Come un assolo di violino di Rinalamisteriosa (/viewuser.php?uid=52428)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** fēn miǎn (partorire, dare alla luce) ***
Capitolo 2: *** fù qīn (padre) ***
Capitolo 3: *** mǔ qīn (madre) ***
Capitolo 4: *** fù mǔ (genitori) ***
Capitolo 5: *** jí bìng (malattia, infermità) ***
Capitolo 6: *** péng yǒu (amico) ***
Capitolo 7: *** chuí shì (ciondolo) ***
Capitolo 8: *** sǎn (ombrello) ***
Capitolo 9: *** chèn shān (camicia) ***
Capitolo 10: *** xiǎo tí qín (violino) ***
Capitolo 11: *** jìjié (stagioni) ***
Capitolo 1 *** fēn miǎn (partorire, dare alla luce) ***
v
fēn
miǎn
Non
esiste sensazione più bella, per una neomamma, di partorire una nuova vita che
possa crescere sotto la sua guida esclusiva, circondata dall’amore
incondizionato di due persone unite in matrimonio. Sembra il perfetto
coronamento del suo cammino, che prima l’ha condotta a Londra, che le ha fatto
incontrare Jonah Carstairs, che le ha concesso di donargli il suo cuore, la
totalità del suo essere, fino a quel preciso istante.
Dare
alla luce un bambino così piccolo, frutto di un amore così grande, è commovente,
è meraviglioso, è qualcosa che Ke Wen Yu non riuscirebbe a esprimere nemmeno in
musica, non sul momento almeno.
Così,
sotto la vastità del cielo di Shanghai, sotto il tetto consacrato dell’Istituto
cinese, la giovane donna avvolge quel fagottino pieno di vita in un abbraccio
morbido, delicato e prudente, cullandolo leggermente e sorridendo intenerita fra
le lacrime.
«Ke Jian Ming», lo chiama in un sussurro
emozionato, sfregando piano la punta del naso contro quello minuscolo del suo
bimbo. «Benvenuto al mondo».
___
Nickname sul forum e su
EFP:
Rinalamisteriosa Fandom:
Shadowhunters (pre-TID) Personaggi e
pairing (se presente): James Carstairs, Altro personaggio (no pairing) Prompt (se presente):
Abbraccio Numero Parole: 162 (su
Utelio) Note autore (se
necessarie): Come
l’assolo è una composizione breve contenuta in un brano più lungo eseguito da un’orchestra
(una parte in cui il violino, in questo caso, è solista), così la mia raccolta
vuole essere un insieme di momenti a caso su Jem
Carstairs.
Comunque
andrà, ho adorato scrivere questi brevi spaccati, spero vi piacciano
**
Il
titolo del primo capitolo è un verbo e significa “partorire, dare alla luce”.
Ovviamente in lingua cinese <3
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Capitolo 2 *** fù qīn (padre) ***
v
fù
qīn
Cinque
anni.
Questa
è l’età giusta per incominciare lo studio di uno strumento
musicale.
I
genitori, in particolare Jonah Carstairs, si dimostrano curiosi di scoprire se
anche il piccolo Jem provi la stessa attitudine profonda verso la musica, una
passione in comune che li ha attratti come poli opposti, fin dal primo giorno in
cui si sono incontrati nella capitale dell’Impero
Britannico.
Per
verificare se il figlio ha la musica nel sangue, l’uomo suggerisce di collocare,
in due diverse postazioni della camera da letto, il suo violino e il qin della moglie. Ke Wen Yu si offre di
andare a prendere il bambino. Dopo averlo sorpreso a disegnare su alcune
pergamene con le piccole
dita macchiate d’inchiostro, la donna si premura di renderlo presentabile, per
poi accompagnarlo dal suo fù
qīn
dai capelli biondi.
«Adesso,
Jem, papà ti vuole chiedere di fare una scelta: sulla sedia accanto alla
finestra abbiamo messo il mio violino, lo vedi? Invece, sul tavolino accanto al
paravento dipinto della mamma, c’è il suo prezioso qin. Quale preferisci imparare? Il tuo
istinto, James, verso dove ti guida?».
Quando
il figlioletto intuisce spontaneamente ciò che suo padre gli sta chiedendo
gentilmente, in ginocchio per trovarsi più o meno alla sua stessa altezza, Jem
sposta gli occhi scuri da uno strumento all’altro, per poi dirigersi, a rapidi e
piccoli passi, verso la sua scelta finale. Poi, si volta di nuovo verso il
suo
fù
qīn
ed egli annuisce, soddisfatto. Anche la madre è felice, nonostante la decisione
non la riguardi e coinvolga, perché pensa che Jian la renderà orgogliosa
ugualmente.
