Remind: Il Gioco del Destino

di JosephineStories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao a tutti e benvenuti nel mio mondo!


Sono Josephine e qesta è la mia prima storia. Gli aggiornamenti sono solitamente settimanali, spero di riuscire ad appassionarvi! Per info, foto dei prestavolto della storia, canzoni che mi hanno ispirata, trovate tutto sulla pagina: JosephineStories  sul mio contatto Wattpad:Josephine-C o su instagram
JosephineStories

Buona lettura <3



Copyright © 2015, Josephine-C
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"Ci hanno promesso che i sogni possono diventare realtà, ma hanno dimenticato di dirci che anche gli incubi sono sogni"

Corro, non posso fermarmi. Devo arrivare alle porte.
Ripercorro la navata della chiesa avvolta dalla penombra delle candele, raccolgo le gonne del mio pesante abito cremisi per essere più veloce.
Lui è dietro di me, lo sento, percepisco il suo malvagio sguardo perforarmi la schiena come lame affilate. I nostri passi rimbombano sul pavimento di marmo e il battito del mio cuore impazzito mi pulsa nelle tempie, non deve raggiungermi, questa è l'unica consapevolezza che ho.

Finalmente arrivo alle porte, ma ciò non allevia la terribile paura che con l'adrenalina sembra scorrere nelle mie vene. Le spalanco e la brezza della sera mi colpisce il viso, che ormai deve aver perso colore, scendo velocemente le scale di pietra coperte dalle ombre della notte, sono a metà. Improvvisamente sento delle braccia cingermi fianchi, non c'è bisogno di girarmi, so già che è lui. Mi raggelo, ora il cuore pare davvero volermi uscire dal petto e la nausea mi investe, perché una singola persona mi scatena queste orrende sensazioni?
Il suo pugnale punta al mio ventre, fermato solo dalla stretto corpetto, sono in trappola.

Mi sposta i capelli dalla spalla e avvicina le labbra al mio collo, provocandomi una smorfia di disgusto.

-Credevi davvero di poter scappare? Di sfuggirmi? Tu mi appartieni!- sussurra con la sua voce profonda, che scava a fondo dentro di me dandomi i brividi.

Un pensiero si fa strada nella mia testa: non ho altra scelta, non posso permettere che mi prenda. Con una determinazione incrollabile chiudo gli occhi e stringo le mani sulle sue, avvolte al pugnale puntato al mio ventre.
Il solo contatto con la sua pelle mi ripugna e non capisco il perché, lo sento e basta. Preso coraggio spingo con tutte le mie forze, la lama attraversa la barriera dei vestiti, affondando nella mia carne. Un dolore bruciante mi colpisce, mozzandomi il respiro e facendomi sgranare gli occhi sbalordita. Il mio abito si colora di un rosso ancora più acceso, sento il sangue defluire e con esso le mie forze.
Le gambe smettono di sorreggermi, mi accascio. Eppure, un sorriso di soddisfazione si forma sulle mie labbra, "hai perso" penso sollevata.

-No! Maledetta, cosa hai fatto?- ringhia.

Ma ormai la sua voce è lontana, sento le gradinate affondare nella mia schiena e stringo il ciondolo che porto al collo, non capisco i motivi delle mie azioni, provo solo un profondo bisogno di proteggerlo.
La vista è sfocata, ma anche se non riesco a vedere il suo viso perfettamente, so di conoscere benissimo quegli occhi di ghiaccio, freddi e di una crudeltà che non credevo possibile. Occhi che sanno penetrare sin dentro le ossa e rubarti l'anima. Ho una mano sulla ferita brulicante di sangue, con l'altra stringo il ciondolo che ho al petto, lui si inginocchia al mio fianco.
Sposta la mia mano, strappa con forza la catenina dal mio collo e avvicina la bocca al mio orecchio.

-Questo non mi fermerà, tu sei mia e la morte non ti salverà! Ascoltami bene, perché io tornerò, io ti troverò sempre. Ricordare sarà la tua rovina, Anita, non dimenticarlo!- afferma, con un tono spaventosamente soddisfatto e sicuro di sé.

Si sposta e preme le sue fredde labbra sulle mie.

Quel  bacio è come un pugno nello stomaco, peggiore di qualsiasi ferita, di qualsiasi tortura.

-Non toccarmi! Non toccarmi!- urlo.



Mi alzo di scatto, sono sudata e le lenzuola sono sparse sul pavimento. Respiro a fatica e la paura serpeggia ancora sotto la mia pelle.

La porta della mia camera si spalanca.

-Amy, tesoro cos'è successo?!- La mamma si avvicina al letto con aria allarmata. Diamine, non volevo svegliarla! Devo aver urlato parecchio...

-Scusami, mamma sarà stato un brutto sogno- rispondo affannata.
Siede accanto a me e posa le labbra sulla mia fronte, i suoi lunghi capelli mi solleticano le guance e il suo profumo rassicurante, che sa di biscotti e dolcezza, mi calma. In un attimo, tutta la paura che ho provato è svanita.

-Beh, deve essere stato davvero terribile per farti urlare tanto- aggrotta le scure sopracciglia, guardandomi con sospetto. Non si può nascondere nulla alla intuitiva Elise Davies!

Maschera la sua perplessità sorridendo, ma continua a guardarmi con aria preoccupata, non è la prima volta che è costretta a correre in camere mia per gli incubi.

-Ma no, nemmeno lo ricordo. Avviati alla caffetteria, ti raggiungo tra poco- mento, provando in qualche modo ad alleviare la sua preoccupazione.

-Va bene, tesoro a dopo ti voglio bene- si avvia alla porta, non togliendomi gli occhi di dosso.

-Anche io, mamma- sussurro sorridendo mestamente.

La guardo andare via ed il vuoto mi assale, qualcosa sembra balzare nella mia mente, ma continuamente mi sfugge.
Quanto vorrei non ricordare sul serio quell'incubo, ma è ormai ricorrente, in realtà mi perseguita fin da quando ero una bambina. Ultimamente è molto più vivido, quasi non sembra un sogno, sembra un ricordo...
Scrollo la testa ridacchiando: questo è assurdo! Non so davvero come possa pensare cose del genere.
Mi alzo e faccio una doccia veloce; farò tardi a lavoro, come al solito.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


La caffetteria è sempre molto affollata, ma nonostante le numerose persone ci conosciamo quasi tutti. Baia del Sole è davvero una piccola isola e io sono felicissima che sia così. Il caos mi innervosisce, per questo vado in città solo per sostenere gli esami all'università; la mia più grande aspirazione è quella di condurre una vita serena e tranquilla.
Mi posiziono al bancone e, come al solito, preparo il caffè per i clienti abituali e più mattinieri. Qui ci sono solo clienti abituali, nessuno rinuncia a una breve visita al Sun; prima questo avveniva perché nessuno poteva rinunciare a una parola gentile o al buon umore di mio padre ma anche adesso, dopo più di tre anni dalla sua morte, non siamo state abbandonate e la caffetteria resta il punto di incontro preferito da tutti.

La mamma è fuori per alcune consegne e ne approfitto per assaggiare un dolce qua e là, mentre mi occupo dei clienti. Questo posto era l'orgoglio di mio padre e lo adoro almeno quanto adoravo lui; da quando non c'è più io e la mamma lo tiriamo avanti meglio che possiamo, come avrebbe voluto.
Nel frattempo studio e cerco di laurearmi in Arte, cosa estremamente rara di questi tempi. Studio per passione e perché la mamma non vorrebbe che abbandonassi quello che prima era il mio sogno: lavorare in un museo, dirigerlo magari, dopo aver viaggiato tra i Tre Stati e visitato i pochi posti rimasti dopo la Terza Guerra, luoghi di cui ho visto solo le illustrazioni nei miei libri; ma adesso è cambiato tutto, adesso so di non voler lasciare l'isola, ho paura che se andassi via potrei dimenticare i giorni felici passati qui, insieme alla mia famiglia.
Dimenticare la risata di mio padre, il profumo delle sue mani dopo aver sfornato i dolci, i suoi abbracci... no... non potrei mai trasferirmi o vivere in città, il mio futuro è qui, nella vita tranquilla che ho scelto.

Servo fino all'ultimo cliente e metto tutto in ordine, poi arriva la mamma.
È così bella nel suo grembiule a righe rosa, la divisa della nostra caffetteria, le dona molto più che a me, con le sue forme perfette e la pelle abbronzata, tipica dell'isola. Io invece sono così esile e dalla pelle tanto bianca che sembro scomparire nella divisa.
Non ci somigliamo per niente, totalmente diverse, dalla forma fisica al colorito: lei è così scura, capelli neri corvini, occhi castani  e tanto formosa; io sono bionda, occhi azzurri e con decisamente meno forme: tutti dicono che sono più simile a mio padre... Continuo a fissarla assorta.

-Tesoro, se continui a startene lì imbambolata a guardarmi, non farai in tempo ad andare in biblioteca- ridacchia alla vista della mia faccia pensierosa.

Scatto immediatamente -è già ora! Ho perso la cognizione del tempo, mi staranno aspettando. Sono in ritardo!-

Tolgo il grembiule e lo appendo all'attaccapanni, poi raduno tutte le mie cose nella borsa. Cerco di fare il più in fretta possibile. La mamma prova a trattenere le risate, tutti mi prendono in giro per la mia scarsa puntualità.

-Sempre la solita... sta’ attenta, Amy, con quell'auto, non superare i limiti di velocità- si raccomanda severa.

-Tranquilla, mamma! Il bello di vivere qui è proprio la mancanza di traffico- sorrido, prima di uscire di corsa. Lei non sembra entusiasta della mia risposta, ma non le do il tempo di ribattere.

Arrivo all'auto, percorro le tranquille stradine che mi sono tanto familiari e mi dirigo in biblioteca. Jess e Aiden, i miei due compagni di università, nonché migliori amici dai tempi dell'asilo, mi staranno aspettando da un po', ormai. Inizialmente a tutti sembrava incredibile la presenza contemporanea di ben tre studenti di Arte e Archeologia in un posto tanto piccolo.I loro libri sono ancora chiusi sul tavolo, non comincerebbero mai a studiare senza di me, anche perché sono io a correggerli e aiutarli, essendo la secchiona del gruppo. Nonostante questo, credo che avranno trovato il modo di intrattenersi; ultimamente qualcosa è cambiato nel loro rapporto, non vorrei sbagliarmi, ma quei due non me la raccontano giusta.
Me ne sto alle porte della biblioteca e guardo da lontano attraverso il vetro, sono particolarmente vicini: lui la fissa con adorazione, mentre lei ride a una battuta; si avvicinano ulteriormente poi improvvisamente lei si scosta, come punta da un calabrone.
Jess, maledizione, quando accetterai che non siete solo amici? Penso irritata. La mia migliore amica ha tantissimi pregi, è bellissima, simpatica e dolce, a tratti anche un po' folle, ma tutti i suoi pregi sono pari alla testardaggine che la contraddistingue. Mi avvicino al tavolo, tanto ormai il momento è stato interrotto.

-Hey, ragazzi, aspettavate da molto?- Poggio la borsa sulla sedia, facendo finta di niente.

Jess mi guarda imbronciata. -Non più del solito, Amy, ormai ci siamo abituati- sbuffa sonoramente. È particolarmente agitata e so il perché...

Le faccio una smorfia e mi siedo, poi prendo i libri uno a uno.

-Non preoccuparti, Amy, siamo qui da cinque minuti, e poi io riesco a intrattenerla benissimo. Non è vero, Jessica?- Lui la fissa con quei grandi occhi verdi, rivolgendole un sorrisetto malizioso, mentre lei finge di essere molto interessata alla copertina del libro. Eppure noto che sentire il suo nome pronunciato per intero da lui, l'ha fatta trasalire e arrossire vistosamente. Ridacchio scuotendo la testa, il mio comprensivo e paziente Aiden ci sa fare, diamine!

Non so come farei senza di lui, dato che è il fratello che non ho mai avuto; c'è sempre per me, mi ascolta e mi dà ottimi consigli.  Inoltre, e questo non glielo dirò mai, è proprio un bel vedere: grandi occhi verdi profondi ed espressivi, capelli ramati e un fisico scolpito, cosa di cui non c'è da sorprendersi visto che era l'atleta della scuola, campione indiscusso di nuoto. Anche se non l'ho mai  guardato in quel senso, non mi meraviglio di tutte le ragazze dell'isola che farebbero carte false per un po' della sua attenzione, ma lui non guarda nessuna. Aiden ha occhi solo per Jess, che però non vuole ammetterlo nemmeno a sé stessa.

Mi giro verso di lei, si è appena inginocchiata sulla sedia.

-Di certo non ero così ansiosa di studiare, devo fare un annuncio!- Sorride allegra, agitando il suo caschetto di capelli neri e lisci.
Jess e i suoi annunci, siamo nei guai, ma quando ci fissa con quegli occhi nocciola, così limpidi ed entusiasti, non potremmo mai dirle di no.

-Comincio a tremare. Ok, Jess! Veloce, dicci cosa confabula quella mente diabolica- poggio i pugni sotto il mento, fissandola ironicamente con attenzione, mentre Aiden incrocia le braccia in attesa, inarcando le sopracciglia.

Lei sbuffa spazientita, capendo che la stiamo prendendo in giro. Ignora la nostra reazione e si schiarisce la voce teatralmente.

-Sono felice di comunicarvi, cari fastidiosi amici, che andremo in vacanza! Ho già prenotato tutto. Non appena passeremo l'ultimo esame estivo, saremo pronti per partire!- Batte le mani eccitata.

Resto a bocca aperta, la mascella sta quasi per cadermi sulle pagine del libro che dovremmo studiare.

-Hai già prenotato? Ti ha forse dato di volta il cervello?! Io devo aiutare la mamma, non posso assolutamente partire così- ribatto sconvolta.

Aiden all'inizio sembra combattuto, io sono furiosa.

Ora che ha più chiara la situazione e che per qualche minuto ci ha riflettuto, il mio migliore amico a stento riesce a contenere la gioia, glielo leggo in faccia, ma fa di tutto per non darlo a vedere a lei.

-Dovevi avvisarci prima, potrei avere altri impegni- sbuffa, fintamente annoiato.

-E quali? Rigirarti i pollici sulla scogliera?- Jess alza un sopracciglio, scettica.

-Portare la mia ragazza in vacanza, ad esempio!- risponde ironicamente, sondando la sua reazione. Ottiene uno sguardo assassino.

-Aiden, tu non hai una ragazza!- Incrocia le braccia al petto imbronciata.

-Per ora- ribatte lui con uno sguardo profondo e provocante, che la lascia imbambolata per un secondo. Subito si riprende scuotendo la testa e portando gli occhi su di me.

-E tu Amy non hai scuse. Ho già parlato con tua madre, tutto risolto. Si parte, ragazzi, e per tutto il mese estivo!- ci informa.

Aiden sembra quasi toccare il cielo con un dito, io sono incredula. Il solo pensiero mi angoscia quasi...

-Non voglio lasciare l'isola per tutto questo tempo, Jess! E poi dove andremmo?- mi passo una mano su viso.

Alza gli occhi al cielo, infastidita dalla mia mancanza di entusiasmo.

-Amy, tu non vuoi mai lasciare l'isola. Dai, ragazzi, abbiamo vent'anni! Non abbiamo mai fatto un viaggio insieme, siamo confinati qui da sempre. Ho trovato un posto favoloso, un po' lontano in effetti... Ok, parecchio lontano, lo ammetto. Si trova dall'altra parte dello Stato, oltre la città di Renaissance, quasi in montagna. È un paese non molto grande, ma tenetevi forte, il bello ancora deve arrivare!- snocciola le informazioni velocemente, so che lo fa per non farsi interrompere da me, ma questa tattica non attacca!

Per poco non cado dalla sedia, quando registro ciò che ha detto.

-Ci hai confinato in montagna per un mese, Jess! Sul serio?!- domando con voce stridula.

-Lasciami finire, guastafeste- alza le mani per tenermi buona -dicevo, la parte antica del paese ha ancora dei monumenti intatti: chiese, castelli, la nostra curiosità storica ed artistica sarà più che soddisfatta!- I suoi occhi scintillanti si posano su di me e sa di aver fatto colpo. Me lo legge in faccia.

Stento a crederci, edifici Pre-Interruzione? Di colpo l'idea di partire non mi sembra più tanto brutta. Dopo la Terza Guerra, quasi tutte le tracce del passato sono andate distrutte, chiese, monumenti, siti archeologici, quasi tutto andato. Non che a qualcuno interessino, alla facoltà di Arte non  siamo nemmeno venti, quella di archeologia conta sette iscritti. Questo perché l'arte, l'antichità, la bellezza, non interessano quasi a nessuno, l'unica cosa che la gente ripete è: "per poco il mondo non veniva distrutto". I vecchi fim ci mostrano cosa le persone immaginavano del futuro, l'umanità sognava  macchine volanti, teletrasporto, invece tutto quello che abbiamo oggi non è nulla di diverso da ciò che avevano loro, il mondo ha semplicemente ripreso da dove era stato interrotto; solo con meno Stati, meno persone e meno interesse per quanto di bello ci circonda. È passato così tanto tempo che ormai gli effetti della Terza Guerra sono quasi scomparsi, tralasciando l'inquinamento che disperatamente cerchiamo con ogni mezzo di contenere. Tento di prestare attenzione a Jess, che ormai è un fiume in piena.

-Inoltre, non ci sono solo vecchi monumenti. Il paese si sta modernizzando grazie a un facoltoso investitore, e la parte nuova è dotata di locali all'ultima moda! Albanuova è il massimo, ragazzi, è il posto perfetto!- Ci mostra delle foto prese da un dèpliant pubblicitario.

Mmh, Albanuova... sicuramente non sarà il nome originario, rifletto.
Dopo l'Interruzione città e paesi hanno acquisito nomi diversi, che inneggiano alla ricostruzione e alla rinascita.
So che non riuscirò a convincere Jess  a rinunciare al viaggio, soprattutto sapendo che ha coinvolto anche la mamma nel suo malefico piano, se non avesse fatto così per nulla al mondo avrei abbandonato Baia del Sole.

Emetto un sospiro di rassegnazione -Jess, non posso credere che tu abbia prenotato senza dirci nulla- la guardo severa e lei sembra farsi piccola piccola sotto ai miei occhi infuriati -ma immagino che dirti di no sia impossibile. Quindi, che Albanuova sia!- sbuffo, alzando gli occhi al cielo con poco entusiasmo.

Abbandonare questo posto in realtà mi mette in agitazione, lo faccio solo per non dare un dispiacere alla mamma, mi ripeto.
Scende dalla sedia e corre ad abbracciarmi, sa che il nervosismo mi passerà subito, non riesco a essere arrabbiata con lei per più di un quarto d'ora e ne è dannatamente consapevole.  

-lo sapevo! Bastava nominare la parte antica e avresti accettato- sorride soddisfatta, riguadagnandosi un'occhiataccia.

-Grazie per aver chiesto il mio parere, ragazze, sono contento che teniate in conto la mia opinione!- Si intromette Aiden ironico.

Scoppiamo a ridere, sappiamo tutti e tre che non avrebbe mai rifiutato di partecipare a questa vacanza, l'unica che sembra ignorarne i reali motivi è Jess. Dopo essere stati richiamati dalla bibliotecaria, per il troppo chiasso, cominciamo a studiare e il pomeriggio passa in un baleno.




**Angolo me**

Spero che abbiate trovato il secondo capitolo interessante!

Come avrete sicuramente notato, la storia è ambientata molto avanti nel futuro e in un altro tipo di società.
Ci tengo però a sottolineare che questo non è un romanzo "distopico".
NON troverete lotte per il potere o governi oppressivi, come hunger games, ne sono una fan sfegatata e proprio per questo non potrei mai imitarlo, anche se la società è diversa, la storia è incentrata su altro.  Accennerò  solo le differenze principali. Capirete tutto alla fine, non posso anticipare altro >.<

A presto JosephineC ❤️

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***



Dopo aver salutato Jess e Aiden, mi dirigo verso casa. Domani avremo l'ultimo esame, anche se non mi preoccupa visto che abbiamo ripassato tutto fino allo sfinimento.
Prima di tornare, mi fermo ad ammirare l'oceano; la scogliera è sempre stato il mio posto preferito, si respira calma e tranquillità, adoro fissare le onde infrangersi sugli scogli.

Per un istante ripenso al mio sogno: perché continua a tormentarmi? Chi è quell'uomo? La paura mi assale.
Quando i pensieri cominciano a diventare davvero cupi, decido di tornare a casa.
La mamma non è ancora tornata, di sera la caffetteria viene convertita in bar, è stata una delle ultime idee di papà. Baia del Sole non ha molti svaghi, ma i ragazzi trovano il Sun un posto alla moda e a noi va benissimo così.

Mangio in fretta un tramezzino e vado a letto, domani mi toccherà andare in città e la cosa non mi entusiasma per niente.

Mi alzo di scatto, sono sudata, il cuore mi batte forte, sento ancora il bruciore della pugnalata e delle sue braccia che mi stringono.

"Ricordare sarà la tua rovina, Anita."

Quelle parole mi rimbombano in testa e mi gelo, ho come la sensazione che due occhi di ghiaccio mi fissino nell'oscurità. Sobbalzo accendendo le luci in camera, ma sono sola. Sto diventando paranoica!
Controllo la sveglia, che segna le 5:00 del mattino; suonerà tra un' ora ma non ho alcuna intenzione di riaddormentarmi. Capisco che ho bisogno di rilassami per affrontare la giornata che mi aspetta, quindi prendo l'album da disegno e cerco di imprimere il mio sogno su carta: disegno la chiesa, traccio i contorni della ragazza  e riproduco quanto ho intravisto  del viso dell'uomo. Anche  se il sogno mi terrorizza, imprimerlo su carta mi dà una certa tranquillità, mi aiuta a convincermi che tutto ciò non può essere reale.
Dopo un po' mi alzo e il getto freddo della doccia provvede a darmi sollievo. Quando ho finito guardo il mio riflesso nello specchio: i miei zigomi sembrano ancora più pronunciati a causa delle occhiaie, i miei grandi occhi azzurri sono spenti e stanchi.
Questo sogno comincia a preoccuparmi, ma oggi non posso pensarci, è una giornata importante visto che sosterrò l'ultimo esame,  poi potremmo dedicarci alla folle vacanza organizzata da Jess.

Incredibile ma vero, sono in perfetto orario. La mamma ha preparato una colazione magnifica e, dopo averla salutata, mi fiondo in macchina diretta al porto.
Corro incontro a Jess e Aiden, prendiamo il traghetto e dopo mezz'ora arriviamo in città.
Veniamo accolti da caos e persone che corrono veloci. La città è molto diversa dalla nostra isola, tutti vanno di fretta e io mi perdo nella sua grandezza, si alternano dinanzi a noi rovine della Terza Guerra a grattacieli immensi.
Prima le città alternavano edifici moderni a monumenti e chiese, doveva essere meraviglioso avere l'opportunità di ammirarli. Ora invece sono perfettamente funzionali, ma sembra che manchi qualcosa, nessuno si è preoccupato di costruire altro, se non ciò che serviva. Alle chiese sono stati sostituiti i palazzi di culto: non appartengono a una religione specifica, ma racchiudono tutte le religioni senza pericoli di conflitti, è il crimine più grave dei Tre Stati creare conflitti per differenze culturali, si può essere puniti anche con la pena di morte per questo.
Arriviamo all'università: stesso edificio asettico degli altri; Jess è un fascio di nervi mentre Aiden è tranquillo, mi chiedo se sia mai stato agitato in vita sua.

Dopo due ore finalmente finiamo l'esame, tutti con un ottimo risultato. Subito dopo decidiamo di darci allo shopping presso il  centro commerciale. Gli ultimi acquisti prima della partenza sono fondamentali, secondo Jess, quindi la seguo rassegnata. Aiden si ferma in un negozio di fumetti, ci adora, è il nostro miglior amico ma nessun ragazzo tollererebbe tanto shopping in un'unica giornata, soprattutto se le amiche in questione decidono di usarlo come appendiabiti.
Dopo aver comprato tutto il necessario, decidiamo di farci belle prima di tornare a casa. In realtà l'ho proposto per mettere Jess un po' sotto torchio con una chiacchierata tra ragazze. All'inizio mi si ritorce contro, visto che lei continua a chiedermi il motivo di quel mio viso così stanco, ma cerco di deviare il discorso. Mi prenderebbe per pazza...
Baia del Sole ha il suo negozio, ma non sono bravi come i parrucchieri di città. Lei decide di tagliare le punte del suo meraviglioso caschetto scuro, mentre io opto per il solito taglio dritto, anche se la commessa decide di creare delle morbide onde che scendono sulla schiena.

-Sei davvero entusiasta per questa partenza...- attacco -non avrai fatto tutto questo per paura che Aiden decidesse di passare l'estate altrove?- chiedo con aria maliziosa, lei mi fissa incredula.

-Io e Aiden siamo amici, Amy. Insomma siamo sempre stati noi tre! Non so come ti vengano in mente certe idee, mi sarebbe dispiaciuto, ovvio, ma avrei provato la stessa cosa se non avessi potuto passare l'estate con te- cerca di essere convincente, ma non ci casco.

-Perché non lo ammetti, Jess? Io non mi sentirei esclusa, sarebbe fantastico- per un attimo sembra valutare l'idea, ma torna subito in sé. Conosco la sua paura, suo padre ha lasciato sia lei che sua madre, non credo che la mia amica sia così propensa a dare tanta fiducia ad un altro uomo, anche se è di Aiden che parliamo.

-Non c'è nulla da ammettere, Amy, davvero. E poi saresti la prima a saperlo. Sai quanto ti voglio bene, credi che non lo racconterei proprio a te? Volevo solo passare un'estate diversa e passarla insieme… Dai, comunque, andiamo via! È tardi e dobbiamo ancora recuperare quell'impiastro!- La guardo e sembra essere sincera, la verità è che mente a sé stessa, ma so quanto può essere testarda, quindi non insisto.
Diamo un ultimo sguardo allo specchio, sono davvero bravi. I miei capelli sembrano del tutto diversi; certo, ho sempre l'aspetto di una ragazza esile, con gli occhi troppo grandi per il suo viso, ma tutto sommato hanno fatto un buon lavoro. Jess è sempre perfetta, sembra una di quelle attrici di vecchi film.

Recuperiamo  Aiden e torniamo al traghetto. Decidiamo di sedere sulle panche all'aperto, godendoci la vista dell'oceano.
Jess è euforica per l'esame e per il viaggio, non riusciamo a contenerla.

-Ragazzi, non posso credere che tra due giorni partiremo, è incredibile! Un mese lontano da casa, tra arte, storia e locali. Ma dico, ci pensate?! E forse dopo venti lunghi anni, riuscirò a vedere Amy interessarsi a un ragazzo! E interessarsi sul serio, non un fidanzato platonico come il povero Sebastian- dice ridendo.

Continua a ricordarmelo, Sebastian, il mio primo e unico ragazzo, di cui tra parentesi non mi importava nulla. Jess mi spinse a dargli una possibilità, ma fu una pessima idea, il nostro è stato un rapporto unilaterale: per lui ero la sua ragazza, per me lui non esisteva; devo dargliene atto, ha fatto di tutto per far funzionare la cosa ma io semplicemente lo ignoravo. Alla fine, deve averlo capito da solo. Non avrei mai voluto trattarlo così ma è come se non riuscissi a provare nulla per nessuno, come se dentro di me una voce dicesse che devo ignorare tutto ciò che riguarda l'amore, perché mi farebbe solo del male e che il mio tassello mancante deve ancora arrivare.

Aiden alza gli occhi al cielo -eccola che ricomincia- cerco subito di chiarire la situazione.

-Non contarci, Jess, se ho accettato questa vacanza, è solo per visitare la parte antica di Albanuova e passare del tempo con voi-  ma lei è determinata e quando Jess si mette in testa una cosa, bisogna solo correre ai ripari.

-Amy, vedrai che riuscirò a convincerti- lo dice col suo sguardo determinato, qui si mette male.

Dopo aver salutato i miei amici, arrivo a casa e do la bella notizia alla mamma. È al settimo cielo, festeggiamo per tutta la serata, è felice dell'esame, felice della mia partenza e so il perché. Lei vuole che riprenda i miei sogni, vuole vedermi come tre anni fa e io cerco in tutti i modi di accontentarla, ma è dannatamente difficile. Dopo esserci rimpinzate di gelato e chiacchierato tutta la serata, decidiamo di andare a dormire. Chiudo le tende della mia camera e mi fiondo a letto, sono completamente distrutta.

 

****


La corsa, le sue braccia, il pugnale, il bacio.

Mi sveglio di soprassalto, sempre con la solita paura a causa di questo sogno ricorrente, devo essermi addormentata poco dopo la partenza. Stanotte non ho dormito molto bene e non per il sogno, ero in ansia per il viaggio imminente, quindi sul treno sono crollata.
Salutare la mamma è stato il momento più brutto. Non mi piace l'idea di lasciarla per tanto tempo, ma era talmente allegra che ho cercato di mostrarmi entusiasta, almeno finché non sono uscita e arrivata al traghetto. Mi guardo intorno spaesata e provo a riprendere fiato,  Jess dorme sul petto di Aiden che la stringe con la testa poggiata al vetro, sono adorabili.
Il treno che ci porterà ad Albanuova procede lento, siamo solo a tre, delle numerose ore che ci aspettano. Ho passato la giornata di ieri a preparare tutto, bagagli su bagagli, mentre la mamma snocciolava tutte le raccomandazioni pensabili. Mi mancherà, Dio se mi mancherà...

Sospiro e guardo fuori, il paesaggio è stranamente assortito: a distese verdi che dopo tanto tempo stanno ricrescendo, si alternano rovine di vecchie città; penso a come sarebbe il mondo se non ci fosse stata la Terza Guerra, se non ci fosse stata quella che i governi di ogni città chiamano “l'interruzione”.
Probabilmente avremmo davvero teletrasporto e macchine volanti, oppure avremmo solo  molti più Stati a differenza dei tre attuali. Per evitare di commettere gli stessi errori sono vigenti divieti generalizzati: gli aerei sono banditi, vengono usati solo treni e navi, divieto assoluto di distinzione tra i Tre Stati, sono uguali, stessa lingua, stessi usi, nessuna religione specifica e divieto assoluto di conflitto tra le diverse culture. Nessun governo centrale, solo un rappresentante per ogni città, eletto democraticamente.

Sono le uniche differenze rispetto al passato,  tutto il resto è identico: stessa tecnologia,  stesso stile di vita, stesse abitudini. Forse le priorità sono mutate, l'arte e la storia ad esempio, so che prima erano molto importanti. C'erano turisti, lunghe file ai musei, ora è solo tutelata, ma nessuno sembra farci caso. Anche perché è rimasto molto poco, il resto possiamo vederlo unicamente dai libri con le loro immagini. Eppure, nonostante questo, ho sempre sentito un richiamo, una forza che mi spingeva ad interessarmi a tutto ciò che è antico, forse questo è il motivo del mio pazzo sogno...

Dopo circa un' ora Jess si sveglia, e accortasi di dormire praticamente su Aiden, si sposta subito al lato opposto del vagone, svegliando anche lui con quel brusco movimento. Il suo viso è paonazzo, non credo si aspettasse di risvegliarsi tra le sue braccia.

-Hai la leggerezza di un elefante, Jess- borbotta infastidito.

La mia amica cerca di rispondere ironicamente, ma è ancora imbarazzata -sempre così allegro, appena sveglio?- Scoppio a ridere. Invece Jess prende una guida dalla sua borsa per distogliere l'attenzione.

-Non sapevo che questo paese avesse delle guide registrate- dico, fissando il libro nelle sue mani.

-È arrivata qualche mese fa in biblioteca, è da questa che ho avuto l'idea. La parte nuova del paese negli ultimi due anni è molto frequentata, soprattutto nel periodo estivo, quella antica molto meno. Qui dice che è uno dei pochi posti, disseminati tra i Tre Stati, che non è stato raso al suolo dalla guerra; per questo, tralasciando qualche ristrutturazione periodica, la parte antica ha edifici originali. I più caratteristici ovviamente sono i due castelli, quello  nord e quello sud, che più che castelli sono antiche residenze aristocratiche, e ovviamente c'è la chiesa! Non è una cattedrale o un edificio importante, come quelli che studiamo, ma sarà una bella esperienza avere la possibilità di vederla dal vivo- posa il libricino euforica.

Spalanco gli occhi -non posso crederci, ragazzi. Insomma, vedremo dei veri edifici precedenti all'interruzione! E non dobbiamo nemmeno spostarci in uno degli altri due Stati- Jess sorride trionfante.

-Già, è fantastico, ragazze! Sarà una vacanza perfetta e non dimentichiamo i locali - ci ricorda Aiden soddisfatto.

-Io non li dimentico, Aiden, ma ricordati che parli con l'alieno Amy- mi prendono in giro e ridono entrambi, mentre io assumo un'espressione fintamente imbronciata.

Non hanno tutti i torti, voglio visitare ogni singolo angolo di questo paese e disegnare tutto sui miei album, ma non sono particolarmente elettrizzata per la vita mondana che i miei amici hanno intenzione di iniziare. Il treno prosegue e il tempo passa, tra chiacchiere e giochi con le carte, Aiden è un mago nell'intrattenerci.
Finalmente arriviamo alla stazione e carichiamo i nostri bagagli sul pullman che ci condurrà in paese, poi prendiamo posto.

-Sono felice che tu abbia prenotato in una pensione nella parte antica- dico, rivolgendomi a Jess.

-La  signora Miller sembra molto gentile, ci siamo sentite telefonicamente, non poteva credere che dei ragazzi tanto giovani volessero passare un mese nella sua pensione- fa spallucce.

Aiden fissa il paese dal finestrino, è incantato -guardate, questa deve essere la parte ristrutturata- esclama, avvicinandosi ancora di più al vetro.
Guardiamo fuori, schiere di ragazze e ragazzi passeggiano per strada. Incredibile, sembra una città in miniatura.

-Sì, questa è decisamente la parte rimodernata- dico sorpresa.

Jess quasi non riesce a contenersi.

Lentamente il pullman si allontana e ci avviamo in un posto più tranquillo, le luci sono più tenui. Piccole case circondano le stradine, ci sono pochi passanti, evidentemente residenti che passeggiano. Sembra di essere in un altro mondo, quasi in un altro tempo. Siamo alle spalle della piazza, da lontano vediamo l'ombra della chiesa e sullo sfondo del piccolo paesino ecco i due castelli. Questo posto è assolutamente incredibile.
Scendiamo dal pullman e avvistiamo subito la pensione. Sull'insegna troneggia la scritta:
"Pensione di Albanuova"  deve essere l'unica.

Entriamo nella Hall piccola e molto colorata, è particolare e accogliente. Vediamo una donna di mezza età raggiungerci e superare il bancone di legno tutta sorridente. Ha il viso gentile, è un po' paffuta.

-Voi dovete essere i ragazzi della prenotazione! Oh, che gioia, la mia Sue sarà contentissima di avere dei coetanei con cui passare il tempo. Sue è la mia bambina, beh è un pò cresciuta, ma la reputo sempre la mia bambina!- poi si blocca mortificata -Oh, scusatemi, sto parlando a vanvera, è che raramente riceviamo ospiti così giovani qui- si scusa.

-Non mi sono nemmeno presentata, io sono la signora Agata Miller, proprietaria della pensione di Albanuova- ci allunga la mano e noi la stringiamo.

-Io sono Jess, ha parlato con me a telefono, mentre questi sono i miei amici, Amy e Aiden- ci avviciniamo al bancone.

-Felici di conoscerla, signora Miller- rispondiamo noi due contemporaneamente.

Ci sorride compiaciuta.

-Perfetto, ragazzi!  Vi mostro le vostre camere, la colazione è alle 8:00 o alle 10:00, si pranza alle 14:00 e si cena alle 20:00; se avete dei problemi con questi orari posso spostarli- spiega concitata, salendo al piano di sopra.

Cerchiamo di seguirla e tenere a mente tutto quello che dice -parla molto velocemente- bisbiglia Aiden.

Faccio un cenno d'assenso sghignazzando. Da quando abbiamo messo piede qui, non è stata un'attimo zitta! Mi è simpatica, penso sorridendo.

-Vanno benissimo!- esclamo, poi ognuno di noi entra nella propria camera.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 

Mi guardo intorno, studiando l'ambiente che mi circonda: la mia stanza è abbastanza ampia e profuma di pulito; ci sono una scrivania con una piccola TV e un letto matrimoniale, un armadio spazioso e la porta del bagno con doccia. Non è una camera extra lusso, ma sembra molto confortevole, ottima per riposare e prendermi qualche momento di solitudine.
Spesso sento il bisogno di stare per conto mio, anche per questo Jess, conoscendomi bene, ha prenotato per tre singole.
Decido di disfare i bagagli prima di andare a cena e poi chiamo mia madre, che risponde al primo squillo.

-Amy, tesoro, siete arrivati in orario?- è affannata, sicuramente è indaffarata a testare chissà quale ricetta. La morsa della nostalgia mi colpisce, ma cerco di scacciarla. Lei è troppo intuitiva e io devo mostrarmi il più possibile felice, non voglio che si dispiaccia. Questo viaggio fa più piacere a lei che a me...

Mi avvicino alla finestra assorta, a scrutare le piccole stradine del paese mentre parlo: -Sì, mamma, il treno è stato puntualissimo- sospiro, rincuorata dal sentire di nuovo la sua voce.
Dalla morte di papà ho preferito non allontanarmi mai da lei, nemmeno per un giorno, la mamma è tutto ciò che ho. Le racconto di Albanuova, di quanto sembri un posto fuori dal tempo e della logorroica signora Miller, e sembra entusiasta e molto speranzosa. Continuiamo a parlare del più e del meno per qualche altro minuto, in realtà sono io che parlo di tutto e di niente, per allungare la telefonata ancora un po'; alla fine ci diamo la buona notte. È certa che questo sia il primo passo per riprendere in mano la mia vita e i miei sogni, ma non sa quanto si sbaglia...
Faccio una doccia veloce e dopo essermi asciugata lascio i capelli sciolti e indosso un abito blu aderente e senza spalline, che Jess mi ha costretta a comprare. In realtà mi ha espressamente elencato tutte le cose da inserire in valigia e ha addirittura controllato, prima della partenza, che avessi portato tutto. Sembrava un vero sergente!

-Sei bellissima! Risalta così tanto i tuoi occhi, stasera farai strage di cuori!- esclama la mia migliore amica, mentre entriamo in sala da pranzo.

Non appena Aiden mi vede, sgrana gli occhi sorpreso. Non è abituato a vedermi così in tiro e, a dirla tutta, nemmeno io.

-Ha ragione, Amy, sei bellissima- afferma compiaciuto.

Imbarazzata cerco di spostare l'attenzione generale sul cibo: reagire ai complimenti non è propriamente il mio forte.
Assaporiamo tutto e Jess emette continui versi di apprezzamento, simili ai miei nel momento in cui assaggio il dolce squisito, alla fine della cena. La signora Miller è passata più volte ad assicurarsi che fosse tutto di nostro gradimento, non ci siamo risparmiati in complimenti. Io e la mia migliore amica siamo delle buongustaie, soprattutto quando si parla di dolci. Cavoli, siamo capitate decisamente nel posto giusto!

Dopo la cena sublime, torniamo in camera per continuare a disfare i bagagli.
È già molto tardi, ma nonostante questo decidiamo di non sprecare la serata e di andare per locali... cioè, Jess lo decide ovviamente senza ascoltare le mie proteste. Prima di andare passa nella mia stanza, decisa a truccarmi e agghindarmi. Come sempre la lascio fare, chi può dirle di no? Alzo gli occhi al cielo, rassegnata; tuttavia, anche se fingo di infastidirmi, non so davvero cosa farei senza di lei, insieme ad Aiden dà colore alla mia vita. Non potrei desiderare di meglio. Alla fine dell'opera mi guardo allo specchio, l'abito blu e i tacchi mi slanciano molto e tutto sommato il trucco di Jess non è male; come sempre accetto di buon grado l'esuberanza della mia amica, le voglio bene anche per questo.
Usciamo dalla camera e ammiriamo Aiden in jeans stretti e camicia bianca: è uno schianto. Lei, per quanto si impegni, non riesce a  fingere di non averlo notato. Resta lì, imbambolata, a fissarlo.

-Se continui a guardarlo così, lo noterà- le sussurro all'orecchio.
In un attimo arrossisce e guarda altrove, mentre Aiden nasconde un sorriso.

Scendiamo per prendere il bus che porta alla parte rimodernata di Albanuova, e dopo un quarto d'ora siamo in centro.
Giriamo per la strada principale: tutto è pieno di luci, di colore e di vita, molto diverso dal grigio della città e dai colori pastello dell'isola. Sono ammaliata, non credevo di sentirmi così a mio agio qui. Alla fine optiamo per un locale che sembra davvero alla moda: è una terrazza, le luci sono soffuse e di un tenue colore viola, la musica è decisamente adatta al posto; il tutto ha l'aria molto sofisticata.                                                                                                                                                     
Decine di candele e lanterne sono posizionate sul pavimento e sui tavoli. C'è un grande bancone con bottiglie di tutti i tipi, si trova nell'angolo opposto al meraviglioso panorama di montagna, visibile dal parapetto. Al centro è situata la pista da ballo e, intorno a questa, piccoli tavoli con divani in pelle bianca e morbidi cuscini.

Ci avviamo al bancone e Aiden ordina tre cocktail. Di solito più che berli li preparo e li servo al Sun, mi fa strano fare da cliente. Ci sediamo su uno dei divani accanto alla pista da ballo e io guardo il bicchiere colmo di ghiaccio e di un liquido rosa: deve essere alla fragola. Inizio a sorseggiarlo, è delizioso e con decisamente più alcol rispetto a quelli preparati da me.
Aiden si avvicina alla pista per raggiungere il bancone e recuperare qualcosa da mangiare. Vediamo una ragazza avvicinarlo e prendergli la mano per ballare, ci sta provando spudoratamente a giudicare dal modo in cui struscia il corpo contro il suo. Jess nota subito la scena, potrebbe quasi uscirle il fumo dalle orecchie a causa della faccia infuriata che ha fatto. Pare indecisa, poi con un sospiro determinato e uno sguardo battagliero si irrigidisce alzandosi, con passo sicuro strappa Aiden dalle grinfie della sconosciuta e lo spinge in pista. Lui sgrana gli occhi, spiazzato dall'intraprendenza di lei, ma ne sembra decisamente contento e molto compiaciuto. Jess invece pare sconcertata da ciò che ha fatto: la sua faccia assume un'espressione ancora più sbalordita, quando lui in uno scatto la avvicina al suo corpo. Cominciano a ondeggiare avvinti, sono perfetti, gli sguardi che si scambiano però fanno decisamente arrossire, quindi decido di guardare altrove.

Prendo il mio bicchiere pieno per metà e mi avvicino al parapetto della terrazza, voglio ammirare il panorama, ma c'è troppa gente che ostruisce la vista.
Mentre procedo spedita, la testa comincia a girarmi improvvisamente e inciampo.
Dio che figuraccia! Ma il peggio deve ancora arrivare: infatti mi rendo conto di aver gettato il resto del mio cocktail rosa su una camicia bianca, una camicia dall'aria decisamente molto costosa. Vorrei scusarmi, ma sto per perdere nuovamente l'equilibrio. Il proprietario della camicia appena rovinata, mi prende per le spalle con le sue braccia muscolose, giusto in tempo visto che stavo per cadere. Mi faccio coraggio e alzo lo sguardo, imbarazzatissima.

Un'ondata di panico mi travolge e resto paralizzata mentre i miei battiti aumentano in maniera incontrollata e le parole mi muoiono in gola.
Due occhi di ghiaccio, penetranti e magnetici, mi fissano. Sono freddi e distaccati, eppure non hanno quell'aria crudele che mi aspettavo. Un attimo, perché gli occhi di un perfetto sconosciuto dovrebbero essere crudeli? "Ma cosa c'era in quel maledetto cocktail!", penso irritata.

Il suo tocco sulle mie spalle nude mi trasmette uno strano calore, mi libero immediatamente dalla sua stretta, non voglio che mi tocchi e allo stesso tempo invece lo desidero... ma che diavolo mi succede? Ci fissiamo in silenzio per un minuto, all'inizio sembra sorpreso, poi guardando la macchia sul suo petto assume un'espressione imbronciata. Ciò nonostante quel viso resta assolutamente bellissimo, di una bellezza sconvolgente, direi che batte Aiden dieci a uno: labbra carnose, zigomi pronunciati, cappelli neri scompigliati e scurissimi come l'inchiostro, mi ricordano un cielo notturno senza stelle. Ha un fisico atletico ed è molto più alto di me, quegli occhi così particolari danno il colpo di grazia. Eppure, oltre a notare la sua bellezza, non posso ignorare il timore che mi incute; non capisco perché sto reagendo in questo modo... È come se lo conoscessi e sentissi di non potermi fidare, di dover scappare il più lontano possibile.
"Pericolo!" Pare urlare una vocina dentro di me. Il mio corpo è in tensione e pronto a scappare, quasi in attesa di una sua mossa, ormai non ne sono più padrona; ma i miei occhi, quelli restano incollati ai suoi, come ammaliati da un magico incantesimo.

-Hai intenzione di restare lì imbambolata ancora per molto? Cos'è, sei stupida o muta?- Interrompe i miei pensieri con un tono sprezzante, la sua voce è profonda e un po' roca.

Realizzo ciò che ha detto, il mio cervello ci mette un po' per elaborare. Mi ha appena dato della stupida?! Sento la rabbia farsi strada dentro di me, chi diavolo si crede di essere questo tizio per trattarmi così? Sarà anche bello, ma me ne frego del suo aspetto se si comporta da stronzo!

Mi porto le mani sui fianchi indispettita -ti avrei chiesto scusa, ma ho appena avuto prova di aver versato il cocktail su un imbecille. Quindi, credo che mi terrò le scuse per qualcun altro!- ribatto altrettanto sprezzante.

Mi fissa dalla testa ai piedi e inarca le scure sopracciglia, mentre io lo guardo con aria di sfida.

Si porta una mano sul mento, con altezzosa indifferenza -bene, oltre che stupida sei anche maleducata, formaggino- credo si riferisca alla mia pelle tanto bianca, che di certo spicca tra tutti questi ragazzi abbronzati.

Resto a bocca aperta. Maleducata io?! E si permette anche di darmi uno stupido nomignolo?! Una rabbia incontrollata mi assale, di solito sono sempre calma. Ma questo tizio, non so come, è riuscito a farmi perdere la pazienza.
Non resisto, di fronte a quello sguardo di derisione perdo il controllo e gli sferro un ceffone in pieno viso. Emette un rumore secco che fa voltare le persone intorno a noi; mi guardano come se avessi appena compiuto un omicidio, sono terrorizzati. Io resto assolutamente immobile, mai e poi mai ho avuto una reazione del genere. Uno strano silenzio si diffonde, per un attimo il tempo sembra fermarsi e lui mi fissa altrettanto sconcertato. Prima assume un' espressione sconvolta, che poi muta tra l'adirato e il divertito. Con un mezzo sorriso si tocca la guancia.

Che problemi ha? Il mio schiaffo gli sembrava qualcosa di divertente?

-Ora che ho avuto prova della tua stupidità e maleducazione, posso anche andarmene. Non sforzarti a offrirti di pagarmi la tintoria, formaggino- dice ironicamente, ma c'è sempre quel fastidiosissimo tono sprezzante, poi si avvicina agli amici che ridono di me; sembrano essersi tutti rianimati e sollevati dal suo prendermi in giro...
Non vorrei sbagliarmi ma ho intravisto anche qualche sospiro di sollievo, è come se la gente si fosse aspettata una reazione diversa da parte sua.

-Queste ragazze di provincia, sono così rozze e imbranate, spero passi presto la stagione estiva, così se ne ritornano a casa!- commenta, una volta raggiunto il suo gruppo. Mi parte nuovamente l'embolo.

Sto per raggiungerlo e mostrargli quanto posso essere rozza, ma Jess e Aiden mi trascinano via.

-Ma cosa ti è preso Amy, non hai mai reagito così!- Mi fanno sedere su una panchina, all'esterno del locale.

-Amy, ha forse allungato le mani? Devi solo dirmelo e torno lì dentro!- borbotta Aiden, mi tratta sempre come una sorella minore.

-No ragazzi, non so cosa mi sia preso, è stato scortese, ma non tanto da meritarsi uno schiaffo- ammetto, ripensando alla situazione con mente lucida.

Iniziano a ridere, facendo battute sugli effetti che mezzo cocktail ha su di me e decidiamo di tornare alla pensione. La serata è stata fin troppo movimentata, continuano a prendermi in giro per tutto il tragitto. Arrivati a destinazione, notiamo che la signora Miller non è alla reception, deve essere andata a letto. C'è un ragazzo a sostituirla, lo salutiamo e ci dirigiamo alle camere.
Dopo una doccia veloce, indosso il mio adorato pigiama con i cuoricini ma nemmeno questo mi tira su di morale. Il mio pensiero torna a quel ragazzo, a quegli occhi... un'inquietudine si impossessa di me, stanca e preoccupata provo comunque a dormirci sopra.


Corro, non posso fermarmi, devo arrivare alle porte. Ripercorro la navata, raccolgo le gonne del mio abito cremisi per essere più veloce, lui è dietro di me lo sento, i nostri passi rimbombano all'interno della chiesa, non deve raggiungermi.
Finalmente arrivo alle porte, le spalanco, scendo velocemente le scale, immergendomi nel buio della notte, sono a metà. Improvvisamente sento delle braccia cingermi i fianchi, non c'è bisogno di girarmi, so già che è lui. Il suo pugnale punta al mio ventre, fermato solo dalla stretto corpetto, sono in trappola.

-Cedevi davvero di poter scappare? Di sfuggirmi? Tu mi appartieni!-

Non ho altra scelta, non posso permettere che mi prenda, chiudo gli occhi e stringo le mani sulle sue, sul pugnale puntato al mio ventre, il solo contatto con la sua pelle mi mi ripugna e non capisco il perché, lo sento dentro. Spingo con tutte le mie forze, un dolore bruciante mi colpisce, il mio abito si colora di un rosso ancora più acceso, sento il sangue defluire e con esso le mie forze. Le gambe smettono di sorreggermi, mi accascio.

-No! Maledetta, cosa hai fatto?- Ma ormai la sua voce è lontana, sento le gradinate affondare nella mia schiena e stringo il ciondolo che porto al collo.
La mia vista è sfocata, eppure stavolta cerco di fissarlo. Mi concentro sul suo volto, anche se nel sogno ho la consapevolezza che non ce ne sia bisogno perché conosco bene quell'uomo, provo a concentrarmi.
Distinguo un paio di occhi, un paio di occhi di ghiaccio che sapevo avrei visto, magnetici, spietati e bellissimi, il panico si impossessa di me e brividi di terrore percorrono la mia schiena.


Mi sveglio di soprassalto, sudata e impaurita, prima che il sogno finisca come al solito. Perché questa volta c'è una cosa che mi ha terrorizzata più del pugnale, più delle sue parole o delle labbra sulla mia fronte: io quel viso, quegli occhi, li conosco.
Non è la solita sensazione, forse è anche peggiore, perché li ho visti poco fa... sul viso magnifico del ragazzo che ho schiaffeggiato, quello da cui avevo la sensazione di dover scappare.
Mi alzo di scatto e corro in bagno, ho il viso e le labbra di un pallore marcato. Provo delle sensazioni orrende, tanto che sono costretta a chinarmi sul lavandino, presa da conati di vomito e crampi allo stomaco improvvisi, passo così il resto della notte.



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 

Mi alzo debolmente e guardo l'orologio, segna le nove del mattino. Sono praticamente distrutta e ho un aspetto orribile; dopo aver passato la notte piegata sul lavandino con conati di vomito continui e brividi, di dormire non se ne parlava. Cerco di stare calma, ma è davvero dura, le cose sembrano peggiorare giorno dopo giorno. Ho usato il resto della mattinata per disegnare, visto che è l'unica cosa che mi rilassa, ho ridisegnato la donna del mio sogno distesa sulle gradinate, ho solo potuto tracciarne i contorni non conoscendone l'aspetto. Poi ho disegnato quegli occhi, quelli che ho visto questa notte e che mi tormentano, così simili se non identici ai suoi.

Basta pensarci! Mi massaggio le tempie esausta.

Chiudo il mio album di scatto e cerco di darmi una sistemata. Beh... Diciamo che non riesco a ottenere l'effetto sperato, sembro più uno zombie che una ragazza in vacanza. Scendo a fare colazione, non appena Jess e Aiden mi guardano sgranano gli occhi sconcertati.

-Amy, so che siamo amici, ma stamattina hai un aspetto davvero orribile... Devo confessartelo- cerca di assumere un tono gentile, ma il risultato è davvero pessimo.

Sbuffo frustrata. Ora mi legge anche nel pensiero, Jess trattiene una risata.

-Grazie per la sincerità Aiden, ma purtroppo ne sono consapevole- abbasso la testa sconfitta, la verità è che devo sfogarmi, non riesco più a tenermi tutto dentro. Decido che è giunto il momento di parlare ai miei amici di questa assurda situazione. Spero non mi facciano internare!

-Ragazzi, c'è qualcosa che devo dirvi, vedete si tratta di...- Ma mentre sto per vuotare il sacco, veniamo interrotti.

-Buon giorno ai miei turisti preferiti!- La signora Miller compare alle mie spalle, interrompendo il mio discorso. È così allegra, ma sembra in difficoltà, come restia.

-Buon giorno signora Miller - esclama Jess.

-Qualcosa non va?- Anche Aiden ha notato la sua espressione.

-Posso sedermi un attimo con voi?- Ha uno strano atteggiamento, mi mette in allarme.

Mi acciglio -certo- rispondo,  scostando la quarta sedia accanto a me.

Poggia le braccia sul tavolo e fissa la colazione.

-Ecco... Vedete...- balbetta -so che non sono affari miei e che non dovrei impicciarmi, ma anche se siete qui solo da un giorno, avete l'aria di essere dei bravi ragazzi. Le facce pulite si riconoscono subito- ci fissa uno a uno e fa fatica a continuare.

Cerco di tranquillizzarla -non si preoccupi signora, parli con tranquillità - la incoraggio.

Con un sospiro riprende il discorso -ecco, quando siete arrivati vi ho parlato di mia figlia Sue che ha la vostra età. Beh, lei ieri si trovava alla terrazza e mi ha raccontato quello che è successo...-

Subito capisco dove vuole arrivare, che imbarazzo, forse avrà avuto un richiamo per averci ospitato? Non voglio nemmeno pensarci!

-Signora Miller, non deve preoccuparsi. Noi siamo persone tranquille, se ho schiaffeggiato quel ragazzo è perché è stato maleducato. Ammetto di essere stata avventata e non è da me comportarmi così, gliel'assicuro! Ma non capiterà più; non vogliamo crearle problemi, mi dispiace!- Inizio a giustificarmi velocemente, rossa come un peperone e lei si gira verso di me.

-Allora sei stata tu a litigare?-Sembra incredula. Insomma so che questo è un comportamento più alla Jess, ma anche io posso arrabbiarmi, che cavolo!

-Sì, ma come le ho detto non succederà più- abbasso il viso mortificata. Poggia una mano sulla mia.

-Oh bambina, ma io non sono arrabbiata con te perché hai litigato in un bar. E sta tranquilla che non mi hai dato problemi; figurarsi se quello osa venire qui! Anzi, meriterebbe molto più di un ceffone!- ribatte indignata.

Sgrano gli occhi sorpresa -allora non capisco...-  Mi scruta comprensiva, stringendo ancora di più la mia mano. Poi la vedo sospirare sonoramente.

-Il punto è che sono molto preoccupata per voi. Il ragazzo con cui hai litigato è David Van Dalen, il figlio di Albert Van Dalen. La terrazza dove ieri eravate, tutta la parte moderna di Albanuova è opera di suo padre. È lui l'investitore che sta rimodernizzando il paese. Vivono nel castello nord, sono una famiglia antichissima di Albanuova e soprattutto non sono persone da provocare o da farsi nemiche- ci guarda serissima, è davvero preoccupata per noi, mi sta mettendo un po' paura.

Sono incredula, ho litigato col proprietario di mezzo paese, ecco spiegata l'aria snob e lo strano comportamento di quelle persone, dopo che l'ho schiaffeggiato. Ma ancora non riesco a capire dove voglia arrivare. La fissiamo interrogativi, insomma cosa potrebbe mai farci? È stata solo una lite tra ragazzi in fondo.

-Circolano brutte storie sui Van Dalen. Tutta quella ricchezza, nessuno crede che sia frutto del duro lavoro o dell'onestà, il loro patrimonio non è stato minimamente intaccato dalla Terza Guerra. È gente pericolosa bambina, per questo sono venuta a mettervi subito in guardia. Quel ragazzo è uno scapestrato, è malvagio devi credermi, non sto esagerando.  È anche un rubacuori della peggior specie, ha un brutto carattere e non tollera offese di quel genere. Devi stargli alla larga, dovete stare alla larga da tutti i Van Dalen- sussurra tetramente, mettendomi i brividi.
Questo non ha assolutamente l'aria di essere uno scherzo. Non so cosa dire, la paura mi assale, aumentata ancora di più dal mio incubo. Il solo pensiero di quegli occhi su di me quasi mi pietrifica.

Rimaniamo in silenzio per un pò, poi rassicuro la signora Miller. È stata gentile ad avvisarci, avrebbe potuto cacciarci e risparmiarsi molte grane. In fondo non ci conosce per niente, eppure ci sta dando fiducia.

-Non si preoccupi, non ho alcuna intenzione di avere un altro incontro con quel maleducato! Prima volevo chiederle un'altra cosa però- ormai sono incuriosita da tutto questo.

Il suo sguardo sembra essere più tranquillo, ora che le ho assicurato di stare più attenta -dimmi tutto Amy.-

-Vede, lei ha detto che i Van Dalen vivono nel castello nord, la guida dice che non è possibile visitarlo, ma allora chi vive nel castello sud?- domando, indicando l'immagine sul libricino di Jess.

-Non mi meraviglia, non credo che i Van Dalen sarebbero felici di avere sconosciuti per casa. Il castello sud è visitabile perché adesso è proprietà del paese di Albanuova; l'unica cosa su cui Van Dalen non è riuscito a mettere le mani- risponde orgogliosa, deve proprio odiarli a giudicare dal tono sprezzante con cui li apostrofa. Chissà cosa le hanno fatto...

-Ma non capisco, i proprietari dove sono?- Spero di non passare per un'impicciona. Eppure non sembra turbata dalle mie domande, per ora.

-Mmmh, brutta storia quella che mi chiedi. Il castello sud appartiene, anzi apparteneva, ai Deveraux un'altra antichissima famiglia di Albanuova. L'ultima Deveraux è scomparsa una ventina di anni fa, dopo la morte di suo marito Cristopher; tragico incidente, il signor Cristopher era così buono... A ogni modo per un precedente accordo, nel caso in cui nessuno avesse ereditato il castello, questo sarebbe passato al paese di Albanuova. Ecco perché Van Dalen non ha potuto acquistarlo- spiega.

Interviene Jess,  anche lei incuriosita dal discorso -ma non capisco, com'è possibile che una famiglia così antica si estingua?-
La signora Miller ora sembra un po' restia a parlarne.

Inspira, poi dopo un attimo di indecisione sembra farsi coraggio.

-I Deveraux non sono stati mai fortunati: tragiche morti, improvvisi incidenti, scomparse misteriose; sembra  che tutta la fortuna di questo benedetto paese l'abbiano solo i Van Dalen!- Liquida velocemente il discorso e si alza di scatto.

-Ora devo tornare alle mie faccende, spero che abbiate modo di riflettere su quanto vi ho detto e stiate attenti- sembra ansiosa di andare via, probabilmente l'abbiamo turbata con tutte quelle domande. La rassicuriamo ancora una volta e torniamo a leggere la guida.

Aiden abbassa le spalle scoraggiato -ottimo, ora che sappiamo che Amy si è inimicata il proprietario di mezza Albanuova, nonché del castello che vorremmo visitare e che non visiteremo mai, a voi la scelta. Prima la chiesa o il castello maledetto?-

Jess scoppia a ridere, conosciamo la passione di Aiden per le storie horror. Non avevo dubbi che avrebbe chiamato così il castello sud.

-Prima la chiesa!- diciamo in coro io e Jess.
Aiden sembra affranto, avrebbe preferito il castello ma so già che ci accontenterà.

-E va bene- risponde accondiscendente come avevo previsto -in fondo qui dice che il castello sud è tanto grande, che ci vorranno due settimane per visitarlo tutto- a quanto pare non sono l'unica curiosa qui!

Dopo aver fatto colazione torniamo in camera. Prendo la borsa, ho deciso di portare tutto l'occorrente per disegnare; non posso credere che  avrò la possibilità di riprodurre sul mio album una vera chiesa! Indosso un paio di jeans, un top leggero e raggiungo gli altri. Il caldo oggi è asfissiante. Ci fermiamo alla Hall.

-Bene ragazzi, immagino andrete a visitare il paese- dice la signora Miller, avendoci visto scendere. Ci avviciniamo al bancone, sembra essersi del tutto tranquillizzata rispetto a prima.

-Sì, abbiamo deciso di iniziare dalla chiesa- è sorpresa, posa le chiavi di alcune camere scuotendo la testa e ridacchiando.

-Benedetta gioventù! Nessuno si interessa mai a quei vecchi edifici, tralasciando qualche turista del Secondo Stato! Comunque, se volete avere una visuale migliore entrate dalla porta posteriore, come vedete siamo alle spalle della piazza. Se entrate dalla porta anteriore, ripercorrerete tutta la chiesa e uscirete dal portone principale; dovrebbe esserci una guida e tre turisti se fate in tempo, a quanto pare è il vostro giorno fortunato- ci incoraggia gentile.

Sono euforica, il Secondo Stato è il luogo dove c'è ancora un museo, quindi la media di persone interessate all'antichità è leggermente superiore, sicuramente i turisti verranno da lì. Tuttavia parliamo di numeri davvero esigui, considerando che quello Stato è il doppio del nostro.

-Grazie mille signora Miller!  Faremo così, ritorneremo per il pranzo- la salutiamo e usciamo in strada.

Siamo alle spalle della piazza, ci avviamo alla  porta che ci ha indicato, è tutto aperto e incustodito. Procediamo lungo un corridoio buio, i nostri passi rimbombano sul marmo. L'ambiente è più fresco rispetto all'esterno, dopo varie scale spuntiamo alla destra dell'altare. Vediamo un gruppetto di turisti con la guida sulla sinistra, tuttavia non è quello a sorprendermi.

Mi blocco improvvisamente sconvolta.

Davanti a noi c'è una lunga navata, sulle nostre teste meravigliosi affreschi che non avevo mai visto dal vivo e finestre dai vetri colorati. Eppure non è questo che mi turba, insomma è certamente un posto incredibile; non doveva essere molto importante a quei tempi, visto che è una chiesa molto piccola, ma per noi è sorprendente. Resto lì, con le gambe incollate al pavimento, perché tutto ciò è davvero inspiegabile e forse sto diventando pazza.

-Amy, vieni ti perderai la spiegazione della guida!- Mi chiamano i miei migliori amici.

Rispondo con un filo di voce  -avviatevi, vi raggiungo tra poco.-

Scrollano le spalle, lasciandomi lì da sola.
No! Questo non può essere, mi guardo intorno. Scendo lentamente i gradini e mi allontano dall'altare con passo malfermo. Sento il sangue defluire dal mio volto e mi manca l'aria, barcollo sulla navata ormai allo sbando.

Non è possibile, penso convulsamente, è uno scherzo... Guardo a destra, poi a sinistra... Questa è la chiesa del mio incubo!

Continuo a guardarmi intorno e cerco di superare le numerose panche di legno. Mi è tutto così familiare, ho tanta paura. Le gambe non mi reggono, così decido di spostarmi a destra, per poggiarmi alle mura fresche e riprendere fiato. Faccio scivolare la schiena sulla parete stranamente ruvida, non può essere solo una mia impressione. Tutto questo è pura follia. Mi giro e mi rendo conto di non essere appoggiata ad una semplice parete, queste sono delle tombe, nelle chiese antiche non è raro trovarne. Nonostante l'ansia che mi opprime cerco di leggere le iscrizioni, è molto strano, non dovrebbero essere così nitide; deve essere opera di continue ristrutturazioni. Sembra che questa chiesa sia rimasta bloccata nel passato, non  una crepa, non un affresco rovinato.
Ma chi spenderebbe tanto denaro per qualcosa che non interessa a nessuno?

