Planet Vegeta

di angelo_nero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- Introduzione ***


Cap 1

 

La navicella procedeva in modo sostenuto, attraversando in velocità il vuoto dello spazio più profondo. Attorno solo il nero più buio dell’universo sconfinato, qua e là qualche stella luminosa, non più grande di un puntino a quella distanza. Attraversò galassie, passò di fianco a pianeti inabitati e sull’orlo della distruzione, sfiorò la collisione con un asteroide continuando il proprio percorso verso la meta finale.
Nessun uomo, proveniente dalla Terra, si era mai spinto oltre la propria galassia, mandando al proprio posto sonde o robot per cercare vita al di fuori del proprio pianeta. Essi, i terrestri, mai avrebbero immaginato che, al contrario, molti “alieni” si erano spinti ben oltre la conosciuta Via Lattea, arrivando a considerare il pianeta blu ai confini dell’universo.
Alieni incaricati di trovare, conquistare, depredare e poi rivendere al miglior acquirente qualsiasi pianeta valesse abbastanza. Guerrieri, la maggior parte, con grande forza combattiva e dall’enorme potenziale, amministrati da un Lord potente quanto pazzo, astuto quanto sadico, che desiderava l’intero universo ai propri piedi pur non muovendo un dito. Un tiranno che non si faceva scrupoli ad eliminare chi gli era d’intralcio. Fu egli stesso a sterminare la razza a lui più fedele temendo una loro possibile rivolta, i Saiyan, spazzandola via assieme al pianeta che portava il nome del loro sovrano. Non ne rimaneva che una manciata di questi guerrieri, di cui ancora meno purosangue, e un buco buio lì dove risiedeva il pianeta.
Vegeta era solito osservare quel buio in mezzo a tante piccole stelle, soprattutto nelle notti di luna piena quando il suo sangue Saiyan ribolliva più del solito, a fronte di una trasformazione che non poteva più avvenire in assenza di coda.
Fu proprio lui, il Principe dei Saiyan, che, una notte, osservando con più attenzione il tappeto di stelle, si era accorto che quel vuoto era stato colmato da nuova luce. Si era a quel punto chiesto se un nuovo pianeta fosse nato al posto di Vegeta-sei.
Una volta comunicata la notizia alla compagna, anch’ella volle osservare il nuovo puntino luminoso apparso nei cielo notturno da qualche tempo. Gli aveva rivelato, dopo una prima occhiata e una chiacchierata con il padre, che, nonostante i continui osservamenti del padre e dei suoi colleghi, non avevano registrato alcuna nascita di pianeti o stelle nell’ultimo periodo. Era un fatto assai curioso quello, sia per Bulma, scienziata e amante dello spazio, sia per Vegeta, che aveva vissuto a lungo bazzicando da un pianeta a un altro. Però la cosa finì lì, a nessuno saltò in mente di dire “Ehi andiamo a farci un giro e vedere cosa succede nello spazio!”.
O almeno così credeva Vegeta, fino a che un pomeriggio, di ritorno dagli estenuanti allenamenti, si ritrovò come al solito a cercare la consorte per i laboratori, dove sapeva passasse gran parte delle sue giornate. Le si avvicinò, sbirciando il monitor davanti al quale era seduta trovando qualcosa di familiare.
- Quello non è il pianeta che abbiamo trovato l’altro giorno?-
- Già. Sto cercando di tracciarne le coordinate ma non è un’impresa facile dato che è parecchio lontano.-
Il Saiyan, che non stava più pensando a quel dettaglio da giorni, rimase in silenzio a guardarla lavorare per dei lunghi minuti.
- Cosa devi farci con quelle coordinate?-
Bulma quasi sobbalzò al suono della sua voce, troppo concentrata su ciò che stava facendo per prestargli attenzione si era dimenticata della sua presenza, complice anche il rigoroso silenzio nel quale il principe sembrava essere caduto negli ultimi minuti. Si stiracchiò e si mise a girare sulla comoda sedia da ufficio.
- Stavo pensando di andare a dare un’occhiata, settimana prossima. Staccare dal lavoro mi farebbe bene.- disse con no calanche quasi gli stesse dicendo che aveva programmato un pomeriggio di shopping.
- Come scusa?- le chiese sperando di aver sentito male.
Bulma tornò ad osservare il monitor e a pigiare pigramente il tasto sinistro del mouse, il mento poggiato sulla mano sinistra, sulla quale riluceva la fede nuziale, a testimoniare la noia di quell’interminabile attesa.
Vegeta fu catturato dal riflesso dorato dell’anello ma non si distrasse dalla conversazione. Sbattè una mano sulla scrivania, facendo spaventare la donna e attirando così la sua attenzione.
L’azzurra, dopo essere saltata sulla sedia dallo spavento, fissò in maniera truce il marito che però non sembrò dare molto peso allo sguardo assassino nella propria direzione.
- Ehi! Che modi!- protestò.
Vegeta non le rispose, fissandola a sua volta in maniera non proprio accondiscendente, attendendo una risposta.
Bulma alzò gli occhi al cielo, sbuffò e si appoggiò allo schienale della sedia che scricchiolò sotto il suo peso. Incrociò le braccia al petto e spostò lo sguardo lontano da quello profondo del marito.
- Ho detto che...-
- Lo so cosa hai detto.- la interruppe.
Bulma lo fissò malissimo. - E allora che diavolo vuoi!?-
Che si levasse dai piedi se era lì soltanto per infastidirla, stava lavorando lei e non giocando.
- Capire se parlassi sul serio o fosse soltanto un vaneggiamento dei tuoi.- le rispose l’uomo incrociando le braccia al petto, guardandola dall’alto in basso.
Lei ignorò la sua frecciatina, concentrandosi sulle immagini e sui numeri che scorrevano veloci sul monitor.
Il computer ci stava mettendo più del solito a calcolare, probabilmente quel ritardo era dato dall’enorme distanza che intercorreva tra i due pianeti. Quando, finalmente, le casse emisero un suono simile a un bip prolungato, che la donna sapeva segnasse la fine dei calcoli, la sua attenzione fu completamente calamitata dalla lunghissima sequenza numerica. Velocemente se l’appuntò su un pezzo di carta, senza far molto caso allo sguardo particolarmente contrariato del Saiyan al suo fianco. Scattò poi in piedi diretta fuori dal laboratorio ma una mano forte la fermò a pochi passi dalla porta. Si voltò scorgendo oltre le proprie spalle gli occhi neri del suo uomo.
Vegeta non le lasciò il polso nemmeno quando fu sicuro che lei non sarebbe andata via finché non avrebbe ascoltato cosa avesse da dire. Incatenò i loro sguardi e, ottenuta la sua attenzione, iniziò a parlare.
- Scordatelo di andare da sola. Verrò con te.- le disse quasi sussurrando.
Bulma annuì, calamitata dal suo sguardo profondo e dal tono basso della sua voce. Quando lui la lasciò e le passò accanto, diretto in camera per darsi una lavata, lei si riprese continuando il percorso verso il laboratorio di fianco dove una navicella firmata Capsule Corporation l’attendeva.
La settimana dopo, come promesso, partirono alla volta di quel misterioso pianeta. Non da soli, purtroppo: Bra e Trunks, di tre e quattordici anni, li seguirono quasi intrufolandosi all’interno.
I genitori avrebbero volentieri lasciato i due bambini a casa, magari sotto l’occhio esperto dei nonni o, forse meglio ancora, di Goku e famiglia, ma loro non sembrarono essere d’accordo e puntarono i piedi per seguirli in quella nuova avventura.
Così, dopo quasi due giorni di viaggio, e dopo un buon decennio di sedentarietà sulla Terra, Vegeta si ritrovava nuovamente in una navicella alla volta di una meta ben tracciata senza sapere però cosa lo aspettava realmente. E quella volta non avrebbe dovuto pensare solo alla sua di sopravvivenza, ma anche a quella della propria famiglia. Tutto perché quella cocciuta di sua moglie non aveva voluto mollare l’osso quando le aveva detto che era pericoloso e stupido, tirando in ballo la storia che fosse una scienziata e come tale non poteva permettersi di farsi sfuggire tale occasione.
Fissò senza reale interesse il panorama monotono che si stagliava davanti a lui, comodamente seduto su una delle poltrone davanti ai comandi di pilotaggio. Lo aveva visto talmente tante di quelle volte in tutta la sua vita che niente di tutto quello che avesse potuto incontrare avrebbe potuto stupirlo, anzi avrebbe potuto dire che considerava la vita “da viaggiatore interstellare” monotona e noiosa.
Controllò la rotta digitando qualcosa sul computer di bordo, verificando che la stessero seguendo con continuità. Sia mai che per un motivo o per un altro, il pilota automatico decidesse di cambiare strada.
- E io che credevo che ti mancasse questa vita. Viaggiare per lo spazio a bordo di una navicella, verso mete ignote.-
Bulma gli spuntò alle spalle e gli si andò a sedere affianco, osservando anche lei, al suo contrario affascinata, il panorama luminoso al di fuori del vetro.
Vegeta la ignorò continuando a fissare davanti a sé, braccia conserte e sguardo annoiato. Ancora si chiedeva per quale assurdo motivo si era proposto, di sua spontanea volontà, di accompagnarla in quella pazzia. Avrebbe dovuto mandarla da sola, fosse stata la volta buona di farla smettere con stronzate simili, rischiando però, al contempo, di non vederla proprio tornare e la cosa non gli piaceva affatto. Aggrottò impercettibilmente le sopracciglia rendendosi conto che fosse stata proprio la paura che lei potesse rimetterci le penne in quel viaggio ad averlo spinto ad accompagnarla. Comunque sia ormai era lì dentro, bloccato, con loro, e non aveva modo di tornare sulla Terra, e sicuramente Bulma non avrebbe mai acconsentito a fare dietro front ora che erano così vicini alla loro meta.
- Trunks! Ridamelo! Dai!-
- Prova a prenderlo, se ci arrivi.- esclamò il piccolo mezzosangue tenendo il peluche reclamato dalla sorellina sopra la testa, fuori dalla sua portata.
Bra, dal suo metro e venti, non arrivava a prendere il giocattolo neanche saltando più in alto che poteva. Corrucciò lo sguardo e gonfiò le guance indispettita dalla volontà del fratello di metterla in difficoltà.
Trunks osservava sogghignando soddisfatto la sorellina fissarlo truce ma impotente. La bambina mai sarebbe arrivata fin lì, a meno che non volesse mettere alla prova i propri poteri che il mezzosangue più grande sapeva essere ancora acerbi e poco controllati. Non cedette neanche quando vide il disperato tentativo della sorella di intenerirlo con gli occhioni dolci.
- Gli occhi da cucciolo funzionano solo su papà.- le ricordò.
La bambina cambiò espressione e, di punto in bianco, sorrise malvagiamente per poi, inaspettatamente, tirare un calcio ben assestato sugli stinchi del fratello, il quale si vide costretto a mollare la “preda” e a tenersi l’arto dolorante.
Bra gongolò di gioia non appena recuperò l’oggetto perduto dalle grinfie fraterne, facendogli poi una linguaccia come risposta al suo scherzetto poco gradito. Saltellando la bimba tornò ai suoi precedenti impegni, seguita a pochi passi da un Trunks zoppicante, intenzionato più che mai a farla pagare alla piccola peste che si ritrovava come sorella minore.
Né Vegeta né Bulma intervennero in alcun modo nel piccolo bisticcio dei figli, consapevoli che se veramente si volessero far del male l’un l’altro non servirebbe un coniglio di peluche rubato a scatenare una guerra.
Si limitarono a fissarli quasi divertiti, in fondo quei due assomigliavano molto a entrambi, e mentre il carattere di Trunks, crescendo, andava via via ad assomigliare sempre più a quello paterno, riservato e poco propenso alle smancerie, seppur comunque con una buona dosa di influenza terrestre che lo rendeva meno scorbutico del genitore, quello di Bra sembrava pendere più verso i geni materni, rendendo la bimba vanitosa, curiosa e munita di lingua lunga, oltre ad essere in possesso di un enorme ascendente sul padre. La piccola di casa era la principessa di papà e Vegeta raramente le riservava un rifiuto netto o le impediva di fare ciò che voleva.
Bulma sorrise di fronte a quelle piccole divergenze che venivano fuori tra i due fratelli, in fondo era più che normale.
Ad attirare l’attenzione dei coniugi, intenti ad analizzare le sfaccettature dei caratteri dei figli per capire chi dei due avesse preso più da uno o dall’altro, ci pensò il computer di bordo annunciando con la sua voce robotica che mancava meno di un’ora all’atterraggio sul pianeta, con annessa schermata con le coordinate e il tempo rimanente.
Bulma premette una serie di pulsanti e la schermata lasciò il posto alla vista del pianeta di fronte a loro, che con il suo color sangue risaltava sul nero profondo dello spazio.
- Ma è rosso.- esclamò l’azzurra tra il sorpreso e il confuso. - Non ho mai visto un pianeta così rosso, a parte Marte.-
Vegeta invece sembrava piuttosto incredulo davanti al profilo che il pianeta gli mostrava. Si alzò dal proprio posto e si avvicinò al vetro poggiando le mani sul pannello di controllo, aggrottò le sopracciglia e pensò bene di eseguire una rapita scansione del corpo celeste, sperando che il computer di bordo fosse abbastanza aggiornato da riuscire a dargli una risposta più o meno precisa.
- Non è possibile.- affermò sottovoce tra sé e sé fissando i dati che apparivano sovrimpressione.
L’azzurra lo fissò smanettare di nuovo con i comandi, probabilmente alla ricerca di una conferma che il computer non sapeva dargli.
Osservò poi i dati raccolti ricavando le informazioni basilari che servivano loro per, eventualmente, scendere a terra ed esplorare la superficie; sembrava possedere un atmosfera vivibile, nonostante le temperature oscillassero tra un massimo di +70 gradi di massima e -35° di minima, con una media di 30 gradi di giorno e 10° di notte. Insomma non proprio le temperature ottimale per chi, come lei, soffriva terribilmente il freddo e odiava più che mai il caldo afoso. Non vi era riportato nulla su forme di vita intelligenti o su assenza di gravità, diede quindi per scontato che quest’ultima fosse quantomeno simile a quella terrestre
- Conosci questo pianeta?- domandò all’uomo davanti a lei, ancora intento a fissare i dati sullo schermo.
La schiena di Vegeta era visibilmente tesa, con i muscoli contratti e le spalle che sembravano dei pezzi di ferro talmente erano rigide, segno che qualcosa lo metteva in agitazione o gli dava particolarmente fastidio. Bulma non seppe dire per quale motivo l’uomo assunse quella posa.
Quando capì che non le avrebbe risposto, la scienziata gli si affiancò, poggiandosi al pannello esattamente come lui, provando a sbirciare la sua espressione sotto il solito cipiglio serio. Non le sembrava chissà quanto preoccupato a prima istanza, nonostante la tensione che percepiva provenisse dalla sua posa rigida, piuttosto era quasi incredulo come se non credesse ai suoi occhi.
- Vegeta?-
- Questo pianeta...- iniziò aggrottando le sopracciglia ancora poco convinto. - Questo pianeta è quello su cui sono nato,Vegeta-sei.-
La donna strabuzzò gli occhi chiari di fronte a tale dichiarazione: impossibile, il pianeta era esploso più di trentotto anni fa! E da ciò che sapeva nessuno aveva usato le sfere, né quelle sulla Terra né quelle di Namek, tanto meno le Super Sfere, per chiedere qualcosa del genere come riportare a nuova vita il pianeta natale dei Saiyan. Fissò incredula prima il marito di fianco a lei poi la sfera rossa alla quale mano mano si avvicinavano sempre più, cominciando a capire la tensione che percorreva i muscoli del compagno.
Deglutì pur avendo la bocca secca e iniziò a far lavorare il geniale cervello nella propria scatola cranica, si mise una mano sotto il mento e si abbracciò con il braccio libero cercando di venir a capo di quell’assurda situazione. Come poteva essere lì il pianeta se era stato disintegrato da Freezer?
- Ne sei proprio sicuro? Non può essere un pianeta molto simile?-
Vegeta scosse la testa.
- Non esiste un pianeta uguale a Vegeta-sei, né per coordinate né per qualsiasi altra cosa. Vuoi che non riconosca il pianeta dal quale provengo?-
Bulma si voltò dando le spalle al parabrezza della navicella, ancora pensierosa, poggiandosi al pannello con la parte bassa della schiena.
Passarono attimi di silenzio, nei quali nessuno dei due adulti proferì parola, concentrati com’erano a trovare una spiegazione logica alla misteriosa ricomparsa del pianeta, senza trovarla.
Il bip continuo, che li avvertiva dell’imminente atterraggio, era l’unico suono all’interno dell’abitacolo a parte il leggero ronzio dei motori in sottofondo.
- Quindi stiamo andando su Vegeta-sei?-
La voce di Trunks, limpida quanto inaspettata, penetrò all’interno dei loro pensieri riportandoli alla realtà. Avrebbero fatto meglio a concentrarsi sul cosa fare una volta arrivati più che al perché si fossero ritrovati in quella situazione.
Il ragazzino osservò prima uno poi l’altro, in attesa di una risposta da parte loro riguardo la destinazione che presto avrebbero raggiunto. Avendo sentito parte del discorso, era eccitato all’idea di visitare mondi nuovi e incontrare nuove forme di vita -sperava senzienti- ma sapere che ciò che gli si parava davanti non era altri che il pianeta originario della razza Saiyan lo mandava ancor più in fibrillazione. Non vedeva l’ora di poter vedere con i propri occhi il suolo di Vegeta-sei, descritto più volte dal padre quando gli raccontava delle proprie origini.
- A quanto pare.- gli rispose la madre voltandosi a guardare i numeri lampeggianti, di secondo in secondo più piccoli, alle sue spalle.
- E pensate che ci troveremo altri Saiyan?- chiese limpidamente il ragazzino.
I due prima guardarono il figlio, poi si guardarono tra di loro: accidenti, non avevano minimamente preso in considerazione la possibilità, più reale che mai, che il pianeta potesse essere abitato dalla razza guerriera. Avevano trascurato un dettaglio così importante per concentrarsi sul capire il motivo della rinascita del pianeta. A quel punto si chiesero, più Vegeta che Bulma, cosa avrebbero fatto in quel caso.
- Beh, il computer non ha dato un esito preciso, probabilmente non essendo nei suoi dati non riesce ad analizzarlo per bene.- disse la scienziata dai capelli azzurri, voltandosi poi verso il compagno.
Vegeta, che dapprima la fissò con un sopracciglio alzato non capendo la ragione di quello sguardo di attesa, incrociò le braccia al petto e fece vagare lo sguardo sulla superficie rossastra sempre più vicina.
- Io non riesco a percepire le auree a questa distanza. - borbottò.
Madre e figlio si guardarono: non restava altro che atterrare per scoprirlo. E mentre Trunks andò a recuperare la sorellina nell’altra stanza, caricandosela sulla spalla tipo sacco di patate quando lei si rifiutò di seguirlo, Bulma si sedette e si accinse a dare il via all’atterraggio manuale per accelerare il processo. Si fermò, però, appena prima di dare la conferma, avvertendo pesante come un macigno lo sguardo del compagno su di sé; si voltò a guardarlo interrogativa.
Il Saiyan passò qualche istante a fissarla con le sopracciglia aggrottate prima di parlare.
- Ma che te lo chiedo a fare…!- esclamò lasciandosi cadere a peso morto sul sedile di fianco al suo.
L’azzurra fu tentata di chiedergli di cosa stesse parlando ma si disse che non era il caso, il marito sembrava già abbastanza irritato a causa della situazione e non voleva farlo arrabbiare ancora.
Si limitò, quindi, a sorridergli dando finalmente il via alla procedura di atterraggio: Saiyan o no, non aveva la minima intenzione di rinunciare e buttare i due giorni di viaggio che avevano trascorso per arrivare fin lì.
Era stata su Namek, con Freezer e i suoi uomini – e Vegeta stesso- a piede libero, quanto poteva essere tremendo stare a contatto con qualche tizio coda munito rispetto a quello che aveva già passato?




Angolo Autrice:
Buonsalve popolo di EFP del fandom di dragonball, come state? Spero bene perchè siamo appena partiti con una nuova avventura per la nostra (o meglio mia) ship preferita. Questa volta i toni cambiano, niente più fluff a gogo ma qualcosa di più cupo e serio, con ovviamente qualche tocco qua e là di ironia per spezzare la tensione. 
Questo è solo il capitolo introduttivo, che illustra bene o male la situazione in cui si trovano i nostri amati protagonisti e credo che da qui non vi sia chiara la scelta del rating giallo ma ci arriveremo più avanti (spero).
Attendo una vostra recensione, positiva o negativa che sia, per farmi sapere cosa ne pensate.
Cercherò di non sparire come mio solito e aggiornare, e si spera terminare, la ff nel giro di pochi mesi. 
Sayonara 

angelo_nero

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NOTA BENE: I dialoghi scritti in corsivo sono parlati nella lingua natia Saiyan




La navicella atterrò morbidamente sul suolo polveroso e rossastro del pianeta, Bulma era un’ottima pilota ed era riuscita farli arrivare senza troppi sballottamenti nonostante l’atmosfera avesse opposto resistenza.
Neanche il tempo di dire “siamo arrivati” che il Saiyan più grande slacciò le cinture e si avvicinò al portellone, seguito a ruota da Trunks, più curioso che mai di toccare con mano le proprie origini. Bulma, invece, con Bra appiccicata, si fermò un secondo per ricontrollare i livelli di ossigeno e la temperatura presenti sul pianeta. Non si era mai troppo prudenti, lei non aveva mica la resistenza fisica di quei tre.
Vegeta aprì il portellone e fu investito da un odore che credeva di aver dimenticato, dopo anni di lontananza forzata da quel posto. Un odore forte e primitivo, quasi di rabbia, sangue e dolore, qualcosa di sgradevole che presagiva nulla di buono. Eppure lui in quell’odore si rispecchiava, gli ricordava i tempi delle “scorribande” con Napa quando era ancora un bambino e si divertiva a scontrarsi, e il più delle volte a massacrare, con intere popolazioni aliene come se fosse un gioco.
Quei tempi erano lontani, ormai, e di quel bambino scorbutico ma felice non rimaneva altro che l’ombra, spazzato via da un’infanzia terminata troppo presto per mano di Freezer.
Nonostante la sensazione di quasi nostalgia che provava in quel momento, quando gli avevano comunicato che il pianeta era stato disintegrato e i suoi abitanti con esso non aveva fatto una piega, non gli interessava realmente di quel posto, non aveva alcun legame affettivo con la propria terra natia.
Poggiò i piedi sul terriccio arido con lentezza e fissò il circondario sovrappensiero. Incredibile ma ricordava ogni singolo dettaglio di quel posto, avrebbe potuto guidarli fino al palazzo in cui era nato se glielo avessero chiesto.
Trunks lo seguì dopo pochi secondi, rimanendo quasi sorpreso di avvertire sul proprio corpo una gravità differente da quella a cui era abituato. Non che fosse un problema, riusciva a sopportare una gravità fino a duecento volte superiore a quella terrestre, però gli ci volle qualche attimo per abituarsi al cambiamento.
Bra seguì il fratello quasi subito, fermandosi però qualche secondo sulla porta per osservare la desolazione che li circondava un po’ spaventata. Dopotutto lei non era mai uscita dal pianeta Terra, non aveva idea di cosa l’aspettava o di cosa avrebbe incontrato ma l’idea di quell’esplorazione dell’ignoto le dava una strana sensazione di entusiasmo. Posò i piedini sul terreno, abituandosi senza alcun problema alla gravità superiore nonostante non possedesse neanche le basi di un allenamento da guerriero.
- Che desolazione- commentò la donna dai capelli azzurri affacciandosi fuori.
- Meglio che rimani dentro con Bra. Qui la gravità è dieci volte superiore a quella terrestre, non credo tu possa resistere.- l’avvertì il marito muovendo qualche passo in avanti.
Bulma gli sorrise e, in barba alle sue raccomandazioni, scese dalla navicella con un balzo mentre il portellone si chiudeva alle sue spalle. Vegeta si aspettava di vederla stramazzare a terra nel giro di pochi secondi ma, stranamente, non accadde. A quel punto fissò la consorte con una specie di sorriso bieco, consapevole che l’azzurra aveva inventato qualche strano aggeggio per non risentirne.
- Bracciale antigravità.- annunciò orgogliosa la scienziata mostrando ai tre il gioiello che sembrava un comunissimo braccialetto d’oro. - Ho inserito all’interno un dispositivo che annulla la gravità quando è superiore a quella terrestre e l’aumenta quando è inferiore. Con questo non dovrei aver problemi a seguirvi.-
Vegeta la guardò con le braccia incrociate e un accenno di un sorriso sulle labbra, sapeva che si sarebbe inventata qualcosa pur di non dover rimanere indietro. Le voltò le spalle e iniziò a camminare, seguito a pochi passi dal figlio maggiore che si guardava attorno con l’aria di chi si aspettava di incontrare qualche pericolo da un secondo all’altro.
- Papà?- disse solamente il ragazzino.
- Lo so.- gli rispose l’adulto.
I due Saiyan lanciarono uno sguardo ai propri fianchi guardinghi, le auree che percepivano nei dintorni non era chissà quanto forti ma meglio tenere gli occhi aperti, le imboscate non piacevano neanche a loro. Trunks si chiese se avessero dovuto temere veramente quel popolo guerriero, del quale faceva parte anche lui se pur per metà, nonostante le loro forze, da ciò che poteva percepire, non erano minimamente all’altezza delle loro, soprattutto di quella paterna.
Bra camminava affianco al padre, tenendosi a una gamba dei suoi pantaloni, con in braccio il suo amatissimo coniglietto di peluche. Curiosa si guardava intorno, esplorando con lo sguardo quella landa desolata che li circondava. Quel posto non somigliava in nessun modo alla Terra, era tutto rosso! Persino il cielo che li sovrastava aveva quel colore rossastro poco invitante e non le dava molto l’idea di un posto sicuro. Però la piccola Saiyan dai capelli azzurri non ne sembrò spaventata, anzi finché poteva stare appiccicata ai genitori, specialmente al padre, non avrebbe avuto di che temere.
- Cosa?- chiese Bulma.
- Auree Saiyan, mamma. Il pianeta è abitato.- le spiegò Trunks voltandosi a guardarla.
Bulma non si scompose a quella rivelazione, dopotutto era più che probabile che i Saiyan fosse stati riportati in vita assieme al loro pianeta, anche se non aveva ancora la minima idea del perché ciò fosse accaduto. Sperò che, andando avanti con il loro viaggio e all’esplorazione del posto, avrebbero potuto cogliere qualche dettaglio che li aiutasse a capirci di più.
La famigliola camminò per almeno due ore buone in mezzo al nulla, entrando ed attraversando anche una specie di sottobosco, prima di raggiungere la civiltà.
Edifici più o meno grandi si stagliavano contro il cielo rosso, il suolo polveroso fu sostituito da una strada fatta di sampietrini e le voci degli abitanti riempivano l’aria attorno all’intera città. Il posto sembrava tranquillo, una comune cittadina come quelle che esistevano sulla terra, in cui tecnologia e tradizioni si scontravano e si completavano. Sembrava esserci una specie di mercato in quanto bancarelle e negozi erano più a caccia di clienti del solito, urlando a destra e manca sconti pazzeschi su prodotti che neanche conoscevano.
Attraversarono il posto cercando di non dare troppo nell’occhio, anche se erano sicuri che non sarebbero passati di certo inosservati: in un pianeta composto completamente da gente con occhi e capelli neri, con un fisico muscoloso e asciutto, muniti di lunga coda di scimmia, tre persone con occhi e capelli chiarissimi risaltavano come una macchia d’inchiostro su una maglietta bianca.
Vegeta però non diede peso alla cosa, procedendo a passo spedito tra il via vai di persone. Lanciò uno sguardo qua e là, cercando magari facce familiari senza soffermarsi su nessuno e niente in particolare.
I mercanti gridavano a pieni polmoni in lingua Saiyan, cercando di attirare l’attenzione di questo o quel passante. Bulma fu calamitata da alcuni oggetti esposti sulla vetrina in un negozio e si fermò spiaccicando la faccia contro il vetro. Decise di entrare e si trascinò dietro il figlio maggiore, tirandolo dalla maglietta, senza pensare che qualcuno avrebbe potuto reputarli “strani”.
L’azzurra osservò con gli occhi che le brillavano la vastità di elementi meccanici e informatici che il negozio metteva a disposizione, non aveva idea di cosa fossero la stragrande maggioranza degli oggetti ma doveva comprare qualcosa ad ogni costo. Era così concentrata a scegliere cosa prendere che non si accorse né dell’entrata del marito nell’esercizio commerciale, né del proprietario che silenzioso le si avvicinò alle spalle per darle una mano.
- Posso aiutarla in qualche modo?-
L’azzurra, accovacciata davanti a uno scaffale molto basso, alzò la testa di scatto quando la voce profonda del Saiyan la raggiunse in una lingua straniera.
Il proprietario sembrò accorgersi solo in quel momento dei colori non proprio convenzionali degli occhi della donna ma non disse nulla piuttosto le rivolse un sorriso cordiale, che stonava un po’ con i tratti marcati del giovane uomo.
Bulma battè le palpebre un po’ confusa: lei credeva che i Saiyan fossero tutti maniaci della guerra incazzati, che odiassero chiunque si rivolgesse loro con intenti diversi da quelli bellici. E invece quel tizio le stava rivolgendo un sorriso.
- Mi interessava questo pezzo.- disse con un accento un po’ stentato. - Però non ho denaro con me.-
In realtà non aveva proprio la minima idea della moneta che usassero su quel pianeta, Vegeta non le aveva detto nulla a riguardo. Maledì la sua mancata voglia di metterla al corrente di cose importanti tipo quella.
L’uomo la guardò stupito, probabilmente non si aspettava che potesse rispondergli nella sua lingua. Stava per dirle che, senza denaro, non poteva ovviamente darle niente ma fu interrotto dall’entrata in scena di una vecchietta che sbucò fuori dal retrobottega.
- Daglielo uguale, Okusan.- sentenziò la signora da dietro il bancone.
- Ma…!-
- Niente “ma”.- lo ribeccò la donna, avvicinandosi poi a Bulma che nel frattempo si era rimessa in piedi. - Siete viaggiatori immagino, da dove venite?-
Bulma conosceva ben poco di quella lingua tagliente che era quella Saiyan e ci mise un po’ per provare a formulare una risposta che prevedesse più di due parole. In suo soccorso arrivò Trunks, che sapeva la lingua Saiyan come se fosse quella terrestre, e rispose al posto suo.
- Dalla Terra, un pianeta nella galassia del Nord.-
La vecchina si illuminò all’udire il nome del pianeta azzurro. Voltò loro le spalle e, dopo aver detto qualcosa a quello che presumibilmente era il nipote, che né Bulma né Trunks compreso, sparì nuovamente oltre la tenda dalla quale era uscita prima.
Vegeta si stava visibilmente annoiando, appoggiato allo stirpe della porta d’entrata, con lo sguardo puntato su un punto non ben precisato al di fuori. Si sentì tirare i pantaloni ed abbassò lo sguardo sugli occhioni azzurri della sua pargoletta, che gli chiedeva di essere presa in braccio.
Il Saiyan senza una parola esaudì la sua richiesta, guadagnandosi un sorriso dalla piccola. Tornò a guardare il panorama al di fuori, in attesa che la consorte terminasse i suoi “acquisti”.
Il proprietario, dopo aver tentato di nuovo a opporsi alla decisione della nonna, sparì nel retro bottega borbottando ad alta voce qualche insulto alla vecchia signora gentile.
-Suo marito ha una faccia conosciuta…- disse la nonnina sporgendosi oltre l’azzurra per osservare Vegeta appoggiato indolentemente alla parete accanto alla porta. - Devo averlo visto da qualche parte.-
- Si sbaglia, non sono mai stato su questo pianeta prima d’ora.- la bloccò subito l’uomo dalla capigliatura a fiamma.
La signora anziana non sembrò molto convinta della sua risposta e rimase qualche secondo a guardarlo accigliata prima di sospirare e tornare verso al bancone.
-Ah la vecchiaia, quando ero giovane non sbagliavo un colpo. Se mi sembrava di aver già visto una faccia da qualche parte state sicuri che era così. Sto perdendo colpi.- si lamentò andandosi a sedere su una vecchia sedia in fondo al locale.
Bulma osservò in silenzio il marito che non aveva mosso un muscolo né prima né dopo aver pronunciato quelle poche parole. Notò solo in quel momento la figlioletta tra le sue braccia, che sembrava star crollando dal sonno. Probabilmente Bra aveva semplicemente steso le braccia verso il padre e lui l’aveva accontentata senza fiatare.
Riportò lo sguardo sul giovane proprietario che tornò con l’oggetto da lei richiesto inscatolato. Bulma lo prese e se lo mise nello zaino, pieno di cose di prima necessità, tra cui i senzu, e del kit di capsule basilari. Lei e Trunks salutarono e ringraziarono di cuore i due prima di uscire, preceduti da Vegeta con in braccio una Bra addormentata quasi del tutto.
Proseguirono il loro cammino, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata alle vetrine e alle bancarelle che incontrarono lungo il percorso. Non ebbero però modo di fermarsi in nessuna di esse, nonostante i loro contenuti fossero più che allettanti sia per Bulma che per Trunks, dato che Vegeta aveva deciso che non avrebbero perso altro tempo a bazzicare per negozi. Voleva andare via da quel pianeta il prima possibile.
Bulma si ritrovò a pensare alla vecchietta di prima, la quale sembrava aver riconosciuto Vegeta per qualche motivo a lei sconosciuto.
-Perchè non le hai detto chi sei?-
Il Saiyan non le rispose continuando a camminare guardando dritto davanti a sé. Bulma aggrottò le sopracciglia e non si arrese, rincorrendolo per le vie di quell’enorme città.
-Vai sempre in giro a sbraitare che sei il Principe dei Saiyan, erede al trono e tutto il resto. Però quando ti si presenta l’occasione di farlo presente perché sei stato riconosciuto, te ne esci con “non ho mai messo piede su questo pianeta”?-
Bulma fu ignorata nuovamente dal marito che, imperterrito, non aveva alcuna intenzione di darle una risposta o quantomeno di fermarsi ad ascoltarla. Il discorso non gli interessava e non intendeva prenderne parte.
-Vegeta!- urlò la donna.
- Che diavolo vuoi!?-
Bulma si fermò ed incrociò le braccia al petto, infastidita dalla mancanza di rispetto che il compagno le stava riservando. Non aprì bocca, la donna, attendendo semplicemente che il Saiyan si decidesse a risponderle.
Vegeta sbuffò contrariato e volse lo sguardo altrove rifiutandosi ancora di proferir parola.
La scienziata si lasciò andare a un sospiro.
-Potresti riottenere il trono, la corona. Ciò che ti spetta di diritto! Non te ne frega niente?-
-No.- sentenziò riprendendo a camminare.
-Come no!?- esclamò la donna sorpresa rincorrendolo. - Non hai alcun interesse a recuperare ciò che hai perduto?-
Vegeta si fermò di botto, si voltò verso la donna e le si avvicinò quel tanto che bastava per far sfiorare i loro nasi.
-Ascoltami bene, non ho la minima intenzione di rimanere qui più del dovuto, non ho alcuna nostalgia o chissà che riguardo questo pianeta, per me stavano benissimo da morti. Non mi interessa riavere la corona e tutto ciò che ne comporta. Chiaro?-
-Perchè?- chiese l’azzurra mandando a quel paese il minimo di autocontrollo che il principe stava mantenendo.
-Perchè non me ne frega un cazzo di questo posto! Questa non è casa mia.-
L’azzurra assunse un’espressione tra il sorpreso e il compiaciuto di fronte a quella sincera, quanto velata, confessione nei riguardi del pianeta Terra, arrivando a definirla casa sua. E non era cosa da poco data la vita da mercenario che aveva fatto e la difficoltà che aveva avuto ad abituarsi a quel posto.
Contenta della risposta ricevuta, l’azzurra non tirò più fuori il discorso per il resto del viaggio attraverso la città Saiyan così tradizionale eppure avanzata tecnologicamente, con scorci di quelli che sembravano templi dedicati a dei, probabilmente della guerra, e edifici piuttosto simili a quelli edificati dalla Capsule Corporation, futuristici e con i più grandi optional tecnologici a disposizione.
Tutti i Saiyan presenti, che fossero commercianti, clienti o semplici passanti, indossavano una battle suit con tanto di armatura annessa. Non erano tutte uguali, erano diversificate probabilmente a seconda del grado di potenza dell’indossatore e rispetto se fossero donne, bambini, uomini o vecchi. La maggior parte erano nere, blu come quella che indossava solitamente Vegeta ne aveva viste forse due in tutto quel marasma di gente. Forse non era un colore che prediligevano o forse era riservato alle casate più prestigiose. Tipo quella reale.
A proposito di famiglia reale…
Trunks che si guardava più intorno che dove metteva i piedi, aveva notato il dettaglio dello stemma di famiglia, o meglio quello della famiglia reale di Vegeta-sei, impresso su ogni singolo banchetto, insegna di negozio e addirittura su alcune abitazioni private. Il tridente rosso su sfondo nero era riportato ovunque posasse gli occhi. Si chiese chi governasse in quel momento, dato che Re e Regina erano sicuramente morti e dei principi eredi probabilmente nessuno sapeva nulla, anche perché, se così non fosse, avrebbero riconosciuto il padre dopo mezzo secondo.
L’attenzione del mezzo Saiyan fu catturata da quello che sembrava un rilevatore, ne aveva visto uno nel laboratorio della madre, abbandonato dentro uno scatolone in mezzo a tante altre cianfrusaglie. Da ciò che ne sapeva lui, i Saiyan e gli uomini di Freezer, lo usavano per dare un valore numerico alla forza combattiva, dato che non sapevano percepire le auree. Ce n’erano di tre diversi colori: rosso, blu e verde. Ne prese in mano uno, fermandosi davanti al banchetto che li esponeva, e l’osservò incuriosito. Lo calzò con facilità e premette il pulsante a lato, puntando il vetrino colorato verso la madre, ferma davanti a lui, e attese che l’oggetto ne calcolasse la forza.
Rise di fronte al singolo numero che vide, scritto in caratteri alieni.
Provò nuovamente, stavolta puntandolo contro la figura paterna: si lasciò sfuggire un’espressione sorpresa quando il rilevatore gli mostrò la cifra a cinque zeri. Non che ne dubitasse ovviamente, ma Vegeta in quello stato di tranquillità aveva già un’enorme forza combattiva pur non essendo in stato di allerta.
Fu proprio il genitore a richiamarlo, irritato dal tempo che il figlio stava perdendo a bighellonare tra i vari aggeggi acquistabili.
Bra, nel frattempo, se la dormiva alla grande con la testa appoggiata sulla spalla del padre, ignara del suo malumore e delle frecciatine che moglie e figlio gli tiravano sottovoce.
D’improvviso si alzò una musica solenne, malinconica, quasi funerea e tutto attorno a loro si fermò. Le persone si spostarono di lato, lasciando un corridoio al centro per far passare quella che sembrava una processione o una parata. Non capirono cosa stesse succedendo: i guerrieri portavano alto il simbolo reale e qualcuno recitava alcune parole di speranza e dolore.
Bulma chiese al figlio se sapesse qualcosa di tutto ciò, se magari il padre gli aveva raccontato di qualche strana usanza loro, ma il bambino scosse la testa. Gli domandò quindi di chiedere alla ragazza di fianco a loro, che osservava rapita la lunga fila di guerrieri.
-È la cerimonia di commemorazione annuale della scomparsa dei due principi. Di loro non si sa niente da quando Freezer ha portato con sé il Principe Vegeta. C’è chi dice che siano morti o che si siano rifugiati da qualche parte cambiando identità. Molti credono che un giorno o l’altro torneranno e prenderanno il posto che spetta loro.- spiegò la giovane donna.
Trunks riportò le sue parole alla madre, traducendole in un modo a lei comprensibile.
L’azzurra si domandò perché avesse parlato di cerimonia annuale, se il pianeta era ricomparso dal nulla, dopo quarant’anni, da pochi giorni. Che gli abitanti avessero una concezione diversa del tempo rispetto alla loro?
Gli stendardi raffiguranti il tridente reale spiccavano sulla folla, rendendo ancora più ufficiale e solenne quella messa in scena assurda.
Riferirono il tutto anche a Vegeta, che li guardò come se fossero scesi dalla Luna. Lui ovviamente non sapeva niente di quella strana usanza, teoricamente se il principe legittimo veniva dichiarato scomparso se ne eleggeva un altro con degli scontri.
Ma se lui era lì, a girovagare come un comunissimo viaggiatore, e il fratello era sul suo pianeta, chi è che governava il tutto? Lo chiese alla donna che gli rispose di non sapere niente di tutto ciò.
- Forse la corona ha delegato qualcuno che sia il reggente finché i legittimi non tornano.- ipotizzò la donna Saiyan.
- La corona non ha fatto nulla di tutto ciò.- borbottò il principe con una smorfia.
La Saiyan lo guardò confusa e Bulma tentò di minimizzare dicendole di non dargli retta. La ringraziò e si affrettò a seguire il marito, che aveva già ripreso a camminare senza verificare che il resto della famiglia lo seguisse.
Riuscirono a raggiungere quella che era, a quanto diceva Vegeta, l’area residenziale e commerciale dei guerrieri con i livelli di combattimento più alti. Era visibilmente più ricca come area, nonostante i Saiyan non dessero un valore a quanti soldi si possedessero quanto più alla forza combattiva, dato che gli edifici erano molto più imponenti, alti e grandi. Alcuni muniti anche di quello che sembrava un campo d’allenamento esterno privato. Ne avevano visto uno simile, molto più grande, comunale al centro dell’area dedicata di guerrieri con forza combattiva intermedia. A quanto pare, su quel pianeta e in quella società, più forte sei più optional hai a disposizione. Probabilmente erano anche retribuiti meglio, i guerrieri con forza superiore, rispetto a tutti gli altri, con un margine di guadagno sulle missioni molto più ampio.
Anche lì indossavano tutti la caratteristica divisa da combattimento, nessuno di loro, che fossero uomini o donne, osteggiava gioielli o accessori costosi. Probabilmente, ad occhi esperto, la semplice battle suit e il colore del rilevatore bastavano per dare una classe sociale a chiunque incontrassero.
Una cosa che aveva notato però in entrambe le aree, sia quella di rango più basso che in quella più ricca, era la quasi totale mancanza di coppie che girassero. La stragrande maggioranza si muoveva in gruppo, probabilmente il proprio team di appartenenza, o in solitaria, ma di coppie, romanticamente parlando, Bulma ne aveva viste ben poche. I Saiyan non amavano ostentare i propri sentimenti come i terrestri e quindi, immaginò, non reputassero importante girare per le vie cittadine con il proprio consorte.
L’azzurra, che si guardava in giro cercando di cogliere le sfumature di quella società così lontana eppure così vicina a lei, non si accorse del fatto che Vegeta e Trunks si fossero fermati a pochi passi e quasi gli andò addosso.
I due guerrieri guardavano dritti davanti a loro, trovando qualche evento che si stava svolgendo particolarmente interessante. Bulma si sporse oltre le spalle del compagno per capire cosa attirasse la sua attenzione a tal punto da fermare la marcia: una lunga fila di persone, che arrivava poco più avanti di loro, ferme ad attendere il proprio turno di arrivare davanti a un Saiyan, il quale sogghignava e faceva pressioni affinché la fila scorresse con più velocità con parole anche piuttosto volgari e, se necessario, spintonando i cittadini.
- Cosa sta succedendo? Chi è quell’uomo? E perché sono tutti i fila?- chiese Trunks a un giovanissimo Saiyan che gli stava passando di fianco.ì
- Quello è Rollo, uno dei guerrieri delle armate più forti. È qui per riscuotere la cifra giornaliera che il regno richiede a tutti i guerrieri d'élite.-
- Cifra giornaliera? E perché?-
- Perchè quei due idioti di Radish e Napa non sanno cosa sia la parsimonia dei soldi altrui e quindi vengono a chiederne altri a noi. - intervenì quello che molto probabilmente era il padre del ragazzino con cui stavano parlando.- Dannazione, da quando hanno posato il culo su quel trono con la scusa di essere stati gli ultimi ad avere contatti con il Principe Vegeta sono diventati più avidi che mai! -
Vegeta sussultò a quelle parole ma nessuno ci fece molto caso, soprattutto Trunks che era impegnato a tradurre alla madre ciò che il guerriero più grande aveva detto.
- E in quanto consiste la cifra giornaliera?- chiese Bulma.
Trunks tradusse.
- Diecimila ek*-
- Circa un milione e trecento yen.- le disse il bambino dai capelli glicine.
- Cosa! E questo tutti i giorni!? Sono impazziti!?- esclamò la donna. - Aspetta, Radish e Napa hai detto? Non sono il fratello di Goku e l’energumeno con cui tuo padre è arrivato sulla Terra la prima volta?-
Il ragazzino alzò le spalle: non sapeva di cosa stesse parlando. O meglio lo sapeva ma per sentito dire, gli avevano accennato qualcosa il padre e Goku in occasione di un allenamento fuori porta insieme ai Son -per la gioia di Vegeta aggiungerei. Erano tutte lì le informazioni che possedeva riguardo ai due Saiyan nominati dalla madre, oltre al fatto che erano morti uno per mano di Junior e uno per mano di Vegeta stesso.
Un secondo uomo, munito di rilevatore blu, si avvicinò loro, seguito da un terzo che sembrava di qualche anno più grande -dannati i Saiyan e la loro eterna, o quasi, giovinezza che li rende tutti uguali a qualsiasi età! - che con un sorrisetto compiaciuto sussurrò all’amico di fianco parole che lo fecero sghignazzare.
- Chissà quante puttane si saranno già scopati con tutti quei soldi! Di sicuro almeno un centinaio!- esclamò.
- Ci credo! Graciline come se le scelgono non durano manco il tempo di una scopata che schiattano prima ancora che riescano ad arrivare alla fine!- ribattè l’altro.
I due uomini più giovani continuarono a sghignazzare e fare supposizioni sulla vita sessuale degli altri due Saiyan, infilando in mezzo racconti delle loro esperienze in maniera piuttosto esplicita e dettagliata, facendo salire lo schifo in Bulma che, pur capendo una parola su dieci, non ci teneva a sentire quel tipo di cose da gente del genere.
Il terzo uomo, che stranamente non si era unito alla conversazione a luci rosse degli altri due, si avvicinò a Bulma di sottecchi, con passo felpato. Le arrivò a mezzo centimetro di distanza, tanto che l’azzurra potè sentire senza problemi il forte odore di sudore e la puzza d’alito di chi non si lava i denti da giorni. Reprimendo un conato di vomito fece un passo indietro, tentando inutilmente di non pensare alla puzza che il guerriero emanava, piuttosto concentrandosi sul suo viso martoriato da parecchie cicatrici più o meno profonde. E ciò non lo rendeva attraente, anzi le dava l’idea di un tizio che amava fare casini e non uscirne mai vincitore.
L’uomo dal volto sfregiato le sorrise lascivo e Bulma lo fissò con sgomento, temendo cosa sarebbe uscito dalla sua bocca fetida.
- Anche tu sembri gracilina, chissà se resisteresti all’eccitazione di un Saiyan.- le disse prendendole il mento fra le mani e avvicinandosi di nuovo al suo viso. - Da dove vieni, angelo azzurro?-
Bulma con uno scatto furioso riuscì a liberarsi dalla presa del Saiyan e tentò di allontanarsi, ma l’uomo fu più veloce e le afferrò un polso stringendolo a tal punto da farle male.
- Non sono cazzi tuoi.- gli rispose stizzita reprimendo una smorfia di dolore.
L’uomo non si scoraggiò davanti a tanta sfrontatezza, né si arrabbiò, anzi sembrò che la cosa lo eccitasse ancor di più. Quindi le piegò il braccio dietro la schiena, in modo tale da tenerla ferma.
Bulma tentò di tirargli un ceffone, non tanto per fargli male ma per provare ad allontanarlo, però fu intercettata e anche il braccio libero finì tra le grinfie del tizio davanti a sé. Gli lanciò un’occhiata di fuoco e strinse i denti: non aveva intenzione di dargli a vedere la propria sofferenza.
- Sfrontata. La cosa mi eccita. Sai potresti diventare un ottimo passatempo...-
- Lasciala andare.- ordinò Vegeta.
Finalmente il principe decideva di intervenire! Pensò l’azzurra mandando maledizioni in ogni lingua conosciuta al marito che sembrava volesse vedere fino a che punto l’altro si sarebbe spinto.
- Bada ai fatti tuoi, tu.-
Il Saiyan reale non proferì parola, si avvicinò piuttosto all’energumeno a passo lento ma inesorabile. Lo fissò negli occhi semplicemente e lui fece un passo indietro, spaventato da quello sguardo freddo e carico di odio, lasciando andare finalmente l’azzurra.
Vegeta fece ancora un passo e l’altro indietreggiò. Poi si fermò e inclinò la testa di lato, sfoderando uno sguardo omicida e un sorriso sadico che non sfoderava da decenni.
L’omone sussultò ed emise un gemito strozzato, gli occhi spalancati e tremava di paura. A Trunks venne da ridere: più di cento kg di cristiano e tremava come una foglia di fronte a un semplice sguardo.
Il principe lo fissò a lungo senza proferir parola finché non lo vide cadere a terra con le gambe che non lo reggevano più. A quel punto gli si avvicinò e, tenendo puntato lo sguardo penetrante in quello terrorizzato del Saiyan, parlò.
- Se ti vedo ancora una volta metterle le mani addosso o farle delle proposte simili, rimpiangerai di non essere morto su qualche pianeta ai confini dell’universo.- sibilò, poi gli voltò le spalle.
Mentre il Saiyan alto quasi due metri se la stava facendo sotto, terrorizzato, incollato con il culo sul terreno, Vegeta prese per mano la moglie e proseguì il loro viaggio. Ignorò le proteste di lei, che gli urlava contro di dover intervenire prima e che adesso le avrebbero fatto male i polsi per due giorni.
Ad essere sinceri sarebbe voluto intervenire, in maniera poco ortodossa, ossia spaccandogli la testa con un pugno, molto prima, non appena aveva visto il Saiyan posare gli occhi su di lei. Ma era rimasto a guadare quasi affascinato la faccia tosta con la quale la moglie, terrestre dall’esigua forza combattiva a cui bastava un soffio di vento in più per ammalarsi, tenere testa all’energumeno di due metri pieno di muscoli e con una forza venti volte superiore alla sua.
Alla fine però capito che il tizio non aveva intenzione di arrendersi facilmente, gli era salito un istinto omicida come non lo provava da tempo: che qualcuno mettesse le mani addosso alla moglie non gli andava proprio giù, se poi lo si faceva con l’intento di farle male allora diventava una belva.
Per fortuna gli era bastato cambiare atteggiamento che il Saiyan era crollato con il culo per terra in mezzo secondo.
- Mi vuoi dire, almeno, dove stiamo andando così di corsa?- borbottò l’azzurra faticando a stargli dietro. - E rallenta! Non sono un Saiyan io!-
Vegeta rallentò il passo quasi all’istante, poi si fermò. Si voltò verso di lei e le prese entrambe le mani, studiando a sopracciglia aggrottate i segni rossi che le manone del colosso le avevano lasciato addosso. Non gli piacevano affatto. Non poteva permettere che una cosa del genere si ripetesse, la prossima volta, faccia tosta o meno, sarebbe intervenuto all’istante. Nessuno poteva farle del male.
Bulma lo guardò addolcendo lo sguardo, capendo alla perfezione ciò che gli passava per la testa: pentimento, rabbia, sensazioni di impotenza, rimpianto e voglia di uccidere quel tizio all’istante per aver osato toccarla. Gli sollevò il mento, con la sua mano ancora attorno al proprio polso, e gli sorrise.
- Non preoccuparti, scompariranno nel giro di un paio di giorni.- gli disse accarezzandogli una guancia con delicatezza.
Lui non le rispose, preferendo godersi il calore della sua pelle in silenzio.
- Però che ti sia di lezione. La prossima volta ci penserai due volte prima di rimanere imbambolato come un deficiente a guardarmi “combattere” contro qualcuno immensamente più forte di me. - aggiunse poi cambiando tono e trasformando il sorriso in una smorfia incattivita.
Vegeta si risentì di quell’epiteto che lei aveva usato per descriverlo e iniziò a pentirsi di non averla lasciata in mano al tizio di prima.
Bulma gli tolse Bra, ancora dormiente, dalle braccia e lo superò muovendosi sinuosamente senza che lui le disse nulla.
- Ehi, donna! Ti ho salvato le chiappe dovresti essermene riconoscente non rinfacciarmi le cose!- le sbraitò dietro rimanendo fermo sul posto.
- Ascoltami, scimmione, è tuo preciso dovere salvarmi “le chiappe” ogni qual volta che ce n’è bisogno. - gli rispose fermandosi. - In caso contrario, e nel caso in cui io dovessi salvarmi con le mie sole forze, sarò io stessa a farti pentire di non essere morto su qualche pianeta. Chiaro?-
Il Saiyan ringhiò infastidito dalla minaccia non proprio velata ma non protestò, limitandosi a seguire i tre componenti della propria famiglia con la faccia di chi è stato colto con le mani nel sacco. Odiava ed amava quel suo modo di riprenderlo senza alcun timore. Lo aveva sempre fatto, fin dagli esordi della loro relazione, o prima ancora addirittura.
Passarono le seguenti ore a camminare senza meta, semplicemente attraversavano le lunghe strade che si allungavano in modo quasi sconfinato per tutta la superficie del pianeta.
Bulma si rese conto, guardandosi attorno con più attenzione, che i tre ambienti di vita ben divisi -guerrieri di basso e infimo livello, guerrieri di medio livello e guerrieri di alto livello – erano disposti in modo concentrico. Più ci si avvicinava al centro più erano ovviamente forti.
Tra i vari settori, e ciò spiegava il motivo per il quale non fossero passati per le classi più basse ma direttamente a quella intermedia, si estendevano chilometri e chilometri di terra vergine e ettari di vegetazione intatta. Sembrava una barriera naturale che divideva in più parti il pianeta, dividendo anche le città e i loro abitanti.
Le divisioni erano nette, senza margini di dubbio. Se appartenevi alla classe più bassa, quello era il tuo posto punto e basta. Anche se, da quello che aveva potuto vedere, i Saiyan si muovevano tranquillamente tutti quanti attraverso tutte le classi, senza che nessuno dicesse niente. Probabilmente il semplice passaggio o sosta breve era consentito a chiunque.
Trunks le aveva detto, a proposito dello “smistamento” per livello di combattimento, il quale era stato informato a sua volta dal padre, che tale atto veniva eseguito al momento della nascita e i neonati venivano categorizzati fin da subito. Era assai raro che un bambino, proveniente da genitori con livello di combattivo esiguo, fosse munito di uno più alto. In quel caso il pargolo restava con la madre fino a che non diventava abbastanza autonomo da vivere nella sezione a lui più consona.
Però, al contrario, era più facile che un adulto potesse cambiare classe sociale nel corso della propria vita a seguito di estenuanti allenamenti o di uno zenkai power. Anche se, ovviamente, la percentuale di guerrieri che passava da un livello infimo a uno di classe élite era nettamente più bassa di quella che raggiungeva, invece, la classe media da un livello basso o una superiore da una media. Certo che per essere scimmioni con poco cervello erano abbastanza ben organizzati.
- Non ce la faccio più! Sono ore che camminiamo!- si lamentò l’azzurra lasciandosi cadere a terra esausta.
Bra si sedette a fianco della madre, ormai sveglia e per niente stanca dato che aveva dormito per tutto il tempo in braccio al padre.
Trunks, che seppur non lo dava a vedere, cominciava a sentire la stanchezza pervaderlo e lanciò uno sguardo indagatore verso il padre, fermo pochi passi più avanti.
- Possiamo permetterci una breve pausa. Tanto il pianeta non scappa.- affermò il ragazzino sperando che il genitore gli desse corda.
Vegeta, che dava loro le spalle fino a quel momento, si voltò a guardarli con il solito cipiglio serio. Aprì la bocca per parlare ma poi la richiuse, indeciso. Alla fine, senza una parola, si andò a sedere accanto alla figlioleta, facendo tirare un sospiro di sollievo anche a Trunks che non attese altro tempo e si sedette anche lui.
- Papà, ho fame.- disse la più piccola del gruppo arrampicandosi addosso la genitore. - Voglio mangiare.-
Bulma guardò il suo orologio da polso, impostato ovviamente sull’orario terrestre -anche perché non aveva idea di come scorresse il tempo in quel posto. Sospirò capendo che l’origine dell’appetito della bambina fosse l’orario di cena appena passato.
Si guardò intorno alla ricerca di un qualche modo per recuperare del cibo ma, a parte le bancarelle riservate alla vendita di esso, non trovò niente. Peccato che loro non avessero soldi, o meglio li avevano ma erano soldi terrestri e non sapevano se esisteva un metodo per fare il cambio di valuta da un pianeta a un altro.
La donna si lasciò cadere sul terreno sconfortata: dove avrebbero potuto trovare del cibo o dei soldi con cui comprarlo? E proprio in quel momento passò alle loro spalle una coppia di giovani viandanti, probabilmente sprovveduti ma ricchi a giudicare dalle quantità di gioielli preziosi che avevano addosso. A quel punto le venne un’idea che, fossero stati sulla Terra, non avrebbe mai preso minimamente in considerazione. Ma era una situazione disperata e non avevano altre scelte.
- Vegeta, Trunks.- li richiamò pur rimanendo sdraiata. - Vi ordino di derubare quei due e prendere eventuali provviste in loro possesso.-
I due Saiyan guardarono la donna, sdraiata sul terreno polveroso con un braccio teso ad indicare i due viandanti, stralunati manco avesse chiesto loro di aiutarla con qualche piccolo lavoretto di casa. Attesero qualche secondo in silenzio, senza essere in grado di esprimere qualcosa di diverso dalla confusione davanti a quelle parole.
- Oh andiamo! Vegeta hai saccheggiato per anni! E tu Trunks, so che muori dalla voglia di prendertela con qualcuno! Non fate i bravi samaritani adesso, sono solo due stupidissimi viaggiatori! Non dovete mica ucciderli!- disse loro mettendosi a sedere.
- Secondo te è impazzita di botto?- chiese quasi sussurrando Trunks.
Vegeta alzò le spalle: - Probabile.-
Bulma non fu molto contenta di essere etichettata come “pazza”, decise quindi di fulminare padre e figlio con lo sguardo. Possibile mai che quei due distruggessero tutto senza farsi alcun tipo di problema e quanto invece la loro forza bruta risultava utile la fissavano straniti, manco gli avesse chiesto di ucciderli. Andiamo, gli sarebbe bastato un misero colpetto e quei due sarebbero caduti a terra svenuti, non avevano mica bisogno di chissà quale dispendio energetico.
La donna con un gemito esasperato tornò a sdraiarsi, incurante della polvere che le si appiccicava sui capelli e sui vestiti. Osservò quasi con malinconia i due viaggiatori proseguire dritti per la loro strada, allontanandosi sempre più da loro.
- Dite “ciao” alla nostra unica possibilità di mangiare qualcosa. Ciao.- borbottò la donna con un tono quasi canzonatorio.
Bra la prese in parola e, dopo essersi voltata verso di loro, fece “ciao ciao” con la manina in un modo che Vegeta avrebbe potuto definire tenero e stupido.
Mentre la donna sdraiata a terra continuava a salutare con la mano quei due che neanche sapevano della sua esistenza, Vegeta mise a terra la figlia e si alzò, sotto lo sguardo dei due figli.
- Andiamo Trunks, prima che tua madre impazzisca del tutto.- disse il Saiyan maggiore richiamando l’attenzione del ragazzino.
Trunks si alzò al volo e seguì il padre senza fiatare. Lanciò uno sguardo incuriosito alla madre quando le passò accanto ma non disse nulla.
Il punto in cui si erano fermati era poco popolato, la maggior parte delle persone si concentrava al centro della città, e ricco di viuzze interne strette e buie, alcune erano un vicolo cieco. Vegeta disse a Trunks di sfruttare quell’ingarbugliato labirinto di vie e spingere i due con le spalle al muro chiudendo loro ogni via di uscita. Così fecero: non si fecero mai vedere da loro, usarono la velocità sovrumana in loro possesso per spaventarli e spingerli ad addentrarsi ancor più nei vicoletti. Un fruscio, un sasso che cade, un’ombra appena accennata, un rumore più forte e nel giro di qualche secondo la coppia di ignari viaggiatori si ritrovò davanti a un muro, senza alcuna via di uscita. Non diedero loro neanche il tempo di pensare che, arrivando alle spalle, li tramortirono con un semplice colpo alla nuca.
- Scusate, non abbiamo cattive intenzioni ma ci servono soldi.- disse Trunks quasi per scagionarsi, si sentiva un po’ in colpa per il gesto vile di averli presi alle spalle.
Presero tutti i soldi che possedevano ed ogni tipo di provvista che si portavano dietro, non si posero affatto il problema di come avrebbero fatto quei poveretti a sopravvivere da lì in avanti, né prima né dopo averli saccheggiati.
Lasciarono i due, svenuti e senza un soldo, nel vicolo, tornando il più in fretta possibile al punto in cui Bulma era ancora sdraiata a terra. Quando però li vide arrivare la donna si alzò di scatto con gli occhi che le brillavano.
- Toh, abbiamo preso tutto ciò che avevano.- le disse il Saiyan dai capelli neri lanciandole uno dei due zaini che avevano rubato.
Bulma lo prese al volo e lo svuotò sul terreno, scansò tutte le cianfrusaglie che non le interessavano preferendo di gran lunga il sacchetto marrone che sembrava pesare parecchio. Lo aprì e vi guardò all’interno, strabuzzò gli occhi: erano pieno zeppo di monete di vario taglio, non sapeva come fosse strutturata la moneta Saiyan ma di certo quelli erano un mucchio di soldi.
Gongolante di gioia per l’improvvisa ricchezza, rimise tutto ciò che aveva trovato a posto, tranne il sacchetto con il denaro, e prese il kit di capsule che si portava dietro.
- Mh… Vediamo, dovrebbe essere la numero 6...- disse fra sé e sé.
Prese la capsula che riportava il numero sei sull’etichetta e la fece esplodere davanti a sé. Essa rivelò un contenitore abbastanza capiente da farci entrare comodamente metà del suo armadio. Prese i due zaini e ce li mise dentro, premette il pulsante sul lato e il contenitore tornò in forma di capsula, che lei rimise assieme alle altre nello zaino che si portava dietro. Si alzò poi da terra e, con rinnovata carica si diresse a passo svelto verso il centro della città alla ricerca di un buon posto dove mangiare, seguita ovviamente dal resto della famiglia.
Non dovettero girare gran che, gli stomaci Saiyan vuoti avevano iniziato a farsi sentire, rendendo irrequieti i piccoli -e grandi- guerrieri affamati. Si fiondarono nel primo locale che trovarono, sedendosi a un tavolo abbastanza grande in attesa dell’arrivo di qualcuno che prendesse loro le ordinazioni.
Bulma potè giurarlo, quella fu l’unica volta in cui nessuno li guardò strano per l’enorme quantità di cibo ordinato e trangugiato dall’intera famiglia. Anzi la cameriera, se così poteva chiamarsi una ragazza dallo sguardo incazzoso, l’armatura addosso e la faccia da schiaffi munita di una specie di palmare, passò più e più volte per chiedere loro se volessero ordinare altro. L’azzurra si sentiva parecchio fuori luogo in quel contesto in cui era l’unica a fare un pasto “normale”, così pregò che la sua famiglia terminasse in fretta di mangiare per poter andare via di lì.
Ovviamente il prezzo del pasto fu esageratamente alto ma l’azzurra tirò fuori l’esatta quantità di denaro dal sacchetto che si portava dietro senza battere ciglio.
- Dobbiamo proseguire ancora a piedi? Ma voi sapete volare, perché non proseguiamo in volo?- si lamentò Bulma quando vide il marito appropinquarsi per riprendere il viaggio dal punto in cui lo avevano interrotto.
A lei facevano male i piedi a forza di camminare e la temperatura stava iniziando a calare con il sopraggiungere della sera. Non aveva la minima voglia di continuare a camminare per tutto il resto del tempo, lei non aveva mica la loro resistenza fisica era pur sempre un’umana.
I due Saiyan si guardarono e Trunks alzò le spalle come per dire che per lui andava bene. Vegeta invece rimase titubante, non voleva attirare l’attenzione su di loro, per questo aveva mantenuto un livello di combattimento quasi nullo per evitare che i rilevatori captassero la sua presenza. Si guardò intorno, come alla ricerca di un’altra soluzione che non comprendesse il proseguire a piedi né il librarsi in volo.
- Ehi, voi! Avete per caso bisogno di un passaggio?-
La voce di un giovane guerriero attirò l’attenzione della famiglia su di sé, che spostarono lo sguardo sull’enorme carro corazzato dal quale il ragazzo sbucava fuori.
- Ovunque siate diretti vi ci possiamo portare. Forza non abbiate paura, non mangiamo mica.- insistette.
Prima che Vegeta potesse aprire bocca in alcun modo per rifiutare l’offerta, Bulma si avvicinò trascinandosi dietro Trunks.
- Sì! Stavamo giusto cercando un passaggio.- asserì l’azzurra costringendo il figlio a tradurre le sue parole.
Il guerriero all’inizio si stupì del fatto che il ragazzino parlasse la loro lingua mentre la donna accanto a lui no, però non si fece troppe domande e lanciò loro un mezzo ghigno.
- Saltate su allora!- disse aprendo del tutto le pesanti porte blindate dalle quali, fino a quel momento usciva soltanto a metà e porse loro un mano.
Bulma, più felice che mai di aver trovato qualcuno che li scarrozzasse il giro senza dover più camminare, afferrò la mano che il giovane le porgeva e salì sul furgone facendo leva con un piedi poggiato sul bordo. Trunks la seguì a ruota, balzando dentro con facilità, e si fece passare la sorella dal padre che, nonostante fosse piuttosto titubante verso quella scelta, non potè fare a meno di imitarli.
Il giovane guerriero diede due colpi alle pareti e il mezzo ripartì.
Nello spazio ristretto del retro del mezzo di trasporto, oltre al giovane che li aveva invitati, c’erano altri quattro guerrieri, di cui una sola donna. Tutti e cinque avevano il rilevatore verde, sinonimo di una bassa categoria sociale.
- Allora, io mi chiamo Shu. Da dove venite? Dove siete diretti?-
Prima che Trunks potesse aprir bocca il padre intervenì, prendendo la parola e azzittendolo.
- Veniamo da un pianeta nella Galassia del Nord.-
- Wow! La Galassia del Nord è piuttosto lontana da qui, avrete fatto un bel viaggio!-
- Abbastanza.- tagliò corto il principe.
- E da che pianeta, della Galassia del Nord?- chiese un secondo giovane guerriero seduto accanto a Shu.
- Dalla Terra.- rispose Trunks.
- Mai sentita nominare, deve essere un pianeta di poca importanza.- rispose Shu.
- La Galassia del Nord non rientra nella nostra giurisdizione, idiota.- lo sgridò l’unica donna del gruppo, seduta alla sua destra.
- Già, è proprietà della squadra Alfa.- borbottò.
- Dove siete diretti?- chiese la giovane guerriera. - Io sono Mega, comunque.-
Il ragazzino dai capelli glicine stava per rispondere che non avevano una vera e propria meta, si stavano limitando ad esplorare i dintorni senza soffermarsi a lungo in alcun posto, ma Vegeta lo anticipò ancora una volta.
- Al kujitsu.-
I cinque guerrieri ammutolirono di botto, rimasero immobili ai loro posti e non fiatarono per diversi secondi.
- Non penso che vi faranno entrare tanto facilmente. È pieno di guardie e sensori di movimento.- disse Shu fissandoli serio.
- Ho i miei metodi.- sentenziò il principe fissando un angolo del camion.
I cinque Saiyan si guardarono dubbiosi ma non dissero niente, non erano affari loro di come sarebbero entrati, sempre se sarebbero entrati.
Ector, il Saiyan seduto alla sinistra di Shu, premette il tasto laterale del proprio rilevatore e lo puntò su ognuno dei componenti della famigliola davanti a sé.
- Avete dei livelli piuttosto bassi per dire di voler entrare al kujitsu.- disse soffermandosi a guardare la piccola Bra attraverso il vetrino colorato. - Persino più bassi di un guerriero di basso rango.-
- Io non farei grande affidamento su quei cosi, esistono persone che sanno manipolare il proprio ki a piacimento.- gli disse quasi come un consiglio Vegeta, pur continuando a non guardarli in faccia.
Bulma, che quella conversazione aveva compreso si e no una ventina di parole, diede una gomitata al figlio, che ascoltava le loro parole rapito.
Il bambino si riprese e, dopo che la madre gli ebbe scoccato un’occhiata di rimprovero per averla lasciata fuori dalla discussione, tradusse tutta la conversazione senza saperle però saper dire cosa fosse il fantomatico kujitsu di cui stavano parlando.
- Cos’è il kujitsu?- chiese la donna ai presenti.
- Il palazzo reale, la reggia del re. Chiamalo come ti pare.- le disse Vegeta.
- Oh. E perché siamo diretti lì? Avevi detto che non ti importa nulla della corona.-
Vegeta non le rispose, chiudendosi nel suo solito mutismo di quando non voleva dare spiegazioni né a se stesso né agli altri. Aveva chiuso gli occhi e sembrava essersi circondato da barriere alte centinaia di metri, invalicabili.
L’azzurra sospirò ma lo lasciò stare, concentrandosi piuttosto sui guerrieri che stavano dando loro un passaggio. Pensò di usarli per migliorare la sua conoscenza della loro lingua.
- Voi siete mercenari?- chiese.
I cinque la guardarono curiosi, non pensavano sapesse la loro lingua.
- Una specie.- disse Shu.
- Andiamo da chi paga di più ma rimanendo fedeli alla corona.- spiegò Ector con parole semplici e pulite.
- Siete una squadra?- chiese l’azzurra nuovamente.
I guerrieri annuirono, poi Shu si sporse in avanti fino a lasciare meno di un metro tra lui e Bulma e studiò la donna dai colori a lui sconosciuti.
- Sulla Terra avete tutti questi colori o tu sei speciale?- domandò curioso. - Perchè a me piacciono parecchio le cose “speciali”, non convenzionali.-
Bulma fu percorsa da un brivido quando il doppio senso della frase del giovane guerriero le arrivò alle orecchie tradotta bene o male da Trunks, che non aveva afferrato il vero significato.
Mega tirò un pugno al compagno, così forte che il rumore che produsse quando si scontrò con la sua testa rimbombò nell’abitacolo. Shu stramazzò a terra per qualche istante, poi si rialzò di botto andando a fissare in cagnesco la compagna di squadra.
- Ti ha dato di volta il cervello eh!? Come cazzo ti salta in mente di picchiarmi!- sbraitò il ragazzo adirato.
Mega rimase imperturbabile, quasi Shu non avesse emesso un suono.
- Perchè, brutto testa di cazzo che non sei altro, devi smetterla di pensare con il cazzo ogni qual volta una femmina ti rivolge la parola! Poi, cazzo!, ti sembrano cose da dirle con affianco il marito!?-
- Ma se ha una potenza che è la metà della mia! Sti cazzi di ciò che pensa!-
- Non dare completa fiducia a quel fottuto aggeggio che hai sull’orecchio, le cose possono cambiare velocemente.- lo ammonì la donna, fissandolo di sottecchi con uno sguardo che non ammetteva repliche.
Shu, che non trovava più nulla da dire di intelligente, che non fossero insulti vari, si sedette ammutolito e con il broncio, quasi fosse un bambino capriccioso a cui era stato tolto il giocattolo preferito. Né Mega né gli altri guerrieri fecero caso a tutto ciò, probabilmente erano abituati a quel genere di comportamento da parte dell’amico.
Il viaggio proseguì in silenzio, la notte scese velocemente e l’unica fonte di illuminazione fu la lampadina fioca posta sul tetto dell’abitacolo.
I guerrieri parlottarono un po’ tra loro di quella che sarebbe stata la missione a cui stavano andando incontro ma non fecero più domande né parlarono con Trunks o con Vegeta.
Il tempo sembrò non passare mai, Bra si addormentò non molto dopo che gli occupanti smisero di parlare, nonostante avesse dormito per gran parte del tempo, e Bulma si ritrovò a fissare il soffitto annoiata sperando che il sonno arrivasse presto anche per lei.
Trunks si intratteneva giochicchiando con il portachiavi, anche lui piuttosto annoiato dal silenzio forzato e dalla mancanza di qualcosa da fare. Non era abituato a starsene con le mani in mano tutto quel tempo, se non si allenava o non doveva fare i compiti, giocava con Goten o alla play, insomma qualcosa da fare lo trovava sempre. Ma in quel camion di metallo, con nient’altro che quel mazzo di chiavi con cui intrattenersi nel silenzio più totale, il suo cervello se n’era andato in stand by a forza di noia. Non riusciva neanche a pensare.
Bulma osservò il figlio intento ad osservare il mazzo di chiavi come se non lo avesse mai visto e si disse quanto ancora avrebbero potuto resistere a quella noia mortale.
- Ci vorrà ancora un bel po’, vi consiglio di farvi una dormita fino all’arrivo che non è previsto prima di domattina. Il tempo passerà più in fretta.- suggerì loro Ector, unico rimasto sveglio tra i suoi compagni.
Bulma osservò il guerriero senza comprendere le sue parole. - Cos’ha detto?-
- Ha detto che ci vorrà ancora parecchio prima di arrivare e che ci conviene dormire e riposare.- tradusse Trunks.-
- Vi sveglieremo quando saremo aggiunti a destinazione.- continuò l’altro.
- E che ci sveglieranno quando saremmo arrivati.-
L’azzurra riflettè su quelle parole constatando che non avevano molto di meglio da fare, probabilmente dormire era la scelta migliore, sia per riprendere le forze sia per far passare il tempo più velocemente. Lanciò uno sguardo a Trunks, per dirgli di fare come gli avevano suggerito, ma il ragazzino si era già sdraiato sul sedile di metallo, cercando una posizione più comoda possibile per dormire, e aveva chiuso gli occhi.
A quel punto anche Bulma decise di provare a riposare, si sistemò meglio Bra in braccio, che emise un lamento di protesta ma non si svegliò, e poggiò la testa sulla spalla del marito sperando che lui non la scacciasse. La luce fioca creava un gioco di ombre sul pavimento, catturando la sua attenzione. Si concentrò per dare una sorta di forma a quelle figure nere ma il sonno e la stanchezza prevalsero facendola scivolare tra le braccia di Morfeo in pochi minuti.
Tra i suoi sogni si fece largo il metallico rumore di una porta d’acciaio che veniva spalancata, il vociare delle persone e il suono dei passi non esattamente leggeri sul pavimento.
La luce proveniente dall’esterno la colpì direttamente in viso, facendole fare una smorfia di fastidio e sollevare una mano nel tentativo di deviarlo.
- Ehi! In piedi siamo arrivati!- urlò una voce da un punto non ben identificato.
Bulma aprì gli occhi con fatica, la mente ancora appannata dal sonno ci mise un po’ a riconoscere il posto in cui aveva scomodamente dormito. Il collo le faceva male, così come la schiena e le braccia.
Aveva dormito appoggiata a Vegeta, tenendo in braccio Bra per tutto il tempo, quindi si sentiva parecchio indolenzita e dolorante.
Si stropicciò un occhio cercando di fare mente locale sul dove si trovasse e perché. Ci mise un po’ a metabolizzare e a svegliarsi, tanto che non si quasi accorse del marito che le toglieva la bambina, ancora semi dormiente, dalle braccia e la tirava verso di sé per aiutarla a scendere.
Sbadigliò appena mise piede sul terreno ricoperto da uno strato di quello che sembrava cemento. Diamine aveva dormito malissimo, rimpiangeva lo scomodo letto dell’astronave di cui si era lamentata tutto il viaggio
- Dormito bene?- li prese in giro Shu.
Bulma si limitò a borbottare qualcosa di poco comprensibile anche a lei mentre un Trunks parecchio assonnato le si affiancava massaggiandosi il collo.
Vegeta, che sembrava l’unico ad essere abbastanza sveglio da comprendere la situazione, stava dando un’occhiata al circondario analizzando con attenzione la situazione. Non sapeva in che punto preciso del pianeta erano rispetto al loro atterraggio però di certo non erano vicini. Corrucciò lo sguardo di fronte alla vastità di edifici che si stagliavano all’orizzonte: era rimasto come se lo ricordava.
Bulma si avvicinò a lui con ancora un occhio chiuso e uno aperto.
- È quello?- chiese
- Già.-
La piccola Bra, che nel frattempo era stata posata a terra da padre, stropicciandosi gli occhietti afferrò un lembo dei pantaloni di Vegeta per non rischiare di perderlo di vista. Non sapeva dove si trovavano né perché ed aveva tanto sonno, perché l’avevano svegliata così presto?
- Papà… siamo a casa?- disse con la voce impastata. - È presto. Ho sonno, posso dormire?-
- Non ancora.- rispose semplicemente il Saiyan più grande accarezzandole i capelli azzurri.
- E ora che facciamo?- chiese Trunks ancora mezzo addormentato.
- Entriamo.-
Bulma sollevò lo sguardo sull’imponente, enorme e altissimo edificio che si stagliava contro il cielo. Era bianco, sulle torri laterali vi erano appesi gli stendardi raffiguranti il tridente reale. L’immenso portone era sorvegliato da due guardie, che sembravano disposte a tutto pur di non far varcare la soglia. Si chiese come avrebbero potuto fare ad entrare, probabilmente Vegeta avrebbe usato la forza bruta.
Quando riabbassò lo sguardo, gli altri tre si erano già incamminati senza dirle niente alla volta del palazzo. Si affrettò a seguirli dato che non aveva alcuna intenzione di essere lasciata indietro.
- Ehi! Potevate quantomeno avvertirmi!- urlò loro dietro rincorrendoli.
Davanti all’imponente portone d’acciaio vi erano due Saiyan ben piazzati che sbarrarono loro la strada semplicemente facendo un passo l’uno verso l’altro, a quel tipo di guerrieri non servivano lance, spade, fucili o qualsiasi altra arma per impedire l’accesso agli indesiderati.
Le guardie guardarono dall’alto del loro metro e novanta con aria saccente la famiglia che gli si parava davanti, il loro volto era immobile ma i loro occhi emanavano derisione.
- Identificatevi.- disse uno dei due andando a premere il pulsante laterale sul rilevatore. - I guerrieri di basso rango e gli estranei al pianeta non sono ammessi all’interno del kujitsu.-
Vegeta ghignò e alzò un sopracciglio, divertito dal modo in cui li avevano gentilmente etichettati le due guardie. Quasi scoppiò a ridere nel sentire le parole “basso rango” accostate alla propria persona, mai nessuno in vita sua si era azzardato a fargli un simile affronto.
- Basso rango? Non direi proprio.- sghignazzò Vegeta osservandoli divertito.
- Ehi, la sua faccia non mi è nuova.- disse l’altro al compare tirandogli una gomitata per attirare la sua attenzione.
A quel punto il primo dei due Saiyan si fermò un attimo a pensare studiando il volto del principe. Poi s’illuminò e cambiò espressione tutto d’un botto.
- No, non può essere! È il principe Vegeta! - esclamò.
Il principe sogghignò: - Allora non siete così stupidi come pensavo.-
I due guerrieri a guardia del portone principale non ebbero il tempo di formulare un singolo suono che Vegeta, allungando un braccio davanti a sé, li spazzò via assieme all’entrata. Quando abbassò l’arto dei due non vi rimaneva altro che una coltre di polvere e fumo, il principe, tornato serio, non fece una piega davanti al brusco gesto appena compiuto.
- Andiamo.-


* diecimila euro, moneta inventata da me


Angolo Autrice:
Buonasalve baldi giovani! Ecco il secondo capitolo di questa entusiasmante avventura :D Per ora niente guai in vista, anzi sono stati piuttosto cauti nel muoversi.
Oh e perchè non ci sono ancora i tanto amati guai? Perchè siamo ancora all'inizio, non preoccupatevi i casini arriveranno presto :3
Spero vi sia piaciuto, lasciatemi una recensione se ne avete voglia e ci si legge al prossimo capitolo!
angelo_nero

