The Family Business - Family Above All di Robigna88 (/viewuser.php?uid=62768)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** 27. ***
Capitolo 28: *** 28. ***
Capitolo 29: *** 29. ***
Capitolo 30: *** 30. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Eccomi qui con la quarta
parte della serie The Family Business. Piccola premessa prima di
lasciarvi al primo capitolo: a parte alcune cosucce, la storia si
discosterà dalla storyline della stagione 4 dello show
perchè non mi piace dove lo show sta andando e quindi
scriverò la mia personalissima versione.
Questa quarta
parte è come sempre un crossover tra The
Originals-TVD-Supernatural-Constantine ma questa volta si arricchisce
di un nuovo "familiare": Arrow. Non in modo regolare... diciamo solo
che Oliver Queen e il suo team saranno guest stars ogni tanto.
Buona lettura,
Roby.
1.
Will
compilò gli ultimi documenti, qualche firma e quei fogli si aggiunsero alle
scartoffie che già giacevano su un angolo della sua piena scrivania. Sconsolato
si guardò intorno, guardò quel mucchio di carte che aveva redatto e non
ricordava neppure quando. Doveva decisamente assumere un assistente o avrebbe
finito per non vedere neppure il legno scuro della scrivania. Prese tra le dita
la targhetta ripensando all’arresto che aveva fatto poco prima; era la quarta
volta in un mese, doveva decisamente fare qualcosa. In fondo era anche merito
suo se ora la targhetta che stringeva tra le mani diceva L.A. PD Detective
W. Kinney, capo.
Aveva
la sua squadra e la sua carriera aveva fatto dei passi da gigante da qualche
anno a questa parte, da quando aveva lasciato New Orleans, ed era stato merito suo
in gran parte. “Ah” mormorò. “Perché non riesci a capire che sto provando ad
aiutarti?” Ci stavano provando tutti per quel che ne sapeva ma lei era
dannatamente testarda e anche terribilmente triste. Glielo si leggeva negli
occhi, in quei begli occhi nocciola che sapevano sorridere ma che non lo
facevano da troppo. Da cinque lunghi anni.
Tre
colpi decisi alla porta e la testa dell’agente Miranda Colt fece capolino.
“Capo, la persona che aspettava è qui.”
Lui
le sorrise posando la targhetta dopo averle dato un’ultima rapida occhiata.
“Fallo entrare, per favore.”
La
donna annuì indietreggiando, fece cenno a qualcuno e la porta si aprì pochi
secondi dopo; Matthew Morgan fece il suo ingresso e la richiuse piano.
“Will”
lo salutò mettendosi a sedere. “Cos’ha fatto questa volta?”
Il
detective si schiarì la voce, prese un piccolo fascicolo e glielo porse. “Ha
picchiato un tizio che, a suo dire, ha picchiato la moglie. Gli ha rotto il
naso, e due costole o almeno questo è quello che ha detto il paramedico che è
intervenuto sulla scena.”
Matt
lesse il file, girò la pagina con due dita e si passò l’altra mano sulle
labbra. “Vuole sporgere denuncia?” gli chiese guardandolo.
“Sia
lui che la moglie vogliono farlo. Lei sostiene che sono entrambi stati
aggrediti di punto in bianco mentre si stavano occupando delle loro cose.”
“Questo
è ridicolo, non avrebbe mai aggredito delle persone di punto in bianco e tu lo
sai.”
“Sì,
lo so Matt” Will rimise il fascicolo nella pila. “Ma non dipende da me. È la
quarta volta in un mese che la copro e so che sta attraversando un momento
terribile, ma…”
“Ma
deve smetterla di agire così impulsivamente. Sì, lo so.” Matt fece un grosso
respiro. “Posso vederla adesso?” Il detective si alzò, un bicchiere di
Starbucks in una mano e una penna nell’altra. Gli fece segno di seguirlo e
l’altro lo fece.
Percorse
di nuovo quel lungo corridoio che portava alle celle e si ritrovò a pensare che
l’aveva fatto fin troppe volte negli ultimi anni. Conosceva a memoria le
stazioni di polizia di almeno metà stato e non era una cosa di cui andare
fieri.
Terza
sulla sinistra pensò mentre Will lo precedeva. Ma il detective
tirò dritto.
“Dove
stiamo andando precisamente?” chiese perplesso. “Sono quasi sicuro che le celle
siano dall’altra parte” disse indicandolo la sinistra con una mano.
“L’ho
messa nella sala interrogatori, oggi è stata una giornata piena di arresti, le
celle sono occupate.” Si fermò e indicò una porta. “Entra pure.”
Matt
aprì la porta e piegò il capo fissando lo sguardo su di lei. Stava seduta sulla
sedia, le braccia intrecciate e le gambe allungate sotto il tavolo. Aveva
un’espressione annoiata sul viso smagrito e una ferita sull’occhio destro.
“Stai bene?”
Allison
gli sorrise. “Benissimo! Hey” disse guardando Will. “Avevo chiesto ad uno dei
tuoi agenti se potevo avere un caffè ma non è mai arrivato.”
Il
detective sorrise sarcastico porgendole il suo. “Sai che questo non è un bar
vero?”
“Credevo
che visto che vengo a trovarvi così spesso oramai mi consideraste una dei
vostri.”
“Sì,
a proposito di questo” Matt si mise a sedere sulla sedia di fronte a quella
della sorella. “Non potresti provare a stare lontana da questo posto per un
po’?”
“Sai
per cosa sono dentro?”
“Will
mi ha mostrato il fascicolo.”
“Giusto”
lei bevve un sorso dal bicchiere e guadò il suo amico. “Detective Will Kinney,
capo della sua squadra nella polizia di Los Angeles. Un posto molto
prestigioso, soprattutto dopo l’incubo New Orleans.”
Will
fece un grosso respiro. “So benissimo che per il mio avanzamento di carriera e
le cose positive che mi stanno succedendo negli ultimi tempi dovrò per sempre
ringraziare te.”
“Oh
no Kinney” lo interruppe lei. “Non c’è bisogno che mi ringrazi… per sempre.
Solo per un altro paio di ore, il tempo necessario a farmi uscire da qui e a
cancellare ogni traccia della mia presenza.”
“E
come dovrei farlo Allison? È la quarta volta in un mese che sei qui, non posso
coprirti per sempre. Il tizio che hai picchiato e sua moglie vogliono sporgere
denuncia.”
Lei
si mise dritta sulla sedia. “L’ho difesa e vuole sporgere denuncia? Beh mi pare
ovvio che questa decisione sia dettata dalla sua paura del marito.”
“Non
c’erano telecamere e non ci sono testimoni disposti a dire com’è andata. A
questo punto è la tua parola contro la loro e loro sono quelli con le ferite.”
Will si schiarì la voce. “Allison so che stai attraversando un brutto momento e
mi dispiace okay? Ma per quanto ti sia grato per tutto quello che hai fatto per
me e per quanto tenga a te, non posso più coprirti. È ora che tu ti prenda le
responsabilità delle tue azioni.”
Allison
ridacchiò. “Quando mai non l’ho fatto?”
“La
Allison che io conosco l’ha sempre fatto, ma questa non è lei” l’uomo la
guardò. “Quanta gente ha dovuto soggiogare tuo fratello per coprire i tuoi
colpi di testa? E Hayley, quante volte ha dovuto fare lo stesso?” le domandò.
“Senti, posso convincere quei due a non sporgere denuncia ma sappiamo entrambi
che non è questo il punto.”
La
donna si mordicchiò l’interno della guancia, bevve l’ultimo sorso di caffè e
guardò suo fratello per un lungo istante. Sapeva che la pensava come Will ma
che non lo avrebbe detto di fronte a lui. Sarò sempre dalla tua parte, anche
quando non sarò d’accordo con te. Glielo ripeteva da cinque lunghi anni.
“Mi
dispiace” mormorò alzandosi e puntando lo sguardo su Will. “Proverò a stare
lontana da questo posto per un po’ così da non farti licenziare. Se ti
mandassero via poi non avresti più nulla per cui ringraziarmi e non mi sta
bene” scherzò.
Will
rise. “Ah quasi spero che tu non riesca a mantenere la tua promessa” il suo
sguardo si spostò su Matt. “Portala via prima che questo momento di lucidità la
abbandoni.”
Ma
Allison scosse il capo ridando il bicchiere al suo amico. “Un’ultima cosa. La
donna… la moglie, è incinta.”
“Come
lo sai?” le chiese Matt perplesso.
“Mentre
lui la picchiava lei teneva le braccia piegate in modo da proteggere il ventre.
Né il viso né la testa ma il ventre. So che ha paura ma potresti provare a
convincerla a liberarsi di quell’uomo? Per il bene del bambino.”
Il
detective le sorrise, infine le baciò una guancia. “Ci proverò, via ora.”
Allison
e Matt se ne andarono.
****
“Grazie
di avermi tirata fuori dai guai, di nuovo.”
Matt
annuì e con un sorriso poggiò le chiavi dell’auto sul mobile all’entrata. “Sei
mia sorella, è il minimo. Ma ora cerca di non combinare altri guai fino a
domani, ho bisogno di una doccia e di una dormita. Credi di potercela fare?”
“Puoi
giurarci” disse Hayley raggiungendoli dal salotto. “Non la perderò di vista.”
Lui
si congedò salendo su per le scale ed Allison rimase sola con Hayley. Senza
dire nulla la precedette in cucina e si versò un bicchiere di acqua. “Hope
dorme?”
“Sono
le dieci passate, voleva aspettarti ma è crollata.” L’Ibrida si mise a sedere
su uno sgabello e indicò l’occhio con un dito. “Stai bene?”
“Sì,
è solo un graffio.”
“A
me sembra più di un graffio.”
Allison
sospirò. “Dovresti vedere com’è messo l’altro.”
Hayley
però rimase seria. “Allison, non è divertente.”
“Mi
vedi forse ridere?” un altro sorso di acqua poi continuò. “Qualche novità da
Mary?”
“Non
ancora, sta continuando a fare delle ricerche. Notizie da John invece?”
“Stava
lavorando a qualcosa quando l’ho sentito. Ha detto che mi avrebbe richiamata.” La
cacciatrice si passò le mani tra i capelli. “Siamo così vicine Hales” le disse.
“Manca solo il sangue di due branchi e tutto sembra incredibilmente fermo.”
“Hey”
la sua amica le si avvicinò a le prese una mano. “Ce la faremo, tu ed io. Non
possiamo mollare proprio ora.”
“Non
voglio mollare” l’altra scosse il capo. “È solo che… è più difficile di quanto
credessi” si inumidì le labbra prima di afferrare il suo cellulare che vibrava;
era John, lo mostrò ad Hayley prima di rispondere. “John, hai qualcosa per me?”
“Ciao
dolcezza, ho trovato il tizio che stai cercando il suo nome è Carl Kostav.”
“Kostav?”
“Sì,
è un cognome russo. Vive a San Pietroburgo.”
“Fantastico,
ho sempre voluto visitare San Pietroburgo.”
Dall’altra
parte John rise per qualche istante. “Frena l’entusiasmo” le disse. “Sono
certo che andare a San Pietroburgo non sia un problema per te ma le cose sono
un po’ più complicate di così.”
“Complicate
come?”
“Kostav
è un membro attivo della Bratva.”
Allison
chiuse gli occhi per un istante, infine li riaprì e guardò Hayley. “La mafia
russa… fantastico. E immagino che tu non abbia una soluzione a questo
problema.”
“Oh
sì ce l’ho” rispose lui sorprendendola. “Ma temo ti
costerà un po’.”
“Vuoi
dei soldi?”
“Non
io, ma potrebbero servirti.”
“Qualunque
cosa John” mormorò lei tenendo la mano di Hayley, una lieve speranza le
solleticò il petto. “Dimmi cosa devo fare.”
“Sei
mai stata a Star City?”
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Capitolo 2 *** 2. ***
2.
Oliver
capì che nessuna delle armi a sua disposizione avrebbe tirato lui e il suo team
fuori dalla spiacevole situazione in cui si erano ritrovati. Le sue frecce non
avevano sortito alcun effetto su quel tizio che gli stava davanti, la pistola
di John neppure e Rene e Curtis erano stati messi al tappeto senza alcun
problema. L’urlo di Dinah lo aveva semplicemente fatto indietreggiare. Non
aveva idea di che cosa fosse... cinque anni di inferno su un’isola deserta,
altrettanti una volta tornati a casa. Aveva vissuto qualunque situazione possibile,
sconfitto Damien Darhk e la sua magia, Slade Wilson e la sua follia, ora
combatteva contro Prometheus e la sua crudeltà ma non sapeva come sconfiggere
quel tizio magrolino che gli stava di fronte e che, a dispetto delle apparenze,
aveva una forza incredibile.
“Oliver,
chi diavolo è questo tizio? Cosa è?” chiese John in un sussurro. E fu con quel
sussurro che scoprirono che oltre ad un forza non umana aveva anche un udito
fuori dal comune.
“Cosa
sono?” chiese infatti ridendo. “Non lo sapete! Oh questo sì che sarà
divertente.” Scandì l’ultima parola pronunciandola lentamente, gli occhi neri e
profondi. “Vi ucciderò uno ad uno, partendo da te” disse indicando Rene.
Oliver
mise un’altra freccia al suo arco; era certo che sarebbe stata inutile, ma non
se ne sarebbe stato con le mani in mano. Non mentre uno dei suoi veniva
minacciato. “Non sappiamo neppure chi sei, non siamo venuti qui per te” disse
al nemico. “Cosa vuoi?”
L’altro
si strinse nelle spalle. “Niente!” esclamò. “Ma ho fame e voi sarete la mia
cena.” Fece qualche passo in avanti ma si fermò quando sentì il rumore di passi
dietro di sé, non si voltò. “Ah, uno spettatore.”
L’ultimo
arrivato avanzò e la luce del lampione permise ad Oliver e agli altri di accorgersi
che era una donna. “Va tutto bene?” chiese. Le mani nelle tasche del suo
cappotto scuro, i capelli castani e mossi, un viso bello e pulito.
“Signora”
le disse Oliver usando il modulatore vocale. “Se ne vada, questo non è un buon
momento.”
“Oh
no” mormorò il nemico voltandosi a guardarla. “Rimani pure, sarò da te
fra un attimo. Sarai il dessert.”
La
donna fece un grosso respiro e si avvicinò ancora. “Sai chi sono?”
“Te
l’ho detto, sei il dessert.”
“Queste
persone” lei indicò Oliver e gli altri con un dito. “Sono miei amici. E il mio
nome è Allison Morgan.”
Seguì
un istante di silenzio, poi l’uomo di fronte a lei si buttò in ginocchio e
abbassò la testa. “Mi dispiace” farfugliò spaventato. “Non sapevo che fossero
tuoi amici.”
“Nemmeno
io” aggiunse uno del team, guadagnandosi gli sguardi perplessi degli altri.
Il
tizio in ginocchio alzò gli occhi su Allison. “Ho fatto tutto questo per
attirare la tua attenzione, sono così felice di esserci riuscito.”
La
donna si piegò sulle ginocchia. “Attirare la mia attenzione? Perché? Hai tendenze
suicide per caso?”
“Voglio
far parte della Strige e la Strige accetta solo i più spietati e violenti.”
Allison
scosse il capo. “Credo che tu mi abbia confusa con il defunto Lord Tristan du
Martel” disse “La mia Strige non uccide gli innocenti, li protegge.”
Il
vampiro, perché era un vampiro anche se Oliver e gli altri non lo sapevano
ancora, allargò le braccia. “Allora proteggerò. Qualunque cosa, ma non
uccidermi ti prego.”
Lei
si rimise in piedi. “Vattene via” gli disse. “Ma sappi che ti osservo e se
farai ancora male a una qualunque persona, sarà l’ultima cosa che farai. Hai
capito?” Lui annuì, scappò via mentre Allison si avvicinava al team mascherato.
“Cos’era
quel coso?” chiese quello che indossava una maschera da hockey.
“Quello
era un vampiro” replicò Allison e diede loro un po’ di tempo per elaborare
l’informazione. Infine continuò. “Ad ogni modo, chi di voi è Oliver Queen?”
L’uomo
al centro strinse più forte l’arco. “Chi sei tu?”
“Immagino
sia tu, vista la tua reazione.” La cacciatrice respirò a fondo. “Sono Allison,
mi manda Constantine.”
Solo
allora Oliver tolse il cappuccio e la guardò dritta negli occhi. “John
Constantine?”
“Il
solo e unico. Avrebbe dovuto telefonare per avvertire, ma suppongo che non
l’abbia fatto. Ho bisogno di aiuto, ha detto che tu sei la persona a cui
chiedere.”
Lui
la guardò con la fronte corrucciata. “Non ti dispiace, vero, se gli telefono
per avere conferma delle tue parole?”
Allison
alzò le mani indietreggiando appena. “Fai pure!” Oliver decise che, prima di
farlo, era meglio andare in un posto lontano da occhi indiscreti.
****
“Sì,
glielo dirò. A presto John!” Oliver riattaccò e rimise il cellulare in tasca
mentre raggiungeva Allison, seduta su una sedia con gli occhi di tutti addosso.
“Tutto in ordine” tranquillizzò il suo team.
“Fantastico!”
esclamò Felicity guardando l’ultima arrivata. “Perché mi trasmetti sensazioni
positive e sarebbe stato spiacevole scoprire che invece non c’è nulla di
positivo in te.”
Allison
la guardò confusa, poi annuì poco. “Grazie... credo.”
“Hai
detto che quel tizio che abbiamo affrontato prima era un vampiro” Diggle si
fece avanti, afferrò una sedia e si mise a sedere. “È questo che fai nella
vita? Cacci vampiri?”
“E
demoni, fantasmi, mutaforma, licantropi e tutte le creature soprannaturali che
vi vengono in mente” lei gli sorrise appena.
“E
tutte le creature che affronti hanno tanta paura di te?”
“Non
proprio. Ma diciamo che sono un... pezzo grosso.”
“Un
pezzo grosso?” Diggle rise. “Quel tizio si è letteralmente messo in ginocchio
pregandoti di non ucciderlo.”
“Era
un novellino, è così che vengono chiamati i vampiri trasformati da
poco.”
Dinah
incrociò le braccia sul petto. “Come fai a sapere che era stato trasformato da
poco?”
Allison
la guardò. “Se non lo fosse stato sareste morti” si mise in piedi. “Sentite, mi
piacerebbe tanto rimanere qui a fare conversazione con voi ma non ho tempo. Ho
bisogno di aiuto e spero che quello che mi ha detto John sia vero e che tu
possa aiutarmi” volse lo sguardo ad Oliver.
Lui
si schiarì la voce. “Di cosa hai bisogno?”
“Ho
bisogno di mettermi in contatto con un uomo, il suo nome è Carl Kostav. L’ho
rintracciato a San Pietroburgo e sarei andata ad incontrarlo da sola, se
soltanto...”
“Se
soltanto Kostav non facesse parte della Bratva” concluse Oliver per lei. “John
sa che io ho dei contatti con loro e così ti ha mandata qui.”
La
cacciatrice annuì. “Non mi piace chiedere aiuto e qualcosa mi dice che io e te
siamo simili in questo. Ma è una questione di vita o di morte.”
“E
Kostav può aiutarti?” Felicity alzò la testa per guardarla.
“Possiamo
dire così. Non gli verrà fatto alcun male, tutto quello che mi serve è un po’
del suo sangue e una fialetta di veleno di lupo.”
Diggle
corrugò la fronte. “Veleno di lupo?”
“Sì”
confermò lei. “Kostav è un licantropo.”
Calò
il silenzio, esattamente come quando aveva rivelato che il tizio che voleva
ucciderli era un vampiro. Dopo qualche secondo Diggle si alzò e si passò la
mano tra i capelli corti.
Oliver
prese il suo posto sulla sedia. “Ammettiamo che quello che stai dicendo sia
vero” iniziò guardando Allison. “Cosa dovresti farci con il sangue di Kostav e
il suo... veleno da lupo?”
La
donna fece un grosso respiro, si mise di nuovo a sedere e chiuse gli occhi per
un istante. “Mio marito è stato morso da una creatura magica. Il morso lo
avrebbe ucciso e così per salvarlo John e un’altra strega hanno creato una
specie di dimensione alternativa chiamata Chambre de Chasse e lo hanno
confinato lì dentro tramite una specie di coma magico. Il sangue e il veleno di
Kostav sono due degli ingredienti che mi servono per creare un antidoto contro
quel morso. Una volta che lo avrò, potrò svegliarlo e curarlo.”
“Oh
mio Dio” intervenne Curtis fino ad allora rimasto in silenzio. “È terribile.
Che tipo di creatura può causare tutti questi problemi?”
“Tuo
marito è un essere umano?” Oliver cercò il suo sguardo. “In altre circostanze
mi sembrerebbe una domanda folle, ma in questo caso...”
“È
un Originale” precisò Allison, spiegandosi meglio un attimo dopo. “Un vampiro.
Lui e i suoi fratelli sono stati i primi in assoluto. Creati dalla magia, hanno
creato tutti gli altri vampiri nel corso dei secoli.”
“Sembra
di stare in un fottuto film fantasy” commentò Rene scuotendo il capo.
“Benvenuto
nel mio mondo” gli disse lei senza neppure guardarlo. In mente un unico
pensiero: non poteva fallire. Non quando ci era così vicina. “Eravamo sposati
da meno di ventiquattro ore quando un incidente mi ha costretta in ospedale, in
coma, per un mese. Quando John mi ha svegliata con la magia... mio marito stava
morendo e per evitarlo ci siamo dovuti inventare un coma magico. Da allora lui
è addormentato, disteso in una bara, in attesa che io riesca a svegliarlo, o in
attesa di morire. Gli ho promesso che sarei stata forte, gli ho promesso che
non avrei mollato e ora sono vicinissima ad una soluzione. Ma non potrò
salvarlo senza il vostro aiuto e, credetemi, vorrei che ci fosse un modo più
semplice per introdurvi al mio folle mondo, ma non c’è e non ho tempo di farlo
nel modo complicato” guardò Oliver. “Ti prego, aiutami.”
Lui
scambiò un’occhiata con Diggle, poi con Felicity. “Da quanto tempo tuo marito
è in questa... Chambre de Chasse?”
Allison
diede un’occhiata all’orologio, si strofinò gli occhi e li chiuse. “Cinque
anni, tre mesi e diciassette giorni.”
Di
nuovo quel silenzio, stavolta però sembrava diverso. “Prenderemo il jet privato
del Municipio, ma dovrò dare qualche spiegazione.” Disse Oliver mettendosi in
piedi.
Lei
capì che l’avrebbe aiutata. “Non è necessario. La Strige ha diversi jet
privati, devo solo fare una telefonata.”
“A
proposito di questa Strige... anche quel vampiro l’ha nominata, ha detto che
vuole farne parte. Che cos’è?”
“È
la più antica e potente congregazione di vampiri mai esistita.”
“Non
ne so molto di queste cose” Dinah fece un gesto con la mano. “Ma tu sei una
cacciatrice e loro sono dei vampiri. Sei loro nemica per definizione, quindi
perché dovrebbero aiutarti?”
Allison
si strinse nelle spalle “Perché sono il loro capo.” rispose tirando fuori il
suo cellulare.
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Capitolo 3 *** 3. ***
3.
Il
contatto di Oliver era lì ad attenderli quando scesero dal jet privato della
Strige; con espressione seria li osservò mentre avanzavano e si fermavano a
pochi metri da lui. Allison dovette ammettere, ma lo fece tra sé e sé, che si
aspettava un uomo totalmente diverso da quello che le si presentò davanti.
Credeva che il Pakhan della Bratva fosse un tipo alto e capace di
incutere timore con un solo sguardo, invece quel tizio era di statura normale e
aveva un viso persino simpatico sotto quella barba lunga ma curata.
“Oliver
Queen!” esclamò di improvviso. “Il mio ex americano preferito.” Volse poi lo
sguardo a Diggle e sorrise. “E John Diggle, il mio attuale americano preferito.
E tu sei?" chiese infine guardando lei.
Allison
lo osservò per qualche secondo, alzò gli occhiali da sole sulla testa e gli
sorrise appena. “Io sono quella con i soldi.”
Oliver
e Diggle le riservarono un’occhiata perplessa mentre Anatoly, si chiamava così,
le si avvicinava. Le mani ancora chiuse nelle tasche del capotto, la cravatta
scura sul completo inamidato. Lei si ritrovò a pensare ad Elijah e ai suoi
completi scuri, alle sue cravatte abbinate, ai fazzoletti nel taschino e al
modo in cui li srotolava per ripulirsi le mani ogni volta che era necessario.
“Questo,
mia cara ragazza” le disse Anatoly distogliendola dai suoi pensieri. “Trasforma
John nel mio ex americano preferito e te in quello attuale.” Rise ed Allison si
sforzò di fare altrettanto.
“Possiamo
fare in fretta? Non ho molto tempo” gli disse guardando rapidamente il suo
orologio.
“Dritta
al punto, mi piace” l’uomo fece loro cenno di seguirlo e li condusse fino ad un
piccolo ufficio. Dentro c’era una guardia che si dileguò non appena li vide. “Oliver
dice che hai bisogno di incontrare uno dei miei uomini.”
Lei
annuì poggiando il suo cellulare sul tavolo di metallo. “Carl Kostav” gli
spiegò facendo un grosso respiro. “Ho bisogno di una fialetta del suo sangue e
di un po’ di veleno di lupo.”
Anatoly
la guardò confuso, poi volse lo sguardo ad Oliver. Parlò in russo ed Allison
scosse il capo.
“Non
sono pazza” disse al Pakhan. “E parlo russo. Vuoi forse venirmi a raccontare
che non hai mai notato qualcosa di diverso in Kostav?”
“Qualcosa
cosa?”
“È
il più forte tra i tuoi uomini, si ferisce raramente e quando succede guarisce
in fretta. Sparisce durante le notti di luna piena e il giorno dopo la sua
sparizione, spunta fuori qualche cadavere.”
L’uomo
la guardò. “È un uomo un po’ strano, è vero. Ma è un uomo, e nient’altro.”
Allison
allargò le braccia. “Come preferisci. Quando posso incontrarlo?”
Anatoly
sembrò rifletterci. “Fra due giorni circa.”
“Fra
due giorni?” fece eco lei. “Ti pago dieci milioni di dollari e devo aspettare
due giorni?”
“Anatoly”
intervenne Oliver. “È una questione della massima urgenza.”
“Mi
dispiace” l’altro si mise a sedere su una sedia. “Non posso andare più veloce
di così.”
La
cacciatrice si passò una mano tra i capelli e andò avanti e indietro per il
piccolo spazio. Perché doveva essere tutto così dannatamente complicato? Perché
per una sola volta nella sua vita non poteva capitarle qualcosa di semplice?
Ripensò al messaggio di Hayley di qualche ora prima; era una foto di lei, Hope
e Matt. Fai attenzione, recitava la didascalia. Poi un’altra di Hope
soltanto; torna presto zia Allison. Ti voglio bene.
“Ho
bisogno di incontrare Kostav oggi stesso” disse senza guardare nessuno dei
presenti. “Quanto vuoi per far sì che ciò avvenga?”
Anatoly
ridacchiò. “Altri dieci.”
“Anatoly!”
esclamò Oliver scuotendo il capo. “Non credi sia una richiesta esagerata?”
“Te
ne darò altri cinque e non un centesimo di più.” Allison lo guardò di nuovo.
“Per favore” aggiunse abbassando ogni difesa. “La vita di mio marito dipende da
questo.”
L’uomo
si mise in piedi e lei ebbe la sensazione che nei suoi occhi qualcosa fosse
cambiato. “Affare fatto!” esclamò tendendole la mano. Allison la strinse.
****
“Che
cosa significa lapalissiano?” Hope alzò gli occhi dal disegno che stava
facendo e guardò prima sua madre e poi Matt.
“Significa
ovvio, scontato” le disse proprio lui mettendosi a sedere su una
sedia accanto alla sua e afferrando un foglio e un pennarello. “Dove l’hai
sentito?”
“Oggi
un tizio lo ha detto alla televisione” spiegò lei. “Me ne ero quasi
dimenticata, ma poi ho avuto come un flash e così mi sono ricordata che volevo
sapere cosa significasse.”
Matt
sorrise. “Mi sembra giusto” le spettinò i capelli facendola ridere, poi si
concentrò sul disegno che aveva fatto. “È un bellissimo disegno.”
Hope
sorrise. “È un cielo stellato, come quello che io e la zia Allison abbiamo
guardato dal tetto prima che partisse.”
“Tu
e la zia Allison siete salite sul tetto?” domandò Hayley avvicinandosi. “Perché
io non sono stata invitata?”
“Nemmeno
io sono stato invitato!” aggiunse Matt abbozzando il disegno di un’auto.
“La
zia Allison mi ha detto di non dirlo a nessuno. Voleva che andassimo solo noi
due, mi ha dato una cosa.”
Hayley
e Matt si guardarono per un attimo. “Che cosa?” chiese proprio lui.
La
bambina posò il pennarello e tirò fuori dalla maglietta una collanina. La
collana che era appartenuta alla madre di Allison e da cui lei non si separava
mai. I due adulti non lo diedero a vedere per non turbarla, ma quello non
sembrò loro un buon segno.
“Non
è bellissima?” chiese la piccola sorridendo. “Mi ha detto di custodirla fino al
suo ritorno.”
Hayley
si sforzò di ricambiare. “Sì, è bellissima” disse con voce tremante, mentre
stringeva discretamente la mano di Matt.
****
Una
doccia, una dormita di circa dieci minuti ed Allison fu pronta per l’incontro
che sarebbe avvenuto da lì a poco. Sul suo cellulare, quando lo recuperò sul
tavolo di quella lussuosa camera degli ospiti, trovò un messaggio di Hayley,
uno di Kinney e uno di Constantine. Le chiedeva di portarle un certo souvenir,
indicandole il luogo esatto in cui lo avrebbe trovato.
La
donna scosse il capo facendo un grosso respiro, accarezzò con la punta del
pollice la fede al suo dito e fissò gli occhi fuori dalla finestra. San
Pietroburgo era bella; tutta illuminata sembrava una cartolina. Una di quelle
che attacchi al frigorifero con una calamita. Magari in futuro ci sarebbe
ritornata, per visitarla. Insieme ad Elijah e al resto della famiglia.
“Come
se fosse possibile per te fare qualcosa di normale” mormorò andando a sedere
sul letto e componendo un numero di telefono. Will Kinney rispose dopo quattro
squilli. “Hey Will, ho visto ora la tua telefonata.”
Dall’altra
parte si sentì un clacson, poi Will parlò. “Scusa” le disse. “Ma
sono sulla scena di un crimine. Una sparatoria tra gang.”
“Lasciami
indovinare” gli disse lei. “Boyle Heights.”
“Il
quartiere preferito dalle gang ispaniche. Lontano anni luce dalla tranquillità
del tuo di quartiere.”
Allison
guardò in terra. “Anche Brentwood ha i suoi problemi, credimi.”
“Di
che tipo? Vicini impiccioni?”
“Hey”
scherzò lei. “I vicini impiccioni sono più pericolosi delle gang a volte.
Comunque, perché mi cercavi?”
“Giusto” Will
mormorò qualcosa a qualcuno, Allison sentì il rumore di uno sportello che si
chiudeva. Solo allora lui continuò. “Volevo dirti che la donna che hai
difeso dal marito qualche giorno fa, ha finalmente denunciato quell’idiota. È
davvero incinta e voleva parlare con te, per ringraziarti. Le ho detto che
avrei passato il messaggio, quindi...”
Allison
accennò una risata. “Finalmente una buona notizia!” esclamò. “Mi serviva
proprio. Grazie di aver fatto da messaggere, ti devo un caffè. Ora scusami, ma
devo andare” gli disse alzandosi quando bussarono alla porta. “Ci vediamo
quanto torno.”
“Torni
da dove?”
“San
Pietroburgo” disse lei aprendo e annuendo ad Oliver, John e un uomo che non
conosceva. “A presto Will.” Riattaccò e seguì i tre lungo un corridoio, giù per
delle scale fino ad seminterrato grandissimo. Lì li attendevano Anatoly e un
piccolo gruppo di uomini radunati intorno ad una specie di recinzione
metallica.
“Che
succede?” domandò John perplesso.
Ma
Anatoly guardò Allison. “Quello dentro la recinsione è Carl Kostav. Puoi avere
il suo sangue, ma dovrai prendertelo da sola.”
“Non
erano questi i patti” sentenziò Oliver gesticolando. “Anatoly!”
La
cacciatrice diede il suo cellulare a Diggle e sorrise ad Oliver. “Non
preoccuparti, ho tutto sotto controllo.” Disse sicura. Raggiunse l’uomo al
centro della recinzione e guardò un’ultima volta il Pakhan prima di guardare
lui.
“Così
sei tu Allison Morgan” le disse Kostav. “Sei piuttosto famosa nel nostro mondo,
ma non era così che ti avevo immaginata.”
Lei
si mosse in circolo senza staccare gli occhi dal suo avversario. “Non voglio
farti del male” gli disse. “Ho solo bisogno di una fialetta di sangue e una di
veleno. Ho pagato per averli.”
“E
li avrai” lui rise. “Se riuscirai a battermi.” La cacciatrice gli fece un cenno
invitandolo ad attaccare. Kostav lo fece.
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Capitolo 4 *** 4. ***
4.
Allison
indietreggiò e fece un grosso respiro, Oliver e John ne avevano una chiara
visuale da dove si trovavano. Sembrava stanca, ma nemmeno così tanto nonostante
lottasse con quell'energumeno di Kostav da un'ora piena. Nessuno dei due era
ancora andato al tappeto e John ed Oliver erano sorpresi: la loro nuova amica
era minuta in confronto al suo avversario eppure era riuscita a colpirlo senza
troppi problemi, era riuscita a tenergli testa come la migliore delle
combattenti. Pensandoci bene però non era così strano, per vivere combatteva i
mostri - nel vero senso del termine - in fondo doveva per forza essere in grado
di battersi indipendentemente dalla taglia del suo avversario.
Prese
un colpo dritto in faccia e abbassò il capo lasciandosi andare contro la
recinzione, Oliver chiuse gli occhi per un istante.
“Dobbiamo
fare qualcosa Oliver” gli disse John. “Quell'armadio di Kostav finirà per
ucciderla.”
L'altro
però non era così sicuro che le cose sarebbero andate in quel modo. Aveva uno
strano presentimento, una sensazione particolare riguardo ad Allison. Non
avrebbe saputo spiegarla a parole, e forse era impossibile farlo, ma era certo
che in qualche modo sarebbe uscita vittoriosa da quello scontro. Un po'
ammaccata forse, ma vittoriosa. C'era determinazione nei suoi occhi e
tristezza, una profonda malinconia che le velava le iridi nocciola; lui era
certo che fosse perfettamente in grado di usare quel sentimento a suo
vantaggio.
Fece
un cenno della mano ad Anatoly e il combattimento si interruppe per qualche
secondo. In quel breve tempo lui e John le si avvicinarono. “Allison” le chiese
proprio il soldato. “Sei sicura di farcela?”
Lei
annuì mentre riprendeva fiato. “Sto bene” li rassicurò. “Ma non ho davvero
tempo per questo. Avrei già potuto metterlo al tappeto una decina di volte, ma
ho un sospetto.”
“Che
tipo di sospetto?” domandò Oliver.
“E
come pensi che avresti potuto metterlo al tappeto?” incalzò John. “È il doppio
di te.”
La
donna si strinse poco nelle spalle. “Ci sono cose che non sai di me John” gli
disse. “Se potessi fare tutto ciò di cui sono realmente capace, lui sarebbe già
sul pavimento.”
Il suo
interlocutore guardò dietro di lei e poi nei suoi occhi. “Perchè non puoi fare
quello che sai fare davvero?”
Allison
rifletté un attimo, fece roteare il collo e sospirò. “Questa è una storia per un'altra
volta. Fammi un favore” disse ad Oliver. “Invia un messaggio a Lucas Roberts,
lo troverai tra i contatti del mio cellulare, digli di tenere il jet pronto, ce
ne andiamo da qui tra tre ore al massimo.”
Senza
aggiungere altro tornò al centro di quell'improvvisato ring e decise che
avrebbe seguito il suo istinto, avrebbe dato retta al suo sospetto. Non aveva
davvero tempo da perdere e voleva tornare a casa. Ne aveva abbastanza di tutto.
Senza esitazione attaccò Kostav; un colpo al viso, una torsione del braccio e
le sue ossa scricchiolarono mentre lui urlava di dolore. “Mi ringrazierai dopo”
gli disse un attimo prima di spezzargli il collo con un movimento deciso. Il
corpo privo di vita cadde in terra sotto gli sguardi attoniti dei presenti, di
tutti loro. Calò il silenzio per un istante, infine Anatoly la raggiunse e dopo
uno sguardo al corpo di Kostav le tese la mano per stringere la sua, sul suo
viso un mezzo sorriso che ad Allison diede fin troppe certezze.
****
Kostav
aprì gli occhi piano, ricordava di aver combattuto, ricordava che la sua
avversaria era stata Allison Morgan e ricordava che aveva avuto la meglio. Più
o meno. “Dove diavolo sono?” mormorò alzandosi a sedere e strofinandosi gli
occhi per riprendere lucidità.
“Sei
sul mio jet privato” gli disse la voce che gli aveva parlato poco prima che
perdesse i sensi. “Bourbon?”
Lui
afferrò il bicchiere che Allison gli porgeva e bevve un lungo sorso. Guardò le
altre facce presenti e poi scrutò lei da capo a piedi prima di parlare. “Perché
non mi hai ucciso? Ne avevi l’opportunità.”
“Non
avevo ragione di ucciderti. Tutto quello che mi serviva era una fialetta del
tuo sangue e una del tuo veleno di lupo. Non dovevo per forza farti fuori per
averli.”
“Ah”
lui ridacchiò. “E io che credevo che non ti servisse un motivo per uccidere.
Non sei tu la cacciatrice più temuta e spietata dell’intero pianeta?”
“A
dire il vero” si difese lei. “Di me si dice che sono la più giusta tra le
cacciatrici.”
“Non è
quello che ho sentito dire io. Negli ultimi cinque anni hai...”
“Negli
ultimi cinque anni” lo interruppe Allison con calma. “Ho fatto ciò che dovevo
per proteggere la mia famiglia, mio marito. Non è per lo stesso identico motivo
che tu ti sei unito alla Bratva? Per proteggere tua moglie a tua figlia? Com’è
che si chiama? Ah sì, Elizabeth.”
Lo
sguardo di Kostav si fece dorato, si alzò minaccioso ma Allison, al contrario
di John ed Oliver non si agitò né si mosse di un millimetro. “Lascia la mia
famiglia fuori da tutto questo.”
La
cacciatrice si mise in piedi e lo guardò. “Tua moglie e tua figlia sono al
sicuro Carl. In questo momento sono in viaggio verso un posto protetto, lo
stesso posto in cui manderò te, se lo vorrai.”
Lui
deglutì a vuoto. “Non posso lasciare la Bratva.”
“Non
puoi o non vuoi?”
“Non
posso!” l’uomo scosse energicamente il capo. “Credi che mi piaccia uccidere la
gente? Per niente. Odio sparare, odio dover spaventare persone e rapire
famiglie per ricattare. Conosco la morte e le mie mani sono sporche di sangue,
tu sai cosa sono... non posso far nulla per quello, è la mia maledizione. Ma
questo,” le mostrò l’anello che ogni membro della Bratva possedeva, una specie
di simbolo di unione e fedeltà. “Lo odio. E se credi che sarai in grado di
tirarmene fuori, sei pazza.”
Allison
afferrò una borsa e la poggiò sul piccolo tavolino. Quando la aprì dentro
c’erano dei soldi e dei documenti. “Il tuo nuovo nome è Ted Lance, tua moglie
si chiama Gina, tua figlia Mia. Vivete a Londra, tu sei un buttafuori al locale
Momas, lei è una parrucchiera proprietaria di un salone nel centro della città.
Avete un cane, si chiama Milk, il nome lo ha scelto tua figlia quando uno dei
miei glielo ha regalato. È una vivace palla di pelo bianca.” Prese un anello e
glielo diede. “Sostituisci il tuo anello mafioso con questo. È un anello
lunare, non ti trasformerai più durante la luna piena, a meno che non sia tu a
volerlo. Avrai il pieno controllo sul lupo. Ti spedirò dalla tua famiglia tra
pochissimo.”
Lui la
guardò. “Non hai sentito quello che ho detto?” Guardò Oliver. “Tu sei Oliver
Queen giusto? Sai com’è vivere all’interno della Bratva, sai che non è
possibile uscirne quando si vuole. Potresti spiegarglielo per favore?”
“Allison”
iniziò Oliver. “Lui ha ragione.”
“No”
John sembrò rifletterci un attimo. “Anatoly crede che Carl sia morto.”
“Bingo
per John! Più o meno. Anatoly saprà che sei ancora vivo. Ma non sarà mai capace
di trovarti, ora” Allison gli poggiò una mano sul petto. “Questo farà un po’
male, ma è necessario.” Chiuse gli occhi e Kostav serrò le mascelle mentre una
leggera luce azzurra lo avvolgeva. Un secondo dopo era sparito e la borsa con
lui.
“Cos’hai
fatto?” le chiese Oliver con gli occhi spalancati.
“Cosa
sei tu?” fu invece la domanda di John.
Lei
sorrise amaramente. “Sono tutto e sono niente. Andiamo a concludere questo
affare” disse loro scendendo dal jet.
****
Anatoly
si avvicinò con passo sicuro, si fermò e mise le mani nelle tasche del
cappotto, tra le labbra un sigaro acceso da cui ogni tanto tirava una grossa
boccata. “Allison Morgan, quella che uccise uno dei più leali e letali della
Bratva. Niente male, devo dire, per una donnina minuta come te.”
Allison
rise. “L'unica donnina che io vedo qui sei tu, Anatoly.”
“Allison”
sibilò Oliver stringendo i denti. “No.”
Ma lei
gli fece un cenno con la mano, poi si rivolse di nuovo al Pakhan. “So
che hai provato a fregarmi” gli disse. “Kostav è un uomo carismatico,
rispettato e ambizioso. Hai fiutato il pericolo, hai capito che molti dei tuoi
uomini preferiscono lui a te ma ti rimangono leali solo per una questione di
codice d'onore. Così hai pensato che se qualcuno lo avesse fatto fuori al posto
tuo, in questo caso io, te lo saresti tolto dai piedi e, allo stesso tempo,
avresti potuto chiedere altri soldi perchè nessuno uccide uno dei fratelli
della Bratva senza conseguenze. Giusto?”
Anatoly
la guardò senza dire niente e tirò un'altra boccata dal sigaro. Allison
continuò. “Quanto mi avresti chiesto? Altri dieci milioni come... punizione per
aver ucciso uno dei tuoi?”
“Altri
cinque mi sarebbero bastati” il russo abbozzò un sorriso. “Come l'hai capito?”
“Sono
una ricca orfana. Riconosco una truffa anche a chilometri di distanza.” La
cacciatrice gli passò la borsa con il pagamento. “Sono quindici, come
stabilito. Ah dimenticavo... nel caso non lo avessi capito, Kostav è vivo, ma
ha deciso di lasciare la Bratva. Fossi in te non proverei neppure a cercarlo.
Sarebbe tempo sprecato. Addio Pakhan, è stato interessante fare affari
con te.”
Anatoly
rise e le passò un sigaro. “È roba forte, solo per chi ha... come dite voi Americani?
Per chi ha le palle?” chiese. “Tu le hai Allison Morgan, nonostante tu sia una
donna.”
Lei prese
quel regalo tra le dita. “Do svidaniya, Anatoly.”
“La
tua pronuncia è perfetta!” le urlò dietro lui mentre lei risaliva sul jet
seguita da Oliver e John. “Do svidaniya signor Queen e signor Diggle.”
Loro
lo salutarono con un gesto della mano appena accennato.
