Deadly rubies

di Theironlady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Compromesso ***
Capitolo 3: *** Scelta ***
Capitolo 4: *** Assassinio ***
Capitolo 5: *** Determinazione ***
Capitolo 6: *** Trappola ***
Capitolo 7: *** Complicità ***
Capitolo 8: *** Finale ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Fujiko camminava elegantemente; strisciava tra i tavoli in legno lucido e le persone che li riempivano, intente per lo più a giocare d’azzardo scommettendo altissime somme e proprietà di cui disponevano.  Molti uomini erano attorniati da bellissime donne in abiti succinti, che li seducevano con finti baci e carezze, con l’unico scopo di strappare loro quanto più denaro possibile.
Lei sapeva di trovarsi in un posto particolarmente altolocato, di nicchia e perciò gremito di ricchi ereditieri, uomini che non sapevano neppure come spendere tutta la loro fortuna se non nei vizi, nel gioco e nelle donne. In effetti, sembrava quasi che quel posto fosse stato creato appositamente per lei, per esaltare il suo fascino, permetterle di mettere in gioco tutte le sue armi, sia l’astuzia che l’assoluta bellezza che la contraddistingueva.
Il brusio della gente era mascherato da una leggera melodia al pianoforte, situato in un palchetto illuminato al centro della sala, mentre il resto stava immerso nella penombra.
Lì Fujiko lo trovò, seduto al bancone del bar, con un bicchiere di bourbon tra le mani e una sigaretta piegata tra le labbra, mentre in un piattino accanto a lui ce n’erano molte altre immerse nella cenere, testimoni di un’attesa nervosamente impaziente.
Fujiko la volle interrompere sedendosi al suo fianco con disinvoltura e ordinando per lei un altro bicchiere di liquore. Si tolse la pelliccia e la poggiò sullo sgabello vicino, scoprendo un raffinato abito di seta bianca che le fasciava il corpo tanto perfettamente da sembrarne parte integrante;
Jigen le diede una rapida occhiata, cupa, distratta, per poi ingoiare di colpo l’intero bicchiere.
<< Hai derubato una banca o ti sei sposata con l’ereditiere più ricco del Paese? >>
Accolse con una risata il tono sarcastico quanto denigratorio dell’ex sicario;  in fondo la divertiva. Non capiva mai se lui la detestasse più per il modo in cui riusciva a ottenere ciò che voleva, oppure, semplicemente perché lei era Fujiko Mine.
<< Gentile come sempre, Jigen. >>
Non lo disse con rabbia né con cattiveria; piuttosto con affetto, come quando si perdona un bambino per aver fatto un dispetto soltanto per attirare l’attenzione.
<< Sono l’accompagnatrice di una persona. >> aggiunse, indicando con lo sguardo un individuo che aveva tutta l’aria di essere un importante boss della mafia o qualcosa di ancora peggiore, nonostante fosse appena un ragazzo, impegnato in una lunga partita a Poker e circondato da quattro o cinque scagnozzi.
<< Tony Morello, detto “Big Shark”.  È uno dei criminali più ricercati d’America, è riuscito in brevissimo tempo a scalare le vette della malavita nonostante la sua giovane età. Dicono che abbia ucciso suo padre a sangue freddo per prendere il suo posto, perciò è particolarmente temuto, tuttavia  ossessionato dal fatto che una delle sue gang avversarie stia cercando di liberarsi di lui per prendere il suo territorio; dubbio fondato, naturalmente. Ho parlato con lui, gli ho detto che conosco un uomo che potrebbe aiutarlo, un ex sicario, un tiratore scelto, il più bravo del mondo, o almeno così dicono. >>
<< Puoi scordartelo. Non ho intenzione di avere a che fare con persone come lui, ho abbandonato questo ambiente da parecchi anni ormai e preferirei farmi saltare in aria le cervella piuttosto che tornarci. >>
La risposta di Jigen fu netta, tipica di chi non avrebbe tollerato alcuna obiezione. Prese a tamburellare il dito sul tavolo di legno per sfogare l’irritazione che gli aveva causato quella richiesta, insensata per giunta. Scoprire che Fujiko aveva chiesto di incontrarlo tanto insistentemente gli aveva lasciato una vena di curiosità, oltre che di chiaro fastidio, tuttavia una parte di lui era quasi dispiaciuta nel scoprire che quello era stato il motivo del suo invito.
<< Non essere così cocciuto, non credere che potrei proporti qualcosa del genere per niente. Tutti conoscono la ricchezza di Morello, e oltre al cospicuo pagamento che potrebbe darci, l’ho sentito parlare riguardo a una certo giacimento di rubini di cui è in possesso. Pensa Jigen, impossessarci di tutti quei bellissimi rubini! >>
<< A me le pietre non interessano, né tantomeno rischierei la vita per una manciata di banconote. Non dovresti farlo neanche tu, Fujiko. >>
<< Sei davvero ottuso. Possibile che tu voglia rifiutare un’occasione d’oro come questa? >>
<< Perché non chiedi aiuto a Lupin? Mi hai già fatto perdere fin troppo tempo con queste stupidaggini. >>
Il pistolero fece per alzarsi con fare seccato, ma Fujiko lo fermò afferrandogli prontamente il braccio.
<< Jigen, mi serve il tuo aiuto. Il tuo, non quello di qualcun altro. >>
Glie lo disse così seriamente da farglielo credere davvero. Forse, in fondo, stava dicendo la verità.
<< Ascoltami bene >> iniziò, alzandosi in via del tutto eccezionale il cappello dagli occhi per poterla guardare, per farle capire che quello sarebbe stato un discorso serio e impegnativo. << Stavolta potresti esserti  cacciata seriamente nei guai, più del solito. Quello non ha l’aria di essere un semplice ragazzino alle prime armi. Io sono ancora in tempo per andarmene e dimenticare questa storia, ma tu, stupida, ci sei dentro fino al collo. >>
Fujiko aggrottò le sopracciglia, rubò la sigaretta dalle labbra di Jigen e la portò alle sue con naturalezza, traendo tutto d’un fiato l’ultimo respiro di tabacco rimasto, per poi spegnerla sul posacenere.
Quel gesto gli confuse i pensieri per un brevissimo istante.
<< Ci sei dentro quanto me, caro mio. Perché credi che siamo venuti qui stasera, se non per incontrare te?  Morello sa che non potrai rifiutare la sua offerta. Vedi quelle due guardie all’entrata? Le ha piazzate lui, sono certa che tu le abbia già notate da solo. Perciò, io credo che tu abbia davvero poca scelta. >>
Jigen strinse i pugni e si morse le labbra. Niente avrebbe potuto farlo infuriare quanto venire incastrato da quella maledetta donna e si detestò per aver accettato di incontrarla, promettendo a se stesso che non l’avrebbe fatto mai più.
<< Giuro che quando ci tireremo fuori da questa situazione di merda in cui mi hai ficcato, te ne farò pentire amaramente. >>
Fujiko emise una risata cristallina che gli diede ancora più sui nervi, poi fece un cenno al Boss in fondo alla sala, che sentiva già la mancanza della sua bella accompagnatrice.
Jigen la osservò infastidito, come se una parte di lui volesse impedirle di tornare da quell’uomo, anzi, portarla via da quel posto, metterla al sicuro. Scosse la testa. No, non spettava a lui farlo.
Fujiko non sarebbe mai stata disposta a farsi mettere in gabbia.
<< Ci vediamo domani a mezzogiorno, al Black Widow; Morello vorrà parlarti. Non tardare. >>
<< Hai intenzione di stare con quel ragazzino fino ad allora? >>
<< Passerò la notte con lui naturalmente, ma non devi preoccuparti di questo. >>
La ladra si avvicinò al suo orecchio abbastanza da sussurrargli qualcosa che avrebbe potuto sentire soltanto lui.
<< Penserò a te. >>
E stampatogli un rapidissimo bacio sulla guancia corse via, lasciandolo solo con i suoi pensieri.

