Make me weak and then save me

di Nihal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Albus Severus Potter ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Il club di pozioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Albus Severus Potter ***


ATTENZIONE: questa storia parla di disturbi mentali. Consiglio di non leggere a chiunque possa considerare argomenti riguardanti il disturbo ossessivo compulsivo un trigger!




Make me weak and then save me



Capitolo 1 – Albus Severus Potter


Albus Severus Potter odiava il suo nome. O, meglio, odiava i suoi nomi. Suo padre gli aveva raccontato delle gesta eroiche dei due presidi di Hogwarts, ma lui aveva letto il volume di Rita Skeeter. Albus Dumbledore non era l’eroe senza macchie né peccati che descriveva Harry Potter. Per quanto riguardava Severus Snape, beh… quale persona sana di mente chiamerebbe il proprio figlio come colui che aveva dato i suoi genitori in pasto a Voldermort e, non pago, l’aveva torturato per i suoi sei anni ad Hogwarts solo per la somiglianza al suddetto padre morto praticamente per mano sua?
C’era una sola cosa che Albus Severus Potter odiava più dei suoi nomi. Il suo cognome. Non bastava una somiglianza inquietante al padre – checché ne dicesse sua madre, essere identico a suo padre e al suo defunto nonno non era carino, era angosciante e un pessimo scherzo della genetica – doveva anche portare il peso di essere il figlio del salvatore del mondo magico.
“Albus Severus Potter” gli aveva detto Ollivander quando era entrato nel negozio stipato di bacchette fino al soffitto a comprare la sua prima.
“Albus Severus Potter” aveva ripetuto con quei suoi inquietanti occhi grigi.
Lo so come mi chiamo, grazie avrebbe voluto rispondergli, ma sua madre, che lo conosceva meglio di suo padre, doveva aver intuito cosa stava pensando e gli aveva discretamente pestato un piede, frantumandogli circa un centinaio di ossa.
Ollivander doveva aver scambiato le lacrime di dolore per emozione perché aveva continuato il suo discorso imperterrito dalla commozione che aveva causato fino a quel momento: “Ricordo ancora la bacchetta che ho venduto a tuo padre. E a tua madre” continuò, accennando a Ginny con un sorriso educato che diceva tutto: se la tua bacchetta non ha un collegamento speciale con quella di Voldemort allora non vale niente.
“Albus Severus Potter.”
Ancora.
“I nomi che ha scelto tuo padre sono importanti, mi aspetto grandi cose da te”.
Usciti dal negozio a Ginny brillavano gli occhi per l’emozione, ad Albus per l’ennesima pestata. La sua bacchetta di Agrifoglio e crine di unicorno non gli era sembrata particolare e neanche a Ollivander, a giudicare dall’ah neutro che gli era sfuggito quando era stato scelto; ma si sa, la bacchetta sceglie il mago e Albus Severus Potter non si sentiva destinato a grandi cose.


***



I suoi genitori lo stavano ancora salutando quando l’espresso per Hogwarts prese la sua prima curva e li fece scomparire dalla sua vista. Suo padre ci aveva messo tutto l’impegno possibile per rassicurarlo che anche se fosse finito a Serpeverde non sarebbe stato un problema, ma Albus sapeva che sarebbe stata una grande delusione. Sarebbe stato come il padrino di suo padre: Sirius Black era stato una delusione per la sua famiglia, anche se nel senso opposto. Suo padre gli aveva detto che il cappello lo avrebbe lasciato scegliere, ma lui non era sicuro di fidarsi del suo istinto. Se il cappello lo avesse ritenuto un Serpeverde, allora era lì che sarebbe andato a finire. Non si era mai sentito particolarmente coraggioso, comunque. Quando James lo aveva sfidato a duello dopo aver rubato la bacchetta del padre la prima cosa che lui aveva fatto era stato andare a fare la spia da suo padre. James aveva ricevuto la punizione più lunga che gli fosse mai capitata e Albus non si era sentito particolarmente Grifondoro. Forse le urla di “stupida serpe” che arrivavano nella sua direzione ogni volta che aveva incrociato James da quella volta avevano aiutato a cementare la sua opinione di appartenere a quella casa.
Lo scompartimento che aveva scelto era vuoto. Per mascherare la somiglianza con suo padre aveva deciso di usare un berretto che schiacciasse bene i capelli sulla fronte e indossare un paio di lenti a contatto che si era procurato nel negozio di zio George ed era riuscito a passare, fortunatamente, inosservato. Ovviamente aveva indossato il tutto sul treno, non voleva offendere i suoi genitori facendogli credere che si vergognasse di loro. Un altro atteggiamento da serpe? La sua mancanza di coraggio lo sbalordiva.
Sapeva che la sua solitudine non sarebbe durata a lungo, però. Erano passati poco più di cinque minuti quando James fece il suo ingresso trionfale con appresso quello che sembrava un ragazzino biondissimo.
“Ehi serpe, ti ho portato un amico”.
L’amico non sembrava molto contento di essere trascinato per un braccio e stava cercando di liberarsi, ma la stretta di James era ferrea. Giocava a Quidditch lui, non come Albus che si era rotto un braccio la prima volta che era salito su una scopa e non aveva più voluto riprovare. James amava riportare a galla il racconto a tavola di solito.
“Lascialo in pace” replicò Albus cercando di sembrare annoiato, ma in realtà voleva nascondere i sudori freddi perché gli sembrava di riconoscere il ragazzino che non riusciva a togliersi di dosso James. Un altro degli argomenti preferiti a tavola erano le vicissitudini dei Malfoy e sebbene Albus avesse visto Draco Malfoy solo in fotografia, non poteva negare che il ragazzo biondo somigliasse a Draco quasi quanto lui stesso somigliava ad Harry Potter. Suo padre non aveva mai detto di “non fraternizzare con il nemico” come spesso faceva zio Ron, era troppo educato, ma ogni volta che Draco Malfoy veniva nominato il suo volto si induriva e non voleva immaginare a cosa avrebbe pensato se la prima persona con cui fosse venuto in contatto fosse stata proprio suo figlio.
Ma anche James sapeva a cosa stava pensando Albus ed era per quello che con una smorfia per nulla Grifondoro diede una spinta al ragazzo e si volatilizzò con un “Tratta bene Scorpius, anche lui è al primo anno!”
Scorpius, venne fuori, non era molto timido: l’impressione che aveva avuto era stata del tutto sbagliata e dettata dal fatto che James fosse tre volte più grande del ragazzo.
“Tuo fratello è un cafone” commentò, sedendosi di fianco ad Albus con un mezzo sorrisetto. Albus cercò di spostarsi verso il finestrino, ma era impossibile muoversi senza essere notato.
“Non mordo, non preoccuparti”.
Infatti.
Sapeva che James aveva iniziato ad odiarlo dopo la storia del duello, ma sperava che con il suo arrivo ad Hogwarts le cose sarebbero migliorate. E invece no. Come regalo di benvenuto gli aveva portato Scorpius Malfoy, che non sembrava in vena di andarsene o, almeno, di sedersi un po’ più lontano.
“Ci sono altri posti” suggerì Albus, sperando che cogliesse l’indizio e gli lasciasse un po’ di spazio personale.
Apparentemente no. Scorpius si mise a suo agio sul sedile di fianco ad Albus, prese da mangiare quando passò la signora con il carrello dei dolci e ad un certo punto si tolse anche le scarpe. Albus si stupì del fatto che i piedi di Scorpius non puzzassero, poi si stupì del fatto che quella fosse la prima cosa a cui aveva pensato.
“Puoi rimetterti le scarpe?” gli chiese.
“Perché? I miei piedi profumano, no? Mia madre ha incantato apposta le mie calze”.
Albus arrossì. Avrebbe voluto che sua madre avesse incantato anche le sue di calze, era sicuro di odorare come un cacio stagionato nel reparto piedi.
Per le prime ore Albus si era trovato a sperare che arrivasse qualcun altro nel loro scompartimento, ma James doveva aver incantato le porte, perché non si fece vedere nessuno, neanche i prefetti. Forse James aveva incantato anche loro.
Alla fine si arrese a passare un imbarazzante viaggio con Scorpius Malfoy e a sperare che il Cappello Parlante lo mettesse in una casa il più lontano possibile da tutti.


