Il guardiano della foresta

di Anima1992
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Fine ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Mi ero davvero svegliata presto quel giorno, l'orologio segnava le cinque del mattino, ma ero contenta di ciò, a quell'ora tutti dormivano, nessuna macchina girava per le strade, e io potevo sgattaiolare fuori senza che nessuno se ne accorgesse.

Frettolosamente mi preparai e mi calai dalla mia finestra con la solita corda, ero molto atletica grazie al fatto che praticavo molti sport: Equitazione, nuoto e ginnastica artistica.

Tutto pur di evitare gli impegni reali, non che non mi piacessero, ma ero una ragazza avventurosa!

Il mondo nascondeva troppi segreti, non potevo passare i miei giorni chiusa in un castello!

Presi la mia Merla dalla stalla, sì, Merla era il nome della mia cavalla, so che è il nome più brutto di sempre, ma in mia difesa ero davvero piccola quando la chiamai così!

Sistemai la sella e le saltai in groppa, lei sapeva già dove andare.

Mi ero fissata con la foresta che circondava il mio castello.

Un paio di notti prima ero certa di aver visto una luce provenire dal centro della foresta, volevo assolutamente scoprire di cosa si trattava.

Una volta immersa nel verde feci rallentare Merla, dovevo stare attenta a fare più silenzio possibile, tesi tutti i sensi in attesa di captare qualsiasi suono.

Finalmente sorrisi vittoriosa, davanti a me vi era una piccola lucina che sembrava saltare sulle foglie, scesi dal cavallo cominciando ad avvicinarmi lentamente, non volevo spaventarla o farle del male, ma solo sapere cos'era...

Purtroppo si accorse di me, la sentii a malapena urlare e scappò via, senza perdere tempo la inseguii.

Neanche vidi dove stavo andando, le gridavo di fermarsi, che non le avrei fatto del male, ma nulla servì.

E mentre lei sembrava non finire mai le energie, dopo varie cadute dovute alle radici rialzate, e rami presi in faccia, iniziai ad affannarmi.

Mi fermai e ripresi fiato.

– Fiu! Che corsa, eh Merla? – Mi guardai attorno. – Merla?...oh-oh. –

Imparare a seguire le tracce sarebbe senz'altro stato la prossima cosa che avrei fatto, ma in quel momento dovevo uscire da quel casino, possibilmente prima che i miei si accorgessero della mia scomparsa.

Mi raccolsi i lunghi capelli neri con un elastico, odiavo legarli, li volevo sciolti e ribelli! Ma faceva davvero troppo caldo e avevo bisogno d'aria.

Iniziai a camminare cauta pensando di tornare indietro, ma la realtà era che non riconoscevo niente, neanche un masso del mio percorso precedente.

Tutto mi sembrava dannatamente uguale.

Sospirai, ero sull'orlo della disperazione ma non dovevo farmi prendere dal panico, un modo c'era e l'avrei trovato.

Ovviamente il cellulare l'avevo lasciato a casa, non sia mai che qualche suono o radiazione allontani le creature magiche della foresta.

Complimenti Ariel, i miei più vivi complimenti.

Poggiai la schiena a quella che credevo fosse una parete rocciosa coperta dall'edera, beh, la pianta era quella, il punto era che mancava la parete.

Gridai cadendo giù, chiusi gli occhi contando i secondi che mancavano alla mia fine, in pochi secondi rividi tutti i miei quattordici anni.

Una lacrima mi scese, ma presto si mescolò con l'acqua.

Ero finita in fondo a un lago e velocemente riemersi riprendendo fiato, ero viva! Esultai urlando di gioia.

– E anche questa volta Ariel sconfigge la sfortuna, yeah! –

– Vuoi stare zitta?! –

Mi pietrificai.

Una voce maschile alle mie spalle mi aveva appena gridato di stare zitta? A me? La principessa di Miltopia?

Mi girai verso di lui pronta inveirgli contro.

Ma feci tutt'altro...

Davanti a me vi era un ragazzo mai visto, la sua pelle era color dell'oro e i capelli verdi, quella davanti a me doveva essere per forza una creatura magica!

– Chi... sei? – Balbettai emozionata come una bambina davanti a un pupazzo gigante di unicorno. (Sì, me l'hanno regalato da piccola. E lo adoro.)

– Rufus, e tu? Cosa fai da queste parti? Gli umani non possono accedere a questo lato della foresta. – Il suo tono era duro e severo, eppure non mi dava l’impressione di volermi fare del male.
– Ehm, io stavo seguendo una luce, l’ho persa e sono caduta quaggiù non volevo infrangere nessuna regola, giuro! –

Alzai le mani cercando di apparire più convincente possibile, non gli staccavo gli occhi di dosso neanche per un'istante.

