What do you mean to me?

di Rivaille_02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


«Levi, svegliati! Oggi bisogna partire!» avvertì una voce femminile scuotendo l’uomo, ancora sotto le coperte.
«Sì, sì...» rispose lui assonnato. «A che ora abbiamo il treno?» chiese alla donna alzandosi.
«Un quarto all’una» lo informò lei seguendolo fino al bagno. Arrivato lì, Levi chiuse la porta. Andò davanti allo specchio guardandosi. Aveva un viso assonnato con due occhiaie che facevano capire quanto avesse dormito quella notte. Era agitato. Era la prima volta che andavano a Shiganshina per un concerto.
“Ancora tre ore, eh? Shiganshina... chissà com’è?” si chiese l’uomo sciacquandosi il viso per svegliarsi.
«Levi, sei pronto? Bisogna iniziare ad uscire...» gli disse la donna bussando alla porta.
«Non si può nemmeno stare in bagno in pace ora? Aspetta che esco Hanji» sbuffò Levi. Una volta uscito, se la ritrovò davanti con le valigie pronte. Era emozionata all’idea di andare in una nuova città.
Dopo che l’uomo si era preparato, scesero entrambi con i rispettivi bagagli. Alla hall si ricongiunsero con Mike, il batterista della loro band che era rimasto ad aspettarli lì per più di un quarto d’ora. Una volta aver salutato la gente che c’era, salirono in macchina e si diressero alla stazione di Rose, dove presero il primo treno per Shiganshina. Si sistemarono in prima classe.
«Come sarà Shiganshina?» chiese tutto ad un tratto Levi, seduto di fronte ai suoi due compagni, con la testa appoggiata sul palmo della sua mano e lo sguardo perso rivolto verso la finestra.
«Non penso sarà grande come Trost, ma di sicuro sarà una bella città!» esclamò Hanji entusiasta. Essendo la prima volta lì, erano tutti e tre emozionati. Fortunatamente avevano qualcuno che li aspettava alla stazione: erano i due migliori amici di Levi, Isabel Magnolia e Furlan Church, che erano diventati i loro manager.
Il viaggio durò due ore e mezzo circa e, appena arrivarono, furono accompagnati dai loro manager nell’hotel in cui sarebbero stati per quel mese. Era un hotel a cinque stelle posizionato in periferia e giravano voci che il personale era uno dei migliori a Maria. Quando entrarono, furono accolti da una ragazza con i capelli arancioni, un po’ bassina ma carina abbastanza per dare il benvenuto alle persone. Li accompagnò nelle loro stanze, situate al terzo piano, in modo da farli sistemare le valigie.
«Quando avete finito, tornate giù. Ci sarà una persona che vi farà fare un giro dell’hotel!» disse la ragazza sorridendo. Appena la ringraziarono, scappò al piano di sotto. Andò prima alla reception per avvertire che erano arrivati i No Name, così si chiamava il loro gruppo, e poi al bar.
«Eren! Eren!» lo chiamò la ragazza emozionata. Il ragazzo, nel bel mezzo del lavoro, la guardò avvicinarsi per poi sorriderle.
«Che è successo, Petra? Per caso hanno comunicato i voti degli esami?» chiese lui. La ragazza andava all’università e aveva appena affrontato gli esami. Nonostante ciò scosse la testa.
«Magari!» disse appoggiando le mani al bancone. «Sono arrivati!» avvisò.
«Chi?» domandò confuso il ragazzo.
«I No Name!» esclamò entusiasta. Ad Eren quasi cadde la bottiglia dalle mani. Loro due amavano quella band, era la loro preferita. Avevano tutti i loro dischi e tantissima merce, dalle maglie ai portachiavi e le fasce per i concerti.
«Sei seria?!» le chiese mettendo la bottiglia sul bancone.
«Sì! Li ho accompagnati prima nelle loro camere!» lo informò. Si guardarono negli occhi per qualche secondo senza dire niente, poi scoppiarono a ridere. Erano felicissimi di ospitare i loro idoli nell’hotel dove lavoravano. Questo voleva dire che potevano vederli tutti i giorni.
«Dopo andiamo a chiedere gli autografi!» esclamarono in coro. Quando si parlava dei No Name, la loro mente era come collegata. Sembrava sapessero cosa pensassero. Proprio in quel momento arrivò Levi, il leader della band. Eren e Petra erano come immobilizzati. Non sapevano cosa dire, come comportarsi. L’uomo si mise accanto alla ragazza per poi guardare il ragazzo. Arrossirono entrambi.
«Potrei avere una tazza di tè nero, per favore?» chiese ad Eren, che andò subito a prepararglielo. Quando tornò, Petra era ancora lì. La ragazza gli fece notare l’ora: era finito il suo turno. Le fece segno con la mano di aspettare. Non poteva andarsene quando Levi era lì di fronte a lui.
«N-non vuole altro...?» gli domandò Eren imbarazzato. L’uomo lo guardò.
«No, sono apposto per ora» rispose lui continuando a bere il tè. «A proposito, come hai fatto a farlo? Il tè intendo». Il ragazzo andò in panico.
«P-per caso non è di suo gradimento...?». Era agitatissimo. Petra si fece il segno della croce. Pregarono entrambi che non fosse così.