***



“Potter, Albus Severus”.
La voce severa della professoressa di cui aveva già dimenticato il nome risuonò nella sala. Albus si aspettava il coro di mormorii e le teste voltate a guardarlo, ma due cose non si aspettava. Non si aspettava l’urlo di “Albus Potter Serpe!” di James, anche se avrebbe dovuto e non si aspettava il cenno di riconoscimento da parte di Scorpius, già al tavolo dei Serpeverde.
Con gambe tremanti si diresse verso lo sgabello su cui era posato l’anziano cappello e con mani altrettanto tremanti lo posò sulla sua testa.
“Un altro Potter, eh?”
La voce del cappello gli risuonò nella testa. Non sapeva se rispondere ad alta voce o pensare la risposta, così fece un cenno non compromettente con la testa che fece scendere il cappello di due centimetri buoni sulla sua testa. Sentì qualche risata ovattata.
“Vedo del potenziale”.
Oh, non un altro Ollivander.
“E al contrario di Ollivander sento i pensieri”.
Ops.
“Sei intelligente”.
Insomma.
“Vedo anche del coraggio”.
Comprati degli occhiali nuovi.
“Ma soprattutto… vedo scaltrezza e lealtà”.
Le due cose non si legano molto bene insieme.
“Ah, no?”
Direi di no.
“Tuo fratello è in pericolo, così come uno sconosciuto. Puoi salvare sicuramente tuo fratello oppure puoi tentare di salvare entrambi ma la percentuale di fallimento sarebbe molto alta. Cosa fai?”
Lo sapeva. Quelle erano le domande che si faceva da tutta la vita. Cosa farei se…? Sono una brutta persona se…?
Dentro di sé conosceva la risposta. La cosa furba da fare, la cosa leale da fare era salvare suo fratello. La cosa moralmente giusta da fare? Beh.
“Non sei una brutta persona Albus Severus Potter. E prenderò in considerazione anche la tua scelta così come tuo padre ti ha sicuramente detto”.
Non merito di scegliere qualcosa a cui non appartengo.
“La penso diversamente, ma se così credi… SERPEVERDE!”
Ricordava a mala pena le risate di scherno di James, le facce sconvolte dei suoi cugini. Ricordava a malapena il volto barbuto di Hagrid, la bocca aperta in una gigantesca O, seduto al tavolo dei professori. Quello che ricordava di più erano le centinaia di dita puntate verso di lui, i mormorii…
“Un Potter a Serpeverde!”
“Deve esserci stato un errore!”
“Dev’essere la pecora nera della famiglia”.
Ricordava vagamente di aver visto qualcuno fargli cenno dal tavolo dei Serpeverde, indicandogli un posto libero, uno dei pochi rimasti. Contento che qualcuno non lo evitasse come la peste – immaginava come sarebbero stati i suoi giorni futuri da Serpeverde – si sedette grato.
“Sconvolto, eh?”
Scorpius Malfoy.
Era stato lui ad indicargli il posto: gli parlava in modo del tutto normale, con empatia. Esisteva l’empatia tra i Serpeverde? Secondo i suoi amici e parenti no. Albus si era sempre sentito particolarmente empatico, però. Sarebbe dovuto tornare dal cappello parlante e dirgli che alla fine la voleva, la sua scelta? Ma la professoressa senza nome aveva già portato via il cappello e tutti, notò con orrore, stavano già mangiando. Non potevano mangiare mentre lui era a Serpeverde.
Il suo stesso piatto era riempito di quelle che sembravano cosce di pollo e patate al forno. Non ricordava di averlo riempito.
“Mangia, sei palesemente sotto shock”.
Albus prese una forchettata di patate, obbedendo alla voce imperiosa che si rivelò essere, nuovamente, quella di Scorpius.
Scorpius che apparentemente aveva zittito una buona parte dei Serpeverde che avevano tentato di parlargli negli ultimi dieci minuti. Nell’ultima mezz’ora?
Albus mangiava automaticamente e il suo piatto chissà come continuava a riempirsi. Comprese che era Scorpius a riempirlo ogni volta che prendeva una dose per sé quando James si prese la briga di venire fino al tavolo dei Serpeverde, fingendo orrore sul suo volto, e farglielo notare: “Oh, che gentile il tuo nuovo amico a riempirti il piatto. Papà sarà felicissimo di sapere che tu e Scorpius MALFOY siete diventati migliori amici”.
Una cosa Albus ricordava benissimo della sua prima serata ad Hogwarts. Lo sguardo gelido che Scorpius lanciò a James.
“Torna al tuo tavolo, Grifondoro. O vuoi trascinarmi da qualche altra parte? La tua stazza te lo permetterebbe, ma dubito che i professori te lo lascerebbero fare. Cosa dici?”
James rimase a bocca aperta. Albus sapeva che effettivamente stava ponderando se trascinarlo da qualche parte o tornarsene al suo tavolo, ma i professori avevano davvero iniziato ad osservare la scena e una lite tra un Potter e un Malfoy non era il massimo che poteva succedere.
James non rimaneva a bocca aperta. E Albus non si faceva difendere da Scorpius Malfoy. Era tutto sbagliato.
“James sparisci e tu smettila di riempirmi il piatto!” urlò praticamente, e la metà della sala che non stava facendo attenzione subito si voltò verso di loro.
James, a dirla tutta, indietreggiò di qualche passo.
“Potter, dovresti calmarti”.
“No, non voglio calmarmi! E non darmi ordini. E tu sparisci!”
