Cold, cold man { parte uno } di KomadoriZ71 (/viewuser.php?uid=805793)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anamnesi ***
Capitolo 2: *** Assenzio ***
Capitolo 3: *** Alea iacta est ***
Capitolo 1 *** Anamnesi ***
cold man 1
Prima di iniziare. . .
Salve
lettore o lettrice, prima di iniziare a leggere questa storia, ho
alcune premesse da fare.
Innanzitutto grazie
per averla aperta, ora è mia premura specificare qualcosa riguardo i
contenuti, dato che non tutti hanno lo zelo di leggersi i vari tag
relativi.
Come ho già
inserito sopra, il genere è "introspettivo, malinconico, triste", il
che significa che i capitoli qui a seguire saranno molto, beh,
"pesanti", lenti, dal momento che descriveranno essenzialmente i
soliloqui in prima persona del personaggio di Cyrus, il boss del Team
Galassia, in preda a profonde riflessioni circa il suo
caotico passato, la sua successiva evoluzione interiore e il
mutamento della concezione che ha di Lucinda, la ragazzina che ha
fermato i suoi piani sulla Vetta Lancia concedendogli una seconda
chance.
Potranno
risultare noiosi, soprattutto i primi capitoli, dunque se siete alla
ricerca di una storia avventurosa e piena d'azione… questa è la storia
sbagliata, potete andarvi a leggere la (sempre nostra)
"Renzoku-tekina", se proprio volete, è davvero carina d'altronde, neh!
* poca modestia *
Ultima cosa, ma non
meno importante: tra Cyrus e Lucinda NON VI È ASSOLUTAMENTE una
relazione di tipo romantico het (ma d'altronde l'ho scritto sopra,
"tipo di coppia: nessuna"), ma voglio evitarmi ulteriori
fraintendimenti.
Credo di aver detto
tutto, dunque buona lettura, se deciderai di proseguire!
Xavier
Anamnesi
Noia.
C'è qualcosa peggiore della noia? No, il tedio è la frustrazione più
disabilitante caratteristica della specie umana. Facciamo di tutto per
non annoiarci, ci troviamo degli interessi, ci divertiamo, stringiamo
amicizie, intraprendiamo una carriera o un lavoro, mettiamo su
famiglia, lottiamo coi nostri Pokémon, creiamo le guerre… e potrei
andare avanti all'infinito a furia di fornire esempi. Ma tutti questi
esempi non sono fini a se stessi, sono praticamente i principi su cui
si basa la nostra intera esistenza, la nostra vita e la nostra dignità.
Ora,
provate ad immaginare l'assenza di tutte queste cose, positive o
negative che siano, e di ritrovarvi, un giorno, senza pensieri, privi
di qualsiasi occupazione mentale, privati di ogni cosa materiale che
possa procurarvi diletto. Terribile.
Vi ritrovereste a combattere coi vostri demoni interiori, con le vostre
paure, con la vostra stessa coscienza, e finireste con l'impazzire,
annegando nel mare di solitudine e disperazione che ribolle quieto e
minaccioso negli abissi dei vostri cuori, pronto a riemergere e
dilaniare ogni brandello della vostra anima coi suoi artigli tenebrosi
e le sue fauci forgiate nell'angoscia, non appena vi sarete ritrovati
soli, abbandonati a voi stessi.
Mi sento
incredibilmente stupido a pensare che io, in questo baratro opprimente
e fatale, mi ci stavo buttando con le mie stesse mani. Volevo ricreare
un nuovo mondo e orbarlo da ogni sorta di sentimento ed emozione,
illuso com'ero, di poter in tal modo porre fine ad ogni conflitto e di
poter vivere sereno, lontano da tutte quelle orribili persone che mi
hanno ferito senza scrupolo e che perseverano nella loro funesta opera,
noncuranti delle sofferenze che inoculano nelle loro vittime prescelte.
Ma quella serenità che mi prefiggevo sarebbe durata appena per quei
pochi istanti di furore che mi avrebbero pervaso alla vista del nuovo
universo, e poi più nulla: silenzio, buio,
smarrimento, oblio,
terrore, disperazione, morte.
Questo inquietante climax di sgomento sarebbe stato l'imminente realtà,
e a quel punto sarebbe davvero stata la fine.
Da sciocco
ambizioso qual ero, commisi un piccolo, semplice, ma letale errore:
credere che la paura fosse al pari di un'emozione, come la gioia o la
tristezza. Mi sbagliavo, la paura è qualcosa di molto, molto più cupo e
profondo, qualcosa che va ben oltre i banali sentimenti fugaci e
illusori nei quali ci lasciamo passivamente cullare ogni giorno e che
possiamo in una certa misura calibrare col giusto ausilio della pura
ragione. La paura, quindi, sarebbe stata un innesto fisico e concreto
conficcato come una spada adamantina nel mio impenetrabile animo di
pietra, duro, freddo, ma al tempo stesso irrimediabilmente fragile.. E
una volta apertasi una breccia, tutta la struttura sarebbe crollata su
se stessa, sgretolandosi in miriadi di frammenti, seppellendomi, una
volta per tutte.
Non lo ammetterò
mai a me stesso, mai a nessuno, che a salvarmi sia stata una ragazzina
di appena dieci anni. A salvare me, a salvare tutte le persone, i
Pokémon…
Avevo
impunemente dato la colpa a Martes e Giovia per gli insuccessi
all'Impianto Turbine e ad Evopoli, ero arrabbiato con loro per aver
sottovalutato un oppositore qualsiasi, veterano o immaturo che fosse. "Ma
capo, aveva solo dieci anni! Noi non sapevamo, noi non volevamo, noi
non potevamo, noi non pensavamo..." e mille altre scuse che
mi parevano tanto assurde quanto irritanti. Che giustificazione era
quella? Ridicolo, assolutamente ridicolo.
