I never ever I forget my story

di Lizhp
(/viewuser.php?uid=815665)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi chiamo Michael Holbrook Penniman Junior ***
Capitolo 2: *** Se non ci fosse la guerra ***
Capitolo 3: *** Sei strano, lo sai? ***
Capitolo 4: *** Nessuno mi capisce ***
Capitolo 5: *** Non parlo più ***
Capitolo 6: *** Con me puoi parlare ***
Capitolo 7: *** Mamma fai tornare tutto come prima ***
Capitolo 8: *** Si chiamerà John ***
Capitolo 9: *** Ho appoggiato la testa sulla sua spalla ***
Capitolo 10: *** Capitoli 10 e 11 ***
Capitolo 11: *** Il parco ***
Capitolo 12: *** Mamma andiamo a New York ***
Capitolo 13: *** Sarà un bel Natale ***
Capitolo 14: *** Capitoli 15 e 16 ***
Capitolo 15: *** Capitoli 17 e 18 ***
Capitolo 16: *** Capitoli 19 e 20 ***
Capitolo 17: *** Aveva ragione Mrs. Jenkins ***
Capitolo 18: *** Tutti sanno fare bene delle cose e fanno fatica a farne altre ***
Capitolo 19: *** Royal Opera House ***
Capitolo 20: *** Un buon inizio è già metà dell'opera ***
Capitolo 21: *** Posso farlo ***
Capitolo 22: *** Hanno detto sì! ***
Capitolo 23: *** Non è come la scuola ***



Capitolo 1
*** Mi chiamo Michael Holbrook Penniman Junior ***


Ciaaao ragazzi!
Sono tornata e questa volta niente OS, ma un'altra long. 
Giusto un paio di precisazioni su quello che andrete a leggere: ho iniziato a scrivere questa storia tempo fa e ormai ho scritto veramente, veramente tanto e per questo ho deciso di iniziare a pubblicarla. 
I capitoli NON saranno lunghissimi, tranne qualche eccezione.
Ogni capitolo inizia con una data e sarà scritto in prima persona: tuttavia non è da considerarsi come un diario scritto, le date sono messe solo per dare l'idea del tempo che passa. E anche perché boh, non ho mai scritto niente del genere e come idea mi ispirava.
Vi lascio ad una sorta di... non so nemmeno io come chiamarlo. Ho solo scritto queste righe per cercare di darvi un'idea di cosa mi sono inventata questa volta. 
Subito sotto, ovviamente, il primo capitolo.

Buona lettura :)

 

Famiglie numerose, trasferimenti, genitori che quando litigano poi ti portano in vacanza.
Insegnanti di francese che assomigliano più a streghe cattive che a persone, a cui poi, quando si diventa grandi, non si può far altro che dedicare il più grande vaffanculo della vita.
Ma prima la paura, il silenzio, la vergogna.
Insegnanti che invece ti spiegano che quando hai un problema, hai un problema e basta, non sei tu un problema, e a cui poi, quando si diventa grandi, si dedica il grazie più grande della vita.
Pomeriggi al parco a giocare con le anatre del laghetto. 
Profumi, disegni e vestiti colorati.
Insegnanti di piano russe un po’ troppo severe.
Audizioni e spettacoli alla Royal Opera House.
I primi veri amici, quelli che poi ti porti accanto per tutta la vita, ma anche ragazzi che sono stupidi e non hanno una scusa, sono stupidi e basta.
Conigli dai nomi improbabili.
Intrusioni in serate a cui si è stati invitati, solo che gli organizzatori non lo sanno.
Primi finti amori forzati e primo amore un po’ particolare agli occhi di qualcuno.
Coming out casuali, da ubriachi, voluti, a voce, per messaggio o su una rivista.
Lavoretti serali nei bar e una lezione di economia, sufficiente per capire che piuttosto di fare quello nella vita, meglio fare l’eremita.
Canzoni per chewing-gum, pubblicità giapponesi e compagnie aeree.
Case discografiche, mamme che ti obbligano ad andarci.
E poi amore, non il primo, ma quello vero, quello giusto. 
E musica. 
Si è sempre trattato di musica, dal primo all’ultimo giorno, dalla prima pagina all’ultima.

 

***
 

Capitolo 1: Mi chiamo Michael Holbrook Penniman Junior
 

15 Novembre 1992
 
La mia famiglia è numerosa, felice e piena di colori.
La mia mamma, Joanie, non è tanto alta. Ha i capelli castani e gli occhi marroni, uguali ai miei.
Il mio papà invece si chiama Michael, ma tutti lo chiamano Mike. Mamma ha cercato di spiegarmi qual è il suo lavoro, ma io non l’ho mai capito veramente. Deve essere difficile. Lui viaggia molto, ma ogni volta che torna a casa mi porta un regalo e io sono sempre curioso di sapere cos’è.
Yasmine è la mia sorella più grande, ha 14 anni. Lei ha gli occhi verdi come quelli del papà. Disegna tantissimo e secondo me è anche molto brava. Mamma sembra sempre felice quando Yasmine le mostra un disegno, credo che le piaccia che noi creiamo cose nuove.
Paloma è la mia seconda sorella e il suo sogno è quello di fare l’attrice. Ha solo 11 anni adesso, ma magari un giorno la vedrò in televisione, chi lo sa. Paloma fa un po’ fatica a muovere il suo braccio destro, ma riesce comunque a fare tutto. Soprattutto riesce a litigare con Yasmine.
E come urlano quando litigano!
Zuleika è la mia sorellina. È ancora molto piccola, ha solo due anni, e la mamma le ha appena tagliato i capelli: un caschetto e una frangetta. Le stanno bene, anche se lei mi sa che li preferiva lunghi, perché appena mamma ha tagliato la prima ciocca si è messa a strillare talmente tanto che mi sono dovuto spostare nell’altra stanza per finire i compiti.
Fortuné è il più piccolo, ha solo qualche mese. Mamma e papà dicono che assomiglia a me quando ero piccolo come lui. Io lo guardo, ma non trovo tutta questa somiglianza, soprattutto quando fa quelle brutte smorfie con la bocca tutta storta che fanno tanto ridere tutti.
E poi ci sono io.
Io mi chiamo Michael Holbrook Penniman Junior e ho nove anni. Porto lo stesso nome del mio papà, ma a mamma non è mai piaciuto il nome Michael! Allora quando io sono nato ha fatto un accordo con papà: mi sarei chiamato ufficialmente Michael, ma poi tutti mi avrebbero chiamato Mica.
Solo la nonna mi chiama Michael. Dice che chiamarmi “sacchetto di plastica” non le piace. Sì, perché Mica in arabo vuol dire proprio quello e la nonna è libanese.
Anche io sono libanese e anche la mia mamma lo è. Sono nato a Beirut, il 18 agosto 1983, ma non ricordo nulla di quella città. Ero molto piccolo quando mamma e papà hanno preso me, Yasmine e Paloma e ci hanno portati a Parigi, per scappare dalla guerra. Poi mamma ci ha spiegato che dovevamo spostarci a Londra e così eccoci qui. Adesso viviamo in una bella casetta, ma per un po’ di mesi abbiamo dovuto vivere in un hotel, perché papà non aveva i soldi per comprare una casa nuova.
Non ho ricordi di Beirut, ma mi danno molto fastidio i rumori forti, mi ricordano sempre lo scoppio di una bomba. Forse è per la guerra che c’era là.
La nostra casa è il posto sicuro in cui tutti possiamo essere chi vogliamo senza paura che gli altri ci prendano in giro.
Io voglio fare teatro, così posso recitare e cantare. Mi piacerebbe anche scrivere canzoni mie, ma non so se sono capace.
È il mio sogno, è quello che voglio fare da grande.
Però a volte penso che questo non succederà mai. L’anno scorso ci hanno insegnato le note musicali a scuola, ma io faccio davvero tanta fatica a capire uno spartito musicale. E come faccio a scrivere canzoni se non conosco le note? E perché faccio così fatica? Tutti gli altri miei compagni di classe ci riescono facilmente e io no.
Sono stupido?
Secondo me Mrs. Jenkins crede che lo sono.
Ma non voglio parlare della strega oggi, forse domani.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Se non ci fosse la guerra ***


 
Capitolo 2: Se non ci fosse la guerra

16 Novembre 1992
 
Quando penso a Parigi penso alla bellissima casa che avevamo nel sedicesimo arrondissement. Era veramente molto grande, c’era tanto spazio per me e le mie sorelle. Quando giocavamo a rincorrerci per le scale però, mamma ci urlava sempre di fare piano, perché avremmo potuto cadere e farci tanto male.
Conosco tutti i nascondigli di quella casa e spesso le mie sorelle non riuscivano a trovarmi, soprattutto quando scappavo nel mio nascondiglio preferito: l’armadio di mamma e papà. Ero talmente piccolo che riuscivo a farmi spazio tra tutti i vestiti. Mi rannicchiavo e chiudevo le ante, quasi trattenendo il respiro per paura che Yasmine o Paloma potessero trovarmi e vincere così il gioco. Restavo per qualche minuto lì dentro a respirare il profumo dei vestiti puliti e il profumo della mamma.
Mi piacciono i profumi.
Riconosco perfettamente i profumi di tutti i membri della mia famiglia.
Perfino Fortuné, che è così piccolo, ha un suo profumo particolare… anche se qualche volta non è proprio buono.
Mi chiedo spesso chi vive in quella casa, la nostra casa, oggi. Chissà se a loro piace tanto quanto piace a me.
Quando penso a Parigi però penso anche alla televisione e alla paura. Alla paura soprattutto della mamma. Ricordo bene che davanti alla televisione guardavamo tutti insieme il telegiornale che raccontava le notizie del Kuwait, sperando di non vedere papà.
Papà era stato fatto prigioniero durante la guerra e più i giorni passavano più mamma ripeteva a me e alle mie sorelle di non preoccuparsi, anche se poi però la sera, quando credeva che noi dormissimo, si chiudeva nella sua camera e a volte piangeva un pochino.
Mi ricordo quando io, Yasmine e Paloma abbiamo scoperto la mamma piangere: io ero convinto che papà fosse morto, perché la mamma continuava a ripeterci di stare tranquilli, però poi piangeva.
Quando, nel buio della nostra stanza, ho sussurrato a Yasmine questa cosa, lei mi ha detto che la mamma piangeva perché papà era lontano, perché era prigioniero e perché non si sapeva dove fosse. Però papà non era morto.
Allora io avevo ripreso a contare i giorni su un foglio, per vedere dopo quanti giorni papà sarebbe tornato a casa.
Papà alla fine è tornato, dopo 318 giorni.
Era così cambiato. Io e le mie sorelle abbiamo quasi fatto fatica a riconoscerlo. Ricordo che mamma l’ha stretto forte sulla porta di casa e poi lui è venuto ad abbracciare noi. Ricordo che mi sentivo strano a guardarlo. Troppo magro, con i capelli e la barba troppo lunghi, con lo sguardo diverso da quello che mi ricordavo.
Però quando ha visto che io non gli ero corso incontro come Yasmine e Paloma, lui si è inginocchiato e mi ha guardato. Mi ha sorriso e io ho visto che anche se fuori era cambiato, il mio papà era sempre il mio papà.
Allora sono corso anche io ad abbracciarlo.
È stato molto bello vivere a Parigi, ma penso sempre che sarebbe stato tutto più bello se in quell’anno ci fosse stato anche papà.
Perché c’è la guerra?
Forse, se non ci fosse la guerra, adesso sarei ancora a Parigi.
Forse, se non ci fosse la guerra, adesso sarei ancora a Beirut.
Forse, se non ci fosse la guerra, adesso non sarei a Londra, in questa scuola francese con Mrs. Jenkins che mi chiede sempre di leggere ad alta voce, in piedi alla sedia.
Ma non voglio parlare della strega oggi, forse domani.

 
***
 
Buonasera e grazie a tutte le persone che hanno lasciato una recensione al primo capitolo :) 
Come sempre, apprezzo molto sapere i vostri pareri, positivi o negativi che siano... quindi anche per questo capitolo le recensioni sono molto ben accette!
Ho scordato di dirvi una cosa che volevo dirvi nella chiacchierata del primo capitolo: l'idea della storia è nata perché volevo inserire, in una long, tutte le canzoni di Mika e i personaggi delle canzoni di Mika. 
Quindi drizzate gli occhi (?) che prima o poi, all'interno dei capitoli, appariranno riferimenti (più o meno espliciti) alle canzoni.

E giusto perché sono capitoli brevi che non lasciano un minimo di suspance, ho deciso che vi "saluterò" con il titolo del capitolo successivo... non lo so se sia una cosa sana o meno, ma magari vi incuriosisce ;)

Quindi bye, ci sentiamo tra qualche giorno con il terzo capitolo, che si intitolerà "Sei strano, lo sai?"

Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sei strano, lo sai? ***


Capitolo 3: Sei strano, lo sai?
 

