Under the bright stars

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** PESCE D'APRILE ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Under the bright stars

Prologo

 

Marinette osservava le stelle, appoggiata contro la balaustra del balcone, e nonostante il vento che iniziava a farle sentire un certo freddo, non voleva per nessuna ragione rientrare in camera sua, dove Tikki riposava dopo un brutto combattimento con un akuma particolarmente molesto.

Era stata una giornata dimenticabile, e la ragazza non fremeva di certo dalla voglia di concluderla e avvicinarsi al giorno successivo, dove le conseguenze delle sue azioni l’avrebbero perseguitata sia come Marinette che come Ladybug.

Si cinse in un abbraccio per riscaldarsi e confortarsi al tempo stesso. Era stata davvero una stupida, quel giorno. Aveva ferito i sentimenti di una delle persone più importanti per lei solo perché era nervosa a causa di Adrien, che oltretutto, ormai l’aveva capito, non avrebbe mai provato nulla per lei.

Come aveva potuto essere così cieca da non accorgersi che aveva già una ragazza in mente, e non la vedeva come nient’altro che un’amica.

Solo un’amica, per sempre un’amica.

Le lacrime minacciavano di uscirle, e sentiva un enorme peso nel petto, come se il cuore minacciarsi di spezzarsi in due, ma doveva essere forte, calma, e pensare positivo. Non poteva rischiare che Papillon decidesse di prenderla di mira come prossima vittima per una delle sue pericolose akuma.

Anche se il dolore era molto, e non credeva di essere in grado di reggere. Non lì, non da sola, non dopo aver detto velatamente al suo collega e migliore amico che poteva benissimo cavarsela anche da sola contro Papillon, e che era stato quasi un peso più che un aiuto.

Come poteva essere stata così crudele?!

Aveva pugnalato un punto già ferito, e lo sapeva benissimo anche mentre glielo diceva, ma non era riuscita a fermarsi né a scusarsi subito.

E quando i suoi occhi verdi si erano spezzati, aveva abbassato lo sguardo, e se n’era andato, era ormai troppo tardi.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro e cambiare le sue parole, ma doveva rassegnarsi.

E rassegnarsi anche al fatto che Adrien, il suo Adrien, non sarebbe mai stato suo e non l’avrebbe mai vista come più che una semplice amica.

Sospirò, ormai arresa e pronta a rientrare e affrontare la notte che l’avrebbe inevitabilmente e troppo in fretta portata al giorno successivo, ma quando si girò verso la porta, fece un balzo che per poco non la fece cadere di sotto.

-Chat Noir?- chiese, sorpresa.

Infatti l’ultima persona dopo Adrien che avrebbe voluto vedere quella notte era appollaiata sul suo camino, a guardare le stelle proprio come lei, e sentendosi chiamare sobbalzò a sua volta.

-Oh, Marinette! …giusto? Non volevo spaventarti. Stavo facendo un giro di controllo e mi sono fermato un attimo a riprendere fiato- si mise in fretta in piedi cercando di assumere la sua solita rilassatezza, e in una situazione normale Marinette non avrebbe esitato un attimo a prenderlo in giro sul fatto che non avrebbe dovuto aver bisogno di riposarsi, tanto era “grandioso”.

Ma in quel momento non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, e alzò nuovamente la testa per fissare i suoi occhi tra le stelle.

-Le stelle sono bellissime, oggi, vero?- osservò, quasi tra sé e senza sapere neanche lei perché lo stava dicendo.

Chat Noir smise di sorridere, e fece altrettanto.

-Già. Anche se la notte è un po’ fredda- commentò a sua volta, ritornando poi ad osservare la ragazza che ancora si abbracciava in un goffo tentativo di riscaldarsi -Dovresti metterti qualcosa addosso- le consigliò.

Marinette scosse la testa.

-Sto bene, non preoccuparti- si impose di guardarlo e sorridergli. Lo aveva già deluso abbastanza come Ladybug, non poteva farlo anche come Marinette.

-È il mio lavoro preoccuparmi dei cittadini di Parigi- affermò con sicurezza, martirizzando la sua sdraio e avvolgendole il tessuto attorno per riscaldarla.

Marinette non riuscì a trattenersi dal sorridere.

-Spero che dopo me la riaggiusterai, micetto- lo prese in giro, stringendo la coperta improvvisata e sentendosi subito meglio. Chat Noir si mise la mano sul cuore.

-Assolutamente sì. Promesso- 

-Potevo sempre rientrare e basta- aggiunse poi lei, appoggiandosi nuovamente alla balaustra e dandogli le spalle, quasi incoraggiandolo ad avvicinarsi e a venirle affianco.

Lui sembrò capire il messaggio, e con un balzo si sedette sul parapetto, la schiena verso l’orizzonte.

-Giornataccia, principessa?- chiese poi, andando dritto al punto, notando l’espressione distrutta della ragazza, che continuava a fissare le stelle come cercando una qualche risposta.

Marinette annuì, e sorrise nostalgica al soprannome che Chat le aveva affibbiato quando aveva dovuto proteggerla da Dessinateur.

-Ti capisco benissimo, ma non lasciare che i pensieri negativi ti contagino. Pensa a qualcosa di bello- provò a consigliarle. 

Marinette intuì senza problemi il suo doppio fine.

-Tranquillo, Chat Noir, non ho intenzione di farmi akumizzare da Papillon- lo rassicurò, asciugando una lacrima abbastanza audace da essere uscita in superficie, e guardandolo accennandogli un sorriso.

Il supereroe alzò le spalle.

-Meglio prevenire che curare. E poi non ho proprio voglia di affrontare un altro akuma. Anche se sicuramente Ladybug può pensarci anche da sola- nonostante il tono casuale e rilassato, Marinette notò che gli occhi fissi sul cielo erano taglienti come rasoi, e feriti.

Sentì come se la pugnalassero in pieno petto.

-Ladybug sarebbe persa senza di te- ci tenne ad affermare, pur sapendo che dalla sua bocca quelle parole non assumevano lo stesso significato.

Chat Noir si girò comunque a guardarla, sorpreso, ma lei aveva già nuovamente sollevato lo sguardo verso le stelle, e stringeva i denti cercando di trattenere le lacrime e le parole causate dal senso di colpa che volevano con urgenza venir fuori, ma che avrebbero messo a serio rischio la sua identità segreta.

-Lo pensi davvero?- chiese lui, stupito, e per un attimo quasi risollevato.

Poi scosse la testa -Non credo, però. Alla fine la vera eroina è lei. È l’unica che possa purificare l’akuma, e io sono solo la spalla che si prende i proiettili per lei. Chiunque potrebbe essere Chat Noir- si buttò nuovamente giù, armeggiando distrattamente con l’anello che portava al dito, e parlando quasi solo tra sé.

Marinette si allarmò, notando come il collega sembrava quasi in procinto di togliersi il miraculous.

Non riusciva a credere che parole dette solo perché aveva il cuore spezzato potessero aver avuto un tale effetto sul suo partner.

-Io vi ho sempre considerati colleghi. Se non ci fossi tu Ladybug avrebbe rischiato di soccombere agli akuma più volte. E poi senza di te Ladybug avrebbe ceduto il suo Miraculous a Volpina- ricordò, cercando di rassicurarlo.

-Tu come lo sai?- chiese lui, confuso.

Il cuore di Marinette perse un battito, e i suoi occhi vagarono in giro in cerca di una soluzione rapida per giustificare la sua conoscenza di fatti non pervenuti alla stampa.

-Ehm… la mia migliore amica… Alya! Sì, lei è… lei è sempre in giro a controllare Ladybug e Chat Noir per il suo Ladyblog, me lo ha detto- disse in fretta, e cambiò immediatamente argomento prima che Chat Noir potesse indagare ulteriormente -E poi mi hai salvato quando mia nonna è stata akumizzata. Non posso dimenticarlo. Siete i salvatori di Parigi, tutti e due. Se qualcun altro fosse Chat Noir non sarebbe la stessa cosa- si strinse addosso il telo della sdraio per stare più calda, e per la prima volta da quando quella strana conversazione era partita riuscì a guardarlo negli occhi, e i loro sguardi si incrociarono. Chat Noir la guardò immensamente grato, e poi piegò la testa e si fece indagatore.

-Tu perché sei giù di morale? Se vuoi parlarne io sono un buon ascoltatore- la incoraggiò sentitamente.

Marinette si morse il labbro inferiore.

-Sbaglio o noi finiamo sempre per parlare quando siamo entrambi giù di morale?- tentò di cambiare argomento, ricordando il giorno in cui Adrien non si era presentato a prendere un gelato e lei, come Ladybug, non aveva raggiunto Chat Noir all’appuntamento non effettivamente programmato.

Il giorno in cui si era resa conto che il suo partner era davvero innamorato di lei, e non flirtava solo perché era nella sua attitudine.

Ricordarlo rendeva la sua critica nei suoi confronti ancora più dolorosa.

-Sembrerebbe di sì. Ne deduco che ha a che fare con quel famoso ragazzo che ti piace?- indagò ulteriormente Chat Noir, con una punta di rimpianto che Marinette non riuscì a capire.

-Famoso non direi… cioè, sì, è abbastanza famoso, ma non è che sia così famoso il fatto che mi piace, comunque…- presa alla sprovvista Marinette iniziò a borbottare tra sé cercando di riprendersi e cambiare nuovamente argomento, ma la risatina sommessa di Chat Noir la interruppe, e si prese il volto tra le mani, rossa per l’imbarazzo.

-Famoso? Mi chiedo chi potrebbe essere. Di certo è uno sciocco se non gli piace una ragazza speciale come te- tentò di risollevarle il morale, guardandola con una punta di tristezza.

-Oh, non credo proprio che potrei mai piacergli. Insomma, sono sempre così impacciata davanti a lui, e poi mi vede solo come un’amica, non fa altro che ripeterlo. E mi piace essere sua amica, solo che vorrei tanto che mi notasse. Alla festa di Chloe abbiamo ballato insieme, e sembrava davvero che potesse succedere qualcosa… -Chat Noir sgranò gli occhi, ma Marinette era troppo occupata a guardare nuovamente il cielo tra le dita socchiuse davanti al suo viso per rendersene conto -…ma poi oggi… credo proprio che gli piaccia qualcun altra. È stato abbastanza chiaro in classe- concluse, asciugandosi qualche altra lacrima sfuggita dai suoi occhi.

-Hai una cotta per… Adrien Agreste?!- Chat Noir per poco non cadde dalla balaustra, e si riprese appena in tempo.

Marinette si girò a guardarlo, senza capire la sua reazione ma prendendola come un’ulteriore prova che non avrebbe mai avuto chances con lui.

-Lo so che è troppo fuori dalla mia portata…- si riprese il volto tra le mani senza riuscire a trattenere un singhiozzo.

-No, no! Affatto! Sono solo sorpreso perché.. beh… tu puoi avere molto di  meglio di lui- provò a risollevarle il morale, mettendole una mano sulla spalla.

-Non esiste nessuno meglio di lui- obiettò lei.

-Alla fine è solo un modello assoggettato al padre. Cosa ci trovi in lui?- Chat Noir ancora una volta sembrava parlare più con sé stesso che con la sua interlocutrice, ma Marinette, nonostante il cuore spezzato, era ben decisa a difendere quello che aveva sempre sperato potesse essere l’amore della sua vita, anche se ultimamente non credeva più potesse essere tale.

-È un ragazzo gentilissimo, sempre pronto ad aiutare gli altri. Si impegna molto in quello che fa ed è sempre disponibile. E…- si interruppe, chiedendosi esattamente cosa altro gli piacesse di Adrien. Fu sorpresa nel notare che non conosceva la sua cotta bene come pensava, oltre i suoi doveri e i suoi hobby. Non aveva mai avuto l’occasione di conoscerlo per davvero, limitandosi a guardarlo da lontano e accontentandosi di quello che vedeva nelle sue interazioni con gli altri. Era perfetto, sì, ma a volte la sua perfezione sembrava una gabbia che lei non era mai riuscita ad aprire per vedere cosa ci fosse al suo interno.

La sua voce si perse, e tornò ad osservare le stelle -Ma cosa ne vuoi capire, tu. Non lo conosci- cercò di riprendersi.

-Ne saresti sorpresa- borbottò Chat Noir, incrociando le braccia.

-Come hai fatto a capire che era lui, comunque?- indagò poi lei, rendendosi solo in quel momento conto di non aver dato indizi evidenti, a meno che Chat Noir non fosse nella sua classe o comunque alla festa organizzata da Chloe.

Chat Noir sembrò a disagio per un momento, e come Marinette aveva fatto poco prima, iniziò a guardarsi intorno in cerca di un aiuto.

-Eh, ecco… io ero… alla festa di Chloe. Cioè, non alla festa, ma fuori dalla festa. Sì! Stavo facendo un giro di ronda e vi ho visto ballare. Poi è spuntato  fuori l’akuma e sono intervenuto- affermò senza troppa sicurezza.

-Comunque sono sorpreso. Molti sembrano adorare Adrien Agreste solo per la sua fama e la sua ricchezza. O perché è un modello- alzò gli occhi al cielo, irritato.

-No, è molto, molto di più- Marinette sospirò sognante, anche se i suoi dubbi sul fatto che non conosceva Adrien come credeva persistevano, e iniziavano ad infastidirla. Sentì di dover cambiare argomento. Non voleva parlare della sua cotta con il suo partner, soprattutto non nel momento in cui iniziava a porsi dei dubbi sulla veridicità. -Tu, invece? Cosa ci trovi in Ladybug?- chiese prendendo il primo argomento di conversazione che le venne in mente e pentendosi immediatamente dopo della domanda.

-Oh, beh… è coraggiosa, determinata. Simpatica. Insomma, certo, tu sei più divertente, ma…- questa frase colpì Marinette come un fulmine.

-Cosa?!- chiese, girandosi di scatto a guardarlo. Chat Noir si portò una mano alla bocca come se si fosse lasciato sfuggire la confessione del secolo, ma si recuperò quasi subito.

-Insomma, non tu tu, Marinette, eh eh… insomma, intendo solo dire che Ladybug non è molto divertente. Di certo non batte le mie spettacolari battute. Dopotutto con lei lavoro più che altro. Però è molto intelligente, e sveglia, e…- si interruppe, cercando qualcos’altro da dire, ma anche lui sembrava bloccato.

-Insomma, siamo partner, la conosco davvero bene, non puoi capire- concluse poi, risollevando la testa verso le stelle.

-Saresti sorpreso- commentò tra sé Marinette, facendo lo stesso.

Rimasero qualche secondo in silenzio, a braccia incrociate, ad osservare due punti diversi del cielo, immersi nei loro pensieri.

-Comunque sono stupita. Sembra che tutti amino Ladybug solo perché salva sempre tutti. A volte credo che le mettano troppa pressione. Dopotutto è solo una ragazza- aggiunse poi Marinette, spezzando il silenzio.

-È più di questo- obiettò Chat Noir.

Altri secondi di silenzio erano scanditi solo dal loro respiro, e dal vento che soffiava sulle loro testa scompigliando i capelli dorati del supereroe e muovendo la sdraio usata a mo’ di coperta di Marinette.

Marinette non riusciva a credere di essere davvero accanto a Chat Noir, avergli detto della sua cotta ed essere in un silenzio così confortante con lui, dopo una conversazione significativa e soprattutto seria.

Marinette non pensava neanche che Chat Noir potesse essere serio. Invece ogni giorno  la stupiva mostrando nuovi lati del proprio carattere.

E Marinette si chiese perché lo rifiutava con tanta sicurezza, senza dargli neanche una chance.

Adrien non l’avrebbe mai amata, Chat Noir era una persona meravigliosa che conosceva bene e di cui si sarebbe fidata con la sua vita, probabilmente anche con il suo segreto. Poteva contare su di lui, era generoso, divertente, simpatico, e all’occorrenza a quanto pare anche serio. Sempre pronto ad aiutare gli altri, disponibile e soprattutto sé stesso.

Marinette si era sempre considerata una persona molto libera, ma quando era Ladybug non poteva essere sé stessa. Doveva essere sempre la sua versione migliore per non deludere Parigi. Chat Noir invece, Marinette non era stupida e l’aveva capito, sembrava liberarsi da metaforiche catene ogni volta che sconfiggevano insieme qualche akuma o salvavano qualche cittadino in pericolo.

Si ritrovò senza rendersene conto a spostare lo sguardo la sua figura accanto a lei, e nello stesso istante anche lui si girò nella sua direzione, e nuovamente i loro sguardi si incrociarono.

E Marinette sentì qualcosa, nel suo petto, che non provava da tanto tempo, da quando quello che aveva considerato per molto tempo l’amore della sua vita non le aveva dato l’ombrello che custodiva gelosamente in camera sua.

Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata, e lei non capì assolutamente il motivo, anche se era davanti ai suoi occhi, e ormai quasi chiaro nel suo cuore.

Aveva finalmente fatto spazio a qualcun altro dopo essersi resa conto di stare idolizzando troppo la sua cotta, e Chat Noir si era preso tutto lo spazio disponibile in pochi istanti, come se premesse ormai da tempo per entrarci, e quello fosse il posto che gli spettava di diritto.

E Marinette era terrorizzata.

Come poteva sentirsi così attaccata a due persone contemporaneamente e in modo così forte?! Soprattutto così all’improvviso!

Distolse lo sguardo, rendendosi conto di stare fissando il suo partner da troppo tempo, e lo stesso fece anche lui.

Il vento iniziava a farsi sempre più forte, e le nuvole che trasportava stavano iniziando a coprire le stelle.

Chat Noir si mise eretto, e sollevò la mano in direzione della porta per rientrare.

-Beh, Principessa, credo che sia il caso che tu rientri a casa, prima di prenderti un bel raffreddore… e che io inizi a riparare la tua sdraio- le porse la mano come a richiedere la stoffa, e Marinette gliela porse titubante, ritornando poi ad abbracciarsi, per poi dirigersi verso la sua camera.

-Sono sicuro che Adrian si renderà conto di quanto tu sia speciale- le augurò con un sorriso incoraggiante.

Marinette si girò e gli sorrise.

Al momento non era poi così certa di volerlo davvero.

-Io spero che Ladybug riconosca il tuo immenso talento e ti dia una possibilità- più che una speranza, Marinette iniziava a pensare di farlo davvero e dimostrare a Chat Noir quanto lui significasse davvero per lei, o comunque quanto iniziasse a tenere a lui, ora che le speranze iniziavano a spezzarsi dalla sua parte.

Dopotutto Chat Noir era sempre stato con lei, al suo fianco. Quando era Ladybug, e ora anche quando era Marinette.

-Spero di rivederti, principessa- il supereroe le prese la mano e la baciò con dolcezza, facendola suo malgrado arrossire.

Ma che le stava succedendo?!

-Anche io, cavaliere in armatura di pelle- scherzò lei, facendo un goffo inchino.

-Magari non necessariamente per parlare della nostra vita amorosa in un momento di depressione- continuò a scherzare lui, ed entrambi scoppiarono a ridere.

Si guardarono per qualche altro secondo, due ragazzini imbarazzati e a disagio quasi all’improvviso, poi Chat Noir le fece l’occhiolino, e lei lo salutò con la mano, rientrando.

Il supereroe iniziò ad armeggiare con la sdraio per almeno un quarto d’ora e lei si ritrovò a fissarlo per tutto il tempo dalla finestra di camera sua, quasi sognante e senza credere ai suoi stessi sentimenti.

-Marinette, va tutto bene?- le chiese Tikki, raggiungendola e mettendosi sulla sua spalla.

-Mmmm? Ah, sì, Tikki. Solo… le stelle sono davvero luminose stasera, vero?- chiese, sognante, guardando tutt’altro.

Tikki osservò il cielo ormai completamente coperto dalle nuvole portate dal vento, poi Chat Noir che studiava la sdraio completamente senza idea di come aggiustarla.

-Già… le stelle sono davvero belle- le diede man forte, in tono malizioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un’ideauzza uscita in un dormiveglia che non ha collaborato a darmi il sonno. Spero comunque che la fanfiction sia uscita bene.

È un sacco di tempo che voglio scrivere su questo fandom, e dato che la Marichat è la mia ship preferita niente mi sembrava meglio di una semplice semplice Marichat ambientata sotto le stelle.

Spero che la fanfiction vi piaccia.

Potrei anche valutare di renderla una long, se dovesse avere un buon feedback, ma comunque per il momento è solo una one shot.

Fatemi sapere che ne pensare, non scrivo qualcosa da un po’.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Under the bright stars

Capitolo 1

 

Adrien non riusciva a dormire.

Aveva provato un po’ ad arrampicarsi sul muro di camera sua. Aveva giocato a biliardino contro un poco collaborativo Plagg e aveva letto alcuni dei suoi libri e fumetti.

Ora, alle quattro di notte passate, era sdraiato sul letto senza riuscire a prendere sonno, e fissava il cielo nuvoloso che iniziava già a schiarirsi con le prime luci dell’alba.

Quello che Marinette gli aveva detto quella sera lo aveva colto completamente di sorpresa.

Sapeva che le piaceva qualcuno, e l’informazione, quando l’aveva sentita la prima volta, gli aveva provocato un incomprensibile nodo allo stomaco, però non avrebbe mai immaginato che quel qualcuno potesse essere proprio lui.

Si aspettava avesse una cotta per Luka, sembravano parecchio in sintonia, o anche per Nathaniel, anche se effettivamente dopo l’akumizzazione del pel di carota Marinette lo aveva gentilmente rifiutato.

Ma mai avrebbe potuto immaginare di essere l’interesse romantico di una dei suoi migliori amici. 

E la faccenda lo mandava completamente in confusione, perché lui era innamorato di Ladybug, ma mentre parlava della sua cotta con l’unica persona a cui lo aveva palesato direttamente, si era reso conto di non conoscerla bene come credeva.

Ladybug aveva un sacco di segreti con lui, e nonostante combattessero insieme manteneva sempre un rapporto strettamente professionale, nonostante qualche normale confidenza ogni tanto.

Probabilmente lui si fidava e si apriva a lei decisamente più di quanto lei non facesse con lui, e solo in quel momento se ne rendeva conto.

E la sua cotta probabilmente mai ricambiata e quasi infantile lo aveva reso completamente cieco alle attenzioni di molte altre ragazze, soprattutto Marinette, che conosceva bene e di cui ogni giorno scopriva qualcosa di nuovo e fantastico.

Un lato diverso della sua personalità che la rendevano completa con i suoi difetti e le sue numerose virtù.

Su quel balcone, in quel momento, si era reso conto che non poteva permettere a Ladybug e alla sua sbandata che mai sarebbe stata ricambiata di precluderlo dall’amore in generale. 

Doveva cercare di dimenticarla e andare avanti, e benché fosse davvero difficile, nel momento stesso in cui il suo cuore aveva trovato un piccolo spazio per riempirsi di nuovo, Marinette era entrata prepotentemente in quel piccolo buco, e durante quella notte insonne stava battendosi con forza per farsi sempre più spazio e battere Ladybug.

E ci stava riuscendo.

Adrien sorrise tra sé, iniziando ad elaborare un modo per capire se i sentimenti che iniziava a provare per la sua compagna di classe fossero autentici o solo un modo di ingannarsi in modo da non ferirla.

Perché vederla sull’orlo delle lacrime, quella sera, era stato un colpo immenso al cuore.

In effetti si chiedeva ancora perché si era diretto proprio da lei quella notte, dopo che Ladybug gli aveva spezzato il cuore con quelle dolorose parole. Probabilmente perché si sentiva sempre rassicurato con la sua presenza.

Era una ragazza speciale, le voleva bene, e sapere che lei aveva una cotta per lui lo faceva stare ancora meglio.

Forse poteva organizzare un’uscita.

Dopotutto le doveva un film, dopo quella volta che la sua guardia del corpo akumizzata li aveva interrotti.

E mezza Parigi continuava ancora a crederla la sua fidanzata.

Chiuse gli occhi e iniziò a riflettere su come avrebbe potuto chiederglielo, su cosa avrebbe risposto, come avrebbe risposto.

E nel dormiveglia iniziò a pensare anche al catering che avrebbe scelto per le loro nozze, al vestito da sposa che le starebbe stato d’incanto.

Mentre piombava nel sonno stava pensando già a vivere felici in una casa super bella, magari con due bambini, no, anzi, tre. Già immaginava i nomi: Luis, Emma e Hugo. Emma ovviamente diminutivo di Emilie, e poi un cane… no, un cane no. Un gatto sembrava perfetto. E magari un criceto. Adrien adorava i criceti!

Si svegliò senza neanche rendersi conto di essersi addormentato, stanco morto, e con l’idea che doveva assolutamente ricomprare una sdraio a Marinette perché nonostante ci avesse messo un’ora per aggiustarla il lavoro non era uscito per niente bene.

-Adrien, devi prepararti per andare a scuola- la voce di Nathalie lo svegliò del tutto, ma la notte passata quasi in bianco si faceva sentire, e Adrien rischiò di addormentarsi per tutto il tragitto fino a scuola, tanto che il gorilla sembrava quasi tentato di riportarlo a casa per permettergli di dormire e recuperare il sonno perso.

Adrien non gli diede la possibilità di farlo, perché non appena vide Marinette, entrare a scuola con Alya sbadigliando sonoramente sembrò ritornare a vivere, e scese in fretta dall’auto piombando davanti alle ragazze così in fretta da far quasi cadere all’indietro Marinette, che sembrava stanca quanto lui.

-Buongiorno ragazze!- le salutò con un sorriso, sfoderando la sua migliore aria da modello per impressionare Marinette, e convinto di avercela fatta.

-Ciao Adrien, anche tu non hai dormito stanotte?- chiese però Alya, rompendo le sue speranze.

Effettivamente nonostante la sua freschezza sempiterna, al momento esibiva due occhiaie così profonde che suo padre, nel suo antro malefico, stava riflettendo sul prezzo di listino che avrebbe dovuto mettere quando le avrebbe aggiunte come borse alla sua nuova collezione primaverile.

-Sto una favola- tagliò corto lui, anche se non era affatto così, poi si rivolse alla compagna assonnata.

-Marinette, mi chiedevo… se…- ma la sua sicurezza iniziò a vacillare all’improvviso.

Lui, che con la sua cotta eterna flirtava come se non ci fosse un domani, e aveva dato consigli a Nino quando anche lui voleva chiedere alla stessa Marinette di uscire, in quel momento non sapeva cosa dire.

Solo che Marinette, davanti ai suoi occhi, sembrava una visione, con quelle occhiaie che se la battevano con quelle di Adrien per profondità, gli occhi smorti e i capelli spettinati.

-…sì, Adrien?- lo incoraggiò lei, arrossendo a disagio e torturandosi il lembo della giacca.

-…sì, ecco…- Adrien prese un profondo respiro per trovare il coraggio, e si impose mentalmente di essere Chat Noir per un momento. 

-Vorresti venire…?- ma proprio in quel momento Nino li raggiunse e lo interruppe abbracciandolo da dietro, e il suono della campana fece disperdere Marinette e Alya, per niente intenzionate a fare ritardo.

-Ci vediamo dentro!- li salutò Alya.

Marinette fece loro un cenno.

Dannazione! Ce l’aveva quasi fatta.

Va bene, non doveva darsi per vinto, aveva tutto il giorno per chiederglielo.

-Amico, stai bene? Sembri appena uscito da un akuma che ha tentato di ucciderti- osservò Nino notando le sue occhiaie.

Cercando, senza successo, di trattenere uno sbadiglio, Adrien lasciò cadere l’argomento.

-Sto bene, tranquillo. Ho dormito poco. Che materia abbiamo adesso?- chiese, dirigendosi con l’amico all’armadietto.

-Fisica, in effetti ci conviene sbrigarci se non vogliamo venire mandati dal preside. La Mendeleiev ultimamente è più nervosa del solito- Nino lo incoraggiò a sbrigarsi, e dopo aver preso i libri dall’armadietto i due ragazzi riuscirono ad arrivare in classe per il rotto della cuffia, quando la professoressa non era ancora arrivata.

-Marinette! Come stavo dicendo prima…- Adrien provò ad approfittare del momento per invitare la compagna a vedere un film, e piegò all’indietro la testa in modo da guardarla.

Ma quel giorno la fortuna non sembrava volergli sorridere, perché proprio in quel momento la professoressa più rigida della scuola entrò sbraitando e pretendendo il massimo silenzio.

-Parlerete dopo- Nino lo incoraggiò a tornare dritto, e con una certa riluttanza Adrien eseguì, e i suoi occhi persero la visione della bella ragazza per posarsi sulla professoressa di fisica, e provò ad ascoltare la lezione, anche se con quel sonno e con tutti i suoi confusi pensieri e sentimenti era più difficile del solito.

Tentò di consolarsi con le parole del suo migliore amico. Aveva ragione, dopotutto, aveva tutta la giornata.

Ma il “dopo” promesso da Nino non sembrava voler arrivare tanto presto.

L’ultima ora di lezione, infatti, si era ormai rassegnato ad elaborare un piano per chiederlo prossimamente, magari quando sarebbe stato un po’ più sveglio, e approfittava di una breve assenza di Madame Bustier per sonnecchiare sul banco.

-Hey, Alya, questo weekend ti va di venire al cinema con me?- la frase sussurrata da Nino alla ragazza dietro di lui lo fece sollevare di scatto.

-Si!- esclamò senza alcuna logica, catturando l’attenzione di mezza classe, soprattutto i tre ragazzi che gli stavano rispettivamente di fianco e dietro.

-Ehm, Adrien, Nino lo stava chiedendo a me- gli fece notare Alya, con una mezza risatina. –Tu e Marinette dovreste dormire un po’ di più- osservò, tirando una pacca sulla testa della migliore amica, che grugnì mezza addormentata, spingendola giocosamente.

-Sì! …ehm, hai ragione Alya. Intendevo che io e Marinette potremmo unirci a voi. Ti va di uscire, Marinette?- chiese alla ragazza, con un sorriso speranzoso.

Marinette sembrò svegliarsi di scatto, e arrossì, incapace di rispondere, completamente ammutolita.

Adrien la trovò particolarmente adorabile. Come aveva fatto a non accorgersi prima di quanto fosse carina.

O meglio, aveva sempre saputo quanto fosse fantastica, ma mai l’aveva vista in un modo diverso dalla semplice amica, troppo concentrato su Ladybug.

Dato che il silenzio e i borbottii iniziavano a protrarsi fin troppo, tanto che Adrien si chiese se aveva detto o fatto qualcosa di sbagliato, o si fosse per sbaglio trasformato in Chat Noir senza rendersene conto, Alya rispose per Marinette.

-Ma certo che ci va di fare un’uscita a quattro. Poi è uscito il nuovo film su Mejestia, non vediamo l’ora di vederlo. Facciamo sabato pomeriggio alle cinque?- propose a Nino, che annuì, lanciando un’occhiata maliziosa ad Adrien. Alya fece lo stesso con Marinette.

-Fantastico! Perfetto! Le cinque sono perfette. Non vedo l’ora!- Adrien annuì vistosamente, poi crollò nuovamente sul banco, più addormentato che in piedi.

-Ma che ha oggi?- chiese Alya sottovoce a Nino, un misto tra divertita e preoccupata.

-Qualsiasi cosa abbia preso, ne voglio un po’ anche io- scherzò lui, tirandogli una ciocca di capelli e guadagnandosi una specie di soffio felino.

Marinette era ancora sull’orlo dell’infarto, e quando Madame Bustier tornò rimase un attimo interdetta nel notare la situazione dei due studenti.

Dato che era l’ultima ora di lezione e lei era la professoressa più dolce e paziente della scuola, scosse la testa con un sorriso rassegnato e continuò la sua lezione di letteratura, cercando di ignorare il bel addormentato e la sirenetta senza voce.

 

Quando Adrien uscì da scuola, oltre al Gorilla anche Nathalie era venuta a prenderlo, probabilmente con un annuncio da parte di suo padre.

Adrien era pronto a scommettere tutte le sue scorte di camembert che aveva che il risultato di quell’annuncio sarebbe stato che Gabriel Agreste non avrebbe avuto tempo di fare una delle tante cose che aveva promesso al figlio. Adrien ormai era abituato fin troppo bene a questo tipo di delusioni.

-Adrien, volevo informarti che tuo padre ha deciso di assumere una stagista per aiutarlo con alcune faccende- esordì lei, saltando i convenevoli che non sarebbero serviti ad addolcire qualunque pillola volesse propinargli.

Anche se in quel caso l’annuncio sembrava stranamente positivo.

-Sarà un po’ più libero?- chiese speranzoso.

-In realtà deve indire un concorso per scegliere la candidata più adatta e addestrarla a dovere, perciò è improbabile che per qualche tempo si presenti nelle vostre cene settimanali. Ma mi ha detto di informarti che puoi chiedere qualsiasi cosa tu voglia per scusarsi. Una nuova scorta di camembert?- provò ad indovinare Nathalie. Era la sua risposta ogni volta che suo padre cercava di barattare le attenzioni e l’affetto che avrebbe dovuto dedicargli con un regalo che in ogni caso sarebbe stata Nathalie a comprare.

Questa volta però Adrien aveva un’idea diversa.

-Voglio una sdraio. E non un modello qualunque. Esattamente questa qui!- prese il telefono e mostrò alla segretaria la foto presa da internet del modello di sdraio di Marinette. 

Chissà, forse sarebbe riuscita a scambiare quella rotta con una nuova addirittura quella sera, di solito Nathalie era molto efficiente.

L’assistente la osservò con un sopracciglio sollevato, e si segnò un veloce appunto sul taccuino.

Adrien era felice che fosse così professionale da non giudicarlo, almeno non apertamente, perché effettivamente le sue costanti richieste di formaggio puzzolente e adesso anche di una sdraio a strisce rosa poco mascolina sarebbero risultate alquanto bizzarre per qualsiasi altra segretaria.

Suo padre era fortunato ad averla, e di riflesso lo era anche Adrien, che vedeva molto più lei del genitore, e apprezzava la sua compagnia, anche se il suo essere così rigida non la rendeva un grande spasso con cui passare il tempo.

Era quando faceva un bilancio della sua vita familiare che Adrien sentiva davvero la mancanza di sua madre, come una pietra pesante nel petto che non sembrava volersi sfaldare tanto presto.

Tra il padre assente, la segretaria rigida e la guardia del corpo di poche parole, una carezza affettuosa, un abbraccio, o una semplice parola di conforto sembravano un sogno lontano dalla sua portata.

Persino quando era con i suoi amici si sentiva in qualche modo isolato, diverso, privo di affetto o comunque poco incline a riceverne.

Almeno non come lo era da Chat Noir. Quando era Chat Noir sembrava sbloccarsi quasi del tutto, e affrontare il crimine con la sua Lady sembrava, anche solo per un momento, eliminare la pesante pietra dal petto.

Chissà che non stesse commettendo un errore a liberare il suo cuore così in fretta. 

Forse stava affrettando le cose, forse era solo arrabbiato con Ladybug, e per questo credeva inconsciamente che Marinette, così simile alla sua Lady in un certo senso, potesse essere una valida alternativa.

Sperava proprio di no! Marinette non se lo meritava. Lei era speciale.

Pensando alla sua nuova cotta iniziò prendere del tutto sonno, e in men che non si dica un sonno profondo lo travolse, al quale non riuscì ad opporsi.

Quando si svegliò, qualcuno, probabilmente il Gorilla, lo aveva portato a letto, e tolto le scarpe.

Si sentiva abbastanza riposato, e Nathalie gli aveva portato del formaggio e la sdraio da lui ordinata.

Adrien controllò l’orologio, erano solo le cinque del pomeriggio, una velocità incredibile persino per lei.

Sorrise tra sé, riflettendo su quale fosse l’orario migliore per andare come Chat Noir a casa di Marinette e fare lo scambio.

In quel momento non era il caso, era ancora giorno e avrebbero potuto vederlo in molti, Marinette compresa.

Forse doveva aspettare la notte, sarebbe stato più semplice e meno probabile che Marinette lo scoprisse. Sembrava esausta, sicuramente sarebbe andata a dormire presto.

Doveva solo imporsi di non fare troppo rumore.

Dopo aver studiato, aver finto di studiare pianoforte ma essersi limitato a giocherellare con i suoi modelli di Chat Noir e Ladybug (forse doveva creare una nuova bambola con l’aspetto di Marinette) ed aver cenato rigorosamente da solo, Adrien aspettò, al buio sdraiato sul suo letto, che ogni suono cessasse nei corridoio bui di casa sua e una volta raggiunto il silenzio assoluto, si avviò alla finestra, e la aprì cautamente. 

Per fortuna aveva convinto Natalie a non impostare l’allarme notturno alla finestra di camera sua, con la semplice scusa che spesso preferiva lasciare uno spiraglio aperto perché altrimenti si sentiva soffocare. 

Dato che era parecchio in alto Natalie aveva acconsentito con la sua solita flemma.

-Plagg, dove sei?- chiamò il kwami, che aveva la strana abitudine di dormire tra i suoi calzini, di notte.

-Devi proprio trasformarti adesso? Sono esausto!- si lamentò, come al solito, lui.

-Ma se non hai fatto niente tutto il giorno- osservò Adrien, scovandolo nel cesto dei panni sporchi.

-Ma ieri è stato estenuante- continuò a lamentarsi lui, seppellendosi tra i calzini.

Adrien scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, per poi sollevare il braccio destro.

-Plagg, trasformami!- ordinò al kwami, che non poté fare altro che obbedire.

Meno di dieci minuti dopo, come Chat Noir e con una sdraio ancora inscatolata sottobraccio, era sul balcone di Marinette, e si guardava intorno come se dovesse veder comparire Papillon da un momento all’altro.

Con un balzo felino atterrò proprio davanti alla sdraio mezza distrutta, e posò accanto quella nuova.

Dalla scatola sembravano perfettamente identiche, Marinette non avrebbe notato la differenza.

Ma prima che potesse esibirsi in un sorrisino di vittoria un po’ troppo affrettato, una risatina lo fece sobbalzare e quasi cadere giù dal balcone.

-Ancora qui?- chiese la voce divertita di Marinette, sporgendosi oltre il balcone dove Chat era riuscito a riaggrapparsi solo per via dei suoi riflessi da supereroe magico. 

-Non dovresti essere a letto?- chiese lui leggermente imbarazzato per essere colto in castagna.

-Stavo per andare. Tu invece? Ti stavi di nuovo riposando dopo…- l’intuizione di Marinette si interruppe quando vide il pacco ancora incartato posato accanto alla sua sdraio, e il fiato le morì in gola.

-Ehm… ti avevo promesso che ti avrei aggiustato la sdraio, e sono venuto per mantenere fede alla mia promessa… in un certo senso…- Chat Noir non si era mai sentito così a disagio, alla faccia di sentirsi libero quando assumeva le vesti di supereroe. Chissà perché Marinette riusciva a metterlo in soggezione.

La ragazza si avvicinò al pacco senza parole, come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, proprio mentre Chat Noir riusciva a ritornare sul balcone. 

Si mise appoggiato alla balaustra, senza sapere bene cosa dire o cosa fare.

-Mi hai ricomprato la sdraio?- chiese Marinette, come se non riuscisse a credere che l’avesse fatto davvero.

-Beh, si può dire così… di certo non l’ho rubata. Sono un supereroe, io!- ci tenne a sottolineare, cercando di assumere un tono sicuro.

Quando Marinette si girò a guardarlo, con le guance imporporate e un enorme sorriso riconoscente, la sua sicurezza venne nuovamente meno.

Ma che gli stava succedendo?! Con Ladybug non era mai così!

-Grazie! Non dovevi! Il lavoro che avevi fatto prima era abbastanza!- gli si avvicinò lentamente.

-Oh, beh, era il minimo. Non potevo rischiare che la mia civile preferita si facesse male cadendo da una sdraio difettosa- si sminuì lui, ostentando il solito tono di superiorità.

Il sorriso di Marinette si espanse, ma la ragazza assunse anche un’espressione alquanto maliziosa.

-La tua civile preferita, eh? Chi mi dice che non fai questo teatrino con tutte le ragazze che incontri?- lo prese in giro, facendogli suonare la campanella al collo.

Chat Noir finse di prendersela.

-Oh, vedo che oggi siamo insolenti, eh? In quanto amministratore della giustizia qui a Parigi potrei arrestarti per insulto a pubblico ufficiale e sequestrarti la sdraio- la prese in giro.

-Se è quella difettosa fai pure, gattino- lo incoraggiò lei, ed entrambi scoppiarono a ridere.

-Ti sento più allegra, hai passato una bella giornata?- indagò poi lui, sperando avesse apprezzato il suo invito mattutino.

Marinette piegò la testa, valutando il modo migliore in cui rispondere.

-Beh… non saprei a dire il vero- disse poi, dopo una pausa troppo lunga per gli standard di Chat Noir, che si sarebbe aspettato un farfugliare confuso su Adrian o comunque un sorriso gioioso all’idea che uscissero.

Lui non stava più nella pelle, pensava fosse lo stesso anche per Marinette… non aveva una cotta per lui?

-Cosa è successo?- indagò ulteriormente, deciso a scoprire cosa ne pensava davvero ma cercando comunque di non forzarla a rivelare qualcosa che non voleva.

-Adrien mi ha invitato al cinema- rispose Marinette, pensierosa.

-Perfetto. Magari c’è speranza, allora- la incoraggiò lui.

-Sì, ma… è solo un’uscita tra amici, non voglio darmi false speranze. E poi era stanchissimo oggi, magari non se n’è neanche reso conto- Marinette sospirò, un po’ incerta su cosa pensare.