Quella creatura
così gracile ed innocente la incontrai per la prima volta al Monte
Corona, quando ancora la mia utopia era agli albori e il suo Empoleon
nientemeno che un pulcino che sbucava dal cesto della sua bici. E lei
mi guardava coi suoi occhi grandi e vivaci, profondi e cristallini come
il fondo del Lago Valore,colmi di curiosità, mentre le esplicavo i miei
ideali di perfezione. Ero quasi infastidito, in soggezione,
sentendomeli addosso; perché mi stava ascoltando con un certo interesse
e… ammirazione, forse? Non
capiva neppure una
parola di quello che stavo dicendo, probabilmente, ma il suo sguardo
lasciava intendere che ci saremmo rivisti ancora e che i nostri futuri
incontri non sarebbero stati fugaci ed effimeri come gocce di rugiada
distese sul manto erboso al primo mattino. Lucinda, sì, la piccola e
meravigliosa promessa del palcoscenico delle competizioni Pokémon,
giovanissima e con un sogno da realizzare, deviò la sua rotta per
seguire ogni mio misfatto, sventare ogni mio complotto, difendere ogni
mia vittima, raggiungermi. E ce la faceva, sempre, spazzava via come
niente intere squadriglie di reclute perfettamente organizzate,
comandanti compresi, arrivava al mio cospetto e mi puntava con un
indecifrabile atteggiamento d'ingenuo orgoglio, capriccioso e
ricalcitrante, quasi mi avesse fatto un semplice dispetto a mandare a
rotoli i miei piani. Non riuscivo neppure ad arrabbiarmi con lei, la
sconfitta mi bruciava dentro, ma quel grazioso visino e la sua tenera
età riuscivano a farmi chiudere un occhio, e mi ripromettevo ogni volta
che quella sarebbe stata l'ultima grazia concessa. Non mi sfiorò mai
neppure per un istante l'idea di farla entrare nel mio team, data la
sua bravura innata nei combattimenti, poiché era fin troppo bambina e
mi rendevo inconsciamente conto che il suo destino era ben diverso da
quello di sottufficiale alle mie dipendenze, la sua indole brada e
ribelle non avrebbe mai accettato quegli ordini infami che sarebbero
inevitabilmente andati in contrasto coi suoi ideali liliali e puri da
fanciulla qual era. Doveva restare libera,
non avevo in alcun modo il diritto d'intorbidire un'anima così candida
e limpida coi miei vagheggiamenti chimerici insozzati e anneriti dalla
lurida pece del mio passato e delle mie esperienze, che ancora stingeva
e macchiava il mio presente.
Quell'innocuo
fiocco di neve sospinto dalla brezza dell'avventura, come usavo
definirla per acquietare le preoccupazioni di tutti i membri, nonché di
me stesso, s'era trascinato ben oltre le mie aspettative, giungendo
addirittura alle porte di Rupepoli, dove avevo installato il mio
quartier generale e fatto costruire un enorme grattacielo nel quale
decisi di stanziarmi stabilmente coi miei Pokémon per trovare un po' di
pace, dopo tutti quegli eventi e il fallimento. Nei laboratori
sotterranei si stava procedendo all'estrazione dei cristalli da Azelf,
Mesprit e Uxie che avevo precedentemente fatto prigionieri, quando
eccola lì, la paladina della giustizia guidata dall'amore, che arrivò
da me col pretesto di liberarli. Non ne capivo il motivo, ma quella
volta c'era qualcosa di diverso nel suo modo di porsi, era furibonda e
mi si rivolse con un aspro tono di rimprovero, alzandomi contro la
voce, ma senza mancarmi di rispetto. Provava compassione verso quei tre
Pokémon ancora legati ai rispettivi macchinari. Già, compassione, una
di quelle cose che non capirò mai, il più ipocrita e inutile dei
sentimenti… Ma compassione per cosa, esattamente? Per la loro
sofferenza? Ah, se dovessimo provare tutti compassione per ogni essere,
umano o Pokémon, che soffre in silenzio all'ombra del proprio
carnefice, sarebbe davvero la fine. Accettatelo, una buona volta per
tutte, che il dolore fa parte delle vostre stesse insulse vite, e che
la colpa è solo vostra, deboli inetti, che vi fate dominare dalle
vostre scialbe e insignificanti emozioni, consegnandovi sul piatto
d'argento nelle mani dei vostri boia. A nessuno importa di voi, nessun
falso sorriso verrà a tendervi la mano quando ne avrete bisogno, e quei
pochi ai quali importerà di voi lo faranno solo per proprio tornaconto.
L'altruismo, il filantropismo e la fratellanza sono soltanto valori
astratti, non esistono e non trovano riscontro nel mondo reale, laddove
vige la legge del più forte, ed esser forti significa imporre un ferreo
dominio sui propri sentimenti, forza è sinonimo di atarassia, così come
debolezza lo è di sensibilità.
Avevo voglia di
testarla, la sua forza, con una lotta Pokémon nei corridoi limitrofi al
laboratorio; avevo atteso per tanto tempo un'occasione simile e sarebbe
stato un peccato sprecarla. Quella minuta nana bianca che brillava di
luce propria in un punto sperduto dell'universo ben presto esplose in
un'inaspettata supernova, d'un fulgore talmente incandescente e
abbagliante da accecare quella che reputavo l'irrefragabile e suprema
luminosità del mio "sole". Piplup si era evoluto e non pareva più
insicuro e indifeso come la prima volta, mise in difficoltà Sneasel con
un acquagetto e lo finì con un ferrartigli ben piazzato. Il suo
Pachirisu, dulcis in fundo, non ebbe grossi problemi a fulminare Golbat
e Murkrow, e così mi ritrovai senza più Pokémon utili.