Distratta e ancora più impaurita, traccio con le dita i contorni di un'iscrizione in rilievo, sulla tomba a cui ero irrispettosamente appoggiata:

"Conte Françoise Deveraux, padre e marito devoto."

Di fianco a questa scritta c'è un'altra iscrizione, un'altra tomba; un nome che mi sconvolge nel profondo, perché lo conosco e questo è impossibile:

"Contessina Anita Amalia Deveraux, figlia adorata, orietur in tenebris lux tua."

Stringo una mano sul petto, mi tornano in mente le parole del mio sogno, le parole di quell'uomo dagli occhi crudeli:

"Ricordare sarà la tua rovina Anita."

Anita... Questo nome... Continua a rimbombarmi in testa, sfioro la scritta.

"Orietur in tenebris lux tua."

Nascerà in mezzo all'oscurità la tua luce.

Riesco a tradurla, visto che sono una delle poche persone che si interessa a tutto questo, ma non capisco il motivo di questa frase su una tomba del genere. Non mi piace, questa storia non mi piace per niente, che diavolo sta succedendo? Sto forse perdendo la testa? Non c'è altra spiegazione.

I miei pensieri si interrompono di colpo.

Improvvisamente la luce del giorno si sostituisce alla penombra delle candele. L'aria è più fredda, il profumo dell'incenso insieme a quello della cera impregnano tutto l'ambiente; stranita sfioro ancora la tomba, ma stavolta solo un nome si trova davanti a me:

"Françoise Deveraux padre e marito devoto."

Sobbalzo, non può essere.
Mi allontano di scatto, terrorizzata da ciò che è appena successo, la chiesa torna a essere quella di prima, col gruppo di turisti al lato opposto. Devo uscire di qui e subito. Ma le gambe non reggono ancora, barcollo debole verso la navata, mi guardo intorno e di nuovo piombo nella penombra delle candele.
No! No! No! Ti prego basta! Mi stringo la testa tra le mani, il mio incubo si sta confondendo con la realtà.
Il  panico mi assale, guardo verso il basso. I miei jeans scoloriti sono sostituiti da un vaporoso e ingombrante abito cremisi.
Non capisco, raccolgo le gonne, so che devo raggiungere le porte subito.
Riesco ad arrivarci con il cuore a mille; i miei passi rimbombano, l'ansia mi assale ogni secondo di più...
Spalanco le porte della chiesa, la luce del giorno mi colpisce insieme al calore del sole sulla faccia. Ma ciò che vedo è sconcertante, quella piazza è la stessa, più moderna e in pieno giorno, ma sono sicurissima che è la stessa identica piazza del mio sogno; ciò non fa che destabilizzarmi ulteriormente.
Devo andarmene, ora!
Ecco le gradinate, inizialmente non ho il coraggio di avvicinarmi, strofino gli occhi. Quando li riapro tutto ripiomba nel buio, i palazzi moderni scomparsi, procedo spedita pronta a fuggire.
Il cuore mi batte talmente forte che sembra volermi uscire dal petto, arrivo a metà delle gradinate e strofino ancora gli occhi.
Quando li riapro è di nuovo giorno, ma il panico continua a crescere dentro di me inesorabilmente, così mi blocco prendendo profonde boccate d'ossigeno. Passa qualche minuto e l'incubo non riappare davanti a me, piano piano mi convinco che le cose siano tornate alla normalità, ma la mia convinzione viene smentita subito da una fitta al ventre che mi mozza il respiro; le gambe smettono di sorreggere il mio peso, la vista comincia ad essere sfocata.
Cado rovinosamente, piegandomi sulle ginocchia e le gradinate affondano nella mia schiena.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 

La mia vista è sfocata, mi aspetto di vedere quegli occhi che tanto mi terrorizzano e in effetti è quello che vedo anche se sono diversi, freddi ma non crudeli o beffardi. Eppure la paura non mi abbandona, sento la sua voce profonda insinuarsi nelle mie orecchie.

-Ma cos'hai?- Pare preoccupato, con una mano fredda mi sfiora la guancia.
Le sensazioni che provo sono immediate: orrore, repulsione e gelida paura mi attanagliano; tutto questo è stato scatenato dal suo semplice tocco.

"Non toccarmi, non toccarmi!" penso convulsamente. È un pensiero irrazionale me ne rendo conto, ma non riesco a non provare tutto questo. Respiro a fatica, ma non sono in grado di dire nulla, il bruciore al ventre non si placa.

Improvvisamente sento Aiden.

-Sta lontano da lei, se non vuoi che ti spacchi quella bella faccia amico- irrompe su tutte le furie tra noi.

Lui si volta impassibile, come se l'aria minacciosa del mio amico non lo tangesse minimamente -non le ho fatto nulla, era imbambolata sulle gradinate e si è accasciata quindi...-
Non sento il resto della frase perché intorno a me diventa tutto nero, sento solo la voce lontana di Jess.

-Amy Amy! Sta male!- urla impaurita.


  ****

Sono distesa su un morbido materasso e le lenzuola hanno un profumo familiare, devo trovarmi in camera mia, ipotizzo.

Sento delle voci intorno a me.

-Ti ho ho già detto che non le ho fatto nulla- una voce profonda e annoiata bisbiglia poco distante dal letto.

L'altra voce sembra adirata -questo lo vedremo.-  

Li interrompe una terza voce familiare -state zitti!! Si sta svegliando...-

Lentamente riprendo i sensi.

La  prima cosa che vedo sono occhi dal colore dell’ argento liquido che mi fissano.
Di colpo mi ritorna in mente l'incubo, quello sguardo sadico e crudele che gode nel vedermi soffrire, mi balza il cuore in gola. Mi alzo di scatto e indietreggio bruscamente verso la testiera del letto, batto forte la testa sul duro legno. Una smorfia di dolore si forma sul mio viso, lo scruto meglio e sembra quasi sollevato, ma si ricompone subito ritornando freddo e distaccato, inarca le scurissime sopracciglia.

-Ti sei svegliata finalmente. Sta attenta, o vuoi svenire di nuovo formaggino?- chiede ironicamente, non togliendomi gli occhi di dosso.

Cerco di calmarmi provando a riprendere fiato, i miei pensieri si schiariscono e mi rendo conto che di fronte a me c’è David Van Dalen, è qui accanto al mio letto, incredibile. Devo smetterla di farmi terrorizzare così, credo stia avendo sempre più conferme della mia stupidità o pazzia o entrambe le cose; accanto a lui ci sono Jess e Aiden.

-Questa non è esattamente la reazione di una a cui non hai fatto nulla!- sibila Aiden fuori di sé; lo prende per il colletto della camicia e lo spinge con le spalle al muro, provocando un rumore sordo.

-Aiden fermo!- urla Jess allarmata.

-Aiden ma cosa succede?- chiedo sconvolta anche io, lui mi guarda con collera. Conosco bene quell’espressione da parte del mio migliore amico, sta difendendo quella che ritiene la sua famiglia, me.

-Voglio sapere cosa ti ha fatto Amy, dimmelo! Eri stesa sulle scale con lui vicino, eri così pallida che ti credevamo morta!-  Mi si stringe il cuore a guardare la solita aria protettiva che ha assunto, ma non posso dirgli cosa è successo, mi prenderebbero per pazza.

-No ti sbagli, lui non mi ha fatto nulla. Credo sia stato un mancamento, ho avuto una nottataccia e il sole sulle gradinate della chiesa era fortissimo. Sarà stato questo, un colpo di sole!- spiego, cercando di essere credibile.
Lui non è molto convinto ma lascia andare David, che si aggiusta la camicia e gli si riavvicina con aria rabbiosa e altezzosa.

-Ringrazia che la tua amica sta male, ma fa un'altra volta quello che hai appena fatto e lo rimpiangerai amaramente!- Lo dice con una voce talmente minacciosa da gelarmi il sangue nelle vene; quel tono non mi piace per niente, soprattutto dopo ciò che ci ha raccontato la signora Miller, quel ragazzo è pericoloso e non va provocato così lo si evince non solo dai suoi movimenti, ma anche dal suo modo di fare in generale... Poi si gira verso di me, ha un'aria sprezzante.

-E tu, vedi di stare attenta. Abbiamo già abbastanza drammi in questo maledetto paese!-
Ogni parvenza di preoccupazione o sollievo sono svanite dal suo volto, va via sbattendo  la porta e facendomi sobbalzare. Aiden cerca di andargli dietro, ma Jess lo trattiene.

I miei amici mi fissano preoccupati e passo il resto del tempo  a rassicurarli.

-Mi dispiace Amy, ma ho dovuto avvisare tua madre dopo che la signora Miller ha chiamato il medico- mi comunica impacciata la mia amica.

Sono afflitta -oh no Jess, perché? Sarà impazzita!- Mi passo una mano sul viso, immaginando già la scenata che farà la mia iperprotettiva mamma.

Aiden si siede sul bordo del letto e mi fissa sorridendo colpevole.

-Effettivamente sì: ha iniziato a urlare, a dire che avrebbe preso il primo treno, ad elencare tutte le possibili malattie che provocano svenimenti; si è calmata solo dopo aver parlato col dottore e ci ha fatto promettere che appena sveglia l'avresti chiamata- spiega.

-Lo faccio subito allora- rispondo rassegnata.

Elise Davies non è una persona che si può far aspettare, so già che se evitassi di chiamarla prenderebbe sul serio il primo treno; mia madre è assurdamente catastrofica quando si tratta di me, vuole che viaggi ed esplori il mondo ma è terrorizzata dalla lontananza e da tutto ciò che potrebbe accadermi, è una contraddizione vivente! Questo è un altro dei motivi per cui non volevo partire.

-Va bene, passiamo più tardi a vedere come stai- sorridono premurosi ed escono dalla camera; Aiden prende la mano di Jess facendola sussultare e socchiude la porta, wow  quei due fanno progressi...

La mamma risponde al primo squillo -Amy tesoro! Cosa ti è successo? Stai bene? Vuoi che venga lì? Ti sei ripresa?- Ecco il terzo grado che mi aspettavo.

Sorrido rassegnata, ma segretamente felice di avere una mamma che si preoccupa così per me -sta calma, non è successo nulla. Sarà stato un colpo di calore adesso sto benissimo, Jess e Aiden si occupano di me e anche la signora Miller è un tesoro. In serata mi ha promesso un brodino- spiego con la massima calma per rassicurarla al meglio e pare leggermente più sollevata.

-Per fortuna ti senti meglio, sono stata così in pena, non poterti avere qui per vedere come stai... Giuro che stavo per salire sul primo treno- mi sento improvvisamente in colpa, non voglio farla preoccupare in questo modo.

-Mamma, sai ho pensato che magari... Beh... Insomma potrei tornare a casa, non mi piace l'idea di scaricare tutto il peso della caffetteria su di te- balbetto, c'è un attimo di silenzio.

-Tesoro, c'è qualcosa che non va? Forse non ti trovi bene lì?- domanda nuovamente preoccupata.

Mi spiego subito, così da non turbarla -no mamma tranquilla! È tutto perfetto qui davvero. Albanuova è un posto fantastico, sai stavo per visitare una chiesa prima di sentirmi male, capisci una vera chiesa, è che mi manca molto l'isola, mi manchi tu...-

-Amy Davies non provarci nemmeno, tu continuerai la tua splendida vacanza e ti divertirai, intesi? Mi conosci piccola quindi non dar retta alle mie stupide paranoie; io qui sto bene, esco con la madre di Jess e mi rilasso, non preoccuparti per me. Pensa a divertirti, lo meriti- questo suo discorso non mi ha proprio convinta, ma non voglio deluderla tornando a Baia del Sole prima del tempo.

Sospiro sonoramente -va bene mamma farò uno sforzo, ma sappi che mi manchi tantissimo. Ti chiamo domani, ti voglio bene-  so che sta sorridendo.

-Anche io tesoro, più di quanto immagini- risponde dolcemente.

Lascio il telefono sul comodino e continuo a ripensare a ciò che è successo.
Anita Amalia Deveraux... È possibile che il mio sogno non sia un sogno? Che continuo a vedere, anzi a rivivere, la sua morte? Perché proprio io? E com'è possibile che tra tutti i posti in cui andare, siamo capitati proprio qui; questo non può essere un caso.
Rimugino per un'altra ora, ma le mie domande non trovano risposta, così prendo una decisione visto che siamo solo da due giorni ad Albanuova ed è successo di tutto: è arrivato il momento di parlarne con i miei amici e se dovessero prendermi per pazza, pazienza...
Preso coraggio faccio un gran sospiro ed entro in camera di Jess, sono ancora un po' stordita e per la tensione dimentico di bussare, ma quando spalanco la porta me ne pento amaramente.
Jess è distesa sul letto con Aiden sopra di lei a torso nudo, il mio amico ha una mano sotto la sua maglia e le labbra sul suo collo; lui quasi non si accorge di me essendo troppo concentrato a fare ciò che sta facendo, ma Jess sì.

-Amy oddio! Noi, beh ecco noi...- balbetta rossa come un pomodoro, scostandosi di scatto.

Sul mio viso si alternano più o meno le stesse tonalità di rosso, vorrei sprofondare.

-Ragazzi scusate, avrei dovuto bussare. Ora vado, scusate!- Sto per filarmela, Aiden indossa nuovamente la maglia con un sorriso malizioso, anche Jess cerca di ricomporsi ma la sua bocca rossa di baci e i capelli spettinati la tradiscono miseramente.

-No aspetta!- Mi ferma allarmata.

-Amy, saremmo comunque venuti a vedere come stavi e a parlarti di quello che è successo. Dai fermati- il suo sguardo mi convince, così mi avvicino e prendo la sedia dalla scrivania, accostandola al letto. Attendono tesi una mia reazione, resto qualche minuto in silenzio per creare suspense e anche per fargliela un po' pagare, visto che mi hanno nascosto ciò che stava succedendo!

Poi non resisto e corro ad abbracciarli -Beh ragazzi, direi che l'aria di questo paese giova almeno a voi! Sono contentissima!!- mi congratulo euforica.

Aiden mi fissa sorridente e anche abbastanza sollevato.

-Ascolta Amy, te ne avremmo parlato oggi, dopo la visita guidata, ma sei stata male e non c'è stata occasione- si giustifica, ma io lo blocco e scuoto la testa cercando di fargli capire quanto sono contenta.

-Non preoccupatevi, avanti quando è successo? Me l'avete fatta sotto il naso!- Jess sorride, anche lei visibilmente sollevata.

-È successo la sera in cui hai schiaffeggiato Van Dalen, quando la tua amica ribolliva di gelosia e mi ha praticamente trascinato via da quella ragazza- dice Aiden, non celando il suo compiacimento per quella reazione.

Jess arrossisce violentemente.

-Io non ribollivo di gelosia!! E non ti ho trascinato da nessuna parte!- Mette il broncio, sembrano già una coppia.

-Comunque sia, un ballo tira l'altro e finalmente ha ceduto- continua lui. Jess gli dà una gomitata.

-Non volevo rovinare la nostra amicizia stupido- si giustifica mestamente.

-Era ora! Sono contentissima per voi, vi voglio bene e siete proprio bellissimi insieme!- esclamo battendo le mani, realmente felice per loro.

Ci perdiamo in chiacchiere, mentre continuano a punzecchiarsi quasi dimentico il motivo per cui sono entrata in camera, poi dopo un po' prendo coraggio.

-Visto che siamo in vena di confessioni, devo dirvi una cosa...- inizio intimorita.
Ora o mai più mi ripeto, dandomi coraggio; avendo visto la mia faccia seria perdono il sorriso e mi fissano in trepida attesa.

-Dal tuo tono non sembra una cosa allegra Amy- indaga Aiden sospettoso.

Scrollo le spalle -Beh... In realtà non lo è, ma non è nemmeno triste, cioè in un certo senso non è né triste, né allegra- provo a spiegare confusamente.

Jess si spazientisce -Stai parlando a vanvera e tu parli a vanvera solo quando sei veramente nervosa. Coraggio sputa il rospo- insiste determinata come solo lei sa fare, Aiden invece mi prende le mani rassicurandomi.

-Ok, ma non voglio che mi prendiate per pazza, ovviamente se pensate che sia pazza dovete dirlo- aggiungo evitando il loro sguardo e continuando ad incespicare con le parole.

Jess si spazientisce ancora di più -Amy diamine, parla!!- Sbuffa.
Ormai è fatta, faccio un bel respiro e torno a guardarli.

Poi finalmente vuoto il sacco: gli racconto del sogno, delle tombe, degli occhi di David, di Anita Deveraux, del reale motivo per cui sono svenuta; quando finisco di parlare mi sento più leggera, come se mi fossi tolta un enorme peso da cuore, loro mi fissano a bocca aperta. Allarmata dal silenzio plumbeo che si è diffuso nella camera, decido di spezzarlo io stessa.

-Ok lo sapevo, state pensando di mandarmi da uno psicologo- abbasso lo sguardo dispiaciuta.

-Beh... Amy ammetterai che è una storia abbastanza strana e a tratti anche terrorizzante se devo essere sincero, ma sei mia amica, non posso non concederti il beneficio del dubbio- sussurra dolcemente Aiden, alzandomi il viso. Lo guardo commossa, tuttavia Jess continua a starsene zitta e il mio nervosismo cresce. Tengo molto alla loro opinione, mi si spezzerebbe il cuore se pensassero male di me.

-Andiamo Jess dì qualcosa, l'attesa mi uccide!- maschero con ironia il nervosismo e lei mi fissa di rimando assorta, poi finalmente inizia a parlare.

-Amy è tutto molto strano lo ammetto, ma questo sogno...  Non è la prima volta che me ne parli- riflette e io sono interdetta.

-Ma non è possibile, sono sicura di non avertene mai parlato- aggrotto le sopracciglia e il dubbio si insinua in me.

Insiste -beh forse l'hai dimenticato, ma avevamo nove anni e tu dicesti di aver fatto un sogno, un brutto sogno, di indossare un vestito da principessa rosso, di essere adulta e che un uomo cattivo ti inseguiva. In realtà mi facesti parecchio paura mentre lo raccontavi, per questo lo ricordo così bene- dal tono in cui ne parla sembra sicurissima di ciò che dice, come fosse successo ieri.

Io invece non ricordo minimamente quest'episodio, nonostante cerchi di fare mente locale -deve essere stata la prima volta che ho sognato Anita, non ci sono dubbi- concludo non molto rassicurata da ciò -non ricordo assolutamente di avertelo raccontato però, che strano... ho cominciato a sognarla a nove anni- rifletto ancora più confusa di prima.

-Devo scoprire la verità, ho bisogno di sapere perché sogno quella donna- mi passo una mano fra i capelli nervosa e frustrata. Troppe notti insonni ho passato negli ultimi tempi a causa di quel maledetto incubo.

Aiden si alza soprappensiero.

-Hai ragione, dobbiamo cercare capire con calma cosa sta succedendo, di certo non puoi continuare a terrorizzarti nel sonno in questo modo- mi fissa tristemente -non può essere un caso tutto questo, direi di fare delle ricerche e scoprire qualcosa in più su questa Anita Deveraux. Dovremmo visitare il castello, ma domani non sarà possibile, la Domenica chiude per manutenzione- ragiona andando avanti e indietro per la camera, ma improvvisamente si rabbuia, forse avendo riflettuto ulteriormente sul mio racconto.
La sua curiosità viene soppiantata dalla preoccupazione ed ecco la faccia da fratello protettivo...

Mi guarda allarmato -Amy, non mi piace la somiglianza che l'aggressore del tuo sogno ha con Van Dalen, devi stargli alla larga. Tutto questo mi fa paura- mi avvisa serio.

Annuisco, nemmeno a me rassicura questa somiglianza né tantomeno mi piacciono le sensazioni che provo quando lo guardo; non so cosa c'entra David con questa storia, ma ho intenzione di scoprirlo.

Jess e Aiden iniziano a discutere facendo continue supposizioni, io li guardo e quasi non sento nulla di quello che Aiden dice dopo, mi vengono le lacrime agli occhi; mi credono, non pensano di parlare con una pazza. Sollievo misto a profonda gratitudine mi invadono e corro ad abbracciare il mio amico, poi andiamo ad acciuffare Jess che odia gli abbracci di gruppo.

-Grazie ragazzi, davvero! Non so cosa farei senza di voi, avevo così tanta paura di raccontarvi tutto!- Sospiro sollevata.

Jess mi guarda e sorride -siamo tuoi amici Amy, siamo praticamente cresciute insieme, ti crederei anche se mi dicessi di aver visto E.T.- ridacchia.

Aiden la fissa incredulo -sul serio Jess, E.T ? Nessuno guarda E.T!-

Scoppiamo a ridere entrambe, non possiamo confessagli di guardarlo almeno una volta a settimana, assieme ad un'altra lunga sfilza commedie romantiche ed horror; la passione per i film precedenti alla Terza Guerra resterà un nostro segreto visto che tutti li ritengono antidiluviani. Passiamo il resto della serata a fare congetture e dopo cena decidiamo di andare a letto.
Questa è stata un' altra giornata fin troppo movimentata, ho la netta sensazione che il nostro soggiorno ad Albanuova non sarà per niente noioso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***



È domenica mattina e pare che stanotte il mio sogno mi abbia concesso una tregua, infatti mi sento molto più riposata e il mio viso ha ripreso addirittura il poco colore abituale.
Quindi, motivata da questa apparente tranquillità, decido di curare meglio il mio aspetto indossando un altro degli abitini comprati con Jess, è di vari colori con lo scollo all'americana, lego i capelli in una coda alta e decido anche di mettere un po' di trucco;
Quando scendiamo per la colazione, dalle vetrate della sala da pranzo noto che è davvero una bellissima giornata, non una nuvola oscura lo splendente azzurro del cielo estivo.
La sala è tutta illuminata e colorata come il resto della pensione, ha uno stile moderno eppure c'è qualche tocco classico qua e là. Albanuova è davvero un posto speciale, sembra quasi il perfetto incastro di diverse epoche.

Sediamo al tavolo e la signora Miller si avvicina.

-Ma vedo che stamattina stai molto meglio Amy! Ieri mi hai fatto prendere un grande spavento!- si posa le mani sui fianchi, quasi a volermi rimproverare.

 -Opera del suo brodo di pollo signora Miller, fa miracoli!- sorrido rassicurandola.

-Adulatrice- scuote la testa, non celando la soddisfazione di essersi resa utile. Una ragazza bassina e dai capelli castani si avvicina, è molto carina e il viso è caratterizzato da quella genuina bontà che contraddistingue anche la padrona della pensione, quindi capisco subito chi è.

-Questa è mia figlia Sue, ve ne ho parlato ricordate?- La signora Miller avvolge un braccio intorno alla ragazza e la ammira come solo una madre guarda la propria figlia; una fitta di nostalgia mi colpisce, come la mia mamma guarda me... penso demoralizzata.

Le stringo amichevolmente la mano e scaccio via la momentanea tristezza.

-Piacere di conoscerti Sue, io sono Amy e loro sono Jess e Aiden, tua madre ci ha parlato molto di te- cerco di metterla a suo agio ma lei appare abbastanza timida, infatti sorride imbarazzata.

-Piacere ragazzi! Spero non abbia esagerato...- la signora Miller si allontana strizzandole l'occhio, forse per incoraggiarla a fare amicizia con noi, lei però resta per un minuto in silenzio non sapendo cosa dire.

-Hem... adesso ho da fare in cucina, ma spero potremmo parlare con più calma- ci fissa speranzosa.

-Puoi contarci Sue!- Faccio un caloroso cenno d'assenso. Nonostante non sia stata propriamente a suo agio, pare molto contenta della mia risposta, credo abbia solo bisogno di sciogliersi un po'.


Mi giro verso i miei amici -sembra simpatica- bisbiglio mentre si allontana.

-Beh con una madre tanto gentile, non poteva essere altrimenti- conferma Jess, accarezzando distrattamente la mano di Aiden; è incredibile quanto sia stato semplice per loro superare quel gradino in più che li ha portati a essere una coppia, è come se fossero nati per stare insieme tanto sono complici e spontanei. Mi chiedo se mi capiterà mai una cosa del genere, tutti i miei tentativi sono stati decisamente catastrofici.

-Amy, io e Jess stamattina avevamo pensato di fare una passeggiata e visitare di giorno la parte moderna del paese, ti va di andare o ti senti ancora debole?- chiede Aiden premuroso.

L'idea non mi entusiasma molto, non mi va di andare per locali e aggirarmi per la modernità della parte ristrutturata di Albanuova, oggi vorrei un po' di calma...

-In realtà preferirei restare qui, ma voi andate non preoccupatevi, avevo pensato di andare in piazza e passare la mattinata a disegnare la chiesa dall'esterno- spiego e già vorrei avere il mio album tra le mani.

Aiden appare subito allarmato dalle mie parole -credi sia una buona idea Amy? Hai visto cosa è successo l'ultima volta, non vorrei ti sentissi di nuovo male.-

Lo rassicuro scuotendo la testa -tranquillo, è stato il primo impatto. Per ora non ho intenzione di rientrarci ma dubito che dall'esterno  mi faccia lo stesso effetto, andate e divertitevi, su!- li incoraggio animata. Non voglio che rinuncino ai loro programmi e inoltre c'è sempre quella parte di me che a volte necessita semplicemente di solitudine. Convincerli non è facile, ma alla fine Jess capisce il mio stato d'animo e trascina via Aiden.

Dopo averli salutati salgo in camera a recuperare tutto l'occorrente per disegnare, poi raggiungo la particolare piazza di Albanuova. È abbastanza grande, circolare e anche molto diversa dal mio sogno, visto che ora ci sono edifici moderni. I ciottoli del pavimento e alcuni ornamenti precedenti all'Interruzione però le danno un'aria del tutto unica;
trovo subito posto su una panchina all'ombra, proprio di fronte alla chiesa, è perfetta.
Per un momento mi perdo a fissare quelle porte e le gradinate, mi si forma un nodo allo stomaco, così faccio un bel respiro e prendo il mio album scacciando le brutte sensazioni, confido fermamente nel potere calmante che disegnare ha su di me.
Infatti perdo quasi immediatamente la cognizione del tempo quando comincio a immergermi in quel grande foglio bianco. Sono concentrata a cogliere tutti i particolari della facciata, quindi non mi accorgo che qualcuno è seduto accanto a me, finché non sento un colpo di tosse.
Alzo lo sguardo e mi paralizzo incredula, David Van Dalen è seduto sulla mia panchina e osserva il mio disegno con interesse. Non appena scruto i suoi occhi d'argento liquido sento di nuovo quell'inquietudine dominarmi con prepotenza, ma stavolta tento di nasconderla; mi guarda con le sopracciglia scurissime inarcate e il suo sguardo magnetico che pare leggermi fin dentro l'anima.
Ragazzi tanto belli non dovrebbero esistere, penso contrariata.
Ha i capelli più scompigliati del solito, indossa una maglia sportiva blu e un paio di jeans che fasciano alla perfezione le gambe muscolose, col suo corpo perfetto ovviamente gli calza tutto pennello, non so perché la cosa mi faccia arrabbiare, forse per il fatto che lui ne è maledettamente consapevole o  perché sento che il suo fascino per me è pericoloso.
Questa mattina ha un'aria allegra...

-Non credevo disegnassi formaggino e sei anche bravina- commenta, quel tono sarcastico che usa mi dà l'impressione di una presa in giro, ciò non fa che peggiorare il mio umore. Ecco lo sapevo, non parliamo nemmeno da un minuto e già sono arrabbiata, mi correggo: ragazzi tanto belli e tanto irritanti.

-Prima di tutto, non mi chiamo formaggino ma Amy, Amy Davies. E poi non sono bravina, sono bravissima nel disegno!- incrocio le braccia al petto imbronciata. Non riconosco molte qualità in me, ma il disegno non devono toccarmelo.

-Vedo che siamo anche modeste!  La lista dei tuoi pregi aumenta formaggino, scusami volevo dire Amy Davies- si corregge ironicamente; stavolta nonostante i modi arroganti, è giocoso e pare divertito da questo scambio di battute, è molto diverso dal ragazzo freddo che ho avuto modo di conoscere.

-Non hai nient'altro da fare?- sbuffo -o ti diverti a importunare i turisti? Sai, questo non incoraggia molto le persone a visitare il paese, così rovinerai gli affari di famiglia. Non dovresti aiutare il ricco paparino?- gli rispondo a tono, ma appaio più acida di quanto volessi. È che quando sono in sua presenza mi innervosisco molto facilmente, ancora non mi capacito delle mie reazioni.
Mi rendo conto che questa però è stata una pessima mossa, non appena nomino suo padre la faccia allegra e rilassata di poco fa cambia drasticamente. Lo sguardo ridiventa quello freddo con cui l'ho conosciuto, avvicina il viso al mio e le labbra mutano in una linea dura, sono a pochi centimetri dalle mie e io continuo a fissare  le sue, carnose e di una forma accattivante.
Mi manca improvvisamente il respiro, ovviamente lui se ne  accorge subito visto il sorrisetto malizioso che gli spunta.

-Non ti sto importunando, credimi se ti stessi importunando te ne accorgeresti- abbassa la voce, assumendo una sfumatura quasi sensuale che mi dà i brividi e stavolta non sono di paura.
-Non parlare di cose che non conosci Amy, soprattutto non parlare mai di mio padre- aggiunge duro e irremovibile, calcando particolarmente quel "mai".

Forse ho esagerato con le parole, in fondo io non conosco né lui, né suo padre, ho parlato solo per sentito dire e sono stata decisamente inopportuna. Quasi mi dispiace avergli rovinato l'umore. Ok riformuliamo.

-Scusami, non volevo essere invadente o maleducata. Facciamo così, cosa ne diresti di cominciare da capo?- cerco di essere più pacata e disponibile rispetto a prima, in fondo sono io quella che gli ha mollato un ceffone.  

Le sue labbra si piegano in un mezzo sorriso. Perché continuo a guardargliele?!
Da quando si è avvicinato così tanto, sono circondata e stordita dal suo profumo invitante e fresco, ha un non so che di suadente e familiare, quasi fosse fatto per attrarmi; in effetti mi attira in un modo che non mi era mai capitato.
Di una cosa sono certa, un ragazzo del genere di certo non poteva avere un profumo comune. Maledizione Amy datti una svegliata, non è il momento di pensare a questo, mi rimbecca la mia parte razionale.
Si allontana piano, sembra stranamente compiaciuto... non capisco il motivo di quella faccia soddisfatta.

-Oh formaggino sul serio? Ed è bastato solo che mi sedessi accanto a te, non dirmi che ti sei già innamorata!- sogghigna beffardo, lasciandomi impietrita.

Ora capisco! Credeva ci stessi provando, glielo leggo in faccia. Ha scambiato la mia momentanea gentilezza per un possibile approccio. Ma quanto è presuntuoso?!

Irritazione e umiliazione si alternano in me. Nuovamente perdo il briciolo di autocontrollo che mi ero imposta di mantenere. Ora basta, ma chi si crede di essere? Altro che riformulare. Mi trattengo, cercando di non mollargli un altro ceffone e stavolta sono io ad avvicinarmi di scatto, lasciandolo sopraffatto.
Sono a un centimetro dal suo viso, proprio come lui prima si è avvicinato a me, prendo coraggio e fisso quegli occhi, senza lasciar minimamente trasparire il timore che mi incutono. Se vuole giocare a questo gioco, si gioca in due.

-Te lo ripeto perché a quanto pare, oltre a essere imbecille e maleducato sei anche sordo, io mi chiamo Amy Davies e non basta un bel faccino per farmi innamorare David. Forse funziona con le quattro ragazzette  che ti girano sempre intorno, ma con me non attacca. Quindi fai un favore a te stesso e la prossima volta cerca di renderti meno ridicolo!- Lo guardo con sufficienza.

Mi allontano lentamente dal suo viso, sempre con gli occhi fissi nei suoi non lasciando vacillare la mia sicurezza, per un attimo sembra sorpreso, quasi spiazzato ma perde il controllo solo un istante.
Poi torna subito alla sua maschera fredda e distaccata. Raccolgo il mio album e mi allontano dalla panchina con passo tranquillo, non sono mai stata esuberante come Jess, ma non sono nemmeno una ragazzina timida e indifesa e soprattutto non mi lascio mettere i piedi in testa da nessuno. Torno alla pensione covando una segreta soddisfazione: uno a zero per me Van Dalen.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


 

Rientro alla pensione e salgo dritta in camera come un toro in corsa, mentre cammino batto pesantemente i piedi per terra, cosa che faccio quando non so come sfogare il nervosismo. Vorrei provare a rilassarmi come avevo programmato, ma ormai già so che sarà dura visto che sono ancora molto infuriata. Non ho mai visto tanta arroganza concentrata in un'unica persona, ma nonostante quel David sia così irritante, la cosa che proprio non mi va giù è che mi sento attratta da lui, per quanto io abbia ostentato indifferenza poco fa. Questo mi manda veramente in bestia, non mi era mai capitato con nessuno dei ragazzi che ho conosciuto all'isola. Ripenso a quel viso, a quelle labbra piene e lentamente, oltre alla paura che quei lineamenti sempre mi provocano provo altro, un forte calore alle guance.
Non posso crederci, corro allo specchio e resto a bocca aperta, sono addirittura arrossita solo pensandolo... non devo invaghirmi di un cretino del genere! Di un arrogante pallone gonfiato! Mi do due schiaffi sul viso per riprendermi.
Basta!! Devo assolutamente schiarirmi le idee. Decido di tornare alla Hall e magari scambiare quattro chiacchiere con la signora Miller, visto che Jess e Aiden non sono ancora tornati. Tutto pur di non ritornare su quei pensieri assurdi...

All'entrata trovo Sue, la saluto con un cenno che subito ricambia e decido di sedermi accanto a lei su una delle poltrone colorate. Mi fissa incuriosita aggrottando le sopracciglia, il suo viso tondo e quegli occhi nocciola mi ricordano tanto sua madre. Sembra davvero una ragazza dolce, di quelle che ispirano subito simpatia.

-Scusa se te lo chiedo- si rivolge a me timidamente -Amy giusto?- faccio un cenno d'assenso -sembra che tu voglia prendere a calci qualcuno- osserva prudentemente, trattenendo però una risata.
Maledizione, è così evidente?

-Non qualcuno- sbuffo, ravvivandomi i capelli per darmi una calmata -una persona precisa. David Van Dalen, quello è nato per irritarmi!- borbotto e lei sgrana gli occhi sorpresa, quel nome la fa sobbalzare immediatamente facendole assumere un espressione seria e preoccupata.

-So che dovrei farmi gli affari miei e che non mi conosci. Ma fidati, davvero dovresti stare alla larga da lui, credimi David non è una persona con cui litigare o avere a che fare in generale. Quel ragazzo è un vero bastardo e io ne so qualcosa...- mi stringe le mani in ansia, la veemenza con cui mi avvisa le fa addirittura dimenticare del tutto la timidezza iniziale.

Resto spiazzata dalle sue parole e anche un po' spaventata, mi chiedo perché parla così di lui.
Eppure non pare volermi dare altre spiegazioni; si distacca subito da me guardando altrove, come pentita di avermi detto quelle cose e impaurita dalle mie possibili domande. Cosa mai le avrà fatto per farla reagire in quel modo?
Non mi va di pressarla troppo con la mia curiosità per ora, quindi decido di cambiare argomento e chiederle informazioni su un'altra cosa che mi incuriosisce. Forse è disposta maggiormente a parlarne rispetto a sua madre, rifletto.

-Sue, posso farti una domanda? - chiedo cautamente.

Lei non pare molto entusiasta, sono sicura si aspetti una domanda su David.

-Se posso esserti di aiuto...- risponde poco convinta.

-Sai, ieri ho visitato la chiesa e c'è una tomba che ha attirato particolarmente la mia attenzione, mi chiedevo se essendo tu del posto ne sapessi qualcosa, della persona che è sepolta intendo...-  spiego sommariamente.

Lei sorride sollevata, preferisce parlare di tombe piuttosto che di David, andiamo bene! penso ironicamente.

-Dimmi di chi si tratta- mi invita a parlare.

-Anita Amalia Deveraux- pronunciando quel nome ad alta voce sento un fremito.
Vedo i suoi occhi illuminarsi, sa di cosa parlo glielo si legge in faccia.

-Mmm questa è proprio una bella coincidenza... in effetti conosco bene la storia di Anita Deveraux, ma devi promettermi di non raccontare a mia madre come ne sono a conoscenza- aggiunge allarmata.

La rassicuro subito fremente  -non temere, non le dirò nulla. Ma per favore raccontami...- insisto, sono sulle spine ho bisogno di sapere.

Si mette comoda e comincia a raccontare circospetta, mentre io ansiosa ascolto tutto.

-È da un po' che ormai frequento Matt, è  un ragazzo che si occupa della vigilanza a casa Deveraux per conto del paese e ogni tanto ficcanasiamo qua e là. Non voglio che la mamma lo sappia perché darebbe di matto, non vuole che frequenti ragazzi per ora... comunque un po' di tempo fa abbiamo trovato un diario in una delle camere, era ben nascosto sotto un'asse del pavimento cigolante e alcune pagine sono strappate, ma tutto sommato si riesce a capire di cosa parla. È il diario di Anita Deveraux, dove annotava la sua vita e alla fine è completato da sua madre. È scritto in una lingua antecedente all'Interruzione, ma con l'aiuto di un traduttore piano piano siamo riusciti a leggerlo. Adoro i misteri e qui non c'è mai nulla da fare...-

Quasi non riesco a credere alle mie orecchie, sto davvero per scoprire chi è quella donna? La paura per un momento mi fa venire voglia di andare via, ma nonostante questo mi impongo di stare ferma e non interrompere Sue. Ho bisogno di capire, io non sono una persona che si tira indietro, vado sempre in fondo alle cose.

-Mi sono appassionata molto al diario perché descrive una storia d'amore, se così possiamo definirla o meglio una tragedia. Sì credo che tragedia sia il termine giusto... l'ho letto in qualche settimana.
All'inizio ci sono solo descrizioni delle giornate passate in casa, nei boschi, a balli e incontri pomeridiani. È così strano leggere com'era la vita così tanto tempo fa... diventa ancora più interessante quando Anita conosce Frederick Van Dalen. Parla del loro primo incontro, ne descrive la bellezza, il carisma e si capisce che anche lui è molto colpito da lei. Tralasciando le varie pagine mancanti, dice che iniziarono a passare molti pomeriggi insieme.
Discutevano di arte, di musica, di letteratura, si scambiavano qualche bacio fugace e lei sembrava esserne davvero innamorata; sapessi che belle parole usa per descriverlo! E che gesti galanti lui le riserva! Ma col passare del tempo i toni del diario cambiano drasticamente, Frederick diventò pressante e follemente geloso.  C'è  una pagina in cui dice di essere stata addirittura schiaffeggiata da lui.
In seguito lei iniziò a distaccarsi, a negargli i vari incontri, un'altra parte che mi ha colpito molto è quella in cui  descrive tutta la sua rabbia dopo che Frederick, senza il consenso di lei, chiese a Françoise Deveraux la sua mano;
il padre non acconsentì a tutto ciò, in quanto teneva in grande considerazione il volere della figlia e lui andò via infuriato.
Dopo ci sono varie pagine mancanti, il diario riprende dalla morte del padre di Anita, uno strano incidente ma non si capisce esattamente come sia morto, a causa della frammentarietà di questa parte. Frederick continuò a insistere per incontrare Anita e con la morte del padre divenne ancora più pressante e ossessivo, lei ne era davvero spaventata, è molto angosciante leggere i suoi pensieri... arrivò a chiedere la sua mano anche alla madre e ottenne un secondo rifiuto.
Da lì perse la testa, Anita era impaurita e dopo varie pagine mancanti, dove si capisce che Frederick deve aver spaventato anche sua madre, c'è scritto che organizzarono una fuga.
Con il pretesto di partecipare ad un ballo, sarebbero fuggite da alcuni parenti la sera stessa, ma Anita scrive di non poter andare via senza visitare la tomba di suo padre. Le ultime parole scritte di suo pugno parlano dell'intenzione di dare l'ultimo saluto a Françoise Deveraux prima di partire, è la sera in cui Frederick la uccise...
Alla fine del diario c'è una sorta di lettera scritta dalla madre di Anita, in cui esprime tutto l'amore per la figlia e si pente di non essere riuscita a proteggerla maledicendo Frederick e tutti i Van Dalen, ma anche il resto della lettera è strappato. Non so dove siano i fogli mancanti, ma questa storia mi ha appassionata tantissimo. Purtroppo non ho trovato altre informazioni utili...- termina rammaricata.

Durante tutto il racconto il mio cuore batteva all'impazzata, perché io so cosa è successo e questo mi terrorizza ancora di più. Quella notte Anita non fu uccisa da Frederick, ma si tolse la vita lei stessa con il suo pugnale, anche se non ne capisco il motivo. So soltanto che continuo a rivivere la morte di questa ragazza, notte dopo notte, sento dentro di me la paura che aveva di lui. Ora sono ancora più convinta che questa vacanza non è un caso. C'è un motivo per cui sono finita qui e io devo scoprirlo.

Cerco di prestare di nuovo attenzione a Sue
-....beh nemmeno i loro antenati erano brave persone, quella gente è feccia!- conclude infastidita.

-Wow! È una storia davvero triste Sue, vorrei tanto sapere cosa dicevano le pagine mancanti- la fisso anche io con rammarico, lei sembra molto interessata e scoraggiata allo stesso tempo.

-Ho cercato ovunque, ma nulla.  Credo che sia stata proprio sua madre a strapparle- un milione di pensieri confusi affollano la mia testa, decido di riflettere con calma su questa storia.

-Grazie per aver soddisfatto la mia curiosità, ora torno in camera a riposare, sono ancora un po' provata per il malore di ieri. È stato bello chiacchierare con te, spero potremmo rifarlo- la saluto sorridendo.

Lei ricambia il sorriso -ma certo ne sarei felicissima! E non c'è di che, anzi se scopri qualcosa fammelo sapere- mi fa un'occhiolino allontanandosi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***




-Svegliati! Amy svegliati, è solo un sogno- cerco di liberarmi dalla stretta che mi tiene ferma.

Scalcio e do pugni, urlo con tutto il fiato che ho in gola. Sono sudata e il cuore mi batte fortissimo.
Quando finalmente mi sveglio, due occhi grigi mi fissano con apprensione.
È lui, mi ucciderà! Di nuovo terrorizzata indietreggio, battendo la schiena contro testiera del letto.

David inarca le sopracciglia.

-Insomma formaggino, direi che odi avere qualcuno vicino mentre ti stai svegliando. E quella povera testiera, cosa mai ti avrà fatto di male?- domanda ironicamente, incrociando le braccia al petto. Vedo i suoi muscoli contrarsi sotto la maglia, di nuovo la paura mi invade.

È divertito e pare di nuovo tranquillo  come poco fa in piazza, prima che lo facessi innervosire, i suoi sbalzi d'umore mi confondono.
Quando lentamente metto a fuoco la situazione e la mia testa si schiarisce, mi rendo conto che devo essermi addormentata mentre riflettevo sulla storia di Anita raccontatami da Sue e soprattutto che lui si trova nella mia camera da letto.

-Cosa diavolo ci fai qui?!- chiedo alterata, lo vedo fissarmi assorto come se volesse studiarmi e anche io mi perdo a contemplarlo. Odio l'effetto che ha su di me questo ragazzo, dovrei essere oltraggiata, dirgli di andarsene, invece mi limito a starmene qui inebetita come una statua di sale.

-Volevo seppellire l'ascia di guerra, non proprio seppellirla, ma almeno frenarla. Sei qui da pochi giorni e abbiamo già litigato tre volte. Credo di essermi comportato un po' da stronzo con te- fa spallucce.

Lo guardo in modo eloquente  -un po'?- rispondo piccata alzando un sopracciglio.

Riprende immediatamente il solito sguardo freddo -ok parecchio, ma non rincarare troppo la dose, per me è già una novità riconoscere che forse ho sbagliato- mi avvisa e ricordando quanto può essere permaloso, decido di demordere per adesso.

-Ok, ok, accetto le tue scuse e ti porgo le mie. Ammetto che lo schiaffo è stata una reazione esagerata, inoltre non avevo nessun diritto di parlare di tuo padre anche io mi sarei infuriata- la mia risposta suona stranamente ragionevole, forse anche troppo... Infatti appare sorpreso.

Mi avvicino e gli porgo la mano - pace?- inizialmente è un po' titubante, poi mi stringe anche lui la mano.

-Pace!- acconsente soddisfatto a alza un angolo della bocca in un mezzo sorriso.
Quando le nostre mani si toccano, sento un brivido lungo la schiena e un calore mai provato risalirmi lungo il braccio, è una sensazione così strana... per un istante il tempo pare fermarsi a quel preciso secondo in cui la nostra pelle si è sfiorata. Mi ritraggo stralunata e lui fa lo stesso.

-Si può sapere cosa diavolo stavi sognando? Sembrava che ti stessero torturando. E chi diamine è questo Frederick?- indaga sospettoso.

A sentire quel nome sobbalzo -era solo un brutto sogno e Frederick non è nessuno- rispondo un po' troppo in fretta, guardo in basso e lui non chiede altro ma capisce che voglio far cadere il discorso.

-Ho pensato che magari potevi tornare in piazza e finire il tuo disegno, visto che ti ho interrotta, io me ne starò lì a guardare senza disturbarti giuro. Disegnavi con una tale concentrazione, amo osservare le persone che coltivano le proprie passioni- propone serio.

Incredibile, David Van Dalen mi sta chiedendo di passare del tempo insieme? Una piccola parte di me cerca di spingermi irrazionalmente a rifiutare e non solo per quanto mi ha detto Sue, sento di dover stare il più possibile lontano da lui.

Eppure mi sento dire -va bene, ma a patto che anche tu sarai disposto a mostrarmi la tua di passione- gli strappo un sorriso e il mio cuore manca di un battito.

Ho notato, anche se non ci siamo visti spesso, che raramente si lascia sfuggire dei sorrisi sinceri -affare fatto- annuisce.

Sento un misto di euforia, gioia e pericolo.
Riprendo il mio album da disegno e ci dirigiamo alla Hall, vedo Sue venirmi incontro decisamente innervosita.

-Scusami Amy, non sono riuscita a fermarlo. I Van Dalen credono di essere i padroni di questo paese- rivolge a David uno sguardo di puro odio.

Non credevo che Sue così timida e dal viso tanto dolce, fosse in grado di incenerire con uno sguardo. Vorrei davvero sapere cosa la spinge a trattarlo così, non possono essere solo pregiudizi o dicerie di paese; qui c'è qualcosa sotto e di grosso anche, cerco di rimediare alla situazione imbarazzante in qualche modo...

-Non preoccuparti Sue, sono sicura che hai tentato di impedirgli di entrare e posso assicurarti che non aveva cattive intenzioni- lo sguardo di David resta impassibile, puro ghiaccio.

-Strano. Ma sappilo anche se non sembra, hanno sempre cattive intenzioni sia il padre che il figlio- lo guarda sprezzante negli occhi con un profondo risentimento.
Poi così dicendo va via, lasciando me e lui in un silenzio pesante che si protrae finché non arriviamo in piazza.
L'atteggiamento giocoso di poco prima è stato completamente spazzato via, di nuovo.

Sospiro demoralizzata -mi dispiace per quello che è successo poco fa, non so quali siano i vostri rapporti ma non avrebbe dovuto parlarti così...-  siede accanto a me, mentre io cerco di riprendere l'album dalla borsa.

-Non scusarti per comportamenti che non dipendono da te e poi nessuno ha detto che non me lo merito- risponde gelido e detto questo non aggiunge altro.

Non credo voglia approfondire il discorso e dopo l'ultima volta sarà meglio non fargli altre domande in merito... così riprendo a disegnare la facciata della chiesa da dove mi ero interrotta. Sento i suoi occhi addosso, come se mi trafiggessero, mi danno una strana sensazione di calore misto a timore. Ci metto più del solito a concentrarmi, quando ci riesco però mi immergo di nuovo nel disegno e non mi rendo conto del tempo che passa. Dopo aver finito, inserisco come mia abitudine il giorno in cui è stato fatto con la firma e lo mostro a David.

Lo ammira scrutandolo con occhio clinico, poi sorride.

-Sei davvero brava, cogli ogni particolare di ciò che vedi e lo imprimi su carta, incredibile- si complimenta sinceramente sorpreso e io arrossisco leggermente.

-Grazie, è il modo che ho per descrivere il mondo intorno a me- dico abbassando gli occhi imbarazzata.

Non avevo mai visto qualcuno mostrare tanta sincera ammirazione per le passioni altrui, né io avevo mai permesso a chiunque di fissarmi intenta a disegnare. Una persona capace di apprezzare ciò in modo così genuino non può essere pericolosa o malvagia come dicono... Lo vedo assorto, come combattuto, dopo un po' sembra aver preso una decisione. Mi guarda con determinazione.

-Stasera ti mostrerò la mia di passione, un'uscita da amici si intende, sempre che ti fidi a girare con un malintenzionato come me- sorride maliziosamente, riferendosi a quanto detto da Sue poco prima.
Resto scioccata, insomma non credevo se ne uscisse con una cosa del genere, tento di far ripartire in vano il cervello. In realtà non so se è una buona idea, dovrei accettare di passare una serata con lui...
In sua presenza provo sentimenti così contrastanti, un timore inconscio che non mi abbandona, ma allo stesso tempo un'attrazione mai provata e poi c'è tutta la storia della somiglianza con l'uomo del mio incubo. La cosa che mi blocca più di tutte è che per me, sempre indifferente, è così raro provare questo caleidoscopio di emozioni verso un ragazzo... Prima di lambiccarmi ulteriormente il cervello e farmi altre paranoie, senza pensarci rispondo di getto.

-Ci sto!- esclamo, sconcertata dalle mie stesse parole.

Poi mi avvicino guardandolo negli occhi, proprio come lui spesso fa con me, sento il cuore accelerare leggermente. Per un attimo sembra sorpreso, poi anche lui allaccia il suo sguardo al mio assorto. Siamo come due calamite...

-Io non credo che tu sia malvagio David. Anzi, credo che tu sia migliore di quanto lasci trasparire- sussurro sincera. Sento nel profondo che è così e dovevo dirglielo.

Mi scruta in silenzio spiazzato da quanto ha sentito, poi accenna un sorriso e si allontana senza aggiungere nulla. Credo di averlo lasciato senza parole.

-Bene, passo a prenderti questa sera. Lasciami il tuo numero di cellulare, ti chiamo per farti sapere l'ora- cambia argomento.

Scavo tra le mille cose riposte in borsa alla ricerca dei miei due cellulari. Estraggo entrambi e David li fissa, trattenendo una risata.

-Perché due?- chiede incuriosito.

Ecco lo sapevo, è alquanto imbarazzante ma decido di spiegare.

-Vedi... mia madre è iperprotettiva e crede fermamente che con due cellulari io non corra nessun rischio, perché perso uno ne  ho sempre un altro con cui contattarla. Ovviamente dovrei tenerli separati e di solito lo faccio, ma ho preparato la borsa in tutta fretta e mi è passato di mente- scrollo le spalle, sorridendo mestamente.

A quelle parole lo vedo rabbuiarsi e stranamente non ride di me, osserva soltanto i due cellulari tra le mie mani con aria malinconica.

-Deve essere bello avere una madre tanto preoccupata per te, non dovresti esserne imbarazzata ma felice- sposta lo sguardo, quasi pentito di quanto detto.

Cosa avrà voluto dire? Non riesco a capire. Sua madre forse non ha di queste attenzioni? In effetti la signora Miller mi ha parlato di suo padre, ma della signora Van Dalen nessuno mi ha detto nulla. Pensandoci bene non l'ho mai sentita nominare... cosa sarà successo? Vorrei chiederglielo, ma evidentemente è restio a parlarne e non voglio fare la figura della ficcanaso. Cerco di riportare il discorso su una zona sicura, ma indagherò.

-Certo che sono felice io amo mia madre, anche se a volte è un po' pazza. Allora ecco il mio numero, ti lascio quello del cellulare che porto in tasca, quello in borsa spesso non lo sento- lo scribacchio su un pezzetto di carta e glielo porgo. Lui se lo rigira tra le mani, per poi passarmi il suo.
Rimetto tutto nello zaino e dopo un po' si offre di riaccompagnarmi alla pensione.
Rimaniamo fuori, io imbarazzata porto il peso da un piede all'altro, lui come sempre è tranquillo e a suo agio.

-Beh... allora io vado, è stato un pomeriggio piacevole. A stasera David- sorrido realmente soddisfatta, voltandomi per dirigermi all'entrata.

Lui a quel punto mi blocca stringendomi la mano nella sua e si avvicina. Per per un attimo ho la folle idea che voglia baciarmi, uno sciame impazzito di farfalle mi svolazza improvvisamente nello stomaco, poi si ferma a pochi centimetri dal mio viso e avvicina la mano alla mia guancia. Trattengo il fiato sconcertata.

-Lo è stato anche per me Amy. Vorrei che le tue parole di poco fa fossero vere... ma la verità è che io non sono la migliore delle compagnie per te. Dovrei starti alla larga, solo che stranamente non ci riesco...- la sua voce profonda è ridotta a un flebile e tormentato sussurro.

Lo fisso incantata da quegli occhi meravigliosi, che tormentano i miei sogni e stavolta non ho paura, non so cosa mi succede, sento il calore della sua mano sulla mia guancia ed è come se fosse incandescente.

-Mi piace la tua compagnia David- sussurro anch'io. Mi fissa ancora un po' senza allontanarsi, poi si volta e va via. Vengo colta da un senso di vuoto.


Non appena varco la soglia della pensione, vengo praticamente investita da Jess che mi fissa con le mani sui fianchi  e gli occhi severi.

-Era David Van Dalen quello con cui amoreggiavi Amy?- domanda maliziosa ma preoccupata allo stesso tempo.

Aiden arriva giusto in tempo per ascoltare la frase di Jess e mi fissa interdetto.

-Sei impazzita?!- Sgrana gli occhi impietrito.

Il mio viso raggiunge tonalità di rosso che non credevo possibili.

-Ragazzi non è come pensate, sul serio! Non stavamo amoreggiando. Abbiamo deciso di seppellire l'ascia di guerra e provare a essere amici. È interessato ai miei disegni e vuole mostrarmi cosa fa nel tempo libero, tutto qui- scrollo le spalle con aria innocente.

Jess non sembra per niente convinta, Aiden siede sui divani della Hall altrettanto dubbioso.

-Amy ascoltami, la signora Miller è stata molto chiara riguardo a David, non è una compagnia raccomandabile! E insomma non puoi uscire con il ragazzo che ogni notte ti aggredisce in sogno. Questa storia è già abbastanza incasinata - si stringe le tempie frustrato.

Capisco che Aiden voglia proteggermi, ma io sono fermamente convinta che David non sia il ragazzo del mio sogno anche se gli somiglia.

-Aiden, so cosa ha detto la signora Miller e so che è una strana coincidenza tutta questa somiglianza tra David e il ragazzo dell'incubo, ma io ho sempre seguito l'istinto e l'istinto mi dice che di David posso fidarmi. Inoltre passerà a prendermi stasera, ho già accettato non posso tirarmi indietro- li informo.

Aiden sbuffa sonoramente ormai sconfitto e Jess non è per nulla convinta.

-Quando ho detto che avrei trovato un ragazzo che ti avrebbe suscitato interesse non intendevo questo. Siamo tuoi amici e ci preoccupiamo per te, ma se vuoi concedere a David il beneficio del dubbio non possiamo che assecondarti- cede anche lei alla fine. Le sorrido vittoriosa e corro subito in camera, prima che cominci un interrogatorio stile Jess.

****

Non appena esco dalla doccia il suono di un sms mi raggiunge. Corro alla borsa, cercando il cellulare e finalmente lo trovo.

"Alle 21:00 da te, ti aspetto fuori. "

Sorrido come un'idiota,  poi mi rendo conto dell'ora e per poco non lascio cadere il telefono, ho troppo poco tempo!!
Mi guardo allo specchio sconsolata: i capelli sono umidi e gonfi, ho il viso stanco e segnato dalle notti insonni, senza contare che non so assolutamente cosa indossare;
sono un vero disastro...
Basta, a mali estremi estremi rimedi. Con la determinazione di un soldato pronto a una missione vitale, busso ripetutamente alla porta di Jess che finalmente si decide ad aprire.

-Amy cosa è successo? Sta scoppiando un'altra guerra per caso? Stavi per buttare giù la porta!- esclama contrariata.

Le rispondo concitata, non facendo caso al sarcasmo -Jess ti prego, devi aiutarmi. I miei capelli sono un disastro e guarda la mia faccia! David sarà qua tra un'ora, fa una delle tue magie, ti prego, ti prego!!- A quel punto la vedo fissarmi attentamente, poi fa uno dei suoi sorrisetti perfidi. Qui si mette male...

-E cosa ti importa? Hai detto che siete amici. Se dovessi uscire con Aiden non ti preoccuperesti no?- risponde fintamente disinteressata, ma si percepisce benissimo il tono allusivo dietro le sue parole.

Vorrei urlare, invece assumo uno sguardo implorante e dopo due minuti buoni cede sbuffando.

Tornate in camera mi sottopone alle sue torture. Mai avrei creduto che un giorno le avrei chiesto io stessa di usarmi come una bambolina da agghindare, dopo varie imprecazioni e lamenti da parte mia mi guardo allo specchio con segreta soddisfazione, Jess ha compiuto il miracolo: ha asciugato i miei capelli biondi in morbide onde, legando qualche ciocca che cadeva sul viso, ha applicato un trucco appena accennato e ora fissa con espressione concentrata il mio armadio. Tira fuori un abitino nero senza spalline, lungo molto sopra il ginocchio.

Cerco di protestare ma è irremovibile ed effettivamente, una volta indossato, è perfetto. Accentua i punti giusti e con il resto degli accessori è molto elegante.

-Grazie, grazie, grazie! Sei stata bravissima!- La  abbraccio riconoscente.

Mi fissa con uno sguardo scintillante, incrociando le braccia al petto con aria di giocosa superiorità.
-Lo so tesoro. Hai scelto la migliore!-  ci guardiamo e scoppiano a ridere. Una cosa è sicura, adoro senza alcuna remora quella pazza della mia migliore amica.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***



È ormai passata un'ora, sono qui a pochi metri dall'entrata della pensione ad aspettare come una stupida un ragazzo che com'è evidente mi ha dato buca. Porto il peso da un piede all'altro e mi attorciglio nervosamente una ciocca di capelli, la mia rabbia aumenta a ogni minuto che passa accompagnata dall'umiliazione.
Come ho potuto essere così ingenua? Non si è degnato nemmeno di scrivermi un sms, già lo vedo con quei suoi amici snob a vantarsi dell'impresa: "Credeva davvero che sarei passato a prenderla?" Immagino le sue possibili parole, staranno tutti ridendo di me o peggio, saranno nascosti a godersi la scena.

Stupida, stupida, stupida!! Mi porto le mani alle tempie, frustrata per la mia ingenuità. Non ho mai permesso a me stessa di interessarmi a tutto questo, sono sempre stata indifferente alle cotte e ai ragazzi in generale;
devo assolutamente tornare ad esserlo se voglio stare tranquilla, mi convinco determinata e la mia vocina interiore, quella ragionevole, inizia uno dei suoi monologhi: "Forza Amy era un'uscita da amici, è come se Aiden  ti avesse dato buca all'ultimo momento. Non c'è bisogno di farne una tragedia."
Cerco di convincermi e con fatica un po' ci riesco, ma in fondo so che sto solo mentendo a me stessa. L'interesse che provo per David è ben lungi dall'essere quello di un'amica, vorrei disperatamente che lo fosse ma non è così.

Decido di tornare in camera a sfogare la mia rabbia con Jess, starmene qui impalata ad aspettarlo non è certo un toccasana per la mia autostima.
Mentre sto per incamminarmi sento dei passi dietro di me, non ho nemmeno il tempo di girarmi che una mano mi copre la bocca. Vengo afferrata e trascinata in un vicoletto buio, con il cuore che mi batte a mille e un terrore cieco che mi attraversa.
Scalcio, cerco di divincolarmi  in ogni modo mentre la paura cresce sempre di più, cosa vorranno farmi? Mille pensieri affollano la mia mente.
Mi vogliono rapinare? Sono senza-impiego disperati?? Ripenso a ciò che è successo a mio padre...

Una voce sussurra al mio orecchio interrompendo le mie supposizioni -prometti di non urlare o scappare e ti libererò. Inizia a correre e ti inseguirò, hai capito?- È la voce di una donna, muovo leggermente la testa facendo segno di aver capito, sono paralizzata dall'ansia.

Lentamente sento che mi libera.

Mi giro di scatto per  guardarla: ha grandi occhiali scuri, un impermeabile nero e i capelli sono coperti da un foulard, non riesco a distinguerne nemmeno i colori; sembra abbastanza avanti con gli anni ma l'oscurità non mi permette di cogliere altri dettagli del suo aspetto, nè ho la più pallida idea di chi possa essere o cosa voglia da me. Mi fissa per qualche secondo come imbambolata, subito la mia mente pensa a un modo per fuggire ma sono in un vicolo cieco e ho la netta sensazione che manterrebbe la parola, trascinandomi di nuovo qui.
Si avvicina e io indietreggio spaventata fino a toccare con le spalle le mura del vicolo, sono in trappola. Sento le mani tremare, ma nonostante la paura che mi attanaglia mostro sicurezza.

Con cautela la donna poggia le mani, coperte da scuri guanti di pelle, su entrambe le mie spalle.

-Non avere paura, sei incantevole. Non sono qui per farti del male- mormora dolcemente. Quelle parole non mi tranquillizzano, al contrario mi fanno innervosire.

Sto seriamente perdendo la pazienza -allora chi sei?! Cosa vuoi?!- esclamo con rabbia.

Fa un sorrisetto soddisfatto -e hai anche un bel caratterino... Anche se non mi conosci Amy io so chi sei, non saresti mai dovuta venire qui. Dovevi restare a baia del Sole, stammi bene a sentire questo posto non è sicuro per te! Devi rifare i bagagli, prendere i tuoi amici e tornartene a casa- risponde con decisione, è mortalmente seria come se mi stesse dando un avvertimento oppure è una minaccia?
Continua a scrutarmi dietro gli occhiali, forse vuole verificare che l'abbia presa sul serio. Sono interdetta ed estremamente confusa.

-Come sai il mio nome e perché dovrei starti a sentire? Cos'è una minaccia? Vuoi tenermi al sicuro e mi trascini di notte con la forza?! Beh sappi che non credo a chi non ha nemmeno il coraggio di mostrarmi il suo volto. Io non mi muovo di qui!!- sibilo e la guardo con decisione, non so dove ho preso il coraggio. Forse è l'adrenalina che mi fa parlare...
Pare scoraggiata ma credo si aspettasse una reazione del genere, infatti la vedo sospirare.

-Ascoltami, capisco che è difficile credere a una sconosciuta, ma io so cosa è meglio per te e questo posto non lo è. Ho visto con chi eri oggi in piazza, quella è l'ultima persona con cui dovevi fare amicizia! Devi stare lontana da tutto questo ti prego, segui il mio consiglio, va via- questa decisamente non sembra una minaccia e io resto senza parole, mi sta pregando di lasciare Albanuova. Il suo è un tono più disperato e preoccupato che minaccioso. E se avesse a che fare col mio incubo? Ora sì che sono davvero confusa...
Si avvicina ancora di più e posa una mano sulla mia guancia lasciandomi una leggera carezza, un gesto quasi tenero, poi si gira e va via.

Spiazzata dal suo comportamento impiego qualche secondo a reagire -aspetta, dimmi chi sei! Cosa intendi con quello che mi hai detto?!-
ma è troppo tardi, ormai è scomparsa nell'oscurità.
Resto ancora qualche minuto a fissare il vicolo buio, sconvolta da ciò che è appena successo. Questo paese ha molti segreti a quanto pare e alcuni di questi sembrano coinvolgermi davvero troppo, forse farei bene a tornare a casa come ha detto quella donna, ma non posso mollare adesso. Se addirittura una sconosciuta si è scomodata a dirmi quelle cose vuol dire che sono sulla pista giusta, che i miei incubi non sono solo fantasie e coincidenze. Io ho bisogno di sapere...
Decido di tornare alla pensione prima di fare qualche altro brutto incontro.