Chat Noir si sentì triste per lei.

-Sono sicuro che sarà una bella serata- la rassicurò, sorridendole complice.

Marinette lo guardò grata, e sorrise arrossendo leggermente.

Il loro volti erano a pochi centimetri di distanza, e il silenzio che iniziava a crearsi era parecchio significativo.

Solo che in quel momento Marinette non riuscì a trattenere un profondo sbadiglio, che ruppe lo strano momento che si era venuto a creare.

-Forse è meglio che tu vada a dormire. Ci penso io alla sdraio- la incoraggiò, allontanandosi e cominciando a spacchettare.

-Sicuro che non avrai bisogno di aiuto?- chiese lei, stropicciandosi gli occhi assonnati.

-No, ce la posso fare… credo… nel caso te la lascio qui e ci pensi tu domani- si scompigliò i capelli un po’ a disagio, notando i tanti pezzi strani.

Marinette si lasciò andare in un’ultima adorabile risatina, mentre si dirigeva lentamente all’entrata che portava in camera sua.

-Chat…- lo chiamò prima di entrare, lui si girò, senza sapere cosa aspettarsi.

-Grazie mille. Per quello che vale, anche tu sei il mio supereroe preferito- gli disse con dolcezza, inviandogli un piccolo bacio con la mano, che fu abbastanza per sciogliere il cuore di Chat Noir come un cioccolatino lasciato al sole in una giornata estiva.

Sorrise radiosamente, e le fece un elegante inchino.

-Sempre al suo servizio, principessa- ricambiando poi il bacio, che Marinette finse di afferrare.

-Questo lo rivendo. Chissà quanto ci faccio con un bacio di Chat Noir- scherzò comparendo con una risatina.

-Merce rara, i miei baci- si atteggiò lui, sentendola ridere prima di vederla sparire alla tua vista.

-Ma solo tuoi- sussurrò poi, tornando dopo un’ultima occhiata alla porta al suo compito, e sperando di riuscirci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Vista la esagerata e inaspettata richiesta ho deciso di continuare la storia, e spero davvero di non rovinare tutto.

Ho progettato un totale di circa 14/15 capitoli con un finale aperto, ma voglio fare una storia semplice da scrivere e da leggere, con capitoli corti e una trama semplice anch’essa.

Ci saranno probabilmente riferimenti a molte puntate di Miraculous e cercherò di renderlo il più fedele al canon possibile, per quanto me lo permetta il fatto che è una serie ancora in corso.

Spero di rendere abbastanza IC i personaggi, dato che è la mia più grande preoccupazione, e spero anche che la storia non cada nel banale come è molto facile in questo fandom.

E se anche dovesse essere banale spero comunque di fare un buon lavoro nello scriverla e descriverla.

Se avete commenti da fare, e volete sostenere la storia vi invito a lasciare una piccola recensione per farmi sapere se la storia vi sta piacendo o no, e nel secondo caso ditemi senza problemi cosa non va.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, i capitoli saranno divisi in modo che ognuno sia dal punto di vista di un personaggio diverso, quindi questo è dal punto di vista di Adrien mentre quello di prima era da quello di Marinette.

Il prossimo sarà ancora Marinette e così via.

Grazie davvero tantissimo per le numerose recensioni al prologo, che mi hanno dato una voglia di scrivere che non avevo da mesi.

Risponderò domani a tutte quante le recensioni, un bacione immenso e alla prossima :-*

Spero di non deludere le aspettative ^^”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Under the bright stars

Capitolo 2

 

Marinette passò i giorni successivi molto sulle sue, ignorando senza cattiveria i tentativi di Alya di capire cosa le stesse succedendo e perché fosse così distante, soprattutto dopo che Adrien l’aveva invitata al cinema.

Ma il problema principale era proprio quello, anche se non aveva alcun senso.

Solo che sembrava davvero assurdo che proprio nel momento in cui finalmente Marinette aveva deciso di lasciar perdere il biondino che da mesi le faceva battere il cuore come azionato da un manipolo di farfalle impazzite, lui le chiedesse di uscire.

A che scopo? Perché? Cosa intendeva lui con la frase “Ti va di uscire”? Intendeva come amici, o stava sperando di ottenere qualcosa di più?

Era ormai abbastanza certa che ad Adrien non sarebbe mai piaciuta, e ci era stata così male che aveva trattato malissimo Chat Noir, e forse si era sbagliata?!

Chat Noir… da quando aveva deciso di fare spazio nel suo cuore il supereroe e collega ci si era fiondato come fosse un negozio con saldi al 90%. 

E Marinette non sapeva più chi amare.

Certo, dopo l’invito al cinema la situazione tra Adrien e Chat Noir aveva visto passare Adrien in vantaggio pronto a scacciare il nuovo concorrente. Dopotutto Adrien era lì da molto tempo, era normale che un invito così caloroso, con quegli occhi semi-distrutti dal sonno ma sempre brillanti e incantevoli la conquistasse nuovamente e completamente. 

Ma quello che fermava ancora Marinette dall’andare a casa sua e dichiarargli amore eterno, oltre alla sua timidezza, era il fatto che Chat Noir, nonostante tutto, era riuscito ad entrare nel suo cuore, evento che aveva in sé dell’incredibile. 

Senza contare che, quando l’aveva visto dalla finestra girare furtivo con un pacco in mano, e poi aveva scoperto che le aveva ricomprato la sdraio solo perché non l’aveva aggiustata alla perfezione… nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per lei, e ora il suo cuore era diviso in due metà che si tiravano a vicenda e rischiavano di spezzarlo.

Da una parte un ragazzo come lei che però era lontano anni luce in un certo senso, dall’altra un supereroe con cui una relazione sembrava impossibile ma quasi più fattibile, per lei.

E il giorno del cinema arrivò fin troppo presto, senza che Marinette avesse preso una decisione o avesse fatto ordine nella sua testa e nel suo cuore.

Dopotutto lei e Adrien non avevano avuto molto modo di parlare, e non aveva visto Chat Noir né come Marinette, né come Ladybug, dato che non c’erano stati akuma da quando avevano discusso.

-Tikki… che devo fare?- chiese attraverso il cuscino doveva aveva buttato la testa. Mancavano un paio d’ore all’appuntamento e lei voleva avere almeno un po’ di ordine in testa, oltre a doversi preparare, e non aveva idea di cosa mettere.

Il kwami si posò sulla sua testa e le accarezzò dolcemente i capelli.

-Marinette, devi solo seguire il tuo cuore- le consigliò in tono mite.

-Ma è difficile!- si lamentò lei, girandosi abbastanza da farsi capire oltre il cuscino. Tikki le volò accanto per guardarla negli occhi -È come se il mio cuore fosse diviso in due metà identiche. Perché è così complicato? Come si possono amare due persone contemporaneamente. A volte mi dico che sarebbe molto più facile se sapessi chi è Chat Noir- tornò a seppellire il volto nel cuscino.

Tikki non sapeva come consigliarle, da una parte le dispiaceva molto per la sua protetta, dall’altra le veniva quasi da ridere per l’assurdità della situazione, anche se confermava solo il fatto che i due ragazzi fossero fatti l’uno per l’altra. Provò ad essere confortante.

-Non devi pensare ai tuoi sentimenti, solo provarli. Lascia parlare il tuo cuore e troverai la risposta quando meno te l’aspetti- la rassicurò. Marinette tornò a guardarla e le sorrise.

-Grazie Tikki- le fece una carezza con il dito, poi decise di alzarsi e prepararsi. 

Il suo kwami aveva ragione, lei pensava troppo, e quel pomeriggio al cinema era la sua grande occasione, non doveva permettere a supereroi gatti con la battuta troppo facile di rovinarle l’occasione di fare finalmente colpo sulla cotta che aveva da mesi.

Tikki accese la TV, per seguire le canzoni di Clara Nightingale, ma purtroppo non fece in tempo neanche a mettere il giusto canale, perché Nadja stava annunciando in diretta l’attacco di un nuovo akuma.

-Marinette, credo che la preparazione dovrà aspettare- la informò Tikki indicando la TV.

Marinette non riuscì a non sbuffare.

-Ma di tutti i giorni della settimana, proprio il sabato pomeriggio?!- si lamentò.

-Il crimine non dorme mai- osservò Tikki.

-Tikki, trasformami- le ordinò, e uscì subito dal balcone per dirigersi verso Place de la Concorde, dove l’attacco stava avvenendo.

Lanciò una veloce occhiata alla sdraio nuova, e sorrise tra sé.

Il fatto di dover combattere al fianco di Chat Noir aveva aggiunto una nuova sfumatura al suo dovere di supereroina, anche se non era proprio il momento migliore per incontrarlo, dato che rischiava di mandare a monte i buoni propositi appena formulati nella sua testa.

Si impose di rimanere concentrata e pensare solo a sconfiggere l’akuma nel minor tempo possibile. 

Arrivata in piazza, le si parò davanti una scena quasi comica. Un calzolaio si era arrabbiato per qualche motivo, probabilmente perché gli avevano rifiutato un modello di scarpa, a giudicare dal fatto che il suo potere da akumizzato era di controllare le persone come burattini facendo loro indossare un particolare tipo di calzatura dai colori sgargianti.

A volte Ladybug non riusciva a non trovare alcune vittime di Papillon davvero stupide, per quanto riguardava il loro potere e le loro abilità.

Si chiedeva quanto potesse essere disperato Papillon da akumizzare chiunque per la più piccola cosa.

E come mai non l’aveva mai presa di mira per via dei suoi cuori spezzati, soprattutto in quel periodo.

Non che se ne lamentasse.

Chat Noir era già arrivato, e schivava le scarpe che gli venivano lanciate con grande abilità, scherzando come suo solito.

-È davvero un bel modello di scarpe, non c’è che dire, ma io preferisco il nero, si intona con i miei occhi- 

Ladybug non trattenne un sorrisino. Le era mancato quei giorni.

Realizzò mentalmente che era decisamente il partner migliore che potesse avere, e poi scosse la testa perché non poteva pensare a questo.

-E credo che a me si addicano maggiormente i pois- aggiunse in risposta al supereroe, buttandosi contro l’akumizzato e legandolo con il suo magico yo-yo.

-Ben arrivata- l’accolse Chat Noir, in tono rilassato ma con una punta di freddezza. Ladybug sentì il cuore sprofondare. Di solito il partner l’accoglieva sempre con un adorabile “My Lady”, uno scherzoso “insettina” o qualche altro nomignolo affettuoso. Quel giorno era stranamente formale. 

Che non le avesse perdonato il suo sfogo durante l’ultimo combattimento?

Forse aveva sottovalutato la cosa, o pensava che averlo rassicurato come Marinette fosse bastato.

Rimuginò sulla cosa un secondo di troppo, e rendendosi conto dell’incertezza della ragazza, il calzolaio riuscì a liberarsi e a sbalzarla da un lato, dritta tra le braccia di Chat Noir, facendoli cadere entrambi a terra, uno sopra l’altro.

A quel punto solitamente Chat Noir faceva una battuta o si sporgeva in avanti per baciarla, in quel momento la scansò quasi subito, rimettendola in piedi e facendo altrettanto.

Marinette era sicura, Chat Noir ce l’aveva con lei, e doveva rimediare, anche se visto l’akuma agguerrito forse avrebbe dovuto aspettare la fine dello scontro.

Per fortuna il combattimento non fu particolarmente arduo, dato che il massimo potere del calzolaio era quello di controllare chiunque indossasse le sue scarpe. 

-Chat Noir! Tu occupati degli zombie, io penso all’akuma- 

Seguendo i suoi ordini come un bravo soldato, Chat tenne distratti i clienti abbastanza da permettere a Ladybug di agire indisturbata, e non ebbero bisogno né del Cataclisma né del Lucky Charm.

Ladybug poteva già immaginarsi Papillon, dovunque si nascondesse, che si prendeva la testa tra le mani lamentandosi del pessimo operato del suo akuma, ma di certo lei non era delusa. Non aveva troppo tempo da perdere.

Catturò la farfallina senza problemi e la liberò dopo averla deakumizzata con facilità. 

In men che non si dica era tutto tornato come prima.

-Cosa è successo?- chiese il calzolaio, tornato alla sua forma abituale.

Ladybug sorrise in direzione del collega, e gli porse il pugno.

-Ben fatto- 

Ma Chat non le diede retta, e senza guardarla si avviò dalla confusa vittima, per rassicurarlo.

Perdendo il sorriso, Ladybug fece altrettanto.

-È stato akumizzato, ma tranquillo, va tutto bene adesso- Chat Noir sorrise al calzolaio, e gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi. Lui la accettò di buon grado.

-Grazie Ladybug, grazie Chat Noir- si tolse un po’ di polvere di dosso. 

La supereroina raccolse le scarpe che avevano causato le emozioni negative, e gliele porse.

-Sono un bel modello, deve solo lavorare un po’ con i colori- lo incoraggiò, e lui le sorrise grato.

-Grazie ancora- le prese un po’ titubante e rientrò in negozio.

-È stato un akuma facile- commentò Ladybug soddisfatta, sollevando di nuovo il pugno.

-Ben…- 

-Ci vediamo la prossima volta, Ladybug- la interruppe però Chat Noir, dandole le spalle e iniziando ad allontanarsi.

Ladybug rimase un attimo interdetta e ghiacciata sul posto, poi sembrò riprendersi, e con il cuore che batteva furiosamente nel petto, si affrettò a raggiungerlo.

-Aspetta, Chat Noir!- lo chiamò. Lui si fermò, ma non si voltò.

-Mi dispiace per l’altro giorno- si scusò lei, raggiungendolo e abbassando la testa.

Chat Noir scosse la propria.

-No, hai ragione. Sono poco professionale, e sicuramente saresti meglio con un altro Chat Noir o senza partner- incrociò le braccia, cercando di non far troppo vedere quanto fosse, oltre che leggermente seccato, decisamente giù di morale.

Ladybug però se ne accorse, iniziava a conoscerlo fin troppo bene.

Ed era così raro vederlo tenere il muso che non sapeva proprio come riaggiustare la situazione, soprattutto ora che iniziava davvero a provare qualcosa per lui di ben oltre la semplice amicizia, e la cosa era tanto sbagliata quanto agghiacciante.

Optò per essere il più sincera e diretta possibile.

-Sono stata orribile, e mi dispiace. Ero distrutta per via di un problema con la mia identità segreta e non volevo riversare i miei problemi su di te. Non penso affatto che starei meglio senza di te. Noi siamo una squadra, e se ci fosse un altro Chat Noir ad affrontare il crimine accanto a me, non saresti tu, e non sarebbe affatto la stessa cosa. Sei davvero importante per me- gli aprì il suo cuore, ben conscia che forse non era una buona idea farlo così apertamente, con Papillon che sicuramente nel suo covo malefico era all’erta per ogni possibile informazione da usare contro di loro.

Ma in quel momento voleva solo che Chat Noir capisse, e che la perdonasse.

Gli mise una mano sulla spalla, e lo sentì irrigidirsi leggermente, senza però scansarsi.

-Spero davvero che mi perdonerai- aggiunse poi, a denti stretti temendo un rifiuto. Non sapeva se l’avrebbe retto, indecisa e confusa com’era quei giorni. Avrebbe seriamente rischiato di venire akumizzata.

Lo sentì rilassarsi, e si girò a guardarla, tornando sorridente come sempre.

-Perdonata, insettina. Tutti hanno delle giornate no- la rassicurò, con uno dei suoi occhiolini che fu apprezzato come mai era successo prima.

Ladybug si rese conto di aver trattenuto il fiato quando sentì di ricominciare a respirare.

Gli sorrise radiosa, e sollevò a pugno la mano che gli aveva messo sulla spalla. 

-Ben fatto?- chiese speranzosa.

-Ben fatto- la assecondò lui, battendo il proprio contro quello della ragazza.

Si guardarono sorridenti per qualche secondo, entrambi felici della pace raggiunta e dell’incomprensione chiarita, poi Chat distolse lo sguardo, come in preda ad un profondo conflitto interiore. Fece vagare gli occhi fino all’orologio della piazza, e sobbalzò, sgranandoli.

-Cavolo, devo andare! Sono in ritardo!- esclamò, e prima che Ladybug potesse ribattere alcunché, scomparve con un balzo alla vista.

Ladybug sospirò. Le cose sembravano essere tornare come prima, ma non era tanto sicura che fosse così.

Qualcosa era cambiato in lei, e anche in Chat Noir.

Ma la ragazza avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per farli ritornare ad essere come prima… o anche qualcosa in più.

Scosse la testa a quel pensiero, erano supereroi, non potevano avere una relazione. Avrebbe potuto compromettere la loro battaglia contro Papillon.

Anche se Ladybug voleva davvero mandare a monte ogni segretezza per poter stare con lui, cosa del tutto inaccettabile.

Ma non poté comunque fare a meno di chiedersi dove stava correndo. Se l’aveva completamente dimenticata e stava, da civile, andando ad un appuntamento con un’altra ragazza, magari al cinema.

Chissà che non lo incontrasse senza saperlo andandoci con… 

Sgranò gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento che erano quasi le cinque, e lei aveva appuntamento con Adrian, Alya e Nino davanti al cinema, dall’altra parte della città.

Corse e saltò da una parte all’altra il più in fretta possibile, e arrivò appena in tempo per non perdersi l’inizio.

-Eccomi, sono arrivata!- urlò una volta tornata Marinette e girato l’angolo, aspettandosi di trovarsi dinanzi ad Alya con la sua solita espressione di un misto tra divertita e seccata.

Invece trovò un Adrien con due biglietti in mano e l’aria di chi aveva corso come una furia fino a pochi secondi prima.

-Ciao Marinette. Tranquilla sono arrivato da poco anche io. Alya e Nino sono appena entrati- le porse il biglietto, e Marinette non capì se le guance rosse erano per l’imbarazzo o per la corsa che sicuramente aveva fatto. Le proprie erano sicuramente un misto di entrambi i fattori.

-Prese tremante il biglietto, come se si trattasse di una bomba ad orologeria pronta a scoppiare, e sentiva il cuore un esplosivo di simile calibro.

Come poteva un’adolescente provare tutte quelle emozioni insieme?! Marinette trovava davvero ingiusto dover passare quegli anni in quel modo, tra dilemmi di cuore, affari da supereroina e la scuola.

A volte credeva davvero che sarebbe esplosa.

-Allora, entriamo prima che inizi il film?- le propose Adrien, indicando la porta.

Marinette annuì con veemenza, poi si impose di restare calma. Quella serata era la sua grande occasione, non doveva dimenticarlo.

Anche se i suoi buoni propositi si erano praticamente già infranti dopo il combattimento al fianco di Chat Noir di poco prima.

Si avvicinò ad Adrien cercando di non iperventilare, cercando di pensare di essere vicino a Chat Noir. Dopotutto con Chat Noir parlava tranquillamente, era un buon esempio.

…no, probabilmente non lo era. Era accanto ad Adrien, non a Chat Noir, non poteva permettersi di relazionarli.

-Vuoi dei pop corn?- le chiese indicando il bancone.

Marinette era tentata, ma non voleva fare troppo tardi, e poi non credeva di avere abbastanza soldi. Con il calzolaio akumizzato non aveva avuto tempo di prepararsi e gli spiccioli che aveva sempre con lei sarebbero bastati a malapena per il biglietto. Chissà chi le aveva anticipato i soldi. Probabilmente Alya, glieli avrebbe dovuto ridare.

-Marinette?- Adrien attirò la sua attenzione, e Marinette si riscosse dai suoi pensieri.

-Oh, no, non fa niente. Non voglio perdere il film- declinò, avviandosi in sala.

Adrien sembrò capire il suo comportamento, e annuì.

-Ok, ti raggiungo dentro allora- le fece cenno di andare e si avviò a comprarli, probabilmente per lui.

Quando Marinette entrò nella sala fu sollevata nello scoprire che stavano proiettando ancora i trailer e le pubblicità.

-Eccoti finalmente… dov’è Adrian?- chiese Alya a bassa voce, vedendola arrivare, e facendole cenno di sedersi vicino a lei.

-A prendere i pop corn- rispose lei, giocherellando con una ciocca di capelli.

-I pop corn? Ma se ha detto che…- la confusione di Alya venne interrotta dall’arrivo felino di Adrien, che si sedette accanto a Marinette offrendole una busta abbondante di pop corn con sale e una spruzzata di burro, e sfoderando per sé una scatola di biscotti al cioccolato.

-Che fortuna, non è ancora iniziato. Però ho fatto bene ad andare io, non volevo che perdessi l’inizio. Tieni- insistette affinché Marinette prendesse i pop corn, e lei li afferrò titubante.

-Aspetta, per me?- chiese confusa, e arrossendo parecchio.

-Sì! Offro io. Certo, se vuoi darmene qualcuno non rifiuto, spero ti vadano bene- Adrien le sorrise radioso, e Marinette non sapeva proprio cosa rispondere. Anche perché, erano il suo tipo di pop corn preferito.

Borbottò un flebile grazie e fu tentata di sotterrarsi quando vide che non solo Alya e Nino, ma anche alcuni tipi seduti davanti a loro li guardavano con sguardo da shipper, forse ricordando il rumor uscito qualche tempo prima che li ritraeva come fidanzati.

Per sua fortuna il film cominciò quasi subito, e gli sguardi dei curiosi di persero nello schermo.

Ma non quello di Marinette, che non riuscì a concentrarsi per neanche un minuto, troppi i pensieri che le affollavano la testa. Di certo la vicinanza di Adrien non la aiutava a placare i suoi dubbi e le sue ansie, e quando, per prendere qualche pop corn, le loro mani si incrociarono, Marinette rischiò seriamente di svenire.

Poi si impose di restare calma. Tikki aveva ragione, doveva smettere di pensare e seguire il cuore.

Erano mesi che voleva andare al cinema con Adrien, e non avrebbe avuto un brutto ricordo del momento per colpa dei suoi dubbi.

Il problema è che quando finalmente aveva deciso di godersi la serata, il film finì.

Marinette osservò a bocca aperta i titoli di coda, cercando di ricordare almeno una scena ma senza successo.

Alya era entusiasta.

-Il finale è stato spettacolare! Non mi aspettavo che lo realizzassero così, riprende i fumetti ma mi ha lasciato comunque di stucco, un colpo di scena fenomenale. Vero, Marinette?- iniziò a scuoterla, approfittando di poter finalmente parlare a voce alta senza che nessuno le dicesse niente.

Quale era il finale?!

-Sì, ha lasciato di stucco. Le supereroine hanno davvero un lavoro duro- disse sperando di non sembrare una stupida.

-Speriamo che non succeda mai una cosa del genere a Ladybug- osservò Adrien.

Cosa era successo a Majestia che Adrien non voleva che succedesse a Ladybug?!

-Perché non vorresti? Ladybug potrebbe sicuramente sopportarlo!- obiettò Alya, che confidava moltissimo nella supereroina.

Marinette si maledì mentalmente per essersi distratta. Se la cavava nei discorsi su Ladybug.

-Certo che può, dico solo che dopotutto è umana anche lei. Spero ci siano altri modi di sconfiggere Papillon- osservò Adrien.

-Qualsiasi cosa succederà in futuro, Ladybug avrà sempre Chat Noir al suo fianco, e non dovrà mai caricarsi le spalle di tutto il peso da supereroina da sola- decise di intervenire Marinette, cercando di non fare una gaffe.

Poi si prese mentalmente a pugni per aver nuovamente tirato fuori Chat Noir quando aveva deciso di non pensare più ai suoi dilemmi d’amore.

Adrien sembrò sorpreso da questa presa di posizione.

-Beh, Chat Noir non è forte come Ladybug, a volte sembra quasi più la sua spalla piuttosto che il suo partner- rifletté tra sé, quasi tristemente.

Marinette non riuscì a non irritarsi. Adrien non conosceva Chat Noir, non poteva dire quelle cose di lui.

-Questo non è vero! Chat Noir è fondamentale! Secondo me gli viene dato troppo poco credito. Senza di lui Parigi sarebbe in guai mille volte peggiori- insistette, cercando l’aiuto di Alya che dopotutto, come Rena Rouge, aveva lavorato con loro e sapeva quanto Chat Noir era importante.

-Ti sei presa una cotta per il caro gattino, Marinette?- la prese però in giro, probabilmente con l’intento amichevole di far ingelosire un po’ Adrien, ma provocandole le guance più rosse che avesse mai avuto, soprattutto visto che Adrien, a quel commento, più che ingelosirsi sembrò illuminarsi.

-Che?! Io?! Chat Noir?! No! Assolutamente no! Dico solo… mi ha salvata già due volte, o erano tre? Comunque è importante anche lui, tutto qui! E sono partner, non eroe e spalla!- parlò così velocemente che era convinta che nessuno avesse capito cosa aveva detto, ma Adrien ridacchiò.

-Sai, Marinette, sicuramente hai ragione. Forse sono solo un po’ condizionato dal fatto che Ladybug ha salvato me tantissime volte- rifletté Adrien, un po’ in imbarazzo, e Marinette si rese conto solo in quel momento che l’aveva praticamente aggredito per difendere il suo partner.

Ma perché era così difficile?!

-Oh, la scena dopo i titoli di coda, guardate!- Alya cambiò argomento, indicando lo schermo.

Marinette non capì molto di quello mostrato sullo schermo, e si segnò mentalmente di andare a cercare la trama su internet una volta tornata a casa.

Una cosa, però, in tutto quel teatrino, l’aveva capita.

A prescindere da chi avrebbe scelto alla fine, che fosse Chat Noir o Adrien o un terzo incomodo ancora non comparso, doveva assolutamente smettere da subito di andare in paranoia, e di pensare troppo a cosa fosse meglio.

Altrimenti ogni uscita tra amici sarebbe stata indimenticabile nel modo sbagliato.

Appena tornata a casa non si mise neanche in pigiama, crollò direttamente addormentata sul letto, e da una parte forse fu meglio per i suoi dubbi, perché non notò il supereroe gatto nero che passava di lì e  che le mandò un dolce bacio a distanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo un po’, ma tra lo studio, gli impegni vari, il fatto che non so scrivere i combattimenti e che questo capitolo non sapevo bene come farlo, alla fine il tempo è passato senza che me ne accorgessi.

Spero comunque che il capitolo sia di vostro gradimento.

Per ora sono tutti confusi, perché non possono dimenticare una persona che hanno amato per un sacco immediatamente, ma piano piano i nuovi sentimenti li stanno travolgendo.

Spero di stare rendendo bene i loro sentimenti e che i personaggi siano abbastanza fedeli al cartone originale.

Spero di pubblicare il prossimo capitolo abbastanza presto, e le cose inizieranno a farsi decisamente più interessanti.

Diciamo solo che l’akuma di oggi era fin troppo facile e Papillon ha in mente un’arma micidiale in futuro.

O almeno spero per lui che uscirà tale, e anche per me perché il Calzolaio era di una banalità e insignificanza incredibili.

Fatemi sapere se vi piace come sta continuando.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Under the bright stars

Capitolo 3

 

Adrien non aveva capito se la serata al cinema fosse andata bene o no.

Era talmente poco abituato ad uscire con gli amici, e soprattutto ad andare ad appuntamenti, che non aveva la più pallida idea se l’uscita al cinema fosse stata un successo o un fiasco totale.

Perché lui, personalmente, si era divertito molto, anche se per tutto il tempo aveva avuto una confusione immensa in testa per via di Ladybug.

Quando però Marinette aveva difeso Chat Noir con le unghie e con i denti, arrivando quasi a litigare con lui, era stato seriamente tentato di mettersi in ginocchio e chiederle di sposarlo, anche se forse sarebbe stato un po’ avventato, e un comportamento troppo da Chat Noir.

Comunque, al cinema, aveva cercato di fare tutto al meglio. Aveva chiesto ad Alya quale fosse il tipo di pop corn preferito da Marinette, le aveva offerto il biglietto, e pur non essendo invadente aveva provato a starle più vicino possibile. 

Forse avrebbe però dovuto seguire un qualche corso per capire come avvicinarsi di più a lei, perché come Adrien non era un bravo casanova, e a giudicare dal fatto che Ladybug non aveva mai ceduto ai suoi flirt non lo era neanche come Chat Noir.

A scuola, il lunedì dopo, stava giusto studiando un modo per chiedere a Marinette di uscire insieme, possibilmente da soli, un giorno di quelli, quando una visione spaventosa gli si parò davanti.

Lui, in qualità di supereroe parigino, aveva visto e vissuto molte scene agghiaccianti: mostri usciti da film horror amatoriali, ragazze vestite di rosa che avevano trasformato anche lui nello stesso mostro, un manipolo di piccioni assetati di sangue di cui oltretutto era allergico piombare su di lui, senza contare ogni volta che Chloe gli si gettava addosso chiamandolo con nomignoli idioti, ma niente, niente era comparabile al vedere Marinette parlare con Luka nello stesso modo impacciato con cui spesso parlava con lui, e le medesime guance rosse.

Non che avesse niente contro Luka, era un ragazzo simpatico con cui andava molto d’accordo, ma in quel momento avrebbe tanto avuto voglia di andare lì, prendere di peso Marinette e portarla il più lontano possibile dal rockettaro dallo smalto nero.

Si impose di restare calmo, e con molta nonchalance e furtività si appostò dietro l’angolo dove i due stavano parlando, cercando di non farsi vedere.

Non che fosse sua abitudine stalkerare la gente, ma era curioso, e poi doveva comunque passare da lì per andare in classe, tanto valeva ascoltare cosa le stava dicendo.

-Adrien, che stai…?- purtroppo si vedeva che non era abituato a stalkerare, perché Nino lo beccò subito. Per fortuna Adrien aveva riflessi rapidi derivati da anni di scherma e mesi da supereroe, perciò riuscì a zittirlo prima che Marinette e Luka si accorgessero di lui. 

-Allora Marinette, ti va?- stava dicendo lui.

Cosa? Cosa le andava? Di sposarlo e avere tre figli? Eh no! Luis, Emma e Hugo li avrebbe avuti con lui, non con Luka! Forse le stava proponendo di scappare insieme a viaggiare per il mondo, o…

-Oh… beh… sì… sì perché no!- rispose impacciata Marinette.

Cosa?! Voleva scappare insieme a lui e viaggare per il mondo?! Sposarlo e avere tre figli?! Si era già dimenticata di Adrien?! Era stato lento e ora l’aveva persa per sempre!

-Non avrei nulla da fare questo weekend in ogni caso- aggiunse poi la ragazza, e Adrien iniziò a riflettere che un matrimonio era troppo affrettato da organizzare entro il weekend, e scappare di solito non si programmava.

-Fantastico! Allora ci vediamo da me alle 6.00. Rose e Juleka saranno felici di averti con noi alle prove- la salutò Luka, entusiasta e sorridente, prima di sparire nella direzione opposta rispetto a dove Adrien stava appostato.

Ah… erano solo le prove del gruppo. Niente di cui preoccuparsi.

…No! Era molto preoccupante! Perché Luka la invitava alle prove del suo gruppo?! Perché Marinette ci andava?! E poi sarebbero state a casa sua! Tante cose potevano succedere nelle case degli altri, e i peggiori scenari iniziavano ad invadere la mente fantasiosa di Adrien, che immerso nei suoi pensieri e scenari quasi apocalittici si era praticamente congelato su posto, ed era fermo premuto sull’angolo senza neanche essersi reso conto che Marinette era andata via, e Nino gli scuoteva la mano davanti al viso cercando di farlo tornare in sé.

-Nino! Pensi che a Marinette piaccia Luka?!- gli chiese sbloccandosi di scatto e iniziando a scuoterlo per ottenere l’informazione e per sfogare la preoccupazione.

-Ehm… io… non… ti piace Marinette?- preoccupato e confuso dal comportamento dell’amico, Nino bloccò i suoi spasmi lo fermò al muro, facendogli la vera domanda.

-Ma certo! È così gentile, simpatica e carina. A chi non piace!- rispose ovvio lui.

-Ok… ma come ti piace?- ci tenne a sottolineare Nino, con l’aria di uno che parla ad un bambino di due anni.

Adrien non sapeva rispondere. Erano ancora molti i dubbi che lo attanagliavano, ma in ogni caso non voleva che lei e Luka si sposassero ed avessero figli, per il momento. 

-Non lo so… ma pensi che a lei possa piacere Luka?!- insistette lui, incerto e preoccupato.

-Non ne ho idea, amico. Le donne sono complicate. La metà delle volte che Alya dice o fa qualcosa non ho idea di quello che intende per davvero. Ma se ti piace Marinette dovresti dirglielo. Insomma, non voglio dire che lei potrebbe avere una cotta per te, ma…- Nino provò ad incoraggiarlo velatamente a farsi avanti, ma Adrien era troppo pensieroso per rendersi conto della palese dichiarazione. Non che servisse, dato che Marinette in persona gli aveva rivelato della sua cotta.

Anche se, da quando Adrien lo sapeva, Marinette sembrava sempre più distante.

-Sabato al cinema è andata bene?- Adrien interruppe Nino pensieroso.

-A me pare di sì. Certo, la situazione si è un po’ scaldata parlando di Chat Noir, ma ognuno ha le sue idee sui supereroi di Parigi. Alya mi stava per prendere a pugni quando le ho detto che preferivo Ladybug a Rena Rouge, e non ho proprio capito perché. Però insomma,Rena Rouge non l’ho nemmeno vista in azione, Ladybug mi ha salvato più volte- gli rispose Nino, ma Adrien recepì solo la prima parte, e sospirò sognante, ricordando la difesa serrata dell’amica riguardo la sua controparte in tuta nera.

-Già, è stata così carina a difender…e Chat Noir. Certo, Alya non è stata molto gentile a dire che ha una cotta per lui però… a meno che… non ha una cotta per Chat Noir, vero?- iniziò quasi a riflettere tra sé, facendo avanti e indietro per qualche metro, ignorando l’amico che non capiva il perché di quella reazione.

-Sinceramente, Adrien, non ho idea delle cotte di Marinette. Ma se vuoi posso chiedere ad Alya. Non credo mi dirà nulla per l’”accordo femminile”, ma posso indagare- si offrì Nino seguendolo, e iniziando anche a preoccuparsi per la sua salute mentale.

-Oh… sì, non sarebbe male, grazie- acconsentì sorridendogli. Poi iniziò a rendersi conto di quanto si stesse esponendo in quel momento.

I suoi dubbi gli avevano fatto abbassare la guardia, e da fuori si rese conto che la situazione era strana. Lo sguardo del suo migliore amico, poi, non fece che confermarlo.

-Però, ecco, sii discreto. E scusami se sono strano questi giorni- cercò di salvarsi in extremis, e Nino gli sorrise, e gli diede una pacca sulle spalle, iniziando ad avviarsi in classe.

-Tranquillo. Dopo che ti sei messo a fare la doccia nel bel mezzo di un attacco akuma non mi sorprendo più delle tue stranezze- scherzò, ed entrambi si misero a ridere, ricordando quei tempi.

Simon Dice era stato uno dei più rischiosi supereroi che aveva affrontato. Aveva quasi rischiato di diventare orfano, e raramente si era infastidito tanto per un ordine di Ladybug. Aveva cercato di non darlo a vedere, e sapeva che il suo piano era stato ben calcolato e che lei aveva tutte le ragioni del mondo, per questo l’aveva seguita. Ma quando gli aveva ordinato di non badare a suo padre e concentrarsi sul cattivo, era stato seriamente tentato di non obbedirle, anche se probabilmente si sarebbe tradito e non lo avrebbe salvato solo con le sue forze. 

In confronto a Ladybug, infatti, era molto più debole, fisicamente e mentalmente. O almeno era così che si sentiva ogni volta che combattevano insieme.

Forse perché Ladybug aveva il miraculous più forte, o forse semplicemente perché per lui la maschera era una liberazione mentre per la collega una responsabilità.

 

Dopo le lezioni Nino mantenne fede alla sua promessa e andò a parlare con Alya, e non era ancora tornato quando Adrien, pronto a dirigersi a scherma per la lezione pomeridiana, e senza una preoccupazione al mondo tranne le sue pene amorose per il momento messe da parte in un angolino del suo cervello in attesa del responso del suo migliore amico, venne preso con violenza e portato nello spogliatoio.

Il suo primo pensiero fu che Papillon lo aveva trovato, ed era già pronto a combattere con le unghie e con i denti per la sua libertà, anche a costo di trasformarsi.

Ma presto, per fortuna, si rese conto che coloro che lo avevano appena rapito altri non erano che Nino e Alya.

Non abbastanza presto, comunque, perché riuscì a mandare KO Nino.

-Oh, scusa! Riflesso incondizionato- si giustificò rendendosi conto dell’errore, e aiutandolo a rialzarsi.

-A volte penso di essere circondato da superuomini- si lamentò Nino, indicando Alya, che aveva evitato la difesa di Adrian con riflessi insospettabili.

La ragazza ridacchiò imbarazzata, e cercò di cambiare argomento il più in fretta possibile.

-Allora, Adrien. Nino mi ha detto che hai una cotta per Marinette- andò dritta al sodo, bloccando Adrien al muro con un sorriso malizioso e indagatore.

Adrien lanciò un’occhiataccia all’amico, che si stava sistemando il cappello caduto quando era stato mandato al tappeto.

-Non dovevi essere discreto?- gli chiese un po’ infastidito.

-Ci ho provato, ma lei è un segugio- alzò le mani lui, lanciando alla sua ragazza un’occhiata sognante.

-Allora, è vero? Hai una cotta per Mari. Per accordo femminile io non posso dire assolutamente nulla sulla vita sentimentale della mia migliore amica, ma posso consigliarti se ne hai bisogno- gli fece un occhiolino, circondandogli il collo con il braccio con fare confidenziale.

Adrien si sentiva tremendamente a disagio e sudaticcio. 

Per la sua cotta con Ladybug non gli era mai successo.

Era anche vero che non l’aveva mai rivelata a nessuno che non fosse Plagg. Forse si sentiva vulnerabile, per questo era così in imbarazzo.

-Ehm… potrebbe piacermi. Che consigli puoi darmi?- ammise arrossendo, e Alya strinse la presa.

-Oh, lo sapevo! Finalmente! …cioè, dovresti andare da lei e invitarla ad uscire un pomeriggio!- gli suggerì pacatamente, sorridendo incoraggiante.

-Si, certo. Ma questo weekend è impegnata- osservò lui, massaggiandosi la nuca poco convinto.

-Ci sono sette pomeriggi in ogni settimana. Puoi anche chiederle di fare i compiti insieme, o invitarla venerdì o domenica. Non per forza sabato- cercò di farlo ragionare lei.

-Giusto!- le diede ragione Adrien, infiammandosi, per poi tornare meno di mezzo secondo dopo incerto -Ma dove posso invitarla? Al cinema ci siamo stati sabato…-

-Oh, per l’amor del… Adrien! Ora tu vai da Marinette e la inviti ad uscire con te! Non importa il luogo, non importa il giorno. Lo scegliete insieme. L’importante è che tu lo faccia subito!- insistette Alya, e lo cacciò fuori dallo spogliatoio dove l’aveva sequestrato.

-Tra tutti e due la faccenda è insopportabile!- commentò la ragazza, prendendosi la testa tra le mani. Nino riuscì con grosso sforzo a trattenersi dal ridere.

-Alya, la scuola è finita. Penso che Marinette sia a casa… come…?- Adrien fece spuntare nuovamente la testa da dietro la porta illustrando i suoi dubbi.

-Allora glielo chiedi domani mattina prima delle lezioni!- esclamò lei perdendo la pazienza, e cacciandolo nuovamente fuori dallo spogliatoio.

A questo punto Nino non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.

-Forse dovremmo semplicemente rinchiuderli insieme durante un attacco akuma- suggerì tra una risata e l’altra.

-Non c’è neanche bisogno dell’akuma. Basta spingerli in una gabbia e buttare la chiave. Ma ho paura che per Adrien e Marinette potrebbe non essere così facile- scosse la testa lei, sospirando.

-Alya…- Adrien fa spuntare nuovamente la testa dentro lo spogliatoio, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della ragazza.

-Cosa c’è ancora? Guarda che qualsiasi cosa farai a Marinette andrà bene!- sbottò.

-A dire la verità… dovrei cambiarmi per la lezione. E questo è lo spogliatoio. Posso…?-indicò l’interno, e Alya sobbalzò sorpresa. 

-Oh, certo. Giusto. Vieni, Nino. A domani, Adrien. Non mandare tutto all’aria!- gli impose. 

-Ti teniamo d’occhio, amico- Nino gli fece un occhiolino prima mentre veniva trascinato per un braccio dalla ragazza, e in pochi secondi erano entrambi spariti.

Adrien tirò un profondo sospiro.

Sarebbe andato tutto bene, e aveva tutto il pomeriggio per riflettere sul modo migliore per chiedere a Marinette di uscire, solo loro due, come amici… No! Non come amici! Come qualcosa di più. O in ogni caso per vedere se sarebbero potuti diventare qualcosa di più.

Adrien non era abituato ad avere davvero delle chances di stare con una persona. 

Con Ladybug in fondo sapeva di averne poche, e come Chat Noir flirtare gli veniva molto naturale. Ma non come Adrien.

Calmo, doveva stare calmo.

Sarebbe andato tutto bene.

Non avrebbe mandato tutto a monte!

 

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

-Hey Marinette!- il giorno dopo Adrien era convinto, sicuro, pronto a fare il grande passo… beh, non è che le stesse per chiedere di sposarlo, ma un gelato insieme sembrava un buon punto di partenza, e già una volta aveva fatto il grande errore di darle buca.

