Cold, cold man { parte uno }

di KomadoriZ71
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anamnesi ***
Capitolo 2: *** Assenzio ***
Capitolo 3: *** Alea iacta est ***



Capitolo 1
*** Anamnesi ***


cold man 1

Prima di iniziare. . . 


Salve lettore o lettrice, prima di iniziare a leggere questa storia, ho alcune premesse da fare.
Innanzitutto grazie per averla aperta, ora è mia premura specificare qualcosa riguardo i contenuti, dato che non tutti hanno lo zelo di leggersi i vari tag relativi.
Come ho già inserito sopra, il genere è "introspettivo, malinconico, triste", il che significa che i capitoli qui a seguire saranno molto, beh, "pesanti", lenti, dal momento che descriveranno essenzialmente i soliloqui in prima persona del personaggio di Cyrus, il boss del Team Galassia, in preda a profonde riflessioni circa il suo caotico  passato, la sua successiva evoluzione interiore e il mutamento della concezione che ha di Lucinda, la ragazzina che ha fermato i suoi piani sulla Vetta Lancia concedendogli una seconda chance.
 Potranno risultare noiosi, soprattutto i primi capitoli, dunque se siete alla ricerca di una storia avventurosa e piena d'azione… questa è la storia sbagliata, potete andarvi a leggere la (sempre nostra) "Renzoku-tekina", se proprio volete, è davvero carina d'altronde, neh! * poca modestia *
Ultima cosa, ma non meno importante: tra Cyrus e Lucinda NON VI È ASSOLUTAMENTE una relazione di tipo romantico het (ma d'altronde l'ho scritto sopra, "tipo di coppia: nessuna"), ma voglio evitarmi ulteriori fraintendimenti.

Credo di aver detto tutto, dunque buona lettura, se deciderai di proseguire!


Xavier







Anamnesi


v





Noia.
C'è qualcosa peggiore della noia? No, il tedio è la frustrazione più disabilitante caratteristica della specie umana. Facciamo di tutto per non annoiarci, ci troviamo degli interessi, ci divertiamo, stringiamo amicizie, intraprendiamo una carriera o un lavoro, mettiamo su famiglia, lottiamo coi nostri Pokémon, creiamo le guerre… e potrei andare avanti all'infinito a furia di fornire esempi. Ma tutti questi esempi non sono fini a se stessi, sono praticamente i principi su cui si basa la nostra intera esistenza, la nostra vita e la nostra dignità.

Ora, provate ad immaginare l'assenza di tutte queste cose, positive o negative che siano, e di ritrovarvi, un giorno, senza pensieri, privi di qualsiasi occupazione mentale, privati di ogni cosa materiale che possa procurarvi diletto. Terribile.
Vi ritrovereste a combattere coi vostri demoni interiori, con le vostre paure, con la vostra stessa coscienza, e finireste con l'impazzire, annegando nel mare di solitudine e disperazione che ribolle quieto e minaccioso negli abissi dei vostri cuori, pronto a riemergere e dilaniare ogni brandello della vostra anima coi suoi artigli tenebrosi e le sue fauci forgiate nell'angoscia, non appena vi sarete ritrovati soli, abbandonati a voi stessi.

Mi sento incredibilmente stupido a pensare che io, in questo baratro opprimente e fatale, mi ci stavo buttando con le mie stesse mani. Volevo ricreare un nuovo mondo e orbarlo da ogni sorta di sentimento ed emozione, illuso com'ero, di poter in tal modo porre fine ad ogni conflitto e di poter vivere sereno, lontano da tutte quelle orribili persone che mi hanno ferito senza scrupolo e che perseverano nella loro funesta opera, noncuranti delle sofferenze che inoculano nelle loro vittime prescelte. Ma quella serenità che mi prefiggevo sarebbe durata appena per quei pochi istanti di furore che mi avrebbero pervaso alla vista del nuovo universo, e poi più nulla: silenzio, buio, smarrimento, oblio, terrore, disperazione, morte.
Questo inquietante climax di sgomento sarebbe stato l'imminente realtà, e a quel punto sarebbe davvero stata la fine.


Da sciocco ambizioso qual ero, commisi un piccolo, semplice, ma letale errore: credere che la paura fosse al pari di un'emozione, come la gioia o la tristezza. Mi sbagliavo, la paura è qualcosa di molto, molto più cupo e profondo, qualcosa che va ben oltre i banali sentimenti fugaci e illusori nei quali ci lasciamo passivamente cullare ogni giorno e che possiamo in una certa misura calibrare col giusto ausilio della pura ragione. La paura, quindi, sarebbe stata un innesto fisico e concreto conficcato come una spada adamantina nel mio impenetrabile animo di pietra, duro, freddo, ma al tempo stesso irrimediabilmente fragile.. E una volta apertasi una breccia, tutta la struttura sarebbe crollata su se stessa, sgretolandosi in miriadi di frammenti, seppellendomi, una volta per tutte.
Non lo ammetterò mai a me stesso, mai a nessuno, che a salvarmi sia stata una ragazzina di appena dieci anni. A salvare me, a salvare tutte le persone, i Pokémon…