Per fortuna la Hall è vuota, salgo su in camera e dopo un paio di minuti Jess e Aiden bussano per entrare, sapevo che mi avrebbero sentita. Entrano con cautela senza dire nulla, Jess siede sul mio letto con Aiden accanto a lei e subito  rompe il silenzio.

-Allora o l'appuntamento è stato talmente noioso che l'hai costretto a riaccompagnarti, o stai male e sei tornata indietro, parla Amy- esordisce subito, alla mia amica non piacciono i giri di parole o i silenzi imbarazzanti. Jess è una che va dritta al sodo, Aiden invece mi fissa paziente in silenzio ma so che anche lui sta morendo di curiosità.

Sospiro sonoramente, con ciò che è successo avevo quasi rimosso il fatto che David mi ha dato buca -primo, non era un appuntamento e secondo, nessuna delle due. Non è proprio venuto, quel cafone non si è nemmeno degnato di avvisare! Immagino le risate che si starà facendo alle mie spalle, mi pento solo di non averlo schiaffeggiato più  forte quella sera e io che mi sentivo anche in colpa, che stupida!- mi sfogo ed è anche un modo per tranquillizzarmi, per non pensare che sono stata aggredita da una sconosciuta in un vicolo.

Aiden è infuriato -io ho sempre più voglia di prenderlo a pugni, ma chi si crede di essere? La prossima volta che lo vedo gironzolarti intorno non rispondo di me- ecco la classica reazione da fratello maggiore che mi aspettavo, gli sorrido con dolcezza.

-Sapevo che avresti difeso il mio onore!- ridacchio, segretamente felice di essere sempre protetta da lui.

Jess dopo il momento di di sorpresa si riprende e mi fissa anche lei con irremovibile determinazione.

-Ascolta Amy, guardati sei irresistibile. Non saprà mai quello che si è perso stasera il cretino- borbotta irritata e viene ad abbracciarmi.

Apprezzo la loro preoccupazione ma non c'è bisogno di farla così lunga, così provo a rassicurarli -ragazzi non è successo nulla e non è necessario consolarmi, non era un appuntamento. Era un'uscita da amici, probabilmente avremmo litigato tutta la serata- sorrido per sdrammatizzare, poi finalmente tranquillizzata dalla loro presenza, decido di informarli subito su ciò che è successo -stranamente non è questa la novità che ci interessa della serata, è successo dell'altro...- aggiungo.

-Cos'altro può essere capitato?- la voce di Aiden è quasi impaurita, questa vacanza lo sta stressando non poco. Senza perdere tempo racconto ai miei amici della donna e di tutto quello che mi ha detto. Sono atterriti, Aiden cammina su e giù per la stanza e Jess mi fissa allibita.

-Sapete quanto le storie misteriose mi intrigano ma tutto questo non mi piace per niente, credo che dobbiamo seguire il consiglio di quella donna e andare via; siamo in questo paese da meno di una settimana Amy e ti sei sentita male, ci hai raccontato la storia dei tuoi sogni e ora sei stata quasi rapita! L'unica cosa positiva della vacanza è che Jess finalmente si è lasciata andare- si sfoga Aiden, ormai è in modalità fratello maggiore iper protettivo.

Jess sentita l'ultima frase non può fare a meno di arrossire e fissa la trapunta del letto senza alzare lo sguardo. Prima nasconde un sorriso, poi ritorna a fissarmi e concentrarsi sulla situazione.

-Non so cosa dire, sono in parte d'accordo con Aiden eppure credo che dovremmo andare in fondo a questa storia. Credo che c'è qualcosa che lega i tuoi sogni  a questo posto, qualcosa che è sotto i nostri occhi ma che non vediamo e che dovremmo capire. Non puoi continuare a essere perseguitata ogni notte da incubi- mi stringe la mano guardandomi con tristezza.

Faccio un cenno d'assenso, sono pienamente d'accordo con lei nonostante la paura -anche io credo che sia così ed è per questo che non ho intenzione di andarmene. Scoprirò tutto quello che si nasconde nei miei sogni e chi è quella donna, spero che siate dalla mia parte ma se volete andare via lo capisco- ribatto determinata ma comprensiva, hanno tutto il diritto di chiamarsi fuori da questo enorme casino. Se dovesse succedergli qualcosa per colpa mia non me lo perdonerei mai...

Aiden si avvicina oltraggiato e mi stringe le mani -Sei pazza? Credi davvero che ti lascerei qui?! Questo è fuori discussione, io vi caricherei in spalla e vi riporterei a casa ma se avete intenzione di restare, ovviamente io resto con voi- risponde irremovibile e anche un po' offeso da ciò che ho detto.

-Lo stesso vale per me, siamo noi tre e lo saremo sempre Amy, dovresti saperlo ormai...- aggiunge Jess e mette le sue mani su quelle di Aiden che stringono le mie. Ricambio la loro stretta e fisso commossa i miei amici, la mia famiglia oltre mia madre.

Continuiamo a discutere per cercare di capire chi sia quella donna e fare supposizioni su supposizioni, ma non riusciamo ad arrivare a soluzioni possibili. Tutto questo serve solo a far preoccupare ulteriormente Aiden.

-Bene ragazzi, basta così. Abbiamo bisogno di relax! Si esce e non ci sono ma che tengano. Tu sei già vestita Amy quindi aspettaci- ci interrompe Jess e si alza.
È tipico di lei cercare distrarci dai brutti pensieri, trascina Aiden fuori e cerco di protestare ma nulla. Infatti rinuncio quasi subito, so bene che di fronte alla sua caparbietà qualsiasi tentativo di protesta sarebbe vano e forse in fondo ha ragione... abbiamo davvero bisogno di distrarci.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***




Sto implorando Jess e Aiden di cambiare posto, di non tornare alla terrazza con i tanti locali che ci sono nella parte moderna di Albanuova, ma loro sono troppo testardi.

-Abbiamo bei ricordi in quel posto- continua a dire Aiden maliziosamente, guardando Jess che si limita ad arrossire e sorridere compiaciuta.

Ma io no! Vorrei urlargli contro.

Tuttavia non me la sento di negare ai miei amici una serata in un locale che li ha conquistati, in fondo in questi giorni mi sono stati così tanto vicino, hanno ascoltato e creduto alla mia storia assurda e hanno scelto di starmi accanto, anche dopo aver saputo dell'agguato di quella donna misteriosa, quindi li seguo rassegnata.
In poco tempo arriviamo fuori alla terrazza, il locale è proprio come l'ultima volta: candele che illuminano la notte stellata, i numerosi divani bianchi, dove gruppi di ragazzi chiacchierano e sorseggiano i loro cocktail e infine c'è la luminosa pista da ballo;
Decidiamo di prendere posto visto che si è appena liberato uno dei divani migliori, vicino al panorama di montagna mozzafiato.

Jess è entusiasta, ma soprattutto decisa a distrarci e sollevarci su di morale -ragazzi, ho deciso che stasera ci si diverte. Quindi niente stress e via quei musi lunghi, siamo in vacanza diamine! Solo noi tre e nient'altro,  questa sarà come una serata al Sun in cui la mamma di Amy ci lascia il bar!- esclama, ricordando le nostre follie quando veniamo lasciati soli alla caffetteria.

-Quindi vuoi dare il via a una serata pazza?- le chiedo ridendo e inarcando le sopracciglia.

-Ovvio! Certo per me il divertimento sarà limitato, visto che io e Aiden saremo off limites per chiunque- lo incenerisce con lo sguardo e lui la guarda di rimando con aria innocente, ma a differenza di ciò che pensa io non ho intenzione di pavoneggiarmi con nessuno, cosa che invece lei faceva spesso facendo andare Aiden fuori di testa.

-A me sta benissimo così tesoro- risponde lui e alza le mani in segno di resa, Jess lo bacia teneramente sulle labbra.
Più li vedo scambiarsi questo genere di effusioni più sono contenta per loro, i miei migliori amici stanno benissimo insieme. Questa non è la serata che avevo immaginato, penso demoralizzata, ma non lascerò che David Van Dalen me la rovini. Così decido caparbia che farò di tutto per divertirmi alla faccia sua!

Dopo circa un quarto d'ora Aiden arriva con il terzo giro di cocktail.

-Niente a che vedere con i tuoi Amy!- mi fa notare il mio amico, sorseggiando il suo. Annuisco con un sorriso ebete, forse sono un po' brilla...

-La mamma non mi permetterebbe mai di servire cocktail del genere al Sun, probabilmente a quest'ora starebbe tirando le orecchie al barman!- ridacchio  immaginando la scena e anche loro fanno lo stesso.

All'isola seguiamo molto il principio del divertimento sano e io lo condivido pienamente; anche se il sabato sera convertiamo la nostra caffetteria in bar, non serviremmo mai cocktail con un tasso alcolico tanto alto. Stasera però ci stiamo facendo prendere un po' la mano, so benissimo che i miei due migliori amici stanno solo cercando di distrarmi, ma sinceramente al momento ne ho un disperato bisogno, quindi li lascio fare con piacere.

-Bene, dopo questa iniezione di coraggio in pista!- Jess prende per mano me e Aiden e ci trascina via. La seguiamo rassegnati ma anche divertiti dalla sua esuberanza, è l'anima del gruppo.

Iniziamo a ballare tutti e tre insieme scatenati e ci divertiamo come al solito, presto però Jess e Aiden si avvicinano sempre di più. In condizioni normali mi sarei allontanata e avvicinata al parapetto per osservare il panorama; ma non sono decisamente in condizioni normali, i miei pensieri sono offuscati e ho solo voglia di lasciarmi andare e divertirmi, cosa che da quando sono qui non ho fatto.
L'occasione perfetta mi viene servita su un piatto d'argento dal dj che improvvisamente inserisce una delle mie canzoni preferite. Senza imbarazzo comincio a ondeggiare al centro della pista, a muovermi lentamente, facendo scivolare i capelli tra le dita e alzandoli, così da lasciare le spalle scoperte. Più mi muovo, più l'abito scuro scelto da Jess sale sulle cosce, la mia amica mi guarda e alza il pollice all'insù in un gesto d'approvazione, cercando allo stesso tempo di convincere Aiden a non preoccuparsi.
Sento gli sguardi delle persone su di me e per la prima volta dopo molto tempo non mi sento così insicura, mi sento quasi desiderabile.   

Vedo un ragazzo avvicinarsi interessato.
È carino, ha gli occhi nocciola e i capelli castano chiaro, mi fissa con un sorriso gentile come a chiedermi il permesso e visto che non sembra avere cattive intenzioni gli permetto di ballare con me. Lavorando in un bar so riconoscere i cretini, quindi mi fido del mio istinto. Finalmente come al solito sono padrona di me stessa, non come quando David è nei dintorni,  mi sento tranquilla e indifferente cosa che mi rassicura molto.
Lui  inizia ad avvicinarsi lentamente, mi sta di fronte e lascia cadere le mani sui miei fianchi,
lo lascio fare con tranquillità; al Sun permetto ad altri ragazzi dell'isola di ballare con me e ci divertiamo molto, poi finita la canzone finisce anche il mio interesse per loro.
D'un tratto il suo sguardo cambia da divertito a infastidito, è quasi infuriato, lo vedo indietreggiare.

Che diavolo gli è preso? Va via lasciandomi lì ma non ho il tempo di pormi altre domande, visto che subito sento la presenza di qualcuno dietro di me. Le sue mani stringono i miei fianchi con decisione, sento il petto muscoloso premere contro la mia schiena causandomi un formicolio lungo la colonna vertebrale, il suo profumo inconfondibile mi stordisce, ancora  più del cocktail che ho bevuto. Immediatamente i miei battiti aumentano, è come se il mio corpo fosse nato per reagire al suo, perdo subito il controllo e l'indifferenza che tanto faticosamente avevo raggiunto. Non ho nemmeno bisogno di girarmi per capire chi sia, quel profumo che mi fa impazzire da quando ho messo piede in questo maledetto paese è il suo. Sento il respiro di David all'orecchio e un'altra scossa mi attraversa la schiena, le sue labbra così vicine mi danno i brividi. Fa salire una mano lungo il mio fianco per poi spostarsi sul mio braccio nudo, riscende verso la mano creando un percorso incandescente, poi avvolge le dita intorno alle mie e stringe facendomi sobbalzare, mentre l'altra mano continua a tenermi decisa per un fianco, quasi in un gesto di possesso. Mi si mozza il respiro.
Si muove piano dietro di me in movimenti esperti, seguendo il ritmo della musica e spingendo me a fare lo stesso, sento i nostri corpi che si sfiorano continuamente in una sensuale danza e il calore sulle mie guance che so si sta tramutando in rossore.
Indubbiamente sa bene ciò che fa ma non avevo dubbi dato che è molto sicuro di sé; dovrei spingerlo via, essere arrabbiata con lui per avermi ha dato buca.
Eppure la mia parte razionale è sopita dall'alcool e lascia spazio a quella che invece è puro istinto ed emozioni, facendomi godere a pieno quella sensazione fantastica chiudendo gli occhi: la sensazione meravigliosa di essere tra le braccia di qualcuno che desidero per la prima volta.

-Questo vestito l'avevi indossato per me non è vero?- alita al mio orecchio, con aria maliziosa e seducente. L'arroganza insita nelle sue parole mi fa scattare come una molla, facendomi riaprire gli occhi immediatamente.

Il momento è finito e la rabbia prende il posto delle sensazioni precedenti.

Ma stavolta non farò scenate, ho deciso che mi comporterò come avrei fatto normalmente, anche se dentro di me provo altro. Quindi faccio un bel respiro e indosso la mia solita maschera di indifferenza, quella che ho sempre usato per difendermi da queste situazioni e che mi fa tenere a distanza chiunque io ritenga una minaccia per il mio cuore; devo tornare a essere la Amy di sempre se voglio stare tranquilla in questo paese, non una ragazzina che si lascia dominare da sensazioni mi provate prima. Faccio di tutto per recuperare il controllo e finalmente trovo il coraggio di girarmi con una apparente e massima tranquillità, guardo David negli occhi.
Per un attimo mi manca il respiro ma lo nascondo bene.

-Ah David sei tu? Non me n'ero accorta- rispondo con nonchalance.

Nonostante io cerchi di non focalizzarmi sui dettagli, per evitare di perdere il controllo, noto la camicia nera che gli calza come un guanto, scura quanto il nero inchiostro dei suoi capelli e i  jeans dall'aria costosa che fasciano le muscolose gambe; tutto gli sta divinamente e la cosa mi infastidisce, perché sarebbe molto più facile se non fosse così dannatamente attraente ai miei occhi e soprattutto se non si vestisse in modo da risaltarlo tanto. I capelli scompigliati danno quel tocco trasandato al look impeccabile.

Maledetto David Van Dalen! penso frustrata, mordendomi l'interno della guancia.

-Io invece credo che sapevi benissimo chi era a stringerti- sorride allusivamente -davvero vuoi giocare a questo gioco Amy?- i suoi occhi grigi mi trafiggono causandomi un colpo al cuore, ha un’aria di sfida.

Si avvicina ancora di più con passo felino e fa scivolare una mano dietro la mia schiena in un gesto esperto e sicuro, in uno scatto mi spinge verso di lui. Trattengo il respiro sopraffatta per un secondo.

Resisti Amy, mi implora la mia vocina interiore, controllo e indifferenza puoi farcela...

-Ti stai sbagliando credimi e hai spaventato quel ragazzo con cui ballavo, fai sempre questo effetto alle persone?- provo a mantenere un tono di voce tranquillo, ma dentro sto morendo.

Per un millesimo di secondo sembra disorientato, non si aspettava una reazione del genere né tantomeno si aspettava di essere assecondato. Mi sta costando molto, ma devo ammettere che la soddisfazione che sto provando vale decisamente lo sforzo.
Riprende immediatamente il controllo e continua a muoversi come poco fa, spingendo me a seguirlo mentre il ritmo della musica diventa ancora più lento. La canzone di certo non aiuta!

-Devo ammetterlo mi aspettavo un'altra reazione, schiaffi, urla, visto che non mi sono presentato... Ma comprendimi non volevo ti facessi strane idee- dice d'un tratto, so che sta tentando di provocarmi visto che ha un sorrisetto maligno. Non me lo spiego davvero, il ragazzo gentile di oggi è scomparso, per un attimo mi sento ferita perché in realtà speravo che si scusasse. Sta facendo tutto questo per irritarmi e innervosirmi, ma stavolta non ci casco.
Questo sarebbe il momento giusto di dirgliene quattro ma la Amy dell'isola, quella che ormai da una settimana sembra essersi persa, si comporterebbe diversamente, quindi decido di seguirla.

-Perché dovrei? Avevamo chiarito che la nostra sarebbe stata un'uscita da amici, se Aiden mi avesse dato buca avrei avuto la stessa reazione, certo Aiden essendo educato mi avrebbe almeno avvisato per evitarmi fastidi, ma non siamo tutti uguali- scrollo le spalle indifferente e sorrido a poca distanza dal suo viso.

Lui mi fissa in silenzio con uno strano compiacimento negli occhi, è una sorta di sfida che non ha intenzione di perdere ma nemmeno io ne ho intenzione. Continua a stringermi e a muoversi lentamente, sa bene quello che sta facendo glielo leggo negli occhi, il suo profumo, le sue braccia intorno a me, non potrò essere così indifferente a lungo. Il mio cuore batte fortissimo, capisco che devo allontanarmi da lui se non voglio capitolare miseramente.

-Ora torno dai miei amici, ci si vede...- mi avvicino al suo orecchio -ah un'altra cosa, non mi sarei fatta strane idee, cosa credi che basta un invito per farmi innamorare? Nessuno riesce a catturare il mio interesse a lungo, non sono un porto facile da conquistare David- sussurro decisa.

Poi gli lascio un bacio sulla guancia, come spesso faccio con Aiden. Ma per quanto io voglia ostentare tutt'altro lui non è Aiden e io ne sono purtroppo pienamente consapevole, quindi mentre lo faccio e la sua pelle sfiora le mie labbra mi sento morire. Mai e poi mai ho provato nulla del genere. Sento le labbra andare quasi a fuoco...

David continua a fissarmi interessato, potrei dire ammaliato e stranamente resta in silenzio, deve essere una cosa rara per lui, lo vedo nascondere un sorriso. Allontano le sue braccia da me e  una sensazione di vuoto mi assale di nuovo, come è successo questo pomeriggio, l'ultima volta che mi sono allontanata dal suo corpo. Queste sensazioni che provo per lui,  il desiderio di abbandonarmi tra le sue braccia da una parte, quella di dover fuggire e la paura dall'altra mi confondono incredibilmente. Non so a quale parte dar retta, ma so che entrambe hanno ragione.
Gli volto le spalle e vado via, dirigendomi verso Jess e Aiden che mi fissano a bocca aperta. Devono essersi goduti la scena, come del resto gran parte delle persone in questo posto visto che mi sento gli occhi di tutti incollati addosso. In particolare c'è un gruppo di ragazze dall'aria snob e scontrosa che sembra volermi fucilare.
Ho le gambe molli, questo tragitto pare il più lungo della mia vita, continuo a ripetermi: stai attenta, non cadere, non inciampare sui tacchi, sei andata benissimo e finalmente li raggiungo; ballo con loro come se niente fosse, ma ho la consapevolezza che quegli occhi di ghiaccio mi stanno perforando la schiena.

-Quando si è avvicinato a te stavo per venirvi incontro e scaraventarlo da qualche parte, ma Jess mi ha trattenuto. Mi dispiace Amy che l'unico ragazzo per cui hai mostrato interesse da quando ti conosco, si sia comportato così...- dice Aiden guardandomi negli occhi mentre ci avviamo al nostro tavolo.

Jess nel frattempo mi tiene la mano.

-Ragazzi, ripeto anche a voi ciò che ho detto a lui. Non facciamone un dramma è stato solo maleducato a non avvisarmi ma per il resto va tutto bene, non era un appuntamento e non ci sono rimasta male. David mi è completamente indifferente, non preoccupatevi- ovviamente mento sapendo di mentire, è solo un tentativo disperato di convincere anche me stessa. Se ammettessi ad alta voce quanto quel ragazzo mi ha colpita, temo diventerebbe tutto ancora più reale, anche se dentro di me purtroppo so che mio malgrado ci sono dentro con tutte le scarpe. Infatti Jess conoscendomi mi guarda poco convinta, probabilmente sta pensando che poco fa l'ho implorata affinché mi rendesse presentabile per il mio non appuntamento, ma per fortuna non dice nulla.

La nostra serata prosegue tranquilla, continuiamo a divertirci, a ballare, ma nessun altro ragazzo si avvicina a me, evidentemente tutti hanno visto la scena precedente e avranno pensato che David fosse interessato a me, dopo le parole della signora Miller e queste strane reazioni, mi rendo ancora più conto di quanto deve incutere timore in questo paese.
Ogni tanto sento di nuovo il suo sguardo addosso ma lo ignoro, non mi volto nemmeno per un attimo, sono davvero fiera di me stessa! Non è possibile che un ragazzo incontrato così poche volte, mi susciti tutto questo interesse.
Passerà, deve passare...

Sono ormai le tre del mattino e decidiamo di ritornare alla pensione. È stata una bella serata, ho ritrovato un po' del solito sano divertimento con i miei amici e per la prima volta da quando sono qui, mi sento tranquilla.
Nonostante ciò quel profumo lo sento ancora addosso maledizione. Saluto Jess e Aiden sorridendo, non mi sfugge il fatto che lui sia sgattaiolato nella sua camera.
Solo mentre sono sotto la doccia mi concedo di pensare a quello che è successo, resto un po' delusa in realtà perché speravo davvero che andasse diversamente tra me e lui, ma mi riprometto di non pensare più a questa storia; ho capito che stasera lui voleva solo divertirsi con me, dimostrare che può avermi quando e come vuole da arrogante qual è e la cosa mi irrita molto. Mi irrita soprattuto perché quel ragazzo che ho conosciuto questo pomeriggio in piazza, quel David gentile e attento, mi aveva sorpresa e ammetto che mi avrebbe fatto molto più che piacere passare una serata con lui.

Quando mi guardo allo specchio noto finalmente un po' di rossore alle guance e gli occhi più luminosi, almeno questo posto sta iniziando a giovare al mio aspetto, la mia fastidiosissima vocina interiore tiene subito a precisare che non è certo l'aria di montagna a farmi questo effetto.

-Amy Davies non osare fare una cosa del genere, perché ti giuro che prendo tutto e torniamo a Baia del Sole- dico alla mia immagine riflessa allo specchio.

Vado a letto esausta ma più tranquilla, spero che non ci siano incubi che rovinino questa serata.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***




Vengo svegliata da numerosi e fastidiosi colpi alla porta che cerco di ignorare inutilmente. So già che solo una persona può bussare così alle sette del mattino ed è Jess. Non che abbia dormito molto comunque, ci sto quasi facendo l'abitudine... non solo riposo poco e male per il mio incubo che ogni notte non mi dà tregua, anche il mio rimuginare non aiuta dal momento che ormai è una settimana che siamo qui ed è successo di tutto; proprio ora che ero riuscita ad addormentarmi da quasi mezz'ora vengo svegliata di nuovo, altro che vacanza...

Credevo che dopo aver passato una serata divertente con i miei amici, sarei andata a letto tranquilla ma purtroppo non è stato così. Sono sempre più convinta che questi sogni non dipendano dal mio stato d'animo. Ogni colpo su quella dannata porta è come un colpo in testa, che peggiora notevolmente la mia emicrania.

Mi alzo infuriata e apro la porta con la grazia di un orco -spero che tu abbia davvero una buona ragione, per svegliarmi alle sette del mattino con questo fracasso e per buona ragione intendo qualcosa del tipo: è scoppiata la Quarta Guerra!!- sibilo minacciosa e con la voce roca.

Jess mi guarda imbambolata e il sorriso che aveva le muore sulle labbra alla vista dei miei capelli arruffati e dello sguardo assassino -hai un aspetto orribile al mattino Amy- mi fissa critica per poi scoppiare a ridere.

La guardo ancora più inviperita e lei fa un passo indietro, alzando le mani in segno di scuse -ok, ok calma! C'è un buon motivo se ti ho svegliata così presto- dice con cautela ma tenendosi a debita distanza. Conoscendomi ha capito che sta rischiando grosso.

-Lo spero per la tua incolumità - rispondo spazientita e arcigna.

-Wow, sei davvero intrattabile quando vieni svegliata! Comunque stamattina mi sono alzata prima, come avrai notato e Sue mi ha servito la colazione. Le ho detto che in questi giorni non abbiamo avuto modo di rilassarci come ci si aspetterebbe da una vacanza, così mi ha consigliato un posto dove poter passare la giornata- saltella davanti alla porta della mia camera e pare non essere in grado di trattenere l'entusiasmo.

Odio tutta quest'allegria quando sono di cattivo umore, ma dal momento che ormai sono stata buttata giù dal letto decido di darle ascolto, tanto so che sarebbe inutile ignorarla e tornarmene a dormire. Inoltre posso sempre ucciderla se il motivo non è valido...

-E quale sarebbe questo posto?- le chiedo con poco entusiasmo.

-Non ci crederai, ma due giorni fa è stata inaugurata una piscina pubblica!- risponde con uno sguardo scintillante.

Stanno per cadermi le braccia. Sta calma Amy, è la tua  migliore amica, ricorda perché le vuoi bene, continuo a ripetermi tentando di trattenermi.

-E questo sarebbe un valido motivo per buttare giù la porta della mia camera, alle sette del mattino per giunta?!- ringhio su tutte le furie -vallo a dire ad Aiden, sarà felice di allenarsi con la squadra di nuoto del paese, io che diamine posso farci!-  richiudo la porta e me ne torno a letto, spiaccicando la faccia nel cuscino.

Purtroppo mi rendo conto tardi di non averla chiusa a chiave, infatti la riapre e la sento sbuffare -lasciami spiegare Amy! Cavolo quanto sei scontrosa, com'era il detto non svegliare il can che dorme? Non credevo valesse anche per le migliori amiche!- Alzo momentaneamente la testa, solo per dedicarle un'occhiataccia eloquente, poi di nuovo affondo la faccia nel cuscino -andiamo pigrona! Non capisci? Non è come la nostra piscina pubblica che viene utilizzata solo per la squadra di nuoto. È stata costruita nella parte moderna solo ed esclusivamente per il divertimento e per far rilassare i turisti, come quelle Pre-Interruzione! Potremmo passare una giornata tranquilla, fare un bagno in piscina e abbronzarci, è una giornata di sole fantastica- spiga tutta felice.

Non posso crederci, davvero qualcuno ha costruito una piscina per il puro divertimento dei turisti? Ok forse sta catturando il mio interesse.

-Dimentichi che non abbiamo un costume da bagno- le ricordo con la voce ovattata.

-Ho la soluzione anche a questo, Sue mi ha indicato un negozio qui vicino dove poter andare, dai su alzati! E non voglio sentire ragioni, abbiamo bisogno di una giornata relax!- Mi ordina, purtroppo so benissimo che non riuscirò a dissuaderla.

-Aiden come farà senza costume da bagno?- replico, tentando di giocarmi l'ultima carta.

-Amy, Aiden è un nuotatore non va da nessuna parte senza un costume da bagno in valigia, su coraggio non hai scuse- mi tira per un braccio.

-E va bene- rispondo abbattuta, ancora con la faccia nel cuscino. Sono davvero troppo stanca ma so già che se non accetterò mi darà il tormento e non si muoverà di qui -dammi solo una mezz'ora per prepararmi e fare colazione.-

Fa un cenno d'assenso entusiasta -ok, ma giusto mezz'ora. È stata aperta due giorni fa, ci sarà tantissima gente nel pomeriggio e dobbiamo affrettarci se vogliamo trovare posto.-

Dopo aver fatto una doccia veloce, indosso una gonna leggera bianca, con un top verde menta e raggiungo Jess in sala per fare colazione.
Non mi lascia nemmeno il tempo di ingoiare l'ultimo sorso del secondo caffè, bevuto nel disperato tentativo di darmi la carica, che mi trascina fuori di corsa.

Arriviamo davanti alla vetrina di un piccolo negozietto nella parte antica. Sembra una deliziosa botteghina d'altri tempi, non è molto illuminato. All'interno una donna di mezza età è appisolata dietro al bancone.

-E questo sarebbe il posto dove trovare dei costumi da bagno?- chiedo a Jess, inarcando le sopracciglia poco convinta, lei si limita a fare spallucce.

-Sue ha detto di non lasciarsi ingannare dalle apparenze- risponde anche lei con poca convinzione.

Così ci decidiamo a entrare. Ci dirigiamo verso il bancone e faccio un colpo di tosse, per svegliare la proprietaria.
La signora ha dei grandi occhiali da vista e folti capelli castani di media lunghezza, legati in una coda, sobbalza facendo scivolare gli occhiali sul naso.

-Chi, che.. Cosa .. Cosa è successo?- È disorientata.

-Ci perdoni signora per averla svegliata, ma vede siamo state mandate da Sue, alloggiamo nella pensione di sua madre e ci servirebbero dei costumi da bagno- spiega Jess.

Lei sembra risvegliarsi del tutto non appena ci mette a fuoco, si alza e ci squadra con un sorriso indugiando su di me.

-Oh scusatemi voi ragazze, ma dovete sapere che con l'apertura di tutti quei negozi nella parte nuova del paese, i clienti sono sempre di meno- dice in tono triste - io sono Nora comunque- si presenta sorridendo.

-Io sono Jess e lei è Amy. Spero che possa aiutarci Nora.-

-Oh  ma certo che posso! Non lasciatevi ingannare dall'aspetto del negozio, ho tanti bei vestiti che starebbero di incanto a ragazze carine come voi. Per i costumi da bagno ne ho ordinati alcuni proprio due mesi fa, vengono direttamente dal Primo Stato, sapevo dell'apertura della piscina pubblica nel periodo estivo... venite con me- ci fa un cenno, invitandoci a seguirla nel retrobottega.

La vediamo aprire un grande armadio, dove ci sono una marea di abiti di ogni tipo disposti in maniera ordinatissima, sono tutti incantevoli e molti richiamano stili retrò.
Prende una grossa scatola e torna indietro, riponendola sul bancone.
La apre e dentro ci sono molti costumi da bagno ben ripiegati, ci indica alcuni camerini dove poterli provare.
Dopo averne provati non so davvero quanti, Jess opta per un costume da bagno viola che fa risaltare ancora di più le sue forme e la sua pelle abbronzata di natura tipica dell'isola.
È il mio turno, quindi tolgo la gonna e il top restando in intimo. Improvvisamente Jess mi fissa sconvolta.

-Amy cosa diamine hai fatto?!- sgrana gli occhi.

La fisso non capendo a cosa si riferisca, poi girandomi e guardandomi allo specchio noto un livido viola al ventre. Resto di sasso, completamente scioccata.

- Io... Io non capisco, ieri non avevo nulla e poi in questo punto... Non è possibile, continuo a guardarmi mentre centinaia di pensieri mi vorticano in testa e nessuno di questi è positivo.

-Non puoi non ricordarti come te lo sei fatta- mi guarda sospettosa.

-È proprio questo il punto Jess, Sto pensando a qualcosa, ma sarebbe davvero una follia- sussurro e ho quasi paura di dirlo ad alta voce. Le mani mi tremano convulsamente e sto sudando.

-E cioè?- chiede preoccupata.

Prendo coraggio, perché dirlo lo renderebbe ancora più reale per questo ho paura.

-Ok ma non andare in paranoia, già ci sono io per questo. Il livido è nel punto esatto dove il pugnale affonda nel mio incubo- spiego cauta.

Lei sgrana gli occhi, guardando prima la mia pancia e poi la mia faccia più e più volte.  Il suo viso sempre colorito diventa pallido, quasi quanto il mio.

-Questo... questo non è possibile, insomma quel livido guardalo... guarda la sua forma, è come la cicatrice di una coltellata! È davanti ai miei occhi. È reale non è un sogno, i sogni non fanno questo almeno non i sogni normali... Amy la ragazza nel tuo incubo muore!!- si porta una mano nei capelli, biascicando in modo sconclusionato.

A quelle parole sobbalzo e mi viene da tremare più forte, ha proprio una delicatezza innata.

-Grazie, lo so benissimo Jess e sono impaurita anch'io, ma può darsi che è solo una coincidenza non c'è bisogno di vedere tragedie dove non ci sono- tento di sminuire la cosa o di auto convincermi, non lo so ancora.

-No, questa non è una coincidenza. La forma, il punto di quel livido, sono troppo strani- mi scruta sospettosa.

-Ok, devo ammettere che da quando siamo qui i miei incubi sono peggiorati notevolmente, notte dopo notte diventano sempre più reali. Non ho un attimo di pace Jess, non appena decido di appisolarmi, anche per cinque minuti, tornano a tormentarmi- confesso e finalmente mi sfogo rammaricata e a voce bassissima, sento calde lacrime scendere dalle mie guance.

Lei mi fissa, poi mi stringe in un abbraccio rassicurante.

-Perché non ci hai fatto capire l'effettiva gravità della cosa? Non ci hai detto che ti tormentano a tal punto, sei stata vaga... mi dispiace Amy, mi dispiace tanto. È tutta colpa mia, ho insistito io per venire qui e quando Aiden ha proposto di andare via ti ho addirittura consigliato di restare. Senza contare che io e Aiden ci siamo lasciati trasportare da questa nostra strana relazione trascurandoti- singhiozza dispiaciuta.

Oh no, lei non ha colpa di nulla. I miei amici mi sono sempre stati vicino, anche adesso. La fisso determinata, asciugandomi le lacrime con un braccio e asciugando anche le sue.

-Jess ascoltami... non devi nemmeno pensarlo, tu e Aiden mi state vicino da sempre, io non so come farei senza di voi. Ho solo cercato di mostrarvi la situazione meno grave di quanto è in realtà, perché non voglio rovinarvi la vacanza e soprattutto non voglio farvi preoccupare ulteriormente, ma non è assolutamente una vostra colpa anzi!- La stringo a me.

Lei si rilassa un po', ma non è ancora del tutto convinta.

-Sai, forse ho un rimedio per permetterti di dormire; sono dei farmaci che utilizzava mia madre, ho preso qualche pillola prima di partire- scava nella borsa.

-Farmaci? Non posso accettare Jess, vi saranno costati un occhio della testa!-

Acquistare medicine è molto difficile, solo un'industria ne produce in tutti e tre gli stati e fornisce maggiormente gli ospedali. Le farmacie sono sempre poco fornite e di solito, a meno che non non si abbia una grave malattia, i farmaci normali costano moltissimo. La madre di Jess deve averli acquistati quando suo marito le lasciò. Doveva essere disperata per spendere tanto.

-Insisto Amy, servono più a te che a me, se non riposi per bene ti ammalerai, ti prego lasciami fare questo per te!- Mi fissa, implorandomi con quei grandi occhi nocciola. Capisco subito, ha bisogno che io accetti.

-E va bene - le dico rassegnata e infinitamente riconoscente, lei sorride subito più tranquilla.

-Jess, devo chiederti di non raccontare tutto questo ad Aiden, ti prego non voglio che si preoccupi. Sai quanto è protettivo...-

Sembra un po' incerta, ma sotto il mio sguardo implorante cede -mi ucciderà ma farò come dici, è una cosa che devi raccontargli tu. Va bene sbrighiamoci adesso, abbiamo dei costumi da scegliere e stiamo inondando il camerino di lacrime!- sembra voglia evitare di farmi pensare a quel livido, ma so che il discorso non è chiuso e che presto dovremo affrontare la situazione.

Dopo un quarto d'ora e innumerevoli proposte troppo succinte da parte della mia migliore amica, opto per un costume da bagno intero bianco, con delle rifiniture dorate molto chiare. È semplicissimo e soprattutto mi sta a pennello.

-Ottima scelta ragazze!- dice Nora sorridendomi per poi scrutarmi con curiosità, mentre ci porge due pacchetti.

-Siete arrivate da molto?- chiede, fissandomi ancora.

-No, siamo qui soltanto da una settimana- rispondo.

-Beh sono certa che non vorrete più lasciare il paese. Albanuova è un posto magico per chi sa apprezzarlo- sorride serena.

-Sì questo posto è fantastico, ma dobbiamo visitare ancora molto- spiega Jess.

-Non mancheranno le occasioni. Divertitevi ragazze- la salutiamo anche noi ringraziandola.

Tornate alla pensione, Jess va a chiamare Aiden mentre io torno in camera per indossare il nuovo acquisto.
Fisso ancora il livido allo specchio, la
paura ritorna a farsi strada in me prepotentemente. E se la prossima volta al posto di questo livido restasse una vera e propria ferita? Penso terrorizzata.
Scuoto la testa con le mani tra i capelli per cercare di liberarmi da questi brutti pensieri; ci metto molto per calmarmi e quando ci riesco  raggiungo i miei amici.

Aiden sembra molto contento, passeremo la giornata  nel suo ambiente naturale in fondo, forse per questo non ha reagito così male quando Jess l'ha svegliato a differenza mia.
Raggiunta la piscina varchiamo i cancelli dell'area recintata, acquistando i biglietti all'entrata. Dopo un piccolo tragitto con ciottoli colorati arriviamo finalmente all'interno e resto assolutamente a bocca aperta.
È bellissima, mai visto nulla del genere: è circondata da numerose sdraio e finte palme, sembra davvero un paradiso, hanno voluto ricreare una sorta di spiaggia, di quelle che si vedono sulle vecchie foto tramandateci.

Dopo la Terza Guerra l'inquinamento ha reso impossibile qualsiasi contatto con l'oceano che circonda i Tre Stati. Un'esposizione  continuata come bagni di piacere o frequentare spiagge bagnate da quelle acque comporta numerosi effetti collaterali, soprattutto varie forme di cancro dovute alle radiazioni.
Le opere di depurazione vanno a rilento, dopo che furono eliminate le esalazioni provenienti dall'acqua che inquinavano l'aria, si ritenne il problema risolto. In fondo basta non mangiare tutto ciò che proviene dall'oceano e osservarlo senza mai avere la possibilità di sfiorarlo o rinfrescarsi nelle sue acque, come spesso faccio dalla scogliera dell'isola o dal traghetto quando ci rechiamo in città. Coloro che vivevano prima dell'Interruzione erano così fortunati, eppure non se ne rendevano conto.
Di solito le piscine pubbliche sono utilizzate per lo sport, fondamentale nella nostra società in quanto si ritiene che sia il miglior modo per tenersi in salute ed evitare sprechi di medicine;
l'acqua è ritenuto un bene troppo prezioso per sprecarlo in questo modo, tutto è perfettamente e anche troppo funzionale.
Chi ha costruito questo posto pazzesco deve aver speso un patrimonio e soprattutto deve conoscere molte persone influenti, non a tutti viene permesso di trasgredire sprecando beni comuni, di cui l'umanità si è riappropriata con tanta fatica. Albanuova nel giro di qualche anno diventerà la meta più ambita dai ragazzi di tutti e tre gli Stati, ne sono sicura.

Prendiamo posto a bordo piscina, sono solo le otto e trenta del mattino, ci sono pochissime persone tra cui delle ragazze che giocano in acqua lanciandosi una palla. Devono essere del paese, tutti coloro che provengono da altri luoghi saranno ancora negli hotel della parte moderna a dormire, inoltre a guardarle bene hanno un'aria familiare, devo averle già viste in giro. Togliamo i vestiti e Aiden ci fissa facendo un fischio.

-Wow! Sono con le ragazze più belle del Terzo Stato! Quando cavolo avete comprato quei costumi da bagno?- dice con aria di approvazione, fissando soprattutto Jess maliziosamente.

Lei arrossisce di rimando e sorride -mentre tu dormivi! La prossima volta svegliati prima, ti sei perso numerose prove e avresti potuto consigliarmi- risponde con un sorriso insinuante.

Decido di lasciarli soli qualche minuto e immergermi in piscina.
L'acqua è fresca, una temperatura perfetta, non faccio un bagno in piscina da quando alle elementari mamma e papà mi costrinsero a fare nuoto. Ricordare papà che mi incoraggiava dal bordo a nuotare da sola e il suo sorriso orgoglioso quando ci riuscii, mi provoca una morsa allo stomaco. Scaccio subito questo bellissimo e doloroso ricordo, ogni volta che penso a qualcosa che mi fa venire in mente mio padre mi intristisco, mi manca così tanto...
Nel frattempo mi guardo intorno, quelle ragazze continuano a giocare.
Non hanno un'aria molto simpatica: due di loro hanno lunghi capelli castani legati un una treccia e profondi occhi verdi, sono identiche devono essere gemelle, la terza ha dei lunghi e ricci capelli rossi di un colore molto acceso e un paio di occhi neri grandi, è molto attraente non c'è che dire sembra una modella; poi improvvisamente ricordo dove le ho viste! Sono quelle snob che mi lanciavano occhiate assassine alla terrazza, mentre ballavo con David.
Non faccio in tempo a distogliere lo sguardo, che la ragazza dai capelli rossi si volta verso di me e mi guarda con odio, evidentemente anche lei si ricorda benissimo dell'altra sera. Quando una delle gemelle tira la palla nella sua direzione, lei fa un sorrisetto cattivo e con una schiacciata fortissima la colpisce indirizzandola verso di me.
Non riesco a scansarla e mi viene addosso in maniera violenta, mi stordisce quasi.

Scoppiano tutte e tre a ridere, dirigendosi verso di me e gridando -palla!- come se nulla fosse successo, come se non l'avessero fatto di proposito.
Sul serio? Si aspettano anche che la restituisca?

La strega dai capelli rossi si avvicina.

-Oh scusa, non ti avevo notata! Sei così bianca che quasi ti confondevo col bordo piscina- dice melliflua.

Le altre, avendo sentito la battuta, ridacchiano in maniera perfida. Sono completamente infuriata, ma chi si credono di essere??

Mi avvicino a lei minacciosa con le mani sui fianchi, l'acqua mi arriva alle spalle.

-Ma guarda un po', ho avuto il piacere di conoscere la stronza del paese. Mi chiedevo quando ti avrei incontrata, incredibile ne trovi una ovunque vai. Ma vi moltiplicate nel sonno?- la guardo ironicamente con cattiveria.

-Mi hai appena dato della stronza?!- si avvicina con aria minacciosa.

-È un dato di fatto tesoro. Sto solo sottolineando un'ovvietà- le rispondo indifferente e scrollo le spalle.

Le amiche la trattengono -Valerie calma, David non vuole casini nella struttura di suo padre!-
Sgrano gli occhi sorpresa nel sentire quel nome.

-Cosa c'entra David?- chiedo incuriosita.

La ragazza dai capelli rossi, che ho scoperto chiamarsi Valerie, mi fissa trionfante.

-Certo che lo conosco. David è il mio ragazzo e suo padre è il proprietario di mezzo paese compresa la piscina, quindi c'entra eccome!-

La guardo sconcertata, le sue parole mi colpiscono più di quanto voglia ammettere -tu sei la ragazza di David?- dico scrutandola.

A guardarla meglio non sono poi così sorpresa... ha un fisico scultoreo, un' aria snob ma sofisticata, inoltre il costume da bagno che indossa costerà un'occhio della testa e accompagnato dai suoi modi sdegnosi dà perfettamente l'idea di una ragazza ricca e viziata.

-Certo che sono la sua ragazza stupida! Cosa credevi che uno come lui si interessasse a un essere insignificante come te? Pensavi che non ti avessi vista alla terrazza ieri, mentre ti strusciavi sul mio ragazzo?! Tutte qui vengono queste maledette sgualdrine! Si stava solo prendendo gioco di te- risponde velenosa.

Mi fissa con aria crudele e io sono senza parole, ci rimango più male di quanto lascio trasparire.

Lei rincara la dose notandolo -che c'è? Credevi di piacergli? Oh povera illusa, perché dovrebbe volere te, quando può avere una come me!-

Sto per risponderle a tono, nessuno mi dà della sgualdrina!

-Oh no Amy, hai già conosciuto la stronza del paese?- si intromette Jess, immergendosi in acqua e facendomi l'occhiolino.

Sapevo che sarebbe arrivata, fin da bambine ci spalleggiamo a vicenda contro tipe come Valerie.
Lei è ancora più infuriata per essere stata chiamata così una seconda volta e le due gemelle sono sorprese, credo che né lei né le sue amiche siano abituate a qualcuno che le risponde a tono.

-E tu chi saresti? L'avvocato difensore?- scruta Jess, incrociando le braccia al petto.

-La mia amica non ha bisogno di essere difesa da nessuno! Tu piuttosto, dovresti tenere a bada il tuo ragazzo o è una relazione aperta, visto che se va in giro a chiedere appuntamenti e fare il cascamorto con altre appena conosciute?-  domanda Jess provocandola e squadrandola con superiorità -non mi sembrava che a David dispiacesse tanto strusciarsi su Amy ieri sera, mi sa che non sei così irresistibile come credi...-

-O forse è una relazione a senso unico? Perché da come mi stringeva, non credo fossi una sua priorità in quel momento- rincaro la dose beffarda.

Valerie si avvicina con fare minaccioso, ma le amiche la trattengono, mentre noi usciamo dall'acqua.

-Vieni andiamo, certo che le persone di questo posto sono strane. Il mio ragazzo non ballerebbe mai con un'altra un'altra davanti ai miei occhi- dice Jess ammiccando -ma che vuoi farci, non tutte sono dotate di dignità- alza la voce per farsi sentire.

In effetti sentiamo le amiche trascinare via Valerie, forse in preda a una crisi isterica. Anche sull'isola certa gente non mancava, non sono abituate a essere sfidate o risposte a tono ma se non si reagisce andrà sempre peggio.

Ci avviamo alle sdraio e Aiden ci fissa divertito.

-Grazie per l'aiuto!- borbotto con le mani sui fianchi guardandolo.

-Su ragazze non ve la prendete, non mi intrufolerei mai in una discussione tra donne si rischia la vita! E poi so bene che sapete difendervi benissimo da sole, siete due streghe peggio di quelle tre befane- sogghigna.

Lo fissiamo oltraggiate, iniziando a strizzare i nostri capelli fradici su di lui.

-No vi prego basta! Basta è gelata!! Scherzavo... scherzavo!- si copre meglio che può e noi scoppiamo a ridere. Ci fermiamo soltanto quando implora pietà, il poverino si stava godendo lo spettacolo abbrustolendosi al sole, quindi l'acqua per lui deve essere davvero gelata. Consumata la nostra vendetta, decidiamo di sdraiarci accanto a lui.

-Direi che ti sei fatta la prima nemica Amy. Incredibile che fine ha fatto la mia amica? Questi sono i generi di casini in cui mi caccio io e tu mi fai da spalla- poi fissa Aiden imbronciato -o meglio mi cacciavo- si corregge e lui le sorride.

Scrollo le spalle innocentemente... è vero di solito non litigo mai per un ragazzo, ma è lei ad aver cominciato. Spero solo che quell'arrogante non lo venga a sapere, il suo ego è già eccessivamente alto.

Passiamo il resto della giornata in totale relax, anche nel pomeriggio, quando la piscina inizia ad affollarsi non è fastidioso.
Riesco anche a schiacciare un lungo pisolino, rinvigorendomi un po' dalle notti insonni. Quando decidiamo di andare via e torniamo alla pensione per la cena, mi tocca constatare tristemente che il sole ha avuto un effetto leggero, la mia pelle è ancora bianchissima, solo un po' arrossata sulle guance, che disdetta...  forse fa bene David a chiamarmi con quello stupido nomignolo.
Quella ragazza è stata  davvero odiosa, la cosa che la rende ancora più insopportabile è il suo essere assurdamente perfetta. Non posso competere con una tipa del genere, anche se ha subito marcato il territorio sono sicura che non stanno insieme, si vede lontano un miglio che  quello non è assolutamente tipo da ragazza fissa. Forse le dà più attenzioni delle altre e si è montata la testa.
Dovrei essere indifferente a tutto questo come al solito, pensare che sia meglio così, ma non posso fare a meno di dispiacermi.
Ma che diamine Amy! Mi rimprovero da sola, non puoi pensare ad altro? Hai sempre odiato le ragazze che si fissano su questi argomenti, datti una svegliata, mi dico strofinandomi le mani sul viso.

Mi cambio e scendo per cena. Jess e Aiden sono già al tavolo e stanno parlando con Sue.

-Ah eccola- mi indica Aiden.

-Amy, Sue deve parlarti di un certo diario- mi guarda con aria interrogativa.

Ho dimenticato di raccontare tutto ai miei amici, dove ho la testa? Ma una vocina dietro di me risponde beffarda con un "sai benissimo dove hai la testa."
Rimedio raccontandogli tutta a la storia e sembrano tanto interessati quanto preoccupati per le nuove rivelazioni.

-Allora Sue di cosa volevi parlarmi, hai scoperto qualcosa di nuovo? Magari hai trovato le pagine mancanti o qualcos’altro su Anita?- le chiedo speranzosa.

Lei mi guarda con aria triste -in realtà no, volevo farti una sorpresa e portarti il diario, visto che come me sei interessata, ma quando sono andata a prenderlo era scomparso.-

Resto immobile -come scomparso?- domanda Jess con forse troppa enfasi. Infatti si guadagna un'occhiata troppo curiosa da parte di Sue e una mia gomitata.

-Sì scomparso, solo io e Matt conoscevamo il luogo dove era custodito e lui giura di non averlo toccato, non so dove sia o chi l'abbia preso, ma l'ho cercato ovunque e niente. Senza contare che abbiamo scoperto che tutti i ritratti di Anita Deveraux sono stati rubati molti anni fa- scrolla le spalle, per fortuna non tenendo conto del tono della mia migliore amica.

-Evidentemente a qualcuno non piace che ficcanasiamo in questa storia - dice Aiden soprappensiero, dopo che Sue si è allontanata delusa.

Continuiamo la cena in silenzio, ma vedo quanto i miei amici sono preoccupati... è per questo che non voglio rincarare la dose raccontando a Aiden tutto il resto, sono certa che darebbe di matto se vedesse quel livido, per fortuna il costume intero mi è stato utile a nasconderlo. È come un fratello maggiore per me, voglio che si goda questa vacanza con Jess la merita.
Continuo a ripensare a questa storia, quasi non tocco cibo. Insomma chi ha perso quel diario? E perché tutti i quadri che rappresentano Anita Deveraux sono scomparsi? Nessuno di questi tempi ruberebbe dei quadri e poi c'è quella donna strana che mi ha intimato di andare via.
Continuo a rimuginare senza trovare una soluzione e sembra che i miei amici facciano lo stesso.
Dopo aver cenato cercano di convincermi a fare una passeggiata ma stasera sono irremovibile, ho davvero bisogno di riposare.
Mentre Aiden è distratto Jess mi passa le pillole di sua madre, così quando vanno via infilo la camicia da notte e prendo le medicine, riponendo il flacone nel comodino accanto al letto; spero davvero che riescano a darmi un po' di riposo.
Non appena mi stendo il sonno arriva presto.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Apro gli occhi lentamente a causa dei raggi di sole che filtrano dalla finestra, ci metto molto a schiarirmi i pensieri visto che ho la testa annebbiata e sono confusa... era moltissimo tempo che non mi svegliavo di mia volontà, di solito scatto o sobbalzo per la troppa paura, invece ora sembro essermi risvegliata dolcemente.
Forse quelle pillole hanno avuto un buon effetto su di me. Eppure mi sento strana, da un lato riposata per aver dormito, dall'altro non riesco a decifrare ciò che sto provando; infatti non appena apro gli occhi e mi appoggio alla testiera del letto, noto che le lenzuola e i cuscini sono sparsi sul pavimento, sono tutta sudata, anche il letto è bagnato dal mio sudore. Una una profonda sensazione di inquietudine e di paura mi investono, accompagnate da una forte nausea. Come una diga che si rompe, le sensazioni mi travolgono di pari passo con i miei pensieri che si schiariscono, man mano che l'effetto delle medicine svanisce.
No, le pillole non sono state utili... non ricordo assolutamente cosa ho sognato ma a giudicare da ciò  che sto provando, che è ben peggiore del solito, deve essere stato un incubo diverso e ancora più spaventoso della morte di Anita.
Capisco che le pillole non hanno fatto altro che farmi dimenticare il sogno e soprattutto mi hanno anestetizzata per tutta la notte evitando i risvegli, sono stata costretta a sognare qualcosa di veramente orribile, senza la possibilità di svegliarmi!
Ecco perché sono così sconvolta, mi passo una mano tra i capelli felice almeno di non ricordare nulla.

Quando mi alzo la nausea persiste e anche le altre orrende sensazioni... mi avvicino al comodino per osservare il cellulare e controllare l'ora, incredibile sono le undici del mattino! Era da mesi che non mi alzavo così tardi.
Noto che c'è un sms di Jess e lo leggo:

"Tesoro❤️ non mi andava di svegliarti. Siamo andati a visitare la chiesa in maniera più approfondita e ne avremo per tutto il giorno, sai quanto può essere puntiglioso Aiden😒. Se te la senti raggiungici o richiama appena sveglia. Salvami ti prego!! 😱 ti voglio bene😘😘."


Sorrido scuotendo la testa, mi dispiace Jess ma dovrai sorbirti Aiden tutto il giorno, penso divertita dai battibecchi che sicuramente scoppieranno tra loro. Non ho alcuna intenzione di tornare il quella chiesa nello stato in cui sono adesso, ma non priverò i miei amici di una giornata insieme.
Decido di fare una doccia, magari col getto caldo queste brutte sensazioni spariranno...
Apro l'armadio per prendere i vestiti ma rimango paralizzata allo specchio, il cuore mi batte fortissimo e rabbrividisco sgranando gli occhi completamente terrorizzata.

Paura e nausea aumentano.

Mi fisso incredula e in particolare tengo lo sguardo inchiodato al mio braccio destro e a quello sinistro, dove sono comparsi due grandi lividi; è come se qualcuno mi avesse tenuto ferma con la forza, con una violenza inaudita.
Si nota chiaramente che sono segni lasciati da due grandi mani. Mi torna in mente l'altro livido nel punto dove Anita fa affondare il pugnale e la disperazione mi travolge, perché so per certo che nessuno è entrato in camera mia, la porta è chiusa a chiave e anche la finestra. Deve essere un altro regalo dei miei incubi...
Cosa mi succede? Perché a me? Crollo in ginocchio davanti allo specchio e lacrime calde mi bagnano il viso. La situazione è decisamente più grande di me e voglio solo che questa storia finisca, voglio vivere tranquillamente; di nuovo mi viene il dubbio che al prossimo risveglio potrei trovare una vera ferita.
Com'è possibile tutto questo? I sogni non lasciano segni sul corpo. Rimango lì non so per quanto tempo, non oso nemmeno muovermi mentre pensieri sconclusionati affollano la mia mente esausta.
Solo dopo un po' trovo il coraggio di alzarmi, riprendendo il proposito di una doccia calda, tuttavia nemmeno questa basta a farmi passare la nausea e la paura che sento dentro di me. Sono stata assalita dall’inspiegabile bisogno di strofinare con la spugna il mio corpo e l'ho fatto con così tanta forza da arrossarlo.
Devo decisamente darmi una calmata...

Indosso un abitino giallo chiaro e decido di coprire le braccia con una giacca leggera, fuori ci saranno quaranta gradi ma non posso certo uscire così.
Prendo il mio album e le matite, come al solito so bene che l'unico modo per rilassarmi è passare la mattinata a disegnare, devo solo trovare un posto caratteristico. Escludo categoricamente l'idea di informare subito Jess e Aiden, ho bisogno di metabolizzare tutto e per farlo la solitudine mi è sempre stata di grande aiuto.
Quando arrivo di sotto sorpasso la sala da pranzo e mi reco alla Hall, la sola idea della colazione mi dà il voltastomaco, quella persistente nausea che ha accompagnato il mio risveglio sembra non volermi abbandonare.
Sto per uscire, facendo un cenno alla signora Miller, ma vengo bloccata dal suo sguardo inquisitorio.

-Amy buon giorno. Dove vai senza aver fatto colazione?- mi fissa, è preoccupata.

Cerco di imprimermi un sorriso falso sulla faccia ma mi rendo subito conto che serve a poco. Diamine, devo davvero avere un aspetto orribile...

-Buon giorno. No signora Miller non si preoccupi va tutto bene, non ho mangiato perché ho un po' di nausea. Ma passerò la giornata a disegnare, quindi mi rilasserò sicuramente- provo a rassicurarla ma lei assume uno sguardo indispettito. Ora sì che mi ricorda la mamma.

Mi guarda, ponendo le mani sui fianchi con fare autoritario -eh no bambina. Quando sei stata male ho parlato al telefono con tua madre, le ho assicurato che mi sarei presa cura di te come farei con la mia Sue, quindi tu non ti muovi di qui senza una ricca colazione- afferma irremovibile.

La fisso sorpresa, conoscendo mia madre le avrà fatto giurare di tenermi d'occhio -grazie ma davvero non riuscirei a mangiare nulla, ho lo stomaco completamente sottosopra- rispondo, con una smorfia disgustata al solo pensiero.

Le mie parole non la convincono per nulla, anzi assume un'espressione severa -e cosa avresti intenzione di mangiare a pranzo? Hai detto che passerai la giornata a disegnare...-

A quel punto abbasso gli occhi colpevole -hem... veramente io... io non ho intenzione di mangiare nulla- balbetto.
Per essere così dolce e gentile sa come incutere timore, diamine capisco perché Sue si è raccomandata tanto di non dirle del ragazzo che frequenta.
Infatti, in un secondo l'aria solitamente accomodante sparisce dal suo volto e sentite le mie parole quasi mi incenerisce con lo sguardo.

-Cosa?! Stavi lasciando la mia pensione senza fare colazione e in più non vuoi pranzare?! Con quel faccino esausto? Eh no piccola, non ci siamo capite! Sei qui da una settimana e già sei dimagrita, tua madre è stata molto chiara con me. Ora vado a prenderti un pranzo al sacco e guai a te se osi varcare l'uscita- mi avvisa minacciosa e capisco di non poter obbiettare in nessun modo, nascondo un sorriso mentre la malinconia mi pervade. In un certo senso vedere qualcuno che si preoccupa così per me, come solo le madri sanno fare, mi fa sentire rassicurata e stamattina ne avevo proprio bisogno; la verità è che la mamma con tutte le sue paranoie mi manca davvero tanto.

Dopo circa un quarto d'ora, la signora Miller ritorna con un sacchetto dal profumo delizioso che provvedo a mettere al sicuro nel mio zaino.
Poi prende una tazza che aveva nella mano destra e me lo porge.

-Bevi forza! È tè allo zenzero, un rimedio eccellente contro la nausea- mi fa un occhiolino incoraggiandomi.

Prendo la tazza fumante e bevo con calma, piano piano inizia davvero a fare effetto.

-Oh, non so davvero come ringraziala- rispondo sinceramente grata.

-Puoi ringraziarmi promettendomi che mangerai quello che ti ho preparato per pranzo- sorride amorevolmente.

La guardo e le sorrido anche io -lo farò, sa signora Miller lei è davvero una brava persona.-

-Su bambina, così mi fai commuovere! E smettila di darmi del lei e di chiamarmi signora Miller, tu e i tuoi amici mi siete simpatici e siete davvero molto educati. Resterete qui per un mese, quindi datemi del tu e chiamatemi Agata!- Mi dà qualche colpetto sulla spalla accompagnandomi all'uscita, mentre io continuo a sorriderle sinceramente grata e  facendole un cenno di saluto.

-E sta attenta!- la sento urlare mentre mi allontano.

Continuo a camminare tra le stradine acciottolate del paese, arrivando al limitare della parte opposta a quella moderna. Mi allontano, cercando qualcosa da poter catturare sul mio album.
Lentamente, senza nemmeno accorgermene, mi avvio verso un boschetto che mi lascia a bocca aperta; risalgo una piccola collina e arrivo nelle vicinanze di un grande albero. Tutto questo è incredibile, non avevo mai visto un vero boschetto in vita mia, ci saranno voluti anni per far ricrescere questa gran quantità di vegetazione.
Da quell'altezza noto che di fronte a me ci sono dei meravigliosi giardini ben curati e molte fontane, tutto racchiuso in un grande cancello e verso l'interno una immensa tenuta di colore chiaro, sembra un castello ed è assolutamente incantevole. Non credevo che edifici del genere esistessero ancora.
Sono dinanzi alla facciata con grandi finestre e mi rendo conto che ha un non so che di familiare, la verità è che mi mette paura...
In un lampo mi torna in mente la guida di Jess con le foto, maledizione! Realizzo subito che questa deve essere casa Van Dalen.
Complimenti Amy, proprio l'ultimo posto dove dovevi andare! Mi rimbecca la mia fastidiosa vocina interiore.
Deve essere davvero una famiglia molto ricca per abitare in un posto del genere, è pazzesco. Ormai sono esausta e non ho alcuna intenzione di rimettermi a camminare, così decido di sedermi con la schiena appoggiata al grande albero e di ritrarre questa meraviglia che è davanti ai miei occhi, qualche mese fa avrei dato qualsiasi cosa per vedere tutto ciò.

Deve essere passata quasi un'ora e sono a buon punto, poi improvvisamente vengo distratta dalla presenza di qualcuno che mi fa ombra.

Alzo lo sguardo infastidita e vedo David in piedi dinanzi a me con le braccia incrociate al petto, i muscoli fanno tendere la stoffa della camicia bianca e perfettamente inamidata che indossa -bene... bene... bene. Guarda un po' chi si vede, non riesci proprio a starmi lontana formaggino- sogghigna beffardo e alza un angolo delle sue labbra carnose in un sorrisetto compiaciuto. Non riesco a distogliere lo sguardo da quelle pozze d'argento che sono i suoi occhi e un brivido di paura misto ad attrazione mi percorre la schiena.
Mi mordo l'interno della guancia frustrata, solo lui ci mancava...
Di nuovo sento la vocina maligna dentro di me, ci tiene a ricordarmi che essendomi piazzata fuori casa sua, avrei dovuto aspettarmelo o forse lo speravo? La ignoro e poggio l'album sulle mie gambe.

Incrocio le braccia al petto stizzita -si dà il caso mr modestia, che io sia venuta qui per visitare le bellezze del paese e quando mi ritrovo dinanzi a meraviglie del genere non posso fare a meno di disegnarle, non vado certo alla ricerca di egocentrici e fastidiosi tipi come te- rispondo a tono.

-Beh... se vuoi disegnare le meraviglie di Albanuova puoi sempre ritrarre me- mi siede accanto e si mette anche in posa facendomi sbuffare.

-No grazie, frequento la facoltà di arte non psicologia, anche se il tuo narcisismo sarebbe davvero da studiare- borbotto alzando gli occhi al cielo.

-Ma hai un tic? Quando mi vedi non fai altro che alzare gli occhi al cielo- sghignazza, per poi guardarmi sorpreso -aspetta, hai detto che frequenti la facoltà di arte? Quindi non sei qui per i locali o per il divertimento, sei qui per la parte antica...-

Lo fisso di rimando, sfidandolo a deridere in qualche modo la mia facoltà -già... e non osare dire che studio cose inutili o non rispondo di me!- lo avverto puntandogli un dito contro.

Scoppia a ridere, alzando le mani in segno di resa -ah formaggino, ma non oserei mai! Solo che la maggior parte dei turisti viene qui per il divertimento, quindi mi hai sorpreso e poi non direi mai che l'arte e la storia sono inutili- risponde serio, spiazzandomi.

Si avvicina improvvisamente facendomi sobbalzare. È decisamente troppo vicino, mi ritrovo a osservare le sue labbra, studia il mio viso e quando vengo avvolta dal suo attraente profumo, formulo pensieri che non dovrebbero nemmeno sfiorarmi, i miei battiti aumentano e di colpo arrossisco indietreggiando -che... che fai?- balbetto imbarazzata.

-Tranquilla, non voglio mica baciarti- dice con un sorrisetto allusivo, cogliendo perspicacemente i miei pensieri.

-Ma che dici, io non l'ho affatto pensato! E comunque non te l'avrei permesso- sbotto, guardando dall'altra parte visibilmente agitata.

-Certo, per questo sei diventata viola!- sorride divertito.

-Tu sei fuori di testa! E ora potresti allontanarti? Stai invadendo il mio spazio vitale- lo spingo via.