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

Si ripeteva quello che avrebbe voluto chiederle come un mantra nella testa, e lo aveva provato un sacco di volte davanti allo specchio.

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

Marinette si girò a guardarlo, Alya accanto a lei sorrise piena di aspettativa, come se finalmente tutti i suoi sogni stessero per diventare realtà.

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

-Sì, Adrien?- chiese Marinette, arrossendo appena, e sorridendo.

Quanto era adorabile quando sorrideva. Come aveva fatto Adrien a non rendersi conto prima di quanto fosse carina e dolce.

No, doveva concentrarsi.

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

-Ecco, Marinette… mi chiedevo…- Alya, alle spalle di Marinette, gli fece cenno di essere sicuro di sé, e Adrien prese un profondo respiro per caricarsi.

Marinette lo guardava senza sapere bene cosa aspettarsi.

“Ti va di uscire a prendere un gelato insieme un giorno di questi?”

-Ti va di…- purtroppo fece l’errore di guardarla negli occhi.

I suoi occhi blu erano così simili a quelli di Ladybug.

Ladybug…

-…di…ehm…- Ladybug? Perché pensava a Ladybug in quel momento. Non poteva paragonarla a Marinette. Era una cosa orribile da fare.

Un momento, cosa doveva chiederle?

La sua mente divenne bianca per un momento, e il mantra che aveva ripetuto così tanto da farlo diventare senza significato venne dimenticato di scatto.

“Ti va di… di… di cosa?!”

Voleva invitarla da qualche parte, ma al momento gli sfuggiva. Cercò di agganciarsi a stralci di pensiero per tornare a dove voleva portare Marinette.

Marinette… c’entrava il suo balcone. Sì, il giorno in cui l’aveva visitata come Chat Noir… ma quale delle volte. Non era stata solo una. La sdraio… c’entrava la sdraio? Non aveva senso.

-Adrien?- chiese Marinette, aspettandosi il continuo che il ragazzo non riusciva a darle.

-Sì, ecco… mi chiedevo se volevi… venire… no! partecipare…-

Partecipare?

Alya e Nino lo guardavano senza capire dove volesse andare a parare.

Ma la sdraio l’aveva riportato a quando Nathalie gliel’aveva regalata, perché il padre aveva indetto un concorso per assumere una nuova stagista.

-Vuoi partecipare al concorso indetto da mio padre per assumere una nuova stagista?- chiese di getto, cercando di evitare una brutta figura ma senza capire neanche cosa diamine aveva appena proposto.

Alya, Nino, il suo sé interiore, Plagg e anche Tikki nella borsa di Marinette che stava osservando discretamente tutto si esibirono in un teatrale facepalm, e Marinette abbassò lo sguardo, un po’ delusa.

-Oh… beh, è una bella responsabilità, non so se sia proprio il lavoro che fa per me- rispose lei, un po’ impacciata.

Adrien voleva sbattere la testa al muro abbastanza da avere un trauma cerebrale, ma ormai aveva mandato tutto a monte e doveva continuare la scena, almeno per non aggravare maggiormente la sua situazione.

-Sì, ma dopotutto tu sei fenomenale, e la moda ti interessa. Non solo ti interessa, sei davvero bravissima. E può aprirti le porte per diventare un’ottima stilista. E tu sei la migliore, davvero! Dovresti provarci, sono sicuro che saresti presa sicuramente e…- stava decisamente aggravando la situazione, ma Marinette sembrò apprezzare i complimenti.

-Oh, grazie mille! Beh, se ci tieni tanto potrei propormi. Non guasta nel curriculum- sorrise, un po’ a disagio.

-Già, e poi dopo la bellissima copertina che hai fatto a Jagged Stone non vedo l’ora di vedere altri tuoi lavori- insistette Adrien, cercando di complimentarla maggiormente e provando in qualche modo a trovare una strada che lo riagganciasse al discorso principale.

Incrociò lo sguardo di Alya, che gli fece muto cenno di chiedere a Marinette di uscire.

Ma non riuscì ad aprire neanche la bocca per ricominciare a parlare che la campanella suonò, e Marinette si girò verso l’entrata della scuola.

-Scusa, Adrien, devo proprio andare. Devo passare dall’armadietto prima di entrare in classe- gli riferì, prima di tornare da Alya.

-Amico, cosa diamine era quello?- chiese Nino, mettendogli una mano sulla spalla -Non ti ho mai visto così impacciato- aggiunse poi, come se volesse accertarsi che quello davanti a lui era davvero il suo migliore amico.

-Sono un grandissimo perdente!- si lamentò lui, iniziando a sbattere la testa contro il muro della scuola.

-Puoi sempre riprovarci. Quando pensavo di avere una cotta per Marinette a me è andata molto peggio, come ricorderai- Nino lo prese con la forza per evitare che si causasse una commozione cerebrale e iniziò a trascinarlo dentro la scuola.

-Su, adesso abbiamo lezione. Ti aiuteremo io e Alya più tardi- lo rassicurò.

Ma non ne ebbero il tempo.

 

La scuola era finita prima per via di un attacco akuma, sventato abbastanza in fretta, e Adrien lo trovò abbastanza provvidenziale, dato che non aveva molta voglia di confrontare Marinette così presto dopo la tremenda figuraccia fatta.

Era ancora così in imbarazzo che per la prima volta da quando era supereroe cambiò il suo giro di ronda per passare il più lontano possibile dal suo balcone in modo da non rischiare di incrociarla neanche da Chat Noir.

Incrociò però qualcuno di peggio.

-Chat Noir! Akuma nelle vicinanze?- gli chiese Ladybug raggiungendolo, atterrando accanto a lui nel tetto dove si era seduto un attimo ad osservare l’ambiente.

-Oh, Ladybug! La notte sembra tranquilla. Sto solo facendo un giro di ronda. Tu hai visto qualcosa di insolito?- le chiese cercando di essere il più normale possibile, ma da quando si era reso conto di provare qualcosa per Marinette stare accanto alla sua collega gli provocava sensazioni discordanti e aumentava sempre di più i dubbi, come il combattimento di quel pomeriggio aveva ampiamente dimostrato.

-Niente di rilevante. Il Gufo Oscuro si occupa della maggior parte dei casi minori. Tu fai spesso giri di ronda?- chiese lei in tono casuale, sedendosi accanto a lui, più vicino di quanto Adrien fosse abituato.

Forse Marinette era un caso perso e doveva rimanere fedele alla sua cotta per Ladybug.

Al momento, per quanto assurdo, sembrava quasi più facile.

-Praticamente ogni notte. Sono un animale notturno- si pavoneggiò.

Ladybug ridacchiò.

-E segui sempre lo stesso giro? Io faccio la ronda circa due o tre volte a settimana, sempre dalle stesse parti, ma non ci siamo mai incrociati mi sembra- continuò ad indagare lei, curiosa.

-Oh, sì. Di solito non faccio questo giro. Vado dalla Torre Eiffel, l’Arco di Trionfo, poi costeggio la Senna per un po’, mi fermo vicino la pasticceria dei Dupain-Cheng…- si fermò di scatto. Non doveva prendere casa di Marinette come esempio. Ladybug lo guardò sorpresa.

Chat Noir cerò di riprendersi.

-Insomma… vicino la scuola superiore. Comunque in generale seguo la Senna e poi torno indietro, e poi mi ritiro in un angolo come tutti i gatti a dormire. Sono il re dei gatti randagi- cercò di buttarla sul ridere, sperando che Ladybug non si accorgesse della sua esitazione nel nominare la pasticceria.

Le sue speranze però vennero infrante.

-So che la pasticceria dei Dupain-Cheng è la migliore di Parigi. Spero che non vai lì per rubare dolci. Non credo facciano bene ai gatti- lo provocò Ladybug.

Marinette era il loro migliore dolce… ma che diavolo stava pensando?!

-Ehi, io sono un eroe. Non rubo i dolci. Ma la vista dal loro balcone è fenomenale- si difese senza pensarci, e si pentì immediatamente di quello che aveva detto.

-C’è chi potrebbe denunciarti per effrazione o qualcosa del genere- scherzò Ladybug.

Chat Noir si prese la testa tra le mani.

-Non intendevo la pasticceria, ma la scuola. Sono confuso, ok?- cercò di giustificarsi e non arrossire. Non era mai stato così distratto e con la testa tra le nuvole, e mostrarlo a Ladybug era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare. Forse era meglio parlare con Marinette. Con lei era tutto molto più facile. Forse perché non l’aveva mai messa su un piedistallo, e l’aveva sempre considerata come una persona, nel modo giusto.

E poi parlarle era sempre stato rinfrancante.

-Giornataccia, gattino?- chiese Ladybug smettendo di scherzare, comprensiva.

Per un momento gli sembrò proprio di essere tornato sul balcone di Marinette.

-Una serie di giornate piuttosto dure. La vita dietro la maschera è…- iniziò a raccontare, alzando lo sguardo quasi convinto che lo avrebbe incrociato con la sua compagna di classe, ma gli occhi azzurri che avevano così simili erano circondati dalla maschera rossa a pois neri, e la sua sicurezza venne meno.

Non poteva mostrare le sue debolezze a Ladybug. Non si sarebbe mai sentito alla sua altezza se l’avesse fatto, e già si considerava molto inferiore.

Si alzò di scatto, scuotendo la testa, e recuperando una finta sicurezza.

-Niente di importante. Solo un po’ stanco. L’akuma di oggi era tosto- lasciò perdere.

-Chat Noir, se hai bisogno di parlare…- Ladybug sembrò delusa dal brusco cambio di comportamento, e cercò di rassicurarlo e avvicinarsi.

-No, va tutto bene, insettina. È meglio che continui la mia ronda e vada presto a dormire. Ci vediamo al prossimo attacco akuma- la salutò, scomparendo in fretta nella notte dopo averle fatto un occhiolino complice, e lasciandola sola, sul tetto, delusa e ferita.

Ma come avrebbe potuto capire, Ladybug, la perfetta Ladybug, i suoi problemi di cuore?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non mentirò con voi… i capitoli dal punto di vista di Adrien sono i miei preferiti da scrivere, e filano lisci come l’olio.

Scrivere questo capitolo è stato mille volte più facile del precedente, è come se non dovessi pensare più di tanto.

Le dita picchiano sulla tastiera e trascrivono i pensieri di Adrien senza che passino anche dalla mia mente.

Il fatto che ci ho messo tanto ad aggiornare è più una questione di tempo perché sono sotto esami, e sto anche partecipando ad un progetto di doppiaggio su youtube. 

Ma tralasciando…

Spero di averlo reso bene e che vi piaccia come lo sto rendendo.

Il carattere di Adrien è più insicuro rispetto a quello del cartone, ma mi baso molto su come si comporta nelle scene che vediamo tra Adrien e Ladybug, e nel cartone si nota che diversamente da come si comporta Chat Noir, Adrien è molto più imbarazzato quando parla con la sua cotta supereroina. 

Poi la mia principale ispirazione è un webcomic di Miraculous che non sto qui a spammare e adoro l’Adrien impacciato, felino e fin troppo innocente alle volte. 

Comunque mi sono divertita molto a scrivere di Alya e Nino per quel poco che compaiono e nel prossimo capitolo si tornerà a Marinette. 

Ormai sembra quasi che Adrien abbia deciso, dopotutto si trova più a suo agio con Marinette piuttosto che con Ladybug, speriamo che la ragazza rimanga fedele al modello, anche se qualcosa mi dice che il gatto la sta catturando sempre di più, e a quanto pare non è neanche indifferente al fascino rockettaro di Luka. Chissà chi sceglierà.

Appuntamento al prossimo episo… capitolo. Capitolo.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Under the bright stars

Capitolo 4

 

Nel nero della notte, Chat Noir era scappato prima che Ladybug potesse insistere, e questo l’aveva davvero ferita, più di quanto volesse ammettere anche a sé stessa.

Soprattutto se pensava a quanto era stato facile parlare con lui come Marinette.

Temeva di averlo perso, e non sapeva proprio come reagire alla cosa.

Da una parte sarebbe dovuta esserne felice, dopotutto i continui flirt di Chat Noir mentre affrontavano gli akuma le avevano sempre dato fastidio, ma ora la consapevolezza che probabilmente non ci sarebbero più stati le provocava un tonfo al cuore.

Decise di terminare prima il suo giro di ronda, tanto erano molto rari gli akuma notturni, e non pensava che avrebbe colpito a breve distanza da quello di quella mattina.

Tornò a casa ancora trasformata e si buttò sul letto. Tikki uscì fuori dai suoi orecchini e le si posò accanto, preoccupata.

-Va tutto bene, Marinette?- chiese accarezzandole dolcemente la testa.

Marinette mugugnò qualcosa di troppo indefinibile perché il kwami la sentisse.

-È per via di Chat Noir?- indagò Tikki, e Marinette sospirò, girandosi e tornando a respirare.

-Vorrei tanto riuscire a parlarci, ma mi evita, e non so cosa fare- confessò a Tikki, che la guardò intenerita.

-Se non riesci come Ladybug, puoi sempre provarci come Marinette- provò a suggerire, cauta, come se non pensasse che fosse proprio una buona idea ma era la migliore che avesse in mente.

Marinette la guardò.

-Ma non saprei neanche come approcciarlo- rifletté, abbattuta.

-Beh, ora sai il suo giro di ronda serale- provò a suggerire Tikki, senza sbilanciarsi troppo.

Marinette ci pensò su… il suo kwami aveva ragione.

 

Il giorno successivo, martedì, dopo cena, Marinette decise di uscire dal balcone per osservare le stelle e guardarsi bene intorno.

Chat aveva sottolineato, la sera prima, che passava proprio sul tetto della pasticceria, o comunque vicino alla scuola, nel suo giro notturno giornaliero.

Il fatto che avesse nominato la pasticceria le aveva scaldato il cuore. Era davvero curiosa di sapere cosa gli avesse fatto fare quell’associazione. Se era perché gli piaceva la pasticceria, i dolci o lei.

Beh, non lei Marinette, ma parlare con lei. Magari le loro chiacchierate erano state importanti per lui.

Uscì sul balcone con nonchalance e una coperta intorno alle spalle, perché il vento era fresco e non voleva che Chat Noir le martirizzasse nuovamente la sdraio. Non che pensasse che Chat Noir si fermasse di nuovo a chiacchierare, ma parte di lei ci sperava molto, e voleva essere preparata.

Aveva persino indossato l’orologio per vedere l’orario, all’incirca, in cui sarebbe passato, anche se il motivo di quell’attenzione sfuggiva anche a lei.

Con il passare delle notti lo avrebbe capito.

Iniziò a guardarsi intorno, cercando di scorgere la figura scura del suo partner, ben consapevole che non lo avrebbe sentito arrivare, dato che il suo passo era davvero felpato come quello di un gatto.

Si mise, cercando di far fruttare il tempo di attesa, a disegnare nuove idee per il contest di Gabriel Agreste, pensando anche al modo strano in cui Adrien glielo aveva chiesto il giorno prima.

Adrien… chissà cosa aveva quei giorni. Sembrava strano da quando l’aveva invitata al cinema.

In effetti si comportava in modo diverso con lei, e per certi versi le ricordava quasi il suo essere impacciata davanti a lui prima che iniziasse a piacergli Chat Noir… non che avesse scelto tra lui e Adrien. Insomma, era ancora molto confusa, ma il fatto di stare perdendo Chat Noir come Ladybug le stava aprendo la mente su quanto la cosa la ferisse, e significava quindi che provava davvero qualcosa per lui.

Sospirò, cercando di non pensarci, e si rese conto solo in quel momento che stava disegnando inconsapevolmente un mezzobusto di Chat Noir che le faceva l’occhiolino.

Strappò il foglio dal blocco da disegno e lo gettò dietro di lei.

-Ahi- sentì alle sue spalle, e la lamentela la colse talmente di sorpresa che gettò contro il malcapitato l’intero album e la penna, voltandosi verso di lui già pronta a richiamare Tikki e trasformarsi.

Si rese presto conto che era solo Chat Noir, e che l’aveva colpito con precisione sulla testa.

-Oh, Chat Noir! Scusami, mi hai spaventato!- arrossì, avvicinandosi per controllare le sue condizioni.

-Che riflessi. Hai mai pensato alla carriera di supereroina?- la prese in giro lui, recuperando da terra blocco per appunti, penna e foglio accartocciato, e porgendoglieli.

Il commento fece arrossire Marinette ancora di più.

-Chi? Io? Nahhh! Non potrei mai essere una supereroina, sono troppo impacciata. La mia amica Alya, lei sì che potrebbe, ma io no, proprio… cioè, non dico che Alya sia una supereroina, non può esserlo, o meglio, potrebbe ma non lo è. Perché… cioè… ciao!- dopo aver quasi rivelato l’identità di Rena Rouge, rischiato di cadere dal balcone perché non sapeva dove andare, e essersi fatta cadere dalle mani il foglio accartocciato perché non riusciva a tenere tutte e tre le cose, cercò di darsi un tono e lo salutò, pregando in cuor suo di non essere troppo rossa.

Sul serio, Marinette, neanche ti avesse beccata a disegnarlo.

Chat Noir scoppiò a ridere, e raccolse nuovamente il foglio accartocciato, decidendo però di tenerlo lui, per non caricare di roba Marinette, in evidente difficoltà.

-Sei uno spasso, principessa. Che fai qui fuori a quest’ora?- chiese, aprendo il foglio per dare un’occhiata. Marinette glielo strappò dalle mani, buttandolo poi oltre di lui dritto in camera sua.

-Niente. Disegnavo per il concorso di Gabriel Agreste per assumere una nuova stagista- disse con finta nonchalance, appoggiandosi alla balaustra ostentando una sicurezza che non le apparteneva.

A quella risposta Chat Noir, che aveva inarcato le sorpacciglia confuso quando Marinette lo aveva disarmato del foglio di carta per non farglielo vedere, sembrò illuminarsi, e arrossire leggermente.

-Oh, spero che verrai presa. Ti interessi molto di moda, non è così? Quando io e Ladybug abbiamo affrontato Trublemaker ho notato un sacco di riviste e modelli- disse per fare conversazione.

Marinette ancora si imbarazzava pensando a quella giornata, e abbassò la testa, un po’ a disagio.

Chat Noir sembrò accorgersene.

-Mi dispiace essere piombato in camera tua così, quel giorno. Io e Ladybug abbiamo dovuto. Comunque hai molto talento- cercò di rassicurarla, e Marinette accennò un sorriso, e si girò a guardarlo.

Era felice di rivederlo, ed era ancora più felice che fosse nelle vesti di Marinette, e non di Ladybug. Parlare con lui era ancora più semplice, anche se non era affatto una buona cosa.

-Grazie, micetto. Allora, cosa ti porta qui? Ancora a riposo durante la ronda?- chiese, sinceramente curiosa.

-Più o meno, diciamo che non avevo intenzione di fermarmi, dato che sono un tipo tosto e non ne ho bisogno, ma un attacco di carta mi ha mandato a tappeto- scherzò lui, riferendosi al foglio accartocciato.

-Oh, cielo. Un tipo forte come te- commentò sarcastica Marinette.

-Beh, che dire, si sa che la più grande debolezza degli eroi sono le principesse- Chat Noir le fece un occhiolino, e lei lo spinse giocosamente.

Gli erano mancati i suoi flirt. Diamine se gli erano mancati. Con Ladybug non ne riceveva da quando avevano discusso.

-Ma davvero? Ed io che pensavo di poterti sconfiggere con l’acqua- continuò a scherzare, e Chat Noir ridacchiò.

-Potrei avere più di una debolezza, in effetti. Spero che non vorrai rivelare al malvagio Papillon le informazioni scoperte-

-Mmmm, sarei tentata. Dovrai pagare il mio silenzio, gattino- gli si avvicinò maliziosa, e scoppiò poi a ridere, seguita a ruota da Chat Noir.

Una risata più che altro isterica perché mai, neanche in un milione di anni, avrebbe mai pensato di ricambiare ai flirt del collega. In veste di Marinette, perlopiù.

-Scherzi a parte, come va?- cambiò argomento lui, con tono più serio e gentile.

-Ti riferisci alla mia vita sentimentale, sempiterno argomento di conversazione tra noi due, o in generale?- ritardò la risposta lei.

-Sebbene non disdegni un po’ di sano gossip, soprattutto in materia di modelli famosi- le fece l’occhiolino -puoi parlarmi in generale- 

-Quanto tempo hai?- chiese Marinette, che di cose da dire ne aveva davvero a bizzeffe.

-Beh, devo riprendermi dal tuo inopportuno attacco selvaggio, perciò abbastanza- scherzò lui.

-Dai, non è stato così letale- Marinette incrociò le braccia, fingendosi offesa.

-Mai sentito il detto “la penna ferisce più della spada”?- insistette lui.

Marinette alzò gli occhi al cielo, e tornò a guardare l’orizzonte.

-Per rispondere alla tua domanda, va tutto abbastanza bene, tranne i fantomatici problemi di cuore- ammise, in un sussurro.

-L’uscita al cinema di sabato non è andata bene?- indagò lui, avvicinandosi un po’ come a non perdere neanche una parola.

Un momento, come sapeva dell’uscita? Lei si ricordava di averglielo accennato, ma non pensava di avergli detto anche il giorno… scosse la testa, e cercò di non pensarci. Sicuro le era passato di mente, dopotutto era passata quasi una settimana.

-Beh, penso sia andata bene. Ma era un’uscita tra amici, e poi me l’hai rovinata- lo accusò, e Chat Noir sgranò gli occhi sorpreso.

-Aspetta, cosa? In che senso? Che ho fatto?- sembrava essere stato colto sul fatto su qualcosa, e Marinette lo trovò più divertente del solito.

-Sì, ho quasi litigato con Adrien per difendere il tuo onore e la tua integrità come supereroe, quindi se ora mi considera un po’ matta è colpa tua- 

Chat Noir tirò un sospiro di sollievo esagerato, per poi tornare quello di sempre.

-Ah, beh. Se non mi considera abbastanza forte, allora non è all’altezza di una ragazza come te- 

-E secondo quale logica?- chiese Marinette confusa e divertita.

-Perché non è abbastanza sveglio da rendersi conto di quanto io sia grandioso, mentre tu sì. E questo vi porta su due livelli differenti- spiegò, in tono pratico e pieno di sé.

-Certo, certo. Come dici tu, grande eroe- gli diede corda, scuotendo la testa -Comunque… credo che con lui lascerò perdere- concluse poi, affermando per la prima volta anche a sé stessa la sua decisione inconscia.

Lei non era abbastanza per Adrien, non lo conosceva abbastanza e non riusciva ad essere sé stessa vicino a lui. E non credeva neanche che la cosa sarebbe cambiata, se si fossero messi insieme, cosa che in ogni caso sembrava davvero impossibile.

Lei preferiva qualcuno con cui poter parlare, qualcuno che l’ascoltasse, qualcuno con cui essere sé stessa senza blocchi causati da imbarazzo o timidezza.

Qualcuno come Chat Noir.

Girò appena la testa per guardarlo, e lo vide fissare l’orizzonte, ad occhi sgranati e leggermente pallido.

Non riuscì proprio a capire la sua reazione.

-Chat Noir, tutto bene?- chiese, facendolo smuovere.

-Sì, certo. Sono solo sorpreso. Sai, io scherzavo quando dicevo che non è alla tua altezza- tentò di farle inconsciamente cambiare idea. Marinette scosse la testa.

-Lo so. È solo che… credo di averlo idealizzato troppo. Forse se lo lascio perdere per un po’, sarà più facile per me vederlo come umano e non come il ragazzo perfetto- tentò di spiegarsi. E fu sorpresa nel notare quanto fosse semplice parlare dei suoi problemi amorosi con Chat Noir.

Persino con Alya non si era ancora confidata, probabilmente perché lei le avrebbe chiesto chi le avesse messo questi dubbi e avrebbe iniziato a pensare che poteva piacerle qualcun altro, tipo Luka.

Chat Noir, d’altro canto, non sapeva nulla di lei, ed era la persona più vicina e allo stesso tempo più estranea alla sua vita che conoscesse.

O almeno così credeva.

-Beh, il mare è pieno di pesci. Sono sicuro che troverai qualcuno perfetto per te. L’importante è che tu sia felice- dirlo sembrò costare al supereroe tutta la sua forza di volontà, ma Marinette apprezzò le parole, e non si accorse della sua evidente difficoltà, troppo concentrata sui suoi confusi pensieri.

-Grazie, Chat Noir. A te, piuttosto, come va con Ladybug? Ieri avete affrontato un akuma bello tosto, a scuola- tentò di cambiare argomento e cercò di ottenere qualche informazione su cosa Chat Noir pensasse di lei. Le sembrava scorretto, ma aveva bisogno di saperlo. Voleva sapere se l’aveva davvero perso, come avrebbe potuto rimediare e se Chat Noir aveva qualcun altro in mente, come aveva temuto dopo che avevano affrontato il calzolaio, sabato.

-Già, è stato complicato, ma era fattibile. Vorrei tanto che Papillon la smettesse di akumizzare studenti durante l’orario scolastico!- Chat Noir evitò accuratamente l’argomento Ladybug, e, per non insistere, Marinette seguì il suo flusso di pensieri, anche perché condivideva l’affermazione.

-Già! Si perdono un sacco di lezioni! È stancante. E vogliamo parlare dei weekend?!-

-Oh, no, ti prego! Quando ha akumizzato il calzolaio sabato volevo ammazzarlo. Perché akumizzare qualcuno il sabato pomeriggio?!- le diede man forte Chat Noir.

-Già! Uno vuole uscire con gli amici, e si deve rovinare il pomeriggio per affrontare…- rendendosi conto che stava per rivelare la sua identità, si corresse immediatamente -… una sessione di “scappa dal cattivo” e nascondersi, evitando di essere trasformato a sua volta nel caso di cattivi come Darkblade o Reflekta E non immagino neanche come sia stancante per te che devi mollare tutto per affrontare l’akuma- si fece comprensiva, anche se lo immaginava eccome, essendo Ladybug. Ma questo Chat Noir non poteva e non doveva saperlo.

-Già! Grazie tante per riconoscerlo. Chiunque sia il nostro cattivone, non ha sicuramente vita sociale- intuì Chat Noir, facendola ridere per l’enfasi con cui lo diceva.

-Beh, tu e Ladybug adesso avete una base da cui partire per trovarlo. Prego per il brainstorming. Hai altri argomenti di cui vuoi rendermi partecipe. La parcella te la dirò a fine seduta- scherzò Marinette, fingendo di annotare qualcosa sul taccuino come una psicologa.

-Ehi, non dovrei mettermi sulla sdraio se vogliamo fare una seduta ufficiale?- la indicò lui.

-Non so se puoi permettertelo- lo provocò lei.

-Guarda che sono ricco, l’assenza di cambi d’abito mi permette di usare i miei soldi per altro- si difese, indicando la tuta da supereroe.

-Ah, se lo dici tu- Marinette alzò le mani in segno di resa- Perciò… come va con Ladybug?- insistette poi, cercando di non risultare invadente ma troppo curiosa e bisognosa di risposte.

-Uff, diciamo che potrebbe andare meglio. È normale, un rapporto professionale come è giusto che sia- rispose lui alzando le spalle.

-Ma provi ancora qualcosa per lei, giusto?- indagò Marinette, con il cuore che batteva a mille.

-Onestamente… non lo so più. Diciamo che c’è un’altra ragazza che…- si interruppe, senza sapere bene come continuare, e arrossendo leggermente.

Marinette si sentì come se le avessero dato un forte pugno sullo stomaco, ma si impose di non farlo vedere, e sorrise, un po’ forzatamente.

-Oh, grandioso. Spero che questa ragazza ti renda felice- gli augurò. Sentiva il cuore piangere dentro il suo petto, ma doveva aspettarselo. 

Aveva aspettato troppo, aveva fatto un macello, e ora ne pagava le conseguenze.

Solo che le sembrava così ingiusto.

-Non lo so… diciamo che al momento sono un po’ confuso. Comunque mi trovo molto bene a parlare con lei. E a differenza di Ladybug, la sento più affine e più alla mia altezza… ma non in senso negativo, in senso buono, io… insomma… lascia stare- sospirò, portandosi una mano tra i capelli per riordinare le idee.

Il suo sguardo cadde sull’orologio al polso di Marinette.

-Capperi, sono già quasi le undici. Parliamo davvero da un sacco di tempo. È meglio che continui il mio giro di ronda. Ci si vede, principessa- tagliò il discorso, mandandole un bacio e scomparendo in fretta nella notte.

-Arrivederci, micetto- lo salutò lei sventolando la mano.

Il suo cuore non ne era uscito vincitore, ma era davvero felice di averci parlato.

Sapeva che non sarebbe diventata un’abitudine, ma chissà, magari, ora che sapeva l’orario, poteva vederlo più spesso mentre girava, anche solo da lontano.

 

Mercoledì si era messa sulla sdraio a fare i compiti.

-Buonasera Principessa-

-Buonasera, micetto. Ti prendi una pausa?- 

-C’è una bella vista dal tuo tetto. Che fai?-

-I compiti. Come te la cavi in fisica?-

-Si può dire che fisica è la mia materia preferita-

-Beh, che dire, non mentivi dicendo che sei bravo in fisica-

-Puoi chiedermi aiuto anche in letteratura, storia, geografia…-

-Ho capito, gattino. Non serve vantarsi. E poi ce l’avrei fatta anche da sola- 

-Non lo nego, ma ammetti che sarebbe stato meno divertente-

-Lo ammetto, ma aggiungo che ci avrei messo meno tempo. Ed infatti credo che sia ora che vada a letto- 

-Credo tu abbia ragione. Ci si vede, principessa-

-Arrivederci, micetto-

 

Giovedì pensò che la luce delle stelle combinata a quella delle lampade esterne era abbastanza luminosa per cucire un cappello per Mylene.

-Buonasera, principessa-

-Buonasera micetto. Ti va di fermarti un attimo per farmi da modello?-

-Oh, non saprei, non credo di avere il fisico di Adrien Agreste, ma farò del mio meglio-

-Fidati, sei perfetto- 

-Così mi lusinghi-

-Perfetto perché la tua testa ha la stessa grandezza di quella di una mia compagna di classe, non darti troppe arie-

-Credo possa bastare, gattino. Non fa bene mangiare tutti questi biscotti così tardi-

-Che dire, i dolci sono la mia debolezza-

-Un’altra debolezza da spifferare a Papillon. Ammettilo che passi da qui ogni sera solo per cercare di rubare i dolci-

-Sono un supereroe, non rubo. Ma se la figlia dei proprietari mi da qualche biscotto non lo rifiuto di certo-

-Alla fine è il minimo che potessi darti per ripagarti dell’aiuto e della chiacchierata-

-Figurati, la migliore paga è la tu compagnia… anche se i biscotti non sono male. Ma credo di essermi trattenuto troppo-

-Credo anche io. Ho scuola domani-

-Ci vediamo, principessa-

-Alla prossima, micetto-

 

Venerdì la pioggia non le impedì di uscire a controllare le piante sul suo balcone, e ormai era diventato abbastanza evidente che trovava ogni possibile scusa per essere sul suo balcone verso le dieci e un quarto ogni sera.

-Buonasera principessa-

-Buonasera micetto- 

-Non è un po’ tardi e umido per controllare le piante?- 

-La sera è il momento migliore, e la pioggia rende la terra più semplice da manovrare- 

-Immagino che tu sia più esperta di me. Come è andata con il cappello?-

-Le è piaciuto moltissimo. Grazie per essere stato il mio Adrien, ieri- 

-Figurati. Hai bisogno di aiuto?-

-A dire la verità mi farebbe comodo. Puoi passarmi quella paletta?-

-Capperi, si è fatto tardi-

-Il tempo vola quando si lavora… e si chiacchiera-

-Dovresti rientrare, non vorrei che prendessi freddo con questa pioggia. L’ombrellone copre tutto il balcone ma è meglio essere sicuri-

-Seguirò il tuo consiglio, ma cerca di seguirlo anche tu, neanche i supereroi sono immuni alla pioggia. Posso prestarti un ombrello se vuoi-

-Sei davvero gentile, ma non ne ho bisogno, non preoccuparti. A domani, principessa-

Marinette ebbe un attimo di esitazione.

Le parole di Chat Noir avevano reso ufficiale qualcosa che fino a quel momento era rimasto semplicemente nell’aria tra loro, e non sembrava neanche essersene reso conto.

Sorrise, come fosse stata una dichiarazione.

-A domani, micetto- e lo congedò, inviandogli un bacio a distanza, che lui raccolse.

 

“A domani, principessa”

Era ormai un’intera settimana che Marinette passava la maggior parte del tempo a pensare agli incontri serali che aveva con Chat Noir.

Era un appuntamento non programmato che ogni volta trattavano come una semplice coincidenza o una fatalità, come se fosse qualcosa di banale che non meritava attenzione, come fosse scontato.

E invece era tanto, almeno per Marinette, e con quella frase forse Chat Noir aveva dimostrato che anche lui lo trovava qualcosa di importante e una specie di appuntamento giornaliero.

“A domani, principessa”

Sabato mattina Marinette non aveva fatto altro che pensare a quella frase, e l’attesa della sera era diventata per lei quasi dolorosa.

Sentiva che quello che stava accadendo con Chat Noir era qualcosa di importante, e sentiva il bisogno, quella sera, di mettere in chiaro le cose, anche se non era convinta di riuscire a farlo.

Dopotutto lui era un supereroe, e lei una civile, si stavano avvicinando nel modo peggiore e lei lo sapeva, solo che era più facile che avvicinarglisi come Ladybug, al momento, ed era anche più semplice parlargli così.

A volte si chiedeva se non potesse fare in modo che lui le rivelasse la sua identità, ma sapeva di non poterlo fare. Era un segreto che dovevano mantenere a vicenda, anche se stava diventando sempre più doloroso mano a mano che lei si innamorava sempre di più di lui.

Perché sì, ormai l’aveva capito, Chat Noir aveva ormai del tutto surclassato Adrien nel suo cuore, e non credeva fosse una buona cosa.

E quella sera avrebbe dovuto fare qualcosa al riguardo.

Non poteva più fingere.

Peccato che, con tutto quel pensare a Chat Noir, al concorso di Gabriel Agreste e a vari akuma settimanali, aveva quasi del tutto scordato che quella sera era invitata ad assistere alle prove del gruppo di Rose, Juleka e Luka.

-Marinette, volevo informarti che le prove sono spostate alle sette, e sei anche invitata a cena- la avvertì Rose uscendo dalla scuola, accompagnata da Juleka e con la sua solita energia.

Marinette cadde completamente dalle nuvole.

-Prove?- chiese confusa.

-Le prove del gruppo, a casa di Juleka! Te n’eri dimenticata, Marinette?- 

-No, no, non mi ero dimenticata, mi era un attimo passato di mente, tutto qui. Ci sarò assolutamente… per curiosità, quanto dovrebbero durare le prove?- chiese, sperando non fossero troppo lunghe.

-Considerando anche la cena, penso che potrebbero durare un bel po’, e poi Luka ci tiene tanto a farti sentire un pezzo a cui sta lavorando- rispose Rose, concludendo in tono malizioso.

-Oh… beh… sarà divertente immagino. Ci vediamo alle sette allora- le salutò, avviandosi a casa.

Era completamente fritta!

Non poteva disdire, Luka ci teneva, e lei voleva bene a Luka, erano buoni amici, non poteva deluderlo.

Allo stesso tempo però non voleva perdere l’appuntamento con Chat Noir. Non che fosse ufficiale e probabilmente perdere un giorno non sarebbe stata la fine del mondo, ma ci teneva davvero tantissimo a rivederlo, più di quanto volesse ammettere.

Forse poteva mettere una sveglia, fingere che i suoi genitori la stavano chiamando e andarsene per le dieci così da essere puntuale, alle dieci e un quarto, sul suo balcone pronta ad accoglierlo e fingere di essere sempre stata lì. Tanto lui che ne sapeva di Luka, Juleka e Rose.

O poteva inventarsi che i suoi genitori le avevano imposto un coprifuoco.

…no, nessuno se la sarebbe bevuta, i suoi genitori non le avrebbero mai imposto un coprifuoco di sabato sera, neanche se avessero scoperto che era Papillon o qualcosa del genere.

L’idea della sveglia/suoneria sembrava decente.

Sperava solo di non distrarsi.

 

Nonostante la prima ora in un misto tra ansia e imbarazzo, a cena con Juleka, Rose, Luka e Anarka, dove quest’ultima non faceva che lanciare frecciatine a Marinette e il figlio maggiore, durante le prove Marinette si divertì molto.

Adorava lo stile della band, così simile a Jagged Stone e allo stesso tempo originale, e adorava come ognuno dei diversi membri del gruppo mettesse qualcosa si proprio nei loro brani.

Era così presa, che presto si dimenticò di controllare l’orologio ogni dieci secondi, pensando che la sveglia avrebbe fatto il suo lavoro e non aveva bisogno di preoccuparsi.

Ma il frastuono era troppo forte, e la sveglia troppo silenziosa.

Le dieci erano già passate da un po’ quando Luka, approfittando di un momento di pausa, le chiese di seguirlo un attimo in camera sua perché voleva farle sentire un pezzo a cui stava lavorando.

-Certo, con piacere- Rose gliel’aveva anticipato, e Marinette era onorata che volesse farlo sentire proprio a lei per prima. Custodiva ancora con cura il plettro di Jagged che le aveva regalato il loro primo incontro.

Quando entrarono in camera, Marinette si accorse che la sua collezione era aumentata, e iniziò ad osservarli, mentre Luka si sedeva sul letto, con la chitarra in grembo pronto a suonarla, e si sistemava.

-Marinette, prima di farti ascoltare questa canzone, volevo dirti una cosa- 

Marinette lasciò perdere l’osservazione e guardò Luka, senza sapere bene cosa aspettarsi, ma con un terribile dubbio che iniziava a venirle in testa.

Non è che Luka…?

-Innanzitutto volevo ringraziarti per essere venuta stasera, so che può esserti sembrato strano, ma spero tu ti sia divertita. Suonare con altra gente è ottimo per prepararsi a un pubblico, soprattutto se la persona a cui suoni è importante per te- continuò lui, e Marinette iniziò a sentire il cuore battere, ma non in modo positivo.

Sembrava tanto l’inizio di una dichiarazione, ed era l’ultima cosa che avrebbe potuto sopportare.

Teneva tantissimo a Luka… ma non in quel modo. Il suo cuore era già abbastanza a pezzi tra Adrien e Chat Noir, non aveva spazio per un altro contestante, e Luka, sebbene l’avesse interessata durante il loro primo incontro, non le piaceva come più che semplice amico.

Rimase ghiacciata sul posto, immobile e in silenzio, cercando mentalmente di trovare una scappatoia.

I suoi occhi iniziarono a vagare per la stanza come cercando un’uscita di sicurezza o un argomento di conversazione abbastanza valido da permetterle di interromperlo senza che si capisse il suo intento.

-Ed è proprio di questo che vorrei parlarti, vedi…-

Poi il suo sguardo si posò quasi per caso su un plettro con l’immagine di Chat Noir, e subito dopo sull’orologio a muro.

Le dieci e un quarto.

…le dieci e un quarto?

-…io…- continuava Luka, ma Marinette lo interruppe di scatto.

-Sono le dieci e un quarto?!- esclamò senza riuscire a trattenersi, e facendo sobbalzare l’interlocutore.

-Luka, scusami tantissimo, ma dovevo stare a casa per le dieci! I miei… mi hanno messo in punizione per problemi a scuola. Devo scappare. Ci vediamo domani o lunedì a scuola. Scusami!- si giustificò così in fretta da non capire neanche lei cosa aveva detto, e corse fuori dalla stanza proprio mentre Juleka passava per il corridoio.

La salutò velocemente, prese la borsa che aveva lasciato in salotto, salutò Rose e non diede il tempo a nessuno dei presenti di dire qualsiasi cosa che era già in strada, a correre il più velocemente possibile e sperando che per una volta Chat Noir fosse in ritardo.

Non poteva perderlo, non dopo quel “A domani, principessa”.

 

Luka era rimasto seduto sul suo letto, la chitarra in grembo pronta ad essere suonata e la gola secca che fremeva per dire le parole “Vorrei che ci vedessimo più spesso, anche come più che amici”.

-Luka, tutto bene?- le chiese Juleka, affacciandosi preoccupata.

-Non… non saprei. Credo di averla spaventata. Ha detto che i suoi l’hanno messa in punizione… ma non mi sembrano molto i tipi da mettere in punizione imponendo un coprifuoco il sabato sera- commentò, ferito, e posando la chitarra sul letto, ormai inutile.

-Non credo ti abbia mentito. Stavo venendo a darle il cellulare, io e Rose ce ne siamo accorte tardi ma la sveglia suona da un bel po’- glielo fece vedere, e gli occhi di Luka, ormai spenti dallo sconforto, si riaccesero di speranza.

-Forse non è troppo tardi, posso restituirle il telefono e finire di dirle quello che le voglio dire- rifletté a voce alta.

-Non ti arrendere- lo incoraggiò la sorella, porgendogli il telefono di Marinette.

-Grazie, Jul- Luka le accarezzò affettuosamente la testa prima di prendere una giacca e uscire, direzione: casa di Marinette.

Sembra superfluo dire che se ne pentì non poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow, è uscito più lungo di quanto pensassi. Credevo che non avrei mai riempito le tredici pagine prefissate di TextEdit, invece ne sono uscite di più, tanto che ho dovuto stringere un po’ per non far uscire un papiro. Ho tagliato una scena con Marinette e Luka a scuola che avevo messo solo per allungare ma che alla fine era inutile.

