Ricordi di una locanda abbandonata

di RoloChan105
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ricordi di una locanda abbandonata

 

Capitolo 1

 

Il boccale è ormai vuoto.

Nessuno è più presente nel locale se non qualche vecchio ubriacone addormentato contro il ruvido legno del proprio tavolo. Il barman e la locandiera, sono finalmente a cenare nel retro e uno strano silenzio, regna nella bettola che fino a quel momento, era stata chiassosa.

Mi osservi, mi fissi severo.

Sai chi sono ed io so chi sei tu.

Non è la prima volta che ci vediamo ed ormai, ho perso il conto delle volte in cui ti ho visto qui. Non abbiamo mai parlato, né cercato di attaccar briga.

Siamo in territorio neutrale, fuori dai nostri paesi.

Io non faccio del male a te, tu non ne fai a me.

Io non svelo chi sei, tu fai altrettanto.

Se ti trovi qui, esattamente come me, sicuramente non è per consumare queste pessime birre schiumose o il sapore un po’ acido dello stufato. Non penso nemmeno che tu possa apprezzare le camere al piano di sopra: i pavimenti pieni di buchi e le lenzuola con una spruzzata di odore stantio. Prendo il boccale e no, non ne è rimasta nemmeno una goccia da far scendere giù per la gola.

Lenta, ne approfitto per fissarti di nuovo e non sono sorpresa di vederti fare altrettanto.

Non cerchi di nasconderlo, tutt’altro, sembra quasi che tu voglia che io sappia che lo stai facendo. Mi stai esaminando, soffermandoti a fissarmi il volto, gli occhi, il naso, i miei capelli tagliati male e di uno stupido viola, le mie poche curve e i muscoli che pensi che io non abbia.

Non nascondo armi sotto la maglietta nera, ma solo una blanda canotta.

Non ho un coltello nascosto nella tasca, ma un misero pezzo di carta e un annotazione di un luogo. Con un sospiro, mi metto ad osservarti, imitandoti.

Sei grosso, dannatamente grosso.

Muscoloso, forzuto, un abile combattente e a giudicare dalle cicatrici che possiedi in volto e sulle braccia, sei ben preparato al dolore.

So parecchie cose su di te, mano di Noxus; le voci corrono, le persone parlano, ma la fonte non è mai affidabile. Dicono che tu sia un mostro, ma anche un uomo che in passato, è stato capace di amare. Dicono che sei una vera macchina da guerra, ma hai imparato da solo l’arte di sopravvivere. Dicono che tu sia senza anima, ma questo, lo dubito.

Non saresti qui altrimenti.

Non saresti qui, come me, in questo luogo a cercare un po’ di pace, lontano da tutto e da tutti.

Un luogo dove le leggi, così come i doveri, sono in stand by, dove finalmente puoi essere te stesso senza dover dare di conto a qualcuno.

Dove tu non sei nessuno, esattamente come tutti gli altri.

Lo è per me e lo sento, è così anche per te.

In tutto questo mio ragionamento, non smetti di fissarmi.

Stufa, mi alzo e mi dirigo al tuo tavolo.

Il tuo cipiglio corrucciato si imbroncia ancor di più, ma poi, ti sorprendi nel vedermi accomodarmi di fronte a te. La sedia fa un poco di rumore mentre la sollevo da terra e mi ci metto a sedere. Un sorriso canzonatorio si dipinge sulle mie labbra.

Immagino che tutto poteva passarti per la testa, tranne che mi avvicinassi a te, vero?

-Mi era sembrato che volessi osservarmi...- parlo mettendomi comoda e a braccia conserte. Ascolti le mie parole, per poi, soffocare un sorriso e afferrare il tuo boccale di birra. A differenza del mio, è ancora pieno.

-Anche tu non ti sei risparmiata- ammetti portandoti il boccale alle labbra. Bevi, una generosa sorsata, lo svuoti quasi. Con un tonfo, lo sbatti sul tavolo e torni, con quei tuoi occhi verdi a fissarmi intensamente. Sebbene ogni mio gesto è calcolato dopo un attento ragionamento, questa sera sono senza un piano.

Non era mia intenzione infastidirti, né di creare un dialogo con te. Ognuno per sè.

Ma, e questa, è del tutto un ipotesi che azzardo, non sembri disturbato dalla mia presenza.