«No. Anzi, è il tè nero più buono che abbia mai bevuto in tutti gli hotel in cui sono stato» dichiarò Levi stupito. Tutti i baristi che gliene avevano preparato uno non erano così bravi. Eren arrossì di brutto.
«N-ne sono grato!» esclamò felice. L’uomo lo guardò: aveva i classici occhi che avevano i bambini quando gli si faceva un complimento.
«Senti. Quand’è il tuo turno?».
«Di pomeriggio dall’una alle quattro. Se devo fare gli straordinari resto fino alle cinque» lo informò il ragazzo confuso. Levi gli porse il bicchiere vuoto.
«Verrò qui a bere il tè quando sarà il tuo turno allora» gli disse mentre prendeva il portafoglio per pagare. Eren e Petra si guardarono straniti ma felici allo stesso tempo. Il ragazzo non riuscì a togliersi il rossore dal viso. «Qual è il tuo nome, ragazzo?» gli chiese Levi dandogli i soldi.
«Eren. Eren Jaeger» rispose lui prendendo il denaro. L’uomo guardò l’ora: le quattro e cinque.
«Scusami se ti ho trattenuto oltre il tuo turno. Ci vediamo domani, Eren» lo salutò andandosene. I due ragazzi non sapevano cosa dire. Petra gli disse di andarsi subito a cambiare così che potessero sclerare insieme a casa sua e così fece. Una volta cambiato, i due si diressero a casa della ragazza. Decisero che per quella notte avrebbero dormito da lei, almeno sarebbero andati insieme a lavoro e avrebbero potuto chiedere foto e autografi durante le pause.
Levi, nel frattempo, era tornato in camera sua e si stava facendo una doccia. Stava ripensando a quel giovane barista che gli aveva preparato il tè. Capì che sia lui che la ragazza erano suoi fan dal modo in cui lo guardavano e da come si comportavano
“Certo che qui lavorano ragazzini... quanti anni avranno avuto quei due? Quindici?” si chiese. Appena uscì dalla doccia, si mise l’accappatoio e tornò nella sua camera dove trovò Hanji sul suo letto. La guardò male.
«Che ci fai qui? Non dovresti essere nella tua stanza, quattrocchi?» le domandò mettendosi a sedere lontano da lei. La donna si avvicinò.
«Stavo solo pensando... che ne dici di fare amicizia con qualcuno in questo hotel?» propose sorridendo.
«Scherzi? Dobbiamo rimanerci per un mese, che senso avrebbe?» l’uomo proprio non capiva.
«Oggi esiste internet! Si può rimanere in contatto tramite telefono. E prima che tu me lo chieda, possiamo parlare quando abbiamo tempo libero!» spiegò lei.
«E dimmi...» iniziò Levi asciugandosi i capelli con l’asciugamano. «Hai già fatto amicizia con qualcuno?».
«Hai presente il ragazzo che ha detto ci porterà la colazione in stanza?».
«Non mi sembrava un ragazzo...» la interruppe guardandola.
«Domani gli chiedo quanti anni ha. Comunque!» esclamò buttandosi sul letto. «Hai conosciuto qualcuno al bar?» gli chiese incrociando le braccia dietro la testa.
«Solo due nostri fan, niente di che» rispose lui abbassando la testa.
«Com’è il tè nero qui?».
«Buono». Hanji rimase sorpresa.
«Buono? Chi te lo ha fatto?» gli domandò stupita rimettendosi a sedere.
«Un ragazzo che lavora al bar. Avrà avuto quindici anni» rispose secco prendendo il pigiama dall’armadio. La donna iniziò allora a fargli il quarto grado.
I due passarono la serata a parlare di Eren, del personale in generale e di come Levi avrebbe potuto fare amicizia con qualcuno. Era un tipo serio, di poche parole, non gli piaceva parlare tanto. Per questo non aveva tanti amici. Proprio per questo Hanji voleva provare a farlo avvicinare a quel ragazzo. Pensava che, siccome è un suo grande fan, poteva riuscire a sopportare i suoi aspetti negativi. E poi sapeva preparare un tè nero che a Levi piaceva. Secondo la donna, Eren era la persona perfetta con cui iniziare a farsi amici.
La mattina seguente, dopo aver fatto colazione, Hanji portò Levi nella hall dove avrebbero aspettato l’arrivo di Eren.
«Dimmi che intenzioni hai, quattrocchi» le disse lui con le bracca incrociate.
«Voglio che diventiate amici, mi sembra ovvio!» esclamò lei felice. «Mentre io passo del tempo con Moblit, tu starai con Eren» spiegò sicura delle sue azioni. Levi non era tanto convinto.
«Non so se fa gli straordinari oggi. Ma anche se fosse, di cosa dovremmo parlare? Avremmo sì e no dieci anni di differenza». Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, Hanji era accanto un Levi preoccupato che esponeva i suoi dubbi. Ne rimase sorpresa. Non ebbe neanche il tempo di rispondere che subito arrivò Eren insieme a Petra. L’uomo, appena vide il suo obiettivo, gli andò incontro. «Eren» lo chiamò. Il ragazzo, vedendolo, arrossì.
