Ritorno ad essere Alice.

di veneresun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La pioggia di Maggio ***
Capitolo 2: *** Honeymoon. ***



Capitolo 1
*** La pioggia di Maggio ***


Il cielo plumbeo di New York rispecchiava perfettamente il suo stato d’animo. L’odore di pioggia era particolarmente intenso, al punto da sovrastare il puzzo di frittura e sugo alla marinara che proveniva dalla pizzeria giù all’angolo. Si preannunciava una serata temporalesca, e quello era l’unico pensiero in grado di donarle una qualche sorta di serenità. La passione per i tuoni, i lampi e la pioggia scrosciante contro i vetri delle finestre se la portava dietro fin da piccola.
Sospirò, rannicchiandosi meglio contro i cuscini che aveva appoggiato sul davanzale interno della grande finestra della sua camera da letto. Era il suo posto preferito, fin da quando si era trasferita in quel fin troppo affollato loft nel Queens. I suoi coinquilini le piacevano, certo, ma spesso e volentieri aveva bisogno di stare da sola. E quella finestra si prestava incredibilmente bene allo scopo.
Inspirò profondamente una boccata di fumo dalla sigaretta che se ne stava in bilico tra l’indice ed il medio della mancina, e – come al solito – pochi secondi dopo un colpo di tosse interruppe il silenzio quasi surreale che regnava in camera sua, conseguenza del bruciore fastidioso che le aveva attraversato la gola e si era depositato poi nei polmoni. Fumare non le piaceva granché, né le riusciva poi così bene, ma in qualche modo osservare il fumo azzurrino che si sprigionava dalle sue labbra e respirare l’odore acre del tabacco bruciato, riusciva a calmarla. E quello strano sapore che le restava poi sulla lingua e sulle labbra le piaceva. Forse perché le riportava alla mente ricordi del passato, precisamente baci al sapore di tabacco e colluttorio. E sentirsi nostalgica era certamente più piacevole di quel perenne stato d’ansia che sperimentava ormai da settimane. La cosa peggiore, poi, era che credeva di essersene liberata da tempo. Ma, evidentemente, si sbagliava.
Abbassò lo sguardo, osservando lo smartphone che teneva in equilibrio su di una coscia, e morse distrattamente il proprio labbro inferiore, assumendo la sua tipica espressione pensierosa. La voglia di sbloccare lo schermo e digitare il numero di Liam era forte, ma altrettanto lo era quella vocina nella sua testa che gli suggeriva di non fare nulla, paventando disastri dei più vari se mai avesse compiuto quel gesto. Non si vedevano ormai da settimane, ma quella mancanza di lui che aveva pensato potesse scemare, era invece sempre la stessa. Anzi, a dire il vero, sembrava essere aumentata. E, verità per verità, non era esatto dire che non si vedessero da settimane. Perché lei, in effetti, l’aveva visto anche recentemente. Ma si era trattato di incontri “a senso unico”. Qualcuno avrebbe anche potuto definirli “donna che spia il suo ex marito, gli fa le poste e non ha il coraggio di avvicinarsi, neppure per salutarlo”. Sempre se qualcuno fosse stato a conoscenza della cosa, certo. Perché, fortunatamente, nessuno ne sapeva nulla; non Jacqueline, non Amanda… neppure Mila, la sua migliore amica, era stata messa al corrente del suo nuovo passatempo.
In effetti, nessuno sapeva poi molto neppure degli altri aspetti della sua vita, nell’ultimo periodo. Era tornata a New York da mesi, eppure sembrava che non vi fosse tornata affatto. Si limitava a recarsi al lavoro, facendosi assegnare più turni possibile in ospedale, semplicemente perché quello le impediva di pensare. Ma lavorava quasi meccanicamente, sembrava non esserci più passione in quello che faceva. Aveva imparato a ridurre al minimo il contatto coi pazienti, a non farsi più coinvolgere dalle loro storie. Era come se si fosse costruita una corazza invisibile addosso, e a nessuno fosse dato di scalfirla. Avrebbe dovuto prepararsi per l’esame di specializzazione che l’aspettava da lì a pochi mesi, ma per quanto il pensarci le trasmettesse un’incredibile ansia, quella stessa ansia le impediva di concentrarsi per studiare al meglio.
La destra raccolse il cellulare color oro, e il pollice digitò velocemente il codice per sbloccarlo. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, per uscire da quel circolo vizioso in cui si era rinchiusa da sola. Il numero di telefono di Liam riempì presto buona parte dello schermo, e un sorriso delicato le increspò le labbra rosee. Già immaginava la sua voce calda e rassicurante, le parole che le avrebbe detto, quel suo modo particolare di restare in silenzio e di comunicarle molto al tempo stesso. Sarebbe stato piacevole parlare con lui, molto. Magari l’avrebbe invitato a cena, o semplicemente a bere un caffè. E sarebbero potuti andare in quel posticino di Brooklyn, quel negozietto di dischi che sembrava essere stato trasportato in quell’epoca dal 1950. Era certa che gli sarebbe piaciuto, anche se non sapeva spiegarsi bene il perché. E poi sarebbero tornati a Manhattan, perché la statua di Alice a Central Park meritava assolutamente di essere vista per l’ennesima volta.
Sì, avrebbero trascorso del tempo decisamente piacevole insieme. Se solo si fosse decisa a premere il tasto verde. Invece lasciò scivolare lo smartphone tra i cuscini, così da non doverlo vedere e non avere nessuna tentazione.
Magari l’avrebbe chiamato un’altra volta.

