Amore per una donna, amore per la patria

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Verso Caporetto ***
Capitolo 3: *** Spargimenti di sangue ***
Capitolo 4: *** Salvataggio e opposizioni ***
Capitolo 5: *** L'arresto ***
Capitolo 6: *** L'ultima notte ***



Capitolo 1
*** La festa ***


L’autunno stava facendo spazio all’inverno.
Le giornate e le notti erano sempre più fredde.
Rimanere a combattere in quei posti superava ogni legge della sopravvivenza.
Molti di loro non riuscivano a passare la notte a causa della fame e delle malattie.
Ma non Mario.
Lui era un giovane molto diverso dagli altri.
Era colui che dava quel vento di speranza che mancava ai suoi compagni.
Compagni che non credevano più in un’Italia unita e fuori dalla guerra.
«Mario, sei ancora sveglio?» gli domandò il suo amico Germano.
«Germano, mi hai fatto prendere un colpo…» rispose Mario insonnolito.
«Avanti, svegliati.»
«Perché? Che succede? Sta forse arrivando il nemico?»
«Il nemico qui non centra… Lo sai che giorno è oggi?»
Mario non riusciva a capire dove il suo amico volesse andare a parare.
«Allora? Mi rispondi?»
«Ho troppo sonno per riuscire a darti una risposta. Perché non te ne torni a letto? L’alba sta per giungere.»
«Ma se è appena mezzanotte! Oggi è il tuo compleanno Mario. Compi 21 anni.»
Ma questo a Mario non gli interessava.
Voleva solo dormire.
Per lui questo era un giorno come gli altri.
«Te lo chiedo per favore, Germano: lasciami dormire in pace.»
«Come posso lasciarti dormire in pace sapendo che domani non potremmo essere vivi? Dobbiamo andare subito a festeggiare.»
Per riuscire ad attirare la sua attenzione, Germano scaraventò via le coperte del suo amico.
«Mi hai stancato Germano. Io…»
«C’è una festa qui nelle vicinanze… Una festa in cui partecipano le persone più influenti di questa maledetta guerra.»
«E a me cosa me ne importa?»
«Che ne dici se ci imbuchiamo? Ho sentito dire che ci sono anche delle belle ragazze. Ragazze che cercano un buon partito.»
«Sono troppo giovane per rimanere legato a qualcuna…»
«Ma non sei troppo giovane per spassartela con una di loro. Dico bene?»
Quando Germano voleva, era la persona più insistente del mondo.
Era impossibile fargli cambiare idea.
Quando aveva in mente una cosa, era obbligato a portarla a termine.
«Allora? Ci vieni?»
«Se servirà a tapparti quella boccaccia che ti ritrovi, allora sì vengo.»
«Benissimo» rispose Germano trattenendo a stento la sua felicità «Mettiti questi vestiti.»
«Ma questi non sono miei» protestò Mario.
«Lo so. È la divisa del nostro comandante. Essendo un uomo alto quasi quanto te, non dovresti avere problemi.»
«Perché non posso mettermi la mia divisa?»
«Sei proprio uno sciocco, lo sai? Se gli altri generali o comandanti vedranno che siamo dei semplici soldati, non perderanno tempo a buttarci fuori a calci e a chiamare il nostro responsabile, finendo così in guai seri.»
«Le persone non sono così stupide come pensi tu. Se ne accorgeranno.»
«Tentar non nuoce. Allora, andiamo?»
Mario era profondamente contrariato.
Ma sotto sotto, anche lui non vedeva l’ora di fare qualche pazzia.
«Se dovesse andare storto qualcosa, sarai l’unico e diretto responsabile. Chiaro?»
«Vedrai… Più tardi mi ringrazierai.»
 
 
Come Germano aveva predetto, le divise di generale che i due ragazzi avevano rubato, gli erano serviti per entrare in quel circolo privato.
Uomini di ogni rango importante parlavano sulle prossime strategie da adottare in guerra.
«Se ci spostiamo verso questo fronte, avremo più possibilità di superare il fronte austriaco.»
«Questo è impossibile, Tiberi. Gli austriaci sono molto più forti di noi. Hanno più uomini e più armi all’avanguardia.»
«E tu come fai a saperlo?»
«Ho i miei informatori.»
Germano e Mario non si unirono ai discorsi degli altri generali.
«Meno male doveva essere divertente» fece Mario sbuffando.
«Ti stai annoiando?» domandò il suo amico.
«Perché? Non si vede?»
«Stai calmo, Mario. Siamo appena arrivati.»
«E con questo? Io non vedo nessuna donna qua attorno. Vedo solo degli stupidi uomini in divisa che si danno un sacco di arie e che cercano in maniera fallimentare di sfondare il fronte austriaco… Che branca di sciocchi.»
«Abbassa la voce! Vuoi che ci scoprano?»
«Non me ne frega più niente. In questo momento preferirei finire di fronte alla corte marziale, piuttosto di continuare a rischiare la mia vita.»
«Moriresti lo stesso perché ti fucilerebbero, stupido!»
Germano aveva ragione.
Finire di fronte alla corte marziale era come firmare la propria condanna a morte.
«Adesso basta. Ne ho abbastanza di rimanere in mezzo a questa gentaglia. Me ne vado.»
Continuando di questo passo, Mario avrebbe fatto saltare la sua copertura e quella del suo amico.
«Aspetta! Mario!»
Ma era inutile.
Stava per andarsene da quella festa
Finché non vide un raggio di luce illuminargli il volto.
Una donna dai capelli castani chiari e gli occhi azzurri gli si presentò davanti accompagnata da un generale di alto rango.
Mario non riusciva a dire nemmeno una parola.
Era completamente allibito.
«Buonasera» fece la donna guardandolo con un sorriso «Potrei passare?»
«Cosa?»
Mario non aveva capito.
Era come se fosse su di un altro pianeta.
«La mia donna le ha chiesto gentilmente di farla passare visto che è proprio in mezzo al passo.>
L’irascibilità dell’uomo era snervante.
Vedere con che aria si pavoneggiava con la sua amata lo mandava in bestia.
«Oh certo. Prego.»
«Grazie» rispose gentilmente la donna.
Mario non riusciva ancora a crederci.
In tutta la sua vita non aveva assistito a niente di simile.
«Mario, che cosa fai?» domandò Germano riscuotendolo dai suoi pensieri «Non te ne volevi andare?»
«Io… non lo so… Forse dovrei rimanere.»
«Ma cosa ti è successo? Sembri completamente brillo.»
«No, Germano. Sto benissimo…»
«No tu non stai bene. Non ti ho mai visto in quelle condizioni. È a causa di quella donna, non è vero?»
«Quale donna?»
«Non fare lo sciocco con me. Ho visto come la guardavi… Spero solo che non se ne sia accorto anche il suo fidanzato, altrimenti sono guai.»
«Chi? Quel pallone gonfiato?» fece Mario con voce alterata.
«Zitto! Vuoi farti sentire proprio da lui?»
«Non m’interessa… Germano, devo rivederla. Devo fare qualsiasi cosa per rimanere anche un solo minuto con lei.»
«Non ce la faresti in nessun modo. Lei è fidanzata con uno dei generali più potenti della guerra. Mentre tu sei solo un semplice soldato.»
«Sì ma io posso dargli tutto quello che quell’uomo non gli dà…»
«E sarebbe?»
«Attenzione e amore. Vedi come quell’uomo non la guarda nemmeno in viso? Preferisce parlare con gli altri uomini come lui invece che rimanere con quella donna. Se solo potessi…»
«Non avrei mai creduto di pentirmi di averti portato qui… Devi dimenticarti immediatamente di quella donna, Mario. E alla svelta. Altrimenti, passerai dei guai seri.»
Ma a Mario non gli importava.
Il suo era stato un colpo di fulmine.
Un colpo di fulmine che, per quanto poteva credere Germano, gli avrebbe causato solo dolore e sofferenza.
Ma sarebbe davvero stato così?