«B-buongiorno...! Ha dormito bene?» gli chiese più imbarazzato del giorno prima. «Vuole che le prepari un altro tè nero?» continuò togliendosi il giubbotto.
«Passerò più tardi, ho appena mangiato e non voglio niente» rispose guardandolo. «Oggi fai gli straordinari?» gli domandò. Non doveva far vedere la sua preoccupazione nell’uscire con un ragazzino.
«No, finisco alle quattro come sempre. Come mai? Le serve qualcosa?» chiese Eren confuso.
«Fatti trovare qui quando finisci, okay?». Il ragazzo arrossì pensando ad un improbabile appuntamento.
«S-sì...» rispose imbarazzato. Guardò poi Petra. «Mi scusi ma devo iniziare il turno. C-ci vediamo dopo allora...!» gli disse correndo dall’amica che subito iniziò a tirare fuori teorie su quel suo comportamento.
Levi tornò da Hanji che si era messa le mani davanti alla bocca per non ridere. L’uomo gli lanciò un’occhiata.
«Che hai da ridere? Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese irritato per la reazione della compagna.
«No, è la maniera in cui lo hai detto! Sembrava gli stessi chiedendo di uscire!» sussurrò la donna soffocando le risate.
«Non è la stessa cosa?» domandò confuso. Hanji, allora, non poté più trattenersi.
«Niente affatto! Ora quel povero ragazzo penserà chissà cosa insieme alla sua amica!» rispose sotto voce lei ridendo.
«Non gli ho mica chiesto di uscire» disse Levi tornando nella sua stanza accompagnato dalle risate dell’amica che continuava ad avvertirlo del comportamento che avrebbe avuto Eren quando sarebbero usciti qualche ora dopo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


«Andrà bene questa giacca?» chiese Levi ad Hanji, seduta sul letto dell’uomo, mostrandole una giacca nera che usava durante le interviste.
«Non stai andando ad un appuntamento, Levi» gli ricordò la donna incrociando le braccia. «Mettiti qualcosa che non dia troppo nell’occhio» suggerì.
«Per esempio?» le domandò Levi mettendo a posto la giacca. Hanji si alzò e scrutò bene l’armadio dell’amico. In mezzo a tutti quei vestiti eleganti, scorse una felpa nera. La prese. Guardò poi nel cassetto dove teneva i pantaloni e vide un jeans. Prese anche quello mostrandoli entrambi a Levi.
«Questa felpa col cappuccio è perfetta, tutti i ragazzi ne indossano una! E questi jeans si abbinano bene» gli disse porgendoglieli. L’uomo li studiò bene per poi guardare Hanji. La donna non capiva.
«Una felpa a fine Maggio? Seria?» le disse ridandole la felpa. Lei, allora, accorse a cercare una t-shirt. Ne trovò una della loro band che una fan aveva regalato a Levi durante un loro firma copie. Gli chiese se andasse bene e l’uomo approvò, quindi si vestì.
«Ci sarà un po’ di sole oggi, vuoi portarti un paio di occhiali o un cappello?» domandò Hanji guardando Levi. “Sembra un ragazzino...” pensò sorridendo. Era felice di vederlo senza quegli abiti così formali che indossava ogni giorno.
«Preferisco gli occhiali» rispose prendendo il paio che c’era nel cassetto del comodino. Si voltò poi verso la donna. «Andrà bene così? Non è troppo informale?» le chiese guardandosi allo specchio che era sullo sportello dell’armadio. Ecco di nuovo un Levi preoccupato di cui Hanji rimase stupita ancora una volta. Nonostante ciò, la donna appoggiò le sue mani sulle spalle dell’uomo.
«Stai benissimo, Levi. Tutto quel che devi fare è comportarti normalmente, coinvolgerlo in quel che dici e in quel che fai e andrà bene» gli disse sorridendo. «Questo sarà il primo passo per la tua prima amicizia!» esclamò ridendo. Levi, al contrario, era preoccupato su come sarebbe andata questa uscita.
Nel frattempo, nel bar dell’hotel, Eren stava ripensando alle parole di Levi che gli parvero un po’ strane. Insomma, chi mai chiederebbe a un suo fan appena incontrato di uscire? Il ragazzo si chiese se avesse capito male. Ci rimuginò sopra per tutta la durata del suo turno, poi corse da Petra nell’area riservata al personale dove si cambiarono entrambi, avendo finito anche lei per quel giorno.
«Pensi che andranno bene questi vestiti?» le chiese Eren una volta cambiato. La ragazza alzò il pollice.
«Sei perfetto Eren!» gli disse sorridendogli. «Ma non pensi sia un po’ strano che ti abbia chiesto di uscire così a caso?» domandò confusa. Il ragazzo si sedette accanto a lei sospirando. Le dette ragione. Gli venne in mente una cosa. Alzò la testa di scatto guardando l’amica.
«L’altro giorno aveva messo like alla mia foto su Instagram dove tenevo in mano il loro ultimo cd!» esclamò Eren facendo sorprendere Petra che lo guardò incredula. Il ragazzo allora gli fece vedere la foto in questione e il like di Levi, pigiando sul suo profilo per provare che fosse davvero lui.