La sua scenata riuscì addirittura ad attirare l’attenzione della preside, la professoressa McGonagall, che si alzò con fastidio e si diresse a passo veloce per la sua età verso la tavolata dei Serpeverde, in fondo alla sala. A quel punto James avrebbe voluto filarsela, ma uno guardo della preside lo inchiodò lì dove si trovava, così come inchiodò Albus che avrebbe voluto sparire dalla faccia della terra nascondendosi sotto il tavolo.
“C’è qualche problema?” chiese con tono gelido, lo sguardo che correva tra i due Potter e Scorpius.
Albus avrebbe voluto dirgli che il problema era Serpeverde, anzi Hogwarts e tutti i loro fondatori, ma come al solito non ebbe il coraggio di esprimere la sua opinione.
James tentò con un “Stavamo solo scherzando, professoressa” che cadde nel vuoto sotto lo sguardo di fuoco della preside.
A salvarli tutti da una punizione il primo giorno dell’anno fu, tra lo stupore generale, Scorpius Malfoy.
“Albus non si sente molto bene, professoressa. Suo fratello era venuto a controllare e gli stavo dicendo che non c’era bisogno di preoccuparsi e che l’avrei accompagnato io nella sala comune. I toni si sono un po’ riscaldati, ma è tutto a posto. Vero, Albus?”
Il tono con cui Malfoy pronunciò il suo nome gli fece un effetto strano. Era come se non potesse rifiutargli una risposta positiva: era sotto l’effetto di un incantesimo?
Dicendosi che si stava affidando alle doto di attore di Scorpius per uscire da una situazione difficile e non c’era nient’altro di cui preoccuparsi, fece un cenno con la testa.
“Allora lo accompagni in sala, signor Malfoy. E lei, Potter, torni al suo tavolo prima di vincere un nuovo primato.”
James guardò la McGonagall come se non avesse capito nulla di quello che stava succedendo.
“Far perdere punti alla sua casa il primo giorno, Potter”.
Albus poteva giurare che la McGonagall avesse alzato gli occhi al cielo.
Quando James si avviò sconfitto al proprio tavolo, Albus ricordò che oramai era obbligato a seguire Malfoy nella sala dei Serpeverde. Era il primo Potter a mettervi legalmente piede e per di più accompagnato dall’erede di Draco Malfoy. Se quello più la scenata in Sala Grande non gli avessero meritato una strillettera da casa, non sapeva cos’altro avrebbe potuto farlo.
Scorpius si alzò e, Albus, nauseato – forse perché aveva mangiato troppo, forse perché pensava che il suo destino fosse segnato – lo seguì. All’inizio pensò che avrebbe potuto perderlo dopo essere uscito dalla Sala, ma si ricordò in fretta che non conosceva la strada per il loro dormitorio, tanto meno la password. Effettivamente neanche Malfoy avrebbe dovuto conoscerla.
“Ma la parola d’ord-”
“L’ho chiesta ad un prefetto”.
Albus chinò la testa sconfitto e si decise a seguire Malfoy per gli stretti passaggi che la mattina dopo non avrebbe sicuramente ricordato.
Odiava già Hogwarts e odiava il disprezzo negli occhi di James mentre usciva dalla sala. E lo stupore in quelli di Rose. E odiava suo padre per essere famoso. Ma soprattutto, in quel momento, odiava Scorpius Malfoy che lo conduceva con convinzione come se lui fosse il suo elfo domestico o qualcosa di poco valore.
Forse quello che odio di più è me stesso.
Ecco di nuovo ritornare quei pensieri. Andavano e venivano e da quando James gli aveva appioppato il soprannome di Serpe erano diventati sempre più frequenti. Lui era una serpe dentro, era sbagliato e non meritava di far parte della perfetta famiglia dei Potter.
“Viperae”.
La voce di Malfoy che pronunciava la parola d’ordine lo riscosse dai suoi pensieri. Entrarono insieme nella sala comune: era proprio come l’aveva descritta suo padre. Verde, viscida e sotto il lago. Tutto aveva un colore verde che gli faceva venire in mente un’infezione. E lui era stato contagiato non appena aveva messo piede in quella stanza malata. O, forse, la malattia era già dentro di lui da quando aveva rivolto la parola a Scorpius Malfoy. O prima ancora, quando aveva pensato “E se uccidessi James nel sonno?”. Non era un pensiero ricorrente, ma lo terrorizzava. Sarebbe davvero stato capace di uccidere il suo proprio fratello? Sì, secondo la sua mente. E la scelta del cappello parlante confermava l’ipotesi. Però aveva anche pensato che l’avrebbe salvato in una situazione di pericolo. Voleva dire che c’era ancora speranza anche per qualcuno come lui?
Si rese conto di essere seduto su una poltrona di pietra – molto scomoda – solo quando Scorpius gli parlò di nuovo.
“Albus”.
“Non chiamarmi per nome, Malfoy”.
Scorpius sospirò leggermente, ma non diede adito ai suoi sentimenti in altro modo.
“Va bene. Potter, non ti dirò che capisco come ti senti, ma ti devi riprendere. Non puoi esplodere così”.
Lui non era esploso. O forse sì. Un flash di lui che urlava a James e Malfoy gli attraversò la mente.
“Tu non capisci”.
“No, non capisco. Ti dico solo una cosa: qui avrai bisogno di amici o non ce la farai. Siamo chiari?”.
Detto ciò lasciò Albus seduto su quella poltrona da solo, a riflettere.
Aveva appena ricevuto una richiesta – ordine – di amicizia da Scorpius Malfoy?