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Capitolo 2
*** Verso Caporetto ***


Mario non riuscì a dormire per tutta la notte.
Aveva sempre in mente l’immagine di quella donna dai capelli castani e dagli occhi celesti.
E poi il suo vestito bianco dorato.
«Dimmi… Dimmi come ti chiami…» fece durante il suo breve sonno.
«Mi chiamo Ginevra.»
«Ginevra… Vuoi sposarmi?»
«Certo che voglio, caro.»
Ma quando Mario aprì gli occhi, vide che la voce in questione era di uno dei soldati che combatteva insieme a lui.
«Piaciuto lo scherzetto, Mario?»
«Michele. Accidenti a te e alla tua boccaccia!»
Oltre a Michele, anche gli altri commilitoni scoppiarono dal ridere.
«Lo so fare molto bene la voce femminile, non è vero? Vieni amore mio, vieni.»
«Ma smettila! Stupido che non sei altro.»
«Che cosa sta succedendo qui?»
Il generale capo del commilitone che combatteva sul Carso si fece avanti.
«Allora?»
«Niente, generale. Stavamo solo parlando tra di noi» spiegò un soldato.
«Non c’è tempo per parlare. Dobbiamo agire. Gli austriaci ci potrebbero attaccare da un momento all’altro. In posizione!»
La guerra in trincea era la cosa più snervante a livello fisico e psicologico che poteva accadere in quel periodo.
Il tempo non passava mai.
Non si riusciva a sapere se il giorno dopo saresti rimasto vivo oppure no.
Era come una condanna a morte.
Ma Mario non ci pensava.
Aveva i pensieri solo per lei.
«Germano.»
«Cosa c’è, Mario?»
«Dobbiamo ritrovarla…»
«Ma chi?»
«Chi secondo te? Quella donna.»
«Mario, te l’ho già detto: levatela dalla testa. Nemmeno se sborsi un sacco di diamanti riusciresti ad avere un solo minuto con lei.»
«Ma io voglio lo stesso provarci. Non riesco a non pensare a lei…»
«Allora ti do un consiglio: pensa alla guerra e alla patria. Non è il momento di queste stramberie.»
Germano era diventato freddo e rude.
Non voleva aiutare il suo unico amico.
Per lui la guerra era una cosa molto seria.
Soprattutto quando c’era da combattere il nemico.
«Avanti, uomini! Sparate!» gridò il generale dando inizio all’ennesimo giorno di guerra.
 
 
L’offensiva degli italiana non era servita a nulla.
Gli austriaci erano riusciti a resistere.
Il numero dei morti fortunatamente, non fu elevato come al solito.
Il generale del battaglione in cui Mario faceva parte, stava concordando con gli altri generali capi di spostarsi su un nuovo fronte.
«Ci sposteranno a Caporetto…> fece Michele con aria triste.
«E tu come fai a saperlo?»
«Lo so e basta. Io seguo il mio istinto.»
«E dobbiamo fidarci?»
«Fidarci o no, questa sarà l’ultima notte che passeremo qui.»
Nel sentire quelle parole, Mario ebbe come un sobbalzo alla gola.
Questo significava non rivedere mai più quella donna.
E questo non poteva sopportarlo.
Non poteva permettere che finisse in quel modo.
«Preparate le vostre cose. Ci sposteremo a Caporetto. Fate in fretta. Non abbiamo molto tempo> fece il generale senza mezzi termini.
I soldati radunarono le loro poche cose rimanendo in profondo silenzio.
«Avete visto? Che vi dicevo?»
«Zitto, Michele. E prepara la tua roba.»
Mario era fermo immobile.
Non riusciva a spostarsi.
«Mario, che cosa stai facendo?»
«Germano, non posso spostarmi da qui.>
«Perché?»
«Facendo così, non rivedrò mai più quella donna.»
«Ma cosa te ne importa? Smettila di fare il giovane innamorato e prepara la tua roba. Il generale non aspetta nessuno.»
«Ma non mi vedi? Io sono giovane. Ho tutta la vita dinanzi a me. Come del resto tu. Non posso morire per una causa così… stupida.»
«Zitto cretino! Se ti senti il generale, ti spedisce diretto alla corte marziale!»
«Che lo faccia. Io non rimarrò qui a farmi massacrare da dei crucchi in divisa. Mi sono spiegato?»
Mario era più deciso che mai.
«Che cosa vuoi fare? Vuoi forse disertare?»
«E’ l’unica maniera che conosco per rimanere vivo.»
«Io certe volte non ti capisco… rischiare la tua stessa vita per una donna che non conosci nemmeno.»
«Vedrai Germano… Riuscirò a parlare con lei.»
 
 
Le truppe italiane erano pronte per partire.
Era notte inoltrata.
Non si riusciva a vedere un palmo dal naso.
Per Mario sarebbe stata un’ottima occasione per scappare, ma i generali controllarono chiunque prima di partire.
«Soldato Cerrosi, che cosa sta facendo?»
«Sto preparando il mio zaino, generale» rispose Mario.
«Allora muoviti. Non abbiamo tempo da perdere.»
Lo sguardo serio e burbero del generale suscitarono in Mario un senso di paura.
Non poteva abbandonare così la sua patria.
Anche se combatteva da poco, non poteva abbandonare i suoi compagni in questo modo.
«Mario, allora vieni con noi?»
«Hai ragione tu, Germano. Non posso abbandonare l’Italia per una donna.»
«Molto bene. Anche se sei ancora giovane e inesperto, non sei uno scellerato come penso.»
«Lo devo prendere come un complimento?»
«Fai come vuoi. L’importante è continuare a combattere insieme. Nel bene e nel male.»
«Sì. Hai ragione.»
I soldati erano pronti al trasferimento.
Ora non c’era più tempo da perdere.
La vera battaglia iniziava adesso.