Spero che il risultato sia soddisfacente.

I piccolissimi paragrafi di solo dialogo sono per rendere l’idea del rapporto che cresce ogni giorno, con i “buonasera” e gli “arrivederci”. Pensavo fosse un modo carino e non potevo scrivere ogni giorno al dettaglio perché avrei potuto riempirci sette capitoli di slice of life moments e la storia sta prendendo altre vie.

Infatti, come potete notare, non c’è più spazio per i dubbi, ormai quasi del tutto chiariti, e nuovi ostacoli si mettono tra i due.

E c’è sempre quel concorso di Gabriel Agreste in ballo, che potrebbe rivelarsi più importante del previsto.

Fidatevi se vi dico che i dettagli, in questa storia, sono più importanti di quanto sembra.

Comunque spero vi piaccia, e forse il mio capitolo preferito per il momento.

Il prossimo capitolo sarà una bomba, e le cose iniziano a cambiare sempre di più.

Non so quando arriverà però perché essendo una bomba sarà un po’ complesso da scrivere.

Grazie a tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono questa storia. Spero che continuerà a piacervi.

Un bacione e alla prossima. 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Under the bright stars

Capitolo 5

 

Ormai Chat Noir stava facendo il giro dell’isolato cercando di apparire naturale da quasi mezz’ora, e di Marinette nessuna traccia.

Non che si aspettasse di trovarla, anzi, sapeva per certo che aveva il famoso appuntamento con Luka, quella sera, ma sperava davvero di incontrarla.

Nella precedente mezz’ora aveva mentito a sé stesso, finto di aver notato una qualche strana ombra, deciso di riprendere fiato in tre punti diversi raccontando a sé stesso che si stancava troppo quei giorni, ma alla fine era riuscito ad ammettere anche a sé stesso la verità di quella che era a tutti gli effetti un’attesa, l’attesa che Marinette tornasse a casa e che potessero parlare come ormai era diventata un’abitudine.

Un’abitudine che non era il caso di protrarre, dato che lui era un supereroe e lei una civile, ma comunque un’abitudine.

Perché gli risultava molto più semplice parlare come Chat Noir piuttosto che come Adrien, e nonostante Alya quei giorni avesse fatto carte false per spingerlo in tutti i modi a chiederle di uscire, Adrien non era più riuscito a trovare il coraggio, troppo distratto e poco sicuro di sé. 

Non era abituato a non riuscire a fare qualcosa, quindi era sembrato più facile la via del codardo, continuando a nascondersi dietro la maschera e fingendo di vederla solo per caso ogni notte. 

Chat Noir era, dopotutto, la parte vera di lui, ma a volte si chiedeva se le cose non fossero più complicate di quello che pensasse. Forse in realtà era solo la parte più sicura, e la sicurezza era data da Plagg, dalla maschera, o da un misto.

Forse il modo migliore di stare con Marinette sarebbe stato di dirle chi fosse, di farle conoscere appieno tutte e due le parti del suo essere, ma non poteva farlo, non poteva dirle niente.

Sospirò, e si alzò dalla sdraio di Marinette dove si era inconsciamente messo in attesa.

Se saltavano un giorno non era la fine del mondo, sicuramente Marinette non pensava a lui, quando era con Luka.

Sicuramente si stava divertendo a sentire le prove del gruppo, magari Luka le aveva anche confessato i suoi sentimenti e il giorno dopo li avrebbe visti insieme, mano nella mano, come la coppia migliore del mondo. 

A quel pensiero il cuore di Chat Noir ebbe un doloroso fremito, ma il supereroe si impose di non pensarci. Era giusto così. Lui era un supereroe, ed il sé civile era troppo debole per meritarsi una ragazza straordinaria come Marinette.

Forse se non si fosse tirato indietro… forse se non si fosse nascosto dietro la maschera… 

Ma sicuramente era ormai tardi, e si era bruciato l’unica occasione che aveva con Marinette.

Con un balzo salì sul tetto, pronto a continuare il giro di ronda che si stava protraendo un po’ troppo, ma dei passi affrettati in strada lo fecero girare, con troppa aspettativa nel cuore di quella che avrebbe dovuto permettersi.

Sgranò gli occhi e si nascose dietro il comignolo del camino, per non far vedere a Marinette che la stava praticamente aspettando.

Perché infatti, con sua immensa gioia, era proprio Marinette quella che correva con velocità e sforzo disumano nella sua direzione.

Per un momento Chat Noir aveva quasi pensato che potesse correre così per incontrarlo, ma aveva subito scartato l’idea. Sicuramente i suoi genitori avevano imposto un coprifuoco o qualcosa del genere, anche se, conoscendoli, Chat Noir lo considerava piuttosto improbabile.

Rimase nascosto, osservandola quasi sognante mentre entrava in casa in tutta fretta.

Stava per andarsene, senza aspettarsi minimamente che salisse subito sul balcone, quando la finestra che decretava l’accesso al balcone si spalancò di scatto, e Marinette fece la sua comparsa, rossa per la corsa e senza fiato.

Si fermò un attimo per respirare, e iniziò a guardarsi intorno attenta e preoccupata.

Chat Noir non capì il motivo del suo comportamento. Non poteva cercare lui… giusto?

Cercò di non avere aspettative troppo alte, magari i suoi genitori dovevano tornare e lei doveva farsi trovare a casa. Magari stava scappando da un akuma imbestialito… forse Chat Noir doveva controllare?

Iniziò discretamente a guardarsi intorno, un po’ preoccupato e deciso a proteggerla da ogni male, ma Marinette sospirò profondamente, guardando l’ora, e si buttò sulla sdraio.

-L’ho perso!- sembrò lamentarsi tra sé. 

Chat Noir non era convinto di aver capito bene, e cercò di avvicinarsi pur rimanendo nascosto.

-Sono le dieci è quaranta! Ormai è passato! Va bene, devo stare calma. Ci vedremo domani, alla fine. Spero che faccia il giro di ronda anche di domenica- il suo monologo depresso non aveva spazio per interpretazioni personali, e il cuore di Chat Noir si riempì di una gioia incontenibile.

Si era affrettata per lui, perché voleva incontrarlo.

Un po’ come anche lui aveva aspettato per lei.

Quello che fino a pochi momenti prima credeva un rapporto a senso unico era in realtà ricambiato, e poco ci mancò che Chat Noir si mettesse a saltare da tutte le parti eccitato e gridando al sua gioia come un ragazzino alla prima cotta… beh, un po’ lo era.

Si impose di mantenere la calma, e di fare un’entrata trionfale e casuale.

-Meglio che vada a dormire- la frase sussurrata tra sé di Marinette lo fece affrettare, e uscì da dietro il comignolo con molta nonchalance, fingendo di essere appena atterrato.

-Oh, buonasera Principessa- la salutò, come ogni sera.

La vide sobbalzare, e sorridere con occhi brillanti per un attimo.

Era ancora più bella del solito.

Durò un attimo, e tornò subito quella di ogni sera, come se fosse lì per caso.

-Oh, buonasera micetto. Giro di ronda lungo?- chiese con tranquillità, appoggiandosi alla balaustra.

-Una falsa pista di un akuma mi ha fatto perdere un po’ di tempo… perché, mi aspettavi?- chiese un po’ malizioso, vinto dalla voglia di prenderla un po’ in giro ora che aveva finalmente capito il suo intento.

Non lo faceva con cattiveria, perché la gioia che lei ricambiasse almeno la voglia di vederlo ogni sera era troppa e sperava davvero di riuscire a farglielo ammettere così da poterlo ammettere anche lui.

Certo, non le avrebbe detto di avere una cotta stratosferica per lei che era solo aumentata nell’ultima settimana a tal punto da avergli fatto dimenticare quasi del tutto Ladybug, ma anche solo definire l’amicizia era un passo in avanti.

Marinette arrossì leggermente a quel commento, ma cercò di non farlo vedere.

-Che? Nah! Figurati! Perché mai avrei dovuto aspettarti. Sei tu quello che passa ogni notte- cercò di rigirare la frittata lei, girandosi e non guardandolo negli occhi ma rimirando le stelle.

-Beh, è il mio solito giro di ronda, lo faccio da quando sono supereroe. Anzi, non trovi sia strano che non ci siamo mai incontrati fino ad ora?- la provocò in tono scherzoso, raggiungendola con un balzo e sedendosi sulla balaustra accanto a lei, cercando di incrociare il suo sguardo.

Il rossore sulle gote di Marinette aumentò leggermente, ma lei continuò a mantenere la recita.

Il motivo non lo sapeva nessuno dei due.

-Già, è strano. Una strana coincidenza. Probabilmente questi giorni l’aria è ottima per stare un po’ di più all’aperto- alzò le spalle, come se neanche lei sapesse la verità.

-E le stelle sono davvero luminose queste notti. O forse sono solo io che le vedo con occhi diversi- commentò lui, osservando il cielo privo di nuvole.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, entrambi con lo sguardo rivolto verso l’alto, poi fu Chat Noir a continuare.

-Quindi sono le meravigliose stelle a portarti su questo balcone solitario a quest’ora di notte?- indagò spostando lo sguardo per puntarlo sulla ragazza, che rimase ferma nella sua osservazione e si limitò a diventare ancora più rossa.

-Credo di avere ogni diritto a salire sul mio balcone a fare quello che voglio, Chat Noir- rispose un po’ irritata. Chat Noir aumentò il sorrisetto.

-Oh, peccato. Speravo che mi stessi aspettando- buttò la bomba, con un sorrisetto.

Marinette si voltò a guardalo un po’ preoccupata, come a cercare di capire dal suo sguardo quanto sapesse o se avesse sentito il suo monologo.

-Ti piacerebbe, eh?- cercò di mantenere il solito tono scherzoso che assumeva sempre con lui, ma la voce era piuttosto tremula.

-Immensamente, principessa- lui le fece l’occhiolino, e lei distolse nuovamente lo sguardo.

-Oggi ti vedo particolarmente irritante e allegro. È successo qualcosa di buono?- cercò di cambiare argomento, 

Chat Noir sembrò pensarci un po’ su.

-Si può dire di sì, è successo qualcosa di molto buono, almeno per me- ammise, allargando il sorriso e continuando a fissare Marinette, che assunse un’espressione lievemente corrucciata.

-Beh, non voglio indagare per non rischiare di scoprire la tua identità, micetto- alzò le spalle, e iniziò a rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita.

-Non credo che tu la possa scoprire. Diciamo che mi sono fatto una nuova stupenda amica e proprio oggi mi sono reso conto che anche lei ricambia il mio affetto- spiegò, senza essere troppo preciso.

-Una stupenda amica?- chiese Marinette, irritata.

Chat Noir la trovava sempre più adorabile.

-Sei gelosa, per caso?- la provocò.

-Non capisco dove questa  conversazione voglia arrivare, ma credo si sia fatto tardi e devo andare a dormire- al limite dell’esasperazione, con le guance così rosse che ormai Chat Noir avrebbe potuto friggerci un uovo, Marinette fece per rientrare in casa, e Chat Noir scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi e sperando che lei si fermasse.

Per fortuna così fu, altrimenti il supereroe sarebbe stato costretto a bloccarla e non gli andava di imporsi su di lei, anche se aveva davvero bisogno di dirle tutto, non riusciva più ad aspettare e a tirarsi indietro.

-Cosa hai da ridere?!- chiese lei ormai esasperata, incrociando le braccia e stringendosele al petto.

-Sei tu- le confessò Chat Noir con semplicità, girandosi e guardandola negli occhi.

-Ti faccio ridere?- Marinette strinse le braccia offesa, ma Chat Noir scosse la testa.

-No, tu sei la mia nuova amica, e mi fa ridere quanto tu sia adorabile quando sei gelosa- le spiegò, avvicinandosi. Marinette si allontanò.

-Chi ti dice che io ricambi il tuo affetto?- obiettò, con orgoglio.

-Diciamo che ti ho sentita rientrare e cercarmi con una certa insistenza poco fa- ammise, alzando le mani in modo colpevole.

Marinette sgranò gli occhi.

-Mi hai… ma come…? Mi stavi spiando?! Non mi sembra un comportamento molto eroico- lo accusò, avvicinandosi di un passo e puntandogli il dito contro.

-Non credo sia il termine giusto, penso che sia “aspettando”- la corresse lui, ammutolendola.

Seguirono alcuni secondi di puro silenzio, le guance di Chat Noir si imporporarono e Marinette rimase a fissarlo ad occhi sgranati, come cercando di metabolizzare quello che aveva detto.

Sembrava una cosa semplice, ma non lo era.

Aveva appena ammesso che lui, supereroe di Parigi, si era affezionato ad una civile tanto da aspettarla per mezzora al suo balcone pur di parlarle anche solo per una decina di minuti.

-…Mi stavi aspettando?- chiese poi lei, come se non credesse a quello che lui le aveva appena confessato.

La mano ancora puntata contro di lui in modo accusatorio cadde sul suo fianco, inerme, come tutto il corpo di Marinette, che non si mosse mentre Chat Noir iniziava ad avvicinarsi.

-Beh… sì. Non so perché, ma in tutta questa settimana, ho pensato quasi ogni momento a questi incontri serali- ammise, per la prima volta serio dall’inizio di quella conversazione.

Non voleva arrivare a quello, ma non poteva continuare a fingere che fosse tutto una stupida coincidenza, soprattutto non ora che aveva scoperto che anche Marinette attendeva le sue visite.

Perché nascondere quanto entrambi apprezzavano la compagnia dell’altro? Dopotutto non era illegale che i supereroi fossero amici di civili. Chloe diceva a tutti che lei e Ladybug erano amiche per la pelle, anche se non era proprio vero, e Ladybug stessa aveva dimostrato apprezzamento verso Alya, concedendole interviste e saluti pubblici. Chat Noir poteva anche concedersi di essere amico di Marinette, non c’era niente di sbagliato in questo.

Forse il vero problema, quello che bloccava entrambi da ammettere la loro amicizia… era che non era necessariamente un’amicizia.

E in quel caso Chat Noir sapeva che era sbagliato… ma non poteva farci nulla comunque.

Si vedeva sempre, in film, serie TV e fumetti, il supereroe non doveva avere legami con delle ragazze, soprattutto direttamente in veste di supereroe. 

Ma come Peter Parker preferiva baciare May Jane come Spiderman perché come Peter non si sentiva all’altezza, anche Adrien si sentiva meglio per Marinette come Chat Noir, e non poteva controllarlo.

Si avvicinò alla ragazza, che non si allontanò, ma rimase a guardarlo, quasi pendendo dalle sue labbra.

-Mi piace parlare con te, Marinette. Mi piace aiutarti, chiacchierare, essere me stesso ed essere trattato come una persona, e non come il supereroe spalla di Ladybug. Adoro prendermi quei dieci o venti o trenta minuti di pausa per stare con te, osservare le stelle e in generale godere della tua compagnia, della tua simpatia e della tua gentilezza- era la prima volta che si apriva con qualcuno in questo modo. Non era mai riuscito con Ladybug, era escluso che ci riuscisse con suo padre, Chloe era fuori discussione e in qualche modo anche Nino, ma con Marinette… con Marinette tutto era semplice.

Lei era semplice… ma in modo positivo. Era aperta, onesta, gentile e senza maschere.

Non come Adrien, che ostentava la sua più da civile che da supereroe.

Marinette si avvicinò a sua volta, sorridendo un po’ imbarazzata.

-Ammetto che… beh… piace molto anche a me. Sono una ragazza così imbranata, a volte mi sento così insignificante. Non sono forte come Alya, dolce come Mylene o Rose, o particolare come Juleka. Io sono solo Marinette. Imbranata, distratta, che non riusciva neanche a salutare il ragazzo che le piaceva…- durante la confessione di Marinette, Chat Noir non riuscì a non sobbalzare notando l’uso del passato. Lo aveva davvero dimenticato, come Adrien? Cercò di non pensarci. In quel momento era a un passo da Marinette, che gli stava aprendo il suo cuore, e non poteva che essere sommerso da uno strano senso di vertigine, aspettativa e una strana felicità e senso di solletico causato dalle centinaia di farfalle nello stomaco.

-…quello che intendo dire è che… sono felice di essere tua amica. Soprattutto visto che non sarei mai all’altezza di Ladybug- concluse abbassando lo sguardo, con voce così bassa che sembrava parlare da sola.

Chat Noir non riuscì a trattenersi, le prese il volto e lo portò alla sua altezza, per guardarla negli occhi.

-Scherzi, vero?- chiese confuso.

-Come?- Marinette non sembrò capire.

-Tu sei meglio di Ladybug- era la prima volta che lo ammetteva anche a sé stesso, ma si stupì di quanto fosse vero, almeno per lui. Marinette sobbalzò. Chat Noir cercò di spiegarsi.

-Con te riesco a parlare, parlare per davvero. Aprirmi molto più che con chiunque altro, scherzare, ridere. Sentirmi una persona normale. Non mi sono mai sentito così con nessun altro. Sei una persona straordinaria, Marinette. E sei unica. Quindi non paragonarti più ad altri- la guardò negli occhi, cercando di trasmetterle con la sola forza dello sguardo tutto quello che provava per lei.

Aveva ancora la mano sul suo mento, e per prenderglielo si era avvicinato ulteriormente.

Marinette gli sorrise grata, e gli prese la mano libera.

Nonostante i guanti di pelle, Chat Noir avvertì il suo calore, e la strinse, avvicinando inconsciamente il volto.

-Chat Noir… io…- Marinette sembrava in procinto di fare una grande rivelazione, ma scosse la testa, e si allontanò.

Chat Noir rimase ferito, l’aspettativa che stava crescendo a vista d’occhio nel suo cuore iniziò a spezzarsi.

Cosa si aspettava? Non lo sapeva neanche lui.

Si allontanò a sua volta, un po’ imbarazzato per quello che aveva sperato succedesse.

Doveva essere felice che avevano confermato l’amicizia, dopotutto era il meglio che potesse aspirare. 

Ma non ci riusciva più di tanto.

-Forse è il caso che io continui il giro. Si sta facendo tardi, e poi domani ho un impegno- rifletté, un po’ deluso, ma accettando che ormai il momento era passato.

-Oh, sì… si sta facendo tardi. A domani, micetto?- chiese Marinette, un po’ preoccupata.

Lui sorrise, e le si avvicinò per salutarla meglio.

-A domani, principessa- fece per darle un bacio sulla guancia. Un gesto affettuoso e platonico che gli sembrava giusto fare nella neo-raggiunta amicizia, ma non fu la sua delicata guancia che trovò, ma le labbra della ragazza, che aveva girato la testa all’ultimo secondo.

O forse era Chat Noir ad aver sbagliato mira, desiderando quel bacio così tanto che se l’era preso inconsciamente.

Fatto stava che, dopo un secondo di totale sbigottimento, l’istinto del supereroe ebbe la meglio, così come quello di Marinette, a quanto pareva, perché si ritrovarono immersi in un bacio in piena regola, intenso e mozzafiato.

Marinette gli mise le braccia intorno al collo, seppellendo le mani tra i suoi capelli, mentre Chat Noir le strinse la vita e la avvicinò di più a lui.

Durò una manciata di intensi secondi che per il supereroe furono anni interi, poi si separarono, restando comunque in quelle posizioni, e guardandosi negli occhi sorpresi ma appagati.

Era il primo vero bacio che Chat Noir ricordasse, dato che aveva messo da parte il bacio di Ladybug di cui non ricordava assolutamente nulla, ed era il bacio migliore che potesse ricevere.

-Io… ecco… scusami!- Marinette si portò una mano sul volto, imbarazzata e rossa come un peperone.

-No… no! Va bene, anzi…- Chat Noir non riuscì a trattenere un sorriso beota, si portò una mano tra i capelli, un po’ a disagio.

Rimasero qualche secondo in silenzio, ripensando a quanto era appena successo, e fu il supereroe a romperlo, mordendosi il labbro inferiore in un goffo tentativo di non allargare troppo il suo sorriso per non sembrare una specie di maniaco.

-Baci molto bene- commentò, dandosi dello stupido per il commento davvero da maniaco.

Marinette seppellì ulteriormente il volto tra le mani, e ridacchiò un po’ isterica.

-Oh… beh… anche tu. È stato decisamente meglio di…- si interruppe di scatto, Chat Noir si avvicinò socchiudendo gli occhi.

-Di chi? Chi ho superato?- chiese malizioso e curioso.

Nonostante sembrasse sicuro, ogni organo interno stava urlando in un misto tra panico e gioia. Ma lui era Chat Noir, non poteva perdere il suo aplomb.

-Nessuno! Cioè… insomma… argh!!- Marinette si coprì ulteriormente.

-Dai, principessa. Se non sei convinta posso anche farlo ancora meglio- iniziò a punzecchiarla, e lei lo spintonò giocosamente, per poi scoppiare a ridere.

-Te lo devi guadagnare, micetto- lo sfidò, cercando di riacquistare sicurezza e tornando naturale.

Chat Noir sogghignò.

-Sono un supereroe che salva Parigi costantemente, non per vantarmi, penso di aver affrontato abbastanza draghi da meritare la principessa- le fece l’occhiolino, scuotendo la testa in modo orgoglioso come a far muovere la chioma al vento.

-Beh, se parliamo di draghi veri e propri mi pare di ricordare che ne hai affrontato uno solo- lo prese in contropiede lei, ricordando il coccodrillo di Chitarrik trasformato in drago durante l’akumizzzione di Jagged Stone.

Chat Noir sembrò rifletterci.

-Touché. Sei parecchio informata, principessa. Allora che ne dici di un altro bacio per quella volta che ti ho salvato da tua nonna- insistette Chat Noir, avvicinandosi con un sorrisino furbetto e davvero adorabile.

Non aveva ovviamente intenzione di baciarla senza il suo consenso, ma lo divertiva vederla pensierosa e con le guance rosse.

-Alt! Ma io ti ho aiutato quando il Dessinateur ci aveva imprigionati in quella scatola trasparente, quindi siamo pari!- lo fermò, orgogliosa.

Chat Noir sbuffò, e si accasciò sulla sdraio, portandosi la mano sulla fronte in modo molto drammatico.

-Ma perché mi devono piacere sempre ragazze più in gamba di me- si lamentò, melodrammatico, facendo ridere di gusto Marinette, che però si fermò di scatto elaborando esattamente quello che aveva detto, e arrossì ulteriormente.

Seguì qualche secondo di silenzio, poi Marinette gli si avvicinò, un po’ titubante.

Chat iniziò a spaventarsi. Voleva forse dirgli che aveva sbagliato a baciarlo, che non significava niente e che Chat Noir, in quanto supereroe, non poteva stare con lei ed era meglio che non si vedessero più? La mente del ragazzo iniziò a galoppare, come al solito, creando gli scenari peggiori.

-Sai, mi sono appena ricordata che mi hai salvato quando il Gamer ha attaccato me e Adrien… quindi… sono in debito con te?- gli suggerì, avvicinandosi e sorridendogli un po’ imbarazzata.

Chat Noir tolse la mano dalla fronte e la guardò con due vispi occhietti.

-Hai una memoria fenomenale, te l’hanno mai detto?- si complimentò, sinceramente colpito.

Dei civili che conosceva solo Alya ricordava ogni akuma che avevano affrontato e tutti gli interventi per altre cause.

-Ti ho già detto che ti concedo un altro bacio, non serve che continui a lusingarmi- Marinette arrossì ulteriormente. Era diventata rossa quanto il costume di Ladybug.

Per la prima volta pensare a Ladybug non gli fece nessun effetto.

Marinette era tutto quello che gli serviva. Aveva preso tutto lo spazio del suo cuore.

Si avvicinò, e lo stesso fece Marinette, ma proprio quando stavano per scambiarsi un altro semplice bacio, una voce inaspettata li fece allontanare di scatto.

-Bene bene bene, cosa abbiamo qui. Per questo mi hai dato buca, eh? Per un appuntamento al chiaro di luna con uno stupido gatto pulcioso?- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Il ritardo del capitolo non è tanto dovuto a blocco dello scrittore o altre cose del genere, ma ho avuto alcune difficoltà a decidere come concluderlo.

È praticamente pronto da almeno due settimane, anche di più, ma non sapevo se introdurre già il cattivo o lasciarlo al prossimo capitolo.

Alla fine, come avrete notato, ho lasciato il colpo di scena.

E poi non ero del tutto convinta di niente, in questo capitolo.

Avevo detto che Adrien era il mio preferito da scrivere… beh… in questo capitolo proprio no.

Spero comunque di averli resi bene, è un capitolo importante, ma non siamo neanche a metà storia.

Tante cose devono succedere ancora.

Fatemi sapere che ne pensate del capitolo, e scusatemi se è corto.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Under the bright stars

Capitolo 6

 

Luka aveva percorso la strada con più calma rispetto a Marinette, anche se pur sempre con passo sostenuto, e non vedendola in lontananza si era chiesto come fosse possibile non averla raggiunta, ma mano a mano che si avvicinava alla casa della ragazza se n’era fatto una ragione, e sperò di non metterla nei guai con i genitori, una volta arrivato.

Si rigirava il telefono tra le mani e provava quello che le avrebbe voluto dire una volta raggiunta.

Sicuramente doveva iniziare col restituire il telefono, poi… non lo sapeva più.

Il fatto che si stesse facendo tardi e che lei fosse scappata gli rendeva la confessione più difficile, e gli aumentava le insicurezze che già lo avevano colto quando aveva organizzato la serata.

Forse non ricambiava, magari doveva darle un po’ di tempo… 

Sapeva che fino a poco tempo prima aveva avuto una cotta per Adrien Agreste. Non che qualcuno glielo avesse detto, ma lo aveva senza problemi intuito. Però negli ultimi tempi l’aveva vista sempre meno interessata, e gli era sembrato un buon momento per agire.

Forse però non lo era.

Luka sospirò tra sé, e decise di non tirare fuori l’argomento per il momento, e di restituire semplicemente il telefono.

Una volta arrivato davanti alla pasticceria controllò che le luci fossero accese, ma non c’era traccia di nessuno.

Che Marinette gli avesse mentito e fosse andata da qualche altra parte?

Luka scosse la testa, non era affatto un comportamento da Marinette.

Alzò lo sguardo e si allontanò dalla facciata per controllare se non fosse in balcone, dato che gli sembrava fosse illuminato, e quello che vide lo lasciò di stucco.

Marinette c’era, questo sì, quindi non aveva mentito sul fatto di tornare a casa.

Ma non era sola, e la sua compagnia era l’ultima cosa che Luka si sarebbe aspettato.

Infatti parlava, in modo piuttosto confidenziale, come fossero amici di lunga data, con il supereroe Chat Noir, ed erano sempre più vicini.

Fu come se il cuore di Luka gli sprofondasse nello stomaco, e avvertì distintamente un forte dolore all’altezza del petto dove sarebbe dovuto trovarsi.

Il suo primo istinto fu quello di scappare via e consegnare il telefono il giorno successivo, fingendo di non aver visto nulla, ma non riusciva a muoversi.

Dentro di sé cercava invano di trovare una spiegazione logica alla presenza di un supereroe sul tetto della sua cotta.

Forse Marinette si era imbattuta in un supercattivo arrivando lì e Chat Noir l’aveva salvata e si stava assicurando che stesse bene. Ma allora perché era così vicino a lei? E perché non tornava ai suoi doveri?

Magari Marinette era Ladybug, per questo lei e Chat Noir erano così in sincronia. Ma allora perché parlavano così, non sarebbe stato meglio per Marinette trasformarsi nella supereroina? E comunque non giustificava quella vicinanza.

Nulla di platonico poteva giustificarla!

Luka strizzò gli occhi, cercando di imporre al suo corpo di andarsene, di smettere di ferirsi così tanto, ma non ci riuscì, e nella speranza di trovare una risposta che guarisse il suo cuore o una spiegazione ragionevole che avrebbe sistemato tutto, risollevò lo sguardo, speranzoso, finendo solo per ferirsi ancora di più.

Perché Chat Noir si era chinato per baciarla, e lei aveva ricambiato senza la minima esitazione.

Questo fu troppo per il povero ragazzo, e stringendo il telefono come fosse un’ancora di vita, trovò la forza di scappare prima che qualcuno lo beccasse a spiare i due piccioncini. 

Si rifugiò in un vicolo poco distante, cercando di placare il battito del suo cuore e rimettere insieme i pezzi.

Marinette aveva una relazione segreta con Chat Noir… ecco perché era scappata così in fretta, ecco perché non le piaceva più Adrien Agreste, e questo significava anche che non avrebbe mai potuto accettare una sua confessione.

Dopotutto chi era lui, se messo a confronto con un supereroe.

Si prese il volto con la mano libera, cercando di riordinare le idee, e non notò la farfalla scura, mimetizzata tra le ombre della notte, che gli andava incontro e che si infilò nel telefono di Marinette.

 

Marinette spalancò gli occhi alla vista del supercattivo. Tutto quello che era successo con Chat Noir l’aveva distratta a tal punto che rimase completamente ghiacciata sul posto, senza riuscire a muovere un muscolo.

Non le serviva il suo intuito da supereroina per rendersi conto che il ragazzo akumizzato davanti a lei era Luka, e il suo sguardo furioso e ferito le fece venire un gran nodo allo stomaco, causato dal senso di colpa e da una strana ansia che lì per lì non riuscì a definire.

Il cattivo che sovrastava lei e Chat Noir sembrava più elaborato rispetto agli ultimi akuma di Papillon. Lo stile non era molto diverso da quello usato per Chitarrik, completo di chitarra, ma l’estremità della chitarra sembrava un telefono, e Luka portava una cintura al momento vuota ma che sembrava potesse contenere fino a una cinquantina di plettri.

Prima che Marinette potesse dire o fare qualunque cosa, Luka suonò un brano alla chitarra, lanciandole contro un raggio di luce che Marinette non avrebbe saputo come schivare, dato che era ancora sotto shock.

Per fortuna Chat Noir aveva riflessi molto più pronti, e le si parò davanti deviando il colpo con il suo bastone, e proteggendola da ogni altro eventuale attacco.

-Non te l’ha detto nessuno che è maleducato spiare le persone nel cuore della notte?- commentò con il suo solito tono scherzoso e in vena di battute, irritando Luka e sbloccando Marinette, che guardò il gatto immensamente grata, e notò nei suoi occhi una maggiore preoccupazione rispetto al solito, che al momento non riuscì a comprendere.

Sembrava essersi reso conto di una cosa fondamentale alla quale sicuramente anche Marinette doveva arrivare, ma al momento le sfuggiva.

E in ogni caso non aveva tempo di rimuginare, doveva trasformarsi ed aiutare Chat Noir, anche se con la protezione che le stava offrendo, non diversa da quella che lei aveva offerto ad Adrien quelle poche volte che un akuma si era ritrovato ad inseguirlo personalmente, era davvero difficile.

-Levati di mezzo, sacco di pulci, non sei all’altezza della mia collezione, ma Marinette ci sarà!- Luka cominciò ad attaccarlo, cercando di eludere la sua guardia per colpire Marientte ma trovando una strenua resistenza da parte del supereroe e una certa prontezza di riflessi da parte della stessa Marinette, che cercò di farlo ragionare.

Dopotutto quando Nathaniel era stato akumizzato era riuscita a parlarci in maniera anche piuttosto civile. Forse con Luka, che a quanto pareva provava a sua volta qualcosa per lei, sarebbe stato lo stesso.

-Luka, fermati, non è così che le cose cambieranno- cercò di convincerlo, evitando per un pelo un altro raggio di luce e nascondendosi dietro la sdraio, posto più vicino e sicuro del balcone, dato che l’entrata in casa era stata occupata da Luka akumizzato.

-Non sono più Luka, ora solo Le Plecteur, e ti avrò, costi quel che costi!- promise con il classico tono da cattivo.

-Luka, eh…- commentò Chat Noir, tra sé, con una leggera nota di rimpianto che Marinette non riuscì a capire. Prima che potesse indagare ritornò al suo solito tono rilassato -Sarò pure troppo moderno, ma credo che considerare le donne degli oggetti non sia proprio galante- lo prese in giro, riuscendo ad avvicinarsi abbastanza da colpirlo. Le Plecteur però riuscì a scansarsi in tempo, e ringhiò infastidito, nascosto dietro i comignoli.

-Tornerò, mia cara, e l’ammasso di pulci non potrà fare nulla per fermarmi- promise, prima di scappare via, probabilmente utilizzando qualsiasi fosse il suo potere su altre persone in modo da diventare più forte.

-Sarà meglio fermarlo subito, allora. Marinette, torna dentro e nasconditi… non credo si aspetti di trovarti qui. Penserà che ti ho nascosto da qualche altra parte… penso- rifletté Chat Noir, lanciandole un’occhiata preoccupata. Sembrava più distratto del solito, quasi sull’orlo di un attacco di panico.

Marinette acconsentì e sparì in camera.

Prima che Chat Noir se ne andasse, però, ci tenne a fargli un ultimo augurio.

-Risolverai tutto, come sempre. Buona fortuna, micetto- gli assicurò incoraggiante, con un ampio sorriso che Chat Noir ricambiò, più sicuro e con grande gratitudine per le sue parole.

-Stai fuori dai guai, principessa- si fece promettere, con una punta d’incertezza utilizzando il nomignolo, e sparì in fretta nella notte.

Una volta al sicuro in camera sua, Marinette si assicurò che Le Plecteur non fosse da nessuna parte e Tikki le comparve davanti, con aria preoccupata ed urgente.

-Marinette…- iniziò a dire, ma la ragazza non la fece continuare.

-Abbiamo un gattino da aiutare. Tikki, trasformami- ordinò al kwami, che fu costretto ad obbedire, e meno di venti secondi dopo Ladybug era già fuori da casa sua, e cercava con attenzione Le Plecteur da ogni parte.

Quando iniziò a pensare ad un modo per arrivare abbastanza in alto da scorgerlo dovunque fosse, un proiettile nero dalla chioma bionda sparato a tutta velocità nella sua direzione fu la risposta.

Lanciò lo yo-yo sul lampadario più vicino e si gettò per prenderlo al volo e nascondersi il più in fretta possibile in un vicolo.

-Oh, Ladybug, ti unisci alla festa? Proprio oggi che speravo di avere una notte tranquilla…- l’accolse Chat Noir, con la sua solita sicurezza ma un certo tremore.

-È proprio vero che il crimine non dorme mai. Allora, informazioni su Le Plecteur?- chiese lei, salendo su un tetto e cercando di lanciare un’occhiata all’akumizzato, ora circondato da una massa di persone che sembravano moltiplicarsi a vista d’occhio.

La situazione non sembrava certo rosea.

-Trasforma le persone in plettri che tiene alla cintura e poi può moltiplicarle a dismisura e farne il suo esercito personale suonando la chitarra- spiegò Chat Noir, affiancandola con un balzo.

Troppo vicino.

Ladybug si impose di restare concentrata e non badare a Chat Noir, anche se il ricordo di quello che era successo poco prima era troppo recente e troppo vivido per non pensarci.

Certo che Papillon aveva scelto proprio un pessimo momento per disturbarli!

-Aspetta… come sai il suo nome?- chiese Chat Noir, confuso, squadrandola come a chiedersi se non fosse una copia mandata da lui e la vera Ladybug non fosse stata trasformata in un plettro.

Cose del genere solitamente accadevano a Chat Noir, ma Ladybug non poteva biasimare la sua mancanza di fiducia, visti i poteri del supercattivo.

-Marinette mi ha avvisato, l’ho incontrata venendo qui e mi ha spiegato velocemente la situazione. Non preoccuparti per lei, è nascosta in un posto sicuro- lo rassicurò in fretta, notando che l’accenno alla ragazza lo aveva fatto scattare sull’attenti, preoccupato e quasi in procinto di andarsene.

-L’akuma cerca proprio lei, è geloso perché… ecco… sei sicura che sia ben nascosta?- chiese preoccupato, guardandola speranzoso.

Ladybug si impose di non arrossire, ma non riuscì a non sorridere tra sé nel notare quando Chat Noir sembrava tenere a lei.

-Non la troverà mai. Ma voleva assicurarsi che ti raggiungessi, sembrava preoccupata per te- lo rassicurò lei, e lui tirò un sospiro di sollievo, arrossendo anche leggermente.

-Ottimo. Credo che l’akuma sia il cellulare all’estremità della chitarra- Chat Noir tornò concentrato sul problema più urgente, e Ladybug fu felice di osservare che sembrava molto più sicuro.

Sperava che la passasse a trovare una volta finito con l’akuma, anche se visti i tempi di trasformazione era improbabile.

Se solo avesse saputo chi fosse dietro la maschera…

Ladybug scosse la testa per togliere quel pensiero dalla sua mente, doveva affrontare un akuma, non poteva pensare a Chat Noir, anche se con il supereroe attaccato a lei era piuttosto difficile.

-Dovremmo provare a rubare i plettri, così non potrà creare altre copie- provò a suggerire, indicando la cintura del cattivo.

-E come sconfiggiamo quelle già create?- chiese Chat Noir.

Ladybug non ebbe il tempo di pensare ad una risposta, perché proprio in quel momento un lampo di luce la costrinse a scansarsi e ritirarsi, e subito dopo Le Plecteur li raggiunse.

-La coccinella si è finalmente fatta vedere- commentò malefico, gettandole contro altri raggi di luce facilmente evitati dalla ragazza, che cercò di legarlo con il suo yo-yo ma finì per acchiappare due schiavi accorsi in suo soccorso.

Tutto l’esercito stava salendo sul tetto, con grande coordinazione e velocità.

Ladybug ne aveva proprio abbastanza di akuma che controllavano gli altri.

Chat Noir attaccò Le Plecteur da dietro, ma lui evitò con facilità e si ritirò lontano, lasciando fare ai suoi sottoposti.

Ladybug lanciò lontano, contro un muro, quelli che erano rimasti intrappolati nel suo yo-yo, facendoli sparire in una nuvola di fumo, ed evitò l’attacco di altri dietro di lei, tornando vicino a Chat Noir e combattendo con lui schiena contro schiena.

-Colpirli abbastanza forte li fa sparire- gli suggerì, e il supereroe annuì.

-Dobbiamo solo…- iniziò ad elaborare una strategia, ma un forte suono lo interruppe, e una decina di nuove copie cadde proprio sopra di loro, seppellendo i due supereroi.

Ladybug riuscì a liberarsi ed allontanarsi prima che le copie potessero rubarle gli orecchini, e lo stesso fece Chat Noir, anche se nella direzione opposta.

Prima che potessero attaccare Le Plecteur, però, questi suonò nuovamente la chitarra, più volte, fino a lasciare contro i supereroi più di un centinaio di copie di quattro persone diverse. Sembrava non avere limiti.

-Rimarrei volentieri a combattere, ma ho una principessa da conquistare- li salutò, e Ladybug sentì Chat Noir ringhiare nella sua direzione, furioso.

Prima che potesse dirgli alcunché, Chat si gettò contro di lui, evitando le copie, e gli lanciò contro il bastone, che lo colpì al braccio destro e gli fece lasciar andare il plettro che teneva in mano, con il volto di una giovane ragazza.

Ladybug non perse tempo, e lo afferrò con il suo yo-yo.

Chat riafferrò il bastone e fece per lanciarsi nuovamente contro Le Plecteur, ma Ladybug lo spostò da un lato, proprio mentre lui gli gettava contro il raggio per trasformarlo in plettro.

Certo che era un cattivo davvero forte. Forse avevano bisogno di aiuto.

Nella fretta di salvare Chat Noir, il plettro le cadde, e si ruppe contro lo spigolo di un muro di pietra.

Ladybug sobbalzò, temendo di aver inconsapevolmente ucciso chiunque fosse intrappolato dentro, ma comparve solo una ragazza frastornata e tutte le sue copie scomparvero.

-Chat, dobbiamo distruggere i plettri per sconfiggerlo- gli suggerì, e lui annuì, cercando di recuperare la compostezza persa quando Le Plecteur aveva minacciato Marinette.

L’akumizzato sembrava davvero seccato, e provò nuovamente a catturare la povera ragazza spaventata con un getto di luce, che però venne prontamente deviato da Marinette, che si mise a protezione facendo roteare il suo yo-yo, mentre Chat Noir la prendeva e la nascondeva nella prima casa disponibile.

-Non potete proteggere tutta Parigi!- li sfidò Le Plecteur, allontanandosi in cerca di nuove vittime.

-Dobbiamo distruggere la sua cintura- esclamò Ladybug, per poi lanciare in aria il suo yo-yo, ed invocare il Lucky Charm.

A tornarle in mano però fu un materasso gonfiabile istantaneo.

-Eh… e che ci dovrei fare con questo?- chiese tra sé.

-Tu spremiti le meningi, io intanto lo trattengo, in modo che non trasformi nessun altro- la incoraggiò Chat Noir, seguendo il cattivo.

Ladybug si guardò intorno, ma non trovava niente che potesse esserle utile.

Nel frattempo Chat Noir aveva raggiunto Le Plecteur, e intrattenevano nuovamente uno scontro uno contro uno a colpi di bastone e chitarra, anche se, per colpa delle decine di copie sotto il controllo del cattivo, Chat Noir stava avendo la peggio.

-Mi chiedo proprio cosa ci trovi in te- commentò Le Plecteur prima di disarmarlo e gettarlo contro una decina di copie che lo afferrarono e tennero stretto, immobilizzandolo pronte a prendere il suo Miraculous.