-Sì... sì... sta calma, stavo solo osservando il tuo viso. Incredibile ma vero hai preso un po' di colore, resti sempre bianca come un formaggino ma facciamo progressi. Deduco tu sia andata in piscina.-

Cerco di assumere nuovamente una posa indifferente, disegnando ghirigori sull'album -sì, ci sono andata ieri...-

-Bene e come ti è sembrata?- domanda curioso.

Ricordo quel posto estasiata e mi spunta un sorriso spontaneo -incantevole. È stata una giornata molto rilassante, anche se sarebbe stata migliore senza la scenata della tua ragazza- lo informo mantenendo un'aria di finto disinteresse, tuttavia spio di sottecchi la sua reazione.

-La mia ragazza?- chiede inarcando le sopracciglia sorpreso, sembra non sapere di cosa parlo.

-Capelli rossi, stronza, abbastanza isterica. Ti dice qualcosa?- gli rinfresco la memoria.

Scoppia in una risata fragorosa -ah! Devo dedurre che tu abbia conosciuto Valerie. Non è la mia ragazza, anche se non riesco a farglielo capire... la nostra è solo un'amicizia conveniente- spiega con il massimo della tranquillità.

Lo fisso interdetta, non capendo a cosa si riferisca e lui sbuffa annoiato -la scopo ti tanto in tanto! Ma insomma, non capisci proprio nulla...-

Resto di sasso a quella spiegazione, raramente ho sentito risposte del genere. Forse perché raramente, anzi a dire il vero mai, frequento persone del genere.

-E su... non fare quella faccia sconvolta. Guarda che sono amicizie molto piacevoli, dovresti provare- propone con uno sguardo insinuante.

-Non ci penso nemmeno a diventare una delle tue amichette, né tua né di chiunque altro. Sei disgustoso! - esclamo oltraggiata.

-Come sei sentimentale. Non volevo sconvolgere la tua innocente testolina- dice, accarezzandomi i capelli come una bambina e ridendo di me. Mi allontano infastidita.

-Guarda che ho notato l'effetto che ho su di te e non vedo disgusto, anzi...- mi guarda maliziosamente -alla terrazza stavi quasi per fregarmi trattandomi con indifferenza, come facevi con quell'altro ragazzo. Mi hai anche spiazzato lo ammetto, ma ora non riesci a nasconderlo così bene, io ti rendo nervosa- mi canzona spocchioso e il mio nervosismo aumenta. Prende una mia ciocca di capelli e se la rigira fra le dita -in un certo senso mi piaci di più così spontanea... così innocente, conosco poche come te- sussurra.

Arrossisco di nuovo in modo incontrollato -smettila, tu non mi fai proprio nessun effetto. Ti ho già detto che questo genere di cose non mi interessano, se vuoi possiamo essere amici ma non credere che provi altro, ti sbagli nella maniera più assoluta- spiego con un po' troppa enfasi, forse cerco di convincere anche me stessa.

-Mmm, che profumino. E quello cos'è?- chiede ignorandomi e indicando il sacchetto alle mie spalle, sembra non aver sentito nulla di quello che ho detto.

Sto per rispondere ma le parole mi muoiono in gola, perché improvvisamente mi sovrasta col suo corpo e sposta le braccia intorno a me. Resto immobile, paralizzata dalla sua improvvisa vicinanza. I battiti del mio cuore aumentano incontrollati e il suo profumo mi invade, è così caldo e avvolgente... sento i suoi respiri sul mio collo e vorrei spingerlo via ma non ne ho la forza.
Mi si mozza il fiato in gola mentre un gran caldo si diffonde sulla mia pelle al pensiero delle sue labbra tanto vicine, sposta il braccio prendendo il sacchetto della signora Miller dietro di me con la massima tranquillità, poi ritorna al suo posto scrutandomi divertito e con un sorrisetto compiaciuto. Si sta prendendo gioco di me il maledetto!

-Nessun effetto eh?- domanda ironicamente e fin troppo soddisfatto, guadagnandosi un'occhiataccia -bene allora, visto che vuoi essere mia amica e non ti faccio nessun effetto, proprio nessuno- sottolinea quelle parole con la stessa mia enfasi di prima -potresti almeno dividere con me il tuo pranzo- propone con la massima innocenza e io vorrei prenderlo a schiaffi, niente di nuovo insomma.

Sto ribollendo di rabbia, sono arrabbiata soprattutto perché ci metto parecchio a riprendere il controllo delle mie facoltà mentali; è fin troppo bravo con questi giochetti e ne è maledettamente consapevole.
Presuntuoso... arrogante... egocentrico! Stringo le mani in pugno.

-Mangialo tutto non ho fame- rispondo con malcelato astio, evito di dire altro non voglio certo dargli ulteriori motivi di soddisfazione.

Lui non se lo fa ripetere due volte e nel giro di un quarto d'ora divora il mio pranzo, senza abbandonare l'aria compiaciuta ovviamente. Dio quando lo odio! Ma so benissimo che anche questa è una bugia...
Poi prende il mio album, ammirando il disegno che rappresenta casa sua.

-Direi che il disegno è finito e ti è riuscito molto bene- dice scrutandolo con ammirazione, fissa prima me poi la tenuta riflettendo per un attimo.

-Che ne diresti di visitare ciò che hai disegnato?- pare sorpreso dal suo stesso invito.

Sgrano gli occhi altrettanto meravigliata -vuoi dire che mi permetteresti di visitare casa tua? Non è vietato?-

Sorride del mio entusiasmo -per oggi faremo un'eccezione, ti ho dato buca e mi hai dato del maleducato... vediamo di recuperare!- scrolla le spalle.

Di nuovo rivedo il suo lato spensierato che poche volte lascia trasparire, è comunque molto diverso rispetto alla freddezza che mostra di solito, ma a questo punto mi viene da chiedermi: quanto durerà?
Non dovrei accettare, questo ragazzo così lunatico mi farà soffrire e io so che mai come adesso devo stargli alla larga, ma mi sento così attratta da lui che non sono capace di rifiutare.

-E va bene, direi che è un buon modo per farsi perdonare- faccio un cenno d’assenso.

-Allora andiamo!- Mi aiuta a raccogliere le mie cose e mi porge la mano per alzarmi. Tuttavia preferisco evitare il suo tocco, ne ho davvero avuto abbastanza per oggi. Mi alzo da sola e lo vedo nascondere un sorriso senza però fare commenti.

Scendiamo dalla collina e ci avviamo verso i cancelli, camminando fianco a fianco. Percorriamo quei meravigliosi giardini: fiori di ogni tipo, aiuole, statue e cespugli ci circondano; guardarli da vicino è tutta un’altra cosa, c'è una grandissima fontana proprio dinanzi all'immensa  villa ed è stracolma d'acqua, meravigliosi getti si sprigionano verso il cielo per poi ricadere... a quanto pare non per tutti valgono le restrizioni sull'acqua.
A destra c'è un enorme labirinto di cespugli finemente curati, non so per quanto si estenda ma so per certo che in tutti e tre gli Stati, anche nel Primo che è il più ricco, case del genere sono rarissime se non inesistenti.
Mi guardo intorno incantata, completamente a bocca aperta e quasi mi brillano gli occhi, David osserva attentamente ogni mia reazione.
Di fronte a una tale opulenza mi sento in soggezione; al giorno d'oggi è estremamente raro che una famiglia possieda tutto questo, anche i patrimoni dei più ricchi furono danneggiati dalla Terza Guerra, è molto strano che i possedimenti dei Van Dalen siano intatti, anzi direi addirittura accresciuti.
Arrivati all'entrata il custode mi fissa, poi saluta David rispettosamente. Nonostante la bellezza del luogo più ci avviciniamo, più sento un'inquietudine farsi strada in me, non so spiegarmelo ma ho davvero voglia di fuggire da questo posto...
Entriamo in un grande atrio in marmo, lo stile sembra essere quello di un'antica casa aristocratica, un enorme lampadario di cristallo pende sulle nostre teste e di fronte a noi si erge una grandissima scala, che dovrebbe condurre ai piani superiori.

David, da buon padrone di casa, mi illustra i vari spazi dell'atrio spiegandomi l'origine di ogni cosa. È molto informato sulla storia della sua casa, non c'è che dire.
Lo ascolto con attenzione, non perdendomi nemmeno un dettaglio di ciò che mi circonda, anche se devo ammettere che non sto fissando solo l'arredamento. Devo smetterla di guardarlo come un ebete, mi richiamo da sola per darmi un minimo di controllo.
Alla destra e alla sinistra dell'atrio si estendono due enormi corridoi molto ampi, che dovrebbero condurre a due diverse ale della tenuta. Proseguendo lungo uno di questi,  vediamo un uomo in lontananza e David si irrigidisce immediatamente, il tono allegro di poco prima è scomparso, sostituito dalla sua espressione gelida.
L'uomo si avvicina a noi con passo sicuro e mi scruta con un sorriso stampato sulle labbra, non mi toglie gli occhi di dosso ma tutto sommato ha un'aria gentile e composta: è di bell'aspetto, alto, con un fisico asciutto e molto curato, indossa un completo di raffinata sartoria, i capelli sono scuri e gli occhi sono dello stesso colore di David; a occhio non avrà più di cinquant'anni, capisco subito che deve essere suo padre.

-Cosa ci fai qui? A quest'ora dovresti essere a lavoro- domanda David con una voce fredda, quasi rabbiosa.

-Sono tornato a prendere dei documenti- risponde calmo lui -ma non mi presenti la tua amica?- chiede suo padre con aria mortificata, mentre il figlio lo incenerisce con lo sguardo.

-Scusi la maleducazione di mio figlio signorina, il mio nome è Albert Van Dalen e sono il padre di David- si presenta elegantemente, porgendomi la mano e sorridendomi cordiale.
Rispondo alla stretta e lui mi fissa in maniera strana, forse è solo una mia impressione, in fondo l'atteggiamento di questo signore è impeccabile.

-Piacere signor Van Dalen, il mio nome è Amy Davies- mi presento sorridendogli, mentre lui mi guarda incantato. Wow, sì che sa come far sentire importante una ragazza.

-Immagino che sia qui in veste di turista, dal momento che non l'ho mai vista ad Albanuova- osserva e che modo di esprimersi garbato!L'opposto di suo figlio...

-Sì, sono qui da poco più di una settimana, questo posto è incantevole- sorrido.

-Adesso basta con i convenevoli, io e Amy abbiamo da fare- ci interrompe David bruscamente, mi prende per un braccio e mi trascina via. Non ho nemmeno il tempo di salutare suo padre che fissa il figlio infastidito, proseguiamo spediti tornando indietro e riattraversando lo splendido atrio in marmo, in un profondo silenzio.

-Ma si può sapere che diavolo ti è preso?! Potevi almeno lasciarmi salutare tuo padre, mi avrà presa per una maleducata!- mi lamento, sciogliendomi dalla sua stretta.

-Quello stronzo non merita educazione- mi risponde su tutte le furie, facendomi ammutolire, per poi condurmi attraverso una piccola porta verso l'esterno, deve essere un giardino segreto...
Resto spiazzata da questa reazione, avevo intuito che tra lui e il padre i rapporti non fossero idilliaci, ma non immaginavo una cosa del genere.

-Vieni, ti mostro il resto- continua ad avanzare, irrigidito e con aria distaccata.

Quando mi concentro su ciò che mi circonda, una sensazione di panico si impossessa di me ed è questo piccolo giardino a provocarla. Lui mi spinge gentilmente con una mano sulla schiena e io osservo tutto, so che sembra assurdo, quasi una pazzia, ma io ho disegnato questo posto.
Mi è tutto molto familiare: siamo circondati da rose rosse e c'è un grande gazebo al centro con delle panchine, dove David mi spinge a sedermi; io sono paralizzata e fisso le panchine in silenzio con  gli occhi sbarrati. Improvvisamente tutto cambia intorno a me, il giardino sembra uguale ma allo stesso tempo ha qualcosa di diverso.

Sono appoggiata al gazebo e ho di fronte David infuriato. Anzi no, quello non è David anche se sono perfettamente identici, è vestito in modo strano, i capelli  sono più lunghi e il suo sguardo è diverso, è malvagio. Guardo verso il basso, con mia grande sorpresa noto che ho le braccia scoperte e indosso una lunga gonna ampia di colore azzurro, è un abito di un’altra epoca...

Non capisco, cosa diavolo succede?!

Vedo l'uomo avvicinarsi a me -ora tu mi dici dove sei stata tutto il pomeriggio o meglio con chi!!- urla con aria minacciosa.

-Da nessuna parte lo giuro, dovevamo ricevere degli ospiti, sarei venuta prima ma non mi era permesso uscire- rispondo, non controllo ciò che faccio, è come se fossi intrappolata in questo corpo e mi sento spaventata a morte.

-Non ti credo!! Voglio sapere con chi eri parla- si avvicina ancora di più e prima che io possa fuggire mi stringe le mani intorno al collo, non riesco a respirare, cerco di liberarmi, ma è troppo forte... mi iniziano a lacrimare gli occhi e la vista si appanna.

-Frederick... ti... ti prego... n... non respiro- biascico col poco fiato che mi resta, fissando i suoi occhi che mi trafiggono come lame d'argento. Sembra godere del mio dolore, mi raggelo perché mai ho visto tanta cattiveria.

Poi tutto cambia di nuovo, due mani mi stringono le braccia, proprio sui lividi coperti dalla giacca e infatti sul mio viso si forma una smorfia di dolore, ancora quegli occhi su di me...

-Ti prego lasciami! Ti prego non farmi del male!- piango disperata.

-Amy, ma che hai? Torna in te, non ti farei mai del male!- una voce profonda e per nulla cattiva, a differenza di quella precedente, si insinua nella mia testa ottenebrata dalla paura.

Sono confusa e David continua a scuotermi, facendomi tornare lentamente alla realtà, mentre io lo supplico di lasciarmi. Indietreggio, ma lui non lascia le mie braccia, così la giacca scivola giù mostrando i miei lividi. A quel punto apre le mani di scatto, fissando le mie braccia sconvolto.

-Cazzo! E  questi come diavolo te li sei fatta?! Chi è stato?!- È scioccato ma io non reggo più la situazione, è troppo per me.

Sto tremando e continuo a piangere, approfitto della sua distrazione e inizio ad allontanarmi correndo, lasciando lì la giacca e il mio zaino caduto mentre mi stringeva.

-Aspetta, dove stai andando?- lo sento urlare in lontananza.

Ma sono troppo spaventata... troppo confusa, così continuo a correre uscendo da quella casa, da quei giardini, senza mai fermarmi, soltanto con la paura a farmi compagnia.
Corro e corro ancora, attraversando le strade del paese e dirigendomi verso la pensione. La Hall è vuota e io ne approfitto per fuggire in camera, prima che qualcuno mi veda e che possa fare domande. Spalanco la porta della mia camera richiudendola alle mie spalle e mi lascio cadere sul letto con la faccia nel cuscino, mi sciolgo in un pianto inconsolabile.

Dopo circa un'ora sento bussare con forza ma non rispondo.

-Amy! Apri questa dannata porta o giuro che la sfondo- sento David urlare dall’altra parte.

So bene che ne sarebbe capace -vattene!- grido.

-Non me ne andrò di qui, apri se non vuoi far accorrere tutto il maledetto paese!!- ribatte lui minaccioso.

Prima che si scateni un putiferio che non tollererei, non oggi, decido di aprire la porta. Davanti a me c'è un David infuriato e sconvolto, con il mio zaino e la giacca tra le mani. Prende le chiavi della camera strappandomele di mano e richiudendo la porta alle sue spalle, poi le lascia scivolare nella tasca dei suoi jeans.

-Co... Cosa stai facendo?- chiedo allarmata.

Lui prende l'album dal mio zaino mostrandomi tutti i miei disegni, c'è anche quello del giardino segreto e quelli dove ritraggo i suoi occhi. Ovviamente le date mostrano perfettamente che li ho disegnati molto prima di arrivare in paese.

-Adesso non me ne andrò di qui finché tu non mi darai delle spiegazioni. E cerca di essere convincente o passeremo qui dentro tutto il fottutissimo giorno, anche la notte se sarà necessario a farti parlare!!- minaccia con voce fredda e dura, mentre quelle lame d'argento imprigionano i miei occhi facendomi sussultare.



 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


David mi osserva con aria dura, tenendo ancora l'album tra le mani.

-Devi dirmi chi sei! Ti manda mio padre? È stato lui a farti venire qui?! Lui ti ha fatto quelli?!- chiede indicando i miei lividi.

Sono sconvolta, ma cosa sta blaterando? Non ce lo vedo proprio suo padre a fare una cosa del genere.

-Ma cosa dici? Non mi manda nessuno!- mi allontano infastidita.

-Non stare a raccontarmi cazzate Amy, non ti credo!- risponde infuriato, poi prende l'album mettendomi davanti il disegno del giardino, quelli che lo ritraggono e la chiesa -questi disegni sono datati. Li hai fatti lo scorso anno e mi hai detto di non essere mai stata qui, voglio sapere cosa sei venuta a fare ad Albanuova, cosa vuoi veramente?! Cosa vuoi da me?!- urla frustrato e sembra quasi deluso da me.

Non ha capito nulla e perché ha pensato che a mandarmi è stato suo padre o addirittura a farmi quei lividi? Sta vaneggiando e io non ho le forze anche per questo.

Mi avvicino e lo fisso negli occhi con rabbia ma anche con determinazione -ascoltami bene, io non ti ho mentito su nulla. Non ho nessuno scopo nascosto, ci siamo capiti? Ma per chi mi hai presa?! Ho già abbastanza problemi per accollarmi anche i tuoi vaneggiamenti. Non ti devo nessuna spiegazione riguardo ai miei disegni e ora vattene!!- alzo la voce anch'io indicandogli la porta, lui mi guarda di rimando e sembra convincersi almeno del fatto che non ho cattive intenzioni.
Si passa una mano tra i capelli, poi assume un'espressione corrucciata.

Restiamo così alcuni minuti, finché sembra rilassarsi un po' -mettiamo che tu non abbia cattive intenzioni, io voglio lo stesso delle spiegazioni. Voglio sapere perché mi disegni e soprattutto come conoscevi quel giardino, non mi muoverò di qui finché non me lo dirai- asserisce irremovibile incrociando le braccia al petto, anche se con più calma.

-Allora non ci siamo capiti, io non ti devo proprio nulla David e non ti darò alcuna spiegazione, vattene ok? Voglio riposare, se non esci immediatamente dalla mia stanza urlerò finché non verrà qualcuno, anzi meglio ancora chiamo Jess e Aiden!- lo minaccio.

Prima che io possa comporre il numero, lui mi strappa il cellulare dalle mani e lo ripone nelle sue tasche insieme alla chiave della mia camera; infine mi fissa trattenendo una risata di fronte al mio sguardo sconvolto.

-I tuoi amici sono in piazza ad amoreggiare e sono sicuro che non vogliono essere interrotti. Inoltre la pensione è quasi vuota, forse sei tu a non aver capito bene ma tranquilla che te lo ripeto, io e te resteremo chiusi in questa stanza fino a che non mi dirai ciò che voglio sapere- la sua voce è decisa e irremovibile. Resto a bocca aperta e capisco di essere in trappola. Non avrà sul serio intenzione di restare qui? Ma è forse impazzito? Non si aspetterà che io ceda?

-Non ti dirò un bel niente, possiamo stare qui tutta la giornata. Lasciami in pace!- ribatto caparbia ma allo stesso tempo esasperata.

Lui si avvicina al letto e si stende incrociando le braccia dietro la testa con la massima tranquillità e indifferenza, sembra non avermi sentito. Ma crede di essere a casa sua?

-Cosa diavolo stai facendo sul mio letto, si può sapere?! Alzati immediatamente! Volevo riposare e tu devi andartene!- non ci posso credere, è uno scherzo spero.

Lui scrolla le spalle battendo una mano al suo fianco -beh formaggino, accomodati allora lo spazio c'è...- sorride maliziosamente.

Lo guardo infuriata e arrossisco -non ci penso nemmeno, alzati subito!-

Ma lui continua a restare in quella posizione e chiude gli occhi facendo finta di non ascoltarmi, mentre io non smetto di imprecargli contro senza risultati. Cammino avanti e indietro per la stanza fuori di me per più di mezz'ora, poi mi viene un'idea...
Osservo David disteso con gli occhi chiusi, per un'attimo resto imbambolata a osservarlo. È davvero un bello spettacolo, il suo petto largo si alza e abbassa lentamente, il respiro è leggero e il viso bellissimo, spesso duro e impenetrabile, è disteso e tranquillo.
Non distrarti! Mi richiamo all'ordine. Preso coraggio, decido di avvicinarmi lentamente alle sue tasche convinta che stia dormendo ma non appena allungo il braccio lui scatta: apre gli occhi e mi ferma stringendomi il polso.

-Non ci provare- sussurra, si stende di nuovo e chiude gli occhi nascondendo un sorriso.

-Io ti odio!- esclamo frustrata, allontanandomi e continuando a camminare su e giù. Sono così stanca, la mattinata è stata davvero dura e io vorrei solo stendermi per qualche minuto.

-Sì, continua ripetertelo, magari ti convinci sul serio- sogghigna prendendomi in giro, mentre io sbuffo sonoramente.

Scoraggiata mi avvicino al letto. Sono troppo stanca per continuare a camminare istericamente su e giù, così mi distendo al lato opposto mettendo più distanza possibile tra noi.

Lui riapre gli occhi e si avvicina -finalmente ti sei convinta- sussurra guardandomi soddisfatto e per un attimo devo ammettere che sento lo stomaco rimescolarsi.

-Non farti strane idee- rispondo immediatamente, spingendolo lontano e arrossendo visibilmente -voglio solo riposare un po'- aggiungo con voce assonnata.

Poi mi ricordo delle medicine, magari addormentandomi  pesantemente sia annoierà  e deciderà di andare via... apro il comodino e prendo le pillole datemi da Jess, dividendone una a metà così l'effetto sarà più breve e si spera più leggero dell'ultima volta.

David mi fissa con attenzione sorpreso -perché prendi quelle schifezze per il sonno?- si irrigidisce improvvisamente.

-Come fai a sapere a cosa servono?- chiedo incuriosita.

-Devi sempre rispondere a una domanda con un'altra domanda?! Perché le conosco bene...- dice, guardando fuori dalla finestra senza aggiungere nulla; la sua voce è fredda ma anche distante, come se improvvisamente stesse pensando ad altro.

-Questi non sono affari che ti riguardano comunque, te l'ho detto voglio riposare. Tu fai quello che ti pare- ribatto stizzita dal suo atteggiamento.

Con uno sguardo di sfida ingoio la metà della pillola che ho spezzato e mi distendo il più lontano possibile da lui, che mi fissa soprappensiero con uno sguardo quasi triste. In poco tempo cado in un sonno profondo.

****

Mi sveglio lentamente confusa. Sto molto peggio di questa mattina, sono davvero terrorizzata e sento delle braccia che mi tengono ferma da dietro, cerco di liberarmi sconvolta ma nulla. Il cuore mi batte fortissimo, le mani e il viso stanno perdendo sensibilità. Non riesco a respirare! Percepisco solo i miei battiti pulsarmi nelle tempie, come se il cuore volesse uscirmi dal petto.

-Ti prego! Ti prego lasciami andare, non farmi del male ti prego!- Piango e mi agito, non capisco più nulla, non voglio essere toccata.
Non toccarmi, non toccarmi!! I miei pensieri sono fissi su queste parole.

-Lasciami ti prego, non voglio!- urlo disperata.

Strofina con le sue mani calde le mie, ormai intorpidite, poi passa al viso che sta perdendo sensibilità. Quando capisce di avermi dato abbastanza sollievo mi gira, continuando a stringermi tra le braccia e il suo profumo lentamente mi riporta alla realtà. David, è David ricordo sollevata...

-Amy sta tranquilla, è un attacco di panico passa presto. Respira con calma, rilassati- sussurra dolcemente al mio orecchio.

Sento la sua stretta rassicurante intorno a me, mentre mi accarezza la schiena e io mi aggrappo a lui quasi stritolandolo. Affondo il viso nell'incavo del suo collo, il suo corpo è incollato al mio ma in questo momento sono troppo terrorizzata per imbarazzarmi. Stringo gli occhi e cerco di respirare tranquillamente. Una parte di me vorrebbe fuggire da lui, l'altra aggrapparsi disperatamente a questo conforto che mi sta dando e non lasciarlo.
Per ora seguo la seconda.
Passiamo così non so quanto tempo mentre io continuo a stritolarlo e ad affondare la testa nel suo collo tremando come una foglia.
Pian piano torno in me, sono circondata da quel profumo irresistibile e dal suo calore; il cuore comincia di nuovo ad accelerare, ma stavolta non per la paura, mi rendo conto della situazione in cui siamo e decido di sciogliermi dal suo abbraccio arrossendo violentemente.

-Sc... Scusami...- balbetto.

Avvicina la punta delle dita alla mia guancia, asciugandomi una lacrima e sorridendo. Adesso è di una gentilezza e di una dolcezza disarmanti, non sono abituata a questo suo atteggiamento, provo un meraviglioso senso di protezione e calore che mi spaventano.

-Scusami tu, forse ti ho spaventata stringendoti ma ti agitavi troppo nel sonno, temevo che ti facessi del male. Sapevo che con quelle pillole non ti saresti svegliata, che avrei dovuto aspettare...- sibila, stringendo i pugni in un misto di frustrazione e tristezza.

Come conosce gli effetti di quelle medicine? Mi avvicino alla testiera del letto, stringendo le ginocchia al petto e tenendo gli occhi bassi. Chi sa cosa penserà di me...

-Ti capita spesso di fare questi sogni?- domanda con cautela, sedendosi di fronte a me.

Ecco la domanda che temevo, non smetto di tenere lo sguardo basso e faccio passare qualche minuto non sapendo cosa dire. Poi sospiro -continuamente- confesso esausta.

Annuisce comprensivo -ti va di parlarne? A volte parlare con qualcuno che si conosce poco aiuta...- è pacato e gentile, diverso dal David che ho avuto modo di conoscere.

All'inizio resto in silenzio, perché vengo sopraffatta dalle lacrime che scendono incessanti, poi piano piano, a bassa voce, cerco di dirgli tutto ciò che ho dentro.

-Avevo nove anni quando sono cominciati, ma erano molto rari. Col passare del tempo però, sono diventati più frequenti, più reali; da quando sono arrivata ad Albanuova non mi danno tregua, non posso chiudere gli occhi che tornano a perseguitarmi- mi avvolgo le braccia intorno al corpo, come a volermi difendere non so nemmeno io da cosa.

Assume un'espressione preoccupata, è quasi restio dal pormi altre domande -cosa... cosa sogni Amy?- chiede prudentemente.

A quel punto alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi sicura, facendo passare qualche secondo per trovare il coraggio.

-Te-  rispondo senza esitazione, ormai stanca di mentire.

A quelle parole indietreggia, sgranando gli occhi confuso e sorpreso -me?- domanda incredulo.

Cerco di spiegarmi meglio -sogno lui- dico, indicando il mio album da disegno e guardando quegli occhi sulla carta, non posso impedire che un brivido di paura mi attraversi la schiena.

-Siete identici ma tu sei più gentile, il che dice tutto- non riesco a nascondere un sorriso amaro.

Lui prende i miei disegni e li fissa incuriosito, poi torna a guardarmi ma si vede che non ci sta capendo molto.

-Chi è stato a farti quei lividi?- tenta di capirci qualcosa, ma evidentemente non ci riesce.

-Mi prenderesti per pazza, anzi già credi che ho qualche rotella fuori posto...- temporeggio, temendo che fugga da un momento all'altro a gambe levate.

Sbuffa -Avanti parla non ti giudico, voglio solo ascoltarti- sembra sincero.

Prendo ulteriormente coraggio per raccontagli la parte più folle -credo sia stato lui- dico indicando i fogli -da quando sono qui i miei incubi sono diventati molto più violenti e quando mi sveglio trovo dei lividi sul mio corpo che non so spiegare- prima che possa dubitare delle mie parole, alzo la maglia e mostro quello che ho sul ventre.

Mi osserva a dir poco sbigottito -ma questo non è possibile, ci deve essere un'altra spiegazione- sfiora con la punta delle dita il livido, facendomi rabbrividire.

-La sto cercando ma non ne trovo nessuna, forse sto solo impazzendo David. Quando sono arrivata al giardino ho addirittura sognato a occhi aperti, lui mi stava strangolando...  stessa cosa la prima volta che sono entrata in quella chiesa, sembrava che i miei sogni si confondessero con la realtà per questo mi sono sentita male. Mi è tutto così tremendamente familiare, ma io non sono mai stata qui...- spiego, con la frustrazione che traspare dalla mia voce.

Si passa una mano tra i capelli, visibilmente preoccupato. Vorrebbe credermi, ma allo stesso tempo è combattuto glielo leggo in faccia.

-Inoltre, ho scoperto chi è la protagonista dei miei incubi e il nome di quell'uomo- tanto vale raccontargli tutto, penso ormai decisa.

-Com'è possibile... chi?- chiede incuriosito.

-Ho scoperto che la ragazza che sogno continuamente è, o meglio era, Anita Deveraux e quello è un tuo antenato, Frederick Van Dalen, ne ho avuto la conferma pochi giorni fa da Sue che ha letto un diario di Anita a casa Deveraux. Solo questo mi ha dato la convinzione di non essere completamente pazza ma ho paura, tanta paura...- sussurro.

Ora è spiazzato del tutto e per un po’ resta in silenzio a osservarmi.  
Ora se ne va, ora se ne va e chiama un manicomio, ipotizzo completamente in ansia. Non so quanto tempo restiamo così, poi lo vedo guardarmi improvvisamente determinato.

-Non so perché Amy, è una follia ma io ti credo- dice, avvicinando la mano al mio viso e accarezzandolo.
Quelle parole sono capaci di scatenare un calore dentro di me, come una fiamma che mi dà un conforto inaspettato, questa piccola frase mi ha dato una grandissima consolazione. Non so se il motivo è che l’ha pronunciata lui o solo perché forse non sono completamente pazza, dal momento che sia Jess e Aiden che lui mi credono; è per questo che senza controllo scatto e lo abbraccio fortissimo mentre David si irrigidisce immediatamente, non deve essere abituato. Quando mi rendo conto della mia reazione mi ritraggo imbarazzata, non faccio mai  cose del genere, sono sempre molto controllata diamine!

-Hey formaggino calma, ogni scusa è buona per buttarti tra le mie braccia eh?- sorride maliziosamente, scompigliandomi i capelli come a una bambina.

Incrocio le braccia al petto sbuffando -mi sembrava strano che ancora dovevi irritarmi- borbotto.

Ride -ecco, ora ti riconosco!-

Dopo essermi calmata comincio a raccontargli tutti i dettagli: il sogno, la storia che mi ha raccontato Sue, il fatto che il diario di Anita è scomparso, come i suoi quadri rubati, gli parlo anche della strana donna che mi ha intimato di andare via; lui continua a stringermi le mani tremanti e a strofinarle mentre parliamo, ogni volta che sente la tensione aumentare nella mia voce. Le sensazioni che provo in questo momento stando con lui, mi spaventano quasi più di tutta questa storia.
Ora è così gentile che non lo riconosco, non capisco come fa a cambiare tanto rapidamente, ascolta assorto e sorpreso ogni singola parola, almeno non mi sta guardando come se fossi una pazza furiosa e non mi sta nemmeno prendendo in giro...

-Ora capisco il motivo del tuo sguardo- afferma fissandomi soprappensiero.

-Cosa intendi?- domando.

-Spesso quando  mi guardi negli occhi o mi avvicino senza preavviso noto che sei spaventata, come terrorizzata da me. Dura un secondo ma non posso fare a meno di notarlo. Poi dopo torni in te e arrossisci immediatamente o sembri avere un attacco epilettico, ma questo è perché ti piaccio e non ti sono indifferente come vuoi farmi credere...- dice, come se fosse una cosa ovvia guadagnandosi un’occhiataccia -alla seconda reazione sono abituato, ma la prima mi spiazza- aggrotta le scure sopracciglia.

Decido di ignorare per un attimo il suo egocentrismo e spiegargli il perché del mio comportamento -È vero, succede perché a volte dimentico che non sei lui, dura pochi istanti, ma inconsciamente non riesco a rendermene conto- alzo gli occhi al cielo -e per la centesima volta, io non arrossisco e non ho alcuna reazione, vanesio!- sbuffo, facendolo ridacchiare poco convinto.

Subito dopo però diventa serio -ascoltami, so di essere un vero stronzo e mi riesce bene senza sforzarmi minimamente, sopratutto nei confronti delle ragazze, ma mai, mai ti farei del male o alzerei un solo dito su di te- ci tiene a precisare e il suo sguardo quasi mi legge dentro, tanto è profondo. Gli sorrido timidamente  non riuscendo però a dire nulla. Non so perché ogni volta che mi trovo i suoi occhi addosso perdo le parole.

Continuiamo a parlare per gran parte del pomeriggio, le mie mani tremano ancora e lui continua a tenerle tra le sue, cosa che mi fa davvero troppo piacere.

-Come mai conoscevi quelle pillole? E poi quell'attacco di panico, sapevi benissimo cosa fare- domando, vinta dalla curiosità. So che non apprezza le domande personali, ma non ce l’ho fatta a trattenermi.

Mi fissa per un po’, pare non volermi rispondere, alla fine però sbuffa sconfitto sotto il mio sguardo innocente e timoroso di un rifiuto -sei un'impicciona! E va bene... quelle pillole le usava mia madre, per questo le conosco così bene, inoltre sempre grazie a lei so come far passare un attacco di panico, visto che ero io a starle vicino quando le succedeva- taglia corto subito.

Sto per fargli un'altra domanda, ma non appena cerco di aprire bocca mi incenerisce con lo sguardo, ha subito capito le mie  intenzioni... alzo le mani in segno di resa -ok, ok ho capito, non ti piacciono le domande- così fingo di cucirmi la bocca.

-Finalmente! Le mie preghiere sono state esaudite- ride di gusto, mentre io gli tiro un cuscino che scansa prontamente.

-Comunque, ho intenzione di aiutarti ad andare in fondo a questa storia, d'altra parte sogni un mio antenato e sono curioso di scoprirne i motivi- il suo tono è convinto e lo vedo avvicinarsi al mio viso -non voglio certo essere l'incubo di una ragazza, preferisco di gran lunga essere il suo sogno proibito, sempre se non lo sono già- sussurra al mio orecchio, guardandomi allusivamente.

Avvampo e distolgo lo sguardo, deve sempre stuzzicarmi e mettermi in imbarazzo. Sa benissimo di mettermi in difficoltà quando si comporta così, vedo che la cosa lo diverte anche troppo.

-E come vorresti aiutarmi? - chiedo, fingendomi indifferente alle sue provocazioni.

Ci riflette su qualche minuto -prima di tutto, perlustrerò casa da cima a fondo per scoprire qualcosa su questo Frederick, ma avrò bisogno di aiuto da solo ci metterò giorni, quindi tu e i tuoi amici mi darete una mano. Lo faremo in assenza di mio padre- spiega deciso.

Certo che sa come dare ordini...

-Senza offesa, ma non ci tengo particolarmente a visitare di nuovo casa tua- e sento già l'inquietudine che mi opprime al solo pensiero.

Lui mi guarda, sono sicura che stava per dire qualcosa di spiacevole ma si trattiene, avendo notato la mia espressione di reale paura. Pare divertito dalla mia faccia poco entusiasta.

-E va bene, facciamo così: perlustreremo prima la tenuta dei Deveraux, così avrai il tempo di prepararti mentalmente a tornare a casa mia- dice sbuffando -incredibile! Le ragazze di mezzo paese ucciderebbero per un invito del genere, mentre tu sei terrorizzata- non mi toglie gli occhi di dosso.

-Beh, io non sono una delle tue amichette fiuta soldi, quindi facci l'abitudine- ribatto non poco irritata.

Ride di gusto scuotendo la testa -Ah formaggino, credimi questo lo so benissimo. Andremo domani a casa Deveraux visto che quel ficcanaso di Matt non è di turno, l'altro sorvegliante ci permetterà di entrare ovunque vogliamo, lo conosco- afferma soddisfatto, mentre io alzo gli occhi al cielo.

-Non vai d'accordo con il ragazzo di Sue? Ma c'è qualcuno che ti trova simpatico?- lo guardo ironicamente.

-Credimi, molte ragazze in questo posto mi trovano estremamente simpatico- sogghigna pavoneggiandosi.

Sbuffo di nuovo, cavolo quant'è vanitoso -le ragazze che ti sbavano dietro come quella Valerie, non contano- puntualizzo piccata.

-Sei gelosa? Sono certo che tu rientri tra quelle che mi trovano estremamente simpatico invece- alza un angolo della bocca in un sorrisetto compiaciuto.

-Tze ti piacerebbe. Ti trovo simpatico quanto un sassolino in una scarpa o una calamità naturale- lo fulmino con lo guardo e prima che possa dire altro, decido di troncare il discorso -ora devi andartene. Jess e Aiden torneranno a momenti, parlerò loro di domani ma non voglio che ti trovino qui.-

Mi guarda con un'aria di finta afflizione e mortificazione -ma come mi mandi via? Mi cacci così... vuoi proprio ferire i miei sentimenti!-

-Sì sloggia!! Sono certa che ci vuole molto più di questo per ferire i tuoi sentimenti Van Dalen, sempre se esiste qualcuno che ne sarebbe davvero capace- alzo gli occhi al cielo, trascinandolo verso la porta e facendogli segno di ridarmi la chiave. Solo dopo un’occhiataccia riesco a farlo cedere.

Non appena apro la porta però, trovo Jess col braccio a mezz'aria che stava per bussare.

-Oh.  Mio.  Dio!!- esclama e mi fissa a bocca aperta.

Ci metto un secondo a capire cosa il suo cervello sta collegando: fissa me, il letto sfatto dietro di noi e David con la sua camicia in stato pietoso.
Maledizione, era proprio quello che volevo evitare, questa giornata non avrà mai fine... penso afflitta con una mano sul viso. Aiden guarda David infuriato, mentre Jess è ancora a bocca aperta.

-Fermi tutti, non è assolutamente come sembra, c'è una spiegazione perfettamente ragionevole a tutto questo. Vero David?-
cerco il suo aiuto e mi rendo subito conto che è stata l'idea peggiore che potesse venirmi.

-Ma davvero?- Sorride maliziosamente con fare allusivo. Si sta divertendo un mondo il maledetto... i miei amici invece si stanno divertendo molto meno a giudicare dalle loro facce, soprattutto Aiden.

Ecco lo sapevo.

-Io davvero non ci posso credere! non avrei mai pensato che avresti buttato all'aria la tua prima volta con un tipo del genere!!- sbotta Aiden infuriato.

Mi raggelo, non può averlo detto sul serio... resto completamente a bocca aperta, non c'è limite al peggio. David sgrana gli occhi e si volta verso di me sorpreso, mi sta guardando come se fossi un'aliena e io vorrei essere trasparente in questo momento.

-Prima volta?! Mi state dicendo che tu... tu sei... sei...-  balbetta incredulo. Non l’avevo mai visto balbettare.

Il mio viso inizia ad alternarsi dal rosso al viola, raggiungendo tonalità inesplorate, voglio morire.  
Fatemi morire ora, in questo preciso istante vi prego, giuro che questo è l'ultimo giorno di vita di Aiden e lo incenerisco con lo sguardo, per farglielo capire.
Poi mi giro verso David divertito dalla situazione, non riesco nemmeno a guardarlo.

-Questi non sono affari che ti riguardano! Fuori forza, via!!- urlo fuori di me, spingendolo all’esterno dalla camera, mentre lui fa un cenno di saluto ai miei amici e io gli chiudo la porta in faccia.

Jess a stento riesce a trattenere le risate, Aiden invece sembra pentito di quello che ha detto.

Si guardano intorno -possiamo sederci o lo sconsigli?- chiede ironicamente Jess, indicando il letto.

Io li odio, giuro -simpatica- sbotto inviperita, per poi voltarmi verso il mio migliore amico che indietreggia impaurito -si può sapere cosa diavolo ti è preso?! Se mi avessi lasciato spiegare, non avrei fatto la più grande figuraccia del secolo!- urlo frustrata.

-Io?? Ma hai visto quel tipo? Insomma Amy, sei come una sorella minore per me, comprenderai il mio trauma- cerca di giustificarsi in vano, si guadagna un ulteriore occhiataccia che lo fa indietreggiare ancora di più.

-Questo non ti dà il diritto di spiattellare i fatti miei! E poi non è successo assolutamente nulla tra di noi e mai succederà. Insomma credevo mi conoscessi...- rispondo meno arrabbiata. Quando dice di considerarmi una sorella, riesce sempre a ridurre la mia rabbia e lo sa benissimo.

-Hai ragione, scusami ti credo. È solo che quel tipo mi fa perdere la testa. Ma allora cosa ci faceva qui?- chiede e anche Jess ci fissa con curiosità.

-Beh ecco, stamattina stavo malissimo a causa delle pillole, così...- gioco con una ciocca di capelli nervosa e mi rendo conto troppo tardi dell’errore.

-Quali pillole?!- domanda infatti Aiden allarmato.

Oh no stupida! Non riesco mai a nascondergli nulla. Jess si copre il viso con le mani, pronta alla catastrofe.

-Cosa mi state nascondendo?- capisce immediatamente e ci fissa con occhi indagatori, scrutando le nostre reazioni. La situazione si è ribaltata.

-Ascolta Aiden, non te ne ho parlato solo per non farti preoccupare...- provo a preparare il terreno.

-Non mi hai parlato di cosa Amy? Jess?- ci guarda minaccioso, ora sì che si sta innervosendo.

Sospiro ormai demoralizzata e lo metto al corrente di tutto. Non appena mostro i miei lividi, scatta incredulo dal letto come se fosse stato colpito da una scarica elettrica, li guarda inorridito.

-Adesso basta, ce ne andiamo!!- Apre il mio armadio, cercando di recuperare le valigie.
Mi aspettavo una reazione del genere da parte sua, capisco che dobbiamo cercare di calmarlo. Io e Jess ci guardiamo negli occhi tirandolo via.

-Aiden aspetta, devi ascoltare Amy. Non partire in quarta- lei cerca di farlo ragionare, accarezzandogli il braccio ma lui la scosta bruscamente.

-Ascoltare Amy?! Sei impazzita forse? Ha dei cazzo di lividi Jess!! Guardala! E tu lo sapevi, me l’hai nascosto!- le urla contro infuriato, guadagnandosi uno sguardo ferito. Oh no... non voglio che litighino per colpa mia.

Mi avvicino anche io -Aiden ti prego, so che sei preoccupato e arrabbiato con noi... ma per favore ascoltami, da quando mio padre è morto sei diventato ancora di più un fratello maggiore per me, il mio conforto, il mio porto sicuro; ma stavolta devo fare ciò che sento. Questi incubi non andranno via semplicemente scappando, venire qui ha scatenato qualcosa in me. Devo capire cosa sta succedendo, è l'unica soluzione- affermo decisa e irremovibile, togliendogli le valige di mano.

Lui mi fissa negli occhi e il suo è uno sguardo triste e preoccupato ma sconfitto allo stesso tempo. Mi conosce bene, sa che non cederò.

-Maledizione! Non sarò mai d'accordo se c'è qualcosa che ti mette in pericolo Amy, ma so che non posso nemmeno trascinarti in spalla come un cavernicolo e andare via. Anche se ti assicuro che è quello che farei- dice sospirando -però devi giurarmi che non mi nasconderete mai più una cosa del genere. Mai più, intesi?- mi avvisa serio e determinato, fortunatamente più calmo.

Lo guardo con le lacrime agli occhi facendo un cenno d’assenso, ho sbagliato a nascondergli tutto. Mi sento tremendamente in colpa e quando se ne rende conto mi stringe in un caloroso abbraccio, facendomi capire che mi ha perdonata, nonostante è visibilmente infuriato ancora.

Quando ci stacchiamo lui si volta verso Jess che si trova in un angolino, è ammutolita.

-Mi dispiace. Non volevo urlarti contro Jessica, sai che a volte non controllo la rabbia, mi conoscete meglio di chiunque altro e sapete benissimo il perché. Scusami per favore non accadrà mai più, te lo giuro. Ma davvero odio che ci siano segreti tra noi. Lo capisci vero?- si avvicina a lei titubante.

I miei due amici non hanno avuto una vita facile, per questo ci hanno messo tanto a riconoscere i loro sentimenti. Aiden si è sentito messo da parte come spesso accade nella sua famiglia, ecco perché ha reagito così. Capisco che questo deve essere il loro primo litigio e i rimorsi per esserne io la causa mi stanno inghiottendo. Vorrei davvero fare qualcosa, ma so che devono essere loro a risolvere tutto... così mi faccio da parte con discrezione.

Vedo delle lacrime scivolare sul viso sempre allegro della mia migliore amica -scusami anche tu per favore, non volevo mentirti Aiden. Non avercela con me ti prego- singhiozza e riconosco in lei quella bambina che teme di essere nuovamente abbandonata. A quel punto lui la stringe tra le braccia e le riempie il viso di baci, asciugandole le lacrime.

Aiden sospira -voi due mi manderete al manicomio- scuote la testa, per poi tirare nuovamente Jess a sé e darle un lungo e tenero bacio che mi costringe a guardare altrove.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***




Il rumore della sveglia interrompe il mio sonno. Come al solito è stata una nottataccia, dopo aver chiamato mia madre e parlato del più e del meno, mi sono fiondata a letto e inizialmente non riuscivo a dormire: ripensavo a David, al pomeriggio passato insieme su questo letto, alla colossale figuraccia di poco dopo; quando finalmente mi sono addormentata il solito incubo mi ha fatta svegliare, dormivo da circa un'ora quando la sveglia ha cominciato a suonare.
Oggi visiteremo casa Deveraux, ho ricevuto un sms di David prima di mettermi a letto, diceva che sarebbe passato a prenderci alle nove del mattino e mi pregava di non raccontare nulla a Sue. Se osa darmi di nuovo buca, la mia reazione sarà tutt'altro che calma e indifferente, penso nervosa. Passo più tempo del dovuto dinanzi all'armadio a decidere cosa indossare, poi sento la porta aprirsi.

Jess fa capolino nella stanza, mi fissa a bocca aperta -Amy non posso crederci, sei ancora in camicia da notte? Sempre la solita ritardataria- sbotta infastidita.

Lei come sempre è impeccabile, indossa un paio di shorts di jeans che lasciano scoperte le lunghe gambe e un top molto aderente, il suo caschetto nero è pettinato alla perfezione.

-Non dirmi che ti stai facendo tutti questi problemi perché passeremo la giornata con David...- afferma allusivamente e tenta di  trattenere una risata.

Ecco, punta sul vivo ma provo comunque a glissare -che dici? Per la centesima volta, non mi interessa nulla di quel tipo- le do le spalle bellamente, guardando l'armadio.

-Certo... certo- risponde lei ironica, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio -ho aspettato anni per vederti finalmente così, devo godermi lo spettacolo- mi prende in giro.

Constatata però la mia indecisione cronica, si spazientisce subito -coraggio spostati, queste cose non ti competono... lascia fare a me.-

Si avvicina all'armadio e tira fuori un paio di shorts identici ai suoi, più corti rispetto a ciò che indosso di solito, infatti mi ha costretta a comprarli lei prima di partire. Prende una camicia priva di maniche da abbinare, una giusta combinazione tra il mio stile e il suo. Non sono molto convinta a dire la verità ma di certo non posso contraddirla, mai andare contro l'uragano Jess, soprattutto quando assume le vesti di guru della moda.

-Con questo starai benissimo, è adatto a una giornata in esplorazione ed esalta i punti giusti per far perdere la testa a un certo ragazzo...- insinua, facendomi l'occhiolino.

Arrossisco subito -smettila- le do una gomitata scherzosa.

Dopo circa venti minuti sono pronta.
Aiden ci aspetta alla Hall, poco entusiasta di trascorrere una giornata intera con David, infatti continua a lamentarsi e sbuffare in continuazione...
Ci dirigiamo subito in piazza, senza nemmeno fare colazione e vediamo David che ci aspetta poggiato a una meravigliosa auto sportiva di colore scuro.
Restiamo a bocca aperta: le auto della maggior parte della popolazione sono semplici e di colore bianco, prodotte dall'unica industria che fornisce Terzo e Secondo Stato. Auto di questo tipo sono diffuse solo nel Primo Stato, che è il più ricco e dove vengono prodotti beni di lusso difficilmente esportati. Solo le persone davvero importanti possono permettersi di far arrivare cose del genere nel Terzo Stato, più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto effettivamente i Van Dalen siano non solo ricchi, ma anche molto potenti nonostante non ne avessi mai sentito parlare...

Aiden fissa l'auto incredulo -voi non potete nemmeno immaginare da quanto sogno di salire su quella!- sono convinta che tra poco inizierà a saltellare, ma non si stava lamentando meno di un minuto fa?

Io e Jess ci scambiamo un'occhiata significativa, sono certa che stiamo pensando esattamente la stessa cosa "Ah... i ragazzi e i loro giocattoli."

Ci avviciniamo facendogli un cenno di saluto e lui ci invita a salire. I miei amici si accomodano sui sedili posteriori e sto per fare lo stesso anche io, ma Jess mi dà una spinta chiudendo lo sportello di scatto, mentre Aiden la guarda confuso. Non ha ancora colto il piano malefico della sua dolce (si fa per dire) fidanzatina, altrimenti già avrebbe dato di matto.
Oh no... conosco abbastanza la mia migliore amica da sapere che ora inizierà sicuramente a spingermi tra le braccia di David, visto che ha recepito l'interesse che ho per lui. È finita...
Ma non gli stava antipatico? Forse aspettava da così tanto questo momento che ormai uno vale l'altro, penso affranta.

-Amy, guarda che qui facciamo notte!- la sua voce interrompe i miei pensieri e non mi sfugge  il tono compiaciuto, proprio come pensavo, Jess non mi renderà la giornata semplice.

Apro lo sportello sedendomi di fianco a David e subito il suo profumo mi investe, riempie tutto l'abitacolo, solo io lo trovo così irresistibile? Lui mi fissa tenendo lo sguardo più del dovuto sulle mie gambe scoperte. Sapevo che gli shorts erano troppo corti, arrossisco nascondendomi il viso tra i capelli.

Ti odio Jess.

-Buon giorno- mugugno, mentre lei sorride soddisfatta dallo specchietto retrovisore.

-Sei una ritardataria formaggino, la tua amica mi diceva che è colpa tua, sei perdonata solo perché apprezzo lo spettacolo- dice allusivamente, guardandomi le gambe e facendomi l'occhiolino. Si è accorto anche lui che non è proprio il genere di cose che indosso di solito e che non sono a mio agio, bella figuraccia... mai più darò ascolto a quella pazza!

Il suo sguardo addosso mi rende ancora più nervosa, sento le guance in fiamme e guardo altrove per dissimulare -smettila! Pensa a guidare che voglio arrivare viva- rispondo acida, provando a celare senza successo l'imbarazzo.

Lui sorride fissandomi ancora sfrontatamente, poi riprende a guidare.
Vedo il mio amico infastidirsi di nuovo, mentre Jess se la gode trattenendo un sorriso. Per fortuna piano piano la tensione tra Aiden e David inizia a sciogliersi, anche se di poco, ovviamente il miracolo avviene parlando di auto, discorso che dura per tutto il tragitto.

Una volta arrivati ai cancelli della tenuta Deveraux, David saluta il vigilante -bene Sam, resteremo qui tutto il giorno. Hai preso le chiavi che ti avevo chiesto?-

-Sì signor Van Dalen. Queste sono le chiavi del lato ovest e centrale, queste del lato est, buona giornata- risponde lui, salutando rispettosamente.

-Possiamo davvero accedere a tutti gli ambienti?- domando meravigliata, con gli occhi che brillano come una bambina la mattina di Natale. Una casa tanto antica a nostra totale disposizione! Nonostante le ricerche che dobbiamo fare, è un'occasione unica anche per i nostri studi.

-Beh sai... essere me ha i suoi vantaggi- risponde David tronfio.

-Dio! Dovrebbero darti un premio per la tua modestia- ribatto stizzita.

-Ma state sempre a battibeccare? Forza, abbiamo una tenuta da esplorare-  Jess inizia a incamminarsi spazientita, addirittura Aiden sembra divertito.

Sta imbambolando anche i miei amici, mi fa imbestialire!
Proseguiamo lungo dei grandi giardini poco curati, di fronte c'è un edificio ampio e dall'aria antica, decisamente più piccolo di casa Van Dalen ma comunque imponente e molto affascinante. Il tutto è curato molto modestamente, si nota che non è un posto abitato...
Saliamo le scale e ci ritroviamo dinanzi  un grande atrio. È abbastanza polveroso e buio ma c'era da aspettarselo, una casa museo richiede denaro per essere mantenuta e nessun paese investirebbe risorse in un luogo di cui le persone si interessano poco. È già tanto che abbiano assunto un vigilante.

-Direi di dividerci, così da semplificare il lavoro- afferma David sbrigativo ma deciso -sul lato ovest della casa ci sono lo studio, la biblioteca e al secondo piano le camere da letto padronali con altri piccoli salotti. L'ala est è composta da un piccolo salone e una piccola sala da pranzo, le cucine al piano terra e le stanze per gli ospiti, in più c'è una piccola serra. Al primo piano centro, ci sono una sala da ballo ampia per le feste e un ulteriore sala da pranzo più imponente. Visitando un'ala ciascuno e alternandoci tra la mattina e il pomeriggio ricopriremo tutto l'edificio, così se a un gruppo sfuggisse qualcosa gli altri lo noteranno- è molto pragmatico.

-Devi conoscere molto bene questo posto- sono sorpresa.

-In realtà no, ho studiato la piantina questa notte- risponde indifferente, scrollando le spalle.

-Non ti facevo così preciso- lo punzecchio, ma in realtà il fatto che abbia preso questa storia così seriamente mi fa provare uno strano calore al petto. Se non gli importasse di me non l'avrebbe fatto no?

-Ci sono molte cose che non sai di me- ci fissiamo per qualche secondo negli occhi, poi mi ritrovo a distogliere lo sguardo dal suo.
Quell'argento liquido su di me fa quasi male, mi distrae in continuazione provocandomi sensazioni contrastanti: un'attrazione fortissima e allo stesso tempo paura mista a inquietudine.

Jess interrompe i miei pensieri -allora, io e Aiden ci occupiamo dell'ala est, voi dell'ala ovest. Ci rivediamo all'ora di pranzo in giardino per una pausa- mi fissa con aria intimidatoria, quell'espressione dice "non osare controbattere." Il suo piano sta andando a gonfie vele...

La incenerisco con lo sguardo, dovevo essere più brava a nascondere ciò che provo, ora sfrutterà ogni occasione per lasciarci soli, maledizione. Non riuscirò a starmene tranquilla e indifferente per tutta la mattinata e David è l'ultima persona per cui dovrei provare interesse, non solo per i miei incubi. Mi ha detto chiaramente cosa fa di solito con le sue "amiche" e io non voglio essere una delle tante. Aiden non sembra molto d'accordo con quanto detto da Jess, ma lei lo trascina via prima che possa ribattere facendomi un occhiolino senza farsi vedere da nessuno.

Ecco, ora siamo soli. Sono lì impalata a fissarmi le scarpe.
Dopo ieri non ho il coraggio di guardarlo, sono crollata tra le sue braccia sul mio letto, sento ancora quel profumo avvolgente e il calore del suo corpo contro il mio, inoltre se ripenso a quello che Aiden ha rivelato mi sento ancora più in imbarazzo, cerco disperatamente di pensare ad altro.

-Forza muoviti, sembri una statua di sale!- sbuffa lui trascinandomi per un braccio, alzo gli occhi al cielo.

Signore dammi la forza!

Iniziamo a ispezionare l'ala ovest dal primo piano. La luce del sole filtra fioca dalle tende socchiuse, apriamo una prima porta dalla quale si intravede un salottino, cerchiamo in lungo e in largo per più di un'ora ma non troviamo nulla di rilevante, così decidiamo di passare alla porta successiva; ci troviamo di fronte a una biblioteca enorme, cumuli e cumuli di libri. È tutto impolverato, si nota che questa casa è chiusa da vent'anni come ci ha raccontato la signora Miller. Trascorriamo un'altra ora di ricerca che ancora una volta non ci porta a nessun risultato, tralasciando il mio sobbalzare per le ragnatele e lo sbuffare continuo di David. Perché non capisce la mia paura dei ragni?
Sono alquanto scoraggiata, lui d'altro canto non è molto loquace, se ne sta in disparte a cercare e cercare non so precisamente cosa... alla fine decidiamo di passare all'ultima porta.

David non fa in tempo a girare la chiave che improvvisamente mi blocco, è come se il tempo intorno a me si fermasse. Tutto inizia a cambiare.

Sono molto più bassa della porta, non arrivo alla maniglia.
Saltello cercando di aprirla con le mie piccole mani, ma inciampo due volte nel lungo abitino bianco. Solo al terzo tentativo si apre.
Lo studio è molto luminoso, sia a destra che a sinistra ci sono due librerie e al centro il grande scrittoio di un colore chiaro, dove un uomo sulla trentina dall'aria gentile e vestito in maniera bizzarra, o meglio direi antiquata, mi fissa.
Si apre in un enorme sorriso e si alza, mentre io gli corro incontro. Non sono padrona delle mie azioni, non so cosa mi succede.

-Padre, padre!- mi sento dire con una voce dolce e infantile.

-Ecco il mio piccolo fiocco di neve!- esclama lui  ridendo e prendendomi tra le braccia, mi fa girare volteggiando in aria e anche io rido con gioia. Poi si siede, tenendomi sulle sue gambe.

-Giochi con me?- lo fisso implorante.

-Tesoro, adesso devo lavorare ma più tardi avrò tutto il tempo di giocare con te- risponde con rammarico.

-Oh... Va bene- sussurro delusa e mi fisso le mani intristita.

-Cosa ne diresti di un po' di cioccolato per ingannare l'attesa e farmi perdonare?- mi propone l'uomo dolcemente.

Torno subito a guardarlo contenta -cioccolato?! Sì sì sì!- lo abbraccio di nuovo felice.

-E va bene allora, apriremo il nostro nascondiglio segreto. Quello di cui tua madre non sa e non deve sapere nulla- sussurra con fare cospiratorio -ricordi come si fa?-

-Sì!- batto le piccole mani euforica -due colpetti più leggeri e uno profondo- affermo soddisfatta.

Lui fa esattamente ciò che ho detto e un piccolo cassetto nascosto spunta dal bordo della scrivania.

-Ecco il tuo cioccolato tesoro- mi lascia un dolce bacio sulla guancia, mentre io scoppio di felicità.


Poi tutto torna alla normalità, ma il mio cuore... quello batte all'impazzata.

-Terra chiama Amy!-  vedo David che muove la sua mano davanti ai miei occhi. Mi guardo intorno, la porta dello studio è aperta e tutto è molto buio ma lui apre prontamente le tende. Le due librerie non ci sono, lo studio ha un'aria più moderna ma al centro della stanza c'è lo stesso scrittoio anche se di incolore diverso, più scuro... ignoro David e le sue battute su quanto sono svampita e mi avvicino come ipnotizzata.

Sposto la polvere sullo scrittoio e lo osservo assorta. Non può essere... ok sono pazza, il mio cervello si è completamente fuso, ma devo farlo -tre colpi leggeri e un profondo- sussurro tra me,  poi ripeto i gesti dell'uomo che ho appena visto e resto in attesa, col fiato sospeso.

Niente.

E certo, cosa ti aspettavi? Adesso hai anche le visioni... mi rimbecca la mia fastidiosa vocina interiore.

-Ma si può sapere che diavolo stai facendo?- chiede David ponendosi di fronte a me.

Già mi sta guardando in modo strano, se raccontassi ciò che ho visto chiamerebbe davvero un manicomio, quindi decido di mentire -nulla, volevo... volevo controllare il materiale con cui è stato fatto lo scrittoio- batto due colpi sul tavolo -legno autentico- sorrido imbarazzata.
Ma che..? Il materiale dello scrittoio? Che razza di scusa è! Penso affranta, sono un disastro con le bugie.

Infatti mi guarda ancora più stranito -certo che sei bizzarra...-

L'ennesima figuraccia, spero che questa giornata passi presto. Ispezioniamo lo studio come con le camere precedenti, ma nulla. Nessun quadro, documento o riferimento che possa aiutarci. Così decidiamo di passare ai piani superiori ma anche qui non abbiamo fortuna. Inoltre più cammino tra queste camere, più una sensazione strana mi invade, non so descrivere ciò che provo.
Le prime due camere non hanno nulla di rilevante, sono moderne, di certo i Deveraux devono aver ristrutturato gran parte della casa.

Stiamo per tornare giù, quando noto in fondo al corridoio un'altra stanza - David fermo! Abbiamo dimenticato quella- anche lui si volta incuriosito.

-Che strano, non ho la chiave- guarda stranito la porta.

Allora, scrollando le spalle mi volto e imbocco le scale, pazienza non ci entreremo.
David però non mi segue e quando mi volto lo vedo armeggiare con qualcosa vicino alla porta, sembra molto concentrato.

-Si può sapere cosa stai facendo? È chiusa, andiamo sono esausta- mi lamento.

Ma dopo un rumore sordo la vedo spalancarsi -donna di poca fede- incrocia le braccia al petto orgoglioso.

Resto a bocca aperta -non posso crederci, hai scassinato una porta?! Ti ha dato di volta il cervello? Ora come spieghiamo questo danno?- sono incredula e infuriata.

Alza gli occhi al cielo -come la fai lunga, vuoi scoprire qualcosa o no? E poi quando sei con me non devi spiegare nulla, manderò qualcuno a ripararla- scrolla le spalle indifferente e altezzoso.

-Sempre il solito pallone gonfiato- sibilo.

-Guarda che ti ho sentita formaggino... sai a volte basta un semplice "grazie David perché risolvi tutti i miei problemi"- fa un sorrisetto ironico entrando in camera, mentre io alzo gli occhi al cielo trattenendo un’altro insulto.

Una luce investe la stanza, credo abbia aperto le tende, così decido di entrare. Varco la soglia con una strana ansia, in un angolo ci sono dei pezzi di legno, sembra essere una culla da neonato. Improvvisamente tutto cambia di nuovo intorno a me.

Ho paura, il cuore mi batte fortissimo, non voglio essere qui dentro.
Al centro della camera c'è un enorme letto a baldacchino, mentre di fronte un antico mobile da trucco. Non voglio stare qui, voglio andare via, devo andare via.
La stanza comincia a girarmi intorno, mi sento svenire, stringo le mani tra i capelli e tutto diventa buio.


Continuo a tremare e respirare a fatica.
Mi sento sollevare da qualcuno -stai tranquilla, respira tranquilla- sussurra al mio orecchio.

L'aria fresca mi colpisce il viso subito dopo, ma io continuo a tenere gli occhi serrati.

So di essere tra le braccia di David, deve avermi presa e portata via da quel posto. Affondo il viso nell'incavo del suo collo, mentre lui nel frattempo strofina le mani sulla mia schiena.
Si siede tenendomi sulle sue gambe e sono pervasa da un misto di attrazione e paura come al solito. Continuo a respirare il suo profumo che stranamente mi calma, mentre col passare dei minuti riprendo la sensibilità al viso e alle mani. Lui non smette di strofinare la mia schiena, pare funzionare come l'ultima volta.

-Sta calma, sta passando respira- la sua voce è dolce e calma, ma sicura allo stesso tempo e trasmette sicurezza anche a me.

Dopo un po' sembro stare meglio ma non mi muovo da quella posizione, ho troppa paura. Ok lo ammetto, non è solo paura... amo stare tra le sue braccia.

-Guarda che se vuoi stringerti a me non c'è bisogno di farsi venire un attacco di panico, basta chiedere- sogghigna maliziosamente.

Avvampo. Beccata.

Incredibile, un attimo prima è il ragazzo più premuroso e gentile che abbia mai conosciuto, l'attimo dopo un vero stronzo.

Mi stacco immediatamente da lui con le guance in fiamme -neanche morta ti chiederei ti abbracciarmi! Ero semplicemente fuori controllo- guardo altrove infuriata e so che sto mentendo spudoratamente.

Mi alzo di scatto ma subito perdo l'equilibrio, per fortuna riesce a prendermi in tempo.

