più il braccio destro come mio, e mi sono dovuto muovere. 

 

 -In questo caso ti perdono. Ti è passata l’idea di liberarti di me? 

 

Sospirai.

 

- Non si tratta di un proposito. Qui si tratta della tua vita. Non posso essere tanto egoista da permetterti di vivere in questo posto e a queste condizioni. Io per primo, non vorrei farti una cosa del genere, perché lo vuoi fare tu, a te stessa.

 

Beth mi guardò con quegli occhioni sgranati che avrebbero fatto sciogliere le montagne e resuscitato.. no, di quelli ce n’erano già troppi.

 

-Perché ti amo, stupido zuccone. E perché, anche se per te è del tutto inconcepibile una cosa del genere, quando tieni a qualcuno, fai qualunque cosa in tuo potere, per evitare che faccia cose stupide.

 

-Non è stupido. 

 

-Si che lo è. Tu non resterai qui da solo in balia degli eventi…o almeno, non finchè io sarò viva. 

 

-Beth! Non dire queste cose.

 

-No. Non mi convinceresti neanche volendo. Affronterei una mandria di zombi, piuttosto.

 

-Potemmo accontetarti...- una voce che conoscevo bene, arrivò dalla porta. 
 

Fu un riflesso incondizionato e veloce, ma feci scivolare Beth dietro le mei spalle. 

 

-Visto, Stewart?! – disse Dustin sogghignando – Mi prega quasi in ginocchio di rimandarla a casa, poi, quando viene il momento, le fa scudo col suo corpo. 

 

-Allora Daryl!? Cosa avrai mai deciso? – aggiunse con un sorrisetto condiscendente.

 

La guardai. 

 

Lei mi osservava con sgomento negli occhi, ma non ebbi la minima esitazione. 

 

– Lei se ne va, da questo posto di merda, oggi stesso.

 

Dustin guardò Beth, sogghignando.

 

- Che ti avevo detto, Principessa? E’ come tentare di spostare una montagna a mani nude. 

 

Beth guardò prima lui e poi me, con astio malcelato. L’avevo delusa, ma sapevo che mi avrebbe ringraziato, un giorno, anche se io probabilmente, non lo avrei mai saputo. 

 

Dustin continuò a sogghignare. –Principessa, e la tua decisione qual è? 

 

-Resto.

 

-Non lo puoi decidere tu!- mi voltai, guardandola incredulo e incazzandomi di brutto.

 

-Ah no? L’ho appena fatto. 

 

La osservai, sbalordito dalla sua faccia tosta. 

 

– No, che non lo farai! – Ringhiai convinto. 

 

-Scommetti?! Dustin? 

 

-Mi spiace figliolo. Ma come ti avevo già detto, tu non hai poteri decisionali, al momento. E la cosa, non sai quanto mi diverte. Tu che detesti essere comandanto, piegato al volere di una stupida ragazzina… Incredibile.

 

-Beth…- cambiai tattica, - Ti prego. In questo momento non stai ragionando lucidamente, ma vedrai che…

 

- La decisione è presa. – mi zittì Dustin- Ma dato che Daryl si è mostrato così arrendevole alle mie richieste, aiuterò comunque i vostri amici al fiume.

 

-Fanculo. – sibilai prima di essere colpito alla schiena dal calcio del fucile di Jake.

 

-Daryl è ancora troppo debole, per affrontare una ronda, - Dustin cercava di mantere un tono neutro, ma conoscendolo capivo che la rabbia stava iniziando a entrare in circolo - Non potrà accompagnare la spedizione, quanto a te, Principessa, non vorrei mai che il nostro eroe, qui, restasse solo, quindi lo lascio nelle tue abili mani. 

 

Jake ghignò dicendo qualcosa all’altra guardia, rivolto a me, poi seguirono Dustin, fuori dalla stanza. Stewart, al contrario, pareva non avere fretta, e si avvicinò a Beth. Ero pronto per reagire, ma le sussurrò qualcosa che non compresi, mi fece un cenno, e imboccò l’uscita. 

 

Mi rialzai, ero furioso. 

 

-Cosa cazzo ti è saltato in mente, stupida ragazzina!- le urlai in faccia, mentre gettavo a terra la prima cosa che mi era capitata a tiro, che nella fattispecie, era un vaso cinese di qualche genere. 

 

Parecchi mesi prima, alla fattoria, con una scenata di questo tipo, la vecchia Beth, sarebbe corsa a nascondersi per piangere tutte le sue lacrime in solitudine, cercando di calmarsi. 

Stavolta, mi aggredì. 

 

-Tu piuttosto cosa credi di fare, brutto… idiota, paramecio e… coglione! Pensavi davvero che te lo avrei lasciato fare? Che ti avrei lasciato seppellirti qui, per dimostrare a te stesso che avevi fatto la cosa giusta? Che eri stato l’eroe della situazione?

 

-Qui non si tratta di eroi, io non sono niente di tutto questo- la aggredii a mia volta puntandole un dito contro – Si trattava di priorità e di sopravvivenza, tanto per cambiare. Io, da qui, non posso andarmene, se prima non riesco a liberarmi di Dustin…tu avevi una chance, e te la sei lasciata sfuggire dalle mani per un capriccio, come una bambina! Cristo!  Ma ti rendi conto che entro stasera avresti potuto essere al sicuro, alla nostra baracca vicino al fiume, leggerti un libro, davanti al camino, e invece sei ancora in questa merdosa situazione? 

 

Lei mi ascoltò in silenzio finche non terminai al sfuriata, poi in modo molto pacato, ma fermo, fu il suo turno. 

 

-Hai finito? No perché senza volerlo nelle tue stronzissime elucubrazioni da pazzo squilibrato, hai centrato il punto. E’ vero, entro stasera mi sarei trovata nella NOSTRA baracca a bere un thè? Non ti viene in mente niente che possa mancare al quadretto idilliaco? Coglione!!! – mi urlò.

 

Beth era fuori di sé. 

 

- A parte il fatto, che se per te la mia vita si dovrà ridurre a restarmene tranquilla  in casa a leggere, ti si è davvero rincoglionito il cervello…

 

-Magari col tempo, forse Sea….- sussurrai sempre arrabbiato.

 

- …E non provare a dirmi che mi dovrei consolare con Sean? Non ti azzardare!!Perchè se credi che quello che provo per te, possa essere cancellato da un colpo di spugna dovuto alla lontananza… sei più idiota di quanto io abbia mai pensato! Anche quando eravamo alla fattoria, mentre cercavi la povera Sophia, quando da tutti eri considerato una sorta di selvaggio, non ho mai pensato potessi essere così stupido!!

 

Dopo quest’ultima frase le lacrime le inondarono gli occhioni, ed io avrei voluto soltanto avvicinarmi e abbracciarla, per calmarla se non altro, ma lei non me lo avrebbe mai permesso, non in quello stato di alterazione.

 

-Stupido! Stupido, Daryl Dixon…

 

Beth, ora, era davvero a pezzi e nonostante facesse di tutto per evitarlo, stava per crollare. Mi avvicinai e lei tentò di tenermi lontano, colpendomi, al petto. Colpì uno dei lividi più profondi ma non indietreggiai, riuscendo ad abbracciarla.  Alla fine la mia coraggiosa ragazza, scoppiò in lacrime.

 

-SSST ssst. Calmati, Va tutto bene, Ho capito, non importa, ne usciremo, comunque. Non ti lascio, non lo farei mai, non ci avrei neanche provato se non avessi pensato… tranquilla…sssstt..

 

La feci sedere sul divano e la tenni stretta a me, finchè i singhiozzi non cessarono e lei si abbandonò al sonno. 

 

Restai immobile accanto  a lei finchè non si svegliò. Era ormai tardo pomeriggio.

 

-Stai meglio? – chiesi imbarazzato per rompere il silenzio.

 

Lei si allontanò da me, per mantenere un certo distacco.

 Avevo capito che non voleva darmela vinta, magari aveva pure ragione lei. La guardai cercando di non sorridere, non sapendo come l’avrebbe presa.

 

Lei mi guardò male, ma io restai seduto, con gli occhi bassi, cercando di mascherare sotto un falso,- ma non del tutto, - pentimento, il fatto  che avevo un gran voglia di fare pace.

 

-Vado a vedere se in cucina c’è qualcosa da mangiare.  

 

Non dissi niente, restando in attesa. Ero teso, ma la lasciai fare. 

 

Beth tornò dalla cucina con uno sguardo contrariato. – Hanno razziato la dispensa, di là!- osservò stizzita, dirigendosi verso il suo zaino ed estraendone un pacco di frollini schiacciati. 

Si accomodò a terra e iniziò a sgranicchiare un biscotto. Mio malgrado, il mio stomaco brontolò sonoramente. 

 

Beth alzò un sopracciglio e mi osservò di sbieco. 

 

Cos’è? Adesso ti affamano per farti obbedire? 

 

Quella che per Beth, voleva essere una battuta ironica e priva di fondamento, non mi fece sorridere come avrebbe dovuto, perchè era la reltà dei fatti.

 

-Tu scherzi?- domandò incredula. 

 

-Non preoccuparti. Un paio di giorni, non hanno mai ammazzato nessuno.

 

Beth mi si avvicinò piano e mi porse il sacchetto. 

 

– Coraggio mangia. 

 

Mi sentivo un po’ impacciato, dopo quello che ci eravamo detti prima, ma andava bene così. Lei mi appoggiò la testa sulla spalla.

 

-Scusa- sussurrò piano e le diedi un bacio sulla fronte. Sapevo che non era una cosa tanto da me, ma in quel frangente non avrei potuto rendere meglio come mi sentivo, cioè da schifo.

 

-Come stai? – mi sussurrò vicino all’orecchio baciandomi, piano, sul collo.

 

Un brivido mi percorse la schiena, ma non era freddo, anche se la casa era davvero ghiacciata. 

 

- Mmmm. 

 

-Non mugugnare. Ti ho fatto una domanda molto semplice.

 

-Vorrei essere a mille miglia lontano da qui. – dissi sovrappensiero.

 

-A me basterebbe riuscire ad andare d’accordo con te, abbastanza a lungo, da non aggredirci ogni minuto. - confessò piano.

 

Sorrisi. La guardai e mi spostai per poterla baciare comodamente. 

 

Non fu quello che si sarebbe aspettata.
Appoggiai le mie labbra sulle sue, piano, assaporando il vago sapore, quasi di fragola, che ogni volta credevo di sentire, ok, ero davvero ridicolo a pensare certe cose in un momento del genere, ma in seguito la cosa si fece più seria. 

Beth si spostò e mi fece ritornare a sedere con le spalle al divano, mentre mi sedeva cavalcioni sulle gambe. Il tutto avvenne, senza lasciare il contatto con le mie labbra.  

 

L’avevo davvero traviata, pensai sconvolto. 

 

Fu a quel punto che sentii le sue mani che cercavano il fondo della mia maglietta per sfilarmela. Sentivo la punta delle sue dita che sfioravano il mio addome, delicate e tremanti, mentre io iniziavo, davvero, a sentire caldo. 

 

Il mio cervello, e qualcos’altro, mi dicevano di continuare su quella strada, ma la consapevolezza che era esattamente ciò che voleva Dustin, mi fermò, tanto più che non desideravo che Beth si accorgesse dei segni che portavo sulla pelle.

 

Lei si accorse che qualcosa non andava. Si fermò, e mi osservò con i suoi occhioni sgranati, da cui, ogni traccia di rabbia si era dissolta.

 

- Cosa ti disturba? - chiese facendomi una carezza. 

 

-Non lo immagini? Lui vuole questo.- risposi esasperato.- Non ci mancherebbe altro che … non voglio pensare nemmeno alla possibilità…

 

-Quindi hai intenzione di vivere nel terrore per tutto il tempo che passremo qui?

 

-No. Ma se non fosse un soggiorno breve? Beth.. siamo in guai seri! 

 

- Lo so. Cosa credi? Dico solo che non mi lascerò condizionare da un tizio psicopatico, con un mondo del genere là fuori. Dustin ti vuole qui? Ok, gliela hai data vinta, e ora? 

 

-Saperlo…Ha detto che vuole la mia leatà e insieme amministreremo Terminus. Fosse per me, questo posto sarebbe invaso da una mandria, entro sera…

 

Beth restò ancora qualche momento ad ascoltarmi, poi mi abbracciò di nuovo. 

 

- Se anche non dovessimo più riuscire ad andarcene da qui, e ti giuro che non è mia intenzione, l’unica persona che vorrei vicino,  è qui con me.

 

-Magra consolazione, non trovi?- le dissi scoraggiato da quella sola prospettiva.

 

-Ah Si? – Mi chiese lei, con falsa ed esagerata, indignazione.

 

-Si. – dissi serio- Tu sei giovane. Non dovresti accontentarti.Dovresti aspirare..

 

Un pugno al costato mi raggiunse veloce, non era una cosa voluta per ferire, più per infastidire, a dire il vero. 

 

-Ahio!

 

-Allora è vero che sei una cariatide…

 

-Cariatide a chi, ragazzina!?– le dissi ridendo e immobilizzandola sotto di me.

 

Beth rise, poi mi guardò con una tale intensità da farmi capire al volo tutto quello che le passava per la testa in quel momento. L’avrei baciata di nuovo, ma in quel momento la porta si aprì di nuovo.

 

-Beth-

 

-In ginocchio. 

 

Daryl mi spostò e, seppur a fatica, e si inginocchiò a terra di fronte al divano, con le mani sulla testa.  Mi alzai, e mi misi di fianco a lui, mantenendo un contatto con la sua spalla.
 

Dustin non era solo. 

 

-Allora? Cosa ne dici del mio ragazzo? – chiese entrando con l’individuo sconosciuto che era con lui.

 

Era un tizio biondo platino con gli occhiali scuri, non del tutto giustiificati, dato che eravamo al coperto, e che assomigliava vagamente, a quell’attore, come si chiamava, si forse, Rutger Hauer.

 

Alla fine, prima che il tizio mi notasse, Dustin si rivolse a me.

 

-Principessa! – disse porgendomi la mano – Alzati da terra. Non sia mai che tu venga trattata in malo modo, quando non necessario, - aggiunse sornione- Tu sei una mia gradita ospite. 

 

Il tizio, che appresi in seguito rispondeva al nome di Alan, girò intorno a Daryl come se stesse valutando se acquistare o no un nuovo cavallo, e alla fine parlò.

 

-Bhè, tutto considerato, non mi sembra sia in cattive condizioni, nonostante il fatto, che tu abbia dovuto usare un po’ di bastone.

 

-Si. Hai ragione, amico mio, ma d’altronde è mio figlio…è robusto.

 

-Non sono un oggetto, smettetela di parlare di me come se fossi altrove… – sentii Daryl sibilare, ma il calcio del fucile di una guardia, gli arrivò alle costole, facendolo tacere e piegarsi in due. 
 

Avrei voluto aiutarlo, volevo sincerarmi di quali fossero le sue reali condizioni, ma Dustin, si rivolse a me. 

 

-E lei, Alan, è la nostra principessa. Vero figliolo? 

 

Alan, o come diavolo si chiamava, mi squadrò come fossi zucchero filato.

 

-Carina. Giovane. Potresti farci parecchio con lei. Ti pagherei io stesso una bella cifra.

 

Daryl era teso come una corda di violino pronto a scattare, ma con un mio impercettibile cenno del capo, riuscii a farlo calmare, almeno un po’. 

 

-Non posso amico mio. Vedi, mio figlio, qui, è molto preso da lei, ed è un’ottima carta per controllarlo. Un po’ come… hai presente come si fa con gli asini? 

 

Alan annuì. – Il bastone e la carota, è chiaro. Ma lui non mi pare che abbia molto controllo sulla ragazzina, sembra più il contrario, dallo sguardo che ho notato, fra loro, poco fa.

 

Dustin sorrise divertito. – Cosa vuoi che ti dica?! Propabilmente, ho sempre creduto che mio figlio sarebbe stato un buon dominatore, mentre avevo per le mani un sottomesso. Poco male. La ragazzina ha carattere, e, se riesce a controllarlo, per me va bene lo stesso. Tu che mi dici, Alan? 

 

Il nuovo arrivato valutò la cosa per qualche minuto, poi, strinse la mano a Dustin. 

 

– E sia. Sottoporrò il tuo ragazzo all’addestramento. Tra qualche giorno però, - aggiuse sollevando la maglietta di Daryl e mostrando anche a me, le reali condizioni dell’uomo che amavo. Ora mi spiegavo il perché fosse così restio a spogliarsi, vedendo il suo torace comperto di lividi e le frustate sulla schiena ancora in evidenza. 

 

-Sei un bastardo.- dissi rivolta a Dustin.

 

Misarei aspettata uno schiaffo a quelle parole, ma lui si avvicinò e mi fece una carezza. 

 

– Non sai ancora quanto, Principessa. 

 


Ragazzi, eccomi qua, scusate il ritardo, ma la puntata 8, mi aveva sconvolto a dir poco.. spero che questo capitolo sia quanto meno apprezzato come gli altri! un abbraccio!!

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Capitolo 26
*** Capitolo26- Sortita ***


 

Capitolo 26- Sortita.

 

La spedizione, capeggiata da Gareth, avanzava con difficolà in mezzo alla neve. I vaganti erano radi e rallentati, segno che la neve intropidiva anche i loro movimenti. Arrivarono al campo, che era molto presto, e le sentinelle diedero l’allarme, allertando l’intera struttura. 

 

-Fermi!Chi siete? Cosa volete? – li aggredì Rick, da sopra alla struttura in cemento, che fungeva da recinzione. I nostri erano armati fino ai denti e tentvano gli uomini di Gareth sotto tiro.

 

-Calma. Siamo di Terminus! Veniamo in pace.- rispose Gareth alzando lemani insegno di resa.

 

-Non mi frega un cazzo! – esordì Earl da dietro le mura a fianco di Rick, - L’ultima volta che siete venuti qui, ci avete aggredito e avete preso degli ostaggi, due dei quali, ancora, non ci sono stati restistuiti. Come potete pensare che la nostra accoglienza, possa essere buona? 

 

-Siamo qui per fare due chiacchiere e per portare cibo e provviste al vostro campo. 

 

-Perché? Perché lo state facendo? Perché ora? L’ultima volta, ci avete sparato addosso! – urlò Rick Grimes, dal suo punto di osservazione.

 

Gareth sorrise, ma matenne le mani ben alzate. 

