LIP&MANDY: Ricominciamo da capo.

di Jasmine_dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riflessioni. ***
Capitolo 2: *** Come Frank ***



Capitolo 1
*** Riflessioni. ***


Lip pow: 

Entrai nel vialetto e vidi quel SUV, ma di chi diavolo era?
Lo guardai, buttai via la sigaretta ed entrai in casa.
Mi diressi verso la cucina ma sentii dei passi provenire dalle scale, quindi mi voltai.
E quando la vidi, nonostante fosse molto diversa dall’ultima volta, la riconobbi subito: era Mandy.
Lei mi guardò, io la guardai ed entrambi restammo in silenzio.
Cazzo, quanto era bella. Cercavo di parlare, provai a dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole mi morirono in gola.
Aprii la bocca, ma nessun suono uscì, allora lei si girò e andò via:
Quei pochi secondi parvero ore.
Ian scese le scale e mi salutò.
“Quella era Mandy, è tornata a casa sua?”
Lui rispose: “No, è passata solo per un saluto.”
Io annuii e feci finta di nulla, ma continuavo a pensare al suo sguardo, era passato più di un anno dall’ultima volta in cui l’avevo guardata negli occhi, quando lei mi aveva detto di amarmi e io non le risposi perché ero un cazzone, mi sarebbe bastato dire che l’amavo anche io per fare in modo che lei non partisse con Kenyatta, quel coglione che la picchiava. 
Ma io non amavo Mandy, per quanto potessi tenere a lei, il mio amore lo aveva prosciugato tutto Karen. No, io non l’amavo, ma cazzo, non ci avevo neanche provato ad amarla. 
Karen mi aveva distrutto, era stata una stronza con me ed io, forse per riflesso, lo ero stato con Mandy. Eppure lei si era fatta il culo per me, io l’avevo trattata come una merda e lei in cambio mi diede tutto il suo amore. Ero davvero uno stronzo.
“Sai, potrei anche voler sentirmi dire grazie!”
“Non sono un’idiota, quindi non trattarmi come se lo fossi.”
Le sue parole si rincorrevano una dietro l’altra nella mia testa, ma che cazzo mi stava succedendo?
“Ti amo.” Dopo il mio silenzio, che poi corrispondeva ad una risposta, lei aveva cominciato a piangere.
“Ti va se passo domattina? Facciamo colazione insieme.”
Lei mi aveva detto che ci sarebbe stata, pensavo avrebbe lasciato quel coglione del suo fidanzato, non avevo capito che quella sera fu il suo modo di dirmi addio.
Ed ora, dopo tutto quello che aveva fatto per me, per farmi ammettere al college, io ero quasi riuscito a farmi buttare fuori e mi stavo trasformando in quel cazzone di Frank.
Mi attaccavo alla bottiglia fin dalla mattina, e mi avevano mandato via dal dormitorio a calci in culo. 
Guardai le foto che ci ritraevano insieme che ancora avevo sul mio vecchio cellulare. 
“Da quando sei andata via anche tu, tutto è andato a puttane.” Sussurrai.

Mandy pow:

Il suo sguardo. Non riuscivo a togliermi il suo sguardo dalla testa, i suoi occhi non li avevo più visti da quell’ultima notte, ma non li avevo dimenticati, non avevo scordato un solo particolare di essi.
Forse perché, nonostante tutto il tempo che era passato, io li avevo visti ogni cazzo di volta che chiudevo gli occhi.
Chiudevo i miei occhi e davanti avevo i suoi che mi guardavano quella ultima notte insieme, quando al mio “ti amo”, speravo in una risposta differente da quella che mi aveva dato il suo silenzio.
Le lacrime spingevano per uscire , volevano scendere e rigarmi le guance, ma Mandy Milkovich non avrebbe pianto per amore, non lo avrei permesso.
Gli occhi azzurri di Lip continuavano a torturarmi, non ci riuscivo a farli uscire dalla mia testa.
Erano le 3 del mattino ed ero seduta con una sigaretta in mano sul bordo del letto a guardare fuori dalla finestra di fronte a me.
Dopo l’incidente che avevo avuto con quel cliente, non sapevo se avrei continuato a fare la escort.
Perché Lip era a casa? Non andava più al college? Aveva rovinato tutto il lavoro che avevo fatto, oppure era lì solo per una visita? Mi sarebbero girate parecchio se fosse stato cacciato dopo che mi ero fatta il culo per farlo ammettere, ma alla fine erano affari suoi, a me non doveva interessare se si era sputtanato la vita.
Finalmente aveva fatto Facebook, ma non lo avevo aggiunto, cercavo di non guardare mai il suo profilo, solo che qualche volta ci capitavo a guardare le sue fotografie.
Rimasi sul letto sveglia, guardai di nuovo l’orario ed erano già le 8 del mattino, decisi di richiamare Ian.
“Pronto?” 
“Ian, ciao. Dormivi?” chiesi.
“No, ero sveglio ma sono ancora a letto. Fisso il soffitto.” Disse lui.
“Penso che smetterò di fare l’escort… o forse no, non lo so.” 
“È per quel tipo?” domandò.
“Sì, ma è la prima volta che un cliente mi aggredisce, quello mi lascia incerta.” Esitai: “Ian, scopare con qualcuno è l’unica cosa che so fare bene, che altro lavoro potrei fare per mantenermi?”
“Mandy, sei intelligente, potresti fare tutti i lavori che vuoi.”
Una risata sarcastica uscì dalla mia bocca: “Ian, non ci credi neanche tu. Potrò vivere anche al nord ora e vestire in maniera elegante, ma sono sempre Mandy Milkovich, la ragazza che proviene dal degrado del South Side.”
“Smettila di sottovalutarti. Ora io devo andare, se ti va di parlare chiamami, ok? Sei sempre la mia migliore amica.”
“Sì, va bene.” 
“Ti voglio bene, Mandy.” Fece Ian.
“Sì, anche io, ciao.” E riattaccai.
Mi accesi un’altra sigaretta.
Io non mi sottovalutavo, ero solo consapevole di non valere più di nessun altro che fosse cresciuto nel lato sud di Chicago. 
Tranne Lip, sebbene lui non lo capisse, no, sembrava non capire che era il migliore di quel quartiere.
Mi alzai dal letto e preparai la colazione.
Da quando Kenyatta mi aveva picchiata per l’ennesima volta, avevo deciso di lasciarlo e di trasferirmi con 3 ragazze in una casa nel lato nord.
Fortunatamente non conosceva il mio indirizzo, per questo non poteva fare come faceva quando abitavamo ancora nella mia vecchia casa, quando lui mi picchiava e poi tornava.
Ed io lo perdonavo, forse per paura, forse perché pensavo di non meritare di meglio, ci tornavo sempre assieme.
In fondo ero quella che era stata picchiata da tutti i ragazzi con cui ero stata, ero quella che veniva violentata da papà quando beveva e mi scambiava per mamma.
Perché qualcuno avrebbe dovuto amarmi?
Mi misi a pensare mentre sorseggiavo il mio caffe.
Fare la escort mi serviva, quella era la prima volta in cui qualcuno mi aveva aggredita, perché buttare tutto nel cesso? Da quando facevo quel lavoro potevo permettermi di fare cose che prima non avrei neanche potuto sognare, avevo più soldi di quanto potessi mai immaginare. E poi, come avevo detto ad Ian, prima venivo picchiata gratis, mentre ora potevo pure decidere chi scoparmi, e non era male per la ragazzina cresciuta nel quartiere di merda che tutti chiamavano “troia.”
No, non avrei rinunciato a questa nuova vita, e poi mica avrei fatto questo lavoro per sempre, solo il tempo di metter via abbastanza soldi per fare qualcos’altro.
“Buongiorno Mandy.” Disse una delle ragazze con cui vivevo.
Io risposi: “Ciao Julie.”
Poi andò in bagno, le altre due dormivano sempre fino a tardi. 
Mentre decidevo in che giorni vedere i miei clienti mi chiesi ancora una volta: “Chissà come sta Lip.”
Ma cosa cazzo c’era in me che non andava? Perché continuavo a pensare a quel cazzone?
Composi il suo numero, ma non lo chiamai, lo avevo fatto un milione di volte ma non riuscivo a capire perché non riuscissi a buttarmelo alle spalle.
Forse perché, nella lunga lista dei ragazzi con cui ero stata, lui era stato il migliore, nonostante anche lui mi avesse trattata di merda. Anche se forse un po’ me l’ero cercata dopo aver investito Karen, quella era stata una mossa del cazzo, ma dopo quella telefonata speravo soltanto che quella troia morisse, pensavo che così lui se la sarebbe tolta dalla mente, invece è stato peggio e siamo colati a picco. Ma, nonostante pensassi qualche volta che ci stessi riuscendo, rivedere Lip mi aveva invece fatto capire che non era così, mi aveva devastata, avevo realizzato di amarlo ancora. Più provavo a togliermelo dalla testa, più pensavo a cosa stesse facendo, continuavo ad amarlo nonostante sapessi che per lui non fosse così, anzi, chissà con quante era stato dopo di me. E non parlo di quante se ne fosse scopate, no, per quanto riguarda il sesso probabilmente lo avrei battuto considerando il mio lavoro. 
Lip, chissà se il mio pensiero qualche volta ti sfiora, chissà cosa saremmo potuti essere se solo ci avessimo provato.