****
“Sono
a casa!” Urlò Allison entrando e trascinandosi dietro la ventiquattro ore e la
borsa piena di souvenir. “Hey, c’è nessuno?”
“Solo
io!” esclamò Hayley scendendo le scale e fermandosi a fissarla con occhi
sgranati. Il viso pieno di lividi, entrambi gli occhi neri. “Cosa ti è successo
alla faccia?”
Lei
mise la valigia in un angolo e le sorrise. “Niente di grave. Diciamo solo che
quelli della Bratva picchiano duro.”
“Allison”
mormorò l’altra avvicinandosi per stringerla in un abbraccio. “Prendi un po’
del mio sangue.”
“Non
serve” la tranquillizzò Allison sciogliendo l’abbraccio. “Ho solo bisogno di
una doccia e di una dormita. Dove sono Hope e Matt?”
“Sono
andati in campeggio per il weekend.”
La
cacciatrice corrugò la fronte. “È mercoledì.” Si diresse in cucina e tirò fuori
dalla tasca della giacca le fialette. Quando si voltò per poggiarle sul tavolo,
trovò un foglietto con scritto sopra un nome. “Hales...” sussurrò guardandola.
L’Ibrida
sorrise con gli occhi lucidi, come quelli della sua amica. “Mary mi ha dato il
nome che ci serviva. Ecco perché Matt ha portato Hope in campeggio.”
Allison
pianse un po’, ma riprese subito il controllo. “Questo vuol dire che...”
Hayley
la raggiunse e le strinse una mano. “È ora del tutto per tutto. Io prendo gli
ultimi ingredienti, come d’accordo.”
La sua
amica annuì ricambiando la stretta della mano. “Io vado a prendere Klaus.”
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Capitolo 5 *** 5. ***
5.
Le era mancata New Orleans, non avrebbe mai pensato di
dirlo, non dopo tutte le cose spiacevoli che erano successe in quel posto, ma
doveva ammettere che la città le era mancata. L'atmosfera gioiosa, i colori
vibranti del quartiere francese. C'era vita a NOLA e per quanto lei amasse la
sua città, non c'era paragone. Non aveva ancora incontrato nessun volto
conosciuto, anche se aveva intravisto Josh davanti al St. James Infirmary
mentre guidava per raggiungere la sua camera d'albergo.
I suoi contatti le avevano riferito che lavorava lì oramai
da qualche anno, aveva preso la completa gestione di quel posto dove la magia
era bandita. Era proprio da lui che era diretta in quel momento. Non voleva
fargli del male, voleva solo sedersi lì dentro e aspettare... perchè era sicura
che la prima cosa che il ragazzo avrebbe fatto, sarebbe stata avvertire Marcel
o chi per lui.
“Non capisco Allison” le disse Lucas, braccio destro fidato
e fedele, sempre pronto a guardarle le spalle. “Perchè non andiamo direttamente
da Marcel?”
Allison mise il suo cellulare in borsa dopo aver letto il
messaggio di Hayley che le comunicava che era quasi riuscita a prendere ciò che
serviva. Sperò che anche lei sarebbe riuscita nella sua parte. “Perchè se ci
presentassimo da lui, in casa sua, la prenderebbe come una specie attacco e noi
non siamo qui per attaccare.”
“E per cosa siamo qui allora?”
“Per parlare e raggiungere un civile accordo. Voglio solo
che lasci andare Klaus e gli darò quello che vuole perchè questo avvenga.”
Lucas svoltò a sinistra e rallentò poco. “Lo capisco,
davvero. C'è già stato sufficiente spargimento di sangue in questa città, ma
hai pensato che forse il tuo piano potrebbe non funzionare?”
“Certo che ci ho pensato.”
L'uomo fermò l'auto davanti al bar. “E hai pensato anche a
cosa faremo in quel caso?”
Allison annuì aprendo lo sportello. “In quel caso
distruggeremo ogni cosa che ci sarà di intralcio” disse decisa prima di
scendere. Lucas la seguì ed entrò dopo di lei all’interno del locale. Lì
dentro, notarono mentre prendevano posto ad un tavolo, niente era cambiato;
c’era ancora anche quel piccolo palco di legno sul quale la sera suonavano
musicisti appassionati. Con una fitta di nostalgia Allison si ricordò di Elijah
seduto alla tastiera, un sorriso rilassato sul viso mentre la guardava con
quella dolcezza che riservava solo ed esclusivamente a lei. Non ricordava
esattamente quanti anni prima fosse successo, ma decisamente troppi.
“Stai bene?” le chiese il suo amico.
“Sì” lei si sforzò di apparire tranquilla, ma si disse che
non aveva senso mentire. Non a Lucas che si era rivelato un alleato e amico
leale. “No, a dire il vero non proprio. Sono vicinissima a riavere Elijah e
dovrei essere felice, giusto? Eppure ho questa strana sensazione alla bocca
dello stomaco.”
“Anche io. Si chiama fame” scherzò lui cercando di farla
sorridere. “Allison, tu sei la donna più caparbia che abbia mai incontrato. E
sei anche la più forte, in tutti i sensi. Andrà bene, riavrai tuo marito e una
volta che tutto sarà a posto, mi prenderò una meritatissima vacanza.”
Allison lo guardò perplessa. “Sei un idiota.” Gli disse
accennando un sorriso. “Ma non avrei potuto fare niente di tutto quello che ho
fatto senza il tuo aiuto. Sei prezioso per la Strige e sei un caro amico per
me. Non sono sicura di avertelo detto, ma ti ringrazio Lucas, davvero.”
“Io ringrazio te” replicò Lucas con un lieve sorriso. “La
Strige si faceva vanto di essere un’organizzazione nobile ma Tristan aveva
fatto di noi un gruppo di mostri rispettati solo perché temuti. Credevamo di
non avere altra scelta, ma tu hai cambiato le cose e adesso siamo rispettati
perché ci siamo guadagnati quel rispetto nel modo giusto; io ero un soldato,
per me questo è fondamentale.”
Rimasero per un attimo in silenzio, infine Allison fece un
grosso respiro. “Okay, basta smancerie. Ti direi di ordinare da bere ma... ci
hanno appena rovinato la giornata” disse voltandosi verso destra e sorridendo
all’ultimo arrivato. “Marcel” lo salutò.
“Allison Morgan” cantilenò il vampiro, o qualunque cosa
fosse. “Bella e senza paura esattamente come ricordavo. Cosa ci fai nella mia
città?”
La cacciatrice guardò per un attimo Lucas e per lui quello
fu il segnale che era il momento di andare. “Vengo a parlare di affari” fece
cenno a Marcel di sedersi e lui lo fece. “Ma prima ordiniamo qualcosa da bere,
credo che ne avremo bisogno.”
Marcel fece un gesto con la mano e il suo piccolo gruppo si
sparpagliò per il locale. “Birra?” chiese alla donna.
“Birra sia!”
****
Hayley mise tutti gli ingredienti sul tavolo, tirò fuori
dalla borsa il cellulare e si prese un attimo per recuperare le forze e
soprattutto per trovare il coraggio. Guardò le bare che contenevano la sua
famiglia, la famiglia di Hope, quella di Allison e si domandò cosa stesse
facendo lei. Le aveva scritto prima ma non aveva ricevuto alcuna risposta e,
per un attimo, si pentì di non aver insistito per andare con lei. Avrebbe
dovuto farlo, anche se non erano questi i piani, anche se non era in quel modo
che avevano deciso di affrontare quel fatidico momento. Ricordava ancora il
giorno in cui ne avevano parlato, un anno prima, quando avevano creduto – anche
se solo per un attimo – di avercela fatta.
Tu prendi gli ultimi ingredienti, io vado a prendere Klaus
e questo è quanto. E considerate le cose che erano successe
l’ibrida era stata d’accordo. Quando poi però le loro speranze si erano
frantumate, Allison era stata chiara. Non è andata come previsto stavolta,
ma quando il giorno giusto arriverà... beh il piano rimane uguale. Tu hai una
figlia, quindi io mi prenderò la parte più complicata. Hayley non aveva
obiettato neppure quella volta e, solo ora se ne rendeva conto, era stato per
una genuina forma di paura; paura che sarebbe morta e sua figlia sarebbe dovuta
crescere senza una madre. La sua amica aveva una chance visto che...
Sobbalzò quando il suo telefono prese a squillare e respirò
a fondo prima di rispondere. “John” disse poggiando il cellulare sul tavolo e
sollevandosi le maniche della t-shirt. “Iniziavo a temere che non mi avresti
richiamata.”
“Scusa tesoro” le disse lui. “Ero un po’
impegnato. Allora... a quanto pare il grande momento è arrivato. Pronte a
svegliare la vostra personale strega?”
“Sono pronta” l’ibrida annuì, quasi come se John potesse
vederla. “Facciamolo John! Voglio che Elijah sia sveglio quando Allison
tornerà, voglio... farle questo piccolo regalo, lei ha fatto molto per me e
Hope.”
John rise. “Perdonami, mi fa strano pensare a voi due
come migliori amiche. Mi ricordo ancora di quando litigavate. L’hai anche morsa
se non sbaglio.”
“Sì beh” Hayley scosse il capo quasi divertita, perché
sapeva che John si stava divertendo parecchio. Non c’era malizia nelle sue
parole, solo giocosità. “Le cose cambiano. A volte vorrei ancora ucciderla sai?
E credo che il sentimento sia reciproco, ma è la mia famiglia, mia sorella... e
le voglio bene. Anche Hope gliene vuole e io sono grata al cielo o a chiunque
l’abbia portata nelle nostre vite, che mia figlia abbia una donna come lei
nella sua vita.”
Constantine rimase in silenzio per qualche secondo, infine
sospirò. “Oh che io sia dannato!” esclamò. “Sei sentimentale in modo
quasi fastidioso. Svegliamo Freya ora, è meglio.”
Lei ridacchiò. “Cosa devo fare?”
“Metti tutti gli ingredienti insieme come nelle istruzioni
che io e Freya ti abbiamo lasciato, poi fai silenzio mentre recito
l’incantesimo.”
Hayley eseguì passo passo. Dopo dieci minuti Freya aprì gli
occhi e scattò seduta. “Hayley” mormorò.
“Ah, sì. Ce l’abbiamo fatta!”
esultò John. “Ben tornata dolcezza. Ora devo andare, telefonatemi quando
Allison torna.”
Riattaccò e Hayley strinse Freya in un abbraccio carico di
sollievo e speranza.
****
Una visita di qualche minuto era tutto quello che Allison
era riuscita ad estorcere a Marcel. Solo per assicurarmi che stia bene,
gli aveva detto. Poi potremo discutere di tutto il resto. Il vampiro
aveva piegato il capo e aveva parlato con decisione; Puoi vederlo, solo per
qualche minuto e non discuteremo di nulla dopo che lo avrai fatto. Te ne andrai
e basta.
Lei aveva accettato ma aveva omesso di dirgli che non era
esattamente come credeva lui che sarebbero andate le cose. Quando arrivarono
alla tenuta la cacciatrice si guardò intorno e sentì una grande tristezza
invaderla; quel posto che un tempo era pieno di eleganza, sfarzosità, vita, ora
era ricoperto da erbacce, scuro e polveroso. Un gruppo di vampiri, lo stesso
che aveva accompagnato Marcel al bar era già lì ad attenderli quando
arrivarono. Una si avvicinò non appena li vide entrare.
“Così sei tu la famosa Allison Morgan. Ho sentito parecchio
parlare di te” le disse con tono quasi sarcastico.
Allison le sorrise senza scomporsi. “Io invece non ho mai
sentito parlare di te, anche se so chi sei, conosco la tua storia.”
“Sul serio?” continuò lei con tono impertinente. “Credi di
conoscere la mia storia?”
“La tua storia” le disse l’altra avvicinandosi poco. “È
praticamente uguale alla storia di tutti quelli che hanno incrociato Klaus e
che sono ancora vivi per raccontarlo; salvi per miracolo mentre le persone che
amavano... beh il miracolo non si è esteso anche a loro. Sofya Voronova,
l’ultima della tua stirpe. Ancora qui, per raccontare la tua storia, solo
perché per qualche strano caso ti trovavi altrove mentre le persone a te care
venivano massacrate da Klaus. Non sei così speciale” Sofya si irrigidì, Allison
potè vedere il suo mento tremare mentre provava a controllarsi. “Vuoi
colpirmi?” le chiese. “Coraggio, fai pure.”
“Adesso basta!” intervenne Marcel facendo un cenno a Sofya
prima di rivolgersi ad Allison. “Piantala e seguimi prima che cambi idea.”
La cacciatrice alzò le mani capendo che aveva dato fiato
alla bocca senza pensare; umiliare Sofya sminuendo la sua perdita non era sua
intenzione, ma era successo. “Mi dispiace” si scusò guardandola. “Mi dispiace
per la tua famiglia, ma cerchi una vendetta che non avrai mai. Morirai nel
tentativo di averla e anche se ti sembra nobile adesso, quando i denti di Klaus
affonderanno nel tuo collo o la sua mano ti attraverserà il petto... in quel
momento vorrai solo poter tornare indietro per abbandonare i tuoi sogni di
vendetta e vivere la tua vita. Fallo finchè sei in tempo.”
Seguì Marcel senza aggiungere altro e salì insieme a lui su
per le scale fino ad una stanza che non ricordava neppure esistesse. Entrarono
entrambi e lo sguardo della donna si posò subito su Klaus, seduto a terra di
spalle, curvo e in disordine.
“Cosa vuoi Marcel? Sei venuto a tormentarmi?” chiese senza
voltarsi.
L’altro scosse il capo. “Mi piacerebbe, ma hai una visita.”
Klaus si alzò e solo allora Allison notò le catene che lo
tenevano legato. “Un altro nemico da uccidere? Oggi non sono in vena.” Si voltò
e il suo sguardo si fermò su di lei. Gli occhi chiari gli si riempirono di
lacrime mentre un sorriso gli piegava le labbra. “Ciao, guerriera” mormorò.
La donna gli sorrise avvicinandosi. “Ciao Klaus. Scusa se
ci ho messo tanto.”
Lui scosse il capo e avanzò di qualche passo, lasciandosi
andare nel calore dell’abbraccio che Allison gli riservò. “Non importa. Sapevo
che saresti venuta, che avresti mantenuto la tua parola.”
“Lo faccio sempre” Allison ruppe l’abbraccio, ma gli
strinse il viso tra le mani per qualche secondo. “Ora andiamocene da qui.”
“Non credo proprio!” esclamò una voce irritante e rude, e
tre vampiri fecero la sua comparsa.
“Sapevo che non avresti rispettato i nostri accordi”
aggiunse Marcel. “Lui non va da nessuna parte, ma tu sei libera di farlo. Non
voglio farti del male.”
La cacciatrice rise voltandosi. “Mi piacerebbe che ci
provassi” gli disse. “A farmi del male intendo. Sì, vi prego,” guardò gli altri
tre. “Fatemi infuriare, così potrò uccidervi senza sensi di colpa.”
Uno degli uomini di Marcel si fece avanti e la attaccò. Lei
bloccò il colpo con una mano, l’altra la alzò e poggiò due dita sulla fronte
del suo avversario. “Avrei voluto farlo con le buone maniere, ma non mi
lasciate altra scelta” chiuse per un istante gli occhi e il vampiro su cui le
sue dita erano poggiate iniziò a essiccarsi, poi a disintegrarsi fino a
diventare un mucchietto di polvere che si dissolse trasportata via da un vento
innaturale.
Gli occhi dei rimasti si tinsero di perplessità e spavento.
“Allora Marcel,” mormorò lei togliendosi la giacca. “Ti va di riconsiderare la
mia offerta?”
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Capitolo 6 *** 6. ***
6.
Marcel
la guardò per un lungo istante, cercando in quegli occhi nocciola una prova che
non fosse Allison. Perché non poteva essere lei, giusto? La donna che ricordava
era senza dubbio forte e astuta, ma quello a cui aveva appena assistito
superava di gran lunga tutto... tutto quello che avesse mai vissuto nei suoi
secoli di vita. Quello sguardo però apparteneva alla cacciatrice, aveva quella
luce inconfondibile.
“Cosa
diavolo sei?” chiese uno dei suoi. E solo allora Marcel distolse lo sguardo.
Allison
fece un grosso respiro. “Questa è una lunga storia che però non vi racconterò.
C’è prima qualcun altro a cui devo raccontarla, voglio che sia il primo. Senza
offesa” disse loro sarcastica. “Ora, mio caro principe di New Orleans...” disse
guardando Marcel.
Lui
sbottò, interrompendola. Gli occhi gli si venarono e si posarono su Klaus per
un istante. “Non sono il principe della città! Io sono...”
“Ti
prego!” Allison alzò una mano per zittirlo. “Se stai per dire che sei il Re,
risparmia il fiato. Ho sentito fin troppe cazzate ultimamente. Senti, non
voglio farti del male, okay? Voglio solo prendere Klaus e andarmene da questa
città per sempre. Ecco la mia proposta; ci lasci andare, nessuno viene ucciso e
non ci rivedrai mai più. Hai la mia parola.”
“La
tua parola?” rise Marcel. “Forse un tempo sarebbe valsa qualcosa, ma ora conta
praticamente zero. Se c’è una cosa che ho imparato in questi ultimi anni,
Allison, è che non puoi fidarti di nessuno.”
La
si inumidì le labbra, si voltò e con un gesto deciso liberò Klaus dalle catene
che lo tenevano prigioniero. “Sai, Marcel” gli disse tornando a guardarlo, dopo
aver fatto un cenno all’ibrido Originale di star fermo. “Quello che hai appena
detto mi ha fatto riflettere su una cosa; ho un ricordo molto chiaro di te. Eri
misericordioso e gentile. Eri un po’ impulsivo forse, ed eri determinato ad
avere il rispetto che meritavi, che ti eri guadagnato. E guardati ora...
cammini con un gruppo di vampiri che ti fanno da scorta e ho notato che ti
guardi in giro con circospezione. I tuoi occhi sono pieni di incertezza, di
domande, di diffidenza.” Si mosse poco, lo sguardo di tutti la seguì. “Trovavo
tutto questo familiare in qualche modo e non sapevo come esattamente. Poi ho
capito. Sei diventato esattamente come colui che tanto dici di disprezzare...”
indicò Klaus con un dito.
Lo
sguardo scuro di Marcel si mosse tra lei e Klaus, l’ibrido teneva gli occhi
fermi su di lui, ridotto ad una semplice ombra del glorioso Mikaelson. Non
glielo avrebbe detto, ma in fondo pensava che Allison avesse ragione. Non aveva
fatto nulla per diventare come Niklaus Mikaelson, anzi aveva provato ad evitare
che accadesse, eppure tutti quei sentimenti che la cacciatrice aveva elencato
gli erano incredibilmente familiari, troppo.
Ripensò
a Davina, poi alla mano di Elijah che gli strappava il cuore su quel ponte. Accetta
la sua proposta e liberati di loro una volta per tutte si disse.
Della parola di Allison sapeva di potersi fidare, in verità. Ma in quella...
creatura potente che gli stava di fronte, quanta Allison era rimasta?
Fece
un segno col capo ai suoi uomini e quelli sparirono. “Proverò a prendere in
considerazione la tua offerta” disse proprio a lei. “Ma a due condizioni.”
“Sono
tutta orecchi” lei gli diede le spalle e sorrise a Klaus prendendo nella tasca
della giacca una sacca di sangue. L’Originale la bevve tutta d’un fiato.
“Negli
ultimi cinque anni, diversi nemici sono venuti a bussare alla mia porta;
volevano la possibilità di avere vendetta, di far soffrire Klaus. Il punto è
che lui non può essere ucciso, se non dalla quercia bianca.”
“Lasciami
indovinare” prese la parola lei. “Visto che non esiste più nessuna quercia
bianca e quindi Klaus non può essere ucciso, questi... nemici di cui parli
vogliono prendersela con il resto della famiglia ma non sapendo dove trovarli
hanno bisogno del suo sangue per rintracciarli.”
“Puoi
biasimarli per questo desiderio?” la donna non replicò, così Marcel continuò.
“Ad ogni modo, le poche persone a cui ho dato questa possibilità hanno fallito
miseramente.”
Klaus
ridacchiò attirando la loro attenzione. Aveva ripreso un po’ di colore ma
Allison sperò che non si sarebbe messo a fare il prepotente come al suo solito.
Non era quello di cui avevano bisogno.
“Molti
continuano a venire” riprese l’altro. “Ho detto ai miei che tu, Hayley ed Hope
siete off-limits, ma non posso fermare tutti i nemici dei Mikaelson e iniziano
ad infastidire l’equilibrio della mia città.”
“Taglia
corto Marcel” lo esortò Allison. “Cosa vuoi che faccia esattamente? Che mi
metta a dare la caccia a tutti quelli che ti infastidiscono per colpa di
Klaus?”
“No”
lui scosse il capo. “Solo ad uno. Alistair Duquesne.”
“Questo
nome mi suona familiare” mormorò Klaus avanzando poco, rigenerato da quel
piccolo pasto.
“Forse
perché lo hai trasformato e dopo soggiogato affinchè uccidesse sua moglie e sua
figlia.”
Allison
chiuse gli occhi scuotendo poco il capo. Non sarebbero bastate trecento vite
per rimediare agli errori di Klaus, sperava che Elijah non avrebbe ricominciato
a provarci una volta sveglio. Il pensiero di suo marito le fece abbozzare un
sorriso e per un attimo guardò la sua fede nuziale. Solo un’ultima volta,
si disse. “Dimmi dove trovarlo e te lo leverò dai piedi.”
“Sarà
qui tra poco” le fece sapere Marcel. “Avevo deciso di concedergli la
possibilità di divertirsi un po’.”
****
“Lo
zio Matt ed io siamo andati a pescare. Ho preso un pesce grandissimo. Ma poi lo
abbiamo lasciato andare.”
Hayley
rise. “Sembra che voi due vi stiate divertendo parecchio.”
“Sì,
ma mi manchi mamma. E mi manca anche la zia Allison. Posso salutarla?”
La
donna deglutì a vuoto. “La zia Allison non è qui al momento. È andata ad
occuparsi di alcune commissioni. Ma sarà qui quando tu e lo zio Matt tornerete,
ci sarà anche il resto della famiglia.”
“Promesso?
Conoscerò finalmente il mio papà e gli zii di cui voi mi raccontate sempre?”
L’ibrida
rimase un secondo in silenzio prima di parlare. “Sì, promesso. Devo andare
adesso. Ti voglio tanto, tanto bene, lo sai vero?”
“Te
ne voglio anche io mamma. Ti ripasso lo zio Matt.”
Hayley
attese qualche secondo, poi Matt parlò.
“Hai
notizie di Allison? Ho provato a telefonarle almeno dodici volte e non sono mai
riuscito a parlarci.”
“Ci
ho provato anche io, ma è stato inutile.”
“Credi
che stia bene?”
“Penso
di sì, voglio dire... se qualcuno ha una possibilità di riuscire quella è senza
dubbio lei, considerato... beh lo sai.”
“Sì” Matt
fece un grosso respiro. “Ti prego, tienimi aggiornato. Su tutto.”
Lei
guardò Freya che le faceva cenno con la mano e annuì in risposta. “Lo farò.
Devo andare ora Matt, Freya sta per svegliare gli altri.”
“Buona
fortuna e non preoccuparti per Hope. Mi prendo cura di lei.”
“Lo
so” Hayley sorrise. “A dopo.” Riattaccò e con un grosso respiro raggiunse la
maggiore dei Mikaelson.
“Sono
ancora un po’ debole” le disse proprio lei. “Ho bisogno di incanalare un po’
della tua energia.”
“Qualunque
cosa” annuì Hayley. “Dimmi cosa devo fare.”
“Ti
basterà stringermi la mano e concentrarti.” Freya si schiarì la voce. “Prima di
cominciare però ho bisogno di chiederti una cosa.”
“Cosa?”
“Perché
Allison è andata da sola a liberare Klaus? E se pensi che ti basterà
farfugliare qualcosa come risposta, immagina quale sarà la prima cosa che vorrà
sapere Elijah una volta sveglio.”
L’altra
respirò a fondo. “Svegliamoli, poi vi dirò quello che posso.”
Freya
annuì, poi chiuse gli occhi e ripassò mentalmente l’incantesimo prima di
recitarlo ad alta voce; una volta per ciascuno. Pochi minuti e tutto tornerà
alla normalità disse tra sé e sé. Sperò che quel risveglio sarebbe stato l’inizio
di qualcosa di bello e nuovo. La prima ad aprire gli occhi fu Rebekah che
scattò a sedere con gemito. Poi Kol con un urlo. L’ultimo fu Elijah e lo fece
con l’eleganza di sempre.
“Che
io sia dannata!” esclamò la bionda vampira. “Ve ne è servito di tempo!”
aggiunse guardando Hayley con un sorriso.
Lei
invece pianse e lo fece pensando ad Allison.
****
Ad
Allison venne concesso un po’ di tempo per riordinare le idee e anche per
rimanere da sola con Klaus. “Allison” le chiese il suo amico approfittando di
quel minuto di privacy. “Cosa ti è successo? Quello che hai fatto a quel
vampiro...”
Lei
respirò a fondo leggendo un messaggio di Hayley. Si sentì sollevata e le venne
voglia di piangere. Ma si disse che non era quello il momento. Non disse a
Klaus cosa le aveva appena comunicato la madre di sua figlia, né mostrò alcuna
emozione. Sapeva che c’erano orecchi indiscreti ad ascoltare, forse persino occhi
ad osservare.
“Come
ho già detto, è una lunga storia. Te la racconterò a tempo debito, ora devi
andartene.”
“Andarmene?
Di che parli?”
“Alistair
vuole il tuo sangue Klaus, se riuscisse a prenderne anche solo una goccia,
trovando la giusta strega potrebbe fare di tutto. E abbiamo troppo da perdere
per permettere che questo accada. Quindi ora te ne andrai da qui e lascerei me
ad occuparmi di tutto.”
“No”
Klaus scosse il capo. “Non me ne vado se tu non vieni con me.”
“Ho
promesso ad Hope che ti avrei riportato da lei ed è quello che farò. Vuoi
davvero discutere con me? Dopo aver visto quello di cui sono capace?” Allison
abbozzò un sorriso notando che il suo amico si era irrigidito. “È perfetta
Klaus” gli sussurrò. Hayley è una madre meravigliosa e le ha raccontato solo
cose belle su di te.”
Klaus
sentì gli occhi riempirsi di lacrime, abbassò lo sguardo per un istante e poi
lo rialzò su di lei. “Anche se volessi fare come dici, non saprei come. Questa
città è piena di vampiri, Marcel ha praticamente un esercito, credi che mi
lasceranno uscire dalla porta principale?”
“Chi
ha mai parlato di uscire dalla porta?” la cacciatrice tese la mano. “Dammi la
mano e rilassati” gli disse. “Fammi solo un favore; di’ ad Elijah che lo amo,
più di ogni altra cosa al mondo. Sempre e per sempre” trattenne le
lacrime. “A presto Klaus.”
Un
secondo e l’ibrido era sparito. Allison respirò a fondo, poi scese di sotto e
trovò ad attendere un corposo gruppo di vampiri. Poteva sentire la loro energia
vibrare; un branco di creature selvagge, assetate e con scarso autocontrollo.
“Dove
diavolo è Klaus?” le domandò Marcel raggiungendola.
“Se
ne è andato. E non mandare i tuoi a cercarlo perché non lo troveranno. Ha già
lasciato la città” gli spiegò lei. “Quale di quei selvaggi è Alistair?” domandò
indicandoli con un dito.
“Nessuno,
non è ancora arrivato.”
“E
questi vampiri sarebbero?”
“Hanno
saputo che eri in città e volevano affrontarti di persona” le spiegò Marcel.
“Ti sei fatta una reputazione piuttosto... importante negli ultimi cinque anni.
E al contrario del passato, non in senso positivo.”
Allison
ridacchiò. “Tutti questi vampiri sono qui per me, quindi? Sono lusingata”
scherzò guardandoli. “Ma non ho tempo né voglia adesso.” mosse la mano
facendola roteare piano e quell’intero gruppo di vampiri cadde in terra, il
rumore del loro collo che si spezzava riecheggiò nella grande casa.
Marcel
e gli altri rimasti in piedi, indietreggiarono spaventati. Fu allora che
Alistair fece il suo ingresso.
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Capitolo 7 *** 7. ***
7.
“Niklaus!”
Elijah lo guardò da capo a piedi diverse volte, posò la sacca di sangue dalla
quale stava bevendo e gli si avvicinò piano mentre anche gli altri si
avvicinavano. “Niklaus” ripeté incredulo, confuso.
Sì,
confuso era la parola più giusta per descrivere il suo ritorno al mondo reale.
Era sveglio da mezz'ora circa e tutto quello che aveva capito era che si
trovavano a casa di Allison a Los Angeles e che lei era andata a New Orleans a
liberare Klaus. Lo stesso Klaus che ora gli stava davanti. Lei però non c'era.
Non
aveva ancora compreso perché il piano che Hayley gli aveva raccontato, tanto
velocemente quanto superficialmente, comprendesse Allison che andava a New
Orleans e l'Ibrida che invece rimaneva a casa nonostante avesse più possibilità
di riuscita. Il suo primo pensiero era stato che lo avesse fatto per Hope, ma
lei era stata chiara riguardo a questo punto: non è questo il motivo e posso
giurarti che Allison starà bene, gli aveva detto. Lui non sapeva come ed
era incredibilmente preoccupato.
L'arrivo
di suo fratello, solo, non aveva fatto altro che peggiorare quella sensazione;
non era esattamente così che aveva immaginato di svegliarsi. Dentro la Chambre
de Chasse mentre cinque lunghi anni passavano, lui aveva fantasticato su
diversi scenari per il giorno del loro ritorno. In tutti Allison era lì ad
aspettarlo, con quel suo bellissimo sorriso e quel profumo di famiglia che
soltanto lei aveva. Non era andata come sperato.
“Fratello”
gli disse Klaus stringendolo in un abbraccio, facendo poi lo stesso con
Rebekah, Kol, Freya, persino Hayley. “È così bello rivedervi dopo tanto tempo.
Hope... dov'è nostra figlia?” chiese all'Ibrida.
Hayley
fece un grosso respiro trattenendo il pianto, cercando di trasformare il
sollievo in sorriso. “È in campeggio con Matt. Dopo aver trovato tutti gli
ingredienti per svegliarvi, visto che non sapevamo cosa aspettarci, abbiamo
pensato che fosse meglio portarla lontano da qui per un po'.”
Klaus annuì;
voleva vederla più di chiunque altro ma trovava logica e giusta quella scelta.
“Niklaus”
gli disse Elijah cercando il suo sguardo. “È stata Allison a liberarti?”
“Sì”
l'Ibrido si mise a sedere ricordandosi della sua amica che era rimasta a New
Orleans, ricordandosi che lo aveva spedito a casa con un gesto di mano. “Mi ha
anche mandato qui con... non so come abbia fatto. Mi ha sfiorato con due dita e
mi sono ritrovato qui e prima di questo lei...”
"Lei
cosa?" domandò Hayley avanzando di qualche passo.
“Ha
ucciso uno degli uomini di Marcel toccandogli la fronte. Quel vampiro si è essiccato
fino a diventare polvere.”
Elijah
sentì gli occhi di tutti poggiarsi su di lui, i suoi si poggiarono su Hayley.
Lei sentì la responsabilità pesarle sulle spalle: aveva promesso ad Allison che
non avrebbe detto agli altri quello che le era successo. Devo essere io a
farlo, soprattutto devo essere io a dirlo ad Elijah, questi erano gli
accordi, che però non avevano tenuto conto della possibilità che lei non
sarebbe stata lì al risveglio degli Originali.
“Hayley”
la voce di Elijah suonò decisa, quasi severa. “Voglio sapere cosa sta succedendo
e voglio saperlo adesso!” esclamò. “Voglio sapere perché mia moglie è a New
Orlean ad affrontare quella... bestia che Marcel è diventato.”
“Non
era questo il piano” la donna respirò a fondo. “Lei doveva tornare con Klaus,
non spedirlo qui da solo” tirò fuori il suo cellulare. “Telefono a Matt.”
“Non
se prima non rispondi alla mia domanda” disse ancora l'Originale in completo. “Che
cosa sta succedendo?”
“Non
posso dirtelo!” replicò lei guardandolo. “Le ho promesso che non lo avrei fatto
perché vuole essere lei a farlo, una volta che saremo di nuovo tutti insieme.”
“Starà
bene?” chiese Rebekah poggiando una mano sulla spalla del suo fratello maggiore.
“Dicci solo questo almeno.”
“Starà
bene. Ve lo assicuro” annuì lei cercando il numero di Matt in rubrica.
“Come
facciamo a stare qui dentro?” domandò Kol guardandosi intorno. “Senza un
invito.”
“Come
fai vorrai dire” precisò Hayley. “Noi siamo stati tutti invitati ad entrare
tanto tempo fa. Ad ogni modo, visto che non potevi essere invitato considerata
la tua condizione, la casa è stata intestata a Matt per il momento, ma sarà di
nuovo di Allison non appena lei ritornerà a casa.”
Elijah
allentò la cravatta. “Andiamo a prenderla, ora.”
“No”
l'Ibrida scosse il capo. “Aspettiamo Matt, non andremo senza di lui.”
“Perché
dobbiamo andare a prenderla?” Kol allargò le braccia. “Klaus ha detto che ha
rinsecchito un vampiro solo toccandolo; anche senza sapere cosa sta succedendo,
direi che non ha bisogno del nostro aiuto.”
“Stai
suggerendo di lasciare mia moglie a combattere le nostre battaglie, mentre noi
facciamo cosa, ci godiamo il nostro risveglio in casa sua?”
“Tua
moglie sa cavarsela Elijah, e il morso di Marcel non è letale per lei come lo è
per noi.”
Freya incrociò
le braccia sul petto. “Allison è parte della famiglia.” disse a suo fratello.
Hayley
invece si avvicinò minacciosa al vampiro, gli occhi dorati mentre la rabbia e
la paura prendevano il sopravvento. “Non lasceremo Allison da sola a New
Orleans, aspetteremo che Matt arrivi e se per allora lei non ci avrà dato sue
notizie, andremo a prenderla. Non saresti qui se non fosse per quello che lei
ha fatto in questi cinque anni; si è presa il brutto, il marcio, si è presa
tutto il difficile cosicché io non dovessi farlo, per mia figlia, tua nipote”
gli disse. “Ha dato ad Hope una casa grande e sicura, una camera da letto degna
di una principessa, le ha dato amore e protezione. Le ha dato fiducia e
sicurezza e tutto quello che desiderava. A me ha dato l'amore di una sorella e
a volte apriva la tua bara e ti metteva col viso verso il sole perché pensava
che meritassi di sentire il calore addosso. A te” disse guardando Rebekah. “Ha pettinato
i capelli ogni volta che ha potuto perché sa che ci tieni ad essere in ordine e
per te, Freya, ha scritto un diario con tutte le evoluzioni della magia di Hope
perché sapeva quanto fosse importante per te aiutarla con i suoi poteri.
Pensava che ti dispiacesse non essere qui a vederla diventare la strega che hai
sempre detto sarebbe diventata. Andremo a prenderla e se tu non vuoi venire
puoi benissimo startene qui da solo!” guardò di nuovo Kol, mentre il suo
cellulare squillava.
Elijah
si mise a sedere, entrambe le mani sul viso. Piegandosi in avanti per poggiarsi
al tavolo, si accorse di qualcosa nella tasca interna della sua giacca.
Guardando meglio capì che si trattava di una busta e ci pensò diverse volte
prima di prenderla; fuori la calligrafia ordinata di Allison aveva scritto: Per
El. Rimettendosi in piedi e dando le spalle agli altri, fece un grosso
respiro e la aprì.
Ciao
El, se stai leggendo queste parole, vuol dire che qualcosa non ha funzionato
come doveva e al tuo risveglio non ho potuto essere lì per stringerti forte.
Avrei voluto, credimi, ma le cose sono complicate. Sono certa che ci vedremo
presto e dunque, questa lettera, l'ho scritta solo nel caso in cui... si dice
così vero?
Non mi
dilungherò perché io e te non abbiamo bisogno di parole, ci è sempre bastato
guardarci negli occhi per leggerci dentro un mondo intero. Questa è solo una
promessa, la più importante tra tutte quelle che potrei fare: ti amo, ti ho
amato e ti amerò... sempre e per sempre.
Sii
felice Elijah, qualunque sia la tua felicità.
Allison.
Con
gli occhi pieni di lacrime, l'Originale si strinse quel foglio sul cuore. Sii
felice, c'era scritto; non poteva esserlo senza di lei.
****
Allison fece un grosso respiro mentre l'ultimo vampiro
andava al tappeto; la facilità con cui aveva sconfitto gli uomini di Alistair,
uno dietro l'altro, era disarmante. Sapeva di poter fare molto, tutto quello
che prima era impensabile, ma aveva la sensazione che non lo stesse facendo
nella maniera giusta. Una volta aveva visto Castiel usare quella stessa
quantità di energia in modo molto veloce ed efficace, ma non credeva di essere
capace di replicare.
In
quell'improvvisato fight-club che Alistair aveva messo su nessuno si aspettava
di vederla battere tutti quei vampiri. Marcel non aveva smesso di guardarla con
occhi confusi e sorpresi, in quelle iridi scure Allison ci aveva visto anche un
briciolo di paura. Sembrava cercare una risposta alle tante domande che, lei
credeva, gli stessero affollando la mente. Sofya gli stava accanto, fedele e
formale chiusa in quella sua veste di orgoglio e desiderio di vendetta.
“Chi è
il prossimo?” urlò fermandosi un attimo per riprendere fiato. Fece un giro su
se stessa, i capelli scompigliati e il respiro corto, ma non sentiva
stanchezza. Non aveva idea da quanto tempo stesse combattendo, ma ne aveva
abbastanza. “Tutto qui? È stato più facile di quanto credessi.”
“Non
cantare ancora vittoria” Alistair si tolse la giacca e arrotolò le maniche
della camicia con cura. Quel gesto portò Allison indietro nel tempo a tanti
anni prima. Si domandò se stessero tutti bene dopo il risveglio, se Elijah
avesse trovato la sua lettera... Sperò di poterlo rivedere presto per
cancellare le difficoltà degli ultimi cinque anni nella stretta delle sue
braccia. Voleva quella bocca sulla sua, quelle mani sulla pelle, le dita tra i
capelli. Un colpo al viso la scosse dai suoi pensieri, barcollò e per poco non
cadde. Dal suo naso prese a scendere del sangue.
“Ti ho
colta di sorpresa forse?” Alistair rise guardandola. “Non te l'hanno insegnato?
La regola numero uno è mai abbassare la guardia. Stavo riflettendo... cercavo
di decidere chi ucciderò dopo aver ucciso te: Rebekah” guardò per un attimo
Marcel. “Oppure Hayley Marshall, oppure me la prenderò con il tuo elegante
marito. E visto che stai combattendo con tanto onore, ed io questo lo rispetto,
lo ucciderò velocemente. In fondo a me non importa di loro, quello che voglio è
uccidere la figlia di Klaus e voglio che lui guardi mentre lo faccio.”
Allison
sentì la rabbia montare. Alistair continuava a parlare, le sue vuote minacce le
arrivavano ovattate e la infastidivano. “Smettila” mormorò. “Ho detto di
smetterla!” urlò guardandolo. Dal suo corpo si irradiò una fortissima energia,
i suoi occhi diventarono di un intenso blu. “Smetti di minacciare la mia
famiglia.”
Il
vampiro indietreggiò di qualche passo. “I tuoi occhi... cosa sei tu?”
“Sono
la tua fine!” la cacciatrice decise che era ora di smetterla con quella perdita
di tempo.
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Capitolo 8 *** 8. ***
8.
Elijah
tirò fuori dal taschino il suo fazzoletto e lo srotolò con un colpo deciso,
com’era solito fare. Il suo vestito scuro perfettamente abbinato a camicia,
cravatta e scarpe, era solo uno dei tanti che aveva trovato in casa. Hayley gli
aveva spiegato che Allison ne aveva comprati diversi nel corso di quei cinque
anni perché era certa che ne avrebbe avuto bisogno una volta sveglio. Non ha
mai smesso di farlo, neppure quando tutto sembrava remare contro di noi, perché
era certa che avremmo trovato un modo, gli aveva raccontato. Per
l’Originale era stato facile crederle; conosceva la caparbia di sua moglie,
conosceva a determinazione che le accendeva lo sguardo ogni volta che doveva
affrontare una difficoltà. Sapeva anche con quanta devozione lo amasse, cosa
fosse pronta a fare per lui e questo lo spaventava.
Dio...
non aveva smesso di avere paura da quando si era svegliato; quella sensazione
non lo aveva abbandonato neppure per un attimo ed era certo che non lo avrebbe
fatto fino a quando non avrebbe stretto Allison tra le braccia.
“Visto
che doveva proprio esserci anche lui,” disse riferendosi a Matt. “Non poteva
semplicemente raggiungerci a New Orleans?”
Hayley
sospirò; capiva il nervosismo di Elijah, lo capiva davvero e odiava non potergli
spiegare perché, quel terrore che gli si leggeva negli occhi, non avesse motivo
di esistere.
“Sarà
qui tra poco, Elijah. Che ne è stato della tua proverbiale pazienza?”
“L’ho
persa nel momento in cui ho aperto gli occhi, dopo cinque anni, e mia moglie
non era lì ad accogliermi perché stava affrontando Marcel e la sua...
bestialità.”
“Senti,
ti ho già detto che Allison starà bene. Il tuo nervosismo sta facendo
innervosire tutti quanti e non è questo lo spirito con cui dovremmo affrontare
questa cosa” sbottò l’Ibrida mentre Matt scendeva dall’auto dopo essere
arrivato.
“Continui
a dire che starà bene ma non capisco come. Ho bisogno di sapere perché sei così
certa che quando arriveremo non sarà...” lasciò cadere la frase a metà perché
pronunciare la parola che aveva pensato gli faceva venire la nausea.
“La
famiglia Originale al completo. È quasi bello rivedervi tutti svegli!” li
salutò Matt avvicinandosi e mettendosi di fianco ad Hayley. “Elijah” gli disse
facendo un cenno del capo. “Pare che tu ti sia svegliato un po’ nervoso, a
quanto ho sentito.”
L’Originale
elegante abbozzò una risata. “Tu invece sembri tranquillissimo. Anche troppo
considerato che tua sorella è da sola ad affrontare Marcel e il suo esercito.
Ma in fondo non dovrei essere così sorpreso, visto che per anni l’unica cosa
che hai provato a fare è stato ucciderla.”
Il
maggiore dei Morgan fece un grosso respiro ignorando la provocazione; era
spaventato per le sorti di Allison e poteva capirlo. Significava che l’amava e
lui voleva solo amore per sua sorella. “Immagino che Hayley ti abbia spiegato
che non hai nulla di cui preoccuparti.”
“Ah”
si intromise Klaus. “Eccolo di nuovo; il misterioso motivo per cui non dovremmo
temere per le sorti della coraggiosa Allison. Immagino che neppure tu ci dirai
di più di così.”
Hayley
e Matt si guardarono per un istante, con uno sguardo complice che sigillava
quel segreto che Allison aveva chiesto loro di tenere.
“Sentite”
disse loro Elijah, con ritrovata calma. “Ho capito che volete che sia lei a
dirmi cosa sta succedendo, ma... quanto devo essere preoccupato?”
“Diciamo”
gli rispose Matt. “Che se qualcuno morirà, non sarà di certo mia sorella. Ti
dirà tutto lei una volta che saremo insieme, per ora posso dirti solo questo;
una volta che ti avrà raccontato ogni cosa, più che mai avrà bisogno del tuo
amore e del tuo supporto.”
“E
li avrà. Avrà tutto ciò di cui ha bisogno e anche di più.” l’Originale si
sistemò la cravatta. “Andiamo a prenderla adesso.”
