Ricordami di noi

di _doubled_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. L'importante è che siamo vivi ***
Capitolo 2: *** 2. Devi svegliarti ***
Capitolo 3: *** 3. Non ti lascio solo, Lorenzito ***
Capitolo 4: *** 4. Sensi di colpa ***
Capitolo 5: *** 5. Andrea è con te ***



Capitolo 1
*** 1. L'importante è che siamo vivi ***




1. L'importante è che siamo vivi

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffins, Roffini
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Jacopo Galieni
Diego Fadani
Alice Ferrari
Mattia Memi

GALIENI'S POV

Mi svegliai all'improvviso, urlando per un dolore lancinante al braccio destro; sentivo fitte e bruciori dappertutto, tentai di muovermi, ma ero immobilizzato fino al collo, solo in quel momento mi accorsi del suono della sirena, così mi guardai intorno e capii: mi trovavo in un'ambulanza. Intorno a me c'erano dei paramedici, uno mi stava immobilizzando il braccio, una stava tamponando le varie ferite, e l'altro stava pompando l'aria nella mascherina che avevo sul viso: «Lorenzo, ti stiamo portando in ospedale, andrà tutto bene» disse uno di loro.

D'un tratto, ricordai il camion che ci aveva investiti, Fada, incosciente e ricoperto di sangue, con la fronte sul volante, l'auto ribaltata sull'asfalto, e vetro ovunque. Nonostante la mascherina, non riuscii più a respirare, il mio cuore cominciò a battere freneticamente e l'ansia e il panico si appropriarono del mio corpo; tentai, invano, di liberarmi dai paramedici, che, però, mi tenevano fermo: «Lorenzo, respira, ci siamo noi, Andrea è vivo, vi salverete entrambi, ma ti devi calmare».

Mi concentrai sul fatto che sia io che mio marito fossimo in vita, così, dopo qualche minuto, riuscii a rilassarmi, giusto in tempo per l'arrivo in ospedale: «Dov'è Andrea? Voglio vederlo» annaspai.

«C'è qualcuno che si sta occupando di lui, non preoccuparti, ora pensiamo a te, dobbiamo anestetizzarti per l'operazione: dobbiamo levarti i vetri, bloccare le emorragie e sistemare la frattura al gomito; quando ti sveglierai, sarà tutto finito» spiegò un medico, mettendomi la mascherina per l'anestesia, «conta insieme a me».

«Cinque, quattro, tre...» sussurrai, seguendo la sua voce, prima di addormentarmi.

Al mio risveglio, mi ritrovai in una stanza con luci soffuse; avevo il braccio immobilizzato da un gesso fino alla spalla e bende e cerotti su tutto il corpo.

«Buongiorno, Lorenzo» sentii dall'altro lato della camera, così mi girai a fatica e notai un uomo sulla trentina, sdraiato sul letto accanto al mio.

«Giorno» borbottai, confuso, «visto che sai chi sono io, hai notizie di mio marito Andrea?».

«No, mi dispiace» rispose, «figa l'anestesia, eh?».

«Non proprio, io vado».

Provai ad alzarmi, ma il dolore non me lo permise, quindi mi riappoggiai al cuscino, facendo una smorfia, e suonai il campanello. Quando arrivò un'infermiera, provai a chiedere anche a lei informazioni: «Vado a sentire» disse, gentilmente, lasciando la stanza.

«Cosa vi è successo?» domandò il mio vicino di letto.

«Un incidente con mio marito» risposi, sbrigativo, non guardandolo neanche.

«Scusa» farfugliò, sarcastico.

Mi sentii un po' in colpa per come l'avevo trattato, di certo non era causa sua tutto ciò che stava succedendo, ma ero davvero tanto preoccupato per Fada e non riuscivo a pensare ad altro.

«Lorenzo, puoi stare tranquillo, anche le operazioni di Andrea sono andate bene, adesso deve solo svegliarsi dall'anestesia» mi informò l'infermiera, rientrando.

Tirai un sospiro di sollievo, fortunatamente nessuno dei due era in condizioni gravi, e io non vedevo l'ora di riabbracciarlo e partire per la nostra luna di miele a Bora Bora.

L'infermiera procedette con i controlli necessari insieme a un medico, che mi disse che entro due giorni mi avrebbero dimesso, poi uscirono.

«Scusa per prima, come ti chiami?» chiesi, rivolgendomi all'uomo accanto a me.

Solo in quel momento mi accorsi che la sua carnagione tendeva al giallo, così pensai che avesse problemi al fegato.

«Mattia, non ti preoccupare, ti capisco» mi tranquillizzò, sorridendo.

«Mi sono sposato stamattina, stavamo andando al ricevimento e uno stronzo in camion ci ha presi in pieno, passando col rosso» raccontai, sentendo le lacrime affiorare, «tu, invece?».

«Ho scambiato il fegato con qualcuno» disse, stringendosi nelle spalle.

«Mi dispiace, adesso come stai?».

«Abbastanza bene, sono stato meglio, forse» ridacchiò.

«Lory!» urlò mio babbo, irrompendo, con zia Alice e Manuele, nella stanza, e avvicinandosi a me.

«Diego ci fa entrare a due a due, arriveranno anche gli altri, stanno tutti bene» affermò mia zia, «tu come stai?».

«Potrebbe andare peggio, almeno so che Andrea sta bene».

«Non preoccuparti, recupereremo questa giornata» mi consolò Jacopo, sedendosi sul letto, accanto a me.

«Già, l'importante è che siamo vivi» sospirai.