Infine,
sorride materna, quando Jonah gli si avvicina per raccontare le origini del suo
bel violino.
____
Prompt: nessuno
Numero parole: 272
Nota: Qui il titolo significa
“padre”.
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Capitolo 3 *** mǔ qīn (madre) ***
v
mǔ qīn
«Jian», lo interpella la voce melodiosa
di sua madre, Ke Wen Yu, mentre lui attraversa il salotto, in parte abbellito
nello stile orientale, in parte arredato con la mobilia proveniente dalla
lontana Inghilterra, con l’intento di sgattaiolare in giardino. Tuttavia, Jem
ode quella voce a lui cara e familiare, fissandola
curioso.
«Piccolo,
non restare lì, avvicinati», continua ella, accompagnando la frase appena
pronunciata con il suono incantevole proveniente dalle corde del qin, pizzicato sapientemente dalle sue
dita sottili. Il bambino obbedisce e la Shadowhunter cinese, appassionata di
musica, china la testa dai capelli scuri raccolti con una spilla floreale e
riproduce un’altra gradevole armonia con le sue mani. Jem, composto, occupa una
sedia accanto alla madre e l’ascolta senza fiatare, a bocca aperta. Anche se la
sua preferenza è andata subito allo strumento paterno, un bel violino fabbricato
dal liutaio Guarnerni per un giovane Jonah prima che lui nascesse, il piccolo è
felice che, talvolta, lei si esibisca: Jem, in questo modo, impara a intuire
direttamente la lezione impartita e al contempo percepisce quanto la sua mamma
tenga a lui.
Perché
la sua mǔ qīn
sta suonando la gioia che le illumina il viso, l’amore che cambia la vita in
pieno e l’orgoglio materno.
____
Prompt: Mani
Numero parole: 202
Nota: Qui il titolo significa
“madre”.
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Capitolo 4 *** fù mǔ (genitori) ***
v
fù mǔ
Di
Shanghai, la mia città natale, sono solito rammentare l’architettura simmetrica
delle case allineate, le strade spianate e affollate di mondani impegnati nelle
varie attività commerciali, il tempo variabile – talvolta mite e sereno,
talvolta umido e piovoso –, l’odore d’incenso e quello speziato nei piatti
tipici della tradizione cinese.
Durante
il giorno, le caratteristiche lanterne ornavano le semplici facciate
tradizionali, mentre di notte illuminavano stupendamente l’ambiente urbano,
erano capaci di dissipare le tenebre, di scacciare naturalmente i
demoni.
Erano
talmente belle, quelle lanterne rosse, così luminose, con quella forma
particolare, ovoidale oppure cilindrica, costituita da un materiale delicato e
da sottili frange ondulate al minimo soffio di vento.
Secondo
un’antica e diffusa tradizione, se qualcuno costruisce una lanterna di carta,
molto più maneggevole e leggera rispetto a quelle color cremisi, può tracciarvi
sopra un desiderio, poi lasciare che essa leviti su, nel cielo notturno,
lentamente, un lumino acceso che punta verso l’alto, donando meraviglia e
speranza a chi segue il suo volo con lo sguardo.
Immagino
spesso che, se io fossi stato un bambino mondano e non uno Shadowhunter,
probabilmente avrei chiesto la fine degli investimenti sull’oppio. Era
degradante assistere alla follia inspiegabile e alla dipendenza esagerata degli
uomini verso quella particolare polvere, verso il fango straniero, anche per me, un
fanciullo pacato e gentile, un bambino destinato, in futuro, a divenire un
guerriero.
Mio
padre e mia madre mi mormoravano amorevolmente di non curarmene, riportandomi
poi all’Istituto gestito da loro, distraendomi con le lezioni di violino e i
primi studi a me accessibili, i rudimenti del sapere degli
Shadowhunters.
Lei
mi mostrava pazientemente come lanciare i coltelli, poiché aveva avuto sempre
un’ottima mira ed era una vera maestra con i pugnali, mentre lui m’insegnava a
tenere l’archetto e il violino, a suonarlo e a prendermene
cura.
Entrambi
mi confinarono in una prigione allora sicura e confortevole, in quella che
definivo naturalmente la mia casa, proteggendomi dai mali tremendi del mondo,
poiché ero soltanto un bambino spensierato, curioso e prudente, bisognoso di
attenzioni e di affetto.