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Capitolo 2
*** Compromesso ***


Dopo quell’incontro Jigen era rimasto fino a tarda notte in quel bar, continuando a farsi riempire il bicchiere finché era crollato sul bancone privo di forze, svegliandosi soltanto il giorno successivo in tarda mattinata.
Aveva riflettuto e analizzato ogni maniera possibile per tirarsi fuori da quella condizione fastidiosa e l’unica cosa che aveva davvero realizzato era che sarebbe stato meglio non contattare né Lupin né Goemon, per non rischiare di mettere in pericolo anche loro. O forse, d’altra parte, non riusciva a mandare giù l’idea di essersi fatto incastrare così facilmente da Fujiko, e non voleva che gli altri lo scoprissero.  Chissà quanto avrebbe riso di lui Lupin, a cui tanto rimproverava la sua cieca e morbosa ossessione per quella donna.
Si era perciò trascinato fuori dal bar fino al Black Widow, dove avrebbe dovuto incontrare Fujiko insieme a Tony Morello,  che probabilmente lo aspettavano già all’interno.
Il sole di mezzogiorno lo colpiva fortissimo, l’afa estiva lo costrinse ad allentarsi la cravatta. Osservò per qualche minuto l’insegna in nero, spenta, come per indicare che quel luogo fosse chiuso almeno da parecchio tempo; aveva tutto l’aspetto di un bizzarro locale notturno, probabilmente a luci rosse.
Diede qualche colpetto alla porta d’ingresso, e pochi istanti dopo la porta si aprì, e Jigen si trovò davanti un paio di scagnozzi del boss che lo squadravano con aria decisamente poco amichevole.
<< Muoviti, il boss ti sta aspettando. >>
E detto ciò, lo trascinarono attraverso una serie di corridoi bui fino a giungere ad una stanza isolata, dove Tony Morello e Fujiko stavano comodamente seduti su un divano, impegnati a sorseggiare del vino.
Quando Jigen si sedette, decise di aspettare che fossero loro a parlare per primi; lui si sarebbe limitato a tenere la sua magnum tra le mani, pronto a qualunque evenienza.
<< Allora, tu saresti il famoso Jigen. >>
La voce del Boss era vivace, vispa, in tono col suo aspetto giovanile e allo stesso tempo elegante; indossava un completo gessato di colore viola acceso, lucido, e teneva un garofano nel taschino della giacca, forse come auspicio per i suoi avversari. I suoi capelli chiari stavano pettinati all’indietro, e per il resto, il ragazzo aveva un aspetto quasi ossessivamente curato, tanto da apparire stravagante.
Fujiko indossava un abito di classe anche quella volta, nero e corto, e osservava Jigen intensamente. Poi, versò per lui del vino e glie lo porse.
Lo rifiutò, spostando leggermente il bicchiere verso di lei.
<< Guarda che non vogliamo mica avvelenarti, sta’ calmo. >>  ridacchiò lei.
<< Veniamo al dunque. Tu sai perché ti trovi qui. >> cominciò Tony, alzandosi e intimando a Jigen di fare lo stesso, poi gli cinse la spalla con un braccio come per dargli l’idea di volergli parlare più da vicino, di metterlo al suo stesso livello, e presero a passeggiare per la stanza.
<< Scommetto che ti stai chiedendo come un ragazzo giovane come me sia riuscito a salire a capo della più pericolosa associazione criminale d’America. >> iniziò, quasi non vedesse l’ora di vantarsi dei propri risultati e del modo in cui li aveva raggiunti.
<< Non mi interessano i convenevoli. Cosa ti serve da me? >>
Morello rise, e accendendosi un sigaro se lo portò tra le labbra, mentre intanto cingeva la spalla di Jigen con ancora più convinzione.
<< Mi piaci, sei un uomo deciso. Beh, semplicemente, ho un piccolo lavoretto da affidarti. Non dovrebbe essere complicato per te, a giudicare dalle voci che circolano sul tuo conto. Si tratta soltanto di eliminare dei miei… diciamo così, oppositori. Sai come funziona, quando sei al potere tutti quanti tentano di sottrartelo, ma io questo non lo posso permettere. >> 
<< Questo ambiente non mi è nuovo, e sinceramente, non mi andrebbe affatto di tornarci. >>
Il boss gli si allontanò, dandogli una rapida pacca sulla spalla.
<< Io sono un boss della malavita, è vero, ma sono anche un uomo di parola. Ho già promesso a Fujiko una somma contingente in cambio della tua collaborazione, ma penso che, forse, con te non basterebbe lo stesso mezzo di persuasione. Cosa vuoi in cambio, da me? >>
Jigen non ci pensò due volte prima di rispondere. << Farò il mio lavoro. Eliminerò i tuoi oppositori, tutti quanti, ma a quel punto il patto sarà sciolto e dovrai lasciarci liberi, come se  le nostre strade non si fossero mai incontrate. >>
Morello spostò per un attimo il sigaro dalla bocca, giusto il tempo per emettere una fragorosa risata.
<< Con te, certo, avrei finito. Ma non crederai che Fujiko vorrà seguirti, caro mio. Guardala. >>
E ciò dicendo gli afferrò il volto per dirigere lo sguardo del pistolero verso di lei, beatamente seduta sul divano.
<< Vedi? Lei è fatta per questo mondo. È giovane, furba, bellissima e tremendamente attratta dal denaro e dalle ricchezze. Non desidera altro. Perché dovrebbe accettare di andare via con te, quando io posso offrirle tutto questo? >>
<< E tu invece, che cosa ci guadagni? >>
<< Io e Fujiko siamo due anime simili, ci comprendiamo perfettamente. E poi, mio caro, non è certo un fastidio avere compagnia la notte, soprattutto con una ragazza bella come lei. >>
Lo sguardo del pistolero s’incupì per un attimo. Non poteva certo dargli torto, Fujiko era felice come forse non lo era mai stata. E per quanto una parte di lui si rifiutasse di credere che quella donna fosse davvero tanto materialista e spregiudicata, l’evidenza mostrava chiaramente il contrario.
<< Bene allora; mi lascerai andare alla fine del lavoro. >>
<< Hai la mia parola. >>
Sorridendogli, Tony Morello allungò una mano verso di lui. Con fare incerto Jigen abbandonò per la prima volta da quando era
entrato la presa sulla sua magnum, per stringere la mano di lui e suggellare così quel patto che sperava con tutto se stesso di concludere il prima possibile.