Parlammo ancora per una ventina di minuti e tentai di coccolare un po' Manuele, poi i miei familiari uscirono per far entrare Andrea e Simone: il Lisu aveva il collare, mentre il suo ragazzo si teneva un braccio, probabilmente fasciato. Mi vennero incontro e mi abbracciarono delicatamente: «Ho pensato veramente al peggio» sussurrò Simo, preoccupato, con gli occhi colmi di lacrime.

«Amore, tranquillo, vedi? Stanno bene» lo rassicurò Andrea, stringendolo a sé e dandogli un bacio sulla fronte.

«Anch'io ho avuto paura, credimi» risposi.

«Mi dispiace tanto, non ve lo meritavate, e quel pezzo di merda del camionista non si è fatto un cazzo, adesso è in questura a deporre» sbraitò il Lisu.

«Che stronzo» intervenne Mattia, per poi presentarsi.

«Non la passerà liscia, abbiamo Jacopo Galieni dalla nostra parte!» esclamò Simone.

«Cazzo! È il vostro avvocato?» domandò il nostro nuovo amico.

«Eh sì, se n'è appena andato, è mio padre».

«Cazzo!» ripeté.

Ridemmo tutti e spostammo la conversazione su argomenti più felici, finché Simone e Andrea non cedettero il posto a Roffo e GiaLiga; dopo di loro, a due a due, entrarono tutti i miei amici, fin quando non arrivò la cena e furono mandati via. Mentre mangiavo il mio riso in bianco, Mattia mi domandò: «Come mai tu hai questo trattamento speciale? Prima ti portano subito notizie di tuo marito, poi ti fanno stare in compagnia per tutto il giorno».

«Il padre di Fada è il primario di quest'ospedale» ridacchiai, «anzi, quando ti serve qualcosa chiedi pure a me».

Gli lasciai il mio numero, cosicché potesse chiamarmi in qualsiasi momento, poi arrivò Diego: aveva ancora i vestiti della cerimonia che erano ricoperti di sangue, ormai secco, il suo viso era sconvolto, sembrava che avesse pianto molto, quindi mi allarmai subito. Si sedette sulla sedia accanto al mio letto e mi prese la mano: «Come stai?» sussurrò.

«Cos'è successo?» chiesi, ansimando e ignorando la sua domanda.

«Andrea è in coma».

 

NdA

Ciao a tutti! Questo è il primo capitolo del sequel di “El fuego y el mar”, la nostra prima storia. È passata un'eternità, ma ce l'abbiamo fatta! Siete contenti di ritrovare Lory e Fada? Diciamo che l'inizio non è dei migliori, cosa pensate che succederà? Scriveteci le vostre idee, ci farebbe molto piacere! Grazie a tutti!
Un abbraccio,
Sofia e Luna

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Capitolo 2
*** 2. Devi svegliarti ***




2. Devi svegliarti

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffins, Roffini
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Jacopo Galieni
Mattia Memi


GALIENI'S POV

Mi avevano già fatto i controlli per dimettermi, erano passati due giorni dall'incidente, Fada non si era ancora svegliato e io ero andato a trovarlo già parecchie volte. La mia psicoterapeuta era già venuta in ospedale per una seduta, il mio PTSD -disturbo da stress post-traumatico- era peggiorato molto: spesso mi sembrava di rivivere il momento in cui il camion ci aveva investiti, dormivo veramente poco e, quelle poche volte in cui riuscivo ad addormentarmi, continuavo ad avere incubi sull'incidente, sia con mio marito che dei miei nonni, ed ero costantemente in uno stato d'allarme e ipervigilanza. Speravo con tutte le mie forze che Andrea si risvegliasse, ma non riuscivo a non pensare che sarebbe finita come con mia madre, e l'idea di dover porre fine alla sua vita mi distruggeva.

«Non scordarti di venirmi a trovare, eh!» esclamò Mattia, mentre mi aiutava a preparare le mie cose.

«Ma guarda che ti dimetteranno presto!» lo incoraggiai.

«Hm, non credo» ribatté, «sto aspettando i risultati degli esami che ho fatto stamattina, al mio corpo non piace il nuovo fegato».

«Vedrai che starai meglio» lo rassicurai.

Mi dispiaceva davvero tanto per il mio nuovo amico: era giovane, era una brava persona, con moglie e figli, e stava perdendo ogni cosa, speravo davvero che gli andasse tutto bene.

A quel punto, salutai Mattia e mi diressi verso il reparto di terapia intensiva, in cui era ricoverato mio marito; un'infermiera mi disse che c'erano già due persone nella stanza, quindi non sarei potuto entrare anch'io, così: «Può chiedere almeno a uno di loro di uscire, per favore?» domandai.

«Certo, vado subito».

Dopo poco uscì con il Lisu, che si avvicinò a me: «Ehi, come stai?».

«Fada?» chiesi, ignorando la sua domanda.

«Come ieri» sospirò, «tu, Lorenzo, come stai?».

«Sto bene, non ti preoccupare per me» lo rassicurai.

Andrea mi abbracciò delicatamente: «Vai, ci sentiamo più tardi» sussurrò, accarezzandomi i riccioli.

Entrai nella stanza filtro e mi lavai le mani con l'apposito gel, indossai i calzari, il camice e i guanti, poi raggiunsi Andrea: era sdraiato sul lettino, con la coperta fino al petto, aveva la testa fasciata e tutti i suoi riccioli erano stati tagliati; era collegato a diversi macchinari, tra cui un respiratore, e sembrava che stesse dormendo e che non provasse alcun dolore: speravo fosse davvero così. Accanto a lui, sulla sedia, c'era Simone, che si asciugò le lacrime e si alzò, venendo verso di me e stringendomi tra le sue braccia; scoppiai in lacrime e gli cinsi la vita: «Perché non si sveglia?» singhiozzai.