Io
ero felice, ero sano e crescevo liberamente con la capacità innata di parlare
fluentemente il cinese mandarino e l’inglese, grazie alle perle di saggezza
dell’Oriente e grazie agli aneddoti affascinanti
dell’Occidente.
I
miei genitori erano come essenziali lanterne che rischiaravano la mia vita sì
solitaria, senza amici della mia stessa età, ma equilibrata e
tranquilla.
Non
immaginavo minimamente – come avrei
potuto saperlo? – che un demone superiore di nome Yanluo, in cerca di vendetta, avrebbe
osato distruggere tutto quanto il mio mondo. E consumare le loro vite
splendenti, spegnerle completamente, rovinando così la mia vita, compromettendo
irrimediabilmente la salute del mio corpo, torturandomi fisicamente e
mentalmente.
Tuttavia,
provavo e provo un’infinita gratitudine verso i miei adorati genitori per avermi
donato le conoscenze necessarie per stare nel mondo: nonostante gli effetti del
veleno demoniaco mi avessero condotto al delirio, io ne ero uscito vivo.
Debilitato,
ma vivo.
Mi
ero aggrappato tenacemente alla vita.
Per
loro, soltanto per loro, ero diventato una lanterna dalla luce sì fioca, ma
difficile da spegnere.
____
Prompt: Lanterne
Numero parole: 490
Note: Il titolo significa “genitori”.
Inoltre, questa è la prima flash della raccolta con il POV di Jem, in prima
persona e con i tempi del racconto. Non sarà l’unica ;)
Per le flash immediate e gli spaccati
di vita, continuerò a usare la terza persona.
Grazie per aver letto
^^
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Capitolo 5 *** jí bìng (malattia, infermità) ***
v
jí
bìng
Durante
i primi dieci anni a Shanghai, mentre trascorrevo felicemente l’infanzia, non
avevo mai richiesto, né preteso, né osato sperare di avere degli amici con cui
passare il tempo.
Non
ne sentivo francamente il bisogno impellente, non ne avvertivo la
mancanza.
Ero
sereno insieme alla mia famiglia, ai miei cari genitori: pensavo che fossero
tutto ciò che contava, i due pilastri portanti di un edificio stabile. Anelavo
spensierato la loro compagnia e quell’amore puro, senza pretendere nulla in
cambio, se non renderli fieri.
Poi,
improvvisamente, tutto sparì.
I
miei cari, morti, perduti per sempre.
La
mia salute, irrimediabilmente compromessa dal veleno demoniaco di Yanluo.
Lo
yin fen, l’unico palliativo capace di
salvarmi e al tempo stesso di accorciarmi la vita.
Poi,
una nave mercantile, che salpava spedita verso l’Inghilterra, con a bordo me, un
ragazzino dagli occhi spenti, dall’espressione vacua, seduto sopra un baule
contenente le cose più preziose e abbracciato all’astuccio del
violino.
Una
leggera striatura color cenere spuntava fra i miei capelli marrone scuro, quasi
nero, il cui colore sarebbe sfumato ancora, come conseguenza della droga
costrittiva e della malattia che m’indeboliva.
A
sentire i Fratelli Silenti, le mie aspettative di vita erano calate, perciò le
mie priorità dovevano cambiare: ormai non avevo più nulla da perdere, potevo
almeno tentare di farmi degli amici e di non ritrovarmi a combattere in solitudine. Non
sarebbe stato così difficile, no?
A
Londra, stabilitomi all’Istituto, avevo conosciuto la dolce fermezza di
Charlotte, la stravaganza creativa di Henry, la cieca lealtà di Thomas, la pura
suscettibilità di Sophie e il temperamento difficile di
Jessamine.
E
avevo conosciuto anche William, un ragazzino come me, un mistero latente e uno
spirito affine.
A
dodici anni non potevo ancora saperlo, ma queste persone sarebbero diventate ben
presto come una seconda famiglia per me, dopo che ero rimasto orfano della
prima.
____
Personaggi: James (POV); Altri, Charlotte,
Henry, Thomas, Sophie, Jessamine, William (menzionati)
Prompt: Famiglia
Numero parole: 294
Note: Seconda flash con il POV di Jem. Il
titolo significa “malattia, infermità”.
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Capitolo 6 *** péng yǒu (amico) ***
v
péng yǒu
All’Istituto
londinese, James Carstairs ha trovato, senza ombra di dubbio, il suo primo,
importante, amico in William Herondale.
Will
gli ha permesso più volte di insegnargli il lancio dei coltelli e di correggerlo
pazientemente dove sbagliava.
Lui
discorre spesso di molte cose, ma mai del suo passato.