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Capitolo 3
*** Spargimenti di sangue ***


I soldati del battaglione che si era spostato verso Caporetto stavano per cominciare a combattere.
Il freddo gelido di quella notte non faceva che aumentare le pene di quei poveri uomini.
«Mario, secondo te quando ne usciremo?»
«Non lo so, Germano. Sembra che questa agonia sia destinata a durare in eterno.»
«Avanti, ragazzi. La speranza è l’ultima a morire» fece Michele issando il fucile sulla sua spalla.
«Tu la fai facile. I tedeschi e gli austriaci sono molto più forte di noi.»
«Vedrete che la fortuna non ci volterà le spalle.»
«Questa non è solo questione di fortuna…»
Mentre i tre uomini stavano conversando tra di loro, una serie di bombe esplosero nelle vicinanze.
I tedeschi avevano già cominciato a combattere.
«Uomini! Preparatevi!»
I soldati italiani, ancora non del tutto organizzati, cercarono di fronteggiare il nemico.
«Se continua di questo passo, finiremo tutti male!»
«Adesso basta parlare, Germano. Continua a sparare.»
Le bombe che vennero scagliate contro la trincea degli italiani continuarono ancora per molti minuti.
Ma gli italiani non si arresero, riuscendo a resistere in maniera valorosa.
Una volta finite le munizioni, i tedeschi batterono in ritirata.
«Questo è il momento. Andiamo!»
«Dove sta andando, soldato Cerrosi?» fece il generale bloccandolo prima che uscisse dalla trincea.
«Signore, il nemico si sta ritirando. Questo è il momento buono per attaccarlo» spiegò Mario.
«Ma non vedi come sono ridotti i tuoi commilitoni?»
Girando lo sguardo e vedendo più attentamente, Mario non si era reso conto quale carneficina aveva scatenato il nemico.
«Mi scusi, generale.»
«Meglio se impari a stare al tuo posto, soldato Cerrosi. Altrimenti finirai male come gli altri.»
I soldati che non erano stati feriti in modo grave, aiutarono i loro compagni.
Alcuni erano morti a causa delle bombe.
Altri invece, erano feriti in maniera grave.
Quando Mario si diresse verso i feriti, notò Michele in condizioni alquanto pietose.
«Michele!»
Il soldato era ferito ad una gamba.
«Michele. Resisti.»
«Mi fa un male cane!»
«Cerchiamo di fermare l’emorragia» fece uno dei soldati.
Mario e il soldato di cui ignorava il nome, cercarono di fermare la fuoriuscita di sangue con uno straccio.
Ma era inutile.
Il sangue continuava a sgorgare incessantemente.
«Adesso che cosa facciamo?»
«Non c’è un medico da queste parti?» domandò Mario esasperato.
«Purtroppo l’unico medico che abbiamo è impegnato con altri feriti.»
“Questa non ci voleva…”
Era una situazione surreale.
Michele doveva essere curato al più presto.
«Ti chiedo di resistere ancora un po’, Michele.»
«Mario… non so ancora per quanto tempo potrò farlo» fece il soldato con le lacrime agli occhi.
«Devi resistere per i tuoi figli. Per tua moglie…»
Michele stava soffrendo di dolore.
Un dolore talmente grande che a stento riusciva a sopportare.
«Mario, cosa succede?» fece Germano appena i due si incontrarono dopo la battaglia.
«Michele… E’ ridotto male.»
«Come ridotto male?»
Anche Germano poté vedere come stava soffrendo il povero soldato.
«Deve essere trasferito immediatamente in un ospedale.»
«Ma quale ospedale, Germano? Non lo vedi che siamo in un posto dimenticato da Dio? Se non lo curiamo immediatamente con le nostre mani, Michele non passerà la notte.»
«Noi non siamo in grado di curarlo. E tu lo sai bene.»
«Dobbiamo cercare subito un medico. E alla svelta.»
Dopo altri minuti di attesa, un medico della croce rossa italiana visitò il povero soldato.
«Ormai quest’uomo non ha più speranza» fece il dottore.
«Cosa?»
«Dottore, non ci dica questo. Ci deve essere qualcosa che possiamo fare!» insistette Mario.
«Trasportarlo in ospedale è inutile. Non può sostenere un cammino così lungo.»
«Quindi secondo lei dovremmo lasciarlo qui a morire come un cane?!»
«Mi dispiace, ma non so cos’altro potrei fare…»
Mario non si voleva dare per vinto.
Avrebbe aiutato il suo amico anche a costo della vita.
Dopo la spiegazione che non poteva curarlo, il medico se n’andò come se nulla fosse.
Il giovane soldato stava ribollendo di rabbia.
Era davvero frustante non riuscire a fare niente.
«Mario…» fece Michele con voce flebile.
«Michele, ti giuro sul mio onore, che non ti lascerò morire in questo modo.»
«Ti prego di non fare promesse che non puoi mantenere… So di avere le ore contate. Questo è il mio destino… Ma non il tuo. Tu hai tutta una vita dinanzi.»
«Questo non possiamo saperlo, Michele.»
«Dammi retta una buona volta, sciocco che non sei altro» protestò il soldato sforzandosi di parlare.
«Stai calmo, Michele. Ti stai agitando troppo» fece Germano stringendogli la mano.
«Non ti preoccupare… Mario, promettimi che conoscerai quella donna. Che la ritroverai…»
Nel sentire quelle parole, Mario ripensò a quella sera di due giorni fa’.
A quel suo sorriso.
A quel suo sguardo.
«Ormai è un capitolo chiuso. Non la rivedrò più…»
«Tu non hai ancora capito che il destino gioca brutti scherzi» fece Michele sorridendogli «Vedrai che nel giro di poco tempo, farai di nuovo il suo incontro.»
«Se non morirò…»
«Tu non morirai!» gridò Michele «E adesso vai. Non voglio sapere che tu mi vedrai crepare in questo modo.»
«Ma Michele…»
«Andatevene. Tutti e due. Questo è il mio ultimo desiderio» fece Michele prima di addormentarsi definitivamente.
«Mario, secondo te dovremmo lasciarlo così?»
Il giovane soldato fece un respiro profondo.
«E’ il suo ultimo desiderio… Non ci resta che esaudirlo…»
 
 
Ormai erano passate all’incirca ventiquattr’ore da quando i soldati italiani si erano spostati a Caporetto.
Mario non riusciva a dormire.
Sapere che un soldato, nonché un suo fedele amico era morto in condizioni tragiche, non lo faceva riposare in pace.
“Perché la guerra deve essere così brutta? Perché noi uomini combattiamo tra di noi?”
Mario cercò di darsi tutte le spiegazioni del genere.
Ma era impossibile.
Da qualche tempo a questa parte, viveva in condizioni a dir poco scabrose.
Il freddo era addirittura più insopportabile di quello percepito quando era sul Carso.
Per cercare di distrarsi in qualche modo, il soldato decise di scrivere una lettera pensando a quella donna di cui si era innamorato:
 
 
Non so come ti chiami.
Non so come tu vivi.
Ma di certo sei sempre nei miei pensieri.
Non ho molte parole da dedicarti.
Ma spero tanto che un giorno di questi, io possa incontrarti di nuovo.

 
 
Le poche parole di Mario erano coincise e piene di sentimento.
Voleva davvero rivedere quella donna.
Per il solo piacere di guardarla e di parlarci anche solo per pochi secondi.
 
