La Maledizione di Nashoba

di DredaSM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La maledizione di Nashoba



 
Se parli con gli animali essi parleranno con te e vi conoscerete l'uno con gli altri.
Se non parli con loro non potrai conoscerli e ciò che non si conosce fa paura.
Quando qualcosa fa paura, l'uomo lo distrugge.
[cit. Capo Dan George]



CAP 1:
 
Il lunedì non gli è mai andato a genio.
Non per altro, ma nella sua vita le rogne peggiori sono successe sempre il primo dì della settimana: il primo giorno di scuola, di lavoro, il licenziamento, il giorno in cui è nato e in cui, nell’ultimo più recente e particolare caso, è stato arrestato.
 
-Jared? Jared Ouray?- domandò con tono burroso la guardia di almeno centocinquanta chili, poggiandosi con le mani alle sbarre della cella.
Indossava l’inconfondibile uniforme scura della polizia, con un berretto troppo piccolo per la sua testa grossa e calva, assomigliando più ad un pallone da rugby che ad una faccia.
Il ragazzo era seduto nella cella, ignorando la branda dall’altra parte di questa. Rimase seduto per terra in un angolo anche quando sentì il proprio nome. Alzò con lentezza il viso puntando lo sguardo duro verso il poliziotto.
-Seh… Sono qui- sbuffò il giovane.
Piegò il capo a destra e sinistra facendo scrocchiare le ossa del collo, indolenzito a seguito di una notte passata in cella dopo essere stato beccato con le mani nella cassaforte di un negozietto di vestiti molto costosi.
-Libero. Ti hanno pagato la cauzione- grugnì l’uomo mentre girava la chiave nella serratura della cella facendo scoccare il suono della liberazione.
Il ragazzo, tiratosi in piedi a fatica, dopo una stiracchiata di ossa e muscoli, si apprestò a uscire da lì dentro sfregandosi ancora i polsi dove poco prima portava le manette dell’arresto.
Riavuti i suoi averi, quali: il cellulare, il giubbotto, il portafogli e le chiavi della sua macchina; si infilò nelle tasche l’intascabile e indossò la giacca di jeans con stizza, rimanendo sotto il controllo del poliziotto.
Oltrepassando la soglia si ritrovò in quello che doveva essere l’ufficio della centrale di polizia.
Lanciò una rapida occhiata a Gad, suo nonno, seduto davanti alla scrivania oltre la quale vi era l’altro ufficiale. Non disse nulla e, ignorandoli, Jared tirò dritto verso l’esterno dell’edificio.
Il vecchio Ouray lo guardò in tralice facendo un profondo respiro alzandosi in piedi e rimettendosi il cappello texano in testa mentre il nipote occupava posto sul vecchio furgoncino parcheggiato davanti all’entrata.
-La ringrazio vice sceriffo Flanagan. Mi scuso per i problemi che…-
-Senta-, lo interruppe il suo interlocutore alzandosi in piedi e poggiando le mani sulla scrivania di fronte a se. Era un tipo smilzo, alto almeno un metro e ottanta e con la puzza sotto il naso. –Lo tenga d’occhio. Lo abbiamo beccato già cinque volte in questo mese e a lungo andare s’inizia a perdere la pazienza. Non so se mi sono spiegato…-
-Non si preoccupi, lo farò rigare dritto io- rispose il vecchio con aria da giustiziere. Uscì e raggiunta la vettura mise in moto, allontanandosi in direzione sud.
 
-Perché sei venuto tu?- chiese Jared alla prima svolta della strada. Dalla terza curva in poi iniziò a guardarsi in giro e prese a essere impaziente. In più i silenzi del vecchio alimentavano il suo nervosismo. –Questa non è la strada di casa. Dove stiamo andando? E la mia macchina dov’è?- domandò stizzito guardando Gad in cagnesco aspettando delle risposte che ancora non arrivarono.
Il vecchio non schiodò l’attenzione dalla guida e continuò a velocità moderata lungo il rettilineo della strada provinciale in uscita dalla città.
-La tua macchina non ti deve più interessare e il fatto che io sia qui è anche la risposta alla seconda domanda-
-Che vuoi dire? Voglio sapere dov’è la mia macchina. Non vado da nessuna parte con te!- sbottò a quel punto Jared voltandosi e aprendo la portiera, minacciando di scendere dalla vettura in corsa.
Gad si vide costretto a sterzare bruscamente per accostare al lato della carreggiata. Allungò la sinistra verso il giubbotto del nipote e lo strattonò riportandolo all’interno del furgoncino.
-Che diavolo vuoi fare, ragazzino?!- sbraitò Gad mettendo in folle il motore. –Vuoi sapere dove stiamo andando? Te lo spiego io: andiamo a casa mia. Tuo padre mi ha dato il consenso e quindi non voglio sentire obiezioni-.
-Ho ventiquattro anni e già da sei posso fare quello che voglio. Questo è sequestro di persona-
-I poliziotti saranno ben lieti di saperti rinchiuso a casa mia piuttosto che averti di nuovo in cella da loro-, rispose ridendo il vecchio alle affermazioni del nipote facendo un’alzata di spalle.
-E la mia macchina, allora?- continuò Jared su quell’argomento, stufo della situazione.
-Tuo fratello sarà ben lieto di farci un giretto di tanto in tanto. Ho dato le chiavi a Greg-
Il ragazzo strabuzzò gli occhi.
-A Greg? Quel fesso!? Stai parlando del mio fratellastro… Quello non è mio fratello-, alzò la voce Jared incrociando le braccia e stravaccandosi sul sedile del passeggero. Sbollentata la rabbia, in pochi secondi, accennò a utilizzare un tono meno aggressivo.
–Perché sei venuto tu?-
Rimesso in moto il furgoncino, Gad tornò sulla strada riprendendo l’andatura a velocità moderata di poco prima.
-Tuo padre…-
-Patrigno-, lo corresse Jared fermandogli la frase sul nascere.
Con un ghigno malevolo, Gad piegò il capo in cenno d’assenso tenendo la destra sulla cima del volante e la sinistra con il gomito poggiato allo sportello.
-John… mi ha chiesto di tenerti per un po’ di tempo sotto il mio tetto. “Fallo rigare dritto. Se non ci riesci tu, nessun altro ce la potrà fare!”, mi ha detto. Sono sicuro che un po’ di vita boschiva ti rinfrescherà le idee sul tuo futuro. Non sei più un ragazzino, Jared-
Tuttavia, le parole di suo nonno sfumarono nella sua testa già a quella brutta imitazione di John. Chiuse gli occhi e poggiò la testa contro il finestrino dormendo per tutto il tragitto, recuperando la notte passata in cella.
 
In Canada, quando ti muovi in macchina per le campagne, può sbucarti di tutto sulla strada e non è di certo una rarità trovare sull’asfalto le carcasse di animali defunti, praticamente spiaccicati al suolo.
Il vecchio Gad, dal canto suo, si era procurato quel vecchio macchinone resistente, anche a prova di mucca. Sarebbe rimasto in piedi persino dopo lo scontro contro un bufalo. Erano tutte dicerie e a lui non interessava di certo per questo motivo ma perché era in grado di attraversare torrenti e i cumuli di neve invernali.
In più, per Gad, vedere gli animali morti sull’asfalto, era qualcosa di raccapricciante e di vergognoso.
Non per Jared.
Lui, molto spesso, da ragazzo, quando frequentava le superiori, perdeva il tempo a contare le “marmellate” sul tragitto da casa di suo nonno a quella del patrigno.
Era costretto ad andare avanti e indietro per poter vedere sua madre che, per gli ultimi mesi di vita, aveva desiderato stare nell’abitazione in cui era nata e cresciuta, attorniata dalle foreste, con suo padre.
Non potendo saltare mesi di scuola, Jared dovette organizzarsi per andarla a trovare i pomeriggi fino a casa di suo nonno e stare con lei a tempo libero. Fu così che ebbe la sua prima macchina, dopo aver preso la patente immediatamente in seguito al compimento dei sedici anni.
Se avesse dovuto descrivere quei mesi con un aggettivo in particolare, li avrebbe definiti tempi “malati”.
 
-Sveglia ragazzo, siamo arrivati-
La voce rombante di suo nonno lo riportò al presente. Intorpidito e incriccato per la mancanza di un cuscino sul quale poggiare la testa, uscì dalla macchina e si districò le gambe sgranchendosi le ossa.
Portò lo sguardo attorno a se.
Si era quasi dimenticato delle montagne, i laghi, le foreste e i fiumi, per non parlare del freddo. Vivendo in città neppure ci si accorgeva di essere in Canada ma lì, ad un passo dai boschi della zona e dalle riserve naturali brulicanti di animali liberi e protetti, sembrava di stare perennemente in campeggio.
Jared salì le scale del portico in legno non mancando di provocare qualche scricchiolio per colpa delle vecchie travi. Era da anni che non metteva piede in quella casa e ora sentiva addosso tutto il freddo di quei tempi “malati”, come li chiamava lui.
Si ficcò le mani nelle tasche del giubbotto per poi andare a fare qualche passo all’interno della casa.
Sembrava che il tempo lì si fosse fermato congelando tutto quanto così com’era otto anni prima.
Il quadro alla parete che non riusciva ancora a identificare come qualcosa di concreto, l’arredamento vecchio e dai colori caldi d’accompagnamento al parquet di scarsa qualità e alla carta da parati giallognola e floreale. La poltrona era sempre allo stesso identico posto vicino al camino ma voltata verso la tv, sostenuta da un mobiletto di legno comprato in saldo, o comunque di seconda mano.
-Lo sai che adesso esistono le tv ultrapiatte d’appendere al muro, vero?- domandò il ragazzo cercando di tirare a indovinare sull’anzianità della televisione, piccola e spessa, piazzata in quel soggiorno.
-Quel gioiellino avrà quasi la tua stessa età. Non prendere in giro i vecchi e vieni a darmi una mano piuttosto-.
Detto questo, nonno e nipote, si misero a tentare di fare del loro meglio per riuscire ad accendere il camino.
Faceva talmente freddo da dover stare in giaccone persino in casa, attesero quindi che il fuoco fosse bello vivace prima di occuparsi del pranzo.
Gad scomparve in cucina mentre Jared fece un altro breve giro della casa.
Era tutto esattamente come si ricordava. Dopo aver percorso le scale si era voltato verso l’uscio semi aperto della stanza di sua madre. Appesa sulla porta vi era una lavagnetta colorata con sopra scritto “Sarah” in stampatello viola.
Jared vi passò due dita leggere sul bordo levandovi la polvere, portando gli occhi verdi sopra alla scritta fatta molto tempo fa da sua madre.
Non entrò nella stanza. Lì, a detta di suo nonno, era spirata nel sonno con il sorriso sulle labbra anni addietro. Non voleva mettervi neppure piede e così ripercorse i propri passi scendendo di sotto.
 
Per pranzo mangiarono della semplice carne secca con uova strapazzate e dell’acqua gelida.
Non parlarono molto, o meglio, Jared non spiccicò parola mentre il vecchio Gad continuò a parlare del lavoro come guardia forestale descrivendo tutto quello che avrebbero dovuto fare nel tempo di quel pomeriggio stesso. Gad parlava, era Jared che non ascoltava.
Finito il pranzo, il nipote si trovò costretto a dover seguire suo nonno al lavoro con Hugh, il suo vecchio cane-lupo.
Descrivere Hugh era facile: vecchio, fedele e leale. Seguiva Gad ovunque e questo se lo portava dietro ben volentieri da quando era cucciolo, nato da un pastore tedesco e una lupa.
Saliti in macchina tutti e tre partirono per la ricognizione all’interno delle terre della riserva e per sistemare delle pratiche.
Con molta poca voglia di starsene lì come un prigioniero, Jared strinse i denti fino alla fine del turno di Gad al lavoro.
Il vecchio avvisò molti turisti dei pericoli e già a metà pomeriggio il ragazzo aveva imparato a memoria tutta la sfilza di regole di cui dover tener conto all’interno dei parchi.
Mentre il vecchio rimase a parlare con un turista straniero cercando di farsi capire, Jared notò un movimento insolito tra la boscaglia vicino a una famiglia intenta a mangiarsi il pranzo al sacco. Fece qualche passo e vide il muso di una volpe concentrata ad osservare affamata i sandwich che i turisti avevano dentro una cesta di vimini al loro fianco. Il ragazzo, volendo intervenire, afferrò da terra una manciata di sassolini e iniziò a gettarne una manciata attorno al cespuglio nel quale si era nascosta la ladra rossa, spaventandola fino a vederla correre via come una furia.
Dal suo punto di vista era anche quello un modo per mantenere la tranquillità nei parchi della riserva. Forse con un metodo un po’ brusco, ma l’importante non sono i mezzi quanto più i risultati, no?
Dopo sei lunghe ore di camminate per i boschi, una volta a casa, era talmente stremato da star male.
Faticava persino a fare i gradini del portico e quando sentì la porta di casa aprirsi desiderò solo farsi una doccia e infilarsi sotto le coperte. Avrebbe pensato l’indomani a un modo per scappare da quella galera.
-Tuo padre mi ha dato una valigia di vestiti tuoi- fece Gad lanciandogli il mazzo di chiavi del vecchio furgoncino. Il ragazzo le afferrò al volo e tornò a guardarlo.
-Patrigno- precisò Jared, fulminandolo con lo sguardo mentre questo si levava sulla poltrona i pesanti scarponi sporchi di fanghiglia.
Il giovane uscì sbattendo ferocemente la porta di casa, scese il portico e raggiunse la vettura parcheggiata proprio lì di fronte.
Aprì il baule trovandovi all’interno la sua valigia blu con dentro vestiti di ogni genere che fino a ventiquattro ore prima stavano nei cassetti del suo armadio, a casa sua.
Aveva già la mano sulla maniglia del bagaglio per tirarlo giù dalla macchina quando tornò a fissare il mazzo di chiavi che ancora stringeva nella sua destra. E lì gli venne l’idea.
Non ci mise poi molto ad attuare il suo piano di fuga, poiché la prima chance gli si era palesata sopra a un piatto d’argento.
Sorrise tra se e se stringendo tra le dita le chiavi, chiuse il baule e saltò immediatamente al posto di guida.
Pochi secondi dopo già si stava allontanando dalla tenuta di suo nonno sfrecciando a gran velocità per allontanarsi da questa e dal suo vecchio proprietario.
 
Sarebbe tornato a casa sua, nel buio della notte sarebbe entrato nell’abitazione, grazie alla chiave d’emergenza dentro il vaso di fiori di fianco alla porta d’entrata, avrebbe preso le chiavi della sua auto, il resto delle sue cose, qualche gruzzolo di soldi e se la sarebbe filata via.
Era stufo della gente che lo comandava a bacchetta senza averne alcun diritto. Odiava quell’insulsa situazione.
John era ricco grazie alla sua azienda di elettrodomestici, di certo non gli sarebbe pesato troppo ritrovarsi il portafogli alleggerito di un milione o due, no?
Non faceva che dar loro un peso in meno andandosene lontano e sparendo dalla circolazione. Non era di certo il figlio prediletto o il nipote ben voluto dalla famiglia. Nonostante la sua fedina penale costantemente macchiata di furti di ogni genere, era comunque più sostanziosa la lista dei suoi licenziamenti in una montagna di posti di lavoro diversi.
Greg era giusto. Un damerino studioso che avrebbe continuato a regnare nell’azienda di suo padre. Un fesso, appunto, come lo definiva sempre Jared. Perché limitarsi a rimanere per tutta la vita nello stesso posto quando si poteva girare come e dove si voleva?
Il ragazzo sbadigliò di stanchezza e, volendo rompere il silenzio, accese la radio su una stazione di musica country.
Il rettilineo era deserto, sia di macchine, sia di case e stabilimenti. Una strada immersa nel buio della notte e semi-inghiottita dalla vegetazione della foresta che la carreggiata tagliava in due parti, senza recinzioni o guard rail.
Il terzo sbadiglio e l’appesantirsi delle palpebre avrebbero dovuto metterlo in allarme. Purtroppo nei dintorni non vi erano posti in cui fermarsi e, se l’avesse fatto, avrebbe rischiato che durante il suo pisolino potesse essere aggredito da un orso, un puma o, peggio ancora, da un paio di poliziotti decisamente poco amichevoli essendo stati sicuramente chiamati a dover gironzolare come matti alla ricerca della macchina che stava attualmente guidando lui ma che era di proprietà del capo dei ranger locali.
La musica prese toni quasi ipnotici mentre il riscaldamento rendeva l’ambiente lievemente meno freddo dell’esterno. La notte incombeva senza luna mentre solo i suoi fari illuminavano la strada. Nessun altro suono o rumore si disperdeva nell’ambiente se non quello del furgone e della musica di sottofondo.
Si diede uno schiaffo sul viso per tenersi sveglio ma l’inevitabile capitò ugualmente e, tenendo entrambe le mani sul volante, si assopì per pochi secondi. Solo uno o due, non di più. Furono sufficienti perché, appena li riaprì, fu come cadere per un secondo dentro ad un burrone.
Con ancora addosso la sensazione forte di vertigine, non vide il corpo, illuminato eccessivamente dai fanali, venirgli addosso dopo essere uscito dalla boscaglia e diretto verso la foresta situata a destra rispetto alla strada.
Fu un boato violento che lo svegliò del tutto come fosse stato preso da un colpo di cannone.
Strinse le mani sul volante e schiacciò il pedale del freno ma dovette sterzare perdendo il controllo del quattro ruote.
Ingoiò un’imprecazione uscendo di strada senza mollare il freno ma questo sembrava fuori uso, tanto che il furgone finì la sua corsa contro una grande quercia, provocando un grande boato.
Jared batté con violenza il capo contro il volante e fu strattonato indietro dalla cintura di sicurezza.
In seguito tutto tacque.
In quei pochi minuti prima di svenire, tutto ciò cui riuscì a pensare fu che qualcosa lo aveva colpito. Di sicuro non era grande quanto un bufalo o una mucca, ma comunque era riuscito a fare in modo di mandare fuori traiettoria il furgoncino.
Cercò inconsciamente di creare un quadro della situazione, di provare a muoversi per constatare i danni e capire cosa gli fosse successo ma, pochi istanti dopo, la vista gli si annebbiò e la bocca si fece più pastosa. Fu percorso da un profondo freddo e infine perse conoscenza.

