Touch And Feel Fairy Tales

di Chiccagraph
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Eccomi tornata!
Anche questa volta ho deciso di cimentarmi in una nuova sfida e fare una cosa che non ho mai fatto in vita mia: scrivere drabble.
Ok, forse alcune sono un pelino (ma giusto un po’) più lunghe di quanto dovrebbe essere una drabble, ma visti e considerati i miei standard, posso dire di essermi impegnata parecchio.
Ogni tanto il mio amore per Grey’s Anatomy riaffiora e sento forte il bisogno di scrivere qualcosa su questi incredibili personaggi.
Spero di essere riuscita nel mio intento perché ci sto prendendo gusto e a breve sposerò il filone delle drabble al posto delle one shot. Scherzo, amo troppo scrivere papiri di pagine per rinunciarvi!







1.Nero
(Addison)


La giacca che le ha dato prima di lasciare l'ospedale è calda sulle sue spalle.
La stoffa spessa le fa da scudo, mentre l’aria fredda della notte le taglia la pelle del viso. Affonda il volto nel colletto, respirando il suo odore; completamente avvolta dal calore dell’uomo che sapeva di amare con tutto il suo cuore.
Lo stesso uomo che pensava stesse tornando ad amarla.
Non sapeva, però, dei segreti nascosti nelle tasche della sua giacca.
Ora li fissa, finalmente vividi e tangibili di fronte ai suoi occhi.
Sono neri. Sono di pizzo. Sono ricoperti di tradimento e inganno.
Pensava che ce l'avrebbero fatta. Certo, non sarebbe stato facile. C'erano stati scontri, litigi, dissapori anche sulle più piccole cose; ma avrebbero potuto ancora farcela, pensa, mentre stringe nel pugno delle sue mani quel piccolo foglio di pizzo nero.
Nero come la notte, dolce come l’amore, caldo come l’inferno.
Quello che pensava fosse solo l'inizio di un matrimonio forte e salutare, si era abbattuto su di lei, sventrandola con la forza di una granata.
C'erano delle mutandine nere nelle sue mani, e lei sapeva con certezza a chi appartenessero.
Sapeva che era finita, per sempre. Non ci sarebbero più state mattine insieme, né passeggiate nei boschi; non ci sarebbero più stati baci sulla guancia; non ci sarebbe stato più un noi, ad indicare che erano lo stesso insieme di tutto.
Il matrimonio che lei tentò di salvare così duramente era stato distrutto da un momento di calore.
Lei odia il nero. Lei odia le cose di pizzo. E proprio ora, odia l’uomo che ama.




2. "Please forgive me, every word I say is true
Please forgive me, I can't stop loving you"
(Please Forgive Me - Bryan Adams)
(Addison e Mark)


«Non puoi restare» dice, mentre si siede sullo sgabello al suo fianco.
Meredith se ne era andata da un pezzo, e, seduto da solo a quel bancone del bar, anche lui aveva iniziato a rinunciare alla speranza.
Aveva contato che la porta si era aperta per ben trentaquattro volte; l’ultima cosa che si aspettava era di vederla seduta al suo fianco. E ora non poteva guardarla per paura che non fosse davvero lì. «Devi andare a casa, Mark».

«Ma potresti venire con me» risponde, «ti prometto che sarà migliore».

«Non fare promesse che non puoi mantenere» ribatte.

Un nuovo disco gira nel jukebox, le note lente si diffondono nell’ambiente, mentre la voce graffiante di Bryan Adams si perde nel tempo. Scuote leggermente la testa e beve il resto del suo scotch. Sa che lei lo odia per non essere Derek. Sa che lei lo odia per essere venuto a Seattle. Ma lui non può fare altro che esserci; il bisogno che ha di lei è impresso come una cicatrice sulla sua pelle.

«Come fai a sapere che non posso mantenerle? Come fai a sapere che non sarà migliore questa volta?»

«Oh, per favore,» ribatte con una risata, «Mark Sloan fedele ad una sola donna? Non succederà mai».

«Potrebbe» risponde dolcemente. Alla fine si volta a guardarla, inclinando la testa, fissandola nello stesso modo in cui Derek aveva fatto tanti anni prima. Le offre un sorriso complice nel tentativo di influenzarla. «Basta fare un tentativo»

È sorpreso quando lei dice di sì.

Please believe me, every word I say is true
Please forgive me, I can't stop loving you




3. Bisogno
(Addison e Mark)


Addison si svegliò avvolta nelle braccia di Mark, le palpebre irrigidite dalle lacrime che aveva versato quella notte.
La stanza era immobile e buia; il suo corpo caldo e rilassato, la sovrastava, la circondava, imprigionandola nella gabbia delle sue braccia.
Se doveva essere onesta con sé stessa, sapeva di aver bisogno di lui, bisogno di questo. Ma ciò non significava che avesse necessariamente bisogno di lui. Non in generale. Non al punto da renderlo una presenza costante nella sua vita. Non aveva bisogno di lui per trascinarla fuori dal guscio isolato e protettivo nel quale si era nascosta. Non per farla ridere. Non per farla sentire una donna.
Lei non aveva bisogno di lui.
Sospirò mentre le braccia dell’uomo si stringevano inconsciamente attorno alla sua vita, tirandola più vicino.
No, lei non aveva bisogno di lui; aveva solo bisogno di sentire qualcosa.





4. Aspettare
(Addison e Derek)


Le sue mani si muovono senza scopo sulla sua pelle, come se cercassero, attraverso il contatto, di ricordarsi come amarla.
Desidera di poterlo guidare in questo lungo percorso, di congiungere le loro mani come un tempo lo erano le loro anime.
Desidera che ciò che hanno perso possa essere riscoperto attraverso qualcosa di così primitivo come il sesso.
Le sue dita scivolano all’interno delle sue cosce, ma non succede nulla. Serve solo a ricordarle del tempo in cui lui non aveva bisogno di ricordarsi cosa amasse di lei.
Ma il fatto è che lei lo ama ancora. Lei lo ama, quindi, lo aspetterà, finché i suoi sentimenti non diventeranno dei nuovi ricordi per entrambi.