 
Il sole stava risorgendo su quelle montagne ricoperte di sangue.
Stava per cominciare un’altra agognata battaglia.
Senza il suo compagno Michele, la battaglia non era più la stessa.
«Questa volta saremo noi i primi ad attaccare. Il nemico si è indebolito notevolmente dopo aver finito le munizioni di ieri.»
«E questo che cosa centra? Potrebbero essersi ricaricati» protestò Mario
«Se avrò bisogno di un consiglio, mi rivolgerò a lei. Ma in questo momento è meglio che stia zitto se non vuole essere spedito verso la corte marziale.»
Mario, alquanto inorridito, decise di non dire nulla.
I soldati italiani presero a marciare verso il confine austriaco.
Ma non si resero conto che stavano marciando verso la morte.
Una volta arrivati a tiro di fucile, le mine sotterrate nel terreno cominciarono ad esplodere.
Il generale italiano aveva condannato a morte certa i suoi soldati.
«Torniamocene indietro!» gridò Germano.
Ma era troppo tardi.
I soldati tedeschi uscirono allo scoperto sparando a raffica verso tutti coloro che gli capitavano a tiro.
I soldati italiani furono completamente massacrati.
Solo pochi fortunati di loro riuscirono a sopravvivere., due dei quali furono Mario e Germano.
«Maledetto! Ci ha condannato al macello!» urlò esasperato Germano mentre i colpi dei tedeschi non accennavano a diminuire.
Solo proteggendosi con i corpi dei suoi compagni i due soldati riuscirono a resistere.
«Dobbiamo fuggire di qui. E alla svelata.»
I due italiani scesero la valle a gran velocità, allontanandosi definitivamente dal nemico.
I nostri compagni… tutti coloro che hanno combattuto finora con noi… morti.»
«Credi che il nostro generale ci abbia venduto?»
«Non so cosa pensare, Mario. So soltanto che è un vile e un miserabile.»
«E adesso cosa facciamo?»
«Se fosse per me, me ne ritornerei a casa.»
«A casa? Nel bel mezzo di una guerra?»
«La mia vita è più importante della patria intera!» si sfogò Germano.
«Hai ragione… Intanto cerchiamo un rifugio tra queste case… Poi penseremo sul da farsi.»

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Capitolo 4
*** Salvataggio e opposizioni ***


 
La valle a sud di Caporetto era costituita da poche case.
La maggior parte erano disabitate a causa della guerra.
«E se ci rifugiassimo qui?» domandò Germano indicando una locanda.
«Va bene. Così almeno mangeremo qualcosa» rispose Mario.
«Ben detto.»
Il locale era piccolo e molto confortevole.
Non c’era un’anima viva.
Erano completamente soli.
«C’è nessuno?»
Un uomo anziano di circa settant’anni si avvicinò ai due soldati.
«Non avrei mai creduto che qualcuno potesse rimettere piede qui dentro.»
«Buonasera… Lei è il proprietario?»
«Finché il buon Dio non mi vorrà tra sé, sì.»
«Non è che ci potrebbe sistemare in qualche alloggio?»
«Ragazzi, questa è una locanda. Non è un posto in cui dormire.»
«La prego. Abbiamo bisogno di un posto in cui passare alcune notti.»
«A noi va bene qualsiasi cosa. Anche dormire per terra» fece invece Germano.
Il titolare, vedendo il disagio dei due soldati, li accompagnò negli alloggi al piano di sopra.
«Eccoci qua, sciagurati. Per tutte le notti che vorrete, potrete dormire qui.»
«La ringraziamo infinitamente» fece Germano quasi abbracciandolo.
«Pino. Il mio nome è Pino.»
«Grazie Pino.»
«Adesso riposatevi. Vi vedo molto stanchi.»
«È stata una giornata molto lunga.»
«Volete che vi porti qualcosa da mangiare? Non ho molto in dispensa. Domani andrò a vedere se nelle vicinanze posso trovare qualcosa.»
«Non abbiamo fame, grazie» fece subito Mario prima che Germano dicesse qualcosa prima di me.
«Molto bene. Buonanotte allora.»
«Buonanotte.»
Mario e Germano erano rimasti soli.
Ma soprattutto, avrebbero dormito in due comodi letti.
Erano finiti i giorni in cui dormivano nei sacchi a peli fuori nel freddo pungente delle montagne.
«Mario, perché hai detto a Pino che non avevamo fame?»
«Non l’hai sentito? Purtroppo ha poco da offrirci. E quel poco, l’avrebbe offerto a noi. Non possiamo privare il suo poco cibo che ha per sfamarci. Non sarebbe giusto.»
«Capisco.»
«Dobbiamo andare avanti a denti stretti ancora per un po’. Poi vedrai che la situazione migliorerà.»
«Come puoi dire questo?»
«Per noi la guerra è finita. Non combatteremo più. Dobbiamo solo tornarcene a casa. Partiremo domattina stessa, va bene?»
Germano mi fissava con occhi dispiaciuti.
«Germano, cosa c’è?»
«Ripensandoci bene, non so se facciamo bene a disertare…»
«L’hai detto tu, no? La tua vita è più importante della patria.»
«Sì, è vero… Ma ripensandoci…»
«Niente ripensamenti. Ormai siamo disertori. Dobbiamo fuggire da qui. Se ci trovano, finiamo in guai seri. Hai capito?»
«Sì, hai ragione… Adesso dormiamoci su. Domani è un altro giorno.»

Mario Non riusciva a dormire.
Gli venivano in mente le parole di Germano.
Lui voleva combattere ancora per la patria.
Non voleva fuggire come un codardo.
Ma perdere la vita così miseramente era troppo insopportabile.
Lo stesso valeva per il giovane soldato.
I suoi ex compagni stavano ancora continuando a combattere.
Lo sentiva dai colpi di fucile e di cannone.
«Mario, cosa ci fai ancora alzato?» domandò Germano insonnolito.
«Lo senti questo? È il rumore della guerra. La guerra che non mi fa dormire la notte.»
«Avanti, tornatene a letto. Ormai non è più affar nostro.»
Mario non ascoltò le parole del suo amico.
Preferì rimanere dinanzi alla finestra ad ascoltare quei rumori fastidiosi.
«Me ne vado un po’ fuori a prendere una boccata d’aria.»
«Con questo freddo? Vuoi per caso prenderti un brutto raffreddore?»
«Tranquillo. Ho la pelle dura.»
«Sì certo… Fai come vuoi» disse infine Germano rimettendosi a dormire.