17 Novembre 1992
 
Io divido la mia stanza con Yasmine e Paloma, proprio come a Parigi. Zuleika e Fortuné, che sono ancora piccoli, dormono nella camera di mamma e papà. Ma solo per il momento, perché papà sta sistemando una stanza di questa casa che prima era inutilizzata, e vuole farci la cameretta per loro due.
Mi piace la mia stanza.
Ci sono tanti disegni di Yasmine appesi sui muri e qualche disegno l’ho fatto anche io. Lei mi ha insegnato a disegnare qualcosa, ma non sono bravo come lei. Quando però mi ha detto che quando sarò grande riuscirò a disegnare molto meglio di così sono stato contento.
Nella mia camera però ci sono le sbarre alla finestra e un cassettone molto pesante viene spostato ogni sera da mamma e papà davanti alla porta, chiusa poi a chiave. È successo così da quando, a Parigi, mentre dormivo, sono uscito dalla mia stanza e sono andato in strada, solo con il pigiama addosso. Gli spazzini mi hanno riportato a casa e mamma si è spaventata tantissimo.
Un’altra volta, quando eravamo in hotel, sempre mentre dormivo, sono andato da una nostra vicina e le ho detto tante cose cattive, tutte quelle che la mia famiglia, e anche io, pensavamo su di lei. Lei invece è stata molto gentile e mi ha riportato dalla mamma. In più da quel giorno ha iniziato a trattarmi veramente bene, non ho ancora capito perché.
A Yasmine piace disegnare e a me piacciono i colori. Il mio letto è pieno di colori.
Il giallo e il blu sono i miei preferiti, sono così diversi e quando sono uno vicino all’altro trovo che stiano benissimo.
Anche i miei vestiti sono colorati.
Mi piacciono tanto alcuni papillon che papà a volte mi porta dai suoi viaggi. Lui lo sa che mi piacciono i colori, allora me li prende sempre tutti colorati. Così come le camice, le magliette, i pantaloni e le scarpe.
 Ho un paio di pantaloncini fosforescenti che sono i miei preferiti.
Il mio compagno di banco, Luke, crede che io mi vesta in modo strano.
“Sei strano, lo sai?” mi ha detto un giorno e io non ho detto niente.
Me lo ripete così tante volte che adesso inizio a pensare anche io di essere strano.
Anche Lauren, la ragazzina bionda che sussurra sempre con le sue amiche, a volte mi fissa in modo strano. Io allora fisso anche lei in modo strano, perché davvero non riesco a capire perché continua a mettersi le mani nei capelli per sistemarli.
C’è una ragazzina timida invece che non si avvicina mai a Lauren e non parla quasi con nessuno. Si chiama Emily ed è molto brava a scuola, infatti spesso durante le verifiche di matematica mi passa un bigliettino con su scritto l’esercizio fatto.
Per me prima o poi la maestra si accorge.
Emily è gentile con me, ma non parla tanto e non riesco a capire perché. Anche con me dice solo poche parole. Una volta le ho detto grazie per avermi corretto il compito di francese e lei è arrossita e se ne è andata via.
Oggi ho provato a parlarle un’altra volta, ma da dietro Luke si è messo a ridere insieme agli altri bambini.
“Mica e Emily sono fidanzati, sono fidanzati, sono fidanzati” l’ha detto quasi canticchiando.
Lo dice spesso, ogni volta che parliamo e a volte dice anche cose più brutte.
Emily è corsa via subito, credo che sia andata nel bagno a piangere, perché quando è tornata aveva gli occhi rossi.
Io ho abbassato la testa e senza guardare in faccia nessuno sono tornato al mio banco. Quando Luke si è seduto accanto a me ha cominciato a prendermi in giro, sempre per Emily.
E poco prima che Mrs. Jenkins entrasse in aula mi ha sussurrato:
“Ehi, ha ragione lei lo sai, con quelle filastrocche” e ha indicato la maestra, sussurrandomi all’orecchio le rime che Mrs. Jenkins aveva preparato per me ieri.
Delle rime che… No, non voglio parlare della strega oggi, forse domani.
***
Buongiorno e ancora grazie per le recensioni all'ultimo capitolo, mi fanno sempre un sacco di piacere. 
Quando alcuni di voi noteranno dei riferimenti a cose dette da Mika... andateli a cercare quasi tutti nell'intervista a Le Divan xD 
Gran parte di questa storia è stata presa da lì.
Niente, ci sentiamo o nelle recensioni oppure al prossimo capitolo... "Nessuno mi capisce"
Ciao :D

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nessuno mi capisce ***


Capitolo 4: Nessuno mi capisce
 
18 Novembre 1992
 
In un angolo della sala, vicino alla finestra più grande, c’è un pianoforte bianco.
Qualche volta mi siedo e schiaccio dei tasti a caso. Mi piace il suono che fa.
Papà sa suonare poche canzoni e me ne ha già insegnata qualcuna, promettendomi che con il tempo me le avrebbe insegnate tutte.
Mi piace quando le mie dita schiacciano i tasti e ne esce una bella melodia, mi sento capace di fare qualcosa, anche se non riesco bene a leggere la musica.
È più di un mese che non suono più e la mamma è preoccupata. Papà mi chiede sempre la sera di suonare insieme a lui, ma io gli dico sempre che non ho voglia.
Non invento più nemmeno quelle canzoncine che inventavo prima.
Le rime mi danno fastidio adesso.
La mamma è andata a parlare con le maestre e ha scoperto che tante volte non faccio i compiti. Quando è tornata a casa era molto arrabbiata e mi voleva mettere in punizione.
Però non sapeva come punirmi, perché non suono più, non gioco più e non disegno più con Yasmine. Allora mi ha detto che da oggi in avanti dovrò fare sempre i compiti con lei e non potrò alzarmi dal tavolo finché non li avrò finiti.
Sono corso in camera mia e mi sono messo a guardare fuori dalla finestra, come faccio spesso ultimamente.
Immagino di andare via da Londra.
Immagino di ritornare a Parigi, dove tutto andava bene. Immagino di nascondermi ancora nell’armadio di mamma e papà, immagino le mie sorelle che mi vengono a cercare e non mi trovano.
Stiamo diventando grandi ormai e non giochiamo più a nascondino. Paloma però ieri mi ha chiesto se volevo giocare con lei e io le ho detto di no.
“Perché non giochi più a niente?” mi ha chiesto, quasi delusa.
Le ho detto solo che non ho voglia.
Nessuno può capirmi, nessuno!
Mi arrabbio quando ci penso. Mamma sembra tanto preoccupata per come sono e per i miei voti a scuola, ma non capisce qual è davvero il problema.  
Però io non posso stare sveglio ancora tanto stasera, o domani non riuscirò a svegliarmi per fingere di avere il mal di pancia e non andare a scuola.
Domani ci sono quattro ore di francese, perché la maestra di scienze è ammalata. E io non posso fare quattro ore con Mrs. Jenkins.
Meglio non pensare alla strega prima di dormire, altrimenti poi faccio i brutti sogni e io non voglio incontrarla anche mentre dormo.
Domani, domani forse racconto tutto quello che succede.
***
Eccomi di nuovo qui!
La storia ha un'evoluzione lenta per il momento, piano piano vengono introdotti un po' di tasselli della sua vita. 
Non penso di avere altro da aggiungere, se non i miei grandi grandi grandi ringraziamenti a chi legge e a chi spende qualche secondo per lasciarmi una recensione.
Il prossimo capitolo sarà "Non parlo più".
Ciao :D

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Non parlo più ***


Capitolo 5: Non parlo più
 

21 Novembre 1992

La mamma non crede che il mio mal di pancia duri così tanto, allora oggi mi ha mandato a scuola. È difficile lasciare a casa le cose adesso che mamma mi controlla mentre preparo lo zaino, però la mattina, quando mi sveglia e poi va a fare colazione, ho qualche minuto per togliere tutto quanto dallo zaino e nasconderlo in fondo al mio armadio, così mamma non nota niente. 
Perché devo portarmi tutte quelle cose in classe? Tanto durante le lezioni non le uso, io a scuola non ci voglio andare. Per far sembrare che lo zaino sia pieno, metto dentro tutti i libri di musica. Sul pulmino che porta me e le mie sorelle a scuola, e poi anche durante le lezioni, apro un libro e cerco di fare il solfeggio. 
Ma ancora non ci riesco, ci metto davvero troppo tempo. Non riuscirò mai a capire le note abbastanza velocemente da poterle suonare al pianoforte. In più, è tanto che non suono e magari mi sono anche scordato come si fa. 
Oggi ho deciso che non parlo più.
Sì, proprio così, dalla mia bocca non uscirà più una sola parola.
Però non sono riuscito a mantenere questa mia promessa in classe, alle ultime due ore.
Mrs. Jenkins è entrata e noi ci siamo alzati, come sempre. Io ho iniziato a sentire quel male alla pancia che mi viene sempre quando la vedo.
“Seduti” ha detto, con quella voce così cattiva, proprio come quella dei mostri nei cartoni animati.
“Penniman, Piers” e a sentire chiamare i nostri nomi, io e Emily ci siamo alzati e ci siamo messi in piedi sulle sedie, mentre Luke, accanto a me, iniziava a ridere. 
Anche io ho sorriso però, perché questa mattina non avrei recitato nessuna filastrocca.
Toccava a Emily iniziare. E lei, che non parla mai con nessuno, quando Mrs. Jenkins le chiede di leggere inizia a balbettare. Era una brutta filastrocca, come tutte quelle che scrive la strega. Emily stava dicendo a tutta la classe che era brutta, che non riusciva a parlare perché il Mostro della Lingua gliel’aveva strappata, che nessuno voleva stare vicino a lei perché era antipatica.
Mi sono così arrabbiato quando ho visto la solita lacrima scendere dall’occhio di Emily. 
“Penniman, prego” ha detto poi Mrs. Jenkins, con il solito sorriso inquietante. 
E io non ho parlato.
Non ho detto niente. 
Ho guardato il foglio che la strega mi aveva passato e non ho aperto bocca. 
“Penniman?” ha allora ripetuto la donna e quando l’ho guardata ho visto che si stava arrabbiando, ma non ho parlato lo stesso. 
Allora lei si è alzata ed è venuta velocemente verso di me.
Mi ha preso il colletto della camicia verde e rossa che papà mi aveva portato dal suo ultimo viaggio e ha iniziato a strattonarmi e a urlare così forte che ho avuto la sensazione che le mie orecchie avessero iniziato a far male.
“NON PARLI? NON FAI COME TI DICO? HAI PERSO LE PAROLE COME LA TUA AMICA?” e il suo volto era così vicino al mio che potevo sentire il brutto odore del suo profumo che mi ha fatto venire la nausea.
E mi ha minacciato urlando così tanto che mi sono spaventato, ho cercato di allontanarmi ma ero sulla sedia, così sono caduto e adesso il polso mi fa tanto male.
Ho sentito qualcuno ridere, ma ho visto anche tanti bambini che si voltavano dall’altra parte per non guardare.
“Alzati, rimettiti sulla sedia e leggi!” ha poi detto la maestra, riafferrandomi la camicia e rimettendomi in piedi. 
Mi veniva da piangere, lì, davanti a tutti. E lei mi ha fatto così tanta paura che alla fine ho letto. E più leggevo più mi veniva da piangere, perché in quella filastrocca c’era scritto che io ero stupido perché quando scrivevo facevo tanti errori.
“Più veloce, Penniman” continuava a ripetere Mrs. Jenkins, ma io più veloce non riuscivo a leggere.
“Più veloce, Penniman” allora andavo più veloce, ma sbagliavo a leggere tante parole e lei mi sgridava.
E’ dall’inizio dell’anno che leggo filastrocche in piedi sulla sedia, a volte su di me, a volte su qualcuno dei miei compagni di classe. Però non è mai stato brutto come stamattina. 
Allora io non parlo più, perché quando parlo devo dire solo cose brutte.
Non parlo più, tranne quando devo recitare le filastrocche della strega, perché se lì non parlo lei si arrabbia e mi viene ancora vicino e quell’odore non lo voglio più setire.
Dopo la lezione, per la prima volta Emily si è avvicinata a me, aspettando quando tutti erano usciti dalla classe al suono della campanella.
“Sei stato coraggioso oggi” mi ha detto. 
Ma io non le ho detto niente, perché io non parlo più.

 
***
 
Buongiorno a tutti :D
Scusatemi per il ritardo, ma sono stata qualche giorno a spiaggiarmi al Lido di Venezia, ma ora sono tornataaaaaaa!
Nulla da aggiungere, coe sempre ringrazio che dedica qualche minuto del suo tempo a lasciarmi due parole, le apprezzo sempre tanto e per me sono importanti.
Ci si sente tra qualche giorno con il sesto capitolo: "Con me puoi parlare".

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Con me puoi parlare ***


Capitolo 6: Con me puoi parlare
 
23 Novembre 1992
-Mica, come è andata oggi a scuola?-
Ho alzato le spalle.
-Mica, vieni a disegnare con me?-
Ho scosso la testa.
-Mica, perché non parli?-
Me ne sono andato sul mio letto.
-Mica, la mamma ha chiesto cosa vuoi da mangiare-
Non farmi domande, Paloma, non rispondo.
Ce la sto facendo. Non sto parlando.
Mamma e papà mi hanno chiesto più di una volta di dire qualcosa, ma io non voglio parlare.
Non parlerò mai più.
Anche a scuola, con gli altri insegnanti, non parlo e allora loro hanno chiamato la mia mamma per chiedere che cosa fosse successo.
Ma la mamma non lo sa.
Gli insegnanti le hanno detto di mandarmi da uno psicologo, ma io non ci voglio andare e non ci andrò, a costo di aggrapparmi alla maniglia della porta di casa, così ho scosso forte la testa.
Piango di più in questi giorni, ma lo faccio sempre la sera, a letto, quando sono sicuro che Paloma e Yasmine dormono e quando ormai la porta è chiusa a chiave per paura che io cammini ancora durante la notte.
Da quando a scuola non ho iniziato subito a dire la filastrocca di Mrs. Jenkins, la strega ha deciso che dovrò sempre recitare filastrocche su di me e ogni giorno sono sempre più cattive e ogni giorno le persone ridono sempre più di me.
Oggi Emily, durante l’intervallo, si è seduta vicino a me sulla scala esterna su cui non va quasi nessuno e ha iniziato a mangiare la sua merendina.
-Lo so perché non parli- mi ha detto -Ma con me puoi parlare-.
Ho continuato a mangiare i biscotti che mamma mi aveva preparato e non ho risposto. Gliene ho solo offerto uno, che lei ha preso e poi mi ha detto grazie.