Ad ogni modo, il
lavoro con i tre guardiani era terminato, non mi servivano più, ergo le
indicai il tasto che avrebbe dovuto premere per disattivare i sistemi
di sicurezza dei dispositivi che li mantenevano segregati. "Sicura di
volerlo fare? Sei un'allenatrice e per quello che posso vedere hai
anche un Pokédex. Potresti cogliere l'occasione al volo e catturarli
senza problemi. Liberissima di scegliere". Quello che avevo detto la
fece imbronciare ancor di più, sebbene fossi stato gentile a proporle
una tale offerta senza nulla in cambio, ma mi aspettavo che almeno dopo
ciò mi lasciasse in pace.
"Sei
cattivo Cyrus, non
puoi comportarti così con loro tre! E se fossero stati i tuoi Pokémon?
Li avresti trattati allo stesso modo?"
"Forse non
comprendi, e non te ne faccio una colpa visto la tua tenera età, che i
Pokémon sono soltanto delle macchine da cui ricavare energia e potenza
esclusivamente per i nostri bisogni. Non mi sono risparmiato neppure
coi miei, eppure ho perso. Perché? Qual è il tuo segreto quindi? Da
dove lo trai tutto quel potenziale?" Strinse i pugnetti e gonfiò le
guance alle mie parole, la sua voce
tremolava in un misto di dispiacere e rabbia e mi pigolò contro.
"Come fai a dire
queste cattiverie? Loro ti amano e hanno lottato solo
per te! Io amo i miei ed è per questo che superano loro stessi sul
campo di battaglia". Tutte le cose che uscivano dalla sua bocca mi
parevano bislacche bazzecole talmente fasulle che credetti mi stesse
prendendo in giro per celare il vero segreto di tanto furore. E
continuava, e continuava… " da quant'è che non spazzoli il pelo del tuo
Sneasel? E le penne di Murkrow? Sono tutte arruffate! Dovresti
coccolare di più Golbat, solo così riuscirai a farlo evolvere.
Promettimi che te ne prenderai più cura, da oggi in poi…"
Quella sera,
proprio nel bel mezzo di questa anamnesi degli eventi passati, udii
qualcuno che bussava insistentemente alla porta del mio ufficio privato
posto sull'ultimo piano del grattacielo di Rupepoli, ex quartier
generale del Team Galassia. Ormai vivevo lì appunto e quel posto era
diventato un centro di ricerca scientifica all'avanguardia, avevo fatto
assumere nuovo personale qualificato, avevo fatto anche ristrutturare i
laboratori e acquistato altre apparecchiature per l'osservazione e lo
studio dello spazio e delle meteore. Comunque, mi irritai e non poco
per quel modo impertinente di battere alla mia porta, chi mai poteva
essere? Non di certo i miei comandanti inferiori, mi conoscono bene e
sanno che ci sono modi più ortodossi per venirmi ad informare sulle
novità che scoprono giorno dopo giorno. Mi alzai dalla scrivania e
Weavile, svegliatosi per il rumore, mi seguì innervosito fino all'uscio
d'ingresso, laddove mi fermai per chiedere chi fosse mai a disturbare a
quell'orario.
"Avanti Cyrus,
apri! Devo dirti una cosa bellissima! Non farmi aspettare qui fuori!"
Riconobbi
subito quella vivace voce di ragazzina e la mia mano rimase lì
congelata sulla maniglia, mentre Weavile cercava il mio sguardo, anche
lui insicuro sul da farsi. Era passato molto tempo dall'ultima volta…
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Capitolo 2 *** Assenzio ***
cold man 2
Assenzio
Era passato molto tempo dall'ultima volta…
Erano
passati almeno due anni, ne ero certo, dal momento che l'ultimo
incontro era avvenuto proprio sulla Vetta Lancia, al cospetto di Palkia
e Dialga, le due divinità del tempo e dello spazio
soggiogate dalla mia Rossocatena:
un ricordo amarissimo, corrosivo, più dell'assenzio lasciato
scendere puro in gola. Quello, tuttavia, non era affatto il momento
adatto per perdersi in queste reminiscenze, stavo ancora tergiversando
con la mano sul pomello e solo un soffio di Weavile mi
riportò alla realtà, consentendomi di aprire con
un gesto titubante quella dannata porta, messa a dura prova
dall'insistente bussare della giovane.
Neanche il tempo di dire "avanti" che la ragazzina mi si
slanciò addosso, abbracciandomi in un modo tanto caloroso
quanto imbarazzante, tutto sotto gli occhi del Pokémon che
si era limitato ad annusarla. Anche lui era cambiato, non era
più un attaccabrighe sempre pronto ad aggredire chiunque si
avvicinasse, si era acquietato notevolmente e pareva felice di
rivederla. Se la scenetta fosse successa un paio di anni prima Weavile
le si sarebbe scagliato contro attaccandola con gli affilatissimi
artigli, lunghi e robusti, uccidendola all'istante. Per qualche motivo
immaginarmi una cosa del genere mi fece provare un profondo senso di
orrore e sconforto che quasi mi spinse a ricambiare quell'abbraccio:
non ne ricevevo di così stretti da decenni.
"Cosa ti porta qui, ragazzina?" proruppi con voce ferma e possente per
mascherare meglio il mio dissidio emozionale, dal momento che non
pareva avesse intenzione di staccarsi da me e la situazione si stava
facendo scomoda. "Sei forse sorda? Ti ho posto una domanda, rispondi!"