5. Passione


Era meglio che facessero finta di non conoscersi. Meglio che facessero finta di essere solo due corpi che cercavano un rilascio, nulla di più.
Un momento per abbandonarsi agli impulsi nevralgici della passione.
I loro nomi non venivano mai pronunciati. Nemmeno urlati, mentre le dita si arricciavano una dentro l’altra e i denti mordevano la pelle, provocando una scia di dolore e piacere, affilati come le spine di una rosa, mentre la pelle d’oca ricopriva i loro corpi.
L’anonimato funzionava bene per entrambi. Ma soprattutto per lei: l’anonimato era la sua cosa.
Incontri casuali, solo di una notte, sogni e desideri sussurrati nel tessuto del cuscino, senza che nessuno potesse sentirli. Era meglio così. Nessuna complicazione; nessuna relazione; nessuna giustificazione.
Era ben altro a spezzare i loro cuori.
Durante i loro incontri la stanza dell’albergo era sempre buia. Le lenzuola si aggrovigliavano mentre i loro corpi sudati si muovevano in sincronia, intrecciandosi come in una danza; come se fossero sempre stati insieme, e sapessero da sempre come combinarsi.
Bisognava sottrarsi alla passione o abbandonarvisi completamente? Quale di questi due atteggiamenti era il meno distruttivo?
L’unica risposta era data dai loro corpi, che si schiudevano in un crescendo di gemiti, mentre con le mani esploravano i percorsi familiari della loro pelle.
Una volta terminato il visitatore anonimo sarebbe scomparso, prima dell’alba, inghiottito in quel muro di silenzio.
I lori incontri non significavano nulla, ma al tempo stesso significavano tutto.




6. Il silenzio
(Addison e Derek)


Mentre il loro matrimonio ha cominciato a sgretolarsi, si è abituata al silenzio. Dopo che se ne andò, portando con sé la possibilità che la sua voce rompesse la quiete, la mancanza di suoni divenne insopportabile. Ora, nella loro vita insieme, in questa sorta di pseudo-riparazione, il silenzio è nuovamente confortante.
Tranne che nei momenti in cui la guarda come se volesse dirle qualcosa, ma mormora solo parole prive di senso.
E la sua reticenza non è data dal timore di rovinare tutto, ma dal terrore di renderlo migliore.
Perché ormai è così abituato a odiarla, mentre lei è abituata ad aver bisogno di lui più di ogni altra cosa, che non ha bisogno di parole per spiegare il nodo dei propri sentimenti.

Così anche lei lo odia un po’, e odia sé stessa ancor di più.
C'è una certa poetica, patetica, nel dare la caccia alle cose che sono già scappate; non importa quanto duramente quel passato cerchi di rimanere in un posto, lo si insegue nel disperato tentativo di raggiungerlo.
Tutta questa corsa, però, è solo patetica. Un’insulsa utopia di guarigione, di quel male che non ha né antidoto né ragione.
Ma non importa quanto sia facile il loro silenzio, questo non cambia il rumore che li circonda, né cancella il vuoto delle parole che non dicono.
Sono fermi. Immobili. Cristallizzati nel tempo.
Perché erano felici una volta, prima che tutto diventasse muto.




7.Crudeltà
(Addison e Meredith)


Mesi dopo che Derek era partito all’insegna di una nuova vita, Addison, realizzò che si era preso gioco di entrambe.
Aveva preso ciò che voleva e, poi, aveva gettato via il resto, una volta stufo del suo gioco. L’aveva ingannata, con il suo inutile tentativo di essere un bravo marito, in grado di perdonare il suo adulterio; e, inoltre, aveva intavolato lo stesso gioco perverso con Meredith, fingendo di essere il suo principe azzurro e di amarla profondamente.
Era una cosa crudele, pensava, trattare le persone come cose.
Ma suppose che non era crudeltà se entrambe le parti condividevano lo stesso desiderio. Non era crudele cercare nella sua compagnia un conforto, prendendo in prestito il suo corpo, per fronteggiare questa ulteriore notte di solitudine.
Quindi, si chiedeva nuovamente, il sesso poteva davvero essere considerato crudele se lei e Meredith condividevano lo stesso obiettivo?





8. Appuntamento
(Addison e Derek)


«Quindi, dal momento che il nostro primo appuntamento è stato, come hai detto tu, “il miglior appuntamento della tua vita”, posso chiederti di uscire per un secondo appuntamento?» disse Derek, mentre la guidò in un’ala appartata dell’ospedale.

«Solo se prometti che comporrai un’altra di quelle orribili poesie in cui dici: che solo al sentire il nome Addison, il tuo cuore batte come un diapason» Addison rispose con un sorriso.

«Penso di riuscire a trovare un altro paio di parole che fanno rima con Addison. Volevo tenermele da parte per quando avremmo festeggiato il nostro primo anniversario…» si interruppe, al suono della sua risata che risuonava fragorosamente nel corridoio vuoto.

«Potrei scrivere anche una canzone, lo sai? Mia madre mi ripetev-» ma non riuscì a terminare la frase perché Addison si avvicinò a lui e gli posò un dito sulle labbra.

«Mi piacerebbe. E forse dopo potremmo tornare nella mia stanza, mi capita di avere una chitarra da poter suonare».

«Suona perfetto».

Il suo sorriso lo seguì anche dopo che si divisero percorrendo direzioni opposte lungo il corridoio.






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Capitolo 2
*** Due ***





9. Segreti
(Meredith e Izzie)

 
«Mer?» Izzie disse lentamente, i primi segnali di bruciore nella sua voce. «Posso farti una domanda?»

Lei la guardò con un rapido guizzo degli occhi, troppo pigra per muovere la testa e ottenere una visione adeguata. «Certo,» borbottò, «vai avanti». 

«Sei... stai bene?» lei chiese. «Voglio dire, tu e Derek... c'è qualcosa di strano lì, giusto? Non lo sto immaginando, vero?» 

Meredith chiuse gli occhi e cercò di bloccare il mondo, ma come sempre era impossibile ignorarlo. «Non è niente, Iz. È solo uno stronzo». 