Ride
delle sue battute occasionali e lo fa ridere a sua volta.
Si
appisola accanto al fuoco scoppiettante del camino dopo una lezione di storia
particolarmente noiosa.
Allontana
quasi tutti da sé, come temendo che una forza corruttiva insita dentro di lui
possa distruggerlo, farlo a pezzi e colpire tutti quelli che lo
circondano.
Jem
desidera dimostrargli che non è così. Non vuole mai che Will si dispiaccia per
la sua sorte inesorabile, perciò, quando riesce a superare un attacco causato
dalla mancanza di yin fen e si sente
abbastanza in forze per rassicurarlo, cerca di sdrammatizzare come meglio
può.
«Davvero,
William, non ti affliggere più: adesso sto meglio», riferisce tranquillamente
Jem, allargando le braccia magre e mostrando all’amico come si rimette in piedi
senza alcuno sforzo.
All’altro
fa bene conoscere almeno una persona nella vita con cui poter essere
semplicemente se stesso, senza bugie improvvisate e sotterfugi crudeli per farsi
odiare, perciò non mette da parte quella sincera preoccupazione che si desta
solo in sua presenza.
«Cosa
posso fare per te, James?» domanda ugualmente, davanti al sorriso stanco, ma
spiazzante e ostinato, di Jem, che a quel punto sospira
rassegnato.
“Non dire che ti dispiace. Dì che ti
allenerai con me”.
«Puoi
continuare ad allenarti con me», stabilisce Jem, compiendo quel passo che manca
per stargli di fronte, proprio come quando si erano passati un coltello da
lancio durante il loro primo incontro nella sala degli addestramenti, qualche
mese prima.
“Mi allenerò con
te”.
L’eco
di quella risposta risuona ancora nella mente di Will: quello è stato per lui il
primo, vero, contatto con qualcuno da quando era scappato di
casa.
Apre
la bocca, ma James non ha finito.
«E
puoi essermi amico. O forse ti aspettavi che chiedessi qualcosa al di fuori
della tua portata, avendo così una buona scusa per vagabondare in giro per
Londra?».
Stavolta,
udendo la domanda, Will riesce a distendersi in un sorriso, dandogli una pacca
affettuosa sulla spalla.
«Ormai
mi conosci bene», mormora. «Riprenditi presto, amico mio, poiché ho intenzione
di allenarmi con te fino allo sfinimento».
«Perfetto.
Non vedo l’ora».
____
Personaggi: James Carstairs, William
Herondale
Prompt: Amico
Numero parole: 384
Note: Il titolo significa proprio “amico”.
Ovviamente mi sono ispirata al prologo di Clockwork Princess (Londra, 1873), da cui ho preso le
frasi in corsivo, e agli inizi della loro amicizia, quindi ancora non sono parabatai.
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Capitolo 7 *** chuí shì (ciondolo) ***
v
chuí
shì
«Prima
Charlotte ti cercava».
Jem,
alzando tranquillamente lo sguardo attento dalle note ordinate di uno spartito,
avvisa Will di ciò non appena lo vede varcare la soglia della sala della
musica.
«Prima
non ero dentro l’Istituto. Ho fatto visita a un negozio dell’East End», si
giustifica l’altro con un sorriso sghembo, infilando una mano in
tasca.
«È
stata una visita fruttuosa?» domanda.
«Mi
auguro di sì».
Will
si avvicina e gli porge un ciondolo che riproduce una mano chiusa. È fatto di
giada, un materiale cinese. Rappresenta il primo oggetto che vede a ricordare a
James la sua Shanghai, perciò non può fare a meno di perdersi nuovamente nei
propri ricordi: l’Istituto, le case, il Bund, il fiume Huangpu, il quartiere commerciale, i
templi e le lanterne rosse.
«Mi
piace, sembra un pugno. Non l’ho comprato per me, ma l’ho visto e ho pensato a
quando mi hai accennato a quanto Londra sia diversa dalla tua città natale»,
motiva il ragazzino dai capelli neri arricciati, il palmo ancora aperto sotto il
balenio verde del ciondolo, osservando poi l’amico mentre accetta quel regalo
prendendolo con due dita.
«Questo
è un pensiero gentile. Davvero, ne sono sorpreso e
riconoscente».
Sorride
con delicata dolcezza, Jem, perché, per quanto William abbia i suoi segreti da
mantenere e di certo non sarà mai così invadente da chiedergli qualcosa a
riguardo, è bello constatare che, quando racconta qualcosa, lui gli presta la
giusta attenzione.