Reclamai ancora e finalmente alzò quel visetto che fino a
poco prima affondava nel mio torace, mi guardò sbattendo le
palpebre e disse semplicemente: "dovevo dirti una bella cosa, ma se mi
tratti così male ti terrò sulle spine fino a
domattina".
Solo allora notai che aveva con sé una valigia bella
capiente e iniziai a farmi mille paranoie. Che si fosse decisa a venir
a vivere qui a Rupepoli o, addirittura, nel mio appartamento? I suoi
modi, tutta quella confidenza, mi irritarono un poco, ma si trattava
pur sempre di Lucinda, colei che mi aveva salvato, dunque chiusi un
occhio ma, se qualcun altro si fosse permesso tanta indiscrezione,
l'avrei fatto annientare all'istante da Weavile. Con lei era
tutto così diverso…
"Non ti sto trattando male, ragazzina, sei tu che dovresti rivedere il
tuo concetto di educazione e rispetto. Cosa pretendi? Ci conosciamo
appena, abbiamo bruscamente interrotto le nostre strade due anni or
sono, prima di far visita a qualcuno bisognerebbe avvisarlo".
Scrollò le spalle come se ciò che avevo detto non
avesse alcun peso, sciolse l'abbraccio e si mise a scrutare l'interno
di casa mia quasi fosse alla ricerca di qualcosa, con fare
investigativo, che diamine temeva che potessi nasconde mai?
Non c'era proprio nulla di compromettente, il mio era un normale
appartamento di sei camere adatto ad un uomo solo, arredo semplice e
moderno, ciò che volevo era un ambiente pratico e
funzionale, anche modesto se necessario. La pulizia non era un
problema, mi occupavo personalmente di spolverare il mio studio, ogni
giorno, e per le altre camere mi dava sempre una mano Weavile o, quando
non potevamo, affidavo il compito a Martes o Saturno, per loro non era
un dispiacere staccare gli occhi dai microscopi e brandire scopa e
paletta, una tantum.
"Posso sapere cosa stai cercando?"
"Hmm, però! Per essere uno di quegli intellettuali asociali
tutti perfettini te la sai cavare con i lavori domestici! Mi hai
sorpreso, cucini anche da solo?"
A quel punto capii che non se ne sarebbe andata subito, che quella non
era una semplice visita di cortesia, dunque portai il bagaglio
all'interno e chiusi la porta alle mie spalle, non volevo che attirasse
le attenzioni di qualcuno.
"Qui quello sorpreso sono io, ragazzina. Non si risponde ad una domanda
con un'altra domanda, da quando sei entrata qui non mi hai degnato di
una singola risposta. Se proprio vuoi intrattenere una discussione con
me, evita questi subdoli mezzucci e dimmelo, ti preparerei una tazza di
tè e ti ospiterei nel mio studio, in modo ufficiale"- dissi
con tono pacato mentre prendevo in braccio il Pokémon buio
che, incuriosito dalla valigia, si era messo ad aprirla per vederne il
contenuto, me lo posai in spalla onde evitare che la graffiasse
ulteriormente e continuai- "così, a salotto concluso, ti
riaccompagnerei di sotto e te ne potrai andare felice e soddisfatta di
avermi fatto perdere una serata di lavoro".
Al che Lucinda sbuffò e si girò verso di me,
puntandomi con l'indice: "certo che non cambi mai! Devi sempre pensar
male, anche quando non faccio nulla. Ti metti troppo sulla difensiva,
Cyrus. Volevo solo assicurarmi che vivessi in un ambiente adeguato e
verificare la salute dei tuoi Pokémon. Dove hai messo gli
altri?"
Quelle parole mi spiazzarono e non poco, non capivo il senso di tali
attenzioni così apparentemente disinteressate,
così cominciai a pensare che volesse qualcosa in cambio, ma
cosa? Cosa avrei mai potuto darle, proprio io? Una mano per il Pokedex
probabilmente, fu la prima cosa che mi saltò in mente.
"Mi metto sulla difensiva perché con te non potrei fare
altrimenti, ogni nostro incontro passato ha determinato un fallimento
nei miei piani e anche adesso che non pianifico nulla di losco rimango
in all'erta. Se vuoi vedere gli altri Pokémon, Honchkrow e
Crobat sono nell'altra stanza a riposarsi, Gyarados non posso tenerlo
qui, se ne occupa Giovia".
Terminai di parlare e tornai alla mia scrivania, presi le prime carte
che mi capitarono davanti e feci finta di leggerle con attenzione,
credetti che se mi avesse visto indaffarato se ne sarebbe andata prima.
Altroché. Lucinda si precipitò dagli altri due
Pokémon volanti che riposavano su di un trespolo, li
svegliò con la sua inconfondibile vocina e rimase per un
poco con loro, pronunciando dolci parole e regalando coccole che
entrambi parevano gradire con piacere, ci sapeva fare con quelle
creature, non ne avevo dubbi. Dopo aver osservato la scena, anche
Weavile pareva voglioso di attenzioni, tanto che si mise a tirarmi con
forza il braccio con cui reggevo un bicchiere d'assenzio colmato
esattamente a metà e per poco non rovesciai tutto sulla
cattedra; non che ci avessi messo chissà quale cura nel
prepararlo, tuttavia era di ottima qualità e sarebbe stato
un peccato sprecarlo e bagnare tutto, così posai il calice
sul tavolo e passai più e più volte la mano sul
soffice pelo del Lamartigli, massaggiandogli la schiena, cosa che
apprezzò assai.
Notai solo allora che l'alcolico aveva raggiunto un perfetto effetto
louche, indice della freschezza degli ingredienti utilizzati: estratti
di Vitalerba e Baccaracolo essenzialmente e succhi fermentati di
Baccajaba e Baccacrela, davvero ottimo.
