Lodolita

di CaptainPenelope
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cassiopea ***
Capitolo 2: *** 16:05 ***
Capitolo 3: *** Gretchen ***
Capitolo 4: *** Cannella ***



Capitolo 1
*** Cassiopea ***


Risate, strilli, musica sparata ad un volume troppo alto da casse di pessima qualità, colori al neon lampeggianti e l'odore inconfondibile di zucchero filato, queste sono le parole che vengono subito in mente alla gente quando pensano alla parola "LunaPark", e Cassiopea non era da meno.
Una ragazzina di 14 anni, dal viso costellato di lentiggini e il sorriso un poco storto stava ferma in fila ad aspettare di salire sulle montagne russe, ammirando i saltimbanco che cercavano di abbindolare delle giovani coppiette nel provare il loro gioco per vincere un peluche. Ovviamente il gioco era truccato, le bottiglie di latte che componevano il fondo della piramide erano piene di segatura ed estremamente pesanti, la ragazza lo vedeva da una decina di metri di distanza, come facevano gli altri a non capirlo? Non poté fare a meno di ridacchiare quando vide un ragazzo cercare di farsi forte davanti alla sua ragazza, promettendole il peluche più grande tra tutti i possibili premi, per poi fallire miseramente. Il ragazzo sembrava non averla presa bene, iniziando a proferire profanità che fecero arrossire pure il Saltimbanco.
Cassiopea decise di concentrare la sua attenzione sull attrazione per cui aveva aspettato ben 45 minuti in fila, e ora, sarebbe finalmente stato il suo turno. Davanti a lei c'erano 3 persone in fila, ma data la capienza della mostruosità in metallo che si ergeva davanti a lei, sarebbe riuscita ad ottenere un posto abbastanza carino. "Il Turbine", così lo chiamavano i suoi compagni di classe, sarà stato alto una 30ina di metri, con ben 4 giri della morte, e a giudicare dalle urla emozionate dei passeggeri sarebbe stato uno spasso.
Finalmente la campanella che indicava la fine del giro suonò e il ragazzo della manutenzione aprì il cancelletto per far passare i passeggeri. Cassiopea con passo sicuro andò subito a prendere l'ultimo vagoncino, consapevole che quello sarebbe stato il posto migliore.
I bracci metallici del sedile si abbassarono, bloccandola contro lo schienale del sedile.
Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, sentendo nelle sue orecchie il battito del proprio cuore accelerare e farsi sempre più frenetico, quando riaprì gli occhi, però, Cassiopea non si trovava sulle montagne russe.
Era in piedi, per strada, era notte e non sembrava esserci anima viva intorno a lei. I suoi piedi erano scalzi, così sporchi da essere neri come il carbone, i suoi vestiti stracciati, ma ciò che notò subito la ragazza furono l'orologio moderno e costoso al suo polso, e una scritta nera un poco sbiadita, ma ancora leggibile, sul suo braccio:
"Scappa

ti vogliamo

bene mamma e papà"

La giovane si sentì come se avesse appena ricevuto un pugno allo stomaco. Iniziò a girarle la testa, e si sentiva come se stesse affogando. Cadde a terra con un tonfo, ma neanche se ne rese conto finché non vide il cielo scuro e tenebroso illuminato solo dai lampioni davanti a lei. Riuscì a malapena a trascinarsi fino al muro di un palazzo per appoggiarsi, non poteva stare in quella posizione per strada, era pericoloso. Appena riuscì ad appoggiare la schiena alla fredda superficie del muro, sentì che sarebbe morta. Ne era certa, se lo sentiva, il suo cuore batteva troppo forte, non avrebbe retto il ritmo e si sarebbe fermato, non riusciva a vedere bene, le lacrime glielo impedivano, stava piangendo? e nelle sue orecchie risuonava un fischio lungo, costante. Si portò una mano al petto, cercando disperatamente di calmare i suoi respiri accelerati e di osservare l'ambiente dove si trovava, per cercare aiuto, ma le strade erano deserte.
Dove si trovava? Cosa stava succedendo? Dov'erano i suoi genitori? Da cosa doveva scappare?
Mille pensieri le attraversavano la testa in quel momento ma allo stesso tempo non riusciva a concentrarsi su nessuno di questi.
Aveva bisogno di aiuto. Doveva cercare aiuto.
Dopo quelle che parvero ore interminabili, Cassiopea era riuscita a calmarsi un minimo. Con una grande fatica, si alzò, e tenendosi appoggiata al muro, iniziò, un passo dopo l'altro, a farsi strada tra le viuzze della città.
Non aveva idea di che ore fossero, ma qualcuno doveva essere per strada, per andare a lavoro, per tornare da lavoro, qualcuno doveva esserci, qualcuno poteva aiutarla, qualcuno doveva esserci, doveva esserci, doveva. Queste erano le parole che la mandavano avanti, che le facevano muovere le gambe, una dopo l'altra.