 

–Dovrò continuare a sgolarmi, o qualcuno può degnarsi di scendere da dove vi trovate e possimo parlare a voce normale? Qui intorno c’è ancora qualche vangante…

 

Dopo essersi velocemente consultati Rick, Glenn, Sean e Earl uscirono dai cancelli. Gli uomni di Gareth, e lui stesso, erano sotto tiro da altrettanti cecchini sulla palizzata.

 

-Perche’ siete qui? – chiese Rick sbrigativo e duro.

 

-Sono qui per portare aiuto. Un uccellino biondo mi ha detto che avete parecchi bambini, anche piccoli, e con questo freddo e la neve abbiamo immaginato che non aveste avuto mlte occasioni per andare in cerca di cibo o cacciare selvaggina. 

 

-Poche stronzate, ragazzino. Che ne è stato dei nostri? 

 

Il sorriso di Gareth si spense sul nascere. – Sono vivi! E vi basti sapere che è grazie a loro, soprattutto alle – chiamiamole così- concessioni di Daryl, se siete stati aiutati. 

 

-Lui sta…?- chiese Rick, con un filo di voce, perdendo per un momento la sua irruenza. 

 

Gareth sorrise. - E’ forte. Molti altri, al suo posto, avrebbero già tentato il suicidio, cosiderando tutto quello che…

 

-E Beth? – chiese Glenn, pacato.

 

-Beth è la vera forza del vostro amico. La sua stella nell’oscurità. – rispose Gareth sibillino, soffermandosi su Glenn.

 

- Voglio vederli! Accertarmi delle loro condizioni.

 

La proposta di Rick colse tutti impreparati, ma Glenn capiva bene come doveva sentirsi l’ex poliziotto. 

 

-Non so se… - iniziò Gareth colto alla sprovvista.

 

-Ascoltami bene stupido ragazzino!- disse Rick puntandogli un dito contro – O tu mi scorti là dentro, e mi fai parlare con i miei amici, oppure tu e il tuo nutrito gruppo, sarete nostri graditi ospiti per parecchio tempo.. e qui non ci sono troppe comodità per noi, figurati per degli ostaggi.

 

-Dovrei parlare col mio capo. Dustin non ne sarà felice...

 

-Ce ne sbattiamo di quello che pensa quello psicopatico maniaco. Ora ci porterai da loro, se vuoi che i tuoi uomini – tre dei quali erano stati accerchiati e scortati all’interno del campo. – Arrivino a domani, sani e salvi.

 

La battuta di Sean non fece sconvolgere nessuno. Nè’ Rick né Eral parvero turbati, all’ipotesi far fuori tre persone. 

 

Gareth parve riflettere un secondo. – Come posso fidarmi di voi? 

 

-Ascoltami bene stupido coglione. – disse Rick prendendolo per il bavero– Laggiù, tenete prigioniero, mio fratello! Lo avete torturato solo Dio sa come, ed io, dovrei preoccuparmi delle insulse minacce di un ragazzino, quasi, imberbe? Non essere ridicolo. Ora voi ci scorterete a Terminus, così potremmo renderci conto delle reali condizioni dei nostri amici e scambiaci qualche parola, in caso contrario…- ribadì deciso.

 

Gareth parve pensarci per un momento. – Chi Dovrebbe venire? 

 

-Che ti frega? Organizzate visite guidate? – esordì Sean aggressivo.

 

-Saremo in pochi. E quando torneremo qui, i vostri uomini, saranno rilasciati indenni. 

 

-Non comando io… – provò a ribadire, Gareth- Dovrei parlare con..

 

-Ascoltami bene, piccolo coglione, - Rick era molto determinato e fermo- A me non frega un cazzo di niente se devi chiedere il permesso alla mamma o alla zia, tu ora farai quello che ti è stato detto. Punto. La cosa non è in discussione.

 

Gareth aprì le braccia in senso di resa. – Come vi pare! Ma parlerai tu con Dustin, io finirò già nei guai così!!

 

Alla fine, dopo un rapido consulto, fu deciso che della partita sarebbero stati Rick – che aveva preso l’iniziativa, senza consultare gli altri - Glenn, Carol, che non aveva sentito ragioni, e Logan.  Sean fece le bizze ma, Rick provò a farlo ragionare, affidandogli un incarico al campo.

Si inoltrarono nel fitto del bosco in direzione Terminus, gli uomini di Gareth procedevano davanti. Carol, Rick, Glenn e Logan erano dietro per accertarsi che non facessero scherzi.

 

-Non mi piace Rick! – disse  Carol, affiancandosi a lui- Come ti è venuto in mente di andare a terminus in gita? Non sappiamo cosa ci troveremo di fronte, io…- disse la donna sussurrando.

 

-Lo so Carol, ma ho parlato a più riprese con Earl, e da quello che ho capito, non ha la minima intenzione di tentare l’ennesima sortita verso Terminus, per liberare Daryl e Beth. 

 

-Stai scherzando? – una sbalordita Carol, parlò più forte del previsto facendo voltare l’intero gruppo.

 

Poi riabbassò la voce, guardandosi intorno, colpevole.- Come sarebbe a dire che non avevano intenzione di venirli a salvare? E allora quelle belle parole al consiglio? 
 

-Parole. Semplicemente parole. Non aveva la minima intenzione di fare niente. Con noi ha detto una cosa, mentre, in separata sede, ha parlato con Anna e lo staff dela cerchia interna, dicendo che due vite erano sacrificabili.

 

-Che grandissimi figli di..

 

-Carol! Non mi sento di biasimare nessuno di loro. Forse, anche noi, nelle stesse circostanze, avremmo fatto lo stesso.  Daryl e Beth sono nostri amici e…

 

-Ci hanno accolto e sostenuto, Rick. Anche noi, se e quando abbiamo accettato qualcuno nel gruppo, lo abbiamo difeso e protetto. Che razza di gente è che…

 

-Carol - disse Rick cercando di farla ragionare.- Sono persone che hanno famiglia. Lo sai anche tu la quantità di bambini che ci sono al campo, e quello, è già un miracolo di per se’. Tu al loro posto metteresti a repentaglio tutto, per due persone adulte che, seppur costrette, hanno scelto di restare dove sono? E hai visto anche tu la quantità di vettovaglie inviata da Terminus? Forse, anche tu, li valuteresti in modo diverso, se fossi al loro posto e in altre circostanze.

 

Carol restò in silenzio per un po’. – Forse hai ragione tu!- convenne alla fine. – Ma stiamo parlando di Daryl e Beth.. e…

 

-Carol.. siamo qui per questo..

 

-Si. Lo capisco. Solo che non abbiamo una strategia, hai semplicemente colto la palla al balzo. E quando saremo lì? Se ci dovessimo rendere conto che Daryl o Beth sono nei guai fino al collo?Come immagino io...

 

-Una cosa per volta, Carol. Voglio capire chi abbiamo di fronte. Questo Dustin mi incuriosisce, e vorrei capire cos’ ha in mente. Una volta inquadrato, potremmo capire come disfarcene. 

 

Carol fece per allontanarsi. – Spero davvero tu sappia quello che fai!

 

-Anche io, Carol! Anche io. – concluse Rick più con sé stesso, che con lei.

 

-Daryl-

 

Una volta lasciati soli, Beth piombò su di me come un falco. 

 

-Cosa aspettavi a farmi vedere cosa ti avevano fatto? – chiese con fare accusatorio.

 

-Non è necessario. Sto bene. Solo qualche livido, dovuto per lo più, alle flebo di salina e all’alimentazione forzata. Ho avuto qualche brutto momento, prima di arrendermi all’evidenza.

 

- Evidenza? – mi chiese lei con occhi tristi.

 

- Mmmm, bhè al fatto che Dustin ha il coltello dalla parte del manico. Per ora..

 

- Non ti puoi arrendere. Non tu!- esordì la piccola Beth, che davvero di piccolo non aveva quasi nulla, in quel momento. 

 

- Ora ti darò la pomata  per riassorbire gli ematomi e ti berrai un the caldo, a quel punto, valuteremo il dà farsi. Chi è quel tizio? E cosa vuol da te? 

 

-Ok per la prima e la seconda. Il tizio non ho idea di chi sia, l’ho visto un’altra volta durante il dormiveglia, e parlottava con Ming. Non lo so, forse quel pezzo di merda, ha deciso di farmi condizionare… Non ne ho la più pallida idea!

 

Mi abbracciò stretto, pur stando attenta a non stringere troppo, dopo avermi guardato con gli occhioni umidi. 

 

-Beth, se fai così non mi aiuti, però. – dissi cercando di strapparle un sorriso. 

 

-C’è poco da..- 
 

Una voce da fuori arrivò fino a noi. 

Erano due guardie del recinto esterno, di ritorno dal loro turno, e stavano costeggiando il giardino della villetta in cui ci trovavamo Beth ed io. Probabilmente passavano di lì perché andavano a fare rapporto Dustin.

 

-Gareth sta tornando sotto scorta. 

 

-Ma come? Da chi cazzo si sono fatti fregare, quei coglioni? 

 

-Hai presente quel poliziotto? Quello che Dustin voleva uccidere? Pare sia stato avvistato, ed è capo della spedizione.

 

-Il capo, allora, aveva ragione. E mi sa che l’unico su cui sta sbagliando è il figlio. 

 

-SSSH. Siamo in territorio nemico. – disse il primo, indiacando alla finestra dietro cui, io e Beth, stavamo origliando.

 

Pochi attimi dopo che le guardie erano state da Dustin, lo vidi sfrecciare sul vialeto e catapultarsi in casa. 

 

-E ora figliolo, mi dirai tutto quello che devo sapere sul tuo, caro amichetto, il poliziotto. 

 

-Non ho idea di cosa tu voglia, ma di sicuro non avrai da me informazioni su Rick, per poterlo ricattare o peggio. - dissi risoluto.

 

-Biondina? E tu che mi dici? Devo temere qualcosa da questo tizio? 

 

-Rick è una persona meravigliosa. – Rispose lei candida – Se hai dei problemi con lui, sei tu quello strano. 

 

-Staremo a vedere! – disse Dustin – Biondina tu verrai con noi!

 

-No. Lei non verrà con voi.

 

Non feci in tempo quasi a finire la frase che due delle guardie di Dustin mi bloccarono.

 

-Daryl tu non puoi essere della partita perché hai già un precenente impegno.

 

-Beth- 

 

Daryl non si ribellò. Sapeva, probabilmente, che avremmo perso in partenza, oppure voleva evitare di essere pestato senza un motivo valido. 

Io fui scortata verso il cancello e l’arrivo di Rick, mi riempì il cuore di gioia, pur non sapendo cosa aveva in mente. 

Dustin mi precedeva di qualche metro attorniato dalle sue guardie del corpo.

Gareth apriva la fila, disarmato e inerme dietro il fucile di Logan. 

 

-Benvenuti Signori. A cosa devo la vostra gradita, quanto inaspettata, visita?- esordì il padre di Daryl.

 

- Il mio nome è Rick Grimes, - iniziò Rick deciso- E sono già stato vostro ospite una volta, non gradendo troppo il trattamento, se proprio lo vuoi sapere. Ora, due miei amici sono qui detenuti senza il loro benestare. Vorrei vederli, accertarmi delle loro condizioni e, se possibile, intercedere per il loro rilascio.

 

 

-Quanta irruenza Rick Grimes. Qui a Terminus le cose le prendiamo con molta più calma. Non è vero, Tesoro!?
 

Dustin si rivolse a me, ma i miei occhi erano solo per Rick. Avrei voluto parlare con lui, spiegargli, tentare di comunicare, ma non mi avrebbero mai lasciata sola con qualcun di loro, quindi ogni mio tentativo, sarebbe stato vano.

 

Notai con la cosa dell’occhio che Carol scrutava la folla con apprensione malcelata, fu a quel punto che parlai senza permesso e capii di aver osato troppo. 

 

-Non è qui Carol.E’ stato allontanato prima che voi arrivaste.

 

Fu un secondo. Uno schiaffò mi arrivò senza che me ne accorgessi, in piena faccia.
Dustin era stato glaciale nel dire che non avrei dovuto fiatare, e io, avevo già disatteso le sue aspettative.  Mi sarebbe venuto l’occhio nero e Daryl, si sarebbe infuriato, facendo il diavolo quattro, a suo richio e pericolo, ma non avevo potuto fare altrimenti. 

 

Carol urlò, allibita dall’accaduto, e notai che i miei amici si trattennero a fatica dal reagire. Fu a quel punto che Dustin, dopo aver cacciato un’occhiata accusatrice a Gareth, probabilmente, per essersi fatto catturare, si rivolse ai miei invitandoli a bere un the. 

Era un pazzo psicopatico, che si atteggiava a Lord inglese. Rivoltante. 

 

Carol mi si affiancò mentre andavamo verso la villa e cercò di parlare con me, ma Jake, più lesto di lei, la bloccò. Furono fatti accomodare nel salotto di Dustin, quello che lui definiva il pezzo forte di casa sua, e il the fu servito da un cameriere in livrea. 

 

Nessuno parlava. Glenn non aveva nemmeno toccato la sua tazza, ma d’altronde anche Rick e Logan restavano guardinghi.

Fu Carol a rompere il ghiaccio. 

 

-Bene! Visto che siamo qui, non vedo perché non approfittare dell’accoglienza. Di grazia, e questo banchetto con pasticcini, servirà a venire a capo di qualcosa, o sarà solo l’ennesima perdita di tempo. Beth, fammi la cortesia di aiutarmi a versare il the. – mi chiese mentre rivolgeva il suo sguardo verso il tavolino, dove le libagioni erano state servite. 

 

Così mentre gli uomini e Dustin si studiavano tesi, ebbi l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con lei.

 

-Metti del ghiaccio sopra quella guancia. – iniziò lei indicando con la testa il cestino del ghiaccio, in bella mostra accanto a una bottiglia di scotch invecchiato. 

 

Annui. 

 

-Come stai, Tesoro? – mi chiese osservandomi da vicino. 

 

-Abbastanza bene, tutto considerato. – risposi cercando di sorridere, ma la guancia mi faceva troppo male.

 

-E…?

 

-Daryl è vivo, anche se davvero provato. Ha tentato di opporsi a Dustin come ha potuto, ma l’ha pagata cara. Stamattina è stato portato via e credo lo rivedrò stasera, ma non è facile restare qui. 

 

-Vogliamo tiravi fuori..

 

-Carol, sai chi è Dustin? Non lascerà mai libero Daryl..e io non lo abbandonerò.

 

-Beth...

 

Gli occhi della donna che avevo di fronte, lessero qualcosa di diverso in me, perché mi fece una carezza. 

 

-Porteremo fuori entrambi. E’ una promessa.

 

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Capitolo 27
*** capitolo27- calma ***


Capitolo 27- Calma

 

-Beth-

 

La riunione nella sala dei ricevimenti d Dustin, durò meno del previsto e i toni si riscaldaronon in fretta, a maggior ragione, quando Rick alzò la voce, pretendendo che Daryl ed io fossimo rilasciati seduta stante. 

La risposta di Dustin, non si fece attendere.

 

-E tu, Rick Grimes, credi davvero che io rinuncerò a MIO figlio?! Carne della mia carne, sangue del mio sangue, perché tu alzi la voce? Chi sei tu, per volere qualcosa? Per pretendere la restituzione di qualcosa che non ti appartiene? Daryl mi adora, solo che non è ancora pronto ad ammetterlo…
 

Carol cercò di rabbonire Rick, ma ormai la miccia era accesa. 

 

-E tu parli di cose, oggetti? Di appartenenza? Daryl non è una tua proprietà, e di certo non puoi pensare che ti sia in quanche modo affezionato, non si diventa padre, solo perché la natura funziona in un certo modo…

 

-Sei un po’ troppo aggessivo per essere qualcuno che è mosso da puro spirito antropologico o di salvaguardia di un tuo simile…Cosa bolle in pentola?- chiese Dustin,ritrovando una calma, che pareva ormai persa.

 

-Io considero Daryl come un fratello, e posso garantirti che, anche lui, per me, prova la stessa cosa…

 

Dustin scoppiò a ridere, spiazzando tutti i presenti.

 

-E tu credi che Daryl?- sorrise stupefatto - Mi deludi uomo. Rick Grimes, se questo è il tuo nome. Tu credi che MIO figlio, tenga a te o a queste persone, in qualche modo tangibile? Per lui siete stati non molto di più che un mezzo per sopravvivere, fino a ora…Per lui siete stati opportunità…Non molto di più della ragazzina, qui…anche se con lei, ancora si sta divertendo parecchio…- terminò ridendoci in faccia. 
 

Notai gli sguardi smarriti di Carol e Rick cercare i miei, ma io avevo occhi solo per Glenn, che mi guardava sbigottito. Non avrei mai creduto che Dustin sarebbe arrivato a tanto, facendomi pure passare per la amichetta di turno di Daryl. Come se lui fosse un uomo del genere, come se quello che ci legava, non fosse nulla. 

Avrei voluto poter parlare, avrei voluto spiegare al marito di mia sorella, che Dustin era il più bastardo e figlio di … ma non potevo muovermi, non potevo nemmeno azzardarmi a sfidarlo nuovamente.

 

Poi Dustin cambiò registro e si protese verso Stewart, sussurrandogli alcune parole all’orecchio. Stewart annuì e mi prese da parte.

 

-Vuole che tu mostri, in segno di buona fede da parte sua, gli alloggi dove i tuoi amici possano riposare, non sono prigionieri, vuole ribadire la cosa, solo graditi ospiti.

 

-Perché non glielo dice lui stesso? – chiesi a mia volta ancora troppo arrabbiata per potermi calmare.

 

-Immagino… tema di essere frainteso. Ecco, diciamo così…

 

-Frainteso, Stewart? In che ambito? Per il fatto che che tenga me e Daryl qui, contro la nostra  voltontà, magari? E’ la realtà dei fatti!

 

-Beth, ascoltami. - mi disse Stewart prendendomi per un braccio, e abbassando la voce quasi a un soffio. – I vostri amici devono accertarsi che voi qui siete al sicuro…Per quanto sia possibile, e Daryl deve rendersi conto che, purtroppo per lui, non potrà lasciare questo posto in nessun caso… e tu con lui, se continui a essere così testarda.

 

Scossi il capo. Non c’era modo di fare ragionare questa gente, finchè Dustin continuava a imperversare. 

 

-Dove li dovrei alloggiare? 

 

-Avrei pensato all’ala est della casa dove state tu e Daryl- mi rispose Stewart – Non ci sono collegamenti col lato dove siete voi, almeno così avrai il tempo di convincere Daryl…

 

-Di cosa? – domadai con sospetto.

 

-Dovrà convincere i vostri amici che qui state bene e che non tornerete indietro. 