Non c’era nessuno quella notte.
Era tutto tranquillo.
Le poche persone rimaste in quel paesino di cui Mario ignorava ancora il nome, erano tutte a dormire.
Fumava una sigaretta per non pensare a niente.
Per non pensare al suo futuro.
Ma cosa sarebbe successo?
Cosa aveva in serbo il suo destino?
Una cosa era certa: non avrebbe capito che da lì a poco gli sarebbe successa una cosa che gli avrebbe cambiato la vita.
“Che cosa sono questi schiamazzi?”
Sentiva qualcuno gridare.
Qualcuno stava gridando aiuto.
Era una voce femminile.
Girando l’angolo, Mario notò due uomini che avevano circondato una donna.
“Ma lei è…”
Mario sbiancò di colpo.
La ragazza dagli occhi celesti che aveva visto quella sera alla festa era in pericolo.
«Dacci quello che ti appartiene e non ti succederà niente di male” gli intimò uno dei due.
«No! Lasciatemi andare!»
«Molto bene. L’hai voluta tu…»
Prima che potesse succedere il peggio, Mario entrò in azione.
«Lasciatela andare.»
«E tu chi saresti?» tuonò uno dei due ladri.
«Lasciate andare quella donna o ve la vedrete con me.»
«Gira alla larga, ragazzino. Non sono affari tuoi.»
«Scommettiamo?»
Mario tirò fuori la sua pistola dal taschino, sparando un colpo per minacciare i due uomini.
Fortunatamente per lui, i due non erano armati.
«Va bene, ce ne andiamo. Ma non finisce qui»
Grazie al suo forte temperamento e alla sua pistola, Mario scacciò i due ladri.
La giovane donna che aveva visto alla festa era salva.
«Ti ringrazio. Non so cosa avrei fatto senza di lei.»
«Chiamami Mario.»
«Piacere Mario. Il mio nome è Teresa.»
«Teresa, scusami se sono indiscreto, ma cosa ci fa una giovane donna tutta sola nel bel mezzo della notte? Hai visto cosa può succedere.»
Mario guardava la donna come se fosse una bambina indifesa.
«Purtroppo devo rischiare la vita così ogni giorno per portare da mangiare ai miei genitori…»
«Capisco. Mi dispiace che tu debba passare tutto questo. Magari potresti farti aiutare da qualcuno, come ad esempio quel giovane ragazzo che ho visto alla festa…»
«Chi? Quel generale da quattro soldi? Nemmeno per idea. È solo un avido uomo senza scrupoli. E poi preferisco cavarmela da sola…»
IL freddo e il vento si stavano alzando impetuosamente.
«Forse è meglio se me ne ritorno a casa. Si sta facendo molto tardi e non voglio che i miei genitori stiano troppo in pensiero.»
«Vuoi che ti accompagni?»
«Non serve. Non voglio che tu ti disturbi troppo.»
«Nessun disturbo. Lo faccio con piacere» fece Mario con sorriso sincero «Lasciati aiutare.»
«Mmh va bene» fece la donna poco convinta.
«Non ti fidi di me?»
«Non mi fido degli uomini in generale…  poi ti ho conosciuto da poco.»
«I tuoi dubbi sono comprensivi. Ma vedrai… Una volta che mi conoscerai meglio, saprai che tipo di persona sono.»
«E cioè? Che tipo di persona sei?» fece la donna divertita.
«Credo di essere una persona molto aperta che fa amicizia con tutti.»
«Questo è vero. E poi?»
«E poi non so… Adesso non mi viene in mente nulla.»
«Una cosa è certa: sei molto simpatico.»
«Ti ringrazio» fece Mario con il cuore che non faceva altro che smettere di battere dall’emozione.

«Eccoci. Siamo arrivati» fece Teresa appena aprì la porta.
La casa di Teresa era molto piccola e umile.
Aveva una sola stanza che comprendeva ingresso, soggiorno e cucina.
Sua madre e suo padre erano seduti sulla sedia addormentati.
«Mamma, papà. sono tornata» fece Teresa con tono dolce.
«Teresa. Finalmente...»
«Scusate se ho fatto tardi ma ho avuto un contrattempo.»
«Chi è questo ragazzo?» domandò suo padre con sguardo inquisitorio.
«Lui si chiama Mario. L'ho incontrato poco fa' qui nelle vicinanze.»
«Non credevo che mia figlia se ne andasse a spasso a conoscere degli uomini sconosciuti.»
«Gennaro, ma cosa dici?»
«Papà, tu mi stai fraintendendo...»
«Figlia, ti ricordo che ho molti più anni di te... Secondo me andare a prendere del cibo per noi era solo una delle tue scuse. Ammettilo.»
«No! Non lo ammetterò mai!» gridò la ragazza «Tu non puoi mancarmi di rispetto in questo modo. Non sono una sveltina come le maggiori donne dell'alta società.»
Profondamente offesa, Teresa gettò il cibo che aveva comprato per rifugiarsi in camera sua.
Mario era profondamente imbarazzato.
Non sapeva cosa dire.
«Forse è meglio che me ne vada...»
«Scelta saggia, figliolo. E ti avverto: stai lontana da mia figlia. Lei non è fatta per te. Se si sposerà, lo farà con un generale o con un uomo ricco che la possa mantenere. Non con un soldato disertore come te.»
«Cosa...»
«Guarda che ti ho capito, sai? Tu devi essere uno di quegli uomini fuggiti dalla guerra. Sennò cosa ci faresti qui? Non dovresti essere con i tuoi compagni a combattere la Battaglia di Caporetto?»
«Con tutto il dovuto rispetto, questi non sono affari suoi.»
«Tu dici? Allora non hai nessun problema se parlo con il Generale Cadorna.»
«Gennaro, smettila!» lo brontolò sua moglie.
«Lei può fare quello che vuole. Non ho paura di niente. Se ho fatto queste determinate scelte, l'ho fatto solo per me. Non per sua figlia.»
«Quindi confessi di essere un disertore.»
Ma Mario non rispose.
Era profondamente addolorato dalle parole di quell'uomo e da come si era rivolto a sua figlia.
«Addio, signori» disse semplicemente Mario mentre stava uscendo dalla loro casa.
Ma non aveva ancora finito.
Non poteva permettere che quell'uomo gli mancasse di rispetto.
«Una cosa, signor Gennaro: lei non potrà mai permettere a sua figlia di sposare un uomo che non ama.»
«Di sicuro non permetterò che sposi un disertore come te. E adesso vattene. Non voglio più vederti.»
L'amarezza di Mario era arrivata al suo apice.
Fino a quel momento, non aveva mai conosciuto un uomo così autoritario e pieno di superbia come il padre di Teresa.
Il giovane soldato era profondamente innamorato di quella ragazza.
Ma confessarglielo subito a suo padre e sua madre avrebbero peggiorato solo le cose.
Doveva combattere per averla.
Combattere per il suo amore e per quell'impedimento.