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Capitolo 2
*** Come Frank ***


Lip Pow:
Bussarono alla mia porta, io ero ancora a letto a dormire.
Feci finta di non sentire, ma bussarono ancora. E ancora... e ancora.
"Va bene, arrivo!" esclamai: "Cazzo, un secondo."
"Fiona" dissi dopo aver aperto ed essermi girato per afferrare una sigaretta dal pacchetto che era aperto sul mio comodino.
"Ciao, come stai? Ian mi ha detto che sei stato cacciato." fece Fiona.
"Sì, ma sto bene." risposi io aprendo una lattina di birra e portandomela alla bocca.
"Cazzo, Lip sono le nove del mattino!"
"Sì, e allora?!" chiesi io.
"Ti attacchi all'alcol appena sveglio? Wow, stai diventando il fottuto Frank!" sbottò lei alzandosi in piedi.
"Io non sono come Frank! Non torno puzzando di piscio di cane per poi risvegliarmi sul pavimento della cucina e sparire per giorni!" dissi alzandomi in piedi a mia volta.
"Ti stai sputtanando la vita, Lip. Non accorgertene troppo tardi." rispose lei prima di voltarsi e di lasciare la mia stanza.
"Cazzo." dissi quando se ne fu andata.
Il senso di essere inutile quanto Frank però non mi impedì di finire quella dannata birra.
Dopo aver pisciato addosso a delle persone e aver aggredito il professor Youens mentre ero ubriaco, mi avevano sbattuto fuori dal college a calci in culo.
Se Mandy ci fosse stata si sarebbe proprio incazzata.
Dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per farmi ammettere, chissà quanto mi avrebbe insultato.
O magari sarebbe andata in maniera diversa, magari non avrei mandato tutto a puttane se lei fosse rimasta nel South Side.
Chissà se stava ancora con Kenyatta.
Scesi in cucina dove c'era Ian.
"Buongiorno!" esclamò mentre si versava un bicchiere di succo.
"Ciao, ascolta Mandy..." esitai.
Lui mi lanciò un'occhiata mentre sorseggiava dal bicchiere: "Mh?!"
"Sta ancora con quel cazzone nero?"
"No, lo ha lasciato e poi si è trasferita al Nord." rispose: "E poi che cazzo te ne frega?"
"Fanculo, stronzo. Ero solo curioso." dissi io.
"Sarà, è da quando l'hai rivista che sei strano." fece Ian.
"Non credo, è solo che l'ho vista bene."
"Sì, Lip, ascolta..." disse Ian avvicinandosi a me: "Non fotterle la vita di nuovo, ok?"
"Ma se non so manco dove vive." feci io.
Lui mi guardò, sollevò le spalle e andò via.
Andai a sedermi sul divano e vidi che sul tavolino di fronte a me c'era un pacchetto di sigarette, quindi mi allungai e ne tirai fuori una per poi infilarmela in bocca.
L'accesi e mi appoggiai allo schienale appoggiando la testa, socchiusi gli occhi aspirando il fumo che sentii scendere caldo nei miei polmoni.
Chissà cosa mi aveva davvero fottuto la vita.
Frank, Monica, Karen o forse me l'ero fottuta da solo, il che era plausibile.
Anche se ero abbastanza sicuro che quei tre in qualche modo avevano influito su tutto ciò.
Mandy aveva cercato di rimettere a posto i pezzi di me che nel tempo avevo perso per strada e, come diceva Ian, io mi ero pulito il culo con lei.
Solo che non lo avevo capito, non avevo capito che tutto quello che stava facendo per me, pensavo solo di potermela scopare ogni qual volta che ne avessi avuto voglia, ma non c'era più.
I miei pensieri furono bruscamente interrotti da Frank che entrò cadendo e urlando "Cazzo!"
"Cristo, Frank, puzzi di merda!" feci io.
"Fanculo." disse lui che ormai si era rialzato e si trascinava salendo le scale.
Era mezzo nudo, ma non avrei fatto domande.
Scossi la testa e spensi la sigaretta, poi decisi di uscire.
Andai da Patsy, Fiona mi gelò con lo sguardo e io mi sedetti al bancone.
"Fiona, smettila di guardarmi così." feci.
"Ti sei fottuto la vita, cazzo. Rimettiti in riga finché sei in tempo." disse lei, ancora.
"Non diventerò come Frank." risposi seccamente io.
Si fermò di fronte a me, poggiò lo straccio che teneva in spalla sul banco, mi guardò e mormorò: "Se vai avanti così, temo di sì invece."
Io mi alzai e andai via.
Era assurdo prendermi prediche da chi, qualche anno prima, aveva lasciato la coca a portata di bambino causando l'overdose di Liam.
Era assolutamente ridicolo che si permettesse di darmi lezioni di moralità.
Andai all'alibi, mi sedetti al banco e ordinai una birra.
"Sono le 11 del mattino, Lip." fece Kev.
"Ma che cazzo volete tutti? Ma che ve ne frega di quanto e quando bevo io?" esplosi alla fine io.
"Torna al college, Lip." disse lui asciugando un bicchiere
"Sono stato espulso." risposi io.
Kevin mi allungò la birra e mi guardò come se ne fosse deluso.
Io non dovevo soddisfare le aspettative di nessuno, che si fottessero tutti.