Passarono i minuti e ancora la città pareva dormire, come se Morfeo non volesse lasciarla andare dal suo caldo abbraccio. La giovane riuscì a barcollare fino ad un vicoletto stretto e buio. Era completamente esausta, sentiva la testa vuota e a malapena riusciva a tenere aperti gli occhi. Decise che avrebbe continuato la sua ricerca dopo aver chiuso gli occhi un momento. Si accasciò a terra vicino ad un bidone della spazzatura, guardando il mondo intorno a lei girare, ascoltando delle voci in lontananza riecheggiare nelle sue orecchie, forse di un lontano passato, chissà di quando...
"Sì, sì, ci metto solo un attimo, il tempo di una sigaretta e iniziamo!"
Sentiva delle voci, e non erano di un misterioso passato.
Subito Cassiopea cercò di raddrizzarsi e vedere da dove stesse provenendo quella voce. Si tirò su, aiutandosi con il bidone della spazzatura, e scorse un uomo uscire da una porticina che stava dall'altro lato del bidone, sigaretta accesa alla bocca, che lasciava uscire una nuvoletta di fumo dal naso, un po' come un drago.
Cassiopea sentì gli occhi riempirsi nuovamente di lacrime, ma questa volta non per il panico, quanto per la gioia che provava in quel momento. Senza pensarci un attimo piantò i piedi a terra e con un ultimo sforzo si tirò su completamente, poggiando tutto il suo peso sul bidone.
"A-a-aiuto"
Il suo movimento troppo brusco le causò un abbassamento di pressione tale che l'ultima cosa che vide fu l'uomo quasi ingoiare la sigaretta dallo spavento, e poi nero.
"Oh mio dio, ma è viva?"
"Non lo so, ero fuori a fumarmi una sigaretta ed eccola spuntare dal nulla! Era finita nel cassonetto della spazzatura e l'ho dovuta ripescare fuori."
"Beh, lo sento, non fate esattamente un buon profumino..."
"HANS."
Cassiopea grugnì, le faceva male la testa, si sentiva col corpo pesante, come se fosse appena stata investita da un camion.
"Sta rivenendo, presto, presto prendile un bicchiere d'acqua!"
Cassiopea riuscì a malapena ad aprire gli occhi che si sentì tirata e messa a sedere, era stata sdraiata? Si trovava ora seduta sul tavolo della cucina di un ristorante, tutta bianca e in metallo, ma come si stava reggendo su? Girò la testa e vide l'uomo di prima che la teneva su, mentre dietro di lui un altro uomo versava dell'acqua in un bicchiere.
"Signorina, sta bene? La beve un po' d'acqua?"
Le chiese l'uomo che la stava reggendo, prendendo il bicchiere d'acqua dall'altro e porgendolo alla ragazza. Quest'ultima, senza aspettare un momento, lo afferrò con entrambe le mani e bevve l'acqua tutta d'un fiato. Bere dell'acqua fresca, si rese conto, era qualcosa di molto sottovalutato nella società odierna e che in realtà era una delle più grandi gioie concesse all'essere umano. Vedendo la ragazza molto assetata, i due le versarono un altro bicchiere, che Cassiopea subito bevve avidamente.
"Va tutto bene?"
Cassiopea annuì debolmente, ringraziando flebilmente i due.
"Cosa le è successo? Da dove viene?"
Se non fosse stata esausta, Cassiopea sarebbe molto probabilmente scoppiata nuovamente a piangere in quel momento. Scosse la testa, e allungò le mani verso la bottiglia d'acqua che subito le venne data dall'uomo e che quasi subito le venne nuovamente tolta dato che la stava bevendo tutta troppo in fretta.
"Signorina bere troppa acqua tutta insieme le fa male, beva con calma. Ha fame? Abbiamo del cibo."
Al solo citare del cibo, Cassiopea iniziò ad annuire furiosamente, e i due uomini ridacchiarono all'entusiasmo della ragazza, del resto, dove c'è appetito c'è salute.
Fecero scendere la giovane dal tavolo, e la fecero accomodare su una sedia, versandole dell'altra acqua.
Adesso che sapeva che del cibo sarebbe presto stato nel suo stomaco, Cassiopea osservò i due mentre iniziavano a muoversi con fare esperto per la cucina.
Quello che l'aveva aiutata sembrava essere un cameriere, era giovane, sulla ventina, con i lunghi capelli neri legati in una coda stretta, e le stava apparecchiando la tavola davanti. L'altro, era decisamente più anziano, robusto, vestito come un cuoco e con la faccia baffuta, stava invece strapazzando due uova in un piatto, per poi versarle in una padellina già sul fuoco.
"Il mio nome è Bart, comunque, e quello che sta cucinando la sua colazione al momento è Hans."
Disse il cameriere mentre poggiava le posate sul tavolo e si sedeva davanti a lei. I due si guardarono in silenzio per un momento, mentre Cassiopea beveva il suo bicchiere d'acqua. Dopo poco, arrivò Hans che fece scivolare sul piatto della ragazza uova strapazzate, due fette di pancetta, due salsicce, due fette di pomodoro, dei funghi e dei fagioli. Alla vista della ricca colazione, senza farsi alcun problema afferrò la forchetta ed iniziò a saziare la sua fame pantagruelica.
I due uomini si guardarono con fare preoccupato, ed aspettarono che la ragazza avesse almeno mangiato un po' prima di farle le domande.
Quando videro che la giovane fece una pausa dalla sua colazione, Hans, con un pesante accento tedesco azzardò a farle una domanda.
"Signorina, può dirci il suo nome, cosa sia successo?"
Cassiopea scosse la testa, sentiva di nuovo la sensazione di panico riaffiorare nel suo petto, i suoi occhi si bagnavano nuovamente di lacrime.
"I-io, non lo so. Stavo per salire sulle montagne russe, ero al Luna Park, e, e, e avevo chiuso gli occhi solo un momento per cercare di calmarmi, e poi ero per strada, e non so cosa stia succedendo."
Vedendo che la ragazza stava entrando in uno stato di panico subito i due decisero che non le avrebbero fatto altre domande, e avrebbero invece cercato di darle più risposte possibile, per cercare di tranquillizzarla.
"Stia tranquilla signorina, è con noi adesso, si trova al ristorante Al Chiaro di Luna, in Via Libertà numero 15. Sono quasi le 5 del mattino, e potrà stare quì tutto il tempo di cui ha bisogno."
Hans cercò di accompagnare l'invito con un sorriso, mentre Bart invece aveva iniziato a masticarsi le unghie dal nervoso.
Cassiopea stava per ringraziare il cuoco per l'invito, ma venne distratta dal forte rumore delle porte della cucina che davano sul locale che si spalancavano, facendola sussultare e irrigidire. Da quella porta entrò con passo svelto un altro ragazzo, con una cresta bionda in testa e un sorriso smagliante sul viso.
"Scusate davvero se sono sparito per un po', per farmi perdonare vi ho portato il giorna...le...?"
Il suo smagliante sorriso venne rimpiazzato da un'espressione confusa, mentre osservava i tre seduti al tavolo, la ragazzina palesemente terrorizzata.
"Cosa?"
Fu l'unica cosa che riuscì a dire prima che Bart si alzasse per portare il misterioso punkettone fuori per spiegargli la situazione senza spaventare ulteriormente la loro ospite. Hans, nel frattempo, si massaggiò le tempie, poggiando i gomiti sul tavolo e sospirando.
"Le chiedo scusa, Raffaele sa essere davvero...meglio se non ci pensiamo. La prego, continui a mangiare signorina, non si faccia problemi, le ripeto, è al sicuro qui."
Cassiopea, esitando un po', riprese a consumare il suo pasto, stando attenta alla porta per quando i due sarebbero tornati.
Hans si massaggiò i baffi un po', per poi tirare fuori il proprio cellulare dalla tasca sinistra dei pantaloni e tenerlo tra le mani.
"Signorina, le chiedo scusa se potrebbe sembrarle una domanda inopportuna, ma, lei ha dei genitori?"
Cassiopea annuì vigorosamente, portando alle labbra una forchettata di fagioli.
"E...le andrebbe di magari provare a chiamarli? Sono sicura che saranno preoccupati."
Appena Hans le propose di chiamare i suoi genitori, Cassiopea lasciò cadere la forchetta sul piatto e subito prese il cellulare dalle mani del cuoco. Iniziò a sentirsi tranquilla solo al pensiero di poter risentire la gentile voce di sua madre. Rimase un poco perplessa vedendo il cellulare dell'uomo, non era come nessuno di quelli che avesse mai visto, ma decise di non farci troppo caso, concentrandosi di più sul chiamare sua madre. Digitò velocemente il numero di casa propria sul touch screen e portò il telefono all'orecchio, aspettando che iniziasse a squillare.
"PI PI PI. IL NUMERO DA LEI CHIAMATO É INESISTENTE."
Gli occhi della ragazza si spalancarono e il labbro iniziò a tremarle. Hans la guardò, aspettando, e Cassiopea gli passò il cellulare per farlo sentire. Non era in grado di proferire parola in quel momento. Aveva appena chiamato la madre poche ore prima, quando era arrivata al Luna Park, per avvertirla che andava tutto bene, che era arrivata sana e salva, ma, effettivamente, quante ore, quanti giorni, erano passati da allora? E la scritta che aveva sul braccio, cosa significava? Iniziò ad iperventilare, e Hans subito cercò di calmarla in tutti i modi possibili.
"Possibilmente ha sbagliato a digitare il numero signorina, le tremano molto le mani e magari ha premuto il numero sbagliato, stia tranquilla, ora ci riproviamo, magari me lo detta lei il numero?"
Cassiopea annuì, facendo un respiro profondo, ed iniziò ad elencare i numeri, tra un singhiozzo e l'altro. Prima che potesse finire, però, i due ragazzi tornarono nella cucina, Raff con un'espressione terribilmente determinata in viso e Bart un'espressione terribilmente frustrata.
"Scusate se v'interrompo."
Iniziò Raff, con il giornale sotto braccio, prendendo una pezza e bagnandola nel lavandino. Si avvicinò a Cassiopea e senza neanche chiederle il permesso iniziò a pulirle il viso lurido.
"Ma devo assolutamente confermare una cosa."
Cassiopea iniziò a dimenarsi, non apprezzando particolarmente le mani del ragazzo su di lei, ma non aveva abbastanza energie per protestare come si deve.
Appena finì il suo lavoro si allontanò, osservando le lentiggini che costellavano il viso della ragazza. Buttò il giornale sul tavolo ed iniziò a sfogliarlo velocemente.
"Beh?"
Chiesero in contemporanea Hans e Bart.
"Cosa hai concluso oltre ad aver terrorizzato ulteriormente la nostra ospite? Mh?"
"Zitto Bart, avevo ragione."
"Ragione di che, ma si può sapere cosa stai farneticando?"
Raff smise di sfogliare il giornale per poi puntare il dito su un piccolo articolo con una foto di Cassiopea accanto.
"Questa è la ragazzina che stanno cercando da ben tre giorni, Cassiopea, giusto?"
Raff si girò verso Cass, che annuì, sporgendosi sul tavolo per vedere l'articolo di giornale.
"Avevo ragione, che ti avevo detto? É la ragazzina che stanno cercando!"
"Hai solo avuto fortuna Raff, non cercare di sentirti bravo."
"Uffa, non mi lasci mai il contentino..."
"Ma ti sembra forse il momento di pensare a queste fesserie? Hai idea del terrore che ho avuto quando l'ho dovuta ripescare dal cassonetto? Pensavo fosse morta!"
"Beh ma non lo è, quindi tutto è bene quel che finisce bene, no?"
"Ragazzi vi prego mi sta già venendo il mal di test-"
"La mia famiglia è morta?"
Li interruppe Cassiopea, portandosi una mano tremante ai capelli.
I tre sbiancarono visibilmente, rendendosi conto che non sono stati attenti a ciò che stesse leggendo la ragazzina.
Cassiopea si alzò, affondando entrambe le mani nella chioma sporca e oleosa.
"LA MIA FAMIGLIA É MORTA?!"
"Raff sei un idiota."
Sibilò Bart, mentre Hans subito si alzò e fece un passo verso la ragazza.
"Ehi, almeno io ho scoperto chi sia e cosa le sia successo!"
"Zitti tutti e due dannazione, Cassiopea, signorina, stia tranquilla-"
"COME CAZZO FACCIO A STARE TRANQUILLA?! LA MIA FAMIGLIA É MORTA!"
Urlò Cassiopea, iniziando a tremare come una foglia e a iperventilare per l'ennesima volta quella sera. Iniziò a sentire tutto il cibo che aveva appena consumato risalirle e si tappò la bocca per non vomitare.
"Cassiopea, la prego, si calmi, agitarsi così non l'aiuterà in alcun modo!"
La voce di Hans iniziò a farsi sempre più distante e ovattata, e i bordi della cucina iniziavano a scurirsi sempre di più finché tutto non diventò nero e non riuscì a sentire più nulla.
Hans riuscì a prenderla per un pelo, evitando che sbattesse la testa da qualche parte, e lanciò un'occhiata severa ai due camerieri.
"Non possiamo lasciarla così, dobbiamo farla riposare almeno un po' prima di portarla alla polizia, dio sa solo quanto abbia mangiato o bevuto in questi tre giorni questa povera ragazzina."
"Hans, non starai mica pensando di portarla a casa tua, vero? Sarebbe una follia, dobbiamo portarla alla polizia!"
Ribatté Bart, già tirando fuori sigaretta e accendino dalla tasca.
"Casa mia? Assolutamente no. La portiamo a casa vostra, chiamiamo la polizia e gli diremo che la porteremo appena si sarà fatta una buona dormita e abbia mangiato qualcosa!"
"Casa nostra?! Tienimi Bart, sto per svenire anche io..."
Raff iniziò a poggiarsi con fare drammatico su Bart, che prontamente gli diede una gomitata nello stomaco.
"Ascoltate, si tratterebbe solo per un paio d'ore, e già avete lasciato che scoprisse della morte dei suoi genitori nel peggior modo possibile. Quindi prendete subito la macchina e portatela qui davanti, io intanto chiamo la polizia."
Bart sospirò e fece cenno a Raff di prendere la macchina. S'infilò la sigaretta in bocca e aiutò Hans a spostare Cassiopea, portandola verso la porta e infilandola nella macchina del giovane punkettone. Si accese una sigaretta e fece un lungo tiro.
"Sembra che la stiamo rapendo noi."
"Suvvia, portatela a casa, sto chiamando la polizia. Avvertitemi quando si sveglia."
Disse sbrigativo Hans mentre digitava i numeri nel telefono. Bart annuì e si sedette nel posto del passeggero. Odiava far guidare Raff, ma in questa situazione non aveva scelta, era troppo scosso e non sarebbe riuscito a guidare decentemente.
"Ehi..."
Bart alzò lo sguardo, facendo un altro tiro dalla sua sigaretta.
"Stai tranquillo, si risolverà tutto."
"Facile a dirsi per noi, ma la ragazzina si è comunque trovata senza famiglia, e poi guarda com'è conciata, chissà che diamine le hanno fatto in questi tre giorni..."
"Lo so Bart, ma dobbiamo restare positivi, ha bisogno di supporto al momento, finché non la lasciamo dalla polizia dobbiamo essere il suo sostegno."
Bart annuì, sebbene Raff fosse un cretino ogni tanto qualcosa di giusto il suo coinquilino sapeva dirlo. Buttò fuori il fumo dal finestrino, guardando la città svegliarsi lentamente dal suo torpore. Cassiopea si girò un poco nel sonno, aprì gli occhi giusto un pizzico e sospirò, cercando di mettersi un po' più comoda nel sedile. I due ragazzi le lanciarono un'occhiata, per controllare che fosse tutto a posto, e furono sollevati a vedere che si era riaddormentata subito e che non le avrebbero dovuto dire nulla. 
"Senti... Cosa le diremo una volta che si sveglierà? Io sono poco delicato, e non vorrei peggiorare la situazione..."
"Non ne ho idea, ma credo che abbiamo un paio d'ore prima che si svegli, possiamo pensarci su."
Bart fece un altro tiro dalla sigaretta e fece uscire il fumo dalle narici, piano piano, poi continuò.
"Sono sicuro che la polizia ci darà una mano, e che avranno una qualche psichiatra che possa aiutarla a superare il tutto."
Sospirò, appoggiandosi alla portiera della macchina.
"Hai ragione, e sono sicuro che avranno uno psicologo anche per te, che ti sei preso uno bello spavento."
Bart sorrise sentendo la frase dell'amico, e gli diede un pugno al braccio, senza fargli male.
"Se ci fossi stato tu al posto mio saresti svenuto appresso a lei!"
Raff rise, e iniziò a cercare dove posteggiare vicino casa. Bart tirò fuori le chiavi dalla tasca e appena posteggiato, decise che sarebbe potuto essere Raff quello a portare su la giovane.
"Uffa ma così non vale!"
"Sei un batterista, sant'iddio, hai decisamente più forza di me nelle braccia, è meno probabile che cada se la tieni tu."
Raff sbuffò e prese la piccola Cassiopea in braccio. Bart chiuse la macchina dietro di lui e poi si diresse velocemente verso il portone, aprendolo senza difficoltà e aspettando che passasse Raff. Salirono velocemente le scale ed entrarono a casa senza troppi problemi. Decisero di poggiare Cass sul divano nel salotto e di lasciarle un biglietto con un bicchiere d'acqua per quando si sarebbe svegliata. Decisero anche di cancellarle la raccapricciante scritta che aveva sul braccio, non tanto per la psiche della ragazzina, quanto per la propria, che era turbata vedendo le parole scritte di fretta che occupavano gran parte dell'avambraccio della ragazzina.
I due, esausti da tutta la situazione, decisero di andarsi a coricare per un paio d'ore, e che avrebbero affrontato la situazione quando sarebbero stati tutti più lucidi dopo una bella dormita.

 

Nota dell'autrice:
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio per aver letto il primo capitolo della mia storia! 
Essendo questo il mio primo lavoro sarebbero molto gradite delle recensioni, delle critiche, qualunque cosa! 
Grazie ancora,

Mags.

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Capitolo 2
*** 16:05 ***


Dolore.
Il dolore era troppo forte.
Ogni singola fibra del suo corpo era ricoperta di quella melma nera come l'inchiostro, no, di più. Non riusciva a muoversi, era come se il suo corpo fosse improvvisamente diventato troppo stretto per lei, come una vecchia maglietta ormai troppo stretta che ci rifiutiamo di buttare per il semplice valore sentimentale che ci rappresenta.
Cercò di urlare, ma appena provò a muovere le labbra la poltiglia subito si fece strada tra esse ed iniziò a soffocarla.
Nero, sempre più nero, solo nero.
Le sue ossa si spezzavano, si ripiegavano su loro stesse e si sentiva sempre più piccola, sempre più stretta.

