Dammi un brivido

di PersephoneAm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I bastardi ***
Capitolo 2: *** Christian ***
Capitolo 3: *** Segreto generale ***
Capitolo 4: *** Scuse ***
Capitolo 5: *** Pestaggio ***
Capitolo 6: *** Vendetta. ***
Capitolo 7: *** Le prove ***
Capitolo 8: *** Guerra aperta. ***
Capitolo 9: *** Una nuova minaccia. ***
Capitolo 10: *** Il saggio ***
Capitolo 11: *** Zio e nipote.(Prima parte) ***
Capitolo 12: *** Zio e nipote.(Seconda parte) ***
Capitolo 13: *** Darko. ***
Capitolo 14: *** Festa di compleanno(Parte 1) ***
Capitolo 15: *** Festa di compleanno (parte II) ***
Capitolo 16: *** Tu per me sei... (Avviso a fine capitolo) ***
Capitolo 17: *** E se dovessi... tradirti? ***
Capitolo 18: *** Non siamo uguali, ma ci completiamo. ***
Capitolo 19: *** Una notizia inaspettata e strana. ***
Capitolo 20: *** Dubbi ***
Capitolo 21: *** Ritorno inaspettato. ***
Capitolo 22: *** Il futuro. ***
Capitolo 23: *** "Sono bella perché tu mi fai sentire così". ***
Capitolo 24: *** Fretta. ***
Capitolo 25: *** Il book fotografico. ***
Capitolo 26: *** Il book fotografico(parte 2). ***
Capitolo 27: *** Preparativi per Natale. ***
Capitolo 28: *** Riunioni... familiari. ***
Capitolo 29: *** Affare fatto. ***
Capitolo 30: *** Notte di Natale. ***
Capitolo 31: *** Filosofie e proverbi. ***
Capitolo 32: *** Giocare sporco. ***
Capitolo 33: *** Il Natale più bello. ***
Capitolo 34: *** A Roma. ***
Capitolo 35: *** Sfilata con sorpresa. ***
Capitolo 36: *** Come la peste. ***



Capitolo 1
*** I bastardi ***


Ero la migliore.

Io, Alice Marra ero la miglior ballerina della scuola di danza di Milano. A diciassette anni molti mi avevano offerto di imparare nelle loro scuole, ma ero sempre rimasta fedele a mia zia Clara, un po' perché eravamo parenti, un po' perché amavo sentirmi superiore alle altre, cosa che sicuramente non sarei potuto essere alle lezioni di danza della Scala di Milano o negli altri teatri, visti i talenti che vi erano in quelle scuole.

Molte volte non partecipavo neanche alle lezioni: forse per fortuna o per doti innate riuscivo sempre a memorizzare i passi e compierli se non perfettamente, quasi. E poi, non ero molto interessata alla danza: mia zia mi aveva fatto entrare in quel mondo, dopo che mi aveva detto che le sarebbe piaciuto vedermi ballare. E io l'avevo accontentata. Un'altra mia fortuna era quella per cui potevo mangiare quanto volevo, senza ingrassare. Andavo bene a scuola, molte erano le persone su cui potevo contare e, soprattutto, avevo un fratello meraviglioso.

Uno dei miei pochi difetti, per come lo vedeva mio fratello, era il fatto che non uscivo il sabato sera ed evitavo qualsiasi festa dei suoi coetanei, preferendo starmene a casa a leggere un buon libro o a giocare alla play con Teo, un amico di mio fratello Alex.

La situazione più triste della mia vita era aver perso i miei genitori a dieci anni. Quello era stato un peso molto difficile da digerire, per me. Se non ci fossero stati Alex e i suoi amici, che mi facevano ridere tutto il tempo facendo gli idioti, forse non sarei la ragazza solare che sono oggi.

Proprio quel giorno, quando la mia vita iniziò a cambiare, mia zia venne nella mia stanza, lamentandosi con me. «Andiamo, Alice!»esclamò lei. «Perché non provi a uscire con Alex i suoi amici?»

La guardai stranita, come se a un certo punto le fossero spuntate due teste. «Mi stai veramente chiedendo di uscire con loro?»

«Cosa ci sarebbe di male? Sono dei ragazzi simpaticissimi e anche carini. Esci con uno di loro, qualche volta. Magari con Stefano o con Gabriele. O con quel figo di Thomas...»

Mia zia era pazza di Thomas. Nonostante stesse per sposarsi con Gerard, il suo compagno francese, Thomas era il suo "preferito", tra gli amici di Alex. «Hai aperto un'agenzia matrimoniale senza dirmelo, zia?»

Lei sospirò, sconfitta. «Acida e cinica come sempre.»

Mia zia Clara era la sorella più giovane di mio padre, una ragazza di ventisei anni, fin troppo spumeggiante e invadente, quando si trattava solo delle mie relazioni, ovviamente. La prima è unica volta che aveva provato a fare una cosa del genere con Alex, lui le aveva risposto di farsi gli affari suoi e zia Clara aveva subito capito l'antifona. Con me, invece, era tutta un'altra storia, purtroppo.

Mio fratello aveva ventitré anni, come quasi tutti i suoi amici. Erano tutti, chi più chi meno, alti e ben piazzati, alcuni più muscolosi di altri, ma tutti avevano un fisico magnifico, questo dovevo ammetterlo e nessuno di quei babbuini era brutto. Avevano un sacco di tipe attorno, ma era raro che le calcolassero anche solo di striscio, perché prima venivano "i fratelli", poi le altre cose. Solo Alex, di tutto il gruppo, aveva una ragazza, Silvia. Silvia era... beh, Silvia era Silvia e nessuna ragazza avrebbe potuto superarla in simpatia e bellezza. Mai.

Thomas, l'idiota cui Clara sbavava dietro, era il capo, un egoista egocentrico, freddo come il ghiaccio e maledettamente bello: il bastardo era alto sul metro e novanta, capelli neri, collo ampio e le spalle larghe erano alcuni dei tratti che mi piacevano di lui.

Ciò che mi attraeva di più erano gli occhi. Dio quegli occhi!

Così magnetici che molte volte rimanevo imbambolata a guardarli, mentre incontravo il suo sguardo.

«Aliceeee!»mi chiamò Alex, in quel momento.

Alzai gli occhi da "Orgoglio e Pregiudizio" e scesi le scale, ed recarmi nel salone, dove i ragazzi erano tutti seduti per terra o sui divani.

«Dimmi.»sospirai, indispettita per quell'interruzione della mia lettura.

«Sei in tv.»esclamò mio fratello, indicandomi l'elettrodomestico, che passava in quel momento un servizio giornalistico del canale locale sulla "...ballerina/modella che aveva un talento incredibile per il ballo e un attaccamento frenetico all'obiettivo...", mentre lui giocava a carte con Thomas, Luca e Teo.

«"Attaccamento frenetico"? Addirittura?!»feci, sarcastica, sentendo la battuta della giornalista. «Ma chi ha dato il lavoro a questa demente?»

«Hanno appena detto davanti a un sacco di gente che sei una ragazzina viziata e non hai detto 'a'.»mi disse Matteo, ridendo. «È menefreghista come te, amico.»

Alex gli diede il cinque. «L'ho educata bene, eh?»

Alzai gli occhi al cielo e andai in corridoio, dove la zia si stava vestendo per uscire.

«Se.» disse Lele, con voce infastidita. «È fredda come il ghiaccio, ma una ci ha così dovrebbe essere tutta un fuoco, cazzo!»

Sbuffai, mentre la zia sghignazzò e uscì poi di casa. «Non potresti tenerti per te queste cose?»borbottai, andando dal corridoio alla cucina, per bere un bicchiere di succo.

«Quando cazzo si è mossa?»chiese Luca, scioccato.

«Boh.»fece spallucce Alex, tirando poi uno scappellotto sulla testa di Lele. «Cos'è questa storia su mia sorella, che dovrebbe essere "tutta un fuoco"?»

«Eh? No no niente!»rispose l'amico, toccandosi la testa, sul punto in cui mio fratello lo aveva colpito. «Thomas, ma stasera andiamo alla festa del palazzo abbandonato o no?»

«Ovvio.»rispose lui, tornando a giocare alla consolle.

Sentii in quell'istante il telefono vibrare e lo afferrai, leggendo il messaggio che era appena arrivato. Stefania mi stava chiedendo di uscire con lei, quella sera. Alla festa al palazzo abbandonato in periferia, dove quei cretini sarebbero dovuti andare. Sbuffai, non potendole dire di no: Stefania mi aveva strappato la promessa secondo la quale, una sera, saremmo dovuti uscire insieme, io e lei. E quella sera sembrava voler farmi rispettare quella promessa.

«Aleeeeeex!»urlai.

«Mmmm! Qualche giorno le strapperò le note vocali.»si lamentò. I suoi amici sghignazzarono. «Cosa vuoi?»

«Stasera esco.»gli dissi, sentendo i sussulti di esclamazione dei ragazzi.

«E da quando tu esci?»mi provocò lui, con voce sorpresa.

Risi. «Da adesso.»

Mi fece la doccia e iniziai a prepararmi, indossando degli short, una canottiera e delle scarpe con la suola alta, tutti neri. Mi lisciai i capelli neri, mi truccai e uscii dalla stanza. Misi il telefono nella tasca dei pantaloncini e presi le chiavi di casa. Stefania mi aveva scritto di uscire con lei almeno quella sera e io non avrei mai potuto dirle di no.

Arrivata di sotto trovai gli idioti davanti al portone. Mi aspettavano.

«Che diavolo avete da guardare?»chiesi a voce alta.

«Andiamo anche noi alla festa di Giorgio.»mi disse Alex, mettendomi una mano sulla spalla. «Così ti tengo d'occhio.»

Bastardi. Erano dei bastardi davvero!



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Capitolo 2
*** Christian ***


Sbuffai per l'ennesima volta. Un rave party. Eravamo a un cazzo di rave party. La prima volta che uscivo di mia (quasi) spontanea volontà, mi ritrovavo a un rave? Ma porca troia.

«Madonna, Alice!»si lamentò Alex. «Smettila di sbruffare!»

«No. Perché nessuno mi ha detto che era un rave?»mi lamentai.

Teo si avvicinò ridacchiando e mi abbracciò.

«Ali, ti devi divertire e basta.»mi disse.

Lo guardai male. «Divertirmi in questa gabbia di matti?» Mi guardai attorno: almeno un quarto dei presenti era completamente ubriaco, mentre un numero più ristretto se ne stava quasi svenuto sul pavimento.

«Pensavo sapessi che tipo di festa era.»mi rispose, alzando le mani come per scusarsi.

«Tutta colpa di Stefania, che mi ha costretta ad uscire di casa.»borbottai, facendolo ridere di nuovo.

Il DJ passò in quel momento "Animals" alla consolle e io sgranai gli occhi. «Oh meo deoooo!»imitai la Rodriguez, spingendo Teo verso la pista. «Amo troppo 'sto pezzo!»
Iniziai a ballare con Teo e Luca, mentre gli altri se la ridevano come matti.

«E meno male che fino a cinque secondi fa si stava lamentando...»disse Alex.

«Che ci vuoi fare, amico?»sospirò Stefano, dando una pacca a mio fratello e ricevendo una linguaccia dalla sottoscritta.

«Raga!»li chiamò Tommy. «Forza.»

Vidi gli altri annuire e dispersersi per il palazzo. Anche Luca era sparito, lasciando soli me e Teo. Il mio miglior amico ed io alzando le mani a tempo di musica, facendo delle facce buffissime.

Matteo era stato amichevole con me fin dal primo momento e, quando i ragazzi non erano a casa di zia Clara a giocare alla play o alla Xbox, lui rimaneva con me a casa, guardando col comico o giocando a carte. Da fuori sembrava un bravo ragazzo, ma quando c'era da menar le mani era forse uno dei più violenti, come quando aveva pestato l'ex di Stefania e aveva passato quattro mesi tra carcere e lavori socialmente utili.

Eravamo molto simili di carattere ma tutti e due sapevamo che non ci sarebbe stato nulla oltre una profonda amicizia: Matteo era follemente preso da Stefania, e io li vedevo bene insieme.

«Tommy e Sharon si sono lasciati ieri, sai?»buttò lì Teo.

«E quindi?»chiesi, ridendo.

«Niente niente.»rise lui, facendomi l'occhiolino.

«Teo, non iniziare con i tuoi viaggetti mentali! Per quanto possa sembrarti a me non piace Thomas.»mentii.

«Se lo dici tu...»urlò lui. «Io e Ste ci siamo messi insieme, oggi.»

Mi fermai e saltai addosso a Teo. »Che bello! Finalmente una buona notizia.!»

Beh, anche quella di Tommy single era una buona notizia...

«Ehi, lascia stare il mio tipo, bambola.»rise qualcuno dietro di me.

Mi voltai e vidi la mia migliore amica, abbracciando anche lei con la stessa delicatezza di un tir. Stefania rise poi baciò Teo sulle labbra.

«L'ho sempre detto io che insieme state benissimo!»esclamai contenta per loro. «Ma quando sei arrivata?»

«Adesso.»rispose lei. «Non trovavo un vestito adatto e ho messo i pantaloncini.»

La guardai e la trovai davvero bella: i capelli biondi erano stati lasciati sciolti e il trucco marroncino con una linea di matita e il mascara valorizzavano ancor di più gli occhi verdi di Stefania. La conoscevo dal primo anno di superiori, poi ci eravamo messe a fare spettacoli, nei quali io ballavo e Stefania cantava. Insieme eravamo cresciute, eravamo diventate grandi e tutti ci chiamavano nei teatri. Quando Stefania e il suo ex poi si erano lasciati, le avevo fatto conoscere Matteo e i due avevano legato da subito, un po' come era successo a me con... Nessuno.

«Ragazzi, gli sbirri!»urlò il dj, spegnendo la musica e fuggendo via con la sua auto dall'ingresso posteriore del palazzo.

Tutti iniziarono a precipitarsi fuori, mentre io rimasi imbambolata al centro della pista. Non trovavo più Stefania e Matteo. Non è che mi avevano smollata lì, vero? Qualcuno mi afferrò il polso e mi fece correre fino a un albero avvolto dal buio.

«Chi diavolo sei?»esclamai, tenendomi il polso dolorante.

«Fa' silenzio o ci beccano.»mi disse lo sconosciuto, guardando verso la porta da dove stavano scappando via tutti. «Sono qui!»

Qualcuno si avvicinò con passo da elefante e inciampò sul mio piede. «E sta attento, idiota.

Quello mormorò uno "Scusa" e si girò a osservare i poliziotti che portavano via un bel po' di gente.

«Ci conviene andare via.»disse quello che mi aveva aiutata ad uscire dal palazzo. «Tra poco controlleranno anche nei dintorni.» Mi porse una mano. «Vieni, qui è pieno di rami e buche, perciò tieniti a me!»

E io lo feci, mi aggrappai al braccio dello sconosciuto e camminai fino a una villa solitaria. Entrammo e mi sedetti su un divano, guardandomi attorno.

«Abiti lontano da qui?»mi chiese il ragazzo. «Posso accompagnarti in macchina...»

«Alice, mi chiamo Alice.»mi presentai. «E no, non c'è problema. Chiamerò mio fratello e mi verrà a prendere. Dimmi in che via siamo, per favore.»

«Io sono Christian e lui è Michael. E purtroppo non possiamo fare venire qui tuo fratello, senza sapere chi sia.»

«Si chiama Alessandro. Alessandro Marra.»

I due si irrigidirono.

«Oh Cristo.»sibilò il ragazzo chiamato Michael. «Chiamo io tuo fratello, lo conosco.»

Lo guardai confusa, mentre faceva la chiamata. «Tua sorella è da noi.. si.. è a casa di Cri.. no sta bene.. tranquillo.»

Capii che tra quei due e mio fratello non scorresse buon sangue e andai alla porta, trovandola chiusa a chiave. Mi voltai verso di loro, vedendo che Christian mi si era avvicinato forse un po' troppo, con un sorriso stanco sul volto.

«Non ti faremo nulla.»cercò di rassicurarmi. «Puoi tornare a sederti sul divano, fino all'arrivo di tuo fratello.»

«Ringrazia che è Cri il capo! Perché, se lo fossi stato io, tuo fratello ti avrebbe trovata legata e nuda fuori dalla porta!»

Trasalii al tocco di Christian sul mio fondoschiena. «Zitto Mike! Mi spiace per te, piccola. Sei entrata in mezzo a questa storia per caso. La prossima volta però non dire chi è tuo fratello. Lui e i suoi amici potranno avere potere, ma proprio per questo tutti li odiano, sotto sotto.

«Posso andarmene a casa da sola.»sussurrai.

«No no. Tu stai qui. Non sia mai che poi ti potesse accadere qualcosa è poi la colpa è nostra.»mi fermò lui.

Sospirai quando sentii il citofono suonare e il ragazzo aprì la porta con le chiavi. In pochi secondi mi trovai tra le braccia di..

«Stai bene?»mi chiese Tommy, preoccupato.

Mi staccai da quel corpo caldo. «Che ci fai qui?»

«Alex sta controllando chi è stato preso dagli sbirri e sono venuto io.»mi spiegò a bassa voce, guardando male i due ragazzi che stavano dietro di me. «Ora rispondi alla mia domanda.»

«Si si! Sto bene.»gli dissi.

«Sta tranquillo, Tommy.»ci interruppe Christian, ghignando. «Non le ho torto neanche un capello.»

«Non devi neanche azzardarti a pensarlo.»lo minacciò Tommy, passandomi un braccio attorno alla vita e portandomi via da lì.

Mi voltai da sopra le spalle di Thomas, vedendo Christian farmi l'occhiolino. Rigirai la testa in avanti.

«So camminare.»dissi, staccandomi da Tommy.

«La prossima volta fatti prendere dai poliziotti! Sei più al sicuro con loro che con Christian e Michael.»

Nonostante la curiosità non chiesi nulla e arrivammo a casa in silenzio. I ragazzi e mio fratello Alex mi guardarono male, mentre Stefania mi sorrise.

Andai in camera mia e mi tolse le scarpe, poi svuotai le tasche e trovai un bigliettino con un numero di telefono e una frase: "Quando avrai bisogno chiama C.".

Rimasi un attimo paralizzata dal foglietto, poi lo nascosi tra la batteria e lo sportellino del telefono dove nessuno avrebbe mai guardato. Scesi le scale sentendoli parlare, poi quando entrai in cucina tutti rimasero in silenzio, guardandomi prendere il brick del succo e un bicchiere, mentre rispondevo a un messaggio.

Ah quindi Stefania poteva rimanere ad ascoltarli e io, che li conoscevo da più tempo ed ero sorella di uno di loro, no?

«Fanculo.»mormorai.

Tolsi il disturbo, salendo le scale e buttandomi sul letto, ascoltando Ludovico Einaudi.
 
 
 
Il pomeriggio successivo mi chiamò Ferdinando per fissare un incontro e fare due mesi di stage nella compagnia di ballo della "Scala". Lo dissi quella sera, dopo la cena. Clara mi aveva dato il permesso ed ero al settimo cielo: due mesi di stage in un acompagnia importante, come quella milanese, era un miracolo!

«Non se ne parla.»disse Alex, ricevendo un'occhiataccia da Stefano, Teo e Stefania.

«Cosa?!»esclamai. «Io faccio quello che mi pare.»

«Non rivolgerti a me in questo modo!»alzò la voce Alex, alzandosi dal divano e puntandomi un dito contro.

Anche Teo e Stefano lo imitarono, mettendosi tra Alex e me.

«Perchè? Perchè tu puoi fare tutto e io no?»sibilai, andandogli incontro e spingendolo.

Il tonfo sordo di uno schiaffo si propagò nella stanza, facendomi voltare la testa verso destra, mentre i miei capelli  finivano tutti davanti alla mia faccia. Stefania sussultò.

«Alex...»lo riprese Thomas, venendomi incontro.

«No.»lo fermai, girandomi poi verso mio fratello, che mi guardava con gli occhi sgranati. «Sei proprio uno stronzo. Per fortuna non manca tanto ai miei diciotto anni, così almeno non dovrò più vederti e avrò la piena autonomia sulla mia vita.»

«Beh, guarda un po': purtroppo sono tuo fratello e tu, per un po' di mesi, sarai ancora minorenne.»continuò Alex e l'espressione furiosa tornò sul suo viso.

«Alex.»lo riprese Teo, afferrando il braccio di mio fratello. «Non c'è bisogno di andare oltre.»

«E perchè no? C'è bisogno invece!»urlai. «Vuoi fare il despota? Bene fallo! Ma non con me! Non ci sei mai stato! Non ci sei stato alla mia cresima, ai miei compleanni, ai miei saggi e l'unica cosa che ti sei concesso di dire è stato criticare il set e le foto del mese scorso!»

«Avevo da fare Alice.»mi interruppe lui, con tono quasi disperato e colpevole.

«Che cosa, mh?»feci. «Giocare alla play o andare a ballare?»

«Alice, smettila ora.»mi disse Stefania.

«Non ti immischiare, tu.»sibilai. «Hai ottenuto ciò che volevi e adesso mi devi venire contro? Ma andate a fanculo tutti.»

Corsi fuori dalla villa, presi il telefono e feci un numero, il suo.

«Pronto?»mi rispose.

Presi un respiro e poi:«Christian! Posso venire da te?»

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Capitolo 3
*** Segreto generale ***


«Perchè? Cosa è successo?»mi chiese Christian.

«Niente di che. Ho solo litigato con mio fartello e... ho trovato iol tuo biglietto. Perciò ho pensato di chiedere a te.»risposi, trattenendomi dal singhiozzare al telefono.

«Ti sto venendo incontro.»disse subito lui.

Sentii chiaramente la porta di casa sua chiudersi e, dopo qualche minuti vidi una macchina venirmi incontro e accostare al mio fianco.

«Vieni.»mi disse, abbassando il finestrino e aprendo lo sportello.

Salii sulla sua auto, accucciandomi sul sedile.

«Perchè avete litigato?»mi domandò, quando arrivammo a casa sua.

«Non vuole che vada a studiare danza. Mi tarpa le ali così, senza che io gli abbia fatto nulla!»

«Vieni. Entra in casa!»mi invitò lui, facendomi segno di entrare per prima.

Mi trovai a sorridere del gesto ed entrai, vedendo Michael e altri due ragazzi.

«Sono amici nostri, non ti preoccupare.»mormorò al mio orecchio Christian.

Annuii, un po' per il disagio e un po' per aver ricordato la minaccia che mi aveva fatto Michael sul farmi trovare fuori nuda e legata.

«Lei è Alice.»mi presentò Christian. «Loro sono Marco, mio fratello e lui è Carlo!»

Marco era molto simile a suo fratello: entrambi avevano i capelli castani e gli occhi verdi. Mentre il ragazzo chiamato Carlo aveva i capelli rossicci. Amavo i ragazzi con i capelli rossi.

Li salutai con un gesto della mano e loro rimasero inebetiti.

«Tu sei la modella di intimo?»mi chiese Cralo, rimanendo allibito.

Risi alle facce stranite di Christian e Michael e annuii. «Si, ma preferisco non farlo sapere in giro.»

«Certo, certo.»concordò Marco.

«Intimo eh?»fece Michael, guardandomi con occhi strani.

In risposta gli feci una smorfia e lui inspirò lentamente dal naso, cercando di apparire come un tipo pericoloso.

«Ok ci vediamo più tardi.»disse Christian, guardando male Michael. «Potete andare male.»

I ragazzi mi salutarono, tranne Michael ovviamente, che lanciò uno strano sguardo a Christian e se ne andò insieme agli altri due. Mi sedetti sullo stesso divano della sera precedente, con un bicchiere di succo tra le mani, datomi da Christian.

«Vuoi guardare un film?»mi chiese, con uno strano sguardo.

«Dipende da che genere di film.»risposi cauta.

«Horror.»esclamò lui, facendomi mettere le mani ai capelli.

«Ciaaaao prorpio. No dai, ho paura!»mi lamentai. «Non so neanche che film sia, ma so già che mi farà paura.»

«Ma non è brutto come film!»mi rassicurò lui.

Dopo un'ora che provai a guardare "L'esorcista" finii con l'aggrapparmi al braccio di Christian, in tutte le scene più paurose e lui rideva come un idiota.

«Cosa ridi?»lo guardai male.«Ti avevo detto che avevo paura.»

«La tua faccia è impagabile!»sghignazzò Christian.

Gli feci una smorfia e, afferrato il telecomando, spensi il DVD, alzandomi per andare alla finestra.

«Ora che hai tolto il film puoi dirmi cosa farai? Torni a casa, nonostante ci sia tuo fratello?»

Lo guardai negli occhi verdi e presi un bel respiro. «Alex non mi permette mai di fare nulla. È sempre stato assente, ma crede di essere nostro padre! Ho come l'impressione che sia arrabbiato, ma non capisco il motivo! Non gli ho fatto nulla!»

«Probabilmente pensa che ieri sera tu ci abbia detto qualcosa di loro.»ipotizzò lui.

«E cosa? Qualsiasi cosa sia non mi fanno mai partecipare alle loro conversazioni, quando entro nella loro stessa stanza, si zittiscono. Poi cosa avrei da dirti su di loro se non "sono un branco di gorilla"?»

«Io so il motivo.»mormorò lui. «Ma quello che ti dico deve rimanere tra noi.»

Sgranai gli occhi. «Ora mi spaventi.»dissi, sedendomi accanto al ragazzo.

«A Milano ci sono dei gruppi di persone un tantino particolari, tipo quello di Thomas o il mio.»iniziò lui, guardandomi con cautela e indecisione. «Questi gruppi hanno un giro di soldi abbastanza grande perché... riescono a raccimolarli...»

«Ossia?»gli domandai, curiosa di sapere quale fosse il motivo. «Mio fratello e Thomas non hanno bisogno di questi soldi, comunque. Noi stiamo già bene per conto nostro.»

«Lo so.»annuì Christian. «Ma non posso dirti come. E' il nostro segreto generale: non dobbiamo far sapere nulla ad anima viva. Comunque, ti dicevo, quando uno di noi si ritira, ed è difficile che accada, viene controllato per un po' da tutti, per evitare che parli con qualcuno di sbagliato. Ci ha provato con mio fratello e io l'ho ostacolato. Per questo ce l'ha con me.»

«E tuo fratello si è ritirato?»ipotizzai.

Christian annuì. «Marco ed io abbiamo preso il posto di nostro fratello maggiore. Abbiamo chiesto ai nostri ragazzi di stare con mio fratello e allontanare Thomas ogni volta che cercava di avvicinarsi, ma lui era molto insistente. Solo dopo capii che lo faceva perché Simone gli aveva fregato la ragazza.»

«Quale ragazza?»gli chiesi.

«Si chiama Lara.»mi disse.

Mi venne subito in mente chi fosse Lara: era una ragazza molto introversa e taciturna. Più volte mi ero domandata come potessero stare insieme lei e Thomas, visto che erano gli opposti l'uno dell'altra.

«Mio fratello fu costretto a lasciare il giro, per una specie di guerriglia che era scaturita tra il nostro gruppo e quello di Thoams e tuo fratello. Simone si ritrovò da un giorno all'altro senza soldi e con tanti nemici alle calcagna.»

Avevo capito tutto. Non c'era stato bisogno che lui dicesse nulla: avevo già fatto due più due ed ero arrivata alla terribile conclusione.

«Siete spacciatori!»esclamai io incredula.

Christian si irrigidì, ma non disse nulla.

«No! Tu menti. Gli amici di mio fratello non farebbero una cosa del genere. Mai!»

«Posso provartelo. In qualsiasi momento.»affermò lui.

Lo guardai e sembrò che tutto il mondo mi fosse crollato addosso in quell'istante. «Voglio andarmene.»

«Alice, aspetta...»mi pregò lui, ma io ero già alla porta. Girai la chiave, che quella volta era stata lasciata nella toppa e uscii di casa. Ero saccapata da due postio due volte, nel giro di qualche ora. Avrei presto iniziato a fare la vita da nomade.

Arrivai al palazzo della sera precedente e mi misi a guardarlo, pensando. Le macchine degli idioti erano tutte nuove, di buona marca e a loro non mancava mai nulla: scarpe, vestiti firmati, sigarette... per degli studenti universitari che non lavoravano era una cosa strana. Ma, come avevo detto a Christian, mio fratello e i suoi amici stavano bene economicamente.

Una mano mi si posò sulla spalla, facendomi trasalire.

«Cri, ho bisogno di pensare.»dissi. «Lasciami in pace.»

«Hai fatto subito amicizia con quell'idiota, vedo.»

Mi irrigidii sentendo la voce di mio fratello. Mi voltai verso di lui e Alex mi afferrò epr un polso, trascinandomi verso la sua macchina. Cercai di divincolarmi dalla sua stretta, senza successo. MI buttò di peso in macchina, salnedo velocemente dalla parte del guidatore e mettendo in moto.

Forse la mia situazione si era aggravata più del previsto.

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Capitolo 4
*** Scuse ***



«Lasciami stare!»mi lamentai, mentre rientravamo in casa.
 
«Che succede?»domandò Stefania, accorrendo in pieno stile Baywatch o come cavolo si chiamava quel telefilm con Pamela Anderson.
 
«L'ho beccata in giro con Christian.»rispose Alex.
 
Tutti si irrigidirono e finalmente mio fratello lasciò la presa su di me. «Non ero in giro con Christian, deficente.»
 
Thomas si alzò dal divano e mi venne incontro. «Cosa ci facevi in giro con quelli?»
 
«Ma come ve lo devo dire che non ero in giro con loro?»urlai, a voce alta.
 
«Ma se mi hai chiamato Christian.»intervenne mio fratello.
 
«Mi sarò sbagliata, magari?»provai a negare.
 
«Alli, quelli non sono gente raccomandabile.»mi disse Stefania, carezzandomi un braccio.
 
Alzai gli occhi al cielo. «Ancora? Ma come ve lo devo dire che...»
 
«Dammi il tuo telefono e va' in camera tua.»mi disse calmo Alex.
 
«Cosa?!»gridai io. «Ma ti senti quando parli? Ma chi sei, nostro padre, per caso?»
 
«Non farmi ripetere, Alice. Dammi il tuo telefono.»
 
«Non se ne parla.»esclamai. «Non ho dieci anni e non mi pare di dover meritare punzioni per bambini.»
 
Matteo e Luca si avvicinarono a noi due. Si aspettavano ancora che mio fratello mi schiaffeggiasse davanti a loro? Beh, una cosa del genere era probabile a dire il vero, vista l'espressione da bruto di Alex.
 
«Tu sei una bambina, Alice.»mi rimproverò Alex. «Ora dammi il tuo telefono.»
 
«Va a farti fottere.»dissi, saledno le scale epr andarmene in casa mia.
 
Sentii dietro di me Alex rincorrermi, mentre i suoi amici cercavano di trattenerlo. Mi chiusi a chiave in camera e per non sentire le urla di mio fratello che, fuori dalla porta, mi minacciava di non farmi più uscire, accesi lo stereo e lo misi al massimo volume.
 
Uno spacciatore. Lui era uno spacciatore e aveva il coraggio di rimproverarmi del fatto che mi avesse sentita dire il nome di Christian. Assurdo.
 
Dopo qualche minuto i colpi alla porta terminarono, ma ancora non avevano finito di rompermi le scatole.
 
«Alice!»mi chiamò Stefania. «Alice, ti prego, esci di qui e vieni giù.»
 
«Ancora qui siete?»urlai.
 
Spensi lo stereo e misi le cuffie. Ben presto però la musica si fermò e sul display del telefono apparve la scritta: "Teo. Chiamata." e attaccai, così la musica riprese a riempirmi la testa.
 
Poco dopo mi arrivò un messaggio.
 
Teo:"Alice, per favore, scendi! Dobbiamo parlare."
 
Risposi:" Non ho nulla da dire. Voglio solo dormire e non rivedere mio fratello per un bel po'. "
 
Arrivò un altro messaggio: " Tuo fratello è uscito con Luca e gli altri. Si sentiva in colpa per averti trattata in quel modo. Ci siamo solo io e Stefania di sotto. Scendi dai".
 
Ci pensai su per un momento. Scesi di sotto e trovai Matteo e Stefania seduti sul divano ad aspettarmi.
 
«Alli!»mi venne incontro Stefania, abbracciandomi. «Stai bene?»
 
Annuii, andando in cucina. «Ho bisogno di un po' di ghiaccio: mi fa un male cane la guancia.»
 
Stefania mi guardò colpevole. «Ci hai fatti preoccupare Alex teme addirittura che non lo perdonerai, per ciò che ti ha fatto.»
 
«Beh, una cosa l'ha capita.»dissi acida, mettendo un paio di cubetti di ghiaccio dentro un pezzo di scottex e appoggiandolo piano alla guancia.
 
«Alli, mettiti nei suoi panni...»provò a difenderlo Teo. «L'idea di te con Christian non piace a nessuno di noi. Tommy e Alex sono andati fuori di testa prima. Christian non è un ragazzo con cui andare in giro.»
 
«E questo chi te lo dice? Chi può affermarlo con certezza?»
 
«Lucisa ha detto che le ha somministrato della droga e che l'ha violentata, l'anno scorso.»mi disse Teo.
 
«La ex di Thomas?»chiesi. «Lo sanno tutti che di lei non ci si deve fidare.»
 
«Ma Christian non ha negato nulla. Mai, Alli.»
 
«Nemmeno io negherei colpe false che mi vengono attribuite: chi mi crede bene, chi non mi crede se ne può anche andare.»
 
«Comunque stagli lontano.»mi pregò Teo. «Almeno epr farci stare tranquilli, tutti quanti.»
 
«Certo, certo. Buonanotte.»terminai la conversazione.
 
«Buonanotte.»sospirarono i due, non troppo convinti che avessi davvero sonno.
 
Nella notte sentii qualcuno entrare nella mia stanza e sfiorarmi piano lo zigomo, dove Alex mi aveva colpita. Quell'intruso lasciò sulla mia fronte un bacio.
 
«Scusami tanto, sorellina.»sospirò affranto Alex, lasciando la stanza e chiudendo la porta.
 
Rimasi senza parole: Alex era venuto a chiedermi scusa e in più mi aveva baciato la fronte, cosa che aveva smesso di fare da quando avevo tredici anni. Mi toccai il punto in cui la mia pelle aveva incontrato le sue labbra e lo sentii ancora caldo. Chiusi gli occhi, poi mi alzai dal letto e mi recai piano piano in camera del fratello, che rimase sbalordito vedendomi sdraiarmi accanto a lui.
 
«Buonanotte e scusami anche tu.»sussurrai, mentre Alex sorrideva e mi riabbracciava.
 
Al diavolo l'orgoglio: lui era mio fratello maggiore e avevo il dovere di ascoltare le sue parole. L'indomani avremmo parlato meglio, ora volevo solo abbracciarlo come non facevo da tanto tempo.

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Capitolo 5
*** Pestaggio ***


La mattina mi risvegliai sola nel letto di mio fratello, mentre qualcuno bussava alla porta. Mi stroppicciai gli occhi e mi stiracchiai con calma  La porta si aprì improvvisamente e Thomas entrò in camera tranquillamente e io lo guardai in cagnesco.

«Ti sembra il modo di entrare in una stanza, cretino?»gli urlai contro, coprendomi con le lenzuola.

«La camera è di tuo fratello. Come cazzo facevo a sapere che eri qui?»mi disse.

Mi alzai dal letto, guardandolo in cagnesco. «Bussa lo stesso, no?»

Lui alzò gli occhi al cielo. «Stasera verrai alla festa di Teo?»

Ci pensai su. «Non sapevo facesse una festa. Comunque credo di si.»

Thomas mi si avvicinò lentamente e si abbassò, per guardarmi negli occhi. Il mio respiro iniziò ad accellerare, finché sentii la testa martellare furiosamente. Mi maledii per essere conciata peggio di una stracciona con quei capelli arruffati e il trucco del giorno prima. 

«Vestiti.»mi disse a un certo punto, facendomi risvegliare da quello stato di trance. 

Mi aspettavo... Aspetta! Che cazzo mi aspettavo? Non sapevo cosa, ma eravamo lì e io volevo togliermi lo "sfizio", così mi slanciai verso di lui, stringendo tra le mani i suoi capelli e tirando il suo viso contro il mio, facendo combaciare le nostre labbra. Thomas trasalì per la sorpresa, ma non passarono neanche tre secondi che subito rispose al bacio e mi strinse a sé. Mugolai di soddisfazione. Insomma.. Lui mi piaceva davvero, ma il suo carattere era peggio di quello di mio fratello e oscurava l'attrazione che c'era tra noi. Sentii la sua mano scivolare lentamente sul mio fianco, poi arrivò a toccare la pelle nuda della coscia e si infilò sotto la maglietta. Mi sentii sciogliere dentro, quando la sua mano andò a stringere uno dei miei seni nudi. Meno male che mi trovavo comoda a dormire senza reggiseno! No aspetta, a cosa cacchio sto pensando mentre mi sto facendo un graaaaan figo? 

Mi spinse fuori dalla camera di Alex fino ad arrivare alla mia e lì mi fece stendere sul letto, spogliandosi e togliendomi la maglietta. Gli salii sopra, mentre i miei capelli andavano a coprire il mio seno, poi andai verso la porta e chiusi a chiave. 

«Tanto non c'è nessuno.»mormorò con voce talmente roca, che mi mise i brividi.

Tornai a letto, mentre lui prendeva il suo portafogli e tirava fuori un preservativo. Lo posò suò mio comodino, mentre gli salivo sulle gambe, scendendo col busto a baciargli le labbra. Le sue mani si posarono sulla mia schiena, facendo scontrare i nostri petti nudi, poi scesero più giù, togliendomi gli slip. I miei capelli erano sparsi intorno a noi, coprendo i nostri volti. Lo sentii aprire la bustina del preservativo, arrotolandoselo sull'erezione. Entrò piano, dentro di me, come se temesse di farmi del male. Io gemetti, staccandomi dalle sue labbra il mio corpo stava accogliendolo alla perfezione, quasi come se fossero fatti per stare insieme.

Ero già stata con un ragazzo, un mio ex, ma Thomas... Dio con lui era una cosa totalmente differente, cazzo(giusto per stare in tema)! Ribaltò con una mossa di reni le nostre posizioni e prese subito a spingere con velocità, baciando e mordendo le mie labbra. Sentii il sapore ferroso del mio sangue sulla lingua, così, per ripicca, lo graffiai sulla schiena. Raggiungemmo l'orgasmo praticamente insieme e fu espolsivo!

Alla fine avevamo entrambi il fiatone e io mi permisi di spostare una gamba sulle sue e Thomas non fece obiezioni, anzi! Prese ad accarezzarmela, baciandomi la tempia. 

«Erano mesi che aspettavo una cosa del genere.»disse a un certo punto, prendendo la coperta per coprire entrambi.

«Mesi?»feci io. «E che diavolo ti aspettavi, un invito scritto?»

Lui scoppiò a ridere, mordendomi una spalla. «Quasi...»

«Madonna...»mugolai quando la sua mano arrivò all'attaccatura della coscia, stringendomi a lui. 

«Così impari a non invitarmi prima.»mi disse, muovendo la mano e facendomi rabbrividire, quando raggiunse la mia intimità.

«Non sembrava che tu mi volessi, l'altro giorno, quando sei venuto a prendermi da Christian.»sbottai, muovendomi verso la sua mano, per cercare di più.

Il suo sguardo si rabbuiò. «Alice, sarò monotono, ma non mi interessa. Cerca di stare lontana da quel tipo.»

«Ma perchè?»gli chiesi, sbuffando. «E' un ragazzo molto simpatico e carino...»

«Se ti fa' stare bene, và da lui.»disse, alzandosi.

Lo spinsi contro il materasso, bloccandogli ogni via di fuga. «Spiegami perchp ce l'hai con lui. Solo questo.»

Lui sbuffò. «Non dovresti saperlo.»iniziò, facendomi trasalire. Pensai che mi stesse per confessare il loro segreto. «Ha violentato la mia ex ragazzo, Alice.»

«Lucia?»feci, una smorfia. «Ascolta, non incazzarti, ma Lucia farebbe e direbbe di tutto pur di passare per vittima. Il fatto che non abbia denunciato Christian mi fa credere ancor di più che lui non c'entri nulla!-.

«Comunque non sono affari tuoi.»rispose, stringendomi un fianco nella mano calda. «Adesso gli unici affari di cui tu ti debba occupare siamo io e il mio inseparabile amico lì sotto.» 

«Sei volgare.»protestai, storcendo il naso. 

«E tu troppo schizzinosa quando non serve.»disse.

Risi di gusto, tirando la testa all'indietro, senza rendermi conto che stavo esponendo i miei sani alla bocca di Thomas, che prese subito a mordicchiarli, facendomi gemere. Lo baciai con tutta la passione che potevo avere e la sua risposta non tardò ad arrivare. Rimanemmo chiusi in camera mia per altre due ore, finché Thomas non disse che sarebbe stato più saggio scendere prima che arrivasse Alex.  

Solo dopo mi accorsi che aveva cambiato argomento mentre eravamo a letto sul fatto di Christian e Lucia. 

Alex arrivò nell'esatto momento in cui Thomas stava per baciarmi e subito ci allontanammo l'uno dall'altra con aria colpevole, che fortunatamente Alex e la ragazza che entrava in casa non notarono. 

«Silvia!»esclamai, buttandole le braccia al collo. 

Silvia era la ragazza di Alex e una sorta di sorella maggiore da quando ero piccola. Studiava a Berlino e faceva fatica a tornare in Italia senza che passassero tre settimane. Era la miglior ragazza che avessi mai conosciuto: carina, silenziosa, gentile e onesta, molto onesta, tanto da non avere peli sulla lingua. 

In pratica era l'opposto di mio fratello no? 

«Ciao, Alice!»mi salutò lei, abbracciandomi a sua volta. «Come stai?»

«Bene e tu?»

«Anch'io.»disse. «Alex mi ha detto che ti hanno chiamata a "La Scala" e ho visto anche il tuo calendario!» Appena nominò il calendario, mi fece l'occhiolino, spingendomi con una spallata. «Sei una bomba sexy, cognatina.»

Alla parola "calendario" Thomas si voltò a guardarci e io feci finta di nulla. «Si beh... Volevo fare qualcosa di diverso e strano...»

«Hai due tette mozzafiato!»esclamò Silvia, facendo scoppiare tutti a ridere, compresa me. 

«Adesso guarda che cambia fratello!»scherzò Luca, tirano una gomitata al braccio di Alex, che ghignava come un cretino.

«Nessuno sopporterebbe Alice.»fece Alex, sventolando in aria la mano, come a dire che quella conversazione era terminata.

Silvia era timida, ma non aveva nemmeno peli sulla lingua, in pratica lei non pensava, parlava e basta. Silvia andò in cucina con tutti gli altri a bere sicuramente qualcosa di alcolico che aveva preparato Stefano e io rimasi da sola nella sala, guardando una mia foto che mi ritraeva in tutu all'età di dodici anni.

Non sapevo se continuare veramente con la danza o no. Mi sarebbe piaciuto frequentare l'università e... avere dei figli, cosa che la carriera da ballerina mi avrebbe sicuramente vietato, visto che una gravidanza avrebbe modificato il mio corpo in un modo o nell'altro.

«Due tette mozzafiato eh...» 

Mi voltai, trovandomi davanti Thomas. Sorrisi e mi avvicinai a lui, guardandomi nella maglietta e facendo una smorfia di approvazione. «Si, beh... non posso lamentarmi.»

«Ne è sicura, signorina?»mi sfidò lui, posando le mani sul mio sedere e stringendomi i glutei.

«I gemiti di approvazione di un ragazzo, me ne hanno dato conferma.»civettai.

Detto questo lo tirai verso di me, guardandolo negli occhi e leccandogli le labbra di sfuggita. Tommy non mi lasciò andare, cosa che mi gettò nel panico: e se gli altri ci avrebbero visti? Cosa potevamo dire loro?

«Non pensi agli altri?»gli doamndai.

«Devono abituarsi all'idea che tu sia mia.»affermò con decisione.

Teo aveva ragione: forse avrei solo dovuto provarci con Thomas e vedere quale sarebbe stata la risposta del ragazzo in questione. Gli allacciai le mani dietro la nuca, attirandolo verso di me e baciandolo senza tenermi a freno per niente e per nessuno. A lui andava bene, quindi... 

«Ehi.»ci riprese Alex, arrivando dalla cucina. «Perchè non mi dite cosa sta accadendo qui, eh?»

Ci voltammo verso di lui, dietro al quale stavano arrivando tutti gli altri.

«Tu che dici, fratello?»rise Tommy.

Nessuno disse nulla in proposito. Teo mi fece l'occhiolino, Stefano ridacchiò e Luca fece una battuta alquanto spinta, beccandosi una sberla da parte di mio fratello.

Sorrisi, mentre Thomas beveva il suo drink tenendomi stretta in vita.

Sapevo che non eravamo insieme insieme, ma com'era ora la situazione... Mi piaceva. 

Il mio stomaco prese a brontolare. «Ho fame.»mi lamentai a un certo punto. «Vado a vestirmi ed esco.»

«Vengo con te, bellezza!»esclamò Silvia, venendomi dietro in camera.

Non mi ricordai delle lenzuola sfatte e subito Silvia si mise a sogghignare. «Avete fatto baldoria, eh?»

Con lei si poteva parlare liberamente, quindi... «Tu non hai idea, Silvia! È stato tipo un "wow" e poi "caaaaazzo" e poi "oh, meo deooo!"»

Lei scoppiò a ridere. «Tu stai male!»

Indossai un jeans, una maglietta nera e un paio di pumps nere, sistemai i capelli in una coda alta e mi ritruccai. Presi il portafogli e il telefono, insieme alla borsa e scesi con Silvia al piano inferiore. 

«Ste, vuoi venire?»le chiesi, ricordandomi di essermi completamente dimenticata della mia amica.

Lei mi sorrise e mi seguì fuori. 

«Ci vediamo dopo!»urlai, chiudendo la porta. 

Dopo dieci minuti arrivammo al McDonald's e ordinammo qualcosa lì. Ci sedemmo a un tavolo e subito iniziammo a mangiare, ma mi fermai quando vidi Christian, al tavolo di fronte al nostro. Lui buttò le sue cose e venne a salutarmi.

«Ciao bella.»mi salutò, baciandomi una guancia.

Stefania si schiarì la voce e guardò Silvia. «Thomas si incazzerà moltissimo!»la sentii mormorare.Lo feci sedere al nostro tavolo e la mia amica spalancò gli occhi.

«Cosa mangiate?»ci chiese, guardando sui vassoi.

«Vuoi?»gli offrii le patatine e lui accettò, facendomi segno di prendere qualche bocconcino di pollo che gli era rimasto.

«Allora che fai? Mi segui?»risi io.

«Io?! Stavo aspettando Michael da venti minuti fuori, poi mi è venuta fame.»

«Fuori? Ma non ti ho visto!»

«Non ero all'entrata!»rispose.

«Che cazzo ci fai con lei?»

Sussultai, mentre Christian ridacchiò. Thomas e gli altri erano dietro di me e Stefania e Silvia li guardavano nervose. 

«Thomas!»lo salutò Christian, con un cenno del capo. «Come stai?»

«Fai poco lo spiritoso! Ti ho fatto una cazzo di domanda e voglio una cazzo di risposta!»

«L'ho fatto sedere io qui.»mi intromisi, beccandomi un'occhiataccia da Thomas e Alex. «Non c'è bisogno di fare casino.»

«Non difendermi, Alli.»mi fermò Christian, guardando poi Thomas. «Mi sono fermato solo a chiedere come stesse Alice.»

«Non credo ti possa interessare.»disse Alex. «Ora sloggia.»

«Alex.»lo richiamai con alma. «Ora se ne va, sta tranquillo.»

Christian mi salutò, baciandomi una tempia e io sospirai. Se la stava cercando proprio eh! Thomas lo prese per la maglietta e lo allontanò da me. Christian avvicinò il suo viso a quello di Thomas e io mi fiondai in mezzo a loro, mentre tutti si erano voltati verso di noi.

«Tommy.»lo chiamai dolcemente. «Lascia stare.»

«Mi stai sfidando troppo, sfigato!»disse Thomas, spostandomi di fianco a lui. 

Christian rise. «Ci si vede, cazzone.»

Afferrai il braccio di Tommy per trattenerlo, o almeno cercare di farlo, mentre Christian usciva dal ristorante.

«Dì a tutti di tenere d'occhio tua sorella.»disse Thomas ad Alex. «Non mi fiderei troppo a lasciarla da sola neanche un attimo.»

«Non ho bisogno del babysitter!»protestai. «So cavarmela da sola!»

«E si vede!»sbottò Alex. «Alli, in che lingua devo dirtelo? Non devi stare con lui.»

«Ma dai! Con me è gentile!»ribadii.

«E' solo una facciata.»disse Thomas, sedendosi al mio posto e facendo il gesto di sedermi sulle sue gambe.

Io lo feci, mettendo il broncio e continuando a mangiare il panino. Thomas mi afferrò le mani e ne staccò un morso, fregandomi anche le patatine.

«Mi prendi il gelato con gli Smarties?»gli chiessi, facendogli gli occhi dolci.