***
Buoooonasera :D
Ecco il nuovo capitolo!
Il prossimo aggiornamento non ci sarà fino a domenica sera/lunedì: domani e giovedì mattina mi farò sommergere fino alla punta dei capelli dall'ansia per la discussione della tesi e nel fine settimana mi do alla pazza gioia. 
Un grazie enorme, come sempre, a chi mi lascia i propri pareri, che sono molto apprezzati anche in questo caso. 
Al prossimo capitolo: "Mamma, fai tornare tutto come prima".

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Mamma fai tornare tutto come prima ***


 
Capitolo 7: Mamma, fai tornare tutto come prima

1 Dicembre 1992
 
Oggi ho dimenticato tutto.
Non so più leggere, non so più scrivere.
Stavo provando a fare solfeggio, come sempre, quando mi sono accorto che quei pallini neri che dovevano essere le note non avevano più senso. Non ero io a non essere abbastanza concentrato, erano quei segni che non volevano dire nulla.
Mi sono accorto che qualcosa non andava, così ho preso in mano il libro di storia della musica. Ma anche le parole si confondevano.
Mamma è più preoccupata. Adesso non solo non parlo, ma quando ha visto che facendo i compiti di storia non riuscivo a scrivere, ha deciso che per oggi era abbastanza. Che avrei fatto i compiti domani.
Mi ha detto di andare a giocare e poi ha chiamato papà. Mi sono messo dietro la porta ad ascoltare, anche se so che non avrei dovuto, e ho sentito che gli raccontava tutto, quasi piangendo, spiegando che non riusciva a capire cosa non andasse con me.
Avrei tanto voluto risponderle.
Ma non lo so perché mi sta succedendo questo, mamma.
Ti giuro che non lo so.
Ho deciso io di smettere di parlare, ma giuro che non ho deciso io di smettere di scrivere e leggere.
E non voglio non saper leggere la musica, io voglio scriverla la musica, la mia musica, voglio cantarla, voglio suonarla.
Ma adesso non ho la mia voce e non so più come si suona il piano, come posso aver voluto io tutto questo?
Aiutami mamma, ti prego, aiutami.
Fai qualcosa.
Fai tornare tutto come prima, come a Parigi.
Torniamo indietro nel tempo, a prima che papà venisse catturato, a prima che perdessimo tutto e ci trasferissimo qui.
Come faccio domani a leggere la filastrocca di Mrs. Jenkins se non riesco più a leggere?
Mi sgriderà, urlerà, secondo te potrebbe farmi del male, mamma?
Tienimi qui, tienimi a casa, tienimi con te.
Lasciami stare qui e leggimi tu una storia, insegnami ancora come si fa.
Se solo potessi dire tutte queste cose alla mia mamma, se solo potessi parlare.
Ma non posso, ora più di prima.
Agli occhi di tutti, agli occhi di Mrs. Jenkins, ora sono più stupido di prima.
A cosa serve parlare?
E se poi nessuno mi crede?
Le nove e mezza. Tra poco mamma arriverà per mandarmi a letto.
Meglio aprire il vecchio libro di favole che mi ha regalato la nonna e provare a leggere qualcosa.
Forse questo è solo un brutto sogno e le lettere torneranno ad avere un senso.
Domani, alle prime due ore, ho francese.
Mrs. Jenkins.
La filastrocca.
Le risatine di sottofondo.
La vergogna.
***
Buonasera a tutti, eccomi qui ed ecco il nuovo capitolo!
Vi devo confessare che ho appena avuto un momento di sconforto assurdo su questa storia xD deve essere la crisi post-laurea e le giornate con troppo tempo libero per pensare. 
In ogni caso, anche se all'inizio non volevo pubblicare, mi ritrovo qui alle undici e un quarto di sera a parlare con voi, quindi va tutto bene. 
Ringrazio come al solito la gente che ha deciso di lasciare il proprio parere nel capitolo precedente, per me significa molto. 
Buonanotte a tutti e a presto con il prossimo capitolo, che si intitolerà... anzi, no. Il prossimo capitolo ha nel titolo un personaggio di una canzone di Mika! 
Sapreste indovinate quale? 
Qualche indizio: il personaggio dà anche il nome alla canzone di Mika. Nella canzone non è descritto fisicamente, ma Mika lo ha descritto in un' intervista... come una persona anziana!
A chi indovina uno spoiler per messaggio privato di un capitolo moooolto avanti rispetto ad ora, una piccola anticipazione di come la storia evolverà quando tutto si farà un po' più dinamico.
E' tardi e ho parlato troppo. 
Buonanotte!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Si chiamerà John ***


Capitolo 8: Si chiamerà John
 

2 Dicembre 1992
 
Oggi è stato un disastro.
Perché non dimentico tutto, proprio come ho dimenticato a leggere e scrivere?
Non sono riuscito a leggere la filastrocca di Mrs. Jenkins e lei si è così tanto arrabbiata quando ha visto che stavo in silenzio.
Allora ho provato a leggere ad alta voce ma non sono riuscito a dire neanche una parola.
Mi ha fatto scendere dalla mia sedia e mi ha fatto salire in piedi su quella dietro la cattedra, così tutti potevano guardarmi in faccia.
Ero così tanto disperato che ho iniziato ad inventare una filastrocca, pur di dire qualcosa.
-Leggi, leggi!- continuava ad urlare la strega e io non potevo farlo.
Per la prima volta ho pianto in classe e questo ha fatto ridere ancora di più Luke, Lauren e i loro gruppi.
Ho inventato una filastrocca cattiva su di me per cercare di far finire in fretta quel brutto momento e anche se la maestra si è arrabbiata perché non ho letto la sua, poi mi ha detto che sono molto bravo a fare le rime e mi ha lasciato tornare al posto.
Però ha fatto leggere la mia filastrocca a Emily e mi è dispiaciuto tanto, perché ha dovuto leggere due volte per colpa mia.
Volevo scusarmi con lei, ma io non posso parlare.
Non posso più nemmeno scriverle un biglietto per chiederle scusa.
Allora ho preso una margherita dal giardino fuori dalla scuola e gliel’ho messo nello zaino.
Quando alla fine delle lezioni lei lo ha visto mentre rimetteva via i libri ho visto che era confusa.
-Grazie, Michael- mi ha detto però prima di uscire dalla classe, e io ho capito che lei ha capito.
Avrei voluto dirle -Grazie a te- ma non posso parlare.
Adesso forse dovrei pensare alla filastrocca che dovrò inventare domani mattina, così non mi viene tutta l’ansia di oggi e non piango.
Cosa posso dire?
Non lo so, non mi viene in mente niente.
Si può avere così tanta fantasia da inventare una brutta filastrocca al giorno?
Mrs. Jenkins ha tanta fantasia, ma io non voglio averla come lei.
Con chi posso parlare se non posso parlare e se non ho nessuno che sono sicuro mi crederebbe?
Zuleika a volte sembra che giochi con qualcuno che non esiste, fa parlare la sua bambola con l’aria, prepara tazze di caffè per persone che non esistono.
Gioca e si diverte così, solo con l’immaginazione.
L’immaginazione.
Forse posso usarla anche io, anche se non ho due anni come Zuleika.
Anche io posso avere un solo amico invisibile che mi può capire.
Se chiudo gli occhi vedo… un signore anziano. I signori anziani, di solito, sono gentili. Ha una barba bianca e lunga… forse assomiglia un po’ a Babbo Natale.
Solo che non è vestito di rosso, ma di… di piume. Le ruba al suo pavone domestico, con quella coda tutta colorata e il corpo blu.  
Si chiamerà John e gli racconterò tutti i miei segreti.
***
Buooooongiorno!
Chiedo scusa per il ritardo, d'ora in poi cercherò di essere più puntuale. 
Il fatto che Dr. John fosse il suo amico immaginario e la sua descrizione risalgono ad alcune perle di Mika del 2009 e quando l'ho letto... beh ho voluto inserirlo qui perché penso che ad un bambino che sopporta tutte queste cose, l'immaginazione possa solo fare bene.
Grazie mille per le bellissime recensioni del capitolo precedente, vi aspetto anche per questo se vi va :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ho appoggiato la testa sulla sua spalla ***


Capitolo 9: Ho appoggiato la testa sulla sua spalla


5 Dicembre 1992
 
John, questi giorni a scuola sono un vero incubo.
La mamma ormai non crede più ai miei mal di pancia e io sono costretto ad andarci.
È andata ancora a parlare con le maestre per cercare di capire perché non parlo, così ha scoperto che lascio a casa i libri.
Stavolta non si è arrabbiata, si è seduta vicino a me e ha cercato di farmi parlare, di farmi dire cosa sta succedendo.
Non ero mai stato così tanto tempo senza parlare e ora mi chiedo se ne sono ancora capace.
Le mie sorelle non sono ancora venute a letto, magari se bisbiglio qualcosa a te capisco se so ancora parlare, o se mi sono dimenticato anche quello.
“Mi senti, John?”
Sì, so parlare. Mi fa strano, ma so parlare.
Sento dei passi per le scale.
Eccole, sono Yasmine e Paloma che vengono a dormire.
“Buonanotte, Mica” mi dicono tutte e due e io abbozzo solo un mezzo sorriso, prima di infilarmi sotto le coperte e aspettare che Yasmine spenga la luce.
Anche se adesso è buio ti vedo ancora, John.
Sei lì e mi ascolti come nessuno mi ha mai ascoltato prima.
Cosa sto facendo di sbagliato, secondo te?
La mamma e il papà mi guardano con gli occhi tristi, quasi colpevoli. Ma la colpa non è loro.
Però la mamma continua ad obbligarmi ad andare a scuola e questo non mi piace. Però lei non può sapere e io non posso darle la colpa.
Mi ha detto che lei mi può aiutare, ma io come faccio a dirle tutto?
Quando però ho visto papà seduto da solo sulla poltrona a guardare fuori dalla finestra, mi sono seduto sulle sue gambe e ho appoggiato la testa sulla sua spalla. Volevo raccontargli tutto.
Invece dalla mia bocca non è uscito niente. Ho chiuso gli occhi mentre lui mi stringeva e ho fatto finta che Mrs. Jenkins non esistesse.
Non vedo l’ora che arrivino le vacanze di Natale, forse stando a casa da scuola potrei ricominciare a parlare, così loro capirebbero che è quello il problema.
Credi che sia una buona idea, John?
In questi giorni ancora non riesco a leggere e scrivere. Come farò da grande se non posso leggere o scrivere?
La mamma ha spiegato a Mrs. Jenkins che non riesco più a leggere e lei stamattina non si è arrabbiata perché non potevo leggere la sua filastrocca, mi ha subito obbligato ad inventarne un’altra.
“Michael non sa più leggere, allora adesso impara ad inventare” ha detto a tutta la classe prima di farmi salire sulla sedia. Mi ha detto che dovevo parlare di Alison, la ragazzina seduta al primo banco.
Non volevo parlare male di lei allora ho iniziato una bella filastrocca, ma la strega mi ha subito bloccato e mi ha suggerito le parole che dovevo usare, costringendomi a ripeterle. Ad ogni mia brutta parola, mi sembrava di vedere gli occhi di Alison rattristarsi sempre di più e avrei tanto voluto urlare scusa anche a lei, ma non posso parlare. Però prima di uscire dall’aula le sono passato accanto e le ho stretto per un attimo la mano, guardandola negli occhi. Ha capito quello che volevo dire.
“Non fa niente Mica, non è colpa tua”
Alison è gentile, Luke invece ride sempre. Però Mrs. Jenkins non ha mai fatto una filastrocca su Luke, o su Lauren.
Se me la facesse inventare, saprei davvero cosa dire: cose brutte, come piacciono a lei.

Can I lay my head upon your shoulder?
If I fall asleep, will it be over?


***

Lo so, avevo detto che sarei stata più puntuale e ho fallito miseramente. 
Se vi dicessi che sono stata impegnatissima e non ho avuto tempo mentirei, ma tanto tanto. 
E' solo che... non lo so, devo ritrovare sul serio un po' di entusiasmo, quindi rieccomi qui di nuovo, sperando che questa volta vada meglio.
Il prossimo capitolo è molto molto molto molto molto corto. Saranno sì e no 10 righe. Motivate, ma pur sempre 10 righe. 
Quindi, per evitare di lasciarvi un capitolo di sole dieci righe, in una sola pubblicazione metterò i due capitoli, sempre separati; non mi va di non mettere quello corto, è abbastanza importante.
Per i più precisi e attenti, la frase alla fine della canzone è solo un riferimento alla canzone, a sé stante rispetto al racconto del piccolo Mika. Non è mia intenzione far passare l'idea che sia una frase pensata, esattamente com'è, da lui undicenne.
Bene, alla prossima e grazie come sempre a chi mi lascia il proprio pensiero!
Alla prossima... ci riprovo ad essere puntuale, giuro.
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitoli 10 e 11 ***


 

Capitolo 10: Non ho voglia di parlare con te.