Proprio come era arrivato, il dolore sparì proprio quando raggiunse il suo apice. Tentò di aprire gli occhi, e guadando in alto vide quelli che sembravano raggi del sole che tagliavano l'acqua. Esistevano un sotto e un sopra, e poteva raggiungere la superfice. Iniziò a scalciare nella melma, cercando di risalire a galla, ma era estremamente densa, e le ci vollero quelle che sembravano ore prima di finalmente riuscire a tirare la testa fuori e prendere una boccata d'aria. Per sua disgrazia, trovò che rimanere a galla era difficile, si guardò in giro e vide solo nero intorno a lei, e scoprì che non riusciva a stare su per molto prima che la fanghiglia, che sembrava essersi appiccicata ovunque, la tirasse nuovamente giù. Si sentiva come una gabbianella intrappolata in acqua da una fitta coltre di petrolio. Sopra di lei c'era il sole, ma era grande, troppo grande, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sfera infuocata. Scorse il profilo di qualcuno, una minuscola figura nera, femminile, che stava in piedi sul vuoto e sembrava osservare ogni sua mossa.
"Aiuto!"
Chiamò disperata, ma la figura non si mosse di un millimetro.
"Ti prego, aiutami! Non reggerò ancora per molto!"
"È inutile, sei già morta."
E con le parole gelide rivolte dalla figura, affondò nuovamente nel nero.



Cassiopea si svegliò di soprassalto, il rumore di una piccola sveglia che risuonava nelle sue orecchie. Alzò il polso e vide che la sveglia proveniva da lì, erano le 10:05. Spense la sveglia e fece un respiro profondo. Si guardò in giro, lentamente.
Non era a casa sua, e cosa ancora più preoccupante i suoi vestiti erano sporchi e stracciati.
Dov'era? Com'era possibile? Era alle montagne russe, stava per partire, dov'erano i suoi genitori? Aveva forse sbattuto la testa?
Si guardò ancora in giro, per cercare di ricordare se fosse stata in questa casa prima di allora, ma più la guardava più era certa di non esservici mai stata. Sul tavolino accanto al divano sul quale era sdraiata vi erano un bicchiere d'acqua e un bigliettino con il suo nome scritto sopra. Afferrò il bicchiere e ne bevve il contenuto tutto d'un fiato, poi, aprì il bigliettino.

/Ehi Cassiopea! Se ti sei svegliata e non trovi nessuno, vienici pure a svegliare, io sono nella stanza in fondo al corridoio a sinistra, Bart in quella in fondo al corridoio a destra. Prima della stanza di Bart c'é il bagno, e prima della mia c'è la cucina. Fai come se fossi a casa tua!