Avevo impunemente dato la colpa a Martes e Giovia per gli insuccessi all'Impianto Turbine e ad Evopoli, ero arrabbiato con loro per aver sottovalutato un oppositore qualsiasi, veterano o immaturo che fosse. "Ma capo, aveva solo dieci anni! Noi non sapevamo, noi non volevamo, noi non potevamo, noi non pensavamo..." e mille altre scuse che mi parevano tanto assurde quanto irritanti. Che giustificazione era quella? Ridicolo, assolutamente ridicolo.
Quella creatura così gracile ed innocente la incontrai per la prima volta al Monte Corona, quando ancora la mia utopia era agli albori e il suo Empoleon nientemeno che un pulcino che sbucava dal cesto della sua bici. E lei mi guardava coi suoi occhi grandi e vivaci, profondi e cristallini come il fondo del Lago Valore,colmi di curiosità, mentre le esplicavo i miei ideali di perfezione. Ero quasi infastidito, in soggezione, sentendomeli addosso; perché mi stava ascoltando con un certo interesse e… ammirazione, forse? cccNon capiva neppure una parola di quello che stavo dicendo, probabilmente, ma il suo sguardo lasciava intendere che ci saremmo rivisti ancora e che i nostri futuri incontri non sarebbero stati fugaci ed effimeri come gocce di rugiada distese sul manto erboso al primo mattino. Lucinda, sì, la piccola e meravigliosa promessa del palcoscenico delle competizioni Pokémon, giovanissima e con un sogno da realizzare, deviò la sua rotta per seguire ogni mio misfatto, sventare ogni mio complotto, difendere ogni mia vittima, raggiungermi. E ce la faceva, sempre, spazzava via come niente intere squadriglie di reclute perfettamente organizzate, comandanti compresi, arrivava al mio cospetto e mi puntava con un indecifrabile atteggiamento d'ingenuo orgoglio, capriccioso e ricalcitrante, quasi mi avesse fatto un semplice dispetto a mandare a rotoli i miei piani. Non riuscivo neppure ad arrabbiarmi con lei, la sconfitta mi bruciava dentro, ma quel grazioso visino e la sua tenera età riuscivano a farmi chiudere un occhio, e mi ripromettevo ogni volta che quella sarebbe stata l'ultima grazia concessa. Non mi sfiorò mai neppure per un istante l'idea di farla entrare nel mio team, data la sua bravura innata nei combattimenti, poiché era fin troppo bambina e mi rendevo inconsciamente conto che il suo destino era ben diverso da quello di sottufficiale alle mie dipendenze, la sua indole brada e ribelle non avrebbe mai accettato quegli ordini infami che sarebbero inevitabilmente andati in contrasto coi suoi ideali liliali e puri da fanciulla qual era. Doveva restare libera, non avevo in alcun modo il diritto d'intorbidire un'anima così candida e limpida coi miei vagheggiamenti chimerici insozzati e anneriti dalla lurida pece del mio passato e delle mie esperienze, che ancora stingeva e macchiava il mio presente.
Quell'innocuo fiocco di neve sospinto dalla brezza dell'avventura, come usavo definirla per acquietare le preoccupazioni di tutti i membri, nonché di me stesso, s'era trascinato ben oltre le mie aspettative, giungendo addirittura alle porte di Rupepoli, dove avevo installato il mio quartier generale e fatto costruire un enorme grattacielo nel quale decisi di stanziarmi stabilmente coi miei Pokémon per trovare un po' di pace, dopo tutti quegli eventi e il fallimento. Nei laboratori sotterranei si stava procedendo all'estrazione dei cristalli da Azelf, Mesprit e Uxie che avevo precedentemente fatto prigionieri, quando eccola lì, la paladina della giustizia guidata dall'amore, che arrivò da me col pretesto di liberarli. Non ne capivo il motivo, ma quella volta c'era qualcosa di diverso nel suo modo di porsi, era furibonda e mi si rivolse con un aspro tono di rimprovero, alzandomi contro la voce, ma senza mancarmi di rispetto. Provava compassione verso quei tre Pokémon ancora legati ai rispettivi macchinari. Già, compassione, una di quelle cose che non capirò mai, il più ipocrita e inutile dei sentimenti… Ma compassione per cosa, esattamente? Per la loro sofferenza? Ah, se dovessimo provare tutti compassione per ogni essere, umano o Pokémon, che soffre in silenzio all'ombra del proprio carnefice, sarebbe davvero la fine. Accettatelo, una buona volta per tutte, che il dolore fa parte delle vostre stesse insulse vite, e che la colpa è solo vostra, deboli inetti, che vi fate dominare dalle vostre scialbe e insignificanti emozioni, consegnandovi sul piatto d'argento nelle mani dei vostri boia. A nessuno importa di voi, nessun falso sorriso verrà a tendervi la mano quando ne avrete bisogno, e quei pochi ai quali importerà di voi lo faranno solo per proprio tornaconto. L'altruismo, il filantropismo e la fratellanza sono soltanto valori astratti, non esistono e non trovano riscontro nel mondo reale, laddove vige la legge del più forte, ed esser forti significa imporre un ferreo dominio sui propri sentimenti, forza è sinonimo di atarassia, così come debolezza lo è di sensibilità.
Avevo voglia di testarla, la sua forza, con una lotta Pokémon nei corridoi limitrofi al laboratorio; avevo atteso per tanto tempo un'occasione simile e sarebbe stato un peccato sprecarla. Quella minuta nana bianca che brillava di luce propria in un punto sperduto dell'universo ben presto esplose in un'inaspettata supernova, d'un fulgore talmente incandescente e abbagliante da accecare quella che reputavo l'irrefragabile e suprema luminosità del mio "sole". Piplup si era evoluto e non pareva più insicuro e indifeso come la prima volta, mise in difficoltà Sneasel con un acquagetto e lo finì con un ferrartigli ben piazzato. Il suo Pachirisu, dulcis in fundo, non ebbe grossi problemi a fulminare Golbat e Murkrow, e così mi ritrovai senza più Pokémon utili.
Ad ogni modo, il lavoro con i tre guardiani era terminato, non mi servivano più, ergo le indicai il tasto che avrebbe dovuto premere per disattivare i sistemi di sicurezza dei dispositivi che li mantenevano segregati. "Sicura di volerlo fare? Sei un'allenatrice e per quello che posso vedere hai anche un Pokédex. Potresti cogliere l'occasione al volo e catturarli senza problemi. Liberissima di scegliere". Quello che avevo detto la fece imbronciare ancor di più, sebbene fossi stato gentile a proporle una tale offerta senza nulla in cambio, ma mi aspettavo che almeno dopo ciò mi lasciasse in pace.