-Sei interessante- ammetto senza remore. Sei un bell’uomo, tutto sommato. Nessuna donna con un cervello potrebbe rimanere indifferente di fronte alla tua persona.

-Interessante...- ripeti abbassando i tuoi occhi sulle mie braccia.

-Sei diverso dagli uomini con cui ho a che fare.- aggiungo. I demaciani che vedevo ogni giorno, non erano così piazzati.

Molti erano figli di papà, altri erano solo gente col cervello, non adatti agli scontri.

Garen e Jarvan al momento, erano gli uomini più piazzati che avessi mia visto. Ma tu li batti... in tutti i sensi.

-Anche tu sei diversa dalle donne Noxiane - borbotti alzando lo sguardo verso le mie piccole forme- e anche dalle demaciane...- con un sospiro, mi rilasso sulla sedia.

Non sembro una demaciana, lo so. Non sono il massimo esempio di bellezza o una donna dall’aspetto piacente.

Combatto, vivo per me.

Non so quante volte mi sono rotta il naso, non so quante volte mi sono spaccata il labbro o ho ricevuto un pugno sul volto. Ho una cicatrice lunga ed orribile che attraversa il mio corpo.

Tutto sommato, mi piaccio.

-Tu invece sei il chiaro esempio di un Noxiano.-

-Ah... dici?- si. I Noxiani sembravano aver preso lui come modello da seguire.

-Già...- affermo spostando gli occhi sul boccale di birra. Le goccioline di condensa, scendono lente lungo il bordo del bicchiere. -Ma non ti hanno riconosciuto... tranquillo.- concludo e a quelle parole, torni a fissarmi in volto.

Sei teso, ma subito dopo, ti rilassi.

Non hanno riconosciuto nemmeno me. Siamo solo due volti anonimi.

-Tu si- alzo lo sguardo nel suo.

-Io si.- non potevi scappare al mio sguardo.

-Subito?- prendo del tempo, infine ti rispondo.

-Subito- Le informazioni che avevo su di te erano davvero fedeli.

-Io invece, ho visto la tua aquila- con un gesto, ti allunghi sulla sedia e accavalli le gambe. Non c’è tensione nelle tue parole. Da lontano sembriamo solo due vecchi conoscenti. -Non pensavo che fossi una donna... pensavo che le “ali di Demacia” fosse un uomo.-

-Meno persone sanno chi sono, meglio è- socchiudo leggermente gli occhi.

-Ti preferisco donna-Ti sento dire dopo poco e immediatamente, torno a fissarti. Restiamo in silenzio, nuovamente, ci osserviamo ma questa volta, entrambi abbiamo uno sguardo differente in volto. Chi incredulo e chi, sorprendentemente malizioso. Un piccolo sorriso si forma sulle mie labbra e lascio uscire un piccolo “uh”, di rassegnazione.

-Ci sta provando, generale?-

-È vietato?- domandi inarcando un sopracciglio.

-Sono una demaciana.- rispondo come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

-Non qui.- Mi correggi e nuovamente, mi sorprendi.

Già, in questo luogo non c’è Demacia e non c’è Noxus.

Non ora, nè dopo.

Non c’è e basta.

-già, non qui.- asserisco e una nuova luce arde nei miei occhi.

Improvvisamente, mi sento spinta a voler sapere di più su di te.

Sapere che tipo di persona sei, come combatti, perché lo fai, perché sei qui, che sapore hanno le tue labbra ma la catena dei miei pensieri si spezza quando ti alzi.

Afferri il boccale e con un ultima sorsata, finisci tutto.

La birra è finita, la conversazione è terminata.

Mi volti le spalle e lento, te ne vai verso le scalinate.

Io rimango a sedere, mentre ascolto i tuoi passi allontanarsi. Rifletto su quanto accaduto e improvvisamente, tutto si fa freddo.

Come una farfalla, ero andata molto vicina alla tela del ragno, ma il ragno quella sera, non era interessato: era troppo impregnato a tessere la sua tela.

 

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Note dell'autrice.
è da tanto che non scrivevo una fan fic.
Davvero troppo.
Questa, a differenza di molte altre che ho scritto in passato, è conclusa.
L'ho scritta al telefono in un giorno di pioggia e sono riuscita a dargli una fine. Non ha un significato profondo o una lettura impegnativa.
è stato uno scritto tanto per fare, per riprendere il ritmo, per voler esprimere qualche idea che disegnando, non riesco a trasmettere.
3 capitoli.
Grazie per averla letta.
Ah, se vedete qualche errore, segnalatemelo che correggerò!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


// Eccoci al secondo appuntamento con la storia! Domani sarà l'ultimo!
 