«Forse ti avrà anche stalkerato!» ipotizzò lei.
«No, impossibile. Se uno ti deve stalkerare ti guarda anche le storie» spiegò Eren scuotendo la testa.
«Va bene, lasciamo perdere l’argomento stalker. Vai alla porta che ti starà aspettando» si alzò la ragazza facendogli l’occhiolino. L’ansia del ragazzo iniziò a farsi sentire appena mise piede nella hall.
L’uomo, in piedi davanti alla porta da circa dieci minuti, era agitato appena lo vide arrivare. Si sentiva a disagio con quei vestiti addosso. Hanji l’aveva rassicurato dicendogli che si sarebbe trovato bene una volta abituato alla situazione, anche se Levi non era tanto sicuro.
Quando Eren gli fu davanti, si sentì improvvisamente basso. Dovette infatti alzare la testa per guardarlo negli occhi. Si irritò un po’. Il ragazzo non capì.
«Senti» iniziò Levi secco. «Quanto sei alto?».
«Uno e settanta, perché?» rispose Eren confuso. L’uomo girò la testa.
«Tsk, andiamo» gli disse uscendo per primo. Il ragazzo continuava a non capire il perché della sua reazione. Nonostante ciò, lo seguì. Si comportò come se non fosse successo niente, anche se era talmente emozionato che non riusciva a spiccicare parola. Levi se ne accorse, quindi provò a dire qualcosa.
«Questo non è un appuntamento comunque, ragazzo, quindi non farti strane idee» lo avvertì quando furono fuori dall’hotel. Eren lo guardò scioccato, anche se si aspettava una cosa del genere. «Hanji mi ha detto che devo farmi amici e ha pensato che saresti stato la persona giusta con cui iniziare» gli spiegò mettendosi le mani in tasca continuando a guardare avanti.
«Quindi lei non ha amici?» gli chiese il ragazzo. L’uomo scosse la testa. «E non sa...? Capisco...» abbassò la testa. Non sapeva cosa dire o cosa fare. Si risollevò d’animo pensando che era stato scelto da Hanji per essere il primo amico di Levi e che doveva sentirsi fortunato. Prima sorrise e poi si mise a ridere.
«Che hai da ridere?» domandò l’uomo guardandolo.
«Niente, sono solo felice» rispose Eren senza togliere il sorriso.
I due camminarono fino ad arrivare ad un piccolo parco. Eren si sedette su una panchina sotto un albero e invitò Levi a mettersi accanto a lui. L’uomo accettò l’invito, anche se lasciò un po’ di spazio fra di loro. Il ragazzo lo guardò battendo due volte la mano in quello spazio.
«Puoi metterti più vicino» gli disse sorridendo.
«Preferisco rimanere qui» lo informò lui a testa bassa. Fu allora Eren ad avvicinarsi. L’altro rimase fermo.
«Se devi farti amici devi imparare a stare vicino alle persone».
«E tu hai molti amici, immagino». Il ragazzo fece una risatina imbarazzata.
«No, ne ho solo due più mia sorella».
«Se non segui i tuoi stessi consigli, come fai a darli agli altri?» gli chiese Levi guardandolo confuso.
«Sai, è difficile seguire i propri consigli. Ma a me va bene così» rispose il ragazzo alzando gli occhi al cielo.
«Perché?».
«Meglio avere pochi amici fidati che tanti che ti parlano alle spalle». Levi non riusciva a credere alle sue orecchie. Un ragazzo che la pensava come lui? «H-ho detto qualcosa di sbagliato...?» chiese Eren preoccupato nel vedere la faccia dell’uomo in quel momento: incredulo con gli occhi spalancati, come se non volesse credere a quel che aveva appena sentito. Sbatté le palpebre velocemente, come se fosse incantato, appena Eren gli mise le mani sopra le spalle.
«Sto bene, ero solo sorpreso nel sentire queste cose da un ragazzino» gli disse. «A proposito, quanti anni hai?».
«Quindici compiuti a Marzo» rispose il ragazzo sorridendo.
«Se vuoi dirmi anche il giorno...».
«Trenta Marzo».
«Ero ironico» precisò Levi guardandolo. Gli scappava da ridere per l’ingenuità di Eren, ma non lo fece. Rimase serio.
«Oh...» disse il ragazzo ridacchiando. «E tu quando sei nato, Levi?» gli chiese curioso.
«Penso che tu lo sappia».
«Venticinque Dicembre, il giorno di Natale!».
«Quanto sai di me, “mio fan numero uno”?» lo sfidò incrociando le braccia. Eren rispose sorridendo deciso.
«Hai venticinque anni, sei nato a Rose, il tuo primo singolo è stato “Hizamazuke Butadomo Ga”, non sorridi mai, non sei mai stato fidanzato e...» il ragazzo continuò per un bel po’.
I due parlarono fino all’ora di cena. Decisero di uscire di nuovo il giorno seguente alla solita ora. Eren andò a casa di Petra per raccontarle tutto mentre Levi tornò nella sua stanza d’hotel dove trovò Hanji sul suo letto, come il giorno precedente. Stringeva il cuscino al petto ed emetteva versi strani.