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Capitolo 2
*** Honeymoon. ***


(( Flashback ))


«Che cosa hai fatto?!»
Alice allontanò il telefono, massaggiando con la mano libera l’orecchio in cui la voce di sua madre sembrava ancora rimbombare, lasciando dopo qualche secondo un suono molto simile ad un ronzio. Probabilmente comunicarle quella notizia per telefono non era stata una grande mossa, da parte sua. Soprattutto conoscendo i problemi di sua madre nel mantenere – già in normali conversazioni – un tono di voce pacato o, quantomeno, dissimile da quello di un tenore in concerto.
Sospirò, passando la lingua tra le labbra screpolate, e fece appello a tutto il proprio autocontrollo per cercare di mantenere un tono di voce allegro e di non interrompere la conversazione.
«Mamma, è solo un matrimonio, andiamo… lo sai che non mi sono mai piaciute le cerimonie in grande stile!»
«Solo-- »
La sentì sospirare rumorosamente all’altro capo del telefono, e non le risultò difficile immaginare il modo in cui stava sicuramente passandosi una mano sul viso, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per meritarsi un tale trattamento da parte della propria secondogenita. Di sicuro, poi, stava inviando una serie di maledizioni non meglio precisate all’indirizzo di quel giovane californiano con una faccia da schiaffi e l’atteggiamento di chi è abituato a non sentirsi mai dire di no da nessuno. Troppo affascinante, troppo alto, troppo—troppo tutto.
«Non si tratta della cerimonia, Alice. E non voglio sindacare la scelta di sposarvi in quel posto dimenticato da—a Las Vegas. Insomma, immagino che Elvis come officiante della cerimonia sia un cliché… interessante. Ma come, santo Cielo, come hai potuto sposarti senza dirci nulla?»
«Beh, tecnicamente te l’ho appena detto»
«… sai benissimo che non è la stessa cosa. Sai benissimo che questo giorno—dimmi un po’, Alice, come ti sentiresti se tra vent’anni tua figlia si sposasse – e tralasciamo il fatto che tu sia troppo giovane e conosca questo tizio da meno di un anno – e non ti dicesse nulla? Se non potessi vederla percorrere la navata, se non potessi ascoltare le sue promesse. Hai idea di come si sentirà tuo padre, quando saprà di non poterti accompagnare all’altare?»
«Vuoi farmi sentire in colpa? Perché--»
«Voglio solo farti partecipe del mio punto di vista. Tra l’altro, non solo ti sei sposata in gran segreto, ma me lo comunichi anche per telefono. Come, cosa di tutto questo ti sembrava una buona idea?»
«Va bene, ho capito, sono una figlia ingrata e degenere. Ho fatto uno sbaglio terribile, il che mi rende anche un’irresponsabile. Oh, e ovviamente sono anche un’ingenua. Ho dimenticato qualcosa, mamma?»
«Non è questo che--»
«Okay, ascolta, va bene così. Adesso ti devo lasciare, Liam è appena tornato. Oh, e ti saluta!»
«Alice--»
La cornetta venne sbattuta giù con forza, producendo un sonoro “clic”. Avrebbe probabilmente dovuto trattare quel telefono con maggior cura, considerando il fatto che non fosse suo, ma dell’hotel in cui alloggiava col suo fresco sposo. Ma, se anche l’avesse rotto, le sarebbe importato ben poco. Aveva ben altro di cui preoccuparsi, in quel momento.
Sbuffò rumorosamente e incrociò le braccia al petto, assumendo il tipico broncio che metteva su da sempre, ogni volta che le cose non andavano nel verso da lei sperato o immaginato. Le gambe, incrociate tra loro fino a quel momento, vennero stese sul materasso, procurandole una temporanea quanto quasi inconsistente sensazione di benessere.
«Qualcosa mi dice che i tuoi non hanno fatto i salti di gioia…»
Liam, tornato in camera poco prima che la conversazione venisse interrotta, le si avvicinò e si sedette ai piedi del letto, portando la mancina a carezzare delicatamente le gambe della bionda.