– Una luce? – Notai che in mano aveva un bastone molto lungo con incastonata sopra una pietra azzurra.

– Non so cos’era l’ho vista saltellare sopra alle foglie. –

– Probabilmente era un fuoco fatuo. – Allungò il bastone verso di me. – Perché la seguivi? –

Deglutii. – Volevo solo vedere una creatura magica, non avevo cattive intenzioni. –

Mi studiò per un attimo, guardai fissa i suoi occhi color ambra.

– Bene. – Rinfoderò il bastone alle sue spalle e mi porse la mano. – Vieni fuori da lì ora. –

Afferrai la sua mano e mi guardai attorno, era una caverna molto spaziosa, illuminata da miliardi di piccole lucciole, l'entrata era enorme e coperta da liane.

– Tu sei un’umana vero? –

– Si! Sono Ariel la principessa di Miltopia! – Ammisi con fierezza. – Tu invece cosa sei? –

– Io sono il guardiano della foresta, sono stato creato dall’energia degli alberi per difendere questo territorio dagli intrusi. –

– Intrusi come me? –

– Un po' più temibili. –

– Guarda che io sono pericolosissima! –

– Certo, tu grande ragazza di…? –

– Quattordici anni! –

Ridacchiò e cominciò a camminare io lo seguii guardando sempre le lucciole, avrei voluto rimanere in quel posto per sempre.

– Devi tornare al castello giusto? –

– Si! Ma non c’è fretta! Solo la mia Merla… –

– Merla? –

– Il mio cavallo! –

Scoppiò a ridere piegandosi addirittura in due, incrociai le braccia assottigliando gli occhi e rivolgendogli il mio sguardo più truce.

– Come si fa a chiamare una cavalla Merla, ma poverina! –

– Senti, avevo quattro anni eh! – Gli feci la linguaccia ma poi sorrisi appena, era difficile essere me stessa con altre persone, soprattutto a corte.

– Dunque, hai perso la tua cavalla mhmm… –

Fece un verso molto simile a un cinguettio, pochi secondi dopo un passerotto si poggiò sulla sua spalla.

Parlava con gli animali e io ero invidiosa da morire! Avrei tanto voluto riuscire a parlare con la mia Merla.

– La tua cavalla si trova alle porte della foresta, in attesa del tuo ritorno suppongo. –

Sospirai sollevata, lei almeno era al sicuro.

– Vieni, ti riporto a casa. –

– Aspetta! – Lo fermai afferrandogli il braccio con entrambe le mani. – Non portarmi ancora a casa! Voglio conoscere di più questo posto, e anche te! –

– Me? –

– Tu sei un guardiano della foresta! Quali sono i tuoi poteri? Come passi le tue giornate? –

Continuava a guardarmi come se fossi un alieno, e probabilmente ai suoi occhi ero davvero così, ma volevo assolutamente rimanere con lui un altro po'.

– Facciamo così, mentre ti accompagno a casa, ti racconto un po' di cose, va bene? –

Mi sorrise, annuii felicissima e percorremmo la strada verso casa.

Durante il tragitto mi raccontò che anche lui era affascinato dagli uomini, era curioso di sapere di più della nostra tecnologia, amava farsi raccontare dagli uccelli o altri animali che avevano a che fare con gli uomini, di come vivevamo, le nostre regole e i nostri usi comuni.

– Facciamo così! Io tornerò a trovarti appena potrò, e ti racconterò tutto quello che c'è da sapere su noi uomini, magari ti mostrerò anche come funziona un cellulare o un computer! –

– Mi piacerebbe davvero tanto. –

– Però, come ti ritroverò? –

Si tolse una collana da sotto la camicia, era pieni di ciondoli luccicanti e azzurri, curiosa.

– Cos'è? –

– Questi ciondoli devono stare sempre insieme, quando si allontanano perdono la loro luminosità, ma più si avvicinano più tornano lucenti. – Presi il ciondolo osservandolo.

– Che figata! Ma non era meglio un tom tom? –

– Cosa? –

Ridacchiai. – Nulla ti prendevo in giro! Allora a presto Rufus! –

Corsi verso Merla abbracciandole il muso, quando mi voltai il misterioso ragazzo non c'era più.

Sorrisi contenta tornando al castello.

Tornai da lui dopo una settimana, mi raccontò dei fuochi fatui che nutrivano le piante e facevano da vigilanti, appena qualcosa non quadrava riferivano tutto a lui.