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Capitolo 5
*** L'arresto ***


Mario rincasò quando stava spuntando l'alba.
Non aveva dormito per tutta la notte.
Prima l'incontro con Teresa.
Poi la crudeltà di suo padre.
Non poteva andarsene da quella terra ora che l'aveva ritrovata.
Una volta tornato nella sua camera, si gettò a capofitto sul letto.
Ma non riuscì ad addormentarsi definitivamente visto che Germano l'aveva svegliato.
«Mario, svegliati. È l'alba.»
«E quindi?»
«Dobbiamo partire al più presto prima che ci becchino.»
Ma a Mario non gli interessava.
Pensava solo a lei e a suo padre.
A come la poteva conquistare.
A come poteva sposare.
«Allora? Hai deciso di rimanere tutto il giorno su quel letto?»
«Germano... Devi sapere che l'ho incontrata...»
«Incontrato chi?»
«La donna della festa... Si chiama Teresa.»
Germano rimase allibito dalle parole dell'uomo.
«Accidenti! Allora è proprio destino. Devi raccontarmi tutto.»
«Non c'è molto da raccontare... Solamente che quando l'ho riaccompagnata a casa, suo padre mi ha fatto subito capire che non sono il benvenuto in quella famiglia.»
«E per quale motivo, scusa?»
«Perchè sono un povero soldato disertore.»
«Cosa?! Quindi lui ha capito che tu sei fuggito dalla guerra?! Questa non ci voleva!»
«Devo confessare che quell'uomo ha un occhio molto lungo...»
«Motivo in più per fuggire immediatamente da questo posto e tornarcene a casa... Mi dispiace dirtelo Mario, ma se vuoi salva la pelle, devi dimenticarti di lei.»
«È impossibile. Ormai mi sono innamorato.»
«Questo si che è un bel guaio» rispose Germano coprendosi gli occhi «Mica mi vorrai dire che vuoi rimanere qui e rischiare la tua vita per conquistarla, vero?»
«Infatti voglio fare proprio così.»
«Tu sei solo pazzo. Pazzo, pazzo e soltanto pazzo... Rischiare la vita per una donna. Inaudito.»
«Lo dici solo perchè tu non ti sei mai innamorato. Altrimenti lo sapresti come mi sento.»
«Mario, per una volta nella tua vita, perchè non cerchi di fare la persona intelligente?»
«Se solo non mi fossi arruolato in questa stupida guerra... Tutto questo non sarebbe successo.»
«Ti avrebbero condannato già in partenza per diserzione, morendo impunemente.»
«Lo so...»
Mario e Germano si guardarono fissi negli occhi.
«Quindi? Cosa vuoi fare? Vuoi davvero rimanere qui?»
«Sì.»
«Mario, cerca di ragionare. Non ne vale la pena.»
«Non m'interessa. Io la voglio... La voglio più della mia stessa vita.»
«E se lei non ricambia il tuo amore? E se non farà altro che disprezzarti e farti soffrire? Dopo cosa farai?»
«No... Lei mi ama... L'ho letto dai suoi occhi...»
«Smettila di fare il romanticone... E poi non scordarti di suo padre. Farà di tutto per spedirti alla corte marziale.»
«Ed è per questo che dovrò fuggire insieme a lei per sposarmela.»
«E credi che sia facile?»
«No. Ma credo di essere una persona determinata che non si ferma dinanzi a nulla.»
 
 
Il sole era spuntato in alto.
Germano era pronto per partire.
«Mario, allora sei davvero sicuro?»
«Sì, Germano.»
Germano era profondamente triste.
Non voleva lasciarsi dal suo amico.
Sarebbe voluto rimanere insieme a lui.
Ma l’amore per il suo paese d’origine lo spingeva a partire.
«Se avrai bisogno di un rifugio o di qualsiasi altra cosa, non indugiare a chiedermi aiuto. So che sto molto lontano da qui, ma la porta della mia casa sarà sempre aperta.»
«Ti ringrazio, Germano. E’ bello aver trovato un amico come te.»
Commosso, Mario abbracciò il suo amico.
Non l’avrebbe mai dimenticato.
Non avrebbe mai potuto scordare tutte le giornate combattute durante quell’estenuante guerra.
Germano si allontanò piano piano con il zaino e le sue poche cose che gli erano rimaste salutando il suo amico.
Mario lo fissava con gli occhi pieni di lacrime.
Il suo amico partiva per tornare a casa.
E chissà se lui ci sarebbe mai tornato…
«Ehi, perché tu non sei partico con lui?> gli domandò il padrone dove stava alloggiando.
«Perché l’amore per una donna mi spinge a rischiare la vita> spiegò l’uomo.
«L’amore per una donna? Non so se sei stupido o ignorante. Ma lasciando stare, ammiro gli uomini coraggiosi come te… Facciamo pranzo insieme?»
«Con molto piacere.»
 
 
Prima che spuntasse la sera, Mario aveva deciso di riprovare con Teresa.
Doveva oltrepassare l’ostacolo di suo padre.
Un uomo severo e irremovibile.
Si trovava dinanzi alla sua casa.
Bussò ripetute volte.
Nessuno apriva.
“Non capisco…”
«Teresa! Teresa sono io, Mario. Aprimi ti prego.»
Mario credeva che non voleva parlare con lei.
Ma non era così.
Gli impedimenti dei genitori di Teresa erano più forti del loro incontro.
«Se ne vada immediatamente» fece la madre di Teresa appena aprì la porta.
«La prego signora, mi faccia parlare con Teresa. È molto importante.»
«Mio marito sarà qui a momenti… Se la troverà dinanzi a questa casa, la farà arrestare immediatamente.»
«E con quale accusa? Perché amo sua figlia?»
«Lei lo sa bene per quale motivo può arrestarla…»
«Non mi farò condizionare da questo peso. Io amo sua figlia.»
«Lei non vi ama!» tuonò la donna.
«Tu cosa nei vuoi sapere dei miei sentimenti, mamma.»
La giovane donna, con le lacrime agli occhi, era scesa da camera sua per vedere il giovane soldato.
«Teresa, tornatene subito in camera tua. Altrimenti assaggerai la furia di tuo padre» tuonò la donna.
«Non m’interessa. Non ho paura di mio padre.»
Mario fissava la disperazione e la sofferenza di Teresa.
Non poteva vederla in quello stato.
Avrebbe voluto abbracciarla.
Avrebbe voluto baciarla e rimanere insieme a lei.
Il suo amore e il suo istinto non poterono più trattenersi.
Mario si gettò contro di lei baciandola con passione.
La madre della donna era allibita.
Per poco non svenne da quella visione.
«Teresa, dobbiamo scappare immediatamente.»
«Aspettami qua. Preparo le mie cose e ce ne andiamo.»
Teresa corse verso la sua camera inseguita dalla madre.
«Teresa, tu non te ne andrai da questa casa! Mi sono spiegata?»
«Tu non mi comandi, mamma. Ho ventuno anni e sono capace di badare a me stessa.»
«Ti avverto Teresa: una volta che uscirai da questa casa, non farai più parte di questa famiglia.»
«E’ così che mi volti le spalle? Come mio padre?» fece Teresa con la voce che gli tremava.
«Tuo padre fa tutto questo per il tuo bene. Non scordarlo.»
«Mamma, io lo amo…»
«L’amore è solo un sentimento stupido che ti porterà solo alla rovina.»
«Mi dispiace che tu pensi questo… Ma ormai ho deciso. Andrò via con lui. E non ci sarà nessuno che mi farà cambiare idea.»
Dopo aver sistemato le sue poche cose nel borsone, Teresa si gettò fuori di casa.
Ma quello che vedette subito dopo, gli si gelò il sangue.
Mario era stato arrestato da alcuni soldati.
«Mario…»
«Lasciatemi!» tuonò Mario.
«Mario Cerrosi. Sei accusato di diserzione dall’esercito italiano. Domattina ti troverai dinanzi alla corte marziale. Prega solo che il signore abbia pietà della tua anima perché i giudici non l’avranno.>
La voce scura e riprovevole del padre di Teresa fecero provare un senso di ribrezzo e di paura a Teresa.
La loro fuga d’amore era finita prima che iniziasse.
Era stato lui a farlo arrestare e ad impedire che sua figlia fuggisse per sempre.
Il loro amore era destinato ad infrangersi.
Ma adesso il problema era uno solo: Mario sarebbe sopravvissuto? O l’avrebbero condannato a morte?