Una
ripassata al piano e furono pronti per muoversi. Arrivarono a New Orleans
all’alba e la prima persona che andarono a trovare fu Josh; l’unico amico che
era rimasto a Marcel. Lo trovarono dentro il St. James Infirmary a sistemare
casse di birra nel retro dopo, supposero dallo stato in cui era il locale, una
festa.
“Un
po’ presto per bere, non credi?”
Josh
sobbalzò, rimase un attimo immobile e infine si voltò e poggiò gli occhi sugli
ultimi arrivati; li guardò uno per volta, chi aveva parlato per ultimo.
“Elijah, è così bello vederti, vedervi tutti...” disse sarcastico mentre il suo
sguardo si fermava su Klaus. “L’ultima volta che ti ho visto eri prigioniero di
Marcel. Ah” sembrò illuminarsi. “È stata Allison a liberarti vero? Non sono
sorpreso.”
Matt
ed Elijah si guardarono per un istante, infine l’Originale si avvicinò al
ragazzo. “Hai visto Allison? Quando?”
“Ieri.
È venuta qui con quel tizio della Strige...” il tono di Josh si fece nervoso.
“Lucas”
precisò Hayley.
“Sì
lui. Ho telefonato a Marcel e quando è arrivato si sono messi a parlare, non so
bene di cosa però. Tutto quello che ho sentito è che lei voleva raggiungere un
accordo, o qualcosa del genere. Hey sentite, non per sottovalutare Allison, ma
come ha fatto a liberarti?” chiese a Klaus.
“È
piena di sorprese!” gli disse l’Ibrido. “Ora però parliamo di cose serie.”
Josh
indietreggiò poco. “Del tipo?”
“Vogliamo
sapere tutto ciò che serve sul piccolo esercito di Marcel; come si muovono,
come sono organizzati, quanti dobbiamo aspettarci di trovarne alla tenuta.”
Il
giovane valutò la situazione: parlare avrebbe fatto arrabbiare Marcel, non
parlare avrebbe fatto infuriare i Mikaelson. Scelse il male minore. “Parecchi.
Sofya è il braccio destro di Marcel e anche la sua amante, e questo è tutto
quello che so. Anche se riuscite a recuperare Allison, comunque, come pensate
di portarla fuori dalla città? È blindata.”
Klaus
si ricordò di qualcosa e fece qualche passo avanti. “Dietro questo muro ci sono
dei passaggi sotterranei, ricordo che mi avete raccontato di averli usati per
portare fuori dalla città quei giovani lupi tanto tempo fa” si voltò a guardare
Hayley che annuì.
“Ehm
sì, ma non sarà necessario” disse Josh leggendo qualcosa sul suo cellulare.
“Qualcuno dei suoi uomini vi ha visti entrare qui, infatti Marcel vuole vedervi
tra quindici minuti alla tenuta, potete entrare dalla porta principale.”
Elijah
lo guardò per un lungo istante, poi precedette gli altri fuori da quel posto.
****
Allison
richiuse la cella e guardò Marcel che le stava praticamente appiccicato. “Dammi
un po’ di spazio per favore.”
Lui
indietreggiò di poco per farla passare e la seguì al piano di sotto. Era lì dal
giorno prima e se c’era una cosa che aveva capito su quella nuova Allison, era
che non era davvero il caso di farla arrabbiare. Aveva preso il comando della
sua casa, spezzando il collo di quelli che avevano provato ad affrontarla, con
un gesto di mano. Non gli stava bene ma, come aveva spiegato a Sofya poco
prima, era per proteggere loro che stava al gioco della cacciatrice.
Non
sapeva ancora cosa le fosse successo e anche se era certo che non gli avrebbe
risposto, decise che era il caso di chiedere di nuovo. “Cosa ti è successo in
questi anni? Sei... diversa.”
“Mi
pare evidente” gli disse lei. “Ma come ti ho già detto, è una lunga storia che
non posso ancora raccontarti. Anche tu sei diverso comunque; paranoico e sospettoso
e per nulla macho come vuoi far credere.”
“Di
cosa stai parlando?”
“Te
la si legge negli occhi Marcel, la paura. Mi guardi e non sai con cosa hai a
che fare quindi indossi la tua maschera da duro e fingi che tutto sia sotto
controllo. Però hai mandato via Sofya e questo mi fa pensare che in fondo un
po’ del vecchio Marcel sia rimasto in te; temevi che le avrei fatto del male e
così hai voluto proteggerla. Rilassati, non hai motivo di avere paura di me.”
“Non
ne ho infatti!” replicò lui fermandosi e costringendo anche lei a fare lo
stesso. “Voglio sapere perché hai fatto Alistair prigioniero invece di
ucciderlo.”
“Quel
tizio è stato trasformato e poi soggiogato ad uccidere sua moglie e sua figlia,
la sua sete di vendetta mi sembra giustificata, ucciderlo sarebbe stato...
ingiusto, per così dire.”
“Ah
quindi lo hai tenuto in vita per misericordia?”
“No”
Allison scosse il capo. “Questa era solo una considerazione. L’ho tenuto in
vita perché potrebbe avere informazioni utili.”
“Informazioni?”
“Sì,
l’hai detto tu stesso; orde di nemici sono venuti nel corso degli anni, forse
lui ne conosce altri, può aiutarci a prevedere le loro mosse.” La donna si
accorse che c’era movimento; gli uomini di Marcel si stavano mettendo in
posizione. “Che succede?” domandò proprio a lui.
“Si
preparano per accogliere gli ospiti che stanno per arrivare.”
“Quali
ospiti?” Allison si irrigidì appena percependo tante diverse energie. Erano
tutte familiari, una più di tutte. “Elijah” sussurrò voltandosi ed incontrando
gli occhi scuri di suo marito.
****
“Allison”
l’Originale fece qualche passo avanti senza staccare gli occhi dalla donna.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto fosse bella, quanto gli fosse
mancata.
“Non
così in fretta!” esclamò Marcel facendo cenno ad alcuni dei suoi che si
posizionarono davanti ad Elijah. “Prima parliamo.”
“Parlare
di cosa?” Rebekah gli si avvicinò. “Di come hai morso due dei miei fratelli
condannandoli a morte e torturato l’altro per cinque lunghi anni?”
“Voglio
abbracciare mia moglie, ma voi mi siete di ostacolo” Elijah mise le mani nelle
tasche guardando i due vampiri che gli intralciavano il passaggio. “Spostatevi.
Non lo chiederò di nuovo.”
“Ally”
Matt la richiamò all’attenzione guardando il resto dell’esercito di Marcel
accerchiarli. “Le cose si stanno facendo un po’ tese qui. Ti dispiace...”
Lei
sembrò ridestarsi, con gli occhi ancora fermi su Elijah schioccò le dita e
Marcel e i suoi uomini caddero in terra addormentati. Senza aspettare ancora
raggiunse il suo uomo e gli prese il viso tra le mani; le loro labbra si
incontrarono per un lungo istante poi la bocca di Elijah le baciò ogni angolo
di viso, le braccia intorno alla sua vita. “Ciao” le mormorò guardandola con
gli occhi pieni di lacrime.
“Ciao”
replicò lei piangendo e sorridendo al tempo stesso. Accarezzò quel viso bello
che le era mancato e sentì di poter respirare meglio. “Ci sono tante cose che
devo dirti, partendo da quello che hai appena visto.”
Lui
annuì senza staccarle gli occhi di dosso, senza staccare lo sguardo dalla sua
bocca rosata. “Abbiamo tempo per quello” le accarezzò i capelli con una mano.
“Voglio solo sapere se stai bene adesso.”
“Sto
bene” Allison lo baciò di nuovo. “Fammi andare a salutare gli altri, così poi
posso dirvi cosa sta succedendo.” Elijah la guardò allontanarsi e abbracciare
il resto della famiglia, tutta quanta. Non ne era sicuro ma gli sembrava di
aver visto qualcosa nei suoi occhi, una specie di scintilla... forse era stata
la sua immaginazione, la fame, la gioia di rivederla.
“Ora
che ci siamo tutti” disse proprio lei guadagnando il centro della stanza,
baciandogli il palmo della mano mentre gli passava accanto. “C’è qualcosa che
devo mostrarvi. Vi spiegherò come e quando è successo dopo, per il momento mi
limiterò a farvelo vedere.” Uno sguardo ad Hayley che annuì con un sorriso ed
Allison fu pronta.
Si
concentrò e si alzò un vento leggero. Dietro le sue spalle comparvero due
grandi ali; una bianca ed una nera. Le sue iridi si colorarono di blu e il suo
corpo venne percorso da una leggera luce bianca che sparì pochi secondi dopo.
“Che
io sia dannata!” esclamò Rebekah guardandola a bocca aperta. “Sei un angelo
ora?”
Lei
scosse il capo senza staccare gli occhi da Elijah. Suo marito la fissava con
aria sorpresa ma con il solito amore. Fu un sollievo vedere che non c’era
timore in quello sguardo scuro. “Sono un Nephilim” spiegò. “Metà umana, metà Arcangelo”
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Capitolo 9 *** 9. ***
9.
“Com’è
successo?” Elijah la guardò per un lungo istante. Quelle ali creavano un’ombra
in tutta la stanza; pian piano si sfocarono fino a sparire. Le parole di Hayley
ebbero finalmente un senso, tutte quante. Non devi preoccuparti gli
aveva ripetuto, sarà lei a dirti tutto. Quel tutto non lo conosceva
ancora ed era certo che fosse una storia complicata.
Lei
deglutì a vuoto e si schiarì la voce. “È una lunga storia, ma cercherò di farla
breve” si guardò intorno e fece un grosso respiro. “Mio padre non era mio
padre.”
“Cavolo,
quando hai detto breve intendevi davvero breve” le disse Kol guadagnandosi gli
sguardi perplessi di tutti. “Cosa?”
“Allison”
le disse Elijah avvicinandosi. “Cosa... che vuol dire che tuo padre non era tuo
padre? Non era un essere umano?”
“No,
lui era un essere umano. È solo che non era il mio vero padre.”
“E
il tuo vero padre è un... angelo?”
“Un
arcangelo, il primo creato da Dio, il più potente. So poco di lui; il suo nome
e dove trovarlo ma non siamo in contatto, per così dire.”
“Perché
no?” chiese Rebekah guardandola con un sorriso accennato.
“Lui
non...” Allison abbassò lo sguardo e lasciò morire la frase a metà. Non le
andava di dire loro che l’unico incontro che aveva avuto con il suo padre
biologico era andato male, anzi di più. Non le andava di dire loro che
quell’Arcangelo chiuso dentro il corpo di un uomo di mezza età la considerava
un fallimento, un errore. Sperò che qualcuno la togliesse da quell’imbarazzo
che sentiva pesarle sulle spalle.
Fu
Elijah a farlo e prendendole la mano se la portò alla bocca per baciarla. “Non
devi parlarne adesso se non vuoi” le sussurrò prendendole il viso tra le mani.
“Andiamo via, okay?”
Lei
annuì, gli baciò la bocca e respirò a fondo. “Sì, andiamo a casa.”
“Che
ne sarà di Marcel?” Rebekah si avvicinò all’uomo che un tempo aveva amato e si
piegò sulle ginocchia per guardarlo meglio. “L’hai...”
“Sta
solo dormendo. Si sveglierà presto” le spiegò Allison, le dita intrecciate a
quelle di Elijah e una sensazione di pace che non provava da tempo. “Dov’è
Hope?” domandò voltandosi a guardare Hayley e Matt.
“È
con Mary” rispose suo fratello. “Le ho detto di portarla a casa così sarà lì
quando torneremo, dovrebbero essere già arrivate.”
Freya
si fece avanti. “Come ce ne andiamo da qui? Ci porterai fuori dalla città come
hai fatto con Klaus?”
“No,
siete troppi e sto ancora imparando ad usare queste... abilità.”
“Quindi
sei un mezzo arcangelo che non ha il controllo dei propri poteri?” Kol allargò
le braccia scuotendo il capo. “Fantastico. Sentite, io dico che questo è il
momento di attaccare. Quando Marcel si sveglierà crederà di aver vinto, crederà
che abbiamo lasciato la città spaventati e invece attaccheremo. Noi non
possiamo ucciderlo ma Allison può...” la indicò con una mano. “Probabilmente le
basterà schioccare le dita e voilà! In un attimo ci saremo liberati di lui e
del suo morso letale.”
Allison
lo guardò con la fronte corrucciata. “Io non sono il vostro killer personale,
Kol. Dio... impari mai dagli errori o sei troppo stupido per farlo?”
“Quel
morso può ucciderci. Non solo me, ma anche il tuo amato Elijah.” L’altro le si
avvicinò, nervoso. Elijah le si mise davanti.
“Allontanati”
intimò a suo fratello. “Adesso.”
“Sì”
la cacciatrice piegò poco il capo. “Allontanati, perché forse non ho ancora il
pieno controllo di tutti miei poteri, ma posso assicurarti che una cosa so farla
già benissimo. Quindi piantala prima che di te rimanga solo un mucchietto di cenere,
e se credi che stia bluffando chiedi a Klaus.” Li precedette fuori da quel
posto, la mano stretta in quella di Elijah. Gli altri la seguirono.
Percorsero
i passaggi sotterranei in silenzio, la presa di Elijah intorno alla sua mano,
stretta e sicura, fece sentire Allison a casa. Si voltò a guardarlo con un
sorriso e poi la sentì; l’energia di Marcel provenire da non molto lontano
mentre la luce del sole si faceva più vicina. “Preparatevi, credo che non
saremo da soli usciti da questo tunnel.” Marcel, infatti, era lì ad attenderli.
****
“Esattamente
dove pensate di andare?” Marcel fece loro un sorriso sarcastico. “Devo dirtelo,
Allison; per un attimo ho creduto di potermi fidare della tua parola. Avrei
dovuto essere più sveglio.”
La
cacciatrice ridacchiò. “Io ti ho detto che avremmo lasciato la città e non ci
saremmo rivisti mai più. Esattamente quello che stiamo per fare, quindi addio
Marcel.”
“Non
così in fretta” l’altro camminò dritto in direzione di Elijah e si fermò solo
quando la donna si mise in mezzo.
“Fatti
indietro” gli disse. “Non farmelo ripetere di nuovo, Marcel.” Gli occhi le
diventarono blu mentre faceva segno ad Elijah e agli altri di far fronte comune
da un lato. “Vattene via, per favore. Non voglio farti del male.”
Ma
Marcel scosse il capo e la afferrò per un braccio quando gli passò accanto; era
incurante del pericolo, pensò Allison, o forse più semplicemente aveva deciso
di giocarsi il tutto per tutto sapendo che non lo avrebbe ucciso. La donna non
ne aveva alcuna intenzione infatti, trovava la sua rabbia giustificata anche se
un po’ esagerata. Guardò quella mano che decisa le stringeva il braccio, poi
alzò gli occhi – di nuovo nocciola – su di lui.
“Tuo
marito mi ha strappato il cuore dal petto e ha gettato il mio corpo nel fiume”
le disse.
“Tu
lo hai morso condannandolo quasi a morte. Direi che siete pari.”
“Niente
affatto” Marcel rise strattonandola con forza. Si accorse con la coda
dell’occhio che Elijah si era mosso ma era stato bloccato da Matt. “Lui e Freya
hanno ucciso Davina. Per anni ho detto a chiunque volesse darvi la caccia che
tu, Hayley e Hope eravate off-limits perché vi credevo diverse da loro. Non so
nulla di Hope, e Hayley mi sembra la stessa di sempre, ma tu... tu sei
diventata una Mikaelson fino al midollo. Te lo si legge negli occhi e mi
dispiace per te.”
Allison
rise. “Ti dispiace? Perché Marcel? Forse sono davvero diventata una Mikaelson,
ma guarda” indicò Elijah e gli altri con una mano. “Sono venuti per me e non se
ne andranno fino a quando non mi lascerai andare. Rimarranno anche a costo di
rimetterci la vita perché è quello che fanno le famiglie. Tu hai creato un
esercito che chiami famiglia eppure non vedo nessuno a coprirti le spalle. Ora
lasciami andare prima che ti faccia molto male” gli disse. “E se credi che non
lo farò, guarda dentro i miei occhi da Mikaelson e decidi cosa fare.”
Marcel
la fissò per un attimo, infine la lasciò andare. “Credi che essere come loro ti
renda parte della famiglia, Allison? Non è così, anche io ero un Mikaelson e
guarda come mi hanno trattato.”
“Oh
per l’amor del cielo” borbottò Kol. “Non sei mai stato un Mikaelson.”
“Hai
ragione e lo considero un vantaggio per me” replicò Marcel. “Quando domattina
vi sveglierete felici lontano da qui, ricordate che potete farlo solo perché io
sono stato misericordioso. Voi Mikaelson non avete idea di cosa sia la
misericordia. Ora sparite, prima che cambi idea e vi uccida tutti.”
Allison
rimase con lo sguardo fisso su di lui, lo distolse solo quando Elijah le prese
la mano e la tirò via. Lei però si fermò e si voltò verso Marcel avanzando di
qualche passo. Le tornarono alla mente tanti ricordi, tante risate, tanta
amicizia.
“Mi
dispiace,” gli disse. “per tutto. Ma più di ogni altra cosa mi dispiace perché
siamo stati noi a trasformarti in questa... bestia. Eri parte della famiglia e
ti abbiamo deluso, Marcel. E mi dispiace perché meritavi molto di più, da tutti
noi.” Gli sorrise tristemente, poi se ne andò con gli altri.
****
Elijah
percorse i pochi isolati a piedi respirando l’aria piacevole di Los Angeles;
Brentwood era tranquillo, dalle varie villette arrivavano le chiacchiere delle
famiglie, in lontananza l’abbaiare di un cane. L’Originale sorrise pensando che
era lì che voleva vivere con Allison, potendo vivere una vita normale. Lì in
quella villa in cui aveva lasciato il resto della famiglia e una bellissima
bambina di sette anni addormentata.
Negli
occhi di Klaus aveva letto tanta ansia e timore, sapeva che per suo fratello la
mattina dopo sarebbe stata difficile ma meravigliosa. Li aveva guardati tutti
per un attimo, poi era uscito per raggiungere Allison a casa di Victor.
“Allison!”
la chiamò quando si accorse della porta aperta.
“El,
sono qui” rispose lei mostrando una mano. “Credevo fosse entrato qualcuno ma
era solo un gatto... almeno credo.”
Lui
avanzò sorridendo; El... da quanto tempo non sentiva la sua voce roca
pronunciare quel soprannome che apparteneva solo a loro due e a nessun altro.
Sbottonò la giacca ma si ritrovò bloccato sulla soglia dalla porta. Guardò
Allison con espressione confusa.
“Giusto”
lei sorrise. “Hai bisogno di un invito per poter entrare.”
“E
chi dovrebbe invitarmi?”
“Io”
lei incrociò le braccia. “Ma non lo farò. Non ancora almeno.”
“Perché
no?”
“Perché
se ti invitassi ad entrare finiremmo a letto.” La donna piegò poco il capo. “E
questa è casa di Victor, non possiamo fare sesso nel suo letto, sarebbe come
farlo nel letto dei miei genitori.”
“Chi
ha detto che dobbiamo usare per forza il letto?” lo sguardo di Elijah si fece
malizioso facendola ridere. “E comunque, considerato che mi serve il tuo invito
per entrare, direi che la casa è tua.”
“Tecnicamente
lo è, ma comunque è casa di Victor...” ragionò lei. “Ad ogni modo, se mi
prometti di comportarti da gentiluomo, ti farò entrare”
“Sarò
un perfetto gentiluomo, come sempre.” Elijah si zittì mentre lentamente Allison
si toglieva la maglietta rivelando un sensuale reggiseno rosso. “Dio...”
mormorò deglutendo a vuoto. “Lasciami entrare ti prego.”
Lei
si inumidì le labbra. “Entra pure, e chiudi la porta.”
L’Originale
lo fece e le si avvicinò lentamente. “Non parlavi sul serio quando hai detto
che devo comportarmi da gentiluomo vero?”
La
cacciatrice gli baciò il mento snodando la cravatta. “Assolutamente no.”
****
Elijah
lasciò andare un gemito mentre il suo corpo tremava seguendo quello di Allison;
con una mano le strinse una coscia mentre entrambe le gambe della donna si
chiudevano intorno ai suoi fianchi unendoli ancora di più.
Sua
moglie si abbandonò ad un grosso respiro inarcandosi ancora una volta sul
materasso soffice. Le luci sfarfallarono per alcuni secondi prima di tornare
normali ed Elijah cercò il suo sguardo incontrando due occhi blu e brillanti;
rimase a fissarli incantato.
“Mi
dispiace” ansimò lei chiudendoli.
“Guardami”
le sussurrò Elijah. “Guardami Allison.” lei lo fece, il blu degli occhi stava
pian piano svanendo ma c’era ancora uno scintillio ad illuminarli. “Ti amo” le
disse baciandole le labbra. “Qualunque sia il colore dei tuoi occhi. Capito?”
Lei
annuì, sollevò poco la testa e lo baciò. “Ti amo anche io.”
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Capitolo 10 *** 10. ***
10.
Un
altro bacio e un’altra volta quella bella sensazione delle mani grandi di
Elijah sulla pelle ed Allison si spostò sulla sua parte di letto tirando il
lenzuolo per coprirsi. Cinque anni privi di alcun contatto fisico, di alcuna
intimità... poteva facilmente affermarsi che, in quella notte, avevano
decisamente recuperato una buona parte del tempo perduto.
“Avevo
detto che non dovevamo usare il letto di Victor e invece...” mormorò
guardandosi intorno.
Elijah
voltò lo sguardo verso di lei e se la strinse al petto. “E invece lo abbiamo
usato. E abbiamo usato anche la cucina e il divano, e la doccia.”
La
cacciatrice rise e alzò la testa per guardarlo, indietreggiò sul materasso
caldo e lo guardò dritto negli occhi. “Mi sei mancato. Moltissimo.”
Lui
le baciò la punta del naso. “Anche tu mi sei mancata, più di quanto possa dire
a parole. Ho pensato soltanto a te. Ogni giorno, ogni minuto dentro quella...
Chambre de Chasse. Tutto quello a cui riuscivo a pensare era quanto mi mancassi
e quanto ti amo.”
“Ti
amo anche io El. Più di ogni altra cosa, più di ogni altra persona. E mi
dispiace” la voce le tremò poco mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Mi dispiace di averci messo così tanto a trovare un modo per riportarti da me,
per salvarvi tutti.”
“Hey”
Elijah le accarezzò una guancia. “No, non devi scusarti, mai. Sei la donna più
forte che conosca e ci hai salvati tutti quanti. Non importa quanto tempo ti è
servito per farlo, lo hai fatto.”
“Non
l’ho fatto da sola” precisò Allison. “Non sarei qui se non fosse stato per
Hayley ed Hope. O per mio fratello.”
Stavolta
fu l’Originale a ridere. “A proposito di questo, Hayley ti ha difesa come una
leonessa quando è stato necessario. Devo ammettere che devo abituarmici,
considerato il rapporto che ricordo avevate, vedervi così vicine non era quello
che mi aspettavo.”
“Sì
beh” Allison si rimise in piedi e iniziò a rivestirsi. “Hayley, Hope ed io
abbiamo fatto squadra in questi cinque anni. Come ogni Mikaelson che si
rispetti siamo rimaste unite. Sempre e per sempre.” Si voltò a guardarlo
e lui le sorrise con dolcezza. “Ora, mio affascinante Originale, rivestiti e
andiamo. Per Hope sarà una giornata impegnativa ed io voglio essere lì per
lei.”
Lui
lo fece e con calma si rivestì, infine la prese per mano e raggiunse con lei la
villa, a pochi isolati di distanza. La prima cosa che sentirono furono le
risate provenire dalla cucina; segno che forse in fondo, Hope non aveva così
bisogno di lei come credeva.
“Ti
prego” fu la prima cosa che Allison disse entrando in cucina, seguita da
Elijah, e le sue parole erano rivolte a Matt. “Dimmi che non stai mangiando i
miei cereali, di nuovo.”
“Non
sto mangiando i tuoi cereali” mormorò suo fratello con la bocca piena. “Di
nuovo.”
“Zia
Allison!” esclamò Hope correndole incontro e la donna si piegò sulle ginocchia
per stringerla forte. “Mi sei mancata tantissimo.”
Allison
si rese conto che non vedeva la piccola da prima che partisse per Star City, da
quella sera che avevano guardato il cielo sedute sul tetto e le aveva dato la
sua collana in custodia. “Ah petite peintre,” sussurrò lasciandosi
cadere per terra e trascinandosela dietro. “Mi sei mancata tantissimo anche tu.
Cavolo, sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista.”
“E
tu sei diventata più carina.” Hope rise mettendosi in ginocchio e tirandola
piano per le mani per farla sedere. “La mamma ha detto che hai salvato tu il
mio papà; hai mantenuto la tua promessa. Grazie zia Allison.”
La
cacciatrice scambiò un’occhiata con Hayley, poi con Klaus. “Non l’ho fatto da
sola. Ognuno di noi ha fatto la sua parte, persino tu.”
“Io?”
“Sì.
Hai avuto molta pazienza, non è da tutti, credimi.” Allison si mise in piedi.
“Bene, quindi direi che hai già fatto la conoscenza di tutti quanti. Beh quasi
tutti” fece cenno ad Elijah di avvicinarsi poco. “Elijah, questa è Hope. Hope,
questo è tuo zio Elijah.”
L’Originale
elegante allungò la mano per stringere quella della sua bellissima nipote, lei
però lo abbracciò. E la giornata passò tra chiacchiere e serenità.
****
“È
crollata!” Hayley ritornò in cucina e si mise a sedere accanto ad Allison. Con
un sorriso le porse la sua collana. “Ha detto di ridartela e di assicurarti che
l’ha custodita con molta attenzione.”
Allison
la prese ricambiando il sorriso della sua amica e se la rimise al collo. Si
alzò e prese una bottiglia di vino rosso che aprì per poi porgere ad ognuno un
bicchiere. “Vorrei proporre un brindisi” disse. “Alla famiglia e al futuro.”
“Alla
famiglia!” esclamarono gli altri tutti in coro alzando i bicchieri.
“Ora”
Allison si rimise a sedere e fece un grosso respiro. “Fatemi pure tutte le
domande che volete. Posso percepire la vostra impazienza, persino il vostro
timore” guardò Kol per un attimo. “Quindi chiedete pure.”
Fu
proprio il più giovane degli uomini Mikaelson a fare la prima domanda. “Hai
detto che non hai ancora il pieno controllo delle tue abilità. Ma quali sono
esattamente queste abilità?”
“Posso
uccidere con un tocco ma con lo stesso tocco posso anche guarire,
teoricamente.”
“Che
significa teoricamente?”
“Non
mi è ancora capitato di dover guarire nessuno quindi non ho avuto modo di
provare questo potere.” Allison bevve un sorso di vino. “Posso teletrasportare
la gente, come ho fatto con Klaus, posso esorcizzare i demoni e mettere a
dormire chiunque sempre con un movimento della mano. Non posso guarire me
stessa anche se devo dire che uccidermi o ferirmi è particolarmente difficile, sono più forte di quanto non fossi prima. Ah e posso volare ma anche questo solo teoricamente
al momento.”
“Fammi
capire” intervenne Rebekah sotto gli sguardi perplessi degli altri. “Scopri di
essere per metà angelo e come prima cosa non provi a volare?”
Allison
rise. “Ci ho provato! Ma non è andata benissimo.”
Elijah
la guardò con la fronte corrucciata. “In che senso?”
“La
prima volta che ha provato” prese la parola Hayley. “è finita in Marocco. La
seconda e ultima volta invece in Canada. Peccato che entrambe le volte volesse
volare dalla cucina al giardino.”
Si
alzò una risata generale, anche se Elijah rimase serio. C’era qualcosa negli
occhi di sua moglie che gli metteva inquietudine; erano tristi quelle iridi
nocciola, nonostante il sorriso stampato sulle labbra, nonostante tutto.
“Il
tuo amico Castiel non ti ha dato una mano ad imparare?” la voce di Klaus arrivò
subito dopo le risate e spense ancora di più lo sguardo della donna.
Alliso
fece un grosso respiro. “Non ci siamo visti molto negli ultimi cinque anni. Diciamo
che lui, Sam e Dean, non hanno condiviso appieno alcune delle mie scelte e...”
lasciò cadere lì il discorso e si sforzò di sorridere. “Ci serve decisamente
altro vino.” Sentenziò alzandosi. “Vado a prenderlo.”
Sparì
fuori in giardino ed Elijah la seguì.
****
L’Originale
guardò le numerosissime bottiglie sistemate con cura in quella gigantesca
cantina travestita da casetta in piscina. Ne tirò fuori una e la strinse
tra le mani. “Questa dobbiamo decisamente conservarla per una cena a due, solo
tu ed io.”
Allison
abbozzò un sorriso guardandolo. “Quella è una bottiglia da cinquemila dollari e
nel testamento di mio padre c’era esplicitamente scritto che nessuno è
autorizzato ad aprirla, se non per un’occasione molto, molto speciale.”
“Allora
faremo in modo di crearne una” Elijah la guardò afferrare una scaletta e
salirci sopra per recuperare una bottiglia che stava in alto. “Ti va di
parlarne?”
“Di
cosa?” lei lesse l’etichetta prima di voltarsi a guardarlo.
“Di
Castiel e dei Winchester.”
La
donna si strinse nelle spalle raggiungendolo. “Non c’è molto da dire ad essere
onesti. Gli ultimi cinque anni sono stati complicati; ho dovuto prendere delle
decisioni, fare delle... delle cose non sempre piacevoli. Molti hanno espresso
il loro disappunto, quello di Castiel e dei Winchester è stato il più duro e ci
ha un po’ allontanati. Ecco tutto.”
Il
vampiro annuì piano. Cose non sempre piacevoli, aveva detto, ma lui
sapeva che era molto di più se aveva crepato quell’amicizia che durava da anni.
“È tutta colpa mia. Ho strappato il cuore di Marcel e...”
Allison
lo interruppe poggiandogli due dita sulle labbra. “Abbiamo fatto tutti degli
errori e non c’è niente che non avrei fatto per riportarti da me. Tu sei il mio
posto felice e credo di meritarmi un po’ di felicità” gli diede un bacio.
“Quanto ai Winchester e Castiel, non è la prima volta che ci troviamo in
disaccordo su qualcosa, sistemeremo le cose.”
Elijah
le prese il viso tra le mani. “C’è una cosa che mi sono reso conto di non
averti ancora detto.”
“Cosa?”
“I
tuoi capelli... sono diversi e mi piacciono moltissimo” la baciò. “Ho solo una
domanda prima di tornare dagli altri; i tuoi occhi, ho notato che diventano di
un intenso blu quando perdi il controllo delle tue emozioni...”
“È
la mia grazia. Energia divina purissima. È travolgente e... inquietante, lo
so.”
“Inquietante
non è esattamente la parola che avrei usato.”
La
donna piegò il capo. “E quale parola avresti usato?”
“Sexy.
In modo travolgente.”
Allison
chiuse per un attimo gli occhi, quando li riaprì il loro colore era cambiato.
“Congratulazioni Mikaelson, ti sei appena guadagnato una notte di purissima
energia divina.”
“Che
dovrete rimandare però” Matt fece il suo ingresso attirando l’attenzione. “Will
ha telefonato” guardò sua sorella. “Ha bisogno di te alla centrale.”
“Che
succede?”
“Non
è sceso nei particolari ma ha detto che era un caso più per te che per lui. Ha
detto che è urgente.”
“Hey”
stavolta fu Hayley ad arrivare. “Dovete venire a vedere.”
Gli
atri la seguirono fino alla cucina, la tv accesa a basso volume mostrava
tragiche immagini di una scena del delitto. C’erano almeno una dozzina di
cadaveri, sangue ovunque. Will in primo piano mentre evitava i giornalisti e
saliva in auto.
“Che
diavolo sta succedendo?” domandò Freya fissando lo schermo.
Allison
recuperò le chiavi dell’auto. “È quello che scoprirò tra poco.”
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Capitolo 11 *** 11. ***
11.
Allison
arrivò alla centrale di polizia alle ventitré in punto e si fermò ad osservare
la confusione che regnava da padrona. C’erano pattuglie ovunque, giornalisti
appostati con furgoncini e telecamere ultra professionali in mano; Patricia
Webber, l’acclamata giornalista di uno dei canali più importanti della nazione,
stringeva un microfono in mano e parlava di qualcosa in diretta. Dio... Allison
non l’aveva mai sopportata e il sentimento doveva essere reciproco.
Si
erano conosciute tre anni prima, quando la Webber si era dedicata anima e corpo
ad un servizio giornalistico che riguardava la famiglia Morgan da vicino. Un
mare di cazzate, lei non li conosceva e né Allison né Matt avevano rilasciato
alcuna intervista, ma alla cacciatrice infastidivano ancora i titoli che erano
passati alla tv per circa tre mesi: L’Eredità di Christofer Morgan tra finto
buonismo e sperperamento.
Resistere
all’impulso di colpirla ripetutamente quando, strafottente, le aveva detto che
nessuno si faceva abbindolare da quel suo viso pulito, per Allison era stato
estremamente complicato. Ma c’era riuscita, aveva intentato contro di lei una
causa e aveva vinto. Un risarcimento di duecentomila dollari che aveva donato
ad una clinica gratuita per donne incinte che necessitava di una ristrutturazione.
La sua piccola personale vendetta però era stata mandare a Patricia Webber un
invito per la festa che si sarebbe tenuta proprio in quella clinica. Ah, era
stato magnifico.
“La
tua amica Patricia è qui a quanto pare.” Hayley la tirò fuori dai suoi pensieri.
“Ricordati
che non puoi colpirla” aggiunse Matt dal sedile posteriore. “A meno che tu non
voglia finire in diretta nazionale.”
“Ah ah
molto divertente” Allison scosse il capo. “Avrei dovuto lasciarvi a casa.”
Ricordò che Elijah si era proposto di accompagnarla, e nonostante fosse rimasto
un po’ male al suo rifiuto, sperò che avesse capito; meglio tenere un
profilo basso per il momento gli aveva detto. Fin troppi nemici li
credevano ancora addormentati, meglio che le cose rimanessero tali almeno per
un altro po’.
“Tutta
questa attenzione mediatica non è positiva.” Ragionò Matt. “Non vedevo così
tanti giornalisti da quando…”
“Da
quando sei miracolosamente ricomparso dopo anni in cui tutti ti hanno creduto
morto?” finì sua sorella per lui. “Credo che stavolta sia anche peggio.” Fu
allora che Will uscì dalla stazione di polizia e salì su un’auto evitando ogni
microfono ed ogni telecamera.
Il
cellulare di Allison iniziò a squillare pochi secondi dopo. “C’è stata
un’altra vittima, ci vediamo sulla scena.”
“E
dove sarebbe la scena?”
“Olvera
Street.”
Alla
donna venne un sospetto, ma non disse nulla mentre ripartiva.
****
“Notizie
da parte di Allison?” Klaus si versò un bicchiere di cognac e ne porse uno ad
Elijah. “Cacciatrice, Nephilim, detective... non ci si annoia mai con lei.”
Il
maggiore dei Mikaelson abbozzò un sorriso prima di bere un sorso. Era
preoccupato, anche se non sapeva esattamente per cosa, non ancora almeno;
Allison stava bene, ed emanava una fortissima energia. Era probabilmente una
delle creature più potenti al mondo eppure Elijah non poteva fare a meno di
essere angosciato. Per i cinque anni che erano trascorsi, per le cose
spiacevoli che sua moglie aveva detto di aver dovuto fare, per le conseguenze
emotive che prima o poi sarebbero arrivate... lui lo sapeva.
“Stai
bene, fratello?” gli chiese Klaus.
L’altro
scosse il capo. “Non lo so, Niklaus. Dovrei, suppongo. Siamo al sicuro, la
famiglia è riunita, tua figlia è sana e bellissima e felice... Ho riabbracciato
mia moglie, eppure c’è qualcosa che mi turba in qualche modo.”
“Il
cambiamento di Allison ti spaventa forse?”
Elijah
respirò a fondo. “Allison è la donna di sempre, indipendentemente dal suo
potere, sono certo di questo. Ma la sua intera vita, ogni sua convinzione, ogni
suo credo, ogni sua certezza è stata distrutta. Io so quanto profondamente ami
suo padre, l’uomo che l’ha cresciuta, e ha scoperto di non essere sangue del
suo sangue. Forse non lo lascia vedere, ma tutto questo deve averla segnata
profondamente ed io non ero qui quando è successo. Non ero con lei e lei aveva
bisogno di me.”
“Sei
qui adesso” suo fratello gli sorrise. “Non possiamo cambiare il passato, Elijah
e non possiamo cancellare gli errori che abbiamo fatto. Quello che possiamo
fare è andare avanti e fare meglio di quanto abbiamo fatto fino ad ora, così da
non dover mai più stare lontano dalle persone che amiamo.”
“E
credi che sia abbastanza?”
“Non
lo so. Ma è tutto ciò che abbiamo.”
****
Allison,
Hayley e Matt vennero fatti passare da un vicolo secondario che li portò dritti
alla scena del crimine; una piccola casa dalla facciata rosa e un po’ crepata.
Will li aspettava in piedi, passò loro dei guanti non appena li vide.
“Ciao
anche a te Will” lo salutò sarcastico Matt indossandoli. “Hai un aspetto
terribile.”
Il
detective gli lanciò un’occhiataccia, poi tornò a guardare la vittima. “È la
tredicesima stanotte e non è nemmeno l’una. Spero che voi sappiate dirmi cosa
diavolo sta succedendo perché io non ne ho idea e su nessuna delle scene del
crimine ci sono telecamere di sorveglianza.”
Hayley
corrugò la fronte guardandosi intorno. “C’è odore di lupo.”
Gli
occhi di Matt si venarono per un attimo. “Lo sento anche io. È parecchio
coperto dal puzzo di sangue ma sì, decisamente c’è odore di lupo.”
Allison
strinse per un attimo il braccio di Will, poi si piegò sulle ginocchia per
guardare meglio la vittima. L’unica cosa riconoscibile era che fosse una donna,
il resto era una maschera di sangue e deformità. “Povera donna” mormorò
prendendole una mano in un gesto di semplice umanità. “Sappiamo come si
chiama?”
Il
detective controllò qualcosa su un taccuino. “Non aveva documenti e i risultati
del DNA devono ancora arrivare ma alcune persone del luogo sono certi che si
tratti di Violet Hernandez.”
La
cacciatrice alzò gli occhi su Hayley per un istante e si rimise in piedi.
“Will, i nomi delle altre vittime?”
L’uomo
la guardò perplesso. “Erano una famiglia. Sono stati uccisi durante una cena
tutti insieme a casa di un certo Eric Sawyer sposato con Millicent Dubois.”
Guardò la sua amica. “Che succede Allison?”
Lei si
tolse i guanti e afferrò il cellulare. “Hayley” disse alla sua amica componendo
il numero di Freya. “Keelin Thompson, ora. Freya” respirò a fondo mentre Hayley
spariva in piena modalità vampiro. “Hayley sarà a casa tra poco, dovrebbe
esserci una donna con lei, ho bisogno che tu le faccia un incantesimo di
protezione e uno di occultamento. Deve sembrare che sia sparita dalla faccia
della terra.”
“Allison”
le chiese di nuovo Will. “Che sta succedendo? E da quanto Freya è sveglia?”
“Da
alcuni giorni. E per rispondere all’altra tua domanda, le tue vittime sono
tutti licantropi. Sono quelli che ci hanno aiutati a creare l’antidoto per curare
i Mikaelson.”
“Mi
stai dicendo che ho a che fare con dei licantropi?”
“Non
so ancora con cosa hai a che fare Will, i licantropi sono le vittime al
momento, il carnefice o i carnefici, potrebbero essere qualunque cosa.” Allison
guardò suo fratello. “Dobbiamo avvertire Mary.”
“Consideralo
fatto!” Matt uscì fuori.
“Ally”
la voce di Will tradiva nervosismo. “Se davvero tutto questo è una qualche
lotta tra creature soprannaturali... come faccio ad uccidere queste cose?
Qualunque cosa siano.”
La
donna lo guardò per un lungo istante, le tornò alla mente un momento di
tantissimi anni prima, quando Will aveva scoperto l’esistenza del
soprannaturale per colpa di Lucien. Come posso vincere? Le aveva chiesto
impaurito. Sono un poliziotto, non un cacciatore del soprannaturale. Ora
invece le chiedeva come ucciderli e nonostante lo smarrimento c’era
determinazione in quegli occhi.
Come
cambiano le cose, si ritrovò a pensare Allison. Anche se avrebbe preferito
risparmiare al suo amico questo cambiamento. “Non lo so al momento. Devo prima
capire con cosa abbiamo a che fare, dopodiché sapremo cosa fare. In ogni caso,
tu devi solo temporeggiare, al resto penso io.”
“Da
sola? Non se ne parla.”
“Non
sono da sola” fece presente lei. “Will ti voglio bene e sei un uomo in gamba,
ma questo è troppo per te ed io non voglio perdere un amico. Ti prego, cerca di
stare fuori dai guai, devi solo farmi guadagnare un po’ di tempo.”
L’uomo
aspettò che alcuni agenti gli passassero accanto e si allontanassero, prima di
parlare. “Perché non mi hai detto di essere riuscita a svegliare Elijah e gli
altri?”
Allison
respirò a fondo. “Volevo mantenere il segreto solo per un po’, per passare un
po’ di tempo con mio marito in pace. Una volta che il loro ritorno sarà
ufficiale non avrà più modo di farlo perché la vecchia vita tornerà a...”
“Hey,
non puoi saperlo questo” Will le prese una mano per un istante. “Ti guadagnerò
quanto più tempo possibile, solo ti prego Allison, non fare stupidaggini.
Okay?”
Lei
annuì. “Ricevuto. Tienimi aggiornata.”
“Lo
farò” il detective la seguì con lo sguardo fin quando non la vide più.
****
Allison
tornò a casa alle tre del mattino e trovò Hayley e gli altri in garage. “Hey”
disse loro scendendo le scale. “Che ci fate qui sotto?”
“Non
volevamo che Hope si svegliasse e vedesse questo” l’Ibrida si fece di lato e
gli occhi di Allison si fermarono su Keelin. Era ferita, sudata e sanguinante
eppure stringeva in mano un coltello. “È stata ferita ma non guarisce.”
La
cacciatrice sorrise ad Elijah, poi si avvicinò alla lupa ferita. “Vogliamo
aiutarti, perché ci punti contro un coltello?”
“Mi
avete messo voi in questo casino. La mia vita era normale; ho anche trovato il
modo di rallentare il mio potere di guarigione così da poter vivere come una
normalissima persona e ora... ora mi danno la caccia. Non voglio vivere così
quindi preferisco morire. Lasciatemi scegliere almeno, me lo dovete dopo aver
rovinato la mia vita.”
Allison
annuì. “Okay. Hai ragione” le disse. “Dammi il coltello, ti risparmierò la
sofferenza di una morte lenta. Andiamo...” la incalzò. “Te lo si legge negli
occhi: vorresti farlo tu stessa ma non ne hai il coraggio.”
“Tu
non sai niente di me.” Keelin venne scossa da un tremito e per poco non perse i
sensi.
“Vero.
Ma tu non sai niente di me; Hayley è venuta a prenderti non appena abbiamo
capito che eri in pericolo, non siamo noi i cattivi qui.”
“Ti
sei appena offerta di uccidermi e mi vuoi davvero dire che non siete i
cattivi?”
“La
mia offerta non ha niente di cattivo, è solo misericordiosa e rispettosa della
tua scelta di morire. Ora, se vuoi morire lentamente dissanguata nel bel mezzo
di una strada, non fa alcuna differenza per me.” Allison piegò poco il capo. “A
te la scelta.”
La
donna sembrò rifletterci, lasciò andare un singhiozzo e le passò il coltello.
“Allison”
mormorò Freya. “Cosa stai facendo?”