«Dammi i soldi e vado a prenderlo.»mi disse, facendomi rimanere male.

«Che stronzo!»esclamai.

Silvia scoppiò a ridere, seguita da tutti gli altri, mentre la mano di Thomas si posava sulla mia coscia senza farsi vedere.

«Tu dammi qualcosa in cambio e ti pago tutti i gelati che vuoi.»mi propose lui, scherzando.

«Ehi!»ci riprese Alex. «Tommy sei il mio migliore amico, ma ricordati che lei è mia sorella.»

«Ovviamente rimanendo nei limiti consentiti da tuo fratello.»continuò Thomas, facendomi l'occhiolino.

«Un bacio ti va bene?»

«Quelli me li prendo quando voglio.»

Mi avvicinai al suo orecchio e, mettendo le mani davanti gli leccai delicatamente il profilo della mascella, facendolo irrigidire. «Questo... più giù?»sussurrai al suo orecchio.

«Alzati e vado a prenderti 'sto cazzo di gelato!»esclamò lui, mentre Stefania e Silvia ormai stavano ridendo come due matte. «Poi però manterrai la tua promessa.»

«Avete finito?»ci riprese Stefano. «Qui è da tre giorni che nessuno pensa a me e voi mi fate rosicare?»

Thomas si alzò dalla panchetta e ghignò. «Scommetto che Teo ti farà conoscere sicuramente qualche bella figa stasera.»

Detto questo mi prese per mano e andammo alla cassa a prendere il mio gelato, poi mi portò fuori per fumarsi una sigaretta, seguito da tutti gli altri. Mezz'ora dopo ce ne andammo a casa per prepararci per la festa di Teo.



Alla festa...

 

Silvia mi porse il secondo, no forse il terzo daiquiri alla fragola e io lo bevvi quasi subito, poi lo lasciai sul tavolino e mi feci sollevare sopra questo da due ragazzi, seguita dalla ragazza di mio fratello, ballando a tempo di "Turn up che speakers".

La folla iniziò ad urlare estasiata e altre ragazze ci seguirono sul tavolino, mentre alcuni ragazzi continuavano a toccarsi le cosce e a palparci le natiche; uno di loro, per mia sfortuna, era Michael. Cercai di scacciare la sua mano, ma era tutto inutile, finché Silvia mi fece scendere da quel cubo improvvisato, allontanandomi da quell'idiota, che però ci seguì. Prima che uscissimo sul retro dove vidi Thomas e gli altri, Michael mi afferrò e mi strattonò verso di sé.

«Cos'è? Non hai più voglia di parlare?»chiese lui, alitandomi addosso e sentendo l'odore di alcol.

«Lasciami!»gli dissi. «Sei anche ubriaco!»

«Andiamo, divertiti un po' con me dai!»continuò, toccandomi una coscia.

Gli sputai in faccia. «Mi fai schifo! Lasciami!»

Non potei fare cosa peggiore: Michael mi strinse forte il braccio e mi schiaffeggiò, facendomi cadere a terra. Silvia strillò impaurita e spinse Michael lontano da me. Lui scoppiò a ridere, scuotendo la testa per poi rialzarsi.

In quel momento la porta sul retro si aprì ed entrò Thomas. Lui guardò nella stanza, vedendo me e Silvia fissare male Michael, mentre quest'ultimo si appoggiava al muro, urlandomi contro parole che non riuscivo ad afferrare. Thomas partì in quarta e prese a dare pugni al ragazzo, mentre Alex teneva fermo Christian, che era arrivato forse attiratto dalle urla del suo amico.

«Tommy!»urlai, piangendo. «Ti prego, smettila!»

«Coglione, lascia stare il mio amico!»urlava Christian, dando un pugno a mio fratello, che cadde a terra stordito. Si fiondò poi su Thomas, che rispose con aggressività a ogni colpo che riceveva.

«Smettetela, vi prego!»piagnucolai, cercando di afferrare il braccio di Tommy invano.

Fortunatamente entrarono subito Luca, Stefano e Teo, che bloccarono i due per le spalle, mentre Alex si rialzava, aiutato da Silvia.

«Prendi il tuo socio e vattene!»gli intimò Teo. «Se ti vedo vicino a una sola della nostre ragazze, giuro che ti uccido!»

«Sarà lei a cercarmi, fidati.»disse Cri, passandosi il dorso di una mano sotto il naso per togliere la scia di sangue che colava. Alzò poi da terra Michael, che gemette dal dolore. I due se ne andarono.

«Cosa è successo?»chiese Stefano.

Silvia gli raccontò tutto, mentre io continuavo a piangere in silenzio e Thomas mi si avvicinò per cercare di abbracciarmi.

Lo scansai. «Devi imparare ad ascoltarmi, Cristo!»esclamai, allontanandolo in malo modo. «E a calmarti soprattutto!»

«Ma hai capito che ha cercato di violentarti?»mi chiese, alzando la voce.

«Stavo venendo da voi apposta per farmi lasciare stare!»risposi, urlando.

«Sarebbe successa la stessa cosa!»continuò, calmo, e mi abbracciò, mentre gli tempestavo il petto di pugni.

«Non mi piacciono queste stronzate!»mormorai, dopo essermi calmata e facendomi accarezzare la testa da lui.

«E da quando a una ragazza non piace il tipo geloso?»mi chiese con ironia, per smorzare la tensione.

«Da ora.»risposi, guardandolo negli occhi.

«Allora scusami.»disse. 

Mi sorpresi di quella frase: Thomas era un ragazzo orgoglioso e molto raramente chiedeva scusa, anzi! Anche quando aveva torto non scendeva mai a chiedere perdono, poteva anche ricominciare a parlarti di punto in bianco, ma non si abbassava a riconoscere i propri errori.

«Ti scuso.»mormorai, baciandolo.

«Ehi!»ci richiamò Alex. «Scusate se sono qui a rompervi, ma sono piegato in due a reggermi lo stomaco per un pugno del cazzo! Non è che potreste aiutarmi, no eh?»

Ci trattenemmo a stento dal ridere e ci avvicinammo a lui per aiutare Silvia a tenere mio fratello in piedi. Lo facemmo sedere su una sedia, mentre gli passavo una mano sui capelli. Alex mi scansò la mano, guardandomi male e io gli sorrisi.

«Vieni.»mi disse Tommy. «Andiamo di sopra in terrazza.»

«Io vado a dire agli altri che la festa è finita.»ci avvisò Teo.

Seguii Tommy per le scale, entrando in una delle stanze degli ospiti.

«Stai meglio?»mi chiese, accendendosi una sigaretta. Sentimmo dei rumori assordanti e l'allarme di una macchina, ma sembrava lontano.

«Si, sto meglio.»risposi. «Ma promettimi che non farai più queste stronzate.»

Gli presi le mani e vidi le nocche insanguinate. Con Thomas avrei dovuto lavorare tanto d'ora in poi e al solo pensarlo mi sarei messa le mani nei capelli. Era troppo geloso e possessivo, senza contare l'essere stronzo, egoista, egocentrico e aggressivo, ma era per questo che mi piaceva e non avrei mai voluto cambiarlo. Ma subito si sarebbero presentati un sacco di problemi.

«Tommy!»lo chiamò Teo, arrivando di corsa ed entrando nella stanza. «Ti hanno preso a sprangate la macchina!»

Appunto...

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Capitolo 6
*** Vendetta. ***


Uscimmo dalla casa quasi correndo e appena fummo arrivati alla macchina di Thomas sussultammo di sorpresa: la sua Range Rover era ridotta non male, peggio! Sembrava che un toro gli avesse caricato contro e che un elefante ci si fosse seduto sopra! Il vetro anteriore era sfondato e quello posteriore scheggiato, gli specchietti penzolavano dalle fiancate e le ruote erano squarciate.

«Porca... puttana...»esclamai, pensando a quanto potesse ammontare la cifra per pagare i danni.

«Chiama tuo zio, Luca!»ordinò Thomas, furente si rabbia. «Denunciamo il fatto e poi vedrò se l'assicurazione coprirà i danni!»

«Sicuramente Tom.»annuì Teo, mentre Luca parlava al telefono con suo zio.

In men che non si dica la casa si sgomberò delle persone, per non dare troppo nell'occhio con i carabinieri, che arrivarono dieci minuti dopo. Lo zio di Luca salutò tutti quanti: ovvio, ci conosceva da quando eravamo alti un metro e un tappo!

«Ragazzi!»disse poi, con il suo solito accento calabrese. «Che è successo?»

«Zio!»lo salutò Luca. «'Nci sfasciaru la machina a Tommy!»

«E chimmu jettanu l'ossa!»sbraitò. «'Ndannu mu ci mangianu li mani!»

Lo guardai come se avesse due teste. Avevo origini meridionali anche io, ma non capivo molto il dialetto.

«Zio, vedi che non ti capiscono!»lo avvisò Luca, ridendo.

«No, niente ragazzi! Ho solo detto che dovrebbero mangiarsi le mani!»rise lui, stringendo la mano a Thomas. «Facciamo la denuncia.»

«So già chi è il colpevole figlio di puttana!»ringhiò Tommy.

«Anche se lo sai, non fare un cazzo ragazzo!»lo mise in guardia lo zio di Luca. «Altrimenti finirai tu dalla parte del torto!»

«Sasà! A quello bisogna dare una bella lezione!»scosse la testa Tommy.

«Vedi che io ti ho avvisato!»lo interruppe Salvatore. «Non voglio sapere niente se verranno a dirmi che hai fatto qualche stronzata!»

«Tu stai tranquillo! Lo mettiamo apposto noi!»

Dopo aver compilato la denuncia e aver chiamato un carro attrezzi per la macchina, i carabinieri se ne andarono e noi rientrammo in casa. Presi un pezzo di cotone, imbevendolo di disinfettante, e lo passai sulle nocche di Thoams, per pulirlo dal sangue e disinfettare le sue ferite.

«State qui a dormire o ve ne andate a casa?»chiese Teo.

«Massi che stiamo qui.»rispose Stefano, buttandosi sul divano. «Accendi 'sta play!»

«Oh, stai calmo.»gli disse Teo.

Il mio telefono prese a squillare e risposi. «Pronto?»

«Alliiiiii!»rispose mio cugino. «Come staiiiii?»

«Il mio orecchio è morto di sicuro, per le tue urla!»risi. «Comunque bene e tu, Seba?»

«Bene bene! Senti mi passeresti Alex?»

«Ma perché mi chiami per parlare con mio fratello? Il suo numero lo hai, no?»

Passai il telefono ad Alex e rimase a parlare con Sebastiano per una decina di minuti buoni, mentre io battevo a Fifa14 Teo, guadagnandomi un bacio da Tommy, al quale risposi più che volentieri.

«Ora è il mio turno!-esclamò Laura, l' "amica" di Lorenzo, prendendo il joystick dalle mie mani e guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia. «Che c'è?»

«Datti una calmata!»le dissi, alzandomi dal divano e andando al tavolo a prendere un bicchiere di coca cola.

«Perchè? Cosa avrei fatto?»mi sfidò lei.

«Ragazze, datevi una calmata su!»disse Stefania, cercando di spingermi in cucina.

«Guarda che stasera non sono in vena di farmi rompere i coglioni da te!»la avvisai. «Strappami dalle mani il joystick un'altra volta, senza chiedermelo, e le mani te le taglio!»

Thomas mi prese per le braccia, capendo che la situazione stava leggermendo precipitando.

«Fallo.»

Scansai Stefania e Tommy e le andai addosso, prendendola per i capelli e portandola alla porta, mentre urlava. «Non ti hanno detto di non scherzare con me, vero?»

Le sbattei la porta in faccia e me ne uscii fuori con una frase non troppo bella da poterla ripetere.

«Dice a me di darmi una calmata e poi non so chi è peggio tra i due.»ridacchiò Tommy.

«Lore, scusa.»dissi io. «Ma sai come sono fatta e il gesto non mi è piaciuto per niente.»

«Almeno non mi rompe più le palle.»rise lui, facendomi l'occhiolino.

Scoppiammo tutti a ridere, poi seguii Tommy nella camera dove eravamo prima. Gli salati in spalletta e gli baciai il collo. «Hai un sedere davvero invitante, sai?»

«Perchp tu non puoi vedere bene il tuo...»ammiccò lui, sbuffando in aria del fumo.

Gli presi la sigaretta dalle mani e scesi dalle sue spalle. Volevo provocarlo e giuro che ci sarei riuscita, in un modo o in un altro. Mi appoggiai al muro con la schiena, inarcandomi un po' in avanti e aspirando dalla Marlboro per poi soffiargli il faccia il fumo bianco, mentre lui ghignava e mi veniva vicino lentamente.

«Due cose non devi mai fare, con me...»iniziò, stringendomi un fianco. «Prendermi per il culo e prenderti la mia sigaretta.»

La sua mano finì sulla cerniera dei miei pantaloncini, che finirono a terra in un istante, seguiti dagli slip. Nel frattempo aspirai un'altra volta dalla sigaretta, sghignazzando e rabbrividendo per l'aria fresca di fine estate. Mi morse un labbro e ci passò sopra la lingua, per poi baciarmi e prendersi una boccata di fumo, buttandomela sul viso.

«E pensi che a me importi qualcosa?»lo sfidai. «Ti facevo più intelligente.»

La sua mano si infilò tra le mie gambe, mentre le sue dita erano dirette al mio clitoride. Vidi il suo sorriso di soddisfazione, quando mi sentì gemere. «Quella ingenua sei tu, a credere che sia la tigre cattivona e io l'innocente cerbiatto.»

Partii subito all'attacco e infilai la mia mano nei suoi jeans, passando anche dentro i suoi boxer. «Tu non hai idea di quanto sia astuta e cattiva.»

«Astuta?»ripeté lui, ridendo. «Cattiva? Ahahahah!»

Gli sfiorai un testicolo con la punta dell'indice e lo vidi irrigidirsi, aggrottando le sopracciglia. «Sono talmente astuta che so cosa fate tu e gli altri...»

«COSA?!»esclamò lui, allontanandosi dalle mie mani e da me. «Come cazzo fai a... Oh, Christian! Io lo uccido.»

«Ancora con 'sto Christian?»dissi, incazzandomi. «Ma ti pare che io sia così stupida da non capire cosa combinate?»

«È impossibile che tu lo sappia senza che qualcuno te lo abbia detto.»mi zittì, sistemandosi i pantaloni.

«Si si, vabbe.»lo interruppi, raccogliendo i pantaloncini e gli slip e rientrando.

Mi bloccò prima che potessi aver messo piede dentro casa e mi mise con la schiena al muro, schiacciandomi con il suo corpo. «Chi cazzo è stato? Dimmi il nome. Ora!»

«Non. È. Stato. Nessuno. Quante volte devo ripetertelo?»

«Non ci credo.»sibilò. «È stato Christian.»

«No!»

Il tono della mia voce mi tradì e io mi morsi il labbro, dandomi mentalmente della stupida. Mi lasciò il braccio e scese al piano di sotto, mentre io rimanevo impalata al muro della terrazza come una scema, poi li sentii uscire di casa e sospirai, prendendo il telefono e chiamando Christian.

«Mi spiace Cri.»gli dissi. «Mi è scappato!»

«Tranquilla, ce la vediamo noi, ora.»mi disse. «Grazie per avermi avvisato e... Non gli dirò che sei stata tu ad avvisarmi.»

«Grazie e scusami ancora...»

Detto questo chiuse la chiamate e io mi sdraiai sul letto, guardando il soffitto. Tommy avrebbe sicuramente cercato vendetta a Christian per aver rivelato il loro segreto a me, ma era così sbagliato che io, sorella di uno di loro e pseudo fidanzata di un altro, non potessi sapere? Stefania e Silvia sapevano, ci avrei scomesso i capelli, ma io perché no? Cosa c'era di sbagliato nel farmi sapere ciò che facevano? Anche se dovevo ammettere che era sbagliato farlo: vendevano droga di ogni tipo e organizzavano feste e corse per racimolare denaro a spese altrui, non erano sicuramente questi la via e il mezzo per essere dei onesti cittadini che tenevano molto alla legalità, ma in fondo eravamo ragazzi, no? Ragazzi irresponsabili senza scusanti!, mi disse una vocina nella testa, E questa cosa non potrà andare avanti per molto senza che qualcuno venga scoperto, o no?

In quel momento capii, capii perché non avevano voluto dirmi nulla: di tutti quanti, ero l'unica a cui interessavano i valori dell'onestà e del senso di responsabilità, due cose che non si accumunavano certo con quello che facevano loro!

Ma Tommy... Lui mi aveva promesso di non farsi più prendere dalla rabbia. Solo che ora stava andando a pestare un ragazzo che mi aveva confessato una cosa su di lui. Lo aveva appena picchiato selvaggiamente un'ora prima e ora ripeteva quelle cose.

Tornarono dopo qualche ora con le nocche insanguinate e il fiatone, che ancora non dava loro tregua. Andai incontro a Tommy, che mi fece segno di seguirlo nel bagno.

«Li abbiamo sistemati per bene!»esclamò, contento di sé stesso, sciacquandosi il viso e le mani.

Vidi l'acqua tinteggiarsi di rosso e provai rabbia e delusione per tutti quanti. «Complimenti!»esclamai, senza alcun emozione nella voce.

«Cosa c'è?»mi chiese, avvicinandosi e baciandomi.

Lo scansai. «Ho sonno, vado a letto. Ci vediamo domani mattina.»

«Vengo con te.»disse, seguendomi.

«Devi per forza?»

Mi stesi sul letto, dopo aver acceso il ventilatore e aver chiuso la porta, così il caldo non sarebbe entrato.

«Si.»rispose, stendendosi anche lui e avvicinandomi al suo corpo caldo.

«Senti, ho caldo!»cercai di staccarmi da lui. «Va più in là.»

Lui non lo fece, anzi! Spense la luce e avvicinò di più i nostri corpi.

Dopo dieci minuti pensai che si fosse addormentato, così cercai di staccarmi, sbuffando infastidita per il suo braccio che mi stringeva quasi in una morsa.

«Dovevamo farlo.»disse a un certo punto, facendomi spaventare.

«Cosa?»chiesi, dopo essermi ripresa dallo spavento.

«Far loro capire che avevano sbagliato a rivelarti ciò che ti hanno detto.»spiegò. «Era una vendetta.»

«E ti sembra una cosa normale la vendetta, no? I mafiosi si vendicano e sinceramente la mafia è la peggior piaga d'Italia.»

«Oramai sta frase ti è venuta normale dirla, vero?»sghignazzò. «Per ogni cosa in cui c'entri la mafia te ne esci con "è la peggior piaga d'Italia".»

«Certo! Hai qualche problema?»

«No no!»fece subito lui. «Ma... quando hai il prossimo saggio?»

«Tra una settimana, giorno più, giorno meno.»

«Allora devi esercitarti.»rise, salendomi sopra e tenendosi su con i gomiti, per non pesarmi addosso.

«Tu dici?»chiesi, senza toccarlo.

«Si.»rispose, baciandomi il collo, mentre le sue mani scendevano a darmi piacere.

Mi aveva completamente distolto dall'argomento Christian e questo mi fece capire quanto lui mi influenzasse, ma non riuscii a fermarlo quella sera, non riuscii mai a fermarlo per parlare di cosa lui combinava per le vie ed i locali di Milano.


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Capitolo 7
*** Le prove ***


Era arrivata la settimana dello spettacolo, seguendo le tendenze del momento io e Stefania ci saremmo messe a ballare un pezzo strafigo twerkando. Ci trovavamo sul palco per le prove e il ballerino era seduto sulla sedia e gli stavo spiegando di rimanere fermo in quella posizione.

«Durante il ballo non dovrai fare nulla.»gli dissi, mentre Stefania metteva il pezzo. «Ti ballerò quasi in faccia, scusami in anticipo per questo.»

Lui rise, girando la testa verso destra. «Non mi metterò a piangere di certo, anzi...»

Arrossii. «Rob, per favore! Concentrati piuttosto sul ballo.»

«Ma non dovrò fare molto, no? L'hai detto tu.»ammiccò, sorridendo quasi come un pervertito.

Ma li beccavo tutti io? Madonna.

Alzai gli occhi al cielo e iniziai a eseguire i passi della coreografia sulle note di "Up Down" di T-Pain, muovendo i miei glutei verso Robert e guardando gli spalti vuoti, immaginando di guardare il pubblico. Poi mi passai la mano sui capelli, come da coreografia.

Al passo di "Up Down" mi stesi a terra e alzai il sedere in aria con l'aiuto dei muscoli dorsali e ripresi a twerkare, proprio mentre entravano Alex e Ste. Continuai a eseguire la coreografia e Tommy entrò con Sara, una delle sue amiche più strette.

Apposto! Ditemi se non dovevo prenderlo a sberle?! Sapeva che lei non mi piaceva e la portava addirittura alle mie prove? Le sberle che lo aspettavano non erano nulla in confronto alla rabbia che stava salendo nel vederla muoversi come se cercasse di ballare, anche se l'unico movimento che le usciva era "la morte dell'anatra in forno"!

Robert mi toccò la coscia e mi fermai a guardarlo male, mentre sghignazzava come un idiota. «E dai! Che male c'è?»

«Non devi muoverti!»lo rimproverai. «Ora dobbiamo riprendere da capo!»

«Ma tu guarda che peccato.»scherzò lui.

«Piantala.»mi lamentai, facendo segno a Stefania di rimettere il pezzo da capo.

«Aspetta.»la fermò lui, guardandomi. «Ma se tipo a un certo punto tu mi twerkassi addosso?»

Mi guardava quasi leccandosi le labbra e io spalancai gli occhi spaventata. «Ma sei ubriaco?»

Scoppiò a ridere e continuò. «Provaci.»

Lui si sedette e io lo guardai con la mano sul fianco, pensando a come muovermi. Gli sorrisi furba e mi avvicinai a lui, scuotendo i capelli e sculettando. In fondo il twerking non era questo? Mi voltai, arretrando verso di lui e buttando i capelli indietro. Girai la testa verso di lui, muovendo i glutei. Robert avvicinò le mani ai miei fianchi, senza però toccarmi e dovevo ammettere che l'insieme stava venendo magnificamente!

Verso la fine della canzone mi allontanai da lui, lasciandolo disperarsi come Drake faceva alla fine del video di "Anaconda", la canzone di Nicky Minaj. Col silenzio che aleggiava nel teatro esultai, saltellando come una pazza e abbracciai Robert, che sorrideva.

«Te lo avevo detto che avrebbe fatto più scena.»esclamò.

«Si, si.»dissi. «Per una volta che hai avuto ragione...»

Scendemmo dal palco e solo allora vidi lo sguardo assolutamente straincazzatissimo di Tommy.

Geloso piccolo? Così impari a portarti dietro il chihuahua col rossetto!

Sara era tutto ciò che non ero io:strafiga, bassa e magrolina(anoressica quasi! Almeno io ero magra in maniera giusta!)... Ehi aspetta! Ma io ero più figa di lei! Vaffanculo cervello, non mi fotti: mi piaccio come sono, grazie, prego, ciao!

«Vado in camerino a cambiarmi.»dissi, sapendo già che lui mi avrebbe seguita. «Torno subito.»

Percorsi il corridoio e arrivai al camerino, girando la porta per chiuderla, ma un piede la bloccò prima.

«Ti diverti con il tuo amico, lì?»mi chiese Tommy.

«Cosa?»feci io, inarcando le sopracciglia. «Ma ti senti bene?»

«Sembrava foste motlo affiatati.»

«Siamo compagni di ballo, stupido.»lo presi in giro, baciandogli il mento. «Tu, piuttosto, che cazzo ti prende? Perchè hai portato qui Sara?»

Alzò gli occhi al cielo. «Come è andata?»mi domandò, facendo un cenno a Robert.

«E' tutto apposto.»risposi con un sorriso. «Secondo me sarà strafigo.»

«Spero che ti andrà tutto bene.»mormorò al mio orecchio, mordicchiandomi poi il lobo.

Sospirai e sorrisi. «Oh, non immagini chi mi aiuterà...»

«Chi? Uno street-dancer?»

«No. Lo vedrai domani.»ammiccai, guardando Robert, che mi fece l'occhiolino.

«Devo avvisarlo che sei mia?»chiese, indicando il mio collega con la testa.

«Ma smettila.»mi lamentai, tirandogli uno schiaffo sul petto.

Tommy si piegò in due dal dolore, tossendo. «Cretina! Vuoi uccidermi?»

«Cavolo!»esclamai, toccandomi la fronte con la mano. «Mi hai scoperta! E ora? Come farò a far passare la tua morte come un incidente?»

«Ammetti che ti annoieresti senza di me, Alice!»sussurrò.

Brividi. Lungo. La. Schiena. Non potete neanche immaginare che effetto mi provochi sentire il mio nome pronunciato da lui! Con quel tono roco e da uomo delle caverne dell'epoca antidiluviana!

«Sai, non offenderti, ma hai bisogno di una doccia.»disse a un certo punto. Stavo per ucciderlo, quando continuò con: «Magari un bagno con dentro la vasca anche me, che dici?»

Sbaaaaaaammmmm! "Alice chiama ter..." no aspetta! Ho sbagliato: "terra chiama Alice! Alice, ci sei?".

No, è morta.

Sentivo i battiti del mio cuore nelle orecchie e rimbombavano nel cervello, sembravo una malata/depravata, ma ragazzi! Chi cavolo avrebbe potuto resistergli? A parte le suore... Stavo impazzendo.

Fortunatamente riuscii ad annuire e lui, con la scusa di tornare a casa per ordinare la pizza per la sera stessa, disse a tutti quanti che saremmo andati a casa.

«Non fate cazzate, belli.»urlò Stefania, ridendo.

Risi nervosa e gli strizzai l'occhio, seguendo Tommy nella Fiat 500 che gli aveva dato il carrozziere come auto di ricambio e partimmo in direzione di casa sua.

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Capitolo 8
*** Guerra aperta. ***


La mattina successiva mi svegliai in un letto che non era mio. Ooook, Alice! Niente panico, devi solo capire dove ti trovi, nulla di che.
 
Tastai il letto immersa nel buio e trovai qualcun altro steso accanto a me, alzai la mano e la abbassai velocemente, proprio mentre quello sconosciuto si muoveva.
 
«Aaah!»urlò Tommy, alzandosi a sedere sul letto e tenendosi il naso.
 
Mi voltai di scatto, spaventata dal suo urlo e preoccupata per avergli fatto male. «Oh, dio! tommy, scusami!»
 
Lui si lamentò al mio semplice tocco, mentre mi inginocchiavo davanti a lui e accendevo la luce. Gli presi il viso tra le mani, per vedere se stesse bene. Lui mi guardò male.
 
«Scusami, non l'ho fatta apposta.»ripetei, baciandolo sulla fronte.
 
«Vedi che invece la fai apposta?»borbottò lui, attirandomi a sè e storcendo il naso.
 
«Ma ti pare che ti do una manata sul naso apposta?»sbottai, guardandolo adirata.
 
«Mi sbatti le tue bellissime tette in faccia.»sghignazzò lui, palpandomi il sedere.
 
«Ma smettila, cretino!»lo ripresi, dandogli uno schiaffo sulla nuca. «Possibile che tu ti debba comportare come un pervertito?»
 
Scesi dal letto e andai ad infilarmi subito sotto la doccia, chiudendo le antine opache.
 
«Quante volte devi lavarti, si può sapere?»chiese Tommy, entrando in bagno e dirigendosi verso la tavoletta del water.
 
«Non starai osando pisciare, mentre io sono in bagno, vero?»esclamai.
 
«Ma sta' zitta!»rise lui, tirando lo sciacquone. «Così ti va bene?»
 
Sbuffai, insaponandomi i capelli, poi passai ad insaponarmi. Le antine si aprirono in quell'istante e Tommy entrò nella doccia.
 
«Ma che fai, schifosooo?»urlai, buttandogli addosso la spugna. «Hai almeno lavato le mani?»
 
«Ma per chi mi hai preso, cretina?»rispose, aprendo il getto dell'acqua per lavarsi. Mi schizzò addosso con l'acqua e io lo guardai male.
 
Senza degnarmi di uno sguardo, Tommy prese il bagno schiuma e si insaponò. Una gocciolina d'acqua gli scese lungo il viso, fino al collo e poi prese a scivolare più giù e tanti saluti all'arrabbiatura. Mi allungai verso il suo petto e raccolsi la goccia con le labbra, baciandogli il pettorale sinistro. Alzai il volto e lo vidi intento a fissarmi con uno sguardo intenso, abbassando il volto verso il mio.
 
«Tu mi farai impazzire, un giorno o l'altro.»disse, fiondandosi poi sulle mie labbra.
 
Non impiegai molto ad allacciargli le braccia al collo e gli saltai in braccio, mentre lui mi spingeva contro le piastrelle fredde e bagnate del muro. Le nostre intimità entrarono in contatto ed entrambi gememmo. Alzai la testa ed esposi il collo alle sue labbra, che iniziarono a torturarmi il collo e a succhiare e mordere la mia pelle.
 
«Tommy!»urlò qualcuno, dal piano inferiore. «Dove cazzo sei, Thomas?»
 
Tommy smise di baciarmi ed io lo guardai, aspettando di risentire quella voce, per capire se me l'ero sognata o...
 
«Thomas!»
 
... No, a quanto pare non me l'ero sognata.
 
Tommy mi rimise giù e io misi il broncio. «Non andare. Chiunque sia può aspettare!»
 
«No, Alli.»scosse la testa lui. «Se ho capito chi è, non può aspettare.»
 
Ci risciacquammo velocemente e, una volta usciti dalla doccia, Tommy mi lanciò l'unico accappatoio appeso dietro la porta, mentre lui si legò un asciugamano in vita. Scendemmo poi al piano inferiore, trovando un ragazzo molto somigliante a Thomas gironzolare per il salotto, guardandosi attorno.
 
«Bastardo!»esclamò Tommy con un sorriso, andando incontro al nuovo arrivato e dandogli la mano.
 
«Cuginooooo!»rispose quello, salutandolo con un abbraccio. «Cazzo, sei bagnato, Tom!
 
Così quello era Lorenzo, il famoso cugino di Roma! Avevo sentito Tommy e mio fratello parlare di lui, qualche volta, ma ovviamente non sapevo per cosa veniva nominato.
 
Comunque sia, in famiglia dovevano avere un gene davvero dominante per la bellezza fisica: Lorenzo aveva i capelli scuri, quasi neri e gli occhi grigio-azzurri, dal taglio simile a quello di Thomas. I due cugini erano quasi alti uguali, centimetro più, centimetro meno, ma Lorenzo era leggermente più magro di Thomas, anche perchè quest'ultimo, per i suoi allenamenti di calcio, frequentava la palestra e quindi era un po' più piazzato del cugino.
 
«Eh, stavamo facendo la doccia, Lore.»si giustificò Tommy, senza preoccuparsi dell'imbarazzo che aveva colorato le mie guance. «Che ci fai qui?»
 
Lorenzo mi guardò, facendomi l'occhiolino. «Scusa, per l'interruzione.»
 
Gli sorrisi, avvicinandomi a Thomas. «Tranquillo.»
 
«Non odiarmi.»continuò lui, guardando poi Thomas. «La zia mi ha chiamato e mi ha detto che non sei voluto andare con loro in montagna, così le ho detto che sarei venuto io da te. Come va il... coso lì.»
 
Detto questo, Lorenzo si schiarì la voce e si grattò la nuca, guardandomi con un sorriso.
 
«Sa tutto.»lo informò Thoams, mentre il cugino lo guardava a occhi spalancati. «E' la sorella di Alex. Comuqneu va tutto bene.»
 
«Sei Alice?»mi chiese Lorenzo. «Quella maledetta nanerottola che girava per casa, rompendo le palle a tutti per giocare con le bambole?»
 
«A quanto pare si.»risposi, sorridendo.
 
«Sei una gran figa.»disse, annuendo e ridendo.
 
«Lore, sei mio cugino, ma sta attento.»lo avvertì Thomas. «Lei è mia e, se la tocchi, ti spezzo le braccine.»
 
Lorenzo mi guardò e io alzai le sopracciglia, come a dire "credo non stia scherzando", poi gli sorrisi.
 
«No, no.»fece subito lui, alzando le mani. «Ho solo fatto un apprezzamento.»
 
«Certo. Allora dicevi che rimarrai qui... per quanto tempo?»
 
Andai in cucina per bere qualcosa, ma il frigo era vuoto. «Tommy, non hai un cazzo da bere o mangiare, nel frigorifero.»
 
«Adesso usciamo.»mi rispose lui. «Va' a vestirti, che tanto ci metti sempre tanto tu.»
 
Tornai in salotto e lo guardai male, salendo poi le scale per prepararmi. Dieci minuti dopo, con i capelli asciutti, legati in uno chignon e un filo leggero di trucco sul viso uscii dalla camera, sentendo Thomas e Lorenzo litigare. Mi avvicinai silenziosamente alle scale per ascoltarli.
 
«Vuoi scherzare?»gli stava chiedendo Lorenzo. «A Roma dicono che sia nato un nuovo gruppo, qui a Milano.»
 
«Io non ho sentito un cazzo.»gli disse Thomas. «E abito qui, a Milano. Di' piuttosto che sei venuto a controllare se il giro va bene.»
 

«Mio padre non ha bisogno di schiodare me, per controllarti.»disse calmo Lorenzo. «Ti ripeto: sono qui per passare le vacanze con te, non per farti da baby sitter.»
 
Sgranai gli occhi: così il padre di Lorenzo era il capo di tutto! Thomas vendeva droga per suo zio! Non ci potevo credere: uno zio, che solitamente doveva proteggere e difendere il proprio nipote e addirittura il proprio figlio, li faceva vendere droga! Assurdo.
 
«Sese, non mi interessa.»lo zittì Tommy. «Comunque dì allo zio che mi hanno convocato a settembre al *** per giocare in campionato e non so quando avrò il tempo per pensare a organizzare altre feste.»
 
«Chiedi agli altri.»lo liquidò Lorenzo, sedendosi sul divano, con le gambe incrociate
 
«Alcuni di noi frequentano l'Università.»gli ricordò il cugino. «Non ci sarà il tempo per le feste! A meno che tuo padre non faccia ciò che gli ho proposto.»
 
«Se mio padre dovesse aprire qui un locale, quel locale dovrà essere controllato da gente esperta.»disse Lorenzo. «Che serve a noi, a Roma.»
 
«Mandarli qui per qualche mese, non procurerà alcun danno.»
 
Decisi di aver sentito abbastanza, un po' perchè mi brontolava lo stomaco, un po' perchè non volevo sentire quelle cazzate e non volevo neanche saperne. Scesi le scale sbadigliando e facendo finta di niente, poi presi la borsa e mi buttai sul divano, guardando Tommy.
 
«Se rompi il divano a mia madre, glielo ricompri tu.»sbraitò lui, mentre suo cugino mi guardava male.
 
«Se hai i coglioni girati con qualcuno, vedi di darti una calmata con chi non c'entra nulla. Vado a fare colazione e poi alle prove finali per stasera. Ci vediamo.»risposi incazzata, alzandomi dal divano e andando alla porta. Tommy mi seguì, dicendomi di fermarmi. «Va' a vestirti.»gli dissi, aprendo la porta.
 
«Angelo.»sussurrò qualcuno dietro le mie spalle.
 
Mi voltai e vidi Christian davanti a me, con il volto tumefatto, ricoperto di sangue. Da un buco nerastro sulla sua spalla vidi uscire del sangue, che colava sul pettorale sinistro.
 
 «Oh mio Dio!»esclamai, spaventata.
 
Prima che potesse cadermi addosso, Tommy lo prese in spalla e lo portò dentro casa. Lo portò fino al divano e ce lo stese sopra. Li seguii, toccando la fronte del ragazzo. «Oh cazzo. Cri, scotti tantissimo!»
 
Lorenzo gli sfilò la maglietta, per osservare meglio la ferita sulla spalla. Io corsi in cucina a prendere una scodella e la riempii d'acqua fresca. Dopodichè presi uno strofinaccio pulito. Quando tornai nel salotto, Thomas e suo cugino stavano fasciando la ferita alla spalla di Christian, che si era svegliato e mi guardava sofferente.
 
«Angelo.»disse, rivolgendosi a me.
 
Tommy mi guardò e mi fece avvicinare a Christian. «Hai bisogno di un aiuto?»
 
«Tommy... non saprei...»risposi, bagnando il panno e posandolo sulla fronte di Christian. «La ferita sulla sua spalla mi fa preoccupare.» Mi voltai verso il ragazzo e gli sorrisi. «Cri, come stai?»gli domandai dolcemente.
 
«Ci hanno trovati... ci hanno trovato nel nostro capannone e ci hann...»tossì, spaventandomi. «Ci hanno sparato addosso.»
 
«Chi?»chiese Thomas, con fare impassibile e indifferente.
 
«Non lo so, non li ho visti. Non erano italiani, comunque. Forse della Romania o dell'est Europa.»spiegò Christian.
 
Thomas guardò suo cugino, che aveva stampato in faccia una espressione alla "te l'avevo detto io!".
 
«Alli, chiama tuo fratello e digli di venire qui, insieme agli altri.»mi disse. «E' guerra aperta.»

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Capitolo 9
*** Una nuova minaccia. ***


Guardavo fuori dalla finestra e il sole stava illuminando ogni cosa. Come giornata di fine agosto sembrava adatta a uscire e divertirsi, andando in qualche piscina o a prendere il sole fuori in giardino. Invece eravamo a casa di Tommy, i ragazzi discutevano tra loro su ciò che erano appena venuti a sapere, stavolta senza preoccuparsi della mia presenza, mentre io e Silvia ci occupavamo delle ferite e dei lividi di Christian. Il ragazzo sussultava ogni volta che gli sfioravamo il volto e, ad ogni sussulto, entrambe mormoravamo uno "scusa".

«Cri, ti ripeto che è meglio che tu vada in ospedale.»gli dissi. «Le botte che ti hanno dato potrebbero averti rotto qualche costola...»

Lui rise a fatica. «No, dottoressa. Posso cavarmela, sa?»

«Se le costole sono rotte, potrebbero lederti qualche organo interno.»gli spiegai.

Lui ci guardò qualche secondo,. «Se vado in ospedale, mi faranno delle domande.»

«Quindi preferisci morire per qualche emorragia?»lo rimproverai.

Christian non disse nulla e io mi stavo sentendo male per lui: perché la gente doveva essere così testarda? Non poteva semplicemente andare all'ospedale e dire che alcuni ragazzi a volto coperto l'avevano aggredito? Perché doveva rischiare la vita?

«Ha ragione.»intervenne Thomas, spiazzando completamente Christian. «Dirai loro che ti hanno aggredito e non sai chi fossero. Di' che eri al parco della periferia. Ste ti porterà all'ospedale, mentre noi andremo a vedere cosa è successo agli altri.»

«Altro.»lo corresse Christian, storcendo le labbra, quando Stefano e Teo lo aiutarono ad alzarsi dal divano. «C'era solo Michael con me, stanotte e... quando mi sono svegliato, non c'era più.»

Lorenzo si fece avanti, una mano appoggiata al mento con fare pensieroso. «Pensi che l'abbiano portato con loro?»

«Forse.»rispose Christian.

Guardai Tommy, che aveva un'aria piuttosto pensosa, mentre Christian usciva di casa con Teo e Stefano. Mi avvicinai al mio ragazzo e gli sfiorai il braccio. «Cosa c'è?»

Lui sembrò riscuotersi da quello stato di catalessi e mi guardò. «Niente, niente. Ne riparleremo stasera.»

«Stasera sarò a teatro.»gli ricordai.

«A teatro?»fece.

«Per il saggio.»

«Ah già.»annuì. «Allora domani.»

«Stasera non verrete al saggio?»chiese Stefania, esterrefatta.

«No, non possiamo.»rispose Alex, mentre Tommy annuiva.

Io e la mia amica ci guardammo deluse, così feci ciò che mi riusciva meglio fare, quando ero triste: presi il mio borsone e la borsa e andai in palestra, dove zia Clara stava provando con tutte le altre ragazze. Quando queste mi videro arrivare, fu come se quel branco di ragazzine vedesse entrare dalla porta un loro idolo: mi saltarono addosso, urlando e dicendomi che erano contente di vedermi. Zia Clara mi sorrise, ma notò subito che c'era qualcosa in me che non andava e si avvicinò a chiedermi cosa avessi.

Le raccontai ogni cosa(omettendo cosa era accaduto quella mattina) e le dissi come mi sentivo: né il mio pseudo ragazzo né mio fratello sarebbero stati presenti al saggio, neanche il mio migliore amico o nessuno dei ragazzi. Come al solito ero sola.

Beh non proprio sola, ci sarebbero state Stefania e Silvia, ma non era propriamente la stessa cosa!

«Capisco Tommy, zia.»dissi. «Lui è fatto così, fa il menefreghista e poi magari è il primo a congratularsi per la mia bravura, ma Alex! Zia, Alex è mio fratello! Già quando eri andata a Parigi con Gerard gli avevo spiegato che non mi piaceva il fatto che fosse così assente! Ora lo sa, eppure stasera non sarà presente.»

Zia Clara sospirò e mi carezzò i capelli. «Non hai idea di quante volte abbia rimproverato Alex per il suo comportamento, ma noi due, più di chiunque altro, sappiamo che è fatto così.»

«Non dimenticherò mai quanto mi faccia stare male, zia.»borbottai. «Sarà pure mio fratello, ma non può comportarsi in questo modo e non pagarne le conseguenze.»

«Non lasciare che la delusione prenda il posto della rabbia, Alice!»mi raccomandò lei. «Non sarebbe bello essere arrabbiati col proprio fratello.»

«Non saprei proprio che altro fare.»conclusi, andando in un angolo della sala e riscaldandomi, mentre le altre riprendevano l'allenamento.

Il pomeriggio passò in fretta. Stefania mi raggiunse verso le sei, quando ormai dovevamo partire per il teatro.

«Sei pronta?»mi disse lei, eccitata.

Le sorrisi. «Ovviamente, cara mia.»

Zia Clara ci portò al teatro, dopo aver chiuso la sua cuola. Le ballerine e i loro genitori ci seguivano per la strada. Durante il percorso pensai a mio fratello e a Tommy. Era mai possibile che, più li volevo accanto a me, e più loro due si allontanavano? Per quale cazzo di motivo non potevano venire al saggio? Per quello che era accaduto a Christian?

Uscimmo dalla macchina e ci dirigemmo verso l'entrata del teatro, dove avremmo fatto il saggio di danza. Stefania mi afferrò una mano e la strinse nella sua, sorridendomi e facendomi forza.

Aprii il portone e scostai il pesante tendone blu scuro. All'interno dell'edificio tutto era buio. L'unica luce proveniva da fuori. Zia Clara girò verso destra, azionando il generatore della corrente e facendo accendere le luci interne. Le bambine iniziarono a correre per i corridoi del teatro e salirono le scale, per andare al piano superiore. Andai a posare il mio borsone e la borsa nel camerino, insieme a Stefania e a zia Clara.

Presi dal borsone le mie scarpette e tornai sul palco, passando le punte sulla pece.

«Eccoti qui.»

Girai la testa verso la platea e vidi seduti sulle poltroncine tutti quanti: Tommy, Alex, Teo e Ste. Mi precipitai da Tommy, passando le sue braccia sul collo e buttandomi in braccio a lui, che sorrise.

«Cretino.»gli dissi, nascondendo il volto nell'incavo della sua spalla. «Pensavo non sareste veramente venuti qui.»

«Non hai nemmeno capito che te l'avevamo fatta apposta!»ridacchiò lui, mordendomi il profilo della mandibola.

«Non potresti smetterla di fare lo stupido?»

«E rinunciare a vederti infuriata?»ridacchiò. «Mai.»

Gli tirai una manata sul fianco. «Sai come sta Christian?»

Thomas mi strinse a sé, abbracciandomi. «C'è veramente una banda a Milano e stanno colpendo tutti i gruppi della zona.»

«Perciò voi siete in pericolo?»balbettai, stringendo di più la sua presa.

«Christian è stato pestato da loro, hanno preso Michael e lui è sparito.»iniziò. «Non so se anche noi...»

«Tu però fa' attenzione.»lo redarguii.

«Ovvio.»fece.

Lorenzo aveva ragione: ci sarebbero stati altri problemi ora. È questo non era sicuramente una buona cosa, specialmente col fatto che Michael era sparito.

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Capitolo 10
*** Il saggio ***


Il saggio era quasi terminato, ogni esibizione era piaciuta ai genitori e ai parenti in sala, visto che applaudivano ogni volta che qualche ballo finiva. Stefania ed io avevamo fatti solo due eibizioni, lei poi aveva anche cantato una canzone, che si era meritata tutti gli applausi della platea.

Zia Clara mi venne accanto, quando mancava poco all'ultima esibizione di coppia di Stefania e mia.

«Sei sicura di voler farmi esibire con il twerk?»chiesi a mia zia. «Magari a qualche mamma potrebbe non piacere. Anzi peggio, a qualche nonna.»

«Noi non siamo solo danza classica.»mi disse Clara. «Quindi va' e divertiti.»

Le sorrisi. «Pazza.»

«Da che pulpito.»sghignazzò lei, facendomi l'occhiolino.

Quando fu il mio turno, Rob aveva già chiamato dietro le quinte Thomas.

«Che cazzo fai, amico?»chiese Thomas a Robert.

«Tu fidati di me e va' a sederti sul palco.»gli disse Rob, dandogli una sedia e facendogli segno di andare a sedersi sul palco. I nostri amici si misero a ridere ed esultarono, mentre Tommy fece loro il dito medio. La musica iniziò a diffondersi per il teatro e alcune ballerine lo spinsero al centro del palco, per farlo poi sedere sulla sedia.

Robert e Simone mi presero per le braccia, mentre io facevo leva per non toccare terra. Doveva sembrare come se loro mi dovessero portare da Tommy, fingendo che io fossi un robot. Iniziai a muovermi a tempo di "Up Down" e dei fischi di esortazione partirono dalla zona dove erano seduti mio fratello e gli altri ragazzi. Quando anche Teo fu portato sul palco, quasi rimase sbalordito nel vedere Stefania ballare, o meglio, twerkare.

Tommy, che all'inizio sembrava sembrava spaesato, allungò una mano verso la mia coscia nuda per fare lo sbruffone, ma le due ballerine che aveva ai lati, due mie coetanee, presero una specie di bacchetta, fatta di semplice carta e scotch nero, e lo bacchettarono sulle mani, mentre il pubblico rideva e fischiava. Pensavo che non sarebbe stato di gradimento, soprattutto per le madri, ma erano proprio loro ad applaudire. Sembravano tipo impazzite!

Verso la fine entrarono tutte le altre ballerine e iniziarono a ballare, divertendosi come matte, mentre io afferravo Tommy dalla camicia e lo facevo alzare per baciarlo. Stessa cosa Stefania e Teo. A quel punto tutti uscirono fuori di testa: i più giovani in sala urlavano e fischiavano come matti.

Sperai che avessero quelle reazioni anche mentre cantavo...

A quel pensiero deglutii, inchinandomi al mio pubblico come se nulla fosse.

«Tu sei pazza, lo sai, vero?»mormorò al mio orecchio Tommy, quando arrivammo al mio camerino.

Gli sorrisi, spogliandomi per mettere il prossimo abito di scena. Avrei dovuto cantare. Oddio, non cantare, più che altro rappare. Era un pezzo di Minaj con Drake: Moment for life. L'unica pecca era che il cantante maschile non l'avevo trovato, quindi il pezzo di Drake sarebbe stato ascoltato in playback. La zia mi fece i capelli in fretta, facendomi dei boccoli e portandoli poi tutti verso destra. Nel frattempo io mi struccavo e Silvia mi aiutò a ritruccarmi.

«Cosa devi fare, Alli?»mi chiese la ragazza di mio fratello.

«Ombretto marrone scuro sugli occhi, pallida sono già pallida e rossetto rosso!.»le spiegai, facendole ridere quando feci riferimento alla mia carnagione chiara.

«OK.»mi disse lei, iniziando a stendere il fondotinta e passare poi il correttore.

«Dove è finito Tommy?»domandai, guardando per tutta la camera, attraverso lo specchio.

«Sarà tornato in sala.»rispose Silvia.

Quando entrambe finirono con la mia testa e il mio viso, presi il vestito nero posato sul paravento e lo indossai. La reazione di Silvia e Stefania fu unica.

«Alli, sei strafiga!»esclamò Stefania, mentre Silvia annuiva, con gli occhi sgranati e un sorriso meravigliato sulle labbra.

Mi guardai al grande specchio del camerino: il vestito era lungo fino alle caviglie, la mia schiena era totalmente scoperta, quasi fino alla fine della schiena e uno spacco vertiginoso, con un velo di pizzo, mi velava la gamba sinistra.

«Sei sempre bella, Alli.»mi disse Silvia.

«Ora va, prima che il tempo finisca.»mi esortò la zia. «Si, Alice, la chiavetta ce l'ho io.»

Annuii e presi un bel respiro. Nella chiavetta c'erano le poche foto che avevo fatto con Thomas per tutto il tempo che avevo passato con lui durante l'estate. Fortunatamente bastavano per tutto il tempo della canzone e quella sarebbe stata la sorpresa più grande, fatta solo per lui.