 

-Non ce la farà mai! Anche ammettendo che Daryl sia molto bravo a mentire- e non lo è! - Quelle persone sono la nosra famiglia. Il rapporto di fratellanza che ha instaurato con Rick...- scossi la testa – Dustin lo sta uccidendo così…

 

-Non esattamente, - mi corresse Stewart cinico- Se gli togliesse davvero la cosa a cui tiene di più, lo farebbe, ucciderlo, intendo...Fino ad allora..

 

Dustin invitò i miei amici a restare a Terminus, Rick, seppur scettico e allerta, si risolse ad accettare quella strana e sospetta ospitalità, ma Logan venne mandato indietro con una scorta, a dire che tutto andava bene. Stewart che avrebbe dovuto non lasciarmi, per evitare che io parlassi con i miei amici, ci scortò fino alla famigerata ala est, poi, con una scusa, si eclissò. Restai così con Glenn, Rick e Carol. 

 

-Ti verrà un occhio nero pauroso.- esordì Carol una volta soli, con fare materno. – Quell’uomo è un vero animale.

 

Scossi il capo indicando loro, con un gesto, il sistema di video sorveglianza e i invitai ad entrare.

 

-Mai parlare fra voi all’esterno. Qui è pieno di telecamere.  – dissi cercando di essere distaccata. Fu a quel punto che Rick, che fino a quel momento era stato il leader senza scalfitture che tutti conoscevamo, mi abbracciò e controllò il mio viso per accertarsi di quello che avevo subito. 

Poi fu la volta di Glenn, che fece altrettanto in modo impacciato. 

 

-Qual è la situazione? – chiese alla fine mio cognato. 

 

-E’ presto detta- risposi sospirando – Dustin è il padre biologico di Merle e Daryl, non mi chiedete come abbiamo fatto a finire in questo casino, perché non lo so… Ce lo stiamo chiedendo da giorni. Il rovescio della medaglia, se mai c’è mai stato un dritto, è che Dustin è anche altamente instabile e violento, quindi, siamo sempre sul filo del rasoio. Daryl fa quello che può per contrastarlo, ma per la mia siurezza soprattutto, cerca di assecondarlo.

 

-Che pezzo di merda…- esordì il coreano,- E arrivare a insinuare che tu e Daryl foste amanti, è davvero il colmo.

 

Le occhiate che gli arrivarono dalla nostra direzione dovettero essere parecchio eloquenti.

Glenn mi guardò un attimo senza realmente capire, poi aggiunse balbettando. 

 

-Scusa? Beth… ma come…?! 

 

-Glenn, come mai ti sei innamorato di Maggie?- chiesi ribattendo sicura, Non erano i miei sentimenti per Daryl a essere messi in discussione al momento. – Immagino sia successo e basta... E potrai dirmi quello che vuoi, ma le cose non cambieranno per questo. Ho scoperto un uomo meraviglioso sotto quella corazza impenetrabile…– affermai guardando il coreano, dritto negli occhi. Glenn, disorientato dalla notizia, o forse scioccato, cercò aiuto nei nostri amici, ma nei loro occhi lesse qualcosa che non si sarebbe aspettato. 

 

-Quindi voi lo sapevate? Ora capisco certi atteggiamenti che… – disse prendendo coscienza della cosa- Da quando va avanti questa storia? 

 

Fui io a rispondere alla domanda del mio, incredulo, cognato.

 

-Da prima del salvataggio dI Maggie, ma lei non sa niente, era ancora priva di conoscenza quando siamo stati portati via e voglio essere io a dirglielo, se mai ne avrò l’occasione. – aggiunsi sospirando.

 

Glenn parve riflettere un secondo.- Ora mi sipego il comportamento di Daryl il giorno in cui venne frustrato davanti a noi. Ogni volta che si parlava di te, cambiava discorso. E quella sera, quando sei rimasta per assisterlo...Sean non ha speranze e non se n’è ancora accorto. - poi aggiunse – Daryl è innamorato di te, allora…Wow da non credere, ne ha fatta di strada da quando eravamo dispersi ad Atlanta…- aggiuse Glenn.

 

-Voglio parlare con Daryl. – esordì Rick interrompendoci. – Voglio sapere come sta e lo voglio a  casa, al sicuro.

 

-Fidati Rick. Lo vorrebbe anche lui.- dissi sconsolata.

 

-Dove si trova, ora? – mi chiese

 

-Vorrei saperlo anche io, Rick. Te lo guiuro.

 

-Daryl-

 

Fui accompagnato in una specie di laboratorio di chimica, o almeno così sembrava, dalla mia esperienza scolastica che, seppur breve, qualcosa mi aveva lasciato. Jake mi accolse ghignando, e mi assicurò i polsi a una sedia tipo da barbiere. Non feci resistenza, in fondo non avrei ottenuto nulla in nessun caso. 

 

-Cosa avete intenzione di farmi? – chiesi un po’ scosso.

 

Entrò in quel momento il dottor Ming, con il grande amico di Dustin, Alan.

 

-Buongiorno, ragazzo. Come ti senti oggi? 

 

Lo osservai con astio.

 Cosa pensava avrei potuto o voluto rispondergli, non lo sapevo, ma non avevo voglia di sprecare il fiato. 

 

-Imparerai Daryl, che devi rispondermi in maniera corretta d’ora in poi.

 

-Come ad esempio? – chiesi straffottente. 

 

- Si signore o no sgnore.

 

Risi. Gli risi in faccia. Potevano anche piegarmi, ma non sarei stato anche educato nel farlo.

- Puoi scordartelo.

 

Alan rise.- Vedi Daryl. Io, al contrario di tuo padre, so aspettare e non ho paura di usare i mezzi a mia disposizione.  Ora ti verrà iniettata una sostanza sperimentale, tranqullizzati perché, più ti ribellerai più sarà difficile.

 

-Più difficile cosa? – dissi mentre cecavo di sciogliere una mano, sentendomi presto preso dal panico.

 

-Essenzialmente questo nuovo siero dovrebbe farti dimenticare quello che non è importante che tu ricordi, e farti essere un tantino più malleabile. Ti intendi di informatica? E’ una sorta di riprogrammazione.

 

-Non è possibile! Non potete fare questo a una persona!

 

-Dici? – mi sorrise – Se ne sei convinto… quello che voglio sapere è, vuoi mantenerlo un ricordo anche piccolo, della biondina, o te la togliamo del tutto dalla testa? 

 

-Non potete…io…

 

-Daryl, mettimola così, tuo padre è stato tenero fino ad ora, quello che voglio sapere io è, devo farti condizionare davvero da Ming in modo che tu non ricordi nemmeno come ti chiami, oppure acconsentirai alle nostre richieste?Tanto più che potremmo anche fallire con la dose e renderti simile a un vegetale. Il cervello è strano alle volte. - Queste parole furono accompagnate dallo zampillare di un liquido dorato all’interno di una siringa, che stava per essere conficcata nel mio braccio.

 

Non potevo sapere quanto fossero reali le loro minacce, né quanto mi avrebbero chiesto, ma al momento, non avevo scelta.

 

Che volete che faccia?

 

-A circa un quarto di miglia da qui c’è un accampamento di sopravvissuti. – disse Alan rimettendo il cappuccio alla sringa e sorridendomi rilassato - Nonostante non gli avrei dato un soldo bucato, sono soppravvissuti a queste nevicate e sono forniti di parecchie provviste. Dato che il loro numero è esiguo, credo che non gli dispiacerà di essere alleggeriti di qualche scorta. 

 

-Dovrei derubarli?- chiesi scioccato.

 

-Derubarli. Che parolone. Sono in pochi e male in arnese, qualche ex militare, per lo più veterani. Alleggeriamoli del loro fardello, ma offriamogli la possibilità di rifugiarsi a Terminus… 

 

- E dovrei riuscirci da solo? – chiesi sempre più schifato dal loro modo di agire.

 

-No, naturalmente. Jake e una squadra saranno con te e il capo responsabile della spedizione sarà il nostro Jake, tu sarai di sostegno. Tuo padre dice che si una vera macchina da guerra quando vuoi. Dimostralo. 

 

Ero incazato nero. Anzi era un vero eufemismo sostenere che fossi incazzato nero, ero furente. Ecco come Terminus si autolimentava. Persone e mezzi venivano inglobati alla struttura volenti o nolenti, ed io avrei dovuto fare parte di quell’ingranaggio. 

 

-Posso andarmene ora? 

 

Alan mi osservò divertito. – Non dimentichi nulla? 

 

Cercai di pensare a Beth che mi intimava di mantenere la calma. Riformulai la domanda, dominando la rabbia crescente. 

 

Posso andamene ora, signore

 

-Ancora no, Daryl. Non so se Dustin te lo aveva accennato, ma chi ha un qualunque compito, qui a Terminus, viene identificato dai simboli che porta.
 

-Simboli? – chiesi 

 

-Già. Qui gli schiavi che lavorano nei campi, portano un tatuaggio simle a un tribale al lato destro del viso. 

 

Lo guardai con aria di sfida. Pensava davvero che mi sarei spaventato per una cosa del genere. Un tatuaggio non mi avrebbe certo piegato, dovunque me lo avessero fatto, anche se la cosa non poteva farmi felice. 

 

-Ma fortunatamente per te, non è  il tuo caso. Tu riceverai solo il marchio dei guerrieri di Terminus, anche se non so quanto questo ti piacerà. E’ un simbolo celtico di protezione in battaglia a nei viaggi, solo che non è un tatuaggio.- mi disse con un ghigno- Di solito questo simbolo, viene impresso a fuoco sull’avambraccio sinistro

 

 Fui colto dal panico e cercai di divincolarmi dalla presa delle cinghie che mi trattenevano. Non mi sarei lasciare marchiare come un vitello da fattoria. 

 

-Daryl- mi disse calmo Alan. – Ti darò un consiglio da amico. Se ti agiti è peggio, potresti far venir voglia a Jake di fartelo sul collo. E poi ascoltami, è molto più igenico così, al momento attuale.

 

-Sei un grandissimo bastardo figlio di put….e sappi che appena ne avrò la possibilità, di ammazzerrò peggio di un cane.

 

-Vedremo, Daryl. – disse lui calmo. –Intanto stendi bene il braccio.Non vorrei che Jake si sbagliasse.

 

 

Il dolore che provai durante quel supplizio, mi fece perdere conscenza per qualche tempo. Quando mi risvegliai il mio braccio era fasciato e io mi trovavo nella, ormai famigerata, camera da letto rosa di barbie, che avevo condiviso con Beth. Lei non c’era, ma mi ricordai che Rick era a Terminus e lei aveva dovuto andare ad accoglierlo al seguito di Dustin.
 

Non mi piaceva che i miei amici fossero in questo posto, ma nemmeno che Beth fosse in compagnia di Dustin. Provai ad alzarmi ma ero a pezzi. Lo shock fisico subito era più forte del previsto. Fu a quel punto che la porta della stanza si aprì ed entrò Stewart. 

Vidi che armeggiava con la sua borsa e mi mise un laccio emostatico al braccio. 

 

-No. Non mi inietterai nulla. 

 

-A dire la verità vorrei aiutarti… ti farò un leggero calmante. Hai la pressione altissima e, di sicuro, a caua del trauma, sarai ko per almeno due giorni. 

 

-Non voglio restare incosciente per due giorni.

Ero stanco. Stanco di essere in balia di ogni stronzo che voleva fare esperimenti.

 

-Non ti metterò ko per due giorni, ma devi riprenderti. Tra poco Beth sarà qui e immagino che anche tu vorrai salutare i vostri amici.

 

-Non mi sarà permesso vederli, saranno già partiti quando sarò in piedi. – gli risposi un po’ abbattuto.

 

-Sono dalla parte opposta di questa parete. Dustin vuole dimostrare loro che state bene. Credo che Beth stia mostrando ora le stanze. 

 

-Sono stati catturati?- chiesi in ansia.

 

-No. Sono ospiti, per ora…

 

Sentii le sue parole mentre scivolavo nel sonno, poi più nulla.

 

 

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Capitolo 28
*** Capitol0 28 -Il Dubbio ***


CAPITOLO 28- Il dubbio

 

-Beth-

 

Salutai gli altri, consapevole, che non avrei avuto altre occasioni, per parlare con loro, da sola. Stewart aveva già fatto troppo. Li lasciai, promettendogli che avrei portato i miei saluti anche a Daryl, ammesso che Dustin, me lo avesse permesso. 

Ero in ansia, ma mentre salivo i gradini della veranda, un’ombra dietro la tenda, attirò la mia attenzione. 
 

Entrai velocemente, credendo fosse Daryl, invece trovai Stewart. 

 

-Cosa vuoi? – domandai sbrigativa. Non mi andava di essere lì da sola con lui, non dopo, ciò che era successo con Gareth, comunque.

 

Lui cercò all’interno della sua giacca e mi porse una chiave.

 

- Questa è la chiave che apre la porta della botola del solaio. Ne esiste solo una copia e, per fare questo doppione, non sai cosa ho passato. 

 

-Perché? Perché lo stai facendo? – chiesi sospettosa

 

Stewart sospirò. –Nonostante io non sia così critico nei confronti di Dustin, come sei tu. Riconosco quando qualcuno sta esagerando. Suo figlio già ha rinunciato alla sua libertà, per la tua sicurezza per lo più. Ora ha accettato di diventare il suo braccio destro, ma impedirgli di poter salutare anche i vostri amici, mi sembra una cattiveria inutile e pericolosa.  

 

-Pericolosa?- chiesi senza capire davvero.

 

-Se il sangue non è acqua, il tuo grande amore- aggiunse con una nota malcelato ribrezzo- Non è l’agnellino che ci vuol far credere. Prima o poi, la miccia si consumerà, e a quel punto, non vorrei trovarmi dalla parte sbagliata.  

 

-La tua, quindi,è paura?

 

-Diciamo solo che è apprensione. Sono un uomo pragmatico, Beth. Credo che uomini e animali siano molto simili nel loro modo di agire o pensare, e conosco i predatori. Se tu vuoi addomesticare un lupo, puoi vincere certo, lo puoi piegare al tuo volere. Con il tempo puoi anche insegnargli qualche trucco, ma stai pur certo, che appena ne avrà l’occasione, forse anche in punto di morte, te la farà pagare. Il tuo fidanzato è così, Biondina. Dustin lo ha allevato in quella maniera, e prima o poi, vedrai, mi darai ragione. 
 

Scossi il capo con il cuore pesante. Quello che diceva Stewart non era del tutto infondato, ma sapevo anche, che il Daryl che conoscevo, era profondamente cambiato dall’uomo profondamente arrabbiato e deluso, che avevo visto alla fattoria.Anche se...

 

-Dustin manderà Jake a controllare i vostri amici, con una scusa, dopo le 21. Da quel momento, fuori saranno rilasciati dei vaganti, dopo il vostro maldestro, tenativo di fuga, ma dall’interno sarà possibile passare. 

Apri la porta al piano di sopra, ma quando i tuoi amici saranno rientrati nei loro alloggi, richiudila a chiave. Non siamo in molti a sapere di quel passaggio. 
 

Annuii, distratta.

 

-E Beth… quando vedrai Daryl, non ti spaventare troppo, e ringrazia che Jake non ci ha calcato troppo la mano.

 

Quelle parole mi fecero davvero temere il peggio e mi fiondai al piano di sopra, non aspettando neanche che Stewart uscisse dalla stanza, barricando la porta.

 

Entrai nella nostra camera. Erano quasi le cinque del pomeriggio e la luce entrava obliqua, attraverso le tapparelle abbassate. Daryl era steso sul letto e sembrava che dormisse. 

Mi avvicinai provando a chiamarlo, ma lui non si scosse. Fu a quel punto che notai un biglietto sul comodino.  Era di Stewart.

 

“Il braccio guarirà in breve, per lo shock invece ci vorrà qualche giorno in più, mi spiace,- puoi anche non credermi, ma non avrei voluto che accadesse- dormirà almeno fino a stasera. Ho fatto mettere delle provviste in cucina, se vuoi aprofittarne, stai diventando troppo magra. Per qualunque cosa, fammelo sapere S.”

 

Rimboccai le coperte a Daryl, che dormiva tranquillo e scesi. 

Stewart aveva fatto portare ogni ben di Dio in quella cucina, e parecchie verdure fresche, che non vedevo dai tempi della fattoria, svettavano fra le altre cose, così mi decisi a preparare un brodo di verdura  Il solo odore della carne cruda- c’era quello che pareva un coniglio -  mi fece storcere il naso. Era strano, ma decisamente troppi scoiattoli avevano dato la vita, negli ultimi tempi, per sfamarci.

A Daryl non sarebbe andato molto a genio, ma era pur sempre qualcosa di caldo, un lusso che non potevamo permetterci molto spesso.

Mentre la pentola sobbolliva piano, controllai che stesse ancora dormendo e mi arrischiai a salire nella soffitta. Come promesso da Stewart, la porta si aprì senza problemi.  Non feci in tempo ad aprirla, che mi ritrovai, faccia a faccia con Rick, armato con una spranga di legno.

 

-Sono io! – dissi alzando le mani. - Non mi colpire! – sperando nei riflessi dell’ ex sceriffo.
 

Rick abbassò l’arma improvvisata e mi sorrise. 

 

-Stavamo perlustrando la casa, in cerca di una via di collegamento con il resto, e ho temuto che ci fossero degli zombi.

 

Abbracciai Rick senza pensare alla paura provata, e lo misi al corrente dei fatti.

 

-Dopo le 21 non rischiamo più di essere scoperti. In seguito al nostro tentativo di fuga sono stati eretti dei cancelli di contenimento intorno al giardino e lì vengono liberati parecchi vaganti. Tentare senza armi, sarebbe un suicidio. 

 

-Perché quel medico ti sta aiutando? 

 

Ci pensai un momento.- Non lo so davvero, Rick…ma perlomeno, ho la certezza che dopo quell’ora, nessuno potrà più accedere a questa casa, senza prima, radunare i vaganti.. 

 

-Daryl? 

 

-Dorme. Stasera dovrebbe essere sveglio comunque. – cercai di essere il più elusiva che potevo, riguardo lo stato di salute del mio compagno, Rick era già abbastanza nervoso, e le condizioni in cui era Daryl, lo avrebbero fatto incazzare ancora di più…
 

Salutai Rick e tornai a controllare la cena. Ormai il sole era tramontato e notai del movimento vicino ai cancelli, poi Jake e Dustin irruppero in casa. 

 

-Buonasera Principessa.- mi salutò Dustin, mentre Jake piantonava la porta. – Sei stata felice di rivedere i tuoi amici? 

 

Annuii distrattamente.