Raff :D /

Cassiopea poggiò il biglietto sul tavolino e cercò di fare un altro respiro profondo. Non aveva idea di chi fossero le persone riportate nel bigliettino, o di come fosse arrivata lì. Una cosa era certa, non si sarebbe fatta ingannare da niente e nessuno. Si alzò dal divano e cercando di fare il più silenzio possibile si diresse verso quella che era segnata sul bigliettino come la cucina. Sembrava che ancora non ci fosse nessuno sveglio, quindi, iniziò ad aprire tutti i cassetti, alla ricerca di qualcosa che potesse servirle come arma. La cucina era un porcile, piatti sporchi nel lavandino, ciotole vuote con rimasugli di cereali sul tavolo, e scatoli di pizza vuoti buttati nell'angolo vicino ad una spazzatura fin troppo piena. Cass sperava di trovare qualcosa come un grosso coltello da cucina, o una padella, ma aprendo un cassetto sopra il lavandino le caddero addosso una serie di fucili e pisole varie. La ragazzina quasì svenì dallo spavento, ma dove diamine si trovava? Il suo terrore venne solo aumentato quando sentì una porta aprirsi e il rumore di piedi nudi che si facevano sempre più vicini. In preda al panico, afferrò una pistola da terra e la puntò verso la porta, proprio mentre un ragazzo dai lunghi capelli neri in pigiama varcava la soglia.
"Ma che cazz-Woah!"
"Stai fermo o ti sparo!"
Esclamò Cassiopea con le lacrime che già iniziavano a solcarle il volto. Le mani le tremavano, e il ragazzo, abbastanza rincretinito dal sonno, si limitò ad alzare le mani e guardarla con fare perplesso.
"Cassiopea, non è una vera pistola, è una pistola da softair, stai tranquilla non avevamo intenzione di farti del male, tranquilla."
Cercò di confortarla lui, azzardando un passo avanti, quando sentì Raff aprire la porta ed iniziare a farsi strada con passo veloce verso la cucina.
"Chi cazzo siete e come cazzo ci sono arrivata io quì?"
Disse Cassiopea tra un singhiozzo e un altro. Raff arrivò a varcare la soglia prima di essere fermato da un braccio di Bart.
"Aspetta Raff, credo sia ancora troppo sotto shock, non ci riconosce..."
Raff si fece vedere, alzando le mani verso l'alto come Bart, e rimase zitto come richiestogli.
"Cassiopea, sei sotto shock, non ricordi? Sta notte, verso le 4 sei finita nel nostro locale, a chiedere aiuto, ti eri persa, e abbiamo deciso che avresti passato la notte a casa nostra e poi l'indomani ti avremmo portata dalla polizia, ricordi?"
Bart cercò di fare un altro passo avanti e tese una mano verso la ragazza, che ancora si ostinava a tenergli la pistola puntata contro. Cassiopea scosse la testa e fece un passo indietro.
"Non è possibile, io ero sulle montagne russe, non ho idea di costa voi stiate dicendo..."
I due ragazzi rimasero un attimo in silenzio, e la confusione si fece strada sul loro volto, si guardarono un attimo, prima che Raff iniziasse a parlare, piano, come se anche solo una parola che non fosse sussurrata l'avrebbe spaventata.
"Cass...ci hai detto la stessa cosa anche ieri sera...ci hai detto che un momento eri sulle montagne russe, poi hai chiuso gli occhi giusto per un attimo, e all'improvviso eri per strada..."
Cassiopea a questo punto stava iniziando ad iperventilare, lasciò cadere la pistola a terra e si portò le mani ai capelli.
"Ascolta."
Iniziò Bart, afferrando la cornetta del telefono dal muro e porgendola alla ragazzina, mentre Raff correva a versarle un bicchiere d'acqua.
"Ecco, chiama la polizia, li avevamo già chiamati ieri sera per dire che saremmo andati sta mattina, ti stanno cercando, eri sparita per 3 giorni!"
Cassiopea accettò il bicchiere versatole da Raff e bevve l'acqua avidamente, per poi afferrare la cornetta del telefono e velocemente digitare il numero della polizia.
"Pronto, Polizia, mi dica la sua emergenz-"
"Ero sulle montagne russe ed improvvisamente sono a casa di due ragazzi che dicono di avermi trovato ieri sera ma non mi ricordo nulla di loro per favore aiutatemi voglio i miei genitori ho paura la prego mi aiuti."
Disse la ragazzina tutto d'un fiato, mentre l'operatore stava in silenzio ad ascoltarla.
"Lei è la signorina Cassiopea Navi, giusto?"
"Sì, sono io..."
Disse tremante lei.
"Quello che le hanno detto i ragazzi è vero, si faccia con calma una doccia e una bella colazione, e ci vedremo alla centrale tra un'ora, va bene? Non ha nulla da temere dai ragazzi, va bene?"
"Va bene...i miei genitori? C'è modo di contattarli?"
Per un attimo ci fu silenzio dall'altra parte della cornetta, e Cassiopea iniziò a masticarsi il labbro furiosamente.
"Giorni fa abbiamo ricevuto un messaggio anonimo che diceva di averla trovata nella Capitale, i suoi genitori sono andati lì per cercarla. Arriveranno verso le 16:00."
"Va bene...grazie mille. A dopo."
I due ragazzi al guardarono con un sopracciglio alzato, aspettando una risposta dalla ragazzina. Cassiopea annuì debolmente e si appoggiò al muro, tremando ancora.
"Mi dispiace, non volevo essere maleducata, grazie di avermi aiutata..."
"Stai tranquilla piccoletta, sei sotto shock, è normale, sietidi, ti piacciono le uova a colazione?"
Chiese Raff, invitandola a sedersi al tavolino e velocemente sbarazzando la tavola dalle ciotole vuote che vi risiedevano.
"Sì, grazie...Scusate ma, potete ricordarmi i vostri nomi?"
"Non c'è problema, io sono Raffaele, e quello al quale hai quasi sparato con quella pistola da softair è Bart."
"Ma...perché tenete il cassetto sopra il lavandino pieno di pistole da softair?"
"Non lo so, perché teniamo il cassetto sopra il lavandino pieno di pistole da softair, Bart?"
Chiese Raff al ragazzo, che stava raccogliendo tutto il suo equipaggiamento da terra, controllando i messaggi che gli erano arrivati nel cellulare.
"Sai quanto diamine è grande questa casa, non ho dove altro metterle!"
"Oh certo, come se non avessi un sacco di spazio nella tua stanza! Se solo cambiassi da letto a piazza e mezzo a piazza singola avresti un sacco di spazio in pi-"
"Aspetta, devo chiamare Hans, torno subito."
Bart si congedò camminando a passo svelto fuori dalla cucina, col telefono attaccato all'orecchio, e Raff rivolse la sua attenzione a Cass, che lo guardava con occhi stanchi e confusi. Sembrava che alla fine che la gaffe che avesse fatto la sera prima si fosse rivelata inutile, dato che la ragazzina non ricordava della morte dei genitori. Raff si passò una mano nei capelli decolorati e cercò di sorriderle come meglio poteva.
"Senti, proprio quì davanti c'è il bagno, magari ti fai una doccia mentre ti preparo una bella colazione?"
Le chiese mentre già iniziava a tirare fuori uova, pancetta e fagioli dal frigo. Cassiopea annuì, e, con fare un poco tremolante, si diresse verso il bagno, che, ovviamente, era lurido tanto quanto la cucina. Paia di mutande sporche in un angolino, i cassettini pieni di barattoli di shampi, balsami e gel vuoti, un phon lasciato fuori e spazzole piene di capelli attaccati alla base. L'unica cosa che sembrava essere esente dalla sporcizia in quel bagno era il WC, che aveva accanto diversi prodotti di pulizia, con un post-it attaccato "USAMI". Cassiopea tirò un sospiro di sollievo all'idea di potersi sedere per utilizzare la toilette. Ispezionò la doccia, che non era messa poi così male, e dato lo sgradevole odore che proveniva dai suoi vestiti usati e dai suoi capelli unti e bisunti, la ragazzina non fece complimenti e subito si spogliò e accese l'acqua. Mentre aspettava che l'acqua si scaldasse, non poté fare a meno di notare il suo riflesso nello specchio che era...diverso, da quello che ricordava. Il suo fisico si era sviluppato molto di più, aveva preso un po' più di chili e non ricordava di avere il seno così grande. I suoi capelli erano più lunghi e più mossi di quanto li ricordasse. L'unica cosa che era rimasta invariata era il copioso numero di lentiggini che costellavano la sua pelle. Si rese conto in quel momento della serietà della sua amnesia, del possibile perché non si ricordasse nulla di quello che fosse successo. Le erano spariti almeno due anni, se non di più, dalla testa. Decise che ci avrebbe pensato dopo una bella doccia calda, e che sicuramente la polizia l'avrebbe affidata ad uno psicologo che l'avrebbe aiutata a ricordare tutto. Con un balzo si mise sotto l'acqua bollente della doccia e si lavò usando i prodotti a disposizione tra il caos del piccolo bagno. L'acqua calda della doccia e l'odore di pulito la fecero sentire infinitamente meglio, era come se una grandissima porzione di tutto lo stress che aveva accumulato stesse scendendo giù insieme all'acqua sporca, abbandonandola. Non era più parte di lei. Una volta finita la doccia, rubò l'accappatoio rosa di Raff, dubitava che Bart avrebbe scelto un colore del genere per il suo accappatoio, e sporse la testa fuori dalla porta. Sentì i due ragazzi mormorare tra di loro, sembravano agitati, ma parlavano troppo piano perché potesse sentirli.
"Scusate..."
I due si girarono in tandem e puntarono lo sguardo sulla testolina bagnata della ragazza.
"Ehm, non ho vestiti puliti..."
Subito Raff balzò in piedi e corse a prenderle qualcosa dalla sua stanza. Tornò poco dopo con un paio di boxer, una maglietta, un paio di jeans e una cintura e li porse alla ragazzina.
"Scusa, non abbiamo di meglio da darti..."
"No, tranquillo, grazie mille."
"Appena sei pronta esci, la colazione è pronta!"
"Va bene, grazie ancora."
Cassiopea velocemente si cambiò, estremamente felice all'idea di mettere qualcosa sotto i denti. Rimase anche molto soddisfatta della scelta del vestiario del punkettone, che le aveva dato una maglietta dei Pink Floyd, uno dei gruppi preferiti della ragazza. Almeno una piccola soddisfazione nella vita. 
Senza aspettare troppo, Cassiopea entrò nuovamente in cucina e si sedette a tavola accanto a Bart, che era ancora intento a messaggiare furiosamente. Raff, invece, stava servendo la colazione davanti a lei. L'odore invitante del cibo le stava facendo venire la bava alla bocca. Le scivolarono davanti tre fette di pancetta, due uova e pugno di stufato di fagioli, e lo stesso sui piatti degli altri due ragazzi. Cassiopea affondò subito la forchetta nel cibo ed iniziò a mangiare come se non avesse mai mangiato in vita sua. Una volta saziata un minimo la sua fame, alzò lo sguardo ai due ragazzi che mangiavano in religioso silenzio.
"Con chi messaggi?"
Bart alzò lo sguardo e poi lo riabbassò subito sullo schermo del telefono.
"Con Hans, il cuoco del locale dove lavoriamo io e Raff, i ricordi di lui? L'hai conosciuto ieri sera."
"No, a dire il vero, credo che la mia amnesia sia molto più grave di quello che pensassi, i miei ultimi ricordi risalgono a quando avevo 14 anni, e adesso non ho decisamente più 14 anni..."
"E la cosa non ti preoccupa?"
Chiese Raff, alternando lo sguardo preoccupato tra la ragazzina e il suo coinquilino. Cassiopea sospirò.
"Se devo essere sincera un poco sì, mi chiedo cosa abbia potuto traumatizzarmi al punto di farmi dimenticare anni della mia vita...ma sono sicura che la polizia mi porterà da qualche psichiatra e mi potrà aiutare. Sono viva, e se sono viva le cose possono migliorare, del resto, non sarò sola, avrò i miei genitori."
Cassiopea teneva lo sguardo basso mentre parlava, e quando lo rialzò vide che i due camerieri la guardavano sbigottiti, Raff addirittura aveva le lacrime agli occhi, e il labbro un poco gli tremava.
"Sei una ragazza molto matura, e molto coraggiosa."
Disse Bart, passando un fazzoletto a Raffaele, poi si alzò, poggiò i piatti nel lavandino ormai pulito, e si girò verso i due.
"È ora di andare, Hans ci aspetta sotto con la macchina."
Raff si asciugò le lacrime con la manica della felpa e si alzò, porgendo un braccio alla ragazza, che venne accettato timidamente. Per compensare alla mancanza di scarpe della ragazzina, le offrirono un paio di infradito che erano, effettivamente tre misure più grandi di quanto prendesse.
Al piano di sotto stava Hans che li aspettava appoggiato alla sua macchina, una panda grigia che aveva visto giorni migliori.
"Buongiorno signorina, hai dormito bene?"
Chiese l'uomo, allisciandosi i baffi ed aprendo lo sportellino della macchina per far entrare la signorina. Cassiopea sorrise, annuendo ed entrando in macchina. Hans entrò dal lato del guidatore, ed accese la macchina.
"Sì, grazie, ho dormito bene, lei?"
"Non ho chiuso occhio signorina! La tua apparizione nel mio ristorante mi ha sconvolto al punto di non farmi dormire neanche un'ora!"
Rise di gusto il tedesco, mentre Bart, seduto accanto a lui nel sedile davanti, gli dava una gomitata per farlo zittire. Cassiopea abbassò lo sguardo per un po', finché non sentì Raff punzecchiarle il braccio. Il ragazzo, entrato in macchina, le sorrise in modo confortante e le indicò la cintura, affinché la allacciasse. Cassiopea non era abituata a mettere la cintura quando era seduta nel sedile posteriore, ma decise di allacciarsela per fare contento Raff.
Il viaggio passò in relativo silenzio. Ogni tanto Cassiopea sentiva gli occhi farsi pesanti, e prontamente Raff la punzecchiava nel fianco per svegliara, facendola ridacchiare per il solletico. La città era grande, e dopo un'oretta di viaggio, Cassiopea iniziò a riconoscere la zona.
"Siamo vicini a casa mia!"
Esclamò la giovane, e per qualche strana ragione vide gli altri irrigidirsi un attimo.
"Eri solo ad un'ora di distanza da casa tua...Ma come diavolo hai fatto a sparire tre giorni?"
Chiese Bart, girandosi per guardarla, un sopracciglio alzato in un'espressione confusa.
"Non ne ho la più pallida idea...Ah! Se adesso girassimo a destra arriveremmo proprio davanti casa mia! Ciao casa! Non vedo l'ora di poter dormire di nuovo nel mio letto..."
Raff si portò una mano al cuore, spalancando la bocca e boccheggiando offeso.
"Vuoi forse dirmi che il divano dove hai dormito ieri notte non era il divano più comodo sul quale avessi mai dormito!? Mi spezzi il cuore."
Cassiopea ridacchiò e fece spalline, continuando a guardare fuori dalla finestra. Davanti a lei sfrecciavano veloci tutti i vicoletti che conosceva come il palmo della sua mano, il parchetto dove veniva sempre a giocare da piccola, e il super mercato dove con il suo vicino di casa aveva provato a comprare una birra. Provato parola chiave, dato che sono stati cacciati a pedate, a suon di "vi ho visti crescere, screanzati!" e "lo diremo alle vostre mamme!". Era passato un anno, o forse ormai di più?, da quando quel ragazzo si era trasferito. Chissà che stava facendo in quel momento.
Tra un pensiero ed un altro, le strade che passavano si facevano sempre meno familiari, finché finalmente non arrivarono alla Stazione di polizia. Cassiopea non ebbe neanche il tempo di scendere che subito un poliziotto, giovane e con un bel cornetto al pistacchio in mano, non venne incontro al gruppetto.
"Buongiorno!"
Disse il poliziotto con un sorriso fin troppo smagliante e finto per i gusti della ragazza. Cassiopea scese dalla macchina e si avvicinò insieme ai propri accompagnatori, adocchiando il cornetto che sembrava semplicemente fin troppo buono per essere mangiato da uno sbirro.
"Buongiorno a lei, sono Hans Falsch, ho parlato con un suo collega ieri sera, ed ora eccoci qui."
"Sì, sì, sono stato informato di tutto, grazie! Il mio nome è Marco Ferrigni, e tu devi essere Cassiopea, ecco, ti ho preso un cornetto per la colazione, spero che il pistacchio ti piaccia."
"Stia tranquillo le abbiamo fatto fare una colazione degna di una re-"
Bart venne interrotto da Cassiopea, che senza esitare neanche un secondo afferrò il cornetto e lo finì in pochi morsi, leccandosi le labbra. Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che ogni qual volte vedesse cibo era obbligata a mangiarlo, forse il suo stomaco era convinto che non avrebbe più visto cibo per un po', e che conveniva mangiare il più possibile quando possibile. Il gruppetto la guardò, la preoccupazione nei loro occhi che andava crescendo, e gli sguardi carichi di segreti e tristi verità che si scambiavano non aiutavano ad alleggerire la situazione.
Entrarono nella stazione, e, inevitabilmente, dovettero separarsi, Cassiopea per essere interrogata in una stanza, e gli altri per essere interrogati in un'altra. Una volta finito il tutto si sarebbero potuti rivedere e salutare, prima di tornare alle loro vite come se nulla fosse.
La saletta in cui avevano fatto accomodare Cassiopea era molto blanda, ma non metteva pressione come invece volevano far credere i film polizieschi che aveva visto. O forse semplicemente l'avevano mandata nella saletta meno spaventosa che avessero. Marco "cornettobuono" disse a Cass di aspettare lì per un po', e così fece, finché dalla porta non entrò una donna sulla trentina, asiatica, vestita di tutto punto.
"Ciao Cassiopea, è da un po' che non ci vediamo, io sono Nancy, sono una psichiatra e sono quì per spiegarti tutto."
Cassiopea annuì perplessa, e osservò la donna sedersi davanti a lei e tirare fuori una grossa carpetta piena di fogli all'interno.
"Non ricordi nulla di me, giusto?"
"No, nulla...perché ci conosciamo?"
Chiese Cassiopea, che sentiva solo il desiderio di fare alla dottoressa mille domande in quel momento.
"Prima che io ti spieghi tutto, vorrei farti un paio di domande di routine, va bene?"
"Va bene..."
Le domande di routine erano semplici, quando sei nata, dove vivi, come si chiamano i tuoi genitori, qual è il tuo colore preferito, il tuo dolce preferito, e così via. Cassiopea iniziava a spazientirsi, finché non arrivò una domanda che la colpì.
"Qual è l'ultima cosa che ricordi?"
"Le montagne russe."
Nancy annotò tutto su un pezzo di carta, ed alzò lo sguardo per sorridere a Cassiopea e cercare di confortarla.
"Ti chiedo scusa per queste domande, ma dovevo assicurarmi che fosse tutto ok e che non avessi subito altri traumi. Come ti ho detto prima il mio nome è Nancy, e sono una psichiatra e neurologa esperta in amnesia anterograda. Sono la tua psichiatra da circa due anni..."
Nancy allungò la carpetta, aperta su un foglio di giornale con un articolo riguardante un incidente sulle montagne russe, risalente a due anni fa. Cassiopea iniziò a leggere l'articolo, incredula.
"Come puoi ben vedere, due anni fa sei stata vittima di un incidente terribile. Sei l'unica sopravvissuta, ma al costo della tua memoria. Soffri di amnesia anterograda, ovvero non riesci ad immagazzinare nuove informazioni in modo permamente. Ogni sei ore ti dimentichi tutto quello che è appena successo e ricominci dalle montagne russe."
Cassiopea iniziò a scuotere la testa, un paio di lacrime scendevano lungo i suo volto.
"Oh dio, non ci credo...è orribile..."
Nancy prontamente girò la pagina e Cassiopea si trovò davanti un collage con foto sue, dei suoi genitori e con Nancy.
"I tuoi genitori hanno fatto di tutto per trovare le persone migliori nel campo, per poterti aiutare, finché non sono arrivate a me. Abbiamo fatto un sacco di progressi insieme."
Nancy poggiò una mano su quella di Cass e la strinse, sorridendole.
"Fin ora hai vissuto una bella vita, e ne abbiamo registrato pezzi, abbiamo foto, video, tutto quello che potresti desiderare."
"Cosa mi è successo?"
"Tre persone, tre notti fa, si sono introdotte a casa vostra e hanno tentato di derubarvi. Tu sei fuggita e sei sparita per tre giorni interi. Non oso immaginare in che condizioni tu sia in questo momento fisicamente, prenoterò un accertamento medico per te al più presto."
"E i miei genitori?"
Nancy le strinse la mano più forte. Cassiopea ebbe paura.
"Stanno bene, sono alla Capitale perché un messaggio anonimo ci aveva detto di averti avvistata lì. Saranno su un aereo ora di ritorno, intanto noi ti portiamo a casa tua, li ci sarà tua cugina, Gretchen, te la ricordi?"
"A dire il vero...no."
"Comprensibile, mi ha detto che le famiglie non erano in buoni rapporti, ma che non ha mai avuto nulla contro di te o i suoi zii, quindi quando l'abbiamo contattata per spiegarle la situazione, si è subito offerta di aiutare."
"Va bene..."
Cassiopea tirò su col naso, asciugandosi le lacrime e cercando di essere il più coraggiosa possibile.
"Mi dispiace Cass, di solito facciamo questo discorso con i tuoi genitori, è più facile per te reggerlo."
"Quando mi dimenticherò di nuovo tutto?"
"Alle 16:05, quindi potremo rifare questo discorso dopo quando ci saranno i tuoi genitori."
Cassiopea annuì e Nancy sorrise. Cassiopea notò una nota di pietà nei suoi occhi, e il suo primo istinto fu quello di provare a cavarglieli.
"Adesso perdonami Cass, ma dovrò far entrare il signor Ferringni e dovremo farti delle domande standard, va bene?"
Cassiopea fece un respiro profondo per poi annuire di nuovo. Nancy guardò in alto a sinistra, fece un cenno alla telecamera e dopo poco entrò Marco "cornettobuono".
Le fecero domande per quelle che sembrarono ore, finché finalmente Nancy non la dichiarò troppo stanca per continuare, e che avrebbero dovuto continuare un altro giorno. Cassiopea venne accompagnata fino all'entrata, dove la stavano aspettando Hans, Bart e Raff, parlocchiando tra di loro. Appena videro la ragazzina entrare, subito sorrisero, e Raff andò and abbracciarla, stringendola forte forte.
"Ti scrivo il mio numero per qualunque cosa, e ti scrivo pure chi sono, così non te lo scordi!"
Disse il punkettone, scrivendo il tutto di fretta su un postit rubato dalla segretaria seduta a rispondere a delle chiamate. Cassiopea sorrise.
"Prometto che verrò a trovarvi per mangiare di nuovo da voi..."
Prese il bigliettino, ne strappò un pezzo e vi scrisse sopra il proprio numero, per poi ridarlo a Raff.
"... e sta volta vi pagherò. Comunque questo è il mio numero."
Hans rise, e le diede una sonora pacca sulla spalla.
"Per te sempre tutto gratis!"
"Grazie. Davvero, per tutto. Mi avete restituito la mia vita, appena torneranno i miei genitori li convincerò a mangiare sempre da voi! Vi faremo diventare ricchi, vedrete!"
Cassiopea sorrise, ma non potè fare a meno di notare che gli sguardi dei suoi nuovi amici si erano incupiti. Forse li aveva offesi dandogli indirettamente dei poveracci. Prima che potesse scusarsi Nancy la spinse verso la porta, salutando e ringraziando anche lei i salvatori della sua piccola paziente.
Girando uno sguardo per un'ultima volta verso i suoi amici, Cassiopea fece "ciao ciao" con la manina, prima che le porte si chiudessero dietro di lei.