Weavile si appisolò ben presto sulla mia gamba e io ne
approfittai per liberarmi le mani e brandire di nuovo quel bicchiere il
cui colore verde opaco m'incantava, lo mettevo controluce e lo
osservavo da ogni angolazione finché di nuovo la sua voce
acuta non ruppe quel momento magico:
"Cyrus! Cos'è quella roba? Sapevo che mi nascondevi
qualcosa! Fermo dove sei!"
Per stare al suo gioco lo appoggiai nuovamente sulla scrivania e alzai
le mani in segno di resa: "accidenti, non ti sfugge mai nulla eh? Si
chiama assenzio, ragazzina,
non è una bevanda per te, arriva al 70% di alcol, sei troppo
giovane per berlo".
"E tu sei un ubriacone! Ecco cosa hai fatto in questi anni, ti sei
ubriacato! E speravi di farla franca bevendoti un bicchiere mezzo pieno
davanti a me? Non sono stupida!"
Abbassai le mani e lei corse a sedersi sull'altra coscia, accanto a
Weavile: "non ho detto che sei stupida e questo bicchiere non
è mezzo pieno, sei tu che lo vedi così
perché hai una percezione negativa di me che ti fa pensare
che io sia un ubriacone, è colmato esattamente a
metà. Sei tu quella che pensa sempre male, a questo punto.
"In medio stat virtus" le sussurrai ad un
orecchio, prendendo il calice e allineandolo perfettamente con le sue
pupille in modo da farle percepire l'esatto livello del liquido che
era, esattamente, a metà. Rimase meravigliata nel constatare
la verità, dunque glielo tolsi davanti e feci per bere ma
ecco che per l'ennesima volta fui bloccato: "voglio assaggiarlo, te ne
prego, solo un pochino…"
"Preferirei non lo bevessi, sono un cattivo esempio in tutto e per
tutto, non vorrei che iniziassi ad assumere certe sostanze a causa mia".
Ci guardammo intensamente negli occhi, come potevo dirle di no? Ma
soprattutto, cosa me ne sarebbe importato se si fosse data
all'alcolismo? Non capivo, eppure sentivo che me ne importava eccome.
"All'inizio dovevi dirmi una bella cosa. Se mi dici di cosa si tratta,
ti concederò un goccio d'assenzio, mi sembra una proposta
lecita, allora?"
" Va bene Cyrus, ne berrò pochissimo e poi ti
dirò tutto, lo prometto"
"L'hai promesso e io mi sto fidando. Tieni, bagnati giusto le labbra e
lambiscile, se non sei abituata non ti piacerà".
Accompagnai le sue mani con le mie nel gesto di portarsi il bicchiere
alla bocca, neppure schiuse le labbra, se le bagnò e basta
come avevo detto io e mi lasciò il resto.
"Cosa te ne pare?" chiesi con curiosità e lei mi rispose con
una faccia disgustata tirando fuori la lingua
"Cyrus! Questa roba fa schifo! Dove l'hai preso? Non dirmi che butti
soldi su queste cose!"
Quant'era adorabile? Feci roteare l'assenzio all'interno del calice per
mescerlo meglio e provai a fissarla mirandole gli occhi attraverso il
drink, senza riuscirci per merito di quell'eccellente effetto louche:
"vedi? Adesso che hai lambito via poche ma non vane stille, questo
gotto è ufficialmente mezzo vuoto, il che significa che non
sono più un ubriacone come credevi. Scacco matto,
ragazzina!"- finalmente lo sorseggiai, piano piano, lasciando che
quell'intenso e nobile sapore irrorasse la mia gola secca, era freddo
al punto giusto- "tuttavia, non l'ho comprato a mie spese,
bensì si tratta di un regalo proveniente dalla regione di
Kalos, patria dell'assenzio. È originale, di ottima
qualità e mi fa piacere che non tu non abbia gradito, non
è difficile cadere nella dipendenza".
Una volta finito, lo abbandonai distrattamente sul davanzale della
finestra, mi schiarii la voce e le rivolsi la parola, era rimasta
imbambolata ad osservarmi: " adesso tocca a te, dovevi dirmi quella
cosa. Di che si tratta?"
Improvvisamente scese dalle mie ginocchia e si precipitò
alla valigia, aprendola e frugandoci dentro per cinque minuti
abbondanti, doveva essere piena di cianfrusaglie. Una volta tornata si
mise di fronte a me, nascondendo le mani dietro la schiena: "prova ad
indovinare Cyrus, è qualcosa che sicuramente ti piace!"
"Qualcosa che mi piaccia? Non saprei, mi hai portato della cioccolata?"
"No Cyrus, non sono cose da mangiare anche perché non
conosco i tuoi gusti".
La situazione mi stava quasi intrigando, stranamente non ero
innervosito da quel comportamento: "e cosa ne sai di ciò che
mi aggrada? Mi piace la scienza ma è una cosa troppo
generica per poter essere contenuta nelle tue mani".
"Ci sei vicino, sii più specifico Cyrus, è
qualcosa di veramente molto raro, unico!"
"Hmm… che sia un meteorite? Vuoi che lo analizzi?"
"Uff, lascia stare non ci arriverai mai, ragioni con i paraocchi tu"
bofonchiò e mi si avvicinò facendo il giro della
scrivania, dunque mi porse le mani da cui pendevano due biglietti per
lo spettacolo delle Litleidi al centro di Verdeazzupoli.
"Li ho vinti, è una rara occasione e così ho
deciso di andarci e tu verrai con me. Sbrigati a prepararti!"
Rimasi sbalestrato, sbigottito, mentre parlava e mi sventolava i ticket
davanti, era una proposta così a bruciapelo, mi sarebbe
servito del tempo per rifletterci e decidere.