«Lui è.…»

«Per favore, Izzie, credimi, non c'è un grande segreto qui, non c'è niente, solo... lascia perdere, okay?»

Le dita calmanti smisero di accarezzarle i capelli, ritirandosi a passo lento e attento. Quando Izzie rispose, fu con una sola parola tronca: «Ok».
 
La stanza improvvisamente sembrava più fredda di quanto lo fosse stata in precedenza, ma Meredith teneva le sue labbra chiuse e nascondeva i suoi segreti.
 
 
 

 
10. La scatola
(Alex e Izzie)
 

C'è una scatola sotto il letto di Alex. Lui non la guarda e la polvere si è accumulata sul coperchio, ma è lì. Come ricordo, come promemoria, come avvertimento. L'etichetta in alto è tutta in maiuscolo – IZZIE -, è scritta con inchiostro nero spesso. 
Ha annodato un nastro intorno ai lati e sul coperchio, sigillandolo, oltre un anno fa, e da allora non l'ha più toccato. 
Non è un ragazzo sentimentale, va bene? Lui non lo è. È solo che... quando Izzie ha fatto le valigie ed è andata via, Alex non ha potuto buttare via tutti quei ricordi di lei. 
Fotografie. Lettere. Un vecchio spazzolino da denti. Quegli stupidi boxer di Superman che amava indossare dentro casa quando erano solo loro due. Un frammento del proiettile che gli avevano estratto dal petto e che avrebbe dovuto buttare nel momento in cui aveva lasciato il suo corpo. 
Invece, aveva recuperato una vecchia scatola di scarpe e lentamente ci aveva riposto tutto dentro.
C'è una fitta pila di post-it colorati; tutti i messaggi che Izzie amava scarabocchiare e attaccare sul frigo della cucina. La maggior parte di loro erano sciocchezze, i loro nomi circondati da un cuore, o una richiesta di prendere il latte prima di tornare a casa, o persino scarabocchi casuali, senza significato per chiunque altro, tranne che per loro. 
Alex ama quegli scarabocchi più di ogni altra cosa. Il suo preferito è il disegno stilizzato di un ranocchio con una corona in testa. Si divertiva a prenderla in giro per tutte quelle note che amava attaccare ovunque. Ogni superficie piana della casa portava almeno una prova del suo passaggio.
Alex la prendeva in giro per via di quei post-it colorati e si divertiva a staccarli e attaccarseli sulla fronte. Ora gli mancano. Ora gli manca svegliarsi al mattino e trovare una nota blu a forma di nuvola che lo aspetta sul frigo.   
Fa male, si rende conto. Quella scatola, tutto ciò che contiene, tutto quello che ha perso. 
Fa male. 
E quando l’ha vista in ospedale a salutare tutti i loro amici avrebbe voluto urlarle contro e gettarle la scatola addosso; voleva liberarsene, perché senza di lei tutti quei ricordi non avevano più senso.
Quando stringe la scatola tra le mani sente lo stomaco rivoltarsi.
Non lo ammetterà, nemmeno a sé stesso, ma Izzie gli ha tolto una pallottola dal petto per conficcargliela direttamente nel cuore. 

Un anno dopo, pensa ancora che nessuno meriti i post-it di Izzie, se non lui.
 
 

 
 
11. Mi dispiace
(Derek e Addison)
 
 
Non è sicuro di quale, tra il suono del suo cuore che batte forte, deciso, nel petto, o la corsa rapida dei suoi passi, sia il più forte. 
Alberi di pino e distese di erba passano veloci da una parte e dall'altra, mentre corre, corre e corre, calpestando con i piedi i ciottoli della terra; un nodo di dolore si radica nel suo petto e spinge aghi a forma di spillo attraverso il tessuto del suo corpo. È difficile trovare l’aria, la ingoia ferocemente, ma non riempie i suoi polmoni abbastanza velocemente, per non far appannare la testa, con il disperato bisogno di ossigeno. 
Non può continuare, ma sa che non può fermarsi. 
Con un ultimo slancio raggiunge il portico e slaccia la porta dal muro con un unico gesto.
Si passa la lingua sul labbro inferiore, trovando così difficile costringersi a dire quelle parole ma sa che deve farlo. Deglutisce ancora una volta il suo orgoglio, quasi soffocandosi, e si costringe a incontrare i suoi occhi. 
 
«Mi dispiace» dice, un sussurro ansimante e imbarazzato. 
 
Stringe i denti e guarda giù sul terreno umido e ruvido sotto i suoi piedi. Le pozzanghere della pioggia di quel giorno si sono accumulate nel terreno e hanno lasciato uno strato di fango sulle suole delle sue scarpe.
Il petricore della pioggia ha un sapore forte e un odore tutto suo, vorrebbe allontanarsi ma non riesce a respirare.
 
«Ho detto che mi dispiace» ripete, sperando solo che il suono non sembri amaro.
 
Ci vuole un grande sforzo per lei per non allontanarsi quando fa un grande passo nella sua direzione.
Le prende il polso tra le mani liberando il tessuto di pizzo nero dal pugno.
Lo guarda mentre una lacrima scivola sulla pelle della sua guancia: non avrà mai il suo perdono.
 
 
 
 
12. Perdere il controllo
(Meredith)
 
 
Meredith chiuse la porta della sua stanza dietro di lei e fissò dritto davanti a sé, con il cuore che le batteva forte e pesante nel petto, completamente impossibile da ignorare; eppure anche quel suono tonante non poteva cancellare la frenetica ondata di pensieri della sua mente. 
Non avrebbe voluto farlo
Si lasciò cadere sul pavimento con le spalle appoggiate alla porta, le gambe tirate verso il petto in un modo aggrovigliato e imbarazzante. I suoi muscoli si sarebbero lamentati in pochi istanti e lei avrebbe dovuto spostarsi per cercare di mettersi a proprio agio, ma per il momento avvolse le braccia intorno alle ginocchia, stringendo forte la pelle nuda delle braccia, e tenne gli occhi chiusi, tenendo a bada il mondo. 

"Dannazione" sussurrò, incapace di pensare al modo migliore per controllare il danno fatto.
 