 
8 Dicembre 1992
 
Mamma dice che dallo psicologo ci devo andare per forza. Non ho potuto urlarle che no, io non ci vado, allora sono corso via.
Lei non lo sa che io adesso che posso parlare con te, John, sto un pochino meglio.
Tu hai dei poteri speciali, perché riesci a sentire tutto quello che penso.
È bello poter parlare e giocare con qualcuno.
Le cose continuano a non andare bene a scuola, ma stasera non voglio pensare alle cose brutte.
Voglio pensare alle cose belle, perché la fine della scuola è sempre più vicina, allora devo pensare che tutto si sistemerà.
Però anche se ci penso, non so cosa raccontarti di bello.
Sai cosa ti dico?
Stasera non ho voglia di parlare con te.
Vado a letto e spero di sognare un mondo fatto di tanti bei colori, in cui Mrs. Jenkins non esiste e in cui io so leggere la musica. E spero di sognare di cantare su un grandissimo palco, con tanta gente che canta con me le mie canzoni.
Buonanotte, John.
 
 
***
 

Capitolo 11: La strega cattiva è morta

 
13 Dicembre 1992
 
Mrs. Jenkins non è più un segreto tra me e John.
Questa mattina ho lasciato a casa il mio zaino: a che mi serve uno zaino, non so leggere, non so scrivere.
Sono corso fuori dalla porta prima che mamma potesse vedermi.
Quando sono entrato in classe, Mrs. Jenkins era già seduta dietro la cattedra e tutti i miei compagni di classe facevano silenzio.
“Dov’è lo zaino, Penniman?”
Ma ho mantenuto la mia promessa e ho fatto silenzio. Quando sono andato al banco, sapevo già cosa dovevo fare, così mi sono subito messo in piedi alla sedia.
“Adesso Michael ci racconterà come mai ha dimenticato lo zaino”
Ma io sono stato ancora in silenzio.
La mia filastrocca, che avevo preparato ieri, non parlava del mio zaino.
Ho ignorato la domanda della maestra e ho iniziato a recitare la mia filastrocca. Ma lei si è arrabbiata, perché non stavo facendo quello che voleva. Si è alzata ed è venuta verso di me e io ero terrorizzato.
Quegli occhi cattivi così vicini e quel profumo terribile che ti riempie il naso… ho distolto lo sguardo, perché guardarla negli occhi mi fa paura.
Ma appena fuori dalla porta ho visto Paloma, con il mio zaino in mano e lo sguardo confuso.
Ho pregato dentro di me, avrei voluto urlarle di salvarmi. Avrei addirittura ripreso a parlare.
Ma Mrs. Jenkins strillava così forte e continuava a spostare il mio viso per guardarmi negli occhi che io ho dovuto fare come diceva lei: mi sono rimesso sulla sedia e ho iniziato a dire la filastrocca come la strega mi suggeriva. Una bruttissima filastrocca piena di insulti e di cose brutte su di me, come ogni giorno.
Con la coda dell’occhio sbirciavo Paloma e mi stava per venire di nuovo da piangere.
Quando poi ho visto che ha abbandonato il mio zaino fuori dalla porta ed è corsa via, ho iniziato a piangere davvero.
Non mi ha portato via, perché non mi ha portato via?
Ho pensato di aver fatto bene a non dire mai niente a nessuno, Paloma non mi aveva aiutato.
Invece mi sbagliavo.
Paloma è tornata nella mia classe quando ormai l’unica ora di francese della giornata era finita ed è tornata insieme a papà. Il mio papà è entrato in classe senza bussare e la maestra di matematica è rimasta molto sorpresa, ma lui non ci ha fatto caso.
“Prendi le tue cose Mica, andiamo via di qui”
Io quasi non ci potevo credere. Mi stava portando via da quella classe e Paloma doveva avergli detto tutto.
“Mi scusi?” ha chiesto la maestra di matematica, ma papà le ha risposto solo: “Lei non si preoccupi, a mio figlio ci penso io. Mica, sei pronto?” certo che ero pronto, non avevo niente, solo il giubbetto. Mi sono alzato e ho seguito papà e Paloma fuori dalla classe.
Paloma mi ha preso la mano e mi ha sorriso e io ho ricambiato la stretta della mano, ma ancora non me la sentivo di parlare.
Siamo andati anche in classe di Yasmine e papà questa volta ha bussato. Ha portato via anche lei.
“Non torniamo subito a casa”
“Perché?” ha chiesto Yasmine, che ancora non sapeva come mai stava uscendo da scuola così presto.
“Aspettiamo l’ora di pranzo”.
Nessuno di noi sapeva che cosa volesse fare papà, però abbiamo fatto come diceva lui. Abbiamo giocato a nascondino nel cortile della scuola fino a quando non si è riempito di genitori che venivano a prendere i bambini. E quando la campanella è suonata, è successo tutto.
Pochi minuti prima papà ci aveva detto di smetterla di giocare a nascondino e di andare vicino a lui e così abbiamo fatto. Quando ha visto Mrs. Jenkins uscire dal portone, ha fatto segno a Yasmine e Paloma di stare con me ed è quasi corso su per le scale. Si è fermato davanti alla strega e ha iniziato a dire, ad alta voce, tutte le cose brutte che la maestra aveva fatto dire a me quella mattina, guardando negli occhi Mrs. Jenkins.
Ho visto tutti i genitori guardare il mio papà e hanno fatto tutti silenzio.
Mrs. Jenkins all’inizio non ha parlato, poi quando il papà ha iniziato a dirle che un’insegnante come lei non dovrebbe più entrare in una classe e si è arrabbiato ancora di più, le ha iniziato ad urlare che erano tutte bugie.
In quel momento ho sentito qualcuno che mi prendeva la manica del giubbetto e quando mi sono girato ho visto Emily insieme alla sua mamma. Mi ha sorriso e io ho guardato la sua mamma: aveva gli occhi sbarrati e ascoltava quello che diceva il mio papà.
Ma la mamma di Emily doveva sapere, non doveva credere che erano tutte bugie, come stava urlando la strega.
“Quello che sta dicendo il mio papà è vero”.
Ho parlato.
Ho parlato perché anche Emily doveva andare via da quella classe.
Yasmine e Paloma mi hanno guardato con gli occhi spalancati. Sembravano contente.
Poi è arrivato il preside e la folla nel cortile è andata via. Io, Yasmine e Paloma abbiamo aspettato fuori che papà finisse di parlare con lui.
Anche Emily si è fermata. La sua mamma ha creduto a me e al mio papà e anche a Emily che alla fine ha raccontato tutto. La sua mamma ha detto a Emily di stare con noi. Lei è entrata, ha detto che voleva assicurarsi che Mrs. Jenkins venisse licenziata.
Quando il papà è uscito però, ci ha detto che la strega non era stata licenziata. Si è inginocchiato per essere alla mia altezza e mi ha guardato negli occhi.
“Ti hanno espulso, Mica. Il preside non ci ha creduto, mi dispiace”.
Dispiacere?
“Papà… ma questo è bellissimo!” e lui penso fosse un po’ sorpreso di risentire la mia voce, perché ha sorriso e ha annuito e poi mi ha abbracciato.
Riuscivo solo a pensare che non sarei più dovuto tornare in quella scuola.
Ho riso e ho abbracciato anche io papà.
“E voi cambierete scuola” ha detto poi papà alle mie due sorelle.
“E anche tu, Emily” ha detto sua mamma.
E io sono stato tanto contento che anche lei non avrebbe più rivisto Mrs. Jenkins.
Siamo tornati a casa a piedi e io non solo ho iniziato ancora a parlare, ho anche cantato. La canzone del Mago di Oz, insieme a papà, Yasmine e Paloma.
È stata Paloma in realtà ad iniziare, fischiettandola piano.
“Lo sai cosa dice quella canzone, Pal?” le ho chiesto, già conoscendo la risposta.
“Certo!” mi ha risposto lei “La strega è morta! La strega cattiva è morta!”
Ho iniziato a cantarla insieme a lei mentre camminavo tenendo la mano di papà. Era così bello cantare ancora che quasi urlavo.
Ma papà non mi ha detto di abbassare la voce, anzi, per una volta sono sicuro di averlo sentito sussurrare un pezzo della strofa insieme a noi.
A casa, la mamma ha aperto la porta mentre noi eravamo ancora in fondo al vialetto che porta alla nostra casa.
“Mica!”
“Ciaoooooo mamma!” ho urlato correndo verso di lei.
Anche la mamma è rimasta tanto sorpresa che io parlassi ancora. Sorpresa ma felice.
Poi papà ci ha detto di andare un po’ a giocare e ha portato la mamma in cucina, per parlare.
Quando sono tornati in sala, la mamma mi ha detto che domani andiamo al parco, a Kensington Gardens.
“Mamma, posso invitare anche Emily?” ho chiesto e lei ha detto di sì.
La mamma ha anche detto basta scuola per me, per un anno.
Però le ho detto che volevo imparare a leggere la musica e tornare a suonare il piano, allora mi ha detto che cercherà un insegnante.
E non credo che ci sia qualcosa di più bello di questa giornata.

 
***
Buoooooongiorno e buona domenica a tutti! 
Bene, dopo 11 "lunghi" capitoli, il periodo tristezza si è chiuso. 
Per quanto riguarda il capitolo 10: l'avevo pensato appositamente corto, un po' come a dire che a volte, in queste situazioni, non si ha voglia di parlare e stop. Nemmeno con un amico immaginario. 
Beh, quanto al capitolo 11 penso che la maggior parte di voi conoscesse già la storia e come Mika l'ha raccontata. 
Ringrazio come sempre chi ha recensito il capitolo precedente e, se ne avete voglia, vi aspetto sotto a questi!
A preeesto!
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il parco ***


Capitolo 12: Il parco
 

14 Dicembre 1995
 
Ieri sera io, Yasmine e Paloma abbiamo fatto come quando eravamo a Parigi e quando mamma ci ha messo a letto abbiamo spostato piano il cassettone e abbiamo aperto la porta per ascoltare quello che dicevano.
Era tanto che non lo facevamo, mi mancava dover quasi trattenere il fiato per paura che mamma e papà si accorgessero.
Hanno detto che sposteranno Yasmine e Paloma in una scuola inglese, papà ha spiegato alla mamma che ormai tutti sanno quello che è successo ieri a scuola, così non vuole che qualcuno possa prendersela con le mie sorelle.
Sembravano contenti anche loro di aver messo fine a questa storia che non conoscevano e ho sentito la mamma dire “Finalmente parla ancora”. A quel punto però Yasmine ha deciso che era il momento di andare a letto e mi ha fatto rientrare in camera.
Questa mattina mi sono svegliato con tanta voglia di cantare e in realtà ne ho voglia anche adesso, solo che mi sa che Yasmine e Paloma già dormono. Questa mattina però, a colazione, ho cantato la mia canzone preferita di Chantal Goya, “Bécassine, c’est ma cousine”, e la mamma non mi ha detto di aspettare di finire la colazione, mi ha lasciato cantare. E Paloma ha cantato insieme a me.
Anche lei e Yasmine sono a casa da scuola, papà ha detto che ci vuole tempo per fare il passaggio. Se ne sta occupando lui di questa cosa e ha anche preso qualche giorno di ferie dal lavoro credo, perché stamattina era a casa.
A metà mattina la mamma mi ha portato al parco. Yasmine è rimasta a casa a disegnare, Paloma invece è venuta insieme a noi e quando siamo arrivati Emily e sua mamma erano già lì.
Abbiamo giocato a nascondino e in un parco così grande il gioco è venuto ancora più divertente, anche se non potevamo allontanarci troppo dalla panchina su cui erano sedute le nostre mamme. Loro hanno parlato tutto il tempo mentre guardavano noi giocare.
A Kensington Gardens c’è anche un grande lago e la mamma ci ha detto che adesso fa troppo freddo, ma quando inizia a fare caldo ci saranno anche le anatre nel laghetto. Ora è quasi ghiacciato, fa quasi venir voglia di provare a camminarci sopra, ma la mamma ha detto che è pericoloso.
Quando siamo tornati a casa papà ci ha detto che è stato nella scuola nuova per Yasmine e Paloma: non possono perdere troppi giorni. La scuola ha detto che va bene, ci vorrà circa una settimana per sistemare tutti i documenti.
“E Mica no?” ha chiesto Paloma.
Ma la mamma ha ripetuto che io per quest’anno andrò al parco.
Dalla sua faccia, mi sa che Paloma vorrebbe venire al parco con me.

***
Buoooonasera a tutti! 
Ecco il nuovo capitolo. Chiedo nuovamente, per l'ennesima volta, scusa per il ritardo. 
Lavoro più studio per l'esame di stato mi tolgono un bel po' di tempo ma almeno lo studio dovrebbe finire abbastanza presto. 
Ringrazio come sempre chi usa qualche minuto del suo tempo per lasciarmi qualche parola, sono sempre molto apprezzate. 
Al prossimo capitolo!
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Mamma andiamo a New York ***


Capitolo 13: Mamma, andiamo a New York!