«Che succede, Hanji? Non stai bene?» gli chiese Levi chiudendo la porta per poi sedersi accanto a lei.
«È troppo carino!» esclamò lei.
«Chi?».
«Moblit!» si alzò di scatto mettendosi accanto all’amico, senza smettere di stringere il cuscino.
«Quell’uomo con cui hai iniziato ad uscire?» chiese conferma. La donna annuì.
«È troppo dolce! E anche un po’ timido... è carinissimo!!» esclamò affondando la testa nel cuscino tornando ad emettere strani versi. Levi roteò gli occhi. Stette in silenzio per qualche secondo.
«Anche Eren ha pochi amici fidati» se ne uscì per cambiare argomento. Hanji lo guardò per poi passargli il cuscino.
«Tieni!» gli ordinò. L’uomo la guardò confuso. «Tocca a te sclerare!» precisò.
«Non ne ho bisogno, grazie» le disse guardando in basso. La donna si riprese il cuscino.
«Allora? Com’era?» gli chiese avvicinandosi fino a toccarlo. Levi lasciò perdere: aveva cose più importanti a cui pensare.
«Cercava di farmi sentire a mio agio, si era seduto vicino a me e mi ha detto tutto quel che sa su di me» iniziò a raccontarle. Parlarono della loro uscita tutta la sera, fino a quando Hanji crollò dal sonno. Anche quella notte a Levi toccò dormire con lei, anche se non riuscì a chiudere occhio ripensando alle parole del ragazzo: “Meglio avere pochi amici che tanti che ti parlano alle spalle”. Era vero e lui lo sapeva benissimo. Gli unici amici che aveva erano Hanji, Isabel e Furlan. Mike era più amico della donna che di lui, per questo non parlavano spesso. Si chiedeva se potesse davvero diventare amico di Eren, nel vero senso della parola.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


«Salve signore, cosa vuole ordinare?» chiese Eren a Levi sorridendo.
«Il solito» rispose lui mettendosi a sedere. Il ragazzo, allora, andò a subito a preparargli un tè nero. Era felice di essersi avvicinato a un po’ a lui in quei giorni. Avevano preso l’abitudine di uscire tutti i pomeriggi dopo che Eren finiva il turno. A volte riaccompagnava Levi in hotel, dove aveva l’occasione di parlare con Hanji e Mike. La donna, quando lo vedeva, non faceva altro che fargli domande mentre l’altro aveva la strana abitudine di annusarlo, cosa che faceva con tutti.
«Ecco a lei» gli disse Eren porgendogli la tazza di tè nero. Si avvicinò poi al suo orecchio. «Posso assistere alle prove oggi, Levi?» gli sussurrò facendo sorprendere l’uomo. Si sentì improvvisamente arrossire all’udire il suo nome detto in quel modo e il suo battito del cuore iniziò ad aumentare. Non capiva il perché, era la prima volta che gli succedeva.
«Non penso che puoi finire ora il tuo turno, Eren» gli disse bevendo il tè.
«Posso chiedere il permesso al capo dicendo che ho avuto un problema in famiglia». Levi lo guardò sorpreso: non avrebbe mai pensato che Eren potesse mentire così. «Sai Levi, gli studenti sono bravi a inventare scuse» gli spiegò ridacchiando. L’uomo sospirò.
«Va bene» gli disse appoggiando il bicchiere vuoto sul bancone per poi pagare e tornare nella sua stanza. Chiusa la porta, appoggiò la schiena ad essa mettendosi la mano sul cuore per poi stringere la maglia. Fece scivolare la schiena, sempre appoggiata alla porta, fino a mettersi seduto. Strinse i denti.
“Cos’era...? Perché mi sentivo in quel modo...?” si chiese Levi agitato. “Maledetto ragazzino... sarà davvero il caso di  continuare a stare con lui?”. Decise di non dire niente ad Hanji: avrebbe solamente peggiorato la situazione.
Arrivato il momento delle prove, Eren si fece trovare  all’hotel dove si incontrò con i No Name. Era emozionato all’idea di stare in macchina con loro e assistere alle loro prove con il resto dello staff. Erano in auto differenti: la band, Eren e i manager in una e lo staff in un’altra. Il luogo delle prove e del concerto era il teatro più famoso di Shiganshina, il Colossal Theatre.
«Eren, conosci questo teatro?» gli chiese Hanji entrando.
«Certo! Oltre ad essere il più famoso, è anche il più grande della città e può ospitare più scuole» spiegò il ragazzo ancora emozionato.
«E quante scuole ci sono?».
«Non tante... Shiganshina non è molto grande». Eren si voltò poi verso Levi. «Levi, qual è la prima canzone in scaletta?» gli chiese curioso.
«“Hizamazuke Butadomo Ga”» rispose continuando a guardare avanti.
«Posso cantare mentre vi guardo?».
«Certo! Magari, quando finiamo le prove, ti facciamo cantare al posto di Levi!» esclamò Hanji ridendo. Il ragazzo arrossì di colpo dicendo che non era molto intonato ma la donna insistette, quindi accettò insicuro. Eren notò delle persone con delle macchine fotografiche, forse paparazzi, ma non ci fece molto caso una volta iniziate le prove, siccome era impegnato a cantare e ad ammirare Levi. L’uomo, durante le esibizioni, non faceva altro che guardare il ragazzo e Hanji se ne accorse, tanto che lo prese da parte e gli chiese cosa vedeva in lui. Levi fu allora costretto a dire tutto.