Mi spiegò che oltre a parlare con gli animali, grazie alla pietra di energia che era sul bastone, riusciva a comunicare anche con le piante, oppure a ridare forze a una fata o un fuoco fatuo in fin di vita.

Io invece, gli mostrai come funzionava il cellulare e conobbe anche Merla, comunicando con lei venni a scoprire molte cose di lei! Cosa gli piaceva, cosa no, infatti il nostro rapporto migliorò tantissimo.

Tornavo sempre più spesso da lui, a volte sgattaiolavo via di notte per stare insieme a Rufus.

Ed era tutto davvero magico, lui era un ragazzo così curioso, così pieno di energie, una volta mi portò su una montagna altissima dove urlammo a squarciagola, quel giorno ci sentimmo i padroni del mondo.

I miei ovviamente non apprezzavano tutte quelle uscite, e più gli anni andavano avanti più facevo difficoltà a raggiungerlo, i balli di corte, le riunioni, regole e quant'altro mi tenevano molto impegnata.

Non volevo allontanarmi da lui, e l'idea di scappare per rimanere nella foresta con Rufus mi allettava sempre di più

Il giorno del mio diciassettesimo compleanno stranamente mi diede appuntamento di sera, dentro la caverna, davanti al lago dove ci siamo incontrati la prima volta.

Fortunatamente avevo imparato a conoscere bene la foresta in quei tre anni, Salii in groppa a Merla e galoppai verso la caverna.

Non sapevo per quale motivo, ma ero emozionata, avevo fretta di arrivare, il cuore mi batteva fortissimo e non smettevo di sorridere, mi sentivo un po' scema. Ma quella sensazione mi piaceva tantissimo.

 

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Capitolo 2
*** Fine ***


Arrivai all'entrata e legai Merla a un albero, le accarezzai il muso, più per rilassare me stessa che lei.

Ma che mi prendeva? Cavolo, è solo Rufus!

Presi un profondo respiro ed entrai nella caverna.

Lui era lì, vestito con i pantaloni di cuoio a petto nudo, come sempre, eppure quella volta mi sembrava diverso, ero incantata da quella visione.

Mi avvicinai a lui sorridendo.

– Ciao... –

– Finalmente sei qui! Ho un regalo per te, preparati sarà uno spettacolo da sogno. – Disse prendendomi la mano. – Ogni cinquant'anni c'è il raduno dei fuochi fatui ed è in fondo a questo lago. –

Indicò con il dito verso l'entrata della caverna, mi girai e rimasi sorpresa, le piccole luci entravano una ad una.

Mi spostai lasciandole passare, riuscivo perfino a sfiorarle e a sentire il calore che emettevano, dandomi una sensazione di pace.

Le lucciole sul soffitto scesero, sembravano fare un sentiero per i fuochi fatui, insieme all'acqua crearono uno spettacolo meraviglioso fatto di luci e colori.

Appoggiai la testa sulla spalla di Rufus, sentii le sue dita sotto il mio mento, lentamente mi sollevò il viso.

I nostri occhi si incontrarono, e pochi istanti dopo, anche le nostre labbra...

Fu il nostro primo bacio, intenso e lungo, il cuore batteva veloce, la mia pelle rabbrividiva sotto le sue carezze.

Non si sentiva nulla se non il debole fruscio dell'acqua e i nostri respiri sempre più corti.

Quando ci staccammo per riprendere fiato, lo spettacolo di luci era finito, ma non aveva importanza in quel momento.

Entrambi cercavamo una spiegazione da dare a quelle emozioni.

Io la trovai subito e probabilmente anche lui, ma per entrambi fu meglio il silenzio.

Ci sedemmo sulla sponda del lago, continuando a baciarci, per tutta la notte non desiderammo nient'altro, anzi, qualche desiderio in più lo sentii.

Lo feci sdraiare mettendomi a cavalcioni su di lui, gli accarezzai il petto nudo sentendolo rabbrividire al mio tocco, non avevo mai fatto questo genere di cose, eppure con lui, mi trovavo perfettamente a mio agio.

Mi staccai, sospirando appena sentii il suo membro svegliarsi sotto la mia femminilità.

Volevo andare avanti, volevo sentirlo e concludere quella magnifica notte in bellezza.

– Ariel... – Sussurrò mentre riprese a baciarmi, anche lui sempre più voglioso.

A interromperci fu il suono delle campane, quei rintocchi non erano famigliari, feci fatica in quel momento a ricordare il significato.