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Capitolo 6
*** L'ultima notte ***


Mario veniva portato via contro la sua volontà.
Teresa piangeva e gridava dalla disperazione.
«Papà! Perché mi stai facendo tutto questo?!»
La giovane donna era immersa nel suo dolore.
Un dolore straziante che non vedeva nessuna via d’uscita.
«Per imparare a farti ragionare, sciocca che non sei altro» fece il padre mollando uno schiaffo a sua figlia «Imparerai che metterti contro il mio volere non farà altro che portarti dispiaceri.»
«Tu me li stai già portando…» replicò la donna singhiozzando.
«Adesso tornatene in casa. Parleremo più tardi del tuo futuro.»
 
 
Mario fu portato immediatamente dinanzi alla corte marziale.
Cinque giudici lo fissarono con sguardo inquisitorio e pieno di rancore.
«Mario Cerrosi, lei è accusato di diserzione dall’esercito italiano. Come si dichiara?» domandò uno dei giudici.
«Mi dichiaro colpevole, vostro onore.»
«Quindi confessate il vostro reato?»
«E’ inutile fare questo processo. Lo sapete anche voi che sono colpevole. Quindi non perdiamo altro tempo. Condannatemi se volete… Ma vi dirò una cosa: la mia condanna non rimarrà impunita.»
La minaccia di Mario echeggiò nelle orecchie dei cinque giudici.
«Che cosa vorrebbe dire con questo?»
«Ormai la guerra è persa. I miei commilitoni stanno morendo a centinaia ogni giorno. Per colpa di persone inette come voi che vengono pagate per giudicare e uccidere i propri connazionali senza pietà.»
«Ma come si permette? Questo è oltraggio alla corte!»
«Pensatela come volete. La verità è questa.»
Prima che potesse dire altre cose offensive, Mario venne picchiato dalle guardie senza pietà.
«Adesso la finisca!» tuonò il giudice.
«Non basterà picchiarmi per farmi tacere…»
«Ah no? Vedrà che la morte sarà sufficiente… Lei è condannato a morte mediante fucilazione domani all’alba. Che Dio possa avere pietà della sua anima.»
«Dio avrà pietà di me… Ma quando toccherà a voi, la vostra punizione sarà bruciare all’inferno per tutta l’eternità.»
Mario venne scortato contro la sua volontà in cella.
Ormai doveva solo aspettare.
Aspettare che arrivasse la sua ora.
Aspettare che morisse impunemente.
 
 
Teresa non faceva altro che piangere nella sua camera.
Aveva il cuore e l’anima straziata.
Non poteva sopportare che l’uomo di cui si era innamorata stava per morire.
Mentre stava continuando a versare lacrime, qualcuno bussò alla sua porta.
Era sua madre.
«Figlia mia, smettila di piangere.»
«Lasciami andare. Non voglio parlare con nessuno.»
«Non puoi continuare a vivere in questa maniera.»
«Sei tu e mio padre che non fate altro che farmi soffrire.»
Con uno scatto improvviso, la madre di Teresa gli mollò uno schiaffo.
«Ingrata che non sei altro. Come puoi parlare di me e di tuo padre in questa maniera? Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te. Non ti abbiamo mai fatto mancare niente. E ci ripaghi così?»
«E voi invece?! Perché devo soffrire in questa maniera? Perché non posso sposare colui che amo? Perché?!»
«Perché devi rispettare il volere di tuo padre.»
«E se io non volessi?»
«Hai visto cosa è successo, no? Vuoi peggiorare ulteriormente la situazione?»
Teresa non disse una parola.
Era profondamente arrabbiata e scossa.
Si ammutolì definitivamente appena vide suo padre entrare nella sua stanza.
«So che mi odi profondamente… Te ne do atto. Ma vedrai che un giorno mi ringrazierai.»
«Ringraziarti? E per cosa? per avermi fatto soffrire?»
«Per averti insegnato a ragionare. Se finivi con lo sposare quel cialtrone, avresti sofferto la fame tutta una vita. Invece, hai la possibilità di sposare un uomo ricco e potente.»
«Preferisco morire di fame e sposare un uomo che amo che vivere tutta una vita insieme ad un uomo che non amo.»
«Bene, se è così che la pensi, perché non te ne vai dal tuo amore?»
«Cosa?»
«Domattina verrà condannato a morte tramite fucilazione… Non hai molto tempo.»
Teresa preferì non rispondere evitando di mancare di rispetto ancora una volta a suo padre.
«Allora? Non dici niente?»
«Lasciatemi sola. Immediatamente.»
«Va bene, come vuoi tu. Andiamo Frediana. Lasciamola sola.»
Quando la madre di Teresa se ne fu andata, il padre della donna si avvicinò a sua figlia per sussurrargli qualcosa di segreto.
«Quando il tuo fidanzatino non sarà più un problema per nessuno, ti spedirò dalle suore finché non avrai capito il rispetto verso la tua famiglia. Mi hai capito?»
Nel sentire questo, Teresa cadde nel più profondo sconforto, ripensando a come i suoi ultimi momenti di vita avevano preso una brutta piega.
 
 
La notte in cella era insopportabile.
Il freddo umido delle montagne rendeva impossibile poter dormire.
Se la temperatura non si fosse alzata un minimo, Mario sarebbe morto congelato.
Senza una coperta.
Senza nessun messo per scaldarsi.
Solo le sue poche vesti.
Era davvero frustante morire in quel modo.
Ma cosa poteva fare altrimenti?
Gli mancava Teresa.
Gli mancavano i suoi dolci occhi e il suo sorriso felice.
Doveva fuggire da quella prigione.
Giusto per passare gli ultimi attimi con lei.
La cella era malandata e sporca e le sbarre di ferro ormai erano poco resistenti.
Mario le aveva notate grazie all’umidità che si celava là dentro.
Gli bastò circa un’ora per poter evadere.
Nessuno lo controllava.
Nessuna guardia che faceva da sentinella.
Solo in mezzo al nulla.
Una volta uscito, si gettò fuori dalla finestra della sua cella.
Fortunatamente era al primo piano.
Riportò solo leggere ferite alle braccia e alle gambe.
Era libero.
Libero di andare dalla sua amata.
Adesso nessuno poteva fermarlo.
Ci mise un’altra ora prima di arrivare dinanzi la sua casa.
Le luci erano tutte spente.
Dovevano essere tutti a dormire.
Per attirare l’attenzione della donna, Mario tirò dei sassolini alla sua finestra di camera.
Dovete aspettare un po’ prima che si affacciò.
«Mario, sei proprio tu?» domandò la giovane donna trattenendo a stento la felicità.
«Sì Teresa, sono io. Ti prego aprimi.»
«Ma sei i miei genitori ci scoprono?»
«Non succederà niente. Non ti preoccupare.»
«Aspettami lì. Scendo io.»
 