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


L’edificio era immenso non solo all’esterno, l’enorme ingresso che si apriva davanti a loro e il soffitto altissimo servivano per mettere in soggezione chiunque vi entrasse. L’arredamento spartano e austero, fatta eccezione per gli stendardi con lo stemma non vi era niente di personale che potesse far comprendere qualcosa degli abitanti. Pareti vuote, prive di qualsiasi quadro, foto o ritratto. Niente oggetti, niente mensole, niente specchi, solo un enorme spazio vuoto. Il lungo tappeto rosso drappeggiato d’oro era l’unico tocco di colore in quel posto asettico, freddo. Qualche macchia non ben identificata sulle candide pareti che nessuno si era preso la briga di coprire, probabilmente un memoriale per chi metteva piede all’interno.
Lunghi corridoi si estendevano in ogni direzione, due rampe di scale, una a destra e una a sinistra, di marmo dividevano l’ambiente in più spazi. In mezzo ad esse un altro lungo corridoio che portava davanti a una grande porta di legno, più piccola di quella d’entrata ma ben sorvegliata anch’essa. Altri due soldati tentarono di impedire loro l’accesso ma vennero spinti via con il semplice movimento d’aria che Vegeta creò liberando parte della sua aura, sbattendo ed aprendo le pesanti porte per poi finire, svenuti, a terra inermi.
All’interno, le due enormi sedute erano completamente vuote nessuno che vi sedesse sopra a reclamare un posto non suo. Il principe ci rimase quasi male, moriva dalla voglia di spaccare la faccia di quei due. Si guardò attorno, alla ricerca visiva dei suoi obiettivi chiedendosi se si fossero dileguati prima che lui potesse arrivare o non erano proprio presenti all’interno.
Il suono prodotto dalla caduta di un vassoio d’argento ruppe l’irreale silenzio che si era venuto a creare dopo la prorompente entrata del legittimo erede.
La donna che portava l’oggetto si portò le mani al viso, incredula a ciò che i suoi occhi vedevano: era cresciuto, sì, ma non poteva sbagliarsi.
- Principe Vegeta!- esclamò con un filo di voce.
Si voltarono tutti verso di lei, Vegeta e famiglia compresi, puntandole gli occhi addosso.
Il principe squadrò la donna che lo aveva riconosciuto, cercando nella sua memoria qualche ricordo che potesse aiutarlo a capire il perché. Non ricordava molto della sua infanzia prima di Freezer ma il viso di quella Saiyan gli era particolarmente famigliare, lo accostava a quello di sua madre, unica persona che lo avesse mai veramente amato prima di Bulma, e se ne chiese il motivo.
- Principe Vegeta!-
Si levò un brusio prepotente tra i presenti nella sala del trono e uno alla volta si inginocchiarono ai loro piedi, riconoscendo finalmente in Vegeta il loro legittimo sovrano.
Bulma osservò la folla inginocchiarsi affascinata: lei godeva di un immenso rispetto come donna e scienziata sulla Terra ma lì si era su un altro livello.
Un giovane guerriero si avvicinò loro correndo, quasi si buttò a terra quando arrivò al cospetto del suo principe. Allungò le braccia e gli porse a testa bassa un medaglione dorato con una pietra rossa incastonata al centro.
- Mio signore, questo è vostro.- mormorò il ragazzo.
Vegeta osservò l’oggetto per qualche istante poi lo ignorò e passò oltre, raggiungendo il centro della sala per osservare meglio i presenti. Bulma lo seguì a ruota, mollando la responsabilità della sorellina a Trunks, che ancora fissava incredulo le persone inginocchiate davanti a lui.
Un anziano si avvicinò alla coppia, quando fu abbastanza vicino chinò il capo porgendo loro rispetto e umiltà.
- Mio signore.- disse mantenendo il capo chino. - Mia signora.- aggiunse rivolgendo la propria attenzione a Bulma.
- Tu parli la mia lingua?- chiese stupita la donna.
Vegeta la guardò storto: un anziano guerriero Saiyan, reduce da miliardi di battaglie, chinava il capo al suo cospetto chiamandola “mia signora” e lei si stupiva del fatto che parlasse la sua lingua? Chiunque se ne sarebbe fregato di quel dettaglio e sarebbe rimasto esterrefatto dal modo in cui gli si porgeva. Mah quella donna era sempre stata strana.
Tornò a riportare la propria attenzione sull’anziano guerriero, riconoscendolo nonostante l’età avanzata.
- Allistar. Sei invecchiato.- lo prese in giro.
Allistar sollevò di poco il capo e accennò un piccolo sorriso cordiale.
- Sono passati più di quarant’anni, mio signore. Sono felice che mi abbiate riconosciuto.-
- Come dimenticare colui che ha aiutato mia madre a mettere in salvo mio fratello modificando la rotta della sua navicella.-
L’uomo sollevò il capo finalmente e si permise di fissare il principe negli occhi, avendo con lui una sorta di confidenza estranea al resto della “servitù”. I capelli brizzolati erano l’unico segno evidente di vecchiaia, il corpo allenato era ancora forte e scattante sotto l’armatura nera e verde da lui indossata. Però nei suoi occhi si poteva leggere una storia lunga decenni, chissà quanti anni aveva.
- Sono felice di rivedervi sano e salvo, mio principe. Tutti ormai vi davano per disperso o morto.- disse irrigidendo la postura e incrociando le braccia dietro la schiena. - E vedo che non è tornato da solo, deduco che questa giovane è la sua sposa.-
Bulma sussultò quando la parola “sposa” detta in lingua Saiyan le arrivò alle orecchie, l’uomo aveva capito il loro legame senza che nessuno dei due parlasse. Era intuitivo? O semplicemente non era usale che un reale portasse a palazzo una donna che non fosse sua moglie?
Si levò un brusio di sottofondo, in cui l’ultima parola pronunciata dal guerriero saltava da una bocca a un’altra. Pronunciata con sgomento, con rammarico, con schifo. Bulma si sentì al centro di un’attenzione che non sentiva benevola.
- Mia signora, potrei sapere il vostro nome per cortesia?- le chiese l’attempato Allistar.
- Bulma.-
- Che splendido nome, adatto a una regina. Sa cosa significa nella nostra lingua?-
Bulma lanciò uno sguardo curioso al marito che non le aveva mai accennato minimamente che il suo nome potesse avere qualche significato nella sua lingua. Vegeta però fece orecchie da mercante e, guardando altrove, evase la sua domanda inespressa.
L’azzurra lo fissò male poi tornò a concentrarsi sull’uomo di fronte, fece no con la testa provocando una specie di sorriso nel guerriero.
- Dea delle guerriere.-
L’espressione di Bulma si fece sorpresa di fronte a tale scoperta. Sembrava qualcosa di importante per loro.
Vegeta continuò a guardare altrove, ignorando la conversazione che si stava svolgendo a pochi centimetri da lui.
Allistar fece di nuovo lo stesso strano sorriso ad entrambi e poi si rivolse ai due mezzosangue che si fissavano ancora attorno spaesati.
- Loro due devono essere i nuovi principi, i vostri eredi Mio Signore.- azzardò l’uomo. - Piccolo principe avvicinatevi e portate con voi anche vostra sorella.-
Di nuovo il tizio ci aveva visto lungo, anche se comunque non c’erano molte altre spiegazioni alla presenza di due bambini con colori così atipici insieme ai reali.
Trunks prese la sorellina per mano e si avvicinarono insieme lentamente ai genitori, il più grande squadrò Allistar dubbioso, gli avevano insegnato a non fidarsi delle prime apparenze di chi non fosse terrestre.
- Come vi chiamate?- chiese
- Trunks. E lei Bra.- rispose il piccolo mezzosangue.
Il guerriero anziano chinò ancora una volta il capo, stavolta in direzione dei bambini, i quali lo fissarono incuriositi da tale gesto inusuale.
- I miei omaggi principe Trunks, principessa Bra. Vi auguro una lunga e felice vita.-
Trunks fissò quasi sconvolto l’uomo che gli si stava inchinando davanti: sapeva di essere figlio di un principe, sapeva che suo padre era figlio di un re, sapeva che se il pianeta non fosse esploso il genitore sarebbe diventato il sovrano della razza Saiyan, sapeva anche che di fronte a dei reali ci si comportava in un certo modo ma mai nei suoi quattordici anni di vita lo aveva sfiorato l’idea che qualcuno si potesse inchinare, o addirittura inginocchiare, di fronte a lui, o a sua sorella, e chiamarlo “principe”. Non sapeva come reagire, non sapeva cosa fare quindi cercò disperatamente lo sguardo del padre in cerca di qualsiasi tipo di aiuto.
Vegeta semplicemente annuì, come per dirgli che andava tutto bene e che era normale.
Il mezzosangue dai capelli glicine tornò a guardare il tizio chinato al suo cospetto, dubbioso più che mai sul da farsi.
- Fratellone, chi è?- chiese Bra tirandogli i pantaloni.
- Non lo so, Bra.- disse sincero.
Allistar si rialzò di botto, spaventando Bra che si appiccicò alla gamba del fratello. Il guerriero si rivolse alla folla, allargò le braccia e si inchinò nuovamente, sta volta mettendosi in ginocchio.
- Rendiamo omaggio e rispetto al nostro principe ritrovato e alla sua dama. LUNGA VITA ALLA FAMIGLIA REALE.- esclamò con solennità.
- Lunga vita alla famiglia reale! Lunga vita alla famiglia reale! Lunga vita alla famiglia reale!- esclamò la folla in coro.
Bulma rimase tramortita da tanta enfasi, non credeva possibile tale evento. Aveva sposato un principe, sì, ma di un regno ormai morto e sepolto! Chi diamine si immaginava che sarebbe stata acclamata regina appena messo piede su quel pianeta.
- Ma stiamo scherzando?- disse qualcuno dal fondo, interrompendo l’acclamazione. - Questa non è la famiglia reale, è una stronzata.-
Un guerriero probabilmente della stessa età di Vegeta, si fece largo tra i presenti mettendo tutti al corrente del suo sdegno verso quella che lui non poteva reputare la nuova sovranità del regno.
- Andiamo! Che razza di governo potranno mai darci, eh? Magari hanno anche intenzione di farci colonizzare dal pianeta da quale provengono o venderci come ha fatto il vecchio Re, che quantomeno non aveva figli mezzosangue.- disse con sdegno sputando poi sul pavimento lucido. - Mi fate schifo, la mia merda è più reale di tutti voi messi insieme. Fenomeni da baraccone, altro che famiglia reale!-
La sala ammutolì, colpita da tanta rabbia e sdegno verso qualcuno che neanche conoscevano.
- Non si giudica mai l’apparenza, Mek, potrebbero essere migliori di ciò che pensi.- intervenì qualcuno timidamente, chiamando il guerriero per nome.
- Ma che cazzo dici, qua l’apparenza conta eccome! Sono reali non teste di cazzo qualunque. Un principe che non si fa vivo da quarant’anni rispunta a caso con al seguito una puttana terrestre e due bastardi come figli.-
Mek fu scaraventato improvvisamente dall’altra parte della sala, impattando con violenza contro il muro di marmo. Nessuno riuscì a capirne il motivo, era semplicemente volato da una parte all’altra senza spiegazione.
Calò il silenzio, la tensione si potè tagliare con il coltello mentre tutti attendevano di sapere come ci fosse finito addosso a quella parete spoglia sulla quale ora c’era un buco abbastanza importante.
Il guerriero con indosso il rilevatore di colore rosso tentò di rialzarsi a fatica, aveva subito una bella botta e si sentiva intontito. Come diavolo ci era finito lì se un secondo prima era al centro della stanza?
La figura del principe entrò nel suo campo visivo un pezzo alla volta: piedi, gambe, bacino, busto e testa. Il suo sguardo emanava rabbia furiosa nonostante la sua postura fosse la solita ingessata con le braccia conserte. Dalla sua posizione il guerriero, pur non essendo molto alto, sembrava gigantesco e imponente, quasi divino. Poteva quasi toccare la furia che lo circondava, gli occhi neri tipici della razza Saiyan emanavano un odio profondo nei suoi confronti tanto grande che se avessero potuto l’avrebbero incenerito all’istante. Fu percorso da un brivido di fronte a tale sentimento, così prepotente e tangibile.
- Ti chiami Mek, giusto?- chiese tagliente il principe.
Il guerriero fu stupito dalla piattezza e dalla calma con cui la sua voce uscì, si sarebbe aspettato un ringhio, un tono colmo di rabbia e tremendamente in collera. Invece sembrava che tutta quell’ira non trasparisse in alcun modo all’esterno se non attraverso il suo sguardo d’ossidiana.
- Sì, mio Signore.- gli rispose sogghignando e marcando in tono sarcastico l’appellativo.
Vegeta non mosse un muscolo, continuò a fissarlo dall’alto in basso, osservando impassibile il ghigno derisorio che il guerriero d’élite gli rivolgeva. Credeva forse che tale espressione avrebbe scatenato la sua rabbia? Come si sbagliava.
- Ho per caso offeso la Vostra persona in qualche maniera? Mi dispiace.- continuò Mek con lo stesso tono. - Non me ne frega un cazzo però.-
Vegeta ghignò, si voltò e fece un paio di passi nella direzione opposta del guerriero. La sala non emetteva un suono, nessuno parlava, quasi non respiravano talmente tanta era la tensione. Nemmeno quando il principe voltò momentaneamente le spalle al suo avversario qualcuno osò commentare. Tutti osservavano impietriti ogni suo singolo movimento, aspettandosi da un momento all’altro qualche scatto di rabbia improvviso, più che giustificato da tale affronto, o qualche azione violenta. Ma Vegeta si limitava a rimanere immobile, mani in tasca e sguardo puntato sulla propria famiglia.
- Immagino tu abbia una squadra al tuo comando.-
- Cosa vuoi fare? Uccidere ogni mio compagno davanti ai miei occhi come punizione, sai quanto me ne frega.- rispose l’altro.
Vegeta non reagì neanche a quella risposta provocatoria. Non gli interessava il suo modo di fare né il tentativo palese di farlo arrabbiare, semplicemente voleva fargliela pagare per la sua lingua lunga. In un decimo di secondo gli arrivò a un palmo dal naso, facendolo sussultare sorpreso. Lo fissò negli occhi, abbassandosi alla sua altezza. L’espressione del principe era immobile, non un muscolo della sua faccia si mosse, bastavano i penetranti occhi scuri piantati in quelli dell’altro a fargli capire cosa stesse trattenendo dentro di sé.
Mek deglutì a fatica cercando di mantenere la stessa faccia da schiaffi e non far trasparire il terrore che quelle pozze nere gli trasmettevano. Non aveva mai visto occhi più comunicativi di quelli che si ritrovava di fronte al muso, sembravano volerlo inghiottire in un buco nero infinito senza via di scampo. Ne sentiva maggiormente il peso ad ogni secondo che passava e non sapeva quanto ancora poteva sopportarlo.
- Ascoltami bene, bamboccio, non me ne fotte un emerito cazzo se insulti me, se mi dai del traditore o quello che ti pare.- disse mantenendo un tono piuttosto regolare ma minaccioso. - Ma se ti sento ancora una volta insultare la mia famiglia, ti giuro che ti scuoio con le mie mani davanti alla tua intera squadra così che l’ultima cosa che tu possa vedere siano i loro sguardi schifati nella tua direzione. Ti verrò a prendere anche ai confini dell’universo se sarà necessario, ci puoi contare.-
Detto ciò si alzò con tutta la calma del mondo e voltò nuovamente le spalle al guerriero che, volente o nolente, tremava come una foglia pur mantenendo l’espressione da cazzo stampata in faccia.
Tentò di alzarsi, Mek, ma le gambe gli tremavano talmente tanto che lo dovettero sorreggere in due e scortarlo fuori dalla sala.
Vegeta si riunì alla propria famiglia, precedendoli nel corridoio dal quale erano entrati diretti alle rampe di scale viste prima, che li avrebbero portati nei piani superiori.
- Ehm sire, mi dispiace disturbarvi ma ci sono delle piccole questioni di cui dovremmo discutere.- disse lo stesso ragazzo che gli porse il medaglione quasi cadendo. - È urgente.-
Vegeta, fermo sulla soglia, squadrò il ragazzino che sembrò quasi tremare quando incrociò il suo sguardo. Lanciò un’ occhiata alla consorte, che lo fissava interrogativo, e i figli, che lo guardavano in attesa. Poi riportò l’attenzione sul giovane guerriero.
- Prendete la rampa di sinistra e fatevi scortare fino all’ala designata per noi.- disse più rivolto a Bulma che ai bambini. - Non combinate casini.-
L’azzurra accigliò lo sguardo e s’imbronciò: fino a due minuti fa quello che stava facendo casino era lui. Stizzita gli fece una linguaccia prima di voltargli le spalle e dirigersi fuori dalla stanza, seguita dai figli che non emisero un suono. Alle loro spalle i due soldati, precedentemente stesi in un colpo da Vegeta, chiusero le porte e ripresero il loro posto, anche se un po’ malconci.
Salirono la rampa, davanti Bulma borbottava qualche insulto nei confronti del Saiyan che aveva sposato. La donna continuò a lanciare imprecazioni contro il marito anche una volta arrivati in cima e proseguì il suo cammino, senza avere la minima idea di dove stessero andando.
Trunks, a quanto pare l’unico in quella famiglia ad avere un po’ di sale in zucca che non se ne andava a farsi un giro al primo insulto del sesso opposto, si guardò attorno finché non trovò quella che sembrava una balia o comunque qualcuno addetto alla zona notturna.
- Ciao, scusa non abbiamo idea di dove andare, puoi indicarci le stanze reali?- chiese il ragazzino.
La Saiyan lo fissò dapprima senza capire: il ragazzino aveva occhi azzurri e capelli lavanda, la bambina al suo fianco occhi e capelli azzurri, la donna che continuava a imprecare in qualche lingua strana idem. Come facevano ad essere reali se non erano nemmeno Saiyan?
- Ehm, si vi ci accompagno subito principe. Il Re non vi ha detto dove risiederete?- disse la balia dopo un primo momento di smarrimento.
- No, mio padre è momentaneamente occupato a fare non-so-cosa.- borbottò il ragazzino alzando le spalle. - Mamma! Da questa parte!-
Bulma, che fino a quel momento aveva proceduto tipo automa sempre dritto senza sapere minimamente la direzione che stesse seguendo, si guardò finalmente attorno capendo di non avere idea di dove si trovasse. Il corridoio era enorme, sembrava infinito, probabilmente girava tutto attorno all’edificio, e come il resto del posto era asettico, spartano e senza personalità, il ripetersi del tridente reale era l’unica decorazione su quei muri bianchi.
- Mamma!- urlò nuovamente Trunks.
L’azzurra si volto nella sua direzione e si affrettò a raggiungerlo, non voleva perdersi in quel posto immenso.
La donna Saiyan li guidò a lungo, sorpassarono stanze su stanze, la maggior parte chiuse, alcune con le porte di vetro, altre di metallo. Forse dipendeva dall’uso che se ne faceva, come faceva anche Bulma a casa sua riservando le porte di metallo per i laboratori e la camera gravitazionale mentre quelle di vetro per il giardino.
Quel corridoio impersonale le metteva tristezza, lei era abituata alla mania della madre di attaccare quadri e foto su ogni singolo spazio libero di ogni singola parete, quindi dei muri senza alcun tipo di decorazione erano decisamente brutti a suo dire.
Nonostante l’immensa lunghezza non avevano ancora incontrato nessuno che provenisse dalla direzione opposta o che entrasse in qualche stanza che loro avevano superato. Finalmente la donna Saiyan si fermò davanti a una porta di legno, decorata con ghirigori dorati e lo stemma al centro. Almeno lì c’era un po’ allegria.
- La porta di entrata è unica ma all’interno si estendono varie stanze tutte comunicanti. Vi auguro un buon riposo, mia signora.- si congedò inchinandosi e dileguandosi alla velocità della luce.
Bulma mise la mano sul pomello e fece per aprire quando due voci, in un certo senso familiari, vennero loro incontro svoltando l’angolo e rivelandone i proprietari.
Radish e Napa passeggiavano per il corridoio ridendo e urlando, raccontandosi eventi probabilmente di poco interesse pubblico nonostante il tono della loro voce sembrasse dire altro.
Si fermarono di botto quando Bulma, Trunks e la piccola Bra entrarono nel loro campo visivo.
Scese il silenzio e Bulma si chiese se fossero sul punto di attaccarli o fare qualcosa di spiacevole a loro discapito. Prese in braccio la più piccola e attese.
-Ehi ma io ti conosco!- esclamò Radish indicando l'azzurra.
Bulma lo guardò facendo finta di niente, Bra tra le sua braccia si voltò per osservare il viso del Saiyan dai capelli lunghi.
-Che!? Come diavolo fai a conoscere un umana!?- gli urlò addosso Napa.
Radish si girò a guardarlo: -Era insieme al moccioso di Kakaroth quando sono andato a recuperarlo.-
Napa studiò il volto di Bulma con lo sguardo accigliato. Aveva dei colori piuttosto atipici e ciò lo incuriosiva. Spostò poi lo sguardo lungo il suo corpo, soffermandosi un po' troppo sulle forme generose della donna. Ghignò chiedendosi che effetto avrebbe fatto affondare le mani tra quelle rotondità così morbide, nessuna donna Saiyan aveva quel corpo in quanto troppo muscolosa. La sua mente cominciò a correre in pensieri poco casti e a Bulma venne un brivido gelido osservando il ghigno dell'omone.
Il suono quasi inesistente di passi da predatore distrasse Napa dalle sue fantasie erotiche facendolo invece scattare sull'attenti non appena riconosciuta la figura che stava percorrendo il corridoio nella loro direzione. Radish lo imitò dopo un primo momento di confusione. Erano anni che non lo vedevano ed era anche piuttosto cambiato.
Bulma, spinta dalla curiosità di sapere cosa spaventasse a tal punto i due energumeni davanti a lei, si voltò scorgendo la figura familiare del marito, il quale avanzava a passo svelto e con i pugni stretti lungo le gambe.
- Oh, Vegeta. Che è successo?- gli chiese quando fu abbastanza vicino.
- Che bello rivederti, Vegeta! Ne è passato di tempo!- esclamò Napa quasi parlando sopra l’azzurra.
Radish annuí.
Vegeta però li ignorò bellamente, fermandosi pochi passi prima, davanti alla propria compagna che lo fissava stranita.
Bulma mise giù Bra, sperando che non scappasse chissà dove, e sfiorò il braccio del marito con la mano per attirare la sua attenzione.
Il Saiyan l'attirò a sé, premendola contro il proprio corpo, e catturò le sue labbra in un bacio famelico, stupendola. Quando avvertì la sua risposta al bacio, la strinse di più a sé approfondendo il dolce contatto.
I due uomini rimasero a fissarli con la faccia da pesce lesso, stupiti dal gesto impulsivo quanto a loro sconosciuto del principe. Non aprirono bocca, o meglio, l'aprirono ma non ne uscì alcun suono. Quando Vegeta decise di fermarsi e di staccarsi da lei, Bulma lo guardò attraverso le ciglia ancora intontita dalla veemenza con la quale l'aveva afferrata. Si chiese il perché di quel gesto quasi disperato, non da lui. Lo guardò interrogativa, senza però fiatare.
- Mi fanno innervosire e avevo bisogno di qualcosa per calmarmi.- borbottò il Saiyan.
- E quel "qualcosa" sono io?- chiese quasi retoricamente Bulma.
Vegeta non le rispose limitandosi a lanciarle una lunga occhiata, prima che la sua attenzione fosse calamitata dai due Saiyan che se ne stavano lì a fissarli con una faccia che la diceva lunga.
- Ah, ci siete anche voi.- asserì.
- Non ti eri accorto di noi!?- esclamarono i due risentiti, eppure non passavano di certo inosservato.
Vegeta li guardò con il suo solito cipiglio serio senza aggiungere altro. Non si era minimamente accorto della loro presenza, troppo concentrato nel trovare una boccata d'aria fresca in Bulma. Probabilmente le loro auree erano talmente irrisorie rispetto alla propria che non si era neanche scomodato a prestare loro attenzione. Oramai era abituato a percepirne solo di forti più o meno quanto la sua e a scartare tutte le altre, con l'eccezione ovviamente della sua famiglia e, alle volte, dell'intera combriccola di "amici".
- Cos'era quella cosa?- chiese Radish quasi schifato riferendosi al bacio.
- Perchè giri con la terrestre a fianco?- chiese invece Napa. -È forse una delle tue put...-
La frase dell'omone fu, fortunatamente, interrotta dall'urlo di dolore del compagno d'armi. Si voltò a guardarlo, così come la coppia davanti a loro, per capire cosa diavolo avesse da urlare, pronto a colpirlo per farlo tacere.
- Piccolo demonio! Vieni qui, meriti una lezione!- ringhiò Radish, tenendosi la gamba destra.
Bra rise e corse a rifugiarsi dietro la figura paterna, consapevole si e no di averla fatta grossa. Fece una pernacchia alla sua vittima guadagnandosi un’occhiata omicida.
Prima ancora che Radish, o Napa, potesse fare un passo in direzione della bambina, con intenti ben poco pacifici, Vegeta prese la figlia in braccio che non poté essere più contenta di sentirsi ancora più protetta da lui.
La piccola fece una linguaccia al fratello di Goku, che moriva dalla voglia di strappargliela a mani nude. Radish non si chiese minimamente per quale assurdo motivo il principe avesse preso le sue difese e l'avesse presa tra le braccia, troppo accecato dalla rabbia e umiliazione per far lavorare un minimo il proprio cervello.
Napa, invece, il cui cervello aveva qualche rotella in più di quello dell’altro Saiyan, si dipinse in faccia l’espressione di chi aveva qualche dubbio ma non ci arrivava da solo. Prese per l’armatura il compagno, che era già partito alla carica contro la bambina all’ennesima smorfia che lei gli regalò, fermandolo.
- Vegeta, per quale motivo stai proteggendo la mocciosa terrestre?- chiese alla fine il pelato con i baffi.
- Già perché stai proteggendo lo sgorbietto?- ringhiò di rimando il capellone, ancora trattenuto dall’amico.
Vegeta accigliò ancora di più lo sguardo, non contento del modo in cui i suoi ex compagni d’armi avevano appellato la sua adorata figlioletta. Guardò prima la figlia, che continuava imperterrita a provocare Radish, il quale, invece di ignorarla come avrebbe fatto qualsiasi adulto, le dava corda incazzandosi sempre più, poi spostò lo sguardo sui due, cambiando diametralmente espressione. Non che sorridesse alla figlia a trentadue denti, però di certo rivolgeva uno sguardo più rancoroso ai due Saiyan.
- Prima di tutto lo “sgorbietto”, o “mocciosa” qualunque sia il modo in cui l’avete chiamata, ha un nome che non vi è pervenuto sapere.-
Vegeta tornò a guardare la bimba tra le sue braccia che ricambiò fissandolo confusa e con il pollice in bocca. Gli regalò poi uno splendido sorriso luminoso che gli strappò una specie di piccolo sorriso.
- In secondo luogo non è un’umana, ma una Saiyan.-
Nell'esatto momento nel quale pronunciò la parola “Saiyan”, Bra sciolse la coda dalla posizione intorno alla vita e la lasciò libera di muoversi, di fronte agli occhi stupiti di Radish e Napa.
- E terzo,- iniziò riportando lo sguardo sui due commilitoni - Ho un motivo più che valido per proteggerla e tenerla lontano da voi due. È mia figlia.-
- Cosa!?- esclamarono i due Saiyan allo stesso tempo.
- Come diavolo fa ad essere una Saiyan con quei colori!?- urlò Napa a pieni polmoni.
- Come diavolo fai ad avere una figlia!?- disse invece Radish.
Vegeta osservò le espressioni sgomentate dei due, senza darci particolare attenzione. Non rispose a nessuna delle due domande che gli posero, preferendo mettere giù la figlia e rivolgersi alla moglie dicendole che dovevano registrare i figli nel programma di nascita del pianeta altrimenti non sarebbero stati riconosciuti.
- È anche prevista una visita medica generale.-
- Eh? Sti cazzi di ciò che pensano sti quattro scimmioni!- rispose la donna.
Vegeta alzò le spalle come a dirle che non poteva farci niente.
Trunks fece una smorfia, aveva sentito tutto e l’idea non lo entusiasmava per nulla, lui non amava frequentare i medici dato che gli veniva sempre e costantemente ripetuto quanto fosse veloce la sua crescita, che fosse molto robusto per la sua età e altre cose simili che detestava sentirsi dire. Lo sapeva benissimo da sé che non era un bambino normale, era per metà alieno grazie che la sua crescita era spropositamene veloce.
Sperò che in quell’occasione non gli venisse ripetuto che superava ogni standard conosciuto.
- Dobbiamo andare dal dottore?- chiese candidamente Bra guardando il padre.
- Sì tesoro, ma è una visita veloce.- le rispose la madre rivolgendole un sorriso.
Trunks alzò gli occhi al cielo e preferì osservare i due Saiyan davanti a sé, che lo fissavano come fosse qualcosa di strano. Non poteva dargli torto, dopotutto di Saiyan con dei colori diversi da quelli standard della razza non ce n’erano molti, però non amava essere fissato e la cosa lo metteva a disagio.
A salvarlo arrivò un Saiyan che annunciò loro che l’infermeria li attendeva per la registrazione.
- Seguitemi per favore.-
La famigliola voltò le spalle a Radish e Napa, che rimasero immobili ai loro posti intenti a metabolizzare le nuove informazioni, e seguì il soldato per i lunghi e intrigati corridoi. Scesero nuovamente le scale e svoltarono a destra, in fondo al corridoio la loro meta era nascosta da una porta di metallo. Il soldato che li scortava bussò un paio di volte e l’uscio si aprì, rivelando l’infermeria del palazzo; la stanza non era molto diversa da quella che era stata allestita alla Capsule Corporation dopo che Vegeta aveva iniziato ad allenarsi prima dei cyborg: grande abbastanza da ospitare più di due persone contemporaneamente, puzzava di disinfettante, in un angolo la camera di rigenerazione – di cui Bulma aveva sentito parlare da Vegeta- e vari tavolini con su oggetti chirurgici e medici. La parete di fronte all’entrata era ricoperta da computer, completi di monitor che analizzavano senza sosta i dati dei guerrieri che ne entravano e ne uscivano. Seduto davanti ad essi vi era un Saiyan con un camice bianco da laboratorio, probabilmente un cervellone dal basso livello combattivo sbattuto là dentro per evitare di essere spedito su qualche pianeta.
L’uomo si voltò appena la porta si aprì e il guerriero che li aveva scortati si dileguò.
- Vostra Maestà, i miei omaggi.- disse inchinandosi al cospetto del principe.
Vegeta lo ignorò limitandosi a una smorfia poco convinta, doveva farci l’abitudine. Mise a terra Bra, che si andò ad appiccicare alla madre, incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete di fianco alla porta.
- Facciamo in fretta, non ho tutto il giorno.-
Il medico si raddrizzò.
- Farò il più in fretta possibile, mio Signore.- rispose rivolgendo poi l’attenzione sull’azzurra. - Vostra Maestà, potrei cortesemente sapere i nomi dei Vostri eredi?-
Bulma fissò l’uomo un po’ titubante però gli si avvicinò ugualmente tenendo Bra per mano, che fissava tutto incuriosita. Trunks le seguì a ruota, pregando che quella tortura finisse presto.
- Trunks e Bra.-
Il Saiyan digitò sulla tastiera i loro nomi e sul monitor apparvero scritti in caratteri a lei sconosciuti. A malapena masticava qualche parola di quella lingua, figuriamoci se sapeva come leggerla.
- Età?-
- Quattordici e tre.-
- Non sono Saiyan puri immagino.- disse voltando la sedia nuovamente nella loro direzione, osservando con cura i due bambini dai colori assurdi.
Trunks aggrottò le sopracciglia, non sapeva perché ma quella puntualizzazione gli sapeva di insulto. Che i mezzosangue non fossero ben accetti in quella società lo aveva intuito più che bene.
- Sono mezzosangue, ibridi. Qualche problema a riguardo?- intervenì Vegeta fissando storto il medico.
L’uomo sussultò spaventato e scosse la testa con veemenza, tornando a digitare sulla tastiera a testa bassa. Non voleva intercorrere nell’ira del principe, aveva sentito del guerriero che neanche mezz’ora prima aveva avuto l’ardire di insultarli che non era riuscito ad uscire con le sue gambe dalla sala. Deglutì: non ci teneva proprio a sfidarlo.
- Mia Regina, p-potrebbe far salire i due principi su questa p-pedana? U-uno alla volta ovviamente.- chiese con voce tremante.
Trunks alzò gli occhi al cielo e si offrì volontario per primo, voleva uscire da lì il prima possibile e quella gli sembrava la soluzione migliore. Salì sulla pedana, dando le spalle a una specie di metro digitale che si mise a lampeggiare non appena lo sfiorò con la testa.
Il medico osservò i risultati con stupore: non aveva visto mai quei dati in un bambino di quell’età. Premette un tasto e avvenne una specie di scansione sul corpo di Trunks, riportando dati importanti quali massa corporea, peso, percentuale di sangue Saiyan, percentuale di crescita, livello combattivo base, massima potenza rilevabile e tanti altri.
L’espressione del Saiyan di fronte al computer si fece mano mano più incredula osservando i numeri continuare a salire senza fermarsi. Si abbandonò contro lo schienale della sedia, stupefatto.
- Non ci credo! Vostro figlio è diverso da qualsiasi altro Saiyan mai esistito!- esclamò. - Il suo fisico è potenziato nonostante non sia neanche a metà della sua vita, la percentuale di crescita è immensa, ha solo il 50% di sangue Saiyan ma la sua forza combattiva è ben oltre i limiti dei bambini della sua età!-
Trunks alzò gli occhi al cielo sentendosi dire per l’ennesima volta quanto fosse anormale il suo stato fisico. Che palle persino i Saiyan si stupivano dei suo poteri.
Vegeta sogghignò di fronte allo stupore del medico. Lui sapeva alla perfezione che suo figlio non era lontanamente paragonabile a nessun altro quattordicenne Saiyan, il miscuglio dei geni dei genitori, il suo sangue non puro, lo rendevano al di fuori di qualsiasi schema. E ciò lo rendeva immensamente orgoglioso.
Bulma invece non fece una piega, sia perché già sapeva delle grandi potenzialità del figlio sia perché non aveva capito una mazza di quello che aveva farfugliato il Saiyan. Si limitò ad osservare i movimenti isterici dell’uomo davanti al computer e la faccia annoiata di Trunks.
- Posso scendere?- chiese quasi arrabbiato.
- S-sì.-
Il ragazzino scese dalla pedana e si andò a sedere su una sedia girevole lasciata in giro per la stanza, attendendo pazientemente il via libera per andarsene di lì.
Fu il turno di Bra che, felice come una pasqua, si arrampicò sulla pedana incuriosita da tutto quel trambusto. Poi amava essere la centro dell’attenzione.
Lo scanner passò anche su di lei e per poco il Saiyan con il camice non cadde dalla sedia.
- Non ci credo… Anche lei ha dei dati completamente sballati rispetto alla norma. Come diavolo è possibile?-
- Sono mezzosangue. Il miscuglio di due razze diverse ha scatenato un picco in tutte le caratteristiche.- spiegò Vegeta pur tenendosi a debita distanza.
Il medico fu tentato di urlare e fuggire via: in tutti gli anni in cui aveva visto guerrieri di ogni tipo entrare lì dentro, credeva di aver appurato che i mezzosangue fossero quelli più soggetti a malattie, basso livello di combattimento e reticenza alla lotta. Invece quei mezzosangue avevano i dati più alti mai visti in quell’età.
- Vorrei studiare questo fenomeno, se mi permettete di avere un po’ del loro sangue io...- iniziò in preda al panico.
- Scordatelo.- lo liquidò semplicemente il principe, voltando le spalle a tutto ed uscendo.
Bra scese con un balzo, salutò con la mano il Saiyan e si affrettò a raggiungere la madre che le porgeva la mano.
Fuori dall’infermeria li aspettavano il soldato di prima insieme a quei due idioti di Radish e Napa, Vegeta si chiese se dovessero seguirlo ovunque come facevano vent’anni fa. Non diedero loro molta considerazione, piuttosto proseguirono il loro cammino per i corridoio scortati sempre dal guerriero.
I due però non demorsero e si affettarono a seguire la famiglia, tampinando il principe che voleva soltanto vederli sparire. Rimasero per fortuna in silenzio, osservando il modo di relazionarsi di Vegeta con la compagna.
- Dove stiamo andando?- chiese l’azzurra.
- In sala consiglio, mia Signora.- rispose inaspettatamente il soldato.
- Come fai a conoscere questa lingua?-
Il Saiyan andò ad indicare il rilevatore che portava addosso.
- Non la conosco, mi viene tradotta in tempo reale.-
Figo, i rilevatori fungevano anche da traduttore in altre lingue. E lei che pensava di aver fatto la scoperta del secolo quando armeggiando con il vecchio rilevatore di Radish aveva capito che potessero essere usati anche in quel modo. Poco male, quantomeno serviva un intermediario solo per lei.
- Perchè in sala consiglio?- chiese rivolgendosi sta volta al marito.
- Perchè i vecchi che si occupano delle decisioni vogliono parlare di alcune cose con entrambi. Non so altro.- ripose Vegeta.
- E io che volevo andarmi a riposare, dormire seduta in un camion di metallo non è certo la comodità assoluta.-
- Hai tutta la notte per dormire.-
Bulma lo guardò con un sopracciglio alzato dubbiosa.
- Sì certo, come se non ti venissero strane idee dopo il tramonto.- gli rispose. - Soprattutto con la luna nuova.-
Vegeta le lanciò un’occhiataccia, come ad ammonirla per aver rivelato fin troppo della loro intimità davanti ad estranei. Non gli piaceva che lei dicesse certe cose a voce alta, dovevano rimanere solo e soltanto loro.
- Dobbiamo presenziare alla riunione, altrimenti quelli non ci lasceranno un secondo di pace.- disse sottolineando la parola “dobbiamo” per farle capire che non era una scelta.
Bulma sbuffò alzando gli occhi al cielo.
- Io credevo che in una monarchia decidesse tutto il Re, a che serve rendere conto a un consiglio?-
- A meno che tu non possegga il dono dell'obliquità non puoi avere ogni cosa sotto controllo. Avere qualcuno che ti guarda le spalle è utile.-
- Sarà ma di sicuro non trovo giusto che ci obblighino a fare come dicono loro.-
- Già.-
Bulma sospirò arrendendosi all’idea che probabilmente avrebbe dovuto avere a che fare con un gruppo di vecchi e brontoloni, con la mentalità arretrata e la voglia di ascoltare nuove idee di un bradipo addormentato.
Sfiorò la mano del compagno involontariamente e si rese conto solo in quel momento che Vegeta non li stava precedendo ma le si era affiancato rallentando il passo. In quel modo era impossibile che qualcuno le si avvicinasse senza che lui o Trunks se ne accorgessero, a quel punto capì che la stava proteggendo pur senza scoprirsi troppo. Gli sorrise quando lui si voltò a guardarla e gli si avvicinò ancora un po’, senza toccarlo.
Radish e Napa, dietro a Trunks che ogni tanto lanciava loro un’occhiata furtiva, osservarono la scena in silenzio, studiando il modo in cui quei due parlassero e si muovessero apparentemente in modo casuale, senza trovarne un motivo. Non si spiegavano come mai quella terrestre fosse arrivata a partorire i figli di Vegeta, quando egli stesso sembrava assolutamente indifferente, e quasi schifato, all’idea di generare eredi bastardi. A loro era sconosciuto il motivo del suo avvicinamento alla terrestre, anche perché Vegeta non avrebbe aperto bocca. Erano tentati però di chiederglielo ma sembrava essere incollato alla donna dai capelli azzurri. Avrebbero atteso il momento propizio.
Il soldato si fermò davanti a una porta a doppio battente e bussò tre volte, attese l’invito ad entrare prima di aprire. L’enorme sala aveva le pareti in marmo e il pavimento in pietra, al centro vi era un enorme tavolo circolare in legno scuro, il resto della sala era piuttosto anonimo: anche lì le decorazioni scarseggiavano al di fuori di qualche riproduzione di strane armi appese alle pareti. Bulma si disse che, non appena sarebbe stata ufficialmente proprietaria di quel posto, avrebbe aggiunto una marea di dettagli in ogni singola stanza, persino il bagno sarebbe sembrato quello delle pubblicità!
Attorno al tavolo, una decina di guerrieri, più giovani di quanto l’azzurra si aspettasse, li attendevano seduti in silenzio. Nessun mormorio, nessun commento. Si alzarono e si inchinarono all’unisono quando lei e Vegeta fecero la loro entrata, e rimasero in quella posizione fin quando non si sedettero ai loro posti.
Trunks e Bra furono fermati sull’uscio e invitati ad andare a giocare altrove mentre i sovrani facevano il loro dovere. Trunks prese la sorellina per mano e fece quanto gli fu detto, girando i tacchi e dirigendosi lontano dalla sala, le cui porte furono chiuse lasciando fuori anche Radish e Napa.
All’interno si era alzato un brusio intenso dato che i guerrieri avevano iniziato a parlare l’uno sull’altro, senza far capire niente di quello che dicevano.
Bulma, che conosceva quella lingua praticamente per niente, rimase ancora più confusa e frastornata dalla quantità di parole che uscivano fuori dalle bocche dei consiglieri. Per fortuna un servitore le porse un rilevatore dal vetrino rosso, per aiutarla a comunicare con tutti gli altri, ma rimpianse velocemente di non capire nulla quando calzò l’oggetto e fu invasa dalla miriade di discorsi sconnessi l’uno dall’altro.
- Dobbiamo rimediare ai danni fatti da quei due sconsiderati!- urlò uno dei tanti.
- Hanno sperperato quasi tutti i soldi della corona per i loro porci comodi!- disse un altro.
- Stavano mandando il regno verso il collasso!.- esclamò un terzo.
Le voci si sovrapponevano, le parole si mischiavano e i discorsi perdevano senso: economia, politica estera, politica interna, progetti, regole, leggi. Niente era più chiaro né a loro né a Bulma e Vegeta che li guardavano come se fossero pazzi.
- Ehi, parlate uno alla volta! Non si capisce nulla!- intervenì l’azzurra che però fu ignorata.
I guerrieri continuavano a sbraitare problemi e soluzioni, a litigare tra loro su quale fosse la cosa più urgente e quale la più importante. Era diventato un casino in cui non si riusciva a capire dove iniziava uno e dove finiva l’altro.
Vegeta, spazientito dalla confusione e dalla mancanza di rispetto che stavano tenendo i guerrieri di fronte a lui e alla consorte, digrignò i denti e corrugò le sopracciglia.
- Fate silenzio razza di idioti!- urlò il principe sovrastando le voci di tutti.
Si zittirono tutti all’istante e chi in piedi tornò seduto come un bravo cagnolino, temevano l’ira del principe più di qualsiasi altra minaccia. E facevano bene, Vegeta se avesse voluto avrebbe potuto spazzarli via con uno schiocco di dita.
Bulma, che invece non temeva affatto il marito, anzi gli avrebbe tirato volentieri uno scappellotto per i modi barbari che, come sempre, utilizzava per farsi rispettare. L’intimidazione non era l’arma adatta a tenere buona gente del genere. Okay, forse in quel caso aveva funzionato perché su quel pianeta funzionava tutto con la legge della giungla però non era comunque così che doveva agire.
Uno alla volta, i rappresentanti delle varie categorie di governo si alzarono in piedi ed esposero, con calma, i problemi chiedendo al principe una soluzione vincente. Alla fine si rivelarono tutti piuttosto semplici da risolvere, in più di un’occasione si aiutarono tra di loro senza che Vegeta dovesse intervenire.
- Sì, però le casse sono quasi vuote, dobbiamo trovare il modo di reintegrare il denaro perso.- disse un guerriero dall’armatura completamente nera.
- Potremmo tornare a conquistare e rivendere pianeti al miglior offerente, come facevamo per Freezer.- azzardò qualcuno.
- Oppure potremmo trovarci qualcuno come Freezer che ci dia una mano a racimolare denaro.- commentò qualcun altro.
L’idea non sembrò piacere a molti, dato che il brusio iniziale di persone che sottovoce parlano tra di solo si ripresentò. Alcuni erano d’accordo con l’idea di tornare a “lavorare” per qualcun altro di superiore e mano mano che il mormorio aumentava, anche i favorevoli a una nuova schiavitù, perché era quello di cui si trattava, crescevano.
Bulma li osservò sconcertata capendo che la ormai maggioranza era bendisposto a sottostare ai comandi di qualche Lord dispotico che voleva soltanto il proprio tornaconto. Possibile che quella razza di guerrieri non conosceva altri modi per racimolare denaro? Qualcosa che possibilmente non comporti i disagi del periodo sotto il comando di Freezer e che li porti a crearsi una sorta di indipendenza economica.
- Aspettate, fermi un secondo!- esclamò sperando che l’ascoltassero.
Quando il brusio nella sala si fermò, lei riprese a parlare:
- Mi state dicendo che siete disposti a farvi schiavizzare di nuovo? Perché quello con Freezer non era di certo una collaborazione lavorativa.- disse guardandoli ad uno ad uno. - Non so se lo sapete, ma è stato il vostro carissimo Lord Freezer ad aver distrutto il pianeta. Non un meteorite.-
L’intera tavolata ascoltava in silenzio le parole dell’azzurra, che aveva intuito che lì seduti non vi erano i primi allocchi che passavano ma persone con un’intelligenza di un certo spessore. Sapeva che avevano le capacità per raggiungere una conclusione migliore, doveva solo spingerli a pensare.
- Insomma, un popolo di indomiti guerrieri con la forza per distruggere interi pianeti che vuole sottostare nuovamente al potere di qualcun altro, solo perché non sanno trovare una soluzione con le loro teste? Andiamo! Non credo che voi siate così stupidi da permettere a qualcuno di comandarvi ancora. Dovreste aver imparato la lezione.-
- Allora cosa suggerisci, terrestre?- le chiese il guerriero dall’armatura nera, ancora in piedi.
Bulma si alzò e guardò uno ad uno tutti i guerrieri seduti al tavolo rotondo. Quando fu certa di avere l’attenzione completa di tutti tornò a parlare.
- Invece di conquistare pianeti per altri fatelo per voi, per la vostra economia.- disse appoggiandosi al tavolo con le mani.
- Si andiamo a sterminare qualche popolazione e a rivendere il pianeta al miglior offerente! I miei uomini non vedono l’ora di uccidere qualche insulso essere.- esclamò uno dei guerrieri alzandosi in piedi e battendo un pugno contro la superficie lisci del tavolo, rischiando di romperlo.
Bulma lo guardò storto, probabilmente era l’unico senza cervello in quel posto. Doveva essere qualche capitano importante.
- Scusatelo, mia Signora. È il comandante generale a capo di tutte le squadre di guerrieri di rango inferiore. Non dategli ascolto e continuate per favore.-intervenì un altro guerriero.
- Non intendevo dire che dovete rivendere pianeti ma costruire alleanze.-
Di nuovo il mormorio si alzò tra le fila, durò poco più di qualche secondo senza che nessuno gli intimasse di smetterla. Bulma attese che gli animi si calmarono prima di proseguire con la sua spiegazione, sperando che rinunciassero alla scelta di tornare a saccheggiare e depredare interi pianeti.
- Potete offrire protezione alle popolazioni con scarsa forza combattiva in cambio di una cospicua ricompensa. Oppure dare loro dei rifornimenti per i loro guerrieri e guadagnarci lo stesso. Senza spargimenti di sangue, senza uccidere nessuno. Certo, ci vorrà un po’ di diplomazia ma sono certa che la cosa possa funzionare molto meglio del vostro metodo attuale.-
Silenzio. Nella sala regnò il più completo silenzio per due minuti buoni, nessuno aprì bocca o commentò neanche con il vicino di sedia. Non una sillaba uscì dalle labbra del consiglio per momenti talmente lunghi che a Bulma sembrarono infiniti. Alla fine un terzo guerriero, con addosso un rilevatore blu e un armatura mono spalla, si alzò dal proprio posto con estrema lentezza.
- Mia Signora, noi siamo guerrieri non diplomatici. Non siamo capaci di usare mezzi diversi dalla nostra forza fisica.- iniziò con tono solenne, al che l’azzurra pensò che stava per bocciare a priori la sua idea. - Tuttavia credo non sia un obiettivo impossibile, mettendoci un po’ d’impegno per imparare sono certo che riusciremo alla perfezione in questo intento di negoziazione.-
Il viso di Bulma si illuminò all’istante e si trattenne dal saltare in preda alla gioia come una bambina, piuttosto mantenne il controllo e una postura composta degna di una Regina. Era riuscita ad imporsi su quella popolazione di amanti della guerra con la sola forza della propria intelligenza, Vegeta, seduto accanto a lei, la guardava orgoglioso della sua vittoria su quel gruppo di guerrieri di alto rango.
- Ottimo, possiamo iniziare a preparare il primo viaggio.-
- Sì, mia Signora, mi occupo subito delle procedure. Avete già qualche pianeta in mente?- chiese un quarto uomo, rimanendo però seduto al proprio posto.
Bulma scosse la testa, non conosceva nessun pianeta in quella galassia. Avrebbero fatto meglio a scegliere da soli.
- Magari iniziate da qualcosa di semplice, qualcuno che abbia bisogno di una guardia militare.-
Il guerriero annuì in silenzio.
L’uomo con il rilevatore blu tornò a sedersi sotto lo sguardo degli altri, compresi Vegeta e Bulma.
- Perfetto, possiamo dichiarare finita la nostra riunione e concludere che cominceremo a tessere buoni rapporti con le popolazioni a noi vicine.-
Si alzarono tutti all’unisono, fecero un inchino e si congedarono, lasciando marito e moglie soli in quell’enorme stanza che sembrava ancora più vuota.
Bulma si lasciò cadere sulla sedia e sospirò, stanca ma soddisfatta. Ancora una volta la mente aveva vinto sulla forza bruta. Si voltò verso il suo Saiyan, sedutole di fianco, che non aveva fiatato per tutto il tempo lasciandole piena libertà di scelta e di parola, rispettando le sue idee e la sua voglia di farsi rispettare anche dal resto degli occupanti della stanza.
Vegeta le regalò un piccolo sorriso guardandola dritto negli occhi, fiero del modo in cui aveva tenuto testa alle critiche spiegando in modo chiaro e conciso la sua idea, senza girarci troppo attorno. Era sicuro che ce l’avrebbe fatta, per questo non era intervenuto neanche una volta.
Bulma gli sorrise di rimando prima di essere distratta da un bip proveniente dal proprio rilevatore, che l’avvisava di una chiamata in arrivo. Guardò il marito non sapendo cosa fare e lui le indicò il tasto laterale, lei lo premette e la chiamata iniziò.
- Mia Signora?- disse una voce dall’altra parte.
- Si?-
- Volevo comunicarvi che il principe Trunks è nella camera di allenamento al secondo piano insieme a Napa, mentre la principessa Bra è nei giardini sul retro con una balia. Se non avete impegni, voi e vostro marito potete assistere all’allenamento del principe Trunks. Sembra che ci tenga particolarmente alla presenza del padre.-
Bulma tornò a guardare Vegeta mentre il guerriero dalla parte opposta parlava.
- Arriviamo immediatamente. Grazie, ehm… qual è il tuo nome?-
- Sedrik, mia Signora.-
- Grazie, Sedrik raggiungeremo Trunks al più presto.- disse e chiuse la chiamata, togliendosi anche il rilevatore.
- Andiamo, dove?- le chiese Vegeta.
- Trunks si sta allenando con Napa, in una specie di camera al secondo piano. Sai dov’è?-
Il principe annuì, ovvio che lo sapeva ci si allenava lui da piccolo. Si alzò e percorse la stanza con passo sostenuto, seguito a ruota dalla compagna. Uscì dalla porta a doppio battente, trovando ai due lati due guardie che prima non aveva notato, e proseguì verso le rampe. Presero quella a destra e le salirono a passo svelto, non avevano propriamente fretta ma erano entrambi curiosi di sapere cosa stesse combinando il figlio maggiore.
La camera d’allenamento menzionata da Sedrik non era molto lontana dalla cima delle scale, giusto un paio di porte più giù c’era la porta di metallo automatizzata. Si aprì da sola appena vi passarono davanti, rivelando all’interno alcuni guerrieri intenti ad osservare attraverso un vetro lo scontro tra Trunks e Napa. Si avvicinarono per osservare meglio e Vegeta potè notare senza grande stupore che l’ex compagno di missioni era in difficoltà contro il ragazzino, che al contrario non sembrava star risentendo dello scontro.
Trunks, in piedi al centro della stanza, osservava un po’ deluso il Saiyan pelato che si rialzava a fatica dopo l’ultimo colpo. Lui pensava che un purosangue fosse un po’ più resistente, non come suo padre che aveva ormai un ki divino, ma che quantomeno potesse sopportare un po’ più a lungo i suoi colpi. Non si era neanche trasformato in Super Saiyan, e per fortuna che doveva essere un guerriero élite, Napa, a lui sembrava solo un pallone gonfiato.
- Allora? Intendi rimanere a terra ancora a lungo? Mi sto annoiando.- si lamentò il ragazzino guardandolo dall’alto in basso.
Napa ringhiò infastidito dalle parole del piccolo guerriero, rialzandosi finalmente dal pavimento. Lo guardò e cercò di spaventarlo incatenando il suo sguardo nero con quello azzurro del ragazzino.
Trunks alzò un sopracciglio confuso, doveva colpirlo non minacciarlo con lo sguardo. Si mise le mani sui fianchi e ricambiò lo sguardo, per niente intimorito dal guerriero di fronte a sé.
- Tutto qui quello che sai fare? Guardarmi male?- lo provocò incrociando poi le braccia al petto. - Con il mio coetaneo sulla Terra mi diverto di più.-
Una vena sul testone pelato di Napa iniziò a pulsare testimoniando la sua rabbia crescente di fronte a quelle provocazioni nella sua direzione.
- Sta zitto, moccioso!- urlò partendo all’attacco.
Trunks semplicemente lo schivò, gli fece lo sgambetto e lo calciò alla parte opposta della stanza. Diamine se era scarso, perdeva precisione a ogni secondo che passava. Si chiese secondo quale standard venissero fatte le selezioni nelle varie classi sociali o se semplicemente Napa fosse troppo debole per lui.
L’omone tornò alla carica, tentando di colpirlo alle spalle usando la velocità ma Trunks lo anticipò e lo schivò saltando all’indietro. Ora era lui alle spalle del Saiyan.
- Ti hanno mai detto che colpire alle spalle è sleale?- gli chiese il ragazzino.
Napa tentò di colpirlo con un pugno, poi con un calcio e infine con un raggio di energia. Trunks li schivò tutti quanti e rispose per le rime tirandogli un calcio in pieno viso, rispedendolo nuovamente dalla parte opposta.
Sbuffò e raggiunse il suo avversario levitando, posò i piedi proprio davanti la sua faccia. Si piegò in avanti quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi.
- Sono deluso, ti credevo meglio. Facevi parte della squadra di mio padre, pensavo fossi quantomeno forte la metà ma mi sbagliavo.- disse con la faccia di chi ci è rimasto male.
Tornò dritto e gli voltò le spalle volontariamente, dirigendosi verso l’uscita della stanza.
- Ehi, moccioso! Non mi prendere per il culo! So benissimo che ti stai trattenendo!- urlò Napa.
Trunks si voltò a guardarlo incuriosito dalle sue parole.
Napa rise davanti alla nuova attenzione che il ragazzino gli stava dando, vedeva nei suoi occhi la stessa scintilla che aveva visto anni fa negli occhi del piccolo principe Vegeta. Nonostante avesse dei colori assurdi, nascondeva un enorme orgoglio Saiyan, immenso quasi quanto quello paterno e se si metteva in dubbio la sua forza scattava come una molla.
L’energumeno si alzò a fatica, rimettendosi in piedi. Non aveva intenzione di continuare a combattere, non era così stupido da continuare uno scontro dal quale non sarebbe uscito vincitore. La prima sconfitta -e successiva morte- ai tempi del primo approdo sulla Terra gli era bastata come lezione.
- Forza, fammi vedere la tua massima potenza. Voglio capire se lo stupido mezzosangue di Vegeta è in grado di portare alto il nome dei Saiyan.- gli disse l’energumeno.
Il ragazzino lo guardò per qualche istante, poi sorrise ed alzò le spalle.
- Okay.-
Trunks si allontanò dalla porta e si portò al centro della stanza nuovamente. Chiuse gli occhi e si prese qualche secondo per concentrarsi, voleva sentire il potere scorrergli nelle vene come un fiume prima di liberarlo.
Dalla parte opposta del vetro, i guerrieri che osservavano con attenzione lo scontro erano curiosi quanto Napa di vedere le capacità del principe Trunks. Tendenzialmente gli ibridi perdevano in forza, nonostante il sangue Saiyan fosse dominante su qualsiasi altro. Però non quando si incontrava e mischiava con quello terrestre, a quel punto il nascituro sembrava covare dentro di sé un enorme quantità di forza.
Vegeta guardava il figlio con un leggero sorriso sulle labbra fine, braccia conserte e sguardo fiero rivolto alla figura del ragazzino al centro della stanza. Lui sapeva ma era curioso di vedere le reazioni degli altri Saiyan attorno a loro.
Trunks riaprì gli occhi azzurri, prese un respiro e digrignò i denti mentre il potere iniziava a fluire. Urlò poi a pieni polmoni, gli occhi divennero verdi e i capelli si alzarono tingendosi d’oro, il suo corpo fu avvolto da un’aura dello stesso colore ma lui non si fermò.
I rilevatori dei presenti scoppiarono di fronte alla troppa potenza, incapaci di calcolare un simile livello. I Saiyan, ad eccezione ovviamente di Vegeta, osservavano increduli la scena. Il vetro di protezione si incrinò, così come il pavimento e le pareti ma Trunks non accennava a fermarsi.
Napa a mala pena si reggeva in piedi, rischiava di essere spazzato via da tanta energia.
La vetrata cedette quando il ragazzino diede libero sfogo all’ultimo gradino della sua energia, superando inaspettatamente il limite, e volarono pezzi di vetro da tutte le parti. Il pannello di comando iniziò a dare segni di cedimento mandando scintille e fumando. I Saiyan si dovettero proteggere ereggendo una barriera, la quale fu spazzata via dopo poco lasciandoli scoperti.
Trunks finalmente si fermò: capelli d’oro, occhi verdi e delle scariche elettriche a circondare il suo corpo insieme all’aura dorata. Nei suoi occhi lo sguardo spensierato era sparito, lasciando il posto a quello di un guerriero pronto alla battaglia.
Tutti lo fissarono stupefatti, increduli ai propri occhi.
- A quanto ammonta il suo livello di combattimento?- chiese uno dei Saiyan.
- Non lo so! Gli strumenti sono fuori uso!- gli rispose un guerriero seduto davanti al pannello di controllo che emanava scintille.
Bulma osservò il figlio trasformato senza troppo stupore, era abituata a vederlo in quello stato, anche se il vederlo cambiare atteggiamento da un momento all’altro era ancora strano. Però c’era qualcosa di diverso nel suo aspetto, che lei ricordasse il Super Saiyan di primo livello non aveva le scariche elettriche nell’aura.
- Vegeta, ma Trunks ha… superato il limite del Super Saiyan?- chiese Bulma al marito.
Vegeta osservava il ragazzino con un’ espressione più stupefatta del solito, si era accorto che ultimamente era diventato più forte ma non così forte. E lui non gli aveva detto nulla. Accigliò lo sguardo pensando che il ragazzino glielo avesse tenuto nascosto per qualche arcano motivo.
- A quanto pare. Quello è il Super Saiyan di secondo livello.- le rispose indicandolo con il mento.
Trunks non staccava gli occhi di dosso a Napa, che lo fissava sconcertato dal cambiamento. Mai avrebbe pensato che potesse nascondere una tale potenza in quel corpo da quattordicenne, da ciò che ne sapeva lui di ragazzini non era normale che possedessero una tale forza, neanche i figli dei guerrieri élite raggiungevano quei livelli! Dal vetro ormai distrutto gli arrivò la parola “Super Saiyan” che lo mise in allarme.
- Cosa!? Questo moccioso ha raggiunto lo stadio leggendario di Super Saiyan!?-urlò passando da una lingua all’altra.
- Super Saiyan?-
- Quello della leggenda?-
- Ma allora è vero.-
- Che sia quello l’aspetto del potente leggendario guerriero?-
I Saiyan parlottarono tra loro, esprimendo sgomento, incredulità e scetticismo davanti a un mezzosangue che aveva raggiunto tale stadio.
- Non credevo che questo posto potesse cedere in questa maniera.- disse sottovoce Vegeta.
Si era allenato lì dentro da piccolo un sacco di volte ed aveva resistito sempre perfettamente nonostante il suo potere non fosse esattamente convenzionale. Eppure aveva ceduto davanti alla forza strabiliante di suo figlio, aveva sopravvalutato quella stanza in base ai suoi ricordi. Anche se Trunks era diventato molto più forte di quanto lui stesso sapesse, nonostante lo avesse sotto il naso ogni singolo giorno non aveva mai notato un tale cambiamento in crescendo nella sua aura.
- Trunks.- lo richiamò.
Il ragazzino si voltò verso il padre con ancora lo sguardo di chi è pronto all’attacco. Non sembrava molto contento della sua nuova trasformazione, probabilmente perché glielo aveva nascosto
- Esci di lì.-
- Oh, sì.-
Il ragazzino disperse la propria aura ed uscì dalla stanza sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti e si ricordò solo in quel momento che, se per lui, suo padre e gli altri era una cosa normalissima, per i Saiyan era una leggenda mai realizzata. Poco male, lo avrebbero rispettato maggiormente di lì in avanti.
Raggiunse il padre, che lo guardò in maniera strana, contrariato da quel piccolo segreto che aveva deciso di tenersi per sé.
- Andiamo a recuperare tua sorella.- disse superandolo.
Trunks lo seguì un po’ perplesso ma non fiatò.
Insieme alla madre scesero al pian terreno e attraversarono praticamente l’intera tenuta prima di raggiungere il giardino nel quale Bra correva felice sotto lo sguardo di una Saiyan addetta alla cura dei figli dei nobili, tipo una baby-sitter. Bulma si diresse subito verso la sua amata bambina dai codini azzurri, che le si buttò in braccio senza pensarci due volte.
Trunks e Vegeta osservarono la scena dall’uscio della porta, rimanendo estranei alla cosa ma non del tutto.
Il ragazzino lanciò un’occhiata al padre che fissava con la solita espressione seria madre e figlia rotolarsi sul prato.
- Papà?- lo richiamò. - Sei arrabbiato con me?-
Il Saiyan incrociò gli occhi azzurrissimi del figlio e sospirò.
- No.-
Ed era sincero. Il fatto che glielo aveva nascosto gli dava fastidio ma non era arrabbiato con lui, non se lo guardava con quei lapislazzuli chiarissimi che aveva al posto delle iridi. L'espressione mortificata che gli si dipinse in faccia lo fece intenerire e quando lo vide abbassare lo sguardo pentito si sentì in colpa per aver pensato solo un secondo di potergli portare rancore. Era suo figlio, dannazione, come poteva?
Gli posò una mano sulla testa e gli scompigliò i capelli in un gesto affettuoso, al quale ancora doveva fare l’abitudine.
-Lascia perdere. - gli disse. - Se me lo hai nascosto avevi i tuoi buoni motivi.-
Trunks annuì guardandolo finalmente in faccia, pur con l’espressione pentita di prima.
- Volevo imparare a padroneggiarlo per bene prima di mostrartelo. Mi dispiace papà, non accadrà più. Promesso.-
- Da quanto tempo sei in grado di farlo?-

Trunks sembrò pensarci su qualche istante. - Due settimane circa. Allenandomi con Goten ho provato per gioco a superare i miei limiti e ci sono riuscito senza rendermene conto.-
Doveva rivedere i suoi pensieri nei confronti della compagnia del Son, a quanto pare i loro allenamenti davano ottimi frutti nonostante fosse più un gioco.
Gli scompigliò di nuovo la chioma lilla e sta volta il ragazzino rise divertito. I due si scambiarono uno sguardo e Vegeta rispose al sorriso enorme del figlio con uno più accennato, ma sincero.
- Quindi sei riuscito a superare il limite del Super Saiyan tutto da solo.-
- Già.- gli rispose il ragazzino sorridendogli a trentadue denti.
- Cosa state borbottando voi due?-
Bulma si infilò nella loro discussione all’improvviso, attirando l’attenzione dei due su di sé e sulla bambina che aveva in braccio.
- Che c’è?- chiese quando si rese conto che i suoi due uomini la fissavano straniti.
- Mamma, ehm, hai qualcosa tra i capelli.- disse Trunks indicando la madre.
- Eh?-
Vegeta allungò una mano e tirò fuori dal caschetto azzurro della moglie un ciuffo d’erba, rimasto probabilmente incastrato durante il rotolamento di poco prima. Glielo fece vedere, trattenendo una risata, ma non perdendo occasione di prenderla in giro.
- Dovevi proprio rotolarti lì in mezzo come una ragazzina? Quanti anni hai, sei?-
Bulma si imbronciò e fissò il marito con un’espressione che doveva essere incattivita ma che in quel momento risultava solo una storpiatura tenera del tentativo di ammonirlo con lo sguardo.
Trunks si mise entrambe le mani davanti la bocca per evitare di scoppiare a ridere e far infuriare la madre.
- Papà! Lo sai che ho giocato a nascondino? E ho vinto!- disse entusiasta la bimba.
- Ah sì?- le rispose il Saiyan poco convinto.
- Sì! Però non capisco quello che dice. Perché papà?- chiese Bra.
- Perchè parlano un’altra lingua, Bra.- le rispose il genitore guardandola negli occhi. -Una lingua che tu non conosci.-
- E perché?-
Vegeta alzò gli occhi al cielo.
- Perchè è complicata, sai a mala pena parlare la tua.-
- E perché?- chiese di nuovo la bambina.
- Perchè siamo su un altro pianeta.- le rispose il padre iniziando a perdere le staffe.
Bra inclinò la testolina di lato, continuando a fissare il padre negli occhi.
- Cos’è un pianeta?-
- È quello su cui cammini.- la liquidò sperando che non se ne uscisse con altre domande.
La boccuccia di Bra formò una “o”, stupefatta da quella nuova consapevolezza.
- E come si chiama?-
- Cosa?-
- Il pianeta.- disse candidamente la bambina.
Vegeta si massaggiò la base del naso, esasperato dalle continue domande della figlia, mentre Trunks e Bulma osservavano la scena divertiti.
- Se ti rispondo la finisci con le domande?-
Bra annuì convinta, attendendo con trepidazione la risposta del padre con occhi scintillanti.
- Vegeta-sei- le rispose senza guardarla.
La testa azzurra di Bra si inclinò nuovamente i lato, confusa dal fatto che quel pianeta strano su cui si trovavano aveva lo stesso nome del suo papà.
Vegeta tirò internamente un sospiro di sollievo quando la bambina smise di parlare e di porgli domande, lo metteva in crisi certe volte quella sua voglia di sapere tutto. Era curiosa e impicciona come la madre, non si accontentava di risposte veloci e detestava quando le si diceva di no.
- Perhè si chiama come te, papà?-
- Avevi detto che non avresti fatto più domande!- esclamò il Saiyan fissando gli occhioni azzurrissimi della sua bambina.
Bra lo guardava in attesa di una risposta e, Vegeta ne era sicuro, con altre duemila domande in testa da porgli.
Fu tentato di voltarsi e non risponderle ma fece il madornale errore di incrociare quelle iridi azzurre come quelle materne. A quel punto non poteva più tirarsi indietro.
- Perchè sì.- borbottò voltandole le spalle e incamminandosi nella direzione opposta.
Bra non fu molto felice della risposta monosillabica del padre e s’imbronciò, divincolandosi dalle braccia della madre per poterlo seguire ed esigere una risposta migliore. Non si sarebbe arresa fin quando non ne sarebbe venuta a capo, a costo di assillare il padre.
Trunks nel frattempo sghignazzava di fronte alla difficoltà di Vegeta nel rispondere alle domande della bambina senza poterla liquidare con qualche borbottio sconnesso. Lui e la madre seguirono la piccola di casa che rincorreva il padre lungo il corridoio, curiosi di vedere come sarebbe andata a finire.
Vegeta proseguiva a passo sostenuto, guardando dritto davanti a sé ed evitando qualsiasi ostacolo incontrasse, guerrieri e oggetti inanimati, seguito dalla figlia minore, che continuava a riempirlo di domande a cui non voleva rispondere. Si chiese per quale assurdo motivo la bambina non si arrendeva all’evidenza che lui non le avrebbe risposto.
Da una porta sulla sinistra spuntò un guerriero dai capelli brizzolati che costrinse Vegeta a fermare la sua marcia, o per meglio dire fuga. Bra gli andò letteralmente addosso, fermandosi per forza maggiore, e il contraccolpo la fece cadere seduta sul pavimento. Vegeta le lanciò un’occhiata per verificarne l’incolumità e si voltò soltanto quando la bimba si rialzò senza l’aiuto di nessuno.
- Vostra Maestà, stavo per venirvi a cercare.- disse il guerriero.
- Allistar!- esclamò Bulma riconoscendo il guerriero che per primo si era inchinato davanti a loro quella mattina.
- Mia Signora.- la salutò chinando il capo in segno di rispetto. - Principe Trunks.-
- Cosa vuoi, perché mi stavi cercando?- gli chiese Vegeta.
Allistar riportò l’attenzione sul Saiyan purosangue, distogliendola dagli occhi azzurri del principe mezzosangue, incrociando il suo sguardo severo con umiltà, senza alcun tipo di sfida o provocazione. Semplicemente per una questione di rispetto verso il suo interlocutore.
- Sire volevo informare voi e la vostra consorte che la cerimonia pubblica di incoronazione avverrà nel tardo pomeriggio.- disse fermandosi un secondo per lanciare uno sguardo anche agli altri tre presenti. - È ovviamente richiesta la divisa con il simbolo reale, mio Signore.- specificò osservando l’abbigliamento, ai suoi occhi assurdo, di tutti e quattro.
- Divisa?- chiesero in coro Bulma e Trunks.
Vegeta invece aggrottò le sopracciglia, sapendo benissimo di cosa stava parlando Allistar.
- È obbligatorio?- chiese Vegeta.
Allistar strabuzzò gli occhi incredulo di fronte a quella domanda, pensava che al principe importasse di rendere il suo titolo, ora fittizio, di Re ufficiale. Quantomeno per una questione burocratica e d’orgoglio, il trono spettava a lui e così doveva andare.
- Mio principe, sì è obbligatorio. Pensavo che fosse nel vostro interesse ufficializzare la cosa. Come ben sapete nonostante per me e tutti gli altri siete già il Re, per diritto di nascita, ma se dobbiamo costruire alleanze come suggerito dalla Regina c’è bisogno di non avere nessun margine di dubbio. Soprattutto sulla vostra discendenza.- spiegò con calma.
Vegeta sbuffò, odiava tutte quelle cerimonie ufficiali in cui si trovava al centro dell’attenzione e l’incoronazione non faceva eccezione. Spostò lo sguardo su Bulma che sostava alle sue spalle con più punti interrogativi che pensieri: sicuramente avrebbero dovuto celebrare la loro unione anche nella maniera Saiyan, non bastava il piccolo segno che lei aveva sul collo, né tanto meno l’anello dorato al dito, a rendere la cosa valida per chiunque su quel pianeta. Per la prima volta in tutta la sua vita desiderò non essere nato reale ma un semplice guerriero élite, si sarebbe risparmiato tutta quella roba noiosa.
Riportò lo sguardo su Allistar, che attendeva in silenzio un suo segno.
- Tra quanto?-
- Più o meno un paio d’ore.-
- Ma avevi detto nel tardo pomeriggio.- protestò Trunks che non aveva la minima intenzione di partecipare a quella cosa.
- Principe Trunks, l’inizio ufficiale sarà tra due ore ma la vostra presenza non sarà richiesta prima di altre quattro.- gli rispose Allistar.
Ci volevano ben sei ore per preparare il tutto? Che razza di cerimonia era? E soprattutto quanta gente ci sarebbe stata? Bulma pensò che fosse quasi più lunga di un matrimonio terrestre.
Allistar si congedò con un inchino, lasciando la famiglia a riflettere su quanto annunciato.
- Perchè quel signore ha chiamato papà in quel modo?- chiese Bra sempre più curiosa.
Bulma le si avvicinò e si abbassò alla sua altezza.
- Ti ricordi che ti ho detto che papà è un principe di un regno che non c’è più?-
La piccola annuì, si ricordava di quella storia che la sua mamma le aveva raccontato più di una volta.
- Ecco, tesoro, per qualche motivo quel regno adesso c’è e il tuo papà deve guidarlo. E per farlo deve diventare il Re.- le spiegò con calma usando parole semplici.
Bra sembrò pensarci qualche secondo, forse stava collegando i vari eventi di quella giornata.
- Se papà è Re, tu sei la sua Regina?- chiese indicandola.
Bulma le sorrise: - Sì piccola e tu sei la principessa.-
- Come quelle delle favole?-
- Sei meglio di loro.- borbottò Vegeta, che stava facendo finta di non ascoltarle. - Sei una principessa guerriera.-
Il visino della bimba s’illuminò ancor di più alle parole del padre: non sapeva cosa ci fosse di diverso dalle sue amate principesse delle favole ma se glielo dice il suo papà allora era di certo qualcosa di bello. Dimenticò così la marea di domande che voleva porgere al genitore, concentrandosi maggiormente sulla consapevolezza di essere una principessa.
Consapevoli di dover attendere almeno altre due ore prima della cerimonia, Buma pensò bene di proporre a Vegeta di fare un sorta di tour del palazzo con ovviamente lui come guida, essendo l’unico a conoscere quel posto alla perfezione. Però il Saiyan bocciò la proposta, dicendo che non aveva intenzione di aggirarsi per quel posto più del necessario.
L’azzurra non prese bene la cosa e decise di esplorare il posto da sola.
- Trunks, vieni con me?-
Il ragazzino guardò prima il padre, poi la madre.
- Scusa mamma, preferisco rimanere con papà.-
L’azzurra sospirò, in un certo senso se l’aspettava che il figlio maggiore scegliesse di rimanere con il padre, e spostò lo sguardo sulla sua piccola principessa dai codini azzurri.
- Bra? Vieni tu con la mamma? Facciamo un giro nel palazzo.-
La piccola però si aggrappò alla gamba del padre, non intenzionata a scollarsi dal genitore per nulla al mondo.
- Okay, fate come vi pare.- disse esasperata voltando loro le spalle.
Decise di partire dall’ingresso e prendere uno dei tanti corridoio che si diramavano. Finì nell’ala est della tenuta, dove alcuni guerrieri si trastullavano con donne di diversi pianeti ben poco vestite.
La donna dovette assistere al vomitevole spettacolo di uno dei tanti guerrieri che stava avendo un rapporto sessuale con un aliena dalla pelle azzurra e i capelli che le ricordavano Medusa davanti a tutti, fregandosene altamente di coprire i propri genitali o i seni della ragazza.
Girò l’angolo appena possibile quando il suo guardo incrociò un altro guerriero che stava limonando alla grande un’altra giovane donna dalle fattezze aliene.
Bulma si chiese se fosse normale nella cultura Saiyan fare certe cose davanti a tutti in un ambiente pubblico. Probabilmente loro non si facevano problemi a sfogare i propri istinti animali dove e come capitava, pregò di non incontrarne più.
Proseguì la sua esplorazione aprendo una porta a caso, oltre la quale c’era una sala un po’ spoglia con un lungo tavolo e nient’altro. Ne aprì un’altra e trovò una stanza, probabilmente inutilizzata dato lo stato perfettamente ordinato nel quale si trovava.
Passò oltre e girò a sinistra incontrando l’entrata per lo stesso giardino nel quale aveva trovato Bra.
Quel posto era immenso e più si rigirava più trovava stanze su stanze, alcune più ordinate di altre. Un paio le trovò chiuse e non provò neanche a bussare, immaginandosi dai gemiti che sentiva attraverso ciò che vi stava succedendo oltre.
Incrociò un guerriero ubriaco, che però non la degnò di uno sguardo. Era il primo pomeriggio e già bevevano in quella maniera, mah.
Neanche si accorse di aver fatto il giro quando si ritrovò di nuovo davanti le scale.
Svoltò a destra e proseguì il suo cammino, incontrando sta volta tutte porte di metallo. L’idea che potessero essere laboratori la mandò in visibilio. Aprì una porta a caso e vi sbirciò all’interno: macchinari, attrezzi, computer e pezzi di metallo ovunque. Aveva trovato Eldorado!
Qualcuno le toccò la spalla da dietro, facendola sussultare e voltare spaventata. Quando si accorse che era semplicemente una Saiyan si rilassò.
- Mia Signora.- disse la giovane ragazza guerriera. - Mi dispiace interrompervi ma tra poco inizierà la cerimonia. Dovete prepararvi.-
Bulma guardò la ragazza stranita, e non perché non avesse capito ciò che diceva, in quanto calzava il rilevatore che fungeva da traduttore, piuttosto si chiedeva cosa dovesse mai fare per preparasi da esigere che qualcuno l’andasse a chiamare.
- Okay.- disse poco convinta.
- Seguitemi per favore.-
Bulma seguì la donna senza fare domande, in silenzio attraversarono l’intera ala est del palazzo sorpassando la sala da pranzo principale, le cucine e alcune delle sale di ricevimento più piccole. L’azzurra continuò a guardarsi intorno, scrutando quell’ambiente asettico senza decorazioni e confermando ancora una volta la sua volontà di riempirlo di roba inutile soltanto per dargli un po’ vita.
Salirono la rampa di scale a sinistra, la stessa già percorsa qualche ora prima per capire dove fossero ubicate le stanze reali. La guerriera si fermò esattamente dove Bulma ricordava si fosse fermata l’altra, davanti a quella porta di legno di ciliegio decorata con il tridente reale. Le aprì la porta e la invitò ad entrare.
L’azzurra si fermò qualche istante ad osservare la stanza: era gigantesca, forse il doppio di quella che aveva sulla Terra, con al centro un letto matrimoniale con lenzuola rosse e un spalliera in ferro battuto nero. Due comodini ai lati di un legno più chiaro. Le pareti erano di leggerissimo color azzurro cielo, mentre il pavimento era in pietra levigata. Un grande armadio era poggiato su una di esse, probabilmente poco più grande del proprio, sulle cui ante era intagliato il simbolo reale.
Anche quella stanza non aveva nulla di personale, tutto piuttosto spartano ed essenziale. Sulla parete di fronte a lei probabilmente era il bagno, mentre quella laterale doveva portare alle altre stanze.
- I vostri abiti sono sul letto, vi lascio preparare.- si congedò la ragazza chiudendo la porta.
Bulma si avvicinò al grande letto cremisi con passi piccoli, continuando a scrutare la grande stanza che, per qualche tempo, sarebbe stata sua e di Vegeta. Chissà come avrebbe reagito il Saiyan alla vista delle pareti azzurrine.
Sulle lenzuola rosse, un lungo vestito nero era adagiato con cura. Bulma si aspettava di dover indossare una battle suit simile a quelle che aveva visto sulle altre guerriere di sesso femminile, non un lungo abito con spacco vertiginoso su entrambi i lati.
Allungò la mano per toccarlo e si stupì di sentire sotto le dita né seta né lino, ma lo stesso tessuto resistente di cui erano composte le battle suit che lei aveva avuto tanta difficoltà a riprodurre. Elegante sì ma anche pratico e comodo. Senza spalline, lungo probabilmente fino ai piedi.
Sfiorò il simbolo ricamato su un fianco, grande più o meno cinque centimetri, dello stesso punto di rosso delle lenzuola. Con esso c’erano anche i guanti bianchi tanto amati da Vegeta e un medaglione dorato con una pietra blu incastonata. Niente scarpe, stivali o calzature di alcun genere. Strano, sembravano tutti così meticolosi lì dentro.
L’azzurra accarezzò la pietra con delicatezza, specchiandosi all’interno, riconoscendo il fantomatico accessorio, di cui Vegeta le aveva solo accennato, che sostituiva la classica corona d’oro indossata da Re e Regina nelle popolazioni monarchiche terrestri.
Indossò l’abito e si rimirò allo specchio posto accanto all’armadio: il tessuto elasticizzato le aderiva perfettamente ad ogni curva, nascondendo quei minuscoli difetti che lei detestava guardare, esaltando la vita stretta e i fianchi larghi. Infilò i guanti bianchi, anche se con riluttanza, scoprendo che si sposavano perfettamente con il vestito e mise il medaglione al collo.
Ovviò al problema scarpe tirando fuori da una scatola, precedentemente incapsulata, un paio di sandali gioiello con tacco dodici. Non erano niente di pretenzioso ma davano quel tocco personale a quell’abbigliamento formale.
Fece una piroetta osservando nello specchio l’abito aprirsi lungo le gambe grazie ai sensuali, ma non volgari, spacchi laterali. Sorrise constatando che nonostante il tessuto non fosse dei più pregiati, era comunque un ottimo capo d’abbigliamento.
Lanciò un’ultima occhiata allo specchio e uscì dalla porta, davanti alla quale l’aspettava la stessa giovane guerriera di prima, calzata in una battle suit nera e verde.
- State d’incanto, mia Signora.- si complimentò la giovane donna.
- Ti ringrazio.- rispose Bulma, pronunciando le poche parole che conosceva in quella lingua.
La guerriera accennò un piccolo sorriso e le fece segno di seguirla, di nuovo, giù dalle scale fino alla sala del trono. Bulma ondeggiava sui tacchi alti con grazia e sicurezza, un piede davanti all’altro.
La Saiyan bussò due volte e la grande porta a doppio battente venne spalancata da due guardie rivelando non solo l’enormità di quella stanza ma anche la quantità impressionante di gente all’interno.
Una musica ritmica e quasi primitiva si fece largo, due Saiyan si misero alle spalle dell’azzurra e altri due davanti, tutti e quattro a sua protezione. La sala gremiva di gente e la sicurezza per la Regina non era mai abbastanza, soprattutto se non Saiyan.
La folla di persone avevano lasciato un corridoio sul quale era steso un tappeto rosso con i contorni dorati. L’azzurra riprese a camminare dopo un secondo di titubanza, scortata dai quattro guerrieri, sotto lo sguardo incuriosito di tutti.
D’improvviso le sue guardie che la precedevano si fecero da parte, dandole modo di osservare i quattro troni rialzati in cima a una piccola scalinata di marmo. In piedi, davanti alle regali sedute, in tutta la sua bellezza Vegeta l’attendeva calzato nella sua battle suit, non quella blu solita, ma quella nera che lei gli aveva regalato in occasione del suo allenamento con Wish. Sull’armatura era stato stampato il simbolo reale in un rosso acceso.
Lo squadrò da capo a piedi come se non lo avesse mai visto, per qualche motivo le sembrava più bello del solito. Gli occhi neri non si staccavano dai propri, brillavano di una luce che lei conosceva bene: era la stessa che gli aveva illuminato le iridi scure il giorno del loro matrimonio, quando l’aveva vista camminare verso di lui in abito bianco.
Bulma salì quei pochi scalini che la separavano dal suo principe e si perse nei suoi occhi di pece, dimenticando per un istante quanto stava per succedere.
Allistar si mise tra di loro ed iniziò ad invocare il consenso della folla, composta prevalentemente dei guerrieri d’alto rango. Poi presentò sia Vegeta, descrivendolo come il principe legittimo erede al trono, che Bulma, osannando la Regina terrestre con un linguaggio piuttosto elevato.
La platea iniziò a schiamazzare, facendo intendere ai due reali che il popolo li sosteneva.
Allistar tornò a prestare loro attenzione, sfilò il medaglione dal collo di Bulma e lo posò su un tavolo accanto a un altro identico.
- Datemi le vostre mani sinistre.-
Entrambi obbedirono porgendo al guerriero l’arto richiesto, egli tolse loro i guanti bianchi lasciando di stucco Bulma e indifferente Vegeta.
La forte luce bianca proveniente dai led sul soffitto fece brillare entrambi gli anelli dorati ai loro anulari, attirando l’attenzione di Allistar su di essi. Lanciò uno sguardo ad entrambi ma non fece domande.
- È il metodo terrestre.- disse semplicemente Vegeta,
Il Saiyan non si espresse, continuando invece con la cerimonia: alzò le loro mani verso il cielo e pronunciò alcune parole di rito.
- Dei della guerra, Dea Luna, nostra madre e fonte di potenza. Accogli come legittimi sovrani il nostro principe e la sua donna terrestre.-
Il Saiyan posizionò le loro mani sopra i due medaglioni e tirò fuori un piccolo pugnale. Fece un taglio prima sulla mano di Vegeta poi su quella di Bulma, che sussultò colta alla sprovvista. Le riprese e le voltò in modo che qualche goccia di sangue cadde sulle gemme.
- Sangue al sangue, giuramento di vita, promessa di sovranità assoluta e complice.- mormorò fissando le gocce del liquido cremisi.
La sala si era ammutolita, rapita dalla solennità con la quale il guerriero dai capelli brizzolati stava eseguendo quel rito tanto semplice quanto profondo. Tutti fissavano le loro mani ferite e il sangue che ne fuorusciva, attenendo con trepidazione il prossimo gesto di Allistar.
Il Saiyan fece voltare Vegeta e Bulma in modo che si guardassero in faccia, alzò nuovamente al cielo le loro mani.
- Due vita, due anime, due esistenze. Unite nel sangue ora e per sempre, oltre la morte oltre il destino.-
A quel punto fece combaciare le due mani, le cui dita si intrecciarono in un gesto spontaneo, e mischiare il sangue che ne scaturiva unendo simbolicamente, di nuovo, le loro esistenze per sempre.
Allistar si avvicinò poi a Trunks, che Bulma non aveva notato fino a quel momento, e gli disegnò lo stemma reale sulla fronte con il sangue dei genitori. Idem fece per Bra, che lo fissò non capendo il motivo del gesto.
- Che gli eredi della casata reale di Vegeta-sei siano sempre protetti e rispettati. Gli dei della guerra vi guideranno lungo il vostro percorso.-
Quando Allistar si spostò, Bulma ebbe modo di osservare, attraverso il vetrino colorato del rilevatore che indossava, i figli calzati nelle battle suit blu con lo stemma sull’armatura. Trunks sembrava una miniatura del padre: stesso sguardo severo e concentrato con le sopracciglia aggrottate, la posa rigida degna di un guerriero ben addestrato, le labbra fine strette l’una all’altra in una piega senza espressione.
Il Saiyan cerimoniere, calzato in un’armatura nera e blu, tornò dai due adulti, che sciolsero le mani, e mise, prima ad uno poi all’altra, i due medaglioni al collo ripuliti dal sangue con il quale erano stati battezzati. Poi si inchinò facendo qualche passo indietro e stese le braccia davanti a sé, invitando i sovrani a sedere sul Trono che spettava loro. Si voltò poi verso la folla che attendeva trepidante.
- Salutiamo il nostro Re e la nostra Regina. Lunga vita alla famiglia reale!-
- Lunga vita alla famiglia reale!- urlò in coro tutta la platea.
Bulma e Trunks fissavano incantati quella grande quantità di gente che li acclamava. Mai si sarebbero sognati tale accoglienza da quel popolo di guerrieri.
Vegeta invece guardò tutti con sufficienza, la cosa gli importava ben poco, se ne fregava del giudizio di quel popolo che era suo per diritto di nascita e le loro acclamazioni gli scivolavano addosso. Indifferente all’intera faccenda, l’unica cosa che gli interessava era che la sua famiglia fosse ak sicuro e che nessuno osasse provare a toccarli.
- Diamo inizio ai festeggiamenti!- urlò qualcuno dal fondo della sala.
Ovviamente nessuno protestò, anzi iniziarono immediatamente ad entrare i camerieri con ingenti quantità di cibo proveniente da pianeti diversi. Inutile dire che ogni Saiyan presente iniziò a divorare qualsiasi cosa gli si mise sotto il naso. Bevvero e mangiarono senza ritegno, urlando, schiamazzando e ridendo a più non posso.
Uno dei camerieri porse a Bulma un calice di cristallo, contenente un liquido rosso che assomigliava tanto a quella famosissima bevanda alcolica terrestre che veniva ricavata dall’uva, che lei guardò un po’ scettica.
- È semplice vino. Non verrai avvelenata.- la informò Vegeta prendendo un sorso dal proprio calice.
Bulma prese allora il bicchiere e bevve un piccolo sorso. Buono.
- Esiste un tipo di frutto molto simile all’uva terrestre su questo pianeta, da cui si ricava il vino.-
La donna fissò il liquido rosso nel bicchiere.
- Sono tutti così i matrimoni qui? Così… spartani?- chiese indugiando un po’ sull’aggettivo da utilizzare.
- All’incirca. Solitamente sono molto più lunghi e contorti da ciò che ricordo.- le rispose guardando un gruppo di soldati litigarsi un pazzo di carne. - Hanno accorciato le tempistiche dato che la cosa era già ufficiale.-
E Bulma sapeva che non si stava riferendo al loro matrimonio terrestre, nonostante le fedi nuziali avessero destato l’attenzione del cerimoniere. Si passò una mano sul collo, ove quel piccolo segno di un morso che era quasi invisibile sulla sua pelle candida simboleggiava molto più di quel che si potesse pensare. Che se ne fosse accorto più di qualcuno?
- Eppure non si vede neanche.- borbottò Bulma.
- Dipende da come lo guardi.- le disse voltandosi a guardarla. - Ti ricordo che i Saiyan sono predatori. -
L’azzurra osservò gli occhi neri del marito, sperando di cogliere qualche parola da lui non detta come era solita fare. Vi ci trovò solo la consapevolezza di non essere più come qualsiasi altro Saiyan presente in quella sala, d’élite o meno. Conservava, sì, il suo istinto animale e tutte le caratteristiche di un guerriero ma non si basava più su dei semplici impulsi per prendere le proprie decisioni. A dir la verità mai lo aveva fatto, ciò che lo distingueva principalmente da tutti gli altri era il suo mettere al primo posto il cervello e poi la forza fisica. Unire una mente geniale a un corpo forte era un’arma vincente, secondo Vegeta. Era consapevole che il tempo passato sulla Terra aveva aiutato a sviluppare questa sua caratteristica, facendo lavorare il cervello prima di azionare le mani.
Vegeta si voltò a guardare la sala, si sentiva sotto indagine dagli occhi azzurri di Bulma e, per quanto gli piacesse avere le sue iridi cerulee addosso, quello non era né il luogo né il momento.
Bulma rispettò questa sua silenziosa richiesta e si concentrò sull’ingente quantità di cibo che gli addetti alle cucine stavano portando anche a loro, ovviamente per le pietanze più pregiate, degne di una Regina, serviva più tempo.
E mentre i Saiyan nella grande sala banchettavano pensando ben poco alle buone maniere, Vegeta, Trunks, Bulma e persino Bra evitarono di buttarsi come animali sul cibo, sia perché faceva loro schifo l’idea di farlo sia per una questione d’immagine. Anche se di quest’ultima ai Saiyan fregava ben poco.
I commensali se ne fregavano dell’etichetta e, indistintamente da rango sociale, forza, sesso ed età, si buttavano a capofitto su ogni singola pietanza. Se le litigavano quasi, alcuni mangiavano addirittura con le mani per evitare che il vicino gli rubasse il piatto di fronte. Bevevano a volontà, i guerrieri, forse pure troppo dato che qualcuno molto più che brillo cadde mancando di brutto la sedia sulla quale voleva sedersi e qualcun altro provava a picchiare il compagno di fronte senza però centrare il bersaglio.
Bulma si ritrovò a ridere a crepapelle per quelle scene tutt’altro che degne di orgogliosi guerrieri.
Trunks, che si stava divertendo da matti soltanto a guardare, fu preso di peso da alcuni di loro e trascinato in mezzo alla sala tra acclamazioni e ovazioni. Il ragazzino fu lanciato da una parte all’altra della stanza, da un paio di braccia a un altro senza tanti complimenti. Qualcuno gli scompigliò i capelli glicine.
- Certo che hai dei capelli assurdi per essere un Saiyan.- gli fece notare un Saiyan con la barba.
- Probabilmente dipende dal fatto che è un mezzosangue.- gli rispose un altro con l’armatura simile a quella di Radish.
- Ha pure gli occhi chiarissimi.- osservò una donna dai capelli lunghi e selvaggi infilandosi tra i due uomini.
- Però il taglio è quello della nostra razza e il suo sguardo assomiglia a quello del Re in modo impressionante.- fece notare un quarto Saiyan con un boccale di birra tra le mani.
- E tu non lo hai visto combattere! È assurdo!- esclamò la donna battendo le mani sul tavolo. - Ha messo k.o. Napa in pochi attimi.-
- Ho sentito che è in grado di raggiungere lo stato di Super Saiyan.- borbottò il secondo uomo.
Trunks fu sul momento di rispondere che era seriamente in grado di diventare Super Saiyan ma qualcuno lo sollevò di peso dal proprio posto. Alzò lo sguardo per incontrarne uno non nuovo.
- Scusate ma devo riportare il principe dai suoi genitori, prima che uno dei dei vi stacchi la testa.- disse Shu fissando sorridente il gruppo.
I guerrieri seduti al tavolo protestarono per essere stati privati del principe mezzosangue ma furono ignorati.
Shu mise giù Trunks, che gli lanciò un’occhiataccia, solo dopo essere giunto al cospetto dei suoi genitori. Si inchinò davanti a loro riconoscendone l’autorità.
- Ma guarda chi si rivede.- disse sarcastico Vegeta, poggiando un gomito sul bracciolo e appoggiando la testa sulla mano dello stesso.
- Mio Re, mia Regina. Vostra Maestà a saperlo prima chi foste avrei provveduto a farvi viaggiare in modo più degno.- disse Shu, sinceramente costernato per gli eventi.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e Bulma ridacchiò accavallando le lunghe gambe.
- Non preoccuparti. Non potevi saperlo.- gli disse dando per scontato che il suo rilevatore traducesse.
Shu tenne comunque la testa bassa, non aveva le caratteristiche per poter guardare negli occhi i suoi sovrani, tranne che sotto specifica richiesta.
- Shu, alza la testa.- lo richiamò il Re.
Il guerriero ubbidì e si ritrovò a fissare prima gli occhi nerissimi del sovrano poi quello azzurrissimi della Regina. Lo sguardo gli scivolò sul seno prosperoso e sulle lunghe gambe, lasciate scoperte dallo spacco del vestito, per poi fissarsi sul medaglione che la donna portava al collo. L’oggetto sembrava brillare come ammonimento e Shu si sentì colpevole di uno sguardo di troppo.
- Vostra Altezza, sarei onorato se mi concedeste di entrare a far parte della vostra guardia personale.- osò chiedere il ragazzo tornando a guardare l’uomo davanti a sé.
- Non ho bisogno di una guardia personale, sono più forte di tutti voi messi assieme.- gli rispose annoiato.
- Ne sono assolutamente sicuro, vostra Maestà, ma un paio d’occhi in più fanno sempre comodo.-
- Vedrò dove posso infilarti. Ora vattene.- gli disse senza neanche guardarlo.
Shu accennò un sorriso e si congedò, andando a sedersi in mezzo agli altri Saiyan che lo accolsero tirandogli addosso qualcosa di non bene identificato.
I festeggiamenti si protrassero per ore, fino a tarda sera, e le persone ancora in possesso delle proprie facoltà mentali diminuivano a causa dell’eccessiva quantità di alcol a loro disposizione. Tra risse, schiamazzi e cadute di ben poco stile, c’era anche chi tentava un approccio con il sesso opposto. Principalmente uomini particolarmente su di giri, che allungavano troppo le mani sulla Saiyan più vicina e si guadagnavano un cazzotto sul naso. In pochi riuscirono a trascinarsi una guerriera in camera, sotto le ovazioni e i complimenti dei compagni di squadra, mentre la ragazza in questione continuava a tirare calci e pugni.
Più Bulma li osservava e più si rendeva conto che erano più animali che persone, ci mancava solo che alzassero la gamba per marcare il territorio. Lanciò uno sguardo al marito, sedutole di fianco, che fissava la scena un po’ schifato: lui era un principe e mai si sarebbe comportato in quella maniera in pubblico.
Trunks fu nuovamente rapito da un gruppo di Saiyan, il piccolo principe riscuoteva grande successo sia tra gli adulti che tra i bambini. Gli fu addirittura chiesto da qualcuno di loro di aiutarli negli allenamenti per diventare più forte.
Ma, ovviamente, nonostante la stragrande maggioranza di guerrieri adorassero i nuovi sovrani, c’era qualcuno a cui invece quella nuova sistemazione non piaceva. Lo stesso guerriero che aveva osato parlare male di Bulma davanti a Vegeta e che poi si era beccato una strigliata dal principe, se ne stava seduto in un angolo buio in silenzio. Non partecipava ai festeggiamenti, anzi guardava tutta quell’euforia con aria schifata: lui non ci vedeva niente di bello in una Regina terrestre e dei principi mezzosangue, non gli interessava neanche sapere cosa fosse passato nella testa del Re quando aveva scelto quella donna come madre dei suoi eredi. Posò il bicchiere sul tavolo, si alzò e lasciò la sala senza una parola.
Nessuno si accorse della sua uscita di scena come nessuno sapeva che fosse lì in un angolo, tanto meno Vegeta che iniziava ad annoiarsi nonostante tutto il cibo e “l’intrattenimento”.
Soltanto a mezzanotte passata anche l’ultimo commensale si ritirò alla propria abitazione, salutando Re e Regina con un inchino.
Bulma tirò un sospiro di sollievo, alzandosi finalmente da quella comoda quando appariscente seduta. Non vedeva l’ora di potersi sgranchire un po’ le gambe e andarsi a riposare. Raggiunsero le loro stanze tutti e quattro insieme, Bra addormentata in braccio a Bulma e Trunks che li seguiva silenzioso guardandosi in giro.
- Buonanotte mamma.- affermò il bambino, arrivato davanti alla seconda porta che portava ad altre stanze, abbracciando la madre.
- Buonanotte tesoro.- gli rispose lasciandogli un bacio leggero tra i capelli lilla.
- ‘Notte papà.- disse guardando negli occhi il genitore ma rimanendo a debita distanza.
- ‘Notte.- disse il Saiyan senza espressività.
Il ragazzino sparì oltre la porta nel buio della stanza che gli spettava.
- Porto Bra a letto.- disse l’azzurra al marito.
Vegeta annuì e seguì con lo sguardo la donna fino nella stanza adiacente, dove era stato sistemato un lettino con le sbarre per la bambina. Si appoggiò con la schiena allo stirpe della porta, senza distogliere lo sguardo dalle due.
Bulma adagiò la piccola Bra con delicatezza nel lettino troppo grande, le rimboccò le coperte e le diede un bacio sulla fronte. La bimba si voltò dalla parte opposta, catturando tra le braccia il peluche che si portava dietro da tutto il giorno.
L’azzurra sorrise e lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
- Sono distrutta, mi fanno male i piedi e la testa.- si lamentò la donna buttandosi a peso morto sul materasso. - Troppa confusione.-
Vegeta, che nel frattempo si stava spogliando della divisa, liberandosi per prima cosa dei guanti, l’ascoltò lamentarsi senza però esprimersi in merito. Anche lui risentiva della baraonda creata dai Saiyan presenti ai festeggiamenti, ben poco propensi a fare le cose con calma e in silenzio. Si sedette sul materasso accanto a lei, sotto il suo sguardo attento, e si tolse gli stivaletti bianchi posando poi i piedi scalzi sul pavimento freddo. Fece per togliersi l’armatura ma sentiva gli occhi della compagna fargli la radiografia, quindi si voltò a guardarla scoprendola sorridente.
- Cosa?- le chiese.
- Mi è sembrato di sposare un militare.-
Vegeta alzò gli occhi al cielo, aspettandosi chissà quale perla di saggezza e ricevendo invece una stronzata delle sue. Si tolse finalmente l’armatura e con essa la maglietta al di sotto, rimanendo con i soli pantaloni della battle suit.
Bulma si tolse le costose scarpe e si lamentò nuovamente sottovoce: belle quanto scomode, perché non esistevano un paio di tacchi comodi? Fece per togliersi il vestito ma la mano di Vegeta la fermò. Alzò la testa ed incrociò i suoi occhi neri bruciare di passione. Non fece in tempo a proferir parola che il Saiyan salì sul letto e la sovrastò con il suo corpo massiccio, spingendola a retrocedere e a sdraiarsi sotto di lui sul comodo materasso. Non riuscì a staccare gli occhi da quelle iridi pece che la guardavano con tanta intensità da farla fremere. All’interno poteva leggere a chiare lettere la voglia che lui aveva di lei. Lo vide leccarsi le labbra e involontariamente arrossì: era così sensuale e bellissimo quando la guardava in quel modo. Si sentiva piccola piccola mentre lui la mangiava con lo sguardo, percorrendo le forme del suo corpo messe in risalto dal vestito. Si sentiva bruciare eppure lui ancora non l’aveva toccata.
Vegeta, d’altro canto, si divertiva parecchio a sentirla rabbrividire solamente respirandole addosso. Eppure lui subiva lo stesso effetto che aveva su di lei: quegli occhi grandi e limpidi, velati dall’eccitazione crescente, lo mandavano in estasi ancor prima di iniziare a toccarla. Il tessuto attillato dell’abito non faceva altro che accentuare ancor di più quel ben di dio che lei possedeva. Sfiorò una gamba nuda, beandosi della morbidezza della sua pelle delicata. Salì con la mano lungo tutta la coscia fino all’inizio dello spacco, accarezzandola con calma e lentezza strappando un sospiro alla donna. Si chinò su di lei, fino a sfiorare la pelle del collo con le labbra e le respirò addosso solleticandola. Iniziava ad avere il respiro corto, non vedeva l’ora di toglierle quel vestito. Con l’altra mano le sfiorò la spalla tirando giù una delle spalline, lasciò un bacio sulla spalla nivea e scese con le labbra lungo tutto il braccio. Fece la stessa cosa con l’altra spallina, percorrendo con una scia di baci l’altro braccio.
Bulma si morse il labbro e chiuse gli occhi: a mala pena la stava sfiorando eppure lei si sentiva bruciare.
Vegeta continuò la sua tortura percorrendo la scollatura con le labbra, saggiandone centimetro per centimetro mentre le mani si andarono ad infilare sotto al vestito e iniziarono a tirarlo su con lentezza. Passò a baciare il ventre piatto, appena sopra l’orlo degli slip, lasciandosi dietro una scia umida fin sotto al seno. A quel punto le tolse definitivamente l’abito tirandolo via con un gesto veloce, baciò entrambi i seni soffermandosi prima su uno e poi sull’altro mentre Bulma sospirava e gli accarezzava la schiena nuda provocandogli un brivido caldo. Le sue mani tornarono a percorrere il suo corpo fino a fermarsi sugli slip. Attese qualche secondo e poi li tirò giù facendoli scivolare sulle gambe. Si tirò su e la guardò nella sua interezza, cercando di imprimersi nella testa la sua bellezza. La baciò d’impeto e lei ne approfittò per infilare le mani sui suoi pantaloni e tirarli giù insieme ai boxer neri. Il Saiyan scalciò via gli indumenti rimasti e la guardò di nuovo perdendosi in quegli occhi limpidi.
Bulma gli sorrise lasciva, gli infilò le mani nei capelli e lo tirò a sé per un altro bacio.
Quella notte, per la prima volta da quando era stato edificato quel palazzo, le mura di quella stanza respirarono amore e lussuria fusi insieme mentre Re e Regina si rotolavano tra le lenzuola in una lotta senza vinti né vincitori.



Angolo autrice:

*coffcoff* forse dovrei alzare il rating *coffcoff*
Buonasalve gente! Ecco qui il terzo capitolo di questa mirabolante avventura (?) Non siamo ancora nel vivo della situazione però cominciamo a rendere il tutto più ufficiale. Vegeta e Bulma sono incoronati Re e Regina, per la gioia dell'intero popolo. Anche se qualcuno non è d'accordo.
Avrà in mente qualcosa? Chi lo sa.
Per la felicità di qualcuno sono spuntati fuori anche Radish e Napa. No Vegeta non si è dimenticato che gli hanno fregato il posto, sta soltanto prendendo tempo :3
Il quarto capitolo è in via di stesura, se tutto procede per il meglio dovrei pubblicarlo tra un paio di settimane -3-
Nel frattempo attendo le vostre recensioni con i vostri pareri :D
Alla prossima,
angelo_nero