Salve! 😊 Allora, inizierei con il dire che sono anni che non scrivo più e il mio fandom non era neanche Harry Potter. Questa fanfiction è una specie di esperimento che non so come andrà a finire. Avevo bisogno di scrivere qualcosa ed è uscito fuori questo, ho qualche capitolo e spero di riuscire a continuarla ma non assicuro niente, purtroppo. Come ho già avvertito, uno dei temi trattati è quello del disturbo mentale, in particolare il disturbo ossessivo compulsivo, quindi se per qualcuno qualcosa riguardante questo disturbo può causare dei trigger vi sconsiglio di leggere la storia. Il rating è arancione a causa del tema trattato, ma più avanti potrebbe cambiare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Il club di pozioni ***


Capitolo 2 – Il club di pozioni


I giorni seguenti Albus capì quanta verità c’era nelle parole di Scorpius. Rose, con cui era sempre andato molto d’accordo, aveva iniziato ad evitarlo, così come James. Sembrava non avesse neanche più intenzione di fargli scherzi, come se il suo attuale smistamento a Serpeverde avesse assottigliato ulteriormente il loro legame. Non aveva ancora ricevuto risposta dai suoi genitori anche se aveva mandato loro un gufo il giorno seguente allo smistamento e tra i Serpeverde stessi, ad eccezione di Scorpius, era trattato come un paria. Un Potter Serpeverde era inaccettabile, semplicemente inaccettabile. La sua mente, una volta più libera dai tanti pensieri che ora l’affollavano, sembrava sempre sul punto di esplodere. In quei giorni aveva continuato, orgogliosamente, a rifiutare la proposta di amicizia di Malfoy, ma stava affondando sempre più giù e la sua sembrava l’unica mano disposta a sostenerlo. Non a tirarlo fuori dal lago di disperazione in cui era affogato, ma almeno a sostenerlo in modo che la testa potesse rimanere fuori, permettendogli di respirare liberamente.
Tra un pensiero e l’altro, il lunedì della seconda settimana, a lezione di pozioni, poggiò il suo calderone di fianco a quello di Malfoy. L’aveva fatto. Aveva sancito un’alleanza Potter-Malfoy che aveva vanificato qualsiasi sua speranza, seppur fievole, che la sua famiglia lo avrebbe riaccolto.
“Posso avere delle tue foglie di verbena?”
Aveva fatto contatto verbale: le speranze di essere riaccettato dalla sua famiglia stavano colando a picco. Rose si voltò a guardarlo. Avevano pozioni insieme, ma era la prima volta in giorni che gli aveva rivolto un’occhiata e, di nuovo, era stupita.
Come puoi parlare con Malfoy!, sembrava dire.
Avrebbe voluto urlarle che stava parlando con Malfoy perché nessun altro sembrava volergli parlare e non era neanche più sicuro di avere una voce; iniziava, d’altra parte, a credere sempre di più alla veridicità dei pensieri in cui si diceva pronto ad uccidere James e suo padre, riflessioni che continuavano ad aumentare insieme ai sensi di colpa che ne erano una naturale appendice. Voleva gridarle che il lago lo aveva inghiottito e che neanche lei che una volta era solita ascoltarlo gli aveva teso una mano, ma non disse nulla di tutto ciò.
Prese la verbena dalla mano tesa di Scorpius e sfiorò le sue dita affusolate in un contatto che sanciva il suo eterno distacco dalla sua famiglia e dalle sue aspirazioni Grifondoro.

***



La lettera dei suoi genitori arrivò qualche giorno più tardi. Non era molto lunga e la grafia era chiaramente quella di sua madre.

Albus, scusa per il ritardo nella risposta. Purtroppo sia io che tuo padre siamo stati impegnati al ministero e non abbiamo potuto rispondere prima di adesso. Non importa che tu sia finito a Serpeverde, la casa è molto cambiata da quando andavamo a scuola noi. Ricorda che solo perché sei in quella casa non vuol dire che tu non possa fraternizzare con tuo fratello e gli altri Grifondoro, anzi!
Sei un bravo ragazzo, stai attento alle cattive influenze.
Ti vogliamo bene,
Mamma e Papà