"Sei cattivo Cyrus, non puoi comportarti così con loro tre! E se fossero stati i tuoi Pokémon? Li avresti trattati allo stesso modo?"
"Forse non comprendi, e non te ne faccio una colpa visto la tua tenera età, che i Pokémon sono soltanto delle macchine da cui ricavare energia e potenza esclusivamente per i nostri bisogni. Non mi sono risparmiato neppure coi miei, eppure ho perso. Perché? Qual è il tuo segreto quindi? Da dove lo trai tutto quel potenziale?" Strinse i pugnetti e gonfiò le guance alle mie parole, la sua voce tremolava in un misto di dispiacere e rabbia e mi pigolò contro.
"Come fai a dire queste cattiverie? Loro ti amano e hanno lottato solo per te! Io amo i miei ed è per questo che superano loro stessi sul campo di battaglia". Tutte le cose che uscivano dalla sua bocca mi parevano bislacche bazzecole talmente fasulle che credetti mi stesse prendendo in giro per celare il vero segreto di tanto furore. E continuava, e continuava… " da quant'è che non spazzoli il pelo del tuo Sneasel? E le penne di Murkrow? Sono tutte arruffate! Dovresti coccolare di più Golbat, solo così riuscirai a farlo evolvere. Promettimi che te ne prenderai più cura, da oggi in poi…"

Quella sera, proprio nel bel mezzo di questa anamnesi degli eventi passati, udii qualcuno che bussava insistentemente alla porta del mio ufficio privato posto sull'ultimo piano del grattacielo di Rupepoli, ex quartier generale del Team Galassia. Ormai vivevo lì appunto e quel posto era diventato un centro di ricerca scientifica all'avanguardia, avevo fatto assumere nuovo personale qualificato, avevo fatto anche ristrutturare i laboratori e acquistato altre apparecchiature per l'osservazione e lo studio dello spazio e delle meteore. Comunque, mi irritai e non poco per quel modo impertinente di battere alla mia porta, chi mai poteva essere? Non di certo i miei comandanti inferiori, mi conoscono bene e sanno che ci sono modi più ortodossi per venirmi ad informare sulle novità che scoprono giorno dopo giorno. Mi alzai dalla scrivania e Weavile, svegliatosi per il rumore, mi seguì innervosito fino all'uscio d'ingresso, laddove mi fermai per chiedere chi fosse mai a disturbare a quell'orario.
"Avanti Cyrus, apri! Devo dirti una cosa bellissima! Non farmi aspettare qui fuori!"

Riconobbi subito quella vivace voce di ragazzina e la mia mano rimase lì congelata sulla maniglia, mentre Weavile cercava il mio sguardo, anche lui insicuro sul da farsi. Era passato molto tempo dall'ultima volta…