 
 
 
13. La stanza medica
(Addison e Derek)
 
 
Addison chiuse di nuovo gli occhi per qualche secondo per cercare di riprendere il controllo di sé: c'era qualcosa di incontrollabilmente erotico nel guardare Derek in ginocchio, anche se indossava un camice da laboratorio e i pantaloni della divisa ospedaliera e sembrava stanco e i suoi capelli erano un disastro. 

Era ancora Derek. Il suo Derek.

«Potresti volerti aggrappare a qualcosa, non ti prenderò se le tue ginocchia dovessero cedere». 

Quello fu l'unico avvertimento che ricevette prima che i suoi pantaloni venissero tirati attorno alle caviglie. L'aria fresca della stanza la colpì, ma non ebbe il tempo di adattarsi al cambiamento di temperatura: nel giro di pochi secondi, il caldo respiro di Derek stava sommergendo il suo corpo, la saliva lasciava una scia sulla sua pelle, mentre una mano s’incuneava tra le cosce. 

La testa di Addison scattò all'indietro, guardando direttamente il soffitto.
 
 
 

 
14. L’amore spacca il cuore – Laura Pausini
(Addison, Meredith e Derek)
 
 
Forse, solo forse, avrebbe dovuto aspettarsi una cosa del genere, ma vedere Derek e Meredith ridere insieme il giorno dopo il divorzio faceva male come se fosse stata fisicamente colpita da un pugno.
Gli aveva fatto perdere molto tempo nel tentativo di ricostruire il loro matrimonio e ora l’uomo si divertiva a farle a brandelli il cuore.
E come se tutto ciò non bastasse, come se guardarli insieme non fosse di per sè già abbastanza doloroso, si voltarono verso di lei a fissarla a loro volta. Niente era in confronto alla lama che la passò da parte a parte quando i loro sguardi si incontrarono.
Erano appoggiati con una spalla al muro dell'ospedale, le loro posizioni rispecchiavano il linguaggio del corpo di ciascuno mentre continuavano a parlare; i loro discorsi intervallati dalle sonore risate di Meredith e dalla risata più crudele di Derek. 
Addison non riusciva a distinguere le parole, ma non ne aveva davvero bisogno. Quando la vide, Derek, tacque, e la fissò imbarazzato, quindi non ci volle un genio per indovinare di cosa stessero parlando.
 
 


15. Che ci importa del mondo
(Addison e Mark)
 

Lo spogliatoio sembrava il posto ideale per nascondersi; tagliato fuori dal resto dell'ospedale, libero dagli sguardi indiscreti di pazienti ficcanaso, medici indaffarati e stagisti pettegoli. Doveva essere il posto perfetto per nascondersi dagli errori del suo passato e dal mondo esterno. 
Sfortunatamente, si rese conto, grazie al suono dell'apertura della porta che interrompeva i suoi silenziosi pensieri, i nascondigli erano molto più efficaci quando avevano una serratura.
«Perfetto» brontolò, quando vide Mark chiudersi la porta alle spalle. 

Cercò di spostarsi, cercò di scappare, ma Mark la bloccò con le spalle al muro. «Assolutamente no» disse Mark severamente. «Non puoi scappare questa volta». 
 
«Togliti di mezzo, Mark».

«No» incrociò le braccia - braccia che, Addison, era sicura, l’avrebbero facilmente convinta a rimanere se avesse continuato a fissarla in quel modo - sul petto, guardandola in un modo che quasi la sfidava a provare il contrario.
 
«Sono serio, dimmi che non mi vuoi» sorrise famelicamente, allungando la mano per sfiorarle la linea testarda della mascella. «Dillo».

Addison sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi e non incoraggiare affatto Mark, in nessun modo immaginabile, ma con quegli occhi luminosi che la guardavano come se fosse la cosa più incantevole del pianeta, allontanarsi divenne un compito impossibile.
Un compito che divenne persino più difficile quando Mark si spostò per reclamare lentamente le sue labbra con le sue.
Anche se erano in uno spogliatoio dove chiunque poteva entrare, anche con la rabbia che pulsava nelle sue vene, anche con il palpito costante della vergogna mentre ripensava al vortice di notizie che circolavano per l’ospedale, Addison, non poteva fermarlo. Lasciò che Mark attaccasse la sua bocca con una fame che sembrava dovesse essere cresciuta per anni invece che dal solo breve periodo in cui erano stati insieme; si lasciò intrappolare, catturare e farsi strada dentro di lei. 
 
 
 
 
16. Capire
(Izzie e George)
 
 
«Non capisco» disse Izzie, tranquillamente. Si distese sul letto e fissò il soffitto, come se le sue risposte potessero essere dipinte lì; tutto ciò che riusciva a vedere, però, era una semplice parete bianca, tinta di nero dall'oscurità della stanza. George era accanto a lei e il suo respiro regolare la rilassava, come una ninnananna. 

Si spostò accanto a lei, girato su un fianco, in modo che potesse guardarla in faccia. «È Alex, Iz, non è un bravo ragazzo». 
 


 


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Capitolo 3
*** Tre ***





17. 60 giorni
(Addison e Mark)
 

Otto. Settimane. 

Otto intere settimane. Forse anche di più: 60 giorni. 

Mark era abbastanza sicuro che stava diventando matto, e probabilmente doveva essere quello il piano segreto di Addison. 
 
“Sessanta giorni senza sesso e poi...” queste erano state le sue parole.

Bene, Mark non era sicuro di cosa sarebbe venuto dopo quel “e poi”, ma era sicuro che fosse dannatamente diabolico da parte sua lasciarlo a bocca asciutta per tutto quel tempo. Addison era più intelligente di quanto sembrasse: gli innocenti occhi da cerbiatta e i sorrisi ingenui erano di pura facciata. Sotto le sue moine gentili si nascondevano tutti i meccanismi interni di una mente malvagia. 
 
 
 
 
18. Astinenza
(Addison e Derek)

 
«Due settimane, Addie» 

«Che cosa?» chiese Addison aggrottando le ciglia adorabilmente, con un'espressione perfettamente confusa sul viso.