Lo
dimostra questo piccolo e inestimabile regalo, che il dodicenne ripone con cura
nella propria tasca quando Will si congeda da lui: allora lo sfiora il pensiero
di scendere nella cripta e di domandare ad Henry se, per caso, possiede una
catenina che non utilizza mai, per consentirgli di portare quel ciondolo
prezioso sempre con sé.
____
Personaggi: James Carstairs, William Herondale;
Charlotte, Henry (menzionati)
Prompt: Sorriso
Numero parole: 284
Note: Il titolo significa “ciondolo”. Per
questo spaccato, mi sono ispirata mi sono ispirata a una frase in Clockwork Angel: “Quando arrivai qui avevo dodici anni. Vedevo
solo quanto Londra fosse diversa da Shanghai e avevo nostalgia. Così Will andò
in un negozio dell’East End e mi comprò questo (…) sapeva che veniva dalla Cina,
così me lo regalò e io lo appesi a una catena per portarlo sempre con me. E lo
porto ancora”.
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Capitolo 8 *** sǎn (ombrello) ***
sǎn
Un
giorno, nella sala adibita per il consumo dei pasti principali della giornata,
Henry entra trafelato, dopo essere stato per ore impegnato nella cripta
dell’Istituto.
«Chiedo
perdono per il ritardo, ma sono riuscito nel mio intento!» esclama, scambiando
uno sguardo eloquente con Charlotte e avanzando, le braccia dietro la schiena,
come a voler celare qualcosa.
Non
si dirige al proprio posto in tavola, ma si ferma accanto a Jessamine.
Acconciata come una damina inglese, lei siede altezzosa e volta appena il capo
per scoccargli uno sguardo disinteressato, che muta in sorpreso, quando l’uomo
dai capelli rossi le mostra un grazioso parasole dai colori
chiari.
«Quello
è un ombrellino da signora…» osserva perplesso Jem, seduto sopra una sedia dallo
schienale vittoriano a sorseggiare una tazza di tè.
«L’ho
fatto per te», rivela Henry, impacciato, all’apprendista Shadowhunter, che in
realtà avrebbe desiderato essere ovunque tranne che lì: detestava che la
obbligassero ad allenarsi, a studiare lingue demoniache, a diventare come tutti
loro. Tuttavia, accetta quel dono inaspettato studiandolo con gli occhi
castani.
William,
stanco di mangiare il porridge di
Agatha, pone le posate sulla tovaglia, con l’intento di dire la
sua.
«Ci
stai prendendo in giro? Sei scomparso per farle un accessorio di moda?» obietta
dubbioso, volendo apparire sgarbato.
«Will…»
inizia Charlotte, però il sussulto improvviso di Jessamine fa scomparire ogni
rimprovero.
La
bella ragazza dai capelli biondi solleva il dito della mano destra, fissando
sconvolta il taglio carminio che si è procurata.
«Henry,
che significa? Ho semplicemente sfiorato i bordi del parasole e mi sono fatta
male!» si lamenta Jessamine, con la mano ferita tremante per lo shock. Senza
scomporsi, colei che gestisce l’Istituto si leva in piedi, affianca subito il
marito ed estrae lo stilo, per tranquillizzarla.
«Adesso
spiegale la situazione, caro. Non serve tenerlo nascosto, ormai è successo»,
decide Charlotte, tracciando un semplice iratze sulla pelle nivea della
ragazzina, che borbotta ancora.
«Il
mio dono è un’arma: ho rivestito i bordi con delle lame di elettro molto
affilate. Basta che tu apra l’ombrello e potrai utilizzarlo per attaccare e per
difenderti», espone l’uomo, guardando Jem e sorridendo imbarazzato, « l’idea mi
è venuta pensando al tuo bastone da passeggio, che nasconde una
spada».
«Non
preoccuparti, sono lieto che ti sia ispirato a un’arma di mio padre», mormora
bonariamente Jem, riponendo la tazza ormai vuota sopra il piattino. Poi si leva
in piedi, imitato da Will.
«Se
la cosa può esserti di conforto, io la trovo un’invenzione utile. Peccato che
Jessamine non sappia apprezzarla, ma sono sicuro che cambierà opinione quando si
troverà costretta a usarlo. Quando l’ombrellino le salverà la vita, ammetterà
l’evidenza e ti ringrazierà per il pensiero», conclude Jem, scambiando
un’occhiata d’intesa con l’amico.
«Jessamine
esagera sempre», commenta Will, sospirando. «Pensavo di andare in biblioteca,
vuoi accompagnarmi?».
«Certamente».