"Calma, non puoi scegliere anche per me senza consultarmi, innanzitutto
dimmi la data, dovrebbe essere in questi giorni, giusto?"
"Dopodomani, esattamente! Allora verrai vero?"
"Me lo dici solo adesso? Hoenn è lontana, dobbiamo prenotare
sia la nave sia l'alloggio…"
"Ho già prenotato tutto, devi solo prepararti!"
"Non correre. Perché proprio io? Non potresti andare con
quel tuo amico, Lucas? Ti divertiresti di più, io non sono
prettamente un simpatico accompagnatore, come vedi"
"No non si può, uno dei due deve per forza essere un adulto
e voglio che quell'adulto sia proprio tu!"
"Santo cielo quanta insistenza, perché non lo chiedi a tuo
padre? Non mi conosci neppure, come fai a fidarti di me? Ti ricordo che
sono stato un criminale, se ti facessi qualcosa? Tua madre sa di questa
tua iniziativa?"
A quel punto tutto il suo entusiasmo si spense in un colpo,
abbassò la testa e si voltò: "non fa
niente… non ho un padre con cui andare,
rinuncerò. Eri tu la mia ultima speranza, ma hai ragione,
non posso forzarti a fare una cosa che non vuoi, scusami Cyrus, me ne
vado…"
Singhiozzi e lacrime interruppero il suo discorso, corse via, l'avevo
ferita, non avevo idea che fosse orfana di padre, sapevo pochissimo sul
suo conto e mi stavo sentendo un grandissimo balordo, per la prima
volta provai una fitta al torace, talmente forte, talmente intensa,
tanto grande era il senso di colpa che mi stava attanagliando, che,
improvvisamente, mi alzai in piedi lasciando cadere Weavile e la
seguii, prendendole una mano poco prima che se ne uscisse:
"Lucinda, scusami. Sì, ti sto chiedendo scusa, ci ho
ripensato e domani partiremo insieme. No, non dire altro, preparati
anche tu"- pronunciai tutto d'un fiato senza darle il tempo di
rispondermi, poi presi un fazzoletto e le asciugai quelle perlacee
stille che scrosciavano sul suo volto arrossato- " non piangere dai,
non è successo niente, però la prossima volta
gradirei che mi avvisassi molto tempo prima, quando prendi certe
decisioni, intesi?" annuì con la testa e si
soffiò il nasino, mentre il mio Pokémon,
destatosi in modo alquanto brusco, le si avvicinò per
consolarla e lei sorrise in un modo talmente grazioso da sciogliermi
quel peso che s'era insinuato nel mio petto.
Nel frattempo che lei si tranquillizava io andai a prepararmi il
bagaglio: ci misi qualche camicia e dei pantaloni, biancheria in
generale, qualche libro e nulla di più dal momento che sarei
stato lì per circa due giorni, ancora non riuscivo a
capacitarmi di aver accettato una proposta del genere. Mi sembrava una
cosa assurda che io, Cyrus, capo dell'ormai ex Team Galassia, terrore
per la regione di Sinnoh, mi fossi sciolto di fronte ai capricci di una
ragazzina come lei. Ascoltare la sua confessione, accorgermi degli
occhi che si facevano via via più lucidi, il suo tono
spezzato in singulti, tutto ciò aveva fatto una profonda
breccia in me, in una parte di me per meglio dire. La mia parte
razionale continuava a ripetermi che avevo fatto una sciocchezza ad
accettare, un'altra parte di me più occulta, nascosta,
celata in abissi apparentemente irraggiungibili della mia mente,
invece, si complimentava con me, ne era fiera e pareva felice. Io
sentivo solo di aver fatto la cosa giusta, Lucinda a parte, quella
delle stelle sarebbe stata comunque un'esperienza irripetibile, gratis
per giunta.
Mi voltai a guardare la ragazza, si era messa a giocare con Weavile e
gioiva, quel piccolo quadretto era qualcosa di incredibilmente
armonico, erano rari i sorrisi sinceri come i suoi, unici forse. Mi
sentivo in qualche modo affine a lei, anche per me quello della
famiglia è un tasto dolente di cui non volevo mai discutere.
Pensai a suo padre, chissà che tipo era, migliore del mio
sperai, bramavo saperne di più a riguardo, cominciavo a
provare una strana curiosità nei suoi confronti come mai
avessi fatto con qualcun altro. Una curiosità pura e
ingenua, niente di malsano. Volevo capire cosa fossero per lei le
emozioni, mi domandavo come facesse ad essere così gaudiosa
e vivace dopo un trauma simile, la morte del padre appunto, che fosse
avvenuta quando lei era troppo piccola per ricordare?
Chiusi la valigia e mi diressi verso di lei, posandola accanto alla sua:
"Ho finito. Vedi di filare a dormire, domani ci alzeremo presto e
Martes ci accompagnerà al porto di Arenipoli, da
lì salperemo. Ti sveglierai da sola?"
"Già fatto? Perfetto, allora possiamo andare a dormire
entrambi" sbadigliò stropicciandosi gli occhi, poi si mise a
cercare il pigiama tra le sue cose e, presolo, andò verso la
mia camera da letto, seguita dal Lamartigli.
"L'uscita è dall'altra parte, Lucinda. Andiamo, ti
troverò un letto libero…" non prestò
ascolto alle mie parole, si gettò direttamente sul mio
matrimoniale insieme a Weavile. Stava morendo di sonno, si vedeva, per
cui non la sgridai: "quello sarebbe il mio letto, comunque…"
"C'è posto per due, non sono così ingombrante,
yawn… avanti vieni".
Che imbarazzo. Questo non lo potevo accettare, non avrei mai dormito
con una ragazzina in quel modo, si stava prendendo un po' troppa
confidenza, non che avessi strane idee per la testa, tuttavia abituato
a dormire solo come ero, mi sarei trovato male in quella situazione.