Per un secondo, Ladybug esitò.

Se toglievano il Miraculous di Chat Noir avrebbe potuto scoprire la sua identità, e al momento sembrava davvero allettante.

Ma fu questione di un attimo. 

Come poteva lei avere il diritto di conoscere chi si nascondeva dietro la maschera quando era la prima a non aver mai detto tutta la verità a Chat Noir. Con o senza maschera, non sarebbe cambiato niente, e conoscere la sua identità ora significava solo dare un vantaggio non indifferente a Papillon.

Non poteva assolutamente metterlo in pericolo così, era suo dovere di partner, collega, supereroina, amica e… qualcosa di più, e lo avrebbe protetto a tutti i costi.

Ma quell’attimo di esitazione prima di lanciare lo yo-yo le costò caro, perché Le Plecteur riuscì a deviarlo, e Ladybug si ritrovò ad intrappolare lo stesso Chat Noir, che non riuscì più a districarsi e venne completamente travolto dalle copie, che lo avvolsero come una coperta.

Prima che Ladybug potesse riprendersi l’arma e liberare il collega, Le Plecteur prese i tre plettri che gli erano rimasti e suonò con tutti e tre una stonatissima melodia, che però diede i frutti sperati dal ragazzo, facendo comparire altre trenta copie che afferrarono il filo dello yo-yo e avvicinarono con uno strattone Ladybug, imprigionando anche lei in un enorme abbraccio soffocante, lasciandole scoperta solo la testa, che la ragazza cercò di scuotere per evitare di perdere gli orecchini.

-Ladybug…- Chat si voltò a fatica verso di lei, chiedendo indicazioni.

La ragazza si guardò nuovamente intorno, e le venne un’idea.

-Appena ti liberi, distruggi i plettri- gli disse, utilizzando quel poco di mobilità rimasta per lanciare il materasso gonfiabile istantaneo verso Chat Noir, che capì il piano, lo afferrò con la mano libera e lo portò dentro alla massa che lo stava soffocando, per poi premere tirare la corda che lo avrebbe gonfiato.

La reazione fu istantanea, e tutte le copie che tenevano Chat Noir vennero sbalzate da un lato e scomparvero, sbattendo contro i muri e i comignoli del tetto.

Poi il supereroe preparò il cataclisma, mentre Ladybug, riottenuto lo yo-yo, si liberava dalla sua massa di copie, e afferrava il materasso.

Le Plecteur provò a creare nuove copie, ma Chat Noir fu più rapido, e disintegrò la cintura con i plettri, facendo scomparire nel nulla il poco esercito rimasto e scansandosi subito in modo da riprendere il bastone e da evitare le tre persone uscite dai plettri distrutti, che caddero sopra Le Plecteur facendogli perdere l’equilibrio. Tutti e quattro precipitarono dal tetto.

Ladybug lanciò il materasso a terra in modo da raccogliere le tre vittime, e approfittò della confusione di Le Plecteur per afferrare la base della sua chitarra e disarmarlo.

Afferrò poi la chitarra, staccò il suo telefono e lo ruppe, con una punta di rimpianto nonostante sapesse che sarebbe stato riparato subito dopo.

L’akuma uscì, e Ladybug lo afferrò e deakumizzò, facendo tornare tutto come prima.

Poi afferrò il telefono, e scese a terra, dove Luka si trovava confuso e disorientato, insieme ad altre tre persone, e venne subito raggiunta da Chat Noir, che alzò il pugno verso di lei.

Lei fece lo stesso.

-Ben fatto- dissero insieme, prima di avvicinarsi a Luka.

Mentre Chat Noir tranquillizzava i cittadini, che iniziarono a disperdersi, Ladybug gli porse il telefono, e lo aiutò a rialzarsi.

-Sono stato akumizzato?- chiese il ragazzo, a testa bassa, sentendosi in colpa.

-Sì, ma non preoccuparti, è tutto finito. Non è stata colpa tua- lo rassicurò lei.

Luka prese il telefono, e le sorrise riconoscente.

-Grazie Ladybug. Credo che tornerò a casa per adesso- guardò il telefono con tristezza, e se lo mise in tasca.

Chat Noir li raggiunse, stiracchiandosi.

-Stanno tutti bene, fortuna che era notte, altrimenti…- si interruppe però osservando Luka, e per qualche secondo si guardarono senza sapere bene cosa dire.

Poi Chat Noir gli sorrise.

-Tutto bene, ragazzo?- chiese. Il suo sguardo tradiva una traccia di tristezza mista a senso di colpa, ma Ladybug non diede segno di notarlo, né di capire il perché di quella tensione tra i due.

Dopo qualche altro secondo di silenzio, Luka sorrise, un po’ tristemente ma con sincerità.

-Grazie, Chat Noir- gli disse prima di abbassare lo sguardo e dirigersi verso casa sua.

Ladybug rifletté sul tempo che le le restava chiedendosi se potesse riaccompagnarlo, per rimediare più o meno al danno che aveva involontariamente causato, ma oltre al fatto che le mancavano circa due minuti, i suoi piani vennero stravolti da Chat Noir, che controllò i tre minuti e mezzo mancanti nel suo anello e disse, quasi tra sé.

-Devo andare subito. Ci vediamo, Ladybug- la salutò e saltò in fretta sul tetto.

A Ladybug venne un improvviso dubbio.

-Chat Noir, dove vai?- chiese preoccupata -Hai ancora un po’ di tempo- osservò indicando l’orologio.

-Sì, lo so… io… volevo assicurarmi che Marinette stesse bene e avvertirla del pericolo scampato. Sai… dovere di supereroe- inventò una scusa al volo, sorridendo in modo per niente credibile, e poi scomparendo dietro un palazzo.

Ladybug utilizzò i pochi minuti rimasti per tornare a casa il più in fretta possibile senza farsi vedere da Chat Noir, e riuscì a ritornare in camera appena in tempo prima che Chat Noir saltasse sul suo balcone.

Si nascose al volo sotto al letto, e subito dopo il supereroe fece comparire la testa dalla finestra.

-Principessa, sono io. Pericolo scampato- l’avvertì, rassicurante, entrando in casa e poggiandosi al muro.

Marinette uscì e si finse sorpresa.

-Wow, avete fatto davvero in fretta. Stai bene?- chiese sorridente, affrettandosi a controllare le sue condizioni. Sapeva per certo che stesse bene, ma oltre ad essere credibile voleva una scusa per avvicinarsi a lui, ora che come Marinette e a pericolo scampato poteva farlo.

Chat Noir le sorrise, ma con meno calore del solito, e si allontanò leggermente.

-Sto bene, ma non ho molto tempo. Tu stai bene?- indagò, controllandosi nel frattempo l’anello.

Mancava circa un minuto.

-Sì, benissimo, non temere. Anche se ho un po’ sonno. Ci vediamo domani, micetto?- lo salutò lei, provando nuovamente ad avvicinarsi. Chat Noir si scansò, e abbassò la testa.

C’era qualcosa che non andava.

-Non penso… no- rispose a voce bassa.

Marinette rimase di sasso. Voleva chiedere chiarimenti, ma la voce le morì in gola.

-Sono venuto qui per questo… io…- l’anello lo avvertì che mancava un minuto, e sospirò, mettendosi fretta -Non possiamo più vederci in questo modo. Non posso. Sono un supereroe, rischierei di metterti in pericolo- provò a spiegarle il più in fretta possibile -Se continuassimo a vederci, se Papillon…- la voce gli si spezzò,  e le diede le spalle, respirando profondamente per calmarsi.

Marinette si morse il labbro inferiore. Avrebbe voluto dargli torto, rassicurarlo e trovare un modo di far funzionare le cose, ma sapeva che Chat Noir aveva ragione.

Papillon aveva akumizzato qualcuno che aveva scoperto la cosa, e c’era una grande probabilità che ora Papillon lo sapesse e che potesse usarlo contro di loro. Poteva osservarli e spiarli per vedere se la loro storia sarebbe continuata.

Non era sicuro, dato che non sapevano esattamente il controllo e la consapevolezza che Papillon avesse sulle persone che akumizzava, né la sua visione della città quando cercava vittime, ma era meglio non rischiare.

-Hai ragione- disse con un fiato, e il tono più inespressivo che riuscisse a tirare fuori.

-Mi dispiace, Marinette, mi dispiace tantissimo- Chat Noir si girò verso di lei, gli occhi lucidi di lacrime, e provò ad avvicinarsi leggermente, come a darle un ultimo addio, ma l’anello gli mise fretta, e Chat Noir fu obbligato ad andarsene.

-Devo andare. Addio principessa- la salutò velocemente e con la voce piena di rimpianto, per poi uscire con un balzo e scomparire subito alla vista.

-Micetto…- provò a chiamarlo lei, facendo uscire la testa sul balcone, ma era già lontano dalla vista.

La ragazza fece un profondo sospiro per cercare di scacciare le emozioni negative che le stavano soffocando il cuore. L’ultima cosa che voleva era offrire a Papillon una nuova vittima su un piatto d’argento.

Rientrò, buttandosi sul letto e cercando di non piangere, ma fallì miseramente.

Tikki le volò vicino, e le accarezzò i capelli.

-Marinette, mi dispiace tanto, ma è per il meglio… i supereroi non possono…- provò a rassicurarla Tikki, ma anche lei fallì miseramente, e Marinette pianse solo più forte.

-Lo so, Tikki, ma non è giusto. Se solo sapessi chi è, sarebbe tutto così semplice. Perché l’amore deve essere così complicato?!- si lamentò, seppellendo il volto nel cuscino.

Tikki non rispose, ma sospirò, dispiaciuta per lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Volevo innanzitutto dire che la creazione dell’akuma è stata difficile. Ho cambiato idea un triliardo di volte e forse il risultato finale è un po’ troppo complicato e non molto nello stile di Papillon, comunque ho fatto del mio meglio e spero che Le Plecteur vi piaccia. 

È molto più elaborato del calzolaio.

Poi volevo dire che sebbene Luka non mi piaccia, per un fattore di gusto personale, ho cercato di renderlo al meglio, e non l’ho trasformato nel classico gelosone cattivo ed egoista. Se c’è una cosa che mi piace molto di Miraculous è che le persone che vengono akumizzate non sono cattive in sé, e chiunque può diventare cattivo, anche la persona migliore.

Quindi spero che le fan di Luka non mi diano addosso perché l’ho reso un cattivo spietato, perché pure Alya era stracattiva e quindi credo sia normale e giusto rendere un akumizzato cattivo.

È stato quasi impossibile scrivere tutto il combattimento, soprattutto inventarmi un modo per usare il Lucky Charm.

Già mi strappo i capelli al pensiero dell’ultimi due capitoli della storia, ma non vi faccio spoiler. Se avete consigli al riguardo per renderlo più scorrevole e realistico li accetto con piacere.

Purtroppo la storia d’amore che ci hanno messo un secolo a costruire è crollata in un’ora scarsa, dannato Papillon e Luka che si è ritrovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

E Papillon ha effettivamente capito la relazione tra Marinette e Chat Noir in modo da usarla in seguito? Lo scoprirete leggendo.

In ogni caso spero che il capitolo vi piaccia, anche se i due si sono lasciati e non sono affatto brava a descrivere scene d’azione. Beh, scrivendo si impara… spero.

Diciamo che le recensioni per questo capitolo sono davvero ben accette.

Un bacione e alla prossima, che spero arrivi il prima possibile.

Finalmente ritorneremo dal mio caro Adrien.

E siamo anche arrivati a metà storia, yeee! Spero che continui a piacervi e non vi stia deludendo.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Under the bright stars

Capitolo 7

 

-Ciao Marinette, come stai?- chiese Adrien, salutando la compagna con un sorriso smagliante, deciso a dirle tutto.

-Bene, Adrien, anche se sto cercando Papillon per farmi akumizzare in modo da distruggere quell’orribile Chat Noir che mi ha spezzato il cuore sabato notte- rispose lei, sorridente, con sguardo omicida.

-Non ce n’è bisogno, sono io Chat Noir, e possiamo stare insieme in questa forma- provò a rassicurarla lui, sussurrandole all’orecchio.

Lei lo spinse via.

-Non mi interessa. Hai avuto la tua occasione e ormai è finita! Anzi…- lo gettò a terra e gli prese il miraculous dal dito, senza che Adrien riuscisse a fare nulla -Adesso sarò io Chat Noir! Sarò sicuramente una supereoina migliore di te perché tu sei davvero una brutta persona spezzacuori che non merita di essere un supereroe- 

Adrien non poteva che darle ragione.

-Sei troppo duro con te stesso- commentò Plagg, volteggiando mangiando camembert intorno ad Adrien che giocava con le bambole, sdraiato sulla sdraio mezza rotta di Marinette che aveva tenuto in camera.

Era domenica mattina, e Adrien, tanto per cambiare, non aveva dormito, ed era rimasto tutto il tempo sulla sdraio a detestarsi e a detestare Papillon per la situazione in cui si ritrovava.

Innamorato di una ragazza alla quale non riusciva ad avvicinarsi senza metterla in pericolo.

Se solo si fosse reso conto di quello che provava quando lei era ancora innamorata di lui come Adrien, e non come Chat Noir, invece ora era stato costretto a lasciarla e non aveva la più pallida idea di come riconquistarla.

-Plagg, cosa devo fare?!- Adrien si seppellì il volto tra le mani, melodrammatico, ma il kwami non aveva per lui parole di conforto.

-Mangia il formaggio, il formaggio è meglio di ogni ragazza- gli suggerì, divorando il pezzo che aveva in mano in un sol boccone.

-Ok, ricordami di non chiederti mai più consiglio su queste cose- Adrien si alzò e gettò da un lato le bambole, con sempre meno idee su come risolvere la situazione.

-Come posso essere stato così stupido da non pensarci prima?!- si maledisse, buttandosi sul letto e seppellendo il volto nel cuscino.

Dopotutto era ovvio, no?! La base di essere un supereroe era che non poteva avere una ragazza perché sennò l’avrebbe messa in pericolo, e l’ultima cosa che Chat Noir avrebbe voluto era che Marinette facesse la fine di Gwen Stacy.

Eppure se n’era reso pienamente conto solo quando Luka li aveva visti insieme ed era stato akumizzato.

Se Papillon lo avesse scoperto a sua volta?

Chat Noir non poteva pensarci.

Era un’ipotesi talmente orribile che gli straziava l’anima, ma era anche piuttosto probabile, perciò aveva dovuto prendere le distanze da lei.

Si girò in modo da osservare il soffitto con occhi vuoti, e si sfiorò le labbra, dove ancora riusciva a sentire il calore e il sapore della ragazza, se si concentrava.

Poi sospirò. Sospirava spesso dalla notte prima.

Plagg sembrò sul punto di dire qualcosa, ma la porta si aprì, e Natalie entrò per avvertirlo che aveva il pranzo con suo padre tra venti minuti.

Adrien sospirò, se n’era completamente dimenticato e non aveva molta voglia, al momento, anche se effettivamente avrebbe dovuto essere felice di passare finalmente un po’ di tempo con suo padre.

-Non deve lavorare?- chiese, sorpreso. Gli ultimi due pranzi programmati erano stati posticipati a causa del suo lavoro, e Adrien sperò in cuor suo che anche quel giorno accadesse.

Purtroppo la fortuna non era dalla sua parte. La fortuna non era mai dalla sua parte, anche se da quando aveva il portafortuna di Marinette le cose andavano meglio.

Marinette.

Sospirò nuovamente, mentre Nathalie gli rispondeva, senza dare segno di aver notato il suo pessimo umore.

-È riuscito a trovare del tempo libero, e ha anche selezionato la nuova stagista che comincerà domani- lo informò, in tono impersonale, come sempre.

La nuova stagista?

-Ah sì, chi ha preso?- chiese, distrattamente, senza neanche badarci più di tanto.

Ripensava a quando invece di invitare Marinette a prendere un gelato le aveva proposto di partecipare al concorso.

Quanto era stato stupido! Se l’avesse invitata allora magari sarebbe riuscito a recuperare la situazione e forse adesso sarebbero stati una coppia.

Se solo Chat Noir non si fosse messo in mezzo.

Cioè… lui era Chat Noir, ma comunque sarebbe dovuto starle lontano, in quella forma.

Iniziava ad essere confuso, e ad avere crisi di identità.

Scosse la testa per riordinare le idee, mentre Nathalie rispondeva.

-Il concorso doveva durare di più, ma alla fine ha trovato che Marinette Dupain-Cheng fosse la candidata ideale- lo informò controllando qualcosa sul suo tablet, e perdendosi il sobbalzo di Adrien, così vistoso che per poco non cadde dal letto.

Marinette?! Quali erano le probabilità che suo padre scegliesse proprio lei.

Era una maledizione terribile e allo stesso tempo una benedizione incredibile. 

L’avrebbe vista, ogni tanto, magari ci sarebbe stata durante i suoi servizi fotografici o alcune sfilate. Sembrava proprio un sogno che diventava realtà.

E un incubo.

Perché ora come ora non credeva di riuscire neanche a guardarla negli occhi, dopo quella sera.

E averle dato del lavoro in più gli sembrava crudele, visto quante cose sembrava fare.

In più aveva una sensazione non tanto positiva al riguardo.

Sentiva che il fatto che suo padre avesse scelto Marinette, che avesse scelto così in fretta e la coincidenza con quello che era successo l’altra sera era davvero sospetta. Ma era troppo stanco, troppo depresso e troppo sorpreso per rifletterci più di tanto, e accantonò la sensazione negativa in un angolo della sua mente, cercando di prendere il meglio e sperando di ottenere dalla situazione un’opportunità per riavvicinarsi a Marinette come Adrien, sperando di avere abbastanza tempo.

Sospirò nuovamente, e cercò di calmarsi e non apparire turbato dalla notizia.

-Marinette è in gamba. È sicuramente la scelta giusta- commentò, con un sorriso tirato.

Nathalie lo squadrò, come ad indagare e a cercare significati nascosti nel messaggio di Adrien, poi lo incoraggiò a sbrigarsi ed uscì.

Adrien tirò l’ennesimo sospiro e si preparò, con i soliti vestiti che praticamente aveva in serie.

Uscendo per dirigersi in sala da pranzo, dove probabilmente avrebbe aspettato suo padre per un bel po’ di tempo, passò davanti ad uno dei tanti ritratti di famiglia sparsi per casa, uno in cui ancora sua madre svettava con il suo dolce sorriso, e suo padre sorrideva a sua volta.

Era così raro vederlo così, negli ultimi tempi.

Non che fosse mai stato un esempio di genitore amorevole anche prima.

Aveva sempre considerato i suoi genitori un esempio di amore perfetto e immortale, e notava anche da quel ritratto i loro sguardi perdutamente innamorati l’uno dell’altro.

Adrien non aveva mai saputo molto di come si fossero incontrati, innamorati e di come uno come suo padre fosse riuscito a fare breccia nel cuore di sua madre, ma forse conoscendo la storia sarebbe riuscito a capire il modo di avvicinarsi a Marinette, di agire e buttarsi.

Purtroppo non credeva che sarebbe mai riuscito a trovare il coraggio di parlare con suo padre.

Sospirò nuovamente, e si avviò in sala da pranzo.

 

Si sentiva davvero una brutta persona, e un pessimo supereroe, ma non era riuscito a trattenersi.

Girava per Parigi diretto, con nonchalance e molta attenzione a non farsi vedere, a casa di Marinette, dove sperava di riuscire a vederla di nascosto e controllare le sue condizioni.

Era stupido da parte sua, e davvero crudele nei suoi stessi confronti.

E farlo di pomeriggio non aiutava molto alla sua mimetizzazione, ma non riusciva a trattenersi, e non voleva restare in casa sua un minuto di più.

Il pranzo con il padre era stato ancora più imbarazzante del solito, e Adrien aveva anche tentato di azzardare l’argomento “Emilie” senza però ottenere altro che un atteggiamento freddo e un cambiamento repentino di discorso.

Non ce la faceva più a vivere in quella casa con quel padre! Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo scambiare con sua madre. Sé stesso, il suo Miraculous, qualsiasi cosa.

Purtroppo era impossibile, e da tempo si era ormai rassegnato all’idea che non avrebbe mai più rivisto sua madre.

E ovviamente il suo rimedio alla depressione e all’irritazione era stato fare da stalker alla sua cotta alla quale aveva spezzato il cuore il giorno prima.

Ottimo, davvero!

Ma con un padre del genere come sarebbe potuto uscire fuori altrimenti.

Almeno sapeva che era sbagliato, e cercò di nascondersi al meglio senza farsi vedere in alcun modo quando raggiunse il tetto di Marinette, e si sedette dietro al suo comignolo, ben nascosto alla vista.

Come se si fosse accorta della sua presenza, Marinette uscì fuori sul balcone poco dopo, parlando al telefono con Alya, e sdraiandosi sulla sdraio, che accarezzò dolcemente, con sguardo malinconico.

Era il telefono fisso di casa sua, perciò Chat Noir suppose che Luka non le aveva ancora restituito il cellulare.

Chissà cosa stava aspettando. Forse neanche lui aveva il coraggio di guardare Marinette negli occhi dopo gli eventi della sera prima?

-Lo so, non mi aspettavo proprio di essere selezionata, dopotutto sono solo una studentessa- stava dicendo, con meno entusiasmo di quanto avrebbe dovuto averne.

Chat Noir si maledisse ancora una volta per averglielo proposto. Non avrebbe mai dovuto farlo!

Seguì qualche secondo di silenzio, in cui Chat Noir riusciva a sentire il tono eccitato e malizioso di Alya dietro il ricevitore, senza però distinguere le parole.

-Sì… lo so… ci ho pensato anche io ma…- Marinette provò ad interromperla, ma Alya era partita per la tangenziale, a quanto pareva.

-Lo so… lo so… ma non credo che lo vedrò così spesso, e poi…- si interruppe mentre Alya diceva qualche altra cosa.

-Senti, non voglio più morire dietro di lui come un tempo. Non credo ne valga la pena- esclamò, con fin troppa enfasi, sospirando subito dopo.

Chat Noir sentì il cuore spezzarsi nel petto, e sospirò a sua volta, il più silenziosamente possibile. Sapeva che stava parlando di lui, ne era certo. Beh, non di lui Chat Noir, ma di lui Adrien, anche se la cosa non faceva differenza. 

Per qualche secondo nessuna delle due amiche disse niente. Chat Noir poteva quasi avvertire lo shock di Alya dall’altra parte del telefono.

Poi disse qualcosa che fece nuovamente sospirare Marinette.

-Sì, Alya, credo proprio di non avere più una cotta per lui, è… complicato. Ne parliamo domani a scuola, va bene?- chiese, cercando di cambiare argomento, gli occhi lucidi iniziarono a vagare per tutto il balcone, dove Chat Noir era stato una presenza costante negli ultimi tempi.

Mentre Alya parlava di qualcosa che Chat Noir non sarebbe mai riuscito a recepire, la porta che dava sul balcone si aprì, e la signora Cheng fece spuntare la testa, sorridente.

-Marinette, è venuto un tuo amico a restituirti il telefono, e dice di volerti parlare- annunciò.

-Oh, certo, mamma. Fallo venire qui- acconsentì Marinette.

-Scusa, Alya, devo riattaccare. Ti chiamerò dal mio telefono- la congedò. Alya commentò qualcosa che la fece ridacchiare, ma senza gioia.

-Eh, già, sono davvero pessima. Ci risentiamo domani- la salutò, per poi interrompere la conversazione.

Chat Noir avrebbe dovuto andarsene, ma aveva paura di essere visto, e comunque non riusciva proprio a muoversi.

-Ciao Marinette- Luka comparve con un caldo sorriso, e salì sul balcone, un po’ imbarazzato.

Marinette si alzò e iniziò a torturarsi le mani, imbarazzata a sua volta.

Beh, ora era libera di accettare il corteggiamento di Luka, in effetti. E Chat Noir era convinto che lui non le stesse indifferente.

Solo l’idea che potessero mettersi insieme gli faceva gelare il sangue nelle vene, anche se non avrebbe biasimato Marinette. Era stato lui, dopotutto, a rovinare ogni cosa.

-Volevo riconsegnarti il telefono. So che sarei dovuto venire prima, dopo l’attacco… insomma… mi dispiace, ma era tardi e poi non volevo disturbarti, con Chat Noir intendo- Luka le porse il telefono, poi abbassò lo sguardo e si scompigliò i capelli, a disagio.

Marinette abbassò lo sguardo a sua volta.

-A proposito di questo… non è come pensi…- iniziò a dire, mettendo le mani avanti.

-Non lo dirò a nessuno, te lo prometto. Sono fatti tuoi e mi dispiace di avervi scoperti, non era mia intenzione, davvero. Mi sono trovato lì e non ho potuto farne a meno- gli promise Luka, racimolando il coraggio di guardarla negli occhi, e torturandosi i vestiti.

Marinette sollevò lo sguardo su di lui, e gli sorrise rassicurante, ma senza calore.

-Non preoccuparti, lo so. Mi dispiace di essere scappata così ieri sera, ma dovevo… non importa. Non è più importante- scosse la testa e si asciugò il fretta una lacrima che era riuscita a lasciare i suoi occhi e a scenderle lentamente sulla guancia.

Luka sembrò intuire cosa fosse successo.

-Marinette… mi dispiace. Mi dispiace tanto. Non volevo che voi due… è colpa mia, vero?- si rammaricò, avvicinandosi ma esitando, temendo di essere di troppo, e di metterla solo a disagio.

-Non è colpa tua, doveva andare così, lo so. Sono stata stupida, dovevo…- si interruppe, e si morse il labbro, come a trattenersi dal dire qualcosa di troppo.

-Non sei stata stupida. È una cosa che non puoi controllare. Ma l’amore, per quanto ti fa soffrire, non è mai sbagliato- cercò di rassicurarla, portandosi una mano al petto e abbassando lo sguardo, sofferente quanto lei per il medesimo motivo.

Marinette non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a piangere. Chat Noir iniziò a guardarsi intorno per assicurarsi che non ci fossero akuma all’orizzonte, dato che con la tristezza combinata di tutti e tre sicuramente emanava un’aurea piuttosto potente di energia negativa che sicuramente avrebbe potuto attirare l’attenzione di Papillon.

Per fortuna il cielo era limpido. Certo che quel supercattivo aveva strani orari di lavoro malvagio.

A Luka venne spontaneo abbracciarla per provare a rassicurarla, e lei non si tirò indietro, e iniziò a singhiozzare sulla sua spalla.

-Luka, mi dispiace, mi dispiace tanto. Sei un ragazzo splendido, e tengo tantissimo a te e alla tua amicizia, ma non posso, non riesco…- iniziò a scusarsi, mortificata, tra le lacrime, la sua voce era così impastata che a malapena si riusciva a capire quello che dicesse.

Luka sospirò, e le accarezzò i capelli dolcemente.

-Non preoccuparti, Marinette. Lo capisco. Hai bisogno di tempo- la interruppe, comprensivo, e lei lo abbracciò più stretto.

-Dammi tempo, Luka. Dammi un po’ di tempo- gli sussurrò, e il cuore di Chat Noir sembrò fermarsi, proprio mentre quello di Luka iniziava a battere più forte, come se la vita di Chat Noir fosse fluita verso di lui.

Come se Marinette avesse spostato l’amore da Chat Noir a Luka.

Chat Noir doveva andarsene da lì, il più in fretta possibile.

I due ragazzi sembravano troppo occupati a rassicurarsi a vicenda, perciò Chat Noir riuscì a sgattaiolare via senza essere notato, e si trasformò nuovamente in Adrien una volta sotto l’edificio.

Sicuramente essere visto così, da Marinette, al momento sarebbe stato mille volte meglio.

Cercò di calmare il battito forsennato del suo cuore, con profondi respiri, ma l’immagine dei due ragazzi abbracciati gli provocava un grande dolore nel petto.

Riuscì a capire perfettamente come doveva essersi sentito Luka, e sperò con tutto il cuore che Papillon non seguisse lo stesso schema anche con lui.

Sarebbe stato decisamente pericoloso.

Alla fine era colpa sua se le cose erano finite in quel modo, non poteva prendersela né con Marinette, né con Luka. 

Ma non significava che doveva arrendersi, anzi… doveva cercare in tutti i modi di conquistarla come Adrien.

Dopotutto lui e Chat Noir erano la stessa persona, e Marinette aveva già avuto una cotta per lui, in passato.

Anche se temeva di aver completamente perso le speranze, vista la conversazione che Marinette aveva avuto con Alya.

 

-Pronto?- la voce di Marinette dall’altra parte della cornetta gli provocò un tonfo al cuore.

Dopo essere tornato a casa ed esserti disperato per qualche altra ora, Adrien aveva deciso di agire, e di chiamare la ragazza, anche se non aveva molti argomenti di conversazione.

Certo, ogni singola fibra del suo corpo gli imponeva, quasi lo pregava di rivelarle la sua identità, ma sapeva di non poterlo fare. Ladybug lo avrebbe ammazzato, senza contare che se Papillon aveva puntato Marinette e l’avesse akumizzata la sua identità sarebbe uscita fuori in un secondo.

-Pronto, Marinette! Sono Adrien!- la salutò, con la voce più squillante e allegra del suo repertorio, forse un po’ forzata, ma che sicuramente non mostrava minimamente la sua depressione interiore.

-Oh, ciao Adrien!- la voce di Marinette salì di mezzo tono, ma per il resto non diede segno di essere nervosa e impacciata come Adrien era abituato a sentirla. Probabilmente era perché la sua cotta stava del tutto scomparendo.

“Sono Chat Noir!” avrebbe voluto urlarle, ma si impose di restare calmo.

-Come va?- chiese invece, in tono rilassato ma eccessivamente squillante.

Doveva darsi una calmata, o Marinette l’avrebbe preso per pazzo.

E poi che razza di domanda era “Come va?” Andava male, era ovvio! Adrien non poteva fare una domanda più stupida.

-Tutto bene, grazie. Un po’ impegnata con lo studio… tu?- rispose lei in tutta tranquillità, senza dare il minimo segno di essere ancora triste.

Aveva già dimenticato Chat Noir? Luka le aveva fatto completamente dimenticare della sua cotta? Si erano messi insieme?! Adrien scosse la testa e si impose di restare calmo e non scendere a conclusioni affrettate.

Forse, alla fine, stava fingendo, esattamente come lui.

Il pensiero lo fece stare anche peggio.

Ma perché le cose non potevano essere semplici?!

-Tutto bene…- certo, come no -Volevo solo dirti…- che sono Chat Noir -congratulazioni per lo stage!- 

Si diede un ceffone mentale, ma non aveva trovato altre scuse per chiamarla.

Che chiedesse aiuto per i compiti era troppo inverosimile. Era uno dei migliori studenti e comunque Marinette sapeva che Nathalie studiava sempre con lui.

Non era riuscito a trovare la forza di invitarla ad uscire insieme per paura di un rifiuto… e per paura che lei accettasse.

Perché se avesse accettato sarebbe significato anche che stava dimenticando Chat Noir davvero in fretta, e lui non voleva vivere con questa consapevolezza. Anche se era sicuramente meglio che agisse prima di Luka.

Così l’unico modo per chiamarla senza passare per lo stalker maniaco che temeva stesse diventando era per congratularsi per la sua vincita al concorso indetto da suo padre.

-Oh, hai sentito…- commentò lei. Non sembrava però troppo felice -Beh, giusto, è ovvio, è tuo padre- aggiunse poi, molto velocemente, come a recuperare una gaffe.

-Me lo ha detto Nathalie poco fa. Sono…- Chat Noir -…sicuro che farai davvero uno stupendo lavoro, e sono…- CHAT NOIR! -…davvero felice che ha scelto te. Sarà divertente avere…- la mia cotta -…un’amica…- cavolo non era il termine giusto, neanche un po’ -…al mio fianco, ogni tanto- continuò, in tono incoraggiante e sempre più falsamente convinto.

Avrebbe solo voluto urlarle di essere Chat Noir, di amarla e di voler stare con lei più di quanto avesse mai voluto stare con Ladybug.

Probabilmente perché aveva sempre saputo, in fondo al cuore, che Ladybug era una maschera, e non poteva innamorarsi solo di quella maschera, non era un amore completo, non era reale.

Marinette, invece, era reale, era autentica, una personalità sfaccettata, adorabile e perfetta nelle sue imperfezioni, almeno agli occhi di Adrien.

E ora l’aveva persa.

-Grazie, Adrien, mi fa davvero piacere sentirlo- rispose lei, e il cuore del ragazzo ebbe un fremito quando si rese conto che Marinette sembrava più rilassata, la sua voce sembrava più calda, più vera. Forse era davvero riuscito a rassicurarla. Forse le aveva fatto davvero piacere, sentirlo.

-Marinette… io sono…- 

Il suo controllo venne meno per un attimo, ma si morse il labbro inferiore e cambiò frase a metà.

-…convinto che sarà una bella esperienza, e se hai bisogno di aiuto, per qualsiasi cosa, sarò felicissimo di aiutarti- le promise, cercando di cacciare indietro le lacrime che gli stavano inumidendo gli occhi.

-Ammetto di essere un po’ nervosa, ma grazie davvero tanto per il sostegno. Sei un ottimo amico- lo ringraziò nuovamente lei, molto più tranquilla.

Adrien sentì un dolore acuto nel petto, come se lo pugnalassero dritto al cuore, ma si impose di restare neutrale.

-È il minimo. Immagino che sarai molto impegnata. Ci vediamo a scuola- la salutò, cercando di tirarsi fuori dalla situazione che iniziava solo a dargli ulteriore dolore.

Solo la sera prima si erano baciati, e ora non credeva che sarebbe riuscito a ricominciare tutto daccapo.

Dopo un paio di saluti riattaccò, getto il telefono in un angolo e si buttò sul letto.

Sospirò, il sospiro più profondo e triste dell’intera giornata, il ché è tutto dire.

E rimase lì, in silenzio e immerso nei suoi pensieri, senza quasi rendersi conto dei commenti sul formaggio di Plagg e del suo sguardo dispiaciuto e quasi sofferente.

 

Il giorno dopo, durante la ricreazione, Plagg incontrò Tikki nella borsa di Marinette.

-Plagg, ma cosa ci fai qui?- chiese allarmata la kwami, mentre mangiava un biscotto, che Plagg adocchiò affamato. Non era camembert, ma non era comunque male.

-Se sei venuto solo per scroccare cibo, sappi che non è un buon comportamento. Se Marinette ti vedesse qui sarebbe davvero pericoloso- lo rimproverò, finendo il biscotto in un boccone. Tikki era un piccolo angelo, ma conosceva Plagg da abbastanza tempo da essere alle volte esasperata, e allo stesso tempo Plagg era l’unico che la conoscesse davvero, in tutte le sue sfaccettature.

Plagg scosse la testa, cercando di concentrarsi, e le si avvicinò, abbassando le orecchie.

-Tikki, non ce la faccio più a vederlo così- si lamentò, in tono sofferente. Tikki capì subito, e gli diede delle pacche affettuose sulla testa, tra le orecchie.

Plagg era un menefreghista impassibile, ma teneva davvero tantissimo al suo protetto. E Tikki era l’unica al mondo a conoscere il suo lato tenero.

-Lo so, la faccenda si fa davvero difficile. Ma non possono scoprire le loro identità- cercò di farlo ragionare, pacata ma dispiaciuta anche lei.

-Lo so!! Ma non è giusto! Non potremmo dare loro una piccola spinta?- provò a suggerire, speranzoso.

-Sai bene che non dobbiamo interferire. Quando sarà il momento lo scopriranno da soli. E alla fine staranno insieme- lo rassicurò Tikki, con assoluta certezza.

-E se, per caso, sapessi chi è Papillon? Potremmo velocizzare il tutto?- provò a chiedere Plagg, un po’ incerto, senza osare guardare Tikki, che rimase immobile un attimo, poi gridò, sollevandosi in volo: 

-Tu cosa?!- così forte che si sentì durante la lezione, e tutta la classe si girò a guardare la borsa di Marinette, che sembrava avesse emesso un grido ed aveva sobbalzato in modo sospetto.

-Ops, mi scusi, mi si deve essere acceso il telefono, ultimamente è un po’ buggato- cercò di giustificarsi Marinette, prendendo la borsa per controllare cosa fosse successo.

Plagg si nascose in tutta fretta e Marinette lanciò un’occhiata preoccupata a Tikki, che si limitò a sorriderle e a farle un cenno di scuse con la testa.

Dopo aver finto di armeggiare per un po’, Marinette posò nuovamente la borsa a terra, e iniziò a tenerla ferma tra le gambe, per evitare che si muovesse di nuovo attirando maggiormente l’attenzione.

Quando la situazione sembrò calmarsi, Plagg uscì lentamente dal suo nascondiglio, come un condannato al patibolo.

-Tu cosa?- ripeté Tikki, a bassa voce ma con tono ancora più minaccioso e fumante di rabbia.

-Ehm… era solo un’ipotesi?- provò a tirarsi fuori dai guai Plagg, senza particolare successo -Senti, non ne sono molto sicuro, ma hai presente dove Adrien ha trovato il libro con tutti i Miraculous?- chiese.

Tikki annuì, pensierosa.

-Certo, abbiamo immaginato che Papillon potesse essere il padre di Adrien, ma era una falsa pista, no?- Tikki non capiva dove Plagg volesse andare a parare. Era una faccenda abbastanza vecchia e non c’erano più state prove.

-Ecco… potrei aver visto altro in quel nascondiglio- continuò Plagg, avviandosi all’estremità della borsa per sfuggire in qualche modo alla furia di Tikki che di lì a poco era certo sarebbe esplosa. La kwami però si avvicinò, senza lasciargli scampo.

-E cosa esattamente?- indagò, minacciosa. Il tono di voce basso la rendeva ancora più letale per Plagg, che deglutì a disagio.

-Ehm… il miraculous del pavone era per caso una spilla?- chiese, ben conscio della risposta che Tikki gli avrebbe dato.

-Ha il miraculous del pavone e tu non mi hai detto niente?!- esplose Tikki, questa volta per fortuna sfogandosi più in movimento che in rumore, e andandogli addosso.

Plagg si scansò per il rotto della cuffia, e iniziarono ad inseguirsi nella borsa di Marinette, che la sentì muoversi ma si limitò a tenerla ferma tra le gambe, decisa ad indagare dopo scuola.

-Non ero sicuro, non volevo interferire. Quel ragazzo ha già perso la madre, non volevo causargli un altro colpo al cuore!- provò a giustificarsi Plagg. Tikki si impose di calmarsi, e respirò profondamente.

-Va bene. Marinette lavorerà per lui, le dirò di tenerlo d’occhio e di stare attenta. Almeno alla fine ti sei deciso a dirmelo- lo rimproverò, lanciandogli un’occhiataccia.

-Se lo sconfiggiamo possiamo poi aiutarli con le loro identità?- chiese lui, speranzoso.

Tikki sospirò, e gli sorrise.

-Penso che con il miraculous della farfalla al sicuro non ci saranno problemi. Anche io sto soffrendo molto per Marinette. Ma bisogna ammettere che sono davvero anime gemelle- affermò un po’ tristemente, pensando ai due poveri ragazzi che si erano amati in ogni forma e comunque non riuscivano ancora a stare insieme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

I’m so so sorry!!!!

No, davvero, scusate se ho aggiornato così tardi e con un capitolo così meh.

Per la prima volta Adrien mi ha tradito ed è stato difficile scrivere il suo punto di vista, soprattutto visto che è difficile immaginarmelo triste e con il cuore spezzato.

In questo mi è più facile immedesimarmi in Marinette.

Comunque spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto, anche se è un po’ di passaggio.

Il prossimo, teoricamente, sarà una bomba, una bomba pazzesca, promesso.

Mancano quattro capitoli dopotutto.

E l’ultimo è più un epilogo, alla fine.

Scrivere di Plagg e Tikki è stato troppo divertente, e spero sia uscito bene nonostante abbia scritto il loro pezzo in aereo. Mi sono presa un po’ di libertà perché da quando li ho visti interagire in Dark Owl non ho potuto fare a meno di vivere con l’headcanon che Tikki con Plagg sia più autoritaria di quanto sembra e Plagg più soft.

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero di pubblicare il prossimo il prima possibile.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Under the bright stars

Capitolo 8

 

Ladybug non era mai stata così stanca in vita sua.

Le ultime due settimane erano state all’insegna del lavoro, sia da civile, che da supereroina.

Era assurdo, ma da quando Gabriel Agreste l’aveva assunta come stagista, gli attacchi akuma erano periodicamente aumentati, o forse era lei che sentiva ogni attacco sulla sua schiena più che mai a causa del lavoro da stagista che aumentava sempre di più.

Da una parte era quasi felice che potesse combattere così spesso, perché almeno aveva la scusa di poter parlare con Chat Noir, combattere al suo fianco e godere della sua presenza, anche se solo come colleghi.

Dall’altra, vederlo così distante, così giù di morale e soprattutto così poco incline a rispondere ai suoi velati flirt le spezzava il cuore ogni volta che lo incrociava.

E ormai chiedeva l’aiuto di Rena Rouge o Carapace quasi ogni combattimento, tanto che iniziava a pensare di affidare loro i miraculous a tempo indeterminato, giusto se si fosse presentata un’emergenza.

Dopotutto andare ogni volta da Master Fu per prendere i miraculous era uno spreco di tempo, e rischiava di attirare l’attenzione di Papillon sul luogo dove era nascosto. Sarebbe stato davvero problematico.