«Il mio migliore amico è gay!» esclamò la donna sorpresa portandosi le mani al petto.
«Cosa?» domandò lui confuso.
«Ti piace Eren!» precisò lei.
«Mi piace un ragazzo?».
«Ti piace un ragazzo!».
«E questo ragazzo è Eren?»
«E questo ragazzo è Eren!».
«Smettila di ripetere quello che dico» disse secco Levi. Hanji si scusò. «Comunque, come fa a piacermi un ragazzo?».
«Ti piace, tutto qui».
«Ma come...?».
«L’amore non ha sesso. Se ti piace una persona ti piace, maschio o femmina che sia» spiegò Hanji sorridendogli. Levi rimase in silenzio. Era confuso. Non riusciva a capire com’era possibile che gli piacesse un ragazzo. Sospirò.
«E se davvero mi piace, come glielo dico?».
«Glielo dici e basta» rispose la donna come se fosse una cosa ovvia. «Ma se sei così insicuro riguardo i tuoi sentimenti, prenditi del tempo per riflettere». Al sentire quella frase, l’uomo non poté fare altro che abbassare la testa e ringraziarla.
Tornati in hotel, Levi si chiuse nella sua stanza e pensò ad Eren. Si mise il pigiama che gli aveva regalato il ragazzo durante una loro uscita. Era celeste con quelli che dovevano essere giganti disegnati in bianco. C’era anche un cappellino con lo stesso tema. Si buttò sul letto, prese il telefono e andò su Instagram. Cercò il profilo di Eren e, una volta trovato, aprì la chat e gli mandò un selfie con il pigiama. Tornò poi sul profilo e lo seguì.
“Ma cosa sto facendo...” si chiese affondando la testa nel cuscino. Il telefono vibrò: Eren gli aveva risposto. Levi si sentì arrossire appena lesse il messaggio. Il ragazzo gli aveva detto che era carino con quel pigiama e subito dopo gli mandò una foto. La aprì e vide che era un selfie dove Eren era sdraiato sul letto e gli mandava un bacio. Gli diede poi la buonanotte con un cuore. Levi arrossì ancora di più e ricambiò.
“Mi piace Eren...? Lo conosco da una settimana... com’è possibile?” continuò a chiederselo per un bel po’. Siccome non riusciva a prendere sonno, andò a farsi una doccia ma, appena entrato, sentì squillare il telefono. Lo prese e rispose.
«Pronto?».
«Levi, dove sei?» gli chiese una voce maschile dal tono agitato.
«In doccia, perché? Che succede Eren?».
«C’è un uomo che mi sta seguendo e il bello è che l’ho visto oggi alle prove! Che sia un paparazzo?» il ragazzo era preoccupato su quel che sarebbe potuto accadergli.
«Penso... ma che diamine ci fai in giro all’una di notte?!» domandò Levi preoccupato e confuso.
«Ero a casa del mio migliore amico».
«A fare cosa?».
«Studiare». L’uomo si sentì arrossire.
“Allora mi piace...? Come si spiega questa gelosia sennò? Ma poi perché devo essere geloso se non so nemmeno se è etero o no?!” si mise una mano sulla fronte. “Hanji ha ragione, devo farmi meno problemi” pensò sospirando.
«Levi, che devo fare?!» gli chiese Eren in preda al panico. Levi sbatté il pugno al muro e uscì dalla doccia.
«Vieni qui. Ti aspetto alla hall» affermò lui tornando in camera.
«Cero di fare veloce» disse il ragazzo per poi riattaccare.
L’uomo appoggiò il telefono sul letto e aprì l’armadio. Cercò dei vestiti da mettersi ma. Non trovando niente, lo richiuse e guardò il pigiama che stava indossando prima. Sospirò.
“Vado in pigiama, tanto devo solo aspettarlo nella hall” pensò vestendosi.
Una volta rimesso il pigiama, scese le scale e andò nel luogo prestabilito. Quando arrivò Eren, lo saluto cordialmente e si avvicinò a lui.
«Ti porto in camera, vieni» disse Levi guardandolo.
«Quanti letti ci sono?» gli chiese.
«Uno». Eren arrossì.
«Singolo o matrimoniale?».
«Matrimoniale». Si fece ancora più rosso.
«E dormirò insieme a te?».
«Vuoi dormire in terra?». Il ragazzo scosse la testa. «Andiamo allora» gli disse l’uomo girandosi.
Arrivati in camera, Eren si sentì in imbarazzo. Levi lo invitò a sedersi da qualche parte e a mettersi comodo. Il ragazzo si levò allora le scarpe e si sedette sul letto. L’uomo si mise davanti a lui.
«Vuoi dormire o fare altro?» gli chiese guardandolo.
«“Altro” in che senso...?» domandò Eren arrossendo.
«Bere qualcosa, parlare... cosa fate voi ragazzi quando state a casa dei vostri amici?».
