Le porte del LIthi

di LadyChandra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Atto Primo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dolce, capriccioso e puerile congerie vago

Dolce, capriccioso e puerile congerie vago.

Vivace e decadente e tisico e meschino e sornione e lussurioso Nodo Primo, Punto Ancestrale - così comandano le sue nefaste ed esecrabili spire, quasi guerce, losche e disobbedienti al suo beneplacito, all'arbitrio negatole a cagione dall'avvilimento, la dipartita del senno.

Suggellate già sono le sue eliche dall'altrui concupiscenza - l'acquiescenza a una collusione, a un benefico e venefico veleno di epidermide di ossa, nivea quasi, reale e impreziosita maiolica e agghiacciata come bioccoli di morbido cristallo che tramontano, decadono dal tellurico empireo dipinto di vergine colore.

Illibata colorazione, poiché all'avvento della simmetria esagonale la tinta dell'etra perviene ad alterarsi, a commutare nella castità - nella virtù.

Infetta e intossicata, aromatizzata e speziata dall'antico, dall'atavico e mutevole metallo dell'orifizio infero e dall'immutata cromia del malocchio che dipinge il meato sommo; ed essi, questi frammenti imbrattati di un'effigie perduta - sembianze, descrizioni prima del Profondo Peccato e serbate nei lembi di un antico e disperso libro, irrompono, con arroganza e languore, nel suo intelletto - vengono a lei rivelati, ostentati dalla ciglia del passato, dalla sua sola e unica benedizione che la induce al traviamento, alla perdizione.

Il temperato e anelo refolo che diguazza sulla sua pelle, il languido e ardente amplesso, e le glaciali, scarnite e color dello scheletro, umano, dita - mani che vincolano il suo corpo; ed esso, figura ritenuta imperfetta, emana muta musica, palpitante e vibrante, adagiato su molteplici e molli e lustrate superfici di tinte policrome che solfeggiano e armonizzano note e toni aulenti.

Incolori, fredde, vellutate e carnose labbra sottomettono la carne di ella - la sua polpa che arde, deflagra e patisce in contiguità di tale disperato erotismo.

Dolci e delicati, talvolta barbari, selvaggi, feroci e incolti morsi inducono a rafforzare la sua benevole follia.

Abbracci umidi, roridi - ossia la confluenza di volti, orli, bocche avide e bramose - che propalano, confidano lei l'adeguata ed Empia Arteria, e stimolano ad arrancarvici e a incedervici.

Sussurri - fresco, idilliaco e fiorente soffio - che la aizzano, attizzano a mescere, travasare stille roventi e salate.

Un puro, sozzo e liquido velo di cangiante caligine che si posa sulle sue iridi, inducendola a devastare, storpiare, parzialmente, la realtà onirica in modo tale da ritirarsi.

Lacrime la cui attribuzione è condurla alla repleta cognizione della se medesima - dell'ego e della torbidezza.

Plenitudineplenitudine relativa e inanità - l'eterno trilatero inscindibile che sempre sarà contenuto, etereo, all'interno di lei e all'interno dell'enigmatico e nebuloso amplesso.

Ogni succulenta tribolazione, ogni grato di sapore travaglio, rattenutosbietta vezzoso, vanitoso e dissoluto lungo le sembianze della dovizia - null'altro che un delizioso - venerata mortale, quasi umana - mediocre mimetismo.

Soltanto una palese e modesta mimesi - mimesi desiderata dal profondo, dal cavo, dall'ancestrale.

L'anelito artigliato dal Supremo e Divino Artiere del Totale.

Dal coito sorge un coacervo di movimenti sanguigni.

Il blasfemo si articola senza eclissare le porte - vincolato dal libito del Divino Artiere, e del se medesimo mutato - se medesimo opinato, in parte, errato: un divino inferiore e storpio che lambito e affiorato, in un eccellente, sublime, sacro e profano coito aderisce nell'ideazione, nel concepimento, nell'insorta e nella proliferazione dell'altrui medesimo degl'ambedue.

Un lamento.

Il vacuo e vorace grembo materno, e il lurco e sitibondo encefalo agognano - emettendo nostalgici sospiri di disperato e piacevole, empio e distruttivo desio - di divorare, ingurgitare gli ardenti, algenti e sanguinanti frantumi, e lembi di pelle dell'erudizione.

Il ventre - smanioso di rientrare in possesso della propria perduta paffutezza - appetisce la propria frammentata anima, i mondi di idee e carne plasmati.

Il cerebro - furioso di esumare la propria conoscenza perduta - concupisce all'altrui dottrina, altrui inconscio e all'altrui senno.

Falda splendente, eburnea, divenuta, in certa misura, del colore della vita - l'effluvio del metallo dell'orifizio infero.

Lattescente stoffa ella rimira, nel frangente in cui un attraente, dilettevole e dannato contatto umido dissipa il suo discernimento e la ammorba nel tentativo di farla crollare, procombere nel Profondo Peccato.