Derek strofinò le labbra contro la linea della mascella della donna, inalando il profumo dei suoi capelli. «Due settimane da quando abbiamo fatto sesso, mi stai dicendo che non l'hai notato?» 

«Sono stata un po’ occupata» borbottò Addison, arrossendo; ma la sua testa si inclinò di lato in modo che il suo collo creasse una lunga linea di pelle esposta e Derek si avventò su di essa avidamente.
Le sue mani stringevano ancora il tessuto del suo camice, mentre la sua bocca assaporava l’incredibile sapore della pelle offerta.
 
 
 
 
19. Amicizia
(Meredith e Alex)
 

«Allora, come va?» chiese Meredith, mentre camminava al suo fianco dietro gli altri stagisti. 
 
Perché tutti glielo chiedevano? È solo un altro giorno, un'altra serie di turni. Alex si disse di non pensare che i suoi giorni da stagista potessero essere estremamente numerati: il pensiero negativo non ha mai fatto bene a nessuno, giusto? Eppure tutti non facevano altro che ricordargli della sua cocente delusione.

Gemette piano sapendo che avrebbe dovuto risponderle. Meredith era una delle poche persone del suo gruppo che non lo odiava: mettersela contro sarebbe stata una pessima idea. «Non voglio parlarne» borbottò. 

«Male, eh?» 

Annaspò, cercando un appiglio per sfuggire a questa conversazione, desiderando di avere un altro compagno per il turno di notte. «Sarebbe potuta andare meglio» ammise. 

La sua mano leggera gli accarezzò la spalla. «Sono sicura che è andata bene, Alex».

Sogghignò, gonfiando il petto con fiducia, quando al suo interno si sentiva completamente vuoto. «Certo che è andata bene» 

Ignorò il dubbio pungente che strisciava centimetro dopo centimetro lungo la sua spina dorsale.
 
 
 
 
20. Fissare
(Addison e Callie)
 

Addison non stava guardando Derek, e non stava immaginando lui e Meredith che si baciavano, e non era affatto ferita dalla non-immagine che non stava guardando. Non lo era, neanche un po’. 

Stava solo fissando. Senza capire. Fissando in modo assente un punto astratto nella direzione di Derek e Meredith. Niente di male in questo. Niente di raccapricciante. Niente di niente. Niente... 

«Smetti di fissarlo, Addie» sibilò Callie al suo fianco. «Fai solo finta che non esista».

Addison guardò bruscamente lontano dal suo ex-marito e si concentrò invece sul paziente di fronte a loro: una quarantatreenne con dolori addominali persistenti. 
Se non riusciva nemmeno a superare questo consulto senza rimuginare sul suo ex-marito, era davvero, davvero nei guai.
 
 
 
 
21. Anatomia
(Addison e Derek)
 
 
«Uhm, Derek?» Addison disse, sussurrando le parole, il respiro morbido e stuzzicante contro la pelle del suo collo. «Dovremmo studiare, molto, abbiamo gli esami, domani, e questo non ci aiuterà a passarlo, come del resto...» 

«Stiamo studiando ora» insistette Derek, accarezzandole la coscia, facendo dei piccoli cerchi con la mano sulla pelle lasciata esposta dai calzoncini.
 
Addison sbatté le palpebre, confusa «Stiamo studiando?» 

«Sì, anatomia. Qualcosa del genere».
 
Avrebbe dovuto saperlo. Era difficile prestare attenzione a quello di cui avrebbero dovuto parlare quando era così vicina, quando poteva semplicemente piegarsi in avanti e baciarla.
 
 
 
 
22. Notare
(Alex e Addison)
 
 
Ad Addison piacevano le mani di Alex. 

Lo notò solo quando erano coperte di sangue e bloccarono con cura il grumo nell'arteria del loro paziente. Probabilmente era inappropriato. Avrebbe dovuto concentrarsi sul loro paziente - il loro paziente – e non sulle mani dello specializzando e su come si muovessero con eleganza. 

Alex le aveva afferrato la mano poco dopo essere usciti dalla sala operatoria. Addison sentiva ancora l'umido calore nervoso del contatto delle loro mani, e il solo pensiero la fece arrossire sotto la lucente luce chirurgica. C'era stata una rapida stretta, una sorta di rassicurazione per l’ottimo lavoro svolto. Alex non l'aveva mai fatto prima. 

Era stato un po’ strano. 

Ad Addison era piaciuto.
 
 
 
 
23. Maybe next time
(Addison e Alex)
 

«Smettila di comportarti come una bambina» dice Alex, mentre si siede con determinazione davanti ad Addison a pranzo. 

Addison lo guarda, con il cucchiaino con cui stava mangiando il budino al cioccolato, ancora bloccato tra le labbra. I suoi occhi blu spalancati come se fosse stata catturata dai fari di una macchina, come se il mondo fosse giunto a un punto di arresto e non fosse sicura di come farlo muovere di nuovo. 

Alex sorride. «Ti credevo più coraggiosa». 

«Scusami?» mormora a sua volta, senza togliere quel cucchiaino dalla bocca. 
 
Il cucchiaino attira l’attenzione degli occhi di Alex sulle sue labbra e ciò gli rievoca un ricordo nitido della scorsa notte. Il ricordo lampeggia nella sua mente in fretta e lo fa spostare – con agitazione - sulla sedia; Addison lo fissa aggrottando la fronte. 

«Mi stai ignorando. Mi hai ignorato per tutto il giorno» afferma Alex. Gli occhi di Addison si abbassano in modo tale da non dover incontrare il suo sguardo. Codarda, pensa. 

«Non è così» sostiene Addison, prima di sfilarsi finalmente quel cucchiaino dalla bocca. Grazie a Dio. «Sei andato via». 

«Sì, l’ho fatto, ma non c'è bisogno che tu inizi a comportarti come se avessi ucciso tua nonna» Alex si appoggia all'indietro sulla sedia e incrocia le braccia al petto. «Cosa volevi da me?» 

«Ehm, non so...» Addison scrolla le spalle a disagio e continua a non guardarlo.