«Di solito giochiamo alla PlayStation...» rispose guardandosi intorno. «Però non ce l’hai, quindi...» abbassò la testa imbarazzato. Levi si mie a sedere accanto al ragazzo.
«Quindi si dorme» affermò indicando i cuscini. «Sarai stanco, no?». Eren annuì. «Allora sdraiati e dormi. Buonanotte» disse sdraiandosi. Il ragazzo fece lo stesso. Si sentiva in imbarazzo. Non riusciva a dormire. Si girò dalla parte dell’uomo: era di spalle e gli scappò un sorriso quando lo vide con addosso il pigiama che gli aveva comprato. Si avvicinò d’istinto e gli afferrò la maglia. Levi arrossì un po’, anche se Eren non poteva vederlo.
«Sai Levi, anche se ci conosciamo da poco più di una settimana, sento che mi sto pian piano innamorando sempre di più di te» sussurrò lui pensando che l’altro stesse dormendo. L’uomo strinse i pugni.
«Prima mi piacevi, sentivo proprio che quel che provavo per te era amore, e per questo rifiutavo tutte le dichiarazioni d’amore delle ragazze a scuola» continuò.
“Perché? Non sapevi nemmeno se avresti avuto l’opportunità di incontrarmi in questo modo...” pensò mordendosi il labbro.
«Sognavo sempre di avere un’occasione come questa e finalmente posso rimanere solo con te... e nello stesso letto! Chi l’avrebbe mai detto?» sorrise. «So che è impossibile che tu pensi lo stesso ma mi piaci, Levi...». Levi si girò.
«Eren» lo chiamò. Il ragazzo subito arrossì e si pentì per quel che aveva detto. «Quindi ti piaccio...?».
«S-sì...?». L’uomo sospirò.
«Penso che...» iniziò accarezzandogli la guancia. «No, non penso, sono sicuro che...» esitò per un momento, giusto il tempo di far incontrare i loro occhi. «Anche tu mi piaci, Eren» dichiarò poi. L’altro rimase stupito. Gli prese la mano e gli sorrise.
«Posso... baciarti?» gli chiese più rosso di prima. Levi acconsentì, quindi lo baciò, ignaro di quel che avrebbe causato in seguito.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


«L-E-V-I!» lo chiamò Hanji entrando in camera sua. «Guarda qui!» esclamò sbattendo il giornale sulla scrivania. Si voltò poi verso il letto e vide l’uomo che dormiva sopra Eren. «Insomma, svegliatevi tutti e due!» andò da loro e li scosse. Una volta svegli, la donna portò loro il giornale.
«Cos’è?» chiese Levi leggendo.
«Vi hanno scoperto, ecco cos’è successo!».
«Ci hanno seguiti tutti i giorni?» domandò Eren incredulo. Guardò poi una foto infondo alla pagina dove lo ritraeva nella hall insieme all’uomo. «Questa è di ieri sera, sono sicuro che è stato quell’uomo» affermò indicandola.
«Sapete che ora siete sotto gli occhi di tutti, vero? E sicuramente sarà un problema per Eren...». Ci fu un attimo di silenzio dove i diretti interessati si guardarono negli occhi. Il ragazzo aveva uno sguardo preoccupato mentre l’altro era irritato. Sbatté il pugno sul letto.
«I fatti loro mai, eh? Eren, così non potrai più presentarti a scuola» disse Levi abbassando lo sguardo.
«Io sarei più preoccupata per i tuoi genitori, Eren...» intervenne Hanji guardando il ragazzo.
«Sono morti, vivo con mia sorella... di sicuro mi aiuterà, quindi non c’è da preoccuparsi» li rassicurò Eren sorridendo. Levi gli prese la mano e gliela accarezzo.
«Confermiamo il fidanzamento su Instagram, vieni Eren» disse l’uomo prendendo il telefono.
«E dopo che farai?» gli chiese Hanji.
«Parlerò personalmente co sua sorella e faremo il live regolarmente» annunciò lui.
«E dopo il live? Dovrò rimanere qui?» domandò Eren.
«Non lo so, Eren. Ci penseremo poi» concluse Levi aprendo la fotocamera di Instagram. Chiese ad Hanji di scattagli una foto mentre baciava il ragazzo. Una volta fatto, si riprese il telefono e scrisse sulla foto: “Come dicono i giornali, sono gay e sono fidanzato con questo bellissimo ragazzo chiamato Eren Jaeger. Se la cosa non vi sta bene, siete liberi di non seguirmi più”. Subito dopo, la donna pubblicò, sempre una storia di Instagram, un selfie con gli altri due scrivendo: “L’amore non ha sesso. Se non siete d’accordo potete smettere di seguirci”. In men che non si dica, le due immagini divennero virali su internet. Dopo qualche ora persino i siti giornalistici online e i telegiornali ne parlavano. Le reazioni dei fans erano differenti: chi li sosteneva, chi smetteva di seguirli e chi li offendeva nei commenti e nei messaggi privati, soprattutto a Levi. Eren si preoccupò ancora di più quando Armin, il suo migliore amico, lo chiamò. Andò in bagno per rispondergli.
«Armin?».
«Eren! Ma che sta succedendo? Cosa sono quelle foto?» gli chiese agitato. Il ragazzo deglutì.