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Non seppe dire che ore fossero quando fu svegliato dal rumore di passi pesanti e voci decisamente troppo alte, non adatte alle orecchie di chi vuole continuare a riposare. Strizzò gli occhi senza però aprirli: si era dimenticato della confusione del continuo via vai di persone in quel posto, dormire fino a un’ora decente era pressoché impossibile con tutto quel casino. Nel dormiveglia pensò che avrebbe dovuto far insonorizzare la stanza, così che quei trogloditi dei suoi simili non potessero svegliarlo né con i loro schiamazzi notturni né con il passo da elefante con cui camminavano. Si voltò verso il centro del letto, dando le spalle alla finestra coperta da pesanti tende scure, e abbracciò d’istinto Bulma, profondamente addormentata, prima che Morfeo lo riprendesse tra le sue braccia.
Passò qualche ora, il via vai al di fuori della stanza sembrava essersi quietato e regnava il silenzio per i corridoi di quel piano, prima che il sonno decise di abbandonarlo definitivamente per quel giorno. Aprì lentamente gli occhi, quasi certo che la luce proveniente dall’esterno lo avrebbe colpito in piena faccia, e incrociò due iridi azzurre che lo fissavano. Si strofinò un occhio e interrogativo rimase a fissare gli occhi chiari di sua moglie.
- Buongiorno.- gli disse andandogli a sfiorare il viso con una mano.
Neanche il tempo di fargli formulare nel cervello una frase di senso compiuto che lei catturò le sue labbra, lasciandolo di stucco. Poggiò le mani sui suoi fianchi e rispose al bacio nonostante avesse ancora addosso il torpore del sonno.
Bulma approfittò di quel suo stato di semi veglia e gli salì sopra, premendo il proprio corpo morbido contro quello massiccio di lui. Quel contatto provocò una reazione naturale nel Saiyan che ancora mezzo addormentato si rendeva a malapena conto di averla addosso.
L’azzurra allora iniziò ad accarezzargli il petto, poi l’addome, percorrendo con la punta del dito gli addominali scolpiti e scese più giù andando a sfiorargli con le dita l’inguine. Gli strappò un mugolio di piacere quando andò a toccare con delicatezza quell’organo che si era messo sull’attenti. Bulma sorrise continuando a toccare il suo punto sensibile, non lasciò le sue labbra neanche un attimo, dalle quali uscì più di un gemito estasiato da quel contatto.
Vegeta comprese che la donna si stava approfittando del suo stato di sonnolenza per prendere il comando della situazione. Glielo lasciò fare senza opporsi in alcun modo, sembrava aver voglia di giocare ancora.
Passarono le seguenti due ore a rotolarsi tra le lenzuola per appagare quel desiderio fisico che sembrava non volersi estinguere. Finalmente appagati si concessero di rimanere a letto ancora un po’, in attesa che il respiro e il battito cardiaco tornassero normali.
Bulma alzò la testa dai suoi pettorali e lo guardò studiando il suo viso rilassato.
- Scusa, ho approfittato del fatto che fossi ancora mezzo addormentato.- gli disse senza essere realmente dispiaciuta.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, poi si alzò dal letto lasciando che la donna potesse ammirare il suo corpo perfetto nella sua nudità integrale.
- Dove vai?-
- A fare una doccia.- le disse voltandosi a guardarla. - Vuoi venire?-
E lei ovviamente non se lo fece ripetere una seconda volta seguendolo, o meglio trascinandolo, all’interno del bagno e poi sotto il getto caldo dell’acqua. Approfittarono di quella doccia per fare l’amore un’altra volta, sembravano non stancarsi mai. Avevano bisogno di un continuo scambio per sapere che l’altro provava la stessa cosa e gli sguardi fugaci durante la giornata bastavano a mala pena fino a sera, quando finalmente potevano lasciarsi andare e dedicarsi l’uno all’altra.
Bulma sospirava aggrappata al suo corpo possente, schiacciata tra esso e il muro di mattonelle della doccia. Lui la sorreggeva mentre affondava con sempre più intensità dentro di lei, le respirava addosso lasciandosi sfuggire ogni tanto qualche mugolio.
Vegeta si lasciò graffiare la schiena, tirare i capelli e mordere le labbra mentre la baciava. Sapeva di mandarla in estasi quando le permetteva di lasciargli qualche segno addosso, che sarebbe scomparso nel giro di qualche ora. Le prese un polso e la costrinse a poggiare la schiena contro il freddo muro dietro di lei, la vide buttare indietro la testa e cercare aria. Catturò le sue labbra in un bacio bagnato prima di cambiare posizione e adagiarla sul pavimento dell’enorme doccia.
Si persero l’uno negli occhi dell’altra mentre il rapporto raggiungeva il suo picco massimo.
- Vegeta.- sospirò la donna quando l’orgasmo la raggiunse.
Lui si limitò a un gemito sommesso e la morse con delicatezza nello stesso punto ove il suo marchio risiedeva su quella pelle candida.
Si presero qualche secondo per riprendere fiato, l’uno sull’altra si beavano di quella piacevole sensazione di contatto diretto. Bulma si alzò sui gomiti e, con ancora il fiato corto, incatenò il proprio sguardo a quello del compagno. Gli sorrise e lo baciò con delicatezza.
- Ti amo.- gli disse prima di abbracciarlo.
Il Saiyan non le rispose ma ricambiò il contatto. Rimasero qualche secondo in quella posizione prima di alzarsi ed uscire finalmente dal bagno.
Bulma si guardò allo specchio alla ricerca di qualche segno rosso che potesse testimoniare la loro foga, non che le importasse che qualcuno potesse vederli. Passò un dito sul segno del morso leggermente arrossato, aveva sentito distintamente Vegeta affondare i denti nello stesso punto anche se con minor foga della prima volta. Sorrise al suo riflesso e lo sguardo le cadde proprio su di lui, che si stava rivestendo calzando un paio di jeans scuri.
- Non metti la battle suit?- gli chiese tamponandosi i corti capelli azzurri.
Vegeta alzò le spalle allacciandosi i jeans e la cintura. Prese una maglietta a caso dal guardaroba, precedentemente riempito da qualcuno con i loro abiti.
- E questo?- chiese Bulma indicando la tasca posteriore dei suoi pantaloni.
Vegeta si fermò dal calzare la maglietta e osservò il suo riflesso nello specchio, trovando sui pantaloni lo stemma reale ricamato su una tasca.
Bulma si avvicinò al guardaroba e prese dei vestiti anche per lei. Si liberò dell’asciugamano che le avvolgeva il corpo, lasciandolo cadere a terra con un gesto veloce. Sotto lo sguardo attento del marito indossò i capi scelti, si riavviò i capelli e tornò a prestargli attenzione.
- Cos’è quella faccia? Non sei contento di avere il tuo stemma stampato sui jeans?- gli chiese notando la sua espressione che parlava da sola.
Vegeta fece una smorfia non troppo convinto osservando le tasche dei propri pantaloni. S’infilò la maglietta precedentemente presa borbottando sottovoce l’inutilità di quel particolare su abiti terrestri.
- C’è già il simbolo della Capsule Corporation sull’altra tasca.- si lamentò indicando la doppia “c”. - Come su ogni altra cosa che indosso.-
Bulma gli sorrise accondiscendente: in effetti forse il secondo simbolo non era necessario, nonostante personalizzassero quei jeans altrimenti anonimi. Con la scusa di osservare meglio i due marchi si mise a fissare con desiderio il suo fondo schiena, apprezzandone la forma. Persino il suo culo era sexy.
Qualcuno bussò alla porta distraendola dai suoi pensieri lussuriosi sul compagno. Guardò proprio lui, alla ricerca di una risposta alla muta domanda su chi si celasse oltre la porta e se fosse il caso di farlo entrare. Non sapeva come si svolgeva la “giornata tipo” di una Regina di quel pianeta, non sapeva se aspettarsi qualcuno che era venuto lì per svegliarli o cosa.
- Kaykoi.- disse il principe.
Bulma non comprendeva molto di quella lingua, anzi non ne sapeva quasi nulla, ma la porta si aprì spingendola a dedurre che quella parola fosse una specie di “avanti”.
Tenne lo sguardo inchiodato all’uscio della stanza curiosa di vedere ci vi si sarebbe palesato.
Una giovane donna dai corti capelli neri si mostrò ai due sovrani sospingendo la porta fino ad aprirla del tutto. Battè le palpebre sorpresa, lasciando perdere ciò che avrebbe voluto dire, quando vide Bulma seduta sul grande letto matrimoniale. Proprio a lei disse qualcosa che, ovviamente, l’azzurra non comprese data la mancanza del proprio rilevatore personale.
Vegeta le lanciò un’occhiata aspettandosi quasi che le rispondesse comunque. Quando ciò non accadde si prese la briga di fungere da traduttore da entrambe le parti, visto che anche la giovane era sprovvista del rilevatore.
- Dice che ti ha cercato nella tua stanza e non ti ha trovato. È venuta qui per chiedere a me se sapessi dove fossi.-
Bulma battè le palpebre confusa guardando ora la donna ora suo marito: la sua stanza? Per quale assurdo motivo lei avrebbe dovuto possedere una stanza solamente sua? Pensava fosse consuetudine anche su quel pianeta che marito e moglie condividessero lo stesso letto. Espose il proprio quesito al marito, il quale le confermò che in genere era così ma non seppe dirle il motivo per il quale lei, in quanto Regina, dovesse avere una stanza per sé. Glielo chiese alla giovane, sempre nella loro lingua.
- Per la vostra sicurezza, mia Signora.-
- Sicurezza?- chiese Bulma quando Vegeta le tradusse le sue parole.
La donna annuì
- Sì, mia Signora, per proteggervi da inconvenienti che potrebbero avvenire in questa stanza.-
Bulma era sempre più confusa davanti alle parole della giovane, non sapeva di quali inconvenienti stesse parlando, non ne aveva la minima idea. Aveva detto per la sua sicurezza, per protezione. Ma proteggerla da cosa?
- Dal Re, mia Regina.- disse la Saiyan leggendo nei suoi occhi una domanda implicita. - Si sono verificati episodi di violenza in questa stanza non sorvegliata, per questo è stato deciso di far riposare la Regina in una stanza separata.-
L’azzurra assunse un’espressione tra il confuso e lo stupito, ascoltando le parole tradotte in lingua terrestre. Non aveva mai potuto immaginare che potesse esistere una possibilità simile: okay, i Saiyan erano una razza di guerrieri con istinti animaleschi ma lei pensava che esistesse una sorta di rispetto tra Re e Regina, un codice di comportamento o qualcosa di simile. Non pensava che il Re potesse arrivare a tali gesti nei confronti della propria moglie.
Guardò Vegeta, confuso quanto lei, che sembrava essere sceso dalle nuvole con quella notizia, non consapevole di tali avvenimenti tra i suoi genitori. Tornò a guardare la giovane donna sull’uscio della porta e accavallò le gambe.
- Mi dispiace che tu abbia fatto un viaggio a vuoto, venendomi a cercare in una stanza di cui non conoscevo neanche l’esistenza. Ti sono grata per avermi informato dei pericoli che corro rimanendo qui ma non hai nulla di che preoccuparti, Vegeta non mi farebbe mai del male.-
La mora aprì la bocca per protestare e cercare di far entrare in testa alla donna che, a maggior ragione che lei fosse una fragile terrestre e si fidasse così ciecamente del compagno, correva maggiori rischi di una donna Saiyan. Però si fermò ad osservare gli occhi di entrambi che emanavano lo stesso sguardo di fiducia reciproca, di sicurezza e qualcosa che non riuscì ad identificare. Chiuse saggiamente la bocca e fece un leggero inchino.
- Come preferisce mia Signora. Vi volevo solamente avvertire che dopo colazione dovrete far visita alla vostra guardia personale.-
- Non ho bisogno di una guardia personale, mio marito basta e avanza per la mia protezione.- protestò la donna dai capelli azzurri.
- Il Re non potrà essere sempre presente al vostro fianco, avrete bisogno di qualcuno che vi protegga.-
Bulma sapeva che, piuttosto che lasciarla da sola in quel pianeta e in quel palazzo pieno di Saiyan poco raccomandabili, Vegeta se la sarebbe portata dietro ovunque andasse. Difatti il Saiyan guardava scettico la ragazza in piedi sull’uscio della propria stanza, che quasi tremava al suo cospetto davanti a quegli occhi così profondi, affatto sicuro nel lasciare la sua donna nelle mani di qualche scimmione con poco cervello. Non si fidava neanche di Napa, figuriamoci di una squadra di cui non sapeva niente.
Vegeta schioccò la lingua sul palato riflettendo sulla risposta da dare alla ragazza ancora sull’uscio che attendeva impaziente di essere congedata.
- Ci farò un salto, ora puoi andare.- lo anticipò Bulma.
Si voltò verso di lei con un’espressione contrariata stampata in faccia ma tradusse ugualmente le sue parole, dando modo alla Saiyan di chiudere la porta e allontanarsi quasi correndo.
Bulma si infilò le scarpe tolte la sera precedente sotto lo sguardo attento del compagno, per poi alzarsi e aprire la porta che collegava la loro stanza con quelle dei figli.
Vegeta la guardò ondeggiare sulle scarpe mentre scompariva oltre la porta, chiedendosi per quale motivo le avesse rimesse se il giorno prima si era lamentata della loro scomodità. Ogni giorno quella donna si dimostrava sempre più vanitosa, dato che nonostante fossero su un pianeta composto da guerrieri, ai quali non fregava nulla delle apparenza, lei si ostinasse a curare il proprio aspetto come se dovessero partecipare a chissà quale evento. Non che a lui dispiacesse la sua voglia di essere sempre presentabile: Bulma era sempre bellissima sia che fosse truccata ad arte sia che si fosse appena svegliata, però vederla calzata in certi tipi di abiti non gli faceva di certo schifo. Nei suoi occhi si accese una luce maliziosa percorrendo con la mente tutte le volte che lei lo aveva trascinato ad eventi eleganti e gli si era presentata davanti con qualche attillatissimo vestito.
- Vegeta?- lo richiamò dall’altra stanza. - Dove sono Bra e Trunks?- gli chiese affacciandosi alla porta.
Il Saiyan alzò un sopracciglio confuso.
- Non sono nelle loro stanze?- chiese retorico
Bulma lo guardò storto facendogli notare che, se glielo aveva chiesto, di sicuro non erano lì.
Vegeta si concentrò qualche secondo per isolare le auree dei proprio figli da tutte quelle presenti in quel posto. Aggrottò le sopracciglia quando le trovò in due ali opposte della struttura. La sua espressione cambiò di nuovo sotto lo sguardo confuso di Bulma, che lo vide poi alzarsi di botto ed uscire dalla porta senza una parola.
L’azzurra lo seguì a ruota, faticando a stare dietro alle sue falcate silenziose. Si chiese cosa gli fosse preso all’improvviso per farlo scattare in quella maniera. Eppure gli aveva solamente chiesto dove fossero finiti Bra e Trunks, lui poteva sapere le loro posizioni in qualunque momento seguendo le loro auree. Probabilmente stavano combinando qualche casino da qualche parte nel palazzo, dopo essere sgattaiolati fuori dalle loro stanze approfittando del fatto che lei e Vegeta ancora dormissero profondamente. Sperò che non distruggessero nulla, non aveva voglia di dover ripagare anche quel posto perché quei due si stavano divertendo da qualche parte all’interno.
Un urletto acuto attirò l’attenzione dei due coniugi che, dopo essersi scambiati uno sguardo, si diressero verso di esso riconoscendo la voce della loro bambina, preoccupati per ciò che potesse star combinando o, peggio, per la sua incolumità.
Alla fine del corridoio davanti a loro si palesava la scena con protagonisti Radish, Napa e Bra, quest’ultima tenuta dalla maglietta dal pelatone che insieme al compare la studiavano quasi fosse una cosa strana. Certo la piccola aveva dei colori diversi da quelli a loro noti ma non era poi così assurda come creatura.
Vegeta davanti a quella scena scattò come una molla e arrivò in mezzo secondo a un tiro di schioppo dai due, seminando Bulma che aveva tentato invano di fermarlo prima che scomparisse dalla propria vista.
- Metti giù all'istante mia figlia.- tuonò il principe dei Saiyan.
Napa e Radish si voltarono, trovando Vegeta alle loro spalle con uno sguardo omicida rivolto maggiormente verso il Saiyan con la testa pelata. Incontrare quello sguardo pieno di risentimento e rabbia provocò ad entrambi un brivido gelido lungo la spina dorsale, mettendo i sensi allerta in vista del pericolo che sostava a pochi centimetri. Rimasero immobili a fissare gli occhi fiammeggianti del recente Re, incapaci di eseguire anche il più semplice movimento.
Vegeta si avvicinò loro di un altro passo, scrutandoli attentamente per cogliere ogni minimo respiro che gli desse un indizio sul motivo per il quale avessero preso in ostaggio sua figlia.
- Mi hai sentito? Mettila giù immediatamente.- sibilò piantando le proprie iridi in quelle dell’ex compagno di squadra.
Napa, finalmente si riscosse e fece come gli era stato ordinato posando delicatamente la bambina a terra. Erano anni che non vedeva negli occhi del principe una tale furia da spaventarlo senza che egli si muovesse. Sulla Terra doveva essergli accaduto qualcosa di assurdo per trasformarlo in quella maniera.
Bulma aveva temuto per un secondo che Vegeta avrebbe fatto una strage alla vista di Bra nelle grinfie dei due Saiyan. Suo marito non conosceva vie di mezzo: o se ne fregava altamente di tutto o reagiva d’impulso alla minima cosa. E Bra faceva parte degli eventi scatenanti la seconda categoria. Il Saiyan vedeva rosso ogni qual volta ci fosse la bambina dai capelli azzurri di mezzo.
Fu proprio Bra a riportare il genitore con i piedi per terra, tirando una gamba dei suoi pantaloni per attirare la sua attenzione. Gli rivolse uno sguardo confuso quando egli si voltò verso di lei, non capendo il perchè si fosse arrabbiato.
La rabbia che lo pervadeva sparì nell’esatto istante in cui incrociò gli occhioni azzurri della sua bambina, sana e salva con i piedini nudi sul pavimento. Si lasciò andare in un sospiro di calma quando il sentimento di collera scemò, anche il suo sguardo si quietò insieme ai muscoli che si rilassarono. Tutto ciò fu impercettibile, tranne agli occhi di Bulma che, dopo anni di convivenza, aveva imparato a cogliere ogni più piccola sfumatura nei comportamenti del suo uomo.
Ella stessa gli si avvicinò cauta poggiando con delicatezza una mano sulla sua spalla. Poi abbassò lo sguardo sulla bambina ancora ancorata ai pantaloni del padre, trovandola ancora in pigiama e a piedi scalzi. La prese in braccio e la bimba le schioccò un sonoro bacio umido sulla guancia. La donna rise a quel dolce gesto attirando l’attenzione del marito che, oramai quieto, le osservava rapito. Le due posarono gli occhi su di lui, poi gli sorrisero facendolo irrigidire leggermente preso alla sprovvista.
- Ci andiamo a cambiare, che ne dici Bra?- le chiese Bulma.
Bra annuì convinta abbracciando la madre che le sfiorò il nasino con il proprio.
Posso pensarci io se volete, la vesto e la porto in salone per la colazione.- mormorò la stessa Saiyan che quella mattina era andata a cercarla, comparsa da chissà dove.
Bulma riconobbe la ragazza ma non ne capì le parole essendo ancora sprovvista di rilevatore.
- Dice che può occuparsi lei della mocciosa. Ve la porta pronta in salone.- spiegò inaspettatamente Napa.
- Oh.- mormorò soltanto l’azzurra, stupita dal fatto che l’uomo le avesse rivolto in un certo senso la parola.
Guardò prima Bra tra le sue braccia e poi la giovane guerriera che si era offerta di prepararla al suo posto. Bulma non amava che qualcun altro si occupasse della propria figlia, era sempre stata molto gelosa di quei momenti condivisi con lei o con Trunks a suo tempo. Lo concedeva solo a pochi eletti e in momenti in cui lei proprio non poteva occuparsene.
Alla fine però cedette e consegnò la piccola tra le braccia della ragazza dai capelli corti, pur a malincuore. Pensò che prendere parte alle tradizioni di quella popolazione l’avrebbe aiutata a sentirsi meno fuori luogo in quel pianeta composto principalmente da guerrieri ben addestrati.
La Saiyan fece un inchino e percorse a ritroso il corridoio fino alle camere reali.
-Io ho fame.- proruppe Radish spezzando il silenzio creatosi.
Vegeta e Bulma guardarono il capellone con una sorta di dejavu, ritrovando in quella frase un altro Saiyan che conoscevano molto bene.
Vegeta continuò a guardare in cagnesco i due Saiyan giganteschi davanti a lui, con ancora la voglia di spaccare il muso ad entrambi come promemoria. I suoi simili erano seriamente duri di comprendonio, doveva forse arrivare ad uccidere qualcuno affinché gli entrasse in testa un semplice concetto? Detestava ripetersi e incazzarsi per cose che non dovrebbero neanche esistere, iniziava a pensare che di quel passo avrebbe mandato tutto a fanculo e se ne sarebbe tornato sulla Terra.
Bulma andò a toccargli il braccio distogliendo la sua attenzione dai due che non avevano ancora capito la gravità della situazione. Prese la sua mano delicatamente stringendola e lo tirò dalla parte opposta del corridoi, invitandolo a lasciar perdere per dedicarsi a qualcos’altro, tipo la colazione. Egli non fece resistenza, abituato a quei semplici gesti che ormai erano diventati una cosa normale per lui. Mentre la donna lo trascinava verso le scale lanciò un’occhiataccia ai due alle sue spalle, che li stavano seguendo manco fossero stati invitati.
Radish e Napa, dal loro canto, non compresero minimamente lo scatto d’ira del principe di poco prima. Non stavano facendo nient’altro che osservare la bambina per cercare di capirne le somiglianze con la loro razza, al di fuori della coda. Eppure anche il solo guardarla aveva scatenato la rabbia del guerriero che, ne erano sicuri, al prossimo sgarro li avrebbe picchiati a sangue.
- Ehm, Vegeta si può sapere perché ti sei arrabbiato?- chiese Napa.
Il Saiyan non li degnò di risposta, continuando a guardare fisso davanti a sé trascinato dalla moglie.
Raggiunsero la sala da pranzo più grande in rigoroso silenzio, ignorando qualsiasi cosa avessero attorno, mentre Radish e Napa borbottavano alle loro spalle sul fatto che Vegeta non avesse perso quel suo odioso vizio di non rispondere quando gli si porgeva una domanda. Rimaneva zitto e nessuno poteva dirgli niente a riguardo, se non voleva ritrovarsi mezzo morto da qualche parte.
La sala adibita ai pasti era immensa, con arredamento spartano ed essenziale. Al centro un lunghissimo tavolo di legno stracolmo di cibarie provenienti da ogni angolo del pianeta, aveva all’incirca una quindicina di posti tutti apparecchiati. I commensali avevano l’imbarazzo della scelta su dove sedersi e su cosa divorare per primo.
Trunks, già seduto a tavola, salutò i genitori con già la bocca sporca di latte e quant'altro non bene identificato. Il ragazzino si era fiondato lì seguendo il profumino che si estendeva per l’intero palazzo, dopo aver vagato per un po’ negli intricati corridoi esplorando l’ambiente nel quale momentaneamente erano bloccati. Aveva trovato un’ala del posto dedicata all’addestramento dei più piccoli, ovviamente tutti figli di prime classi, e si era fermato ad osservare per qualche tempo prima di riprendere l’esplorazione.
Bulma raggiunse il figlio sedendosi alla sua sinistra e scompigliandogli la corta capigliatura lilla. Si misero a chiacchierare iniziando a riempirsi i piatti con tutto ciò che di più delizioso ci fosse sul tavolo.
Vegeta rimase qualche istante ad osservarli interagire, come sempre, senza proferir parola alcuna. Il suo sguardo fu però catturato da un movimento intravisto con la coda dell’occhio: la guerriera con i corti capelli era appena entrata nella stanza con Bra in braccio, vestita con paio di pantaloncini e una magliettina rosa. La vide posarla nel seggiolone rudimentale posto affianco a Bulma, per poi congedarsi con un inchino.
Il principe fece per andarsi a sedere e raggiungere la propria famiglia al tavolo per iniziare a riempirsi lo stomaco ma la voce cavernosa di Napa lo fermò.
- Scusa, Vegeta, non è che potremmo mangiare qualcosa anche noi? Abbiamo parecchia fame.- gli chiese l’energumeno indicando la tavola imbandita.
Vegeta lanciò uno sguardo a lui e al compare che stava sbavando come un cane, fece una smorfia schifata ma annuì ugualmente. C’era cibo in abbondanza per tutti quanti, gli bastava che stessero il più lontano possibile. Si accomodò di fianco al figlio maggiore, che lo guardò con gli occhi scintillanti, scompigliandogli i capelli e iniziò anche lui a riempirsi il piatto.
Per fortuna di tutti, Napa e Radish si erano seduti dalla parte opposta della tavolata. Mangiavano come animali, afferrando tutto con le mani ed emettendo suoni ben poco gradevoli. Attirarono lo sguardo su di loro dell’intera sala, camerieri e guardie compresi, per qualche secondo fin quando non si capì che non avrebbero modificato il loro modo di atteggiarsi perché li si guardava.
A pasto ultimato Trunks fuggì via informando semplicemente i genitori che voleva dare una mano agli allenamenti dei guerrieri di prima classe al di sotto dei diciotto anni, e magari rimediare qualche complimento stupefatto per la propria forza fuori dalla norma.
Vegeta e Bulma invece furono chiamati a risiedere nella sala del trono e ricevere alcuni cittadini che avevano qualche problema che solo loro potevano risolvere. In poche parole sarebbero dovuti rimanere con il culo su quelle sedute sontuose per gran parte della giornata.
Bulma si lasciò scivolare in avanti quando l’ennesimo contadino, che si lamentava di qualche ragazzino che si divertiva a rubargli il raccolto, finì di parlare. Il rilevatore continuava a mandarle la traduzione istantanea delle sue parole ma lei non lo seguiva quasi più, si stava annoiando come non mai.
Vegeta, seduto al suo fianco con le gambe accavallate e la testa sorretta dal braccio poggiato sul bracciolo, alzò gli occhi al cielo ascoltando con ben poca voglia gli sproloqui del Saiyan lì davanti.
- Troveremo il responsabile.- ripetè per la quinta volta quella mattina.
Il Saiyan anzianotto davanti a lui continuò ad agitare le braccia ed a urlare parole ben poco comprensibili mentre Vegeta sbuffando fece gesto alle guardie di accompagnare il vecchietto fuori.
Si massaggiò la base del naso: la giornata era appena iniziata e lui già non ne poteva più. Si chiese per quanto ancora avrebbe dovuto ascoltare gente comune che si lamenta di problemi assurdi.
Dei rumori all’esterno della sala attirarono la sua attenzione spingendolo ad alzare lo sguardo verso l’entrata che s’illuminò quando un raggio d’energia l’attraversò, diretto a lui. Lo spedì altrove senza alcuna fatica tenendo puntati gli occhi davanti a sé e mettendosi sull’attenti.Una figura minuta fece la sua entrata scortata da due
alieni alti quanto Radish.
- I miei omaggi Re Vegeta.- proferì inchinandosi al loro cospetto.
Due guardie scattarono in posizione d’attacco, pronte a difendere con le unghie e con i denti i reali dalla minaccia appena entrata.
Vegeta però fece loro segno di rimanere fermi, se la sarebbe vista lui in caso di attacco. Si appoggiò indolente allo schienale della sontuosa seduta, invitando l’aliena appena entrato a parlare.
- Chi sei?-
L’alieno sollevò il capo rivelando un sorriso apparentemente cordiale, le labbra violacee tirate e strette tra di loro. Il suo sguardo glaciale non traspariva emozioni di alcun genere.
- Mi chiamo Samuke*, Mio signore. Vengo da un pianeta non molto lontano da qui, piuttosto piccolo e insignificante.- disse mantenendo un atteggiamento di rispetto.
Vegeta però non ci cascò, ne aveva viste troppe durante la sua vita di mercenario al soldo di Freezer per farsi fregare così facilmente dal primo idiota che entrava a palazzo. Fece finta di niente, mantenendo una posa rilassata come a fargli credere che non lo reputava una minaccia. Voleva capire fin dove era disposto ad arrivare.
- E per quale motivo sei arrivato fin qui, Samuke?-
Samuke allargò le braccia per indicare l’ambiente e i due tizi ai suoi fianchi si inchinarono. Allargò impercettibilmente il suo sorriso macabro mentre i suoi occhi rimasero immobili.
- Nello spazio le notizie corrono veloci! Sono venuto a sapere che il Re dei valorosi Saiyan è stato incoronato dopo anni di mancanza e volevo porgere i miei ossequi di persona.-
Vegeta osservò con attenzione ogni singolo movimento dell’alieno ascoltando con cura le sue parole, cercando di capire le sue intenzioni al di sotto di quel tono formale. Gli ricordava Freezer come aspetto, quello della prima forma: piccolo, con una lunga coda e delle corna sulla testa. Quello era certamente un motivo in più per non fidarsi.
Lo vide gironzolare per la sala, braccia dietro la schiena e quel fastidiosissimo rumore di passi che tutti i componenti della razza Ice emettevano. Un suono che pensava di aver dimenticato da anni ma che sembrava rimbombargli nel cervello in quel momento. Serrò la mascella infastidito da vecchi ricordi infelici di un’infanzia perduta, non era il momento di farsi prendere dalla rabbia doveva rimanere calmo e lucido.
Samuke si guardò intorno con fare indagatore, scrutando i volti delle guardie davanti all’entrata. Tornò a guardare il Re, spostando poi lo sguardo sulla Regina seduta al suo fianco. Le rivolse un sorriso gelido prima di avvicinarsi a lei di un passo.
- Una Regina aliena! Che strani colori, è la prima volta nella storia dei Saiyan che la vostra Regina non appartenga alla vostra razza, dico bene mio Re?-
Bulma provò all’istante un senso di disagio nei confronti delle viscide parole dell’alieno. Fece una smorfia poco convinta tornando seduta composta per allontanarsi il più possibile da quell’essere, non voleva averci niente a che fare avrebbe volentieri lasciato tutto nelle mani di Vegeta.
Il Saiyan osservò l’intera scena reprimendo l’istinto di saltargli al collo, doveva essere diplomatico, usare il cervello ed indagare più a fondo dietro quella maschera di cordialità. Prese il bicchiere di vino poggiato lì di fianco e fece volteggiare il liquido cremisi all’interno. Si perse qualche istante nell’osservazione del vino, ragionando a mente fredda sul da farsi, poi ne prese un sorso.
- Dici bene. Cosa vuoi?-
L’alieno alzò le mani in una posa difensiva e strabuzzò gli occhi simulando palesemente uno stupore che non provava realmente. Se ne accorsero persino Radish e Napa, in piedi ai fianchi dei reali a loro protezione. Il bluff dell’alieno non reggeva ma Vegeta intendeva fargli credere il contrario fin quando non sarebbe riuscito a ricavare le informazioni che gli servivano.
- Non oserei mai, Sire! Chiedere qualcosa a Voi! Sono solo un umile viaggiatore.- disse inchinandosi nuovamente. - Però ho sentito delle voci riguardo le vostre casse vuote a seguito di un mal governo.-
Sia Vegeta che Bulma capirono che Samuke stava tastando il terreno per capire se gli sarebbe crollato sotto i piedi o poteva attraversarlo in tutta tranquillità per giungere alla sua meta. I reali gli lasciarono credere di averli abbindolati con le sue parole.
- E con ciò?-
- Sicuramente Voi avrete le Vostre risorse per rimediare a questo misfatto, però io potrei darvi una mano.- disse tornando dritto e fissando dritto negli occhi il Re. - Vedete io sono a capo di un’immensa squadra di mercenari provenienti da ogni angolo dell’universo, quindi ho anche molto denaro. E potere. Potremmo trovare un accordo che favorisca entrambe le parti.-
- Che genere di accordo?-
L’alieno ghignò sotto i baffi mostrando però solamente un sorriso su quella faccia che Vegeta avrebbe volentieri preso a pugni. Gli dava sui nervi in primis perché somigliava in una maniera impressionante a Freezer. Però rimase immobile, il Saiyan, continuando a mantenere un’espressione neutrale senza far trapelare alcun che dei pensieri che si stavano formando nella sua testa.
Il Re prese un altro sorso di vino prima di passare il bicchiere alla consorte, con tutta la calma del mondo. Le loro mani si sfiorarono e la fede alla mano di Bulma fece tintinnare il bicchiere quando ne venne a contatto.
- Vediamo, Voi potreste darmi qualcosa di molto caro come pegno di lealtà nei miei confronti e io potrei darvi una mano ad uscire da questo buco nero che sono le vostre casse attualmente.-
- Cosa intendi con “qualcosa di molto caro”?- chiese Vegeta alzando di poco un sopracciglio.
- Beh, ho sentito parlare della grande forza del principe venendo a palazzo. Mi chiedevo se fosse possibile averlo in custodia per un periodo per renderlo un guerriero migliore. Al contempo sarebbe un pegno adeguato al mio aiuto.-
Bulma per poco non si strozzò con il vino all’udire le parole dell’alieno. Fece saettare lo sguardo sul marito che però era tranquillissimo, immobile come una statua di marmo. Pregò che non facesse stronzate di alcun genere.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato, riflettendo sulla maniera più adeguata di concludere quella trattativa che non gli andava affatto a genio.
- E così tu vorresti mio figlio per il tuo denaro?-
- Non solo per il mio denaro! In cambio vi darò guerrieri tanto potenti quanto spietati che condurranno il vostro popolo a regnare su molti pianeti, il libero arbitrio di muovervi come più vi piace all’interno della mia giurisdizione e...-
L’alieno si fermò un secondo trasformando finalmente il falso sorriso in un ghigno malvagio. Creò una sfera di energia poco più grande di un pallone da basket, molto simile a quella generata da Freezer per distruggere Vegeta-sei anni prima. La sala trattenne il fiato spiazzata da quel potere.
- Vi lascerò in vita, non toccando il vostro amato pianeta.-
Le guardie si misero in posizione d’attacco, i pochi civili si strinsero l’uno all’altro contro la parete spoglia e i due Saiyan alle loro spalle digrignarono i denti imprecando in varie lingue mentre Samuke sghignazzava convinto di averli in pugno.
Ma l’espressione di Vegeta non mutò, neanche di un millimetro, stupendo i presenti con tanta calma. Si alzò lentamente dal trono, con passi centellinati scese i pochi gradini che lo separavano dall’alieno che li stava minacciando. Inchiodò il proprio sguardo al suo: occhi neri brucianti di ogni emozione al mondo conosciuta e occhi rossi, gelidi e malvagi.
Vegeta raggiunse Samuke alla base delle scale e ghignò di derisione constatando, oltre alla mancata scaltrezza, la bassa statura dell’alieno. Fece un passo in avanti e l’altro arretrò, senza lasciare andare la sfera creata. L’energia però tremò per un istante e Vegeta se ne accorse.
- Mi chiedo come mai voi della razza Ice vi ostiniate a non farvi entrare in testa che i Saiyan non vanno sfidati. Visto che le notizie corrono veloci dovresti sapere bene che Freezer è morto proprio per mano di uno di noi. Tre volte.- gli disse fissandolo dall’alto in basso.
Samuke mantenne la sua spavalderia davanti al Saiyan, eppure la sua sfera di distruzione si stava affievolendo ad ogni passo indietro che egli compiva.
Il Saiyan incrociò le braccia al petto e lanciò uno sguardo ai due tirapiedi dell’alieno, sembravano statue di cera incapaci di muoversi. Probabilmente avevano l’ordine di restare immobili a meno che non gli venisse impartito un comando diverso. In confronto Zarbon e Dodoria avevano quantomeno un cervello e una volontà propria di agire. Tornò a guardare l’esserino davanti a sé, che sussultò non appena capì di avere la sua attenzione. Lo vide fare altri passi indietro e ridare vigore alla sfera.
- Stai indietro, Saiyan! O altrimenti la lascio cadere!- minacciò.
Vegeta lo guardò scettico.
- Ma se a malapena sai come si utilizza. Smettila di fare il buffone, mi stai stancando.-
Non gli era mai piaciuto giocare al gatto con il topo con i suoi avversari, detestava i codardi che pur di non farsi ammazzare scappavano come conigli facendolo incazzare.
Cambiò perciò espressione, passando dal derisorio al serio in mezzo secondo. I suoi occhi brillavano d’orgoglio e la sua espressione emanava fermezza.
- Non so chi credevi di incontrare per poterlo minacciare in questa maniera squallida, ma io non sono mio padre non ho intenzione di vendere mio figlio per tentare di tenere buono un essere viscido.- disse fissandolo dritto negli occhi. - Stavi tentando di emulare Freezer? Ma bravo! Peccato che tu non sia neanche la metà di ciò che era lui, non incuti neanche timore. Sei ridicolo.-
Samuke capì finalmente che il suo gioco era finito, trovandosi improvvisamente in una situazione piuttosto scomoda. Si guardò attorno alla ricerca di una via di fuga mentre nella sua mano la sfera di energia tremolava sempre più, prossima a spegnersi. Dannazione non si aspettava di dover battere in ritirata! Gli avevano detto che i Saiyan erano un branco di idioti senza cervello, allocchi che abboccavano a ogni genere di proposta se si metteva in ballo la forza. Pensava di poterli abbindolare con una minaccia vana e prendersi il posto al comando lasciato da Freezer alla sua morte. Tornò a incrociare lo sguardo bruciante del Re, capendo di doversela dare a gambe il prima possibile se non voleva essere ridotto a un mucchietto di cenere.
Vegeta lo guardava dall’alto in basso severo e incazzato: quell’essere aveva osato paragonarlo a suo padre e reputarlo uno sprovveduto arrivando a chiederli la vita di suo figlio come pegno. Per cosa poi? Uomini e un fantomatico potere che sicuramente non aveva. Si era addirittura spinto fino a minacciarlo. Gli venne da ridere constatando che, a confronto con la lucertola albina che lo aveva tenuto schiavo per anni, quel tizio era solo parole.
Senza che il Saiyan proferisse parola, Samuke creò una seconda sfera e la lanciò a un palmo dal naso del sovrano fuggendo poi a gambe levate trascinandosi dietro i due tirapiedi, rimasti immobili fino a quel momento.
Le guardie rimasero immobili, con lo sguardo puntato sulla coltre di fumo che impediva loro di vedere lo stato del Re. Quando si diramò si rilassarono.
Vegeta, ovviamente, si era lasciato colpire apposta non subendo alcun tipo di danno da quel colpo energetico. Si voltò e tornò a sedersi accanto alla consorte.
- Perchè lo hai lasciato andare?- gli chiese porgendogli il bicchiere ancora colmo.
- Era tutto un bluff, non ha alcun esercito né alcun potere. Non potrebbe far male neanche a se stesso.- disse prima di afferrare il polso della consorte e bere un sorso dalle sue mani.
Bulma battè le palpebre sorpresa da quel gesto.
Vegeta si appoggiò allo schienale, rimettendosi nella stessa identica posizione di prima, in attesa che lasciassero entrare il prossimo civile. Passarono diversi minuti però e non accadde nulla, lanciò uno sguardo interrogativo alle guardie che, una volta incrociato, smisero di parlottare tra di loro.
- Mio Signore, non c’è più nessuno. Sono tutti andati via.- lo informò.
Bulma alzò le braccia al cielo, lodando tutte le divinità che conosceva per la fine di quella tortura. Si affrettò perciò ad alzarsi dalla sontuosa seduta e stiracchiarsi per bene mentre anche il consorte si alzava e si accingeva a lasciare la sala del trono. I presenti s’inchinarono al loro passaggio e rimasero a capo chino fin quando le porte della sala non si furono chiuse alle spalle dei reali.
Bulma prese per mano il marito, cogliendolo alla sprovvista e lo trascinò lungo lo stranamente buio corridoio. Si fermò poi voltandosi a guardare quelle iridi color della notte che la osservavano confuse. Gli sorrise e prendendo il suo volto tra le mani lo baciò, lì nel bel mezzo del corridoio.
Il Saiyan s’irrigidì in un primo momento, coscio di non essere all’interno della protezione della loro camera da letto ma in punto di consueto passaggio per guardie, servitori e soldati. Però non percepì auree in avvicinamento o negli immediati paraggi, quindi mandò a fanculo tutto e strinse la donna a sé ricambiando quel contatto che tanto gli piaceva.
Rimasero avvinghiati per molti minuti, intrecciando le lingue che giocavano a rincorrersi nelle loro bocche, rendendo quello scambio di saliva ben più di un gesto consueto di una coppia. Nel silenzio soltanto i loro respiri si avvertivano, il buio li avvolgeva nascondendo quel gesto atipico per un guerriero da occhi indiscreti.
Bulma si staccò dalle sue labbra con lentezza, aprendo piano gli occhi come se avesse paura che compiendo quei gesti troppo velocemente si sarebbe potuto spezzare l’incanto del momento. Fece scivolare le braccia sulle sue spalle regalandogli poi un sorriso, che lui ricambiò timidamente. Le venne voglia di baciarlo di nuovo, lo trovava carinissimo quando tentava di sorriderle in quel modo timido quasi non ne fosse capace. E lo fece, incollando nuovamente le proprie labbra a quelle del suo principe che ricambiò di buon grado.
Si staccò nuovamente da quelle labbra che non avrebbe smesso mai di assaporare, preferendo perdersi nei suoi occhi neri che riuscivano a rivelarle tutte quelle parole che dalla sua bocca non sarebbero mai uscite. Gli accarezzò il volto con la mano, sorridendo appena.
- Ti amo.- mormorò.
Gli occhi del Saiyan presero vita, illuminandosi come ogni volta che la sentiva pronunciare quelle due piccole parole. Questa volta fu lui a tirarla a sé dai fianchi generosi per iniziare un nuovo bacio e assaporarla nuovamente. E se quelli precedenti, iniziati e guidati da lei, erano dolci e leggeri, quello che iniziò lui la fece rabbrividire di piacere. Un contatto famelico, passionale, quasi bramoso. La baciava come solo lui sapeva fare, regalandole quelle sensazioni stupende che ogni volta la spingevano a saltagli addosso. Insinuò una mano sotto la maglietta, il Saiyan, accarezzando la sua pelle morbida con delicatezza, se avesse potuto l’avrebbe spogliata lì nel bel mezzo del corridoio. La loro stanza era dall’altra parte della struttura, non che per Vegeta fosse un problema raggiungerla in un battito di ciglia senza che nessuno se ne potesse accorgere, però erano così concentrati su quel contatto che non desideravano altro che continuare a baciarsi all’infinito mentre la carica sessuale tra i due iniziava a farsi sentire.
Si separarono con il fiato corto, l’uomo le regalò un ghigno malizioso e lei non potè fare a meno di ricambiarlo. Lui la lasciò andare, liberandola dalla presa ferrea sui suoi fianchi. Intrecciò però le proprie mani con le sue, godendosi il calore emanato da quel contatto semplice eppure così importante. Rimasero a guardarsi in silenzio, semplicemente specchiandosi negli occhi dell’altro. Non servivano parole tra loro, bastavano gli sguardi.
L’incanto di quel momento fu interrotto dall’arrivo di qualcuno che si schiarì la voce. Una guerriera Saiyan, probabilmente appartenente alla prima classe, aveva pensato bene di segnalare la propria presenza ai due non appena aveva capito che non l’avevano sentita arrivare.
Bulma fece saettare lo sguardo sulla Saiyan e tentò di liberare le mani dalla presa del compagno, per non metterlo in imbarazzo di fronte alla presenza di qualcun altro. Ma l’altro non glielo lasciò fare, stringendo maggiormente la presa sulle sue, tanto da farla voltare stupita.
Vegeta dal canto suo non aveva alcuna intenzione di nascondersi di fronte di suoi simili, tanto non avrebbero capito comunque nulla, non valeva la pena di rinunciare a un contatto desiderato solo per la presenza dell’altra donna. Accigliò lo sguardo, però, infastidito per quell’interruzione.
La Saiyan osservò prima le loro mani intrecciate poi il viso del Re, capendo di aver interrotto qualcosa senza afferrare, però, cosa. Battè le palpebre incuriosita da quell’intreccio e da quella vicinanza che mai avrebbe pensato di vedere tra un guerriero e la sua compagna.
- Cosa vuoi?- proruppe Vegeta.
La Saiyan si riscosse, portando finalmente la propria attenzione sul sovrano che la fissava poco contento della sua presenza. Chinò il capo in segno di rispetto portandosi al contempo una mano sul cuore.
- Mia Signora, la vostra guardia personale Vi attende.- disse.
- Oh. Già, giusto.- disse l’azzurra scendendo dalle nuvole.
Vegeta la squadrò rendendosi conto che era veramente intenzionata ad andare a conoscere la squadra che l’avrebbe scortata nei rari, forse inesistenti, momenti in cui lui non era al suo fianco.
- Arrivo subito.- disse.
Il principe però la fermò trattenendola a sé attraverso le loro mani ancora intrecciate. Lei si voltò interrogativa.
- Vengo con te.-
Bulma lo guardò, poi gli sorrise comprensiva.
- Non c’è bisogno, sarò di nuovo da te presto.- gli disse sfiorandogli il viso con una mano.
Il Saiyan accigliò di più lo sguardo non convinto nel lasciarla andare da sola. Non si fidava dei suoi simili quando li aveva sotto tiro figuriamoci quando non poteva vederli.
- Non preoccuparti, non mi accadrà niente. E anche se fosse tu saresti lì in meno di un secondo.-
Lei gli lasciò le mani, liberandolo da quel dolce contatto. Gli lasciò un bacio leggero come una piuma sulle labbra fine prima di voltarsi e seguire la Saiyan che l’attendeva a pochi passi.
Vegeta non distolse lo sguardo dalle due fin quando non le vide scomparire dalla sua vista, a quel punto si mise a tenere sotto controllo il ki della donna seguendolo per tutto il tragitto.
- Prima o poi dovrai spiegarci cosa ci trovi in quella terrestre.- proruppe una voce alle sua spalle.
Il Saiyan neanche si voltò per accertarsi del proprietario, conoscendo quella voce abbastanza bene da non poterla confondere. E se c’era uno probabilmente c’era anche l’altro.
- A essere bella è bella.- borbottò Radish.
Napa alzò un sopracciglio. - Ci sono miliardi di femmine belle nell’universo, Radish. Questo non spiega perché Vegeta si sia preso proprio lei.-
Il diretto interessato alzò gli occhi al cielo consapevole che ciò che temeva quando aveva incontrato gli ex compagni si stava avverando: lo avrebbero tallonato tutto il tempo tutto il giorno. Si mosse in direzione opposta alle loro voci sperando di allontanarsi abbastanza da non farsi seguire. Speranza vana, ovviamente, dato che i Saiyan gli furono dietro in men che non si dica.
- Ehi Vegeta, ci spieghi questa cosa?- chiese Napa.
- Quale cosa?- gli rispose piatto il principe.
- Questa cosa della terrestre.- disse confusionario.
L’altro alzò un sopracciglio voltandosi leggermente per scrutarli alle sue spalle.
- O ti spieghi meglio o non ti dico un bel niente.-
- Intendo dire perché te la sei portata dietro. Ti ha dato un erede, e ok, però mi sembra che il moccioso sia abbastanza grande da fare a meno della madre.- iniziò.
Vegeta rimase in silenzio, continuando il suo percorso attraverso i corridoi del palazzo.
- Insomma posso capire che è così bella che sia stato impossibile tenerle lontano le mani ma non vedo perché una scopata si sia protratta così nel tempo.- borbottò confuso Radish. - Ti ha dato un figlio, e allora? Sai quanti bastardi avrò sparsi per l’universo!- disse scoppiando a ridere.
Il principe continuò a non parlare, ascoltando i vaneggi dei due alle sue spalle senza veramente sentirli. Non doveva dare spiegazioni a nessuno della sua scelta, tanto meno a quei due che non capivano nulla. Il discorso che avrebbe dovuto affrontare sarebbe stato troppo ampio e complicato da spiegare in semplici parole a Radish e Napa.
- Vegeta? Mi stai ascoltando?- chiese il capellone.
- Sai quanto me ne frega di quello che fai te.- gli rispose scoccandogli un’occhiata
Il Saiyan dai capelli lunghi ci rimase un po’ male ma non perché credesse che al principe fregasse qualcosa della sua vita, quanto per il fatto che si era fermato sul dettaglio invece di comprendere il senso del discorso.
- Credo che Radish voglia dire che avresti potuto benissimo sbattertene della terrestre, figlio o non figlio.- intervenne Napa.
I due Saiyan attesero una risposta che però dal principe non arrivò. Si lanciarono un’occhiata interrogativa, chiedendosi se fosse un bene insistere e rischiare di scatenare l’ira del compagno.
- Quindi, perché te la porti ancora dietro?-
Vegeta si fermò di botto rischiando che i due energumeni gli venissero addosso non essendo preparati a quell’arresto. Si voltò incrociando le braccia al petto nella consueta posizione.
- Ciò che faccio non è affar vostro.- sentenziò.
- Eddai Vegeta! Siamo stati compagni di squadra per anni!- si lamentò Radish.
Il Saiyan privo di coda alzò gli occhi al cielo capendo che non sarebbe scappato facilmente da quella conversazione, quando ci si mettevano erano più testardi di lui. Sbuffò spostando lo sguardo altrove, cercando le parole più consone da usare con i due idioti davanti a lui.
- Bulma è la mia compagna.- disse cambiando lingua per sottolineare il legame.
Napa e Radish lo fissarono straniti, quello lo sapevano erano presenti anche loro alla cerimonia che li aveva legati come marito e moglie e come sovrani del pianeta. Non era quello ciò che avevano chiesto all’amico, eppure Vegeta non era stupido.
- Questo si sapeva.- gli fece notare il pelato.
Vegeta fece roteare lo sguardo su di loro, puntandoglielo addosso manco fosse una pistola carica. Inclinò leggermente la testa di lato mentre nelle sue iridi si accese una luce sconosciuta ai due alieni davanti a sé. Fece nuovamente schioccare la lingua sul palato mentre rifletteva su quanto fossero idioti per pensare che lui non avesse colto il senso della loro domanda.
- Siamo legati, indissolubilmente. Lei è mia e io sono suo.- disse alla fine.
Napa e Radish ci misero qualche secondo a comprendere le sue parole, persi in quella sottolineatura che loro non credevano necessaria. Testa pelata stava per ripetergli, di nuovo, che lo sapevano e che volevano una risposta meno enigmatica per capirci qualcosa anche loro su quanto fosse successo nella sua testa per trascinarsi una donna per mezzo universo. Aprì la bocca per parlare ma si fermò. Nella sua testa scattò qualcosa, come la serratura di una porta. Cambiò espressione strabuzzando gli occhi rimanendo senza parole di fronte a quella consapevolezza. Non credeva possibile che Vegeta potesse arrivare a tanto.
Radish fissò l’amico senza capire il suo cambiamento. Gli schioccò le dita davanti alla faccia perché sembrava essersi pietrificato sul posto, con quell’espressione stupida stampata sul viso.
- Che diavolo ti prende, Napa?- sbottò il capellone.
Napa si riscosse e schiaffeggiò via la mano dell’altro, infastidito per quel gesto volto a catturare la propria attenzione. Gli lanciò un’occhiataccia ringhiando: prima o poi l’avrebbe ammazzato.
- Hai sentito quello che ha detto o sei sordo oltre che stupido!?- sbottò l’altro andando a prenderlo per l’armatura.
- Ho sentito!- gli rispose con lo stesso tono sbattendo la fronte contro la sua. - Ma non ci ho capito niente!-
- Questo perché non fai attenzione!-
Vegeta alzò gli occhi al cielo davanti a quella scenetta patetica dei due Saiyan che litigavano fra loro. Sbuffò girando i tacchi, intenzionato ad ignorarli d’ora in poi. Erano più irritanti di Goku, almeno lui sapeva quando tacere per evitare di farlo incazzare.
- Visto che lo hai capito, perché non lo spieghi anche a me!?- gli urlò addosso Radish spingendo la fronte contro quella dell’amico.
- Non riesci a far funzionare l’unico neurone che hai in quella testa vuota!? Pensa una buona volta!- sbraitò Napa spingendolo allo stesso modo.
- Dimmelo e basta! O non lo hai capito manco tu!?-
- Io l’ho capito! Mica sono idiota come te!- ringhiò.
- Fa capire anche me!- sbottò stringendo i pugni lungo i fianchi.
- L’ha marchiata, razza di decerebrato!-
Radish aprì la bocca per urlare addosso all’altro qualche insulto colorito ma si bloccò. Mise in moto l’unico neurone che aveva nel cervello, che a detta di Napa funzionava una volta su cento, cercando di comprendere la cosa: Vegeta aveva marchiato la terrestre. Marchiato. Come facevano i Saiyan. Come facevano quei pochi stolti che decidevano di dare tutto a un’altra persona. Quei pochi stolti che metteva da parte orgoglio e fierezza per legarsi a una donna.
Strabuzzò gli occhi e comprese. Si voltò di scatto verso Vegeta ma il Saiyan non era più lì. Lo cercò con lo sguardo e lo trovò poco lontano, che si accingeva ad entrare in una delle tante stanze con le porte di metallo. Si liberò dalla presa di Napa e lo seguì.
- Vegeta!- urlò quando lo vide. - È vero ciò che dice Napa? Hai marchiato la terrestre!?-
- Già.- disse senza espressione nella voce.
- E perché?-
- Non sono affari tuoi.- gli rispose rigirandosi tra le mani un rilevatore.
Il Saiyan reale era occupato a confrontarsi su alcune cose riguardati il primo viaggio volto a stringere qualche alleanza con dei guerrieri di classi diverse.
Radish, che non gliene fregava niente del fatto che l’altro fosse intento a fare altro per dedicargli attenzione, e non l’avrebbe fatto comunque, continuò ad insistere sull’argomento.
- Prima mi metti il tarlo nella testa e poi non mi rispondi?- gli disse.
- Il tarlo nella testa te lo sei messo da solo. La mia risposta ve l’ho data.- gli rispose con voce piatta.
Napa, nel frattempo, li aveva raggiunti. Se ne stava appoggiato alla parete accanto alla porta preferendo evitare di assillare il Re, conoscendo il suo caratterino volubile. Rise godendosi la scena di Radish che quasi pregava Vegeta di dargli una risposta su un argomento di cui, era palese, non aveva intenzione di dire altro. Non seppe dire se perché non reputava che loro dovessero saperlo o per una questione personale. Vegeta era sempre stato parecchio criptico in tutto ciò che lo riguardava, non parlava mai di sé non gli piaceva.
Il fratello di Goku continuava imperterrito a tampinare l’altro, che lo ignorava preferendo rivolgere la propria attenzione ai progetti di viaggio.
- Andiamo! Dimmi almeno perché di quel gesto avventato.- disse alla fine.
Vegeta s’irriggidì appena all’udire quella parola. Lasciò i fogli che teneva in mano sulla scrivania davanti a sé e si girò lentamente verso l’altro Saiyan, di parecchi centimetri più alto. Incatenò i loro sguardi provocando in Radish la voglia di fuggire via, dannata la sua lingua e quando non la teneva ferma! Vegeta sembrava sul punto di volerlo incenerire con lo sguardo.
Deglutì a fatica il capellone assumendo una posa rigida davanti al sovrano, pregando che non avesse intenzione di ucciderlo.
- La tua insolenza è avventata. La tua faccia tosta è avventata. La tua insistenza è avventata. Disobbedire agli ordini è avventato. Sfidarmi è avventato. Soffiarmi il trono è avventato. Farmi perdere la pazienza è avventato. Parlarmi con quel tono è avventato.- sibilò scandendo ogni parola. - Ciò che ho fatto io è legittimo.-
Radish deglutì a vuoto mentre gli occhi fiammeggianti del sovrano lo inchiodavano sul posto. Ricordava perfettamente che il principe, ora Re, non aveva mai alzato le mani su di loro, nonostante fosse infinitamente più forte, ma si era sempre limitato a piantargli quelle iridi scure addosso e sibilargli a un centimetro dalla faccia. I suoi occhi erano sempre stati freddi e all’interno non vi era altro che smania di uccidere. Ma quella volta Radish potè vedere qualcosa di diverso, la fiamma che li alimentava non era più fredda come il ghiaccio piuttosto bollente come la lava che ribolliva nel sottosuolo. Ed erano ancor più spaventosi da fissare quando era arrabbiato. Poteva immaginare tranquillamente la bestia legata dentro di lui, pronta a scattare in qualunque momento con la leva giusta. E né Radish né Napa avevano intenzione di scatenarla per trovarla, quella leva.
Quando il principe si voltò tornando ai suoi affari, Radish potè finalmente tornare a respirare mentre alle sue spalle Napa sogghignava divertito. Radish era così coglione da continuare a provocare il principe nonostante sapesse che lui si sarebbe alterato.
- Ehi, Vegeta! Non so cosa ti sia successo sulla Terra ma su certi aspetti non sei cambiato di una virgola.- proferì il Saiyan dal fondo della stanza.
Vegeta non gli rispose continuando a prestare attenzione a uno dei guerrieri che gli stava di fronte. Non aveva tempo per stare appresso a quei due, ora, tanto meno voleva farlo. Li ignorò cercando di isolarsi nella sua bolla, ma le loro voci erano così potenti da penetrarla fino a farla scoppiare.
- Dovremmo farci un giro, chissà com’è cambiata dall’ultima volta che ci sono stato. È stato duro completare il lavoro da solo?-
Vegeta alzò un sopracciglio afferrando al volo ciò a cui il pelato si riferiva. Sapeva di non aver specificato il suo status sul pianeta azzurro ma non lo riteneva necessario, visto il fatto che era tornato portandosi appresso una terrestre. Eppure quei due sembravano non aver capito che la situazione non stava esattamente come credevano di averla lasciata. Anzi era totalmente l’opposto.
- Avrei potuto aiutarti a far fuori Kakaroth se non mi avessi ucciso.- continuò Napa sempre appoggiato al muro.
- Ma se sei stato sconfitto in mezzo secondo!- intervenì Radish.
Il pelato gli fece gesto di tacere e tornò a rivolgersi al principe.
- Non è stato facile conquistare un intero pianeta dopo aver affrontato uno scontro del genere.- disse corrugando le sopracciglia. - Quella terza classe si è rivelata più forte del previsto.-
Dall’altro parte ancora silenzio, così Napa si staccò dal muro e si avvicinò a lui di qualche passo, pur rimanendogli a distanza di sicurezza. Vegeta non amava che il suo spazio vitale fosse invaso, c’era più o meno una zona di almeno due metri attorno a lui che non doveva essere superata per nessun motivo al di fuori di uno scontro. Toccarlo poi era fuori questione.
- Però a quanto pare sei riuscito nel nostro intento.- terminò ghignando.
Vegeta, che gli dava le spalle, gli lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio. Era indeciso se lasciarli nelle loro convinzioni o rivelargli l’amara verità. D’altronde a lui che importava se credevano di avere la Terra nelle loro mani? Niente, assolutamente.
- Non ho conquistato la Terra.-
Però sbattergli in faccia le cose come stavano godendosi delle loro espressioni sbigottite era uno spettacolo troppo bello per privarsene. Si voltò osservando senza espressione le facce sconvolte dei due Saiyan. Lo fissavano con gli occhi spalancati e la mascella che avrebbe potuto toccar terra, talmente tanto erano aperte le loro bocche.
- Co-cosa? Che significa che non hai conquistato la Terra!?- sbottò poi il più vecchio dei tre.
Vegeta fece roteare gli occhi sul soffitto perdendosi in ricordi lontani nel tempo.
- Kakaroth mi ha sconfitto e il mio piano è andato in fumo.- disse con ancora il ricordo bruciante impresso nella mente.
- Ma allora tutta la storia sulla Terra e la terrestre…?- chiese sconvolto Napa.
Vegeta alzò un sopracciglio fissando entrambi senza cambiare però espressione. Solamente il sopracciglio alzato tradiva la sua perplessità di fronte alle parole di quello che un tempo era stato un compagno fidato.
- Quale storia? Io non ho mai detto di aver preso il pianeta.-
- Scusa non sei stato sulla Terra per tutti questi anni?- indagò Radish.
- Sì, e allora?- disse appoggiandosi alla scrivania alle sue spalle e incrociando le braccia la petto.
Napa e Radish continuarono a fissare stupefatti il Saiyan di fronte a loro, come se avesse detto chissà cosa di strano. Che diavolo ci era rimasto a fare sulla Terra per quasi vent’anni se non l’aveva conquistata!?
Non avevano idea di cosa passasse per la testa di Vegeta la maggior parte delle volte ma non gli era mai sembrato un tipo sedentario o da mettere radici, per qualsiasi motivo. Generalmente anche quando un posto era di suo gradimento, durante le spedizioni a caccia di nuovi pianeti da rivendere, si limitava ad apprezzarlo verbalmente ma a compito finito era sempre stato il primo a girare i tacchi per tornare alla base. Okay che i pianeti decenti dopo il loro passaggio diventavano un cumulo di macerie fumanti ricoperto di cadaveri, però egli era sempre stato restio ad indugiare sul suolo straniero per più del tempo necessario alla missione.
Il Saiyan reale stufo di aspettare una risposta di senso compiuto dagli energumeni davanti fece per voltargli le spalle di nuovo, tanto quel discorso non avrebbe portato da nessuna parte.
- Cosa cazzo sei rimasto a fare lì allora? Avresti potuto conquistare l’intero universo con la dipartita di Freezer! Per quale stracazzo di motivo non l’hai fatto?- sbottò il Saiyan dai capelli lunghi.
Vegeta alzò impercettibilmente le sopracciglia, stupito non tanto dal linguaggio usato dal Saiyan ma dal tono con il quale gli si era rivolto. Era duro di comprendonio se, nonostante la lavata di capo che gli aveva fatto appena pochi minuti prima, si ostinava a rivolgersi a lui in quella maniera. Decise di ignorare, però, quel dettaglio. Incrociò le caviglie rimanendo nella stessa posa di prima fissandoli.
- C’è bisogno di un motivo?- disse scrollando le spalle. - Non avevo altro posto dove andare, mi sono fermato lì.-
- Ma tu…!-
- Io cosa? Avrei potuto prendere il posto di Freezer e diventare il padrone dell’universo a suon di omicidi e stermini.- lo interruppe spostando lo sguardo altrove, specchiandosi nel vetro della finestra. - Ma a che pro? Non ho mai avuto alcun interesse a diventare come Freezer.-
Vegeta si perse a fissare il proprio riflesso su quella superficie da cui si vedeva uno scorcio di quel pianeta rosso che pensava non avrebbe più rivisto. Fisicamente non era cambiato dai tempi di Freezer, era diventato più alto e più muscoloso, quello sì, a fronte degli allenamenti intensi a cui si sottoponeva. Però dell’esterno a una prima occhiata non si sarebbe mai detto che in realtà era avvenuto uno stravolgimento della sua persona che lo aveva portato a gesti che, anni prima, avrebbe definito da idioti. Tipo quello di scagliarsi contro l’ Hakaishin dopo che egli aveva schiaffeggiato la sua donna. O sacrificare la propria vita per quella di chi ama.
- Vegeta, scusa, allora cosa è successo in tutti questi anni?- chiese pacatamente Napa.
Il Saiyan continuava a specchiarsi nonostante la voce del compare lo avesse trascinato giù dai suoi pensieri. Chiuse gli occhi voltando la testa verso il soffitto e li riaprì fissando il tetto. Come poteva spiegare a Napa e Radish, che conoscevano solo sangue e guerra, tutto ciò che era avvenuto in quegli anni? E non si riferiva solo alle battaglie affrontate contro nemici più forti di lui, ma anche a tutto ciò che gli era accaduto vicino, accanto, ad un palmo dal naso e dentro di sé. Come spiegare che non era più quello di un tempo, che ora avrebbe protetto la sua famiglia a qualsiasi costo? Come raccontare ciò che era avvenuto nel profondo di sé se neanche lui sapeva spiegarselo?
- Tante cose, Napa. Sono successe tante cose.- disse criptico andando a fissarsi la punta delle scarpe sovrappensiero.
Radish, che quasi fumava di rabbia, e Napa, che invece osservava stranito il principe, rimasero in silenzio di fronte a quelle parole che dicevano tutto e niente allo stesso tempo. Erano stati compagni per anni, Napa ricordava il mantello cremisi volteggiare dietro le spalle di un Vegeta di pochi anni. I suoi occhi scuri e troppo seri per un bambino di quell’età, il suo sguardo farsi sempre più cupo mano a mano che passavano gli anni fino a diventare una maschera di ghiaccio e orgoglio, che nemmeno l’enfasi della battagli riusciva più ad accendere. Il Saiyan a quel tempo si chiedeva cosa sarebbe successo se invece quel bambino fosse cresciuto affianco ai suoi genitori, se fosse cambiato allo stesso modo o sarebbe rimasto un ragazzo spensierato che amava menar le mani seguendo il suo sangue.
Guardava quell’uomo calzato in abiti terrestri che si fissava le scarpe nuove senza vederle realmente, probabilmente ciò che era accaduto sul pianeta azzurro lo aveva scalfito. Si chiese se quella terrestre avesse qualche ruolo in quella faccenda.
- Sei cambiato, Vegeta. Quasi non ti riconosco.- disse Napa quasi con malinconia.
Vegeta rise un poco, continuando a non voler guardare gli altri due che gli sostavano davanti. Come dargli torto?
- Già.- disse solamente. Poi sciolse la braccia dalla consueta posa e uscì dalla sala, in silenzio.
Radish, che ci aveva capito praticamente nulla di tutta quella storia, fissò il Saiyan sorpassarli senza rivolgere loro parola. Per quale motivo Napa aveva detto che il principe fosse cambiato se si comportava esattamente come trent’anni fa?
Vegeta lasciò la stanza senza aggiungere altro, aveva detto fin troppo a qualcuno che probabilmente non l’avrebbe mai capito neanche se glielo avesse spiegato. In quel momento si sentì tremendamente fuori luogo su quel pianeta, in mezzo ai suoi simili. Eppure con quella gente condivideva tradizioni, pianeta, smania di combattere, la coda e tanto altro. Ma delle tradizioni non gli era mai fregato, il suo pianeta ora era la Terra, la smania di combattere si era quietata, la coda era stata recisa anni fa e tutto il resto non era altro che contorno. Era davvero legittimo sentirsi così estraneo a quel posto a cui erano rilegate le proprie origini e più a casa tra i terrestri?
Con la testa tra le nuvole percorse meccanicamente gli intrigati corridoi di quell’enorme palazzo, non si rese neanche di star seguendo l’aura della moglie e di averla raggiunta tra gli appartamenti dei guerrieri di prima classe. Se ne accorse soltanto quando, sollevando la testa dai propri piedi, cosa rara per lui camminare a testa bassa, la vide in piedi che gli dava le spalle. Le sue interlocutrici, però, si accorsero quasi immediatamente della presenza del Re a pochi passi da loro.
Vegeta indurì velocemente lo sguardo, la sua espressione cambiò tornando seria. La sua fragilità era una cosa privata, che solo in pochi avevano il privilegio di vedere. Si avvicinò a Bulma, che si voltò verso di lui soltanto quando le fu a un passo di distanza.
- Oh, Vegeta, ciao.-
L’uomo rimase in silenzio guardando ora la donna dai capelli azzurri ora il gruppo di guerriere.
Bulma si fermò a guardare qualche secondo il suo uomo, cercando di scorgere oltre quella corazza che usava alzare di fronte ad altre persone. C’era qualcosa che non le quadrava ma rimase zitta, avrebbe tirato fuori l’argomento in un altro momento. Rivolse piuttosto la sua attenzione sulle guerriere.
- Questa è la squadra che mi seguirà come un’ombra in tua assenza.- disse indicando con un gesto della mano le ragazze davanti a lei. - Sono tutte donne.-
Vegeta studiò con fredda serietà la squadra che si sarebbero presa cura dell’incolumità della moglie. Alzò un sopracciglio quando la donna specificò che era composta da guerrieri di sesso femminile, e non lo aveva di certo fatto per sottolineare la possibilità di donne di essere brave quanto gli uomini. Nei suoi occhi guizzò la consapevolezza che lei lo stava prendendo in giro, a proposito della sua gelosia.
- Vostra Maestrà, giuriamo solennemente di prenderci la responsabilità della vita della Regina a costo della nostra.- disse inchinandosi quella che doveva essere il capitano.
- Vorrei vedere. In caso contrario sarò io a prendermi le vostre vite.- minacciò il sovrano ricevendo in compenso una gomitata contrariata dalla donna al suo fianco. - Andate ora, verrete chiamate a tempo debito.-
Le guerriere chinarono la testa ancora un po’ poi si dileguarono.
- Ma che ti è preso? Perchè le hai minacciate in quella maniera?- disse lei voltandosi a guardarlo.
Vegeta però non le rispose, fece un gesto che la stupì: l’abbracciò. Di sua spontanea volontà, senza alcun motivo apparente, la strinse tra le sue braccia affondando il naso tra i suoi capelli. Profumavano di shampoo e di lei. Profumavano di casa.
Bulma ricambiò il contatto con l’espressione più interrogativa che poteva stamparsi in faccia, perché non si sarebbe mai aspettata che il guerriero potesse abbracciarla all’improvviso, in un luogo che non fosse appartato abbastanza da non permettere a nessuno di scorgerli neanche per sbaglio. Stupita avvertì la sua stretta serrarsi un poco e allora si ricordò del guizzo strano avvertito al di sotto della sua corazza, qualcosa aveva smosso il suo cuore non più macchiato e l’aveva scosso. Tanto da farlo quasi correre da lei alla ricerca di un contatto.
Vegeta non era mai stato il tipo da farsi scalfire dalle parole di qualcuno, gli erano sempre scivolate addosso. Non che quella volta fu diverso, poco gli importava dell’opinione dei Saiyan, di Napa o di Radish. Ma ripensare a quanto gli era successo in quegli anni lo aveva frastornato, soprattutto perché si rendeva conto che a confronto di ciò che gli altri vedevano, lui era esattamente l’opposto. Durante quegli anni sulla Terra, al fianco di Goku in mille battaglie, tra i terrestri a vivere come loro, accanto a Bulma per costruire qualcosa insieme aveva scavato dentro di sè così tante volte che pensava di conoscersi ormai più che bene. Eppure confrontarsi con i due ex compagni di squadra, sotto i loro sguardi stupiti e confusi, specchiandosi sul vetro di quella finestra, lo aveva portato a una nuova consapevolezza. Lui non apparteneva più a quel luogo, dove tutto era vivere o morire. Non si se ne sentiva più parte da anni ormai però soltanto rimettendoci piede come persona e guerriero cresciuto, maturato e diverso aveva acceso in lui la cognizione che per quanto nelle sue vene potesse scorrere sangue Saiyan e per quanto lui si dichiarasse principe di quella razza, ormai tutto quello non gli apparteneva più. E ciò lo aveva colpito come un pugno allo stomaco, svegliandolo quasi di botto.
- Vegeta?- lo richiamò la voce dolce di lei. - Tutto ok?-
Il Saiyan sospirò nella penombra delle poche luci accese in quell’ala del palazzo stringendo a sé quella donna che lo aveva cambiato nel profondo. Inspirò il suo profumo che ebbe immediatamente un effetto calmante su di lui.
- Niente.- mormorò sui suoi capelli.
Però la sua stretta non accennò ad allentarsi.


*lettura "sam'ke" 寒気 parola giapponese che significa "freddo"












Angolo autrice:

Buonsalve miei amati lettori! Ecco qui il capitolo numero 4! Siamo su toni un po' differenti rispetto al solito, c'è un'introspezione maggiore.
Okay, penso che ci sia bisogno di qualche spiegazione in merito ad alcune parti *si schiarisce la voce*
Bene, a parte l'inizio (che se continuo così mi toccherà alzare il rating, che ci posso fare quei due mi ispirano sesso) concentriamoci sul discorso, o meglio, sulle quattro parole che Vegeta butta lì a Napa e Radish in merito a tutto ciò che gli è successo. 
Diciamo che non si limita a poche frasi perchè Napa e Radish siano stupidi, anche se lo sono, avrebbe potuto parlare anche con il Saiyan più intelligente del pianeta ma non l'avrebbe capito ugualmente. Vegeta reputa che ciò che prova lui per sua donna sia qualcosa di impossibile da spiegare, devi viverlo e basta. Come mai potrebbero dei guerrieri dediti solo alla lotta comprendere qualcosa come l'amore? Quando quella parola non esiste nel loro vocabolario. Con ciò non voglio dire che i Saiyan non possano provare amore, assolutamente, soltanto che non ne sono consapevoli come invece lo sono i terrestri. 
E no, Vegeta non sta rinnegando le sue origini o chissà che altro, giammai Vegeta è un Saiyan fiero di esserlo, però con il passare del tempo si è reso conto di essere diverso, in senso buono, dai suoi simili. Lui ha un lato umano al contrario di tutti gli altri Saiyan, e quel lato spriggiona in lui sensazioni che, come detto prima, bisogna sperimentare per comprendere. Quindi l'introspezione del principe è dovuta al semplice fatto che lui si senta fuori luogo in mezzo ai suoi simili e a casa tra i terrestri. Ma tutto ciò perchè in lui è avvenuto un cambiamento lento ed inesorabile nel corso degli anni. 
Bene, spero di essere stata abbastanza chiara, in caso contrario fatemelo notare nelle recensione :3 
A presto,
angelo_nero

 


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sbadigliò stiracchiando braccia e gambe. Si guardò attorno con gli occhi semichiusi, annoiata da quella monotonia che pervadeva quel posto. Si lasciò andare ad un lamento prima di posare la testa sullo schienale della regale seduta. Mai avrebbe creduto che fare la Regina potesse essere a tratti così noioso da rischiare di addormentarsi. Davanti a lei, uno dei membri del consiglio leggeva un’infinita lista di cose da fare a cui lei aveva smesso di prestare attenzione. Sbadigliò di nuovo provocando l’ilarità di qualcuno alle sue spalle. Il tizio continuava a parlare senza rendersi conto che la Regina non lo stava ascoltando minimamente e non aveva neanche intenzione di farlo.
Bulma sbuffò chiedendosi per quanto ancora quel suplizio dovesse durare: erano guerrieri che bisogno avevano di essere così puntigliosi su piccolezze quali le classi sociali o i modi di comportarsi!? Era ormai una settimana che su Vegeta-sei adempivano ai loro doveri di sovrani ma ancora non aveva capito cosa passasse nella maggior parte delle loro teste. Ad esclusione di sesso, sangue e battaglie, ovviamente.
I Saiyan erano una razza semplice, senza pretese. Si comportavano come animali il più delle volte, fregandosene delle etichette e di tutte quelle stronzate che il tizio davanti a lei continuava ad elencarle senza aver compreso che a lei non gliene fregava di meno.
L’azzurra sprofondò sul trono pregando che quella noiosissima cosa finisse il prima possibile. Spostò lo sguardo alla sua destra, sul trono vuoto del Re, mentre i suoi pensieri volavano al marito. L’aveva mollata lì, a subirsi tutta quella roba noiosa mentre lui se ne era andato a scorrazzare in giro per lo spazio con altri Saiyan. Sbuffò davanti al fatto che non è che Vegeta avesse scelto di andare, era stato praticamente obbligato, in quanto sovrano, a presenziare almeno al primo incontro tra le popolazioni. Incontro pacifico si sperava.
Non sapeva quante ore fossero passate dalla partenza del consorte, forse meno di mezza giornata, però non vedeva l’ora che tornasse per dividere con lui quella rottura di scatole che era la burocrazia. Tamburellò le dita sul bracciolo ricamato mentre sorseggiava con calma un bicchiere di vino, bevanda prelibata su quel pianeta, destinata soltanto ai reali e ai lord. Fece vagare lo sguardo alla ricerca di qualcosa che poteva farla fuggire, almeno con la mente, da quel posto. Rimpianse quasi le morbose riunioni in ufficio a cui lei, in quanto presidente, era obbligata a presenziare. I suoi occhi incontrarono la figura fugace del figlio, che correva tra i corridoi dell’immenso palazzo seguito alle volte da due o tre bambini dai capelli scuri come la notte. Si rese conto di non aver visto Trunks quasi mai durante gli ultimi giorni, il ragazzino sembrava preferire dedicare del tempo agli allenamenti dei piccoli purosangue della prima classe piuttosto che stare lì con lei ad adempiere ai propri doveri di principe. E di certo Bulma era l’ultima che poteva biasimarlo, avrebbe preferito volentieri rinchiudersi in uno dei tanti laboratori del palazzo e tentare di convincere qualcuno dei “cervelloni”, come li chiamavano lì, a lasciarle sporcare le mani con qualcosa da aggiustare.
La minuta figura di Bra catturò il suo sguardo: non dovrebbe essere lì, come ci era arrivata?
La piccola era sfuggita all’occhio vigile delle governanti ed era riuscita a sgattaiolare via fino a raggiungere la sua mamma. In pochi passi salì le scale che la separavano dall’amata genitrice, per poi fiondarsi tra le sue braccia che l’accolsero più che volentieri.
Bulma prese la sua piccola peste, la fece sedere in grembo e la coccolò mentre lei stringeva a sé il coniglio di peluche che non abbandonava mai. Le accarezzò i capelli azzurri lasciati stranamente sciolti regalandole delle attenzioni che, per cause maggiori derivanti dal suo essere una Regina, non aveva potuto prestarle negli ultimi giorni. Lei adorava coccolare la sua piccola principessa, lo avrebbe fatto anche con Trunks se il ragazzino crescendo non stesse diventando sempre più reticente alle coccole. Tutto suo padre.
Una ragazza indossante un’armatura rosa e nera bordata d’oro entrò correndo nella sala del trono, si fermò davanti alla Regina con il fiatone e si inginocchiò al suo cospetto.
- Mia Signora, chiedo umilmente perdono per l’interruzione ma purtroppo la principessa è riuscita ad eludere la mia sorveglianza.- ansimò la ragazza a testa bassa. - Continuava a chiedere di Voi, non ha voluto ascoltarmi neanche una volta e alla fine è fuggita.-
Bulma osservò la povera ragazza che, sconvolta, se ne stava in ginocchio davanti a lei. Poi guardò sua figlia, quel diavoletto dai capelli azzurri travestito da angelo che la guardò sorridente. Scosse la testa chiedendosi cosa si fosse inventata Bra per sfuggire all’occhio allenato di una Saiyan, quella bambina era piena di risorse.
La Saiyan deglutì un po’ spaventata, attendendo una risposta dalla sovrana di fronte alla sua mancanza.
- M-mi è stato detto che è u-una mezzosangue, non pensavo che potesse essere così scaltra da sfuggirmi. Io sono mortificata, mia Regina.- balbettò non avendo il coraggio di alzare la testa.
- Sta tranquilla, non hai fatto nulla di male. Non ho intenzione di punirti se è questo che pensi.- disse con un sorriso che le aleggiava sulle labbra. - Bra non è una bambina facile, a stento io e suo padre riusciamo a tenerla a bada. Se vuole qualcosa se lo prende.-
La Saiyan sollevò il capo, fissando sconcertata la donna dai corti capelli color mare che torreggiava su di lei seduta su quel sontuoso trono d’acciaio. Non credeva che la Regina sarebbe stata così magnanima. Aveva disobbedito, lasciandosi sfuggire la bimba da sotto il naso e la sovrana non era minimamente contrariata dalla cosa, anzi sembrava divertita. Aveva addirittura affermato che persino lei e il Re faticavano a stare dietro all’uragano dai capelli azzurri.
- Non guardarmi con quella faccia, non è mica morto nessuno.- le disse l’azzurra ridendo. - Sei libera di tornare alle tue mansioni, Bra resta qui con me.-
La Saiyan aprì la bocca per protestare mentre il rilevatore continuava a tradurle le parole della Regina ma tacque osservando madre e figlia interagire con dolcezza. Si alzò in piedi, s’inchinò e prese la porta.
Bulma spostò Bra, posandola alla sua destra sul trono vuoto solitamente occupato da Vegeta suscitando lo stupore dei presenti. La bimba sorrise alla madre stringendo a sé l’amico coniglio a cui tanto era legata.
Nonostante gli sguardi contrariati dell’intera sala nessuno osò contraddire i gesti della Regina, non tanto per timore di una sua reazione violenta -sapevano bene che i terrestri avevano una scarsa forza combattiva- quanto per non scatenare la sua voglia di usare quel potere che la corona le conferiva. Compreso quello di decidere chi muore e chi vive. Non sapevano se la terrestre ne avrebbe approfittato o si sarebbe mostrata magnanima anche con chi osava contraddirla.
La scienziata, ignara dei pensieri dei suoi sudditi, si risedette accavallando le lunghe gambe nude avvolte in un paio di shorts di jeans. Si preparò a dover riprendere l’incontro dove lo aveva lasciato quando un suono proveniente dal proprio rilevatore la distrasse. Premette il pulsante laterale chiedendosi che diavolo volessero.
- Che c’è ora?- borbottò massaggiandosi la base del naso.
Ma la voce dall’altra parte non fu né quella di un guerriero alle sue dipendenze né quella di qualche membro del consiglio. Una risatina, solo quello provenne dal dispositivo sul suo orecchio. E lei conosceva bene quella risata di scherno, la sentiva ormai da dieci anni ogni qual volta voleva prenderla in giro.
- Vegeta!- urlò quasi.
- Ma va? Lo so come mi chiamo.- sentenziò lui dall’altra parte.
- Simpatico.-
Lui rise di nuovo e lei ringraziò qualsiasi cosa l’avesse spinto a chiamarla. Era assente da meno di venti quattro ore ma già le mancava come l’aria. Saperlo poi su un pianeta lontano chissà quanto rendeva tutto più un suplizio per lei, per loro.
- Cos’era quel tono? Ti annoi per caso?-
- No, affatto! Mi diverto un mondo ad ascoltare quattro idioti che mi elencano le vostre tradizioni!- ironizzò lei indicando con un gesto della mano i Saiyan davanti a lei, come se lui potesse vederla, lasciando poi ricadere il braccio lungo il fianco.
- Essere Regina mica è tutto rosa e fiori.- le disse mentre qualcuno da lontano lo richiamava. Lo mandò a quel paese ignorando chiunque nel raggio di cinque chilometri.
- Ho notato.- borbottò lei. - Piuttosto, come mai hai chiamato? Cos’è ti mancavo?-
Lui ghignò divertito giocando con una pietra, in piedi davanti a una sorta di lago. Azzurro, come gli occhi di colei con cui stava parlando. Come gli occhi di quei due bambini che lo guardavano come fosse un dio sceso in terra. Scosse la testa: era via da neanche un giorno e già sentiva la loro mancanza.
- Ti piacerebbe.- le rispose lanciando e riprendendo un paio di volte la pietruzza che teneva in mano. - Volevo semplicemente avvertirti che siamo in fase di ritorno.-
Fissò la superficie del lago lanciando poi il sasso che rimbalzò su di esse quattro o cinque volte prima di cadere inesorabile all’interno della distesa azzurra. Rimase a guardare l’orizzonte di quel posto, con il cielo viola che si rifletteva nel lago.
- E tra quanto sei qui?-
- Un paio d’ore.- disse voltando le spalle alla distesa e facendo cenno al resto degli uomini di seguirlo.
Bulma sorrise sollevata da quella consapevolezza, non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Passò una mano tra i capelli liscissimi di Bra, che la guardò confusa, e rivide negli occhi chiarissimi della sua bimba quelli scuri dell’uomo che amava. Lui diceva di no ma quella bambina gli somigliava un sacco.
- Per una volta quell’idiota di Kakaroth mi sarebbe stato utile.-
- Son-kun? Per il teletrasporto dici?-
- Già. Un secondo e si sposta dove diavolo vuole, tra mondi e pianeti.- disse incamminandosi verso il punto in cui erano atterrati.
Fissò per interminabili secondi la navicella monoposto tondeggiante, sulla quale spiccava in rosso il simbolo della casa reale e non più quello dell’armata di Freezer. Lo stesso simbolo che era sull’armatura della sua tuta, affianco a quello disegnato da Wish. Incrociò le braccia al petto constatando che le navicelle costruite alla Capsule Corp. erano infinite volte migliori, magari gli avrebbe fatto dare un’occhiata dalla moglie un giorno.
La sentì ridere e si riscosse dai propri pensieri.
- Potresti chiedergli di insegnartelo.-
- Sei scema? Io che chiedo qualcosa a lui. Fossi matto.-
La sua risata si espanse all’interno del dispositivo usato soltanto per comunicare a distanza scaldandogli l’anima in una maniera che mai avrebbe immaginato. Si accomodò sull’unico sedile presente.
- Ci vediamo tra poco, allora.- le sentì dire in tono dolce.
- Sì.- le disse mentre il portello si chiuse con uno scatto.
- A dopo.- Pausa. - Mio Re.- E chiuse la chiamata.
Vegeta, che stava armeggiando con i comandi di bordo, rimase qualche istante bloccato con la mano a mezz’aria colto alla sprovvista da quel titolo pronunciato in quella maniera da lei. Quasi volesse provocarlo. Scosse la testa ed avviò la procedura inserendo ovviamente il pilota automatico.
Durante quelle due interminabili ore di viaggio si ritrovò a pensare alla propria vita, all’ultima volta che aveva messo piedi in quel tipo di navicella. Se non ricordava male era stata la volta in cui approdò su Namec alla ricerca delle sfere del drago per ottenere l’immortalità. Tutto alle spalle di Freezer ovviamente. A quel tempo mai avrebbe immaginato di ritrovarsi nella situazione attuale, voleva semplicemente sbarazzarsi di Freezer ed essere libero. Gli venne da ridere pensando al fatto che ora era sotto un altro tipo di schiavitù, legato da una catena molto meno stretta e molto meno rigida. Piacevole addirittura. Una catena che si era scelto. E aveva scelto anche il carceriere. Una testarda, irritante, intelligente e bellissima carceriera. O beh e quella volta di certo non avrebbe tentato la fuga.
Quante cose erano cambiate da allora, eppure era successo tutto così in fretta. Nell’arco di un paio d’anni dalle vicende di Namec si era ritrovato marito e padre. E lui che aveva sogni di conquista e sterminio, che stolto!
Fissò il tetto della navicella che gli dava un senso di claustrofobia mai provato prima, voleva raggiungere Vegeta-sei il più presto possibile, per questo quando atterrò malamente su una specie di conca imbottita per attutire l’impatto all’esterno del palazzo, Vegeta fu il primo ad uscire quasi sfondando il portello che ci stava mettendo troppo per aprirsi.
A passo svelto il Saiyan si fece largo tra i vari guerrieri che si scansarono quasi scottati al suo passaggio. Senza tante cerimonie spalancò le porte del suo palazzo, seguito da Shu e un secondo guerriero a debita distanza, dirigendosi verso la sala del trono, ove era certo lei lo stesse aspettando sbuffando in tutte le maniere possibili annoiata. La stanza però era stranamente vuota, accigliato scrutò ogni singolo volto presente all’interno senza prestare realmente attenzione a nessuno di essi. Ogni singolo Saiyan venne scansionato dallo sguardo severo del sovrano, mettendoli tutti sull’attenti. Quando gli occhi penetranti scuri come le profondità dell’universo si posarono su una delle guardie, Vegeta spostò il peso sulla gamba destra prima di parlare.
- Dov’è la Regina?-
Il Saiyan interpellato piegò il capo in segno di rispetto.
- Ha detto di essere stanca e che andava a riposare. La troverete nelle vostre stanze, presumo.-
Vegeta alzò impercettibilmente un sopracciglio. Poi senza proferir parola girò i tacchi dirigendosi nell’ala dove risiedeva la camera da letto che condivideva con la scienziata, arrovellandosi il cervello alla ricerca di una spiegazione per la quale lei non si trovasse con il culo sul trono. L’aveva sentita poco più di due ore fa e gli era sembrata terribilmente annoiata ma non stanca. Probabilmente aveva buttato giù una scusa per districarsi dai morbosi impegni della corona e sparire per un po’ dagli occhi di tutti, rinchiudendosi in stanza. Poteva biasimarla? Vegeta pensò di no, in fondo persino lui si era annoiato, nonostante fosse stato su un pianeta straniero a cercare di ricavare qualcosa di buono da quell’incontro pacifico tra popolazioni.
Attraversò l’ultimo corridoio che lo divideva dal meritato riposo a cui aspirava, scorgendo appena la porta scura sorvegliata dalla squadra femminile adibita all’incolumità della moglie in sua assenza. Se ne stavano appoggiate due ai lati della porta, braccia incrociate e sguardo guardingo, e le altre tre accovacciate sul muro di fronte, probabilmente poco soddisfatte di un compito che consisteva seguire come un’ombra la Regina. Si alzarono di botto quando il sovrano entrò nel loro campo visivo, inchinandosi subito dopo al suo cospetto senza aver coraggio di incrociare lo sguardo profondo del Saiyan.
Egli però non le degnò di uno sguardo, sorpassandole come nulla fosse. Si fermò un secondo sulla porta, sentendo la voce piuttosto innervosita della moglie provenire dalla stanza, chiedendosi con chi stesse sclerando. Aprì la porta, trovandola in piedi davanti a lui che gli dava le spalle, la mano destra poggiata su quello che sembrava un auricolare con microfono, appena visibile, mentre agitava l’altra a tempo con le parole.
- No, no, no! Cerca di ascoltarmi invece di parlarmi sopra!- sbraitò l’azzurra. - Il progetto C26 è urgente, dovete concentrarvi su quello! E non mi frega un cazzo se avete ancora il B12 in arretrato, o muovete il culo o vi licenzio tutti!-
La donna si fermò un secondo mentre probabilmente l’interlocutore le rispondeva. Vegeta avvertiva un leggero borbottio spaventato provenire dall’auricolare che Bulma portava all’orecchio, ancora non si era accorta di lui, e si chiese con quale incompetente stesse parlando per arrivare a minacciarlo. La vide sbattersi entrambe le mani in faccia in un gesto di disperazione facendole poi scivolare tra i corti capelli azzurri, enfatizzando il suo stato d’animo. Si fermò di nuovo, l’azzurra, cambiando nuovamente posizione: una mano sul fianco, l’altra ancora in mezzo ai capelli e il peso spostato sulla gamba opposta.
- Sì… Sì… Esatto.- disse quasi sottovoce portando la mano che era tra i capelli alla base del naso, massaggiandolo esasperata. - Bravo, allora non sei così cretino come sembri!-
Vegeta, compreso che la cosa sarebbe andata per le lunghe, fece sbattere la porta tenuta aperta fino a quel momento, attirando l’attenzione della donna senza farla voltare.
- Ora devo andare. Vedi di fare come ti ho detto.- disse stizzita chiudendo la chiamata. Buttò l’auricola sul letto e solo in quel momento si voltò, pronta ad inveire contro chi l’aveva disturbata quando aveva detto chiaramente che non accettava visite.
Ma i suoi occhi azzurri incrociarono quelli neri dell’uomo che sostava davanti a sé e pensò bene di saltargli addosso buttandogli le braccia al collo, invece di inveirgli contro.
- Vegeta!-
Vegeta rimase spiazzato da quella reazione così emotiva della consorte e non fece in tempo a fare niente che lei gli stampò un bacio sulle labbra. Battè gli occhi confuso, arrossendo un poco, incrociando l’azzurro delle sue pupille che sembravano brillare di felicità.
- Sei tornato.-
- Sono stato via poco più di mezza giornata.- borbottò in imbarazzo.
Bulma lo strinse a sè ancora una volta prima di staccarsi ed andarsi a sedere sul letto, continuandolo ad osservare con un sorriso da orecchio a orecchio.
- Lo so, ma quando non ci sei mi manca l’aria.-
Il Saiyan incassò il colpo rimanendo immobile mentre dentro il suo cuore accelerava i battiti. Dannazione bastava così poco per fargli dimenticare la stanchezza e salire la voglia di baciarla.
La sentì ridere, probabilmente era arrossito senza neanche rendersene conto. Voltò il viso di lato cercando di coprire il rossore con una mano, lei era l’unica a fargli quell’effetto.
Bulma poggiò il gomito sul ginocchio e mise la testa sulla mano continuando a studiare quel Saiyan che tanto forte voleva apparire ma che davanti a lei si scioglieva come burro fuso, arrossendo come un liceale alla prima cotta. E lo trovava così carino!
Negli anni, Vegeta aveva imparato a non fuggire via quando lei gli faceva un complimento o semplicemente gli diceva qualcosa di dolce, limitandosi ad arrossire e a far svagare lo sguardo altrove pur rimanendo davanti a lei. Eppure calzato in quegli abiti quel leggero rossore sulle gote aveva un non so che di strano, come se non appartenesse alla sua figura.
- Sai, Vegeta, mi ricordi il giorno in cui hai messo piede sulla Terra per la prima volta. Indossavi lo stesso rilevatore rosso.- gli disse indicandosi l’orecchio.
Il Saiyan riportò la propria attenzione sulla consorte, che lo fissava trasognante come se la mente fosse da tutt’altra parte rispetto al corpo, ripensando a quegli eventi che risalivano ormai a vent’anni prima quasi. Così lontani nel tempo ma ben impressi nella sua memoria e in quelle di chi era presente, e al corrente, quel giorno del suo arrivo. Incredibile come le cose da allora fossero cambiate, aveva messo piede su quel pianeta con l’intento di dare una lezione a Goku e rivendere il pianeta, oltre che ad ottenere l’immortalità con le sfere. Invece si era trovato legato a quella distesa azzurra e verde da un doppio filo d’acciaio. Un filo che portava il nome di quel sentimento così forte e travolgente da averlo spinto a cambiare dopo un primo momento di spiazzamento.
- Tu come fai a sapere cosa indossavo allora?- chiese non ricordando in alcun modo di averne parlato con lei.
- Non so se ricordi ma c’erano i mass media a riprendere il tutto, prima che tu e Napa faceste saltare tutto in aria.- gli rispose vagando in vecchi ricordi. - Per il resto dello scontro Baba è stata così gentile da prestarci la sua sfera.-
Baba. Quella vecchietta che aveva avuto il compito di scortarlo dall’altro mondo sulla Terra per dare una mano a Goku contro Majin Bu, rimasto solo dopo che il mostro ebbe assorbito anche Gohan. Non sapeva molto di lei, solo che era la sorella di quel vecchietto maniaco del Genio delle Tartarughe e che era in buoni rapporti con il mondo dei morti. E che era una vecchina bizzarra per quel poco che ci aveva avuto a che fare.
I flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle mani di Bulma che, leste, gli sganciarono e sfilarono il rilevatore dal viso buttandolo poi in un angolo. Lui neanche si era accorto che si era mossa, quando era nei paraggi abbassava automaticamente la guardia permettendole addirittura di spaventarlo, a volte, quando lo toccava all’improvviso. Era una cosa che non si era mai permesso, neanche durante il sonno era così vulnerabile. Cosa gli aveva fatto quella donna?
L’azzurra gli accarezzò il viso contratto in un’espressione confusa. Gli sfiorò gli zigomi tornati del loro colore naturale, carezzò la guancia ambrata e posò un dito sul suo labbro inferiore portandolo poi verso il basso scoprendo quelle perle bianche e perfette. Infilò poi entrambe le mani nei suoi capelli scuri e lui ne approfittò per agganciare le proprie alla sua vita, portandola più vicina a sé.
- Ecco, adesso sei meno un Saiyan e sei più il mio Saiyan.-
Vegeta alzò gli occhi al cielo e sciolse la presa, andandosi a sedere sul bordo del letto sbuffante. Quella missione lo aveva distrutto più psicologicamente che fisicamente, nonostante il viaggio di due ore chiuso in una claustrofobica navicella che di comodo non aveva neanche il sedile. Si tolse gli stivali trovando immediato sollievo quando i piedi nudi toccarono il freddo pavimento di pietra. In un unico gesto si sfilò la corazza che riportava sia il simbolo dell’unico maestro mai avuto sia quello della propria casata, seguita subito dopo dai guanti bianchi che furono lanciati malamente da una parte. Avvertiva gli occhi della consorte addosso anche quando fece scorrere la cerniera della casacca grigio piombo per poi farla scivolare via dalle spalle, buttando anche quella a terra fregandosene dell’ordine. Spostò le iridi scure su di lei, chiedendosi cosa ci trovasse di bello nello stare lì impalata a fissarlo mentre si spogliava.
La guardò come per dire “Beh?” e solo allora lei si mosse, sinuosa come una pantera, elegante come una regina, letale come il veleno. Si leccò le labbra, Bulma, prima di sedersi a cavalcioni sulle sue gambe ed incatenare i loro sguardi. Posò le delicate mani sulle sue spalle possenti andando a massaggiare con dolcezza i muscoli affaticati. Lo sentì sciogliersi sotto le sue dita e tutta la tensione svanire.
- Avete fatto presto.-
Vegeta sbuffò pur rimanendo immobile sotto di lei, godendosi quel contatto che dava sollievo alle sue spalle perennemente tese.
- Avremmo fatto anche prima se non mi ritrovassi circondato da idioti.-
- Beh sono tuoi simili, che ti aspettavi?-
Vegeta le lanciò un’occhiataccia ma lei non ci fece caso, continuando a massaggiargli le spalle affaticate.
- Cos’è successo?- gli chiese l’azzurra.
Il Saiyan sbuffò di nuovo.
- Per poco non scattava una guerra. Uno di quei deficienti che ho dovuto portarmi dietro si è alterato un po’ troppo quando il sovrano dell’altra popolazione ha detto che non avevano bisogno di una guardia composta da grande forza fisica e zero cervello.- raccontò aggrottando le sopracciglia. - Ho dovuto tramortirlo per impedirgli di fare cazzate.-
in quel momento si era chiesto se la famosa squadra di guerrieri scelti non fosse stata solo un altro modo di definire quei quattro idioti senza cervello che si era ritrovato a trascinarsi dietro. Nessuno di loro aveva la ben che minima intenzione di starsene buono al proprio posto e lasciarlo parlare. Aveva dovuto alzare la voce più di una volta per ammonirli, c’erano in gioco le casse reali non poteva permettere che gli idioti facessero i loro comodi distruggendo a destra e a manca tutto ciò che incontravano.
Alla fine era riuscito a calmare i bollenti spiriti dei compagni di viaggio e a far rispettare la propria autorità senza uccidere nessuno. Avevano chiuso anche un buon accordo con il pianeta nonostante tutto il casino iniziale.
- Siete riusciti ad ottenere qualcosa?- gli chiese spingendolo a sdraiarsi sul letto a pancia in giù, in modo da poter continuare il massaggio su tutta la schiena.
Il Saiyan la lasciò fare beandosi del contatto delle sue piccole e delicate mani sulla propria pelle marchiata dal fuoco. Socchiuse gli occhi mentre lei fece pressione lungo tutta la schiena, sciogliendo tendini e muscoli contratti. Non era la prima volta che lei gli faceva un massaggio: ultimamente spesso dopo gli allenamenti si concedeva di sdraiarsi sul letto prono e lasciare che Bulma si prendesse cura di lui. Due volte su tre capitava che la cosa degenerava, finendo con loro che facevano l’amore rotolandosi tra le lenzuola per ore.
- Sì, hanno detto di aver bisogno di una quindicina di guerrieri a protezione del pianeta, che sporadicamente subisce attacchi massicci da una popolazione avversa.- disse spicciolo, poco interessato all’argomento.
- E cosa ne ricaviamo noi?- Come al solito Bulma doveva cavargli le parole di bocca. Vegeta raramente era propenso a parlare di sua spontanea volontà.
- Ottomila ek.- ripose con voce piatta.
- A giornata?-
- A guerriero.- continuò lui. - Cinquemila a giornata.-
Bulma si fermò un secondo riflettendo su quelle informazioni facendo un rapido calcolo mentale per capire quanto alla fine ci avrebbero guadagnato, in termini economici, con quella popolazione. Vegeta, ovviamente, non le aveva detto per quanto tempo ma lei ricordava qualche stralcio di discorso avvenuto tra il principe e uno dei soldati prima della partenza: un minimo di dieci giorni, un massimo di un anno. Quindi facendo due conti erano parecchi soldi.
Il Saiyan, affatto contento di quell’interruzione di premura nei suoi riguardi, emise un basso ringhio contrariato. Qualsiasi viaggio mentale stesse facendo la sua testa poteva aspettare, lui no. Come un bambino capriccioso mise il broncio e si tirò su, costringendo Bulma a scendere dalla sua schiena e mettersi in ginocchio sul letto. Incrociò gambe e braccia, mantenendo l’espressione imbronciata e le sopracciglia aggrottate.
A Bulma venne da ridere guardando il guerriero accanto a lei assumere le stesse espressioni bambinesce dei loro figli. Quando qualcosa non andava secondo i suoi piani o metteva il broncio o si arrabbiava. Generalmente con lei preferiva assumere la prima. Gli salì nuovamente addosso, costringendolo a sciogliere le braccia dalla consueta posizione e gli passò le mani tra i capelli, ridendo un poco per la sua espressione contrariata.
- Assomigli a Trunks, quando metti il muso.- lo prese in giro.
Il guerriero aggrottò maggiormente le sopracciglia non molto contento del confronto con il figlio quattordicenne. Lui non era un moccioso viziato che faceva i capricci.
Bulma rise e lo baciò con delicatezza sulle labbra serrate. Lo fece ancora e ancora finché lui non si lasciò andare, ancorando una mano dietro la sua schiena e l’altra sulla sua nuca spingendola contro le sue labbra alla ricerca di un contatto più profondo.
Vegeta le tirò un poco i capelli corti costringendola a spostare la testa di lato, così che lui potesse lasciare una scia di baci infuocati sulla pelle sensibile del collo strappandole un paio di mugolii di piacere. Si soffermò sulla cicatrice appena visibile nell’incavo tra la spalla e il collo, rimarcandola di nuovo con i denti e posandoci poi un bacio leggero. Spostò le spalline della canottiera, continuando a lasciare l’impronta umida delle proprie labbra sulla pelle nivea della sua donna. Infilò una mano sotto il tessuto leggero della sua maglietta, andando ad accarezzarle la schiena, mentre l’altra risalì la coscia, fermandosi appena sotto l’orlo dei pantaloncini.
- Sei andata in giro per il palazzo con questi?- le chiese continuando a posare baci leggeri come piume sulla sua spalla.
Bulma si morse il labbro trattenendo un gemito quando la mano che era dietro la sua schiena si intrufolò sotto il reggiseno, afferrando un seno. Non gli rispose, preferendo godersi quel contatto proibito. Catturò le sue labbra soffocando un mugolio mentre infilò una mano nei suoi pantaloni afferrando quel muscolo che non serviva in battaglia, strappando anche a lui un lamento. Lo massaggiò avvertendolo indurirsi sotto il suo tocco e il proprietario ansimarle a fior di labbra.
Un’idea ben poco casta le balenò in mente e, dopo aver lasciato un focoso bacio sulle labbra del suo principe, lo liberò dal suo peso sdraiandosi invece davanti a lui. Si leccò le labbra lanciandogli uno sguardo malizioso: lui la fissava senza capire, con il fiato corto e gli occhi di fuoco. Lei gli sorrise e fece sparire quel muscolo pulsante tra le labbra.
Il Saiyan sospirò estasiato buttando la testa all’indietro, quella donna sapeva come mandarlo fuori di testa. Sentì la sua lingua avvolgere e accarezzare la propria intimità con gusto, quasi fosse un gelato. Dio se amava quando si comportava in quella maniera. Le infilò una mano tra i capelli, guidando i suoi movimenti.
La lasciò fare per interminabili minuti, trattenendo a stento gemiti di piacere. Poi, stanco di quella situazione di supremazia della donna, la staccò da sé tirandola dai capelli senza farle male. La fece sdraiare e la sovrastò con un ghigno che la diceva lunga. In pochi gesti le sfilò i pantaloncini e la canotta, prendendosi qualche secondo per osservare il suo meraviglioso corpo mezzo nudo sotto di sé. La baciò con foga sfilandole anche quei pochi pezzi di stoffa rimasti e si lasciò sfilare i pantaloni assieme ai boxer. Le sorrise lascivo prima di baciarla di nuovo.
Le pareti di quella stanza furono, ancora una volta, testimoni di un amore mai visto prima su quel pianeta. Dei gesti delicati con cui il Saiyan accarezzava la sua compagna, dei loro sguardi incatenati brillanti di lussuria e d’amore, delle mani della terrestre che percorrevano i muscoli possenti del suo uomo. Mai in quel letto si era consumato un sentimento così forte, prima di loro.
Passarono le ore in quel letto a perdersi l’uno nell’altra, incapaci di separarsi, incapaci di smetterla di toccarsi. Solo quando il sole era ormai prossimo al tramonto lasciarono quelle lenzuola del colore della notte, che odoravano di sesso. E lo fecero soltanto perché qualcuno, ignorando la richiesta della Regina di non essere disturbata, aveva avuto l’ardire di bussare alla loro porta svegliando la sovrana terrestre, addormentatasi tra le braccia del marito dopo l’ennesimo orgasmo.
Stropicciandosi un occhio si mise a sedere sul letto lanciando uno sguardo al marito placidamente addormentato al suo fianco Il guerriero al di là dell’uscio bussò ancora e lei afferrò la casacca che Vegeta si era tolto qualche ora prima, infilandosela e allacciandosela in fretta mentre raggiungeva scalza la porta. Riuscì a ricordarsi di prendere il rilevatore prima di fermarsi davanti la porta. La aprì lentamente riconoscendo Shu nel guerriero che si trovò davanti.
Il ragazzo la squadrò facendo scivolare gli occhi sull’inusuale abbigliamento e sulle lunghe gambe lasciate scoperte. Sbirciò appena oltre la donna scorgendo la figura del sovrano tra le lenzuola scure, probabilmente privo della sua tuta dato che era lei ad indossarne la parte superiore. Si schiarì la voce tornando con i piedi per terra.
- Mia signora, ci sono stati dei disordini. Nulla di preoccupante ma è mio dovere avvertirvi.- disse guardando la donna dritto negli occhi.
- Dei disordini?- chiese Bulma ancora intenta ad agganciare il rilevatore all’orecchio.
Shu annuì. - Alcuni guerrieri di prima classe hanno tentato di attaccare il palazzo. Siamo riusciti ad occuparcene noi della guardia reale ma temiamo una possibile rivolta.-
L’azzurra strabuzzò gli occhi a quelle parole. Una rivolta? Per quale assurdo motivo i Saiyan si sarebbero dovuti rivoltare contro la corona? Non le sembrò di aver fatto nulla che potesse scatenare le loro ire, anzi stavano lavorando proprio per migliorare loro la vita ed essere dei buoni sovrani.
Shu spostò il peso da una gamba all’altra a disagio, cercando di non spostare lo sguardo dal viso della Regina nonostante la poca stoffa che portasse addosso.
- E per quale motivo?-
- Alcuni guerrieri li hanno sentiti gridare cose contro la Vostra persona, mia Signora. Probabilmente non accettano di buon grado una regina aliena.-
Bulma fissò sconcertata il guerriero di fronte a lei, messa davanti a una possibilità con cui aveva già fatto i conti nella propria mente. Un tarlo che le si era insinuato nella testa nel momento esatto in cui aveva realizzato la sua posizione in quel popolo di guerrieri: lei era una terrestre, un aliena per loro. E sposando il loro principe era diventata Regina di una razza di cui non faceva parte. Non era di certo una novità, anzi non avevano tutti i torti a non riconoscerla come loro sovrana.
- Che succede?-
Silenzioso come il migliore dei predatori il Re si era avvicinato loro a passo felpato, senza che la moglie e il guerriero di fronte potessero averlo avvertito prima che aprisse bocca. La sua voce era impastata e strascicata, fino a due minuti prima dormiva abbracciato alla consorte dopo aver consumato le energie in una lotta ben più piacevole del combattimento. Era riuscito a ricordarsi di infilarsi un paio di pantaloni prima di palesarsi alle spalle di Bulma, con la faccia di chi non era affatto contento di essere stato svegliato.
Shu si drizzò immediatamente non appena la figura del sovrano si affiancò alla donna dai capelli azzurri, mezzo nudo pure lui coperto soltanto da un paio di jeans scuri. Il guerriero pensò che avesse scelto proprio il momento peggiore per andare a disturbarli in camera, sperò solo di non aver interrotto niente altrimenti Vegeta gliela avrebbe fatta pagare cara. Conosceva poco il nuovo Re ma da ciò che aveva capito era il tipo che non amava essere interrotto, qualunque cosa stesse facendo in quel momento.
- Oh, Vegeta. Ti sei svegliato.-
Il Saiyan sbuffò spostando il peso su una gamba e infilando le mani in tasca.
- Con tutto il casino che fate.- disse spostando poi lo sguardo su Shu. - Allora? Che ci fai qui?-
- C’è stato un tentativo di attacco al palazzo, Maestà, mi sembrava doveroso avvertirVi.-
Vegeta alzò un sopracciglio senza però proferir parola, invitando il suo interlocutore a continuare a parlare.
- Niente di che, la guardia reale è riuscita a mettere fuori combattimento il gruppetto in poco tempo però sospettiamo che ci sia qualcos’altro dietro.- disse il giovane guerriero. Attese qualche secondo prima di riprendere a parlare, credendo che il Re volesse esprimere un parere. Il sovrano però non sembrò intenzionato ad aggiungere nulla quindi Shu aprì la bocca per parlare.
- Fammi indovinare: non vogliono una regina aliena.- borbottò Vegeta senza guardare il guerriero incrociando piuttosto gli occhi azzurri della sua donna. - Sai quanto me ne fotte.-
- Ma sire…!-
Vegeta gli scoccò un’occhiata di fuoco tanto da farlo sussultare sul posto. Il Saiyan reale si appoggiò all’uscio con una mano e posò l’altra sul fianco, sporgendosi in avanti quel tanto che bastava per incutere timore all’altro ragazzo. Accigliò lo sguardo, d’incanto il torpore del sonno era scomparso dal suo volto lasciando spazio a un’espressione indecifrabile.
- Ascoltami, Shu, non mi sembri un tipo stupido. Ho affrontato avversari che non avete neanche idea,- disse mentre nei suoi occhi passò una scintilla. - quattro deficienti che pensano di poter decidere chi sia a governarli non mi spaventano.- continuò tornando in posizione eretta, mise una mano sulla porta con lo sguardo di Bulma sempre addosso. - Perciò la prossima volta che osi venire a disturbare, assicurati che sia qualcosa d’importante. Altrimenti mi metto a giocare a pallone con la tua testa.- Detto ciò, con un unico movimento, chiuse la porta in faccia al giovane guerriero.
Il Saiyan si sedette sul letto mentre Bulma rimase un secondo a fissare la porta, con ancora la testa tra le nuvole. Lei al contrario di suo marito era preoccupata per la situazione, non le piaceva essere il bersaglio dell’odio comune. Spostò lo sguardo sul suo Saiyan, intento ad allacciarsi un paio di converse nere, con ancora il torace scoperto, chiedendosi se le sue parole sprezzanti di poco prima fossero veramente ciò che gli passava per la testa o una mera copertura per non mostrarsi preoccupato. Tornò a fissare la porta chiusa irrequieta.
E se il prossimo attacco avesse fatto breccia nella guardia? Sarebbero riusciti ad arrivare a lei?
- Bulma.-
Bulma si voltò nuovamente verso il marito con stampata in faccia un’espressione che la diceva lunga sul suo stato d’animo dinnanzi a quella nuova situazione.
Vegeta sospirò passandosi una mano tra i folti capelli. Di certo non poteva biasimare la sua preoccupazione a riguardo, lei era solo una fragile umana.
- Vieni qui.- le disse con calma allungando una mano verso di lei.
La donna lo raggiunse prendendo la sua mano tesa, intrecciando le dita con le sue. Lui la tirò a sé, facendola mettere a cavalcioni sulle sue gambe, mise la mano libera dietro la sua schiena e la guardò negli occhi studiando a fondo quelle iridi chiare che tanto amava.
- Posso capire che sei preoccupata per la situazione, lo sono anche io.- rivelò
La donna lo guardò sorpresa da tali parole. Sapeva che quel modo di fare che aveva ostentato di fronte a Shu era solo una maschera, come quella che portava sempre davanti a tutti, però non avrebbe mai immaginato che glielo avrebbe detto di sua spontanea volontà.
- Ma non permetterò a nessuno di farti del male, o di farlo a Trunks e Bra. Su questo ci puoi giurare.- disse accigliando lo sguardo senza staccare gli occhi dai suoi.
Bulma sapeva che Vegeta li avrebbe difesi a costo della vita, poteva contare su di lui per quello non ne aveva alcun dubbio. Però non sapeva cosa avrebbe fatto per ovviare a quella situazione, nel caso fosse degenerata ulteriormente. Si sarebbe comportato da Re, affrontando la cosa di petto, o se ne sarebbe lavato le mani, comportandosi da terrestre? Lo avrebbe scoperto soltanto quando sarebbe stato il momento ma sperò con tutta se stessa che scegliesse la prima opzione.
Lui le piazzò l’indice sulla fronte, tirandola via dai suoi viaggi mentali e riportandola alla realtà. La guardò serio, scrutando al suo interno con quelle iridi color ebano e lei si sentì più nuda di quanto già non fosse fisicamente.
Battè le palpebre sorpresa arrossendo un poco, il suo sguardo sembrava penetrarla da parte a parte lasciandola priva di difese. Trattenne il fiato quando lo vide ghignare un poco, aspettando con trepidazione che parlasse o facesse qualcosa.
- Smettila di far lavorare così tanto il criceto che hai in testa o ti uscirà il fumo dalle orecchie.-
L’espressione di Bulma cambiò più volte udendo quelle parole: passò da imbarazzata a sorpresa in un secondo, poi pian piano divenne furibonda assumendo una sfumatura indignata. Lei era preoccupata per il loro avvenire e lui la prendeva per il culo! Lo spintonò con forza, cogliendolo di sorpresa dato che riuscì a spostarlo.
- Vaffanculo, idiota!- gli urlò addosso provocando le sue risate.
Lo tempestò di pugni che il guerriero neanche sentì, continuando a chiamarlo “idiota” o “deficiente” rinfacciandogli il fatto che si aspettava chissà cosa da come l’aveva guardata. E lui rideva di gusto, gli piaceva prenderla in giro a quel modo, quanto a lei piaceva sentirlo ridere. Però era stato uno stronzo, così si alzò e con i pugni stretti lungo i fianchi si diresse in bagno. Gli tirò in faccia la casacca che si tolse quando la sua risata non accennò a placarsi, chiudendosi poi la porta del bagno alle spalle sbattendola.
Il Saiyan smise di ridere pur mantenendo un sorrisetto derisorio sulle labbra, togliendosi dalla faccia ciò che la donna gli aveva lanciato come protesta. Gli piaceva farla arrabbiare, lo trovava assai divertente.
- Dovremmo prendere le dovute precauzioni o rischieremo di trovarci impreparati.-
Vegeta osservò i fogli che teneva tre le mani, ascoltando a mala pena le parole del Saiyan alle proprie spalle. Fece scorrere le iridi sui caratteri alieni stampati al di sopra cercando di venirne a capo il prima possibile, la situazione era poco stabile e lui aveva poco tempo per ragionare. Alzò gli occhi e si voltò quel che bastava per poter scrutare il guerriero, che attendeva una sua parola. Sbattè il malloppo di fogli sul tavolo lì di fianco e lasciò la stanza, tampinato sia dal Saiyan che da Napa e Radish. Aprì la porta della sala riunioni più grande, all’interno della quale il consiglio si era riunito in tutta fretta con l’intento di architettare una strategia. Il Re rimase in piedi, scrutando a braccia incrociate i volti presenti: le facce tese di tutti si erano voltate all’unisono quando aveva fatto la sua entrata mentre il borbottio creato dalle loro parole confuse aumentava di volume man mano che i secondi passavano.
Vegeta potè avvertire la tensione all’interno della sala, non ce n’era uno, tra i guerrieri presenti, che avesse l’intenzione di prendere sottogamba tale evento. Non era mai successo prima che il popolo si ribellasse al proprio sovrano, perché non c’era mai stato motivo valido. Alcuni Saiyan della prima classe erano parecchio conservatori e non accettavano l’idea che la loro nuova Regina non appartenesse alla razza Saiyan.
Il sovrano aggrottò le sopracciglia ascoltando i discorsi dei membri del consiglio, osservò di sottecchi la compagna sedutagli di fianco chiedendosi se avesse fatto bene ad esporla in quel modo. Ora che era il bersaglio di quei fanatici iniziò a pentirsi di aver ceduto alla richiesta di riprendersi la corona, sarebbe stato molto meglio tornare sulla Terra una volta capita la situazione e fregarsene altamente di quel popolo estinto risorto misteriosamente a nuova vita.
- Non possiamo biasimarli del tutto però. È la prima volta nella storia del nostro pianeta che il Re sceglie una Regina non Saiyan. I malcontenti sono qualcosa da mettere in conto.- pronunziò un guerriero con un rilevatore blu.
Un Saiyan dai lunghi capelli si alzò di scatto dalla sedia, battendo le mani sul lucido tavolo.
- Ma quali malcontenti! Qui si parla di una rivolta! Per quanto ne sappiamo mentre noi ce ne stiamo qui a giustificarli loro potrebbero star progettando un colpo di stato!-
Il brusio si alzò di nuovo, dividendo la sala in due fazioni nelle quali cercavano di trovare un compromesso per far fronte alla minaccia.
Vegeta rimase ad ascoltarli qualche minuto cercando di elaborare la situazione meglio che poteva e ricavarne un piano, o quanto meno una soluzione temporanea per mettere tutti d’accordo.
Bulma passava lo sguardo da uno all’altro dei guerrieri riuniti attorno al tavolo mordendosi un unghia pensierosa: probabilmente quei “fanatici” non si sarebbero dati per vinti fin quando la regina aliena non sarebbe stata spodestata, o uccisa. Fu percorsa da un brivido ma non lo diede a vedere facendo piuttosto lavorare il cervello alla ricerca di qualche idea che potesse aiutarli.
Vegeta salì in piedi sul tavolo attirando l’attenzione dell’intera sala.
Bulma spostò lo sguardo su di lui, sorpresa da quella reazione così poco da lui. Rimase in assoluto silenzio quando lui iniziò a parlare.
- Non so cosa vi passi per la testa e neanche m’interessa. - iniziò squadrando uno per uno i membri del consiglio riuniti - Ma vi state dimenticando che questa è una monarchia, il popolo non ha alcun diritto di decidere. Non mi frega un cazzo dell’opinione di quei fanatici lì fuori, il legittimo erede al trono sono io e ho il completo diritto di scegliere chi avere al mio fianco. Se ho scelto una terrestre significa che la reputo adeguata al ruolo che ricopre, lei è la mia compagna, mia moglie e la vostra Regina. Esigo che le portiate rispetto.-
Poche, semplici e concise frasi per far calare il completo silenzio in sala, quietando gli animi agitati dei presenti. I commensali rimasero a fissare il sovrano che scendeva con un balzo dal tavolo e si sedeva al proprio posto. Egli aveva ragione, era lui che decideva e nessuno poteva metterlo in discussione. Se la Regina era una terrestre allora loro avrebbero dovuto portarle rispetto come se fosse una di loro.
Napa sogghignò, poggiato al muro aveva assistito all’intera scena ripetendosi che per quanto fosse cambiato Vegeta aveva lo stesso identico modo di fare di anni prima. Scazzato, cinico e sprezzante, non gli fregava di incitare gli altri o di dare man forte ma le sue parole arrabbiate avevano sempre un effetto rinvigorente nei suoi interlocutori.
- Avete sentito il Re? Inchinatevi di fronte alla Regina!- sbottò l’energumeno.
La sala inaspettatamente obbedì, chinando il capo all’unisono di fronte alla sovrana dai capelli azzurri, portandole rispetto e offrendo a lei i loro omaggi.
Bulma sorrise un poco, grata per la fiducia che quei guerrieri riponevano in lei, come persona e come Regina. Osservò suo marito con la coda dell’occhio che fissava i presenti immobile: aveva parlato di scelta, anche se la loro non era stata una scelta. Si erano trovati e innamorati senza possibilità di fuggire dai propri sentimenti. Riportò lo sguardo sulla sala e aprì la bocca per parlare quando la porta della stanza si aprì di botto sbattendo contro la parete.
Sull’uscio comparve un guerriero con un’armatura nera e verde, con il fiatone si piegò sulle ginocchia. Si rimise in posizione eretta ansimante e cercò i sovrani con lo sguardo, incrociando gli occhi incuriositi della Regina decise di parlare.
- Mia Signora, mio Signore. Dovete venire con me, è successo un casino.- sputò fuori con il fiato corto.
I sovrani si guardano l’un l’altra prima di decidere simultaneamente di congedarsi e seguire il guerriero tra gli intricati corridoi del palazzo. Non sapevano che aspettarsi ma il Saiyan che li aveva chiamati sembrava sconvolto da qualcosa e per essersi fatto l’intero posto correndo doveva essere successo qualcosa di assurdo. Li guidò fino all’ala ovest del castello, quella dove si affacciava un enorme giardino nel quale i principi amavano giocare. Ma ciò che li attese quando i guerriero aprì la porta fu qualcosa di non immaginabile.
Bulma si portò le mani alla bocca, trattenendo un urlo di orrore mentre Vegeta rimase impietrito sul posto: dire che fosse successo un casino era riduttivo.
Lo spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi era macabro: i guerrieri presenti nella sala erano stati trucidati senza pietà, le donne sventrate e ad alcuni mancavano parti del corpo. Un miscuglio di cadaveri e sangue in ogni dove, da dare al voltastomaco. Il pavimento e l’erba del giardino si erano dipinti di un color cremisi, così come il cielo del pianeta.
Ma ciò che terrorizzò il Re non fu tutto quel bordello, né l’idea che qualcuno potesse essere così spietato da poter uccidere e mutilare dei guerrieri ben addestrati senza il minimo tentennamento. Quello che fece sbarrare gli occhi scuri a Vegeta fu la visione di un coniglio di peluche imbrattato di sangue accanto al cadavere di una guerriera. Corse in direzione di quel giocattolo a lui così familiare pregando che i suoi timori non venissero realizzati, avrebbe preferito qualsiasi cosa ma non quello. Prese con mani tremanti l’animale di stoffa imbottito e lo studiò con la consapevolezza che il suo incubo era divenuto realtà. Disperato cercò con gli occhi quella figura piccola che riempiva le sue giornate mentre passò in rassegna tutte le auree presenti, cercando la sua.
Ma non la trovò e la verità lo colpì come un pugno nello stomaco facendolo cadere in ginocchio nel sangue mentre Bulma lo raggiungeva.
- No...- mormorò la donna prendendo l’oggetto che il marito stringeva tra le mani e inginocchiandosi al suo fianco. - No!-
Vegeta fissava la pozza di sangue nella quale era fermo con gli occhi sbarrati sul nulla: Bra era stata rapita.