Capitolo 2

 

Tuoni e fulmini rimbombano in lontananza.

La locanda si illumina per pochi attimi, per poi tornare alle tenui luci delle lampade. Non c’è molta gente, solo due clienti affamati e la locandiera che nel retro, parla col marito. A distanza di mesi, torno nel mio piccolo rifugio.

Ho già mangiato, il boccale di birra è quanto rimane della mia precedente ordinazione e il tavolo, è inondato di fogli e mappe.

Tracciare una via non è semplice, specie in un ambiente ostile e poco dettagliato.

Con attenzione, cerco di ricordarmi i punti essenziali; sul mio taccuino, riporto con dettaglio dove sono riuscita a trovare determinate erbe mediche.

Con lentezza, traccio delle linee, abbozzandone la forma.

Accanto, scrivo il nome e la sua proprietà medica. Molte di queste nozioni nel tempo, mi hanno salvato la vita. Se da bambina pensavo che fossero solo un inutile perdita di tempo, ora me ne ricredo. La porta alla locanda si apre e una figura in nero entra facendo ammutolire tutti i presenti.

L’osservo mentre si dirige al bancone per prenotare una camera e immediatamente, fermo la mia mano. Riconosco quella voce, la tua voce. Non appena ti togli il cappuccio del mantello, fermo il mio respiro per un secondo.

Sei tu. Di nuovo.

Con un gesto secco, ordini da bere e non appena ti volti, il tuo sguardo vermiglio incontra il mio. Non c’è emozione nel tuo volto nel trovarmi di nuovo di fronte a te, ma lento, sei tu questa volta che mi sorprendi. Ti siedi con malagrazia al mio tavolo e sebbene alcune gocce di pioggia bagnino i miei precedenti appunti, non mi arrabbio.

Sono troppo sorpresa di vederti.

-Non pensavo di trovarti- Parli e devo ricordarmi, di tornare a respirare.

Hai il volto bagnato, i capelli sono attaccati alla tua fronte. La maglia che indossi è zuppa, così come i pantaloni e la sacca che velocemente, calci sotto al tavolo.

-Neppure io- Ammetto.

È passato del tempo, ma la curiosità verso di te, non è diminuita.

In pochi istanti, la locandiera ci raggiunge e con in mano i piatti, sbuffa nel vedere il tavolo pieno di fogli.

La fisso, un solo istante, per poi togliere una o tre mappe per permetterle di poggiare le vivande. Con malagrazia depone le stoviglie sul tavolo, per poi, voltarsi e tornare a discutere col marito.

È da tutta la sera che litigano.

Stanca, poso la penna che fino a quel momento, tenevo in mano: è chiaro che non tornerò a lavorarci sopra.

Non riesco a fare a meno di osservarti, di nuovo.

Con calma, non prima di aver bevuto un sorso, afferri la forchetta e inizi a mangiare. Non so che diavolo di cibo ti abbia servito, ma sicuramente, non è carne. Con attenzione, comincio a togliere i miei lavori e questo ai tuoi occhi non sfugge.

-Sei brava- borbotti masticando il boccone. Osservi le linee che ho tracciato, il luogo che ho disegnato e il nome che ho scritto. Sicuramente, non ci capirai niente, ma comprendo che vuoi iniziare una discussione. La volta precedente, te ne eri andato, silenzioso, senza dire niente.

-Non così brava- non mi piace mettere in mostra le mie doti. Per molti, è solo un inutile perdita di tempo, per me, sono informazioni vitali.

Nuovamente, il silenzio si frappone tra noi.

Non sono abituata a parlare con le persone, meno ancora con persone come te. Mentre mangi, torno ad osservarti.

L’ampia fronte, i tuoi occhi verdi, le labbra sottili ma piene.

La mascella robusta, qualche goccia di pioggia che scende lungo il collo. Piccoli particolari che registro nella mia mente.

Infine, anche tu mi imiti.

Osservi prima i miei occhi ambrati, poi le mie labbra. Ci perdi del tempo ad osservarle e ti vedo socchiudere le tue. Infine, scendi con lo sguardo verso il mio collo, poi, sui miei seni ed infine, torni al mio volto.