 
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Salve,
ho deciso d'iniziare a pubblicare qui su EFP i capitoli de "La Maledizione di Nashoba", un libro che pubblicai nel 2012.
Si tratta di una storia acerba, forse non molto elaborata e che pecca di diversi errori di sintassi ma per me è ancora molto preziosa. Per questo motivo voglio iniziare a condividerla con voi e spero possa piacervi e intrattenervi per le prossime settimane in cui pubblicherò i successivi capitoli, fino alla fine del libro.
Vi ringrazio e buona serata/giornata!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAP 2:
 
Ci mise diverso tempo per riprendersi.
In un primo momento non capì dove potesse essere e non ricordò neppure cosa fosse successo. Dovette passare quasi un minuto prima di fargli ritornare tutto alla mente, come fossero scene di un film visto a rallentatore.
Tornò in se, ma non sapeva quanto tempo fosse ormai passato. Il silenzio sovrastava la zona molto più di prima ma si accorse che non era più seduto nella macchina e non aveva neppure la testa contro il volante sul quale aveva perso i sensi.
Aprì gli occhi ma non riuscì a vedere nulla e il mal di testa prese ad aumentare.
Gemette di dolore dopo aver provato a muovere qualche muscolo. Una stilettata bollente dietro il collo partì da questo e percorse tutta la spina dorsale.
Tutto ciò che riuscì a comprendere fu che era stato disteso sul fianco destro e che si trovasse al suolo. Attorno a se vi era solamente il buio.
In un primo momento era circondato dal totale silenzio ma un rumore gli entrò nelle orecchie catturando la sua attenzione: un pianto. Come una goccia d’acqua che continua a cadere, a ogni singulto sentiva il rimbombo del suono in tutta la sua testa.
Schiuse le labbra secche in cerca dell’acqua che non sarebbe arrivata di certo da sola. Aveva sete.
Sentì una ventata di vento gelido e tremò sentendo talmente tanto freddo che pensò quasi di essere nudo lì nel mezzo della foresta.
Forse dei ladri passati di lì lo avevano spogliato dei suoi averi e lasciato inerme nel bosco?
Poco probabile.
Di sicuro il tizio che lo aveva levato dall’interno del furgone non aveva chiamato l’ambulanza. Forse si trattava di uno dei bracconieri di cui aveva parlato a pranzo suo nonno? A dirla tutta erano anni che giravano per quei territori. Li aveva anche visti una o due volte di ritorno dai suoi viaggi lampo quando sua madre era malata.
Non avrebbero mai chiamato soccorsi. Non avrebbero avuto di che rispondere sul perché, di notte, questi si aggirassero per certi spazi aperti e disabitati e neppure si sarebbero presi la briga di fare una chiamata anonima dovendo per forza utilizzare un numero di cellulare.
Uno sparo, freddo e tagliente, fendette il quasi totale silenzio confermando la sua versione.
Già, non poteva che essere bracconieri in cerca di qualche bella preda nelle terre della riserva a cavallo della strada.
Sentì il rumore del pianto martellargli in testa ancora più di prima. Chiunque esso fosse, sembrava essersi spaventato al suono di quello sparo e Jared non gli dette di certo torto.
Chiunque si spaventerebbe al suono degli spari così vicini, in un posto isolato e senza avere la certezza di poter incontrare gente diplomatica.
Eppure avrebbe creduto quasi che quel pianto fosse il proprio o che forse si potesse trattare dello scherzo della sua immaginazione o del suo mal di testa.
Fu in quel momento che, prima di aprire di nuovo gli occhi chiari nel buio profondo, provò a muovere la mascella per parlare.
-Ehi…- rantolò. Neppure le sue stesse orecchie sentirono quel lieve rumore. Dopo qualche colpo di tosse, quasi avesse ingoiato il Sahara accompagnato da un bis di Montagne Rocciose, tentò di nuovo di prendere parola.
-Ehi- riuscì a dire con voce più normale. -Cosa… cosa succede?- domandò Jared, non sapendo come altro fare per comprendere il punto della situazione. Non vedeva niente e non stava capendo più nulla ormai. Ragionare per conto proprio era difficile.
Provò ancora ad aprire gli occhi, riusciva ora a mettere a fuoco abbastanza da vedere i contorni degli alberi e della macchina a circa cinque metri di distanza. Decise di tenere le palpebre chiuse per rilassare gli occhi e attenuare il mal di testa opprimente.
-Credo di essermi rotto qualcosa- frignò la voce di un giovane che doveva essere poco più che un bambino.
-Dannazione…- mormorò a denti stretti Jared.
Ora aveva capito.
Per colpa del suo colpo di sonno doveva aver preso sotto un ragazzino intento probabilmente a chiedere un passaggio. Possibile? A quelle ore di sera e, ironia della sorte, proprio sul pezzo di tratta da lui intrapreso con gli occhi appesantiti dal sonno? Era vero, non aveva gli occhi aperti e quindi non ne aveva la certezza ma sperava che stesse meglio di quanto s’immaginava.
Ci fu un altro sparo e quello fece scaturire dal più giovane un gemito strozzato.
-Che succede?- domandò Jared, ancora più preoccupato.
-Il rumore… i fuochi- rispose il ragazzo prima di essere interrotto da un altro sparo ancora.
-Sono solo bracconieri. Non ci uccideranno, anzi, probabilmente potranno chiedere aiuto a qualcuno… spero-.
Le sue parole avrebbero dovuto risollevare il morale del ragazzo, era per quello che fingeva di crederci sul serio, ma sapeva benissimo di star dicendo una bugia. I bracconieri, pur di evitare rogne, li avrebbero lasciati lì, abbandonati a se stessi.
Il ragazzo aveva ragione ad averne paura e Jared iniziava ad agitarsi.
-Allora…- mormorò serrando gli occhi dopo aver tentato di riaprirli ancora una volta.
Quella carta doveva lasciarla a parte. Inutile continuare a controllare se ci vedesse bene o no in quel momento. Meglio concentrarsi su qualcosa per riuscire ad andare lontano da quel luogo. Immediatamente.
Doveva cercare di salvare la pelle a entrambi.
Il cellulare purtroppo non l’aveva con sé. Era sicuro di averlo lasciato in casa del vecchio, per cui non poteva chiamare soccorso.
-Ehi, hai un cellulare?- provò a chiedere Jared, tentando di sedersi per terra per stare un po’ più comodo.
Il giovane ci mise qualche secondo di troppo a rispondere, cosa che innervosì Jared.
-Cosa?- domandò con tono incerto lo sconosciuto.
-Lascia stare. Ascolta: dobbiamo trovare un modo per uscire da questa situazione e chiamare soccorsi. Io non riesco a vedere niente, probabilmente ho battuto troppo forte la testa. Puoi darmi una mano?-
Non gli andava a genio doversi appoggiare a qualcuno in questo modo ma di sicuro non poteva fare di più, per entrambi.
Jared cercò di voltare il capo in direzione del punto in cui doveva trovarsi l’altro ragazzo.
Seguirono ulteriormente altri tre spari, uno di seguito all’altro. Sembrava che i bracconieri avessero adocchiato qualcosa e che questa non fosse stata presa al primo colpo.
Pochi secondi.
Un altro sparo vibrò in aria e colpì il punto prefissato.
Un grido agghiacciante lo seguì.
-No… No! Arty!- urlò il ragazzo in lacrime vicino a Jared col tono di voce incrinato.
D’improvviso, in quei pochi istanti, un rombo sconquassò le orecchie di Jared. Ebbe quasi lo stesso senso di vertigine provato prima dello schianto.
Sentì le frasi di sconforto del giovane lì vicino e al contempo quello strano e inquieto boato dentro di se.
Fu come tapparsi le orecchie e sentire il battito del proprio cuore. Il suono dei polmoni che cercano aria e la ricacciano fuori. Ma non era di Jared quel misto di rumori e sensazioni. Ciò che sentiva, in realtà, erano le condizioni di qualcuno in serie difficoltà.
Il fragore del cuore che accelera. Il respiro frequente e affannoso. Tamburi che battevano i loro suoni dentro la sua testa con forza, violenza. E poi, solamente un sussurro.
Randy… Lany…”.
Si trattò solamente di un mormorio soffiato, come dettato da qualcuno lì, al suo fianco, e per Jared fu come avere quei nomi marchiati a fuoco nella propria testa.
In seguito, ebbe un’enorme sensazione di vuoto e di gelo, paragonabile a ciò che si prova quando si manca un gradino o quando ci si rende conto di aver dimenticato qualcosa di dannatamente importante.
Era perso.
Non sentì più nulla se non l’ambiente circostante e si accorse di essere scosso dai brividi.
Fece passare qualche secondo per tentare nel migliore dei modi di rimettersi in piedi e, quando si sentì la sensazione di essere diritto con la schiena, si disse abbastanza soddisfatto.
-Arty…- mormorò senza voce il giovane lì, vicino a lui.
-Cos’è successo? Chi è Arty?-
-Hanno… hanno ucciso mio fratello. N-no! Arty!- proruppe in un grido disperato, lento e straziante.
Se quel che diceva il ragazzo era vero, e cioè che quei tizi dal grilletto facile avevano appena ammazzato una persona a sangue freddo, allora sì che avrebbero dovuto iniziare a preoccuparsi.
Nella testa di Jared iniziarono ad accendersi diverse lampadine d’allarme. C’era una situazione di rischio, non vi erano oramai più dubbi.
Che fossero bracconieri, assassini o gente facente parte di un attentato, la cosa da fare era comunque la stessa: scappare.
-Dobbiamo andarcene. Ora!- sentenziò Jared mantenendo la voce bassa ma perentoria.
Da quel poco che era riuscito a capire, si trovavano di fianco alla strada, non molto lontano da questa e neppure dal luogo in cui era stato ucciso Arty.
Troppo rischioso. Non erano per nulla riparati.
-Riesci a camminare?- domandò al ragazzo, una volta che questo sembrò essersi ammutolito.
Nemmeno gli spari successivi lo sbloccarono da quel torpore mentale che ci si sente addosso quando qualcuno che si ama muore. Jared sapeva bene ciò che stava passando in quel momento il ragazzo, ma dovevano darsi una mossa per non fare la stessa identica fine.
-Come ti chiami?- gli chiese, cercando di farlo parlare e trovando un modo per avvicinarsi in direzione della sua voce.
-Randy- mormorò questo.
-Io sono Jared. Jared Ouray. So come ti senti, sul serio, ma dobbiamo alzarci e camminare. Mi capisci?- forse troppo duro con il tono di voce ma non c’era tempo da perdere. Non poteva neppure lasciarlo indietro, oltretutto aveva bisogno dei suoi occhi per vedere in che direzione andare.
-Non riesco a muovermi… non posso alzarmi- rantolò Randy dopo qualche secondo.
-Così avrai fatto morire tuo fratello per niente- rispose Jared con tono fermo.
Doveva dare una svegliata al ragazzo o avrebbero davvero rischiato grosso.
-Non parlare di lui in questo modo!- sbraitò il giovane, liberando una parte della rabbia che portava ora dentro di se. Anche si fosse beccato un pugno in faccia, a Jared sarebbe importato poco. L’importante era uscire vivi da lì.
Lo sentì alzarsi in piedi sopra la sterpaglia. Vacillava ma si era finalmente tirato su.
-E allora muoviti e andiamocene!- rispose in malo modo Jared, seguito da un altro colpo di pistola che sferzò l’aria proprio vicino al suo viso.
Sentì colare il caldo sangue sulla guancia e il bruciore del taglio provocato dal proiettile. Lo avevano colpito. Di striscio, ma preso proprio in pieno. Li avevano localizzati e ora miravano a loro due. Non gli avevano mai sparato addosso, nonostante le sue bravate.
Spalancando gli occhi sentì l’adrenalina scorrergli nel sangue.
-Andiamocene!- gridò.
Si mossero per cercare di dirigersi il più veloce possibile verso la meta: il profondo del bosco. Pochi istanti di corsa e sentì avvicinarsi qualcun altro al suo fianco. Questo, dopo un primo spavento di Jared, lo indirizzò per la giusta strada rimanendo al suo fianco.
Dietro di loro, gli spari arrivavano precisi come palle di cannone e li sfioravano di continuo in quella folle corsa zoppa e disperata.
Soltanto alcuni minuti dopo riuscirono a distanziarsi e a nascondersi abbastanza bene da non essere più seguiti dagli uomini armati. Passò almeno un’ora prima che, sfiniti, crollassero su un manto di foglie secche e rami umidi del sottobosco.
 
Quando Jared si risvegliò non seppe capire dove fosse e neppure di che giorno si trattasse ma ebbe l’impressione di non aver aperto per nulla le palpebre, nonostante avesse la certezza di aver aperto gli occhi.
Aveva ancora problemi alla vista?
Assottigliò lo sguardo e provò a cercare dettagli nel buio. Li trovò.
Bagliori sottili di luce si muovevano sopra la sua testa, tra le fessure e le sporgenze del soffitto in pietra. La debole luce era smossa e vibrante, come riflessa da uno specchio d’acqua.
Ne sentì il rumore. Goccia dopo goccia cadeva dentro una pozza da qualche parte nel luogo. Il suo stesso respiro produceva un debole eco tutt’intorno.
Aveva l’aria d’essere una grotta.
Sapeva che in quel territorio ve n’erano almeno una decina, abbastanza profonde da poter ottenere un’oscurità simile ma in sole sei di queste c’erano sorgenti d’acqua all’interno. Piccole pozze abbastanza sostanziose da rendere quelle fredde grotte comode tane per dei branchi di lupi e orsi.
Chiunque lo avesse portato in quel posto lo aveva adagiato su un letto di erba secca e pagliericcio dietro ad una grande roccia. Da dietro questa sembrava arrivasse la luce del giorno.
Rimase a riflettere per un po’ ma, dopo qualche minuto, decise di muoversi e di provare a sedersi.
Non fu affatto facile perché la testa ancora gli doleva e i muscoli indolenziti reclamavano il loro tanto agognato riposo.
Iniziò a pensare di essersi fratturato qualcosa. Una costola? Una gamba? Una vertebra?
Si sentiva strano dal momento in cui si era risvegliato dopo l’incidente.
-Ma… che?- mormorò con la bocca ancora impastata dal sonno e portando la mano alla testa.
Appena prese a grattarsi sembrò che al posto delle unghie avesse delle piccole lame che lo pizzicarono dolorosamente e subito si ritrasse di soprassalto.
Rimase con la destra a mezz’aria per qualche secondo ma poi accantonò il fatto e fece spallucce. Meglio analizzare un problema per volta e cercare, prima di tutto, la luce del sole.
Era tutto intero e non aveva nessun dolore serio. Si sentì solo stranamente scomodo.
Forse proprio perché aveva dormito sopra a un misero giaciglio di paglia sistemato su dei sassi contusi…
Più si guardava attorno e più si sentiva diverso.
La grotta non era molto alta a ben vedere, non sarebbe dovuto riuscire a stare in piedi al suo interno, eppure la sensazione era di essere in perfetta postura.
Abbandonato anche questo mistero, si concentrò sull’uscire da quel buco freddoloso e dirigersi verso l’uscita illuminata da quello che sembrò essere sole mattutino.
Uscito, dovette richiudere immediatamente gli occhi per il forte bagliore sprigionato dalla palla di fuoco nel cielo.
Riprovò a osservare qualcosa intorno a se ma il sole picchiava sui suoi occhi e sembrò che ancora non fosse guarito dal suo problema visivo.
-Dannazione...- mormorò Jared scrollando il capo con stizza.
-Ehi, si è svegliato!- gridò qualcuno.
Al suono di quella voce estranea, Jared si voltò istintivamente verso destra, direzione dalla quale si era sentito il grido.
-E’ vero. Chiamate Dreda!- urlò qualcun altro poco più lontano facendolo ricapitolare verso la direzione opposta.
Era confuso. Si sentiva il cervello come un enorme polpo sulla testa, intento a sprigionare scariche elettriche dai suoi tentacoli fino al resto degli arti. Dovette comunque riconoscere che, rispetto a pochi minuti prima, il male iniziava ad affievolirsi.
Sentiva tanti movimenti ed intuì che per lui fosse meglio starsene fermo lì per evitare di scontrarsi contro qualcuno o qualcosa.
Perché, se questa gente li aveva trovati, non li aveva portati all’ospedale? Non avevano chiamato un’ambulanza? Perché portarli in una grotta? Poteva parlare solamente per se giacché non sapeva dove fosse finito Randy.
Provò a chiedere proprio di lui a qualcuno ma nessuno disse niente. Il fremito di tutti quanti era nell’aria, tanto che avrebbe potuto sentirlo calare come nebbia tutt’attorno.
Dove cavolo era finito?
-Chi diavolo è?- chiese qualcuno sovrastando tutti in quella cerchia di gente. Dalla voce sembrava essere qualcuno d’imponente e alquanto irritato.
-Se vuoi sapere il mio nome basta chiederlo a me: sono Jared- rispose il ragazzo, innervosito dal suo tono.
Se la questione fosse degenerata chissà se avrebbe avuto il coraggio di fare a botte con un ragazzo reduce da un incidente stradale e dalla fuga da un gruppo di tizi armati. Sempre ammesso che ne fosse a corrente, certo.
Il fendente, inaspettato e repentino, gli arrivò dritto in faccia pochi istanti dopo.
-Tu non sei nessuno, nomade. Non ti permettere mai più di usare quel tono con me, sono stato chiaro?!- sbraitò questo mentre Jared, da terra, dove era finito a seguito del colpo incassato, sputò un grumo di sangue ritrovatosi in bocca e tornò a fronteggiarlo.
Di pugni in faccia ne aveva ricevuti parecchi, ne portava anche i segni in vari punti sul naso, sulla bocca e sul sopracciglio destro, ma un pugno del genere non l’aveva mai sentito impattarsi contro il suo viso. Pareva quasi che questo indossasse un tirapugni dentato alla mano.
Un grugnito da parte dell’energumeno e subito fu richiamato da un'altra voce. Era una voce femminile e autoritaria.
-Lex! Allontanati!- intimò questa, dando l’impressione di comandare a bacchetta quel tizio. Probabilmente Lex era il tipo che lo aveva colpito pochi istanti prima.
E quella chi era? Sua sorella?
-Tutto bene?- domandò lei facendosi più vicina. Il tono era più calmo ma comunque distaccato. Non sembrava molto preoccupata.
Dava l’idea d’essersi trovata di fronte una rogna grande come una casa di cui ora si sarebbe dovuta occupare, contro la sua volontà per giunta. Forse aveva altro di meglio a cui pensare che sbrogliare certe matasse.
-Non riesco a vedere granché bene- disse Jared decidendo di rispondere alla sua domanda. Non aveva di certo il coltello dalla parte del manico per dettare lui le regole. Si sentiva piuttosto circondato in vero…
-Non sei stato colpito dai fuochi… non gravemente almeno. Il graffio sotto l’occhio è già guarito-
-Che cosa?- domandò Jared frastornato piazzandosi subito la destra sulla faccia.
Un proiettile lo aveva colpito di striscio provocandogli una lacerazione che addirittura aveva grondato sangue per una buona mezzora, ed era già guarito?
La sensazione sotto la pelle però fu quella. Non sentiva nulla. Guarito. Né croste e neppure sangue.
Com’era possibile?
Poi gli venne un dubbio.
-Quanto tempo è passato? Dove siamo? Dov’è Randy?... che giorno è?- chiese frastornato non capendoci più niente.
Doveva trovare dei punti fermi o si sarebbe messo le mani nei capelli gemendo in un moto di stizza.
Se solo avesse ritrovato quel ragazzo per fargli domande e cercare risposte…
-Il sole si è già affacciato due volte da quando sei arrivato con Randy. Lui è con sua sorella ora, immagino tu sappia il perché. Ti trovi nelle mie terre, a nord. Tu di che territorio sei? Chi è il tuo superiore? Rispondi-
Se avesse potuto tenere gli occhi aperti, anche contro la luce del sole e l’ipersensibilità delle sue iridi, l’avrebbe squadrata da capo a piedi come se fosse stata un’aliena.
Perché parlava di “terre” e “territori” appartenenti a qualcuno? Qualcosa non tornava… Ma era ancora in Canada?
-Terrrrritorio?- domandò allora Jared, strascicando le consonanti e piegando il capo a destra. La stava prendendo in giro, ma forse gli avrebbe spiegato ugualmente qualcosa di più.
Lei, esasperata, sbuffò riprendendo la parola.
-Da dove vieni? Come sei arrivato fino a qua? Il tuo manto e il tuo odore sono al quanto inusuale da queste parti… non sei di questa zona, dico bene?-.
Dai toni iniziava a essere non poco spazientita ma dalle frasi Jared sembrava non capirci proprio più nulla.
Vaneggiava?
Chi aveva battuto la testa, lui o lei?
Eppure lì attorno ci dovevano essere altre persone. Le aveva sentite e le avvertiva anche in quello stesso momento bisbigliare chissà cosa e a chi.
-Scusami un attimo-
In seguito a quelle parole aprì di nuovo gli occhi e, finalmente, non c’era più il buio. Riuscì a vedere meno sfocate le cime degli alberi, le montagne ed uno stormo di uccelli che, proprio in quel momento, passava basso nel cielo annuvolato.
Infine, abbassò lo sguardo e li vide.
Tutt’attorno vi erano animali a quattro zampe dal manto chiaro-scuro e dai lunghi musi con le orecchie ritte verso l’alto e lo sguardo acceso diretto a lui.
Spalancò gli occhi e trattenne il respiro cercando di muoversi il meno possibile da lì.
-Oh mio Dio…- sussurrò tra se e se tentando di fare un passo indietro, ma il lupo di fronte a lui abbassò la testa alzando gli occhi verso i suoi in segno di minaccia e si fermò.
Tornò a guardarsi attorno.
Era letteralmente circondato mentre dietro di se aveva solamente la grotta.
Era in trappola.
-Randy?- domandò a bassa voce. Da qualche parte doveva essere… Ma la gente che gli stava parlando poco prima? Dov’erano finiti tutti quanti?
-Ti ho detto che Randy si trova con sua sorella Lany in questo momento. Vedi di darci informazioni utili, nomade Jared-
Ecco la voce della ragazza che gli parlava anche in quello stesso momento. Dove diamine era?
-Io… voglio vederlo. Ora- disse Jared con la voce incrinata, preoccupato.
Oramai quel ragazzo era il suo unico punto fermo e in più, con tutti quei lupi di fronte, voleva riuscire a scappare in qualche maniera e portarselo dietro.
-Eccomi… ci sono problemi?- domandò qualcuno poco lontano da lì. Era Randy, lo riconobbe subito.
Perché però non lo vedeva da nessuna parte? Non c’erano tracce di esseri umani nelle vicinanze e, ironia della sorte, i lupi erano aumentati. Ne arrivarono altri due a passo tranquillo.
-Dove diavolo sei?!- sbraitò Jared mantenendo la voce bassa ma il tono agitato.
-… Sta male?- chiese questo e in quel momento, vedendo voltarsi contemporaneamente un lupo grigio di quelli appena giunti, qualcosa d’impossibile gli fece venire un’idea altrettanto impossibile nel cervello.
-Siete stati colpiti da quella strana cosa umana. E’ possibile che sia scosso e che abbia riportato conseguenze. Forse ha battuto la testa- disse la ragazza mentre delle voci risero in sottofondo tutt’attorno.
Capiva da che parte giungevano le voci ma non riusciva a comprendere chi e dove fossero le persone che stavano parlando.
-Si chiamano automobili e gli umani li usano per andare da un territorio all’altro- disse una voce divertita.
-Non m’interessa come si chiamano e a cosa servano… hanno quasi ucciso un membro del mio branco. E tu… Randy, perché tu e tuo fratello eravate in quella zona oltre il limitare del territorio?- ringhiò il lupo davanti a Jared voltandosi verso uno dei lupi più lontani. Questo appiattì le orecchie al cranio ed abbassò il capo.
-Arty ed io avevamo sentito l’avvicinarsi degli umani e siamo andati a cercare Anouk che era andata a caccia proprio in quella zona. Sapevamo che erano intenzionati a cercarla e così la volevamo avvertire per tempo- la sua voce era macchiata dall’amaro della morte del fratello, ma parlò con rispetto verso il suo interlocutore.
-Anouk?- chiese la voce femminile ed autoritaria.
-Si è diretta nelle terre a est ma ora sarà sicuramente tornata nel nostro territorio-
-L’ho vista. Sta bene, stava raccontando di un umano che gli ha gettato addosso qualche pietra minacciandola di romperle la testa… ma ci pensate? Questi esseri umani stanno diventando giorno dopo giorno più insostenibili-.
L’ultima voce, diversa dalle altre, sembrò provenire da uno dei lupi alla sua destra. Questo, comodamente seduto con le zampe posteriori, dava quasi l’impressione che stesse facendo chiacchiericcio con altri due lupi lì al suo fianco, raccontando del più e del meno su questa Anouk.
-Bene. Anouk almeno è salva-, riprese a parlare la voce proveniente dal quadrupede di fronte a Jared, il quale, ancora con il cervello inebetito, rimase fermo lasciando parlare gli altri e rimanendo lui stesso senza parole.
-Dreda, se posso permettermi…- tornò a parlare Randy. Il lupo con le orecchie basse si fece largo tra gli altri simili affiancando poi quello grigio di fronte a lui. Jared notò il suo zoppicare sulla zampa posteriore destra ma vi fece solamente caso. –Suggerirei di lasciar riposare qualche altra ora il nomade. Non sembra ancora in grado di rispondere alle nostre domande-.
Dopo qualche momento di riflessione, la voce di Dreda parlò di nuovo.
-Concordo. E sia, nomade Jared Ouray, torna pure a riposare ma alla comparsa nel cielo della Sfera Chiara verrò a cercare le risposte che voglio-.
Pochi secondi dopo quasi tutti i lupi si allontanarono e Jared fece un sospiro di sollievo.
Rimase solo il lupo zoppicante che si voltò verso di lui guardandolo in volto.
-Entra nella grotta e riposa, hai l’aria stanca e sembri assetato-
Ora iniziava sul serio a dare di matto. In pochissimo tempo, con una corsa di qualche secondo sempre dritto davanti a se, si ritrovò di fronte ad un torrente. Avvertì appena il sopraggiungere di qualche lupo alle sue spalle.
Era pronto a saltare verso l’altra sponda ma quando tentò di guardare in basso per constatare la lontananza da un capo all’altro del piccolo torrente, vide il suo riflesso nello specchio d’acqua e gli manco l’aria per qualche secondo.
Un grido così forte non l’aveva mai fatto prima in vita sua.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAP 3:
 