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Capitolo 3
*** Scelta ***


Sia Fujiko che Jigen erano stati trascinati, quella sera, in una sorta di incontro organizzato dal Boss, insieme a tutti gli altri membri del suo gruppo criminale. 
Ci avevano messo pochissimo tempo prima di darsi all’alcool, svuotando quasi completamente la riserva di alcolici, una grande teca di vetro alta fino al soffitto, riempita con ogni genere di bevanda. 
Morello prediligeva il vino rosso; ne teneva centinaia di bottiglie di diversa provenienza, che conservava appositamente per le occasioni. Alcune, sosteneva fossero state comprate dalla sua famiglia all’asta per migliaia di dollari, altre esportate dall’Europa.
Parte dei suoi scagnozzi si era accasciata in qualche divano, rintontita dall’alcool e dalla stanchezza, mentre gli altri si erano riuniti tra loro per giocare a carte in modo quasi violento, non trattenendosi dall’uso delle pistole, creando un baccano che sembrava divertirli particolarmente.
Un po’ meno divertito era Jigen, che per tutta la sera era rimasto per i fatti suoi, in disparte. Aveva afferrato una bottiglia di whisky e se l’era scolata intera senza troppe cerimonie, finchè accortosi di non riuscire più a tenere aperte le palpebre capì che era il momento adatto per ritirarsi. Andò a chiudersi in una delle tante stanze del locale, la prima che gli capitò a tiro e appena entrato si tolse giacca e cravatta, quasi strappandosele via e lasciandole cadere sbadatamente sul pavimento, prima di sedersi sul letto, esausto.
Fujiko, che fino a quel momento era stata abbracciata a Morello e completamente focalizzata su di lui, aveva seguito con lo sguardo il suo amico pistolero e quasi come un richiamo inconscio decise di seguirlo, liquidando il Boss con un bacio sulle labbra e giustificando il suo ritiro fingendo una tremenda e insopportabile stanchezza.
Non bussò, non si chiese come dovesse approcciarlo. 
Lo vide in penombra, la guardava, mentre apriva la porta facendo entrare uno strettissimo spiraglio di luce che richiuse alcuni istanti dopo, per far calare nuovamente la stanza in quel chiaroscuro in cui sarebbe stato ancora più facile abbandonare il contatto con la realtà e lasciarsi trasportare dagli impulsi.
Si avventò sulle labbra di lui in maniera del tutto funesta, incontrollata e carica di passione repressa, che neppure lei aveva coscienza di avere. 
Jigen assecondò quella stretta, forse per la stanchezza, forse perché credeva di essersi già addormentato da tempo e di starsi godendo un sogno fatto di pura immaginazione.
Intanto il loro bacio era sfociato in qualcosa di più ancora più spinto e travolgente; fu lui stesso a bloccare Fujiko a una parete e spogliarla furiosamente, staccando le labbra da quelle di lei soltanto per spostarle sui suoi seni, che intanto aveva liberato dal reggiseno e che stringeva lussuriosamente tra le mani e mordendoli, strappandole un gemito che ebbe su di lui un effetto tale da rendergli del tutto impossibile nascondere la sua eccitazione.
Fujiko, per provocarlo ulteriormente, prese la mano di lui e la guidò fino al suo interno coscia, dove la lasciò proseguire stringendosi a lui e baciandogli il collo mentre tentava di sbottonargli la camicia, bagnata di sudore a causa dell’aumento di temperatura del corpo di lui.
Quando però arrivò ai suoi pantaloni, il pistolero ebbe una sorta di reazione inconscia che lo costrinse ad aprire gli occhi, e solo allora, vedendo la ladra nuda tra le sue braccia, realizzò che ciò che vedeva stava accadendo davvero.
Le si allontanò di scatto, sgusciando all’angolo opposto della stanza e rivestendosi in fretta, con espressione confusa e tremendamente colpevole.
<< Jigen… >>
Sussurrò il suo nome come per esigere delle spiegazioni. Era rimasta ferma, ancora incerta su come reagire e su cosa fare. 
<< Non parlarmi. Esci da questa stanza e non tornare. >>
Non voleva sottostare a quel tono serio, e tentò nuovamente di avvicinarsi a lui per abbracciarlo, ma ancora lui la respinse, stavolta dandole un forte schiaffo sul viso che la colpì in pieno, e tanto forte da farla cadere al suolo.
Per qualche secondo, Fujiko rimase immobile con gli occhi spalancati, come incredula; quando realizzò quello che era successo si alzò e uscì dalla stanza, slittando diretta dove sapeva di trovare Morello che, impazientemente, la stava aspettando.
Sfogò con lui l’eccitazione che prima l’aveva avvolta e non poté evitare di immaginare Jigen, al posto del Boss; forse per ripicca contro di lui o perché pensare alla loro situazione di quella sera, ancora le faceva un effetto che non riusciva a placare.
Alla fine, Fujiko si ritrovò perfino ad abbracciarlo, mentre condividevano un sigaro che si passavano l’un l’altro, intervallando dolci baci sulle labbra. 
<< Sai Fujiko, nessun uomo dovrebbe permettersi di picchiare una donna, tantomeno una bella come te. Voglio farti una proposta. >>
Lei alzò lo sguardo verso di lui, incuriosita.
<< Ti mostrerò dove tengo i miei rubini, e ti permetterò di prenderne quanti ne vorrai, se al termine del lavoro riuscirai a uccidere Jigen. >>
<< Uccidere Jigen? Perché dovresti volerlo morto? >> rise, pensando per un momento che volesse prenderla in giro.
<< Semplice; una volta completato il lavoro, uno come lui mi sarebbe soltanto d'intralcio. E non potrei permettere che andasse a raccontare in giro della cosa, tu mi comprendi, non è vero? dopotutto, non credo tu debba tenere molto a quel poveraccio. >> Disse quelle parole con un disprezzo che Fujiko non comprendeva, e che non poteva essere dovuto soltanto ad una possibile istintiva antipatia nei suoi confronti. Avrebbe voluto comprendere di più, ma sapeva che forse, azzardare qualche domanda scomoda sarebbe potuto esserle fatalmente pericoloso.

<< E come dovrei fare? lui è molto più forte di me, senza contare che con la sua pistola è praticamente imbattibile. >>
<< Andrai con lui domani, per assicurarti che completi bene il lavoro. Quando avrà finito, salirete entrambi su un’auto nera carica di esplosivo, che farò parcheggiare sul retro del locale. Ti basterà guidare fino a un posto isolato. Tu scenderai subito, con una scusa qualsiasi, e ti allontanerai in tempo, a quel punto, ti basterà premere questo pulsante. >> spiegò, porgendole un piccolo telecomando. << E il gioco è fatto. >>
Fujiko se lo rigirò tra le mani, con espressione perplessa.
<< Non credo che Jigen sia così ingenuo da restare in auto mentre io mi allontano. Cosa mi assicura che tu voglia davvero dividere con me tutti quei rubini?  >>  sotto la sua voce da gattina ferita, la ladra nascondeva delle intenzioni più che decise.
Morello ridacchiò, aprendo un cassetto e cominciando a rovistare al suo interno, per poi tirare fuori un foglio e consegnandolo a lei. << Facciamo così, allora. Tieni. >> 
<< Mh? >>
<< Questa è la mappa. Vedi? In rosso è indicato il punto esatto del giacimento, non puoi sbagliare. Sei libera di andarci dopo che avrai eliminato Jigen, ma ovviamente dovrai portare con te una prova. I miei uomini che stanno di guardia la analizzeranno e allora potranno farti passare. Contenta, piccola? >>
Fujiko gli sorrise teneramente, ringraziandolo con un rapido bacio sulla guancia.
<< Tu sì che sai come fare felice una donna. >>

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Capitolo 4
*** Assassinio ***