-Sei ferita- mormora e un piccolo sospiro, esce dalla mia bocca.

-Sei un bravo osservatore...-

-Che ti è successo?- ignori la mia lode e vuole sapere i dettagli.

-Un arma da taglio- spiego infine, perché so che è inutile nasconderlo. -Non mi ha lesionato organi vitali, ma ha sortito l’effetto desiderato.- ormai ero sulla via di guarigione e anche se poteva essere considerata una cicatrice tra le tante, ancora doleva.

Una ferita sul fianco, per molti, era segno di disattenzione.

Nuovamente, mi sorprendi quando allunghi una mano verso il mio fianco. Sento le tue dita sfiorarmi la maglietta ed infine, senza un consenso o un permesso, la alzi quel tanto che basta per poter vedere la fasciatura.

-Ti hanno atterrato...-Per l’ennesima volta, mi sorprendi. Riesci a capire l'angolazione della ferita.-In quanti erano?- Percepisco le tue dita sfiorarmi la pelle e rabbrividisco.

Sono fredde, dure, decise.

-Sette- rispondo rimanendo immobile. Con le dita, ti sposti, sentendo mentre scorri sulla mia pelle dei solchi e delle linee irregolari. Cerchi di seguirla ma immediatamente, le mie mani ti fermano.

Mi osservi e io, osservo te.

Apri la bocca per dire qualcosa.

-Che cos’è?- domandi rimanendo immobile.

-Il prezzo della mia vendetta.- Rispondo per poi smettere di stringerti le mani, fino a lasciarti libero accesso.

Tocchi di nuovo la mia cicatrice, la sfiori, cerchi di capire la sua forma. Quando la senti perpetuarsi verso l’alto, però, fermi le tue mani.

Con lentezza, le togli e per l’ennesima volta, torni a fissarmi.

Vuoi sapere di più, vuoi capire, vuoi studiarmi.

Anch'io voglio sapere...

-Che fine hanno fatto quegli uomini?- domandi serio.

Mi mordicchio le labbra. Cosa importa ad un uomo come te di che fine hanno fatto?

Ad ogni modo, non posso fare a meno di risponderti. Voglio risponderti.

-Sono morti- Affermo.

-Meglio così.-

-Anche se erano Noxiani?- il tuo sguardo si scioglie mentre fissi i miei occhi, si fa liquido, ardente.

-Meglio che siano morti...- mormori con un intensità che mi lascia quasi stordita.

Un rombo tuona in lontananza facendo imprecare uno dei due uomini che da qualche minuto, avevano terminato la loro cena. Entrambi, si alzano e andando al bancone, pagano la loro ordinazione apprestandosi ad uscire. Le porte sfregano tra loro, fino a quando, non cessano di far rumore.

Anche la locandiera e il marito non si sentono più.

Adesso, siamo soli.

-Erano tuoi uomini?- domando e tu, scuoti il volto.

-Li riconosceresti...sono come me.- Mi spieghi e con gli occhi, scendi a fissare nuovamente la mia maglia. Questa volta, sono io che mi alzo. Mi osservi e in pochi attimi capisci. Restando impassibile, ritorni al tuo piatto, mentre io, raccolgo le mie cose e salgo le scale. Più mi avvicino a te, più comprendo che questo, non porterà a nulla di buono. Nè a te, né a me.

Mentre salgo le scale, sento i tuoi occhi accompagnarmi. Arrivo alla porta della camera che mi è stata assegnata e la apro. Le mie mani sono ferme, ma sento il mio corpo tremare.

Tremare dal desiderio.

Desiderio per un uomo che è il nemico del mio paese.

Desiderio per un uomo che mostra un interesse verso di me.

Un vero interesse.

Un desiderio che so, è sbagliato.

Chiudo la porta e mi sdraio sul letto. La pioggia, assieme al battito del mio cuore è una nenia che mi culla facendomi addormentare.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

// siamo arrivati all'ultimo capitolo...
Grazie mille per aver seguito questa storia!

 

Capitolo 3

 

Apro la porta della locanda e una nuvola di polvere, mi da il benvenuto.

Non c’è più luce al suo interno, né il caldo che da sempre aveva caratterizzato quel posto.