"Sì Lucinda, dammi il tempo di finire alcune carte, poi
andrò a dormire anche io".
Mentivo, ovviamente. Rimasi in piedi a verificare alcuni dati su dei
documenti per una buona mezzora, poi andai a controllare nella mia
camera e vidi i due scompostamente distesi al centro del letto,
dormienti, che avevano occupato tutto lo spazio e messo in disordine
coperte e lenzuoli. Che disastro, fortunatamente il giorno dopo avrei
chiesto a Saturno di sistemare camera, povero ragazzo, quasi quasi
provavo dispiacere anche per lui.
Andai a lavarmi i denti e poi mi gettai sul divano, quella serata mi
aveva sconvolto la vita, cominciavo a provare emozioni dopo tantissimo
tempo, sentivo che qualcosa in me stava cambiando e ne ero terrorizzato
ma entusiasta, una sensazione assurda da descrivere. Il vecchio me
brancolava in lontananza, non volevo dargli ragione, volevo rinascere,
piano piano, e sperimentare finalmente qualcosa di nuovo: la felicità.
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Capitolo 3 *** Alea iacta est ***
Alea
iacta est
Quella
notte la passai quasi in bianco. Come avrei fatto a prender sonno con
tutti quei pensieri? La mia mente s'era lasciata andare in libere
congetture, simili a flussi di coscienza a briglia sciolta, totalmente
fuori dal mio controllo. Pensieri di ogni tipo rimbalzavano da una
parte all'altra della mia testa, cozzavano e si disperdevano in miriadi
di altre astrazioni. Così, all'improvviso pensavo che quella
sera avevo saltato la cena e da qui mi chiedevo se anche lei avesse
fatto lo stesso, che screzio non aver avuto la premura di offrirle da
mangiare, le avrebbe fatto male saltare i pasti, quali erano poi i suoi
piatti preferiti? Ma che me ne importava, dopotutto? Non sarebbe certo
morta di fame per una cena saltata. Che ora si era fatta? Ah, erano le
due e mezzo di notte, tra esattamente sei ore ci saremmo dovuti trovare
al molo di Arenipoli. Quanto distava da Rupepoli? Un'ora e mezzo di
macchina circa, forse qualcosina in meno, o in più, traffico
permettendo.
Arenipoli…
quando questo nome vellicò la mia mente ebbi un
trasalimento, spalancai gli occhi e mi tirai seduto sul divano. Come
avevo fatto a rimuovere tutto? Arenipoli era la mia città
natale, per Arceus, molteplici ricordi si aprirono come un
caleidoscopico ventaglio le cui fragili scaglie erano intarsiate con un
misto di ripugnanza e tenerezza. Memorie orribili affioravano in
superficie, poi dolci ricordanze, come reputare quelle reminiscenze
è tuttora per me un grande dilemma. Sussultai, nel cuore
della notte.
Non l'avevo
visitata per almeno una decina d'anni, quella città, stessa
cosa valeva per i miei genitori e la mia vecchia casa. Non avevo
più notizie di loro, non che adesso ne abbia, dunque l'idea
di attraversare nuovamente quelle strade anche solo per arrivare al
porto mi metteva i brividi. Mi alzai di scatto e iniziai a camminare
nervosamente su e giù per casa, mi pareva quasi di sentire
ancora la voce di mio padre rimbombarmi nei timpani, credetti che sarei
potuto impazzire da un momento all'altro e che avrei potuto commettere
qualche ignominia. Cominciai a provare i primi sintomi di un attacco di
panico, sudore freddo, palpitazioni, giramenti di testa, fui costretto
a sedermi sulla scrivania e a tenermi il capo con le mani,
massaggiandomi le tempie per calmarmi. In quei momenti arrivai a
pensare cose orribili, ad esempio che quella di Lucinda fosse tutta una
messa in scena e che il suo unico scopo fosse quello di ricongiungermi
con la mia famiglia, poteva esser stata mandata da qualcuno che mi
spiava di nascosto, forse ero davvero controllato da qualcuno, qualcuno
di molto vicino come un sottufficiale o una matricola. Tutto sarebbe
potuto essere, in quel momento. Ancora non mi capacitavo di essermi
fidato di lei, il me di qualche anno prima non l'avrebbe fatto mai, era
sempre in all'erta e non si fidava di nessuno.
Necessitavo di una
distrazione imminente che mi togliesse da quel caos mentale e, ironia
della sorte, la mia attenzione venne attratta da una dolce melodia che
proveniva da fuori: qualche nottambulo che abitava lì nei
dintorni si era messo a suonare il pianoforte. Non era la prima volta
che succedeva, in molte altre occasioni mi era capitato di mettermi ad
ascoltare con piacere le sue composizioni, era anche una sorta di pausa
dal lavoro per me, tuttora non conosco il suo nome o la sua faccia,
purtroppo.
Decisi quindi di
spalancare le imposte e mettermi ad ascoltarlo per tranquillizzarmi, ma
nel gesto feci cadere il bicchiere posato prima, il quale si ruppe in
mille pezzi.
Appoggiai i gomiti
al davanzale e il mento sulle braccia conserte, docilmente assorto
nella musica, ignorando completamente il calice rotto ma, ben presto,
udii dei piccoli passi venir verso di me.
"Cyrus, che ci fai
ancora sveglio? Torna a dormire, è tardi!" Lucinda veniva
verso di me.