16 Dicembre 1992
 
Mamma e papà ieri sera hanno scoperto che a volte origliamo quello che dicono mentre pensano che noi già dormiamo. Ci eravamo appostati e abbiamo sentito papà fare un discorso che ci ha convinto a restare ad ascoltare.
“Joanie, ho pensato ad una cosa” ha detto e poi è rimasto in silenzio.
“Mike!” ha esclamato la mamma qualche secondo dopo.
“Dopo tutto quello che è successo, penso sia quello di cui abbiamo bisogno”.
Io, Yasmine e Paloma eravamo troppo curiosi di sapere di cosa stavano parlando, ma probabilmente papà aveva mostrato qualcosa alla mamma e noi non potevamo vederlo dalla cima delle scale.
“Come farai con il lavoro? Dopo Natale dovevi tornare a Dubai per…”
“Me ne occuperò più avanti, non è un problema”
“Sei sicuro?”
“Sì. Un viaggio è quello che ci vuole Joanie, a tutti noi. E lo sai che ai bambini New York piace”
Io e le mie sorelle ci siamo guardati e abbiamo sorriso: l’America!
“Volevo parlarne con te prima di farlo vedere ai bambini… se sei d’accordo, domani…”
Allora ci siamo alzati tutti e tre, senza far caso al fatto che non li avremmo dovuti ascoltare e siamo corsi giù per le scale.
“Dì di sì, mamma! Ti prego!” ha esclamato subito Paloma.
“Dai mamma, per favore!” ha aggiunto Yasmine.
Mamma e papà ci hanno guardato a bocca aperta.
“Stavate origliando?” ha chiesto la mamma, con le mani sui fianchi e lo sguardo severo.
“Da quanto va avanti questa storia?” ha chiesto subito dopo papà, però ho visto che lui ha quasi sorriso, come se fosse divertito.
“Mamma, andiamo a New York, ti preeeego!” ho detto, ignorando le loro domande, sperando che la mamma si lasciasse convincere dal mio sguardo supplichevole. In molti casi funziona.
“E va bene” ha sospirato lei alla fine, sorridendomi appena.
Ha funzionato anche questa volta, e per fortuna!
New York, a Natale, sarà una cosa meravigliosa.
***
Okay, buonasera a tutti!
Mi riscuso di nuovo per il ritardo, ma la smetto di promettere che sarò più puntuale: a quanto pare in questo periodo non è proprio cosa, è più forte di me. 
In ogni caso ecco qui il nuovo capitolo, grazie mille come sempre a chi ha recensito il precedente, lo apprezzo sempre molto :)
Buona serata e alla prossima :D
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Sarà un bel Natale ***


 

Capitolo 14: Sarà un bel Natale.

 
17 Dicembre 1992
 
Andiamo in America a passare il Natale!
Partiamo tra tre giorni. Ha pensato a tutto papà.
Mi piacciono i viaggi con la mia famiglia. Ogni volta che mamma e papà litigano, quando fanno pace, ci regalano un viaggio. A volte però mi chiedo come faccia papà a prendere così tante volte l’aereo, anche per lavoro.
Io penso che dopo un po’ mi stancherei.
In America ci sono i nonni e gli zii e la mamma sta chiamando anche l’altra mia nonna per chiederle se vuole venire anche lei. La nonna che non mi chiama Mica.
Penso proprio che sarà un bel Natale. E poi anche i nonni hanno un pianoforte, posso continuare a suonarlo anche là, con papà ma anche da solo.
Passo sempre più tempo davanti al piano, anche durante il giorno quando papà non si siede vicino a me. A volte riesco a suonare delle melodie che mi piacciono e sto iniziando a capire e memorizzare i suoni dei singoli tasti.
Nel frattempo dopo la notizia della partenza la mamma sembra quasi impazzita: sette grandi valigie sono sparse per casa e lei ogni tanto si alza per aggiungere qualcosa a qualche valigia. Dice che non possiamo dimenticare niente e che abbiamo solo pochi giorni. Ha fatto tante lavatrici e sta stirando i nostri vestiti, così possiamo metterli via.
Sta anche pulendo la casa e quando papà le ha fatto notare che anche se ci fosse stato un granello di polvere, noi saremmo stati dall’altra parte dell’oceano, lei ha detto che vuole partire con la casa in ordine.
Adesso non è in ordine per niente, per venire nella mia stanza sono anche inciampato in una delle bambole di Zuleika abbandonata a terra e ho rischiato di cadere con il naso sulle scale.
Chissà se la mamma si calmerà un pochino quando avrà fatto la maggior parte delle cose oppure più si avvicinerà la partenza più sarà agitata.
Però a volte è davvero divertente guardare il papà che la prende in giro dalla sua poltrona e lei che urla che potrebbe anche aiutarla.
New York, sì, torniamo a New York.
Andiamo via da Londra per un po’.
Io penso davvero che sarà fantastico.
Non vedo l’ora.

----

Buonasera gente!
E' passato più di un mese dall'ultimo aggiornamento e chiedo di nuovo scusa, ma è un periodo un po' così.
Niente, con questo capitolo volevo solo descrivere un po' come me la immagino io la partenza in casa Penniman. 
Se ne avete voglia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitoli 15 e 16 ***


 

Capitolo 15: Hanno detto che mi portano a vedere la città

 
21 Dicembre 1992
 
Siamo arrivati e io ho tanto sonno.
Il viaggio in aereo è stato lungo, però ne è valsa la pena.
La casa dei nonni a New York non è tanto grande e io e le mie sorelle dormiamo tutti nella stessa stanza: ci sono due letti a castello, io dormo sotto a Yasmine, mentre Paloma e Zuleika sono nell’altro letto. Anche qui la porta viene sempre chiusa a chiave e davanti papà ha messo il vecchio cassettone della nonna. Lei si è un po’ lamentata quando ha visto che papà lo spostava, ma lui non ha voluto sentir ragioni; dice che non c’è altro modo per tenermi al sicuro.
Domani la mamma e il papà hanno detto che ci portano a vedere la città; non vedo l’ora anche se con questi cambiamenti di orario credo di dover provare immediatamente a dormire, altrimenti domani sarà così stanco e non potrò godermi la passeggiata…
 
 

Capitolo 16: Il violinista

 
22 Dicembre 1992
 
Oggi Yasmine e Paloma hanno deciso di stare a casa, erano troppo stanche. Di solito sono io quello che dorme più di tutti, adesso che non devo andare a scuola sono capace di svegliarmi anche a mezzogiorno. Mamma ha detto che non durerà per molto, dopo le vacanze mi ha assicurato che si preoccuperà di mettere le lezioni di pianoforte al mattino.
Un vero peccato, ma lei dice che non posso stare un anno a dormire fino a mezzogiorno.
Comunque, stamattina invece mi sono svegliato prima di tutti. Non vedevo l’ora di uscire!
La verità è che mi piace guardare fuori dalla finestra e vedere una città che ancora non conosco e sono troppo curioso di sapere com’è fatta. Per il poco che ho visto nel viaggio dall’aeroporto alla casa dei nonni, è molto diversa da Londra e da Parigi.
La mamma ha messo Fortuné nel passeggino e sono uscito insieme a lei. Papà ha detto che era anche lui troppo stanco. In realtà anche la mamma continua a sbadigliare e questo mi fa pensare che si sia alzata solo per me.
Il primo posto in cui mi ha portato è stato Time Square. Tutti quei grattacieli altissimi mi hanno fatto sentire così piccolo e sono stato fermo per due minuti buoni ad osservarli, quasi a bocca aperta.
Per la strada ho incontrato un sacco di gente davvero curiosa.
Un signore con una lunga barba bianca suonava il violino e ho trascinato la mamma vicino a lui, per ascoltare la musica. Era lenta, anche se sembrava aumentare d’intensità man mano che la melodia proseguiva.
Ho scoperto che la musica in strada è qualcosa che mi piace molto. Camminare e essere accompagnati dal suono delle note musicali.
“Ti piace?” mi ha chiesto la mamma, tenendomi per mano in mezzo a tutto quella gente.
“Sì!” ho risposto, senza smettere di guardarlo nemmeno un attimo.
“Tieni, dagli una monetina allora” ho preso il dollaro che la mamma mi ha dato e sono andato a lasciarlo nel cappello che il violinista aveva lasciato a terra per strada. L’uomo mi ha rivolto un sorriso che ho ricambiato.
“Grazie” mi ha detto “vuoi provare?” ho spalancato gli occhi, non ho mai suonato un violino.
“Ma io non sono capace” ho risposto.
“Vieni” mi ha detto allora, tendendomi la bacchetta.
Ho guardato la mamma, vicino a me, e lei ha fatto di sì con la testa.
Il signore mi ha fatto suonare il suo violino: beh, ci ho provato almeno, ma è uno strumento così diverso dal pianoforte!
“Sei molto bravo!” mi ha detto poi, rivolgendomi un ultimo sorriso.
La mamma gli ha messo un’altra monetina nel cappello.
“Cosa si dice, Mica?”
“Grazie, signore” e poi ho seguito la mamma e insieme abbiamo continuato a camminare.
“Mica, guarda” mi ha detto poi, quando ha visto che io ormai avevo occhi solo per il violinista e continuavo a voltarmi indietro.
Ho seguito il suo sguardo e ho notato che poco distante dall’uomo con la barba bianca, una donna stava dipingendo un quadro. Ho osservato quasi incantato il modo in cui faceva scorrere il pennello sulla tela.
Arte e musica.
“Oh, a Yasmine piacerebbe tanto”
“A casa le dirai di venire qui, che ne dici?”
Ho annuito piano.
Sarei rimasto in quel posto per sempre, mi ricordava tutte le cose che mi piacciono.
Però poi la mamma ha detto che era ora di tornare per pranzo e mi ha promesso che quel pomeriggio papà mi avrebbe portato in un altro posto.
E dopo pranzo siamo partiti, tutti e sette insieme, e siamo andati a Central Park.
“Mica, stai attento, se cadi l’acqua è fredda e ti fai male”
La mamma mi ha ripetuto quelle parole tantissime volte oggi pomeriggio, ma io ho continuato a camminare per il bordo una fontana. Tenevo le braccia aperte e mi sforzavo di mettere un piede davanti all’altro, ma io non ho tantissimo equilibrio.
“Ehi, aspettami o così ti farai male sul serio” papà mi ha detto quelle parole e si è avvicinato a me. Mi ha tenuto la mano e mi ha aiutato a stare in equilibrio, così ho potuto camminare intorno a quella fontana senza problemi.
Yasmine aveva portato un foglio e dei colori e si era seduta sotto un albero a dipingere.
Paloma giocava a nascondino con Zuleika, anche se lei è troppo piccola e a volte non rispetta sempre le regole del gioco.
La mamma invece camminava con Fortuné.
Ad un certo punto Zuleika si è messa ad urlare a gran voce “Girondo, Mica, Girondo”
“Girotondo, Zu” l’ho corretta io.
Credo che le piaccia quando alla fine bisogna cadere tutti per terra.
Le ho detto che volevo continuare a camminare sul bordo della fontana, ma alla fine papà mi ha convinto a giocare un po’ con lei.
Ho sbuffato e papà mi ha ripreso, ma alla fine ho raggiunto mia sorella.
Adesso sono davvero stanco e chissà, magari domani chiedo alla mamma se mi riporta ancora a sentire il violinista di stamattina.

----

Buoooongiorno :D
Stavolta ce l'ho fatta a non far passare un mese dall'ultimo aggiornamento!
Due capitoli, perché il primo decisamente troppo corto; il capitolo 15 aveva un po' lo scopo di far vedere un Mika emozionato all'idea di New York e allo stesso tempo stanco dal viaggio, per questo è uscito così corto. 
Eeee niente, ringrazio molto chi ha recensito il capitolo precedente, come al solito :) 
A presto :)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitoli 17 e 18 ***


 

Capitolo 17: Grazie Babbo Natale!

 
25 Dicembre 1992
 
È Natale!
Questa mattina mi sono svegliato e sotto l’albero nella sala dei nonni c’erano davvero tantissimi regali!
L’anno scorso ho scoperto che Babbo Natale non esiste; ho avuto uno dei miei soliti attacchi di sonnambulismo ma la porta non era stata chiusa a chiave: infatti Yasmine, dopo essere andata in bagno, aveva dimenticato di richiuderla.
Così ho camminato nel sonno e sono sceso in sala. La mamma si è così tanto spaventata, perché non mi aveva notato e perché era convinta che la porta fosse chiusa, e ha urlato così io mi sono svegliato.
Non ho capito subito cosa stava succedendo, ma sul tavolo c’erano dei giochi e il papà aveva la carta regalo in mano e mi osservava quasi dispiaciuto.
Ricordo che la mattina dopo la mamma ha rimproverato Yasmine per essersi dimenticata della porta, continuava a ripetere che avrei potuto finire chissà dove.
Chissà se c’è un modo per guarire da questa cosa. Non sono molto contento di girare in giro di notte, a volte spavento anche le mie sorelle che dormono in camera con me. Ci sono abituate ormai e lo sanno che faccio così, ma quando dormi tanto e qualcuno si mette accanto al letto e ti fissa non è mai bello.
Eppure non lo faccio apposta.
Ma stavo pensando ai regali!
Sì, ce n’erano davvero tanti e anche se io ho scoperto l’anno scorso che Babbo Natale non esiste, Zuleika è ancora piccolina così abbiamo dovuto tutti quanti tenere il gioco.
Ad ogni regalo che aprivamo urlavamo “Grazie Babbo Natale!”
È stato divertente.
Adesso mi viene da pensare che tra qualche giorno si torna a casa e la cosa non mi piace.
Sono triste, perché non voglio tornare a Londra, qui mi sento così lontano da tutte le cose brutte che succedono in quella città.
Ma anche felice perché il mio pensiero va sempre alle lezioni di pianoforte.
Continuo a suonarlo insieme a papà, ma mi piacerebbe prendere lezioni serie per capire se quello che faccio adesso è giusto o no.
Ogni sera, dopo che papà mi insegna un pezzo di una canzone che conosce, provo a suonare qualcosa io. Non qualcosa che mi hanno insegnato, qualcosa che mi viene schiacciando i tasti, qualcosa che non esiste. Ho imparato a riconoscere i suoni dei tasti e li schiaccio in base a quello che io immagino come una bella melodia.
Papà mi fa sempre i complimenti, ma io devo capire se me li fa solo perché è il mio papà o se quelle note, una dietro l’altra, stanno davvero bene.
 