Jigen stava seduto, teneva i gomiti sul tavolo e le mani conserte, sulle quali aveva poggiato il mento, esibendo un’espressione cupa e impenetrabile. Non bastava coprirsi lo sguardo con l’ombra del suo fedele cappello, non bastava neppure restare di spalle e controllare tutti coloro che man mano entravano nel ristorante attraverso il loro riflesso sulla grande vetrata di fronte a lui.
Ormai il sicario aveva analizzato tutto, ogni singolo anfratto di quel rinomato ristorante italiano, che aveva la nomina di essere il più prestigioso d’America.
Dall’esterno, lui e Fujiko avevano tutto l’aspetto di una coppia come tante altre, e così doveva essere, per non rischiare che qualcuno li notasse.
Fujiko si era vestita in maniera particolarmente chic, come se volesse essere bella per il suo appuntamento con Jigen, e si comportava esattamente come se fosse davvero soltanto quello, come se non si trovassero in quel locale per assassinare delle persone.
 Il Boss aveva spiegato loro nei minimo dettagli in che modo avrebbero dovuto agire; si sarebbero seduti nel tavolo più vicino alla finestra, il più isolato, avrebbero ordinato un piatto di spaghetti, nell’attesa dell’arrivo degli obiettivi; una donna sulla quarantina dai capelli neri, accompagnata da un uomo anziano, del quale gli aveva mostrato la foto in modo da non confonderlo, e un bambino, presumibilmente il figlio di lei.
Nel corso della sua vita, Jigen di omicidi ne aveva compiuti parecchi. Aveva ucciso criminali, sicari come lui, ma raramente donne e mai, almeno fino ad allora, bambini.
Aveva tentato di obiettare, per risparmiare quantomeno il figlio della donna, ma come immaginava, Tony Morello non voleva saperne assolutamente.
Quel pensiero lo teneva assorto, gli impediva perfino di pensare a quanto odiasse Fujiko, a quello che con lei stava per fare la notte precedente, e il modo in cui poi aveva reagito.
Si era sentito in colpa quasi subito, per averle lanciato uno schiaffo tanto forte. Non era da lui, eppure non era riuscito a impedirlo.
Dopo che lei era corsa via dalla sua camera, era rimasto sdraiato sul letto con gli occhi chiusi, deciso a prendere sonno ma incapace di farlo, con la testa piena di voci, di domande. Non capiva perché l’avesse assecondata, anzi, una parte di lui lo desiderava perfino, che lei facesse quello che aveva fatto, che entrasse nella sua camera nel cuore della notte per essere sua, soltanto sua almeno per una volta.
E in quel momento, il sicario non riusciva a dirle neanche una parola, anche se, dentro la sua testa, stava già discutendo con lei animatamente.
Fujiko lo aveva osservato per tutto il tempo da quanto erano arrivati; era visibilmente teso, troppo per un sicario esperto come lui.
Forse perché non agiva da anni in quel modo, aveva probabilmente perso l’abitudine con quel genere di cose; la vita con Lupin infondo era diversa, totalmente diversa, sebbene fosse anche lui un criminale tanto quanto il Boss e i suoi scagnozzi.
E poi non riusciva a non chiedersi per quale ragione, Morello fosse così deciso a eliminarlo. Che avessero avuto una discussione, oppure magari dei precedenti incontri di cui lei non sapeva nulla?
Aveva tentato più volte di domandarglielo, aprendo la bocca per iniziare a formulare una domanda, che però le si era strozzata in gola prima di essere pronunciata.
Ma anche Jigen l’aveva guardata, si era chiesto cosa pensasse, cosa ci fosse dentro la sua mente contorta. Si rifiutava di credere che lei non avesse un piano, un obbiettivo, che volesse semplicemente continuare a farsi viziare da quell’uomo come un’ inutile prostituta.
La osservò arrotolare una forchettata di spaghetti al pomodoro, per poi avvicinare il boccone alle labbra di lui. Quel gesto lo aveva colto del tutto impreparato, tanto che non era riuscito a fermarla prima, sporcandosi di sugo le labbra mentre qualche goccia gli era perfino caduta sulla camicia.
Si limitò a lanciarle uno sguardo cagnesco al quale la donna rispose ridendo di gusto, prima di allungare una mano per tentare di ripulire le macchie di pomodoro dalla sua camicia, quanto bastasse per rendere credibile l’immagine di un criminale che da lì  a poco avrebbe ucciso delle persone a sangue freddo.
<< Ti chiedo scusa, cercavo soltanto di tirarti un po’ su di morale. >>
Ci furono alcuni istanti di silenzio, al termine dei quali Jigen decise finalmente di mangiare quel boccone di spaghetti che Fujiko gli aveva preparato, strappandole un sincero sorriso.
<< Sai, pensavo fossi più abituato a queste cose. >> 
<< Uccidere delle persone non è una cosa da prendere alla leggera. Non ho paura di fallire, ma preferisco non distrarmi, altrimenti non mi tirerò mai fuori da questa situazione. >>
In quel momento, lo sguardo di Jigen si assottigliò e Fujiko lo vide fissare attentamente il vetro. Finalmente, gli obiettivi erano arrivati e si erano seduti al tavolo dietro il loro.
A quel punto, il pistolero avrebbe semplicemente dovuto aspettare che tutti quanti uscissero dal ristorante per iniziare l’operazione, alzandosi e puntando contro di loro la pistola.
Non avevano guardie del corpo, né scagnozzi, e la cosa lo insospettì parecchio. Pensò che non ne avessero bisogno, probabilmente erano abili combattenti o cecchini provetti, anche loro nascondevano un’arma, si, di questo ne era sicuro. Una famiglia della malavita non sarebbe mai andata in giro senza protezione, senza un minimo mezzo di difesa.
L’attesa fu breve; ci volle poco meno di mezz’ora perché il ristorante si svuotasse, data l’ora tarda. Non ci sarebbe voluto molto prima della chiusura del ristorante; mentre Fujiko era intenta a distrarre il proprietario, per evitare che interferisse, Jigen avrebbe dovuto agire rapidamente, sparare tre colpi veloci e scappare in auto, dove lo avrebbe aspettato la complice.
Così accadde. Fujiko si alzò e scomparve oltre il corridoio, dove stavano le cucine del ristorante, e dopo aver aspettato qualche minuto per accertarsi che tutto stesse andando per il verso giusto, si alzò e puntò la sua magnum prima contro la donna, in modo che sia l’uomo che il bambino fossero incapaci di reagire.
Tutti e tre alzarono le mani sopra la testa, mentre Jigen li scrutava, non riuscendo a decidere chi uccidere per primo.
Se avesse ucciso la donna, il figlio avrebbe visto sua madre morire. Una visione troppo terribile perfino per lui, che per quanto mercenario esperto, riteneva la scena troppo cruda per quel bambino innocente, così, infine, decise.
Il primo colpo andò al vecchio, poi il bambino, infine, con le mani già tremanti, sparò l’ultimo proiettile verso la donna.

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Capitolo 5
*** Determinazione ***