Aveva la faccia da animale.
Era un animale.
Davvero.
Tante volte glielo avevano detto: “Sei un’animale!”. Era anche comprensibile che non pagando mai nulla, rubando e imbrogliando la gente, spesso gli capitasse di sentirsi chiamare in molti modi “coloriti”, e questo era uno di quelli. In quel caso però era diverso.
Si era specchiato nell’acqua e non vi erano dubbi: era un lupo. Un vero lupo dagli occhi verdi e il pelo rossiccio chiaro, a tratti bianco e nero.
Sotto sollecitazione degli altri canidi era stato riportato all’interno della grotta in stato di shock e ora erano passate chissà quante ore mentre fuori si stava per fare tramonto.
Doveva aver sbattuto la testa talmente forte d’essersi invischiato in un sogno così assurdo da dargli sensazioni vere addosso. Però aveva sentito sul serio il pugno di quel tipo, “Lex”. Da quanto stava sognando?
Quanto di tutto quello che stava vivendo, era reale? Forse era in coma e sarebbe stato intrappolato in quel sogno fino a che non si fosse risvegliato. Poteva essere?
-Stai bene?- domandò una voce alle sue spalle facendolo sobbalzare.
Era rimasto inebetito di fronte alla pozza d’acqua all’interno della grotta mentre alle sue spalle apparve il lupo grigio, zoppicante, che, a detta del suo intuito, doveva essere Randy.
Jared respirò a fondo prima di decidere definitivamente di prendere una qualche decisione: se era in gioco, tanto valeva giocare.
-All’incirca… senti Randy, noi siamo… lupi?-
Aveva quasi timore a fare quella domanda mentre ancora tremò all’avvicinarsi del quadrupede sedutosi al suo fianco dinanzi alla pozza.
-Siamo più dei prigionieri, non trovi anche tu? Sono gli umani a controllare questo territorio e non ci lasciano mai in pace. Ogni notte siamo inseguiti dai loro fuochi, non potremo scappare ancora a lungo. Ci raggiungeranno presto. Siamo inseguiti come conigli e ci stanano con facilità. Siamo accerchiati-.
Jared rimase basito dal ricevere una risposta simile e lo sguardo del lupo, di Randy, gli mostrò il suo disappunto sulla questione. Probabilmente stava pensando a suo fratello Arty: il lupo ucciso da quelli che, a ben pensare, dovevano essere bracconieri. I tasselli, così, combaciavano, ma doveva ammettere quindi di essere davvero un lupo.
Non sapendo cosa rispondere si guardò attorno prendendo tempo e infine disse la prima cosa che gli venne in mente.
-Ma gli esseri umani devono pur difendersi, no?-
La sua occhiata gelante e piena di emozioni contrastanti gli rivoltò il fegato nelle viscere.
-Difendersi? Non abbiamo mai reagito contro di loro! Vogliamo solamente ciò che è nostro: il territorio, il cibo e prenderci cura del branco. Loro vogliono controllarci e poi ucciderci lentamente. Uno ad uno-.
Di che parlasse esattamente Randy, Jared non lo capì.
Le guardie forestali non sparavano agli animali. Certo, poteva capitare che sparassero dei proiettili per addormentarli per le visite mediche forse, ma ucciderli… Per lui era difficile pensare che un uomo come suo nonno Gad potesse anche solo aver sentito una voce simile e non essersi mosso per fare qualcosa.
Contro i bracconieri era persino andato ogni giorno per un mese alla stazione di polizia per stanarli e fargli causa, ma, in qualche maniera, grazie ad agganci profondi, riuscivano sempre a scamparla. Quello era oramai un cancro inverosimile per la vita della riserva. E’ sempre stato così, perché sorprendersi poi così tanto?
Comunque sia, non si spiegava perché i bracconieri volessero dei lupi morti.
Pellicce e lupi impagliati? Davvero si poteva pensare di ricavarci così tanto dalla vendita di certa merce? Non ne aveva idea. Non aveva mai indagato affondo sulla questione e sui guadagni.
-Tu sei un lupo molto strano, Jared Ouray- sentenziò Randy piegando il muso di lato e facendo una specie di sorriso mostrando i denti appuntiti e letali.
Jared s’immobilizzò ma in fin dei conti stava iniziando a prenderci la mano. Era come avere al suo fianco Hugh: il cane-lupo di suo nonno.
-E’ per questo che voglio scoprire qualcosa sul suo conto, Randy- disse una voce alle loro spalle che fece sobbalzare dalla sorpresa Jared e solamente voltare Randy che già prima aveva mosso le orecchie in direzione dell’entrata della grotta.
Dreda, il lupo grigio chiaro dall’aria autoritaria, si avvicinò di più fino a sedersi di fronte a Jared, voltandosi verso il secondo lupo di fronte a se.
-Và da Lany, Randy… ha bisogno di te ora-
L’altro lupo non rispose neppure ma si mise a correre verso l’esterno, sicuramente indirizzato verso la sorella.
Dreda tornò a guardarlo e Jared si sistemò meglio voltandosi verso la quadrupede e schiarendosi la voce.
-Voglio risposte alle mie domande- pretese lei socchiudendo gli occhi di ghiaccio sul muso del pari razza, il quale prese a tentennare.
-Da dove comincio?-
Seguì un momento di silenzio nel quale Dreda si guardò attorno prima di squadrare da cima a fondo Jared annusando il vuoto di fronte a lui.
-Sei il lupo più strano che io abbia mai visto-
Sembrava combattuta, come quando un secchione non riesce a risolvere un’equazione matematica.
D’improvviso ricordò una delle sue domande e vi rispose per dare il via a quel seccante colloquio.
-Il mio capo è… si chiama Gad.-
-Sei stato portato qui dagli esseri umani dentro ad una cella?-
-Sì, esattamente-.
Bhè, in cella c’era stato in fin dei conti, no? Un fondo di verità c’era.
Lei annuì archiviando le informazioni.
-Da ciò che è successo la sera precedente, non sembri molto informato su cosa viviamo ogni giorno e notte qui nel nostro territorio. Siccome sei nuovo, prima di lasciarti percorrere la tua via, sono tenuta a insegnarti i pericoli e i modi di sfuggire all’uomo. Hai salvato la vita a un lupo del mio branco… te lo devo- sembrò che quelle ultime parole fossero fin troppo pesanti.
Forse era difficile per lei ammettere d’essere in debito con qualcuno.
-Tu sei il capo dei lupi di questo territorio?- domandò incredulo Jared.
-Sì, quindi vedi di portare il dovuto rispetto a me, al mio sottoposto Lex, e al resto della mia intera famiglia. I miei fratelli e le mie sorelle sono combattivi e se proverai a commettere qualche azione indegna, sarà ripagata severamente. Sei ospite qui. Cerca di non abusare della nostra ospitalità, nomade-.
Detto questo, la lupa si rimise sulle quattro zampe e uscì dalla grotta lasciandolo da solo mentre il buio oramai aleggiava quasi ovunque. Il tramonto era ultimato lasciando dietro di se l’imbrunire ed il caos nella testa di Jared.
 
Disteso sul giaciglio in cui aveva dormito per due giorni, ecco che vi era tornato per riposare e coricarsi quella stessa notte.
Aveva così tante cose per la propria testa che stentava a riuscire a credere potesse essere tutto vero. Eppure sentiva i lupi parlare… ed era a sua volta uno di loro.
Incredibile.
Scomodo, cercò di voltarsi sull’altro fianco. Doveva abituarsi ad avere quel corpo da quadrupede…
Disteso sul fianco opposto, si sentì osservato e quando aprì gli occhi, gli venne un colpo così improvviso che a stento trattenne un gemito di sorpresa.
Un lupo era accucciato a poco meno di mezzo metro da lui e lo fissava con interesse morboso.
Però scodinzolando. Buon segno, no?
-Scusa, ti ho svegliato?- chiese questo e solo in quell’istante Jared notò lo strano affare che il canide teneva sopra il corpo: una coperta a scacchi, anzi, a guardarla meglio era proprio una tovaglia da pic-nic.
-No… ma perché hai quella roba addosso?- ebbe quasi paura a chiederlo.
Il lupo di fronte a lui ci mise qualche secondo prima di capire di che stesse parlando e si guardò la schiena.
-Oh, questo? E’ quello che gli esseri umani usano quando fa freddo per tenersi al caldo. L’ho trovato nei dintorni della loro zona di caccia. Vedi, loro sono più grandi di noi e quindi non riescono a mantenersi caldi come i lupi. Hanno un corpo grande, il calore corporeo non basta per loro, e quindi hanno inventato cose simili-.
Un genio proprio”, pensò Jared fissandolo. Senza farvi caso, tenne la mascella aperta per lo stupore, ma il lupo grigio lì di fronte non vi diede importanza e continuò a parlare tranquillo.
-Io mi chiamo Kory, tu sei Jared, giusto?-
-Felice di conoscerti Kory -. Era meglio essere gentili con qualcuno almeno, - … sì, sono Jared- ancora attonito, questo scrollò con forza la testa e si mise a sedere di fronte all’altro.
-Ti ho portato qualcosa da mangiare. Dreda mi ha chiesto di cacciarti almeno una lepre per rimetterti in sesto, ma oggi dovrai arrangiarti- disse Kory andando a prenderne una e lanciandogliela proprio sotto il muso. Ne prese poi un’altra avvicinandosi e accucciandosi, tenendo tra le zampe la lepre paffuta.
Sotto gli occhi attoniti di Jared, il lupo strappò la carne con gli incisivi e si diede da fare masticando la tenera carne con i molari.
Abbassò poi lo sguardo sul mammifero morto davanti a se. Ingoiò a vuoto.
Dopotutto, lui ne aveva mangiati tanti di conigli e di lepri, no? L’unica differenza stava nel fatto che quelli erano cucinati, almeno cotti. Nel caso di fronte a se però si trovava della carne cruda e sanguinolenta. Fredda.
-Non hai fame?- domandò a un certo punto Kory, masticando un pezzo di coscia della malcapitata preda.
-No, è solo che…- si fermò in tempo dal dire: “E’ solo che non ho mai mangiato carne cruda”; questo sì che lo avrebbe fatto passare per strano e lui per quel branco lo era già fin troppo.
Kory ingoiò il boccone piegando la testa di lato, fissandolo, cercando di capire dove stesse il problema.
A quel punto, andando contro ogni direttiva che gli raccomandava il cervello, Jared abbassò il muso, azzannò la preda e strappò la serafica pelliccia dell’animale per mirare alla sanguinolenta carne sotto di essa.
Era un boccone pastoso di sangue e ciuffi di pelo. Il corpo era tiepido, non era passato molto tempo dalla sua morte, questo lo rendeva stranamente più appetibile.
Il primo pezzo di carne lo ingoiò a forza ma i successivi furono più spontanei e a un certo punto si rese conto di star rosicchiando un femore.
-Buono, non è vero?- domandò Kory leccandosi via il sangue dalle zampe.
-Nutriente- rispose Jared prorompendo con un rutto. Il suo corpo almeno aveva apprezzato il cibo.
L’altro lupo scoppiò a ridere leccandosi i baffi e Jared decise di imitarlo dandosi una ripulita al pelo delle zampe e del muso. Si avvicinò all’acqua per fare alla sua maniera normale, sfregando i cuscinetti bagnati della destra sulla zampa sinistra.
-Che fai?- chiese curioso Kory sbirciando le sue gesta.
-Mi pulisco-
-A quel modo?- domandò l’altro lupo ridendo ancora di più.
Il neo-lupo si sentì etichettato come “nuovo passatempo preferito dello strampalato Kory”.
 
-Dreda ti aspetta alla rupe per istruirti su quelli che sono i confini del nostro territorio. Non tardare-
Così disse Kory prima di uscire dalla grotta e lasciarlo solo con se stesso.
In verità Jared aveva troppo per la testa in quel momento.
Pensò seriamente a tutto ciò che gli stava succedendo. Poteva essere davvero reale e non solamente il sogno di una persona incosciente?
Provò a darsi un morso sulla zampa, all’altezza del carpo, e si fece un gran male con gli incisivi.
Non stava sognando. Ma allora che gli stava capitando?
Succedeva tutto così in fretta che non aveva ancora avuto il tempo di stare a pensare seriamente sulla faccenda. Decise però di mettersi in marcia per andare lì dove Dreda lo stava aspettando e la trovò quasi subito.
Non era molto lontana dall’uscita della grotta e l’aveva in qualche modo “sentita”. Si avvicinò con molta cautela.
Qualche insegnamento di suo nonno e di sua madre se li ricordava, dopotutto aveva passato l’infanzia in quella zona fino a che non dovette frequentare il liceo in città a casa del nuovo compagno di sua madre.
Jared, arrivato da lei, si scrollò il manto e si schiarì subito la voce.
-Sono in ritardo?-
-Sì- ringhiò Dreda voltandosi verso di lui e scattando sulle quattro zampe. In pochi secondi affondò i denti nella parte destra del collo di Jared, mordendolo con rabbia ma lasciandolo l’istante successivo.
Lui fece due passi indietro, frastornato da una reazione simile.
-Ma che diavolo stai facendo?!-
-Ti dissi che qui avresti dovuto portare il dovuto rispetto a tutti. Non passo sopra a nulla e non accetto scuse. Si paga per i propri errori, siano questi un semplice ritardo o un atto di codardia o ancora la messa in pericolo di qualche fratello o sorella- proferì Dreda sedendosi di nuovo e piegando le zampe posteriori sulla piccola rupe.
–E’ questa la mia prima lezione di oggi: il rispetto-.
Jared era stupito.
-Non puoi azzannare al collo chi ti pare e piace. Non ero un ospite?- chiese irritato.
Subito la lupa scoprì i denti sporchi del suo sangue e ringhiò sommessamente mettendolo in guardia.
-Mi stai dando della bugiarda, nomade?-
-Sto solo dicendo…-
-Come osi esigere rispetto da me se prima non ti mostri rispettoso tu stesso, straniero? Impara questo se vuoi riuscire a vivere qui- disse Dreda alzandosi sulle zampe, scese con un gran balzo dalla piccola rupe ed atterrò sul fogliame sottostante. –Ci dirigeremo verso ovest per iniziare da un luogo che hai già conosciuto e da lì seguiremo tutto il perimetro della nostra zona. Seguimi-.
Pochi secondi dopo era già sparita dietro ad un gruppo di abeti e alberi secolari.
Jared imprecò stringendo i denti aguzzi. Cercò di tenere almeno il suo stesso passo.
 