AngoloAutrice:
Buonsalve cari lettori come ve la passate?
Ma quanto mi diverto a scrutare affondo nella mente di Vegeta, che persino lontano anni luce da casa pensa alla sua famiglia. E Bulma si annoia a morte a palazzo, ascoltando gente inutile che parla di roba inutile. Why Bulma non ti alzi e te ne vai? Ah già sei la Regina, sorry cara.
Oh! Abbiamo l'inizio di qualcosa di concreto, che palesa la mia incapacità nel trovare problemi in mezzo al fluff! :') Che ci posso fare, sono negata con le battaglie *sigh*
Qualcuno si ribella perchè la nuova regina non gli va bene, cosa si fa? A parte prenderli a mazzate finchè non crepano ovviamente. E chi ci sarà a capo di tutto ciò? Non lo so manco io.
Bando alle ciance, ciancio alle bande (?) Bra è stata rapita e qui dovranno muovere il culetto se non vogliono che il Re dia di matto prima di subito.
Non toccategli la principessa che per carità!
Okay dopo questo siparietto che boh ha poco senso, vorrei ringraziare quelle poverette che sopportano i miei scleri ogni giorno: Cinzia_Vegeta, Padme90, Misatona e Shanley. (Ah e loro sono anche le colpevoli del fatto che io scriva tutt'altra roba invece che la long, quindi linciate loro e non me se tardo) 
Bene! Adesso vado nel mio angolino a cercare di trovare un senso a questo capitolo.
Bye 

angelo_nero

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Rannicchiata sul grande letto con le lenzuola nere stringeva al petto il coniglietto sporco di sangue, con gli occhi lucidi e gonfi di pianto, le spalle ancora sobbalzavano ad ogni singhiozzo. Nella penombra della stanza si crogiolava nella disperazione di una madre che ha perso il proprio figlio: Bra era stata rapita e portata chissà dove. E lei non poteva fare niente se non starsene in un angolo a piangere.
Alzò lo sguardo alla ricerca del marito per incontrare i suoi occhi. Ma il principe se ne stava seduto sul letto, dandole le spalle, con lo sguardo puntato sul pavimento in una sorta di trans. Bulma avrebbe tanto voluto abbracciarlo e rassicurarlo ma sapeva che lui non avrebbe voluto essere toccato. Tirò su con il naso stringendo a sé più forte quell’oggetto che le ricordava la sua bambina, ora lontana da lei.
Vegeta si passò le mani tra i capelli non sapendo che pesci prendere: la sua testa era il caos, sconfortato dal non poter fare nulla. Desiderava prendere a pugni qualsiasi cosa avesse avuto sotto mano e allo stesso tempo piangere di frustrazione.
Bra era sparita. Sotto i suoi occhi. Pochi minuti dopo che aveva detto alla madre che li avrebbe protetti.
E invece…
Digrignò i denti davanti alla consapevolezza di essere stato negligente nella sua promessa. Non era riuscito a difendere quell’esserino che aveva anche il suo di sangue. Gli tremavano le mani di rabbia: aveva un solo ed unico compito in quel bordello e non era stato in grado di portarlo a termine. Qualche Saiyan che lo odiava era riuscito a sottrargli sua figlia.
Dannazione come era possibile che fosse successo!? Se lo chiedeva ormai da ore, da quando era riuscito a fatica ad alzarsi da quella pozza di sangue e a trascinarsi nella propria stanza, affiancato dal pianto silenzioso di Bulma che stringeva al petto l’amato peluche della loro bambina.
Voltò la testa leggermente per osservare proprio lei che sembrava ancor più fragile rannicchiata su quel letto, le spalle che sussultavano ad ogni singhiozzo trattenuto e il viso rigato dalle lacrime che non avevano smesso ancora di scendere. Gli si strinse il cuore, odiava vederla piangere.
Avrebbe voluto che fosse stata la sua roccia in quel momento, quando i sentimenti prevalgono sulla ragione, ma la donna era sconvolta quanto lui, se non di più, e di certo non poteva sostenerlo.
Tornò a guardare il pavimento in pietra, chiedendosi se fosse stato abbastanza forte da ricoprire lui quel ruolo quella volta. Non seppe darsi una risposta, desiderava solo ardentemente riavere la sua piccola principessa tra le braccia. Si passò le mani sulla faccia prima di alzarsi dal letto, sotto lo sguardo arrossato di Bulma, e si diresse in bagno. Si appoggiò al lavandino, aprì il rubinetto e si sciacquò la faccia con l’acqua gelata come se quel gesto bastasse a farlo svegliare da quell’incubo troppo brutto per essere reale. Si specchiò sussultando quando riconobbe la sua immagine: il suo viso era contratto in un’espressione che tradiva il dolore provato da quella separazione forzata. Gli occhi scuri appena lucidi di quelle lacrime che non avrebbe mai voluto far uscire.
Quasi automaticamente cercò nuovamente l’aura di Bra, all’interno del palazzo, all’interno del pianeta. Ma non la trovò.
Strinse con forza il lavabo rischiando di romperlo colto da una furia non indifferente. L’energia spirituale di sua figlia non era percepibile e lui non avrebbe potuto trovarla.
- Dannazione!- urlò tirando un pugno alla superficie riflettente, mandandola in mille pezzi.
Si passò le mani tra i capelli di nuovo fissando il vuoto con gli occhi spalancati: sua figlia era in pericolo e lui non poteva fare nulla. E faceva male saperlo, molto male. Non poteva credere di non essere in grado di proteggere la propria famiglia da qualche idiota coda-munito!
L’immagine del sorriso della figlia con un in braccio il coniglietto di peluche gli attraversò la mente, in un secondo. Lo stesso coniglietto che le aveva regalato per la sua nascita, lo stesso coniglietto da cui lei non si separava mai, lo stesso coniglietto che aveva trovato in una pozza di sangue in mezzo a cadaveri mutilati, lo stesso coniglietto che sua moglie stringeva convulsamente al petto versandoci sopra lacrime di disperazione.
Nella sua testa rimbombò la voce di Bra che lo chiamava papà, che lo riempiva di domande e gli diceva che gli voleva bene. La possibilità di non sentire più quelle cose gli trafisse il petto peggio del raggio letale di Freezer.
Si lasciò cadere in ginocchio sul pavimento, incapace di far fronte a tutte quelle emozioni negative che lo stavano attraversando come un turbine. In vita sua non aveva mai sentito un dolore così straziante, eppure era solo un’idea, una possibilità. Macabra. Che non voleva si realizzasse.
Fissava il pavimento sconcertato da quel dolore che gli straziava il petto, mai come in quel momento aveva desiderato che Bra gli arrivasse incontro urlando qualche stupidagine delle sue.
Le mattonelle cominciarono a farsi sfocate ma lui neanche ci fece caso.
- Vegeta.-
Il guerriero alzò la testa, incrociando gli occhi azzurri della sua amata. Bulma lo fissava sconcertata, quasi non lo avesse mai visto, sicuramente era accorsa dopo aver sentito il rumore di vetri rotti. Chissà da quanto era lì senza che lui se ne rendesse conto.
Di nuovo la vista gli si fece appannata come se vedesse attraverso una superficie bagnata. Battè le palpebre e finalmente due lacrime gli solcarono le guance: lacrime di frustrazione, di disperazione, di rabbia. Incapace di fermarle le lasciò scorrere.
Bulma gli si buttò addosso, inginocchiandosi davanti a lui sul pavimento freddo stringendolo a sé con tutte le proprie forze. Voleva fargli sentire che non era solo a sopportare il peso di quel dolore, che la scomparsa della loro bambina aveva turbato anche lei. Non aveva mai visto Vegeta con le lacrime agli occhi, doveva essere arrivato proprio al limite se il pugno tirato allo specchio non era bastato a dar sfogo alle sue emozioni.
Lui ricambiò la stretta nascondendo il viso nell’incavo tra la sua spalla e il collo, mentre il suo profumo gli inondava le narici dando un effetto calmante, almeno un po’, su quelle emozioni tanto forti da stordirlo. Sapeva che lei lo capiva e lo sosteneva, nonostante fosse più a pezzi di lui.
- La troveremo.- gli disse staccandosi un poco per poterlo guardare negli occhi.
Il Saiyan però sviò lo sguardo puntandolo altrove, ancora lucido di pianto minacciava la fuoriuscita di altre lacrime.
Lei gli accarezzò il viso, asciugando quelle scie bagnate che si erano formate sulle sue guance. Gli prese il mento tra le mani spostando il suo viso verso di lei, voleva specchiarsi in quelle iridi d’ossidiana che in quel momento tradivano una fragilità estranea alla sua essenza di guerriero. Gli sorrise in maniera triste cercando di farsi forza e di farla a lui, così poco avvezzo a dei sentimenti tanto forti.
- Io non sento la sua aura da nessuna parte, o l’hanno portata in qualche posto schermato o su un altro pianeta.- disse quasi spaventato. - Oppure...-
Oppure è morta. Ma non ebbe il coraggio di terminare la frase. La sola idea gli faceva salire un groppo in gola che non avrebbe voluto provare.
Bulma lo abbracciò di nuovo vedendo le sue iridi tornare a scurirsi come quando provava qualcosa di spiacevole.
- Non pensarci neanche. Bra è tua figlia, è forte. Sarà sicuramente da qualche parte sul pianeta, viva.- lo rassicurò. - La troveremo.-
Vegeta la guardò come se fosse un’entità paranormale, riusciva sempre a quietare i suoi demoni. Come non lo sapeva, però ci riusciva. Ovviamente la paura lo stava ancora divorando dall’interno ma quantomeno si era quietata, riuscendo a farlo ragionare lucidamente dopo chissà quante ore.
Doveva trovare loro figlia, ad ogni costo e non si sarebbe arreso fin quando non fosse stata di nuovo tra le loro braccia. Non gli importava quanto ci avrebbero messo, doveva farlo.
Tornò a crucciare lo sguardo, determinato e Bulma potè tirare un sospiro di sollievo seppur con le lacrime agli occhi e la morte nel cuore. Quantomeno suo marito era tornato quello di sempre, non sapeva bene come rapportarsi con la sua parte umana.
Il guerriero si tirò su, tornando a mostrare quella fierezza che lo contraddistingueva e aiutò anche lei a fare lo stesso porgendole una mano. Si guardarono negli occhi, con la consapevolezza che avrebbero lottato assieme fino alla fine per riavere loro figlia. Bulma riuscì anche ad accennare un piccolo sorriso quando lui le passò una mano sulle guance, asciugandole dalle lacrime. Si sarebbero sostenuti a vicenda, in quella ricerca.
- Papà? Mamma?-
La voce del loro primogenito sfondò quella barriera che si erano inconsapevolmente creati attorno, riportandoli alla realtà.
Bulma si affacciò alla porta del bagno, scorgendo il ragazzino in piedi al centro della stanza che si guardava attorno quasi spaesato.
- Trunks?- lo richiamò.
Il ragazzino si voltò incrociando gli occhi lucidi e arrossati della madre. Fece una piccola smorfia mentre la donna lo raggiungeva, seguita a pochi passi dal padre. Passò lo sguardo da uno all’altra cercando qualcosa nei loro visi che potesse fargli capire la situazione attuale, che potesse smentire ciò che gli era stato detto da Shu pochi minuti prima. Ma l’unica cosa che lesse negli sguardi dei genitori fu una profonda tristezza e tanta angoscia.
- È vero? Bra è stata rapita?- mormorò quasi sperando in una negazione.
Bulma abbassò lo sguardo e annuì semplicemente, incapace di proferir parola su quell’evento tanto doloroso. Si morse il labbro nel tentativo di non piangere mentre gli occhi le si facevano nuovamente lucidi.
Trunks rimase immobile, spalancando gli occhi azzurri in un espressione tra il terrorizzato e il sorpreso. Non credeva possibile una cosa del genere, non con il padre lì! Spostò lo sguardo su di lui cercando nei suoi occhi qualche informazione in più su come potesse essere successo.
- Papà… io… io non sento la sua aura.- mormorò spaventato il ragazzino spostando lo sguardo sul pavimento. - Non sarà che…?-
- Assolutamente no!- sbottò il genitore avvicinandosi. Gli mise le mani sulle spalle, ormai il ragazzino gli arrivava poco più giù della clavicola -stava crescendo in fretta il suo ragazzo- , per attirare la sua attenzione.
Trunks alzò la testa e a Vegeta si strinse il cuore a vedere quegli occhioni blu riempirsi di lacrime. Fece un respiro profondo prima di iniziare a parlare.
- Cosa ti dico sempre riguardo te e tua sorella?-
- Che finché ci sarai tu non permetterai a nessuno di farci del male. Anche a costo della vita.- rispose il glicine fissando il genitore negli occhi.
- Ti sembro morto forse?- gli chiese.
Trunks scosse la testa. - No però...-
- Nessun “però”.- lo interruppe. - Tua sorella è da qualche parte sul pianeta e per qualche assurdo motivo non possiamo avvertire la sua energia spirituale. Viva.-
Trunks scostò lo sguardo: non si sentì molto confortato da quelle parole, il fatto di non poter localizzare in alcun modo la sorella lo metteva in uno stato di ansia perenne. Non gli piaceva quella sensazione, avrebbe preferito dover sbuffare per aver la bimba appiccicata ad ogni spostamento piuttosto che non averla affatto attorno. Per quanto fosse fastidiosa, viziata, piagnucolona e rompi scatole era pur sempre sua sorella. E le voleva bene.
Tornò a specchiarsi nelle iridi paterne scrutando affondo, oltre quel muro di orgoglio, oltre quell’apparenza impassibile. E vide quella scintilla di determinazione che non mancava mai nel suo sguardo, che lui aveva imparato a riconoscere e ad imitare. Sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per riportare Bra indietro.
Aggrottò le sopracciglia dandosi dello stupido per aver pensato anche solo per un istante che sua sorella potesse essere morta. Piazzò le proprie iridi azzurre in quelle nere del padre, fissandolo con tutta la fiera determinazione di cui era capace annuendo convinto.
Vegeta accennò un sorriso di fronte a quello sguardo così simile al proprio da ricordargli il se stesso di quattordici anni, con meno deliri di conquista e demoni interiori.
Bravo ragazzo.- mormorò in lingua Saiyan scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Gli occhi di Trunks scintillarono d’orgoglio: aveva tutta l’intenzione di non arrendersi.
Quel tenero momento familiare venne interrotto dall’arrivo di passi pesanti che sbattendo con forza sul pavimento rimbombarono per l’ampio corridoio appena fuori la stanza.
-Sire!- esclamò un soldato con aria affannata piegandosi sulle ginocchia non appena raggiunto l'uscio - Ne abbiamo catturato uno!-
Non ci fu bisogno di ripetere la cosa una seconda volta che i tre si precipitarono fuori dalla stanza e imposero al guerriero di condurli dal prigioniero. Attraversarono mezzo palazzo prima di imboccare una scalinata che portava nei sotterranei, dove una puzza di umido e morte feriva i sensibili olfatti dei Saiyan.
Scartarono una decina di celle prima di raggiungere quella dove uno dei ribelli era stato rinchiuso.
I soldati a sua guardia si inchinarono non appena videro il Re apparire oltre le sbarre. Uno di loro aprì la cella e lasciò che Vegeta, Bulma e Trunks entrassero. Soltanto il primo però si avvicinò al guerriero incatenato a una sedia e privato della propria armatura, lo studiò per attimi infiniti senza che la sua espressione cambiasse in alcun modo. Notò che sulla spalla aveva tatuato il simbolo reale con una grossa X sopra e qualcosa scritto sotto, segno che faceva parte della rivolta e ne era piuttosto convinto. Non sembrava avere più di vent’anni, troppo giovane per finire in un posto del genere.
Uno dei Saiyan ai fianchi del prigioniero gli tirò uno scappellotto quando notò che non aveva alzato la testa all’entrata del sovrano.
- Ehi idiota! Sei in presenza del Re alza quella cazzo di testa!-
Il ragazzo rise di scherno prima di sollevare lo sguardo sul viso del Re.
- Lui non è il mio Re.- disse sprezzante prima di spostare lo sguardo alle sue spalle. - Come quella non è la mia Regina e quel mezzosangue non è il mio principe!-
Vegeta non si mosse limitandosi a squadrare il giovane guerriero che se la sghignazzava come se ci fosse qualcosa di divertente. Incrociò le braccia al petto e inclinò di poco la testa, studiando quel bizzarro comportamento.
- Lo trovi divertente?- gli chiese.
L’altro puntò gli occhi scuri in quelli dello stesso colore del Re e sogghignò, non rispose limitandosi a fissare il sovrano.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato e accigliò di poco lo sguardo.
- Dov’è mia figlia?-
Il guerriero con il tatuaggio iniziò a ridere di gusto, buttando anche la testa all’indietro. Il suono rimbombò tra le pareti spoglie e le celle vuote, riecheggiando nelle teste dei presenti con una nota masochista.
- E secondo te, te lo vengo a dire? Sei stupido per essere un sovrano.-
Il soldato alla destra del prigioniero fece per colpirlo ma Vegeta lo fermò con un gesto della mano, riportando il guerriero al proprio posto scoccandogli un’occhiata di rimprovero. Poi tornò a concentrarsi sul prigioniero osservando il suo volto giovane contratto in un’espressione sprezzante, quasi compiaciuta. Probabilmente non si rendeva bene conto della situazione in cui fosse o semplicemente non gli importava. E nel caso fosse stata la seconda, i presenti avrebbero potuto constatare che fosse pazzo.
Cosa ci faceva un ragazzo così giovane e promettente in mezzo a una rivolta del genere? Dovrebbe scorrazzare per pianeti o prendersi a botte con la squadra per puro divertimento, non prendere parte a una sorta di missione suicida con quattro decrepiti che non accettavano la novità. La classe conservatrice era sempre stata un problema ma non credeva che anche i giovani Saiyan ne fossero stati contagiati.
Il ragazzo si leccò le labbra piegate in un ghigno e Vegeta si accorse solo guardandolo meglio che i suoi occhi erano puntati oltre la sua figura, sulla donna terrestre che non riconosceva come Regina.
- Ehy, Regina, pensi che potrei farmi una cavalcata prima di schiattare?- sbottò il giovane legato facendo rabbrividire Bulma.
Lui rise di gusto a quella reazione. - Ma come, ti faccio schifo? Solo perché sono una terza classe?- disse sporgendosi per guardare oltre il Re. - Non mi dirai che sei una puttana pregiata! Solo perché ti sei fatta scopare dal principe non significa che tu valga qualcosa.-
Vegeta credeva di poter parlare con quel ragazzo, magari di farlo anche ragionare e fargli sputare informazioni di rilievo senza alzare le mani. Pensava di potersi semplicemente limitare a qualche minaccia per farlo crollare, era giovane doveva aver molto da perdere. Gli aveva quasi fatto pena legato in quella maniera, coperto di cicatrici e condannato ad affrontare una battaglia che non gli apparteneva.
Eppure nonostante tutti quei buoni propositi aveva ringhiato appena, prima di far scattare il pugno verso la faccia da ragazzino del guerriero. Lo aveva preso alla sprovvista – e forse colpito con troppa forza- buttandolo a terra assieme alla sedia sulla quale era legato. Se fosse stato una persona comune gli si sarebbe spezzato il braccio all’impatto ma il Saiyan tatuato emise a malapena un lamento. Vegeta si abbassò per poterlo guardare in faccia con occhi fiammeggianti di rabbia.
- Non vuoi collaborare? Bene, ti farò ingoiare tutte le stronzate che dici.- sibilò prima di rialzarsi.- Legatelo al muro.-
Vegeta voltò le spalle ai guerrieri e fece qualche passo in direzione della compagna. Si slacciò l’orologio che portava al polso mentre i due soldati assicuravano il giovane al muro tramite due catene che pendevano dal soffitto e due che venivano da terra, bloccandolo a X contro la parete gelida di pietra.
Bulma guardò il marito con la consapevolezza di cosa avrebbe fatto.
- Cosa vuoi fare Vegeta?- gli chiese mentre lui le passava l’orologio e si sfilava la fede, posandola nella sua mano aperta.
- Lo sai cosa voglio fare Bulma.- le rispose. - Avrei volentieri provato a parlare con questo idiota ma a quanto pare l’unica lingua che conosce sono le botte.-
Bulma fece per parlare ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Annuì sapendo che il compagno avesse ragione, con quel tipo di persone le parole funzionavano ben poco. Incatenò i loro sguardi leggendo in quello di Vegeta una furia cieca poco controllata, le parole del giovane lo avevano fatto infuriare e sembrava tutto intenzionato a sfogarsi proprio su di lui.
- Se non vuoi guardare non farlo ma non ho intenzione di rimanere a guardare mentre uno stronzo qualsiasi si prende gioco di me.- disse spostando lo sguardo sul figlio. Poi voltò le spalle ad entrambi raggiungendo la sua vittima immobilizzata e Bulma potè riconoscere il cambiamento nella sua postura di quando si prepara a menar le mani.
Strinse al petto gli oggetti che lui si era tolto per non rovinarli e pregò di non dover vedere troppo sangue scorrere. Non aveva alcuna intenzione di andarsene, era suo marito e anche se stava per vederne il lato più crudele voleva rimanere a guardare. Sapeva cosa avesse fatto negli anni antecedenti all’inizio della loro storia, la cosa non l’aveva scandalizzata. Era un Saiyan e si comportava come tale. Trunks al suo fianco fremeva di rabbia, probabilmente avrebbe voluto lui stesso sfogarsi su uno dei responsabili della scomparsa di sua sorella. Bulma gli posò una mano sulla spalla e il ragazzino smise di tremare.
Vegeta si fermò a un passo dal ragazzo, lo squadrò da capo a piedi senza che alcuna emozione trapelasse dal suo viso. Non capiva per quale assurdo motivo un guerriero così giovane si fosse messo nei casini in quel modo, arrivando addirittura a provocarlo. Sarebbe stato magnanimo se avesse aperto bocca per parlare e non per insultare Bulma. Strinse i pugni in un gesto rabbioso: niente gli faceva più salire il sangue al cervello di qualcuno che osasse infangare la propria famiglia. Prese il viso del ragazzo con una mano e lo costrinse a guardarlo in faccia.
- Sai, ho perso il conto dei tuoi coetanei che ho ammazzato.- sibilò.
Ma il ragazzo rise accennando un ghignò che risultò distorto dalla presa del Re sulle sue guance. Non sembrava affatto spaventato, anzi i suoi occhi emanavano derisione e sarcasmo.
- Hai bisogno di dirlo ad alta voce per farti coraggio? La puttana terrestre ti ha ammosciato?-
Il viso del sovrano non si mosse, al contrario della sua mano che, stringendosi a pugno, andò a colpirlo alla bocca dello stomaco. Il ragazzo si piegò in avanti sputando saliva. Vegeta ghignò sadico.
- Insulta ancora mia moglie e lo stomaco te lo faccio sputare.-
E lo colpì di nuovo, sullo stesso punto. E ancora, e ancora. Finchè non iniziò a sputare sangue. Andò avanti per interminabili minuti, colpendo il ragazzo che incassava inerme ogni singolo colpo senza alcuna possibilità di muoversi. Potè sentire la sua cassa toracica cedere a un certo punto dopo l’ennesima botta che gli sferrò al torace. Lo picchiò allora sul viso, tirandogli un pugno per lato, spaccandogli il labbro e rompendo qualche dente che il guerriero ventenne sputò via.
Picchiare quel ragazzo non lo faceva stare bene come aveva creduto, i tempi in cui godeva del dolore altrui erano finiti da anni e anche se quel tizio era complice del rapimento di sua figlia e aveva avuto l’ardire di insultare sua moglie, non riusciva a sentirsi meglio mentre lui vomitava sangue a fiotti. Mano a mano che continuava a colpirlo non poteva fare a meno di sentirsi uno schifo, soprattutto per la consapevolezza che suo figlio lo stesse guardando.
Si fermò ringhiando e si prese un secondo per respirare. Osservò schifato il corpo del giovane martoriato dai suoi colpi, lasciò che le mani ricadessero lungo i fianchi mentre il sangue che le ricopriva colava a terra. Non sapeva se gli facesse più vomitare la consapevolezza che pur picchiandolo a sangue non ne stava ricavando niente o l’idea di non sentirsi appagato da quello “scontro” impari. Eppure una volta gli piaceva torturare. Si rese conto che il cambiamento avvenuto in lui era stato molto più radicale di quel che pensava.
Il ragazzo tossì sputando sangue, gli schizzi gli arrivarono sulle scarpe macchiando la tela scura e i lacci bianchi. Fece una smorfia schifata ma non fiatò.
- A est. Nella landa tra la prima e la seconda classe.- mormorò a fatica il guerriero.
Vegeta si fermò finalmente ad ascoltarlo, cercando di capire se stesse solo vaneggiando per il troppo dolore o stesse dando loro informazioni utili.
Il giovane guerriero tossì ancora fissando il pavimento con occhi lucidi, il torace che si alzava e abbassava a fatica provocandogli grande dolore ad ogni respiro. Alzò la testa per incrociare gli occhi profondi del Re, ora tutti per lui.
- C’è una vecchia cascina, un edificio di Freezer mai completato. La principessa si trova lì.- rivelò ansante prima di svenire.
Il sovrano osservò i due soldati avvicinarsi al ragazzo e tirargli un paio di schiaffi in faccia, tentando di farlo rinsavire. Uno di loro, vedendolo non reagire, gli mise due dita sul collo constatando che, se pur malconcio, fosse ancora vivo.
Vegeta aggrottò le sopracciglia, sorprendendosi di aver tenuto in considerazione l’evenienza che i suoi colpi avrebbero potuto ucciderlo trattenendosi quel che bastava per mantenerlo in vita. Voltò le spalle ai tre, puntando le iridi color della notte verso moglie e figlio che, al contrario di ciò che si aspettava, lo fissavano indifferenti quasi non avesse fatto nulla di strano. Meglio così, non doveva combattere pure con gli sguardi accusatori della propria famiglia.
- Trovate quel posto. Ora.- sbottò nella direzione dei due guerrieri che indugiavano ancora sul guerriero svenuto coperto di sangue.
- Agli ordini, Vostra Altezza.- dissero prima di dileguarsi.
Vegeta si guardò le mani intrise di quel liquido cremisi che le aveva macchiate innumerevoli volte, provando disgusto e non orgoglio, come una volta. Si chiese se tutto quello fosse stato veramente necessario, se avesse potuto fare in un altro modo, purtroppo quando era in gioco la sua famiglia perdeva la ragione. Non avrebbe mai potuto permettere che qualcuno nuocesse alle persone che amava senza che lui facesse nulla.
Una mano si posò sotto il suo mento, delicata, distogliendolo dai propri pensieri e alzandogli il viso. Incrociò gli occhi chiari di Bulma che gli sorrideva appena, preoccupata per lui.
- Ehy, non crucciarti hai fatto la cosa giusta.- gli disse prima di buttargli le braccia al collo ed abbracciarlo. - Non è morto, è solo svenuto.-
Il Saiyan rimase immobile, pur beandosi di quel contatto che in quel momento sembrava servirgli più di qualsiasi altra cosa. Lei lo comprendeva, lei sapeva. E lui non poteva che esserne grato.
Bulma si staccò dal suo corpo per poterlo guardare negli occhi. Gli prese le mani e le intrecciò con le proprie, incurante del sangue che le sporcava: amare significava anche quello, accettare i lati più bui dell’altro. E Vegeta ne aveva assai di lati bui, che con gli anni si erano illuminati. Però quella parte cruenta di lui se la sarebbe portata dietro per l’eternità, faceva parte della sua natura di Saiyan.
Egli annuí pur mantenendo lo sguardo corrucciato. Sciolse l’intreccio creato dalle loro dita e uscì dalla cella, voleva togliersi di dosso quel sangue. Sperando che con esso sarebbe scomparsa anche quella sensazione spiacevole.
Bulma lo seguì in silenzio, fermandosi appena fuori la porta del bagno quando lui vi si chiuse dentro. Lo scroscio dell’acqua si avvertiva forte e chiaro, nonostante la porta chiusa, e lei rimase ad ascoltare quel suono seduta per terra. Ripensò allo sguardo di suo marito, perso nel vuoto nel fissare le mani sporche di sangue. Chissà quante volte le aveva viste, coperte da quei soliti guanti candidi che si macchiavano di quel liquido rosso vitale. Eppure quella volta sembrava esserne rimasto turbato da quella vista e la presenza sua e del figlio non aveva di certo aiutato il suo animo, già abbastanza tormentato per il rapimento della loro bambina.
Sospirò, chiedendosi se Bra stesse bene. Avevano finalmente la parvenza di sapere quello che sembrava essere il luogo di prigionia. Ma qualcosa le diceva che non sarebbe stato facile ritrovarla. Il cuore le si strinse in una morsa e ricacciò indietro le lacrime che minacciavano per l’ennesima volta di uscire.
La porta del bagno si aprì e lei si tirò su quasi di scatto, andando subito alla ricerca di quegli occhi profondi che da anni si ritrovava a fissare. Per fortuna il loro proprietario le acconsentì la visione voltando il viso nella sua direzione e Bulma potè tirare un sospiro di sollievo vedendo quel guizzo di determinazione brillare all’interno, lo smarrimento di poco prima era fortunatamente scomparso.
Il Saiyan non proferì parola limitandosi a lanciarle un lungo sguardo che parlava al posto suo. Poi uscì dalla stanza con la moglie al seguito per raggiungere la sala di ricerca principale. Attraversarono i corridoi in assoluto silenzio, fianco a fianco, in un muto sostegno per affrontare quella situazione.
All’interno della sala numerosi guerrieri di vario rango chiacchieravano tra di loro mentre altri fissavano gli schermi estraniandosi dal mondo intero. Il giovane prigioniero non aveva dato indicazioni precise sull’ubicazione dell’edificio in disuso, quindi erano stati costretti a setacciare l’intera landa desolata tra la prima e la seconda classe alla sua ricerca. I "cervelloni", ossia quei pochi Saiyan dotati di una forza combattiva misera ma con una discreta intelligenza, smanettavano con i computer con il fiato sul collo dei combattenti alle loro spalle. Fu Shu, che era fra di loro, a sbattere una mano sul tavolo facendo sussultare i poveretti concentrati sul loro lavoro.
- Allora!? Quanto diavolo vi ci vuole a trovare un fottuto edificio mezzo costruito!?- sbottò in direzione di uno di loro.
Finiscila Shu, manco fosse tua figlia quella scomparsa.- gli fece notare Mega, in piedi di fianco a lui.
Shu ringhiò appena facendo intendere il suo disaccordo sull’enorme quantità di tempo impiegata per una ricerca a suo dire molto semplice. Incrociò le braccia al petto con lo sguardo corrucciato fissando in cagnesco i guerrieri che lavoravano a più non posso.
Di botto calò il silenzio, i borbottii in sottofondo scomparvero mentre Re e Regina fecero la loro comparsa nella sala. I guerrieri si inchinarono, tutti nessuno escluso.
Vegeta ignorò chiunque fosse sulla sua strada, puntando dritto all’enorme schermo ove stavano lavorando.
Allora? L’avete trovato?-
Shu s'irrigidí percependo quella nota di minaccia nelle parole del sovrano. Come dirgli che quegli incapaci non erano ancora riusciti a localizzare il posto? Avrebbe sicuramente incenerito lui e tutti gli altri. Deglutí cercando di non far trapelare la paura.
Mio Signore, ci stiamo lavorando ma ancora…- iniziò rimanendo a capo chino
Maestà! L’abbiamo trovato!- lo interruppe uno dei Saiyan seduti davanti al computer. -È poco lontano dal confine della terza classe. Non vi sono barriere o guardie. Però l'edificio è pericolante, dovrete fare molta attenzione.-
Vegeta aggrottò le sopracciglia avvicinandosi allo schermo e fissando i caratteri alieni. Memorizzò le coordinate e voltò loro le spalle senza una parola, sotto lo sguardo dei presenti imboccò la porta in assoluto silenzio.
Bulma gli corse dietro sperando che non decidesse di usare la sua velocità sovrumana per allontanarla. Riuscì ad afferrargli il polso e farlo fermare, incrociò i suoi occhi scuri leggendovi all’interno la sua speranza rinnovata.
- Vengo con te.- disse solamente.
Il Saiyan alzò un sopracciglio dubbioso.
- Scordatelo.- le rispose volgendo lo sguardo davanti a sè.
- Bra è anche mia figlia. Voglio guardare in faccia chi ha osato portarmela via.-
Vegeta avvertì la presa della donna serrarsi e tremare un poco, perciò tornò a guardarla fissando quella fragile mano avvolta attorno al suo polso con tanta forza da far sbiancare le nocche. Eppure lui quella presa a mala pena la avvertiva. Spostò le iridi pece in quelle marine di lei, scoprendo il suo volto contratto in un’espressione mista di dolore e determinazione.
- È pericoloso.- disse con una smorfia.
La donna incrociò le braccia al petto lasciando andare la presa sul suo polso. Lo guardò con uno sguardo eloquente, fece schioccare la lingua sul palato ed inclinò la testa di lato.
- Mi dissero la stessa cosa di te.-
Vegeta accennò un ghigno mentre nei suoi occhi si accendeva una luce di malizia. Quella donna non perdeva un secondo per provocarlo, lanciando frecciatine sapendo dove colpire. Otteneva sempre quello che voleva da lui. Scosse la testa e alzò le mani divertito.
- Touché.- le rispose tornando a camminare affiancato in poco tempo da lei.
Attraversarono l’intero palazzo raggiungendo così le porte principali, sorvegliate accuratamente da due soldati. S’inchinarono non appena li videro e aprirono loro le pesanti porte.
Vegeta prese in braccio la moglie e si alzò in volo, verso una direzione ben precisata nella sua testa. Memorizzare le coordinate per lui era stato un gioco, ora dovevano soltanto trovare il luogo. Il Saiyan infranse il muro del suono aumentando vertiginosamente la propria velocità e Bulma fu costretta a chiudere gli occhi, sferzati con violenza dal vento. Si aggrappò con più forza a lui pregando che non la lasciasse andare per nessun motivo: a quella velocità sarebbe sicuramente morta.
Finalmente Vegeta fermò la sua corsa, frenando un po’ troppo bruscamente dato che la consorte gli rivolse un’occhiataccia dopo che il suo stomaco minacciò di uscirle dalla bocca. Atterrò con calma, lasciando che lei rimanesse aggrappata al suo collo fin quando non fu con i piedi a terra. Solo a quel punto lo lasciò andare senza però allontanarsi.
- È questo il posto?- mormorò la donna guardandosi attorno.
Lui non le rispose preferendo osservare il circondario in silenzio con occhio critico: il posto si presentava esattamente come lo aveva immaginato, un edificio abbandonato, in disuso, lasciato a metà. Mancavano le porte e le finestre, la struttura sembrava solida nonostante gli agenti atmosferici avessero fatto del loro meglio sulle pareti in ferro e acciaio.
Il Saiyan decise di entrare, bruciando quella poca distanza che c’era tra loro e lo scheletro di una porta. Bulma lo seguì a ruota, cercando di stargli il più vicina possibile.
Il posto all’interno era uguale, se non peggio, dell’esterno. Alcune parti era arrugginite, dal soffitto penzolavano cavi elettrici maciullati da qualche animaletto che amava rosicchiare. Il pavimento era quasi del tutto ammuffito, con parti addirittura mancanti. Bulma rischiò di rompersi una gamba, inciampando su un grumo di fili e rovinando a terra. Liberò il piede fissando in cagnesco i cavi responsabili della sua caduta, si alzò da terra e si affrettò a raggiungere il compagno, che non si era neanche fermato a constatare il suo stato di salute. Gli lanciò un paio di maledizioni borbottate sottovoce che lui ignorò.
L’edificio non era chissà quanto grande ma si estendeva su due piani, quindi per comodità decisero di dividersi: Bulma rimase a guardare al piano di sotto mentre Vegeta salì le scale per accedere al piano superiore. Entrambi cercarono in lungo e in largo, chiamando a gran voce il nome della loro bambina incitandola a farsi vedere ma di lei neanche l’ombra. Il Saiyan non riusciva a percepire la sua presenza in quel luogo, ciò stava a significare che lei non era lì ma non si diede per vinto continuando a cercare per una mezz’ora buona.
Dopo aver controllato anche l’ultima stanza tornò al piano di sotto, raggiungendo la moglie nell’esatto punto in cui l’aveva lasciata. Lei lo guardò speranzosa quando lo vide arrivare.
- Allora?- chiese.
Il Saiyan si limitò a scuotere la testa e lo sguardo di Bulma tornò ad incupirsi. Tornarono indietro con la morte nel cuore e la speranza che sia affievoliva. La consapevolezza di essere stati presi in giro, raggirati, in un momento tanto delicato faceva ribollire di rabbia il sovrano. Okay che il loro informatore non era altro che un ribelle prigioniero che era riuscito a sputare fuori l’ubicazione di quel posto soltanto dopo essere stato pestato a sangue, però l’idea che non gli avessero detto la verità non gli piaceva affatto. Meditava una vendetta che avrebbe consumato sia sul prigioniero sia su chi aveva messo in piedi quella farsa. Digrignò i denti mentre Bulma tra le sue braccia tentava di trattenere le lacrime.
Una volta tornati a palazzo non guardò in faccia nessuno, assumendo una maschera d’indifferente calma nonostante stesse ribollendo di rabbia. Lasciò Bulma alle cure di Shu e raggiunse in un batter d’occhio i sotterranei. Le pareti in pietra s’incrinarono al suo passaggio, alcuni pezzi si alzarono e le sbarre si piegarono. La sua andatura era inesorabile ma tranquilla. Nulla al di fuori delle tensione muscolare faceva intendere la rabbia che lo pervadeva all’interno. Non ebbe bisogno neanche di aprirla, la cella, dato che essa venne prepotentemente sradicata dai cardini grazie alla sola potenza della sua aura, a mala pena controllata.
I Saiyan a guardia del prigioniero sussultarono quando il suono metallico delle sbarre che si scontravano con il muro gli arrivò alle orecchie. Non fecero in tempo a rendersi conto dell’accaduto che la figura del Re si palesò ai loro occhi. S’inchinarono al suo cospetto percependo sulla pelle l’energia spirituale furiosa proveniente da lui. Non fiatarono lasciandosi sorpassare in silenzio.
Vegeta si fermò davanti al prigioniero, ancora legato al muro come lo aveva lasciato e con il viso tumefatto dai colpi ricevuti. Non gli era stato prestato soccorso, nessuno si era degnato di farlo medicare e constatare il suo stato di salute. Era rimasto lì, legato e impossibilitato a muoversi, in ginocchio dolorante ad ogni respiro senza che nessuno si preoccupasse di lui. Era un Saiyan quindi non sarebbe morto per quattro colpi per quanto ben assestati. In caso contrario, beh era pur sempre un prigioniero, la morte non era certo il peggiore dei mali.
Il sovrano fece una smorfia prima di assestargli un calcio sull’addome, destandolo dal suo sonno rigenerativo.
- Svegliati.- sentenziò.
Il giovane guerriero riprese a fatica fiato dopo il colpo ricevuto. Alzò gli occhi sul suo interlocutore, impiegando qualche secondo in più per metterlo a fuoco. Un rivolo di sangue gli scivolò lungo l’occhio da una delle tante ferite che aveva sulla fronte, colorandogli la vista del Saiyan reale di rosso.
- Ti sei divertito?- mormorò a denti stretti. - A prendermi per il culo. Ti sei divertito?-
Il ragazzo lo guardò stranito non capendo le sue parole. Faticava a ragionare in quel momento, ancora stordito dal dolore ma era sicuro di non avere fatto o detto nulla che potesse anche solo sembrare una presa in giro. Non dopo aver preso tutte quelle botte.
- Non so di cosa stai parlando.- disse a fatica lasciando che la testa ricadesse tra le spalle a fissare il pavimento.
Il viso del sovrano non si mosse, solo un guizzo nei suoi occhi neri tradì il suo reale umore ma nessuno se ne accorse. L’aria attorno a lui divenne elettrica e nessuno osò fiatare.
- Il posto che mi hai detto. È vuoto. Lei non è lì.- sibilò mantenendo una calma apparente.
Il ragazzo ridacchiò incurante delle costole rotte che protestavano. Scosse la testa fissando il pavimento ma non disse niente.
Vegeta non capì il suo comportamento ma non gli interessò indagare. Strinse le mani a pugno con tanta forza da conficcarsi le unghie nei palmi nonostante la sua espressione rimanesse un’invariata maschera indifferente.Un lampo proveniente dalla finestra sbarrata della cella illuminò il suo volto creando un gioco di ombre che rese il viso inquietante. Immobile rimase a guardare il prigioniero davanti a sè mentre lo scroscio della pioggia proveniente dall’esterno riempiva il silenzio della stanza.
Poi si mosse. Velocissimo. Arrivando ad un palmo dal naso del ragazzo. Gli puntò quei fanali neri in faccia, spalancati e brucianti di una rabbia trattenuta a stento.
Il ragazzo deglutì cercando di non mostrarsi spaventato, si stampò in faccia un ghigno derisorio sfidando a viso aperto il reale che sembrava volerlo incenerire con il solo sguardo. Avrebbe preferito morire che far trapelare il suo terrore.
- Slegatelo.- sentenziò il Re allontanandosi di un passo.
I Saiyan eseguirono senza una parola andando a sganciare le manette che tenevano incatenato il ragazzo alla parete. Lui ricadde in avanti sulle mani e si ritrovò a specchiarsi in una pozza di sangue, probabilmente il suo.
- In piedi.- ordinò.
Il guerriero si alzò con gambe tremanti fronteggiando il Re che più in forma che mai lo guardava senza espressione a pochi passi di distanza.
Vegeta dal canto suo aveva solo voglia di sfogare quella rabbia che gli ribolliva nelle vene. Non gli lasciò neanche il tempo di rendersene conto che gli saltò addosso, assestandogli un pugno sulla mascella sbattendolo a terra. Lo colpì di nuovo, dandogli un calcio all’altezza delle costole incitandolo ad alzarsi. Lo prese dai capelli e lo costrinse a rimettersi in piedi, schivò un suo debole colpo e gli rispose tirandogli un pugno sul naso. Il ragazzo barcollò ma non cadde, si mise in posizione di difesa e si preparò ad incassare.
 

- Abbiamo fatto bene a spostarci, lo sapevo che quel cretino di Grape avrebbe parlato.- disse addentando un pezzo di pane duro. - Il solito cagasotto.-
- Già. E tu che non volevi darmi retta.- borbottò lanciandogli uno sguardo. - Se fossimo rimasti lì a quest’ora il Re ci avrebbe ridotto in cenere.-
Il primo sputò voltando la testa di lato. - E invece siamo vivi e abbiamo anche una bella bestiolina.- disse battendo sulle sbarre della cella alla sua destra. - Ehy, hai deciso di morire di fame?-
Bra si rannicchiò ancor di più nell’angoletto nel quale si era rifugiata, il più lontano possibile dai due Saiyan. Tirò su con il naso mentre il guerriero che le aveva rivolto la parola iniziava a ridere sguaiatamente, fissando il vassoio rudimentale con il poco cibo, senza alcuna voglia di mangiare. Piuttosto sarebbe morta di fame, non avrebbe toccato nulla di quello che le davano. Corrucciò lo sguardo tornando a fissare la parete di fronte a sé, mentre i due Saiyan continuavano a parlottare tra di loro senza che lei potesse capirne una sola parola. Nascose il viso tra le ginocchia tirate al petto facendosi forza. Non voleva piangere.
Il Saiyan con ancora il pezzo di pane duro tra le mani fece una smorfia alla vista della piccola, del suo atteggiamento orgoglioso pur morente di paura. Degno di una Saiyan.
- Smettila di fissarla, Kage. Non sparirà da un momento all’altro.- lo rimproverò il compare attirando la sua attenzione.
Kage lo guardò alzarsi ed allontanarsi, lasciandolo solo con la bambina dietro le sbarre. Lanciò il pezzo di pane oltre l’uscio dal quale l’amico era sparito.
- Hai intenzione di mollarmi qui con sta cosa!?- urlò senza però ricevere risposta.
Borbottò qualcosa sottovoce, probabilmente insulti verso il compare. Poi spostò lo sguardo sulla piccola mezzosangue che sembrava volersi fondere con il muro. I colori assurdi dei suoi capelli sembravano brillare nella semi oscurità della cella, la vide sussultare quando un fulmine si abbattè poco lontano illuminando all’interno attraverso la piccola fessura nel muro. Si mise a tremare la bambina mentre i tuoni si susseguivano imperterriti e la pioggia battente scrosciava sempre più forte. Sul soffitto si iniziò a formare una chiazza scura che penetrò all’interno fino ad iniziare a gocciolare.
Il Saiyan rimase a guardarla per qualche secondo cercando di capire cosa avesse spinto il principe, ora Re, a generare e proteggere una creatura del genere. Sembrava fragile, priva di qualsiasi forza combattiva. Non aveva tentato di sfondare il muro e scappare, non aveva neanche sprigionato la propria aura, il rilevatore segnava sempre un livello combattivo sotto i dieci. Neanche i guerrieri di terza classe più scarsi avevano un livello così basso, in quanto figlia del Re lei avrebbe dovuto avere una potenza molto più elevata. Probabilmente il sangue terrestre aveva intaccato di prepotenza la sua forza di Saiyan, facendola scendere drasticamente. Non sembrava minimamente portata per il combattimento, tantomeno il suo fisico sembrava allenato. Si chiese per quale motivo Vegeta non l’avesse spedita su qualche pianeta per conquistarlo, come erano soliti fare. Bah il Re era un tipo bizzarro.
Si alzò dal punto in cui era seduto aggrappandosi con entrambe le mani alle sbarre, oltre le quali Bra non sembrava intenzionata a smettere di tremare. Aprì la cella facendola sobbalzare, ghignò divertito prima di fare qualche altro passo all’interno fino a fermarsi davanti a lei.
Ehy mocciosa.- la richiamò.
La bambina non si mosse e ciò non gli piacque. La prese di peso dalla maglietta e la sollevò con facilità nonostante lei provasse a ribellarsi con tutte le sue forze. La scosse con violenza per farla smettere di agitarsi.
Non mi piace essere ignorato, ragazzina. Non ti conviene farmi incazzare, posso farti molto male.-
Bra lo fissò confusa, non conosceva la lingua Saiyan e non aveva la minima idea di cosa le avesse detto. Però non sembrava amichevole, l’aveva portata via dalla sua mamma e dal suo papà uccidendo chiunque si mettesse in mezzo e l’aveva rinchiusa in quella cella umida e puzzolente. Chissà quando avrebbe potuto rivedere i suoi genitori, le mancavano tanto. Si strinse nelle spalle abbracciandosi da sola. Avrebbe tanto voluto avere almeno il suo coniglietto da abbracciare, si sarebbe sentita meno sola. Le si riempirono gli occhi di lacrime a quel pensiero: e se non li avesse mai più rivisti? Il Saiyan davanti a lei non sembrò molto contento di essere ignorato dato che le mollò sul viso uno schiaffo che le fece fischiare le orecchie.
Rimase ferma. Immobile con la testa voltata dall’impatto, stordita dal colpo violento ricevuto. Nessuno l’aveva mai colpita, né i suoi genitori né nessun altro. Persino con i peggiori capricci al massimo aveva sentito alzare loro la voce ma le mani su di lei non le avevano mai alzate.
Due grossi lacrimoni le rigarono le guance morbide. Non piangeva solo per il dolore che lo schiaffo le aveva provocato, piangeva di umiliazione per essere stata colpita senza aver fatto nulla per meritarselo. Il suo piccolo orgoglio si sentì ferito da quell’affronto. Bra avvertì la rabbia montare, senza sapersene spiegare il motivo mentre i singhiozzi scuotevano le sue piccole spalle.
Kage rimase a guardarla accigliato attendendo con ben poca pazienza che la bambina gli rivolgesse la parola. Non gli piaceva essere ignorato.
Come sta il mostriciattolo?- chiese l’altro guerriero rientrando nella stanza dopo chissà quanto tempo.
Kage gli rivolse un ghigno sadico. -Impertinente. Si ostina a tenere la bocca chiusa, chissà se lo schiaffo che le ho dato la sveglierà un po’. Tu che dici Takagi?-
L’altro Saiyan lo guardò interrogativo incrociando poi le braccia al petto massiccio. Sapeva che il compare era un tipo di poca pazienza con una soglia di sopportazione vicina lo zero. Però addirittura arrivare a colpire la piccola perchè si rifiutava di parlare era un po’ troppo anche per lui.
Hai pensato che forse non comprende la nostra lingua?-
- Eh!? Ma è una Saiyan! La figlia del Re!- protestò Kage scuotendo con violenza la piccola e voltandosi per guardare in faccia il compagno.
Takagi alzò gli occhi al cielo ritrovandosi a chiedere per quale motivo gli avessero affibbiato un tizio così idiota.
Ha vissuto sulla Terra per tutta la sua vita. Come avrebbe potuto imparare la nostra lingua?-
Il principe Trunks la conosce.-
Takagi alzò le mani al cielo mandando a quel paese Kage e la loro missione. Gli voltò le spalle con tutta l’intenzione di abbandonare lui e la sua stupidità.
Fai come cazzo ti pare. Basta che non la uccidi!- urlò prima di sparire oltre la porta.
Kage fece una smorfia poco convinta e tornò a prestare attenzione alla bambina con la guancia pulsante e gli occhioni lucidi, le guance bagnate e l’espressione stupita stampata in faccia. Per essere l’erede al trono non era gran che. La sentì singhiozzare probabilmente a causa del dolore del colpo ricevuto, debole mocciosa che utilità poteva mai avere per Lui?
Quantomeno poteva colpirla senza che lei reagisse. Un sorriso sadico si aprì sul suo volto e la colpì di nuovo, sull’altra guancia facendola diventare rossa.
Bra emise un gemito di dolore continuando a piangere silenziosamente e Kage rise di gusto prima di colpirla per la terza volta, spaccandole il labbro inferiore facendone uscire del sangue.
Bra singhiozzò in maniera incrontrollata raggomitolandosi su se stessa nella presa salda del guerriero, cercando di proteggersi come poteva dai suoi colpi. Ma era troppo piccola e debole per resistere a tanta violenza. Il quarto colpo le rimbombò nella testa, stordendola più di quanto già non fosse.
Il Saiyan rise sguaiatamente esprimendo tutto il suo divertimento nel picchiare un esserino indifeso, privo di qualsiasi possibilità di fronteggiarlo.
Kage la colpì una quinta volta, molto più forte delle altre, rompendole anche l’altro labbro.
Bra rimase tramortita da quel colpo e abbandonó la posizione difensiva disperata che aveva assunto. Si ritrovò a fissare il pavimento, inerme, con le lacrime che scendevano incontrollate sulle guance livide e gonfie mentre il suo aguzzino caricava l’ennesimo colpo, probabilmente ancora più forte dei precedenti.
Kage rideva sadico e quel suono rimbombava nella testa di Bra come il peggiore degli incubi. Se fosse sopravvissuta lo avrebbe sognato per mesi. Sapeva che nessuno poteva correre in suo aiuto, sapeva di essere sola in quel posto. Nessuno sarebbe arrivato a salvarla, non potevano percepire la sua energia spirituale. Glielo avevano fatto capire non appena arrivati, distruggendo un rilevatore davanti ai suoi occhi.
Era sola. Totalmente sola.
Kage le tirò l’ennesimo schiaffo pronto a pregustarsi il suono che avrebbe prodotto a contatto con il faccino paffuto della bambina. Ma la mano non si scontrò mai con la guancia livida della mezzosangue, venne fermato dalla sua piccola mano che si serrò attorno al polso del Saiyan bloccandolo a pochi centimetri dal suo viso.
L’espressione del purosangue cambiò facendosi più seria e meno derisoria quando tentando di liberarsi non ci riuscì. Dannazione dove aveva trovato tutta quella forza!? Imprecò provando a tirar via la mano dalla presa ferrea della principessa.
Bra alzò lo sguardo, velato di lacrime ma furente. Negli occhi della bambina bruciava un fuoco, ardente e pronto a bruciare qualsiasi cosa si trovasse di fronte. In un secondo gli occhi gli Bra divennero verdi, tant’è che il Saiyan si chiese se fosse stata la sua immaginazione.
Fissò le iridi smeraldo della bambina, Kage, chiedendosi cosa le stesse succedendo. Era una fottuta mezzosangue! Cosa si stava inventando!?
Ehy mocciosa! Se stai cercando di intimidirmi con un trucco hai sbagliato bersaglio!- ringhiò Kage mostrando i canini appuntiti.
L’espressione di Bra si fece più arrabbiata, scoprendo anch’essa i canini sviluppati in un ghigno maligno. Poi rilasciò la sua energia con un urlo liberatorio.
Ma cosa…?-
I capelli della bambina si alzarono colorandosi d’oro mente gli occhi verdi scintillavano. Attorno al suo piccolo corpicino l’avvolse un’aura dorata, calda e intensa.
Kage fu costretto a lasciarla andare e a cercare di ripararsi da quell’intensa energia che minacciava di spazzarlo via.
Bra rimase a mezz’aria, con i pugni serrati lungo i fianchi mentre la sua potenza non accennava a fermarsi.
Cosa diavolo è quest’energia! Kage cosa stai combinando!-
Takagi spuntò di nuovo senza alcun senso logico coprendosi il volto con le braccia riuscendo a fatica a contrastare l’enorme spostamento d’aria creato da Bra. Riuscì ad intravedere la sua piccola figura a mezz’aria oltre quella massiccia di Kage. Non aveva occhi e capelli azzurri?
Sbarrò gli occhi arrivando alla consapevolezza che quella non poteva essere nient’altro che una cosa. Eppure non gli sembrava possibile, era solo una stupida ibrida senza alcuna forza combattiva!
Bra digrignò i denti mentre la furia l’attraversava liberandosi all’esterno come pura energia, mai si era sentita tanto ferita nell’orgoglio come in quel momento. La rabbia continuava a montare e lei continuò a rilasciarla, urlando a pieni polmoni la sua indignazione per essere stata colpita a quel modo.
Kage tentò di piantare i piedi a terra ma non valse a nulla e fu lanciato contro il muro dalla quantità di forza spirituale della principessa. Battè la testa con violenza e svenne.
Cazzo, Kage!- urlò Takagi prima di fare la stessa fine, sfondando la parete nell’altra stanza prima di perdere conoscenza.
Bra liberò l’ultimo sprazzo di energia facendo tremare l’intero posto. Poi lentamente atterrò poggiando i piedini sul pavimento prendendo in pieno la pozzanghera. Tornò normale con la stessa velocità con cui si era trasformata, si guardò intorno per un secondo prima di svenire anche lei.


D’improvviso un’aura si fece largo nel suo campo di percezione distogliendo l’attenzione dallo scontro. Un’aura familiare. Nonostante l’enorme potenza emanata riuscì a riconoscerla al volo, non poteva sbagliarsi: quella era l’aura di Bra.
Vegeta si fermò riprendendo fiato fissando senza vederlo veramente il suo avversario. Aggrottò le sopracciglia, non poteva sbagliarsi quella era l’energia di sua figlia anche se molto più forte del solito. Chissà cosa stava succedendo. Non ci pensò neanche un secondo e sparì dalla vista dei presenti, raggiungendo in un baleno la sala di controllo ove si lavorava senza sosta per ritrovare la principessa rapita.
Bulma, voltata di spalle non si accorse di lui. Si girò ritrovandoselo davanti e sussultò spaventata quasi andandogli addosso.
- Vegeta! Hanno localizzato l’aura di Bra…!-
Il Saiyan non la fece continuare prendendola per un braccio e trascinandola via a una velocità incredibile. La donna si ritrovò tra le sua braccia a mezz’aria senza che se ne potesse rendere conto.
Bulma battè le palpebre confusa e guardò il compagno interrogativo aprendo poi la bocca per chiedere spiegazioni.
- Papà! Vengo anche io!- urlò Trunks precipitandosi nel punto in cui i genitori era in procinto a partire.
L’azzurra fissò il figlio che temerario li guardava dal basso verso l’alto con i pugni serrati e le sopracciglia aggrottate. Fece per rispondergli ma Vegeta l’anticipò.
- Vedi di muoverti non so quanto tempo abbiamo.- sentenziò il genitore guadagnandosi un’occhiataccia dalla consorte.
- È pericoloso! Non sappiamo a cosa andiamo incontro.- protestò lei.
Vegeta la guardò in modo eloquente. - Vale lo stesso per te, Trunks si sa difendere quantomeno.-
- Ma…!-
- Niente “ma”, non abbiamo tempo per discutere.- la bloccò lui spostando lo sguardo sul figlio. -Stammi dietro.-
Il ragazzino si illuminò e in baleno si trasformò in Super Saiyan provocando un sorrisetto nel padre. Così sarebbe stato più veloce, non avrebbe avuto alcun problema a seguirlo. Si alzò in volo arrivando alla stessa altezza dell’altro guardandolo con lo sguardo di chi è intenzionato a non arrendersi. Vegeta sogghignò: quel ragazzino gli somigliava sempre più.
Bulma invece sbuffò e alzò gli occhi al cielo borbottando sottovoce qualcosa riguardo i Saiyan e la loro testardaggine. Si sentì stringere dalle sue braccia forti quindi alzò lo sguardo su di lui incontrando i suoi occhi scuri come la notte.
- Tieniti forte.- si raccomandò.
Bulma sapeva dell’abilità del marito di cambiare aspetto in base alla forza fisica e spirituale utilizzata al momento ma ogni volta che le si trasformava davanti, per di più a pochi centimetri di distanza, ne rimaneva affascinata e al contempo stupita. Gli occhi di Vegeta diventarono verdi e i suoi capelli si tinsero d’oro, tutto attorno un’aura dello stesso colore li avvolgeva. Bulma potè percepirne il calore sulla pelle. Si sentiva protetta.
Padre e figlio si scambiarono uno sguardo prima di partire a tutta velocità seguendo l’aura di Bra come una rotta. Bulma fu costretta a chiudere gli occhi a causa del forte vento mentre i due sfrecciavano tra le nuvole, lasciandosi dietro case, persone e una vasta landa desolata.
L’aura della bambina scomparve a metà tragitto ma Trunks e Vegeta possedevano un’ottima memoria, quindi non gli fu complicato continuare il loro percorso nonostante quel piccolo inconveniente.
Dopo quelli che a Bulma parvero pochi secondi, i due poggiarono i piedi sul terreno fangoso. La pioggia aveva smesso da poco tempo di cadere ma i nuvoloni minacciosi sembravano presagire un altro temporale di lì a poco. Dovevano muoversi se non volevano beccarsi l’acquazzone.
L’edificio davanti a loro era uguale al precedente, solo più piccolo e più diroccato. Bulma non ci pensò neanche un attimo prima di precipitarsi all’interno, tampinata da marito e figlio. Si guardò attorno spaesata con il cuore a mille e un unico pensiero per la testa: ritrovare la sua bambina. Fece per chiamarla a gran voce ma Vegeta le mise una mano sulla bocca prima che emettesse alcun suono, non era il caso di far sapere che erano lì.
L’azzurra guardò gli occhi scuri del compagno, privi della trasformazione che li rendeva verdi, chiedendosi come avrebbero proceduto di lì in avanti se non potevano chiamarla. Ma annuì con gli occhi lucidi e lui la lasciò andare.
Il Saiyan si guardò attorno cercando un qualsiasi segno di nemici all’interno dell’edificio, senza trovarne. Voleva agire con circospezione, la loro priorità era portare in salvo Bra ma non aveva la minima voglia di subire una qualsiasi tipo di imboscata dai rapitori. Riportò lo sguardo sulla compagna che si mordeva le unghie e spostava il peso da una gamba all’altra, irrequieta. Non poteva biasimarla.
L’aura di Bra era forte e chiara in quel posto, un po’ debole probabilmente era incosciente. Quantomeno riusciva ad avvertirla e ciò lo rincuorava un minimo, anche se non sarebbe stato sinceramente rilassato fin quando Bra non fosse stata al sicuro tra le braccia di Bulma.
Con cautela si addentrarono nell’edificio seguendo l’aura della bimba mantenendo gli occhi aperti e i sensi all'erta, preparati ad ogni pericolo.
- Bra! Oh Kami!- esclamò Bulma infilandosi in una delle stanze sulla destra.
Vegeta e Trunks non persero tempo seguendo la donna all’interno.
L’azzurra si precipitò al capezzale della figlia, passando oltre la porta della cella sfondata, stringendola poi al proprio petto in ginocchio sul freddo pavimento.
- Oh, bambina mia cosa ti hanno fatto?- mormoró scostando i capelli azzurri dal suo viso e accarezzando la guancia offesa.
Vegeta le si inginocchiò accanto passando una mano leggera sulla fronte della piccola, trovandola fresca. Si rilassò visibilmente constatando che, seppur con le guance livide, Bra era in buono stato di salute. Kami, solo gli dei sapevano quanto aveva sperato che la sua bambina stesse bene.
Un mormorio alle loro spalle li distrasse, rompendo il momento di sollievo provato nel vedere la piccola di casa sana e salva. Nessuno di loro si era accorto prima della presenza del guerriero, troppo occupati a prestare soccorso alla principessa. Quindi quando egli si risvegliò lamentandosi dolorante, trattennero il fiato.
Kage si mise a sedere borbottando qualcosa sottovoce riguardo la brutta botta presa. Non fece in tempo a realizzare di non essere più da solo in compagnia della bambina che Vegeta gli si avventó contro, sbattendolo di nuovo contro il muro alle sue spalle.
Il Saiyan ringhió infastidito prima di puntare le proprie iridi sul volto del suo avversario. Strabuzzò gli occhi, scioccato dal vedersi il Re a un palmo dal naso. Deglutí mantenendo una calma apparente.
Ma guarda chi c’è, il nostro Re si è venuto a riprendere la prole.- sogghignó marcando la parola “Re” di proposito.
Vegeta lo spinse contro la parete, creando una nuova crepa su quella precedente. Con l’avambraccio piantato sul suo collo aveva il pieno controllo sulla quantità d’aria da concedergli. Ringhió scoprendo i canini.
Ti sei divertito a prendertela con qualcuno incapace di difendersi? Dimmi com’è stato picchiare una bambina di tre anni?-
Meravigliosamente divertente.- sogghignó l'altro.
Vegeta gli assestò un pugno allo stomaco spezzandogli il fato. Avrebbe voluto picchiarlo a sangue ma voleva delle informazioni in più.
Per chi lavori?- sibiló il sovrano.
Kage gli scoppiò a ridere in faccia incurante e inconscio di scatenare ancora di più la rabbia del Saiyan davanti a sé.
Non sono un fottuto mercenario, non lavoro per nessuno.- ribatté guardandolo fisso negli occhi.
Vegeta sogghignò. - Come se tu fossi così intelligente da architettare tutto ciò da solo. Voi soldati semplici avete una nocciolina al posto del cervello, non sapete neanche cosa voglia dire “pensare” figuriamoci se siete in grado di architettare un piano del genere. Siete troppo stupidi.- sentenziò derisorio.
Kage si infuriò per quella provocazione senza filtri, digrignò i denti con rabbia e tentó di tirare una testata al principe come protesta. Ma Vegeta fu più veloce evitando il colpo spostandosi di lato, gli restituì il favore tirandogli un gancio sul naso.
- Mamma…- mormorò Bra risvegliandosi tra le braccia materne.
Vegeta si voltò verso di lei pur mantenendo il suo avversario inchiodato al muro.
- Sono qui piccola. Come ti senti?- le chiese la donna preoccupata passandole una dolce carezza sul visino.
- Mi fa male la faccia.- rispose la bambina con una smorfia di dolore. -Quello lì mi ha colpito forte.-
Bulma aggrottò le sopracciglia ma strinse forte la figlia a sé lanciando poi uno sguardo al marito. Doveva fargliela pagare per aver fatto del male a Bra.
Vegeta colse la richiesta della moglie aumentando di conseguenza la pressione sul collo dell’altro, che iniziò a dimenarsi per la mancanza d’aria. Non voleva ucciderlo, solo spingerlo a parlare. Sembrava un tipo tutto d’un pezzo, addirittura sadico ma il mancato apporto d’aria avrebbe spaventato anche lui prima o poi.
Kage si dimenava tentando in ogni modo di divincolarsi dalla presa ferrea del sovrano, senza riuscirci. L’ossigeno iniziava a scarseggiare e non ne aveva abbastanza per ragionare. Quindi si arrese.
Ti dirò tutto! Lo giuro sulla dea Luna, lasciami andare!- gracchió il guerriero con il viso paonazzo.
Vegeta lo lasciò andare stupendo moglie e figlio per quella fiducia non da lui. Ma il sovrano sapeva che un Saiyan che giura sulla Luna è da rispettare. Quel misero satellite per il loro popolo era molto di più di ciò che poteva sembrare. E lui sapeva bene che farci un giuramento sopra valeva come giurare sulla propria vita, se non di più.
Kage tornó a respirare tossendo per quella mancanza d’ossigeno. Si massaggiò il collo alzando gli occhi sul Saiyan davanti a sé, digrignò i denti rendendosi conto che non aveva altra scelta se non parlare.
Lui si fa chiamare Kamhikari. Dice di essere stato mandato da Ardos per ovviare al problema dell’impurità della corona.- disse senza distogliere lo sguardo dagli occhi del sovrano. - Ci ha ordinato lui di rapire la principessa, perché impura. E di iniziare una rivoluzione contro la famiglia reale, per la presenza di una Regina aliena.- rivelò con una smorfia lanciando un’occhiata alla donna inginocchiata dentro la cella.
Bulma ricambiò l’occhiata del Saiyan con una più rancorosa, aveva fatto del male a sua figlia se Vegeta avesse deciso di ucciderlo non l’avrebbe fermato. Tornò a guardare la bambina che tra le sue braccia si guardava attorno come se non riconoscesse il posto in cui erano. Tutto sommato non stava male, non riportava grosse ferite che potrebbero metterla in pericolo di vita. Per la maggior parte sembravano ferite da difesa, probabilmente aveva tentato di proteggersi dai potenti colpi del Saiyan come meglio aveva potuto. Sospirò mentre le si stringeva il cuore all’idea di ciò che aveva dovuto subire a soli tre anni. Ringraziò che nel suo sangue scorressero geni Saiyan oltre a quelli terrestri altrimenti non sarebbe sopravvissuta.
E voi ve la siete bevuta?- chiese confuso il Re, erano sì stupidi ma non fino a quel punto. I Saiyan non avevano un vero e proprio culto religioso, quanto più dei punti di partenza per iniziare a costruire la propria “filosofia di vita”. Quindi l’idea che più di uno di loro avesse seguito ‘sto tizio soltanto perchè diceva di parlare a nome del Dio della Guerra, non lo convinceva affatto.
Kage scrollò le spalle, come se la cosa non lo riguardasse. - Forse qualcuno. Finchè fa quello che ha promesso può essere anche un Dio sceso in terra, non m’interessa.- rispose senza alcuna emozione nella voce.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato chiedendosi se avesse ancora bisogno di qualche informazione in più. Dopotutto il Saiyan sembra saperla lunga sulla faccenda, non sapeva che grado di colpevolezza avesse e in che relazione fosse con questa sorta di Messia improvvisato. Gli sembrava assurdo che quella rivoluzione fosse guidata da un ciarlatano seguito da altrettanti idioti, convinti che li avrebbe aiutati a sbarazzarsi della regina e probabilmente anche degli eredi mezzosangue.
Un guizzo negli occhi neri gli illuminò le iridi mentre un lampo proveniente dall’esterno mise in ombra il suo viso, rendendo la sua figura divisa a metà tra luce e oscurità. Vegeta riflettè sulla possibilità di non lasciare tracce sull’accaduto in quel posto, eliminando qualsiasi cosa potesse spingere altri a compiere lo stesso atto.
Kage spostò le proprie iridi sulla figura minuta che lo fissava astiosa, figura dai colori assurdi quanto belli su un corpo da capogiro che avrebbe fatto eccitare il più casto degli uomini. E di certo i Saiyan non erano l’esatto esempio di purezza. Si passò la lingua sulle labbra mimando con le sole labbra in direzione della Regina qualche frase che le fece comprendere l’effetto che aveva su di lui. Ghignò vedendola sussultare e rabbrividire, l’aveva capito nonostante parlassero due lingue diverse.
Fece scorrere gli occhi su quel corpo morbido, coperto da una maglietta leggera e un paio di pantaloncini, desiderando ardentemente vederlo nudo piegato su un tavolo. Adesso capiva cosa intendevano gli altri riguardo la straordinaria bellezza della terrestre, come capiva tutti i discorsi ben poco puri che la vedevano come protagonista sulle bocche di Saiyan la maggior parte ubriachi. Kami che visione paradisiaca sarebbe! Quella pelle d’avorio arrossata sotto i suoi colpi e quelle labbra carnose avvolte in quel muscolo pulsante nei pantaloni.
Ti piace ciò che vedi?-
Kage sussultò quando il fiato caldo del sovrano gli sfiorò la pelle arrivando però come un suono glaciale al suo orecchio. Rimase immobile, attendendo che egli continuasse a parlare. Non si aspettò quindi di essere colpito con violenza all’altezza dell’addome, il suono di qualche osso che si spezzava gli arrivò forte e chiaro come il dolore che ne seguì. Quella volta non si era trattenuto, poteva giurarlo.
Sai stavo quasi per risparmiarti, dopotutto mi hai dato una serie di informazioni molto utili.- sussurrò in modo che lo sentisse solo lui. Si passò la lingua sulle labbra mentre i suoi occhi si accendevano d’ira e sul suo palmo si formava una sfera d’energia. - Ma ho cambiato idea. Non hai soltanto rapito e picchiato con violenza mia figlia, nonostante lei fosse palesemente priva di qualsiasi difesa. No. Hai anche avuto l’ardire di guardare mia moglie e di farci ben più di qualche pensiero.-
Vegeta cercò con la coda dell’occhio lo sguardo della compagna, chiedendole silenziosamente un permesso che mai avrebbe pensato di chiedere. La vide stretta a quella bambina che amavano più di loro stessi con accanto il figlio maggiore a sua protezione. Non poteva sopportare il fatto che qualcuno avesse provato a mettere gli occhi su di lei, lo mandava in bestia quasi più del sapere che lo stesso aveva picchiato Bra. Nei suoi occhi azzurri risplendenti ad ogni lampo che li illuminava lesse un muto assenso, rinforzato da un leggero annuite.
Hai bisogno del permesso di tua moglie per farmi fuori? Sei un uomo o un fottuto cane? E tu dovresti essere il Re? Un deficiente alla stregua di una puttana.- sputò l’altro con astio.
Vegeta si chiese per quale assurdo motivo si divertissero tanto ad insultare Bulma. Le sue labbra assunsero una piega all’ingiù come erano solite fare quando qualcosa non gli andava a genio mentre i suoi occhi saettarono verso il suo interlocutore. Non gli permise di aggiungere altro che gli piazzò la sfera d’energia a un palmo dal naso. Lo vide balbettare qualcosa e strabuzzare gli occhi un attimo prima di rilasciarla, cancellando così la sua esistenza dalla faccia dell’universo.
Non una goccia di sangue. Niente pezzi di corpo sparsi.
Soltanto il nulla nel fumo ormai diradato.
Il silenzio creatosi nella stanza fu interrotto da un tuono piuttosto potente annunciando l’inizio di un altro temporale. Lo scroscio della pioggia si susseguì senza farsi attendere, dando un’aria drammatica all’intera situazione.
Bulma si alzò finalmente in piedi e con Bra tra le braccia si avvicinò al marito. Quando lui si voltò verso di lei gli passò la bambina, sapeva che aveva bisogno di sentirla fra le proprie braccia.
Il Saiyan alzò lo sguardo prima sulla consorte, che gli rivolse un’occhiata che valse più di mille parole, poi sul figlio maggiore, che seppur ancora sul chi va là era molto più felice ora che la sorella era al sicuro con loro, e lo riabbassò sulla figlia minore tra le braccia della sua donna desiderando sentire le sue piccole mani attorno al proprio collo. Così la tolse dalle braccia materne prendendola nelle proprie più forti e un po’ più titubanti, nonostante fossero ormai tre anni che compiva quel gesto per lei. Bra, mezza addormentata, si ancoró a lui come se fosse il suo scoglio in mezzo al mare. Ciò sciolse tutta la tensione nei muscoli del Re che si lasciò andare a un sospiro di sollievo.
- Andiamo via di qui.- mormorò Bulma accarezzandogli un braccio.
Lui annuì spostando poi la piccola in modo che la sua testa poggiasse sulla propria spalla, quel contatto gli scaldava l’anima. Il suo respiro gli solleticava appena la pelle del collo e il battito del suo cuoricino era all’unisono con il proprio.
Uscendo dalla stanza fecero caso a piccoli quanto insignificanti particolari, come il fatto che all’interno fosse pieno di muffa e la vegetazione era cresciuta quasi totalmente indisturbata. Alcune parti della struttura erano in metallo, probabilmente lo scheletro era pensato per resistere nel tempo a qualsiasi intemperia. Non si poteva dire la stessa cosa delle parti in pietra e in legno, che in parte danneggiate dalle termiti e in parte dalle piante che avevano praticamente preso residenza all’interno, sembravano star per cadere.
C’era un pannello attaccato a una parete, sembrava un armadietto di piccole dimensioni. Lo sportello era rimasto appeso soltanto a uno dei tre cardini che avrebbero dovuto sorreggerlo, ricoperto di ruggine e piegato su se stesso in alcuni punti doveva aver subito anche un bel colpo dato l’ammaccatura che si vedeva chiaramente al centro. Che qualcuno ci fosse andato contro?
Bulma si avvicinò, incuriosita dal contenuto. Afferrò lo sportello per aprirlo del tutto ma esso si staccò dall’ultimo dei suoi sostegni rimanendole in mano. La donna lo gettò a terra quasi scottata chiedendosi quando fosse stata l’ultima volta che avesse eseguito l’anti tetanica. Prese una piccola torcia che portava sempre con sè e illuminò l’interno. Vi trovò nient’altro che una serie di manopole, leve e bottoni privi di qualsiasi etichetta o insegna che ne spiegasse il funzionamento. Provò a premere e spostare qualcosa chiedendosi a cosa potessero mai servire tutta quella roba in un posto lasciato a metà costruzione. Si fermò soltanto quando avvertì il suono di qualcosa che si spegneva o si scaricava: aveva fatto qualche cosa ma non sapeva cosa. Continuò a tirare e premere ma il pannello protestò emettendo scintille, costringendo l’azzurra ad abbandonare il suo studio a riguardo.
Vegeta si fermò poco più avanti scontrandosi con un ostacolo che, nonostante la sua capacità di vedere al buio, non aveva notato probabilmente perso nei propri pensieri. Abbassò lo sguardo e storse il naso di fronte al macabro spettacolo che gli si parò davanti: un Saiyan in posizione semi sdraiata appoggiato a ciò che rimaneva di una parete in roccia, grondante di sangue proveniente dalla testa spaccata.
- Sembra essere stato spinto con violenza. L’impatto ha quasi distrutto il muro scoprendo le lamiere. Deve averle prese in pieno con la testa per ridursi in questo stato.- disse Trunks avvicinandosi al genitore. Non ne rimase affatto turbato, nonostante il cadavere avesse ancora gli occhi aperti. Era un ragazzino che non si faceva spaventare facilmente, lui.
Vegeta si limitò a una smorfia poco convinta sorpassando il corpo senza aggiungere altro.
Trunks invece si accucciò davanti al corpo fissandolo incuriosito. - Chissà se è morto sul colpo o ha agonizzato a lungo…- borbottò sottovoce prima che il padre lo richiamasse dicendogli di smetterla di fissare il Saiyan morto e di muoversi.
Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e raggiunse la figura paterna di corsa. Gli sorrise quando gli fu davanti provocando un’alzata di occhi al cielo sul padre che lo sorpassò dirigendosi all’uscita. Trunks lo seguì quasi saltellando mentre Bulma continuava a guardarsi più intorno che dove metteva i piedi.
Poi un boato. Seguito da una scossa di terremoto e dal rumore di un crollo.
Vegeta non fece in tempo a rendersi conto della situazione che una serie di parti dell’edificio iniziò a venir giù, schiantandosi sul pavimento con un rumore sordo. Il Saiyan schivò due o tre grossi massi prima di voltarsi preoccupato verso la consorte.
Bulma stava cercando di ripararsi dal crollo come meglio poteva ma il terremoto che sembrava non volersi fermare le impediva di mantenere un equilibrio stabile. Tentò di aggrapparsi a un palo portante ma lo lisciò finendo con il culo per terra.
- Attenta!- gridò il Saiyan purosangue.
L’azzurra si voltò appena in tempo per vedere una grossa frana puntare proprio a lei. Poi il buio.





AngoloAutrice:
Ma quanto mi piace lasciare la gente con la suspance.
Buonsalve! Miei cari, carissimi lettori dopo quasi un mese (circa, non ho controllato l'ultima pubblicazione può essere che sto dicendo una cazzata) ho finalmente terminato il capitolo!
Sono successe un po' di cose, ma l'importante è che Bra è stata ritrovata così una CERTA autrice (di cui non farò il nome. Okay lo dico uguale Cinzia_Vegeta parlo di te) la smetterà di minacciare di uccidermi per la storia del coniglietto. Pure quello verrà lavato e tornerà nelle braccia delle padrona, CONTENTA?
Ho deciso di alzare il rating, in modo da potermi muovere un po' più liberamente su certe scene, non che io mi stessi trattenendo non ne sono capace. 
Bien! Sappiamo, all'incirca, chi è " 'a capoccia" -per dirlo in dialetto che piace tanto a zia padme- che sta dietro tutto questo. Sarà forte? Sarà un fulminato? Chi lo sa.
Hasta la vista,
angelo_nero

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Fissava con il visino corrucciato quella strana vasca verticale. Il naso spiaccicato contro il vetro e le mani appoggiate ai lati della testa. Non sapeva perchè la sua mamma fosse stata chiusa lì dentro, immersa in un liquido scuro e con una maschera per l’ossigeno sul viso. Sembrava addormentata.
Si voltò cercando con lo sguardo la figura paterna all’interno della stanza. Lo trovò appena fuori l’uscio che discuteva sottovoce con un altro Saiyan in quella lingua che lei non conosceva. Rimase per un po’ a guardarlo attendendo in silenzio, studiandone i movimenti cercando di capire di cosa parlassero dai suoi gesti. Si stancò presto però di quel gioco noioso, così gli si avvicinò con calma. Si fermò appena dietro di lui e sbirciò prima il volto del padre, contratto nella solita espressione severa, poi quella del suo interlocutore. Non capiva una parola di quello che si stavano dicendo così richiamò il genitore tirandogli la gamba del pantalone, distraendolo dalla conversazione.
Vegeta abbassò lo sguardo sulla sua bambina incrociandone gli occhioni blu continuando ad ascoltare il Saiyan di fronte a sè. La vide corrucciare lo sguardo e gonfiare le guance indispettita mentre tornava a tirare con forza la stoffa dei pantaloni. Distolse lo sguardo da lei e tornò a concentrarsi sul suo interlocutore.
Bra si rese conto di non essere al centro dell’attenzione del padre, perciò gli fece una linguaccia e tornò a vegliare sulla madre. Si sedette a terra appoggiando la schiena alla strana vasca. Si guardò attorno nel silenzio di quella stanza che puzzava di disinfettante, cercando qualcosa con cui intrattenersi in attesa che uno dei due genitori potesse darle attenzione. Il suono della macchina alle sue spalle era appena un sottofondo quando adocchiò, appoggiato su un tavolo pieno di cianfrusaglie e attrezzi medici a lei sconosciuti, una figura familiare. Si alzò avvicinandosi al tavolo per lei decisamente troppo alto. Si mise in punta di piedi sbirciando oltre il bordo. I suoi occhi s’illuminarono e sul suo visino si aprì un sorriso, allungò una mano e prese il coniglietto di peluche che aveva lasciato cadere quando era stata rapita. Se lo strinse al petto inspirando il profumo di pulito che emanava, sembrava essere stato appena lavato. Fu felice di aver ritrovato il suo amato giocattolo, ci teneva molto. Tornò a guardare la madre incosciente stringendo il peluche al petto. Si chiese se stesse bene.
Vegeta le arrivò alle spalle pochi secondi dopo e rimase a guardare insieme a lei Bulma.
Bra alzò lo sguardo su di lui. - Papà, perchè la mamma è qui dentro?-
-Tua madre è cocciuta e non mi ascolta. Ha voluto fare di testa sua e questo è il risultato.- le rispose.
Vegeta non era il tipo che distingueva il parlare con gli adulti dal farlo con i bambini, usava lo stesso sarcasmo e sottile cinismo senza pensare che il suo interlocutore potesse essere troppo piccolo per coglierlo.
Bra battè le palpebre confusa. Adorava il suo papà, gli voleva tanto bene ma a volte parlava troppo difficile per lei.
-La mamma si è fatta male? Per questo deve stare lì dentro?-
Ma Bra era una bambina intelligente per la sua età, la degna figlia sua e di quel genio di sua moglie, quindi arrivò da sola alle proprie conclusioni. E lui non potè far altro che annuire guardandola in quegli occhioni blu che lo fissavano in attesa di un assenso. Notò che tra le braccia aveva quel coniglietto di peluche che si portava ovunque, primo e unico regalo che le avesse mai fatto. Quella vista lo rincuorò, senza un reale motivo.
Forse perchè era un’immagine familiare, che gli ricordava la quiete di casa.
Guardò la donna incosciente rinchiusa nella vasca di rigenerazione chiedendosi quanto ci sarebbe voluto per far sì che si risvegliasse. Decise che la sua presenza lì non avrebbe modificato la situazione ma, invece di girare i tacchi ed andarsene, si andò a sedere su una delle poche sedie presenti all’interno. Chiuse gli occhi e incrociò le braccia al petto.
Possibile che Bulma si dovesse sempre mettere nei guai? Si era raccomandato di stargli vicino e invece lei partiva all’esplorazione! Non si sarebbe mai perdonato se l’avesse persa. Aggrottò le sopracciglia pur mantenendo gli occhi chiusi a quel pensiero.
Il pericolo che aleggiava sulle loro teste era molto più grande di quel che pensasse. Non che il fatto che fosse un “discepolo di Ardos” o quello che era lo preoccupasse, sembravano più le parole di un fanatico fuori di testa che crede un po’ troppo alle leggende. Quello che lo faceva pensare era che non aveva la minima idea di chi fosse ‘sto tizio, nè dove si trovasse. Sembrava agire nell’ombra mandando avanti i suoi seguaci - più idioti di lui tra l’altro - a compiere il lavoro sporco. Vegeta si chiese fin dove si sarebbe spinto prima che riuscisse a capirci qualcosa.
Bra, che giocava con il suo coniglietto in piedi davanti la vasca, si voltò per guardare il padre. Non gli aveva parlato gran che da quando erano tornati a palazzo, si era risvegliata tra le sue braccia e ricordava poco e niente di quanto successo prima che si addormentasse di nuovo mentre la portavano via da quel luogo di prigionia. Le mancava il suo papà, voleva stargli vicino. In silenzio si avvicinò a lui arrampicandosi sulla sedia al suo fianco mettendocisi seduta. Rimase in silenzio per un po’ limitandosi a lanciargli qualche occhiata fugace.
-Che c’è, Bra?- le chiese all’ennesima volta che si sentì i suoi occhi addosso.
Bra sussultò impercettibilmente, presa alla sprovvista da quella domanda e dalla sua voce. La piccola indugiò un po’ e Vegeta aprì finalmente gli occhi senza però guardarla.
-Papà, come hai fatto a trovarmi? In quel posto non si sentono le auree.- chiese la bambina incuriosita giocherellando con le orecchie del peluche.
Vegeta le lanciò un’occhiata dubbiosa mentre rifletteva sugli avvenimenti del giorno precedente. Alzò un sopracciglio prestando finalmente attenzione alla figlia.
-Hai alzato la tua. Sono riuscito a localizzarti e a trovarti. Non ti ricordi?-
Bra si voltò ad osservare gli occhi scuri del genitore, sempre severi sempre attenti. Arricciò il naso ripensando agli eventi di qualche ora prima, non ricordava molto di quanto accaduto prima di svenire. Il tizio l’aveva picchiata forte e lei aveva tentato inutilmente di difendersi. L’ultima cosa che la sua mente annebbiata ricordava era tanta rabbia e un orgoglio ferito.
-Ricordo di essermi arrabbiata tanto, perchè l’uomo cattivo mi ha picchiato. E ricordo una luce.- rivelò la bambina tornando a prestare attenzione al coniglietto di pezza tra le sue braccia. Torturò le orecchie arrotolandole su se stesse e sulle sue manine.
- Una luce?- chiese Vegeta osservandola giocare con l’amico inanimato.
Bra annuì senza staccare gli occhi dal giocattolo. Iniziò a dondolare le gambe avanti e indietro, seduta su quella sedia troppo grande per lei.
-Sì, una grande luce dorata. E calda.-
Le sopracciglia del Saiyan purosangue si alzarono di poco stupite da quella rivelazione semplice. La sua mente iniziò a formulare delle ipotesi che mai avrebbe pensato di attribuire a sua figlia.
-Oh.- disse la piccola come se avesse appena ricordato qualcosa, attirando l’attenzione del genitore su di lei. - Quella luce ha spazzato via i due uomini cattivi. Ricordo di aver gridato tanto e mi sono sentita fortissima.-
Quel piccolo dettaglio diede modo al Re di confermare la teoria che gli girava per la testa, per quanto assurda potesse sembrargli. Il picco d’energia improvviso scomparso con la stessa velocità con la quale era apparso, i due Saiyan ritrovati uno senza sensi e l’altro senza vita in un posto in cui erano in compagnia soltanto della principessa e la rivelazione di Bra nell’aver visto una luce dorata, calda e molto forte che aveva spazzato via i suoi aguzzini, l’avevano portato a un’unica conclusione.
Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto dell’assurdità della cosa però non potevano esserci altre spiegazioni plausibili a quella serie di eventi particolari. Guardò sua figlia che gli sedeva accanto giocare con il suo amato peluche, spensierata e inconscia di quanto fosse accaduto. Aveva un aspetto così terrestre che se non fosse per quella coda marroncina che le spuntava dai pantaloncini avrebbe faticato a trovare dei tratti Saiyan in lei. Certo, i suoi poteri per quanto acerbi erano la chiara prova che nel suo sangue scorressero i geni di quella razza guerriera, e anche il taglio degli occhi decisamente squadrato riportava alle sue radici aliene. Per il resto Bra sembrava in tutto e per tutto una bambina umana e il suo disinteresse per il combattimento l’aveva portato lontano dall’immaginare che sua figlia potesse raggiungere, nonostante avesse tutte le carte in regola, lo stadio di Super Saiyan.
Si alzò dalla propria sedia e si piazzò davanti alla bambina che portava in metà suo codice genetico anche i propri geni. Bra lo guardò interrogativa mentre lui si abbassava per poterla guardare negli occhi.
-Bra, tu sai di non essere una bambina come le altre?- iniziò. Non era da lui tergiversare e girare attorno alle cose, però voleva che sua figlia potesse comprendere appieno le proprie parole.
Bra battè le palpebre interessata alle parole del padre. -Sì, tu e la mamma mi dite spesso che sono una Saiyan. Una principessa guerriera.-
Il Re accennò un sorriso: sveglia la bambina.
-E sai cos’è un Super Saiyan?-
Bra scosse la testa non sapendo la natura né il significato di tale parola. Inchiodò il proprio sguardo azzurro in quello del padre, le avevano sempre insegnato a guardare negli occhi la persona con cui parlava. Per rispetto.
-È questo.- disse prima di trasformarsi di fronte a lei.
Le iridi della bambina riflessero la luce proveniente da Vegeta e sul suo visino si dipinse un’espressione di pura ammirazione. Non era la prima volta che vedeva il suo papà cambiare aspetto, sapeva che lo faceva per aumentare la sua forza in combattimento ma non ne conosceva il nome. Quella luce sprigionata le causò una specie di deja-vù mentre delle immagini non molto nitide apparvero e scomparvero nella sua testa. Come dei flash.
-È questa la luce che ho visto! Eri tu papà quindi!- disse con la felicità stampata in viso.
Vegeta scosse la testa e sciolse la trasformazione. -No. Eri tu. Ti sei trasformata in Super Saiyan e hai spazzato via quei due.-
-Io? Ma non ne sono capace.- rispose
A Vegeta venne da ridere di fronte a tanta innocenza. Lui ci aveva messo anni versando sangue e sudore. Invece a sua figlia era bastato uno scatto d’ira.
-Non é questione di esserne capace o no. È una cosa innata. Bisogna solo trovare la leva giusta.- le spiegò.
Bra ascoltò con attenzione le parole del padre incamerando tutte quelle informazioni a lei sconosciute.
Vegeta continuò. -Non pensavo potesse accadere, almeno non così presto. Te ne avrei parlato prima altrimenti.- disse passandosi una mano tra i capelli, era dura per lui spiegare qualcosa a una bambina che non aveva neanche le basi per affrontare un combattimento. - Ascoltami Bra, devi imparare a controllarla, altrimenti rischi di far del male a qualcuno la prossima volta che ti trasformi involontariamente. Perciò, - si fermò un secondo, diamine non avrebbe mai pensato di doverlo fare. - Che ne dici di allenarti d’ora in poi?-
Gli occhi di Bra s’illuminarono e Vegeta se ne stupì, non credeva che potesse essere anche sono minimamente interessata al combattimento. Credeva di dover insistere affinché lei accettasse e invece sembrava voler provare quella nuova esperienza di buon grado.
-Come fate tu e Trunks?- chiese in fibrillazione.
Vegeta annuì e Bra gli si gettò addosso spingendolo a sedersi per terra per non perdere l’equilibrio. Okay, di certo non si aspettava una reazione del genere. Quella bambina era tutta matta.
Un suono prolungato avvertì padre e figlia che la vasca di rigenerazione aveva terminato il proprio compito. Vegeta si alzò da terra dirigendosi verso il pannello che controllava il funzionamento del macchinario. Premette un paio di pulsanti e l’acqua scura curativa iniziò a defluire. Si avvicinò alla vasca e attese il risveglio della compagna.
Bulma aprì lentamente gli occhi quando ormai l’acqua era quasi completamente sfociata nello scarico ai suoi piedi. Aveva una maschera dell’ossigeno sul viso che si staccò non appena cercò di aprire bocca. Si sentiva un po’ intontita dal lungo sonno, perciò quando mise un piede fuori dalla vasca scivolò e perse l’equilibrio. Sarebbe caduta a terra se le braccia pronte del marito non l’avessero presa al volo. Alzò gli occhi su di lui ma ci mise qualche secondo a metterlo a fuoco.
-Vegeta!- esclamò quando lo riconobbe. - Grazie.- disse poi perdendosi nei suoi occhi scuri.
Vegeta non fiatò aiutandola a mettersi in piedi, quando fu sicuro che non sarebbe caduta da ferma si allontanò.
Bulma si strinse nelle braccia non appena recuperata la stabilità sulle proprie gambe, rendendosi conto di essere seminuda e bagnata dalla testa ai piedi in una stanza affatto riscaldata. Si guardò attorno tremante cercando di rammentare che stanza fosse quella in cui si trovava.
-Mamma!-
Bra le corse incontro e Bulma l’accolse tra le proprie braccia con gioia.
-Ehy piccola mia! Come stai?- le chiese accarezzandole la guancia visibilmente contusa. Aveva assunto un colore violaceo e la donna si chiese se sentisse dolore.
-Io sto bene! Tu come stai? Papà mi ha detto che ti sei fatta male!- esclamò preoccupata la bambina.
-Sto bene, Bra.- le disse sorridendole. Le voltò il viso dalla parte opposta verificando lo stato dell’altra guancia e del labbro inferiore, che aveva smesso di sanguinare ma era un po’ gonfio. - Ti fa male?-
Bra fece una smorfia quando la mano della madre le sfiorò la guancia offesa. -Non molto.-
-Smettila di preoccuparti per lei, due ore e quei lividi scompariranno. Pensa a te piuttosto.- la sgridò il compagno porgendole un asciugamano.
Bulma alzò gli occhi su di lui incrociando il suo sguardo severo. Prese l’asciugamano ringraziandolo silenziosamente e se lo poggiò sulle spalle trovandolo morbido e profumato oltre che grande il doppio di lei. Un calore piacevole l’avvolse subito facendole tirare un sospiro di sollievo.
-Mamma lo sai che papà vuole allenarmi?- sentenziò Bra con un sorriso da orecchio a orecchio.
-Papà vuole fare cosa?- mormorò stupita sicura di aver capito male.
-Vuole allenarmi. Come fa con Trunks. Ha detto che devo imparare a controllarmi o faccio casini.- spiegò la bambina.
Bulma spostò lo sguardo sul marito che se ne stava con le braccia incrociate a pochi passi da lei e fissava la figlia senza espressione. Vegeta non aveva mai espresso il desiderio di allenare la secondogenita nè le era mai sembrato che l’uno o l’altra ci stesse pensando. Quindi perché proprio adesso voleva mettere in riga i poteri di Bra?
-Sa trasformarsi in Super Saiyan.- disse facendo ruotare gli occhi su di lei, rimanendo impassibile nonostante la sua palese sorpresa.
-Sa fare cosa!?-
Vegeta alzò gli occhi al cielo ed incrociò le braccia al petto.
-La botta ti ha fatto diventare sorda?-
Bulma lo fulminò con lo sguardo e lui accennò un ghigno divertito. Non sapeva se voleva picchiarlo o baciarlo. Le stranezze dell’amore.
-Intendevo dire che è strana come cosa.- borbottò fissandolo trucemente.
Vegeta alzò un sopracciglio e sciolse la posa conserta delle braccia. Si avvicinò poi alla figlia abbassandosi alla sua altezza. Prese la coda e la mostrò alla moglie.
-È una Saiyan. È mia figlia. Cosa ci sarebbe di strano?-
Bulma sbuffò, suo marito sapeva essere un idiota quando voleva e intelligentissimo quando gli andava. Mise le mani sui fianchi in posa battagliera.
-Non ha alcuna nozione di combattimento, non si è mai allenata. Come è possibile che sia capace di trasformarsi se non sa neanche tirare un pugno?- specificò.
Vegeta lasciò andare la coda della bambina e tornò in posa eretta, senza smettere di guardare la consorte che, a quanto pare, o aveva perso qualche neurone nell’incidente, e quindi non ci arrivava, o stava facendo finta di niente.
-Chi ha detto che le due cose vanno di pari passo?- le domandò .
Bulma ci pensò qualche istante prima di rispondergli.
-Beh tutti voi l’avete fatto dopo tanti allenamenti. Pensavo che uno fosse conseguente all’altro.- disse.
Vegeta inclinò la testa di lato, spostò il peso su una gamba e mise la mano sul fianco opposto guardando la moglie come se fosse scema. Aveva seriamente perso qualche neurone.
-L’unica cosa da cui dipende la trasformazione è la rabbia. Allenamenti o non allenamenti senza un cuore calmo colmo di rabbia non si ottiene nulla.- le spiegò come si faceva ai bambini.
-Oh.- disse soltanto lei.
-Oh?- le fece il verso lui. Poi diede le spalle ad entrambe uscendo dalla stanza. - Il tuo cervello perde colpi. Faresti meglio a farti una doccia e riposare.-
Bulma fulminò la sua schiena con lo sguardo risentita per quella mancanza di fiducia nel suo cervello geniale. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. Tornò a prestare attenzione alla sua piccola fotocopia che la fissava curiosa. Sospirò prendendola per mano e seguendo il compagno fuori dalla stanza.
Il palazzo era avvolto in un tetro silenzio dovuto a chissà quale evento o ordine del Re. Soltanto il rumore insistente delle gocce di pioggia che battevano contro i vetri davano un tocco di vita a quei lunghi corridoi muti. Forse era semplicemente troppo grande, il posto, per poter avvertire la vitalità di altri angoli. Bulma sapeva che nessuno stava mai fermo su quel pianeta, sembravano tutti pieni di energie inesauribili.
Però in quel momento l’edificio sembrava quasi dormiente e lei non seppe spiegarsene il motivo.
Bra espresse in desiderio di tornare a giocare, magari in compagnia di altri Saiyan della sua età e Bulma lanciò uno sguardo al compagno che, pochi passi avanti a loro, si espresse in un’alzata di spalle indifferente. Sorrise alla sua bambina, allora, accordandole il permesso di allontanarsi e tornare ad attività più adatte alla sua età. La bambina abbracciò la madre con forza poi corse giù dalle scale che si intravedevano in fondo al corridoio, sparendo dalla vista dei genitori.
Bulma si avvicinò quindi al compagno pensieroso e gli sfiorò la mano per manifestare la propria presenza al suo fianco. Vegeta a mala pena la guardò con la coda dell’occhio rimanendo con la testa da un’altra parte ma lasciandole intrecciare le dita con le proprie. L’azzurra si chiese cosa portasse mentalmente lontano da lei il marito. Forse aveva a che fare con quanto successo a Bra e su quello che gli aveva detto il Saiyan trovato a farle la guardia.
Vegeta aprì la porta della loro stanza cedendo però il passo alla consorte che, dopo un primo momento di meraviglia per quel gesto inusuale, lo sorpassò entrando nella stanza. Lasciò cadere il telo a terra buttandosi poi a peso morto sul morbido materasso mentre Vegeta chiuse la porta alle sue spalle. Avvertì il suo sguardo addosso e si costrinse a tirarsi su, poggiandosi sui gomiti. Lo guardò interrogativa mentre lui sembrava non voler spostare le sue iridi da lei.
-Come stai?-
Bulma credette di aver sentito male. Battè le palpebre stupita e si chiese se avesse battuto la testa nel periodo in cui fosse stata incosciente o si fosse impazzito.
-Bene. Un po’ intontita, forse a causa della roba che c’era dentro quel liquido, ma bene.- gli rispose guardandosi un po’ attorno. -Quanto ho dormito?-
- Un giorno.-
- Intero?-
Vegeta annuì e Bulma capì il motivo di quella sensazione, dormire per ventiquattro ore consecutive era parecchio. Però fisicamente si sentiva in forma, come nuova. La vasca di rigenerazione faceva seriamente miracoli e non solo sui Saiyan. Lo seguì con lo sguardo quando lui le si avvicinò, sedendosi poi al suo fianco. Si guardarono in silenzio e lui le spostò delicatamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Le si avvicinò lentamente, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso, quasi avesse paura di farle male o di un suo rifiuto. A Bulma venne inizialmente da ridere per quel comportamento così attento, pacato, quasi spaventato. Sorrise a quel pensiero. Poi finalmente il suo uomo decise di eliminare quella distanza, regalandole uno dei suoi baci da mozzare il fiato e l’azzurra potè avvertire tutta la tensione che lo avvolgeva scivolare via mano a mano che il contatto si approfondiva.
Le aveva suggerito molto sarcasticamente di riposare e avrebbe voluto farsi una doccia per togliersi quel liquido in cui era stata immersa di dosso. Ma quando se lo ritrovò sopra, che sembrava volerla spogliare con gli occhi, optò per un tipo di riposo molto più piacevole per entrambi. Si lasciò togliere i pochi indumenti bagnati che la coprivano, ricambiando il favore spogliandolo con la stessa urgenza di sentirlo a stretto contatto. Le loro labbra non si staccarono se non per permettere di sfilarsi i vestiti, avevano bisogno di quel contatto -più lui che lei- di sentirsi l’altro addosso. Bulma baciò gli addominali scolpiti, uno alla volta percorrendo il suo fisico con lentezza lasciandosi dietro una scia umida.
Il Saiyan ribaltò la situazione non appena lei arrivò a sfiorargli l’inguine, facendola stendere sotto di sè. Le bacio il collo scendendo con calma sui seni, sui quali due capezzoli turgidi sembravano chiamarlo. La fece sospirare mordendone uno per poi passarci la lingua sopra. Proseguì la sua esplorazione prendendo a baciare il ventre piatto, con cura maniacale, soffermandosi più del dovuto. Lì dentro erano cresciuti entrambi i loro bambini, partendo da nient’altro che un paio di cellule. Avevano trascorso nove mesi all’interno del grembo materno -fragile, accogliente, caldo, sicuro, terrestre- prima di venire alla luce -forti, violenti, animaleschi, Saiyan- tra le grida materne e la preoccupazione paterna. Era grato a quel ventre, a lei, per quello che gli avevano dato la possibilità di creare dopo anni di distruzione. Lasciò un ultimo bacio appena sotto l’ombelico prima di spostare l’attenzione sulle lunghe gambe. Baciò l’interno coscia scendendo fino all’incavo del ginocchio e risalì, fece la stessa cosa con l’altra gamba. Sorrise malizioso alla donna che lo guardava dall’alto e che si contorceva sotto le sue mani. Poi sparì dietro il monte di venere e l’azzurra non potè far altro che buttare la testa all’indietro e lasciarlo fare.Quando finalmente l’uomo decise di darle tregua e regalarle un’orgasmo, approfittò del suo stato di confusione post-appagamento per entrare in lei di colpo strappandole un gemito.
Adorava sentirlo dentro di sè, avere il suo corpo sudato premuto contro il proprio, il suo fiato corto sulla pelle e le sue labbra sulle proprie. Cercò di lasciare la sua bocca il meno possibile, infilò una mano tra i suoi capelli godendosi le sensazioni che quel contatto le donava. Con l’altra mano gli accarezzò la schiena arrivando a sfiorare la cicatrice della coda.
Lui sobbalzò emettendo un ringhio ma non si staccò da lei anzi, approfondì il contatto velocizzando le spinte con le quali affondava al suo interno. Catturò le sue mani e le bloccò ai lati della sua testa stringendole tra le proprie.
Fecero l’amore per ore dimenticando momentaneamente tutti i problemi che dovevano affrontare. Volevano dedicarsi soltanto a loro e basta, senza pensare ad altro.


-Mamma! Come stai?-
Bulma vide il primogenito correrle incontro e fermarsi a pochi passi da lei con la faccia preoccupata. Gli scompiglió i capelli in un gesto affettuoso prima di lasciargli un bacio sulla guancia che il ragazzino non gradì molto pur senza proteste.
-Sto bene, tesoro. Grazie.-
Trunks si rilassò visibilmente e mostrò alla madre il suo sorriso migliore. Era felice che stesse bene, sua madre per lui era uno dei due punti fermi della sua vita e vederla ko non gli piaceva affatto sopratutto per motivi che sarebbero potuti essere evitati. Sbirciò oltre la sua figura cercando l’altro punto fermo della sua esistenza, trovandolo appoggiato al muro di fronte con gli occhi chiusi e le braccia conserte. Davanti a lui  Napa e Radish sembravano intenti a litigare per qualcosa di stupido, si chiese quanto il padre avrebbe ancora sopportato prima di espandere la propria aura e sbatterli a terra.
-Oniichan!- urlò Bra saltando al collo del fratello. -Lo sai che papà vuole allenarmi? Ha detto che devo imparare a controllare la mia forza.-
Trunks alzò un sopracciglio guardando negli occhi la sorella che sembrava entusiasta della cosa. Non sapeva bene come prendere la notizia, da una parte era geloso degli allenamenti con il padre, li vedeva come uno dei pochi momenti in cui poteva relazionarsi con lui da solo, ma dall’altra ne era contento sia perché avrebbe potuto condividere gli estenuanti allenamenti con la sorella, e forse dimezzare la fatica finché lei non sarebbe stata abbastanza forte da competere con loro, sia perché così il padre avrebbe additato lei come “mocciosa incompetente” quando sbagliava qualcosa. Sorrise alla sorella in modo sadico.
-Ma davvero? Che bella notizia!- esclamò mentre nei suoi occhi una luce malvagia di accendeva facendo rabbrividire la bambina che aveva in braccio.
-Trunks, mi fai paura.- gli disse fissandolo negli occhi.
Il ragazzino allargò il suo ghigno avvicinandosi di più al viso della sorella, nei suoi occhi si accese una luce strana e Bra non poté far altro che provare a divincolarsi per sfuggirgli.
-Tu dici, sorellina?- sibiló ad un centimetro dalla sua faccia.
Bra spalancò gli occhioni blu e si divincoló finché il fratello non la lasciò andare. Appena messa a terra andò a rifugiarsi dietro la madre esibendosi poi in una linguaccia.
Trunks ridacchiò e si avvicinò a lei facendole intendere di non avere buone intenzioni. La piccola tentó di sfuggirgli stringendosi di più alla madre ma lui la raggiunse costringendola a staccarsi e fuggire via, gridando divertita. Trunks le corse dietro sotto lo sguardo materno che scuoteva la testa divertita.
Bulma si voltò a guardare il marito che, con non si sa quale pazienza, continuava ad ascoltare i due Saiyan davanti a lui vaneggiare si qualcosa di poco chiaro. Incrociò i suoi occhi e si chiese quanto ancora avrebbe sopportato prima di scoppiare.
-Mia Signora, sono felice di constatare il vostro ottimo stato di salute.- esclamò una voce alle sue spalle.
Bulma si girò, stupita dal sentire una voce sconosciuta parlare la sua lingua, incrociando gli occhi neri di Alistair il Saiyan anziano -che poi tanto anziano non era, dannato sangue Saiyan- che li aveva incoronati legittimi sovrani del pianeta e con il quale Vegeta sembrava avere uno strano rapporta di fiducia. Gli sorrise felice di vedere una faccia conosciuta.
-Alistair! Che piacere rivederti.- gli disse l’azzurra attirando l’attenzione dei tre Saiyan alle sue spalle.
Alistair abbozzò un sorriso e chinó la testa.
-Il piacere è tutto mio, mia Regina. Ho saputo del rapimento della principessa e del vostro piccolo incidente, sono accorso appena ho potuto.- disse spostando lo sguardo sul Re, ancora appoggiato alla parete apparentemente indifferente.
Bulma ricambió il sorriso tirando forse un po’ troppo gli angoli della bocca pur di far sembrare naturale l'espressione, ottenendo però l’effetto contrario e renderlo più falso di quanto volesse.
Ma Alistair sembrò non farci caso, poco avvezzo nel riconoscere quel tipo di particolari. Piuttosto mantenne gli occhi sul sovrano che aveva impercettibilmente aggrottato le sopracciglia.
Vegeta, che aveva smesso di prestare attenzione ai due Saiyan di fronte a lui già da un po’, si staccò dalla parete e affiancò la moglie in una sorta di sostegno indiretto.
-Sto bene e anche Bra è in ottima forma. Ti ringrazio per l’interessamento.- gli rispose Bulma lanciando un’occhiata di sottecchi al compagno.
-Ottima notizia.- proclamò.- Sire, il pianeta Azur ha effettuato il proprio pagamento per i soldati richiesti. Hanno detto che vorrebbero tenere la guardia per altri due o tre mesi.- cambió discorso poi rivolgendosi a Vegeta che l’osservava serio.
-Non avevano detto di voler un periodo di prova di dieci giorni?-
Alistair si limitò ad un’alzata di spalle.
-A quanto pare non ce ne sarà bisogno. Sono rimasti piacevolmente soddisfatti dalla loro reazione al pericolo.-
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato prima di accennare un ghigno soddisfatto.
-Bene.- disse spostando lo sguardo altrove.
Alistair sorrise un poco: -Di questo passo nel giro di un anno o due rientreremo nei costi e potremmo anche guadagnarci, non è fantastico mio Signore?-
Il sovrano fece una smorfia non esattamente entusiasta e lanciò un’occhiata alla donna dai capelli azzurri di fianco a lui.
Un anno o due? Non avevano intenzione di rimanere lì così a lungo, anzi non avevano proprio alcuna intenzione di rimanere. Soprattutto dopo gli ultimi eventi. Mettere in pericolo la propria famiglia era l’ultima cosa che voleva.
Tutta colpa di quei due idioti che non sapevano cosa farsene dei soldi. Vegeta lanciò uno sguardo di fuoco a Radish e Napa che rabbrividirono consapevoli.
Il capellone fece un passo avanti, sfidando la morte, cercando di mettere una toppa.
-Su, Vegeta, non è il caso di esagerare. I guadagni stanno lievitando e il piano della terrestre - disse indicando Bulma - funziona alla grande. Cosa c’è da preoccuparsi?-
-Se aveste tenuto a bada le vostre manie di sperperamento non saremmo in questa situazione.- gli rispose il sovrano stizzito. -Invece sono bloccato su questo pianeta per chissà quanto tempo per colpa vostra. Chi diavolo vi ha dato il permesso per mettere il vostro culo sul mio trono poi!- sbottò alla fine.
Radish deglutì a corto di idee per rispondere alla legittima domanda del suo interlocutore. Aprì bocca un paio di volte ma non ne uscì nulla e si chiese se Napa avesse ragione nel dire che il suo unico neurone funzionava una volta sì e dieci no. Cosa diamine doveva dire a Vegeta?
Non lo sapeva. Quindi sparò a caso la prima cosa che gli passò in mente.
-È colpa tua che sei rimasto sulla Terra tutti questi anni! Dovevi preoccuparti del tuo popolo non di moltiplicarti su quello stupido pianeta!- esclamò Radish. -Qualcuno doveva pur prendere in mano la situazione! Vero Napa?- disse convinto incrociando le braccia al petto.
Scese il silenzio più completo tra i presenti, nessuno ebbe il coraggio di dire alcun che per far notare al Saiyan dalla chioma fluente che, in effetti, stava dicendo un sacco di stupidagini.
Bulma se lo guardò piuttosto stranita, avrebbe potuto giurare che, ai tempi in cui approdò sulla Terra con l’intento di dare una lezione al fratello, le era sembrato assai più sveglio. Invece era un perfetto idiota, probabilmente aveva perso la consegna del cervello ai tempi.
Vegeta invece, che lo conosceva fin troppo bene e che sapeva che l’unico cervello che possedeva era nei pantaloni, lo fissò con un sopracciglio alzato incassando le accuse senza capo né coda senza dargli troppa importanza.
Trunks e Bra passarono in mezzo agli adulti, ridendo e rincorrendosi. La più piccola tentò di nascondersi dietro al padre ma il fratello le si buttò addosso, mancandola per un pelo. La mezzosangue ridendo si era scansata quel poco che bastava per far abbracciare il nulla al maggiore.
Vegeta osservò i figli giocare meditando su cosa rispondere all’altro Saiyan.
-Indipendentemente da dove fossi io, le vostre mani sarebbero dovute rimanere lontane dal mio trono. E tra l’altro,- disse abbassandosi a prendere dalla maglietta la figlioletta, staccandola dalle proprie gambe e consegnandola al ragazzino dai capelli glicine. Bra però si ancorò al suo braccio manco fosse un ramo penzolante su un fosso pieno di coccodrilli. - fino a un mese fa questo pianeta neanche esisteva. Era stato spazzato via da Freezer.-
Trunks cominciò a fare espressioni terrificanti alla sorella, minacciandola sottovoce di atroci torture. La bambina si strinse maggiormente al braccio del padre che però riuscì a scrollarsela di dosso e rilegarla alle cure del suo “carnefice”. Bra sgusciò via dall’abbraccio fraterno non appena lui le regalò un malefico sorriso, correndo poi a perdifiato il più lontano possibile da lui.
Radish si ritrovò a fissare il vuoto in cerca di una qualsivoglia risposta di senso compiuto da dare all’ex compagno di squadra. Passarono diversi istanti in cui regnò il più completo silenzio, in attesa di un segno di vita da parte del fratello di Goku. Soltanto l’acuta voce di Bra che rideva, supplicando al contempo il fratello maggiore di starle lontana, riempiva l’ambiente circostante. Il capellone fissò il pavimento arrendendosi alla propria stupidità.
L’arrivo di una seconda persona, una guerriera di prima classe, spezzò quell’imbarazzante quanto comico momento.
-Vostra Maestà- disse rivolgendosi ad entrambi i sovrani. -Radish. Napa.- aggiunse con una smorfia disgustata.
-Ehy, Calliope! Quanto tempo.- esclamò il pelato ghignando.
La guerriera lo ignorò, fregandosene altamente di tutto ciò a cui stava alludendo, preferendo concentrarsi sulla regina. Le fece un leggero inchino in segno di rispetto prima di ricominciare a parlare.
-La mia squadra ed io abbiamo bisogno di parlarvi. In privato.- disse lanciando un’occhiata ai presenti.
Bulma, momentaneamente sprovvista del suo rilevatore, non aveva capito ciò che le era stato detto perciò chiese aiuto con lo sguardo al marito che, pur riluttante, tradusse quanto le era stato detto.
-Vogliono parlarti.- tagliò corto il Re.
-E di cosa?- chiese l’azzurra.
Vegeta scrollò le spalle: non poteva saperlo.
La Regina si guardò attorno come alla ricerca di qualcosa ed attese qualche attimo. Bra, seguita da Trunks, le passò davanti veloce come fulmini ma lei riuscì ugualmente ad afferrarli, entrambi, dalla maglietta. Lanciò la più piccola al compagno e spinse il primogenito nella stessa direzione.
Vegeta prese al volo la principessa ed impedì al maggiore di rovinare a terra afferrandolo appena in tempo. Poi rivolse uno sguardo interrogativo alla consorte che stava calzando il rilevatore portatole da una seconda guerriera.
-Occupati di loro mentre sono impegnata. Impedisci a Trunks di uccidere sua sorella e a Bra di farlo impazzire.- sentenziò prima di voltare le spalle a tutti e seguire la guerriera nei lunghi corridoi.
Il sovrano seguì con lo sguardo la figura longilinea della moglie fin quando non sparì oltre la fine del corridoio. Nappa e Radish, alle sue spalle, sghignazzarono.
-Cosa avete da ridere?-
-La terrestre ti ha mollato i mocciosi e tu non hai fiatato. Manco fossi la loro balia o il suo schiavetto.- ridacchiò Nappa.
Il Saiyan reale si limitò a lanciare loro un’occhiataccia prima di posare la più piccola a terra e lasciar andare il maggiore. Li guardò entrambi con il solito cipiglio severo ricevendo in cambio due luminosi sorrisi, che gli sciolsero il cuore. Sbuffò per evitare di esternare tale sentimento e si incamminò dalla parte opposta del corridoio.
-Andiamo, mocciosi. Vi farò fare qualcosa di costruttivo che sfogherà le vostre energie.- sentenziò.
I due mezzosangue si guardarono l’un l’altro prima di affrettarsi a seguire il padre. Trunks gongolava pregustando il momento in cui la principessina di casa, durante gli allenamenti, sarebbe stata trattata con la stessa durezza che il padre usava con lui. Era un sadico? Sì, forse anche troppo per i soli quattordici anni che aveva. Sua madre gli diceva spesso che iniziava ad assomigliare sempre di più al padre man mano che cresceva. E ciò gli piaceva assai, un po’ meno alla genitrice.