Quando Fujiko aprì la portiera dell’elegante auto nera, lo trovò già sul sedile del passeggero, con le gambe piegate e il cappello sugli occhi. Aveva riempito l’auto di una densa nuvola di fumo, che continuava ad espirare illuminando il tizzone che si portava alle labbra.
<< Beh ottimo lavoro, pistolero. >> gli disse, mentre abbassava i finestrini per far cambiare aria.
Non le rispose.
Non gli diede troppa attenzione, dopotutto per lui, quell’atteggiamento distaccato non era affatto insolito. Sbuffando, tirò fuori dal reggiseno la mappa che Morello le aveva dato e la posiziono dietro il volante, per poterla osservare perfettamente.
Mentre guidava attraverso strade di campagna sempre più sconosciute, Fujiko si era immersa nella sua mente, contemplando tutti i risvolti pratici dell’opzione, sempre valida quanto cruda, di uccidere davvero Jigen.
Non che lei avesse mai ucciso qualcuno, né ne sentiva una particolare voglia; meno che mai poi, avrebbe voluto togliere la vita a qualcuno che conosceva, per quanto antipatico e detestabile.
Ma lei Jigen non lo odiava. No, affatto. Anzi, a volte detestava se stessa, e si chiedeva se lui avesse cambiato parere, se l’avesse apprezzata o le avesse perfino voluto bene, se fosse stata un’altra persona.  Una donna qualsiasi, una di quelle che avrebbe potuto approcciarlo al bancone di un bar dove passava notti a bere whisky, e forse le avrebbe offerto da bere, forse l’avrebbe invitata a ballare, se fosse stata una come tante.
<< Accidenti… >> sbottò nervosamente, dopo essersi fermata per un momento in mezzo ad una strada deserta. Aveva afferrato con furia la mappa e l’aveva riposata all’interno dei suoi vestiti, mentre scuoteva Jigen per destarlo il più rapidamente possibile.
<< Ma che fai, sei matta? >> gridò lui, infuriato come una bestia per essere stato svegliato in quel modo.
<< Jigen, scendi immediatamente! >> fece, andando ad aprirgli la portiera per trascinarlo fuori, tirandolo per la cravatta.
<< Fujiko, lasciami! >> si lamentava, innervosito anche per il diluvio che intanto si era abbattuto su di loro, e che in pochi secondi aveva inzuppato completamente i loro abiti.
Lasciò la presa soltanto quando riuscirono ad arrivare ad una sorta di vecchia costruzione di pietra  che la ladra aveva individuato da lontano, e appena entrata si era immediatamente sporta da una piccola finestra, per osservare l’auto.
<< Ma vuoi dirmi che diavolo stai-- >>
Un boato lo interruppe, talmente forte da imporre a entrambi di tappare le orecchie, mentre guardavano l’enorme esplosione che si estendeva dall’auto.
<< Porca miseria. >> 
Jigen si era seduto sul pavimento di pietra e si era acceso una sigaretta; Fujiko si mise accanto a lui, stringendosi le ginocchia con le braccia, come rannicchiata in se stessa.
<< Quindi quel bastardo voleva ammazzarci. >>
<< Così pare. >> affermò lei. << Anche se a dirla tutta, Morello mi aveva proposto di ucciderti facendo saltare in aria l’auto attraverso questo telecomando. >> continuò, tirando fuori l’oggetto per mostrarlo al compagno.  << Sembra che però il suo piano fosse eliminarci entrambi. >>
Il pistolero lanciò in aria il telecomando e lo ridusse a un colabrodo, attraverso un paio di rapidi spari della sua magnum, poi si tolse la sigaretta dalle labbra per gettarla via.
<< Scommetto che l’avresti fatto volentieri. >>
<< Non ti detesto fino a questo punto. >> rise.
<< Ah, no? Neanche dopo lo schiaffo che ti ho tirato l’altra sera? >>
<< Ti ho perdonato. >> rispose. << Ma solo perché eri terribilmente ubriaco. >>
<< Non ricapiterà. Non è nel mio stile picchiare una donna. >>
Fujiko sorrise, poggiando la testa sulla spalla di lui.
<< Non mi è chiara una cosa, come hai fatto a sapere che l’auto stava per esplodere? >>
<< Da quando siamo partiti, ho notato che si era illuminata una strana spia rossa. Lampeggiava, ma inizialmente non ci avevo prestato attenzione, finché l’ho vista iniziare a lampeggiare più rapidamente. Inoltre, il silenzio mi ha permesso di sentire perfino il ticchettio della bomba andare a ritmo con la lucina. Di questo devo ringraziarti, se ti fossi messo a parlare con me forse non me ne sarei accorta. >> rispose.
Jigen ridacchiò, togliendosi la giacca per metterla sulle spalle di lei, che tremava già da qualche minuto a causa della pioggia che li aveva colpiti prima.
<< Grazie, pistolero. >>
<< E’ il minimo che possa fare, per qualcuno che mi ha salvato la vita. Sai, è stata dura. Uccidere una donna e un bambino… ma quando vengo ingaggiato per un lavoro, devo portarlo a termine. Non l’avrei mai fatto se avessi saputo che aveva intenzione di ucciderci, soltanto non capisco il perché… >>
<< Beh, almeno possiamo consolarci con questa. >> esclamò, tirando fuori la mappa per mostrarla all’amico.  << Il giacimento di rubini di Morello. È autentica. Mi aveva detto che sarei potuta andarci, una volta averti ucciso. Contava di uccidere anche me, ovviamente, e questo rende la nostra missione ancora più complicata. >> analizzò, sospirando.
<< “ Nostra “ ? >>  ripetè Jigen con sarcasmo, per sottolineare che lui in quella storia non voleva entrarci affatto; anzi, c’era già entrato fin troppo per colpa di quella maledetta donna.
<< Suvvia Jigen, non mi dirai che hai intenzione di abbandonarmi proprio adesso… >> si lamentò, assumendo un’espressione triste che sperava l’avrebbe addolcito, mentre gli accarezzava il braccio con fare seduttivo.
<< Non hai ancora capito che con me questi mezzi non attaccano? >>
Sospirò nuovamente, allontanandosi da lui.
<< Va bene allora. Fa’ come vuoi, torna indietro. Io domattina andrò a prendere quei rubini, e diventerò schifosamente ricca. >>

 