La
cacciatrice prese con decisione la lama. “La cosa giusta.” Replicò. E tutto il
resto fu una specie di istinto incontrollabile. Chiuse gli occhi per un attimo soltanto e le poggiò la punta di due dita sulla fronte; le sue iridi diventarono blu e brillanti, il corpo di Keelin venne pervaso da una luce chiara. Bastò un minuto e le sue ferite furono guarite, tutte quante.
“Cosa
hai fatto?” le chiese rimettendosi dritta.
Allison
si alzò. “Non ne ho idea” confessò sentendosi frastornata.
“L’hai
guarita.” Hayley sorrise guardando la sua amica. “Stai bene Ally? Sei pallida.”
Lei
annuì chiudendo gli occhi, rilassandosi quando sentì le mani di Elijah
afferrarla piano e girarla con delicatezza. “Hey” le disse lui. “Allison,
guardami. Stai bene?”
“Sì”
Allison gli sorrise sentendosi meglio. “Sto bene. Ho solo bisogno di un attimo.”
Si voltò verso Keelin e mosse piano la mano, la lupa si addormentò all’istante.
“Non può andarsene fin quando non avremo capito che cosa sta succedendo.
Provate a spiegarglielo quando si sveglia e se proprio non vuole capire
trattenetela con la forza. Non avrò un’altra morte sulla coscienza. Ne ho già a
sufficienza...” mormorò sparendo dietro una porta che l’avrebbe portata in casa.
Elijah
la raggiunse dopo qualche minuto.
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Capitolo 12 *** 12. ***
12.
“Buongiorno”
Elijah avanzò in cucina e fissò lo sguardo prima su Freya e poi su Hayley. “Sai
per caso dove sia Allison?”
L’ibrida
deglutì il boccone che aveva in bocca. “Io credevo che stesse ancora dormendo a
dire il vero.”
“La
sua parte di letto era fredda quando mi sono svegliato, deve essersi alzata da
parecchio” ragionò lui. “È possibile che sia andata a fare una corsetta, magari...”
“Sì
è possibile. O forse Will aveva novità sul caso e le ha chiesto di
raggiungerla.” Hayley notò che Elijah si era infastidito sentendo il nome del
detective. Avrebbe voluto dirgli che non aveva motivo di essere geloso; proprio
nessuno. Non c’era persona più leale di Allison, forse non c’era moglie più
fedele di lei. Hope però arrivò attirando l’attenzione e così lasciò correre.
“Buongiorno”
disse timidamente sbadigliando. “Dove sono tutti?”
“Buongiorno
tesoro” le sorrise Freya. “Zia Rebekah e zio Kol sono usciti per una
passeggiata, tuo padre ha detto che andava a prendere qualcosa e che sarebbe
tornato prestissimo.”
“E
la zia Allison e lo zio Matt?”
Prese
la parola Hayley. “Lo zio Matt sta facendo una doccia, la zia Allison... non
sappiamo dove sia, è uscita molto presto questa mattina. Prima che ci
svegliassimo.”
Hope
afferrò un biscotto mentre sua madre le riempiva un bicchiere di latte. “Forse
è andata a fare una corsetta. Secondo te si ricorda che deve accompagnarmi a
comprare il regalo per Sarah?”
“Chi
è Sarah?” domandò Elijah sorridendo a sua nipote.
“È
la mia amica del cuore. L’ho conosciuta lo scorso anno al mare, si era
trasferita da poco. Domani sarà il suo compleanno e sono invitata alla sua
festa.”
“Sembra
bello” l’Originale si mise a sedere. “Sono certo che la zia Allison se ne
ricorda.”
“Ricordare
cosa?” proprio lei fece il suo ingresso in cucina; non aveva l’aria di una che
era andata a fare una corsetta, anzi... Keelin Thompson dietro di lei. “Buongiorno
a tutti” disse con un sorriso baciando Elijah, poi avvicinandosi ad Hope per
darle un bacio sulla guancia.
“Dobbiamo
andare a comprare il regalo si Sarah, ricordi? Hai promesso di portarmi in quel
negozio di giocattoli dove andavi da piccola, con i tuoi genitori.” La piccola
ridacchiò quando Allison le rubò di mano quello che rimaneva del suo biscotto
per mangiarlo.
“Giusto.
Ci andremo, ogni promessa è debito. A ogni modo voglio presentarti la mia amica
Keelin” disse indicandola con un dito. “Starà con noi per un po’. Per te va
bene?”
Hope
salutò la donna con una mano. “Benvenuta” le disse. Poi si alzò e disse che
andava a vestirsi.
“Che
significa?” chiese Freya alzandosi in piedi, una volta che rimasero soli.
“Io
e Keelin” iniziò a spiegare Allison. “Abbiamo fatto una specie di accordo;
rimarrà qui fin quando sarà necessario e ci darà una mano se servirà, ma non lo
farà legata in garage.”
“Non
possiamo fidarci di lei!” argomentò la strega. “Che succede se prova a scappare
e, facendolo, attira attenzioni indesiderate?”
“Hey”
le disse Keelin agitando una mano. “Io sono qui, non parlare come se non fossi
presente.”
“Possiamo
fidarci di lei” la cacciatrice prese una tazza e sorrise quando Elijah le versò
del caffè in uno di quei gesti gentili che le erano mancati tanto, e che solo lui
le riservava.
“Non
mi piace!” la maggiore dei Mikaelson scosse il capo. “Avresti dovuto parlarne
prima con me, in fondo sono io che proteggo questa famiglia, Allison. L’ultima
parola su queste cose spetta a me.”
“Non
in casa mia Freya” Allison bevve un sorso di caffè. “E comunque, è anche la mia
famiglia, credi che farei qualcosa che potesse mettervi in pericolo?”
La
bionda rise. “No” scosse il capo. “Sei la moglie di mio fratello Allison, ma
questo non fa di te una Mikaelson.”
“Basta!”
esclamò Elijah guardando sua sorella. “Smetti di parlare prima che tu dica
qualcosa di cui ti pentirai.”
Lei
guardò Allison, sfidò quello sguardo nocciola per alcuni lunghi secondi, poi
fece un grosso respiro. “Mi dispiace” si scusò abbassando la testa. “Sono solo...
un po’ nervosa. So che non faresti nulla che possa metterci in pericolo. Mi
dispiace, Allison.”
L’altra
respirò a fondo, fece un cenno di assenso e un sorriso a sua cognata mentre
prendeva il cellulare dalla tasca. “Will” rispose bevendo un altro sorso dalla
tazza.
“Allison,
forse abbiamo trovato il nostro uomo. Si chiama Raul Ramirez.”
“Maledetto
bastardo!”
“Una
testimone l’ha visto uscire dalla casa di Eric Sawyer la sera dell’omicidio. Ha
detto che non ha parlato prima perché ha avuto paura. Lo conosci per caso?”
“Purtroppo
sì” Allison si passò una mano tra i capelli. “Me ne occupo io Will. Dammi
qualche ora e in un modo o in un altro Raul Ramirez verrà consegnato alla
giustizia.”
“Che
significa in un modo o in un altro? Come conosci questo tizio? È un...”
“Un
vampiro? Sì, è il braccio destro di Mike Vitucci.”
“Il
mafioso? Anche lui è un vampiro?”
“Sì,
lo è. Ci sentiamo tra tre ore al massimo.” Riattaccò e si voltò a guardare
Hayley. “Ho bisogno che porti fuori Hope per il resto della mattinata.”
“Che
succede?” chiese lei.
“Sto
per invitare Mike Vitucci per un drink!”
****
“Allison
Morgan!” Mike le sorrise quando lei aprì la porta. “Quanto tempo.”
“Non
così tanto” replicò lei avvicinandosi per un abbraccio veloce. “Grazie di
essere venuto.”
“Per
la mia cacciatrice preferita questo ed altro” Mike fece cenno ai suoi uomini
che entrarono trascinandosi dietro un tizio dal viso coperto. “Un piccolo
regalo per te; Raul!”. Volse poi lo sguardo ad Elijah che stava poco dietro di
Allison. “Tu devi essere il leggendario Elijah Mikaelson.”
“In
persona” l’Originale lo guardò con espressione seria. “E tu devi essere l’improvvisato
leader incapace di tenere i suoi uomini sotto controllo.”
L’altro
piegò poco il capo, infine entrò in casa. Allison richiuse la porta. “È stata
solo una bravata. Raul era arrabbiato con te” disse guardando la donna. “E ha
pensato bene di prendersela con le persone con cui avevi avuto a che fare.”
“Quelle
persone mi hanno aiutata e sono morte perché il tuo uomo è arrabbiato con me? E
poi” gli disse tirando fuori del bourbon quando furono in cucina. “Perché ce l’ha
con me?”
“Erano
lupi e considerato che la tua coinquilina è una lupa anch’essa, credeva che
fossero tuoi amici.” Il vampiro bevve dal suo bicchiere. “Quanto alla tua
domanda, alcuni mesi fa ha ucciso una ragazza appena trasformata. Si chiamava
Tiffany, forse non te la ricordi neppure.”
“Me
la ricordo” gli fece sapere Allison. “E non ho avuto altra scelta.”
“Dolcezza”
Mike allungò la mano e la poggiò su quella della donna, guardò Elijah per un
istante e poi si concentrò su di lei. “Io lo so ma lui credeva di amarla
follemente ed è arrabbiato.”
La
cacciatrice si liberò da quel tocco. “Beh la polizia ha bisogno di un colpevole
per chiudere il caso, l’ho promesso al detective Kinney, quindi cosa facciamo?”
Vitucci
sembrò rifletterci per un attimo. “Il colpevole deve essere vivo o morto?”
“Credo
che faccia poca differenza.”
“In
quel caso, ci penso io. Ma tu sai che punire uno dei miei mi costa parecchio
e...”
Elijah
ridacchiò. “Cosa stai chiedendo esattamente? Denaro?”
“Denaro?
E che me ne faccio? Io e tua moglie abbiamo una specie di accordo riguardo ai pagamenti.”
Allison
scosse il capo. “Vuole uno dei vinili di mio padre” spiegò a suo marito. “Aspetta
qui mentre vado a prendertelo.”
“Scegli
bene!” le urlò dietro lui. “Ah Allison, siamo vecchi e cari amici io e lei.”
L’Originale
mise le mani nelle tasche. “Lo vedo. Lascia che ti dia un consiglio però” si
piegò e avvicinò il viso al suo. “Cerca di esserle amico senza toccarla o
spogliarla con gli occhi. Oppure la polizia troverà due colpevoli. Entrambi
morti.”
Mike
rimase a fissarlo senza battere ciglio e lo fece fin quando Allison non tornò
di sotto stringendo tra le mani il suo pagamento. “È stato bello fare affari
con te, Allison.” le disse alzandosi e avvicinandosi a braccia aperte, quasi
volesse abbracciarla.
Lei
però gli mise in mano il vinile e si spostò di fianco ad Elijah. “Dove devo
dire a Kinney di cercare?”
“Gli
arriverà una soffiata anonima, tra un’ora.” Il mafioso e i suoi se ne andarono.
“Non
mi piace quel tizio” Elijah si mise sulla difensiva non appena furono soli. “E
non mi piace che tu lo frequenti.”
“Frequentare
non è esattamente la parola giusta. Diciamo che mi è tornato utile diverse
volte” spiegò lei puntando gli occhi dentro i suoi. Con la mano lisciò la
cravatta. “A proposito di questo, vorrei... chiederti di farmi una promessa.”
“Qualunque
cosa.”
“Negli
ultimi cinque anni ho dovuto fare molte cose che non mi sono piaciute. Non
avevo altra scelta allora, dovevo riportarti indietro e riunire tutti. Ora
siamo riuniti Elijah, ma so come vanno le cose in questa famiglia, quindi
voglio che tu mi prometta che non mi ritroverò più nelle condizioni di non
avere altra scelta. Non ce la farei...”
Elijah
la baciò, con dolcezza. Un lungo e profondo bacio. “Te lo prometto.”
****
Vincent
si agitò nel letto, il mal di testa non gli lasciava tregua da più di una
settimana. Non era un buon segno e lo sapeva, ma non sapeva ancora quanto
brutto fosse. Quella notte però lo avrebbe scoperto.
Si
svegliò di soprassalto con ancora le immagini confuse di quel sogno a fargli
compagnia. Oh ma non era un sogno e lui lo sapeva benissimo.
Accese
una luce e si alzò tenendosi con una mano la testa. Raggiunse il cellulare e
compose il numero che doveva chiamare. “Marcel!” esclamò quando rispose. “Dobbiamo
rintracciare i Mikaelson, devono tornare qui prima possibile. O qualcosa di
terribile succederà ad Hope!”
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Capitolo 13 *** 13. ***
13.
“Sei
arrivato a destinazione?”
Il
ragazzo annuì, seduto sull'auto appostato davanti alla casa alla cui porta
avrebbe dovuto bussare... prima o poi. “Non capisco perchè devo essere io
quello che porta questa terribile notizia.”
“Perchè
non hanno nessun risentimento nei tuoi confronti e...”
“Allison
è una potentissima creatura. Che succede se si arrabbia? A proposito, sappiamo
cosa sia di preciso?”
“Non
ha importanza, non ti farà del male. Porta il messaggio e limitati solo a
quello. Lo stiamo facendo solo perchè la vita di Hope è in pericolo, e quella
bambina non ha niente a che fare con le cattiverie della sua famiglia; non è
giusto lasciarsi guidare dal risentimento e metterla a rischio.”
L'altro
sospirò. “Okay, ma che succede se mi chiedono qualco... ah!” urlò e si portò
una mano alla bocca. “Ti richiamo.”
Con
calma abbassò il finestrino dopo aver ripreso il controllo delle sue emozioni e
si sforzò di sorridere a chi aveva bussato al vetro, facendogli prendere un
colpo.
“Joshua!”
esclamò Allison con un sorriso. “Potrei per favore sapere cosa ci fai nella mia
città, appostato davanti casa mia da quasi un'ora?”
“Allison”
la salutò lui con un gesto di mano, un sorriso nervoso mentre si schiariva la
gola. “Non è come sembra. E, devo dirtelo, quando mi chiami con il mio nome
completo è come sentire Elijah.”
La
donna si piegò per guardarlo meglio. “Elijah è un uomo elegante e ben educato,
quindi lo prenderò come un complimento.”
“È anche
un assassino a sangue freddo che ha strappato il cuore di Marcel facendolo
arrabbiare, condannando così tutti voi a cinque anni di dolore e infelicità”
disse tutto d’un fiato. “E queste parole sono state incredibilmente fuori luogo
e mi dispiace tantissimo” aggiunse quando si accorse dello sguardo triste che si
era impossessato degli occhi di Allison. “A ogni modo, per rispondere alla tua
domanda, sono qui perché porto un messaggio” Josh tirò fuori dalla tasca della
giacca di pelle una busta e gliela diede. “Da parte di Vincent.”
Allison
cercò di scacciare un ricordo. “Che messaggio?”
“Riguarda
una specie di sogno – visione. Dice che qualcosa di terribile sta per accadere
e dice che Hope ha bisogno di protezione.”
La
fronte della cacciatrice si corrucciò. Si guardò intorno e infine aprì lo
sportello. “Vieni dentro per favore, credo che gli altri vorranno farti qualche
domanda.”
Josh
la seguì, fermandosi ogni tanto ad ammirare la grande casa. Non che fosse
sorpreso di ciò che vedeva – rispecchiava Allison al cento per cento – infine
giunse con lei in cucina dove una parte dei Mikaelson stavano seduti a parlare.
Complottare probabilmente.
“Heilà!”
disse loro alzando la mano. “Come state?”
“Joshua!”
esclamò Elijah. “Che ci fai qui?”
Il
ragazzo piegò poco il capo, poi guardò Allison come a voler rimarcare ciò che
si erano detti pochi secondi prima. Fu proprio lei a prendere la parola.
“Vincent
ci manda questa” disse poggiando la busta sul tavolo. “Sostiene che Hope sia in
pericolo.”
Klaus
ed Hayley si scambiarono un’occhiata, l’Ibrida prese la lettera e la aprì in
tutta fretta sotto gli occhi spaventati di tutti, soprattutto del padre di sua
figlia. “C’è scritto che una forza oscura chiamata Inadu presto attaccherà e
che Hope potrebbe essere una delle vittime.”
“Cosa
sai di questa cosa?” Klaus si avvicinò minaccioso a Josh. “Parla ora, o ti
staccherò la lingua e non potrai farlo mai più.”
“Non
so niente di tutta questa storia, ho solo portato un messaggio” il ragazzo
indietreggiò appena, man mano che Klaus avanzava verso di lui.
“Calmati,
Niklaus” Elijah lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. “Lui è solo un
messaggero.”
“Che
porta notizie di sventura che riguardano mia figlia.”
“Sentite,”
disse Josh. “Vincent è l’unico che può darvi tutte le informazioni che
servono.”
“Vincent
non è qui!” intervenne Freya “E non ritorneremo a New Orleans senza essere
certi che tutto questo non sia una… trappola ideata da Marcel.”
“Ally…”
sussurrò Hayley cercando lo sguardo della sua amica. “Cosa facciamo adesso?”
“Quello
che dobbiamo per proteggerla” la donna fece un grosso respiro. “Auguratemi
buona fortuna.”
“Per
cosa?” Elijah si voltò a guardarla ma lei era sparita, un fruscio di ali e un
venticello leggero.
****
Allison
era arrivata a Covington e lo considerava già un passo avanti. Si aspettava di
finire in qualche località dall’altra parte dell’oceano, in un altro stato,
come le era successo entrambe le volte che aveva provato a volare. E invece era
finita a poco meno di un’ora da New Orleans. Si era procurata un’auto e aveva
guidato senza fermarsi, dritta fino a casa di Vincent. Lì aveva trovato anche
Marcel.
“Ah,
due piccioni con una fava!” esclamò quando le aprirono ed entrò senza aspettare
un invito. “Il terzo piccione, quello viaggiatore è arrivato a destinazione,
sano e salvo. È ancora sano ma se non mi dite esattamente cosa sta succedendo,
dubito che lo rimarrà per molto. Klaus non è stato molto felice di sapere che
sua figlia è in pericolo e la sua infelicità si è trasformata in rabbia quando
si è reso conto che Josh non aveva nessuna risposta alle sue migliaia di
domande.”
“Ho
parlato con Josh meno di due ore fa, come sei arrivata così in fretta?” domandò
Vincent.
“Ho
volato!” esclamò lei e diede loro un attimo per metabolizzare. “Oh giusto...”
continuò. “Voi non sapete ancora cosa sono esattamente perché io volevo dirlo a
Elijah prima che a tutti gli altri. Ora lui lo sa quindi vi svelerò il mistero;
sono un Nephilim: metà essere umano, metà arcangelo.”
“Impossibile!”
esclamarono all’unisono i due uomini.
Allison
spiegò le ali, che crearono una grande ombra. I suoi occhi si fecero blu e
brillanti. “Impossibile non esiste nel nostro mondo” disse tornando pian piano
normale. “Ora, ditemi che diavolo sta succedendo, chi è Inadu e perché pensate
che Hope sarà una vittima.”
Vincent
si scolò un bicchiere di vodka tutto d’un sorso, poi prese a raccontarle ogni
cosa. Le spiegò che Inadu, anche detta Hollow, era lo spirito di una strega;
molto più anziana degli Antenati e soprattutto molto più potente.
“Ha
dei fedeli seguaci che farebbero qualunque cosa per farle piacere e per
guadagnare sempre più potere ha bisogno di compiere dei sacrifici. Predilige i
bambini perché la loro anima è più pura e questo equivale a...”
“A
maggior potere” finì Allison per lui.
“Esatto.
Ma non disdegna gli altri sacrifici e preferisce sacrificare le creature
soprannaturali create dalla magia come gli Originali, ad esempio. Come Marcel.”
La
donna si mise a sedere e poggiò lo sguardo proprio su quest’ultimo. Lui
ricambiò senza timore o titubanze e in quegli occhi scuri Allison vide che non
c’era inganno, o forse le piaceva sperarlo. “Che altro potete dirmi di
questa... Inadu? Come la fermiamo?”
“Non
lo so ancora” confessò Vincent. “Ma so che non sarà facile.”
“Non
lo è mai. Hai detto che per i suoi sacrifici predilige i bambini e sembri
saperne molto sull’argomento. Mi ricordo che Eva Sinclair era piuttosto...
famosa per la sua folle ossessione di uccidere i bambini e così non posso fare
a meno di chiedermi, visto il legame che tu e Eva avevate, se non stai tralasciando
qualcosa, Vincent.”
Lui
scambiò un’occhiata con Marcel, poi guardò Allison. “Sono stato io ad evocare
Inadu, tanto tempo fa. Allora credevo di star facendo qualcosa di utile,
credevo che ci avrebbe aiutati a sconfiggere la disperazione e la morte che ci
circondavano. Non sapevo però che avrebbe preso il controllo, che avrebbe
costretto Eva a compiere quelle... atrocità” ci fu silenzio per un attimo, poi
l’uomo parlò di nuovo. “Hope è in grave pericolo, dovete portarla qui così
potremo prevenire invece che curare.”
“Chi
mi assicura che tutto questo non è un giochetto? Che non è una trappola ideata
da voi due per...”
“Per
cosa?” la interruppe Marcel “Per avere vendetta? Tu forse pensi a me come a un
mostro Allison, ma i mostri siete voi. Io non lascerei mai che qualcosa di
brutto accadesse a Hope. Lei non c’entra con le vostre cattive azioni, con i
vostri peccati.”
“Io
non sono un mostro, Marcel!” gli disse Allison avvicinandoglisi. “E non importa
quello che ti ripeti costantemente, quello che ti piace credere per riuscire a
tenere a bada la tua coscienza; tu non sei meno mostro delle persone che
definisci tali. Cerca di ricordartelo.”
I loro
sguardi rimasero fissi uno dentro l’altro per qualche lungo secondo, poi lui
guardò altrove mentre lei prendeva il suo cellulare.
“Dirò
a Hayley e agli altri di portare Hope qui. Ma fate attenzione, perché se mi
accorgo che mi avete mentito, se mi accorgo che questa è una specie di inganno,
di dichiarazione di guerra... Inadu sarà l’ultimo dei vostri problemi.”
Se ne
andò e Vincent e Marcel non la fermarono né aggiunsero altro.
****
Elijah,
Hayley, Klaus, Matt e Freya arrivarono il giorno dopo insieme alla piccola
Hope. Allison diede loro appuntamento alla tenuta e sorrise quando li vide.
“Viaggiato bene?”
“Zia
Allison” Hope si liberò dalla presa della mano della madre e corse a salutarla.
“Devo raccontarti un sacco di cose sulla festa di compleanno di Sarah.”
La
donna si piegò e le stampò un bacio sulla fronte, poi tanti altri piccoli sul
viso facendola ridere. “Non vedo l’ora di sapere tutto quanto, ma per adesso
dimmi solo una cosa; ti sei divertita?”
“Tantissimo.
A Sarah è molto piaciuto il puzzle gigante che le ho regalato e ha detto che ci
giocheremo insieme al mio ritorno” la bambina si guardò intorno, alzando gli
occhi per vedere tutto. “Che posto grande” mormorò girando su se stessa.
“Questa
era la nostra casa un tempo” le spiegò Klaus sorridendole.
Allison
invece si avvicinò ad Elijah e lo strinse forte, rilassandosi quando lui
ricambiò la stretta. “Ho volato fino a Covington” gli disse. “E lo considero un
progresso; cedevo che sarei finita da qualche parte tipo l’Egitto o il Polo
Nord.”
Elijah
accennò una risata, si staccò poco da lei e la baciò poggiandole una mano sul
viso. “Con un po’ di pratica diventerai perfetta in men che non si dica. Impari
in fretta tu” la baciò di nuovo e lei sorrise contro quelle belle labbra.
“Dove
sono Kol e Rebekah?”
“Kol
non se la sentiva di tornare, vuole andarsene il più lontano possibile da New
Orleans e dai ricordi... Rebekah ha deciso di accompagnarlo. Hanno detto di
chiamarli in caso di necessità. Credi che dovremo farlo?”
Lei
fece un grosso respiro. “Spero di no, ma non ne sono sicura.”
“Non
possiamo stare qui dentro” parlò Matt. “È pieno di polvere e muffa. Noi potremmo
anche starci, ma Hope proprio no.”
Allison
guardò la sua nipotina, e le balenò in testa un’idea. Hope era potente ma non
le era stato modo di imparare a controllare il suo potere, principalmente
perché le era stato vietato di usarlo. Se davvero la minaccia che avrebbero
dovuto affrontare era così pericolosa, forse era il caso che iniziasse a
imparare qualcosa.
“Hope”
le disse sorridendole. “Ti va di aiutarmi con una cosa?”
“Certo
che sì. Cosa dobbiamo fare?”
“Per
prima cosa, se i tuoi genitori sono d’accordo, devi toglierti il braccialetto.”
“Posso?”
domandò la bambina guardando prima suo padre e poi sua madre.
“Solo
se prometti di fare quello che ti dice la zia Allison, niente di più” replicò
Hayley.
Hope
tolse il braccialetto e lo diede a suo padre con un sorriso. “Lo prometto. Cosa
facciamo?” chiese entusiasta ad Allison.
La
cacciatrice le prese le mani. “Rimettiamo a posto la casa. Concentrati, pensa a
questo posto libero dalle erbacce e dalla polvere. Pensaci come si pensa ad un
bel posto accogliente” alzò gli occhi sugli altri e sorrise loro. “Voltatevi di
spalle per favore, per sicurezza. La mia grazia potrebbe... solo, voltatevi di
spalle.”
Loro
lo fecero e Hope ed Allison iniziarono a girare piano, la presa si limitò solo
ad una mano mentre le erbacce recedevano e sparivano, le luci si accendevano e
lo splendore della casa tornava. Un chiarore abbagliante e tutto fu di nuovo
bello e pulito. “Adesso ci siamo!”
Gli altri
si voltarono di nuovo a guardarle, negli occhi di Allison una reminiscenza di
blu che stava pian piano sparendo. Ridevano lei e Hope, complici e affettuose e
in quell’attimo tutto era perfetto.
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Capitolo 14 *** 14. ***
14.
Allison
fu svegliata da uno squillo di tromba e le servì un attimo per ricordarsi dove
fosse. New Orleans... la città delle parate senza fine, il posto dove tutto era
un pretesto per festeggiare in pompa magna, persino un funerale. Sperava che
sarebbero tornati presto a Los Angeles, in fondo che motivo avevano di rimanere
lì ora che tutta quella follia di Inadu era stata risolta?
Lo
era davvero però? Allison aveva una strana sensazione, nonostante le parole di
Vincent. E doveva ad Hope un regalo, se lo era meritato per essere stata tanto
coraggiosa nonostante avesse paura. Sì, era decisamente il caso di andarsene
presto da lì... New Orleans era piena di troppi brutti ricordi e c’era il male
nelle sue radici.
Voltandosi
dall’altro lato di letto aprì gli occhi e si ritrovò davanti Hayley, stava
sdraiata supina a fissare il soffitto.
“Buongiorno
amore” le disse allungando la mano e afferrando la sua. “Sei parecchio cambiato
in una notte. Com’è potuto accadere?”
Hayley
rise scacciando la mano della sua amica e si mise a sedere sul letto. Allison
la imitò. “Ce ne hai messo di tempo a svegliarti.”
“Non
ho dormito molto stanotte, sono rientrata parecchio tardi” la donna sospirò.
“Marcel ha voluto mettere in chiaro alcune cose e visto che al momento sono
l’essere più potente nei paraggi, ha pensato bene di parlarne con me. È stata
una conversazione strana, ma ho fatto delle promesse che intendo mantenere.”
“Del
tipo?”
“Del
tipo che non gli daremo fastidio fino a quando rimarremo qui e, detto tra te e
me, spero che ce ne andremo il prima possibile. New Orleans è il passato e se
mi guardo indietro vedo più cose brutte che belle. Non voglio vivere così, non
più.”
Hayley
annuì. “Sono d’accordo con te e oltretutto Los Angeles è il posto che Hope
chiama casa; ha delle amicizie, la sua routine. Il punto è che non credo che
Klaus ed Elijah la pensino così.”
Allison
corrugò la fronte. “Che vuoi dire?”
“Vogliono
dare una festa.”
“Per
festeggiare cosa esattamente?”
“Il
nostro ritorno a casa. E nel caso non avessi capito, casa è qui a New Orleans
per loro.”
La
cacciatrice, ora Nephilim, serrò le mascelle mettendosi in piedi. “Col cavolo!”
esclamò uscendo dalla stanza. Hayley la seguì.
****
“Noi
non daremo una festa!”
Klaus
scambiò un’occhiata con Elijah mentre la voce di Allison riecheggiava
nell’atrio, calma ma decisa. Niente che loro due non avessero previsto.
Sapevano che una volta a conoscenza dei loro programmi si sarebbe ribellata.
“Sì
invece” disse voltandosi a guardarla. “I preparativi sono già in corso come
puoi vedere.”
Lei
ridacchiò. “Beh dai una mancia extra a chi ha lavorato fino ad ora e disdici
tutto, non ci sarà nessuna festa perché non c’è niente da festeggiare e Hope ha
bisogno di tornare alla sua quotidianità. E la sua vita non è qui.”
“Hope
ha sette anni. La sua vita è dove siamo io e sua madre.”
“Sbagliato!”
urlò quasi Allison guardandolo. “Non è Hope che deve adattarsi alle tue follie,
sei tu che devi adattarti a lei. Per cinque anni non ha fatto altro che
chiedere di suo padre, dei suoi zii, del perché non potessimo stare tutti
insieme. E ogni risposta faceva rima con New Orleans. Questo posto è
maledetto.”
“Questo
posto è casa nostra.”
“No
Klaus, tua figlia è la tua casa. Non questa dannata villa” si voltò a guardare
Elijah che rimaneva in silenzio. “E tu non dici nulla? Sei d’accordo con questa
follia?”
Lui
respirò a fondo. “Allison, Freya pensa che tutta questa storia con Inadu non
sia davvero risolta. Crede che ci sia qualcosa che Vincent e Marcel non ci
hanno detto, crede che ci siano ben altri nemici. Questa festa è strategica.”
La
donna ascoltò mentre lui parlava, mentre le diceva che quello che volevano
scoprire era quanti nemici ci fossero, quanti rapporti potevano ancora essere
recuperati.
“Esattamente
quale rispetto credete di recuperare rapendo Marcel?” lo interruppe e Elijah e
Klaus si guardarono per un istante. “Posso percepire la sua energia, posso
sentire distintamente il suono delle catene che lo tengono legato mentre prova
a liberarsi. Come hai potuto?” chiese a suo marito scuotendo il capo. “Come hai
potuto fare tutto questo alle mie spalle dopo aver saputo quello che gli avevo
promesso?”
Elijah
le si avvicinò di qualche passo. “Mi dispiace, ma è successo tutto di
improvviso e...”
“Improvviso,
certo” Allison scosse il capo. Guardò Hayley, poi entrambi i Mikaelson. “Hayley,
Matt e io abbiamo insegnato a Hope che ogni vita vale allo stesso modo. Lei è
buona, felice, innocente. È generosa ed è pura. Volete riprendervi New Orleans?
Bene! Ma fate in modo che la sua innocenza non vada perduta mentre lo fate.
Perché se dovesse accadere, vi assicuro che quello che avete passato negli
ultimi cinque anni sarà niente in confronto a quello che vi farò io stessa.”
Ci
fu un attimo di silenzio, poi Klaus si allontanò con un sorriso appena
accennato, Hayley fece lo stesso dopo un cenno di ringraziamento alla sua amica
e Allison ed Elijah rimasero soli. L’Originale rimase distante per un attimo,
poi le prese una mano e se la portò alle labbra.
“So
che sei arrabbiata e se non vorrai partecipare a questa festa lo capirò. Vorrei
che ci fossi però, vorrei la mia bellissima moglie al mio fianco mentre ci
riprendiamo quello che è nostro.”
Lei
respirò a fondo, gli prese il viso tra le mani e lo guardò. “Sono arrabbiata, è
vero. Credo che questa sia una pessima idea e che ci si ritorcerà contro. Ma
siamo sposati, quindi sarò al tuo fianco perché è quello che si fa per le
persone che si amano; gli si dà sostegno sempre e comunque.”
Elijah
la baciò. “A Marcel non verrà torto un solo capello, hai la mia parola. E se i
sospetti di Freya si riveleranno infondati ce ne andremo da questo posto. Te lo
prometto.”
Allison
annuì, furiosa con se stessa perché non riusciva davvero a rimanere arrabbiata
con lui per più di qualche minuto. Non dopo tutto quello che avevano passato.
“Okay. Devo avvisarti però, farò tardi alla festa.”
“Perché?”
“Perché
stasera ci sarà un party di beneficienza per la polizia, e Will è l’ospite
d’onore visto il grande contributo dato alla città quando era detective qui.
Mesi fa gli ho promesso che l’avrei accompagnato, non se la cava bene in queste
situazioni formali.”
“Stai
parlando di Will Kinney?”
“Sì.
Ma non preoccuparti, arriverò solo un po’ in ritardo. Devo andare ora, devo
sbrigare alcune commissioni e devo ancora fare una doccia” gli diede un bacio
veloce. “Ti amo, a dopo.”
Lui
la guardò andare via, infastidito senza sapere perché.
****
Keelin
stava sfogliando una rivista seduta sul letto quando Allison entrò nella sua
stanza. Era stato Matt a portargliele, insieme ad un frullato di frutta e a un
vassoio con la colazione. Non sapeva molto di lui, eccetto che era il fratello
di Allison e che in passato era stato un vero mostro.
Faticava
a crederci vedendolo ora, tanto gentile con lei, così premuroso con Hayley e
Hope. Chissà che rapporto c’era tra lui e l’Ibrida.
“Tuo
fratello e Hayley vanno a letto insieme per caso?” chiese alla donna quando
entrò.
Lei
si sistemò la giacca di pelle sulla t-shirt a pois, arricciò la bocca facendo spuntare
una fossetta e Keelin pensò che era davvero bella. E sexy... “Non che io
sappia” le rispose. “Onestamente credo che vorrebbero ma nessuno dei due ha
fatto la prima mossa.”
“Credi
che prima o poi uno dei due si deciderà a farla? Si percepisce molta tensione
sessuale tra loro.”
Allison
rise. “Credo che non siano affari nostri. A ogni modo, prendi una giacca,
stiamo per uscire.”
“E
dove andiamo?”
“In
questa casa ci sarà una festa stasera e quindi io, tu, Hayley e Freya andremo a
fare shopping. Le feste dei Mikaelson richiedono sempre un bell’abito.”
Keelin
sbuffò. “Perché devo partecipare anche io? Sono una prigioniera in fondo...”
“No,
non lo sei” precisò Allison. “Sei un’ospite e se qualcuno non ti fa sentire
tale allora devi dirmelo.”
“Scherzavo”
la lupa alzò le mani. “È solo che non amo le feste, soprattutto quelle eleganti
e formali.”
“Non
ti annoierai, te lo prometto. Ti aspetto di sotto” l’altra rispose al cellulare
allontanandosi. Era un certo Will ma non sentì altro. Allison era gentile con
lei, in realtà lo erano tutti tranne Freya che proprio sembrava non fidarsi di
lei. Sperò di riuscire a farle cambiare idea, magari proprio alla festa di
quella sera.
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Capitolo 15 *** 15. ***
15.
Allison
fece scorrere la mano sul lungo vestito rosso; la seta era morbida e lucente ma
nell’insieme era troppo esagerato per entrambi i party a cui avrebbe dovuto
partecipare. Dio... due feste. Quindi doppia noia!
Non
aveva voglia di andare con Will alla serata di beneficenza, ma glielo aveva
promesso e glielo doveva, a lui più che a chiunque altro dopo tutto quello che
aveva fatto per lei in quei cinque anni di rabbia e dolore. Non aveva voglia di
partecipare alla festa che Elijah e Klaus avevano organizzato, ma amava suo
marito e doveva stare al suo fianco sempre e comunque.
Si
prospettava una serata incredibilmente lunga e lei non era sicura di riuscire a
resistere anche se sapeva di doverlo fare.
“Che
ne dici di questo?”
Keelin
la scosse dai suoi pensieri, con quella voce dolce in contrasto con l’aspetto
severo. Teneva in mano un vestito nero lungo fino al ginocchio, la gonna
plissettata lo rendeva sbarazzino. “Un altro vestito nero. Che meraviglia. Sei
un’amante dei colori tu, vero?”
“Senti”
replicò la lupa guardandola. “Dovrò partecipare ad un party a cui non ho
davvero voglia di prendere parte, in una casa in cui c’è un prigioniero il cui
morso più uccidere un Originale, in una serata che ha il solo scopo di propagandare
una finta tregua. Posso almeno farlo con un colore con cui mi sento a mio agio?
E comunque sì, ho origliato! Se ti stai chiedendo come faccio a sapere tutte
queste cose sulla festa” si voltò a guardare Hayley e la indicò con un dito.
“Lei non sta neppure cercando un vestito.”
Lo
sguardo di Allison si spostò sulla sua amica, stava in piedi davanti ad uno
scaffale del reparto bambini e non aveva neppure un vestito in mano. “Hayley”
la chiamò. “Hai trovato qualcosa da provarti?”
Lei
scosse il capo prima di voltarsi a guardarla. “No, non mi serve un vestito
perché io non parteciperò alla festa.”
“Come
scusa?”
“Ho
altro da fare questa sera.”
“Tipo?”
intervenne Freya avvicinandosi.
Hayley
non rispose ma le sue guance si colorarono appena mentre abbassava lo sguardo.
“Non
ci credo” mormorò Allison con un sorriso mentre prendeva un vestito grigio e
bianco. “Mio fratello ha avuto cinque anni a disposizione e ha scelto questa
specifica sera per chiederti di uscire?”
Freya
corrugò la fronte guardando la madre di sua nipote. “Tu e Matt siete...”
“Non
siamo niente” specificò l’Ibrida. “Stiamo solo uscendo insieme a mangiare un
boccone. Ecco perché non mi serve un vestito, indosserò un paio di jeans, un
abbigliamento casual e comodo.”
Le
altre tre si scambiarono un’occhiata, infine Freya afferrò un vestitino verde e
lo lanciò ad Hayley. “Provatelo, ora” le disse mentre Allison si allontanava
per rispondere al telefono.
Era
Will. “Detective” lo salutò. “Cosa posso fare per te?”
“Ciao
Allison. Telefono solo per accertarmi che sia tutto confermato per questa sera.
Sono arrivato un’ora fa a Baton Rouge, sono ospite a casa di mia sorella.”
“Tutto
confermato” rispose lei. “Ho solo un piccolo contrattempo.”
“Che
tipo di contrattempo?”
“Dovrò
lasciare la serata un po’ prima del previsto. Elijah e Klaus hanno organizzato
un party per far sapere alla città intera che gli Originali sono tornati.”
“Quindi
vivete di nuovo ufficialmente a New Orleans adesso?”
Allison
fece un grosso respiro. “Non lo so ancora. Ci sono alcune cose da sistemare e
Elijah mi ha promesso che una volta che tutto sarà a posto ce ne andremo,
quindi dovrebbe essere una situazione temporanea.”
“Ma?”
“Ma
non sono sicura di credere alle sue parole, o meglio ci credo ma temo che non
sarà in grado di mantenere la sua promessa.”
Ci
fu un istante di silenzio, poi Will si schiarì la voce. “Mi dispiace
Allison. Se io fossi Elijah e fossi stato in un magico coma per cinque anni,
lontano dalla donna che amo, una volta sveglio avrei fatto i bagagli e ti avrei
portata via da ogni cosa, per vivere in pace. Ma io non sono lui quindi...”
alcuni altri secondi di silenzio. “A ogni modo, se stasera non riesci a
venire non fa niente, me la caverò.”
Allison
guardò il vestito che aveva in mano. “Ci sarò Will. Ci vediamo direttamente lì
alle diciannove.”
“Okay,
a più tardi allora.”
La
donna riattaccò e respirò a fondo fissando lo schermo del cellulare.
“Tutto
bene?” le domandò Hayley raggiungendola.
“Era
Will, voleva sapere se per stasera era tutto confermato.”
“Non
è quello che ti ho chiesto, Ally. Va tutto bene? Hai una faccia che sembra
urlare problemi. Qualcosa non va con Kinney?”
“No,
va tutto bene. Due feste Hayley... il solo pensiero mi strema.”
L’Ibrida
rise. “Ce la farai.”
****
“Sarò
qui per le dieci in punto, non un minuto di più. Nel frattempo, ho bisogno che
tu tenga d’occhio la situazione per me. Non mi fido di nessun altro a parte
te.”
Il
suo interlocutore annuì guardandola andare avanti e indietro per la stanza con
indosso un vestito grigio che le stava molto bene, i capelli legati in una
specie di acconciatura alta, poco trucco e delle belle scarpe. Parlava mentre
faceva scivolare gli orecchini sui lobi con un gesto lento.
“Cosa
devo controllare esattamente?”
“Che
nessuno faccia delle str… sciocchezze” Allison andò a sedersi con lei sul
letto. “E soprattutto che nessuna donna si avvicini allo zio Elijah. Intesi?”
Hope
rise. “Non lo perderò di vista nemmeno per un secondo. Anche se non so come
farò visto che non posso partecipare alla festa. Papà ha detto che vuole che
rimanga nella mia stanza e mi ha comprato tanti libri e tanti colori così non
mi annoierò.”
Allison
sospirò. “Tuo padre ha ragione, ci sarà molta gente stasera e non saranno tutti
simpatici. È meglio che tu ci stia lontana.”
La
piccola annuì. “La mamma e lo zio Matt andranno al ristorante, mi hanno
invitata ad andare con loro ma io ho detto di no.”
“Perché?”
“Perché
è un appuntamento tra innamorati e si esce solo in due, giusto?”
“Giusto.
A te sta bene che la mamma e lo zio Matt siano... innamorati?”
“Sì,
voglio bene allo zio Matt e la mamma sorride sempre con lui, quindi sì.”
La
donna allungò la mano e le accarezzò i capelli. “Sei una brava figlia Hope
Mikaelson e anche una brava nipote” si alzò e fece un giro su stessa. “Allora,
come sto?”
“Bellissima!”
esclamarono dalla porta. “Sei bellissima.”
Hope
si alzò a sua volta e sorrise ad Allison. “Come ha detto lo zio Elijah.” Sparì
fuori dalla stanza ed Allison puntò lo sguardo su suo marito.
“Cravatta
rossa...” lo indicò con un dito notando che era ancora snodata. “Qualcuno si
sente molto orgoglioso e sicuro di sé questa sera” lo raggiunse e ne afferrò i
lembi e iniziò ad annodarla. “Stai molto bene.”
L’Originale
la baciò, prendendole il viso tra le mani, un bacio appassionato che le fece arrossare
le guance. “Sei incredibilmente bella stasera” le disse con voce profonda
staccandosi da lei.
Allison
sorrise. “Tu mi ami, non sei obiettivo.”
“Forse”
ammise lui. “Ma sono certo che se chiedessi ad uno dei camerieri che di sotto
stanno preparando i tavoli mi direbbe che ho ragione. Forse dovrei chiedere ad
Hope di venire con te alla serata di beneficienza e assicurarsi che nessun uomo
ti si avvicini.”
“Ah-Ah”
fece Allison. “Divertente. Lo sai che origliare non è molto educato?”
Elijah
rise baciandole il palmo di una mano. “Non l’ho fatto di proposito, ma ho il
super udito, ricordi?” con dolcezza le sistemò un ciuffo di capelli cadutole
sugli occhi. “Hope ti adora e non sono affatto sorpreso, sei bravissima con
lei.”
“È
una bambina molto speciale, questo rende tutto più semplice. Anche tu sei bravo
con lei, vi ho visti l’altro ieri leggere insieme Il giardino segreto.”
“Come
hai detto tu stessa, è semplice con lei.”
La
donna annuì, poi avvicinò la bocca a quella del vampiro e vi posò sopra un
bacio leggero. “Mi sei mancato tanto Elijah, in questi cinque anni. E lo so che
te l’ho già detto più e più volte, ma è così. Ti amo e non... non posso farcela
senza di te.”