«Non lo so» rispose, iniziando a piangere anche lui, «adesso vi lascio da soli, se hai bisogno, chiama».

«Certo, grazie» lo salutai, andando a sedermi sulla sedia accanto al letto.

Dopo che Simone se n'era andato, sfilai uno dei miei guanti e presi la mano di Andrea, cominciando a parlargli: «Amore, come stai oggi? Io fra poco sarò dimesso, ma ti prometto che verrò tutti i giorni e ti farò compagnia, anche se spero per poco, devi svegliarti: mi avevi promesso che non ti saresti mai dimenticato di ciò di cui ho bisogno e che avresti passato il per sempre al mio fianco, eppure adesso mi hai lasciato da solo, con tutte le mie debolezze che nessun altro capisce, a parte te. Se ti svegli, però, ti perdono; ti prego, lotta per noi, per me, non costringermi a mettere fine alla tua vita, non avrei la forza di andare avanti con un altro peso del genere, dopo mia madre».

Non capivo come mio padre, nella mia stessa situazione, avesse potuto staccare la spina di mia madre, lasciandola morire: in quel momento, per me quella era un'idea inconcepibile, avrei aspettato anche più di sette anni perché Fada si svegliasse.

«Comunque, ricordi Mattia? Te ne ho parlato ieri, ho paura che non lo dimettano, a quanto pare il suo nuovo fegato non funziona molto bene, ora sta aspettando i risultati, ti farò sapere» raccontai, asciugandomi le lacrime, «anche Simone sta male per te, a dir la verità tutti stanno male per te, stavolta non farti desiderare come sempre, torna presto da noi; e poi, la mia psicologa ha detto che mi stai facendo peggiorare il disturbo, eppure fino all'altro giorno mi stavi facendo migliorare».

Stavo ancora chiacchierando con mio marito, quando entrò mio babbo nella stanza: «Ciao ragazzi» ci salutò, «Lory, quando sei pronto andiamo a casa?».

Annuii, poi lasciai un bacio sulla fronte ad Andrea e me ne andai, seguito da Jacopo; quando uscimmo, lui aprì la sua macchina con il telecomando e io mi bloccai: iniziai a vederci appannato, non riuscivo a respirare, avevo caldo e sudavo, ma ero scosso dai brividi, il mio cuore batteva velocissimo e la mia mente cominciò a vagare; non avevo le forze per restare in piedi, così mi accasciai a terra, annaspando e tenendomi il petto; davanti agli occhi mi passarono tutti i ricordi legati al mio trauma: il camion che ci colpiva, la macchina che si ribaltava, Fada ricoperto di sangue, appoggiato al volante, io in ambulanza, mia madre in coma, il funerale dei miei nonni e quello di mia mamma, mio padre che staccava la spina.

Sentii la voce lontana di Jacopo: «Lorenzo, calmati, ci sono io» disse, con tono rassicurante, inginocchiandosi accanto a me.

Come ogni volta, aspettai che tutte quelle sensazioni passassero, poi, con l'aiuto di mio babbo, mi rialzai, trovando anche Matteo e Giacomo a qualche metro di distanza: «Ehi» li salutai, facendogli capire che stavo bene.

«Siamo venuti a trovare Andrea, speravamo che tu fossi ancora qui, così da poter vedere anche te» spiegò GiaLiga.

«Grazie, salutatemi Fada».

«Lory, come vuoi tornare a casa?» domandò Jacopo.

Spaesato, guardai lui e i miei amici, in cerca di una risposta, poi: «Se vuoi ti accompagno io a piedi» intervenne Roffo.

«Grazie, Matte» sussurrai.

«State attenti» disse mio babbo, per poi rivolgersi al mio amico: «Matteo, non mettergli fretta e chiamami per qualsiasi cosa».

Roffo annuì, dopodiché: «Tesoro, vai da Fada, quando esci passami a prendere, ti aspetto da Lorenzo» informò il suo ragazzo.

A quel punto, ci salutammo tutti e io mi avviai, con il mio amico, verso il primo incrocio, dove mi bloccai, spaventato: «Sarà più lunga del previsto» scherzai, cercando di non piangere.

«Tranquillo, sono qua apposta» mi rassicurò Roffino, passando un braccio intorno alle mie spalle e stringendomi.

Avevo paura che, attraversando la strada, una macchina ci potesse investire; non era forte quanto quella di salire su un mezzo di trasporto, ma lo era abbastanza da impedirmi di proseguire con tranquillità: era questo che intendeva la mia psicologa quando mi aveva detto che il disturbo da stress post-traumatico stava peggiorando.

 

NdA

Ciao! Eccoci finalmente col secondo capitolo! Fada non sembra avere intenzione di svegliarsi per ora; pensate che succederà? E se sì, quando? Fateci sapere cosa pensate che accadrà nei prossimi capitoli! Grazie per aver letto, ci fa davvero piacere!
Un bacio,
Sofia e Luna

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Capitolo 3
*** 3. Non ti lascio solo, Lorenzito ***




3. Non ti lascio da solo, Lorenzito

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Jacopo Galieni
Alice Ferrari


GALIENI'S POV

«Lorenzo, mangia almeno una mela» mi incitò mio babbo, passandomela.

«Non ho fame» mi lamentai.

«Lo so, ma non puoi stare digiuno».