Gli fu mostrato tutto il limitare del territorio del branco. Vide in lontananza qualche essere umano intenzionato a passare una giornata di pace e due guardie forestali assieme a qualche turista. Li stavano istruendo su come comportarsi nei parchi della zona. Forse, si chiese Jared, quando era andando lì con Gad qualche giorno addietro, erano stati sotto tiro anche loro da qualche lupo come stavano facendo in quel momento.
-Vedi quei due umani vestiti uguali? Loro ti hanno portato qui- spiegò Dreda rimanendo ben nascosta dietro i cespugli nel sottobosco, con accanto l’altro lupo. –Ricordati sempre che è colpa di questi esseri umani se viviamo costantemente braccati-.
Quelle parole non tornavano a Jared. Perché quell’affermazione? Parlava davvero dei ranger?
Gli tornò alla mente ciò che gli aveva detto Randy. Davano l’idea di essere come in un carcere, tenuti sotto stretta sorveglianza e costantemente sotto attacco umano.
Non aveva senso, in una riserva come quella non poteva essere vero.
Mentre la lupa parlava indurì la mascella e un basso ringhio s’innalzò nel luogo.
-Andiamo- sentenziò prima di voltarsi e correre via.
Il tour della zona non era ancora ultimato.
Dopo qualche minuto di corsa leggera Jared ebbe più padronanza dei suoi movimenti, dopotutto era la prima volta che correva a quattro zampe.
Stava tirando dritto non accortosi della fermata brusca di Dreda e questa gli afferrò con i denti la coda, strattonandolo indietro.
-Dove diavolo stai andando, straniero?! Se io mi fermo, tu ti devi fermare!- sbraitò lei tirandolo con una forza tale che Jared guaì di dolore a quell’ennesimo sopruso.
-Ma stavo per fermarmi!- alzò la voce lui muovendosi di scatto per farle mollare la presa.
-Non vanificare scuse, straniero. Fai molta più attenzione quando giri per la zona. Siamo vicini al versante ovest più pericoloso e qui arrivano di notte gli umani con i fuochi-.
-Non è neppure il tramonto, mi sembra. Perché agitarsi tanto?- domandò irritato Jared.
-Guarda tu stesso- rispose lei facendo qualche passo avanti. Afferrò con i denti un ramo secco e lo fece cadere con forza sul terreno a pochi centimetri di distanza da Jared.
Nell’istante in cui cadde il bastone al suolo, una tagliola scattò imprigionando il legnetto con rabbia nel giro di pochissimi istanti, alzando una ventina di foglie secche, sotto le quali questa era sapientemente nascosta.
Dallo spavento Jared arretrò di almeno mezzo metro, poi si rese conto dell’errore e si guardò attorno impaurito. Si era forse avvicinato a un’altra trappola simile? Dove diavolo erano le altre!?
-Muoviti con più giudizio, straniero, altrimenti sarai una preda facile per gli umani. Sii più astuto e meno imprudente-
Dreda alzò il muso verso l’alto e tra le cime degli alberi vide la luna fare capolino tra delle nuvole scure nel cielo.
-Dobbiamo tornare-
 
Rientrarono al cuore del branco quando oramai aveva già iniziato a piovere con forza e tutti si erano rintanati dentro le due grotte: quella in cui aveva passato qualche giorno Jared, la più profonda, e quella affianco, più ampia.
Jared, accucciato in disparte dagli altri, notò che c’era movimento poco lontano da quella zona, oltre un gruppo di tre lupi intenti a parlare animatamente tra loro con non curanza del resto.
Si alzò sulle quattro zampe e si diresse a passo calmo verso il luogo d’interesse degli altri.
Un gruppo di cuccioli e giovani lupi stavano giocando con una pallina di gomma grande quanto la loro testa.
-Kory! Gli arnesi infernali degli umani non sono giochi da dare ai più piccoli!- ringhiò uno dei lupi più anziani verso il giovane interpellato. Non più coperto dalla tovaglia a scacchi ma con indosso uno strano berretto di lana arancione sopra le orecchie schiacciate.
-Ma se si divertono perché non possono giocare con qualcosa di umano?-
-Perché non sappiamo se sia qualcosa di pericoloso per loro o no!- sbraitò il lupo sconosciuto verso Kory attirando l’attenzione di tutti mentre i cuccioli rimasero a giocare, incuranti della discussione.
-Non lo è- s’intromise Jared affiancandosi a Kory sentendosi tutti gli sguardi dei lupi addosso. Fece un respiro profondo mentre il più anziano, irritato, sbuffò in faccia ad entrambi.
-Che diavolo sta succedendo qui?- ringhiò dall’altra parte della grotta un altro lupo più possente e grosso degli altri.
-Lex, questi stupidi hanno osato dare degli oggetti umani ai piccoli- spiegò quello più irritato puntando il muso verso il nuovo giunto.
-Lex, si stanno divertendo. Pensavo non ci fosse nulla di male nel dare qualche ora di svago ai più giovani- disse in sua difesa Kory voltandosi anche lui verso il pari razza più possente in avvicinamento.
Il grosso lupo scuro fissò in tralice Jared ma passò oltre andando ad ascoltare i due membri del branco.
-Kendal, non mi sembra che i piccoli siano in pericolo. Da dove nascono le tue preoccupazioni?- chiese Lex, stranamente accomodante. Era diverso dalla sera in cui Jared aveva ricevuto una sua zampata sul muso. Perché lui no, non se ne era di certo dimenticato che il giorno prima era stato colpito da quel tizio.
Kendal, il dispotico, a seguito delle parole di Lex sembrò tentennare ed abbassò le orecchie così come anche i toni.
-Si tratta di un oggetto umano. Forse è una sorta di trappola o un fuoco assopito-.
Ci mise qualche secondo Jared prima di ricordare che loro, i lupi, per “fuoco” intendevano i proiettili.
Kendal continuò preoccupato. –E se fosse come sei lune fa? Quando Kory ci ha mostrato quell’oggetto strano e si era rivelato anche quello un fuoco assopito? Io non mi fido, Lex. Non c’è da fidarsi degli esseri umani e lo sapete tutti quanti-, continuò istigando gli altri a sostenere quelle parole per avere man forte anche da parte degli altri che non tardarono a protestare con lui.
Lex ponderò accuratamente la questione, si avvicinò ai cuccioli e afferrò con i denti la palla di gomma stringendola tra essi, interrompendo il gioco dei piccoli.
Morse la sfera di gomma più e più volte, tanto che Jared pensò stesse per romperla in due, ma questa resistette alla morsa della dentatura del forte lupo che la fece ricadere per terra lasciando tornare ai loro giochi i più giovani.
-Kendal, non c’è nulla da temere. E’ innocuo. Se però dovessero verificarsi incidenti, ne risponderà direttamente Kory, è chiaro?-.
Detto questo, Lex si allontanò dalla zona.
-Kory, sarà meglio per te che non ci siano problemi-, ringhiò ancora spavaldo Kendal facendo poi dietro-front allontanandosi dai presenti, diretto al suo giaciglio per la notte.
-Grazie Jared- disse con gratitudine il lupo al suo fianco.
-Non ho fatto nulla-
 
Il giorno dopo ebbe quasi tutta la mattina per pensare a cosa si sarebbe ritrovato ad affrontare nel prossimo futuro.
Lui stava bene, nessun dolore ai muscoli o problemi con la vista. Non aveva nulla.
Neppure Randy aveva riportato conseguenze dall’incidente e il pensiero di Jared, di aver colpito proprio lui guidando la macchina, non lo faceva stare bene di certo.
Il perché poi lui fosse diventato un ammasso di pelo e pulci non lo capiva proprio, ma sapeva esser stata una conseguenza dell’incidente, non v’erano dubbi.
Forse avrebbe dovuto parlarne con gli unici esseri con cui poteva comunicare: gli animali; ma poteva rischiare? Conosceva benissimo i loro pensieri e le loro idee sugli esseri umani. Non poteva vuotare il sacco a quella maniera proprio con loro e di certo non con Dreda.
Sbuffò nascondendo il muso sotto le zampe anteriori, disteso sul suolo roccioso.
Ma perché quella sera di giorni fa non se n’era rimasto a casa di Gad e Hugh?
A quel pensiero il cervello elaborò un’idea che gli fece drizzare le orecchie verso l’alto. Si alzò sulle quattro zampe a occhi spalancati.
Era vero, non era molto lontano dalla stazione della forestale e forse poteva entrare in contatto con Hugh e chiedergli aiuto.
Un’idea stupida forse, ma era pur sempre qualcosa, no?
Partì a metà mattina e non avvertì nessuno del branco ma cercò bene di passare inosservato per non farsi seguire. Si fermò più volte per constatare se effettivamente fosse seguito o meno.
Dirigendosi ad est non avrebbe avuto problemi con le trappole e quindi andò più tranquillo e spedito.
Non sapeva di preciso che turno facesse sul lavoro quel giorno suo nonno, non sapeva neppure se lavorava, ma doveva provare a trovare un contatto con il mondo degli umani o sarebbe impazzito a lungo andare.
Trovata la stazione dei ranger, s’intrufolò al suo interno con estrema cautela guardandosi in giro.
Se Gad era al lavoro, si era portato dietro Hugh. Se c’era anche lui, l’anziano cane-lupo, doveva trovarsi nell’ufficio di suo nonno a schiacciare un pisolino.
Per fortuna non trovò guardie forestali nello stabile e quindi poté muoversi all’interno con più tranquillità.
Cercò di annusare in giro per curiosità. Forse poteva scovare anche del cibo umano, più decente per il suo stomaco, piuttosto di dover mangiare un’altra lepre.
Annusando ancora sentì un’equivocabile odore dolciastro.
Si avvicinò alla scrivania che vi era all’entrata, frugò nel giubbotto appeso alla spalliera della sedia e trovò un Twinkie.
Fu un’impresa scartarlo ma, grazie ai denti aguzzi, non fu troppo complicato. Se lo gustò pensando agli anni passati senza mangiarne neppure uno. Tempo sprecato.
Poco dopo sentì un odore di ciambelle provenire dall’ufficio in cui vi era la postazione di suo nonno. Si diresse con l’acquolina in bocca verso la stanza ma, non appena fece un passo al suo interno, un movimento repentino a sinistra catturò la sua attenzione e qualcosa si avventò su di lui afferrandolo per il collo. Lo sconosciuto si mosse come un ossesso, intenzionato a strappargli via la carne di dosso.
Jared, preso alla sprovvista, guaì fortemente mentre, per il dolore e la sorpresa, le zampe cedettero sotto il suo peso aggiunto a quello del cane-lupo.
Era Hugh, lo aveva riconosciuto.
-Hugh! Sono Jared!- cercò di alzare la voce il più possibile ringhiandogli contro mentre cercava di dimenarsi per tornare sulle quattro zampe e levarselo di dosso.
Il cane-lupo, preso dall’attacco, non la smetteva più di ringhiare e azzannare per strappargli la pelle con i denti.
Jared aveva gran poca scelta: doveva reagire.
Strinse la mascella prima di piegare il muso azzannando anche lui il collo dell’animale che aveva di fronte, rispondendo all’attacco.
Più Jared stringeva forte la presa, più Hugh iniziava a indebolire la stretta dei denti sul suo collo.
-Hugh! Sono io!- sbraitò ancora con più rabbia continuando a parlare sperando che anche i cani potessero capirlo. Dopotutto, sotto forma di lupo aveva parlato solo e solamente con altri lupi, mai con cani o altri animali.
Dopo qualche secondo in cui tornò in vantaggio Hugh, Jared voltò di scatto il muso azzannandogli l’orecchio con forza facendolo guaire di dolore. Il cane-lupo si allontanò all’indietro scrollando il capo con forza gettando gocce di sangue sul pavimento e sulla parete di legno.
-Hugh! Mi ascolti?!-
Dopo qualche secondo, in cui questo prese a grattarsi forsennatamente l’orecchio con la zampa posteriore, finalmente gli arrivò risposta.
-Che vuoi, lupo?- sbottò il vecchio cane tornando sulle quattro zampe, pronto per un eventuale contrattacco.
Jared sospirò di sollievo. Finalmente lo ascoltava, quindi poteva parlare anche con altri animali.
-Hugh, sono io. Jared, il nipote di Gad-
Il cane-lupo sembrò divertito e dopo qualche secondo scoppiò in una fragorosa risata che innervosì il lupo.
-Hugh, dopo tutta la pancetta e la carne secca che ti ho passato sottotavolo, potresti anche darmi un poco di fiducia e aiutarmi in un momento come questo, no?- sbuffò Jared accennando a qualche fatto per fargli ritornare la memoria.
Questo smise di ridere e prese a fissarlo con attenzione. Si sporse in avanti con il muso annusando l’aria di fronte al lupo e ponderò la questione per qualche altro secondo.
-Umano… Jared, che diavolo ci fai ridotto così?- domandò il vecchio cane provocando un respiro di sollievo al giovane lupo.
-Vorrei saperlo anch’io, Hugh. Forse tu sai qualcosa? Che posso fare? Non so come ma mi sono ritrovato lupo a seguito di un incidente e… Gad? Dov’è? Come sta?-
Jared immaginava che Gad avesse saputo dell’incidente capitatogli. In che condizioni era? Voleva sapere se stava bene, dopotutto, Gad teneva a lui essendo il suo unico nipote. Di questo Jared era certo. Gliene stava facendo passare molte ma suo nonno era comunque suo nonno.
Il vecchio Hugh si grattò ancora con la zampa posteriore la testa mentre pensava alla risposta da dare.
-Bhè, ragazzo, non direi proprio che stia bene però continua a ripetere: “Fa che ritorni, ti prego, fa che torni a casa”… credo pensi che tu sia scappato dopo aver fracassato la sua auto-
Alle parole del cane, Jared abbassò lo sguardo a terra e si voltò poi per guardarsi attorno nella stanza. Il cappello texano di Gad era appeso come al solito sull’attaccapanni di fianco all’enorme finestra. Si sentì inspiegabilmente una fitta al petto e un brivido freddo lo percorse dalla testa alla punta della coda.
-Almeno sta bene, è questo l’importante. Devo riuscire a trovare un modo per tornare a essere umano. Tu sai qualcosa?-
Hugh ci pensò molto a lungo questa volta e prima di dare una risposta fece anche lui un profondo respiro chiudendo gli occhi e riaprendoli per guardarlo mentre riprese a parlare.
-Hai incontrato qualcuno fino ad ora? I lupi ti hanno già trovato?-
-Sì. L’incidente è capitato proprio perché non ho fatto in tempo a frenare la macchina ed ho preso in pieno un lupo del branco di Dreda. Questo mi ha accompagnato fino al loro territorio e … -.
-Dreda?- domandò incredulo Hugh tornando a ridere in seguito a quell’affermazione. –Oh, mi dispiace ragazzo. Lei sì che è un pezzo grosso nella zona. Deve essere un inferno lì dove stai ora-
Jared piegò la testa di lato e una fitta del morso di Hugh gli scosse il corpo.
-No, io… non è male come branco il suo-
Si sorprese lui stesso sentendosi parlare a quel modo. Stava difendendo Dreda? Sul serio?
-Comunque sia, ragazzo, conosci Miles?-
-E’ un lupo?-
-Non esattamente…- stava per aggiungere altro ma Hugh fu interrotto dal rumore della porta d’entrata che veniva richiusa.
-Presto, ragazzo! Stenditi a terra!- disse il vecchio cane sporgendosi oltre l’uscio dell’ufficio di Gad iniziando ad abbaiare per attirare l’attenzione del nuovo arrivato, certamente umano.
-Ma che vuoi fare?!- sbraitò Jared facendo ugualmente come dettogli da Hugh e quindi stendendosi su un fianco sentendo ancora le fitte al collo.
-Potresti essere più gentile, no? Diciamo che questo è un modo per scusarmi di averti pestato così pesantemente. -
Sopraggiunse qualcuno, una guardia forestale, un ragazzo, che preso in contropiede sobbalzò dallo stupore e con voce incrinata dalla paura chiamò qualcuno che doveva trovarsi ancora all’entrata.
-S-signore presto! C’è un lupo nel suo ufficio!-
Veder avvicinarsi Gad fu un colpo per Jared.
Questo si mostrò sull’uscio della porta affaticato, l’espressione stanca e le occhiaie raccontavano della sua mancanza di sonno e delle sue preoccupazioni insistenti. Sapere di esserne la causa fece sentire Jared un verme.
Ponderata la situazione, Gad fece un grande sospiro schiarendosi poi la voce prima di parlare.
-Oliver, per favore, dai un’occhiata al vecchio Hugh. Ha la pellaccia dura ma una piccola cura medica non gli guasta di certo… vediamo. Cos’abbiamo qui?- disse suo nonno avvicinandosi con i guanti di pelle nera cercando di spostare il pelo sul collo del lupo che aveva di fronte osservando il morso profondo che gli aveva fatto il cane.
-Oh, Hugh, ci sai ancora fare, eh?- disse Gad ridendo ma mantenendo sempre la faccia seria e lo sguardo stanco. –Ho bisogno di un’iniezione di anestetico. Devo addormentarlo e dargli qualche punto. Nulla di grave, ok?-
Jared si accorse che l’ultima frase l’aveva rivolta a lui con tono rassicurante. Stava iniziando a tremare.
Aveva molti segni di cicatrici sul corpo, soprattutto sulla faccia. Non era una novità dover ricevere dei punti per chiudere un taglio profondo ma da umano è un conto e da animale? Da lupo, che gli sarebbe successo?
-Tranquillo giovanotto, tranquillo…- gli disse Gad mentre gli strizzò una parte di pelle e vi fece entrare l’ago.
Guaì chiudendo gli occhi ma dopo pochi secondi in cui il vecchio prese a sfregare la mano sulla schiena, lì dove gli aveva fatto la puntura, chiuse gli occhi e cadde per l’ennesima volta nell’incoscienza.
 