 

Nota dell'autrice:
Ed ecco il secondo capitolo!
Grazie mille per aver letto fin qui, la storia comincia ad infittirsi un po' di più, rivelando la condizione di Cassiopea.
Come prima, essendo questo il mio primo scritto, commenti e critiche sono molto graditi.
Mags.

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Capitolo 3
*** Gretchen ***


Le strade pullulavano di gente, di vita, di urla che provenivano dal mercato e risate di bambini che si divertivano a guardare le bizzarre movenze di un pagliaccio.
Gretchen aveva percorso diverse volte quelle strade, le conosceva come il palmo della sua mano. A dire il vero, conosceva tutta la città come il palmo della propria mano, la maggior parte delle volte. C'erano volte quando le strade sembravano tutte uguali, in quella città, tanti copia-incolla di una stessa immagine, e volte quando erano completamente diverse l'una dall'altra. In quei casi la città si trasformava in un vero e proprio labirinto.
Gretchen non aveva orologi con sé, ma sapeva esattamente che ore fossero, dove si trovasse e come tornare a casa. Con passi sicuri e svelti si fece strada tra la folla. Non poté fare a meno di fermarsi davanti una pasticceria, sebbene per solo un attimo, e guardare all'interno. Nella vetrina erano esposti tanti dolci di diverse taglie, diverse provenienze, colori e sapori, tutti che sembravano uno più appetitoso dell'altro. All'interno era anche possibile sedersi e consumare una di quelle dolcezze accompagnate da un té o un caffé. Gretchen alzò lo sguardo e lo incrociò con quello del cassiere che stava servendo un cliente. Per un attimo ghiaccio incontrò il colore indefinito degli occhi dell'uomo, ma poi nulla. Gretchen si girò e scomparve tra la folla. Sparire tra le folle sembrava qualcosa di terribilmente drammatico da dire, ma considerata l'altezza inesistente della donna, "sparire" per lei era facile.
Le squillò il cellulare in tasca, lo fece squillare un altro po', per poi rispondere. Ovviamente sapeva già chi fosse, era la polizia, per avvertirla che avevano trovato la sua cuginetta. Sebbene la aspettasse da giorni, la chiamata fu breve.
Sorrise, sarebbe arrivata giusto in tempo per accertarsi che fosse tutto in ordine e accogliere la ragazza. Le aspettava una bella responsabilità, adesso che era l'unico membro della famiglia rimasto in vita e si era presa la responsabilità di essere la sua tutrice legale. Prendersi cura di una persona disabile non era facile, ma i benefici della sua presenza nella casa di Cassiopea superavano ogni malus, quindi avrebbe sopportato la necessità di spiegarle la sua disabilità circa ogni sei ore.
Riuscì ad arrivare a casa in poco più di quindici minuti e subito si mise a lavorare al pranzo. Una semplice pasta col pomodoro, non che lei avesse molta fame, ma avere una tavolata pronta con un piatto "genuino" e "casereccio" dava una buona immagine. Voleva assolutamente che i servizi sociali le permettessero di tenere la custodia della minore. Mentre aspettava che l'acqua bollisse, osservò un attimo le mura della casa, così grandi e forti, decorate da foto di quello che ora non era nulla più di un ricordo. Era una splendida casa, grande, decorata con gusto, molto luminosa e situata in un'ottima zona.
Erano morti proprio in cucina, dopo aver spinto la ragazzina fuori dalla porta sul retro. Di solito la polizia non avrebbe lasciato che qualcuno abitasse in una scena del crimine dopo così poco tempo dal compimento dello stesso, ma la disabilità di Cassiopea rendeva questo un caso speciale. Gretchen sorrise, avrebbe abitato in una scena del crimine, ma almeno si era beccata una gran bella casa. Buttò la pasta ed iniziò a scaldare il sugo. Stando ben attenta di dare una girata ad entrambi una volta ogni tanto, apparecchiò il tavolo in cucina, dato che la sala da pranzo era troppo grande e avrebbe solo reso le cose più ambigue. La cucina sarebbe andata benissimo, avrebbe reso il tutto più "intimo". Quando la pasta fu finalmente pronta, Grectchen la scolò e, proprio quando spense il fuoco del sugo, sentì la porta di casa aprirsi. Fece un respiro profondo.
Era ora di cominciare. Si girò e si diresse verso la porta con un sorriso smagliante stampato in faccia, con giusto un tocco di preoccupazione negli occhi per cercare di mitigare la falsità del sorriso. I suoi ospiti erano ancora nel fondo del corridoio. Gretchen con passo svelto gli diede l'incontro.
"Benvenuti! Oh Cassiopea ma quanto sei cresciuta!"
Subito fiondò le braccia al collo della ragazzina, che era un bel pezzo più alta di lei, non che vi fosse qualcuno che non lo fosse, in fin dei conti. Cassiopea guardò la propria cugina, perplessa ricambiando l'abbraccio timidamente.
"Ehm, scusami, ma non mi ricordo di te..."
"Oh ma certo che non ti ricordi di me! L'ultima volta che ci siamo viste eravamo tutte e due così piccole! Poi i nostri genitori hanno litigato, cavolo, mia mamma ha pure bruciato tutte le foto...E ora guarda dove siamo."
"Ma perché hanno litigato?"
"Se devo essere sincera, non ne ho la più pallida idea! Non le ho mai dato retta quando parlava male di voi, io sono dell'opinione che la famiglia è una cosa importante. Dobbiamo essere li per sostenerci a vicenda, non pensi? Ma vieni, ho preparato il pranzo, hai fame? Ti va?"
Grechen prese la cuginetta per il braccio, indicando la cucina, per poi rivolgersi a Nancy e a Marco.
"Volete unirvi a noi?"
"No, grazie Gretchen, noi abbiamo ancora un paio di cose da sbrigare, quindi penso proprio che vi raggiungeremo dopo. Vi diamo la possibilità di parlare, buon pranzo."
Disse Nancy, congedandosi insieme a Marco. Lo sguardo di Gretchen tornò allora su Cass.
"Allora, ti va?"
Cassiopea annuì timidamente e il sorriso di Gretchen si fece più grande. La bionda accompagnò la cugina in cucina e la fece accomodare, mentre iniziava a servire la pasta sui due piatti. Poggiò il piatto davanti a lei e Cassiopea subito affondò la forchetta nella pasta bollente. Gretchen si sedette davanti a lei e mangiò giusto qualche filo, concentrandosi sulle movenze della ragazza mentre mangiava. In poco tempo il piatto della ragazzina era finito, mentre quello della donna era ancora pieno. Sospirando, Gretchen allungò il proprio piatto pieno e lo poggiò su quello vuoto della ragazza. Cassiopea la guardò, confusa.
"Non hai fame?"
Era la prima volta che la ragazzina le avesse rivolto la parola da quando Nancy e Marco se n'erano andati, eppure non sembrava timida.
"No, non molta, a dire il vero."
"Sei magra."
Ah, ecco cos'era che la preoccupava. Gretchen sorrise, annuendo.
"Lo so."
"Molto magra."
"So anche questo."
Cassiopea esitò un poco, guardando il piatto pieno davanti a sé. Stava davvero mangiando troppo, una parte di sé lo sapeva, ma allo stesso tempo non riuscì a contenere il proprio appetito, iniziando a mangiare anche la porzione della cugina. Gretchen rimaneva in silenzio a guardarla, versando dell'acqua in entrambi i bicchieri.
"Scusa, ma quanti anni hai tu?"
Azzardò Cassiopea, tra una boccata e un'altra di cibo.
"24, perché?"
"Sembra che ne hai 14."
Gretchen rise un po', poi bevve un sorso d'acqua. Non era la prima volta che qualcuno le dicesse una cosa del genere, anche se di solito a chiedere la sua età erano i baristi.
"Lo so."
"Ma gli zii dove sono?"
"Morti."
"Oh, mi dispiace..."
"No, non dispiacerti cara."
Gretchen diede una pacca sulla mano di Cass, allungandole un tovagliolo così che potesse pulirsi la faccia sporca di sugo.
"Il ciclo della vita è questo e poi, è successo anni fa. Hanno avuto una buona vita."
Cassiopea accettò il tovagliolo e si pulì a faccia. Gretchen la scrutò attentamente e si accorse che nei suoi occhi albergava il dubbio. La ragazza non era stupida, capiva che le sue parole non erano del tutto veritiere, ma allo stesso tempo riusciva a capire istintivamente che poteva fidarsi. Le due si fissarono a lungo, Gretchen sorrise: sua cugina la fissava come un cerbiatto in mezzo alla strada.
"Sarai stanca, perché non sali in camera e ti riposi un po'?"
"Non vuoi aiuto a fare i piatti?"
"Ma no, tranquilla, alla fine sono qui proprio per dare una mano anche in queste faccende, no?"
"Se lo dici tu..."
"Ti accompagno in camera."
Con questo, Gretchen si alzò, Cassiopea fece lo stesso. Iniziarono ad incamminarsi verso la stanza da letto, situata al piano di sopra. Gretchen notò subito il sospiro di sollievo di Cass quando arrivarono alla stanza.
Era la solita camera di Cassiopea, esattamente come se la ricordava, niente fuori posto, tutto sistemato in un perfetto disordine ordinato, che avrebbe fatto svegliare la ragazza non nel panico, ma in una lieve confusione una volta persa la memoria. Certo, la confusione si trasformava in un brutto attacco d'ansia una volta spiegatale la sua condizione la maggior parte delle volte, ma era meglio di un attacco di panico per essersi "svegliata" in mezzo alla strada, in un posto a lei sconosciuto. Gretchen iniziò a pensare a come avrebbe spiegato alla ragazza, tra sole due ore, la sua condizione senza farla entrare troppo nel panico, finché non si ricordò gli ansiolitici prescritti dalla dottoressa. Iniziò a guardare tra i cassetti velocemente fino a trovarli, così veloce che Cassiopea non ebbe il tempo di lamentarsi per l'invasione della privacy. Aprì il tubetto e ne controllò il contenuto. Le sarebbero bastati per un paio di giorni, poi ne avrebbe dovuti prendere altri.
"Questi sono ansiolitici, te ne darò un paio se necessario quando avrai il prossimo "reset", sai, in caso ti venga un attacco d'ansia."
"Oh, certo, va bene. Allora io mi riposo per una mezz'oretta, ok? Sono davvero stanca."
"Fai pure, per qualunque cosa, sto dormendo nella stanza degli ospiti, oppure mi trovi in salotto o in cucina."
"Grazie Gretchen."
"Se non sei in piedi quando arriveranno i tuoi genitori, ti verrò a svegliare, ok?"
Cassiopea sorrise, un sorriso ampio, specchio della sua emozione all'idea di rivedere i propri genitori. Gretchen quasi si sentì in colpa per averle mentito. Quasi.
"Grazie, mi farebbe molto piacere."
Gretchen ricambiò il sorriso senza alcuna difficoltà o traccia di menzogna, come se ci credesse davvero anche lei. Abbracciò la ragazzina, stringendola forte e dandole due pacche sulle spalle. Cassiopea ricambiò contenta. La bionda fece allora un passo indietro.
"Non c'é problema, buon riposo."
Con questo, Gretchen si congedò con gli ansiolitici in mano, andando velocemente verso la propria stanza per assicurarsi che fosse tutto in ordine. La sua stanza era semplice, senza alcuna personalità.
Presto le cose sarebbero cambiate, quello era certo.
Iniziò a tirare fuori qualche poster dalla valigia, guardandoli uno ad uno, per poi appenderli alle mura. Una volta soddisfatta del suo lavoro, iniziò a svuotare il resto della valigia, osservando i propri vestiti e storcendo il naso. Appena possibile sarebbe andata a comprarne di nuovi, magari sarebbe andata con sua cugina e avrebbero fatto un rinnovo del guardaroba insieme. Nonostante il disgusto per il proprio guardaroba, appese con cura i suoi stracci nel guardaroba, sistemandoli per colore e materiale. Una volta finito anche quello, tirò fuori il proprio portatile e iniziò a controllare le proprie e-mail. Molte erano da parte di Nancy, altre erano da parte del Ferrigni.
Senza neanche leggerle, le cestinò tutte.