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Capitolo 6
*** Trappola ***


Prima del sorgere del sole, Jigen aveva lasciato quella sorta di costruzione abbandonata e cadente in cui si erano rintanati; Fujiko l’aveva visto allontanarsi fino a sparire oltre l’orizzonte, poi era passata ad analizzare la mappa, pregustando già la gioia che le avrebbe causato la vista di tutte quelle ricchezze e chiedendosi come avrebbe dovuto fare a trasportarle. Lì, come aveva sentito da Morello, avrebbe trovato non soltanto rubini grezzi ma anche quelli che lui aveva già fatto lavorare, alcuni incastonati perfino in gioielli che lei, rubando, avrebbe potuto guadagnare svariate centinaia di miliardi.
Aveva seguito quella mappa fino ad arrivare a un precipizio, e qualche metro sotto di esso, c’era l’entrata di una piccola grotta.
Proprio quando si stava chiedendo come fare per calarsi giù, dietro di lei apparve Morello accompagnato dai suoi uomini.
Fujiko gli si gettò al collo fingendo di essere contenta di vederlo, inscenando immediatamente una spiegazione plausibile.
<< Vedo che hai seguito bene la mia mappa. >> affermò, impassibile, mentre lei lo riempiva di baci e lo stringeva.
<< Sì! Speravo che mi avresti trovata, sono così felice di vederti!  >>  lo disse con un tono insolitamente finto per una brava attrice come lei. Forse, in fondo, aveva capito di essersi messa nei guai e che probabilmente Morello aveva tutt’altro che buone intenzioni nei suoi confronti.
<< Anch’io sono felice di vederti, tesoro. >> le rispose afferrandole il volto per darle un violento bacio con la lingua, più prepotente che appassionato, poi fece un cenno ai suoi uomini e Fujiko avvertì una fortissima botta in testa, che le fece perdere i sensi.
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Si sentiva intontita, stordita, e il buio intorno a lei non aiutava. Lanciò una bestemmia quando capì che non poteva stropicciarsi gli occhi, perché le sue mani erano state bloccate dietro la schiena con delle corde, così anche il suo corpo, legato ad un palo di legno.
La prima cosa che vide chiaramente fu Tony Morello sopra un motoscafo, insieme ai suoi scagnozzi. Con loro c’era lui, Jigen, che si dimenava imprecando contro il Boss, scalciando e gridando. Per quanto fosse furibondo, non riuscì ad essere più forte di loro e a impedirgli di trascinarlo dietro Fujiko per bloccare anche lui, legando sia il suo corpo che le sue mani.
Poi, il Boss saltò agilmente sulla sabbia umida per avvicinarsi lentamente al pistolero, e abbassatosi verso di lui, infilò una mano all'interno della sua giacca, tirò fuori la sua fedele magnum, e prese a osservarla come fosse una sorta di antico e prezioso artefatto.
<< Sarà meglio che questa la prenda io, non possiamo rischiare che tu riesca a liberarti. >> disse, conservando la pistola di Jigen nel suo cappotto di velluto verde.
<< Maledetto bastardo! >> imprecò l'ex sicario, ricevendo immediatamente in risposta un forte calcio allo stomaco, al quale egli reagì soffocando un grido di dolore.
<< Molto bene, ora che ci siamo tutti quanti rilassati un po', possiamo cominciare. Benvenuti al mio giacimento di rubini segreto! >>  esclamò poi, aprendo le braccia con enfasi. << Fujiko cara, sei stata bravissima ad arrivare fin qui da sola. Ci hai perfino risparmiato la fatica di cercarti! >>
Lei non parlava. Si limitava a guardarlo con espressione accigliata, cercando di trattenere dentro di lei la voglia di gridargli la sua rabbia, perché più di qualunque cosa, Fujiko detestava essere messa nel sacco.
Detestava essere lei la vittima, non lo sopportava.
<< Tu invece, mio caro Jigen, hai fatto un lavoro eccellente, sterminando a sangue freddo quello che restava della tua famiglia; tua sorella, suo figlio nato da poco, e perfino tuo padre. Un lavoro impeccabile, davvero. Sapevo che sarebbero arrivati a quell’orario, che sarebbero rimasti oltre la chiusura,  come anche che non avrebbero avuto mezzi di difesa e che il loro trauma sarebbe stato troppo forte per riuscire a reagire, e così è stato; i miei informatori sono sempre eccessivamente precisi, e ciò mi ha permesso di attuare perfettamente questa piccola vendetta. >> disse, godendosi fino all’ultimo l’espressione negli occhi dell’ex sicario che ancora non riusciva a realizzare quello che davvero fosse successo.
<< Perché l’hai fatto? >>  fu l'unica cosa che riuscì a rispondere dopo alcuni istanti di silenzio in cui Fujiko credette che gli si fosse rotto qualcosa dentro, tanto era diventato cupo. Provava una rabbia fortissima, e avrebbe voluto sfogarla disperatamente, picchiando a sangue sia Morello, che in quel momento lo guardava con tanta soddisfazione, che tutti i suoi maledetti tirapiedi.
Il Boss si sedette su una roccia, si portò i capelli biondi all’indietro e si sistemò, come se fosse sul punto di recitare la sua parte migliore davanti a una gigantesca platea. In fondo, Tony Morello non vedeva l'ora di rispondere a quella domanda, di spiegare l'origine dell'odio che provava per lui.
<< Guardami bene, Jigen. Non ti ricorda niente il mio volto? >> fece, avvicinandosi a lui in maniera decisamente inquietante. Il pistolero, tuttavia, non si scompose.
<< Certo che no, tu non le guardi neanche in faccia le persone che uccidi, non è vero? Forse ti ricorderai di un lavoro che ti venne assegnato dieci anni fa, quando tu c’eri appena entrato, nel mondo della malavita. Eri un giovane ambizioso, non vedevi l’ora di scalare le vette e diventare il più importante, il più bravo. Ti dissero che dovevi sterminare una famiglia che stava diventando potente, fin troppo in effetti, e questo dava fastidio a coloro che ti avevano ingaggiato. Ho già pensato a tutti loro, ovviamente. Ma tu Jigen, sei stato la mano che ha sparato ai miei genitori. Dovevo pensare a qualcosa in grande per te, non mi bastava farti uccidere da uno dei miei uomini.  Vedi, io mi salvai solo perché non ero con loro, ma quando tornai a casa, li vidi morti sul pavimento. Forse tu non avevi idea di come ci si potesse sentire, nel vedere i propri genitori in quelle condizioni, ed essendo solo un bambino. Ma adesso, Jigen, ho fatto in modo che tu abbia capito, che tu abbia provato lo stesso. Sono stato il karma per te, il destino, la punizione divina!  >> spiegò teatralmente, esaltato al punto da lasciarsi andare subito dopo in una risata isterica, rumorosa e interminabile.
Fujiko vide il pistolero tremare di rabbia, tentare di dimenarsi gridando, probabilmente solo per l’istinto irrefrenabile di uccidere quell’uomo con le proprie mani, e innervosirsi  ancora di più nel constatare che non riusciva a liberarsi in alcun modo, anzi, aveva tirato così tanto le corde da ferirsi i polsi, e Morello, nel vedere quella scena, rise ancora più forte, appositamente per ingigantire la sua rabbia.
Forse lo divertiva davvero, vedere Jigen inerme davanti ai suoi occhi; sofferente e ferito, eppure incapace di reagire, debole, indifeso.
Ma lui non aveva intenzione di sopportare oltre le risa del Boss, e non si trattenne dal lanciargli uno sputo carico d’odio in piena faccia, e lui, non apprezzando particolarmente il gesto, lo ringraziò iniziando a colpirlo al volto con una forza tale da farlo sanguinare copiosamente.
<< Basta, falla finita! >> Fujiko gridava, incapace di reggere la vista di quella scena davanti ai suoi occhi. Non ne era capace, di guardare Jigen soffrire in quel modo, perché, più in particolare, sentiva come se ogni percossa che lui riceveva fosse proprio lei a dargliela, essendo stata lei a trascinarlo in quel guaio.
<< Tranquilla tesoruccio, penseremo anche a te! >> esclamò in risposta Tony, assecondato da un coro di risata dei suoi uomini.
Le andò vicino per accarezzarle il volto con finta dolcezza, come un innamorato che per ragioni superiori è costretto ad abbandonare l’amata.
<< Sappi, mia cara, che il tuo amico qui era tornato indietro appositamente per te. All’inizio si era allontanato, certo, ma poi è tornato sui suoi passi per cercarti. Adesso, voi due piccioncini potrete morire insieme. Non lo trovate romantico? Dovreste sentirvi onorati dal fatto che vi stia riservando una morte tanto poetica. Resterete qui bloccati, ovviamente non potete scappare in alcun modo, perché se cercherete di uscire fuori dalla caverna i miei uomini non esiteranno a spararvi. Tra qualche ora, quando la marea si alzerà, sommergerà completamente questa grotta e voi, miei cari, potrete annegare abbracciandovi e sussurrandovi dolcemente il vostro amore. Ah, quanto vorrei avere anch’io una fine tanto spettacolare! >>
Prese perfino un fazzoletto e finse di asciugarsi le lacrime; poi, tirato fuori il garofano che teneva nel taschino, lo infilò con nonchalance tra i seni di Fujiko, che lo fissava con rabbia furiosa.
<< Spero che non ti offenderai, ma il galateo vuole che i fiori vengano dati alle signore. >> spiegò a Jigen strizzandogli l'occhio, e rialzandosi, chiamò i suoi scagnozzi con un rapido gesto della mano e si avvicinò verso l’entrata della caverna.
<< Bene, la nostra piccola chiacchierata finisce qui. È stato bello, ma adesso amici miei, devo dirvi addio. Cala il sipario! >>

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Capitolo 7
*** Complicità ***


 
 