Si svegliò e fu come tornare alla sera dell’incidente. Era come ubriaco.
Faticava a tenere le palpebre aperte, pesavano tantissimo, in più aveva come un qualcosa di fastidioso sul muso.
Ci mise qualche minuto per tornare abbastanza in se da capire che si trattava di una museruola.
Provò ad aprire la mascella ma questa impatto contro la pelle scura dei lacci di quell’affare insopportabile e gli impedì di muoverla. Sbuffò con il naso provando a guardarsi attorno.
Era disteso su una superficie fredda, doveva trattarsi di ferro o simile. Capì di essere in una delle gabbie capienti dell’ambulatorio veterinario nella stazione ranger.
Davanti a se aveva una ciotola d’acqua dove dette delle lappate infinite in cerca di acqua fresca.
Era buio.
Doveva essere già sera e probabilmente era rimasta solo una guardia forestale nell’edificio.
Suo nonno quindi era già andato via.
Sbuffò e quando tornò a piegarsi per bere notò qualcosa di strano: aveva l’imbuto!
-Oh… no-
C’era ancora un’umiliazione più grande?
Tornò a dormire e si risvegliò l’indomani con il muso del vecchio Hugh di fronte a se.
-Noto con piacere di non essere l’unico ad avere quell’affare- disse divertito Jared fissando l’imbuto giallo che circondava il collo del vecchio cane-lupo. Questo sbuffò e tornò per un secondo serio.
-Ragazzo, ho notato qualcosa che può riguardare il tuo caso in particolare. Gad ha sfogliato un libro stanotte in camera di tua madre. Ha detto varie volte a voce alta: “Delle colpe del padre ne dovrà pagare il figlio”. Tu ne sai niente?-
Le parole di Hugh lo lasciarono di stucco. Suo nonno, di notte, era andato a leggere un libro in camera di sua madre? E quelle parole che volevano dire?
Lo sguardo attonito di Jared diede risposta alla domanda di Hugh che riprese a parlare.
-Ragazzo, ti terranno qui ancora fino a domani. Nel frattempo posso provare a scoprire qualcosa di più. Tu però stai molto attento. La vita nella riserva forestale non è per niente tranquilla-.
-Lo so. Ci sono i bracconieri che arrivano sempre dalla zona a ovest, vicino al territorio di Dreda. Possibile che il nonno non riesca a fermarli?-.
-Jared, ragazzo, tu non sai di tutti i viaggi per parlare con la gente, gli avvocati, i poliziotti, dei tentativi di tuo padre e gli altri ranger di affrontarli di notte con il fucile alla mano ed io al suo fianco per stanarli. Se gli umani con i fucili non riescono a fermare gli umani, anche loro armati, che si può più fare?-.
Il tono di Hugh era stanco, arrendevole e tristemente rassegnato.
Jared abbassò il muso verso il suolo e si ammutolì assieme a Hugh.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAP 4:
 
Era oramai il secondo giorno di convalescenza all’interno dell’ambulatorio nella stazione ranger e ancora doveva tenersi addosso quel ridicolo imbuto mentre voleva grattarsi. I punti gli prudevano da morire.
Si mordeva la lingua e scrollava il capo per non pensarci quando il prurito era più forte e pungente.
Tentò di sfregarsi la schiena e il fianco contro le pareti della gabbia ma non c’era verso. Con le zampe posteriori poi non riusciva a fare granché.
Aveva i muscoli in fibrillazione dal nervoso mentre Hugh non si era ancora fatto vivo. Era oramai sera e ancora niente, non lo aveva visto.
-Ma dove diavolo è?- ringhiò a denti stretti finendo gli stupidi croccantini che gli avevano passato quella mattina per farlo mangiare.
Fortuna che si trattava di crocchette, se gli avessero profilato il cibo umido glielo avrebbe lasciato lì integro.
Va bene mangiare una lepre cruda, anche sui croccantini poteva passarci sopra e sull’imbuto, ma i bocconcini, che puzzavano più della spazzatura del giorno prima che di carne, non avrebbe proprio potuto sopportarlo.
Al finire di quel pensiero sopraggiunse Hugh e subito Jared si rialzò in piedi.
-Ci sono novità?-
-Salve ragazzo. Novità? Forse… Tuo nonno ha passato la notte al telefono. Cercava un certo Angus McConnell-
Il lupo spalancò gli occhi e per qualche minuto non fiatò. Si tirò indietro fino a sedersi nel fondo della gabbia di ferro e respirò a fondo prima di pensare a qualcosa da dire.
-Sì, è mio padre. Hugh, forse mio nonno pensa che io sia scappato per cercarlo? So benissimo che è morto molti anni fa…-
-Morto? No, per niente! Ci ha parlato ieri sera a telefono-
-Che cosa?!- sbottò il giovane, alzandosi sulle quattro zampe e raggiungendo subito l’altra parte della gabbia di ferro nella quale era rinchiuso.
-Cosa si sono detti? Che è successo? Dove si trova?!-
-Calmati ragazzo o ti terranno qui ancora di più se penseranno a te come a un lupo pazzo. Respira. No, non ha detto nulla. Non ricordo le parole esatte ma gli ha detto qualcosa… Mi dispiace ragazzo, la mia memoria fa spesso cilecca, lo sai- sbuffò il vecchio cane grattandosi fin dove poteva il collo graffiando con le unghie l’imbuto di plastica gialla.
Jared annuì pensieroso allungando lo sguardo oltre la schiena del vecchio cane, fissando le boccette di vaccini dentro lo scomparto del grande armadio pieno di provette e di vari medicinali.
-Hugh-
-Che c’è, ragazzo?-
-Mi allunghi una ciambella, per favore?-
 
Il giorno seguente si ritrovò con il cervello in fiamme a furia di pensare per ore.
Aveva rivissuto alcuni anni della sua vita e notò che finalmente alcune cose tornavano. Il grosso assegno arrivatogli al compimento dei diciotto anni, la macchina nuova di zecca esclusivamente per lui ma da mittente ignoto, i biglietti per un viaggio per l’Europa, tutto pagato, arrivatogli in una busta impersonale e senza il mittente ben chiaro… Ma quanto era stato idiota a pensare che fossero solo coincidenze?
Angus McConnell, suo padre, era ancora vivo e da qualche parte non l’aveva perso di vista neppure in tutti quegli anni passati con il patrigno.
Jared, accucciato con il corpo allungato sulla base fredda della sua gabbia, alzò il muso vedendo arrivare il giovane ragazzo con la divisa da ranger. Era lo stesso che aveva visto qualche giorno prima quando era stato trovato nella stazione delle guardie forestali con Hugh dopo quella che sembrò a loro una lite tra animali.
“Come si chiama? Ah, giusto: Oliver”.
-Ehi, ciao bello- salutò questo, tutto entusiasta, piegando le ginocchia per accucciarsi davanti alla gabbia contenente il lupo. La sua faccia era lentigginosa, con i capelli color carota ritti e corti sulla testa. Si avvicinò più fiducioso alle sbarre di ferro provando a inserire al suo interno tre dita.
Jared lo guardò stravolto e colmo di stupore.
Quel ragazzo cosa credeva, di aver a che fare con un coniglio o un micetto? Aveva davanti a se un lupo, non un cagnolino.
Jared non era gentile ma non era neppure molto aggressivo di fronte ad una tale dimostrazione di fiducia così disarmante e palese. Non lo morse ma neppure fece molto altro se non allungare il muso verso questo lasciandosi controllare il collo dalle mani di Oliver dentro la gabbia.
Il lupo fu sorpreso di riuscire a sentire la sua paura, non solo dal tremore lieve delle sue dita, ma anche dal suo fiato di poco corto e dal cuore che prese a pulsare di più contro il suo costolato.
Gli era andata bene che ci fosse stato lui e non un altro lupo della riserva come Lex, Dreda o, peggio ancora, Kendal…
-Fatto. La ferita si è rimarginata e il filo dei punti se ne andrà da solo. Ora togliamo questo schifo, eh?- detto questo, Oliver gli aprì l’imbuto orrendo e glielo sfilò. Rise quando vide Jared scrollarsi convulsamente il pelo.
-Ok amico, ora vediamo di lasciarti andare via in pace, eh?-
-Eh, buona idea- rispose Jared ma Oliver non poté capirlo.
 
Un’ora dopo essere stato trasportato in un’altra gabbia sul camioncino della forestale e liberato nel territorio dei lupi, ecco che Jared si stava dando da fare per correre lungo la piccola piana che distanziava un campo di lupi dall’altro.
In quella zona c’era l’odore di un altro branco, oramai aveva iniziato a fare caso a queste cose e il pensiero di poter essere individuato lo spingeva a correre più veloce verso la meta: i lupi di Dreda.
A metà area della piana sentì un rumore strano.
Mosse le orecchie in tutte le direzioni, cercando di comprendere da che parte arrivasse, ma non fece in tempo ad evitare un forte colpo alla spalla destra che lo fece cadere a terra.
Alzò lo sguardo e vide un’enorme aquila tentare di caricare un altro colpo salendo in alto nel cielo e minacciando una picchiata contro la sua testa, Jared si spostò appena in tempo per schivarla e tentò di dargli una zampata approfittando della sua vicinanza a terra.
L’aquila gridò, spaventata da quell’azione improvvisa, ed il lupo riuscì a stendere a terra il pennuto, forzando con le zampe le sue ali al suolo.
Dovette tenere ben lontano il muso per scampare dalle sue beccate che gli avevano già provocato una bella ferita sulla spalla destra. La sentì pulsare di dolore ma non avrebbe mai mollato la presa.
-Chi sei? Che cosa vuoi da me?!- dovette alzare la voce Jared per farsi sentire sovrastando le grida combattive del suo avversario volante.
Tentò altre volte di comunicare con l’estraneo ma alla fine dovette minacciare di spezzargli il collo per ottenere qualche risposta.
-Mi chiamo Miles e voglio mangiare, d’accordo?!- stridette il pennuto aprendo il becco vicino al suo muso del giovane per gridare direttamente nei suoi timpani, rimanendo indaffarata nel tentativo di fargli mollare la presa. –Lasciami andare!-
Ma Jared non badò all’ordine dell’aquila perché, non’appena sentì il nome “Miles”, gli tornarono a mente le parole di Hugh. Era lei quindi l’animale che stava cercando. L’aveva già trovata! Che colpo di fortuna!
-Stammi a sentire Miles: mi chiamo Jared, sono il nipote di Gad, uno dei ranger della riserva. Sono stato trasformato in lupo dopo un incidente stradale e ieri Hugh mi ha detto che tu puoi sapere qualcosa di questa storia. Puoi darmi qualche informazione in più?- chiese esasperato il quadrupede, cercando di tener immobilizzata l’aquila a terra per non perderla di vista.
A seguito di quelle parole, anzi, a metà discorso, Miles si fermò dal dimenarsi dando attenzione al giovane lupo.
-Hugh ti ha parlato di me? Come ha osato… dopo tutto quello che è successo non avrebbe dovuto dire niente a nessuno! Perché te ne ha parlato?-
Esasperato, il ragazzo sbuffò stringendo i denti aguzzi per rimanere calmo.
-Ti ho detto che sono un essere umano. Sono stato trasformato in lupo, non so come e neppure perché. Hugh mi ha detto solamente di chiedere a Miles informazioni utili ed eccoti qua- fece spallucce Jared gemendo per la fitta che gli arrivò dalla spalla beccata dall’aquila che aveva di fronte.
-Hugh è solo un vecchio sacco di pulci… va a rendere favori ai quadrupedi, ecco cosa succede: ti ritrovi invischiata di nuovo nella stessa storia per la seconda volta-
-Seconda volta?- domandò con sorpresa il lupo diminuendo, senza accorgersene, il peso delle zampe sulle ali dell’aquila. Questa, con un veloce scatto, tornò nel cielo ad almeno due metri sopra la testa del lupo. –Andiamo, ti prego. Ho bisogno d’informazioni per tornare umano!-.
Miles sembrò indecisa. Svolazzò sul posto per qualche secondo ma poi se ne andò con decisione dal luogo, innalzandosi sopra le nubi.
-Miles! Ho bisogno di risposte!- le urlò ancora dietro Jared ululando oramai al vento.
Esasperato, fece un profondo respiro sedendosi a terra per riordinare i pensieri scrollando con poca energia il manto scuro del collo sentendo il pizzicore della ferita oramai cicatrizzata. Il dolore sulla spalla invece prese ad aumentare quando, alzato di nuovo il muso, sentì le grida dell’aquila nette e chiare, più vicine.
Si rimise sulle quattro zampe vedendola sbucare dalle nuvole che adornavano il cielo e la vide discendere sulla piana appollaiandosi su un gruppo di rocce ricoperte di muschio.
Prese a parlare come se il discorso non si fosse mai interrotto.
-Dunque, ragazzo, quello che ti posso dire è ben poco rispetto a quello che dovrai scoprire da solo… sono stata chiara?-
All’annuire del lupo, avvicinatosi a lei e sedutole di fronte sull’erba, Miles prese un profondo respiro, preparandosi ad iniziare il suo discorso.
-Tuo nonno, Gad Ouray, fa parte di una generazione d’indiani nati e vissuti in questo territorio. In queste foreste tutti gli animali anziani conoscono i nomi degli umani nativi di questa zona. Anch’io, e so che la maledizione iniziò proprio con un tuo antenato: Chogan Ouray.-
-Era un giovane molto caparbio e forte, poco incline al rispetto delle regole, ma era molto bravo con le armi. Diventato maturo, entrò a far parte del gruppo del villaggio, incaricato di provvedere al cibo. Eccelleva sia nella caccia che nella pesca. Spesso si allontanava dagli altri per inseguire prede più ambite ma che era proibito cacciare, come femmine gravide o cinghiali che avevano appena partorito i loro cuccioli. Morta la madre, sarebbero diminuiti gli animali per gli anni a venire, ma questo a Chogan non interessava e quindi continuò a cacciare a modo suo finché Nashoba, il capo tribù, non lo punì severamente lanciando una maledizione: “Delle colpe del padre... ”-.
-“… dovrà pagarne il figlio”- ultimò Jared, interrompendo il dire di Miles.
Una vicenda davvero profonda. Aveva radici nella storia dei suoi antenati e proprio per colpa di un Ouray era nata la maledizione.
Perché suo nonno non gliene aveva mai parlato? Neppure sua madre l’aveva fatto. Eppure, per quanto ridicola potesse sembrare come storia, avrebbe potuto arricchire le vicende indiane che nonno Gad raccontava sempre a Jared da bambino.
Lui stesso aveva riletto quelle parole, a detta di Hugh, in camera di sua madre la sera prima di cercare per telefono suo padre Angus.
Probabilmente suo nonno sapeva in che condizioni riversava suo nipote e ora stava cercando un modo per riuscire a rimediare a questa situazione.
-Quando Chogan ebbe un figlio, Jolon, lo portò al cospetto di Nashoba al compimento della sua maggior età per entrare a far parte dei cacciatori della tribù ma, non’appena Jolon guardò negli occhi Nashoba, il giovane scappò lontano nel bosco e lì si trasformò in un giovane daino.-
-Passarono i mesi e le ricerche del giovane Jolon continuarono insistentemente, come anche le battute di caccia di suo padre. Chogan era particolarmente spietato a seguito della scomparsa del figlio e non gli parve vero di scoprire tra la vegetazione un bel daino giovane intento a brucare a pochi metri di distanza. Pensò bene di farci un paio di scarpe e un copricapo per il ritorno del figlio, certo che sarebbe tornato. Chogan mirò al suo collo e scoccata la freccia, il daino cadde a terra ma, quando sopraggiunse sul luogo, al suo posto trovò Jolon, suo figlio, morto con la sua stessa freccia che gli trapassava da parte a parte l’esile collo-.
Jared rimase ad ascoltare con attenzione. Sul finire del racconto ingoiò a vuoto piegando la testa per fissarsi il busto, non potendosi osservare il collo infoltito di pelo, immaginando il dolore patito dal giovane Jolon.
Aveva un brutto presentimento.
Dopotutto, era il successore in linea diretta della famiglia Ouray, no? Si era trasformato in lupo nella foresta e in più suo nonno stava rintracciando suo padre.
Ma che poteva aver fatto suo padre per aver scatenato ancora la maledizione di Nashoba?
-Quindi, viste le parole della maledizione, dovrò per forza morire per mano di mio padre?- domandò Jared guardandola e pregandola con lo sguardo d’inventarsi anche solo una risposta contraria fittizia. Un barlume di speranza insomma doveva pur esserci.
-Di solito pochi sono riusciti a scampare al compimento definitivo della maledizione, ma sì, c’è una possibilità ragazzo- fece Miles piegando ampiamente la testa verso destra, fissandolo con gli occhi gialli e concentrati su fatti di epoche passate dove neppure lei era ancora nata.
–Nashoba, quando Chogan tornò sconvolto con il figlio morto tra le braccia, lo guardò in volto rimanendo in silenzio alle richieste dell’uomo di riportare in vita Jolon. Il capo tribù disse solamente queste parole: “Che i padri imparino dai propri figli”. In seguito, Chogan ebbe altri due figli cui insegnò l’importanza della vita e cui raccontò la vicenda del loro fratello maggiore Jolon, morto per mano sua. Così continuò la stirpe Ouray fino ad arrivare a te, Jared. Se vuoi fermare il processo della maledizione, devi affrontare tuo padre e fermarlo, qualunque cosa stia facendo-.
Seguì qualche momento di silenzio mentre iniziava già a imbrunire sulle loro teste.
-Devo farlo ragionare prima che lui mi uccida…- rifletté il giovane portando il muso verso la sua sinistra, allungando lo sguardo oltre l’orizzonte. –Ma come? Che cosa può star facendo ora mio padre per indurre la maledizione a tornare a colpire la mia famiglia?-.
L’aquila sbatté le grandi ali beccando la destra allungata davanti a se, ripulendola da qualche granello di polvere e pelo di Jared.
-Ragazzo, di sicuro ha a che fare con altri esseri viventi. La maledizione ha colpito sempre per questioni molto simili: avvelenamento del territorio, disboscamenti … persino un cacciatore di umani ha perso suo figlio in questo modo. Può anche trattarsi di qualcuno che sta inquinando la zona della riserva, non ti pare? Ultimamente l’acqua è piuttosto rancida giù a sud…-.
-Credi che potresti condurmi lì domani?- domandò tempestivamente Jared tornando all’attacco. Voleva scoprire qualcosa di più su suo padre e lo avrebbe scoperto, nonostante il suo essere lupo il quale limitava di molto la sua ricerca.
Dai costi dei regali che aveva ricevuto quasi sicuramente da Angus, doveva essere un uomo d’affari o comunque di successo. Sua madre Sarah gli aveva raccontato poco e niente di lui descrivendolo come un uomo pieno di se e molto più attaccato al lavoro che alla famiglia, il che poteva significare che fosse davvero un imprenditore o un manager. Se fosse stato il presidente di un’azienda, non si sarebbe per nulla stupito.
-Vedi di farti trovare esattamente qui, domani, quando il sole sarà più alto nel cielo-
Si organizzarono così e poi lei volò via mentre Jared riprese a correre per entrare nel territorio di Dreda.
 