Dopo aver fatto ciò, si collegò al proprio account bancario e osservò compiaciuta le grosse somme di denaro che le erano recentemente entrate. Chiuse il computer, soddisfatta e tirò fuori dalla tasca il proprio cellulare e un pezzettino di carta con su scritto un numero, un indirizzo, e la descrizione di un tale Raffaele.
Raffaele...
Il nome non le era nuovo, anzi, lo conosceva bene: era uno dei tre che aveva trovato Cassiopea in mezzo alla strada, un cassonetto, dicevano. Gretchen lo guardò a lungo, ponderando attentamente sul cosa fare con il bigliettino che aveva rubato dalla tasca della cugina. Passarono quelle che sembrarono ore alla donna, che decise che ci avrebbe pensato su, magari dopo una bella dormita. Si appisolò un poco, chiudendo gli occhi e sognando camere buie, capelli rossi e dolci di tutti i colori.
Venne svegliata un'ora e quarantacinque minuti dopo da una sveglia che si era posta nel cellulare, affinché fosse all'erta 20 minuti prima del reset di Cassiopea.
Si alzò, strofinandosi gli occhi, di pessimo umore dopo il sogno che aveva appena fatto. Scese giù in cucina, portando con sé la carpettina piena di dati e foto per mostrare tutto a Cassiopea, fece i piatti e preparò un bicchiere d'acqua che poggiò sul tavolino accanto agli ansiolitici.
Adesso, le restava solo aspettare. Una seconda sveglia iniziò a vibrare dal suo cellulare. Iniziò a sentire rumori provenire dal piano di sopra. Fece un respiro profondo e sentì la voce di sua cugina mentre scendeva le scale.
"Mammà? Papà?"
"Non ci sono, vieni, sono in cucina!"
Esclamò Gretchen mentre finiva di asciugare i piatti. Cassiopea si fece strada nella cugina, guardando l'esile figura intenta a mettere via i piatti in casa propria.
"Tu chi sei? Che ci fai in casa mia e dove sono i miei genitori?"
"Sono tua cugina Gretchen, vieni, siediti, ti spiego tutto adesso."
Cassiopea, seppur incerta, si sedette al tavolino della cucina, aspettando pazientemente la cugina, che subito si sedette davanti a lei.
"Sono tua cugina Gretchen, non ti ricordi di me perché effettivamente ci siamo viste solo poche volte da piccole, poi nulla. I nostri genitori non erano nei migliori rapporti... Ascolta, quello che sto per dirti non è per niente facile e ti prego di avere pazienza."
Cassiopea annuì incerta, indicandole che potesse continuare. Gretchen aprì la carpetta davanti a lei.
"L'ultima cosa che ti ricordi prima di svegliarti nella tua stanza è di essere salita sulle montagne russe, giusto? Mi dispiace molto dirlo, ma quel giorno ci fu un incidente..."
Gretchen girò la pagina e mostrò l'articolo di giornale che parlava dell'incidente. Indicò le pagine che cominciavano ad ingiallirsi, senza però staccare lo sguardo dal viso incerto della cugina.
"Sei sopravvissuta, da piccola campionessa che sei, ma sfortunatamente hai iniziato a soffrire da una condizione chiamata "Amnesia Anterograda", dove perdi la memoria ogni sei ore..."
Cassiopea guardò i fogli, sconcertata, mentre lacrime iniziavano a scendere lungo il suo volto. Gretchen le allungò un fazzoletto, cercando di essere il più confortante possibile.
"Mi dispiace moltissimo."
"E i miei genitori, dove sono?"
"Sono dovuti uscire per un'emergenza lavorativa, saranno quì molto presto, io sono qui per dargli una mano."
Cassiopea annuì nuovamente, asciugandosi le lacrime dal viso con il fazzoletto cortesemente offerto dalla cugina.
"Quanti anni sono passati da quando è successo l'incidente?"
Chiese tra un singhiozzo e l'altro. Gretchen sospirò, rendendosi conto che quella sarebbe stata la parte più difficile di cui parlare. Decise che sarebbe stato meglio essere diretta ed evitare lunghi discorsi che le avrebbero fatto innervosire entrambe.
"Due anni."
"Oh mio dio."
Cassiopea iniziò ad iperventilare, portandosi le mani ai capelli e singhiozzando sempre più forte. Forse essere così diretta non era una buona idea. Gretchen lo tenne a mente per la prossima volta.
"Ho perso due anni della mia vita!"
Gretchen subito aprì il pacco di ansiolitici, tirò fuori due pillole e le porse alla ragazza con il bicchiere d'acqua. Cassiopea non li prese subito.
"Ho perso due anni della mia vita! La mia vita non esiste più, è come se fossi morta!"
"Non dire così, prendi questi, su, ti faranno sentire meglio."
"E perché i miei genitori non sono qui? Come hanno potuto lasciarmi da sola in un momento come questo!?"
"Cass, i tuoi genitori hanno molto da fare, io mi chiedo invece perché la tua dannata psichiatra non sia ancora arrivata."
"P-Psichiatra?"
"Sì, adesso ti prego, prendi questi."
Cassiopea, riluttante, dopo l'ennesima implorazione da parte della cugina, finalmente prese gli ansiolitici e dopo un po', iniziò a calmarsi.
"Da quanto tempo sei qui?"
"Poco, molto poco."
"E i miei genitori...per che tipo di emergenza sono andati via?"
"Non hanno specificato, però sono dovuti andare alla Capitale, torneranno tra qualche ora."
"Possiamo chiamarli?"
"No, saranno sull'aereo a quest'ora, se ti va possiamo mandargli un messaggio però, così appena atterrano ti chiamano."
"Va bene, scriviamogli un messaggio."
Gretchen tirò fuori il proprio cellulare e velocemente compose il numero del suo defunto zio. Forse era riuscita a salvarsi in calcio d'angolo.
"Cosa vuoi scrivergli?"
"Che mi mancano tanto e che mi chiamino appena atterrino."
Gretchen annuì, per poi mandare un messaggio velocemente al numero oramai inesistente. Sospirò, mettendo il telefono di nuovo in tasca.
"Ti senti megli adesso?"
"Un po', grazie."
Gretchen si alzò da tavola e andò a prendere un quaderno per colorare per adulti e dei colori a matita. Li pose davanti alla ragazzina e si sedette di nuovo davanti a lei.
"Cos'è questa roba?"
Chiese perplessa Cassiopea mentre sfogliava le pagine del libro.
"Non ho sei anni, non ho bisogno di colorare per passare il tempo."
Sbuffò offesa.
"Non è per bambini, è un libro per adulti, ho letto da qualche parte che serve a ridurre lo stress e ho pensato che mentre aspettiamo la Dottoressa Nancy avremmo potuto colorarne qualche pagina insieme. Sarebbe dovuta essere qui per aiutare con la spiegazione, ma per qualche strano motivo sta tardando."
Disse Gretchen, prendendo un colore e strappando una pagina dal libro, iniziando a colorare senza farsi troppi problemi e senza imbarazzo. Cassiopea arrossì un po', annuendo, per poi iniziare lei stessa a colorare. Le due passarono un po' di tempo così, colorando in silenzio, ma l'atmosfera non era carica o pesante, era leggera, rilassata. Le due sembravano già essere in sintonia e Cassiopea si era calmata, concentrando invece la propria attenzione non sul proprio problema ma sui colori vivaci dell'immagine che stava colorando. Gretchen ringraziò la pubblicità su Amazon che le consigliò di comprare quel libro. Le due vennero disturbate proprio mentre stavano finendo la propria pagina da un lieve bussare alla porta sul retro e poi una donna che entrò sorridendo e scusandosi.
"Chiedo davvero scusa per essere così in ritardo, ma ho davvero avuto un sacco di cose da fare."
La donna, con dei graziosi occhi a mandorla, si sedette davanti a Cassiopea e accanto a Gretchen.
"Ciao Cass, io sono Nancy, la dottoressa che si occupa di te, ti trovo molto calma, colorare ti sta aiutando?"
"Piacere di conoscerla, sì, mi sta rilassando molto devo dire."
"Mi fa piacere, possiamo lasciarti un attimo da sola? Vorrei fare giusto due chiacchere con tua cugina, torniamo subito, va bene?"
Cassiopea annuì, facendo tornare la propria attenzione su ciò che stava colorando. Gretchen e Nancy, nel frattempo, uscirono in girardino per scambiare due chiacchere. Gretchen ne approfittò per accendersi una sigaretta.
"Scusa ancora se non sono potuta esserci, ma la polizia mi ha davvero trattenuta troppo."
"Non c'è problema, immaginavo."
"Com'è andata?"
"Abbastanza bene devo dire, all'inizio non voleva prendere gli ansiolitici, ma dopo un po' si è convinta."
"Mhhh, cerca di non darglieli troppo spesso, va bene?"
"Va bene. Da parte della polizia ci sono novità? Hanno trovato i colpevoli?"
Nancy sospirò, spostando una ciocca corvina dietro l'orecchio e guardando verso la casa, attraverso la finestra, dove la ragazzina stava colorando.
"No, ancora nulla, è come se non fosse mai successo niente in realtà, è strano, non hanno lasciato alcuna traccia se non i cadaveri dei genitori."
"E allora come fa la polizia che sono stati tre uomini?"
"Il padre ha scritto "tre uomini hanno portato il caos, salvate mia figlia" per terra con il proprio sangue e da ciò la polizia ha intuito che si trattasse del numero di persone che si erano introdotte in casa quella notte. Ma è strano, non hanno rubato nulla..."
"Forse sono scappati dopo averli uccisi, forse non era loro intenzione... Però strano che un uomo morente abbia scritto un messaggio così lungo, non trova?"
"Questo non lo so, comunque sia, mi fido del tuo giudizio, è andato bene il primo episodio."
"Ho solo fatto quello che mi è stato detto di fare."
"E l'hai fatto egregiamente, mi complimento con te."
Disse, iniziando a girarsi verso verso la casa, per salutare Cassiopea prima di andare.
"Perdonami, ma ho ancora molte cose da fare, per qualunque emergenza, hai il mio numero."
Gretchen annuì spegendo la sigaretta a terra. Nancy, molto allegra, andò a salutare Cass, dandole un bacio in testa e rassicurandola per quanto riguardava i suoi genitori. Poi, uscì dalla porta sul retro, salutando Gretchen.
"In bocca al lupo."
"Grazie."
"Non si dice "crepi il lupo"?"
"Errore facile, ma in realtà le fauci di un lupo sono il posto più sicuro per uno dei suoi cuccioli."
"Oh, non ci avevo mai pensato. Arrivederci."
"Arrivederci, Dottoressa."
E con questo, Nancy si congedò. Gretchen tornò a sedersi a tavolo e riprese a colorare da dove aveva interrotto.
"Colorare mi piace, è stata una buona idea, scusa se ti ho insultata prima."
Cassiopea disse all'improvviao. Gretchen non riuscì a trattenere un sorriso. La ragazzina era proprio un pezzo di zucchero.
"Nessun problema piccoletta. Cosa ti andrebbe di mangiare sta sera a cena?"
Mentre Cassiopea iniziava ad elencare quella che sembrava sarebbe stata una lunga lista di cibi, i pensieri di Gretchen iniziarono a vagare. Pensò alla scritta fatta dal padre di Cassiopea, al fatto che ancora gli assassini non erano stati catturati, alla condizione della ragazzina. Per un attimo, si chiese se quello che stesse facendo fosse davvero una buona idea. Alzò lo sguardo e vide Cassiopea, seduta in mezzo alla grande cucina, in una casa così bella, con un'espressione serena. Avevano soldi, avevano agevolazioni. Stava facendo la cosa migliore, ne era certa.
"Mi dispiace deluderti ma non abbiamo neanche la metà di tutti gli ingrendienti per le cose che vorresti, che dici, ti fai bastare una bella insalata di riso?"
"Mhhh, affare fatto dai."
"Come la preferisci, col tonno o con i wustel?"
"Wustel, non mi piace l'odore del tonno."
Gretchen rise e si alzò da tavola, iniziando a dirigersi verso la sua stanza.
"Metto il telefono a caricare e torno subito, ok?"
"Va bene!"
Gretchen salì rapidamente le scale per salire al piano di sopra, entrò nella sua stanza e mise il proprio cellulare a caricare. Osservò il bigliettino di prima, con quelle ridicole faccine sorridenti a fine frase. Lo guardò un'ultima volta, con un'espressione disgustata, e lo strappò in mille pezzi
.