Bulma, dall’altro lato dell’enorme palazzo, nell’ala adibita agli allenamenti, sentì fischiare l’orecchio sospettando che qualcuno la stesse pensando. Mandò un paio di maledizioni al marito mentre provava a liberarsi del fastidio massaggiandosi il padiglione auricolare.
-Vostra Maestà,- iniziò la Saiyan che la precedeva. -Volevo informarvi che vorremmo che voi iniziaste ad allenarci per rinforzare il vostro fisico.-
-Cosa?- esclamò.
-Crediamo che un allenamento fatto su misura per voi, e quindi uno sviluppo di capacità combattive seppur minime, sia un ottimo modo per farsi accettare da "ribelli" che non vi credono adatta al vostro ruolo.- continuò guardando dritto davanti a sè.
Bulma fissava la schiena della guerriera senza proferir parola, incapace di mettere insieme tali informazioni e crederle reali.
-Oltre a ciò,- continuò Calliope. - Potrete avere una sorta di indipendenza nella protezione della vostra persona.-
-Ma io non saprei dove iniziare. Poi voi siete tutti ultra forti, come potrei anche solo provare a proteggermi da sola?- chiese la scienziata più curiosa che intimorita.
Calliope aprì la porta che dava sul campo d’allenamento esterno e un forte odore di terra bagnata inondò le narici della Regina.
I nuvoloni carichi di pioggia ricoprivano il cielo rosso dando un’aria ancora più tetra a quel pianeta così inospitale. Bulma fu percorsa da un brivido di freddo che non seppe attribuire alla temperatura esterna. Si guardò attorno per qualche secondo senza accorgersi che Calliope l’avesse preceduta: la terra bagnata divenuta ormai fango era l’unica cosa naturale in quel campo d’addestramento. Cupole trasparenti come il vetro ma resistenti come l’acciaio ricoprivano e dividevano le varie sezioni, dando così ad ogni gruppo il proprio spazio. Una struttura in ferro si ergeva al di sopra delle cupole racchiudendole in un ambiente in un certo senso privato.
- Mia Signora, statemi vicina per favore..- sentenziò la guerriera da lontano.
Bulma la raggiunse quasi correndo e, senza mai smettere di guardarsi attorno, proseguirono il loro percorso.
Avvicinandosi alle cupole, la donna terrestre poteva avvertire chiaramente l’odore di sangue mischiato a quello di terra e sudore provenire dai guerrieri all’interno. Storse appena il naso chiedendosi se i Saiyan conoscessero il sapone.
-Queste strutture sono indistruttibili dall'interno ma permetto alla pioggia, al caldo e al vento di entrare. Se si scatenasse una tempesta i combattenti non sarebbero al riparo.- spiegò alla donna al suo fianco più che mai interessata. -Filtrano anche le onde bluez, impedendo una trasformazione involontaria.-
L’azzurra rimase affascinata da tale tecnologia e si chiese chi ne fosse l’artefice, desiderava ardentemente fare un giro nei laboratori del palazzo e accumulare conoscenze aliene.
Sussultò quando una coppia di guerrieri sbattè contro la parete esterna della cupola. In quel momento potè osservare le espressioni estasiate dei combattenti, quasi eccitate. Sapeva bene che i Saiyan provavano un piacere fisico e mentale per lo scontro pari quasi a quello sessuale. Aveva visto espressioni simili stampate in faccia a Vegeta o addirittura a Trunks durante gli allenamenti intensivi con i Son, era inquietante ed affascinante allo stesso tempo. I Saiyan erano macchine da guerra nati per scontrarsi e diventare sempre più forti, senza alcun tipo di limite.
Osservò le varie cupole ove si svolgevano gli incontri più disparati e intensi con più attenzione. Provò a seguirne i movimenti ma alcuni era troppo veloci persino per il rilevatore che faticava a captare le energie presenti. Pensò di provare a modificarne qualche componente per renderlo più prestante mentre premeva ripetutamente il tasto laterale. Finalmente sul vetrino rosso apparve il cerchio giallo con l’indicazione di dove si trovasse l’energia. Ne seguì la direzione fin quando non entrò nel suo campo visivo una giovane coppia di guerrieri, un ragazzo e una ragazza, di massimo venticinque anni che, al contrario degli altri, si scontravano ad una velocità quasi umana. Bulma rimase incantata da quei movimenti lenti e precisi ma altrettanto violenti e forti. Vide la ragazza liberarsi da una presa con movimenti felini mentre il compagno tentava di tenerla ferma prendendola dai capelli. Lui avvicinò il volto al collo di lei inspirando con forza e lei gli artigliò la faccia cercando di staccarlo. Riuscì ad invertire le posizioni, la guerriera, mettendosi a cavalcioni sul compagno e picchiandolo in volto. Ma la sua supremazia durò poco: il ragazzo la sbattè faccia a terra sdraiandosi poi sopra il suo corpo, schiacciandola con il proprio peso. Le tirò i capelli costringendola a tirare la testa indietro e si leccò le labbra. Fu però costretto a lasciarla andare quando una sfera d’energia gli sfiorò la faccia, distraendosi e dando modo all’altra di tirargli un calcio sullo sterno.
L’azzurra riuscì finalmente a distogliere lo sguardo tra i due quando la carica elettrica creatosi iniziò a svanire. Battè le palpebre confusa da tale stile di combattimento: aveva sempre visto i Saiyan massacrarsi di botte, rompendo le ossa al proprio avversario in cerca di vittoria rischiando di morire in ogni scontro. Ma quei due sembravano essere sul punto di accoppiarsi e non di combattere fino alla morte.
Espose il dubbio a Calliope che per poco non scoppiò a ridere. Quando ritrovò il proprio contegno la Saiyan le rispose.
-Per i Saiyan la linea di demarcazione tra sesso e combattimento è molto sottile. Capita che nel bel mezzo di uno scontro si accoppino o che si mettano a lottare per accoppiarsi..- spiegò scrollando le spalle.
Bulma non fiatò. Rimase in silenzio ad osservare gli scontri all’interno delle cupole seguendo Calliope fuori da quel posto.
La Saiyan aprì una porta metallica che conduceva all’ennesimo lungo e asettico corridoio, che spinse nuovamente Bulma a pensare di dover arredare quel posto così triste. La guerriera cedette il passo alla Regina di fronte a una seconda porta, identica alla precedente solo più piccola. L’azzurra la guardò non capendo.
-Il medaglione, mia Signora. Ponetelo nella fessura e la porta si aprirà.-
Bulma fece come le era stato detto e poggiando la gemma blu nell’apposita conca, la porta si aprì con un suono metallico che le ricordò la Camera Gravitazionale. Una forte luce al neon bianca le ferì lo sguardo abituato alla semi-oscurità esterna. Quando le sue pupille si furuno abituate alla nuova illuminazione, Bulma riuscì a scorgere altri combattenti ma in numero molto ridotto. Sembrava una sala privata dove solo pochi eletti potevano accedervi. Il resto della squadra, che si occupava della sua protezione, si fece largo arrivando a non più di un metro dalla sovrana. Chinarono il capo in segno di rispetto.
L’azzurra le guardò un po’ stranita, doveva ancora farci l’abitudine a quel tipo di trattamento. Calliope le si mise di fronte, riprendendo il proprio posto a capo delle guerriere.
-Saremo noi ad allenarci. In questa sala d'allenamento non accessibile.- disse guardandosi poi intorno. -Faremo in modo che non ci sia nessuno al momento del vostro allenamento, ve lo posso garantire.- concluse tornando a guardare la Regina.
Bulma ricambiò lo sguardo di Calliope un po’ titubante: una parte di lei era tentata di accettare la proposta, sarebbe stato ottimo per il suo ruolo di Regina terrestre, ma dall’altra temeva di non essere all’altezza di tutto ciò e quindi di far scendere ancor di più la stima del popolo nei suoi confronti.
-Va bene, accetto.-
Non le piaceva l'idea di dover subire passivamente il corso degli eventi, se quello poteva darle una marcia in più come sovrana era disposta a provare. Cosa aveva da perdere? Di certo le guerriere non avrebbero fatto sul serio ma era sicura che si sarebbero impegnate per renderle gli allenamenti non esattamente una passeggiata. Accennò una smorfia un po’ spaventata: temeva un po’ per la propria incolumità.
Sul viso di Calliope si fece largo un ghigno soddisfatto.
-Perfetto! Iniziaremo gli allenamenti domattina!-


La giornata scorreva noiosa, seduta sul grande trono Bulma giocherellava con il braccialetto che portava al polso in attesa che accadesse qualcosa di sostanzioso. Sbadigliò chiedendosi il perchè di tutta quella quiete nonostante i disordini degli ultimi giorni. Spostò lo sguardo alla propria destra osservando annoiata Vegeta seduto accanto a lei discutere di qualcosa nella sua lingua natia, inveendo di tanto in tanto contro l’interlocutore al di là del rilevatore. Aggrottò le sopracciglia pensando che come al solito lui borbottava in quella strana lingua tagliandola fuori, inutili le sue richieste di insegnarle qualcosa in più. Testardo come un mulo. Lo vide sfilarsi il rilevatore borbottando qualcosa di poco comprensibile, non doveva essere stata una conversazione piacevole.
Bulma rimase ad osservarlo per un po’ finchè lui, sentendosi i suoi occhi addosso peggio di un fucile puntato, non si voltò con un’espressione tra il confuso e l’arrabbiato. La donna, allora, si alzò dal proprio posto e si andò ad accomodare sulle gambe del compagno.
-Ma che…!?- esclamò il Saiyan.
Lei gli passò le braccia attorno al collo impedendogli qualsiasi modo di fuga, incatenò i loro sguardi e gli mostrò la faccia da cucciolo migliore che riuscisse a fare. Vegeta se la guardò stralunato: che diavolo voleva!?
-Che c’è?-
-Mi annoio.-
Il Saiyan alzò gli occhi al cielo sistemandosela meglio in grembo. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma gli piaceva averla così vicina.
-E cosa vorresti da me?- le rispose.
Bulma alzò le spalle e si andò ad accoccolare sul suo petto posando una mano all’altezza del suo cuore. Poggiò la testa nell’incavo tra il collo e la spalla ed inspirò a pieni polmoni il suo odore: le piaceva da morire, sapeva di uomo e di pulito, di guerra e di libertà. Di Saiyan, di Vegeta. Strofinò il naso sul suo collo provocandogli un leggero brivido, sorrise contro la sua pelle quando l’avvertì sussultare. Chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal suo battito che avvertiva forte e chiaro sotto il palmo e da quel profumo di cui non si sarebbe mai stancata.
Passarono diversi minuti avvolti nel silenzio di quell’immenso palazzo, dalla parte opposta poteva starsi scatenando una rissa e loro non l’avrebbero sentito. Rimasero abbracciati senza dirsi una parola, godendo l’uno del calore dell’altra. Vegeta la strinse più a sè quando la sentì rabbrividire a causa del freddo.
-In questo schifo di palazzo si congela, possibile che non abbiate il riscaldamento? Super attrezzati per viaggiare da un pianeta a un altro ma niente per non morire assiderati?- sbottò la donna stringendosi di più al marito.
-Qui nessuno ha bisogno del riscaldamento. Per i Saiyan questa è una temperatura ideale, sei solo tu, fragile terrestre, ad aver freddo.- specificò il sovrano guardando però altrove.
Bulma sbuffò. -Voi scimmioni avete una temperatura media di 38 gradi, ci credo che non avete mai freddo! Persino Bra e Trunks che sono mezzosangue hanno ripreso questa tua caratteristica.-
Il Saiyan alzò le spalle, poco interessato al discorso. Lui non sentiva freddo ed era ovvio che anche i suoi figli avessero ereditato anche quella piccola cosa. Ma sapeva che la sua compagna di vita invece tremava come una foglia appena la temperatura scendeva sotto i venti gradi.
-Puoi sempre costruirlo. Sei un genio, no?-
La donna sbuffò nuovamente. -Se potessi accedere ai progetti di questo posto, magari.-
Il Saiyan non le rispose e tra di loro scese nuovamente il silenzio mentre il cervello dell’azzurra iniziava a macchinare metodi per costruire un impianto di riscaldamento decente in quell’enorme palazzo. Non sarebbe stato difficile ma sarebbe stato lungo. Chissà se avevano già un impianto d’areazione o qualcosa di simile, si sarebbe potuta collegare a quello e apportare le dovute modifiche. Se veramente le sarebbe toccato rimanere lì per almeno un anno, quantomeno esigeva che il proprio alloggio fosse a una temperatura gradevole. A costo di far patire le temperature desertiche all’intera popolazione Saiyan, dannati scimmioni.
Vegeta non si chiese cosa stesse macchinando il geniale cervello della consorte nemmeno quando la sentì imprecare sottovoce contro l’intera razza Saiyan. Sapeva benissimo che Bulma era bella quanto pazza. Semplicemente evitò di far caso ai suoi borbottii estraniandosi dal contesto o sarebbe impazzito a starle appresso.
-Pensi che riusciremo a gestire questa situazione?- proruppe all’improvviso la donna.
Vegeta aggrottò le sopracciglia rimanendo con lo sguardo puntato sulle enormi finestre della sala del trono.
-Probabilmente sì.- le rispose. -Se fosse veramente così drammatica di certo non sarebbe tutto così tranquillo.-
Vegeta non era il tipo che ti indora la pillola, che pensa che andrà tutto bene persino quando sta per esplodere tutto, ma nemmeno il tipo catastrofico che annuncia la fine del mondo al primo temporale. Era semplicemente realistico, se credeva che le cose si sarebbero risolte, lo diceva. Se pensava che sarebbero morti tutti, uguale. Lui, che aveva una mentalità di uno stratega, di un combattente, analizzava la situazione e tirava le proprie conclusioni sulle basi di ciò che conosceva. Niente di più niente di meno. E Bulma ringraziava questo suo modo di essere ogni volta che la situazione volgeva al peggio, era sicuramente la persona che se avesse detto che c’era un modo per uscirne di certo non lo faceva per rassicurare gli altri ma perchè lo pensava veramente. Quindi si potè permettere il lusso di tirare un sospiro di sollievo con la consapevolezza che non le stava mentendo e che le cose sembravano peggiori di quanto in realtà non fossero.
Il guerriero reale non aveva ancora idea di cosa li aspettasse nè di cosa, o chi, ci fosse dietro a tutto quel trambusto però era abbastanza sicuro che non ci fosse molto da temere. Probabilmente il mandante dei rapitori di sua figlia voleva tastare il terreno per evitare un suicidio. Intelligente senza dubbio ma troppo cauto per qualcuno che si professa messia del Dio della guerra. Forse non era così forte come diceva di essere, forse era tutta una messa in scena per fomentare gli animi dei guerrieri più ignoranti e lasciar fare a loro il lavoro.Di una cosa però era sicuro: non avrebbe permesso che si avvicinasse alla sua famiglia una seconda volta, per nessun motivo. Piuttosto li avrebbe sorvegliati notte e giorno.
-Comunque sia finché ci sarai tu al nostro fianco non abbiamo nulla da temere.- disse lei tranquillamente quasi con indifferenza.
Era una cosa abbastanza scontata ma aveva sul Saiyan un effetto non indifferente: sapere che la sua famiglia contava su di lui e che si sentiva al sicuro se era con loro gli scaldava l’anima.
Fece una smorfia, si era rammollito in una maniera che mai avrebbe creduto. Stupidi sentimenti terrestri, avevano intaccato il suo orgoglio divorando quella corazza che si era creato facendosi largo nel suo cuore. Ed era tutta colpa sua, di quella donna geniale quanto assurda che lo fissava, seduta sulle sue gambe, con quei due occhi azzurri che tanto gli piacevano.
Si era rammollito? Sì. Gli dispiaceva? No. Decisamente no.
Bulma lo guardava in attesa di un movimento, a volte passavano minuti interi senza che lui facesse altro che fissarla con la sua solita espressione corrucciata. Si chiese cosa gli passasse per la testa, nonostante tanti anni insieme molte volte quel Saiyan rimaneva un mistero per lei.
Lo vide avvicinarsi e, senza neanche rendersene conto, si ritrovò le sue labbra premute contro le proprie. Non se lo aspettava, non nel posto più esposto dell’interno palazzo, ma contraccambiò il contatto con piacere.
Qualcuno si schiarì la voce a pochi passi da loro interrompendo quel momento d’intimità tanto prezioso quanto inaspettato.
Vegeta interruppe il bacio fulminando con lo sguardo il Saiyan che li aveva disturbati, il quale sussultò spaventato non capendo, però, il motivo di tale ammonimento. Scrollò la testa, il guerriero, mentre il Re tornava composto sulla propria sedia e la Regina lasciava il posto sulle sue gambe per andare a sedergli accanto.
-Che vuoi?- tuonò il sovrano aggrottando ancor più del solito lo sguardo.
Il Saiyan piegò il busto in avanti in un inchino, non osò alzare lo sguardo.
-Mi duole disturbarvi, Sire, ma il comandante della squadra esplorativa beta è appena tornato.- disse il soldato.
Vegeta incrociò le braccia al petto.
-E…?- lo incalzò.
Vide il guerriero deglutire prima di rispondere. Fissava il pavimento, nessuno aveva il permesso -e il coraggio- di guardarlo negli occhi, a meno che non fosse stato il Re stesso ad imporlo.
-E, citando le sue parole, la conquista del pianeta Saad è appena iniziata ma sarà una passeggiata.-
Vegeta non si mosse, non un movimento anche impercettibile scosse la sua persona. Fissò in silenzio il suo interlocutore che di tutto ciò era solo un portavoce. Sul suo viso la solita espressione seria e indecifrabile.
-Conquista?- chiese atono.
-Sì, vostra Maestà.-
Il Re indugiò nel proprio silenzio lasciando in attesa il guerriero davanti a sé. Nessuno fiatò, nemmeno la Regina che faceva saltare lo sguardo dal marito al Saiyan di fronte sbuffando. Già si annoiava di suo, ci mancava solo che il compagno si mettesse a giocare al gatto col topo.
Vegeta afferrò il calice di vino poggiato su un tavolino poco lontano, fece volteggiare il liquido cremisi un paio di volte prima di prenderne un sorso, senza staccare mai lo sguardo dal suo interlocutore. Bulma iniziò a pensare che si stesse atteggiando un po’ troppo, il potere gli dava alla testa.
Alzò gli occhi al cielo, la donna, e accavallò le lunghe gambe, lasciate scoperte dall’abito con cui era stata incoronata -e che probabilmente i Saiyan vedeva come una rivisitazione più elegante delle loro divise- e poggiò la testa sulla mano.
-Non mi sembra che ci sia un’operazione di conquista in corso, quanto più di alleanza. Non è così, mio Re?- disse lei spostando alla fine lo sguardo sul compagno.
Il viso del Saiyan reale rimase immobile mentre annuiva leggermente.
Bulma tornò a guardare il portavoce.
-Chi gli ha dato tale permesso?- chiese fermamente.
Il guerriero aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di dare una risposta alla Regina terrestre. Non aveva idea del perchè si fosse messo a conquistare pianeti invece di stringere alleanze se i sovrani non ne sapevano niente.
Bulma fissò il guerriero, ancora chino con lo sguardo rivolto verso il pavimento, tentare invano di trovare una risposta. Provò pena per lui, alla fine non ne sapeva nulla al di fuori di ciò che gli avevano detto.
-Alza la testa, per favore, preferisco essere guardata mentre parlo a qualcuno.- sentenziò accorgendosi solo in quel momento di quanto quell’atteggiamento così remissivo e rispettoso le desse, alla lunga, sui nervi.
Vegeta le lanciò un’occhiata ma non protestò lasciando a lei le redini della situazione. Bulma aveva una parlantina che, nella maggior parte dei casi, risultava fastidiosa e petulante ma era anche in grado di usarla per scopi diversi dal vaneggiare. E lui poteva anche non preoccuparsi di ciò che avrebbe detto nè di come lo avrebbe fatto, la sua donna sapeva come destreggiarsi. Perciò si limitò ad ascoltare.
Il Saiyan ubbidì alzando finalmente i propri occhi neri, tipici di tutta la razza Saiyan, su quelli azzurri della Regina.
-Mia Signora, io non ne ho idea. Sto soltanto riferendo ciò che mi è stato detto.- rispose risoluto.
Bulma fece schioccare la lingua sul palato riflettendo bene su ciò che poteva dire.
-Allora perchè non mi chiami il diretto interessato? Glielo chiederò di persona, lui avrà una risposta.- ordinò sotto forma di richiesta.
Il guerriero abbassò nuovamente la testa per un secondo e, tornando poi in posizione eretta, si congedò.
-Ai vostri ordini, Maestà.- disse prima di uscire dalla sala.
Bulma lo seguì con lo sguardo, fin quando le porte della sala del trono non furono chiuse alle sue spalle. Continuò a fissare l’uscio chiuso riflettendo su quanto era stato loro detto: perchè un comandante dovrebbe prendere tale decisione senza chiedere il permesso? O era completamente pazzo o semplicemente stupido, perchè ad andare contro la corona ci avrebbe rimesso solo lui. Okay le manie di conquista, l’abitudine al distruggere tutto indipendentemente dal dove, cosa, come e quando e l’incapacità, innata, di autocontrollarsi dei Saiyan, ma arrivare a disubbidire agli ordini reali era un’altra storia. Più passava il tempo in mezzo a quel branco di scimmioni più si rendeva conto di quanto fossero assurdamente impulsivi.
Spostò lo sguardo sul marito, che sorseggiava indolentemente il vino dal calice senza alcun apparente interesse nel resto, osservandolo a lungo studiandone i tratti marcati.
-Che c’è?- borbottò lui facendo saettare lo sguardo nella sua direzione.
Bulma gli sorrise e si appoggiò al bracciolo del trono fissandolo con aria trasognante.
-Niente, mi piace guardarti.- gli rispose.
Vegeta alzò un sopracciglio dubbioso, quella donna era tutta matta. Indugiò per qualche secondo sul rilevatore rosso che le copriva un occhio, pensieroso. Le donava quel coso anche se le dava un’aria strana. Tornò a sorseggiare la sua preziosa bevanda spostando lo sguardo lontano da lei.
Bulma tornò ad appoggiarsi allo schienale senza staccare gli occhi dal suo principe dagli occhi scuri.
-Calliope e le altre vogliono che io mi alleni.- disse la donna.
Il Saiyan sputò tutto ciò che stava bevendo, scioccato a quella rivelazione inaspettata. Tossì qualche istante per evitare di strozzarsi prima di far saettare lo sguardo su di lei.
-Cosa?- esclamò senza trattenere lo stupore.
La donna smise di guardarlo concentrandosi invece sul paesaggio al di fuori di una delle grandi finestre. Un sorrisetto aleggiava sulle sue labbra morbide, definite appena da un leggero rossetto nude.
-Calliope e lei altre…-
-So cosa hai detto!- sbottò lui passandosi il dorso della mano sulla bocca. -Non avrai accettato.-
-E invece sì.-
L’espressione assunta dal Saiyan era pura incredulità, senza filtri, senza barriere. Probabilmente quella era la faccia più vera che gli avesse mai visto fare. Si trattenne dal ridere quando si voltò per osservarlo, era così divertente vedere il suo viso generalmente contratto nella solita espressione seriosa fissarla scioccato. Si limitò a un sorrisino.
-Cosa… Perchè hai deciso di fare una cosa del genere!?- le urlò.
-Perchè non avrei dovuto? Sono la Regina di un popolo di guerrieri e non conosco neanche le basi del combattimento se non per sentito dire.- gli rispose tornando a guardare fuori.
L’espressione del Re tornò accigliata, in parte dubbiosa su quanto affermato dalla consorte. Che bisogno aveva di imparare a combattere se c’era lui, o al massimo Trunks, che potevano proteggerla? Che senso aveva affermare di volerlo fare perchè Regina di una razza guerriera? Aveva ben altri doti che poteva sfruttare per farsi rispettare.
-Tu sei fuori di testa.- le disse quasi ridendo.
Bulma continuò a non guardarlo preferendo concentrarsi sui due Saiyan al di là della vetrata che avevano iniziato a discutere di chissà cosa.
Sapeva benissimo fin dall’inizio che non sarebbe stato contento di quella novità ma non le importava, non sarebbe stato il diniego di suo marito ad impedirle di fare ciò che voleva. Era convinta che quel piccolo dettaglio avrebbe portato grossi cambiamenti nel modo in cui la vedevano gli altri Saiyan. Doveva farlo o nessuno l’avrebbe mai rispettata veramente.
-Mi dissero la stessa cosa quando decisi di mettere al mondo tuo figlio.- gli ricordò.
Vegeta si vide messo all’angolo, ogni volta che le diceva qualcosa di simile lei gli ricordava che di “pericoloso”, “stupido” e “fuori di testa” era anche tutto ciò che aveva fatto con e per lui. Borbottando qualcosa di incomprensibile si appoggiò allo schienale incrociando le braccia, rimuginando su quanto detto e sulla testardagine della moglie.
Le pesanti porte della sala del trono si aprirono, interrompendo momentaneamente il battibecco tra moglie e marito.
Scortato da due guardie, un guerriero sui quarant’anni attraversò la sala fermandosi a pochi metri dalle due sedute regali. Tutti e tre chinarono il capo di fronte ai sovrani ma, mentre le due guardie si congedarono ripercorrendo i propri passi fino a chiudersi il portone alle spalle, solo il comandante rimase in quella posizione.
-Vostra Maestà, mi avete fatto chiamare?- chiese.
Bulma aggrottò lo sopracciglia: perchè diavolo non alzava la testa prima di porle una domanda?
-Sei tu il comandante della squadra beta assegnata al pianeta Saad?- chiese conferma lei.
-Sì, vostra Altezza. Mi chiamo Denethor.- sentenziò tenendo lo sguardo basso.
-Alza la testa, Denethor, la Regina vuole essere guardata in faccia mentre le si parla.- disse Vegeta, con ancora il broncio, anticipando la consorte.
Denethor alzò lo sguardo, posandolo prima sul Re poi sulla Regina. Si respirava un po’ di tensione nell’aria e il Re non sembrava molto di buon umore. Decise di non farci caso, non erano affari suoi dopotutto.
-Mia Regina, la mia squadra ha per caso leso alla vostra persona in quelche modo?M- chiese il comandante incuriosito da quel richiamo.
-Non esattamente.- iniziò Bulma. -Si può sapere perchè avete attaccato il pianeta Saad?-
Il comandante, dopo un momento di smarrimento per il distacco della lingua usata dalla Regina rispetto alla traduzione del rilevatore, fece un ghigno orgoglioso.
-L'avete saputo? Non è stato difficile, la popolazione è composta principalmente da civili, il Re ha la sua piccola guardia personale ma nulla di che.- raccontò fieramente il guerriero, gli occhi gli brillavano ad ogni parola. -Ovviamente ci siamo limitati a spaventarli un po', lasciando che la conquista vera e propria sia affidati a voi Sire.- concluse chinandosi teatralmente di fronte al Re.
Vegeta non fece una piega, riprese a far volteggiare il liquido rosso scuro all'interno del bicchiere di vetro apparentemente indifferente alla conversazione. Voleva lasciare il tutto nelle mani di Bulma, facendo sì che il comandante un po’ troppo libertino capisse che l'autorità della Regina valesse quanto la sua.
Bulma al contrario non mantenne la stessa fredda compostezza del marito, anzi fece risaltare il proprio caratterino tutt'altro che mansueto scattando in piedi.
-Come diavolo ti è saltato in mente di fare una cosa del genere!- sbottò facendo sussultare e indietreggiare di un passo Denethor. -Gli ordini erano chiari: missione di esplorazione volta all’instaurazione di un rapporto di alleanza con la popolazione del pianeta! E tu, non so se per stupidità o presunzione, hai ignorato completamente la cosa facendo di testa tua!-
Vegeta se la rideva sotto i baffi alla vista del Saiyan visibilmente spaventato dal tono aggressivo della donna, sprovvista di qualsiasi forza fisica ma dotata di una forza d’animo niente male. Sorseggiò il vino godendosi l’ilarità della scena assurda.
Bulma si lasciò cadere sulla sontuosa seduta con un sospiro rassegnato mentre Denethor cercava di ritrovare la compostezza dovuta alla situazione. Si schiarì la voce, il guerriero, mentre drizzava la schiena assumendo una posizione rigida e composta.
La Regina incrociò le braccia al petto attendendo una spiegazione da parte del comandante.
- Mia Signora, la mia non è stata affatto presunzione. Ho solo pensato che per il nostro popolo fosse meglio iniziare un'operazione di conquista, piuttosto che cercare di diventare loro... alleati.- si giustificò storcendo il naso sull’ultima parola.
-Beh pensavi male.- sbottò la donna. -Non mi interessa cosa credi tu, gli ordini qui li do io e sei obbligato ad eseguirli che tu lo voglia o no. In caso contrario puoi anche andare a vivere su un altro pianeta.-
L’espressione sul viso della Regina non ammetteva repliche. Le sopracciglia aggrottate, la bocca piegata in una smorfia per niente convinta e le braccia incrociate sotto al seno. Schiena dritta e sguardo fisso sul proprio interlocutore, nonostante il rilevatore captasse una forza molto vicina allo zero il comandante riscontrò una grande forza in lei. Ne ebbe timore.
-Ma vostra Altezza...- protestò il guerriero.
-Niente “ma”! Sei fortunato che ti lasci in vita, ora sparisci dalla mia vista prima che cambi idea.- lo minacciò Bulma alterata mentre al suo fianco Vegeta osservava il tutto con un ghigno divertito stampato in faccia. La sua donna aveva le palle.
Denethor s’inchinò prima di voltarsi ed uscire dalla sala il più in fretta possibile, quasi con la coda tra le gambe.
Bulma, che ribolliva di rabbia per l’affronto subito, borbottava sottovoce qualcosa riguardo alla poco inclinazione dei Saiyan ad obbedire a ciò che gli si dice e attribuendo il carattere libertino dei propri figli alla parte di loro che apparteneva a quella razza guerriera. Insomma, se esisteva la monarchia su quel pianeta significava che nessuno aveva diritto di cambiare le regole come più gli piaceva. Eppure quel tizio era riuscito a far esattamente l’opposto di ciò che gli avevano detto di fare.
-Smettila di rimuginare.- le disse Vegeta porgendole il bicchiere ancora colmo di vino.
Bulma gli lanciò un’occhiata fugace, studiando il suo ghigno divertito mentre le passava il calice. Afferrò il bicchiere e se lo portò alle labbra, prendendone ben più di un sorso.
Il Saiyan si alzò dal proprio posto mettendo nuovamente il rilevatore all'orecchio. Si voltò per osservare la moglie che ancora borbottava e inveiva sottovoce, poi fece qualche passo in avanti, scendendo i pochi gradini che rialzavano i troni dal pavimento della sala.
-Perché ha dovuto fare di testa sua? Possibile che la mia autorità non valga niente per quell’idiota?- si lamentò prendendo un altro lungo sorso di vino.
-Lascia perdere, se dovessi starti a scervellare per ogni persona che disubbidisce ai tuoi ordini non ne verresti mai a capo.- le consigliò il Re.
-E cosa dovrei fare, lasciar correre?- gli chiese irritata.
-Punire.-
L’azzurra si bloccò, fissando la schiena del marito a pochi passi da lei. Non aveva mai pensato a quella possibilità.  Non era il tipo di cose che le sembrava giusto fare, le punizioni non portavano mai a niente, soprattutto quelle corporali.
Vegeta, d’altro canto, sentendosi fissato si voltò a guardarla.
-Cosa? Siamo un popolo di guerrieri non di pacifici coltivatori. Se sbagli vieni punito, o ucciso.- disse il sovrano senza che la sua espressione facesse trapelare nulla. - È così che funziona qui.-
Poi le voltò nuovamente le spalle dirigendosi fuori dalla sala. A suo parere Bulma ancora non aveva ben capito come funzionassero le cose su quel pianeta, né che avesse a che fare con gente molto diversa dai terrestri. Su Vegeta-sei nessuno si faceva scrupolo ad ammazzarti se non eseguivi l’ordine di un tuo superiore, chiunque tu sia. Perciò la donna doveva mettersi in testa che, per quanto potesse portare una ventata d’aria fresca, c’erano cose che non potevano cambiare. E prima lo avrebbe capito meglio sarebbe stato per lei. Doveva smetterla di pensarla “alla terrestre” e mettersi nei panni di una Regina Saiyan, accettando che, a volte, la violenza per loro funzionava meglio di qualsiasi altra cosa.
-Dove stai andando?- esclamò lei alzandosi in piedi pronta a seguirlo.
-A dare l’ordine di preparare le navicelle.- disse aprendo le porte.
-Le navicelle? E perchè?- chiese lei confusa.
Vegeta premette il tasto sul rilevatore.
- Vostra Maestà?- rispose una voce dall’altra parte.
- Shu, contatta Napa e Radihs. Digli di far in modo che Trunks e Bra indossino le loro divise e che si presentino sul ponte di lancio numero 4 il prima possibile.- ordinò, indugiando un po’ sull’uscio della porta per permettere alla consorte di ascoltare la conversazione.
-Subito, vostra Altezza.-
-Shu.- disse nuovamente il Saiyan con i capelli a fiamma, voltandosi per osservare l’espressione interrogativa e smarrita della donna che aveva sposato. -Preparati anche tu, andiamo a far visita al pianeta Saad-
-Cosa?- esclamò l’azzurra.
Vegeta premette di nuovo il pulsante laterale e gettò il rilevatore da un lato, attraversò la porta prima di parlare nuovamente.
-Muoviti o ti lascio qui.-
Bulma, il cui cervello si era un secondo assentato per capire cosa il marito avesse intenzione di fare, tornò con i piedi per terra e raggiunse il compagno correndogli dietro. I due soldati a guardia della sala chiusero le porte alle sue spalle, sbarrando l’entrata a chiunque non fosse autorizzato.
L’azzurra fu tentata di togliersi le costose scarpe quando Vegeta, invece di rallentare, aumentò il passo costringendola a quasi corrergli dietro. Cosa non facile quando hai ai piedi un paio di scarpe tacco dodici. Percorsero l’infinito corridoio che portava al portone principale e, quando fu aperto, la Regina si pentì di non indossare una felpa.
Vegeta invece non fece una piega e proseguì verso il punto in cui tutte le navicelle partivano e arrivavano. Il primo ponte di lancio era gremito di gente e il rumore assordante di navicelle in partenza gli ricordava la sua infanzia disastrata. Storse il naso mentre tristi ricordi gli tornavano alla mente, avrebbe preferito dimenticare. Sorpassò un gruppo di guerrieri che, alla sua vista, si inchinarono di trenta gradi, in segno di rispetto, ma lui ci fece poco caso. Tallonato dalla moglie raggiunse finalmente il ponte numero 4 e, ad attenderli, trovò un anziano signore, molto avanti con gli anni e ormai fuori dai combattimenti.
-Sire, che piacere vedervi.- asserì inchinandosi.
Vegeta gli diede poco retta, incrociando le braccia al petto mentre Bulma lo raggiunse. Una folata di vento scompigliò i capelli di entrambi, le temperature erano scese di parecchi gradi a causa delle continue piogge di quegli ultimi giorni . La donna si abbracciò stronfinandosi le braccia fredde con le mani, tentando invano di darsi calore.
-Che freddo qui fuori.- borbottò tremante.
Il Saiyan di fianco a lei le lanciò un’occhiata, represse la voglia di abbracciarla e di passarle il proprio calore e si concentrò sull’anziano guerriero davanti a sè.
-È pronta?- chiese criptico.
Il Saiyan annuì e passò al sovrano un contenitore sigillato. Vegeta lo aprì tirandone fuori il contenuto e schiaffandolo malamente in mano alla consorte, che lo guardò malissimo.
-Metti questa. Così non ti lamenterai più del freddo.- le disse indicandole la stanza poco più avanti, invitandola a cambiarsi immediatamente.
La donna fissò prima gli indumenti che aveva tra le mani poi il Saiyan che aveva sposato con troppe domande e nessuna risposta. Non provò neanche a chiedere al marito, già non parlava di suo, figuriamoci davanti a qualcun altro. Borbottando fece quanto le era stato chiesto, dando però una spallata al marito prima di allontanarsi.
Vegeta quella botta neanche la sentì ma comprese il significato di quel gesto. Alle sue spalle decine di navicelle tondeggianti monoposto partivano e tornavano da chissà quali pianeti e galassie lontane. Era un suono a cui era stato costretto ad abituarsi per gran parte della sua vita. Stando sulla Terra, però, aveva iniziato a dimenticarlo -sul pianeta blu era assai raro che qualcuno partisse per lo spazio- fino a rimuoverlo completamente dalla propria testa. A risentirlo gli saliva addosso una malinconia spiacevole, e non perchè gli mancasse quella vita, quanto più perchè gli ricordavano un brutto periodo che, per quanto si sforzasse, gli era impossibile da dimenticare. Aggrottò le sopracciglia tornando con la mente ai ricordi di un sè poco più di un bambino, strappato dalle braccia materne troppo presto e buttato in una gelida stanza di metallo senza alcuna possibilità di opporsi. Suo padre se ne era lavato le mani, affidando il compito di crescerlo ad un tiranno che di tutto gli importava tranne che del piccolo principe.
-Papà!- urlò una vocina poco lontana.
Vegeta si voltò, cacciando via quei pensieri deprimenti per poter incontrare gli occhioni blu della sua bambina.
Bra esibiva un orgoglioso e luminoso sorriso mentre correva incontro al padre. Si fermò di fronte a lui, fece una giravolta su se stessa, contenta del nuovo “abito” che aveva indosso, attendendo l’approvazione paterna.
L’uomo accennò un sorriso mentre Trunks, seguito da Radish e Napa, li raggiungeva con calma. Negli occhi del suo primogenito potè vedere quella scintilla di fierezza che Bulma diceva di ricordargli lui stesso, Trunks si stava facendo grande e il sangue Saiyan in lui ribolliva di fronte alla possibilità di scontrarsi con qualcuno di forte. Probabilmente era silenziosamente grato al genitore per aver scelto di portarli con loro.
-Dove andiamo?- chiese il glicine guardandosi attorno.
-A rimediare agli errori di qualche idiota.-
Trunks fissò il padre senza aver compreso bene ciò che volesse dirgli ma non gli importò. Alzò le spalle indifferente mentre davanti a loro una porta si aprì, rivelando la figura materna calzata in una battle suit blu con tanto di corazza.
La donna lanciò un’occhiata di fuoco al marito, che la fissava imperturbabile nella sua compostezza, poi fece qualche passo avanti.
-Vi dona, mia Signora.-borbottò in imbarazzo l’anziano guerriero.
Bulma gli fece un sorriso riconoscente poi spostò lo sguardo sul compagno, ingessato nella solita posa a braccia conserte, al cui fianco la loro figlioletta fissava incantata la madre.
-Vuoi aggiungere qualcosa?- gli chiese sapendo già che non avrebbe aperto bocca.
Vegeta la squadrò da capo a piedi: la tuta le aderiva addosso come una seconda pelle, mettendo in risalto i fianchi generosi e la vita stretta. Persino la corazza, che tendenzialmente andava a comprimere il seno delle guerriere, su di lei sembrava abbracciarlo con delicatezza. Le voltò le spalle senza dire una parola e precedere tutti in direzione delle navicelle monoposto a loro designate.
Bulma sospirò rassegnata, quell’uomo non si sarebbe mai espresso a parole però era sicura che l’avesse guardata con occhi pieni di desiderio. Lo seguì, affiancando entrambi i figli e seguita da Napa e Radish che avevano due facce stravolte.
-Che vi è successo?- chiese curiosa Bulma.
-È successo che questi piccoli demoni sono inarrestabili!- sbottò Radish. -La mocciosetta ha corso per l’intero palazzo a una velocità pazzesca e Trunks…-
-Principe Trunks.- lo corresse il glicine con una punta di rimprovero.
Radish gli lanciò un’occhiataccia ma Trunks, risoluto e un po’ sadico, incrociò le braccia al petto e lo fissò in attesa un ghigno strafottente stampato sulle labbra. Tutto suo padre.
Radish ringhiò prima di continuare.
-Il principe Trunks ha rifiutato di fare qualsiasi cosa dicendo che nessuno poteva dargli ordini.-
A Bulma venne da ridere, quel ragazzino appena entrato nell’adolescenza si comportava sempre più spesso come il padre assumendo lo stesso tono e la stessa posa. Si divertiva a dare ordini ai due ex tirapiedi paterni e a farsi rispettare asserendo di essere un principe. Lo guardò per qualche secondo finchè lui non si voltò e le regalò un sorriso a trentadue denti.
Il ponte numero 4 non era chissà quanto grande ma ospitava una quantità ingente di navicelle. La combriccola si fermò davanti a quelle designate per quel viaggio fuori programma. Ad aspettarli vi era Shu, in piedi davanti a una delle navicelle che li osservava in attesa. S’inchinò di fronte ai reali, alzando poi subito la testa per incrociare lo sguardo d’ossidiana del Re e quello zaffiro della Regina.
Appoggiati su un tavolo di metallo inchiodato al pavimento accanto a una delle postazioni di lancio, vi erano dei rilevatori con il vetrino rosso. Vegeta ne prese un paio, porgendone uno per uno ai propri figli.
-Questi vi serviranno per capire le lingue esterne.- disse loro.
Bra fissò lo strano aggeggio, che aveva visto addosso al padre molto spesso ultimamente, incuriosita. Non sapeva come calzarlo, sapeva solamente che andava appoggiato all’orecchio. Armeggiò un po’ prima di comprendere che non ci sarebbe riuscito da sola.
-Da’ qua.-
Per fortuna in suo soccorso arrivò Vegeta che, molto più abile nel maneggiare quegli strumenti, si abbassò quel che bastava per arrivare comodamente al viso della bambina. Gli tolse il rilevatore dalle mani e la aiutò ad indossarlo, spiegandole come stringerlo e fissarlo all’orecchio, oltre che a come farlo funzionare.Lanciò un’occhiata al figlio maggiore, assicurandosi che avesse calzato correttamente il rilevatore./
I tre Saiyan al servizio diretto del Re fissarono la scena sorpresi, non si era mai visto un sovrano occuparsi personalmente della cura dei propri figli, era cosa nuova per loro.
Quando il sovrano si alzò, indossò anche lui uno dei tanti, più per estetica, in quanto faceva parte della divisa che portava, che per necessità. Vegeta conosceva molto bene parecchie lingue, soprattutto quella comune parlata in un po’ tutto l’universo.
-Shu ti affido il controllo del viaggio di Trunks e Bra, dovrai monitorare le loro navicelle e far in modo che seguano la rotta. Farò la stessa cosa anche io.- ordinò guardando il guerriero di terza classe.
Fece ruotare gli occhi sui due idioti che si portava dietro da troppo tempo chiedendosi se la loro presenza fosse strettamente necessaria.
-Voi due evitate di fare casini.- borbottò in loro direzione.
Napa e Radish si risentirono per essere stati declassati in quella maniera ma preferirono non protestare.
Vegeta si assicurò che sia Trunks che Bra, fossero correttamente impostati sulla rotta con il pilota automatico. Spiegò al maggiore cosa fare in caso di avaria o di necessità, sperando che non ne avesse bisogno. Si assicurò che Bra non toccasse niente per tutto il viaggio impostando la navicella in modo che, non appena si fosse chiuso il portello, rilascasse il gas soporifero che usavano nei lunghi spostamenti. Almeno non avrebbero rischiato. Prima di entrare nella propria, il Saiyan lanciò uno sguardo alla propria donna che stava studiando e smanettando con i comandi sicuro che sapesse dove mettere le mani. Bulma gli sorrise caparbia, fremeva dall’impazienza di raggiungere il pianeta Saad.
Il Re si accomodò al proprio posto, avviò il pilota automatico ed attese che la navicella si chiudesse. La sua fu la prima a partire, seguita a ruota da tutte le altre.
Il viaggio durò meno di quattro ore, Vegeta passò il tempo a rimuginare su quanto accaduto in quei pochi giorni in cui era stato eletto Re. Evento che mai avrebbe pensato potesse accadere, ancora non si spiegava come faceva il pianeta Vegeta-sei ad essere nuovamente integro e tutti i suoi abitanti vivi. Per il momento la questione fu messa da parte, in quanto l’urgenza di scoprire chi tramasse alle loro spalle era decisamente più impellente.
Un suono proveniente dal rilevatore lo distrasse dai propri pensieri. Spinse il pulsante laterale, rispondendo alla chiamata.
-Papà?-
Vegeta si rilassò sullo schienale quando la voce del figlio gli arrivò alle orecchie.
-Che c’è, Trunks?-
-Dove siamo diretti?- chiese il ragazzino senza giri di parole.
-Sul pianeta Saad.- rispose il genitore.
-Come mai questo viaggio improvviso?-
Il Saiyan fece schioccare la lingua sul palato fissando il panorama al di fuori dell’oblò curvo davanti a sè.
-Perchè è stato attaccato da una squadra Saiyan, senza autorizzazione.-
Ci fu qualche attimo di silenzio, durante il quale Trunks rimuginò su quanto comunicatogli. Si guardò attorno in quella claustrofobica navicella monoposto chiedendosi come facessero a sopportare tale spazio angusto per mesi consecutivi.
-È lo stesso tipo di navicella con cui sei arrivato sulla Terra?- chiese il mezzosangue cambiando discorso.
-Già.- rispose atono perdendosi in ricordi lontani.
-Quanto tempo è passato?-

Vegeta si chiese per quale motivo il figlio fosse così interessato a quegli insignificanti dettagli. Gli aveva raccontato più o meno tutto del proprio passato, anche ciò che avrebbe preferito non dirgli ma credeva fosse suo diritto sapere chi fosse suo padre. Dall’esplosione di Vegeta sei all’arrivo sulla Terra, dalla cocente sconfitta dai parte dei terrestri agli eventi di Namek. Gli aveva accennato qualcosa anche del periodo pre e post Cell Game, quando lui era ancora troppo piccolo per ricordare.
Fece due calcoli veloce a mente prima di rispondergli.
-Vent’anni fa, all’incirca.- gli rispose tornando con la mente a quel lontano giorno in cui, assieme a Napa, aveva messo piede per la prima volta su quel pianeta azzurro. -Trunks.-
-Sì?-
-Sei spaventato?-
Trunks sussultò preso alla sprovvista da tale domanda diretta. Si fissò le mani calzate nei candidi guanti della battle suite. Odiava ammettere di temere qualcosa, non lo trovava utile nè adatto alla razza di guerrieri che rappresentava. Però una parte di lui era umana e se persino suo padre lo aveva notato, che senso aveva continuare a negare a se stesso di essere teso come una corda di violino per quella situazione? Sospirò ed annuì, come se il genitore potesse vederlo.
-Un po’.- confessò sottovoce.
-Per cosa?- indagò il genitore.
Trunks continuò a fissarsi le mani con la testa altrove, un po’ in imbarazzo nel parlare di cosa provasse con il padre. Però sapeva che lui poteva capirlo e che di certo non l’avrebbe giudicato per avere paura di qualcosa.
-Per…- iniziò indugiando sulla scelta delle parole. -...Questa situazione. Ho sentito anche io le parole di quel Saiyan, c’è qualcuno che si crede un emissario di Ados e non so se credergli o meno.- buttò fuori d’un fiato stringendo le mani a pugno.
Vegeta rimase in silenzio ad ascoltare lo sfogo del figlio, Trunks aveva ereditato da lui anche quel (brutto?) vizio di tenersi tutto dentro ed evitare di buttar fuori le emozioni. Ma se per il purosangue le emozioni che non riusciva a tirar fuori erano quelle positive, per il ragazzo ibrido erano quelle negative. Paura compresa. Solitamente capiva che qualcosa non andava guardandolo semplicemente in faccia, il più delle volte borbottava sommessamente o calciava qualcosa.
-Io non capisco…- continuò il ragazzino passandosi una mano fra i corti capelli lilla, alzò lo sguardo sul vetro dell’oblò e ci si specchiò all’interno. - Tutto questo perchè siamo diversi? Perchè siamo terrestri? Perchè il nostro sangue non è puro?
-Non tutti sono di larghe vedute.- gli rispose quasi assente il padre.
-Sì ma… Diamine!- sbottò Trunks tirando un calcio alla parte bassa della navicella. -Sono un Saiyan anch’io e il colore dei miei occhi non conta un cazzo! Sono più forte della maggior parte degli adulti di qualsiasi classe eppure… eppure c’è qualcuno a cui non vado a genio solo perchè ho dei colori diversi da quelli dei purosangue! E questo mi fa una rabbia.- si piegò su se stesso, quasi mettendo la testa tra le ginocchia e lasciò che le braccia gli circondassero il capo mollemente, trattenendo la voglia di distruggere tutto.
Vegeta rimase in silenzio, fissò il proprio riflesso sul vetro davanti a sè perso nei propri pensieri. Suo figlio non aveva tutti i torti ad essere in collera con chi lo voleva morto soltanto per i colori che portava addosso. Lui e la maggior parte dei Saiyan andavano oltre le apparenze, poco importava se la tua forza era grande, ma per qualcuno l’essere governati da chi non apparteneva completamente alla razza, o non vi apparteneva affatto, era uno smacco troppo grande da dover mandare giù.
I colori scuri della sua razza si confondevano con il nero profondo dello spazio infinito, non gli era mai fregato nulla dell’estetica, anche se era stato lui stesso a sottolineare a denti stretti che i Saiyan hanno tutti occhi e capelli neri quando, per la prima volta, Mirai Trunks si era presentato a loro dal futuro.  Alzò gli occhi sul tetto della capsula spaziale: e in contrasto con i propri colori cupi era arrivata lei, Bulma, con tutto quell’azzurro che gli aveva dato alla testa.
-Trunks non devi dare peso a ciò che dicono gli altri.- parlò finalmente dopo parecchi minuti passati a rimuginare.
-E come faccio?- borbottò il ragazzino con la testa seppellita tra le gambe e le mani tra i capelli. -C’è qualcuno nell’ombra che trama di uccidermi, di uccidere Bra e la mamma. Solo perchè non siamo Saiyan.-
-Tu sei un Saiyan, Trunks.- sentenziò l’adulto indurendo lo sguardo e spostandolo dal proprio riflesso.- Sei mio figlio, sei il principe dell’intera razza Saiyan. I colori che porti addosso non sminuiscono il tuo essere un guerriero, anzi lo esaltano. Non tutti sono capaci di guardare oltre le apparenze, Trunks, e se non riesci a farti scivolare addosso i loro giudizi dimostrargli che si sbagliano. Dimostra di essere Saiyan quanto loro, se non di più, di essere degno di portare quel simbolo sull’armatura e tieni alta la testa.-
Il ragazzino dagli occhi azzurri rimase incantato dalle parole del padre, dure eppure così incoraggianti. Sapeva di avere tutto il suo appoggio e di potersi fidare nel confidarsi, si capivano. Era orgoglioso, Vegeta, di averlo come figlio e non solo per la sua immensa forza fisica.
Alzò la testa, Trunks, smettendo di nascondersi da quelle critiche che sentiva pesargli addosso peggio di un macigno. Sorrise con sguardo determinato tornando a stringere i pugni, con determinazione sta volta. Ma suo padre non aveva finito il discorso.
-Sai cosa significa il tuo nome, vero?-
-Sì. “Principe guerriero”.-
Il Saiyan maggiore sorrise leggermente, Trunks non si lasciava sfuggire neanche un dettaglio. Tale e quale a sua madre.
-Ti abbiamo messo quel nome perchè sapevamo che l’avresti onorato e portato con orgoglio.- gli rivelò tornando con i pensieri a quando il figlio era ancora in fasce e poco gli interessava di lui. Però Bulma aveva insistito affinché scegliesse lui il nome per il loro primogenito, sapeva che per la cultura Saiyan, e soprattutto per un reale, fosse importante. A quel punto l’uomo, che a malapena aveva poggiato le proprie iridi sul bambino dagli occhi azzurri e i capelli glicine, si era fermato a studiare il piccolo e morbido volto del figlio mormorando appena il nome che a suo parere gli donava di più.
Trunks rimaneva sempre un po’ stupito quando il padre parlava al plurale, parlando anche per la madre che, sapeva, la pensava allo stesso modo. Era raro che succedesse e lui ne rimaneva affascinato ogni volta.
Tornò a pensare a quanto rivelato dal genitore capendo che doveva comportarsi da Saiyan, da guerriero, se voleva che andassero oltre il suo aspetto. Quando si era trasformato in Super Saiyan durante lo scontro con Napa, erano rimasti tutti ammutoliti e l’avevano guardato con il rispetto e l’ammirazione dovuta.
-Sai, Trunks.- iniziò Vegeta.
Trunks tornò a prestare attenzione alla voce del padre proveniente dal rilevatore, non sapendo che aspettarsi. Entrambi non erano grandi oratori, preferivano far parlare i gesti e gli sguardi più che le parole e i momenti in cui erano riusciti ad esprimersi con la voce erano veramente pochi se si prendono in considerazione solo i discorsi più lunghi di dieci parole ciascuno.
Il sovrano fissò lo spazio infinito distendersi al di fuori della navicella, perso in chissà quali pensieri.
-Sono felice che tu e Bra abbiate ripreso da vostra madre, fisicamente parlando, piuttosto che da me.- gli disse passandosi una mano tra i capelli nervoso, parlare era sempre difficile. -Guardare il cielo mi ricorda voi.-
E nessuna parola in più uscì dalla bocca del sovrano che, in imbarazzo per la confessione spassionata al figlio, si sentì sollevato dal trovarsi solo in quell’angusto spazio e non davanti a Trunks. Spostò ugualmente lo sguardo mentre un leggero rossore gli imporporava le guance. Tentò di coprirlo passandosi una mano sul viso, parlare dei propri sentimenti per lui era molto complicato.
Trunks rimase immobile, con un’espressione stupita stampata in faccia, sconvolto e commosso da tale confessione da parte del genitore. Sorrise timidamente con gli occhi lucidi, ringraziandolo silenziosamente. Negli anni aveva sviluppato un buon rapporto con il proprio padre, sapeva che lui gli voleva bene. Dopo gli eventi disastrosi di Majin Bu glielo aveva dimostrato più spesso e lui non poteva chiedere di meglio. Era il suo eroe e non l’avrebbe cambiato per niente al mondo.
Un suono proveniente dal pannello di controllo di entrambe le navicelle, distrasse padre e figlio dalla conversazione avvertendoli dell'imminente atterraggio sul pianeta Saad.
Le capsule tondeggianti monoposto attraversarono l'atmosfera ad una velocità impressionante e colpirono il terreno con tanta forza da creare enormi crateri.
Radish fu il primo ad uscire fuori lamentandosi del brusco atterraggio e dell’odore non esattamente gradevole che si respirava su quel pianeta.
Napa lo ribeccò dandogli della femminuccia mentre anche Bulma e Vegeta, seguiti dal figlio maggiore, misero piede sul terreno sconosciuto. E se Bulma si guardò attorno affascinata dal nuovo luogo nel quale erano approdati, il Saiyan osservò quel posto quasi schifato dando le spalle al panorama il prima possibile per dedicarsi al “recupero” della figlia minore, ancora nel bel mezzo del sonno. La prese in braccio e rifiutò il tentativo della consorte di tenerla al suo posto, lanciò uno sguardo d’intesa al primogenito ma non fiatò.
-Muoviamoci, prima andiamo prima torniamo.- sentenziò dirigendosi verso la costruzione più imponente.
Il sovrano di Saad li attese poco fuori le mura che circondavano il palazzo, con un’aria tutt’altro che amichevole. L’alieno aveva un aspetto umanoide, a parte la pelle gialla e le lunghe zanne che uscivano fuori dalla bocca. Gli occhi cremisi scintillavano di rabbia e Vegeta si preparò a subirsi una strigliata in lingua comune.
Shu si schiarì la voce.
-I sovrani del pianeta Vegeta-sei: Re Vegeta, Regina Bulma, principe Trunks e principessa Bra.- disse parlando in lingua comune.
Il sovrano dalle lunghe zanne arricciò il labbro superiore, affatto contento della presenza di quei reali sul proprio pianeta. Ringhiò rabbioso facendo un passo avanti e accigliando ancor di più lo sguardo fiammeggiante.
-Che razza di sovrani siete che non riuscite a tenere a bada i vostri soldati!- sbottò rivolgendosi loro senza alcun rispetto.
Si avvicinò a passo pesante a Vegeta e Bulma, la quale si rifuggiò spaventata dietro il compagno che, al contrario, fissava lo fissava senza espressione. Il sovrano di Saad prese il Saiyan dalla maglietta e se lo portò a un centimetro dalla faccia, gli ringhiò in faccia e lo scosse un paio di volte.
I tre Saiyan alle spalle del Re si misero in posizione di guardia, pronti a scattare in qualsiasi momento in sua protezione. Egli però li guardò appena e non mosse un muscolo.
-Mi era stato detto che avremmo parlato per una possibile alleanza.- disse infuriato. -Invece i tuoi uomini hanno attaccato la popolazione senza preavviso!-
Vegeta piantò le proprie iridi scure in quelle cremisi dell’altro, fece una smorfia poco convinta ed afferrò in una morsa il polso gialla dell’altro. Odiava chi invadeva il suo spazio personale.
-Sono venuto proprio per questo, per porgervi formalmente le mie scuse per quanto avvenuto.- iniziò con tono pacato. -Non avevamo idea del fatto che la squadra avesse deciso di testa propria, ignorando i nostri ordini.-
Chiedere scusa era qualcosa di inconcepibile per lui, soprattutto se non era il diretto interessato. Eppure se voleva sperare di mantenere buoni rapporti con quel pianeta doveva necessariamente abbassarsi a tale gesto. Serrò la presa sull’arto dell’altro invitandolo con lo sguardo a togliergli le mani di dosso. Non era per niente di buon umore dopo gli ultimi eventi, il comandante di una squadra aveva ben pensato di fare come più gli aggradava e chiedere perdono non rientrava nelle sue corde, sto tizio che lo prendeva dalla maglietta con fare provocatorio non aiutava.
Strinse la presa fin quando il sovrano di Saad mollò la presa e si massaggiò il polso dolorante.
-Non me ne faccio niente delle tue scuse! Hanno ucciso un decimo della popolazione e distrutto una torre del mio palazzo!- sbottò pelle gialla. -Pretendo un risarcimento in denaro e la vostra più completa disponibilità.-
Vegeta lo fissò incuriosito e fece per aprire bocca ma Bulma, ripreso coraggio, lo precedette.
-Abbiamo chiesto scusa di persona affrontando un lungo viaggio, mi pare abbastanza.- intervenì la donna posando una mano sul fianco.
L’alieno accennò un ghigno divertito alla vista della figura della terrestre. Incrociò le braccia al petto e drizzò la schiena.
-Allora è vero quello che si dice, il Re del pianeta Vegeta-sei ha sposato una terrestre. Razza abitante ai confini dell’universo, con una forza combattiva vicina allo zero e un’intelligenza ancor più scarsa dato che stanno distruggendo il loro pianeta con le loro mani.- disse affatto cordiale ridacchiando appena. Poi spostò lo sguardo sulla bambina che Vegeta teneva tra le braccia, che gli sputò in faccia. Ringhiò ripulendosi dalla sua saliva. -Eredi mezzosangue, niente di più deplorevole per un sovrano. Ma dopotutto tra esseri di scarsa intelligenza ci si comprende.-
Sia Vegeta e Bulma sia i tre Saiyan alle loro spalle colsero in pieno la frecciatina: i Saiyan erano spesso additati come esseri di poco intelletto a causa dell’enorme potenza fisica di cui erano dotati. A nessuno di loro piaceva che gli si desse dello stupido soltanto perchè prediligevano l’uso della forza a tutto il resto. Okay, non erano stati delle cime a capire che Freezer li voleva solo schiavizzare però non erano neanche tanto idioti come si pensava. Soprattutto Vegeta, che era scaltro e ragionava prima di fare le cose. Forse troppo, dato che Whis gli ripeteva sempre che pensava troppo prima di colpire.
Moglie e marito si scambiarono uno sguardo perplesso chiedendosi se fosse il caso di chiudere lì le trattative per una collaborazione. Bulma osservò con la coda dell’occhio l’alieno dalla pelle giallognola, sembrava malaticcio, senza però emettere alcun suono.
-Dopotutto scimmie senza cervello siete e tali rimarrete. Non voglio avere niente a che fare con voi, potete tornatevene sul vostro pianeta.- disse l’alieno ridendo di gusto e voltando le spalle alla famigliola.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato prima di rivolgersi al figlio, facendogli cenno di avvicinarsi. Gli sussurrò qualcosa nella loro lingua natia all’orecchio, tanto piano che neanche Bra riuscì a sentirli. Il ragazzino però assunse un’espressione che tanto ricordò a Bulma Vegeta stesso e non era mai un buon segno. Scrollò le spalle rinunciando alla possibilità di far ragionare quei due testoni decindendo di lasciarli fare.
Trunks distese un braccio davanti a sè e lanciò un fascio d’energia contro l’alieno che gli dava le spalle, tramortendolo. Sogghignò quando lo vide cadere a terra privo di sensi.
-Ottimo lavoro.- gli disse il padre scompigliandogli i capelli glicine.
Vegeta sfilò dalla cinta dei uno dei soldati del pianeta una paio di manette, le mise attorno ai polsi dell’alieno tramortito sotto lo sguardo compiaciuto di Radish, Napa e Shu e quello rassegnato di Bulma. Lo tirò su di peso lanciandolo poi a Shu, che lo prese al volo pur mantenendolo a distanza.
-Sarà nostro prigioniero. Portatelo su Vegeta-sei e sbattetelo in qualche cella.- disse il sovrano.
-Signor sì, signore!- esclamarono in coro i tre Saiyan.
Vegeta tornò a prestare attenzione al gruppetto davanti a loro, aggrottando le sopracciglia indurendo lo sguardo. Le guardie, sprovviste della presenza del loro Re, sobbalzarono spaventate e non si opposero quando il Saiyan li sorpassò e si affacciò all’interno del palazzo.
-Questo posto diventerà la nostra base su questo pianeta. Provvederemo a renderla agibile e pronta a tale scopo.-  sentenziò l’uomo voltando le spalle alle guardie. -Dichiaro ufficialmente la conquista del pianeta Saad, compiuta.-
I tre Saiyan si espressero in un grido entusiasta di fronte alla sentenza del loro Re. Egli tornò dalla propria famiglia a testa alta, osservò il figlio maggiore sorridergli orgoglioso e la consorte guardarlo con una punta di rimprovero per il modo in cui aveva deciso di agire. Scrollò le spalle, Vegeta, regalandole un ghigno soddisfatto incastonando le proprie iridi scure con quelle chiarissime di lei. Poi tornò a guardare Trunks.
-Trunks, ti affido il comando di questo pianeta.- gli disse facendogli illuminare gli occhi.
-Dici davvero papà?- disse entusiasta.
-Ovviamente.-
Trunks sfoderò allora un sorriso che chiunque avrebbe definito troppo inquietante per la sua età. Tutti tranne i suoi genitori, loro sapevano che tale espressione -come molte altre che apparivano sul volto del loro bambino- erano una normale inclinazione del suo carattere. Complice il mix esplosivo di geni che lo aveva creato.
Bulma si voltò a guardare il marito che invece era concentrato sul figlio e sull’improvvisa manifestazione del suo voler comandare ad ogni costo.
-Non credi sia un po’ troppo?- gli chiese incrociando le braccia al petto.
Vegeta la guardò appena facendo ruotare le iridi scure verso di lei. Le riportò poi sul primogenito che si stava dilettando nel far rispettare la propria autorità.
-È abbastanza in gamba da poter tenere sotto controlla la situazione.- disse tornando a guardarla, stavolta voltando anche il viso e non solo gli occhi. -Ma se dovesse aver problemi sa che può contare su di me.-
Bulma gli sorrise fermandosi a fissare poi il viso incuriosito della bimba che il marito teneva tra le braccia. Posò la testa sulla spalla di lui spostando la propria attenzione sul ragazzino che, incurante di tutto, iniziava a dare ordini a destra e a manca quasi fosse un gioco.
-I padri normali regalano ai propri figli vestiti o videogiochi o biglietti per concerti e partite. Tu gli regali un intero pianeta.-
-Ma io non sono normale.- ribattè l’uomo senza scostarsi di un millimetro.
Bulma gli sorrise spostando appena il capo per poterlo guardare negli occhi. Occhi scuri, neri come pece, così freddi e distanti all’esterno ma con un fuoco che arde all’interno. Occhi pieni di parole non dette, sentimenti celati e vecchi dolori. Occhi che nascondono il mondo al loro interno. Occhi che la guardano con amore. E lei amava quegli occhi.
-Lo so, è per questo che ti ho sposato.- gli disse.
Il Saiyan voltò la testa dalla parte opposta per celare il proprio imbarazzo di fronte a parole così sentite. Si scostò da lei, borbottando qualcosa sui sentimenti terrestri e i loro stupidi effetti su di lui facendo ridacchiare Bulma.
-Andiamocene! Questo pianeta mi ha stancato!- sbraitò tornando verso le navicelle.
Radish guardò Shu, che alzò le spalle: il Re sarebbe rimasto un mistero irrisolto per tutti loro.





AngoloAutrice:
*spunta fuori da dietro la porta timorosa.*
Ehm, si sono passati parecchi mesi dall'ultimo aggiornamento e chiedo immensamente scusa per questo inconveniente! Ma la fantasia (e il tempo) mi hanno abbandonato, then sono riuscita a pubblicare solo ora. 
Prometto che non accadrà più.
Cinzia_vegeta non uccidermi please.
Alla prossima,
angelo_nero

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il viaggio di ritorno era stato decisamente meno scombussolante del precedente. Le navicelle tondeggianti atterrarono morbidamente davanti al palazzo reale, alzando una discreta quantità d’aria. Bulma affiorò da una di esse stiracchiandosi per bene, la posizione seduta a lungo andare le indolenziva i muscoli. Sbadigliò sonoramente e pensò di aver voglia di una doccia e di un letto, nient’altro.
-Voi due, vi affido Bra. Tenetela d’occhio fin quando Vegeta si libera.- senteziò in direzione di Radish e Napa che la guardarono stralunati.
-Come? Noi non siamo delle balie! Prenditi la mocciosa e… Ehy!- le rispose Radish ma lei si era già avviata verso l’interno del palazzo, ignorandoli.
Superò il marito, occupato con quella cosa noiosa chiamata burocrazia, senza degnarlo di attenzioni. Entrando a palazzo si diresse dritta nella propria stanza, desiderosa soltanto di riposo. Si ricordò di aver visto una vasca piuttosto grande all’interno del bagno, magari un bagno caldo l’avrebbe aiutata a lasciarsi alle spalle tutta la faccenda di Bra del giorno precedente e il proprio incidente. Le cose andavano di male in peggio ultimamente.
Sbadigliò di nuovo entrando nella camera reale, sorvegliata dalla propria guardia personale, al momento composta da solo due guerriere, e si chiuse la porta alle spalle dopo averle congedate. Calciò via gli stivali, incurante di lasciarli nel bel mezzo della stanza, sfilò i guanti gettandoli a terra. L’armatura fece la stessa fine, seguita subito dopo dalla maglietta blu di quel materiale quasi indistruttibile.
A quel punto la porta alle proprie spalle si aprì, costringendola a voltarsi.

-Ah, sei tu.- disse.
Vegeta, in piedi sulla soglia, guardò la moglie seminuda al centro della stanza passando gli occhi sulla sua figura con desiderio. Accennò un ghigno divertito sulle fine labbra.
-E chi vuoi che sia? Chi entra qui dentro senza bussare a parte me?-
Bulma lo guardò battendo le palpebre un paio di volte.
-Beh, dovresti invece. Potrei non essere presentabile.-
L’uomo la guardò con fare interrogativo squadrandola da capo a piedi. Ne aveva di fegato per dire cose assurde che cozzavano irrimediabilmente con la realtà dei fatti.
Non presentabile? Cosa poteva fregare a lui, la vedeva nuda ogni notte da ormai dieci anni.
Fece schioccare la lingua sul palato, superandola per sedersi sul grande letto.
-Perchè non porti il reggiseno?- chiese cambiando discorso.
Bulma sbuffò incrociando le braccia al petto, mettendo in risalto la sua pienezza. Gli occhi del Re furono calamitati da esso.
-Perchè l’armatura è già abbastanza stretta. Non voglio morire soffocata.- si giustificò alzando le braccia in segno di resa. -Non credo che le altre guerriere lo portino.-
Vegeta scostò faticosamente le iridi da quel ben di Dio che la consorte gli metteva sotto il naso e si tolse gli stivali dalla punta dorata.
-Non lo so e non m’interessa.- tagliò corto sfilandosi la corazza e i guanti adagiandoli sulla sedia di fianco.
Al contrario della moglie lui era un tipo ordinato, ogni cosa al proprio posto. Bulma rimaneva affascinata da tanta cura nel riporre le proprie cose da parte di quel guerriero che, una volta sì e l’altra pure, tornava a casa dopo una battaglia sporco di terra e sangue dalla testa ai piedi.
Si tolse la parte superiore della tuta, slacciando la lampo che la chiudeva e la fece scivolare giù dalle spalle. Sfilò anche i pantaloni rimanendo con i soli boxer scuri, tutto sotto l’occhio attento di Bulma che amava guardarlo spogliarsi.
-A proposito, oggi sono stata a fare un giro nel campo d’addestramento del palazzo.- iniziò osservandolo alzarsi in piedi. -Ho notato che voi Saiyan avete un modo un po’ particolare di scontrarvi.-
-Come se non avessi mai visto un combattimento.- le ricordò lui. -Hai trovato qualcosa d’interessante?- la prese in giro.
Bulma storse il naso ripensando a ciò che aveva visto quel pomeriggio mentre lui si allontanò dal letto, senza però dirigersi in bagno. Anzi le si fermò davanti, scrutandola con quei suoi occhi color della notte.
-All’incirca. Calliope mi ha fatto notare che per la vostra cultura la linea di demarcazione fra sesso e scontro è molto sottile.- disse facendo schioccare la lingua sul palato. -Che le due cose molto spesso si mischiano.-
Vegeta la guardò inclinando di poco la testa di lato incuriosito da quel discorso apparentemente senza senso. Capì abbastanza velocemente dove la moglie volesse andare a parare, glielo si leggeva in faccia. Le si avvicinò di un passo posandole la mani sui fianchi senza staccare mai gli occhi da quelli di lei.
-Ehy!- esclamò lei quando lui le tirò giù con un gesto secco pantaloni e slip.
-E ti stai chiedendo se possa in qualche modo mancarmi la cosa. Giusto?-
Bulma sussultò impercettibilmente e si dovette appoggiare a lui quando, accovacciato ai suoi piedi, le sollevo prima una gamba poi l’altra per sfilarle gli indumenti.
Lui le lanciò uno sguardo dal basso prima di risollevarsi in piedi e tornare a guardarla negli occhi.
-No. Come potrebbe mancarmi qualcosa che non ho mai sperimentato?- le fece notare prima di mettersela sulla spalla come un sacco di patate.
Lei lanciò un grido spaventato ritrovandosi improvvisamente a testa in giù, era una cosa che lui faceva spesso sembrava piacergli tenerla in quella maniera. Entrarono nel bagno adiacente e Bulma potè soltanto vedere la porta chiudersi prima di essere adagiata con poca grazia nell’acqua calda.
-Ouch!- disse lanciando un’occhiataccia al compagno che, dopo essersi privato dell’ultimo indumento, entrò nella vasca posizionandosi alle sue spalle.
Bulma si rilassò appoggiandosi al suo torace d’acciaio mentre le braccia del Saiyan l’avvolsero dolcemente. Sospirò in pace mentre l’acqua calda le accarezzava la pelle delicata e il profumo del bagnoschiuma le riempiva le narici. Prese un po’ di schiuma tra le mani e ci soffiò delicatamente sopra.
Vegeta, alle sue spalle, non emise un fiato preferendo godersi il silenzio della stanza e la sensazione che il corpo di lei e l’acqua calda gli dessero a contatto con la propria pelle. Gli piacevano quei momenti d’intimità in un cui poteva lasciarsi andare. Guardò la donna giocare con la schiuma come fosse una bambina e non sentì la differenza di essere su un pianeta differente dalla Terra, se erano insieme andava bene tutto.
-E non pensi di voler provare?- ruppe il silenzio lei.
L’azzurra si voltò per guardarlo in faccia, staccandosi da lui senza però allontanarsi.
L’uomo alzò un sopracciglio confuso da quella domanda. L’acqua calda e l’umidità gli avevano abbassato qualche ciuffo sulla fronte, creando una frangetta scompigliata che lo rendeva ancor più giovane di quanto già non sembrasse.
-No.-
-Okay.- mormorò lei ma non sembrò convinta.
A Vegeta non piaceva parlare, non piaceva che gli si facessero domande nè farle. Ma detestava ancor di più vedere la sua lei con quella faccia dubbiosa. Quindi la tirò a sè, portandosela in grembo. Lei allacciò le lunghe gambe dietro la sua schiena e si perse nei suoi occhi scuri.
-Non farti film mentali. Non ho bisogno di nient’altro, sotto nessun punto di vista. È chiaro?- le disse con voce ferma.
Bulma sospirò ed annuì accennando un piccolo sorriso mentre gli accarezzava il viso con una mano.
Il Saiyan aggrottò maggiormente le sopracciglia e, prendendole il mento tra pollice e indice, portò il suo volto a pochi millimetri dal proprio. Rimase per interminabili secondi fermo, soltanto respirandole addosso e sentendo il suo, di respiro, sulle labbra che si faceva sempre più pesante e veloce. Alla fine bruciò quel poco spazio tra di loro baciandola come solo lui sapeva fare. Lei ricambiò il contatto stringendolo maggiormente a sè e lui ne approfittò per sistemarla meglio sulle proprie gambe.
-Ah!- esclamò la terrestre quando lui entrò di prepotenza senza farle male.
Il Re ghignò con tutta l’intenzione di dimostrarle che non c’era niente che lui volesse che lei già non gli dava. Senza smettere di specchiarsi in quelle iridi chiare la sollevò un poco, aiutandola a muoversi su di sè.
L’azzurra si morse il labbro cercando di resistere all’impulso di chiudere gli occhi nonostante le intense sensazioni che lui le regalava.
L’uomo si fiondò su uno dei suoi capezzoli, prendendolo tra le labbra e succhiandolo avidamente mentre lei esprimeva il suo apprezzamento gemendo sottovoce, quasi avesse paura che qualcuno potesse sentirli.
L’acqua calda lambiva i loro corpi bollenti mentre i respiri si facevano più veloci. Vegeta si occupò di cancellare dalla mente della moglie qualsiasi pensiero negativo o dubbio riguardo la sfera sessuale della loro relazione. E quando i loro corpi furono appagati, si fece coccolare da lei con la testa poggiata sui suoi seni, lasciando che gli accarezzasse i capelli corvini per soddisfare quella parte di sè che, non l’avrebbe ammesso mai, aveva bisogno di quei piccoli gesti d’affetto. Rimasero per un tempo infinito in quella posizione, senza scambiarsi una sola parola. Solamente quando l’acqua diventò troppo fredda e Bulma rabbrividì, decisero che fosse ora di uscire e concedersi un po’ di riposo da quella lunga giornata.
Ma il letto, avvolto nelle lenzuola nere come la notte, fu usato per qualcosa di molto diverso dal riposo. I due amanti sembravano non averne mai abbastanza l’uno dell’altra, e tra un bacio infuocato e un gemito sommesso, le labbra del Saiyan mordevano, baciavano e lasciavano segni infuocati sulla pelle di porcellana della terrestre. Bulma, in compenso, gli affondava le unghie nella schiena lasciando graffi rossi sulla pelle ambrata dell’uomo. Vegeta solitamente avvertiva a malapena le sue mani addosso ma in quel momento, con i suoi sospiri nelle orecchie e il suo corpo morbido sotto le mani, i suoi sensi erano amplificati tanto da fargli avvertire anche il più piccolo contatto con lei. Si lasciò sfuggire un gemito quando le sue dita delicate raggiunsero la sensibile cicatrice tondeggiante alla base della schiena. Cercò e catturò le sue mani inchiodandole sul materasso affondando in lei con maggiore ardore. Le sussurrò parole nella propria lingua madre che lei non capiva ma sapeva le piacesse il suono di ciò che diceva.
Giocarono per tutta la notte, perdendosi l’uno tra le braccia dell’altra.Vegeta morse la sua compagna sullo stesso punto di ormai dieci anni prima, rimarcando nuovamente quel legame indissolubile che avevano creato.
Alle prime luci dell’alba si addormentarono, sfiniti ma felici. Vegeta strinse a sè il corpo morbido di Bulma, inspirando a fondo il profumo che emanavano i suoi capelli. Sospirò in pace mentre lei gli si accoccolava addosso. Non glielo avrebbe mai detto ma addormentarsi senza di lei era qualcosa di non possibile per lui, ormai. L’abitudine di tenerla tra le braccia fino al risveglio aveva messo radici all’interno del suo animo e non sembrava essere in alcun modo intenzionata ad andarsene.
La grande stanza era solitamente al riparo dalle luci del giorno con delle grandi e spesse tende nere poste sulla grande vetrata di fianco al letto. Ma quel giorno le tende non erano state tirate e la poca luce solare, che riusciva ad illuminare quel pianeta rosso, penetrò nella camera destando dal proprio sonno la Regina.
Bulma fece una smorfia infastidita mentre si voltava nel letto cercando di ritrovare il sonno perduto. Niente da fare, i due soli quel giorno avevano deciso di splendere più del solito impedendole di tornare a dormire. Sbuffò contrariata aprendo gli occhi. Voltò la testa di lato e si stupì di non trovare il marito accanto a sè. Tornò a guardare il soffitto godendosi il torpore del sonno che le era rimasto addosso. Sbadigliò sonoramente mentre la porta del bagno si apriva e la figura del marito comparve sulla soglia.
Vegeta le passò davanti quasi indifferente, senza degnarla di mezza parola. Alzò lo sguardo su di lei solo quando sentì i suoi occhi addosso.
-Cosa?-
-Buongiorno anche a te, eh.-
Il Saiyan tornò ad ignorarla infilandosi una maglietta smanicata bordeaux.
Bulma lo osservò vestirsi di quegli abiti terrestri piuttosto inadatti alla figura che egli ricopriva su quel pianeta. Si stiracchiò contorcendosi nel grande letto non dando peso all’abbigliamento del Saiyan nè alla sua mancanza totale su di lei.
-Da quanto sei sveglio?- gli chiese fissando l’orologio digitale sul comodino. Segnava appena le 10:10.
-Un paio d’ore.- le rispose infilandosi un paio di sneakers scure.
Bulma strabuzzò gli occhi: avrà dormito quattro o cinque ore! Come diavolo faceva a stare in piedi con quella mancanza di sonno. Pensò di chiederglielo ma sapeva a prescindere che non le avrebbe risposto. Quindi sbuffò contrariata e allungò le braccia nella sua direzione.
Vegeta la guardò storto, non capendo cosa volesse,
-Prima che tu sparisca chissà dove, mi dai un bacio?- gli chiese languidamente.
Il Saiyan alzò gli occhi al cielo ma l‘ accontentò. Non aveva assolutamente voglia di starla a sentire a quell’ora.  Si avvicinò al grande letto matrimoniale e incatenò il proprio sguardo a quello di lei, che gli sorrideva dolcemente. Indugiò qualche secondo sul suo corpo nudo, studiandone le forme piene. Poi poggiò entrambe le mani ai lati della sua testa e il ginocchio sinistro sul materasso. Si abbassò su di lei e le diede quel richiesto bacio del buongiorno.
Entrambi furono percorsi da una scarica elettrica, ogni qual volta le loro labbra si toccavano in loro si accendeva un fuoco di passione.
Bulma avvolse le braccia attorno al suo collo e se lo tirò addosso, bloccandolo poi velocemente sotto di sè. Il Saiyan rimase per un attimo sbigottito da tale cambiamento di posizione, quando era con lei abbassava talmente tanto la guardia che le permetteva di fargli qualsiasi cosa senza che se ne rendesse conto. Bulma gli sorrise luminosa seduta sul suo bacino, completamente nuda.
-Ma che diavolo…!-
L’azzurra bloccò il suo tentativo di lamentela con un bacio, prima, e sfilandogli la maglietta velocemente, poi. Catturando subito dopo nuovamente le sue labbra ed impedendogli di parlare.
Vegeta rimase immobile qualche secondo, distratto dai modi irruenti che la donna non aveva solitamente. Ma alla fine si arrese e si lasciò guidare dalle sue mani.
-Come vanno gli allenamenti di Bra?-
Vegeta si bloccò un secondo mentre si riallacciava i pantaloni tirando i due laccetti in vita. Poi aggrottò le sopracciglia ripensando al pomeriggio del giorno precedente.
-Come vuoi che vada?- sbottò. -Bra è capricciosa, lagnosa e irrispettosa. Non ascolta e piagnucola. Esattamente come te.-
Bulma aggrottò le sopracciglia tirandosi poi su a sedere di scatto, fissò trucemente il marito che, di spalle, s’infilava nuovamente la maglietta smanicata.
-Quindi la colpa è mia se non riesci a gestire nostra figlia?- sbottò la donna, ancora priva di vestiti, mentre si alzava e si dirigeva in bagno. -Hai mai pensato che il problema potresti essere tu, che la coccoli troppo?-
Il Saiyan alzò un sopracciglio slacciandosi il costoso orologio da polso, non adatto a una sessione di allenamento. Lo appoggiò sulla cassettiera accanto a una cornice che non ricordava ci fosse, probabilmente era stata Bulma a mettercela per dare un tocco personale alla loro camera. Non si voltò quando sentì il rumore delle molle del letto, segno che lei si fosse finalmente decisa ad alzarsi, nè quando avvertì lo scroscio dell’acqua proveniente dal bagno.
-La principessa di papà. Corre da te ogni qual volta io le dico di no perchè sa che tu non le neghi mai niente.- disse la donna dall’altra stanza.
L’uomo sussultò impercettibilmente messo davanti all’evidenza della sua eccessiva cura nei confronti della secondogenita. Borbottò qualcosa sottovoce abbassandosi per allacciarsi le scarpe, detestava quando Bulma aveva ragione. E destava che ce l’avesse riguardo i suoi sentimenti per la bambina dai capelli azzurri, probabilmente la viziava veramente troppo. Ciò spiegava il motivo per il quale Bra risultava spesso e volentieri capricciosa e non lo ascoltava. Rimettendosi in piedi decise che avrebbe cambiato atteggiamento con la figlia, quantomeno durante gli allenamenti, se voleva che lo rispettasse doveva usare la stessa severità che usava con il maggiore.
-Muoviti invece di blaterale che la tua squadra ti attende qui fuori da almeno mezz’ora.- cambiò discorso lui avviandosi alla porta.
Bulma si era completamente dimenticata che quel giorno avrebbe dovuto iniziare gli allenamenti, si diede della scema e si affrettò ad uscire dalla doccia e ad infilarsi qualcosa di comodo. Tirò fuori dall’armadio un top imbottito blu e dei leggings lunghi fino a metà polpaccio neri, infilò un paio di scarpe da corsa, di cui non aveva idea del perchè l’avesse portate, e si diede una veloce occhiata allo specchio. Indugiò sul proprio riflesso, chiedendosi se fosse il caso di applicare un velo di trucco per mettere meno in evidenza la notte passata quasi totalmente in bianco. Si voltò, per chiedere consiglio al marito ma non fece in tempo ad aprire bocca che lui uscì sbattendo la porta.
-Stupido Saiyan.- borbottò.
Si diede un’ultima occhiata alla sua immagine nello specchio, prese il rilevatore rosso ed uscì, rinunciando alla possibilità di rendersi più presentabile.
Fuori dalla stanza, Calliope e le altre cinque guerriere l’attendevano con espressione annoiata. Si inchinarono non appena la videro ma Bulma spostò lo sguardo verso la fine del corridoio, dove la figura del marito era appena visibile. Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto che aveva cambiato discorso non appena si era sentito punto sul vivo e se l’era data a gambe senza salutarla. Dannato scimmione.
-Vostra Maestà, se voi siete d’accordo possiamo dirigerci nella stanza d’allenamento ed iniziare.-
La voce di Calliope la riportò con i piedi per terra distogliendola dal mandare maledizioni in varie lingue al consorte. Si voltò verso di lei e le sorrise cordiale prima di annuire.
Le guerriere si avviarono lungo il corridoio, invitandola con lo sguardo a seguirle. Raggiunsero la sala privata vista il giorno precedente passando per il lungo corridoio, Bulma si stupì del grande via vai di persone che aveva attorno. Il palazzo solitamente era un luogo molto silenzioso, invece quel giorno sembravano essersi aperte le porte e fosse accessibile a un gran numero di persone. Non riuscì a guardarli tutti: uomini, donne, di qualsiasi età, altezza e grado sociale. Passavano tutti lì per qualche strano motivo.
Una guerriera le venne addosso con forza, quasi non l’avesse notata, facendola cadere a terra.
-Ouch!- si lamentò.
-Guarda dove metti i piedi, terrestre!- sbottò fissando dall’alto in basso la Regina.
Una delle sue guerriere in coda al gruppo, Elèna, prese dal polso l’altra e, scoprendo i canini animaleschi, la rimproverò.
-Porta rispetto, sei al cospetto della tua Regina. Chiedi immediatamente perdono.- le ringhiò addosso.
L’altra squadrò l’azzurra dalla testa ai piedi mentre si rialzava e con una smorfia disgustata strappò via il proprio braccio dalla presa di Elèna.
-Chiedo venia, mia Signora. Non volevo venirvi addosso.- disse fissando in cagnesco l’altra guerriera.
Bulma, una volta in piedi, si voltò a guardarla: alta, muscolosa e dai selvaggi capelli neri che le arrivavano alla fine della schiena. Indossava un rilevatore verde, era una guerriera di basso rango. Guardò poi Elèna, che sembrava sul punto di saltare al collo dell’altra.
-Non preoccuparti. Puoi andare.- le disse troncando sul nascere quella guerra di sguardi.
La guerriera piegò il busto in avanti in segno di rispetto poi, voltando loro le spalle, proseguì per il proprio cammino.
Bulma si ritrovò a pensare che ogni componente di quella razza poteva far scattare una guerra se gli girava male.
Fece cenno a Calliope di proseguire indisturbati, non le importava gran che il fatto che una guerriera di infimo livello le fosse venuta addosso. Probabilmente non l’aveva notata, visto l’andazzo con cui camminava.  
Raggiunsero la sala di allenamento senza ulteriori intoppi, trovandola completamente vuota. Calliope accese le luci, illuminando la fredda stanza di metallo con un neon altrettanto freddo. Bulma entrò quasi timidamente chiedendosi cosa l’aspettasse mentre alle sue spalle la porta si chiudeva con un suono metallico dopo l’entrata dell’ultima guerriera. L’azzurra guardò il capitano ed attese.
-Da quel poco che so sui terrestri, posso dedurre che voi non abbiate alcuna base in fatto di combattimento.- disse la donna dai lunghi capelli neri.
Bulma annuì in silenzio.
-Quindi dovremmo cominciare da zero, come si fa con i cuccioli.-
Calliope si avvicinò alla sovrana, lasciando tra di loro poco meno di mezzo metro. La guardò negli occhi catturando il suo sguardo incuriosito, poi, senza niente che predicesse tale gesto, scagliò un pugno nella sua direzione fermandolo a un centimetro dal suo naso. Bulma sussultò colta alla sprovvista.
Calliope sollevò un sopracciglio.
-Nessun movimento. Zero riflessi o tentativi di difesa.- borbottò tra sè.
L’azzurra l’osservò mentre si allontanava da lei di qualche passo. La vide voltarsi e distendere un braccio davanti a sè prima che una folata di vento la sbattesse contro la parete alle proprie spalle. Il contraccolpo fu violento e Bulma avvertì una fitta alla schiena quando tentò di alzarsi.
La Saiyan non si mosse, attese che la terrestre si rialzasse prima di ripetere l’azione. Stesso risultato, stesso dolore. Decise perciò di cambiare approccio, sparendo dalla sua vista e ricomparendole a un palmo dal naso. Scagliò un pugno che Bulma evitò non sapendo neanche come sbarrando gli occhi. Ripetè l’azione con il braccio opposto e la sovrana riuscì ad evitare anche quello. Un terzo colpo mirò più in alto e la scienziata si prese la testa tra le mani, scivolando sulla parete quel che bastava per non farsi ammazzare.
Sgusciò via da sotto il braccio teso ponendo abbastanza distanza tra di loro da sentirsi al sicuro. Rimase sul chi va là mentre Calliope lentamente si rialzava, non le avrebbe staccato gli occhi di dosso. Aggrottò le sopracciglia fissando la guerriera attendendo un suo nuovo movimento.
-Ma cosa…!- esclamò quando ella scomparve di nuovo dal proprio campo visivo.
Calliope riapparve ai suoi piedi ma se ne accorse troppo tardi e non riuscì a schivare il colpo che la fece cadere con il culo per terra. Non le diede il tempo di realizzare che tentò di colpirla di nuovo, mancandola per un soffio.
Bulma si rimise in piedi a fatica e non fece in tempo ad arrivare dall’altro lato della stanza che la Saiyan le fu nuovamente davanti, centrandola con un pugno bello forte nello stomaco. L’azzurra boccheggiò cadendo in ginocchio tenendosi la pancia. Respirò a fatica, il dolore si irradiava per tutto il corpo e sentiva i passi della guerriera alle proprie spalle.
Calliope la prese per i capelli costringendola ad alzarsi.
-In piedi.- sentenziò lanciandola poi malamente sul pavimento.
Bulma si alzò con lentezza, pregando che le desse almeno il tempo di riprendere fiato. Preghiera che rimase inesaudita dato che la donna partì nuovamente all’attacco colpendola velocemente al fianco, all’addome e al viso. L’azzurra non cadde per miracolo ma le gambe le tremavano.
-Hai intenzione di dirmi anche come difendermi o devo soltanto subire?- chiese sprezzante la Regina.
Calliope ghignò sadicamente e Bulma rimpianse la sua scelta di allenarsi.
La Saiyan le fu a un tiro di schioppo in un attimo, Bulma poteva avvertire il suo fiato sulla pelle. Le sollevò il candido viso arrossato con una mano guantata scrutandola per bene.
-Ai nostri cuccioli non insegnamo nulla, il tuo corpo capirà da solo come muoversi. Prima o poi.-
Bulma aggrottò le sopracciglia scontenta di quella risposta. Afferrò la mano della guerriera e se la tolse di dosso, fissandola negli occhi.
-Per quel punto sarò morta, quindi vedi di dirmi come difendermi.- le rispose risoluta.
Calliope ridacchiò ed alzò le braccia in segno di resta. Si misi in posizione eretta allontanandosi di un paio di passi dalla Regina.
-Avete due modi per difendervi: parare o rispondere con un contraccolpo.- disse alzando indice e medio. -Per il primo basta semplicemente che cerchiate di coprire la parte presa di mira con gli arti come meglio potete. In questo modo.-
Calliope fece cenno a una delle cinque guerriere, l’unica con un rilevatore blu fece caso Bulma, di avvicinarsi. L’azzurra le guardò interagire, fissarsi per qualche secondo. Poi la seconda guerriera sferrò a Calliope un colpo che faticò a vedere, la quale lo parò senza troppi problemi incrociando le braccia davanti a sè.
-Per il secondo rispondi tono su tono. Così.- disse poi fermando un secondo pugno dell’altra con uno proprio, nella sala vuota rimbombò il rumore dei due colpi e l’onda d’urto scompigliò loro i capelli. -Chiaro?-
-Eh? Sì!- rispose quasi mettendosi sull’attenti. -Ehm… forse se mi fate prima vedere come si fa è meglio. Ho una memoria fotografica molto buona.-
Le due guerriere si guardarono, poi guardarono la Regina: generalmente se volevano imparare, o insegnare, qualcosa lo facevano sul campo. A costo di buttare in mezzo a una battaglia mortale un ragazzino di pochi anni. Però la loro allieva in quel caso non era un cucciolo della loro razza, che per quanto inesperto aveva il combattimento nel sangue, ma una terrestre che non sapeva assolutamente nulla di tutto quel mondo e la sua resistenza era decisamente inferiore alla loro, rischiavano di ammazzarla prima che imparasse qualcosa.
Alzarono le spalle e si misero in posizione di difesa, pronte ad ingaggiare una lotta dimostrativa per la loro sovrana. Bulma, dal canto suo, pensò bene di allontanarsi il più possibile dalle due. Le faceva male tutto ed era solo all’inizio, Calliope non ci sarebbe andata leggera neanche a pregarla. Poggiò la testa alla parete di metallo pensando a ciò che affrontava ogni volta con il padre il suo primogenito, chissà se anche Vegeta ci andava giù pesante con il figlio come facevano con lei. Probabilmente il marito faceva pure di peggio ma Trunks aveva anche sangue Saiyan nelle vene, quindi gli stava bene. Sbuffò alzando gli occhi al cielo: ma proprio un guerriero doveva sposarsi con tutti gli alieni esistenti sulla faccia dell’universo?
Si posizionò meglio poggiando la schiena alla parete ma quel movimento le provocò una fitta che le arrivò al cervello: avrebbe dato tutto per un senzu. Spostò lo sguardo sullo scontro davanti a sè, le due erano talmente veloci che faticava a star loro dietro. Ogni tanto rallentavano, probabilmente per darle la possibilità di memorizzare i loro movimenti meccanici. Wish diceva che Vegeta pensava troppo prima di attaccare mentre Goku abbassava troppo facilmente la guardia, chissà che avrebbe detto di quelle due.
La stanza in cui erano rinchiuse possedeva pareti talmente spesse che i rumori esterni non riuscivano a trapassarle, perciò nè il via vai costante al di fuori di essa nè il pianto disperato della piccola principessa proveniente dall’altra parte dell’ala adibita agli allenamenti furono udibili dalle occupanti.
Il tenero visino di Bra era solcato da grossi lacrimoni mentre i suoi piccoli polmoni le davano l’aria necessaria a sfogare la sua frustrazione, distruggendo i timpani di padre e fratello. E probabilmente dell’intero castello dato l’udito fine di cui l’intera razza era dotata.
Se fino a quel momento Vegeta aveva sopportato con pazienza i piagnistei della figlia, dandogliela più volte vinta per farla smettere di urlare, in quel momento voleva farle imparare la lezione in modo che capisse. La voce stridula di Bra gli feriva le orecchie e una vena sull’ampia fronte iniziò a pulsare segnando che il suo livello di sopportazione era al limite.
-Adesso basta, Bra!- sbottò ma la bambina sembrò non sentirlo e lui non ne poteva più. Digrignò i denti e arricciò il labbro superiore scoprendo i canini animaleschi. -Finiscila, Bra! Smettila con questi piagnistei o ti metto in punizione a vita!-
Alzò la voce con lei come non aveva mai fatto,superando addirittura la sua con la propria. Non gli piaceva urlare con i propri figli, preferiva altri metodi per avere il loro silenzio. Ma era decisamente esasperato dalla bambina dai codini azzurri che in due giorni aveva passato più tempo a fare capricci che ad allenarsi.
Bra si zittì di colpo, sbarrando i grandi occhi azzurri lucidi: non era abituata a sentirsi dire di no dal padre. Non le aveva mai urlato contro, non sapeva se esserne spaventata o meno. Tirò su con il naso con il labbro inferiore che tremava un poco mentre il genitore la fissava con lo sguardo corrucciato. Incrociò i suoi occhi scuri e sentì di non dover fiatare.
-Qui dentro non si accettano piagnucolii, capricci o piagnistei vari. Qui dentro fai esattamente ciò che dico, quando lo dico senza proferire parola.- sentenziò severo incrociando le braccia al petto. -Sono stato chiaro?-
Bra tirò su con il naso e annuì con ancora gli occhi lucidi, non li staccò da quelli del padre neanche un secondo. Trunks, seduto alle sue spalle, si stupì del modo in cui il genitore aveva sgridato la sorella, solitamente la trattava con i guanti bianchi. Ridacchiò sottovoce compiacendosi del fatto che, lì dentro, fossero sullo stesso livello.
-Bene. Ora riprova.- le disse.
-Ma non ci riesco.- mugugnò la bambina passandosi una mano sugli occhietti.
Al Saiyan si strinse il cuore a vedere quella scena ma rimase imperturbabile.
-Sì che ci riesci. Concentrati.-
Bra chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e quando avvertì il proprio corpo rilassarsi si concentrò più che potè. Aggrottò le sopracciglia nello sforzo di mantenere la concentrazione e iniziò ad avvertire la sensazione del potere che le scorreva dentro ma scemò dopo poco. La bambina perse la concentrazione e riaprì gli occhi.
-Non ci riesco.- si lamentò nuovamente.
-Concentrati.- tagliò corto il padre.
La piccola borbottò qualcosa di poco gradevole nei confronti del genitore, che però la ignorò, prima di tornare a concentrarsi.
-Fai come ti ho detto: quando avverti la tua energia scorrere non bloccarla, lasciala defluire.- le spiegò nuovamente il genitore senza staccare gli occhi dalla sua piccola figura, attento ad ogni suo più piccolo movimento.
Bra tornò a concentrarsi su quella piccola fiammella che sentiva al centro del proprio corpo, la spinse ad ingrandirsi e a uscire fuori dal proprio “involucro” di inconsapevolezza lasciando che scorresse libera. Quando quella fiamma divenne un fuoco divampante d’energia si rilassò completamente e le aprì tutte le porte per uscire e manifestarsi.
Il viso del sovrano si contrasse in un piccolo sorriso quando l’aura della propria bambina fu visibile.
-Mantieni la concentrazione, Bra. Non lasciarla disperdere, controllala.- la guidò il purosangue mentre nei suoi occhi si accendeva una scintilla d’orgoglio.
I lineamenti delicati della bambina si contrassero per lo sforzo di mantenere i muscoli del corpo i più rilassati possibile. Quella grande energia che lei sapeva di possedere ma che mai si era azzardata a toccare le scorreva dentro come un fiume e si librava attorno al suo corpo. Faticava parecchio a tenerla sotto controllo, la concentrazione non era il suo forte.
Ci stava impiegando tutte le sue forze mentali per mantenere l’aura al suo posto senza farla disperdere ma cominciava a sentire la concentrazione venir meno. Per quanto si sforzasse sentiva l’energia vacillare e premere per tornare al suo interno, fin quando avvertì qualcosa che si sbloccava in lei e tutto le sembrò più semplice. Ciò le fece perdere concentrazione e il tutto svanì. Ci rimase male.
-Visto che ne sei in grado? Non ti avrei mai fatto fare qualcosa che non sai fare.- la distrasse il padre, spingendola ad alzare lo sguardo su di lui.
Gli occhi di Vegeta, seri e imperturbabili come al solito, brillavano d’orgoglio non celato per i progressi della figlia.
-Cambiamo esercizio.- le disse per poi abbassarsi alla sua altezza. Aprì una mano davanti a sè sotto lo sguardo curioso della piccola. -Colpiscimi, con tutta la forza che hai.-
-Con tutta la forza?- chiese la bambina con una punta di preoccupazione nella voce.
Alzò un pugno e si fermò ad osservarlo per qualche istante, poi fece come le era stato chiesto concentrando tutta la sua forza in quel colpo.
Vegeta non fece una piega ovviamente, limitandosi a chiudere la mano su quella della figlia incassando il colpo senza alcun tipo di commento. Si alzò in piedi e le scompigliò la chioma azzurra.
-Trunks.- disse richiamando il maggiore. -Combatti con tua sorella.-
-Eh!?- dissero in coro i due bambini sperando di aver sentito male.
-Perchè io?- si lagnò il più grande mettendosi in piedi.
Vegeta si andò ad appoggiare alla parete metallica incrociando braccia e gambe, con tutta l’intenzione di osservare i due fratelli senza muovere un muscolo.
-La regola niente capricci vale anche per te, ubbidisci.- sentenziò il genitore.
Il ragazzino scontento fece come gli era stato chiesto, posizionandosi davanti la sorella con le braccia incrociate e lo sguardo corrucciato. La guardò dall’alto in basso chiedendosi quanto piano dovesse andarci. Voltò la testa per guardare il padre.
-Devo proprio?-
Vegeta si limitò ad annuire puntando le proprie iridi pece in quelle blu del figlio.
Trunks riportò lo sguardo sulla sorellina sbuffando contrariato per quella decisione che non condivideva neanche un po’. Perchè non poteva occuparsene da solo come aveva fatto con lui? Perchè doveva costringerlo a scontrarsi con quella mocciosa che sapeva a malapena come tirare un pugno?
-Forza Bra prova a colpirmi.- la provocò. Se doveva subirsi quella rottura quantomeno l’avrebbe sfruttata.
La bambina non ci pensò due volte e provò a colpire il fratello come aveva fatto poco prima con il padre. Ma Trunks la schivò senza troppe cerimonie spostandosi di poco nella direzione opposta.
Bra sbattè le palpebre stupita e tentò di nuovo, ottenendo lo stesso identico risultato. Aggrottando le sopracciglia diede il via a una scarica veloce di pugni, alternando destro e sinistro, poco precisi che il maggiore schivò come niente. Provò a tirargli un calcio ma lui saltò la sua gamba con facilità. Gonfiò le guance indispettita e gli tirò un paio di calci costringendo ad indietreggiare ma senza mai colpirlo.
Trunks schivò l’ennesimo colpo senza slacciare le braccia dalla posa conserta assunta. Attese qualche secondo che la bambina lo attaccasse nuovamente prima di comprendere che si fosse fermata, probabilmente scoraggiata.
-Beh? Ti sei già stancata?- la provocò dandole poi le spalle volontariamente. -Dai che mi annoio, era quasi meglio combattere con Napa.-
Bra gonfiò le guance mentre le lacrime cominciarono a pungerle gli occhi minacciando di tornare a rigarle le guance morbide. Spostò lo sguardo oltre il fratello e vide il padre scuotere la testa, ricordandole che non doveva piangere o lamentarsi. Perciò prese un bel respiro e si calmò, tornando a concentrarsi sul suo avversario.
Trunks la osservò con la coda dell’occhio tornare calma e sogghignò andando a guardare il genitore che li osservava in silenzio. Non gli serviva guardare per capire cosa la sorella volesse fare, infatti schivò il suo colpo diretto alla testa abbassandosi un poco. La bambina continuò a tentare di colpirlo, fallendo miseramente ogni volta mentre lui si divertiva a provocarla.
-Dai, Bra, sei lenta! Io alla tua età ero molto più veloce.- le disse saltando il suo sgambetto. -Tu sei stata privilegiata, per questo sei scarsa.-
Bra era una bambina vanitosa, viziata e tremendamente permalosa. Odiava che le si facesse notare qualcosa in cui non riusciva o qualche piccolo difetto. Su quel lato era identica ad entrambi i loro genitori, era facile fare leva su di lei e farla arrabbiare.
Infatti l’espressione della piccola si corrucciò indispettita mentre tornava all’attacco provando invano a colpire il fratello sul naso.
Trunks le saltellava intorno a posta schivando con facilità qualsiasi suo colpo proveniente da ogni direzione. Notò però che con il passare del tempo si facevano più puliti e precisi, continuò a provocarla per alleviare un po’ quella tortura noiosa a cui l’aveva costretto il padre.
-Mi sto addormentando. Ce la fai a colpirmi almeno una volta?- le disse derisorio.
Bra tentò di colpirlo nuovamente e Trunks si spostò senza fatica. Fece finta di sbadigliare e le fece notare che ancora non aveva mosso le braccia.
-Mi sa che gli allenamenti non fanno per te.- le disse colpendola con una schicchera sulla fronte. -Torna a giocare con le bambole, mocciosa.-
Bra abbassò la testa mentre il suo sguardo si incupiva, Trunks avvertì la sua rabbia montare ed attese. L’aura di Bra fu visibile attorno al suo corpicino, l’energia si allargava di secondo in secondo virando al dorato un paio di volte. Il ragazzino tornò con le braccia incrociate e le fece un fischio stupito. Poi rincarò la dose.
-Allora? Devo aspettare ancora molto?- le disse alzando gli occhi verso il soffitto.
Una sfera d’energia gli passò a un palmo dal naso, fece appena in tempo a schivarla prima che gli esplodesse in faccia. Distratto, non si accorse che la sorella gli fu addosso in un secondo e sferrò un colpo. Preciso, forte, pulito. Dritto nello stomaco. Il glicine si piegò in avanti incassando il colpo con una smorfia di disappunto senza esprimersi.
-Ce la fai a chiudere la bocca dieci secondi, fratellone?- lo rimproverò lei.
La risata paterna si espanse per la stanza, distraendo i due combattenti ed attirando l’attenzione su di sè. Era raro sentirlo ridere così di gusto, tanto che ogni volta che lo faceva tutto attorno si fermava per ascoltare quel suono basso espandersi in una fragorosa risata.
Vegeta piazzò le proprie iridi scure sul figlio maggiore mentre la sua risata scemava pian piano.
-Tua sorella ha ragione, chiacchieri troppo. Hai lo stesso vizio di vostra madre.- sentenziò guardandolo piegando la testa di lato.
Trunks sbuffò punto sul vivo e tornò a prestare attenzione alla piccola peste davanti a sè. Sciolse le braccia dalla posizione conserta e si preparò al contrattacco.
-Okay, sorellina, ora si fa sul serio.- disse un secondo prima di sparire dalla sua vista.
Bra lo cercò con gli occhi tutto attorno ma non lo trovò. Non sapeva che poteva trovarlo semplicemente seguendo la sua aura, nessuno glielo aveva detto e nessuno era intenzionato a dirglielo in quel momento. In un istante Bra si ritrovò il fratello davanti, con gli occhi che gli brillavano di una strana luce poi la colpì abbastanza forte da spedirla dalla parte opposta della stanza.
La bambina si rialzò subito e passò al contrattacco partendo alla carica con una serie di colpi neanche tanto male. Peccato che Trunks era molto più forte di lei e bloccò ogni singolo colpo che lei tentò di mandare a segno, restituendoglieli tutti senza però esagerare.
Bra era testarda, come tutti in quella famiglia, quindi si alzò nuovamente ma fu risbattuta a terra dal fratello che non sembrava volerci andare leggero. Riuscì a schivare un suo gancio sinistro e a colpirlo di striscio con un pugno sulla guancia.
-Ora basta.- li interruppe il padre staccandosi finalmente dal muro.
Lanciò uno sguardo ad entrambi: Bra aveva il fiatone ma stava bene mentre Trunks sembrava appena essere uscito dal letto. Neanche una goccia di sudore.
Spostò la propria attenzione sulla figlia minore che sembrava sul punto di saltare al collo del maggiore, doveva avere l’adrenalina a palla dopo quel piccolo scontro. Per loro era normale sentirsi elettrizzati dopo un combattimento ma per la bambina era una sensazione nuova e sembrava avesse ingerito un chilo di zuccheri. Sarebbe stato meglio farla riposare prima di riportarla dalla madre, altrimenti gli avrebbe fatto una testa tanta con chissà quali paranoie.
-Bra, vai a sederti laggiù. Riprendi fiato.-
-Eh? Ma io voglio continuare, mi stavo divertendo! Non sono stanca, papà!-
Il padre le scoccò un’occhiata eloquente riportandola con la mente alla discussione di prima, in cui metteva in chiaro che non dovesse in alcun modo fare capricci durante gli allenamenti.
Si arrese senza neanche provare a protestare ed annuì andandosi a sedere in un angolo della stanza, tenendo però lo sguardo corrucciato sui due al centro della stanza.
Vegeta ignorò lo stato d’animo della più piccola e superò il figlio maggiore invitandolo a spostarsi ancora un po’.
Trunks lo seguì e realizzò di star per iniziare uno scontro con il padre solamente dal suo sguardo fiammeggiante. Si posizionò pronto per affrontarlo, assumendo la stessa posizione che il genitore assumeva prima di un combattimento. Vegeta lo guardò alzando un sopracciglio contastantando che Bulma avesse ragione quando gli diceva che Trunks lo copiava in tutto.
Sogghignò. Avrebbe fatto vedere a quel moccioso che poteva emularlo quanto voleva ma non lo avrebbe raggiunto tanto facilmente.