-Hey calma! Devi alzarti lentamente. Non vorrai sentirti di nuovo male e comunque non te la prenderesti così tanto, se non ti avessi punta sul vivo- afferma compiaciuto.

-Che illuso- mugugno fissando il prato con interesse.

Mi alza il mento osservandomi negli occhi, e io trattengo il respiro di fronte a quello sguardo penetrante che mi imprigiona  -che bugiarda- sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra, la sua voce profonda e roca mi fa sussultare e fa aumentare i battiti del mio cuore.

Resto imbambolata, mi perdo in quelle pozze d'argento.

Sposta una mano sulla mia guancia in una flebile carezza -amo stuzzicarti e la rivelazione del tuo amico di ieri ha reso tutto ancora più invitante, sono rovinato!- si lamenta, assumendo un tono scherzoso e continuando a fissarmi con aria maliziosa, di nuovo torna la voglia di mollargli un ceffone in pieno viso.

I suoi sbalzi d'umore mi fanno girare la testa. Mancava solo che  risvegliassi il brivido della conquista, penso infuriata. Ma chi si crede di essere? Forse è troppo abituato a quella Valerie!

-Amy, che diavolo è successo?!- urla Aiden interrompendoci, mentre io mi allontano di scatto.

-Si è sentita male, ho dovuto portarla fuori. A tal proposito, mi spieghi cosa ti ha spaventata tanto?- chiede David incuriosito come se nulla fosse.

Jess e Aiden si siedono sul prato e noi facciamo lo stesso. Non farò scenate, non l'avrà vinta.

Riprendo la tranquillità e cerco di spiegarmi  -in realtà non ne sono sicura, siamo entrati in una camera chiusa, David ha scassinato la porta- lo guardo con aria d'accusa.

-Esagerata!- alza gli occhi al cielo.

-È cosa c'era in questa camera?- domanda Jess, mentre Aiden mi fissa preoccupato.

-Assolutamente nulla di rilevante- risponde David di rimando -solo dei pezzi di una vecchia culla, cosa strana perché i Deveraux non avevano figli, dopo la morte di Cristopher Deveraux sua moglie Corinne è scomparsa nel nulla e sono certo che non ci fossero neonati in casa. Doveva essere una stanza degli ospiti...- si gratta la nuca confuso.

Sospiro -non è stata la camera a farmi paura o meglio non è stata la camera com'è attualmente- confesso, guardandoli attentamente.

Sono straniti dalla mia affermazione  -cosa intendi dire?- chiede Aiden.

Faccio un bel respiro -io credo di aver visto la camera com'era in passato e trovarmi lì dentro mi ha spaventata a morte, non so il perché ma volevo fuggire, qualcosa di orribile è successo lì dentro...- rabbrividisco al solo pensiero.

David fa un fischio -questo sì che è strano, che diamine sei una specie di sensitiva? Sembriamo i protagonisti di un film horror, spero di non fare la stessa fine... di solito il più attraente muore sempre- ridacchia.

Gli lancio un'occhiataccia -riesci a non fare battute stupide per cinque minuti? È chiedere tanto? E poi chi l'ha detto che saresti tu il più attraente- rispondo stizzita e mi guadagno un'occhiata eloquente, esasperata decido di ignorarlo e riprendere il discorso -comunque non c'è traccia delle cose che ho visto, ovviamente il tutto deve essere stato ristrutturato e restaurato, dalla casa all'arredamento...- mi interrompo improvvisamente  -restaurato... restaurato... ma certo!!- mi alzo di scatto dal prato.

-E ora che le prende?— sento David rivolgersi a Jess e Aiden che mi fissano straniti, entrambi fanno spallucce non capendo la mia reazione.

Ma non li ascolto, corro di nuovo verso la casa, dirigendomi nello studio.

-Dammi le chiavi- dico impaziente a David, che mi ha seguito con i miei amici.

-E cosa vuoi fare? Abbiamo già controllato- constata lui annoiato.

-Insomma dammele e basta!- affermo spazientita e irremovibile... che nervi, è insopportabile.

Dopo la mia insistenza me le porge, ma dalla faccia si vede che è convinto che io stia vaneggiando. Mi avvicino di nuovo allo scrittoio e spalancando le tende.
Lo fisso con attenzione: è identico ma il colore è diverso, devono averlo ridipinto e reso più moderno. Afferro il tagliacarte che è riposto sulla superficie e inizio a grattare via la pittura dai bordi.

-Poi sono io quello che fa danni- borbotta David, lo incenerisco con lo sguardo mentre noto che anche Jess e Aiden non mi levano gli occhi di dosso.

Dopo aver finito ritento -due colpi leggeri, uno profondo- sussurro.

All'istante un piccolo cassetto scatta dallo scrittoio cigolando. Il mio cuore si ferma in quel momento e tutti rimangono a bocca aperta, per un minuto nessuno osa nemmeno respirare. Mi avvicino con mano tremante e guardo all'interno, c'è un foglio ripiegato.
Lo apro, facendo attenzione a non rompere la carta che è molto vecchia;
cerco di leggere ciò che c'è scritto, la frase è in una lingua antica ma so tradurre alla perfezione, grazie ai corsi di approfondimento che ho seguito all'università.

-Cosa diavolo c'è scritto?- domanda David impaziente.

Il mio cuore batte fortissimo.

-Dice: "sta lontana dai Van Dalen"- sussurro, ma sembra più un suono strozzato.

Non c'è scritto nient'altro. Resto imbambolata a fissare il foglio, poi David me lo strappa dalle mie mani e dopo averlo letto mi fissa per un minuto buono. Sul suo viso leggo per un attimo emozioni contrastanti ma assume immediatamente la sua maschera fredda e controllata, che mi impedisce di capire a pieno cosa gli passi per la testa.

-Ah... questa storia mi piace sempre meno, vi avviso sto rivalutando l'opzione di caricarvi in spalla e tornarcene a casa- borbotta Aiden.

Ma non li ascolto con attenzione, perché guardando il piccolo cassetto noto che c'è dell'altro. Sembra essere un piccolo ritratto, lo prendo tra le mani e per poco non mi cade, rimango a squadrarne ogni centimetro a occhi sgranati... a fissare la donna dipinta di fronte a me.... a fissare me stessa.
In un angolino a destra c'è scritto: Anita Amalia Deveraux.
I capelli sono legati in una pettinatura alta e ornati da un cappellino, al collo porta un ciondolo rotondo con delle strane incisioni e una pietra rossa al centro, forse un rubino. Dal ritratto si nota che indossa un abito settecentesco, tipico della sua epoca.
Ma nonostante questo non ci sono dubbi, quella sono io: stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri troppo grandi per quel viso minuto, stesse labbra.




Le mani mi tremano così tanto che il piccolo dipinto mi cade.

David lo raccoglie in tempo -ma che cazz...- tuttavia si interrompe, non appena inquadra la figura che è dipinta. Ammutolisce.  

Tutti e tre iniziano ad alternare lo sguardo dal dipinto a me, più e più volte, a bocca aperta.

-Ma... ma siete...- Sento dire a Jess che non riesce a terminare.

-Identiche- sussurro con voce tremante, finendo la frase che aveva cominciato.

Sono così confusa e impaurita che la situazione inizia a pesarmi quanto un macino, troppo sconvolta per affrontarla corro via, mi allontano dallo studio, da quella casa, da quel ritratto e torno all'aria fresca del giardino. Poggio la schiena su un albero e chiudo gli occhi, cercando di fare ordine nel gran caos che ho in testa.
Sento che mi hanno raggiunta però non dicono niente, credo abbiano capito che ho bisogno di qualche minuto per metabolizzare il tutto.

-Amy parlane con noi, dicci quello che provi, quello che pensi, non isolarti come sempre- mi incoraggia Aiden prendendomi per mano e portandomi da Jess e David, che mi scrutano in silenzio.

-Come sapevi dove trovare quelle cose?- chiede Jess.

Mi siedo accanto a loro sul prato, continuando a fissare il dipinto e il foglio che David tiene tra le mani, come se fossero bombe pronte ad esploderci in faccia.

-Io .. io l'ho visto- ora ho tutta l'attenzione dei presenti -poco fa ti ho mentito David- ammetto rammaricata, facendolo aggrottare le sopracciglia -quando mi sono imbambolata di fronte allo studio e tu mi hai preso in giro, in realtà avevo visto qualcosa o meglio vissuto... Gli racconto della bambina e dell'uomo della visione, aggiorno i miei amici sul fatto che non è la prima volta che un sogno a occhi aperti mi spiazza, quindi racconto a Jess e Aiden di quello che  ho visto nel giardino segreto a casa di David.

-Forse avete una specie di connessione tu e questa Anita Deveraux, magari sei qui per scoprire qualcosa su di lei..- dice Aiden soprappensiero.

-E cosa? Io non c'entro niente con questo posto. Non conosco nessuno qui- mi stringo le ginocchia al petto scoraggiata e stanca.

Tutti restano in silenzio cercando di capire ma noto anche la preoccupazione sulle loro facce, quella non riescono a celarla.

-Ieri quando mi hai raccontato del tuo incubo, hai detto che quell'uomo ti strappa un ciondolo che hai al collo, è questo?- domanda David riflettendo.

Ci penso su -effettivamente potrebbe, non ho modo di vedere la collana che porto al collo nel mio sogno, ma la stringo continuamente e sono sicura abbia una forma circolare.-

-Interessante- continua a scrutarla.

Passano altri minuti di silenzio, in cui a turno ispezioniamo ciò che abbiamo o trovato. Poi David prende uno zaino che non avevo notato.

-Beh, direi che è ora di pranzare. Fare congetture a stomaco vuoto è snervante- propone.

Tutti sembrano d'accordo e lentamente la tensione viene smorzata.

-Toh, guarda guarda formaggino ti ho appena trovato un amico- sghignazza, mostrandomi il cubetto di formaggio prima di spalmarlo sul pane.

Alzo gli occhi al cielo, ma quanto può essere infantile? Jess e Aiden trattengono una risata, mentre io lo fulmino con lo sguardo per l'ennesima volta. Ho perso il conto delle occhiatacce che gli ho dedicato da quando siamo arrivati alla tenuta.

-La smetti con questo stupido nomignolo? Hai forse cinque anni?- rispondo acida.

-No, in realtà ne ho appena compiuti sei- continua prendendosi gioco di me.

Sbuffo -Beh, non tutti hanno un'abbronzatura come le tue amiche, inoltre avere una carnagione chiara è simbolo di eleganza - ribatto irritata e altezzosa.

-Oh... oh... Siamo gelose- sogghigna allusivo.

-Tze! Ti piacerebbe Van Dalen, nei tuoi sogni- sbuffo.

Jess e Aiden sono divertiti dal nostro continuo battibeccare e il pranzo continua così, fino a quando non decidiamo di andare via. Dopo le forti emozioni di questo pomeriggio, non è il caso di ritornare in quella casa e qualcosa mi dice che era questo che dovevamo trovare.
Procediamo verso l'auto in uno strano silenzio, fino a quando non arriviamo alla pensione; probabilmente tutti noi stiamo cercando di dare una spiegazione a questa storia assurda...

-Credo che dovremmo ispezionare anche casa mia. L'ho già proposto ad Amy e lei non è molto contenta di tornarci, ma credo sia necessario- esordisce David, interrompendo il silenzio.

-Per noi non ci sono problemi- annuisce Aiden.

-Perché stai facendo tutto questo?- li interrompo fissandolo.

All'inizio sembra sorpreso, poi assume immediatamente uno sguardo indifferente e scrolla le spalle -in fondo questa storia riguarda anche me, te l'ho già detto non mi piace essere l'incubo di qualcuno- risponde allusivo, ecco che riattacca con le prese in giro.

-Per la millesima volta, non è te che sogno!- ribatto frustrata, ormai stanca del continuo battibeccare con David.

-Beh, ci si vede Van Dalen ma facciamo non troppo presto- lo saluta Aiden facendolo ridacchiare, mentre Jess esce dall'auto dopo un cenno di saluto.

-Allora... ciao David - sussurro rimasti soli in auto, sono stranamente impacciata.

Sto per uscire anche io, quando lui mi afferra il polso. Il solo tocco di questo ragazzo mi dà i brividi, chi sa come sarebbe baciarlo. Ma che..? Devo smetterla di pensare queste cose diamine! Sto diventando patetica.

-Aspetta- mi fissa, puntando quelle lame d'argento nei mei occhi. Mi fa sempre mancare il respiro.

-Cosa c'è?- Ecco, sarà sicuramente un'altra presa in giro, penso convinta.

-Ti andrebbe di venire in un posto con me? Non voglio rapirti tranquilla- il suo tono di voce è sicuro e serio, non sta scherzando.

Il mio cuore manca di un battito.

-Certo che le va- risponde Jess al mio posto, spingendomi di nuovo nell'auto. Aiden non sembra molto contento.

David mi guarda sorridendo.

Rifiuta Amy, rifiuta e uccidi Jess, mi ripeto -S...si, voglio dire, va bene. Insomma andiamo!- balbetto.

Maledizione, sono forse impazzita? E perché non riesco a formulare una frase di senso compiuto? Mi sto comportando come una stupida adolescente.
"Sta lontana dai Van Dalen" segui proprio i consigli alla lettera, mi punzecchia la mia vocina interiore, beh sempre ammesso che fosse indirizzato a me cosa alquanto improbabile...

I miei monologhi interiori vengono interrotti -formaggino, se non chiudi la portiera dell'auto non possiamo muoverci- dice trattenendo una risata. Il mio imbarazzo lo diverte moltissimo, il che mi fa arrabbiare non poco.  

-Sc... Scusa- continuo a balbettare arrossendo, sono proprio un'imbranata senza speranza.

Guardo fuori dal finestrino e vedo Jess e Aiden allontanarsi discutendo animatamente, mentre io resto in macchina con David, circondata dal suo profumo ammaliante, diretti non so dove.





 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***




Proseguiamo in auto per un lungo tratto, ci stiamo allontanando abbastanza dal paese ma riconosco il boschetto circostante, dovremmo essere vicino casa sua. Non so cosa dire, me ne sto sul sedile stringendomi nervosamente le dita...

-Allora, mi dici dove stiamo andando?- chiedo per rompere il ghiaccio.

-È una sorpresa- risponde enigmatico mal celando un sorriso.

-Non vorrai riportarmi a casa tua spero- il mio tono è alquanto intimorito, già è strano che voglia passare del tempo con me, non che la
cosa mi dispiaccia sia chiaro, ma la verità è che quella tenuta mi dà i brividi.

Ride di gusto e mi guarda con aria strana -tranquilla, staremo lontani da casa mia- ridacchia scuotendo la testa.

La sua reazione mi spiazza abbastanza -mi spieghi perché trovi la cosa divertente?-

Scrolla le spalle -Perché la metà delle ragazze che conosco farebbero carte false per entrare lì dentro e tu vuoi starci alla larga- dice incredulo e divertito.

-Io non sono come quelle ragazze- rispondo alquanto piccata, ricordandomi di quella Valerie. Non voglio che mi paragoni alle sue amicizie "convenienti" o come diavolo le chiama lui. È davvero triste che sia abituato a persone che lo frequentano soltanto per interesse e invece trovi così bizzarro che a me non importi un bel niente...  

-No. Decisamente non lo sei- mi fissa serio per un secondo, puntando quelle lame d'argento nei miei occhi, mi manca il respiro sotto quell'occhiata eloquente -hai detto che siamo amici giusto?- aggiunge poi, mentre io sono rimasta momentaneamente senza parole, ma anche compiaciuta da quanto ha appena detto.

-S... sì- rispondo incerta, non sapendo dove vuole arrivare.

-Bene, allora smettila di essere tanto sospettosa. È normale che gli amici passino del tempo insieme no?- dice con disinvoltura. Io non rispondo, mi limito a un cenno d'assenso poco convinto. Quanto si può essere amici di qualcuno che ti attrae tanto?

Parcheggia ai margini del bosco e quando scendiamo dall'auto mi guardo intorno estasiata. Tutta questa vegetazione, non ne avevo mai vista tanta, che io sappia non ci sono posti che siano stati risparmiati dall'Interruzione eppure qui sembra che il tempo si sia fermato, anche se a un'occhiata attenta si nota chiaramente che questi non sono alberi Antecedenti.

-Immagino ti starai chiedendo come tutto questo è possibile- si pone al mio fianco, seguendo il mio sguardo.

-Beh... effettivamente sì. Insomma il paese, il bosco, sembra che qui non ci siano tracce della Terza Guerra- continuo a guardarmi intorno sorpresa.

-Questo perché sia i Deveraux che i Van Dalen, miei antenati, fin da subito si sono impegnati con il loro denaro a mantenere Albanuova. Hanno ripiantato alberi e vegetazione, ricostruito e ristrutturato edifici. Ciò è stato possibile perché questo posto fu uno dei meno colpiti, altrimenti non ci sarebbe stato nulla da ricostruire come invece è avvenuto per gli altri; sui pochi danni però non so darti nemmeno io una risposta, non so come sia possibile che un paesino tanto piccolo e insignificante abbia subito i minori danni, rispetto a tutto il Terzo Stato. Comunque sia il governo per sdebitarsi permise alla famiglia Van Dalen  di mantenere intatti tutti i possedimenti, compreso questo bosco. Lo stesso per i Deveraux, anche se ora non essendoci discendenti i possedimenti appartengono al paese- conclude, fissando assorto il bosco.

Sgrano gli occhi imbambolata -aspetta, mi stai dicendo che questo... questo boschetto è tuo?-

-Esatto- risponde e non c'è altezzosità nella sua voce, lo dice tranquillamente.

Prima che possa fargli altre domande mi sorprende prendendomi per mano -vieni- mi conduce tra gli alberi.

Il mio cuore accelera sotto il suo tocco, mi sta prendendo per mano? Sul serio? Prima dice che non devo farmi strane idee e poi si comporta così. La vocina maligna dentro di me, mi ricorda che magari mi sta solo trattando come una semplice amica, in fondo sono stata io a chiederglielo, di cosa mi lamento? Lui di certo non può immaginare le sensazioni che mi provoca o forse sì? Adesso è di una dolcezza e una gentilezza disarmanti; spero solo che duri più a lungo del solito, ho sempre l'impressione che il David freddo e distaccato sia dietro l'angolo.
Stringo la sua mano calda nella mia e camminiamo tra gli alberi, mi si scalda il cuore, non credevo di poter stare tanto bene con un ragazzo, queste sensazioni nuove e mai provate mi destabilizzano. Proseguiamo per un po' fino a fermarci e ciò che mi ritrovo davanti mi lasca senza parole.

-Questo... questo non è possibile- balbetto incantata, mentre lui fissa sorridente la mia espressione incredula.

-Sorpresa- sussurra al mio orecchio.

Dinanzi a me c'è un lago meraviglioso, un vero lago e ai margini una bellissima casetta. Mi sembra di essere stata catapultata in un dipinto, tutto questo è irreale.
Nel Terzo Stato ci sono solo due laghi e sono talmente inquinati che non è permesso avvicinarsi, hanno dovuto sigillarli; almeno questo è ciò che ci hanno insegnato a scuola durante le scarne lezioni di geografia.

-Non dovrebbe essere qui!- do voce ai miei pensieri, fissando l'acqua cristallina.

-È vero. Questo lago, assieme al boschetto sono di nostra proprietà, nessuna cartina lo rappresenta. La riservatezza sul Paese, sui Deveraux e i Van Dalen, è un'altra condizione che negli anni è stata imposta al governo in cambio dell'aiuto. Ecco perché non hai mai saputo nulla di Albanuova, almeno fino a che mio padre non si è messo in testa di farla diventare una meta turistica e anche noi ci siamo dati alla vita mondana... per quanto riguarda le acque non  sono pericolose, i miei antenati hanno provveduto a depurarle con tecniche sofisticatissime, certo non si potranno mai fare bagni di piacere, ma non corri alcun pericolo a toccarne l'acqua o a stargli vicino- spiega e parte dei miei dubbi iniziano a trovare risposta. Non capivo come un luogo tanto particolare fosse sconosciuto a tutti e come solo ultimamente, grazie a quei depliant turistici, la gente stesse iniziando a conoscerlo. Inoltre essendo i Van Dalen tanto importanti, dovevano necessariamente comparire sui giornali o sulle riviste, insieme ad altre famiglie influenti, ma stranamente questo non succedeva.

-David io... io non ho parole... grazie, non avevo mai visto un lago in vita mia, né ero mai stata in un bosco- ho quasi le lacrime agli occhi.

Mi sfiora il viso in una dolce carezza e io socchiudo gli occhi, godendomi la sensazione delle sue dita sulla mia pelle. Non so cosa ne è stato del David scontroso e pieno di sé, questo ragazzo è un'altra persona.

-È questo che apprezzo maggiormente di te, la cosa che ammiravo anche l'altro giorno mentre disegnavi: tu cogli la profondità della bellezza in quello che ti circonda, la ammiri, la rispetti- dice a pochi centimetri dal mio viso, facendomi annegare nei suoi occhi.

Arrossisco, distogliendo lo sguardo da quelle pozze d'argento che mi incatenano. Come si può provare tanto timore e allo stesso tempo attrazione verso qualcuno che si conosce così poco? Continuo a guardare il meraviglioso lago dinanzi a me. Dopo questa frase mi ha definitivamente catturata, non posso mostrarmi disinteressata nei suoi confronti, questo genere di profondità è ciò che ho sempre cercato in un ragazzo. Ha colto un lato di me che spesso passa inosservato...

-Vieni, avevo detto che ti avrei mostrato la mia passione no?- mi porge la mano facendomi l'occhiolino.

Gliela stringo e il mio cuore accelera di nuovo mentre ci avviamo verso la casa.
Ti prego... ti prego... penso angosciata, se davvero c'è qualcuno che ascolta le mie preghiere, fagli avere una passione comune, uno stupido hobby che lo faccia apparire insignificante ai miei occhi o almeno non ancora più attraente, altrimenti sono davvero finita.
La casa è su un solo piano e ha delle grandi vetrate che si affacciano sul lago, è di colore scuro. Non è molto grande ma a prima vista sembra davvero deliziosa e non appena apre la porta resto a bocca aperta...
Ecco, lo sapevo. Ma cosa ho fatto di male?! E certo, penso irritata, un ragazzo del genere poteva mica avere una collezione di poster di auto? Essere un patito dello sport? Certo che no, altrimenti la mia vita sarebbe troppo semplice: dianzi ai miei occhi c'è un enorme salone e al centro un meraviglioso pianoforte a coda. Sono finita, ammetto a me stessa ormai rassegnata... mi ha steso... sventolo bandiera bianca e parto con l'ovvia domanda, tanto per farmi del male.

-Lo suoni?- sussurro. Ma certo che lo suoni, penso stizzita.

Entriamo in casa e lui chiude la porta alle nostre spalle.

-Un po'- confessa.

Mi guardo intorno, di fronte al pianoforte c'è un grande divano bianco e sulle pareti innumerevoli mensole, con decine e decine di dischi antichi. Nei vari angoli della camera ci sono vari modelli di stereo e addirittura un giradischi dall'aspetto molto molto vecchio, che mai avrei creduto di poter vedere dal vivo.

-Direi che la tua passione è la musica.-

-Cos'hai? Sembri arrabbiata- chiede incuriosito.

Cerco di riprendermi subito facendogli un sorriso. Sì  che sono arrabbiata, perché devi essere così maledettamente irresistibile ai miei occhi? Come posso ignorarti?
Decido di darmi da sola il colpo di grazia.

-No ma che dici! Sono felicissima di essere qui, suona qualcosa. Io ti ho mostrato i miei disegni, ora tocca a te- so che me ne pentirò amaramente. Il solo vederlo dietro quel piano mi farà diventare una di quelle stupide ragazzette con gli occhi a cuoricino, che tanto odio e lui lo noterà sicuramente, accrescerò di molto il suo ego già smisurato...

Scuote la testa -non suono mai in pubblico- mi sorprende, è alquanto imbarazzato.

David imbarazzato? Non credevo fosse capace di imbarazzarsi per qualcosa, di solito è sempre così pieno di sé, così spocchioso... oggi è la giornata delle sorprese a quanto pare.

-Dai! Non ho mai nemmeno visto un pianoforte, tralasciando quello sgangherato a scuola, quindi non sarò certo un pubblico dalla critica facile, anzi non puoi nemmeno definirmi pubblico- lo incoraggio, inoltre sono sicura che Mr perfezione qui presente non sbaglierà una nota, aggiungo mentalmente stizzita.

Sotto il mio sguardo implorante cede con un sospiro e si siede al piano, io mi accomodo sul divano di fronte. Come nei migliori cliché che ho sempre detestato mi ritrovo a fissarlo imbambolata, mentre lui mi sorride un po' impacciato. Eppure quello che mi dedica è un sorriso vero, non di quelli ironici o maliziosi che solitamente si disegnano sul suo viso. Ma dico, lo fa apposta? Il mio cuore manca di un battito, ho così paura delle sensazioni che mi fa provare e che cerco disperatamente di reprimere...
Comincia a suonare e una incredibile melodia si diffonde intorno a noi. È una canzone meravigliosa che mi fa venire le lacrime agli occhi, dolce all'inizio e ardita e forte nel mentre. Ho un tuffo al cuore, mi sembra quasi di conoscerla. Chiudo le palpebre per goderla a pieno ma improvvisamente mi sembra di scorgere qualcosa, un'immagine confusa nella mia mente:

David è intento a suonare, mi guarda con adorazione e mi sorride. Io danzo da sola in un grandissimo salone, illuminato dalle candele e sulle note della sua canzone volteggio nel mio lungo abito, mentre rido di gioia. Il cuore mi scoppia di felicità...

Riapro gli occhi di scatto, è stato un istante ma mi sono sentita sopraffatta. Certo che ne immagino di stranezze, questa poi... solo nei miei sogni David mi dedicherebbe uno sguardo del genere, penso stranita.
Nel frattempo la canzone finisce e io asciugo le lacrime dal mio viso.
Sono senza parole, non può  aver suonato una cosa del genere per me, questa immagine resterà impressa a fuoco nella mia mente, detta francamente sono in un gran bel casino... detta con il linguaggio colorito di  David, sono nella merda. Sospiro ormai demoralizzata; credo di dover cominciare a fare i conti con ciò che provo, invece di continuare a mentire miseramente a me stessa.

-Mi hai commossa, sei stato incredibile, davvero. Ma quella canzone... chi è l'autore? Mi sembra di conoscerla- dico ammirata.

Ascoltando i miei complimenti mi dedica un altro dei suoi sorrisi, di quelli che arrivano agli occhi. Ti odio maledetto, sembra farlo apposta.

-Grazie, sono contento che ti sia piaciuta. Non puoi conoscerla, l'ho scritta io e non avevo mai permesso a nessuno di ascoltarla- spiega, sembra quasi sorpreso mentre tiene gli occhi fissi su di me.

Non riesco a reggere il suo sguardo, è sorpreso di avermi mostrato qualcosa di sé oppure della mia reazione? Si comporta così diversamente dal solito e questo David per me è ancora più pericoloso di quello freddo o provocatore, perché questo ragazzo davanti a me potrebbe anche farmi innamorare...

-Allora mi sarò sbagliata- mi alzo e giro per il salone, mettendo un'ulteriore distanza tra noi, con tutto ciò che mi frulla per la testa ne ho davvero bisogno.

Guardo meravigliata la grandissima collezione di dischi e musica racchiusa in questa stanza, non credevo che cose del genere fossero reperibili. Oggi la musica è tutta digitale, non utilizziamo questi arnesi, non saprei nemmeno come azionarli e inoltre sono molto difficili da trovare.

-Come hai fatto a procurarti tutto questo?- chiedo incuriosita.

-Ho viaggiato molto, dai sedici ai vent'anni ho girato in lungo e in largo i Tre Stati.-

Sgrano gli occhi -mi stai dicendo che hai girato ogni angolo di ciò che resta del mondo?- Sono meravigliata e devo ammettere che provo una punta di invidia.

-Sì... ho sempre preferito non restare troppo qui... adesso viaggio molto meno perché ho da gestire le imprese di famiglia; prima almeno facevo visita a mia madre nel Primo Stato ma ho smesso già da qualche anno, diciamo che non sono un ospite gradito- il suo tono è freddo e distaccato ma lo vedo stringere i pugni e chiudere immediatamente le labbra in una linea dura. Si nota che ha parlato più di quanto volesse in realtà...

Resto perplessa, quindi sua madre è viva ma a giudicare dalle sue parole non devono essere in buoni rapporti. Gli chiederei altro ma so che l'argomento lo innervosisce e non vorrei rovinargli l'umore, così cerco di cambiare discorso.

-Anche io sognavo di viaggiare tra i Tre Stati- ricordo malinconica sfiorando il vecchio giradischi -volevo visitare ciò che resta dei posti illustrati dai miei libri e un giorno dirigere un museo- sorrido amaramente.

Si avvicina -volevi? Perché adesso hai cambiato idea?- domanda incuriosito.

Sospiro. Come siamo finiti in questo discorso? Di solito non ne parlo volentieri, ma con lui mi sento stranamente come un libro aperto e la cosa mi sorprende non poco -dopo la morte di mio padre ho capito che ciò che conta davvero è stare con le persone che amiamo, sfruttare ogni singolo istante in loro compagnia. Non potrei mai abbandonare la mamma e allontanarmi dalla caffetteria, dalla nostra casa, anche perché in parte quello che è successo è colpa mia; quei posti racchiudono tutti i ricordi più belli che ho di mio padre. Sai, era la persona più altruista e allegra che io abbia mai conosciuto, era amato da tutti- fisso il salone intorno a me perdendomi nei ricordi.

David mi guarda tristemente -ti brillano gli occhi quando lo nomini, mi dispiace anche se so che parole del genere sono superflue... posso chiederti cosa gli è successo?- ora è caduto nelle sue domande, quasi pare avere timore di un diniego.

Temevo me lo chiedesse e mi sarei morsa la lingua quando me lo sono lasciata scappare, mi viene troppo naturale aprirmi con lui. Mi avvicino al divano in silenzio e lui fa lo stesso, sono combattuta ma alla fine cedo.

Mi faccio coraggio e cerco di raccontare -è successo circa tre anni fa. Era andato in città per rifornire la caffetteria e mi aveva promesso un nuovo album da disegno, impiegò moltissimo tempo per scegliere il più bello, non si accorse dell'ora e perse l'ultimo traghetto.
Scese la notte e decise di dormire in un hotel vicino al porto, così da poter ripartire al mattino presto- mi interrompo con la voce rotta, faccio sempre molta fatica a raccontare tutto questo. Cerco di mantenere un tono neutro e riprendo il discorso ma è maledettamente difficile -ci telefonò estremamente dispiaciuto, ma felice di aver trovato ciò che cercava. Tuttavia non arrivò mai in hotel, un senza impiego lo aggredì cercando di derubarlo. Lo uccise a sangue freddo- sento una calda lacrima scendere dal mio viso senza controllo e lui la asciuga con le dita.

-Sai qual è la cosa peggiore? Che se glielo avesse chiesto, mio padre gli avrebbe dato tutto, a costo di dover passare un giorno in più città. Non condivideva affatto le grandi differenze economiche tra le persone, formatesi dopo la Terza Guerra. Non avrei mai dovuto chiedergli quel maledetto album- termino singhiozzando e dando sfogo a ciò che mi tormenta da sempre nel profondo.

Ecco, ci mancava solo questa. Ora mi prenderà per una piagnucolona, perché gli ho raccontato questa storia? Perché gli ho permesso di conoscere l'angolo più nascosto di me?

Lui mi fissa serio, prendendomi il viso tra le mani con decisione -ascoltami bene, tutto questo non è colpa tua. Hai detto che tuo padre era una persona molto altruista e immagino stravedesse per te, non credo vorrebbe vedere sua figlia tormentarsi in questo modo; è stata una tragica casualità e non dovresti accantonare il tuo sogno, nessun genitore vorrebbe questo- dice sorridendomi.

Annuisco confortata dalle sue parole, non ci credo del tutto e i sensi di colpa penso mi perseguiteranno per sempre, ma almeno lui è riuscito a darmi un po' di consolazione.
Restiamo in silenzio per qualche minuto fissandoci, mentre le sue mani circondano ancora il mio viso.

-Cosa mi stai facendo?- lo sento sussurrare, non stacca un secondo gli occhi dai miei.

-Cosa intendi?- chiedo incuriosita, non capisco questa domanda.

Continua a guardarmi, imprigionandomi con quelle lame d'argento che sono i suoi occhi. Provo una strana paura, come se sapessi che tutto ciò è sbagliato; vorrei fuggire e allo stesso tempo vorrei restare qui per sempre.
Si avvicina lentamente, io trattengo il fiato mentre le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie. Sembra combattuto, poi si allontana di nuovo accigliandosi.

Lo vedo avvicinarsi al piano e appoggiarvisi ancora accigliato -non avevo mai portato nessuna qui, sei la prima. E non mi piace vederti star male, farei qualsiasi cosa per non farti piangere- afferma serio e sorpreso allo stesso tempo, come se per lui fosse una rivelazione.

Arrossisco e il mio cuore batte più veloce, non posso credere a quello che ho appena sentito, sento le farfalle svolazzarmi nello stomaco.
Ma è una mia impressione o stava per baciarmi?
No... non può essere...

-Vuoi dire che sono la prima ragazza a entrare in questa casa? Non ci hai portato nemmeno Valerie?- domando emozionata, ora che l'atmosfera si è un po' alleggerita.

Sogghigna -certo che sei proprio gelosa di Valerie- afferma allusivamente.

Sbuffo guardando altrove -io gelosa di quella? Ma non essere ridicolo! Inoltre non vedo perché dovrebbe interessarmi chi ti porti a letto- ribatto stizzita.

Adesso ride di gusto -ah formaggino, sei una pessima bugiarda!-

-E tu sei insopportabile- incrocio le braccia al petto di rimando.

Non sopporto quello sguardo compiaciuto su di me, quindi mi alzo di scatto innervosita e giro per il salone dandogli le spalle, mentre lui mi fissa divertito. Quando mi volto di nuovo lo vedo concentrato a guardare il panorama, come se fosse soprappensiero.

-Non ci ho mai portato nessuna perché questo è il mio rifugio. Qui passo la maggior parte del tempo- interrompe improvvisamente il silenzio ma sento che è nervoso.

Ritorno sul divano, ho avuto modo notare quanto è riservato e sono sorpresa che si sia aperto anche lui un pochino, non lo interromperò; so che è difficile per lui aprirsi almeno quanto lo è per me.

-È uno dei pochi posti in cui ho ricordi felici con la mia famiglia, almeno fino all'età di nove anni, passavo delle meravigliose giornate in questa casa con mio padre e mia madre. Poi lui è diventato un vero stronzo e mia madre è andata via, lasciandomi con lui- parla con aria fredda ma stavolta nemmeno lui riesce a ostentare la solita indifferenza.

Mi intristisco, immaginando che la sua non deve essere stata un'infanzia facile dopo la separazione dei genitori.

-Oh formaggino non essere triste per me, ho avuto modo di distrarmi in seguito- mi fa un'occhiolino ironicamente, ma credo che dietro quella sua ironia e strafottenza deve nascondere molta sofferenza, ora riesco a capirlo meglio.

Passiamo il resto del pomeriggio a parlare dei suoi viaggi. Lo sommergo di domande curiosa e meravigliata di tutto ciò che ha visto, lui sembra divertito dalla mia curiosità.
Risponde con pazienza a tutto, descrivendo per filo e per segno ciò che ha visto; non sono ancora abituata a questo suo lato e soprattutto a stare così bene con lui. Ridiamo, notando le molte cose che abbiamo in comune, mi tiene le mani, gioca con una ciocca dei miei capelli mentre parla.
Cerco di convincere me stessa che stiamo passando un tranquillo pomeriggio da amici, ma sento che per me non è così, so che lui non prova lo stesso, probabilmente mi vede davvero come una possibile amica e la cosa mi intristisce. Provo a non pensarci, godendomi il momento. Piano piano però inizio a sentire  la stanchezza, derivante dalla notte insonne e da tutto ciò che é successo questa mattina.

Mi lascio sfuggire uno sbadiglio -ti sto annoiando?- sorride della mia espressione buffa.

-No, è solo che sono stanca- spiego.

Mi fissa con attenzione -non hai dormito molto stanotte, vero?- si informa gentilmente, ma noto la preoccupazione che traspare dal suo viso.

-A dire il vero no, non sai cosa darei per dormire almeno un'ora in pace- mi stiracchio.

-Che ne diresti di provare a dormire un po' adesso?- propone tranquillo.

-Adesso? E dove?- Sono sorpresa da questa proposta insolita.

-Qui- dice indicando il divano -è molto comodo sai...- batte una mano sul cuscino morbido.

-Grazie, ma preferisco di no- mugugno.

-Dovresti riposare ne hai davvero bisogno Amy, sei già abbastanza stressata- mi scruta serio.

-È che ho paura David. Ogni volta che mi addormento vedo cose orribili- rabbrividisco al solo pensiero.

Mi fissa comprensivo e rammaricato, poi ritorna a guardarmi con determinazione
-facciamo così, tu ci provi adesso e non appena vedo che cominci ad agitarti, ti sveglio.-

-I... io non credo sia una buon idea...- non ho alcuna intenzione di addormentarmi davanti a lui.

-Coraggio fifona- dice, tirandomi sul divano e stringendomi tra le sue braccia in un attimo.

Mi ritrovo immediatamente circondata dal suo profumo, il cuore comincia a battermi all'impazzata -che... che fai?- balbetto, sgranando gli occhi e arrossendo violentemente.

-Beh, abbiamo visto che stare così ti tranquillizza, inoltre sarai più comoda- si stende sul grande divano e tira giù anche me tra le sue braccia, ogni singola parte del suo corpo è incollata alla mia.

Cerco di alzarmi e di allontanarmi, ma la sua presa è ferrea.

-I... io non credo sia il caso David- ho il viso in fiamme, ancora più di prima.

Sogghigna maliziosamente -tranquilla formaggino, la tua virtù è al sicuro con me, sarò un vero gentiluomo- mi sussurra all'orecchio ironicamente facendomi rabbrividire; vorrei rispondere a tono ma credo di aver perso la voce già da qualche minuto.

-Coraggio, dormi- continua a stringermi accarezzandomi la schiena con delicatezza, ho il viso immerso nel suo collo e sono invasa dal suo profumo. Non riesco a formulare un pensiero razionale, oltre la parola temo che anche il controllo delle mie facoltà mentali è andato.

Restiamo così per molto tempo, sento solo il battito sordo del mio cuore contro il suo solido petto e i brividi causati dalle sue carezze lente e costanti. Lentamente inizio a rilassarmi, è incredibile quanto tra le sue braccia mi senta a casa in questo momento, così il sonno arriva presto.


È una giornata fantastica. Il sole risplende nel grande bosco circostante e si riflette sull'acqua del lago cristallina, cammino sull'erba a piedi nudi e mantengo le scarpe con una mano, mentre con l'altra tengo un lembo del lungo abito color cipria. Respiro l'aria fresca del mattino, mi invade una meravigliosa sensazione di pace e felicità.

-Potremmo fermarci qui- dico, riferendomi al ragazzo al mio fianco.

I suoi capelli neri sono lunghi e scompigliati, indossa una lunga giacca blu con rifiniture in oro e un foulard crema al collo. Il raggi di sole illuminano il suo viso perfetto e fanno risaltare quegli occhi d'argento che mi lasciano senza fiato. Si gira, guardandomi con adorazione.

-Sarebbe fantastico contessina- risponde sorridendo.

-Oh basta chiamarmi in questo modo. Ci conosciamo da un po' ormai, quindi chiamami per nome e dammi del tu, sai che non sono stata cresciuta badando a queste formalità- gli sorrido dolcemente.

Lui mi fissa con calore -avete... hai ragione- si corregge -è la cosa che mi piace di più di te, sei diversa da qualsiasi nobildonna abbia incontrato fino ad ora, la tua spontaneità è una boccata d'aria fresca in questo mondo di falsità e convenzioni.-

Arrossisco e distolgo lo sguardo, correndo verso il lago. Mi siedo sul bordo, facendo ondeggiare una mano nell'acqua fresca e cristallina, lui mi raggiunge e siede accanto a me; muovo la mano più veloce e spingo l'acqua verso di lui bagnandolo, la mia risata rimbomba tra gli alberi, mi alzo e inizio a fuggire.

-Questo non avresti dovuto farlo- mi avverte divertito, inseguendomi.

-Prova a prendermi!- corro, continuando a ridere e giro intorno a un albero.

Lui si blocca e va nella direzione opposta bloccandomi. Sono intrappolata dal il suo corpo e dall'albero contro la mia schiena, sono circondata dal suo profumo avvolgente. All'inizio ridiamo entrambi ma lentamente la situazione cambia, ci guardiamo seriamente negli occhi e io guardo incantata quel viso meraviglioso, quelle lame d'argento che sembrano trafiggermi il cuore.

-Sei così bella. La prima volta che ti ho vista, mentre immergevi il tuo splendido corpo in quelle acque il mio cuore si è fermato- sussurra, sfiorandomi il viso con le dita. Socchiudo gli occhi godendomi la carezza, non mi impronta che sia un gesto sfrontato e che le sue parole lo siano ancora di più, è ciò che desidero adesso.

-Frederick...- mormoro con voce timorosa.

- Anita...- sussurra a fior di labbra.

Lentamente avvicina la sua bocca piena e perfetta alla mia. Sono paralizzata e ammaliata allo stesso tempo; il cuore mi batte fortissimo e un rossore mi colora le guance, le sue labbra morbide e calde mi sfiorano come un leggerissimo alito di vento.
Un brivido mi percorre la schiena, è come se si aspettasse di essere respinto da un momento all'altro, ma io non ho alcuna intenzione di spingerlo via. Così incoraggiato si avvicina di nuovo e stavolta mi bacia più profondamente, facendomi dischiudere la bocca e insinuando la sua lingua che si scontra con la mia.
All’inizio resto sconvolta e turbata da questa strana invasione, poi quel bacio inizialmente timido diventa subito appassionato, mi stringe un fianco con la mano sinistra e con la destra il  viso, mentre io affondo le mani nei suoi capelli scuri e sottili.
Lo stringo a me con forza e lui fa lo stesso, cerchiamo di appropriarci l'uno della bocca dell'altra, fermandoci qualche secondo solo per riprendere fiato. Dentro di me riesco a sentire quanto ho desiderato questo momento. Sento il cuore martellarmi nel petto e delle sensazioni indescrivibili, mentre la sua lingua continua a danzare con la mia.
Non ho mai baciato nessuno in questo modo, in realtà non ho mai baciato nessuno in vita mia e di certo questo non è un atteggiamento consono a una dama del mio rango, come direbbe mia madre, eppure l’unica cosa che riesco a pensare è che vorrei perdermi in questo bacio, perdermi tra le sue braccia per sempre.



-Amy! Amy svegliati- sento improvvisamente.
L’immagine inizia a sfumarsi e il calore delizioso delle sue labbra sulle mie diventa lontano, fino a scomparire del tutto.

No, perché devi svegliarmi proprio adesso? Era così bello... penso, ancora con la mente annebbiata dal sonno.

Riapro lentamente gli occhi delusa.

A pochi centimetri da me, vedo il viso perfetto del ragazzo che proprio cinque minuti fa baciavo con tanto ardore.
Mi sento morire, posso ancora sentire la sensazione di quella bocca sulla mia e il suo sapore. Ma che razza di sogno era?!
Ho il viso in fiamme e mi alzo di scatto liberandomi dalla sua stretta, mentre lui mi guarda stranito.




**Angolo Me**
Spero che il novo capitolo vi sia piaciuto :) piano piano la storia sta iniziado a delinearsi anche se c'è un alone di mistero che persiste e vi posso solo dire che nulla è come sembra ;)
Scusatemi per la lentezza degli aggiornamenti ma sono molto impegnata, spero che questo non vi scoraggi dal continuare!
alla prossima <3


 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***




Mi sono alzata di scatto dal divano dove David mi stringeva, ho il viso in fiamme e il cuore mi batte fortissimo. Posso ancora sentire quelle labbra morbide come il velluto e bollenti come fiamme ardenti sulla mia bocca.

-Hai avuto un altro incubo?- mi scruta preoccupato, mentre io tengo lo sguardo basso.

Non ricevendo risposta si avvicina cautamente a me.

-N... no- mugugno, quando mi alza il viso ponendomi due dita sotto il mento.

-Non si direbbe da come ti agitavi nel sonno, si può sapere cosa stavi sognando?- domanda, osservando con attenzione la mia faccia alla ricerca di qualche indizio.

-Niente!- rispondo forse troppo agitata e distolgo lo sguardo dal suo, spingendolo via.

Non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi:
quei sottili capelli tra le mie dita, il modo in cui mi stringeva... come se non riuscisse a respirare senza stringermi; so che non era lui ma ne è la copia perfetta.

-Eh no formaggino, lo vedo che sei arrossita fino alla punta delle orecchie. Voglio sapere cosa hai sognato e sai che so essere molto insistente. Sussurravi solo il suo nome, ti stava facendo del male?- aggiunge poi, tornando serio.

Resto in silenzio e lui si spazientisce -avanti parla!- mi inchioda con quegli occhi di ghiaccio.

Messa alle strette dalla sua insistenza sono costretta a cedere, non ci conosciamo bene ma se c'è una cosa che ho capito è che David è un tipo tanto, ma tanto testardo e non si accontenterà del mio silenzio.
-Non mi stava facendo del male ok?! Mi stava baciando! Molto, molto appassionatamente-rispondo quasi urlando.

Lui pare sorpreso da questa rivelazione -e tu lo respingevi?-

Ripenso alla scena, al modo in cui lo stringevo a me, all'ardore con cui lo ricambiavo... no... decisamente no.

-Non proprio- ammetto, fissandomi le scarpe imbarazzata.

Lui superato lo shock iniziale, se la ride rumorosamente di rimando e subito ha l'intuizione che temevo avesse, glielo leggo in faccia, infatti alle mie parole ha alzato la testa di scatto squadrandomi maliziosamente -aspetta... aspetta... ma se lui è identico a me, fondamentalmente stavi sognando di baciarmi?- chiede allusivo e compiaciuto.

Il mio viso si alterna in varie tonalità di rosso.

-Ora si spiega tutto!- ride ancora -allora non sei così ingenua come sembri- fa un sorrisetto insinuante.

-Non baciavo te ma lui!!- ribatto agitata e imbarazzata.

La sua faccia è l'espressione del puro compiacimento -certo, certo formaggino, ora capisco perché non volevi svegliarti- sogghigna malefico.

Alzo gli occhi al cielo sbuffando e cercando di dissimulare, che vergogna -Sei davvero irritante, arrogante, presuntuoso...-  sto cercando di continuare con la mia sfilza di insulti, ma mi interrompo bruscamente perché lui si avvicina con studiata lentezza.

Arrivato a pochi centimetri dal mio viso si ferma -se vuoi provare io sono disponibile, così vediamo se è meglio il sogno o la realtà- sussurra con voce profonda mentre mi fissa, avvicinandosi ancora più pericolosamente alle mie labbra.

Deglutisco e il mio cuore manca di un battito, per un istante vado in tilt. Poi per fortuna recupero in tempo le mie facoltà mentali.

-Smettila! Sei assolutamente insopportabile, non voglio provare un bel niente- rispondo irritata dai suoi giochetti.

-Come no- alza un angolo della bocca in un sorrisetto e mi guarda scettico.

Cerco di mettere più distanza tra noi sedendomi sul divano e soprattutto cerco di riprendere aria. Troppe emozioni.

Ripensando al mio sogno mi torna alla mente una stranezza, ho sempre sognato che Frederick cerca di uccidere Anita, che la minaccia, la maltratta, invece adesso sembravano quasi innamorati.

David siede accanto a me -beh, comunque deve essere stato sconvolgente per una tanto innocente come te, non sarà stato mica il tuo primo bacio? - interrompe i miei pensieri prendendomi in giro.

Non la finirà più, penso scoraggiata, ma perché gli ho raccontato del sogno? Stupida!

-La smetti con questa storia? Anche se non ho mai... sì insomma non ho mai... hai capito...- incespico con le parole -ho comunque avuto anche io un ragazzo!- aggiungo offesa.

Mi guarda poco convinto -tze, immagino come doveva essere quel rimbambito- afferma altezzosamente.

Lo guardo irritata e oltraggiata -ma se non lo conosci nemmeno. Era un bravo ragazzo!-

Vedo che cerca di reprimere un'altra risata -doveva essere necessariamente un rimbambito, insomma stava con una come te- mi indica, fissandomi con uno sguardo eloquente -come ha resistito senza nemmeno provare a spingerti su un letto e scop...- lo interrompo bruscamente tappandogli la bocca con una mano, diventando viola.

All'inizio credevo mi stesse per insultare, invece a modo suo mi ha fatto un contorto complimento, mi trova desiderabile... e lo ammetto una piccola parte di me, di cui non vado orgogliosa, è segretamente compiaciuta del fatto che implicitamente ha ammesso di trovarmi attraente.

-Non dire quella frase riferendoti a me!!-  urlo ancora con le mani sulla sua bocca.

Lui sghignazza, alza le mani in segno di resa e io lo libero -Stuzzicarti sta diventando il mio  passatempo preferito!-

Lo incenerisco con lo sguardo arrabbiata.

-Coraggio, raccontami questo sogno - aggiunge poi.

Sbuffo -fatti gli affari tuoi.-

-Ma sono affari miei, non abbiamo detto di voler andare in fondo a questa storia?- chiede con aria innocente.

Lo odio.

Alzo gli occhi al cielo -e va bene, ma una sola battuta, un solo commento sarcastico e il discorso è chiuso- lo avverto, guardandolo con aria severa.

-Sarò muto, promesso- finge di tapparsi la bocca con una mano come facevo io poco fa.

Così inizio a raccontare ciò che ho sognato con dovizia di particolari, gli spiego che eravamo esattamente su questo lago e gli descrivo tutto ciò che è successo. Inizialmente mi ascolta con interesse, ma più proseguo col racconto, più David si irrigidisce. Non appena termino di parlare, mi scruta per un minuto buono senza dire una parola.

-Alzati, andiamo via!- afferma improvvisamente brusco, la sua voce è fredda e distaccata. Il David di questo pomeriggio, gentile e premuroso, sembra essere scomparso tutto d'un tratto.

Sgrano gli occhi -cosa?- non capisco questo atteggiamento.

-Sei forse sorda? Ti ho detto che andiamo via, alzati- ribatte altrettanto bruscamente. Perché si sta rivolgendo a me in questo modo? Sono a dir poco sconvolta.

Mi alzo incerta e lui mi trascina fuori, chiude la porta e si avvia verso il boschetto, senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
Io lo seguo, in silenzio ci avviamo verso l'auto mentre mille dubbi affollano la mia mente;
davvero non capisco cosa sia successo, non mi pare di aver fatto nulla di offensivo, almeno credo. L'auto procede spedita mentre nell'abitacolo regna un silenzio plumbeo e dopo un po' arriviamo nella piazza del paese, dove parcheggia.
Da lontano noto Valerie che ci scruta, le sue amiche ci indicano. Solo lei ci mancava, penso infastidita; torno a concentrarmi su di lui, stufa e irritata dal prolungato silenzio e dall'atteggiamento scostante.

-Si può sapere cos'hai?- sbotto.

-Non ho nulla- risponde freddo come una lastra di ghiaccio, anche il suo tono di voce è diverso.

-Non dire stupidaggini, improvvisamente sei cambiato- gli faccio notare spazientita.

Si comporta come se fosse infastidito dal solo suono della mia voce -mi stavo semplicemente annoiando, mi sono ricordato di avere altro da fare- sorride maliziosamente, portando il suo sguardo su Valerie in piazza.

Resto paralizzata... non è possibile. Non posso credere che si stia comportando così solo per incontrare quella.

Esito a bocca aperta. -Io... io non capisco, ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?- chiedo di nuovo troppo stranita e incredula dalla situazione.

Mi risponde con aria svogliata -ah quanto sei noiosa. Ti ho portata lì solo perché credevo di poterti convincere a venire a letto con me, poi col passare delle ore mi sono reso conto che la cosa non mi interessava più di tanto, visto che ho Valerie lì pronta e disponibile, quindi ti ho riaccompagnata. Sei troppo patetica, stupida ragazzina per stuzzicare il mio interesse più di tanto, dopo due ore ti sei già innamorata!- mi fissa con aria sprezzante.

Resto immobile come una statua di marmo sul sedile dell'auto. Non può aver detto una cosa del genere.

-Volevo risparmiarti un'altra umiliazione- continua implacabile e beffardo -ma a quanto pare le cose ti devono essere spiegate per bene, altrimenti non capisci. Contenta?- conclude freddamente, inchiodandomi con quelle lame d'argento spietate e implacabili. Il ragazzo dolce di poco fa è scomparso.

Per la prima volta da quando lo conosco il suo sguardo è uguale a quello del mio incubo, crudele e beffardo. Le sue parole mi spiazzano, sono un pugno nello stomaco, a stento riesco a trattenere le lacrime ma non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere, quindi le ricaccio indietro e mi mordo l'interno della guancia; anche se il dolore misto alla rabbia e all'umiliazione si impossessano di me, tutto quello che ci siamo detti, la sua gentilezza, erano una bugia... mi sono aperta con lui, gli ho raccontato cose che di solito tengo per me, mentre in realtà per lui era tutto un gioco.

Non riesco a controllarmi: gli mollo un ceffone in pieno viso, il secondo da quando lo conosco.

Lui si tiene la guancia con un sorrisetto per niente turbato, sembra addirittura che si stia divertendo.

Mi viene quasi la nausea -sta lontano da me! Mi dai il voltastomaco, vai pure dalla tua amica non ti trattengo, vi meritate a vicenda!!- urlo, sbattendo la portiera della sua macchina e dirigendomi verso la pensione, mentre finalmente permetto alle lacrime liberarsi dai miei occhi lontano dal suo sguardo.

Corro verso la pensione, ma Sue mi blocca all'entrata -Amy, ma cosa ti è successo?-

Non voglio parlare con nessuno, voglio solo stare da sola. Lei guarda alle mie spalle, sono sicura che ha notato la macchina di David andare via, io non oso girarmi.

-Sapevo che sarebbe successo. Maledetto Van Dalen- guarda dietro di me con odio.

-Vai, immagino tu non voglia parlarne- dice con dolcezza, tornando con gli occhi su di me.

La ringrazio con lo sguardo e corro in camera. Purtroppo però non riesco a stare sola a lungo, perché Jess e Aiden mi hanno sentita arrivare e quindi decidono di entrare nella stanza, nonostante le mie proteste.

Siedono sul letto accanto a me, Aiden guarda infuriato il mio viso rigato dalle lacrime e dal dispiacere -cosa diavolo ti ha fatto?! E pensare che stava cominciando anche a essermi simpatico- è molto arrabbiato, quasi furioso. Il senso di protezione che ha verso di me continua a darmi grande consolazione.

-Amy raccontaci tutto, sai che con noi puoi confidarti- mi incoraggia Jess con dolcezza.

-La verità è che avrei dovuto dare ascolto a tutti. Dovevo stare lontana da David, invece di farmi imbambolare dalle sue bugie- sospiro tristemente.

Racconto tutto ciò che è successo questo pomeriggio, più descrivo l'accaduto e più le sue parole rimbombano tra i miei pensieri: "sei patetica, stupida ragazzina volevo risparmiarti un'altra umiliazione."

-Se lo vedo soltanto respirare la tua stessa aria, giuro che gli spacco la faccia!- urla Aiden alla fine.

-Amy, mi dispiace tanto... ti ho incoraggiata e spinto tra le sue braccia, non avrei dovuto. È solo che vederti così interessata a un ragazzo era una novità, volevo vederti felice come lo sono io- si legge chiaramente il senso di colpa nei suoi occhi.

-Non dire sciocchezze Jess. Tra le sue braccia mi sono buttata da sola, ma  tranquilli che non ripeterò più lo stesso errore- sorrido amaramente determinata.

Aiden pare ancora non riuscire a sbollire la rabbia, mentre le mie parole hanno rincuorato di poco Jess.
Scendiamo per la cena e la signora Miller controlla che mi nutra a sufficienza, stavolta è irremovibile quindi mangio tutto, anche se con scarso appetito. Ha ragione ho bisogno di energie, mia madre farebbe lo stesso se fosse qui; inoltre credo che Sue le abbia raccontato ciò che è successo, si nota chiaramente da quello sguardo compassionevole che mi fa stare ancora più male.
Quanto mi manca la mamma, vorrei averla qui. L'ho chiamata poco fa ma non le ho raccontato nulla, non voglio che si preoccupi ho accettato questa vacanza più per lei che per me. La cena prosegue silenziosa visto che il mio umore non è dei migliori e i miei amici lo sanno benissimo.

-Adesso basta con questi musi lunghi! Forza alzatevi, abbiamo bisogno di distrarci- propone Jess.

-Assolutamente no, non ho alcuna intenzione di uscire- affermo stanca.

-Amy dovresti invece, abbiamo bisogno di una serata tranquilla, coraggio- mi incoraggia Aiden speranzoso.

Sospiro sotto i loro sguardi imploranti -e va bene. Ma dobbiamo cambiare posto, non ho la minima voglia di andare alla terrazza- lo avverto.

-In questo caso amica mia ho la cura giusta per te, la nostra personale soluzione a tutto ricordi? Solo una cosa può aiutarti: dolci, gelato, calorie, grassi!- esclama Jess.

Sorrido immediatamente a quella proposta allettante -ok, vediamo se la nostra personale terapia stavolta ha effetto!-
L'abbiamo utilizzata innumerevoli volte la cura dello zucchero, principalmente facendo scorta di dolciumi di ogni tipo al Sun e divorandoli sul divano di casa mia o sua, davanti a una commedia romantica e demenziale.

Dopo essermi cambiata e resa presentabile, raggiungo Jess e Aiden all'uscita della pensione, notiamo che Sue si trova a poca distanza.

-Hey, cosa fai qui fuori?- domanda Jess.

-Oh ragazzi, scusatemi! Non avevo notato che eravate qui. Aspetto Matt, abbiamo deciso di fare un giro- risponde allegra.

-Hai detto a tua madre di Matt?- chiedo incuriosita.

-Sì, qualche giorno fa... all'inizio era un po' titubante, ma non appena l'ha conosciuto si è subito ricreduta- racconta entusiasta, sono davvero felice per lei.

-Perché non vi unite a noi?- propone Aiden -più siamo meglio è!-

-Ma certo ne saremmo felici! Matt adora uscire in gruppo, è un ragazzo molto solare- le brillano gli occhi.

Passano alcuni minuti, dopodiché notiamo un ragazzo avvicinarsi con fare allegro. È robusto, ma non eccessivamente muscoloso, ha i capelli biondo scuro e dei grandi occhi castani, è un bel ragazzo dall'aria molto simpatica, sembra essere fatto apposta per Sue. Lei lo guarda avvicinarsi e dai suoi occhi si nota quanto tiene a lui.

-Tesoro come mai in orario?- dice ironicamente, dandole un leggero bacio sulla guancia.

Noi soffochiamo una risata.

-Io sono puntualissima!- risponde Sue corrucciata.

-Certo, come dicono tutte le ragazze ritardatarie- poi si accorge di noi -non mi presenti i tuoi amici?-

-Loro sono i nostri nuovi ospiti: Amy, Jess e Aiden, ci hanno invitati a unirci a loro, che ne dici?-

-Piacere di conoscerti- diciamo a turno.

Lui ci fissa e sembra entusiasta di uscire in compagnia, proprio come aveva detto Sue -sarebbe fantastico, più siamo, più ci divertiamo! Io sono Matt, il ragazzo di Sue. È un vero piacere conoscere nuove persone!- si presenta anche lui con un gran sorriso -dove avete pensato di andare? Cosa ne direste della terrazza?-

Soffoco un gemito -ti prego, in qualsiasi altro posto ma non lì-  boccio immediatamente la proposta. Sono sicura che incontreremmo certamente David in quel posto.

-Non ti piace la musica?- è incuriosito.

Sue gli dà una gomitata -Amy ha avuto brutti incontri con Van Dalen, Matt- lo guarda in modo eloquente.

Lo sguardo allegro del ragazzo sembra spegnersi e tramutarsi in uno di puro odio, che mal si accorda con quel viso -allora fai molto bene a evitarlo- dice in tono freddo, per poi riprendere lentamente la sua espressione allegra -cosa ne dite di gustare i dolci migliori del paese?-

A quel punto è Jess a rispondere euforica -oh! Era proprio quello che avevamo in mente!-

Ci dirigiamo verso una sorta di bar pasticceria e il tragitto è molto piacevole, Aiden e Matt  hanno legato subito; è davvero molto simpatico, le sue battute riescono a strapparmi più di qualche sorriso, credo si stia impegnando maggiormente avendo notato che sono un po' giù di morale.
Arrivati a destinazione ci sediamo a un grande tavolo, il posto non è molto affollato e c'è una dolce musica che si diffonde in sala, è tutto luminoso e curato nei minimi dettagli, in stile shabby chic. Davvero deliziosa.
Ci portano i menù e ci sono decine di torte e dolci di ogni tipo, cioccolato caldo, gelati, frappé. Io e Jess condividiamo la passione per i dolci fin da bambine, quindi guardiamo tutto in estasi indecise su cosa prendere.

-Direi di prendere due fette di torta diverse e dividere, così assaggiamo due diversi dolci- propone Jess estasiata.

-Sempre le solite- Aiden alza gli occhi al cielo.

-Ho bisogno di dolcezza Aiden- sghignazzo, ben sapendo che avremmo comunque fatto così, anche se in quel momento fossi stata felicissima.

Sue e Matt ci guardano ridendo del nostro entusiasmo e della nostra adorazione per i dolci, questa serata mi sta davvero tirando su di morale.
Finalmente la cameriera arriva con quanto ordinato: due magnifiche fette di torta e due frappé, tutto di quattro gusti diversi, sembrano implorare me e Jess di divorarli, ci brillano gli occhi.

-Wow ragazze, devo ricordarmi di avvisare mia madre, non vi farò mai mancare il dolce a pranzo e a cena!- ride Sue.

-Sei ufficialmente diventata la nostra migliore amica!- esclamiamo in coro provocando una risata generale.

Continuiamo a ridere, a scherzare e fare battute, fino a quando Matt perde il sorriso guardando alle nostre spalle.
Si irrigidisce immediatamente -tesoro  respira, non arrabbiarti e cerca di controllare le parole- avverte Sue.

-Ma perché dovrei...- lei non fa nemmeno in tempo a finire la frase.

-Buonasera Matt, Sue! Che piacere incontrarvi- sentiamo una voce squillante alle nostre spalle.

Sussulto, purtroppo conosco quella voce: Valerie.
Lancio un'occhiata a Jess, intimandole di stare zitta e Sue si stampa un sorriso falso sulla faccia, nessuno di noi vuole rovinare questa bella serata.
Fisso la ragazza che si è spostata di fronte a me con le due amiche sempre accanto. I lunghi capelli rossi e ricci sono legati in un semiraccolto, indossa un abitino nero dall'aria molto costosa e assolutamente indecente; le sue due amiche invece sono vestite in maniera impeccabile e come l'ultima volta hanno i capelli legati in due lunghe trecce, sia i loro abiti che gli accessori sono sicuramente beni di lusso, di quelli che io e Jess ammiriamo solo sulle poche riviste di moda del Primo Stato.

-Valerie, Darla, Clare, ma che coincidenza, anche voi qui- le saluta Sue con falso entusiasmo.

-Sue, vedo che hai stretto nuove amicizie- risponde Valerie sprezzante, fissando me e Jess. Le due gemelle, Darla e Clare, ci osservano con odio.

Ma quelle due, oltre a lanciare occhiatacce, hanno il dono della parola oppure si limitano solo a seguire Valerie, come fedeli cagnolini? Che ridicole, penso infastidita.

-Sì, sono ospiti di mia madre- risponde Sue semplicemente. Matt la fissa con apprensione, evidentemente deve litigarci spesso con queste snob del cavolo e ha tutta la mia comprensione...

-Beh, dovresti stare attenta a chi frequenti, visto che la biondina ci prova con i ragazzi impegnati- sibila freddamente e io sobbalzo.

-Credevi di non essere vista oggi in macchina con David?- rincara la dose, stavolta riferendosi direttamente a me.