La guerra è arrivata anche qui e la vecchia locanda, era ormai solo un vecchio e lontano ricordo. Faccio un passo avanti e osservo i bicchieri e i liquori malamente sparsi, così come le sedie ed i tavoli, per terra. I vetri sono spaccati, con sguardo attento, noto anche quelle che dovevano essere delle chiazze di sangue. Faccio un passo avanti e le mie suole, calpestano i frammenti di vetro e di schegge di legno. Il solo rumore del vento è quanto si ode al momento.

Sospiro lanciando un occhiata verso la parte che solitamente, occupavo per mangiare. È tutto distrutto. Il mio sguardo si sposta. Non può farne a meno...

Osservo le scale o quel che ne rimane. Il corrimano è rotto, ma sembrano ancora agevoli per raggiungere il piano superiore.

Non c’è nessuno ad ogni modo all'interno del complesso: di questo, ne sono sicura.

Ad ogni mio passo, i salini scricchiolano e fanno strani rumori.

Il mio rifugio... il mio luogo sicuro...

Chiudo gli occhi e con un sospiro, finisco di salire le scale.

Le stanze sono aperte, le porte sono sfondate. Alcune finestre sono rotte, molti letti sono ribaltati, così come le lenzuola e i cuscini.

Le piume sono sparse ovunque, la mobilia è distrutta.

Cerco la camera meglio messa e mi stupisco di trovarne una che sembra essere stata risparmiata dal passaggio della guerra. Era quello il mio obbiettivo originale: soggiornare per riposare.

Un lungo viaggio mi aveva tenuto impegnata e la strada verso casa era ancora lunga.

Non ero preparata al fatto che queste terre adesso, non erano più neutrali.

Tocco la porta e un letto abbastanza in ordine mi si presenta davanti. Sembra come se qualcuno fosse stato interrotto...

Entro, la luce della luna è la sola illuminazione possibile. La stanza è spoglia ma anche lì, come nelle altre, la polvere è presente ovunque. Mi metto a sedere e spero che il letto, continui a sostenere il mio peso. I ricordi mi affollano la testa.

Il tuo volto è la prima cosa a cui penso.

Chiudo gli occhi e ripenso all’ultima volta che ci siamo visti. È passato un anno, se non ricordo male... o forse due. Il tempo vola...

Le cose sono cambiate...

Un tonfo mi fa rizzare in piedi e sobbalzo quando ti vedo all’entrata che con la tua stazza e l’armatura, blocchi il mio passaggio.

-Questo è territorio Noxiano-mormori con il tuo solito tono duro. Con uno sguardo serio, mi alzo e mi avvicino. Forse tutta la locanda può essere caduta nelle mani di Noxus, ma non questa stanza.

-Non tutto... non qui.- mormoro fermandomi a qualche centimetro da te.

Te lo ricordi?

Ricordi quando me lo dicesti tu?

Eh, Darius?

Resti in silenzio.

Non dici una parola.

Mi osservi, resti impassibile, per poi, chiudere la porta alle tue spalle.

Con una mossa, allunghi una mano e mi afferri il braccio.

L’altra mano invece, la porti al mio volto che con brama, fai combaciare con il tuo.

Sfioro le tue labbra.

Finalmente.

Le dischiudo facendo uscire un sospiro di sollievo.

Chiudo gli occhi e tu, fai altrettanto, lasciandoti trasportare dal momento.

Mi baci, mi stringi a te. Fai combaciare il mio corpo contro il tuo.

L'armatura che indossi è fredda, dura.

Mi avvicini al muro e veloce, le tue mani mi spogliano della mia uniforme.

Via l’elmo, via il mantello. Faccio cadere la mia arma e qualche fibbia.

Tu mi imiti, non staccandoti dalla mia bocca, togliendoti i guanti e quei dannati spallaci. Rumorosamente, la tua corazza cade al suolo facendomi per un attimo pensare se questo pavimento ci reggerà oppure no.

Lesto, le tue mani, tornano a cercarmi: i miei seni sono ancora intrappolati dal corpino, le mie grazie ancora coperte dai pantaloni.

Non vuoi perdere tempo.

Mi vuoi.

La cosa è reciproca.

Volevo scoprirti da quella notte. Sentire le tue labbra, scoprire il tuo sapore, provare la sensazione di essere tra le tue braccia, ascoltare la tua voce così bassa e roca mentre gemi e chiami il mio nome. Infine, i miei pantaloni cedono e tu, hai armeggiato abbastanza con la tua armatura da liberarti i calzoni.