«Armin, posso spiegarti...» gli disse con la voce che gli tremava.
«Non hai proprio niente da spiegarmi, Eren! Sei gay e ho vinto la scommessa. Ora devi invitarmi fuori» ridacchiò l’altro. Eren si mise una mano sulla fronte e iniziò a ridere.
«Idiota, mi hai fatto prendere un colpo! Eri così serio!» gli disse appoggiandosi alla parete. «Non ricordavo della scommessa... pensavo fossi scioccato».
«Io? Scioccato? Per queste cose? Eren, sai che leggo yaoi» gli ricordò Armin.
«Sì, sì lo so. Quando vuoi uscire? Stasera per cena ti va bene?» chiese il ragazzo sorridendo.
«Certo. Vengo in hotel alle sei e mezza? Almeno si parla di te e Levi mentre si va».
«Si va dove? Non vuoi mangiare in hotel?». Eren non capì. Armin aveva sempre cenato lì quando lo invitava.
«Si va in un ristorante. I soldi ce li hai, no? Almeno abbiamo un tavolo tutto per noi dove si può parlare tranquillamente» gli spiegò il biondo. Il ragazzo allora accettò per poi salutarlo e tornare da Levi e Hanji. Informò loro dell’impegno preso quella sera e disse all’uomo che, se voleva parlare con sua sorella, poteva accompagnarlo in quel momento. Nonostante ciò, lui rifiutò. Gli chiese l’indirizzo così da poter andare da solo e avere una conversazione più completa. Levi allora si alzò e si vestì.
«Eren, sai se questo tuo amico può aiutarci in qualche modo? Non so... magari ha qualche idea sul da farsi» gli chiese Hanji guardandolo speranzosa.
«Posso chiedere» rispose il ragazzo. «Con tutto quel che legge saprà sicuramente che fare...» disse a bassa voce guardando in terra.
«Cosa?» domandò la donna.
«Cosa?».
«Se è davvero così allora vale la pena parlarci» disse Levi mettendosi le scarpe. Era già pronto per andare da Mikasa. Eren guardò l’ora per poi correre a vestirsi: Petra sarebbe arrivata dopo pochi minuti per fare colazione con lui. Appena pronto, salutò Hanji e Levi e si avviò nella hall per incontrare la ragazza.
Una volta lì, la trovò in piedi davanti alla porta dello staff che guardava il so orologio da polso. Eren andò da lei scusandosi. Petra gli disse che non c’era bisogno e che pensava di essere stata lei ad aver sbagliato orario, siccome il castano era un tipo molto puntuale. Andarono nel bar dell’hotel, si misero al bancone e ordinarono. Subito il ragazzo si sentì osservato.
«Che c’è, Eren? Non ti senti bene?» gli chiese la ragazza guardandolo preoccupato.
«Non è niente, tranquilla Petra» rispose sorridendole. Continuarono a fare colazione finché Eren non si sentì a disagio tanto da dire a Petra che quel giorno non sarebbe andato a lavoro. Ogni volta che si girava c’era sempre qualcuno che parlava mentre lo guardava, chi ridendo, chi sorridendo e chi con disprezzo. Scappò in camera di Levi dove trovò Hanji sdraiata sul letto ad aggeggiare il telefono. Si mise disteso accanto a lei. La donna, appena lo vide, tolse il  cellulare e si girò verso di lui.
«Che è successo? Perché questa faccia impaurita?» gli chiese dolcemente.
«Mi guardavano» rispose con la voce che gli tremava.
«Chi?». Hanji si distese su un fianco.
«Tutti» disse alzando un po’ la voce agitato. La donna iniziò ad accarezzargli i capelli.
«Quindi oggi non lavori?» domandò dispiaciuta.
«No, non ce la faccio» rispose stringendo il pugno. L’altra lo strinse a sé dandogli un bacio sulla fronte.
«Tranquillo, non preoccuparti» gli disse a bassa voce.
«Posso rimanere qui per oggi? Non le do noia?» le chiese guardandola più calmo di prima. Hanji gli sorrise annuendo. «Hanji, Levi non diventerà geloso se mi coccoli così?».
«No, macché».
«Perché ti stai comportando così ora?».
«Hai detto che i tuoi sono morti, quindi volevo... sai...» la donna non seppe come finire.
«Volevi farmi sentire a mio agio mostrandomi affetto materno, giusto?» chiese conferma Eren. Hanji annuì. «Mia sorella fa lo stesso, sai? Anche se non è la mia vera sorella» le disse. La donna chiese spiegazioni. «È figlia di un amico di famiglia. È morto durante una sparatoria, quindi i miei hanno chiesto l’affidamento».
«E ora è tua sorella».
«Sì, anche se ha voluto mantenere il suo vero cognome» precisò il ragazzo.
«Posso sapere qual è?» domando Hanji.
«Prometti di non dirlo a nessuno?». La donna promise confusa. «Il suo cognome ha una storia un po’ complicata con la giustizia, quindi vorrei che non si sapesse in giro» le spiegò.
«Se è così come fa a scuola?» domandò Hanji stranita.
«Usa il mio, Jaeger». La donna lo intimò a continuare. «Il suo cognome è Ackerman».

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