L’azzurra riuscì a schivare un debole colpo dell’avversaria per poi contrattaccare cercando di essere il più precisa possibile. Parò un suo pugno di risposta quando non andò a segno faticando a rimanere ferma sulle proprie gambe. Calliope aveva allentato la presa ma continuava ad andarci giù pesante, riempiendola di calci e pugni su ogni parte del corpo. Bulma ne schivava una minima percentuale, a causa dei riflessi poco pronti che possedeva. Con il respiro affannato squadrò la Saiyan davanti a sè che sogghignava, si prese qualche decimo di secondo per pensare poi ripartì all’attacco tentando di colpirla in viso. La Saiyan schivò il colpo spostandosi di lato e le prese il braccio teso usandolo come leva per scaraventarla a terra con forza, di nuovo. L’azzurra rimase a terra con braccia e gambe divaricate e il fiato corto, non aveva la forza di alzarsi così rimase a fissare il soffitto.
-Per oggi basta così.- disse Calliope comprendendo lo stato in cui la Regina riversava.
Bulma si limitò ad alzare il braccio al cielo e farle segno che per lei andava bene prima di lasciar ricadere l’arto sul pavimento.
-Non è andata male per essere stato un primo allenamento.- sentenziò entrando nel campo visivo della donna.
Bulma la guardò dal basso chiedendosi se la stesse prendendo in giro o fosse sincera. Sul suo viso non vi erano segni di derisione ma con i Saiyan non si poteva mai sapere. Si tirò su a sedere e ciò le provocò una fitta al fianco sinistro, se non si era rotta qualcosa oggi non l’avrebbe fatto più. Sentiva l’intero corpo dolorante, era sicura che si sarebbe svegliata ricoperta di lividi il giorno successivo. La mano tesa di Calliope la distrasse dai suoi pensieri, stupendosi per quel gesto d’aiuto così personale. La prese e si fece aiutare a rimettersi in piedi, forse troppo velocemente e un capogiro la colse.
-Avete bisogno di mangiare qualcosa o il vostro corpo non reggerà lo sforzo.- le disse la Saiyan quasi in modo premuroso.
Bulma si portò una mano alla testa ritrovando l’equilibrio che aveva rischiato di perdere. Con calma fece un passo avanti pregando di non svenire per la fame, Calliope era alle sue spalle affiancata dalla guerriera con il rilevatore blu. Elèna fece aprire la porta automatica cedendo il passo alla sovrana.
L’intera squadra la scortò fino alla stanza da letto, formando una sorta di scudo umano, o meglio Saiyan, in mezzo alla grande quantità di gente che quel giorno bazzicava per il palazzo. L’azzurra si guardò attorno scorgendo qualche piccola famigliola in disparte oltre a gruppi di guerrieri più o meno contenti di essere tornati. Si chiese il perchè di tutto quel via vai quel giorno, così atipico.
-Perchè tutta questa gente oggi?- chiese incuriosita.

-Oggi è il giorno del ritorno dei guerrieri. Chiunque abbia passato gli ultimi sei mesi fuori dal pianeta è sollevato da ogni impegno per poter tornare su Vegeta-sei e riposare.- le rivelò la guerriera dal rilevatore blu. -Per almeno un mese hanno diritto a un congedo, a volte forzato, per avere la possibilità di prendersi una pausa.-
Bulma osservò un paio di guerrieri essere accolti a braccia aperte, ma con la compostezza tipica di quella razza, dalle proprie compagne che, nel frattempo, avevano dato alla luce un altro erede.

Una donna prese in braccio un bambino che le correva incontro mentre un uomo si avvicinava loro con l’ombra di un sorriso sulle labbra, si fermò davanti a quella che presumibilmente era la sua compagna e i loro sguardi s’incatenarono. Niente contatto fisico, nessuna parola, solo uno scambio di sguardi intensi. Poi il bimbo spostò i capelli della madre e l’azzurra potè notare il leggerissimo segno di denti che la donna aveva nell’incavo tra il collo e la spalla. Esattamente dove lei aveva il suo. Andò involontariamente ad accarezzare quel morso che aveva un significato profondo mentre la Saiyan posò a terra il figlio e i capelli le tornarono a coprire quel simbolo di un sentimento tanto forte quanto sconosciuto a tutti loro.
Aprì la porta della propria camera, l’ala adibita alla zona notte era silenziosa come sempre, off limits per chiunque non facesse parte della famiglia reale o fosse espressamente autorizzato. La squadra di Calliope rimase fuori la porta, di guardia alla Regina fin quando non avrebbero visto il Re al suo fianco. Bulma sospirò: la guardia nei suoi confronti si era fatta più serrata dopo il rapimento di Bra, non era libera di girare per il castello se non accompagnata da una delle guerriere o da Vegeta e la situazione cominciava a starle stretta. Si spogliò degli abiti intrisi di sudore e si ficcò sotto la doccia, lanciando uno sguardo alla vasca che la notte prima era stata usata non solo per fare un bagno. Sorrise al ricordo della notte trascorsa tra le braccia possenti del compagno e si morse il labbro avvertendo un brivido percorrerla da capo a piedi. Il getto d’acqua caldo le rilassò ogni muscolo del corpo portando sollievo dopo l’allenamento, sospirò in pace lasciando che le accarezzasse il viso come una carezza. Passò più tempo del previsto sotto il getto caldo e, quando si decise ad uscire e vestirsi, delle voci provenienti dalla stanza affianco catturarono la sua attenzione.
-Papà, secondo te potrò diventare forte come Trunks?-
La voce di Bra arrivò attutita ma riuscì ad avvertire chiaramente la domanda che porse al padre che, probabilmente, era nella stessa stanza. Bulma si fermò un secondo per ascoltare chiedendosi se Vegeta le avrebbe risposto. Conoscendo il carattere introverso del marito non era certa che l’avrebbe fatto.
-Se continui ad allenarti con questo ritmo puoi puntare anche più in alto.-
E la voce profonda del principe, pardon Re, dei Saiyan rispose prontamente alla piccola principessa che chiedeva conferma. A Bulma venne da ridere pensando che se a lei a volte le rispondeva con un grugnito, alla figlia non faceva mai mancare una risposta di senso compiuto. Suo marito aveva delle preferenze ma si ostinava a non ammetterlo.
Tirò fuori dall’armadio un maglia a maniche lunghe rossa con scollo a V piuttosto pronunciato e un paio di jeans scuri mentre dall’altra parte del muro la conversazione continuava.
-Posso diventare più forte di Trunks?- chiese la piccola con occhi scintillanti.
-Più forte di Trunks, più forte di me, più forte di chiunque tu voglia.- rispose quasi annoiato l’altro.
Bra, immersa nella vasca piena di schiuma, guardò il genitore seduto a terra lì accanto con una faccia che la diceva lunga su quanto la cosa la rendesse felice.
-Ma ci vorrà tempo. Tanto tempo.- si affrettò ad aggiungere. -Per adesso limitati a non farti battere da chi è più piccolo di te.-
Bra prese la schiuma che le galleggiava attorno e ci soffiò sopra fin quando non svanì. Rise divertita ripetendo il gesto rivolta però verso il genitore che a mala pena la guardava. Il Saiyan non fu molto contento di essere riempito di bolle di sapone ma a Bra non interessò, anzi si mise a ridere di fronte alla faccia scocciata del genitore.
Vegeta, seduto a gambe incrociate accanto alla vasca, osservava la bambina immergersi completamente in acqua e riuscire coperta da capo a piedi di schiuma. Trattenne una risata quando tentò di acchiappare uno dei giocattoli nella vasca senza alzarsi finendo per scivolare ed essere ricoperta dall’acqua saponata. La vide riemergere scuotendo la testa per liberarsi della schiuma in eccesso. Bra gli mostrò il giocattolo tra le mani come se fosse un trofeo prima che il suo pancino si mettesse a brontolare. A quel punto Vegeta si alzò da terra, stappò la vasca per far defluire l’acqua sotto lo sguardo contrariato della figlia e tirò fuori la bambina dalla vasca, coprendola poi con un asciugamano grande il doppio di lei.
Bra si mise a giocare indisturbata con il modellino di astronave che si era portata fin dentro il bagno mentre il suo papà le asciugava i capelli azzurri. Riproduceva quello che doveva essere il suono dei motori facendo volteggiare il giocattolo di fronte a sè. Poi si fermò di botto, colta da chissà quale pensiero infantile, e si voltò verso la figura paterna.
-Papà?- lo chiamò.
Il Saiyan non fiatò, invitandola a continuare.
-Quando torniamo a casa?-
Vegeta guardò la figlia giocherellare con l’astronave rigirandosela tra le mani. Sapeva che prima o poi Bra avrebbe iniziato a sentire nostalgia di casa e della loro quotidianità, aveva solo tre anni dopotutto. Prese tempo continuando a sfregare la testolina azzurra con delicatezza pensando a una risposta adatta.
-Non lo so.- le rispose sincero, non gli piaceva mentire neanche se chi aveva davanti possedeva meno di cinque anni. -Vuoi tornare a casa?-
Bra scosse la testa tornando poi a fissare il giocattolo che teneva tra le mani. Alzò la testa incontrando gli occhi scuri del padre, scrutandoli senza alcun timore.
-Mi trovo bene qui, posso giocare con gli altri bambini senza aver paura di fargli male. Sono tutti simpatici.-
-Ma?-
-Ma dopo che sono stata portata via ho paura di stare da sola.- rivelò.
Vegeta chiuse gli occhi riflettendo su quanto di più ovvio la figlia potesse dirgli: temeva che la scena si ripetesse e che non finisse bene. Deve essere stato traumatico per lei, anche se grazie a tale evento aveva sbloccato la trasformazione. Non avrebbe permesso che succedesse nuovamente, non voleva provare un tale dolore misto al senso d’impotenza un’altra volta. Nessuno avrebbe fatto del male alla sua famiglia, mai più.
Riaprì gli occhi e si caricò la figlia avvolta nel tessuto di spugna su una spalla come un sacco, la lasciò cadere poi sul letto con le sbarre tirate giù mentre lei rideva divertita. Si avvicinò all’enorme armadio, aprendo le ante e scrutando all’interno senza un reale interesse.
-Scegli.- disse rivolgendosi alla figlioletta.
Bra, che nel frattempo aveva iniziato a saltare su e giù sul letto esibendosi in capriole degne di un ginnasta, osservò di sfuggita l’armadio a testa in giù.
-Quello!- urlò indicando un punto ben preciso. -Quello rosa!-
Vegeta tornò a fissare l’enorme quantità di vestiti che la figlia possedeva prima di afferrare l’abito richiesto e richiudere le ante. Tornò davanti a letto e Bra smise di saltellare per permettergli di infilarle il vestito rosa con disegnati dei fiorellini bianchi.
Bra fece uscire la lunga coda marroncina dal buco appositamento praticato sul tessuto prima di sedersi sul bordo del letto e infilarsi le scarpe, che lasciò però allacciare al padre dato che lei non ne era capace. Con una capriola da brava esibizionista scese dal letto e lasciò un bacio sulla guancia del genitore, che non fece una piega.
-Ma che bravo papà che sei diventato. Quasi fatico a riconoscerti.-
-Mamma!- urlò la bimba correndo incontro alla donna che se ne stava appoggiata allo stirpe della porta.
Bulma prese tra le braccia la figlia facendole una pernacchia sulla guancia. Bra scoppiò a ridere e l’abbracciò prima di farsi mettere giù e sparire oltre la porta, diretta chissà dove.
La donna si avvicinò al marito buttandogli le braccia al collo non appena egli si alzò in piedi. Sfiorò il suo naso con il proprio mentre lui le posava le mani sui fianchi, attirandola più vicina.
-Le hai fatto il bagno e l’hai vestita, potrei assegnarti il premio come papà dell’anno.- lo prese in giro lei.
L’uomo sbuffò alzando gli occhi al cielo e pensò bene di tapparle la bocca con un bacio prima che prendesse il via con qualche stupidagine.
Bulma rise sulle sue labbra ricambiando con piacere quel bacio che le aveva negato qualche ora fa andandosene e sbattendo la porta. Adorava stare tra le sue braccia muscolose, poteva avvertire il profumo del bagnoschiuma mischiato all’odore naturale che aveva la sua pelle. Il calore del suo corpo l’avvolse facendola sentire a casa, avrebbe voluto non staccarsi più.
-Ooooh…-
Una voce stupita e delicata li distrasse costringendoli a staccarsi per scoprire chi avesse interrotto il loro attimo di intimità. Bra li osservava con gli occhioni spalancati e l’espressione più incantata che avesse nel proprio repertorio, per lei vedere i suoi genitori così vicini era veramente un evento raro che la rapiva sempre. Sfoderò poi il più bel sorriso che avesse quando entrambi gli sguardi confusi si posarono su di lei. Poi scappò via ridendo.
I due genitori rimasero a fissare l’uscio della porta confusi, non sapendo cosa pensare di quella reazione della loro bambina. Si scambiarono uno sguardo e Vegeta si ritrovò ad arrossire impercettibilmente rendendosi conto di essere stato visto dalla figlia baciare la moglie. Bulma rise di fronte a quella reazione poco da lui prima di staccarsi per seguire la figlia fuori dalla stanza.
-Mi fa male ogni singolo muscolo del corpo, come fate voi ad allenarvi ogni giorno.- borbottò con una smorfia di dolore massaggiandosi un braccio.
Non che si aspettasse una risposta dal marito, quando mai quell’uomo le rivolgeva la parola, ma si accigliò non sentendolo neanche prenderla in giro. Si voltò verso di lui che guardava altrove, ignorando palesemente il discorso.
-Cosa?- le disse l’uomo spostando appena le iridi scure su di lei.
-Io mi lamento che mi fa male tutto e tu non dici niente?- disse incrociando le braccia sotto il seno.
Vegeta tornò a guardare davanti a sè.
-Hai scelto tu di allenarti, sapevi a cosa andavi incontro. Cosa vuoi da me?-
Bulma si fermò stupita dalla sua solita mancanza di peli sulla lingua, sembrava veramente che non gli interessasse minimamente il fatto che lei sentisse dolore. Gli fece il verso quando lui la superò.
-Sì che lo sapevo, ma volevo un po’ di comprensione!- gli urlò dietro. -Invece sei sempre il solito principe degli scimmioni!-
Vegeta continuò ad ignorarla quasi non la sentisse. Adorava farla arrabbiare in quel modo, sapeva che lei desiderava un po’ d’attenzioni e negargliele lo divertiva assai.
-Vegeta!- urlò vedendolo sparire giù per le scale.
Con un verso contrariato lo seguì imbronciata, gliel’avrebbe fatta pagare.
A metà percorso Radish e Napa, spuntati da chissà dove, si misero a seguirli probabilmente per tentare di scroccare nuovamente cibo alla tavola reale. Vegeta li ammonì con lo sguardo dandogli degli approfittatori nonostante il casino che avessero combinato in quei pochi giorni da presunti regnanti. Però lasciò che mangiassero con loro di nuovo, premurandosi, stavolta, di tenerli lontani dalla vista sua e dei membri della sua famiglia rilegandoli a un angolo lontano della stanza. Di rigettare il pasto appena consumato non ne aveva la minima voglia, si chiese nuovamente come avesse fatto per tutti quegli anni a sopportare i loro modi, che dire animaleschi non renderebbe l’idea, di mangiare senza vomitare.


-Che ne dici di farci un giro per la città oggi?- chiese speranzosa Bulma giocando a batti mani con la figlia.
-Ho altro da fare.- le rispose il marito scrutando alcune carte poggiate sul tavolo di fronte.
Bulma lo guardò alzando un sopracciglio, chiedendosi se fosse solo una scusa per non portarla in giro. Era il Re poteva delegare altra gente per occuparsi di questioni di poca importanza.
-E cosa?- gli chiese. -Fa niente, andrò da sola.-
Il Saiyan fu tentato di risponderle male e di asserire che non fosse importante per lei saperlo ma sapeva che la donna avrebbe dato il via ad una guerra di parole che non aveva voglia di intraprendere in quel momento.
-Continuare a mettere in atto la tua idea di stringere alleanze.- le disse poi voltandosi a guardarla. -Mentre tu te ne rimani tranquilla con il culo sulla sedia.-

L’azzurra smise di giocare con la figlia e incassò la frecciatina.
-Cosa intendi dire? Che io non sto facendo niente?-
Il Saiyan la guardò senza espressione, incrociò le braccia al petto e lasciò che la donna gli leggesse la risposta negli occhi. A loro non servivano parole.
-Quantomeno io so usare il cervello invece delle mani.- gli rispose.
Quelle parole lo colpirono come fossero un insulto. Aggrottò le sopracciglia.
-Mi stai dando dello stupido?-
La donna ghignò per poi voltare lo sguardo altrove, togliendo la sua attenzione al suo interlocutore.
-Non mi sembra che il tuo cervello ti abbia mai tirato fuori dai guai in cui ti ostini a cacciare.-
-Io non mi caccio nei guai!- sbottò alzandosi in piedi per fronteggiare l’uomo. -Cerco semplicemente di stimolare la mia intelligenza in modi differenti.-
-Sai, Bulma, a volte mi sembri più stupida di Radish.-
-Ehy!- protestò il Saiyan, preso ingiustamente in causa.
Vegeta lo ignorò. -Perché non ammetti semplicemente che ho ragione?-
-Perchè non hai ragione.- continuò a difendersi lei, incrociando le braccia sotto al seno.
-Ah, no?- le chiese sarcastico inclinando la testa di lato.
-No.- sentenziò. -Ok, fammi un solo esempio in cui mi sono cacciata nei guai.-
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato facendo finta di riflettere, aveva una miriade di esempi da farle ma si prese qualche secondo per selezionarli.
-Quando hai deciso di voler vedere Freezer con i tuoi occhi.- iniziò sollevando l’indice della mano sinistra. -I cyborg, con Trunks neonato tra le braccia.- Sollevò il medio. -Hai schiaffeggiato Beerus, completamente ubriaca.- La fede dorata brillò quando sollevò l’anulare. -Freezer, di nuovo.- E il mignolo affiancò le altre dita.
-Avevo detto un esempio!- lo interruppe lei, come se rimarcando quella frase potesse screditare quanto detto. -E mi sembra che tu mi abbia abbondantemente vendicata, quando poi Beerus ha alzato le mani su di me.-
I Saiyan presenti sgranarono gli occhi al sentir nominare il Dio della Distruzione, Lord Beerus.
-A-aspetta, Vegeta! Non dirmi che hai incontrato Lord Beerus veramente!- chiese Napa incredulo. Ma venne ignorato, il sovrano era troppo impegnato a discutere con la moglie.
-Non sarei dovuto intervenire se tu te ne fossi rimasta buona.- le disse ricordando bene quel giorno.
-Certo, lui arriva e interrompe il mio compleanno e io devo starmene buona.- borbottò contrariata la donna. -Neanche morta. E comunque so tirarmi fuori da sola dai guai!-
Una vena sulla tempia del Re iniziò a pulsare manifestando la sua irritazione di fronte alla cocciutaggine della donna.
-Allora la prossima volta non invocare il mio aiuto quando ti troverai nei casini.- sbottò.
-Puoi contarci!-
Cocciuta quanto lui, non avrebbe abbassato la cresta neanche morta.
-Bene!- esclamò allora lui.
-Bene!- gli fece eco lei.
Rimasero a fissarsi in cagnesco, digrignando i denti e ringhiando appena come due cani che litigano. Entrambi orgogliosi, entrambi testardi. Nessuno voleva ammettere di aver torto, nessuno si sarebbe arreso.
Si diedero le spalle e Vegeta imboccò la porta.
-E comunque tu da sola non vai da nessuna parte.- le disse sbattendo la porta.
-Cosa!? Io faccio ciò che voglio, capito scimmione! Non mi dai ordini!- gli urlò dietro lei quando il Saiyan era già sparito per il corridoio.
Borbottando insulti, prese Bra per mano e uscì anche lei, prendendo la direzione opposta. Gli avrebbe dimostrato che non poteva darle ordini e che sapeva cavarsela da sola.
Vegeta, nel frattempo, percorreva a passo svelto, con i pugni stretti lungo i fianchi e lo sguardo più accigliato del solito, i lunghi corridoi del palazzo. Maledicendo a denti stretti lei e la sua testardaggine, raggiunse il campo d’allenamento per gli under diciotto dove Trunks partecipava agli allenamenti degli altri Saiyan di prima classe.
-Trunks.- tuonò il Re destando l’attenzione di tutti i ragazzini presenti.
I Saiyan adulti presenti s’inchinarono al suo passaggio mentre i bambini rimasero a guardarlo rapiti. Vegeta possedeva attorno a sè un’aura di inquietudine mista ad orgoglio, non incuteva timore ma rispetto e i ragazzi ne erano affascinati.
-Dimmi, papà.- rispose Trunks avvicinandosi.
-Muoviti, partiamo tra dieci minuti.- ordinò con tono che non ammetteva repliche.
Trunks lo guardò sospettoso, il suo umore era esattamente l’opposto di quello di un paio d’ore fa. Sembrava parecchio alterato, chissà se aveva litigato con la madre o se Radish e Napa avessero fatto qualcosa per irritarlo. Decise di sorvolare, non voleva peggiorare la situazione ancor di più.
-Dove andiamo?- domandò invece.
Ma Vegeta non gli rispose, girando i tacchi e sparendo chissà dove.
Trunks sospirò alzando poi le spalle: suo padre quando era di cattivo umore diventava intrattabile, smetteva di comunicare come un essere umano e iniziava a ringhiare come risposta o a non farlo proprio. Decise di affrettarsi a seguirlo o se la sarebbe presa anche con lui.
-Ehy mezzosangue!-
Trunks si voltò fermandosi, ormai si era abituato a sentirsi chiamare così e sapeva si rivolgessero a lui.
Un ragazzino dai corti capelli neri con un'armatura dalle spalline verdi, lo guardava sogghignante assieme ad altri due bambini più piccoli di un paio d’anni. Sembravano il classico gruppetto di bulletti della scuola.
Il più grande gli si avvicinò drizzando poi la schiena per affrontarlo a testa alta. Ghignò ancorando le sue iridi nere a quelle azzurre del principe poi si mise a girargli attorno studiandolo quasi fosse un animale in una gabbia. Si accigliò, Trunks, quando il ragazzino fece il secondo giro e si fermò alle sue spalle.
-Dov’è la tua coda? Sei il figlio del Re, dovresti averla.- gli disse.
-Me l’hanno tagliata quando ero piccolo, da dove vengo io la luna sorge ogni mese.- spiego spicciolo.
Il ragazzino Saiyan gli tornò di fronte e si puntellò le mani sui fianchi, facendo scorrere lo sguardo derisorio sull’intera figura di Trunks. Allungò una mano e gli toccò i capelli, Trunks si spostò all’istante provocando la risata dell’altro.
-Non hai la coda, i tuoi colori sono strani. E ti definisci un Saiyan?- chiese retorico indicandolo con il palmo rivolto verso l'alto.
Trunks si accigliò mentre l’altro iniziava a ridere sguaiatamente. Lo vide dargli le spalle e rivolgersi ai suoi due mini tirapiedi che sghignazzavano appresso a lui, come se volessero ottenerne l'approvazione. Non credeva che anche tra i Saiyan esistesse il bullismo, pensava fossero una società che prestava poco attenzione a quei piccoli dettagli.
-Guardatemi, sono uno stupido mezzosangue. Sono il figlio del Re ma sembrò uno stupido terrestre. Mia madre mi ha tagliato la coda perchè temeva potessi trasformarmi, la natura è stata così crudele da darmi anche i colori del mare. Probabilmente i miei neanche mi volevano ma non sapevano come liberarsi di uno scarto come me. Ora vado a piangere da papà. Ueue.- lo prese in giro.
I due ragazzini scoppiarono a ridere, seguiti dal resto del campo d’allenamento. Sembrava che tutti si divertissero a guardarlo, non era cosa strana che i Saiyan non apprezzassero i mezzosangue, ormai l’aveva capito. Ma lui era diverso da qualsiasi altro ibrido, il sangue terrestre non quietava le sue abilità ma le esaltava potenziandole.
Il Saiyan purosangue continuò a deriderlo dandogli le spalle beandosi delle risate dei compagni che sembravano apprezzare la sua scenetta. Quando però si ammutolirono tutti, si bloccò.
-Che diavolo vi prende?- sbottò prima che uno degli altri ragazzini gli indicasse alle spalle.
Si girò incuriosito e irritato, odiava essere interrotto. Una mano lo afferrò per la gola sollevandolo di pochi centimetri dal suolo. Cercò di liberarsi incrociando le iridi azzurre e fiammeggianti del ragazzino dai capelli glicine.
-Ascoltami bene, idiota senza cervello, i miei genitori mi hanno voluto sicuramente più dei tuoi. Ti hanno mollato di nuovo qui, mentre loro vanno in missione. Eppure hai sedici anni dovresti aver già partecipato a una delle loro uscite, invece ti lasciano qui ogni volta. La tua forza combattiva è talmente esigua da essere al di sotto della media della seconda classe, e vieni a prendertela con me. Patetico.- disse fissandolo con occhi spalancati mentre lui ravanava in cerca d’aria. -Se io possiedo la coda o meno e se i miei colori abbiamo tonalità più chiare non ti deve interessare, sono un Saiyan quando te.-
Lo lasciò andare scaraventandolo a terra con forza tanto da farlo strisciare per un metro buono. L’osservò dall’alto in basso mentre tossiva e tornava a respirare normalmente tenendosi una mano al collo dolorante. Quando l’altro alzò gli occhi su di sè tornò a parlare.
-Io sono il tuo principe. Esiguo il rispetto che mi devi indifferentemente dalla tua personale opinione. Rivolgiti a me in questo modo ancora una volta e ne pagherai le conseguenze.- sentenziò fissandolo con sguardo glaciale.
L’altro avvertì un brivido corrergli lungo la schiena fissando gli occhi più azzurri che mai del principe. Non pensava che un mezzosangue potesse mai incutergli tanto timore senza che neanche si avvicinasse. Abbassò lo sguardo sconfitto.
-Sí, Vostra Maestà.- mormorò appena.
Trunks sorrise prima di voltargli le spalle e imboccare la porta, i Saiyan adulti s’inchinarono al suo passaggio.
Il glicine sospirò appena fu abbastanza lontano dal campo, mantenere un tono fermo e autoritario era stato difficile ma era riuscito a farsi rispettare. Seguire il consiglio del padre di alzare la testa  e ricordargli il suo ruolo era stata la scelta migliore. Trovò proprio lui, appoggiato a una delle tante navicelle, che lo aspettava. Attorno a lui poteva avvertire un’aura non esattamente tranquilla, chissà cosa era successo.
Il Saiyan non proferì parola entrando nella capsula spaziale dopo avergli fatto segno di seguirlo. Trunks afferrò un rilevatore, mollato lì da qualcuno, e imitò il padre, pur non sapendo dove stessero andando impostò il pilota automatico.


Bulma borbottava incessantemente da ormai quasi un’ora, trascinandosi Bra per l’intero palazzo. I Saiyan attorno a lei la fissavano incuriositi senza aver il coraggio di avvicinarsi, l’azzurra spintonava chiunque avesse davanti e rivolgeva uno sguardo di fuoco a chiunque osasse lamentarsi. Non aveva forza combattiva ma il potere nelle sue mani, essendo la Regina, metteva tutti a cuccia.
-“Non mi sembra che il tuo cervello ti abbia mai aiutato ad uscire dai guai in cui ti cacci”- borbottò. -“La prossima volta non venirmi a chiamare”- continuò scimmiottando il marito. -“Da sola non vai da nessuna parte!” Che nervoso!- esclamò tirando un calcio a una delle poche decorazioni presenti all’interno del palazzo.
Niente sembrava poter fermare il suo andazzo nervoso, percorreva il corridoio a passo svelto. Era tutto abbastanza silenzioso, nonostante la quantità di persone che bazzicavano nel castello, solamente il rimbombo dei propri passi e della propria voce riempiva l’enorme spazio vuoto. Bra la seguiva faticando a starle dietro nonostante fosse praticamente trascinata. Raggiunsero il portone principale, i due soldati erano come sempre di guardia. Si misero sull’attenti non appena la videro ma l’azzurra gli diede poco retta. Si fermò lì davanti e li fissò con espressione severa quasi volesse incenerirli.
-Aprite il portone.- ordinò.
I due Saiyan si guardarono confusi, avevano il preciso ordine di non far uscire la Regina dal castello se non accompagnata. Alle sue spalle non c’erano nè le guerriere addette alla sua protezione nè il Re, perciò rimasero qualche secondo a riflettere sul da farsi chiedendosi cosa fosse meglio fare.
-Allora?- sbottò la donna.

-Mia signora, il Re ha ordinato espressamente di non farvi uscire da sola.- disse qualcuno alle sue spalle.
-Taci, Allistar.- sentenziò la Regina adirata pur non avendo compreso appieno le sue parole pronunciate in quella lingua a lei quasi del tutto sconosciuta.
Il guerriero si frappose tra la Regina e il portone, sovrastando la donna di parecchi centimetri e fissandola con rimprovero.
Bulma aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto, lasciando la mano di Bra.
-Vostra maestà, è per il vostro bene. Il Re vi vuole incolume e viva quando tornerà, perciò non siete autorizzata ad uscire.- sentenziò. -Dov’è la vostra squadra?-
La donna sbuffò alzando gli occhi al cielo.
-Che ne so! Oggi c’è talmente tanto caos che potrebbero benissimo essersi volatilizzate nel nulla.- disse.
Allistar socchiuse gli occhi affatto convinto della risposta reale ma non fiatò, mantenendo un contegno adeguato alla propria posizione. Si schiarì la gola e drizzò la schiena, risoluto.
-Allora non posso farvi uscire.- disse.
L’azzurra prese a massaggiarsi la base del naso prossima a una crisi di nervi: Vegeta pensava di poterla tenere in gabbia come un volatile prezioso, chiusa in una teca di vetro per evitare che si facesse male. Ma lei non era il tipo che se ne sta con le mani in mano, anzi, l’avventura la chiamava ogni qual volta ci fosse troppa quotidianità nella propria vita. Non si sarebbe sposata il principe dei Saiyan altrimenti! Avrebbe dimostrato a quell’idiota che non poteva darle ordini né tenerla rinchiusa.
Afferrò due mantelli scuri e ne avvolse uno attorno alla bambina alle sue spalle, le sollevò il cappuccio e le accarezzò una guancia sorridendole appena. Bra guardò la madre confusa ma non fiatò osservandola alzarsi e indossare a sua volta il capo scuro, coprendo il viso dai colori chiari con il cappuccio. La donna alzò poi lo sguardo su Allistar inchiodandolo sul posto con quei fari azzurri, giurò di averlo visto sussultare.
-Ascolta, Allistar, mio marito non mi da ordini e non può impedirmi di fare ciò che voglio. Io sono una persona libera di fare ciò che vuole, oltretutto sono la tua Regina e devi stare ai miei ordini. Quindi se ti dico che voglio uscire di qui, tu apri quel fottuto portone e mi lasci uscire. Altrimenti farò in modo che questa sia l’ultima conversazione che potrai avere in vita tua.- lo minacciò senza smettere di guardarlo negli occhi. -Sono stata chiara?-
Il guerriero rimase impietrito sul posto, colto alla sprovvista dall’enorme foga della donna davanti a sè. Minuta e priva di forza combattiva ma con una potenza di carattere senza eguali. Si chiese se tutte le terrestri fossero così o lei fosse un’eccezione.
Si schiarì la voce tornando con i piedi per terra.
-Sì, mia signora.- disse spostandosi poi di lato. -Aprite il portone.-
Le guardie eseguirono senza proferir parola e la donna prese per mano la figlia macinando gli ultimi metri che la separavano dalla libertà. Fulminò con lo sguardo i due soldati, che si erano rifiutati di eseguire un suo ordine, ed oltrepassò l’uscio.
-Regina.- la richiamò Allistar costringendola a fermarsi. -Se il Re dovesse tornare prima di voi, cosa dovrei dirgli? Sapete di star passando dei guai, immagino.-
Bulma fece una smorfia ripensando alla litigata di poche ore prima avuta con il compagno. Voltò le spalle al castello e alzò un braccio in segno di saluto.
-Quello che ti pare, me la vedrò dopo io con Vegeta e la sua cocciutaggine.- disse riprendendo a camminare.
Allistar s'inchinò mentre le porte massicce venivano chiuse alle spalle della Regina, la cui immagine che si allontanava fu l’ultima vista dal guerriero.
L’azzurra sorrise alla bambina che aveva per mano, fiera di aver fatto valere la propria libertà e le proprie opinioni. Vegeta poteva essere un Saiyan, un Re, un guerriero o tutto quello che gli pareva ma non l’avrebbe mai piegata a tal punto da rinchiuderla in quel palazzo ed impedirle di fare ciò che vuole. E lui lo sapeva.
Si guardò attorno non sapendo da che parte iniziare la sua esplorazione. Non avevano un mezzo di trasporto e le capsule che li contenevano che si era portata da casa erano nello zaino nella sua camera. Nel palazzo. Sospirò rassegnandosi a proseguire a piedi, avrebbe limitato la sua gita alla città in cui sorgeva il palazzo.
Come al solito le vie erano gremite di gente, guerrieri in ogni dove. Alcuni erano molto giovani, ridevano e scherzavano tra di loro come qualsiasi adolescente della loro età che avrebbe potuto vedere sulla Terra. Incredibile come, nonostante fossero a svariati anni luce di distanza, Bulma potesse riscontrare la somiglianza tra la normalità su quel pianeta e quella sul proprio. Passeggiò per le vie della città tenendo per mano la piccola Bra incuriosita dal circondario. I cappucci coprivano loro parte del volto, nessuno avrebbe potuto riconoscerle se non a distanza ravvicinata quindi erano abbastanza tranquille. Qua e là potè scorgere qualche piccolo focolaio di protesta, che veniva per lo più ignorato dai passanti o addirittura qualcuno provvedeva a far tacere la cosa con una bella scazzottata.
La città era un mix tra tecnologia e tradizione, con gli edifici molto semplici e basilari alternati ad alcuni più complessi ed imponenti. Tra i venditori ambulanti che si appostavano qua e là ai lati della strada, la stragrande maggioranza vendeva roba utile per il combattimento, dalle armature ai rilevatori. Bulma si chiese quanto sarebbe costato a Vegeta ricomprarsi ogni volta la tuta, per fortuna lei poteva costruirgliela ogni volta a titolo gratuito. Con il ritmo con cui la distruggeva doveva trovare al più presto una soluzione per renderla più resistente agli scontri.
Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto di star pensando a lui nonostante l’avesse fatta arrabbiare. Dannato Saiyan.
Una bancarella attirò la sua attenzione: era diversa dalle altre, vendeva per lo più oggetti elettronici e meccanici adatti alla riparazione di navicelle, vasche rigeneranti ed altre cose. L’azzurra si fermò ad osservarne il contenuto, rapita come un bambino in un negozio di giocattoli. Moriva dalla voglia di sapere a cosa servissero tutti quegli aggeggi a lei sconosciuti, peccato che masticava la lingua Saiyan assai poco. Tutta colpa di Vegeta che si ostinava a non insegnargliela, quasi la volesse tagliare fuori dal suo mondo.
-Stupido scimmione.- borbottò sottovoce per la seconda volta in un’ora.
Afferrò quello che sembrava un pezzo di ricambio per il computer di una navicella studiandolo per diversi minuti. Le era familiare ma non capiva esattamente dove andasse.
Alzò gli occhi sul commerciante, una splendida ragazza minuta dalla faccia annoiata, sicuramente non esattamente felice di essere lì, e pensò di chiedere spiegazioni sulle caratteristiche tecniche. Osservò la sua faccia scazzata, sembrava affatto contenta di essere lì, forse avrebbe preferito andarsene in giro per pianeti a fare a botte con qualcuno. Tentennò un secondo sul chiederle o meno ciò di cui aveva bisogno ma si disse che se lei aveva avuto una giornataccia non era il motivo per non occuparsi dei clienti.
Si schiarì la gola attirando l’attenzione della Saiyan. La ragazza le rivolse uno sguardo glaciale.
-Ehm...Questo pezzo?- disse insicura.
La ragazza la squadrò dalla testa ai piedi poi rivolse l’attenzione altrove.
-40 ek.- le rispose.
Bulma aggrottò le sopracciglia infastidita per quella mancanza di attenzione.
-Cosa… funziona...come.- borbottò pregando che l’altra capisse.
La Saiyan la guardò di sbieco, chiedendosi che problemi avesse a parlare. Si sporse nella sua direzione fissandola di sottecchi.
Bulma si sentì come un fenomeno da baraccone, sicuramente la ragazza l’aveva presa per una stramba che non parla la loro lingua. Purtroppo non poteva farci niente, perciò le sorrise cordiale sperando che non andasse a sbirciare oltre al cappuccio. Fece un passo indietro, mettendo spazio tra loro due.
L’altra la guardò incuriosita non capendo il suo comportamento nè perchè avesse il viso coperto. Certo di gente strana ne passava ma quella donna aveva qualcosa di diverso. Giurò di aver visto dell’azzurro al di sotto del cappuccio.
-Perchè non parli la lingua comune?- le chiese.
Bulma la guardò stranita, non aveva capito una parola di quello che le aveva detto.
La Saiyan la fissò in attesa di una risposta che non sarebbe arrivata per ovvi motivi. E quando lo capì rimase comunque a guardarla, non potevano comunicare a parole, come avrebbe fatto a capire cosa volesse.
La Regina si guardò attorno alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarla ad esprimersi o quantomeno a farle capire cosa intendesse dire.
Ma certo! Il telefono!
Frugò velocemente nelle tasche e tirò fuori lo smartphone, sotto lo sguardo incuriosito e confuso della ragazza dietro al bancone.
-Dov’è… Non dirmi che l’ho cancellata.- borbottò sottovoce scorrendo veloce sullo schermo. -Eccola!- esclamò.
Voltò lo schermo in direzione della Saiyan, mostrandole la foto dello stesso componente che aveva lei in laboratorio. Poi ci affiancò quello sul banco, pregando che la comprendesse.
La giovane osservò la foto per diversi istanti in silenzio.
Bulma frugò nel proprio cervello alla ricerca di qualche parola che l’aiutasse. Maledì il marito ancora una volta per non averle permesso di imparare la loro lingua.
-Diversi?- aggiunse poi.
La ragazza alzò lo sguardo sulla Regina e finalmente comprese. Si allontanò da lei e cercò qualcosa sotto al bancone per qualche secondo. Le porse poi un foglio con su scritte tutte le caratteristiche tecniche. In lingua Saiyan.
Bulma sospirò, le porse comunque l’oggetto e pagò il prezzo che le era stato detto. Osservò il volantino allontanandosi poi con Bra per mano, cercando di raccapezzarsi almeno un minimo. I caratteri di quella lingua era un altro universo. Decise che se lo sarebbe fatto tradurre da quel testone che aveva sposato.
Continuarono il loro giro tra le bancarelle, osservandone di più disparate in mezzo alla maggioranza che vendevano oggetti di uso quotidiano. Bra le strinse la mano con forza costringendola ad abbassare lo sguardo su di lei. La bambina la tirò verso sinistra e lei non potè far altro che farsi trascinare per vedere cosa avesse attirato la sua attenzione così all’improvviso. Si avvicinarono a uno dei pochi banchi privi di armature. Bulma si fermò ad osservarla: era quasi interamente occupata da oggetti vari e particolari, di cui non ne riconobbe la funzionalità della maggior parte. Però adocchio quella che sembrava una pietra terrestre. La prese d’impulso in mano facendosi scappare un sorriso nostalgico.
Bra invece si fiondò dal lato opposto rispetto alla madre e, mettendosi in punta di piedi, sbirciò oltre il bordo puntando all’oggetto che l’aveva attratta. Non brillava, nè era di colori sgargianti, tantomeno sembrava morbido anzi le pareva logoro. Insomma era assolutamente diverso da tutto ciò che le sarebbe potuto piacere. Però c’era qualcosa in quell’oggetto che la catturava e lo voleva per sè come il vestito nuovo visto in vetrina la settimana prima.
-Bra? Cos’è che vuoi?- le chiese Bulma avvicinandosi.
La bambina si limitò ad indicare il pezzo di stoffa logoro disteso poco avanti a lei. La madre seguì il suo dito ed alzò un sopracciglio confusa adocchiando l’oggetto dei desideri della sua bambina. Lo afferrò e glielo mostrò.
-Vuoi questo?- le disse porgendoglielo.
-Sì.- rispose afferrandolo.
Bulma la fissò stranita, non era esattamente il tipo di oggetto su cui avrebbe scommesso. Chissà cosa ci trovava. Alzò le spalle, pensando che sua figlia possedesse una fervida immaginazione e che potesse vederci qualcosa di speciale. Cercò con gli occhi la proprietaria che però le fece segno che non voleva niente, poi le indicò un punto sull’armatura prima di fare un leggerissimo inchino.
Bulma sussultò osservando il simbolo della casata reale ben visibile. Si affrettò a coprirlo con il tessuto scuro e fece segno alla donna di mantenere il segreto. Le sembrò aver capito dato che tornò ad urlare a squarciagola chissà che in lingua Saiyan, mentre lei si affretta ad afferrare la mano della figlia e ad allontanarsi da lì.
-Ehy Radish ma quella non è la terrestre?- disse Napa indicando la donna incappucciata che si dirigeva a passo svelto lungo il centro della strada per poi farsi inghiottire dal flusso di gente.
Radish, con la faccia annoiata, si tirò su dalla posizione sdraiata in cui era e seguì il dito del compare non molto interessato.
-Quale terrestre?- borbottò poi.
Il pelato ebbe voglia di picchiarlo ma si trattenne.
-Quante diavolo di terrestri conosci? La Regina, la donna di Vegeta, becero!- gli urlò addosso.
Radish si fermò un secondo a pensare, si era appisolato qualche minuto e le sue facoltà mentali, già nettamente scarse, erano inferiori al normale. Quindi ci mise qualche attimo in più per collegare il cervello e rendersi conto di ciò che Napa gli stesse dicendo.
-Oh, sì!- esclamò poi fissando le due figure che si mimetizzavano nella folla. -Che diavolo ci fa qui? E quella non è la mocciosa mezzosangue? Vegeta aveva ordinato di non farla uscire dal palazzo.-
Napa assottigliò lo sguardo seguendo i movimenti delle due che sembravano non destare sospetti e non essere state riconosciute da nessuno. Si alzò poi, con tutto l’intento di seguirle.
-Alzati.-
Radish lo fissò con un sopracciglio alzato mentre l’energumeno si dirigeva verso la Regina senza aggiungere altro. Fece schioccare la lingua sul palato: odiava che Vegeta gli desse ordini, figuriamoci Napa. Perciò allungò la gamba e diede un calcio all’amico, facendolo incazzare.
-Che cazzo fai!?- sbottò.
Radish si alzò e lo superò senza degnarlo di uno sguardo nè di una parola. Napa ringhiò infastidito seguendo l’altro giù dalla collina sulla quale si erano distesi.
Bulma, ignara dei due che la stavano pedinando, si fermò ad osservare l’ennesima bancarella pieno di oggettucoli che, a una scienziata come lei, facevano immensamente gola. Acquistò quello che era sicura fosse la versione aggiornata di un dispositivo elettronico in grado di far funzionare uno dei suoi super computer. Pregò che fosse compatibile, altrimenti avrebbe speso dei soldi inutilmente. Afferrò un rilevatore, posato quasi a caso in mezzo a tutta quella roba, e lo indossò quasi per gioco. L’oggetto però l’avvertì immediatamente di due forze alle sue spalle, che avevano un livello di combattimento a tre cifre. Incuriosita fece per voltarsi ma un’ombra le piombò addosso trascinando via lei e Bra.
Si dimenò a più non posso tra le braccia del suo rapitore, urlando a pieni polmoni contro la sua mano parole non comprensibili. Alla fine gliela morse.
-Ahi!- gridò l’uomo lasciandola andare. -Dannata terrestre.-
L’azzurra si voltò di scatto per inquadrare bene il viso di chi aveva osato mettere le mani sulla Regina, con il puro intento di fargliela pagare poi.
-Radish?- disse invece quasi sconvolta. -Ma che diavolo…?-
Il capellone incrociò le braccia al petto, le rivolse uno sguardo torvo risentito per il morso piuttosto forte che gli aveva rifilato. L’altra si mise nella stessa posizione, guardandolo di rimando con sufficienza.
-Cosa ci fate qui?- chiese quando adocchiò la figura di Napa con Bra sottobraccio.
-Cosa ci fate voi due qui, piuttosto. Vegeta ha dato l’ordine di non farvi uscire senza scorta.- la rimproverò il pelato mettendo giù la bambina.
Bulma fece scattare il mento in direzione opposta emettendo uno “tsk” sdegnato, degno del Re. Ancora una volta il marito aveva sguinzagliato i suoi scagnozzi per tenerla a bada.
-Me ne frego dei suoi ordini. Io sono sua moglie non un suo soldato.- rispose loro voltandogli le spalle con l’intento di andarsene.
Napa però la fermò, prendendola da un polso e sollevandola da terra come se fosse un sacco da boxe.
La donna iniziò ad agitarsi urlandogli di lasciarla o ne avrebbero pagato le conseguenze. Ovviamente il Saiyan la ignorò incamminandosi verso la parte da cui erano provenuti, diretti al castello reale.
-Come vuoi, intanto torniamo indietro.- commentò il fratello di Goku.
Bulma continuò ad urlare e a scalciare persino quando l’omone se la mise in spalla, trattenendola con un braccio senza sforzo nonostante il suo agitarsi. La sua forza era qualcosa di estremamente esiguo rispetto a quella di qualsiasi altro Saiyan presente sul pianeta. Perciò non gli fu difficile evitare di darle peso e continuare il proprio percorso.
La scienziata emise un suono di fastidio incrociando le braccia al petto e smettendo di agitarsi: non avrebbe risolto nulla, erano troppo forti. Poi però l’illuminazione e un ghigno malefico si fece largo sulle sue labbra.
-Oh, beh, allora vorrà dire che dirò a Vegeta di avervi beccato mentre sperperavate i soldi della corona con qualche puttana aliena.- minacciò.
-Che!?- esclamarono all’unisono. -Non è assolutamente vero.- continuò Radish.
-E non hai prove.- aggiunse Napa.
Bulma lanciò loro uno sguardo sadico che li fece rabbrividire.
-E a chi pensate che crederà Vegeta? A me o a voi?- sogghignò lei.
I due Saiyan si guardarono cercando l’aiuto nell’altro che però non c’era. Quella donna era subdola e sapeva come manipolare le persone. Radish alzò le spalle mandando poi al diavolo tutto quanto, Napa ci pensò su qualche istante prima di decidere di mettere giù la Regina.
Bulma lanciò uno sguardo torvo all'energumeno pelato che, poco delicatamente, le aveva concesso di rimettere i piedi a terra. Incrociò le braccia al petto fissandolo dal basso verso l’alto.
-Okay, puoi continuare a gironzolare per il pianeta.- le disse.
-Grazie.- disse sarcastica lei incamminandosi.
Radish l’afferrò per il mantello, impedendole di proseguire. Sbirciò il suo viso piegandosi in avanti e per poco non si beccò una testata sul naso. La guardò torvo mentre lei gli fece una linguaccia.
-Noi veniamo con te.- continuò il pelato.
L’azzurra voltò la testa verso il Saiyan, e Radish si spostò appena in tempo per evitare che lo colpisse, con occhi sgranati. Aveva sentito bene? Per quale stracavolo di motivo quei due si proponevano di accompagnarla!
-Che!?- squittì incredula.
-Una debole terrestre non dovrebbe girare da sola per le strade di questo pianeta.- le fece notare il pelato.
A Bulma venne voglia di urlare e di dirgli che se la sapeva cavare da sola, ma dopo gli ultimi avvenimenti era conscia che avere qualcuno che poteva proteggerla in caso di pericolo era decisamente la scelta migliore. Sospirò rassegnata alzando poi le mani come per arrendersi.
-Ok. basta che non mi state addosso.- disse loro prima di incamminarsi nuovamente.
I due la seguirono come un’ombra, stando attenti a “non starle addosso” nonostante il significato di tale espressione fosse a loro sconosciuto.
Bulma si fermò più o meno ovunque, più per dispetto che per reale interesse, schizzando via non appena i due le si avvicinavano. Volevano starle dietro? Bene, li avrebbe fatti penare.
-Andiamo, siete più lenti e noiosi di Vegeta quando lo trascino per negozi.- li rimproverò facendosi trascinare dalla figlia verso l'ennesima vetrina  
I due Saiyan si guardarono interrogativi: da quando Vegeta, il principe dei Saiyan, si fa trascinare per negozi? Anzi da quando Vegeta andava per negozi? Erano più che sicuri che non facesse nulla che non volesse fare. Come faceva quella donna a rigirarselo tra le dita in quella maniera sarebbe rimasto un mistero.
La combriccola improvvisata continuò l’allegro viaggio tra le vie della città, con Bra e Bulma che sfuggivano alla vista dei due Saiyan appena trovavano l’occasione approfittando del fatto che nessuno dei due sapesse percepire le auree. Era così semplice, bastava sparire dalla loro vista che quei due si ritrovavano a cercarle quasi nel panico, temendo una punizione divina da parte di Vegeta.
-Dove diavolo si sono cacciate quelle due!?- sbottò il capellone guardandosi attorno.
Bulma, a pochi metri da loro nascosta dietro un muro, si tappò la bocca con una mano per evitare di scoppiare a ridere e farsi scoprire. Invitò anche Bra a fare silenzio e a rimanere nascosta quando la bimba sbirciò oltre il muro ridacchiando. La scienziata attese qualche secondo che i due idioti si allontanassero prima di uscire dal nascondiglio e raggiungere la folla più vicina, confondendosi nel mezzo. Approfittarono del flusso di gente per entrare in centro città ed osservare il netto cambiamento di costruzioni, quasi tutte molto moderne e ipertecnologiche. Giurò di aver visto un’antenna, o qualcosa di simile, su uno di essi.
-Mamma, ho fame.- la richiamò la voce della bimba.
Bulma sorrise alla figlia.
-Ora troviamo qualcosa da mangiare.- la confortò prendendola per mano.


Il pianeta Freezer 52 non sembrava altro che un’enorme distesa di ghiaccio e poco altro. Il fiato si trasformava in una nuvola gelata non appena usciva fuori dalla sua bocca, Trunks ringraziò di avere addosso la battle suite e non dei semplici abiti terrestri. Le temperature su quel pianeta probabilmente sfioravano lo zero o  scendevano pure al di sotto e lui non aveva voglia di morire congelato, capì il motivo per il quale il padre aveva deciso di portare solo lui. Era un clima troppo rigido per la madre.
-Andiamo.- sentenziò il genitore incamminandosi.
Trunks si affrettò a seguirlo senza smettere di guardarsi attorno. Sembrava esserci solo ghiaccio per chilometri, il cielo era sempre notturno a causa della mancanza di soli abbastanza vicini per poterlo illuminare, le temperature erano estremamente basse tanto che tutto il circondario assomigliava a un ghiacciaio perenne. Chissà che tipo di popolazione poteva sopravvivere in un posto del genere, certo che l’universo era pieno zeppo dei posti più disparati. La Terra a confronto era un paradiso.
-Principe Vegeta! Quanto tempo.- sentenziò una voce in lingua comune avvicinandosi loro.
-Già.- rispose il sovrano.
Trunks si fermò ad osservare l’alieno che aveva chiamato suo padre con quell’appellativo regale, scrutandone le forme e i lineamenti scorgendo però ben poco attraverso il cappuccio scuro. Riuscì a distinguere due grandi occhi cremisi e una capigliatura scompigliata azzurra, la pelle era quasi dello stesso colore di quella dei namecciani tendente più all’azzurro. Non riusciva a percepirne l’aura, quindi non potè dire se possedesse una grande forza combattiva o meno. Anche se non gli sembrava esattamente il tipo di alieno combattente, il suo fisico sotto il mantello scuro sembrava troppo magrolino per poter affrontare uno scontro.

L’alieno spostò lo sguardo su di lui e Trunks sussultò impercettibilmente.
-Hai ragione, ragazzo, non sono un guerriero. Il combattimento non mi interessa.- disse senza staccare lo sguardo dal suo. -Al tuo contrario, che invece lo scontro ti esalta.-
-Ma che?- mormorò il mezzosangue non capendo.
L’alieno sorrise di sbieco di fronte alla confusione del suo giovane interlocutore. Tornò a prestare attenzione all’uomo adulto che li guardava senza espressione. Piegò il busto riconoscendo così il suo ruolo di Re, al di fuori del pianeta Vegeta-sei.
-La mia gente vi sarà sempre grata per quanto avete fatto per noi, dandoci un pianeta in cui stare.- disse fissando il terreno.
Vegeta storse il naso non commentando quanto appena detto. Lo superò dirigendosi all’interno dell’edificio dalla strana forma davanti a loro, seguito da Trunks che non sapeva raccapezzarsi in quella strana situazione. Chi sorvegliava l’entrata si mise sull’attenti non appena varcò la soglia, riconoscendo, seppur dopo molti anni, il principe di quella razza estinta. O quasi.
Il glicine osservò il padre accomodarsi su una delle sedie di legno accanto al grande tavolo ovale. Rimase in piedi incapace di prendere una decisione su cosa gli trasmettesse quel posto. Si guardò attorno scrutando l’ambiente spartano in cui si erano recati, il padre sembrava conoscere il posto come le sue tasche tanto facilmente vi era entrato.
-A cosa devo tale visita, principe?- chiese l’alieno.
-Il mio regno è tornato a nuova luce e voglio stipulare un accordo d’alleanza con questo pianeta.- sentenziò il Saiyan guardando altrove.
L’alieno sollevò le sopracciglia sotto il cappuccio stupito.
-Il pianeta Vegeta-sei è tornato?-
-Già.- mormorò semplicemente l’altro.
-Ma è un’ottima notizia! La vostra razza è sempre stata una delle migliori nel combattimento.-
Vegeta lo guardò con la coda dell’occhio rimanendo sul chi va là pur essendo apparentemente rilassato. Spostò lo sguardo sul figlio, che si guardava attorno con un’espressione indecifrabile.
-Vi avevano dato per morto, dove siete stato in tutti questi anni?- chiese l’alieno.
Vegeta aggrottò le sopracciglia.
-Non credo siano affari tuoi.- gli rispose con tono piatto.
L’alieno non fiatò, rimanendo a fissare il profilo marcato del Saiyan in completo silenzio. Trunks lo guardò aspettandosi una qualsiasi risposta che non sembrava arrivare.
-Oooh.- mormorò poi.
Vegeta fece saettare le pupille nella sua direzione a quel suono, capendo al volo ciò che stava succedendo. Digrignò i denti infastidito per quell’invasione tentando di erigere delle barriere attorno alla sua mente.
-La Terra, che bel pianeta.- disse senza che l’altro avesse proferito parola su di essa. -Blu e verde, con un clima mite e giornate formate da 24 ore. Niente di più bello per la formazione della vita.-
Trunks lo guardò incuriosito, come diavolo aveva fatto a capire che provenissero dalla Terra? Suo padre non ne aveva fatto parola e a quanto sapeva nessuno, al di fuori di Vegeta-sei, era a conoscenza di quel dettaglio. Aggrottò le sopracciglia sospettando che possedesse qualche strano potere psichico.
L’alieno incappucciato girò attorno all’uomo dagli occhi scuri apparentemente senza motivo. Si fermò alle sue spalle poggiando coraggiosamente una mano su di lui. I suoi occhi cremisi si accesero come lampadine, illuminando ciò che il cappuccio nascondeva da occhi indiscreti.
-Un rivale. E c’è anche qualcos’altro.- disse.
Vegeta stufo di quella farsa si alzò di scatto scostando malamente la mano dell’alieno da sè. Lo fissò con le sopracciglia aggrottate mantenendo una discreta distanza da lui.
-Smettila di frugare nella mia testa, Esor.- sbottò arrabbiato.
Esor abbassò il braccio fissando con la testa leggermente inclinata l’uomo di fronte a sè.
Vegeta si appoggiò al tavolo incrociando le braccia al petto.
-Sono qui per questioni burocratiche non sentimentali.- lo informò.
-Che tipo di burocrazia, principe?-
Il Saiyan schioccò la lingua sul palato chiedendosi perchè gli stesse facendo quella domanda se poteva leggerla direttamente da solo. Probabilmente si divertiva a giocare con chiunque non avesse i poteri come i suoi ma a lui questo non piaceva.
-Un alleanza. Vi offriamo la nostra protezione in cambio di denaro.- spiegò il reale tenendo lontano lo sguardo dall’alieno di fronte a lui.
Esor non parlò per interminabili secondi e Vegeta avvertì nuovamente la sua presenza tra i propri pensieri. Lo cacciò ringhiando appena ammonendolo con lo sguardo. Se ci avesse provato una terza volta non sarebbe stato così paziente.
-Non abbiamo bisogno di protezione, il nostro pianeta non è fonte di interesse per nessuno.- gli rispose Esor senza alcuna inclinazione nella voce. -Declino il vostro accordo.-
Il moro corrugò lo sguardo puntandolo sulla creatura azzurrognola che gli stava di fronte, cercando di far lavorare il cervello per trovare una soluzione a quella posizione così scomoda.
-Ma,- disse all’improvviso Esor. -Se voi mi lasciaste entrare nella vostra mente per qualche minuto, potrei accettare ugualmente.-
-Entrare nella nostra mentre?- gli fece eco Trunks.
Vegeta non spostò lo sguardo da chi aveva davanti pur avendo sentito ciò che implicitamente il figlio gli stava chiedendo.
-Gli abitanti di questo pianeta sanno leggere nel pensiero e nei ricordi.- spiegò spicciolo.
Trunks sgranò gli occhi: ecco perchè prima aveva risposto alla sua domanda senza che gliela ponesse. Gli leggeva nel pensiero e trovava ciò che gli serviva. Assurdo! E affascinante allo stesso momento.
-Nella vostra mente c’è qualcosa che non sono riuscito a capire, se mi permettete di accedervi io farò in modo di elargirvi una cospicua ricompensa oltre al vostro accordo.- rincarò la dose Esor attendendo una risposta dal sovrano.
Vegeta sbuffò, non gli piaceva cedere ai poteri di quegli esseri. Potevano scavare veramente a fondo nell’animo di una persona. E lui era l’ultima persona che voleva essere letto come un libro aperto.
-Basta che ti muovi.- sentenziò.
Esor ghignò un poco prima di piegare nuovamente il busto come segno di ringraziamento.
-Vi ringrazio. Ci vorranno pochi minuti.- disse tornando in posizione eretta.
Il Saiyan avvertì distintamente l’alieno entrargli in testa ma non oppose resistenza per quanto la cosa gli desse fastidio. Negli anni aveva imparato ad erigere una serie di barriere per impedire a chicchessia di scrutargli dentro, solamente Bulma era riuscita ad abbatterle accedendo alla parte più profonda di sè senza che lui potesse fare nulla per impedirlo. E l’idea che qualcun altro potesse farlo gli dava assai noia.
-Vedo un sacco di cose. Siete cambiato, principe.- mormorò Esor facendosi largo tra i pensieri dell’uomo. -Il vostro animo è decisamente più limpido dell’ultima volta che vi ho visto, quasi puro.-
Vegeta sussultò nel sentirsi addosso quell’aggettivo che credeva potesse calzare solamente a Goku. Ne aveva sentite di cose assurde, ma quella le batteva tutte.
-Una donna.- sentenziò l’alieno attirando l’attenzione del Saiyan. -Una terrestre. È merito suo se siete cambiato e… di vostro figlio. Sì, un mezzosangue che vi rende assai orgoglioso.-
Trunks sentì il suo cuore mancare un battito: non credeva di essere parte integrante del cambiamento paterno. Gli luccicarono gli occhi d’emozione a sentire che ne era orgoglioso.
Vegeta dal canto suo si rifiutò di guardare il figlio, in imbarazzo per i suoi sentimenti messi a nudo.
-Quanto amore.- disse Esor cambiando direzione. -Non credevo che si potesse provare così tanto amore per qualcuno. Non pensavo ne esistesse una quantità tale da spazzare via qualsiasi altro sentimento negativo presente.- disse stupito.
Neanche lui poteva immaginare di essere capace di provare tale sentimento, figuriamoci in modo così potente. Eppure Bulma era riuscita a sradicare tutto l’odio presente in lui e riempirlo di affetto. Che poi era cresciuto sempre più, colmando quell’immenso vuoto che da anni si portava dietro. Trunks e Bra avevano fatto il resto, distruggendo tutto ciò che di negativo c’era in lui per sostituirlo con tutto l’amore che i figli potessero donargli.
-Ah, la famiglia. Non credo esista qualcosa di più nobile del voler proteggere la propria famiglia.- asserì l’alieno alle sue spalle.
Il sovrano non fiatò lasciando che Esor continuasse a scavargli dentro, nonostante la cosa lo disturbasse. Chiuse gli occhi tentando di liberare la mente per facilitare il compito all’alieno in modo che quella storia finisse in fretta.
Passaro venti o trenta minuti ed Esor decise di aver trovato abbastanza. Lasciò andare Vegeta, togliendo la mano dalla sua spalla e si avvicinò al piccolo principe che lo fissò un po’ preoccupato. L’alieno incappucciato chiese con lo sguardo il permesso di poter leggere anche nella sua mente.
Trunks impiegò qualche attimo ma alla fine annuì, permettendogli di accedere ai suoi ricordi. La “seduta” durò decisamente meno di quella del padre e lui non ne potè che essere più felice. Giurò di aver visto un sorriso spuntare oltre il cappuccio di Esor ma quando lo mise a fuoco era già scomparso
Il Saiyan purosangue si alzò in piedi mentre l’altro richiamava un suo simile. Il secondo alieno posò sul tavolo una copiosa quantità di fogli scritti ovviamente in lingua comune, Trunks li osservò cercando di capirci qualcosa pur non conoscendo quella lingua, avrebbe dovuto impararla prima o poi.
Vegeta lanciò uno sguardo ad Esor che immobile lo osservava dall’altra parte del tavolo. Posò poi gli occhi sui fogli, li prese spostandoli per lasciare davanti a sè soltanto l’ultimo. Firmò sulla riga in fondo con quella che sembrava una strana penna naturale -Trunks si chiese se non fossero i resti di qualche strano animale- poi si tolse un guanto sotto lo sguardo curioso del figlio. Si provocò un taglio quasi invisibile sul pollice usando il proprio ki, quando uscì abbastanza sangue da ricoprire il polpastrello, premette il dito sul foglio accanto alla firma. Poi si rimise il guanto.
Esor fece la stessa cosa pochi secondi dopo, imprimendo un’impronta azzurrina poco sotto quella del Re.
-Bene, il patto è stipulato. Nel giro di una settimana solare avrete i soldi che vi spettano per il disturbo.- esordì.
Vegeta non rispose spostando le iridi scure sul figlio che aveva osservato la scena in silenzio.
-Andiamo, Trunks.- sentenziò.
-Eh? Sì.- rispose il ragazzino distratto
-Non so quanto vi convenga tornare indietro ora, è in arrivo una tempesta di asteroidi, rischiereste di essere presi in pieno.- li fermò Esor.
Padre e figlio si guardarono chiedendosi cosa fosse giusto fare, Vegeta distolse lo sguardo dal figlio e lo puntò sull’alieno di fronte a loro.
-Fra quanto?- chiese il Re.
-Venti minuti.- rispose senza che gli altri due potessero vedere la sua espressione oltre il cappuccio. -Da qui a Vegeta-sei sono necessarie due ore. Non fareste in tempo.-
Trunks sospirò conscio di non poter tornare indietro se non volevano finire maciullati dalla tempesta. Osservò il padre che con la solita espressione indecifrabile non faceva trasparire nulla di ciò che gli passasse per la testa.
-Potete rimanere qui fin quando non sarà terminata, purtroppo non posso offrirvi del cibo in quanto per voi sarebbe mortale.- sentenziò l’alieno azzurrognolo.
Trunks sussultò: che genere di alimenti mangiavano per essere loro mortali? Veleno? Non ci teneva a saperlo. Sul suo volto si dipinse una smorfia di disappunto, il suo stomaco iniziava a brontolare e se non avesse messo del cibo sotto i denti prima di subito avrebbe iniziato a sentirne le conseguenze.
Alzò gli occhi chiari sul genitore che sembrava star riflettendo sulla situazione e sul da farsi, immobile come sempre nella sua regale presenza. Il ragazzino si trovava spesso a chiedersi cosa gli passasse per la testa nonostante l’apparente immobilità.
Sul viso del purosangue apparve per pochi secondi una smorfia incomprensibile.
-Però esistono un sacco di esseri viventi per voi commestibili su questo pianeta, vi basterà cacciarli.- provò a confortarli l’altro alieno. -Ma dovrete pensarci da soli, noi non siamo adatti a questo genere di attività.-
Il mezzosangue alzò un sopracciglio stupito da come, nell’arco di pochi secondi, aveva offerto loro ospitalità ma al tempo stesso gli aveva detto di cavarsela da soli per recuperare del cibo. In pratica l’unica cosa che erano stati in grado di fare era frugare nelle loro teste e firmare un’alleanza di cui neanche avevano bisogno. Al padre però non sembrò importare dato che girò i tacchi trascinandosi il figlio dietro. Letteralmente.
Quel posto era interamente ricoperto di ghiaccio, desolato a parte la città che si stavano lasciando alle spalle, e con poca vegetazione molto bassa e sicuramente non commestibile. Come potevano anche solo sperare di trovare qualche animale, se così potevano chiamarlo, da poter cacciare e mangiare?
Poi, di colpo, nel modo più inaspettato possibile, di fronte a loro si parò un’intera foresta ricoperta di neve e ghiaccio. Sembrava rigogliosa nonostante i colori freddi che la ricoprivano e l’assenza di qualsiasi tipo di fiore o frutto sui rami degli alberi alti il doppio di quelli terrestri. Trunks si chiese come avesse potuto non vederla prima, erano centinaia o addirittura migliaia di alberi ricoperti da almeno mezzo metro di neve.
-Non abbassare la guardia.- lo avvertì il genitore facendo un passo e sparendo oltre gli alberi.
Il ragazzino si affrettò a seguirlo non volendo essere lasciato indietro in quel pianeta inospitale. All’interno della foresta il sole, o almeno quel poco che riscaldava il pianeta, non entrava quasi per niente a causa delle folte e fitte chiome degli alberi abbassando la temperatura ancora di un paio di gradi. Trunks rabbrividì rimpiangendo il clima della Terra.
Vegeta si fermò all’improvviso e fece cenno al mezzosangue di fare silenzio ma di tenere orecchie e occhi aperti. Trunks annuì scrutando l’ambiente quasi del tutto oscuro e aguzzando l’udito.
Rimasero in completo silenzio, fermi nel bel mezzo della foresta, la neve non era molto alta, abbastanza da lasciarci le impronte camminandoci sopra. Il fiato che si trasformava in una nuvoletta di fumo appena uscito dalla bocca dava l’idea della temperatura estremamente bassa percepita.
Il posto sembra immobile: non un filo di vento, non un fruscio. Nient’altro se non il suono dei loro respiri. Tutto fermo e muto, sembrava disabitato. Che avessero preso un granchio ad entrare?
Poi un rumore, leggerissimo appena percettibile persino per il loro udito allenato ma nitido. Non ebbe dubbi quando lo sentì di nuovo, Trunks aggrottò le sopracciglia cercando di dargli una collocazione. Erano passi, pesanti e lenti, di qualcosa di molto grande e pesante. Lanciò uno sguardo al padre che lo ricambiò e gli fece segno di guardare sulla sua testa.
Trunks alzò gli occhi osservando la chioma folta dai rami spessi dell’albero alle loro spalle, capì al volo ciò che il genitore gli stesse dicendo. Con un balzo ci si appollaiò sopra, seguito poco dopo da Vegeta. Entrambi rimasero in completo silenzio attendendo che chi emettesse quei passi si facesse notare.
Il suono si fece mano a mano più vicino, la pesantezza dell’essere era abbastanza da far tremare appena il terreno su cui posava i piedi. Il ragazzino strabuzzò gli occhi osservando l’enorme creatura che, passo dopo passo, si avvicinava inconscia della loro presenza al di sopra: era grande poco più di un elefante, striato con i colori del ghiaccio e dell’acqua, probabilmente per mimetizzarsi, dotato di un collo molto lungo che faticava a tenere dritto. La testa piccola era sormontata da quelle che sembravano tante piccole corna e gli occhi piccoli erano di un giallo-verde abbastanza inquietante.
Trunks fece per saltare giù ma Vegeta lo fermò allungando un braccio davanti a lui, intimandogli con lo sguardo di aspettare. Non molto convinto tornò al proprio posto ricordandosi sprazzi di discorsi con il padre che gli diceva che l’attesa era la migliore strategia per prendere un avversario alla sprovvista. La stessa cosa valeva per la caccia.
Non era la prima volta che si ritrovava a doversi procurare il cibo con il genitore con le proprie mani, quelle poche volte che si ritiravano in allenamento in posti poco amichevoli agli angoli del pianeta non si portavano mai capsule contenenti cibo ma cacciavano selvaggina o qualsiasi altro animale fosse abbastanza grande per entrambi. In quattordici anni di vita l’avrà dovuto affrontare forse una decina di volte e, nonostante le tecniche gli fossero entrate in testa, metterle in pratica gli risultava ancora un po’ difficile. Si faceva prendere dalla frenesia invece di rimanere a mente fredda.
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo rallentando il battito cardiaco e rilassando i nervi, quando li riaprì brillavano di concentrazione fissi sulla preda sotto di loro.
Vegeta lo guardò con la coda dell’occhio e si lasciò sfuggire un sorriso orgoglioso per il modo in cui era riuscito a controllarsi.Tornò a puntare al loro pasto che, incurante di tutto, si avvicinava sempre più all’albero sul quale erano fermi, in attesa.
-Adesso.- disse.
Scattarono nello stesso istante, come fossero una sola persona, prendendo l’essere sotto di loro di sorpresa tanto che ebbe appena il tempo di vedere le due figure dei Saiyan sopra di sè prima di finire all’altro mondo. E nel momento in cui cadde a terra, sopra i due cacciatori il cielo s’illuminò spingendoli ad alzare la testa ed osservare la volta scura striata da tante piccole luci che, come comete, l’attraversavano veloci per poi sparire di nuovo nel buio.
-La tempesta.- mormorò il piccolo mezzosangue.
Il genitore non fiatò osservando il figlio illuminato a intermittenza da quelle luci tanto pericolose quanto belle da guardare. Tornò a guardare quel cielo che anche a distanza di anni luce era lo stesso per chiunque si trovasse in quella galassia.
Gli asteroidi continuarono ad illuminare il cielo prendendo fuoco nell’atmosfera e Bulma si fermò ad osservarli incantata. Uno spettacolo del genere sulla Terra non si poteva vedere, nella notte di San Lorenzo se si è fortunati e in posto poco illuminati si poteva scorgere qualche “stella cadente” ed esprimere un desiderio ma nulla a confronto con il gran numero di scie luminose che solcavano il cielo notturno. L’idea che il pianeta fosse esposto al pericolo di una caduta di una di esse le trapassò la mente in un secondo.
-Tranquilla, l’atmosfera di Vegeta-sei non permette agli asteroidi di toccare terra. Diventano pulviscolo interstellare appena entrati.- la rassicurò Nappa alle sue spalle.
Bulma continuò a fissare il cielo di Vegeta-sei, i cui soli erano tramontati da meno di un’ora ma il cielo era già totalmente nero, chiedendosi se anche Vegeta stesse osservando la tempesta ovunque egli sia. Si andò a sfiorare la cicatrice nascosta dalla tuta facendo correre i pensieri al suo uomo chissà dove nello spazio.
Il Saiyan aggrottò le sopracciglia avvertendo uno strano calore all’altezza del cuore e i canini pronunciati pizzicare. Non soppresse quelle sensazioni capendone quasi al volo l’origine ma preferì nasconderle al resto del mondo, anche se accanto a lui c’erano solamente il figlio e una carcassa.
-Trunks non rimanere lì imbambolato.- lo richiamò distogliendolo dall’ammirazione del cielo. -Sento il tuo stomaco da qui.-
Il ragazzino smise di guardare lo spettacolo notturno per riempirsi la pancia. Non gli piaceva sporcarsi di sangue, capiva il perchè il genitore portasse sempre i guanti bianchi in battaglia data l’ingente quantità di quel liquido vitale che gli colava addosso ad ogni uccisione, ma ovviamente non poteva starsene lì a guardare come uno scemo. Reprimendo la parte di sé più schizzinosa e si piegò sulla carcassa per smembrarla con l’aiuto di una lama di ki. Divisero le parti commestibili da quelle probabilmente velenose per il loro organismo. Trunks si occupò di accendere un fuoco recuperando qualche pezzo di legno non bagnato in mezzo a quella distesa gelida e usando la propria aura per bruciarlo.
Il pasto fu consumato in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Trunks si chiese quanti altri pianeti diversi, inospitali o simili alla Terra esistessero per l’universo. Una strana sensazione di curiosità lo pervase e desiderò girare lo spazio per visitarne il più possibile. Spostò lo sguardo azzurro sul genitore che se ne stava sdraiato poco dietro di lui intento ad ammirare il cielo notturno ancora solcato da quella specie di comete. Lui ne aveva visti di posti assurdi prima di stabilirsi sulla Terra, nonostante probabilmente ne avesse distrutti altrettanti deve essere stato bello visitare pianeti tutti diversi.
-Papà, quanti pianeti hai visto?- gli chiese a bruciapelo.
Il Saiyan maggiore spostò le iridi scure sul ragazzino che, con occhi luccicanti aspettava una sua risposta. Alzò le spalle, non li aveva mai contati.
-Qualche decina di migliaia o forse di più.- gli rispose.
-E qual è il più strano?- chiese ancora.
Vegeta si chiese il motivo dell’improvvisa curiosità del figlio verso i suoi viaggi interstellari. Si tirò su a sedere osservando il figlio sul cui viso sembrava essere stampata tutta la sua sete di conoscenza. Riportò gli occhi sulla volta scura facendo mente locale su tutti i suoi viaggi, erano stati veramente tanti. Freezer non si faceva scrupoli a spedirli agli angoli dell’universo sconfinato se gli aggradava.
-Alestro, diventato poi Freezer 143, un pianeta apparentemente inospitale da i pochi dati che ci erano stati forniti. Atterrati lì però abbiamo scoperto fosse un pianeta assai vivo, molto simile alla Terra per certi aspetti. Aveva il cielo azzurro e distese immense d’acqua violacea, alternate da chilometri e chilometri di terra ed erba, foreste immense, alberi e piante in ogni dove. I suoi abitanti erano molto simili ai namecciani, soltanto che usavano la mente per parlare essendo privi di bocca e naso. Mi sono sempre chiesto come facessero a respirare.- raccontò ripercorrendo con la mente gli eventi di quella missione, disastrosa per alcuni versi. -Non ho avuto il tempo di appurarlo.-
E a Trunks non servivano spiegazioni, essendo a conoscenza del passato distruttivo del padre non aveva bisogno di chiedere il perchè di quell’affermazione. Si limitò ad osservare il genitore che probabilmente era perso in ricordi non esattamente felici, sapeva che si pentiva di ciò che aveva fatto, della morte che aveva portato e delle civiltà distrutte senza la minima emozione se non la voglia di distruzione. Tornò a guardare il cielo poi si alzò come investito da una nuova energia, attirando lo sguardo paterno su di sè. Sorrise ponendosi davanti a lui e allargando le braccia come per abbracciare il circondario.
-Che ne dici di farmelo vedere? Possiamo scoprirlo insieme.- disse provocando un sorriso triste sul volto del genitore.
Gli voltò le spalle fissando con occhi luccicanti il cielo ma puntando oltre, al di là dell’atmosfera, allo spazio immenso. Vegeta si perse nel guardarlo chiedendosi cosa gli passasse per la testa, Trunks era un bambino sensibile nonostante l’apparenza superficiale e amava esplorare. Sapeva che lui comprendeva il suo stato d’animo anche se non fino in fondo. Se ne stava in piedi con le braccia spalancate a fissare davanti a sè per chissà quale motivo.
-Voglio esplorare l’universo, vedere quanti più pianeti possibili.- asserì voltandosi a guardare il padre. -Voglio espandere le mie conoscenze oltre i miei confini. Mi accompagnerai, papà?-
Il Saiyan fu colpito in pieno da quelle parole e dal suo sguardo deciso che emanava un’infinità di emozioni tra cui un orgoglio per ciò che era senza limiti. Quella voglia di vedere ed esplorare gli ricordava il sè poco più che bambino che fissava lo spazio attraverso il vetro della navicella di Freezer, un sè che bramava la libertà più di qualsiasi altra cosa.
Trunks era diverso ma uguale allo stesso tempo. La parte migliore di sè, della sua razza, mischiato con l’essenza terrestre di chi ha vissuto nella pace e non alla costante ricerca di cibo per non morire di fame. Però con la stessa determinazione nello sguardo di un guerriero che lotta per se stesso e per gli altri. Incredibile come suo figlio potesse essere al contempo caratterialmente la sua fotocopia eppure estremamente lontano da ciò che era.
Si alzò in piedi e si avvicinò al ragazzino, gli scompigliò la chioma lavanda.
-Certo.- disse soltanto specchiandosi nelle sue iridi chiare e luccicanti.
Trunks guardò il padre come se gli avesse regalato il mondo. E in effetti era così.
Il cielo sopra di loro smise di piangere stelle dando il via libera per il ritorno a casa. Le navicelle non erano eccessivamente lontane dal punto in cui avevano consumato la cena, si rifugiarono all’interno il più velocemente possibile riscontrando sollievo quando il portellone si chiuse impedendo alla brezza gelida di entrare.
Il viaggio di due ore sembrò durare pochi minuti e senza neanche che se ne accorgessero atterrarono su Vegeta-sei. Nonostante l’orario le navicelle presenti erano decisamente poche, i guerrieri erano sicuramente partiti appena la tempesta si era placata lasciando il punto d’atterraggio scarno e vuoto. Padre e figlio non persero tanto tempo ad osservarsi intorno preferendo rientrare e magari godersi un pasto decente oltre che a una doccia bollente per far fronte a quel freddo che gli era entrato nelle ossa.
Quando la porta principale fu spalancata i pochi presenti sussultarono e fecero scattare lo sguardo verso i due appena entrati. Vegeta li guardò sospettoso, quella reazione non era normale e sicuramente c’era qualcosa che non andava. Si guardò attorno scrutando i volti di ognuno, riscontrando la mancanza dei due componenti della sua famiglia. Accigliò lo sguardo.
-Dove sono la Regina e mia figlia?- tuonò spaventando l’intera sala.
Nessuno fiatò, spaventati dalla possibile reazione del sovrano al quale quel silenzio non piacque. Incrociò le braccia al petto rimanendo immobile sul posto esaminando ogni singolo viso presente che non fosse puntato contro il pavimento in un inchino anche troppo esagerato.
-Mio Signore, vostra moglie e vostra figlia sono in giro per il pianeta.- asserì Allistar spuntando da chissà dove, quell’uomo aveva il dono di apparire sempre nei momenti più opportuni.
Vegeta sussultò colto da un moto di rabbia.
-Che cosa!?- sbottò facendo tremare le pareti. -Avevo dato il preciso ordine di non farle uscire per nessun motivo!-
Allistar chinò il capo mortificato cercando di non alimentare la rabbia del sovrano.
-Chiedo venia, Sire, ma la vostra consorte è stata più che convincente.- disse senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. -Ha minacciato di rendere la nostra conversazione l’ultima della mia vita.-
Per un attimo Vegeta si stupì della cosa ma la rabbia sostituì la sorpresa in un secondo.
-La cosa non può fregarmi di meno! Non doveva mettere piede fuori di qui!- urlò consapevole che comunque lei non l’avrebbe mai ascoltato. Prese un profondo respiro si calmò, portandosi una mano alla base del naso. -Da quanto è uscita?-
Allistar indugiò qualche istante.

-Da poco dopo che siete partito, vostra Maestà.-
Gli venne voglia di far saltare tutto in aria, presenti compresi ma si trattenne limitandosi a ringhiare infastidito. Possibile che quella donna fosse così testarda e si ostinasse a cacciarsi nei guai? Sperò che quantomeno non si fosse infilata in qualche casino più grande di lei. Cosa assai probabile.
Le pesanti porte del palazzo si aprirono di nuovo e gli sguardi di tutti furono calamitati dai nuovi arrivati.
Bulma, Bra, Radish e Napa fissavano l’interno senza capire perchè tirasse un’aria così austera. Il Saiyan dai lunghi capelli incrociò per errore lo sguardo del Re e sbiancò. Tirò una gomitata al compare pelato che capito cosa l’avesse fatto sbiancare, si gelò sul posto.
Bulma invece guardò il marito con espressione neutrale, sapeva di averla fatta grossa disubbidendo ai suoi ordini di restare dentro al palazzo. Ma non le importava anzi gli si avvicinò a testa alta con la figlia per mano con aria di sfida.
Il Saiyan inspirò ed espirò nel tentativo ultimo di mantenere una calma che aveva già perso in partenza.
-Come diavolo ti è saltato in mente di andartene in giro per il pianeta da sola!?- sbottò. -Ti avevo detto di rimanere all’interno del palazzo per la tua sicurezza!-
Bulma alzò gli occhi al cielo.
-Quanto la fai lunga, sono qui no? Sana e salva.- gli rispose lei incrociando le braccia al petto.
Vegeta si rese conto ancora una volta in tutti quegli anni assieme di quanto fosse tremendamente testarda e a volte masochista quella donna.
-E poi non eravamo sole.- disse indicando alle sue spalle i due guerrieri. -Questi due non ci hanno lasciato stare un secondo.-
Il Re fece saettare lo sguardo sui due ex compagni di squadra che sussultarono e si chiesero se stessero rischiando la vita. Si avvicinò loro a passo felpato, con tutta la calma del mondo, sotto lo sguardo curioso della sua famiglia e di Allistar. Si fermò di fronte ai due, lo sovrastavano di diversi centimetri, venti o trenta, ma tremarono come foglie quando incatenò il proprio sguardo ai loro. Nonostante la grande stazza, Radish e Napa avevano sempre temuto Vegeta in quanto molto più forte di loro e decisamente poco magnanimo nel perdonare errori. Quella volta non era stata colpa loro, anzi avevano cercato di ammortizzare la cosa provandola a riportare indietro con la forza per poi limitarsi a seguire madre e figlia come un’ombra, evitando che corressero il rischio di trovarsi in pericolo. Ma al sovrano poco importava, li fissava immobile, fermo sul posto con l’atteggiamento più neutrale che potesse avere. Non sembrava intenzionato a far niente di violento magari voleva soltanto dargli una strigliata.
Passarono diversi attimi nei quali Vegeta non si mosse senza staccare gli occhi dai loro. Poi la sua mano scattò colpendo il più grosso dei due e scaraventandolo contro le enormi porte dietro di loro. Radish sussultò al frastuono che l’amico provocò andando a sbattere contro il legno massiccio, tornò poi a guardare Vegeta il cui volto era privo di qualsiasi espressione. Mise le mani avanti e cercò di scusarsi come potè.
-A-ascolta Vegeta, noi…- provò a dire.
Ma il Saiyan reale non lo lasciò finire assestandogli un calcio all’addome e facendolo finire sopra il compare. Entrambi si rialzarono a fatica, Napa spintonò Radish che praticamente gli era sdraiato addosso e il fratello di Goku rispose con una gomitata tenendosi la testa con l’altra mano, avevano preso una bella botta.
Vegeta si fermò ad osservarli per qualche istante senza espressione prima di voltarsi verso la consorte.
-Tu vieni con me.- ordinò con tono che non ammetteva repliche.
Bulma sobbalzò al suono della sua voce. Lo seguì senza fiatare, lasciando Bra alle cure del fratello. Attraversarono tutto il palazzo in religioso silenzio, salendo le scale e raggiungendo le stanze private.
Vegeta aprì la porta della camera matrimoniale in tutta calma, senza che i suoi movimenti lasciassero trasparire il suo stato d’animo. Attese che la consorte entrasse prima di chiuderla alle sue spalle. Rimase in piedi con le braccia incrociate a fissare la donna che invece si sedeva comodamente sul letto.
-Riuscirai mai a fare quello che ti dico di fare?- esordì senza preamboli.
-Non prendo ordini da te.- gli rispose lei.
-È per la tua sicurezza.-
-Non puoi tenermi in una gabbia dorata!- sbottò lei.
Lo sguardo del Saiyan s’indurì dando più fermezza alla sua espressione seria ma Bulma non ci fece caso.
Vegeta rimase in silenzio constatando quanto fosse stupida a volte quella donna tanto geniale che amava con tutto se stesso. Possibile che non ci arrivasse?
Chiuse gli occhi un secondo e quando li aprì qualcosa era cambiato. Si appoggiò alla parete alle proprie spalle sospirando.
-Non ho intenzione di tenerti in gabbia.- iniziò specchiandosi nelle sue iridi chiare. -So benissimo quanto tu sia impulsiva e conosco la tua immensa voglia di esplorare posti nuovi a discapito della tua incolumità.- fece una piccola pausa perdendosi ad osservare il panorama oltre l’immensa vetrata alle spalle di lei. -Ma non posso vivere con la paura che ti succeda qualcosa in mia assenza.-
Si staccò dalla parete e le si avvicinò sciogliendo le braccia dalla posa conserta. Osservò la sua mano desiderando intrecciarla alla propria ma si trattenne, spostando lo sguardo sul suo viso e aggrottando le sopracciglia. Lei lo guardava incuriosita e anche un po’ sorpresa, forse per il fatto che avesse appena ammesso di aver paura di qualcosa.
-So badare a me stessa e non temo qualche Saiyan che vuole la mia testa.- sentenziò lei sicura.
Vegeta accennò un sorriso: non aveva alcun dubbio che Bulma sapesse il fatto suo e che non temesse ormai nessuno, tantomeno qualcuno con la coda. Glielo aveva dimostrato un sacco di volte, in primis quando era stata così testarda da voler intraprendere una relazione distruttiva con lui ormai dieci anni prima.
-Lo so.-
-E allora perché non mi lasci esplorare questo posto per fatti miei? Non ho bisogno della balia e non voglio mettermi nei guai! Ci saresti comunque sempre tu che puoi correre in mio aiuto.- disse l’azzurra alzandosi dal letto per fronteggiarlo.
-Ero a miliardi di chilometri da qui. Se ti fossi messa nei guai probabilmente non avrei fatto in tempo neanche volendo.- le fece notare.
Bulma sussultò: dannazione aveva ragione! Non ci aveva pensato al fatto che, in situazioni estreme, lui non poteva salvarla se si trovava su altri pianeti. Si morse il labbro dandosi dell’incosciente. Alzò lo sguardo su di lui perdendosi nelle sue iridi scure consapevole che la sua sete di conoscenza l’aveva messa in enorme pericolo. Nei suoi occhi lesse una fondata preoccupazione nei propri confronti mista a una rabbia ben celata per essersi messa volutamente in pericolo.
Sospirò e si fissò la punta dorata degli stivali, aveva avuto anche la brillante idea di uscire con la battle suit con il simbolo reale stampato sull’armatura. Come se il suo aspetto atipico non bastasse a urlare “ehy! Non sono una di voi, sono sprovvista di qualsiasi forza combattiva e sono sola. Un bersaglio facile, prendetemi!”. Per fortuna l’unica persona che ci aveva fatto caso non aveva detto nulla.
Vegeta le alzò il viso ponendole una mano sotto al mento, bisognoso di incontrare i suoi occhi azzurri ancora una volta.
-Quando non sono nelle vicinanze e tu non sei con me preferirei stare tranquillo sapendoti qui dentro o protetta dalla tua squadra. E non a girovagare per il pianeta con Napa e Radish.- le disse.
Bulma non riuscì a guardarlo negli occhi così spostò lo sguardo altrove, colpevole. Odiava sentirsi così ma Vegeta aveva più che ragione.
-Scusa.- borbottò sottovoce manco fosse stata una bambina sorpresa a rubare caramelle.
-Che rarità sentirti chiedere scusa.- sogghignò il Saiyan.
Bulma lo fulminò con lo sguardo.
-Da che pulpito.-
Il Saiyan alzò le spalle e pose fine alla conversazione, bruciando quei pochi centimetri che li dividevano con un bacio. Avvertì tutta la tensione sparire lasciando il posto a una fame che non riguardava nè lo stomaco nè il cibo. La Regina ricambiò volentieri alimentando il desiderio che mai si era spento.
Inutile dire che le chiacchiere finirono lì e i vestiti furono d’intralcio quasi subito, spingendoli a denudarsi l’un l’altra non appena il desiderio divenne implacabile togliendo quegli abiti da combattimento destinati ad essere usati soltanto per portare distruzione con una facilità impressionante.
Quando il loro costante bisogno di amarsi fu momentaneamente appagato, erano passate ormai più di due ore. Nessuno aveva il permesso di disturbarli a meno che non si trattasse di questioni di vita o di morte, perciò poterono dedicarsi tranquillamente a un secondo round sotto la doccia.
I respiri accelerati venivano coperti dallo scroscio dell’acqua così come in gemini che, sfuggenti dalle loro labbra, contenevano niente più che i loro nomi sussurrati nei momenti più intensi.
Il guerriero si beò del suo odore affondando il naso nel suo collo niveo mentre lei si stringeva con più forza a lui con l’orgasmo che le pervadeva il corpo da capo a piedi. E mentre l’azzurra riafferrava le proprie facoltà mentali, Vegeta le passava con delicatezza le mani sulla schiena in una sorta di massaggio rilassante provocandole dei bassi mugolii. Simili a fusa.
Il Re rise.
-Ho sposato un gatto?-
Lei mugugnò qualcosa di simile a un insulto, del tipo “va a farti fottere” ma molto più sbiascicato e poco comprensibile scatenando le risate del marito. Aggrottò le sopracciglia infastidita ma non si mosse abbandonando la testa sulla sua spalla presa da un torpore improvviso, sarebbe rimasta in quella posizione in eterno. Un brivido la percorse quando lui si alzò in piedi mantenendola stretta a sè e sollevandola come se non pesasse niente. Non protestò anzi strinse di più le gambe attorno alla sua vita e le braccia al suo collo. Era piuttosto intorpidita e se ne stava abbandonata addosso a lui con gli occhi chiusi, godendosi il suo profumo e il suo calore.
Sospirò in pace: sì, era decisamente la posizione più comoda del mondo. Chissà per quanto le avrebbe permesso di rimanere così…
Molto poco a giudicare dalla modalità molto poco delicata in cui la lasciò cadere sul materasso senza troppi complimenti.
-Ehy!- lo richiamò tirandosi su a sedere. -Mi sembravi troppo gentile.-
Lui ridacchiò dandole le spalle e Bulma potè osservare la sua schiena perfetta mentre s’infilava un paio di jeans e si passava una mano tra i capelli, probabilmente nel tentativo di riportarli alla loro forma originale. Ma i ciuffi che gli ricadevano sugli occhi sembravano voler rimanere lì tornando a comparire un poco lo sguardo corrucciato quando tolse la mano dalla folta chioma scura.
-Dove vai?- gli chiese abbracciandosi le ginocchia.
-A comunicare l’esito della missione.- rispose passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
Lei inclinò la testa di lato guardandolo armeggiare con i capelli, a torso nudo.
-E non puoi farlo domani?-
Il Saiyan scrollò le spalle cercando di sistemare quei ciuffi fastidiosi che si ostinavano a ricadergli sul viso imperterriti.
Bulma si alzò incurante di essere completamente nuda e gli andò in aiuto. Infilò le mani tra le ciocche scure giocandoci un po’ e sistemando quelle che gli davano fastidio. Però appena tolse le dita, ricaddero sugli occhi scuri del Re dando alla sua espressione arcigna una smorzata.
-Sembra che per oggi tu debba rimanere così.- rise spostadogliele un poco.
Vegeta non ne sembrò molto contento e ne soffiò via una che aveva davanti agli occhi. Riportò lo sguardo su di lei e, dopo averlo fatto scivolare sull’intero corpo, si accorse che era ancora completamente nuda. Accennò una smorfia contrariata quando avvertì il proprio corpo reagire automaticamente a quella visione, complici anche i sentimenti che provava per la ninfa dai capelli azzurri che aveva davanti. Sapeva che ignorare la cosa non lo avrebbe portato lontano, anzi avrebbe solo portato frustrazione e malumore. Il suo rapporto sul pianeta Freezer 52 poteva aspettare ma il muscolo pulsante nei suoi jeans no.
Incatenò i loro sguardi e Bulma dischiuse le labbra quando il fuoco negli occhi del Saiyan la colpì. Non fece in tempo a parlare che lui l’attirò a sè e la baciò con passione facendole intendere le sue intenzioni per la prossima mezz’ora, come minimo.


Sbadigliò stiracchiandosi, si sentiva tutta intorpidita quel giorno aveva fatto abbondante attività fisica. L’indomani si sarebbe sicuramente svegliata con qualche dolore in più parti. Si affacciò alla camera di Bra passandoci davanti e la scoprì intenta a provare a controllare la sua aura. Sorrise di fronte alla sua caparbietà quando tentò nuovamente nonostante i fallimenti. Tutta suo padre.
-Ehy, piccola, che fai?- le chiese affiancandola.
Bra spostò lo sguardo sulla madre regalandole un sorriso a trentadue denti.
-Provo a controllare la mia energia, come mi ha insegnato papà. Voglio diventare più forte!- disse entusiasta.
Bulma sorrise a quell’affermazione, era proprio una Saiyan. Le scompigliò la chioma azzurra lasciata sciolta specchiandosi in quegli occhioni blu tanto simili ai suoi come a quelli del padre. La osservò per un po’ mentre rilasciava il suo ki cercando di controllarla il più possibile. Per essere una neofita della questione era piuttosto brava.
-Sai mamma ho combattuto con Trunks oggi.- sentenziò mentre un’aura bianca la circondava come un mantello. -Mi ha sconfitto con facilità.-

-Beh Trunks si allena da molto più tempo di te, è normale sia più forte.- le disse passandole una mano tra i capelli.
La bimba aggrottò le sopracciglia.
-La prossima volta non mi farò battere, anzi lo stenderò con un colpo.- asserì ingrandendo l’energia che le aleggiava attorno, determinata.
Bulma le sorrise divertita da quell’affermazione che aveva sentito tante volte pronunciata dal figlio maggiore e che mai si sarebbe immaginata di sentir dire da Bra.
-Penso ci vorrà ancora del tempo per questo, Bra.- le disse spegnendo il suo entusiasmo. -Ma se continuerai ad essere costante con gli allenamenti sicuramente ci riuscirai un giorno.-
Bra annuì soprappensiero, chissà cosa le passava in quella testolina. Sciolse la coda e iniziò a muoverla a destra e a sinistra in uno stato di quieta concentrazione. La manifestazione della sua energia attorno a lei svanì, tornando al sicuro nel suo corpo.
Bulma comprese lo stato d’animo della figlia, probabilmente si aspettava di raggiungere livelli stratosferici con un paio di allenamenti ignorando completamente la realtà delle cose, e la notizia che le cose non stavano esattamente così deve averla buttata giù.
Si guardò attorno alla ricerca di qualcosa che potesse risollevare il morale di quella piccola combattente. Adocchiò la sua spazzola preferita e l’afferrò ricordando quanto la sua bambina amasse essere spazzolata. Prese Bra e se la posò in grembo incrociando le gambe facendocela sedere sopra. Iniziò a passarle con delicatezza l’oggetto tra i capelli sentendola subito rilassarsi.
-Per diventare forte occorre tempo, tanto tempo. E tanta forza di volontà.-
E  anche tanta pazienza in chi ti allena avrebbe aggiunto ma evitò.
-Ma papà e Trunks sono già forti.- protestò la bambina.
-Perchè si allenano tutti i giorni da anni e hanno combattuto con tanti nemici diversi.- le spiegò continuando a spazzolarle i capelli.
-Mh…-
Bra non sembrava esserne convinta, giustamente a quell'età si voleva tutto e subito. Non conosceva ancora il concetto di “portare pazienza” e che non tutto si può ottenere senza sacrificio. Ma lo avrebbe scoperto presto, scontrandosi contro il muro invalicabile della sua inesperienza. Con il tempo lo avrebbe abbattuto aprendosi a un enorme quantità di possibilità di maturare in termini di potenza.
Bulma non sapeva se Bra era così determinata da protrarre la cosa a lungo termine o se si sarebbe stancata facilmente, sicuramente Vegeta non le avrebbe permesso di mollare tanto presto. Chissà come si sarebbero evolute le cose.
-Piccola, tu sei una bimba speciale. Lo sai vero?- decise di giocarsi la carta dei complimenti per tirarla su di morale.
-Sì.- mormorò appena.
-Sei una principessa e una mezzosangue, discendente della imbattibile razza Saiyan. Diventerai fortissima e eguaglierai sia papà che Trunks, ne sono certa. E credo che anche loro lo sappiano per questo ti stanno allenando, hai un grande potenziale, Bra, devi solo dargli il tempo di uscire fuori.- le disse legandole i capelli in una coda e voltandola per poterla guardare in faccia.
La bambina aveva il faccino imbronciato non esattamente contenta del dover aspettare per avere ciò che desiderava. Bulma le sorrise e lei spostò lo sguardo altrove, rifiutandosi di guardarla.
-Ma io non voglio aspettare. Voglio essere più forte subito.- borbottò.
-Non si può, tesoro. E anche se si potesse non sarebbe leale nei confronti di chi si allena con costanza ogni giorno. Sarebbe come imbrogliare.-
Bra spalancò gli occhi sorpresa portando le iridi blu in quelle di due tonalità più chiare della madre.
-Imbrogliare? Come… barare?- chiese.
L’azzurra annuì e Bra s’imbronciò ancora andando a fissare il pavimento.
-Io non voglio imbrogliare.- disse convinta.
-Lo so, piccola, lo so.- le disse accarezzandole una guancia.
La vide aggrottare le sopracciglia e alzare la testa inorgoglita tant’è che Bulma si chiese se non passasse troppo tempo con il padre, stava diventando come lui. Battè le palpebre sorpresa e si convinse che certe espressioni erano intrise nel suo dna.
-Mi allenerò tutti i giorni e diventerò fortissima! Più di papà, di Trunks e anche dello zio Goku!- esultò.
Bulma si mise le mani sui fianchi drizzando la schiena.
-Ma certo! Ci riuscirai, sarai la bimba più forte del creato!- sentenziò.
Bra s’illuminò e si aprì in un sorriso luminosissimo spingendo la madre ad abbracciarla colpita da tanta tenerezza e determinazione. La piccola Saiyan rise e ricambiò l’abbraccio, adorava la sua mamma sapeva sempre cosa dire.
Bulma lasciò andare la sua piccola fotocopia che si diresse dalla parte opposta della stanza, recuperando qualcosa di cui lei si era completamente dimenticata. Si alzò da terra studiando i suoi piccoli movimenti con attenzione.
-Oh già.- disse osservando la figlia che si avvicinava con qualcosa tra le mani. - Ancora devi spiegarmi perchè ti piace tanto.-
La bimba assunse un’espressione pensierosa ed alzò le spalle.
-Non lo so, ha un bel colore e sembra avere una storia.- spiegò fissando l’oggetto che aveva voluto prendere in una delle bancarelle visitate.
Bulma si chiese cosa ci avesse trovato, era decisamente lontano dai suoi soliti gusti, mai le era capitato di vederla interessata a qualcosa che non luccicasse o fosse ben fatto. Non diede peso alla cosa, Bra era ancora una bambina e i suoi gusti personali si stavano sviluppando. Probabilmente provava una strana attrazione per le cose atipiche per una bimba tutta fiocchi e brillantini come lei.
Alzò le spalle: dopotutto anche lei che teneva tanto al proprio aspetto era partita più di una volta per un’avventura che di tranquillo aveva ben poco. Magari aveva preso da lei o magari il suo sangue alieno la spingeva verso oggetti non comuni. Comunque sia l’importante era che fosse felice.
-Non è un po’ tardi per te? Che ci fai ancora in piedi?-
Madre e figlia si voltarono verso la porta aperta al suono di quella voce maschile che entrambe conoscevano bene.
-Papà!- esclamò Bra andando ad abbracciarlo.
Il Re dei Saiyan se ne stava comodamente appoggiato allo stirpe della porta guardandole con la solita espressione corrucciata. Lasciò che la figlia lo abbracciasse per poi tornare dalla madre.
-Che ci fai ancora sveglia?- chiese di nuovo guardando però la consorte.
-Stavamo chiacchierando e le ho spazzolato i capelli.- disse.
Vegeta non le rispose chiedendosi di cosa potessero parlare quelle due. Osservò la figlia che armeggiava con qualcosa di non ben identificato, non ci prestò attenzione tornando a posare gli occhi sulla figura della terrestre.
-Dovrebbe essere a letto già da un’ora.- le disse.