"Mi ero alzato per
bere, per sbaglio mi è scivolato il bicchiere di mano e
s'è rotto. Attenta a dove metti i piedi" mentii e la
guardai, si stava stropicciando gli occhi con una mano e sbadigliava,
mi rendevo conto che tutte quelle cattiverie cogitate prima non avevano
fondamento, come avrebbe potuto quella creatura desiderare di vedermi
soffrire e prendermi in giro? Come al solito avevo esagerato col
pessimismo, dovevo porre un freno ai miei pensieri, ogni tanto.
"Sicuro che vada
tutto bene, Cyrus?" stava avanzando. Per evitare che camminasse sulle
schegge e si ferisse, in un rapido gesto la afferrai da sotto le
braccia, sollevandola e lasciando che si appoggiasse alla mia spalla:
"ti avevo detto di stare attenta, non mi ascolti mai?"
"Scusami, non avevo
capito. Ti ho fatto qualcosa, Cyrus? Sembri arrabbiato"
"No, non ce l'ho
con te. Sono nervoso perché non riesco a dormire…
per colpa di questa musica, ovviamente" sentenziai la prima scusa che
mi passò per la mente, per nascondere il mio vero disagio.
Era una scusa credibile, soprattutto se raccontata ad una bimbetta come
lei.
"Eppure io la trovo
rilassante, hm hm…"- commentò, sporgendosi dalla
finestra per sentire meglio il suono- "oh, e si vede anche la luna
crescente! Hai visto Cyrus?"
"Abbiamo modi di
percepire differenti, evidentemente"- risposi con
superficialità- "bene, il cielo è terso, domani
non dovrebbe piovere…"
"Non mi riferivo a
quello, testone! Se c'è la luna crescente vuol dire che
Cresselia è da qualche parte!"
"Or dunque? Ti
serve per il tuo Pokédex?" chiesi distrattamente, ero troppo
rintronato per poter fare collegamenti più complessi.
"Ma lo fai di
proposito a non capire? La sua Ala Lunare ha il potere di concedere
sogni tranquilli a chi la possiede, sarebbe bello se riuscissi ad
ottenerne una anche per te, non trovi?"
Rimasi sbalestrato
per una buona manciata di secondi, nessuno mai s'era preso una tal
premura nei miei confronti, a parte il nonno che, oltretutto, non
sentivo da almeno un decennio.
"Io non credo a
queste cose, Lucinda. Sono solo credenze popolari, funzionano solo per
chi ci crede"
"Ti sbagli, io ne
ho una e la porto sempre con me quando sono in viaggio, e in qualsiasi
posto io abbia dormito mi ha sempre fatto fare dei sogni stupendi,
anche nei posti meno confortevoli!"
Mi limitai a
sospirare, senza proferire nulla. Anche la musica era cessata e non
s'udiva nient'altro nell'aria, tuttavia mi sentivo un po'
più tranquillo rispetto a prima.
"Allora? Se vuoi te
la mostro, è nella valigia, ti va?"
"D'accordo…"
acconsentii, consapevole della sua tremenda insistenza.
Tornammo nella mia
camera e la posai per terra così che potesse frugare tra le
sue cianfrusaglie e, dopo che ebbe tirato fuori dal borsone
quantità industriali di vestiti, scarpe, accessori vari per
capelli e riviste, finalmente estrasse l'Ala Lunare, una sorta di piuma
iridescente dalle sfumature smeraldine. Senza dubbio, era un oggetto di
straordinaria bellezza.
"Beh ti piace?"
domandò entusiasta.
"Se ritieni che ti
faccia dormire bene, perché allora non era sul comodino ma
l'hai lasciata in borsa?"
"Perché
questa stanza è fantastica e il letto è
comodissimo, non ce n'era bisogno!"
"Ho
notato…" bofonchiai aggrottando un sopracciglio,
il mio giaciglio era ridotto ad un ammasso di cuscini e coperte che
aveva trafugato dai miei armadi, Saturno ci avrebbe messo almeno un'ora
a risistemare tutto, il giorno dopo.
"Sai Cyrus? Penso
che questa Ala Lunare sia più utile a te, che a me,
quindi… ecco prendila, te la regalo!"
"A me? Ma non dire
sciocchezze, non mi serv…"
"Ho detto prendila,
e non fare storie! I regali non si rifiutano, sono sicurissima che ti
aiuterà!"-
me la pose tra le
mani in fretta e furia, senza darmi il tempo di ribattere, poi si mise
a spingermi via (dalla mia stessa camera!) delicatamente- "e adesso
fila a dormire, senza fare storie, su da bravo!"
Non mi opposi,
sarebbe stato vano, quindi mi incamminai nuovamente verso il
sofà e lei mi chiuse la porta alle spalle, facendo giusto in
tempo a gridarmi dietro un " e buonanotte!" detto quasi con stizza.
Mi rigirai per un
po' quella rarità tra le dita, incuriosito seppur ancora
scettico, infine la adagiai su un mobile accanto al divano e decisi di
concedermi una doccia, fredda e rapida, per non rischiare di perdermi
nuovamente in pensieri angoscianti, avevo semplicemente bisogno di
lavarmi e mettermi degli abiti puliti per la mattina seguente, non
sarei potuto certo partire sudato com'ero; e d'altronde, non c'era
proprio nulla su cui rimuginare ancora, il dado ormai era stato tratto
e non avrei più avuto la possibilità di tornare
indietro una volta presa quella decisione.
Dopo la sbrigativa
rinfrescata, mi asciugai, indossai una leggera veste da notte in cotone
e mi distesi sul canapè, prendendo sonno subito dopo; dormii
pochissime ore, meno del solito, ma quel poco di riposo fu sereno.
Angolo Autore.
La fanart qui presente è stata fatta su commissione da una bravissima artista, nonché mia amica, dunque chiedete il permesso prima di prenderla!
Link alla sua pagina FB: https://www.facebook.com/LuxaLayton/
- Xavier -
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