Le tende erano chiuse e io mi posizionai al centro del palco, mentre il macchinista contava alla rovescia e la musica iniziava, aprendo il sipario. Guardai verso il seggiolino di Tommy, ma lui non era seduto lì. Pensai che, la prima volta che mi fosse capitato sotto mano, lo avrei scuoiato vivo. Era una sorpresa per lui, mannaggia la miseria!

Il mio assolo finì e iniziò quello maschile. Sorpresa io a lui? A quanto pare mi sbagliavo! Thomas uscì dalle quinte, rappando il peso di Drake e io rimasi a bocca aperta, mentre dal pubblico gli applauso si facevano più forti di prima.

Lo guardai con gli occhi sgranati, poi gli sorrisi e lui mi prese la mano, continuando a cantare. Quando le ultime note terminarono, lui mi baciò davanti a tutti, sotto gli applausi scroscianti e le lacrime di zia Clara.

«Piaciuta la sorpresa?»mi chiese, facendomi l'occhiolino.

«Come sei riuscito a...?»

Mi prese in braccio e mi portò fuori dal palco, rimettendomi a terra. «Ho dovuto ripetere quella canzone fino alla noia. Senza contare il fatto che, quando ho scoperto quello che volevi fare, Clara non voleva dirmi quale canzone fosse.»

«No, aspetta. Tu hai scoperto questa sorpresa da mia zia?»

Tommy annuì, ridendo. «L'ho sentita parlare con Stefania.»

«Dio mio, sei peggio di una di quelle donne anziane del meridione, che se ne stanno alle finestre a farsi gli affari altrui!»risi.

«Ora rispondi, scimmia.»mi disse. «Ti è piaciuta, la mia sorpresa, o no?»

«Scimmia?»

Fece spallucce. «Per come ti appendi a me. Rispondi alla mia domanda.»

Mi avvicinai a lui, carezzandogli una guancia. «Assolutamente si.»

E ci baciammo.

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Capitolo 11
*** Zio e nipote.(Prima parte) ***


Dopo il saggio la scuola era reiniziata e io e Tommy non avevamo quasi tempo per uscire insieme. L'Università lo occupava molto ed io, essendo all'ultimo anno e con una maturità da fare, avevo un sacco di cose da studiare. Dopo avrei voluto seguire gli studi di medicina, per laurearmi in chirurgia, come mia madre. Forse proprio per questo motivo non sapevo se continuare con la danza o darmi completamente allo studio. Durante il mese di novembre avevo fatto un lungo periodo di tirocinio in una casa di riposo, dove un anziando mi aveva molto presa in simpatia e mi aveva augurato ogni bene.

«Sei una ragazza bella e brava. Sei una perla in un oceano, Alice.»mi aveva detto l'uoomo. «Cerca di non farti abbattere da nulla.»

«Va bene, Ennio!»avevo riso.

A dicembre avevo ripreso ad andare a scuola e, il cinque di quello stesso mese, avrei festeggiato i miie diciotto anni.

«Domani cosa farai?»mi chiese Anna, una mia compagna.

«Andrò a trovare un anziano in casa di riposo e poi starò con il mio ragazzo.»

«Da quale anziano?»domandò Giulia.

«Un uomo d'oro.»sorrisi. «La ragazza di mio fratello vorrebbe organizzare qualcosa, comunque, ma non ho la più pallida idea di cosa.»

«Tipo festa a sorpresa?»ipotizzò Anna.

Rabbrividii. «Già immagino il casino che combinerebbero!»

Ridemmo tutte quante.

«A proposito del tuo ragazzo... stai insieme a Thomas Bellatti, vero?»disse a denti stretti un'altra mia compagna, Camilla.

Tutte si voltarono a guardarmi per sapere cosa avrei risposto. Pettegole. Quando annuii con la testa, le mie compagne mi chiesero se Tommy fosse gentile e carino, se baciasse bene e se avessimo fatto qualcosa di più, oltre al bacio.

«Sono affari nostri.»dissi, andando a sedermi al mio posto.

Quella giornata scolastica era stata relativamente leggera ed era trascorsa molto velocemente. Quando uscimmo dall'edificio, vidi Tommy, poggiato con la schiena sul muro esterno della mia scuola, che mi stava aspettando. Appena mi vide si staccò da esso e mi venne incontro, con un enorme sorriso sulle labbra. Gli corsi incontro e gli saltai addosso.

«Ma tu guarda chi si rivede.»mi salutò, mordendomi il labbro.

«Ma ciao.»sorrisi, baciandolo sulla guancia e portando le mie braccia sulle sue spalle.

«Hai qualcosa da fare, per domani?»mi domandò, palpandomi il sedere.

Scacciai la sua mano, prendendola tra le mie e camminando verso la sua macchina. «Devo studiare storia.»

«Quindi oggi no possiamo...?»

«Stare a letto insieme?»finii, con tono di voce triste. «Magari!»

«Ma dai! Tanto sei brava in storia.»si lamentò lui, facendomi segno di salire in macchina.

Sorrisi. Mi aveva fregata. E io che volevo lasciarlo lì, a cuocere nel suo brodo. «Pensa a guidare.»

Lui portò la sua mano sulla mia coscia, risalendo verso la mia vita. «Dopodomani ho una partita contro ***. Non puoi negarmi di...»

«Oh, Thomas!»esclamai, ridendo. «Vedremo, dai.»

Arrivammo a casa sua e sua cognata Monica mi cucinò un piatto di pasta. Tommy prese qualche coccio di pasta dal mio piatto, poi lo imboccai tre o quattro volte.

«Ma che bambino!»lo prese in giro Monica, la compagna di Nathan, il fratello di Tommy.

Risi. «Proprio un bambinone.»

«Ma piantatela.»ci riprese Tommy, alzandosi dalla sedia, dopo aver sentito il pianto di suo nipote, Samuele.

Monica lo guardò andare nella stanzetta del piano terra, dove solitamente Samuele dormiva. «Non so se è più innamorato di te o di suo nipote.»

Le sorrisi, finendo di mangiare la pasta, mentre Tommy tornava con Samuele nella cucina. Il bambino si stava stroppicciando gli occhi e si mise con la testolina poggiata sulla spalla di suo zio, infastidito dalla luce del sole. Tommy si sedette sulla sedia accanto alla mia e mi prese una mano, per mettersela sulla sua gamba, poi mi sorrise.

C'era da ammetterlo: una ragazza appena vede un tipo giocare con un bambino piccolo perde la testa! Almeno, io sono così. Poi quando Samuele gridava di felicità per il solletico fattogli dallo zio, mi prendevo ancora meglio!

«Negli ultimi giorno Samuele è stato un po' male.»ci disse Monica, un po' preoccupata.

«Cosa ha avuto?»le domandai.

«Influenza.»rispose lei, sorridendo nel guardare zio e nipote che ridevano. «Oggi l'ho lasciato a Carmen e lei mi ha detto che non ha avuto alcuna crisi di pianto o roba del genere.»

«Meno male!»esclamai.

«Dov'è mia madre ora?»chiese Tommy, intromettendosi.

«E' uscita a prendere del pane per stasera. Ha detto che tra poco mi torna a prendere, per accompagnarmi a comprare i pannolini per Samuele.»spiegò Monica, prendendo il mio piatto vuoto e lavandolo.

«Beata te che puoi uscire.»dissi, sbuffando. «Io ho un sacco di cose da studiare in storia!»

«Ma che cazzo ti lamenti, ché poi prendi sempre otto o nove senza studiare!»esclamò Tommy, ridendo.

«Davvero?»fece Monica. «Che culo!»

Scoppiai a ridere, poi tesi le braccia verso Samuele, per prenderlo in braccio. Lui subito mi si buttò subito addosso, lasciandosi cullare. 

«Alice, se lo fai riaddormentare ti amerò a vita!»rise.

«Ma si è svegliato giusto ora.»le dissi.

«L'ho messo a dormire mezz'ora fa.»

Annuii, andando nel salotto e sedendomi sul divano, insieme a Tommy. Il mio ragazzo accese la TV e si mise a guardare il telegiornale, mentre stava scrivendo a mio fratello di venire lì a casa sua. Posai la testa sulla spalla di Tommy e chiusi gli occhi, carezzando la testolina di Samuele, che stava scivolando dolcemente nel mondo dei sogni. Insieme a me.

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Capitolo 12
*** Zio e nipote.(Seconda parte) ***


Riaprii gli occhi e vidi Samuele dormire con la boccuccia aperta e una mano vicina al volto, chiusa a pugno. Sorrisi, carezzandogli la guancia rosea con l'indice.

«Finalmente ti sei svegliata.»sussurrò Thomas, seduto sul divano con mio fratello.

Avevano il joystick della PlayStation in mano e stavano giocando a Fifa.

«Alla faccia che dovevi studiare.»continuò lui.

Mi alzai e guardai l'orario sul telefono: le 4 e 30. Ero nei guai. Avevo preso tre ore di studio, dormendo come un sasso. Facendo attenzione a non svegliare Samuele, mi misi in piedi e mi stiracchiai, mentre quei due idioti finivano la partita.

«Ti ho battuto un'altra volta, Alex!»esclamò Tommy.

«Shh! Stai zitto!»lo rimproverai a bassa voce, guardando Samuele per vedere se suo zio l'avesse svegliato.

«Ti ho portato un cambio e le tue cose, Alli.»mi disse Alex a bassa voce. «Sono in camera di Tommy. Io ora devo andare a prendere Silvia alla stazione.»

«Grazie, Alex.»

Mio fratello prese le chiave della sau auto e uscì dalla porta, mentre andavo a prendere il libro di storia nella mia borsa. Cercai i capitoli sulla Grande Guerra e iniziai a leggere i paragrafi, mentre Tommy spariva in taverna, dove aveva la sua stanza. Lo sentii tornare e mise le sue mani sulle mie spalle, prendendomi poi la testa e alzandola, per lasciarmi un bacio sulle labbra.

«Avresti potuto svegliarmi.»mi lamentai. «Sapevi che dovevo studiare!»

Mi fece alzare dal divano e gettò il mio libro sulla poltrona, mentre mi portava nella sua stanza. Fece scivolare le sue mani sul mio sedere, fino alle cosce, poi mi prese in braccio. «Non ce l'ho fatta: dormivi troppo bene e, soprattutto, facevi silenzio.»

Sorrisi. «Stupido.»

Lo baciai sulle labbra, stringendomi a lui e Tommy rispose al bacio come se lui fosse un assetato ed io la sua acqua. Era da tempo che non stavamo insieme... in quel senso e, non che la nostra relazione fosse basata sul sesso e basta, ma diciamo che contribuiva molto!

Lui si avvicinò al suo letto, facendomi stendere sopra le coperte. Si insinuò tra le mie gambe e si tolse la maglietta. Allungò poi le mani sul mio busto, togliendomi la maglietta e sbottonandomi i jeans, per poi togliermi. Rimasi in reggiseno e mutandine.

«Tommy...»lo chiamai, con un gemito. «Samuele...»

«Sta dormendo.»rispose lui, togliendomi il reggiseno e leccandomi un seno.

Gli carezzai gli addominali scolpiti, pensando che tutto quello fosse MIO, poi gli passai le mani sulle spalle e sulla schiena, avvicinandolo a me.

Era la prima volta che pensavo a Tommy come a una persona MIA, forse perché le mie compagne, quel giorno, si erano interessate a lui e a come Tommy baciasse. Non avrei pensato di poter essere gelosa. Mai. Probabilmente mi sbagliavo. Non potevo immaginarmi di parlare con nessuno del neo che aveva Tommy sul fianco destro o della cicatrice che aveva sulla spalla sinistra.

Mi ricordavo di quella cicatrice: due anni prima Tommy era stato investito da una macchina, che fortunatamente non andava molto veloce. Si era ferito con dei vetri del  anteriore. Mi ero presa un bello spavento, quella volta, ma lui era fidanzato con Sharon e non ero io quella che doveva occuparsi di lui.

Ribaltai le nostre posizioni e lui finì sotto di me, così presi a baciargli il neo e poi risalii sul suo petto, soffermandomi sulla cicatrice.

«Mi ammali peggio di una strega, Alli.»sussultò lui, inghiottendo la bile.

Sollevai la testa dal suo petto, sorridendogli e lo baciai sulle labbra. Lui invertì nuovamente le nostre posizioni, togliendosi i pantaloni. Si infilò un preservativo, rimediato dal comodino ed entrò in me, affondando completamente.

Sospirammo di piacere e soddisfazione entrambi, quando Tommy prese a muoversi dentro di me e io stavo completamente impazzendo.

«Tommy...»singhiozzai. «Muoviti!»

Lui ridacchiò. «Lo sto facendo, piccola.»

Arrivammo all'orgasmo insieme e fu... boom! Tipo un'esplosione! L'astinenza faceva quegli effetti? Perché altrimenti avremmo fatto l'amore una volta ogni tre mesi!

«Dio mio!»esclamò, facendomi ridere.

Lo baciai di nuovo, poi mi strinsi a lui. Sarebbe stato bello stare stretti in quel modo, ma se Monica ci avesse beccati, saremmo stati nei guai: ci aveva affidato suo figlio e invece noi ci eravamo fatti prendere la mano in altre cose, anche se erano belle cose.

Mi alzai e cercai i miei vestiti.

«Che stai facendo?»mi chiese Tommy, tenendosi sul con il gomito.

«Mi vesto magari?»feci. «Cosa che dovresti fare anche tu.»

«Guarda che non si scandalizzerebberro nel vederti nuda.»sghignazzò, rimediandosi un'occhiataccia dalla sottoscritta. «Forse mia madre si arrabbierebbe.»

«Non essere ridicolo!»

«A me piaci molto di più nuda.»mormorò, alzandosi e raggiungendomi. «Sei più appetibile.»

«Smettila.»lo ripresi, quando lo sentii mordicchiarmi la spalla.

Lui continuava a fissarmi, poi ridacchiò. «Si, mia madre si incazzerebbe.»

Gli lanciai dritto in faccia la sua maglietta. «Quindi vestiti!»

Salii al piano terra, constatando che Samuele stava ancora dormendo beatamente. Tommy mi raggiunse subito, con solo un pantalone addosso. Lui mi venne vicino e mi indicò sul petto, facendomi l'occhiolino. Abbassai lo sguardo e vidi un enorme segno scarlatto-violaceo.

«Tu sei pazzo.»dissi, prendendo la mia sciarpa e avvolgendomi tutto il collo e nascondendomi il petto.

«Così sanno che sei mia.»fece lui, andando in cucina e aprendo il frigorifero. Prese una bottiglia d'acqua e bevve, guardandomi con malizia. Alcune gocce d'acqua scivolarono sul suo petto.

«Piantala.»lo ripresi, quando sentii il citofono suonare.

Carmen e Monica entrarono in casa e Monica si avvicinò al divano, dove Samuele dormiva ancora. La ragazza svegliò il bimbo e lo portò in cucina, per fargli mangiare del frullato di frutta. Qualche tempo dopo Monica ci disse che sarebbe andata a casa.

«Thomas, io accompagno Monica e Samuele a casa.»disse Carmen. «Io e papà andiamo a mangiare da Paolo e sua moglie, stasera, ma ho preso per te e per gli altri del pane. Fatevi quello che volete, il frigo è pieno.»

«Alice, se vuoi puoi prendere una mia tuta dall'armadio.»

«Grazie.»le sorrisi.

Quando se ne furono andate, Thomas mi si avvicinò. «Mia madre ama più te che non me.»

«Se tu fai lo stronzo, non è mica colpa mia.»dissi. «Facciamo un bel bagno?»

Mi guardò con aria da furbetto e mi spinse verso il bagno. Thomas riempì la vasca con dell'acqua calda e, dopo esserci spogliati di nuovo, ci immergemmo nella schiuma profumata. Thomas si appoggiò alla parete della vasca e mi aiutò ad entrare, tirandomi a sè e facendo scontrare la mia schiena con il suo petto. Le sue mani si misero a massaggiarmi il collo e poi scesero verso il mio ventro, stringendomi al suo corpo.

Strinsi le sue mani con le mie e posai un bacio sul dorso di una sua mano. Posai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi, rilassandomi. La sera, dopo aver mangiato tutti insieme, mio fratello e Silvia tornarono a casa della zia Clara, mentre io restavo da Tommy. Quella sera, mentre guardavamo un film, mi addormentai e Tommy mi portò a letto, nel suo letto e dormimmo insieme.

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Capitolo 13
*** Darko. ***


Il giorno dopo, sabato cinque dicembre, finalmente compii 18 anni.

Quando aprii gli occhi, la luce del lampadario mi accecò e dovetti richiudere gli occhi, strizzando le palpebre. La luce era accesa perché Tommy stava entrando in camera con un vassoio, sul quale c'erano un bicchiere di succo d'arancia rossa e una brioche. Mi fissava con il sorriso sulle labbra.

«Buon compleanno, vecchia!»esclamò, dandomi il bicchiere di succo.

Sbuffai infastidita. «Parla lui.»

«E io che c'entro?»mi chiese, baciandomi la fronte.

«Fino a ieri sei stato con una minorenne.»ammiccai, bevendo il succo e mordicchiando la brioche. «Comunque, se avrò tutte le mattine la colazione a letto, mi fermerò qui più spesso.»

Tommy mi guardò male. «Non prenderti l'abitudine! È solo per oggi.»

Scoppiai a ridere, avvicinando il suo volto al mio e baciandolo. «Ma daiii! Brontolone.»

Mise il broncio ed io mi avvicinai a mordicchiargli il labbro sporgente. Lui rispose molto volentieri al bacio, tanto da togliermi il vassoio da sopra le gambe e stendersi sopra di me, senza però pesarmi addosso.

«Facciamo una cosa. Io ti porterò a fare colazione per tutte le mattine che ti rimarrai a dormire con me.»propose lui.

Lo guardai con un sorriso. «Ma stanotte non ti ho dato fastidio?»

«Tu?»fece lui. «Ma se mi hai scaldato come se fossi una stufetta?»

Scoppiai a ridere. «Davvero?»

Tommy annuì, baciandomi un'altra volta. Mi prese un labbro tra i denti e lo tirò verso di se. «Ora vestiti.»mi disse. «O farai tardi per la scuola.»

«Ma se tipo oggi me la balzo?»proposi, ridendo.

Tommy mi guardò fintamente scioccato. «Ma sentitela! Vuoi già saltare la scuola da neo diciottenne?»

Feci finta di pensarci su, portandomi un dito al mento e alzando gli occhi verso il soffito. »No dai.»scossi la testa. «Vado a scuola! È il mio giorno d'altronde: oggi tutti mi coccoleranno e io voglio godermelo.»

Ridacchiò. «Che sfruttatrice egocentrica.»

«Ma quando mai?!»esclamai, facendogli la linguaccia.

«Se se! Dai, sbrigati, ché ti accompagno a scuola oggi, visto che è il giorno del tuo compleanno.»

Saltai fuori dal letto, buttandomi addosso a Tommy e baciandolo dappertutto. «Grazie, grazie, grazieeee!»

Lui rise. «Ti aspetto su.»

Tommy uscì dalla sua stanza ed io iniziai a prepararmi, ricordandomi che Alex mi aveva portato le mie cose e un cambio di vestiti. Non mi restò che ringraziare e benedire mio fratello.

Beh, io e Alex litigavano molto, ma si sa come sono i litigi tra fratelli: tempestosi all'inizio per finire poi in un mare di miele.

Scesi al piano inferiore, portandomi dietro lo zaino e prendendo il giubbetto dall'appendipanni. »Sono pronta piiiccolooo!»lo canzonai.

Lui si spruzzò il profumo e uscì di casa. Non vi dico neanche che stavo sbavando alla vista del suo didietro, perché finirei col passare per pervertita o malata mentale. Gli tirai una sculacciata che lo fece irrigidire. Tommy si voltò verso di me, mentre io ridacchiavo come una scema, ma poi continuò a camminare fino al Range Rover, che la carrozzeria aveva risistemato.

Appena fui vicina all'auto, lui mi schiacciò la faccia e il petto contro la portiera, mentre si appoggiava col corpo alla mia schiena. Una sua mano andò a prendermi e stringermi un seno.

«Cos'è? Una perquisizione?»lo preso in giro. «Perché devo confessato che mi piace.»

«Stai zitta.»mi ordinò all'orecchio, mordicchiandomi il collo. Alzai leggermente la testa e chiusi gli occhi, beandomi di quel che stava accadendo. Salì con la lingua verso le mie labbra e mi baciò, insinuando la sua lingua tra i miei denti con prepotenza.

Non riuscivo a capire cosa stesse facendo, ma cavolo se mi piaceva!

Ad un tratto mi lasciò, allontanandosi da me di colpo e lasciandomi disorientata. Lo vidi, dal riflesso del finestrino, guardarmi senza fare nulla, senza venirmi incontro né toccarmi un'altra volta.

«La prossima volta che pensi di darmi una pacca delle tue sul sedere, pensaci due volte.»mi disse.

Mi voltai verso di lui e lo guardai male. «Ma non puoi lasciarmi... così!»

«Oh, si che posso. È una punizione.»

Miao il broncio. «Tommy!»mi lamentai, sbattendo i piedi a terra come una bambina.

«No.»mi zittì. «Sali in macchina.»disse, girando attorno alla macchina e prendendo posto alla guida.

Salii in macchina e lo guardai male per tutti il viaggio.

«Non fare il broncio, Alice.»disse a un certo punto.

Non gli risposi, guardando la strada. Tommy si diresse alla mia scuola, dove fuori dal cancello c'era uno striscione bianco, con scritto sopra: "Oggi fai i 18, tra poco ti patenti e poi ci scarrozzi in giro, bambola! Buon compleanno dalla 5^E".

Scoppiai a ridere: era uno striscione ridicolo, ma era fatto dalle mie compagne e il pensiero mi bastava.

Le abbracciai una per una, ma ovviamente loro erano troppo interessate a fissare di sottecchi Thomas, che era sceso dalla macchina, seguendomi nel cortile della scuola.

«Ragazze, grazie.»dissi loro. «Ma non vi farò mai da autista.»

Loro risero e io iniziai a staccare lo striscione dal cancello. La campanella suonò in quel momento e io, salutando Thomas con un luuuungo bacio, mi incamminai all'interno della scuola, fino ad arrivare malvolentieri alla mia classe. Le prime tre ore passarono in fretta, tutti i ragazzi e le ragazze di altre classi che conoscevo vennero a farmi gli auguri e all'intervallo una bidella, quella con cui parlavo spesso, venne a portarmi tre rose rosse.

«Alice! Tre ragazzi diversi mi hanno chiesto di portarti queste.»mi disse, porgendomi quei tre meravigliosi fiori. «Buon compleanno, comunque! Posso baciarti?»

Il suo accento meridionale mi faceva morire dal ridere, Agata era troppo simpatica! Così, sorridente, annuii e presi le rose. «E come no? Baciami pure, ma non tirarmi le orecchie eh!»

Lei rise e mi diede due baci, strizzandomi una guancia tra l'indice e il pollice. «Mo' sei maggiorenne! Sei responsabile, eh! Mi raccomando!-.

«Sì, Agatina!»dissi. «Sta tranquilla.»

«Io lo so che sei una ragazza con la testa sulle spalle, ma è degli altri che non mi fido.»continuò lei.

«Massi che non mi fanno niente! Col fratello che ho poi...»

Lei rise e, dopo avermi salutata, se ne andò.

Io entrai nella mia classe e lessi i bigliettini delle singole rose. Una era da parte di Alex, l'altra di Tommy e l'ultima di Christian. Spalancai gli occhi nel leggere l'ultimo nome: se Christian mi aveva mandato una rosa, voleva dire che stava meglio ora, no?

«Chi te le ha inviate?»mi chiese Anna, incuriosita.

«Tommy, mio fratello e un mio amico.»risposi, nervosa, posando le rose su un banco vuoto per non sciuparle, insieme ai regali delle mie amiche.

Chiamai Tommy per farmi venire a prendere, perché con tutta quella roba non sarei mai riuscita a salire sul bus e difatti, alla una, Tommy era fuori dalla mia scuola, con una borsa in mano.

Lo guardai con un'espressione spaesata. «Cos'è quella borsa?»

Era abbastanza grande come borsa, ma non sembrava una di quelle che usi normalmente, era tipo quella... Dalla borsa spuntò la testa di un cagnolino piccolissimo e io quasi rimasi senza fiato.

«Buon compleanno!«mi disse. «Di nuovo.»

Era un cucciolo di pitbull dal pelo grigio, con il musino bianco e gli occhi grigio acciaio. Era adorabile! Lo tirai subito fuori dalla borsa e iniziai a coccolarlo.

«No comunque ci sono anche io eh!»borbottò Thomas.

Io aprii la macchina e misi sul sedile il cagnolino e lo zaino, poi baciai Thomas, abbracciandolo. «Sei la cosa migliore che potesse capitarmi. Ti giuro!»

Lui mi strinse a sé e mi baciò sulla nuca. «E tu la più bella della mia vita.»

«Anche se non dimentico quello che hai fatto stamattina.»lo rimbrottai. «Come osi lasciarmi andare a scuola insoddisfatta!? Non sono riuscita a seguire nemmeno una lezione!»

«Meglio.»fece lui.

«Meglio una cippa!»esclamai. «Poi non capisco e prendo due!»

«Ma almeno hai pensato a me.»ammiccò lui, facendomi sogghignare.

Ci infilammo in macchina e presi il pitbull in braccio, accarezzandolo dolcemente.

«Come vuoi chiamarlo?»mi chiese Tommy, partendo.

«Darko?»proposi.

«Bel nome! Mi piace molto e gli si addice!»annuì.

«Aggiudicato!»sorrisi. «Sono stanchissima! Ora andrò a dormire, altrimenti stasera non reggo un minuto!»

«Addirittura?»

«Vuoi fare la nanna con noi?»chiesi a Thomas , con voce da bambina. Alzai Darko vicino al mio volto, come per fargli capire che, per "noi", intendevo me e il cagnolino, il quale iniziò a leccarmi dappertutto.

Io e Tommy iniziammo a ridere e lui mi prese una mano, guidando sicuro di sé solo con la sinistra. «Va bene, andiamo a dormire insieme.»

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Capitolo 14
*** Festa di compleanno(Parte 1) ***


Mi svegliai a pomeriggio inoltrato e mi alzai velocemente per farmi la doccia. Cercai di non svegliare né Tommy, che russava rumorosamente, né Darko, che mio malgrado iniziò a scondinzolare sulla gamba di Thomas e quindi fui costretta ad allontanarlo dal mio ragazzo per non farlo svegliare.

«Non va bene così eh.»sgridai a bassa voce Darko. «Se inizio a dartela vinta non la smetterai più.»

In risposta il cucciolo mi leccò la faccia, sbavandoci sopra. Ridacchiai piano e lo chiusi con me in bagno, mettendolo sul tappeto morbido, mentre riempivo la vasca di acqua calda. Quando stavo ormai per immergermi nell'acqua, qualcuno bussò alla porta. La socchiusi leggermente, trovandomi davanti Tommy.

«Pensavi di usare la mia vasca senza di me?»mi chiese Tommy, con gli occhi socchiusi, a testimoniare che si era appena svegliato e stava ancora dormendo in piedi.

«Ma se sei ancora nel mondo dei sogni?»lo presi in giro, andando a baciarlo dolcemente.

Per farmi capire che non era mezzo addormentato, mi afferrò per la vita e mi strinse forte. «Sono più sveglio di Darko, questo è sicuro.»

Guardai in direzione del cucciolo e risi, vedendolo addormentato sul tappeto del bagno. Risi piano e Thomas prese a baciarmi sul collo. Lo fermai. «Tommy, devo andare anche a casa a prendere i miei vestiti e i trucchi.»

«Per me puoi anche non vestirti e non truccarti.»mormorò lui, spingendomi nella vasca e girandosi verso il mobile del bagno per accendere la radio.

«Si, così poi ti incazzerai con tutti quelli che mi guardano.»lo presi un giro, mugolando di piacere per l'acqua calda a contatto con il mio corpo.

«Allora passeremo da casa tua!»borbottò lui.

Mi appoggiai al suo petto, lasciandomi coccolare dall'acqua e da lui, che prese a insaponarmi dolcemente, per poi mordermi la spalla. Gemetti, senza fermarlo e lui abbassò una mano dal mio braccio al mio seno, stringendolo tra le mani, mentre l'altra finiva sotto l'acqua, tra le mie gambe. Ansimai quando lo sentii stuzzicarmi lì e strinsi le cosce, per trattenergli la mano.

«Tommy...»ansimai, tirando indietro la testa e appoggiandola sulla sua spalla.

«Dimmi.»sussurrò al mio orecchio, baciandomi poi la linea della mandibola.

«Ti odio!»gemetti, afferrandogli stretto il braccio.

Lo sentii ridere. «Darko! Alice mi odia!»

Il cucciolo alzò la testa e abbaiò in sua direzione, alzandosi e venendoci incontro. Tommy allungo un braccio e lo bagnò con dell'acqua, facendo guaire il povero cucciolo.

«Povero!»lo difesi, pizzicando il mio ragazzo sulla gamba.

Lui si lamentò per il dolore e mi afferrò un polso, bloccandomi contro il suo corpo. Mi voltai a fatica contro di lui e lo spinsi via con i piedi.

«Stai ferma.»mi ordinò, afferrandomi la caviglia.

«Tu lasciami il piede.»replicai, sorridendo.

Lui lo fece ed io iniziai a passargli il piede lungo la sua gamba, risalendo per la vita e arrivando al suo petto. Il mio piede spuntò da sopra il filo dell'acqua e sfiorai io suo orecchie con l'alluce.

Tommy e mi tirò verso di lui, mettendomi a cavalcioni sulle sue gambe. Io mi inarcai all'indietro, immergendo la testa nell'acqua piena di sapone. Sentii la sua mano posarsi sul mio costato e fermarsi in mezzo ai miei seni. Tornai in superficie e mi strinsi a Tommy, mentre lui azionava il getto dell'acqua, per togliermi il sapone dal viso. Poi mi si avvicinò per baciarmi, non proprio castamente.

«Le tue labbra mi danno dipendenza, lo sai?»disse con voce roca. «Tu mi dai dipendenza.»

Lo guarda negli occhi, sorridendogli. «Tu sei dipendente da qualcos'altro, Thomas.»

«No, Alice.»mi fermò lui, scuotendo la testa «Prima era così. Ora sei diventata indispensabile veramente!»

Rimasi ferma, tra le sue braccia, immersi tutti e due nell'enorme vasca. A un certo punto lo carezzai e mi avvicinai di più a lui. «Tommy, lo sei anche tu per me! Anzi, benedetto il giorno in cui sei entrato nella stanza di mio fratello, questa estate!»

Lui si mise a ridere e in quell'istante la radio mandò in onda "Trouble" dei Coldplay e non potei resistere nel baciare il mio ragazzo con dolcezza e amore, canticchiando poi a bocca chiusa la canzone. Lo guardavo negli occhi e gli carezzavo la guancia.

«Mi piace il ritmo di questa canzone.»dissi, sovrappensiero.

Rise, togliendo poi il tappo allo scarico, per far scorrere l'acqua. Ci risciacquammo dal sapone, poi uscimmo dalla doccia per asciugarci. Mentre stavo per accendere il phon, lui me lo prese di mano e si mise ad asciugarmi i capelli. Mi rilassai al suono dell'elettrodomestico e alle sue mani tra i miei capelli. Mi stavo praticamente addormentando, quando Tommy spense il phon e lo rimise al suo posto.

«Dai! Mi ci stavo abituando!»dissi io, ridacchiando.

«Ma tu guarda che piccola sfruttatrice!»mi schernì lui, abbassandosi sulla mia testa e posandoci un bacio. «Sbrigati, se dobbiamo passare a casa tua.»

Andai in camera e mi vestii velocemente, mentre Tommy indossava già la camicia azzurra e i jeans per quella sera. Gli ammiccai, ridendo e gli andai incontro correndo, per saltargli in braccio. «Sono presa strabene, Tommy!»

«Vedo!»rise, tenendomi come se fossi una piuma. «Adesso però muoviamoci.»

Partimmo con la sua macchina verso casa mia, mettendo la radio ad alto volume. Mi misi a ballare " I'm in Albatraoz ", agitando le mani a ritmo di musica. A un certo punto mi venne in mente una cosa e abbassai il volume.

«Ma alla fine avete capito chi ti ha ridotto la macchina a quel modo?»gli chiesi, aggrottando la fronte.

Lui si voltò a guardarmi, poi riprese a fissare la strada. «Sono stati i romeni.»

Non disse altro, solo quello. Erano stati i romeni. Aveva stretto il volante e non mi aveva più guardato. Sembrava quasi che non ne volesse parlare e quindi eravamo tornati punto e a capo, a quando lui non mi raccontava nulla e dovevo estorcergli le parole di bocca. Mi voltai verso il finestrino, guardando fuori. Non era passata neanche una mezz'ora e subito la situazione era peggiorata, Tommy non mi voleva dire nulla sul gruppo e io non volevo insistere. Ma mi stavo letteralmente mordendo le mani dalla curiosità e dal nervoso per non sapere cosa Tommy combinasse con mio fratello e gli altri.

«Li stiamo osservando da parecchio tempo.»disse Tommy a un certo punto, facendomi sussultare. «Ma è difficile capire dove si incontrino.»

Gli posai la mano sulla gamba. «Riuscirete a trovarli, amore.»

Mi prese la mano e se la portò alle labbra, baciandomela. «Grazie per la fiducia.»

Gli sorrisi, stringendogli la mano a mia volta. Arrivammo a casa mia e salii in camera a cambiarmi. Verso le sette il telefono iniziò a squillare e Tommy rispose a tutte le telefonate dei miei amici, che chiedevano a che ora ci saremmo dovuti incontrare a casa di Teo, dove avevano organizzato il mio compleanno.

Io, nel frattempo, indossavo un vestito nero, lungo fino alle caviglie e che si allacciava davanti al mio ventre, con una grande spilla argentea. Sotto al vestito misi un paio di collant e un paio di scarpe nere, col tacco spesso. Passai poi al trucco, mettendo il fondotinta, il fard, l'ombretto marroncino e il mascara per allungare il più possibile le ciglia. I capelli li arricciai in morbidi boccoli, poi li spazzolai delicatamente, cercando di dare alla mia chioma un aspetto naturale.

Scesi al piano inferiore e Tommy rimase a fissarmi sbalordito. Sorrisi: gli piaceva come ero vestita! Un punto in più per me!

«Sei stupenda, lo sai?»mi disse, venendomi incontro. «Ma c'è un piccolo problema.»

Aggrottai la fronte e lo guardai confusa. «Cosa?»

«E' troppo scollato.»borbottò, baciandomi sulle labbra. «E la gente potrebbe non capire che deve lasciarti in pace, visto che sei mia.»

Risi. «Mi lasceranno sicuramente stare, se farai loro la stessa espressione che fai a me, quando mi avevi vista con Christian, al Mc, quest'estate.»

«Vuoi mangiare?»chiese lui, fingendo di non avermi sentita e prendendo le chiavi della macchina.

«Dove andiamo?»chiesi incuriosita.

«Pizzeria?»propose lui.

Annuii, prendendo il mio giubbotto e seguendolo fuori di casa e poi in macchina. Darko era rimasto con la mamma di Tommy a casa loro, quindi potevamo andare in un qualsiasi ristorante. Uscimmo da casa mia e subito ci inoltrammo nel traffico di Milano, mentre mi chiedevo dove mi avrebbe portata a mangiare. Fu in quel momento che il mio telefono prese a squillare, così lo presi dalla tasca del giubbotto e guardai il numero: sconosciuto.

Risposi. «Pronto?»

«Sei la ragazza di Thomas?»rispose qualcuno, con uno strano accento.

«Si, chi parla?»chiesi, girandomi verso Thomas e mettendo il vivavoce.

«Dì' al tuo ragazzo di smetterla di seguirci o noi non smetteremo di seguire te. Sei una brava ballerina, ti abbiamo vista, nella palestra di tua zia, ma non vorrei che succedesse qualcosa a quelle bella gambe che hai!»

Poi la chiamata si interruppe e io abbassai, con la mano tremante, il telefono sulle mie gambe, fissando un punto impreciso sulla strada.

«Porca puttana!»urlò Tommy, facendomi sobbalzare sul sedile. «Come cazzo fanno ad avere il tuo numero? Se scopro chi glielo ha dato lo uccido! Ma davvero!»

«Non roviniamoci la serata, Tommy.»mormorai. «Per favore, già mi ha spaventato lui!»

«Non ti toccheranno, Alli! Questa è una promessa. O giuro che se ne pentiranno amaramente.»

Lo vidi stringere il volante e premere con forza sull'acceleratore, sorpassando chiunque non andasse più veloce di lui. Quindi i romeni mi seguivano? Come avevano fatto però ad avere il mio numero? Chi era stato a darglielo? E ora che cazzo sarebbe successo? Tommy sicuramente non avrebbe smesso di punzecchiare l'altra banda, ma non voleva nemmeno che mi capitasse qualcosa. Vedevo, da come continuava a sbuffare e a stringere la mandibola, che era nervoso. E se era nervoso voleva dire che si trovava in difficoltà, in grande difficoltà.

«Tommy.»lo chiamai dolcemente. «Qualsiasi cosa che tu faccia, io sarò con te, lo sai.»

Anche se non mi piaceva ciò che faceva, io lo amavo così com'era, mi ero innamorata di lui per tutto quello che rappresentava. E non lo avrei lasciato solo per la minaccia di qualche pezzo di merda che non sapeva stare al suo posto.

«Alli... I romeni erano seri, quando ti hanno minacciata.»sospirò lui. «D'ora in avanti, ti prego, non uscire di casa senza che qualcuno ti accompagni. Giuramelo!»

«Te lo giuro, Tommy.»dissi seria, mentre lui mi stingeva il ginocchio sinistro e io andavo a posare la mia mano sulla sua.

«Se dovesse capitarti qualcosa mentre sei da sola... Non me lo perdonerai mai!»

Si fermò a un ristorante e mi disse di aspettare a scendere. «Alli... Tu sei sicura di poter sopportare tutto questo?»

«Thomas, tu sei così, è la tua vita. Se non sopportassi queste cose, non sopporterei nemmeno te.»dissi, baciandolo sulle labbra. «Io non ho paura.»

«Stai tremando come una foglia, invece.»mi fece notare lui, tirandomi indietro un boccolo, scivolato sulla mia faccia.

«Sto tremando per il freddo, stupido.»risi, mentendo.

Avevo una paura fottuta, ma non volevo farglielo vedere, perché sarebbe stato sicuramente peggio. Così mi strinsi nel giubbetto di pelle nero e mi avvicinai a lui.

«Per forza, indossi un giubbotto estivo!»borbottò lui.

Scoppiammo a ridere e poi scendemmo dalla macchina. Tommy mi voltò verso di lui e mi baciò, mentre indietreggiavo per entrare nel ristorante.

«AUGURIIIII!»sentii gridare dietro di me, così mi voltai spaventata e vidi tutti i miei parenti e i miei amici lì, con un sorriso sulle labbra, per festeggiare insieme a me.

C'era la zia Clara con Gerard, i nonni Giacomo e Francesca, la nonna Giulia e il nonno Antonio, la zia Laura e lo zio Salvatore, il fratello di mia madre e Luca e Sara, l'altra sorella di mio padre. I miei cuginetti Enrico, Giovanni, Nicola e Arianna, la quale stava in braccio a mio fratello Alex e poi tutti i nostri amici, Stefania, Luca, Stefano, Andrea, ... Tutti lì per festeggiare i miei diciotto anni.

Andai ad abbracciare i miei nonni e poi i miei zii. Samuele, il più piccolo dei miei cugini, si fece avanti e mi diede una letterina e un pacchettino, poi andò a nascondersi dietro zia Sara. Aprii il piccolo regalino e ci trovai una collanina con un pendente a forma di cuore e ringraziai i miei zii, baciandoli di nuovo. Dopo aver salutato tutti, ci sedemmo alla grande tavolata per mangiare tutti insieme.

«Sei felice?»mi chiese all'orecchio Thomas.

«Sei stato tu, vero?»dissi dopo aver annuito.

«Volevo che passassi il compleanno sia con la tua famiglia, sia con i nostri amici e me!»rispose, portandosi alla bocca un pezzo di pizza.

Gli presi il viso tra le mie mani e lo baciai sulle labbra, mentre i miei nonni ci lanciavano un'occhiataccia, da vere persone all'antica, ma poi non dissero nulla.

«Sei il migliore lo sai?»gli dissi.

«Certo che lo so.»scherzò lui.

«E sai anche che ti amo?»

«Si.»rispose lui, tornando serio. «So che la persona che amo, mi ricambia.»

«E sai che se mi smolli io ti uccido?»

Lo sentii ridere e fu la cosa più bella per me. Mi piaceva far sorridere le persone, ma nulla valeva quanto il suo sorriso. Nulla.

Forse stavamo correndo troppo, ma questa era l'età per osare, no? L'età in cui fare cazzate e poi pentirsene, l'età in cui si deve lottare contro il mondo di vecchiotti per esporre la propria idea, l'età in cui innamorarsi della persona giusta.

E io la persona giusta l'avevo trovata e non l'avrei più lasciata andare.

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Capitolo 15
*** Festa di compleanno (parte II) ***


Verso le dieci e mezza uscimmo dal ristorante. Salutai tutti i miei parenti, che mi avevano riempita di regali e buste con dentro soldi. Li ringraziai uno per uno, soprattutto i nonni, che vedevo molto raramente in quanto abitavano a Mantova quelli paterni e a Brescia quelli materni.

«Ora che farai la patente puoi venire a trovarci.»disse il nonno, guardandomi divertito.

«Quando Alex mi regalerà una macchina lo farò, nonno.»risi io, indicando mio fratello

«Io?»fece Alex. «Una macchina a te? Ma non ci penso proprio!»

Gli feci la linguaccia e qualche minuto dopo eravamo già in viaggio, diretti verso casa di Teo, dove avrei festeggiato i miei diciotto. Thomas guidava tranquillo e io lo fissavo, estasiata e completamente persa.

«Possibile che voglia saltarti addosso anche quando stai guidando?»gli chiesi, mettendo il broncio.

Lo vidi irrigidirsi e girarsi verso di me, mentre io reprimevo un sorrisino. «Non distrarmi, ché sto guidando!»

«Ma se non ho fatto niente?»feci la finta tonta io, ridacchiando.

«Se non ci fosse un bel po' di gente ad aspettarti e tuo fratello dietro che ci sta seguendo, accosterei la macchina e ti scoperei sul cofano.».

«Mh... Molto romantico.»feci io, con una smorfia.

«Hai iniziato tu per prima!»rise lui, svoltando a destra ed entrando nel garage sotterraneo della casa di Teo. «Non ti lamentare poi se non sono romantico!»

«Ma il bello è che non lo sei mai! Ahahaha!»esclamai, baciandolo sulla guancia e scendendo dalla macchina.

Tommy mise la sicura all'auto e mi posò un braccio sulle spalle, come in un gesto di possesso, e io alzai gli occhi al cielo, sbuffando divertita. Una volta dentro la casa di Teo, tutti gridarono "Auguri!" nella mia direzione e io risi ancora di più, arrossendo per tutta quell'attenzione.

Un ragazzo prese ad avvicinarsi, un po' più basso di Thomas, con i capelli biondi tirati indietro dal gel e rasati ai lati. Gli occhi nocciola e il caldo sorriso mi permisero di riconoscerlo subito. «Tonyyyyy!»

Gli andai incontro, abbracciandolo e lui mi strinse a sé. Tony era il mio ex ragazzo delle medie e una sorta di migliore amico (ovviamente prima che ci mettessimo). In prima superiore, però, lui mi aveva detto che i suoi avevano deciso di trasferirsi a Torino, perché suo padre aveva trovato un buon lavoro lì. La partenza di Tony, sommata alla morte dei miei genitori, mi fece prendere malissimo, così male che per un periodo non volli mangiare nulla e lì, proprio in quel periodo, era arrivato Tommy. Lui mi costringeva a mangiare un piatto di pasta o una pizza intera, senza mai desistere dal suo intento. Non mi lasciava alzare dal tavolo senza che prima avessi finito la metà del mio pranzo o della mia cena e, in quel momento, avevo capito che persona speciale era veramente. Ero segretamente innamorata di lui, tantoché ogni scusa era buona per stare nel salone e guardarlo giocare alla play con mio fratello e i loro amici.

E ora eccoci qui, fidanzati.

«Come stai, Alli?»mi chiese Tony, carezzandomi la guancia con il pollice.

«Benissimo.»risposi io. «E tu?»

«Molto bene, ora!»

«Dio! Non ti vedo da due anni, ma sei cambiato molto!»esclamai, prendendogli la mano e tirandola via dalla mia guancia con delicatezza, per fargli capire che lo facevo perché ora non mi interessata più.

«Anche tu sei cambiata: sei ancora più bella!».

«Ed è fidanzata!»si intromise Tommy, affiancandomi.

«Ho saputo.»annuì Tony, dando la mano a Tommy, che la strinse. «Sei fortunatissimo, amico.»

«Lo so.»

«Beh, vado a salutare gli altri!»dissi io. «Ci rivediamo tra poco.»

«No Alli.»mi fermò lui. «Io non posso fermarmi a lungo. Sono qui con mio padre, perché aveva una riunione, ma partiremo tra qualche ora.»

«Che peccato!»feci, mettendo il broncio. «Beh, ma da Torino a Milano non è molto! Qualche giorno ci rivedremo!»

«Abito a Monaco, ora.»scosse la testa lui. «Mi sono trasferito lì l'anno scorso.»

«Ah, cavolo! Vabbe, allora ci rivedremo un'altra volta, dai. Quando tornerai qui con tuo padre, fammi uno squillo. Il mio numero è quello di due anni fa.»

«Certo, dovrei averlo da qualche parte, in una rubrica.»

Io presi dalla borsetta un fazzoletto e la penna e ci scrissi sopra il mio numero. «Così sei sicuro di averlo.»

«Perfetto! Ora io vado. Ci rivediamo, Alli!».

«Ciao Tony!»lo baciai sulla guancia e lo guardai uscire da casa di Teo.

«Stai bene?»mi chiese Tommy, posandomi una mano sul fianco.

«Sta tranquillo! Ho passato quella fase, Thomas. Grazie a te!».

Thomas mi sorrise e mi baciò sulle labbra, poi insieme ci gettammo nella mischia, ballando come dei pazzi nel salone, insieme ai nostri amici e ad altri ragazzi che non conoscevo.

Quando la festa finì, alle cinque del mattino, Thomas e gli altri si erano addormentati o se ne andavano ancora in giro per casa ubriachi. Io andai alla porta per chiudere a chiave e poi mi stesi sul divano, dove Thomas russava come un matto. Prima di addormentarmi, sentii il telefono vibrare e vidi uno strano numero su Whatsapp. Non era italiano e subito intuii chi era.

"Sei diventata stupenda. Stanotte mi hai fatto innamorare di te un'altra volta, ma so che non posso confrontarmi con il ragazzo a cui hai sorriso così profondamente per tutta la serata. Ciao, Tony".

Rimasi scioccata, ma gli risposi comunque:"Grazie per i complimenti, Tony. Posso comunque offrirti la mia amicizia, se vuoi.. Buonanotte".

Non tardò a scrivermi:"Scherzi? La tua amicizia mi basterà per tutta la vita. Buonanotte, meine Lieben".

Mi avvicinai a Thomas, che si lamentò nel sonno, ma mi strinse comunque a sé, mormorando il mio nome e poi caddi tra le braccia di Morfeo, troppo stanca per la serata movimentata.

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Capitolo 16
*** Tu per me sei... (Avviso a fine capitolo) ***


La mattina mi svegliavo verso le undici, sullo stesso divano su cui mi ero addormentata sei ore prima. Thomas era finito col dormire per terra, al fianco del divano. Lo guardai dormire: aveva l'espressione serena sul volto, che mi faceva venire voglia di carezzarlo piano.

Lo feci. Lo sfiorai leggermente con la punta delle dita e lui si mosse, quasi come se avesse riconosciuta.

Sorrisi e mi alzai dal divano, per andare a lavarmi il viso in bagno. Uscendo in corridoio sentii dei rumori provenire dalla taverna, così mi ci recai, trovando Silvia e Stefania giocare alla play di Teo.

«Buongiorno, malate.»le salutai.

Loro si voltarono e mi sorrisero. «'Giorno.»mi risposero.

«Vuoi giocare?»mi chiese Silvia, portandomi uno dei joystick. «Io vado a preparare il caffè per tutti. So già che la sveglia per i ragazzi sarà difficile.»

«No, allora veniamo ad aiutarti.»le dissi, mentre Stefania spegneva la play e la tv e ci seguiva in cucina.

Mi misi a pulire la stanza da tutti i bicchieri e i piatti lasciati in giro, nel frattempo Silvia faceva il caffè e Stefania metteva sul tavolo dei bicchierini per il caffè.

«Silvia, fallo bello forte, quel caffè!»ridacchiai, mettendo tutti i rifiuti dentro un sacco nero.

«Ovvio.»rispose lei. «Altrimenti, tuo fratello, col cazzo che si riprende!»