«Volevi che restassi?» Alex suggerisce, la sua voce carica di scherno. Addison non risponde, ma Alex conosce comunque la risposta - sì, certo che sì. 
Addison è il tipo di donna che si aspetta fiori e candele al primo appuntamento. Linfa romantica. È come Izzie, anzi, peggio. «Perché se è quello che vuoi, dimmelo, ci proverò la prossima volta». 

Le parole la fanno sussultare e un sorriso si espande sul suo volto. «La prossima volta?». 
 
 
 
24. Domino
(Addison e Derek)
 
 
«C'è un mare di domino nel mio salotto»  

«Nel mio salotto, in realtà, ma qualunque cosa... volevo che fossi tu ad iniziare» Derek indicò due rettangoli neri del domino, «devi colpire quello e quello. Contemporaneamente». 

Dopo averlo guardato con sospetto, Addison si spostò in avanti e capovolse con la punta delle dita le due parti che le aveva indicato. 
Un rumore sferragliante riempì la stanza per alcuni secondi, mentre il domino si rovesciava in un'ondata di marea. Addison si raddrizzò per guardare il danno fatto; c'era una forma di cuore sul pavimento, con dentro delle lettere unite.

Sorrise a sé stessa e lesse le parole ad alta voce. «Ti amo» 

Le braccia di Derek scivolarono intorno alla sua vita, abbracciandola da dietro, e lo sentì mentre iniziava a premere baci leggeri contro il suo collo. Addison rise tra sé e sé, mentre la felicità si diffondeva attraverso lo stomaco. 

«Sei un tale cretino» si lamentò. 

Derek borbottò qualcosa di difensivo contro il suo collo, ma poi la sua bocca colpì proprio il punto appena sotto l’orecchio e divenne difficile, per lei, elaborare delle parole di senso compiuto.

«A proposito…» disse Addison senza fiato, mentre lasciava cadere la collezione di tessere di domino giù dal divano, salendo a cavalcioni sui fianchi di Derek. Si allungò per baciargli le labbra, per un breve secondo, prima di allontanarsi e sorridere. «Ti amo anch'io».

Derek nascose un sorriso abbassando lo sguardo e giocando con il lenzuolo che Addison aveva avvolto intorno a sé. «Ora chi è il cretino?»



 


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Capitolo 4
*** Quattro ***





25. “Troppo spesso la cosa che desideri di più è quella che non puoi avere. Il desiderio ci lascia col cuore infranto, ci esaurisce. Il desiderio può distruggerci la vita. Ma per quanto si possa volere qualcosa, le persone che soffrono di più sono quelle che non sanno che cosa vogliono.” (Grey’s Anatomy 3x21 – Desiderio)
 (Addison e Mark)
 
 
Scivolarono nell'appartamento, un uragano di mani che si affannavano e denti mordaci. Una mano cercò l'interruttore della luce, ma anche quando la fioca luce elettrica si accese, Mark, non era sicuro se fosse stato lui o Addison a volerlo. 
Invece, la sbatté contro il muro, premendosi contro di lei, tirando il labbro inferiore con i denti. 
Quando le mani di Addison rimasero nella loro posizione sul muro, Mark, sorrise, grugnì e si tirò fuori da lei, e poi di nuovo dentro, affondando in profondità. 
Duro, veloce, punitivo, ma poteva ancora sentire le parole che Addison gli sussurrava sottovoce: più forte, più veloce, per favore
Si sentì obbligato a soddisfarla come poteva, muovendosi con tutto il corpo, con le unghie che affondavano nella pelle nuda e serica, e con il sudore che gli scendeva lungo la schiena, sotto la maglietta.
Poteva sentire quella pressione insistente che si accumulava dentro di lui, promettendogli che non sarebbe durato ancora a lungo e che presto si sarebbe potuto sbarazzare di questa dannata tensione.
Gli unici suoni intorno a loro erano il loro stesso respiro affannoso e lo schiaffo della loro pelle insieme. 
 
 
 
 
26. Tenere il broncio
(Alex e Addison)
 
 
Si aggirano l'un l'altro il giorno successivo. Era imbarazzante. Davvero, davvero imbarazzante, e, Alex, non ne era abituato. Sì, era abituato a ricevere qualche sguardo mortale dalle infermiere la mattina successiva, e forse la classica scenata melodrammatica per essere andato via prima dell’alba. 
Ma Addison non urlava. Ovviamente non lo faceva. 
Addison teneva il broncio. 
Teneva il broncio e incrociava le braccia al petto rifiutandosi di guardarlo. A volte lo passava nei corridoi facendo finta di non vederlo, ed emettendo fastidiosi rumori - “hmmmph” - attraverso il naso.
Si era allontanata bruscamente ogni volta che Alex aveva tentato di toccarla, anche solo per parlarle.
Non era bello, e non era divertente, e Alex voleva schiaffeggiarla sulla testa per essere una tale stronza.
 
 
 
 
27. L’anello
(Burke e Cristina)
 
 
Cristina sa che non è felice, che è stanca di combattere, stanca di restare. 
Lei sa di amarlo. Sa che il battito accelerato del suo cuore quando si perde tra le sue braccia è sintomo di amore; ma ora che Burke si avvicina, e la guarda con quegli occhi vuoti e privi di speranza, sa che è stanca del suo modo di amare.
La pietra incastonata sul suo dito le scotta la carne, si conficca nei suoi tessuti e si espande, bruciandola, come se fosse fatta di lava incandescente.
Sente il corpo di Burke che si avvicina, la barba ruvida le gratta la pelle tenera della guancia quando la bacia. Sfiora con le dita la pietra e per un momento le manca l’aria, come se le sue mani fossero serrate intorno alla gola, invece che tra le sue dita.
Lo respinge, dice che non può. 
«Non posso» ripete ancora. 
Questa volta lei si alza dal letto, prende i vestiti e si allontana. 
Anche se non ha idea di cosa farà, per la prima volta da mesi Cristina è felice. 
 
L’anello che Burke trova al mattino è l’unica traccia della sua fuga.
 