Con
i suoi occhi cerchiati d’argento a causa della malattia e della dipendenza da yin fen, James lancia un ultimo sguardo
comprensivo a Charlotte ed Henry, che stanno ancora parlando con un’imbronciata
Jessamine. Spera che un giorno anche lei si renda conto di quanto bene i due
coniugi facciano per tutti loro, ammaestrandoli, guidandoli con bontà,
attenzione e responsabilità.
____
Personaggi: James Carstairs, Henry Branwell,
Charlotte Branwell, Jessamine Lovelace, William Herondale
Prompt: ///
Numero parole: 503
Note: Il titolo significa “ombrello”.
Spero vi piaccia questo mio missing
moment di quando Jessamine ha ricevuto la sua arma, citata in Clockwork
Angel. Mi è piaciuto scriverlo **
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Capitolo 9 *** chèn shān (camicia) ***
v
chèn shān
Jem
deve far lavare le sue camicie chiare e le candide lenzuola che rivestono il
proprio letto più volte di quante vorrebbe. E si rincresce moltissimo per l’idea
di oberare la sensibile Sophie, già indaffarata con le altre mansioni domestiche
che le affida Charlotte, già obbligata dal suo ruolo di cameriera mondana a
servire la viziata, capricciosa e infelice Jessamine, del compito di togliere le
macchie di sangue.
Talvolta,
quando i colpi di tosse lo tormentano, James inumidisce fazzoletti di stoffa,
non più bianchi.
Quando
si ritrova sprovvisto di fazzoletti e si manifestano i primi sintomi, chiazza i
polsini delle camicie perché non sa come coprirsi la bocca,
altrimenti.
Quando
è costretto a letto dalla febbre alta e dalle allucinazioni incontrollabili, si
risveglia circondato da schizzi evidenti di quel liquido
vermiglio.
Talvolta,
e questo lui non se lo perdona, fa preoccupare Will, seduto nella poltrona
accanto al letto durante le veglie notturne. Da quando sono diventati parabatai, lui sostiene che quello è il
posto che gli spetta e Jem li vede, anche nel fievole bagliore della stregaluce,
i suoi occhi azzurri: essi tradiscono una profonda apprensione, un dolore in
parte condiviso, la muta colpa di non poter fare di più, che è capace di
incupirli in un blu torbido.
Eppure
William non ne è responsabile. Non è soltanto una malattia, Jem lo sa, e nemmeno
una normale dipendenza. Sembra una vera e propria punizione, un castigo
indesiderato, arrecato dalla brama di vendetta di un demone lontanissimo, che,
fortunatamente, non costituisce più un problema.
Ammette
candidamente che affrontare da solo un simile fardello avrebbe già ucciso
chiunque. A James avevano dato due, massimo tre anni di vita. Invece, è arrivato
ai sedici anni e sta ancora lottando contro tutto: la malattia, la dipendenza,
le ombre, i demoni, i Nascosti che infrangono gli accordi. Ha accettato da tempo
l’idea di morire, ma di certo non si lascerà andare così facilmente, non prima
di essersi almeno assicurato che il suo Will non rimanga da solo ad affrontare
la propria perdita prematura.
Accoglie
il timido bussare alla porta come un invito a ritornare alla realtà, spostandosi
dalla finestra della camera, da dove era intento a fissare il paesaggio esterno
senza realmente vederlo.
Apre
personalmente la porta a Sophie e lascia che entri a prendere quello che deve.
«Sophie… scusami. Non è facile rimuovere il sangue, vero?» domanda piano,
rispettoso del suo lavoro, mentre lei, riassettandosi il fiocco del grembiule,
guarda con espressione indecifrabile la sua camicia. “Oggi solo quella, per fortuna”. Non è
inverosimile immaginarla chinarsi su un secchio, con quell’arnese seghettato
usato apposta per strofinare i tessuti sporchi, lavorando con olio di gomito e
acqua fredda.
«Non
si preoccupi, signorino Jem, ci sono abituata», replica flebilmente Sophie, con
le guance imporporate e la testa china, facendo il suo dovere e congedandosi in
fretta.
Fuori
dalla porta, appoggiata alla parete, non vista né capita dal ragazzo, lei si
lascia andare a un sospiro affranto, trattenuto a stento, le dita strette sopra
il sangue nella camicia.
“Non è giusto. Perché a
Jem?”.
____
Personaggi: James Carstairs, Sophie Collins;
Will (menzionato abbastanza)
Prompt: Castigo
Numero parole: 496
Note: Il titolo significa “camicia”.