Credo che Sue stia per dire qualcosa di spiacevole, ma sento Matt che le dà un calcio sotto il tavolo. La mia pazienza d'altro canto ha un limite e di sicuro non mi lascio insultare da una del genere.

-Tu non sei la ragazza di David, sei soltanto una delle sue amichette, il suo giocattolino con cui si diverte di tanto in tanto- le rispondo con la massima tranquillità, come a sottolineare l'ovvio -quindi dimmi, con il ragazzo di chi ci avrei provato? Perché se è davvero a lui che ti riferisci, secondo la tua definizione di fidanzamento e da quello che so, dovrai metterti in fila...-

Inizialmente Valerie sembra infuriata e oltraggiata dalle mie allusioni, ma si ricompone subito, rivolgendomi un sorriso falso -e invece da quanto ne so io tu non sei nemmeno questo, mi ha detto quanto sei stata patetica oggi pomeriggio, l'hai annoiato così tanto che ti ha riaccompagnata subito alla pensione- incrocia le braccia al petto divertita e Clare e Darla ridacchiano alle sue spalle.

Le sue parole mi trafiggono. No, David non può averle raccontato di questo pomeriggio, non può avermi ridicolizzata tanto. Il ragazzo che mi teneva stretta tra le sue braccia, che mi ha asciugato le lacrime quando gli ho parlato di mio padre, non può avermi fatto questo. Una minuscola parte di me sperava ancora che quelle parole tanto dure fossero frutto di un'arrabbiatura momentanea, ma adesso mi rendo conto che lui mi ha davvero presa in giro e questo fa più male di qualsiasi altra cosa abbia provato.

Lei deve aver notato quanto quelle parole mi abbiano ferita, infatti infierisce soddisfatta -oh no ti prego, non dirmi che sei così ingenua. Davvero credevi che si stesse innamorando di te? Che un ragazzo proveniente da una famiglia tanto importante, scegliesse te?- ora sta ridendo di gusto -David ha bisogno di una ragazza di classe, proveniente da una famiglia ricca e potente quanto la sua, non di una sfigata tanto insignificante.-

La rabbia prende il sopravvento. Volevo ignorarla, non volevo cedere alle sue provocazioni, ma questa ragazza mi dà sui nervi -Io non aspiro a essere nulla di tutto ciò, a differenza tua ho una dignità e non mi faccio trattare da puttana solo perché un ragazzo è ricco e potente. E poi tu saresti di classe?- soffoco una risata -non sapevo che adesso vestirsi da sgualdrina fosse considerato di classe- la guardo sprezzante.

A quelle parole sbianca completamente mentre Jess, Sue, Aiden e Matt soffocano una risata. Valerie lo nota e si infuria ancora di più, credo che nessuno le abbia mai parlato così, non deve esserci per nulla abituata. Prima di poter dire qualsiasi cosa viene interrotta dallo squillo del cellulare, guarda il display, poi con un sorriso maligno mi fissa.

-Scusatemi, devo rispondere- dice, falsamente dispiaciuta. Tuttavia non accenna ad allontanarsi, vuole farci ascoltare la telefonata.

-David!- Esclama melliflua.

Io mi gelo.

-Passare la serata con te? Ma certo!- Vorrei non dover provare tutto questo, ma non riesco a nascondere la delusione e la rabbia.

-Oh, sei qui fuori? Ti raggiungo subito- posa il cellulare in borsa e continua a guardarmi altezzosa e soddisfatta.

-Devo lasciarvi ragazzi e divertitevi- dice, ondeggiando verso l'uscita con passo elegante. Per quanto le mie parole l'abbiano offesa, sappiamo entrambe che David mi interessa più di quanto io stessa voglia mostrare, altrimenti non avrei reagito in modo così aggressivo. Quindi nonostante tutto e nonostante le mie offese, ha vinto lei e lo sa benissimo...

-Gia vai via? Ma quanto ci dispiace- commenta Sue ironica.

Quasi non la ascolto, perché la mia testa si volta in automatico verso l'entrata e vedo soltanto lui, lui che non mi degna di uno sguardo e fissa solo Valerie.
Non appena lei si avvicina le cinge i fianchi con un braccio, Valerie prende il suo viso e lo stringe con possesso, mi lancia un'occhiata compiaciuta e perfida poi lo bacia con passione.
Distolgo lo sguardo. Non ho mai provato gelosia verso qualcuno e l'ultima persona per cui devo provare tutto ciò è David, eppure mi sta logorando.

Guardo caparbiamente il dolce nel mio piatto imponendomi di non voltarmi ancora, mi è completamente passata la fame. Credo che anche Jess e gli altri abbiano notato ciò che è successo tra me e quella iena, lo sguardo che mi ha dedicato prima di avventarsi su di lui, per fortuna nessuno dice nulla anche se sento i loro occhi addosso.

-Mi dispiace Amy- sussurra Sue -probabilmente adesso non la vedrai così ma credimi, è una fortuna perderlo- sembra parlare con cognizione di causa e se anche Sue...? No... non è possibile.
Mi limito a un cenno d'assenso.

-Quando avete avuto il piacere di conoscere la strega?- domanda Matt.

-Qualche giorno fa, in piscina- risponde Jess, raccontando quanto accaduto.

-Deve essere molto ricca, proviene da una famiglia importante?- interviene Aiden.

-Sì- risponde Matt -suo padre è il rappresentante della città vicina.-

Restiamo tutti increduli.

Ogni città dei ha un rappresentante, i piccoli paesi come questo e le isole condividono il rappresentante con la città più vicina; si viene eletti dopo essere stati votati dai cittadini e
tra i rappresentanti di ogni città viene eletto un rappresentante unico per ogni Stato.
I rappresentanti dei Tre Stati prendono le decisioni più importanti, mentre per le decisioni estremamente importanti vengono riuniti i rappresentanti dei Tre Stati e delle città in assemblea, non che ci siano tutte queste città, il Terzo Stato ne ha solo sei, Il Secondo che è più grande ne ha dieci, mentre il Primo, il più piccolo, ne ha quattro. È davvero molto triste pensare che non rappresentiamo nemmeno la metà della popolazione antecedente alla Terza Guerra.

-Spero davvero che suo padre, per il ruolo che riveste, non sia pessimo come la figlia- commento.

Lentamente il clima sembra tornare quello di prima, almeno per gli altri, io continuo a rimuginare su ciò che ho appena visto.



 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***




Continuo a fissare il dolce nel mio piatto, rimuginando su quanto è successo.

-Sue, Matt, vi ho cercati dappertutto! Ho girato ogni angolo della Terrazza per trovarvi- la voce di un ragazzo, che si sta avvicinando al nostro tavolo, attira la mia attenzione.

-Mark! Abbiamo deciso di cambiare posto, ma siediti!- esclama entusiasta Matt.

Ha un non so che di familiare e prima che io apra bocca, mi anticipa -ma tu sei la bella ragazza con cui ho ballato l'altra sera!- mi sorride colpito.

Effettivamente ora sì che ricordo! Lontano dall'oscurità della pista da ballo, apprezzo ancora di più il suo aspetto: ha i capelli un po' lunghi e ricci e dei profondi occhi castani, un fisico asciutto e non eccessivamente muscoloso, ma ciò che mi fa subito tornare alla memoria quel momento è la sua espressione gentile e genuina, che mi convinse a non respingerlo. Devo ammettere che è molto carino.

-Ciao! Sì anche io mi ricordo di te, piacere io sono Amy. Loro sono i miei amici, Jess e Aiden- li indico.

-Io sono Mark!- si presenta, stringendoci la mano e sedendosi accanto a me.

-Quindi vi conoscete?- chiede Sue incuriosita.

-Non proprio, abbiamo ballato per un po' ma non ci siamo nemmeno presentati- spiego.

-Mi stavo divertendo molto ma poi ho deciso di tirarmi indietro, non sia mai che mi metta a importunare la ragazza di Van Dalen, si è avvicinato come una furia e sapete che devo stare lontano dai guai...- aggiunge lui, con uno sguardo significativo a Matt e Sue che annuiscono. Vorrei chiedere ulteriori spiegazioni ma ho paura di fare la figura della ficcanaso.

Per un attimo mi perdo nei miei pensieri. Ricordo ancora quella sera: le mani di David su di me, il suo profumo ammaliante, quelle lame d'argento fisse nei miei occhi...
Basta Amy, stai diventando ridicola, pensa ad altro! Mi rimbecca la mia vocina interiore, richiamandomi all'ordine.

Sospiro ritornando a Mark -tranquillo, non sono proprio la ragazza di nessuno. Tantomeno di David Van Dalen- lo rassicuro, sorridendogli dolcemente.

Lui all'inizio pare dubbioso ma il mio sguardo deve convincerlo, perché sul suo viso si forma un sorriso smagliante e anche un tantino malizioso -oh, ma allora vuol dire che ho qualche speranza! Non sai quanto questa notizia mi renda felice- risponde facendomi arrossire leggermente, sta palesemente flirtando con me e lo fa con una naturalezza e semplicità sconcertanti.

Mi rendo immediatamente conto che il suo è un carattere molto diverso da quello di David, è aperto e senza peli sulla lingua ma soprattutto amichevole; infatti si integra subito nella conversazione, parla per quasi tutta la serata con Aiden e Matt ma soprattutto con Aiden, con cui pare andare immediatamente d'accordo, e lo stesso vale per me e Jess... continua a farci ridere e a raccontare aneddoti divertenti.

-Mark, il ragazzo qui è un nuotatore- lo informa Matt, indicando il mio migliore amico.

-Sul serio?- domanda Mark sorpreso.

-Me la cavo- ammette Aiden ma lo conosco fin troppo bene, la sua è una falsa modestia. Infatti io e Jess ridacchiamo senza farci vedere.

-Te la cavi?! Non dategli retta, è il campione di Baia del Sole- lo smaschero e non nascondo con una punta d'orgoglio nell'elogiarlo, so che gli fa estremamente piacere.

Mark e Matt lo guardano a bocca aperta.

-Anche a noi piace nuotare, ma non possiamo farlo spesso perché la piscina è in città, almeno non potevamo prima, ma adesso per fortuna hanno aperto questa in paese- racconta Mark -cosa ne diresti di una sfida, campione?- gli propone poi e ha un tono canzonatorio.

Oh, non gli conviene accendere la competitività di Aiden...

-Sarebbe fantastico! Noi ragazze potremmo farvi da giudici!- si intromette Sue eccitata.

-Accetto!- ribatte il mio amico immediatamente, come avevo previsto -vi avviso, non sono in piena forma... sono due settimane che non mi alleno, essendo in vacanza- aggiunge ma non ci crede veramente, glielo leggo in faccia quanto vuole stenderli.

-Non ti credo minimamente, hai risposto in modo troppo sicuro- ridacchia Matt.

-Cosa ne direste di sfidarvi domani in mattinata? La piscina sarebbe vuota e subito dopo potremmo passare una bella giornata insieme- propongo.

Tutti sembrano accettare di buon grado. Sarà davvero divertente...
La serata prosegue tranquilla e allegra, tra preparativi e pronostici.
Uscire è stata un'ottima idea, inoltre Mark si rivela sempre di più  una piacevole scoperta. Certo ci prova in continuazione con me, senza il minimo pudore, tuttavia la cosa mi diverte molto perché non lo fa in modo fastidioso ma lusinghiero; non provo con lui la stessa attrazione che provo verso David e nemmeno quel costante imbarazzo che mi fa fare continue figuracce, riesco a essere la solita Amy e questo mi tranquillizza notevolmente.
Magari recupero un po' di sanità mentale, penso rincuorata.

 
****

Siamo appena tornati alla pensione. Ho salutato Jess e Aiden e mi sono fiondata in camera. Anche loro sembrano contenti delle nuove conoscenze, ma qualcosa mi dice che avevano intenzione di restare soli adesso...
Nonostante la serata piacevole, ho ancora stampato nella mente il bacio che Valerie ha dato a David. La odio, Dio quanto la odio. La fastidiosa vocina nella mia testa, mi fa presente che magari la odio solo perché volevo essere al suo posto.
Mi siedo frustrata massaggiandomi le tempie, pensare a questo non fa altro che innervosirmi; fisso il letto, sul quale ho lasciato la lettera e il ritratto trovati a casa Deveraux. A questo punto i miei pensieri non prendono una direzione migliore, anzi. La verità è che non riesco a dare una spiegazione a tutto questo, idee assurde affollano la mia mente. Un conto è una certa somiglianza con qualcuno, tutt'altro è essere perfettamente identici e ricordare la vita di quella persona.
Continuo a osservare quella frase: "sta lontana dai Van Dalen."
Forse è stato il padre di Anita a lasciarle questo messaggio, che evidentemente lei non ha mai ritrovato, suppongo. Vorrei sapere di più su questo Françoise Deveraux, magari scoprendo qualcosa della sua vita riuscirò a capire di più su questa storia.
Ho un'idea... forse dovrei ritornare a casa Deveraux e perquisire meglio la biblioteca, se riuscissi a trovare i registri o i libri dove sono annotati tutti i membri della famiglia, potrei avere qualche indizio! Mi alzo di scatto euforica e vado su e giù per la camera.
Perché non ci ho pensato prima? Era tipico delle famiglie importanti annotare tutto questo. Potrei chiedere a Matt il permesso, in fondo è il vigilante, di certo David non sarebbe disposto ad aiutarmi ancora, ma soprattutto neanche morta chiederei il suo aiuto.
Basta, dopo la gara glielo chiederò, penso decisa.
Guardo l'orologio e mi rendo conto che è davvero tardi, devo andare a dormire ma il solo avvicinarmi al letto mi mette addosso paura e agitazione; non sopporto il fatto di essere terrorizzata da questi incubi, ormai la notte per me è solo motivo di terrore... però di certo non posso evitare di dormire, quindi faccio un bel respiro prendendo coraggio e mi infilo sotto le lenzuola

 
****

-Non toccarmi, non toccarmi!- urlo.

Respiro pesantemente, il cuore mi batte fortissimo.
Piano piano, mi rendo conto di essere in camera mia, è giorno e come al solito ho sognato quella maledetta chiesa, quel pugnale, quegli occhi.
Non ne posso più. Sono le sei del mattino, tra circa due ore dovremmo andare in piscina.
Decido di fare una doccia per rilassarmi e togliere il sudore appiccicoso di dosso, mi aiuterà a riprendermi dalla brutta nottata.
Effettivamente alla fine il getto caldo riesce a tranquillizzarmi, sono stata più di un'ora sotto la doccia...
Indosso il costume da bagno acquistato qualche giorno fa e decido di chiamare la mamma. Sarà sicuramente sveglia, visto che tra mezz'ora aprirà la caffetteria.

Risponde al primo squillo.

-Amy tesoro, buon giorno!-

-Ciao mamma! Mi manchi- le dico subito e la mia voce non deve essere delle migliori.

-Oh... anche tu piccola! Tutto bene lì?- chiede preoccupata dalla mia reazione.

-Certo mamma, sta tranquilla- cerco di cambiare subito tono o conoscendola verrà qui sul primo treno -sai, ho conosciuto un ragazzo- dico di getto, per trovare un argomento che le interessi, ma che...?

-Ma ne sono contentissima Amy! Come si chiama?- dì Mark, dì Mark ripete come un mantra la mia vocina.

-David- sussurro immediatamente, per poi mordermi la lingua da sola. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con mia madre, le racconto tutto e sapeva anche di Sebastian, stavolta però non vorrei farla preoccupare.

-E com'è? È carino? Gentile?- inizia con la sfilza di domande, interrogatorio stile Elise Davies parte uno, penso ironica.

-Sì molto, molto carino- rispondo sincera -anche molto gentile- mento.

-Sono felice per te tesoro, era ora che ti interessassi a qualcuno- quanto mi manca...

-Anche io sono felice mamma, adesso devo andare, ti voglio bene.-

-Ti voglio bene anche io, sta attenta.-

Chiudo la telefonata prima che la malinconia mi assalga del tutto o prima di dire qualcosa di troppo, mi rimbecca la fastidiosa vocina. Perché le ho raccontato di lui? Ultimamente sono così strana, quasi non mi riconosco, forse avevo solo bisogno di sentire la voce rassicurante di mia madre.

Appena pronta esco dalla camera e raggiungo Jess e Aiden per colazione.
Una meravigliosa torta è al centro del tavolo, mi brillano gli occhi e anche a Jess.

-Buon giorno ragazzi!- ci saluta la signora Miller.

-Per noi è diventata una mattinata meravigliosa, signora Miller- guardo incantata la torta.

-Agata!- mi corregge bonaria -ne sono felicissima, mia figlia mi ha raccontato quanto siete golose, quindi tenetevi pronte perché vi rimpinzerò di dolci!- afferma determinata e soddisfatta.

-Credo che alla fine di questa vacanza, non entrerete più in quei costumi da bagno che avete comprato- sghignazza Aiden prendendoci in giro, oltraggiate iniziamo a fargli il solletico sapendo quanto lo odia.

-Ok, ok scherzavo!- ride -siete sempre bellissime- assume un'aria innocente.

-Buon giorno ragazzi!- ci interrompe Sue alle nostre spalle -mia madre mi ha concesso la mattinata libera dal lavoro! Faccio colazione con voi- si siede.

Io e Jess divoriamo la torta della signora Miller non risparmiandoci versi di apprezzamento,  sotto gli occhi divertiti di Aiden e Sue; dopodiché usciamo dalla pensione per raggiungere Mark e Matt in piscina.

Non appena arriviamo, li troviamo ad aspettarci. Sue corre incontro a Matt abbracciandolo e baciandolo teneramente, mentre Jess e Aiden passeggiano tenendosi per mano.

-Lontani da me piccioncini- si allontana Mark, con una faccia di finto disgusto e guarda caso inizia a camminare accanto a me.

Dopo poco arriviamo a destinazione. La piscina è meravigliosa come la prima volta che ci siamo venuti, ma nonostante questo resto nuovamente incantata, è un piccolo paradiso.
Essendo mattina presto, ci sono poche persone.

-Bene, direi di dare inizio alla gara- esordisce Aiden eccitato.

-Era quello che stavo per dire- risponde con fare da spaccone Mark.

Wow... la competizione si inizia a sentire.

I ragazzi tolgono le maglie e si avvicinano a bordo piscina. Hanno tutti un fisico da nuotatori, non c'è che dire.

-Farete una vasca, il primo che arriva senza imbrogliare vince!- annuncia Jess.

-Per chi ci hai preso- ribatte Aiden imbronciato e offeso facendoci ridacchiare, prende molto sul serio le gare di nuoto.

-Tre, due, uno, via!- urlo, mentre Sue controlla il tempo col cronometro.

Sono davvero molto bravi, all'inizio Mark è in vantaggio, seguito da Matt e Aiden. Tuttavia il mio migliore amico riesce subito a raggiungerli e a recuperare con poche bracciate, alla fine come avevamo previsto, li batte.

-Vince Aiden ragazzi! Vi avevo detto che era un campione!- affermo orgogliosa del mio Aiden. Jess si avvicina al bordo piscina e lui la tira per una caviglia, spingendola in acqua.

-Al vincitore la sua dama!- si pavoneggia baciandola, mentre gli altri due sbuffano infastiditi.

Poi Matt e Mark escono dall'acqua.

-Direi che i nostri giudici hanno bisogno di una rinfrescatina- dice Matt una volta fuori, cercando di acciuffare Sue improvvisamente.

-No, no ti prego è fredda, è troppo presto!- lei cerca di scappare, ma lui è più veloce. La prende in braccio e si tuffa mentre io rido di gusto, sono adorabili.

-Cosa ridi bellissima? Non crederai di averla scampata solo perché non stiamo insieme?- vedo Mark avvicinarsi pericolosamente.

Indietreggio allarmata -no! No, ti prego fa ancora troppo freddo!- esclamo, cercando di scappare via.

Lui è molto più veloce di me, mi si para davanti chiudendo ogni via di fuga e mi stringe per poi trascinarmi verso la piscina.

Rido e urlo, cercando di divincolarmi -No! No, per favore, è fredda!!- ma lui non mi sta a sentire, né si impietosisce; mi stringe ancora di più gettandosi in acqua con me.

È gelida diamine! Mi toglie il respiro. Non appena riesco a emergere, inizio a schizzare nella sua direzione, mentre lui ride coprendosi gli occhi.
In realtà mi sto divertendo molto, Mark è davvero simpatico e mi dona tanta spensieratezza, con lui mi sento tranquilla.

Cerca di bloccarmi le mani sul bordo piscina.

-Ferma, ferma, ok scusa!-

È riuscito a tenermi ferma -lasciami o non accetterò le tue scuse!- continuiamo entrambi a ridere e scherzare.

-A una condizione- sorride malizioso e vicinissimo, scrutandomi con i suoi grandi occhi nocciola.

Lo guardo incuriosita alzando un sopracciglio -e cioè?-

-Voglio un bacio, bellissima- afferma malizioso e sicuro di sé, è proprio senza ritegno, penso divertita.

Sbuffo -scordatelo.-

-Allora non ti muoverai- ribatte con tranquillità, nascondendo un sorriso.

Alzo gli occhi al cielo -e va bene...- solo a quelle parole mi libera le mani e io gli stampo un bacio sulla guancia sghignazzando.

-Imbrogliona, ma così non vale- assume un'espressione imbronciata e buffa.

-Per niente, mi hai chiesto un bacio e un bacio ti ho dato- rispondo con aria smielata e canzonatoria.

Ma il sorriso mi muore sulle labbra: noto alle sue spalle David che ci fissa da lontano. Ha uno sguardo che è puro ghiaccio, pare alquanto infuriato. Mark si accorge della mia espressione seria e si gira nella direzione in cui sto guardando.
David non abbassa lo sguardo, ci scruta incenerendoci quasi.
Ma che...? Incredibile, adesso la mia sola presenza lo infastidisce. Beh, dovrà farci l'abitudine, non ho intenzione di chiudermi in camera per paura di incontrarlo, non mi interessa minimamente quanto mi trovi patetica.
Inizio a schizzare l'acqua a Mark per farlo girare.

Ma quando lui si volta, mi guarda serio -sei sicura che non c'è niente tra di voi?- chiede sospettoso.

-Assolutamente no- rispondo sicura.

-Da come ti guarda non si direbbe... sembra voglia uccidermi col solo sguardo- ribatte lui scettico.

Scuoto con decisione la testa -ti sbagli. Lui e io non siamo nulla, anzi direi che non andiamo per niente d'accordo- ribadisco irremovibile.

Lo vedo sospirare, poco convinto -va bene Amy, voglio crederti. Ho chiesto perché non mi piace immischiarmi nelle relazioni altrui, a maggior ragione in quelle di Van Dalen, ma se dici di essere libera, nulla mi vieta di passare del tempo con te- mi guarda ancora serio e si avvicina ulteriormente, arrossisco leggermente ma lo assecondo... voglio distrarmi.
Sento ancora lo sguardo di David perforarmi la schiena ma  lo ignoro bellamente. Passo il resto del tempo a scherzare in acqua con Mark, quando mi volto David non c'è più.

Siamo tutti distesi sulle sdraio, cerco disperatamente di prendere un po' di colorito, poi ricordo la ricerca che avevo intenzione di fare nella biblioteca di casa Deveraux.

-Matt, posso chiederti un favore?- mi volto, rivolgendomi a lui.

-Se posso aiutarti, con piacere Amy- risponde subito.

-Vorrei chiederti di aiutarmi ad accedere alla biblioteca di casa Deveraux, sai è per un esame- mento e sento lo sguardo di Jess e Aiden addosso, sanno benissimo che non c'è nessun esame.

Mi guarda pensieroso - in realtà non si potrebbe accedere a quell'area... ma credo che per te riuscirò a fare uno strappo alla regola, sembrate dei ragazzi a posto e inoltre nessuno visita quel vecchio palazzo, chi mai se ne accorgerebbe!-

Sono felicissima -ti ringrazio Matt! Sarebbe possibile per domani?- propongo.

-Ma certo, domani sono di turno!-

Almeno una è fatta, penso soddisfatta, sono sicura che troverò qualcosa a casa Deveraux.

Io, Jess e Sue siamo a bordo piscina, mentre i ragazzi sono appisolati sulle sdraio.

-Signorina Davies, è un vero piacere rivederla!- mi volto al suono di quella voce familiare alle mie spalle.

Albert Van Dalen è di fronte a me. Indossa uno dei suoi impeccabili completi di alta sartoria e mi scruta con quegli occhi tanto simili a quelli di David.

-Signor Van Dalen! Anche per me è un piacere incontrarla di nuovo- gli sorrido, mentre Sue e Jess mi guardano a bocca aperta.

-Allora, è di suo gradimento questo posto?- domanda orgoglioso, essendo una sua proprietà ne ha tutti i motivi, è un sogno questa piscina.

-È un vero paradiso - rispondo sincera e lui mi scruta soddisfatto.

-La più grande gratificazione, è vedere i propri clienti felici- mi sorride e io faccio un cenno d'assenso pienamente d'accordo con lui,  ripenso ai miei clienti del Sun.

-Sa signorina Davies, tra qualche giorno organizzerò un ballo presso la mia tenuta, ci saranno le più importanti personalità dei Tre Stati- aggiunge.

Non capisco perché mi sta dicendo tutto questo -sarà sicuramente un evento meraviglioso- rispondo educata.

-Mi farebbe molto piacere se decidesse di venire, ovviamente può portare anche i suoi amici- lancia uno sguardo a Sue e Jess, dietro di me.

-mi... mi sta invitando a un ballo tanto importante? I... io non so se...- balbetto sconcertata.

-Sono sicuro che farà sfigurare tutte le presenti non si preoccupi e poi non ci saranno solo vecchi barbosi come me, ci saranno ragazze e ragazzi della sua età e ovviamente mio figlio che già conosce. Ci pensi, mi farebbe davvero molto piacere- il suo tono è tranquillo e misurato, ma si vede che è sincero nel volermi invitare.

Se non odiassi tuo figlio, forse sarei più motivata, penso.

-Sono lusingata dal suo invito, ci penserò. La ringrazio- rispondo, cercando di nascondere l'incredulità.

Mi sorride soddisfatto -Bene, ora devo andare. Sono felice di averla incontrata di nuovo e spero decida di venire, le spedirò gli inviti- si congeda.

-Grazie, arrivederci- saluto anche io educatamente, stringendogli la mano.

-Tu... tu... tu... conosci Albert Van Dalen?! E ti ha appena invitata a uno dei balli più importanti del Terzo Stato?! Anzi, ci ha invitati!- urla Jess, non  appena il padre di David si allontana, ha svegliato anche i ragazzi che ora mi guardano sorpresi. Non riesce a trattenere l'entusiasmo.

Aiden alza gli occhi al cielo a quella notizia.

-Non posso crederci, è l'evento più importante della stagione!- si intromette Sue meravigliata -peccato, mia madre non mi permetterà mai di passare una serata a casa Van Dalen- aggiunge triste.

-Non preoccuparti, nemmeno noi ci andiamo- dico sicura.

-Cosa?! No Amy, non puoi farmi questo, un ballo! Un vero ballo, ti prego, ti prego! Sue andiamo, tua madre non deve per forza venirlo a sapere- ci implora con i suoi occhi profondi.

-Hai dimenticato che quello è il padre di David? Non posso andare a casa sua Jess!- cerco di farla ragionare.

-Ma sarà una serata meravigliosa Amy! Vi prego ragazze! Ci sarà così tanta gente, che probabilmente non lo incontrerai nemmeno David- ribatte lei.

La guardo scettica.

-Vi prego, vi prego, vi prego! Dimenticate i Van Dalen. Ci saranno fiori, abiti da sogno, musica romantica e un buffet meraviglioso!-  Le brillano gli occhi.

Dopo due ore di preghiere e implorazioni, sono costretta a cedere, Sue che non conosce bene Jess ha ceduto molto prima.

-Avrai bisogno di un cavaliere Amy!- mi punzecchia Sue divertita, anzi credo stia punzecchiando Mark che drizza subito le antenne, facendola ridacchiare.

Così decido di assecondarli -hey Mark, ti andrebbe di farmi da cavaliere?-

-Non hai nemmeno da chiederlo bellissima!- accetta subito soddisfatto.
La sua spontaneità mi piace tantissimo.

-Oh no, non abbiamo gli abiti adatti- rispondo terrorizzata. Cosa si indossa per andare in un posto del genere? Sicuramente non i miei adorati jeans.

-Non preoccupatevi di questo, Nora sicuramente avrà qualcosa- ci rassicura Sue.

-Ma costeranno tantissimo!- si lamenta Jess.

-Nora ci farà sicuramente un prezzo di favore- risponde lei convinta.

-Speriamo...- aggiungo preoccupata.

Dopo aver passato una giornata rilassante in piscina, nel tardo pomeriggio decidiamo di tornare. Matt e Mark ci accompagnano alla pensione.

-Cosa ne diresti di venire a cena con me?- chiede Mark, mentre ci salutiamo.

Sono sorpresa e lusingata da quest'invito. Mark è una boccata d'aria fresca e visto che oggi sono stata così bene, non vedo perché dovrei rifiutare.

-A cena? Va bene, ci sto!- rispondo infatti, senza nemmeno pensarci troppo. Con lui sono me stessa, vedo Jess lanciarmi un'occhiata.

Aiden invece sembra soddisfatto, Mark gli piace.

-Passo alle 21:00- mi lascia un leggero bacio sulla guancia e va via.

Saliamo in camera e dopo una doccia Jess entra, sedendosi sul mio letto e scrutandomi.

-Ti piace Mark?- domanda senza giri di parole, mentre io mi asciugo i capelli.

-Io... io non saprei, è dolce, un bel ragazzo, è simpatico, ma...- cerco un difetto senza trovarne, qualcosa che spieghi il perché non provo ciò che dovrei provare.

-Ma non è David- termina lei la frase per me.

Sospiro, sedendomi accanto alla mia migliore amica -sarò sincera Jess, non continuerò a mentire, né a me stessa, né a te. David mi piace, in un modo strano e contorto aggiungerei: da un lato mi terrorizza, dall'altro mi affascina e attrae. Basta un suo sguardo, una sua carezza e il mio cuore accelera; ma allo stesso tempo mi fa soffrire, basta una sua parola per mandarmi in pezzi. E poi lui non prova lo stesso per me... me l'ha fatto capire chiaramente, invece Mark è stato una piacevole scoperta, lui è così spontaneo, così vero, in un solo giorno è riuscito a farmi ridere, più volte di quanto abbia riso da quando siamo arrivati ad Albanuova. Con lui riesco a essere la solita Amy, sto bene- ho parlato forse più a me stessa che a Jess, ma avevo bisogno di dirlo ad alta voce.

-lo capisco Amy e Mark mi piace, come piace anche a Aiden. Sono felicissima che tu abbia accettato di uscire con lui, dagli una possibilità. Solo... non illuderlo, metti le cose in chiaro- come al solito i consigli di Jess riescono a darmi sicurezza, ha pienamente ragione.

-lo farò- faccio un cenno d'assenso.

-Sei sicura di voler tornare a casa Deveraux domani? Devi aver pensato a qualche altro indizio, per proporre a Matt di farci perlustrare la biblioteca- ipotizza sospettosa.

-In realtà ho un po' paura, ma credo che dovremmo cercare i registri della famiglia Deveraux. Capire qualcosa sulla vita di Françoise Deveraux,  per andare in fondo a questa storia- spiego sicura.

-Bene, non preoccuparti allora, al primo accenno di stranezze torneremo a casa. Forza, adesso ti aiuto a prepararti per questo appuntamento, stai diventando una rubacuori- ridacchia maliziosa.
Alzo gli occhi al cielo ridendo anche io.

Improvvisamente mi guarda inorridita -non dirmi che volevi indossare questa roba?- ecco lo sapevo, non mi permetterà mai di indossare i miei adorati jeans a un appuntamento. Sbuffo, lasciandole spazio davanti all'armadio.

Dopo quasi un'ora di preparativi, sono pronta. Indosso lo stesso abito blu della prima sera alla terrazza, con i tacchi alti e un trucco perfetto, tutto opera di Jess. Tengo i capelli legati in una alta coda. Come al solito la mia amica è bravissima nell'agghindarmi, lo fa da quando eravamo bambine; io non sono particolarmente incline a tutto questo ma non mi oppongo, la conosco e so che questo è il suo modo per prendersi cura di me, per dirmi che mi vuole bene.

Sentiamo bussare alla porta, è Sue.

-Ragazze, sono riuscita ad intercettare gli inviti al ballo prima di mia madre!-  poi mi fissa -wow Amy, sei uno schianto! Mark sverrà vedendoti- ridacchia.

-Esagerata- prendo l'invito e lo apro -oh no- osservo triste.

-Cosa c'è?- chiedono in coro incuriosite.

-Il ballo è sabato, abbiamo solo la giornata di domani per procurarci un vestito adatto, anzi il pomeriggio, visto che la mattina andremo a casa Deveraux- spiego scoraggiata.

-Tranquilla Amy, Nora fa miracoli- ci assicura Sue, facendomi l'occhiolino.

Continuiamo a chiacchierare in camera per un po', poi ci rechiamo all'uscita per aspettare Mark. Non appena arriviamo lui è già lì. Indossa un maglia nera a maniche corte e un paio di jeans scuri, si addicono molto al suo stile, sta benissimo.
Mi fissa e sembra apprezzare ciò che vede. Mi avvicino a lui, sentendo le battutine di Sue e Jess che salutano Mark da lontano.

-Sei perfetta-dice, dandomi un bacio sulla guancia.

-Grazie, anche tu- rispondo sorridendo, con la massima tranquillità.

Se fosse stato qualcun altro a farti quel complimento, saresti stata così tranquilla? Interviene la mia odiosa vocina interiore ma la metto subito a tacere.

Proseguiamo verso la parte moderna del paese, chiacchierando del più e del meno.
Ci fermiamo in un piccolo ristorante dall'aria abbastanza elegante e la cena prosegue tranquilla: ci raccontiamo dei nostri hobby, della nostra musica preferita, della famiglia; amo parlare con questo ragazzo. Non sono mai in imbarazzo con lui, anche se non riesco a raccontargli di mio padre o di altre cose davvero importanti.
Dopo aver cenato, decidiamo di continuare la serata, magari in un locale vicino.

-Torniamo alla terrazza, in fondo è lì che ci siamo conosciuti. Inoltre, è l'ideale per continuare a chiacchierare, in altri posti la musica è eccessivamente alta- propone, poggiando una mano dietro la mia schiena e mi spinge verso l'entrata.

No, la terrazza no! Penso avvilita. Ma non posso dirgli certo che ho paura di incontrare David... oggi gli ho assicurato che non c'è nulla tra noi, così decido di assecondarlo.

-Va benissimo, entriamo- mento, stampandomi un sorriso falso sul viso.

Ti prego, ti prego, fa che non ci sia quell'arrogante, spero in silenzio. Mark mi accompagna gentilmente a un tavolo, vicino al parapetto e al meraviglioso panorama di montagna. Come al solito le candele conferiscono al tutto un clima raffinato e intimo. Questo locale che so essere suo, rispecchia pienamente lo stile di qualcuno a cui sto cercando disperatamente di non pensare.

-Vado a prendere da bere, bellissima- mi sussurra all'orecchio e si allontana.

Mi guardo intorno, è abbastanza affollato. Quando sto per convincermi di averla scampata, almeno per stasera, in un angolo appartato noto David.
È vestito in maniera impeccabile, con una camicia bianca, simile a quella che rovinai la prima sera e i  capelli neri scurissimi scompigliati. Seduta sulle sue gambe c'è Valerie, vestita in maniera indecente... ma non ha un paio di jeans?!
Intorno al tavolo ci sono le gemelle e altri ragazzi dall'aria snob.
Mentre lo fisso, mi tornano subito in mente le sue parole: "sei patetica, stupida ragazzina, volevo solo convincerti a venire a letto con me" mi intristisco e sento ancora ribollire la rabbia.
Spero di non essere notata, la giornata è stata così bella, tranquilla e spensierata... ma non faccio nemmeno in tempo a formularlo quel pensiero, che il suo sguardo di ghiaccio si posa su di me inchiodandomi, è come se mi avesse sentito. Distolgo immediatamente il viso, sentendo una fitta allo stomaco.

-Spero ti piaccia - sento dire a Mark, che nel frattempo è tornato al tavolo con un bicchiere colorato, lo assaggio riportando l'attenzione su di lui.

-Grazie, è delizioso- rispondo.

Mark mi fissa, sfiorandomi il viso con le dita e io vorrei davvero provare qualcosa di più, ma nulla. Si avvicina lentamente, credo voglia baciarmi.
Sposto subito il viso, facendomi baciare sulla guancia con un sorriso di scuse.

-I... io non credo che...- balbetto imbarazzata.

-Tranquilla Amy- mi rassicura, per niente offeso -scusami, ma dovevo provarci almeno... stasera sei ancora più bella del solito- è di una spontaneità e sincerità incredibili.

Sorrido lusingata -grazie- sussurro.

Continuiamo a chiacchierare allegramente della mia vita all'isola, della sua in paese, l'episodio di poco fa non l'ha minimamente scalfito.

-Scusami, torno subito- mi interrompo  a un certo punto, dirigendomi verso la toilette.

Quando sto per raggiungere la porta però sento qualcuno che mi blocca, spingendomi contro il muro. Quel profumo caldo e avvolgente mi colpisce e lo riconosco subito, credo lo riconoscerei anche da morta maledizione. E adesso che vuole...

-Ti stai divertendo?- domanda David con la sua voce profonda e una nota stizzita appena percepibile, bloccandomi contro la parete. Mi imprigiona con le sue braccia ai lati.
Io fisso quei profondi laghi d'argento, il suo sguardo è freddo e distaccato, non vorrei sbagliarmi ma è anche un po' arrabbiato.
Sono sicura che è venuto a dirmi di andarmene o a prendermi in giro. Per un momento soltanto abbasso lo sguardo sulla sua bocca, su quelle labbra piene e morbide come il velluto o almeno so che così dovrebbero essere. È quel maledetto sogno! mi fa pensare cose che non dovrei, non l'hai baciato sfigata, datti una svegliata! Mi fa notare la mia fastidiosa vocina.
Deglutisco innervosita.

-Che diavolo vuoi?!- domando con altrettanta rabbia.

-Te l'ho detto. Voglio sapere se ti stai divertendo- ribatte lui piccato.

-Questi non sono affari che ti riguardano- rispondo indignata.

-Mi riguardano, visto che sei venuta con quello nel mio fottuto locale!- sibila rabbioso e altezzoso.

Non capisco questa rabbia.

Sospiro, sono stanca. Che mi scaraventi pure addosso tutti i suoi insulti e mi ripeta quanto sono patetica, non mi farò rovinare la serata da lui.

-Dì quello che devi dire e lasciami in pace, coraggio comincia pure a insultarmi!- esclamo scocciata e affranta da questi continui scontri.

Nonostante tutto, la sua vicinanza fa aumentare i battiti del mio cuore. Quegli occhi mi intimoriscono e allo stesso tempo mi catturano, come una falena attratta dalla luce.

-Impaziente di tornare da riccioli d'oro?- fa un sorrisetto sprezzante.

E adesso questo cosa c'entra? Non capisco cosa gli interessi.

-Sì lo sono, lui sa come trattare una ragazza e di certo non la insulta- gli dico risoluta, dalla faccia direi che la mia risposta lo ha fatto infuriare ancora di più. Perché si arrabbia tanto? Si comporta in maniera così strana.

Dopo avermi guardata qualche secondo negli occhi, sorride maligno -non ti importa niente di lui.-

Questo suo atteggiamento è la cosa che più mi irrita, è un presuntuoso della peggior specie, dà per scontato di sapere esattamente ciò che provo.

-E tu cosa ne sai? Mi piace la sua compagnia, molto più della tua, torna da Valerie. Non perdi tempo con le ragazzine giusto?- gli faccio notare, a pochi centimetri dal suo viso con aria di sfida.

Resta per un momento in silenzio, poi risponde -tu non sai niente!- sibila.

Restiamo a fissarci in cagnesco per alcuni secondi.
Poi lo vedo distogliere lo sguardo con un sorriso malizioso. Ma che...?
Si avvicina lentamente, sfiorandomi il collo con le sue labbra calde. Sono spiazzata e scioccata. Resto immobile come una statua di sale.
No, no, no! Quelle dannate labbra non sono sul mio collo, serro gli occhi sopraffatta dall'assalto improvviso. Cerco di riprendere il controllo ma niente. Respiro a fatica. Ma che mi prende? Devo allontanarlo, spingerlo via... ma il mio corpo è paralizzato, non risponde ai comandi.

Il suo profumo è ancora più forte perché siamo davvero troppo vicini.

-Ti piace la sua compagnia?- sussurra sulla mia liscia pelle, sempre più vicino, sfiorandomi con quelle labbra perfette e provocandomi violenti brividi lungo la schiena. Il mio cuore sembra volere uscire dal petto.

Continuo a tenere gli occhi chiusi. Mentre lui continua a sfiorarmi, fino ad arrivare all'orecchio.
I suoi baci lasciano una scia infuocata lungo il mio collo.

-Con lui provi tutto questo?- mi sussurra provocante e sensuale, con la sua voce profonda.

Il suo respiro, questi baci leggeri, mi sta facendo perdere la testa. Continuo a tenere gli occhi serrati, mentre lui non accenna a smettere, baciandomi e sfiorandomi lentamente, fino ad arrivare alla spalla scoperta. Lo sento risalire e un forte calore si propaga sulle mie guance, i brividi aumentano... so cosa sta cercando di fare, vuole confondermi, ma non riesco proprio a spingerlo via.
Emetto un sospiro o forse un gemito. Sento che sorride soddisfatto sulla mia pelle, immagino quanto le mie reazioni lo divertano.

Sale ancora, lasciandomi leggeri baci sul mento.

Si sta avvicinando alle mie labbra. Trattengo il fiato stordita dalle emozioni che sto provando.
Resto in attesa di ciò che mi rendo conto desiderare ardentemente, ma non sento più nulla e quando riapro gli occhi lui mi sta fissando  divertito e compiaciuto, continuando a tenermi imprigionata alla parete.

-Che tenera che sei formaggino, basta un niente per farti venire le palpitazioni, aspettavi un bacio vero?- sogghigna.

Arrossisco violentemente, forse come non mai in vita mia. Sapevo che mi stava prendendo in giro!

Lo odio maledizione.

Certo, ripete la mia vocina interiore beffarda, per questo ti sei fatta spiaccicare contro un muro. Mi arrabbio ancora di più, con lui e con me stessa.

Lo spingo via su tutte le furie -lasciami in pace, stronzo!- urlo fuori di me, spintonandolo e dirigendomi verso il bagno, accompagnata dalla sua risata beffarda.

-Ricordati che questo stronzo è l'unico che ti fa sospirare e gemere!- lo sento dire alle mie spalle in tono canzonatorio, mentre mi allontano.

È un demonio.

-Quel presuntuoso, arrogante, pallone gonfiato...- le mie imprecazioni continuano, mentre mi avvio al tavolo ancora con le guance in fiamme.

È riuscito a rovinarmi la serata. Ma cosa vuole da me? Perché deve sempre trattarmi così? Il mio cuore continua  battere all'impazzata, mi odio ancora di più per questo, sono tutta scombussolata.
Mi dirigo di nuovo al tavolo verso Mark. Anche lui si accorge del mio cambio d'umore e mi chiede cosa sia successo, ma non gli rispondo, gli chiedo solo di tornare a casa. Non so se mi fa più rabbia la presa in giro, oppure il fatto che davanti a lui noi riesco a controllare ciò che provo.

-Hai le guance arrossate Amy, ti senti male?- chiede Mark preoccupato.

Doveva proprio chiedermelo passando davanti al tavolo di David?!

Infatti non appena mi giro, vedo che mi fissa ancora più compiaciuto, fa addirittura un sorrisetto ironico! Lo fulmino con lo sguardo, il bastardo ha sentito benissimo ovviamente.

Vorrei scomparire, altro che male, stava per venirmi una sincope - n... no, sto bene, è il caldo- incespico con le parole.

Mark mi riaccompagna alla pensione -sicura che vada tutto bene Amy? Hai cambiato improvvisamente umore- mi fa notare preoccupato.

-No tranquillo- lo rassicuro -sono solo stanca. Grazie, è stata una serata bellissima.-

-Grazie a te per aver accettato di uscire- sorride e mi accarezza il viso.

Non riesco più a trattenermi, mi sento troppo in colpa-scusami! Devo essere sincera con te- sto per dirgli quello che provo.

Lui però mi interrompe -so che sei frenata verso di me, magari perché qualcun altro occupa i tuoi pensieri. Lo sapevo anche prima di invitarti a cena- mi confessa con tranquillità.

-Allora perché l'hai fatto?- aggrotto le sopracciglia.

-Perché sei una bella ragazza, intelligente e dolce, mi piace la tua compagnia. Inoltre io so come si tratta una ragazza a differenza di altri, meriti di meglio- mi sorride e sospetto, anzi sono quasi certa che si riferisca a David.

-Anche tu lo sei. Mi fai ridere, sei un bel ragazzo e con te mi sento a mio agio- confesso con dolcezza.

-Ne sono contento Amy, non preoccuparti di nulla, è stata una serata bellissima, spero che al ballo ti divertirai allo stesso modo. E ricordati, io non cedo facilmente. Mi piace corteggiarti, bellissima!- esclama.

Gli sorrido timidamente, questo ragazzo mi lusinga, magari col tempo potrebbe farmi provare altro, chi sa...

-Grazie! Buonanotte- lo abbraccio.

-Buona notte- mi stringe anche lui, rispondendo al mio abbraccio e lasciandomi un bacio leggero sulla guancia, molto vicino all'angolo della bocca ma non mi ha dato fastidio.

Mi dirigo in camera ripensando a quanto successo con David, sono ancora infuriata. Anche a letto continuo a rimuginare e a infuriarmi ancora di più, per avergli permesso di rovinarmi la serata. Per lui sono solo un divertimento, una stupida ragazzina innocente da mettere in imbarazzo con i suoi giochetti.

Lentamente, dopo molto, sento che il sonno ha il sopravvento sulla rabbia.


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***




Il continuo bussare alla porta interrompe il mio sonno, se così possiamo chiamarlo.
Mi alzo come al solito sudata e frastornata, osservando le lenzuola sparse sul pavimento e cercando di reprimere la paura e l'angoscia che i miei incubi  causano. Che li ricordi o meno, al risveglio sto sempre malissimo.
Mi dirigo verso la porta, trovandomi davanti una Jess allegra e già vestita di tutto punto, con un vassoio su cui c'è la colazione.

-Sono venuta a svegliarti e portarti la colazione in camera!- cinguetta sorridente con uno sguardo innocente.

La osservo, alzando un sopracciglio scetticamente -tu sei soltanto venuta a impicciarti. Vuoi sapere cosa è successo con Mark!-  svelo subito le sue intenzioni.

-Ma che vai a pensare!- risponde indignata e fintamente offesa.
Scuote la testa assumendo un espressione ancora più innocente, entra in camera e poggia il vassoio sulla scrivania per poi sedersi sul letto

Con aria scettica siedo accanto a lei, gustandomi con calma tutto ciò che mi ha portato e guardandola di sottecchi, è sempre più impaziente mentre io continuo a ignorarla.

-Amy, vuoi farmi morire di curiosità?!- sbotta dopo un quarto d'ora, esasperata.

-Sempre la solita impicciona- ridacchio, divertita per averla smascherata.

-Parla!- mi ordina irremovibile.

-E va bene- sospiro rassegnata -è stata una bella serata. Ci siamo divertiti molto, lui è davvero gentile e abbiamo tante cose in comune... ha provato a baciarmi- racconto, lasciando volutamente per ultimo ciò che più le interessa.

Lei rimane a bocca aperta -e tu?!-

-Non gliel'ho permesso- confesso scoraggiata -devo ancora definire ciò che provo per Mark e non è così forte da baciarlo. Il punto è che... ecco... c'è dell'altro...-  arrossisco al solo ripensare a quanto successo con David.

Non ho il coraggio di raccontarlo, so che si infurierà e lo racconterà anche ad Aiden.

-Cosa? Non puoi lasciare le frasi a metà Amy!- si imbroncia.

Non avevo intenzione di tenerglielo nascosto, ma vuotare il sacco non è proprio una passeggiata; tuttavia sarà meglio non tergiversare troppo, come si suol dire: "via il dente via il dolore."
Così le racconto di ciò che ha fatto David. Lei mi ascolta in silenzio, sgranando gli occhi di tanto in tanto.

-Ma che bastardo, presuntuoso, viziato, arrogante...- comincia infuriata, riprendendo quasi la stessa sfilza di insulti che gli ho dedicato l'altra sera.

-Ok, ok, calma. Hai reso perfettamente l'idea- la interrompo ridendo.

-Dovevi respingerlo molto prima Amy!- mi rimprovera severa.

-Lo so, lo so! ma in quel momento la mia mente era decisamente annebbiata- ammetto arrossendo e passandomi una mano tra i capelli frustrata.

A quelle parole non aggiunge altro se non un sospiro di rassegnazione; la conosco bene e nonostante non condivida ciò che provo per David, non me lo farebbe mai pesare più del dovuto.

-Facciamo così, sarà meglio lasciare a me l'ingrato compito di raccontare tutto ad Aiden. Lo calmerò ed eviterò che corra a litigare con Van Dalen. Sto imparando come prendere quel testone del mio ragazzo- mi fa un occhiolino.

-Te l'ho già detto che ti adoro?- la abbraccio colma di gratitudine. Avevo deciso di mettere al corrente anche il mio migliore amico, nonostante la paura per la sua possibile reazione, tra di noi non ci devono essere segreti. Non commetterò due volte lo stesso errore...

-Beh sì, senza di me saresti perduta mia cara!- fa spallucce con finta altezzosità -ma sappi che questo ti costerà almeno una settimana di shopping forzato, quando torneremo a Baia del Sole- mi avvisa demoralizzandomi.

-Forza, dobbiamo essere a casa Deveraux tra mezz'ora- si avvia in camera sua.

Dopo essermi vestita e aver raggiunto Jess e Aiden, veniamo  fermate da Sue.

-Ragazze, cercavo proprio voi! Questo pomeriggio abbiamo un appuntamento con Nora. Terrà chiuso il negozio solo per noi- ci informa eccitata -troveremo degli abiti meravigliosi per domani sera!-

-Faremo sfigurare quelle presuntuose!- aggiunge Jess altrettanto euforica.

Decisamente non condivido questa loro smania di andare al ballo, mi limito ad alzare gli occhi al cielo temendo quella serata e i suoi possibili risvolti.

Quando usciamo dalla pensione ci dirigiamo verso casa Deveraux, impiegheremo più tempo del previsto non avendo l'auto. Aiden è nervoso, Jess gli ha sicuramente raccontato quello che è successo ieri sera, ma suppongo che anche lui non voglia farmelo pesare, per questo non mi ha detto nulla.
Dopo quasi un'ora arriviamo ai cancelli della tenuta, dove Matt ci aspetta. Ho una certa inquietudine, sapendo di dover entrare di nuovo in quella casa ma cerco di reprimerla e apparire tranquilla. La nostra ricerca è più importante delle mie sciocche e immotivate paure.

-Siete puntualissimi ragazzi!- osserva Matt, conducendoci all'interno.

-Grazie per averci dato questa possibilità, staremo attenti, non ti creeremo problemi- gli garantisco.

-Sono certo che starete attenti, inoltre come vi ho già detto a nessuno interessano quei vecchi libri. Potete restare quanto volete- risponde, aprendo la porta della biblioteca e sedendosi su una vecchia poltrona.

Passiamo non so quanto a spulciare libri su libri, senza fortuna. Alcuni sono posteriori all'Interruzione, altri addirittura anteriori ma del periodo sbagliato...
Arrivo ad alcuni scaffali in fondo alla biblioteca, nascosto dietro una prima fila di libri ne noto uno in particolare: la copertina è nera rigida, i bordi sono consumati dal tempo e ha decorazioni in bronzo e oro molto accurate;
A dire il vero sento un non so che di familiare guardandolo, è scritto in una lingua arcaica, molto più vecchia di quella della lettera che abbiamo trovato qualche giorno fa, tanto che faccio molta fatica a tradurre.

Il titolo in rilievo è abbastanza strano:

"I CUSTODI"

Mi incuriosisce molto. Mi giro, notando i miei amici impegnati a cercare e Matt appisolato, così infilo il libro in borsa furtivamente. Mi dispiace tradire la fiducia di Matt, ma sono certa che nessuno si accorgerà della mancanza di un libro; inoltre sento di doverlo portare con me.

-Ragazze, ho trovato qualcosa- sento dire ad Aiden mentre io e Jess ci guardiamo con aria interrogativa.

Lo vediamo prendere un grosso libro e metterlo su un vecchio tavolo.

-Ecco il registro dove sono elencati tutti i membri della famiglia Deveraux- sussurra, per non svegliare Matt.

Jess fissa Aiden orgogliosa.

-Cerca la pagina su Anita Deveraux- dico incuriosita.

Leggiamo insieme ma non dà molte notizie, solo la data di nascita, quella della morte e il nome dell'assassino: Frederick Van Dalen.

-Quindi tutti ritennero che fu lui a uccidere Anita, nessuno sa che in realtà è stata lei a togliersi la vita- penso ad alta voce.

-Ma allora sarà stato condannato a morte- ipotizza Jess.

-Non ne sarei così sicuro ragazze, anche se Anita era una nobile, restava pur sempre una donna e conoscete la posizione delle donne a quei tempi, avrebbe potuto benissimo dire di averla trovata con un amante... Inoltre anche Frederick era un nobile, molto più ricco e influente, a giudicare dalla grandezza della tenuta Van Dalen rispetto a quella Deveraux- risponde Aiden.

-Allora cosa gli sarà successo?- chiede Jess.

-Per saperlo dovremmo consultare i registri di casa Van Dalen, cosa impossibile- il mio tono è scoraggiato- cerca la pagina dedicata a Françoise Deveraux.-

Anche qui non c'è nulla di rilevante, dice soltanto che la sua morte è dovuta a un tragico incidente a cavallo. Tuttavia spostando la pagina noto una lettera ripiegata, la prendo girandola con delicatezza. È molto vecchia, i fogli sono tanto sottili che sembra basti un solo tocco a farli sbriciolare. I miei amici mi guardano incuriositi.
Leggo il nome della persona a cui è indirizzata, suppongo sia la madre di Anita.

"Alla Contessa Marie Catherine Sophie Deveraux"

Leggo, cercando di tradurre la lingua antica, la stessa della lettera trovata nello studio. Credo sia Francese Pre-interruzione...

"Mia adorata sorella,
ho ricevuto la tua precedente lettera e non posso celarti la mia sorpresa. Dopo aver investigato a lungo sulla morte di tuo marito e averti espresso le mie perplessità sull'incidente a cavallo, essendo mio cognato un cavallerizzo come pochi, non comprendo la tua riluttanza nell'informare le autorità.
Ti chiedo sorella, nonostante il tuo immenso dolore, di mutare la tua decisione e richiedere una indagine approfondita. Conosco la tua bontà d'animo e so che non ti perdoneresti il non essere andata in fondo alla verità.
Con la speranza che terrai conto di quelli che hai sempre giudicato buoni consigli.

Tuo fratello."


-Ok, qualcuno ha ucciso il padre di Anita e credo siamo tutti d'accordo, su chi sia questo qualcuno- esordisce Aiden, non appena termino di leggere e tradurre la lettera.

-Ma allora perché nasconderlo? Non ha senso Aiden; se Frederick Van Dalen avesse ucciso Françoise Deveraux, sua moglie denunciandolo avrebbe ottenuto giustizia, molto più di quella che avrà ottenuto per sua figlia- ribatto confusa.

-Forse stanno nascondendo qualcosa...- sussurra Jess -questa storia diventa sempre più insensata, ma sono d'accordo con Aiden, è stato Frederick a uccidere il padre di Anita, ne sono sicura e quella lettera che abbiamo trovato ne è la conferma. Voleva mettere in guardia sua figlia- conclude, certa delle sue ipotesi mentre io resto perplessa.

Continuiamo a fare congetture e cercare, ma si sta facendo tardi e purtroppo il turno di Matt è finito.

-Bell'addormentato, sveglia! Vigili davvero bene su questa tenuta- ridacchia Aiden, scuotendo Matt.

Lui è ancora molto assonnato -scusatemi ragazzi ma voi studiosi siete davvero troppo noiosi, inoltre a quanto vedo è tutto intero, sapevo che non eravate dei vandali- sbadiglia e si guarda intorno ancora intontito.

-In realtà il resto della casa l'abbiamo raso al suolo- lo prendo in giro con fare cospiratorio.

Dopo aver salutato Matt, ci dirigiamo alla pensione.
Ho due ore di tempo prima di dover andare con Sue e Jess. Abbiamo continuato a fare congetture per tutto il tragitto, arrivando alla conclusione di dover cercare ulteriormente informazioni a casa Deveraux, la cosa migliore sarebbe consultare anche i registri di casa Van Dalen ma dopo tutto ciò che è successo, non credo che David sia così disponibile.
Arrivata in camera dico a Jess e Aiden di voler riposare. Chiudo a chiave la porta della mia stanza e decido di sedermi alla scrivania, per cercare di capire e tradurre questo strano libro che ho trovato; non ho detto nulla per ora ai miei amici, mi vergogno un po' di ciò che ho fatto, di solito non vado in giro a rubare cose non mie.
La verità è che non so nemmeno io cosa mi sia preso, questo manoscritto così antico mi incuriosiva troppo per lasciarlo lì. Lentamente cerco di tradurre ciò che vedo, è molto difficile e richiede tantissimo tempo, inoltre alcune parti non sono leggibili.
Sulla prima pagina troneggia un'unica scritta, la traduzione dovrebbe essere pressappoco:

"L'amuleto prima della vita stessa."  

Ciò che mi sconvolge maggiormente è l'illustrazione sotto questa frase, c'è il disegno di quella che dovrebbe essere una collana. Quell'amuleto risveglia qualcosa in me, è rotondo con delle strane incisioni, sembrano parole in una lingua antica, al centro ha una pietra di colore rosso che è molto simile, se non identica, a quella del ritratto di Anita. Il cuore comincia a battermi più forte, è come se cercassi di ricordare qualcosa senza risultati. Provo a raggiungerla ma mi sfugge di continuo... che strana frase da collocare all'inizio di un libro. Non c'è scritto di che argomento tratta, giro la pagina ancora più curiosa di scoprirlo.


"Il nostro pianeta, tutto ciò da noi conosciuto, è dominato da energia.
Taluni tendono a chiamarla fortuna o sfortuna.
Altri ancora, bene e male.
Coloro dotati di fervida fantasia e immaginazione, la chiamano magia.

In realtà, ciò che è del tutto passato inosservato alla maggior parte degli uomini, è che il nostro mondo, così come lo conosciamo, si trova sotto il dominio di quelli che chiamiamo Flussi.
Essi, sia positivi che negativi, mantengono l'equilibrio e convergono sulla nostra Terra grazie a dei Tramiti, posizionati dalla natura in punti strategici e del tutto non casuali.

Come tutto ciò sia possibile, sfugge all'umana comprensione.

Tale equilibro, delicato da mantenere, è vitale per far sì che il mondo resti sempre lo stesso e non muti nel peggiore dei modi.

Ciò è rimasto celato all'uomo per secoli.

Tuttavia, come abbiamo avuto modo di constatare, ciò che sfugge all'intuizione di molti, non passa inosservato all'arguzia di pochi. Così, un gruppo di sventurati diede inizio alla ricerca di tali luoghi, con l'intento di appropriarsi e godere dei benefici che i Flussi positivi possono donare, tenendo il massimo riserbo invece e per fortuna, sulla posizione di convergenza dei flussi negativi."


Mentre leggo tutto questo ho una strana sensazione, è come se leggessi un vecchio libro che avevo dimenticato, so che sembra una follia ma ho un continuo senso di déjà vu sfogliando queste pagine.
Sono così immersa nella lettura e nella faticosa traduzione di questa bizzarra storia, che quando Jess bussa alla porta sobbalzo.
Guardo l'ora ed effettivamente è tardissimo, devo aver perso la cognizione del tempo! Dobbiamo andare al negozio di abiti e sceglierne uno per il ballo di domani. Sbuffo frustrata, vorrei tanto restare qui a leggere ma so già che Jess mi trascinerebbe fuori di peso.
Così decido di lasciare il libro sulla scrivania, con la promessa mentale di riprendere più tardi la lettura.

Esco dalla camera, richiudendomi la porta alle spalle e mi scontro con una Jess infuriata e  impaziente che non vede l'ora di andare a provare quegli abiti.

-Ma che hai combinato! È tardissimo, forza andiamo!- mi trascina letteralmente per il corridoio, spingendomi verso l'uscita, dove Sue ci attende altrettanto euforica.
Le seguo afflitta.

Mentre ci dirigiamo verso il negozio, sento Sue sospirare.
-Se mia madre sapesse che ho intenzione di andare al ballo dei Van Dalen, mi ucciderebbe- confessa.

-Posso chiederti perché avete un brutto rapporto con loro?-
Anche Jess la fissa interessata ma lei pare restia a parlarne, poi si decide guardando prima lei, poi me.

-Perché David si prese gioco di me, mi umiliò agli occhi di mezza Albanuova- sussurra flebilmente, fissandomi negli occhi. Dal suo sguardo eloquente capisco esattamente il modo in cui l'ha presa in giro. Restiamo in silenzio, permettendole di raccontare e scioccate da quella confessione.

-Matt e David erano amici. Beh, per quanto si può essere amici di un tipo del genere. Un giorno ebbero un brutto litigio, uno di quelli grossi. David sapeva che Matt aveva una cotta per me da sempre, cosa che io all'epoca ignoravo. Avevamo sedici anni, David per vendicarsi iniziò a provarci, io non credevo che un ragazzo del genere potesse interessarsi a me, insomma come puoi resistergli?- si rivolge particolarmente a me, con uno sguardo penetrante.

-Già...- sussurro con la voce strozzata e non sono più così certa di voler sapere il continuo della sua storia.

-Ci cascai ovviamente. Ero totalmente, follemente, innamorata di lui. Andai contro gli avvertimenti di mia madre, stavo addirittura per scappare di casa. Credevo di essere la sua ragazza e lui me lo lasciava credere, fu il mio primo vero ragazzo, le mie prime esperienze. Quando fu sicuro di aver fatto infuriare Matt a sufficienza, mi scaricò in piazza davanti a tutti i suoi amici e davanti allo stesso Matt; vi lascio immaginare le cattiverie e le battutine di Valerie, Darla e Clare. Ero distrutta, in più dovevo continuare a sopportare le angherie di Valerie, che odia automaticamente chiunque sia stata o stia con David, per non parlare degli sguardi pietosi della gente del paese. Albanuova è molto piccola sapete, qualunque cosa succede si diffonde sotto forma di pettegolezzi maligni, è stato un periodo orribile... così orribile che decisi di andare via, dai sedici ai diciannove anni ho vissuto nel Secondo Stato da una zia, spezzando il cuore della mamma che ha soltanto me e la nostra pensione. Quando sono tornata è stato difficile, ma per fortuna il tempo è servito a far dimenticare l'accaduto e far concentrare le persone su altro. Io e Matt abbiamo ripreso a frequentarci dopo qualche settimana, era il mio unico amico e presto è nato qualcosa tra di noi; quando l'ho presentato a mia madre era impaurita, ma è riuscito a convincere anche lei- fissa caparbiamente i ciottoli della strada mentre camminiamo, evidentemente è persa nei ricordi e a giudicare dalla sua faccia che cerca di nascondere, devono essere alcuni tra i più dolorosi della sua vita.

Resto in silenzio, ammutolita e paralizzata da ciò che mi ha detto. David non può aver fatto una cosa del genere... mi rimbombano in testa le sue parole "dovrei starti alla larga."

-Non provo più nulla per lui adesso, solo rancore e odio- ci tiene ad aggiungere immediatamente lanciandomi un'occhiata, forse per rassicurarmi? -ti ho raccontato questa storia solo per farti capire che persona è, Amy. Mi hai parlato del pomeriggio che avete passato insieme, io non sono mai stata in quella casa e con te si è aperto, è evidente... ma con lui non puoi mai sapere la verità, se è sincero, oppure finge per un qualche scopo. Dopo quello che ti ha detto, posso solo consigliarti di tenerlo a distanza- mi avvisa, guardandomi con comprensione e paura.