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Capitolo 2
*** Assenzio ***


cold man 2
Assenzio







Era passato molto tempo dall'ultima volta…



cvs


Erano passati almeno due anni, ne ero certo, dal momento che l'ultimo incontro era avvenuto proprio sulla Vetta Lancia, al cospetto di Palkia e Dialga, le due divinità del tempo e dello spazio soggiogate dalla mia Rossocatena: un ricordo amarissimo, corrosivo, più dell'assenzio lasciato scendere puro in gola. Quello, tuttavia, non era affatto il momento adatto per perdersi in queste reminiscenze, stavo ancora tergiversando con la mano sul pomello e solo un soffio di Weavile mi riportò alla realtà, consentendomi di aprire con un gesto titubante quella dannata porta, messa a dura prova dall'insistente bussare della giovane.
Neanche il tempo di dire "avanti" che la ragazzina mi si slanciò addosso, abbracciandomi in un modo tanto caloroso quanto imbarazzante, tutto sotto gli occhi del Pokémon che si era limitato ad annusarla. Anche lui era cambiato, non era più un attaccabrighe sempre pronto ad aggredire chiunque si avvicinasse, si era acquietato notevolmente e pareva felice di rivederla. Se la scenetta fosse successa un paio di anni prima Weavile le si sarebbe scagliato contro attaccandola con gli affilatissimi artigli, lunghi e robusti, uccidendola all'istante. Per qualche motivo immaginarmi una cosa del genere mi fece provare un profondo senso di orrore e sconforto che quasi mi spinse a ricambiare quell'abbraccio: non ne ricevevo di così stretti da decenni.
"Cosa ti porta qui, ragazzina?" proruppi con voce ferma e possente per mascherare meglio il mio dissidio emozionale, dal momento che non pareva avesse intenzione di staccarsi da me e la situazione si stava facendo scomoda. "Sei forse sorda? Ti ho posto una domanda, rispondi!"
Reclamai ancora e finalmente alzò quel visetto che fino a poco prima affondava nel mio torace, mi guardò sbattendo le palpebre e disse semplicemente: "dovevo dirti una bella cosa, ma se mi tratti così male ti terrò sulle spine fino a domattina".
Solo allora notai che aveva con sé una valigia bella capiente e iniziai a farmi mille paranoie. Che si fosse decisa a venir a vivere qui a Rupepoli o, addirittura, nel mio appartamento? I suoi modi, tutta quella confidenza, mi irritarono un poco, ma si trattava pur sempre di Lucinda, colei che mi aveva salvato, dunque chiusi un occhio ma, se qualcun altro si fosse permesso tanta indiscrezione, l'avrei fatto annientare all'istante da Weavile. Con lei era tutto così diverso
"Non ti sto trattando male, ragazzina, sei tu che dovresti rivedere il tuo concetto di educazione e rispetto. Cosa pretendi? Ci conosciamo appena, abbiamo bruscamente interrotto le nostre strade due anni or sono, prima di far visita a qualcuno bisognerebbe avvisarlo".
Scrollò le spalle come se ciò che avevo detto non avesse alcun peso, sciolse l'abbraccio e si mise a scrutare l'interno di casa mia quasi fosse alla ricerca di qualcosa, con fare investigativo, che diamine temeva che potessi nasconde mai?
Non c'era proprio nulla di compromettente, il mio era un normale appartamento di sei camere adatto ad un uomo solo, arredo semplice e moderno, ciò che volevo era un ambiente pratico e funzionale, anche modesto se necessario. La pulizia non era un problema, mi occupavo personalmente di spolverare il mio studio, ogni giorno, e per le altre camere mi dava sempre una mano Weavile o, quando non potevamo, affidavo il compito a Martes o Saturno, per loro non era un dispiacere staccare gli occhi dai microscopi e brandire scopa e paletta, una tantum.
"Posso sapere cosa stai cercando?"
"Hmm, però! Per essere uno di quegli intellettuali asociali tutti perfettini te la sai cavare con i lavori domestici! Mi hai sorpreso, cucini anche da solo?"
A quel punto capii che non se ne sarebbe andata subito, che quella non era una semplice visita di cortesia, dunque portai il bagaglio all'interno e chiusi la porta alle mie spalle, non volevo che attirasse le attenzioni di qualcuno.
"Qui quello sorpreso sono io, ragazzina. Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, da quando sei entrata qui non mi hai degnato di una singola risposta. Se proprio vuoi intrattenere una discussione con me, evita questi subdoli mezzucci e dimmelo, ti preparerei una tazza di tè e ti ospiterei nel mio studio, in modo ufficiale"- dissi con tono pacato mentre prendevo in braccio il Pokémon buio che, incuriosito dalla valigia, si era messo ad aprirla per vederne il contenuto, me lo posai in spalla onde evitare che la graffiasse ulteriormente e continuai- "così, a salotto concluso, ti riaccompagnerei di sotto e te ne potrai andare felice e soddisfatta di avermi fatto perdere una serata di lavoro".
Al che Lucinda sbuffò e si girò verso di me, puntandomi con l'indice: "certo che non cambi mai! Devi sempre pensar male, anche quando non faccio nulla. Ti metti troppo sulla difensiva, Cyrus. Volevo solo assicurarmi che vivessi in un ambiente adeguato e verificare la salute dei tuoi Pokémon. Dove hai messo gli altri?"
Quelle parole mi spiazzarono e non poco, non capivo il senso di tali attenzioni così apparentemente disinteressate, così cominciai a pensare che volesse qualcosa in cambio, ma cosa? Cosa avrei mai potuto darle, proprio io? Una mano per il Pokedex probabilmente, fu la prima cosa che mi saltò in mente.
"Mi metto sulla difensiva perché con te non potrei fare altrimenti, ogni nostro incontro passato ha determinato un fallimento nei miei piani e anche adesso che non pianifico nulla di losco rimango in all'erta. Se vuoi vedere gli altri Pokémon, Honchkrow e Crobat sono nell'altra stanza a riposarsi, Gyarados non posso tenerlo qui, se ne occupa Giovia".