-Guardate un po’ chi sta tornando- mormorò Kendal facendosi una risata, stiracchiandosi, prima di coricarsi per la notte nella grotta più profonda.
Tutti quelli che ancora non vi avevano fatto caso si voltarono verso la direzione da cui stava tornando Jared Ouray, il nomade.
Randy tirò un respiro di sollievo mentre Kory ululò un saluto per l’amico che stava tornando a casa.
Jared, con la lingua di fuori per la corsa e lo sfinimento della convalescenza, si fermò solo dopo essere arrivato a pochi metri da loro.
-Che fine avevi fatto? Tutti qui ti credevano morto…- domandò Randy osservandogli la spalla destra con una smorfia sul muso. –Ugh… deve fare male-
-Jared, che cosa è successo?- chiese invece Kory annusandolo. –Odori di piccione-
Il lupo appena tornato cercò di riprendere il fiato poco alla volta prima di voltarsi come tutti gli altri verso l’entrata della seconda grotta, quella più piccola.
Dreda stava arrivando con passo calmo e sguardo severo.
Il giovane lupo rossiccio ingoiò a vuoto della saliva prima di tornare a muoversi in direzione della capobranco.
Una volta arrivatole di fronte, abbassò le orecchie sulla testa. La coda si fermò ed abbassò il muso di fronte a lei, quasi fosse un inchino per portarle rispetto.
Sapeva benissimo di aver sbagliato, secondo le sue regole almeno, quindi doveva cercare di rimediare in qualche modo e il fatto che non gli avesse azzannato subito la gola lo preoccupava invece di rincuorarlo.
-Straniero, perché quest’assenza? Cos’è successo?- domandò Dreda con un tono al quanto calmo ma lasciando trasparire un po’ di rabbia dagli occhi.
-Sono stato trattenuto dagli umani al centro dei ranger oltre la zona a est…-
-Che cosa?- lo interruppe lei con voce sdegnata, fissandolo attentamente. Allungò il muso davanti a lui e annusò il vuoto attorno a Jared. –E’ vero. Sento l’odore freddo delle loro sostanze-
A quelle parole tutti fecero qualche movimento indietro, come fosse improvvisamente radioattivo, impauriti da qualcosa che il lupo rossiccio non riuscì a capire. Pochi secondi dopo la maggior parte dei diciotto lupi si rilassò di nuovo, parlottando tra di loro.
-Ascoltatemi tutti! Non c’è nulla di cui preoccuparsi, chiaro? E’ sera tarda e la Sfera Chiara domani sarà sostituita dalla Sfera Sanguinosa che ci farà avere brutti sogni. Preparatevi agli scontri. Buon riposo- concluse così il discorso pubblico. Attese in silenzio che la maggior parte dei lupi entrasse nelle grotte per coricarsi e che i restanti sei lupi s’interessassero di altro invece che stare ad ascoltarli parlare.
Dreda fulminò Jared con uno sguardo truce prima di cominciare il suo discorso.
-Straniero, comprendo che forse per curiosità tu abbia voluto oltrepassare i confini del nostro territorio. Andare a scoprire cosa vi è oltre le nostre terre è in diritto di un nomade come te dopotutto… Ma ti incoraggio a farne parola con me prima che ciò accada un’altra volta-.
La lupa gli sembrò sincera e poco incline a voler proseguire il discorso.
-Ti ringrazio. Lo farò- rispose semplicemente Jared osservandola dirigersi in seguito verso la grotta più ampia e meno profonda. Alzatosi da lì, il giovane si rintanò invece nella seconda.
-Cos’è successo?- chiese Kory, davvero molto curioso. Jared notò che gli brillavano gli occhi mentre annusava il pelo del suo collo. –Ti hanno iniettato quell’acqua strana, non è vero? Che ti hanno fatto?-
Era a dir poco euforico.
-Kory, lascialo respirare- s’intromise Randy ammonendolo con lo sguardo prima di posare gli occhi su Jared. -Però, che è successo?-
Altri due o tre lupi, parecchio curiosi, rimanendo comunque a debita distanza, tesero le orecchie verso il trio attendendo risposte.
Il lupo-umano sorrise sedendosi con le zampe posteriori e si preparò per un lungo racconto pieno d’esagerazioni e di particolari ingigantiti.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAP 5:
 
La mattina del giorno seguente sentì arrivato il freddo pungente dell’inverno. Strano, non si sa mai quando di preciso sia quel giorno in cui ci si sveglia e si capisce che sì, è iniziata la nuova stagione. Lui, da lupo, poteva sentirne quasi l’odore.
-Randy?- chiamò Jared mentre ancora in molti dormivano nella grotta.
L’altro lupo mugugnò qualcosa ricevendo un colpo di zampa sulla schiena. Gemette debolmente spostandosi più vicino al rossiccio.
-Che c’è?-
-Dreda ieri ha parlato di “Sfera Chiara” e credo di aver capito che si tratti di quella che splende nel cielo di notte, giusto? Ma la Sfera Sanguinosa cos’è? Perché ha detto che ci farà avere brutti sogni? E gli scontri?-
A Jared parve strano dover parlare in quella maniera della semplice e tranquilla luna ma voleva trovare un senso alle parole della capobranco e quindi era oramai intenzionato a scoprire il più possibile, continuando a spacciarsi per uno comune di loro.
-Piano! Una domanda per volta. Dunque… la Sfera Chiara è il cerchio luminoso che illumina la notte. Quando è un cerchio perfetto la chiamiamo Occhio Luminoso. Quando nel cielo c’è l’Occhio Luminoso ci raduniamo tutti a cantare le gesta in battaglia dei nostri antenati o dei nostri parenti…-.
-Ma ci si raduna anche con gli altri branchi della zona?- chiese Jared interessato.
-No, ma ci ascoltiamo tutti quanti. Riusciamo a sentirli e credimi: quelli del branco a sud sono dei gran bugiardi. Mai che raccontino la verità. Noi amiamo arricchire di particolari le nostre storie ma loro le devastano sotto ogni aspetto- commentò Randy sbadigliando ampiamente per poi rimettersi steso al suolo. Non era l’unico lupo pigro della zona…
-E la Sfera Sanguinosa?- insistette Jared accucciandosi anche lui a terra.
-Quando il cerchio luminoso del cielo è di colore rosso, è chiamato Sfera Sanguinosa. Quando c’è la Sfera Sanguinosa, ci raduniamo tutti noi del branco e, chi lo desidera (solitamente più della metà di noi si aggrega), ci affrontiamo in scontri di uno contro uno per rafforzarci e per vedere chi è il lupo più forte-.
-E’ inutile dire che sarà Lex il più bravo sul campo, ora che Arty non c’è più…- mormorò infine Randy rabbuiandosi ed abbassando lo sguardo.
Il lupo rossiccio di fronte a lui lo imitò e abbassò il muso poggiando il naso sulla fredda pietra della grotta lasciandogli un po’ di tempo per tornare a parlare.
-Quando il cerchio di luce è una sfera completa e di colore rosso è chiamata: Goccia di Sangue. Nella notte della Goccia di Sangue si è chiamati alla battaglia contro un branco avversario delle altre terre e ci battiamo fino a quando non è deciso chi è vinto e chi è vincitore-.
-Aspetta, aspetta, ma… come fate a decidere quale branco di lupi attaccare? E come fanno a sapere loro che volete attaccarli voi e non un altro branco? E se attaccate in due lo stesso branco?-, chiese con crescente interesse Jared, ponendo domande su domande.
Randy fece una smorfia alzando il muso per guardarlo con uno sguardo indecirabile.
-Sei un lupo davvero strano, Jared…- disse questo facendo rabbrividire il suo interlocutore. Era meglio non esporre troppo la sua ignoranza canina. -Noi lo sentiamo e basta. Siamo noi, come branco, a sapere chi attaccare e per gli altri branchi del sud e dell’est è la stessa cosa. Pensavo che per tutti i lupi fosse lo stesso. Come funzionavano le cose nel tuo vecchio branco, prima che ti portassero qui?-.
Questa volta il curioso fu Randy, ma il quadrupede di fronte a lui si stiracchiò, farfugliò qualche parola di scusa e disse di essere di fretta perché si era dimenticato di dover parlare urgentemente con Dreda.
Uscito dalla grotta, ebbe un sospiro di sollievo. Alla fine non aveva ancora trovato risposta alla domanda sugli incubi ma Randy gli aveva comunicato abbastanza informazioni per il momento.
Non si era preparato niente da dire nel caso gli avessero fatto domande più pressanti e più dettagliate. Poteva solo che schivarle allontanandosi dal suo interlocutore.
Uscito all’esterno, vide Dreda impegnata in una discussione con Lex.
I toni sembravano molto accesi e il più grosso, dopo essersi rialzato sulle quattro zampe, si allontanò sparendo oltre un gruppo di cinque alberi verso sud.
-Spiare… è un’altra mancanza di rispetto, straniero- disse d’improvviso la lupa voltandosi per fissare con diretta arroganza Jared.
-Mi dispiace, non ho sentito niente…- cercò di dire lui arrampicandosi sugli specchi ma alla fine decise di starsene zitto e di arrivare dritto al punto. Dopotutto, non aveva sentito nulla davvero…
–Dovrei incontrare l’aquila Miles a sud per una questione personale-.
Ci fu silenzio per almeno una buona manciata di secondi, tanto che Jared non capì se avesse dovuto aggiungere qualcosa o se lei gli avesse voluto fare un discorso serio con un’introduzione solenne.
Alla fine fu comunque Dreda a parlare.
-D’accordo, straniero. Ti prego di tornare entro sera e, se vorrai, potrai partecipare agli scontri con i nostri lupi migliori-.
Annuendo a lei accettò le sue parole e fece dietro-front per allontanarsi verso est un po’ titubante.
-Straniero- lo richiamò la lupa e questo si voltò, prima di trovarsi troppo lontano per sentirla. –Cerca di tornare prima dell’imbrunire del cielo. Anche se gli umani arrivano da nord-ovest, molto spesso capita che attacchino il branco di Yuma a sud. Fa attenzione-
Detto questo, Dreda non attese risposta dal suo interlocutore e si alzò entrando nella grotta più profonda.
 
Correva già da qualche minuto ma ci mise almeno un quarto d’ora per arrivare fino alla piana in cui era stato attaccato dall’aquila.
Non c’erano esseri umani in quella zona ed era davvero una cosa strana. Era convinto che tutte le piane della zona fossero utilizzate come area da pic-nic ma a quanto sembrava si sbagliava di grosso.
Sedendosi con le zampe posteriori sull’erba e il terriccio, sbadigliò ampiamente essendo ancora un poco assonnato.
Alzò il muso verso l’alto.
Non era ancora l’ora giusta ma poco ci mancava. Avrebbe aspettato. Poteva anche schiacciarsi un pisolino intanto, no?
Così fece e si addormentò con piacere ipnotizzato dall’odore del prato attorno a lui.
Non poté riposare che per pochi minuti poiché gli arrivò in picchiata una tagliente beccata, questa volta diretta sul fianco.
Jared si svegliò di soprassalto e si guardò attorno attonito mentre il cervello era ancora assopito dal sonno ma al contempo in tilt per il brusco risveglio.
-C-chi c’è?- domandò, sbadigliando allo stesso tempo.
-Sono io…- borbottò la voce femminile di Miles. Jared si voltò verso l’ammasso di pietre ricoperte per buona parte di muschio e vi vide sopra l’aquila, intenta a guardarlo più vispa del giorno prima.
-Hai mangiato- intuì il lupo fissandola.
-Si vede tanto?- domandò lei piegando il collo per studiarsi il corpo piumato. Allungò le ali, aprendole completamente, così da guardarsi meglio.
Jared scoppiò a ridere, non badando più alla nuova beccata ricevuta.
-Ma allora anche voi animali avete il senso estetico! No, mi riferivo al fatto che sembri più in forma oggi-.
Alle parole del lupo, Miles si arruffò le penne e con il becco ne tolse una particolarmente fastidiosa dall’ala destra.
-Lo prendo come complimento… ora seguimi!- gli intimò l’aquila prima di salire in volo e gridare la direzione da seguire.
Jared fu costretto a correre davvero veloce per riuscire a stare al suo passo.
-Ecco perché non gareggio mai con i quadrupedi: non c’è il gusto della sfida. Andate a passo di lumaca!- sbraitò Miles dall’alto del cielo mentre Jared, da terra, faticava nella corsa.
-Non è colpa mia se la maledizione mi ha trasformato in lupo! Gli altri in cosa sono stati trasformati?-
-Dunque…- Miles ci pensò un po’ su e infine gli vennero in mente alcuni casi in particolare. –Dopo la trasformazione di Jolon in daino ci fu Nova che diventò una farfalla, Chayton un falco, Mosi un puma, Kaliska un coyote, Skah un serpente e Bly che diventò un cavallo. Gli altri non li ricordo molto bene-
-Ma da quanti anni esiste questa maledizione? Quanti sono riusciti a fermarla?- domandò Jared, stupito dall’elenco dettato dall’aquila.
-La maledizione esiste da circa duecento anni credo e solamente in due sono riusciti a fermarla in tempo-
-Come hanno fatto?-
-Uccidendo loro padre. Furono Mosi e Skah gli unici a scampare alla morte uccidendo loro per primi, ma rimasero per sempre animali-.
Jared si ammutolì.
Certo, non si prospettavano molto bene le cose nel suo futuro però, per il momento, sentì di poter stare tranquillo. Suo padre chissà dov’era e probabilmente aveva molto di meglio da fare che andarsene alla riserva per sparare a un lupo qualsiasi, no?
Oltretutto era più che sicuro non potesse essere uno di quei bracconieri che facevano continuamente irruzione nelle foreste della riserva, quindi questo gli dava un discreto vantaggio sugli altri sui compagni di sventura.
-Quindi non ci sono prove che, se riuscissi a far ragionare mio padre, qualunque cosa lui stia facendo, io potrei tornare un essere umano. Esatto?-
-Esatto… ma perché essere così malfidenti delle parole di Nashoba?-
 
Dopo una buona mezzora di corsa veloce, con un bel fiatone e i muscoli indolenziti, Jared si fermò appena uscirono dalla folta zona boschiva piena di alberi. Aveva circumnavigato il territorio del branco di Yuma grazie a Miles che gli disse bene come deviare per passarvi oltre. Ora, lasciandosi alle spalle il bosco di conifere, aveva di fronte a se un torrente per nulla profondo ma che tradiva i meno attenti per le sue acque gelide e forti.
Una delle cose che suo nonno Gad gli aveva insegnato sin da subito era di stare molto attento ai torrenti. Mai oltrepassarli saltando di pietra in pietra perché sono scivolose e come niente ti puoi ritrovare in acqua in balia della forza delle correnti. Neppure pensare di passarlo a piedi si poteva fare perché, nonostante l’acqua arrivi massimo fino alle ginocchia, il fiumiciattolo può avere una potenza tale da buttarti a terra e trascinarti via.
Da lupo tutto ciò che avrebbe potuto fare, era provare a saltare di masso in masso e stare molto attento a non scivolare, oppure fare come da umano: cercare una zona in cui sarebbe stato più facile oltrepassare il torrente.
In quel momento però non interessava a nessuno dei due lì presenti superare il torrente ma ispezionarlo.
-Assaggia l’acqua-
Jared starnutì d’indignazione.
-Non ci penso proprio! E se davvero fosse inquinata? Dovrei avvelenarmi anch’io?- sbraitò il lupo sedendosi al limitare del letto del torrente ora tranquillo e languido.
-Ho detto che ha un cattivo sapore ma non sono certa che sia inquinata. E poi un solo assaggio non fa di certo male, no? Gli animali della zona bevono solamente da questa fonte, che dovresti fare se questa fosse l’unica acqua dei dintorni? Morire di sete? Forza, assaggiala-
Le parole dell’aquila Miles lo fecero tentennare ma sospirò arrendevole.
In fin dei conti forse aveva ragione lei e un semplice assaggio non avrebbe creato problemi. In più avrebbe forse scoperto se qualcuno stava realmente inquinando l’acqua. In caso affermativo avrebbero controllato l’intero percorso del fiumiciattolo fino a trovare qualcosa e forse sarebbero risaliti a suo padre. Forse…
-D’accordo- accettò il lupo allungando il muso verso il basso.
Ancora titubante ingoiò a vuoto prima di dare una leccata all’acqua che all’apparenza sembrava a dir poco cristallina. Il gusto era normale, nulla di strano, sennonché per un piccolo particolare a lui molto familiare ma agli animali, probabilmente, molto meno.
Si mise a ridere.
-Non c’è niente. E’ solamente cloro-
-Cloro?- domandò Miles abbassandosi dal ramo sul quale si era appollaiata per arrivare a posarsi su un grande masso poco distante dal lupo.
-Sì, serve per pulire l’acqua. Probabilmente queste acque erano inquinate ma così ora sono potabili. Non c’è nessun problema qui, dovremmo cercare da un’altra parte temo…-.
-E voi umani siete abituati a bere l’acqua con questa roba dentro?- domandò sdegnata l’aquila facendo una smorfia schifata. –L’ho sempre detto io: gli esseri umani sono strani-.
-Ci sono altre anomalie nella zona?- domandò Jared cercando d’investigare sulla questione e lasciando correre le sue lamentele.
-Oltre ai bracconieri come piaga abbiamo Anouk, ma non credo debba essere messa in lista. E’ solo una volpe rompiscatole ma forse lei potrà dirti di più sulla quasi totale scomparsa delle sue sorelle dalla zona. Dovresti incontrarla-
-Dove posso trovarla?-
Miles fece per rispondere ma si zittì all’istante spiccando il volo. Un istante dopo Jared sentì un profondo ringhio sommesso alle sue spalle.
Non era un lupo, era fuori dal loro territorio. O meglio, glielo aveva garantito Miles.
Uscito da una folta zona del bosco alla sua destra, vide avanzare un grosso puma di color marroncino e con una cicatrice sul muso che lo costringeva a tenere l’occhio chiuso.
-Cosa fai qui, lupo?- ruggì molto lentamente e capì trattarsi di una femmina.
Peggio. Le femmine sono sempre più brave a cacciare, se si trattava di felini.
-Oltrepassa il torrente! Mettiti al sicuro, Jared!- gli urlò Miles da sopra la sua testa volando in circolo e gridando in continuazione.
Il puma rise sommessamente.
-E credi di potermi sfuggire così? Sei già morto, lupo- disse in tono divertito il puma, avanzando verso di lui mentre questo arretrò con cautela.
Un passo in avanti del grosso felino corrispondeva ad uno indietro del lupo.
-Sei nuovo… non sei del branco di Yuma. Loro non oserebbero mai entrare nel mio territorio-.
-I puma hanno territori?- domandò incerto Jared, prendendo tempo.
-Io sì- sbuffò fissandolo famelica, avvicinandosi di altre due falcate mentre il lupo ne arretrò di altre due verso il torrente. Oramai era fermo lì, se si fosse spostato ancora di poco sarebbe finito in acqua.
Non mostrò i denti, non ringhiò e neppure diede segni con il corpo. Sapeva che con la maggior parte degli animali si deve solo stare fermi immobili.
-Kyra! Kyra?!- urlò qualcuno dal bosco alle spalle del puma e questa si voltò all’istante.
Jared approfittò di quel momento di distrazione per balzare su di un masso nel centro del torrente bagnandosi le zampe e la punta della coda.
-Cavolo, è anche più difficile che da umano però!- sbraitò Jared, più a se stesso che verso Miles o altri presenti.
Ancora un balzo e con le zampe anteriori atterrò sull’altra sponda di sassi ma scivolò con la destra posteriore e finì con metà corpo dentro il torrente.
Di male in peggio. Non solo aveva dietro di se un puma, ma ora era anche semisospinto dalle correnti del torrente gelido.
 
Le grida di Miles dal cielo gli urlavano di fare quel piccolo sforzo, che non ci voleva nulla.
-Chiudi il becco! Non starnazzare!- ringhiò questa volta lui cercando di usare tutta la sua forza, ignorando il dolore al collo e alla spalla dove si facevano sentire le ferite non del tutto guarite.
Il torrente aveva scelto proprio un buon momento per aumentare d’intensità la sua corrente…
Cercò con le zampe posteriori di darsi la spinta facendo leva su dei ciottoli sott’acqua per uscirne e, una volta trovato un appiglio ben saldo, si issò fuori dalle acque e si riversò a terra con il fiato corto.
-Fantastico!- disse una voce sconosciuta mentre Miles atterrò su un tronco riverso lì vicino gonfiandosi in petto, indignata per le parole ricevute da parte di Jared poco prima.
Il lupo mezzo fradicio si rimise sulle quattro zampe scrollandosi di dosso le gocce d’acqua gelide dal pelo lungo, stando ben attento a non gettarne addosso all’aquila, già abbastanza irritata.
-Oddio, che freddo…- mormorò battendo i denti.
-Ehi! Come ti chiami, lupo?!- sbraitò di nuovo quella voce mai sentita in direzione dell’altro versante verso il quale si voltò il quadrupede.
Lì ferma vi era il puma che, rimasta a bocca asciutta, si leccava i baffi e sbuffando voltò il capo verso un’altra direzione facendo scattare la coda con dei colpetti nervosi.
Alle zampe di questa, una giovane lince dal pelo lungo fece la sua comparsa con gli occhi vispi e lo sguardo vivace. Aveva ciuffi di pelo bianco e candido sulle orecchie e sulla coda mozza. Arrivava sì e no a metà zampa del puma. Aveva gli occhi grandi e verdi piazzati sopra a Jared con adorazione, lui però non capiva cosa ci fosse di così strabiliante in lui dato che era appena scappato invece che affrontare la lotta.
-Jared!- rispose il lupo alzando la voce per farsi sentire da sopra il rumore del torrente.
-Ian, finiscila ora e andiamocene da qui- intimò il puma alla giovane lince. Sembravano proprio una madre con il suo cucciolo. Era davvero un caso strano…
-Ma Kyra…- farfugliò il giovane mormorando ancora qualcosa che Jared non sentì a causa dell’aumentare dello scrosciare d’acqua nel torrente.
Sparirono entrambi poco dopo così come erano arrivati.
 