Scoppiammo tutte e tre a ridere e tornammo a pulire la cucina. Dieci minuti dopo, alla seconda caffettiera, andai in salone per svegliare i ragazzi. Alcuni erano svegli, altri, come mio fratello, Gabriele e Luca.

«Buongiornoooo!»dissi, ad alta voce.

Mio fratello cadde per terra, dal divano su cui stava dormendo. Andai a baciare Tommy sulle labbra, che si stava stropicciando gli occhi.

«Alice, ma perché devi sempre urlare?»mi chiese Alex, con tono esasperato.

Sorrisi e andai ad abbracciarlo. «Indovina cosa ti ha preparato Silvia?»

«Ti prego, dimmi che è "caffè" la risposta.»

Annuii e li vidi correre tutti in cucina, ringraziando Silvia e strisciando le sedie sul pavimento.

Tommy, che era rimasto in salone, mi si avvicinò e mi si buttò addosso, spiattellando la faccia sul mio seno e mettendosi comodo.

«Ora stai meglio?»lo presi in giro io, guardandolo.

Lo vidi annuire e io scossi la testa rassegnata. Aveva ancora il jeans della sera precedente, ma la camicia era slacciata sul petto e puzzava oscenamente di alcol.

«Tommy, vai a farti una doccia!»mi lamentai. «Puzzi di alcol e sudore. In pratica fai schifo!»

Lui tirò indietro una mano e mi schiaffeggiò la coscia. «Neanche tu odori di acqua di rose, sai?«

«Si, ma non puzzo così tanto dai!»

«Forse...»mi diede ragione lui, continuando però a rimanere sdraiato su di me.

Sorrisi, alzando gli occhi al cielo e iniziai a carezzargli la testa, arpionando le mie gambe alle sue.

Ad un tratto un pensiero passò nella mia testa: tra qualche settimana Tommy avrebbe avuto il suo primo ritiro con il *** come attaccante e si sa, per giocare a calcio, c'era bisogno di concentrazione.

«Tommy?«lo chiamai. «Tra poco avrai il tuo primo ritiro! Come pensi potremo vederci?»

Lui alzò la testa dal mio petto e mi fissò negli occhi. «Non potremo, Alli! Anche perché siamo sorvegliati dall'allenatore e da altri tecnici!»

«Che palle!»sbuffai. «Mi lasci da sola per due mesi?!»

«Beh, tu almeno sai che non me ne andrò in giro con delle tipe! Io sto meditando di metterti alle calcagna Teo o Stefano.»

«Addirittura?! Quanta poca fiducia hai nei miei confronti?»

Lo scansai, facendogli capire che mi ero proprio incazzata e per poco non cadde a terra. «Dai Madonna! Stavo scherzando, permalosa!»

«Si ma lo sai che mi incazzo per niente, Tommy!«esclamai, incrociando le braccia al petto. «Mi dà sui nervi la gente che mi prende in giro e lo sai.»

«E tu mi fai incazzare quando te la prendi così.»disse lui, facendo spallucce. «È una cosa che mi fa alterare!»

«E allora non mi stuzzicare.»conclusi io, passandogli accanto.

Tommy mi afferrò una coscia e mi spinse in braccio a lui. Oh, sarà stata la rabbia, il fatto che ero cosciente che non l'avrei rivisto per un mese o che lui fosse bello da star male... fatto sta che lo baciai.

«Lo sai cosa sei per me, Alli?»mi chiese, tra un bacio e l'altro.

«La tua ragazza?-¿»ironizzai, cercando di passare per quella ancora incazzata.

Lui si morse il labbro, per trattenere un sorriso. «Tu sei la miglior sigaretta della mia vita, il mio cocktail preferito, la miglior qualità di droga che vendo.»

Non era il fatto che parlasse in un strano codice da spacciatori alcolizzati, perché l'unica cosa che gli si poteva rimproverare era il fatto che vendesse droga, ma non che la consumasse. Il suo difetto era quel giro maledetto, che lo aspirava al suo interno con così tanta forza, che un giorno gli avrebbe fatto male. Capivo cosa volle dirmi: lui a me ci teneva. E non poco. Lo vedevo che era in difficoltà dal modo in cui si passava la mano sui capelli, che ora erano disordinati sulla sua testa; vedevo che era in difficoltà perché non mi guardava negli occhi, ma teneva lo sguardo fisso sulle mie cosce.

Avvicinai la testa alla sua mandibola, mordicchiandogli piano la tenera carne della linea dura del suo viso. Pelle morbida e linea dura, un contrasto perfetto, almeno per me. «Mentre tu... tu sei la persona più essenziale, sei il mio tutto, sei... Mio Tommy e guai a chiunque ti porti via da me, perché non saprà mai in che guaio si è cacciata!»

Mi baciò con impeto, mordendomi il labbro fino a farmi gemere. Passò il suo braccio attorno alla mia vita, avvicinandomi a sé e tenendomi stretta. Io invece mi aggrappai al suo collo e mi strusciai sulle sue gambe. Ci staccammo per prendere ossigeno e lui mi sorrise, passandomi il pollice sul labbro.

«La mia scimmietta.»mormorò, facendomi sorridere.

Posai la testa sulla sua fronte e rimanemmo così, in silenzio.

Stava diventando quasi un bisogno fisico quello di toccarlo. Stavo di merda, ogni volta che lo sapevo lontano da me, mi dava fastidio che non potessi vederlo e non potessi sapere con chi era(in pratica ero gelosa), ma quando lo toccavo o gli sfioravo anche solo il braccio, ero mille volte più contenta di quanto non fossi sul palco di un teatro a ballare. Era l'essenziale, era tutto per me ed era mio. Facendo un paragone, Tommy era quell'insieme di punti che aveva sanato la mia ferita e sapevo che semmai se ne fosse andato, avrebbe lasciato un segno che mai, MAI sarebbe sparito. E io avevo paura che se ne andasse. Una fottuta paura del diavolo!

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Capitolo 17
*** E se dovessi... tradirti? ***


Nel pomeriggio, dopo esserci e cambiati tutti, ci recammo tutti al cinema a vedere "***" e Tommy si offrì di pagarmi il biglietto, giustificandosi del fatto che fosse un altro regalo di compleanno. Quando entrammo nella sala, Tommy mi prese per mano e mi tirò fino alla fila dei nostri posti, sedendosi al mio fianco e guardando tutti gli altri sedersi. Silvia si mise vicina a me e, di conseguenza, mio fratello Alex al suo fianco. Non vidi dove si misero gli altri, perché la luce si spense subito e sulle schermo iniziarono ad apparire le solite odiose pubblicità dei cinema. Verso la fine del primo tempo del film, vidi il display del telefono accendersi e lampeggiare, segno che mi stava arrivando una chiamata, sgattaiolai fuori dalla sala, sotto lo sguardo scocciato di Tommy e risposi.

«Pronto?»feci a bassa voce, per non disturbare.

Dall'altro capo sentii solo silenzio, poi l'interlocutore interruppe la chiamata e io fissai un po' sconvolta e sorpresa lo schermo del telefono. Chi diavolo era l'idiota che mi faceva gli squilli, aspettava che rispondessi e poi mi riattacava?

«Così sei tu Alice.»

Mi voltai verso la fonte di quella voce e vidi un ragazzo dai tipici tratti est europei avvicinarmisi. Una vocina nella testa mi urlò "È uno dei romeni!", ma le mie gambe erano praticamente bloccate e i miei piedi incollati al pavimento. Si avvicinò così tanto che potei sentire il suo respiro sulla mia spalla. Qualcosa di metallico si posò sulla mia gola.

«Prova ad urlare e ti squarcio la gola da parte a parte!»mi minacciò a bassa voce.

Iniziai a tremare, ma non lasciai una sola lacrima uscire dai miei occhi. «Che cosa vuoi?»

«Ho già trovato quello che voglio!»rispose lui, sorridendo malizioso. «Sai, quando ti ho chiamata, la prima volta, sentivo quando ti ho minacciata di farti qualcosa. Sapevamo che tua zia avesse una scuola di danza, ma non a capire chi eri. Eravamo indecisi su te o la bionda.»

Sgranai gli occhi: quindi avevano seguito anche Stefania! Oh, mio dio!

«Certo che Tommy ti ha scelto con cura, eh!»continuò lui, prendendomi una ciocca di capelli e annusando il profumo dello shampoo.

Sentii un conato di vomito risalire lungo il mio esofago e quello sguardo mi fece tremendamente schifo. «Allora cosa vuoi da me?»

«Da te nulla. Tu sei solo il mezzo per arrivare a Thomas!»spiegò lui. «Settimana scorsa ha quasi fatto fuori mio fratello e ora devo ripagarlo. Con la sua puttanella.»

«Tu torcile un capello e ti faccio fuori.»

Sospirai di sollievo, sentendo la voce di Thomas dietro le nostre spalle. Stavo quasi per cadere nelle grinfie di quell'idiota e pensavo che lui non sarebbe mai arrivato. Fortunatamente mi sbagliavo. Anzi, con lui c'erano anche Teo, Ste e Alex!

«Ecco qui il nostro eroe.»lo schernì il romeno. «È un peccato che tu sia arrivato così presto: Alice ed io stavamo iniziando a divertirci.»

Mi dimenai, cercando di divincolarmi dalla presa di quello stronzo, ma più mi muovevo e più il romeno mi si strusciava addosso, annusandomi i capelli. «L'ho detto anche a lei, prima: te la sei cercata bene questa troietta, Thomas! Perché non vuoi condividerla con me? Deve essere brava per essere addirittura impegnato con lei!»

Vidi Tommy tirare fuori qualcosa dalla tasca, qualcosa di nero che mi fece rizzare i capelli. Anche Alex e Teo lo imitarono, mentre Stefano incrociava le braccia al petto, ghignando verso lo stronzo, come fosse un cenno di sfida. «Ti ho detto che non devi toccarla.»

Il romeno mollò la presa e io mi voltai verso di lui, con una smorfia di schifo. Dopo quello sguardo, che avevo sostenuto con coraggio, mi voltai lentamente e mi dicessi verso Thomas, che mi mise un braccio sulle spalle e baciandomi la fronte.

Alex nel frattempo puntava il romeno con la sua pistola. «Sta' lontano da mia sorella, Ionut.»

Alcuni ragazzi arrivarono da un'altra saletta, per spalleggiare Ionut. «Voi avreste dovuto lasciare stare mio fratello, bastardo!»

Capii subito che la situazione si stava facendo calda, così strinsi il braccio di Thomas. «Ora andiamocene, Tommy.»

Thomas non mi ascoltò, rimase lì a fissare Ionut, finché quello, con il suo sorriso beffardo, disse qualcosa nella sua lingua e se ne andò insieme ai suoi amici. Finalmente mi lasciai andare a un sospiro di sollievo.

Tommy si voltò a guardarmi, studiando il mio viso. «Stai bene? Non ti ha fatto nulla, vero?»

Scossi la testa. «No, non mi ha fatto nulla. Maledizione non ho nemmeno visto il numero sul display del telefono. Porca troia!»

«Non fa' niente. Sta' tranquilla ora.»mi disse Tommy.

Sentii uno strano tremore alle gambe e un giramento di testa mi colpì talmente tanto, che scivolai a terra. Strizzai gli oocchi cercando di mettere a fuoco qualcosa.

«Alli!»esclamò Alex, venendoci vvicino «Alli, ma sei sicura di star bene?»

«Non... non lo so. Forse ho solo avuto un mandamento.»risposi.

«La porto a casa mia, Alex.»disse Tommy, stringendomi ancora di più. «Ci vediamo là.»

«Arriviamo subito.»disse Alex, seguendoci.

«No.»lo fermò Tommy. «No, guardatevi tranquillamente il film. Penseremo dopo a quello che si deve fare.»

Alex lo fissò, insicuro se seguirci o tornare dentro la saletta e chiamare tutti gli altri per tornare a casa, così fui io a parlare. «Ale, sta tranquillo! Sto bene ora, torna a guardare il film.»

Vidi mio fratello esitare di nuovo, ma alla fine annuì e, dopo averci salutato, entrò nella sala, seguito da Ste. Io mi strinsi al collo di Tommy, mentre una sola, silenziosa lacrima scendeva dall'occhio sulla mia guancia, per finire a bagnare la maglietta di Tommy.

«Cosa è successo?»chiese un ragazzo del bar.

«La mia ragazza ha avuto un mancamento.»rispose Thomas, continuando a camminare.

«Posso assicurarmi che la signorina stia bene?»continuò quello, seguendoci.

Tommy si fermò, sbuffando e si voltò verso il barista. Feci leva per scendere dalle braccia del mio ragazzo e lui mi aiutò a rimettermi in piedi, ma non riuscii a tenere l'equilibrio, aggrappandomi al braccio di Tommy.

«Vuoi che chiamo un'ambulanza?»si offrì il barista, preoccupato.

Scossi la testa sorridendogli, mentre il mio ragazzo mi riprendeva in braccio. «No, stia tranquillo. Sarà solo un po' di pressione bassa.»

«Va bene, scusatemi se vi ho fermati, ma non ero sicuro...»

«Sisi va bene.»lo interruppe Thomas «Ora dobbiamo proprio andare!»

L'uomo annuì e ci salutò, scusandosi un'altra volta. Uscimmo nel parcheggio e arrivammo subito macchina di Tommy. Per tutto il tragitto, dall'ingresso del cinema all'auto, il mio ragazzo continuò a guardarsi intorno, come se si stesse aspettando di vedere Ionut e la sua banda uscire da dietro qualche vettura, ma non successe nulla e mi ritrovai sul sedile davanti del passeggero. Quando anche Tommy entrò nell'auto, posai la testa sulle sue gambe, sospirando stancamente.

«È strano che tu sia così spossata.»mormorò lui, carezzandomi i capelli «Non è che vuoi che ti porti all'ospedale?»

«Ma va! Sarà perché ho dormito solo poche ore, stanotte!»risposi, tirandomi su a sedere. »Unito allo spavento che mi ha fatto prendere quel cretino, poi...»

«Mi spiace per quello che è successo oggi... Mi ero... CAZZO!»esclamò lui, picchiando sullo sterzo. «Mi ero ripromesso di proteggerti e invece per poco oggi... Non oso neanche immaginare cosa ti avrebbe fatto se non mi fossi preoccupato di venirti a cercare.»

«Non mi avrebbe fatto nulla.»lo rassicurai.

Mentivo spudoratamente: quel tizio mi aveva detto che l'avrebbe fatta pagare a Thomas attraverso me per quello che aveva fatto a suo fratello, ma non potevo certamente far preoccupare Tommy, non ora che si avvicinava il suo ritiro.

«Come cazzo faccio ora ad andarmene, se tu non sei al sicuro?»disse lui.

Ecco, iniziamo.

«Tommy, non c'è da preoccuparsi! Ci saranno gli altri con me e presterò la massima attenzione quando sarò sola.»gli dissi. «Anzi se ti fa sentire meglio, non uscirò di casa da sola.»

Lui sospirò. «Sono leggermente più sicuro, ora. So che non sei così stupida, da uscire da sola di casa, adesso che quei deficienti si sono esposti così tanto.»

Lui partì verso casa sua e mi tenne la mano per tutto il viaggio. Il mio telefonò squillò e questa volta feci molta più attenzione a guardare il numero della persona che mi stava chiamando. Era la zia Clara. «Pronto?»

«Ali, ciao amore. Come stai?»mi chiese.

«Bene, zia. E tu?»

«Bene, bene. Senti, un ragazzo ha chiamato a casa per chiedere se poteva parlare con te, ma gli ho detto che non c'eri.»

Subito mi prese il panico: che i romeni sapessero anche il numero di casa di zia Clara?

«Ti ha detto il nome?»le chiesi, vedendo Tommy aggrottare la fronte.

«Si, era un certo Tony.»rispose la zia.

Sospirai di sollievo. «Si, zia. Lo conosco. Che voleva?»

«Ha detto che voleva parlarti di persona per fare un book con i capi di vestiario disegnati da sua madre.»

Sgranai gli occhi. «Ma va?»

«Si. Ha lasciato il numero dell'ufficio e mi ha detto di dirti, quando saresti tornata a casa, di chiamarlo.»

«Lo chiamo stasera, allora. Grazie zia.»

«Prego, tata.»

Ci salutammo e riattaccai. Quindi la mamma di Tony si era reinventata stilista e aveva scelto me come modella per i suoi vestiti? Ma guarda un po'.

«Che è successo?»mi chiese Tommy.

Gli raccontai ttutto per filo e per segno.

«E non sei felice?»disse lui, con un sorriso.

«Ovvio!»esclamai, ridendo.

«La MIA modella.»mormorò lui, entrando nel garage di casa sua e baciandomi il dorso della mano.

Entrammo in casa sua e, come al solito, la trovammo vuota. Carmen e Antonio non erano in casa, come al solito: quei due erano in continuo movimento, andavano a cena ed eventi della Milano bene e spesso erano in viaggio.

Tommy mi portò in cucina e mi fece mangiare un po' di frutta, poi ci sedemmo sul divano del salone, guardando la tv.

«Vuoi venire a vedermi, sul set?»gli chiesi, durante la pubblicità.

«No, no.»rispose lui. «Morirò di noia, ne sono sicuro.»

Gli andai vicina e gli misi le braccia attorno al collo. «E se, un giorno, dovessi tradirti?»lo presi in giro. «Magari il fotografo è un gran figo...»

«Uccido te e lui.» disse serio, togliendomi il giubbotto e la maglietta.

Mi lasciò una scia di baci dalla bocca al collo, seguendo la linea della giugulare e arrivando al mio seno, scostando il mio reggiseno e prendendo tra i denti un capezzolo e passandoci poi la lingua. «Uccido lui subito, mentre ti lascio agonizzante a guardarmi che lo faccio a pezzi!»

«Ma che cattivone.»dissi, guardandolo con malizia.

«Cattivone?»fece lui, prendendomi in braccio e portandomi in camera sua, sul suo letto. «Adesso vediamo quanto sono cattivo.»

Passò la lingua sul mio ombelico, titillando il mio piercing e fissandomi negli occhi. «Guardami.»

Io lo feci, seguendo la strada che stava disegnando dall'ombelico fino alla mia intimità. Rovesciai indietro gli occhi, quando sentii la sua lingua sfiorarmi l'interno coscia e salire verso il fulcro della mia femminilità. Gemetti e abbassai le palpebre. Lui si tirò su. Mi girai a guardarlo indispettita.

«Ti ho detto che devi guardarmi.»disse lui, tornando poi tra le mie gambe, tenendo il contatto visivo.

Sentii lo stomaco contorcersi, poi le mie guance divennero un fuoco e non riuscii più a guardarlo negli occhi, tirando indietro la testa e animando più forte, fino a gemere a voce alta. Poi mi lasciai andare a un orgasmo senza precedenti, stringendo tra le cosce la sua testa. «Cazzo Tommy...»mormorai, tirandogli i capelli.

Lui alzò la testa, leccandosi le labbra. «Il tuo sapore è paradisiaco, Alli!»

Stavo per venire un'altra volta, ma mi ritrovai solo a gemere, completamente sciolta dalla sua lingua. Lingua in tutti i sensi: parole e muscolo. «Davvero?»

Lui si avvicinò alle mie labbra, baciandomi. «Come ti sembra?»

Arrossii. «Tu sei pazzo!»

«Lo so.»rise lui, infilandosi tra le mie gambe. «Ma questo pazzo ti piace.»

Annuii. «E molto anche.»

Lo sentii togliersi i pantaloni. Io mi sollevai, avvicinandomi a lui e sbottonando la sua camicia. Passai le unghie sul suo petto, fino ad arrivare alla sua erezione. Lui fermò le mie mani. «No.»mi disse, come se stesse parlando con una bambina che stava per fare qualcosa di proibito. Si allungò verso il suo comodino, prendendo un preservativo. Glielo strappai di mano la bustina e la aprii, mettendogli io stesso il preservativo.

Lui mi prese il volto tra le mani e mi spinse sul materasso, entrando dentro di me con una sola spinta.

Gli sorrisi, aggrappandomi con le unghie alle sue spalle e ansimando al ritmo delle sue spinte. «Mi ucciderai, prima o poi.»

Lo sentii ridere e poi gemere, mentre si lasciava avvolgere anche lui dalle spire dell'orgasmo.

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Capitolo 18
*** Non siamo uguali, ma ci completiamo. ***


Ero stesa sul letto, a fianco di Tommy. Avevamo entrambi il fiato corto e fissavamo il soffitto. Mi voltai verso di lui e Tommy fece lo stesso. Scoppiai a ridere, quando vidi il sudore sul suo viso.

«Ma al cinema non eri stata male?»mi chiese, sfinito.

«Ero!»esclamai, alzandomi per andare in bagno.

Quando uscii mi misi a raccogliere le mie cose da terra. Tommy mi venne incontro, fermandosi dietro di me e afferrandomi per i fianchi. «Qualche giorno dovremmo provare anche questo.»

Capii subito a cosa alludesse e risi, imbarazzata dalla sua richiesta. «Questo dovrai spiegarmelo, allora. Perché non ne so nulla.»

«Molto meglio, quindi.»mormorò, lasciandomi andare e vestendosi di fretta.

Passammo cinque minuti a baciarci e ad accarezzarci intimamente, dopodiché sentimmo suonare il campanello e Tommy andò ad aprire, mentre io andavo a sedermi sul divano.

«Dov'è?»

Era senza ombra di dubbio la voce di mio fratello, preoccupato come non mai. Lo vidi entrare nella stanza, con l'espressione tesa. Mi venne incontro, abbracciandomi e dandomi un bacio sul capo.

«Alex!»lo chiamai. «Non... non respiro!»

«Come stai?»mi chiese, tornando a fissarmi negli occhi e allontanandosi leggermente.

«Sto bene!»risposi. «Certo, all'inizio mi sono spaventata, ma sai bene che "can che abbaia, non morde".»

Alex scoppiò a ridere, seguito da Tommy, Teo e Silvia.

«Si, credo che tu stia davvero bene.»fa lui, sedendosi a fianco a me sul divano.

Darko arrivò n quel momento per saltellarmi attorno e io lo presi in braccio, facendolo sdraiare sulle mie cosce per coccolarlo un po'. Silvia venne a sedersi al mio fianco e mi abbracciò.

«È davvero troppo tenero, questo cagnolino!»disse, carezzando il muso di Darko.

«Si, è uno dei regali più belli che abbia mai avuto.»le rispondo, guardando Darko leccare la mano di mia cognata.

Alex mi prese la mano, stringendola nella sua. Sussultai: non l'aveva mai fatto, non me lo sarei aspettato, sinceramente.

«...Ci serve un modo per attirarli a noi!-stava dicendo Teo. «Dobbiamo far vedere loro che hanno sbagliato a toccare Alice.»

«Fate una festa.»proposi, annoiata dall'argomento. «Organizzate una festa e non fate sapere che siete stati voi. Sono sicura che verranno. Ora però andiamo a mangiare? Ho fame!»

Notai che tutti mi fissavano sorpresi e io li guardai come se fossero impazziti. «Che c'è?»chiesi.

«Ho scorto per un momento un barlume di intelligenza nel tuo cervellino, sorellina.»mi prese in giro Alex. «Che si è subito spento appena hai pensato al cibo.»

Scoppiarono tutti a ridere, mentre io gli lanciai uno dei cuscini del divano addosso, arrabbiata.

«Non fare la presa male, Alli!«si lamentò lui, ritirandomi il cuscino.

«Però è un'ottima idea, cazzo!»esclamò Teo, guardando Tommy per avere appoggio.

«Potrebbe funzionare.»annuì lui, guardandomi con un sorriso.

«Allora iniziamo a organizzarla.»disse Stefano, tirando fuori il suo IPhone.

«Facciamola al capannone della periferia.»annuì Tommy. «Dove abbiamo fatto la prima festa di quest'anno.»

«Ora andiamo a mangiare.»disse Teo. «Prima che Alice ci uccida tutti.»

Repressi un sorriso e lanciai un'occhiataccia a Teo.

«Andiamo al ristorante cinese?»propose Stefania.

«No.»li fermai. «Al cinese no.»

«Perché no?»domandò Stefano.

«Il pesce e le altre cose non le mangio.»mi lamentai. />
«Ma se andiamo in qualche steakhouse?»mi sorrise Tommy.

Ecco, vedete perché lo amo? Io adoro la carne e lui cosa propone agli altri? Uno steakhouse. Quel ragazzo lo avrei sposato. Un giorno o l'altro lo avrei sposato.

«Si, cazzo.»rispose Alex. «Ho un necessario bisogno di addentare una costina o due.»

Mi alzai dal divano e indossai le scarpe, mentre tutti gli altri iniziavano a scendere.

«A te piace la carne, giusto?»mi chiese Tommy, indossando il suo giubbetto.

«Me lo chiedi pure?»

Lui rise. «Allra mangeremo...»

«Hamburger.»

«Costine.»

Ci guardando e scoppiammo a ridere.

«Devo dire che siamo proprio uguali eh.»scherzo io, facendomi abbracciare.

«Ma ci completiamo, Alli. E giuro che ucciderò chiunque ti tocchi. Chiunque.»

Lo fissai negli occhi, posando la mia mano calda sulla sua guancia fredda. «Tommy... Non c'è bisogno di fare queste cose, lo sai.»

«Alice, lo sai che io sono te? Fuori sembriamo calmissimi, ma dentro mi si sta agitando tanta di quella rabbia, tanta quanto tu sei piena di tristezza.»fece lui.

Abbassai lo sguardo. Non gli si poteva nascondere nulla, non c'era niente da fare. IO non potevo nascondergli nulla. Forse era per questo che ho bisogno di lui, perché era l'unico a capirmi davvero, era l'unico che mi rimproverava quando ho bisogno di una strigliata ed era l'unico che sapeva quando avevo bisogno di essere coccolata. Con lui non avevo bisogno di parlare, perché sapeva già tutto.

Una sola lacrima scese dal mio occhio destro sulla guancia e lui mi baciò lo zigomo, prendendomi il volto tra le sue mani. «Non piangere, Alli. Lo sai che io ci sarò sempre per te.«

«No, io... non piango per questo. È solo che sono felice di sapere che mi capisci senza che ti dica nulla.»singhiozzai, tirando su col naso.

La situazione stava diventando troppo mielosa, così me ne uscii con un: «Ora andiamo a mangiare?»

Lo sentii ridere, mentre mi metteva il braccio sulle spalle. br /> «Alli, se provassero a copiarti, non ci riuscirebbero.»mi disse, aprendomi la porta e lasciandomi uscire.

«Meglio no?»risi, scendendo in garage, dove Tommy aveva messo la macchina.

«Meglio si.«

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Capitolo 19
*** Una notizia inaspettata e strana. ***


Finita la cena, tutti ordinammo un caffè, dopodiché ci salutammo, dirigendosi ognuno a casa propria. Io andai a casa con Tommy, decidendo di saltare la scuola il giorno successivo. Quando arrivammo a casa presi subito a coccolare Darko, mentre lui andò a farsi una doccia.

«Vuoi venire con me?»mi chiese, ammiccando verso la mia direzione.

«No.»gli risposi, ridendo.

«Non fare la cattiva bambina.»mormorò, venendomi incontro. «Vieni con me, dai.»

Mi diressi verso di lui, prendendolo per mano e spingendolo in bagno. Lo feci sedere sulla parete della vasca e mi occupai di riempire quest'ultima con dell'acqua calda e invitante.

«Entra.»gli dissi.

«Cosa?»fece lui, guardandomi stranito.

«Forza, entra.»

Lui sbuffò, ma iniziò a spogliarsi e si immerse nell'acqua, mentre io prendevo la spugna morbida e la imbevetti d'acqua e sapone. Passai la spugna sulle sue spalle e sulle sue braccia e Tommy mi guardava con attenzione.

«Perché lo stai facendo?»mi domandò.

«Perché anch'io voglio prendermi cura di te.»risposi, baciandogli la fronte.

Alzò il braccio e me lo posò sul viso. «Grazie.»

Gli feci un sorriso, poi mi rimisi in piedi. «Sciacquati e vieni giù, ci mettiamo a guardare un bel film insieme, ti va?»

«Ma non dovevi prenderti cura di me? E ora mi devo sciacquare da solo?»

«Mi sono occupata di te, ma non ti devo accudire come una se fossi una tata.»ridacchiai.

Tommy scosse la testa ed io uscii dal bagno, andando in camera sua e mettendo una sua camicia. Corsi da basso, in cucina, per prendere del cioccolato. Lo spezzettai in tanti piccoli quadratini e andai a sdraiarmi sul divano del salone, aspettando Thomas.

Quando lui arrivò, seguito da uno scodinzolante Darko, si fermò a fissarmi basito. Io ammiccai verso la sua direzione e presi un quadratino di cioccolato, posandomelo appena sulle labbra e tenendolo con i denti. Gli andai incontro e mi sollevai in punta di piedi, per arrivare alla sua bocca.

Dopo un attimo di smarrimento, Tommy si abbassò sulle mie labbra e staccò con un morso il cioccolato che sporgeva dalla mia bocca. Sorrisi in sua direzione e gli misi una mano sul retro del collo, attirandolo verso di me.

In quel momento suono il campanello ed esclamai scocciata. Andai verso la porta e...

Mi trovai davanti Lorenzo, il cugino di Tommy!

Lui mi squadrò dalla testa ai piedi, deglutendo rumorosamente. «Ciao Alli. Dov'è Tommy?»

«Ciao Lorenzo!»lo salutò Thomas, venendo alla porta e spostandomi dalla porta. «Va' a coprirti per favore, Alli.»

Feci un sorriso a Lorenzo e corsi in camera di Thomas, per prendere un paio di pantaloncini ed indossarlo.

«Mio padre ha deciso di accontentarti e ti da il suo benestare per aprire un locale, qui a Milano.»esclamò Lorenzo, dal salone. «Ha detto che manderà qui Franco, ma ti da carta bianca su tutto: quali serate fare, chi invitare, che musica, ... Tutto deciso da te.»

«Perché proprio ora?»chiese Tommy.

Salii in salone e li guardai da un angolo della stanza.

Tommy lo fissò a lungo, lasciandomi in ansia: cosa c'era da fare quel silenzio terribile, se suo zio aveva deciso di accontentarlo? Almeno non avrebbe dovuto tralasciare né lo studio né il calcio!

«Mio padre sa che vuoi intraprendere la carriera calcistica e non vuole che il tuo nome sia associato ai nostri "affari". Così ha pensato di intestare il locale a uno dei tuoi e dovrai decidere tu a chi.»

Sgranai gli occhi: il locale non sarebbe stato intestato allo zio di Thomas, ma a uno dei nostri amici? «Cosa c'entra il mio nome?»chiese il mio ragazzo.

«Molto calciatori sono tenuti d'occhio, soprattutto dai giornalisti e mio padre non vuole che, per colpa di qualche foto fatta a te, si venga a scoprire tutto su di noi.»spiegò Lorenzo.

Darko si avvicinò ai piedi di Tommy e vi si accucciò sopra, così mi abbassai per allontanarlo, per non infastidire la loro conversazione. Mi sedetti sulla poltrona con il cucciolo, che si acciambellò sulle mie gambe, leccandomi la mano.

«Ti dirò domani il nome dopo che avrò deciso con tutti loro.»disse in quel momento Tommy. «Ovviamente anche Alex non potrà partecipare al locale.»

«Come mai?»

«Scusate se mi intrometto... anche mio fratello è stato chiamato in una squadra abbastanza conosciuta.»dissi, acquistando l'attenzione di Lorenzo.

Lorenzo annuì. «Capisco. Sarebbe stato un ottimo collaboratore. Allora torno qui domani, buonanotte.»

Il ragazzo si voltò verso di me e mi sorrise, andando poi verso la porta e uscendo.

Misi Darko, che dormiva beatamente, sulla poltrona e mi avvicinai a Tommy, passandogli le mani intorno alla vita, ma lui mi scansò bruscamente e scese le scale, chiudendosi in camera sua. Io rimasi sconcertata dalla sua azione. Mi diressi verso la sua stanza e trovai la porta chiusa. Bussai, ma nessuno mi rispose.

«Tommy!»lo chiamai. «Tommy, ti prego, apri!»

Non lo fece, così, senza pensarci troppo, chiamai Stefania, per farmi venire a prendere.

Se c'era una cosa che odiavo, erano questi scatti che aveva con me, che non c'entravo nulla! Ero andata lì per abbracciarlo e lui mi aveva scansata in quel modo e poi mi chiudeva fuori dalla sua stanza. Ma che diavolo gli prendeva, ora?!

Dieci minuti dopo Stefania mi fece uno squillo, per comunicarmi che era arrivata, così afferrai la mia borsa e Darko e uscii di casa, sbattendo la porta. Aprii il cancelletto e mi diressi verso la macchina della mia amica, salendo al posto del passeggero.

«Alli, ma che è successo?»mi chiese Stefania, partendo.

«Semplice, Tommy mi ha rotto con i suoi sbalzi d'umore! La gente lo fa incazzare e se la prende con me, per ogni cosa.»esclamai, alterata. «Non ne posso più, basta.»

«Come basta, Alli? Ma siete impazziti tutti e due? Cosa ti ha fatto?»

«Sono andata lì per abbracciarlo e lui mi ha scansata e se ne è andato in camera sua, chiudendo la porta. Ti sembra normale?»

Il mio telefono iniziò a squillare e  appena lessi chi era mi saltò il cuore in gola.

«Cosa vuoi?»risposi, aggressiva.

«Dove cazzo sei andata?»mi urlò Tommy. «Ma che cazzo ti è preso?-.

«Cosa è preso a me?»esclamai, mettendo il vivavoce, cosicché anche Stefania potesse sentirlo. «Ma quando le cose le fai, te le ricordi poi?»

«Cosa mi devo ricordare?»fece lui. «Che ti ho scacciata mentre mi abbracciavi o che non ti ho aperto la porta? Cristo, Alli ero incazzato! È ovvio che mi sono girato male!»

«Ma cosa c'entravo io?»

«Ma quanto cazzo sei difficile, mh? Credi che per me sia tutto più semplice? Devo starti dietro, star dietro al calcio, alla scuola e a mio zio.»

Stefania si voltò per guardarmi, con uno sguardo pietoso. Allora avevo capito bene il significato di quella frase!

«Ah quindi sono un peso per te? Perfetto Tommy, ci si vede in giro!»

Detto questo, chiusi la chiamata e spensi il telefono, buttandolo da qualche parte nella borsa, mentre Darko mordicchiava per gioco l'altra mia mano. C'era un silenzio imbarazzante nella macchina, mentre Stefania guidava e io guardavo fuori dal finestrino.

«Alli...»

Mi voltai verso la mia amica con un sorriso. «Scusa Ste, ma sono stanca e non ho voglia di parlarne ora.»

«Vuoi che rimanga con te a casa tua?»si propose lei.

«Ma va, no no! Torna pura a casa, ti ho già scocciata abbastanza, stasera.»

«Comunque lo sai che, per qualsiasi cosa, puoi chiamarmi.»

Si fermò davanti casa mia e rimase lì davanti fin quando non entrai nel cortile. Se i miei calcoli erano giusti, Alex e Silvia non si trovavano in casa, perciò potevo stare da sola e tranquilla per conto mio.

Solo quando mi trovai in casa da sola, mi resi conto di quello che era successo: avevo davvero rotto con Tommy? No, avevamo solo avuto una discussione, giusto? Che però non era affatto banale, visto e considerato che mi aveva fatta sentire un peso per lui.

Mi sedetti su una sedia in cucina e appoggia la testa sul tavolo, sospirando. Fino a qualche ora prima avevamo riso, scherzato e stavamo quasi per fare l'amore! Ora, invece, ognuno si trovava a casa sua. Non riuscivo a spiegarmi cosa diamine era successo, davvero non riuscivo!

Come non riuscivo a spiegarmi il motivo per cui si era incazzato prima. Insomma, suo zio gli aveva dato il consenso per aprire il locale che Tommy aveva sempre sognato e in più si era occupato di non far comparire il nome del nipote.

Quale diavolo era il motivo dell'infarinatura, allora?!

Mi accorsi poi di avere ancora i vestiti di Tommy addosso, la sua camicia e i suoi pantaloncini. Ne annusai l'odore, che subito mi riportò indietro a quando, per la prima volta, facemmo l'amore, nel mio letto. Così mi alzai in piedi e andai in camera mia, buttandomi addosso le coperte e rimanendo in silenzio.

Sperai con tutta me stessa che quella sera Tommy mi richiamasse. Attesi e attesi, ma quella chiamata non arrivò mai.

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Capitolo 20
*** Dubbi ***


Passai un'intera settimana senza di lui. Tommy ovviamente non mi aveva chiamata e io iniziavo a temere in una rottura definitiva. Il sabato mattina si quella settimana mi risvegliai a pezzi: avevo passato la notte a piangere e gli occhi mi bruciavano terribilmente. Indossai gli occhiali da vista e uscii dalla mia camera, per andare in bagno e riempire la vasca con dell'acqua calda.

Accesi il 3G di internet e subito la suoneria della notifica dei messaggi attirò la mia attenzione. Afferrai prontamente il telefono e aprii Whatsapp, trovando un'ottantina di messaggi da persone diverse, oltre a delle notifiche di Ask (non avevo ancora chiuso il mio profilo su quel sito? BAH!). Quando però vidi i messaggi, ovvero le foto (anzi LA foto, perché era una, la stessa in tutte le diverse conversazioni), fui scossa da un brivido: c'era Thomas su quella foto, che stava baciando la sua ex, Sara. Ma che dico baciando! Stavano limonando come dei forsennati! Anche sul profilo di Ask era lo stesso: c'erano offese su offese, oltre al fatto che ero una "cornuta".

Nel frattempo la porta d'entrata era stata aperta con un tonfo, quasi come se l'avessero butata giù a forza, mentre qualcuno mi stava chiamando. Mi avvicinai alla porta e la chiusi a chiave. Non volevo vedere nessuno in quel momento. Non volevo parlare con nessuno. Volevo stare da sola, volevo provare a mettere insieme tutto il casino che si era creato nella mia testa.

«Alli!»

Era mio fratello, stava salendo di corsa le scale, mentre Darko iniziava ad abbaiare, spaventato e innervosito da quell'entrata stile "Walker Texas Ranger".

«L'avrà già vista oramai, Alex!» Riconobbi subito la voce di Gabriele. «Io l'avevo detto che non doveva andare a quella festa.»

«Ma stai un po' zitto?»disse Teo, aldilà della porta. «Alli, ti prego, apri 'sta porta! Se non hai ancora acceso il telefono, ma ne dubito, visto che, conoscendoti come le mie tasche, l'avrai lasciato acceso, sperando nella telefonata di Tommy, dovresti uscire dal bagno perché dobbiamo spiegarti una cosa.»

Provarono nuovamente ad aprire la porta, ma sapevano meglio di me che ci sarebbe riusciti solo buttandola giù.

«Per quale cazzo di motivo l'ha fatto poi?»urlò Stefania. «È solo un cretino!»

«Lo sai anche tu com'è quando si ubriaca.»le disse Teo, con tono calmo e pacato.

Era ubriaco. ERA UBRIACO! Cos'era quella? Una scusa? Una schifosissima scusa? Beh, non me la bevevo, non mi interessava.

Guardai di nuovo la foto sul telefono e sentii una rabbia cieca salirmi dalla mano fino alla testa e lanciai violentemente il telefono contro lo specchio, rompendolo. Dall'altra parte della porta mio fratello imprecò, mentre Darko prese ad abbaiare più rumorosamente. Nel frattempo immersi un piede nell'acqua, trovandola straordinariamente calda e invitante, così finii per immergermi tutta. Aprii gli occhi, ma non vidi nulla se non i miei capelli che galleggiavano sopra di me, mentre la mia testa iniziava a diventare pesante. Lì sotto si stava bene, nessun rumore che ti infastidisse, nulla di nulla. Solo la calma e la tranquillità.

Dopo pochi secondi il mio corpo iniziò a reclamare aria, ma l'unica cosa che facevano i miei polmoni era rilasciare lentamente un po' di ossigeno alla volta, per prolungare la mia permanenza sotto l'acqua. Lì si stava bene. L'avevo già detto a me stessa?

Un piccolo angolino della mia testa mi stava urlando di tornare in superficie, perché lì non si stava affatto bene, che se continuavo a ripetermelo era solo per auticonvincermi, ma io non volevo dare ascolto a nessuno in quel momento, perché lì SI STAVA BENE.

Davanti ai miei occhi si presentarono i mille e più ricordi di me insieme a Tommy: il nostro primo bacio, la prima volta che avevamo fatto l'amore, quando si era presentato davanti alla mia scuola con Darko, i suoi sorrisi, i suoi mille sguardi, ...

TUTTA UNA GRANDE BUGIA.

Io ero stata solo un passatempo, un passatempo sostituito nel giro di una notte con una puttana,. In quel momento mi sentii da schifo. Le immagini di me e Tommy insieme si stavano ricoprenso di puntini neri, mentre con un tonfo sordo capii che qualcuno aveva veramente buttato giù la porta e mi aveva afferrata per i capelli, tirandomi fuori dall'acqua.

Immediatamente avvertii il freddo attenagliarmi le ossa e la pelle, ma sembrava come se non riuscissi a muovermi, non riuscivo a mettermi in posizione fetale. Uno di quei figli di puttana mi prese a schiaffi, facendomi riaprire gli occhi. Gli tossii in faccia, sputandogli addosso l'acqua che avevo ingerito mentre mi avevano tirata su.

«Che cazzo fai, cretino?»urlai dietro a mio fratello, tremando.

«Credo stia avendo un calo termico, Alex.»sentii dire a Gabriele. «Ma io dico: che cazzo credevi di fare Alice?»

«Stavo facendo un bagno, cretini!»

«È pallida come un cencio, Cristo santo!»esclamò Teo. «Ed è altrettanto fredda!»

«Stefania, prendimi la sua coperta!»ordinò Alex. «Sbrigati!»

Stefania corse in camera mia e prese la trapunta dal mio letto, tornando poi in bagno e avvolgendomi dentro. Mi portarono vicino al camino, mentre Alex chiamava il nostro medico di famiglia.

«Cosa chiami a fare il dottor Ferri!»lo ripresi. «Avrà altro da fare che venire a visitare una che stava facendo il bagno.»

«Sei svenuta mentre stavi facendo un bagno, Alice.»mi spiegò Silvia. «Non te ne sei nemmeno resa conto.»

Aggrottai la fronte. «Ma va!»

«È così, Alli.»mi interruppe lei. «Sei svenuta nella vasca.»

Rimasi in silenzio quella volta, cercando di ricordarmi qualcosa del bagno, ma non mi veniva in mente nulla di un mio svenimento! Dieci minuti dopo arrivò il nostro medico, il quale mi controllò per filo e per segno e mi chiese se mi sentissi male in quel momento.

«Sto benissimo.»gli risposi e lui mi mise al braccio il misuratore per la pressione.

Quel cavolo di coso mi dette un fastidio incredibile: stringeva tremendamente, mentre si gonfiava. Dopo aver fatto un bip, lo strumento sparò dei numeri sullo schermo e il medico annuì tra sé, scribacchiando qualcosa su un foglietto.

«La pressione è bassa, Alice!»mi fece notare il medico, spegnendo l'apparecchio.

«E quindi?»

«Hai mangiato ieri sera?»mi chiese, guardandomi da sopra gli occhiali.

«Certo, dell'insalata e un po' di carne.»

In quel momento bussarono alla porta e, quando Alex andò ad aprire, rimasi a bocca aperta.

«Non è questo il momento migliore, Tommy!»gli disse mio fratello. «Vattene.»

«Devo vederla.»mormorò lui, guardandomi negli occhi.

«Per me, te ne puoi anche andare.»gli dissi, distogliendo lo sguardo.

«Alli... Avevo bevuto.!»

«So non affari tuoi, non mi interessa. Te ne devi andare.»

«Perché sei bagnata e c'è qui il tuo medico?»mi chiese.

Non gli detti risposta, fissando il fuoco che scoppiettava nel camino; lui contrasse la mascella, stringendo i pugni. Alex gli fece segno di uscire con lui, mentre Gabriele si sedette sulla poltrona al fianco del mio divano.

«Chi era?»mi chiese il dottore.

«Il mio ex.»

«Mh!»fece l'uomo. «Comunque, hai qualche altro malessere, per caso?»

«Beh, mi girava la testa nella vasca e basta.»risposi io. «Ma per il resto nient'altro.»

«Bene, allora, come medico, ti ordino di mangiare un po' di più. Successivamente vedremo come va, va bene?»mi disse.

«Ma gliel'ho detto: ho mangiato, ieri sera.»esclamai, spazientita. «Non faccio la dieta da non so nemmeno quanto tempo.»

«Se non è il mangiare è lo stress, Alice. Devi prenderti un po' di tempo per te stessa! E per lui.»

L'ultima frase la disse mormorando, ma anche Stefano la sentì e infatti si schiarì la voce, alzandosi e uscendo di casa.

«Cosa vuol dire, scusi?»gli chiesi con un filo di voce.

«Che avete bisogno di tempo per riflettere! Quando si è ubriachi si fanno le peggiori scemenze, Alice... Mio fratello si è schiantato contro un palo della luce ed ha perso la vita, ma credimi se ti dico che lui ha fatto qualcosa di meno peggio di mio fratello.»

Lo vidi raccogliere i suoi strumenti da lavoro e infilarli nella sua borsa di pelle marrone. Scrisse qualcosa su un foglietto, lo strappò, lo piegò in quattro e me lo diede. «Arrivederci, cara.»mi disse e se ne andò.

Rimasi a fissare la porta per non so nemmeno quanto di quel tempo, quindi mi alzai e andai nella mia camera, seguita a ruota da Darko. Mi avvolsi i capelli in un asciugamano e indossai una tuta calda e confortevole.

Quando tornai da basso, Alex e Gabriele erano seduti in sala, ma di Tommy non c'era neanche l'ombra.

Chiamatemi stupida, ma a me già mancava. Mi era bastato vedere i suoi occhi spenti, il suo viso tirato e già mi mancava. Volevo abbracciarlo, sentirlo mio, baciarlo. Anche se mi aveva detto che ero un peso, anche de aveva baciato un'altra, lui continuava a mancarmi. E una vocina nella mia testa mi diceva: "Ti manca perché lo ami, stupida. È ovvio, no?".

Presi dal tavolo il foglietto del medico e lo aprii. Rimasi basita quando ci trovai scritta solo due parole, undici lettere che mi sconvolsero: PENSACI BENE.

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Capitolo 21
*** Ritorno inaspettato. ***


Passai il pomeriggio sul divano, leggendo "Il codice da Vinci", di Dan Brown. Quando si ha avuto una giornata di merda, l'unico modo per non pensarci era quello di buttarti su una lettura coinvolgente, che non ti lasciasse il tempo per niente e nessuno.

Alex era uscito, Silvia e Stefano erano andati con Teo a comprare qualcosa per la cena e io ero a casa da sola, ma in compagnia di Darko, che STRANAMENTE stava dormendo al mio fianco sul divano.

Gli carezzai la testolina e le orecchie. «Dopo facciamo una passeggiata eh! Altrimenti diventerai una palla.»

Lui aprì gli occhi e mi leccò la mano, tornando poi subito a dormire. Ogni cosa che facesse quel cagnolino, mi trovavo sempre a sorridere.

Ero arrivata alla parte in cui i protagonisti stavano per scoprire un importante indizio per la soluzione del caso, quando il telefono prese a squillare.

Lo afferrai e accettai la chiamata. «Pronto?»

«Alli!»mi rispose qualcuno. «Sono Tony.»

Per un attimo rimasi basita, staccai il telefono dall'orecchio e guardai il display, vedendo che effettivamente c'era scritto il nome del ragazzo. Mi ero veramente dimenticata di telefonarlo! «Tony? Sei davvero tu?»

Lo sentii ridere. «Eh si! Ascoltami devo passare subito al sodo perché ho poco tempo, poi ci sentiremo meglio stasera... Mia madre dovrebbe presentare la sua linea di moda a Roma, il mese prossimo e vorrebbe fare anche un book con altri suoi capi, ti andrebbe di farle da modella?»

Spalancai gli occhi, sorpresa. «Ma sei sicuro di volere me?»

«Certo! Ho fatto vedere a mia madre una tua foto e le sei piaciuta dalla prima volta che ti ha vista.»

«Certo, per me non c'è problema, ma dobbiamo capire meglio come organizzarci, Tony.»dissi io.

«Per la casa non c'è problema, verrai a stare da noi. Ma se ti serve anche un passaggio, dimmelo!»

«Chiedo a mio fratello, Tony. Magari mi porterà lui.»

«Ok, comunque stasera ci sentiamo meglio, dai. A più tardi!»

«A dopo, Tony, ciao!»

Riagganciai con la mano tremante. Era stato carino Tony a pensare a me per il book di sua madre, ma quello che mi entusiasmava di più era l'idea di Roma, la Città Eterna! Non c'ero stata nemmeno una volta e avevo sempre voluto visitarla. Era un sogno che avevo fin da bambina e forse tra due mesi si sarebbe avverato. Capii subito che non sarei stata nella pelle a sapere che avrei visitato Roma, dovevo subito dirlo a T...