Era passata una quarantina di giorni dall'incidente: mio marito era ancora in coma; la mia psicologa collaborava con una psichiatra e mi avevano prescritto diversi farmaci -Paxil per gli attacchi d'ansia, Noritren per la depressione, e Prazene, che aveva dei benefici generali sul mio disturbo-, che mi causavano molti effetti collaterali; tre volte a settimana veniva la psicoterapeuta a casa -il Lunedì facevo trattamento di esposizione prolungata, in cui tentavo di affrontare le cose che mi ricordavano i traumi, il Mercoledì, insieme alla psichiatra, facevamo una semplice seduta, e il Venerdì facevo EMDR, desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari-; io non salivo su nessun mezzo di trasporto, quindi avevamo affittato un appartamento vicino all'ospedale, così potevo andarci a piedi quando volevo; i miei amici venivano a trovarmi a turni, per non lasciarmi mai da solo, e questo mi faceva sentire un peso per tutti; come se non bastasse, zia Alice si era ammalata di cancro alle ossa e si stava sottoponendo alla chemioterapia.

Ignorai le proteste di mio babbo, poi buttai giù le tre pasticche: «Sta arrivando il Lisu, se vuoi puoi andare a lavorare» lo avvisai.

«Aspetto che arriva» rispose, sparecchiando la tavola, «ma Andrea ha qualche problema con Simone? Strano che non vengano insieme già da un po'».

«No, Simone sta spesso da Fada e Andrea viene da me» spiegai.

«Ah» disse soltanto, poco convinto.

Quando suonò il campanello, Jacopo andò ad aprire e accompagnò il Lisu in cucina, da cui io non mi ero ancora mosso: «Ciao, scusa il ritardo, qualche problema a casa» mi salutò Andrea, sedendosi accanto a me.

«Ragazzi, vado a lavorare, Andrea, qualsiasi cosa chiama» esordì mio padre, uscendo.

«Distraimi un po', dimmi cos'è successo, proprio ora mio babbo mi ha chiesto di voi».

«Niente di che, le solite litigate idiote di questo periodo» rispose, elusivo, scrollando le spalle.

«Come mai stavolta?» chiesi.

«Si è arrabbiato perché stavo venendo qua, ha iniziato a sbraitare che ieri sera sono tornato tardi perché ero con te, dice che non ci vediamo quasi mai per colpa mia, ma io cosa dovrei dire? Anche lui è sempre da Fada» si lamentò, «che cazzata, eh?».

Mi resi conto che mio babbo aveva ragione, tra Simone e Andrea le cose non andavano per niente bene e, evidentemente, era colpa mia e di Fada; mi alzai e mi avviai verso la porta, sentendo le lacrime affiorarmi negli occhi: «Dove stai andando?» domandò il Lisu, seguendomi.

«A fare quello che avrei dovuto fare un mese fa! Mi sono stufato di tutto questo! Devo staccare la spina, tanto lui non si sveglia e non si sveglierà mai, finirà come con mia madre! Almeno la facciamo finita: lui non soffrirà più, voi due potrete stare insieme tranquilli, tutti quanti non dovrete più sopportarmi e venire da me ogni giorno, forse non soffrirò più neanch'io, mi metterò l'anima in pace o mi butterò sotto a una macchina!» urlai, piangendo.

Andrea mi bloccò, spaventato: «Lorenzo, calmati, non è colpa tua né di Fada, non sei un peso per nessuno e non finirà come con Ginevra, Fada si sveglierà, è passato solo un mese, dagli tempo, sarete felici insieme, come prima».

Continuai a piangere, così Andrea mi strinse tra le sue braccia: «Vuoi che chiami Jacopo?» domandò, accarezzandomi i riccioli.

«No, rimani te, ti prego» lo implorai.

«Certo che rimango» mi rassicurò, accompagnandomi sul divano, «ci sono io con te, quando vuoi, non ti lascio da solo, Lorenzito».

«Grazie, Andre» sussurrai, asciugandomi le lacrime e accoccolandomi a lui.

Rimanemmo così per un po', finché non suonò il campanello: era sicuramente la mia psicoterapeuta per la seduta di EMDR; il mio amico andò ad aprire la porta: «Buongiorno, Dottoressa Bruschi, Lorenzo è sul divano» disse, indicandomi, per poi avviarsi verso camera mia, «buon lavoro, ci vediamo dopo».

«Grazie ancora, Andre, a tra poco» lo salutai, «ciao Antonella».

«Lorenzo, mettiti comodo» affermò, sedendosi di fronte a me, «com'è andata in questi giorni?».

«Insomma, non dormo e non mangio, mi sono stufato di tutti gli effetti collaterali che hanno quei farmaci! Non stanno neanche funzionando!».

«Perché dici così?» chiese, pacatamente.

«Se non mi avesse fermato Andrea, sarei andato in ospedale e avrei staccato la spina, poi, se non ce l'avessi fatta, mi sarei ucciso» confessai.

«Quindi mi stai dicendo che l'avresti fatta finita con tutto» ripeté, «perché?».

«Sono stanco, sono un peso per tutti, i miei due amici si stanno lasciando per colpa nostra, e Fada non si sveglia, credo che non lo farà mai, è inutile aspettare sette anni come con mia mamma» spiegai.

«Non conosco la situazione dei tuoi amici, ma, per quanto riguarda Andrea, posso dirti questo: ogni coma è diverso, ogni persona è diversa e reagisce a modo suo, non ti assicuro che si sveglierà, ma è passato solo un mese, quindi non puoi pensare che non lo farà sicuramente, devi essere paziente e avere fiducia in lui; in ogni caso, ti aiuterò io a superarla, non permettere alle tue paure di prendere il sopravvento su di te. A proposito di questo, perché non mi parli dell'evento più traumatico della tua vita? Se non ce la fai puoi fermarti, ci sono io qua con te» continuò.

«Posso raccontartene due?» chiesi.

«No, Lorenzo, concentriamoci solo su uno, scegli il più forte».

Chiusi gli occhi e la prima cosa che vidi fu il camion che aveva investito me e mio marito, e Andrea, ricoperto di sangue, con la fronte sul volante; riaprii gli occhi, sopraffatto da quei ricordi, e cominciai ad annaspare.