Terminai di parlare e tornai alla mia scrivania, presi le prime carte che mi capitarono davanti e feci finta di leggerle con attenzione, credetti che se mi avesse visto indaffarato se ne sarebbe andata prima. Altroché. Lucinda si precipitò dagli altri due Pokémon volanti che riposavano su di un trespolo, li svegliò con la sua inconfondibile vocina e rimase per un poco con loro, pronunciando dolci parole e regalando coccole che entrambi parevano gradire con piacere, ci sapeva fare con quelle creature, non ne avevo dubbi. Dopo aver osservato la scena, anche Weavile pareva voglioso di attenzioni, tanto che si mise a tirarmi con forza il braccio con cui reggevo un bicchiere d'assenzio colmato esattamente a metà e per poco non rovesciai tutto sulla cattedra; non che ci avessi messo chissà quale cura nel prepararlo, tuttavia era di ottima qualità e sarebbe stato un peccato sprecarlo e bagnare tutto, così posai il calice sul tavolo e passai più e più volte la mano sul soffice pelo del Lamartigli, massaggiandogli la schiena, cosa che apprezzò assai.
Notai solo allora che l'alcolico aveva raggiunto un perfetto effetto louche, indice della freschezza degli ingredienti utilizzati: estratti di Vitalerba e Baccaracolo essenzialmente e succhi fermentati di Baccajaba e Baccacrela, davvero ottimo.
Weavile si appisolò ben presto sulla mia gamba e io ne approfittai per liberarmi le mani e brandire di nuovo quel bicchiere il cui colore verde opaco m'incantava, lo mettevo controluce e lo osservavo da ogni angolazione finché di nuovo la sua voce acuta non ruppe quel momento magico:
"Cyrus! Cos'è quella roba? Sapevo che mi nascondevi qualcosa! Fermo dove sei!"
Per stare al suo gioco lo appoggiai nuovamente sulla scrivania e alzai le mani in segno di resa: "accidenti, non ti sfugge mai nulla eh? Si chiama assenzio, ragazzina,
non è una bevanda per te, arriva al 70% di alcol, sei troppo giovane per berlo".
"E tu sei un ubriacone! Ecco cosa hai fatto in questi anni, ti sei ubriacato! E speravi di farla franca bevendoti un bicchiere mezzo pieno davanti a me? Non sono stupida!"
Abbassai le mani e lei corse a sedersi sull'altra coscia, accanto a Weavile: "non ho detto che sei stupida e questo bicchiere non è mezzo pieno, sei tu che lo vedi così perché hai una percezione negativa di me che ti fa pensare che io sia un ubriacone, è colmato esattamente a metà. Sei tu quella che pensa sempre male, a questo punto.
"In medio stat virtus" le sussurrai ad un orecchio, prendendo il calice e allineandolo perfettamente con le sue pupille in modo da farle percepire l'esatto livello del liquido che era, esattamente, a metà. Rimase meravigliata nel constatare la verità, dunque glielo tolsi davanti e feci per bere ma ecco che per l'ennesima volta fui bloccato: "voglio assaggiarlo, te ne prego, solo un pochino…"
"Preferirei non lo bevessi, sono un cattivo esempio in tutto e per tutto, non vorrei che iniziassi ad assumere certe sostanze a causa mia".
Ci guardammo intensamente negli occhi, come potevo dirle di no? Ma soprattutto, cosa me ne sarebbe importato se si fosse data all'alcolismo? Non capivo, eppure sentivo che me ne importava eccome.
"All'inizio dovevi dirmi una bella cosa. Se mi dici di cosa si tratta, ti concederò un goccio d'assenzio, mi sembra una proposta lecita, allora?"
" Va bene Cyrus, ne berrò pochissimo e poi ti dirò tutto, lo prometto"
"L'hai promesso e io mi sto fidando. Tieni, bagnati giusto le labbra e lambiscile, se non sei abituata non ti piacerà".
Accompagnai le sue mani con le mie nel gesto di portarsi il bicchiere alla bocca, neppure schiuse le labbra, se le bagnò e basta come avevo detto io e mi lasciò il resto.
"Cosa te ne pare?" chiesi con curiosità e lei mi rispose con una faccia disgustata tirando fuori la lingua
"Cyrus! Questa roba fa schifo! Dove l'hai preso? Non dirmi che butti soldi su queste cose!"
Quant'era adorabile? Feci roteare l'assenzio all'interno del calice per mescerlo meglio e provai a fissarla mirandole gli occhi attraverso il drink, senza riuscirci per merito di quell'eccellente effetto louche: "vedi? Adesso che hai lambito via poche ma non vane stille, questo gotto è ufficialmente mezzo vuoto, il che significa che non sono più un ubriacone come credevi. Scacco matto, ragazzina!"- finalmente lo sorseggiai, piano piano, lasciando che quell'intenso e nobile sapore irrorasse la mia gola secca, era freddo al punto giusto- "tuttavia, non l'ho comprato a mie spese, bensì si tratta di un regalo proveniente dalla regione di Kalos, patria dell'assenzio. È originale, di ottima qualità e mi fa piacere che non tu non abbia gradito, non è difficile cadere nella dipendenza".
Una volta finito, lo abbandonai distrattamente sul davanzale della finestra, mi schiarii la voce e le rivolsi la parola, era rimasta imbambolata ad osservarmi: " adesso tocca a te, dovevi dirmi quella cosa. Di che si tratta?"
Improvvisamente scese dalle mie ginocchia e si precipitò alla valigia, aprendola e frugandoci dentro per cinque minuti abbondanti, doveva essere piena di cianfrusaglie. Una volta tornata si mise di fronte a me, nascondendo le mani dietro la schiena: "prova ad indovinare Cyrus, è qualcosa che sicuramente ti piace!"
"Qualcosa che mi piaccia? Non saprei, mi hai portato della cioccolata?"
"No Cyrus, non sono cose da mangiare anche perché non conosco i tuoi gusti".
La situazione mi stava quasi intrigando, stranamente non ero innervosito da quel comportamento: "e cosa ne sai di ciò che mi aggrada? Mi piace la scienza ma è una cosa troppo generica per poter essere contenuta nelle tue mani".
"Ci sei vicino, sii più specifico Cyrus, è qualcosa di veramente molto raro, unico!"
"Hmm… che sia un meteorite? Vuoi che lo analizzi?"
"Uff, lascia stare non ci arriverai mai, ragioni con i paraocchi tu" bofonchiò e mi si avvicinò facendo il giro della scrivania, dunque mi porse le mani da cui pendevano due biglietti per lo spettacolo delle Litleidi al centro di Verdeazzupoli.
"Li ho vinti, è una rara occasione e così ho deciso di andarci e tu verrai con me. Sbrigati a prepararti!"
Rimasi sbalestrato, sbigottito, mentre parlava e mi sventolava i ticket davanti, era una proposta così a bruciapelo, mi sarebbe servito del tempo per rifletterci e decidere.