Fermai il mio flusso di pensieri, aggrottando la fronte. Avevo pensato a lui e subito mi ero fermata: sapevo che non l'avrei dimenticato facilmente, ma non era possibile che alla prima novità mi venisse da chiamarlo!

Chiusi di scatto il libro, sbuffando e poi lo riaprii. In quel momento la porta si aprì, anzi si spalancò e Darko per lo spavento prese ad abbaiare. Se iniziavamo così a quel povero cucciolo sarebbe preso un infarto!

Mi voltai verso la porta e rimasi esterrefatta da chi trovai sulla soglia.

«Cosa ci fai ancora qui?»gli chiesi, tornando con l'attenzione al libro.

«Riprendo la persona che è mia!»rispose lui. «Alli, lascia che ti spieghi cosa è successo l'altra sera.»

«Tommy.»lo interruppi, chiudendo di scatto il libro. «Io sono stanca.»

Lui mi guardava senza comprendere quello che gli avevo detto pochi istanti prima, quindi mi alzai in piedi e mi avvicinai a lui: la chimica dei nostri corpi non era per niente sparita!

«Di cosa sei stanca?»mi domandò lui, cauto.

«In questi giorni ho aspettato una tua telefonata, non di scuse, perché so che ho colpa anche io di essere sparita e non aver chiesto dei chiarimenti, ma almeno una tua chiamata per chiedermi con chi ero, se ero a casa. Non hai chiesto nulla di queste cose, mi hai solo detto che per te sono un peso!»

«Ma non è vero questo!»mi interruppe lui.

«Beh, non l'hai detto proprio esplicitamente, ma io ho capito che per te ero un peso.»

«Come al solito hai interpretato male, Alli!»mi disse lui. «Io mi ricordo bene di averti detto che non riesco a gestire tutto in una volta. Non riesco ad andare ai ritiri di calcio e a non pensare a te, non riesco a concentrarmi sulla scuola, perché penso a te.»

Lo guardai intensamente, aspettando che continuasse a parlare.

«Ascolta, visto che vuoi una spiegazione: il motivo per cui mi sono chiuso in camera, domenica sera, è perché volevo mollare il giro e lasciare tutto a Ste, ma mio zio mi ha fottuto con la storia del locale e so che, alla fine, uno dei ragazzi ci andrà di mezzo, se dovessero scoprire a cosa serve quel locale, perché sono assolutamente sicuro che qualcuno scoprirà qualcosa!»

«Volevi... mollare?»mormorai, inghiottendo il groppo e abbassando la testa.

«Si, per te. Ma ora non ho idea di come fare: mio zio mi ha incastrato fino al momento in cui il locale aprirà, lo sai?»

In un attimo tutto mi fu chiaro: ero stata io a essere contraria fin dall'inizio per quella storia, fin da quel giorno in cui Tommy e gli altri erano usciti di casa e avevano massacrato di botte Christian e i suoi scagnozzi. Aveva detto a suo zio di voler lasciare tutto, l'aveva fatto per me e io non mi ero accorta di nulla, per come ero presa dalla scuola, dalla patente e da altre mille cose.

«Mi sento uno schifo!»dissi, portando la mano alla fronte.

«Non devi.»

«E quel bacio con Sara, invece ? Lo sai quante foto di quel bacio e quanti insulti ho ricevuto?»

«Insulti?!»chiese stranito, aggrottando la fronte.

«Lascia stare!»sospirai. «Ma la foto... per me è stato troppo, Tommy.»

«Alli, ti giuro che quella stronza mi ha offerto da bere non so neanche quanti giri di vodka!»

«Perché hai bevuto?»

«Non volevo pensare a niente, volevo dimenticare tutto e basta!»mi spiegò lui.

«Dimenticare?»

«Dimenticare la persona che mi sta rovinando la vita.»disse lui, facendomi irrigidire.

Stava parlando di me? Io gli stavo rovinando la vita?

«Mio zio non mi lascerà mai in pace, Alice. Sta rovinando tutto quello che ho di più bello: le mie amicizie, il nostro rapporto, ... tutto perché sa che, quando me ne andrò, perderà una grossa fetta di guadagni.»

Tirai un inopportuno sospiro di sollievo: ero felice che io non c'entrassi nulla con il dispiacere di Tommy; ma sapere che un suo familiare, suo zio, fosse la fonte di tanto male... Non avevo parole!

«Stamattina sono venuto qui appena ho visto la foto sul mio telefono, sperando che tu mi lasciassi spiegare. Ma poi ti ho trovata con il medico e mi è preso il panico!»continuò lui.

«Il panico? Perché?»gli domandai, confusa.

Lo vidi avvicinarsi a me, fino a prendermi il volto tra le sue mani. «Non sopporto vederti stare male, Alli. Come te lo devo dire?»

«Tommy...»

«Ammettilo: lo sapevamo fin dall'inizio che non sarebbe stato facile tra noi due, ma abbiamo lottato fino ad ora per stare insieme, quindi perché vuoi buttare all'aria questi sei mesi?»

«Io non voglio buttarli all'aria, se mi lasci parlare ti direi che non è un problema, per me, buttarmi alle spalle il tuo bacio con Sara, perché è stato solo un bacio vero?»

«Si.»disse una terza voce.

«Simo!»lo salutai, mentre lui entrava dalla porta, lasciata aperta da Tommy.

«Ciao, Alli!»mi sorrise lui. «Sono venuto solo per dargli man forte!»

«Perché? Ne ha bisogno?»gli chiesi, guardando Tommy.

«No, ma era solo per dirti che è vero che era ubriaco e che ha quasi messo le mani addosso a Sara, quando si è accorto che era lei.»

«Cosa?!»esclamai, ridendo.

«Diciamo che Simo mi ha buttato un bicchiere d'acqua addosso e mi sono ripreso dalla botta dell'alcol!»mi spiegò Tommy, sedendosi sul divano. «Quando ho capito cosa lei voleva fare era troppo tardi e una sua amica aveva già scattato quella foto.»

«Mi stai dicendo che aveva architettato tutto?»dissi, sconvolta. «Quella dovrebbe fare l'attrice in qualche soap opera americana!»

Tommy e Simone scoppiarono a ridere, mentre io mi sedevo accanto a Tommy.

-«Beh, vi è piaciuta la mia entrata ad effetto?»scherzò Simo.

«Era da Oscar.»ridacchiai.

»Comunque, il mio compito è finito.»disse, facendo un inchino. «Ora me ne torno in macchina, signori. Tommy, ti aspetto fuori.»

Si avvicinò per baciarmi sulla guancia, poi se ne andò.

Mi sentii subito in imbarazzo, da sola con lui a casa, non sapevo perché. Era come se mi sentissi in colpa per non averlo creduto e per aver dato retta agli altri e non a lui.

«Ho sbagliato tutto, vero?»gli chiesi a un certo punto.

Lui mi guardò confuso. «Cosa hai sbagliato?»

«Tutto. Con te ho sbagliato tutto, Tommy.»mormorai, coprendomi il viso tra le mani.

«Alli, non hai sbagliato niente!»mi disse, inginocchiandosi davanti a me e prendendomi le mani tra le sue. «Io e te non abbiamo sbagliato nulla. Chi si è intromesso fra noi ha sbagliato, non tu. Non io.»

«Avrei potuto...»singhiozzai, smettendo di parlare.

«Parlare con me?»ipotizzò lui. «Sai, capisco quello che hai fatto, davvero!»

«Come fai?»gli chiesi. «Come fai a capire?»

«Perché anche io me ne sarei andato, se tu mi avessi sbattuto la porta in faccia, dopo avermi rifiutato. Anche io mi sarei incazzato se ti avessi vista baciare un altro!»

Rimango in silenzio, mordicchiandomi il labbro. Poi lui si alzò dal divano e andò alla porta. «Stavo pensando di andare a casa di mio fratello, da mio nipote.»

Si voltò verso di me, abbassando la maniglia. «Ti aspetto in macchina!»

Detto questo uscì e chiuse la porta, lasciandomi da sola a fissare il camino di casa mia.

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Capitolo 22
*** Il futuro. ***


Salii nella mia camera, pensando e ripensando a quello che avrei dovuto fare o meno e non riuscii a capire perché, ma mi vestii in tutta fretta, indossando un jeans e una camicetta bianca, insieme agli stivaletti neri, poi afferrai la borsa e uscii di casa, portandomi dietro anche Darko. Provai a chiamare Alex con il telefono per avvisarlo che stavo uscendo con Tommy, ma non mi rispose, così infilai il cellulare nella borsa e andai al cancello, trovando Simone e Tommy appoggiati al muretto di casa.

Stavano parlando, ma non riuscivo a capire di cosa, così mi avvicinai, provando a fare più silenzio possibile, anche se con la neve era praticamente difficile e se poi si aggiungeva anche Darko che avrebbe potuto abbaiare da un momento all'altro...

«Sei sicuro che verrà?»stava chiedendo Simo a Tommy.

L'altro sospirò, abbassando la testa. «Lo spero, Simo. Perché non ho la minima intenzione di lasciarla andare!»

Simone ridacchiò. «Ti fa onore, amico. Ma cosa è successo al Thomas che conoscevo?»

«È cambiato grazie a lei, Simo!»fece Tommy. «Prima, se qualcuno mi avesse detto che mi sarei innamorato di una ragazza, gli avrei riso in faccia fino a piangere. Ora quella prospettiva non mi sembra più tanto surreale!»

«Quindi è per lei che hai litigato con tuo zio qualche giorno fa?»

Spalancai gli occhi, sussultando dalla sorpresa. Tommy aveva litigato con suo zio per me? Era stato il litigio con quel maledetto a far innervosire a quel modo il mio ragazzo per poi far litigare me e lui?

«Mio zio vuole addirittura che io la lasci.»continuò Tommy, calciando un sassolino inesistente. «Come se per me fosse facile anche solo pensare di lasciarla.»

«E come puoi fare?»chiese Simo.

«Eh... Non la mollo, quello è sicuro!»disse Tommy. «Mio zio potrà incazzarsi quanto vuole, mandare mio cugino qui o propormi di realizzare il mio progetto solo per tenermi buono, ma non posso rischiare di perderla!»

«Deve essere davvero una brava ragazza eh.»

«Lo è.»annuì Tommy.

Decisi che avevo sentito abbastanza da Thomas per pigiare il pulsante per aprire la chiusura del cancelletto e raggiungerli all'esterno del giardino. Simo si schiarì la voce, sorridendomi e prendendo posto alla guida, facendomi così notare che erano venuti con la sua macchina e non con quella di Tommy. Appena Simone entrò nella vettura, mi fiondai addosso a Thomas, incollando le mie labbra alle sue, in un bacio appassionato, malinconico e pieno di altri sentimenti. All'inizio lo sentii rigido e sorpreso da quella mia azione, ma subito lui rispose al bacio, stringendomi la vita tra le sue braccia. Una lacrima calda scese sulla mia guancia, mentre gli carezzavo la guancia con il dorso della mano.

«Quando mi ripeti che sono una stupida, forse hai ragione sai?»singhiozzai, con la vista offuscata dalle lacrime. «Anzi... non forse. Hai ragione e basta.»

«Cosa è successo ora?»

Sorrisi mestamente. «Nulla. Mi sono accorta di quanto abbia veramente sbagliato con te, quindi se vuoi che ti lasci del tempo per pensare, lo accetto.»

«Ma quale tempo?»fece lui, spalancando gli occhi. «Non c'è bisogno di tempo per niente. Tu sei mia e io sono tuo, punto.»

«Sei sicuro di non avercela con me?«gli chiesi.

«Ma per cosa dovrei avercela con te?»

Sembrava esasperato, ma io non potevo credere che lui non se la fosse presa per il mio comportamento; d'altronde lo avevo veramente trascurato in quei mesi, avevo pensato a me, a noi, ma non a lui. Mi ero preoccupata che sarebbe stato lontano per un mese per i suoi allenamenti, che i pomeriggi in cui potevamo vederci sarebbero scarseggiati perché doveva studiare, quando avrei potuto lasciarlo stare, senza dargli troppe preoccupazioni.

Ero stata davvero un peso per lui, anche se Tommy non lo voleva ammettere!

«Senti, Alli. Io non potrei mai essere incazzato con te, per nessun motivo!»mi disse, prendendomi il volto tra le mani. «Perché ti amo! Io non posso tenerti il broncio, perché appena ti vedo sento il cuore che rimbomba per tutta la mia cassa toracica, appena ti vedo ho voglia di baciarti e stringerti a me per farti capire e far capire agli altri che tu sei solo mia.» Mi diede un bacio sulle labbra, un bacio dolce e pieno di malinconia. «Appena ti vedo ho voglia di fare l'amore con te. L'amore, Alli! Capisci? Con tutte le altre scopavo e basta, ma con te tutto è diverso!»

Io ero rimasta ad ascoltarlo in silenzio, rapita da quelle parole e dal suo sorriso, così caldo e affettuoso, da lasciarmi senza fiato.

«Quindi no, non ce l'ho con te e non potrei nemmeno se volessi!»continuò lui. «Ora sta tranquilla.»

«Voglio chiederti una cosa, però.»gli dissi, vedendolo sorridere e alzare gli occhi al cielo. «Volevo chiederti se potevi stringermi tra le tue braccia, per favore!»

Lui mi fissò per un secondo. «Non c'è bisogno di chiedermelo.» mi disse, poi mi abbracciò, facendomi affondare il viso nel suo petto, accogliente e confortante come sempre. In quel momento mi sentii bene con me stessa, niente più sensi di colpa ne tristezza o malinconia. Mi chiesi se fosse quello il sollievo che provava chiunque chiarisse una sgradevole situazione, come quella di Tommy e mia.

«Quindi vieni da mio fratello?»mi chiede lui, carezzandomi i capelli.

Annuii, senza dire nulla. Così Tommy mi fece sedere sul sedile del passeggero, al fianco di Simone, mentre lui si metteva ai posti dietro, in mezzo ai sedili anteriori, con Darko. Mi voltai verso di loro, guardandoli giocare insieme e non so per quale motivo, davvero non so per quale, mi immaginai Tommy giocare con Darko e nostro figlio.

Nostro figlio?! Si beh, ovvio che sarebbe stato nostro, ma non seppi spiegarmi perché pensai a un figlio tutto nostro! Mi toccai la fronte, ma non scottavo, quindi non ero impazzita per la febbre alta. Un figlio... Ma come si fa a pensare a un figlio se tre ore prima ero in dubbio se tornare single o meno!?

«Se vuoi puoi accendere la radio, Alli!»mi disse Simo. «Almeno so che ti cercheresti canali con della musica! Tommy non fa altro che parlare al telefono con l'allenatore o persone simili.»

Scoppiai a ridere, guardando Tommy, il quale se ne stava altamente fregando di quello che l'amico aveva detto, dando la sua attenzione solo a Darko, che nel frattempo si era messo a mordicchiare la mano al mio ragazzo.

«Lo prendiamo anche un coniglietto, Tommy?»gli chiesi, mettendo il broncio come una bimba e guardandanolo con gli occhi tristi.

Mi rivolse uno sguardo fintamente spaventato e preoccupato, che fece scoppiare a ridere me e poi Simone. «Odio i conigli.»

«Lo so, stupido! Lo dicevo per prenderti in giro.»

Arrivammo a casa del fratello di Tommy e subito fummo accolti dalla spumeggiante Monica, che ci venne ad aprire la porta con un ampio sorriso.

«Tommy!»esclamò lei, baciando sulla guancia me e il mio ragazzo, mentre Samuele ci veniva incontro gattonando contento di rivedere suo zio, che non perse tempo a prenderlo in braccio; nel frattempo io e Simone prendemmo posto sul divano.

Continuavo a guardare Tommy e più lo guardavo con suo nipote, più il mio cervello andava fantasticando su altre cose. Subito Tommy uscì sulla terrazza per fumare una sigaretta e lo seguii. Nello stesso momento si alzò dal divano anche Simone, ma gli chiesi con lo sguardo di aspettare un attimo e lui mi sorrise, facendomi segno di andare fuori da Tommy.

»Grazie!»mormorai a Simo, scoccandogli un bacio in lontananza e fiondandomi sulla porta finestra, per poi uscire in terrazza. «Tommy...»

Lui si voltò verso di me, sorridendomi. «Scusa, ma con tutto il nervosismo che avevo addosso non sono riuscito a evitare.»

Detto questo alzò la mano, sollevando in aria la sigaretta e facendomi sorridere. Mi avvicinai a lui, sfiorandogli il mento con la punta del naso e aspirando il suo forte profumo di sigaretta e "Invictus". Che combinazione eccitante non era quella?

«Dici che ci prenderanno per matti?»gli chiesi, ridacchiando.

«Perché?»

«Perché sembrava che ci stessimo lasciando, mentre ora sembriamo due sposini felici.»

«Forse... Ma a loro non deve importare nulla!»mi disse. «E poi cosa c'entrano gli sposini felici?»

«Una battuta.»feci, alzando le spalle e riabbassandole.

«Vorresti sposarmi?»ammiccò lui, sorridendo.

Risi. «Era un modo di dire, anche se prima... Oddio è imbarazzante quello che sto per dirti...»

«Cioè?»

«Prima, mentre giocavo con Darko e dopo con tuo nipote, mi sei venuto in mente tu, che giocavi con nostro figlio.»

Lo sentii irrigidirsi e guardarmi sconcertato. «Alli... Non pensare che io sia cattivo.»mi disse lui, posando le sue dite sulle mie labbra. «Ma non credo sia il momento giusto, anche perché siamo giovani, tu soprattutto.»

«Non ho detto che lo voglio, Tommy!»ridacchiai. «Mi è solo venuto in mente il pensiero...»

«Perché in fondo lo vorresti, non negarlo.»

«Si, certo! Ma più avanti!»dissi, arrossendo come un peperone.

«Con me, giusto?»disse lui, baciandomi sul collo.

Rabbrividii. «Dipende.»

«Come dipende?»fece lui, mentre insinuava la mano nei miei jeans, stuzzicandomi.

«Se trovo qualcuno di più carino, tipo uno come Tom Felton!»ansimai, mentre il suo indice disegnava dei piccoli cerchi suo mio Monte di Venere.

«Non te lo lascerò fare, lo sai vero?»sussurrò lui, spostando anche i miei slip e nel frattempo mi mordicchiava il labbro.

Fui costretta a baciarlo, per evitare di urlare come una psicopatica, quando il suo dito si immerse dentro di me. Mi aggrappai alle sue spalle, mentre cercavo di rendergli più facile le cose. Ma proprio quando stavo per essere travolta da un incredibile orgasmo, lui ritirò la mano e mi sorrise, entrando in casa.

Ma che bastardo!

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Capitolo 23
*** "Sono bella perché tu mi fai sentire così". ***


Rientrai in casa e vidi che Tommy non c'era. Aggrottai la fronte in direzione di Simo, come a chiedergli dove fosse.

«È andato in bagno.»mi disse, mentre Samuele gattonava verso di me e si aggrappava alle mie gambe.

«Credo voglia essere preso in braccio.»sorrise Monica, in mia direzione.

La guardai spaesata, poi presi Samuele, mettendo delicatamente le mani sotto le sue ascelle, per poi alzarlo da terra. Avevo già preso dei bimbi in braccio, ma con Samuele sembrava tutto diverso: mi sentivo osservata e avevo una tremenda paura di sbagliare qualcosa o di fargli male, quindi mi sedetti con lui sul suo tappetino, togliendomi le scarpe per poi mettermi a giocare con lui.

Quando Tommy tornò dal bagno, sorrise al nipote e a me, mentre prendeva la tazzina di caffè e iniziava a sorseggiarne il contenuto. Mentre Samuele iniziava a porgermi dei giocattoli, che io prendevo, facendo una faccia meravigliata per compiacere il bimbo. Tommy e Monica iniziarono a parlare, insieme a Simone.

«Lo zio ha fatto venire qui Lorenzo.»buttò lì Tommy.

Monica per poco non si strozzò con il caffè, quindi capii che anche lei sapeva cosa facesse il cognato! Dovevo proprio ammettere che questa cosa era "di famiglia" eh?

«Cosa è venuto a fare?»gli chiese Monica, poggiando sul tavolo la sua tazzina.

«Vuole aprire il locale.»rispose lui. «Quello che gli avevo proposto di fare.»

«Ma non aveva detto che non voleva farlo?»esclamò sorpresa la ragazza.

«Lo fa perché sa che non posso più continuare a stargli dietro!»le spiegò. «Quando inizierò a giocare non penso starò qui, a Milano. Quindi vuole assicurarsi che non perderà il suo profitto.»

«Gli hai detto che lasciavi?»domandò Monica, spalancando gli occhi. «Per quale motivo?»

«Perché mi ha detto, anzi mi ha imposto di lasciare Alice, perché secondo lui, la mia ragazza mi distrae e fa cadere i suoi profitti.»disse Tommy, stringendo i pugni. «Come se fosse colpa di Alice, certo.»

«Per la prima volta che non c'entro nulla davvero...»borbottai, facendo ridere Monica.

«Tuo zio non ha la benché minima idea di quello che sta accadendo qui, vero?»

«Sa tutto, ma ora Christian e i suoi sono con noi.»

«Da quando?»

«Da quando i romeni hanno preso Michael.»

«E la storia con Lucia?»fece Monica, meravigliata.

«Qualcuno mi ha dato da pensare: Lucia non ha denunciato Christian, nonostante tutti avessero tentato di portarla in caserma. Perciò non saprei...»

«E che mi dici di suo fratello?»

«Marco ed io abbiamo appianato le divergenze.»

Monica lo guardò meravigliata. Samuele iniziò a fare degli strilletti divertiti e mi lanciò un peluche di un tigrotto. Darko ci raggiunse e, con cautela, si mise ad annusare il bambino, per poi leccarlo sul visetto paffuto. Samuele strizzò gli occhi, cercando di allontanare Darko e io mi misi a ridere, prendendo il cucciolo e allontanandolo dal bimbo, che poi tese le braccine a suo zio.

Mi voltai verso Tommy, sorridendogli e lui prese Samuele in braccio, poi il mio telefono si mise a squillare.

«Tommy, me lo passi-?»gli chiesi, indicando il cellulare sul tavolo della sala.

Lui lo prese e guardò il display, aggrottando le sopracciglia per poi passarmi il telefono. Guardai chi mi stesse telefonando e capii cosa avesse colpito Tommy.

«Tony!»risposi, sorridendo.

«Alice!»esclamò lui. «Ascolta, ho parlato con mia mamma e mi ha detto che passerò io a prenderti il mese prossimo, il sette, e starai con noi a casa per tutto il weekend.»

«Ok, apposto allora.»dissi. «Senti, per il book invece che intenzione ha tua madre?»

«Lei pensava di venire a Milano e farlo in uno studio lì settimana prossima.»

«Settimana prossima?»ripetei, facendomi i calcoli su quello che c'era da fare nella settimana seguente. Guardai Tommy, che scosse la testa, come a dire che non aveva niente nemmeno lui. «Per me va bene.»

«Ok, allora ci vediamo venerdì.»disse Tony. «Ora vado, süsse.»

«Perché mi parli in tedesco, ché poi non capisco niente?»risi. «Comunque va bene, ci vediamo venerdì! Ciao, Tony!»

Lo sentii ridere e agganciammo. Quando passai il telefono a Tommy per rimetterlo sul tavolo, lui mi guardò con un sorriso, mentre Samuele cercava di afferrare il cellulare. Monica era sparita e Simo stava parlando al telefono, quindi mi misi in ginocchio di fronte a lui e posai le mani sulle sue cosce.

«Perché sorridi?»gli chiesi, carezzandogli la coscia sinistra.

«Perché sono contento per te.»rispose.

Mi fece l'occhiolino e non potei non baciarlo sulle labbra, al che Samuele urlò infastidito e capii che lo stavamo quasi schiacciando tra di noi. Scoppiai a ridere e baciai la testolina del bambino, per poi tornare a coccolare Darko. Li guardai per una buona mezz'ora giocare, zio e nipote, poi Samuele si addormentò tra le sue braccia e Tommy lo portò nella sua cameretta, molto probabilmente per metterlo nella culla.

«Nathan sta lavorando, Monni?»le chiesi, quando lei tornò in sala.

«Si, ha iniziato due ore fa.»mi disse lei, prendendo il telecomando per accendere la tv. «Tuo fratello invece?»

«Erano usciti a prendere qualcosa da mangiare, mi pare... Dovrebbero essere tornati a casa ormai.»

«Allora torniamo a casa tua!»disse Tommy poggiandosi, allo stipite della porta. «Magari stanno già cucinando...»

Annuii, alzandomi in piedi, imitata da Simo, il quale stava ancora parlando al telefono. Indossai il cappotto e presi Darko. «Ciao Monni. Ci vediamo.»

«Ciao, tesoro!»mi salutò lei, con un sorriso.

«Ciao, Monica!»la salutò Tommy. «Magari domani mattina passo.»

«Quando vuoi.»gli disse lei. «Lo sai che qui è sempre aperto.»

Uscimmo di casa e Tommy si mise alla guida della macchina. Mise in moto e si inserì nel traffico cittadino, guidando fino a casa mia. Quando entrai dal giardinetto della villetta, vidi Alex e Silvia giocare a palle di neve e una arrivò direttamente alla sottoscritta.

«Meno male che stavano preparando eh?»mormorai a Tommy, che stava ridendo come un matto a vedermi così arrabbiata, seguito a ruota da Simone.

«Finalmente!»esclamò Alex. «Credevamo di dovervi aspettare ancora per molto!»

Io feci una smorfia e mi diressi subito dentro casa, per mettere Darko al caldo, poi uscii di nuovo.

«Allora?»mi chiese Alex, avvicinandosi a me. «Com'è andata?»

«Quindi tu sapevi?»esclamai, sbalordita.

Lui annuì. «Gli ho detto io che ti avrebbe trovata a casa da sola, così potevate parlare e chiarirvi.»

«Ah! Quindi avete cospirato contro di me!»esclamai, con tono ironico. «Me ne ricorderò.»

Lui ridacchiò, abbracciandomi. «Non potevo vedervi in quel modo, né tu né lui! Stavate come due merde.»

Ricambiai l'abbraccio e gli sussurrai un "Grazie!" all'orecchio. Tommy si avvicinò a mio fratello e si strinsero entrambi la mano, con un sorriso, poi presi Tommy per mano e lo portai nella mia stanza.

«Che bello!»esclamai, dopo essermi buttata sul letto con lui, mentre Tommy mi stringeva a sé.

«Cosa è bello?»mi domandò, baciandomi la fronte.

«Stare così con te.»gli spiegai. «I tuoi abbracci sono la seconda cosa che preferisco di te.»

«E la prima qual'è?»mi chiese, sorridente.

«I tuoi baci e fare l'amore con te.»risposi, baciandolo e insinuando le mani sotto la sua maglietta, per disegnare dei piccoli cerchi sul suo petto e sui suoi addominali, fino a scendere al bottone dei suoi jeans. «Sai una cosa però?»

«Cosa?»ansimò lui, quando sfiorai "involontariamente" il suo inguine da sopra i pantaloni.

«Non mi è piaciuto il modo in cui mi hai lasciato sulla terrazza di tua cognata.»mormorai al suo orecchio, sbottonandogli i jeans e passandogli delicatamente le unghie sul pube. «Non si fa una cosa del genere a una bella fanciulla sai, mio caro galantuomo.»

Iniziai ad accarezzarlo e scesi sul suo inguine, leccando la punta del suo pene. Tommy iniziò ad agitarsi e mi afferrò i capelli per dettare il suo ritmo, ma prima che lui potesse venire mi allontanai con un sorrisetto. Lui sbuffò frustrato, mettendosi le mani nei capelli per stroppicciarsi poi anche il viso.

«Più tardi rimedierai all'errore che hai fatto.»scherzai. «Altrimenti te ne rimarrai così per due mesi!»

«Mi stai ricattando?»ridacchiò lui, alzandosi dal letto per avvicinarsi a me.

Mi prese la mano e se la riportò all'inguine, tenendomi dal polso e facendo su e giù. Nel frattempo avvicinò le nostre fronti e poi mi baciò appassionatamente. Con l'altra mano mi sbottonò i pantaloni e infilò la sua mano sotto il bordo dei miei slip, torturandomi come solo lui sapeva fare.

«Tommy!»ansimai contro le sue labbra.

«Cosa?»deglutì lui, ormai nelle spire dell'orgasmo.

«Voglio di più.»dissi, con voce roca.

Lui fermò i movimenti di entrambe le sue mani e mi guardò, studiandomi attentamente, come a cercare qualche emozione sul mio viso, forse credeva di aver sentito male. Quando però lo spinsi sul letto si ricredette e prese nuovamente a baciarmi. Tommy quasi strappò via la mia camicetta e il mio reggiseno e quando mi tolse i jeans, prese anche i misi slip, così da lasciarmi nuda; ero nuda e in piedi di fronte a lui, che era ancora vestito.

«Sei bellissima, lo sai vero?»sussurrò lui, baciandomi il seno sinistro, laddove si trovava il cuore.

Gli carezzai i capelli, sospirando di piacere. «Sei tu che mi fai sentire tale, Tommy.»

«Non hai bisogno di me per sentirti bella, Alice. Lo sei e basta.»

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Capitolo 24
*** Fretta. ***


Gli sorrisi e posai le mani sulle sue spalle, fino ad avvicinarlo a me e lo abbracciai. Mi solleticò il collo con la punta del naso, mordicchiandomi poi la mandibola, mentre mi portava a letto, facendomi stendere sulle coperte. Si stese su di me, tenendosi con i gomiti per non pesarmi addosso. Sentii una sua mano accarezzarmi la coscia, fino ad arrivare al mio fianco, per poi stringerlo con la mano, in un gesto possessivo. Scese ancora più giù, in mezzo alle mie gambe e gemetti quando lo sentii solleticarmi l'interno coscia. Sembrava che conoscesse ogni mio punto debole e che mi stuzzicasse apposta per vedermi cedere, per vedermi abbandonare a lui.In quel momento bussarono alla porta e Tommy sbuffò. «Non ci posso credere.»

Ridacchiai, mentre lui si alzava dal letto e si rivestiva, aprendo la porta. «Alex, cosa c'è?»

«È pronto da mangiare.»rispose mio fratello. «Sai, non posso tollerare che ti porti a letto mia sorella, mentre io sono in casa. Anche se sei il mio migliore amico.»

Stavo per infilarmi gli slip, ma non riuscii a trattenermi dal ridere e caddi a terra con un tonfo, tirandomi dietro il piumone del letto. Tommy si voltò verso di me e mi guardò ridendo, intanto mi rialzai e presi i miei vestiti e mi rivestii di fretta.

«Alex. »dissi, una volta uscita dalla camera, lasciando Tommy rimettersi i pantaloni. «Ma hai studiato per rompere i coglioni o è una tua caratteristica innata?»

Mio fratello scoppiò a ridere, abbracciandomi. «Dai cretina! Ora dovresti baciare la terra su cui cammino per avervi fatto chiarire.»

«Ma stai zitto!»borbottò Tommy, uscendo dalla mia stanza. «È tutto merito nostro. Noi abbiamo chiarito.»

«Si, ma l'incontro è avvenuto grazie al sottoscritto.»si vantò mio fratello, scendendo le scale.

«Ma vai a cagare!»esclamai, ridendo, saltando in spalletta a Tommy e mordicchiandogli il collo. Lui si resse in piedi benissimo, anche se gli ero saltata addosso di sorpresa, senza avvisarlo.

«Vuoi farmi cadere?»mi chiese, ridendo.

«Dai che tu hai i muscoli e i riflessi.»dissi. «Cosa ti lamenti!?»

«Ti faccio lamentare io, stanotte.»ammiccò lui.

«Se mio fratello ce lo permette!»esclamai, ridendo come una pazza.

Mi portò al piano terra in spalletta e quando arrivammo in cucina, scesi a terra e presi il mio posto sull'isola. Tommy si fermò dietro di me e mi abbracciò i fianchi, posando il mento sulla mia spalla, mentre gli portavo alle labbra un'oliva, che lui prontamente mise in bocca.

«Cosa hai preparato di buono, fratellone?»chiesi ad Alex, mentre sfornava qualcosa.

«Sofficini.»rispose, facendo spallucce. «Cosa vuoi che faccia, se non so cucinare?»

Silvia scoppiò a ridere e la seguii, quasi strozzandomi con l'acqua che stavo bevendo. Nessuno dei presenti era più negato in cucina di mio fratello! Lo seguiva a ruota la sottoscritta, ma io almeno un piatto di pasta sapevo farlo!

«Che cazzo vi ridete?»borbottò mio fratello. «Non vedo l'ora di fare soldi e assumere una colf.»

«Non sei l'unico.»annuii, alzando un sopracciglio. «Sai cosa vuol dire che non ho la più pallida idea di come stirare, lavare, fare il bucato e tutto il resto?»

«Tommy, toccherà fare tutto a te!»ridacchiò Silvia.

«Col cazzo!»esclamò lui, staccandosi da me per prendere un piatto. «Dove possiamo assumerla, 'sta colf?»

«Quindi andreste a vivere insieme?»chiese Simone, ingurgitando quasi per intero il sofficino.

Rimasi interdetta, senza sapere cosa rispondere, ma ci pensò Tommy a dare spiegazioni al posto mio. «Certo! Più avanti però.»

«Veramente?»fece Silvia, stringendosi le mani sotto al mento, manco fosse Cupido. «Che cosa tenera! Alex...»

«Ah, no.»la interruppe lui. «Con te in casa non potrei girare nudo, altrimenti mi urleresti dietro.»

Scoppiai a ridere, finendo quasi per piangere.

«Tu stai zitto.»sbottò Tommy. «Che entri nelle stanze degli altri, quando questi sono nudi.»

Spalancai gli occhi, arrossendo all'improvviso e nascondendomi dietro il bicchiere d'acqua.

«La prossima volta evita di giocare all'elicottero con mia sorella.»fece Alex.

E lì tutti scoppiarono a ridere.

«Ma smettila, cretino!»lo ripresi, tirandogli uno scappellotto sulla testa e guardandolo male.



Il giorno dopo, a scuola, tanto per rimarcare il territorio, Tommy entrò mano nella mano insieme a me, nel cortile della scuola, aspettando che la campana suonasse. La sera precedente, mentre Tommy ed io andavamo in camera mia, mio fratello, da grande cretino qual era, ci aveva raccomandato di non fare rumore.In realtà avevo fatto fatica a fare silenzio, lo ammetto. Ma, diciamocelo, come facevo a non gemere senza ritegno, quando Tommy usava quella maledetta lingua molto bene?

Molte ragazze ci guardarono stranite, segno che probabilmente avevano visto anche loro la foto, ma non c'era da dare spiegazione a nessuna di loro. In classe mi fecero una serie di domanda sul suo bacio con Sara e io non potei che dire la verità.

«Non sono affari vostri.»sorrisi loro, prendendo posto all'ultima fila di banchi, di fianco alla mia amica Claudia.

Passammo la giornata a ridere e scherzare, ma sapevo che Claudia evitava appositamente l'argomento "il bacio di Tommy e Sara. Non voleva tartassarmi di domande, come avevano fatto le altre, così a fine giornata, vista l'ora buca, le raccontai tutto, per filo e per segno.

«In pratica Sara l'ha fatto ubriacare e si è fatta fotografare con lui apposta?»sussurrò lei, sconvolta. «Ma a quella strega le idee non mancano mai, eh!»

«Tanto me la paga.»dissi. «Non hai idea di quanto sia stata di merda. Ho accusato Tommy, quando lui non c'entrava un cazzo. Vorrei proprio sapere se l'ha fatto perché le sto sul cazzo o perché è gelosa.»

«Tu dici che Sara...?»

«Vuole tornare con Tommy.»finii la frase io, scarabocchiando qualcosa sul diario. «E chissà come mai, vuole tornarci insieme proprio ora che tra me e Tommy va alla grande.»

«E lui? Insomma, Tommy cosa ti ha detto?»

«È incazzato per il colpo basso che gli ha tirato Sara.»

«Immagino.»annuì lei.

Dopo quello scambio di battute, tornammo a parlare del più e del meno, della tesina che avremmo portato all'esame e di cosa avremmo fatto durante le vacanze di Natale. Claudia sarebbe andata a trovare i suoi nonni a Como, poi sarebbe tornata per festeggiare Capodanno.

«Vieni alla festa che stanno organizzando mio fratello e gli altri a casa di Teo o vai da qualche altra parte?»le chiesi, prendendo il telefono.

«Nono, vengo alla festa!»rispose lei. «Mi ha mandato l'invito Stefano, l'altro ieri.»

«Stefano?»feci io. «Ma dici Carvato?»

«Si, lui.»disse Claudia. «Abbiamo iniziato a scriverci due settimane fa.»

«E perché non mi hai detto nulla, timidona?»

La vidi arrossire, ma non disse nulla, così mi proposi di fare una cosa. «Domani vieni a casa mia, di solito il martedì quei rimbambiti si incontrano per farsi una partita a carte e a biliardo.»

Lei spalancò gli occhi, girandosi a guardarmi. «Davvero?»

«Ho la faccia di una che ti sta prendendo in giro?»le chiesi, aprendo le braccia e facendo una smorfia tipo "e dai!". «Oggi dovrebbe venire a prendermi Tommy, così lo avviso già che domani ci sarai anche tu.»

«Si, ma non dirgli nulla di Stefano.»esclamò subito lei.

«Acqua in bocca.»dissi, mimando il gesto della cerniera sulle labbra.

Lei mi sorrise e mi ringraziò. «So che ci sarà un'altra festa, a gennaio. In un capannone in perfiferia. Sai chi l'ha organizzata?»

Mi irrigidii. «No, non ne ho idea. E non sapevo nemmeno della festa.»mentii.

La campana ci avvisò che la giornata a scuola era finita e così ci avviammo all'uscita. Appena fuori dall'entrata c'era Tommy, insieme a Christian.

Christian, dopo essere stato in ospedale, era stato raggiunto da due carabinieri, chiamati dai medici. Lui si era messo d'accordo con Alex per dire che era in un parco in periferia e qualcuno aveva urlato e gli aveva sparato. Disse ai carabinieri che forse era un drogato, in cerca di denaro e i carabinieri fecero le loro ricerche, non arrivando però a nulla.

Gli corsi incontro, abbracciandolo.

«Criiiiii!»urlai contenta, saltando come una pazza e lanciando la mia borsa a Tommy. «Finalmente sei in piedi!»

«Cos'altro ti aspettavi?»ammiccò lui, facendomi l'occhiolino. «Lo conosci il detto che dice "l'erba cattiva non muore mai"?»

Scoppiai a ridere, poi mi voltai verso Tommy e mi slanciai verso di lui, per baciarlo.

«Ah, credevo che ti avrei fatto da portaborse per tutto il pomeriggio.»borbottò lui, porgendomi la borsa.

Io la presi e lo abbracciai. «Non potrei mai.»

«Si, certo! Come no.»

«Ma dai! Sorridi, Tommy!»lo ripresi, facendogli la linguaccia. «Andiamo a mangiare?»

«Se offri tu, va bene.»disse Tommy, tirandomi verso la macchina.

«Solo perché sei imbronciato.»annuii, mettendomi sul sedile posteriore, per lasciare il posto davanti a Christian.

Ci recammo al McDonald's lì vicino e ordinammo dei panini, pagai alla cassa, anche se Tommy insisteva a pagare lui.

«Ma non avevi detto che avrei offerto io?»gli dissi. «Quindi offro io, punto. Vai al tavolo e non rompere.»

«Non fare la dispotica e lascia che ti ridia i soldi.»fece lui, incazzato.

«No!»esclamai, sedendomi di fronte a Christian e Tommy si mise alla mia sinistra.

Christian ci stava guardando, sogghignando divertiti dal fatto che continuavamo a punzecchiarci, finché tutto finì quando addentai il mio Deluxe. Gemetti dal piacere e alzai gli occhi al cielo, deliziata dal sapore del panino.

Al verso che feci, Tommy si schiarì la voce, a disagio e cercò una posizione più comoda sulla panca e subito capii cosa avesse. Gli carezzai la gamba da sotto al tavolo con la punta della scarpa e quando arrivai a bere la mia coca cola, allungai la mano verso il suo ginocchio, voltandomi verso di lui per non farci beccare da Christian, che era troppo preso a scherzare con la ragazza del tavolo al fianco al nostro.

«Sei sicura di quello che stai facendo?»ridacchiò lui, sussultando quando la mia mano sfiorò "accidentalmente" il cavallo dei suoi pantaloni.

«Dici per il pubblico che abbiamo?»chiesi ridendo e guardando un gruppo di ragazzine che fissava Tommy e me, con gli occhi spalancati. «Sono loro le guardone, potrebbero anche voltarsi dall'altra parte!»

«Dico che dovremmo fare loro scuola?»ammiccò Tommy, facendo loro l'occhiolino.

Le ragazzine sussultarono e ridacchiarono; io lanciai loro un bacio con la mano e queste si voltarono, imbarazzate.

«Le hai spaventate.»disse lui, ridendo.

«Naaaa.»feci, carezzandogli la guancia ispida, per poi buttarmi sulle sue labbra e mordicchiargliele. La sua lingua incontrò la mia, mentre la sua mano si posava con possessività sulla mia coscia.

Quando tornai a bere la mia coca cola, vidi chiaramente che Tommy era eccitato, così avvicinai la mia bocca al suo orecchio e mormorai: «Appena torniamo a casa e ci liberiamo di Christian penserò io a te.»

Lui si irrigidì e prese a mangiare le patatine fritte, con nervosismo. «Christian!»lo chiamò, facendo voltare il ragazzo. «Noi abbiamo una certa fretta...»

Christian capì subito e scoppiò a ridere, alzandosi in piedi e finendo la sua aranciata. «Andiamo pure.»

Tommy si portò dietro le patatine, che ancora non aveva finito e io la coca cola. Per tutto il tempo che incorse dal ristorante al parcheggio, dove avevamo lasciato la macchina, ammiccai verso il mio ragazzo, giocando e scherzando con la cannuccia della mia bibita, ormai terminata. Lui mi rivolse uno sguardo abbastanza eloquente. «Appena arriviamo a casa facciamo i conti. Magari ti passa la voglia di provocarmi.»sussurrò.

Rabbrividii al tono della sua voce roca e gettai il bicchiere in un cestino, prendendo la mano di Tommy nella mia. Lui si mise a fissarmi intensamente, poi mi baciò una tempia. Dopo aver accompagnato Christian a casa sua, Tommy partì a tutta velocità verso la zona residenziale, dove stava casa sua e, appena mettemmo piede dentro, lui prese a spogliarmi. Io mi aggrappai alla sua camicia azzurra e la aprì, strappando via tutti i bottoni.

«Fretta?»mi prese in giro, togliendosi da solo i jeans.

Arrossii, guardandolo negli occhi, poi lui mi prese in braccio e mi posò sul suo letto. Si mise a baciarmi il collo, lasciando una scia calda e umida anche sul mio seno e sul mio ventre, fino a scendere tra le mie cosce. Appena le sue labbra incontrarono le mie, afferrai i suoi capelli e li tirai, ansimando. Lo sentii ridere e continuò a torturarmi, finché sentii che stavo per essere travolta da un passionale e bellissimo orgasmo, che però lo stronzo non mi fece provare, perché si fermò prima che venissi. Alzai il viso, guardandolo male.

«Te l'avevo detto che me l'avresti pagata.»mormorò, mordicchiandomi l'interno coscia.

Mi abbandonai con la testa sul cuscino, preparandomi già alle sue torture, perché se c'era un modo in cui Tommy poteva farmela pagare, era proprio quando eravamo a letto. E io non me ne lamentavo di sicuro!

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Capitolo 25
*** Il book fotografico. ***


Finalmente il fine settimana, ergo i giorni in cui avrei fatto il book, era arrivato e non stavo più nella pelle. Persino Tommy era contento e nervoso almeno quanto me, la mattina di sabato aveva ricevuto una chiamata dal suo allenatore, il quale lo aveva informato di presentarsi lunedì pomeriggio al campo sportivo, poiché l'allenatore di una squadra abbastanza famosa voleva vederlo giocare, insieme a mio fratello.

«Pensa se prendono Alex e non te.»lo prese in giro Stefano, mentre facevamo colazione.

«Io e Tommy in campo siamo come culo e camicia.»intervenne mio fratello. «Secondo me hanno convocato noi due insieme per vedere se prenderci tutti e due o meno.»

«In quel caso...»disse Ste, masticando la sua brioche. «La Fortuna non vi ha baciati, ma  scopati direttamente!»

Scoppiammo a ridere, mentre Stefano ci guardava come se fossimo impazziti. «Guardate che parlavo sul serio, anche se era la prima volta ed ero poco credibile.»

«Ecco, hai già detto da solo che sei poco credibile, quindi...»sghignazzò Tommy.

«Se se.»si lamentò lui. «Scopi con la Fortuna e hai la fortuna di essere scopato da Alice. Chi ha il pane non ha i denti...»

Sentii le guance arrossire, quando Stefano fece quella battuta e sentii l'esclamazione scioccata di Silvia e subito dopo la sua risata. «Ma per quale cazzo di motivo degli fare queste battute idiote?»mi lamentai ad alta voce.

«Dai e non fare la timidona, che ieri ti ho sentita gemere.»disse lui, sghignazzando. «Ora toglimi un dubbio: Tommy è davvero così bravo o stavi solo fingendo?»

Tommy gli diede uno schiaffo sulla nuca, guardandolo male. «Piantala adesso!»

«Si, ma falla rispondere.»

«Non rispondo, invece.»borbottai. «Odio parlare di queste cose davanti a tutti e lo sapete!»

Sbuffai e salii le scale, chiudendomi in camera. Sentii Stefano scusarsi e dire che stava solo scherzando, ma a me non interessava: tutti sapevano che ero abbastanza timida su certe cose, con me si poteva scherzare sul sesso, ma fino a un certo punto e Stefano lo aveva oltrepassato!

«Alice!»mi chiamò Tommy, entrando nella mia camera, mentre cercavo dei jeans da indossare, insieme a una maglietta.

«Cosa vuoi?»chiesi, senza guardarlo.

«Dai, lo sai che Stefano scherza.»mi disse, avvicinandosi per abbracciarmi. «Non te la prendere.»

Mugugnai qualcosa che assomigliava a un "E va bene!", poi andai in bagno per farmi la doccia. Uscii in una nube di vapore e sentii due braccia corcondarmi con l'accappatoio. Sorrisi, abbandonando la testa sulla spalla di Tommy con un sospiro di beatitudine.

«Ti vizio troppo.»mormorò lui al mio orecchio, con la voce roca. «Forse dovrei smetterla.»

«E dopo chi mi paga le cena?»scherzai, girandomi verso di lui. «Dovrò cercare qualcun altro.»

Lui mi strinse forte. «Spero tu stia scherzando, perché è una pessima idea.»

«Come pessima idea? Tu hai detto che non mi vizi più.»

«Preferisco viziarti che lasciarti a qualcun altro che non sia io.»

Ridacchiai con fare civettuolo e mi allontanai da lui, sculettando. Vidi il suo pomo d'Adamo fare su e giù, come se Tommy stesse deglutendo. Arrivai vicino al letto e presi l'asciugamano, avvolgendoci i miei capelli neri, poi li frizionai, per farli asciugare.

«Ma ti ha detto dove si trova lo studio?»mi chiese Tommy, sdraiandosi, anzi svaccandosi sul mio letto.

Gli dissi la via, poi presi dal cassetto del comodino un paio di slip e un reggiseno, indossandoli. Nello stesso istante in cui tolsi l'accappatoio, Tommy si schiarì la voce, cercando di cambiare posizione. Mi voltai a guardarlo e non riuscii a trattenere un risolino.

«Puoi uscire se vuoi.»lo presi in giro, facendo un cenno al cavallo dei suoi pantaloni, più specificamente al rigonfiamento ben visibile.

«È colpa tua!»si lamentò, mettendosi seduto e posando i gomiti sulle ginocchia, coprendosi con le braccia.

«Come mia?!»esclamai scioccata, mettendo i jeans e le calzine.

«Eh si! È colpa del tuo corpo, non ci posso fare niente.»annuì lui, prendendo il mio telefono.

«Ah, quindi è il mio corpo che ti fa eccitare, ma io non c'entro nulla.»feci un finto broncio.

«Nono! Che hai capito? Il tuo corpo, il tuo carattere, la tua risata,... Sono tante cose messe insieme.»

«Sisi, come no.»

Indossai una maglietta nera con lo scollo a 'v' e mi avvicinai a lui per prendere gli orecchini sul comodino. Tommy mi afferrò per un braccio e mi spinse sopra di sé, ridendo.

«Dai Tommy!»mi lamentai. «Dobbiamo anche finire di mangiare e non abbiamo molto tempo.»

«Tanto lo so che non mangerai niente per il book, quindi è inutile.»mormorò, sfregando la punta del naso sul mio collo.

«E tu? Non mangi?»

«Mangerò dopo.»rispose lui, facendo spallucce. «E te come dessert.»

Sentii le guance andare in fiamme e gli diedi uno scappellotto leggero sulla nuca, poi lo baciai sulle labbra. «Scusami se oggi sono insopportabile, ma sono nervosa.»