“Ovvero stai lontano da Scorpius Malfoy e chiunque indossi una sciarpa verde e argento”.
Suo malgrado ad Albus scappò una risata, seppur amara. Scorpius aveva riassunto perfettamente il contenuto della lettera di sua madre.
Doveva stare attento alle cattive influenze. Era perché era facile da influenzare? O perché anche solo una piccola spinta avrebbe potuto far fuoriuscire tutta la cattiveria che era imbottigliata in lui?
“Se può tirarti su, mio padre è stato molto più esplicito”.
“Eh?”
“Ha letteralmente scritto: ‘Affattura Potter nel sonno’”.
“Oh”.
Il fatto che non credeva che Scorpius lo avrebbe affatturato la diceva lunga su quanto quei giorni da “amici” avessero cambiato il loro rapporto. Sì, quando Albus aveva un momento di crisi correva comunque sempre a nascondersi nella Stanza delle necessità lontano da tutti e non aveva raccontato nulla di particolarmente personale a Scorpius, ma gli faceva piacere avere qualcuno con cui lamentarsi dei compiti, qualcuno a cui mostrare la stupida lettera di sua madre e anche qualcuno che prendesse l’iniziativa e lo facesse uscire dal suo guscio. Se non fosse stato per Scorpius, che aveva chiamato il professor Lumacorno al loro tavolo, lui non avrebbe mai avuto il coraggio di mostrargli la sua pozione scacciabrufoli e non avrebbe mai ricevuto una lode che fino a quel momento non aveva saputo di desiderare: “È uno dei primi tentativi migliori che abbia mai visto, persino meglio di Severus. Con cui condividi il nome, vedo”.
Era più bravo di qualcuno in qualcosa, per una volta non gli interessava neanche di essere stato paragonato a Severus Snape.
Da quel giorno, Lumacorno aveva cominciato a seguire i progressi di Albus con sempre più interesse, finché non gli aveva chiesto ad alta voce, durante una lezione in cui anche Rose era presente, se volesse entrare a far parte del club di Pozioni che aveva da poco formato.
Albus si era inintenzionalmente voltato verso Scorpius e, per la prima volta, aveva visto qualcosa passare nei suoi occhi. Non avrebbe capito cosa fino a tempo dopo.
“Professore, posso entrare anche io nel suo club?” chiese, però, Malfoy con un sorriso affabile e Lumacorno batté le mani insieme felice.
“Stavo per chiedertelo. I miei due migliori studenti, ne sarei onorato!”
Albus non capiva perché Scorpius volesse fare parte del club, ma una volta entrato lui si sentì molto più libero nell’accettare la proposta del professore. Se Scorpius non avesse fatto parte del club probabilmente lui avrebbe rifiutato la proposta, perdendo chissà quali vantaggi accademici. Ancora una volta Scorpius lo aveva trascinato nella sua scia e Albus era contento così.
Una lettera di suo padre arrivò il giorno seguente.
Albus,
mi hanno detto che sei particolarmente bravo in pozioni, sono molto fiero di te! Io personalmente ero piuttosto scarso, devi aver preso da tua nonna. Ho anche sentito che sei entrato con Malfoy nel club di Lumacorno: è una brava persona, ma stai attento, potrebbe volerti solo come trofeo.
Ti voglio bene,
Papà

Ad Albus non sfuggì il fatto che Scorpius non veniva menzionato per nome e tanto meno che suo padre lo stava mettendo in guardia ancora da un altro Serpeverde. Sembrava che l’unica serpe degna di fiducia fosse lui, suo figlio, pensò con amarezza, mentre dava fuoco alla missiva con la punta della bacchetta.
“Ha ragione su Lumacorno, sai”.
Albus spalancò gli occhi, stupito. Scorpius lo aveva implicitamente trascinato nel club di Lumacorno e ora dava ragione a suo padre?
“Ti vuole come trofeo”.
“Allora dovrei lasciare il club?” chiese, sperando che Malfoy prendesse nuovamente una decisione per lui.
“Nah, noi siamo un passo avanti a lui”.
E questo avrebbe dovuto rassicurarlo? Secondo suo padre e il resto della famiglia il problema principale di Albus era che frequentava Scorpius Malfoy: l’accoppiata Malfoy-Lumacorno doveva avergli fatto rizzare i peli sulla nuca.
“Ma forse non dovresti fidarti nemmeno di quel che dico io, sono pur sempre un Serpeverde”.
E su quella nota ambigua lo aveva lasciato in mezzo al corridoio con una lettera mezza bruciacchiata e l’aria di una persona che aveva perso tutti i suoi riferimenti. Una cosa era certa: Scorpius Malfoy era incomprensibile. Una volta era gentile e la volta dopo lo lasciava in mezzo ad un corridoio con più dubbi di quanti ne avesse mai avuti.
Di certo non si sarebbe staccato da lui così in fretta come suo padre voleva. Le imperfezioni di Malfoy erano ciò che gli serviva. Se anche Scorpius era imperfetto, allora Albus poteva tirare un sospiro di sollievo.
Non ne poteva più della sua famiglia perfetta, con i loro pensieri perfetti: voleva Scorpius, un Serpreverde che faceva battute cattive e che ogni tanto lo lasciava in mezzo ad un corridoio. Chissà se anche Scorpius a volte si chiedeva se avrebbe ucciso suo padr- No, non poteva ricadere in quella linea di pensieri, aveva lezioni a cui andare, non poteva saltarle di nuovo, le sue assenza stavano iniziando a farsi notare.
Eppure il dubbio si era insinuato. Forse Scorpius era scaltro, astuto, infido… ma non cattivo come lui, Albus. Forse non era la persona che cercava, forse era davvero solo lui ad essere così. Sbagliato.
Sentiva il cuore battere. Batteva troppo forte, non era normale, entro poco lo avrebbero sentito anche gli altri. Stava sudando, ma non era un sudore normale, entro poco il pavimento si sarebbe bagnato. Le sue gambe non si muovevano. Aveva caldo. Aveva freddo. Non respirava. No, respirava troppo. Era un assassino.
No, un potenziale assassino. Il figlio del salvatore del mondo. Ecco cosa voleva dire Ollivander con grandi cose! Anche Voldemort aveva fatto grandi cose.
Terribili, vero, ma grandi.
Era forse destinato a diventare un mago oscuro?
Stava correndo.
Settimo piano. Settimo piano. Stanza delle necessità. Necessitava di una stanza, una stanza in cui pensare. Una stanza in cui essere solo a ponderare sulle nuove verità che aveva scoperto.
Avanti e indietro. Uno, due e tre. La porta comparve, compariva sempre. Corse dentro.
“Non sono una brutta persona, non sono una brutta persona, non sono una brutta persona”.
Se lo diceva tante volte se ne sarebbe convinto. Era così che funzionava.
“Non sono una brutta persona, non sono una brutta persona, non sono una brutta persona”.
“Non sei una brutta persona”.
Albus si voltò spaventato. Era sempre solo nella Stanza delle necessità e invece in quel momento si trovava a fronteggiare Scorpius Malfoy che doveva averlo seguito. Metà di lui voleva chiedergli una conferma, come faceva da piccolo con sua madre: davvero non era una brutta persona?, ma l’altra metà voleva mantenere la sua sanità, non voleva che il suo unico amico pensasse che fosse pazzo.
Scorpius lo guardava con i suoi occhi chiari, in attesa che lui parlasse, ma Albus era in quel luogo remoto della sua mente in cui non poteva essere raggiunto da nessuno. Si guardarono per qualche secondo, poi Albus lo sorpassò e uscì dalla stanza di corsa.
Quando fu sicuro di essere fuori dalla portata di Scorpius, smise di correre. Quanto aveva sentito l’amico? Abbastanza da capire che non c’era da fidarsi di lui? Abbastanza da capire con chi aveva a che fare? Da quando aveva scoperto di essere diverso dagli altri, di avere quei pensieri, aveva cercato di nasconderlo il più possibile e ci era marginalmente riuscito, ma l’arrivo ad Hogwarts e lo smistamento a Serpeverde dovevano essere stati un colpo troppo forte per lui e i pensieri si erano moltiplicati rendendogli difficile nascondersi in tutti i suoi momenti di crisi. Doveva controllarsi e non ci riusciva.
“Ah!”
Una mano sulla sua spalla lo fece sobbalzare per lo spavento.
Si voltò.
“Tutto a posto?” chiese uno studente sconosciuto.
Albus si rese conto che stava avendo un completo attacco di panico alla portata di tutti.
“Sì, un brutto voto” si sforzò di sorridere, prima di fuggire via come il vento e rifugiarsi nel dormitorio dove, quasi se lo aspettava, trovò Scorpius ad attenderlo.
“Vuoi parlare?”
“No”.
“Va bene”.