«Lorenzo, non preoccuparti, usa quelle tecniche che ti ho insegnato, abbiamo tutto il tempo che vuoi» mi tranquillizzò la dottoressa.

Feci come mi aveva detto e, quando fui pronto, iniziai a parlare: «L'evento più traumatico è stato l'incidente con Andrea».

«Riportamelo nel dettaglio» mi incitò.

«Dopo il nostro matrimonio, io e Andrea stavamo andando al luogo del ricevimento, con tutti i nostri amici e parenti dietro di noi; stavo molto meglio, infatti, per la prima volta, avevo lasciato guidare qualcun altro, mi fidavo di mio marito per tutto. A un incrocio siamo passati con il verde, ma un camion ci ha colpiti dalla parte di Fada, la macchina si è ribaltata, e l'ultima cosa che ho visto è stata lui svenuto e pieno di sangue. Pensavo che fosse morto e che stessi morendo anch'io, invece, lui è in coma e io sto bene, fisicamente» dissi, piangendo.

«Sei stato bravissimo, dimmi te quando vuoi cominciare la terapia».

Mi calmai e annuii, facendole capire che avrebbe potuto procedere, così: «Adesso pensa alle immagini che mi hai appena descritto mentre osservi le mie dita sulle tue ginocchia» espose, cominciando a picchiettare con le mani sulle mie gambe, prima con la destra, poi con la sinistra, ritmicamente.

Mi concentrai su quei movimenti, visualizzando il ricordo del trauma; mi dovetti interrompere soltanto una volta, per evitare un attacco di panico, e, dopo qualche minuto, Antonella si fermò: «Bravo, se adesso vuoi parlarmi di qualcosa, fai pure, altrimenti per oggi abbiamo finito».

«No, mi sento bene in questo momento, grazie mille» la avvisai, alzandomi e accompagnandola alla porta.

«Perfetto, ci vediamo Lunedì» mi salutò, andandosene.

Raggiunsi il Lisu in camera mia, bussando prima di entrare, e lo sentii chiudere una telefonata: «Lory ha appena finito la seduta, devo andare, ti raggiungiamo in ospedale, ci aspetti lì, vero? Ti amo».

«Avete fatto pace?» domandai, felice, dando per scontato che fosse Simone.

«Sì, ti avevo detto che era una cazzata, non provare più a dire certe cose, mi hai fatto spaventare» rispose.

«Scusa» sussurrai, «mi accompagni da Fada, quindi?».

«Certo, Lorenzito» affermò, spettinandomi i riccioli.

«Nuovo soprannome? Mi piace!» esclamai, compiaciuto.

Andrea rise, poi uscimmo di casa; vedendo le strade e le macchine, la sensazione di momentaneo benessere, che la terapia mi aveva lasciato, mi abbandonò lentamente: cercai di non darlo a vedere troppo e di non agitarmi eccessivamente, ma Andrea sembrò capirlo ugualmente, quindi mi circondò le spalle con un braccio e, con calma, mi accompagnò all'ospedale.

 

NdA

Bentornati! Le cose non stanno andando avanti bene: Fada è ancora in coma, Lory sta sempre peggio, anche a causa della zia, come se non bastasse ci si mettono pure Simone e il Lisu! Per fortuna Lorenzo è riuscito a calmarsi e il Lisu ha fatto pace con Simone. Cosa vi aspettate che succederà? Fada si sveglierà? La zia guarirà? Grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo, ci fa davvero piacere!
Alla prossima,
Sofia e Luna

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Capitolo 4
*** 4. Sensi di colpa ***




4. Sensi di colpa

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Jacopo Galieni
Alice Ferrari


GALIENIS POV

«Ehi, non so se te l'ha già detto Simone, ma lui e Andrea continuano a litigare, oggi il Lisu mi ha detto che stamani si è arrabbiato perché Simone ha occupato il bagno per un'ora, non capisco, Andrea lo sa che è normale per lui; secondo me, il vero motivo è un altro, litigano sempre per colpa nostra: ad Andrea non sta bene che Simone sia sempre con te e a Simone non sta bene che Andrea sia sempre con me» raccontai, sedendomi sul letto, accanto a mio marito, non appena il Lisu uscì dalla stanza dell'ospedale, «mi manchi da morire, svegliati idiota, che cazzo stai aspettando? Sono passati due mesi, non ce la faccio più senza di te: mi mancano i tuoi riccioli morbidi, mi mancano i tuoi occhi azzurri, mi mancano i tuoi baci, mi manca la tua voce e la tua risata, mi mancano i tuoi abbracci rassicuranti, mi manca saperti al mio fianco ogni volta che sto male, mi manca la tua allegria e la tua spensieratezza, mi manca vivere con te, in casa nostra».

Mi dovetti fermare perché stavo piangendo troppo, avevo bisogno di uscire da lì e di allontanarmi da Fada, così corsi fuori, togliendomi i guanti, il camice e i calzari, e gettandoli nel cestino, poi lasciai la stanza filtro e raggiunsi la sala d'attesa. Andrea, che era seduto lì, si alzò spaventato e si avvicinò a me: «Lory, che succede?» domandò.

Mi appoggiai col viso nell'incavo del suo collo e continuai a piangere, così Andrea mi abbracciò per calmarmi; quando smisi di singhiozzare, alzai il volto e mi ritrovai vicinissimo al suo. In quel momento avevo bisogno di qualcuno e volevo fargli capire che per me era importante che lui fosse lì e che da solo non sarei più riuscito ad andare avanti, quindi, senza pensare, posai le mie labbra sulle sue; subito mi staccai, rendendomi conto di ciò che avevo appena fatto: «Scusami» borbottai, allontanandomi.