Avevano appena finito di affrontare un akuma volante che trasformava tutti in uccelli, e Ladybug a malapena trattenne uno sbadiglio, mentre sollevava la mano verso Chat Noir e Rena Rouge con un pigro:

-Ben fatto, ragazzi- e si stropicciava gli occhi con la mano libera.

-Va tutto bene, Ladybug?- chiese Rena Rouge, avvicinandosi un po’ preoccupata. Ladybug scosse la testa. I suoi orecchini l’avvertirono che le mancavano due minuti, prima di ritrasformarsi.

E doveva subito tornare a lavoro, prima che Nathalie si accorgesse della sua assenza.

Mannaggia a lei e a quando aveva deciso di partecipare al concorso di Gabriel!

E mannaggia ad Adrien che glielo aveva proposto!

Anche se era davvero gentile, quei giorni, anche più del solito.

La supportava, chiacchieravano molto, e se non fosse stata così impegnata a provare ad avvicinarsi a Chat Noir come Ladybug probabilmente le sarebbe nuovamente tornata una cotta per lui.

Ma in ogni caso non aveva tempo per respirare, figuriamoci per innamorarsi di qualcuno.

Praticamente ormai vedeva Alya più come Ladybug che come Marinette.

E non ne poteva più.

-Sto benissimo, non preoccuparti. Sono solo sorpresa che Papillon stia attaccando così spesso, ultimamente. Temo stia preparando qualcosa. Tu cosa ne pensi, Chat Noir?- chiese al collega anziano, che fissava senza ascoltare un briciolo della conversazione un punto all’orizzonte, immerso nei suoi pensieri.

Ladybug arrossì leggermente quando si rese conto che da lì si intravedeva il suo balcone.

Gli si avvicinò, per attirare la sua attenzione, e lo sentì borbottare tra sé -Sarà al sicuro?-.

Fece finta di non sentirlo, anche se il suo cuore ebbe un fremito.

-Chat Noir?- gli agitò giocosamente la mano davanti al visto, per attirare la sua attenzione, e il supereroe sobbalzò, e si girò verso di lei, sorridendo un po’ imbarazzato per essere stato colto distratto.

-Sì, Ladybug. Hai perfettamente ragione!- rispose, anche se era piuttosto ovvio che non avesse ascoltato una parola di quello che aveva detto.

Ladybug alzò gli occhi al cielo e decise di lasciar perdere.

-Dobbiamo rimanere in massima allerta, ragazzi. Per il momento torniamo alle nostre occupazioni, e speriamo che Papillon non scelga subito un’altra vittima- disse a Rena Rouge e Chat Noir.

-Ladybug… mi domandavo…- cominciò Rena Rouge, ma Ladybug le fece cenno di tacere e di parlarne dopo, dato che aveva già capito a cosa si riferisse ed era meglio non parlarne davanti a Chat Noir.

Non che non si fidasse di lui, anzi, ma doveva rimanere lucida e cauta nonostante la sua cotta. Anzi, soprattutto vista la sua cotta.

Girandosi verso Chat Noir per assicurarsi che non avesse sentito nulla o che non si facesse qualche domanda, rimase di stucco notando la sua faccia afflitta, malinconica e pensierosa, che era ritornata distratta e voltata verso il suo balcone.

-Chat Noir… stai bene?- chiese avvicinandosi, preoccupata.

Lui riscosse nuovamente, e le sorrise, cercando di apparire sicuro di sé ma fallendo miseramente.

-Certo. Ma devo proprio andare. Sta scadendo il tempo e sono un gatto pieno zeppo di impegni- notando che il suo anello indicava meno di un minuto, salutò le due supereroine con un cenno e scappò via.

-Sbaglio o sembra strano questi giorni?- chiese Rena Rouge, un po’ preoccupata.

-Sarà stanco, gli akuma sono sempre di più- lo giustificò Ladybug, stiracchiandosi il collo.

-A proposito, mi chiedevo se potevo tenere il miraculous, questa volta. Così da essere sempre pronta per ogni evenienza- le propose Rana Rouge, ritrasformandosi in Alya e stringendo la collana al petto, speranzosa.

Ladybug sospirò.

-Ci stavo pensando anche io, in effetti. Ma non posso lasciartelo per il momento, non è sicuro- con gli orecchini che l’avvertivano che mancava meno di un minuto, e la consapevolezza che ora che il pericolo era cessato Nathalie si sarebbe chiesta dove fosse, Ladybug sollevò la mano verso Alya, con più veemenza di quanto avrebbe voluto, e le fece cenno di sbrigarsi a restituirle il miraculous, senza darle ulteriori spiegazioni.

Alya sospirò, rassegnata.

-Capisco, è sempre un piacere lavorare con te, Ladybug. Ciao Trixx- con un ultimo saluto al suo dispiaciuto Kwami, Alya rinunciò al miraculous, e lo consegnò alla supereroina, che lo rimise nel suo contenitore.

-Grazie Alya, posso sempre contare su di te- le sorrise e le diede una pacca sulla spalla, prima di sparire da lì in tutta fretta, e salire su un tetto, indecisa su dove andare.

Sarebbe dovuta tornare da Master Fu, per restituirle il miraculous, ma doveva anche tornare a lavoro, e Tikki le aveva consigliato di stare all’erta su Gabriel Agreste e chiunque lo circondasse, anche se non le aveva voluto spiegare i motivi.

In effetti il tempismo era molto sospetto.

Baciava Chat Noir, con la possibilità che Papillon li avesse indirettamente visti, e il giorno successivo vinceva lo stage di Gabriel Agreste.

Iniziava a lavorare per lui, rendendogli quindi il lavoro più facile, e gradualmente gli akuma sembravano aumentare.

Seguendo i dubbi di Tikki aveva chiesto a Master Fu se era mai capitato che i Papillon del passato si fossero akumizzati da soli, anche se era un pensiero quasi inverosimile.

Il maestro non le aveva ancora dato una chiara risposta, segno che probabilmente stava cercando ulteriori informazioni.

Le sembrava un po’ sciocco che dopo mesi che l’avevano scagionato, lei lo accusasse di nuovo senza neanche una prova, perciò aveva deciso di non condividere con Chat Noir i suoi sospetti. Oltretutto lo trovava più nervoso e distratto del solito, e sebbene lei avesse i suoi stessi problemi, se non di più, effettivamente, aveva deciso di prendersi sulle spalle il peso della responsabilità, sperando che Gabriel Agreste non fosse Papillon e che nel caso lo fosse stato che Chat Noir non si arrabbiasse con lei per non avergli rivelato i suoi sospetti.

Sospirando e con poco tempo a disposizione, decise di tornare a lavoro, e di restituire il miraculous della volpe quella sera, ritornando a casa. Magari avrebbe anche potuto chiedere ulteriori informazioni a Master Fu, senza avere tutta la fretta di quel momento.

Usò le ultime forze per tornare indisturbata vicino al Louvre, dove Adrien stava facendo un servizio fotografico, e una volta tornata Marinette, si affrettò a tornare nel luogo del servizio, appurandosi di mettere il miraculous della volpe nella borsetta che portava sempre appresso senza farsi vedere da nessuno.

-Finalmente. Dove eri finita?- indagò Nathalie, sospettosa.

-Marinette! Stai bene?- chiese Adrien, preoccupato, avvicinandosi per controllare le sue condizioni.

-Sì, sì, sto benissimo. Mi sono nascosta e mi sono accorta tardi che l’attacco era finito. Scusate- si giustificò, un po’ imbarazzata.

Adrien la abbracciò di scatto, facendola arrossire immensamente.

Da quando lei lavorava per suo padre era diventato molto più attento a lei e decisamente più affettuoso. Lo era sempre stato, in effetti, ma solo ora Marinette si rendeva conto di quanto averlo anche solo come amico fosse una benedizione, soprattutto in quel clima così ostile.

-Almeno stai bene! Papillon dovrebbe piantarla con tutti questi attacchi!- esclamò, seccato, ma decisamente sollevato.

-Già! Impedisce di lavorare bene- gli diede man forte Marinette, sbadigliando.

-Ora basta perdere tempo e torniamo a lavoro- li incoraggiò Nathalie, separandoli e facendo un cenno al fotografo.

Adrien sospirò, e tornò in posa, non prima di aver sorriso a Marinette, il sorriso dolce e innocente che lei aveva sempre amato, e che le ricordava immensamente quello dei Chat Noir.

Sospirò. Sembrava essere tornata all’inizio, quando non sapeva ancora decidersi e il suo cuore era spinto in due direzioni opposte.

Con la differenza che adesso non aveva il tempo di soccombere ai dilemmi d’amore.

-Marinette, controlla il servizio mentre io rispondo al telefono- le ordinò Nathalie, allontanandosi poi di qualche metro.

Marinette annuì e prese appunti su quello che stava accadendo, consigliando pose ad Adrien e controllando che nessuno si avvicinasse.

Era davvero tagliata per quel lavoro, ma le sembrava comunque strano che Gabriel Agreste avesse scelto lei, una semplice liceale senza la minima esperienza.

-Marinette, il signor Agreste vorrebbe che tu vada alla villa a prendere degli accessori che ha lasciato sulla scrivania e glieli porti in ufficio. Dopo potrai andare a casa- le ordinò, in tono professionale, tornando poi a visionare il servizio.

-Devo andare a piedi?- chiese Marinette, confusa. Non si poteva mai dire con il signor Agreste e la sua segretaria.

-La guardia del corpo di Adrien ti darà un passaggio fino alla villa e all’ufficio, ma da lì dovrai tornare a casa a piedi- la informò Nathalie.

Adrien le lanciò un’occhiata dispiaciuta e preoccupata, ma venne subito ripreso dal fotografo quindi ritornò a sorridere.

-Va bene. Provvedo subito- Marinette annuì e posò il blocco per appunti dentro la borsa, cercando poi l’astuccio per infilarci la matita.

-Fai in fretta. È urgente!- le mise fretta Nathalie, così Marinette infilò la matita nella tasca dei pantaloni, appuntandosi di rimetterla nella borsa una volta salita in macchina.

Pensiero che però le sfuggì di mente ritrovandosi faccia a faccia con la guardia del corpo di Adrien, che raramente aveva visto a quattr’occhi, dato che si era incontrata con Adrien principalmente quando lui era scappato dal suo controllo.

Riusciva a capire perché era chiamato Gorilla, da lui e da Nino.

Il viaggio in macchina fu particolarmente silenzioso, e per fortuna non venne interrotto da altri akuma vaganti.

Quando arrivò, per fortuna riuscì ad entrare in casa. Era un po’ strano che fosse rimasta aperta con nessuno al suo interno, ma Marinette pensò che potesse essere sbloccata da lontano e non se ne preoccupò più di tanto.

Si limitò ad andare nell’ufficio del signor Agreste e prendere alcuni accessori rimasti lì.

-Marinette- la voce di Tikki attirò la sua attenzione, e il kwami uscì dalla sua borsa e le andò davanti.

-Tikki, stai attenta, potrebbero vederti- Marinette si guardò intorno per essere sicura che non ci fosse nessuno nei paraggi, ma la casa sembrava deserta.

-I kwami non possono essere ripresi da telecamere o macchine fotografiche- la informò, rassicurante.

-Davvero? E quando pensavi di dirmelo?- la rimproverò Marinette, visibilmente sollevata.

-Pensavo lo sapessi. Comunque potresti approfittare di essere qui per indagare su Gabriel Agreste- le suggerì, adocchiando il dipinto alle spalle di Marinette, raffigurante Emilie Agreste nello stile di Klimt.

-Non so, Tikki, potrei finire in guai seri. Ricordi cosa è successo ad Adrien quando è stato beccato a prendere il libro?- le ricordò, preoccupata, guardandosi intorno in cerca di telecamere.

-Lo so, Marinette, ma è per il bene comune. Se fosse davvero Papillon dovresti mettercela tutta per scoprirlo. Puoi sempre dire che cercavi gli accessori e non sapevi esattamente dove fossero- le suggerì, Marinette sospirò, poco sicura, ma doveva ammettere che Tikki aveva ragione.

-Dividiamoci. Vorrei escludere o confermare questa possibilità il prima possibile- acconsentì, posando gli accessori sulla sedia davanti alla scrivania e cominciando a guardarsi intorno, per cercare qualche scomparto segreto o pulsante nascosto.

Quando Simon Dice aveva attentato a Gabriel Agreste, durante la sua akumizzazione, si era resa conto che la casa era decisamente più tecnologica di quella di chiunque altro, quindi era possibile che se avesse segreti da nascondere fossero dietro a pulsanti trasformati in decorazioni o leve nascoste.

Mentre Marinette indagava sotto la scrivania, Tikki si diresse decisa verso il quadro della madre di Adrien, e lo attraversò con facilità.

Notò immediatamente il libro precedentemente preso da Adrien, e subito dopo non le sfuggì il miraculous del pavone.

Lo sfiorò, felice di aver finalmente ritrovato Dusuu, e si affrettò a raggiungere Marinette, che stava controllando dietro ad ogni foto, senza più soffermarsi sul soggetto, ovvero Adrien, che fino a poco tempo prima avrebbe preso tutta la sua cotta attenzione.

Da una parte aveva fatto passi da gigante, dall’altra a Tikki si strinse il cuore sapendo che Marinette aveva smesso di essere innamorata di una persona e si era innamorata della stessa persona senza saperlo.

Era inverosimile e triste, soprattutto per lei che la osservava da fuori.

Ma allo stesso tempo, Tikki doveva ammettere che almeno era più concentrata, ed era importante per una supereroina.

-Marinette, c’è qualcosa dietro il quadro- la informò, e Marinette si girò a guardarla, e poi adocchiò il quadro.

Ma certo, come poteva non averci pensato prima.

Si avvicinò all’enorme quadro, e lanciò un’occhiata alla madre di Adrien. Era decisamente uguale al figlio.

Si interruppe un attimo.

-Se il padre di Adrien fosse Papillon… non gli rimarrebbe più nessuno- osservò, provando un enorme moto di empatia verso quella che era stata la sua cotta per moltissimo tempo.

-Marinette. Devi scoprire la verità- la incoraggiò Tikki, mettendole fretta.

-E se Adrien mi odiasse per questo? È vero che non… insomma non mi piace più in quel senso… forse… ma è uno dei miei più cari amici… non vorrei mai essere responsabile della distruzione totale della sua famiglia- si prese la testa tra le mani, con il cuore che batteva forte.

Se solo avesse avuto Chat Noir al suo fianco a dividere il peso della scoperta che avrebbe fatto.

-Marinette, capisco che tu sia spaventata, ma Papillon fa del male a tantissima gente, e sono sicura che anche Adrien vorrebbe che venisse fermato, a prescindere dal fatto che potrebbe essere suo padre- cercò di rassicurarla Tikki, dandole delle pacche confortanti sulla testa.

Marinette tirò un profondo sospiro per prepararsi, poi aprì il quadro rivelando una cassaforte bloccata da un codice segreto.

-Non è violazione di privacy o qualcosa del genere?- Marinette cercò ancora di tirarsi indietro, anche perché era piuttosto certa che da qualche parte ci fosse una qualche telecamera che poteva riprenderla e incastrarla.

-Marinette!- la riprese Tikki, incoraggiandola.

-Non so neanche la combinazione. Come pensi che possa…- si giustificò, indicando la cassaforte.

-Oh, giusto- Tikki entrò, e iniziò a scassinare la cassaforte dall’interno.

-No, aspetta, pensiamo un att…- Marinette cercò di fermarla, ma era troppo tardi, e la cassaforte si aprì davanti a lei.

Subito notò il libro che precedentemente era stato il più grande indizio che li aveva condotti verso Gabriel Agreste, poi un libro sul tibet, una foto di sua moglie e dei fogli sparsi.

Marinette prese un depliant di un viaggio in Tibet, e lo osservò, riflettendo.

-Il signor Agreste mi ha detto di aver trovato il libro durante un viaggio all’estero. Forse era questo viaggio. Magari è tutto un malinteso ed è davvero solo un caso che abbia questo libro- cercò di giustificarlo, prendendo anche il libro.

-Ma perché tenere tutto questo in una cassaforte…- rifletté poi, confusa.

Se erano ricordi di sua moglie, erano troppo specifici, e non c’era altro che la ricordasse.

-Marinette, guarda!- Tikki le indicò il miraculous del pavone, e Marinette sobbalzò, lasciando cadere il depliant del viaggio e portandosi una mano alla bocca, sorpresa.

Aveva visto abbastanza immagini dal libro per riconoscerlo subito.

-Quello è…- non poteva essere un caso. Il libro era sparito insieme ai miraculous del pavone e della farfalla, e Gabriel Agreste aveva due degli oggetti spariti.

Era chiaro che fosse lui Papillon, non poteva essere altrimenti.

-Tikki…- Marinette e il kwami si scambiarono un’occhiata d’intesa.

-Dobbiamo avvertire Chat Noir!- sussurrò tra sé, decisa a finirla il prima possibile, e facendo per prendere il miraculous e restituirlo il prima possibile a Master Fu, in modo che Papillon non potesse usarlo mai.

Un suono nella stanza accanto la fermò, e mentre un rumore di passi calmi annunciava l’arrivo di qualcuno, Marinette si affrettò a chiudere la cassaforte e nasconderla dietro il quadro, affrettandosi alla scrivania  e prendendo gli accessori posati sulla sedia.

Probabilmente il Gorilla si stava chiedendo perché ci mettesse tanto. In effetti Gabriel aveva detto che era un’emergenza.

Sperò di non risultare colpevole, ma il suo cuore sobbalzava furiosamente.

Aveva scoperto chi era il cattivo che da mesi terrorizzava Parigi, come avrebbe potuto essere calma.

E si era anche esposta parecchio nel farlo, dato che se qualcuno l’avesse vista avrebbe senza problemi scoperto che lei era Ladybug, o che comunque aveva conoscenze nel settore e già Gabriel, o Papillon che dir si voglia, l’aveva sicuramente puntata come probabile interesse amoroso di Chat Noir.

Era un grandissimo guaio.

E ciò significava anche che Adrien, il suo… beh, l’ex suo Adrien, viveva da mesi con il peggior supercattivo della città, nonché suo padre.

In effetti era quasi comico pensare che se Adrien fosse stato la sua cotta e si fossero in futuro messi insieme, le cene in famiglia sarebbero state piuttosto imbarazzanti, con suocero e nuora come nemesi.

Quasi ridacchiò al pensiero, mentre prendeva le cose in tutta fretta e la figura misteriosa probabilmente appartenente al Gorilla faceva la sua comparsa nella stanza.

Ovviamente risate causate dalla tensione.

E quando sollevò lo sguardo verso la porta, con già delle scuse tranquille e impacciate alle labbra, il fiato le morì in gola, e la tensione non fece che salire.

Impallidì ritrovandosi a guardare la figura sottile ed elegante di Gabriel Agreste, che la guardò dalla porta, bloccandole ogni via di fuga, con sguardo impassibile e, ma forse quella era solo l’immaginazione di una ormai consapevole Marinette, più fredda del solito, quasi tagliente.

-Signor Agreste. Pensavo fosse in ufficio, le stavo per portare gli accessori che mi ha chiesto- Marinette li prese con sicurezza, e cercò di mantenere un tono professionale e allegro, come suo solito, ma la voce le uscì leggermente più tremante di come sarebbe dovuta essere.

-Ti stavo aspettando, ma dato che ci stavi mettendo troppo tempo ho preferito venire di persona. Dammi gli accessori- lentamente, Gabriel le si avvicinò, e le porse la mano con aspettativa, sempre continuando a fissarla con quello sguardo vuoto e glaciale.

Marinette glieli porse cercando di tendere le braccia il più possibile, in modo da essere distante da lui e prepararsi nel caso le facesse un attacco a sorpresa.

Lui sembrava però come al solito.

Forse Marinette stava diventando paranoica.

Doveva imporsi di non risultare colpevole di qualcosa, o Gabriel avrebbe potuto sospettare che lei sapesse qualcosa che non doveva sapere.

O che fosse chi nessuno doveva sapere che lei fosse.

O che sapesse che lui fosse chi nessuno doveva sapere che lui fosse.

Si stava ingarbugliando la testa con quei pensieri preoccupati.

-Mi scusi per il ritardo, ho cercato di fare il più in fretta possibile ma non ero sicura di cosa dovessi prendere e dove- tentò di giustificarsi, mentre gli porgeva gli accessori, con tono più acuto del solito ma mantenendo tutto sommato un comportamento naturale.

Era normale che fosse tesa parlando con il suo capo, soprattutto dopo una gaffe del genere.

Gabriel prese gli oggetti, poi la superò e si diresse davanti alla scrivania, per prendere qualcos’altro, casualmente e senza dare segni di essersi accorto della sua ansia.

-Non preoccuparti. Volevo comunque ringraziarti- le disse senza guardarla negli occhi, ma sempre girato di spalle.

Marinette si girò verso di lui, confusa e molto sorpresa, e dando le spalle alla porta.

-Ringraziarmi?- chiese, senza sapere a cosa potesse riferirsi ma iniziando lentamente ad indietreggiare, il suo sesto senso le diceva che qualcosa non quadrava.

Perché Gabriel era lì? Doveva essere in ufficio, e lei non era stata così lenta da giustificare il suo essere arrivato lì in così poco tempo.

La faccenda non aveva senso.

-Mi stai davvero dando un aiuto prezioso, per il mio progetto, Marinette Dupain-Cheng- si spiegò Gabriel, sempre dandole le spalle.

“Progetto?” pensò Marinette, trovando la scelta di parole davvero singolare, e preparandosi a scappare.

Sembrava quasi una confessione.

-O forse dovrei dire…- Gabriel iniziò a girarsi, mostrando un ghigno e uno sguardo decisamente malvagi. -…Ladybug?- 

La reazione fu istantanea.

Marinette fece uno scatto fulmineo verso la porta, ma venne bloccata dal Gorilla, che senza che lei se ne rendesse conto di era messo di guardia, e che la afferrò senza mostrare la minima difficoltà.

-Tikki…!- Marinette cercò di trasformarsi, ma il gorilla le tappò la bocca con quello che sembrava un fazzolettino bagnato, fermandola dal dire qualsiasi cosa, e a nulla servì il suo dimenarsi, nonostante ci stesse mettendo la sua massima forza e tutta la sua determinazione.

Iniziava a respirare a fatica, e sentì le palpebre pesanti.

Che fosse cloroformio?

No, doveva restare lucida, ribellarsi, essere la supereroina che Parigi meritava e di cui si fidava.

Cercò di raggiungere le tasche, o la borsa, ma non aveva nulla di utile, e le dita iniziavano a formicolare e perdere sensibilità.

Gabriel, in tutta tranquillità, gettò gli accessori sul pavimento, si girò del tutto verso di lei e iniziò ad avvicinarsi, raccogliendo poi da terra il depliant del Tibet che Marinette aveva lasciato cadere poco prima e che si era dimenticata di raccogliere.

Che fosse stato quello a tradirla?

-Dovresti essere più discreta quando frughi tra gli oggetti personali di qualcuno. Ma non preoccuparti, avevo già i miei sospetti, e tu sei caduta dritta nella mia trappola e li hai solo confermati- lanciò al foglio un’occhiata nostalgica e lo posò sulla scrivania, avvicinandosi ulteriormente.

-Ed ora, grazie a te, il mio obiettivo è ad un passo dal realizzarsi- commentò con occhi brillanti, arrivando nello stesso momento ad un passo da Marinette, e sollevando le mani bramose verso i suoi orecchini.

Marinette usò tutte le poche forse rimaste per evitare che prendesse il suo miraculous, ma la vista le si faceva sempre più sfocata, e i movimenti sempre più lenti e meno coordinati.

-Marinette!- sentì Tikki chiamarla spaventata, gli orecchini che le venivano strappati dalle orecchie senza che potesse fare nulla per evitarlo, e le sembrò quasi di cogliere Gabriel lanciare un’occhiata amorevole verso il quadro della moglie, poi non ci fu altro che il buio più totale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Oh, ma cosa abbiamo qui? 

Una trama? 

Ma da quando questa storia si basa su Papillon e non su adolescenti che si scambiano di coppia?

Eh, beh, diciamo che da qui in poi è più che altro speculazione, e headcanon, ma spero che vi piaccia comunque.

Non so se il Gorilla sappia che il suo capo è Papillon, e io l’ho sempre visto come un bonaccione che vuole solo che Adrien sia al sicuro, ma secondo me ci può stare che in realtà sa tutto e segue ciecamente gli ordini di Gabriel, come Nathalie.

Mancano solo… tre capitoli? Come passa in fretta il tempo… beh no perché aggiorno di rado.

Scusatemi ma è un periodo pieno di impegni con le carte universitarie, la patente e altro. Niente di grave ma comunque non ho avuto molto tempo.

Spero comunque che il capitolo, benché privo di shipposaggine, vi sia piaciuto, e scusate se vi lascio questo hype pazzesco, vedrò di aggiornare presto.

Voglio finire la storia quanto prima, e dedicarmi ad altri progetti… o a un seguito.

Ma si vedrà in seguito.

Comunque sappiate che l’attenzione ai dettagli che sembrano insignificanti è un po’ la base della storia, e spero davvero di non deludervi con gli ultimi sviluppi futuri. 

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Under the bright stars

Capitolo 9

 

Era già sera quando Adrien tornò a casa, stanco morto e decisamente preoccupato dopo il servizio fotografico e l’akuma di quel pomeriggio.

Certo, tra gli akuma sempre più frequenti, il servizio fotografico interrotto da uno di loro non sarebbe dovuto essere fonte di troppa preoccupazione, ma Marinette era proprio lì vicino, ed era scomparsa nel nulla. 

In effetti Marinette, da quando Adrien ci faceva caso, spariva sempre nel nulla durante gli attacchi akuma, evidentemente in posti molto sicuri, dato che spesso non compariva per parecchio tempo dopo la fine di un attacco.

Meglio per lui, dato che altrimenti si sarebbe preoccupato troppo per lei e non sarebbe stato il supereroe che doveva essere.

Beh… si era preoccupato comunque, non ne poteva fare a meno, ma ora era tutto finito, e Adrien era felice che la serata fosse tranquilla, e che Marinette non avesse trovato intoppi nel tornare a casa.

Non aveva avuto intoppi… giusto?

In effetti da qualche ora Adrien sentiva un nodo allo stomaco che non riusciva a spiegarsi, ed era appena tramontato il sole quando decise che forse era il caso di chiamare Marinette, giusto per essere tranquilli… oppure poteva andare a visitarla come Chat Noir e assicurarsene con più certezza.

Scosse la testa, cancellando l’allettante idea.

Doveva piantarla di trovare ogni scusa per avvicinarsi a Marinette come Chat Noir. Era finita! Ed era un miracolo che Papillon non l’avesse ancora presa di mira.

Adrien decise di prendere un bicchiere d’acqua in cucina e schiarirsi le idee.

Era ormai ora di cena, quindi avrebbe solo infastidito Marinette se l’avesse disturbata in quel momento.

E iniziava a sentirsi uno stalker parecchio invadente.

Neanche il tempo di fare due passi fuori dalla camera che delle voci concitate lo avvertirono che aveva ragione a preoccuparsi, e il suo cuore sprofondò nel petto non appena riconobbe le voci e cosa stavano dicendo.

-Sono tre ore che non abbiamo notizie di nostra figlia. E qui è l’ultimo posto in cui è stata!- stava dicendo l’inconfondibile e combattiva voce della signora Cheng.

Adrien si bloccò nell’ombra, congelato sul posto.

-Non so cosa dirle, signora Cheng. Marinette ha finito di lavorare parecchie ere fa. Ed è tornata a casa a piedi come suo solito- rispose la fredda e indifferente voce di Nathalie.

La consapevolezza colpì Adrien come un pugno nello stomaco, e sentì l’aria abbandonargli i polmoni mentre il terrore si faceva largo dentro di lui.

Marinette era sparita? Come era successo? Era troppo in gamba per essersi persa o per non avvisare i genitori nel caso tornasse tardi.

I peggiori scenari iniziarono a farsi largo nella fantasiosa mente di Adrien, mentre indietreggiava sconvolto diretto verso camera sua senza sapere bene cosa fare, così preso in contropiede dalla miriade di emozioni negative e pensieri assurdi che le voci alterate dei genitori di Marinette vennero offuscate, e il ragazzo non riuscì a recepire nessuna altra parola.

Udiva solo il battito del suo cuore, che gli rimbombava nelle orecchie ampliato a dismisura.

Perché Marinette non era a casa? Era stata rapita? Papillon l’aveva presa di mira per colpa sua? L’aveva catturata un akuma? Ma non aveva visto nessun akuma nelle vicinanze. Forse era più schivo. Si era persa? Forse era andata da Alya e non aveva avvertito… ma che stupido! Marinette non era tipa da non avvertire, e i suoi genitori sicuramente avevano già chiamato Alya… e Nino… e Luka… ma avevano i loro numeri? E poi Marinette rispondeva sempre al telefono… l’avevano chiamata sicuramente. Magari era scarico… ma era comunque un comportamento poco da lei.

No… Papillon c’entrava qualcosa, Adrien ne era certo, e il senso di colpa era così forte nel suo petto che gli fece venire la nausea.

-Adrien… va tutto bene?- uno stranamente preoccupato Plagg gli fluttuò accanto una volta entrato in camera.

Adrien iniziò a respirare profondamente, tenendosi il petto per calmare il battito forsennato del suo cuore, e cercò di fare ordine nella sua mente.

-Plagg… trasformami- ordinò al suo kwami, sollevando la mano.

Qualsiasi cosa fosse successa a Marinette… Chat Noir sarebbe sicuramente stato molto più utile di lui.

Uscì di casa deciso a chiamare immediatamente Ladybug per chiederle sostegno, ma si bloccò.

Non aveva certezze, e non voleva scomodarla e fare eventualmente la figura dello stupido o del cotto quando poteva sbagliarsi.

No, doveva pensarci lui, almeno all’inizio, e assicurarsi che non fosse da nessuna parte prima di avvertire la collega. Anche se la brutta sensazione si faceva sempre più vivida dentro il suo cuore.

Sorvolò Parigi come se ne andasse della sua vita, tanto in fretta da non essere più che un’ombra oscura nella notte, difficile da notare se non si prestava attenzione.

Controllò ogni luogo in cui la ragazza avrebbe potuto trovarsi, dal suo balcone, alla scuola, fino ad arrivare nelle case di tutti i loro amici.

E si fermò, sempre più demoralizzato e spaventato da quello che stava succedendo, sul tetto della casa di Alya, dopo aver appurato che Marinette non ci fosse.

E che Alya stessa non aveva la più pallida idea di che fine avesse fatto, perché litigava con sua sorella Nora sull’uscire a cercarla.

Dopo un litigio abbastanza agitato, Alya uscì fuori dal balcone, sbottando tra sé insulti e frasi preoccupate, ignara del gatto appostato lì fuori.

-Se solo Ladybug mi avesse lasciato il Miraculous…- commentò tra sé, irritata, scrutando l’orizzonte nella speranza di vedere la familiare figura dai codini scuri, o in alternativa la supereroina che tanto le somigliava.

Chat Noir per poco non cadde dal tetto, elaborando quello che la ragazza aveva detto.

-Rena Rouge?!- esclamò, unendo i puntini, e dandosi dello stupido per non averla mai riconosciuta. In effetti era ovvio, sotto alcuni punti di vista.

Alya sobbalzò così forte che per poco non fu lei a cadere dal balcone, e gli lanciò contro la prima cosa che si trovò tra le mani, che si rivelò essere il telefono, prontamente afferrato al volo da Chat Noir.

-Chat Noir?! Cosa ci fai qui?!- chiese poi la ragazza, riconoscendolo e tranquillizzandosi leggermente, pur restando all’erta.

-Cerco Marinette- rispose lui, ovvio, e sentendosi uno stupido per rendere così palese quanto ci tenesse.

Alya sospirò, e si prese il volto tra le mani.

-Quindi immagino non ti mandi Ladybug da darmi il Miraculous e ti ho appena rivelato la mia identità- indovinò, leggermente  disagio.

-Tranquilla, il tuo segreto è al sicuro. Non ho ancora avvertito Ladybug, ma sono sicuro che ti darà il Miraculous appena lo farò. Piuttosto, da quanto non senti la tua amica?- la rassicurò Chat Noir, cercando poi di essere il più professionale possibile.

-Da prima dell’attacco akuma di questo pomeriggio, ho provato a chiamarla subito dopo ma non mi ha risposto, e quando ho provato poco più tardi il telefono era staccato- rispose. -Devi avvertire Ladybug. Marinette è imbranata, ma non è tipa da non avvertire. Le deve essere successo sicuramente qualcosa- lo pregò Alya, agitata e combattiva, sicuramente sperando di poter contribuire in qualche modo ora che entrambi i supereroi più potenti di Parigi conoscevano la sua identità segreta e la sua determinazione.

Chat Noir annuì, e prese il bastone pronto a chiamarla immediatamente, ma lei non rispose.

-Ladybug, una ragazza è scomparsa. Ho bisogno del tuo aiuto. Richiamami- le lasciò un messaggio in segreteria, e si alzò, sospirando, pronto a riprendere le ricerche.

Non riusciva a fare a meno di pensare che sotto ci fosse qualcosa di più grande di quanto potesse immaginare.

Prima che potesse sparire nuovamente alla vista, Alya lo fermò prendendolo per la coda.

-Aspetta! Posso fare qualcosa?- chiese, pronta ad agire.

Chat si girò verso di lei, e cercò di sorriderle incoraggiante, anche se condivideva tutta la preoccupazione che notava nei suoi occhi.

-Resta qui. Appena trovo Ladybug vedrò di farti partecipare all’azione. Se dovessi trovare prima Marinette ti avvertirò subito- la rassicurò, mettendole una mano sulla spalla.

Alya sospirò.

-Mi affido a te, per il momento. So che Marinette è in buone mani- Alya cercò di recuperare il sorriso, e gli fece l’occhiolino.

Fu un semplice gesto di complicità, ma diede un minimo di speranza nell’affranto supereroe, e subito dopo un tonfo al cuore, ricordando i piccoli gesti di complicità come quello che aveva instaurato con la ragazza scomparsa e che già da un po’ credeva di aver perso per sempre.

-Non finire nei guai- si fece promettere Chat Noir, con il solito tono di finta superiorità che assumeva nelle vesti di supereroe. Alya alzò le mani in segno di resa -Non te lo posso promettere ma ci proverò- 

Dopo una risatina, Chat Noir abbandonò il balcone della ragazza, neanche lontanamente accogliente come quello di Marinette ma pur sempre un punto di riposo e tranquillità nella marea soffocante che Parigi stava diventando per lui, e ritornò alla ricerca.

Non fece molta strada, perché neanche dieci minuti dopo, raggiungendo la Torre Eiffel pronto ad esplorarla da cima a fondo e felice che fosse deserta, incontrò la risposta ai suoi dubbi e alle sue preoccupazioni.

E non era di certo quella che avrebbe voluto.

-Buonasera Chat Noir. Ti stavo aspettando- esordì una voce alle sue spalle, leggermente familiare ma allo stesso tempo completamente sconosciuta, che lo fece voltare di scatto, all’erta e sentendo brividi risalirgli lungo tutta la spina dorsale.

-Papillon!- esclamò, non appena vide la statuaria figura mascherata del supercattivo che da mesi terrorizzava Parigi, eretto con eleganza un piano sopra di lui, e che lo guardava con un ghigno di trionfo, come se ormai avesse vinto.

Non finché c’era Chat Noir ad impedirlo!

Il supereroe strinse i pugni, e si preparò al combattimento, raggiungendolo con un salto.

-Cosa hai fatto a Marinette?!- esclamò con rabbia, puntandogli il bastone contro. Papillon lo evitò con eleganza, usando il proprio per allontanarlo da se, con insospettabile forza che sembrava battere quella di Chat Noir.

-Se mantieni questo caratterino credo proprio che non la rivedrai mai più- lo minacciò, con tono sorprendentemente calmo.

Chat Noir però non era mai stato meno calmo in vita sua, e la preoccupazione stava lasciando spazio ad una rabbia cieca.

Decise però di non fare gesti azzardati, pur rimanendo all’erta. 

-Cosa vuoi?- chiese a denti stretti, nonostante conoscesse la risposta. Ma non aveva la minima intenzione di cedere il suo miraculous a Papillon.

-Mi sembra ovvio. Dammi il tuo miraculous, e io la lascerò andare- Papillon gli porse la mano guantata, e fu il turno di Chat Noir di scansarla con il suo bastone.

-Non avrai mai il mio miraculous- allontanandosi per evitare che Papillon provasse ad attaccarlo, Chat Noir cercò invano di chiamare Ladybug, ma era sempre irraggiungibile. 

Si morse il labbro inferiore. Aveva bisogno di aiuto.

Non sembrava, visto il suo essere spavaldo, ma era terrorizzato.

Papillon si era fatto per la prima volta vedere per davvero, e aveva rapito la sua cotta. Non poteva andare peggio di così, e Ladybug era la sua unica salvezza.

E non rispondeva.

Perché Ladybug non rispondeva? Cosa aveva di meglio da fare?!

-Oh, giusto!- con un gesto teatrale e un sorriso che non prometteva nulla di buono, Papillon si portò una mano alla testa, come se si fosse appena ricordato qualcosa.

Chat Noir si voltò verso di lui, chiedendosi cosa potesse dirgli che fosse peggio di aver rapito la sua cotta.

Perché se la faceva tanto teatrale, sicuramente non era niente di buono, almeno per lui.

-Mi sono scordato di dirti che non ti conviene chiamare la tua collega- tirò fuori da una tasca nascosta della sua tuta, un orecchino rosso a pois neri, fin troppo riconoscibile, e Chat Noir impallidì, non volendo credere a quello che il supercattivo gli stava dicendo.

-Perciò modifico l’offerta. Tu dammi il tuo miraculous, e io libererò Marinette e Ladybug- con occhi brillanti, lo raggiunse con un salto, e porse di nuovo la mano.

Per qualche secondo il tempo sembrò fermarsi, mentre con una velocità stratosferica, la mente di Chat Noir iniziò a valutare la situazione, cercando di comprendere in pieno quello che stava accadendo e che lo stava sopraffacendo.

Marinette era stata rapita, Ladybug era stata rapita a sua volta, probabilmente accorsa per salvarla… perché non lo aveva chiamato? Erano ore che cercava Marinette… a meno che non lo avesse fatto prima che scoprisse che era scomparsa. Ma Ladybug era davvero stata rapita da Papillon? Forse stava bluffando. Ma se bluffava, come mai era così certo che Ladybug non sarebbe comparsa a salvare la situazione, come suo solito? E poi Papillon non si era mai preso un rischio simile, non li aveva mai affrontati direttamente.

Se era davvero lì, davanti a Chat Noir, con l’assoluta certezza che lui gli avrebbe ceduto il miraculous, era probabile che avesse davvero gli assi nella manica che sosteneva di avere. 

Marinette… e Ladybug…

La ragazza che amava… e quella che aveva amato.

La ragazza più generosa, divertente e fenomenale che conoscesse… e quella più forte, intelligente e incredibile che aveva avuto la fortuna di avere come partner per mesi.

La paura, l’insicurezza, la certezza che da anni aveva in sé di non essere mai all’altezza di niente e di nessuno sembrarono sparire.

Ormai tutto il peso di essere un supereroe gravava sulle sue spalle.

E lui lo avrebbe sorretto con tutta la sua forza, come Atlante sosteneva il cielo.

Non poteva deludere la fiducia di entrambe le ragazze che aveva amato, e non si sarebbe mai sentito al loro livello se si fosse arreso senza combattere.

E non l’avrebbe mai fatto.

Papillon era un supercattivo psicopatico senza possibilità di redenzione, e Chat Noir non avrebbe permesso che Marinette e Ladybug fossero in balìa di quell’orribile uomo un secondo di più.

Senza dare a Papillon neanche il minimo avviso, Chat Noir lo attaccò con il suo bastone, deciso a sconfiggerlo, riprendere il miraculous della coccinella, smascherarlo e buttarlo in carcere dove era giusto che stesse.

Lo attaccò con tutta la forza che possedeva, deciso a porre fine allo scontro prima ancora di iniziarlo.

In un primo momento Papillon sembrò colto alla sprovvista, ed indietreggiò cadendo a terra.

Ma prima che Chat Noir potesse prendergli la spilla dal petto, deciso a privare l’uomo davanti a lui del potere che lo aveva decisamente fatto uscire di testa, Papillon sembrò riprendersi, e si scansò appena in tempo, decisamente infastidito dalla situazione che chiaramente non aveva considerato.

-Va bene, vorrà dire che lo prenderò con le cattive- sussurrò a denti stretti, tirando fuori dal bastone una spada decisamente affilata e poco incoraggiante.

Chat Noir non ebbe né il tempo né la testa per commentare su quanto fosse ingiusto che lui e Ladybug avessero uno stupido bastone e uno yo-yo mentre Papillon sfoggiava una spada decisamente più letale.

Fu felice però che fosse una spada e non un arco o una lancia, perché era il più bravo spadaccino della sua classe di scherma, secondo forse solo a Kagami.

Per una volta ringraziò le fisse di suo padre, e allungò il bastone abbastanza da usarlo come spada a sua volta, tenendo la mano il più possibile fuori dalla portata di Papillon, deciso a proteggere il miraculous al massimo delle sue possibilità.

L’adrenalina che aveva in corpo e l’allenamento costante gli permisero di reagire ad ogni colpo, pararlo e rispondere senza neanche rifletterci. La sua mente sembrò diventare completamente bianca e a malapena si accorse di ciò che accadeva intorno a lui.