 
 
 
28. Bordi
(Mark)
 
 
Traccia i bordi delle lettere dorate in rilievo sulla carta. Striscia il polpastrello - l’indice della mano destra - sul cartoncino ruvido.
I bordi sono erti, spessi, ma nonostante tutto taglienti.
Siete cordialmente invitati...
Tre parole che squarciano il primo taglio sul pericardio del suo cuore.
Ora passa il dito sul nome degli sposi e rimane deluso nel non vedere il foglio tingersi di rosso. Il sangue che gli scorre all’interno non è visibile ad occhio nudo. 
Volta i palmi delle mani verso l’alto e sente una briciola di pentimento che si diffonde come la polverina d’orata sparpagliata sulla sua pelle, rubata dai due nomi degli sposi.
Ogni analisi che ha fatto su sé stesso è stata fonte di oscurità, poiché lui non è altro che un bastardo.
Un bastardo, sì, questo è quello che è. Un bastardo che desidera la fidanzata del suo migliore amico, sperando che lei lo scelga. 

È imperdonabile.
 
 
 
 
29. Fiori
(Derek)
 
 
Quando avevi cinque anni, guardavi tuo padre portare a casa un mazzo di fiori per tua madre ogni sabato sera dopo il lavoro. Ha portato a casa fiori di ogni tipo: margherite, lillà, narcisi, orchidee. All'età di sette anni, hai pensato di aver visto così tanti fiori da poterti bastare per tutta la vita.
In un'occasione particolare, ti ha portato al negozio di fiori locale, esortandoti a scegliere da solo dei fiori per tua madre. Hai indicato un bellissimo mazzo di rose rosse, ma lui ha scosso la testa, consigliandoti di scegliere qualcos'altro. 

«Una cosa che devi sapere, Derek» disse, dopo aver raccolto un mazzo di tulipani freschi, «è che non devi dare a una donna che è speciale per te, qualcosa di comune e banale come la rosa».

Dieci anni dopo, le sue parole ti suonano ancora vere. Guardi per una buona mezz’ora la collezione di fiori colorati davanti a te, e non sai neanche lontanamente deciderti su quale sia quello giusto da regalare ad Addison; nessun fiore sembra corrispondere alla sua personalità vibrante e complessa. 

«Ho bisogno di un bouquet di qualcosa di... fresco. Romantico» dici, alla fioraia che ti consegna un mazzo di rose bianche e color pesca.
 
«No. Nessuna rosa per favore» le dici, e lei alza le spalle, in cerca di qualcos'altro.

Tuo padre aveva ragione. Una donna che merita tanto dei tuoi pensieri, merita molto più di un mazzo di rose, non importa quanto siano eleganti o carine. 
La ragazza torna, con un mazzo di gigli, tulipani e lavanda fresca. Sorridi. 

«È perfetto. Semplicemente perfetto».


 
  
30. Casa
(Mark e Derek)
 
 
«Ho bisogno di una casa» dice Mark, posando la bottiglia vuota di birra accanto a lui, «Come una casetta a schiera o qualcosa del genere».
 
Derek guarda sospettosamente il suo migliore amico, porgendogli un'altra bottiglia prima di rispondere. «Perché avresti bisogno di una casa?»
 
«Perché» risponde Mark, prendendo un lungo sorso dalla sua birra, «ho bisogno di una casa. Non ho una casa qui a Seattle. Ho bisogno di un posto dove vivere».
 
«Vivi in ​​un albergo» fa notare Derek, e, Mark, sbuffa frettolosamente. «Le case sono generalmente per le persone che vogliono rimanere in loro».
 
«Ci rimarrei» mormora beffardamente, «se solo ne avessi una».
 
«Perché non prendi un appartamento? Puoi permetterti anche un bell'attico se vuoi».
 
«Stai costruendo una casa» dice Mark, indicando il legname e le scorte di costruzione dietro di loro. 
 
Derek semplicemente lo fissa. «Sì» risponde, in maniera concisa «e sono fidanzato e mi sposo in due mesi».
 
«Le coppie sposate possono vivere in un appartamento».
 
«Stiamo progettando di costruire una famiglia».
 
«I bambini possono vivere in un appartamento».
 
«Qual è il problema con te?» Derek brontola per la frustrazione, lanciando la bottiglia di birra vuota sull'erba. «Perché sei così invadente con questa faccenda della casa?»
 
Mark sospira, il suo sguardo si getta in fretta sul paesaggio di Seattle di fronte a lui. «Voglio una casa. Come un posto dove posso andare e sentirmi… a casa» borbotta e Derek lo guarda. «Come la tua vecchia casa a New York, con la cucina in legno e il camino in salone».
 
«Hai bisogno di una casa» afferma Derek, guardando il chirurgo arrogante; il suo nuovo, vecchio, migliore amico. 
 
Mark si stringe nelle spalle. «Sì. Ho bisogno di una casa».
 
«Puoi sempre venire a casa da noi» Derek gli dice, ignorando la sorpresa molto evidente sul volto dell’uomo. «Basta che tu non dorma con mia moglie».



 
31. L’ultimo bacio
(Addison e Derek)
 
 
L’ultima volta che lo baciò avevano appena finito un intervento.
Entrambi sapevano che avesse già scelto; entrambi sapevano che sarebbe rimasto con lei.
Fu meglio di quello che si aspettava, e, quando le loro labbra si toccarono, la stessa scintilla di un tempo attraversò i loro corpi.
 
«È sempre stata lei, non è vero?» gli chiese.
 
«Ti ho amato davvero».
 
«Lo so» rispose, e lo pensava davvero.
 
«Starai bene?»
 
«Meglio di come lo sia stata per un lungo periodo di tempo».
 
Quando la porta si chiuse alle sue spalle rimase sorpresa nel realizzare che fosse la verità.
 
 
 
 
32. Tormento
(Addison e Derek)
 
 
Pelle contro pelle, gemiti disperati, unghie che corrono e che graffiano, lasciando delle deboli scie rosse con il loro passaggio; il dolce intoppo del respiro di Addison, il battito delle sue ciglia.
Bocche che si scontrano rabbiosamente, lottando per il dominio; la pressione di Derek contro di lei, sotto di lei; le sue mani, i muscoli duri e tesi.
Rompono il bacio e la afferra, spingendola contro il muro, la maglietta serrata nei suoi pugni.
La lingua è sulla sua spalla, leccando una linea infuocata lungo la clavicola, i denti rasenti, le labbra bagnate, le mani sulla sua schiena, tenendola stretta ed è così vicino; eppure non può fare a meno di chiederle ancora di più, ora, più velocemente, più forte, più profondamente.