Nota dell'autrice:
Grazie mille per aver letto fin qui! Viene introdotto in questo capitolo un nuovo misterioso personaggio: Gretchen!
Essendo questo il mio primo scritto, mi farebbero molto piacere commenti, opinioni, sia sullo scritto che sul nuovo personaggio appena introdotto
Grazie ancora,
Mag.

 

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Capitolo 4
*** Cannella ***


"Bene signorina, ora apra grande grande la bocca..."
Cassiopea spalancò la bocca come richiestole dal medico, che poggiò una stecchetta di legno sulla lingua della ragazza per poi guardarle la gola con attenzione. Scrisse un paio di frasi sulla sua cartelletta e passò a preparare un ago per le analisi del sangue. Cassiopea guardò il dottore, preoccupata, masticando la stecchetta come se ci fosse un gelato attaccato, per voi volgere lo sguardo alla dottoressa Nancy e a Marco. Quest'ultimo quel giorno era vestito in borghese per evitare di insospettire la smemorella; un poliziotto misteriosamente interessato alla salute di una ragazzina risultava abbastanza sospetto. Il piano dell'agente Ferrigni aveva funzionato, infatti l'unica cosa che preoccupava la ragazza era la relazione tra lui e la dottoressa. Il dottore afferrò la stecchetta dalle fauci della ragazza, e, brontolando, la buttò in un cestino, per poi tornare alle sue pratiche.
"Mi scusi, può ricordarmi che ci fa lei qui?"
Chiese Cassiopea, inarcando un sopracciglio e cercando di leggere l'espressione dei due seduti a farle compagnia.
"Sono un alunno della Dottoressa, nulla di più."
Sorrise Marco, e Cass piegò la testa di lato, sia per cercare di capire se stesse mentendo che per non vedere l'ago che aveva preso il dottore perforarle la pelle e toglierle il sangue. Nancy rise, dando un'energetica pacca sulla spalla all'agente.
"Posso garantirti che non c'è assolutamente niente tra noi due, siamo solo colleghi."
Nonostante Cassiopea non fosse ancora completamente soddisfatta dalla risposta, annuì pensosa e portò la propria attenzione al medico che le stava mettendo un cerotto sul braccio.
"Scusate, ma come mai questi controlli?"
"Oh nulla di che, sai com'è, vogliamo assicurarci che vada tutto bene."
Nancy sorrise e il dottore le fece cenno di aver finito. Nancy lanciò un'occhiata a Marco, che subito si alzò da dov'era seduto e si avvicinò a Cassiopea, che era intenta a picchiettare un dito sulla tempia, come se stesse cercando una lastra che le tenesse insieme la testa.
"Senti un po' signorina, scommetto che stai morendo di fame. Che ne dici di andare a fare colazione?"
Solo al sentire nominare la colazione Cassiopea iniziò a sentire la bava alla bocca. Annuì vigorosamente, saltando giù e prendendo Marco per un braccetto, mentre Nancy, cercando di attirare l'attenzione il meno possibile, si avvicinava al dottore che le mostrava quello che aveva scritto sulla propria carpetta. Il poliziotto in borghese e la giovane uscirono fuori dalla saletta, attraversarono il lungo corridoio e arrivarono all'uscita dove Gretchen li attendeva appoggiata ad un muro, una sigaretta poggiata dietro l'orecchio dal lato della testa dove i capelli erano rasati. La donna fissava il vuoto davanti a sé, ed aveva un'espressione che suggeriva fosse completamente assorta nei suoi pensieri, eppure, appena i due uscirono dalla porta subito il suo sguardo si poggiò su di loro e un sorriso si fece strada sul suo viso.
"Andata tutto bene li dentro?"
"Sì, sì, avremo i risultati delle analisi al più presto."
"Quindi, colazione?"
Cass li guardò intensamente, come se il cibo in quel momento fosse la cosa più importante di questo mondo. I due adulti annuirono ed iniziarono a fare strada verso il bar più vicino. Cassiopea aveva sentito parlare del bar vicino all'ospedale, la sua fama lo precedeva; possibilmente era così buono perché ci andava sempre un sacco di gente che si trovava ad aspettare qualcuno in ospedale o era appena uscito, quindi i proprietari volevano assicurarsi che mangiassero qualcosa di buono, per risollevare il morale o festeggiare qualche lieto avvenimento. Probabilmente era solo per i soldi, ma a Cassiopea piaceva pensare che fosse per un qualche motivo nobile che si mangiava così bene lì dentro. 
Il locale era abbastanza angusto, ma non soffocante, accogliente. Sulle mura vi erano appesi diversi quadri e diverse stampe, tutte una più colorata dell'altra. Cassiopea notò che con l'aumento del colore, aumentava anche il cattivo gusto, ma finché il cibo era buono, e l'odore prometteva bene, poco importava.
Si avvicinò al bancone e guardò attentamente ogni pezzo di rosticceria e dolce esposto, cercando di capire quale fosse quello più bello e al col tempo più buono. Mentre procedeva la selezione della ragazzina, i due adulti della situazione andarono al bancone per prendersi un caffé: Marco al ginseng, Gretchen un semplice espresso. Cercando di tenere il tono di voce basso, Gretchen si avvicinò a Marco.
"Allora?"
"Ancora non sappiamo niente, la dottoressa Nancy ci verrà a dire tutto più tardi."
"Come mai la chiama per nome?"
"Cosa?"
"La chiama per nome, siete forse in confidenza?"
"No, ci conosciamo solo per lavoro...non lo so, non ho mai fatto caso di starla chiamando per nome."
"Mh."
Marco portava ora un'espressione confusa, effettivamente chiedendosi come mai fosse stato così maleducato nei confronti della dottoressa. Un bravo agente l'avrebbe chiamata per cognome, eppure eccolo che la chiamava addirittura con un soprannome. Avrebbe dovuto rettificare l'errore, ma, più cercava di ricordare il suo cognome, meno riusciva a ricordarlo. Se l'era dimenticato. Guardò Gretchen bere il suo caffé pensosa e senza avere il tempo di poterle chiedere perché della domanda, la donna andò da Cassiopea, poggiando un braccio sulla spalla della ragazza ancora intenta a scegliere cosa volesse mangiare per colazione.
"Hai deciso cosa vuoi?"
"Mhhh, ancora no, sembra tutto così invitante."
"Perché non ti prendi un calzone fritto? Guarda, è messo accanto alle ciambelline dolci, sicuramente un poco di zucchero gli è finito sopra, quindi sarà un po' dolce e un po' salato."
Cassiopea scattò subito dritta e chiese proprio quello al commesso, che la guardò stranita. Mangiando il calzone, Cass guardò Gretchen, sorridendo a bocca piena con le guanciotte piene di cibo come uno scoiattolo.
"Come facevi a sapere che mi piacevano questi tipi di cose?"
"Non parlare con la bocca piena, e ti ricordo che anche se non conosci bene me, io conosco bene te."
Gretchen prese un tovagliolo ed iniziò a pulire la faccia briciolosa della ragazza, mentre Marco, ancora un po' confuso, andò a pagare. Cassiopea, come tutto il cibo che le passava tra le mani, finì velocemente il suo pasto, leccandosi le labbra e le dita per evitare che anche solo una molecola venisse sprecata, e i tre si incamminarono fuori. Gretchen prese la sigaretta poggiata dietro l'orecchio e appena varcarono la soglia del bar, l'accese. Cassiopea guardò il fumo uscire dalle labbra della ragazza, una piccola nuvoletta bianca che danzava verso l'alto. Ebbe una stranissima sensazione di dejà-vu ed iniziò a sentire un fortissimo odore di cannella. Proprio mentre stava per chiedere agli altri se sentissero anche loro lo strano odore, uscì dall'ospedale la dottoressa con passo veloce e un faccia soddisfatta. Face cenno ai tre e si avvicinò a loro.
"Eccovi qui! Avete fatto una buona colazione?"
I tre annuirono e dopo un paio di chiacchere Nancy e Marco decisero che sarebbero andati alla clinica della dottoressa mentre Gretchen e Cass sarebbero tornate a casa.
Cassiopea adocchiò la dottoressa e il finto apprendista con un sorrisino malizioso sul viso, ammiccando e salutandoli con la manina. Il giovane Marco arrossì un pizzico e ricambiò il saluto, Nancy invece sembrava perfettamente serena e immune allo sguardo intenso della ragazzina. Gretchen sbuffò, un'altra nuvoletta di fumo attirò l'attenzione di Cassiopea, che la guardò intensamente. Iniziarono a pruderle le orecchie e non si accorse che Gretchen stava cercando di parlarle fino a quando quest'ultima non le passò una mano davanti al viso.
"Cass? Mi hai sentita?"
Cassiopea abbassò lo sguardo ed iniziò a grattarsi furiosamente le orecchie.
"Scusa, ero distratta."
"Va tutto bene?"
Gretchen la guardò preoccupata, scostandole i capelli dalla testa per controllarle le orecchie, che erano rosse da quanto la ragazzina le stava grattando. Le afferrò le mani, allontanandole dalla sua testa.
"Va tutto bene?"
"Sì, tranquilla, ho solo avuto una strana sensazione di dejà-vu, credo di averle già odorate quelle sigarette alla cannella."
Gretchen impallidì, ogni traccia di colore abbandonò il suo viso, le sue orecchie, le sue labbra. Buttò la sigaretta a terra e la pestò con un piede, per poi iniziare a camminare velocemente, tenendo la mano della cuginetta stretta stretta.
"Ma, non c'era bisogno di buttarla, non mi dava assolutamente fastidio!"
Arrossì Cassiopea, che non voleva aver fatto sprecare una sigaretta che probabilmente era abbastanza costosa. Gretchen scosse la testa, sorridendo, ma senza guardare la ragazza.
"Ma, no tranquilla, si sta facendo tardi, e non mi piace fumare e camminare insieme. Ora però dimmi cosa ti piacerebbe mangiare per pranzo."
Il tentativo di sviare la conversazione della bionda fu di successo, dato che la cuginetta iniziò ad elencare una serie di pasti che potevano essere parte di un banchetto nuziale. Gretchen però la ascoltava poco, guardandosi in giro, ma non sapeva perché, non riusciva quasi più a capire il complesso labirinto di strade che si estendeva per la città. Più di una volta avevano sbagliato strada e si erano trovate a dover fare giri e giri per arrivare sul cammino che volevano. Sarebbero potute tornare indietro in qualsiasi momento, ma Gretchen sapeva bene che una tale follia non sarebbe stata possibile.
Tornare indietro, cambiare idea, arrendersi, fermarsi, erano tutte cose che nella vita non erano possibili, e tanto meno in quelle strade che avevano la brutta abitudine di far confondere. Arrivarono in fine alla piazzetta centrale della città, che bazzicava di gente, troppa gente. Era come se quel giorno tutta la popolazione si fosse riversata nell'angusto spazio che sebbene fosse aperto sul mondo esterno era soffocante. Era come vivere in una palla di vetro, sarebbe bastata una leggera scossa per distruggere il delicato equilibrio in cui si trovava la scena, per farla nevicare. Cassiopea si guardava in giro contenta, mentre gli occhi di Gretchen balenavano da un posto all'altro, cercando un'apertura per poter tornare a casa. Forse fu proprio questa sua insistenza, questa sua fretta, ad attirare l'attenzione di uno degli uomini, appoggiato al muro, che osservava silenzioso tutte le genti con aria autosufficente.