Accennino alla Sophie/Jem, direi a
senso unico, perché lui non hai mai visto la cameriera in quel senso, mentre lei ne era segretamente innamorata, mi pare. Sophie non conosceva ancora Gideon, del resto
XD
Siamo ormai vicini alla fine della
raccolta, perché dovete sapere che il contest scade domani e io avrò tempo
sufficiente per sistemare e concludere almeno le ultime idee
previste.
Grazie a chiunque sta leggendo
**
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Capitolo 10 *** xiǎo tí qín (violino) ***
v
xiǎo
tí qín
La
Campanella di
Paganini può sembrare una composizione per violino abbastanza complessa e
impegnativa, ma sicuramente è l’ideale per estraniarsi dal mondo e concentrarsi
sull’esecuzione fluida delle note musicali.
James
non ha neanche bisogno dello spartito con gli appunti di suo padre per
eseguirla, la conosce a memoria, come tanti altri brani di musica classica che
ha imparato da quando era piccolo.
Magro
come un chiodo, Jem posiziona il violino ben accordato fra il braccio, la spalla
e il mento. Con l’altro braccio solleva l’archetto, finché non lo passa sulla
prima corda, per poi inseguire alla perfezione la combinazione di note
memorizzata nella sua testa. Si lascia cullare dolcemente e profondamente dalla
musica, tanto da non badare ai primi rivoli di sudore che scivolano dalle
ciocche d’argento mentre suona lo xiǎo
tí qín.
Sente la cassa armonica vibrare, mentre fuoriesce il motivo dell’allegretto
grazioso.
E
quando arriva alla fine, percepisce che qualcosa – o meglio, qualcuno – si sta
strusciando sulle sue caviglie, facendo le fusa e richiedendo
attenzione.
«Church,
sei stato forse attirato dalla mia musica?» domanda in tono basso e pacato Jem,
riponendo momentaneamente l’adorato violino e l’archetto sopra lo scrittoio e
piegandosi su un ginocchio per accarezzarlo: il pelo del persiano grigio, con il
muso schiacciato e gli occhi gialli, è morbido al tatto. Tuttavia, a quanto ne sa,
l’adorabile animaletto che lui e Will hanno salvato dal rituale negromantico
della Signora Dark, non si lascia avvicinare da nessuno eccetto
Jem.
«Ti
sei proprio affezionato a me, eh», commenta intenerito il ragazzo, fissando il
musetto perennemente imbronciato di quell’animale
immortale.
«Comunque
potresti non graffiare mio fratello?
In fondo ha contribuito alla tua liberazione. Will è buono, anche se è
complicato da decifrare», lo ammonisce bonariamente, mentre la sua coda ciondola
da un lato e dall’altro, non si capisce se per assentire o per dissentire alle
sue parole in difesa del parabatai.
Tuttavia, Jem vuole sperare che sia un sì.
«Bravo
gatto».
_____
Personaggi: James Carstairs, Church; Will
(menzionato di nuovo XD)
Prompt: ///
Numero parole: 315
Note: Il titolo significa “violino”. Qui
siamo in pieno TID, non più prima. Da quando ho iniziato la raccolta, volevo
dedicare qualcosina anche a Jem e Church insieme. Finalmente oggi ci sono riuscita
** perdonate se non è granché, ma il tempo stringe. Più tardi arrivano le ultime
:D
https://www.youtube.com/watch?v=LJNWB-jMhB4 (Se volete
ascoltare il brano che suona Jem)
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Capitolo 11 *** jìjié (stagioni) ***
v jìjié
Autunno
Era
spenta e malinconica, Londra, impregnata di umidità autunnale. Foglie secche
cadute dagli alberi spogli riempivano i sentieri spianati dei parchi londinesi e
il familiare viale con cortile che circondava l’Istituto situato in Fleet
Street, ormai divenuto la sua casa. Nell’atmosfera nebbiosa, sotto il cielo
plumbeo, Jem non poteva fare a meno di pensare a quanto la sua salute rovinata
corrispondesse a quella deprimente e decadente stagione: un perenne autunno gli
gravava addosso come un macigno indesiderato. A sostenerlo, più del suo bastone
dal pomo a forma di drago, c’era una pragmatica accettazione di una morte
prossima e l’inossidabile tenacia di voler comunque provare a vivere, fino
all’ultimo secondo, per la sua seconda famiglia. Allora, nel silenzio, Jem
bramava di poter essere un autunno sì di passaggio, ma di quelli che rimanevano
impressi nella memoria a vita.