***



Era venerdì sera e Albus stava cercando di domare i capelli ereditati dal padre davanti ad uno specchio. Era la prima riunione del club di pozioni fondato dal professor Lumacorno e voleva fare una buona impressione. Era sicuro che il vero problema non fossero i capelli, ma dal momento che il resto non si poteva risolvere si concentrava su quelli. Scorpius lo guardava dal letto con quella sua espressione annoiata.
Non avevano più parlato di quella giornata e Albus gliene era grato. Non si sentiva pronto a raccontare a Scorpius di quella parte di sé, ma il fatto che l’amico non lo avesse abbandonato la diceva lunga. Ricordava di aver avuto un episodio abbastanza importante dopo la storia del finto duello con James e i sensi di colpa dopo aver fatto la spia e da quel giorno suo padre aveva iniziato a comportarsi come se Albus fosse fatto di vetro. Le sue parole erano sempre misurate e non si arrabbiava mai con lui o aveva una discussione accesa così come faceva con James. Albus era sicuro che James non conoscesse il suo problema altrimenti avrebbe fatto di tutto per tirarlo fuori, anche se il giorno prima di partire per Hogwarts, durante un episodio, aveva avuto l’impressione che qualcuno stesse origliando, ma no… James avrebbe trovato il modo di tormentarlo se avesse saputo e fino a quel momento non era successo nulla.
“Se continui a toccarti i capelli finirai con il perderli prima di arrivare al settimo anno” dichiarò Scorpius dopo l’ennesimo tentativo fallito di Albus di appiattirli, mentre si passava una mano tra i suoi, liscissimi, capelli.
“Facile parlare per te, non sembra che hai delle radici al posto dei capelli”.
“Finché restano radici io mi direi fortunato, preoccupati quando escono le foglie”.
Albus iniziò a sentire caldo intorno alla collottola.
“Sta’ zitto”.
Erano ormai le otto quando i due si avviarono verso l’ufficio di Lumacorno. Albus avrebbe voluto portare con sé il suo kit di pozioni, ma Scorpius gli aveva assicurato che non era quel tipo di “club di pozioni”, ma più un luogo di ritrovo per giovani menti sagaci come le aveva definite lui e alla fine lo aveva convinto a lasciarlo in dormitorio.
L’ufficio conteneva sette o otto studenti oltre a loro e Albus fu felice di constatare che non conosceva nessuno di loro. A giudicare dai tavolini imbanditi di cibo, aveva fatto bene a non portare con sé il kit di pozioni. Lumacorno stava parlando con uno studente che era nascosto dalla sua stazza, quindi non era molto sicuro di chi fosse, ma quante potevano essere le possibilità che fosse un suo conoscente?
“Al, torniamo indietro è solo una perdita di tempo” disse ad un tratto Scorpius tentando di mantenere un tono neutrale.
Albus non fece in tempo a chiedersi il perché del cambiamento repentino dell’amico – era sembrato abbastanza contento all’idea di andare fino a qualche minuto prima – fino a che Lumacorno non si spostò un po’ lasciando anche a lui la visuale dello studente misterioso: James Potter.
Albus si diede mentalmente dello stupido: come aveva potuto non pensarci? James, la star del Quidditch del momento, primogenito di Harry Potter, ovviamente sarebbe stato presente. Il problema, purtroppo, era che dopo lo stupore iniziale, James aveva ricominciato a torturare il fratello ed era sicuro che questo sarebbe stato il teatro per un disastro epocale.
Dal momento che il suo corpo sembrava non volersi muovere Scorpius lo aveva afferrato per un polso, ma oramai era troppo tardi. Lumacorno li aveva notati.
“Albus, ragazzo mio! E anche Scorpius! Sono lieto di vedere che ce l’abbiate fatta a venire.”
James, da dietro, fece un sorrisetto ad Albus.
“Fratellino! Stavo giusto parlando di te con il professor Lumacorno. Il piccolo genio tormentato di pozioni”.
Oh, no. No, no, no.
Lo sapeva. James sapeva del suo problema.
“Potter, sento un po’ di gelosia?” chiese Scorpius indifferente ai sudori di Albus che adesso lo stava strattonando per farlo andare via. Scorpius teneva ancora una presa ferrea sull’orlo della sua manica.
“Geloso? Io?” chiese James, per un attimo dimentico della discussione.
“Suvvia ragazzi, non litigate, ognuno di voi è molto talentuoso. Anzi, perché non facciamo il giro dell’ufficio, non vedo l’ora di presentarti!”
Lumacorno fece l’occhiolino ad Albus e lo prese letteralmente per un braccio. James fece una smorfia delusa.
La prima persona che gli fece salutare era un ragazzo di Serpeverde di qualche anno più grande di lui.
Poi un paio di Grifondoro e una Corvonero. Albus notò che non c’era l’ombra di Tassorosso.
L’ultimo era un Serpeverde del terzo anno, Albus l’aveva visto in sala comune qualche volta, ma non aveva mai provato a parlargli a causa della sua timidezza e soprattutto a causa del fatto che metà dei Serpeverde ancora lo vedevano come un intruso nella loro casa.