«Naaa! Tranquilla!»mi sorrise lui, carezzandomi la guancia. «Sarò sicuramente anch'io così, tra qualche giorno.»

«Ahia!»feci io. «Tu sei mille volte peggio di me, quando sei nervoso.»

Rise, invertendo le nostre posizioni e baciandomi sulle labbra. «Forza, vai ad asciugarti i capelli, ché prima andiamo e prima torniamo.»

Annuii, mentre mi aiutava ad alzarmi dal letto. Andai in bagno ad asciugarmi i capelli e lui scese da basso; quando tornò in camera mia, stava sgranocchiando del pane e io avevo appena spento il phon. Anche se erano un po' umidi, sicuramente si sarebbero asciugati. Indossai il piumino nero e il cappelli di lana della Carhartt, poi presi la borsa. Tommy mi diede il mio telefono e andai a salutare gli altri.

«Tommy, tienila d'occhio.»grugnì Alex. «Non mi guardare così, Alli! È di loro che non mi fido, non di te.»

«Ma sai già che non farò nulla di quello che mi dicono e non assumerò nulla di quello che potrebbero darmi.»gli dissi, cercando di calmarlo.

«Si, si...»borbottò lui, guardandomi di storto.

Andai a dargli un bacio sulla guancia e lo vidi cercare di trattenere un sorriso. Alex era fatto così, faceva il geloso solo per essere coccolato, ma ci teneva comunque a me e non perdeva l'occasione per tenermi d'occhio o farmi tenere d'occhio.

«E secondo te cosa ci vado a fare con lei?»si intromise Tommy. «Se qualcuno non le sta dietro come un babysitter, è capace di far scatenare la terza guerra mondiale!»

«Addirittura?»esclamammo all'unisono io e Silvia.

La ragazza sbuffò e sventolò per aria la mano, come per scacciare una mosca fastidiosa. «Ma quanto siete pesanti.»

Annuii con la testa, rivolgendo un'occhiataccia a Tommy e uscendo di casa con un moto di stizza. Lui mi seguì senza dire nulla e mise in moto la macchina. Era da due giorni che nevicava e non sembrava voler dare qualche segno di smettere, così Tommy guidò piano, facendo attenzione a ogni cosa, persino a un pedone che era distante dieci metri dal marciapiede. Quasi mezz'ora dopo arrivammo alla via indicata e, non sapendo in quale palazzo entrare, chiamai Tony, chiedendogli se potesse venire a prenderci.

«Adesso arrivo. Dammi due minuti!»rispose.

Subito dopo vidi Tony uscire dalla porta di vetro di un palazzo e, appena ci vide, fece segno a Tommy di mettere la macchina nel parcheggio sotterraneo. «Mettila vicino alla mia Porsche.»

Tommy annuì, parcheggiando il suo Range Rover al fianco della macchina indicata da Tony. Quando scesi dalla macchina, Tony allargò le braccia verso la mia direzione e io mi ci tuffai, stringendomi a lui. «Ciao!»esclamai, tutta contenta.

«Ciao!»rispose lui, sorridendomi. «Tutto bene?»

«A parte il freddo? Certo! E tu?»

«Io sto bene.»mi disse lui, voltandosi poi verso Tommy, che ci fissava infastidito, ma che non diceva nulla, né si lamentava.

Gliene fui grata, soprattutto quando strinse la mano a Tony con un sorriso. Si vedeva che Tommy e Tony (ehi, Alice! Hanno quasi lo stesso nome!) non si sopportavano. Probabilmente perché erano gelosi l'uno dell'altro: sapevo che piacevo ancora a Tony, ma ora stavo con Tommy. Fine della storia.

«Mia madre ci sta aspettando.»disse Tony, interrompendo i miei pensieri e facendoci segno di seguirlo verso l'ascensore del sotterraneo.

Appena fummo nell'ascensore tutti e tre, sentii una sorta di imbarazzo per quella situazione. Non sapevo il motivo, ma ovviamente credetti fosse perché ero in un posto abbastanza stretto, quasi spiaccicata contro il mio ex e il mio attuale ragazzo. Appena fummo fuori, tirai un sospiro di sollievo e sorrisi a Tony.

Un gruppo di persone si precipitò verso di me: c'era chi diceva che i miei capelli erano stupendi, chi diceva che i miei occhi azzurri sarebbero stati il centro focale dell'immagine e chi sosteneva la foto del mezzo nudo sarebbe stata il vero successone.

Nudo? Bene.

Mi portarono in un camerino pieno di luci e iniziarono ad armeggiare con la piastra per i capelli, altri si misero a truccarmi e a farmi le unghie. Quando uscii dal camerino era passata solo un'oretta scarsa, ma a me parvero secoli.

Una donna bionda, ben pettinata e ben vestita, con degli occhiali stretti e appuntiti agli angoli superiori, stile insegnante provocatoria, mi venne incontro con un sorriso sulle labbra coperte di rossetto rosso.

«Ciao, Alice!»mi salutò lei, con un accento strano. «Sono Magda, la madre di Tony.»

«Magda?!»esclamai sorpresa. «Oh cavolo! Per poco non ti riconoscevo più!»

Lei rise. «Si in effetti sono molto cambiata in questi ultimi anni.»

"Cambiata" a dir poco! Era dimagrita tantissimo e si era fatta molto più bella di come la ricordavo. Un pensiero cattivo andò alla chirurgia estetica. Un pensiero cattivo, ma forse veritiero, altrimenti era strano quell'enorme cambiamento!

«Allora... Sei pronta?»mi chiese.

«Certamente.»sorrisi, lasciandomi portare sul set fotografico, dove le luce facevano risaltare ancor di più il bianco che avevo dietro, sullo sfondo.

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Capitolo 26
*** Il book fotografico(parte 2). ***


Ringraziai le lenti a contatto, che per una volta non mi avevano fatta lacrimare e né mi avevano dato fastidio. Iniziarono a dirmi che posizione assumere, dovevo guardare una volta l'obiettivo, poi guardare in basso, poi in alto, poi tenere il viso in diagonale, ... Dopo vari scatti mi fecero cambiare d'abito, anzi jeans. L'assistente di Magda mi aveva spiegato che, per quella foto, si era pensato di aggiungere un secondo soggetto: Tommy.

Scoppiai quasi a ridere quando la ragazza mi informò della cosa. Ecco perché non l'avevo visto sul set! E io che pensavo mi avesse abbandonata per andare a fumare una sigaretta!

«Quindi stavamo pensando di mettere lui girato di schiena e tu con il seno nudo posato sulla sua schiena, mentre lo abbracci da dietro.»mi stava spiegando la ragazza. «Poi, in un'altra, lui stesso ti coprirà il seno con un braccio.»

«Tutto questo per un paio di jeans?»pensai a voce alta.

«No.»scosse la testa lei. «Per I jeans! Quei pantaloni sono uno del pezzo forte della collezione di Magda!»

Annuii, entrando nel camerino. Un ragazzo mi fece indossare i famosi jeans, mentre una donna più matura mi diceva di togliere la camicia che avevo indossato per gli scatti precedenti. Mi diede un asciugamano per coprirmi il seno e la presi, ringraziandola.

Uscii dal camerino, truccata in modo diverso da prima e con i capelli sempre lasciati sciolti lungo le spalle, fino al fondoschiena. Quando vidi arrivare Tommy, vestito con una giacca elegante di un completo da uomo, quasi gemetti. Era davvero bellissimo: i capelli neri contrastavano con il colore grigio della giacca,che però si intonava alla perfezione ai suoi occhi.

«Wow!»mormorai quando lui fu abbastanza vicino da potermi sentire.

Lo vidi sorridere e mi strizzò l'occhio. Il fotografo scattò alcune foto, sfruttando la naturalezza del momento, che ben presto prese il sopravvento dalle posizioni che dovevamo assumere. Come mi aveva accennato l'assistente prima, il fotografo, che scoprii chiamarsi Erick, fece girare di schiena Tommy, dicendogli di guardare all'esterno della finestra, come se fosse un uomo d'affari che ammirava il suo regno. Poi disse a me di abbracciargli i fianchi da dietro, posando le mani sui suoi pettorali e la mia guancia sulla sua schiena, dove si trovava il cuore. I miei capelli, invece, vennero portati a coprire i miei seni.

«Alice, devi sembrare una ragazza che ha incontrato l'uomo della sua vita, l'uomo che ama.»disse il fotografo, iniziando a scattare delle foto. «Ma lui non vuole l'amore, lui vuole solo sesso! Gli interessano di più i soldi e la fama, Alice. Ecco così. Perfetta!»

Mi stavo davvero immaginando come una ragazza respinta dall'uomo che amava, pensavo a come una donna potesse sentirsi al cospetto di un uomo d'affari potente, rispettato e temuto.

«Alice, ora devi girarti verso di me. Porta i tuoi capelli sul lato destro e tu Thomas devi passargli il braccio intorno al petto e coprirle il seno con il tuo braccio.»ci disse Erick. «Thomas, tu non vuoi darle quello che lei vuole, ma puoi soddisfarla con il tuo corpo. Ti senti ancor più potente a sapere che lei è nelle tue mani, che lei affida a te il suo cuore.»

Sentii Thomas stringermi a sé, mentre la base della mia schiena entrava in contatto con la sua erezione. Arrossii e sentii Erick esclamare contento che quella foto doveva essere catturata proprio in quel momento.

«Alice, tu lo devi accogliere! Non te ne frega di come lui si comporti, di quanto ti respinga. Stai pensando che hai abbastanza amore per tutti e due!»continuava a dire Erick. «Perfetti ragazzi! Siete perfetti!»

Sentimmo ancora alcuni scatti della macchina fotografica quando alzai gli occhi lucidi, per guardare Thomas, che sembrava aver adottato la tipica espressione da uomo d'affari, che comunque lui era, visto il suo "lavoro" e il fatto che, prima o poi, avrebbe preso le redini dell'azienda di suo padre, insieme a Nathan.

«Fantastici!» continuava ad esclamare Erick, scattando foto su foto, finché non finì anche quella sessione.

Erick e Magda si misero a guardare le foto ed esclamavano entusiasti che quegli scatti erano uno più bello dell'altro. L'assistente di Magda mi mandò nuovamente nel camerino per cambiarmi. Provai altri vestiti, uno con la gonna a tubino nero, un altro con la gonna a ruota stile anni '50, un altro ancora lungo fino ai piedi, che rimandava a un peplo, gli abiti che usavano le antiche greche. Ogni abito aveva un proprio sfondo e delle proprie acconciature, ad esempio con quello anni '50 mi avevano raccolto i capelli, li avevano cotonati e li avevano arrotolati sulla fronte, fermandoli con delle forcine. Con quello stile antica greca, mi avevano raccolto i capelli in un'acconciatura nolto complicata, finendo per farmi una corona di trecce.

L'ultimo abito era però il mio preferito: era un abito da sposa, con lo scollo squadrato e la gonna ampia, con dei bellissimi ricami di pizzo. Il corpetto era leggermente stretto sui fianchi, con delle stecche per mantenere il busto dritto, aveva alcuni ricami simili alla gonna ma, a differenza di quest'ultima, recava anche dei piccoli diamanti.

Era stupendo!

Il fotografo mi disse che avremmo fatto gli scatti sulla terrazza esterna e io lo fissai sgomenta: sotto la neve? Quel vestito si sarebbe sicuramente rovinato!

«Tieni questo.»mi disse, dandomi un bouquet di rose bianche e rosse.

Il rosso non richiamava nulla nel vestito, se non il mio rossetto, che era di un rosso elegante, un po' spento ma elegante. Uscimmo in terrazza e la vidi immacolata e bianchissima, come il cielo in quel momento. Mi fecero mettere al centro e mi fotografarono dall'alto, in mezzo alla neve e anche seduta su una poltrona completamente bianca.

Incrociai per un momento lo sguardo di Tommy e sorrisi ed Erick non perse tempo a catturare il mio sorriso e le mie guance arrossate dal freddo, così come il mio naso. Quando finimmo, Erick mostrò i nuovi scatti a Magda, che mi sorrise e me ne fece vedere uno: era una fotografia intera, guardavo il mazzo di rose che avevo tra le mani, mentre dei fiocchi di neve mi vorticavano velocemente intorno. Sorrisi alla donna e al fotografo.

«È bravissimo, signore!»dissi, annuendo. «Davvero bravo!»

«Metà lavoro è tutto merito tuo.»rispose lui, guardandomi estasiato. «Sei un soggetto particolarmente bello, Alice!»

Lo ringraziai con un filo di voce, poi gli ridetti la fotocamera e andai in camerino, cambiandomi e indossando nuovamente i miei comodi vestiti. Qualche istante dopo entrò nel camerino il fotografo, porgendomi un CD e un bigliettino da visita.

«Quello è il book.»disse, indicando il CD. «Mentre il bigliettino da visita è mio. Nel caso volessi fare qualche altro book. Non ti farò pagare nulla per il servizio, ma ti chiederò il permesso di esporre le tue foto ad alcune mostre a cui parteciperò.»

Annuii, in preda all'eccitazione e lo ringraziai, dicendogli che lo avrei sicuramente richiamato e, quando entrò nella stanza Tommy, lui ci salutò entrambi, complimentandosi di nuovo, per poi lasciarci da soli. Raccontai tutto d'un fiato quello che Erick mi aveva detto e lui sorrise fin quasi spaccarsi in due la faccia.

«Io l'avevo detto che eri troppo figa per non essere considerata da un fotografo!»esclamò, prendendomi in braccio e facendomi roteare in aria, mentre io scoppiavo a ridere, felice come una Pasqua.

«Ora manchi solo tu.»gli dissi, baciandolo sulle labbra. «Manca solo il tuo sogno, da realizzare.»

«E si realizzerà. Stanne pure certa.» Mi baciò con trasporto, quasi divorandomi le labbra, ma lo lasciai fare, perché ero troppo felice, anche grazie al suo sostegno durante tutti quei giorni di tensione, dove veniva fuori la peggior parte di me. Lui mi aveva fatto da spalla, mi aveva sorretta e mi aveva rassicurata e io avrei sicuramente ricambiato il gesto.

Sicuramente.

«Sei stata bravissima, Alli!»esclamò Tony, quando scendemmo al piano terra, a prendere un caffè. «Erick è stato letteralmente colpito dalla tua grazia innata. Lo sapevo che saresti stata perfetta per il book di mia madre!»

Gli sorrisi. «Grazie a te per avermi fatto fare questa esperienza!»

«Alice!»mi chiamò Magda, venendomi incontro, con un fogliettino in mano. «Scusa, ma mi ero dimenticata di darti anche questo, oltre al book.»

Presi il bigliettino, che si rivelò essere un assegno, e la ringraziai, mentre si scusava di nuovo, dicendo che era in ritardo per un qualche incontro e correva via. Guardai la cifra scritta sull'assegno e strabuzzai gli occhi quando vidi scritto "2500€"!

«Cavolo!»esclamò a bassa voce Tommy, avvicinandosi al mio orecchio. «Quasi quasi faccio anch'io il modello.»

Scoppiai a ridere, baciandolo sulle labbra, mentre Tony si voltava verso la barista, chiedendo che i caffè fossero segnati a nome di sua madre. Tommy insistette per pagarli, ma Tony non si mosse dalla sua posizione.

«Con tutti i soldi che ha, mia madre non si preoccuperà per tre caffè.»ridacchiò.

«Beh, allora grazie amico.»disse Tommy, stringendogli la mano.

«Tony, ti salutiamo.»saltai su io, baciando sulla guancia il mio amico. «Ho una cosa da fare a casa e prima finisco, meglio è.»

«Certo, tanto anch'io devo andare via con mia madre. Sto solo aspettando che scenda.»sorrise lui, abbracciandomi stretta.

Quando Tony se ne andò, mi voltai verso il mio ragazzo, sorridendogli. «Stasera ceniamo fuori e offro io.»

«Non iniziare a fare la spendacciona!»mi riprese lui, posandomi un braccio sulle spalle e scendendo nel sotterraneo. «Offro io perché te lo meriti.»

«Io non sono spendacciona.»mi lamentai, salendo sul suo SUV e chiudendo lo sportello.

«Certo, come no.»mi prese in giro lui, spettinandomi i capelli. «Ma devo dire che con il vestito da sposa stavi veramente bene!»

Gli feci l'occhiolino. «A tuo parere stavo bene anche con solo il jeans addosso.»

Scoppiammo a ridere entrambi, mentre Tommy usciva dal parcheggio sotterraneo e si immetteva nel traffico.

«Quindi stasera, se andiamo a casa mia, facciamo un set come quello di oggi e ritroviamo quella foto?»ammiccò lui.

Ridacchiai. «Vedremo...»

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Capitolo 27
*** Preparativi per Natale. ***


Scivolai pian piano fuori da un dolce torpore, stiracchiandomi tutta e sentendo il corpo indolenzito. Subito un flash mi invase la mente: Tommy che stava dietro di me sul letto, mentre io ero a gattoni. Tommy che mi aveva afferrato saldamente i fianchi con le mani, affondando le dita nella mia carne come se fossero artigli e io che non mi ero lamentata nemmeno per il dolore, troppo presa dal vortice di passione, che mi stava trascinando nel baratro più scuro e profondo. A ogni sua spinta, io mi ero trovata ad ansimare e a sprofondare sempre più con la faccia nel cuscino, per non farmi sentire dai suoi genitori, visto che eravamo a casa sua e lui, invece di fare più piano e cercare di farmi stare zitta, continuava a provocarmi con dei movimenti secchi e decisi.
 
Una tortura.
 
Ad un certo punto poi, si era steso sulla mia schiena con il petto e mi aveva stretta a sé con le braccia, proprio nel momento in cui ero presa da un fantastico orgasmo. Quando era venuto anche lui, ingoiando la saliva come se stesse trattenendosi dall'urlare, mi era caduto quasi addosso, ma subito si era spostato di lato, sempre tenendomi tra le sue braccia, respirando il profumo dei miei capelli.
 
«Ti amo.»mi aveva detto in un sussurro, quasi come se avesse avuto paura della mia risposta.
 
Mi ero voltata verso di lui, con gli occhi spalancati per lo stupore e la sorpresa e gli avevo accarezzato la guancia. «Anche io, Tommy.»
 
«Promettimi una cosa, Alice.»aveva continuato, baciandomi i polpastrelli delle dita. «Promettimi che non mi lascerai, che ogni volta che avrò bisogno di te, ci sarai! Ti voglio al mio fianco e nel mio letto, Alice. Ti voglio tra le mie braccia sul divano, mentre piove e sdraiata al mio fianco su una sdraio quando prenderemo il sole in estate. Ti voglio quando dovrò superare delle sconfitte o festeggiare delle vittorie. Ti voglio per sempre!»
 
Avevo le lacrime agli occhi, quando Tommy aveva finito si parlare e, per me, non c'erano parole da dire o una risposta da dare, se non quella di un bacio sulle labbra e di un abbraccio caldo e confortante. Da quel momento non ci eravamo più detti nulla, avevamo solo iniziato a farci le coccole e poi avevamo ripreso a fare l'amore. Per altre due volte. Infine c'eravamo addormentati, stanchi di felicità e di appagamento. Avevamo passato tutta la notte insieme ed ora che era mattino inoltrato, Tommy stava ancora dormendo tra le mie braccia, con la testa sprofondata nel mio seno, cosa che mi fece arrossire dalla vergogna. Non sapevo come muovermi, anche perché avevo un urgente bisogno di andare al bagno, così non mi restò nient'altro che scivolare via dalla sua stretta, mentre Tommy si svegliava.
 
«Cosa c'è?»borbottò, stropicciandosi gli occhi con le dita.
 
«Devo andare al bagno.»gli dissi, a bassa voce. «Scusa se ti ho svegliato.»
 
Tommy pronunciò qualcosa del tipo "non fa niente", poi tornò a dormire, girandosi su un fianco. Sorrisi, alzandomi dal letto e andando in bagno. Mi infilai sotto la doccia, dopo aver pensato ai miei bisogni, iniziando a insaponarmi i capelli. Nel momento stesso in cui presi il bagnoschiuma, la porta della doccia si aprì velocemente e due mani mi afferrarono la vita con forza.
 
«Tommy!»sussultai, a voce bassa, gemendo e lasciando cadere il bagnoschiuma.
 
La sua mano andò a finire in mezzo alle mie cosce. «Mh? Cosa c'è?»
 
Sospirai, quando il suo dito si immerse dentro di me, accarezzandomi internamente. «Ma non stavi dormendo?»
 
«Guarda che sei stata tu a svegliarmi.»mi ricordò lui, mordicchiandomi la spalla destra e stringendo un mio seno con la mano libera. «E ora fai silenzio e godi per me.»
 
Mi appoggiai con le mani al muro della doccia, mentre le gambe iniziavano a tremare e abbandonai la testa sulla sua spalla. Il suo dito continuava a muoversi dentro di me con una certa maestria e per un attimo pensai a chissà quante ragazze lo aveva fatto, prima di occuparsi di me, ma poi un altro pensiero prese il posto del primo: ora avrebbe toccato solo me, perché lui era MIO!
 
La mia voce rimbombò così forte nel box che Tommy fu costretto a girarmi la testa e baciarmi sulle labbra, per evitare che le mie urla si sentissero fino alla stanza dei suoi.
 
«Quanto mi piace quel suono.»mormorò sulle mie labbra, con voce roca. «Non hai idea di quanto mi piaccia.»
 
Gemetti a voce alta, quasi come se volessi fargli un favore nel regalargli il mio gemito, così decisi che era il momento che prendessimo io le redini del gioco e iniziare così a torturarlo.
 
«Mi fai impazzire, Alice!»sussultò lui, socchiudendo gli occhi e lasciando andare la testa all'indietro e facendomi sorridere, trionfante.
 
Più tardi scendemmo in cucina, dove sua mamma stava preparando il caffè. Ci eravamo asciugati e vestiti, continuando a provocarci l'un l'altra e giocando come dei bambini. Appena Carmen mi vide mi corse incontro, per abbracciarmi e riempirmi di baci e complimenti. «Sei sempre più bella, Alice.»mi disse, contenta. «Finalmente avete chiarito. Mi fa piacere!»
 
«Mamma!»la riprese Thomas, con uno sguardo abbastanza cattivo. «Ci siamo appena svegliati!»
 
«Ah-ah!»annuì lei, rivolgendomi uno sguardo malizioso e birichino, facendomi capire che suo figlio le stava mentendo spudoratamente. «Come va la scuola?»
 
«Bene.»sorrisi, portandomi alla bocca un biscotto al cioccolato. «Non vedo l'ora dell'estate a dire la verità.»
 
«Neanche io amo l'inverno.»concordò Carmen. «Preferisco la mia cara Sicilia!»
 
«Eh beh.»fece Thomas, prendendo un biscotto e imboccandomi. «Mamma, vuoi mettere il clima siculo a confronto con quello lombardo?»
 
«Io l'avevo detto a tuo padre di trasferirci da tuo zio Giulio!»disse Carmen, mentre Tommy si irrigidiva al nome dello zio. «Ma almeno qui hai conosciuto Alice.»
 
Il mio ragazzo mi guardò con un enorme sorriso e mi prese la mano destra, portandosela alla labbra e baciandola. «Allora non rimpiango per niente Roma!»
 
Carmen sorrise e se ne andò in salone.
 
«Tommy, martedì dovresti portare a casa anche Claudia.»gli dissi, finendo la colazione.
 
«Claudia?»fece lui. «La tua compagna di banco, no?»
 
Annuii. «Visto che poi se ne andrà a Como dai suoi nonni per le vacanze, ce ne stiamo insieme per tutto il pomeriggio.»
 
«Va bene.»
 
«Voi sarete a casa?»
 
«Si, come sempre.»rispose lui.
 
«Perfetto.»dissi.
 
 
 

Il martedì della settimana successiva, come avevo promesso a Claudia, Tommy venne a prenderci e ci portò a casa di zia Clara, dove tutti i ragazzi erano riuniti. Alcuni giocavano a calcio, altri alla play. Silvia e Stefania non c'erano, così feci sedere Claudia accanto a me, al tavolo, per vedere i ragazzi giocare. Tommy si era seduto invece sul divano, insieme ad Alex e Teo per giocare a Fifa.
 
«Sai giocare a briscola, Claudia?»chiese Stefano alla mia amica.
 
«Certo!»esclamò lei, con un sorriso. «Mio nonno non fa altro, durante le festività.»
 
«Tuo nonno è di qui?»
 
Claudia scosse la testa. «E' napoletano.»
 
«Allora immagino che tu sia bravissima!»ipotizzò Stefano.
 
«Vediamo, allora.»si intromise Gabriele, mischiando le carte.
 
Alla fine della partita, Claudia, in squadra con Christian, riuscì a fare più punti di Stefano e Gabriele.
 
«Siete convinti, ora?»chiesi loro, ridendo.
 
«Porca puttana, Ste! Ci ha fottuti!»esclamò Gabriele.
 
«Battimi il cinque, bellissima!»disse Christian a Claudia, che battè la mano destra con quella del ragazzo.
 
Stefano stava fissando Claudia con sguardo impassibile, poi si alzò dal tavolo. «Vado a bere qualcosa.»
 
Mi alzai anche io e andai da Tommy, mentre Claudia e Christian si mettevano a giocare a scopa. Gabriele la aiutava e le suggeriva quali carte buttare.
 
«Dimmi una cosa.»mormorò al mio orecchio Tommy. «Per caso la tua amica va' dietro a qualcuno dei ragazzi seduti al tavolo?» Mi irrigidii, sgranando gli occhi e Tommy mi beccò in pieno. «Ma cazzo!»rise. «Non ci credo!»
 
«Cosa?»fece Alex, guardandoci.
 
«Niente!»rise Tommy, spingendomi per andare in cucina, dove però c'era Stefano.
 
«Quale altra figura di merda hai fatto, Alice?»mi prese in giro Ste.
 
«Ho scoperto un suo segreto.»rispose per me il mio ragazzo.
 
«Ma la smetti?»mi lamnetai. «Non c'è bisogno di fare tutte queste scene!»
 
Ste tornò in salone, ridendo e io lanciai un'occhiataccia a Tommy.
 
«Adesso ti metti anche a fare l'agente matrimoniale?»sussurrò al mio orecchio, con gli occhi lucidi per le troppe risate.
 
«Ma vai a cagare.»borbottai, allontanandomi da lui.
 
«Dai, noiosa. Dimmi chi è.»
 
Scossi la testa. «No, non voglio.»
 
«Alli, dai!»
 
«Stefano.»risposi, senza guardarlo negli occhi.
 
«Ste?!»fece lui, a voce bassa. «Di tutti quelli con la testa sulle spalle, va a prendersi quello più libertino?»
 
«Parla lui.»dissi, bevendo un bicchiere di succo.
 
«Uhh, colpo basso, ma non più reale.»mi ricordò. «Ora sono serio.»
 
«Magari sarà così anche per loro.»
 
«Non possiamo esserne sicuri, quindi fa un favore alla tua amica: lascia perdere questa storia.»
 
«Mi ha detto che Ste l'ha invitata alla festa di capodanno.»
 
Tommy rimase di sasso. Ste organizzava gli eventi, ma non invitava le persone personalmnete. Mai. «Le ha scritto per telefono?»mi chiese.
 
Annuii.
 
«O porca troia.»fece Tommy, facendomi segno di seguirlo in salone.
 
Appena giungemmo lì, trovammo Claudia e Stefano sul tavolo, da soli, a parlare e scherzare, giocando a carte. Tommy si voltò verso di me e mi guardò.
 
«Si può sapere cosa c'è?»gli domandai, a bassa voce.
 
«So che è un mio amico e che non dovrei dirlo, ma so con certezza che Stefano non ha avuto alcun interesse particolare per nessuna ragazza, se non per scopare con loro.»mi spiegò lui, parlandomi nell'orecchio. «Non so se stia prendendo per il culo la tua amica o meno, ma fa' attenzione a lei.»
 
«Speriamo non faccia ciò che hai detto.»sperai, restando a guardarli scherzare tra loro.

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Capitolo 28
*** Riunioni... familiari. ***


«Io vado a comprare la farina per fare i maccheroni per stasera. Ci siete tutti, no?»chiese Carmen, il giorno dopo.

Eravamo a casa di Tommy. Mi ero seduta sul divano con Antonio, per guardare il telegiornale.

«Sisi, per stasera siamo qua, poi domani andiamo da Alex.»rispose Tommy, bevendo il suo caffé. «Ma stasera ci sono anche i nonni?»

«No, vengono domani sera, quindi passa almeno a dar loro gli auguri di natale, domani.»gli raccomandò suo padre.

«Certo, certo.»fece Tommy.

«Allora, sei pronto?»chiese Carmen a Tommy. «Dobbiamo andare, altrimenti troveremo un casino, per le strade.»

Io mi alzai dal divano e detti un bacio ad Antonio, salutandolo. «Ci vediamo più tardi, Tonio.»

«Va bene, bimba.»mi sorrise lui, mentre Carmen prendeva le chiavi della macchina e usciva di casa.

Io misi il giubetto e seguii Carmen di fuori, insieme a Tommy. Salimmo sul BMW di Carmen, dirigendoci verso il suoermercato, dove acquistammo della carne e il necessario per fare la grigliata il giorno successivo a casa di zia Clara.

Mentre stavamo uscendo dal centro commerciale, sentii il telefono di Tommy squillare nella mia borsa, dove il mio ragazzo lo aveva buttato precedentemente.

«Rispondi te, per favore.»mi disse Tommy, mentre caricava la spesa sulla macchina, con sua mamma.

Cercai il suo telefono nella borsa e guardai il display: Monica, sua cognata. «Monny!»risposi io, felice di sentirla. «Come stai?»

«Alli, ma sei tu?»mi chiese, incredula nel sentire la mia voce. «Io sto bene e tu? Che ci fai con il telefono di Tommy?»

«Sta mettendo la spesa in macchina e ti ho risposto io, perché?»

«Visto che mi hai risposto tu, voglio che tu sappi che vorrei chiedere a te e a Tommy di fare da padrini a Smuele.»rispose lei, con tono di voce dolce e gentile.

Non potevo crederci! Aveva veramente espresso il desiderio di farci fare da padrini per suo figlio! Come mi sarei dovuta comportare, da quel momento? Sarebbe stato tutto come era già prima o dovevo essere più presente? Si beh, certo! Sarei dovuta sicuramente essere più presente nella vita di mio nipote, che sarebbe stato anche il mio figlioccio. Un moto di orgoglio mi riempì il petto e sorrisi come un ebete, in direzione di Thomas, il quale aveva un'espressione ancor più dubbiosa e impaurita dal mio entusiasmo. Salii sui sedili posteriori come se fossi stata leggera come una piuma e arrivai addirittura a stendermi sull'ampio sedile, posando le scarpe contro il finestrino.

«Monny, ne parliamo stasera a casa di Carmen, comunque per me va bene!»esclamai.

«Sono contenta!»fece lei. «Sarà sicuramente fantastico per Samuele avere gli zii che gli fanno anche da padrini.»

«Spero di esserne all'altezza.»

«Lo sarai, fidati.»mi rassicurò lei. «Piuttosto, io avevo chiamato Tommy per chiedergli se poteva venire a prendere Samuele, perché devo andare a fare compere e non posso portarlo con me, visto che quel cretino del mio compagno è uscito senza dirmi nulla.»

Scoppiai a ridere. «Tommy, sai per caso dov'è tuo fratello?»

Il mio ragazzo si voltò verso di me, poi tornò a guardare la strada. «A me lo chiedi? Non sono mica il suo segretario.»

«E' mai possibile che quel cretino sia sempre fuori casa?»borbottò Carmen, svoltando a destra, per la via di casa loro.

«Comunque ha chiesto Minica se dopo puoi passare a casa sua.»dissi a Thomas.

«Dille che dobbiamo solo arrivare a casa e poi ci andiamo.»

Io ripetei il tutto alla ragazza. «Dacci un po' e arriviamo.»

Detto questo ci salutammo e terminai la telefonata, rimettendo il cellulare di Tommy nella mia borsa e sdraiandomi di nuovo sui sedili posteriori. Arrivammo a casa di Carmen e Tommy aiutò sua madre a portare su la spesa, poi prese le chiavi della sua macchian e insieme andammo a casa di Monica.

«Alice! Thomas!»ci salutò Monica, sorridente e venendoci incontro, con Samuele in braccio.

Appena Tommy notò che il nipote aveva un cappellino di lana sul capo e il giubbottino addosso, si voltò a guardarmi, mentre io prendevo in braccio il bimbo e lo sbaciucchiavo sulle guance.

«Ma ciao bel pupetto!»esclamai, sentendo il bimbo ridacchiare. «È da tanto che non ci vediamo, vero?»

Monica salutò Tommy, poi chiuse la porta di casa sua e mi porse una borsa blu, quella per bambini dove ci metti dentro di tutto e che pesa ancor di più della borsa di una ragazza. «Ci sono i pannolini e il latte. Quando glielo dai, riscaldalo per pochi secondi nel fornetto, ma non darglielo bollente e ricordati...»

«Monica!»la interruppi, posandole una mano sulla spalla. «Sta tranquilla: so cosa fare.»

La vidi rilassare le spalle e sospirare. «Sto parlando a vanvera, vero? Scusami ma sono nervosa.»

«Perché?»le chiesi, uscendo con lei fuori dal giardino, mentre Tommy prendeva il seggiolino dalla macchina di Monica e lo metteva nella sua. «Cosa è successo?»

«In realtà non devo fare alcuna spesa... Sto andando a fare una visita.»

«Monica, mi stai spaventando.»sussurrai, spaventata.

«Non è nulla di grave, te lo assicuro.»mi disse. «Ti dirò tutto stasera.»

«Posso stare tranquilla?»le chiesi.

Lei annuì e baciò la guancia di Samuele, entrando nella sua macchina e accendendo il motore. Abbassò il finestrino e si sporse fuori. «Ci vediamo stasera da Carmen!»

Annuii e la vidi partire con la macchina, mentre Samuele mi tirava i capelli ed emetteva i tipici urletti dei bimbi piccoli. Mi voltai a guardarlo con un sorriso e lo strinsi a me, avvicinandomi a Tommy, che mi fissava stranito.

«Cosa c'è?»gli chiesi, inarcando un sopracciglio.

«Siete belli, insieme.»disse lui con nonchalance, aiutandomi a mettere Samuele comodo sul seggiolino e allacciandogli bene le cinturine di sicurezza. Sorrisi al sentire quella frase e mi sedetti a fianco del bambino, giocando con lui, facendogli il solletico e baciandolo sulla testolina profumata.

Mangiammo a casa di Carmen a pranzo, visto che poi mio fratello Alex ed io saremmo andati al cimitero. Ad ogni Natale andavamo a portare dei fiori freschi alla tomba dei nostri genitorie, come al solito, la visita alla tomba dei nostri genitori fu di una tristezza incredibile: sapevo che zia Clara passava appena le era possibile per portare dei fiori, ma la pietra marmorea che mi ritrovai davanti, con sopra scritto Francesco Carlo Marra e Giulia Spinzi, era forse quella più spoglia di tutte. Mi inginocchiai davanti alla lastra e la ripulii dalla neve dicembrina e dalle foglie, posando la sola rosa rossa che avevo preso da un fioraio qualche minuto prima, insieme a mio fratello.

«Saremmo dovuti venire più spesso.»sentii mormorare Alex. «Probabilmente non sono contenti del fatto che trascuriamo questo posto...»

«O probabilmente sono felici del fatto che tiriamo avanti, anche se non ci sono più...»dissi io, tornando in piedi e toccando il braccio di mio fratello con un sorriso. «Alex, credimi: sono contenti di qualunque cosa facciamo.»

«Qualunque cosa?»fece lui. «Ti ricordi cosa facciamo io e gli altri?»

Sospirai abbracciandolo. «Se tu fossi un ladro o il miglior calciatore al mondo, saresti sempre mio fratello. Non mi interessa. Questo mondo è corrotto e non possiamo cambiarlo. Quello che fate è una conseguenza di quello che ci circonda, Alex. Non sto tentando di giustificarti, ma è il modo che ho adottato per spiegare a me stessa tutto quanto, prova a pensarla così anche tu. Quando poi vorrete cambiare in meglio, allora sarò ancor più felice!»

Lui sciolse il nostro abbraccio e mi fissò intensamente. «Sei fin troppo saggia, sai? Certe volte mi dai sui nervi!»

Sorrisi, dandogli un bacio sulla guancia e prendendolo per mano. «Ci diamo fastidio a vicenda, fratellone. Vieni, andiamo ora.»

Uscimmo dal cimitero e vidi che Tommy ci stava aspettando nella stessa posizione di quando lo avevamo lasciato lì fuori, appoggiato alla sua macchina, con Samuele in braccio. Era voluto venire anche lui, sarebbe rimasto fuori ad aspettarci, aveva detto.

E così fece.

Gli corsi incontro, abbracciandolo e facendomi stringere al suo petto, mentre Alex girava intorno alla macchina e si sedeva sul sedile anteriore del passeggero. Samuele iniziò a lamentarsi e fummo costretti a sciogliere l'abbraccio, mentre prendevo in braccio il bimbo.

«Questo birbante!»esclamai con un sorriso, cercando di cacciare indietro le lacrime. «Hai freddo, vero?»

«Stai bene?»mi chiese Tommy, cercando il mio sguardo e aprendo la portiera.

«Ora sto meglio.»gli dissi, salendo sui sedili posteriori con Samuele.

«Andiamo a casa va!»saltò su mio fratello. «Ho fame.»

Scoppiammo tutti e tre a ridere e Samuele, con quel fare da bimbo, ci imitò, facendoci ridere ancor di più anche quando oramai eravamo arrivati a casa di Tommy. Aprii la porta di casa e scesi in taverna, seguita da Tommy.

«Cambio solo i vestiti e poi scendiamo, va bene?»dissi a Tommy.

«Fai con calma.»mi rassicurò lui. «Io intanto do un'occhiata a Samuele.»

Mi diressi in bagno, tirando fuori da un sacchetto il vestito nero di pizzo che avevo preso per quella sera: era molto bello, me ne ero innamorata soprattutto per lo spacco abbastanza accentuato sul davanti, che faceva vedere la gamba fino a metà coscia. Il tessuto coprente arrivava da sopra il seno fino all'inizio dello spacco, lasciando scoperte le gambe, le braccia e le spalle. Insomma era strafigo. Indossai un paio di scarpe nere con il tacco e uscii dal bagno. Quella sera saremmo andati al "TheBlok", quindi nonsaremmo rimasti tutta la notte da Carmen.

Quando entrai in camera di Tommy, per poco non scoppiai a ridere a crepapelle: il mio ragazzo aveva la faccia di un pesce lesso, con occhi e bocca spalancati e tutto il resto!

«Devi per forza indossare quel vestito per stasera?»mi chiese, dopo essersi ripreso.

«Perché?»gli dissi, guardandomi e avvicinandomi poi a Samuele per prenderlo in braccio.

«Al "TheBlok" ci sono individui poco raccomandabili, lo sai.»rispose, assottigliando gli occhi e avvicinandomisi.

«Da che pulpito.»lo provocai.

«Tu così non esci.»fece con tono scherzoso, passandomi una mano dietro la schiena e spingendomi verso di lui.

«Tu dici?»

«Si, io dico.»

Ridacchiai quando si avvicinò per darmi un bacio e Samuele si lamentò. Tommy lo prese in braccio e lo mise sul suo letto, tornando a me e dandomi l'agognato bacio dolce e delicato. Sorrisi e lo fissai negli occhi per qualche istante.

«Sei bellissima.»mormorò sulle mie labbra. «E sei mia!»

«Si ma quanto ho dovuto faticare per essere qui, vicino a te.»dissi, baciandolo di nuovo e spostandolo per riprendere Samuele.

«Ma cosa stai dicendo?»scherzò lui. «È tutto merito mio se siamo insieme.»

Risi, uscendo dalla sua camera per scendere da basso. «Sisi, come no!»

Mi bloccai sulle scale e Tommy quasi mi venne addosso. Davanti agli occhi avevo due signori anziani, sulla settantina, che mi studiavano attentamente. La donna era una signora molto distinta, con i capelli e il truccò ben curati, vestita con un completo maglietta e pantaloni scuro. Al collo aveva una catenina d'oro e alle orecchie degli orecchini molto vistosi, dello stesso metallo. L'uomo invece sembrava uno dei tipici patriarchi meridionali, molto simile a mio nonno: baffetti scuri sopra le labbra capelli grigio scuro tirati indietro dal gel e pettinati con cura, sguardo attento e vigile, vestito anche lui con un completo scuro e sotto la giacca una camicia bianca e aperta sul petto, che mostrava una catenina molto più grossa di quella della donna, alla quale era attaccata una croce d'oro.

Sembrava uscito da chissà quale film malavitoso stile Gabriel Garko o simili!

Poi sentii dire una cosa a Tommy che mi fece gelare. «Nonno! Nonna! Ma non dovevate arrivare domani?»

Spalancai gli occhi, preoccupata dalla situazione: e ora come mi avrebbero giudicata, visto il mio vestito di pizzo, che già il nipote aveva giudicato inadatto.

«Ti abbiamo fatto una sorpresa!»esclamò la donna con un lieve accento siculo, avvicinandosi a Tommy e baciandolo sulle guance. Poi si voltò verso di me e mi squadrò nuovamente. «Tu sei la sorella di Alex, giusto? Sei cresciuta parecchio!»

Le sorrisi e mi lasciai baciare sulle guance, come aveva fatto con Tommy. «Si signora, sono Alice! Piacere di conoscerla!»

«Oh ragazza mia! Non darmi del Lei, per favore! Sei la fidanzata di mio nipote: chiamami nonna Lia!«fece lei, passando poi a sbaciucchiare Samuele.

«Va bene.»dissi, sorridendo per la situazione abbastanza comica e surreale.

«Educata e anche bella!»disse il nonno di Tommy, dando delle piccole pacche sulla guancia del nipote. «Te la sei scelta bene, Tommy. Bravo!»

Rimasi basita da quelle parole ed ero ancora incredula, mentre il nonno mi baciava sulle guance. «Mi fa piacere conoscerti, Alice! Io sono Tommaso!»

«Il piacere è mio!»risposi, quasi balbettando.

Li guardai andare in cucina con Samuele, mentre io e Tommy rimanevamo bloccati in sala da pranzo, sbigottiti. Nel momento in cui li avevo visti mi era parso di vedere delle persone rigide e molto ottuse, invece avevo conosciuto due anziani molto dolci e gentili, per nulla cattivi o introversi.

«Beh!»fece Tommy, destandomi dai miei pensieri e prendendo in braccio Darko, che stava guardando ci dal basso con la testa inclinata verso un lato. «Sei piaciuta a tutti e due. Questo è sicuro!»

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Capitolo 29
*** Affare fatto. ***


Mio fratello, Silvia e tutti gli altri erano arrivati una mezz'oretta dopo e si erano seduti alle due lunghe tavolate del salone, che era stato svuotato dei due divani e del tavolino. Tommy e Alex, insieme a Teo e a tutti gli altri si erano presi il compito di spostare i mobili, mentre io, Silvia e Stefania dirigevamo (per modo di dire) i lavori. In realtà stavamo semplicemente chiacchierando amabilmente con Monica del più e del meno, finché la donna non mi aveva preso in disparte.

«Te l'avevo promesso che ti avrei detto tutto.»sorrise lei, stringendomi i polso tra le sue mani. «Alli, sono incinta e sei la prima a saperlo!»

Spalancai gli occhi e rimasi a bocca aperta. Volevo urlare e piangere, poi volevo ridere e poi di nuovo piangere: sapere che mia cognata era in stato interessante ed essere la prima a saperlo mi faceva morire dalla gioia.

«Oh dio, Monny!»esclamai, con le lacrime agli occhi. «Sono... contentissima per te! Vieni qui e fatti abbracciare!»

La strinsi a me, con delicatezza e poi asciugai le lacrime sfuggite al mio controllo con il fazzoletto che mi stava porgendo lei. Era ironica, la scena: lei, che doveva piangere come una fontana, passava a me il fazzoletto per asciugarmi le lacrime.

«Nathan non sa ancora nulla.»mi disse lei, dopo che mi fui calmata. «Anzi, credo che glielo dirò questa notte, come regalo di Natale.»

«Sarà il suo miglior Natale, questo!»ridacchiai. «Ne sono sicura guarda.»

«Penso proprio di si.»

Quando poi Michael era arrivato, Monica gli era andata incontro e lo aveva baciato con passione sulle labbra, tanto che avrei giurato che Carmen li avrebbe invitati a tornarsene a casa, se dovevano fare così tutta la serata. E invece persino Carmen, dopo che aveva appreso anche lei la notizia, si stava dando da fare con suo marito Gianluca.

Così avevo deciso di togliermi dall'imbarazzo della situazione e me ne ero andata in cucina, con tutti gli altri. Mi sedetti vicino a Tommy e mi avvicinai con le labbra al suo orecchio.

«Così hai lo stesso nome di tuo nonno eh.»sussurrai.

Si voltò verso di me, facendomi l'occhiolino, poi mi spinse a sedermi sulle sue gambe. «È una tradizione terrona, dovresti saperlo.»

«Guarda che io di terrone ho solo le origini!»sorrisi.

«Ah già!«»fece lui. «Mi stavo dimenticando che tu sei nata qui.»

«Senti, caro il mio tenebroso siciliano.»iniziai. «Si stanno baciando tutti e noi siamo gli unici a parlare.»gli feci notare, facendo segno verso i suoi genitori e Michael e Monica.

«E quindi?»fece lui, ammiccando. «Cosa vuoi?»

Gli tirai uno scappellotto. «Ma guarda che sei uno stronzo eh!»sussurrai, mettendogli una mano dietro alla nuca e avvicinandolo a me. «Voglio le coccole.»

Lui ridacchiò e posò una mano sulla mia coscia. «Da quando in qua vuoi le coccole scusa?»

«Perché sono invidiosa di loro che si sbaciucchiano!»protestai a bassa voce. «Mentre tu non mi fai nemmeno una carezza.»

La sua mano si spostò, salendo verso la mia vita e scese sul mio sedere. «Così ti va bene?»

«Tommy, ho detto coccole, non i preliminari!»dissi, cercando di alzarmi.

Lui scoppiò a ridere, trattenendomi per la vita. «Guarda che sei tu che pensi male.»

«No, caro mio! Sei tu che CAPISCI male.»

Mi alzai in piedi e andai verso Silvia e Alex, i quali stavano giocando a scala quaranta, un gioco che facevano anche i nostri nonni a natale e che ci avevano insegnato.

«Perché non mi avete detto che avreste giocato?»mi lamentai. «Dopo entro anche io.»

«Guarda che doppi sensi che fai: chi deve entrare dove?...«mormorò Tommy al mio orecchio, avvolgendomi la vita con le braccia.

«Ma stasera cos'hai?»ridacchiai. «Sei impazzito?»

«È colpa del vestito!»si giustificò lui. «Mi sa che devi andare a cambiarti.»

Capii subito le sue intenzioni: Tommy era diventato un libro aperto per me, ormai. «Sei incredibilmente geloso e doppiamente scemo! Non mi cambio solo perché il vestito ti dà fastidio! Abbi un po' di fiducia in me!»

«Di te mi fido, amore.»mi disse. «Sono gli altri che... Mh!»

«So come far tenere agli altri le mani a posto, tranquillo.»

«Voi due!«»ci chiamò Alex. «Dovete giocare o no?»

Mi sedetti subito al tavolo e, dopo qualche minuto, ero già riuscita a far "uscire" dalla partita la maggior parte dei giocatori, tranne Carmen. Era tosta, mia suocera, c'era da ammetterlo! Alla fine dovemmo interrompere la partita perché era arrivata l'ora di mangiare.

Quando vidi un piatto di lasagna fumante davanti agli occhi, non potei che spalancare gli occhi e gemere. «Carmen, capisco che siamo a Natale, che mi vedi magra, ma questo piatto straborda!»

«Mangia e non ti lamentare!»mi disse Lia, facendomi l'occhiolino. «Per una volta non ti fa male!»

Alla fine fu Tommy a finire anche il mio piatto, perché io stavo già scoppiando. «Al TheBlok ci posso arrivare rotolando, ora!»dissi, sbuffando.

Scoppiarono tutti a ridere e Tommy mise il suo braccio sulle mie spalle, stravaccandosi tranquillamente sulla sedia. «Mamma era buonissima! Brava!»

«Ci mancherebbe altro che non ti piace!»fece Carmen. «Altrimenti te ne vai a mangiare da Alice!»

«L'hai proprio trovata quella che sa cucinare bene!»dissi, indicandomi e lasciando poi andare la mano sulla gamba di Tommy.

«Ai miei tempi le ragazzine della tua età sapevano cucinare già da cinque o sei anni!»esclamò Lia. «È ora che inizi anche tu, no?»

«Lia, non è che non mi piace cucinare...»

«Le piace più mangiare.»ridacchiò Teo, facendo poi sghignazzare tutti quanti.

«Ma va!»feci io, guardando male il mio amico. «È la cucina che mi odia!»

Lia rise, scuotendo la testa. «Devi comunque metterti sotto e provare!»

Tommy si avvicinò al mio orecchio e mormorò: «Anche in cucina devi metterti sotto eh!»