 
 

Capitolo 18: Sacha Ardakov.

 
10 Gennaio 1993
 
Sacha Ardakov.
Mi sono ripetuto questo nome nella mia mente moltissime volte questa mattina, per paura di dimenticarlo. Ho chiesto alla mamma se era sicura che fosse quello giusto almeno un centinaio di volte, infatti lei alla fine era talmente stanca di sentirmi che mi ha detto “sei un tormento” ed è andata ad occuparsi della pappa di Fortuné.
È un nome russo davvero difficile da tenere a mente e fin da quando mi sono svegliato questa mattina ho cercato di imprimerlo bene nella mia testa.
È il nome del mio insegnante di pianoforte, oggi ho fatto la mia prima lezione.
In realtà non è andata bene come speravo; ha tirato fuori uno spartito e io sono entrato subito in ansia.
Non so ancora leggerlo e inizio a credere che non ci riuscirò mai.
Lui sembrava così seccato dal fatto che io non leggessi le note, mi ha detto che non sa in che altro modo insegnarmi a suonare il piano.
Si è presentato alla porta di casa nostra vestito per bene, con i corti capelli neri perfettamente in ordine. La prima cosa che ho notato è stato il suo naso un po’ troppo lungo.
Quando però ci siamo seduti al piano e lui ha tirato fuori gli spartiti, ho scordato del tutto quel suo buffo naso.
Mi sembra un po’ cattivo. I suoi occhi scuri si chiudevano in due fessure strettissime ogni volta che io non facevo giusto il solfeggio.
Incredibilmente quando le due ore sono passate e lui è uscito dalla porta, mi sono sentito meglio.
Mi era sembrato quasi di essere tornato a scuola, mi sono sentito molto stupido.
Quale bambino, dopo che gli è stato spiegato come fare, non riesce a leggere le note sullo spartito?
Sembrava arrabbiato quando è uscito dalla porta.
Mamma deve aver notato il mio sguardo triste: “Domani andrà meglio, Mica” mi ha detto, scompigliandomi i capelli e promettendomi il mio piatto preferito per pranzo.
Le ho sorriso e le ho detto che ne ero sicuro, anche se ho mentito: so che si è impegnata molto per trovarmi qualcuno che potesse insegnarmi a suonare il piano, non voglio deluderla.

----

Buongiorno! E di nuovo late late late late late X
Richiedo scusa, anche questa volta non sono riuscita ad essere puntuale. 
E anche questa volta doppio capitolo, perché... ahm, boh, semplicemente perché mi andava :3
Fatemi sapere che ne pensate, se vi va :)
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitoli 19 e 20 ***


 

Capitolo 19: Se Ardakov fosse come la mamma...

 
21 Gennaio 1993
 
Sono ormai circa dieci giorni che sto prendendo lezioni di piano con Sacha Ardakov e le cose non sono affatto migliorate. Anzi, lui sembra ogni giorno più arrabbiato e oggi mi è sembrato perfino rassegnato alla mia stupidità.
Credo di non essere uno studente degno del suo nome.
Sono stanco di questa cosa, mi fa pensare troppo alla scuola e a Mrs. Jenkins.
Tutti pensano che io sia stupido.
Così, dopo le due ore di lezione, ho detto alla mamma che non voglio più prendere lezioni di piano.
È stata comprensiva con me, sente anche lei le risposte che mi dà il maestro, ma allo stesso tempo è stata decisa: non posso smettere di suonare il piano.
Forse ha ragione: è una cosa che a me piace fare e che mi aiuta a distrarmi e che mi fa sentire bene, non dovrei smettere solo perché quest’uomo crede che io non abbia speranze.
Ma quest’uomo è un grande pianista e potrebbe avere ragione su di me.
La mattina studio pianoforte e il pomeriggio leggo un po’ di libri insieme alla mamma. Ci sediamo al tavolo e lei, con pazienza, attende i miei tempi lunghi, ma sembra che non si scocci.
Ormai ho capito che per leggere devo concentrarmi solo su quello e non avere nessuna distrazione. Quando mi concentro davvero tanto ce la faccio, ma dopo una pagina sono già stanco.
Quando mamma vede che non ce la faccio più, legge lei qualche pagina, facendomi vedere anche le parole scritte: è tanto più facile per me seguire se lei fa così. E poi dopo un po’ smette, dicendo che per quel giorno abbiamo fatto abbastanza.
Se Ardakov fosse comprensivo come mia mamma, tutto sarebbe più facile.
 

 
Capitolo 20: Tolleranza per gli errori: zero
 
22 Gennaio 1993
 
Questa mattina quando la mamma ha aperto la porta non si è presentato Sacha ma una donna non troppo alta, con corti capelli scuri e due orecchini di perle enormi alle orecchie. In realtà la prima cosa che ho notato è stato l’enorme neo all’angolo della bocca.
Si chiama Alla e quando mi ha salutato mi ha detto di essere la moglie del maestro russo.
A quanto pare, lui ha deciso di rinunciare con me e ha mandato lei.
Alla è come io mi immagino una donna russa.
Rigorosa.
Severa.
Tolleranza per gli errori: zero.
Lei è una cantante lirica e mi ha fatto cantare un pezzettino di una canzone che aveva appena suonato. Non si sbilancia troppo in complimenti ma sono quasi sicuro di aver intravisto un mezzo sorriso sul suo volto quando ho finito di cantare. Tuttavia, ho stonato ad un certo punto e lei mi ha ripreso.
Adesso sono steso a letto e continuo a ripensare alla melodia che mi ha fatto cantare.
La ripeto nella mia mente e penso ai suoni dei tasti del pianoforte.
Devo per forza provare a fare una cosa e non posso aspettare domani mattina o rischio di dimenticarmi tutto.
Paloma dorme già, ma Yasmine non è ancora venuta a letto, quindi davanti alla porta non c’è ancora il cassettone che mi impedisce di andare in giro di notte. Non so che ore sono, ma tanto vale tentare, magari la mamma non si arrabbia troppo.
Devo solo chiudere la porta piana per evitare di svegliare mia sorella, altrimenti si arrabbia davvero tanto e non è proprio il caso che Paloma se la prenda con me.
Alla fine ce la faccio e riesco a scendere le scale fino in sala, dove Yasmine, mamma e papà stanno guardando la televisione.
“Mica, non stai bene?”
La mamma è sempre così, quando qualcuno si sveglia ed era già andato a letto pensa sempre che si senta male. Ma insomma, uno magari ha solo sete. Chissà perché le mamme pensano sempre al peggio.
Io comunque non ho nemmeno sete.
“Sto bene” meglio specificare subito, quell’espressione leggermente preoccupata non mi piace per niente  “Posso solo provare a fare una cosa al piano? Poche note, prometto”
Sembra un po’ sorpresa.

---

Buongiorno a tutti ed eccoci qui con i nuovi capitoli!
Dalla prossima pubblicazione tornerò a pubblicare un capitolo alla volta, dato che tornano ad essere lunghi almeno una pagina; la decisione di pubblicarne due per volta era stata presa solo per quei capitoli un po' troppo corti.
Un grazie enorme, come sempre, a chi decide di lasciarmi qualche parola per farmi sapere che ne pensa.
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Aveva ragione Mrs. Jenkins ***


Buon pomeriggio a tutti!
Beh, se è rimasto qualcuno.
Lo so, sono sparita e ho lasciato questa storia incompleta. Un paio di sere fa però (chi mi segue su twitter ha assistito al mio attimo di nostalgia e disagio) mi sono ritrovata su questo sito, a girovagare tra le storie, degli altri e mie. E sì, ho deciso che mi manca.
Poi ho riaperto questa storia sul mio pc e mi sono convinta che non posso lasciarla lì e basta: al momento si contano 71 capitoli e non è ancora conclusa. E' la storia che mi ha portato via più impegno, più tempo, più ricerche e anche più fantasia. Perché anche se ci sono dei salti temporali più avanti, ovviamente ci sono alcuni periodi della vita di Mika di cui sappiamo poco o niente e lì mi sono decisamente sbizzarrita. 
Quindi niente, ho deciso di riprendere a pubblicare, con le stesse avvertenze di sempre: è una storia scritta, in origine, per non essere pubblicata e quindi in alcuni passaggi è un po' lenta, soprattutto nella parte dell'infanzia.
Ringrazio Vv perché, anche se non lo sa, è stato leggendo l'ultimo capitolo della sua storia che ho deciso di ridarmi una mossa (e la state leggendo TOAK, vero?)
E' possibile che lunedì pubblichi un nuovo capitolo, poi saranno uno alla settimana.
Baci a tutti.
Lara


 
Capitolo 21: aveva ragione Mrs. Jenkins

16 febbraio 1993
 
Alla ha finalmente capito che se canto una canzone, sono poi in grado di suonarla. Sono tre o quattro giorni che ha capito questa cosa e sembra avere un altro atteggiamento nei miei confronti per fortuna: all’inizio si faceva vedere addirittura più disperata di suo marito.
Adesso invece no. È sempre rigida e severa: niet Mica! Niet niet niet urla sempre quando faccio qualche errore e anche io che non conosco il russo ho capito subito che vuol dire no.
Lo ripete quando faccio qualche errore a suonare il piano… ma anche a cantare. Alla mi fa sempre cantare; metà lezione canto e metà pianoforte.
Sono contento di questo, perché anche se la mamma cercava un insegnante di piano, il fatto che lei mi insegni anche a cantare è bello: in un teatro bisogna anche cantare.
Anche se a volte esagera un po’ ad urlare, alla fine sembra contenta del lavoro che sto facendo.
E poi quando finiscono le lezioni di piano la mamma mi fa fare ancora gli esercizi per scrivere e leggere. Questi mi piacciono un po’ meno, perché faccio molta più fatica a farli e mi stancano molto.
Ci sono anche dei giorni, come oggi, che mi rendo davvero conto di non riuscire a fare quello che in teoria mi dovrebbe venir facile e mi arrabbio così tanto che quasi mi viene da piangere.
“Aveva ragione Mrs. Jenkins!” ho urlato oggi, chiudendo con un colpo secco i libri. “Sono uno stupido”.
Me ne sono andato dal tavolo e ho detto alla mamma che per oggi non volevo andare al parco. Ma lei è venuta in camera mia e al parco a giocare mi ha portato lo stesso.
Penso che mi abbia aiutato, anche se all’inizio non volevo fare niente alla fine mi sono alzato dalla panchina e sono andato a giocare con altri bambini che erano lì con i genitori.
E quando io e la mamma siamo tornati a casa, papà mi ha detto che mi doveva parlare.
Devo andare da uno psicologo.
Ho protestato, ho urlato, mi sono fatto vedere imbronciato, ma questa volta non ha funzionato. Ho anche pianto, ma niente.
Devo andare da uno psicologo.
Quando papà è stato stanco di sentirmi lamentare, ha alzato un po’ la voce, dicendomi che ci devo andare e basta, niente discussioni.
Quando poi ci siamo calmati tutti, mi ha spiegato che questo psicologo mi farà dei test, da quello che ho capito, per il fatto che faccio fatica a leggere e scrivere.
Non ci voglio andare lo stesso da uno psicologo, ma davvero non ho scelta.
L’appuntamento è tra una settimana magari riesco ancora a convincerli a non mandarmi.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Tutti sanno fare bene delle cose e fanno fatica a farne altre ***


Capitolo 22: Tutti sanno fare bene delle cose e fanno fatica a farne altre

27 febbraio 1993 

Disturbo dell’apprendimento.
Questa parola mi ha detto la mamma quando siamo usciti dallo psicologo, per iniziare a spiegarmi perché faccio così fatica a leggere e a scrivere.
Ho storto il naso.
Lo psicologo, un uomo di cinquant’anni con un paio di buffi baffi, mi ha fatto fare degli esercizi. Mi ha fatto leggere, mi ha fatto scrivere, ripetere quello che mi ricordavo, mi ha fatto fare i calcoli. Poi mi ha spiegato come funzionava il test. Era una specie di verifica, come quelle che facevo a scuola.
In realtà non ho capito bene, ma alla fine ha lasciato alla mamma un foglio.
Dislessia.
“Sono io?” chiedo alla mamma, mentre stiamo tornando a casa in macchina.
“No, non sei tu” mi risponde, e mi fa anche un sorriso “è solo un piccolo problema, ma non è nulla di grave. Puoi continuare a fare quello che hai sempre fatto solo che a settembre, quando riprenderai la scuola, dovrai impegnarti un po’ di più degli altri bambini. Ma non sarai da solo. Non hai nulla che non va, Mica”
Respiro forte e alla fine mi rilasso un pochino.
Allora non sono stupido, come diceva Mrs. Jenkins.
“È tipo una malattia? C’è una cura?” voglio capire.
“Lo psicologo ha detto che sempre più bambini hanno questo problema, non c’è nulla di cui preoccuparsi”
“Allora sarà così per sempre?” domando, perché lei ha evitato la mia domanda “Farò sempre fatica a leggere, a scrivere… o a capire le note o…” e tocco con un dito l’orologio che la mamma ha al polso perché anche quelle lancette, io proprio non riesco a capirle.
“Mica” la mamma parcheggia la macchina davanti a casa di Alla e poi mi guarda “Tutti sanno fare bene delle cose e fanno più fatica a farne altre. Quando papà prova a fare i biscotti è un disastro, ricordi?”
Rido e poi faccio sì con la testa: i biscotti, il papà, è meglio se non li fa più. Ma proprio più, più, più.
“Tu fai un po’ più fatica a leggere e a scrivere. Lasciamo perdere questa cosa, okay? La mettiamo da parte, in un angolino buio dove non si vede. Ci concentriamo su quello che ti riesce meglio, che ne dici? Noi abbiamo trovato qualcosa che è giusto per te” e indica la casa della mia insegnante di pianoforte.
Capisco che lei si riferisce a questo, alla musica.
E ha ragione, sento anche io che è la cosa giusta per me, perché mi riesce, perché mi piace, perché mi fa dimenticare tutto il resto.
“Alla dice che sei bravo, sai”.
“Niet Mica, niet! NIET!” imito la vociona della donna che mi sgrida quando sbaglio una nota per prenderla in giro e la mamma ride.
“Tu o diventerai molto famoso, oppure finirai in prigione” e scuote la testa sorridendo. Mi passa una mano tra i capelli e poi mi fa scendere dalla macchina, dicendomi che non posso proprio fare tardi.
Citofono alla porta di Alla.
“Com’è andata?” mi chiede Alla, ma sempre con quel tono un po’ distaccato.  
“Sono dislessico” le dico e sono meno preoccupato di prima: se la mamma dice che non è grave, non è grave. Appoggio il mio zaino e mi siedo allo sgabello del suo pianoforte.
Non commenta nemmeno, ma si mette a cantare una melodia che io ascolto bene perché poi, lo so, dovrò suonarla al piano.
Qualche minuto dopo mi accorgo che mi ero sbagliato.
Oggi non mi fa suonare, nemmeno una volta. Mi fa solo cantare.
E' strano, non l'ha mai fatto prima.
Chissà perché.