Vedeva solo Papillon… i suoi movimenti, i suoi freddi occhi di ghiaccio, la spilla che era diventata il suo obiettivo.

E gli sembrò che fosse il suo avversario da sempre, che tutto il suo allentamento servisse solo a quel momento.

Come se lo conoscesse da tutta la vita.

Come se parte di lui volesse affrontarlo da tutta la vita.

Affondo, parata, risposta. 

Stoccata, schivata, nuovo attacco.

Attraversarono la Torre Eiffel in quella che era diventata quasi una coreografia, fino a raggiungere quasi la cima, poco sotto l’antenna.

Ma Chat Noir non ne poteva più, e quando Papillon sorrise leggermente, come se avesse di nuovo vinto, come se anche il combattimento fosse parte del suo piano e Chat Noir ci fosse cascato, fu avvolto da una sensazione di furia mai provata prima. Fu come se un Cataclisma interno che si portava dentro da anni e anni di soprusi, ingiustizie e sofferenza ingiustificata uscisse finalmente fuori, come un’onda di energia oscura incontrollabile.

Con una forza che probabilmente mai più sarebbe riuscito a tirare fuori, riuscì a disarmare Papillon con un potente colpo con il bastone, a gettarlo a terra e tenerlo fermo con un piede sul suo petto, proprio sotto la spilla. Gli immobilizzò le braccia rispettivamente con l’altro piede e il bastone e lo guardò fisso negli occhi.

Papillon provò a liberarsi, ma era completamente bloccato a terra e immobilizzato.

-Basta giochetti. Liberale subito- gli ordinò Chat Noir, in tono freddo.

Ma Papillon non aveva intenzione di cedere, sembrava determinato quanto lui.

Adrien si chiese cosa potesse spingere qualcuno a fare ciò che aveva fatto chiunque si nascondesse dietro la maschera di Papillon. Quale strano desiderio o emozione potesse celarsi dietro degli atti di tale violenza contro persone innocenti.

Ma non aveva tempo di pensare alla persona dietro Papillon, perché la maschera che indossava stava cercando di togliergli tutto ciò che aveva, e Chat Noir non poteva permettersi distrazioni.

-Non posso liberarle- commentò Papillon, con un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

-Chat Noir!- un richiamo che veniva da sopra di lui, inconfondibile, gli fece alzare lo sguardo e perdere la concentrazione.

-Marinette!- esclamò, già pronto a saltare e andarla a prendere. Portarla lontano da lì e non perderla mai più d’occhio, a costo di sembrare uno stalker.

Ma Marinette non era sola.

Accanto a lei c’era una ragazza che Chat Noir non aveva mai visto prima, ma che le somigliava davvero molto, ed entrambe erano tenute legate e in ostaggio da una figura nera e incappuciata che puntava un coltello contro le loro gole..

Chat Noir rimase così di sasso che Papillon riuscì senza problemi a ribaltare le parti e a liberarsi, riprendendo la spada e spedendo Chat Noir contro il confine del ristretto spazio in cui si trovavano.

-Allora, mi vuoi dare il tuo Miraculous, o vuoi avere due morti sulla coscienza?- lo incoraggiò Papillon, avvicinandosi con l’intento di prenderlo anche con la forza ma trovando nel supereroe ancora una strenua resistenza, che però stava venendo meno.

Quando erano arrivati tutti quanti? Forse Chat Noir era così preso nel combattimento che non se n’era accorto.

Che Papillon avesse preso tempo proprio perché aveva chiamato il suo complice? E chi era quella figura incappucciata? Forse un akumizzato… sì, era plausibile.

-Lasciale andare e ti darò il miraculous- cercò di negoziare, tenendosi la mano destra con fare protettivo, e lanciando occhiate terrorizzate verso Marinette, che scuoteva la testa, tra le lacrime.

-Non farlo, Chat Noir!- esclamò preoccupata, venendo prontamente zittita.

-Non darglielo!- le diede man forte Ladybug, ottenendo lo stesso trattamento.

-Dammi il miraculous e io le libero. Non sei in condizioni di sindacare- Papillon si sistemò la spilla, cercando di darsi un tono, e si avvicinò con la mano tesa, pronta a ricevere finalmente il tanto bramato anello.

E Chat Noir, ormai spalle al muro, letteralmente, iniziò a tendere la mano verso di lui, senza perdere di vista neanche un secondo Marinette.

Sentiva che c’era qualcosa di sbagliato… di profondamente sbagliato, ma non riusciva a capire cosa.

Forse era Ladybug… quella sconosciuta che non riusciva ad associare alla partner al fianco della quale aveva combattuto per mesi.

Forse l’immobile e statuaria figura incappucciata, che non sembrava avere caratteristiche di un vero akuma, né una qualsivoglia emozione che avrebbe potuto giustificare l’akumizzazione.

E probabilmente se avesse fatto particolare attenzione a quei due dettagli avrebbe subito capito cosa doveva essere successo.

Ma era troppo occupato a guardare Marinette, i suoi occhi pieni di lacrime, così vulnerabile, in pericolo… stranamente… debole… ai suoi occhi.

Marinette, debole?

Non era da Marinette.

…quella non era…

-Chat Noir! Non cedere il tuo Miraculous!- lo allertò una voce conosciuta e allo stesso tempo sconosciuta, e la figura a cui apparteneva atterrò proprio davanti agli ostaggi sull’antenna della Torre Eiffel… o meglio, al loro posto, cancellando l’illusione che Chat Noir stava per scoprire.

Papillon sobbalzò e sollevò lo sguardo, per la prima volta decisamente preso in contropiede.

-Tu... no!- esclamò, sgranando gli occhi, immobilizzandosi, sorpreso e quasi spaventato.

Chat Noir strinse di nuovo a sé la mano, ma per il resto rimase completamente di sasso.

Perché sulla cima della Torre Eiffel, al posto dell’illusione di Marinette, c’era una supereroina che Chat Noir non aveva mai visto prima, ma che era per lui decisamente familiare, con due codini neri, un abito blu e verde, e una spilla con una coda di pavone sul petto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Che schifo di capitolo…

Uff… giuro che ci ho provato, ma non so descrivere i combattimenti, e per tutto il tempo ero occupata a ridere di come Chat Noir affrontasse e insultasse suo padre e di come non si rendesse conto che Marinette e Ladybug sono la stessa persona.

E non dovrei ridere in un capitolo drammatico come questo.

Sperando che in futuro la serie originale ci regali uno scontro più soddisfacente, e annotandomi che è decisamente meglio che io scriva sceneggiature e non libri, almeno nell’azione, vi lascio questo capitolo pieno di azione e fondamentalmente di passaggio, sperando che il prossimo mi esca meglio nonostante il punto di vista di Marinette.

Ho sicuramente molte più idee su quello piuttosto che su quello appena scritto quindi potrebbe venire più lungo e compensare la cortezza di questo.

So che Chat Noir, nella sua rabbia, è uscito un po’ OOC, ma è voluto per una cosa che potrei eventualmente affrontare in seguito, e poi sfido voi a non incavolarvi a morte se un super cattivo rapisce le uniche due persone per cui avete mai avuto una cotta.

E poi Papillon è irritante.

E Adrien inconsciamente sa che è suo padre e si è rotto del fatto che gli sta costantemente rovinando la vita.

Eh… teenager ribellino.

Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto e scusate anche per il ritardo con cui lo posto.

Dopo aver commentato questo orrore di capitolo mi accingo a fare alcuni annunci.

 

ANNUNCI

Ho una “buona” e una “cattiva” notizia:

-La “cattiva” notizia è che mancano due capitoli e la storia finisce.

-La “buona” notizia è che visto il successo della storia, e le recensioni (che purtroppo mi ispirano più di quanto dovrebbero e sono uno dei principali motivi che mi spinge a continuare una storia… lo so, sono una brutta persona), potrei fare un seguito. L’idea vi aggraderebbe?

I dettagli saranno alla fine del prossimo o dell’ultimo capitolo.

 

E lasciandovi con doppio cliffhanger (nella storia e negli annunci) vi do un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Under the bright stars

Capitolo 10

 

Quando Marinette finalmente aprì gli occhi, lentamente e con grandissimo sforzo, non avrebbe saputo definire il tempo in cui era stata svenuta, ma era piuttosto certa che fosse davvero lungo.

Troppo lungo.

-Tikki…- fu la prima parola che riuscì a pronunciare, e mentre la mente si faceva più lucida e la consapevolezza di quanto fosse successo le piombava addosso come un macigno, la paura per il sui kwami non fece che aumentare, e cercò di alzarsi, senza successo.

Era legata con delle corde che le tenevano ferme le braccia lungo il corpo, impossibili da muovere, e i piedi erano legati a loro volta. Sembrava in una specie di chiesa personale gigantesca, ai piedi di un altare o qualcosa del genere, che però Marinette non riusciva a vedere.

Iniziò a guardarsi intorno, cercando di capire dove fosse e trovare un modo per scappare, ma a malapena riusciva a muovere la testa.

La vista era ancora sfocata, le corde non le permettevano di respirare bene.

Poteva dire con assoluta certezza che Papillon le aveva preso la borsa, e con altrettanta certezza che avrebbe usato il Miraculous della volpe che lei aveva stupidamente tenuto al suo interno, certa di riuscire poi a restituirlo a Master Fu.

E in questo modo gli aveva dato un vantaggio non indifferente.

Iniziò a dimenarsi con forza, cercando di allentare le corde e liberare le braccia, ma a malapena riuscì a raggiungere le tasche del suo pantalone, che in ogni caso era certa di trovare vuote.

Si stupì quando le sue dita sfiorarono una sagoma allungata e solida, che non ricordava di avere in tasca.

Poi il piccolo e insignificante gesto compiuto quel pomeriggio le tornò in mente, e ringraziò Nathalie per averle messo fretta per dirigersi da Gabriel Agreste.

Una matita non poteva considerarsi un’arma di eccessiva potenza, ma era meglio di niente, e la determinazione di Marinette non era da sottovalutare.

Iniziò a strattonare con la massima forza per prendere la matita nella tasca, e riuscì ad afferrarla tra due dita, e a tirarla verso di sé.

La vista, nel frattempo, le tornava sempre più nitida, la mente più attiva. Iniziò a guardarsi intorno, cercando di trovare altri possibili aiuti esterni.

E si rese conto di essere sì, in una specie di chiesa, forse sotterranea, ma non era vicino ad un altare, ma una teca di vetro.

E nonostante dalla sua posizione Marinette fosse alquanto impossibilitata a capire con certezza chi ci fosse dentro, lo intuì senza problemi.

E ad un tratto capì perfettamente ciò che aveva spinto Papillon, o meglio, Gabriel, a prendere le vesti di super cattivo e aspirare al potere assoluto.

Ma non poteva assolutamente giustificarlo.

Perché, mentre processava cosa significasse il fatto che Gabriel Agreste fosse davvero Papillon, iniziò a pensare a tutte le volte che, a quanto pare per salvare la moglie, aveva messo in pericolo, spesso quasi mortale, il suo stesso figlio.

Gorizilla, Style Queen, Risposta, Volpina… come poteva un padre permettere una cosa simile?!

E per tutto quel tempo, mentre si rintanava nel suo covo malefico, Adrien era da solo ad affrontare il lutto, venendo costantemente ripreso, frenato e chiuso in casa.

Marinette già da un po’ non aveva più una cotta per lui, o comunque credeva di non averla, ma restava una persona importantissima per lei, e si sentì invasa da una forte rabbia… e una grandissima empatia.

Adrien non meritava tutto questo!

Cercò di mettere da parte quei pensieri che non le avrebbero portato altro che confusione e di certo non la stavano aiutando ad uscire da quella situazione e ad aiutare Chat Noir, che sentiva di aver abbandonato.

Strinse la matita con forza, guidandosi con il tatto poiché coperta dalle corde, e le venne un’idea folle e di difficile realizzazione, quando notò che la matita era davvero appuntita.

Il filo dei suoi pensieri la portò a cercare con entrambe le mani il nodo che teneva legata la corda, e riuscì a raggiungerlo con la mano sinistra, e un considerevole sforzo di spalla.

Sempre più lucida ogni secondo che passava, si dimenò abbastanza da riuscire a passare la matita da una mano all’altra, e raggiungere con facilità il nodo.

L’idea era davvero stupida, ma era tutto quello che aveva. Consisteva nell’infilare la matita nel nodo e utilizzarla per allentarlo abbastanza da poi scioglierlo anche servendosi di una mano sola.

Era doppio e stretto con molta forza, perciò serviva un miracolo per infilare la matita, ed era improbabile che non si spezzasse nel tentativo, ma doveva provare.

E a volte, bisognava avere fede… e un pizzico di fortuna.

Marinette chiuse gli occhi, cercando di orientarsi solo con il tatto, e fece una muta preghiera verso Tikki, in modo che la aiutasse anche da lontano ad uscire da lì per andare a salvarla.

Sapeva che era una preghiera vana, ma le diede la forza di rischiare, e la determinazione necessaria per convincersi che non avrebbe fallito. Che la fortuna avrebbe baciato la sua Ladybug, con o senza Miraculous.

E le sue preghiere vennero ascoltate.

Proprio mentre infilava la matita nel nucleo del nodo, e la sentiva spezzarsi tra le sue mani, un raggio di luce si dipanò dal petto della ragazza, e la matita sembrò farsi mille volte più resistente, diventando, almeno al tatto, non dissimile da un punteruolo di ferro.

Non riuscì a trattenere un sorriso. Era quasi commossa da quel miracolo, e si sentì decisamente meno sola. Il suo piano funzionò, e in men che non si dica le corde diventarono abbastanza lente da permetterle di riottenere la mobilità delle braccia.

Non fu poi difficile slegare le corde che le imprigionavano le gambe, e in men che non si dica era finalmente libera.

Diede un’occhiata veloce sul suo petto, il punto dove il raggio di luce improvviso le aveva dato la fortuna necessaria a salvarsi, e notò che il kwagatama che Tikki le aveva regalato per il suo compleanno era uscito da dietro la maglietta, e sembrava risplendere.

Lo strinse al petto.

-Ti salverò Tikki, sconfiggerò Papillon!- promise sottovoce, con tutta la sua determinazione.

Doveva uscire da lì il prima possibile, cercando di fare il meno rumore possibile per non essere beccata e legata nuovamente.

Si bloccò proprio mentre cercava la porta.

Sarebbe uscita… probabilmente… doveva uscire! … ma poi?

Non era più Ladybug, non aveva neanche il miraculous della volpe. Non aveva la minima possibilità di sconfiggere Papillon come Marinette.

Iniziò a vagare silenziosamente nella stanza, cercando di trovare una soluzione.

Forse poteva andare da Master Fu e chiedere un altro miraculous… probabilmente l’ape faceva a caso suo. Doveva solo avvicinarsi lentamente a Papillon ed immobilizzarlo.

Ma avrebbe fatto in tempo? Non sapeva neanche da quanto tempo fosse lì. Per quanto ne sapeva Papillon aveva già il miraculous di Chat Noir.

Marinette si girò spaventata verso la teca dove la signora Agreste sembrava dormire, come aspettandosi di vederla aprire gli occhi e uscire fuori come fosse uno zombie.

E proprio quando incrociò lo splendido volto della signora Agreste, tutta la sua determinazione sembrò sparire.

Quasi incapace di distogliere lo sguardo, le si avvicinò lentamente, ormai del tutto lucida e quindi in grado di riflettere su quello che stava spingendo Papillon a fare quello che stava facendo, e le possibili conseguenze se avesse raggiunto il suo scopo o se fosse stato sconfitto prima.

Voleva riportare in vita la moglie.

A vederla così non sembrava neanche morta, ma in preda ad un pacato sonno senza sogni.

I mezzi con cui stava cercando di ottenere quell’obiettivo erano discutibili, e ingiustificabili, ma alla fine le conseguenze se avesse raggiunto l’obiettivo quali sarebbero state? Adrien avrebbe riavuto sua madre, la sua famiglia al completo. Forse Gabriel avrebbe smesso di essere un padre così miserabile e avrebbe cominciato a prendersi più cura di suo figlio.

Chi era lei per impedire ad una famiglia di riunirsi?

Come poteva privare Adrien di sua madre, quando sapeva quanto lui tenesse a lei.

E se smascherava Papillon, se lo consegnava alla giustizia… Adrien sarebbe rimasto completamente solo. Magari l’avrebbe odiata… l’idea era insopportabile.

Sfiorò la teca con le dita, iniziando a riflettere meglio sulla cosa.

Perché c’era qualcosa che non tornava in quel disegno idilliaco.

“Nell’universo dev’esserci sempre un equilibrio. Per ogni desiderio c’è un prezzo da pagare”

Le ritornarono alla mente le parole di Master Fu, e istintivamente si allontanò dalla teca, come se potesse risucchiarla al suo interno.

Quel disegno idilliaco non sarebbe mai stato possibile.

Qualcuno avrebbe pagato il sogno di Papillon, forse qualche innocente, forse Adrien, o lei.

No, doveva impedirlo. Per quanto triste, il lutto era parte della vita, e bisognava accettarlo. Affrontarlo. Andare avanti. Come stava facendo Adrien. Come avrebbe dovuto fare suo padre.

Mise una mano aperta sulla teca, come a comunicare con la donna.

-Mi dispiace signora Agreste, ma non posso permetterlo. Sono certa che capirebbe- le sussurrò, dispiaciuta.

Poi fece un profondo respiro, e si decise ad uscire da lì.

Il più lentamente possibile, e cercando di non fare rumore. 

Fu sollevata nel notare che era ancora nella residenza Agreste. Certo, potevano scoprirla con più facilità, e sicuramente il Gorilla pattugliava la zona, ma almeno poteva scoprire, se stava attenta, il piano di Gabriel e se era già entrato in contatto con Chat Noir.

Sperava solo di non incontrare Adrien nel frattempo. Sarebbe stato oltremodo imbarazzante, e non credeva neanche che sarebbe riuscita a guardarlo negli occhi.

Già si immaginava la conversazione:

“Marinette, che ci fai qui a quest’ora? Non dovevi tornare a casa?”

“Oh, ciao Adrien. Tuo padre e Papillon e mi ha rapita perché sono Ladybug”

“Che cosa?!”

“E non è tutto. Sto cercando di fermarlo dal salvare tua madre e lo voglio consegnare alla giustizia facendoti diventare orfano. Buona serata”

Si sentiva davvero una brutta persona, ma era il suo dovere.

Iniziò ad avanzare per la casa lentamente guardandosi intorno e con i nervi a fior di pelle. Forse la scelta più saggia era andare da Master Fu e prendere il miraculous dell’ape, senza cercare di indagare.

La casa, inoltre sembrava deserta, e la luna alta nel cielo che si intravedeva dalle finestre dei corridoi che stava attraversando le indicava che era svenuta da molte ore, ed il tempo sicuramente non era dalla sua parte.

Poi, proprio mentre finalmente raggiungeva l’ingresso, pronta ad uscire fuori, Nathalie, l’unica figura che sembrava abitare la casa al momento, uscì dall’ufficio di Gabriel.

Marinette ebbe pochi secondi per nascondersi, e fece forse la scelta più stupida e allo stesso tempo migliore che potesse fare.

Salì le scale in fretta e silenziosamente e si mise ad origliare.

Sarebbe stato difficile scappare se Nathalie fosse salita, ma poteva sempre nascondersi nella prima stanza che avesse trovato.

-Mi tengo pronta per ogni evenienza. Certo, ho il miraculous. …Adrien?- Nathalie sembrava stesse parlando tra sé, ma Marinette intuì senza problemi che parlava con Papillon. Che l’avesse akumizzata? Sembrava troppo in sé e non aveva nessuna strana supertuta. E di che miraculous stava parlando?

Non aveva tempo di rifletterci, perché l’assistente iniziò a salire le scale, e per non essere scoperta, Marinette fu costretta ad infilarsi nella prima stanza che trovò, che purtroppo si rivelò essere l’ultimo luogo dove avrebbe voluto trovarsi.

Finì infatti dritta in camera di Adrien, sepolta dall’oscurità e convinta di aver turbato il suo sonno.

Sonno? Era già a letto? Era così tardi? Si aspettava che, con tutte le cose che Adrien aveva da fare, passasse più tempo sveglio, ma forse l’avevano in fretta stancato, dato che era sempre chiuso in camera.

Decise di non pensarci, e si avviò nel bagno per nascondersi, senza successo perché proprio in quel momento Nathalie aprì la porta, costringendo la ragazza a nascondersi sotto la scrivania.

Nathalie lanciò un’occhiata al letto di Adrien, dove lui dormiva beatamente completamente sepolto dalle coperte, tanto che si vedeva solo la base della testa.

Sembrava quasi il vecchio trucco del cuscino sotto le coperte con una parrucca.

Che pensiero ridicolo.

Dopo aver constatato che stava dormendo, senza avvicinarsi ulteriormente per evitare di svegliarlo, Nathalie sussurrò tra sé, ma sempre probabilmente rivolta al suo capo: -Sta dormendo. Non si è accorto di nulla- prima di uscire, chiudendo la porta dietro di sé.

Marinette tirò un profondo e silenzioso sospiro di sollievo, e uscì da sotto la scrivania, facendo il punto della situazione.

Nathalie era probabilmente invischiata in tutto quello, o akumizzata, in ogni caso doveva evitarla a tutti i costi. 

Papillon sembrava aver incrociato Chat Noir o essere in procinto di farlo, quindi Marinette era ancora in tempo per aiutarlo, ma non aveva comunque tempo da perdere.

Ma doveva assolutamente aspettare qualche minuto, per evitare che Nathalie la scovasse.

Agire in stealth, in quel momento, era la scelta più saggia. Non avrebbe aiutato nessuno intrappolata nuovamente in una cripta segreta.

Proprio mentre si avviava nuovamente alla porta per controllare se ci fossero suoni o se poteva uscire indisturbata, urtò contro il mobiletto vicino al letto, rischiando di far cadere il mappamondo, e per evitare che cadesse e facesse rumore, svegliando Adrien o peggio allertando Nathalie, perdette l’equilibrio e cadde dritta dritta sul letto di Adrien, nonché su Adrien stesso.

Seguì un secondo dove Marinette credette di morire, e fu convinta che ormai fosse finita.

Adrien si sarebbe svegliato, avrebbe allertato Nathalie, che l’avrebbe catturata e forse avrebbe catturato pure lui, e lei non sarebbe mai riuscita a salvare Chat Noir e impedire a Papillon di distruggere mezzo universo.

Poi quel secondo passò, e l’unico suono nella stanza continuò ad essere il respiro di Marinette e il cuore che batteva così forte da risuonare nell’enorme stanza.

Adrien non si mosse, non gridò, non la scansò.

Marinette gli era caduta addosso e stava ancora dormendo?

E mano a mano che lo shock iniziale passava, Marinette iniziò a rendersi conto che era atterrata davvero sul morbido, e che Adrien non respirava.

Dopo un attimo di sbigottimento e terrore “Oh cielo è morto l’ho ucciso!”, Marinette scansò le coperte, e notò che quello era davvero il vecchio trucco del cuscino con l’aggiunta di una parrucca, e che Adrien non si vedeva da nessuna parte.

Ma dov’era?

Era scappato di casa per andare di soppiatto da Nino? Sì ma come era possibile che non l’avessero beccato. Forse era un campione di stealth anche lui… beh… solo lui, dato che Marinette era sicuramente meno brava di quanto avrebbe voluto, e davvero troppo goffa alle volte.

Era comunque strano, però… e poco da Adrien. Non era tipo da scappare di casa, anche se effettivamente non era la prima volta. Si ricordava come se fosse ieri il terrore che aveva provato a Natale quando era scomparso.

Adrien era scomparso, e Chat Noir apparso, e lei ancora non si spiegava cosa aveva spinto Chat Noir a distruggere il cartellone pubblicitario di Adrien.

Era stato così illogico.

Poi Adrien era ricomparso, e di Chat Noir nessuna traccia. Non sembrava averlo visto o essere stato alla sua ricerca.

Dopotutto Chat Noir aveva una vita oltre il lavoro di supereroe.

E chissà quale vita.

Marinette, cercando di non distrarsi ma di restare concentrata sul suo obiettivo, scese cautamente dal letto, sistemò di nuovo le coperte e posò il mappamondo sul mobiletto. Fece poi per avviarsi di nuovo alla porta, ma si bloccò di scatto, e si girò verso la finestra, perché un piccolo dettaglio aveva attirato la sua attenzione.

Era buio, perciò non era chiaro cosa ci fosse proprio davanti alla finestra, ma come attirata da una calamita, si avvicinò sempre di più, strizzando gli occhi per vedere meglio.

E il suo sguardo e le sue mani raggiunsero una sdraio fin troppo familiare.

Rosa, mezza rotta, e con due pupazzetti rispettivamente rappresentanti Chat Noir e una Ladybug martoriata in modo da assomigliare a Marinette.

La mente di Marinette si svuotò completamente, incapace di comprendere appieno la scoperta che aveva appena fatto, e centinaia di ipotesi iniziarono a occupare lo spazio vuoto, cercando di prevalere l’una sull’altra.

Ipotesi che giustificassero l’assenza di Adrien, la presenza della sua vecchia sdraio, quella che Chat Noir le aveva sostituito con una nuova, le bambole.

Forse era una coincidenza, forse Chat Noir e Adrien si conoscevano e lui aveva chiesto al supereroe la sdraio. Forse Adrien era da Nino, o era scappato per prendere un gelato.

Ma alla fine c’era una sola opzione possibile, era impossibile negare l’evidenza.

Adrien era Chat Noir.

Chat Noir era Adrien.

Le ginocchia le cedettero, e si sedette sulla sdraio per riordinare le idee.

Per tutto quel tempo aveva avuto una cotta per Adrien, e quando l’aveva dimenticato si era presa una cotta per Adrien sotto altre spoglie.

Aveva rifiutato le avances della sua cotta per mesi.

Aveva baciato Adrien quando Kim era stato akumizzato.

E l’aveva baciato nuovamente poche settimane prima.

Erano stati in un quadrilatero amoroso tra due persone, senza rendersene conto.

Ma si poteva essere più stupidi?!

Ma oltre ai dilemmi amorosi, c’era qualcosa di molto peggio.

Papillon stava affrontando Chat Noir, in quel momento, e la faccenda assumeva tutto un altro significato con Adrien e Gabriel Agreste rispettivamente come Chat Noir e Papillon.

Gabriel stava affrontando suo figlio senza saperlo. Gli avrebbe fatto del male per riportare in vita sua moglie.

Gabriel aveva affrontato per tutto questo tempo suo figlio senza saperlo, mettendolo in pericolo di vita più volte di quante Marinette sospettasse.

E d’altra parte Adrien… per tutto questo tempo aveva combattuto contro la salvezza di sua madre.

Non si trattava più solo di Marinette che rovinava la vita della sua cotta. Ora Marinette rovinava la vita di entrambe le sue cotte e le stesse sue cotte se la stavano rovinando da sole.

Inconsapevolmente.

Era la scelta giusta, ma Marinette sentiva di dover dare delle spiegazioni ad Adrien.

Sentiva che doveva essere lui a scegliere.

Ma per prima cosa doveva dargli la possibilità di scegliere.

E toglierlo dalle grinfie assetate di sangue di suo padre.

Prese un profondo respiro, e uscì dalla stanza, con attenzione e non mettendo assolutamente in conto l’idea di essere nuovamente catturata.

No! Doveva aiutare Chat Noir e Adrien.

Riuscì a raggiungere la sala d’ingresso, contando di avere abbastanza tempo per andare da Master Fu, ma ancora una volta Nathalie rovinò i suoi piani, uscendo dall’ufficio di Gabriel come una furia e lasciando la porta aperta.

Ma non era più Nathalie, almeno non proprio.

Indossava il miraculous della volpe, sembrava parecchio di fretta e non si accorse di Marinette mimetizzata nell’ombra.

-Arrivo subito, Papillon. Tieni duro-

Marinette poté solo supporre che il suo micetto stava dando del filo da torcere al padre, e non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto e subito dopo una grande ansia.

Perché presto sarebbe stato in minoranza, e chissà quali orribili visioni Papillon gli avrebbe mostrato per convincerlo a cedergli il suo miraculous.

Questa volta Marinette non aveva assolutamente tempo da perdere per andare da Master Fu.

Doveva prendere un Miraculous alla svelta e andare ad aiutarlo.

Corse nell’ufficio di Gabriel senza più temere di essere scoperta e senza più preoccuparsene, con talmente tanta adrenalina in corpo che forse sarebbe riuscita a sconfiggere Papillon solo con la forza della sua determinazione. Si diresse senza esitazioni alla cassaforte, ovviamente chiusa e di cui Marinette non conosceva la combinazione.

Non aveva tempo di supporre, e si ricordò del sistema di sicurezza che Gabriel aveva usato quando aveva akumizzato Simon Dice.

Riuscì a sbloccare la cassaforte con un comando a distanza, e prese senza esitazioni il miraculous del pavone.

Essendo andato disperso, Mater Fu non le aveva mai detto nulla circa il suo potere e come funzionasse, prediligendo i miraculous in suo possesso.

Avrebbe dovuto accontentarsi della versione breve.

La kwami del pavone si stiracchiò una volta svegliata, e la guardò curiosa.

-Sei la mia nuova padrona?- chiese, con occhi vispi, e una voce stridula e leggermente rarefatta.

-Mi chiamo Marinette, mi dispiace ma sono parecchio di fretta. Cosa fa questo Miraculous?- chiese velocemente, appuntandosi la spilla al petto.

-Piacere, mi chiamo Duusu, sono la… piacere, mi chiamo Duusu… miraculus… pavone- iniziò a parlare a scatti, scattando da una parte all’altra della stanza.

Marinette la guardò confusa, e un po’ preoccupata.

-Duusu, tutto bene?- chiese avvicinandosi.

-Non toccare la mia padrona!- gridò Duusu, avvicinandosi a Marinette in un attacco di rabbia, e facendola sobbalzare.

Poi sbatté gli occhi più volte, e osservò Marinette con un grande sorriso.

-Ciao Marinette- la salutò -Io mi chiamo Duusu, e sono la kwami del miraculous del pavone. Per usarlo devi indossarlo e dirmi “Duusu, trasformarmi”- sembrò tornare normale per un attimo, poi cadde a terra.

Marinette si affrettò a raccoglierla. Non aveva mai visto nulla del genere.

-Non mi sento molto bene- affermò Duusu, con voce flebile, iniziando a piangere.

Forse era malata, come Tikki era stata, non troppo tempo prima. Marinette si sentì parecchio combattuta, ma questa volta era una faccenda più grande di lei.

-Mi dispiace tantissimo, ma non ho tempo di portarti da Master Fu. Ti prometto che appena aiuto Chat Noir ti porto da lui per aiutarti- le promise, per poi prendere un profondo sospiro.

-Duusu, trasformami!- le ordinò, e controvoglia lei fu costretta a entrare nella spilla e trasformare la giovane ragazza.

Il travestimento che le uscì era parecchio semplice, esattamente come piaceva a lei, ma più colorato rispetto a quello di Ladybug, e l’arma era un ventaglio di piume. Inoltre le era spuntato sulle spalle un corto mantello.

Si osservò un attimo cercando di abituarsi al cambio di look e alla nuova sensazione che provava con un miraculous che non le apparteneva, poi uscì in fretta dalla finestra, cercando il suo collega, amico, compagno di classe e cotta da troppo tempo e in troppi modi diversi per poter essere ancora considerato una semplice cotta.

Lo trovò sulla torre Eiffel, stregato da una visione che la ritraeva minacciata da una figura oscura insieme a una ragazza che le somigliava parecchio, e prima che Chat Noir potesse cedere il suo miraculous, come sembrava stesse per fare, lo richiamò, sperando che la sentisse, e atterrando in tutta fretta sull’illusione, cancellandola.

-Chat Noir! Non cedere il tuo Miraculous!- 

I due combattenti sollevarono lo sguardo, sorpresi, e sobbalzarono presi alla sprovvista dall’improvvisa venuta della nuova supereroina.

-Tu… no!- esclamò Papillon, riprendendosi prima di Chat Noir e guardandola sorpreso, quasi spaventato.

La ragazza non capì la sua reazione, ma come il resto di quella assurda serata, non aveva tempo da perdere.

Lanciò il ventaglio come un frisbee, allontanando padre e figlio, e saltò verso Chat Noir, per proteggerlo. Dovevano fuggire da quella conversazione, trovare un posto sicuro e lei doveva spiegargli tutti. Poi avrebbe fatto una scelta, e avrebbero ripreso il suo Miraculous o ceduto quello di Chat Noir. 

Marinette sperava che il ragazzo scegliesse bene, ma ne era certa, e in ogni caso non poteva essere lei a caricarsi sulle spalle questo compito.

Ma doveva assolutamente impedire a Papillon di vincere questa battaglia.

-Tu… chi sei?- chiese Chat Noir, sorpreso e non del tutto ripreso, allontanandosi e tornando all’erta contro Papillon, che sembrò chiamare la cavalleria.

Sicuramente Nathalie sarebbe venuta da un momento all’altro, perciò Marinette rimase all’erta, anche se iniziava a sentire una strana nausea. Probabilmente era una cosa da nulla.

-Sono Ladybug. Sono scappata da Papillon e gli ho rubato un miraculous che teneva nascosto. Non devi cedergli il tuo o sarà una catastrofe- lo informò in fretta.

-Togli immediatamente quella spilla!- esclamò Papillon, attaccandola con la spada. La supereroina si scansò per il rotto della cuffia, e Chat Noir le si mise davanti, parando l’attacco e contrattaccando per allontanare Papillon. Marinette fece lo stesso, con il ventaglio, costringendolo ad arretrare.

I due supereroi si ritrovarono fianco a fianco come sempre, e Chat Noir decise di fidarsi di lei.

-Va bene, Ladyplume. Ha un akumizzato che crea illusioni?- chiese, guardandosi intorno per beccarlo.

Marinette aggrottò le sopracciglia sentendo quel nuovo e originale nomignolo, ma decise di accettarlo. Non era così male come nuovo nome da supereroina, anche se non sarebbe durato.

-No, una sua assistente ha rubato il miraculous della volpe. La buona notizia è che ha meno di cinque minuti prima di ritrasformarsi, quindi basta tenere duro per essere nuovamente in maggioranza- rifletté.

-Quindi stavolta non hai perso un solo miraculous ma ben due?- la prese in giro Chat Noir, cercando di alleggerire la tensione. Ladyplume, però, si accorse che la sua voce era tremante, e non perdeva d’occhio i movimenti di Papillon, che era rimasto distante e li studiava cercando di trovare un nuovo piano d’azione.

Sembrò notare la preoccupazione di Chat Noir, perché, con un sorriso che non prometteva nulla di buono, si rivolse a lui personalmente.

-“La mia assistente”, come Ladybug ha deciso di definirla, è con Marinette, in questo momento. E se non mi dai immediatamente il miraculous farà una brutta fine- provò ad ingannarlo, in tono davvero convincente.

Chat Noir sgranò gli occhi e si strinse la mano con l’anello, incerto su cosa fare.

Ladyplume rifletté su cosa fare.

Avrebbe potuto dire direttamente “Sono io Marinette!”, dato che in ogni caso Papillon lo sapeva, ma non le sembrava la scelta giusta. Non era quello il momento, e soprattutto non era quello il modo. Chat Noir era provato, confuso, e con un enorme senso di colpa. E Marinette sapeva che in quel momento non si fidava del tutto di lei, non potendola riconoscere.

Provò comunque a rassicurarlo, omettendo la verità

-Non è vero, è un bluff. Marinette è salva, puoi giurarci- cercò di convincerlo. Chat Noir si girò verso di lei, poco convinto.

-L’hai trovata? Per questo ci hai messo tanto? Hai liberato anche lei?- le chiese, speranzoso.

-L’ho liberata. E ora è al sicuro- gli promise.

-Chi ti dice che non sia lei a bluffare? Magari perché tiene molto più a proteggere quel miraculous che alla vita di una singola cittadina- Papillon mise la pulce nell’orecchio al supereroe.

Ladyplume gli prese un braccio per girarlo verso di lei.

-Chat Noir, ti ho mai mentito?- lo fece ragionare, guardandolo negli occhi.

-Ma una volta Gabriel Agreste è quasi morto- sussurrò Chat Noir, quasi tra sé.

Ladyplume sobbalzò.

Parlava forse di Simon Dice? La vicenda, alla luce dei recenti fatti, assumeva tutto un altro significato.

-Già, è stata solo fortuna. L’avrebbe volentieri sacrificato per evitare che l’akuma vincesse, e c’era molto meno in ballo- continuò a convincerlo Papillon, e Ladyplume doveva ammettere che la sua strategia stava funzionando, e che era un maestro nell’arte oratoria, ben più di lei.

Dannati Agreste che la superavano in tutto!

Il problema della strategia è che se ora lei gli avesse rivelato che era Marinette, lui avrebbe pensato che lo diceva solo per convincerlo a non cedere il miraculous.

Già da un po’ i due si erano allontanati, in versione supereroi, e Ladyplume sapeva che era diventata, agli occhi del collega, una figura fin troppo autoritaria, alle volte, e spesso con idee suicide.

L’unica soluzione era fargli capire che lei era Marinette, e fargli anche capire che aveva capito che fosse Adrien, senza però farlo capire a suo padre.

E ci riuscì con due semplici parole.

-Micetto…- lo chiamò.

Lui si voltò verso di lei, aggrottando le sopracciglia al soprannome, come chiedendosi se fosse solo una strana coincidenza.

-… la sdraio- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Siamo alle battute finali!

Allora, non ho aggiunto molto allo scorso capitolo, tranne un accenno di combattimento, ma quello che fa Marinette è sicuramente più importante di quello che ha fatto Chat Noir.

C’è stato il primo reveal, e forse anche il secondo, mi sono ampiamente discostata dalla storia originale e speravo davvero di vedere il finale della seconda stagione perché speravo di avere più informazioni sul pavone ma sono rimasta fregata per molti versi.

Mi sono praticamente inventata tutto il miraculous del pavone e la personalità di Duusu, quindi per chi leggerà eventualmente questa fanfiction tra qualche anno, scusate per le imprecisioni.

Ho modificato leggermente quello che dice Papillon nello scorso capitolo per motivi molto complessi, ma non è un cambiamento così esaltante.

Scusate per il mega ritardo quando avevo detto che avrei aggiornato più in fretta ma ho avuto davvero un enorme blocco e tante cose da fare. Praticamente sta arrivando la terza stagione prima della mia storia. 

Coooomunque… spero che il capitolo di piaccia, che il punto di vista di Marinette abbia risposto a molte domande e il prossimo sarà l’ultimo capitolo… di questa storia.

Si perché come vi ho accennato nello scorso capitolo… potrei fare un seguito, ma dipende da voi, se lo volete o no.

Vi darei altri dettagli ma penso che lo farò nel prossimo capitolo per evitare spoiler, sappiate solo che in questi tempi di hype sto finalizzando i dettagli per non uno, ma due seguiti, e uno spin-off che si colloca a metà della seconda storia.

…da one shot a trilogia… con eventuale spin-off… alla faccia della sintesi!

Tutto merito vostro e dell’ispirazione che mi date con le vostre recensioni.

Volevo dire qualcos’altro ma mi sono scordata.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 12
*** PESCE D'APRILE ***


Note iniziali: Non ho più ispirazione per questa storia, perciò questo capitolo sarà breve e racconterò molto velocemente tutti i colpi di scena che volevo mettere nel capitolo finale. Perdonate la brevità ma non avevo proprio voglia di scriverlo.

 

Under the bright stars

Capitolo 11: Pesce d'Aprile

 

-…la sdraio- 

Due parole.

Due semplici parole, che ad un orecchio comune potevano significare di difficile comprensione, o di poca importanza, furono abbastanza per gettare Chat Noir nel caos più totale.

In poco meno di venti secondi, in cui rimase a fissare la supereroina davanti a lui che non era ancora del tutto certo potesse essere Ladybug, tutti i pezzi del puzzle si unirono nella sua mente, uno dopo l’altro, rendendogliela molto più limpida, lasciandolo però sopraffatto dalle informazioni.

La sdraio… era il suo collegamento massimo con Marinette, quando lui gliel’aveva rotta e poi riportata. La teneva in camera sua. Se Ladyplume l’aveva citata potevano esserci varie spiegazioni.

Forse aveva visto lui e Marinette parlare quella notte sul balcone, forse aveva visto la sdraio in camera sua e aveva fatto due più due capendo che lui era Adrien, ma in entrambi i casi, perché citarla doveva essere motivo di rassicurarlo sulla sorte della sua cotta?

Alla fine, c’era una sola opzione possibile.

-Ladyplume… sei Nathalie?- chiese a bassa voce, sorprendendo sia la supereroina che Papillon.

-Cosa? No!- negò lei, confusa su cosa gli avesse fatto raggiungere quella conclusione.

-Su, non serve nasconderlo. Capelli neri, occhi azzurri, sai della sdraio. È l’unica opzione possibile. Ma cosa c’entra la tua identità con Marinette? Vuoi dirmi che l’hai nascosta in camera mia sulla mia sdraio?- chiese Chat Noir, riflettendo.

Cavolo, non riusciva a credere di avere avuto una cotta per l’assistente di suo padre.

-Nathalie…?- Papillon sembrò iniziare ad avere dubbi esistenziali.

Ladyplume faceva passare lo sguardo da Papillon a Chat Noir, confusa come non mai.