 

-Salgo di sopra per vedere come sta il mio ragazzo- disse dopo non aver sortito nessun effetto su di me.

 

La sua visita fu molto breve, Daryl dormiva ancora, oppure, era stato molto attento, a non far capire di essere sveglio.

 

-Ripasserò domattina, inutile ricordarti di non accendere luci qua sotto una volta che i cani da guardia saranno stati sguinzagliati…
 

Annui. 
 

- Appena ve ne andrete, me ne tornerò di sopra, Daryl deve mangiare.

 

Dustin non aggiunse altro e annuì trascinando il suo scagnozzo con lui. 

Tirai un sospiro di sollievo, presi il cibo, e me ne andai di sopra. 

 

-Daryl-

 

Avvertii dei passi salire per le scale e cercai di scrollarmi di dosso l’effetto del narcotico. 

Il braccio, se tentavo di muoverlo, mi faceva vedere le stelle, ma nel complesso mi sentivo più in forze. Quando vidi Beth varcare la soglia, mi rilassai. Era incantevole, anche se aveva i capelli in disordine, e quegli occhioni chiari erano sgranati. Nonostante tutta la situazione, avrebbero stregato il più insensibile degli uomini.  Io ne ero la prova vivente. 

 

-Ciao.- mi disse piano appogginado un vassoio enorme con due piatti fumanti al comodino- Spero ti piaccia la zuppa di verdure. Stewart ne ha fatte portare una moltitudine, giù, in cucina, e io mi sono ingegnata.

 

 Restai imbabolato a guardarla per un attimo, senza sapere davvero cosa risponderle, e lei interpretò il mio silenzio come un segno delle mie condizioni.

 

-Ti senti bene? Come stai? – mi chiese, senza nascondere una punta di apprensione nel tono della sua voce.

 

-Mmmm.No. Sto bene davvero. Solo una specie di graffio…

 

Beth non aspettò nemmeno che finissi di parlare, sbendandomi il braccio. Il tri skell celtico svettava sulla mia pelle bianca, col suo colore rosso acceso.

 

-Cosa ti hanno fatto stavolta? – chiese esasperata da ciò che vedeva. 

 

- Un simbolo celtico. Il mio amico godzilla mi ha anche detto come si chiamava, prima di imprimerlo in maniera indelebile sulla pelle. E’ una delle tante cose di cui mio padre dovrà rendere conto.

 

Beth mi guardò turbata. Non le piaceva che dicessi quelle cose, ma non poteva nemmeno immaginare lontanamente quanto io odiassi quell’uomo, che pensava di potersi comportare come il padre eterno, arrogandosi dei diritti su di me…su entrambi. 
 

Beth mi passò uno dei piatti. Credevo di non aver mai mangiato – nonostante non fosse carne - niente di così buono da almeno.. bhè di sicuro da quando avevamo lasciato la fattoria. 
 

Ricordavo ancora una delle ultime sere che avevo passato nella mia tenda, sulla terra di Herschel, quando una ragazzina insipida e piuttosto timida, era arrivata nei pressi del mio rifugio. 

Non l’avevo degnata di un solo sguardo allora, sapevo soltanto che lei era la figlia piccola del fattore, e che l’avevo già vista un’altra volta in casa, quando mi aveva cambiato la medicazione. 
 

Ero così dannatamente cieco. 

Sorrisi.

 

-Cosa?- mi chiese curiosa.- Non è buona?

 

Scossi la testa.- No, anzi. Mi sono appena ricordato che avevo già mangiato la tua zuppa di verdure, solo che quando accadde, me la mangiai fredda, perché ero stato totalmente inetto, da rifiutarmi di venire a cena.

 

Beth mi osservò senza capire.

 

- Tuo padre mi aveva appena permesso di alzarmi dopo che mi ero quasi ammazzato cercando Sophia. Ero ancora parecchio debole, ma volevo restare da solo. 

In realtà in quel periodo, non tolleravo troppo nemmeno me stesso.

 

Lei mi sorrise e mi strinse una mano fra le sue, il vecchio me, si sarebbe ritratto, quasi inorridito, ma ora le cose erano diverse.

 

-Comunque, mi ero rintanato ai confini del prato, col mio coltello e la moto, e tu venisti a invitarmi a cena. Nessuno ti aveva costretto a farlo e credo che molti te lo avessero anche sconsigliato, ed io, ti devo aver mandato al diavolo o poco ci mancava, dicendoti che non sarei venuto.  Ero troppo stupido e troppo pieno di me, per ammettere che avevo bisogno del gruppo per poter sopravvivere, ma al tempo non capivo davvero un…

 

-E allora? – incalzò lei con un sorriso sincero, mentre posava il piatto e mi porgeva qualche biscotto. 

 

Ricambiai il suo sorriso. – Quella sera rifiutai, anche perché contavo di trovare qualcosa nelle mie trappole, ma non fui così fortunato, quindi verso mezzanotte, mi rassegnai e restare digiuno. Fu a quel punto che ti vidi. Tu eri lì.  Una sorta di strano spettro biondo, in camicia da notte, con un vassoio in mano. Io fui così coglione da urlarti contro di tornare da dove eri venuta…

 

-E io mi spaventai moltissimo, perché non mi aspettavo tu fossi ancora sveglio. Il tuo gruppo mi aveva detto di lasciarti perdere, che era meglio lasciarti solo. Shane, mi aveva assicurato che eri uno stramaledetto stonzo, che non meritavi la compassione di nessuno. Maggie quel pomeriggio mi aveva però rivelato, di averti visto mettere delle trappole, ma sapevo che non avresti preso un granchè, c’era stata esercitazione di tiro lì vicino, quindi sicuramente eri digiuno da almeno dodici ore. Mi dispiaceva. 

 

-Me lo sarei meritato, invece.

 

Lei non mi ascoltò neanche. 

 

-Nessun uomo che avesse fatto quello che avevi fatto tu, per quella ragazzina, meritava di restare digiuno. Ho fatto quello che avrebbe provato a fare chiunque.

 

-No. Non chiunque. Tu.

 

Restammo in silenzio per qualche minuto e lei si distese accanto a me. La circondai col braccio libero, e Beth si strinse a me con dolcezza, cercando di non farmi male. 

 

- Mi spaventasti a morte quella notte.

 

La strinsi più stretta a me, immobilizzandomi alle sue parole.

 

-Se può consolarti, ero più spaventato di te in quel periodo.

 

-E ora? – domandò girandosi verso di me e cercando il contatto visivo.

 

-Ora, ho paura per motivi differenti. Ai tempi ero spaventato dagli eventi, dal fatto che ero solo e non sapevo se me la sarei potuta cavare senza Merle, mentre ora, la mia paura più grande, è che ti possa succedere qualcosa di brutto.

 

-Dove è finito il Daryl Dixon che non ha paura di niente? – chiese quasi divertita.

 

Restai in silenzio per un secondo, cercando di soppesare bene le parole.- E’ cresciuto ed è stato salvato da un angelo, può andare come risposta? 

 

Lei mi guardò negli occhi e mi baciò. Continuavo a immobilizzarmi davanti  alle sue manifestazioni di affetto, ma almeno ora non mi ritraevo più come fossi stato aggredito. 

Sorrise grata, ma io ero troppo preso dal momento per dire qualcos’altro di sensato.

 

-Come stanno gli altri? – chiesi alla fine -  Dustin mi ha fatto presente che i nostri erano qui e mi ha ribadito che, io, non avrei visto nessuno di loro. Rick e gli altri sono stati, davvero, qui oggi?- chiesi incredulo cercando di restare distaccato. 

 

-Si. Lui Logan, Carol e Glenn. Logan è ritornato indietro al tramonto.

 

-E gli altri? –chiesi allarmato.

 

-Saranno graditi ospiti di Dustin, fino a che, lui e Rick, non avranno chiarito le loro posizioni. Oggi c’è stato un braccio di ferro interessante.
 

-Non chiamarlo così, ti prego.

 

-Ok, cucciolo.

 

-Beth! – cercai di mantenere un tono fermo.- Cosa ti avevo detto al riguardo? Smettila di chiamarmi così…oppure…- le dissi mentre mi giravo verso di lei, per darle un bacio sul naso. 

 

-Ti potrei chiamare io così, allora? Ma non credo che quando saremo là fuori, lo apprezzeresti molto. 

 

Mi immobilizzai parandomi d’istinto fra Beth e la direzione da cui veniva la voce, trovandomi, faccia a faccia, con Rick. 

 

-Come….?

 

Ma la mia domanda venne interrotta dall’abbraccio di mio fratello che mi venne incontro, e dal rumore dei singhiozzi di Carol che aspettava il suo turno. Anche Glenn che, normalmente, con me, non aveva mai avuto troppa confidenza mi abbracciò. Senza riserve, questa volta.

 

-Cosa diavolo ci fate ancora qua? Avevo detto chiaramente a Beth...
 

 Rick non mi fece nemmeno finire di parlare, dandomi un’occhiata.

 

-Cosa diavolo ti hanno fatto? 

 

Rick era sempre più alterato dopo aver potuto osservare, seppur non nel dettaglio,  i segni che avevo addosso, e cercai di stemperare i toni.

 

-Rick, davvero, non è niente che non possa gestire. Niente che non sia già successo, voglio dire, a parte il marchio a fuoco sul braccio, ma non è così grave, davvero.

 

-Quell’uomo merita le pene dell’inferno e voi dovete essere rilasciati.  Non accetterò altre opzioni.

 

-Rick, amico mio, lo so che le tue intenzioni sono ammirevoli, ma quel grandissimo figlio di putt..non mi lascerà andare in nessuno caso, e purtroppo, ora crede che anche Beth, faccia parte dell’accordo.- mormorai mentre cercavo di evitare lo sguardo di, sicura disapprovazione, da parte di Glenn.  Era la sorellina piccola di sua moglie, una ragazzina ai suoi occhi, anche se ero certo che ignorasse quanta forza e determinazione ci fossero in lei.

In realtà, però, il coreano se ne stava vicino alla porta, e sorrideva. 

 

-La realà dei fatti, Daryl , è che solo grazie a te se Beth, è ancora viva e illesa, quindi ti devo tanto amico mio, senza contare che anche la mia stessa vita è stata risparmiata grazie al tuo intervento.

 

-Glenn io… -Avrei voluto tenare di spiegare a quello che avrei potuto considerare mio cognato - se fossimo appartenuti a un’altra vita- che cosa mi legava a quella fatina bionda che popolava ormai i miei sogni, oltre che le  poche ore che riuscivo a passare con lei, ma lui mi  porse la mano deciso e anche io, d’impulso, gliela strinsi. 

 

- Il problema più grosso, sarà doverlo dire a Maggie, ma questo è un problema tuo, Daryl, non mio, grazie al cielo…

 

Mi voltai verso Carol e Rick per cercare man forte, ma la sola risposta che ottenni fu che mi risero in faccia. 

 

-Grazie! Grazie davvero…- rispose piccato.

 

Rick allora propose un brindisi.  L’unica cosa che Dustin  mi concedeva in maniera illimitata era il whisky di contrabbando. Forse credeva davvero che fossi come lui, non ne avevo idea, ma quella sera eravamo con i nostri cari e nessuno, ci avrebbe contestati se ne avessimo bevuto un sorso. 

 

-Beth- 

 

Mi bagnai le labbra col liquore. Era molto più orribile e alcolico rispetto a quello che avevamo bevuto alla capanna, quella famosa notte.  O forse, ero io che non ero decisamente più abituata a berlo,  tanto che feci una smorfia e allontanai il bicchiere. Anche Daryl se ne accorse e con un gesto, mi tolse il bicchiere di mano, versandone la maggior parte, nel suo. Gli sorrisi grata di quella gentilezza.  Già l’odore mi aveva dato noia, quindi non riprovai. 

 

- Scusatemi. Scendo a riporre i piatti. 

 

Daryl staccò a malincuore la mano dalla mia, ma volevo lasciarlo un po’ da solo con Rick e Glenn, e  Carol si offrì di accompagnarmi. Chiusi tutte le tende e feci in modo che la finestra della cucina fosse oscurata, al punto giusto, da non far intravedere due sagome.

 

Lavai i piatti in silenzio, mentre Carol li asciugava. 

 

A un certo punto le chiesi come stavano Judith, Carl e Sean. La mia amica mi rispose educatamente e mi raccontò anche della dottoressa Morton. Ero felice delle notizie del campo, che mi stava dando, poi Carol sollevò un argomento inaspettato. 

 

-Un po’ troppo forte quel liquore, non trovi?Non ho idea di come abbiano fatto gli altri a berne, in modo così disinvolto…

 

-Bhe, Glenn a momenti stava per sputarlo, aveva assunto un isolito colorito rossastro. - le sorrisi.

 

-E io ne ho bevuto giusto un goccio… non mi aspettavo fosse così forte. 

 

- Ti capisco. Anche per me era un tantino troppo. Ora che ci penso, forse era effettivamente un po’ troppo deciso, mi era già capitato di provarlo una volta, ma non così.- considerai ad alta voce.

 

-Io non ho mai amato l’alcol, ma qualche volta, se capitava, potevo anche fare una eccezione, fino a che.. bhe quando aspettavo Sophia, non ne sopportavo nemmeno l’odore. 

 

Mi immobilizai a quelle parole, senza sapere nemmeno, io, il perché. 

 

-Carol, non sono incinta. – le dissi perentoria.- E ti pregherei di non fare certe affermazioni davanti a Daryl, è già abbastanza dura così…

 

-Scusami, non volevo essere indiscreta, è solo che mi era sembrato…

 

-Cosa Carol? Che non ho brindato col distillato? Che non riesco a mangiare quasi niente?  Non credi che possa essere dovuto allo stress, per tutta la situazione? 

 

-Beth..

 

La rabbia lasciò ben presto il posto alle lascrime.- Non credi che potrei averci pensato anche io? Ma non posso, non voglio nemmeno provare a immaginare cosa accadrebbe se fosse vero! Daryl è sottoposto a uno stress psicofisico non indifferente, non posso pensare che debba sopportare anche questo.. e comunque non ne ho la certezza.

 

Le parole mi morirono in gola. 

 

-Beth…

 

-E’ solo un ritardo. Se e quando, si dovesse concretizzare il problema, affronterò la cosa. Non posso caricarlo anche di questo problema. Se Dustin dovesse avere una tale certezza..- le lascrime presero il sopravvento.

 

Carol mi guardò. Anche lei faticava a controllare il pianto, ma come una madre – che non avevo più da troppo tempo – mi strinse a sé. 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo29- Solo sesso? ***


Capitolo 29- Solo sesso?

 

-Daryl- 

 

Faticavo ancora ad alzarmi dal letto, la testa mi girava a mille se solo tentavo di muovermi più velocemente, ma passare una serata a chiacchierare con Rick e Glenn, era molto più di quanto avrei potuto, solo sperare, in quei giorni.

 

-…E comunque al di à di ogni cosa, questa stanza è orripilante…forse soltanto Judith, la troverebbe di suo gusto.- esordì a quel punto il coreano cogliendomi del tutto impreparato.

 

Mi rivolsi a Rick per cercare qualcuno che capisse la mia situazione e mi sostenesse, ma mi sbagliavo.

 

-In effetti Daryl, - inziò il mio fratello acquisito - la tua aura da duro, qui, perde parecchi punti. Non solo sei sdraiato in un letto col baldacchino rosa, ma tutto, in questa stanza, ha qualcosa di….equivoco… Ecco, equivoco è la parola giusta.

 

-Grazie. Grazie davvero – dissi cercando di sorridere, per mantenere il clima leggero che avevamo instaurato a fatica, dopo che i miei amici avevano realizzato pienamente, che ero in condizioni fisiche e psicologiche, quasi al limite, della soppravvivenza.

 

- Sono davvero felice che abbiate capito immediatamente i miei sforzi per venire incontro ai desideri di Beth. Soprattutto avrei voluto vedere te, Glenn, se, nella stessa situazione, tua moglie, ti avesse chiesto di poter dormire in un posto del genere. Cosa avresti fatto, tu? 

 

Fu in quel momento che realizzai pienamente la portata di ciò che avevo appena detto, ma non prima che Rick mi avesse guardato in un modo, che non avrei più potuto dimeticare. Glenn invece, mi osservò strano, poi, come imbarazzato, disse che aveva bisogno del bagno.

 

-Forse l’ho messo in difficoltà?! – azzardai parlando più a me stesso, che a Rick.

 

-La guardi come io facevo con Lori…non c’è molto altro da dire, e se Glenn non riesce ad accettare la realtà delle cose, è un problema suo, non tuo.

 

Osservai l’uomo che avevo di fronte come se lo vedessi per la prima volta, senza davvero capire cosa mi stesse dicendo.

 

-Sei cambiato tantissimo da quando ti ho conosciuto. – rise- Mi ricordo ancora, quando ti raccontai cosa era successo su quel tetto ad Atlanta, e di Merle…

 

-Merle è sempre stato un grandissimo figlio di put…e quando era fatto, era un’impresa, anche per me, non spaccargli la faccia. – cercai di giustificarmi.

 

Rick rise di nuovo.  - Non credo tu la vedessi proprio così quel giorno, anzi, sono quasi pronto a giurare, che tu volessi spaccarmi il culo!

 

Risi, scuotendo la testa. - Molto probabile! Ma era pur sempre mio fratello.

 

Il ricordo che conservavo di Merle, in quei giorni così complicati, dovevo ammettere, che era quasi consolante, ma non avrei potuto raccontarlo così tranquillamente a Rick. La percezione che le persone avevano avuto di Merle, risultava essere sempre, alquanto, spiacevole, e non facevo nemmeno fatica a capire  perché.

 

- Lo capisco. Lo capivo anche allora, se proprio vuoi saperlo. Da quel momento in poi, per quanto tu tentassi di restare distante e lontano dal gruppo, sei diventato sempre più importante e necessario, ma soprattutto, dal ragazzino spaventato che eri, anche se non te ne accorgevi neanche, sei diventato un uomo. 

 

Mi sentivo a disagio ascoltando quelle parole proferite, poi, proprio da Rick.  

 

Cercai di minimizzare. - Non sono cambiato così tanto…

 

-Ti sbagli. Se fossi ancora come quando ti ho conosciuto, non avresti aspettato un secondo prima di agire, lo avresti fatto senza riflettere, senza preoccupati delle conseguenze, e ora, sia tu, che Beth, non oso immaginare che fine avreste fatto. 

 

 Restò in silenzio per un secondo poi, continuando a seguire il filo dei suoi pensieri, riprese il discorso.