«Ma smettilaaa!»mi lamentai, schiaffeggiandogli la coscia. «Sei odioso quando fai così!».

Le sue labbra erano incurvate in un sorriso birichino, mentre si alzava dalla tavola e mi prendeva per mano. «Vado a fumarmi una sigaretta, va!»

«Non fartele mai mancare, mi raccomando!»lo riprese Carmen. «Poi vedi come corri in campo!»

«Tu inizia a non tirarmela dietro, mamma».

Uscimmo sulla terrazza, dopo aver preso la giacca e mi sedetti su una sedia, quelle fatte di paglia, mentre Tommy accendeva la sigaretta e aspirava ed espirava il fumo. Presi a canticchiare una canzone a caso, che nemmeno ricordo e dondolai le gambe sulla seggiola per il freddo. Tommy mi si avvicinò e mi fece mettere in braccio a lui, stringendomi con le braccia per riscaldarmi.

Sorrisi. «Grazie.»

«E di cosa?»fece lui, rispondendo al sorriso.

«Per tutto.»mormorai, baciandolo sulle labbra con delicatezza e sentendo l'odore del tabacco sulle mie.

Qualcuno aprì la porta finestra e si affacciò per cercarci. «Ragazzi, la mamma vi vuole dentro.»ci disse Nathan, con un sorriso. «Stiamo per iniziare a giocare a tombola.»

«Oh mamma.»sbuffò Tommy. «Alli, non giocare se c'è anche mia nonna! Lei è sempre fortunata in questo cazzo di gioco.»

«Maddai, Tommy.»dissi. «Proviamoci almeno una volta.»

«Io non gioco. Sia chiaro.»si lamentò, aspirando l'ultimo tiro dalla sigaretta e spegnendo la nel posacenere.

Scoppiai a ridere. «Devi accettare la sconfitta, Tommy!»

«Facciamo così: se vince sempre mia nonna, vai a cambiati il vestito.»

«E se vinco io, tu vai in bianco fino a capodanno!»lo sfidai, mettendo le mani sui fianchi.

«Affare fatto!»

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Capitolo 30
*** Notte di Natale. ***


«Tombolaaa!»urlai, ridendo come una pazza.
 
Io e Lia, la nonna di Tommy, ci eravamo messe d'accordo a giocare in squadra, con tre cartelle della tombola a testa ed era la terza volta che vincevamo il bottino, anzi che vincevo il bottino, visto che le cartelle vincenti erano quelle che avevo io.
 
«Tommy, per favore portala via!»scherzò Nathan. «Se continua così ci lascia in mutande stasera!»
 
Tommy mi guardò male, raccogliendo le sue cartelle e mettendole a posto. «Hai ragione, Nate! Non la sopporto già più! La nonna è una cosa, ma lei...»
 
«Thomas!»lo riprese sua nonna.
 
«Cosa vorresti dire?»gli chiesi, assottigliando gli occhi. «Se sono fortunata nel gioco non è colpa mia.»
 
«Se fossi fortunata solo in amore sarebbe meglio però.»rise il nonno, tirando su le caselline verdi. «Allora ve ne andate?»
 
«Si, nonno.»rispose Thomas. «Tanto domani ci rivediamo.»
 
«Tommy, ma non siete da Alex domani?«gli ricordò Carmen.
 
«No, Carmen!»rispose per lui mio fratello. «Visto che ci sono i tuoi genitori, abbiamo deciso di fare la grigliata a Santo Stefano, così Tommy può venire qui e noi andiamo da qualche parte.»
 
«Ma no, ragazzi!»esclamò Tommaso, buttando giù l'ultimo sorso di vino nel bicchiere. «Se volete festeggiare con i vostri amici e per conto vostro fatelo pure! Noi ci vediamo domani sera.»
 
«Oramai abbiamo già deciso, nonno.»disse Tommy. «Domani io e Alice siamo qui, domani sera vengono anche loro e poi dopodomani andiamo da Alex.»
«E allora...«fece Tommaso. «Non vogliamo di certo rovinarvi i piani.»
 
«Non lo fate in alcun modo, Tommaso!»gli sorrisi io. «Sono ben più che contenta di venire qui! Almeno posso divertirmi come stasera.»
 
Presi la giacca che mi stava porgendo Tommy e la indossai. «Basta che fai vincere anche me!»esclamò il nonno, mentre Lia scoppiava a ridere.
 
«Allora ti prometto che domani gioco con te e vediamo se sono io la fortunata o è Lia.»gli dissi, mettendomi la sciarpa di lana grigia.
 
«Ci sto.»fece. «Tommy fate attenzione alla strada!»ci raccomandò Tommaso. «E copritevi, ché fa freddo!»
 
Il mio ragazzo si voltò verso di me e mi fissò ghignando. «Hai capito, Alice?»
 
«Io sono coperta, stupido!»lo presi in giro, guardando poi Tommaso. «O no?»
 
«Eh... Si dai!»rispose lui.
 
«Ma come "si dai"?»risi. «Cosa c'è che non va?»
 
«Niente Alice.»mi disse Lia. «Lasciali stare, questi due, ché sono fatti della stessa pasta, tutti e due all'antica sono,»
 
«Non è che siamo all'antica, nonna.»si difese Tommy. «È che se prende freddo e poi si ammala, chi la sopporta più?»
 
Alex scoppiò a ridere.
 
«Non è vero.»lo contraddii. «Anche prima mi hai rotto le scatole perché il vestito è troppo trasparente, secondo te.»
 
Carmen ammonì suo figlio, il quale senza dar retta alla madre salutò i nonni e iniziò ad avviarsi alla porta. Io ridacchiai e salutai tutti, seguendolo. Quando salimmo sulla sua macchina, Tommy accese il riscaldamento e attese che i vetri si spannassero, per poi mettersi in marcia, seguito a ruota da mio fratello e dagli altri.
 
«Rimani vicina a me, stasera.»mi disse, senza guardarmi. «Per favore.»
 
«Ma hai veramente la convinzione che mi rompono le scatole per il vestito, stasera?»gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
 
Quando lo vidi annuire, non potei far altro che ridere, carezzandogli la guancia. «Se ti fa stare più tranquillo, allora sarò la tua ombra.»
 
Mi prese la mano e la portò alle sue labbra, baciandola. «Grazie al Cielo!»
 
Restai per qualche istante in silenzio, ma poi non ce la feci a non curiosare. «Mi spieghi cosa accadrà stasera? Perché mi spiace Thomas, ma non me la dai a bere.»
 
Lui svoltò nella strada che portava al locale e sospirò. «Purtroppo qualche deficiente ha invitato i romeni e abbiamo una brutta sensazione.»
 
Trattenni il respiro, irrigidendomi. Ogni qualvolta si parlava della banda dei romeni, mi veniva l'ansia. «Cioè?»
 
«Pensiamo che stasera siano lì, ma non ne siamo sicuri al cento per cento, visto che è territorio nostro.»mi spiegò lui. «Per questo sono un pochino nervoso.»
 
«Un pochino?»lo presi in giro. «Tu stai ribollendo dal nervoso, Tommy!»
 
Lo vidi sorridere. «E pensa che non siamo ancora entrati dentro.»
 
«Nono, non ci voglio pensare guarda.»
 
«Esagerata!»esclamò. «Tuo fratello è dietro?»
 
Mi voltai verso il lunotto è così la macchina di mio fratello dietro alla nostra, così tornai come ero prima e stavo per annuire, quando mi ritrovai sul cruscotto una scatola di cioccolatini di quelli che solitamente si mangiano a San Valentino.
 
«E questi?»gli chiesi, prendendo la scatola e aprendola.
 
«È il mio regalo di Natale, ingrata.»
 
«Ingrata io?»
 
«Si tu! Uno ti fa i regali di Natale e chiedi pure cosa siano.»rispose lui, parcheggiano la macchina vicino all'entrata.
 
Scoppiai ridere, prendendone uno e posandolo sulle mie labbra, voltandomi verso di lui e facendogli cenno di avvicinarsi a me. Thomas mi guardò e ridacchiò, dandomi un bacio per mordere l'altra metà di cioccolatino. Masticai la mia parte e scesi dalla macchina, girando attorno all'auto e aprendo la sua portiera per intrufolarmi addosso a lui.
 
«Non stancarti troppo stasera, perché anche io ho un regalo per te.»lo provocai.
 
«Oh, Dio!»sospirò lui, carezzandomi i capelli. «Ti ringrazio per avermi dato una ragazza con così tanta presa di iniziativa.»
 
Detto questo mi baciò sulle labbra, insinuando poi la lingua è stringendomi a sé. «Ti amo.»
 
«Mi amano tutti se è per questo!»lo presi in giro, passandogli un braccio sulle spalle e tirandolo per il collo verso di me. «Ma devo dire che tu superi tutti, dai.»
 
«Almeno in qualcosa gli altri li devo superare.»fece lui, spingendomi dolcemente indietro per uscire dalla macchina.
 
«Tu superi gli altri in tante cose, amore.»gli dissi, mentre chiudeva la macchina con la sicura e mi prendeva per mani. «Perciò sei il migliore e basta.»
 
«Mi stai per caso leccando il culo?»mormorò, socchiudendo gli occhi e salutando i due uomini della sicurezza del locale. «Ciao Teo! Ciao Andre!»
 
«Ciao Tommy!»lo salutarono in coro.
 
«Finalmente ti sei sistemato eh.»gli disse quello chiamato Matteo. «Bravo! Ed è anche bella!»
 
«Io invece posso anche abbracciarla!»esclamò Andrea, prendendomi in braccio e facendomi girare. «Ti conosco da quando, per la pischellina che eri, avevi ribaltato tre ragazze più grandi di te.»
 
«Ah, quindi tira fuori anche le unghie.»disse Matteo. «Mi piacciono le ragazze così.»
 
Gli sorrisi e li salutai, entrando all'interno del locale, insieme a Tommy. Non passò molto tempo prima che ci buttassimo a ballare. A metà serata il DJ aveva anche messo musica latina e avevo costretto Thomas a ballare con me, anche se lui voleva andare a bere qualcosa al bancone. Io la facevo apposta a non farlo bere, visto che comunque quel cretino doveva anche guidare poi, per tornare a casa.
 
«Non ho voglia di ballare la bachata, Alli!»mi disse, guardando il bancone. «Teo mi ha offerto da bere, andiamo da loro e poi torniamo qui, dai.»
 
«Ma io voglio ballare adesso.»mi lamentai, stringendomi alle sue spalle. «Dai, cosa ti costa?!»
 
Lo sentii sbuffare e si voltò, mentre reprimevo un sorriso birichino. Tommy mi posò le mani sui fianchi, stringendomi la vita e spingendomi verso il suo corpo. Iniziammo a muoverci a tempo di musica e subito iniziai a divertirmi: ballare latino con Tommy era una cosa troppo bella, perché lui sapeva come muoversi ed era terribilmente sensuale quando lo faceva.
 
«Ora ho capito perché volevi ballare.»mi dice all'orecchio, mentre io mi allontano da lui per guardarlo con espressione interrogativa. «Potevi anche provocarmi in un altro modo, sai.»
 
All'inizio non capisco cosa voglia dire, ma poi finii per ridere, fingendo che mi avesse beccata in pieno. «Allora non sei così stupido.»
 
«Per state con te bisogna pensare a tutto!»esclamò lui, facendomi l'occhiolino e strusciandosi sul mio corpo.
 
«Tommy.»lo ripresi, quando mi girò di schiena e ballò la bachata facendo appoggiare il mio fondoschiena alla sua vita.
 
«Hai voluto ballare tu eh.»mi ricordò, allontanandosi dalla pista da ballo insieme a me e portandosi con la schiena contro una delle pareti del locale. «Non nascondere la mano, dopo aver tirato il sasso, piccola.»
 
Detto questo mi baciò con urgenza, avvicinando i nostri bacini e facendomi sentire quanto mi stesse desiderando. Io sfiorai "casualmente" il cavallo dei suoi pantaloni con la mano e lo vidi roteare gli occhi, gemendo.
 
«Spero di uscire di qui subito, altrimenti dovrò portarti in un bagno. E non mi piace l'idea di te e me in un bagno del "TheBlok".»disse, fermando la mia mano.
 
«Se ne hai bisogno...»lo provocai, sorridendogli.
 
Non se lo fece ripetere due volte e ci rifugiammo nella stanzetta degli addetti alla sicurezza, nel quale solo Tommy e gli altri del suo giro potevano andare, oltre ovviamente agli uomini della sicurezza. Appena girò la chiave, mi gettai su di lui per baciarlo. Gli sbottonai i jeans e lo spinsi verso un divanetto di pelle che c'era nella stanza, poi mi abbassai alla sua altezza e posai le ginocchia a terra, mettendo le mie mani sulle sue cosce.
 
«Tu sei pazza.»mormorò lui, mentre passavo la lingua su tutta la sua lunghezza.
 
«Perché?»gli chiesi, inarcando le sopracciglia.
 
«Perché non ti avrei mai immaginata in ginocchio davanti a me che stai per farmi un pompino come si deve.»rispose lui.
 
«Veramente non era quella la mia finalità.»gli dissi, alzandomi in piedi e tirandomi su il vestito, facendo scendere lungo le mie gambe gli slip.
 
Mi sedetti sulle sue gambe e lo accolsi dentro di me, sospirando di piacere. Iniziai a muovermi su e giù, osservando la sua espressione passare da seria a immersa nelle spire della passione. Ripeté il mio nome, insieme a qualche "cazzo" o "porca troia", finché non lo sentii liberarsi dentro di me, cosa che fece venire anche me. Rimasi sulle sue gambe a baciarlo sulle labbra, mentre lui mi stringeva a sé.
 
«Sai che non vedo l'ora di vivere insieme a te?»mi disse. «Così almeno potrò sapere che ti troverò sempre nel nostro letto o in cucina sul tavolo o sul divano o dove cazzo ti pare!»
 
«Ho come l'impressione che, quando abiteremo insieme, non avremo mai tempo per fare altro, se non scopare così tanto.»risi io, leccandogli le labbra.
 
«Amo quando fai la dura, lo sai? Mi piace come dici " scopare". Sembra una cosa di cui non sai come liberartene, ma di cui al contempo non puoi farne a meno.»
 
«Non credo di voler liberarmene.»
 
«Meglio allora.»
 
Mi alzai dalle sue gambe, infilandogli i miei slip nella sua giacca ed entrando in bagno. Quando finii uscii di corsa dallo stanzino, sentendolo ridere e mi diressi al bancone, chiedendo a Teo di consigliarmi qualcosa di forte.
 
«L'unica cosa che sopporteresti Alli è il Mimosa!»esclamò lui, facendomi ridere.
 
«Allora prendo solo un Mimosa e basta dai.»dissi al barista, il quale mi diede il bicchiere di alcolico.
 
Due mani mi circondarono la vita, fino ad arrivare al mio ventre, per poi abbassarsi verso la giuntira delle mie gambe.
 
«Volevi ubriacarti senza di me?»mo chiese Tommy all'orecchio.
 
Allontanai il bicchiere ansimando quando le sue dita premettero da sopra il vestito sul mio Monte di Venere, facendo dei piccoli movimenti circolari. Io mi agitai sulla sedia e proprio quando ero lì lì per venire al bancone di un locale, Tommy allontanò la mano, chiedendo al barista di fargli un bicchiere di Tequila, che ingollò tutto d'un fiato.
 
«Sei un bastardo!»gli dissi all'orecchio, bevendo poi il mio Mimosa.
 
Non era male, mi piacevano i succhi di frutta e lo champagne si sentiva poco. Un applauso a Teo che mi aveva consigliato qualcosa di buono, dopo Tommy ovviamente!
 
«Il bastardo qui ti piace.»mi disse. «È la seconda volta che te lo dico. Ti piace forse sentirtelo dire?»
 
«Forse...»feci io, portando la mia mano dove prima c'era la sua. «O forse mi piace farti pensare che abbia bisogno di te per... Soddisfarmi!»
 
Lo vidi spalancare gli occhi per quello che stavo facendo, ma non gli detti troppo peso e lo scostai per passare. Mi avvicinai a Stefano e mi misi a ballare con lui, mentre questo si strusciava su di me come aveva fatto Tommy in precedenza. Sapevo che Thomas non sarebbe intervenuto, perché Stefano era interessato a un'altra ragazza e comunque era suo amico e sapeva al cento per cento che non lo avremmo mai tradito, né io né Ste. Il mio era uno di quei ragazzi che non si faceva problemi a vederti ballare con i suoi amici. Ad un certo punto sperì per una mezz'oretta e quando tornò aveva un largo sorriso sulle labbra, segno che i suoi stavano vendendo bene quella sera. Per un momento pensai a dove potesse essere mio fratello Alex, ma Stefano mi distrasse, prendendomi i polsi e passando le dita sulle mie braccia, spingendole dietro la sua testa.
 
«Tommy ti sta facendo segno di andare da lui.»mi disse Ste, indicandomi Thomas. «Forse dovete andare.»
 
Annuii. «Grazie del ballo, tato.»gli dissi, dandogli un bacio sulla guancia e dirigendomi verso Tommy; nel frattempo altre ragazzine si erano avvicinate a Stefano, intente a fare bella figura con lui, per poterseli accaparrare. Sorrisi per quella scena, finché non arrivai vicino al mio ragazzo.
 
«Andiamo?»mi chiese lui.
 
«Si, ché sono stanca.»gli risposi.
 
«Ma se hai ballato fino ad ora!»mi fece notare lui.
 
«Per forza, mi hai lasciata da sola!»
 
Mi prese per mano e mi condusse con sé fino all'uscita. La serata, per come si era prospettata all'inizio, soprattutto per i timori catastrofisti del mio ragazzo verso la banda dei romeni, passò benissimo. Alle tre uscimmo dalla discoteca, anche perché la mattina dopo io e Tommy avevamo il pranzo con la sua famiglia e non volevamo fare brutta figura.
 
«Ci vediamo, Thomas!»lo salutò Andrea, dandogli la mano. «Trattami bene Alice.»
 
«Lo faccio sempre.»disse lui. «È piuttosto a lei che devi dire di coccolarmi di più.»
 
«Mia mamma dice sempre una cosa: l'uomo ha il dovere di difenderla, la donna ha il diritto di amarlo. Niente di più, niente di meno.»
 
«Ah, quindi io ho i doveri e lei i diritti?»
 
«Ti è andata male, babbo!»scoppiai a ridere io, battendo il cinque ad Andrea. «Buone feste, Andre!»
 
«Perché "buone feste"? Non tornate più a trovarci?»ci chiese.
 
«Eh, chiedi a lui.»gli dissi. «Lo sai che io esco raramente!»
 
Andrea guardò Tommy. «Non lo so, amico! Ci sono i miei nonni a casa mia e mi dà un po' fastidio uscire quando loro vengono a trovarci. Però magari un'altra serata ce la facciamo, dai!»
 
«Va bene, allora vi aspetto. Buonanotte ragazzi!»
 
«'Notte!»urlammo io e Tommy in coro, andando verso la macchina.
 
«La miglior serata in discoteca della mia vita.»disse il mio ragazzo, quando partimmo per andare a casa.
 
«E tu che non volevi ballare.»lo schernii, ridacchiando.
 
«Devo iniziare ad ascoltarti di più.»concordò lui.
 
Durante il viaggio verso casa mi addormentai profondamente, mentre Tommy guidava con prudenza e attenzione. Quando Thomas entrò nel garage di casa sua mi svegliò e io mi lamentai per essere stata disturbata.
 
«Sei una pigrona!»mi riprese, scendendo dalla macchina e aprendo il mio sportello.
 
«Hai ancora le mie mutandine nella giacca, credo.»risi io, nel frattempo che Tommy mi prendeva in braccio.
 
«Quindi sei nuda?»chiese lui, sbigottito.
 
«È un problema?»
 
«Assolutamente no.»rispose lui. «Vorrà dire che ora ti faccio una bella tazza di caffè e riprendiamo dove abbiamo lasciato.»
 
«Non potrei essere più d'accordo. Però stavolta fai tutto tu, così mi sveglio ancora un po'.»
 
Lo sentii ridere e chiudere la macchina, aprendo la porta di casa sua e portandomi in cucina. La casa era immersa nel buio e nel silenzio, quando Thomas accese la luce della stanza e prese la caffettiera.
 
«Fai sul serio, allora.»dissi, con una mano che sorreggeva la fronte e l'altra che era penzoloni dal tavolo.
 
«Ho mai scherzato sul fare l'amore con te? Non mi pare.»rispose. «Perciò inizia a prepararti.»
 
Mantenne la parola: dopo avermi fatto bere una tazza di caffè con latte, mi portò in taverna, dov'era la sua camera e per le successive due ore non mi lasciò dormire.

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Capitolo 31
*** Filosofie e proverbi. ***


La mattina successiva mi svegliai con la luce del sole che mi picchiava sulle palpebre. Sbuffai infastidita e mi girai dall'altra parte, notando che Tommy non era con me a letto. Aggrottai le sopracciglia e alzai la testa e in quel momento sentii lo scroscio dell'acqua della doccia, nel bagno di fronte. Nonostante fossi tentata di raggiungerlo anche lì, mi trattenni, pensando che probabilmente lui fosse ancora stanco per la notte appena trascorsa, quindi calciai via le coperte con i piedi e mi alzai, cercando nell'armadio di Tommy qualcosa da indossare, onde evitare di scioccare sua nonna o sua mamma nel vedermi nuda e in giro per casa.

Stavo per salire le scale, quando la porta del bagno si aprì e Tommy ne uscì con solo un asciugamano legato in vita e i capelli neri tutti appiccicati alla faccia. Si voltò verso di me e mi sorrise, prendendomi in braccio e baciandomi sulle labbra.

Risposi al bacio fin da subito, passando una mano tra i suoi capelli bagnati e stringendogli le gambe alla vita. «Ma buongiorno!»gli dissi, quando mi rimise con i piedi a terra.

«'Giorno splendore!»esclamò lui a bassa voce. «Vedo che la notte appena trascorsa ti ha lasciato un sorriso smagliante su quella bella boccuccia.».

«È così infatti.»annuii.

«Meglio allora»mormorò Tommy, dandomi un bacio sulla fronte. «Perché stasera credo che si possa replicare...»

«Tommy... ma non sei stanco?»risi.

«Stan...?».

Qualcuno da sopra le scale si schiarì la voce, attirando la nostra attenzione e facendoci voltare verso destra. Era Lia! Arrossii all'istante e cercai di allontanarmi da Thomas, anche se lui mi teneva un braccio proprio per non farmi distanziare.

«Buongiorno, ragazzi.»

«Buongiorno Lia»la salutai con un sorriso.

«Ciao nonna!»esclamò Tommy, tutto solare. «Chi ha vinto poi ieri?».

Lia incurvò le labbra in un sorriso. «Mi pare ovvia, la risposta: io!».

Risi. «E lo chiedi pure?»esclamai, rivolta a Tommy. «Lia, più tardi faremo una partita, vero?»

«Certo, figlia mia.»annuì la donna. «Io e te contro mio marito e Tommy. Vedremo chi la spunterà.»

«Nonna, io alzo bandiera bian...»

«Non osare dar loro forfait, figliolo.»lo redarguì suo nonno, guardandoci dal piano di sopra. «Anche se sono donne, non bisogna dar loro la vincita, senza prima combattere.»

Tommy ed io scoppiammo a ridere, mentre i suoi nonni iniziavano a litigare e Carmela intervenne per fermarli.

«Lia, che succede?»chiese alla suocera.

«Niente, mamma.»la tranquillizzò Tommy. «Il nonno e la nonna stanno discutendo su una probabile partita a carte che faremo dopo.»

«Thomas, vuoi farmi scoppiare la testa, oggi?»lo riprese Carmela. «Lo sai che i nonni se la prendono sempre per le carte?»

Ridacchiai senza farmi vedere e salii le scale insieme al mio ragazzo.

«Ali, vi ho preparato il caffè e mio marito ha portato una brioche per tutti.»mi disse Carmela.

«Tu stai uscendo, mamma?»domandò Tommy alla madre.

«Si, vado a portare un regalo alla signora Carli.»

«Ancora quella vecchia?»si lamentò Tommy, mentre sorseggiavo il mio caffè.

«Tommy!»lo riprendemmo sua madre ed io.

Tommy ci guardò male e morse la mia brioche. Sua madre uscì di casa e i suoi nonni ci raggiunsero in cucina.

«... E tu che non metti una sola volta i calzini in bagno, invece di lasciarmi per casa?»stava urlando Lia.

«Ma se sarà capitato una volta!»rispose Tommaso.

«Una volta? Una volta sarà stato quando tu hai messo i calzini nella lavatrice, casomai!»

Risi sotto i baffi, sorseggiando il mio caffè.

«Ma che esempio dai a questi due ragazzi?»si lamentò Tommaso. «Se ci vedono litigare per dei calzini che penseranno?»

«Che vi amate ancora.»dissi io, sorridendo a entrambi.

«Come, bambina?»fece Lia, guardandomi come se fossi impazzita.

«Sta' per arrivare uno dei suoi discorsi filosofici.»borbottò Tommy.

Gli feci la linguaccia, poi guardai i due anziani. «Credo che litigare per dei calzini sia una cosa normalissima. Litigare con l'altro per una cosa normale vuol dire che c'è comunque un dialogo.»

I due mi fissarono intensamente. «Ragazza mia, ma dove hai imparato questo bel pensiero?»mi domandò Tommaso.

«Ho fatto un mese di tirocinio in una casa di riposo. Mi hanno fatto capire tante cose, come ad esempio che non c'è età per imparare dagli errori.»spiegai loro.

Lia mi fece un sorriso. «È un bel pensiero, quello che hai detto sull'amore e sui litigi.»

«Grazie.»

I due se ne andarono dalla cucina, ma non smisero di urlare per i calzini. Io mi alzai per andare a mettere la tazza nel lavandino e per buttare le briciole della brioche nella pattumiera.

«Filosofia, eh?»feci, guardando male Tommy.

«La psicologia ti sta facendo svalvolare, lo sai?»mi prese in giro lui.

Socchiusi gli occhi e lo guardai adirata.

Antonio arrivò in quel momento. «Cosa hanno i nonni da gridare tanto?»

«Incomprensioni matrimoniali.»minimizzò Tommy, fissandomi.

Antonio passò lo sguardo da me a Tommy e dal figlio a me. «E voi che avete?»

«Niente.»rispondemmo in coro, distogliendo lo sguardo l'uno dall'altra.

«Si, certo. Comunque vedete di cercare di venirvi incontro. Ogni volta siete sempre lì lì per stuzzicarvi, solo per delle cazzate. Ora piantatela.»

«Va bene.»mugugnammo, sentendoci un po' colpevoli.

Antonio tornò nel suo studio, lasciandoci soli in cucina. Tommy ed io ci guardammo negli occhi, poi scoppiammo a ridere.

«E la prossima volta vi sculaccio eh.»imitò suo padre, avvicinandosi a me e mettendomi le mani sui fianchi. «Anche io avrei una gran voglia di sculacciarti.»

Ridacchiai maliziosamente. «E se lo facessi io?»dissi, dandogli una pacca sulle natiche.

Lui sobbalzò e mi guardò con una strana luce negli occhi. Sentii poi una sua mano strizzarmi la natica sinistra e i suoi denti scesero a mordermi un labbro.

«Chi sei diventato? Christian Grey?»mormorai, guardandolo negli occhi.

«Vuoi provare?»ammiccò lui.

«L'idea è eccitante, ma non riuscirei a sopportare di non toccarti.»risposi.

«E se non ti legassi?»

Risi. «Ci penserò...»

«È una risposta vaga.»fece lui.

«Ti devi accontentare.»

«Ma sei pazza?!»esclamò. «Io non mi accontento. Mai.»

«È per questo che hai ancora voglia di chiuderti in camera tua con me, adesso?»lo provocai, avvicinando il mio bacino al suo.

Tommy fremette. «Mi hai fatto diventare un insaziabile.»scherzò. «La colpa è tua e del tuo meraviglioso corpo. Non so cosa farò, dal mese prossimo senza di te.»

«Io non avrò nemmeno il tempo di respirare.»mormorai.

«Farai una maturità davvero brillante.»mi rassicurò, baciandomi la fronte.

«Speriamo e preghiamo!»risi.

«Se vuoi facciamo un pellegrinaggio. Scegli la meta: Lourdes, Fatima, Medjugorie o Santiago de Compostela?»

Sorrisi. «Tommy, mia nonna dice spesso: "Si scherza cui fanti, no cu li santi.»

«Cioè?»fece lui, facendo una smorfia.

«Cioè che non si scherza con i santi.»disse suo nonno, arrivando dalla cucina. «È un detto abbastanza chiaro, no?»

«Io pensavo ci fosse sotto qualche altro significato.»disse il nipote.

«No, il detto è semplicissimo: dassa stari 'i santi.»spiegò Tommaso.

Thomas annuì, con scetticismo. «Va bene, va bene.»

«Allora questa partita a carte?»saltò su Lia, mettendo a posto l'aspirapovere e arrivando nella stanza con in braccio Darko.

Tommy scese verso il mio orecchio. «E tanti cari saluti al tuo Christian Grey.»

E scoppiai a ridere.

Lia e Tommaso si sedettero al tavolo e Lia prese un vassoio pieno di cioccolatini dalla credenza. «Questo li ho portati dalla Sicilia.»mi disse, porgendomene uno. «Assaggialo! Ha dentro il peperoncino.»

Sgranai gli occhi e sorrisi. «Ma non mi dire...» Scartai il cioccolatino e lo portai alle labbra: mio dio, quanto era buono quel cioccolatino!

«Ecco, adesso ha iniziato a mangiare e non la finisce più.»ridacchiò Tommy.

Mi voltai a guardarlo male e gli detti una sberla sulla coscia, prendendo poi le tre carte che mi stava porgendo Lia.

«Thomas!»lo riprese lei. «Guarda che sei veramente pesante!»

«Si, ma lei sa che io scherzo, nonna.»

«E sei pesante lo stesso.»dissi, lanciandogli un'occhiataccia.

Lui mi dette un bacio sulle labbra. «Ma mi ami.»

Non potei che sorridere e sentii le guance arrossire. Mi aveva baciata davanti ai suoi nonni! Oh mamma!

«L'importante è quello, Thomas.»gli disse Tommaso. «L'importante è amarsi. Poi uno può essere pesante quanto vuole. Come tua nonna.»

Ridemmo tutti quanti, poi ci occupammo della partita, scartando e urlando quando qualcuno di noi faceva punti.

Quella si che era una situazione normale, per una famiglia normale. La mia famiglia. Perché Tommy era la mia famiglia, ormai. Insieme ad Alex , zia Clara e i miei zii e i nonni, ma lui ora occupava un posto importante, nel mio cuore, alla pari dei miei genitori e di Alex.

Un posto meritato.

Perché, anche se faceva lo scemo, lui era sempre il mio Tommy.





Lo so. Sono imperdonabile. Ma capitemi se vi dico che ho finito la tesina SOLO OGGI. E che ho verifiche fino alla fine di maggio. Ho le mani ai capelli, ormai. Sto meditando di fuggire via e non tornare più. La parola " scuola " col cappero che la voglio sentire anche solo una volta! Ma c'è un'altra ragione: ho corretto tutti i capitoli precedenti e ho eliminato/aggiunto delle cose, ma non sono tanto importanti per i capitoli a seguire. Se volete comunque leggerli va bene, ma alla fine la trama è sempre la stessa. (: DOMANDA DEL GIORNO: ve lo immaginate Tommy in stile "Christian Grey"? Ahahahahahahahhahaha potrei morire! (': come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate e mi raccomando "Scherzate cui fanti, no cu li santi!" Ahahahahah alla prossima (che non ho idea di quando sarà, povera me.) e scusate ancora per il ritardo. Baci, Stefania ❤

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Capitolo 32
*** Giocare sporco. ***


Buongiorno! Be', io vi avevo detto che ci avrei provato. Tommy aka Christian Gray. Ahahahah sto male. Comunque l'altro giorno ho sbirciato per vedere quante di voi seguono la storia... ragazze! Non sapevo che vi piacesse così tanto!! Grazie! Vi piace così tanto, che qualche furbona l'ha anche copiata su Wattpad, dove anche lì pubblico "Dammi un brivido" e il bello è che, ieri sera, questa pagliaccia mi ha scritto che la sottoscritta ha copiato la sua storia. Non mi è testato che segnalarla. Però una cosa te la voglio dire: sei proprio senza fantasia, se copi una storia e la posti da un'altra parte, pensando che non me ne accorga. E per di più hai scritto che IO ti ho copiata. Il disagio, proprio! Ma va bene, fai quello che vuoi. La legge è dalla mia e si provvederà. Spenderò dei soldi, ma li spenderò bene.

Scusate lo sfogo, ragazze, ma credo che sareste indiavolate come me, se foste al mio posto. Vi lascio alla storia e spero di leggere i vostri commenti. Un bacino grande, Stefania. ❤ dedicato a Jasmine. Grazie per le nostre letture pazze a scuola.





Tirai la cravatta con la quale Tommy mi aveva legato i polsi. Cercai di toccarlo, ma lui mi bloccò le braccia.

Quella cosa di giocare a "Christian Grey" si stava rivelando un po' troppo faticosa da sostenere: Tommy si era calato molto bene nei panni del "Dominatore". Mi aveva pregato di provarci, di provare a fare sesso di... ehm... di quel tipo, ma mai avrei pensato potesse ispirarlo così tanto!

«Sta' ferma.»mi ordinò, con voce dura. «Non te lo ripeterò un'altra volta. Alla prossima ti lascio qui, legata. E ti imbavaglio, così nessuno potrà sentirti.»

Gemetti e sfregai le cosce l'una contro l'altra. «Tommy, ti prego.»

«Ti prego cosa?»mormorò, passando la lingua su un mio seno.

Non riuscii a dire nulla, quella sensazione mi stava mandando all'altro mondo con un biglietto di prima classe. Il fatto che fossi anche bendata non mi aiutava, per niente. Non potevo vederlo, ma sentivo il suo respiro sulla mia pelle e il tocco delicato delle sue dita sul mio interno cosce.

«Tommy, ti voglio dentro di me. Non perdere tempo, per favore!»

«Perdere tempo? Io?»chiese, con la voce da tonto. Annuii, inarcandomi in avanti. Stavo esaurendo, ancora un po' e avrei dato di matto. «Mi vuoi adesso?»

«Tommy!»piagnucolai, indispettita dal suo comportamento e da quelle domande stupide.

Lo sentii ridere e percepii poi le sue mani allargarmi le gambe. «Mi piaci in questa veste, Alli.»

Quella confessione mi lasciò a bocca aperta. Le sue labbra scesero a baciare le mie, poi mi penetrò con una lentezza a dir poco estenuante. Estenuante e deliziosa. Quel tipo di lentezza che ti fa sentire un peso sullo stomaco, come quando la prof cerca qualcuno da interrogare e tu senti lo stomaco fare tre salti mortali, ma in quel caso non ci sarebbe stata alcuna interrogazione, con nessun prof rompi palle.

Eravamo solo Tommy ed io.

Lui mi morse il lobo dell'orecchio, poi scese sul mio seno, leccando e succhiando sulla parte alta, vicino allo sterno. Stava facendomi un succhiotto? Sarebbe rimasto il suo segno, quindi. Oh, dio. Quella si che era una cosa... eccitante. Provai a toccarlo. Volevo sfiorarlo anche solo con i polpastrelli, ma dovevo prima slegare i miei polsi, cosa che risultò difficile, visto il nodo stretto e impraticabile che aveva fatto Tommy.

Alzai una gamba e la sfregai sul suo fianco, ma il mio ragazzo la spinse verso il basso, facendomela ristendere sul letto.

«Slegami.»ansimai, con una voglia smisurata di toccarlo, di accarezzare i suoi capelli.

«No.»rispose, fermandosi dentro di me. «Decido io se slegarti e quando farlo.»

Oh! Gesù Bambino! Quella si che era un'imposizione coi fiocchi. «Almeno muoviti!»mi lamentai, sollevando il bacino per andargli incontro e sentire la dolce sensazione di pienezza che mi dava il corpo del mio ragazzo.

«Ferma.»mi ripeté, bloccandomi con le mani il bacino e uscendo da me. «Finché non starai ferma, io non ti scopo.»

Sarei potuta venire anche solo per quella frase. Mi morsi il labbro, per cercare di bloccare il fiume di preghiere che stava per fuoriuscire dalla mia bocca e per auto-impormi di stare ferma.

«Brava.»mormorò lui, passando di nuovo la sua lingua sul mio seno e, questa volta, anche sul capezzolo, che divenne terribilmente turgido. Mi dava un po' di fastidio, ma mi ricordai che dovevo stare zitta, così morsi anche l'interno delle mie guance, per non parlare. Tommy soffiò piano sulla parte che aveva leccato e sentii una leggera ventata fredda, sul seno, che mi fece sussultare.

Poi, molto lentamente, Tommy tornò a riempire il mio corpo con il suo, facendomi sospirare di beatitudine. Si mosse piano, dentro e fuori, creando una frizione che...

«Ti prego...»sospirai, irrigidendomi.

Avevo parlato. Dio, ma potevo essere più stupida?

«Cosa, Alli?»mi chiese. «"Ti prego" cosa?»

Raccolsi il piccolissimo briciolo di coscienza e raziocinio che i rimaneva. «Più veloce, muoviti più veloce, Tommy!»

Mi immaginai di vederlo ghignare trionfante e mi baciò di nuovo, con prepotenza, come se quel bacio potesse mettermi a tacere, da quel momento in poi.

E iniziò a muoversi. Le spinte divennero veloci, il ritmo era costante e soprattutto deciso. Tommy mi stava scopando con decisione.

«Oh, dio...»sospirai, con un filo di voce, allacciando le mie gambe alla sua vita.

Lui mi afferrò le cosce, tenendomi vicina a sé, visto che stavo risalendo tutto il suo letto, per i movimenti dell'amplesso. Lo sentii respirare a fatica, segno che stava pe esplodere anche lui, insieme a me.

L'orgasmo che seguì mi spezzò in tanti piccoli pezzettini, come se fossi stata un bicchiere di cristallo, lasciato cadere a terra. Ero un bicchiere frantumato in milioni di pezzettini.

«Oh, Cristo.»lo sentii dire, un momento prima di venire. Anche lui ora era un bicchiere di cristallo. Anche lui era frantumato.

Tommy crollò addosso a me, lasciando andare la testa sul mio seno e respirando con fatica. Aspettai qualche minuto, ferma nella mia posizione, con Tommy completamente abbandonato sopra di me, poi lui si spostò e cercò le mie mani. Non so come, ma al buio riuscì a slacciare la cravatta che aveva annodato intorno ai miei polsi e, finalmente, riuscì a togliere la benda sopra gli occhi.

Appena scorsi i suoi occhi, mi gettai su di lui, baciandolo con trasporto e passione. Le nostre lingue danzarono insieme per almeno un minuto buono.

Fu lui il primo ad interrompere il nostro bacio, per guardarmi negli occhi con un sorrisetto furbo. «Sai che è stata la cosa migliore che potessimo fare, vero?»mi chiese.

«Be', caro mio. Quando hai intenzione di ripetere, sappi che io sono d'accordo.»gli dissi, allungandomi nel letto come un gatto si sgranchisce le zampe.

Tommy passò un braccio sotto al mio corpo è mi avvicinò a sé, lasciandomi una scia di baci, partendo dalla spalla e finendo sulle mie labbra. «No, non credo te lo dirò. Preferisco l'effetto sorpresa.»

Lo guardai per un po'. «Sai, pensavo prima a una cosa strana. Mentre lo facevamo, sembravi concepito proprio per fare il Dominatore, sai?»

«È una scusa per ripetere l'esperienza? Perché ti posso assicurare che la rifaremo. Al cento per cento.»

«No, non è una scusa.»

Lui non disse nulla, se non fare spallucce. Lo strinsi forte a me e sospirai di felicità. Quel momento era quasi... magico, sotto il mio punto di vista. Tommy ricambiò la stretta e, prendendomi tra le braccia, portò in bagno, facendomi sedere sul ripiano del lavandino. Mise le sue mani al fianco delle mie cosce ed io mi aggrappai alle sue braccia.

«Mi mancherai tantissimo.»mormorai, facendo il broncio.

«Spero che quei tre mesi del cazzo passino in fretta.»sorrise lui, baciandomi.

Lo vidi girarsi verso la vasca e iniziare a riempirla con dell'acqua. In pochi minuti il bagno si era riempito di vapore e la vasca era pronta per essere utilizzata. Lui si immerse e mi fece segno di seguirlo, ma a me venne un'illuminazione.

«Aspetta.»gli dissi, correndo in camera sua e afferrando il mio cellulare.

Tornai in bagno e posai il telefono sul mobiletto vicino alla vasca e Tommy mi guardò stranito. Entrai in acqua e afferrai il bagnoschiuma, versandolo nella vasca e strofinandomelo un po' addosso.

«Ma che stai combinando?»mi domandò Tommy, confuso.

«Stai zitto un attimo.»gli dissi, girandolo verso di lui e appoggiandomi con la schiena alla parete della vasca. «Afferrami le gambe, piuttosto.»

Lui rise, quando mi vide prendere il telefono. «Tu sei pazza.» Posò le sue mani sulle mie gambe, vicino alle caviglie e attese.

Scattai una foto e ghignai, facendogliela vedere. «Ho anch'io la vena del fotografo, secondo te?»

Lui guardò la foto e ammiccò. «È una foto sexy da morire.»

Annuii e la postai su Instagram, mettendo qualche hashtag a caso. Il telefono iniziò fin da subito a notificarmi dei mi piace e alcuni commenti.

Tommy mi prese il telefono dalle mani e lo rimise sul mobiletto, fiondandosi poi sulle mie labbra. Le sue dita mi sfiorarono un ginocchio e scesero verso la coscia. Sussultai quando mise un dito dentro di me e poi un altro e un altro ancora. Ansimai per le emozioni che mi stava facendo provare e gli afferrai il braccio, per avvicinare ancora di più le sue dita al mio corpo. Lo sentii ridere e lo guardai indispettita.

«Questo... è giocare... questo è giocare sporco.»sibilai, ansimando.

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Capitolo 33
*** Il Natale più bello. ***


«Tutti addosso a Thomas!»urlai, tenendo il piccolo Samuele tra le braccia e buttandomi su suo zio, che se ne stava spaparanzato sul divano, intento a guardare qualcosa sul cellulare.

Tommy buttò di lato il suo iPhone e riuscì a malapena a fermare la mia caduta su di lui. Samuele iniziò a ridere come un matto, così come Monica.

«Ahhhh!»urlò Tommy, portandosi le mani sui pettorali ben delineati. «Samuele, Alice mi ha fatto male! Aiutami!»

Samuele non lo ascoltò nemmeno e prese a tirare schiaffi sul naso dello zio, che si fece male sul serio. La scena era il top: Tommy si teneva il naso, suo fratello e sua cognata ridevano come matti, insieme a Tommaso e Lia e Samuele continuava a darci dentro di brutto sulla pancia di Thomas.

«Alice, sei la prima ragazza di mio nipote che combina di tutto a Thomas. Anche il tentato omicidio da parte del bambino, che lo venera come un dio!»mi disse Lia, sghignazzando.

Gli sorrisi, ripensando alla figuraccia che avevamo fatto Tommy ed io quella mattina, quando Lia era venuta a svegliarci e ci aveva visti nudi nel letto del nipote, abbracciati l'uno all'altra. Ci aveva chiamati a voce alta e noi eravamo saltati sul letto. Io avevo cercato di coprirmi al meglio, mentre Tommy era proprio caduto dal letto. Se la situazione non fosse stata imbarazzante di suo, mi sarei messa a ridere come una cretina.

«Nonna, ma che cazzo...»

«Non dirmi parolacce!»gli aveva detto Lia, interrompendolo e guardandolo come se fosse un cattivo soggetto. «Farò finta di non aver visto nulla. E ora alzatevi, ché sono già le dieci.»

Quando Lia era poi uscita dalla stanza, avevo guardato Tommy ed ero scoppiata a ridere, andando verso Tommy e saltandogli in braccio. Lo avevo baciato e lui aveva sorriso.

«Vestiamoci, va'.»aveva borbottato, andando in bagno e uscendone con un paio di pantaloni della tuta.

Era tutta la mattina che Lia continuava a guardare male il nipote. Non me, ma il nipote! Che situazione esilarante!

«Tommy, ma stasera dovete andare a mangiare da Alessandro?»chiese Carmen in quel momento, riportandomi al presente.

Tommy si sedette composto sul divano, al mio fianco e mise la mano sulla mia gamba, vicino al piedino di Samuele. «Si, ma Alex ancora non mi ha fatto sapere niente.»

«Starà dormendo.»ipotizzai, facendo spallucce.

Presi il telefono e chiamai mio fratello, che mi rispose al quinto squillo, con la voce impastata per il sonno. «Alli, che cazzo c'è?»

«Non dovevamo mangiare a casa nostra, stasera?»gli chiesi, retoricamente.

«Si, ma perché cazzo mi chiami a quest'ora?»

«Alex, non so cosa tu abbia fatto stanotte, o quanto ti sia stancato, ma sono le undici e mezzo.»lo informai, ridacchiando.

«Cosa?!»urlò al telefono, stordendomi un orecchio. «Dio caro, non me ne ero proprio reso conto. Devo aver bevuto troppo!»

«Penso che tu abbia ragione.»risi, guardando Tommy, che mi aveva raggiunta in cucina. «Comunque fammi sapere, se dobbiamo venire lì ad aiutarvi.»

Tommy prese Samuele dalle mie braccia e gli sorrise, mentre il nipote gli rimetteva le mani sul viso e gli sprimacciava le guance come se fossero due cuscini.

«Vedi un po'!»mi scimmiottò. «Fammi anche sapere se ci sono i genitori di Tommy.»

«Va bene, gli chiedo e ti dico.»risposi, mentre Tommy mi faceva un cenno, come a chiedermi cosa avessi. Alzai una mano, per dirgli di aspettare, poi salutai mio fratello e riattaccai.

Mentre guardavo il display del mio telefono, sentii un morso leggero al dito indice. Sussultai e alzai lo sguardo, fissando Tommy, che aveva le labbra chiuse attorno al mio e mi guardava maliziosamente.

«Ma sei scemo?»lo ripresi, sentendo la sua mano libera posarsi sul mio fianco e intrufolarsi poi nei miei jeans. «Il bambino...»gli ricordai.

«Dovrà pure imparare. »sghignazzò Tommy, allontanandosi svogliatamente da me.

Alzai gli occhi al cielo e mi trattenni dal ridere. «Ha detto Alex di iniziare ad andare da lui, per aiutarlo a mettere a posto non so che. Chissà che cosa ha combinato, ieri sera.»

Tommy annuì e tornò in sala da pranzo, dando Samuele a sua cognata e dirigendosi in camera sua.

«Carmen, ha detto mio fratello che, se volete venire anche voi, la carne c'è per tutti.»dissi a mia suocera.

Carmen guardò Tommaso e Lia. «Se volete stare a casa...»

«No, no!»la interruppe Tommaso, entusiasta. «Mi piace stare con questi giovincelli!»

Scoppiammo tutti a ridere, divertiti dall'uscita del nonno. «Allora Carmen, noi andiamo da mio fratello per preparare. Ci vediamo lì?»

«Abiti tanto lontano, Alice?»mi chiese Lia.

«A pochi minuti di macchina da qui.»le dissi. «A piedi saranno dieci minuti, forse un quarto d'ora.»

Tommy arrivò dalla sua camera, con uno zainetto e un paio di scarpe.

«Dove le devi portare, quelle cose?»gli chiese Carmen.

«Stasera sto da Alex. Domani, visto che dobbiamo venire qui di nuovo, arrivo già vestito, no?»spiegò lui, salutando la madre, Samuele e Monica con un bacio.

Quando arrivò a sua nonna, Tommy le diede un bacio sulla fronte e la donna sospirò, guardandolo sempre male. «Tu mi farai diventare matta, nipote mio.»

«Perché? Che è successo?»domandò Carmen.

«Nulla, nulla.»fece Lia, agitando una mano in aria, come a dire che non era importante. «È un segreto tra nonna e nipoti.»

Nipoti?! Oh, ce l'aveva anche con me? A posto. Ormai ero della family e ciao.

Salutai tutti, anche Nathan e Tommaso, poi seguii Tommy in garage e salii sulla sua auto.

«Quando prenderò la patente, mi farai guidare questo schianto di macchina?»gli chiesi.

«Uno: devi ancora fare l'esame di pratica. Due: la macchina ha troppi cavalli, per una neopatentata. Tre: se poi me la graffi, ti picchio.»disse lui. «Perciò la risposta è: no.»

«No?!»feci io, guardandolo malissimo. «Ti mando in bianco per tutto il mese, così, quando dovrai partire, mi sognerai pure la notte.»

«Vorrà dire che proverò l'astinenza per quattro mesi, ma voglio vedere cosa farai tu!»rise, inserendosi nel traffico cittadino.

Incrociai le braccia al petto e mi voltai verso destra, per guardare fuori dal finestrino. Certo che, quando voleva, Tommy era proprio un dittatore fatto e finito.