Andrea mi stava guardando, confuso e allarmato, senza dire una parola, così continuai: «Simone aveva ragione, stai passando troppo tempo con me, torna da lui, non voglio rovinare anche voi».

«Tu non stai rovinando niente, è solo colpa nostra, stai tranquillo, non è successo niente» mi confortò.

«Grazie, Andre, per tutto» mormorai, «ora vai a casa, c'è mio babbo con zia Alice e Manuele».

«Va bene, ci sentiamo dopo» mi salutò, andandosene.

Mi diressi verso il bagno per risistemarmi, poi raggiunsi mia zia: doveva fare la chemio e, visto che mio padre doveva lavorare, le avrei fatto compagnia io, aiutandola anche con il bambino. Quando la vidi, mi sembrò ancora più stanca della volta precedente: era dimagrita, era pallida, aveva le occhiaie profonde e il viso scavato, in testa portava una bandana per coprire la perdita dei capelli, eppure era ancora bellissima.

«Ciao pa', ciao Ali» li salutai, andando ad abbracciare delicatamente la zia, poi presi il piccolo Manu tra le mie braccia e lo strinsi a me.

«Come stai, Lory?» chiese Alice.

«Potrei stare meglio, ma sono stato peggio, credo» sospirai.

«Lory, puoi stare qui con la zia e Manu, finché non ha finito la chemio, così io continuo a preparare quel caso su cui sto lavorando?» si intromise mio padre.

«Vai pure, pa'» lo rassicurai, sedendomi su una sedia accanto alla zia e posando Manuele sulle mie ginocchia, rivolto verso di me.

Jacopo non trovava più tempo per il suo lavoro, doveva fare ogni cosa soprattutto di notte, in quelle poche ore in cui io riuscivo a dormire senza urlare per gli incubi; infatti i miei farmaci non stavano funzionando granché, per questo la mia psichiatra aveva deciso di provarne di nuovi.

Feci saltellare mio nipote sulle mie gambe e lui rise divertito; in quel momento della mia vita tutto era bruttissimo, ma Manuele no, lui portava gioia a tutti noi, anche in periodi come quello.

«È più tranquillo con te che con Jacopo, come riesci a non farlo piangere? A volte non ci riesco neanche io» ridacchiò la zia.

«Non lo so, mi vuole bene! E io ne voglio tanto a lui» ammisi, abbracciandolo e coccolandolo.

«Saresti un padre perfetto, di' a Fada di muoversi a svegliarsi, ché dovete costruirvi una famiglia» continuò.

A quel punto, le immagini di me e Andrea insieme al nostro bambino mi inondarono la mente, e dovetti applicare le tecniche di rilassamento che la psicoterapeuta mi aveva insegnato per non avere una crisi davanti a mia zia e con Manuele in braccio; con mia sorpresa, ci riuscii e ristrinsi a me il piccolo, poi cambiai discorso: «Chi cucina stasera? O prendiamo le pizze?» chiesi.

«Scegli tu, però mangia, mi raccomando, io e tuo padre dopo andiamo a fare la spesa».

«Promesso» dissi, «prendete il pollo».

Passammo un altro po' di tempo a chiacchierare, finché non arrivò Linda -l'infermiera- a togliere la flebo ad Alice, così la accompagnai da mio babbo e io decisi di tornare da mio marito. Come sempre, indossai i calzari, il camice e i guanti, poi entrai nella sua stanza, dove trovai Simone, che, appena mi vide, si asciugò le lacrime: «Non sapevo che stessi arrivando, vi lascio soli, scusami» farfugliò.

«No, aspetta, volevo solo salutare Fada, perché stavo per andare via, mi accompagni a casa? Sono da solo» proposi, avvicinandomi al letto.

«Certo, ti aspetto fuori» affermò, «ci vediamo, Andrew» aggiunse, poi, uscendo.

«Amore, zia Alice ha detto che ti devi svegliare perché dobbiamo metter su famiglia, dobbiamo adottare un bambino, voglio vederti con nostro figlio in braccio, sareste bellissimi» sussurrai, accarezzandogli la fronte, «e poi dovresti vedere Manuele, sta crescendo benissimo».

Gli diedi un bacio sulla guancia e raggiunsi Simone in sala d'attesa: «Andiamo?» chiesi.

«Sì» sorrise, e ci avviammo fuori.

Per la maggior parte del tragitto rimanemmo in silenzio: non capivo perché Simone non parlasse, mentre io ero divorato dal senso di colpa per il bacio che avevo dato ad Andrea quel pomeriggio; da una parte speravo che non gliene avesse ancora parlato, ma dall'altra volevo che il Lisu mettesse subito le cose in chiaro col suo ragazzo, perché con me non c'era niente davvero. Avrei voluto raccontarglielo io, ma preferivo che lo facesse Andrea, e, comunque, avevo anche paura della reazione che avrebbe potuto avere Simone, non potevo perdere un amico in quel momento, per qualcosa che non esisteva.

«Ma Andrea? Non era con te?» domandò Simo, rompendo il silenzio.

«Sì, ma è andato via già da un po', non so dove sia, mi dispiace».

«Ah, okay, provo a scrivergli, non si è fatto più sentire da stamani» mi informò, tirando fuori il cellulare, «oh! Un suo messaggio!».

«Che dice?» chiesi, preoccupato.

«Dice che vuole vedermi, per parlarmi, sicuramente vorrà fare pace per la litigata di oggi» spiegò, felice.

Sperai che fosse così, anche se ero quasi convinto che Andrea gli avrebbe detto tutto e che Simone mi avrebbe odiato per sempre; questo, infatti, non avrebbe fatto altro che alimentare i suoi dubbi su me e il Lisu, e lui non ci avrebbe mai perdonati. Cominciai ad andare in panico e il mio amico se ne accorse: «Lory, siamo quasi arrivati, resisti, non ti lascio da solo, Andrea può aspettare» mi rassicurò.