-Ti ho già chiesto scusa tredici volte… perché non mi perdoni e non mi dai una mano?- sbuffò Jared cercando di aggirare le chiazze di fango più ampie vicino al terreno del torrente.
-Ora vuoi ascoltare il mio starnazzare? Arrangiati!- sbraitò Miles sbattendo più ferocemente le ali mentre il lupo continuò a seguirla, cercando allo stesso modo di trovare un punto in cui guadare il torrente che fosse meno pericoloso di prima.
-Dai, Miles! Ero per metà nell’acqua gelida e stavo scivolando… tu quando urli hai certi decibel… No, scusa, non intendevo che… Aspetta, Miles!-.
Insomma, la situazione non andava a migliorare ma nel cielo iniziarono ad arrivare nuvole grigie e oscure cariche di pioggia e forse portatrici anche di un temporale.
Miles dovette abbassarsi di quota e oramai sfiorava i rami bassi delle conifere dei dintorni.
-Ho riflettuto a che altro può essere successo nella zona per indurre alla maledizione di impadronirsi di te ed ho pensato che fuori dalla riserva, verso nord-est, lontano almeno due ore di corsa, ci sono dei macchinari umani che stanno abbattendo quasi l’intera foresta al fianco del territorio dei ranger-
-E tu come fai a sapere qual è il territorio dei ranger?- chiese distrattamente Jared cercando di evitare attentamente la melma che stava iniziando ad essere più presente nella zona mentre il torrente sembrò assottigliarsi poco a poco.
Non arrivò risposta ma lui era concentrato sul da farsi e quando qualcosa lo colpì di spalle facendolo cadere a terra di faccia in mezzo al fango, di sicuro non era quella la risposta che si aspettava.
-Ora siamo pari- rise di gusto Miles tornando a volteggiare nel cielo.
Jared aveva già il nervoso e dopo essersi scrollato il fango di dosso e immerso con cautela il muso nell’acqua gelida e pungente, mandò silenziosamente a quel paese Miles rimettendosi in marcia, fulminandola con lo sguardo.
-Tutti qui conoscono il limitare del territorio dei ranger, è facile: ci sono le reti di protezione per non farci uscire e finire in mezzo alla strada- rispose in quel momento la volatile alla domanda di prima.
La mente di Jared tornò di nuovo alla notte in cui aveva investito Randy. Quella notte loro due erano fuori dalla riserva appositamente per salvare Anouk? Possibile che fossero usciti dalle recinzioni? Anouk, in particolare, si era allontanata di notte solo per cacciare? Gli sembrò al quanto assurdo. Doveva esserci un buco da qualche parte che aveva oltrepassato quando, cieco dalla stanchezza, a guidarlo erano gli occhi di Randy che lo stava portando verso l’interno della riserva.
-Voglio andarci- decise Jared facendo un grande salto per atterrare sull’altra sponda del torrente. –Miles, domani dovrò fare una capatina in un posto… il giorno dopo ci potremmo incontrare di nuovo alla piana in mattinata?-. All’indecisione di questa aggiunse: -Ti porterò una bella lepre, che ne dici?-
A quella condizione Miles gridò in risposta con tono affermativo.
 
-Coniglio- sentenziò Kory piazzandogli la sua vittima di fronte a lui. Questa volta il giovane lupo indossava una specie di marsupio rosso attorno al collo che gli dava un’aria da cane sanbernardo.
Jared annuì pensieroso e sbuffò stancamente nascondendo il muso sotto la grossa zampa destra.
-Scusa Kory… mi spiace che tu debba ancora cacciare per me, purtroppo non so come si fa e ho così tanto per la testa che…-
-Cosa?! Non sai come si caccia?- domandò stupito il lupo grigio attirando su di se qualche sguardo nervoso dei più vicini che stavano cercando di mangiare chi un daino e chi un cervo o qualche topo. –Come hai fatto a sopravvivere fino ad ora? Mangiavi dagli altri?-
-No, è che… scusa, ti racconterò appena posso, ma… ecco, diciamo che non ho davvero mai dovuto “arrangiarmi”- rifletté Jared allontanando la zampa dal muso e mettendosi a sedere abbassando invece lo sguardo sul paio di conigli che aveva cacciato l’amico. –Kory, mangiateli tu. Domani potresti insegnarmi a catturare un coniglio? Ne avrei al quanto bisogno…-
In effetti, aveva promesso un bel coniglio a Miles e non aveva ancora idea di come fare per procurarselo.
-Certo e… Jared?-
-Hm?-
-Ti mangeresti almeno una zampa? Non credo di riuscire a mangiarli entrambi…- disse Kory addentando il primo coniglio facendo sorridere Jared. Una delle particolarità di Kory non era certamente lo stomaco piccolo.
 
Era notte oramai e dal cielo scendeva una pioggia talmente fitta che era quasi impossibile riuscire a vedere il limitare del bosco dall’entrata della grotta. Jared vi rinunciò.
Quella sera la luna era tremendamente rossa. Era la notte della Sfera Sanguinosa, quindi i lupi avrebbero combattuto l’uno contro l’altro. Chi voleva e chi se la sentiva, avrebbe potuto gareggiare contro gli altri, finché non sarebbe stato battuto da qualcun altro, decretando così il vincitore.
Tutto andava bene. Di certo Jared non aveva nessunissima voglia di invischiarsi in un altro combattimento avendone sostenuti più che abbastanza in quegli ultimi giorni. Lui non era nato lupo e quindi non era bravo ad usare le zanne, gli artigli e chissà che altro pur di vincere, quindi rimase lì, nella grotta ampia somigliante quasi ad un’arena, solo per vedere come andavano le cose. A dirla tutta era in disparte, seduto sulle zampe inferiori, e si stava letteralmente addormentando dalla stanchezza. Proprio quando le sue palpebre stettero per crollare a causa del sonno, qualcuno fece il suo nome, o meglio, lo chiamò a gran voce facendolo risvegliare di soprassalto.
-Straniero! Ehi! Muoviti e vieni qui- disse con il suo vocione profondo Lex dal centro della grotta mentre altri dieci contendenti stavano ancora dandosele di santa ragione.
Il lupo rossiccio spalancò lo sguardo incredulo. Aveva ancora metà corpo nel mondo dei sogni, quindi pensava, e sperava, di aver sognato quelle parole. Che fossero un incubo magari?
-Dai, Jared. Lex ti sta chiamando- gli fece notare Randy lì vicino, reduce da uno scontro appena concluso. Una ferita sotto l’occhio destro gli sporcava il pelo grigio di sangue.
-Lo so che mi sta chiamando… ma perché io?- domandò Jared, scosso.
Randy rispose con un’alzata di spalle mentre il neolupo si vide costretto ad alzarsi sulle quattro zampe e, ingoiando a vuoto, dirigersi nel mezzo della grotta dove lo attendeva il grande Lex.
-Ti sfido, straniero-
Ecco, era sopravvissuto a un incidente stradale, ai bracconieri, all’essere sbranato da un cane, un’aquila, un puma e alle acque ghiacciate di un torrente… perché doveva proprio affrontare anche questa sfida? Eppure si trattava di combattimenti, più o meno, pacifici. Un po’ come quando nelle fiere di paese, nei lunapark, ci si infila l’imbottitura da lottatore di sumo e ci si da dentro con i colpi affrontandosi uno contro uno. Peccato però che nel suo caso specifico non si usi un’imbottitura…
-Potrei anche rifiutarmi … - mormorò Jared, allungando lo sguardo da un’altra parte.
Dreda in quello stesso momento stava gareggiando, contrariamente da ciò che il giovane avrebbe pensato, si era messa ad affrontare un lupo del suo branco. Era convinto che i capi non s’immischiassero in certi passatempi. Dovette ricredersi. La lupa sembrò andare in vantaggio afferrando per il collo il suo avversario e scaraventandolo a un metro di distanza balzando con le zampe anteriori sopra di lui, atterrandolo. Aveva vinto.
Si accorse solo in quel momento che Lex gli aveva parlato.
-Che cosa?- domandò.
-Ho detto che rifiutandoti di gareggiare quella poca reputazione che “potresti” avere nel nostro branco crollerebbe totalmente a zero. A te la decisione- ghignò Lex roteando le scapole per sgranchirsi le ossa e riscaldare i muscoli, muovendosi un po’ sul posto. –Cosa decidi straniero?-
Jared tornò a posare lo sguardo su Dreda e poi su Randy, il quale teneva l’occhio chiuso ma tutto sommato in buone condizioni. Infine guardò Kory che se la stava vedendo brutta con Kendal, spinto più dalla rabbia che dalla competizione.
Che doveva fare? In realtà aveva già deciso quando tornò con lo sguardo sugli occhi di Dreda: severi e duri. Lo esortavano a provare, anzi, quasi lo costringevano. Chissà per quale motivo, ma era convinto che quella sarebbe stata un’altra lezione della lupa. Si voltò di nuovo verso Lex e con espressione combattiva annuì, convinto, o quasi.
-D’accordo. Ci sto!-
 
-Ahia…- mormorò Jared alzando il muso verso l’alto, lasciandosi bagnare dalla pioggia fredda per dare un po’ di sollievo alle sue numerose ferite. Le fitte si sprecavano e il dolore gli attanagliava la testa.
Non era andata poi così male, almeno secondo lui no, poteva andare molto peggio. Aveva naturalmente vinto Lex ma era riuscito a tenere duro per diversi minuti prima di cadere stremato a terra con la mascella di Lex sulla nuca.
Era relativamente fiero di se stesso, nulla da ridire, o quasi, però gli rimase il dolore delle ferite conseguenti alla lotta intrapresa. Forse chiamarle “ferite di guerra” sarebbe stato eccessivo.
-Stai imparando un’altra lezione, straniero- disse la voce di Dreda alle sue spalle. Preso di sproposito, Jared sussultò e la lupa avanzò fino a raggiungerlo sotto la pioggia, affiancandolo.
-Quale? Evitare scontri con Lex?- domandò ridendo e sentendo sghignazzare per la prima volta anche Dreda che, come lui, aveva riportato qualche acciacco, ma la quale era molto più abituata di lui a sopportare dolori simili.
-La difesa del proprio orgoglio. Affrontare anche l’inaffrontabile pur di vivere con dignità e tentare qualsiasi cosa, senza paura, in modo d’andare avanti nel proprio cammino. L’accettazione di se stessi comporta anche questi passaggi e forse, così facendo, diventerai Jared-.
Le parole di Dreda gli arrivarono dritte in corpo, come iniettate. Lo portarono a ripensare a tutti i tentativi fatti nella sua vita. Sì, aveva rubato, picchiato molta gente, aveva ingannato persone e accordato fiducia ad altre che non ne meritavano piuttosto che credere in chi per lui c’era sempre stato. Aveva sbagliato, ma non era questo che gli s’incolpava, piuttosto il fatto di non aver imparato dai propri errori e anzi, l’esser stato recidivo e aver perseverato nelle proprie scelte, sapendo che esse erano sbagliate, era molto peggiore.
Si morse la lingua abbassando il capo, colpevole, comprendendo solo in quel momento ciò che aveva sbagliato di se in quegli anni.
-C’è una cosa che non ho capito. Forse sembrerà strano, ma non mi chiedere il perché te lo domando-, disse Jared, voltandosi verso di lei e al suo assenso riprese a parlare. –Ogni volta che un lupo viene colpito… è normale avvertirlo, cioè… sentire la sua voce nella propria testa?-.
Era una cosa che gli era successa alla morte di Arty. Aveva sentito quella che probabilmente era la sua voce che chiamava i suoi fratelli. Ricordava ancora in quello stesso momento il suono del suo respiro, il suo battito che poco a poco, da incredibilmente veloce, iniziava a spegnersi fino a non farsi più udire. La sua paura, le sue ansie, la forza che lasciava il suo corpo e la consapevolezza di star per morire.
Come se una parte di se stesso fosse morta con lui quel giorno, la sua parte umana, il suo passato.
Quando si accorse dell’espressione e dello sguardo di Dreda, tornò al presente schiarendosi la voce.
La lupa sembrò turbata all’inizio, ma portò poi lo sguardo lontano e socchiuse gli occhi sotto la pioggia scrosciante, come se stesse pensando per bene a cosa rispondere prima di dire qualsiasi cosa.
-Non sono certa di poterti rispondere… Ciò che mi turba sono queste domande. So che non sai cacciare e neppure eri a conoscenza delle occasioni di ritrovo per noi lupi. Straniero, tu non sei un lupo normale, non è vero?- domandò lei, voltandosi verso il suo interlocutore con sguardo inquieto.
-Kory e Randy hanno…-
-No, non hanno parlato. Io, in quanto capo del branco, devo essere al corrente di tutto.-
Jared sospirò, impensierito, piegando il muso in direzione del capo del branco ed annuendo incerto.
-Un giorno, non troppo lontano di certo, spiegherò la mia situazione, ma per ora, ciò che vi chiedo è ospitalità. Per diventare Jared ho ancora molta strada da fare-.
-E sia-, accordò infine Dreda facendo un segno di saluto, dirigendosi poi verso la grotta dalla quale ancora provenivano gli schiamazzi degli altri lupi.
Quella notte non fu una notte come le altre.
Sogni ne aveva fatti, anche incubi, ma mai e poi mai come quello.
Dreda lo aveva detto la sera prima: “…la Sfera Chiara domani sarà sostituita dalla Sfera Sanguinosa che ci farà avere brutti sogni.
E in quel momento stava passando un brutto quarto d’ora in incubi contorti, oscuri, nei quali vide Gad, sua madre e un uomo misterioso che riconobbe come suo padre biologico.
Erano incubi bui in cui sua madre lentamente era inghiottita dalle tenebre e Gad, di spalle a lei, non muoveva un muscolo. L’uomo misterioso invece lo vedeva lontano. Scompariva lentamente. Più Jared cercava di correre verso di lui e più sentiva delle fitte nel cuore. Si fermò ad un tratto portandosi la destra al petto e si rese conto che quella non era più una mano umana ma una zampa. In seguito iniziò a prendere fuoco in tutto il corpo fino a dimenarsi, urlando a pieni polmoni.
Così si svegliò: urlando.

 
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Salve,
dopo qualche settimana di assenza sono riuscita a tornare attiva e, per compensare queste tre settimane di assenza ho voluto inserire un capitolo in più all'interno della storia.
Spero vogliate ancora seguire questa mia prima narrazione lunga. Come detto è molto acerba ma, nonostante tutto, non posso fare a meno di volerle bene.
Vi ringrazio e buona serata/giornata!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAP 6:
 
-Piega di più le zampe e cerca di fare meno rumore quando respiri, ok?- bisbigliò Kory.
Il lupo strano questa volta indossava una ghirlanda di fiori viola in tipico stile hawaiano attorno al collo portando Jared a pensare: “Ma che razza di gente passa di qui lasciando certi oggetti per i prati della riserva?”
-Concentrati sulla preda. Annusala, nasconditi bene e cerca di memorizzare il suo “stampo”-. All’occhiata stramba di Jared, Kory si decise a spiegare quel particolare punto. –Lo “stampo” è un modo di dire, Jared. Insomma… tutto ciò che è la preda, quello che è possibile sentire, vedere e annusare, è lo “stampo”. Chiaro?-
-Cristallino-
-D’accordo-
-Attento: più passa il tempo e più rischi di affezionarti al batuffolo-
Sopraggiunse una voce dietro di loro, spingendoli entrambi a voltarsi all’unisono.
Era Randy.
Jared notò che la sua cicatrice sotto l’occhio era quasi guarita. Li aveva probabilmente raggiunti per farsi quattro risate, cosa che stava già facendo con lo sguardo.
-Silenzio! Gli sto insegnando la pratica- sbuffò Kory appiattendo le orecchie dietro la testa.
-Anche se funziono meglio con la teoria…- mormorò in sua difesa Jared, incerto sul da farsi.
Randy annuì affiancando il lupo rossiccio senza interferire nella lezione di Kory.
Passò qualche altro secondo.
-Hai lo “stampo”?- chiese il lupo con i fiori attorno al collo.
Jared avrebbe voluto urlare. Ma perché i lupi non si erano evoluti abbastanza da riuscire mentalmente a far fuori le proprie prede con il pensiero? Un bel diretto di testa ed ecco che la preda era servita. Purtroppo, come nella vita, capì che le cose sono molto più complesse…
Per ora preferì mentire e finire quell’agonia. Le scapole iniziavano a fargli male. Annuì per rispondergli.
-Allora vai!- lo istigò questo, seguito a ruota da Randy.
-Forza! E’ tutto tuo!-
Con uno scatto di reni era partito in corsa, diretto verso il coniglio a distanza strategica di sei metri, mezzo nascosto da delle siepi ricoperte di bacche invernali.
-Ci sono, ci sono, ci sono- si ripeté Jared come un mantra per tutta la corsa dietro a quella preda di media grandezza.
Non pensava potesse avere mai così tanta fame di carne cruda e ossa sanguinolente, ma ne aveva eccome. Ne aveva da vendere.
Gli arrivò così vicino che con un’azzannata gli strappò un ciuffo di peli bianchi dal manto.
Questo, in tutta risposta, prese a correre all’impazzata verso la zona più buia del bosco alla sua sinistra.
-Ce la puoi fare! Avanti!- lo incitarono gli altri due sbucati fuori dal sottobosco per cercare di star dietro a Jared e osservare lo spettacolo da vicino.
Questo non mollava e stette alle calcagna del coniglio come fosse incollato.
Fu facile. Come diceva Kory: una volta preso lo “stampo” era difficile perdersi in altro. Jared teneva lo sguardo fisso sulla preda e non vedeva nient’altro. Tutto attorno era sfocato e la fame gli faceva incentrare la visuale solo sul succulento coniglio impegnato a correre lontano verso la salvezza.
Gli fece una finta ma Jared lo capì subito e con un movimento veloce del busto riuscì ad azzannarlo alla testa, fermandolo.
-No! Lasciami! Aiutatemi!- gemette e urlò il coniglio dimenandosi con le zampe posteriori più grosse e capaci di dare delle belle botte.
Jared, preso in contropiede, mollò la presa attonito e rimase a fissare il batuffolo di pelo correre via il più rapidamente possibile lontano da lui.
-Ehi! Ma… che è successo?- domandò Kory voltandosi verso la direzione intrapresa dal coniglio.
-Ti ha morso la lingua?- chiese Randy, appena giunto al suo fianco. A quella domanda Kory fece un sibilo dolorante portando mezza lingua fuori dalla bocca.
Jared però non rispose e abbassò lo sguardo sentendo ancora il sapore della preda e il pelo nella bocca.
Nel momento in cui aveva sentito la sua voce, aveva capito che quel coniglio era “qualcuno” e non “qualcosa”. Iniziò a sentirsi un verme per avergli fatto del male con l’intenzione di ucciderlo.
 