 

- Solo un uomo avrebbe ammesso con se stesso, prima, e con Beth, poi, quello che sentiva, accettando la verità delle cose e non incaponendosi a ignorarla, e infine, soltanto un uomo, avrebbe affrontato quello che stai passando tu, ora, per difendere un’altra persona, senza risparmiarsi, cedendo anche terreno se necessario, per mantenere il bene più grande. 

 

-Rick…esageri.- cercai di nuovo di minimizzare. Non mi andava giù che lui o chiunque altro, mi leggesse così in profondità o cercasse di sviscerare il mio stato d’animo. Non ero pronto per aprirmi con nessuno, ancora non riuscivo a farlo nemmeno del tutto con Beth, non poteva ora, Rick Grimes, pretendere...ma, come al solito, l’uomo che avevo di fronte, mi anticipò.

 

- Ma, nonostante tutto, dubito che un adulto avrebbe mai accettato, di dormire qua dentro…

 

- Allora?! – sbottai fingendo di essere alterato.- Non posso fare altro per Beth al momento, quindi…finiamola…

 

Rick e io, iniziammo a ridere come due scemi, e così ci trovarono Carol e Beth di ritorno dal piano di sotto e Glenn, quando ritornò dal bagno. 

Beth, come se fosse la cosa più naturale del mondo, fece il giro del letto e si venne a sedere accanto a me, delicata e leggera come sempre, stampandomi un bacio sulla guancia.

 

-E questo?- la guardai senza capire. Era strano che facesse sfoggio di una simile dimostrazionedi affetto in pubblico. Sapeva che nemmeno io ero avvezzo a quelle cose, con gli altri, poi, ma la naturalezza in cui il tutto avvenne, non fece meravigliare nessun altro, tranne forse me. 

Lei mi sorrise dolce e angelica, e si mise a discutere con Glenn su qualcosa che sarebbe di sicuro piaciuto a Maggie, fu a quel punto, che Carol ci riportò alla realtà e ricordandoci che avrebbero dovuto tornare ai loro alloggi. 

 

Metre Beth riaccompagnava gli altri verso la soffitta, Rick si attardò e rimanemmo da soli. 

 

-Cosa ci dobbiamo aspettare da questo Dustin, domani? 

 

-Mmmm. Sarò sincero, niente di buono. Lui voleva piegarmi, e ci è riuscito. Sono il suo animaletto domestico ora, ma se è ciò che serve per far rimanere Beth al sicuro, è quello che farò finchè sarò in vita.

 

-Io vorrei riportarvi a casa con noi…- si azzardò a dire Rick sincero,  abbassando la voce. 

 

-E’ quello che mi sarei augurato anch’ io per Beth, almeno, ma leì è testarda come un mulo, e io..Rick se le dovesse capitare qualcosa per colpa mia, non potrei perdonarmelo.

 

-La vita che ti sta imponendo quell’uomo, però…

 

-E’ mio padre. Se Merle fosse qui…- scossi il capo sconsolato.

 

-Daryl, la sola cosa che ti chiedo è di avere fiducia e non lasciarti andare. Puoi farlo? 

Non risposi, ma era come se lo avessi fatto. 

Detto questo, prima che potessi rendermene conto, Rick mi aveva lasciato solo. 

 

-Come stai? – mi chiese Beth, una volta tornata indietro.

 

-Più in forze. Se mi aiuti, vorrei alzarmi dal letto.

 

-Daryl…

 

-Beth..ti prego. Domani quello stronzo arriverà qui, e non voglio dargli la soddisfazione di essere ancora invalido. 

 

- Beth- 

 

Aiutai Daryl ad alzarsi da letto e mi feci promettere che avrebbe mangiato di più, tutto quello che stava subendo, lo aveva fatto dimagrire parecchio. 

 

-Ora però, dormiremo almeno qualche ora. So per certo che Stewart arriverà intorno alle otto. 

 

-Domani inizia il mio “addestramento”…

 

Non lo avrebbe mai ammesso davanti a me, ma quelle parole e il fatto di essere in balia degli eventi, spaventava Daryl, come non mai. Non potevo, conscia di quello che sentivo, caricare su di lui i miei timori riguardo un’ipotetica gravidanza.

 

Mi sdraiai accanto cercando di non fargli notare quanto ero tesa, e tentai di prendere sonno. Le sue braccia, dapprima contratte, pian piano, si rilassarono e il suo respiro si normalizzò quando finalmente, si abbandonò al sonno. Poco dopo, anche io crollai. 

Fu un sonno agitato e senza un vero riposo. Sognavo cose terribili, Dustin che mi separava da lui, e i vaganti, un numero di vaganti, mai immaginato prima. 

 

Il mattino dopo mi svegliai stanca e  in ansia. Qualcosa in quei sogni mi aveva fatto inquietare parecchio. 

Scesi dal letto, senza svegliare Daryl, e andai in cucina. Non avevo per niente fame, ma di certo non mi aspettavo di trovare Stewart ad aspettarmi. 

 

-Buongiorno.

 

-Ciao. – Risposi sulla difensiva – Cosa ci fai…

 

-Lo so che mi aspettavi più tardi, ma volevo assicurarmi che tutto fosse andato per il verso giusto, ieri sera. 

 

-Si. Grazie. 

 

Lo studiavo come farebbe un topo che scruta un predatore che lo aveva fatto rintanare in casa.

 Allerta e preoccupata.

 

-Ho delle novità.

 

-Di che genere? 

 

-Tra poco Dustin e Jake preleveranno Daryl per iniziare l’addestramento, ma i nuovi ordini sono che Daryl non farà ritorno qui ogni sera. 

 

-Perchè? – chiesi, quasi senza fiato, dalla terribile notizia.

 

-Dustin è paranoico, e crede che suo figlio farà il furbo, in più Amaral, la sorella di Gareth, ha giocato sporco. Temo abbia messo gli occhi su di lui, Beth, e ha chiesto e ottenuto dal suo ex amante, che Daryl in questo periodo, sia affidato a lei. 

Da un lato la notizia di dover passare un tempo indefinito senza Daryl mi gettò nel panico più completo, ma la domanda che feci a Stewart fu un’altra.

 

-E, per la cronaca, Amaral crede di poter riuscire a sedurre Daryl, in questo lasso di tempo? 

 

Ero gelosa? Non mi ero davvero mai fatta questa domanda, anche perché non avevo mai realmente pensato che Daryl Dixon mi avrebbe mai potuto prendere realmente in considerazione come donna, prima, e come compagna, in seguito…e ora, saperlo lontano da me e, potenzialmente, fra le braccia di un’altra donna, mi stava dando un leggero senso di nausea. O forse ero davvero incinta? Non volevo pensarci ora. 

Restai in silenzio per un secondo, chiedendomi se questa ennesima prova mi avrebbe lasciato del tutto indifferente. Ero così sicura di me stessa, da essere del tutto certa che lui non mi avrebbe messo da parte per Amaral?  Mi morsi il labbro inferiore. 

Fu a quel punto che senti una voce che proveniva dalla scala. Daryl.

 

-Non se ne parla. Ho promesso che avrei fatto quello che Dustin mi ha ordinato a certe condizioni, e di sicuro, diventare il giocattolo di Amaral, non era nei piani. Ero stato molto chiaro anche con lei. 

 

Chiaro con lei? Cosa significava davvero quella frase? 

Cosa aveva detto, o fatto, quella bellissima donna,-  si perché lei era davvero una donna, contrariamente a quello che mi sentivo io in certi frangenti,- all’uomo che avevo scelto di amare andando contro a tutto quello che, anche lui, credeva di sapere, per fargli dire così? 

Rivolsi a Daryl uno sguardo disperato e teso. 

Non avrei mai voluto farlo, ma era così che mi sentivo, anche se, nonostante le cose anche terribili che potevo andare a pensare al riguardo, non potevo dubitare nemmeno per un attimo che quello che lui provava per me, era qualcosa di così forte e radicato che nessuno, nemmeno la più abile ammaliatrice, avrebbe potuto estirparlo.

 

Daryl scese le scale e si mise accanto a me, cercando la mia mano per stringerla. Sapevo cosa significava quel gesto. 

-Sono qui. Non me ne vado. 

Stewart sospirò piano. 

 

-Dustin si è lasciato convincere, non credo che potrai cambiare questa cosa. Amaral ha i suoi metodi, quando era stato deciso che Beth fosse rimandata a casa, lei si era già proposta per alleviare la tua solitudine, Daryl. E lo sai…

 

-Lei non allevierà un bel niente. E se con quella donna, non sono stato abbastanza chiaro la volta scorsa – disse rivolto a Stewart mentre aumentava leggermente la pressione sulla mia mano,- Sarò molto più brutale. Non sono un animale, anche se qui qualcuno tende a scordarlo. 

 

 Stewart alzò le mani in segno di resa. – Non sono io che faccio le regole, questo dovresti ormai averlo capito. Parlane con Dustin. Tra l’altro immagino che, se Amaral avrà la tua custodia, Daryl, suo fratello, si sarà certamente, offerto di alleviare le sofferenze della solitudine di Beth. – aggiunse malizioso. 

 

-Daryl- 

 

Passi che quello stronzo di Stewart aveva volutamente infierito su Beth, sostenendo che Amaral avrebbe anche potuto circuirmi, quasi fossi stato un bambino - ma sbattermi in faccia che quel maniaco di Gareth, avrebbe molestato la mia…fidanzata? Donna? Compagna? In effetti, non avevamo mai parlatto di quello che eravamo, ed era colpa mia, ma la cosa mi faceva, comunque,  ribollire il sangue di rabbia. 

Ero geloso di lei? Si. Da morire. E pensare a quello stronzetto senza controllo, che avrebbe potuto farle del male. No. Sarei passato sul suo cadavere. 

 

-Oggi, tuo padre vuole dimostare ai vostri amici, in partenza, quanto tu sia obbediente e felice di stare qui. Non lo so. Da come la vedo io, se tu fai anche un piccolo errore, coglierà l’occasione per dividervi per parecchio tempo. 

 

-Starò alle regole. – asserii deciso - Qualunque cosa mi dovesse chiedere, la farò. 

 

-Me lo auguro. – disse Stewart sospirando. – Ora puoi mostrarmi per favore il braccio? Voglio controllare che la bruciatura…

 

-La marchiatura a fuoco, vuoi dire… e per fortuna che sono suo figlio. 

 

-La pelle  pare guarire bene. Come va la stanchezza? 

 

-Mmmm meglio. Ora riesco ad alzarmi senza vomitare. 

 

-Bene. Almeno questo, pare un aspetto di cui non dovremo preoccuparci. 

 

Stewart ci lasciò soli e io mi appoggiai a una sedia lì vicino, avevo fatto il duro, ma fisicamente mi sentivo uno straccio. 

Fu a quel punto che osservai Beth che, fingendo di preparare la colazione, mi evitava volutamente. 

Ci pensai un attimo e poi provai a parlarle. 

 

-Beth.

 

-Mmmm. 

 

-Non ci provare. Se qui c’è qualcuno a cui non piace parlare, quello sono io. 

 

-Non ho idea di cosa tu voglia parlare

 

 

-Beth. Io sarò anche un bifolco coglione, ma non del tutto stupido, e vorrei dirti una cosa. 

 

Mentre parlavo, mi avvicinai a lei lasciando il solido appoggio che costituiva, per me, la sedia, e presi le sue mani fra le mie.  Lei ebbe una reazione strana, infatti, mentre io cercavo i suoi occhi, lei li evitava. 

 

Sospirai, cercando un coraggio che nemmeno contro una mandria di zombi avrei potuto sfoggiare, e parlai. 

 

-D’accordo. Non sono stato del tutto sincero con te. Quando ci hanno divisi Amaral ha tentato un…. Approccio? Si credo che potrei chiamarlo così, neanche tanto velato, ti dirò..Io ero appena uscito dalla doccia e lei era mezza nuda…ma…

 

Osservai il viso di Beth per capire appena in tempo, di smettere di parlare, per evitare di dire qualcosa che probabilmente l’avrebbe ferita irreparabilmente. 

 

-Quello che sto cercando di dirti è che,  non è successo niente…

 

-Daryl non mi devi dare alcuna spiegazione, se hai ritenuto di non dovermi dire questa cosa… sono certa…

 

-E invece no. Ascoltami. Io sono geloso…di te…e mi ci è voluto un sacco per ammetterlo con me stesso, tanto che, quando Gareth ti ha baciato, e Dustin è corso in infermeria a raccontarmelo, non puoi immaginare cosa ho provato. – strinsi i pugni per mantenere la calma- …E non mi interessa se tu non me lo sei  venuta a dire, ho capito che non volevi farmi innervosire e mi sta bene…Avrei reagito nel peggiore dei modi perché quello stronzo non si doveva permettere, e non è stato così semplice da digerire…ma non importa.  Quello che importa ora, è che voglio assicurarti una cosa, anche se Amaral è una donna notevole, niente. E dico niente, di quello che può fare o dire, potrebbe farmi cambiare idea su quello che sento per te, qui dentro. 

 

-Daryl…io non pretendo…

 

-No tu lo devi pretendere, perché le cose stanno così…io sarò anche un uomo, ma non giudicarmi prima di capire. Ho faticato ad accettare quello che sento nei tuoi confronti, e lo sai. Ti ho tenuto a distanza anche più di quanto fosse sensato ammetterlo, ma ora che ho accettato questi sentimenti, non posso cancellarli come se niente fosse: non per te, non al momento attuale, e anche se è poco quello che posso offrirti ora, è la cosa più pura e sincera che io abbia mai povato. 

 

-Amaral è una bellissimia donna…- la sentii sussurrare

 

-E allora? Beth, guardami! Credi davvero che, per me, si tratti solo di attrazione fsica?  Vuoi dirmi- le domandai per smorzare i toni - che per te, c’è solo quella nei miei confronti? 

 

Lei sgranò quegli occhioni chiari e mi osservò strana. 

 

-In effetti- sorrise – Ora che mi ci fai pensare…

 

La sollevai- non senza un certo sforzo - da terra, e la portai sul divano.  Beth iniziò a ridere, cercando di liberarsi…

 

-Prova a ripeterlo, se hai coraggio, ragazzina…Io quindi sarei un passatempo?

 

Fu allora che si fece seria e mi baciò. Non era un bacio urgente o passionale, ma era qualcosa di dolce e profondo. 

 

-Secondo te, Daryl Dixon… è solo questione d sesso? 

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - Verità ***


Ragazze, scusate l’attesa, ma continua a essere un periodo impegnativo  su vari livelli, quindi ho tardato, sono dubbiosa riguardo a questo nuovo capitolo, spero sarete magnanime.

 

Capitolo 30 -  Verità

 

-Beth- 
 

Quella mattina fu lunga e difficile. Daryl, non appena arrivarono Dustin e Alan, venne fatto inginocchiare al centro della stanza, le braccia bloccate, con delle fascette da elettricista. 

Non dissero più di tanto, semplicemente lo portarono via, i suoi occhi incatenati ai miei, in una muta promessa. 

Passai la giornata sola, con la vaga promessa di Dustin, di farmi parlare con i miei amici, prima che fossero rilasciati. 

Verso l’imbrunire, però, arrivò Stewart, con un vassoio e della zuppa di legumi. 

 

-Ti va di farmi compagnia per la cena? – chiese con entusiasmo.

 

-Se ti fa piacere. - risposi senza molta spinta.- I miei amici? 

 

- Sono ripartiti questa mattina, dopo aver dovuto assistere a un teatrino organizzato da Dustin, che avrebbe anche potuto risparmiarsi, se vuoi il mio parere. – aggiunse facendomi l’occhiolino.

 - Il tuo amico Rick era livido di rabbia. La donna, quella Carol, pensavo davvero, avrebbe reagito, ma alla fine il vostro leader ha dovuto desistere, dicendo che la discussione era soltanto rimandata. 

 

Mi squadrò di sottecchi, come a volere carpire i miei pensieri.

 

-E Daryl?

 

- Daryl è stato perfetto. Oddio,- rise- Dal punto di vista di Dustin, se non altro. Quando gli hanno fatto salutare il vostro gruppo, non ha dato il minimo segno di cedimento o emozione. Freddo e duro, come il marmo.

 

- Cos’ è successo? – Domandai più spaventata di sapere la risposta, che il reale svolgmento dei fatti. 

 

- I vostri amici sono stati accompagnati a salutarlo, e Dustin li ha accolti mentre l’addestramento paramilitare di Daryl era in pieno svolgimento. Non gli ha detto di avvicinarsi, non gli ha detto che poteva fermasi, e Daryl, non ha dato nemmeno il più piccolo segno di averli riconosciuti. Alla fine dopo che Rick ha discusso sul piazzale con Dustin, Alan gli ha permesso di prendere fiato, fermandolo nel percorso di guerra che stava compiendo. Daryl era senza fiato, sporco ed esausto, ma non ha sgarrato di una virgola da quello che gli era stato detto. Dustin ha vinto su tutta la linea, ha finalmente quello che voleva.

 

- E lui, ora, dov’è? 

 

Non importava delle parole che Stewart mi stava propinando, non importava che cercasse di farmi capire che Daryl si fosse finalmente arreso al volere di Dustin, io come gli altri, e forse anche lo stesso Stewart, sapevamo la verità.

 

-Come ti avevo anticipato, per almeno tre settimane, se non di più, Daryl sarà affidato alle abili mani di Amaral. Quella ragazza è furba, - disse più a se stesso che a me.- Dustin l’ha scaricata per noia, e sa che se non si sbriga a trovarsi qualcuno che la protegga, finirà fra le grinfie di Jake, che la punta da quando è qui. Proverà ogni arma seduttiva in suo potere, temo…

 

Poi come accorgendosi chi aveva di fronte.

 

- Non che abbia alcuna speranza, comunque, dubito che Daryl si lasci abbindolare, sa cosa rischia di perdere. 

 

Lasciai Stewart a tavola facendogli un sorriso di cirostanza, avviandomi con i piatti sporchi, verso il lavabo.  Non mi andava che quell’uomo studiasse le mie reazioni, alle notizie che mi stava dando, non volevo che comunicasse a Dustin di ogni singola ombra che mi avrebbe attraversato il volto a quelle parole. 

 

-Bhe..- disse alla fine il medico, - Si è fatto tardi. Meglio che vada, non vorrei dover restare bloccato qui.  Daryl non lo giudicherebbe favorevolmente temo.

 

Lo guardai uscire. Il giardino era scuro e deserto. Mi chiesi distrattamente, dove fosse Daryl quella sera, ma non lo avrei saputo tanto presto.

 

-Daryl- 

 

L’addestramento cui intendevano sottopormi, Alan e Dustin, era molto più duro e folle, di quello che mi sarei mai potuto immaginare. 