L’Originale
le baciò la fronte prima di stringersela al petto. “Non vado da nessuna parte,
te lo prometto. Questa festa non conoscerà alcuna violenza, sarò qui e sarò
tutto intero quando arriverai.”
Allison
si rilassò. Gli sfiorò il collo con un bacio e sciolse la stretta. “Devo andare
ora. Ci vediamo tra qualche ora.”
“Ti
accompagno alla macchina.” Lei sorrise felice.
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Capitolo 16 *** 16. ***
16.
“Dottor
Marquez lei è molto gentile.” Allison sorrise cordiale all’anziano signore, la
pelle rugosa e i capelli grigi ma gli occhi ancora pieni di entusiasmo. Le
ricordò suo padre, per un istante fu come rivederlo lì, così a suo agio a
quegli eventi, capace di catalizzare l’attenzione. Le aveva fatto un
complimento e anche il suo tono di voce le era sembrato paterno, era stato
tenero.
“Non
lo sono mi creda” scherzò lui guardandola. “Dico solo la verità; lei è una donna
di straordinaria bellezza e intelligenza. Scommetto che nessun altro in questa
stanza conosce il grande Juan Ramón Jiménez. Ma mi dica, qual è la poesia che
preferisce?”
“Col
nuovo mattino, il mondo mi bacia sulla tua bocca, donna.” recitò Allison e
il dottore si illuminò.
“Ah!”
esclamò. “La mia preferita. Vogliate scusarmi adesso” disse subito dopo
afferrando la mano di Allison e sfiorandola con le labbra. “Ma ho bisogno di
bere qualcosa. A più tardi.”
Li
saluto e si allontanò con passo deciso, Will scosse il capo divertito.
“Incredibile”
borbottò bevendo un sorso di vino. “Cos’era quella cosa che hai recitato?”
“Quella
cosa” gli disse la donna. “Era una poesia, si intitola Fusione.”
“E
tu la conosci perché?”
“Perché
ho preso la scuola molto seriamente da ragazza” Allison bevve dal suo
bicchiere. “A ogni modo, Will, dovresti provare a socializzare di più.”
“Non
ci penso nemmeno. Sono venuto perché dovevano darmi un premio e me lo hanno
dato. Sono rimasto solo perché il capo della polizia mi ha praticamente
fulminato con lo sguardo quando ho detto che sarei andato via.”
“Lo
credo bene., sei l’ospite d’onore e vuoi lasciare la serata prima di tutti. Mi
dispiace dirtelo, ma credo che sarai l’ultimo ad andartene e credo che
stringerai parecchie mani prima di farlo. E visto che io tra poco dovrò andare
via, perché non ti troviamo qualcuno che ti faccia compagnia” Allison si guardò
intorno.
“Che
ne dici di lui?” Will indicò con un gesto discreto della mano un tizio seduto
ad una sedia vicino al palco. “È il detective Carl Morton. Quando aveva solo
ventisei anni ed era ancora una recluta, catturò uno dei più pericolosi serial
killer che New Orleans abbia mai conosciuto.”
“Interessante,
ma che ne dici di lei?” la cacciatrice indicò col capo una bella donna dai
capelli lunghi e biondi. Aveva grandi occhi verdi che di tanto in tanto si
posavano su Kinney. Era interessata ma chissà perché non si era avvicinata.
“Non
so nemmeno chi sia.” sussurrò Will dopo averle dato un rapido sguardo.
“È
proprio questo il bello Will, il brivido della scoperta. E poi è molto carina e
ti guarda ogni dieci minuti circa.”
“Non
sono interessato a una relazione.”
“Relazione?”
Allison sgranò gli occhi. “E chi ha parlato di una relazione? Potrebbe di certo
diventarlo ma io al momento ti sto solo suggerendo di fare amicizia.”
Lui
sembrò rifletterci un attimo, bevve l’ultimo sorso di vino e le si avvicinò. “Salve”
le disse. “Sono Will Kinney.”
“Vanessa
Ross.”
“Ross
come il capitano Ross?”
Vanessa
sorrise. “Sì, è mio padre. Sta poco bene e ha mandato me in rappresentanza, per
così dire.”
“Capisco”
Will guardò Allison che gli fece una specie di smorfia. Poi guardò di nuovo la
sua nuova amica. “Allora, Vanessa... posso offrirti qualcosa da bere? Magari un
bicchiere di acqua, visto che forse hai bevuto abbastanza per questa sera.”
“Come
scusa?” lo sguardo della donna cambiò.
“Hai
gli occhi lucidi e le guance arrossate, significa che...”
“Will!”
lo interruppe Allison avvicinandosi. “Una parola, ora. Scusaci un attimo” disse
alla donna toccandole la mano.
Will
la seguì a pochi passi di distanza. “Che c’è?”
“Che
cavolo stai facendo?”
“Amicizia,
come mi hai suggerito.”
“Amicizia?
Le hai praticamente detto che è ubriaca.”
“No,
le ho detto che forse non dovrebbe bere ancora. Sto solo provando a essere
responsabile, sono un poliziotto.”
Allison
fece un grosso respiro. “Will, ascoltami; sei un idiota ma ti aiuterò comunque.
Adesso tornerai da lei e le dirai se puoi offrirle da bere. Lei declinerà la
tua offerta, perché le donne amano fingersi timide, e ti dirà di aver bevuto
troppo. Tu sorriderai e le dirai tranquilla Vanessa, mi assicurerò che tu
torni a casa sana e salva stasera, ti accompagnerò io stesso se necessario
e lo farai con un bel sorriso rilassato altrimenti penserà che vuoi solo
portartela a letto.”
“Allison,
anche se volessi farlo – e non voglio – come dovrei fare? A meno che non abbia
la memoria a breve termine danneggiata, si ricorderà di pochi secondi fa.”
“No,
non se ne ricorderà, fidati.”
Will
la fissò perplesso, si voltò a guardare Vanessa e lei gli sorrise rilassata.
Preferì non chiedere alla sua amica cosa avesse fatto. Si fermò a guardarla
però, con quel vestito grigio che le stava benissimo, i capelli raccolti che le
scoprivano il viso, quelle belle fossette che aveva sfoggiato per tutta la
sera. “Non mi va di fare amicizia, Allison.”
“Perché
no? È una bella donna.”
L’uomo
decise di smettere di pensare se farlo o meno, anzi decise proprio di smettere
di pensare. Si piegò e avvicinò la bocca ala sua. E immaginò che sarebbe stato
bello, meglio di quanto credeva. Lo immaginò per circa cinque secondi, il tempo
che lei ci mise a capire cosa stesse succedendo per poi spingerlo via piano.
“Non
farlo.” gli disse scuotendo il capo. “Ho un marito. E lo amo.”
Will
si schiarì la voce. “Lo so, hai ragione. Questa era la risposta alla tua
domanda però. Vai pure Allison, me la caverò per il resto della serata.”
Lei
rimase un attimo immobile, poi se ne andò.
****
Elijah
guardò un’altra volta l’orologio; segnava le dieci e quindici minuti e Allison
non era ancora arrivata. Aveva sentito mentre diceva ad Hope che sarebbe
ritornata alla dieci in punto e lei era sempre puntuale. Forse, si disse, l’altra
festa le piaceva di più, forse la compagnia le piaceva di più. Strinse così
forte il bicchiere che per un attimo pensò si sarebbe rotto, poi cercò di
riprendere il controllo.
La
casa era piena di esseri soprannaturali di ogni tipo, vampiri per lo più. Ognuno
era entrato intimorito e sulla difensiva ma si era rilassato man mano che i
minuti passavano. La piccola scorta di Marcel non si era fatta attendere e con
a capo Sofya era arrivata puntuale sbraitando di vuote minacce. Doveva dire di
essere sorpreso, Niklaus non si era fatto prendere dalla rabbia, aveva
mantenuto la calma per tutto il tempo e aveva cercato un dialogo con il nemico.
Erano
arrivati anche ospiti inaspettati, un certo Dominic per la precisione. Si era
presentato dicendo di essere il braccio destro di Inadu, dicendo che sarebbe
tornata e che c’erano delle armi che potevano annientarli. Klaus aveva riso
cercando di non tradire nervosismo... quanto a lui, quella sera rimanere calmi
era davvero un’impresa. Per questo quando sentì che Dominic era entrato nella
stanza respirò diverse volte a fondo prima di voltarsi a guardarlo.
“La
festa è di sotto e solo di sotto. Sii gentile dunque.” Gli disse.
“Dov’è
tua moglie?” domandò l’altro avanzando verso di lui.
“Come
scusa?”
“Dov’è
la tua potente moglie, stasera? Non l’ho ancora vista. L’ho incontrata una
volta però: bellissimo viso, corpo mozzafiato e quegli occhi maliziosi... uh,
quegli occhi.” Un sorriso di sfida, poi continuò. “Forse è meglio che non sia
qui in fondo, credo che la maggior parte delle persone presenti a questa festa
farebbe carte false per farla fuori. Io invece farei carte false per fare altro
insieme a lei.”
Elijah
spostò il bicchiere nell’altra mano e con la destra ora libera afferrò Dominic
per il collo e lo sollevò in aria. “Non parlare di mia moglie. Né ora, né mai.”
Dominic
rise ma si agitò un po’ nella presa. “Volevo solo farle un complimento. Sei
forse geloso? Andiamo, converrai anche tu che la tua bella moglie ispira
pensieri poco... casti, potremmo dire. Tutto quel potere poi. Così eccitante.”
L’Originale
decise che era tempo di metterlo a tacere. Con gli occhi iniettati di sangue raggiunse
la balconata e lo lanciò al piano di sotto. Dalla testa del corpo privo di vita
iniziò a venir fuori del sangue. La musica si fermò per un attimo, gli invitati
smisero di ballare e parlare; tutti gli occhi si puntarono su Elijah.
“Questo
è quello che succede a chi manca di rispetto a questa famiglia, a qualunque
membro di questa famiglia. Non fatelo e sarete al sicuro.” Fece cenno all’orchestra
che riprese a suonare e si rifugiò in una stanza per ritrovare la calma. Klaus
lo raggiunse dopo pochi secondi.
“Hai
detto niente sangue questa sera e poi hai ucciso Dominic. Che cosa è
successo?” gli chiese.
“Ha
detto una parola di troppo. Sul conto di mia moglie.”
“Intendi
la moglie che non è qui perché un certo detective Kinney aveva bisogno del suo
aiuto?” Klaus si zittì per un istante, gli occhi fissi su suo fratello. “Fratello,
non puoi uccidere qualcuno a caso, per gelosia, ogni volta che un uomo mostra
interesse per la tua bella moglie. Ci sarebbero troppi morti.”
Elijah
respirò a fondo; sentiva una rabbia mai sperimentata prima. “Hai ragione”
convenne avvicinandosi a suo fratello. “Mi sono comportato come un barbaro. Mi
dispiace.”
Klaus
gli poggiò una mano sulla spalla. “Nessuno sentirà la mancanza di Dominic
comunque, e il corpo sarà sparito in pochi minuti. Ricomponiti e poi raggiungimi,
questa festa è per i Mikaelson, tutti quanti.”
L’Originale
elegante seguì il consiglio.
****
Allison
arrivò alla tenuta alle dieci e cinquanta, decisamente in ritardo. Aveva
incontrato traffico e onestamente quello che era successo con Will l’aveva un
po’ rallentata. Continuava a chiedersi se avesse fatto qualcosa per illuderlo perché,
se era successo, non era stato intenzionale. Gli voleva bene ma come se ne
vuole ad un amico caro o ad un fratello. Lei amava Elijah e nessun altro.
Quando
entrò in casa la festa era nel vivo, c’era la musica, tanto cibo, un tavolo
pieno di coppe di champagne. Un vero e proprio party in stile Mikaelson. Le
prime persone che vide furono Freya e Keelin che, stranamente, bevevano insieme
rilassate e sorridenti. Le raggiunse. “Sono in ritardo. Cosa mi sono persa?”
Keelin
si guardò intorno. “Il cibo e l’alcool sono divini, per la musica si poteva
fare di meglio ma va bene. Oh e tuo marito ha scaraventato un tizio giù dalla
balconata circa mezz’ora fa.”
Allison
sgranò gli occhi. “Lui cosa?”
Freya
le indicò con la mano il piano di sopra ed Allison capì che era lì che lo
avrebbe trovato. Lo raggiunse. “Elijah, Keelin dice che hai buttato un tizio
giù dalla balconata. Che diavolo è successo? Avevi detto che questa festa non
avrebbe conosciuto violenza.”
Lui
la guardò con occhi pieni di rabbia. “Ho avuto le mie ragioni per farlo. E a
ogni modo non ti è permesso giudicarmi visto che non eri neppure qui. Anzi, perché
non torni dal tuo amico detective? Mi pare evidente che tu preferisca la sua
compagnia alla mia visto che sei arrivata con un’ora di ritardo.”
Allison
lo guardò quasi interdetta. Aprì la bocca per dire qualcosa ma decise che era
il caso di non parlare, non quella sera. Era certa che avrebbero finito per
dire cose di cui si sarebbero pentiti. Così, in silenzio, lasciò la stanza
scuotendo poco il capo. Lui non la fermò.
****
Hayley
rise saltando giù da un muretto e si aggrappò a Matt per non cadere. Si mise a
pensare alla serata appena passata e si accorse che era stata la più bella che
avesse mai trascorso. Matt era affascinante, intelligente, spiritoso,
divertente. Era sicuro di sé ma non presuntuoso e poi sapeva ascoltare. Non era
da tutti.
“Che
c’è?” gli chiese quando vide che non distoglieva lo sguardo.
“Grazie
Hayley, per questa serata.”
“Non
ho fatto altro che parlare di me e della vita che vorrei per mia figlia, sono
io che devo ringraziare te per non esserti annoiato.”
Lui
rise. “Non avrei mai potuto annoiarmi, per due semplici motivi; adoro Hope e
adoro il modo in cui i tuoi occhi si illuminano quando parli di lei. Adoro
anche il modo in cui muovi la bocca” con decisione le passò un braccio intorno
alla vita, una mano le si poggiò sul viso. “Adoro ogni cosa di te.”
Hayley
gli poggiò le mani sul petto. “Tu parli troppo Matt.”
Il
vampiro chiuse gli occhi mentre avvicinava le labbra alle sue. “Hai ragione” le
disse in un sussurro. Poi la baciò. Lei ricambiò.
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Capitolo 17 *** 17. ***
17.
Hayley
e Matt erano rientrati da circa dieci minuti quando Allison scese di corsa giù
per le scale, il muso lungo e gli occhi stanchi. Indossava un abbigliamento
casual, i capelli sciolti che le arrivavano alle spalle e un’aria per nulla
felice sul viso. L’orologio segnava quasi le due e i rimasugli della festa
erano ancora sparsi lungo tutto il grande atrio. Lei e Matt erano seduti ad un
tavolo pieno di ciò che era rimasto del dessert.
“Hey”
la salutò Hayley quando la vide. “Come sono andati i due party a cui hai
partecipato stasera?”
“Che
faccia, sorellina” aggiunse Matt scambiando una rapida occhiata con l’ibrida.
“Va tutto bene?”
Allison
fece un grosso respiro. “Sono le due del mattino e sto per uscire a fare una
passeggiata. Tu che ne dici?”
“Oh-oh”
mormorò suo fratello. “Problemi in paradiso credo.”
“Questo
posto non ha assolutamente nulla di paradisiaco, credimi.” La donna si diresse
verso l’uscita, Hayley decise che l’avrebbe seguita. Diede un rapido bacio a
Matt e le corse dietro, raggiungendola fuori di casa.
“Ally,
aspetta. Vengo con te.”
“Non
ho voglia di parlarne, Hayley. Quindi, se è per questo che vuoi accompagnarmi,
ti consiglio di risparmiarti la passeggiata notturna.”
“Non
vuoi parlare, ricevuto” la sua amica mise le mani nelle tasche della giacca.
“Hai voglia di ascoltare almeno?”
“Che
cosa? I dettagli del tuo appuntamento con mio fratello?” le due svoltarono a
sinistra, dirette – Hayley suppose – al punto più in alto della città. “Purché
tu non scenda troppo nei dettagli, se capisci cosa intendo.”
L’Ibrida
rise. “Non ci sono ancora quel tipo di dettagli, era solo il primo
appuntamento. Allison” sospirò. “Matt è davvero fantastico; è brillante,
divertente, è gentile e amorevole. Non mi sentivo così bene da tanto tempo.”
Allison
non poté fare a meno di sorridere, nonostante la serata terribile che aveva
passato; prima Will, poi Elijah e la sua sfuriata. Non era così che aveva immaginato
il futuro in quei cinque anni in cui aveva lottato per riportarlo indietro.
“Sono
contenta che almeno una di noi abbia avuto una bella serata” le disse sincera.
“E sì, mio fratello è un brav’uomo, nonostante tutto.”
Hayley
respirò a fondo. “Ti vuole molto bene. Quello che ha fatto ai... ai vostri
genitori gli pesa al centro del petto. Crede che tu non l’abbia ancora
perdonato. Ne è così convinto...”
“È
perché è anche molto intelligente.” Allison si fermò e respirò a fondo
perdendosi nella vista della città illuminata che si apriva sotto i loro occhi.
“So che non era in sé quando ha fatto quello che ha fatto e so che questo in
qualche modo lo giustifica, forse, ma ha ragione a dire che non l’ho perdonato.
Non del tutto almeno” la cacciatrice si mise a sedere per terra, le gambe
incrociate. Hayley la imitò. “Credo che una parte di me non lo perdonerà mai e
credo che in fondo sia comprensibile; ha ucciso i nostri genitori e per anni
tutto quello che ha provato a fare è stato uccidere me. Ha ucciso la fidanzata
di Victor e la loro figlia non ha mai conosciuto questo mondo per colpa sua. So
che sta cercando di redimersi e sta andando benissimo, ma non posso dimenticare
il passato. Non se è così ingombrante.”
Hayley
annuì. “Sì, penso di capire.” Disse soltanto. E per i dieci minuti successivi
calò il silenzio. Fino a quando Allison non si schiarì la voce.
“Will
ha provato a baciarmi” raccontò. “L’ho fermato prima che ci riuscisse, quindi
non è successo, ma... ci ha provato e non è stato perché era ubriaco o
trasportato dal momento, lo ha fatto perché voleva farlo.”
La
sua amica bloccò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Non sono sorpresa.”
“Non
lo sei?”
“No.
Andiamo Allison, negli ultimi cinque anni ha rischiato la sua vita e la sua
carriera migliaia di volte, solo per aiutarti. Credevi davvero che lo facesse
per pura e semplice bontà d’animo?”
Allison
abbassò lo sguardo. “Beh che tu ci creda o no non lo avevo capito.” O forse
hai preferito fingere di non capirlo, disse a se stessa. “A ogni modo
questa non è neppure la cosa più assurda che mi è capitata stasera.”
“L’altra
ha a che fare con Elijah?”
“Ho
fatto un po’ di ritardo e sono arrivata alla festa alle undici circa. Ho
pensato di farmi aggiornare su quello che mi ero persa da Keelin e Freya e ho
scoperto che, trenta minuti prima del mio arrivo, Elijah aveva scaraventato un
tizio giù dalla balconata.”
“Per
quale motivo l’ha fatto?”
L’altra
allargò le braccia. “Magari lo sapessi. Sono andata a chiederglielo e mi ha
urlato contro che non avevo il diritto di giudicarlo visto che non ero presente
quando è successo e dunque non conoscevo le sue ragioni. Poi mi ha suggerito di
tornare da Will perché, e quoto, mi pare evidente che tu preferisca la sua
compagnia alla mia visto che sei arrivata con un’ora di ritardo.”
“Ah”
sussurrò Hayley avvicinandosi a lei e passandole una mano sulle spalle. “Il
millenario Elijah Mikaelson geloso di un poliziotto quarantenne” scherzò.
“La
sua gelosia non ha motivo di esistere e lui dovrebbe saperlo.”
“Lo
sa” affermò l’altra. “Ma non è qualcosa che puoi controllare. Forse ora non te
ne rendi conto perché sei turbata, ma hai fatto perdere il controllo all’uomo
più equilibrato che esista. È qualcosa di cui andare fieri in un certo qual
modo.”
Allison
la guardò per un istante, poi entrambe scoppiarono a ridere mentre il sole
sorgeva.
“Parla
con lui” le consigliò infine l’ibrida. “Ma prima offrimi la colazione, sto
morendo di fame.”
****
Le
due donne rientrarono a casa alle sette del mattino e trovarono alcune persone
a pulire il caos rimasto la notte precedente. Portarono croissant e bignè
freschi per tutti e mentre Hayley raggiungeva la tavola e sua figlia, Allison
salì al piano di sopra. Elijah era affacciato al balcone, già vestito di tutto
punto. Alzò il capo quando la sentì, ma non disse nulla.
Lei
capì che non era per orgoglio o testardaggine, ma per imbarazzo. “Mi piace il
completo che indossi, è uno dei miei preferiti” gli disse con un sorriso, e
questo bastò a farlo voltare. Allison gli vide negli occhi il senso di colpa.
“Possiamo parlare?”
L’Originale
annuì, abbassò lo sguardo e lo rialzò solo quando lei gli si avvicinò e
raddrizzò con un gesto deciso la sua cravatta. Profumava di buono, profumava di
dolcezza. Si piegò in avanti e le baciò una guancia per poi tornare dritto, gli
occhi di nuovo bassi.
“Mi
sono ingelosito la scorsa notte. Il detective Kinney, lui...”
“È
mio amico e niente di più. Dovresti saperlo El, dovresti sapere quanto ti amo,
quanto sei importante per me.”
Elijah
la guardò dritta negli occhi. “Lo so” sussurrò. “Ma tu sei l’amore della mia
vita, Allison. L’idea di perderti mi terrorizza. Kinney è un uomo migliore di
me, in fondo; ha un animo puro e può darti cose che io non posso darti.
Sembrate così legati che ho pensato che forse negli ultimi cinque anni, tu...”
“Negli
ultimi cinque anni” lo interruppe Allison. “Quello che ho fatto è stato lottare
per trovare un modo per riportarti da me. Negli ultimi cinque anni ho aperto la
tua bara ogni giorno per baciarti, e ogni sera mi sono seduta accanto a te per
raccontarti della mia giornata, per dirti quanto mi mancavi. Negli ultimi
cinque anni ogni mattina mi è mancato il respiro perché quando aprivo gli occhi
tu non eri accanto a me. Negli ultimi cinque anni ho scoperto che c’è un buco
dentro di me e che tu sei l’unico che può riempirlo. Negli ultimi cinque anni
non ho fatto altro che amarti, ogni giorno di più. Di questo non devi mai
dubitare, intesi?”
Suo
marito le guardò le labbra, gli occhi, poi ogni centimetro di viso. “Intesi!”
esclamò avvicinando la bocca alla sua. E fu con un fruscio di ali che si
ritrovarono a Los Angeles, soli in quella grande casa che avevano lasciato poco
tempo prima.
“Come
siamo arrivati qui?” domandò guardandosi intorno. “Abbiamo volato?”
“Ha
importanza? Siamo qui per fare pace lontani da occhi e orecchi indiscreti.” Lei
alzò le braccia invitandolo a sfilarle la maglietta. Lui lo fece.
“No,
non ne ha” rispose baciandole il collo mentre la prendeva in braccio.
****
Elijah
le baciò la schiena, le spalle, il collo. Le braccia la avvolgevano
completamente mentre lei si muoveva piano, al giusto ritmo in quell’incontro
d’amore che sembrava non saziarli mai. L’Originale fece risalire una mano fino
al seno e ne accarezzò con delicatezza le curve, i capelli di Allison gli
solleticarono il viso mentre il piacere cresceva rapido, i gemiti si
inseguivano. L’altra mano scese fino al punto più caldo di sua moglie, si
insinuò tra le sue gambe accelerando la corsa verso l’orgasmo.
Si
accorse che non c’era niente, niente e nessuno che amasse più di quella donna,
ed era una sensazione meravigliosa. Baciandole con dolcezza la pelle si piegò
poco in avanti e il contatto si fece più profondo ed infuocato. Allison gemette
intensamente, il suo corpo tremò con forza la schiena si inarcò sotto il tocco
della sua lingua. Per lui il piacere arrivò una manciata di secondi dopo; si
irrigidì, il respiro si fece ancora più corto, le palpebre si serrarono mentre un
gemito sordo gli si levava dalla gola riecheggiando nel silenzio della stanza.
Ancora un minuto fermi in quella bolla di piacere e poi Allison si girò, facendogli
spazio tra le sue gambe. Le loro bocche si unirono in un lungo, lento bacio.
“La
prossima volta” parlò la donna con voce roca, mentre lui le baciava la guancia,
il mento, il collo. “Saltiamo il litigio e passiamo direttamente a questa fase.
È molto più piacevole dell’altra.”
“Sono
d’accordo” Elijah annuì risalendo fino alla bocca, poi si staccò da lei per
guardarla negli occhi. “Sei la cosa più bella che abbia mai visto, soprattutto
in questo momento.”
Lei
rise. “In questo momento sono un disastro, sono tutta sudata. E questo mi porta
alla mia proposta per te.”
“Sentiamo.”
“Ti
andrebbe di fare una doccia con me, signor Mikaelson?” gli chiese con malizia.
Elijah
rise. “Mi stai uccidendo” le disse prima di baciarla di nuovo. “E anche io ho
una proposta per te.”
“Ti
ascolto.”
“Sposami”
l’Originale si fece serio, una mano si perse tra i capelli di sua moglie. “Lo
so che tecnicamente lo siamo già, ma vorrei che la nostra famiglia fosse
presente stavolta, vorrei che mi rendessi l’uomo più felice al mondo camminando
verso di me con indosso l’abito dei tuoi sogni, bella come solo tu sai essere.
Vorrei tutto questo, se anche tu lo vuoi.”
Allison
gli poggiò una mano sul viso. “Sì, lo voglio.”
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Capitolo 18 *** 18. ***
18.
Allison fu svegliata da un leggero movimento sul letto. Le
servì un attimo per capire che si trattava di Hope. Aprire un occhio le fece
scoprire che era giorno... di già. Si sentiva stanca ultimamente e lo trovava
bizzarro considerato che, teoricamente, avrebbe dovuto essere quasi immune ad
ogni tipo di fatica. Praticamente il discorso era molto diverso però; Castiel
le aveva spiegato – prima che smettessero di parlare – che la sensazione di
sfinimento era normale, non usi il tuo potere nel modo giusto e questo alla
fine stanca. Aveva provato a spiegarle come fare, ma poco tempo dopo c’era
stato quel litigio con Sam, delle parti erano state prese e nessuno si era
schierato dalla sua.
Fece un grosso respiro e si girò poco fino ad essere faccia
a faccia con sua nipote. La bambina la guardava con due occhi chiari pieni di
gioia, di speranza. Sulle labbra un sorriso sincero che ad Allison dava
serenità.
“Buongiorno, mia bellissima nipote” le disse sollevandosi
fino ad essere seduta.
Hope mosse entrambe le mani lanciandole addosso una pioggia
di coriandoli colorati. “Buon compleanno!” le urlò quasi. Con un movimento veloce
ma delicato le gettò le braccia al collo e la strinse forte.
La donna ricambiò ridendo. “Grazie” le disse prendendo un
pugno di coriandoli sul lenzuolo. “Adoro i coriandoli, sono... allegri.”
Hope le baciò due volte la guancia, si allontanò poco e la
guardò. “Lo so, ecco perché ho deciso di svegliarti così” le prese una mano.
“Visto che oggi è il tuo compleanno abbiamo deciso che sarai tu a decidere cosa
dobbiamo mangiare per colazione.”
“Uh” Allison si strofinò un occhio con due dita. “Qualunque
cosa?”
“Qualunque cosa.”
“Che ne dici di pancake al cioccolato? E succo d’arancia,
tanto succo d’arancia.”
“Mi piacciono i pancake al cioccolato!” esclamò la bambina.
“Vado a dirlo alla mamma così inizieremo a preparare tutto. Sbrigati a
scendere, ci sono dei regali.”
“Regali?” le fece eco l’altra guardandola correre verso la
porta. “Farò in fretta allora.”
Hope annuì, uscì dalla stanza e quasi si scontrò con
Elijah, lo salutò con la mano prima di inforcare le scale. Lui sorrise, fece
qualche passo in avanti e si fermò sulla porta. Perse lo sguardo su Allison,
teneva gli occhi bassi sui coriandoli, con un sorriso gioioso che stonava un
po’ con l’aria stanca, ma che le faceva spuntare quelle belle fossette. “Non
vedeva l’ora che ti svegliassi per poterti lanciare addosso i coriandoli.
L’abbiamo trattenuta il più possibile” disse riferito ad Hope, mentre si
avvicinava al letto e ci si sedeva sopra, faccia a faccia con sua moglie. “Ma
quando l’orologio ha segnato le otto ha deciso che avevi dormito a sufficienza
ed è venuta a svegliarti. Buon compleanno” si protese verso di lei e la baciò
con dolcezza.
Allison sorrise contro quella bocca morbida. “Grazie. Ha
detto che ci sono dei regali, credi che qualcuno mi abbia regalato una
bicicletta? Sono anni che non vado in bici, mi piacerebbe averne una.”
Elijah rise, raggiunse l’armadio e ne tirò fuori una
scatola quadrata. Tornò a sedersi e gliela porse. “Temo che nessuno ti abbia
regalato una bicicletta quest’anno. Ma se ne vuoi una credo che potremo
provvedere.” Sua moglie guardò la scatola per un istante, la prese e se la
poggiò sulle gambe. Con delicatezza sciolse il fiocco rosso, lanciandogli
un’occhiata di tanto in tanto. Infine tirò via la parte sopra e sgranò gli
occhi dischiudendo poco le labbra.
“Oh El” sussurrò con gli occhi lucidi di emozione. Le sue
belle iridi nocciola fisse sul carillon di legno e ceramica che replicava un
carosello. “È meraviglioso.”
Lui allungò la mano, diede la carica e la giostrina di
legno iniziò a girare suonando a ritmo di un valzer.
“Questo è il valzer che abbiamo ballato la prima volta che
ci siamo incontrati” realizzò Allison. “A Mystic Falls un secolo fa.”
L’Originale ridacchiò. “Non era proprio un secolo ma sì, è
quello. Cinque anni fa, ne hai visto uno simile durante una passeggiata, ricordo
che te ne eri innamorata. Il giorno dopo sono tornato in quel piccolo negozio
su Bourbon Street ma l’avevano venduto. E poi...”
“E poi ti sei fatto un pisolino di cinque anni” scherzò
lei. “E una volta sveglio ti sei ricordato che mi piaceva e ne hai fatto fare
uno tutto per me.”
“Più o meno” sorrise lui. “Ma se preferisci posso sempre
scambiarlo con una bicicletta.”
Allison poggiò il carillon sulla parte vuota del letto e si
allungò per baciarlo; le mani ferme sui lati del suo viso scivolarono giù sulla
schiena mentre lui la abbracciava. “Non lo cambierei con niente al mondo. È il
regalo più bello che mi abbiano fatto nei miei venticinque anni di vita.”
“Venticinque dici? E io che credevo che fossero un po’ di
più.”
Lei rise. “Shh, sarà il nostro piccolo segreto” gli disse.
“Ti amo.”
“Ti amo anche io.”
****
Allison sistemò meglio la coroncina di fiori che Hope le
aveva fatto e con alcuni pancake salì al piano di sopra, nell’attico in cui
Marcel era ancora prigioniero. Da giorni non si sentiva alcun rumore, quasi
come se lui si fosse arreso all’evidenza, il suo piccolo gruppo era rimasto in
silenzio, probabilmente nascosto nell’ombra ad elaborare qualche piano per
farlo fuggire, di Inadu non c’era più alcuna traccia e tutto sembrava
incredibilmente e spaventosamente immobile. Appuntò mentalmente di chiamare
Lucas per sapere cosa ne era stato di Alistair Duquesne. L’ultima notizia che
aveva era di un paio di settimane dopo averlo consegnato alla Strige, poi più
nulla. Aveva chiesto a Lucas di tenerlo in vita, ma solo se possibile. Lui le
aveva assicurato che se fosse diventato un problema lo avrebbe eliminato
definitivamente. La donna sperava che fosse ancora vivo, per qualche strano
motivo provava compassione per quel tizio; aveva perso tutto ed era colpa di
Klaus. Quello che l’Ibrido gli aveva fatto era terribile e anche se adesso
Niklaus Mikaelson era parecchio cambiato capiva perché Alistair non fosse in
grado di lasciarsi il passato alle spalle.
Avrebbe anche dovuto parlare con Will, forse. O forse no.
Non era certa di cosa fare e così decise di non pensarci, almeno per un po’.
Aprì il cancello e lo richiuse, poi aprì la massiccia porta
di ferro e entrò nella stanza. Marcel era seduto sul pavimento, gli occhi
iniettati di sangue, le labbra secche e le sacche di sangue che ogni giorno gli
erano state date giacevano sul pavimento, alcune vuote, molte altre piene.
“Ah” mormorò poggiando i pancake su un piccolo ripiano.
“Vedo che hai deciso di fare lo sciopero della fame. La cosa più stupida che tu
abbia mai fatto.”
“No” ringhiò lui. “La cosa più stupida che io abbia mai
fatto è stato fidarmi di te. Mi avevi dato la tua parola che avreste lasciato
la città e non vi avrei mai più rivisti eppure eccoci qui.”
“Sai che siamo dovuti tornare per Hope, perché era in
pericolo. E quel pericolo forse non è ancora passato.”
Marcel si alzò con uno scatto rapido e le andò incontro.
Allungò la mano e gliela strinse intorno al collo, la catena tesa fece un
rumore sinistro. “E io vi ho lasciati tornare, ero disposto ad aiutarvi. E
guarda com’è finita, sono incatenato in un attico” la osservò per un attimo,
nei suoi occhi non vide alcuna paura. “Hai ragione, sai? Decidere di non
nutrirmi è stupido, forse dovrei riprendere a farlo, forse dovrei iniziare da
te.”
Allison rimase calma, alzò il braccio e espose il polso.
“Fai pure.”
La bestia, come lo chiamavano, deglutì a vuoto
diverse volte guardando quella pelle chiara. La fame si fece così urgente da
fargli male, le lasciò il collo e con entrambe le mani afferrò il polso e vi
affondò i denti assetato. Bastò un sorso però per farlo indietreggiare
rinvigorito, un sospiro di euforia gli sfuggì di bocca. Cercando di riprendere
il controllo si pulì le labbra e la guardò. “Il sapore del tuo sangue è...”
“Stupefacente? Elettrizzante? Estasiante? Sì, me lo hanno
detto” la donna prese il tovagliolo che aveva portato su insieme ai pancake e
tamponò la ferita. “È pieno di potere, infatti te ne è bastato solo un sorso.
Sai Marcel, quella eccitante sensazione di energia che hai provato bevendo dal
mio braccio, è solo un minuscolo assaggio della mia reale forza, quindi fammi
un favore, okay? Non mettermi mai più le mani addosso. Sei incazzato? Bene! Ma
se toccherai di nuovo me o qualcuno tra gli Originali, ti ucciderò e getterò le
tue ceneri nel fiume e farò in modo che tu venga dimenticato da chiunque. Del
grande e potente Marcel rimarrà solo un mucchietto di polvere che diventerà
cibo per pesci.”
Lui la fissò con aria di sfida.
“Mangia i pancake, Marcel” gli disse lei riaprendo la
porta. “Sono deliziosi.”
Sparì e Marcel serrò le mascelle tornando a sedersi.
****
Valerie andò dietro il bancone e le sorrise. “Cosa posso
portarle, signora Mikaelson?” le chiese.
Allison rise. “Nessuno mi aveva ancora chiamata signora
Mikaelson” le disse. “Devo dire che mi piace molto. Quanto a cosa potresti
portarmi... direi un caffè, nero e forte. Ne ho bisogno.”
“Nero e forte significa lungo e con mezzo chilo di zucchero
vero?”
“Esatto!” esclamò Allison. “Ho avuto una mattinata
pesante.”
La sua amica le versò una tazza di caffè e indicò il suo
polso fasciato. “Ha a che fare con quello?”
“Anche. Marcel e io abbiamo avuto una piccola discussione
questa mattina.”
“Marcel...” rifletté Valerie. “Ha terrorizzato parecchie
persone negli ultimi cinque anni.”
“Sì beh, il suo regno è finito” Allison bevve un sorso
dalla tazza. “A ogni modo, il tuo messaggino diceva che devi dirmi una cosa
molto importante. Spero che sia una buona notizia, mi serve proprio..”
L’altra poggiò la mano sinistra sul bancone e solo allora
la cacciatrice si accorse che al suo dito brillava un anello bellissimo. La
guardò e sgranò gli occhi. “Ti sei fidanzata? Non sapevo neppure che
frequentassi qualcuno.”
“Sì, si chiama Calvin, è un avvocato. Socio in uno studio
legale che ha uffici in metà degli Stati Uniti. Lo conoscerai domani sera alla
nostra festa di fidanzamento” le passò un cartoncino color avorio con scritte
in rilievo color tortora. “Ecco l’invito per te e Elijah. Troverai tutti i
dettagli lì. Ho solo una richiesta.”
“Spara.”
“Cerca di non essere mozzafiato per una volta” Valerie fece
una smorfia scherzosa e risero entrambe. “Ora torno al lavoro, mando avanti il
tuo ristorante in fondo.”
Allison si guardò intorno, il Rousseau’s era ancora come lo
ricordava. “E lo fai benissimo.”
La sua amica si allontanò, lei invece rimase ancora un
attimo ferma lì. A riposare.
****
Elijah annodò la cravatta con calma, la strinse ben bene e
sospirò guardando il suo riflesso nello specchio sopra il camino. Lisciò la
giacca e sorrise; quel completo lo aveva comprato Allison per lui quando era
intrappolato nella Chambre de Chasse, e doveva ammettere che era perfetto.
Classico come piaceva a lui, di un bel grigio scuro, la cravatta invece era un
po’ più colorata e quella era la parte che rispecchiava Allison. Negli occhi
della sua bella moglie, sempre un po’ malinconici, ultimamente era calato un
velo ancora più profondo, lui sperava che presto si sarebbe decisa ad aprirsi,
perché fino ad allora aveva deciso di non chiederle niente. Se lo avesse fatto,
sapeva, si sarebbe chiusa a riccio. Lei aveva i suoi tempi e lui li rispettava.
La tentazione di chiederle dei suoi poteri, del fatto che
avesse le ali e fosse più potente di tutte le creature che avesse mai
conosciuto, era tanta. Ma più che altro voleva sapere come si sentiva dopo la
scoperta di quel padre non padre, perché lui sapeva quanto avesse amato l’uomo
che l’aveva cresciuta e immaginava quanto scoprire che la persona che da
ragazzina chiamava papino, in realtà non condivideva niente con lei, se
non un cognome, le facesse male. Christofer Morgan sapeva che lei non era sua
figlia, o era morto credendo che lo fosse? Allison forse aveva la risposta,
forse no. Forse voleva saperla, forse preferiva di no.
Si versò un sorso di bourbon, mentre la attendeva nella
biblioteca. Poteva sentirla borbottare sillabe a caso seguendo la musica del
carillon che le aveva regalato il giorno prima. Pensò che aveva parecchi
talenti, ma non era molto intonata.
Sorrise bevendo dal bicchiere e il suo profumo lo avvolse
dopo pochi secondi.
“Sono pronta per andare se anche tu lo sei” gli disse
sistemandosi il braccialetto con un gesto aggraziato, la borsa sapientemente
incastrata sotto un braccio.
Elijah rimase a fissarla con le labbra dischiuse,
squadrandola dai piedi alla testa; quel bel vestito rosso scuro che le arrivava
poco più sopra delle ginocchia, cadeva leggermente più lungo dietro, le scarpe
alte, le belle gambe scoperte. I capelli, ora più chiari, le incorniciavano
quel viso bello come pochi altri.
“Sei troppo bella per essere vera. Mi dispiace per le altre
donne che parteciperanno alla festa stasera.”
Allison sorrise, gli si avvicinò e gli prese il bicchiere
di mano. “Anche io sono dispiaciuta per loro. Avrò l’accompagnatore più bello
della serata, loro no” bevve un sorso di bourbon e poi gli baciò le labbra
sporcandole di rossetto. “Ecco il mio piano per questa sera” gli disse
ripulendole con la punta del pollice. “Andiamo alla festa, rimaniamo solo per
un po’ e poi torniamo a casa. E una volta tornati mi aiuterai a fare delle
ricerche per il mio libro.”
“Libro? Da quando stai scrivendo un libro?”
“Da adesso. Lo intitolerò Cinquanta sfumature di
Mikaelson, quindi mi serve un Mikaelson per crearle queste sfumature.”
Elijah annuì e se la strinse poco addosso con un sorriso.
“In questo caso, sarà un vero piacere aiutarti. Anche se... cinquanta
sfumature? Come sei passata da Jane Austen a questo?”
“Sono finita parecchie volte in galera negli ultimi cinque
anni. Will mi portava cibo e caffè, ma non poteva fare un salto in libreria
ogni volta che finivo alla centrale. Le poliziotte amano Christian Grey ma non
hanno tempo di leggere in servizio, io invece di tempo ne avevo parecchio
perché a volte a Kinney servivano ore prima che riuscisse a farmi uscire, e
quindi leggevo.”
L’Originale deglutì a vuoto, turbato dal fatto che fosse
finita in galera Dio solo sapeva quante volte. Ma scacciò il pensiero, per non
toglierle quell’espressione giocosa che aveva sul viso e che lo faceva
sorridere. “Mia moglie è una galeotta!” esclamò scuotendo il capo. “Lo trovo
intrigante.”
Allison rise. “Chissà perché la cosa non mi sorprende.
Andiamo?”
Lui le baciò la punta del naso. “Andiamo.”
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Capitolo 19 *** 19. ***
19.
Tartine,
champagne, ostriche e crudités, il tutto servito su piccoli piatti di
porcellana ornati da delicate decorazioni dorate abbinati ad altrettanti
preziosi bicchieri. Ad ogni angolo utile, in terra, c’erano bellissimi vasi
pieni di fiori bianchi e gialli, dal soffitto scendevano boule di vetro piena a
metà di acqua dentro la quale galleggiavano candele dai colori tenui. La festa
di fidanzamento di Valerie era praticamente perfetta, solo che non era Valerie.
Non la rispecchiava per niente, Allison non sapeva se rispecchiasse Calvin.
Con un
grosso respiro si avviò verso il tavolo dei regali e poggiò la grande scatola
quadrata tra gli altri pacchi. Poi guardò Elijah. Suo marito era totalmente a
suo agio in mezzo a quella estrema eleganza... persino quando afferrò due coppe
di champagne da un vassoio di passaggio lo fece con raffinatezza.
“Questo
posto è davvero lussuoso” le disse porgendogliene una.
Allison
la prese e bevve un piccolo sorso. “Anche troppo se lo chiedi a me. Voglio
dire, è bello ma non rispecchia per niente Valerie. Lei avrebbe messo ghirlande
di fiori al posto di quei grandissimi vasi e sui tavoli ci sarebbero stati
birra e mini hot-dogs invece di queste crudités. Suppongo che questa festa
rispecchi più il suo futuro marito che lei.”
Elijah
rise. “Probabile. Oppure la tua amica Valerie è più raffinata di quanto tu non
creda.”
“Forse”
la donna bevve un altro sorso dal bicchiere e si guardò intorno. Non conosceva
assolutamente nessuno, non sapeva neppure chi fosse Calvin e magari lo stava
guardando proprio in quel momento. Sentiva il vociare confuso riecheggiarle
nelle orecchie e maledisse quella specie di super udito che a volte non
riusciva a controllare. Chiuse gli occhi per un attimo e sentì la mano di
Elijah poggiarsi sulla sua schiena.