«Grazie» bisbigliai, appena giungemmo a casa, «ora puoi andare, starò bene».

«No» impose, «rimango finché non arriva qualcun altro».

Gli sorrisi e ci sedemmo sul divano; stavo bene lì con Simone, e non volevo che tutto quello finisse per uno stupido bacio; speravo davvero che Andrea riuscisse, in qualche modo, a risolvere tutto, credevo in lui.

 

NdA

Ciao a tutti! Perdonateci l'imperdonabile ritardo, ma siamo state molto impegnate con la sessione estiva. Tornando alla storia, si sta complicando tutto sempre di più, come pensate che andrà' fateci sapere!
Un bacio,
Sofia e Luna

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Capitolo 5
*** 5. Andrea è con te ***




5. Andrea è con te
Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea, Fada, Fadani
Simone De Pisis
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffins, Roffini
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Andrea, Losco, Marianni
Fabio, Langio, Langello
Paolo, Masco, Mascolini
Alessio, Batto, Battistini
Gabriele Lolli
Jacopo Galieni
Alice Ferrari


GALIENI'S POV

Da: Lisu <3

Piccolo, stasera si va tutti all'Heath, andiamo in bici non ti preoccupare, ma non accetto un no come risposta, è Ferragosto!

 

Sbuffai, non avevo per niente voglia di uscire, era dal giorno dell'incidente che tutti mi chiedevano di svagarmi, ma io proprio non ci riuscivo. Ultimamente mi sentivo sempre peggio, a volte pensavo addirittura di togliermi la vita, ma, per fortuna, Andrea mi stava sempre accanto; avevo bisogno della sua vicinanza in quel momento e lui era disposto a rimanere al mio fianco: dopo che l'avevo baciato, il Lisu aveva lasciato Simone e io mi sentivo in colpa, anche se mi aveva assicurato che non era accaduto a causa mia, ma a causa dei loro continui litigi; dopo qualche giorno, avevamo parlato di ciò che era successo tra di noi, io gli avevo confessato di avere bisogno di lui e lui aveva proposto di provare a iniziare una relazione seria, così stavamo insieme da circa tre settimane. Nonostante fossi consapevole che ciò che stavamo facendo fosse sbagliato, sia per Simone sia per Fada sia per noi, mi stava aiutando a superare tutti i miei momenti peggiori, ma, a volte, anche Andrea falliva in questo: Fada mi mancava così tanto che tre giorni prima gli avevo spostato la mascherina dal viso, mettendo in pericolo la sua vita, pur di poterlo baciare di nuovo. In tutto quello, però, i genitori di mio marito si erano allontanati da me, e suo padre, inizialmente, mi aveva anche proibito di entrare nella sua stanza, quindi Jacopo aveva tentato di farlo ragionare ed era riuscito a fargli cambiare idea; nonostante mio babbo mi avesse aiutato, neanche lui era d'accordo con la relazione tra me e il Lisu. Ero davvero grato a mio padre, anche perché dopo una decina di giorni sarebbe stato il compleanno di mio marito e io volevo passare tutta la giornata al suo fianco.

«Zia, possiamo parlare un po'?» domandai ad Alice, seduta sul divano con Manuele tra le braccia.

«Certo» disse, facendomi segno di accomodarmi accanto a lei.

Mi sistemai al suo fianco, poi cominciai: «Andrea mi ha chiesto di uscire con tutto il gruppo, ma non ne ho per niente voglia, cosa devo fare?».

«Vacci, Lory, sono sicura che, se vorrai, Andrea ti riporterà subito a casa».

«Forse hai ragione» farfugliai, giocando coi capelli del piccolo Manu, «tu come stai?».

«Meglio, Lory, mi riprenderò, tranquillo» rispose, tossendo.

«A me non sembra, perché non mi dite la verità?» domandai, triste, abbracciandola.

Lei mi accarezzò la schiena, senza rispondere, e io non indagai oltre, perché in realtà non volevo sapere che zia Alice stava per morire. Per eliminare quel pensiero, ragionai sull'invito di Andrea e decisi di provare a uscire per non rimuginare troppo né su mio marito in coma né su mia zia col cancro, così risposi al suo messaggio e andai a prepararmi. Cenai con Alice e Manuele, poi, quando i miei amici arrivarono sotto casa, mi feci coraggio e li raggiunsi: mi commossi nel vedere tutto il gruppo in bici, soprattutto perché avevano già percorso circa sette chilometri per venire da me, poi ne avremmo dovuti fare un'altra dozzina insieme per giungere all'Heath; erano proprio gli amici migliori del mondo.

Salii sulla mia bicicletta, evitando di avvicinarmi ad Andrea perché c'era anche Simone, ma il mio ragazzo mi affiancò e mi diede un bacio a stampo, così: «Ne abbiamo già parlato, non davanti a lui» sussurrai.

Quando io e Andrea ci eravamo messi insieme, avevamo chiarito che non volevo che Simone soffrisse troppo, quindi, quando eravamo con lui, non avremmo dovuto interagire come una coppia, ma il Lisu sembrava fregarsene, soprattutto da quando Simone si era rimesso con Gabriele.

«Non ti preoccupare, tra me e Simone è tutto a posto» mi rassicurò, sorridendo.