“Albus, lui è Aurelien Zabini e, dal momento che si trova qui, mi pare scontato sottolineare che è molto dotato. È il figlio di Blaise Zabini, adesso lavora al ministero. Ovviamente è un amico di Draco, il padre del tuo compagno di corso, Scorpius”.
Aurelien Zabini gli fece un cenno con la testa e Albus ricambiò. Non sembrava particolarmente ostile, ma anche così Albus era intimidito dall’alto ragazzo nero che torreggiava sopra di lui. era davvero alto.
“Adesso vi lascio a fare due chiacchiere, non posso trascurare i miei ospiti” fece a entrambi l’occhiolino – doveva amare fare occhiolini – e volteggiò dall’altra parte dell’ufficio per quanto la sua stazza potesse permettere.
Albus prese una tartina su un tavolo lì vicino per non rendere il silenzio imbarazzante troppo ovvio e si chiese che fine avesse fatto Scorpius. Si guardò intorno. Neanche James era più presente.
“Che dire… un Potter a Serpeverde, sei un po’ la leggenda della casa” iniziò Zabini.
Anche lui non sembrava particolarmente estroverso, ma il tentativo di conversazione mise Albus un po’ più a suo agio, anche se odiava essere al centro della conversazione.
“Effettivamente devo aver sconvolto un paio di persone, ma non possiamo essere tutti Grifondoro, no?” tentò di scherzare Albus, che trovava l’argomento ancora scottante.
Aurelien Zabini gli rivolse un sorriso empatico.
“Sembri un tipo a posto, da parte mia sei il benvenuto nella casa”.
Albus si chiese con che diritto potesse dargli il benvenuto nella casa quando metà dei Serpeverde lo disprezzavano, ma era contento di avere dalla sua parte Zabini, che torreggiava su di lui di un venti centimetri buoni. Avrebbe potuto assumerlo come guardia del corpo, pensò, solo a metà per scherzo.
“Ehm… grazie”.
Albus si guardò intorno. Ancora non c’era traccia di Scorpius e James e la cosa lo preoccupava. Non era preoccupato per James, ma più per Scorpius che negli ultimi tempi era diventato più protettivo nei suoi confronti e aveva paura che potesse scontrarsi con il fratello.
Quando riuscì ad uscire in modo educato dalla conversazione con Zabini si diresse verso l’uscita, evitando tatticamente Lumacorno che ora stava cercando di rifilare con una certa insistenza una tartina ad un ragazzo che gli sembrava si chiamasse Stubbins.
Fuori dall’aula si rese conto che non sapeva dove cercare Scorpius se non in sala comune. Ed era lì che si sarebbe diretto se non fosse stato per delle voci che provenivano da una classe lì vicino. Le voci erano concitate, ma Albus riconobbe quella di James: per quanto tentasse non riusciva mai a tenere un tono basso.
“Te lo sto dicendo per il tuo bene” stava sussurrando all’interlocutore.
“E io, per il tuo bene, ti suggerisco di stare lontano da Albus” la voce era palesemente di Scorpius, anche se una rabbia che di solito non gli apparteneva la distorceva in modo poco piacevole.
Albus avrebbe voluto fare irruzione nell’aula, ma qualcosa gli suggerì che era meglio aspettare; si mise di fianco alla porta e, in mancanza di orecchie oblunghe, pronunciò un semplice incantesimo di origliamento. Apparentemente, nessuno aveva imperturbato la porta, infatti le due voci gli giungevano forti e chiare.
“Mio fratello non è normale”.
Ad Albus si gelò il sangue nelle vene.
“Tuo fratello è perfettamente normale. I miei dubbi ricadono su di te”.
Il tono di James si fece cospiratorio.
“Tu non capisci, potrebbe uccider-”
“No, non è vero!”
Albus aveva fatto irruzione nella stanza, sorprendendo entrambi i ragazzi. James sorrise, come se se lo aspettasse.
“-ti.” Continuò, come se suo fratello non fosse appena entrato urlando.
“Scorpius, non è vero!” quasi supplicò anche se dentro di lui la sicurezza che non avrebbe potuto ucciderlo era vacillante. Era iniziato con James, poi con suo padre… che Scorpius potesse essere la sua terza vittima?
“Potter, sparisci” per un attimo ad Albus si gelarono le parole in gola, poi si rese conto che lo sguardo di Malfoy era rivolto a James. Il fratello sorrise.
“Come vuoi, ma ti avviso: così come qualche mese fa gridava tra sé e sé ‘No, non voglio davvero uccidere James’, tra poco potrebbe essere il tuo turno, Malfoy. Dal canto mio, sto praticando controincantesimi, sono molto spaventato” terminò in tono di scherno, prima di lasciare l’aula.
Albus era in lacrime. Il fratello l’aveva sentito e la parte peggiore era che non poteva smentire nulla. Quelle erano i pensieri che gli affollavano la testa su base giornaliera.
E se per sbaglio prendessi la bacchetta di papà e uccidessi James con una maledizione senza perdono?
Quello era il primo pensiero malvagio che ricordava di aver formulato.
E se urlassi a James qualcosa mentre è sul suo manico di scopa e lo facessi cadere da metri per terra? Lo ucciderei! E se lo facessi?