 
Una volta scesa in salotto, Teresa aprì accuratamente la sua porta di casa evitando di svegliare i suoi genitori.
Doveva fare molta attenzione visto che la porta d’ingresso faceva molto rumore.
Una volta che si trovò dinanzi l’uomo, Teresa non poté trattenere la sua gioia.
«Mario, pensavo di non rivederti mai più» fece la donna mentre lo stava abbracciando.
«Fortunatamente sono riuscito ad evadere. Non potevo sopportare di non rivederti mai più.»
«Lo stesso vale per me… I miei genitori mi hanno condannato a passare in un monastero finché non avrò imparato il rispetto per loro. Ma a me non interessa. Io voglio solo te. Te e nessun altro.»
«Teresa, da quando ti ho visto a quella festa, non ho fatto altro che pensare a te. La tua bellezza mi ha ammaliato.»
I due giovani si guardarono con occhi pieni di piacere.
«Ti voglio, Teresa. Ti voglio ora…»
«Non possiamo farlo in camera mia. Rischiamo di svegliare i miei genitori… Ma c’è un parco qui vicino. Lì non ci disturberà nessuno.»
«Ovunque tu vuoi, basta rimanere insieme. Andiamo.»
 
 
Anche se era molto freddo, Mario e Teresa riuscirono a trovare un posticino appartato.
Era notte fonda.
Una notte illuminata solo dalla luna e dalle stelle.
«Teresa, questa potrebbe essere l’ultima notte insieme a te.»
«Mario… perché dici questo?> domandò la ragazza spaventata.
«L’intera vallata è guardata a vista dai soldati italiani. Se mi trovano, rischio che mi uccidano all’istante.»
«No, non è possibile…»
«Invece è così. Forse in questo momento mi stanno già cercando… Non possiamo perdere altro tempo.»
Teresa fissava l’uomo con sguardo intenso.
«No Mario, non permetterò che tu muoia.»
«Adesso però basta pensare la peggio. Pensiamo solo a noi.»
Una volta smesso di parlare, Mario iniziò a baciare la sua amata con insistenza.
«Fammi tua, Mario.»
Ai due giovani non gl’importava il freddo che andava a sfiorare la loro pelle.
Il loro calore era abbastanza sufficiente per non rischiare di congelarsi.
Una volta che i due furono completamente svestiti, la loro passione aumentò sempre di più.
I loro baci e i loro abbracci continuarono per tutta la notte.
Fino a quando una sirena in lontananza non richiamò la loro attenzione.
Alcuni soldati stavano pattugliando la zona.
«Mario, cosa sta succedendo?»
Ascoltando le voci, Mario capì che i genitori di Teresa aveva chiamato la polizia.
«Teresa, ci stanno cercando» fece l’uomo allarmato.
«Chi ci sta cercando?»
«I tuoi genitori hanno chiamato la polizia. Dobbiamo andarcene immediatamente.»
I due giovani ragazzi si rivestirono molto velocemente.
Il panico si era già impadronito della giovane donna.
«Mario, se ci beccano…»
«Non permetterò che tu finisca nei guai per colpa mia, Teresa.»
«Ormai ci sono già nei guai, Mario. La nostra vita è appesa un filo.»
«No, Teresa. Tu vivrai. Non permetterò che ti uccidano per colpa mia.»
I poliziotti si stavano dirigendo verso il parco.
«Avanti, scappiamo.»
I due giovani ragazzi correvano a più non posso.
Una volta usciti dal parco, notarono una pattuglia di soldati che li stava inseguendo.
«Teresa, corri!»
Ma la ragazza non riusciva a correre come Mario.
Era troppo lenta.
«Mario, non ce la faccio.»
«Devi resistere. Fallo per me.»
«Mi sa che mi sono slogata una caviglia… Sento un gran male.»
Infatti, la caviglia sinistra della ragazza si era gonfiata paurosamente.
«Vattene Mario. Lasciami qui.»
«Non ci pensare nemmeno.»
Mario e Teresa riuscirono a nascondersi nei boschi fuori città.
Ma i loro minuti erano contati.
I soldati e i poliziotti addetti alla loro ricerca stavano aumentando sempre di più.
«Mario… Non abbiamo via di scampo. È finita.»
«No. Non permetterò che finisca così.»
«Ci uccideranno…»
«No! Tu vivrai. Mi hai sentito?»
Teresa avrebbe voluto che il suo uomo dicesse la verità.
Ma sapeva benissimo che non era così.
«Ascoltami Teresa, devi continuare a stringere i denti. Mentre io distraggo i soldati, tu devi continuare a scappare.»
«Cosa?! Non se ne parla nemmeno!»
«Ti prego Teresa, fai come ti dico io.»
«Come posso scappare se non riesco nemmeno a reggermi in piedi?»
Mario prese il viso della sua amata fissandola con ardore.
«So che puoi farcela… Hai una forza di volontà incredibile.»
«Ma Mario…»
«Adesso vai. Smettila di indugiare prima che sia troppo tardi.»
Non c’era modo di far cambiare idea a Mario.
Non dopo che si metteva in testa una cosa.
Era più testardo che mai.
«Mario… non voglio abbandonarti…»
«Ci rivedremo, Teresa… Qui o in un’altra vita.»
Quando alla fine Teresa si convinse che doveva lasciarlo, lo baciò un’ultima volta.
«Adesso vai.»
La giovane donna riusciva a malapena a camminare.
Ma non gl’importava di soffrire.
Doveva farlo per lui.
Non poteva deluderlo.
Quando Mario saltò fuori dal suo nascondiglio, si ritrovò dinanzi una moltitudine di soldati armati.
Non riuscì a dire nemmeno una parola che decine e decine di pallottole si conficcarono nel suo corpo.
Mario era morto così.
Morto per amore di una donna.
Avrebbe voluto far guadagnare altro tempo alla sua amata.
Ma era stato tutto inutile.
Purtroppo per lui, il suo sacrificio era stato inutile.
Subito dopo, i soldati trovarono anche Teresa, immersa nella sua disperazione e nel suo dolore.
«L’abbiamo trovata» fece uno dei soldati richiamando i suoi.
Ma la donna non voleva essere trovata.
Se l’avessero presa con loro, l’avrebbero rispedita a casa dei suoi genitori.
Non voleva passare il resto della sua esistenza in convento.
Ormai non aveva più senso rimanere in vita.
Il suo amato era morto.
E fu così che, riuscendo a disarmare il soldato che la stava trascinando contro la sua volontà, la giovane donna si sparò in pieno stomaco, morendo anche lei in quella tragica notte di metà autunno tra il freddo pungente e il vento impetuoso.

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