-----


Buonasera a tutti! 
Ecco qui un nuovo capitolo, su cui in realtà ho qualche perplessità, ma come al solito lascio la parola a voi, se ne avete voglia!
Il finale, con Alla che lo fa solo cantare per questa lezione, introduce un po' al capitolo successivo, che arriverà venerdì!
Ringrazio molto chi mi ha lasciato una recensione al capitolo precedente, è stato un piacere ritrovarvi!
Alla prossima.
Lara 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Royal Opera House ***


Capitolo 23: Royal Opera House

15 marzo 1993
 
Sono ben due settimane che con Alla suono poco il pianoforte e canto tantissimo.
Papà mi sta portando da lei.
“Secondo te perché Alla si è fissata con il canto?”
Il papà, incredibilmente, sorride.
“Tra poco lo scoprirai”.
Lo guardo storto, perché capisco che lui già lo sa.
“Non puoi dirmelo tu?”
“No”.
 Sbuffo facendo più rumore possibile, ma papà ancora ride.
“Buona lezione” mi dice, quando si ferma davanti a casa di Alla.
“Sì” rispondo, fingendomi offeso.
Scendo dalla macchina e lo sento ancora ridacchiare ma non ci faccio caso e citofono alla porta di Alla.
Mi pare di sentire quella parola che lei dice sempre, che probabilmente vuol dire avanti in russo.
Biliot o una cosa del genere. Una parola buffa, comunque.
Entro e mi siedo al pianoforte, come sempre.
“Buongiorno, Alla” saluto e lei mi fa un cenno con la testa.
È un po’ troppo russa, sul serio. Sembra sempre così fredda.
Non canta ma mi passa un foglio che io prendo tra le mani.
In cima c’è scritto in grande Royal Opera House, e sotto il volantino dice che ci saranno delle audizioni per un posto nel prossimo spettacolo teatrale.
Guardo Alla, gli occhi spalancati.
“E… e allora?” chiedo, quasi timoroso.
“Dovresti provarci” risponde, fissandomi negli occhi e costringendomi ad abbassare di nuovo lo sguardo su quel foglio.
“Non so proprio se ci riesco, ci sarà tantissima gente molto più br…” ma non posso finire la frase perché lei mi interrompe.
“Niet Mica, niet! Non dire questo, ti sei già allenato”.
Sobbalzo dallo sgabello e capisco che tutte quelle lezioni di canto sono servite per questo e ne rimango un po’ sorpreso. Forse se Alla me lo sta proponendo vuol dire che pensa che io possa farcela.
Mi fermo un attimo a pensare.
Un teatro, un teatro vero.
Alla fine è quello che io vorrei fare e se Alla, che è sempre così dura con me, crede che io possa farcela allora forse dovrei provarci davvero. Anche se non dovessi passare il provino avrei avuto comunque la possibilità di cantare qualche nota in quel teatro.
“Va bene, ci provo” dico alla fine e mi pare di scorgere l’ombra di un sorriso sul suo volto. La prima ombra di un sorriso, una cosa incredibile.
“Continueremo a prepararci, manca ancora un mese. Posso anche accompagnarti poi”.
Di nuovo, la guardo stupito. Ci deve tenere tanto a questa cosa.
“Sì” rispondo quindi, facendole io un sorriso, uno dei pochi che le abbia mai fatto.
Lei annuisce e poi inizia la sua lezione.

----------------------------

Buon pomeriggio a tutti! 
Davvero poco da dire alla fine di questo capitolo, se non che nel prossimo, ovviamente, vedremo il piccolo Mica alle prese con le audizioni.
Come al solito grazie a tutti quelli che stanno leggendo e un grazie ancora più speciale a chi mi lascia qualche riga.
Ci vediamo presto!
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Un buon inizio è già metà dell'opera ***


Capitolo 24: Un buon inizio è già metà dell'opera

26 aprile 1993
 
“Mica hai preso tutto?”
“Sì, mamma”
Che poi cosa dovrei prendere? Solo un po’ di coraggio perché giuro che mi tremano tanto le gambe e se mi tremerà così anche la voce io non…
“In bocca al lupo”.
“Sì, buona fortuna”.
“Vedrai che andrà alla grande”.
Sbuffo.
“Non dirlo Paloma, porta sfortuna”
“Ma figurati” e mi scompiglia i capelli. Mi sottraggo velocemente e prendo il mio zaino con dentro solo pochi fogli.
Papà si avvicina a me e mi fa vedere la mano; batto forte un cinque e mi sforzo di sorridergli, nonostante l’ansia.
Poi si volta verso mia sorella più piccola: “Ehi, Zuleika, cosa si dice?”
“In bocca all’ufo” e tutti ridono.
“Si dice in bocca al lupo, Zul” e lei alza le spalle, come a dire che poco importa.
Borbotto un “crepi”: in fondo, che sia un lupo o un ufo meglio andare sul sicuro. Poi esco di casa perché se ancora qualcuno mi dice qualcosa sono sicuro che le mie gambe cedono.
Per fortuna Fortuné ancora non può parlare.
Salgo in macchina della mamma e mi siedo dietro, perché dobbiamo passare a prendere Alla. Mi guardo dentro il finestrino e sistemo il papillon blu.
Quando la mia insegnante sale in macchina, non mi dice niente e io penso che lei è quella che ha capito davvero tutto di come ci si sente prima di un provino del genere.
Quando la mamma parcheggia la macchina, dobbiamo fare un pezzettino a piedi. Ci fermiamo poi davanti ad un edificio bianco, molto familiare per me: spesso infatti mi fermo a guardarlo da fuori. È enorme e ha un tetto triangolare.
Mi piace.
Quando entriamo però spalanco la bocca incredulo. Non l’avevo mai visto dentro e non so davvero trovare una parola per descriverlo. Il palco è coperto da tende rosse con i bordi color oro e gli spalti sono disposti a ovale e tutto, ma proprio tutto, è rosso e oro.
Deglutisco rumorosamente mentre osservo il palco e mi immagino lì, a cantare le canzoni che Alla mi ha insegnato.
“È bello, vero?” mi chiede la mamma, appoggiandomi una mano sulla spalla.
“Sì” riesco solo a rispondere, mentre ancora mi guardo in giro, incantato da quegli unici due colori che riesco a vedere.
“Agitato?”
Mamma, che domande mi fai.
Sto capendo che prima di un provino non voglio che nessuno mi faccia domande. Per il futuro mi farò accompagnare solo da Alla, è deciso.
“Potrei avere un po’ di mal di pancia” rispondo comunque perché quelle fitte non sono proprio piacevoli.
“Molto bene, senza un po’ di ansia non si arriva da nessuna parte” è stata Alla a rispondere, il tono di voce sempre un po’ distaccato.
Ci fanno accomodare nel retro e io mi siedo a terra, in fila dietro le altre persone.
Quando sento che per l’ordine si seguirà quello alfabeto, borbotto una parola che forse non avrei dovuto borbottare.
“Mica!” mi sgrida subito la mamma, guardandomi male.
“Scusa, mamma” mi affretto a rispondere.
Però dai, che schifo, io sono la p. Do un rapido sguardo alle persone intorno a me e mi rendo conto che come minimo dovrò aspettare ancora un’ora.
Non sono abituato a chiedere cose ad Alla, ma questa volta lo faccio, perché devo tranquillizzarmi.
“Alla, dice che possiamo provare un pochino? Solo qualche minuto, la prego”
Sembra contrariata dallo sguardo, ma non so perché alla fine cede.
“Solo poche cose Mica, altrimenti il tuo male alla pancia aumenta”.
Annuisco e mi preparo a fare quello che dice lei.
Effettivamente mi fa provare solo qualche nota, che però nonostante le gambe che tremano e il male alla pancia riesco a fare.
Annuisce e mi dice di non cantare più.
Mi risiedo tranquillo quindi e aspetto il mio turno.
 
Mi alzo quando li sento chiamare Eric Palmer, pensando che dopo potrei esserci io. Inizio a camminare avanti e indietro e né la mamma né Alla mi fermano.   
Ma dopo Palmer tocca a Patch e poi a Patel.
Sbuffo e inizio a perdere le speranze, proprio quando “Michael Holbrook Penniman Jr”
Sobbalzo e corro vicino alla tenda.
La scosto, faccio un respirone grande grande e poi esco sul palco.
Guardo le persone davanti a me, in prima fila sui sedili rossi, poi però mi sforzo di concentrarmi sul teatro.
È bello stare da questo lato.
“Quanti anni hai?”
“Nove e mezzo” mi affretto a rispondere.
“Di dove sei?”
“Londra”.
“Okay, quando sei pronto puoi cominciare”.
Chiudo per un attimo gli occhi e immagino Alla che mi dà indicazioni prima di iniziare.
Concentrati.
Devi escludere tutto il resto.
Ricorda, un buon inizio è già meta dell’opera.
Solo tu e la tua voce, tu e la musica.
Ricorda la prima nota, è alta.
Riapro gli occhi e inizio a cantare. Metto in pratica tutto quello che Alla mi ha insegnato, sia con la voce che con le espressioni del viso e la gestualità.
E ci riesco, riesco a cantare proprio come lei mi ha insegnato.
Dopo le prime note è passato tutto, le gambe non mi tremano più, la pancia non mi fa più male.
È come dice Alla, io e la musica.
E quel teatro.
Quando finisco di cantare rimango fermo; applaudono, proprio come hanno fatto con tutti gli altri, e poi mi danno il permesso di andare.
Quando torno dietro le tende la mamma mi aspetta con un gran sorriso. Prendo la rincorsa e le salto in braccio.
“Bravissimo, Mica” mi dice, lasciandomi un bacio tra i capelli.
Le sorrido e, quando lei lascia la presa, guardo la mia insegnante.
“Come pensa che sia andata?”
Trattengo un po’ il fiato mentre aspetto una risposta, perché lei prima mi fissa e non parla subito.
“Ha ragione la mamma. Se stato molto bravo, hai fatto tutto quello che ci siamo detti”.
E, nonostante tutto, rivolgo un sorriso anche a lei.