“Stai
bene?” le chiese cercando il suo sguardo.
Lei
sorrise. “Benissimo. Ti va di ballare?”
“Ballare
hai detto? Credevo che tu odiassi ballare.”
“Non
odio ballare” Allison lasciò la sua pochette su una sedia in un angolo e prese
Elijah sottobraccio conducendolo sulla pista. “È solo che ci sono altre cose
che mi piacciono di più.”
“Ad
esempio?” lui la fece volteggiare una volta e la riprese tra le braccia
iniziando a dondolare dolcemente.
“Mangiare,
bere un bicchiere di vino, fare jogging” lei sembrò pensarci un attimo. “Il
sesso, mangiare.”
“L’hai
già detto.”
“Sì,
la seconda volta era più una sottolineatura” rise Allison. “Ma c’è una cosa che
mi piace più di qualunque altra al mondo.”
Elijah
le diede un bacio leggero. “Quale?”
“Essere
tua moglie. Questa è la cosa migliore che mi sia mai capitata.”
L’Originale
rimase a guardarla per un istante, spiazzato come sempre da quella dolcezza,
dalla facilità con cui quell’amore usciva dalle sue labbra, dai suoi occhi, dal
suo tocco, da tutto. “Che tu abbia scelto me tra tutti” le disse chiudendo gli
occhi e poggiando la fronte sulla sua. “È la cosa migliore che sia capitata a
me, te lo assicuro. E sei decisamente migliorata nel ballo.”
Allison
ridacchiò. “Ho preso delle lezioni, ma non ne voglio parlare” scosse il capo ricordandosi
il viso del suo istruttore durante la prima lezione. Tu non ci metti amore
le aveva detto. Il ballo è passione! E le aveva fatto fare una
giravolta.
“Allison”
la chiamò Valerie e lei la vide poco distante, una mano stretta a quella di un
bell’uomo moro e alto, l’altra sollevata in alto per farle segno. Sul viso
della sua amica c’era un sorriso felice, prova del fatto che non importava
quanto diversa da lei fosse quella festa, quello che contava era l’amore.
****
Hope
poggiò il bicchiere di latte sul comodino e salì sul letto andandosi a
sistemare al suo posto. Allungò la mano e afferrò il telecomando, poi sorrise a
Matt seduto dall’altra parte. “Sei pronto?” gli chiese.
Lui
annuì mettendo al centro, tra di loro, una grande ciotola piena di popcorn.
“Sono pronto. E sono emozionato. Non ero mai stato invitato alla serata film
prima d’ora, di solito la fai sempre e solo con la zia Allison.”
“È una
tradizione” ragionò Hope. “Ma da quando siamo qui io e la zia Allison non
facciamo più tutte le cose che facevamo prima.”
“Che
vuoi dire?”
“Abbiamo
fatto solo una serata film da quando siamo venuti a vivere a New Orleans e io,
lei e la mamma non andiamo più a prendere il gelato la domenica sera. E non
andiamo più nei rifugi ad aiutare gli animali e io e la zia Allison lo facevamo
a volte.”
Matt
notò che la voce della piccola si era fatta triste, decise che avrebbe parlato
con sua sorella non appena fosse tornata dalla festa di fidanzamento di
Valerie. Sapeva che voleva bene a Hope come a nessun altro, sapeva che se
l’aveva trascurata non era stato per poco affetto ma solo perché aveva una
marea di cose a cui pensare; l’ombra di Inadu sempre in agguato, i seguaci di
Marcel e il loro sospetto silenzio... quella Sofya non gli piaceva per niente,
non capiva perché fosse ancora viva.
“La
zia Allison ti vuole molto bene, lo sai vero?”
Hope
annuì mangiando qualche popcorn.
“È solo
molto impegnata a tenere le persone cattive lontane da te, così nessuno potrà
farti del male.”
“Lo
so” commentò la bambina ma Matt capì che non poteva comprendere fino in fondo
tutto quello che stava succedendo. Era sveglia ma aveva comunque solo sette
anni.
“Hey”
le disse punzecchiandola con un dito sulla guancia fin quando non sorrise. “Io
sono il sostituto perfetto per la serata film. Te lo assicuro.”
Hope
fece partire il film. “Vedremo.”
****
Elijah
trovò Allison in piedi sul balconcino che si affacciava su una vista mozzafiato
della città. Si fermò poco distante e la osservò; la sua pelle chiara sembrava
brillare sotto la luna, quel leggero vento le scompigliava poco i capelli.
Amava ogni cosa di quella donna, ogni angolo di quel corpo, ogni centimetro di
quel sorriso. Amava il suo profumo, la morbidezza delle sue mani, la risata,
quelle belle fossette che le spuntavano sul viso. Si tolse la giacca e le si
avvicinò poggiandogliela sulle spalle con delicatezza.
“Ti nascondi
dal loquace Calvin?” le chiese.
Lei
sorrise. “Cielo, non avevo mai sentito qualcuno parlare così tanto” scosse poco
il capo. “Credi che respirasse tra una parola e l’altra? Io penso di no. Ma
suppongo che sia normale, è un avvocato e si sa che gli avvocati parlano
moltissimo.”
“Non
lo so a dire il vero, non ne ho mai avuto uno.”
“Spera
di non averne mai bisogno, sono costosi e sono...” La donna si fermò, si poggiò
una mano sul petto con un gemito mentre Elijah le prendeva il viso tra le mani.
“Hey” le
disse. “Stai bene? Che succede?” si accorse che i suoi occhi si erano fatti
blu, brillavano di una luce intensa, il suo corpo tremava piano. “Allison...”
Ma lei
teneva gli occhi fissi su un punto in direzione dell’interno. Elijah seguì
quello sguardo e scoprì che era ricambiato da altri due occhi azzurri e
brillanti. Si trattava di un uomo sulla sessantina, elegante e distinto. Ben
presto venne raggiunto da Calvin che gli strinse la mano calorosamente, e i
suoi occhi si spostarono su di lui.
“Allison,
amore, guardami” il vampiro la strinse per un attimo, sentì il cuore batterle
all’impazzata, il corpo tremare dentro quella stretta. Non aveva idea di cosa
stesse succedendo ma aveva la sensazione che quell’abbraccio fosse ciò di cui
lei aveva bisogno.
“Sto bene”
cercò di rassicurarlo lei chiudendo gli occhi per un istante. “Davvero.”
Lui si
allontanò poco e la guardò preoccupato; gli occhi erano tornati al loro colore
naturale, era pallida ma il tremore si era calmato. “Che sta succedendo? Chi è
quel tizio?”
Allison
fece un grosso respirò, gli poggiò le mani sulle braccia e con un fruscio di
ali si trovarono al piano di sotto, all’entrata. “Andiamo a casa, ti prego” gli
chiese togliendosi la giacca e ripiegandola sul braccio.
Elijah
la seguì mentre lei camminava verso l’auto. “Allison, ti ho fatto una domanda.
Ti prego, dimmi che sta succedendo. Perché hai avuto quella reazione? Perché il
tuo corpo ha iniziato a tremare e i tuoi occhi si sono fatti blu? Chi era quel
tizio, era un angelo?”
La
cacciatrice fermò la sua marcia verso l’auto ma non si voltò a guardarlo. Alzò
gli occhi al cielo e solo dopo si girò verso di lui. “Quello era James S.
Westfall. Mio padre. E ora possiamo andare a casa?”
L’Originale
la fissò a bocca aperta per un lungo minuto, infine le si avvicinò e le prese
una mano. “Perché ti sconvolge così tanto vederlo?”
“Perché
ho mentito. Quando ho detto che non avevo nessun tipo di contatto con lui, ho
mentito” confessò la donna. “Ci ho parlato una volta, pochi mesi dopo aver
scoperto... quello che sono, quello che posso fare. L’ho rintracciato con
l’aiuto di alcune streghe e di un incantesimo enochiano e sono andata da lui
perché volevo parlare. Volevo vedere in faccia mio padre, volevo conoscerlo,
avevo così tante domande.”
Gli
occhi di Allison si riempirono di lacrime. Poi continuò: “Quando sono arrivata
davanti casa sua stava salendo in auto per andare non so dove. Ho provato a
presentarmi ma mi ha detto che sapeva già chi fossi e che non voleva avere
niente a che fare con me. Ha detto che sono stata l’errore più grande della sua
vita” un singhiozzo le si levò in gola ed Elijah si sentì fremere di rabbia e
tristezza.
“Se
tuo padre non ti vuole allora è un folle” le disse accarezzando via le lacrime
dal suo bel viso. “Perché nessun uomo sano di mente a questo mondo, non sarebbe
fiero di chiamarti figlia.”
Allison
pianse ancora, si allungò e lo baciò. “Ti amo.”
“Ti
amo anche io” Elijah le baciò la fronte. “Se vuoi andare a casa, andremo a
casa, ma se vuoi tornare dentro e divertirti a festeggiare la tua amica, allora
sappi che puoi farlo a testa alta, e che mai, neppure per un istante, mollerò
la presa della tua mano. Non ero con te quando lo hai incontrato la prima
volta, non ero con te quando tutto questo... cambiamento, questo dolore, ti
hanno trovata e odio non esserci stato. Ma sono qui adesso e non sei più sola.
Quindi dimmi cosa vuoi fare e lo faremo, d’accordo?”
La
cacciatrice annuì e un altro singhiozzo la scosse. “Andiamo a casa, per favore.
Non sono abbastanza coraggiosa, non stasera.”
“Va bene”
le sussurrò lui baciandola sui capelli. “Andiamo a casa.”
****
Matt
si mise a sedere accanto ad Allison, sul divano nel grande atrio. Elijah gli
aveva raccontato tutto quello che era successo, giurando di non averla mai
vista così sconvolta da quando la conosceva. Aveva espresso con veemenza il
desiderio di fare a pezzi quel dannato tizio e Matt aveva capito che non era
solo rabbia, che in quella impetuosità c’era anche senso di colpa. Non era con
Allison quando tutte quelle verità l’avevano raggiunta e avrebbe voluto
esserci.
Lo
capiva, fino in fondo. Rimase in silenzio mentre sua sorella metabolizzava gli
avvenimenti delle ultime ore, se la guardava attentamente poteva quasi vedere i
pensieri vorticare dentro la sua testa a una velocità spaventosa. Sembrava sul
punto di esplodere e sperò che si aprisse con qualcuno prima che accadesse.
“Credi
che papà sapesse che non ero sua figlia?” gli domandò di improvviso e la
domanda lo colse di sorpresa. Non parlavano quasi mai dei loro genitori, l’argomento
era come una specie di elefante dentro una cristalleria, una parola sbagliata e
ogni cosa sarebbe andata in pezzi.
“Non
lo so Ally” rispose sincero. “Una cosa però la so per certo, nostro padre ti
amava tantissimo.”
“Perché
credeva che fossi sua figlia.”
“Perché
lo eri, lo sei. Non importa cosa dice il DNA, non importa di chi sia il sangue
che ti scorre nelle vene. Tu sei una Allison Marie Morgan, figlia di Alice e
Cristopher Morgan, mia sorella. E lo sarai per sempre.”
Allison
poggiò la testa sulla spalla di suo fratello e respirò a fondo. “Ti voglio bene
Matt. E ti perdono” chiuse gli occhi mentre suo fratello le avvolgeva le spalle
per stringerla forte, piangendo.
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Capitolo 20 *** 20. ***
20.
Allison corse per circa trenta
minuti, infine si fermò davanti a un palazzo abbandonato e fece un grosso
respiro. Le faceva male ogni cosa, ed era solo sua la colpa, visto che negli
ultimi tempi era stata un po’ pigra. Non faceva la sua corsetta mattutina da
circa un mese, perché non c’era tempo o perché non ne aveva voglia. In realtà
si sentiva svogliata in generale. Le cose a New Orleans sembravano essersi
fermate, come in una infinita pausa, e per quanto amasse quella pace sapeva per
certo due cose: era sempre il preludio di una guerra e, più le cose rimanevano
immobili, più lei ed Elijah sarebbero stati costretti a rimanere in quel posto.
Non ne poteva più di quella
vita, ma ci era dentro fino al collo.
Le cose con il suo bell’Originale
elegante erano tese da qualche tempo, precisamente da due settimane e cioè da
quando lui si era rivelato pronto a sacrificare una dozzina di bambini solo per
far uscire Inadu allo scoperto ed eliminarla. Non le era piaciuto scoprire che
era diventato così spietato, non le era piaciuto capire che era davvero
disposto a qualunque cosa, perché c’era un limite a tutto e sacrificare dei
bambini lo superava.
Avevano litigato, si erano
confrontati e poi Allison aveva preso una decisione: avrebbero fatto le cose a
modo suo, perché il modo dei Mikaelson era sgradevole. Lo aveva deciso dopo
aver passato del tempo con Hope e grazie a qualcosa che proprio la piccola
aveva detto, la cacciatrice aveva realizzato che stavano sbagliando ogni cosa.
Stavano costruendo muri dove invece c’era bisogno di ponti, si stavano facendo
la guerra con le persone sbagliate, ripetendo gli stessi errori che lei e
Hayley si erano ripromesse di non fare mai più.
Aveva deciso che le cose
dovevano cambiare e senza dire nulla a nessuno era andata da Marcel, lo aveva
liberato dalle sue catene e avevano parlato a lungo. Poi erano scesi al piano
di sotto e davanti agli occhi sgomenti e furiosi di Klaus, Allison aveva
annunciato che Marcel era libero di andare, che avrebbe tenuto a bada il suo
piccolo esercito e che li avrebbe persino aiutati a liberarsi di Inadu, perché,
aveva detto proprio la bestia, liberarsi di lei significa liberarsi di tutti
voi e io non vedo l’ora che ve ne andiate. Quando Marcel se ne era andato
via, Klaus le aveva urlato contro, Elijah si era schierato dalla parte di suo
fratello. Lei aveva trattenuto la rabbia ed era volata via, per raggiungere
Lucas e la Strige e controllare come procedevano le cose con Alistair. Era
tornata dopo qualche giorno, ma la tensione con Elijah era rimasta, nonostante
un bacio e un abbraccio.
Riprese la sua corsa e arrivò
in casa giusto in tempo per vedere Hayley terminare una telefonata con aria
davvero nervosa. Respirò a fondo.
“Che succede?” chiese alla sua
amica.
“Vuoi prima la notizia brutta
o quella orrenda?”
Allison chiuse gli occhi per
un istante. “Quella orrenda.”
“Esiste un’arma che può
uccidere un Originale. Ce l’ha Sofya, l’amica di Marcel.”
“Marcel non ci darà problemi e
mi ha assicurato che nessuno dei suoi lo farà quindi...”
“Quindi aspetta di sentire la
brutta notizia prima di continuare” la interruppe Hayley. “Sofya è posseduta da
Inadu al momento e niente di quello che Vincent ha provato è stato capace di
scacciarla. A quanto pare questa malefica stronza primordiale può anche
prendere il controllo dei corpi a suo piacimento.”
“Può fare molto di più” una
voce riecheggiò nel grande atrio, Allison si voltò per scoprire a chi
apparteneva. Era Dominic, il braccio destro di Inadu. Lei lo aveva visto una
solta volta, ma allora era un cadavere, suppose che la resurrezione fosse una
cosa tra quel molto di più di cui le aveva appena messe al corrente.
“La leggendaria Allison
Morgan” continuò lui avanzando. “Che onore conoscerti, finalmente. Ho sentito
grandi cose su di te. Lascia che mi presenti, sono...”
“So chi sei e non me ne
importa nulla. E adesso fuori da casa mia, per favore.”
“Prima di mandarmi via”
Dominic sorrise. “Ti consiglio di ascoltarmi. Ho una proposta per te.”
“Che ne dici della mia di
proposta: esci da questa casa sulle tue gambe, adesso. Oppure ti faccio uscire
io, attraverso la finestra.” Dominic rise, forse convinto che scherzasse.
Allison però era seria e lo accompagnò all’uscita, frantumando una vetrata,
mentre Elijah, Freya e Klaus rientravano.
“Cos’è successo?” le chiese
suo marito.
“Il tuo, non più tanto morto,
amico Dominic, aveva una proposta per me. L’ho rifiutata” spiegò lei
velocemente per poi rivolgersi a Hayley. “Telefona a Vincent per favore, digli
di venire. Dov’è mio fratello?”
“Non lo so. Ha detto che
doveva fare una cosa e che tornerà più tardi.”
“Hope?”
“In camera sua con Keelin.”
“Okay, faccio una doccia e poi
cerchiamo di risolvere questa faccenda.”
****
“Non ho idea di come farla
uscire dal corpo di Sofya. Ho consultato tutti i libri che possiedo, chiesto
consiglio a tutte le streghe e gli stregoni che conosco, ma non ho trovato
niente.” Vincent si mosse nervoso per la stanza; Allison non sapeva dire se la
sua ansia derivasse dall’aver scoperto che Inadu poteva possedere la gente o
dal fatto che la posseduta fosse Sofya, l’amica preziosa dell’irascibile Marcel
Gerard. Forse entrambe le cose. La cacciatrice rimase a lungo in silenzio.
“Freya, tu hai qualche idea?”
chiese infine a sua cognata, gli occhi fissi sul suo bicchiere di acqua.
“Nessuna. Neppure nei miei
libri c’è niente che possa aiutarci.”
Elijah prese la parola. “E se
uccidessimo Sofya? Forse, uccidendo il corpo che la ospita anche Inadu morirà.”
“O forse salterà in un altro
corpo, esattamente come faceva vostra madre. Magari uccidere il corpo ci farà
guadagnare un po’ di tempo, ma dopo?” Allison si voltò a guardarlo. “Dopo cosa
faremo, Elijah? Uccideremo tutta la gente che verrà posseduta? Faremo una
strage fino a quando non troveremo una soluzione?”
L’Originale mise le mani nelle
tasche. “Hai un’idea migliore?”
Non gli piaceva quella
tensione, non gli piaceva litigare con lei. Ma sembravano non riuscire a
trovare un punto di incontro e lui non sapeva cosa fare. Non era in quel modo
che aveva immaginato la vita dopo il suo risveglio; non sapeva cosa riservasse
loro il futuro, però sapeva che la amava profondamente e avrebbe fatto tutto
ciò che era necessario per sistemare le cose.
Allison respirò fondo. “Fino a
quando non sapremo come liberare Sofya da questa possessione non faremo nulla.
Marcel tiene a quella donna e dopo il modo in cui lo abbiamo trattato, direi
che gli dobbiamo almeno questo: salvare la donna di cui è innamorato.”
“E che facciamo nel
frattempo?” domandò Freya. “Inadu è in cerca di potere e ha un debole per i più
piccoli. Come facciamo a proteggere Hope?”
“Ci penso io ad Hope” la
cacciatrice si alzò guardando qualcosa sul suo cellulare. “Devo occuparmi di
una cosa adesso, Vincent” chiese allo stregone. “Sai dov’è Marcel?”
“Non ne ho idea. Sta cercando
Sofya in un lungo e in largo. Posso provare a rintracciarlo però.”
“Ci vado io” si propose
Elijah. “Tu rimani con Freya, continuate a cercare un modo.” I due annuirono,
l’Originale si voltò per guardare di nuovo sua moglie, ma lei era sparita.
****
Elijah fece un grosso respiro
mentre entrava nel mega attico che Marcel aveva trasformato nella propria casa.
Sapeva di non essere il benvenuto e sapeva che le possibilità di essere
attaccato erano tantissime, ma in fondo Allison aveva ragione; si erano
comportati male con Marcel, il minimo che potessero fare era aiutarlo a riavere
indietro la donna che amava, illesa. Doveva provare a non lasciarsi sopraffare
dalla rabbia che sentiva montargli dentro, da quella paura che a volte lo
paralizzava. Dopo cinque anni chiuso in una realtà alternativa, il terrore di
finirci di nuovo gli attanagliava lo stomaco, ecco perché preferiva partire in
attacco, per prevenire. Alla fine però, attaccare arrecava più danni che
benefici e, incredibile ma vero, Niklaus lo aveva compreso. Perché per lui era
così difficile, allora?
In casa non c’era nessuno,
avrebbe dovuto cercare Marcel da un’altra parte ma non sapeva dove. Prese il
cellulare per provare a telefonargli, chissà, magari gli avrebbe risposto. La
foto di Allison sullo schermo lo distrasse: era di profilo, il vento le
scompigliava i capelli. Guardava il mare con un sorriso ma era triste. Ne aveva
tante di quelle foto, Hayley si era premurata di raccoglierle per lui. Quella
era una delle sue preferite. Compose il numero di sua moglie, decise che quella
guerra fredda doveva finire, la amava troppo per continuare in quel modo. Lei
non rispose e l’Originale si lasciò cullare dalla sua voce roca quando scattò
la segreteria. “Allison” disse lasciando un messaggio. “Mi dispiace per come
stanno andando le cose ultimamente. So che non è questo che vuoi, lo vedo che
sei infelice. Ti ho promesso che quando tutta questa storia di Inadu sarà
finita ce ne andremo via, lontano, e vivremo la nostra vita insieme. Perché non
c’è altro modo in cui vorrei vivere, se non con te. Dobbiamo parlare, tu e io,
come facciamo sempre. Torno presto a casa, ti amo.”
Riattaccò, si guardò intorno
un’ultima volta e constatò che era il momento di andare via, lì non c’era assolutamente
nessuno, non aveva senso rimanere. Quando si voltò però, qualcuno c’era ed era
dentro il corpo di Sofya.
“Salve!” gli disse
trafiggendolo con un oggetto appuntito. “E addio.”
Elijah cadde in terra pervaso
dal dolore più grande che ricordasse di aver mai provato. Gli occhi di Sofya si
fecero azzurri, chiari e brillanti. Quasi quanto quelli di Allison quando la
sua parte di Arcangelo prendeva il sopravvento. “Inadu” mormorò a fatica.
“Proprio io” replicò lei. “Ah
che fortuna averti trovato qui, Mikaelson. Ho potuto togliermi dai piedi una
parte del problema e dopo che sarai morto, andrò alla ricerca della tua
famiglia, di tua moglie... e me ne libererò una volta per tutte.”
“Stai lontana da lei” provò ad
esclamare Elijah, ma la voce era flebile. Inadu rise, gli diede un ultimo
sguardo e poi se ne andò. Lui rimase lì, immobile, in attesa.
****
Allison ascoltò per la terza
volta il messaggio di Eljah e sorrise. Era felice che lui volesse parlare ed
era felice che, a modo suo, si fosse scusato. Era vero, non era in quel modo
che aveva immaginato la loro vita ma non poteva immaginarla senza di lui. Era
impensabile. “Nella buona e nella cattiva sorte” mormorò digitando qualcosa.
“Tutto okay?” le chiese Hayley
guardandola.
La cacciatrice annuì e fu in
quel preciso istante che il suo corpo fu scosso da un tremito, il cuore prese a
battere fortissimo mentre un fischio le riempiva le orecchie e gli occhi si coloravano
di blue. “Hayley” sussurrò con la voce rotta dal pianto. “È successo qualcosa a
Elijah, posso sentirlo.”
L’Ibrida le andò vicina e le
prese una mano. Con l’altra tirò fuori il cellulare per rintracciare Klaus.
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Capitolo 21 *** 21. ***
21.
Allison
sentì che doveva volare da Elijah, anche se non sapeva dove si trovasse di
preciso in quel momento, anche se non sapeva neppure se sarebbe riuscita a
volare nel modo giusto, sentì che doveva andare da lui. Aveva freddo, un freddo
innaturale che le bloccava il corpo, un freddo che le faceva tremare le mani. E
poi c’era quel fastidioso fischio nelle orecchie, quel dolore che provava. Era
certa che fossero le stesse sensazioni che stava percependo Elijah.
“Devo
andare” disse a Hayley, “devo andare da lui.”
“Allison,
non sai neppure dove si trovi e hai un aspetto terribile, non puoi andare da
sola.”
“Hayley
ha ragione” intervenne Freya arrivando seguita da Klaus. “So dove si trova
Elijah, veniamo con te. Keelin baderà a Hope.”
Allison
decise di seguire il suo istinto: una delle poche cose che Castiel le aveva
“insegnato” prima che le cose tra loro si facessero complicate, era che per un
angelo l’istinto è la chiave di tutto. “Se sei nata con queste abilità, allora
dentro di te sai come usarle, anche se non te ne rendi conto” gli aveva detto.
Lei pensò che era il momento di capire se era vero.
“Aggrappatevi
a me” disse loro. E quando lo fecero, volò. Arrivarono a casa di Marcel e servì
loro un istante per riprendersi. Allison individuò subito Elijah; era per
terra, ferito, sofferente, gemeva di dolore e lei si piegò su di lui. “El” gli
disse cercando di non piangere. “Sono qui.”
“Allison”
l’Originale la guardò, il viso imperlato di sudore eppure sulle sue labbra
spuntò un sorriso. “Allison...” ripeté dando poi una rapida occhiata agli
altri. “Dovete andarvene, questo posto è pericoloso.”
“Non
vado da nessuna parte senza di te” singhiozzò Allison, provando a guarirlo,
fallendo miseramente.
“Sì,
invece” le disse ancora lui prendendole la mano. “Amore mio, guardami.
Guardami” le chiese. E lei lo fece. “Ti amo tanto e mi dispiace. Ma ora devi
andare, ti prego.”
La
donna sentì la sua parte di angelo prendere il sopravvento, un leggero calore
pervaderla mentre, era sicura anche se non poteva vederlo, gli occhi le si
facevano blu. “Freya” disse voltandosi a guardarla, trovandola con lo sguardo
fisso su di lei, un’espressione quasi intimorita. “Mettilo al sicuro nel
ciondolo, fin quando non avrò trovato una soluzione.”
La
strega scosse il capo, un vento freddo si alzò nella stanza mentre le urla di
Elijah aumentavano. “È troppo debole, non potrà restare lì dentro a lungo.”
“Non
ci resterà. Fallo Freya, penserò io a tutto il resto.”
Klaus
si avvicinò a suo fratello e gli strinse una mano. “Andrà tutto bene,
fratello.” Elijah mormorò qualcosa, Allison ne sentì solo una parte, riguardava
lei in qualche modo. Poi Freya pronunciò l’incantesimo e tutto sembrò fermarsi.
Dell’Originale elegante rimase solo un corpo privo di vita.
****
John
arrivò a notte fonda, su richiesta di Freya, ma non svegliò nessuno perché, a
parte Hope, nessuno stava dormento. Allison era da ore in ginocchio, davanti al
corpo di Elijah, suo fratello accanto a lei, immobile, in silenzio. Constantine
respirò a fondo quando la vide, fece cenno a Matt e il maggiore dei Morgan si
allontanò poco. Raggiunse Hayley e le strinse la mano. Lo stregone si mise a
sedere per terra, accanto alla sua amica.
“Come
te la cavi, dolcezza?” le chiese piano.
Allison
rimase in silenzio, alzò la mano per asciugarsi la guancia e poi lo guardò.
“Sono tanto stanca, John. Non riesco mai a essere felice, perché non posso mai
essere felice?”
“La
felicità è per pochi eletti, tesoro. Noi non siamo tra quelli. Ma sistemeremo
questa cosa, lo faremo. Hai la mia parola.”
“E
se non ci riusciamo? Se l’ho perso per sempre?”
“Ci
riusciremo e lui tornerà e tutto andrà bene. Te lo assicuro. So che è
difficile, ma ho bisogno che tu sia la donna forte di sempre, Elijah ne ha
bisogno, quindi fai un bel respiro e ascoltami. Ho un piano.”
Il
piano di John consisteva nel farla entrare nel ciondolo per andare alla ricerca
di Elijah. L’interno di quella pietra le spiegò John, è come il suo purgatorio
personale, immagina la cosa che di più lo annienta e poi moltiplicala. Allison
sapeva che poteva essere solo una cosa.
“Fare
questa cosa è pericoloso, Allison. Potremo non essere in grado di riportarvi
indietro entrambi e lì dentro tu sarai priva di ogni potere.”
“Non
fa niente” replicò lei scuotendo il capo. “Tirate fuori Elijah, io me la
caverò.”
“Come?”
domandò Matt. “Allison, è una follia.”
“Sì
lo è” concordò lei togliendosi la collana. “Ma io lo amo e non lo lascerò
morire lì dentro. Andrò a cercarlo e lo riporterò indietro e se facendolo
morirò, allora così sia” si rivolse a Hayley e le passò la collana. “Se non
dovessi tornare, dalla a Hope, lei la adora e di’ a Elijah che lo amo” si
avvicinò poi a Klaus. “Sei un buon padre, e sei un bravo fratello. Elijah avrà
bisogno di te se qualcosa dovesse accadermi. Sii presente per lui, assicurati
che rimanga l’uomo nobile che è adesso. Promettilo, Klaus.”
Lui
le prese il viso tra le mani e le baciò la fronte. “Lo prometto.” Allison fu
pronta a fare ciò che era necessario. E fu in quel momento che suo padre comparve.
Il suo padre naturale.
****
“Qualunque
cosa tu stia pensando di fare, sono qui per dirti di desistere!” tuonò
l’Arcangelo rivolto a Allison.
“Allora
puoi andartene” gli disse lei. “Addio.”
“Chi
cavolo sei tu?” domandò Hayley.
“È
mio padre” ridacchiò nervosamente Allison, “il potente Arcangelo, e se ne sta
andando.”
“Non
capisci!” esclamò Sirahel avvicinandosi a lei. “Non puoi andare in quel
ciondolo perché se lo farai, al tuo ritorno, le conseguenze potrebbero essere
catastrofiche. Ammesso che tu riesca a tornare. Entrare lì dentro causerà
un’ondata di potere che attirerà tutti gli angeli che ti stanno cercando e
provando a salvare tuo marito finirai per morire e per uccidere lui.”
“Ho
detto che puoi andare. So quello che faccio.”
“No,
non lo sai.”
“Allora
rimani qui e aiutami. Se sei così preoccupato rimani qui e assicurati che tutto
vada per il meglio perché io farò quel che devo, che tu sia d’accordo oppure
no. Mio marito è in quel ciondolo, la persona che amo più della mia vita,
quella che mi ama come mai nessuno ha fatto, non lo lascerò lì dentro.”
L’uomo
la guardò pensando che assomigliava tantissimo a sua madre, era impressionante:
stessa bellezza, stessa testardaggine. Non le era mai stato vicino in quegli
anni, pur sapendo della sua esistenza, ma quando aveva percepito il pericolo,
non aveva potuto evitare di volare lì da lei. “Stai facendo un errore” le
disse. “Ma ti aiuterò, solo per questa volta.”
Allison
fece un cenno a John, si sdraiò a terra e tutto iniziò.
****
Allison
aprì gli occhi e si ritrovò in un lungo corridoio bianco, ai lati tante porte
rosse. “Ovviamente” mormorò rimettendosi in piedi. Con un grosso respiro prese
a camminare, ripassando mentalmente quello che le avevano detto John e Freya;
Elijah non l’avrebbe probabilmente riconosciuta, ma lei non poteva forzare le
cose. “Okay El, torniamo a casa” mormorò iniziando dalla prima porta.
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Capitolo 22 *** 22. ***
22.
La prima porta l’aveva
condotta in un’epoca imprecisata, in un giorno in cui Elijah non era stato
capace di controllare la sua fame, finendo per uccidere una decina di
contadini. Allison aveva provato a parlargli, a fargli ricordare tutto, ma per
poco non ci aveva rimesso la pelle e, arresasi, era uscita dalla porta e si era
diretta verso un’altra di esse. La seconda.
Una volta varcata la soglia si
era ritrovata nel 1919, ad una festa, vestita di tutto punto con un abito di
velluto arancione scuro e i capelli acconciati. Si era nascosta un attimo dalla
folla, per mettere insieme i pensieri e poi era tornata in sala e si era
diretta al bar. Era centrale, da lì poteva avere la visuale sull’intera sala e
in più aveva bisogno di un drink. Molto forte.
“Cosa cavolo si beveva nel
1919?” si domandò guardandosi intorno, cercando di farsi venire in mente il
nome di un drink abbastanza alcolico ma anche abbastanza elegante, per
permetterle di tirarsi su e confondersi bene con la gente presente.
“Salve” le disse l’uomo al
bancone. “Cosa posso portarle?”
“Qualunque cosa desideri” si
intromise una voce, e lei l’avrebbe riconosciuta tra miliardi di altre voci.
Era quella che la sera le augurava la buonanotte e al mattino la salutava con
un buongiorno carico di amore. Era la voce che amava più di tutte le altre,
quella che le faceva battere il cuore, da sempre. Piano si voltò ritrovandosi
davanti ad Elijah; stringeva in mano un calice di champagne, il vestito scuro
ed elegante, i capelli pettinati di lato e un sorriso malizioso sul viso.
“Lei cosa mi consiglia?” gli
domandò cercando di apparire tranquilla, di apparire normale.
“Si fida di me?”
Sempre,
avrebbe voluto urlargli lei. Ma si limitò ad annuire. “Sì, direi di sì.”
“In questo caso” Elijah si
voltò a guardare il barista, “un French 75 per la signorina...” la guardò, in
cerca di un nome.
“Solo signorina” gli disse lei
con un sorriso.
Elijah ridacchiò senza
staccarle gli occhi di dosso. “Solo signorina.”
Il barista sparì e per un
istante loro due si squadrarono a vicenda; Allison conosceva ogni minimo
dettaglio di quel viso, di quel corpo, di quegli occhi. Per lui era tutto
nuovo, se ne rendeva conto.
“Bella festa” mormorò
guardandosi intorno. “Anche se non ho ben capito cosa si sta festeggiando.”
“Marcellus, il figlioccio di
mio fratello, è appena tornato dalla guerra.”
“Un’ottima ragione per
festeggiare allora.”
“Lei non è di queste parti
vero?”
“No, sono solo... solo di
passaggio. Anzi credo di doverle le mie scuse.”
“Per cosa?” Elijah afferrò il
drink appena arrivato e glielo porse.
Allison gli sfiorò le dita
prendendolo. “Mi sono imbucata a questa festa pur non essendo stata invitata. È
solo che non conosco praticamente nessuno in questo posto e un party mi
sembrava un buon modo per sentirmi meno sola.”
Lui la guardò con uno sguardo che
le era fin troppo familiare, e cioè con dolcezza. “Dovrebbe essere reato” le
sussurrò. “Che una donna come lei sia così sola.”
Lei sollevò la mano e gliela
poggiò sul viso. Fu istintivo, incontrollabile e sapeva che era sbagliato. Cosa
avrebbe pensato di lei? Che ridicolo pensiero... si disse, era di suo marito
che stava parlando. “Mi dispiace” farfugliò ritraendola. “Non so cosa mi sia
preso. La conosco appena. Non so neppure il suo nome.”
Elijah riprese la sua mano
fredda e se la portò alla bocca come solo lui faceva, con sicurezza, eleganza e
passione. “Sono Elijah Mikaelson” si presentò.
“Allison Morgan.”
***
John abbozzò un sorriso
guardando il viso di Allison distendersi in un’espressione rilassata. La sua
amica era dentro il ciondolo da tre ore oramai, tutti quelli intorno a lei
erano in apprensione, ma lui sapeva che sarebbe andato tutto per il meglio. La
bella cacciatrice era una tosta, il sorriso sul suo viso addormentato la diceva
lunga su quello che stava accadendo. Diede un’occhiata all’Arcangelo e padre
biologico e poi tornò a guardare Allison.
“Sta sorridendo” notò Hayley
piegandosi e stringendo la mano della sua amica. “È un buon segno giusto?”
“Credo di sì, ma se le cose
stanno andando come credo, è solo all’inizio del suo percorso. Può ancora
accadere di tutto.”
Hayley sospirò. “Credi che
andrà tutto bene, John?”
“Non lo so” rispose lui, per
non creare nessun tipo di aspettativa. “Quello che so per certo è che è la
donna più tenace e forte che esista. Se c’è qualcuno che può farcela è proprio
lei. E so anche che non reggerà a lungo in questa situazione, e intendo quella
fuori dal ciondolo.”
“Che vuoi dire?”
“Andiamo Hayley, tu lo sai
meglio di me: ha passato cinque anni di inferno, ha fatto cose terribili e ha
perso se stessa diverse volte e tutto per salvare Elijah, per avere un futuro
con lui. E guarda dove si è ritrovata... in mezzo all’ennesima guerra dei
Mikaelson, a dare tutta se stessa senza ricevere nulla. Si merita di meglio di
questo, ma Elijah non sembra capirlo.”
L’Ibrida respirò a fondo,
Constantine aveva ragione e lo sapeva, ma non aveva idea di come cambiare le
cose. Lasciare New Orleans sarebbe stato un buon inizio ma lei non poteva e
Allison non se ne sarebbe andata lasciandoli soli ad affrontare il pericolo.
Voleva poter fare molto di più per lei. Sobbalzò quando il corpo di Allison si
inarcò di improvviso. “Che succede?” domandò mentre Matt e gli altri si avvicinavano.
“Ha cambiato scenario”
sentenziò Sirahel l’Arcangelo.
***
L’altra porta rossa che aprì,
catapultò Allison nel Medioevo. Era sera e si ritrovò, vestita per l’occasione,
vicina alla riva di un fiume nei pressi di un villaggio dove si stava tenendo
una specie di festa. Si sentivano suoni – una sorta di musica – e si sentivano
chiacchiericci, urla e risate. Diede un’occhiata intorno, avanzando di qualche
passo e poco distante, a due passi dalla gente, in un angolo vicino a un
recinto vide Elijah scambiare un appassionato bacio con una donna. Non la
riconobbe subito ma poi quando il bacio finì capì chi era. Era il volto di
Elena Gilbert ma in realtà si trattava di Tatia, la donna che sia Klaus sia
Elijah avevano amato follemente, la donna che proprio il suo El aveva ucciso.
“Fantastico!” esclamò
allargando le braccia, stanca di tutta quella storia, desiderosa che finisse
una volta per tutte. Fosse stato per lei sarebbe andata da Elijah e gli avrebbe
sputato in faccia tutta la verità; ma John le aveva raccomandato di non forzare
le cose. Le aveva anche detto che quando il tempo fosse stato lì lì per scadere
lo avrebbe capito, lei iniziava a sentire che era il momento di darsi una
mossa.
“Salve” la salutarono e lei
sobbalzò.
“Cavolo!” esclamò portandosi
una mano al petto per placare il battito del suo cuore. “Mi hai spaventata a
morte.”
“Non volevo” replicò lui,
Elijah, trattenendo una risata. “Ero solo curioso di sapere perché te ne stai
da sola in questo angolo e non partecipi alla festa. E poi volevo anche sapere
chi sei, non ti ho mai vista prima d’ora.”
“Sono... sono una viandante”
improvvisò Allison. “Sono solo di passaggio.”
“E dove sei diretta
esattamente?”
“A Nord” replicò lei con
piglio sicuro.
Elijah le si avvicinò, e solo
allora Allison riuscì a vederlo ben bene. Aveva i capelli lunghi raccolti in un
codino, quei vestiti medioevali mettevano in risalto le sue spalle possenti.
“Temo di doverti dare una brutta notizia.”
“E cioè?”
“Stai andando nella direzione
sbagliata. Nord è dall’altra parte.”
Lei respirò a fondo, incapace
di pensare a qualcosa che non fosse che lo amava tantissimo e che sperava di
poterlo aiutare a tornare indietro senza conseguenze. Voleva solo il meglio per
lui, voleva che fosse felice.
“Perché mi guardi in quel
modo?” gli domandò notando lo sguardo che le stava riservando.
“La natura è stata generosa
con te” le disse lui piegando il capo. “Sei bellissima.”
Allison sorrise. “Non stavi
baciando la tua donna pochi minuti fa?”
“Sì e amo Tatia, ma c’è
qualcosa in te che... ti ho già incontrata prima d’ora, per caso?” fu in
quell’istante che la terra tremò per un attimo, Elijah si guardò intorno
confuso. Allison capì che il tempo a sua disposizione stava finendo. Non poté
fare altro che seguire il suo istinto. Allungò la mano e la poggiò sul viso di
Elijah.
“Sì, ci siamo già incontrati,
in un’altra vita. Ed è proprio lì che dobbiamo tornare. So che sei confuso ora
e so che non ti ricordi di me, di noi... ma anche senza memoria sei comunque il
mio nobile, amorevole El. Non il mostro che credi di essere.”
Gli occhi di Elijah si
riempirono di lacrime, le prese il viso tra le mani e sospirò. “È vero, non mi
ricordo di te, eppure ho la sensazione che tu sia la cosa più preziosa che ho”
la baciò e lei sorrise chiudendo gli occhi.
***
Eljah si risvegliò ritrovandosi
sdraiato a terra, riconobbe subito la stanza, il viso di Klaus fu la prima cosa
che vide. Gli sorrideva felice ma lui aveva in mente solo una cosa. “Allison”
sussurrò mettendosi seduto, ricordando ogni minimo dettaglio dietro ognuna di
quelle porte. Si voltò a destra e lei era lì per terra, inerme, pallida. Matt
le teneva una mano, Freya l’altra. Hayley era immobile e attonita mentre John
pronunciava alcune parole a bassa voce.
“Allison” disse ancora
raggiungendola, facendo spostare tutti tranne Constantine. La prese tra le
braccia e si accorse che era fredda, troppo. “Amore ti prego apri gli occhi.
Andiamo, andiamo, andiamo!”
Vide Matt piegarsi sulle
ginocchia, con le mani si copriva il viso, la mano di Hayley sulla sua schiena.
Si accorse solo allora che c’era anche quel tizio... James qualcosa. Il vero padre
di Allison.
“Perché non si sveglia?”
domandò a Freya. “E perché è così fredda?”
“Spostati!” gli ordinò
l’Arcangelo.
“Nemmeno per sogno.”
L’altro si piegò sulle
ginocchia, poggiò la mano sulla fronte di Allison e chiuse gli occhi. Dal corpo
della donna si irradiò una luce biancastra e brillante che costrinse tutti,
volenti o nolenti, ad allontanarsi. Quando l’abbaglio si placò lei si svegliò.
“Allison” la chiamò Elijah
tirando un sospiro di sollievo.
Lei aprì e chiuse gli occhi
diverse volte, infine lo guardò. “Dove sono?” chiese con voce rauca. “Chi sei
tu?” l’Originale elegante si sentì morire dentro.
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Capitolo 23 *** 23. ***
23.
Allison guardò il suo riflesso allo specchio
un’ultima volta prima di decidere che ne aveva abbastanza; ne aveva abbastanza
di tormentarsi ogni giorno da un mese, di sforzarsi di ricordare la sua intera
esistenza. Ne aveva abbastanza di sentirsi persa, disorientata, ne aveva
abbastanza di tutto. Con un gesto spostò da davanti agli occhi un ciuffo di
capelli e uscì dal bagno, avvolta in un accappatoio bianco. Sotto i suoi piedi
scalzi sentì quel parquet scuro che, così le avevano detto, era stata proprio a
lei a scegliere.
Peccato che non ne avesse alcuna memoria. Non
aveva memoria di nulla.
Si era svegliata in una casa piena di gente che
sosteneva di essere la sua famiglia, e ogni giorno da allora in quel posto che
per lei non era casa, c’era un via vai di gente che sapeva molto di lei ma di
cui lei non sapeva nulla.
Suo fratello, Matthew – o almeno lui sosteneva di
essere suo fratello – le raccontava ogni giorno qualcosa del loro passato, del
loro presente. Sperava che servisse a qualcosa ma l’unica cosa che ne veniva
fuori era un mal di testa e tanta confusione. Poi c’era Hayley... Allison non
aveva ben capito chi fosse. Aveva una figlia, le avevano detto, Hope e quella
bambina era sua... nipote. Figlia del fratello di suo marito. Marito! Lei, che
non era neppure sicura di credere nel matrimonio, aveva un marito.
Elijah, era questo il suo nome, l’affascinante e
misterioso uomo che ogni giorno si assicurava che avesse la sua colazione
preferita, dei fiori freschi in camera e che la guardava ogni istante con lo
sguardo più pieno di amore che Allison ricordasse di aver mai visto. Poteva
sentirlo quel sentimento, poteva sentirlo davvero, ma non ricordava come
apprezzarlo, tantomeno come ricambiarlo.