Mi fermo, stringendole le mani nella mie -non avrei mai immaginato una cosa del genere Sue, il primo amore dovrebbe essere un'esperienza meravigliosa, non tanto traumatica e orrenda. Quello che ti ha fatto è imperdonabile, mi dispiace tanto e ti prometto che starò attenta. Ma non dovete preoccuparvi, io non gli interesso e anche se lui mi affascina, in qualche modo cercherò di stargli alla larga- affermo in tutta sincerità.

Non riusciamo a non guardare Sue con tristezza e lei se ne accorge -hey, cosa sono quei musi lunghi! non preoccupatevi. Ora sono felice, ho trovato Matt che è il ragazzo migliore che si possa desiderare- sorride al solo nominarlo rassicurandoci.

Jess è rimasta in silenzio, direi sconvolta da ciò che ha sentito, non parla, mi fissa soltanto con apprensione mentre camminiamo. David mi aveva detto di comportarsi male con le ragazze, di non essere uno stinco di santo, ma questa è pura cattiveria.
Inoltre sono ancora scossa da quel libro e quella illustrazione, dovrei raccontare tutto a Jess e Aiden il prima possibile.

Arriviamo al negozio di Nora dopo una bella camminata e la tensione sembra stemperata.

-Ragazze, finalmente!- Nora ci accoglie con un grande sorriso, chiudendo la porta alle nostre spalle.

La salutiamo anche noi allegre e colme di gratitudine, ha chiuso il negozio soltanto per noi, è così gentile.

-Non preoccupatevi, vi ho tenuto da parte gli abiti più belli. Oggi sono venute quelle viziate di Valerie e delle gemelle, quella ragazza ha gusti davvero indecenti!- sbotta sdegnata.

Ridiamo per la smorfia che Nora ha fatto, pronunciando il nome di Valerie, a quanto pare non ha molti fan.
Ci conduce subito dinanzi a uno dei grandi armadi e tira fuori degli abiti incantevoli. Dopo numerose prove, sia Sue che Jess trovano degli abiti adattissimi, sembrano fatti apposta per loro.
Quello di Jess è nero ampio, con uno scollo a cuore, Sue invece ha scelto un abito stile impero di colore viola. Sono favolose.
Per quanto riguarda me, ne provo e riprovo a decine, senza il minimo risultato.
La solita sfortuna...
Non è solo una mia impressione, ormai Nora, Jess e Sue sono sedute di fronte a me e bocciano qualsiasi abito con tutta la mia approvazione, non sembrano per niente adatti a me.

Dopo non so quanti tentativi mancati, Nora si alza frustrata -è no! Adesso basta, che non si dica che al mio negozio non c'è un vestito giusto per te, parola mia lo troverai!- afferma motivata e gira su e giù, con la fronte aggrottata. Poi sembra illuminarsi.

-Ma certo! Come ho potuto non pensarci prima! Un vestito c'è. A pensarci bene, sarà sicuramente adattissimo a te, purtroppo è estremamente costoso- spiega tristemente.

Sono scoraggiata -allora inutile vederlo, non posso permettermi un capo di lusso.-

-Facciamo così, vedila come un prestito o un do ut des. Sarà tuo per una sera e il giorno dopo il ballo lo riporterai in negozio, in cambio mi farai un po' di pubblicità. Ci saranno molte donne e ragazze dell'alta società dei Tre Stati, quando ti chiederanno dove l'hai comprato e credimi te lo chiederanno, indicherai il mio negozio- dice soddisfatta. In realtà non mi sembra per nulla uno scambio così equo, ma non ho motivo per rifiutare. Si tratta di un vero colpo di fortuna, evidentemente le sto simpatica...

-Ci sto!- sorrido acconsentendo.

Ci conduce in un'altra sala del negozio. C'è un altro grande armadio e quando lo apre, all'interno vediamo un unico, stupendo abito.
Resto senza fiato, aveva ragione è assolutamente incantevole e sicuramente viene dal Primo Stato.
La stoffa è così leggera che sembra di toccare una nuvola, il colore è un meraviglioso cremisi che per un momento mi lascia interdetta e un po' scossa, perché è molto simile a quello del mio sogno ma sarà sicuramente un caso... sto davvero diventando ossessiva, devo darmi una calmata. Ha un profondo scollo a v, sia davanti che dietro e una sottile cintura in vita, adornata da piccole pietre dello stesso colore e dall'aria molto preziosa. Sia io che Sue e Jess restiamo a bocca aperta a contemplarlo.
Non posso indossare un abito del genere, è troppo.

-Cosa aspetti, provalo- mi incoraggia Nora.

-I... io non posso... è una responsabilità troppo grande, se dovesse sporcarsi? O peggio, strapparsi? No, non posso!- mi tiro indietro impaurita.

-Amy, giuro che se non lo provi ti uccido- interviene Jess ancora a bocca aperta, le brillano gli occhi.

Dopo non so quante insistenze sono costretta a cedere.
Mi faccio coraggio e lo indosso. Credo che nella mia vita non avrò mai più la possibilità di sfoggiare qualcosa del genere. Mi sta a pennello, sembra che me l'abbiano cucito su misura, cade sui punti giusti valorizzando il mio fisico esile. Quando esco dal camerino, Nora, Sue e Jess, mi guardano estasiate -è lui!- urlano le mie amiche in coro.

Nora mi scruta con attenzione e con uno sguardo strano -sai, mi ricordi qualcuno...-

Aggrotto le sopracciglia -qualcuno? E chi?- domando incuriosita.

-Sei identica a una ragazza dipinta in un quadro, era a casa della mia amica Corinne- continua a guardarmi negli occhi come alla ricerca di qualcosa.

Inizio a pensare che Nora abbia visto uno dei quadri di Anita che sono stati rubati...

-Intendi Corinne Deveraux? La conoscevi? Eravate amiche?- domanda Jess forse con fin troppa curiosità.

Nora fa un cenno d'assenso e un'espressione malinconica le si dipinge sul viso -non semplici amiche. Corinne era la mia migliore amica. Stavamo sempre insieme, fino a che non è scomparsa- spiega tristemente -ma non parliamo di cose tristi, coraggio vi impacchetto gli abiti- cambia subito argomento e si dirige alla cassa.

Non abbiamo il coraggio di chiederle altro, anche se io vorrei sapere qualcosa in più su  Corinne Deveraux...
Soddisfatte dei i nostri abiti, torniamo alla pensione e scopriamo che anche Matt e Aiden sono andati a fare shopping. Vedere Aiden in smoking sarà davvero divertente, lui è sempre vestito in modo sportivo, sembrerà un pesce fuor d'acqua.
Risalgo in camera a riporre il meraviglioso abito per domani sera e continuare la mia lettura, ma trovo un' amara sorpresa ad aspettarmi, perché mi rendo conto che il libro è scomparso. L'avevo lasciato sulla scrivania e non c'è più. Allarmata lo cerco ovunque inutilmente.

Corro alla Hall dalla signora Miller.

-Agata! Agata- la chiamo agitata.

-Amy, cosa succede?- domanda incuriosita.

-Qualcuno è entrato in camera mia?- le chiedo col fiatone per la corsa.

Lei mi fissa sconvolta -no, è impossibile. Non permetto a nessuno di entrare nelle camere dei miei ospiti!- prova a rassicurarmi, cercando di capire cosa sta succedendo ma resto sul vago. Non posso certo dirle che mi hanno rubato il libro che io stessa ho rubato...

Insisto con le domande ma nulla. È sicura che nessuno sia entrato, quando sto per tornare in camera però mi ferma.

-Aspetta. Ora che mi ci fai pensare, una donna è venuta a cercarti, ha detto di conoscerti. Portava un paio di occhiali scuri e un foulard, ma non ha voluto dirmi il suo nome e non le ho permesso di salire, tranquilla.-

Mi gelo a quelle parole, so a chi si riferisce -grazie per avermi avvisata- sussurro.

-Chi è quella donna?- domanda lei incuriosita.

Non posso dirle la verità -un'amica...- le rispondo prima di tornare in camera, impaurita e piena di domande. Allora è stata lei a rubare il libro, ma cosa vuole da me? Mi ha intimato di andare via, di stare lontana dai Van Dalen e non ho fatto nessuna delle due cose. Che sia pericolosa?
Chiamo Jess e Aiden per raccontargli cosa è successo, non posso tenerglielo nascosto, anche loro sembrano del tutto increduli.
Non riusciamo a capire chi sia questa donna, ma una cosa è certa, non permetto a una perfetta estranea di dirmi cosa fare. Racconto ai miei amici anche la storia di quel libro e dell'amuleto disegnato sotto la strana frase. Loro mi confermano di non averla mai sentita. Forse era un mito o una leggenda supponiamo, ma ora come ora temo che non lo scoprirò mai... tutti conveniamo sul fatto che quella collana ha qualcosa a che fare con Anita.
Passiamo la serata a fare congetture, anche durante la cena.
Dopo un po'  Sue si unisce a noi. Ormai passa più tempo con noi che a lavorare, glielo facciamo notare prendendola in giro. Dopo cena mi propongono di uscire tutti insieme, ma stavolta passo. Ho bisogno di starmene per conto mio, troppe cose a cui pensare.

Prendo un quaderno, scrivendo tutto ciò che ho scoperto. Soprattutto per tenere la mente impegnata e non pensare a ciò che David ha fatto a Sue o a tutte le stranezze che mi stanno capitando.
Scrivo di Anita Deveraux, di Frederick Van  Dalen. Poi scrivo la storia letta nel libro, ridisegnando i tratti che ricordo dell'amuleto. Imprimere tutto su carta, che siano disegni o parole come al solito mi tranquillizza e mi aiuta a fare chiarezza. Presto decido di andare a letto, sperando di riuscire a chiudere occhio, visto che domani c'è il ballo e non vorrei sembrare uno zombie con un bel vestito.



**Angolo Me**
Approfitto di questo capitolo per augurarvi Buone Feste :) inoltre volevo informarvi che ho inserito una nuova storia si intitola:
"Il Canto dell'Anima"
alla prossima baci!

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***




-Amy Davies, se non ti svegli immediatamente ricorrerò alla vecchia maniera, secchio d'acqua gelata!-

Questi sono i momenti in cui mi pento amaramente della mattina di quindici anni fa, in cui strinsi amicizia con quella dolce bambina dagli occhi nocciola, che si rivelò presto un piccolo demonio. Prendo il cuscino e lo stringo sulla testa.

-Va via Jess, lasciami dormire!- borbotto, con la voce ovattata dalla spessa stoffa. Dopo due lunghe e stressanti settimane, ho passato una notte tranquilla. Ho dormito finalmente. Forse le mie preghiere di avere un viso presentabile per il ballo, sono state esaudite.

-Abbiamo una giornata ricca di impegni Amy, stasera parteciperemo a uno degli eventi più importanti dei Tre Stati, dobbiamo prepararci!- cinguetta allegra, tirando via il cuscino.

-Hai detto bene, stasera! È prestissimo- mi lamento -questo pomeriggio avremo tutto il tempo- le faccio notare esasperata.

Mi ignora bellamente e apre le tende, facendo entrare la luce. So già che niente e nessuno la convincerà a farmi dormire.

-Aiden e Matt hanno accompagnato Mark a cercare degli abiti adatti. Noi ci faremo belle tutto il giorno, con trattamenti di tutti i tipi! Ho scoperto che Sue è una appassionata quanto me, vedrai sarà divertente!-  È raggiante.

Oh ma che fortuna, penso ironicamente. Sono all'inferno vero? Mi alzo ancora stordita dal sonno, spingo in avanti le mie gambe come uno zombie e mi dirigo alla doccia, muovendomi meccanicamente come un automa. Non so cosa mi aspetta, ma una cosa è certa: non mi piacerà.

Jess ha piantonato la mia camera per evitare che mi riaddormentassi e dopo un po' arriva anche Sue, con un grande vassoio da colazione.

-Meglio mangiare qui ragazze, in sala da pranzo potrebbe sfuggirci qualcosa, mia madre è un segugio. Le ho chiesto la giornata libera, ho detto che avremmo passato una mattinata tra ragazze e stasera l'ho convinta a prendersi la serata libera- spiega soddisfatta e con fare cospiratorio.

Mangiamo tutto ciò che Sue ha portato. Sono euforiche, incontenibili. Programmano la nostra giornata per filo e per segno, l'una finisce le frasi dell'altra.
Ma dico io, con tante ragazze con cui fare amicizia, Jess doveva proprio trovare una sua simile? E per simile intendo una vittima della moda e dei trattamenti estetici più disparati. Sembrano gemelle separate alla nascita.

Prima di cominciare le torture che sono sicura vorranno infliggermi, le convinco che ho bisogno di fare una passeggiata.

-Se non torni tra un'ora esatta, vengo a cercarti!- mi minaccia la mia amica.

Alzo gli occhi al cielo -Va pure Amy, noi nel frattempo prepariamo le creme e i trattamenti- sorride Sue, almeno lei a differenza di Jess è dolce e accomodante...

Decido di allontanarmi il più possibile dalla pensione. Girovagando tra le strade arrivo nuovamente alla piazza del paese e giunta alle panchine nei pressi della chiesa, noto Nora seduta su una di queste.

-Amy, che fai qui da sola?- mi domanda sorridente.

-Ciao Nora, facevo una passeggiata, prima di farmi torturare dai trattamenti di bellezza di Jess e Sue- spiego demoralizzata.

Ride di gusto -sei così bella, non hai bisogno di trattamenti di bellezza ma la tua amica mi sembra un tipo davvero caparbio- ridacchia, avendola inquadrata per bene.

Mi siedo accanto a lei -oh credimi, non sai quanto... se non torno tra un'ora esatta rivolterà l'intero paese! Ma è la mia migliore amica, non potrei vivere senza la sua esuberanza, ci completiamo a vicenda- un sorriso spontaneo mi spunta sulle labbra, dalle mie parole si capisce benissimo quanto bene voglio a Jess e anche Nora lo nota.

Eppure ciò che ho detto sembra rattristarla.

-Scusami, non volevo intristirti in questo modo- ricordo che anche lei ha detto di aver avuto una migliore amica, Corinne Deveraux. Non deve essere stata facile la sua scomparsa per lei...

-Oh no bambina, quella che leggi nei miei occhi non è tristezza, è soltanto malinconia. Io so che Corinne è viva, lo sento, è da qualche parte. Qualcosa di grave deve averla spinta ad andare via- dice, fissando la piazza soprappensiero. Pare davvero certa delle sue parole.

-Beh, sono sicura che è così allora, in fondo la conosci bene e credo che quando c'è un legame forte tra due persone, in qualunque posto siate, sentirai sempre se succede qualcosa di male...- non lo dico per consolarla, la notte della morte di papà ricordo esattamente il momento in cui mi svegliai terrorizzata nel cuore della notte. Io avevo percepito che qualcosa di terribile era accaduto, che una parte di me mi era stata strappata via e sono certa che se succedesse qualcosa a Jess e Aiden, sentirei la stessa cosa.

Fa un deciso cenno d'assenso -Sai, a volte me la ricordi. Tu e quella ragazza, Jess, mi ricordate noi alla vostra età. Corinne era estremamente gentile e dolce, poteva sembrare debole ma dentro di sé nascondeva una forza e una determinazione incredibili. E quando sorrideva non avevi scampo, poteva farti fare qualsiasi cosa con quel sorriso, per questo non appena Cristopher la vide se ne innamorò perdutamente- si immerge nei ricordi. Inizia a parlare senza che io glielo chieda, come se stesse ricordando più a se stessa che raccontando a me.

-Si trasferì qui con la sua famiglia all'età di sedici anni. Tra di noi fu amore a prima vista, credo fosse destinata a essere la mia migliore amica. All'inizio era riluttante a frequentare un Deveraux, essendo una famiglia importante, lei non aspirava a tutto ciò. Era così caparbia che impiegai mesi affinché gli desse una possibilità. Quando finalmente riuscii a convincerla, bastò una sola sera in sua compagnia per innamorarsene senza riserve- ha un'aria sognante -amori come quelli tra Cristopher e Corinne, sono rari.-

La la guardo in silenzio. Il modo in cui ne parla mi cattura. Avrei tanto voluto assistere a tutto ciò, forse si amavano come i miei genitori...

-Si fidanzarono e dopo aver terminato gli studi si sposarono. Volevano avere un figlio e Corinne era così felice, Cristopher la trattava come una principessa. Avevano una vita perfetta. Andavo spesso a trovarla, vederla così raggiante mi scaldava il cuore. Poi quel terribile incidente...- rabbrividisce.

-Intendi la morte del signor Deveraux?- chiedo, rapita dalla storia ma cerco di non mostrare eccessiva curiosità, non vorrei insospettirla, già è una fortuna che mi racconti spontaneamente queste cose; avevo deciso io stessa di domandarle qualcosa su Corinne prima o poi.

-Sì- sussurra -Corinne era distrutta dal dolore. Non parlava, non mangiava, era stesa su quel dannato letto tutto il giorno. Ho cercato in tutti  i modi di farla riprendere, ma nulla. Quello di Cristopher è stato un tragico incidente, l'hanno investito in città, eppure lei continuava a non esserne convinta e ripeteva che gliel'avevano ammazzato, sentivo che mi nascondeva qualcosa ma non potevo credere a quelle teorie cospiratorie. Lentamente si allontanò anche da me, stette settimane chiusa in casa. Eppure un giorno mi telefonò, il suo tono di voce era diverso, per un momento sembrò la Corinne di sempre, quella allegra e spensierata. Voleva parlarmi, era entusiasta ma non volle dirmi altro a telefono. Mi invitò a passare la sera stessa alla tenuta, ripetendomi in continuazione quanto fosse pentita di avermi allontanata. Quando andai all'appuntamento la casa era vuota. L'abbiamo cercata ovunque, per anni...-

Vedo le lacrime che le scivolano sul viso -alla fine le autorità hanno dichiarato la sua morte presunta, tutti pensano si sia suicidata per il dolore. Ma io sono sicura che tornerà- il suo viso è così determinato.

-Scusami, non so nemmeno perché ti sto raccontando queste cose, forse visto che un po' me la ricordi, mi riesce molto facile parlare con te, non volevo angosciarti- si interrompe e io la rassicuro immediatamente.

-Non mi hai angosciata Nora, è bello vedere il modo in cui parli di lei. Spero che un giorno potrai ritrovare la tua amica- le sorrido speranzosa -ora devo proprio andare o Jess verrà a prendermi, grazie ancora per il vestito.-

-A presto, Amy- mi fissa e poi ritorna a osservare la piazza, con uno sguardo perso. Mi dispiace molto per lei...

Lentamente mi dirigo verso la pensione, ripensando al racconto di Nora. È davvero molto triste ciò che è successo a quella famiglia ma nonostante il suo ottimismo, non credo che Corinne tornerà... che senso ha scomparire così?

-Amy, stavo venendo a cercarti!- vedo Jess venirmi incontro e per un istante mi sfugge un sorriso. Per quanto sia fastidiosa, sono davvero fortunata.

-Ne ero sicura- le rispondo fintamente infastidita. Dopo ciò che ho sentito, non mi dispiace più così tanto farmi torturare da lei.

Mi conduce in camera sua, dove trovo Sue intenta a sistemare dei barattoli di non so cosa.

Prima di cominciare con le cure di bellezza, Sue ci informa che ci saranno dei balli classici questa sera. Io e Jess ci facciamo prendere dal panico ma per nostra fortuna lei si offre di insegnarci i passi.
Non appena mette la musica, la mia migliore amica comincia a seguire i suoi movimenti con scarso successo e una lunga sfilza di imprecazioni che mi fanno morire dal ridere.
Quando viene il mio turno invece, seguire Sue mi riesce del tutto naturale. Sembra che io abbia questi balli impressi nella memoria, ho certamente una dote naturale!
Jess mi incenerisce con lo sguardo mentre io rido di gusto.

-Tu... tu non ci vuoi neanche venire e sai ballare perfettamente! Questa è un'ingiustizia!!- borbotta disperata.

Passiamo gran parte della mattinata a istruirla e alla fine riesce a imparare qualcosina ma credo che i piedi di Aiden soffriranno tantissimo questa sera...

Terminate le lezioni di danza, nel primo pomeriggio cominciano a preparare i trattamenti di bellezza, mentre io guardo con timore quegli arnesi. Il loro sguardo famelico su di me mi terrorizza!
Dopo due ore di torture, mi ritrovo in accappatoio, ricoperta di una crema verdognola sul viso, sulle braccia e sulle gambe, senza contare la sostanza viscida tra i capelli. Che orrore! Per tutto il tempo non hanno fatto altro che criticare la mia scarsa attitudine alle cure di bellezza. In questo preciso istante, preferirei di gran lunga essere inseguita con un pugnale come nel mio incubo.

-Jess è ora, dobbiamo iniziare a vestirci!- dice Sue, guardando l'orologio.

Sospiro sollevata -finalmente posso liberarmi di questa robaccia- mi osservo disgustata.

-No, non se ne parla! Io e Sue possiamo toglierla solo perché eravamo in condizioni migliori delle tue, dopo esserci vestite ci occuperemo di te, per adesso ferma!- mi avvisa Jess.

Mi sfugge un lamento dalle labbra...

Mentre me ne sto a imprecare mentalmente, sento bussare alla porta -avanti!- urlo, impossibilitata a muovermi. Matt e Aiden fanno capolino nella stanza mentre Jess e Sue sono in bagno a vestirsi.
Non appena i ragazzi entrano e mi vedono sulla sedia, cosparsa di crema e roba viscida, cercano in tutti  i modi di trattenersi ma alla fine esplodono in una sonora risata, che continua per quasi dieci minuti.

-Avete finito?- chiedo irritata.

-Scusami Amy, ma è troppo divertente- continuano a sghignazzare.

-Le vostre ragazze sono dei mostri, delle torturatrici! Vi prego, aiutatemi- li supplico.

Purtroppo non li convinco, anzi a quelle parole decidono di defilarsi immediatamente, temono che un trattamento di bellezza tocchi anche a loro e soprattutto non vogliono andare contro le due streghe della moda, codardi...

-Noi andiamo, a dopo Amy- mi saluta Matt, con un sorriso di scuse.

-Questa la pagate!- li minaccio mentre vanno via, continuando a sghignazzare.

Non appena Jess e Sue escono dal bagno, resto a bocca aperta. Sono assolutamente favolose, gli abiti di Nora sono un sogno. Tuttavia quando iniziano ad avvicinarsi di nuovo a me, l'ammirazione viene sostituita dal timore. Vogliono ricominciare con le torture: mi strofinano via tutta quella robaccia di dosso e dai capelli, mi pettinano, mi pizzicano, mi truccano alla perfezione, ignorando i miei continui insulti; per non parlare dei miei poveri capelli, sono state non so quanto tempo a cercare di acconciarli alla perfezione. Non capisco, per loro è quasi una sorta di rituale. Conto i minuti, sperando che facciano in fretta tanto sarebbe impossibile oppormi. Alla fine mi aiutano a indossare l'abito che mi calza davvero come un guanto.

Poi finalmente mi spingono davanti allo specchio.

Quasi non riconosco la ragazza di fronte a me. Resto senza fiato: i miei lunghi capelli biondi sono raccolti in una acconciatura alta, il trucco è leggerissimo, risalta molto l'azzurro dei miei occhi; perfino la mia pelle bianchissima sembra diversa, molto più luminosa e liscia, emana un leggero profumo di vaniglia.
L'abito è più stretto in vita, ma scende morbido, mettendo in risalto i punti giusti del mio fisico esile, la scollatura a v forse è un po' più profonda di ciò che indosso di solito, ma nulla di eccessivo. Anche la schiena è leggermente scoperta, sembro diversa, ma allo stesso tempo sono sempre io. Quasi mi piace.

-Allora?!- domanda Sue euforica, mentre Jess mi fissa felice.

-Beh, direi che avete fatto un ottimo lavoro!- sorrido.

Ci avviamo all'esterno della pensione, dove Matt e Aiden ci aspettano. Indossano due smoking molto eleganti.
Jess e Sue li fissano meravigliate e si scambiano complimenti a vicenda. Altro che pesce fuor d'acqua, Aiden in smoking farebbe andare in visibilio tutte le ragazzine dell'isola che lo adorano.

-Wow, Amy sei incantevole- il mio migliore amico mi fissa a bocca aperta e mi fa fare una giravolta, per poi dedicarsi a Jess.

-Mi togli il fiato Jessica- gli sento dire, mentre la ammira per poi baciarla di slancio con passione.

Distolgo lo sguardo dai piccioncini aspettando Mark, che non tarda ad arrivare. Si blocca dinanzi a me senza togliermi gli occhi di dosso, ma non dice una parola, non un cenno.
Ecco lo sapevo, sembrerò ridicola...
Lui invece è impeccabile: indossa un abito che mette in risalto il suo fisico perfetto, i capelli ricci sono tirati all'indietro e gli conferiscono un'aria ancora più elegante e distinta.

Sto per farmi prendere dall'ansia e rinunciare alla serata. Sapevo di non essere il tipo di ragazza da abiti eleganti e trucco stratosferico...

-Se... sei... wow- biascica dinanzi a me facendomi sentire immediatamente sollevata. Quindi non mi trova ridicola, sospiro rincuorata.

-Anche tu- sorrido con un certo imbarazzo.

Mi porge galantemente il braccio e ci dirigiamo verso l'auto di Matt, una di quelle bianche comuni, proprio come la mia che ho lasciato a Baia del Sole. Sono un po' nervosa, non vorrei fare brutta figura inciampando sui tacchi o rovesciando qualcosa...
Arriviamo a casa Van Dalen in perfetto orario. Sembra di essere piombata in una favola moderna: i giardini sono ricoperti di luci sfavillanti, le fontane sembrano spruzzare acqua ancora più in alto, dalle finestra traspaiono luci soffuse e si sente una dolce musica; decine e decine di persone elegantemente vestite si avviano all'entrata, dove due uomini controllano gli inviti. Anche noi porgiamo i nostri e ci lasciano passare, indicandoci la sala da ballo che è al primo piano, credo sia la sala vicino alle grandi balconate visibili dall'esterno.
Saliamo le scale e la mia ansia aumenta. Da lontano noto le ampie porte della enorme sala. Lentamente, Jess con Aiden e Matt con Sue, si avvicinano Ammirando tutto con stupore. Io rallento, spingendo loro a entrare per primi. Mi stringo di più al braccio di Mark e di nuovo la paura di inciampare o di rendermi ridicola mi assalgono.

-Sta tranquilla, sei perfetta- mi sussurra all'orecchio e riesce leggermente a darmi coraggio.

Mi conduce lentamente alle porte che gli altri hanno già varcato. Ci fermiamo per un momento proprio sotto l'arcata, anche noi stupiti dallo sfarzo generale.
La sala è assolutamente enorme e di un colore crema molto delicato, è illuminata da giganti lampadari di di cristallo, i pavimenti in marmo sono lucidissimi, quasi riflettono la figura di tutte le persone presenti che sono più di un centinaio, con abiti dall'aria molto costosa e dai modi eleganti e raffinati. Questa è l'alta società dei Tre Stati.
Guardandomi intorno però vengo colta da una strana sensazione di déjà vu, io sono già stata in questa sala. Mi torna alla mente quel pomeriggio in cui David suonava il piano, quella scena che ho scambiato per un sogno a occhi aperti, doveva essere in realtà un ricordo di Anita. Come se l'avessi invocata ritorna ora davanti ai miei occhi:

Frederick suona il piano al centro della sala, mi guarda con adorazione e dolcezza, mentre io volteggio nel mio lungo abito sorridendogli.

Un brivido mi attraversa la schiena, comincio ad avere paura di me stessa.
Mi riprendo solo perché Mark ha iniziato a camminare riportandomi alla realtà. Cerco in tutti i modi di ignorare l'inquietudine, pensa ad altro mi ripeto. Stringo forte il suo braccio di nuovo. Mentre procediamo con lentezza le persone ci fissano e bisbigliano, sono molto imbarazzata, l'abito di Nora attira attenzione, anche troppa...

Tra tutti però noto uno sguardo in particolare che mi trafigge come una lama affilata: è quello di David. Indossa un abito di alta sartoria scurissimo, quasi quanto i suoi capelli che anche adesso porta scompigliati e che gli danno quel tocco in più, facendolo apparire diverso dagli altri tutti impomatati. L'abito aderisce perfettamente al suo corpo statuario mettendolo in risalto; ha un'aria così sofisticata ed elegante da far impallidire tutti gli uomini intorno a lui.
Mi fissa dalla testa ai piedi, quello sguardo mi spiazza totalmente.
All'inizio è sorpreso, poi soltanto per un momento vedo trasparire dai suoi occhi qualcos'altro, quasi... desiderio? Forse sono solo io che mi sto illudendo. Eppure quando i nostri sguardi si incrociano tutti gli altri sembrano scomparire, come se ci fosse un filo che ci lega avviluppandoci e calamitandoci l'uno negli occhi dell'altra, dura un istante, perché  immediatamente riprende il controllo e diventa freddo e rabbioso, ma basta a far martellare il mio cuore nel petto come un tamburo. Al suo fianco c'è una Valerie altrettanto furiosa, a cui di certo tutta la scena non è sfuggita, lo si deduce dalle occhiate omicide che mi sta indirizzando... indossa un abito con una scollatura imbarazzante ma è incredibilmente ancora più bella del solito.
Continuo a stringere inquieta il braccio di Mark e ci dirigiamo verso i nostri amici. Sue e Jess sono estasiate, come delle bambine.  I camerieri si avvicinano porgendoci dei calici di cristallo, il cocktail di benvenuto dicono.
Sorseggiamo quel liquido squisito, chiacchierando tra di noi, fin quando parte la musica. Una donna in un angolo intona una canzone, accompagnata da un gruppo di uomini, intenti a suonare strumenti diversi. Aiden chiede a una Jess terrorizzata di ballare, mentre io e Sue ridacchiamo. Matt fa lo stesso con Sue. Credo che anche Mark stia per chiedermi di ballare, però si interrompe, fissando a occhi sgranati qualcuno alle mie spalle.

-Signorina Davies, sono così felice che abbia accettato il mio invito- mi giro, c'è Albert Van Dalen che mi sorride. Mark si è irrigidito immediatamente al mio fianco.

-Signor Van Dalen- saluto educatamente -e io  sono altrettanto felice di essere qui, questa sala da ballo è un sogno- mi complimento estasiata.

-È molto gentile. Le avevo detto che avrebbe fatto sfigurare tutte le presenti- sussurra abbassando la voce e facendomi un discreto occhiolino, un gesto che quasi non gli si addice, infatti ridacchiamo subito entrambi -mi concederebbe questo ballo?- aggiunge dopo, porgendomi la mano.

Sono spiazzata, non capisco perché un uomo tanto importante vuole danzare con una ragazzina come me, non sono sono la figlia di alcun politico o imprenditore di spicco... eppure accetto sorpresa  e lusingata dal suo invito, sarebbe eccessivamente sgarbato rifiutare un ballo al padrone di casa.  Ci dirigiamo al centro della sala da ballo, accompagnati da numerosi bisbigli.

Iniziamo a danzare a una certa distanza, è un ballerino perfetto.

Non resisto, devo chiederglielo -perché mostra tanto interesse nei miei confronti? Io sono solo una ragazza comune e lei è una persona molto influente...-

Lui sorride enigmatico -lei è una ragazza sveglia e soprattutto schietta signorina Davies o non mi avrebbe mai posto questa domanda, mi creda è tutto fuorché comune. Inoltre è la prima che mio figlio ha condotto alla tenuta- spiega tranquillo.

Ecco svelato il mistero... credo che quest'uomo si sia fatto un'idea del tutto sbagliata -signore, lei ha totalmente frainteso il rapporto che c'è tra me e suo figlio, come vede un'altra ragazza lo accompagna stasera, siamo soltanto conoscenti- ci tengo chiarire la situazione.

Lui annuisce per nulla turbato -sa signorina Davies, mio figlio è un ragazzo estremamente complicato ma apprezzo il fatto che la frequenti, potrebbe essere un'ottima compagnia per lui, anche se per adesso siete solo conoscenti- spiega, sempre con un tono calmo ed educato.

Ci mancava solo la benedizione del paparino -credevo che David fosse destinato a Valerie, considerando l'importanza della sua famiglia- ribatto, forse un po' troppo sfacciata. Me ne pento immediatamente ma lui mi tranquillizza ridendo sonoramente.

-Lei non è certo una che le manda a dire! La sua schiettezza nei miei confronti è la cosa che apprezzo maggiormente, pochi mi parlano così sinceramente- ride ancora -la signorina Gardiner proviene certamente da un'ottima famiglia, ma suo padre è molto più interessato di me a imparentarsi e personalmente non sono un fan dei matrimoni combinati- spiega con altrettanta sincerità, rassicurandomi.

Mentre balliamo la mia attenzione viene catturata momentaneamente da David che ci fissa rigido e furioso, stringe i pugni e mi dedica uno sguardo di fuoco;
se gli sguardi potessero uccidere, penso ironicamente.

Ritorno a prestare attenzione a suo padre -lei mi sorprend...- ma non finisco la frase, perché veniamo interrotti bruscamente proprio da David.

-Devo parlarti. In privato- sibila rivolgendosi a suo padre;  la voce è calma, fredda e formale ma da come stringe i pugni, capisco che è tutt'altro che calmo.

-Mi scusi signorina Davies. È stato un piacere danzare con lei, spero continui ad apprezzare la serata- si congeda con un sorriso lasciando il centro della sala e io faccio altrettanto, mentre David lo guarda disgustato e mi osserva di nuovo incenerendomi con lo sguardo.

Sto per raggiungere i miei amici ma Valerie mi sbarra la strada -Cosa credi di fare? Ora vuoi ingraziarti anche suo padre, piccola arrampicatrice sociale?- mi fissa infuriata e schifata, stando però ben attenta a non farsi sentire da nessuno.

-Lasciami in pace Valerie, non voglio ingraziarmi proprio nessuno. Sei tu che vivi in base a David, non io- la spingo via, facendola traballare sui tacchi e attirando qualche sguardo su di me, ma non mi interessa non mi rovinerà la serata.

-Cosa voleva quella strega?- chiede Sue, mentre mi scrutano ancora sorpresi dal fatto che io abbia ballato con il signor Van Dalen.

-Sputare veleno come al solito- sospiro -ho decisamente bisogno di un po' d'aria- aggiungo poi, prima che Jess e Aiden partano con l'interrogatorio.

-Vuoi che ti accompagni?- domanda Mark premuroso.

-No tranquillo, torno subito- sto per allontanarmi, ma Mark mi blocca.

-Amy, sta attenta a quell'uomo, è troppo gentile nei tuoi confronti. Lui non si comporta con nessuno così, sia Van Dalen padre che figlio hanno sempre un secondo fine, sempre, capito?- mi avvisa mortalmente serio.

Annuisco -starò attenta Mark non preoccuparti, sia a Van Dalen padre, che figlio- sorrido, utilizzando la sua stessa espressione. Poi finalmente mi avvio all'esterno della sala da ballo, in cerca di un momento di solitudine.

Arrivo all'ampio corridoio e lo percorro a passo svelto, tengo il tessuto svolazzante dell'abito per non inciampare e mi avvicino a una finestra, facendomi investire dall'aria della sera. Chiudo gli occhi, godendomi la sensazione del vento fresco sul viso.

Sento che qualcuno improvvisamente mi stringe il braccio, girandomi con violenza.

-Che cazzo ci fai qui?!- ringhia a pochi centimetri dal mio viso.

Quando mi riprendo dalla sorpresa, metto a fuoco la faccia di David infuriata che mi fulmina con quei laghi d'argento. È completamente fuori di sé. Mi fa un po' paura...

Mi divincolo dalla sua stretta -sono stata invitata come tutti qui, mi ha invitata tuo padre- rispondo piccata e lui mi stringe ancora di più.

-Ti ha invitata?! E ci ballavi anche! Siete migliori amici adesso?!- mi urla in faccia. Non l'ho mai visto così arrabbiato e mi inquieta molto, tiene la presa salda sul mio braccio.

-Smettila, ma perché stai facendo questa scenata? Hai detto che di me non ti interessa nulla, allora perché continui a parlarmi?- provo a divincolarmi ancora -lasciami!!-

Mi avvicina ancora di più al suo viso con forza -devi stare alla larga da me. Da questa fottuta casa. E soprattutto, devi stare alla larga da quello stronzo di mio padre!!- ringhia stringendomi più forte, ancora a un millimetro dalla mia faccia. Adesso mi sta facendo davvero male e non soltanto fisicamente.

-David lasciami, mi stai facendo male!- sento le lacrime inumidirmi gli occhi.

A quel punto si blocca e sobbalza, fissa la sua mano che stringe con forza il mio braccio e la  apre di scatto, come se si fosse scottato, è sconvolto.

Io lo spingo via fuori di me e con tutte le mie forze, ritorno a grandi passi verso la sala da ballo. Non prima di averlo guardato con profonda delusione e rabbia.



 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


 

Mi dirigo verso i miei amici del tutto sconvolta, sono furiosa, triste, confusa... e anche po' impaurita a dire il vero. Non per il modo in cui mi stringeva, può sembrare assurdo ma David non mi fa paura in quel senso. So per certo che non mi farebbe mai del male fisicamente, che non alzerebbe un dito su di me a differenza dell'uomo del mio incubo e non ho una spiegazione logica per queste sensazioni, considerato che quasi non ci conosciamo affatto; la cosa che realmente mi spaventa è quello che succede tra noi ogni volta che siamo vicini: l'aria che si respira, il vortice di sentimenti che ci travolgono, che sia rabbia, odio, desiderio, dolcezza o empatia, tra noi scattano all'ennesimo potenza. È come se fossero amplificati al massimo, prevaricandoci senza darci via di scampo.
Ora non riesco a darmi pace, le sue parole mi fanno sempre più male. Sembra detestarmi e non capisco cosa lo infastidisca tanto, a volte credo sia la mia sola presenza. Aveva uno sguardo così infuriato, così rabbioso, forse è stato il fatto di aver ballato con suo padre ad averlo innervosito, non devono essere in buoni rapporti... tutti dicono che quell'uomo non è per niente una brava persona, che ha sempre un secondo fine, eppure vengo trattata molto bene da lui, molto meglio di come vengo trattata da suo figlio comunque. Vorrei dare un senso logico a ciò che succede tra me e David, ma in tutta questa storia di logico non c'è proprio nulla.

-Che ti è successo?- mi fissa Aiden allarmato, notando immediatamente la mia faccia.

Scrollo le spalle fintamente indifferente, ma so bene di non essere convincente ai suoi occhi -ho avuto un piccolo scontro con David, diciamo che la mia presenza in casa sua non è molto gradita- sorrido amaramente.

Il viso del mio amico muta immediatamente in un'espressione ancora più dura, credo che lo odi con tutte le sue forze per come mi tratta. Il senso di protezione che ha verso di me riesce sempre a farmi stare meglio e a farmi sentire al sicuro.

-Basta, ha passato ogni limite, ora gli faccio vedere io cosa non mi è gradito- stringe i pugni e si sta avviando all'esterno della sala, ma Jess lo trattiene. Sapevo che sarebbe andata così, la pazienza e a tolleranza non sono esattamente sue virtù, soprattutto quando si tratta di difendere me e Jess.

-Aiden, siamo a un evento importantissimo non possiamo fare scenate, sta calmo- Jess prende il suo viso tra le mani e prova a tranquillizzarlo, anche Sue, Matt e Mark cercano di farlo ragionare. Tuttavia solo i profondi occhi nocciola di Jess riescono realmente a rasserenarlo. Improvvisamente però sposta lo sguardo da lei alle mie spalle e la rabbia gli ritorna immediatamente, accompagnata dalle occhiatacce di tutti. Perché i miei amici si stanno agitando così? Mi domando aggrottando le sopracciglia.

-Ragazzi state calmi, ricordate dove siamo- sussurra Sue.

Mi volto, continuando a non capire.
Poi vedo David avanzare sicuro verso di me, ha uno strano sorrisetto impresso sul volto, tutti gli invitati gli lasciano libero il passaggio. Il suo sguardo punta dritto nel mio e subito il mio cuore accelera, maledizione, anche dopo quello che mi ha detto poco fa basta una sua occhiata perché il mio corpo risponda in un baleno e mi odio per questo. Temo che voglia fare qualche scenata o mettermi in ridicolo, ormai mi aspetto tutto da lui... ma vedendo il modo in cui Aiden stringe i pugni, spero per il suo bene che non voglia umiliarmi o si ritroverà un'occhio nero a rovinare il suo bel viso.
Arriva di fronte a me continuando ad attirare gli sguardi di molti invitati, oddio... cosa vorrà fare?

-Signorina- si rivolge a me con la sua voce profonda, utilizzando un tono eccessivamente alto, come se volesse farsi sentire da tutti -mi farebbe l'onore di concedermi il primo valzer della serata?- chiede formale ed elegante. Con massima sicurezza allunga la sua mano verso di me.

Sento i bisbigli delle persone, versi di sorpresa e sgomento, inoltre il suo atteggiamento lascia trasparire il fatto che è sicuro di non essere rifiutato, il che mi irrita profondamente. Mi ritorna in mente quanto detto da Sue, aveva accennato qualcosa sul fatto che i padroni di casa aprissero formalmente il ballo con il primo valzer. Ma che arrogante... presuntuoso... egocentrico! mi mordo l'interno della guancia dalla rabbia, se pensa davvero che dopo avermi trattata in quel modo io accetti, è un pazzo!
Ma il suo atteggiamento è troppo strano, mi guardo meglio intorno e mi rendo conto del suo giochetto. Inizio a capire cosa ha fatto, il suo è un invito formale, ha attirato l'attenzione di tutti gli ospiti, ecco perché ha usato un tono di voce così alto.
Tutti gli occhi della sala sono puntati su di me, era scontato che aprisse le danze con Valerie, questo invito deve aver fatto molto scalpore e un mio rifiuto creerebbe uno scandalo. L'alta società dei Tre Stati è molto rigida su questo, potrei addirittura finire sull'unica rivista di gossip del Terzo Stato...

Ma che bastardo! mi ha praticamente costretta ad accettare. Non voglio certo scatenare tutto ciò.
Fisso per un secondo i miei amici sconcertati, in particolare Jess che trattiene Aiden per un braccio e mi fa capire di dover immediatamente rispondere. Noto anche Valerie in un angolo, stava sorseggiando dello champagne mentre ora sta per strozzarsi. Lo ammetto, in questo istante guardandola nutro una segreta soddisfazione e non ne vado molto fiera.
Riporto lo sguardo sul ragazzo affascinante di fronte a me, che mi scruta in modo serio e accattivante, tenendomi bloccata nell'argento liquido dei suoi occhi. Per un attimo mi ritorna in mente quella sera alla Terrazza, la mia prima uscita con Mark, il suo sfiorare con le labbra carnose la mia pelle per dimostrarmi che mi aveva in pugno, noto l'ombra dello stesso sorrisetto soddisfatto nonostante faccia di tutto per nasconderlo; è davvero la persona più insopportabile, odiosa che io conosca mi ripeto, eppure non posso reprimere quel misto di eccitazione e rabbia che provo quando gli sono accanto.

Mi stampo un sorriso falsissimo sul volto -certamente- rispondo formale ad alta voce, prendendo la sua mano e sentendo quella deliziosa scossa che provo sempre toccandolo.

-Stronzo presuntuoso- bisbiglio irritata mentre ci dirigiamo al centro della sala, sotto gli occhi sorpresi di tutti gli invitati e lo sguardo omicida di Valerie che mi perfora la schiena. In un angolo invece vedo Albert Van Dalen che mi sorride compiaciuto e incoraggiante, ricambio il suo sorriso poi torno a guardare dritto.

-Ti ho sentita formaggino- risponde ironico ma con discrezione, senza farsi notare, mantiene uno sguardo serio e fisso di fronte a noi.

-Oh, ma io volevo che mi sentissi- sussurro di nuovo piccata, tenendo come lui lo sguardo fisso, ma sbircio per un secondo e lo vedo nascondere un sorriso.

-È inutile che fingi di odiarmi, so benissimo che speravi ti invitassi- ribatte spocchioso.

Avvampo -nei tuoi deliri di megalomania forse! Sogni anche di divenire rappresentante dello Stato? Sarebbe perfettamente da te...- è molto difficile non far notare il nostro battibeccare da tutta la gente che ci scruta, aspettano il minimo scandalo o un mio passo falso per confrontarmi con la perfetta Valerie Gardiner, ne sono certa. Lui si limita a sorridere ironicamente. Dio che nervi!
Arrivati al centro ci posizioniamo l'uno di fronte all'altra, proprio come Sue mi ha mostrato questa mattina.

-Non sei brava a mentire- bisbiglia al mio orecchio sensualmente, facendomi arrossire.

La mano di David mi sfiora la schiena nuda, dilungandosi in una carezza e sento un brivido attraversarmi la colonna vertebrale. Stringo l'altra mano nella mia e faccio di tutto per tenermi a una certa distanza.

-Perché mi hai invitata a ballare David? Poco fa mi hai urlato di starti alla larga- fisso con tono di sfida quel viso, protagonista dei miei incubi peggiori e dei miei desideri più profondi.

-Per chiederti scusa, avevo promesso di non farti mai del male- mi risponde triste e il suo tono è sincero in modo disarmante, come lo sguardo contrito che sposta sul mio braccio, ancora un po' arrossato dalla sua stretta di poco fa.

-Ci sono tanti modi per far del male a una persona...- rispondo altrettanto sinceramente.

Trattiene il mio sguardo nel suo ed è così carico di significato da lasciarmi senza fiato -lo so- sospira.

Soltanto per un secondo vedo una vena di tristezza attraversargli il viso, non aggiunge altro, fa solo un cenno ai musicisti che iniziano a suonare.
Con uno scatto deciso avvicina il mio corpo al suo, riducendo del tutto la distanza che disperatamente cercavo di mantenere. Iniziamo a volteggiare sulla pista da ballo e solo pochi centimetri separano i nostri volti; immediatamente sono avvolta da quel profumo irresistibile e imprigionata da quello sguardo di ghiaccio impenetrabile. Mi basta essere tra le sue braccia per dimenticare tutto ciò che mi ha detto.



La musica si diffonde nella enorme sala. David si muove con eleganza innata, è molto bravo ma anche io me la cavo decisamente bene, questa mia dote naturale è una benedizione. Comincio lentamente a rilassarmi e incredibilmente a divertirmi; eppure sento anche una strana sensazione di déjà vu che non mi abbandona... anche lui pare divertirsi, mi dedica uno di quei suoi sorrisi, di quelli veri che arrivano agli occhi e mi lasciano senza fiato, poi mi fa fare una giravolta che come un vortice fa cambiare tutto intorno a me mozzandomi il respiro e facendomi sgranare gli occhi dalla sorpresa. Tutto andava come a rallentatore...

La sala da ballo è la stessa, ma gli invitati sono diversi e indossano abiti di un'altra epoca, la luminosa luce elettrica è sostituita da quella tenue delle candele e sento addosso uno strano peso, dovuto all'ingombrante ampiezza dell'abito che indosso; stranamente è dello stesso colore: un caldo cremisi, ma è decisamente diverso da quello di Nora. Sento l'amuleto sfiorarmi il collo.
La giravolta termina e torno tra le sue braccia, mi fissa con adorazione e io sbianco sconvolta perché lui non è più David, questo è Frederick Van Dalen. Non quello crudele dei miei incubi ma quello innamorato e dolce; quello che baciavo nel mio sogno, cioè che Anita baciava...
Si avvicina, credo voglia sussurrarmi qualcosa all'orecchio.

-Sei la più bella tra tutte le dame in questa sala, amore mio- a quelle parole il mio cuore accelera incontrollato.

-No ti sbagli, sono solo la più fortunata- rispondo dolcemente e mi rendo conto di non essere padrona del mio corpo, né delle mie azioni. Lui mi stringe di più a sé, sento il suo calore e quel profumo che so essere uguale a quello di David.

Lo sguardo di Frederick fa da eco ai sentimenti che Anita prova per lui e che io sento rimbombare dentro me: è un amore puro e incondizionato, vibra tramite lei in ogni fibra del mio essere. Sorrido, godendomi quelle sensazioni che quasi mi ubriacano.


Un'altra giravolta e torno tra le braccia di David, mentre la musica procede incessante. Tornata alla realtà sgrano gli occhi sconvolta e  lo stringo di istinto più forte a me, impaurita dalla situazione, anche lui fa lo stesso. È stata una pessima idea: lui non è un àncora che mi può tenere inchiodata alla realtà, è l'esatto contrario... infatti nel preciso istante in cui i nostri corpi si toccano ancora di più avvinti, sensazioni simili alla visione mi attraversano e la cosa più terrorizzante è che queste non sono di Anita, sono tutte mie.
La sua faccia è confusa quanto la mia, che stia vedendo ciò che io vedo o prova semplicemente quello che io sto provando?
A ogni giravolta l'immagine di David e quella di Frederick si alternano. Vengo sbalzata continuamente tra i ricordi di Anita e la realtà. Tra passato e presente. Gli invitati se ne stanno in disparte in entrambi i casi a guardarci ammirati.
David mi fissa in maniera diversa, nello stesso modo che mi era parso di vedere non appena sono entrata in questa sala: è puro desiderio, ma anche qualcos'altro che riaccende la speranza dentro di me. L'attrazione tra noi e la tensione del momento si possono quasi respirare e tagliare con un coltello. Siamo decisamente troppo vicini, il cuore mi martella nel petto e lo stomaco fa le capriole. Che provi per me ciò che io provo per lui? Ma se così fosse, perché fa di tutto per tenermi a distanza... non ha senso. Continua a stringermi, ammaliandomi con quel profumo inebriante e quegli occhi magnetici. Potrei morire qui, mentre mi stringe tra le sue forti braccia.

Diavolo, quanto sono patetica... che pensieri imbarazzanti, se Jess li sentisse mi prenderebbe in giro per sempre, datti una ripigliata Amy, mi ripete la mia fastidiosa vocina inutilmente, ormai è lontana e prevaricata da tutto il resto.

Che sia David o Frederick, nemmeno per un secondo i nostri sguardi si staccano, restano fissi e persi l'uno negli occhi dell'altra.  
Sono sempre più disorientata, non so più qual è la realtà. I sentimenti di Anita stanno offuscando e scoperchiando i miei, quasi li sovrastano talmente sono forti.
Provo tutto ciò che lei provava: una devozione assoluta. Capisco che mi trafiggerei un milione di volte con quel pugnale, se servisse a tenerlo qui tra le mie braccia, a guardare quel desiderio e quella bramosia trasudare dai suoi occhi.
Non credo sia solo ciò che prova Anita a farmi maturare questi pensieri.
Per gran parte della mia vita ho sempre sentito la mancanza di qualcosa, come se mi sfuggisse continuamente un pezzo importante. Fuggivo dall'amore, mostrando indifferenza perché dentro di me sapevo di appartenere a qualcun altro. Ma lui appartiene a me? mi domando demoralizzata...
Adesso mi sento completa, nonostante la paura, nonostante il presentimento dettato dal mio inconscio che tutto ciò sia tremendamente sbagliato e pericoloso, sento che questo è il mio posto.
Proprio qui, mentre volteggio con lui in questa sala, perdendomi tra le sue braccia e annegando nei suoi occhi.  
Solo per un momento permetto a me stessa di posare lo sguardo su quelle labbra meravigliose e perfette, così vicine... così invitanti, ho paura di ciò che desidero.

Poi l'incantesimo si spezza con il terminare della musica e tutte quelle emozioni di Anita si allontanano, come il ricordo di un sogno. La delusione si fa strada dentro di me, quanto avrei voluto che durasse di più...
Io e David ci guardiamo confusi.
È come se mi stessi risvegliando solo ora, cos' è successo? Io non capisco. Era come se fossi me stessa, ma anche un'altra persona. I miei pensieri erano un flusso continuo e autonomo, come i miei sentimenti influenzati dai suoi.
Lentamente David si riprende. Sposta la mano dalla mia schiena come se si fosse scottato e fa un passo indietro, lasciandomi una sensazione di vuoto. Mi fissa negli occhi sconfitto e combattuto, poi riprende il suo sguardo distaccato. Non c'è più traccia di dolcezza nei suoi modi.

-Le mie scuse, questo ballo, non cambiano niente. Vattene Amy, non ti voglio qui e non ti voglio vicino a me.-
Il tono autorevole e distaccato... le sue parole parole, mi colpiscono come freddi e affilati coltelli.  

Si allontana.

Resto lì paralizzata, guardandolo. Più lui si allontana, più  il vuoto che sento aumenta e quella sensazione di completezza svanisce.
Torna da Valerie che è a dir poco infuriata, ma cerca di calmarla, dandole un leggero bacio sulle labbra che mi colpisce come uno schiaffo in faccia; un minuto fa desideravo facesse lo stesso con me...
Con David è sempre così, un attimo prima posso toccare il cielo con un dito, l'attimo dopo mi fa tornare con i piedi per terra, nel peggiore dei modi.
Non avrei dovuto permettere a quello sguardo di illudermi e prendermi in giro per l'ennesima volta, ai sentimenti di Anita di offuscarmi, confondendomi ancora di più.
Non ho intenzione di stare a guardare quei due battibeccare, immagino gli epiteti con cui mi starà apostrofando Valerie. Mi avvio verso le porte della sala da ballo, gli ospiti sembrano non essersi accorti del cambiamento di David. Sue e Jess stanno per avvicinarsi, ma con uno cenno faccio capire loro che non è il momento. Tornando da lei ha sminuito l'aver ballato con me, è come se avesse sottolineato che lei è la sua accompagnatrice e il ballo era solo una gentilezza fatta a una ragazzina comune, estranea al loro mondo dorato. Ho fatto una figura pessima ma non gli darò la soddisfazione di andare via, prederò un po' d'aria e dopo tornerò in quella stramaledettissima sala da ballo. Stringo i pugni decisa e motivata.

Noto che nel corridoio c'è una portafinestra, da cui si accede alle grandi balconate esterne. Mi appoggio al parapetto, contemplando le numerosissime luci che adornano il giardino curato. Per un istante mi ero illusa che stesse provando ciò che io provavo, ma evidentemente mi sono completamente sbagliata, di nuovo.

-Perché non mi hai ascoltata? Perché sei ancora qui?- una voce interrompe i miei pensieri.

Mi gelo, la riconosco: è la donna misteriosa che mi trascinò il quel vicolo. Lentamente riesco a voltarmi, sono stufa di queste apparizioni e se avesse voluto farmi dal male, ne avrebbe certamente approfittato mentre ero di spalle.

-Non sono molto incline ad accettare consigli da perfette sconosciute- rispondo dura. Come l'ultima volta, indossa un foulard e un paio di lenti grandi e scure. Ci siamo solo noi due.

-Non capisci che sto cercando di proteggerti?! Non posso crederci, come ti è saltato in mente di ballare con David Van Dalen?!- è a dir poco sconvolta.

Si avvicina guardandosi alle spalle allarmata, per paura di aver urlato troppo.

-Non ho bisogno della tua protezione, non ti conosco nemmeno. Non sono affari tuoi con chi decido di ballare! Inoltre sei entrata in camera mia, so che sei stata tu a rubare il mio libro- la accuso con rabbia.

-Quel libro non era tuo, ho solo rubato ciò che era già stato rubato, non avresti mai dovuto prenderlo, né tantomeno leggerlo- risponde seria.

Come fa a sapere dove l'ho preso?

-Voglio delle risposte, cosa sai? Perché sono in pericolo?!- mi avvicino a lei, cercando di scrutare oltre quei grandi occhiali scuri, ma avendo capito le mie intenzioni fa un passo indietro.

-È proprio questo il punto, non puoi avere risposte, non devi scoprire nulla. Più indagherai, più scoprirai e più sarai in pericolo. Tutto questo non è una coincidenza, tutto ciò che vedi nei tuoi sogni e mentre  sei sveglia ultimamente, non sono coincidenze. Nemmeno il colore del tuo abito è una maledetta coincidenza, lo capisci?- sorride amaramente - vattene, non indagare oltre su cose che sono sicura non vorresti scoprire, torna a casa ti prego- sussurra disperata.

Lei sa dei miei incubi, sa che rivivo i ricordi di quella ragazza! Evidentemente non mi conosce, io non mi tiro mai indietro, affronto sempre tutto con forza, come ho fatto con la morte di mio padre. Di solito sono io a essere il sostegno degli altri e non ho bisogno di stupidi consigli da una sconosciuta.

-Mai. Ormai ci sono dentro e devo conoscere la verità!- la fulmino con sguardo, lasciando trasparire tutta la mia determinazione.

Sospira scoraggiata -anche se fosse tanto dolorosa da risultarti insopportabile?-  la sua voce è dura ed estremamente seria. Per un istante le sue parole mi intimoriscono e non posso impedire a un brivido di paura di attraversarmi, ma rispondo immediatamente.

-Preferisco una verità dolorosa, rispetto a una bella bugia- incrocio le braccia al petto.

-Sei testardo quanto tuo padre, spero che almeno tu non te ne debba pentire- risponde con il tono di voce più triste che abbia mai sentito, poi si volta e va via prima che io apra bocca.

Mio padre? Lei conosceva mio padre? Ma questo non è possibile, mio padre ha sempre vissuto a Baia del Sole fin da bambino, non è mai stato ad Albanuova, ne sono sicura. Poi i dubbi mi assalgono, pensandoci bene però adesso non sono sicura più di nulla...
Ho bisogno di risposte e lei deve darmele, non può lasciarmi qui così!

Sto per raggiungerla, svoltando nell'ampio corridoio ma vengo bloccata da Mark.

-Amy, ti stavo cercando dappertutto!- mi copre la visuale.

-Mark aspetta, devo parlare con quella donna- indico alle sue spalle spostandolo.

Subito anche lui si gira, ma il corridoio è assolutamente vuoto.

-Quale donna Amy? Qui non c'è nessuno. Va tutto bene?- chiede preoccupato.

-S...sì... sarà andata via... torniamo al ballo- sorrido dissimulando e rientriamo nell'ampia sala. Cerco di mascherare il nervosismo, ma Jess e Aiden lo notano.

-Allora, la mia dama vuole concedermi questo ballo? Sei troppo richiesta stasera, devo forse prenotarmi?- Mark interrompe gli sguardi interrogativi dei miei amici, ridendo.

-Certo! Tutti i balli che vuoi- gli rispondo, provando ad abbandonare l'ansia e le mille domande che mi attanagliano.

Ballare con Mark è un'esperienza totalmente diversa. Con lui sono così a mio agio che sorrido in continuazione. Siamo soltanto un ragazzo e una ragazza che si piacciono e ballano tranquillamente, niente strane visioni. Noto però in un angolo che David non ci toglie gli occhi di dosso, ma lo ignoro bellamente. Di certo non mi faccio intimidire dal suo "vattene Amy" sono stata invitata e mi godrò il resto della serata, in pace e senza stranezze.

Mi rendo immediatamente conto di aver cantato vittoria troppo presto, anche Valerie sembra in vena di danze e si avvicina con David sottobraccio. Ha un'aria di sfida, lo trascina letteralmente accanto a noi.

-Amy, ti stai divertendo con il tuo cavaliere?- domanda melliflua e con falsa cordialità.

-Ci stiamo divertendo molto- risponde Mark neutro, stringendomi di più e David fissa la sua mano dietro la mia schiena nuda, irrigidendosi ma restando in silenzio.

-Molto- rispondo, stampandomi un finto sorriso sul volto, stavolta lo sguardo di David è scettico ma io mi stringo a Mark ulteriormente, facendolo assumere un'espressione impenetrabile.

Valerie si avvicina a David e mi dà l'impressione di una pianta rampicante, anzi di ortica, della fastidiosissima ortica, appiccicosa e rampicante, mi mordo l'interno della guancia.
Non dovrei ingelosirmi in questo modo ma non posso evitarlo, quanto mi irrita, continua a stare accanto a noi e lui non fa nulla per spostarsi e lasciarmi in pace. Non gli darò la soddisfazione di vedermi infastidita, decido di continuare a ignorarli come stavo già facendo e presto Mark mi distrae, facendomi ridere e volteggiare per tutta la pista. Adoro questo ragazzo.

Il ballo continua in perfetta armonia, le persone, i miei amici, si divertono e anche io lentamente comincio a rilassarmi. Ignoro le occhiate velenose sia di David che di Valerie che se potesse, sono sicura mi strapperebbe la testa dal collo, quella ragazza è tutto ciò che non sopporto in una persona. Ricevo anche molti complimenti da alcune invitate conosciute al buffet, provengono dal Primo Stato e sono le figlie dei rappresentanti delle città, faccio molta pubblicità a Nora; spero di ricambiare l'immenso favore che mi ha fatto prestandomi questo meraviglioso abito.
Alla fine della serata Sue e Jess sono entusiaste, mentre raggiungiamo l'auto continuano a saltellare dall'emozione, commentando gli abiti di tutte, la musica, il cibo....
Anche per me è stata una bella esperienza, tralasciando alcuni episodi, tuttavia non riesco a togliermi dalla testa le parole di quella donna:

"Se la verità fosse tanto dolorosa da risultarti insopportabile?"

Cosa ci può essere di così terribile e soprattutto cosa c'entra con me, mi domando mordendomi il labbro inferiore. Prima di entrare in auto, do un ultimo sguardo all'enorme tenuta e affacciato alle grandi balconate vedo David.
Mi sta fissando con aria assorta e tetra, ci guardiamo per un minuto buono, poi lui si volta e va via.

-Il modo in cui ti guarda, a volte mi dà i brividi Amy. Come se fossi un cosa sua...- sussurra Sue, avendo notato la scena -ma la cosa che mi spaventa di più, è il modo in cui tu lo guardi. Sta attenta ti prego, cerca di ignorarlo- poggia una mano sulla mia spalla.

-Ci provo Sue credimi, ci provo ogni maledetto giorno- rispondo, forse troppo sinceramente e lei sospira comprensiva.

 

****


All'entrata della pensione salutiamo tutti, all'inizio della serata ho ignorato un po' Mark, ma per fortuna mi sono fatta perdonare e abbiamo passato moltissimo tempo insieme, ballando per tutto il resto della notte, ridendo e divertendoci; è riuscito a tranquillizzarmi totalmente. Prima di andare via, mi lascia un leggero bacio sulla guancia, facendomi l'occhiolino.

-Buonanotte bellissima- sussurra.

Sorrido dolcemente -notte Mark- Jess sogghigna in un angolo, mentre Aiden assume un'espressione soddisfatta.

Quando la smetteranno con questa storia di volermi trovare un ragazzo a ogni costo? Li guardo infastidita e sbuffo rientrando alla pensione, per fortuna la signora Miller dorme e Sue riesce a scamparla.
Non so cosa fare con Mark, passare del tempo con lui mi fa stare così bene, è tutto così semplice... inoltre è davvero un bel ragazzo, forse ho bisogno solo di più tempo.

"Se la verità fosse tanto dolorosa da risultarti insopportabile?"  
Questa domanda continua ad assillarmi, rimbomba come una cantilena imperterrita nella mia testa, come un monito silenzioso mentre salgo le scale diretta in camera salutando i miei amici.
Racconterò tutto domani a Jess e Aiden, adesso ho solo bisogno di dormire e liberarmi da queste dannate forcine che ho tra i capelli, da questo trucco e soprattutto dai tacchi alti.
Lentamente, dopo circa mezz'ora e innumerevoli imprecazioni, riesco a sciogliermi i capelli maledicendo Sue e Jess per ogni singolo minuto. Finalmente mi distendo ma credo che sarà una lunga notte, ripenso solo a quella donna e anche se non vorrei ripenso a David: quel ballo, le visioni, il modo in cui ci stringevamo e fissavamo, le sensazioni meravigliose che provo standogli accanto... Eppure, subito dopo è tornato come prima,
freddo, impassibile e soprattutto stronzo, quella è la cosa che gli riesce meglio. Vorrei  che tutto fosse più semplice ma purtroppo non sempre la realtà rispecchia i nostri desideri.