"Calma, non puoi scegliere anche per me senza consultarmi, innanzitutto dimmi la data, dovrebbe essere in questi giorni, giusto?"
"Dopodomani, esattamente! Allora verrai vero?"
"Me lo dici solo adesso? Hoenn è lontana, dobbiamo prenotare sia la nave sia l'alloggio…"
"Ho già prenotato tutto, devi solo prepararti!"
"Non correre. Perché proprio io? Non potresti andare con quel tuo amico, Lucas? Ti divertiresti di più, io non sono prettamente un simpatico accompagnatore, come vedi"
"No non si può, uno dei due deve per forza essere un adulto e voglio che quell'adulto sia proprio tu!"
"Santo cielo quanta insistenza, perché non lo chiedi a tuo padre? Non mi conosci neppure, come fai a fidarti di me? Ti ricordo che sono stato un criminale, se ti facessi qualcosa? Tua madre sa di questa tua iniziativa?"
A quel punto tutto il suo entusiasmo si spense in un colpo, abbassò la testa e si voltò: "non fa niente… non ho un padre con cui andare, rinuncerò. Eri tu la mia ultima speranza, ma hai ragione, non posso forzarti a fare una cosa che non vuoi, scusami Cyrus, me ne vado…"
Singhiozzi e lacrime interruppero il suo discorso, corse via, l'avevo ferita, non avevo idea che fosse orfana di padre, sapevo pochissimo sul suo conto e mi stavo sentendo un grandissimo balordo, per la prima volta provai una fitta al torace, talmente forte, talmente intensa, tanto grande era il senso di colpa che mi stava attanagliando, che, improvvisamente, mi alzai in piedi lasciando cadere Weavile e la seguii, prendendole una mano poco prima che se ne uscisse:
"Lucinda, scusami. Sì, ti sto chiedendo scusa, ci ho ripensato e domani partiremo insieme. No, non dire altro, preparati anche tu"- pronunciai tutto d'un fiato senza darle il tempo di rispondermi, poi presi un fazzoletto e le asciugai quelle perlacee stille che scrosciavano sul suo volto arrossato- " non piangere dai, non è successo niente, però la prossima volta gradirei che mi avvisassi molto tempo prima, quando prendi certe decisioni, intesi?" annuì con la testa e si soffiò il nasino, mentre il mio Pokémon, destatosi in modo alquanto brusco, le si avvicinò per consolarla e lei sorrise in un modo talmente grazioso da sciogliermi quel peso che s'era insinuato nel mio petto.
Nel frattempo che lei si tranquillizava io andai a prepararmi il bagaglio: ci misi qualche camicia e dei pantaloni, biancheria in generale, qualche libro e nulla di più dal momento che sarei stato lì per circa due giorni, ancora non riuscivo a capacitarmi di aver accettato una proposta del genere. Mi sembrava una cosa assurda che io, Cyrus, capo dell'ormai ex Team Galassia, terrore per la regione di Sinnoh, mi fossi sciolto di fronte ai capricci di una ragazzina come lei. Ascoltare la sua confessione, accorgermi degli occhi che si facevano via via più lucidi, il suo tono spezzato in singulti, tutto ciò aveva fatto una profonda breccia in me, in una parte di me per meglio dire. La mia parte razionale continuava a ripetermi che avevo fatto una sciocchezza ad accettare, un'altra parte di me più occulta, nascosta, celata in abissi apparentemente irraggiungibili della mia mente, invece, si complimentava con me, ne era fiera e pareva felice. Io sentivo solo di aver fatto la cosa giusta, Lucinda a parte, quella delle stelle sarebbe stata comunque un'esperienza irripetibile, gratis per giunta.
Mi voltai a guardare la ragazza, si era messa a giocare con Weavile e gioiva, quel piccolo quadretto era qualcosa di incredibilmente armonico, erano rari i sorrisi sinceri come i suoi, unici forse. Mi sentivo in qualche modo affine a lei, anche per me quello della famiglia è un tasto dolente di cui non volevo mai discutere. Pensai a suo padre, chissà che tipo era, migliore del mio sperai, bramavo saperne di più a riguardo, cominciavo a provare una strana curiosità nei suoi confronti come mai avessi fatto con qualcun altro. Una curiosità pura e ingenua, niente di malsano. Volevo capire cosa fossero per lei le emozioni, mi domandavo come facesse ad essere così gaudiosa e vivace dopo un trauma simile, la morte del padre appunto, che fosse avvenuta quando lei era troppo piccola per ricordare?
Chiusi la valigia e mi diressi verso di lei, posandola accanto alla sua:
"Ho finito. Vedi di filare a dormire, domani ci alzeremo presto e Martes ci accompagnerà al porto di Arenipoli, da lì salperemo. Ti sveglierai da sola?"
"Già fatto? Perfetto, allora possiamo andare a dormire entrambi" sbadigliò stropicciandosi gli occhi, poi si mise a cercare il pigiama tra le sue cose e, presolo, andò verso la mia camera da letto, seguita dal Lamartigli.
"L'uscita è dall'altra parte, Lucinda. Andiamo, ti troverò un letto libero…" non prestò ascolto alle mie parole, si gettò direttamente sul mio matrimoniale insieme a Weavile. Stava morendo di sonno, si vedeva, per cui non la sgridai: "quello sarebbe il mio letto, comunque…"
"C'è posto per due, non sono così ingombrante, yawn… avanti vieni".
Che imbarazzo. Questo non lo potevo accettare, non avrei mai dormito con una ragazzina in quel modo, si stava prendendo un po' troppa confidenza, non che avessi strane idee per la testa, tuttavia abituato a dormire solo come ero, mi sarei trovato male in quella situazione.
"Sì Lucinda, dammi il tempo di finire alcune carte, poi andrò a dormire anche io".
Mentivo, ovviamente. Rimasi in piedi a verificare alcuni dati su dei documenti per una buona mezzora, poi andai a controllare nella mia camera e vidi i due scompostamente distesi al centro del letto, dormienti, che avevano occupato tutto lo spazio e messo in disordine coperte e lenzuoli. Che disastro, fortunatamente il giorno dopo avrei chiesto a Saturno di sistemare camera, povero ragazzo, quasi quasi provavo dispiacere anche per lui.
Andai a lavarmi i denti e poi mi gettai sul divano, quella serata mi aveva sconvolto la vita, cominciavo a provare emozioni dopo tantissimo tempo, sentivo che qualcosa in me stava cambiando e ne ero terrorizzato ma entusiasta, una sensazione assurda da descrivere. Il vecchio me brancolava in lontananza, non volevo dargli ragione, volevo rinascere, piano piano, e sperimentare finalmente qualcosa di nuovo: la felicità.