I due si erano ritrovati da soli, seduti sulla sabbia bagnata con le mani bloccate da un paio di corde e legati ad un palo, schiena contro schiena.
C’era freddo, umidità, e l’acqua aveva già cominciato a insinuarsi all’interno della grotta, ma ancora, fortunatamente, non aveva raggiunto i due prigionieri.
Fujiko sospirò; non voleva parlare, non voleva fare nulla che portasse Jigen a gridarle contro, a odiarla ancora più di prima. Eppure la colpa era sua, e lei lo sapeva bene. Si era fatta ingannare da quell’uomo, accecata dalla brama delle ricchezze che avrebbe potuto avere, e aveva condannato a morte se stessa e il pistolero, che avrebbe preferito morire in qualunque altro modo piuttosto che a causa dell’imprudenza di lei.
Si sarebbero potuti salvare, se lei lo avesse ascoltato quando le diceva di lasciar perdere, di tornare indietro per la loro strada; ma lei non l’aveva ascoltato e perfino senza il suo aiuto era testardamente decisa a trovare quel giacimento, a rubare quei gioielli.
E invece di una caverna di tesori, Fujiko aveva trovato una trappola, dove un paio di uomini del Boss la attendevano per darle una calorosa accoglienza.
Era stata talmente stupida e incosciente da essersi impigliata da sola nella tela del ragno, e per questo si detestava al punto che non avrebbe neppure reagito agli insulti di Jigen, all’odio che avrebbe potuto sputarle contro. Come avrebbe potuto dargli torto?
Lui però non parlava, non si muoveva. Lo vedeva fermo, impegnato a fissare il vuoto, immerso in una dimensione di pensieri unicamente suoi dai quali avrebbe voluto trascinarlo fuori.
Sembrava non gli importasse, dell’acqua che saliva sui loro corpi, che li avvolgeva in una stretta gelida. Il suo corpo sembrava non ci fosse affatto.
Tuttavia lei voleva tentare. Si rifiutava di accettare quella situazione, e meno che mai avrebbe accettato di vedere Jigen incapace di reagire, perché sapeva per certo che in quel momento, lui si sarebbe arrendevolmente lasciato morire.
<< Mi dispiace tantissimo. >>
La voce di Fujiko era flebile, come un pensiero detto troppo forte.
<< So che non è abbastanza, lo capisco. Però, sappi che non ti avrei mai trascinato in questa storia, se avessi saputo la verità. So anche che per te, le mie parole non valgono nulla. Forse non le ascolti nemmeno, senti solo un brusio fastidioso, ma io devo dirtele comunque. Non ti chiedo di perdonarmi, solo, mi dispiace…  >> concluse, senza neppure volgere lo sguardo verso di lui in attesa di una risposta, o anche soltanto un cenno del volto. Non ci sperava.
<< No, non basta. >> le rispose con voce roca e lenta, dopo un paio di minuti di interminabile silenzio. << Non basta per niente, ma non mi importa. >>
Fujiko tremava, un po’ per il freddo, un po’ perché anche lei, per quanto forte e indipendente, in quel momento aveva davvero paura.
E non si piaceva affatto, in quella circostanza. Sovrastata dalle emozioni, messa a nudo, lei che era sempre capace di comandare le emozioni degli altri e di giocarci con tanta facilità, si sentiva completamente confusa, presa dall’angoscia e quasi le sembrava di non essere più la stessa Fujiko, o forse, in realtà, era soltanto la parte di lei che teneva nascosta, che reprimeva da sempre.
<< Non ti importa!? come può non importarti, Jigen!? >> gridò con tutta la voce che aveva in corpo. << Non vuoi vendicarti? Non vuoi uccidere quell’uomo!? >> continuò, sperando con tutta se stessa che dentro di lui, dentro quello che restava della sua anima, potesse accendersi una luce.
<< E cosa cambierebbe? Niente di niente. Sarebbe tutto quanto inutile, ormai. >> rispose, con un tono afflitto e arrendevole che in lui nessuno aveva mai sentito.
<< Fujiko, io non ricordavo nulla della mia famiglia. Come avrei potuto riconoscere il volto di mio padre e di mia sorella?  Eppure dentro di me, qualcosa la avvertivo. Come un’angoscia pressante, qualcosa che mi gridava di scappare via anche se questo avesse voluto dire disobbedire al Boss, diventare suo nemico. Non che la situazione adesso sia diversa. E forse loro sarebbero ancora vivi.  Sappi che l’unica ragione per cui non ti strangolo con le mie mani è perché non lo sapevi neanche tu. >>
Lo guardò, tentando di avvicinarsi a lui, come se sentisse il bisogno di abbracciarlo, di confortarlo.
O forse, in realtà, quella che doveva confortare era soprattutto se stessa.
<< Senti Jigen, io non ho intenzione di restare in questo postaccio un secondo di più, dobbiamo andarcene in fretta. >> disse, recuperando il suo carattere combattivo e determinato.
<< Se solo quei maledetti mi avessero lasciato la mia pistola! >>
<< Non importa. >> rispose la ladra. << una donna ha sempre un asso nella manica. >> e dicendo ciò, si sforzò disperatamente per allungare le mani quanto bastava per tirare fuori un piccolo coltellino d’emergenza che teneva nascosto in una tasca interna del reggiseno, e con un lavoro estremamente lento e faticoso riuscì ad allentare le corde che tenevano entrambi stretti.
Esalò un sospiro di sollievo quando ci riuscì, ed era tanto soddisfatta che quasi non le parve vero.
<< Fujiko, sei stata bravissima! >> Jigen, euforico, la ringraziava mentre lei gli sorrideva con aria compiaciuta.
<< Adesso dobbiamo solo capire come fare per andarcene da qui… >>
<< Dobbiamo, anzi, mi correggo, devi eliminare le guardie. >>
<< Cosa? si può sapere perché il lavoro sporco devo farlo proprio io? >>
<< Ma perché sei un uomo mio caro. Non vorrai lasciare che una donna fragile come me si occupi di certi compiti! >>
Sospirò. << Sei sempre la solita, Fujiko! >>
<< Ma come ti--
Non riuscì neppure a terminare la frase, che si videro davanti uno dei tirapiedi di Morello, intento a puntare contro di loro una pistola.
Non si mossero, mentre l’uomo gli si avvicinava sogghignando.
<< Avete voglia di chiacchierare, non è vero? Forse dovremmo risolvere il problema! >>  esclamò, mentre, ridacchiando, infilava l’arma nella bocca di Fujiko, con tanta forza che ne lei ne Jigen capivano se avesse intenzione di premere il grilletto o di soffocarla facendogliela ingoiare, fatto sta che il pistolero, furibondo, cominciò a stuzzicarlo per attirare l’attenzione su se stesso e distoglierla, momentaneamente, dall’amica.
Quando il tirapiedi, convinto della sua superiorità, fu tanto incauto da accogliere la provocazione di Jigen, liberò finalmente la bocca della ladra dall’arma e si avvicinò a lui, per puntargliela direttamente alla fronte. L’ex sicario però, facendo appello alla prontezza dei suoi riflessi riuscì a tirare una fortissima ginocchiata alle parti basse della guardia, facendogli cacciare un urlo insolitamente acuto, approfittando poi della sua momentanea confusione per sferrargli anche un calcio e proiettarlo all’indietro, dove sbatté sulla parete di roccia.
Allora, afferrata la pistola, entrambi si liberarono prontamente della corda che già era stata allentata quasi del tutto, e corsero verso l’entrata della grotta.
Lì, naturalmente, stavano ad aspettarli altri scagnozzi e con loro una lotta disperata e caotica che Jigen cercò di evitare sparandogli dei rapidi colpi alle gambe, in modo che non fossero capaci di inseguirli.
Alcuni di loro tuttavia, furono talmente abili da lanciare loro tutte pallottole che avevano, e continuarono a sparare anche mentre i due fuggitivi salivano sul motoscafo.
<< Jigen, come diavolo si mette in moto questa cosa!? >>
<< Spostati, lascia fare a me! >>
Mentre Jigen azzardava dei tentativi a vuoto, Fujiko restituiva gli spari cercando allo stesso tempo di evitare di riceverne, l’adrenalina le scorreva nelle vene. In momenti come quello, quando veniva calata, volente o nolente, in quel genere di pericolose avventure, la ladra riusciva ad entrare in una strana modalità. I suoi sensi si acuivano, i suoi riflessi venivano enfatizzati e la sua agilità aumentava anche se presa dalla stanchezza.
Le si illuminarono gli occhi al suono del rombo del motore, e finalmente partirono, schizzando a velocità verso il mare aperto.

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Capitolo 8
*** Finale ***


 
 
 
 
 
 