"Signorina, ha forse bisogno di aiuto? Si è persa?"
Si avvicinò lui e le due ragazze alzarono lo sguardo per ammirare lo sguardo occhialuto dell'uomo. Gretchen lo riconobbe subito, era il cassiere della pasticceria che dava proprio sulla piazzetta. Strinse la mano di Cassiopea, forte, troppo forte, al che la ragazzina fece una smorfia di dolore.
"No."
E subito girò i tacchi e corse via, con la cuginetta che la seguiva controvoglia.
"Gretchen aspetta! Mi fai male!"
Esclamò la piccola, ma lei non le dava ascolto, continuando a camminare, fiduciosa che prima o poi avrebbe trovato la strada per tornare a casa. Le lacrime le offuscavano un poco la vista e lasciò che fosse il suo istinto a guidarla. Forse fu proprio questo che le permise di tornare sana e salva.
"Ma che caspita hai?!"
Esclamò Cassiopea una volta arrivate, strappando la propria mano dalle grinfie della cugina e massaggiandola. Gretchen respirava in modo affannoso e si asciugò le lacrime cercando di non farsi notare troppo dalla cugina. Ma la smemorella era terribilmente perspicace e si accorse del rossore degli occhi della tutrice. Le poggiò una mano sulla spalla.
"Che succede?"
"Scusa Cass, odio davvero tanto i posti affollati e poi, se devo essere sincera, non ho mai avuto delle sigarette alla cannella, deve essere stato un momento di cacosmia."
"Cacoche?"
"Cacosmia."
Sospirò Gretchen passandosi una mano tra i fini capelli biondi e infilando la chiave nel lucchetto.
"Si tratta di un'allucinazione olfattiva, comune tra le persone che hanno subito un trauma cranico, volevo portarti a casa per farti stare tranquilla, ma mi sono persa e in mezzo alla folla mi è salito il panico. Scusa."
Rise la bionda, iniziando ad entrare in casa. Lo sguardo della ragazzina si addolcì. Cassiopea si avvicinò a Gretchen e le mise un braccio intorno alle spalle. La donna in un primo momento s'irrigidì, ma dopo pochi istanti si rilassò e ricambiò l'abbraccio della cugina.
"Hah, e pensare che dovrei essere io a prendermi cura di te, adesso mi riprendo, sta tranquilla."
"Magari ti va di colorare un po' in quei quaderni rilassanti, prima di pranzo?"
Gretchen sorrise e si sedette a tavola, tirando fuori uno dei libri e dei colori.
"Pensi sempre e solo a mangiare tu, mi chiedo come faccia a restare così magra."
Cassiopea si sedette davanti a lei e, sorridendo, iniziò a sua volta a colorare.
"Io invece non capisco come fai a mangiare così poco!"
"Questione di gusti, suppongo."
Le due rimasero a colorare in silenzio, scambiando solo di tanto in tanto qualche pensiero riguardo al colore, all'immagine, o ai genitori di Cassiopea. Pranzarono anche in relativo silenzio, Gretchen cucinò una semplice pasta e un po' di carne per il secondo, mangiando poco come sempre e lasciando quasi tutta la sua porzione a Cassiopea, che come sempre era assillata da una pantagruelica fame. Cassiopea ogni tanto si sentiva in colpa per aver consumato il cibo della cugina, che ne aveva un evidente bisogno, ma non riusciva completamente a trattenersi. Dopo il lauto pasto, infine, Cassiopea, esausta, salutò la cugina e si andò a coricare, consapevole che quando si sarebbe svegliata, non si sarebbe ricordata più niente.
Gretchen la guardò salire le scale con un sorriso amaro sul viso, appena la vide sparire, il suo sguardo si fece più duro e il suo sorriso fece largo ad un'espressione accigliata. Si diresse verso la finestra ed iniziò a guardare fuori, cercando di capire se fosse stata seguita o meno. Pareva di no, ma per essere sicura, non sarebbe dovuta uscire per un paio di giorni, né lei né la ragazzina. Si allontanò dalla finestra, lo sguardo ancora truce e si lasciò cadere sul divano con un tonfo.
Aveva perso la calma.
Si era lasciata prendere dal panico. Colpa di quella dannatissima cannella, quella ripugnante spezia che non aveva motivo di esistere.
Gretchen si passò una mano tra i capelli, sospirando. E tanto per aggiungere al dramma, erano state viste. Lui, quell'uomo, le aveva adocchiate in quella massa di gente. Sebbene fosse stato un incontro brevissimo, puntuato solo da una domanda e una risposta, sapeva perfettamente che aveva attirato l'attenzione dell'uomo e che ora le sarebbe rimasto sulle calcagne fino alla fine del tempo stesso.
I fili del destino iniziavano a tirare in direzioni sfavorevoli, avrebbe dovuto risolvere la situazione al più presto, altrimenti se la sarebbero vista brutta.
Gretchen si passò una mano sul viso, sentendo di nuovo le lacrime cercare di farsi strada sul suo viso. Premette forte i palmi sugli occhi, cercando di evitare di piagere a qualsiasi costo. Si lasciò cadere sul divano e aspettò.
Cosa aspettava non lo sapeva, ma era abituata ad aspettare e conoscendo questo mondo marcio in cui si trovava sapeva che prima o poi le risposte le sarebbero arrivate, che le piacesse o no.
Passarono un minuto.
Poi due.
Infine tre.
E poi bussarono alla porta.
Gretchen, sospirando, si avvicinò in modo quatto alla porta e sbirciò dall'occhiello della porta per vedere chi fosse, temendo il peggio. Rimase abbastanza sorpresa nel vedere Nancy, che la guardava attraverso l'occhiello, sorridendo.
"Allora, mi fai entrare o no?"
Gretchen aprì la porta, lentamente.
"Scusa, pensavo potesse essere qualcun altro."
"Non c'è problema."
Nancy si lasciò entrare, accomodandosi subito a tavola, iniziando a sfogliare con calma i libri colorati dalle ragazze.
"Bella idea quella dei libri, te l'ho già detto?"
"Ti chiedo scusa ma sono stanca, dimmi tutto quello che hanno detto le analisi e basta, che dopo devo fare il discorso a Cass."
"Certo, è molto stancante, ti avevo avvertita, ma fin ora hai fatto un lavoro davvero splendido, è come se avessi già gestito persone con queste sfide..."
"Imparo in fretta."
"Certo, certo. Le analisi hanno avuto buoni risultati, da quello che abbiamo visto non ha alcuna malattia presa in questi giorni e non pensiamo abbia ricevuto violenze da parte di nessuno."
"Bene."
"Sono d'accordo."
"Bene. Arrivederci."
Gretchen le aprì la porta di casa, non prima di aver controllato se ci fosse qualcuno fuori ad osservarla. Questo comportamento non passò inosservato agli occhi allenati di Nancy, che non fece altro che accavallare le gambe e guardarla, inclinando un poco la testa.
"Ti vedo turbata."
"Sono solo stanca."
"Ne sei davvero sicura? Sono qui anche per aiutare te, non devi tenerti tutto dentro."
"Non voglio essere psicoanalizzata da lei, o da chiunque altro, grazie."
"Non puoi andare avanti così, hai bisogno di aiuto per prenderti cura di lei, Gretchen."
"L'ho fatto fin ora, posso farlo ancora."
Nancy inarcò un sopracciglio.
"Vorresti forse dire che sei riuscita a reggere una situazione come questa per molto tempo e che non hai bisogno del mio aiuto? O che forse ti eri preparata perché sapevi che sarebbe successo qualcosa di terribile, tipo un omicidio..."
"Non ho mai detto questo, non mi metta parole in bocca."
"Sei una donna molto interessante, te l'hanno mai detto?"
"Anche lei lo è, magari un giuro riuscirà a spiegarmi come esattamente è riuscita a diventare una psichiatra e una neurologa allo stesso tempo all'età di soli trent'anni, sono sicura che sarebbe una storia davvero interessante."
Rimase il silenzio tra le due per diversi attimi, finché Nancy non sorrise e si alzò dalla sedia.
"Che sia ben chiaro, Gretchen, non voglio alcun male né a te né a nessun'altro, anzi, sono molto felice di questo svolgersi degli eventi, presagisce un continuo a dir poco...emozionante."
"Le ripeto che sono stanca, devo occuparmi dell'ultimo parente che mi sia rimasto in vita."
"Certo, ti lascio al tuo meritato riposo. Arrivederci Gretchen, ci vediamo tra qualche ora."
Detto questo, la psichiatra uscì fuori e Gretchen sbatté la porta dietro di lei.
La bionda si fiondò sul divano e pianse. Pianse forte, finché le sue preoccupazioni si dissolsero in un mare di sonno e sogni, interrotto solo dall'insistente suoneria di una sveglia che le ricordava che il suo lavoro non era ancora finito.



Nota dell'Autrice: Grazie mille di aver letto fin qui!
Come sempre, questo è il mio primo scritto, quindi commenti, pensieri e critiche sono sempre apprezzate <3
Mag

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