Merla iniziò a nitrire spaventata. – Dice che sono le campane di guerra, e che ti deve riportare al castello. –

Deglutii, velocemente mi rimisi in piedi uscendo fuori dalla caverna e guardando verso il castello, vidi dei fumi provenire dall'imponete struttura. – Oh no... – Una lacrima solcò il mio viso, Rufus era alle mie spalle. – Meglio che vai... –

– Rufus... noi... –

Non ci saremo rivisti per chissà quanto tempo, quando si entra in guerra i reali si chiudono nel castello senza aprire i cancelli a nessuno, finché la guerra non si conclude.

Ci baciammo un'ultima volta, quella volta però, fu un bacio accarezzato dalle lacrime di entrambi.

Poggiò la fronte sulla mia. – Ariel... – Gli posai un dito sulle labbra. – Ssh...non ora ti prego. – Gli lasciai un ultimo bacio e mi voltai per poi non girarmi mai più...

Il nostro amore si dissolse nell'aria.

La guerra fu sempre più violenta, inizialmente mi affacciavo alla finestra sperando di vederlo, ma quando i proiettili cominciarono ad entrare, furono sbarrate con enormi assi di ferro.

Gli elfi volevano la foresta, e attaccavano senza pietà, circondarono il castello impedendo qualsiasi nostro movimento.

Rufus mi mancava da morire, passavo giorni davanti al camino a scrivermi e a rileggere tutto ciò che riguardava lui e i miei pensieri.

E dopo un anno finalmente la guerra ebbe fine.

A patto che sposassi il principe del nemico.

Ovviamente, i miei genitori accettarono senza esitazioni, figuriamoci a chi poteva importare di quello che pensava una principessa viziata.

Ma non mi feci fermare, appena le porte tornarono aperte sgattaiolai fuori correndo, senza Merla, nella foresta e gridando il suo nome.

Guardai la pietra che portavo al collo, ma non si illuminava, che si fosse rotta?

Fermandomi notai che i segni della guerra avevano colpito anche quel posto incantevole, osservando l'ambiente sentii una stretta al cuore.

Non si sentiva più il cinguettio degli uccelli, gli alberi erano spogli e non c'erano più fiori.

Vidi un fuoco fatuo, ma sembrava essere affaticato, malato, il suo colore non era più blu acceso ma grigio, mi avvicinai lentamente.

Lui mi aspettò, mi guardò e continuò per la sua strada.

Non so perché, ma ebbi l'impressione che voleva essere seguito, e così feci, mi portò all'entrata della caverna, dove a terra vidi la collana con le pietre spente, e il bastone di Rufus, mi voltai verso il piccolo fuoco fatuo che si dissolse nell'aria.

Presi il bastone stringendolo tra le mani. – Rufus! No! – Gridai mentre le lacrime scorrevano copiose.

La foresta morta, il fuoco fatuo malato e ora le pietre spente, tutto mi diceva che il mio adorato Rufus non c'era più.

Piansi ancora senza sosta, percossa da spasmi e singhiozzi, non so quante ore passai lì, volevo rivederlo e insistevo gridando il suo nome, ordinandogli di tornare da me senza mai ricevere una risposta.

Mi addormentai davanti all'entrata della caverna, con il viso umido e il bastone stretto. Il mattino dopo mi risvegliai sospirando sconfortata dagli incubi avuti e dai continui risvegli, mi alzai prendendo il bastone e tornai verso il castello.

I domestici mi guardarono preoccupati, mi chiesero se avessi bisogno di qualcosa, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu un cenno della mano, entrai in camera mia chiudendo la porta a chiave.

Prima di buttarmi nel letto mi fermai davanti allo specchio, ero bianca cadaverica, gli occhi gonfi e sporgenti, occhiaie nere e profonde, i miei vestiti erano tutti sporchi e stracciati, sicuramente sembravo tutto fuorché una principessa. Ma non me ne fregava nulla.

Avevo perso il mio Rufus, per sempre...

I giorni si susseguirono senza che neanche me ne accorgessi, notte o giorno, che differenza c'era?

Più nessuna per me.

Ormai ero un automa, mi ordinavano qualcosa e la facevo, non ebbi neanche interesse a conoscere il mio sposo prima delle nozze.

Quando non ero sballottata in giro per le faccende reali passavo le mie giornate a fissare il bastone di Rufus, i miei genitori ottusi com'erano non si accorsero dei miei disagi, anzi loro erano contenti che finalmente obbedivo e mi comportavo da principessa.

Ero spenta, morta dentro.

Perfino quando mi vidi con l'abito nuziale addosso non ebbi nessuna emozione.