Mi sollevi, mi avvicini di più a te.

Riesci a sollevarmi senza fatica. Mi sostieni per le cosce e posso sentire la tua virilità premere per entrare.

Con entrambe le mani, mi aggrappo al tuo mantello mentre tu, scosti il tessuto delle mie mutande per poter entrare.

Una spinta poderosa e sei dentro di me.

Un gemito, esce dalle mie labbra che tu, veloce e impaziente, ti riappropri.

La tua lingua è calda, la sfreghi contro la mia, facendola danzare, seguendomi, esplorandomi la bocca.

Il tuo sapore mi fa impazzire Darius... E impazzisco di più quando inizi a muoverti.

Spinte decise, forti, impazienti.

Anche tu senti quel che sento io?

Questo bisogno impellente?

Questo volerti anche se è impossibile?

Ma qui possiamo.

Qui.

Solo qui.

Ti sento affondare in me, fino in fondo, più e più volte.

Ansimo contro la tua bocca, gli occhi non riesco a tenerli aperti.

Infine, il tutto esplode quando raggiungo l’apice del piacere. Mi stringo con forza a te e tu, fai altrettanto quando vieni.

Il tuo seme mi riempie poco a poco per poi scivolare via con te quando lento, mi fai scendere a terra.

Ansimiamo, entrambi.

Le mie gambe tremano e con forza cerco di reggermi alla parete dietro di me.

Mi osservi.

Hai i capelli disordinati, il volto rosso dallo sforzo e dal piacere. I tuoi occhi... mi fissano con intensità.

Di più.

Ne vuoi di più.

E così anch’io.

 

 

 

Le lenzuola sono sparpagliate attorno a noi.

Il mio volto è contro il tuo petto che si alza e si abbassa ritmicamente per lo sforzo e per la fatica che abbiamo fatto.

Una tua mano e insinuata tra i miei capelli in un chiaro gesto d’affetto. Non sei il tipo da coccole, neppure io ma apprezzo.

-Non pensavo di trovarti...-Parla dopo ore passate a darci piacere.

-La locanda...-la mia voce è un po’ roca- quando è stata distrutta?- Ti sento sospirare per poi scuotere le spalle.

-Un anno fa...-Mi spieghi tenendo gli occhi chiusi. -Non pensavo che Noxus sarebbe riuscita ad arrivare anche qui...-

-Quindi adesso, questi sono territori Noxiani?- domando e tu annuisci.

-Si...- sospiro e lo puoi sentire anche tu.

-Dunque...questa è l’ultima volta che potremo vederci...- Non mi rispondi, ma so che è così. Questi secondi, minuti, ore... saranno tutto ciò che ci rimarrà.

-Quinn...-Mormori il mio nome.

-Guarda che lo so...- lo precedo alzandomi a sedere.

-So di non poter ambire a nient’altro, così come tu, con me.-

-La mia posizione è diversa dalla tua.- spieghi e hai lo sguardo puntato al soffitto. Vorresti dirmi tante cose...idee, proposte...qualcosa di cui pentirsi.

-Lo so.- socchiudo gli occhi - altrimenti, non saresti mai venuto qui...- Conosco la storia del Trifarix, così come i tuoi doveri verso Noxus e ciò che rappresenti.

Mi ero informata ed immagino, tu abbia fatto altrettanto.

-Dovevo pensarci prima...- Ammette alzandosi a sedere.

Mi osservi, seghio con lo sguardo le cicatrici che costellano il mio corpo e pure io, faccio altrettanto.

Siamo persone votate alla guerra, la pace per noi, sarà solo una chimera. Entrambi siamo un simbolo e una speranza.

Ti avvicini e mi baci.

Un bacio diverso.

Un bacio di addio.

Ti alzi e inizi a vestirti.

Ti osservo e in pochi attimi, ti raggiungo facendo altrettanto.

Questa volta, ce ne andremo entrambi.

Ancora con molte domande, ma senza, almeno questa volta, nessun rimpianto.

La prossima volta che ci incontreremmo, probabilmente, sarà faccia a faccia in guerra.

E baci, carezze, domande e sorrisi, rimarranno segregati nelle nostre memorie e tra le lenzuola di una vecchia locanda abbandonata.

 

 

 

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