Non mi lasciarono un attimo di respiro: quando non ero impegnato in prove di resistenza, c’erano quelle di tiro e di sopravvivenza, senza contare le scarse razioni, e il luogo che mi mostrarono, quando si trattò di andare a  dormire. 

Invece di scortarmi verso la casa che condividevo con Beth, mi fecero andare in un campo, dove era stata allestita una sorta di baracca in mezzo alla neve. La prima impressione che ebbi al riguardo, fu quella di una cuccia per un cane. 

 

-Ti piace Daryl? – Chiese Dustin, impaziente di umiliarmi per l’ennesima volta.

 

Mi strinsi nelle spalle. – Mmm. Ho dormito in posti peggiori.

 

-Se tu volessi, - si intromise Alan-  Amaral si sarebbe offerta di ospitarti per tutta la durata del tuo addestramento. 

 

Lo guardai senza davvero voler approfondire il concetto. –Questo cesso andrà più che bene. Sono esausto. 

 

-E se non fosse solo una proposta, Daryl? - Insinuò Alan duro.

 

Mi voltai verso di lui, con tutta la calma di cui ancora ero capace. 

 

-Se fosse un ordine, - dissi stando ben attento a non cedere di un passo e guardandolo diritto negli occhi- Non avrei altro da obbiettare, ma non farei altro che dormire sul pavimento della stanza di Amaral...se è questo che stai insinuando. 

 

Alan sorrise. – Resta pure qui allora, se vuoi essere trattato, alla stregua di un animale… 

 

Mi buttai sulla paglia, il mio nuovo letto, e appoggiai la schiena alla parete, rannicchiandomi sotto una sorta di poncho, che mi avevano lasciato per difendermi dal gelo. 

Mi addormentai in fretta e fu una notte parecchio tormentata, ma non fu nulla in confronto a quello che accadde il giorno dopo.

 

La mattinata inziò all’alba con una scarna colazione e un buongiorno parecchio rude-  rispetto a quelli, a cui mi aveva abitutato Beth, da parte di Jake-  e mi scortarono al campo di allenamento. 

 Li, legata a un palo, vidi lei, il mio angelo, che provava a liberarsi. 

 

Il mio primo impulso fu di andare e scioglierla, ma non appena mi mossi in avanti,  l’ordine perentorio di Jake, mi colpì come uno schiaffo. 

 

-Non ti azzardare. – intimò- Ora ti spiego cosa faremo. Signore?- disse rivolto ad Alan.

 

-Voglio saggiare la tua perizia nell’uso della balestra, arciere. Tutto qua! E quale migliore spunto se, per farlo, usiamo la ragazzina che ti sta tanto a cuore? 

 

La salivazione a zero e le mani che mi sudavano come non mai. Avevo le dita che tremavano. 

Cos’avevano, davvero, intenzione di fare questi stronzi? 

 

-Ora verranno liberati un po’ di zombi..Staremo a vedere se riuscirai a impedire loro di arrivare a lei, altrimenti…

 

-No. Non è possibile. Se dovessi anche solo sbagliare un colpo...E’ troppo rischioso..

 

-Tranquillo figliolo. Nel caso ci rendessimo conto che tu sei davvero così scarso, i nostri due tiratori migliori, sono appostati su quei tetti laggiù. 

 

-Non è sufficiente. Se le dovesse capitarle qualcosa…- cercai di obbiettare.

 

-Io fossi in te, non discuterei più di tanto..- mi rispose Jake, mentre notai che la prima gabbia, a circa duecento metri da Beth, era stata aperta.

 

Panico e un senso di reale paura, mi prese alla base dello stomaco. Iniziai ad abbattere il primo e il secondo, in rapida sequenza.  Mi imposi di non pensare a quello che stavo rischiando, di mantenere la calma,  e mi figurai una linea immaginaria sul terreno, come un limes, che quelle orride creature non avrebbero dovuto superare mai. 

Il ritmo aumentò, io mi avvicinai al bersaglio e, di conseguenza a Beth, sperando di evitare il peggio.

 

Fu in un malaugurato attimo, che, uno di quei mostri, scansandosi, evitava il colpo alla testa per un soffio, e arrivò a meno di un metro da lei, ancora bloccata.  

 

Mi fiondai in avanti, senza riflettere.  Mi sarei fatto mordere io stesso, per evitare che, quel lurido essere, la azzannasse.  

Fu in quell’attimo che, in rapida sequenza, proprio sopra la mia testa, due freccie svettarono, una, nel cranio del vagante davanti a me, abbattendolo, ma l’altra, colpi Beth, a una spalla. 

 

Mi gettai sui restanti vaganti, incurante di loro e dei colpi dei cecchini, uccidendo e spingendo a terra, tutti quelli che mi trovavano vicino, se mi fossi imbattuto in qualche umano, non avrei esitato.

 

Ero una furia. 

 

Alla fine la raggiunsi e la sciolsi. Alan stava per ammonirmi, ma qualcosa nei miei occhi, questa volta, lo fece desistere. 

La rabbia che provavo in quel momento era tale, che lo avrei ucciso senza pensarci due volte. 

Presi Beth fra le braccia e la strinsi al petto. Solo allora notai Steawart che correva verso di noi con una borsa in mano.

 

-Tutto bene? – le sussurrai all’orecchio, cercando di controllarmi e di trattenere la mia rabbia.

 

Lei annuiì piano. Non le credevo, ma non avrei potuto fare molto altro, se non affidarla alle cure di quel, pragmatico, medico da strapazzo. Stewart mi chiese il permesso di darle un’occhiata alla spalla, e io, acconsentii. 

Fu a quel punto che sentii una voce alle mie spalle, il cecchino dei miei coglioni, si era degnato di scendere per chiedere scusa, pareva. 

Lo squadrai con disprezzo. 

 

-Scusate! Scusatemi. Non volevo che quella cosa si avvicinasse troppo, ma alla fine quel pezzo di sterco- disse girandosi verso la carcassa a terra- si è avvicinato troppo e io …io….

 

Non fece in tempo a terminare la frase, che lo scaraventai contro al muro, con un braccio sotto al collo.

 Non importava cosa avesse da dire, o quante scuse potesse sfornare, aveva quasi ucciso Beth, con la sua scarsa mano ferma, e ora l’avrebbe pagata.. 

Avvertivo a mala pena le urla di Jake e Alan che mi intimavano di lasciarlo, ma fu la voce di Beth che avvertii distintamente. 

 

-Daryl fermati. Lo stai ammazzando. 

 

Fu a quel punto che allentando la presa, avvertii il tizio che tossiva, e il colorito blu che stava sopraggiugendo…

Lasciai la presa e il ragazzo, si accasciò, come un sacco vuoto a terra, davanti ai miei piedi. 

 

A quel punto avvertii distintamente la voce di Dustin.

 

-Basta così!Daryl accompagna Beth e Stewart all’infermeria. Alan! Ti avevo proibito espressemente di usare Beth, per questo…

 

Lasciai le urla di Dustin mentre mi allontanavo portando Beth fra le braccia. Non importava cosa avesse o non avesse ordinato, l’avevano messa in pericolo e questo bastava ad aver scatenato in me, un tumulto di emozioni che non avrei potuto sopire tanto in fretta. 

 

Feci sdraiare Beth, dove mi aveva indicato Stewart e le rimasi accanto in attesa di poter fare qualcosa di utile, anche se sapevo che, i miei servigi erano ormai supreflui.

 

Stewart armeggiò con delle pinze, e riuscì ad estrarre la freccia, facendole male.  Lei era una roccia, mentre io, mi stavo sgretolando lentamente, dominato dall’ansia.

 

-Le faccio un esame del sangue, tanto per controllare non ci siano infezioni. – disse Stewart ed io annuii distratto, restando imbambolato a guardarla. 

 

-Daryl resta seduto.

 

Dustin entrò in quel momento in infermeria, e si rivolse a Beth. 

 

-Principessa, credo di doverti delle doverose scuse, e anche belle grosse. Non immaginavo che quel cazzaro di Alan mi avrebbe disobbedito, sapendo poi che Daryl era stato impeccabile. 

 

Lo guardai torvo.

 

-Suvvia Daryl…tutto è bene.. Come si dice…No? 

 

- Se le fosse accaduto qualcosa… - sibilai. 

 

-Beth…- sentii intanto Stewart che le faceva alcune domande.

 

- Un’ ultima cosa, l’ultimo ciclo? 

 

Non so perché mi voltai proprio a quella domanda, o perché il silenzio innaturale che seguii quella frase, mi fece bloccare e girarmi verso di lei, che cercava di ricordare quando era stato…

 

-No. Non poteva essere vero.

 

Beth si voltò, sbiancando, come se avesse visto un fantasma.

Fu allora che un tarlo che stavo cercando di evitare da giorni, si fece risentire. Quando era stata l’ultima volta in cui… 

 

-Daryl.. .-sussurrò lei.

 

- No. Non può essere vero, non questo casino!! Gesù!

 

-Non sono certa della cosa…ma di certo non ci sono prove… cercò di spiegarsi.

 

-No, cazzo! – sbottai.

 

Ero decisamente sotto shock, e anche parecchio incazzato, se vogliamo dirla tutta. 

Solo a quel punto realizzai che, se Beth fosse morta, trafitta da quel dardo,  avrei perso entrambi, e la zittii abbracciandola.  

Non era un gesto che qualcuno si sarebbe aspettato da me, sicuramente prima di tutto questo avrei evitato, ma ora… Ora tutto le regole scritte in precedenza dal vecchio Daryl Dixon, non contavano più, non dopo una notizia del genere. 

 

-Stewart, - chiese una voce che non era davvero la mia, staccandomi da lei. - C’è un modo per sapere….

 

-L’esame del sangue dovrebbe darci un’idea abbastanza certa. Con i mezzi a nostra disposizione, forse già tra un giorno o due, ti potrei dare un’idea…

 

Fu a quel punto che Dustin, che mai avrei creduto capace di tanta empatia, mi disse di accompagnare Beth a casa e di farci una bella dormita.

 

Non me lo feci ripetere. L’aiutai ad alzarsi e, dopo che il braccio fu fasciato, la scortai a casa. 

 

-Tu sali. Qui sotto si gela. Io preparo qualcosa da mangiare e ti raggiungo.

 

-Daryl.

 

-Parleremo dopo…- risposi duro, non ero arrabbiato con lei, lo ero più che altro, con me stesso. Le preparai qualcosa da mangiare ma non le feci compagnia. Mi diressi nel bagno e mi gettai sotto la doccia. Ero sporco, e la testa pareva scoppiarmi.  

 

Nelle ultime ore ero stato messo a dura prova psicologicamente, e stressato a livello fisico, in maniera assurda. E ora, quest’ultima prova, non so se sarei riuscito a superarla. 

Se Beth era davvero incinta… se…

Una cosa alla volta Daryl. Una cosa alla volta. Era la cosa che era solita ripetermi mia madre da bambino, quando mi crucciavo, per non essere riuscito a fare qualcosa che a Merle- di dieci anni più grande - riusciva già benissimo.

 

Gia’ Merle.  

 

Merle mi direbbe che sono stato un cazzone patentato e stupido, a non aver pensato alle coneguenze oggettive, che questa situazione avrebbe portato. 

 

-Fratellino, - mi pare di sentirlo – Credevo di averti spiegato a cosa servissero quelle cartine colorate, che ti facevo trovare nelle tasche, quando sei diventato abbastanza grande…o volevi un disegnino? 

 

Fanculo Merle… Trovali tu in mezzo a sto casino….

 

Fu a quel punto che scoppiai a ridere sensa che ne avessi realmente intenzione. 

Tutto questo aveva qualcosa di surreale, e a quel punto sentii la voce di Beth.

 

-Daryl…Ti senti bene? Ho sentito l’acqua scorrere.

 

La guardai da dietro la tendina della doccia, era bella e forte, tanto da fare impallidire ogni altra donna che avessi mai visto prima, e senza trucchi, o tutti quegli artifici, che spesso, le donne mettevano in scena, solo per farsi guardare, prima di tutto questo.
E ora,era qui, davanti a me,  anche  se spaventata a morte, che faceva la parte di quella che non avrebbe ceduto, perché mi vedeva smarrito, quasi come un bambino sperduto..

 

Restai a guardarla, lì, imbambolato, per non so quanto.
Ero svuotato. Avevo tenuto duro per tutto quel tempo, cercando di darmi sempre nuovi stimoli, ma ora, ora, quella notizia, se confermata, apriva nuovi scenari, nuove preoccupazioni, nuove paure.  

Ero abbastanza uomo per reggere anche a questo nuovo colpo?

 E se fosse accaduto qualcosa a Beth? 

Nella mia testa, la nascita della piccola spaccaculi, evocava ancora l’esaurimento in cui era incorso Rick, con la morte di Lori. 

Se fosse accaduto a me, a noi, come avrei reagito?

Mi rendevo finalmente conto che non avrei potuto sopportare tanto, non ora, non dopo quello che mi ero risolto a provare, nei confronti di quella ragazza così strordinaria.

 

Beth era lì ferma davanti a me e, io, non avevo il coraggio dilazare lo sguardo su di lei,  di parlarle, di abbracciarla. Ero come pietrificato. 

 

-Sai, - sussurrai alla fine,- Non è vero che non ho paura di niente…

 

Lei mi osservò un attimo senza parlare, poi, senza che una sola lacrima le avesse rigato il viso, mi strinse a sé.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - Soli- prima parte ***


31-  Soli  parte 1.

 

-Daryl-

 

Una volta asciugato e ripreso un po’ il controllo su me stesso, indossai dei jeans stinti che lei mi aveva fatto trovare fuori dalla stanza da bagno, assieme a una maglia grigia a maniche lunghe. 

 

-Ti vanno? 

 

-Perfetti. Non so come tu faccia, ma riesci sempre a trovare qualcosa della mia taglia.

 

Lei rise. – Forse ho solo un occhio allenato. Sei dimagrito. – aggiunse mentre mi sistemava il colletto. 

 

-Mi spiace. Avrei dovuto restare calmo, e invece… 

 

-…E invece sei un essere umano come tutti noi, signor Dixon. Quando ho iniziato a sospettare della cosa, anch’ io non l’avevo presa benissimo, ti dirò…

 

-Sei stata una roccia. Non hai lasciato trasparire il minimo sentore della tua preoccupazione. O forse io sono diventato un pessimo osservatore. Ti ammiro. Io avrei dato di matto, come poi ho fatto…

 

-E ora come stai?

 

-Ho pensato. La mia prima reazione sarebbe stata quella di fuggire insieme, ma se quello che…Sospettiamo, fosse vero, non posso rischiare che la tua vita sia messa in pericolo. Quindi, non potendo rifugiarci da Earl e dagli altri, bisogna che stia buono. Questa cosa non doveva capitare. Non doveva…

 

Le mie mani tremavano come foglie.

 

-Daryl. Prima di tutto, non sappiamo ancora se sono realmente incinta, - la guardai risentito che avesse usato quella parola, ma lei non diede segno di accorgersene. - Almeno usiamo le parole adeguate, poi nel caso fosse, tu non sei responsabile di niente. Sapevo a cosa andavo incontro quando…- arrossì. - Non sono una bambina, e se questa cosa fosse reale…

 

-Non sei sola. Sia chiaro. Ma devi considerare che la vita è cambiata e che non puoi affrontare questa cosa, come se nulla fosse…Se dovessi perderti…io…- strinsi i pugni come se avessi voluto disintegrarli.

 

-Daryl. Se davvero sono rimasta incinta, questo bambino verrà al mondo, e…

 

-Beth.- dissi duro - Ragioniamo con calma.. Hai visto anche tu cosa è successo a Lori! Non puoi pensare che io possa, davvero, affrontare serenamente un rischio del genere…

 

-Daryl – mi disse lei, calma, mentre cercava di catturare i miei occhi con i suoi.

 

-No Beth. Cazzo, non mi imbonirai sbattendo gli occhioni. Non stavolta. Se qualcosa andasse storto, e tu dovessi.. Non metterò la tua vita in pericolo, per una tua fantasia adolescenziale del cazzo. E a queste condizioni poi…Dustin non ci lascerà mai andare, e ora ha quello che vuole.

 

-La vuoi piantare? – mi interruppe lei, decisa. – Ma non ti accorgi che stai prendendo tutto per il lato sbagliato? Non sappiamo ancora se è vero. Non abbiamo idea di come protrebbe finire, e nemmeno quali siano le reali intenzioni di Dustin. Voglio dire, ieri sera avrebbe potuto fare di peggio, e invece… Cerchiamo di prendere una cosa per volta. Ti prego. E cerca soprattutto di vedere le cose, anche dal mio punto di vista…E’ una cosa bellissima, un vero miracolo, che a dispetto di tutte le cose brutte che stanno accadendo al mondo, e a noi in questi mesi, sia avvenuto questo. Ora, ancora non so nemmeno io cosa succederà, e se davvero fosse tutto vero, non posso catalogare la cosa, come un errore di un adolescente. Perché quello che è successo fra noi è reale, quanto gli erranti là fuori, e non voglio buttare via ogni cosa perché tu ritieni che sarebbe un errore. E’ solo così che Daryl Dixon considererebbe suo figlio? Un errore? Un calcolo da estirpare? E se dovesse davvero succedermi qualcosa, e ti giuro che non lo vorrei, a maggior ragione, ora, cosa farai? Lo abbandonerai? E solo perché sei troppo spaventato? Non ritenendo di essere in grado di accudirlo? Sarebbe la cosa peggiore che potresti fare alla mia memoria.

 

Le puntai deciso un dito contro. –Beth, dì un’altra parola…- la minacciai- Non ti permetterò di mettere a rischio la tua incolumità…

 

-Non sei tu il solo a decidere, Signor Dixon! Anzi ti dirò di più, - mi ammonì decisa, - Se continui ad adottare questa linea di condotta, non deciderai davvero nulla. 

 

La nostra conversazione fu interrotta bruscamente da Stewart e Dustin che ci interruppero bruscamente, lasciando il gelo nella stanza. 

 

-Buongiorno picciocini! 

 

Aveva lo stesso modo di fare, strafottente, di Merle, quando voleva farsi odiare, o pestare. 
 

Insopportabile. 

 

-Scusate se vi interrompo in maniera così inopportuna, - continuò mio padre senza colpo ferire, per niente disturbato dalla mia espressione contrita. – Ma, il nostro Stewart, mi ha messo al corrente degli ultimi avvenimenti e pare proprio che, la notizia, potrebbe essere confermata..Allora, ragazzo, non sei proprio così inutile quanto credevo?!