-Oh, suvvia ragazzo- sbuffò il vecchio Hugh stiracchiandosi e grattandosi la schiena contro la vecchia siepe situata sul retro della stazione dei rangers. –E’ normale che la prima caccia sia un totale fallimento, no? Non te la prendere, la prossima volta andrà meglio-.
Il cane-lupo però non aveva azzeccato ciò che era il punto principale della situazione, in altre parole: i suoi rimorsi di coscienza per aver tentato d’ammazzare qualcuno.
-Io credo però che anche il secondo, terzo e quarto tentativo andranno a vuoto… Senti, Hugh, in realtà sono venuto qua per dirti che ho parlato con Miles e…-
-Oh, davvero? E come sta quella vecchia barbagianni?-
Il tono sprezzante di Hugh lo prese in contropiede, tanto che Jared tentennò prima di riprendere parola dopo quella domanda.
-Hugh… ma tra te e quell’aquila non corre buon sangue, vero?- tentò di indovinare.
L’altro lo guardò come avesse visto un alienato.
-Chi? Miles? Ma che cosa vai a pensare ragazzo? I vecchi si pungolano a vicenda, è una cosa normale-.
-Vecchi? Miles quanti anni ha?- domandò interessato Jared, rimangiandosi poi le parole. Se Miles avesse saputo che aveva persino indagato sulla sua età proprio con Hugh, dopo tutte quelle che le aveva già detto, altro che coniglio paffuto avrebbe dovuto procurarle…
-Diciotto spaccati, ragazzo. E’ un vero pezzo da museo, anche se si mantiene ancora bene. L’ho notata la bella cicatrice che ti porti sulla spalla, cosa credi?- rise di gusto Hugh tornando seduto sulle zampe posteriori.
-Va bene, ma devi sapere che il vero motivo per il quale sono qui è dirti che mi ha raccontato della maledizione di Nashoba-
Il vecchio cane parve molto sorpreso.
-Oh, santo cielo figliolo, soltanto ora me ne sono ricordato. Mi spiace, la mia memoria fa davvero pena-.
-Non è un problema Hugh, Miles mi ha spiegato tutto quanto ma mi ha anche detto che non ci sono stati casi di buona riuscita. Nessun tentativo di contrastare la maledizione sembra essere andato bene. L’unica eccezione sono un ragazzo e una ragazza che hanno ucciso il proprio padre-.
-E sono rimasti comunque in forma animale, non è vero?- domandò Hugh, come ricordandosi solo in quel momento parte del racconto.
-Vero-
-Eh già, questo è un bel problema... - disse il vecchio cane grattandosi grossolanamente l’orecchio destro con la zampa posteriore.
In seguito, Jared gli spiegò l’intenzione di uscire dalla riserva per dirigersi con Miles verso la zona in pieno disboscamento per cercare di capire quale fosse il motivo della sua trasformazione.
-Bhè, ragazzo, è una buona idea, ma siete sicuri di riuscire a raggiungere l’altra parte della rete? Non molti conoscono i passaggi della zona-.
Jared lo guardò stupito. Era così abitudinario per gli animali uscire come gli andava e poi tornare all’interno delle recinzioni? Gli sembrò di parlare di un’evasione da un collegio militare.
-Io e Miles ci incontreremo domani nella piana a ovest da qui, in mattinata. Se tu conosci i vari passaggi, potresti scortarci almeno fino a lì? Dubito che un’aquila possa conoscere certe cose da “terrestri”-.
-Ma certo. E’ da un po’ che non rivedo quella vecchiaccia permalosa-.
Se avesse potuto, Jared si sarebbe messo le mani nei capelli. Li aspettava un viaggetto davvero inquietante.
 
Alla sera si ritenne per la prima volta davvero molto fortunato: aveva trovato un coniglio paffuto già morto all’entrata del territorio di Dreda e se l’era portato dietro.
Sicuramente era stato Kory oppure Randy. Oramai credeva nelle maledizioni, ma nei miracoli ancora proprio no.
Prima di completare la traversata del bosco per raggiungere l’estremo nord di questo, il territorio del branco, diede un rapido sguardo alla luna.
Era salvo.
Semplicemente, nel loro gergo, quella sera c’era la Sfera Chiara: luna crescente. Era salvo da qualsiasi incubo o battaglia.
Arrivò poco dopo alla zona riposo del branco di Dreda e quando la vide come al solito seduta sul lieve rialzo davanti all’entrata delle due grotte, ricambiò lo sguardo con un cenno del capo in saluto. La lupa vide il coniglio e assottigliò lo sguardo.
-Ti sei dato alla caccia, straniero?- domandò lei prima di annusare nell’aria e voltarsi verso l’entrata della grotta più profonda. –O forse no-
-Ci ho provato, davvero, ma non’appena ho afferrato il coniglio per la testa, questo si è messo a parlare e… l’ho lasciato scappare via-
Dreda respirò a fondo e tenne chiusi gli occhi per una lunga manciata di secondi prima di riprendere a parlare tornando a fissarlo in volto. Qualcosa fece sembrare a Jared che questa sapesse già tutto oramai.
-Noi dobbiamo uccidere per natura, Jared-
-Sì, questo lo so, credimi, però ecco…- balbettò il lupo rossiccio abbassando il capo tenendo ancora con le fauci il coniglio trovato poco prima.
Dreda lo interruppe subito.
-Uccidiamo per sopravvivere. Combattiamo per vivere e so che tu stesso lo hai fatto in queste giornate, ho forse torto?- alla risposta muta di Jared, Dreda riprese a parlare. –Sono morti utili per la sopravvivenza. Prede deboli: giovani, anziani e feriti. Non uccidiamo mai invano-
-Capisco- mormorò Jared e fu lui questa volta a congedarsi da lei. Si voltò con la preda morta in bocca e si diresse verso la grotta profonda per ringraziare Kory e scambiare qualche parola prima di mettersi a dormire. L’indomani avrebbe dovuto passare una giornata molto più intensa.
 
La mattina dopo Jared si svegliò di umore incerto.
Ripensò all’incubo che aveva avuto la notte di Sfera Sanguinosa, luna rossa insomma, ma non ne capì ancora il significato e molte cose non le ricordava già più oramai.
Si chiese come mai i lupi dovessero sopportare certi incubi durante le notti in cui la luna è rosso sangue. Kory gli aveva detto che aveva sognato che quando provava a parlare con qualcuno, dalle sue fauci fuoriusciva una fiamma infuocata che avvolgeva l’altro lupo fino a bruciarlo e lasciare nient’altro che un cumulo di cenere. Anche Randy sognò qualcosa che lo turbò, non volle però dire niente a proposito, congedandosi subito da tutti.
Aveva una strana sensazione. Avrebbe presto dovuto dire a Dreda e agli altri chi in realtà fosse e a Randy avrebbe detto che era stato lui a colpirlo con la macchina. Si era non poco sorpreso per la resistenza del corpo dei lupi, anche sulla propria pelle aveva notato gli effetti di una guarigione più veloce di quella umana.
Furono questi i suoi pensieri mentre si dirigeva, con il coniglio in bocca, verso il luogo d’incontro in cui avrebbe dovuto incontrare gli altri due compagni di viaggio.
Arrivato sulla piana, si avvicinò al cumulo di rocce, in parte ricoperte di muschio, per attendere l’arrivo in primis di Miles che non ci mise poi molto ad appollaiarsi lì sopra.
-Dove hai messo il mio coniglio?- domandò l’aquila sospettosa.
Il sorriso sul muso di Jared la diceva molto lunga.
-Avrai il tuo coniglio a patto concluso. Prima mi porti sul luogo esatto in cui ci sono i lavori degli umani e, una volta tornati, ti darò il coniglio- sentenziò Jared facendo spallucce.
Miles protestò animatamente. E se qualcun altro avesse trovato la sua cena prima di lei? Lui però la rincuorò fino a farle accettare il suo compromesso.
-Sei pronto, lupo? Prima ce ne andiamo e prima potrò assaporare la mia succulenta preda-.
-Aspetta. Deve ancora arrivare Hugh. Ci dirà lui dove si può uscire dalla recinzione. Lo so che per te non è un problema ma, piuttosto che perdere tempo a cercare per tutto il perimetro un varco abbastanza grande, preferisco che qualcuno mi dia una direzione precisa-.
Non appena Miles sentì il nome del vecchio cane, gridò il suo disappunto gonfiando il petto pennuto d’irritazione.
-Hai chiesto aiuto a quel vecchio botolo bavoso?!- domandò lei, stupita. –Scommetto che si è perso solo per arrivare fin qui e tu credi sul serio che si ricordi con esattezza dove siano i passaggi nel recinto? Non ci va da anni! Ah! Quadrupedi…-
-Ti ricordo che in verità io sarei un bipede…-
-Mammiferi: tutti puntigliosi-, sbuffò ancora Miles voltandosi in giro in cerca di un segno dell’arrivo di Hugh.
Era passata già una buona mezzora e, ignorando le insistenze dell’aquila di voler subito la sua preda per la pazienza infinita che stava dimostrando, il lupo si stese sul prato a schiacciare un pisolino. Almeno ci provò perché Miles si appollaiò sulle sue spalle a picchiettare con il duro becco la sua fronte.
Arresosi, Jared le passò il coniglio che aveva sotterrato al fianco delle rocce e, dopo essersi sorbito i rimproveri di questa poiché ora il coniglio aveva perso già metà del suo sapore, il lupo si rimise a riposare sull’erba.
Dovette passare un’ora ancora prima che Miles ultimasse il suo coniglio e che, finalmente, arrivasse Hugh trotterellando dal fondo della piana.
-Hugh! Che fine avevi fatto?!- alzò la voce Jared muovendo qualche passo verso la sua direzione.
-Sacco di pulci, si può sapere che ti è successo?- sbraitò invece l’aquila.
La risata stanca del vecchio cane-lupo si fece sentire fino a loro due.
-Salve, ragazzo! Ah, vecchia barbagianni, ci sei anche tu?!- rispose questo arrivando tutto trafelato e visibilmente stanco.
Jared si preoccupò e gli si avvicinò di corsa.
-Cos’è successo?- chiese il lupo.
-Tre coyote hanno insistito perché parlassi loro di te-
-Che cosa?!- sbottò incredulo il giovane mentre Miles si rimise a battibeccare con il vecchio cane.
Hugh non aveva riportato ferite, ma raccontò che lo avevano intrattenuto parecchio accerchiandolo in tre e, per forza di minacce e intimidazioni, Hugh dovette vuotare il sacco e dir loro che il lupo in realtà era un essere umano.
-E poi?- domandò insistente Jared mentre già si stavano dirigendo verso la recinzione che delimitava la zona della riserva.
Il vecchio cane-lupo sembrò incerto mentre andava a passo calmo di fianco al lupo.
-Quando ho detto che in realtà tu eri un essere umano, la femmina che era con loro è scappata via in gran corsa-
Jared fece per aprir bocca ma Miles gridò qualcosa dall’alto del suo volo, interrompendolo.
-Ti hanno detto i loro nomi, vecchio?- chiese questa ma Hugh rispose con uno sbuffo stanco. –Perché non glielo hai chiesto?!-
-Loro non l’avevano chiesto a me…-
-Ah! Cani…-
I due ripresero ad azzuffarsi di parole mentre Jared proseguì per inerzia nella direzione intrapresa da Hugh. In realtà stava riflettendo sul fatto accaduto. Avrebbe dovuto raccogliere maggiori informazioni su questi coyote e sul perché avessero chiesto delucidazioni sul suo conto.
 
-Eppure era qui, me lo ricordo bene- borbottò il vecchio cane dando un’altra occhiata alla recinzione salda, resistente e soprattutto priva di passaggi.
-Non c’è un altro passaggio qui intorno?- domandò Jared studiando la situazione.
Potè già notare con lo sguardo la zona in cui vi erano i lavori di disboscamento. I lavoratori erano ancora all’opera e in lontananza sentiva il rumore dei macchinari come fosse un ronzio insistente nella testa.
-Eccolo! Lo dicevo io che non me l’ero dimenticato-, disse entusiasta Hugh facendo un salto per oltrepassare la radice di una quercia e scavare insistentemente nel terreno per allargare il passaggio già ampio per la recinzione letteralmente sbranata. Il buco era abbastanza grande e in tanti potevano uscire ed entrare come pareva a loro. Dava l’idea che un grosso animale avesse afferrato con i denti il recinto e ne avesse strappato un pezzo.
-Chi l’ha fatto?- domandò Miles curiosa mentre si appollaiava sopra il ramo di un vicino abete.
-Zander. Quel vecchio orso gigante, prima di morire, ne ha fatti almeno una decina in tutto il territorio e ci ha campato almeno tre anni- rise di gusto Hugh fermandosi dallo scavare e annusando il terreno vicino per essere sicuro nell’attraversarlo.
-Ci ha campato per tre anni? Che cosa intendi?- domandò Jared sedendosi lì vicino. Poi intuì qualcosa. –Non mi dirai che gli altri animali l’hanno pagato per farlo! Cioè… cosa gli hanno dato in cambio?-
-Cibo. Per il letargo. Zander era molto pigro, negli ultimi anni della sua vita soprattutto, non aveva voglia di racimolare scorte per l’inverno e quindi i lupi, coyote e almeno metà fauna della zona si sono accordati con lui per creare questi facili accessi all’esterno-.
Le parole di Hugh lasciarono il lupo con un palmo di naso. Certo che gli animali, doveva ricredersi, erano davvero molto ingegnosi e, sotto certi versi, simili agli esseri umani.
-Molte famiglie della zona hanno parenti o amici fuori di qui. Non tutti arrivano da lontano come Kyra o Lex. Kyra, il puma che abbiamo incontrato l’altro giorno, è arrivata qua da cucciola qualche anno fa e ancora sogna le Montagne Rocciose dalle quali arriva, mentre Lex invece è nato in Russia- aggiunse Miles, dicendo ciò che sapeva sulla faccenda.
-Ma voi come fate a sapere tutte queste cose?- domandò a quel punto Jared, rivolto ad entrambi.
-Io sono il cane della guardia forestale e lei è l’aquila più pettegola del Canada- rispose in poche parole Hugh ridendo come a suo solito, contagiando anche il lupo ed irritando Miles.
 
Prima di oltrepassare il confine della riserva, Jared domandò al vecchio cane se suo nonno avesse ancora parlato a telefono con suo padre.
-Mi spiace ragazzo ma credo proprio di no- rispose Hugh prima di salutare i due che avrebbero continuato il viaggio, mentre lui si apprestò a rifare la strada a ritroso per tornare alla stazione dei ranger.
-Miles- la chiamò Jared, dopo qualche minuto in cui si erano addentrati nel bosco minacciato dal disboscamento.
-Dimmi-
-Ian, la lince che era con Kyra, anche lui arriva dalle Montagne Rocciose?-
-No. So che ogni tanto il puma esce da qui portandoselo dietro per fargli incontrare la sua famiglia. Sua madre vive stabilmente in questo bosco da sempre e Kyra sembra non avergli ancora detto nulla dei bracconieri che ci sono nella zona. La madre di Ian rischia molto a non voler entrare nella riserva ma ha un’altra cucciolata qui e ha paura degli esseri umani-, rispose l’aquila volando alla stessa altezza delle cime degli alberi secolari.
-Bracconieri…- specificò Jared, fermandosi poi le parole in gola poiché oramai erano arrivati su un’altura che dava una visuale abbastanza ampia dei lavori che si stavano svolgendo al di sotto. Vi erano ruspe, motoseghe in procinto di recidere gli alberi e un mucchio di operai con camion per portare via i secolari e farne chissà cosa.
-Credevo ci fosse una foresta di aceri qui-
-C’era- commentò Miles atterrando sul ramo di una quercia.
In effetti, ricordò Jared, girava per la zona quando ancora era piccolo e aveva all’incirca dieci anni. Un piccolo boyscout. Si ricordava di quando aveva trovato un grande nido di corvi sopra a un ramo di uno degli aceri che erano oramai stati abbattuti assieme alle altre centinaia lì originariamente presenti.
-Dobbiamo scendere di più-
Dopo altri quindici minuti erano oramai nelle vicinanze del cantiere all’aria aperta.
Tanti operai vestiti di arancio e giallo con gli elmetti in testa stavano lavorando, mangiandosi il pranzo, chiamando la moglie a casa o parlottavano tra di loro su quanto fossero sottopagati.
Uno in particolare catturò l’attenzione di Jared che rimase ben nascosto tra la vegetazione ancora salda al terreno per capire qualcosa dei loro discorsi.
Un tizio stava parlando proprio della costruzione di edifici nella zona.
-Alla fine gli hanno accordato il progetto al tipo?- domandò uno degli operai mentre si assicurava, assieme al collega, che i tronchi fossero ben agganciati sul camion.
-Sì. Ha dovuto abbattere più alberi del dovuto, li vedi? Guarda qua che roba… sono marci fino al midollo. Gli aceri della zona sono tutti da abbattere ma quel tizio, Miller-qualcosa vuole ancora costruire dei residence. In questa zona… Come minimo fra un anno sentiremo dell’abbattimento di qualche decina di orsi perché “troppo vicini agli edifici abitati”-, disse il secondo operaio, intento ad aiutare a fissare con le cinghie i cadaveri malati degli alberi.
-Sì, bhè, non me ne parlare. Mio figlio e mia moglie hanno manifestato assieme alle altre scuole davanti alla casa del sindaco e siamo stati denunciati dal signor Miller. Già, proprio lui! Quel gran cretino che ha ideato il progetto era lì, dal sindaco, proprio lo stesso giorno… Non ho parole- commentò il collega scrollando il capo.
-Io spero che riescano a vincere i ranger con la richiesta dell’ampliamento della riserva. Mio figlio Oliver lavora lì e se facessero una stazione forestale anche qui sarebbe molto più vicino a casa. Mia moglie non vede l’ora, ma da come si stanno mettendo le cose non sembra andare tutto così bene. Secondo me Miller vincerà prima ancora della fine del mese-.
-Già, è vero. I soldi sono soldi, no?-
-Sì, e noi quel poco che riceviamo non ce lo danno per parlare del più e del meno. Forza, dobbiamo portare questo camion alla segheria-.
I tre uomini salirono poi sul camion e si allontanarono dalla zona dopo aver fatto inversione con il mezzo.
-Miller…- mormorò Jared nascondendosi di più nella vegetazione.
-Non è tuo padre, vero ragazzo?- domandò l’aquila lì vicina.
-No, dovrò pensare a qualcos’altro-
-Ok, andiamocene prima che ci vedano-, disse Miles alzandosi in volo ma rimanendo comunque nascosta dalle cime degli alberi.
Jared fece per raggiungerla ma si voltò per dare un’ultima occhiata alle ruspe, i taglialegna, i tronchi mezzi distrutti e gli uomini in giacca e cravatta con l’elmetto in testa e il cellulare alla mano con sotto braccio delle scartoffie e qualche progetto.
Sì, non era suo padre a essere in concorrenza con i ranger per ottenere quel posto, ma comunque si sentiva in dovere di fare qualcosa per quella zona e gli animali che vi abitavano. Gli tornarono in mente Ian e Kyra, la famiglia del cucciolo, e la sua mente elaborò qualcosa alla svelta prima di sgattaiolare via al richiamo brusco di Miles.

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