-No, sono Marinette- cercò di spiegarsi. 

Chat Noir scoppiò a ridere.

-Macché, è impossibile che tu sia Marinette. Siete due persone troppo diverse. Ahhh, capisco! Hai finto di essere Marinette per fregare Papillon, ma invece sei Nathalie e vuoi farmelo capire così che io… continuo a non capire perché questo dovrebbe farmi capire che Marinette è al sicuro ma mi fiderò di te. Sei praticamente una seconda mamma per me- Chat Noir tornò alla carica. Ladyplume si esibì in un plateale facepalm. Papillon sembrava il meme di pikachu. 

-Nathalie! Come hai potuto tradirmi?! Io mi fidavo di te! E per tutto questo tempo facevi la mamma di Chat Noir?! Come facevi dato che sei sempre con mio figlio?!- esclamò indicando offeso Ladyplume.

-Quindi quando mi lasciavi andare in giro da solo era per abbandonarmi e andare dal figlio di Papillon? Nathalie sei pessima!- si indignò Chat Noir, con le lacrime agli occhi.

-E poi perché hai il miraculous del pavone? Ti avevo dato quello della volpe!- continuò Papillon.

-Mi hai fregato pure con la finta visione? Ma scusa da che parte stai?- Chat Noir iniziò ad indignarsi a sua volta, e Papillon e Chat Noir iniziarono ad avvicinarsi in tono accusatore.

Ladyplume faceva passare lo sguardo dall’uno all’altro senza capire cosa diamine stesse succedendo e come fosse possibile che il suo rivale e il suo partner, padre e figlio, avessero dei prosciutti davanti agli occhi così grandi.

All’ennesima accusa random credendola Nathalie, decise che si era decisamente stancata della situazione.

Lanciò il ventaglio come un frisbee togliendo il miraculous di Papillon e di Chat Noir, si tolse il miraculous a sua volta, e gettò tutto dalla torre Eiffel.

-Ma… cosa…?- Gabriel e Adrien si guardarono a bocca spalancata, e guardarono Marinette.

-Nathalie, certo che sotto questa luce sei proprio uguale a Marinette- commentò Adrien.

-Siete sicure di non essere imparentate?- gli diede man forte Gabriel.

-Un momento…- dissero poi insieme, tornando a guardarsi.

-Papà!-

-Adrien!- 

Marinette diede loro le spalle.

-Ciaone- li salutò, iniziando ad avviarsi verso l’uscita della torre Eiffel.

Una supereroina volpe le si parò davanti.

-Ferma lì, non fermerai Papil… cosa sta succedendo qui?- chiese, confusa.

Gabriel e Adrien si guardavano a bocca spalancata, cercando di parlare ma senza riuscirci.

-Che gattastrofe…- diceva tra sé Gabriel.

-Le mie certezze sono volate via- gli dava man forte Adrien.

-No, Nathalie, io esco. Non ne voglio più sapere niente degli Agreste- Marinette se ne andò scuotendo la testa.

Nathalie rimase stranita a fissarli scambiarsi battute su farfalle e gatti, poi la seguì.

Marinette divenne una famosa stilista con Nathalie come assistente, e sposò Luka.

Adrien e Gabriel stanno ancora cercando di processare quello che è successo.

I Miraculous non vennero mai ritrovati.

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

PESCE D’APRILE!!!!!

Non ne avevo mai fatto uno, avevo voglia di provare, scusatemi tanto.

So che sono scomparsa, scusate, ma ho avuto gli esami e poi un sacco di cose da fare e non avevo ispirazione.

Ma il capitolo vero è a buon punto, e qualsiasi cosa accada lo pubblicherò l’8 Aprile, quindi non farò il mega troll per poi sparire per tre mesi.

Appuntamento all’8 Aprile, quando risponderò a tutti i commenti precedenti e la storia avrà anche finalmente una degna conclusione… per adesso.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Under the bright stars

Capitolo 11

 

-…la sdraio- 

Due parole.

Due semplici parole, che ad un orecchio comune potevano significare di difficile comprensione, o di poca importanza, furono abbastanza per gettare Chat Noir nel caos più totale.

In poco meno di venti secondi, in cui rimase a fissare la supereroina davanti a lui che non era ancora del tutto certo potesse essere Ladybug, tutti i pezzi del puzzle si unirono nella sua mente, uno dopo l’altro, rendendogliela molto più limpida, lasciandolo però sopraffatto dalle informazioni.

La sdraio… era il suo collegamento massimo con Marinette, quando lui gliel’aveva rotta e poi riportata. La teneva in camera sua. Se Ladyplume l’aveva citata potevano esserci varie spiegazioni.

Forse aveva visto lui e Marinette parlare quella notte sul balcone, forse aveva visto la sdraio in camera sua e aveva fatto due più due capendo che lui era Adrien, ma in entrambi i casi, perché citarla doveva essere motivo di rassicurarlo sulla sorte della sua cotta?

Alla fine, c’era una sola opzione possibile.

L’unica a conoscenza dello scambio di sdraio era Marinette.

Quindi Ladybug era Marinette.

Marinette era Ladybug.

E ora Ladyplume.

Per tutto quel tempo aveva avuto una cotta per Ladybug, e quando l’aveva dimenticata si era preso una cotta per la ragazza dietro la maschera di Ladybug.

Aveva flirtato con la sua compagna di classe per mesi.

Era stata Marinette a baciarlo quando Kim era stato akumizzato, quel bacio che aveva scordato.

E aveva baciato Ladybug poche settimane prima.

Erano stati in un quadrilatero amoroso tra due persone, senza rendersene conto.

Per un secondo, Chat Noir si sentì il ragazzo più fortunato della terra.

Le due ragazze per cui provava qualcosa erano la stessa persona, e sicuramente questa stessa persona provava qualcosa per lui quindi il suo sogno di vivere su un’isola, avere tre figli, un gatto e un criceto sembrava decisamente realizzabile.

Poi, tornò alla realtà, alla situazione che stava vivendo in quel momento, a Papillon che aveva usato la sua conoscenza per imbrogliarlo e fargli cedere il miraculous, e la sua rabbia verso il supercattivo aumentò in modo esponenziale.

E Papillon sembrò accorgersene, perché si mise sulla difensiva, e iniziò a  cercare una nuova strategia.

-Allora, principessa…- Chat Noir lanciò a Ladyplume un’occhiata complice, tornando concentrato e molto più deciso a sconfiggere il supercattivo, senza più distrazioni -… qual è il piano?- 

Ladyplume tirò un sospiro di sollievo, e si mise pronta all’attacco a sua volta.

-Recuperare il miraculous della coccinella e allontanarci in tutta fretta in modo da elaborare una strategia. Abbiamo un vantaggio su di lui, voglio sfruttarlo al meglio, e al meglio significa “non adesso”- gli riferì, guadagnandosi un’occhiata confusa da parte del collega.

-Però se nel recuperare il tuo miraculous riusciamo a rubare anche il suo…- provò ad obiettare, ma Ladyplume scosse la testa.

-Per ora concentriamoci sul mio Miraculous. Fidati di me- gli lanciò uno sguardo intenso, e sebbene Chat Noir non fosse del tutto certo del piano di scappare via quando Papillon era alla loro portata, decise di fidarsi. La ragazza accanto a lui, dopotutto, non solo era una supereroina che era riuscita a sconfiggere decine di akuma, ma anche la rappresentante di classe migliore del mondo e l’amica più affidabile che avesse.

-Va bene, lo sai che ti seguirei in capo al mondo, insettina, o forse dovrei dire uccellino?- per la prima volta da settimane, nonostante la situazione decisamente poco adatta, flirtò nuovamente con la sua collega supereroina, che arrossì, e lo spinse giocosamente, imbarazzata ma sicuramente felice.

-Non è questo il momento, micetto! Abbiamo un supercattivo da affrontare- lo spronò.

Per la prima volta Papillon sembrò veramente in difficoltà, e si mise in posizione di difesa, indietreggiando di qualche passo.

-Dobbiamo circondarlo- Ladyplume incoraggiò il collega, che non perse tempo e con un balzo si mise alle spalle del supercattivo. Solitamente la loro strategia comprendeva lui che si buttava nella mischia mentre Ladybug elaborava un piano e alla fine di tutto salvava la situazione, perciò ricominciò ad attaccare Papillon, convinto finalmente di avere una possibilità, con la sua Lady accanto a lui.

Ladyplume cominciò ad attaccarlo a sua volta, cercando di disarmarlo, e con la situazione a loro vantaggio Chat Noir era convinto che avrebbero recuperato il Miraculous in pochi minuti.

Papillon cercava di difendere entrambi i lati con la spada e il fodero, ma il susseguirsi sempre più rapido dei colpi iniziò davvero a metterlo alle strette, bloccato in un angolo con poche possibilità di fuga.

Ma proprio quando finalmente la battaglia sembrava vinta, un nemico inaspettato arrivò alle spalle di Ladyplume.

Chat Noir notò un movimento sospetto, e con riflessi degni di, appunto, un supereroe, deviò il colpo prima che arrivasse alla sua Lady.

Ladyplume se ne accorse, e si scansò per evitare il colpo successivo, lasciando perdere per un attimo Papillon, che riuscì a scappare dall’attacco congiunto dei due supereroi e ad allontanarsi dalla battaglia. 

-Io prendo Papillon, tu pensa alla volpe- lo incoraggiò Ladyplume, cercando di raggiungere il supercattivo ma venendo attaccata dalla Volpina di turno, che sembrava volersi concentrare principalmente su di lei, forse proprio per distoglierla da Papillon e permettere al cattivo di prendere con più semplicità il Miraculous di Chat Noir?

Beh, Chat Noir non gli avrebbe reso il compito facile, poco ma sicuro. Poteva battere senza problemi Papillon, soprattutto ora che sapeva per certo che Marinette era al sicuro.

-Vado io dalla farfallina, My Lady- la rassicurò quindi, correndo da Papillon per bloccargli ogni via di fuga. 

Papillon però non sembrava volersi ritirare, così come non si sarebbero ritirati Chat Noir e Ladyplume.

La sorte di Parigi si sarebbe decisa quella notte.

E avrebbe visto i due supereroi trionfare.

Chat Noir non era mai stato così determinato in vita sua.

Purtroppo lo stesso si poteva dire per i due rivali.

Con la battaglia che vedeva i partecipanti in egual numero, la differenza di esperienza iniziava a farsi sentire. Dopotutto erano due adolescenti contro due adulti, e la potenza superiore di Chat Noir non era abbastanza per equilibrare quella fisica dei due avversari.

Inoltre Ladyplume non era molto abituata ai nuovi poteri, e sembrava stancarsi molto più facilmente.

Parando, attaccando, schivando e tenendo fuori portata il miraculous combattendo solo con la sinistra, Chat Noir non riuscì a controllare bene le condizioni della sua partner, ma aspettava istruzioni, come sempre.

Istruzioni che alla fine vennero, e lo confusero parecchio.

-Chat Noir, colpisci Papillon con il Gataclisma- gli ordinò lei, cogliendolo talmente tanto alla sprovvista che Papillon riuscì a sbalzarlo da un lato con il fodero della spada, allontanandolo di parecchi metri.

-My Lady, cosa…?- chiese, rimettendosi in piedi e in posizione di difesa, ma con l’attenzione tutta rivolta verso la collega. C’era qualcosa di strano e sbagliato nel suo ordine, e non era solo l’ordine in sé.

Anche Papillon e la volpe guardavano verso di lei, e sembravano davvero spaventati dalla richiesta che aveva fatto al collega.

-È l’unico modo. Fallo e basta- il tono della supereroina non ammetteva repliche, ma Chat Noir esitò, abbastanza da permettere a Papillon di indietreggiare, ma non troppo da permettergli di scappare.

Guardò Ladyplume chiedendole spiegazioni, senza credere che potesse davvero chiedergli di fare una cosa del genere, e fu felice di averlo fatto perché gli occhi della ragazza indicarono la sua avversaria, in particolare la sua collana, che non sembrava essere un timer, segno che era arrivata così tardi perché si era ricaricata.

E quindi doveva scaricarsi.

E quindi doveva avere un motivo per creare qualche illusione.

Capendo il piano della sua partner, Chat Noir stette al gioco, e annuì, con convinzione.

-La mia Lady ha parlato- alzò le spalle, per poi sollevare la mano.

-Gataclisma- cambiò il nome abbastanza da non attivare il potere ma da fingere di averlo fatto, e corse verso Papillon, che indietreggiò, per la prima volta decisamente spaventato.

E la Volpina di turno sembrava più spaventata di lui, perché lasciò del tutto perdere Ladyplume per precipitarsi verso il suo capo, anche se non sarebbe di certo arrivata in tempo.

-Mirage!- la sentì urlare, disperata, prima che centinaia di copie di Papillon coprissero la Torre Eiffel.

-Red Renard…- tutti i Papillon si girarono sorpresi verso la volpe, dandole anche un nome, e Chat Noir iniziò a cancellare i cloni, deciso a trovare quello vero. Dopotutto non poteva permettergli di scappare, visto che aveva il Miraculous della coccinella.

Ma quando toccò qualcosa di solido non fu un Papillon, ma Red Renard, che si era posta a difesa del suo capo pronta a morire pur di non vederlo fallire.

Chat Noir fu ammirato e allo stesso tempo preoccupato per un tale spirito di sacrificio, soprattutto indirizzato verso un criminale di quel genere. 

Avrebbe voluto aiutarla, e consigliarle un qualche psicologo con cui parlare di questo basso istinto di conservazione, ma non era quello il luogo né il momento di farlo.

E poi era un pensiero piuttosto ipocrita, effettivamente, dato che lui non avrebbe esitato un secondo a fare lo stesso con Ladybug (o Marinette che dir si volesse), e a buttarsi verso la morte se solo lei glielo avesse chiesto, cosa che aveva fatto, una volta.

In ogni caso Red Renard si riprese in fretta dal colpo, più sorpresa che sollevata, e Chat Noir si affrettò ad allontanare la mano prima che lei potesse approfittarne per rubargli l’anello.

-Ops, vedo che il gatto è uscito dal sacco. Ma insomma, che razza di supereroe sarei se distruggessi un essere umano, per quanto odioso e crudele?- con il solito tono irritante, Chat Noir si allontanò leggermente, e Red Renard sbiancò, e si voltò verso uno dei suoi capi, quello vero probabilmente, con sguardo mortificato.

Papillon strinse i denti, irritato, ma anche piuttosto sollevato, per certi versi, anche se era difficile da definire, nonostante l’espressione fosse sul volto di una ventina di copie diverse.

Copie che sparirono in fretta quando Ladyplume, capita l’ubicazione del vero Papillon, tirò il suo ventaglio come un frisbee cancellandole tutte quante, ad eccezione dell’originale, per poi affiancare il collega, soddisfatta.

-Hai cinque minuti Red Renard- la informò, indicando la collana, che iniziava già a scaricarsi.

Red Renard non si voleva dare per vinta, e si mise in posizione, pronta ad attaccare nuovamente, ma Papillon la fermò.

-Va a ricaricare il tuo kwami. Ce la posso fare anche da solo- la incoraggiò. Red Renard si voltò verso di lui, sorpresa.

-Ma signore…- provò ad obiettare, e per un attimo a Chat Noir quello scambio sembrò quasi familiare, come una strana e lontana sensazione di deja-vu.

-Ce la posso fare, vai a ricaricare il tuo kwami e controlla… hai capito- le ordinò, con tono freddo e sguardo duro e concentrato.

-Signore, andiamo via. Siamo in vantaggio, possiamo ritornare…- cercò di convincerlo lei, provando a trascinarlo via, ma trovando in lui una certa resistenza. Quella frase insinuò il primo tarlo nella mente di Chat Noir, che iniziò a riflettere un po’ meglio sulla situazione, ora che aveva un attimo per pensarci.

-No. Oggi è l’ultima battaglia. Qualsiasi cosa succeda, finirà oggi. E vincerò- la interruppe lui, scansandola. 

Chat Noir e Ladyplume condividevano ogni parola, ma sarebbero stati loro a vincere, ne erano entrambi sicuri. E non avrebbero permesso a Papillon si uscire dai giochi con il Miraculous della coccinella.

Red Renard abbassò lo sguardo, e con un balzo salì sul punto più alto della Torre Eiffel.

-Torno presto- gli promise, scappando via.

Con la volpe finalmente fuori dai giochi, erano di nuovo in vantaggio, anche se Ladyplume, per quanto forte, sembrava abbastanza provata dal combattimento.

Ma Chat Noir era ottimista che sarebbe finito presto, anche se mano a mano che la fine si avvicinava, nuovi dubbi iniziarono a riempirgli la mente ormai non concentrata al 100% sul combattimento, dato che li vedeva in vantaggio.

Papillon non conosceva la sua identità, ma quella di Ladyplume sì, ed era un enorme problema, se lo lasciavano andare prendendo solo il miraculous della coccinella, come la sua collega aveva intenzione di fare.

Papillon non sembrava disposto ad arrendersi, questo ormai era stabilito. L’aveva già rapita una volta, e Chat Noir non sapeva se lei aveva scoperto qualcosa sulla sua identità.

Se solo avesse saputo… probabilmente le cose sarebbero state più semplici. Era l’unico modo per essere davvero in vantaggio.

Ma d’altro canto… lui si fidava della sua Lady, con e senza maschera. Se lei diceva che era meglio allontanarsi il prima possibile dopo aver recuperato il miraculous rubato sicuramente aveva le sue ragioni.

Doveva solo fidarsi, giusto? Come aveva sempre fatto. Dopotutto Ladybug e Marinette non lo avevano mai deluso.

Eppure era così illogico, ai suoi occhi.

Così incomprensibile.

Papillon era lì.

Cercò di non pensarci, e tornò all’attacco, come stavano facendo prima dell’interruzione della volpe.

-Abbiamo poco tempo prima che torni, dobbiamo recuperare il miraculous della coccinella- lo incoraggiò Ladyplume, determinata.

-Non lo riavrete mai. Sarò io a prendere il miraculous del gatto nero- ribatté Papillon, con voce leggermente tremante. Sapeva che stava perdendo, e stava esaurendo le idee e le forze, ma non la determinazione.

-Sappiamo entrambi come la cosa andrà a finire? Perché non ti arrendi subito? Magari ti abbasseremo il numero di ergastoli per buona condotta- lo prese in giro Chat Noir, in tono gongolante.

Ladyplume, però, non aveva ancora abbassato la guardia.

-Chat Noir, concentrati- lo riprese.

Come al solito sembrava sapere sempre più di lui, essere sempre un passo avanti.

Lui era concentrato, solo che… era mille volte più semplice scoprire chi fosse e poi recuperare il miraculous, perché non potevano farlo?

O forse Ladyplume intendeva solo che non era la prima necessità?

Decise comunque di seguire la sua Lady.

Ma Papillon le si rivolse, con il tono trionfante di chi aveva capito qualcosa che avrebbe potuto ribaltare la situazione.

Qualcosa che ovviamente a Chat Noir era sfuggito.

Come ogni altra cosa.

Chat Noir non sapeva mai niente.

Non si era neanche mai accorto che Marinette era Ladybug.

-Tu sai per cosa combatto! E sai che è qualcosa di buono- cercò di fuorviarla.

Ladyplume esitò un attimo, e quasi venne colpita dal fodero della spada. 

Chat Noir si precipitò davanti per deviare il colpo, ribattendo e spingendolo con forza contro l’angolo.

A differenza sua, non era stanco, anzi la forza della determinazione di proteggere la sua amata lo aveva reso più forte che mai, così come la rabbia per come stesse cercando di convincerla ad entrare nel lato oscuro.

Sapeva che Marinette non avrebbe mai ceduto, ma era comunque infastidito dall’offerta, e dall’esitazione derivata da essa.

-Il fine, per quanto nobile, non giustifica i mezzi. Hai terrorizzato tutta Parigi, hai quasi ucciso centinaia di innocenti. Niente potrà mai giustificarlo! E sei l’ultima persona al mondo alla quale consegnerei il potere assoluto, non importa per quale scopo- lo affrontò, un colpo dietro l’altro, attirando tutta la sua attenzione. Ladyplume sembrò capire il suo piano, e si sbloccò in fretta, allontanandosi discretamente per prenderlo di sorpresa alle spalle.

Un colpo dietro l’altro, iniziarono ad avvicinarsi pericolosamente al bordo dell’edificio, ma nessuno dei due sembrò farci caso.

-Sto solo cercando di dare un futuro migliore a mio figlio…- sussurrò tra i denti, distrutto dalla fatica del combattimento. Adrien lo sentì a malapena.

Ma lo sentì, e nella sua mente iniziò ad infilarsi un secondo tarlo fastidioso, un dubbio atroce che iniziò a divorargli l’anima.

Ma non poteva essere lui.

Lo avevano scagionato, era stato akumizzato.

Riuscì a malapena a parare il colpo successivo, la mente invasa da mille pensieri, ma ci pensò Ladyplume a toglierlo dalle grinfie del supercattivo, arrivandogli alle spalle e prendendolo di sorpresa.

-Il miraculous è in una tasca segreta- Chat Noir gliela indicò, e prima che Papillon potesse proteggerla in qualche modo, Ladyplume riuscì a prendere gli orecchini, con un po’ di incertezza.

Era il momento perfetto.

Era fatta.

Avevano vinto.

Ora dovevano solo andarsene.

Facile, no?

Papillon aveva tutta la sua attenzione su Ladyplume e sembrava aver del tutto scordato che l’altro supereroe era a pochi centimetri da lui… dal suo miraculous.

Chat Noir avrebbe solo dovuto allungare la mano. Papillon probabilmente non si sarebbe accorto di nulla finché non fosse stato troppo tardi.

Ma doveva aiutare Ladyplume, o tutta la fatica sarebbe stata inutile.

Alla fine, l’istinto svegliato da tante incertezze che lo assalivano da mesi: il desiderio di non essere più all’oscuro, di essere importante quanto Ladybug e di far finire una volta per tutte la guerra, lo spinse a sollevare il braccio.

Era la scelta più logica, giusto?

Senza i poteri era impossibile che Papillon vincesse.

Con i poteri… aveva già afferrato il braccio di Ladyplume, e lei non riusciva a liberarsi.

Sapere la sua identità gli avrebbe impedito di nascondersi.

Era la scelta giusta, ne era convinto.

Ma quando staccò la spilla dal colletto del supercattivo, e davanti ai suoi occhi comparve l’immagine furiosa e determinata di suo padre, tutto quello che non capiva dall’inizio di quel combattimento, lo colpì come un feroce pugno nello stomaco, e tutte le sue paure e i suoi dubbi divennero realtà.

Papillon… Gabriel… suo padre, si girò verso di lui, furente e pronto a riprendersi la spilla, ma Chat Noir l’aveva già inconsciamente fatta cadere a terra, ed era rimasto ghiacciato sul posto, incapace di muoversi, la mano destra ancora sollevata verso suo padre, che fissava completamente sopraffatto, senza riuscire quasi a respirare.

-Chat Noir!- Ladyplume cercò di farlo tornare in sé, ma lui quasi non la sentì.

Dubbi, domande, confusione era tutto quello che aveva in testa, ogni cosa gli vorticava nella mente in modo talmente caotico che non riusciva più ad essere del tutto ancorato alla realtà che stava vivendo. Non riusciva a respirare, figuriamoci a muoversi.

E Gabriel ne approfittò.

Lasciò andare il braccio di Ladyplume per prendergli il polso destro, e riuscì senza troppe difficoltà a sfilargli l’anello e tirargli un calcio per allontanarlo, prima ancora che la trasformazione si fosse tolta del tutto.

Chat Noir non riuscì ad opporre resistenza, il suo mondo era crollato.

E crollò anche lui con esso, quando suo padre, l’ultimo membro rimasto della sua famiglia, con quel calcio lo fece cadere oltre il bordo della Torre Eiffel, senza rendersi neanche conto che il supereroe che aveva affrontato fino a quel momento era suo figlio, senza pensare ad altro che al Miraculous finalmente nelle sue mani.

Adrien sentì il vento contro di lui, sentì l’urlo distante di Ladyplume che si precipitava a salvarlo, lasciando perdere gli orecchini per lanciargli contro una piuma, vide un gatto nero planare su di lui per rallentargli la caduta, Ladyplume su di lui che lo prese al volo, ma ogni cosa era sfocata, ogni suono era attutito. L’unica cosa che avvertiva chiaramente era il battito forsennato del suo cuore, l’intensità del suo respiro affannato, e il sapore delle lacrime che non si era accorto stessero uscendo dai suoi occhi.

Suo padre era Papillon. Suo padre era il cattivo che aveva affrontato per mesi, che aveva terrorizzato Parigi.

Per tutto quel tempo lo aveva chiuso in casa, impedito di vederlo o di vedere i suoi amici dicendo che il mondo era pericoloso. Gli aveva dato buca quasi ogni settimana per mascherarsi in un antro malefico chissà dove ed essere la causa di quel pericolo. Per che cosa? Cosa poteva giustificare un comportamento del genere?

E se l’avessero sconfitto sarebbe diventato praticamente orfano. Abbandonato in quella casa troppo grande completamente solo. Significava davvero così poco per suo padre, come poteva fargli questo?! 

Ma mentre la sua mente iniziava ad elaborare tutte le possibilità, iniziava anche a rendersi conto che difficilmente avrebbero vinto, ora che Papillon… suo padre, aveva preso il suo Miraculous e sicuramente recuperato quello che Ladyplume aveva fatto cadere per salvarlo.

Sentì le braccia di Ladyplume circondarlo e, come se stesse assistendo alla scena dall’esterno, sentì sé stesso sussurrare, tra i singhiozzi.

-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace- come un mantra, consapevole senza esserlo del tutto, di aver appena consegnato la vittoria nelle mani del nemico. Non la vittoria di una semplice battaglia, ma dell’intera guerra.

Ladyplume cercava di rassicurarlo, stringendolo forte. Il gatto che lo aveva salvato sparì con un miagolio, lasciandoli soli.

Un lampo di luce bianca allertò i due supereroi, che sollevarono la testa verso la cima del monumento.

Ladyplume inspirò bruscamente, preoccupata, e si alzò in piedi di scatto.

Adrien fece lo stesso, come svegliandosi da una trance.

-Dobbiamo fermarlo!- esclamò, con voce rotta. Tremava come una foglia, e il senso di colpa per essere crollato con tale facilità iniziava a farsi largo nel suo stomaco, ma voleva rimediare. Doveva rimediare.

Qualsiasi cosa volesse fare suo padre non doveva usare i Miraculous, a ogni costo.

Ladyplume sembrò capire, lo prese in braccio e con qualche balzo li trasportò sulla Torre Eiffel, ma era ormai troppo tardi.

L’aria era elettrica, fumo bianco avvolgeva l’intera zona, e a terra, al centro di tutto, c’erano i due Miraculous principali, con i colori spenti.

Ladyplume si precipitò verso di loro, e li prese in mano.

Adrien si guardò intorno, cercando suo padre, ma non si vedeva da nessuna parte.

Li aveva usati? Cosa aveva fatto? Era impossibile che non li avesse usati. Ma allora dov’era? E perché li aveva lasciati lì?

-Dobbiamo portarli da Master Fu. Non abbiamo tempo da perdere, non sappiamo quale possa essere la conseguenza. Non riesco a crederci, Papillon ha vinto- Marinette strinse a sé i Miraculous, con le lacrime agli occhi, e un senso di colpa astronomico.

Adrien la guardò, e per la prima volta da quando era comparsa su quella torre riuscì a soffermarsi su di lei. Era stranamente pallida e i suoi occhi erano spenti, ma riuscì a vedere sia Ladybug che Marinette.

Come aveva fatto a non accorgersene prima?

Come aveva fatto a non capire che suo padre era Papillon?

Come aveva potuto cedere con tale facilità il suo Miraculous e farlo vincere?

Si sedette a terra, le sue ginocchia erano troppo molli per sorreggerlo ancora per molto.

Continuò a guardare la sua cotta perdere la testa e andare da una parte all’altra.

Si fermò solo un attimo per tossire copiosamente, e questo allertò Adrien.

-Ladyplume- la chiamò, in un sussurro, che però lei udì nonostante gli scleri.

La supereroina si girò verso di lui, e solo la sua vista sembrò calmarla leggermente. Non era sola, anche se probabilmente da sola sarebbe riuscita a sconfiggere Papillon senza problemi.

Era sempre lui a rovinare tutto.

-Adrien, dobbiamo andare. Non credo che il raggio di luce sia passato inosservato, e dobbiamo parlare a Master Fu dei Miraculous- lo incoraggiò avviandosi, ancora travestita, ma sempre più pallida, verso il bordo della torre.

-Aspetta- Adrien la fermò prendendole il lembo del mantello, e lei si girò verso di lui, e lo guardò per davvero.

-Possiamo restare qui un minuto?- chiese Adrien, cercando di non risultare troppo disperato, ma con voce rotta e troppo provato dalle rivelazioni per cercare di mantenere una parvenza di dignità con la sua cotta.

Ladyplume gli sorrise tristemente, e gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui, e rimuovendo il travestimento.

Duusu cadde a terra allo stremo delle forze, e Marinette se la mise in grembo.

Poi sollevò lo sguardo su Adrien, e i loro occhi si incrociarono.

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi Marinette ruppe il silenzio, avvicinandosi e mettendo una mano sulla sua.

-Vuoi parlarne?- chiese, sottovoce, cercando col tono di risultare il meno invadente possibile.

Adrien non avrebbe saputo neanche cosa dire. La sua mente era troppo confusa. Scosse la testa, e spostò lo sguardo per puntarlo verso il cielo.

-Le stelle sono bellissime, oggi, vero?- osservò, quasi tra sé. 

Marinette provò un senso di deja-vu, e per un momento le sembrò quasi di vedere Chat Noir ancora con la maschera.

Poi il suo volto tornò quello di Adrien.

Spostò a sua volta lo sguardo verso il cielo.

-Già. Anche se la notte è un po’ fredda- commentò, citando quello che il supereroe le aveva risposto quando lei aveva fatto quello stesso commento, il giorno in cui tutto era iniziato.

Lui sembrò capire la citazione, e sorrise tristemente, con le lacrime agli occhi.

Si avvicinarono l’uno all’altra, e le loro dita si intrecciarono.

Avevano perso una delle più importanti battaglie, ma almeno erano ancora insieme, e avrebbero sistemato ogni cosa uniti come sempre.

Rimasero così per qualche minuto, stretti l’uno all’altra e senza bisogno di parole.

Soli ma insieme, sotto le brillanti stelle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Spero che nessuno se la sia presa troppo per il pesce d’aprile. In effetti non è molto bello mancare quattro mesi e tornare con uno scherzo, ma almeno mi ha permesso di darmi una scadenza e questa capitolo è riuscito ad uscire anche grazie allo scherzo, ed è uscito anche prima dell’8 Aprile. Pesce d’Aprile 2.0 ma questa volta bello! 

In realtà volevo pubblicarlo il weekend, quando si ha più tempo per leggerlo, ma non credevo di fare in tempo perciò mi sono data l’8 Aprile come scadenza, anche perché oggi e domani avrei avuto molte cose da fare andando al Romics con mia sorella, ma alla fine ce l’ho fatta pure in anticipo, anche se poteva sicuramente uscire meglio... spero sia meglio del capitolo troll, in ogni caso, anche se onestamente mi sono divertita parecchio a scriverlo.

Ma purtroppo non so scrivere i combattimenti, e questa mia mancanza si somma alle solite scuse del perché non ho aggiornato per 4 mesi: impegnata da morire, lezioni, esami, impegni familiari, mancanza di ispirazione e altro. Non sto neanche troppo apprezzando la terza stagione e i passi indietro che stanno facendo i personaggi. Grazie al cielo hanno realizzato Oblivio, episodio stupendo.

Ma critiche a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante il finale aperto e confuso.

La storia finisce così, sotto le stelle da dove è iniziata, ma come ho anticipato sarà una trilogia (ispirazione permettendo).

Ho già progettato tutta la seconda parte, di nome “Corrupted”, e anche buona parte dello spin-off “L’Ombra Oscura e la Dama Scarlatta” e in linee generali la terza parte, della quale non posso rivelare il titolo perché non è ancora certo e sarebbe molto spoiler.

Ma l’ultima decisione spetta a voi. 

Prima di pubblicare ho intenzione di scrivere almeno metà dei capitoli così da non farvi attendere troppo, quindi ci sarà uno hiatus. Poi pubblicherò un brevissimo epilogo di questa storia con il link alla storia successiva.

In breve il seguito avrebbe Marinette e Adrien ormai a conoscenza delle rispettive identità, che cercano di mettere equilibrio tra la sconfitta, la vita civile e quella di supereroi ormai senza cattivo da sconfiggere, e ci sarebbe un nuovo cattivo temibile: loro stessi, e poi beh… Nathalie è ancora in giro con il Miraculous della volpe (e la mamma di Adrien perché ho questo headcanon)

Grazie per aver seguito la storia, e per non avermi inviato minacce di morte, un bacione enorme, e alla prossima :-*

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Under the bright stars

Epilogo

 

Nathalie era dovuta tornare a casa Agreste per dare da mangiare a Trixx, anche se il kwami era davvero restio a seguire gli ordini, e benché non potesse disobbedire, sembrava volerle mettere i bastoni tra le ruote, e stava mangiando in modo incredibilmente lento.

Anche la donna era un po’ altrove. Da un lato era felice per il suo capo che finalmente riusciva a realizzare il suo desiderio. Dall’altro, le conseguenze, benché da tempo le avesse accettate, la spaventavano.

Ma per vedere Gabriel e Adrien felici avrebbe fatto qualsiasi cosa. Avrebbe ferito, ucciso, si sarebbe sacrificata per loro e la loro felicità.

Erano la sua famiglia, dopotutto, tutto ciò che aveva.

-Sbrigati, Trixx!- incoraggiò il kwami, con voce un po’ tremante. 

Non poteva perdere tempo, Papillon era già abbastanza in difficoltà.

-Ci vuole il suo tempo, padrona- ribatté lui, mangiando lentamente con sguardo irritato.

Nathalie lo lasciò a se stesso e si avvicinò alla finestra per controllare come stesse andando il combattimento. 

Da quella distanza non si vedeva assolutamente nulla, ma finché non c’erano strani lampi di luce andava tutto bene.

E proprio mentre formulava quel pensiero, un primo, poco visibile, lampo di luce blu la fece preoccupare.

Forse erano i poteri del pavone, non era ancora finita per Papillon. Si aggrappò alla finestra, cercando di vedere, ma era del tutto impossibile distinguere qualcosa tra la distanza e le ombre della notte.

Sapeva solo di dover andare immediatamente.

-Trixx, trasformami- ordinò al kwami, con urgenza.

-Ehi, ma non ho finiiiii…- nolente, Trixx fu obbligato ad entrare nella collana, e trasformare la donna in Red Renard.

Nathalie uscì in fretta dalla finestra e salì sul tetto per avere una migliore visuale e fare parkour tra i tetti di Parigi. 

Ma prima che potesse avvicinarsi abbastanza, un gigantesco e potente lampo di luce bianca e nera la accecò e le fece perdere l’equilibrio, così che Nathalie si ritrovò a terra, dolorante e completamente ghiacciata sul posto.

Era convinta, al 100%, che sarebbe morta nel giro di pochi secondi, ed era pronta per questo, anche se in fondo completamente terrorizzata.

Poi quei secondi passarono, il lampo di luce si spense, e lei alzò la testa, ancora trasformata e ancora viva.

Si mise seduta a terra, sorpresa, controllando il suo intero corpo per essere sicura che non ci fosse niente di diverso in lei, e appurato che fosse così, si alzò in piedi, un po’ tremante, e cercò di raggiungere nuovamente la Torre Eiffel.

Ma a pochi metri, un terribile dubbio la avvolse.

Perché l’immagine che le si parò davanti fu la peggiore che avrebbe mai potuto immaginare.

L’aria era ancora carica di potere, i due Miraculous erano a terra, con i colori spenti, e di Ladyplume e Chat Noir nessuna traccia.

Prima che potesse prendere i due Miraculous e cercare Gabriel, anche se la sua mente stava iniziando a rendersi conto che la sua peggiore paura era diventata probabilmente realtà, Ladyplume fece la sua comparsa, tenendo in braccio, con l’aria più sconvolta, persa e spezzata che Nathalie avesse mai visto, Adrien.

Nathalie fece due più due, poi quattro più quattro, e il risultato che ottenne la spaventò sempre di più.

Sentì Ladyplume commentare tra sé, vide Adrien guardarsi intorno, e si nascose in tutta fretta in modo che non la vedessero.

Non avrebbe potuto trovare risposte lì, l’unico modo per negare quello che stava diventando una consapevolezza inevitabile era controllare la cripta.

Fece dietro front senza notare una terza figura che scappava nell’ombra, e raggiunse in tutta fretta nuovamente la casa.

La prima cosa che fece fu entrare in camera di Adrien senza pensare a fare silenzio o trasformarsi nuovamente in Nathalie. Tolse le coperte e vide i cuscini e la parrucca per quello che erano. 

Era davvero Adrien quello che aveva visto sulla Torre Eiffel.

Adrien era Chat Noir.

Se solo l’avesse capito, avrebbe potuto convincerlo a cedere il Miraculous molto prima, e con il suo aiuto avrebbero sicuramente preso quello di Ladybug. 

Ma era tardi per i rimpianti, Nathalie aveva una cosa ancora più importante da controllare.

Scese velocemente nella cripta, il cuore che batteva più forte ad ogni passo, sperando di trovare risposta ai suoi dubbi ma spaventata dal tipo di risposta che avrebbe potuto ricevere.

Ma quando raggiunse la sala, tutte le sue paure divennero realtà.

Una donna vestita di bianco e dai capelli biondi tenuti insieme in una coda laterale era di spalle con le mani sulla teca dove sarebbe dovuta essere.

Quando sentì Nathalie si girò verso di lei, gli occhi persi e le guance rigate di lacrime.

-Nathalie? Sei tu?- chiese, non riconoscendola vista la maschera.

Nathalie si affrettò a toglierla. Trixx le fluttuò accanto, lanciando occhiate confuse alla sua nuova padrona e la donna davanti a lei.

-Signora Agreste, come si sente?- chiese Nathalie professionale, ma tradendo un grande tremore mentre si avvicinava alla teca per controllare chi ci fosse dentro.

Chi avesse preso il posto di Emilie.

-Nathalie… cosa è successo?- chiese lei, cercando di asciugarsi le lacrime.

Ogni paura di Nathalie divenne realtà quando finalmente vide la persona dentro la teca.

Gabriel Agreste giaceva inerte e immobile, con la traccia di un sorriso appena accennato e una lacrima all’angolo dell’occhio destro.

Nathalie si sentì mancare il fiato, e si appoggiò alla teca per evitare di cadere a terra.

Emilie le mise una mano sulla spalla, per attirare la sua attenzione, e la voltò verso di sé.

-Nathalie, cosa è successo?- ripetè, alzando la voce -Cosa ha fatto mio marito?! Dov’è il mio Miraculous? Dov’è Adrien?- 

Nathalie non avrebbe saputo da dove cominciare. Neanche lei sapeva tutto quanto, e tante cose erano accadute dall’incidente della donna.

Una cosa però era certa.

Gabriel si era sacrificato per far tornare in vita sua moglie. Si era sentito messo all’angolo, e aveva espresso il suo desiderio senza riflettere del tutto sulle conseguenze e senza un vero piano.

Non era quello che aveva detto a Nathalie. Non era quello che aveva progettato.

-Nathalie, ti prego, dimmelo! Ho bisogno di sapere!- Emilie iniziò a scuoterla, e le sue lacrime iniziarono a bagnare la teca.

L’assistente si fece forza, anche se il suo cuore era spezzato, e cercò di mantenere la facciata impassibile che da anni ostentava.

-È una lunga storia, signora Agreste. Vuole che le porti qualcosa mentre la racconto?- propose, indicando le scale.

Emilie scosse la testa, e si sedette il più vicino possibile al marito, senza lasciare la sua teca, pronta ad ascoltare.

-Molto bene- Nathalie si sedette accanto a lei, e cominciò a raccontare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.) 

Eccomi qui!! Dopo mesi, con la conclusione della storia. Beh, non proprio. Di questa prima parte della storia. La prima di una trilogia con spin-off.

Epilogo molto breve, per spiegare le conseguenze di quanto accaduto dopo il lampo di luce.

I piani di Gabriel non erano esattamente quelli, ma doveva fare in fretta, e il risultato non cambia, alla fine.

Gabriel ha preso il posto della moglie, e Nathalie non è affatto contenta.

Cosa succederà adesso ai nostri eroi? 

Adrien sarà felice del ritorno della madre?

Emilie è l’angelo che ci viene presentato dai ricordi di Gabriel e Adrien?

Nathalie cercherà di vendicarsi in qualche modo?

Chi era la terza figura alla Torre Eiffel?

E cosa succederà ai nostri eroi e ai loro Miraculous?

Tutto questo nella seconda parte: Corrupted.

Che uscirà sabato prossimo.

E spero, con tutto il cuore che avrà cadenza settimanale. Ho già scritto il primo capitolo e metà del secondo e del terzo. Più un capitolo e mezzo dello spin-off.

Avrei voluto fare di più ma non ci sono riuscita. Ci saranno più spiegazioni nell’angolo autore della prossima storia.

Scusate per l’attesa. Spero che l’epilogo offra risposte e faccia salire l’hype per la prossima storia. Un bacione e alla prossima settimana :-*

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