A quel punto, partimmo e, dopo un'oretta -avevo avuto qualche attacco di panico negli attraversamenti e nelle rotonde-, arrivammo alla location; parcheggiammo tutte le bici ed entrammo: il posto era all'aperto, c'era un tendone con sotto i tavolini con il buffet, e accanto, sul prato, c'erano quelli per la cena, poi, nel resto del giardino, c'erano i bar, il palco e tutta la gente che ballava; dalla parte del palco, l'Heath era costeggiato da un fiume con barche e yacht ancorati. Subito mi pentii di essere uscito, l'aria da discoteca mi fece ricordare quel primo bacio con Fada a Salou, quasi quattro anni prima, e iniziai a sudare; Andrea si accorse del mio stato d'animo, così: «Amore, calmati, vuoi tornare a casa? Forse non è stata una buona idea» disse.

«No, non adesso, sto bene, sono solo i ricordi» spiegai, cercando di respirare regolarmente e di non scoppiare a piangere.

Andrea mi abbracciò e rimanemmo così finché non mi rilassai; quando Masco, il Losco e Batto ci invitarono ad andare in pista, Andrea chiese: «Andiamo anche noi?».

«Vai pure, io sto un po' con Roffo e gli altri» risposi, indicando i miei amici a qualche passo da noi.

«Sei sicuro?» domandò.

Annuii, e lui continuò: «Tengo il telefono sempre a portata di mano, chiamami per qualsiasi cosa».

«Certo, vai tranquillo» sorrisi, andando dagli altri.

Parlammo un po' del più e del meno e nessuno tirò fuori né l'argomento Fada né l'argomento Lisu; dopo un po' mi accorsi della presenza di Simone poco lontano da noi, stava parlando con un gruppo di ragazze, probabilmente sue fan: infatti, due anni prima era riuscito a pubblicare il suo primo album e, adesso, era abbastanza famoso. Era da qualche giorno che non mi rivolgeva parola, pensavo che fosse per la mia relazione con Andrea, così decisi di andare a parlargli.

«Ehi, possiamo stare un po' da soli?» proposi.

«Certo» affermò, esitando, «scusate ragazze, ci si vede in giro».

Ci allontanammo e raggiungemmo un posto più tranquillo; Simone rimase in silenzio, aspettando che parlassi io, quindi: «Scusami Simo, lo so che sei arrabbiato con me, non avrei voluto finire insieme a lui, ma mi fa stare bene -per quanto io possa stare bene-, è grazie a lui se non ho ancora ammazzato né me né Fada».

«Non sono arrabbiato con te, tra me e Andrea è finita, sto con Gabriele e sto bene; non aggiungere me alle tue preoccupazioni, non ci sono problemi tra me e te, ti voglio ancora tantissimo bene» confessò, abbracciandomi e iniziando a piangere.

«E allora perché stai piangendo?».

«È solo che non mi aspettavo che succedesse tutto questo, solo due mesi fa mi aveva chiesto di sposarlo, e adesso tra noi non c'è più niente» spiegò, sciogliendo l'abbraccio e asciugandosi le lacrime, «scusa, non avrei dovuto dirtelo, è acqua passata ormai».

«Non ne avevo idea, mi dispiace tanto» dissi, a disagio.

Non comprendevo perché Andrea non me ne avesse mai parlato, prima di tutto quello io ero il suo migliore amico, e in quel momento non stavo più capendo niente.

«Tranquillo, davvero, però prenditi cura di lui, ti prego, ora torniamo dagli altri» concluse, prendendomi per un polso e trascinandomi con lui, «io vado a cercare Masco, Lory, te vuoi venire in pista?».

«Preferisco di no, ci vediamo dopo».

Passai il resto della serata soprattutto con Matteo e Giacomo, finché, verso mezzanotte, non annunciarono l'inizio dei fuochi d'artificio; non vedevo Andrea da quando era andato a ballare, così lo chiamai per vedere lo spettacolo insieme, ma lui non rispose. Iniziai a pensare che potesse essergli successo qualcosa, ma forse semplicemente non sentiva il cellulare, così tentai di rilassarmi guardando lo show insieme agli altri. A mezzanotte e mezzo, poco dopo i fuochi, ci ritrovammo tutti all'ingresso, ma notai subito che mancava Andrea, così: «Ragazzi, ma il Lisu?» chiesi, preoccupato.

Il Langio si guardò intorno, poi: «E Simone?» aggiunse, «Dovremmo andare a cercarli?».

Tutti lo fulminarono e, solo in quel momento, pensai alla possibilità che fossero insieme, probabilmente a discutere; dovevamo lasciarli da soli, quindi: «Ah, no, scusate, mi sono dimenticato che mi aveva scritto che andava a casa ché non si sentiva bene» inventai, sperando che gli altri se la bevessero.

Perplessi, mi assecondarono, così uscimmo e salimmo sulle nostre bici; notai che quelle di Andrea e Simone erano ancora lì e questo confermò la mia ipotesi: erano entrambi ancora lì e stavano litigando.

Prima di partire, scrissi un messaggio.

 

A: Lisu <3

Andre, noi stiamo andando a casa, rispondimi, non farmi preoccupare. Simone mi ha detto del matrimonio, non prendertela con lui.

 

Quando arrivai a casa, salutai e ringraziai i miei amici, poi andai subito in camera mia; controllai il cellulare per vedere se Andrea mi aveva risposto, ma non trovai niente, così scrissi anche a Simone.

 

A: Simo

So che Andrea è con te, sono preoccupato, non mi risponde, rispondimi almeno te. Non fate cazzate.

 

NdA

Ciao a tutti! Sappiamo di essere in terribile ritardo, di nuovo, e sappiamo che questo capitolo non è un granché, quindi scusateci tanto; appena possibile vedremo di revisionare tutte le nostre storie. Grazie a chi continua a seguirci lo stesso! Fateci comunque sapere cosa pensate del capitolo.
Un abbraccio,
Sofia e Luna

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