Bulma gli fece il verso provocando le risate della figlia e un maggiore corrucciamento del viso del marito.
-Da quando ti preoccupi dell’orario in cui i tuoi figli vanno a letto?- gli chiese.
-Da quando li alleno. Domani le aspetta un allenamento intensivo, ha bisogno di riposo se non vuole stramazzare al suolo dopo dieci minuti.- le rispose mentre il suo sguardo venne nuovamente catturato da ciò che Bra teneva tra le mani.
Bulma alzò gli occhi al cielo.
-Quanto la fai lunga, è una Saiyan, è più resistente di quanto pensi.-
Vegeta la guardò con la coda dell’occhio prima di prestare attenzione ai movimenti della figlia. Non le rispose valutando il suo silenzio come degna risposta alla sua affermazione idiota quanto banale. Come se si potesse dimenticare che Bra, sua figlia, fosse per metà Saiyan. Quella donna a volte era completamente fuori di testa.

Il suo sguardo fu calamitato ancora una volta da ciò che la bambina aveva tra le mani, inclinò la testa di lato e riuscì a scorgerne il colore. Sussultò quando delle immagini di un passato lontano gli attraversarono la mente, veloci come fulmini. Si staccò dalla parete e si avvicinò alla bambina.
-Bra che cos’hai in mano?- le chiese il genitore avvicinandosi.
Bra si voltò con sguardo innocente e gli mostrò un pezzo di stoffa rosso sangue, sporco e rovinato.
A Vegeta per poco non venne un colpo.
Si sedette sul pavimento invitando la figlia ad avvicinarsi a lui e a mostrargli ancora l’oggetto. Il Saiyan fissò il tessuto con occhi sgranati, incredulo. Non era possibile…
-Dove l’hai preso?- le chiese.
Bra battè le palpebre confusa dal comportamento paterno. Gli cedette il suo tesoro quando egli allungò una mano per afferrarlo, sapeva che non l’avrebbe rovinato.
-Io e la mamma l’abbiamo trovato in una bancarella in città.- disse senza smettere di guardarlo.
Il Saiyan lanciò un’occhiata alla consorte che, lì affianco, li osservava in silenzio. La vide annuire a conferma delle parole della figlioletta. Tornò allora ad osservare il pezzo di stoffa che teneva tra le dita, deglutì incapace di raccapezzarsi sul come e sul quando fosse arrivato su una stupida bancarella su Vegeta-sei. Esploso trent’anni prima.
-Mi piaceva tanto. Non so perchè. Sembra un mantello.- disse Bra avvicinandosi e tendendo il tessuto quel tanto che bastava per stenderlo.
Sul tessuto rosso scuro vi erano parecchie grinze, alcuni strappi e sembrava sporco. I bordi erano frastagliati e usurati. Era stato sicuramente trovato buttato in un luogo inadatto, forse strappato dal proprietario precedentemente. Era brutto, vecchio e messo male ma Bra ci vedeva un tesoro inestimabile nonostante fosse la tipica bambina a cui piacevano le cose belle e nuove.
Bulma pensò che dietro l’apparenza da principessa, Bra nascondesse una sensibilità enorme per un bambino di quell’età. Osservò il compagno che sembrava tremare appena, stringeva convulsamente il tessuto tra le dita e se ne chiese il perchè.
-Questo è un mantello, Bra. Il mio mantello.- le rivelò.
Bulma sgranò gli occhi incredula mentre Bra s’illuminò. Quel pezzo di stoffa era il mantello che Vegeta portava fieramente sulle spalle da bambino. Attimi di un'infanzia finita troppo presto, ricordi di cosa gli era stato portato via senza chiedergli un parere. L’ultimo pezzo, minuscolo e invisibile, di un’esistenza spensierata, terminata con l’arrivo di Freezer, era racchiuso in quel tessuto logoro. Non esisteva nient’altro, nè in lui nè in qualche oggetto, che rappresentasse il cambiamento della sua vita di bimbo.
Il Saiyan avvertì una stretta allo stomaco, non credeva fosse ancora in giro, anzi era abbastanza sicuro fosse andato distrutto come la sua innocenza. Ricordava come si sentiva forte e fiero, con quel mantello che gli svolazzava alle spalle, e come si era sentito inutile e infinitamente piccolo quando il tiranno glielo aveva strappato dall’armatura con forza, ricordandogli che non era più il principe dei Saiyan. Nient’altro che uno schiavo, senza patria, senza pianeta, senza passato.
Quei ricordi facevano male e al contempo gli scaldavano il cuore, si era dimenticato del se stesso prima di tutto, rimasto rinchiuso in un angolo della sua esistenza. Troppa cattiveria gli era entrata sotto pelle per far caso a quella piccolezza. E quando si era finalmente liberato di quel giubbotto di malvagità, aveva avuto così tanto a cui pensare che guardarsi dentro e cercare il piccolo bambino dallo sguardo cattivo ma con tanta voglia di libertà, gli era passato di mente.
-Come ci è finito qui?- sussurrò Bulma.
Vegeta non lo sapeva, e neanche gli importava. Avvertì la donna sedersi al suo fianco e sfilargli delicatamente l’oggetto dalle mani, lui si sentì stranamente come privato di un pezzo di sè.
Bulma osservò il tessuto contandone gli squarci. Era veramente ridotto male, chissà cos’era successo al proprietario mentre gli veniva strappato via. O cosa aveva passato il mantello stesso quando era stato separato dell’armatura del piccolo principe.
Il Saiyan lo fissava quasi potesse mangiarlo. Era invaso da sensazioni contrastanti e non ne capiva l’origine. Era soltanto un dannato pezzo di stoffa!
L’azzurra sorrise e lui la guardò storta.
-Beh, adesso è in mani decisamente migliori.- disse osservando la figlia.
-Cosa è in mani migliori?-
Trunks spuntò dalla porta osservando incuriosito i genitori seduti a terra e la sorella che sostava di fronte a loro. Si avvicinò con espressione interrogativa mettendo a fuoco il pezzo di stoffa tra le mani della madre.
-Cos’è?- chiese sedendosi accanto a loro.
Bulma lanciò uno sguardo al marito, come per chiedergli l’autorizzazione a parlarne con il figlio maggiore. L’uomo alzò le spalle, non era mica un segreto.
L’azzurra tornò ad osservare Trunks che passava lo sguardo ora da un genitore o all’altro. Cosa stava succedendo?
-Trunks, questo è il mantello che tuo padre indossava da bambino.- gli disse.
Il ragazzino sobbalzò strabuzzando gli occhi. Cosa? Aveva sentito bene? Fece saettare lo sguardo sul padre che lo fissava con quegli occhi scuri che aveva imparato a leggere senza che egli usasse le parole. Tornò poi ad osservare l’oggetto tra le mani della madre.
-Davvero?- sussurrò.
L’azzurra annuì, si aspettava una reazione simile dal primogenito che aveva un rapporto speciale con il padre. Non si stupì del modo in cui prese il piccolo mantello rovinato nè dei suoi occhi quasi lucidi.
-Sì, io e Bra l’abbiamo trovata su una bancarella in giro.- gli raccontò.
Il ragazzino annuì appena, sprofondato in chissà quali pensieri che il suo giovane cervello poteva fare. Non credeva possibile una cosa del genere, quel mantello avrà avuto almeno quarant’anni! Chissà da dove era stato riesumato, a giudicare dall’aspetto aveva passato giorni migliori. Il padre gli aveva accennato al momento in cui Freezer glielo aveva strappato di dosso come umiliazione, violenza psicologica su un ragazzino di forse una decina d’anni o poco più.
Ma averlo tra le mani era tutt’altra storia, era un cimelio molto importante per il genitore.
Fece saettare lo sguardo sulla sorellina che gli sorrideva contenta, beata innocenza.
-Puoi tenerlo se vuoi. Penso che per te sia più importante.- sentenziò poi indicando la stoffa.
Trunks sussultò ed arrossì impercettibilmente. Quella bambina aveva una capacità di leggere dentro le persone estremamente disarmante.
Strinse tra le mani il tessuto, all’apparenza così fragile ma fatto da una lega quasi indistruttibile, la stessa delle battle suit. Con la coda dell’occhio andò alla ricerca della figura paterna che annuì appena, dandogli il suo lasciapassare per tenere l’oggetto in custodia.
Gli occhi di Trunks s’illuminarono e Vegeta si alzò da terra, invitando la compagna e il figlio a fare la stessa cosa.
-Mamma, vieni a giocare con me?- disse Bra tirando la madre da un braccio.
Bulma le sorrise.
-Certo, piccola.- le rispose seguendola fuori dalla stanza.
Vegeta osservò le due sparire pian piano dalla propria vista senza particolare interesse, perso nei ricordi di un passato che credeva di aver dimenticato. Lanciò un’occhiata al figlio maggiore che, alzandosi da terra, teneva in una mano il piccolo mantello quasi fosse un tesoro inestimabile. Si chiese cosa ci trovasse di tanto interessante in quel pezzo di stoffa logoro.
-Trunks?- lo richiamò.
Il ragazzino alzò lo sguardo su di lui.
-Sì, papà?-
Il Saiyan si fermò ad osservarlo, i suoi occhi scintillavano d’emozione per il dono ricevuto. Sapeva che per il figlio maggiore sapere qualcosa su di lui era più prezioso di qualsiasi regalo costoso gli si potesse fare, e pendeva dalle sue labbra ogni volta che gli raccontava qualche piccolo dettaglio della sua vita antecedente alla sua nascita. Era più che logico che trovasse qualcosa di estremamente pregiato in quel mantello rosso rovinato.
Dopotutto anche a lui aveva suscitato una serie di emozioni forti e a cui non avrebbe saputo dare un nome, se non una sorta di “nostalgia” con una punta di malinconia per gli anni andati perduti.
Guardò il quattordicenne che gli sostava di fronte in attesa di una sua parola che giustificasse l’averlo richiamato. Si rivedeva in lui, soprattutto quando tirava fuori il suo lato animalesco tipico dei Saiyan. Era stato adolescente anche lui, un irrispettoso, cinico e intrattabile adolescente. Ma, al suo contrario, non aveva avuto dei genitori che, bene o male, lo avevano sopportato e supportato, quanto più una sorta di “patrigno” schiavista che lo puniva ogni volta che disubbidiva.
Scosse la testa cancellando l’immagine di se stesso quattordicenne che si era sovrapposta a quella del figlio. Allungò una mano e gli scompigliò la chioma dal singolare colore, ringraziò nuovamente quella mente geniale -e a tratti pazza- della moglie per aver donato ai loro figli i suoi colori e non i propri. Accennò un piccolo sorriso voltandogli poi le spalle. Non disse nulla, e lasciò il ragazzino a domandarsi cosa avesse voluto dirgli.

 




Angolo Autrice:
Buonsalve cari lettori! Ecco il capitolo 8 in tutto il suo splendore! Un po' di pace per i nostri "eroi" dopo la spiacevole vicenda di Bra, che ha posto Vegeta di fronte al dolore e all'angoscia di non poter fare nulla per la sua bambina. Si gira per lo spazio, yeeh! (?) Ho deciso di dare un po' più di spazio a rapporto Vegeta/Trunks, troppo spesso messo in ombra da quello con Bra o con Bulma. 
Nel prossimo capitolo faranno la comparsa "vecchi" e "nuovi" personaggi ;) 
Per l'azione si dovrà aspettare ancora qualche capitolo :3
See ya!

AN

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


La navicella dalla strana forma sfrecciava nel buio più completo dello spazio profondo, illuminata di tanto in tanto da qualche riflesso di una stella non troppo lontana. I componenti dell’equipaggio non erano esattamente quelli che ci si aspetterebbe, anzi se a prima vista potessero sembrare abbastanza a loro agio a una più approfondita si sarebbe scoperto che nessuno di loro era entusiasta di quel viaggio. Le gite interstellari non erano per tutti e la maggior parte dei componenti del gruppo non aveva mai desiderato uscire fuori dalla propria casa figuriamoci dall’atmosfera.
La navicella era piuttosto angusta, lo spazio disponibile era poco più che sufficiente per muoversi sul posto e gli sguardi scuri e per niente amichevoli dei Saiyan puntati su di loro non aiutavano. In teoria non era previsto la quantità di persone che poi effettivamente avevano preso parte al viaggio, sarebbero dovute essere presenti solo due di loro.
Evelyn* si alzò in piedi stanca di rimanere seduta sotto lo sguardo penetrante dei guerrieri, raggiungendo i due ragazzini con la faccia spiaccicata contro il vetro della navicella affascinati dall’immensità dello spazio. Si mise alle loro spalle osservando per un po’ il monotono paesaggio scuro al di là del vetro con aria curiosa. Aveva sempre sognato di poter esplorare il mondo e conoscere culture differenti ma l’universo era su un altro livello. E la cosa la esaltava. 
-Incredibile. Tutto questo l’ho visto solo sui libri al liceo.- disse mentre il passaggio vicino a una stella le illuminava il viso.
Goten si girò sorridente con gli occhi luccicanti, saranno state le sue origini aliene o semplicemente la sua immensa curiosità ma quel viaggio fuori programma lo entusiasmava.
-Già, anche io!- disse il piccolo Son.
 Keiko* invece se ne stava ancora appiccicata all’oblò come se allontanandosi avesse potuto veder sparire tutto quello che c’era al di fuori.
-Dove stiamo andando?- chiese la ragazzina senza staccare gli occhi dal panorama.
-Vorrei saperlo anche io.- le rispose la donna guardandosi attorno.
Sotto gli occhi dei due ragazzini, Evelyn voltò le spalle allontanandosi dalla parete di metallo della navicella. Sorpassò il resto del gruppo radunato al centro e si affiancò all’eroe eterno bambino. Gli battè sulla spalla con un dito attirando la sua attenzione.
-Ehy.- la salutò Goku con il suo tipico sorriso.
Evelyn pensò che quel sorriso fosse molto più infantile di quanto non sembrasse, luminoso ed innocente. 
-Senti un po’, visto che sembri la luce in fondo al tunnel del gruppo, mi sapresti dire dove diamine ci sta portando questa scatola di latta in mezzo al nulla?-
Il ragazzone si portò una mano dietro la testa, in un gesto consueto di imbarazzo abbassando lo sguardo sul pavimento a corto di parole. 
La castana continuò a fissarlo in attesa di una risposta, incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio vedendolo indugiare sulla risposta.
-Vorrei saperlo anche io.- disse alla fine.
-Che cosa!- sbottò lei travolgendolo con le parole.
Goku si sentì attaccato e scattò in posizione di difesa ponendo le mani avanti manco stesse affrontando un nemico potente. 
-Come diavolo è possibile! È colpa tua se siamo tutti qui, devi pur sapere qualcosa!- gli urlò a un centimetro.
-Veramente no. Non sono stati molto loquaci, semplicemente mi hanno chiamato e fatto segno di andare con loro.- spiegò facendosi piccolo piccolo sotto lo sguardo di fuoco della donna.
Evelyn sospirò spostando lo sguardo sui guerrieri che li stavano scortando chissà dove, chissà quando e chissà perché. Li squadrò da capo a piedi constatando le loro origini aliene nonostante le fattezze umanoidi. Sembravano anche piuttosto forti, calzati in quelle armature all'apparenza assai resistenti. Non li aveva sentiti proferire parola per tutto il tempo, al massimo parlottavano tra di loro scambiandosi poche frasi corte. Riportò le iridi nocciola sull'amico che sussultò impaurito.
-Sono Saiyan come te, perché non glielo chiedi?- 
Goku tornò a grattarsi la testa a disagio, Evelyn gli ricordava Bulma. Forse anche troppo.
-Io non conosco la loro lingua e loro non sanno la nostra. Quindi...- le rispose con aria innocente.
Evelyn alzò un sopracciglio con fare indagatore, posò entrambe le mani sui fianchi piegandosi un po' in avanti e scrutò a fondo gli occhi tanto scuri quanto limpidi dell'uomo davanti a sé, che sembrava voler scappare il più lontano possibile. Tornò in posizione eretta appurando che, no, il ragazzone non stava mentendo.
-Ma sei uno di loro.- disse indicandoli.
-Sì ma ero molto piccolo quando arrivai sulla Terra.- spiegò imbronciandosi un poco, sentendosi accusato di tale mancanza. -E anche se l'avessi imparata poi battei la testa dimenticando tutto.- 
Il viso di Evelyn si contrasse in una smorfia infastidita e delusa. Pensava di poter contare su quel bambinone nel corpo di un adulto.
-Allora sei inutile.- gli disse voltandogli le spalle.
Goku rimase fermo sul posto incassando il colpo senza però afferrarne il motivo. Evelyn dava per scontato che lui, in quanto Saiyan, potesse comunicare con i suoi simili facilmente. Credeva che lei sapesse del fatto che lui fosse più terrestre che Saiyan. Alzò le spalle, inutile scervellarsi non ci sarebbe arrivato.


Bulma schivò un pugno, parò un calcio ed evitò una sfera d'energia. Saltò il tentativo del suo avversario di buttarla a terra e sfruttò lo slancio per ruotare su se stessa e tirare un calcio preciso. La sua gamba venne però bloccata e Calliope sogghignò serrando la presa sulla sua caviglia per poi lanciarla dalla parte opposta della stanza. L'azzurra non riuscì ad evitarlo né ad ammortizzare la caduta ma si rimise subito in piedi, pronta a contrattaccare con maggior vigore. Calliope le fece segno di avvicinarsi, provocatoria e la Regina non se lo fece ripetere partendo in quarta contro la Saiyan. 
La guerriera schivò l'attacco della donna sbattendola velocemente a terra. Le torse un braccio dietro la schiena abbastanza a lungo da farla gemere di dolore ma non arrendersi. Infatti l'azzurra le tirò una testata cogliendola di sorpresa spingendola a lasciarle il braccio per potersi portare le mani al naso.
Bulma si allontanò in fretta massaggiando l'arto dolorante. Rimase sul chi va là mentre Calliope si ripuliva dal sangue che le usciva dal naso. Ma prima che una delle due potesse ripartire all'attacco, la porta di metallo si aprì interrompendo l'allenamento. Bulma si voltò per capire chi fosse il nuovo arrivato e cosa volesse di tanto importante per farle fermare. 
La figura del Re si rivelò ai loro sguardi appoggiato con la spalla all'uscio e con le braccia incrociate. La solita espressione impassibile stampata in faccia con appena l'ombra di un ghigno derisorio. 
-Ma allora ti stai allenando sul serio.- proruppe.
Bulma aggrottò le sopracciglia offesa da quell’affermazione. Drizzò la schiena e alzò la testa assumendo una posa più consona al suo ruolo di Regina. 
-Ovviamente. Vuoi provare?- lo provocò.
Vegeta sogghignò divertito dalla solita sfacciataggine della donna. Fece un passo avanti abbandonando l'uscio che finalmente si chiuse. Le guerriere si inchinarono di fronte al Re ma lui non le vide quasi, ignorando la cosa e puntando alla moglie che lo fissava spavalda dall'alto verso il basso con la schiena dritta. I loro sguardi si incrociarono e nessuno dei due lo abbassò, neanche per un secondo riuscirono a staccare le iridi l'uno dall'altra. Come calamitati da una forza più grande di loro. Il Saiyan si piegò in avanti quel tanto che bastava per far sfiorare i loro nasi sogghignando.
-Non resisteresti un secondo contro di me.- le disse a un soffio dal viso.
Lei sorrise allo stesso modo, beffarda lo provocava.
-Potrei riuscire a batterti.- 
-Non alzare troppo la cresta, terrestre.- le sussurrò in un orecchio provocandole brividi caldi.
Amava il suono della sua voce, era così calda e sensuale. A quella vicinanza non potè far altro che lasciarsi andare a pensieri ben distanti da uno scontro. Mantenne un contegno, non gliel'avrebbe data vinta tanto facilmente e mostrargli l'effetto che lui sapeva avesse su di lei non avrebbe giovato a quello scambio di sguardi. Incrociò le braccia al petto e lo sfidò nuovamente con gli occhi.
-Mettimi alla prova.- gli disse sicura.
Vegeta rimase a fissare quelle iridi color del mare luccicare di sfida e di una sicurezza mai vista in nessun altro. Non aveva paura né di farsi male né di perdere, anzi sembrava piuttosto convinta della sua vittoria nonostante le possibilità fossero assai vicine allo zero. Testarda, caparbia e avventata. L'idea di uno scontro lo stuzzicava eccome.
Tornò con la schiena dritta senza però staccare gli occhi pece dai suoi azzurri. 
-
Lasciateci soli. - ordinò con fermezza.
Il gruppo di guerriere non se lo fece ripetere una seconda volta. Obbedirono all'ordine del Re uscendo dalla stanza una per volta inchinandosi poco prima di varcare la soglia. Calliope lanciò un lungo sguardo d'intesa a Bulma che annuì: la stava implicitamente incoraggiando a farsi avanti e a non temere nulla, neanche il Re che era migliaia di volte più forte di lei. Quando anche il capitano uscì, la pesante porta si richiuse lasciandoli soli. 
Il Saiyan si prese qualche secondo per osservare l'avversario, squadrandola dalla testa ai piedi come se non l'avesse mai vista. Poté notare un aumento della massa muscolare in lei e stranamente la cosa non lo disturbava. Fece scorrere le iridi color della notte sulla sua intera figura accarezzandola con lo sguardo, per poi piantarglielo in faccia. Sogghignò e fece un paio di passi indietro. Si leccò le labbra pregustando il momento in cui l'avrebbe sbattuta a terra con facilità dimostrandole quanto non ci fosse speranza per lei di batterlo. Quello era il suo regno.
Le fece segno di farsi avanti, provocatorio, mantenendo l'altra mano in tasca senza la minima intenzione di assumere una qualunque posizione di difesa. Ciò non sfuggì a Bulma che lo fissò determinata. Lui la stava prendendo sotto gamba? Bene, gli avrebbe fatto capire che il concetto "mai sottovalutare il tuo avversario" valeva anche con lei. Sorrise e partì all'attacco a gran velocità.
Vegeta schivò i suoi colpi con una facilità impressionante continuando a sogghignare divertito. Bloccò un calcio, una gomitata e un tentativo di farlo cadere. Schivò l'ennesimo pugno e la spinse un poco. Bulma per poco non perse l'equilibrio essendosi sbilanciata troppo verso il suo avversario che, dall'alto della sua esperienza, se la rideva divertito. Voleva toglierli dalla faccia quel sorrisetto derisorio, la irritava quel suo modo di sottovalutarla. 
Si lasciò cadere all'indietro e, tenendosi sollevata da terra con le mani, gli tirò un calcio sfiorandogli il mento con la punta della scarpa. Il Saiyan alzò le sopracciglia sorpreso e Bulma sorrise. Tentò di farlo nuovamente cadere ma lui si spostò quel che bastava per evitarla. Allora si tirò su, si guardò attorno qualche secondo per capire cosa avrebbe potuto sfruttare per metterlo in difficoltà. 
-Allora? Ti sei già stancata?- le chiese con entrambe le mani in tasca.
La donna fece saettare lo sguardo su di lui e si mosse in avanti con l'intento di fare da ariete e sperare di muoverlo almeno un po' o di fargli quantomeno sentire la botta. Ma lui era decisamente più scaltro, quindi si abbassò poco prima che lei gli arrivasse addosso e se la mise sulla spalla al volo, sfruttando il suo slancio per poi farla cadere giù spingendole le gambe. Bulma atterrò sulla schiena e la fitta che le arrivò al cervello se la sarebbe ricordata per ore. Dannazione non poteva continuare così, doveva far lavorare il cervello e trovare un modo per poterlo battere. 
Si rialzò dolorante ma temeraria non intenzionata a dargliela vinta. Partì veloce con un pugno diretto al viso ma lui si spostò ficcando anche l'altra mano in tasca, allora tentò con calcio che il suo avversario bloccò con facilità prendendole la caviglia. Bulma si ritrovò a saltellare su un piede solo osservandolo ghignare divertito. Si diede lo slancio con l'altra gamba e ruotò su se stessa per colpirlo. Il Saiyan schivò ma dovette lasciare la presa su di lei che atterrò agilmente sulle mani attutendo la caduta. Ripartì alla carica con una serie di calci e pugni in tutte le combinazioni possibili, inutilmente però dato che lui non si scomponeva neanche mentre la evitava. L'azzurra gli tirò un pugno furiosa e lui lo bloccò, incapace di tirare via la mano provò a colpirlo con l'altra che il marito prese con la sua stringendo abbastanza da non permetterle di liberarsi. Bulma tirò con forza ma lui non sembrava intenzionato a lasciarla andare, tentò di colpirlo ovunque. Il Saiyan la lasciò fare avvertendo a mala pena i colpi della donna di sé. Alla fine la lasciò andare di scatto e lei cadde all'indietro. Vegeta trattenne una risata di fronte alla scena comica scatenando l'ira della consorte che, come una furia, gli si buttò addosso con la speranza di bloccargli le gambe. Ovviamente l'uomo si spostò di pochi centimetri e Bulma si sfracellò a terra. Imperterrita tornò all'attacco provando ancora a colpirlo con una combinazione di tutti e quattro gli arti alternandoli. Però i suoi colpi non andavano a segno a meno che non fosse il Saiyan a lasciarsi colpire e a quel punto non ci trovava gusto. 
Passarono i minuti e da quella situazione di stallo non si muoveva. Provava a colpirlo in ogni modo che gli venisse in mente ma il Saiyan era molto più scaltro rendendo vani i suoi tentativi. Con il fiato corto si piegò sulle ginocchia grondando di sudore. Sentiva i polmoni esplodere e i muscoli del corpo incendiarsi, non si era mai mossa così tanto neanche durante uno delle più intense sessioni in palestra. Quella era tutta un'altra storia, a confronto ciò che faceva lei era una passeggiata di salute. Sputò a terra e ripartì alla carica, era stanca ma non si sarebbe arresa. 
Vegeta la guardò continuare imperterrita nel suo intento nonostante lo stesse facendo ininterrottamente da parecchio tempo. Continuò a darle spago limitandosi ad evitare o bloccare i suoi colpi. Era curioso di vedere fin dove sarebbe arrivata e a che punto il suo corpo sarebbe crollato in barba alla sua testardaggine.
-Ora basta.- sentenziò dopo l’ennesima scarica di colpi.
Bulma neanche lo ascoltò e continuò a tirare pugni all'aria. 
Il Saiyan assottigliò lo sguardo per quella mancanza di attenzione. Le bloccò le mani dietro la schiena in un gesto veloce e la fece inginocchiare ma la donna sembrava dura di comprendonio. Infatti tentò di alzarsi e tirargli una testata. Vegeta la schivò e la spinse a terra, bloccandola poi con il peso del proprio corpo sul pavimento.
-Game over.- le disse risoluto. 
Bulma tentò di divincolarsi ma la sua stretta era troppo forte e sarebbe comunque stato impossibile toglierselo di dosso. Sbuffò infastidita e smise di dimenarsi, aveva perso doveva ammetterlo a se stessa. 
-Okay! Hai vinto! Ora però togliti che non respiro.- si lamentò.
Il Saiyan fece leva sulle braccia per staccare il proprio corpo da quello della compagna.
A Bulma non stava realmente mancando il fiato con lui addosso - il guerriero aveva sempre la premura di non schiacciarla con il suo peso - anzi amava il contatto fisico con il suo uomo. Però in quel momento, con la sconfitta bruciante nella testa, averlo così vicino le dava fastidio. Si tirò su a sedere girandosi per poterlo guardare in faccia, imbronciata e con le braccia incrociate al petto. Aveva il fiato corto e le gambe che le tremavano mentre lui sembrava appena uscito dal letto.
-Che c'è?- 
Bulma si rifiutò di rispondere borbottando sottovoce qualcosa di incomprensibile sotto lo sguardo confuso dell'uomo di fronte. Detestava perdere e lui lo sapeva, avrebbe potuto farla vincere ma non ci avrebbe trovato gusto. Pensava di poter almeno combattere ad armi pari dopo un mese di allenamento e invece Vegeta era immensamente più forte di lei anche con il dieci percento della forza utilizzata. Lo fissò in cagnesco quasi lui avesse la colpa della sua frustrazione; non le aveva mai detto che ci sarebbe riuscita, anzi aveva messo in chiaro sin da subito che l'avrebbe battuta con facilità, ma nei suoi occhi scuri non vide nemmeno l'ombra della solita derisione che li illuminava dopo uno scontro. Però ci vide qualcos'altro, un altro tipo di luce, più intensa. Sembrava ardere in quelle pupille nere dando al suo viso immobile un aspetto diverso. L'azzurra si sentì trapassare da quello sguardo intenso e si ritrovò a sospirare senza neanche rendersene conto provocando un'intensificazione di quella luce che, ora sapeva, poteva ricondurre a una lussuria che donava solo a lei. Si morse il labbro specchiandosi in quelle pozze nere prima che decidessero di spostarsi più giù per accarezzare il suo corpo morbido e seminudo. Poteva avvertirle su di sé, su ogni centimetro e sciolse le braccia per permettere loro di esplorare senza ostacoli. Quando poté incontrarli di nuovo, la sua delusione per il combattimento perso era passata in secondo piano ormai. Per questo non resistette oltre e si buttò addosso all'uomo davanti a sé, catturando le sue labbra in un bacio pieno di passione. 
Il Saiyan l'abbracciò di rimando, stringendola a sé e ricambiando il contatto con la stessa intensità. Le tolse il top d'allenamento per poter posare le mani ove prima aveva fatto scivolare gli occhi. Fece scendere i palmi sulla vita e la spinse a terra senza staccare le labbra dalla sue, scese a baciarle il collo mentre lei gli infilava le mani tra i capelli apprezzando il trattamento. Si lasciò sfilare la maglia da lei, che ringraziava mentalmente il fatto che non si fosse messo la battle suit ma una semplice t-shirt, prima di terminare di svestirla. Le ricoprì il corpo di baci e carezze ascoltando volentieri i suoi sospiri estasiati.
L'azzurra amava le sue labbra sulla pelle, le sue mani che l'accarezzavano, i suoi denti che mordevano appena ma sentiva il bisogno di qualcosa di più. Lo scontro aveva acceso in Vegeta un'eccitazione che poche volte aveva visto. 
Ribaltò le posizioni, trovandosi nuda seduta a cavalcioni su di lui fissandolo dall'alto maliziosa. Gli slacciò la cintura e i pantaloni, tirandoli poi giù assieme ai boxer impaziente di sentirlo. 
Lui non perse tempo e si alzò a sedere baciandola con desiderio nel momento in cui lei gli permise l'accesso al suo corpo. I sospiri si dispersero per la stanza, a ritmo con i loro movimenti e le loro sensazioni. Bulma intrecciò le loro mani muovendosi su di lui dando ritmo al rapporto e decidendone le condizioni. 
Vegeta si godè lo spettacolo del suo corpo che si alzava e abbassava, i suoi occhi azzurri brillavano ardenti e i suoi denti martoriavano il labbro inferiore nel disperato tentativo di non gemere ad alta voce. La stanza era insonorizzata ma preferirono non farsi sentire neanche per sbaglio, soffocando i gemiti contro la bocca o la pelle dell'altro.
L'orgasmo li colse di sorpresa, veloce, potente e intenso spingendoli a fare uno sforzo in più per non emettere suoni. 
Bulma gli si accasciò addosso, stremata, e lui rimase immobile a farle da materasso, non voleva che si stendesse sul lurido pavimento. Rimasero abbracciati fin quando il respiro non si regolarizzò e anche successivamente non si spostarono dalla comoda posizione. Il Saiyan passò le dita tra i corti capelli azzurri della sua terrestre, regalandole qualche carezza assai gradita, e Bulma iniziò a disegnare linee invisibili sulla pelle ambrata dell'uomo, godendosi il torpore del post sesso. Non le importava di non essere distesa su un comodo letto o almeno in un ambiente più pulito, le bastava che lui le stesse vicino per rendere anche quell'asettica stanza d'allenamento una reggia. 


Evelyn si massaggiò il collo dolorante, aveva preso un brutto colpo di frusta durante il brusco atterraggio. Lanciò un'occhiataccia ai due piloti che, ignari del suo odio, le davano le spalle parlottando tra loro di chissà che cosa. Si alzò incrociando le braccia al petto, non che si aspettasse l'atterraggio morbido di un aereo ma si chiese se fossero impediti loro o il pianeta avesse una reticenza verso gli stranieri. Osservò il resto dei suoi compagni di viaggio rialzarsi doloranti, chi più chi meno avevano risentito tutti di quella manovra affatto delicata. Sbirciò da una delle piccole finestre della navicella incuriosita dall'aspetto del pianeta. Sembrava una distesa desertica dall'alto invece aveva delle immense città di cui poteva vedere soltanto i tetti. Capì di essere molto in alto rispetto al suolo e se ne chiese il motivo, magari c'era una speciale pista d'atterraggio lì sopra che comunque non aveva impedito ai due di farli sfracellare sul pavimento non appena entrati nell'atmosfera. 
Il portellone venne aperto dando modo all'aria secca e calda di entrare all'interno colpendoli in pieno. Il gruppo decise di affacciarsi timidamente fuori per constatare il posto del loro effettivo atterraggio, i Saiyan non erano stati molto loquaci quindi era praticamente una sorpresa. Ma il paesaggio cittadino era oscurato dall'imponente costruzione proprio lì davanti, assomigliava a un palazzo reale. Meno sfarzoso di quello delle favole ma altrettanto maestoso. 
-Dove pensate che siamo?- chiese timidamente Crilin.
-Beh considerando chi ci ha scortati fin qui, direi che siamo sul pianeta originario dei Saiyan.- affermò la moglie dell'eroe rimanendo comunque in disparte, lontano dai pericoli tenendosi stretto il tredicenne secondogenito che invece non vedeva l'ora di scendere e fare casino.
Il terrestre ex pelato si voltò di scatto con occhi spalancati.
-Su Vegeta-sei? Ma com'è possibile, è esploso quarant'anni fa!- esclamò.
La mora alzò le spalle.
-Anche i Saiyan dovevano essere tutti morti ma a quanto pare non è così.- fece notare indicando i due guerrieri che li osservavano manco fossero degli animali in gabbia.
Nessuno ebbe il coraggio di contestare quanto detto, davanti all'evidenza dei fatti non potevano far altro che adeguarsi alle supposizioni di Chichi per quanto assurde fossero a primo impatto. Il guerriero non più pelato venne superato spavaldamente da Yamcha che con fare indagatore posò i piedi sulla pedana.
-Non ci resta che scoprirlo.- sentenziò prima di saltare giù.
Goku osservò l'amico incerto, perso in ricordi non molto lontani di un discorso avuto con il principe a proposito delle caratteristiche principali del loro pianeta d'origine. Se non ricordava male c'era qualcosa a proposito di una gravità elevata.
Un grido di dolore si espanse nella navicella spingendo gli occupanti ad affacciarsi al di fuori per capirne l'origine. Goku osservò Yamcha faccia a terra venire schiacciato dal peso del proprio corpo per aver sfidato la gravità superiore a quella a cui erano abituati. Si sentì in colpa per non averlo informato prima che si buttasse a pesce, gli regalò un sorriso di scuse che però lui, di spalle, non vide. 
-Sei proprio un coglione.- gli disse Evelyn osservandolo cercare di risollevarsi inutilmente. 
Marco* trattenne una risata di fronte alla scena comica, era proprio un deficiente. Arrivare su un pianeta sconosciuto e buttarsi dalla navicella, unico luogo sicuro, come se nulla fosse era stata la scelta più stupida che potesse fare. Persino i bambini erano rimasti con i piedi ben saldi sul pavimento di metallo intuendo che non fosse una buona idea avventurarsi spavaldi. Si sentì picchiettare la spalla e voltandosi si ritrovò ad osservare gli occhi nerissimi di uno dei guerrieri. Egli gli porgeva un contenitore con dentro dei bracciali di metallo spessi un paio di centimetri con al centro una luce blu. Li prese incuriosito e con lo sguardo gli chiese spiegazioni, il guerriero gli indicò fuori dalla navicella l'amico spiaccicato a terra e Marco capì. Ne indossò uno poi li porse alla moglie.
-Bracciali anti-gravità. Eviteremo di fare la sua fine.- disse indicando il guerriero che stava ancora mangiando la polvere impossibilitato a muoversi.
Evelyn indossò uno dei bracciali e ne mise uno alla figlia che rideva sotto i baffi insieme a Goten. 
L'ultimo ad indossare l'utile accessorio fu proprio il guerriero sfregiato che, punito abbastanza per la sua stupidità, riuscì finalmente a respirare e a rialzarsi da terra. Sotto le risatine di Evelyn e Marco, a cui non stava particolarmente simpatico, si liberò dalla polvere sui vestiti e sul viso. 
I due guerrieri Saiyan li esortarono a smettere di cazzeggiare assestando uno spintone a Yamcha, che non tentò neanche di protestare, e a muoversi da lì. Li affiancarono altri tre guerrieri coda muniti, due uomini e una donna, chiudendoli all'interno di una sorta di formazione, quasi stessero scortando in galera dei criminali pericolosi. Il gruppo si guardò attorno intimorito, l'imponenza dei Saiyan passava anche per il semplice modo che avevano di porsi, indifferentemente dalla loro stazza. Perciò Marco si guardò bene dal muoversi troppo, limitandosi a studiare il loro modo di fare militare mentre li spingevano all'interno della grande struttura davanti alla quale erano atterrati. 
Due guardie aprirono il pesante portone e lo richiusero alle loro spalle, dalla parte opposta altre due guardie, di sesso femminile sta volta, presidiavano l'entrata secondaria del palazzo. Nessuno ebbe il coraggio di fiatare, si sentivano dei topi in trappola e non era una bella sensazione. Percorsero una serie di corridoi, superando stanze e altri guerrieri apostati in silenzio. Nessuno di loro ebbe il coraggio di aprire bocca durante l’intero tragitto. Una seconda porta a doppio battente adornata di ghirigori dorati e rossi molto spartani, così come l'arredamento dell'enorme entrata, venne aperta dall'interno dando loro modo di osservare l'immensa sala nella quale due sedute rialzate torreggiavano su tutti. Ma non fecero in tempo a mettere a fuoco l'occupante che Allistar gli sbarrò la strada, impedendogli di scrutare il volto di chi alle sue spalle era comodamente seduto. Il Saiyan dai capelli un poco brizzolati li squadrò a uno a uno, soffermandosi su Goku e su Marco. 
-Benvenuti a palazzo. Io sono il consigliere del Re, mi chiamo Allistar. I nostri sovrani attendono con trepidazione la vostra presenza al loro cospetto.- 
L'intero gruppo ammutolì, incredulo di fronte al fatto che ci fosse qualcuno che parlasse la loro lingua in quel pianeta sconosciuto. 
-Vi invito a inginocchiarvi di fronte al Re e alla Regina, come segno di ubbidienza e rispetto per i loro ruolo.- disse morbido Allistar.
Il gruppo si guardò perplesso di fronte a tale richieta di sottomissione: Nessuno di loro aveva voglia di chinare la testa ai piedi di un sovrano che non riconoscevano come tale. 
-Inginocchiarci? Ma anche no! Puoi dire al tuo Re che noi non abbassiamo la testa di fronte a nessuno.- sentenziò Oscar gonfiando il petto di un orgoglio che non aveva. 
Il resto della combriccola non gli diede corda ma comunque rimasero in piedi. Il viso di Allistar si contrasse appena, infastidito da tanta insolenza, ma rimase fermo al proprio posto.
-Ve lo dico nuovamente: inginocchiatevi e piegate la testa di fronte al Re e alla Regina.- sentenziò decisamente meno disposto a sentire repliche.
Il gruppo di amici incassò a pieno il tono e si guardarono indecisi su cosa fare. Di certo non volevano inimicarsi l'intero popolo Saiyan, ammesso che di quello si trattasse, ma non erano molto propensi a piegarsi a un governo simile. E a esprimere a parole i loro pensieri ci pensò Yamcha, quel giorno particolarmente propenso a fare da cavia, che si fece avanti spavaldo con una sicurezza che chissà da dove gli usciva. Posò una mano sulla spalla del Saiyan con fare amichevole, beccandosi un'occhiata fulminante dallo stesso.
-Amico, non abbiamo intenzione di inchinarci a un Re che non abbiamo neanche mai visto. Perché non ce lo lasci incontrare così possiamo discuterne?- esordì, incurante dello sguardo omicida del Saiyan su di sé.
Allistar lo guardò storto non capendo il motivo di tanta confidenza da parte del terrestre. Storse il naso e si tolse la mano di dosso torcendogli il braccio dietro la schiena fino a farlo lamentare di dolore. Lo colpì sul retro delle gambe e lo costrinse a mettersi in ginocchio con la testa che sfiorava il pavimento. 
Oscar sobbalzò e si andò a nascondere dietro le gambe di Gohan che, in fondo al gruppo, non si mosse.
Il Saiyan purosangue fece un cenno alle guardie che ad una ad una costrinsero gli ospiti ad assumere la posizione più consueta a rendere omaggio ai reali. 
Oscar lanciò un'occhiata a Goku che, nonostante fosse molto più forte del guerriero che lo teneva a terra, rimaneva piegato forzatamente in quella scomoda posizione. 
-Ehy Goku! Fai qualcosa, sbarazzati di questi scimpanzé troppo cresciuti!- esclamò il maialino.
-Meglio di no, queste sono le loro regole e non voglio rischiare la pelle.- gli rispose Marco ottenendo il silenzioso assenso del guerriero.
Oscar si vide costretto a tacere imbrigliato in una situazione troppo grande per lui. 
Allistar, ottenuto ciò che aveva richiesto, si fece da parte permettendo ai terrestri di osservare con attenzione chi li aveva richiesti su quel pianeta e gli stava imponendo di abbassare la testa. Ma le guardie si ostinavano a tenerli fermi imponendogli la vista del pavimento in pietra.
-Ti ringrazio, Allistar.- proruppe la voce della Regina. 
Il Saiyan chinò appena la testa tornando al proprio posto affianco al Re mentre Bulma si alzava e si appropinquava a parlare. 
- Benvenuti. Siete sul pianeta Vegeta-sei, abitato dalla razza guerriera Saiyan, la più forte di tutto l'universo.- disse.
Allistar si affretto a tradurre le parole della sovrana mentre il gruppo strabuzzava gli occhi al suono di quella voce conosciuta. Nessuno poté alzare la testa per verificare ma quando ella tornò a parlare i loro dubbi si sciolsero.
-Vi pregherei di rispettare le nostre leggi e di non combinare casini, altrimenti saremmo costretti a punirvi in modi poco piacevoli.- disse mantenendo un tono calmo e cordiale. - Per il resto mi auguro che possiate passare un buon soggiorno.- concluse scrutando le figure dei suoi amici piegati in una posizione assai scomoda ma necessaria. -Alzate la testa, per favore.-
Le guardie permisero loro di eseguire la richiesta della Regina lasciando andare la presa sulle loro teste mantenendoli però saldi a terra. I pochi dubbi della combriccola vennero frantumati quando la figura elegante, quasi luminosa, di Bulma si schiantò contro i loro sguardi. Bella, fiera e regale fasciata da quell'abito blu sul quale brillava il medaglione che la definiva sovrana. Sulla candida fronte, tra i capelli azzurri, brillava appena un semicerchio dorato al centro del quale una pietra rossa riluceva. Li osservava dall'alto, potente, con lo stesso sguardo amico di sempre ma con qualcosa di più che la rendeva una sovrana. Non passò molto tempo prima che gli occhi dei presenti andarono alla ricerca della figura visivamente oscura, dati i colori in contrapposizione con quelli della donna, che ella aveva scelto come compagno di vita un decennio prima. Lo trovarono seduto alla sua destra qualche passo più indietro, calzato nella battle suit grigio piombo che la donna gli aveva regalato prima che partisse per il suo allenamento con Whis. Sull'armatura bianca brillava lo stesso medaglione e accanto al simbolo dell'angelo vi era lo stesso stemma di cui era tappezzato l'intero edificio. Alla sua destra, seduti anche essi, c’erano i due figli indossanti anche loro la divisa Saiyan. 
Goku sussultò però quando facendo scorrere lo sguardo oltre i regnanti trovò due figure enormi assai familiari che di certo non aveva voglia di rivedere. Aggrottò le sopracciglia e tenne la bocca chiusa. Incrociò lo sguardo con il fratello maggiore che ricordava morto, probabilmente rancoroso per la fine che gli aveva fatto fare. Lo distolse appena non intenzionato ad intraprendere una lotta di sguardi, se ne sarebbe occupato dopo. 
- Vostra Altezza, mia Regina, siamo onorati di presenziare al Vostro cospetto. Vi assicuro che nè io né i miei amici faremo alcunchè che vi possa recare fastidio.- proruppe la voce di Gohan in coda al gruppo attirando l'attenzione su di sé.
Bulma sorrise cordiale ma con contegno rimanendo fedele al suo ruolo. Non si stupì dell'abilità del ragazzo nel parlare quella lingua, Vegeta glielo aveva insegnato durante i sette lunghi anni di pace in cui Goku era morto e Gohan passava molto tempo alla Capsule Corporation con Trunks e, poco dopo,il fratellino Goten. Ancora una volta il Re si dimostrava più propenso ad averla insegnata al figlio del rivale piuttosto che a lei, aveva voglia di strozzarlo. 
Tornò a sedersi, prendendo posto accanto al marito che osservava tutti con la solita aria di superiorità. 
Videl tirò una gomitata a Gohan per attirarne l'attenzione.
-Chiedi se ci possiamo alzare, mi fanno male le gambe a stare così.- 
Il mezzosangue annuì e tornò a rivolgersi alla donna dai capelli azzurri. 
-Vostra Maestà, chiedo il permesso per me e i miei compagni di alzarci.
Bulma neanche ci pensò e afferrando il calice di vino appoggiato lì accanto diede la sua risposta.
-Permesso accordato.-
Mi permetto di dissentire, Vostra Altezza. Capisco che siano vostri amici ma hanno mancato di rispetto a voi e all'intero regno rifiutandosi di chinare la testa di fronte a Voi, li abbiamo costretti con la forza. Quindi, secondo le nostre leggi, devono essere puniti.- intervenì Allistar, unico a cui era permesso intervenire in una discussione ufficiale dei sovrani. -Ma siccome sono forestieri e non comprendono la gravità della cosa ne puniremo soltanto uno, come promemoria per tutti.- 
Bulma sospirò guardando prima Allistar poi il marito, il quale non si espresse in alcun modo costringendola a prendere quella decisione da sola. 
-E sia. Ma che la punizione non sia troppo dura.- asserì.
Allistar chinò il capo.
-Mio Re, avete una preferenza su chi dovrà essere punito e sulla punizione?
Vegeta puntò il proprio sguardo d'ossidiana sui presenti, scrutandone i visi a uno a uno. Ormai nessuno lo temeva più, lo riconoscevano come un amico e un alleato e la cosa non gli dispiaceva. Però vedere Oscar sussultare e tremare quando si soffermò su di lui non aveva prezzo. Sogghignò maligno osservando il povero maialino tremare come una foglia al suo cospetto, probabilmente non aveva mai smesso di temerlo neanche dopo che aveva formato una famiglia con Bulma. Fece schioccare la lingua sul palato e scelse la sua vittima.
-Il tizio sfregiato. Faccia a terra.- ordinò.
La guardia che teneva Yamcha lo spinse con violenza contro il pavimento tanto che il suo naso rischiò di rompersi nell'impatto. Gli piegarono con forza le braccia dietro la schiena fino a farlo lamentare.
-Che succede? Gohan?- chiese Yamcha quasi senza fiato per il dolore.
-Vogliono punirti per oltraggio alla corona. Dovevano farlo a tutti ma hanno deciso di punire solo te.- spiegò Gohan.
-Che?- sbottò il diretto interessato.
Il Re prese dalle mani della consorte il calice con il vino e se lo portò alle labbra.
- Pestatelo.- disse prima di bere.
Le guardie non ci pensarono due volte prima di eseguire gli ordini e iniziarono a colpire il guerriero terrestre dopo averlo tirato in piedi. Il primo colpo arrivò allo stomaco, tanto forte da togliergli il fiato, il secondo al viso e il terzo alle gambe costringendolo a tornare carponi. Fu un susseguirsi di colpi e calci senza pause, i Saiyan lo pestavano senza rimorso infischiandosene dei suoi gemiti di dolore e dei suoi tentativi di difendersi. Durò non più di quattro o cinque minuti poi il Re decise che era abbastanza.
-Fermatevi.- ordinò.
I guerrieri ubbidirono lasciando immediatamente stare il terrestre che grondava di sangue. Yamcha sputò sangue e saliva tossendo, rimase qualche secondo in più raggomitolato su se stesso sul pavimento. Gohan e Goku accorsero in suo aiuto, sollevandolo da terra mettendosi un braccio per uno attorno al collo, sembrava stare bene tutto sommato. 
Bulma lanciò un'occhiata di traverso al marito che, ignorandola totalmente, non si prese la briga neanche di guardarla per giustificarsi. Tornò perciò ad osservare la combriccola che, piuttosto scossa da quanto accaduto, si accertava che l'amico stesse bene per quanto un pestaggio a carico di due guerrieri Saiyan permettesse. Probabilmente c'erano andati giù pesanti ma quelle erano le regole, non potevano ignorarle soltanto perché erano amici. Si alzò raggiungendo l'uomo sfregiato che riusciva a tenersi in piedi da solo con meno difficoltà di quel che si aspettava. Gli sorrise quando incrociò il suo sguardo e lui ricambiò il sorriso anche se uscì un po' storto a causa della guancia che si stava gonfiando. A Bulma fece un po' pena, alla fine gli voleva bene, era un suo amico e vederlo malconcio le dispiaceva. Era abbastanza sicura che Vegeta non avesse scelto casualmente l’ex predone del deserto, in un altro momento gliene avrebbe detto quattro in proposito.
-E tu da quando sai parlare la loro lingua?- chiese Goku a Gohan voltando appena la testa.
Il giovane uomo sorrise: -Ho avuto un ottimo maestro.-
Gohan aveva sviluppato un ottimo rapporto con il Saiyan reale durante la lunga assenza paterna, lo vedeva come una figura autoritaria da cui prendere ispirazione. Una sorta di modello da seguire che, tra le altre cose, gli aveva raccontato un po’ di cose sulle proprie origini a cui lui aveva fatto particolarmente attenzione.
Evelyn si fece largo tra i presenti, scansando chiunque con poca delicatezza. Si guardò attorno ammirata dall’aspetto essenziale ma straordinariamente di lusso della sala del trono. Lo stemma reale stampato in rosso su uno sfondo nero drappeggiato d’oro posizionato dietro le sedute reali metteva in risalto chi vi sedeva. Incrociò le braccia al petto e guardò l’amica dai capelli azzurri, ancora in piedi, con fare indagatore.
-Non ti bastava più essere la più ricca del pianeta, sei dovuta diventare Regina di un intero popolo per sentirti soddisfatta.- ironizzò.
Bulma scosse le spalle spogliandosi del peso di quell’affermazione. Sorrise all’amica e tornò a sedersi accanto al marito.
-Che ci vuoi fare? Il talento è riconosciuto anche fuori dal nostro sistema solare.- 
Evelyn roteò gli occhi al cielo. 
-Talento? Io lo chiamo “culo”. Dato che non si diventa Regina per “talento” ma sposando un principe.- affermò indicando l’uomo accanto a lei.
-Touchè.- 
Vegeta si alzò sotto lo sguardo dei presenti e scese i pochi gradini che lo separavano dal gruppetto. Le guardie si inchinarono al suo passaggio ma lui le ignorò totalmente, non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Radish e Napa lo avevano seguito come un’ombra. Non si sarebbe mai liberato di loro neanche se lo avesse voluto. Avrebbe sempre potuto ucciderli ma non gli sembrava il caso. Preferì non dare loro importanza e fare finta di non avvertirne neanche la presenza. Non gli fu difficile.
Squadrò i due Son che sorreggevano il guerriero terrestre constatando che egli non stava poi così male, avrebbe potuto fare di peggio ma non gli interessava. 
-Ehy, fratellino, è un po’ che non ci si vede.- Il vocione di Radish rimbombò nella grande stanza.
Goku fece una smorfia poco convinta.
-Sinceramente speravo di non doverlo fare più.- gli rispose il guerriero distogliendo poi l’attenzione.
Radish ringhiò appena e gli si avvicinò di un paio di passi, sorpassando il Re che neanche si mosse. Osservò il fratello minore dall’alto in basso con gli occhi scuri che brillavano d’ira, non gli aveva perdonato il fatto di averlo ucciso in quella maniera l’altra volta e di avergli disubbidito con arroganza.
Il Son alzò il viso incrociando gli occhi rabbiosi del fratello con i propri limpidi e sinceri.
-Piccolo ingrato. Io ti sono venuto a salvarti e tu mi hai ucciso.- ringhiò.
Goku aggrottò le sopracciglia. -Hai rapito mio figlio e minacciato i miei amici.
-Sono tuo fratello maggiore, devi portarmi rispetto.- affermò nella propria lingua avvicinandosi di un passo ancora.
-Non ho idea di cosa tu abbia detto, fratellone, e neanche mi interessa.- gli rispose risoluto alzando la testa.
Radish ringhiò ancora, minaccioso ma al Son non faceva paura. Il guerriero più piccolo aggrottò di più le sopracciglia.
-Stammi lontano, Radish, sono immensamente più forte dell’ultima volta che ci siamo incontrati. Non ti conviene.- lo avvertì.
Il guerriero dai lunghi capelli strinse convulsamente i pugni, desideroso di colpire il faccino pulito del fratello minore per l’onta subita ormai vent’anni prima. Una mano gli si posò sulla spalla con fare amichevole e voltandosi incrociò il ghigno derisorio di Napa che, alle sue spalle, oltre ad essersi goduto l’intera scena, cercava di evitare la sua seconda morte prematura per mano dello stesso Goku. Il pelato tirò indietro il compare e fu lui a fronteggiare il Son con atteggiamento meno aggressivo ma con altrettanto risentimento.
-Tuo fratello è un idiota patentato ma capisco la sua rabbia.- sibilò sogghignante.
Goku mantenne lo sguardo corrucciato, concentrato, pronto a scattare in qualsiasi momento. Schiena dritta, testa alta e sensi all’erta. Quei due, sia insieme che separati, non sarebbero riusciti ad eguagliare neanche il quaranta percento della propria forza ma non abbassare la guardia era sempre una buona strategia.
-Guarda che è stato Vegeta a farti fuori, l’altra volta, non io.- gli rispose sollevando un sopracciglio confuso.
I due energumeni sussultaro appena sentendo pronunciare il nome del sovrano che, alle loro spalle, guardava la scena senza apparente interesse. Nessuno dei due aveva la minima intenzione di confrontarsi con lui, in nessun universo parallelo avrebbero rischiato tanto. E non tanto per il timore di venir uccisi, quanto per il modo in cui sarebbe avvenuto. Conoscevano Vegeta e sapevano perfettamente che egli non era il tipo di guerriero che aveva pietà dell’avversario. 
-Scherzi? Non ci penso neanche a sfidare il Re.- 
Goku avrebbe voluto chiedergli il perchè, il motivo di tanto timore nei confronti del regnante così radicato nei loro animi tanto da spingerli a sussultare non appena nominato. Ma la voce della Regina li interruppe.
-Finitela. Non voglio spargimenti di sangue tra i miei amici.- sentenziò mettendosi in mezzo ai tre. Goku da una parte, Radish e Napa dall’altra. Lanciò ai due guerrieri muniti di coda un’occhiataccia. -Non costringetemi a prendere provvedimenti, sono stata abbastanza chiara?-
I due cambiarono atteggiamento all’istante, inchinandosi di fronte alla donna quasi simultaneamente. Abbassarono la testa e l’atmosfera si rilassò mentre l’azzurra li fissava dall’alto in basso con rimprovero.
L’intera sala ammutolì di fronte alla scena di quella donna, priva di qualsiasi forza fisica, che primeggiava sui due Saiyan infinitamente più forti di lei con il semplice utilizzo delle parole. Non seppero dire con sicurezza se fosse più una cosa mentale, derivante dal fatto che lei fosse la Regina e quindi le dovessero rispetto o un vero e proprio timore per ciò che gli avrebbe potuto fare in caso di disubbidienza. Fatto sta che i due non accennarono ad alzare la testa neanche quando lei voltò loro le spalle e rivolse un sorriso al migliore amico, come se niente fosse.
-Fantastico.- mormorò Goten.
Vegeta spostò lo sguardo su una delle guardie accanto a sè, una di quelle che aveva scortato l’intero gruppo dalla Terra al pianeta su cui erano.
-Avevo specificato di portare solo due persone. Non l’intera combriccola.- lo rimproverò con voce piatta, fissandolo negli occhi.
Il guerriero abbassò immediatamente lo sguardo, incapace e non autorizzato a sostenere quello del Re. 
-Chiedo perdono, Vostra Maestà, ma avendo avuto problemi di comunicazione non siamo riusciti a portare soltanto le persone che avevato richiesto.- 
Le labbra del Re si piegarono appena in una smorfia di disappunto ma lasciò correre. Non aveva interesse nè voglia di affrontare la cosa, perciò spostò lo sguardo lontano da lui togliendogli di dosso tutta quella pressione che avvertiva chiunque non lo conoscesse al di là dell’essere un Re guerriero. 
-Voi due. Con me.- esclamò rivolgendosi a qualcuno che però non guardò in faccia neanche un secondo. Voltò le spalle al gruppo e si avviò fuori dalla stanza.
Nessuno seppe a chi il Re si fosse riferito con quell’ordine, di certo non ai due ancora con la testa china ai piedi della Regina. Rimasero perciò tutti immobili a chiedersi chi dovesse seguirlo.
Goku sentì una mano sospingerlo appena. Si voltò ad incrociare gli occhi di smeraldo del terrestre che più di tutti rassomigliava al Saiyan reale. Marco gli fece cenno con la testa di seguire l’altro dando per scontato che si riferisse a loro, con l’affermazione di prima.
-Andiamo, probabilmente vuole parlarci in privato della situazione.- disse precedendolo.
Goku annuì e lo seguì pur non capendo come Marco fosse arrivato alla conclusione che Vegeta volesse loro e non, magari, uno dei tanti guerrieri lì attorno che non aspettava altro che un suo ordine.
Il Re non aprì bocca per tutto il tragitto attraverso il palazzo, lasciando che solo il suono dei loro passi che rimbombava riempisse il lungo silenzio venutosi a creare. I due ospiti si guardarono attorno scrutando ogni angolo per capire qualcosa di più di quella società aliena. Purtroppo l’edificio era fin troppo spartano, a parte qualche stendardo con lo stemma reale, qualche tappeto dall’apparenza pregiata e le grandi vetrate colorate adornate da splendide e pesanti tende rosse e nere, non c’era molto altro che richiamasse a particolari del pianeta e dei Saiyan stessi. Niente quadri, niente statue, niente di niente. Chissà perché.
Vegeta aprì una delle tante porte, cedendo il passo ai due prima di entrare e chiudersi l’uscio alle spalle.
-Quindi, ci dici cos’è successo?- chiese Marco guardandosi attorno.
Il Saiyan maggiore si andò ad appoggiare accanto alla grande porta finestra che dava sull’immenso piazzale, al centro del quale una fontana molto semplice zampillava acqua in quantità.
-In pratica un gruppo piuttosto ampio di Saiyan non accetta l’avere una Regina terrestre. E hanno deciso di manifestare il loro malcontento con un’incursione ai danni della Corona.- spiegò il Re con tono piatto. 
-A me sembra tutto tranquillo.- sentenziò il più giovane dei tre con la sua solita aria bonaria.
Vegeta fece una smorfia poco convinta.
-Hanno rapito Bra.- 
I due interlocutori sussultarono. Cosa?
-Quando è successo?- chiese quasi spaventato Goku.
-Un mese fa.- rispose. -Hanno approfittato di un momento in cui eravamo distratti e sono riusciti a portarla via.- 
La voce del guerriero era ferma, immobile, quasi senza anima mentre i suoi occhi, fissi in un punto lontano, erano due braci. Un mix di rabbia e disperazione li illuminava rendendo il suo sguardo molto più esaustivo di quanto le sue parole potessero esserlo. Non potevano neanche immaginare quello che albergava nel suo animo al ricordo di quanto accaduto neanche troppo tempo fa. Ma le sue iridi permettevano loro di averne una piccola, minuscola anteprima.
-L’avete trovata subito, no?-
Il Saiyan maggiore scosse la testa riportando alla memoria quegli eventi ancora troppo freschi da poter dimenticare.
-Sono riusciti ad entrare senza che nessuno se ne accorgesse, hanno sterminato chiunque ci fosse nei paraggi e l’hanno fatta sparire dalla circolazione rinchiudendola in un edificio schermato.- raccontò. -Non si possono percepire le aure nè dall’interno nè dall’esterno. Ci sono volute ore per trovarla. La sua aura si è alzata di botto per qualche minuto, abbastanza a lungo da permettermi di trovarla e raggiungerla.-
Goku e Marco avevano la sensazione di aver sentito la voce del Re incrinarsi verso la fine, ma era stata una variazione talmente impercettibile che non potevano esserne totalmente sicuri. I momenti in cui si rivelava fragile agli occhi degli altri erano praticamente inesistenti e ciò rendeva più difficile dire se se lo fossero immaginato o meno.
-Oh.- mormorò Goku. 
-Immagino tu abbia fatto rimpiangere tale azione al rapitore.- intervenì Marco decisamente più affine.
-Solo a uno.- rispose il sovrano con un sorriso sornione spostando lo sguardo su di loro. -L’altro è stato sbalzato via ed è morto impalato.-
-Ma c’erano soltano loro e Bra.- fece notare Marco non capendo.
La lampadina invece si accese nel cervello di Goku.
-Aspetta. Un’onda d’urto che sbalza via il rapitore e un picco d’energia, entrambi provenienti da qualcuno di apparentemente non in grado…- ripetè mentre la sua idea prendeva forma. -Non vorrai dire che si è trasformata in Super Saiyan!-
Il sorriso del Re si trasformò in un ghigno orgoglioso. La sua piccola principessa si era rivelata una guerriera con grandi possibilità.
-Oh, figata. Non ci ho capito molto ma sembra una cosa non da tutti.- si espresse Marco, ancora parecchio fuori da quel mondo.
-Infatti non lo è. Nessuno si aspettava che si trasformasse, non così presto almeno.- esclamò felice il più giovane. -È la più piccola ad averlo fatto, giusto?-
Vegeta annuì pensieroso. 
-Ma ciò non la esclude da eventuali pericoli. E immagino tu sia preoccupato per lei e per Trunks e Bulma.- Marco era diventato capace di anticipare i suoi pensieri, forse perchè lo capiva quasi quanto Bulma o forse perchè le loro anime erano molto simili.
Vegeta annuì di nuovo fissandolo dritto negli occhi.
Goku li osservò incuriosito avendo momentaneamente perso il filo del discorso. Incrociò le braccia al petto rispondendo all’implicita domanda del Re sul cosa fare in quella situazione. 
-Hai aumentato le difese attorno al palazzo? Immagino ci siano ehm guardie pronte a scattare a vista.- chiese il Son.
-No.- 
-Come no?- sbottò.
-Se sono riusciti ad entrare di soppiatto, senza farsi notare e ad eludere la sorveglianza di Vegeta non vedo come aumentare le difese possa essere d’aiuto.- spiegò Marco che sembrava essere entrato nella testa dell’amico.
-Esatto.- 
Goku sospirò.
-Allora non ci rimane altro da fare che tenere occhi e orecchie ben aperte. Rimaniamo all’erta e teniamo Bra sotto controllo.- disse alla fine quasi dispiaciuto.
Vegeta lo guardò come a dirgli “ma va?”, li aveva richiamati apposta per avere un’opinione e un consiglio sulla questione non per sentirsi dire ciò a cui pensava già.
-Bra è già sotto controllo, a parte gli allenamenti ho fatto in modo che non rimanesse mai sola. Che stia con me, con Trunks o con Bulma non importa ma non sarà un secondo da sola.- spiegò.
-Ehm, con tutto il rispetto per Bulma e per il suo genio ma non credo che da sola possa affrontare dei Saiyan che la vogliono morta. E Bra non potrebbe esserle di tanto aiuto.- espresse la sua perplessità il Son.
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato chiedendosi se l’altro avesse dimenticato il cervello a casa. Sapeva benissimo quali fossero i limiti della “guardia” di Bulma, non si era dimenticato l’essenza terrestre della moglie.
-Bulma ha una guardia al suo servizio in mia assenza, una squadra di Saiyan abbastanza in gamba da poter tenere sotto controllo qualsiasi situazione fino al mio intervento.- spiegò il Re chiedendosi se il rivale l’avesse preso per scemo.
Goku chiuse la bocca, dandosi dell’idiota per quell’affermazione. Era più che ovvio che Vegeta avesse pensato a mettere in sicurezza la moglie stessa oltre che la figlia minore.
-Scusa se te lo chiedo ma il tuo “intervento” consiste anche nell’uccidere l’assalitore di turno?- chiese invece Marco.
Il Saiyan lo guardò e nei suoi occhi si accese una luce furibonda che celava una paura che in molti non gli attribuirebbero.
-Se necessario sì.- rispose con fermezza.
Goku sussultò a quelle parole. Sapeva che il rivale non fosse esattamente uno stinco di santo e che per lui venire alle mani era piuttosto facile ma credeva che non si sarebbe più spinto fino a togliere la vita a qualcuno. 
-Non credi di star esagerando, Vegeta? Alla fine l’importante è metterli al sicuro, non c’è bisogno di far scorrere del sangue!- proruppe cercando di far valere i suoi principi.
Il Saiyan fece saettare le iridi scure nelle sue trasmettendogli con lo sguardo ciò che con le parole non sarebbe riuscito a fare. 
-Esagerando? Un gruppo di invasati minaccia la mia famiglia e io starei esagerando?- iniziò con tono tagliente. -Forse non hai capito bene come la penso, <Goku: non me ne fotte un cazzo se minacciano me, l’intero pianeta o tutto il settimo universo ma se osano mettere gli occhi sulla mia famiglia gli stacco gambe e braccia poi gli fracasso la testa contro il pavimento. È più chiaro così?- disse con uno sguardo che gli ricordò il loro primo incontro.
Il Saiyan cercò aiuto con lo sguardo in Marco che, in quanto umano, fosse sicuro la pensasse come lui. In fondo una vita è sempre una vita e tutti hanno il diritto a una seconda possibilità.
-Sono d’accordo.- disse invece stupendolo. -Non m’interessa se mi massacrano di botte o mettono sottosopra la mia azienda ma la non si tocca.-
Goku si ritrovò tra due fuochi perciò optò per il silenzio. Lui non credeva che quel gruppo di protestanti stesse facendo una cosa giusta o cercasse di difenderli però credeva anche nella non necessarietá di togliere loro la vita. Ma lì il Re era Vegeta, comandava lui e non pensava che protestando gli avrebbe fatto cambiare idea, soprattutto se aveva anche il supporto di Marco. Sospirò arrendendosi all’idea che qualcuno ci avrebbe rimesso le penne.


-Quindi qui dentro sono tutti quanti ai tuoi ordini?-
Le iridi azzurre della Regina si spostarono per incontrare quelle castane di Evelyn, prima che ella concentrasse la propria attenzione sul circondario. Bulma si accomodò meglio sul trono accavallando le gambe. 
-Esatto.- disse guardandosi attorno. C'erano una decina di guerrieri Saiyan sparsi per tutta la sala, compresi Napa e Radish. Tutti di prima classe, tutti pronti a scattare ad ogni suo ordine. O quasi. -Per quanto quelle teste di legno si possano comandare.- 
-Immagino.- commentò Evelyn.
Marco era stato portato via da Vegeta assieme a Goku ormai una buona mezz'ora prima. Non erano ancora tornati e lei era l'unica, nel gruppetto di terrestri e mezzosangue, che iniziava a prendere confidenza con il posto, apparentemente non intimorita dalla quantità di gente poco incline alla pacatezza presente nella stanza.
-Come funziona? Tuo marito prende tutte le decisioni e tu fai tipo da "moglie premio"?- chiese la castana.
Bulma sbuffò quasi annoiata.
-Per fortuna su questo pianeta non sono così maschilisti. Donne e uomini hanno una sorta di parità di sesso, qui conta soltanto la forza fisica.-
L'espressione di Evelyn mutò facendo diventare la bocca una "o" di sorpresa. Poteva arrivarci anche da sola ma era troppo occupata a prendere in giro l'amica.
Trunks scese dal proprio trono con un balzo evitando così di scendere i pochi gradini e si avvicinò al migliore amico, apparentemente sfuggito dall'eccessiva preoccupazione materna. Lo salutò con un cenno della mano e un sorriso.
-Che figata questo posto, c'è gente forte in ogni angolo!- asserì la giovane copia di Goku con entusiasmo.
Trunks annuì. 
-Già ma non sono al nostro livello, neanche gli adulti. - lo informò guardandosi attorno. Ogni guerriero lì presente aveva un livello di combattimento superiore al cento, essendo tutti di prima classe, ma non era neanche lontanamente paragonabile ai loro, persino Pan e Bra erano più forti. Perciò uno scontro alla pari era fuori discussione.
-Eh!?- esclamò deluso. -Ma come, io credevo che i Saiyan fossero i guerrieri più forti di tutto l'universo!-
Il ragazzino riportò le iridi azzurre sull'amico e incrociò le braccia al petto.
-Lo sono ma noi lo siamo molto più di loro.- tagliò corto per non dover dare spiegazioni strane che la piccola mente dell'amico non avrebbe compreso appieno. -Che ne dite di raggiungere gli altri ragazzi al campo? Non possiamo averci uno scontro adrenalinico ma conoscono un sacco di attività divertenti!- cambiò discorso poi, stare fermo non era nella loro natura avevano proprio bisogno di scaricarsi dopo il lungo viaggio, per Goten e Pan, e l'essere stato seduto a lungo per calzare il suo ruolo di principe, per Trunks e Bra.
-Attività tipo?- chiese incuriosito Goten.
Trunks sorrise ma non rispose alla sua domanda, piuttosto voltò le spalle al gruppetto. 
-Seguitemi e lo scoprirete.- 
Keiko alzò gli occhi sulla madre per chiederle il permesso di allontanarsi. Evelyn le sorrise.
-Vai pure, penso che tu sia più al sicuro con loro che qui con noi.- esordì indicando con un movimento della testa il ragazzino dai capelli glicine. 
La bambina annuì con forza, elettrizzata all'idea di conoscere altri bambini con cui giocare. Affiancò Trunks con un sorriso da orecchio a orecchio.
-Ehy è sotto la tua responsabilità! Te l'affido.- 
Il principe annuì ed attraversò la sala di corsa, seguito dagli altri. Era il più grande tra di loro e l'unico a conoscere la lingua parlata su quel pianeta, avrebbe dovuto tenere sott'occhio tutti quanti non solo Keiko. 
Il campo d'allenamento era una distesa di erba e terriccio di diversi metri quadrati, probabilmente quanto uno o due campi da calcio, ed era riservato esclusivamente alle prime classi o a particolari prodigi. Non era circondato da una recinzione o da un muro, quindi in teoria non aveva un vero e proprio confine fisico se non per i soldati che sostavano ai quattro angoli e davanti l'entrata principale. Era parecchio dispersivo ma Trunks non sembrò curarsene dirigendosi in fretta verso il gruppo di ragazzini poco lontano intento ad allenarsi e a chiacchierare. Sembravano quasi normali se non fosse per la coda e la tuta indossata, decisamente più simile a una battle suit che a dei vestiti terrestri. 
Goten osservò il migliore amico interaggire con quei ragazzi allo stesso modo in cui faceva con lui ma ricevere in cambio un comportamento molto più distaccato e reverenziale. Lo vide indicarli e continuare a parlare con quello che doveva essere il più grande, che li fissò un po' incerto. Al Son venne spontaneo chiedersi se quei bambini fossero davvero disposti a far entrare qualcun altro nel loro piccolo giro. 
Trunks fece un fischio attirando la sua attenzione. Alzò lo sguardo su di lui e vide che gli stava facendo segno di avvicinarsi, senza timore.
-Lui è Goten, il mio migliore amico. È un mezzosangue come me ed è molto in gamba oltre che forte.- spiegò il glicine tirando una pacca sulla schiena all'amico.
-Eh? Ci sono altri Saiyan sulla Terra oltre al Re?- chiese incuriosito un bambino seduto a terra. 
Trunks annuì prima di proseguire con le presentazioni:- la bambina mora si chiama Pan, anche lei è una Saiyan ma con meno percentuale di sangue. Poi c’è Keyko che invece è una terrestre al cento per cento e Marlon anche lei terrestre.-
I bambini Saiyan li guardarono un po' storti. Non sapevano molto dei terrestri ma avevano capito, per sentito dire, che non avevano grande forza combattiva. Si chiesero come mai il principe Trunks li avesse portati a giocare con loro se le cose stavano veramente così.
-Loro sono Ivar, Bjarni, Astrid, Abel, Rakel e Thyra.- 
Il bambino seduto si alzò in piedi.
-Non possiamo combattere tra di noi, anche se fossimo pari c’è qualcuno che non è in grado di sostenere uno scontro.- si lamentò Ivar, un ragazzino di circa dodici anni con la battle suit a maniche corte.
-Allora troviamo qualcos'altro da fare.- borbottò Astrid, lunghi capelli e sguardo corrucciato da quindici anni. -Che palle, ci mancavano i terrestri.-
La ragazza al suo fianco, Rakel, le tirò una gomitata. Erano comunque di fronte al principe. Le fece segno di scusarsi. 
La ragazza sbuffò ma obbedì.
-La prego di perdonarmi per la mia insolenza, principe. Saremo lieti di far partecipare anche i suoi amici.-
Ma Trunks neanche l'ascoltava, discutendo con gli altri sul tipo di gioco adatto a tutti quanti. Astrid sbuffò nuovamente e lanciò un'occhiataccia all’amica, che alzò le spalle. Ci aveva provato.
-Che ne dite di Caccia Alla Lepre?- propose Abel.
-Cosa state dicendo?- chiese Keiko a Trunks, facendo portavoce dell'intero gruppetto che non conosceva la lingua neanche per sbaglio.
Il ragazzino sorrise all’amica mentre i Saiyan accanto a loro invocavano a gran voce il nome del gioco scelto.
-Giocheremo a Caccia Alla Lepre.- 
-A che?- 
-Come funziona?- chiese Goten.
-In pratica è come acchiapparella, si sceglie qualcuno che deve scappare, la “Lepre", mentre tutti gli altri lo rincorrono per prenderlo. Gli si danno dieci secondi d’anticipo per permettergli di distanziarsi abbastanza e nascondersi se vuole. Il campo di gioco è fino ai confini della città, non oltre. Non si possono usare le sfere d'energia, colpi energetici, trasformazioni e non si può volare.- spiegò.
Ivar gli si buttò addosso posandogli un braccio attorno a collo, facendo sussultare gli altri Saiyan.
-Vince lui se riesce a superare i confini della città senza farsi prendere. Vinciamo noi se riusciamo a fermarlo.
Trunks tradusse senza far realmente caso all’eccessiva confidenza del ragazzo. 
-Cosa si vince?- chiese Goten.
-Chi perde paga da mangiare agli altri per una settimana.-  asserì Ivar.
-Forte…- 
-Non vi state dimenticando qualcosa?- intervenne Keiko. -Io e la biondina qui non siamo Saiyan, la nostra velocità massima non raggiunge neanche lontanamente la vostra.- 
Ciò fece calare il silenzio all'interno del gruppo, sia perché non si erano letteralmente capiti sia perché non sapevano come ovviare al problema.
Trunks tradusse le parole della ragazzina terrestre al gruppetto alle sue spalle. Ora che sapevano avevano ancora più necessità di tenere chiusa la bocca.
-Possiamo portarvi io e Trunks.- asserì Goten, guadagnandosi gli sguardi di tutti addosso. -Non ce ne accorgeremmo nemmeno talmente siete leggere per noi.- 
Trunks annuì, confermando quanto detto dall'amico. Tradusse agli altri che sembrarono più che favorevoli alla cosa. 
-Io porto Keiko, tu Marlon.- disse il glicine.
A quel punto Abel si rivolse ai purosangue. 
-Okay, problema risolto, ma chi fa la lepre? Di certo non loro, non sanno neanche come funziona il gioco.-
-Mi offro io.- disse alzando la mano Bjarni. 
-Ma è la seconda settimana consecutiva.- puntualizzò Astrid.
Bjarni alzò le spalle e iniziò lo stretching. 
-Non ho problemi a farlo, anzi quasi lo preferisco.- disse leccandosi le labbra e mettendosi in posizione di partenza. -Il brivido del pericolo mi esalta più della caccia.-
-Okay, Bjarni, hai dieci secondo di vantaggio. Quando vuoi.- proclamò Ivar dando il via al gioco.
Il ragazzo con l’armatura con una sola spallina saltellò sul posto un paio di volte. Poi partì, sparendo dalla vista di tutti in pochi secondi.
Ivar sistemò il timer sul rilevatore e contemporaneamente seguì l’energia dell'amico fin quando scomparve. 
-Ma dieci secondi non sono pochi?- chiese Keiko.
-Non per la nostra velocità.- 
Trunks e Goten presero sulle spalle le due terrestri mentre gli altri si preparavano alla partenza.
-Dieci, nove, otto, sette…- iniziò Rakel mentre Ivar si toglieva il rilevatore.
-Sei, cinque, quattro, tre…- proseguì Abel. 
-Due, uno…!- dissero in coro i sei ragazzi.
-Go!- esclamò Trunks.
-Via!- lo sovrastò Ivar.
In un lampo tutti quanti scattarono in avanti, lasciandosi dietro nient’altro che polvere.
Con la coda dell’occhio Trunks osservò Astrid e Rakel saltare sui rami degli alberi agilmente. Alla sua destra invece Goten gli correva a fianco, con la stessa velocità. Poco dietro c'erano Ivar e Thyra, seguiti da Bra e Pan. A chiudere la fila c'era Abel che osservava con attenzione il circondario.
-Eccolo!- urlò Astrid indicando davanti a sé la boscaglia che si muoveva.
Trunks riuscì a cogliere il movimento e si affrettò a seguire Astrid che già si era lanciata all'inseguimento. Non erano passati neanche cinque minuti che la Lepre era stata già individuata. 
Il gruppo si divise, lasciando Astrid, Rakel, Trunks e Keiko da una parte e il resto del gruppo dall'altra. In mezzo a loro edifici, alberi, persone e cose. Evitati con maestria quasi sempre all'ultimo secondo. 
Abel vide qualcosa muoversi su uno dei tetti alla sua sinistra, non riuscì a metterlo bene a fuoco. Tentò di avvicinarsi velocemente ma una bancarella fermò momentaneamente la sua corsa. Ci finì addosso rotolando  qualche metro più in là. Stordito si rialzò e, senza chiedere scusa per il casino, ripartì. 
-Ehy, Abel, tutto okay?- lo canzonò Ivar.
Il ragazzo non gli diede peso.
-Lo vedete?- urlò Trunks non molto lontano.
Nessuno riuscì a vedere né Trunks né Bjarni. 
-È lì!- sbottò Thyra da una posizione imprecisa.
Come un falco che punta alla sua preda così i Saiyan si precipitarono sul “fuggitivo". Trunks sentiva il battito del cuore così veloce da potergli sembrare di averlo sull’orecchio e non in petto. Il vento gli tagliava la faccia e i polmoni bruciavano per lo sforzo. Eppure era una sensazione meravigliosa.
Bjarni però li vide e sparì tra le case, nascondendosi in una viuzza interna. 
-Dannazione!- sbottò Astrid schivando un furgone che sembrava volerle venire addosso. -Cazzo! Non lo vedo più.-
Trunks non conosceva ancora così bene quel pianeta ma aveva un piccolo vantaggio sugli altri. Lui sapeva percepire le auree e ricordava perfettamente quella di Bjarni. 
-Tieni forte.- disse a Keyko.
-Come se non lo stessi già facendo!-
-Ancora più forte.-
La ragazzina lo guardò un po' strana ma non fece un fiato. Si strinse di più al corpo del mezzosangue e chiuse gli occhi, non sapendo che aspettarsi.
Trunks inspirò ed espirò profondamente, concentrato. 
-Fate il giro lungo, tagliategli la strada. Spingetelo verso il forte!- urlò in direzione dei compagni di squadra. -Goten, tieni d'occhio Bra e Pan e segui gli altri.-
Il Son annuì.
-Tu dove vai?-
-A prendere la mia preda.- 
-Eh?-
Il principe schizzò via, distanziando il resto del gruppo in pochi secondi. Quello non era ancora il suo massimo, senza usufruire del Super Saiyan aveva comunque una velocità notevole. 
S'infilò nella stessa viuzza in cui era entrato Bjarni, seguì la sua aura fin quando non potè vederlo.
Sogghignò. -Sei mio.-
Il ragazzo si accorse presto della presenza del mezzosangue dietro di sé. Ridacchiò ma non accennò a fermarsi. Proseguì iniziando a fare lo slalom tra edifici e persone, saltò e si aggrappò su ogni sporgenza disponibile. 
Trunks lo imitò senza sforzo.
Bjarni lo osservò per qualche secondo prima che qualcuno gridasse “ATTENZIONE!” costringendolo a riportare lo sguardo sulla strada di fronte a sé. Evitò per un pelo il crollo di un edificio lì di fianco. Trunks gli era alle costole e non gli fu difficile seguirlo anche oltre quell’ostacolo.
Il purosangue schivò le macerie correndo su un muro, infischiandosene delle regole della fisica che stava distruggendo. Si guardò attorno constatando che ormai non mancava molto ai confini della città. Una decina di chilometri e avrebbe vinto. 
Si voltò per osservare il ragazzo dai capelli glicine che lo seguiva a poca distanza.
-Sei veloce per essere un mezzosangue.- disse.
Trunks sorrise appena.
-Lo prendo come un complimento.-
Bjarni scosse la testa e tornò a guardare avanti, giusto in tempo per evitare il muro. Saltò più in alto che potè atterrando poi morbidamente sul tetto dell’edificio. Riprese la sua corsa saltando di tetto in tetto. Quando la fila terminò saltò giù,  rotolando per attutire la caduta, con il principe alle costole. Non mollava.
-Ehy! Ti ho trovato finalmente!- urlò Ivar spuntando da una via laterale insieme al resto del gruppo. Tagliava la strada alla lepre che se li vide correre incontro ad una velocità sovrumana.
Bjarni imprecò sotto voce. Poteva benissimo rischiare e superarli ma non sapeva se fossero tutti lì o qualcuno era nascosto nei paraggi. Era costretto a cambiare strada, allungando. Perciò svoltò a destra costeggiando sulla sinistra un vecchio edificio di mattoni, molto più alto e vecchio degli altri accanto. Svoltò di nuovo a destra, seguendo il perimetro della strada ormai quasi inesistente. Correndo alzava un sacco di polvere, sperò che bastasse a rallentare il principe. Ormai era vicino al traguardo. 
-Ma che diavolo…?- disse quando vide le due bambine più piccole spuntare dal nulla e tagliargli la strada abbastanza vicino da costringerlo a rallentare. -Merda.-
Trunks non si lasciò sfuggire l’occasione. Accelerò quel poco in più che gli bastava per raggiungere l'altro. Non gli diede neanche il tempo di realizzare che gli si buttò addosso. Strisciarono per qualche metro prima di fermarsi del tutto, stremati e senza fiato. Keyko lasciò le spalle di Trunks, tornando finalmente con i piedi per terra. E soprattutto ferma.
I due ragazzi invece si sdraiarono supini, il respiro accelerato e la momentanea mancanza di forze quasi impedirono loro di realizzare che anche gli altri erano stramazzati al suolo al loro fianco. Distrutti.
-Hai vinto. Mi hai preso.- disse Bjarni tra un respiro e l'altro. 
Trunks sollevò la mano destra e l'altro ragazzo gli battè il cinque.
Era bello essere amici di qualcuno che capiva le tue esigenze.
-Andiamo a mangiare?- chiese qualcuno.
Nessuno gli rispose, troppo stanchi anche solo per pensare. Avevano bisogno di riprendere fiato prima di potersi alzare. Anche solo prima di pensarci.


Il palazzo era una costruzione immensa e ipertecnologica. Molto più grande di qualsiasi castello medioevale avesse mai visto in vita sua. Quello scontrarsi tra modernità e tradizione aveva il suo perché e dava carattere.  
Erano stati autorizzati a gironzolare per fatti loro. Bulma aveva da fare e li aveva liquidati con un “non fate casini" assai distratto. Che casini potrebbero mai fare su un pianeta pieno di guerrieri Saiyan? 
-Certo che ce ne sono di stanze.- borbottò tra sé Evelyn guardandosi attorno. -Chissà a cosa servono.-
-Secondo me molte sono vuote.- le disse Oscar che le camminava affianco.
La castana abbassò lo sguardo sul maialino parlante. Non lo conosceva quasi per niente, tutto ciò che sapeva di lui era che fosse un tipo con le mani eccessivamente lunghe. Un maniaco in miniatura, che assieme all'ex di Bulma non facevano tutta sta gran compagnia. 
Si erano divisi in due gruppi e i migliori -Videl, Gohan, C-18 e Crilin- avevano preso una strada diversa. A lei toccavano il maiale maniaco e Yamcha. Avrebbe preferito proseguire da sola molto volentieri.
-Non trovate che sia un po' pericoloso girare da soli qui dentro? Insomma ci sono tanti di quei guerrieri…- 
Evelyn alzò gli occhi al cielo. Dimenticava che il suo fantastico gruppo era composto anche da Chichi, la moglie rompicoglioni di Goku.
-È proprio il fatto che sia pieno di guerrieri che rende questo posto più sicuro di altri.- le rispose Evelyn. 
-Ma questi Saiyan non sono “buoni", come facciamo a essere sicuri che non ci attacchino?- chiese Oscar improvvisamente impaurito. 
-Non dategli fastidio e non dovrete scoprirlo.- sentenziò la castana rimpiangendo la compagnia di Bulma. 
-Non so voi ma io ero convinto che la storia del principe dei Saiyan fosse una stronzata da megalomani.- confessò Yamcha qualche passo avanti a tutti. 
-Ma smettila! Sei solo invidioso perché oltre ad averti fregato la ragazza le ha dato anche un titolo prestigioso.- lo punzecchiò Oscar.
Il guerriero sfregiato preferì non commentare. Il maialino continuò a punzecchiarlo sul tema e nessuno lo fermò. Alla fine, stufo di essere il nuovo passatempo del muraforma, lo prese dalla maglietta e lo lanciò lontano, alle spalle del gruppo.
-Finalmente. Grazie.- esultò Evelyn che iniziava a non sopportarlo più. Perché Bulma aveva degli amici così fastidiosi?  E soprattutto perché doveva sorbirseli lei?
Proseguirono l’esplorazione del palazzo quasi in totale silenzio. Oscar riuscì a raggiungerli, non senza essersi lamentato con l’amico di quanto si fosse fatto male nella caduta. Yamcha alzò gli occhi al cielo ma si scusò, chiedendogli di smetterla di fare quel tipo di battute. 
-Mi chiedo per quale motivo ancora le muori dietro.- asserì il mutaforma.
Yamcha alzò le spalle, non sapendo rispondere. Probabilmente una parte di lui sperava ancora in un ritorno.
Evelyn si domandò la stessa cosa, non aveva molto senso che Yamcha rischiasse la sanità mentale - e la vita il più delle volte- per un amore che era finito oltre dieci anni prima. La sua amata si era rifatta una vita, sposando un altro uomo che non gradiva affatto nè la sua presenza nè il suo girarle attorno. Eppure si ostinava a sperare. Evelyn si chiese se fosse più stupido o più illuso.
La voce di Chichi che tornava a far presente loro il suo timore per i guerrieri che bazzicavano lì intorno spinse la migliore amica di Bulma ad alzare gli occhi al cielo. Movimento che le permise di adocchiare il gruppetto che, fermo poco più avanti, bloccava loro il passaggio. Sembravano assorti in chissà quali discorsi, sicuramente a proposito di battaglie e combattimenti in generale. Se non si fossero spostati sarebbero dovuti tornare indietro e fare il giro da un altro punto. Che scocciatura.
-Magari possiamo chiedergli di lasciarci passare?- azzardò il maialino che però si era nascosto dietro l’amico sfregiato.
-Conosci la loro lingua?- chiese Evelyn con fare retorico.
Oscar borbottò un no a mezza bocca. Nessuno di loro sapeva parlare la lingua natia dei Saiyan.
La castana fece per parlare ma il movimento di Yamcha verso il gruppo davanti a loro le fece cambiare argomento. -Dove stai andando?-
-A chiedergli se possono spostarsi.-
-Ma non conosci la lingua come speri di farti capire?-
Yamcha le sorrise. -Un modo lo troverò.-
Evelyn pensò che quel giorno il guerriero volesse proprio morire. Ma lo lasciò fare incuriosita da ciò che avrebbe potuto escogitare per interloquire con i Saiyan poco più avanti. Incrociò le braccia al petto e lo guardò allontanarsi. Lo vide avvicinarsi al gruppo e riuscire ad attirare la loro attenzione schiarendosi la voce. Yamcha si sbracciò per qualche secondo, indicando anche loro alle sue spalle, nel vano tentativo di farsi capire. Ovviamente i guerrieri lo fissarono storto non capendo una mazza di quello che volesse comunicargli. Come aveva previsto. 
Poi però successe qualcosa che la donna non si sarebbe mai scordata: Yamcha, colto da chissà quale viaggio mentale, posò sorridente la mano sulla spalla di una Saiyan. La guerriera sussultò al contatto prima di afferrargli il braccio e piegarlo in una maniera che a prima vista sembrava piuttosto dolorosa. Si sentì un “crack”, il suono dell’osso del braccio che si spezzava, seguito dall’urlo di dolore del terrestre. Yamcha cadde in ginocchio dolorante tenendosi il braccio con l’altro sano.
Chichi emise un suono sorpreso e spaventato, Oscar si nascose dietro di lei e Evelyn fissò la scena preoccupata. 
I guerrieri Saiyan si allontanarono, inveendo probabilmente contro il terrestre a terra. 
La castana sospirò, lo sapeva che quel giorno Yamcha si sarebbe cacciato nei guai. Si avvicinò insieme agli altri due solo per constatare che, effettivamente, la Saiyan gli aveva spezzato in due l’omero. 
-Cos’è successo?- 
Evelyn si girò di scatto al suono di quella voce. Alle sue spalle Goku, Vegeta e Marco attendevano una risposta guardandola curiosi, il terrestre e il Saiyan più piccolo, e indifferenti, il sovrano del pianeta.
-Yamcha si è rotto un braccio.-
Quella risposta provocò una reazione persino nel Re che però si limitò ad alzare un sopracciglio. Gli altri due strabuzzarono gli occhi e sbirciarono oltre la porta di quella che sembrava un’ infermeria.
-Come ha fatto?- chiese il Son.
Evelyn seguì il suo sguardo mettendo a fuoco Yamcha che, tra una lamentela e l’altra, si stava facendo ingessare il braccio da quelli che probabilmente erano medici. Sospirò.
-È stata una guerriera. Probabilmente non ha gradito l’essere toccata.-
-Le ho appoggiato una mano sulla spalla! Ouch! Non puoi fare più piano!?- si difese il diretto interessato rivolgendosi poi a chi stava maneggiando il suo arto malconcio. 
-A quanto pare non tutti gradiscono il contatto fisico con sconosciuti.- sbottò la castana facendogli chiudere la bocca.
Goku affiancò l’amico che continuava a inveire contro il medico per la sua mancata delicatezza.
Vegeta girò i tacchi, nemmeno minimamente interessato alle sorti di Yamcha, lasciando la combriccola a discutere su chi avesse la colpa di quanto successo. Percorse i lunghi e intricati corridoi a memoria, dall’ultima volta che ci aveva messo piede non era cambiati. Ignorando chiunque provasse a rivolgergli la parola raggiunse la sala del trono. Pensava di trovarla vuota, perciò si stupì nel vederla piena di gente ammassata. Ignorò i bisbigli che lo avevano come protagonista e cercò di capire cosa stesse succedendo.
Bulma, seduta comodamente sulla regale sedia, guardava dritto davanti a sè. Apparentemente tranquilla. Le gambe accavallate e il gomito sul bracciolo. La pietra sulla sua fronte riluceva grazie alla luce proveniente dalle ampie vetrate.
Il Saiyan reale seguì la direzione dei suoi occhi fino a scontrarsi con la figura inginocchiata a forza di un guerriero. Era tenuto giù a forza da due guardie e sembrava piuttosto malconcio. Nonostante la posizione sfavorevole lo vide sogghignare.
-Lo sai a cosa porta il tuo comportamento, vero?- asserì la donna.
Il ghigno sul viso del guerriero si allargò.
-Lo so meglio di te.- rispose.
Sentì la gente bisbigliare qualcosa a proposito della sfrontatezza con cui il prigioniero si rivolgeva alla Regina. Incurante delle conseguenze che quell’atteggiamento avrebbe avuto.
Vegeta rimase in disparte, lontano dalla marea di spettatori. Abbastanza vicino da scorgere l’espressione della donna farsi via via più preoccupata.
-Perchè non abbassi la testa e basta? Ci toglieremmo un sacco di problemi.-
Il guerriero rise. -Mi dispiace causarti problemi, Regina, ma non ho alcun interesse nel prostrarmi davanti a una terrestre.-
-Neanche se ne va della tua vita?-
Nella sala calò un improvviso silenzio. Nessuno fiatò per interminabili secondi mentre l’espressione del Saiyan piegato a terra non cambiò. Vegeta si chiese se non temesse di morire.
Poi scoppiò in una risata isterica. Quella di chi sa di non avere scampo, di essere nei guai fino al collo e non avere via di uscita. Quella di un condannato a morte.
-Forse dimentichi che sono un Saiyan. Per noi la morte è una vecchia amica.- 
-Sarà ma di sicuro preferiresti morire sul campo di battaglia.-
-Sarebbe l’ideale.- rispose sempre con il sorriso sulle labbra. -Ciò non toglie il fatto che mi rifiuto categoricamente di riconoscerti come mia sovrana.- 
Bulma sospirò spostando lo sguardo sul soffitto, pensierosa.
-Potrei anche risparmiarti, sai? Rifiuterai anche di inchinarti ma non hai mai mostrato intenzione di tentare alla mia vita.-
-Potrei farlo.-
Bulma assottigliò lo sguardo. Non gli credeva. Coloro che volevano la sua testa e quella dei suoi figli non avrebbero perso tempo. Tantomeno si sarebbero mostrati così… accondiscendenti verso di lei. Anzi l’avrebbero riempiti con una valanga d’insulti. Invece il guerriero di fronte a sè era, sì, contrario al suo ruolo in quella società ma non la odiava nè la voleva morta. Magari avrebbe potuto chiudere un occhio quella volta.
-E poi, - continuò attirando il suo sguardo su di sè. - queste sono le leggi. Devi rispettarle o perderai quella poca stima che il popolo ha di te.-
Odiava ammetterlo ma aveva dannatamente ragione. Se si fosse opposta anche a una sola delle loro leggi, cercando al contempo di renderle più “umane”, si sarebbe scavata la fossa con le sue stesse mani. Ma odiava anche sottostare a quel regolamento così barbaro e violento.
Sospirò di nuovo, sta volta con più rammarico e si voltò verso la vetrata distogliendo lo sguardo dal prigioniero.
-E morte sia.-
Non avrebbe sopportato la visione di quell’ordine che aveva dato poco convinta. Era stato già difficile dirlo, assistere al fatto non poteva proprio farlo.
Il guerriero emise solo un gemito strozzato quando una delle guardie gli piantò una sfera d’energia nel petto, aprendo un buco.
Il corpo fu portato via e la sala iniziò a svuotarsi. Vegeta ebbe modo di scorgere tra le decine di facce sconosciute, quelle del gruppetto lasciato poco prima davanti l’infermeria. Mancava solo Yamcha, sicuramente ancora alle prese con il braccio rotto e un medico non esattamente delicato. 
A giudicare dalle loro espressioni quasi terrorizzate dedusse che quello era sicuramente l’ultimo degli spettacoli a cui dovessero assistere. Ormai era fatta sperò solo di non dover sentire una ramanzina sull’inumanità di tale azione. 
Con la coda dell’occhio vide la Regina lasciare la sala, dando le spalle alla scia di sangue che si estendeva fino alla porta principale. Ignorò tutti e sicuramente non notò i suoi amici impietriti in un angolo. La seguì per assicurarsi che quell’evento non avesse avuto un impatto troppo grande per lei. 
-Mia signora, la squadra di Calliope vi attende nella sala d’addestramento.- le disse un guerriero apparso dal nulla.
-Grazie, Shu.- lo congedò la donna.
Quando il guerriero sparì svoltando l’angolo, Bulma si lasciò andare a un sospiro più profondo e malinconico degli altri. 
-Vedo che ci stai prendendo gusto.- 
Bulma sobbalzò al suono della voce del marito. Era abituata a non sentirlo arrivare il più delle volte e lui si ostinava a farle prendere degli infarti nonostante glielo avesse fatto notare. Si voltò trovandolo appoggiato alla parete lì di fianco, braccia incrociate e sorrisetto strafottente stampato in faccia. 
-Vegeta. Mi hai spaventata. Da quanto tempo sei qui?- 
-Abbastanza da aver assistito all’intera scena.- 
Bulma sospirò di nuovo abbassando lo sguardo sul pavimento. Non sapeva se doveva sentirsi in colpa per aver tolto una vita o avesse il diritto di lasciarselo scivolare addosso. 
-Non è stato facile.- confessò sottovoce. -Non ho avuto neanche il coraggio di guardare.- 
Si rese conto che il Saiyan si era avvicinato soltanto perché i suoi stivali entrarono nel suo campo visivo. Alzò lo sguardo incrociando quello d’onice dell’uomo che amava.
-Hai fatto quello che dovevi fare. Non hai motivo di sentirti in colpa.- la rassicurò lui. 
Bulma si strinse nelle spalle avvertendo improvvisamente freddo.
-Spero di non doverlo fare più.- sussurrò.
Erano in mezzo al corridoio, in un punto troppo esposto per lui per lasciarsi andare a un qualche tipo di contatto fisico. Perciò rimase lì a guardarla sperando che le sue rassicurazioni bastassero a non farla sprofondare in un oblio di sensi di colpa. Forse quello era stato effettivamente troppo per lei. Si chiese perchè non avessero chiesto a lui di farlo.
-Farò in modo che non accada.-
La donna annuì abbracciandosi da sola per quel freddo che proveniva da chissà dove. 
-Piuttosto spera che i tuoi amici non ti vengano a fare una ramanzina.-
-I miei ami… Non mi dirai che hanno assistito alla scena!- 
Vegeta alzò le spalle.
-Te l’ho detto che sono una massa d’impiccioni. Tu non mi dai retta.- 
Bulma emise un lamento sconsolato di fronte alla consapevolezza che sicuramente il gruppetto avrebbe avuto qualcosa da ridire. Soprattutto Yamcha, che le avrebbe ripetuto per la milionesima volta che la sua scelta di sposare il principe era stata la cosa più sbagliata che avesse potuto fare. Non aveva proprio voglia di starli a sentire.
-Comunque sì. Ci ho preso gusto ad allenarmi.- ammiccò nella sua direzione. - Soprattutto se le cose vanno a finire come l’ultima volta.- 
Il Saiyan arrossì appena. Bulma non aveva peli sulla lingua e si divertiva a fargli sapere come la pensava. 
-Pensa a diventare più forte o farai la fine del deficiente con i Saibamen.- cambiò discorso lui in difficoltà.
Bulma gli rivolse uno sguardo confuso ma lui non le diede spiegazioni di sorta. Vegeta reputava “deficiente” il novanta percento della popolazione terrestre, facevano eccezione poche persone tra cui lei, suo padre e Marco ed Evelyn. Forse dava il beneficio del dubbio anche a quei pochi altri cervelloni che lavoravano con lei. Ma c’erano due persone che il principe solitamente chiamava deficienti dritti in faccia: Goku e Yamcha. E a giudicare dal tono quasi schifato che aveva usato, Bulma optò per il secondo.
-Yamcha? Ti riferisci al vostro primo incontro?-
Vegeta borbottò qualcosa che aveva a che fare con “l’idiozia del tizio con le cicatrici in faccia” e la sua “voglia di fare l’eroe facendosi ammazzare”.
L’azzurra ai tempi aveva assistito in diretta alla tragica quanto evitabile morte del guerriero. Si era disperata, odiando ancora di più quei due alieni che erano atterrati sul suo pianeta per conquistarlo. Aveva odiato Goku che tardava ad arrivare in aiuto dei suoi amici. A ripensarci a mente fredda si rendeva effettivamente conto di quanto il gesto di Yamcha fosse stato avventato e idiota. In un certo senso se l’era andata a cercare facendo il gradasso contro un nemico più grande di lui. 
Aveva visto da vicino un paio di volte quei mostriciattoli verdi, persino lei che non era una combattente si era resa conto che non erano un granchè come avversari. Ma ciò non significa permettersi di sottovalutarli come aveva invece fatto il terrestre. Finendo per perire nel modo meno intelligente. Era quasi comica come cosa.
Soffocò una risata con un colpo di tosse, non voleva essere così meschina nei confronti dell’ex fidanzato ridendo della sua morte. Vegeta sapeva benissimo che ogni tanto anche in lei spuntava fuori quella vena sadica che tanto li rendeva simili perciò non aveva motivo di trattenersi. Ma le sembrava così ingiusto.
Il Saiyan le passò di fianco in silenzio e la superò. 
-Dove vai?- gli chiese.
Lui non le rispose e Bulma non potè fare altro che fissare la sua schiena allontanarsi. Era sempre così criptico, anche dopo anni. Decise di lasciar perdere, le stava già venendo mal di testa non aveva necessità di scervellarsi su di lui. Piuttosto si domandò dove fossero finiti Trunks e Bra, scomparsi ormai più di un’ora prima con il gruppetto di Saiyan con cui avevamo stretto amicizia. Non era preoccupata, il primogenito insieme al migliore amico erano decisamente più potenti di chiunque fosse nei paraggi, piuttosto infastidita. Per il semplice fatto che lui si divertiva a bazzicare per il pianeta con la sorella mentre lei si doveva sorbire tutta quella roba noiosa e decisamente poco piacevole.
Persa nei propri pensieri non si rese conto di aver percorso buona parte del palazzo a memoria. Quel posto era decisamente enorme e se non stava attenta rischiava di perdersi in mezzo alle numerose stanze e corridoi. E dire che c’era abituata a vivere in posti molto più spaziosi del normale. L’uscita di qualcuno dalla stanza poco davanti a lei attirò la sua attenzione. Era abbastanza sicura che fosse una delle tante infermerie presenti all’interno dell’edificio. Sbirciò oltre l’uscio e venne accolta dal sorriso bonario di Goku, seduto accanto a Yamcha. Li guardò stupita ed entrò.
-Che ci fate qui?-
-L'idiota qui si è fatto rompere un braccio.- le rispose Evelyn rimasta lì per qualche assurdo motivo. -Credo che il concetto di spazio personale non gli sia ben chiaro in testa.-
Bulma li guardò confusa poi spostò le iridi azzurre sul guerriero seduto.Yamcha si sentì sotto accusa e accennò un sorriso imbarazzato in direzione dell’azzurra.
-C’è comunque da dire che non c’era bisogno di una reazione così esagerata.- borbottò Oscar seduto accanto all’amico.
Evelyn lo fulminò con lo sguardo. Possibile che quella combriccola non aveva ancora capito con chi avessero a che fare?
-Certo perchè invece toccare un guerriero alieno molto più forte di lui è stata una scelta intelligente.- disse con sarcasmo.
-Ci sono modi e modi di dire le cose.-ribattè il mutaforma.
-Sono Saiyan, che ti aspetti? Un sorriso e una stretta di mano?-
In che modo dovevano far capire a quei decerebrati che la popolazione del pianeta non aveva niente da spartire con i loro modi gentili? Erano guerrieri, non nonnine ai fornelli.
-Evelyn ha ragione, sei stato avventato e stupido.- intervenne l’azzurra avvicinandosi di qualche passo. -Piuttosto, Goku non hai un senzu?-
Goku scosse la testa. -Non li ho portati con me.-
Bulma sospirò. -Meglio così almeno ti sarà di lezione.- disse portando nuovamente lo sguardo sul ferito che, sentendosi colpevole sotto i suoi occhi azzurri, mantenne il proprio fissò sul pavimento.
-Disse quella che ha appena fatto uccidere un uomo.- borbottò Oscar guadagnandosi uno scappellotto da parte della castana. 
L’azzurra accigliò lo sguardo. Guardò Oscar che litigava con Evelyn per il modo in cui l’aveva fatto tacere. Poi si voltò a guardare il migliore amico. La sua bocca si piegò in una smorfia poco convinta e potè leggergli in faccia che non sapeva che dire.
-Vegeta me l’ha detto che avete assistito.- disse incrociando le braccia al petto. Spostò lo sguardo altrove . -Forza, sfogatevi pure.-
Il maialino mutaforma fece per parlare ma Evelyn gli tappò la bocca con una mano.
-Sinceramente io non me la sento di giudicarti.- confessò Goku passandosi una mano tra i capelli. -Sì, insomma, non è una cosa molto corretta ma qui non siamo sulla Terra. Le cose stanno diversamente.- 
Bulma lo fissò incredula, non credeva alle sue orecchie! Son Goku la luce infondo al tunnel, colui che aveva sempre una buona parola per tutti -persino per i nemici-, che non mancava mai di dire che una seconda possibilità non si nega a nessuno, sembrava sforzarsi di comprendere il suo gesto. E di non giudicare nonostante non approvasse.
-Concordo. Non possiamo permetterci di giudicare le regole di una società lontana anni luce dalla nostra.- asserì Evelyn con ancora la mano sulla bocca del mutaforma. -E se proprio vogliamo dirla tutta anche sulla Terra esistono governi che usano la pena di morte. Perciò non ha senso dire che tu hai sbagliato quando esistono altre decine di società che fanno lo stesso.
Bulma li guardò sorpresa, si sarebbe aspettata una lavata di testa di quelle epocali invece la appoggiavano in toto. Anche se le persone con chi stava parlando erano un guerriero Saiyan, che amava menar le mani a destra e a manca, e la sua migliore amica, non esattamente incline alla “morale” comune, entrambi avevano un modo di vedere le cose tutto loro. Non erano le persone adatta per farle una paternale.
-Non credo che gli altri la pensino come voi.- borbottò di rimando.
Goku scrollò le spalle e si alzò.
-Non importa. La Regina qui sei tu, non loro.- 
L’azzurra gli sorrise cordiale felice di essere stata compresa e non giudicata. Erano i suoi migliori amici ed erano gli unici pareri che le importava di sapere al di fuori della sua famiglia. Con loro aveva stretto un legame molto forte e forse era per quello che si erano limitati a rimanere neutri.
Lo stomaco del Saiyan si mise a brontolare spezzando di netto l’atmosfera pesante che si era andata a creare. Goku si scusò dicendo di non mangiare da quando erano partiti.
-Se raggiungi le cucine ci sarà sicuramente del cibo pronto.- gli suggerì guardandolo divertita. Era sempre il solito.
Evelyn si prese l’incarico di trascinare il Saiyan fuori dalla stanza e cercare insieme a lui le cucine per evitare che si perdesse. Oscar li seguì dicendo qualcosa a proposito dell’andare a cercare il resto del gruppo.
Bulma spostò lo sguardo sull’amico rimasto in silenzio tutto il tempo, seduto afflosciato sulla sedia con il braccio ingessato e l’espressione colpevole.
-Sei proprio senza speranza. Come ti è saltato in mente?-
Yamcha sobbalzò.
-Non pensavo che una mano sulla spalla potesse essere tanto fastidiosa.- sbiascicò.
L’azzurra alzò le sopracciglia.
-Su un Saiyan.-
-Era una donna.-
-Non cambia le cose. Sono guerrieri, Yamcha, non i tuoi compagni di liceo.- 
-Anche Goku è un Saiyan ma non si arrabbia così.-
-Goku è cresciuto sulla Terra. Devi pensare a questa gente come se fossero animali selvatici, non abituati al contatto umano è sempre pronti ad attaccare.- Un po’ come Vegeta, pensò.
-Per questo uccidono i loro simili se non rispettano le loro regole? Perchè sono animali selvatici?- chiese tagliente.
Bulma sospirò.
-Yamcha…-
-Io direi piuttosto che sono sadici. Guarda, Bulma, ti sembra normale avere un braccio rotto per una mano sulla spalla?- disse alzando il braccio ingessato. 
Lo sguardo della Regina si fece glaciale.
-Quello è il minimo, Yamcha. Sei stato fortunato.-
Il guerriero terrestre la guardò come se fosse diventata gialla.
-Li stai difendendo.- mormorò.
Bulma indurì lo sguardo. Si era stancata di sentir giudicare i Saiyan da chi non aveva neanche le palle di affrontare un nemico affianco dei suoi amici.
-Ti sto mostrando i fatti.- sentenziò. -Non sono terrestri, non puoi pretendere di trattarli come se lo fossero e poi lamentarti se reagiscono con la violenza.-
-Loro sono violenti, Bulma. Dovresti averlo capito.-
-Proprio per questo dovresti stargli lontano. Altrimenti le conseguenze sono queste.- disse indicandogli il braccio ingessato.
Il guerriero sfregiato osservò con sdegno il calore scemare dallo sguardo della donna.
-Ti ha trasformata in una di loro.- 
Bulma alzò gli occhi al cielo a quell’affermazione. Come al solito era lì che andava a parare.
-Vegeta non c’entra niente.-
-C’entra eccome, dato che se sei qui è per colpa sua!-
-Tieni fuori mio marito da questa storia. Non è stato lui a dirmi cosa fare o a obbligarmi.- rispose alzando i toni infastidita.
-Però se non lo avessi sposato non saresti su questo pianeta e non dovresti fare cose come quella.
Bulma sbuffò sonoramente.
-Lo sai che sei monotono?- 
-Oh, andiamo! -
-Perchè non chiudi la bocca Yamcha? I tuoi discorsi mi annoiano.- 
-Parli come lui. Non vedi come ti ha plasmata a suo favore? Finché gli farai comodo, poi chissà.- 
-Kami, quanto parli! Vegeta non mi sta nè usando nè plasmando, smettila di farti viaggi mentali che non esistono e di ficcare il naso in affari che non ti riguardano.- sbottò esausta di quei discorsi senza capo né coda.
Yamcha era un geloso cronico, si mangiava le mani per quello che il Saiyan gli aveva fregato da sotto il naso. Come se lei fosse un oggetto poi, era così difficile per lui credere al fatto che fosse stata Bulma di sua volontà a scegliere il principe guerriero invece che lui? Magari perchè lo amava e non per qualche suo strano viaggio mentale.
-Ma come sei bravo a parlare alle spalle, dovresti usare la stessa abilità nei combattimenti. Chissà magari così i Saibamen non ti fanno fuori.- asserì Vegeta spuntando da chissà dove e intromettendosi nel discorso.
Bulma si voltò al suono della sua voce. Non lo aveva sentito arrivare silenzioso com’era.
-Vegeta.- 
Yamcha spostò lo sguardo oltre la donna per osservare il sovrano che, con la solita aria incazzata, li guardava con aria derisoria. Si sentì volutamente ignorato quando lo vide spostare le iridi scure sulla compagna, come se lui fosse esistito nei soli cinque secondo necessari a pronunciare quella frase.
-Calliope si lamenta che stai saltando gli allenamenti.- 
Bulma s'imbronciò. 
-Non sto saltando un bel niente! Le ho solo chiesto di posticiparli di un paio d'ore, voi Saiyan siete così fiscali su queste cose!- sbottò uscendo dalla stanza.
Scese il silenzio. Vegeta si fermò ad osservare distrattamente le condizioni del terrestre. Nonostante le botte prese dalle guardie e il braccio rotto non se la cavava male, a parte qualche livido sul viso. Si rese conto che erano anni che non capitavano nella stessa stanza da soli. C’era sempre Bulma insieme a loro, per quei pochi istanti in cui si trovavano abbastanza vicini da potersi guardare in faccia, a mitigare un possibile scontro verbale. Vegeta sapeva che quel tizio non lo sopportava, anzi lo odiava proprio, e non perchè fosse un ex assassino o lo avesse indirettamente fatto fuori -quelle erano le scuse che rifilava agli amici. Yamcha lo detestava perché Vegeta era riuscito dove lui aveva fallito, in un campo che non era il combattimento e che al Saiyan sarebbe dovuto essere assolutamente estraneo. Invece lo aveva asfaltato come pochi, togliendogli ogni possibilità di tornare tra le braccia dell’azzurra come aveva fatto innumerevoli volte. Gli aveva “fregato” la felicità rendendola propria in una maniera che Yamcha non aveva tollerato allora e non tollerava ancora. Poteva tranquillamente immaginare il fumo uscirgli dalle orecchie per la rabbia ogni qualvolta vedeva il principe accanto a quella che era stata la sua fidanzata.
Ovviamente il sentimento di intolleranza era ricambiato seppur Vegeta si limitava a farlo sparire dalla sua percezione e ignorarlo il più delle volte. Tranne quando lo vedeva troppo vicino a Bulma con intenti poco chiari, a quel punto aveva tutta la sua attenzione e lo avrebbe volentieri preso a schiaffi se non si fosse dileguato in fretta.
-Hai visto come l'hai ridotta? Ora si allena pure.- borbottò Yamcha dopo un tempo infinito.
-Come l'ho ridotta? Io non ho fatto nulla.- rispose senza sforzarsi neanche di  guardarlo.
-Oh andiamo! Non prendermi per il culo! L'hai trascinata qui e l'hai costretta a cambiare atteggiamento per adattarsi alle tue stupide regole!- continuò il guerriero terrestre rimanendo incollato alla sedia.
Vegeta guardò altrove, annoiato da quel discorso dettato dall’invidia. Neanche gli rispose.
-Ha ucciso un uomo! Senza battere ciglio!- esclamò ancora l’altro stringendo con forza il bordo della sedia.
Vegeta fece roteare le pupille su di lui con aria annoiata.
-Le ha mancato di rispetto rifiutandosi di inchinarsi.- sentenziò. -Sono le regole.-
-Ma che cazzo stai dicendo! Non è una giustificazione valida! La stai facendo diventare come te!- scattò di nuovo come fosse stato punto.
Il Saiyan notò come continuasse ad urlare il suo disappunto pure rimanendo con il culo sulla superficie di metallo. Usava le parole per attaccarlo ma continuava a mantenere quella distanza fisica su di loro, come precauzione. Almeno era consapevole dell’enorme differenza di livello combattivo che c’era tra di loro.
Vegeta fece un paio di passi verso di lui, avvicinandosi tanto da poter allungare un braccio e toccarlo. Yamcha s’irriggidì spaventato e perse l'equilibrio cadendo dalla sedia.
-Te lo ripeto dato che mi sembri duro d'orecchi: io non l'ho costretta a fare nulla, anzi è lei che mi ha trascinato qui e obbligato a riprendermi il trono. Sta semplicemente facendo il suo lavoro ricoprendo il ruolo che le spetta di diritto in quanto sia mia moglie.- spiegò osservandolo dall’alto in basso.
Yamcha deglutì spaventato.
-Questi comportamenti non sono da lei.- continuò imperterrito. Tremava di paura a incrociare quelle iridi scure ma non chiudeva la bocca.
Vegeta apparì visibilmente irritato davanti a quell’affermazione e scoprì i canini appuntiti in un ringhio animalesco.
-Si è adattata razza di cretino.- disse guardando altrove per un secondo. Poi riportò le iridi pece su di lui facendolo sussultare. -Qui non siamo sulla Terra ma nel mio territorio e se finora sono stato magnanimo con te è soltanto perché Bulma che per qualche strano motivo tiene a te.- disse facendo una smorfia disgustata. L’attaccamento della moglie per quel tizio non lo capiva. -Ma su questo pianeta comando io: mio il regno, mio il potere, mie le regole. E se ti vedo gironzolare attorno alla mia famiglia o respirare troppo vicino alla mia Regina ti assicuro che quel braccio rotto sarà l'ultimo dei tuoi problemi.- lo minacciò.
Yamcha deglutì spaventato sentendosi piccolo e indifeso sotto quello sguardo che bruciava rabbioso. Sapeva che non si sarebbe trattenuto dal fargli del male se ne avesse avuto l’occasione, sapeva anche che l’unico scudo tra la propria vita e l’ira del Re era la donna dai capelli azzurri. Ennesima dimostrazione di quanto Vegeta tenesse alla donna, tanto da scendere a patti con se stesso per non staccargli la testa dal collo.
Il Saiyan gli lanciò un’ultima occhiata di fuoco inchiodandolo sul pavimento. Poi gli voltò le spalle uscendo dalla stanza.
Yamcha tornò a respirare nonostante non avesse di aver trattenuto il fiato. Ansimò a corto di aria e fissò l’uscio dal quale il Saiyan era appena uscito. Aveva visto i suoi occhi fiammeggiare e probabilmente non per essersi sentito offeso dalle sue parole ma perchè aveva messo in dubbio la libertà personale e l’intelligenza della moglie. Deglutì con gli occhi sbarrati, la prossima volta non sarebbe stato così fortunato.