--------------------

Buonasera a tutti!
Ecco il nuovo capitolo, come al solito aspetto le vostre opinioni se ne avete voglia!
Sono un po' di fretta, quindi vi saluto.
Un GRAZIE enorme a tutti per come avete accolto il continuo di questa storia.
A presto!
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Posso farlo ***


Capitolo 25: Posso farlo

20 maggio 1993
 
Un mese e io ho perso le speranze.
Non ho ricevuto nessuna risposta dopo l’audizione alla Royal Opera House. Ho passato l’ultimo mese a rispondere sempre al telefono e a controllare tutta la posta, ma niente.
La verità è che ci sono rimasto male.
Entrare in quel teatro dalla parte del palco è stata una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita. Io non so che nome dare a quello che ho sentito ma era qualcosa di bello.
Cose belle, ecco.
E probabilmente non succederà più, perché non è arrivata nemmeno una risposta.
Forse ci avevo sperato troppo, forse anche il fatto che Alla mi avesse detto che ero stato bravo mi aveva fatto credere che ce l’avrei fatta.
Non lo so… ma se ci penso sto un po’ male.
Forse perché so bene che durante quell’audizione mi sono sentito un po’ al mio posto, non come quando andavo a scuola ed ero quello strano.
Mi giro nel letto: non mi piace quando il materasso si scalda troppo adesso che inizia a fare caldo, così cerco un po’ di fresco.
Quasi non mi accorgo di sospirare piano, ma lo faccio, perché Paloma si affaccia dal letto sopra il mio.
“Mica?” sussurra. “Sei ancora sveglio?”
“Sì” anche io parlo piano, perché invece Yasmine sembra che stia dormendo.
Paloma scende dalla scaletta e mi dice di farle un po’ di spazio, allora io mi stringo contro il muro e le permetto di stendersi sotto le coperte accanto a me.
“Come mai sei ancora sveglio?”
Alzo le spalle, mi tiro la coperta leggera fino al mento e non guardo mia sorella.
Non sono sicuro di voler parlare con lei di queste cose.
“Qualcosa ti preoccupa?”
Però forse, pensandoci bene, dovrei farlo. Paloma è quella che ha sempre le risposte giuste.
“È solo che… quando Alla dopo l’audizione alla Royal Opera House mi ha detto che ero andato bene, ho sperato che fosse andata davvero bene” dico alla fine, sbuffando lievemente e sforzandomi di non fare troppo rumore.
“Non sai ancora nulla… magari…”
“Paloma. Quanto ci mettono a decidere chi prendere? È passato un mese, hanno preso qualcun altro, per forza” mi stendo di nuovo e le volto le spalle.
Ma lei parla ancora, perché Paloma ha sempre le risposte giuste ma non capisce mai quando non voglio più parlare.
“Mica, le prove per lo spettacolo iniziano a metà giugno c’è ancora tempo. Non perdere la…”
“Cosa vuoi che mi possa andare bene” borbotto, seccato. E poi continuo, perché ormai ho iniziato a dire quello che penso da un po’ di giorni. “Succederà come con la scuola e niente andrà bene”
“Senti solo perché una str…” ma si blocca e io, ancora voltato dall’altra parte, mi giro verso di lei. Ultimamente è diventata più volgare. Ho sentito la mamma dire al papà, alzando gli occhi al cielo: “l’adolescenza”. La mamma si arrabbia sempre con lei quando dice quelle parole.
“… stupida” si corregge e io rido, perché non stava proprio dicendo stupida.
“Non dire alla mamma che ho quasi detto quella parola”.
Rido ancora ma faccio sì con la testa.
“Dicevo, solo perché una stupida insegnante pensava che tu fossi stupido non vuol dire che lo sei davvero. Sei bravo, altrimenti Alla non ti avrebbe fatto fare quell’audizione e non ti avrebbe detto che hai cantato bene. Se questa non è andata ci saranno tante altre possibilità”
Sospiro di nuovo.
“Mi piacerebbe fare teatro” dico poi, ripensando a come mi sono sentito a cantare sul palco.
“Lo so… chi dice che non potrai farlo?”
“Nessuno ma… quando a settembre andrò ancora a scuola cosa succederà secondo te?”
Anche questo mi preoccupa, non sono tanto contento di tornare a studiare se non potrò più fare canto e piano.
“Mamma non lascerà che tu smetta di suonare il piano” sembra convinta quando lo bisbiglia.
“Dici?”
“Ne sono sicurissima” e conclude la frase con uno sbadiglio.
“Andiamo a dormire?” faccio di sì con la testa e le auguro buonanotte.
Aspetto che lei salga e che si stenda: non mi piace che faccia la scaletta con il suo problema al braccio destro, ma lei ha insistito per dormire sul letto sopra perché dice sempre “io riesco a fare tutto comunque”.
Nemmeno io avrei potuto dormire su, magari per colpa del sonnambulismo sarei potuto cadere e farmi male.
Yasmine infatti si era offerta, ma Paloma era stata molto decisa in questo.
Paloma ha sempre fatto tutto nonostante quel problema e alla fine ci è riuscita. Ci è riuscita perché lo voleva davvero.
Forse devo fare anche io così… anche se non riesco a imparare come si legge un orologio, anche se non riesco a leggere e scrivere bene… anche se non riesco a leggere le note sullo spartito devo continuare a provare.
Perché io lo so che mi piacerebbe fare teatro, lo so che mi piace cantare e suonare il piano e voglio provare a farlo.
Forse, come Paloma, anche io ci riuscirò.
Devo convincermi di esserne capace.
Posso farlo.
Posso farlo.
Posso farlo.
Posso…

-------------

Buongiorno!
Chiedo scusa per il ritardo ma ieri è stato un venerdì delirante a conclusione di una settimana delirante. 
Ma alla fine ce l'ho fatta, quindi ecco qui il prossimo capitolo!
Come al solito ringrazio tutti voi che state leggendo la storia e chi decide di lasciarmi qualche parola. 
A presto!
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Hanno detto sì! ***


Capitolo 26: Hanno detto sì!

31 maggio 1993
 
Apro gli occhi e sbadiglio rumorosamente. Le mie sorelle sono già a scuola e questa mattina non ho lezione di piano perché Alla è fuori città per lavoro. Non mi dice mai cosa va a fare, è molto riservata anche su questo. Così ieri sera ho chiesto alla mamma il permesso di dormire un po’ di più, promettendole che poi avrei fatto comunque gli esercizi di lettura e scrittura.
Ho davvero fame stamattina, quindi mi alzo più presto di quanto volevo ieri sera.
Scendo in sala, la porta della mia camera è già aperta e la cassettiera è già spostata, quindi la mamma non deve essere tornata a letto dopo aver preparato la colazione a Paloma e Yasmine.
Un urlo che quasi mi spacca le orecchie mi fa capire che anche mio fratello è sveglio.
“È mattina, Fort” borbotto, anche se so che lui non può capirmi. E poi è troppo impegnato a sbattere a terra una bambola di Zuleika.
“Daaaaaai, lasciala! Le fai male!” ma Fortuné ovviamente non la ascolta e allora Zuleika si esibisce in un bel pianto, correndo dalla mamma.
“Buongiorno, Mica” mi dice la mamma, prendendo la bambola dalle mani di Fort prima che lui possa distruggerla per davvero  mettendo così a tacere Zuleika… ma non c’è ancora silenzio perché mio fratello, dopo che la mamma gli ha tolto la bambola, inizia a urlare e piangere anche più forte di mia sorella.
Ho fame.
Decido che iniziare la giornata con tutto questo casino è anche peggio che svegliarsi presto, così vado in cucina, cercando di ignorare le urla provenienti dalla stanza accanto.
Corro al tavolo, perché vedo che la mamma mi ha fatto trovare la colazione pronta. Quando però mi siedo, noto una busta sotto il piatto del bacon e quando vedo chi l’ha mandata mi passa di colpo la fame.
“Mamma?” chiedo, affacciandomi alla porta della sala e sventolando la busta.
Lo so di avere uno sguardo terrorizzato.
“È arrivata stamattina. Dovresti aprirla” e batte con la mano sul divano, facendomi cenno di sedermi.
Faccio come mi dice e osservo un attimo la busta che tengo tra le mani.
“Perché non l’hai aperta tu?” le chiedo, perché so che se ci fosse scritto no lei avrebbe trovato un modo carino per dirmelo e sarebbe stato molto meglio.
“Non è per me” mi spiega lei, indicando il nome sulla busta.
Michael Holbrook Penniman Junior.
Sospiro e mi rassegno ad aprirla.
“Che cos’è, Mica?” Zuleika abbandona per un attimo i suoi giochi e si avvicina.
“La risposta del teatro. Ti ricordi? Sono andato a fare un’audizione”
Annuisce piano e poi mi guarda anche lei, proprio come la mamma. Aspettano tutti che io la apra; beh no, Fortuné no. Lui adesso è interessato solo al suo ciuccio.
Tolgo la lettera dalla busta e inizio a leggerla.
Arrivo in fondo e la leggo ancora.
Lo faccio anche una terza volta e mi rendo conto che davvero… “Mamma, hanno detto sì”.
Mi alzo dal divano e mi metto davanti a lei, dandole la lettera: “Hanno detto sì!” ripeto e lei mi sorride, leggendo la lettera.
“Bravissimo, Mica” e mi rivolge un sorriso radioso che io ricambio, mentre con la mano libera mi scompiglia i capelli.
“Prendo il telefono!” quasi urlo, correndo verso il mobile vicino al pianoforte “Devo dirlo al papà, agli zii, alla nonna e poi potresti chiamare la mamma di Emily e…”
“Ad Alla, Mica” mi ricorda la mamma, passandomi un foglietto con il suo numero.
“Chiama papà e poi chiama subito lei, lo apprezzerà”.
“Certo” annuisco e inizio a fare i numeri.
Papà mi ha detto di essere molto contento e che verso la fine di giugno dovrebbe riuscire a tornare da Dubai e stare con noi per almeno un paio di mesi. Però non ha voluto dirmi nulla sulle vacanze che faremo quest’estate.
Alla ha detto “Oh!” e poi ha iniziato ad elencare tutto un programma dettagliatissimo di prove che farò anche con lei.
Metteremo in scena La donna senz’ombra  di Richard Strauss.
Metteremo.
Mi rendo conto che davvero ritornerò in quel teatro, di nuovo su quel palco e inizio di nuovo a ridere.
Quando Yasmine e Paloma rientrano da scuola per pranzo io mi alzo dallo sgabello del pianoforte e corro loro incontro.
“Hanno detto sì, hanno detto sì!” e mostro ad entrambe la lettera.
Sono contente e Paloma mi fa l’occhiolino: “Chissà che colpo per la strega, eh?” mi dice sottovoce, senza farsi sentire dalla mamma, ricordando quella sera in cui abbiamo parlato nel mio letto.
Dopo pranzo faccio gli esercizi che avevo promesso alla mamma di fare e non mi pesano come gli altri giorni. Tra due giorni torna Alla e tra una settimana c’è il primo giorno di prove.
E tutto va bene.

........

Buonasera a tutti!
Ecco il capitolo successivo, decisamente un capitolo di passaggio, questa volta pubblicato nel giorno giusto.
Ci avviciniamo alla sua avventura in teatro ovviamente e, tra pochissimi capitoli, anche ad un nuovo inizio a scuola.
Come al solito aspetto la vostra opinione, se ne avete voglia.
Buona serata.
Lara

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Non è come la scuola ***


Capitolo 27: Non è come la scuola 

5 luglio 1993
 
Fa caldo, fa troppo caldo anche solo per coprirsi con il lenzuolo. Lo spingo in fondo al letto, mi giro sul fianco destro e chiudo gli occhi, cercando di prendere sonno.
Le prove al teatro stanno andando bene: sono il più piccolo e tutti sembrano essere molto gentili con me. Non è come con la scuola, qui ho sempre voglia di andare a cantare. Mi occupa parecchio tempo e quando non sono a teatro provo con Alla, che mi dà sempre un sacco di buonissimi consigli che mi sforzo di mettere in pratica.
Ho detto alla mamma che è estate, che fa caldo, e che anche gli altri bambini adesso non vanno più a scuola e mi ha concesso di prendere una pausa dalla lettura e dalla scrittura. Due settimane, perché poi “anche Yasmine e Paloma devono fare i compiti delle vacanze”.
Invidio Zuleika e Fortuné in questi casi.
A proposito di scuola, papà mi ha iscritto alla St. Philips School. Sono andato a vedere come è fatta, perché papà voleva parlare con il preside: non mi ha detto di cosa ma lo immagino. Secondo me vuole solo assicurarsi che non ci sia un’altra Mrs. Jenkins.
È una scuola cattolica e il preside mi ha spiegato che ogni mattina si fa la preghiera. È un posto più piccolo del Charles de Gaulle, assomiglia di più alla scuola che frequentavo a Parigi.
Devo dire che non mi è dispiaciuta, ma ancora non voglio tornare a scuola.
Mancano ancora due mesi, meglio non pensarci adesso.
Papà è tornato da qualche giorno e si fermerà fino a due settimane dopo l’inizio della scuola. Anche questo non è mai successo, di solito con l’inizio della scuola lui riprende anche a lavorare.
Forse vuole vedere come va al St. Philips.
Non riesco davvero a non pensare alla scuola. Ho paura che con settembre tutto possa sparire e che tutto quello che ho fatto in questi mesi non sia sufficiente.
Papà mi ha detto che si è informato molto bene sulla scuola, che è migliore dell’altra e che non succederà più niente del genere, con nessun insegnante.
Chissà, forse nemmeno con altri bambini come Luke.
O forse in ogni scuola si trovano sempre bambini così. È per questo che preferisco il teatro.
Nessuno ha mai commentato le mie camicie colorate e tutti mi trattano  bene, anche quando magari commetto un errore. In più Alla ha spiegato al signore che dirige che non posso leggere la musica dallo spartito e si è offerta di aiutarmi ad imparare le mie parti.
Così quando arrivo alle prove so già cosa devo cantare e come e questo mi aiuta. Non volevo essere io a dire di questo problema della dislessia e Alla mi ha aiutato.
La mamma dice che, così come Alla mi aiuta per il teatro, ci sarà una persona che mi aiuterà a scuola.
Non so se è un bene o un male, davvero.
“È uno psicologo?” ho chiesto subito, ma lei ha scosso la testa e mi ha detto che è un insegnante e che può aiutarmi con la dislessia.
La mamma sembrava contenta di questa cosa, quindi credo che lei pensi mi sia utile.
Così ho accettato, non voglio deluderla dopo che mi ha permesso di stare a casa quest’anno, di imparare la musica e di andare al parco.
Vado sempre a Kensington Gardens, quasi ogni volta che ho qualche ora libera. È vicino a casa e anche la mamma mi accompagna volentieri.
Ho visto Emily poche volte, sempre insieme a sua mamma. Sembra anche lei felice comunque, tra l’altro penso che sarà l’unica persona che inviterò al mio compleanno…

-----------------

Buongiorno!
Chiedo scusa per l'enorme ritardo, ma in queste settimane mi ero messa in testa di finire di scrivere altre cose e mi sono persa con le pubblicazioni! Adesso dovrei tornare puntuale.
Buona giornata e alla prossima.
Lara

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3513197