E poi c’era Klaus, Freya... una serie di altri personaggi
che per lei era faticosissimo ricordare. Persino i nomi erano un problema e
col passare del tempo, mentre tutti speravano che i ricordi si sarebbero
risvegliati, lei sentiva invece che anche quel poco che aveva appreso in quel
mese stava lentamente svanendo. Era come andare indietro cercando
disperatamente di andare avanti ma non sapeva come spiegarlo quindi preferiva
non dirlo.
Sobbalzò quando bussarono alla porta ed Elijah
fece il suo ingresso chiuso in un completo elegante grigio. Vederlo la fece
sorridere, e per un istante la confusione sembrò sparire, per poi tornare
prepotente pochissimi secondi dopo. “Ciao” gli disse alzando poco la mano.
Lui deglutì a vuoto diverse volte, abbassò lo
sguardo e chiuse gli occhi. “Ciao” ricambiò guardandola di nuovo. “Volevo
sapere come stavi.”
“Se è questo che vuoi sapere, sto abbastanza
bene. Se invece la tua vera domanda è se ricordo qualcosa, allora no. Non
ricordo nulla.”
“Capisco” annuì lui sorridendole. “Hai guardato
le foto che ti ho portato?”
“Sì... e no. Ho iniziato ma non è successo nulla
e così ho smesso.”
L’uomo fece un grosso respiro, le riservò un
altro sorriso dall’aria rassicurante, ma nei suoi occhi Allison lesse sconforto
e delusione. Le faceva male vederlo in quel modo, sapere che era lei la causa
di quegli occhi tristi. Così disse quello a cui stava pensando da qualche
giorno, dopo un discorso che lei e Matthew avevano fatto.
“Ti va di sederti un istante?” gli domandò
indicando il letto. “Vorrei parlarti di una cosa, credo sia importante.”
Elijah annuì, sbottonò con un gesto elegante la
giacca e si mise a sedere. Allison gli si sedette di fronte. “Pensavo che ti
sono grata per tutto quello che stai facendo per me. Sono grata a tutti voi...
ma forse non è quello di cui ho bisogno.”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che tutti provate in ogni modo
possibile a farmi ricordare e c’è così tanta aspettativa nei vostri occhi,
nelle vostre parole... che mi sento sotto pressione.”
“Non era quello che volevamo, mi dispiace che tu
ti senta così.”
“Lo so, non è questo il punto Elijah. Il punto è
che... ogni volta che mi guardi, sento l’amore che provi per me. E ogni volta
che non ricordo vedo i tuoi occhi spegnersi ed è come se ti pugnalassi al
petto. E sì, non ricordo niente della nostra relazione, non ricordo il nostro
matrimonio, né il nostro primo incontro, o il nostro primo bacio, e anche se è
terribile da dire è come se tu fossi un estraneo per me.”
“Ti prego non parlare così” mormorò lui
guardandola e per lei fu istintivo prendergli la mano.
“Nonostante tutto, ogni volta che ti vedo
soffrire, mi sento morire. E non ce la faccio più. Forse sarebbe meglio per
entrambi se me ne andassi per un po’.”
“Andare dove?” domandò l’uomo scuotendo il capo.
“Non ricordi chi sei né la vita che facevi prima di perdere la memoria. Non
ricordi nulla, non è sicuro per te lì fuori.”
“Non sarò sola. Io e Matthew... mio fratello” si
corresse. “Abbiamo parlato. Lui è disposto a venire con me. Vuole portarmi a
casa, nella casa in cui sono cresciuta. Pensiamo che forse tornarci potrebbe
aiutarmi.”
“Allison, ti prego. Non è questa la soluzione.”
“Come lo sai? Abbiamo provato di tutto, da un
mese a questa parte abbiamo parlato, abbiamo guardato fotografie, mi avete
raccontato storie di ogni tipo ma io non ricordo comunque nulla. Senti, so che
volete aiutarmi, so che tu vuoi che io ricordi, ma questo posto non mi aiuta e
forse è il caso di cambiare scenario.”
Elijah fece un grosso respiro, le baciò il palmo
della mano e poi si alzò. Allison sentì freddo senza quella mano grande tra le
sue. “Se credi che valga la pena provare va bene, verrò con te ovunque vorrai
andare.”
“No, non credo che sia una buona idea, che tu
venga con me intendo. Ogni volta che mi chiedi se ricordo e io rispondo di no,
ti ferisco e ferirti mi fa male. Elijah...”
“No!” esclamò lui. “Ti ho già persa troppe volte.
Ci siamo già persi, troppe volte. Non succederà di nuovo. Sì, quando non
ricordi nulla di noi mi ferisce; quel velo di smarrimento dentro i tuoi occhi
mi fa male come nient’altro al mondo, ma questo non cambia il fatto che preferirei
un miliardo di giorni con te senza memoria piuttosto che un solo istante senza
di te” le si avvicinò e le prese il viso tra le mani, lei non si ritrasse come
invece era successo subito dopo il suo risveglio. “Sei mia moglie e ti amo più
di ogni altra cosa al mondo. Sei la cosa più preziosa che ho. Abbiamo tre
regole tu ed io, e so che tu non ne ricordi nemmeno una ma in questo preciso
istante io sto scrivendo la regola numero quattro. E sai cosa dice?”
“Cosa?”
“Che mai, mai e poi mai, ti lascerò andare di
nuovo. L’ho già fatto troppe volte, non lo farò ancora, neppure se tu credi che
sia la cosa giusta. E puoi arrabbiarti, puoi urlare, puoi odiarmi se vuoi. Se
vorrai andare via verrò con te anche se non mi vuoi, anche se per il resto dei
miei giorni dovrò seguirti ovunque, anche se per il resto dei nostri giorni non
ti ricorderai di me.”
Allison si accorse che stava piangendo, le mani
grandi di Elijah si bagnarono delle sue lacrime, il suo cuore si colmò di
tristezza. “Mi dispiace” singhiozzò. “Mi dispiace di non riuscire a ricordare
un marito così perfetto come sei tu.”
“Non sono perfetto. Niente affatto. Ho tantissimi
difetti, ma si incastrano perfettamente con i tuoi. E quell’incastro... quello
sì che è perfetto.”
Allison lo abbracciò, e quando lui ricambiò la
stretta, la presa fu così salda che le paure svanirono.
****
Quella sera, mentre stavano cenando, arrivò a
casa un altro viso che Allison non ricordava ma che sembrava conoscerla fin
troppo bene. Si presentò con barba incolta e capelli spettinati e le chiese di
parlare. “Non voglio interrompere la vostra cena, ma ho bisogno di parlare con
te.”
Lei fece uno sforzo mentale, ma quella faccia non
le diceva nulla, per quanto ci provasse. “Ti conosco?” domandò guardando Elijah
alzarsi e voltarsi verso l’ultimo arrivato.
“Cos’è, uno scherzo?” chiese proprio lui. “Non ci
vediamo da un po’ e l’ultima volta sono successe alcune cose, ma che addirittura
tu abbia deciso di fingere di non conoscermi più...”
“Non sta fingendo!” gli fece sapere Elijah
guardandolo. “E ora vattene, per favore. Stiamo cenando ed è una cosa di
famiglia.”
L’altro lo guardò con aria perplessa, si avvicinò
ad Allison e solo allora lei si rese conto che emanava un forte odore di
alcool. “Per favore, ho bisogno di parlarti.”
“Will” intervenne Matthew raggiungendolo e
prendendolo per un braccio. “Sei ubriaco... andiamo. Ci sono alcune cose che
devi sapere.”
Will... quel nome ad Allison non diceva proprio
nulla, ma d’altronde era una situazione a cui si era abituata oramai. Li seguì
con lo sguardo fino a quando non sparirono al piano di sopra, poi guardò
Hayley.
“Non mi ricordo di quel tizio, ma sono piuttosto
turbata, devo dire.”
Lei si schiarì la voce, guardò per un attimo
Elijah e poi parlò. “È un amico di famiglia, per così dire. Un detective della
polizia. Vi conoscete da molto tempo, ti è molto affezionato.”
“Anche troppo, se lo chiedi a mio fratello
Elijah” scherzò Klaus ridacchiando, ma Allison non ci trovava nulla di
divertente. Respirò a fondo e si alzò da tavola sorridendo a Hope.
“Scusatemi,” disse. “Ma non ho fame. Vado in
camera, a pensare ad una vita di cui non ricordo nulla” non aggiunse altro
mentre si allontanava e per Elijah fu una sofferenza non alzarsi e correrle
dietro, darle lo spazio di cui credeva avesse bisogno. Chiuse gli occhi
deglutendo a vuoto e la mano di Freya si poggiò sulla sua in un gesto di
comprensione e affetto.
“La zia Allison presto ricorderà ogni cosa. Ne
sono sicura” sentenziò Hope bevendo un sorso di acqua. “Sì, ne sono certa”
ripetè, dando nuova speranza a tutti.
****
La notizia ci aveva messo un po’ a trapelare, ma
alla fine la voce si era sparsa: Allison Morgan, la temuta cacciatrice non del
tutto umana, aveva perso la memoria. Non ricordava nulla della sua vita, del
suo lavoro, della sua famiglia. Delle sue debolezze. Niente di niente. Era
dunque il momento perfetto per attaccare e lei aveva tutte le intenzioni di
farlo. Senza esitazione pronunciò l’incantesimo e le protezioni di quella casa
crollarono... fu libera di entrare e lo fece, guardandosi intorno con
curiosità.
La casa era arredata con gusto, rispecchiava
perfettamente ciò che Allison era prima di diventare una cacciatrice; e cioè la
figlia di una ricca famiglia californiana. Era un bel posto ma a lei non
interessava. A Inadu premeva trovare un semplicissimo oggetto che avrebbe messo
per sempre fine alla vita di quella palla al piede. Non le ci volle molto per
trovarlo: emanava un potere mai sentito prima e la sua lama luccicava come
l’oro della vittoria.
“Bene” mormorò stringendola tra le mani. “Andiamo
a liberarci di Allison Morgan una volta per tutte. Proprio come ho promesso al
suo caro maritino.”
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Capitolo 24 *** 24. ***
24.
“Se ne vuole andare Niklaus. Questa situazione la
sta mettendo a disagio, la sta mettendo in difficoltà.”
“Sta mettendo tutti noi in difficoltà!” disse
Klaus versando un bicchiere di bourbon a suo fratello, dandolo poi a Matt
quando Elijah rifiutò. “È come una bomba a orologeria; piena di un potere che
non ricorda neppure di avere. Non può andarsene, questo è certo. Non è capace
di badare a se stessa in questo momento. Per lei è pericoloso lì fuori.”
“Non sarebbe sola” intervenne Matthew. “Non sto
dicendo che credo che andare via sia una buona idea, ma se non riusciamo a
trovare una soluzione... non voglio che si senta a disagio, farò ciò che vuole.
Persino se quello che vuole è andare via.”
Elijah respirò a fondo. Si domandò perché lui e
Allison non potevano semplicemente essere felici, per una sola volta nella loro
vita. “Devo fare qualcosa, e devo farla subito” mormorò, ma non sapeva cosa. O
forse sì.
“Elijah” lo chiamò Hayley dalla soglia della
porta. “Devi venire, adesso. Allison... vieni a parlarle per favore, venite
anche voi” disse a Matt e Klaus e tutti e tre la seguirono fino alla
biblioteca, dove Allison stava lanciando alcune cose nel fuoco acceso del
camino, con il viso rigato di lacrime.
“Allison, cosa stai facendo?” le chiese suo
fratello guardandola perplesso mentre gettava il suo cellulare tra le fiamme.
“Butto via il cellulare e anche il computer”
disse lanciando il suo portatile. “E le mie carte di credito e tutto il resto.
Non ricordo né codici né password quindi è inutile tenerli.”
“Quando ritroverai la memoria ti pentirai di
averlo fatto” scherzò Klaus. Ma lei si voltò a guardarlo, a guardare tutti
loro, come una furia; gli occhi azzurri e brillanti anche se lei non ne era
consapevole.
“Non ritroverò mai la mia memoria. È tutto
inutile e mi sono stancata!” urlò.
Elijah le si avvicinò e le prese le mani senza
esitazione. Era fredda e tremava, il cuore le batteva all’impazzata; era fuori
controllo e lui voleva solo stringerla a sé. Improvvisamente seppe esattamente
cosa doveva fare e anche se sapeva che era pericoloso decise che non gli
importava, era l’unico modo e lui avrebbe agito. “Allison” le sussurrò cercando
il suo sguardo, trovandolo colmo di confusione. “Risolverò questa cosa, te lo
prometto. Fosse l’ultima cosa che faccio, riavrai la tua memoria. Ti prego,
fidati di me.”
“Io non ti conosco” pianse Allison. “So che è
terribile e non vuoi sentirlo ma perché dovrei fidarmi se non so niente di te?”
“Perché ti amo” replicò lui. “Hai detto che
quando mi guardi, negli occhi vedi tutto il mio amore per te, è di quell’amore
che ti chiedo di fidarti. Puoi farlo?”
Allison sentì il nervosismo placarsi, l’ansia anche.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo. “E che succede se non ci riesci? Nonostante
le promesse, che succede se non riesci a fare ciò che dici? Non ricorderò mai
più nulla, non ricorderò te, non ricorderò noi e il nostro amore.”
Il vampiro le prese il viso tra le mani. “In quel
caso ci innamoreremo di nuovo. Lo abbiamo già fatto tante volte.”
La donna abbozzò un sorriso, si sporse verso di
lui e gli baciò le labbra dolcemente con un bacio veloce e leggero. “Ti prego,
non voglio vivere così.”
Elijah la strinse forte.
****
Klaus scosse il capo mentre seguiva suo fratello
e Matt, diretti a casa di James S. Westfall, l’apparentemente normale uomo d’affari
che in realtà era il potentissimo Arcangelo che era il padre di Allison. Viveva
nel bel mezzo del nulla in un bosco, in una casa grandissima che sembrava vuota
ma che non lo era.
“Elijah, fermati!” gli disse. “Fermatevi
entrambi.”
“Che succede?” domandò il maggiore dei Morgan.
Klaus puntò gli occhi su suo fratello. “Qual è il
piano?”
“Troverò quell’Arcangelo e lo convincerò ad
aiutare Allison. Con la forza se necessario.”
“Voglio aiutarti, fratello. Davvero. Ma il tuo
piano è folle; non puoi battere un Arcangelo. Morirai.”
“Così sia allora, Niklaus” Elijah mise le mani
nelle tasche. “per secoli ho vissuto con questo buco nel cuore. Ero solito
credere che fosse il mio fardello da portare, la mia punizione per essere un
mostro. Ma poi ho incontrato Allison” sorrise, “ha visto il mostro e mi ha
amato comunque. Mi ha sorriso e il buco nel mio cuore è sparito... Non posso
perderla, Niklaus. Lei è il mio tutto; la mia luce, la mia anima, la mia redenzione.
Il mio sempre e per sempre.”
Calò il silenzio per un istante, sia Matt che
Klaus non dissero assolutamente nulla, mentre Elijah respirava a fondo pronto a
qualunque cosa. Fu allora che l’Arcangelo comparve chiuso in un completo
elegante e l’espressione severa. “Che diavolo volete voi?” domandò loro.
I tre si prepararono a tutto.
****
“Sei davvero bravissima” Allison guardò il
disegno di Hope e sorrise. Quella dolce bambina che la chiamava zia e a cui
voleva bene anche se non ricordava. Aveva visto parecchie foto di loro due
insieme, sembravano andare molto d’accordo, Hayley aveva detto che si
adoravano. Lei sperava di ricordarlo presto. Elijah era uscito con Klaus e
Matthew promettendole che avrebbe riavuto la sua memoria; Allison credeva che
fosse sincero quando lo aveva detto, voleva davvero aiutarla. Ma non era sicuro
che ci sarebbe riuscito.
Era tutto così strano che a volte sperava di
svegliarsi e scoprire che si trattava solo di un brutto sogno. Ma per quanti
pizzicotti si fosse data non si era svegliata. Volse lo sguardo a Keelin e le
sorrise: non aveva ancora ben capito quale fosse il collegamento di quella
donna con la famiglia Mikaelson, ma visto il modo in cui lei e Freya si
guardavano pensava di averlo intuito. C’era amore in quegli sguardi, ma sapeva
di amore taciuto. Allison aveva la sensazione che a tacere i suoi sentimenti
maggiormente, tra le due, fosse Freya. Pensò che voleva parlarle, una volta che
lei ed Hayley fossero tornate a casa da quella commissione che avevano
detto di dover sbrigare.
“Non so voi!” annunciò la bella donna. “Ma io ho
fame. Vi vanno dei sandwich?”
“Sì!” esclamò Hope. “Prosciutto e formaggio per
me.”
“Vado io” si offrì Allison. “Qualcosa mi dice che
sono brava a preparare i sandwich.”
“Lo sei” le disse Hope. “La più brava di tutte.
Ci metti tanto condimento, proprio come piacciono a me.”
L’altra rise, guardò Keelin e la indicò con un
dito: “Per te?”
“Burro d’arachidi e cetriolini.”
“Burro di arachidi e cetriolini? È un abbinamento
terribile.”
“Decisamente” concordò Hope.
“Fatevi gli affari vostri” si finse offesa Keelin
e sia Hope che Allison scoppiarono a ridere. Proprio quest’ultima scosse il
capo scendendo al piano di sotto e lì incrociò una donna che non ricordava di
conoscere.
Stava insieme ad alcuni uomini ma non sapeva chi
fossero. “Salve” li salutò. “Posso aiutarvi?”
Gli occhi della donna che le stava di fronte si
tinsero di sorpresa e... tristezza? “Allora è vero.”
“Cosa?”
“Che hai perso la memoria. Non ti ricordi di me?”
A Allison venne da piangere, un’altra persona di
cui non ricordava neppure l’esistenza. “Temo di no” disse. “Mi dispiace.”
“Sono Sofya” continuò l’altra avvicinandosi, gli
occhi le si riempirono di lacrime. “Sono una delle tue più vecchie e care amiche.”
“Io non...” farfugliò Allison quando vide che
stava piangendo piano. “Non ricordo niente e nessuno. Ti prego non piangere.”
“È solo... è solo che vorrei abbracciarti. Ma non
so se tu lo vuoi.”
La cacciatrice si strinse nelle spalle con un
sorriso. “Un abbraccio è sempre ben accetto. Non ha mai ucciso nessuno in fondo”
allargò le braccia e accolse la sua... amica. O almeno così lei diceva.
“Hai ragione, un abbraccio non ha mai ucciso
nessuno. Fino ad ora” replicò Sofya stringendola. Quello che Allison sentì però
non fu la stretta, ma il freddo di una lama passarle attraverso lo stomaco. E
in un attimo ogni cosa le tornò alla mente, la memoria che credeva di aver
perduto per sempre, ogni singolo ricordo.
Ridacchiò, anche se a giudicare dal dolore non c’era
niente da ridere. “Sei una vigliacca, Inadu” disse al suo assassino, “colpirmi
proprio ora che non ero in grado di difendermi.”
“Vero” concordò lei indietreggiando poco,
lasciando la lama dentro il corpo di Allison che cadde in ginocchio e infine
seduta. “Ma tu e il tuo dannato potere angelico... Non avevo altra scelta.
Avevo fatto una promessa a tuo marito, il giorno che l’ho ucciso... gli ho
promesso che avrei ucciso anche te e io mantengo sempre le mie promesse.”
“Allison!” la chiamò Keelin. “Oh mio Dio.
Allison.”
“Rimani con Hope!” urlò la cacciatrice. “Quanto a
te,” disse rivolta a Inadu. “Lascia andare Sofya. Ora!” gli occhi diventarono
blu e luminosi, il corpo di Sofya cadde in terra privo di sensi mentre Marcel
arrivava.
“Che succede?” domandò guardando la sua ragazza
svenuta a terra. Poi Allison. Per lui fu istintivo avvicinarsi per prestarle
soccorso. “Come posso aiutarti?” le chiese.
“Non toccare la lama” chiese lei tossendo. “E
trovami Elijah. Non mi rimane molto tempo.”
****
Per Sirhael fu come ricevere una pugnalata al
cuore. Fece male, malissimo e subito capì che si trattava di Allison. Sentì la
sua parte Arcangelo prendere il sopravvento, tese le mani verso i tre sgraditi
visitatori e volò. Sua figlia aveva bisogno di lui e quell’istinto era più
forte di qualunque orgoglio.
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Capitolo 25 *** 25. ***
25.
Elijah
si ritrovò alla tenuta, con lui suo fratello e suo cognato, e
quell'Arcangelo da cui si erano recati per chiedere aiuto. Gli servì un
istante per riprendere il controllo del suo corpo, ma era una sensazione a cui
non era nuovo: quando aveva volato con Allison era stato lo stesso, solo che
con lei era stato più bello, perchè si erano stretti.
L'odore
del sangue arrivò alle sue narici subito dopo; era il sangue di sua moglie.
Sentiva anche l'odore di Marcel e quella combinazione non gli piaceva affatto.
“Allison”
la chiamò voltandosi in direzione di quell'odore ferroso, e la individuò
subito, seduta per terra, le spalle poggiate a una parete, Marcel le teneva una
mano e il suo corpo era attraversato da parte a parte da una lama argentata e
brillante.
Elijah
sentì un brivido pervaderlo completamente, fu la sensazione più brutta
provata in tutta la sua esistenza e lo immobilizzò.
Rimase
pietrificato mentre lo sguardo di Allison incontrava il suo e un leggero
sorriso le piegava le labbra. “No” sussurrò scuotendo il capo, Matthew
gli passò a fianco per correre da sua sorella ma per l'Originale in completo il
mondo sembrava essersi fermato.
“Cos’è
successo?” fu la voce di Hayley a riportarlo alla realtà e tutto riprese a
muoversi normalmente, forse troppo velocemente. Camminò a passo deciso e cadde
in ginocchio davanti alla donna che amava muovendo goffamente le mani,
desideroso di toccarla, spaventato di farlo. Cos’era quella lama? E perché
Allison sanguinava? Non era, teoricamente, invincibile?
“Allison”
le disse cercando il suo sguardo. “Cosa...”
“Ciao
El” replicò lei sforzandosi di sorridere. “Ho una buona e una cattiva notizia:
la cattiva è che questa lama è l’unica arma che può uccidermi, non appena sarà
fuori dal mio corpo sarà la fine. La seconda è che ricordo tutto” ridacchiò.
Ma Elijah
lasciò cadere qualche lacrima scuotendo il capo. “Non è divertente. Dimmi come
posso aiutarti, ti prego” sentiva il cuore esplodergli nel petto e un
singhiozzo spezzò le sue parole.
“Non
puoi” lei provò a respirare a fondo e sentì un dolore lancinante quando lo
fece. Marcel le strinse più forte la mano senza guardare nessuno. Allison
sorrise guardandolo, pensando che l’uomo gentile e divertente a cui tutti loro
volevano bene, era ancora lì da qualche parte. “Marcel” lo chiamò e lui la
guardò. “Lascia andare la rabbia” gli occhi le si fecero blu per qualche
secondo. “Prendi Sofya e vai. Sii felice.”
Lui
chiuse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime, le baciò una mano e poi se
ne andò prendendo il corpo di Sofya; degli uomini di Inadu si erano perse le
tracce non appena quella maledetta presenza aveva lasciato la donna di cui era
innamorato.
Allison
rimase sola con la sua famiglia, una mano stretta in quella di suo fratello, il
pianto di Hayley e Freya in sottofondo, lo sguardo raggelato di Elijah, gli
occhi pieni di lacrime di Klaus, la postura composta di suo... padre.
“Aiutala!”
urlò Elijah proprio a lui. Ma l’Arcangelo scosse il capo deglutendo a vuoto.
Gli occhi dell’Originale si venarono di sangue. Fu Allison a fermarlo.
Gli
prese la mano, attirando la sua attenzione, e gli sorrise. “Va tutto bene” lo
rassicurò. “Solo tienimi la mano.” Elijah lo fece, la strinse tra entrambe le
sue, ne baciò il palmo e il dorso una, due volte. Scosso da singhiozzi che non
riusciva a fermare. Allison guardò suo fratello.
Anche
lui piangeva, e somigliava tantissimo alla loro madre. Lei l’avrebbe rivista
presto e si sarebbero strette in un abbraccio carico di amore.
“Andrà
tutto bene” provò a rassicurarla Matt, ma in fondo sapeva che non era vero.
“Voglio
dirti una cosa, avvicinati ti prego” gli chiese la cacciatrice e lui lo fece,
avvicinò l’orecchio alla sua bocca e ascoltò. “Ti voglio bene, fratello mio.
Smetti di pensare al passato, vai avanti e trova la tua felicità. Sei redento.”
Matt singhiozzò, baciò la fronte di sua sorella senza spostarsi di un millimetro;
voleva solo tenerla al sicuro, esattamente come Elijah. Però nessuno poteva
aiutarla.
“El”
chiamò lei con il fiato corto. “Voglio che tu mi prometta una cosa. Voglio che
tu mi prometta che sarai felice, che amerai e ti lascerai amare.”
“Smettila
Allison, ti prego.”
“Non
cercare qualcuno che ti ami come me, perché nessuno al mondo potrà mai farlo.
Sei la cosa più straordinaria che mi sia capitata. Sei stato difficile da
conquistare ma quando è successo, mi hai dato ogni cosa di te e io amo ognuna
di quelle cose. Sono pronta ad andare, ma non voglio farlo se prima non mi
prometti che sarai felice, che non perderai te stesso, che non lascerai che la
rabbia prenda il sopravvento.”
Elijah
le baciò le labbra, poi poggiò la fronte sulla sua. “Non farmi fare promesse
che non potrò mantenere. Solo non lasciarmi, ti prego” si lasciò andare contro
di lei, il capo poggiato tra il suo collo e il suo viso ed Allison lo strinse
quanto più forte poteva. Si voltò a guardare suo padre e gli sorrise. “Quando
sono venuta da te, anni fa, volevo conoscerti, volevo saperne di più. Ma tu mi
hai rifiutata.”
L’Arcangelo
deglutì a vuoto. “Io non...”
“Lasciami
finire, per favore” lo interruppe lei. Per poi riprendere “mi hai rifiutata e
il rifiuto ha fatto male. Non capivo perché non mi volessi nella tua vita, in
fondo eri mio padre ed io non volevo nulla da te, se non poterti vedere di
tanto in tanto, poterti parlare di tanto in tanto. Ero furiosa e lo ero fino a dieci
minuti fa, poi mi hai guardata e il tuo sguardo ha dissipato la rabbia. Ho
capito finalmente: ho capito che in fondo mi vuoi bene ma l’amore non è
qualcosa a cui sei abituato e questo ti spaventa. Forse, l’unica volta in cui
hai amato davvero è stato quando ti sei innamorato di mia madre; hai cambiato
ogni cosa per lei e lei ha scelto di amare qualcun altro. Deve fare male,
credo. E forse ogni volta che mi guardi rivedi lei, e il dolore ritorna. Lo
capisco, ma voglio che tu sappia che nonostante amassi follemente mio padre,
l’uomo che mi ha cresciuta, c’è spazio anche per te nel mio cuore.”
“E se ti
dessi un po’ del mio sangue? Rinasceresti vampiro” propose Matt ignorando tutto
il resto, speranzoso mentre asciugava la fronte sudata di sua sorella.
“Non
funzionerebbe” fece sapere loro Sirahel con tono quanto più possibile formale. “2”Lei è per metà Arcangelo, il suo sangue è puro,
rigetterebbe il tuo che puro non è.”
“È tua
figlia!” esclamò Klaus guardando l’Arcangelo, “vuoi davvero lasciarla morire?
Aiutala!”
“Non
posso guarirla” replicò l’altro inginocchiandosi e afferrando la lama.
“Cosa
fai!” sibilò Elijah rimettendosi dritto, gli occhi venati e i denti affilati.
Gli
occhi di Sirahel si fecero azzurri e brillanti. “Metto fine alle sue
sofferenze!” esclamò muovendo la mano, e tutti vennero scaraventati lontano
mentre lui estraeva la lama dal corpo di Allison. Pochi secondi e di lei rimase
solo un corpo privo di vita.
****
Elijah
fu il primo a risvegliarsi; nelle orecchie un fischio fastidioso, nelle mani
ancora il calore della pelle di Allison. Davanti agli occhi l’immagine
spaventosa di lei inerme e di quell’Arcangelo maledetto che afferrava la lama
pronto a tirarla via, pronto a uccidere la sua stessa figlia.
Con un
balzo si mise in piedi, ignorando il frastuono che sentiva riecheggiargli in
testa e si voltò in direzione di Allison, trovandola riversa in terra, la lama
fuori dal suo corpo, i suoi occhi chiusi... per sempre.
“No!”
urlò con quanto fiato aveva in gola, così forte che gli altri si svegliarono. “Che
cosa hai fatto?” gridò contro l’Arcangelo, spingendolo via con entrambe le
mani, gli occhi rossi di sangue e i denti aguzzi mentre si posizionava davanti
al corpo inerme di Allison, come a farle da scudo.
“Maledetto!”
esclamò Matt lanciandosi contro Sirahel, finendo però scaraventato contro un
muro.
“Credete
davvero di poter combattere con me?” l’Arcangelo scosse il capo, gli occhi
fissi su Elijah che piangeva disperato stringendosi addosso il corpo di
Allison. La amava, ed era evidente, lui quell’ardore lo conosceva fin troppo
bene. Lo aveva sperimentato anni prima, e da quella fiamma era nata la donna
che un vampiro ora stringeva tra le braccia.
“L’hai
uccisa” pianse Hayley inginocchiandosi a terra, scossa da singhiozzi che non
era capace di controllare. “Ally” mormorò guardando il cadavere della sua
amica, di sua sorella, della sua famiglia.
Sirahel
non disse nulla, rimase con gli occhi fissi sul corpo di sua figlia, in
silenzio mentre tutti piangevano, poi abbozzò un sorriso piegandosi sulle
ginocchia. “Allontanati” disse ad Elijah.
“Tu
allontanati” ringhiò l’altro. “Fosse l’ultima cosa che faccio, giuro
solennemente che ti ucciderò. Mi hai portato via la cosa più preziosa che avevo,
io ti poterò via la vita” sobbalzò appena quando sentì Allison muoversi, il
cuore riprendere piano a battere. Dal corpo di sua moglie iniziò ad irradiarsi
una luce blu e brillante che gli bruciò la pelle. Non voleva lasciarla ma
stringerla lo feriva, letteralmente.
Nel
grande atrio comparvero una dozzina di persone, Angeli a giudicare dal fruscio
di ali che si sentì. Con le mani incrociate dietro la schiena rimasero immobili
a fissare Allison con dei sorrisi a piegare loro le labbra.
“Che
succede?” chiese Elijah dando voce allo stupore di tutti.
“E fu
scritto che quando il Nephilim morirà, dalle sue ceneri rinascerà un Arcangelo.
Florence sarà il suo nome, perché il suo potere fiorirà e mai smetterà di
crescere. Grande sarà la sua forza e ancor più grande sarà la sua saggezza”
disse loro Sirahel. “La Allison che conoscevate sarà anche morta, ma la nuova
Allison è appena nata. Benvenuta Florence, figlia mia” sussurrò.
Gli
occhi di Allison si spalancarono di colpo, inondati di luce azzurra, la ferita
sul suo corpo sparì, il viso prese colore. Le palpebre si chiusero di nuovo per
pochi secondi; quando si riaprirono l’azzurro aveva lasciato il posto a quel
caldo nocciola che Elijah amava.
“Allison”
le sussurrò avvicinandosi. “Amore...”
Lei gli
sorrise. “Ciao El.”
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Capitolo 26 *** 26. ***
26.
Elijah
aiutò Allison a rimettersi in piedi, e dopo averle poggiato la sua giacca sulle
spalle la strinse per cinque lunghi minuti, in silenzio, senza mollare mai la
presa. Nessuno disse nulla ma ognuno prese qualcosa da bere ringraziando
silenziosamente una qualche stella. Gli angeli, che erano comparsi quando dal
corpo di Allison si era irradiata quella luce azzurra e brillante, se ne erano
andati via subito dopo il suo risveglio, e i Mikaelson erano rimasti di nuovo
soli, con Sirahel l’Arcangelo.
Lo
spavento di poco prima era passato, ma li scuoteva ancora, letteralmente. Era
infatti calato una specie di freddo innaturale, Matt sembrava soffrirlo più di
tutti; tremava respirando a fondo e Hayley gli stringeva la mano quasi quel
tocco volesse scaldarlo.
“Sto
bene” li rassicurò Allison guardandoli, senza mollare la presa della mano di
Elijah, senza mollare lui. “Sto bene” ripetè di nuovo, in un sussurro, proprio
all’Originale elegante. E lui annuì.
La donna
si rivolse allora a suo padre e respirò a fondo. “Cos’è successo?”
“Allison
è morta, e Florence è nata!” disse lui con tranquillità.
“Che
tradotto significa?”
“Sei un
Arcangelo adesso, a tutti gli effetti.”
Allison
corrugò la fronte. “Come scusa? Un Arcangelo, come te? Come Michele e Lucifero
e Gabriele e...”
“Credo
che noi tutti conosciamo i nomi degli Arcangeli” la interruppe lui. “Non devi
elencarli tutti. Sì, come loro.”
La
cacciatrice rise, una risata isterica che raggelò l’atmosfera per un istante.
Riecheggiò nel grande atrio mentre Allison cercava di riprendere il controllo.
“Io non voglio essere un Arcangelo, quindi qualunque cosa tu abbia fatto,
riporta tutto a com’era prima.”
“Prima
eri morta.”
“Allora
lasciami morire.”
“Allison”
si fece avanti Elijah. “Ti prego...”
“Un
Arcangelo, Elijah. Non credo che tu abbia idea di cosa significhi. Gli
Arcangeli sono meschini, manipolatori, si fanno la guerra tra loro e non gliene
frega niente delle conseguenze, dei danni collaterali. Io non voglio essere uno
di loro.”
“Essere
un Arcangelo è un privilegio” Sirahel si guardò intorno, individuò il bar e vi
si avvicinò. Senza chiedere il permesso – e dubitava che qualcuno glielo
avrebbe fatto notare – si versò un bicchiere di bourbon e ne bevve un lungo
sorso mettendosi poi a sedere. “Sì è vero, gli Arcangeli sono tutto quello che
hai detto, ma sono anche altro. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro; non
eravate molto amici tu e Gabriel?”
Allison
ripensò al suo amico, era morto per fare la cosa giusta, perché a lui
importava. “Sì, lo eravamo. Forse lui era l’unico Arcangelo decente in tutto il
vostro colorito gruppetto altolocato, e infatti è morto.”
Sirahel
ridacchiò. “Anche tu fai parte di questo gruppetto altolocato adesso. E prima
che tu perda tempo chiedendomi di riportare le cose a come erano, sappi che non
posso. Non ho alcun potere per farlo, sei tornava in vita solo perché lo ha
deciso Dio. O Chuck, come lo chiamate tu e quello strampalato trio con i
Winchester e Castiel. Se hai delle lamentele falle a lui, non siete amici in
fondo, tu e il grande creatore?”
La donna
sentì tutti gli occhi posarsi su di lei. L’argomento non era mai venuto fuori e
lei non si era mai preoccupata di informare tutti che conosceva Dio. Sorrise
poco ad Hayley che passandole accanto le strinse una mano prima di raggiungere
Hope e respirò a fondo. Non voleva essere un Arcangelo, ma l’alternativa era la
morte e anche se aveva detto il contrario poco prima, non voleva neppure
morire. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere su una sedia respirando a fondo.
Sentiva un potere mai sperimentato prima crescerle dentro, le faceva tremare il
petto, le mani; le guardò attentamente e le sembrarono forti come mai. Essere
un Arcangelo era un privilegio e obiettivamente lo sapeva... era come avere il
mondo ai propri piedi, aveva la possibilità di fare così tanto bene, così tanta
giustizia, così tanta pulizia in quel mondo schifoso... per dare a Hope un
futuro migliore, più limpido. Eppure aveva la sensazione che le cose per lei
sarebbero state incredibilmente complicate, come sempre.
Poggiò
lo sguardo su suo marito, la fissava in attesa, gli occhi spezzati. Suo
fratello, Freya, Klaus... tutti la guardavano in attesa, tutti sembravano
intimoriti. Fece un impercettibile segno ad Elijah e lui lo colse e la
raggiunse. Allison si sentì più sicura con lui al suo fianco, con le dita
intrecciate a quelle della sua grande mano. Gli accarezzò il viso con un
sorriso triste, poi guardò suo padre. “Cosa posso fare adesso che sono...”
“Teoricamente
qualunque cosa tu voglia” rispose lui. “Praticamente ci sono delle regole da
seguire. Noi non siamo stati creati per mischiarci alla gente, ma per osservarla
da lontano e vegliare, silenziosamente.”
“Silenziosamente”
gli fece eco Allison con sarcasmo. “È il tuo modo gentile di dirmi che non
posso interferire con l’ordine naturale delle cose?”
“È il
mio modo gentile di dirti che se non terrai un profilo basso, orde di angeli
invidiosi verranno a cercarti.”
“Invidiosi
di cosa? Ah sì” lei annuì. “Essere un Arcangelo è un privilegio. Quanti ce ne
erano in fila prima di me?”
“Parecchi.
A uno fra tutti dovrai prestare molta attenzione; il suo nome è Ismael, ma se
farai le cose saggiamente forse non lo incontrerai mai” Sirahel si alzò.
“Riposati ora, abituati al tuo nuovo status, tornerò qui domani e continueremo
questa conversazione.”
“Domani?
E fino ad allora cosa dovrei fare? Che succede se qualche angelo arriva qui
prima di domani? Metti almeno dei sigilli di protezione.” Gli occhi dell’uomo
si fecero azzurri e brillanti e su ogni parete si illuminarono alcuni simboli
che prima erano invisibili. Allison annuì. “Grazie.”
“Non
sono stato io” lui la guardò per un istante, poi volò via.
****
Ad
Allison era servito un bel po’ per riprendere il controllo e quando finalmente
lo aveva fatto, si era infilata sotto la doccia e si era lasciata cullare dal
getto caldo dell’acqua. Quel flusso aveva lavato lo sporco del sangue ma non si
era portato via nessuno dei suoi pensieri, neppure uno. L’idea di essere un
Arcangelo era ancora lì a tormentarla, non le piaceva, non voleva. Voleva
essere un’umana, una semplicissima umana che cacciava il soprannaturale, niente
di più e niente di meno.
Ma non
sapeva come tornare indietro e nessuno a parte Dio poteva aiutarla. Peccato che
non avesse idea di come e dove trovarlo e peccato sapesse che, anche per
assurdo lo avesse trovato, non l’avrebbe aiutata. Ne era certa.
Con un
gesto chiuse l’acqua e senza indugiare troppo si asciugò e andò in camera per
rivestirsi. Indossò la biancheria e una delle camicie di Elijah che più le
piacevano: era azzurra, un bell’azzurro caldo come il cielo d’estate. Lasciò
che i capelli si asciugassero da soli, poi sorrise ad Elijah che era appena
entrato in camera. Suo marito era stato comprensivo: gli aveva chiesto spazio e
lui glielo aveva concesso, ora voleva starle vicino e lei glielo avrebbe
lasciato fare.
“Ciao”
le disse sedendole accanto. “Hai fame?”
Lei
scosse il capo. “No” mormorò. “Ho indossato la tua camicia, è una delle mie
preferite.”
“Lo so,
e sta meglio a te che a me, l’ho sempre pensato.” Sorrisero entrambi, e poi
calò di nuovo il silenzio. Mentre ognuno prendeva la sua parte di letto, Elijah
ebbe la sensazione che quei silenzi sarebbero durati a lungo, sarebbero stati
una costante per un lungo tempo. Sperò di sbagliarsi. “Allison, guardami ti
prego” sussurrò alle spalle di sua moglie. E lei lo fece, con quegli occhi
meravigliosi pieni di ogni cosa. “Qualunque cosa ti passi per la testa, se vuoi
parlarne sono qui, okay?”
Allison
lo baciò con dolcezza, la mano piccola su quel viso grande. “Ti amo tanto.”
“Ti amo
anche io.”
“Ti
ricordi quando la cosa più complicata che dovevamo fare era insegnare ai
vampiri di Marcel come difendersi? Mi manca quella vita, era complicata, ma non
così tanto.”
“Sì,
capisco come ti senti. Non possiamo tornare indietro però, solo guardare
avanti. E lo faremo insieme, sempre e per sempre. Okay?”
Lei
annuì iniziando a piangere. Si abbandonò alla stretta delicata del suo uomo.
****
Hayley
si accoccolò sul petto di Matt e respirò a fondo giocherellando con la punta
delle dita. L’uomo stava pian piano iniziando a riprendere lucidità e lei
capiva perché gli servisse così tanto tempo, dopo tutto quello che era
successo. “Stai bene?” gli chiese.
Lui
respirò a fondo. “Mia sorella è morta” le disse. “Ed è ritornata in vita, da
Arcangelo. Non credo che starò bene per un po’.”
L’Ibrida
annuì. “Sì, capisco come ti senti. Ma dobbiamo essere presenti per lei,
qualunque cosa accada. Arcangelo o no è di Allison che stiamo parlando” alzò il
capo e gli poggiò il mento sul petto per guardarlo in viso.
Matt
ricambiò lo sguardo, poi con un sorriso si protese e la baciò. “Ti amo Hayley”
confessò. “Volevo dirtelo da un po’ ma non trovavo mai il coraggio. Oggi mi ha
fatto capire che non bisogna mai aspettare per dire le cose importanti perché non
siamo immortali come ci piace credere, in fondo.”
Lei lo
baciò di nuovo accarezzandogli il viso. “Anche io ti amo.”
****
Jack
aveva sentito qualcosa, non avrebbe saputo dire cosa di preciso perché aveva
ancora grandi difficoltà a concentrarsi quando le voci degli angeli gli
affollavano la mente, ma aveva decisamente sentito qualcosa. Un potere forte e indescrivibile
che lo attirava. Il suo primo istinto fu di volare seguendo quella sensazione,
il secondo gli disse di non falo solo.
“Castiel”
lo chiamò raggiungendolo nell’atrio. “Ho sentito qualcosa, gli angeli...”
“L’ho
sentito anche io” replicò l’altro. “Ma non ho ben capito di cosa si tratti.”
“Io
nemmeno ma qualcosa mi dice che dobbiamo andare.”
“Andare
dove?”
“A New
Orleans.”
Castiel
sembrò mettere insieme dei pezzi, respirò a fondo e poi abbozzò un sorriso. “Sveglio
Sam e Dean.”
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Capitolo 27 *** 27. ***
27.
Quella
notte fu l’inizio di un grande cambiamento, ma nessuno se ne accorse fino al
mattino dopo, fino a quando Elijah non si svegliò e scoprì che Allison si era
alzata già da un pezzo. La sua parte di letto era, infatti, fredda e la camicia
che indossava quando si erano messi a dormire la sera prima, era poggiata ai
piedi del letto. L’Originale pensò che era andata a fare una corsetta, come
faceva di solito, e lo pensò cercando di archiviare le brutte sensazioni che
aveva. Si disse che Allison era praticamente invincibile oramai, non aveva
motivo di preoccuparsi. Giusto?
Fece una
doccia, e a dispetto di quello che voleva non provò neppure a telefonarle. Non
voleva metterle pressione, voleva lasciarle i suoi spazi perché era così che
funzionava tra di loro. Decise che, se da lì ad un’ora non fosse rientrata,
allora le avrebbe telefonato. Scese di sotto, il cellulare stretto nella mano
sinistra, la destra chiusa dentro la tasca dei suoi pantaloni. Quel giorno il
padre di Allison sarebbe tornato a spiegarle un po’ di cose, lui non sapeva
ancora se quel tizio gli piaceva o no. Poco male, era probabilmente l’unico che
poteva aiutare sua moglie quindi se lo sarebbe fatto andare a genio.