«Diciamo che è l’eufemismo del secolo. Sembrava quasi che avessi ammazzato qualcuno. Insomma, non mi aspettavo chissà quale esplosione di gioia da parte di mia madre, ma almeno un accenno, un minuscolo segno del fatto che, nonostante tutto, fosse felice per me. O, quantomeno, non così delusa.»
«Sapevamo che non sarebbe stato facile. Insomma, prova a metterti nei suoi panni.»
«Ti prego, non ti ci mettere anche tu con questa storia. Perché non ci prova lei, a mettersi nei miei?»
«Perché, in fin dei conti, siamo stati noi a…»
«A sbagliare? È questo che volevi dire?»
L’uomo schiuse le labbra in un sorriso divertito ed intenerito insieme, diminuendo ulteriormente la distanza che li separava. Adesso, almeno, era abbastanza vicino da poterle sfiorare le labbra con le proprie. E quel bacio delicato sembrava essere proprio ciò di cui Alice avesse bisogno. La bionda sospirò impercettibilmente, posando poi la fronte contro la spalla dell’altro, ad occhi socchiusi.
«No, non intendevo dire questo. Perlomeno, non nel senso che intendi tu. Non potrei essere più felice né convinto della mia scelta. Io ti amo, Alice. Ma sono i nostri genitori, ed è una reazione giustificabile. Vedrai, hanno solo bisogno di un po’ di tempo. E, nel frattempo, io direi di non preoccuparci troppo… questo non cambierebbe le cose. E ci sono mille altri modi di passare quella che, a conti fatti, è la nostra Luna di Miele. Non credi?»
Le labbra rosee di Alice si incresparono in un lieve sorriso, mentre la schiena era percorsa da brividi di piacere, e nello stomaco sembrava essere stato liberato un gruppo di farfalle impazzito. Era l’effetto che il tocco di Liam le aveva fatto fin dall’inizio, anche quando si limitava semplicemente – come in quel momento – a carezzarle la schiena. 
Sollevò il viso, così da posare lo sguardo su quello di lui, e sollevò le mani sul viso dell’uomo, carezzandone gli zigomi coi pollici mentre le labbra andavano ad incontrare quelle di lui. Socchiuse le palpebre, mentre la lingua si beava senza fretta il sapore dell’altro. Il fatto che sapesse di tabacco non la disturbava affatto, anzi. Era assolutamente la cosa più buona che avesse mai assaporato.
«Ecco, questo è uno dei modi che avevo in mente…»
Le parole di Liam, appena mormorate, si mescolarono al respiro di lei. Le mani, dapprima lente e delicate, vagarono febbrilmente lungo l’addome della giovane. L’abito bianco e corto venne tolto in fretta, finendo sul pavimento, che di lì a poco avrebbe ospitato anche i vestiti dell’uomo.
Decisamente un modo migliore di iniziare la loro Luna di Miele.





Ciao a tutti!
Ci tengo innanzitutto a precisare che i capitoli vengono scritti e pubblicati praticamente nello stesso momento, e non sono solita rileggere nulla(perché poi trovo cose che non mi piacciono, modifico, e alla fine cancello tutto...), quindi eventuali errori sono dovuti a distrazione, più che ad ignoranza (almeno spero!). Per quanto riguarda la storia, si tratta di un personaggio da me creato per il fakeworld di Facebook (tra l'altro, è per questo che - come nel capitolo qui sopra - uso spesso e volentieri troppo discorso diretto), mondo che però non sento più mio, e ho "abbandonato" da mesi. Tuttavia, da un po' di tempo sentivo il bisogno (?) di scrivere di Alice. e ieri, ispirata dal tempo pessimo di Milano, ho deciso di buttar giù qualcosa. E scrivo perché è un periodo un po' così, e mettere nero su bianco qualcosa mi rilassa - almeno in questo momento. 
E nulla, spero la storia possa piacere, ma comunque continuerò a scriverla, almeno fin quando questo mi darà una qualche sorta di pace.

 

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