Mandy Pow:
Quando ero stata dai Gallagher avevo scritto a Ian su un biglietto il mio indirizzo in caso avesse voluto venire a trovarmi.
Forse qualcuno del mio ambiente qui mi avrebbe fatto sentire un po' di più a casa, perché era bello avere una nuova vita, ma ogni tanto mi sentivo un pesce fuor d'acqua.
Non che mi fossi mai sentita realmente a casa o a mio agio, ma qui mi sentivo completamente sola e, a volte, inadeguata.
Inadeguata... quante volte mi ero sentita così, quella parola mi aveva rappresentata per la maggior parte del tempo.
Ian era il mio unico vero amico, Lip invece è stato il mio unico amore.
Avevo voglia di prenderlo per la gola e sbattergli in faccia tutta la rabbia repressa che bruciava dentro di me per tutto quello che mi aveva fatto.
E Mickey, lui era finito in prigione per aver attentato alla vita di Sammi, mentre io non ero andata a trovarlo neanche una volta, c'ero sempre andata quando era finito dentro, ma non questa volta e non so neanche il perché.
Forse avrei dovuto farlo, allontanarmi non cancellava il fatto che io fossi sua sorella, allontanarmi non significava che non fossi più Mandy Milkovich, "quella" del South Side.
Ero sempre io, con vestiti firmati e macchine lussuose, ero sempre io.
Presi le chiavi e montai in macchina diretta in quel carcere dove mio fratello aveva passato praticamente la metà della sua vita.
Prima di andarmene mi ero assicurata di essere vestita come la vecchia me in modo da non attirare sguardi.
Mi sedetti e attesi.
Quando aprirono le porte, Mickey uscì con la sua solita faccia incazzata, ma poi mi vide, sorrise e io feci lo stesso.
"Chi non muore si rivede!" esclamò dopo aver preso la cornetta in mano.
"Ciao, non avevo il coraggio di venire qui. Mi dispiace se sono stata una sorella di merda." feci io sforzandomi di ridere.
"Beh, io non sono stato un granché come fratello, Mandy. Cazzo, non ti vedo da più di un anno, non so neanche cosa stai combinando."
"Vivo al nord ora." risposi.
"E quel cazzone di colore? Lo hai lasciato?!" chiese poi, dopo essersi toccato il naso come era solito a fare.
"Sì, un po' di tempo fa."
"Hai visto Ian?" domandò con un tono di voce che aveva solo quando parlava di lui.
"Sì, l'ho visto, gli ho anche inviato un messaggio. Pranzeremo insieme."
Lui annuì toccandosi di nuovo il naso.
Rimase un po' in silenzio e, non sapendo cosa dire, anche io.
Poi le guardie ci informarono che il tempo era terminato e, dopo esserci salutati, Mickey tornò in cella.
Uscii e andai a prendere Ian a casa.
Quando suonai il clacson lui uscì di corsa, io sorrisi e abbassai il finestrino urlando: “Gallagher!”
Lui ricambiò il sorriso e salì in macchina.
Mi indicò la strada per arrivare in una pizzeria italiana nel lato sud di Chicago, parcheggiai l’auto ed entrammo.

Quando tornai a casa ero esausta.
Mi tolsi le scarpe e le misi accanto alla porta.
Andai in soggiorno e mi sedetti sul divano, mi accesi una sigaretta e guardai qualche video su Facebook.
Poi il telefono di casa prese a squillare, Julie rispose e poi strillò: “Mandy, è per te!”
Mi alzai dirigendomi in cucina, presi il telefono e dissi: “Pronto?”
Ma chi era dall’altra parte riattaccò.
Misi a posto il telefono un po’ stranita.
“Chi era?” domandò Julie.
“Boh, qualche coglione che voleva fare uno scherzo del cazzo.” risposi.
Chiunque fosse, sapeva che abitavo qui.
Magari Kenyatta o mio padre mi avevano trovata.
Ma io non avrei permesso a nessuno di riportarmi indietro.
“Tu meriti di essere felice, Mandy. Sei una brava persona.”
Questo mi aveva detto Ian quel pomeriggio.
Chissà se era vero.
 

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