E non vi sono superfici riverberanti - dileguate, riposte in altrui, le antiche lastre cangianti e argentee - in cui rimirarsi e conoscersi, oltre la morbida, pura - chiazzata della vitalità - seta materna.

L'eterna, permanente, gelata e cava profondità.

Il tormentato Cercatore stretto fra i suoi arti sinuosi e floridi.

Le profondità - l'intimità e l'intrinsichezza deposti, e ogni plurimo, poliedrico ego, ogni discorde e dissonante e scettico Io - angustiate e martoriate, del Longevo Studioso, decretano la cessazione, l'eclissi dell'onirico.

Sdegno, costernazione e collera - urla, grida, vagito di donna, dolorosi graffi e drappi fioriti - cinereo senso di perdita - non materni, maceri di vita si condensano ad approdare nell'instabilità che si riversa sui divini mortali.

Ella sentenzia di favorire gli altrui capricci - l'estri e di sottomettersi al suo furore.

Ed ella è tramontata, giacché conclude di giungere nell'ignoto, di lambire il coacervo e sfrisare la sua vera essenza.

Giacché ella delibera di assoggettarsi alla sostanza del Terzo Astro che giace nelle sue viscere - e predilige ad assentire e possedere l'altrui Profondo Peccato, ramingando sull'Empia Arteria.

Tali sono tra i più complessi punti che formano una linea dell'ingente intessitura.

E tale delle due è l'Eterna Profonda Lotta più desolante, abissale, ineffabile e... un'immortale contraddizione.

Dicotomia e Sinolo - poiché per comprendere l'uno, l'altrui necessita di altresì comprensione.

 

Scrivere questo prologo è stato alquanto arduo: ho rifilato davvero tante informazioni e lo stile astruso e le parole ricercate - alquanto ricercate sono state scelte con cura, e spero davvero che il testo non risulti fin troppo pomposo     


Scrivere questo prologo è stato alquanto arduo: ho rifilato davvero tante informazioni e lo stile astruso e le parole ricercate - alquanto ricercate sono state scelte con cura, e spero davvero che il testo non risulti fin troppo pomposo. Il prologo volevo fosse assolutamente di difficile comprensione: dare tante informazioni, ma in maniera enigmatica.

Per tale motivo spero vivamente di poter leggere delle vostre possibili speculazioni, interpretazioni e teorie - mi farebbero piangere il cuore, giuro. Sono forse la cosa che più preferisco faccia il lettore, oltre a leggere, anche perché tento ben volentieri in instaurare un rapporto con egli.

Sul serio, non abbiate paura di esporre le vostre congetture - le teorie dei lettori sono sempre parecchio interessanti da leggere, in qualsiasi opera che non dia risposte immediate o sicure, ma che lasci spazio libero al lettore di metterci del suo, di imprimere tale opera anche della sua fantasia.

Anche la speculazione sul nulla è interessante - nel senso, nonostante non aveste abbastanza informazioni per trattare di qualcosa, non fatevi alcun problema a metterci della vostra fantasia: a me porta solo gioia esser riuscita a suscitare il vostro interesse.

Con questo piccolo spazio vi saluto e ci sentiamo tra i commenti e nel prossimo capitolo ❤️.

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Capitolo 2
*** Atto Primo ***


ATTO PRIMO - Frammenti di Ghiaccio e Acciaio e Sangue ATTO PRIMO - Frammenti di Ghiaccio e Acciaio e Sangue La Guardiana dell'Onirico Rubino colava. Cangiante che versava. Petali - deterioravano. Nell'attimo in cui - sorsi di accoramento che offuscavano la mia vista, il lene privilegio di alterare la realtà - le sue ultime vestigi giunsero alla completa cancellazione, annullamento e le ultime astratte, irreali e vaghe schegge di un dolce e persuasivo effluvio a disamorarsi del mio olfatto, presi in grembo la più importante deliberazione della mia vita. Anelito. Affinché la sua epopea sia ricordata e affinché egli, dalla grande divinità e dalla immensa umanità, non sia obliato. Rubino colato. Cangiante versato. Petali - caduti. Membrane, stille, inchiostro, sangue e la fiamma della lugubre passione e del sogno furono i miei unici e veri drappelli, e tuttora, essi, ancora lo sono - acciocché lo scritto che egli non esordì, dalle mie mani venisse plasmato, effigiato e concretato, seguendo, i perduti da lui, lambelli di una crucciata puerizia e giovinezza, e tasselli di una vivace e smarrita, presto, infanzia. Rubino cola. Ancora, ancora, ancora. Cangiante che versa. Ancora e ancora e ancora. Onde, la Danzatrice da lui incendiata, fomentata non si smorzi, eclissi mai. Il petalo deteriora. Anelito. Il petalo cade. Anelito ultimo. — estrapolazione dalla copia trascritta da Séverin Hordrangea de "Anelito Oscuro - Epilogo", di Rosje La Rosa Bastarda, Terza Era Anno 5732 E. T Biblioteca della Sfera

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