La sera...

Tommy si era cambiato: indossava un completo terribilmente elegante, con tanto di papillon al collo. E mio fratello e tutti gli altri ragazzi erano vestiti in maniera simile.

«Alli, non puoi mettere quel vestito che ti sta come un guanto?»mi chiese il mio stupido ragazzo cretino.

«Quale?»feci io, spogliandomi degli indumenti che avevo addosso e guardando il mio armadio.

«Quello con lo spacco sulla gamba. Quello che, quando l'hai preso, ti avevo detto che ti avrei scopata anche sul tavolo.»

Feci una smorfia, guardandolo male. Di nuovo. Mi ricordavo perfettamente di quel giorno: un sabato pomeriggio passato a fare shopping con Tommy, che aveva preso a sbruffare già quando eravamo entrati in negozio. Avevo messo a tacere ogni sua lamentela quando, dopo aver preso quattro o cinque vestiti, gli avevo detto di sedersi e guardare come mi stessero addosso.

Alla fine era quasi passato fuori per due vestiti: quello che avevo indossato la notte di Natale e quello di cui stava parlando, un vestito lungo, nero, che andava dalle spalle fino ai piedi, con le maniche lunghe e strette attorno alle mie braccia. La particolarità del vestito era lo spacco vertiginoso sulla gamba destra, che arrivava quasi fino a metà coscia. La parte superiore era quella che gli era piaciuta di più: praticamente dalle spalle partiva un sottile strato di pizzo, senza alcuna decorazione, che lasciava tutto il petto, fino alla parte alta del ventre, scoperto. Un meraviglioso effetto vedo-nonvedo, che per Tommy si era trasformato in "vedo-e-mi-piace".

Cercai tra i vari omini appesi all'armadio e ne tirai fuori uno, mostrandolo al cretino. «Intendi questo?»

Tommy annuì, buttandosi sul mio letto. «Oh, si, Alli.»

«Ma, fammi capire: perché dobbiamo vestirci tutti eleganti?»gli domandai, abbassando la zip posteriore del vestito e indossandolo.

«Perché, quando i miei se ne andranno, cosa che, se conosco bene mio nonno, accadrà presto, andremo a una festa.»mi spiegò, alzandosi dal mio letto e venendo ad aiutarmi con la cerniera.

Appena sentii la sua mano posarsi sulla pelle nuda della schiena, rabbrividii, voltando di poco la testa verso di lui. Tommy alzò la zip molto lentamente e io mi trovai a trattenere il fiato. «Tommy...»sospirai, quando le sue dita mi sfiorarono la linea del collo e scesero verso il mio seno.

«Questo vestito ti sta magnificamente.»disse, con voce roca.

Può, una persona, eccitarsi per cinque parole? O forse ero fuori di testa io? Mi girai verso di lui e gli misi le braccia sulle sue spalle, attirandolo a me. «Anche tu sei molto figo, stasera.»

Mi fece l'occhiolino e mi baciò sulle labbra. «Io vado a vedere a che punto sono, ma credo che abbiamo finito, ormai. Ti finisci pure di vestirti.»

Tommy mi lasciò sola e io mi trovai, per un attimo, disorientata per la sua assenza. Sospirai e finii di prepararmi, sentendo già un buon profumino di carne e altre cose arrivare dal piano di sotto. Quando scesi in sala da pranzo, la tavola era già preparata e Tommy stava prendendo dal frigorifero l'acqua e altre bevande per la cena.

Appena mi vide, sorrise.

Oddio, come era bello quando sorrideva! E stava sorridendo per me!

Mi venne incontro e mise le sue mani sui miei fianchi, stringendomi a sé. «Te l'avevo detto che saresti stata uno schianto, con questo vestito.»

Il mio stomaco fece quattro salti mortali, tanto che avrebbe potuto vincere l'oro alle olimpiadi, santo dio. «Grazie.»risposi, carezzandogli la guancia e poi la nuca.

Il campanello suonò in quell'istante e Stefania andò ad aprire. Erano arrivati i nonni e i genitori di Tommy, insieme ovviamente a Nathan, Monica e Samuele. Avevano portato due bottiglie di spumante e qualcosa da mangiare, che Silvia mise in frigo.

Carmen mi si avvicinò con un sorrisero furbo. «Ti ho fatto il tiramisù.»

«Oh, siiiii!»urlai, abbracciando anche lei.

Non so chi, tra lei e il figlio, mi coccolasse di più. Carmen e la sua cucina erano roba da MasterChef!

«Prendete posto, nonni.»disse loro Tommy, indicandogli la tavola. «Adesso portiamo la carne.»

Carmen ed io ci recammo fuori, dove Alex stava arrostendo gli ultimi pezzi di carne e Teo lo aiutava a tenere il fuoco acceso, anche se si urlavano contro di passarsi questa o quell'altra cosa. Sembrava una normale scena in famiglia. Nonostante non fossimo fratelli, tra noi, Teo e gli altri erano come nostri familiari. E io amavo tutti i momenti che passavamo insieme. Eravamo.tutti un po' pazzi, soprattutto i ragazzi, ma a me piacevano così. Matti.

«Alli!»mi chiamò Christian, arrivandomi da dietro. «Perché non vai dentro. Fa' freddo, qui fuori.»

Gli feci un sorriso. «No, no. Sta' tranquillo. Piuttosto, tu come stai?»

Lui fece spallucce. «Son qui. Anche se preferirei stare là fuori a cercare Michael.»

«Vedrai che lo troverete.»cercai di rassicurarlo. «Magari anche tra qualche giorno, che ne sai...»

«Non credo. I romeni sembravano proprio incazzati, quando sono venuti da noi, questa estate.»mi disse.

Il suo tono di voce era a metà tra il triste e lo stanco. In quei mesi Christian era stato veramente molto male, per la scomparsa del suo amico. Speravo che, almeno Tommy ed Alex, potessero trovarlo, ma erano passati quattro mesi...

«Christian, dicono che la speranza è l'ultima a morire.»mormorai. «Io spero, soprattutto per te, che tu possa ritrovare il tuo amico. Davvero.»

«Grazie, Alli.»fece, bevendo della birra dal suo bicchiere.

«Nel frattempo, sai che puoi stare qui, con noi. E mi auguro tu lo faccia anche dopo che avrai trovato Michael.»continuai, facendogli un altro sorriso.

«Lo farò, tranquilla.»

«Meglio per te. O verrò a cercarti in ogni capannone abbandonato della città.»

Christian scoppiò a ridere e mi mise un braccio attorno alle spalle. «Grazie, piccola rompipalle.»

«Figurati.»gli dissi, facendogli un cenno con il capo.

Tommy arrivò in quel momento e guardò Christian. «Tutto bene , Cri?»

L'altro annuì. «Stavo dicendo ad Alice che sono preoccupato per Michael. Secondo me non...»

«Cri, dobbiamo solo capire dove cazzo stanno i romeni.»lo interruppe Tommy. «Quando li scoviamo, potremo sapere dove si trova Michael.»

«Spero solo non gli abbiano fatto nulla di grave. In fondo, noi nemmeno li conoscevamo, 'sti tipi.»

«Hanno solo eliminato il concorrente più piccolo.»gli spiegò il mio ragazzo. «Loro dovevano solo togliervi dalla piazza.»

«A tavola!»esclamò Alex, passando vicino a noi cin un piatto colmo di carne.

«Ehi, aspettami!»urlai, sentendo l'acquolina in bocca.

Christian e Tommy scoppiarono a ridere e mi seguirono. Tutti avevano già preso posto alla lunga tavolata.

Tommy ed io ci sedemmo vicini a Gabriele e Stefano e iniziammo a mangiare. Mi era mancato terribilmente mangiare della carne arrosto, santo cielo! Avevo appena finito di mangiare le mie costine e presi a leccarmi e succhiarmi le dita. Tommy si voltò a fissarmi esterrefatto, poi mi afferrò per i polsi e si portò le mie dita alle labbra, succhiando le mie falangi, come avevo fatto poco prima io.

Rabbrividii, quando sentii la sua lingua sfiorarmi le dita e lo fissai per tutto il tempo, mentre lo faceva. Si avvicinò poi al mio orecchio e, nascondendosi con i miei capelli, mi baciò sul collo, mordendomi anche il lobo. «Ti piace la carne, eh?»

Il doppio senso l'avrebbe capito chiunque, perciò lo guardai con un sopracciglia inarcato. «Stai sul tuo, Bellatti.»

«Non fare la santarellina...»mi schernì lui, a voce bassa.

«Ah-ah-ah.»feci, portandomi il bicchiere di Coca-Cola alle labbra e bevendone il contenuto.

Quando finimmo di mangiare, Tommy mi disse di seguirlo in balcone. Sicuramente doveva fumarsi la sua solita sigaretta.

«Devi perdere il vizio del fumo, sai?»gli dissi, per provocarlo.

Lui assottigliò gli occhi. «Non ti sarai fatta influenzare da mia madre, vero?»

Il suo tono spaventato mi fece ridere. Gli andai incontro, abbracciandolo. «Sai, questo è il Natale più bello che io abbia mai passato. Per ora.»

«Ce ne saranno altri più belli.»mormorò lui, baciandomi sulle labbra e facendomi sentire il sapore della sigaretta sulla lingua. Mi guardò negli occhi e mi carezzò i capelli. «Te lo prometto.»





Buonasera a tutte! Volevo spendere qualche parolina per questo capitolo: visto che la scuole è finita oggi (anche se ho ancora la maturità da fare), avevo voglia di scrivere un capitolo sull'ultimo giorno di scuola di Alice. Non lo so perché, sinceramente. Forse perché volevo dedicarlo ai miei compagni di classe, forse è per il fatto che ognuno di noi prenderà strade diverse e non passeremo più cinque o sei ore insieme, da oggi in poi. Però mi sono anche detta: Ste, non puoi tagliare una parte fondamentale della storia, perché devi anche scrivere del ritiro di calcio di Thomas e delle impressioni che entrambi avranno poi della lontananza. Per questo ho deciso di scrivere questo capitolo, quello che avete appena letto, dedicandosi comunque al gruppo di persone che mi ha fatto ridere e sorridere con cui ho pianto, festeggiato e litigato.

Alla mia classe, con tanto affetto. Alla 5˙ E dell'anno 2015-2016. Che possiate avere sempre il vento in poppa. Vi voglio bene.

Grazie per lo spazio che mi avete concesso, scusate il fuori programma smieloso, ma purtroppo le emozioni non riesco mai a esternarle quando è il momento e sulle cose ci penso dopo ore. Volevo chiedervi, come al solito, un commento e ringrazio di cuore colei che continua, incessantemente a lasciare recensioni. Grazie❤

Un bacio , ragazze. Stefania❤

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Capitolo 34
*** A Roma. ***


Erano passate le vacanze natalizie, ormai. Tutti avevano ripreso il ritmo stressante della scuola o del lavoro. Io mi ero trovata a dover passare, da un giorno all'altro, dallo studio intenso per quattro verifiche e due interrogazioni in una sola settimana di scuola, alla sfilata di moda per la madre di Tony.

Anche Tommy era partito per il suo ritiro, due giorni prima rispetto al mio viaggio per la capitale. Il suo mister aveva anticipato il tutto per permettere ai suoi calciatori del tempo per studiare, dato che in molti erano quelli che frequentavano ancora le scuole superiori o l'Università, come mio fratello o Tommy stesso.

«Ci sentiremo la sera, magari.»mi aveva detto Thomas, prima di salire sul bus della squadra insieme a mio fratello. «Spero che 'sti tre mesi passino in fretta.»

«Pensa a passarli bene e, soprattutto, pensa a far vedere a quei quattro deficienti quanto sei bravo.»avevo replicato io, abbracciandolo. «Tanto quattro mesi passeranno senza che nemmeno tu te ne accorga.»

Lui mi aveva baciata per l'ennesima volta, poi il suo mister l'aveva chiamato ed era dovuto salire sul pullman. I suoi compagni di squadra avevano fischiato da dentro il bus e si erano affacciati a guardare dai finestrini.

Ero scoppiata a ridere, mentre Thomas faceva loro il dito medio, salendo poi a bordo del mezzo. Mi ero poi avvicinata a Teo e a Stefano, che avevano concordato con Tommy di non lasciarmi sola un istante, a Milano. Quando avevo saputo che mi aveva messo alle calcagna quei due poveracci, per poco non avevo preso a schiaffi il mio ragazzo.

«Ma ti pare normale mettermi dietro i baby-sitters?»avevo urlato, guardandolo male. «Avranno mille altre cose da fare e tu gli dici di starmi vicini?»

«Guarda che ho detto loro che potevano rifiutarsi.»aveva sbruffato lui, annoiato.

«E, secondo te, si sarebbero mai rifiutati?»

«Dai, Alice! Smettila. Se sei nervosa so io come...»

«No!»lo avevo fermato, alzando il dito indice, come fossi una maestrina. «Non puoi distrarmi così.»

Lui era scoppiato a ridere e, ovviamente, lui mi aveva distratta in maniera molto convincente.

La vibrazione del telefono mi riportò al presente. Guardai il display e ci vidi scritto "Tommy". Sorrisi e accettai la chiamata.

«Pronto?»

«Buongiorno, splendore!»mi rispose Thomas. Lo immaginai sorridente e questo fece sorridere anche me. «Come va il viaggio?»

«Tutto bene. Siamo... boh, da qualche parte.»

«Da qualche parte?»ripetè lui. «Come "da qualche parte"?»

«Eh, Tommy... non lo so dove siamo.»

Scoppiò a ridere. «Sei sempre la solita, Alice. Cerca di non scendere alla fermata sbagliata, piuttosto.»

«Non sono scema, sai? Basta che vedo il cartello "Roma Termini" e sono apposto.»

«Hai chiamato Tony per farti venire a prendere?»mi chiese.

«Si, mi ha detto che appena arriverò alla stazione prima, devo fargli uno squillo.»gli dissi. «Sei più apprensivo di tua madre.»

«Non sono apprensivo. Sei la mia ragazza. E' normale che io sia preoccupato di sapere dove tu sia o cosa tu stia facendo.»mi spiegò. «E non osare mai più dire che assomiglio a mia madre.»

Ridacchiai. «Cosa stai facendo?»

«Mi sono appena svegliato. Tra poco dobbiamo andare al campo per l'allenamento.»

«Non stancarti troppo.»

«Assolutamente no.»mormorò. «Preferisco conservare un po' di energie e sprecarle con te.»

«Meglio, no?»

«Sicuro!»esclamò.

Sentii qualcuno entrare nella sua stanza. «Tommy, stai parlando con mia sorella?»

«Si, ma esci dalla mia stanza.»lo riprese.

«No. Fammi parlare con mia sorella.»

«Chiamala tu dopo!»si lamentò Tommy.

«Mettimi in vivavoce.»dissi io, ridendo.

Tommy sbuffò. «Fatto.»

«Sorellina!»urlò Alex, facendomi alzare gli occhi al cielo. «Come stai? Dove sei?»

«Sto bene e sono da qualche parte in Toscana.»gli risposi. «E tu? Tutto bene?»

«Certo! Anche se, la notte, il tuo ragazzo russa talmente forte che non mi fa dormire.»

«Non è vero! Non russa!»ridacchiai, sentendo Tommy tirare un ceffone a mio fratello.

«Ma sta zitto, idiota!»borbottò Thomas. «Ali, adesso devo prepararmi. Appena arrivi scrivi o, va bene?»

«Sissignore, capo!»lo presi in giro. «A presto.»

«Ciao, Ali.»

Tommy chiuse la chiamata ed io sospirai, sorridendo: poteva rendermi così felice anche solo la sua voce? Oh, cavolo. Ero proprio fregata con quel ragazzo! E già mi mancava abbracciarlo.

Mezz'ora più tardi, dopo aver avvisato Tony, arrivai a Roma Termini.

«Come è andato il viaggio?»mi sorrise Tony, dopo avermi abbracciata e baciata sulle gguance «Ti sei riposata?»

«No, purtroppo.»risposi. «Non riesco a dormire sui treni, quando sono sola.»

«Mi spiace.»mormorò, facendomi segno di seguirlo verso una mercedes nera. «Allora ti porto a casa mia, così potrai stenderti su un letto e riposare.»

«Grazie mille, Tony. Visto che ci siamo... a che ora devo farmi trovare pronta, domani?»

«Alle cinque mia madre ed io andremo al locale dove si terrà la sfilata.»mi spiegò, sedendosi al mio fianco nell'auto. «Penso che tu possa venire con noi già a quell'ora.»

«Perfetto!»esclamai. «E stasera dove mi porti?»

«Vuoi uscire?»mi chiese, inarcando sorpreso un sopracciglio.

«Certo!»risi.

«Allora usciremo!»

Qualche minuto dopo entrammo nell'attico di proprietà della sua famiglia e Tony mi mostrò quale sarebbe stata la mia stanza, durante il mio soggiorno a Roma. Appena mi lasciò sistemare, mi gettai a capofitto sul letto e mi addormentai pesantemente.

.

Aprii gli occhi e notai che non mi trovavo in camera mia. Mi ci volle qualche secondo per connettere tutto.

Roma. Sfilata. Tony. Casa sua. Camera per me.

Perfetto, ora avevo rimesso a posto tutti i pezzi del mio puzzle mentale, non mi restava che alzarmi e fare un bel bagno. Pregai che Tony avesse una vasca da bagno e, quando vidi che l'aveva, tirai un sospiro di sollievo. Presi dalla mia valigia un cambio, il mio accappatoio e una asciugamano e mi chiusi nella stanza, riempiendo la vasca con acqua tiepida. Mi immersi al suo interno e sospirai nuovamente. Quello si che era un bel riposino rilassante.

Mi insaponai i capelli, dopodiché li risciacquai e stappai la vasca, lasciando scorrere l'acqua. Mi asciugai il corpo e andai in camera da letto per vestirmi, quando qualcuno bussò alla porta e la aprì.

«No, no. Aspetta!»urlai, ma Tony era già entrato nella stanza.

A poco servì il fatto che lui si coprisse gli occhi: mi aveva vista nuda, ormai.

«Cazzo, Ali! Scusami! Scusami davvero!»esclamò, girandosi verso il muro. «Solitamente questa è la stanza di mio cugino ed entro quando voglio qui, ma ora...»

Risi. «Tranquillo. Siamo grandi, ormai. Sappiamo come siamo fatti. L'importante è che tu non l'abbia fatto apposta.»

«Ti giuro di no.»mormorò lui.

«Allora non c'è alcun problema. Dimentica tutto e amici come prima.»

«Dio, che figuraccia!»si lamentò, mentre indossavo un paio di jeans molto semplici e una maglietta nera con le maniche lunghe.

«Non c'è problema, Tony. Tranquillo!»gli ripetei, sorridente.

«Per farmi perdonare, credo ti porterò a fare un tour della città?»

«Compreso il Colosseo?»gli chiesi, sgranando gli occhi per l'aspettativa.

«Compreso il Colosseo.»annuì.

«Sei appena diventato il mio migliore amico forever xdxd!»scoppiai a ridere, abbracciandolo e afferrando la mia borsa. «Non farmi perdere tempo: andiamo dai!»





Ecchime! Finalmente, dopo questo strazio di pomeriggi passati a studiare, posso finalmente continuare ad aggiornare la storia. Questa matura mi ha fatto un po' di paura tanto per fare la rima. Comunque, si come ho scritto questo capitolo di getto, oggi, volevo chiedervi: se trovate degli errori grammaticali, ditemelo, per favore, perché sono così stanca che non riesco a notarli. Ahahahah ora vi lascio, perché sono stanchissima . Alla prossima pupe ❤ Stef.

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Capitolo 35
*** Sfilata con sorpresa. ***


Passammo tutto il pomeriggio a girovagare per Roma. Tony mi fece visitare il Colosseo, il Pantheon e poi Galleria Borghese. Camminammo tanto, ma ero talmente entuasiata dalle attrazioni turistiche, che il tempo volò di fretta e si fece sera.

«Ti andrebbe di mangiare della pasta per cena?»mi chiese Tony.

«No, ti prego!»esclamai, entrando nella sua auto. «Niente pasta, la sera. Non riesco a digerirla e mi rimane sullo stomaco!»

Lui rise. «Allora andiamo a casa mia e ti cucinerò una bella bistecca di pollo, va bene?»

Aggrottai la fronte. «Perché tu sai cucinare?»

«Forse meglio di te.»annuì, sghignazzando sotto i baffi.

Gli diedi una pacca sul braccio e lo guardai male. «Hey, mettiamo delle regole, va bene? Non si fanno battutine sulla cucina.»

«Solo questa regola?»

Annuii. «Si, solo questa.»

Lui scosse la testa e guardò fuori dal finestrino. «Come va la scuola? Hai intenzione di continuare, dopo la maturità?»

«Mio nonno mi ha proposto di aiutarlo in azienda, perciò penso dovrò studiare ancora.»

«Beh, ormai puoi studiare anche da casa.»minimizzò lui.

«Poco, ma sicuro. A scuola non ci posso andare: ho troppi impegni anche con la danza e tutto il resto.»



«Perciò non abbandoni?»mi domandò.

Feci spallucce. «Vado solo ad aiutare mia zia.»

«E con la scusa ballo anche tu.»disse. «Ma perché, invece di abbandonare, non continui e basta?»

«Non so... sono indecisa su cosa fare. E mi assilla parlarne, perciò...»

«Promettimi che non eviterei per tropo tempo l'argomento: la danza è la tua passione, lo so meglio di tutti, forse.»

«Prometto, ma ora lasciamo perdere.»

Quando arrivammo a casa, Tony mi aprì la portiera e mi fece scendere dall'auto.

«Ma che galantuomo!»esclamai, ridendo.

«Adesso mi devo pagare, però.»scherzò lui.

Feci la finta scioccata. «No, scusa. Mi apri la portiera e ti dico che sei un galantuomo, mentre poi devo pagarti?»

Salimmo al piano superiore, ridendo e spingendoci l'un l'altra. Quando fummo in casa sua, scoprii che Tony era il miglior cuoco che avessi mai conosciuto: aveva fatto una bistecca che era, come si dice al sud, "la morte mia". Era deliziosa e, per poco, non leccai il piatto e gli chiesi addirittura il bis.

Stavo per alzarmi per andare in sala, quando il telefono prese a suonare. Lo afferrai e lessi il nome di chi mi stava chiamando: "Tommy".

Sospirai. Lo avrei ucciso, appena lo avrei rivisto: era da mezzogiorno che non mi faceva sapere qualcosa, né mi scriveva. Già mi mancava, se poi non si faceva nemmeno sentire!

«Pronto?»

«Ciao amore!»

«Tommy, ma sei cretino?»lo aggredii subito. «Mi hai fatta preoccupare! Non ti sei fatto sentire per niente, oggi!»

«Alice!»mi interruppe. «Respira!»

Lo sentii sghignazzare e mi indiavolai. «Lo sai quanto sono stata in pensiero? Credevo ti fossi fatto male!»

«Ma se sono vivo e vegeto!»si lamentò. «Tu, piuttosto, come stai? Sei abbastanza nervosetta...»

«Io nervosetta?»ripetei. «Ma proprio no.»

«Certo, certo.»rise. «Lo sai che mi manchi, bambolina?»

«E sto nomignolo?»chiesi, inarcando un sopracciglio.

«Che ne so. Sono preso bene perché forse firmo un contratto con il Milan.»disse.

«Con...? Che figata! Almeno te ne starai a Milano. E io che ero preoccupata che ti prendesse qualche squadra straniera.»

«Non ho ancora firmato.»mi fece notare. «Magari, prima di domani pomeriggio, si fa avanti qualcun altro e ci prende.»

«"Ci"?»feci. «Ah, giusto.»

Stavo quasi dimenticando che mio fratello e Tommy avevano l'unica richiesta di giocare insieme. Tecnicamente era una cosa che non si poteva fare, ma mio fratello e il mio ragazzo erano talmente bravi, insieme, che le squadre avrebbero sicuramente accettato quella piccola clausola. Alex e Tommy erano una coppia formidabile: riuscivano a coordinarsi e trovarsi insieme in qualsiasi circostanza.

«Non far sapere a nessuno...»

«Si, lo so. Sta tranquillo. Non dico nulla.»lo anticipai, sapendo già che mi avrebbe detto di non dire nulla a nessuno.

«Devo scendere a cenare, ora.»mi disse Tommy, fermando il flusso di pensieri. «Ci sentiamo più tardi. Magari ti mando la buonanotte.»

«Va bene.»mormorai. «Ricordati, però. Perché voglio quel messaggio.»

«Come potrei dimenticarmi?»mi chiese. «Dai, amore. Ci sentiamo dopo. Ciao!»

«Ciao Tommy! Buon appetito.»sorrisi, giocherellando con i miei capelli.

«Grazie.»

Chiusi la chiamata e posai il telefono sul tavolino. Fortunatamente Tommy ed io non eravamo una di quelle coppie "Picci-Picci. Miao-Miao", che si dicevano "Dai, amore: attacca prima tu!". Se l'avessi mai fatto, Tommy mi avrebbe lasciata. E, se l'avesse fatto lui, l'avrei lasciato io. Risi, tra me e me e scossi la testa.

«Cosa ha detto?»

Mi voltai verso Tony e gli sorrisi. «Voleva sapere come stessi e mi ha detto che forse è stato preso da una squadra.»

«Si? E quale?»

Feci spallucce. «Non posso dirtelo, mi spiace.»

«Quindi non ha ancora firmato...»pensò a voce alta.

«Come fai a saperlo?»gli domandai.

«Perché i giocatori e le società non fanno mai trapelare queste informazioni.»mi spiegò lui, sedendosi sul divano e accendendo la TV.

Lo guardai e andai a sedermi vicina a lui.

«Domani sera verrà anche una ragazza...»iniziò Tony.

Lo squadra per bene. «Una ragazza?»

«Si.»

«Non fare il vago...»lo ripresi.

«Si chiama Charlotte.»disse. «È tedesca ed è... bellissima. La conoscerai domani comunque.»

«Sembri preso. È una bella cosa, sai? Sono felicissima per te!»

Lui sorrise, un po' imbarazzato. «Grazie.»

Guardammo un po' di film a caso e, ad un certo punto, sentii l vibrazione del telefono. Mi era arrivato un messaggio, sicuramente era quello di Tommy. Sbloccai lo schermo e, infatti, era lui che mi augurava buonanotte. Mi trovai a sorridere come un'ebete e gli risposi, augurandogli a mia volta la buonanotte.

Più tardi mi addormentai senza nemmeno accorgermene, finché non mi risvegliai la mattina successiva, verso le nove e mezza. Fui disturbata dal rumore di una aspirapolvere che era stata azionata da poco. Anche Tony si svegliò e borbottò qualcosa. L'elettrodomestico venne spento subito e una signora bassetta, con gli occhiali, ci guardò dispiaciuta.

«Scusami, Tony.»disse subito. «Non avevo idea che fossi rimasto a dormire sul divano con la tua amica!»

«Fa' niente, Carla.»rispose Tony, stropicciandosi gli occhi e alzandosi dal divano. «Lei è Alice, una delle indossatrici di mia madre e una mia cara amica.»

«Salve.»mormorai, schiarendomi la gola e stiracchiandomi.

Era assolutamente provato, per esperienza personale, che l' aspirapolvere era fastidosa almeno quanto la sveglia, di mattina.

«È un piacere conoscerla, signorina Alice. Io sono Carla, la domestica.»mi disse lei, guardando poi Tony. «Ho preparato la colazione solo per te, Tony. Se aspetti cinque minuti, faccio il caffe anche per...»

«Lascia stare, Carla.»le disse lui. «Lo preparo io per Alice.»

«Grazie mille, allora. Almeno posso finire di pulire qui.»

Tony mi portò in cucina e facemmo colazione, quando il mio telefono squillò ancora. Era Tommy. E non era la prima volta che mi chiamava.

«Hey!»

«Alice! Porca... puttana... pensavo ti avesse già presa!»

«Cosa?»feci io. Vidi Tony guardarmi strano, così chiamai Tony. «Mi spieghi, con calma, cosa è successo?»

«Te ne devi stare a casa, stasera.»mi disse. «Alice. È un ordine.»

«Cosa? Ma non se ne parla proprio! Ma che cazzo stai dicendo, Tommy? Perché devo starmene a casa, stasera? Ho una sfilata, te ne sei dimenticato?»

«Cosa sta succedendo, Alli»mi chiese a bassa voce Tony.

Gli feci segno di aspettare.

«Alli, i romeni sono a Roma. Sano che sei lì.»

«Come...?»

«Cri l'altro giorno ha visto Michael...»

«Quindi è vivo?»lo interruppi.

«Purtroppo.»

«Tommy...»lo ripresi.

«No, Alice. Michael è uno di loro!» Sgranai gli occhi: non solo Michael non era stato ucciso dai romeni, ma era anche con loro, ora? «È stato uno di loro dall'inizio. Lo hanno fatto entrare nel giro di Cri per sapere chi comandava a Milano. Quando hanno capito che ero io, gli serviva un bersaglio.» Capii subito a chi alludesse: ai romeni serviva il punto debole di Thomas. «Il bersaglio sei tu, Alli!»

Chiusi gli occhi. Lo avevo immaginato. «Io non posso tirarmi indietro, Tommy. Ho una sfilata, stasera. E potrebbe essere la più importante della mia vita!»

Lo sentii sospirare, dall'altra parte del telefono. «Senti, passami Tony.»

Aggrottai la fronte. «Cosa?»

«Passamelo!»ripeté lui, quasi urlandomi all'orecchio.

Feci come mi aveva detto e passai il mio telefono a Tony. I due parlarono per un po', mentre vedevo le espressioni del mio amico cambiare, mano a mano che la conversazione si faceva sempre più chiara, nella sua mente. Tony non aveva quasi parlato, continuava a ripetere solo "si, si.", "ci penso io.", "sta' tranquillo. È una mia amica: non la metterò in pericolo." e cose del genere.

Quando terminarono di chiamare, Tony mi ripassò il cellulare e sparì nella sua camera. Avvicinai il telefono all'orecchio. «Cosa hai detto a Tony?»

«Di starti attaccato al culo, Alice.»rispose, con tono duro. «E tu cerca di stare attenta a tutto e a tutti.»

«Si.»sbuffai. «Tanto chi vuoi che possa entrare alla sfilata, senza invito?»

«Non hai idea di quali metodi possano trovare, quei bastardi.»mi contradisse lui. «Ora devo andare. Appena esco dall'ufficio della società, ti chiamo subito. Teo e Stefano stanno cercando di arrivare da te il prima possibile.»

«Ma cosa li disturbi a fare?»lo ripresi.

«Alice, non rompere. È meglio aumentare la sicurezza, che lasciarla ad un numero inferiore.»

Scossi la testa. «Finirà mai, questa storia?»

Dall'altra parte sentii solo ssilenzio poi un altro sospiro. «Lo spero, Alli. Lo spero.»

Quella sera, alla sfilata, indossai due abiti: alla prima uscita avevo un vestito blu scuro , lungo fino alle ginocchia, con la gonna ampia, stile anni Cinquanta. Il vestito aveva le maniche lunghe fino a metà braccio ed era accollato. I flash dei fotografi non mi infastidivano più di tanto è, quando arrivai alla fine della passerella, vidi nella sala al fianco di Tony, Ste e Teo. Scossi la testa. Alla fine Tommy li aveva costretti a venire lo stesso.

I due, anzi tre, se ne stavano in disparte, come se stessero aspettando che qualcuno mi saltasse addosso da un momento all'altro, ma ancora non avevano capito che non si sarebbe mai presentato nessuno, alla sfilata. Piuttosto i romeni avrebbero potuto fare qualche cagata all'uscita del palazzo o sotto casa di Tony.

Quando tornai in camerino, una ragazza che non avevo ancora visto mi si avvicinò con un sorriso. «Ciao, sono Andjela e devo aiutarti a mettere il vestito.»

Mi irrigidii, ma senza farglielo notare: il suo accento era dell'est, così come il suo nome. La ragazza, però, mi aiutò veramente ad indossare l'abito con cui sarei uscita, per la passerella di chiusura: era un abito lungo, nero e che avvolgeva come una seconda pelle il mio corpo. Aveva delle spalline quasi invisibili, tanto erano piccole e la particolarità dell'abito consisteva nello spacco vertiginoso sulla schiena, contornato da del pizzo bianco e la parte del busto era in tessuto ricamato trasparente, sempre di color bianco, con del tessuto coprente per le coppe del seno, che si allargava ai fianchi. (http://www.lingerieforyou.it/shop/abito-lungo-con-spacco/)

Appena salii sulla passerella, sentii un'esclamazione generale e i flash si fecero più insistenti. Feci un piccolo sorriso, poi contai tutti i passi: uno, due, tre... fino ad arrivare a diciannove. Feci i tre gradini per scendere dalla passerella e una mano afferrò la mia, per aiutarmi. Quando sollevai lo sguardo su quel galante cavaliere, il mio sorriso per poco non svanì.

Sussultai e per poco non scoppiai in un urlo. «Tu che ci fai qui?»

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Capitolo 36
*** Come la peste. ***


Sussultai e per poco non scoppiai in un urlo. «Tu che ci fai qui?»

«Vieni con me e non fare cazzate.»mi disse Michael. «Muoviti.»

Feci un sorriso a un fotografo e seguii il ragazzo. «Lo sai quanto tempo Cri ha impiegato a cercarti?»

«Non me ne frega un cazzo di quel coglione!»ringhiò lui. «Il tuo ragazzo è l'obiettivo principale. E tu sei l'unica cosa che gli importi davvero, perciò adesso vieni con me.»

«Col cazzo.»risposi io, strattonando il mio polso dalla sua presa.

Come veniva in mente a quel cretino di farsi trovare ad una sfilata alla quale partecipavo lavorando e pretendere che lo seguissi, lasciando tutto e tutti? Si era bevuto il cervello?

Lui tirò fuori una pistola e sussultai, sgranando gli occhi. «Adriana, portala nei camerini e falla cambiare. Poi andremo alla macchina.»

La ragazza che si era occupata di me nei camerini, quella con l'accento dell'est, mi comparve improvvisamente alle spalle e mi afferrò per un braccio. «Vieni con me.»mi tirò con arroganza.

«Ho detto no.»insistetti, iniziando però ad aver paura: eravamo due contro una. Vidi che Michael stava per dire qualcosa, ma lo interruppi subito. «Puoi anche spararmi, ma non arriverai al tuo scopo.»

«Il fratello di Adriana si trova sotto casa di tua cognata, Monica.»disse Michael, sogghignando. «Se non vuoi che capiti qualcosa al bambino o a lei, seguimi.»

Mi irrigidii. «Bastardo!»sibilai.

«Davvero credevi che non avessi pensato al fatto che non saresti voluta venire volontariamente con me?»fece, alzando un sopracciglio. «Dal primo momento in cui ti ho vista, Alice, ho capito che saresti stata una rottura di palle e non avevo torto!»

E ora cosa avrei fatto? Eravamo troppo lontani dalla sfilata, perché potessi urlare in cerca di aiuto. Tony, Teo e Ste sembravano essersi volatilizzati ed io ero sola. Solo contro Michael e la sua amichetta.

Dovevo provare qualcosa. Almeno per avvisare per tempo Monica o specialmente Nathan, che avrebbe provveduto ad aiutare la sua ragazza e il loro bambino!

«Io, con voi, non ci vengo.»ripetei. «Non credo che uno dei tuoi sia sotto casa di Monica e che lei non sia controllata, quindi cerca di lasciarmi in pace.»

«Se non vieni, ti sparo Alice. Non me ne frega un cazzo che ci sia gente dappertutto. Ti sparo.»

«Io, invece, direi che è meglio se la lasci stare.»

Mi voltai verso destra e vidi Tony, insieme a Teo e Ste. I due amici di Tommy avevano le mani dietro la schiena e l'aria incazzata.

Sgranai gli occhi, quando Ste abbassò la mano e mise in evidenza una pistola.

Iniziai a sentire l'adrenalina circolarmi in corpo e le gambe presero a tremarmi, comprese le mani.

Michael rise. «Pensi di farmi paura con il ferro? Non mi conosci proprio.»

«Ste, lascia perdere!»balbettai impaurita. «Monica è in pericolo. Devo andare con loro.»

«Ma guarda come è intelligente, la ragazza.»mi schernì Michael. «Ora vedete di levarvi, altrimenti farò una sola telefonata...»

«No...»cercò di fermarlo Tony.

«Sta' lontano, damerino.»lo avvertì Michael. «O le sparo.»

Sussultai, sentendo qualcosa infastidirmi alla parte inferiore della schiena.

Oddio! Mi stava puntando una pistola alla schiena? Ora sì che me la stavo facendo sotto! Chiusi gli occhi e iniziai a pregare Dio che non mi facesse nulla di male, né intenzionalmente, né casualmente.

«Ste, chiama Marco e digli di andare sotto casa di Monica con i ragazzi.»disse Teo, non perdendo il contatto visivo con Michael, che sembrò irrigidirsi.

Aprii gli occhi e guardai il mio migliore amico negli occhi: perché Ste doveva chiamare Marco e chiedergli di andare da Monica? Se avessero incontrato i romeni sarebbe finita male!

«Abbassa quella pistola o chiamo la sicurezza.»minacciò Tony, indicandomi e guardando furioso Michael.

Sentii Ste parlare sottovoce al telefono, poi chiuse la chiamata. «Marco e Lele sono a casa di Nathan. Sono scesi in strada a controllare se ci fosse qualcuno, ma non hanno trovato anima viva.»

Sospirai di sollievo e, con uno spintone, mi allontanai da Michael, lanciandogli un’occhiataccia.

Lui rise. «Touché.»

«Perché hai fatto credere a tutti che fossi morto?»gli chiesi, avvicinandomi a Tony, che mi sostenne.

Sentimmo uno scampanellio, poi le porte di un ascensore si spalancarono. Lui spinse Adriana nell’ascensore, sempre puntando la sua pistola contro di noi.

«Non è affar tuo.»sibilò, mentre le porte si chiudevano.

«Pezzo di merda.»fece Ste, con tono di voce adirato. «Ma cosa cazzo gli sta saltando in testa?»

Sentii le gambe vedere e Tony mi fece sedere su una delle sedie del corridoio. Teo mi venne subito incontro, mentre Ste parlava con qualcuno al telefono.

«Alli...»iniziò Teo, sfiorandomi il viso.

Lo scansai di scatto, sgranando gli occhi. «Non toccarmi.»sussultai, voltandomi verso Teo. «Lasciami un po' di tempo... per favore, Teo.» I denti battevano gli uni contro gli altri, come se un vento gelido mi avesse colpita dritto sul corpo e stessi morendo di freddo. Ma non era freddo, quello che sentivo in quel momento.

«Alli, sei sconvolta...»iniziò lui.

«Appunto per questo mi devi mollare cinque fottuti secondi, Teo!»esclamai, spazientita. «Ci mancava solo lo psicopatico sparito, che appare nei momenti meno opportuni. Quella ragazza… quella che stava con lui… era la stessa che mi ha truccata. Capisci cosa intendo? Era a pochi passi da me, Cristo!»

«Chiamo Tommy? Così magari ti senti meglio.»tentò Ste, dopo aver chiuso la chiamata che stava facendo.

«No. Voglio andare a casa.»risposi, cercando di alzarmi in piedi.

Se Tommy avesse saputo cosa era appena accaduto, sarebbe accorso qui in un batter d’occhio, perdendo un’importantissima opportunità. E io non potevo permettere una cosa del genere.

«Alli, non puoi tornare a casa.»mi disse Tony, dispiaciuto. «Tra mezz’ora ci sarà un cocktail, al quale devi presenziare.»

Lo guardai scocciata e presi un profondo respiro: forse, una serata con gente che beveva e che parlava di vestiti o di altre stupidaggini, mi avrebbe aiutata a lasciarmi scivolare di dosso quanto era appena successo.

Annuii. «Andiamo.» Un lieve giramento di testa mi costrinse però a tornare seduta.

Teo e Tony iniziarono a farmi domande a raffica. L'unico che fu utile in qualche modo fu Stefano, che domandò, a un cameriere che passava di lì, un bicchiere d'acqua, perché non mi sentivo bene. Il cameriere sparì e riapparve in un batter di ciglia con un bicchiere d'acqua e alcune bustine di zucchero.

«Se alla signorina va, ho portato anche dello zucchero.»disse l'uomo. «Forse è un abbassamento di pressione.»

Gli sorrisi e bevvi piano l'acqua. «Grazie.»

«Di nulla.»fece lui, prendendo il bicchiere vuoto. «Se avete bisogno di qualcos'altro...»

«No, grazie.»rispose per me Tony, con un sorriso cordiale. «Grazie per il suo aiuto.»

Il cameriere sparì definitivamente. Tutti e quattro tornammo alla sfilata e Magda mi disse di tenere il vestito addosso, durante il cocktail. Conversai amabilmente con molti ospiti e alcune modelle. Sorrisi talmente tanto, che temetti mi si fosse bloccata la muscolatura facciale!

Tony mi fece poi conoscere una ragazza bellissima. Alta quanto il mio amico e con i capelli biondissimi, quella ragazza sembrava un angelo con gli occhi verdi.

«Ali, lei è Charlotte.»me la presentò Tony.

Annuii. Quella era Charlotte, quindi. «Piacere di conoscerti! Io mi chiamo Alice.»

Lei mi sorrise timidamente e allungò verso di me una mano, che strinsi delicatamente. Tony ci disse che sarebbe andato a prendere qualcosa da bere per tutte e due e ci lasciò sole. Iniziai a parlare, chiedendole come le sembrava il vestito.

Lei si illuminò. «Oh, ti sta benissimo!»esclamò. «È un colore che ti dona.»

Le sorrisi. «Ti ringrazio.»

Quando finalmente la serata finì, erano le tre e mezzo di notte. O di prima mattina. L'autista ci riportò a casa, mentre Magda rimase all'hotel.

Charlotte se n'era andata un'ora prima, salutandomi con un sorriso splendido. Tony offrì poi ospitalità a Ste e a Teo e diede loro alcuni dei suoi vestiti, per cambiarsi. Era strano come tutti e tre avessero la stessa taglia: sembrava un caso fortunato del destino. E meno male! Almeno potevano cambiarsi d' abito, poverini!

Prima di andare a letto, accesi il telefono, che avevo spento prima della sfilata. Vidi un mucchio di notifiche, messaggi e e-mail, ma quello che mi interessò di più, fu un messaggio di Tommy.

Aprii la conversazione e lessi avidamente ogni parola, mentre le labbra si incurvavano in un sorriso e la gioia prendeva il posto di ogni preoccupazione.

"Ciao Alli. Stasera ho finalmente firmato il contratto con la ***! Dal mese prossimo inizierò a giocare per loro, quindi sarò sempre a Milano, a meno che non ci siano altre novità all'orizzonte. Anche tuo fratello è stato preso. Ci hanno detto che saremo una coppia infallibile, pensa un po'! Settimana prossima dovremmo tornare a Milano, spero ci sarai. Altrimenti verrò a prenderti a Roma e ti riporterò a casa in spalla, come un sacco di patate. A proposito di casa: se la situazione sarà stabile, ho intenzione di prendere un appartamento. E tu verrai a vivere con me. Buona fortuna per la sfilata. Ti amo."

Non c'era alcuna emoticon, né un cuore. Tommy era fatto così: i suoi messaggi non erano per nulla emotivi, se non nel contenuto. Ma quello che più mi aveva stupita era quella notizia di voler prendere casa e andare a vivere insieme!

Mi voltai a fissare il soffitto e iniziai a sorridere come un'ebete, finché mi addormentai, sognando di dormire accanto a Tommy.



Il mattino successivo mi svegliai alle undici e mezzo, sentendo il rumore di un'aspirapolvere a breve distanza. Sbadigliai e stiracchiai le membra indolenzite. Afferrai il telefono e guardai l'ora: non mi ero mai svegliata così tardi, ma vista l'ora in cui eravamo rincasati, ci e trentadue mi sembrava un orario decente per aprire gli occhi e iniziare una nuova giornata.

Sbloccai lo schermo del telefono e selezionai il menu delle chiamate, toccando il nome di Thomas. La chiamata partì e lui mi rispose subito.

«Alli, buongiorno!»mi salutò lui.

«Ciao, amore. Come stai? Scusami, ma ieri siamo tornati a casa tardi e ho visto il tuo messaggio verso le tre.»

Alcune voci in sottofondo mi fecero capire che Tommy si trovava in compagnia di altri giocatori. I ragazzi, quando stavano tra di loro, avevano sempre quei comportamenti da veri deficienti: urlare al telefono che il tuo ragazzo aveva baciato un'altra era uno di questi.

«E smettila, Lori!»si lamentò Tommy. «Alli, non credergli: non ho baciato nessuna!»

Risi. «Non c'è bisogno che me lo dici. Mi fido di te in ogni caso.»

Parlammo del più e del meno, di come il suo nuovo allenatore avesse esplicitamente chiesto di avere in squadra sia Tommy sia mio fratello. Poi lui chiese come era andata la mia sfilata.

Sgranai gli occhi, ma non mi feci prendere dal panico. «Bene!»risposi. «Magda mi ha fatta uscire sulla passerella per due volte, con due creazioni diverse. Le modelle non erano così antipatiche come mi aspettavo e due di loro mi hanno anche chiesto di poterci vedere a Milano, quando verranno.»

Omisi appositamente quello che era accaduto con Michael: era meglio parlarne a quattr'occhi e non al telefono. Una mezz'oretta dopo, chiusi la chiamata e uscii dalla camera e l'odore di pesto fresco mi invase le narici. Inspirai profondamente e seguii quel buon profumino fino alla cucina, dove Tony e Teo stavano preparando il pranzo.

«Voi lo sapete che vi amo?»dissi loro.

Teo rise, mentre Tony non mi guardò nemmeno, troppo impegnato a salare per bene la pasta e a girarla nella pentola.

Ste ed io apparecchiammo la tavola e dopo dieci minuti iniziammo a mangiare. Mentre pranzavamo, però, mi venne un dubbio.

«Tu dici che sono ancora qui?»chiesi a Teo, mentre portava alla bocca l'ennesima grossa forchettata.

Lui fermò il boccone a metà strada e mi guardò. «Secondo me sì.»rispose lui. «A meno che non è tornato su per fare qualche cazzata.»

Aggrottai la fronte. «In che senso?»

«Nel senso che potrebbe veramente rompere i coglioni a Monica o a Samuele, ma in quel caso Nathan gli farebbe spezzare l'osso del collo.»mi spiegò Ste. «Gli conviene stare alla larga da tutti quanti noi.»

«Appena Tommy finirà il ritiro, ci dobbiamo mettere sotto e capire cos'è 'sta storia.»continuò Teo. «Non ho capito come mai è sparito e poi riapparso, così dal nulla. Tra l'altro aiutando i romeni!»

«Credete che casa mia sia abbastanza al sicuro, nel caso quell'idiota sia ancora qui?»domandò Tony.

«Sì, casa tua è perfetta.»lo rassicurò Ste. «Però mi sentirei meglio se fossimo a Milano. Almeno lì conosciamo bene il territorio e sappiamo da chi farci aiutare.»

«Sembra quasi una sorta di caccia al bersaglio.»commentò Tony.

«E lo è.»annuì Teo. «Purtroppo Alice è quella più esposta, tra noi, perché è la ragazza di Tommy.»

«Ma si può sapere cosa ha fatto Thomas?»

Stefano guardò Teo, poi si rivolse a Tony. «Michael e Thomas dovevano essere esaminati da alcune importanti personalità calcistiche. Durante la partita precedente a quell'esame Thomas, involontariamente, lo ha fatto male. Michael non è riuscito a giocare quando c'erano gli esaminatori e non gliel'ha mai perdonato.»

Guardai Ste. Sapevo che quelle erano tutte stronzate, ma non avevo la benché minima voglia di dire cosa, in realtà, ci fosse tra Tommy e Michael.

«Ha perso un'occasione importante.»fece Tony. «Ma dall'essere rancoroso all'essere psicopatico ce ne passa!»

Annuii senza rendermene conto. Psicopatico lo era davvero! Michael sembrava veramente incontrollabile e imprevedibile. I suoi occhi erano pieni di rabbia e di odio già da quando mi ero ritrovata a casa di Christian l'estate precedente. Appena aveva saputo che ero la sorella di Alex, il suo sguardo sembrava essersi acceso di una luce sinistra e ora quel presentimento era diventato una realtà tangibile: Michael era veramente una persona sinistra e senza regole.

Da evitare come la peste.





ANGOLO MIO.
Sì, sono imperdonabile. Scusatemi davvero tanto, per l'assenza e per la storia che ho lasciato in sospeso. Sono io la prima a innervosirmi, quando vedo le storie abbandonate lì a casaccio e poi finisco per fare quello che odio! Però sappiate che questa assenza è stata giustificata, in primis, poi avevo anche un po' perso il desiderio di scrivere. È stato un periodo orribile. Ho tanti progetti e tante cose che vorrei fare, che alla fine mi soffocano! Comunque, spero propri O continuiate a seguire "Dammi un brivido" e spero che la commentiate come avete sempre fatto. Non mi resta che promettervi questo definitivo (Si spera) ritorno e salutarvi. Alla prossima :*

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