Quello era l’ennesimo dei pensieri malvagi che lo affliggevano e che faticava a nascondere alla sua famiglia. Una volta aveva provato a confidare in suo padre, ma lui gli aveva dato poca corda dicendogli che era normale pensare certe cose ogni tanto. Non aveva insistito oltre perché non voleva essere mandato al San Mungo. Da quella volta aveva tenuto tutto per sé e l’unica cosa che sembrava funzionare era ripetersi, finché la voce non gli veniva quasi a mancare, che lui non era cattivo. Doveva continuare fino a che non si convinceva, doveva essere convinto al cento per cento mentre lo diceva e doveva guardarsi negli occhi allo specchio, per giudicare la serietà della sua espressione. Si rendeva vagamente conto della ridicolezza della procedura, ma era l’unica cosa che aveva funzionato fino a quel momento. Ora che era ad Hogwarts, però, era più difficile mettere in atto questo suo rituale e si trovava costretto a fuggire nella Stanza delle necessità di cui gli aveva parlato, tempo prima, suo padre.
“Scorpius, io-”
Scorpius, che lo aveva osservato senza proferire parola fino a quel momento, gli poggio una mano su una spalla, un gesto pieno di significato per lui. Albus non lo aveva mai visto toccare nessuno.
“Non ho paura di te, Albus”.
“Ma-”
“Niente ma. Puoi essere anche la persona più malvagia al mondo, significa solo che quando avrò del lavoro sporco da fare lo delegherò a te”.
Albus sapeva che Scorpius avrebbe voluto parlare di cosa era successo quel giorno, quando lo aveva trovato a ripetersi parole senza senso in mezzo ad un corridoio, ma fino a quel momento aveva avuto il tatto di non spingere oltre le barriere di Albus. La situazione, però, era cambiata. James aveva infranto quella finzione su cui si basava la loro amicizia, un’amicizia tra due persone sane di mente, non malvagie. Perché Albus sapeva che qualsiasi cosa Scorpius potesse dire in quel momento, ci avrebbe ripensato in poco tempo, lo avrebbe evitato come gli altri. Lui stesso adesso si vergognava di guardarlo negli occhi, non volva confrontare la sua normalità e la paura che avrebbe trovato in quelle iridi verde pallido che tante volte lo avevano guardato senza sapere cosa si nascondeva nella sua testa.
“Potrei ucciderti”.
Scorpius sbuffò rumorosamente: “Al, per la metà dei giorni non sono nemmeno sicuro tu sappia distinguere la punta della bacchetta dalla base, esattamente come pensi di uccidermi?”
Albus tacque. Lui non capiva.
“Al, guardami”.
Albus alzò lo sguardo con riluttanza all’ordine e incontrò gli stessi occhi di sempre, vuoti di qualsiasi emozione negativa nei suoi confronti.
“Scorpius, capisco se non vuoi più avere nulla a che fare con me, davvero”.
Scorpius sorrise, un sorriso storto che Albus non sapeva a cosa associare. Forse avrebbe iniziato a trattarlo male, come aveva fatto James quella volta dopo il duello? Per molto tempo non ne era stato certo, ma ora ricordava che era quella la volta che aveva raccontato dei pensieri a suo padre e ora era sicuro di aver sentito dei passi scappare nell’altra direzione della casa. James forse sapeva da allora di avere un potenziale mago malvagio in casa. Un piccolo Voldemort che avrebbe sterminato la sua famiglia?
“Tu davvero credi di essere malvagio? Al, tu non sai la metà delle cose che penso. Molte non sono belle. Alcune ti riguardano anche”.
“Tu non vuoi uccidere le persone!”
“Palesemente neanche tu, dal momento che quell’idiota di tuo fratello è ancora vivo”.
“Tu non capisci, io sono marcio dentro, continuo a pensare di uccidere James e a volte mio padre e non voglio, ma ho paura di poterlo fare e tu potresti essere la mia prossima vitt-”
Un rumore li fece sobbalzare ed entrambi si voltarono. La porta era spalancata e Lumacorno li stava guardando con gli occhi colpevoli di chi aveva origliato tutta la conversazione.
“Albus, ti stavo cercando e tuo fratello mi ha detto dove trovarti ma…”
“Professore, non-”
Lumacorno sembrava spaventato.
“Lo so, lo so, ragazzo mio, ma devo notificare la preside e almeno anche i tuoi genitori”.
“Professore, Albus non ha alcun problema” intervenne Scorpius, ma Lumacorno non era convinto.
“Scorpius, so che vuoi aiutare il tuo amico” ora non era più Albus “ma hai sentito anche tu che c’è qualcosa che non va. Adesso è meglio che entrambi torniate al vostro dormitorio, mentre io, beh… credo di dover notificare la preside, sì”.
Lumacorno sembrava sinceramente contrito, ma Albus sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi. Non sarebbe potuto passare inosservato ad Hogwarts per sette anni, aveva solo sperato di riuscire ad eludere la verità per qualche anno.
Albus e Scorpius si diressero verso il dormitorio, uno di fianco all’altro e Scorpius non tentò mai di allontanarsi come a voler confermare con i gesti quello che aveva detto a parole: lui non aveva paura di Albus.




Salve :) Mi rendo conto di aver messo nomi italiani e inglesi insieme. Mi sa che ve li dovete tenere così! :D

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