 


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Capitolo 5
*** Cinque ***


 
33. Vai al diavolo
(Mark e Addison)
 
 
Si appoggia su di lui, mentre una lacrima le attraversa le guance, ansimando in un ultimo sforzo, per arginare il dolore senza fine. Lui le poggia un panno umido sulla fronte, cercando di essere di qualche aiuto, nonostante gli abbia già detto: «Vai al diavolo e lasciami in pace». 

Ma lui non se ne va, anche dopo i suoi ripetuti insulti arrabbiati e commenti sgraditi; e per questo lei gli è immensamente grata. Con il tempo le sue braccia cedono e cade sul suo petto, lui non parla, le dà solo una stretta gentile e le assicura che andrà tutto bene. 
 
 
 
 
34. Beatitudine
(Addison e Derek)


«Questo è il momento più felice della mia vita!» esclamò Addison, girando la testa per baciare suo marito sulle labbra. 

«In questo momento?» Derek stuzzicò, «non ieri durante il vero matrimonio? Non la scorsa notte? Sembravi piuttosto felice allora».

Addison arrossì e lo colpì leggermente sul braccio. «Smettila!» disse, «Sai cosa intendo». 

«Davvero?»

Lei roteò gli occhi verso l’alto. «Siamo sposati, Derek» disse, scavalcando il suo corpo, in modo da poter accoccolarsi nel suo petto. «Ogni giorno ci svegliamo insieme come una coppia sposata. È tutto ciò che ho sempre desiderato».

Sospirò felicemente mentre Derek si passava le dita tra i capelli. 

«Sì» disse, «anch’io».
 
 
 
 
35. Stai uscendo con il veterinario.
(Addison e Meredith)
 
 
La raggiungi alla fine del corridoio. «Addison, aspetta» 

«Non farlo» non sta piangendo, ma pensi che sia probabilmente solo una questione di tempo. «Per favore, vai via». 

«Ma non è successo niente…»

«Ed è proprio questo il punto!» sbotta, lanciando le mani in aria con stizza. «Non stai nemmeno dormendo con lui e sei ancora tutto ciò a cui pensa». 

Ti allontani prima che tu possa offrirle altre parole vuote. Lasci una tazza di cioccolata calda sulla scrivania nel suo ufficio e speri che le dica quello che non potevi dirle a parole.
 
 
 
 
36. Brillare
(Mark e Derek)


«Sembra diversa»

Mark aggrottò le sopracciglia mentre prendeva un morso del suo sandwich, fissando con curiosità il suo migliore amico accanto a lui, che non distoglieva neanche per un secondo gli occhi dalla sua nuova fidanzata. 

Derek fece spallucce. «Non so di cosa stai parlando» disse, «è come tutti gli altri giorni». 

«No» Mark scosse la testa, «C'è qualcosa di diverso. Lei sembra tutta... brillante. È incandescente». 

Derek prese un morso del suo sandwich e non rispose. 

«Ah!» gli occhi di Mark si illuminarono con realizzazione. 

«Ah… cosa?» Derek disse. 

Mark rise, mentre passandosi una mano sulla bocca spostava le briciole del pane. «Finalmente l'hai fatto, non è vero? Hai sigillato l'affare! Hai dormito con lei!» 

«Mark. Per favore» Derek scosse la testa, ma non lo negò. 
 
Mark sogghignò continuando a fissarla. «Guardala» disse, «è tutta sexy dopo il sesso».

«Non lo è» sostenne Derek, ma Mark si limitò a ridere. 

«Amico, sì che lo è».
 
 
 
 
37. Ho bisogno di un minuto senza di te
(Addison e Meredith)
 

A metà strada, prima di uscire fuori dall'armadio, ti fermi. «Mi dispiace per il ballo di fine anno» le dici. Volevi dirglielo da giorni, ma il suono cencioso che Addison soffoca nelle sue mani, dopo aver ascoltato le tue parole, ti fa desiderare di non averlo fatto. 

Cerca di scrollare le spalle, ma le sue spalle tremano. «Mi dispiace per la bacheca». 

Sbatti un piede a terra, mentre avanzi di un passo verso di lei. «Sei stata tu?» 

«Non sei nella posizione di essere indignata». Il tuo sguardo cade di nuovo, incollato al pavimento, per la paura di incontrare i suoi occhi, ma, Addison, non ci fa caso. «Erano nella sua tasca» dice, incredula, e senti due sassi che si stabiliscono nel profondo del tuo stomaco. «È così che ha pensato che fosse giusto dirmelo?»

«Sono davvero, davvero dispiaciuta». 

«Maledizione» imprecò, passandosi furiosamente il palmo della mano sotto gli occhi. «Maledizione».
 
«Io...» 

«So che lo sei, Grey. Ma non...»

«Lo so» dici tranquillamente. «Posso fare qualcosa?» 

Addison ti guarda, senza dire nulla, gli occhi grandi e bagnati. Annuisci e esci dall'armadio. 
Le dai un minuto senza di te.
 
 
 
38. Amici
(Izzie e Alex)
 
 
Non si aspettava molto. Non voleva certo che Alex la tenesse stretta e le sussurrasse parole dolci all'orecchio. 
Anche se sarebbe stato carino. 
Qualsiasi cosa sarebbe stata carina, in realtà. Ma Alex se ne era andato. Subito. Si era vestito, aveva legato stretti i lacci delle scarpe, ed era uscito fuori dalla porta senza dirle una parola. Era stato maleducato. 

Per questo, Izzie, aveva deciso che non era più sua amica. Non era sicura di esserlo mai stata, in realtà, ma ora lo sapeva per certo.

Si assicurò di non guardarlo, nemmeno una volta, per tutta la mattina. E considerando l'espressione incazzata sul suo volto, ne era valsa assolutamente la pena.
 

 

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