Giunsero a riva poco dopo; feriti, esausti, ma salvi.
Avevano trascinato il motoscafo in un angolo isolato della spiaggia, mentre sopra di loro il cielo si era fatto buio già da un pezzo.
Decisero di rimanere lì per la notte, non avendo idea di dove si trovassero né di cos’altro fare; si sdraiarono l’uno accanto all’altro, supini, con lo sguardo rivolto verso il cielo ma gli occhi troppo stanchi per osservarlo.
<< Mi sembra incredibile. >>  aveva detto Fujiko, sbadigliando.  << Tutta questa situazione, intendo. Quello che ci è successo e come siamo riusciti a fuggire. Mi sembra incredibile che poche ore fa fossi convinta di poter morire davvero. >>
<< Stupida. >> la voce grave del pistolero era assonnata, lenta. << Non ti avrei lasciata morire.>>
<< No? Eppure sono stata io ad averci salvati. >> rispose la ladra, ridendo.
<< Sei stata tu? Ah, lasciamo perdere. >> sbottò lui, seccato, voltandosi dalla parte opposta.
<< Dai, stavo solo scherzando! >> tentò di calmarlo, cingendolo da dietro. << Ti sono grata per tutto, pistolero. >> gli sussurrò, mentre passava le dita nella sua barba, folta e ispida, e gli stampava un bacio accanto alle labbra.
Jigen, come preso da un istinto irrefrenabile, si voltò di scatto e la baciò  intensamente, assaporando le labbra di Fujiko come se avesse voluto prosciugarle e divorarle.
Ma quel bacio non era come gli altri che si erano dati in passato; non carico di foga, di pura lussuria. Era diverso, era dolce, come l’incontro di due anime che si univano, fondendosi l’una con l’altra nella maniera più naturale possibile, e avvolti da quella sensazione si lasciarono cullare dal suono delle onde ed, esausti, si addormentarono.
Qualche ora più tardi, vennero destati da una luce luminosissima puntata contro di loro; i fanali di un’auto nera ed elegante, dalla quale scese, con un’aria a dir poco nervosa, Tony Morello, accompagnato da un uomo piuttosto robusto e corpulento, probabilmente la sua personale guardia del corpo.
Jigen e Fujiko lo videro avvicinarsi a loro, ancora addormentati, e vennero svegliati del tutto soltanto quando il Boss prese a sparare un paio di colpi a vuoto, come se sparare direttamente a loro sarebbe stato troppo semplice.
<< Ben svegliati, miei cari. Avete fatto bei sogni? >>
Jigen balzò giù, prontamente puntando la pistola contro di lui che in un quarto di secondo aveva fatto lo stesso, creando una situazione di stallo in cui i due uomini si trovavano l’uno con la pistola rivolta contro la testa dell’altro, tanto vicini da potersi fissare negli occhi.
<< Bene, mi hai evitato la fatica di venirti a cercare per ucciderti. Devo ringraziarti. >> disse Jigen con freddezza, mentre Fujiko, dietro di lui, rifletteva su come avventarsi contro Morello per disarmarlo.
<< Mi sa che non hai capito, qui sarai tu a morire. Tu e quella inutile sgualdrina che sta dalla tua parte. >> rispose il boss, lanciando una gelida occhiata alla ladra proprio mentre stava sul punto di avvicinarsi a lui.
<< Prova a muovere anche solo un altro muscolo e faccio fuori sia te che il tuo innamorato. >> la minacciò, facendo cenno al suo compare di bloccarla.
<< Molto bene. Adesso a noi due, mio caro. >> continuò, mentre gli sorrideva con una strana superbia che il pistolero non riusciva a comprendere. Dopotutto sapeva che Jigen fosse più abile di lui, eppure, pur potendo farlo, non li aveva uccisi prima quando avrebbe potuto, mentre erano ancora in dormiveglia e disarmati.
No, non si sarebbe affatto goduto la sua vendetta in un modo tanto facile. Morello voleva guadagnarsi ogni vittoria, sudarla fino all’ultimo, e soltanto allora avrebbe potuto apprezzarla.
In quel momento, abbassò la pistola e la lanciò a Fujiko, che la afferrò istintivamente.
<< Bendala. >> ordinò alla guardia, la quale, afferrato un fazzoletto dalla sua giacca, lo annodò intorno agli occhi di lei, che non poteva in alcun modo impedirlo.
<< Cos’hai intenzione di fare, bastardo!? >>
<< La riconosci la pistola, Jigen? È una rivoltella Smith & Wesson M19 Combat Magnum in ottimo stato. Non la trovi divertente, la possibilità di venire ucciso con la tua stessa affezionata arma? >>
<< Maledetto figlio di puttana! >> un moto di rabbia fortissimo lo pervase, l’unica cosa che lo fermava dall’avventarsi su quell’uomo era Fujiko, la sua Fujiko intrappolata e inerme, che rischiava la morte per ogni movimento sbagliato che avrebbe potuto fare.
<< Shh, suvvia! Non ti conviene innervosirti così tanto. Se vuoi che il mio amico non spezzi le braccine alla tua amata ti conviene collaborare! >>
Il pistolero digrignò i denti, e con estremo rammarico riposò la pistola all’interno della sua giacca, aspettandosi da un momento all’altro un colpo a sorpresa, un inganno, qualunque cosa Morello stesse tramando lui non avrebbe voluto scoprirla, se avesse potuto scegliere.
<< Fujiko cara, sarai proprio tu a sparare. Sarai tu la Dea bendata! Sceglierai se a vivere dovrò essere io, oppure il tuo amico qui presente. Se sparerai a me, allora vi lascerò andare. In caso contrario, purtroppo, verrai uccisa anche tu subito dopo. Ti piace il mio gioco? >>
Non gli rispose, limitandosi a lanciargli uno sguardo carico di odio e rabbia.
<< Cominciamo! >> esclamò, facendo l’occhiolino alla guardia che , ancora, la teneva bloccata. Poi lasciò la presa su di lei, appositamente per farla girare su se stessa quattro, cinque volte, finchè alla fine, si sentiva talmente confusa da riuscire a stento a reggersi sulle gambe.
Tony Morello costrinse Jigen ad avvicinarsi a lei.
<< Adesso, l’unica cosa che devi fare è scegliere se sparare davanti a te oppure dietro di te. Puoi girarti se vuoi, invertire la tua posizione, la scelta è unicamente tua. Noi due invece, amico mio, dobbiamo tenere gli occhi chiusi, in questo modo la sorpresa sarà ancora maggiore! >>  disse, con tono esaltato. << Ah, dimenticavo; un solo passo falso e la mia guardia del corpo sparerà in testa sia a te che al tuo amichetto. Quando sei pronta, puoi premere il grilletto! >>
Fujiko si voltava confusamente, prima dietro di lei, poi davanti, poi di nuovo dietro. Il suo cuore batteva fortissimo, tremava come una foglia. Non voleva essere l’artefice della possibile morte di Jigen, non voleva che tutto dipendesse da lei, eppure era costretta. Analizzava nella sua mente ogni possibile reazione. “ Potrei sollevare la benda “ pensava;  “ potrei avvicinarmi a entrambi e tentare di riconoscere l’odore. L’odore di Jigen è di tabacco, è un odore acre, maschile. Quello di Morello invece… “ tentava di ricordare i momenti che aveva passato con lui, in cui c’era stata vicina abbastanza da poter sentire il suo profumo. “ Gelsomino, colonia … “
Ma non riusciva a comprendere da quale parte venisse un odore e da quale l’altro.
<< Spara, dannazione! Quanto tempo hai intenzione di farmi perdere!? >> inveiva il Boss, probabilmente nel pieno di una crisi isterica.
Quindi, schiacciata dalla pressione psicologica, Fujiko si voltò e sparò, rapidamente, senza rifletterci troppo.
Solo allora sollevò la benda e vide il volto di Jigen, tramortito, osservarla con gli occhi spalancati e il sudore freddo sulla fronte.
Il proiettile lo aveva colpito di striscio, mancando la sua tempia solo per pochi millimetri. Gli aveva perforato il cappello e alcuni ciuffi dei suoi capelli gli erano caduti sulla spalla, però era vivo, e questo gli bastò per avere abbastanza riflessi da strappare la pistola dalle mani di Fujiko, la sua pistola, e sparare un colpo prima alla guardia del corpo del Boss, in mezzo ai suoi occhi, e poi a Morello, nella stessa posizione, proprio nell’istante in cui stava per pregustare la sua gloriosa vittoria.
Cadde all’indietro, inerme, con la bocca sbarrata come fosse sul punto di parlare, forse di urlare qualcosa che non sarebbe mai stato detto.
Afferrò rapidamente il braccio alla ladra e corse verso l’auto, dove salirono, ed avendola messa in moto, spinsero sull’acceleratore e partirono, di corsa, per scappare il prima possibile da quel luogo, da quella disavventura che troppe volte li aveva messi in fatale pericolo.
<< E adesso, dove andiamo? >> fece Fujiko, quando furono abbastanza lontani da permettere a quel pensiero di sovrastare la gioia di essere sopravvissuti anche quella volta, nonostante tutto.
<< Che domande, dove vuoi che andiamo? Lupin e Goemon saranno preoccupati per noi. >> rispose il pistolero, con una sigaretta storta tra le labbra.
<< Hai intenzione di raccontare tutto quanto? >>
<< Soltanto che siamo salvi grazie alla tua pessima mira. >> rispose, ridendo a facendo ridere anche lei.
<< Però, peccato per tutti quei rubini … >>
<< E’ proprio vero, Fujiko, tu non cambierai mai. >>
<< Forse, ma è proprio per questo che ti piaccio tanto. >>  gli stampò un rapido bacio sulla guancia e gli strinse la mano poggiata sull’acceleratore, mentre davanti a loro, l’alba tingeva di luce il cielo dissipando la notte passata, e con essa, la loro piccola disavventura.
Non scoprirono mai che, il luogo in cui erano stati fatti prigionieri, fosse effettivamente il nascondiglio segreto di Morello, pieno di rubini e altre pietre preziose, nascoste tuttavia in un anfratto che soltanto lui, in vita, conosceva.

 

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