Per fortuna il matrimonio si sarebbe svolto nel mio castello, dove entrambi avremo preso sede, a quanto pare gli elfi tenevano particolarmente ad avere il controllo della foresta, sostenendo che noi umani non eravamo in grado di prendercene cura.

Certo, dopo aver visto come avevano ridotto quel posto incantevole iniziavo ad avere i miei dubbi.

Scesi accompagnata da non so quante damigelle verso la sala del trono, all'entrata vi trovai mio padre che sorrideva fiero, mah, possibile che avessi dei genitori così ciechi?

– Sei davvero bellissima figlia mia. –

Moine, moine e altre moine. Mi limitai ad annuire, tanto ormai avevo visto che bastava chinare il capo per farli contenti.

Percorremmo la navata, tenni lo sguardo basso, non avevo voglia di guardare altri sorrisi falsi e felici, non c'era nulla da essere felici.

Mio padre mi lasciò di fronte a quello che sarebbe diventato mio marito.

Alzai lo sguardo e quando incontrai i suoi occhi ambrati, ebbi un tremito e deglutii.

– Ru...Rufus? – L'intera cerimonia si interruppe e anche lui mi guardò sorpreso.

– Ehm... so che è strano dirlo, ma ci conosciamo? –

Mi guardai attorno, e posso confermare con assoluta certezza che fu il momento più imbarazzante della mia vita, tutti ci guardavano divertiti, altri erano oltraggiati, alla fine le nozze furono interrotte per ordine di quelli che credo fossero i genitori di Rufus.

Andammo in una stanzetta insieme ad anche i miei genitori, guardai Rufus attentamente, la sua pelle non era più ambrata ma violacea, e le sue orecchie leggermente sporgenti e a punta, ma i suoi occhi sì, quelli erano certamente i suoi.

– Come conosci mio figlio? – Mi domandò la madre di Rufus, andai un po' nel panico, ma la somiglianza era troppo evidente così mi decisi a raccontare tutta la storia, a quel punto non avevo altra scelta.

Tyrande, il nome della madre, si sedette sospirando quando ebbi finito. – Vedi mio figlio da quando è nato ha mostrato odio verso la natura e tutto ciò che la riguardasse, dava fuoco alle foresta, strappava i fiori, insomma infieriva contro la vita. Allora ci affidammo a uno sciamano che viveva sulle montagne, si diceva che parlasse con la natura e che sapesse tirare fuori il meglio da ogni essere vivente. Ma il risultato non fu quello che speravamo, l'anima di nostro figlio fu tirata fuori dal suo corpo e mandata nella foresta di Miltopia. Il vecchio sciamano ci disse che Rufus avrebbe vissuto una vita ultraterrena con la natura, avrebbe imparato ad amare, e ad apprezzare ogni singolo essere vivente senza ricordare chi fosse, e quando sarebbe stato pronto a tornare, il suo corpo ce l'avrebbe segnalato. Allora conservammo il corpo senza vita di Rufus mettendolo in una teca fatta di uno speciale materiale, fu messo sotto controllo ad ogni ora. Durante la notte un anno fa, Rufus aprì gli occhi e dalla sua bocca uscì una scia luminosa. La strada che ci riportò all'anima di mio figlio, dichiarammo guerra Miltopia senza pensarci, troppo presi dal voler salvare il nostro erede, siamo stati degli idioti ma dopo vent'anni senza nostro figlio... – Le scese una lacrima ma non mi fece affatto tenerezza in quel momento volevo solo sapere di Rufus.

– E lui...non ricorda nulla? –

– In realtà sì... – Mi girai verso di lui che sorrideva, mi prese la mano. – Ricordo tutte le nostre avventure, ricordo la tua cavalla Merla, ricordo quant'eri brava a spiegarmi come funzionavano le tue tecnologia, ricordo il nostro primo incontro al lago, ma soprattutto... – Mi baciò la mano. – Ricordo il nostro ultimo incontro Ariel... –

Arrossii deglutendo, ero totalmente incantata da lui, era lì, il mio Rufus era tornato dopo tanto tempo. – Perché allora prima... –

– Sono stato colto di sorpresa, appena ho visto il tuo viso sono stato sopraffatto da moltissimi ricordi, non capivo e non collegavo, quando poi ho ascoltato il tuo racconto e quello di mia madre, ho capito tutto e rimesso ordine. Ariel possiamo stare insieme, finalmente. –

Entrambi sorridemmo felici e ci baciammo senza neanche badare ai nostri genitori.

Quel bacio fu magico segnava l'inizio di tutto.

Come lo fu anche quello che ci demmo davanti all'altare che segnava definitivamente l'unione tra elfi e umani...

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