“Buongiorno”
disse alla sua famiglia, seduta a tavola per la colazione. C’erano tutti,
tranne Hayley e Hope che, gli spiegò Freya, erano andate a comprare nuovi libri
e colori.
“Come
sta Allison?” gli domandò Keelin imburrando una fetta di pane. “Mi sento così
in colpa per quello che è successo con quella Sofya.”
“Non è
stata colpa tua” la rassicurò l’Originale. “Sofya non era in sé, altrimenti non
credo si sarebbe spinta così oltre. Inadu si sta rivelando un problema più
grosso di quanto credevamo” si versò una tazza di tè. “Ma sistemeremo le cose.”
“Lo
facciamo sempre, fratello” gli fece eco Klaus.
“Tua
moglie è una brava donna,” disse ancora Keelin guardando Elijah. “È dolce, è
amorevole, è leale ed è bellissima. Sei un uomo fortunato.”
L’Originale
elegante sorrise, ritrovava Allison in tutti quegli aggettivi, sua moglie era
tutte quelle cose e anche di più. Stava per ringraziare la giovane lupa quando
Marcel e Vincent arrivarono. Sui loro visi un’espressione per nulla pacifica.
“Voi
Mikaelson” iniziò lo stregone scuotendo il capo. “Proprio non riuscite a
mantenere la parola data, vero?”
“Buongiorno
anche a voi” disse loro Klaus, sarcasticamente. “Di quale atrocità siete venuti
ad accusarci questa mattina?”
“Alcune
streghe, diciamo una dozzina, sono state trovate morte all’alba. I loro corpi
erano ammucchiati all’interno di un edificio. Voi ne sapete nulla?”
Matt
ridacchiò. “Perché mai dovremmo saperne qualcosa? E perché mai avremmo dovuto
uccidere delle streghe?”
“Perché
siete delle bestie!” urlò Vincent. “Forse volevate qualcosa e non siete
riusciti ad ottenerlo e così le avete uccise. Per quasi sei anni, a New Orleans
c’è stata pace. Poi voi tornate e tutto si stravolge, di nuovo!”
Elijah
lo fissò, gli occhi ridotti a una fessura. Il suo sguardo si spostò su Marcel.
“Non ne sappiamo nulla, Marcellus. Hai la mia parola.”
“La tua
parola?” Marcel scoppiò in una fragorosa risata. “La tua parola vale zero, per
me, Elijah. Credevo che lo sapessi.”
Un
fruscio di ali attirò l’attenzione di tutti e Allison comparve nell’atrio
sconvolta e ricoperta di sangue. Sangue non suo però... a giudicare dall’odore
apparteneva a una strega, o forse a più di una.
“Che
cosa ti è successo?” le chiese suo marito raggiungendola. “Questo sangue ha a
che fare con le streghe che sono state trovate uccise?”
Lei
scosse il capo tremando come una foglia, si guardò le mani sporche e iniziò a
piangere. “Non lo so” confessò senza alzare lo sguardo. “Non ricordo neppure di
essere uscita di casa. Mi sono svegliata ad Algiers ma non so come ci sono
arrivata.”
Elijah
si tolse la giacca, gliela poggiò sulle spalle prima di prenderle il viso tra
le mani. “Guardami” le sussurrò. “Va tutto bene.”
“No, non
è vero!” replicò lei. “Niente va bene” prese a respirare affannosamente mentre
gli occhi le diventavano azzurri e brillanti. “Non ricordo di essere uscita di
casa e sono ricoperta di sangue. Non ho idea di chi sia, non ho idea di cosa ho
fatto. Niente va bene!” esclamò decisa e un’ondata di energia scaraventò tutti
dall’altra parte della stanza, una luce bianca e accecante illuminò tutto, le
urla dei presenti riecheggiarono nel silenzio mentre la loro pelle sembrava
andare a fuoco.
“Allison!”
le urlò Elijah. “Fermati, ti prego.”
Ma lei
non ci riusciva, per quanto ci provasse. Il suo potere aveva preso
completamente il sopravvento. Poi il bruciore si fermò, la luce sparì e quando
tutto tornò normale la videro; Allison stretta a Castiel, i Winchester e un
altro tizio che non conoscevano in un angolo.
“Calmati
Allison” le sussurrò Castiel guardandola. Lei però fissava Elijah, nei suoi
occhi il senso di colpa.
“Mi
dispiace” disse guardandosi intorno. “Mi dispiace tanto, io non...” Elijah le
fu accanto in pochi secondi, per stringerla forte.
****
Sirahel
era arrivato un’ora dopo i Winchester ed era rimasto ad osservare Jack, così si
chiamava il ragazzo arrivato con Sam, Dean e Castiel, per un lungo tempo prima
di proferire parola. Hayley, da poco rientrata con Hope, aveva chiesto a Keelin
di badare alla piccola e la lupa era stata ben lieta di farlo.
“E così anche
tu sei un Nephilim?” chiese il padre di Allison al giovane Jack.
Lui
annuì tristemente. “Sì, lo sono. Ma uno di quelli buoni.”
“Ah”
mormorò l’altro. “Quanti anni hai detto di avere?”
“Ho sei
mesi, teoricamente” Jack sorrise. “Ma cresco un po’ più in fretta degli altri.”
Sirahel
volse lo sguardo a Castiel, negli occhi azzurri dell’angelo caduto un misto di
reverenza e disprezzo. Matthew pensò che non sapeva neppure che le due cose
potessero coesistere.
“Non per
interrompere le presentazioni” disse loro baciando sua sorella sul capo prima
di alzarsi. “Ma ci sono cose un po’ più importanti di cui occuparsi, non
credete?”
“Ho
ucciso tutte quelle persone” mormorò Allison fissando un punto indefinito, la
giacca di Elijah ancora sulle sue spalle, una mano stretta a quella di Freya,
l’altra stretta a quella di Hayley.
“Hey no”
intervenne proprio lei. “Non sappiamo se sei stata tu.”
“Sono
ricoperta di sangue e non ho il benché minimo ricordo della notte passata.
Notte in cui una dozzina di streghe sono state uccise. Di che altre prove hai
bisogno?”
“Anche
se fossi davvero stata tu” prese la parola Marcel. “Non eri in te.”
“Ma
questo non cambia il fatto che quelle streghe sono morte” replicò Vincent. “E
che se tu non hai il controllo delle tue abilità allora abbiamo un problema
piuttosto grave da risolvere. Più grave di Inadu perfino. Hai idea di quanto
sei forte? Posso sentire la tua energia, è...”
“Non c’è
bisogno che tu dica altro” Elijah fronteggiò lo stregone. “Non sappiamo cosa
sia davvero successo, quindi suggerisco di non muovere alcuna accusa fino a
quando non saremo sicuri.”
“E una
volta che saremo sicuri?” domandò Vincent. “Cosa faremo? Ignoreremo l’accaduto
solo perché si tratta di tua moglie?”
“Faremo
quello che dobbiamo” gli disse Dean affiancando Elijah. “Ma solo quando saremo
sicuri al mille per mille che è stata lei. Non un minuto prima.”
“E che
facciamo fino ad allora?”
“Se ben
ricordo Marcel è a comando dell’intera città, forse può fare qualche indagine e
cercare di capirne di più” suggerì Sam con lo sguardo fermo sulla sua amica.
“Sì”
Marcel annuì. “Puoi giurarci che lo farò” diede un’occhiata a Allison, poi con
Vincent se ne andò lasciando gli altri alle loro questioni.
“Quel
tizio non mi piace” mormorò Castiel guardando i due uscire. “Non ha idea di
cosa parli ma parla comunque.”
Elijah
lo guardò per un istante, poi scambiò una rapida occhiata con suo fratello e
infine si avvicinò ad Allison. “Vieni” le disse con dolcezza.
Lei si
alzò, ma senza convinzione. “Dove?”
“Hai
bisogno di una doccia, con dei vestiti puliti ti sentirai meglio.” Lei lo seguì
su per le scale, un vortice di pensieri le occupavano la mente, il cuore le
batteva così forte che poteva sentirlo sulle tempie, scandire il ritmo della
paura. Rimase in silenzio fino a quando raggiunsero la camera, infine, quando
Elijah chiuse la porta scoppiò in lacrime.
“Mi
dispiace El” singhiozzò. “Vi ho fatto male senza volerlo, ti ho fatto male. Non
riuscivo a controllarlo, io non...”
“Sto
bene” le disse lui afferrandole la mano e poggiandosela sul viso. “Guarda, sto
bene. Stiamo tutti bene.”
“Avrei
potuto uccidervi” Allison alzò gli occhi per guardare i suoi. “Sono un mostro.”
Elijah
la baciò, una, due volte. Le poggiò la mano sul viso e scosse il capo. “Non sei
un mostro. Hai solo bisogno di imparare a controllare tutte le tue abilità. E
lo farai, ne sono sicuro. Ora” le sussurrò asciugandole le guance. “Ti ripulirai
e affronteremo questa cosa insieme, okay?”
Lei
annuì. “Okay.”
“Sono
proprio qui, Allison” le disse suo marito. “Ti amo e non vado da nessuna
parte.”
“Ti amo
anch’io” la cacciatrice lasciò che lui le sfilasse piano i vestiti e attese che
sfilasse anche i suoi. Poi stretta nel suo abbraccio si lasciò cullare sotto la
doccia.
****
Elijah
fu sorpreso di ricevere una telefonata di Marcel, e anche se sapeva che poteva
essere una trappola, decise di andare all’appuntamento che lui gli diede, per
mezzanotte ad Algiers, a ridosso del fiume. Così, dopo aver lasciato Allison
più tranquilla, addormentata, uscì di casa e si diresse al luogo dell’incontro.
Marcel lo aspettava lì, davanti ai corpi delle streghe morte; fece un grosso
respiro non appena lo vide.
“Allison?”
gli domandò.
“Sta
bene. Sta riposando adesso e avrà l’aiuto di cui ha bisogno, grazie a Castiel.”
“E quel
pomposo di suo padre?”
“Starà
via per un po’, ha fatto una specie di sigillo di copertura in modo che Allison
non venga trovata, almeno fino a quando non avrà imparato a gestire il suo
potere. Ogni tentativo di trovare lei porterà a lui” all’Originale scappò un
sorriso. “Perdonami Marcel, ma la tua premura un po’ mi confonde, credevo che
ci odiassi.”
“Odio
voi, non lei. Credevo fosse diventata una Mikaelson fino al midollo, ma Vincent
mi ha detto che quando vi siete offerti di uccidere Sofya lei si è
opposta, quindi in fondo un po’ della vecchia Allison è ancora lì da qualche
parte. È per quella parte che mi preoccupo.”
Elijah
annuì, fissò lo sguardo sui cadaveri e sospirò. “Mi hai telefonato per questi?”
li indicò con un dito.
“Sì. I
miei uomini hanno fatto alcune ricerche, hanno scoperto chi è stato.”
“Allora?”
“È stata
Allison, Elijah. Queste streghe si stavano occupando dei loro affari, senza
dare fastidio a nessuno. Poi lei è arrivata... hanno detto che era fuori
controllo, e che i suoi occhi erano blu.”
L’Originale
deglutì a vuoto, non gli importava di quelle streghe, non più di tanto anche se
un po’ gli dispiaceva. Sapeva però che il senso di colpa avrebbe distrutto la
sua bellissima moglie, lei così giusta e piena di principi non avrebbe
sopportato di aver fatto del male a della gente senza motivo. “Suppongo che le
loro famiglie vorranno giustizia. Vincent la vorrà.”
“Hanno
già il loro colpevole. Allison non è mai stata qui; non so da dove venga il
sangue di cui era sporca, ma non c’entra nulla con tutto questo. Intesi?”
Marcel lo guardò con espressione decisa, priva di ogni esitazione.
“Intesi!”
concordò Elijah. “Grazie”
L’altro
si schiarì la voce. “Liberati tu di questi corpi” gli disse allontanandosi.
L’Originale lo fece.
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Capitolo 28 *** 28. ***
28.
Allison
si svegliò di soprassalto ritrovandosi da sola nel grande letto. Accarezzò con
la mano la parte di Elijah ma scoprì che era fredda. Accese la lampada sul
comodino, la luce le permise di vedere che né il cuscino né le coperte erano
sgualcite, il che significava che Elijah non si era proprio messo a letto
quella sera. Deglutendo a vuoto si passò entrambe le mani sul viso, poi ne fece
scivolare una tra i capelli e respirò a fondo. Era un Arcangelo, una delle
creature più potenti al mondo e la cosa non le piaceva affatto.
Sirahel
le aveva detto che era un grande onore, un privilegio. Hai idea di quanto
potere hai, di quante cose puoi fare? Della purezza che racchiudi dentro di te?
Era sembrato entusiasta mentre le elencava cosa poteva fare, cosa poteva
diventare. A lei però non interessava. Sarebbe volentieri tornata indietro nel
tempo se avesse potuto, così indietro da non scatenare neppure il Nephilim che
era prima di diventare un Arcangelo.
Quando
suo padre le aveva detto tutte le magnificenze di cui era capace, ora che di
umano in lei non c’era più nulla, per un attimo lei aveva pensato che non fosse
tanto male in fondo. Aveva pensato che avrebbe potuto aiutare la gente ancora
di più di quanto facesse, che non avrebbe più conosciuto il fallimento o il
dolore di vedere morire qualcuno che le stava a cuore. Aveva immaginato un
futuro quasi roseo, in cui proteggeva tutti, in cui si liberava di ogni
pericolo – Inadu per prima – e viveva la sua vita libera da ogni
preoccupazione. Niente più ansia per i Winchester e Castiel e i pericoli che
quotidianamente correvano, niente più preoccupazione per le orde di nemici dei
Mikaelson che ogni giorno tramavano nell’ombra. Niente più paura per Hope...
avrebbe potuto proteggere tutti, senza sforzo. Ma poi Sirahel, insieme ai
vantaggi di quel potere, le aveva elencato gli svantaggi: ogni cosa è
amplificata, le aveva detto, e questo non è sempre un bene. Sarai in
grado di percepire cose che gli altri non percepiscono, Radio Angeli sarà
sempre lì a farti eco nelle orecchie e soprattutto, e questa era la cosa
più importante a dire del millenario Arcangelo con il quale condivideva il suo
DNA, non puoi interferire con l’ordine naturale delle cose. Non puoi farlo
neppure se a pagarne le conseguenze è qualcuno che ami. Quindi se qualcuno
viene ferito e sta per morire, scordati di poterlo guarire e riportarlo alla
vita. E così il sogno di Allison di poter salvare tutti era sfumato. E il
malumore era aumentato.
Che
senso aveva essere così potente se non poteva usare quel potere per salvare gli
altri, le persone che amava... E poi c’era quell’altra questione: non era in
grado di controllare il suo potere e aveva rischiato di fare male alle persone
a cui voleva bene. Elijah l’aveva stretta forte e l’aveva rassicurata, ma nei
suoi occhi – come negli occhi degli altri – Allison aveva notato uno scintillio
inconfondibile. La paura.
Il che
aveva senso, lei lo capiva, ma non era piacevole. Soprattutto se a guardarla
con quello scintillio era Elijah, la persona che lei di più amava al mondo. Era
grata che Hope non avesse visto quello di cui era capace, la paura era qualcosa
che non voleva vedere negli occhi della piccola. Mai.
Lentamente
si mise in piedi e si incamminò verso il piano di sotto. Trovò Castiel seduto
sul divano, a far nulla. Ma non c’era solo lui: una dozzina di mietitori erano
fermi nella stanza, gli occhi bassi e le mani incrociate dietro la schiena. “Cass”
gli disse lei avvicinandosi a lui con cautela, le mani tremanti e gli occhi che
pizzicavano di lacrime. “Perché ci sono una dozzina di mietitori?”
Lui la
fissò perplesso, poi le sue labbra si piegarono in una espressione strana.
Mosse la mano e sospirò guardando davanti a sé. Allison ebbe la sensazione che
li stesse vedendo per la prima volta. “Sono inquietanti” mormorò.
“Sono
qui...”
“No” la
interruppe l’angelo. “È vero, di solito si radunano quando sta per verificarsi
un corposo spargimento di sangue. Ma stavolta sono qui per te.”
“Per
me?”
“Sono
attratti dal tuo potere. Sei come una specie di calamita. Al momento, visto che
non sei capace di controllare la tua energia, rilasci costantemente una piccola
ondata di potere, è quella che li ha attirati.”
“E come
faccio e non rilasciare questa... piccola ondata di potere?”
“Non ne
ho idea.”
“Che
significa che non ne hai idea? Non dovresti insegnarmi? Non è per questo che
siete rimasti?”
Castiel
respirò a fondo prima di guardarla. “Sono rimasto per insegnarti a gestire il
tuo potere sì, ma queste piccole ondate di energia sono istintive, e io non
posso insegnarti a controllare il tuo istinto. Quello devi farlo da sola.”
Lei
scosse il capo. “Io non voglio essere questa... cosa. Okay? Voglio tornare ad
essere una semplicissima umana, voglio tornare a essere Allison.”
“Tu sei
Allison!” le disse Cass, “il potere che hai non cambia chi sei, semplicemente
lo amplifica” sospirò. “Allison, lo so che hai paura, posso percepirlo. Ma
accettare il cambiamento è la chiave per imparare a gestire tutto questo.
Voglio aiutarti, voglio davvero aiutarti, così come voglio aiutare Jack. E
credo che se collaboriamo, noi tre, possiamo farcela. Ma se non accetti quello
che sei diventata allora non posso darti una mano.”
Allison
si lasciò andare sul divano, chiuse gli occhi per un lungo istante, ritrovando
la calma, ritrovando se stessa. Quando li riaprì i mietitori erano spariti.
“Sono stata io a mandarli via?”
“Sì”
Castiel sorrise. “Sei stata tu.”
****
I
Winchester stavano facendo colazione insieme agli altri quando Elijah arrivò.
Dopo il suo incontro con Marcel aveva deciso di rimanere fuori, per fare ciò
che in casa non poteva fare: metabolizzare tutto quello che era successo.
Allison era morta! Sì, era tornata in vita come Arcangelo, stava bene ed era in
perfetta salute però era comunque morta. Quel pensiero, il ricordo del suo
corpo inerme sul pavimento, proprio non ne volevano sapere di lasciare la sua
mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi, anche solo per un istante, era lì: il
sangue, il pallore, le labbra secche. La rabbia e il dolore. Non riusciva a
immaginare come sarebbe stato se non fosse tornata in vita, non voleva
immaginarlo. Lui sarebbe morto insieme a lei, di questo era sicuro. Non poteva
vivere senza quella donna, e quel bisogno lo annientava a volte; era un essere
millenario e forte, ma l’amore che provava per lei sapeva renderlo fragile come
nessun’altra cosa al mondo.
Dopo
essersi occupato dei corpi delle streghe si era rifugiato in un piccolo bar
dove sapeva esserci un piano, e dopo aver soggiogato il proprietario a
lasciarlo solo alla chiusura, si era messo a suonare. La musica lo rilassava,
gli era sempre piaciuta e per un brevissimo periodo della sua vita, solo per un
po’ di tempo, si era illuso di poter vivere tranquillo suonando il piano in un
locale di quella città francese che tanto gli piaceva: Manosque.
Era
proprio lì che avrebbe voluto portare Allison al suo risveglio, ci aveva
pensato e ripensato in quella Chambre de Chasse in cui era stato rinchiuso per
cinque anni. Quando aveva raccontato i suoi piani a Freya, un giorno sul quel
prato immaginario, lei gli aveva sorriso dicendo che era l’idea migliore che
avesse mai sentito. Lui era stato d’accordo e insieme avevano elaborato un
piano: si sarebbero ripresi Klaus e poi lui sarebbe andato via con la sua
bellissima moglie, per darle la vita felice che meritava. Niente era andato
come previsto però.
Quando
il sole era sorto, Elijah aveva deciso che era il momento di tornare a casa e
prima di entrare si era stampato sul viso quell’espressione calma che faceva di
lui... lui.
“Zio
Elijah” fu Hope a interrompere il flusso dei suoi pensieri.
L’Originale
sorrise e si piegò sulle ginocchia per guardarla negli occhi. “Dimmi tutto.”
“Puoi
accertarti che la zia Allison sia sveglia? Così posso andare a salutarla.”
“Che ne
dici se vado di sopra e, se sta ancora dormendo, la sveglio così può scendere a
fare colazione con noi?”
“Sì” la
piccola annuì. “Le ho messo da parte la sua confettura preferita, prima che
finisse. Faglielo sapere, così scenderà giù più in fretta.”
Elijah
le baciò la fronte rialzandosi. “Lo farò” fece un cenno al tavolo e i
Winchester, Matt e Klaus lo raggiunsero. “Dov’è Castiel?”
“Lui è
Jack sono andati a fare un giro della città. Il ragazzo è curioso” lo informò
Dean.
Il vampiro
annuì. “Ho parlato con Marcel, riguardo alle streghe morte.”
“E...”
lo incalzò Sam.
“È stata
Allison” comunicò loro Elijah e tutti sospirarono. “Non era in sé quando è
successo, gli uomini di Marcel gli hanno riferito che i suoi occhi erano blu e
che era fuori controllo.”
“Dev’essere
uno scherzo!” commentò Matt con un sibilo.
“Vorrei
che lo fosse ma non lo è” l’Originale volse lo sguardo al piano di sopra per un
istante. “Marcel mi ha assicurato di essersi occupato di questa cosa, la
comunità delle streghe ha già il suo colpevole e Allison non verrà in nessun
modo coinvolta.”
“Marcel
vi odia” ragionò Sam. “Perché dovrebbe coprire Allison? Possiamo fidarci?”
“Sì, per
quanto assurdo che sembri, possiamo. I suoi uomini solo leali, non direbbero
mai il contrario di quello che lui sostiene, anche se sanno che sta mentendo.
Ma credo che sia comunque il caso di tenere gli occhi aperti, l’esperienza ci
insegna che c’è sempre una pecora nera in un gregge” Elijah si schiarì la voce.
“Allison non dovrà mai sapere di essere stata lei. Il senso di colpa la
schiaccerebbe.”
“Ma non
avrebbe motivo di sentirsi in colpa” intervenne Klaus. “Non era in sé.”
“Ci si
sentirebbe comunque” Sam annuì. “Elijah ha ragione, non dovrà mai saperlo.”
“Bene!”
esclamò proprio quest’ultimo. “Vado a vedere come sta.”
Lasciò
che gli altri tornassero a tavola e salì su per le scale fino in camera,
togliendosi il cappotto lungo il tragitto. Trovò Allison con indosso un vestito
nero, semplice ma elegante, con braccia piegate indietro provava a chiudere la
zip. Si avvicinò per aiutarla e dopo averla chiusa le baciò il capo e il collo
avvolgendola con le braccia.
“Grazie”
sussurrò lei lasciandosi andare contro il suo corpo. “Zip vs Arcangelo uno a
zero. Per la zip.”
Elijah
sorrise. “Questo vestito ti calza a pennello. Ti sei fatta così bella per la
colazione?”
“Per
quella e perché voglio andare a porgere i miei rispetti alla comunità delle
streghe. Per la loro perdita.”
L’Originale
trattenne il respiro per qualche secondo. “Non credo che sia una buona idea.”
“Perché
potrei essere io l’assassina?”
“No” suo
marito le si mise davanti. “Non sei stata tu, ero venuto proprio a dirti
questo. Marcel mi ha contattato, ha detto che hanno trovato il colpevole. Non
somiglia neppure lontanamente a te.”
Allison
respirò di sollievo sentendo un brivido lungo tutta la schiena. Chiuse gli
occhi e quando li riaprì erano blu e brillanti, poteva vedere la luce riflessa
nelle iridi di Elijah, insieme al timore. L’Originale non si mosse ma si
irrigidì, lei lo notò subito. Fece un grosso respiro e riprese il controllo.
“Mi dispiace” sussurrò, i suoi occhi tornarono pian piano al loro caldo
nocciola. “È stata una scarica di tensione.”
“Va
tutto bene” la rassicurò il vampiro, ma lei scosse il capo.
“No, non
va bene” lo guardò. “Sto per farti una domanda e voglio che tu sia sincero.
Okay?”
Lui
annuì. “Lo sono sempre.”
“Hai
paura di me?”
L’Originale
respirò a fondo, i suoi occhi si colorarono di qualcosa che Allison non seppe
decifrare. Per la prima volta, da quando lo conosceva, non aveva idea di quale
sarebbe stata la risposta.
“Non ho
paura di te” le rispose suo marito voltandosi fino a quasi darle le spalle. Ed
Allison tirò un sospiro di sollievo. “Ti amo tantissimo. Ma...” il respiro le
si bloccò. “Il tuo potere mi spaventa a volte.”
A volte...
significava che aveva avuto paura anche prima della brutta avventura della
notte precedente. Significava troppe cose. Trattenendo le lacrime si sforzò di
sorridere quando lui tornò a guardarla.
“Non so perché
l’ho detto” le sussurrò facendo un passo avanti per prenderle la mano.
“L’hai
detto perché io ti ho chiesto di essere sincero. Davvero sincero.”
“Puoi
soggiogarmi quindi?” l’Originale sembrava smarrito. I suoi occhi scuri si
scontrarono con lo smarrimento in quelli di Allison.
La
cacciatrice gli prese entrambe le mani e ne baciò i palmi, poi respirò a fondo.
“Non lo so” replicò con voce spezzata.
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Capitolo 29 *** 29. ***
29.
Allison mise le ultime cose in valigia e si guardò intorno
respirando a fondo. New Orleans non le sarebbe mancata particolarmente, anche
se doveva ammettere che oramai era un po' come casa, ma tutto il resto le
mancava già e non era neppure partita ancora. L'appuntamento era alle dieci
nell'atrio: avrebbe messo le sue cose sull'Impala e si sarebbe seduta sul
sedile posteriore insieme a Castiel e Jack per andare fino a Lebanon, Kansas,
il posto più sicuro in cui Castiel le avrebbe potuto insegnare a usare le sue
abilità. A lei e anche a Jack.
Da quello che aveva potuto notare, il ragazzo se la cavava
già abbastanza bene a dire il vero, meglio di lei per certi versi, e questo un
po' la metteva a disagio. Era contenta che lui sapesse gestirsi, che sapesse
controllarsi, ma la infastidiva non essere in grado di fare lo stesso. Forse
nemmeno Cass sarebbe riuscito ad aiutarla, ma doveva provarci, anche se farlo
lontano da Elijah le faceva male.
“Hey” le sussurrò proprio lui entrando nella stanza. E lei si
sforzò di sorridergli. “Hai preso tutto?”
Allison annuì. “Credo di sì” respirò a fondo chiudendo la
valigia e si girò per essere completamente di fronte ad Elijah. “Ti prego,
dimmi che andrà tutto bene.”
L'Originale le si avvicinò, le accarezzò le braccia, poi le
prese il viso tra le mani. “Andrà tutto benissimo. Lo credo davvero, Allison.
Vorrei che mi lasciassi venire con te però.”
“Non è una buona idea El. Questa cosa è qualcosa che devo
fare da sola.”
“Lo so” lui annuì. “Però vorrei comunque venire con te.”
“Tornerò presto. Nel frattempo ci sentiremo tutti i giorni e
mi aggiornerai qualunque cosa accada. Voglio sapere tutto, così da poter
tornare se servisse.”
“Promesso.”
La donna sospirò, giocherellò con la sua cravatta e poi si
sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo, sorridendo contro le sue labbra
quando lui la strinse forte avvolgendola con entrambe le braccia. “Ti amo.
Sempre e per sempre.”
“Ti amo anche io. Sempre e per sempre e anche dopo di allora.”
Lei sorrise, poi il suo viso si fece triste. “Sarà meglio che
vada a salutare Hope adesso.”
“Vengo con te” Elijah le prese la mano, con l'altra libera
afferrò la valigia e insieme uscirono dalla stanza. Hope li aspettava nella sua
camera, Hayley e Klaus erano con lei. Piangeva e ad Allison venne da piangere a
sua volta.
“Hey petite peintre” le disse cercando di non farlo. “Perchè
piangi?”
La bambina corse da lei per stringerla in un abbraccio che
Allison accolse piegandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. “Zia
Allison non voglio che tu te ne vada.”
“Sarà solo per un po' e poi tornerò.”
“E che succede se non torni invece? Ho paura che non ti
rivedrò mai più e mi dispiace, so che non devo avere paura.”
“Hey no” Allison la guardò. “Guardami tesoro. Cosa diciamo
sempre sulla paura?”
“Che non c'è niente di sbagliato ad avere paura, perchè avere
paura significa che stai per fare qualcosa di davvero molto coraggioso” Hope
singhiozzò.
“Esatto!” la donna sorrise. “Anche io ho paura. Ma tutto
andrà bene, te lo prometto.”
“Come fai a saperlo?”
“Lo zio Elijah lo ha promesso a me, e lui mantiene sempre le
sue promesse.”
Hope guardò suo zio che annuì impercettibilmente
sorridendole. Infine guardò di nuovo Allison e le accarezzò la guancia. “Ti
voglio tanto bene. Mi telefonerai ogni giorno vero?”
“Ogni giorno” confermò l'altra. “E ti voglio tanto bene anche
io. Ma ora devo andare. Fai la brava mentre sono via, okay?”
“Promesso.”
“Tieni d'occhio questa banda di pazzi” Allison ridacchiò,
Hope la seguì a ruota. La piccola tornò vicino ai suoi genitori, la cacciatrice
ora Arcangelo li abbracciò e scese di sotto.
Lì, nell'atrio la attendevano i suoi compagni di viaggio e
Matt. Suo fratello sembrava incapace di guardarla negli occhi e lei capì che
era perchè non voleva farle vedere la tristezza che c'era dentro quello
sguardo. Senza dire nulla si avvicinò e lo abbracciò forte, lui ricambiò
baciandole la guancia, una mano tra i capelli per stringerla di più.
“Torna presto, okay?” le sussurrò.
“Lo farò. Ti voglio bene Matt.”
“Anche io te ne voglio.”
Allison respirò a fondo staccandosi, vide Elijah dare la
valigia a Sam, lo baciò di nuovo prima di uscire di casa con il Team Free Will.
****
Castiel sentì Allison lamentarsi nel sonno, succedeva
praticamente tutte le notti da un mese, e cioè da quando erano lì al bunker.
Povera donna, portava dentro un potere incredibile e la paura la stava
annientando. Si sentì inutile, quasi tutto quello che stava provando a fare per
darle una mano non funzionasse. E forse era davvero così. Ma era il meglio che
potesse fare, e non avrebbe smesso di provare.
Lei e Jack avevano instaurato da subito un ottimo rapporto,
il ragazzo tesseva le lodi della cacciatrice ogni volta che ne aveva l’occasione,
Cass lo capiva: Allison era straordinaria, sperava che lo capisse prima o poi.
“Hey” gli disse Sam prendendo posto al tavolo. Dean arrivò
dopo pochi secondi stringendo tra le mani una tazza di caffè.
“Che ci fate svegli?”
“È un po’ difficile dormire con Allison che si lamenta nel
sonno. Io proprio non ci riesco” replicò Dean. “Vorrei solo andare nella sua
stanza per dirle che tutto andrà per il meglio, ma non sono sicuro di niente...”
“Già” mormorò Sam. “Come procede, a proposito? Lei non ne
parla volentieri.”
“Non molto bene!” Castiel sospirò. “Credevo che sarebbe stato
facile, visti i suoi trascorsi da cacciatrice. Sa controllare i suoi sensi e i
suoi istinti ma questo potere... la manda completamente in confusione.”
Sam e Dean scambiarono un’occhiata. “Di quanto potere
parliamo esattamente?” domandò il maggiore dei due.
“Di parecchio.”
“Parecchio come Jack?” ribatté Sam.
“Molto di più” Castiel incrociò le mani sul tavolo. “Suo
padre è stato il primo Arcangelo creato da Dio. Era stato creato per essere
unico nel suo genere, a totale somiglianza di Dio in persona, se capite cosa
intendo.”
“Facci un esempio pratico magari” disse Dean sarcastico,
sarcasmo che Castiel non colse.
“Diciamo che se la mettessimo su un campo di battaglia con
Lucifero in persona, al momento che non ha neppure il pieno controllo dei suoi
poteri, avrebbe almeno il cinquanta per cento di possibilità di vincere.
Immaginate quello che potrà fare quando saprà come sfruttare al meglio tutte le
sue abilità” spiegò infatti.
Sam si irrigidì, guardò suo fratello, poi sentì di nuovo
Allison lamentarsi nel sonno. “Perché fa così? Sembra che soffra.”
“Probabilmente soffre davvero. Rifiuta il suo potere, rifiuta
la sua grazia. Cerca di tenerla a bada con tutte le sue forze ed è come tenere
un cerchio infuocato a mani nude” mormorò Castiel alzandosi. “Vado a
svegliarla.”
Sam e Dean lo seguirono, trovarono Jack seduto per terra
davanti alla porta; aveva l’aria triste.
“Non possiamo fare niente per aiutarla?” domandò guardando
Castiel.
L’angelo aprì la porta, si avvicinò ad Allison e le poggiò
due dita sulla fronte. “Va tutto bene” le sussurrò. “Apri gli occhi ora.”
Lei si svegliò, con un respiro spezzato si mise a sedere al
centro del letto, sudata e tremante. Sam le poggiò una coperta sulle spalle.
“Va tutto bene, Ally” le disse.
Ma lei scosse il capo, negli occhi nocciola ora lucidi c’era
un vuoto che nessuno di loro aveva mai visto prima. Della Allison che
conoscevano sembrava essere rimasto solo un guscio spaventato, annientato. Sam
si chiese perché doveva succedere proprio a lei, a quell’animo buono che di
male nella sua vita non ne aveva fatto mai, neppure quando gliene era stato
fatto. Era ingiusto e non lo accettava... credeva di capire perché lei non
riuscisse a convivere con il suo nuovo status, era un cambiamento enorme che
influenzava non solo lei ma anche tutti quelli che amava.
“Hai fatto un brutto sogno?” le chiese Jack prendendole la
mano. Gli occhi si colorarono di una luce dorata, quelli di Allison risposero
con un lampo azzurro che durò alcuni secondi.
“Ho visto il futuro” rispose con voce tremante. “Era buio e
spaventoso.”
Fu percorsa da un brivido che la scosse, gli occhi si
illuminarono di nuovo, poi si chiusero e lei respirò a fondo provando a
riprendere il controllo. Sam e gli altri si guardarono preoccupati.
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Capitolo 30 *** 30. ***
30.
Castiel
sorrise compiaciuto e riprese il suo pugnale per terra guardando Allison con
espressione quasi fiera. Dalla notte in cui sosteneva di aver sognato il
futuro, la donna si era impegnata tantissimo ed era diventata capace di gestire
ogni aspetto del suo potere in sole due settimane. Lui non sapeva cosa avesse
visto di preciso – lei non aveva voluto dirlo, sostenendo che era tutto molto
confuso – ma qualunque cosa fosse, era servita da stimolo e le aveva dato la
giusta spinta. Aveva perfezionato il volo, aveva imparato ogni tipo di sigillo,
aveva imparato a dosare la sua energia, a tenere sotto controllo la sua grazia.
Le emozioni non erano più un ostacolo o un pericolo, ma un punto di forza che
le permetteva di esprimersi al massimo.
Quando
le aveva chiesto cosa le avesse fatto cambiare idea riguardo al suo essere un
Arcangelo, aveva risposto che non l’aveva cambiata e che sperava ancora di
poter tornare a essere semplicemente Allison la cacciatrice, ma visto che non
poteva cambiare quello che era successo, allora tanto valeva accettarlo e usarlo
per proteggere le persone che amava.
Ogni
giorno parlava al telefono con la piccola Hope, con Elijah, con Matt e Hayley e
con il resto della famiglia Mikaelson, ma non era mai tornata a New Orleans
durante quel lungo periodo di allenamento. Castiel doveva ammettere che, per
quanto molte cose degli Originali non gli piacessero, si erano rivelati tutti
incredibilmente di supporto e avevano fatto il possibile per non distrarla.
E ora
lei era pronta a tornare da loro, a tornare da quel marito che amava così tanto
da non sembrare possibile, da quel fratello redento che sapeva scaldarla con i
suoi abbracci, in quella città che non le piaceva ma che, volente o nolente,
era la sua casa oramai. E da quella dolce bambina che la faceva sorridere, che
credeva in lei e in cui lei credeva.
La sua
partenza era prevista per il giorno seguente, ma in realtà sarebbe andata un
po’ diversamente. Fu Marcel a telefonarle, e le sue notizie gettarono un velo
di terrore su tutti i progressi che avevano fatto. Le comunicò che Hope era
posseduta da Inadu, da dodici ore circa e le comunicò che Klaus e Elijah si
erano lanciati all’attacco radunando tutto l’esercito di quella maledetta
decidendo che lo avrebbero fatto saltare in aria.
“Distruggere
il suo esercito non risolverà nulla” disse lei afferrando la sua giacca.
“Ci farà
guadagnare un po’ di tempo. Allison, devi tornare, per Hope ma anche per Elijah
e Klaus, si faranno ammazzare. Credimi, Inadu e il suo esercito non scherzano.
Hai visto cosa è successo ad Elijah, è quasi morto.”
Allison
annuì guardando Castiel che le fece un cenno di assenso. Sembrava volerle dire
che era pronta, lei ci si sentì. “Dove li hanno radunati?”
“Alla
palestra. Se i miei calcoli sono giusti, stanno per fare la loro mossa proprio
ora.”
“Ci vado
subito” riattaccò e fece un grosso respiro dando una rapida occhiata a Dean e
agli altri appena tornati. “Cass.”
“Li
aggiorno io. Tu vai, noi ti raggiungeremo in auto.”
Lei
annuì, poi volò via.
***
“Nessuno
minaccia la mia famiglia. Nessuno!” Klaus spezzò il collo di uno di quei
perfetti soldatini e deglutì a vuoto digrignando i denti. “Ditemi come liberare
mia figlia da quella possessione e forse vi lascerò vivere.”
Qualcuno
rise, dal fondo della sala e avanzò con passo sicuro fino a guadagnare quasi il
centro. Guardò in alto, verso Klaus ed Elijah e battè le mani. “Sempre così
teatrali voi Mikaelson.”
Elijah
scosse il capo. “Dominic” gli disse. “Proprio non ne vuoi sapere di rimanere
morto, vero?”
“Sono il
braccio destro del male che credete di poter combattere e a differenza vostra,
lei è leale. Uccidi il mio corpo e lei lo riporterà in vita.”
“E che
succedesse” parlò qualcun altro e sia Elijah che Klaus si guardarono intorno.
Conoscevano quella voce, il maggiore dei Mikaelson meglio di chiunque altro.
Dominic sembrava ricordarla anche, perché abbassò gli occhi cercando di non
tradire emozioni. “Se non rimanesse più nulla da riportare in vita?”
“Allison
Morgan!” esclamò il braccio destro di Inadu. “La cavalleria è arrivata” si
voltò a guardarla e rimase immobile mentre lei avanzava verso di lui, gli altri
si fecero di lato per farla passare. Una strana sensazione di timore si fece
largo tra i presenti. Si iniziò a respirare nell’aria, i fratelli Mikaelson si
guardarono per un istante, poi tornarono a concentrarsi su Allison. Emanava
un’energia ancora più forte di quella che si poteva percepire quando era
partita più di un mese prima, il suo corpo e i suoi occhi non tradivano alcuna
paura né alcuno smarrimento. Sembrava avere il pieno controllo di tutto e
Elijah sorrise mettendo le mani nelle tasche.
Lei
ricambiò il sorriso per un istante, poi tornò a concentrarsi su Dominic.
“Potresti farmi un favore? Di’ a Inadu che le suggerisco di trovarsi un nuovo
corpo, o meglio ancora di sparire. Se rimarrà sarò costretta ad ucciderla ma la
scelta è sua. In ogni caso ha solo ed esclusivamente stanotte per lasciare
Hope; quando il sole sorgerà, se mia nipote non sarà libera, sana e salva con
la sua famiglia, mi assicurerò che il tuo leale capo sparisca dalla faccia
della terra, di lei non rimarrà neppure uno sbiadito ricordo. Sai dove trovarmi
quando avrai la tua risposta” gli toccò la fronte e Dominic sparì. Si sollevò
un vociare agitato, Allison alzò gli occhi verso suo marito e suo cognato. “Che
ne dite di qualche fuoco d’artificio?”
“Oh a
noi piacciono i fuochi d’artificio.” Klaus annuì. “Dobbiamo forse coprirci gli
occhi?”
“E
perdervi lo spettacolo?” Allison scosse il capo. “No, non fatelo” allargò le
braccia e dal suo corpo si irradiò una luce brillante. Pochi secondi e
dell’esercito di Inadu non rimase più nulla.
***
“Ciao
guerriera” la salutò Klaus stringendola in un abbraccio veloce. “Grazie di
essere venuta.”
Lei ricambiò
la stretta, sentì il corpo del suo amico ibrido tremare, di tensione suppose, e
paura per le sorti di sua figlia. “Hope viene prima di ogni altra cosa, avreste
dovuto telefonarmi subito.” Si strinse forte a Elijah quando la raggiunse, e
lui la baciò accarezzandole con dolcezza i capelli.
“Chi è
stato ad avvertirti?” le domandò, gli occhi scuri fermi dentro quelli nocciola
della donna che amava più di ogni altra cosa al mondo.
“Marcel”
replicò lei, rendendosi conto solo in quel momento che neppure Hayley le aveva
telefonato. O Matt... “Dove sono Hayley e mio fratello?” domandò. “Stanno bene?”
“Da quel
che ne sappiamo sì” suo marito si allontanò poco ma le prese la mano. “Inadu li
ha fatti prigionieri. Non abbiamo ancora capito perché. Non vuole ucciderli,
altrimenti lo avrebbe già fatto, ma non li lascia neppure andare.”
“Vuole
attirare la mia attenzione” ragionò Allison. “Mio fratello e la mia migliore
amica prigionieri, Hope posseduta. Sa che andrò a liberarli, tutti e tre.”
“Cosa
potrebbe mai volere da te?” le chiese Klaus. “Ha già il tramite che tanto
desiderava: la mia Hope.”
“Vuole
il mio potere. Aggiunto a quello di Hope la renderebbe un essere imbattibile.”
“Può
prenderlo?” Elijah cercò il suo sguardo. Lo trovò sicuro come mai prima.
“Non
credo” Allison scosse il capo. “Anche se per assurdo ci riuscisse, non penso che
sarebbe in grado di gestirlo. È troppo persino per me in alcuni momenti, e io
ci sono nata così.”
Klaus
annuì. “Ne hai il pieno controllo ora? Del tuo potere?”
“Sì ce l’ho.
Ho il pieno controllo di ogni cosa.”
“Bene!”
esclamò l’ibrido. “Quindi cosa facciamo per riprenderci i nostri familiari?”
“Voi
nulla, al momento” Allison respirò a fondo. “E io neppure fino a quando non
avrò un quadro completo di tutto. So che hai paura” disse rivolta al suo amico.
“Ma Hope è il tramite perfetto, Inadu ha bisogno di lei e non lascerà che le
accada nulla. Quanto a Hayley e a Matt invece, prima riusciamo a liberarli e
meglio è. Sapete dove sono?”
Elijah
annuì. “Vuoi andare da loro?”
“Sì, è
esattamente quello che voglio fare. Devo vedere cosa succede per sapere come
combatterlo.”
“È
pericoloso, Allison. Tu sei potente, ma anche Inadu lo è.”
“Suppongo
che sarà uno scontro alla pari allora” donna prese una delle mani di Klaus e
strinse più forte quella di Elijah. “I Winchester sono in viaggio per
raggiungerci, ora vi manderò alla tenuta, e andrò a fare ciò che devo. Fidatevi
di me, okay?”
“Lo
facciamo sempre” le disse Elijah. Lei li spedì a casa, poi volò esattamente
dove voleva andare.
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