Inverno
Nella
lugubre e grigia Città Silente, dove da secoli riposavano le ossa degli
Shadowhunters caduti per garantire a essa solidità e protezione, Fratello
Zaccaria viveva un inverno ammantato di rinunce, sacrifici e
ricordi.
Costretto
a seguire le regole di una Fratellanza che egli si era imposto per poter restare
in vita, poiché questo era l’unico modo per sfuggire alla dipendenza dall’odiato
yin fen e alla morte ineluttabile
che, altrimenti, l’avrebbe accolto fra le sue braccia nel fiore degli anni,
James Carstairs aveva accettato tutto quel gelo con la stessa tollerante
stoicità e paziente rassegnazione dimostrata quando era ancora uno
Shadowhunter.
In
realtà, si riteneva sempre in quel modo e nemmeno l’inverno più duro gli avrebbe
fatto mutare opinione. In quella vita, anche se vissuta fra colpi violenti di
tosse, sangue vermiglio che macchiava tessuti e lenzuola, spossatezza
indesiderata, febbre alta e allucinazioni brutali, si era legato a William, il
suo parabatai. Il loro era un legame
che nemmeno lo stato di Fratello Silente e la lontananza avrebbe spezzato:
indissolubile, profondo, tenace.
Finché
avesse ricordato Will, sarebbe rimasto sempre Jem, anche se apparentemente, per
tutti o quasi tutti, lui era Fratello Zaccaria.
E
l’inverno più opprimente non avrebbe cancellato dalla sua mente nemmeno
l’immagine di Tessa, la loro Tessa, colei che entrambi
amavano.
Primavera
Quando
Jem pensava a Tessa, immaginava sovente la primavera.
Vedeva
meravigliato uno sconfinato campo di orchidee, che erano i suoi fiori
preferiti.
Alzava
felice lo sguardo verso un cielo sereno, senza nuvole dense di pioggia a
preannunciare l’arrivo imminente di un brutto temporale.
Percepiva
emozionato una leggera brezza che accarezzava la sua pelle risanata, non più
pallida come quella di un malato o fredda come quella di un Fratello
Silente.
Lui
era di nuovo James Carstairs, teneva il suo caro violino in posizione fra mento
e spalla ed era impaziente di suonarlo, di riversare nelle corde toccate
dall’archetto tutte le sue emozioni più intense, i sentimenti più belli, i
ricordi più vividi, da lui magistralmente convertiti in
musica.
Sarebbe
stato un assolo meraviglioso, sublime e commovente, il migliore che avrebbe
potuto suonare e lo avrebbe eseguito all’infinito, solo e soltanto per lei, la
sua casa. Lei, che era metà del suo cuore, perché nell’altra metà risiedeva suo
fratello.
Sposati
con la stessa persona, ma in due secoli diversi, la loro primavera comune aveva
accompagnato William fino all’ultimo istante della sua vita e sarebbe stata
vicina anche a lui.
Estate
Per
Jem, tutti i viaggi che avrebbe intrapreso con la moglie Tessa, sarebbero stati
una piacevole estate.
Lo
era passeggiare mano nella mano per le vie caotiche di una Londra diversa,
modernizzata, trasformata, rispetto a quando ci avevano vissuto loro più di un
secolo prima.
Lo
era visitare le spiagge assolate e calde della California, passare da Los
Angeles per salutare Emma Carstairs, sua lontana parente, per la quale si era
offerto di essere uno zio e un confidente sempre presente, appena avesse avuto
bisogno di lui.
Qualunque
città, qualunque luogo sulla terra, anche il Labirinto a Spirale e Idris,
sarebbe andato bene, purché Jem e Tessa fossero insieme.
Finché
avessero avuto quella preziosa e unica possibilità, tutti quegli anni ancora a
disposizione per amarsi e viaggiare, ne avrebbero approfittato senza riserve. E
una confortevole estate li avrebbe accompagnati, come il ricordo di Will,
incancellabile nei cuori e nella mente.
____
Personaggi: Jem Carstairs, Tessa Gray, William
Herondale (Accenni Herongraystairs)
Prompt: Pacchetto Stagioni (Autunno,
Inverno, Primavera, Estate)
Numero parole: 137, 208, 182,
146
Note: Ho lasciato per ultimo il famoso
trio di TID, perché sinceramente questi scritti non mi convincono molto, anche se sono stati i primi che ho scritto. Tuttavia, più di così non sono riuscita a sistemarli, spero vi piacciano ugualmente ^^ sono riflessioni generali, diciamo.
Il titolo finale significa “stagioni”.
La raccolta finisce qui, ma non è
escluso che io ritorni ** grazie a tutti/e! <3
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