Trunks osservava distrattamente la confusione generale del locale. C’era tanta di quella gente che a malapena si riusciva ad avere un po’ di distanza tra un tavolo e un altro. La maggior parte dei clienti era palesemente ubriaco e rideva a più non posso. I Saiyan, in compagnia dei propri simili, si comportavano esattamente come i terrestri: facendo casino. E se non fosse stato per la lunga coda attorcigliata alla loro vita e il quantitativo di forza in grado a far esplodere un pianeta con uno starnuto, non ci avrebbe vista gran che differenza con gli abitanti della Terra. Ogni tanto, in un angolo, scoppiava qualche rissa per questo o quel motivo placata immediatamente dalla proprietaria che minacciava di spedirli nello spazio siderale senza navicella se non si fossero calmati, rafforzando le proprie parole con uno scappellotto il più delle volte. Qualcuno aveva anche provato a rabbonirla offrendole un antistress naturale, come lo avevano definito, ma la donna aveva rifiutato tirando un pugno nello stomaco al diretto interessato. 
-Certo che gli adulti sono proprio dei casinisti.- borbottò Astrid, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate sul tavolo fissando quello davanti a loro con disapprovazione. -Poi dicono a noi di non metterci nei guai.-
Trunks si ritrovò a concordare osservando anche lui il gruppo di Saiyan venir sgridati e malmenati dalla proprietaria. I colpevoli borbottarono qualcosa di poco comprensibile mentre sollevavano le sedie cadute e si rimettevano seduti composti, in silenzio. A giudicare dal colore dei loro rilevatori dovevano appartenere alla prima classe, quindi facevano parte dell’èlite. Eppure davanti ai modi della Saiyan, che continuava a mandare maledizioni da dietro il bancone, si erano trasformati in docili agnellini rimettendo a posto. Le donne su quel pianeta dovevano avere un carattere forte e autoritario per star dietro a quel branco di cavernicoli che erano i Saiyan.
-Ehy, Trunks puoi ordinare altro cibo?- chiese Goten con ancora la bocca sporca.
-Ma quanto mangi?- chiese retoricamente Ivar.
Il principe richiamò l’attenzione della proprietaria ordinando a gran voce un altro giro di tutto quello che già avevano ingerito. La donna piegò appena il capo prima di voltarsi e urlare qualcosa a qualcuno nell’altra stanza alle sue spalle.
Quel posto era una delle locande più rinomate e più costose sulla faccia del pianeta. Il cibo era di ottima qualità. Le possibili varietà ordinabili erano quasi infinite dato che si rifornivano anche da altri pianeti. Normalmente era sempre piena e non accettavano gente che a prima vista potesse sembrare squattrinata. Non li avrebbero mai fatti entrare se Trunks non fosse stato a capo del gruppo. Le facce dei regnanti -ad eccezione di quella del Re per ovvi motivi- erano sconosciute ai più. Si sapeva soltanto che non appartenevano alla razza Saiyan e che i colori di occhi e capelli richiamavano quelli del mare. Appena apparsi sulla sua porta, la proprietaria li aveva squadrati con occhio critico da capo a piedi. Dubbiosa e quasi schifata aveva aperto la bocca per mandarli via ma si era fermata. Aveva abbassato gli occhi sull’armatura del principe mezzosangue e aveva fatto due più due. E ora si ritrovavano in un tavolo a caso in quel posto di lusso pieno di guerrieri d’èlite e decisamente poco inclini al silenzio.
I piatti ordinati arrivarono sprigionando un profumo delizioso. D’un tratto gli si era riaperto lo stomaco e non era l’unico a giudicare dalle facce degli altri ragazzi seduti al tavolo.
-Andateci piano che non sono ricco.- si lamentò Bjarni osservando i compagni fiondarsi sul cibo.
Abel gli sorrise addendo un pezzo di carne proveniente da chissà dove. -Avresti dovuto pensarci prima.-
Bjarni sospirò sconsolato. Sapeva che avrebbe dovuto spendere una fortuna. Fregò il cibo dal piatto dell’amico di fianco, quantomeno ne avrebbe usufruito anche lui.
-Perchè non ci raccontate qualcosa della Terra?- chiese Rakel rivolgendosi a Trunks e Goten.
-Che ha detto?- sbiascicò il Son con la bocca piena.
-Di raccontarle qualcosa della Terra.-
-Oh.- disse. Si voltò verso la ragazza che lo guardava tra l’incuriosito e lo schifato. -È bella. È verde e azzurra.-
-Credo voglia sapere qualcos’altro a parte i colori.- gli disse Keiko che, nonostante fosse più piccola di loro di cinque anni, era sicuramente più intelligente del ragazzino che non smetteva di ingozzarsi.
Trunks sembrò pensarci su.
-Cosa vuoi sapere?-
La ragazza scrollò le spalle. -Quello che ti viene in mente.-
-Ci sono guerrieri forti?- chiese Bjarni seduto accanto.
Trunks scosse la testa. A parte i due Saiyan purosangue e loro tre mezzosangue non vi erano altri combattenti forti. Certo, il gruppo di amici terrestri era sicuramente più forte del restante novanta percento della popolazione ma niente a che vedere con un Saiyan.
-No. A parte noi non ce ne sono.-
-Allora deve essere una noia mortale.- commentò Astrid.
-In realtà no. Ci sono un sacco di cose da poter fare sulla Terra non legate al combattimento. Tanti posti da vedere e tante cose da conoscere.- spiegò. -E se proprio vogliamo allenarci possiamo farlo tra di noi. Mio padre mi allena spesso e quando lui non può combatto con Goten.- 
I ragazzi purosangue lo guardarono pendendo dalle sue labbra, Trunks aveva ereditato parte della parlantina della madre. Quando si trattava di raccontare riusciva a incantare tutti con la facilità con la quale si districava tra le parole. Rimasero ad ascoltarlo elencare tutti i tipi di clima esistenti sul pianeta, dai ghiacciai alle foreste tropicali, dai deserti sconfinati alle grandi città. Il principe illustrò loro anche come era strutturata la società terrestra, come vivevano e come, a differenza loro, basavano i loro rapporti sociali sulla chimica che scattava tra le persone. Per i giovani Saiyan fu strano sentire che lì nessuno ti ingabbiava in una classe sociale appena nati in base al livello di combattimento. Che nessuno ti guardava dall’alto in basso se era più forte di te o ti spronava a diventare più forte per non farti ammazzare da qualcuno. Era strano anche sapere che i terrestri non viaggiavano per lo spazio come se fosse una cosa normale, anzi avevano a malapena messo piede sul loro satellite. Una sola volta. Per il resto mandavano in giro sonde o robot al posto loro.
-Quindi i terrestri non sanno dell’esistenza di altre popolazioni oltre alla loro.- asserì Ivar quasi deluso.
-Alcuni di loro non credono neanche nella possibilità che esista la vita fuori dalla Terra.- intervenne Keiko dopo che Trunks ebbe tradotto le parole del Saiyan.
-Certo che sono stupidi.- disse Thyra stravaccata sul tavolo.
-Io direi più megalomani. Sono convinti che esistano solo loro sulla faccia dell’universo.- 
-Ma come ci è finito il Re su un pianeta abitato da stolti?- chiese curioso Abel.
Trunks battè le palpebre preso alla sprovvista dalla domanda tanto diretta. Non si aspettava che qualcuno gli chiedesse di suo padre.
-Era venuto con l’intento di conquistarlo ma qualcosa è andato storto.- minimizzò. La storia di come suo padre fosse finito a vivere sulla Terra era lunga e costellata di fallimenti. Qualcosa che non poteva di certo raccontare agli abitanti del pianeta Vegeta-sei. 
Astrid alzò un sopracciglio confusa. -E quindi ci ha messo radici? Come si passa dal voler conquistare un pianeta al volerci vivere?- 
-È una storia lunga. Ma diciamo che ha trovato qualcosa di… interessante che lo ha spinto a rimanere.- 
-La Regina?-
Trunks sorrise. In un certo senso Astrid ci aveva pienamente azzeccato. Suo padre era rimasto attaccato alla Terra perchè si era affezionato a sua madre e a lui, figlio inizialmente non voluto e quasi rifiutato. Il cambiamento che la loro vicinanza aveva avuto sull’animo del Re lo aveva spinto a rimanere sul pianeta azzurro di sua volontà, per proteggerli.
-Anche.-
Ma sarebbe stato un bugiardo se avesse omesso che la donna di cui suo padre si era innamorato ancor prima di sapere il significato di tale parola era stata soltanto uno dei due motivi che inizialmente lo avevano ancorato al pianeta. L’altro aveva un sorriso ingenuo sempre stampato in faccia e la faccia tosta di chi si può permettere di mettere in pericolo un intero universo per il semplice volersi scontrare con altri guerrieri più potenti. Son Goku e la voglia di rivalsa per una sconfitta mai perdonata avevano spinto Vegeta a rimanere sulla Terra in vista di uno scontro di rivalsa che ancora non era stato consumato. E mai lo sarebbe stato dato che ormai anche il sovrano vedeva nel Son un rivale e un compagno d’avventure. E non più un nemico da eliminare.
-Prima o poi verrò a farmi un giro sulla Terra. Tanto per aggiungerla alla lista di pianeti che ho visitato.- disse Ivar con un ghigno di chi non vedeva l’ora di vivere un’avventura.
-Ti aspetto a braccia aperte.- gli rispose Trunks con sguardo di sfida.
Bra attirò l’attenzione del fratello toccandolo con l’indice. Quando incrociò i suoi occhi blu della stessa tonalità dei propri mise su un faccino imbronciato.
-Torniamo indietro, fratellone? Mi annoio.-

Il principe annuì e fece cenno al resto del gruppo di alzarsi. Il perdente della sfida di quel pomeriggio pagò per tutti. Bjarni lanciò un’occhiataccia agli amici per la quantità di denaro speso mentre loro ridacchiavano. Avrebbe fatto in modo che quella sarebbe stata l’ultima volta che il suo portafoglio avrebbe pianto lacrime amare per lungo tempo.


*personaggi originali presenti della long "vita-life" e in varie OS. Evelyn è la migliore amica di Bulma, sa tutto del mondo "alieno" in cui vive l'amica e della storia travaglia con Vegeta. Ha il suo stesso caratterino con la lingua lunga. Marco è suo marito, italiano, precisamente nato a Roma, ex galeotto e con alle spalle una storia di dipendenza da droghe pesanti. Si è ripulito grazie ad Evelyn ed è diventato proprietario di un impero aziendale secondo soltanto alla CC. Ha stretto un legame con Vegeta ed è l'unico terrestre che lo capisce (a parte Bulma). Keiko è loro figlia, ha cinque anni meno di Trunks ma hanno stretto velocemente amicizia, frequenta una scuola di kick boxing ed è sveglia.


 

Angolo autrice:
Ma quanto tempo è passato da quando ho aggiornato sta storia? Tipo un anno? 
Non l'ho abbandonata come potete vedere, solo che ci metto un casino a tirare fuori i capitoli che sono sepolti nella mia testa.
Lo so che in teoria chiunque abbia messo piede sul pianeta di Re Kaioh ha la tolleranza alla gravità 10 volte superiore a quella terrestre e che quindi Yamcha non avrebbe avuto problemi ma, stando a Super, non mi sembra che si alleni molto quindi può aver tranquillamente perso tale abilità. Spero di non averlo reso OOC, chi mi conosce sa quanto io lo detesti. 
Perchè ho deciso di inserire personaggi di un'altra long di mia proprietà? Perchè ho notato che a molti sono piaciuti e che la loro caratterizzazione sarebbe funzionale in mezzo al resto del gruppo. Poi vorrei che quella piccola famiglia facesse parte (quasi) di tutte le mie storie.
Ho voluto creare dei Saiyan tra i 17 e 13 anni per dare un po' di movimento alla storia e dare a Trunks la possibilità di interagire con suo "simili".
Bene, dopo questo sproloquio spero di aver toccato tutti i punti interrogativi riguardanti il capitolo. Ovviamente per domande e delucidazioni potete tranquillamente farle nelle recensioni, sarò felice di rispondere ai vostri dubbi ~


angelo_nero

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


-Vostra Maestà, chiedo scusa per il disturbo ma ho una comunicazione importante.- asserì Shu fermandosi davanti al sovrano.
Vegeta, in piedi in mezzo a un numero ristretto di altri guerrieri, lo guardò in silenzio invitandolo a continuare. Il giovane guerriero sembrò però non cogliere la cosa e rimase a fissarlo. Solo quando il Re scosse appena la testa egli capì l’antifona e si sbrigò a parlare.
-Alcune truppe di Astras hanno attaccato i nostri soldati presenti sul pianeta Zuma. Come desiderate procedere?-
Vegeta si mostrò dubbioso. Gli abitati di Astras non avevano motivo di attaccarli, erano una popolazione quasi del tutto priva di forza bellica e quel poco che c’era non era assolutamente in grado di sostenere uno scontro diretto con Vegeta-sei. Per questo erano stati i primi a chiedere un accordo di pace che avrebbe giovato a entrambi.  Il sovrano si fermò a riflettere chiedendosi cosa fosse successo in realtà e mal interpretato dai suoi soldati. Non che si stupisse del fatto che i Saiyan non avessero minimamente pensato che, magari, fosse accaduto qualcosa di diverso da uno scontro. Troppo stupidi per pensieri così complessi.
-Questo è un affronto! Come osa una popolazione tanto infima attaccarci!- tuonò invece uno dei nobili guerrieri seduti al tavolo. Sbattè la mano sulla superficie di legno alzandosi dalla sedia con uno scatto. - Dobbiamo assolutamente ricambiare il gesto!-
-Bombardate Astras! Dite alle truppe vicine di dirigersi sul pianeta e attaccare!- sbottò un altro al suo fianco.
-Pagheranno per la loro insolenza!- urlò una guerriera alzandosi in piedi furiosa neanche fosse stata colpita lei stessa.
Le voci iniziarono a susseguirsi una dopo l’altra, sovrastandosi in più punti a più riprese. Il Saiyan reale si isolò dal vociare decisamente fastidioso cercando di venire a capo della situazione. Non era plausibile una situazione simile.
Chiuso nel suo mondo non si accorse che qualche guerriero si era preso un po’ troppa libertà uscendo dalla stanza per urlare a chiunque fosse nei paraggi di prepararsi per un attacco massiccio al pianeta Astras.
-Chiudete la fogna! Tutti quanti!- esordì una voce femminile fermando in quell’istante l’isteria generale che si era creata. La sala ammutolì mentre la donna si avvicinava al tavolo a passo spedito. -Non ci sarà nessun attacco perciò seduti, zitti e buoni.- continuò osservando in cagnesco i guerrieri che tornavano ognuno al proprio posto.
Bulma si avvicinò al consorte, tornato a prestare attenzione a quanto succedeva nella stanza, consegnandogli un pezzo di carta ripiegato su se stesso. Il Saiyan afferrò il foglio e lo aprì.
-Il sovrano di Astras ha mandato un messaggio urgente di scuse, spiegando che si è trattato di un malinteso in quanto i suoi uomini stavano usando delle armi nuove per la prima volta e sono inavvertitamente partiti un paio di colpi che hanno preso due dei nostri. Nessun ferito, nessun morto anzi hanno riferito che per loro è stato appena più fastidioso del solletico. Niente di grave, a parte qualcuno dalla lingua lunga che ha parlato prima di ricevere spiegazioni.- 
Vegeta lesse velocemente quanto illustrato dall’azzurra sul foglio prima di consegnarlo a Shu con fare apparentemente indifferente. Anche se il modo in cui aveva allungato la mano verso il guerriero era quasi un ordine non parlato.
Shu prese il foglio osservando il profilo del Re che a sua volta osservava la Regina che ancora ringhiava ordini ai membri del consiglio che sembravano voler fare come più gli pareva. Il ragazzo non riuscì a dare un nome allo sguardo sul viso del sovrano. Indecifrabile fissava la consorte terrestre che teneva testa a guerrieri decisamente più forti di lei.
-Fai in modo che nessuno faccia casino.-
Shu s’inchinò ed uscì dalla stanza senza ulteriori parole.
-Possiamo veramente fidarci delle loro parole? Può essere una tattica per farci abbassare la guardia.- disse una delle guerriere sedute, una dei pochi rimasti al proprio posto.
-Il popolo di Astras è formato principalmente da fabbri e artigiani. Hanno pochissimi guerrieri, di certo non sufficienti ad affrontare un’armata come la nostra.- spiegò Vegeta spostando lo sguardo sulla propria interlocutrice. -Vi ricordo che sono stati i primi a chiederci un accordo per mettersi al sicuro da eventuali incomprensioni e scontri non desiderati.-
La donna sembrò ancora dubbiosa ma rimase in silenzio, Vegeta non diede ulteriori spiegazioni nè si curò di chi ancora borbottava sottovoce il suo disappunto.
-Vegeta posso parlarti in privato?-
Il Saiyan si voltò, Bulma lo guardava accigliata, probabilmente infastidita o addirittura arrabbiata, a braccia conserte. Le mani ancora ricoperte dai guanti a mezze dita che usava durante gli allenamenti. Vegeta annuì appena e seguì la donna fuori dalla stanza lasciando il consiglio a urlare la loro indignazione per la decisione presa dal Re.
-Cosa vuoi?-
-Quante volte ti ho detto di non prendere decisioni senza di me? Sopratutto cose del genere! Voglio essere informata e avere la possibilità di dire la mia.- lo rimproverò senza tanti giri di parole indicando la sala oltre la porta da cui erano usciti.
Il Saiyan la guardò stupito.
-Non ho preso nessuna decisione.- si difese.
La donna incrociò le braccia al petto.
-Ah no? E allora da chi è partito l’ordine di attaccare Astras? Io ero nel bel mezzo dell’allenamento quando sono stata chiamata da Elax.-
-Te l’ho detto. Io non ho preso nessuna decisione.-
-E chi allora?-
-Quei decerebrati lì dentro hanno fatto tutto da soli.- disse indicando la porta con la testa.
La risposta non sembrò piacere a Bulma che accigliò di più lo sguardo.
-E tu dov’eri, scusa? Non eri lì dentro assieme a loro?-
Vegeta alzò le spalle con noncuranza.
-Stavo valutando la situazione e cercando una soluzione che non comprendesse una strage.-
La scienziata incrociò le braccia al petto e fissò il marito con rimprovero. -Questa si chiama negligenza.- disse.
-Eh?- chiese confuso il guerriero.
Bulma fece un passo avanti e gli puntò il dito sul petto muscoloso coperto dalla t-shirt di cotone con fare accusatorio.
-Negligenza. Quando per colpa di una disattenzione succedono i casini. E per colpa del tuo pensare siamo andati vicini a massacrare un’intera popolazione d’innocenti.-
La linea della bocca del Saiyan divenne più dura che mai mentre anche lui accigliava lo sguardo.
-So cosa significa “negligenza” e non usare quel tono con me! Devo ricordarti di chi stai parlando, con chi stai parlando? Non sarebbe comunque la prima volta.-
Bulma tornò in posizione eretta e fissò il marito con disappunto.
-Ma questo non fa più parte di te, o sbaglio?- disse prima di voltargli le spalle e tornare ad allenarsi.
Il Saiyan rimase fermo sul posto. Borbottò uno “stupida umana” mentre la consapevolezza che lei avesse ragione si faceva strada nel suo cervello. Come sempre dopotutto.


L’alieno dalle molte braccia -Trunks ne contò otto- avanzò nella grande sala del trono senza fretta. Si portava dietro un grosso contenitore dotato di sistema di levitazione per essere trascinato senza fatica. Sembrava contenere roba di valore a giudicare dalla quantità di serrature e lucchetti elettronici. Trunks si chiese cosa ci potesse essere lì dentro di tanto prezioso da richiedere tutta quella sicurezza. Magari lo spazio era pieno di pirati che saccheggiavano i poveri viaggiatori, sarebbe stato interessante scoprirlo.
-I miei omaggi Vostra maestà.- disse in lingua comune fermandosi davanti agli scalini e piegando il busto in avanti. -Sono qui per conto del mio popolo e del mio sovrano, Lor. Vi porgo personalmente le mie scuse per quanto successo l’altro giorno, ho portato dei doni per Voi.-
Bulma sorrise.
-Benvenuto su Vegeta-sei. Qual è il tuo nome?- ripose nella stessa lingua.
L’alieno, con ancora lo sguardo puntato sul pavimento, scrollò le spalle.
-Il mio nome non è importante, Vostra Altezza, sono qui solo per appianare le divergenze create dall’incidente.- rispose con tono sottomesso.
-La colpa è degli idioti che non sanno distinguere un attacco da un errore.- borbottò Vegeta. -Il tuo popolo non ha colpe.-
-Vi ringrazio Vostra maestà ma il mio sovrano ha comunque voluto mandarmi qui per rendere omaggio e chiedere scusa per quanto accaduto.- disse continuando a non guardare i reali in faccia.
-Bene, noi accettiamo le vostre scuse. Prego, mostraci pure ciò che hai portato.- disse l’azzurra indicando il contenitore alle sue spalle.
L’abitante di Astras tornò in posizione eretta e schioccò le dita di una delle tanti mani, Trunks riuscì a notare due o tre dita in più su ogni mano. Il contenitore di metallo si aprì mentre l’alieno si avvicinava.
-Questi sono i migliori armamenti disponibili al momento nell’intera galassia.- iniziò mentre i meccanismi all’interno si muovevano da soli sistemando il contenuto su vari livelli. - Tutto quello che vedete è prodotto da noi con le migliori materie prime provenienti da tutto l’universo.-
Trunks decise che era rimasto seduto abbastanza e si alzò per osservare da più vicino il contenuto di quella specie di cassaforte: c’erano armi da fuoco, armi bianche di ogni tipo, armature più o meno complicate. Su una specie di mensola notò dei dispositivi elettronici che non riuscì a classificare a una prima occhiata. Erano cubici, composti quasi principalmente da uno schermo apparentemente spento su tutti i lati.
-Cosa ve ne fate di tutte queste armi se non siete un popolo di guerrieri?- chiese osservando il proprio riflesso sulla lama di una spada.
-Li rivendiamo, principe. C’è un ottimo mercato per le armi in giro per l’universo, noi ci limitiamo a realizzarle.- rispose con rispetto. -Scegliete pure ciò che volete.- aggiunse quando il mezzosangue sfiorò l’elsa.
Il ragazzino non ci pensò neanche un secondo e strinse la presa sulla stessa elsa che stava guardando, il gancio si sbloccò e il peso della spada fu tutto nelle sue mani. Non sapeva spiegare perchè avesse preso proprio quella. Era come stato chiamato dall’acciaio di cui era composta, la sua mano si era mossa da sola afferrandola e sostenendola come se fosse sempre stata fatta per quello. L’elsa all’interno del palmo era liscia e comoda, la sensazione che gli lasciava era quella di due pezzi che si incastrano perfettamente. Ammirò la luce che faceva rispledere la lama e, come per magia, il suo nome si incise su di essa con i caratteri saiyan.
-Queste armi scelgono il loro proprietario solo se lo ritengono all’altezza.- disse l’alieno dalle molte braccia. -Il materiale di cui sono composte è protetto da una specie d’incantesimo che impedisce a chiunque non ne sia designato di avvicinarsi e impugnarle.-
Lo scatto di un gancio che si apriva attirò l’attenzione di entrambi. La piccola mano leggermente bronzea di Bra stringeva con sicurezza un arco più grande di lei di colore nero.
-L’arco di Astras, ottima scelta principessa.- commentò.
La bambina prese anche le frecce apparentemente fatte dello stesso materiale dell’arco. Era tutto molto leggero nonostante la grandezza. Come sulla lama di Trunks, anche il suo nome si incise sulla struttura dell’arco e su ogni freccia. Si mise a tracollo il porta frecce con noncuranza e rimase a fissare l’arco con occhi luccicanti come se avesse tra le mani l’oggetto più desiderato.
Bulma si avvicinò titubante alla grande quantità d’oggetti presenti, lei non ne capiva molto e ancor meno poteva sapere cosa facesse per lei. Osservò tutte le lame risplendere alla luce artificiale del soffitto, sembravano ben affilate. L’elsa dorata di una delle spade alla sua destra, con la lama più corta, attirò la sua attenzione. Allungò una mano e l’afferrò, il sostegno che la teneva ferma si aprì senza alcuna resistenza. Si ritrovò l’oggetto tra le mani senza sapere come. La sollevò per specchiarsi nell’acciaio poi afferrò una seconda spada, della stessa lunghezza. Questa aveva però l’elsa d’argento e un incisione simile a un drago sulla lama. Soppesò entrambi le armi constatando quanto fossero perfettamente bilanciate tra loro e per il suo fisico. Nè troppo pesanti nè troppo leggere. Anche per lei la stessa magia incise il suo nome su entrambe le lame. Sbattè le palpebre come svegliandosi da un sogno. Era successo tutto così in fretta e senza che lei quasi se ne rendesse conto. L’alieno del pianeta Astras le porse una coppia di foderi in silenzio, lei li afferrò allo stesso modo.
-C’è un’altra cosa per voi, Maestà.- disse.
Bulma lo osservò afferrare uno di quei cubi dall’apparenza innocua. Lo afferrò quando glielo porse osservandolo con curiosità. Se lo rigirò tra le mani: era leggero, fatto di un materiale a lei sconosciuto semitrasparente. All’interno poteva intravedere i vari componenti elettronici che lo componevano. C’era qualcosa che si illuminava a intermittenza tra il groviglio di fili. Su un lato c’era un tasto percepibile solo passandoci il dito sopra. Lo premette. Il cubo sprigionò una specie di ologramma, sembrava un menù principale scritto stranamente nella sua lingua. Tra le varie voci ce n’era una denominata "mappa" che non lasciava molto spazio all’immaginazione. Scorse la pagina virtuale fino in fondo dove la scritta "analisi" attirò la sua attenzione.
-Questo è il computer più potente mai costruito fin ora. I pezzi provengono da ogni angolo dell’universo dove la tecnologia è più sviluppata.- le spiegò. -Abbiamo fatto delle ricerche e il fatto che vi interessassero questo tipo di cose ha spinto il Nostro Signore a inviarvi uno di questi pezzi.-
L’azzurra rimase piacevolmente sorpresa da quella piccola attenzione nei suoi confronti. Quella popolazione doveva essere un avversario tosto sul mercato.
-Vostra Maestà, siete rimasto solo voi.- disse l’abitante di Astras rivolgendosi al Saiyan rimasto seduto al proprio posto, apparentemente poco interessato.
Vegeta si vide a quel punto costretto ad alzarsi. Lui non sentiva bisogno di un’arma, il suo stesso corpo lo era. Però, essendo un dono da parte di una popolazione con cui aveva un accordo ed essendo lui il Re, non poteva tirarsi indietro. E tutto sommato quelle armi avevano un aspetto invitante, sembravano preziose e letali. Si avvicinò senza prestare particolare attenzione a nessuna di esse. Le osservò qualche secondo poi ne prese una apparentemente a caso: aveva un’elsa molto lavorata, leggermente più pesante del normale ma non sarebbe stato un problema. Vegeta osservò il proprio nome venire inciso sulla lama esattamente come per gli altri membri della sua famiglia.
-Quella è la seconda delle spade gemelle tamaghon. La prima è in possesso di Vostro figlio.- disse l’alieno dalle tante braccia. -Esse sono speciali, più delle altre. Possono essere impugnate solo da due persone che condividono un forte legame.-
-Cosa significa "tamaghon"?- chiese Trunks ancora più incuriosito da quella storia.
-Legame dell’anima, in lingua astrasiana.- rispose Vegeta.
-Esattamente, siete molto colto vostra altezza.-
-Conosco varie lingue.- si limitò a dire foderando l’arma e allacciandosi quest’ultimo in vita.
L’artigiano sorrise e con uno schiocco di dita chiuse la scatola di metallo. Poi si voltò e si rivolse alla Regina che stava studiando l’oggetto alieno nelle proprie mani.
-Vostra Maestà volete che vi faccia vedere come funzioni? Sarebbe un onore.-
Bulma alzò lo sguardo sull’alieno e lo riabbassò quasi subito sul mini computer dalla forma cubica.
-Grazie per l’offerta ma non ne ho bisogno. Ho avuto a che fare con oggetti più complessi, ci sbatterò la testa un giorno o due poi ne verrò a capo.- disse lanciando e riafferrando al volo l’oggetto.
L’abitante di Astras battè le palpebre stupito.
-Un giorno o due? Perdonate la mia insolenza, Mia Signora, ma ne siete sicura? Ogni popolazione che ha avuto a che fare con il Firewall ha impiegato anni per capirne il funzionamento. Anche le più intelligenti non hanno impiegato meno di dodici mesi.-
-Ah si? Interessante, vorrà dire che batterò il vostro record.- annunciò con aria di sfida.
L’alieno era sempre più confuso.
-Ma, Mia Signora…!-
-Non preoccuparti, so quello che faccio.-
Sospirando l’alieno si arrese e fece un passo indietro consapevole che non poteva venirne a capo. Era stato avvertito che la nuova regina era una donna particolare.
Piegò il busto in un inchino attirando l’attenzione dell’intera famiglia.
-Allora, se non avete bisogno di ulteriori spiegazioni, io mi congedo. Ossequi.- disse e, senza attendere ordine alcuno, voltò le spalle incamminandosi all’uscita trainando la cassaforte di metallo alieno.
La donna spostò momentaneamente la sua attenzione sulle lame corte che aveva preso, o che l’avevano scelta a seconda dei punti di vista. Non aveva mai usato armi bianche in vita sua -non che portarsi dietro una pistola da ragazzina la rendesse chissà quale esperta di armi da fuoco- perciò restò affascinata dal modo in cui la sua mano si chiudeva attorno all’elsa, come due pezzi di puzzle che si incastrano alla perfezione. Sembrava costruita sul calco della sua mano. Per qualche motivo non vedeva l’ora di provare ad utilizzarle, poteva diventare più letale di quanto credeva. Non si accorse del sorrisetto che le era spuntato sul viso fin quando la faccia perplessa del marito entrò nel suo campi visivo.
-Che c’è?- chiese confusa.
L’uomo continuò a fissarla per qualche secondo in silenzio.
-Non t’allargà.-
Bulma sbattè le palpebre ancora più confusa di prima e stupita.
-Non ho idea di cosa significhi ma tu passi troppo tempo con Marco.-
Il Saiyan alzò gli occhi al cielo e, senza una parola in più, si incamminò verso l’uscita. Bulma fissò la sua schiena allontanarsi più perplessa di prima e con meno risposte. Alzò le spalle e lo seguì, voleva trovare Calliope per iniziare subito ad utilizzare la sua nuova arma.


Bra tese l’arco con facilità, la rigida corda si piegò sotto la sua forza quel che bastava per incoccare una freccia. Rimase ferma osservando il bersaglio appeso a un albero davanti a sè. Prese un respiro profondo e tirò ancora un po’ l’arco. Prese la mira ed espirò lentamente. Poi scoccò. La freccia viaggiò veloce, tagliando l’aria come burro. Si conficcò poco lontana dal centro del bersaglio, continuando a oscillare per secondi infiniti.
-Non male.- commentò l’istruttore tirando via la freccia.
Bra si permise di accennare un sorriso soddisfatto. Conosceva poco quella lingua spigolosa, spesso faticava a capire se, chi le parlava, lo faceva troppo velocemente, ma nonostante il tono intuì fosse un complimento.
Il Saiyan adulto le si avvicinò con calma con la freccia estratta in una mano e l’altra abbandonata lungo il fianco. Allungò la mano contenente l’arma. Bra protese le proprie, aperte in attesa.
-Per essere passate solo due settimane impari in fretta, principessa.- disse lasciando cadere la freccia nelle mani della bambina per poi voltarle le spalle e tornare di fianco al bersaglio. -Ma non sei ancora adeguata, la tua mira fa cilecca due volte su tre e sei ancora troppo tesa quando imbracci l’arco. Se continui così sarà lui a lanciare te.-
L’espressione felice della principessa svanì. Gonfiò poi le guance e fece una linguaccia al Saiyan girato di spalle. Non le piaceva essere ripresa.
-Non diventerai migliore comportandoti così, principessa.-
Bra mantenne l’espressione infastidita ma imbracciò di nuovo l’arco, avrebbe dimostrato a quello scorbutico che poteva diventare la migliore.
Dall’altra parte del campo d’addestramento rispetto a dove era lei, suo fratello maggiore si stava allenando con la nuova spada. Al suo contrario però non aveva troppe difficoltà nell’utilizzo, anzi sembrava che essa fosse sempre stata un’estensione del suo corpo. Si muoveva con eleganza e velocità creando cerchi con la lama e passando l’elsa da una mano all’altra a seconda di dove il suo avversario si trovasse. Un sorriso soddisfatto si delineò sul suo giovane viso quando, dopo aver spinto il suo avversario a terra, gli posizionò la spada davanti agli occhi sarebbe bastato un leggero movimento della mano per renderlo cieco.
-Ho vinto.- disse togliendo la lama dal viso del coetaneo. -Di nuovo.-
-Sembrate nato con la spada in mano.- disse Ivar alzandosi.
Trunks alzò gli occhi al cielo sentendo la formalità con cui il ragazzo gli si rivolgeva. -Smettila di usare quel tono, mi fa sentire vecchio.-
-Ma, sire, Voi siete il principe, non possiamo usare un linguaggio diverso.- disse Bjarni confuso.
Trunks sbuffò a quell’affermazione. -Appunto, io sono il principe e io decido come dovete rivolgervi a me.-
-Per me è okay.- intervenne Astrid alzando le spalle con indifferenza.
Rekel le tirò una gomitata nello stomaco riprendendola con lo sguardo. -Non credo che Vostro padre ne sarebbe felice.-
Trunks si voltò a guardare le due ragazze di quindici e quattordici anni trattenendo a stento le risate. Lo sguardo preoccupato di Rekel era esilarante.
-Mio padre? A lui non frega niente di tutte queste formalità. A malapena gli interessa che qualcuno lo riconosca come sovrano figuriamoci se si fa problemi per come vi rivolgete a me.- 
I ragazzi lo fissarono con occhi sbarrati e Trunks per poco non scoppiò a ridere. Era troppo divertente vederli sconcertati per il disinteresse del genitore. Se lo avessero conosciuto non si sarebbero stupiti tanto.
-Quindi come dovremmo fare?- chiese Rekel.
Trunks alzò le spalle. -Trattatemi semplicemente come uno di voi, niente formalità. Non voglio che mi diate del lei o addirittura del voi, mi fa sentire anni luce lontano e non mi piace.- affermò con il disappunto stampato in faccia. -Abbiamo la stessa età alla fine.-
Il gruppo si guardò, confuso. Non sembravano molto d’accordo con la sua richiesta, Trunks si chiese se fosse dovuto all’educazione spartana che avevano avuto. Però lui si sentiva a disagio a essere trattato da loro in quel modo.
-Però Voi…tu sei anni luce da noi. Sei il figlio del Re.-osservò Bjarni, che sembrava il più intelligente del gruppo, correggendosi a metà frase. -E ciò basta a metterci su due piani differenti.-
Trunks fu sul punto di dirgli di lasciare stare ma la voce di uno dei compagni lo precedette.
-Ma se è ciò che desideri potremmo fare un’eccezione.- intervenne Ivar che si era avvicinato al mezzosangue. Gli mise un braccio attorno alle spalle sottolineando così la differenza d’altezza tra loro. -Giusto ragazzi?-
L’intero gruppo alzò le spalle e poi annuì, Abel si permise di tirare un sospiro di sollievo, a lui pesava un sacco doversi rivolgere in maniera così formale a qualcuno della sua squadra. Dovevano essere pari o non riusciva a sciogliersi come si deve.
Trunks sorrise loro, poteva stringere una forte amicizia con quei ragazzi. Avere qualcuno su cui puoi sempre contare ad anni luce da casa era sempre una buona cosa.
-Visto che qui non abbiamo molto da fare, a parte farci fare il culo dal principe, che ne dite di andarci a fare un giro?- propose Abel aprendo bocca per la prima volta durante la giornata. Trunks aveva potuto appurare che fosse un tipo al quanto timido e riservato ma diventava espansivo una volta presa la giusta confidenza.
-L’unico a cui sta facendo il culo è Ivar.- lo provocò Bjarni sorridendo sornione.
-Voi fareste la stessa fine se solo aveste il coraggio di prendere in mano una spada e affrontarlo. Di certo non è colpa mia se sembra esserci nato insieme.- protestò il diretto interessato tirando una spallata all’altro.
-Ammettilo che sei scarso invece di accampare scuse.- gli rispose il ragazzino più piccolo spingendo giocosamente a terra l’amico.
Trunks si ritrovò a fissare i due ragazzi intenti a darsele di santa ragione ridendo come idioti. Il loro rapporto gli ricordava quello che lo legava a Goten; due fratelli, non di sangue, ma per scelta.
Spostò lo sguardo sulla spada che ancora aveva tra le mani ripensando alle parole di Ivar. In effetti aveva notato come i movimenti gli venissero naturali e fluidi nonostante fosse la prima volta che prendeva un’arma in mano. Sembrava che essa stessa conoscesse la sua vera essenza e vi ci fosse legata per essere un tutt’uno con lui, e stando al nome che portava non era un’opzione poi tanto assurda. Ripensò anche alla sua copia del futuro, quasi vent’anni più grande e con un passato disastroso. Anche lui maneggiava una spada con grande destrezza. Chissà se aveva mai provato quella strana sensazione di legame con la sua arma.
-Trunks? Tu puoi uscire dall’area del palazzo o sei ancora sotto sorveglianza?- chiese Astrid interrompendo il flusso di pensieri del principe e la rissa in corso tra i due ragazzi davanti a lei.
Trunks si riscosse osservando prima Ivar e Bjarni, ancora a terra e con qualche traccia di sangue sul viso, poi Astrid e infine il resto del gruppo.
-No, va bene. Posso girare liberamente sul pianeta.- li tranquillizzò.
Dopo il rapimento di Bra, suo padre aveva impedito loro di avventurarsi oltre il perimetro del palazzo, compresi gli enormi giardini e il campo d’addestramento apparentemente infinito, senza di lui. Ma era ormai passato più di un mese e mezzo e nessuno si era più fatto vivo per far loro del male. Continuavano tutti ad allenarsi, anche più intensamente di prima per evitare altri spiacevoli avvenimenti e una squadra scelta si occupava ventiquattro ore su ventiquattro di monitorare ogni movimento sul pianeta segnalando immediatamente qualora ci fosse qualcosa di sospetto.
In realtà non sapeva bene come suo padre avesse deciso di gestire la situazione, sapeva soltanto che lui e Bulma avevano costruito una rete di sorveglianza enorme.
-Bene! Allora andiamo!- esclamò Astrid tirando su Bjarni ancora riverso a terra sopra Ivar.
-Alistar puoi avvertire tu i miei genitori?- chiese al guerriero fidato.
-Certo, principe. Andare pure.- rispose.
 

Evelyn fece capolino dalla porta scrutando all’interno della stanza con curiosità. Bussò leggermente nonostante l’uscio fosse aperto soltanto perché l’occupante era evidentemente distratto e non l’aveva notata.
Bulma alzò lo sguardo e con un sorriso fece cenno all’amica di entrare. Evelyn le si sedette accanto afferrando una sedia lì vicino. Rimase in silenzio ad osservarla smanettare con quel cubo che emanava luci e con la schermata proiettata da esso.
-Cos’è?- le chiese.
-Questo?- chiese mostrandoglielo. -Si chiama Firewall. È un super computer interamente composto da tecnologia aliena provenienti da ogni angolo dell’universo.-
-Sembra figo.-
-Lo è! Aspetta ti faccio vedere una cosa.-
Bulma premette un paio di tasti sullo schermo trasparente di fronte a lei mentre Evelyn ancora si chiedeva come fosse possibile che una cosa del genere funzioni. Non era il suo campo.
-Ecco, osserva.-
Lo schermo mostrò una mappa enorme, sembrava coprire svariati chilometri tutto attorno alla zona. Era anche in 3D quindi poteva vedere chiaramente tutti gli edifici e le strade presenti. In basso a destra era presente anche la scala in base alla quale la stavano visualizzando, c’erano un più e un meno ai lati. Sicuramente poteva essere cambiata e adattata in base alle esigenze. Ma non era nulla di chissà quanto innovativo anche per la tecnologia terrestre.
-Cos’è? Google maps?-
-Non solo. Se ti muovi all’interno puoi ricavare una serie di informazioni molto interessanti.- disse spostando le immagini. -Ad esempio rileva il numero e il livello di pericolosità di ogni essere vivente presente all’interno del raggio di azione. O anche le via di fuga disponili, i punti migliori da cui fare un sopralluogo o dove nascondersi, se ci sono armi o esplosivi nei paraggi e un sacco di altre cose. E questo solo per quanto riguarda la mappa! Ci sono centinaia di funzioni diverse, tipo una banca dati con centinaia di migliaia di persone schedate con un sacco le caratteristiche utili. E ogni volta che si trova in una nuova zona ne implementa.-
Evelyn osservò l’amica scorrere e cambiare pagina a velocità impressionante, oltre che con un sorriso gigante stampato in faccia. Tutto ciò che era tecnologico la mandava in visibilio.
Seguì le sue spiegazioni senza però capirne la totalità: andava troppo veloce e usava alcuni termini tecnici a lei sconosciuti. Ma rimase lo stesso ad ascoltarla con interesse.
Bulma le lesse qualcosa indicandole poi la scheda di un Saiyan. Evelyn guardò la schermata ma i caratteri usati erano illeggibili.
-Scusa ma che lingua è?- le chiese.
Bulma sembrò cadere dalle nuvole a quella domanda.
-Oh! È la lingua usata su Vegeta-sei. Su questo coso ci sono circa tre milioni di lingue, inclusa quella terrestre e quella comune, ma ho deciso di impostare questa per allenarmi a capirla meglio, soprattutto la parte scritta, dato che qualcuno non ha alcuna intenzione di insegnarmela nonostante io sia la regina qui.- spiegò sottolineando con un innalzamento della voce la parola "qualcuno". A Evelyn non servirono altre precisazioni. -Ah! Poi c’è anche questa cosa.- disse stendendo il braccio con cui teneva il cubo davanti a sé. Da esso partì un raggio orizzontale azzurro che fece lo scanner al suo viso e, immediatamente dopo che sparì, apparve una scheda completa dell’azzurra. Bulma impostò momentaneamente una lingua comprensibile anche per l’amica per permetterle di capire.
Evelyn sgranò gli occhi incredula: sullo schermo in proiezione c’era un resoconto dettagliatissimo. Dalla data di nascita al gruppo sanguigno, passando per il numero di figli, la razza di appartenenza e il pianeta di provenienza. C’era anche un campo denominato "livello pericolosità" con accanto la scritta "nullo", faceva quasi sicuramente riferimento alla sua potenza fisica rapportata a chissà quale criterio. Sotto ad esso era riportato "livello di intelligenza: estremamente alto - possibile pericolo". Sembrava un controsenso.
-Quindi non sei un pericolo fisicamente ma lo sei perché hai un cervello funzionante?-
-In pratica sì.-
-Interessante.- mormorò confusa dalla logica della cosa. -Dov’è Bra? Keyko non riesce a trovarla.- cambiò discorso poi.
-Si sta allenando con l’arco qui dietro. Ma Keyko non è troppo grande per stare con Bra? Non sarebbe meglio che girovagasse con Trunks e gli altri ragazzi?-
-Sì ma sono spariti in giro per il pianeta, stando a quanto dice Alistar.-
-Oh, mi dispiace se vuoi li faccio tornare indietro o la faccio accompagnare da loro.- propose l’azzurra.
Evelyn scosse la testa e liquidò la cosa con gesto della mano. -No, lascia perdere, non sarebbe giusto nei loro confronti. E comunque dovrà abituarsi a interagire con bambini più piccoli di lei o si troverà male come sorella maggiore.-
Bulma ci mise qualche secondo a metabolizzare la cosa, impegnata com’era a smanettare con il suo nuovo giocattolo ipertecnologico. Poi realizzò e si voltò di scarto verso l’amica.
-Sei incinta!?- sbottò.
Evelyn si limitò a sorriderle.
-Oh mio Dio, Evelyn! Auguri! Di quanto sei?- le chiese abbracciandola.
-Sei settimane all’incirca, se quell’aggeggio che usano qui per attestare le gravidanze funziona.-
-E che diamine aspettavi a dirmelo! Sono la tua migliore amica o no!?- sbottò mettendo il broncio.
-Volevo prima esserne totalmente sicura, poi sai meglio di me che le prime settimane sono le più cruciali.- si giustificò la castana. Sospirò prima di continuare a parlare. -Erano tre anni che ci provavamo, guarda se ora mi tocca partorire su questo pianeta.-
-Chissà se esiste la doppia cittadinanza interplanetaria.- scherzò Bulma.
Entrambe scoppiarono a ridere. Sicuramente l’idea di partorire su Vegeta-sei era estremamente esilarante ma poco consigliata, soprattutto per una terrestre. Bulma non aveva idea di come gestivano i Saiyan i parti e le gravidanze e non ci teneva a scoprirlo, probabilmente le donne partorivano dovunque si trovassero e se il bambino nasceva da solo bene altrimenti morivano entrambi. C’erano ancora otto mesi davanti a loro prima che il bambino venisse al mondo, c’era tutto il tempo di tornare sulla Terra e fare le cose come persone normali e non come scimmie poco evolute.


I sei ragazzi gironzolavano per il pianeta ormai da un’ora, avevano scelto una bella città ricca nella sezione della prima classe per rilassarsi un po’. Ridevano e si spintonavano come normali ragazzini, a Trunks non sembrò di essere su un pianeta diverso dalla Terra, alla fine i modi di comporsi tra loro erano identici, a parte forse per l’esagerato uso della violenza che dilagava. Anche quando giocavano non mancavano mai di alzare le mani sul compagno, anzi spesso era il combattimento stesso il gioco.
Si erano fermati a un chiosco per mettere qualcosa nello stomaco, tutto quel vagare gli aveva messo fame. Trunks ancora non aveva ben capito se il cibo su quel pianeta fosse o meno di suo gradimento, soprattutto quando si trovava sotto al naso qualcosa di non bene identificato e dai colori estremamente sgargianti. Non pensava di essere un tipo così esigente con il cibo. Mangiò comunque cercando di non concentrarsi sull’aspetto del piatto.
-Trunks, com’è il cibo sulla Terra? C’è tanta scelta?- chiese Ivar con il panino ancora tra le mani.
Tutti si voltarono a guardarlo e Trunks si sentì improvvisamente al centro dell’attenzione, era anche seduto in mezzo, ciò non migliorava la situazione.
-Non ho girato molti pianeti quindi il mio parere potrebbe non essere oggettivo ma io amo il cibo della Terra, è tutto così gustoso e saporito. Anche il suo aspetto è decisamente ottimo.- disse fissando ciò che restava del suo panino ripieno di una carne non ben identificata di un colore bluastro. -E c’è una grande varietà, sia tra le proposte vegetali che tra quelle di carne. La Terra ha una biodiversità incredibile, ci sono centinaia di migliaia di ricette e cucine diverse.-
-Niente che provenga da altri pianeti?- chiese curioso Bjarni.
Trunks scosse la testa.
-Come vi avevo detto i terrestri sono convinti di essere gli unici esseri senzienti in tutto l’universo e non si sono spinti molto in là. Nè con le sonde nè fisicamente, perciò ci si arrangia con ciò che il pianeta offre e fidatevi che non è poco.- disse ricordando tutti i vari ristoranti specializzati in cucine di paesi diversi dove era stato e tutti gli svariati dolci, di ogni tipo e grandezza, che aveva assaggiato in quattordici anni di vita. Osservò il suo piatto sconsolato, chissà se poteva trovare qualcosa di simile a ciò che c’era sulla Terra. -Ma nonostante ciò il cibo nelle mense continua a fare schifo.-
-Mense?- chiese Ivar.
-Sì, tipo quelle scolastiche. Cerco sempre di portarmi del cibo da casa, odio dover mangiare il cibo che offrono a mensa.-
-Quindi tu vai a scuola con i terrestri?- chiese incredulo Abel.
-Sì.- disse il mezzosangue mordendo il panino azzurrognolo. -Lo trovi strano?-
-Non ti senti… fuori posto in mezzo a loro?-
Trunks scosse la testa. -No. Alla fine sono cresciuto sulla Terra e sono metà terrestre, educato come tale, quindi tra me e loro non c’è una reale differenza che io possa percepire.- spiegò ripensando al rapporto che aveva con i suoi compagni di classe. Aveva appena iniziato la prima superiore e probabilmente dovrà farsi in quattro per recuperare il programma fatto in sua assenza. Sospirò: essere il principe di un pianeta di guerrieri era figo ma non poteva scordarsi di quanto lo aspettava quando sarebbe tornato alla normalità. -Ho anche alcuni amici terrestri che non sanno ovviamente delle mie origini Saiyan. Non credo che mi crederebbero comunque.-
-Non so voi ma ho sempre più voglia di andare a vedere questo pianeta! Prima o poi dobbiamo visitarlo.- asserì Ivar con entusiasmo.
Trunks gli sorrise, gli mancava la Terra sperò di poterci tornare presto nonostante la valanga di compiti che lo aspettavano.
A stomaco finalmente pieno, il gruppo di adolescenti proseguì nel loro girovagare senza precisa meta.
I negozi erano tantissimi e dei più disparati, la zona in cui si aggiravano era palesemente una delle più ricche e fornite. Le persone passeggiavano senza fretta, i bambini correvano di qua e di là sprovvisti della supervisione di un adulto mentre i due soli brillavano alti nel cielo illuminando e riscaldando l’intera zona.
Bjarni trascinò Ivar in un negozio di equipaggiamento e lasciò il resto del gruppo ad attendere fuori. Trunks decise di spostarsi quel che bastava per osservare qualche altra vetrina, sperava di trovare qualcosa di interessante e non troppo complicato da riportare sulla Terra da mostrare ai compagni di classe dei corsi avanzati. C’era talmente tanta scelta che non sapeva da che parte cominciare! Non poteva allontanarsi troppo dai compagni o rischiava di perderli. Fece per spostarsi di qualche passo ma qualcuno gli andò addosso con forza e per poco non perse l’equilibrio.
-Ma che…?- disse riacquistando stabilità. Davanti a sè un ragazzino se ne stata seduto terra, a seguito della caduta che il forte impatto gli aveva causato, tenendosi la testa con una mano. Trunks lo guardò sorpreso: non lo aveva visto nè sentito arrivare, altrimenti si sarebbe spostato per farlo passare.
Il ragazzino sollevò la testa e sbarrò gli occhi alla vista del mezzosangue. Il suo sguardo si andò subito a concentrare sullo stemma rosso che spiccava sull’armatura bianca e quasi iniziò a tremare. Si voltò guardandosi alle spalle con fare spaventato, i suoi occhi verdi si spostavano veloci da una parte all’altra come alla ricerca di qualcosa. Poi, all’improvviso, si alzò e si buttò in ginocchio abbracciandogli le gambe.
-Vostra Maestà! Vi prego, abbiate pietà! Non ho fatto nulla sto solo cercando mio fratello, vi scongiuro!- pregò con occhi terrorizzati.
Trunks lo fissò senza capire, perchè gli stava chiedendo pietà? Non lo aveva mai visto in vita sua. Le sue parole lo confondevano, cosa voleva quel ragazzo da lui?
Ma non fece in tempo ad aprire bocca per chiudere spiegazioni di sorta che l’altro si voltò di scatto e tornò a correre, fuggendo da qualcosa che lui non aveva ancora inquadrato. Lo vide farsi largo tra le persone a spintoni, ricevendone altrettanti in cambio e finendo a terra più volte, ma non si fermò continuando a correre a perdifiato finchè non sparì.
A non molta distanza una coppia di Saiyan, un uomo e una donna, si aggiravano guardandosi attorno parlottando di tanto in tanto tra loro come se si stessero scambiando opinioni. Avevano un mantello con cappuccio e la donna trasportava una balestra dall’aria pesante. Trunks riuscì a intravedere sul mantello un simbolo, una sorta di N in corsivo e stampata male circondata da un cerchio palesemente fatto a mano.
-Sapete che simboli sono quelli?- chiese Trunks ad Astrid che, accanto a lui, aveva assistito a tutta la scena in silenzio.
-Cacciatori.-
-Cacciatori? E di cosa? Intrusi?-
-Quelli sono i Niktortsu, i cacciatori di mezzosangue. Cacciatori di taglie che si occupano esclusivamente di Saiyan non puri.- intervenne Ivar uscendo dal negozio. -Girovagano per il pianeta e cercano di fare più soldi possibili.-
-Cacciatori di mazzosangue!?- esclamò.
Trunks ebbe un brivido, un conato e un irrigidimento nello stesso momento. L’idea che qualcuno facesse soldi uccidendo gente che non aveva fatto nient’altro che venire al mondo gli faceva accapponare la pelle. Come poteva esistere gente così fuori di testa? A partire da quelli che mettevano le taglie e pagavano qualcuno per togliere la vita a un mezzosangue. Aveva capito che su Vegeta-sei i Saiyan non puri non erano ben visti ma fino a questo punto non se lo sarebbe mai aspettato.
-È aberrante.- mormorò il principe con una mano davanti alla bocca per non vomitare.
-A nessuno importa di loro. Questo non giustifica la cosa ma ne spiega i motivi.- disse Bjarni posando una mano sulla spalla a Trunks. -Sei fortunato ad essere nato reale, altrimenti avresti dovuto combattere per la tua vita.-
Fortuna? Come poteva essere solo questione di fortuna? Non era una cosa umanamente concepibile l’eliminazione di qualcuno soltanto per i geni che si portava dietro. Non pensava che potessero arrivare fino a questo punto, okay l’intolleranza per i mezzosangue perchè tendenzialmente deboli e malaticci -è logico per una razza di guerrieri dediti anima e corpo alla lotta- era cosa risaputa ma arrivare a ucciderli per avere denaro in cambio era assurdo. Si chiese se suo padre ne fosse al corrente o se ignorasse completamente l’esistenza di tale pratica. Avrebbe comunque fatto in modo di farla sparire.
Adocchiò i due cacciatori che si erano spostati di poco, li vide impegnati a chiedere informazioni ai passanti sicuramente a proposito del ragazzo appena fuggito. Non indossavano rilevatori, non avrebbero potuto quindi trovarlo anche fosse stato nei paraggi nè si erano accorti della loro presenza. Si mosse velocemente e in silenzio tanto che gli altri ragazzi dovettero richiamarlo e poi affrettarsi a raggiungerlo. Trunks tirò dritto e si piazzò davanti ai due guerrieri incappucciati, erano molto più alti di lui. La coppia lo guardò dall’alto in basso con aria confusa.
-Levati di torno ragazzino.- lo ammonì la donna.
-Siete Niktortsu, giusto? Vi occupate di cacciare i mezzosangue.- disse Trunks guardando prima uno e poi l’altro.
I due guerrieri lo squadrarono da capo a piedi. La donna gli puntò la balestra alla testa fissandolo glaciale.
-Cosa vuoi? Schiattare prima del tempo? Anche se non mi pagano ti ficco una freccia in mezzo agli occhi più che volentieri.- sentenziò.
Il ragazzo non si mosse, la squadra alle sue spalle a qualche passo di distanza rimase in silenzio.
L’uomo abbassò l’arma della compagna che si voltò a guardarlo incuriosita.
-Toglila, siamo di fronte al Principe.-
-Eh!? Questo stupido meticcio sarebbe il principe?- esclamò.
Il Saiyan si indicò un punto sul petto. -Ha il simbolo reale sull’armatura.-
La donna lo guardò titubante. -E che significa? Potrebbe anche averla rubata. Sai come sonno questi piccoli parassiti.-
-Non credo l’abbia rubata, ci era stato comunicato che il nuovo erede al trono fosse un mezzosangue ricordi?- 
La donna abbassò l’arma anche se non del tutto convinta. -Pure il Re si è messo a sfornare meticci.- disse mentre un sorriso sadico le si dipinse sul viso. -Oh, beh! Più lavoro per noi.-
-Non devo ricordarti che i reali sono intoccabili vero? Il Re potrebbe farci a pezzi in un secondo se sfiorassimo i suoi figli.- le rammentò. Poi si rivolse al mezzosangue, chinando leggermente la testa. -Cosa possiamo fare per voi, principe?-
Trunks digrignò i denti e corrucciò lo sguardo. -Lasciate in pace i mezzosangue, è un ordine.-
La donna scoppiò immediatamente in una fragorosa risata, si piegò in due mettendosi una mano sulla pancia e tenendo la balestra con l’altra. L’uomo rimase invece in silenzio, immobile se non per un leggero sorriso divertito.
-Mi dispiace ma non possiamo obbedire, abbiamo un lavoro da svolgere.- gli disse con una punta di sarcasmo nella voce. Trunks ebbe l’impressione che tutto quel rispetto fosse una facciata neanche troppo ben eseguita. E non sarebbe stato neanche strano, in quanto cacciatori di mezzosangue non dovevano avere chissà quale considerazione di lui. Erano sicuramente coerenti con quello in cui credevano, non lo vedevano neanche come una vera autorità temevano soltanto la possibile reazione di suo padre. Ma avrebbe dovuto comunque provare fermare quel massacro di anime innocenti.
Il ragazzo si aprì in un sorriso maligno, i tratti paterni presero il sopravvento sul suo viso sotterrando quanto di umano aveva su di esso. Gli occhi gli brillavano di sfida, le sopracciglia corrucciate li rendevano più profondi e scuri. Posò una mano sul fiancò e alzò il mento, sfidandoli apertamente.
-Allora vi propongo una scommessa.-
-Ossia?- chiese la donna improvvisamente attenta.
Il sorriso del ragazzo si allargò un poco.
-Chi trova prima il mezzosangue vince. Se vinco io questo tipo di caccia vi sarà proibita per il resto della vostra esistenza.-
-E se vinciamo noi?-
-Sarò io personalmente ad aiutarvi nella sua cattura e in tutte quelle degli altri mezzosangue finchè avrò vita.-
I giovani Saiyan alle sue spalle sussultarono e sbarrarono gli occhi. Era forse impazzito tutto d’un botto!? Che diamine stava dicendo!? Voleva diventare schiavo di quei due per il resto della vita o cosa!? Non potevano credere alle loro orecchie! Sembrava tutto così assurdo e impossibile da credere.
-Trunks! Che diamine stai facendo!?- sbottò Ivar.
-Ti ha dato di volta il cervello!?- gridò Astrid.
Trunks li ignorò completamente, fisso sui due davanti a sè. Sorrideva in un modo che ricordava molto quello di suo padre, quell’espressione tutt’altro che rassicurante che emanava spavalda sicurezza e divertimento con un pizzico di sadicità che dava forza.
I due Saiyan adulti lo guardarono incuriositi. Forse si erano sbagliati a giudicare quel ragazzino sulla base dell’aspetto. Nonostante i colori delicati aveva un atteggiamento tipico della loro razza, anche la forma degli occhi era quella. Aveva ora la loro più completa attenzione.
-E il Re lascerebbe che il suo erede passi la sua intera vita come cacciatore di taglie?- chiese l’uomo, decisamente più sveglio della compagna e preoccupato che ci fosse qualche strano trucchetto dietro.
-E chi ha detto che io debba scegliere tra le due cose? Posso essere un principe e un cacciatore allo stesso tempo.- rispose sicuro il ragazzino.
L’adulto era titubante, non sembrava fidarsi al cento percento. Forse sospettava che avrebbe potuto fregarli.
-Okay, ora basta. Non mi frega se sei il principe, ti prendo a calci se non la finisci!- esclamò Ivar avvicinandosi.
Ma Trunks sollevò il braccio, bloccando sul nascere il suo tentativo di fermare la trattativa con quei due. Lo guardò con la coda dell’occhio mentre si fermava all’istante nel punto in cui era. I Saiyan avevano quell’innato istinto di rispettare chi più in alto di loro, purché appartenente alla loro razza, che in quel momento gli tornava estremamente utile. Non voleva che nessuno si intromettesse.
-Stai al tuo posto, Ivar.- gli disse glaciale.
Ivar strinse i pugni frustrato ma rimase al suo posto. Conosceva il giovane principe da poche settimane ma non pensava fosse in grado di usare quel genere di tono. Anche non fosse stato di rango superiore lo avrebbe lo stesso inchiodato a terra. Un dono naturale che soltanto in pochi possedevano.
-Ai vostri ordini.- disse abbassando la testa impotente.
Nessun altro provò a fermarlo.
-I vostri amici non sono d’accordo?- chiese l’uomo indicandoli con il mento.
Trunks tornò a guardarlo senza cambiare espressione.
-Non m’interessa.- sentenziò. -Quindi? Ci state o no?-
-Ovvio che ci stiamo!- urlò la donna senza dare tempo all’altro di aprire bocca. -Non vedo l’ora di vederti cacciare i tuoi simili!-
Trunks sorrise nuovamente allo stesso modo di prima. -Staremo a vedere. Il termine della scommessa è il tramonto. Che vinca il migliore.-
-Ti veniamo a cercare noi.- disse l’adulto prima di superarlo. L’altra lo seguì tirando una spallata al principe e ridendo poi sguaiatamente.
Il mezzosangue tornò dagli amici che iniziarono a sommergerlo di domande, di insulti e di preoccupazioni. Trunks li fissò non riuscendo a capire una mazza di quello che stavano dicendo, parlavano uno sopra l’altro.
-Calmatevi! Non sono impazzito, ho un piano!- disse sovrastandoli tutti quanti.
Il gruppo ammutolì di botto. Ivar si fece avanti.
-E puoi metterci al corrente? O il principe si sente troppo superiore?- 
Trunks iniziò a sentirsi colpevole per come si era servito della propria posizione a discapito dell’amico.
-Ti chiedo scusa, Ivar, ma avevo bisogno di sembrare più risoluto possibile. Amici come prima?- gli chiese allungando una mano nella sua direzione.
Ivar si illuminò anche se cercò di nasconderlo. Afferrò il braccio dell’altro ad altezza gomito, Trunks di conseguenza fece la stessa cosa.
-Non credo che la parola che tu abbia usato sia adatta. Da quando siamo compagni d’armi?-
Trunks alzò le spalle. -È quanto di più simile esista in questa lingua a ciò che intendo.-
Ivar afferrò l’amico e gli scompigliò i capelli con il pugno, Trunks mise le mani sul suo braccio avvolto attorno al proprio collo ma non protestò. Quando lo lasciò andare, il mezzosangue si passò una mano tra i capelli nel tentativo di rimetterli in ordine.
-Quindi? Questo piano? - s’intromise Astrid infastidita da tutta quella confidenza tra i due.
Trunks annuì e si alzò in volo. -Vi spiego tutto strada facendo.-
I ragazzi si alzarono in volo subito dopo e seguirono il principe senza farsi domande. Spiegò loro il suo piano mentre avanzavano, scandagliò la zona nel mentre alla ricerca del ragazzino che lo aveva urtato. Voleva assolutamente salvargli la vita e mettere fine a quel massacro.
-Quindi tu sei in grado di percepire l’energia vitale delle persone senza utilizzare il rilevatore e conti di trovarlo in breve tempo per poi portarlo a palazzo e tenerlo al sicuro finchè non venga passata una legge che impedisca a chiunque di dare la caccia ai mezzosangue.- disse Bjarni seguendo Trunks a velocità sostenuta.
-A grandi linee.- rispose Trunks.
-E riesci a trovarlo in mezzo a tutta questa gente?-
-Ho una buona memoria, anche se l’ho percepita solo per pochi secondi sono abbastanza sicuro di poterlo trovare facilmente. Conosco bene le forze Saiyan e qui ce ne sono a migliaia ma lui è anche un mezzosangue quindi ci sarà qualcosa nella sua aura di diverso dagli altri che lo rende riconoscibile.- spiegò. Si voltò a guardare gli amici confusi e aggiunse: -Ogni aura è unica, possono esserci delle somiglianze con i genitori ma non ne esistono due uguali.-
Il gruppo rimase pensieroso davanti a quelle informazioni. A loro era stato insegnato che l’unico modo conosciuto per individuare qualcuno fosse attraverso il rilevatore che, anche a grandi distanze, era in grado di captare le forze più grandi. Trunks gli stava aprendo un mondo con quell’informazione.
-Potresti insegnarcelo?- chiese Astrid.
Il principe annuì. -Certamente. È una delle prime cose che ho imparato da bambino, non vi ci vorrà molto per apprenderlo.-
Sorvolarono il pianeta senza fretta, Trunks aveva bisogno di prestare più attenzione possibile a tutte le forze vitali presenti in zona. Era abbastanza sicuro di riuscire a distinguere l’aura di quel ragazzino dalle altre ma voleva fare le cose per bene. Voleva escludere ogni probabilità di averla mancata.
-Eccolo!- esclamò scendendo poi in picchiata.
Toccarono terra in pochi secondi, Trunks sempre a capo del gruppo che guardava dritto davanti a sè mentre gli altri ragazzi osservavano il circondario. La zona era molto meno ricca di quella in cui si erano fermati a mangiare ma il via vai di gente e il quantitativo di negozi era pressoché lo stesso. Le vetrine erano meno luccicanti e colorate ma piene ugualmente di merce.
Trunks vide il ragazzino, e quello che presumeva fosse il fratello di cui aveva parlato, correre nella propria direzione guardandosi però alle spalle con fare preoccupato. Spuntavano da dietro un buco posto alla base di un edificio in un vicolo. Quando si accorsero di loro rallentarono fino a fermarsi a pochi passi. Il maggiore si posizionò davanti al bambino più piccolo, non sembrava avere più di sei o sette anni e li guardava con fare incuriosito ma spaventato da dietro il fratello.
-Per favore lasciateci andare. Non abbiamo fatto nulla di male, vogliamo solo tornare a casa. Promettiamo di non intralciare più la vostra strada ma fateci passare. Vi prego.- disse loro con la preoccupazione stampata in viso. Era anche sudato e con il fiato corto, dovevano aver corso a lungo per seminare quei due che volevano le loro teste. I loro abiti erano integri seppur un po’ sporchi. Trunks ebbe modo di osservare i loro occhi verdi caratterizzati da una pupilla affilata, come quella dei felini. Intravide anche delle orecchie leggermente a punta, per il resto somigliavano in tutto e per tutto a un Saiyan. Doveva essere stato il loro biglietto da visita per poter vivere fin’ora e probabilmente i capelli scuri lasciati lunghi servivano proprio a sviare l’attenzione dalle particolarità che li rendevamo riconoscibili.
-Non sono qui per catturarvi o farvi del male in alcun modo.- disse Trunks alzando e mostrandogli le mani, come per dimostrargli che non aveva intenzione di fare qualcosa di pericoloso di nascosto. -Voglio portarvi in salvo.-
Gli occhi chiari del ragazzino più grande si illuminarono per un secondo per poi tornare immediatamente corrucciati e attenti, era palese che non si fidasse. Il bambino invece sembrava ancora più incuriosito, uscì un poco dal suo nascondiglio rimanendo comunque attaccato fisicamente al fratello.
-Non abbiamo bisogno di pietà. Ce la caviamo benissimo da soli.- rispose tagliente.
-Io non vi sto offrendo pietà. Io voglio che voi siate siate liberi di essere chi siate senza rischiare la vita.- 
Il ragazzino lo fissò storto. -Meno paroloni, principe.-
Trunks sorrise e tese loro una mano, i due però fecero istintivamente un passo indietro. Ci rimase male, non era abituato a guadagnarsi la fiducia di qualcuno, nessuno aveva mai pensato a lui come una minaccia sulla Terra. Era una sensazione strana.
-Sono un mezzosangue come voi, l’idea che dobbiate vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo perché c’è qualcuno che vi vuole costantemente morti semplicemente perché siete mezzosangue mi mette i brividi. E mi fa arrabbiare. Da dove vengo io non esiste niente di simile e non sopporto sapere che sul pianeta dal quale proviene metà del mio corredo genetico si possa approvare qualcosa di così assurdo. Non è giusto.- spiegò passandosi una mano sul collo in un gesto nervoso, spiegarsi era sempre complicato per lui. -Voglio ripulire questo posto e salvare ogni singolo mezzosangue che vive o vivrà su questo pianeta. E voglio cominciare da voi due.-
-Perchè dovrei fidarmi? Voi siete un reale, non sapete com’è la vita per noi e se moriamo o meno non vi tocca. Le vostre sono belle parole, principe, ma cosa ci assicura che non ci consegnerete a qualche cacciatore?- ribattè il ragazzino con gli occhi verdi facendo un altro passo indietro.
-Beh potete scegliere.- disse sposandosi di lato e indicando loro la strada che era alle sue spalle. -Potete continuare la vostra fuga sperando di essere più veloci e più astuti di quei cacciatori o andrete incontro a morte certa, oppure potete fidarvi di me.-
Il ragazzino indugiò sulla risposta da dargli. Era rigido sul posto con un braccio davanti al fratello minore in protezione, sembrava pronto a fuggire e contemporaneamente ad attaccare. Ivar non riuscì a inquadrare per bene la sua posizione, aveva sicuramente una base di combattimento ma decisamente troppo acerba per affrontare anche qualcuno della sua stessa età. Probabilmente i genitori gli avevano insegnato qualcosa, il minimo indispensabile per affrontare un combattimento, qualora costretto, quel tanto che bastava per sopravvivere e trovare al più presto una possibile via di fuga. Lo vide spostare lo sguardo ora sul viso del principe ora sulla spada che teneva legata in vita. Trunks non aveva mai posato la mano sull’elsa durante tutta la conversazione, neanche una volta. Che stesse controllando il linguaggio del corpo per essere meno aggressivo possibile? Non era neanche in allerta, lo capiva da come stava tranquillamente in piedi davanti a loro con la mano tesa verso i due mezzosangue.
-Okay, accettiamo il tuo aiuto.- asserì alla fine il più grande dei due.
Il sorriso di Trunks si aprì maggiormente mentre i due facevano qualche passo verso di loro.
-Bene! Quali sono i vostri nomi?-
-Io mi chiamo Trym e lui è mio fratello minore Mads.- 
-Io sono Trunks. Mentre loro sono Ivar, Bjarni, Abel, Astrid e Rekel. Io sono l’unico mezzosangue.- disse indicando ognuno di loro mentre ne pronunciava il nome. Avrebbe potuto lasciarli presentare a uno a uno ma era più facile e veloce così, oltretutto aveva un istinto di leadership che gli suggeriva di prendere il comando. -Sapete volare?-
-Siamo mezzosangue non scemi.- si difese. -Dove volete portarci?- chiese Trym.
-Tuo fratello è ferito, riesci a portarlo in spalla?- intervenne Ivar che li stava osservando in silenzio da un po’.
Lo sguardo di tutti si spostò su Mads. Il bambino aveva una gamba palesemente ferita, il pantalone era coperto di sangue e strappato. Trym gli si posizionò di nuovo davanti riportando così l’attenzione su di sè.
-Non è un problema.- disse serio.
Trunks vide in quel gesto un forte senso di protezione, Trym era consapevole che non potevano essere all’altezza di nessuno di loro ma non avrebbe permesso che suo fratello minore corresse pericoli finchè ci fosse stato lui. Non gli piaceva molto l’idea di fidarsi di loro, erano pur sempre in una posizione migliore della sua, ma non aveva molta scelta.
-Non ti fidi proprio.- 
-Non posso. Anche se siete un mezzosangue rimanete un reale e per quanto io possa volerlo non saremo mai uguali.-
Trunks rimase colpito da quelle parole. Non gli era mai capitato che qualcuno si sentisse inferiore rispetto a lui, e non in termini di forza ma di rango sociale. Sì, sulla Terra la sua famiglia era estremamente ricca ma aveva amici coetanei che al massimo avevano espresso un forte stupore di fronte a tale patrimonio. Mentre quel ragazzino, nonostante fosse metà Saiyan come lui, si teneva un passo indietro perché lo reputava troppo lontano, irraggiungibile. E per quanto l’essere principe gli piaceva quell’aspetto lo disturbava assai.
Voltò loro le spalle, il sorriso sul suo viso sparito.
-Come preferisci. Allora potete limitarvi a seguirci.- disse prima di spiccare il volo.
Ivar e gli altri lo imitarono subito dopo, Rekel lanciò però uno sguardo perplesso ai due bambini.
Trym, con sulle spalle Mads, li seguì senza aggiungere altro. Notò subito che il gruppo aveva rallentato la propria solita andatura per permettere loro di stargli dietro senza fatica. Non seppe come interpretare quel gesto, guardò il principe, in capo al gruppo, che si era voltato per assicurarsi che li stessero seguendo e gli sorrideva. Trym si chiese ancora che intenzioni avessero.                                                
Il volo fu breve, Trunks non ebbe bisogno di far cenno agli altri di atterrare gli bastò farlo. Posò leggero i piedi sul terreno, dietro di lui gli altri ragazzi Saiyan e per ultimi i due bambini mezzosangue.
-Dove siamo?- chiese Trym.
-Fratellone! Questo è il palazzo reale! Come fai a non conoscerlo?- esclamò Mads entusiasta. Scese con balzo dalla schiena del fratello atterrando sulla gamba integra e si avvicinò all’edificio ponendosi davanti a Trunks con il naso all’insù, affascinato.
-Vuoi entrare?- gli chiese il principe abbassandosi alla sua altezza.
Mads s’illuminò e non esitò ad annuire mentre, alle loro spalle, Trym induriva lo sguardo e rimase guardingo: aveva ripetuto un sacco di volte al fratello di non fidarsi sempre di tutti ma lui non ascoltava.
-Mads non mi sembra il caso. Torna qui.-
Il bambino lo ignorò. Trunks gli fece segno di precederlo e, un po’ zoppicante, il piccolo dalle orecchie a punta si avvicinò all’enorme portone. Due enormi guardie fermarono la sua corsa fissandolo minacciosi dall’alto in basso. Fece un paio di passi indietro intimorito, allontanarsi dal fratello non era stata una così buona idea, ma una mano gli si posò sulla schiena e lo costrinse a fermarsi. Alzò lo sguardo su Trunks che guardava dritto davanti a sè le guardie che a lui sembravano montagne insormontabili.
-Loro sono con me, lasciateci passare.- intervenne Trunks sicuro.
Le due guardie s’inchinarono poi aprirono le porte senza una parola, Mads si ritrovò a rimanere agganciato ai pantaloni del principe. Trunks non si lamentò anzi porse la mano al bambino invitandolo ad entrare assieme.
Agli occhi di Mads, l’enorme ingresso apparve come una distesa gigantesca di marmo e drappi dorati. Senza staccarsi dalla mano del principe, si guardò attorno incuriosito: aveva sempre sognato di poter accedere al palazzo reale e osservarlo dall’interno. Ed essendo lui solo un mezzosangue quell’esperienza era assolutamente unica e irripetibile.
-Bentornato, principe. Chi sono i vostri ospiti?- li accolse Alistar scrutando prima il bambino che teneva per mano poi Trym, rimasto qualche passo indietro.
-Alistar puoi chiamare i miei genitori? Devo parlare loro di una cosa importante.-
-Ma certo, Mio Signore.- disse il guerriero con un leggero inchino. Poi si voltò e s’incamminò oltre la porta della sala del trono.
Non passò molto tempo prima che Re e Regina si presentassero al loro cospetto accompagnati dalla principessa che li seguiva come un’ombra.
-Trunks.- iniziò Bulma con un sorriso mentre il suo sguardo veniva catturato dai ragazzi alle sue spalle. -Sei tornato e hai portato dei compagni.-
-Sì, mamma. La mia squadra e due mezzosangue, come me e Bra.- 
Il gruppetto di ragazzini s’inginocchiò all’istante non appena capito di essere al cospetto di Re e Regina. Entrambi con indosso abiti terrestri, erano quasi passati inosservati, oltremodo irriconoscibili nei loro ruoli. Soltanto una volta che il principe aveva rivolto la parola alla madre erano riusciti a collegare il cervello e a capire che, sì, quelli erano i sovrani del pianeta.
Bulma fece loro segno di alzarsi, erano poco più che bambini non avevano alcun bisogno di inchinarsi a quel modo. -Alzatevi, ragazzi, siete troppo giovani per queste cose.- disse osservando con sorriso il bambino più piccolo tenuto ancora per mano da Trunks. Era molto spaventato ma altrettanto incuriosito.
Trunks spiegò ai genitori quanto successo, ponendo particolare attenzione alla macabra pratica della caccia ai mezzosangue perpetrata su quel pianeta. Raccontò della scommessa fatta con i due cacciatori in modo da tenerli occupati e fargli credere di poter agire inosservati. Dalla sua voce traspariva tutta l’incredulità e il disgusto.
L’espressione di Bulma cambiò man mano che la situazione diventava più chiara nella sua testa mentre il figlio delineava il tutto senza nascondere le proprie emozioni. Si voltò verso il marito, lui ne sapeva qualcosa?
-Non credo che questa cosa sia giusta. Siamo riusciti a salvare loro due ma chissà quanti altri mezzosangue sono perseguitati sull’intero pianeta!- concluse stringendo i pugni. -Dobbiamo fermare questa cosa, subito.- Spostò poi lo sguardo azzurro sul padre che, con la solita espressione immobile, li guardava tutti quanti. -Papà, tu conoscevi questa situazione?-
-No.- rispose atono.
Bulma voltò loro le spalle, senza una parola, dirigendosi verso uno dei soldati in piedi vicino al trono. Allungò una mano chiedendogli silenziosamente di porgergli quel che aveva in mano: una sorta di tablet composto solo da un display trasparente. Iniziò a smanettarci sopra, muovendosi tra le varie schede e pagine che il dispositivo le poneva davanti.
-Alistar.- chiamò senza staccare gli occhi dallo schermo.
-Sì, Mia Signora?- rispose il guerriero dall’altra parte della sala.
-Ho bisogno che questo venga tramesso immediatamente.- disse sventolando il tablet sopra la testa.
Alistar battè le palpebre confuso. -Sarà fatto.-
Bulma tornò a smanettare con il dispositivo mentre Alistar si dileguava.
Nella sala scese il silenzio rotto soltanto dai suoni digitali provenienti da quanto la Regina stava facendo. Quando ebbe finito, Bulma tornò accanto al marito tenendo ancora in mano il tablet e glielo porse, senza aggiungere nient’altro che uno sguardo che urlava “sbrigati”. Il Saiyan prese il dispositivo incrociando lo sguardo serio della moglie, poi posò le iridi scure sullo schermo leggendo velocemente le parole che scorrevano veloci in blu. Tornò a guardare la scienziata con un sopracciglio alzato.
-Che c’è? Non ti sta bene?- gli disse incrociando le braccia al petto e sfidandolo ad andarle contro.
-Perchè non dovrebbe?- le rispose cliccando sullo schermo senza neanche guardare.
-Legge approvata. Trasmissione ai mezzi di informazione avviata.- sentenziò il dispositivo ancora tra le mani del Re.
L’espressione di Bulma si rilassò mentre lui le ripassava il tablet. Gli sorrise grata e si trattenne dall’abbracciarlo davanti a tutti. -Sapevo che la pensavi come me.- disse premendo poi un paio di pulsanti e sopra le loro teste apparve la stessa schermata visionata poco prima dal Saiyan.
-Attenzione!- iniziò una voce robotica con una provenienza non ben identificata. -A tutti gli abitanti di Vegeta-sei, una nuova legge è stata emanata. Da questo momento in poi sarà vietata ogni forma di violenza e/o discriminazione nei confronti di qualsiasi mezzosangue e di qualsiasi non-Saiyan presente sul pianeta e nel suo spazio di potere legale. Ai trasgressori sarà implicata una pena dalla reclusione alla morte a seconda della gravità della trasgressione. Ripeto.-
Trunks sorrise soddisfatto ascoltando quel messaggio metallico che rimbombava probabilmente in ogni angolo del pianeta. Si voltò ad osservare i due ragazzini mezzosangue che, increduli, si guardavano attorno ascoltando assorti la voce del software.
-Trym! Ora possiamo giocare senza aver paura che qualcuno ci voglia far del male!- urlò Mads correndo incontro al fratello maggiore che, con ancora il naso all’insù non credeva alle proprie orecchie.
-Siamo…liberi?- chiese spostando lo sguardo su Trunks che annuì con forza sorridendo, gli occhi azzurri brillavano di soddisfazione. Trym riportò l’attenzione sul fratellino che lo tirava verso il basso per poterlo abbracciare comodamente. Per la prima volta da quando erano nati sentì che il peso della loro esistenza non gravava più sulle sue spalle. Non dovevano più scappare per guadagnarsi un giorno in più di vita. Non avrebbero più dovuto restare chiusi in casa e cambiarla spesso per evitare che i cacciatori li trovassero. Non avrebbero più dovuto stare attenti a come parlavano per non inimicarsi qualcuno e far partire l’ennesima caccia.
Trym iniziò a piangere silenziosamente stringendo a sè il fratellino che sprizzava gioia da tutti i pori. Finalmente potevano smettere di sentirsi in colpa per essere nati.
Bulma riconsegnò malamente il tablet al Saiyan al quale lo aveva tolto poco prima, che fissò stranito la sovrana tenendosi stretto al petto l’oggetto.
-Bene, ora che anche questa cosa è risolta posso tornare a fare quello che stavo facendo prima.- disse tornando ad osservare il gruppo di Saiyan. -Fate curare il bambino, se avete bisogno mi trovate nei laboratori.- e se ne andò.
Mentre Ivar, Bjarni e gli altri fissavano la donna lasciare la stanza, Trunks accompagnò i due fratelli in infermeria. Entrambi si mostrarono diffidenti nei confronti del medico che li accolse, spaventati all’idea che potesse far loro del male in qualche modo. Trunks si chiese che tipo di conseguenze avrebbe portato a lungo termine su quei due il costante stato di ansia provocata dalla paura di poter rimetterci la vita da un momento all’altro. Dovevano aver vissuto un inferno.
Trym incoraggiò il fratello a farsi visitare, vincendo la paura in cui vivevano da sempre: erano al sicuro lì.
Mads, seppur reticente, si sedette sul lettino e lasciò che il medico esaminasse la ferita che gli inzuppava di sangue il pantalone lacerato. Sobbalzò quando venne toccato e fu tentato di ritrarre la gamba di scatto ma si fece coraggio.
-Sei fortunato, nonostante la profondità della ferita non è nulla di grave.- disse prendendo qualcosa dal tavolino mobile in metallo di fianco a sè. Alzò appena gli occhi sul bambino che si guardava la gamba apparentemente con la testa altrove. -Resistente per essere un mezzosangue, credevo che fossero tutti cagionevoli e delicati.- 
Trunks assottigliò lo sguardo a quel commento. -Tieniti i tuoi pensieri per te e limitati a fare il tuo lavoro.- gli disse indossando nuovamente quella maschera che gli serviva per calarsi nel ruolo di spicco che ricopriva.
Il Saiyan sobbalzò e ammutolì tornando sulla ferita in silenzio.


-Mia Signora?- disse Shu bussando piano alla porta aperta.
Bulma non si voltò ma gli fece segno di entrare. Shu, accompagnato da Mega, si avvicinò alla donna che, china su qualcosa che non riuscivano a vedere, stava lavorando con grande attenzione. Erano incuriositi da quella terrestre che priva di forza combattiva era riuscita ad arrivare fin lì accompagnata da niente meno che il Re stesso, diventando a sua volta Regina, grazie solo alla sua mente geniale. E di come ci fosse riuscita non ne sapevano gran che, avevano colto soltanto che in qualche maniera a loro sconosciuta aveva legato il sovrano a sè e viceversa.
-Vi serve qualcosa?- chiese senza voltarsi.
Shu tornò con i piedi per terra. -Siamo riusciti a risalire ai genitori dei due mezzosangue che il principe, Vostro figlio, ha portato a palazzo.-
-Bene. Allora perchè siete qui?- chiese la donna.
-Per via di questo.- disse Mega consegnando alla Regina il tablet trasparente che aveva tra le mani.
Bulma fece un giro di centottanta gradi sulla sedia e finalmente rivolse la propria attenzione ai due guerrieri. Prese il tablet che le porgevano incuriosita e osservò la schermata, la sua espressione cambiò immediatamente. -Oh…-
-Abbiamo pensato che risalire al genitore appartenente alla razza Saiyan sarebbe stato più semplice, trovando la squadra a cui appartiene avremmo potuto contattarlo direttamente e chiedergli di tornare alla base.- spiegò Shu. -Ma a quanto pare non è possibile.-
Sullo schermo c’era una scheda anagrafica di una donna sui trent’anni, con tanto di foto, con la scritta “deceduta” che lampeggiava accanto al suo nome.
-È accaduto poco più di un anno fa, poveri bambini.- commentò l’azzurra leggendo la data del decesso accanto a quella di nascita.
-Per i Saiyan morire in battaglia è la prassi, i suoi figli dovrebbero saperlo anche se sono mezzosangue.- disse Mega glaciale.
-Sì, lo so.- disse sospirando sconsolata. L’idea che quei due fossero orfani di madre, che era anche il genitore che aveva trasmesso loro il sangue Saiyan e poteva in un certo senso fargli da scudo su quel pianeta che odiava i meticci, la rattristava. -Procedete a contattare il padre, se è ancora in vita.- ordinò restituendo loro il dispositivo digitale.
I due guerrieri annuirono e uscirono.


I due cacciatori ascoltarono attentamente il messaggio ripetersi per la quinta volta negli ultimi dieci minuti.
-Sì abbiamo capito!- sbottò la donna scoccando una freccia contro una delle casse sparse per il locale.
-Non combinare guai. I soldi ci servono per vivere non per ripagare ciò che rompi.- borbottò l’uomo sorseggiando la sua birra dal boccale di vetro.
L’altra si lasciò cadere sulla sedia accanto sbuffando infastidita. -Quello stupido ragazzino! Ci ha fottuti alla stragrande!-
L’altro non rispose. Il principe mezzosangue era stato assai furbo, gli aveva fatto credere di poter avere una sfida alla pari e invece per qualche strano motivo era bastata meno di un’ora per l’emanazione della nuova legge che gli avrebbe impedito di continuare il loro lavoro, esattamente come aveva promesso. Sorrise appena, era pur sempre il figlio del Re anche se mezzosangue avrebbe dovuto aspettarsi una mossa simile. Magari poteva cominciare a rivalutare la sua opinione dei meticci.
-Tsk, che schifo di legge. Ora ci mettiamo a proteggere pure i bastardi.- sentenziò l’uomo incappucciato seduto lì di fianco. -Che si fotta, il Re e la sua famiglia mezzosangue del cazzo!-
-Si apre una nuova era.- commentò qualcun altro dal fondo del locale.
Il Saiyan con il mantello calato sugli occhi tracannò quanto aveva nel bicchiere e si alzò. -Avete perso il lavoro voi due.- disse indicando lo stemma sulle schiene dei due Saiyan seduti di fianco.
-A quanto pare.- si limitò a dire la donna fissando la propria balestra.
L’uomo si frugò in tasca e ne tirò fuori un amuleto di bronzo, lo porse loro. Sopra vi era inciso qualcosa che ormai era stato cancellato dal tempo. -Prendete, se un giorno vorrete un risarcimento per ciò che vi stanno facendo questo amuleto sarà la vostra chiave.-
Il cacciatore guardò quasi schifato ciò che l’uomo gli stava porgendo. Non riusciva a vedere il suo volto ma a giudicare dagli abiti sporchi doveva essere un senza tetto o un esiliato. L’odore che emanava era altrettanto sudicio.
-No, grazie non abbiamo bisogno di stronzate simili.- disse tornando a guardare davanti a sè.
L’altro però non si arrese e, prendendo di prepotenza il braccio del guerriero, gli mise a forza in mano l’oggetto. Al cacciatore non piacque quel gesto e scaraventò l’uomo contro il muro.
-Non osare toccarmi.- ringhiò. -Andiamocene.- disse poi rivolto alla compagna che, nel frattempo, si stava intrattenendo con altre guerriere ammiccando e mettendo le mani un po’ ovunque. Riluttante anche lei si alzò seguendo l’esempio del compare e lo seguì fuori dalla porta.
-Ehy! Che ti ha dato quel tizio?- gli chiese incuriosita.
-Toh! Tienilo, la sola idea di averlo tra le mani mi fa venire ribrezzo.- disse lanciandole l’amuleto.
La cacciatrice fissò l’oggetto in bronzo con curiosità, non valeva molto non potevano venderlo neanche a qualche idiota in più le incisioni sulla superficie erano ormai illeggibili. Alzò le spalle e se lo mise in tasca, in qualche modo le sarebbe tornato utile.



Angolo Autrice:

I'm back! Sono passati ormai due anni dall'ultima volta che ho preso in mano questa storia, a causa del Covid ho avuto alcune difficoltà nel concentrarmi sulla scrittura.
Spero che esista ancora qualcuno che segue questa storia nonostante il tempo trascorso senza alcun aggiornamento. Sto provando a tenere allenata la fantasia finchè il prossimo blocco dello scrittore non mi colpisce e sto scrivendo il capitolo 11. Non so quando lo finirò ma finchè ho qualcosa in testa andrò avanti a scrivere.
Alla prossima,
AN

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