 

Finsi di non sentirlo per evitare di spaccargli la faccia davanti a dei testimoni. 

 

-Perché siete qui? – senti Beth chiedere con, fredda e studiata, cortesia. 

 

-Dunque, ho una proposta che potrebbe metterci tutti d’accordo.  Per quanto il vostro amico Rick sia un osso duro, il capo del campo al fiume, è un certo Earl e lui, pare molto più condiscendente del vostro amico, riguardo la vostra situazione.

 

-Sentiamo. – dissi spiccio.

 

- Beth, il tuo dolce angelo – aggiunse con scherno - Torna a casa, anche oggi se necessario, in modo da farle passare questi mesi nella più totale tranquillità. Tu puoi decidere cosa vuoi fare.

- osservò sfidandodomi- O resti qui come prigioniero, metti  davvero il cuore in pace, e ti rassegni a sottostare ai miei ordini e sei fedele, e allora, ma solo a quel punto, col tempo, potrei ache lasciarti passare dei tempo al vostro campo insieme… oppure…

 

-Ho già accettato tutte le tue condizioni. Se Beth potrà tornare a casa, per me è ancora meglio…

 

-Ma quanto è stoico, quest’uomo, Tesoro!- mi schernì Dustin, dandomi una confidenziale pacca sulla spalla, come se fossimo davvero in una situazione padre e fglio, normale. – Ma non è così semplice. Se Earl non si opporrà a uno scambio del genere, il vostro amico Rick non permetterà che lasciate più il campo, una volta che avrò lasciato Daryl venirti a trovare. – disse rivolto a Beth - Quindi occorre che parli con quella testa calda del vostro leader. Sono certo che troveremo un accomodamento. D’altronde non posso nemmeno lasciare che voi due, siate separati troppo a lungo.  Sai biondina, gli uomini sono volubili, io ne so qualcosa…e Amaral, credo, si prenderà molta cura del nostro Daryl, non appena tu sarai tornata a casa…

 

-Mi fido ciecamente di Daryl. – la sentii dire sicura guardando Dustin dritto in faccia.
Stewart rise, guardando la faccia di Dustin, ma lui lo freddò, con un'occhiata eloquente.

 

- Cosa ne dite? – si ricompose in fretta mio padre. – Ho fatto convocare Rick, entro oggi, per discutere i termini dell’accordo. 

 

- A me va bene qualsiasi condizione, basta che la possa vedere e che lei sia al sicuro. – lo dissi sicuro e con convinzione, ma il ghigno sulla faccia di mio padre, mi tolse presto, la sicurezza.

 

- E’ esattamente ciò che volevo sentirti dire. 

 

- Beth -

 

Non impazzivo all’idea di essere separata da lui proprio in un momento che, se confermato, avrebbe segnato le nostre vite per sempre, ma l’idea di poter passare un po’ di tempo in pace, senza lo stress di dover difendersi con le unghie e i denti, per mantenere le più piccole libertà, era stranamente incoraggiante.
Daryl si stava sacrificando, di nuovo, per tenermi al sicuro, ma questa volta non lo avrebbe fatto solo per me. 

Rick arrivò alle due del pomeriggio accompagnato da Glenn.  L’incontro fra lui e Dustin si svolse a porte chiuse, al termine del quale, un Rick Grimes parecchio incacchiato e molto nervoso, uscì dalla porta dello studio di Dustin sbattendola.. Lo vidi attraversare il cortile e andare diritto verso Daryl puntandogli, quasi minaccioso, un dito contro. 

 

Vidi – da dove mi trovavo, non potevo sentire ciò che si stavano dicendo, o almeno non tutto.-  Rick che spintonava Daryl, come a spronarlo, ma lui non reagì, e tenne la testa bassa. Poi Rick lo abbracciò e, per la prima volta, vidi il nostro scontroso arciere, ricambiare quel gesto, abbracciando lo sceriffo a sua volta.  Vidi le loro teste avvicinarsi, e Rick che gli stringeva il collo, in un gesto confidenziale e fraterno, e gli assestava una pacca sulla spalla. Daryl che annuiva. 

 

Poi fu il mio turno per i saluti. Avevo il cuore che pesava come un macigno. 

Quando lui arrivò nella stanza si fermò ad almeno tre metri da me. 

Sentivo il suo nervosismo da dove mi trovavo. 

 Tipico di Daryl. Se la cosa emotivamente non era accettabile, lui si sarebbe trincerato dietro ad essa, usandola contro gli altri. 

Avrei sofferto, ma questa volta, sapevo che anche lui provava le stesse cose, e ciò era inacettabile, ormai, per il mio cuore. 

 

-Stewart dice che non appena ci saranno i risultati, sarai informata, anche se d un esame preliminare dei primi dati, ecco.. .Sembra proprio  che abbiamo combinato un bel casino.- aggiunse guardandosi i piedi, imbarazzato.

 

-Finiti questi convenevoli da educanda, - lo apostrofai trovando una forza che non credevo di possedere. – Vorresti, per piacere, fare questi tre passi verso di me, colmando lo spazio che ci divide, e abbracciarmi? Non credo ti rivedrò molto presto e la cosa, nonostante tu stia cercando di minimizzarla, non farà bene a entrambi. 

 

Fu a quel punto che Daryl, ma quello che avevo conoscuto alla prigione, quello irruento e deciso, colmò lo spazio che ci divideva stringendomi fra le  braccia, senza dire una sola parola. 

Quando mi lasciò, notai che qualcosa era cambiato nei suoi occhi. 

Era lontano, già mille miglia da me, era tornato nel suo ruolo: era nuovamente, il sopravvissuto senza speranze, né amici e nessuna famiglia che era stato prima, ma prima ancora, che tutta questa storia degli zombi prendesse il sopravvento. 

 

Si staccò da me e mi guardò per un lungo momento, poi annuendo, fece per voltarsi, ed andarsene. In quel momento qualcosa scattò in me, e lo abbracciai, proprio come avevo fatto davanti a quella distilleria calndestina, un secolo prima, stringendolo e sussurrandogli al’orecchio.

 

Mi mancherai immensamente. Torna presto da me. 

 

Sentii il suo respiro perdere qualche colpo e il suo cuore accelerare. ma non si voltò.  Mi strinse le mani, che gli cingevano i fianchi, sciogliendo l’abbraccio, e poi inforcò la porta senza voltarsi. 

 

Sapevo, questa volta, che non sarei stata la sola a soffrire di questa separazione,ma solo in quel momento capii la portata reale della cosa, e scoppiai a piangere, cadendo in ginocchio, fu così che Glenn e Rick mi trovarono quasi mezz’ora dopo.

 

-Tirati su e raccogli le tue cose. – esordì Rick senza guardarmi. – Voglio muovermi prima dell’imbrunire, non staremo qui un minuto in più. 

 

-Rick…- fu Glenn che mi aiutò ad alzarmi e raccogliere il mio zaino. – Guardala.

 

Rick a quel punto, riprese contatto con se stesso e la rabbia, che provava per Dustin e tutta la sua congrega, che vedevo nei suoi occhi,  si diradò. Mi abbracciò stretta. 

 Un gesto confidenziale che immediatamente, non ricambiai, tanto ero disorientata. 

 

-Lo riporteremo a casa quanto prima, Beth… quello stronzo di Dustin, non l’avrà vinta, ma ora, dobbiamo pensare a portare te al sicuro, lo capiscI? 

 

Annuii nell’incavo della sua spalla e mi asciugai le lacrime. Dovevo essere forte, come mai ero stata prima. 

 Quel pomeriggio stesso, lasciammo il campo di Dustin, abbandonando Daryl, laggiù, solo. 

Dustin mi venne salutare, con Stewart. 

Daryl non si fece vivo, ma dubito gli fosse stato imposto, ma mentre abbandonavamo la recinzione più esterna, Rick mi fece notare uno strano scintillio su uno dei tetti delle costruzioni più esterne e lì lo vedemmo.
Una sagoma scura, stagliata contro l’orizzonte, con la mano alzata…

 

Rimasi a fissarlo per un tempo non meglio precisato, poi i miei compagni di viaggio mi fecero muovere. 

Arrivammo in prossimità del nostro campo che ormai era l’imbrunire.

 

Non feci in tempo a entrare dal cancello più esterno, che Maggie, la mia sorella maggiore, che avevo lasciato quasi in stato di semincoscienza in un' infermeria, l’ultima volta che l’avevo vista, mi saltò al collo, facendomi quasi cadere. 

 

-Ommiddio… ommioddio… Tesoro. Beth.  

 

Mi abbracciava e accarezzava continuando a tenermi accanto a sé.

 Ero felice di vederla, ero felice di rivedere tutti loro. 

Carl mi abbracciò come solo un adolescente impacciato poteva fare, e quando rividi Carol, non riuscii più a trattenermi e piansi.
Poi la Dorttoressa Morton, Earl, e la piccola Judith, che di piccola ormai aveva ben poco, e tutti gli altri.  

Alla fine, ormai stremata, fui accompaganata da Rick verso quella che era stata la mia prima casa, da quando avevamo lasciato la fattoria.  La nostra casetta accanto al fiume, di Daryl e mia, il luogo dove tutto era iniziato.  Non ci mettevo piede ormai da mesi, e tutte le cose che erano là dentro, sapevo che parlavano di lui. 
 

Sarebbe stata davvero durissima. 

 

-Mi spiace che tu debba affrontare tutto questo sola, ma se vuoi dormire o da noi o da Maggie e Glenn sei la bemvenuta. Carl mi ha chiesto di dirti che se ti poteva fare piacere, avrebbe potuto dormire nella stamza di Daryl per farti compagnia..almeno i primi giorni. 

 

-No Rick. Devo arrangiarmI. Devo fare i conti con questo posto, se non altro, per quando Daryl, verrà a trovarmi. 

 

Rick mi abbracciò di nuovo e si avviò verso casa sua.

 

Ero a pezzi ed emotivamente provata. Avevo bisogno di stare sola e di rimettere almeno un poco, le idee, in fila. 

 Sospirai e mi risolsi a entrare.  Feci un malinconico giro della casa poi mi accoccolai sul divano, dove avevamo passato la nostra ultima notte insieme. 

Mi appisolai fra le lacrime non so per quanto, ma fu un sonno agitato e costellato da ombre.
Poi sentii qualcuno bussare. 

Guardai fuori dalla finestra. Tutto era ancora buio e scuro. Andai ad aprire, e mi trovai uno Sean imbarazzato, moto più magro di come lo ricordassi, e con un giglio d’acqua fra le mani. 

 

-Sean - dissi strofinandomi gli occhi, sperando non si vedesse che avevo pianto.

 

-Ciao Beth. Scusa l’orario infame. E’ che ero in pattuglia, poi ho saputo che eri ritornata, e…

 

-Quello è per me? – dissi indicando il giglio d’acqua che Sean teneva fra le mani. 

Solo allora notai che aveva i pantaloni bagnati fino al ginocchio e oltre, quelle piante non crescevano certo sulla riva. – Prenderai un malanno.

 

-No. Figurati, non è nulla. Si, il fiore era per te.- me lo porse -  Bentornata. 

 

Restammo in silenzio per qualche secondo, senza avere quasi nulla da dirsi, per poi parlare contemporaneamente. 

 

-Posso offrirti qualcosa? Anche se non so…
 

-Ora è meglio che vada…

 

Scoppiammo a ridere.

 

-Devo andare, è tardissimo. E mia madre ancora non sa che siamo tornati. Ci vediamo nei prossimi giorni. Sono felice che tu sia qui, anche se, spero davvero che Capitan America, torni presto fra noi. 

 

Abbassai gli occhi ricacciando indietro le lacrime.

 

Sean si rese conto dell’empasse in cui eravamo caduti, e mi diede una pacca sulla spalla.

 

-Le cose si aggiusteranno. Notte Beth.

 

Rientrai in casa e mi ricacciai sul divano. Stavolta mi addormentai e crollai in un sonno senza sogni. 

 

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Capitolo 32
*** 32- Soli - Parte 2 ***


32- Soli – parte 2

 

Beth

 

I mesi passarono senza scossoni. 

Effettivamente ciò che all’inizio era solo un sospetto, fu confermato dalle analisi successive. La dottoressa Morton mi tenva sotto stretto controllo medico, ma era soprattutto il mio umore a turbarla. 

Era passato troppo tempo da quando ero stata liberata da Terminus, e ancora, non avevo avuto nessuna notizia tangibile che Daryl stesse bene, o almeno, che fosse vivo.

 Rick era sempre più nervoso e lo si poteva notare da ogni suo gesto. Anche Carl, che di solito tendeva a non giustificare il padre, anche nelle decisioni più difficili, forse proprio perché era nella fase della piena ribellione adolescenziale, pur iniziando a stancarsi del nervosismo palpabile di Rick, cercava di essere paziente.

 

Un’uggiosa mattina, però, a strapparmi dai miei pensieri cupi, ci pensò Maggie, piombando con Carol alla mia casetta. 

 

-Ora mi hai proprio stufato! – Esordì mia sorella armata di scopa e spolverino. – Ora alzi il culo da quella poltrona e ci dai una mano a pulire.  Sei incinta, non morta.  A parte il fatto che non appena vedrò Daryl dovremmo discutere parecchio riguardo quello che è successo…

 

-Maggie…- tentai di protestare.

 

-No, niente Maggie. Non gli permetterò mai di…

 

-Maggie….

 

-Fammi finire, sorellina. – mi zittì lei, decisa.- Non permetterò mai a quel furfante di non tornare da te, non dopo, essersi sacrificato a quel modo restando laggiù, e poi, proprio ora che diventerò zia…

 

Le lacrime mi arrivarono agli occhi molto prima che potessi fermarle. Fu a quel punto che Carol mi abbracciò stretta e mi chiese se volevo un the.
 

- Non puoi continuare a restare rintanata in questa casa, come una reclusa. Nemmeno Daryl sarebbe d’accordo se lo sapesse…

 

Cercai di ricompormi, ricacciando indietro le lacrime, e scoprii a quel punto, che avevano organizzato una sorta di festicciola a casa mia, perché, poco dopo, bussarono alla porta Rick, Carl e Judith. 

La sera trascorse trnquilla. Sean era un asso con la chitarra e Glenn, tornato dalla ronda serale, dopo che le porte furono chiuse e le sentinelle piazzate, ci raggiunse per completare un quadretto già, di per sé idilliaco, considerando i tempi in cui vivevamo. 

Solo una piccola cosa stonava terribilimente, un solo, piccolo, trascurabile particolare: Daryl non era con noi, anche se, conoscendolo, se ne sarebbe stato rintanato in un angolo a osservare tutto come un gatto, in lontananza. 

 

Daryl

 

Subito dopo la partenza di Beth, diedi di matto. 

Credo di avere cercato di aggredire buona parte dei sorveglianti e, in almeno due occasioni, Dustin stesso, quindi fui abbandonato in compagnia di me stesso, all’interno di un recinto, all’aperto, con una baracca, semi diroccata, come casa. 

La notte faceva davvero freddo, ma nulla in confronto, a quel senso di vuoto che sentivo dentro a ogni respiro.  

Mai, in vita mia, mi ero sentito così solo e indifeso.

Ero disarmato e completamente circondato da zombi famelici, oltre che prigioniero di una banda di stronzi, ma in quelle ore, niente mi avrebbe turbato più di tanto. 

Se la recinzione fosse stata abbattuta, forse sarebbe stata una liberazione per tutti.  

Amaral, era l’unica cui era permesso avvicinarsi – forse perché, i miei carcerieri, non mi ritenevano tanto pazzo da aggredire una donna indifesa, ma solo per portarmi i pasti.
In più di un’occasione tentò di scambiare qualche parola con me, ma io non la degnai mai, del minimo sguardo. 

Non ricordo neppure se, in quelle maledette ore, avessi mangiato o ricordato, di bere dell’acqua. 

Dormivo per brevi periodi, in cui più che riposare, oscillavo fra gli incubi e la veglia, senza davvero essere mai solo in uno stato preciso.  Il freddo era la mia sola compagnia. 

Non ho grandi riminiscenze di ciò che accadde, ma una mattina mi risvegliai nel letto che avevo condiviso con Beth, mezzo svestito, con una flebo in un braccio e talmente rincoglionito che non avrei saputo dire se fossi stato sveglio o no.

 

-Bentornato fra i vivi. – mi disse una voce cha associai subito a Stewart, pur non riusciendo immeditamente ad aprire gli occhi.

 

Cercai di alzarmi e strapparmi l’ago che era conficcato nel mio braccio, ma, non appena cercai di alzare la testa, un capogiro mai provato prima, mi fece vomitare nel vicino cestino.

 

-Calma e sangue freddo, Daryl. – mi ammonì, senza troppa convinzione, Stewart - Sei rimasto svenuto per tre giorni, dopo che Amaral ti ha trovato. Il tuo sciopero della fame e della sete, stava per dare i suoi frutti, ti ho preso per i capelli, questa volta. 

 

Lo osservavo stranito senza davvero capire le sue parole. 

 

-io non ho tentato di uccidermi...-   farfugliai senza passione, e per la prima volta, non riconobbi la mia voce, dopo tanto che non la risentivo. - Credo fossi solo un tantino a terra…

 

-A terra, Daryl? – Stewart mi puntò gli occhi addosso.- Dopo che Dustin ti ha fatto portare nel recinto – Ti sei chiuso in un mutismo cocciuto e ostinato per giorni, rifiutando cibo, acqua o anche solo di parlare con qualcuno. Ti rintanavi, come una sorta di orso, sotto una tela cerata all’imbrunire e non ne uscivi che a giorno inoltrato. Non comunicavi più nemmeno a grugniti, e questo se mi permetti, è troppo anche per te.

 

Lo guardai senza realmente capire cosa mi stesse dicendo. Giorni? Non ricordavo di averci passato molto in quel posto e perché diavolo, poi, mi sentivo così rintronato?

 

- Cosa mi hai dato? Non mi sento…

 

-Sei sotto clorpromazina. – confessò, colpevole.

 

Lo continuai a squadrare neutro, non riuscivo a processare le informazioni in maniera coerente. 

Qualcosa dentro di me diceva che a quella risposta, avrei dovuto incazzarmi di brutto e, magari,  spaccargli la faccia, oltre che gli oggetti intorno, ma non riuscivo a mettere assieme pensieri e azioni. 

Era quasi come quando ero sotto l’effetto…

 

-Vuoi dire che mi ha drogato? – chiesi come in un sogno.

 

-Calma Daryl. Sei sotto l’effetto di uno psicofarmaco, è vero, ma ho dovuto farlo per evitare che il tuo torpore diventasse qualcosa di molto piu serio.