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Capitolo 3
*** Alea iacta est ***






Alea iacta est





ciroh





Quella notte la passai quasi in bianco. Come avrei fatto a prender sonno con tutti quei pensieri? La mia mente s'era lasciata andare in libere congetture, simili a flussi di coscienza a briglia sciolta, totalmente fuori dal mio controllo. Pensieri di ogni tipo rimbalzavano da una parte all'altra della mia testa, cozzavano e si disperdevano in miriadi di altre astrazioni. Così, all'improvviso pensavo che quella sera avevo saltato la cena e da qui mi chiedevo se anche lei avesse fatto lo stesso, che screzio non aver avuto la premura di offrirle da mangiare, le avrebbe fatto male saltare i pasti, quali erano poi i suoi piatti preferiti? Ma che me ne importava, dopotutto? Non sarebbe certo morta di fame per una cena saltata. Che ora si era fatta? Ah, erano le due e mezzo di notte, tra esattamente sei ore ci saremmo dovuti trovare al molo di Arenipoli. Quanto distava da Rupepoli? Un'ora e mezzo di macchina circa, forse qualcosina in meno, o in più, traffico permettendo.
Arenipoli… quando questo nome vellicò la mia mente ebbi un trasalimento, spalancai gli occhi e mi tirai seduto sul divano. Come avevo fatto a rimuovere tutto? Arenipoli era la mia città natale, per Arceus, molteplici ricordi si aprirono come un caleidoscopico ventaglio le cui fragili scaglie erano intarsiate con un misto di ripugnanza e tenerezza. Memorie orribili affioravano in superficie, poi dolci ricordanze, come reputare quelle reminiscenze è tuttora per me un grande dilemma. Sussultai, nel cuore della notte.
Non l'avevo visitata per almeno una decina d'anni, quella città, stessa cosa valeva per i miei genitori e la mia vecchia casa. Non avevo più notizie di loro, non che adesso ne abbia, dunque l'idea di attraversare nuovamente quelle strade anche solo per arrivare al porto mi metteva i brividi. Mi alzai di scatto e iniziai a camminare nervosamente su e giù per casa, mi pareva quasi di sentire ancora la voce di mio padre rimbombarmi nei timpani, credetti che sarei potuto impazzire da un momento all'altro e che avrei potuto commettere qualche ignominia. Cominciai a provare i primi sintomi di un attacco di panico, sudore freddo, palpitazioni, giramenti di testa, fui costretto a sedermi sulla scrivania e a tenermi il capo con le mani, massaggiandomi le tempie per calmarmi. In quei momenti arrivai a pensare cose orribili, ad esempio che quella di Lucinda fosse tutta una messa in scena e che il suo unico scopo fosse quello di ricongiungermi con la mia famiglia, poteva esser stata mandata da qualcuno che mi spiava di nascosto, forse ero davvero controllato da qualcuno, qualcuno di molto vicino come un sottufficiale o una matricola. Tutto sarebbe potuto essere, in quel momento. Ancora non mi capacitavo di essermi fidato di lei, il me di qualche anno prima non l'avrebbe fatto mai, era sempre in all'erta e non si fidava di nessuno.
Necessitavo di una distrazione imminente che mi togliesse da quel caos mentale e, ironia della sorte, la mia attenzione venne attratta da una dolce melodia che proveniva da fuori: qualche nottambulo che abitava lì nei dintorni si era messo a suonare il pianoforte. Non era la prima volta che succedeva, in molte altre occasioni mi era capitato di mettermi ad ascoltare con piacere le sue composizioni, era anche una sorta di pausa dal lavoro per me, tuttora non conosco il suo nome o la sua faccia, purtroppo.
Decisi quindi di spalancare le imposte e mettermi ad ascoltarlo per tranquillizzarmi, ma nel gesto feci cadere il bicchiere posato prima, il quale si ruppe in mille pezzi.
Appoggiai i gomiti al davanzale e il mento sulle braccia conserte, docilmente assorto nella musica, ignorando completamente il calice rotto ma, ben presto, udii dei piccoli passi venir verso di me.
"Cyrus, che ci fai ancora sveglio? Torna a dormire, è tardi!" Lucinda veniva verso di me.
"Mi ero alzato per bere, per sbaglio mi è scivolato il bicchiere di mano e s'è rotto. Attenta a dove metti i piedi" mentii e la guardai, si stava stropicciando gli occhi con una mano e sbadigliava, mi rendevo conto che tutte quelle cattiverie cogitate prima non avevano fondamento, come avrebbe potuto quella creatura desiderare di vedermi soffrire e prendermi in giro? Come al solito avevo esagerato col pessimismo, dovevo porre un freno ai miei pensieri, ogni tanto.
"Sicuro che vada tutto bene, Cyrus?" stava avanzando. Per evitare che camminasse sulle schegge e si ferisse, in un rapido gesto la afferrai da sotto le braccia, sollevandola e lasciando che si appoggiasse alla mia spalla: "ti avevo detto di stare attenta, non mi ascolti mai?"