 

-Mi hai drogato?!...– continuai a ripeterlo come se, dicendolo più volte, avrebbe fatto cambiare la reale portata della situazione. Man mano che valutavo la cosa, la rabbia che provavo dentro cresceva, e insieme a essa, anche la frustrazione per la situazione stronza n cui mi trovavo, senza contare che ci avevo messo parecchio per liberarmi da quella merda, e ora, ritrovarmela in corpo e nemmeno per mia volontà, era allucinante. 

 

-Voglio essere lucido. – asserii deciso. – Con tutta la merda che c’è in giro ora, non voglio che i miei riflessi e con essi la mia vita, dipendano da una stronzata di psicofarmaco scaduto…

 

-Calma Daryl, sto lavorando anche a quello, la flebo che hai nel braccio dovrebbe aiutarti a smaltire gli effetti della torazina, anche se…

 

-Se? – chiesi cercando di restare concentrato.

 

Stewart si avvicinò con circospezione. Aveva paura di me, anche se non ne capivo esattamente il motivo. 

 

-Resti fra noi – disse avvicinandosi – Gli ordini di Dustin riguardo a questo, non sono stati disintossicarti, ma sinceramente, trovo alquanto ingiusto tenerti legato a questo posto a causa di una dipendenza.  Ti avverto però che sono mesi che ti sta facendo somministrare la torazina nel cibo, quindi sarà una cosa lunga. 

 

Mi soffermai su quelle parole per un momento. 

 

- Perché? 

 

Stewart mi fece cenno di sdraiarmi e misurò la temperatura, facendomi cenno di tacere. In quel momento notai Amaral con un vassoio che stava avanzando verso di noi.

 

- Come sta il nostro malato questa mattina? – chiese lei, poggiando il vassoio su un tavolo, e passandomi una mano fra i capelli. 

Era un gesto confidenziale e troppo intimo, infatti mi feci indietro, come scottato,  mostrando la mia stizza e il mio disappunto.

 Lei si ritrasse guardandomi senza capire, e si rivolse a Stewart. 

 

-Credevo che con quello che gli viene dato, non avesse più certi…sbalzi di umore…

 

-Quello che gli somministriamo, cara Amaral, non è la soluzione a tutti i mali, e comunque, non potete pensare che lo intossichi, solo per permettervi di avere più controllo su di lui. 

 

Lei lo fissò allarmata e si voltò verso la flebo accanto al letto.

 

-Rilassati – la tranquillizzò il dottore – Sto continuando a somminstrargli le dosi stabilite, ma ci vuole tempo. Daryl non è nuovo a certe sostanze e la sua resistenza, diciamo che è più forte di quella di altri. 

 

Lei assentì e fece per andarsene, ma prima di uscire – Ricorda che Dustin verrà a trovarlo prima di notte, non lo fa impazzire l’idea che siate confinati in questa parte del campo per due giorni interi, ma dato che le riparazioni alla zona ovest vanno fatte…

 

-Aspetteremo Dustin e i suoi ordini con impazienza, ora però lascia che finisca di visitarlo e assicurati che giù in cucina ci sia cibo a sufficienza. Non vorrei trovarmi qui dentro circondato da zombi per più tempo del necessario e senza le provviste. Lui non è in grado di alzarsi lo vedi anche tu e di certo non è armato ed io sai bene che non sarei in grado di sopravvivere, se qualcosa andasse storto…

 

Amaral assentì alle richieste di Stewart e mi fece un mezzo sorriso, che io non ricambiai.

 

Aspettammo che la porta de piano di sotto venisse sprangata, e finalmente immaginai che arrivassero delle risposte, che non si fecero attendere. 

 

-Ti hanno iniziato a somministrare la torazina poco dopo che Ming ti aveva visitato. Tuo padre, dopo la chiacchierata con Beth, si è reso conto che sarebbe stato troppo rischioso farti condizionare, e in più non avrebbe avuto ciò che voleva, quindi ha pensato di darti una cosidetta calmata, con questo metodo. Sto cercando di disintossicarti da quando l’ho saputo, ma solo il tuo tracollo dell’altro giorno mi ha dato la scusa per iniziare la terapia disintossicante in maniera più aggressiva.

 

- Perché dovresti volere aiutarmi, ora? 

 

- Non è facile da spiegare ma, se all’inizio, ho seguito Dustin perché credevo davvero fosse un’anima illuminata, che avrebbe potuto aiutarci a sopravvivere in questo mondo capovolto, dopo averlo visto all’opera, soprattutto dopo averti ritrovato, mi ha fatto riflettere.  Beth, una volta, mi ha detto, che era un uomo pericoloso, ho sempre saputo che non era un uomo giusto, questo si, ma l’ho anche  sempre giustificato, forse perché ritenevo che la mia pelle valesse qualche piccolo sacrificio,  ma quello che ha fatto di recente, mi ha fatto aprire gli occhi su parecchie questioni. Garreth aveva ragione, e se riesco a rimetterti in piedi con una disintossicazione lampo, potremmo anche provare ad andarcene di qui. 

 

Lo guardai senza realmente capire cosa stesse dicendomi. Possibile che avesse compreso la gravità della cosa? 

 

- Stanno per fare delle riparazioni necessarie nella parte ovest di Terminus, ciò significa maggiore controllo, ma anche vaganti in giro e possibilità di incidenti, e una possibile e reale, via di fuga per noi.

 

 

-Noi chi, Stewart? 

 

-Bhe tu ed io. Garreth, forse, quando si convincerà che Amaral non lascerà mai Dustin…

 

-Perché dovrei aiutarti? Magari mi stai solo facendo cadere in una trappola… 

 

-E’ vero. Tu più di chiunque altro, avresti ragione di dubitare del mio operato, tanto più che non ci sono garanzie sulla riuscita del piano, e io, tutto sono, tranne che un combattente. Se – e dico se- riusciremo ad andarvene da Terminus illesi, potrai avere la tua risposta e saprai se hai fatto bene a fidarti, ma fino a d allora… Dovrai sforzarti di avere fiducia in me. Pensi di potercela fare? 

 

Valutai per un momento la sua proposta. Era davvero rischioso fidarsi di lui, ma cos’altro mi restava d fare? 

 

-Inutile ricordarti, - aggiunse con fare distratto-  Che se il nostro tentativo dovesse fallire, o veniamo sbranati dai vaganti, oppure io sono morto comunque, ma anche tu non la passerai liscia…

 

-Come pensi di rimettermi in piedi in meno di trentasei ore?

 

-Bravo ragazzo. – mi rispose Stewart con un sorriso avvicinandosi per darmi una pacca sulla spalla. 

 

Lo sgaurdo che gli scoccai, dovette farlo riflettere, tanto che si bloccò e iniziò a spiegarmi il suo intricato piano.

- Ti avviso che non sarà per niente facile. Ho dovuto arrangiarmi e studiare un po’ di biochimica molecolare come se fossi in campeggio…E non avevo un laboratorio a mia disposizione, quindi ho dovuto arrangiarmi…

 

-Stewart…- lo fermai – Confido nel fatto che tu sappia cosa stai facedo. Rimettimi in piedi, e fa in modo che questa merda non mi rallenti troppo, dopo di che facciamo l’unica cosa sensata che potremmo fare. Mi serve un’ arma, o almeno, un coltello. 

 

-Questa può essere di tuo gradimento? – mi rispose il medico, mostrandomi la mia balestra oliata e perfettametente funzionante. 

 

-Come diavolo….? Come hai fatto ad avere la mia…

 

-Diciamo che Gareth sa che ruote ungere per avere ciò che gli occorre. 

 

-Di Gareth ti fidi? 

 

-Vuoi la verità? Non mi fido di nessuno di voi. Lui è stato il braccio destro di Dustin per troppo tempo, perhè io, ora,  possa scordare cosa ha fatto e di cosa sia capace, e tu… bhè se la mela non cade mai troppo lontano dall’albero, tu al posto mio saresti tranquillo? Potresti sgozzarmi e darmi n pasto ai vaganti non appena fuori…ma, mi fido di Beth, questo si e, se lei ha riposto sempre tanta fiducia in te, un motivo deve pur esserci, non credi? Io ero un ricercatore universitario ed ero pagato per analizzare le cose in maniera logica. La logica- in questo frangente- mi dice che di qualcuno devo pur fidarmi e se questo qualcuno sei tu…spero che il mio cervello abbia colto le giuste connessioni, altro non posso dirti al momento. 

 

-E sia, Dottore. – gli dissi alla fine – Tentiamo di fidarci l’uno dell’altro, per ora…quanto a Garreth…se dovesse diventare un problema, me ne occuperò a tempo debito.

 

Stewart, a quel punto, mi porse la mano destra e io gliela strinsi.. Era un gesto strano per me, che non mi apparteneva, ma in quel momento mi sembrava la cosa più giusta da fare.  Forse Beth aveva ragione, forse, stavo crescendo davvero…

 

-Alle 17.00 Dustin verrà a farti visita, poi saranno aperti i recinti intorno alle 18: 15 e da quel momento, saremo isolati per quasi trentasei / quarantotto ore. Sempre che tutto vada secondo i piani…

 

Mi girava la testa, ma tentai di restare concentrato. – Oltre ai soliti non morti al di fuori del recinto del giardino, cosa ci dobbiamo aspettare? 

 

-Le torri di guardia resteranno attive per tutta la durata delle riparazioni. Dustin su quello è stato tassativo. Due uomini si daranno il cambio per ogni torretta. Solo quella di nord est dovrebbe, però, risultare un problema per i nostri progetti.

 

-Sputa il rospo. 

 

-Jake. Lui sarà di vedetta su quella stramaledetta torre, e considerando che, fra di voi, non corre una grande stima…. Come dire…

 

-Cercheremo di passare inosservati allora. Quanto conti ci vorrà perché io sia in piedi? 

 

-Difficile dirlo, ora ti convieme riposare. L’infusore della flebo non andrà più in fretta di così, ma tu hai bisogno di rimetterti in forze. Ti sveglierò io quando sarà pronto il pranzo. AH…Daryl?!

 

-Si?.

 

-Quando Dustin sarà qui, io gli dirò quelllo che vuole sentirsi dire, e cioè che sto continuamdo a propinarti la torazina…lui crede che in quella flebo …

 

-Ho capito. Non dovrò dare in escandescenza, ma non potrò nemmeno fare come se nulla fosse. Tranquillo, con mio padre risultare sgradevole, è un vanto…

 

La visita di Dustin non si fece attendere, anche lui, come le tragedie, erano sempre annuciate.

 

-Stewart! Quali notizie mi porti, - disse l’uomo a cui dovevo la vita, senza degnarmi di un solo sguardo.

 

-Signor Dixon. – salutò con deferenza il mio recente alleato.- Procede tutto secondo i piani. In realtà anche meglio, questo pit stop forzato che ha creato Daryl, bhè ci ha permesso di intensificare la cura.

Lo sguardo d’intesa che si scambiarono, fece quasi vacillare la mia alleanza, ma restai in parte. 

 

-Come stai, Figliolo? – chiese Dustin a un tratto rivolgendosi a me.

 

Lo squadrai duro. Quella sarebbe stata la mia unica risposta e, alla fine, quello che abbassò lo sguardo per primo, fu lui.

 

-Ottimo umore, quindi. – commentò rivolgendosi a Stewart. – Bene. Sfrutta bene queste trentasei ore, dottore. Qua dentro sarete al sicuro, certo sarebbe stato molto meglio se ti fossi organizzato per gestire le cose dalla sala operativa, ma sono certo che filerà tutto liscio. A proposito, Daryl, so per certo che la tua amichetta sta bene. Una squadra ha incontrato il cinese in ricognizione l’altro giorno e ….

 

-Coreano.

Dustin mi squadrò senza capire. – Glenn è coreano, non cinese. 

 

L’uomo che sarebbe dovuto essere stato un padre per me, almeno fino a quando ne avevo avuto bisogno, mi guardò come se non mi avesse mai visto davvero, e io capii, per la seconda volta nella mia vita, quanto dovevo essere stato coglione per gran parte della mia vita. 

 

Dustin scosse il capo e senza degnarmi di una risposta, inforcò la porta. 

 Ora Stewart e io eravamo davvero soli. 

 

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Capitolo 33
*** capitolo 33 - Soli terza parte ***


Daryl

 

Non appena mio padre tolse il disturbo, Stewart lo seguì per sprangare la porta al piano di sotto e assicurarsi che tutto fosse sbarrato, mentre io cercai di alzarmi dal letto, non senza un notevole sforzo e l’uso di tanta buona volontà.

 

-Che ti avevo detto? – chiese il medico facendomi sedere e porgendomi una ciotola con  un qualche intruglio fumante. 

 

–  Trentasei ore o forse più d isolamento. Stanotte finirai quella flebo e domattina, con un pò di fortuna, potresti essere già in grado di stare in piedi.

 

- Che mi dici della confusione e della spossatezza? 

 

- Effetti collaterali dell’inattività e delle droghe assunte, dovrebbero passare entro domani pomeriggio – mi liquidò velocemente Stewart, mentre armeggiava con un becco bunsen che, chissà dove, aveva trovato, - Quello che mi preoccupa di più è la stanchezza accumulata in questi mesi. 

 

- Nel senso? – gli chiesi perplesso.

 

 

 

 

Stewart si tirò su gli occhiali, scivolati dal naso, e scosse la testa, sconsolato.

 

- Vediamo. Un’apocalisse zombie, la morte di tuo fratello, il dover sopravvivere sempre e comunque in un ambiente ostile.. Cosa manca? -disse volgendo gli occhi al cielo, come per riprendere il filo del discorso  – Ah giusto, tutto quello che hai passato qua dentro senza colpo ferire.. sia fisicamente che – e questo mi preoccupa molto di più- mentalmente…

 

 

Lo osservai stranito senza realmente poter fingere di non aver capito, ma lo lasciai comunque continuare. 

 

 

-Ci arrivi anche tu, credo. Se ti rimetto in piedi e ti ridò la tua balestra, chi mi garantisce che tu là fuori te la sappia ancora cavare? 

 

 

Non potevo dargli torto. In quel preciso momento, anche se non ci avevo ancora dato molto peso, la mia mano destra, che reggeva il cucchiaio con cui portavo quella brodaglia calda alla bocca, tremava terribilmente. 

Chi o cosa mi avrebbe dato la certezza che là fuori, in un momento di assoluto pericolo- sarei riuscito a controllare i nervi e agire in maniera netta? 

In quel preciso momento avrei avuto bisogno di avere accanto Rick, sapevo che su di lui avrei potuto trovare un punto fermo e una roccia su cui poggiarmi, se solo avessi leggermente vacillato, ma la sola persona  che mi venne in mente, fu mio fratello Merle. 

Troppo simile fisicamente a mio padre e troppo cazzone per essere realmente utile in una situazione limite ,era la sola persona che la mia mente  trovò la forza di immaginare per darmi forza, quella stessa forza che temevo avrebbe potuto cessare di sostenermi  e farci uccidere.

 

 

Mi venne da ridere.

 

- La cosa è divertente? – chiese il dottore allarmato.

 

-Si in un certo senso, - gli risposi ironico.

 

 

- Non so come ma l’idea di venire smembrato da una mandria di zombie schifosi non mi rallegra. – rispose Stewart esasperato.  

 

Controllò la flebo e mi pose una candela. - E’ la sola cosa che possiamo usare fino a che siamo confinati qua dentro, vedi di fartela bastare. Io provo a dormire qualche ora, vedi di faro anche tu.

 

-Grazie Stewart.

 

Il Dottore si bloccò nel sentire quella parola, poi mi fece un cenno col capo e uscì dalla stanza.

 

Mi ritrovai solo con i mei pensieri, di nuovo. Sapevo che quello che temeva Stewart era reale, ma sapevo anche che io non potevo morire lì. Non quando ero così vicino alla meta.

Se la sorte mi fosse stata propizia - avrei dovuto avere la possibilità di rivedere ancora una volta – anche solo una volta – quei meravigliosi occhi chiari di Beth che si posavano su di me e che mi colmavano con la loro dolcezza.

 Se avessi potuto ancora una volta avere la possibilità di guardarla negli occhi – di perdermi in essi- avvertendo ancora lo stesso calore che vi avevo letto ogni volta che lei mi guardava, - ecco a quel punto - sarei stato anche pronto a morire. 

Appagato. 

Fiero di aver capito che non ero del tutto insensibile, che il mio cuore batteva ancora, e che lei, ne era la causa primigenia. Se anche – dopo averla rivista, mi avesse scacciato e non mi avesse più voluto nella sua vita e mancando lei, non avessi più avuto alcuna possibilità di amare qualcuno, per un suo solo sguardo di nuovo su di me, avrei accettato  qualunque tipo di destino che il futuro mi avesse riservato. 

 

Per un suo bacio, poi, - per le sensazioni che io avevo provato la prima volta che aveva appoggiato le sue labbra sulle mie, avrei affrontato Dustin e tutto il suo esercito a mani nude e, se fossi perito, bè esistono morti peggiori. 

Avevo avuto altre donne nella mia vita, e credevo, di averle amate tutte con la stessa intensità e trasporto, ma da quando avevo conosciuto quella ragazzina bionda, il mio mondo già abbastanza incasinato e difficile, si era ribaltato.  Avevo fatto un madornale e grossolano errore di valutazione: c’era ancora del buono là fuori e io ne potevo fare parte, con lei vicino. 

Il mio cuore aveva davvero perso un battito, la prima vola che lei ed io, ci eravamo baciati, e se prima non credevo a certe stronzate, ora dovevo ricredermi, poiché la mia intera anima bramava di poter tornare a lei e di potere ancora fare parte  della sua vita. 

Il destino mi doveva ancora qualche fiche, era ora di pareggiare davvero i conti, e se fosse anche stata la sola possibilità che mi veniva data, bè, la sorte me lo doveva.

Con quei propositi e un grosso peso sullo stomaco, sprofondai in un sonno profondo e agitato.

Tutto quello che sarebbe successo da ora in avanti, doveva avere come fine ultimo rivedere lei, magari poterla stringere un ultima volta tra le mie braccia, poi se la mia vita fosse finita, non avrebbe più avuto importanza. 

 

 

 

 

 

Angolo  mio : 

Prima di tutto chiedo venia per la lunga, lunghissima, attesa,  e vorrei avere una scusa migliore, ma a parte che la mia vita è un enorme casino fatto di sbagli e inversioni a u in autostrada - metaforicamente parlando,- non so che altro dire…

Un abbraccio. A.

 

 

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