"Scusami, non avevo capito. Ti ho fatto qualcosa, Cyrus? Sembri arrabbiato"
"No, non ce l'ho con te. Sono nervoso perché non riesco a dormire… per colpa di questa musica, ovviamente" sentenziai la prima scusa che mi passò per la mente, per nascondere il mio vero disagio. Era una scusa credibile, soprattutto se raccontata ad una bimbetta come lei.
"Eppure io la trovo rilassante, hm hm…"- commentò, sporgendosi dalla finestra per sentire meglio il suono- "oh, e si vede anche la luna crescente! Hai visto Cyrus?"
"Abbiamo modi di percepire differenti, evidentemente"- risposi con superficialità- "bene, il cielo è terso, domani non dovrebbe piovere…"
"Non mi riferivo a quello, testone! Se c'è la luna crescente vuol dire che Cresselia è da qualche parte!"
"Or dunque? Ti serve per il tuo Pokédex?" chiesi distrattamente, ero troppo rintronato per poter fare collegamenti più complessi.
"Ma lo fai di proposito a non capire? La sua Ala Lunare ha il potere di concedere sogni tranquilli a chi la possiede, sarebbe bello se riuscissi ad ottenerne una anche per te, non trovi?"
Rimasi sbalestrato per una buona manciata di secondi, nessuno mai s'era preso una tal premura nei miei confronti, a parte il nonno che, oltretutto, non sentivo da almeno un decennio.
"Io non credo a queste cose, Lucinda. Sono solo credenze popolari, funzionano solo per chi ci crede"
"Ti sbagli, io ne ho una e la porto sempre con me quando sono in viaggio, e in qualsiasi posto io abbia dormito mi ha sempre fatto fare dei sogni stupendi, anche nei posti meno confortevoli!"
Mi limitai a sospirare, senza proferire nulla. Anche la musica era cessata e non s'udiva nient'altro nell'aria, tuttavia mi sentivo un po' più tranquillo rispetto a prima.
"Allora? Se vuoi te la mostro, è nella valigia, ti va?"
"D'accordo…" acconsentii, consapevole della sua tremenda insistenza.
Tornammo nella mia camera e la posai per terra così che potesse frugare tra le sue cianfrusaglie e, dopo che ebbe tirato fuori dal borsone quantità industriali di vestiti, scarpe, accessori vari per capelli e riviste, finalmente estrasse l'Ala Lunare, una sorta di piuma iridescente dalle sfumature smeraldine. Senza dubbio, era un oggetto di straordinaria bellezza.
"Beh ti piace?" domandò entusiasta.
"Se ritieni che ti faccia dormire bene, perché allora non era sul comodino ma l'hai lasciata in borsa?"
"Perché questa stanza è fantastica e il letto è comodissimo, non ce n'era bisogno!"
"Ho notato…" bofonchiai aggrottando un sopracciglio,  il mio giaciglio era ridotto ad un ammasso di cuscini e coperte che aveva trafugato dai miei armadi, Saturno ci avrebbe messo almeno un'ora a risistemare tutto, il giorno dopo.
"Sai Cyrus? Penso che questa Ala Lunare sia più utile a te, che a me, quindi… ecco prendila, te la regalo!"
"A me? Ma non dire sciocchezze, non mi serv…"
"Ho detto prendila, e non fare storie! I regali non si rifiutano, sono sicurissima che ti aiuterà!"-
me la pose tra le mani in fretta e furia, senza darmi il tempo di ribattere, poi si mise a spingermi via (dalla mia stessa camera!) delicatamente- "e adesso fila a dormire, senza fare storie, su da bravo!"
Non mi opposi, sarebbe stato vano, quindi mi incamminai nuovamente verso il sofà e lei mi chiuse la porta alle spalle, facendo giusto in tempo a gridarmi dietro un " e buonanotte!" detto quasi con stizza.
Mi rigirai per un po' quella rarità tra le dita, incuriosito seppur ancora scettico, infine la adagiai su un mobile accanto al divano e decisi di concedermi una doccia, fredda e rapida, per non rischiare di perdermi nuovamente in pensieri angoscianti, avevo semplicemente bisogno di lavarmi e mettermi degli abiti puliti per la mattina seguente, non sarei potuto certo partire sudato com'ero; e d'altronde, non c'era proprio nulla su cui rimuginare ancora, il dado ormai era stato tratto e non avrei più avuto la possibilità di tornare indietro una volta presa quella decisione.
Dopo la sbrigativa rinfrescata, mi asciugai, indossai una leggera veste da notte in cotone e mi distesi sul canapè, prendendo sonno subito dopo; dormii pochissime ore, meno del solito, ma quel poco di riposo fu sereno.






Angolo Autore.
 
La fanart qui presente è stata fatta su commissione da una bravissima artista, nonché mia amica, dunque chiedete il permesso prima di prenderla!
Link alla sua pagina FB: https://www.facebook.com/LuxaLayton/ 



- Xavier -

 

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