**Angolo Me**

Ciao a tutti! spero che la storia vi stia intrigando, questo è uno dei miei capitoli preferiti :) volevo solo inserire una piccola curiosità,
la canzone che Amy e David ballano e che ascoltavo mentre scrivevo è:  Within Temptation - All I Need -

che è anche una delle canzoni della saga. Potete ascoltarla se vi va, per entrare meglio nella storia :)
alla prossima baci!
JosephineC <3

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***




Sobbalzo, sgranando gli occhi con il cuore che mi batte fortissimo, perché una sensazione di nausea e terrore mi invadono. Stanotte, mentre continuavo a pensare e ripensare a tutto, devo essermi addormentata...
Non ricordo assolutamente cosa stavo sognando e forse è meglio così, credo sia lo stesso sogno avuto sotto l'effetto delle pillole di Jess. Ho i brividi.
Provo a sforzarmi, cercando di ricordare qualcosa ma nulla, anzi non appena ci provo il terrore aumenta; quando mi alzo sono subito costretta a correre in bagno a causa di fortissimi conati di vomito.
Che mi succede? Cosa può avermi sconvolta tanto e soprattutto perché non lo ricordo?
Dopo non so quanto tempo, il mio stomaco sembra stabilizzarsi. Mi guardo allo specchio, della ragazza perfetta di ieri neanche l'ombra, sono un vero disastro e non ho alcuna intenzione di ricoprirmi di trucco.
Inoltre quei lividi orribili sulle braccia sono ricomparsi, quando li fisso ho una strana sensazione, come se un ricordo cercasse continuamente di farsi strada, ma viene bloccato e mi resta solo il terrore a serpeggiare sotto pelle come un veleno.
Sciacquo il viso e lego i capelli in una morbida coda, prima di recarmi in sala da pranzo per la colazione, anche se non ho assolutamente voglia di mangiare, al solo pensiero sto male.

-Non fate commenti, ho avuto una nottataccia- borbotto, lasciandomi cadere sulla sedia esausta e precedendo i miei amici, ormai questa scena si ripete spesso.

-Di nuovo quegli incubi?- domanda Aiden visibilmente preoccupato, notando i lividi sulle mie braccia, anche Jess li fissa scioccata.

-Sì- sospiro -la cosa peggiore è che non ricordo assolutamente cosa ho sognato ma deve essere stato orribile, credo siano gli stessi sogni avuti dopo aver preso le tue pillole- spiego.

Non mi piace farli preoccupare in questo modo quindi cerco immediatamente di cambiare discorso, non che ciò che sto per dirgli non lo farà preoccupare, ma almeno non è così grave come i segni sulla mia pelle...
Racconto loro tutto quello che è successo ieri sera, della donna e di quello che ho visto mentre danzavo con David.

-A questo punto Amy, sei sicura di voler scoprire la verità?- domanda Aiden allarmato dalle nuove rivelazioni.

-È la stessa domanda che mi ha fatto lei, credimi per un momento sono stata tentata di interrompere le nostre ricerche, ma sapete che non mi tiro indietro- rispondo sicura.

-Sempre la solita testarda- borbotta con una smorfia di disapprovazione.

La cosa che ci ha stranito maggiormente è stato il fatto che mi ha paragonata a mio padre.
Purtroppo le nostre ipotesi non portano a una conclusione possibile ma solo a ulteriori domande, troppi misteri, troppe cose che ci sfuggono come al solito.

-So che Aiden non approverà, ma il valzer tuo e di David era tremendamente romantico- ci interrompe Jess improvvisamente con aria sognante, effettivamente il mio amico a quelle parole sta per strozzarsi con la spremuta.

-Romantico?! Quel pallone gonfiato non merita  nemmeno uno sguardo di Amy- risponde stizzito, incenerendo Jess con lo sguardo, facendoci ridacchiare.

Lei per farsi perdonare lo bacia teneramente e Aiden ammutolisce ammaliato.
Per un istante li invidio, perché per me non può essere tutto così facile? penso rammaricata; eppure conosco già la risposta... perché io non amo le cose facili, se le amassi adesso accanto a me ci sarebbe Mark, non sentirei ancora la dolce pressione delle forti braccia di David che mi circondavano e il suo profumo inebriante, che mi trascinava inesorabilmente in sentimenti mai provati in vita mia. Preferisco non commentare la frase di Jess, anche se so che è la verità. Certo se dopo non avesse rovinato tutto, sarebbe stato ancora meglio...

Non sapendo come impiegare il giorno decidiamo di passeggiare per il paese, recandoci nella parte rimodernata. Sue purtroppo non poteva chiedere altri giorni liberi a sua madre, Matt è di turno, mentre Mark è in città per alcuni impegni; tuttavia abbiamo deciso di uscire insieme questa sera, anche se il tempo non promette bene, credo ci sarà un fortissimo temporale a giudicare dai nuvoloni grigi che invadono il cielo.
La strada principale è affollata da numerosi ragazzi e ragazze, molti sono diretti alla caffetteria, altri semplicemente fanno una passeggiata.  Le strade della parte moderna sono perfettamente in ordine, lisce e precise, mi ricordano quelle di città, ci sono molti negozi e luoghi per il divertimento. Invece nella parte antica di Albanuova ci sono ancora delle stradine fatte di ciottoli e piccoli negozi, come quello di Nora; personalmente preferisco quelle, questa ostentata perfezione della parte moderna non mi fa impazzire come d'altronde tutta la asetticità e funzionalità che permea ogni parte dei Tre Stati.

Notiamo che molti fissano dei volantini sparsi praticamente ovunque, ne prendiamo uno incuriositi e Aiden fa l'errore di leggerlo ad alta voce:

CAUSA MALTEMPO IL CONCERTO DEI "THE SHADOWS" È STATO SPOSTATO DALLA PIAZZA DELLA CITTÀ DI RENAISSANCE ALLA DISCOTECA "INSOMNIA" DI ALBANUOVA

Non appena Jess sente  "The Shadows" sgrana gli occhi, per poi emettere un urlo assordante e saltellare euforica davanti a noi.

-Non è possibile! Non è possibile! Non è possibile!!- le brillano gli occhi.

Alzo gli occhi al cielo e dedico un'occhiataccia ad Aiden. I "The Shadows" sono la band preferita di Jess. Non che ci sia tutta questa scelta, visto che le band che suonano dal vivo sono cinque, una peggio dell'altra. La nostra musica è soltanto una pallida imitazione di quella antecedente all'Interruzione. Per questo preferiamo ascoltare quella antica dagli archivi digitali, pochi sono bravi a suonare, non è vista come una priorità. Per un momento ripenso a chi tra quei pochi è bravissimo a suonare... porto subito i miei pensieri in un altra direzione e torno a concentrarmi sull'esultanza di Jess.
Ok lo ammetto: sono una pessima migliore amica; sapevo che suonavano in una città vicina ma ho fatto di tutto per non farglielo scoprire. Non sopporto assolutamente quella band  e non amo questo genere di musica,  lei ha una cotta incredibile per il batterista da anni, la sua camera non ha più pareti, solo suoi poster. Sbuffo sonoramente e Aiden fa lo stesso, vistosamente pentito di aver preso quel maledetto volantino, perché sappiamo esattamente dove saremo costretti ad andare questa sera.

Dopo essere tornati alla pensione con una Jess completamente fuori di sé, informiamo Sue dei nostri progetti per stasera. Quando sente il nome della band resta paralizzata, i piatti che stava per portare in cucina le cadono rovinosamente dalle mani.
Urla allo stesso modo di Jess poco fa.

Oh no... vi prego, ditemi che questo è un incubo, non possono avere anche gli stessi gusti musicali, ma sono forse gemelle? Aiden mi fissa sconfitto e dal suo sguardo capisco che pensa esattamente la stessa cosa.
Per tutto il pomeriggio devo sorbirmi l'isteria di entrambe, Jess praticamente non tocca il suo pranzo, tanto è impegnata a parlare con Sue.
Nonostante la loro insistenza, decido di passare il pomeriggio in camera. Nuovamente il mio lato solitario si fa sentire e in questi momenti ho soltanto bisogno di restare sola con i miei pensieri. Ripenso al ballo, avrei dovuto essere più ferma e decisa, invece mi sono comportata come una ragazzina confusa dal suo atteggiamento ambiguo; non riesco a capire nemmeno il motivo di quei ricordi, la maggior parte delle volte che sono con David vengo colpita da visioni di Frederick ed Anita. Stranamente sono molto diverse dai miei incubi, durante il ballo percepivo il loro amore, com'è possibile che si sia trasformato in odio?
Sto iniziando a pensare che magari questi ricordi non sono altro che avvertimenti, siamo la copia perfetta di due persone vissute in un'altra epoca, non possiamo esserci incontrati per caso...
Decido di fare ciò che faccio sempre quando i miei pensieri si affollano nella mente, quando sono agitata o impaurita, disegno: ridisegno i tratti fondamentali del ballo di ieri, di quello della mia visione. Vederlo impresso su carta è ancora più strano, eppure una parte di me è convinta che ci sia una spiegazione a tutto ciò.

Subito dopo cena, Jess e Sue corrono da una stanza ad un'altra emozionate per il concerto. Cercano di trascinare anche me, per un'altra seduta di bellezza ma ho messo subito in chiaro che se vogliono portarmi in quel posto, devono almeno lasciarmi in pace adesso, la mia aria minacciosa le ha subito convinte. Indosso un semplice paio di jeans e una maglia scura, lascio i capelli sciolti in morbide onde, terminando con un trucco appena accennato, giusto per coprire le occhiaie di questa notte. Finalmente mi riconosco.
All'uscita della pensione troviamo Matt e Mark ad aspettarci, con dei grandi ombrelli, come previsto si è scatenato un forte temporale estivo; come al solito Mark indossa una maglia di colore nero e un paio di jeans scuri. Scommetto che con questo look da bello e dannato fa strage di cuori, peccato che non riesce a catturare il mio, penso tristemente ma tempo al tempo, mi convinco.

-Bellissima, non sapevo amassi i The Shadows- dice ironico, baciandomi sulla guancia.

-Infatti li odio- sbuffo e lui ride, durante la nostra cena parlammo dei miei gusti musicali.

-Lo immaginavo- sogghigna.

Ci incamminiamo verso la discoteca dov'è previsto il concerto. Ci sono moltissime persone in attesa che cercano di ripararsi dalla pioggia: indossano minigonne in pelle inguinali, calze a rete, trucchi pesantissimi di colore nero, borchie ovunque...
Dio. Ho già detto che odio questa band?
Cercano di ricreare uno stile musicale Dark metal, credo si chiami così ma non ne sono sicura, era diffuso prima della Terza Guerra; forse non sanno nemmeno loro cosa sia, sembrano un gruppo di ragazzini invasati che imitano delle fotografie antecedenti all'Interruzione, con pessimi risultati aggiungerei, per questo mi irritano profondamente.
Sue e Jess sbuffano impazienti di entrare, dopo un po' le porte vengono aperte e ci dirigiamo all'interno. Il concerto comincerà tra poco, spero soltanto finisca presto.
Il posto è abbastanza grande, con moltissime luci, il colore predominante è il nero.
Mi guardo intorno, sperando di non incontrare David e per fortuna pare non ci sia. Non sono così fortunata con Valerie che noto vicino al palco con le gemelle, cercherò di evitarla per tutta la sera...
Dopo che le persone in fila riescono a entrare, i The Shadows salgono sul palco: tre ragazzini vestiti completamente di nero dalla testa ai piedi, con uno strano trucco sul viso, forse pensano che sia Halloween, sembrano dei bizzarri vampiri.
Jess e Sue urlano con le altre ragazze, cercando di attirare l'attenzione dei loro beniamini, mentre io sbuffo allontanandomi da queste invasate.
Il cantante comincia a urlare come una gallina in procinto di deporre un uovo, mi tappo le orecchie dirigendomi verso Mark.

-Mark ti prego, prendiamo qualcosa da bere che sarà una lunga serata...- lui continua a sbellicarsi dalle risate.

Fissa  e prende in giro Aiden e Matt, che restano vicino a Sue e Jess e un gruppo di ragazze in visibilio. Credo ricorderanno questa serata per moltissimo tempo.
Ci sediamo sugli sgabelli del bar, optando per una bevanda dolce tipica del Terzo Stato.

-Ma bene, vedo che fate coppia fissa!- sento la voce squillante di Valerie soddisfatta.

Alziamo entrambi gli occhi al cielo, girandoci verso di lei. È peggio di un Mosca fastidiosa.
Come al solito le gemelle sono al suo fianco, dandole manforte. Cosa poteva indossare stasera? Una di quelle minigonne in pelle ovviamente, sarei curiosa di esplorare il suo armadio...

-Non vedo cosa ti interessi, non sei mia  amica, né voglio che tu lo sia- rispondo acida, Mark mi ammonisce con lo sguardo, ma sono stufa della presenza e delle frecciatine di questa ragazza.

-Credimi la cosa è reciproca, stavo solo constatando che finalmente hai capito a chi puoi aspirare e a chi no- risponde con sdegno e mi lancia un'occhiata significativa, le gemelle soffocano un ghigno; sto per risponderle per le rime in modo estremamente poco carino ma Mark mi trascina via.

-Adesso dobbiamo andare, divertitevi ragazze!- mi trascina via frettoloso, spingendomi lontano.

-Perché l'hai fatto? Stavo per dirne quattro a quella vipera- sbotto contrariata.

-È proprio per questo che l'ho fatto- soffoca una risata -non voglio vederti litigare con quella Amy, non ne vale la pena abbassarti ai suoi livelli- mi sorride poi dolcemente, facendomi calmare.

Mi lascio condurre da lui e cerchiamo di tornare verso gli altri,  ma tra tutte queste persone perdo Mark di vista; questa serata va di bene in meglio, penso affranta.
Decido di spostarmi dal centro, allontanandomi dalla calca per cercarlo. In quest'angolo la musica è meno alta e c'è meno gente, sono concentrati tutti al centro per la band, se così si può definire...

-Amy, Amy!- sento qualcuno chiamarmi con agitazione e mi volto incuriosita.

Purtroppo mi ritrovo davanti l'ultima persona che avrei voluto vedere: è di nuovo quella donna.

-Mi stai seguendo?!- le chiedo irritata, l'ultima cosa che ho intenzione di fare è stare ai suoi giochetti.

Sembra molto nervosa rispetto al solito, quasi impaurita, la vedo guardarsi intorno come se si aspettasse di essere seguita da qualcuno.

-Ascoltami, sei in pericolo, cercheranno di farti del male, devi fuggire!- mi prende per le spalle scuotendomi.  

Ancora con questa storia? Non ho intenzione di fidarmi di qualcuno che non ha nemmeno il coraggio di farsi vedere in faccia. Sono stufa dei suoi avvertimenti. Mi avvicino a lei, adesso voglio delle risposte e per prima cosa deve guardarmi negli occhi, se vuole che le creda. Prima che possa in qualche modo prevedere ciò che sto per fare, approfitto della sua agitazione e distrazione per strapparle via gli occhiali e il foulard, rivelando due profondi occhi chiari e una chioma di folti capelli biondi. È una bella donna sulla quarantina.

Ma non è questo che mi fa mozzare il respiro e pietrificare sul posto, il punto è un altro: io la conosco.

Ricordo che veniva a casa periodicamente quando ero bambina, la mamma diceva che era una sua amica e spesso mi portava dei regali. Era così dolce nei miei confronti, anche se ero molto piccola ricordo la sua gentilezza e l'allegria nei suoi occhi mentre mi guardava, mentre giocava con me, io le volevo bene... smise di venire quando avevo nove anni e ricordo che ci rimasi molto male perché aspettavo sempre con gioia le sue visite, era una specie di zia per me. Ho chiesto spesso alla mamma di lei negli anni, del perché non fosse più tornata, ma è sempre stata vaga al riguardo... credevo avessero litigato e dopo la morte di papà non feci più domande perché ne ebbi la certezza, visto che non si degnò di venire nemmeno ai funerali.

È rimasta completamente immobile e spiazzata dal mio gesto, ci guardiamo entrambe a bocca aperta completamente sconvolte.

-Tu?! I... io ti conosco... Vivienne...- riesco a pronunciare solo quelle parole sconclusionate, è come se la lingua si fosse incollata al palato.

-Perché l'hai fatto?! Hai solo peggiorato le cose! Dobbiamo andare!!- sta per avvicinarsi per trascinarmi via, ma io indietreggio bruscamente.

-Non ti avvicinare! Non vengo da nessuna parte con te, tu non sei solo un'amica della mamma vero? Voglio sapere chi diavolo sei- sibilo infuriata.

Sospira scoraggiata e triste -sei sicura di volerlo sapere?- domanda, stranamente tesa. Ha capito che se non vuota il sacco io non mi muovo di qui.

-Sì- ribatto determinata come sempre, anche se per un momento mi ritorna in mente ciò che mi ha detto al ballo:

"Se la verità fosse tanto dolorosa da risultarti insopportabile?"

Ignoro l'inquietudine che mi sta serpeggiando dentro e stringo i pugni per farmi coraggio, ho la netta sensazione che ciò che sta per dirmi non mi piacerà. La mia posizione ricorda quella di qualcuno che si prepara a ricevere un colpo, eppure sono ben determinata nell'andare in fondo a tutta questa storia. Guardando i miei occhi anche lei deve averlo capito.

-Va bene, ormai non ha più senso nasconderti questo e prima o poi l'avresti scoperto comunque...- sospira -avrei preferito scegliere un posto più tranquillo per parlarti ma a quanto pare non vuoi darmi altra scelta. Io non mi chiamo Vivienne e non sono una vecchia amica di Elise- sorride amaramente.

Si avvicina con lentezza e attenzione a me, con accortezza accosta una mano al mio viso, quasi come se fossi un animale selvatico che sta per fuggire o una fine porcellana che potrebbe sgretolarsi sotto le sue dita, mi lascia una impalpabile carezza sulla guancia. Resto spiazzata dai suoi gesti, ha gli occhi lucidi e mi guarda con dolcezza mista a dolore.

-Io sono Corinne Deveraux- mi confessa con decisione, facendo una strana smorfia quando quel nome esce dalle sue labbra, come se non fosse abituata a pronunciarlo ad alta voce.

Sgrano gli occhi, trattenendo tutta l'aria che ho nei polmoni, sono completamente incredula.

-E sono tua madre- aggiunge poi seria, puntando i suoi occhi nei miei.

È il quel preciso istante che il mio mondo è andato in pezzi.




**Angolo me**

Ciao a tutti❤️❤️

Mi rendo conto che la situazione diventa un po' confusa, quindi vi lascio una sorta di schema della famiglia Deveraux:

Periodo storico: approssimativamente fine 1700 (prima della rivoluzione francese) :

Antentati famiglia Deveraux

Françoise Deveraux: padre di Anita.

Marie Catherine Sophie Deveraux: madre di Anita.  

Post Terza Guerra anno 2128:

Cristopher Deveraux: Padre di Amy

Corinne Deveraux: Moglie di Cristopher e madre  di Amy.

Elise Davies: madre adottiva di Amy.

Grazie a tutti coloro che stanno leggendo la mia storia alla prossima <3

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***



Resto lì imbambolata, con gli occhi sgranati e il cuore che mi batte fortissimo.

 "Sono Corinne Deveraux e sono tua madre"

Quella frase continua a rimbombarmi in testa, tanto che non riesco a muovermi o a parlare.

"Sono tua madre... tua madre... tua madre" questa parola si ripete così tante volte nella mia mente che sembra perdere di significato.

-Dì qualcosa...- è in apprensione, mentre mi scruta con quei grandi occhi chiari.

Di colpo comincio a ripensare a tutta la mia vita: alla scarsa somiglianza con la mamma, allo sguardo triste dei miei genitori ogni volta che chiedevo un fratellino, ai miei sogni e al ritratto di Anita Deveraux. La verità sembra volermisi schiaffare in faccia da sola, ma soffoco tutto immediatamente.
No, no, no! È una bugiarda, non può essere!
Sposto con violenza la sua mano dal mio viso, non voglio che mi tocchi.

-Tu sei pazza! Mia madre si chiama Elise Davies ed è a Baia del Sole, stammi lontana!!-  le urlo contro spintonandola, per poi scappare via.

Comincio a farmi spazio tra la folla, allontanandomi da quella donna.

-Amy aspetta! Amy, devi stare attenta!- ma ormai sono già lontana, riesco a fuggire da lei e mi guardo intorno alla ricerca di un posto tranquillo.

C'è solo una persona che può fugare tutti i miei dubbi e cacciarmi fuori da questa situazione assurda... mi avvio verso un piccolo stanzino,  deve essere riservato al personale ma a questo punto non mi interessa di nulla. Ricordo di aver lasciato la mia borsa col cellulare a Jess, per fortuna ne ho un altro in tasca; quell'assurda mania di mia madre, penso sorridendo amaramente e chiedendomi se posso davvero continuare a chiamarla così.
Prendo con mani tremanti il cellulare dalla tasca, la mia ansia aumenta ogni secondo di più. Non ho il coraggio di farlo, sento una rabbia opprimente, perché se questo fosse vero tutta la mia vita sarebbe stata una bugia.

Sospiro, facendo partire la chiamata e lei risponde subito come al solito -Amy, tesoro tutto bene?- chiede preoccupata per l'ora tarda.

-Te lo domanderò una sola volta. Sono tua figlia, sì o no?- sibilo con rabbia.

Silenzio.

Qualcosa si incrina dentro di me e le mani cominciano a tremare, tanto che il telefono sta per scivolarmi; tutto il mio mondo crolla, come un gigantesco castello di carte.

-Amy ascolta, posso spiegart...- non le permetto di terminare la frase.

-Sei una maledetta bugiarda!!- urlo fuori di me dalla rabbia.

Stacco la chiamata furiosa, calde lacrime si fanno spazio sul mio viso. Mai... mai in tutta la mia vita mi sono rivolta alla dolce e comprensiva Elise Davies, alla mamma, in questo modo; mi fischiano le orecchie e inciampo nei miei stessi passi. Non capisco più nulla, so soltanto che devo uscire di qui; inizio a correre lungo la grande sala, facendomi spazio tra la folla a spintoni, con il viso basso e inondato di lacrime.

Mi scontro con qualcuno, riconosco subito quel profumo.
-Cazzo! Mi stai sempre tra i piedi!- sento la sua voce profonda e sprezzante.
Ma quelle parole in questo momento non mi scalfiscono minimamente, sono troppo sconvolta. Alzo il viso verso l'alto, guardandolo negli occhi, lui nota subito lo stato in cui sono e ne rimane prima perplesso, poi preoccupato.

-Sei l'ultima persona di cui ho bisogno in questo momento- la mia voce appare patetica, così impastata dal pianto. Lo spingo via e continuo a correre fuori da quel posto.

Finalmente arrivo all'aperto, il temporale è peggiorato, sento la pioggia bagnarmi il viso e mischiarsi alle mie lacrime salate.
Perché? Perché mi hanno mentito tutti? Tutto ciò che ho vissuto è stato una farsa, solo una grande menzogna, mio padre... anche lui mi ha mentito. Questo pensiero in particolare, mi procura un dolore che mi attraversa e mi mozza il  respiro, è intollerabile. Odio quella donna, odio ogni singolo momento che mi ha spinto qui, ora.
La mia corsa viene bloccata da una mano che mi stringe il braccio voltandomi.
David è di fronte a me. Indossa una camicia nera che sembra quasi una seconda pelle, tanto gli si è incollata addosso e un paio di jeans scurissimi, è fradicio come me a causa della pioggia incessante.

-Che diamine ti è successo?- alza la voce per sovrastare il rumore del temporale, pare arrabbiato e preoccupato allo stesso tempo, come poco fa lì dentro; non riesco a capirlo ma in questo momento non so se mi interessa davvero capirlo.

-Si può sapere che vuoi? Perché mi hai seguita!- urlo, divincolandomi per andare via.

-Perché sei in questo stato? Qualcuno ti ha fatto del male?- mi stringe ulteriormente in ansia le braccia.

La mia rabbia aumenta sempre di più -tu David! Tu mi fai del male! Si può sapere cosa volete tutti da me?! Non potete soltanto lasciami in pace?!- batto i pugni sul suo petto duro, singhiozzando.

-Non era mia intenzione fartene- risponde con voce più dolce, bloccando con delicatezza i miei colpi -voglio solo sapere cos'hai- sussurra al mio orecchio, fermando definitivamente le mie mani e alzandomi il mento per scrutarmi negli occhi.

Come al solito vengo imprigionata da quegli immensi laghi d'argento. -Non era tua intenzione? Eppure continui a farmene, mi hai chiesto di starti alla larga e lo sto facendo. Allora perché adesso non mi lasci andare?- sbotto acidamente.

-Maledizione, non posso farti andare da nessuna parte in questo stato Amy! Parlami!- ribatte con rabbia continuando a stringermi, mentre io faccio di tutto per scrollarmelo di dosso. Sto iniziando ad avere freddo, anche i miei capelli sono fradici e cominciano ad appiccicarsi al viso.

Non ne posso più di tutta questa situazione, mi sento angosciata, inizio a parlare come un fiume in piena -io non ho niente da dirti! Della mia vita non deve interessarti nulla! Hai detto che non stuzzico il tuo interesse, mi hai fatto capire in tutti i modi che non provi per me ciò che io provo per te! Mi hai umiliata. Quindi adesso tornatene dentro, da qualcuna delle tue amichette e lasciami andare!- ormai sono esasperata, oltre che arrabbiata. Lo vedo trasalire, dopo aver ascoltato ogni singola parola che involontariamente ho pronunciato.

Mi blocco e capisco nell'immediato la sua reazione: implicitamente ho ammesso di provare qualcosa per lui. Sono così sconvolta da non essere riuscita a trattenermi; in questo momento vorrei che la terra mi inghiottisse, quanto mi troverà stupida... dopo il mio sfogo lui mi fissa inebetito, sorpreso per un secondo, poi continua a scrutarmi quasi mangiandomi con gli occhi. Pare combattuto, spostando il suo sguardo più volte dal mio alle mie labbra.

-Fanculo!- ringhia determinato.

Non riesco nemmeno a mettere a fuoco la situazione, perché nel giro di un secondo la sua bocca morbida e perfetta è sulla mia. Trattengo il respiro, completamente sconvolta: sa di menta, di calore bruciante e di uno scottante e pericoloso errore; è come se potessi sentire il sapore del desiderio che ci attanaglia.

Un dolce ricordo solletica la mia mente e immediatamente sfugge via come un sogno.

Un rumorosissimo tuono scandisce il tocco delle nostre labbra, anche il cielo pare rimproverarci per ciò che stiamo facendo. Si è avvicinato con forza, con rabbia, lasciandomi del tutto spiazzata e senza fiato. Lascia le mie braccia e affonda le mani nei miei capelli con bramosia.
All'inizio ero paralizzata, completamente, irrimediabilmente, incredula. Ma le sue labbra sulle mie, così soffici come il velluto, hanno subito acceso qualcosa in me, un desiderio bruciante che mi ha sovrastata completamente.
Dimentico tutto: le cose orribili che mi ha detto, ciò che ho appena scoperto, tutto. Ci siamo solo noi due e la sua bocca sulla mia.
Rispondo al bacio con passione, con  tutta la voglia che ho cercato di soffocare da quando lo conosco e ci metto anche la rabbia che sento ora dentro di me, la disperazione, la tristezza. Affondo con foga le mie mani nei suoi capelli sottili, ancora più scuri perché completamente bagnati; sembrano riflettere il nero del cielo in tempesta.

Il nostro non è un bacio tenero o dolce come quello del mio sogno, è un bacio disperato, anche rabbioso. Ha il sapore salato delle mie lacrime e della pioggia.

Si appropria della mia bocca esplorandola con la sua lingua, divorandomi e stringendomi sempre più a sé, come se fossi l'unica fonte d'acqua in un arido deserto. Rabbrividisco e stavolta non è per la pioggia gelida, che incessante continua a ricoprirci.
I brividi aumentano...
Di nuovo vengo colpita da quella sensazione di completezza: è lui il tassello mancante che cercavo.
Il suo profumo penetra ammaliante nelle mie narici, mentre mi stringe con il suo corpo muscoloso e ciò che provo mi stravolge totalmente: voglio abbandonarmi completamente a lui ma un'altra parte di me, forse il mio inconscio, è allarmato; questa attrazione e pericolo  non fanno che inebriarmi ulteriormente.
Non avevo mai capito cosa significasse sentire "le farfalle nello stomaco" o tutte quelle cose che descrive la gente, adesso però so cosa si prova, visto che dentro di me potrebbe esserci un tornado. Non so per quanto tempo continuiamo a baciarci, a stringerci con forza, a divorare l'uno la bocca dell'altra. Vorrei durasse per sempre... il modo in cui mi stringe a sé e mi bacia, con possesso, mi fa sentire quasi amata e protetta, mi fa sentire sua. Per la prima volta in vita mia un desiderio si fa strada dentro di me: quello di essere sua per davvero, di donargli tutta me stessa.
Quando finalmente ci stacchiamo, respirando affannosamente sotto le gocce d'acqua che colpiscono implacabili i nostri corpi, ci guardiamo sconcertati per un minuto buono.
Mentre rispondevo al suo bacio gli ho involontariamente affondato le unghie nelle spalle e spero di non avergli lasciato il segno... arrossisco a ripensaci ora sotto il suo sguardo.

-Troppo... troppo dolce, troppo buona- scuote la testa in una sorta di rimprovero.

Le labbra mi vanno a fuoco, come se le avesse marchiate con quel bacio che aspettavo dalla prima volta che l'ho visto e qualcosa in me dice che lo spettavo da prima.
Il modo di baciare di questo ragazzo dovrebbe essere vietato dalla legge; direi che le mie facoltà mentali sono andate a farsi benedire...

-Scusami, ho perso il controllo...- sorride colpevole, ha una voce post bacio che potrebbe mandare chiunque fuori di testa

È ancora vicinissimo al mio viso e mi imprigiona con quelle pozze d'argento, fisse nei miei occhi.
Si sta scusando? È stato il bacio più bello della mia vita.

-N...no... va bene...- sussurro con aria sognante. Ma che...?

Oh no... voglio scomparire.

Lui alza un sopracciglio e subito cerco di correggermi. Credo mi abbia fuso il cervello, la cosa peggiore è che lo sa benissimo il maledetto, infatti ha una certa aria compiaciuta.

-Cioè, volevo dire, non fa niente... cioè, puoi perdere il controllo... va bene... va più che bene- deglutisco balbettando,  credo di essere diventata viola. Ma che sto dicendo?! Chiudi questa dannata bocca, prima di dover emigrare nel Secondo Stato per la vergogna, mi rimbecca la mia fastidiosa vocina.

Lui soffoca una risata, poi mi fissa alzando un angolo della bocca maliziosamente e io abbasso subito lo sguardo. Sto collaborando ad aumentare ancora di più il suo ego già sproporzionato... decido per fortuna di chiudere il becco finalmente.

-Vieni, ripariamoci da questa pioggia- mi prende per mano, conducendomi verso lo spazio coperto esterno alla discoteca.

Ogni volta che mi prende per mano, sono sicura che i miei occhi diventino a forma di cuore... Dio quanto sono patetica. Giuro che non criticherò mai più quelle stupide ragazzine innamorate.

Restiamo in silenzio per qualche minuto, mentre tento di far cadere un po' d'acqua dai capelli fradici.

-Dimmi cosa ti è successo- esordisce, spezzando il silenzio.

Non appena sento quelle parole, la tristezza ripiomba su di me come un enorme macigno e tutti i pensieri che si erano momentaneamente allontanati, mi affollano di nuovo la testa. Prende il mio viso tra le sue mani, scrutandomi con attenzione. Vuole uccidermi con questi scatti improvvisi... ne sono sicura. Per un momento torno a fissare quelle labbra...
Riprenditi! Continuo a ripetermi.

-Parlami- sussurra a fior di labbra, con la massima dolcezza. Sembra essere tornato il David della casa sul lago.

Sospiro, in fondo ho bisogno di sfogarmi... -ricordi quella donna di cui ti ho parlato, quando indagavamo sui miei sogni?- fa un cenno di assenso -ha detto di essere Corinne Deveraux- svelo ancora stranita.

A quelle parole anche lui ha la mia stessa reazione e sgrana gli occhi sconvolto -ma quella donna è scomparsa vent'anni fa, non è possibile- riesce a dire, mostrandomi tutto il suo scetticismo.

-Lo so, ma non è questa la cosa che mi ha fatto reagire così...- sento di nuovo la mia voce incrinarsi.

-E allora cosa?- appare di nuovo preoccupato e teso.

-Quella donna... lei è... è mia madre- confesso tutto d'un fiato. Dirlo ad alta voce lo rende così reale che sento le lacrime agli occhi; ma soffoco ciò che provo, ho affrontato di peggio e devo mantenere la calma.

David raggelato fa cadere le mani dal mio viso, è immobile. Resta in silenzio fissandomi -merda- sussurra -quindi... tu sei una Deveraux- pronuncia quelle parole come se fossero un insulto. Fa un passo indietro visibilmente scosso, credo che avranno tutti questa reazione quando lo racconterò, eppure il suo atteggiamento mi sembra strano...
Poi noto che lentamente ritorna nella sua posa fredda e distaccata, con quello sguardo di ghiaccio che mi trafigge e che non mostra alcun tipo di sentimento, se non indifferenza.

-Devo tornare dentro, Valerie si starà chiedendo che fine ho fatto- si gira come se nulla fosse successo e io resto a bocca aperta.

Un attimo, credo di aver capito male. Valerie?! Vuole tornare da Valerie?! Lo fisso come se fosse un fantasma e in effetti lo è: è il fantasma del ragazzo che poco fa mi baciava con passione. Io gli rivelo una cosa del genere e lui dice di dover tornare da quella strega, a quello stupido concerto? Si sta allontanando ma lo inseguo, prendendogli un braccio con rabbia.

-Dove diavolo stai andando?! Stavamo parlando, ti ho rivelato qualcosa che sconvolge il mio mondo e non hai niente da dirmi?!- ringhio.

-Mi dispiace- fa spallucce, come se parlassimo del tempo.

Mi infurio ancora di più -perché mi hai baciata, se non ti importa niente di me?!- urlo.

La sua espressione è impenetrabile -perché mi andava- scrolla ancora le spalle con totale naturalezza.

Sto sognando, oppure sono impazzita? non può avere detto sul serio una cosa del genere; ma che risposta è? Calma Amy, respira, mi ripeto inutilmente.

-Quindi tu vai in giro a baciare la gente, solo perché ti va?- chiedo e la mia irritazione sta raggiungendo livelli inesplorati.

-Di solito sì- risponde indifferente, questa sua tranquillità fa aumentare in modo esponenziale il mio nervosismo e stringo forte i pugni per trattenerlo -era solo un bacetto formaggino, respira, volevo tirarti su di morale e a quanto pare ci sono riuscito- sogghigna -ho notato che hai apprezzato molto- la sua espressione compiaciuta mi fa mordere le labbra, quasi fino a farle sanguinare dalla rabbia.

-Sai... non ti facevo così passionale- mi schernisce poi, portando momentaneamente lo sguardo sulle spalle, dove poco fa affondavo le mie unghie e sento le guance ribollire dalla vergogna.

No... ok, va bene tutto: la calma, la tranquillità e il controllo che cerco sempre di mantenere, ma questo ragazzo è l'essere più stronzo e irritante che abbia mai conosciuto.
Mi avvicino come una furia, sento scorrere in me tutta la furia, sia per ciò che ho scoperto, che per ciò che ha detto. Lo spintono con tutta la forza che ho, facendolo indietreggiare sorpreso.

-Mi spieghi che cazzo di problemi hai?! Coglione!- gli urlo in faccia quasi isterica, senza contare che mi sta contagiando con il suo linguaggio scurrile.

All'inizio sembrava sorpreso, ora invece è divertito -questo linguaggio non ti si addice formaggino. Sai benissimo che non sono un tipo da ragazza fissa, cosa ti aspettavi? una proposta di matrimonio?- lo incenerisco con lo sguardo, sto cominciando a pesare che sarebbe più utile parlare col muro.

Alzo la mano, perché l'istinto mi porta a dargli un altro schiaffo, ma poi la abbasso ripensandoci. La verità è che Sono stanca, stanca di tutto e anche di lui, mi sento come prosciugata di tutte le energie. Sospiro e mi volto, ignorandolo totalmente e allontanandomi dalla discoteca.

-E adesso dove vai?- gli sento dire alle mie spalle.

-In un posto dove non sarò costretta a respirare la tua stessa aria!- ribatto furiosa e a pugni stretti, continuando a camminare.

Mentre vago per le strade del paese sotto la pioggia, decido di inviare un sms a Jess, così da non farli preoccupare:

"Torno alla pensione, continuate a godervi il concerto. Vi racconto tutto domani, avvisa gli altri e scusami con Mark, ti voglio bene❤️"

Ma non andrò alla pensione, c'è solo una persona che può aiutarmi a chiarire questa storia ed è Nora. Durante il tragitto, tutto ciò che è successo continua a frullarmi per la testa nonostante io cerchi di reprimere i miei sentimenti, in questo momento ho bisogno di risposte. Lentamente riesco ad arrivare al negozio, è chiuso dato che è notte fonda ma lei ha un'appartamento proprio al primo piano. Continuo a bussare, deve assolutamente aprire.
Se non fossi così infuriata e confusa, mi preoccuperei della mia scarsa educazione nel piombare a casa sua in piena notte...
Non appena apre la porta mi guarda con sorpresa, è visibilmente assonnata, con i grandi occhiali da vista che le scivolano sul viso, indossa una lunga camicia da notte bianca.

-Amy, cosa ci fai qui? E perché sei totalmente fradicia?- mi scruta.

In effetti sto tremando... il calore provato col bacio di David mi aveva addirittura fatto dimenticare della pioggia gelata. Ecco, adesso ogni cosa mi farà ripensare a quel presuntuoso e a quel dannato bacio, di nuovo sento le labbra andare a fuoco e un fremito contorcermi lo stomaco.

-S...s...scusa... devo parlarti, è urgente!- riesco a dire, battendo i denti.

-Bambina, ma tu stai tremando! Presto entra!- mi invita preoccupata.

Attraversiamo il negozio e sto attenta, cercando di bagnare il meno possibile il pavimento.
Saliamo una piccola scala a chiocciola e arriviamo al suo appartamento, è molto piccolo ma grazioso e sofisticato. Mi fa sedere su una sedia, dandomi una coperta.

-Aspetta, ti preparo un tè caldo- mi avvisa, guardandomi preoccupata.

Comincio lentamente a scaldarmi e dopo aver sorseggiato il tè mi sento decisamente meglio, anche più calma.

-Dimmi perché sei in questo stato piccola- domanda curiosa, guardandomi dietro le grandi lenti.

Mi faccio coraggio: è arrivato il momento di riportare tutto alla mente -ho incontrato Corinne Deveraux- butto fuori tutto d'un fiato con voce roca.

La tazzina di tè che anche lei aveva tra le mani, cade rovinosamente sul pavimento; Nora resta immobile e dalla faccia si vede che non sa se credermi o meno.

-È una bella donna di mezza età dall'innata eleganza, ha un fisico snello e slanciato, due profondi occhi chiari e una folta chioma di capelli biondi- la descrivo, magari così mi crederà più facilmente.

-Corinne...- sussurra sconvolta, lasciandosi cadere pesantemente su una poltrona poco vicina.

Faccio un deciso cenno d'assenso e lascio che si riprenda per qualche minuto, poi racimolo tutto il coraggio di cui ancora dispongo, per chiederle ciò che più mi spaventa; anche se non ho più freddo le mani tremano intorno alla tazza, ancora calda per il tè bollente appena bevuto -c... credi sia possibile che quando Corinne è scomparsa fosse incinta?-

Le mie parole paiono spiazzarla per un istante, ma non dice nulla... se ne sta solo a riflettere per qualche minuto buono in silenzio. È come se stesse ricostruendo mentalmente quei momenti -ora che mi ci fai pensare... forse potrebbe essere proprio questo che voleva dirmi quel giorno, quando mi telefonò!- si è alzata bruscamente e sta camminando su e giù per l'appartamento.

-E...credi... sì insomma... tu che la conoscevi tanto bene... credi sia possibile ciò che mi ha rivelato... che... che io sono sua figlia?- domando con la voce nuovamente rotta dal pianto, quella domanda mi ha lasciato l'amaro in bocca. Odio mostrarmi debole ma per me questa verità è inaccettabile, per quanto la mamma me l'abbia confermata.

Nora porta i suoi occhi su di me di scatto. Ferma il suo nervoso camminare avanti e indietro e mi si piazza di fronte. Si avvicina con timore, prendendo il mio viso tra le mani; aggiusta i grandi occhiali e comincia a squadrarmi.

Improvvisamente trova ciò che stava cercando così attentamente -Sì!- esclama quasi a bocca aperta con un luccichio nello sguardo -quegli occhi... sono di Cristopher- riconosce sconvolta.

-È stata lei a dirmelo, speravo mentisse- sento di nuovo le lacrime scendere ma le trattengo, mordendomi l'interno della guancia.

-C'è sempre stato qualcosa di familiare in te. Corinne è la persona più buona che io abbia mai conosciuto- la sua espressione è strana mentre lo dice -non mentirebbe mai su una cosa del genere- mi avvisa seria.

-Così buona da abbandonare sua figlia?!- ribatto alzando la voce, in un incontrollato scatto d'ira. Non so perché avessi bisogno anche della conferma di Nora, forse volevo solo il conforto di qualcuno o semplicemente che smentisse ciò che speravo fossero solo bugie... non so nemmeno perché sono venuta qui e mi pento di averle risposto bruscamente; in fondo lei non ha colpe e io sono solo arrabbiata perché anche lei ha confermato questa odiosa verità -scusami, è che sono confusa. Devo tornare alla pensione, scusami- mi alzo di scatto, incespicando verso la porta.

-Aspetta Amy, sei ancora sconvolta, resta qui- mi ferma allarmata.

-No, sto bene davvero, devo andare, tornerò domani- cerco di rassicurarla, nonostante l'urgenza delle mie parole.

-Questa casa sarà sempre aperta per te, è come se fossi mia nipote- mi abbraccia di getto.

Mi sento improvvisamente a disagio tra le sue braccia, come se sapessi che ciò è profondamente sbagliato. Vorrei staccarmi da lei ma potrebbe offendersi, quindi aspetto con ansia che mi lasci. Io non sono la figlia di quella donna, non sono una Deveraux.
Quando finalmente Nora mi lascia andare, mi dirigo verso la pensione esausta. Riaccendo il cellulare, ci sono più di trenta chiamate di mia madre e altre dei miei amici.
All'entrata trovo Jess e Aiden ad aspettarmi.

-Sei qui!- urla Jess.

Aiden corre verso di me, stringendomi tra le sue forti braccia.

-Dio, stavo per morire dalla preoccupazione, non fare mai più una cosa del genere!- mi avvisa arrabbiato e sollevato allo stesso tempo. Continua a stringermi, non ha intenzione di lasciarmi.

-Perché siete tornati?- domando.

-Ha chiamato tua madre, era sconvolta, ci ha raccontato tutto, ha detto che avrebbe preso il primo treno- spiega Jess. Aiden mi alza il mento, fissandomi dritto negli occhi.

-Come stai?- capitolo subito, sotto le facce preoccupate dei miei due migliori amici. Provo a resistere, restando in silenzio ma quegli occhi verdi di Aiden che mi scrutano, assieme a quelli di Jess mi fanno crollare.

Tutti i sentimenti che ho cercato di trattenere, di reprimere per apparire sempre forte, iniziano a essere davvero troppo ingombranti per una sola persona. Sento le lacrime scivolarmi sul volto e dei singhiozzi scuotermi violentemente le spalle; Aiden senza dire nulla mi stringe di nuovo forte, cercando di trattenerli e la mano di Jess mi accarezza dolcemente la schiena. Credo sia la prima volta in vita mia che piango davvero, buttando fuori tutto ciò che provo: piango per mia madre, per le cose orribili che le ho detto e che non meritava, per i sensi di colpa a causa della morte di mio padre, che ho soffocato in tutti questi anni, per quello che David mi ha detto stasera, per i miei incubi, per quel padre che non ho mai conosciuto, di cui ho scoperto avere gli stessi occhi.
Piango per tutto, ormai esausta.
In questo momento sento che potrei sbriciolarmi, l'unica cosa che riesce a non farmi andare in pezzi sono le braccia  di Jess e Aiden avvolte intorno a me, come una barriera protettiva. Mi stringono forte e lasciano che mi sfoghi, mai ho avuto una reazione del genere davanti a qualcuno, devono essere molto sorpresi.
Dopo non so quanto tempo, i singhiozzi cominciano a calmarsi di poco; Aiden continua a stringermi, prendendomi tra le braccia e conducendomi in camera di Jess. Non capisco, perché non mi lascia in camera mia? Ma sono così confusa che non riesco nemmeno a chiederglielo. Si distendono con me, Aiden a destra e Jess a sinistra, proprio come quando eravamo bambini, come hanno fatto dopo il funerale di papà... continuano a stringermi senza dire una parola; il loro profumo così familiare è quello che associo al profumo di casa.
In questo preciso istante una dolceamara verità mi viene schiaffata in faccia e mi fa sentire ancora in più in colpa per ciò che ho detto alla mamma: capisco veramente quanto poco contino i legami di sangue;
Jess e Aiden, assieme a mia madre sono la mia famiglia e nulla potrà fami smettere di considerarli come tale.



 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***



Mi sveglio completamente scombussolata; più che dormire è come se avessi galleggiato nell'oscurità, rivivendo a tratti la serata di ieri.
Mi strofino gli occhi lentamente e noto Jess e Aiden seduti accanto a me.

-Che ore sono?- chiedo, con la voce impastata dal sonno.

-È quasi ora di pranzo, ti abbiamo portato qualcosa da mangiare- Jess mi allunga un vassoio con del cibo, ma ho lo stomaco completamente chiuso. Faccio una smorfia e glielo restituisco, Aiden caparbio me lo passa nuovamente e dalla loro faccia capisco che non accetteranno rifiuti.
Mangio lentamente, mi sento sfinita...
Tra un boccone e l'altro noto che i miei amici mi fissano di sottecchi; come se non avessero il coraggio di parlarmi, eppure il loro atteggiamento è strano e qualcosa mi dice che non è soltanto per quello che è successo ieri.

Sospiro rumorosamente, facendo cadere con un tonfo sordo la forchetta nel piatto di vetro -cos'altro sta succedendo? Avanti, parlate.-

-Amy... vedi... dobbiamo dirti una cosa...- balbetta Aiden, mentre io li guardo invitandoli a proseguire -per favore non arrabbiarti, cerca di essere ragionevole...- incespica con le parole. Questo suo tergiversare mi sta seriamente innervosendo.

-Tua madre è in camera tua, Elise ovviamente- sbotta Jess decisa, interrompendolo e guadagnandosi sia una piccola gomitata, che un'occhiataccia. La mia migliore amica non ha mai amato i giri di parole.

Scatto in piedi immediatamente. Mia madre qui? Deve aver preso un treno notturno... Conoscendola sarà in completa agitazione ed è tutta colpa mia. La morsa dei sensi di colpa mi attanaglia, facendomi abbassare lo sguardo.

-Sempre la solita delicatezza, Jess- borbotta, per poi rivolgersi di nuovo a me -vuoi parlarle?-

Non ho dubbi al riguardo -vado subito!- faccio un cenno d'assenso deciso, per poi dirigermi verso la mia stanza.

Parte della rabbia che ieri mi ha spinto a urlarle contro è sfumata; certo, sono ancora abbastanza infuriata ma non così tanto da trattare male la donna che mi ha cresciuta, la donna che reputo mia madre a tutti gli effetti. Spalanco la porta senza nemmeno bussare e di fronte a me noto subito la mamma: fissa la parete, immersa nei suoi pensieri; i capelli scuri sono spettinati, cosa inusuale per lei, e ha il viso segnato dalla stanchezza e dalla preoccupazione, deve aver sicuramente pianto. Il senso di colpa mi soffoca nuovamente, dalla morte di mio padre promisi a me stessa che mai avrebbe pianto ancora, che avrei fatto di tutto per evitarlo.

-Mamma...- sussurro timorosamente. Il coraggio che mi ha spinto a spalancare la porta, mi ha abbandonata a tradimento. Come devo comportarmi ora che so la verità?

Lei alza lo sguardo ma non si avvicina come mi aspettavo, sembra riluttante e timorosa quanto me.
È tutta colpa mia.
Prima di entrare temevo che trovandomela davanti, non l'avrei più riconosciuta come mia madre, ma lei è sempre la stessa... Le corro incontro e di slancio la stringo tra le mie braccia, quasi soffocandola; sembra essere sorpresa, poi ricambia il mio abbraccio affettuosamente: profuma di zucchero, profuma di casa. Lei è la mia mamma e io sono stata una stupida.
È la donna che mi è stata vicino, ogni volta che urlavo disperata per i miei incubi, nei miei giochi di bambina, e nelle nostre serate davanti alla TV con il gelato dopo la morte di papà.

-Scusami, scusami, scusami! Mamma ero arrabbiata, ho reagito  male ma questo non cambia nulla tra di noi, vero?- domando speranzosa e la paura mi attanaglia.

Vedo le lacrime solcarele il volto e le asciugo subito. Non tollero vedere il suo viso solcato dalle lacrime.

-Certo che no, tesoro mio, tu sei mia figlia e lo sarai sempre. Se lo vorrai...- mi guarda esitante e io la stringo di nuovo a me.

Continuiamo ad abbracciarci e rassicurarci per non so quanto, tutto il peso  che sentivo addosso svanisce in un secondo; poi ci spostiamo sul mio letto per poter parlare con calma, le spiego che quella donna mi ha rivelato la verità e che ricordo di quando veniva a casa, fingendosi sua amica.

-Non posso credere che una senza impiego sia riuscita a viaggiare tanto...- riflette soprappensiero.

-Una senza impiego?- chiedo sconvolta e incredula.

-Certo tesoro, Vivienne nonostante la sua difficile condizione, ha sempre cercato di mantenere un rapporto con te, almeno fino ai tuoi nove anni. Anche se non ti ha voluto rivelare la sua identità, non avrei mai impedito a una madre di vedere sua figlia- spiega.

Allora lei non sa la verità? Crede davvero che quella donna sia una senza impiego.

-Mamma, il suo vero nome non è Vivienne
ma Corinne, Corinne Deveraux... non è assolutamente una senza impiego- le rivelo, completamente spiazzata dal fatto che non lo sapesse; avevo pensato a un loro accordo segreto, con tanto di denaro, cosa che mi faceva stare ancora peggio.

-Amy, ma cosa dici? Corinne? È impossibile, tesoro. Sarebbe illegale e noi non avremmo mai infranto la legge in questo modo- ribatte convinta.

Ha pienamente ragione. I Tre Stat sono molto severi con le adozioni e l'abbandono dei bambini: solo i senza impiego che non possono mantenere i loro figli, possono darli ad altre famiglie.
Per tutti gli altri vi sono delle imposizioni molto restrittive, per garantire un alto tasso di natalità: i figli dei cittadini con impiego non possono essere abbandonati negli ospedali, né dati in adozione. Essendo tutti noi registrati tramite il Dna, si risalirebbe subito ai genitori che incorrerebbero in pene gravissime.
Anche l'aborto è contrario alla legge, tutti, sia coppie che single, devono avere almeno un figlio naturalmente o artificialmente e se non possono averne, devono adottare quelli dei senza impiego.
Purtroppo l'umanità stava per estinguersi e si cerca in tutti i modi di preservare la specie e incoraggiare la crescita. È per questo che Corinne non può aver effettuato un'adozione legale, dandomi alla mia famiglia ha privato il figlio di un senza impiego del suo posto.

-Mamma, i Deveraux sono una delle famiglie più ricche e importanti di Albanuova.-
A ogni mia parola sgrana gli occhi sbiancando. È del tutto spiazzata.

-Noi eravamo completamente allo scuro della sua reale identità, piccola. So cos'avrai immaginato, ma ti assicuro che non abbiamo ricevuto denaro per adottarti; anzi fummo molto scrupolosi nel controllare che le carte fossero in regola e lo erano, Amy, ti giuro su quanto ho di più caro che lo erano- si affretta a spiegare, con uno sguardo implorante.

-Ti credo, mamma, ora ti credo stai tranquilla. Con un cognome tanto importante, non sarà stato difficile per lei falsificare i documenti...- ipotizzo.

Fa un cenno d'assenso -ecco perché era così diversa dai senza impiego, è stata lei a segnalare per l'adozione Baia del Sole; ripeteva che dovevi stare il più lontana possibile dal luogo in cui sei nata e non ci ha voluto rivelare quale fosse... Ci ha fatto promettere di non dirti mai la verità, né svelarti la sua identità. Improvvisamente scomparve e tuo padre mi convinse a non dirti nulla, non voleva vederti soffrire- dice, accarezzandomi il viso -eri il suo tesoro più grande e sei il mio- sorride dolcemente.

Chiudo gli occhi, godendomi il suo delicato tocco -siete le persone più importanti della mia vita, mamma, e sono immensamente felice di essere vostra figlia- la rassicuro.

Dopo un po', entrano in camera anche Jess e Aiden.

-Elise!- esclama Aiden, correndo incontro a mia madre e abbracciandola -sono felice che abbiate chiarito!- Ha sempre avuto un rapporto speciale con lei.

Anche Jess si avvicina, salutandola affettuosamente.

-Ragazzi, devo ringraziarvi per essere sempre accanto alla mia bambina, è molto fortunata ad avere degli amici come voi- si rivolge grata a entrambi.

-Amy è una sorella per noi- afferma decisa Jess, come se fosse una cosa ovvia e inutile anche da specificare.

-Adesso cosa facciamo?-domando ai miei amici con uno sguardo d'intesa.

-Adesso diciamo la verità- ribatte Aiden sicuro.

Lo fisso un po' impaurita e lui mi guarda di rimando, rassicurando sia me che Jess. Ha ragione, basta con i segreti.
Inizia a raccontarle lui stesso tutto, io non ne ho la forza: le parla dei miei sogni, di Anita Deveraux e di quello che abbiamo scoperto alla tenuta, tralasciando ciò che riguarda David e la somiglianza con l'uomo del mio incubo; credo  non voglia farla preoccupare più del dovuto.

Mia madre ascolta con enorme sorpresa, facendo passare lo sguardo da Aiden che parla a me, sconcertata. Leggo tanta paura nei suoi occhi ma anche una certa determinazione. La cosa che mi scalda maggiormente il cuore, è che mi crede. Crede a tutta questa follia...

Alla fine del racconto, si rivolge a me fissandomi con serietà -devi rivendicare ciò che è tuo, tesoro- prende le mie mani nelle sue e le stringe -l'unico modo per scoprire la verità e capire come far cessare questi incubi orrendi, che ti perseguitano sin da bambina, è cercare liberamente in quella tenuta, accedere a ogni angolo senza limiti di tempo. Se la rivendichi come tua, sarà molto più facile. Devi capire cosa nasconde la tua famiglia d'origine, cosa nasconde Corinne.-

Resto a bocca aperta sentendo quelle parole, valutando l'enormità del gesto che la mamma mi sta suggerendo.
Secondo le nostre leggi, potrei benissimo andare al Palazzo Pubblico e chiedere di verificare la mia identità: i Palazzi Pubblici sono sparsi per tutto il territorio, registrano le nascite, le morti e prendono decisioni in merito alla gestione dei paesi, delle città e delle isole; custodiscono il dna di tutti i cittadini, non ci vorrebbe molto per la verifica. In questo modo però chiunque verrebbe a conoscenza della verità, perderei il mio cognome, il cognome di mio padre. Rischio di essere spiattellata sui giornali...

-Tua madre ha ragione, Amy, sappiamo quanto sei testarda e che non rinuncerai alle ricerche, l'unico modo per farlo è questo. Te la senti?- mi chiede Jess preoccupata.

Ripenso ai pro e i contro, una gelida paura serpeggia dentro di me. La vita tranquilla, che solo qualche settimana fa cercavo di mantenere con tutte le mie forze, sfumerebbe via per sempre. Eppure finalmente avrei delle risposte, finalmente potrei liberarmi di questi incubi, ma a quale prezzo? Mi trovo dinanzi a un bivio: potrei tornarmene a Baia del Sole con la mamma e fingere che tutto questo non sia mai accaduto, oppure andare fino in fondo e scoprire finalmente la verità. Io non sono mai stata una codarda... fantasticavo sempre con papà sui luoghi che avrei visitato, sulle persone che avrei conosciuto, sulle avventure che avrei vissuto.

"Sei la mia scimmietta coraggiosa"

Sì, ero la sua bambina coraggiosa prima che mi abbandonasse; poi tutto il mio coraggio, l'ardore, la voglia di vivere continue avventure, sono semplicemente scomparsi, insieme al suo sorriso e alle sue grandi mani profumate di dolci, che mi stringevano e mi facevano sentire forte, imbattibile...

Stringo i pugni mordendomi l'interno della guancia -sì, me la sento- rispondo di getto, con una determinazione che credevo di aver perduto.

L'espressione della mamma si fa fiera e orgogliosa.

-Intendi denunciare Corinne?- domanda Aiden.

Non ci avevo pensato, se la denunciassi tutti saprebbero che è viva; passerebbe dei guai molto seri per aver privato un bambino di una famiglia disponibile. Fisso mia madre per un aiuto.

-È una tua scelta, Amy, non posso consigliarti cosa fare, da madre posso solo dirti che deve aver avuto un motivo valido per separarsi dalla sua bambina.-

Sospiro combattuta, alla fine prendo la mia decisione -inventeremo una storia per spiegare come ho scoperto la verità. Non voglio che sappiano che è viva o che venga punita. Chiamate Nora, lei ci darà una mano.-

Mentre aspettiamo Nora, chiedo a tutti di lasciarmi un po' sola, mia madre ne approfitta per presentarsi alla signora Miller e visitare il paese con Jess e Aiden.
Sono così confusa e spaesata, è come se la giornata di ieri fosse frutto della mia immaginazione. Scoprire che i miei genitori in realtà non sono i miei genitori mi ha sconvolta parecchio, tuttavia la presenza di mia madre adesso mi ha aiutata molto; ha sollevato gran parte delle mie paure, dimostrandomi che per lei non è cambiato nulla.
Purtroppo, essermi tranquillizzata mi riporta alla mente ciò che reputavo in secondo piano fino a poco fa, qualcosa che tentavo di rimuovere: il bacio con David .
Posso ancora sentire le sue labbra sulle mie, credo sia una cosa che non dimenticherò facilmente, come non dimenticherò che le sue parole subito dopo mi hanno ferita molto. Con lui è sempre così: quando credo che finalmente ricambi ciò che provo, demolisce tutto.
Forse sono solo un'illusa, quella confessione da imbecille deve averlo divertito molto...
Il suo comportamento è stato inqualificabile, non ho intenzione di essere la stupida ragazzina con cui si diverte di tanto in tanto, se non può ricambiare i miei sentimenti, gli starò lontana; ho già abbastanza problemi a cui pensare, sto per diventare una Deveraux... mi stringo le tempie frustrata.

I colpi alla porta interrompono la full immersion nei miei problemi esistenziali, che non sono decisamente pochi.
Nora è arrivata.
Vedo rientrare tutti nella mia stanza e spiegata la situazione anche a lei, cerchiamo di concordare una storia credibile, per non rivelare la presenza di Corinne: diremo che si è trattato di un'adozione privata e che Corinne  falsificò i documenti, ma disse a mia madre il nome del suo paese di provenienza; per evitare di svelare come ho realmente scoperto di essere una Deveraux, sarà Nora a testimoniare di avermi mostrato una foto di Corinne e che insieme abbiamo ricostruito tutta la storia... Dovrebbe essere credibile.

Decidiamo di avviarci tutti al Palazzo Pubblico più vicino, abbiamo detto alla signora Miller e a Sue che una volta tornati, avremmo rivelato la verità anche a loro; si sono insospettite molto per l'arrivo improvviso della mamma e lo verrebbero comunque a sapere visto ciò che stiamo per fare...
Più ci avviciniamo, procedendo lungo le piccole stradine, più la mia ansia aumenta. Nora ci fa strada, essendo un'abitante sa dove si trova il Palazzo. Si è dimostrata molto collaborativa, nonostante io non le abbia rivelato il motivo che mi spinge a questa denuncia; mi tratta davvero come una nipote.

 

****


Siamo di fronte a un piccolo edificio grigio e asettico, molto diverso dallo stile della parte antica di Albanuova. Ci avviamo verso l'ufficio anagrafe, dove un anziano signore è intento a leggere dei documenti.
Mi avvicino con passo sicuro, superando Jess, Aden, Nora e mia madre. Faccio un colpo di tosse per farmi notare e lui alza lo sguardo incuriosito. Essendo un piccolo paese, deve essere raro che qualcuno venga qui.

-Devo denunciare un'adozione illegale e rivendicare la mia famiglia di appartenenza- dico tutto d'un fiato, dopo aver preso coraggio.

L'anziano impiegato sgrana gli occhi, rendendo le rughe sul suo viso ancora più marcate, è abbastanza interdetto e mi scruta con sospetto -a quale famiglia rivendica l'appartenenza?- chiede ancora perplesso e scettico.

-Ai Deveraux. Sono la figlia di Cristopher e Corinne Deveraux- rispondo seria.

A quelle parole per poco non cade dalla sedia e i documenti che aveva tra le mani si spargono disordinatamente sulla scrivania -a... aspetti un momento- balbetta, incespicando velocemente verso un altro ufficio.

Andiamo bene, penso sconfortata. Tutti si avvicinano a me per farmi coraggio.
Dopo qualche minuto l'uomo anziano esce, accompagnato da un altro signore più giovane.

-Signorina, essendo la questione delicata me ne occuperò io personalmente, sono il capo ufficio, lei è?- si presenta, rivolgendosi a me.

-Il mio nome è Amy Davies, loro sono i miei amici e mia madre, credo conosca già Nora- rispondo, indicando il gruppo alle mie spalle.

-Seguitemi.- È un uomo sulla trentina, un po' basso e stempiato, non ha l'aria molto austera.

Entriamo nel suo ufficio e ci sediamo di fronte alla sua scrivania. Jess e Aiden su due poltrone agli angoli.

-Bene. Ora che vi siete accomodati, possiamo parlare della sua richiesta. Lei rivendica di appartenere alla famiglia Deveraux?- chiede, non del tutto convinto.

-Sì signore. Mia madre può testimoniare di aver preso parte a una adozione privata e Nora, qui presente, della mia somiglianza con Cristopher Deveraux  e del fatto che io abbia riconosciuto la foto di Corinne- spiego con una calma che non credevo capace di dimostrare.

-Sa che dovremo verificare il suo dna e le conseguenze, nel caso in cui stia mentendo?- mi avvisa, ancora non del tutto sicuro, credo che non abbia mai messo in pratica questo tipo di procedure e di certo non crede minimamente alle mie parole. So benissimo di rischiare il carcere, grazie tante per l'incoraggiamento! Penso innervosita.

-Sì, proceda pure con tutte le verifiche, siamo qui per questo.- Sembro molto più sicura di me, di quanto lo sia in realtà.

-Benissimo allora- acconsente.

Dopo un paio di telefonate e aver aspettato circa mezz'ora, arrivano in ufficio due donne: iniziano a prelevarmi del sangue, una ciocca di capelli e un tampone di saliva. Il capo ufficio ci dice che ci vorrà un'ora circa, per verificare la compatibilità del dna con quello degli archivi e ci invita ad attendere nel suo ufficio.
L'attesa è tremendamente snervante. Tutti restano in silenzio, una parte di me spera ancora che quel test sia negativo, anche se so che è impossibile. Non posso restare a pensare troppo, perché i miei pensieri tornano sempre a ieri sera, a tutto ciò che è successo ieri sera. Non ho ancora raccontato a Jess e Aiden del bacio, credo che Aiden stavolta gli spaccherà davvero la faccia e con tutto quello che mi sta succedendo, non sono in vena di scenate.

Finalmente vediamo la porta aprirsi, insieme al capo ufficio c'è un altro uomo dall'aria familiare: deve avere circa cinquant'anni, ha un bel fisico e dei capelli rosso scuro.

-Signori, questo è il rappresentante della città di Renaissance e di Albanuova, il signor Gardiner- lo presenta il capo ufficio. Ora capisco perché abbiamo aspettato tanto, scomodare addirittura il rappresentante...
Ecco spiegata anche l'aria familiare, quello è il padre di Valerie e a differenza di quanto farebbe sua figlia, ci saluta cordialmente. Dopo una salda stretta di mano, supera il capo ufficio e siede dietro la sua scrivania; ha un'aria di superiorità abbastanza marcata, per fortuna non è paragonabile minimamente a quella di Valerie, è cordiale e allo stesso tempo sicuro di sé e della carica che riveste.

Mi scruta attentamente: deve ricordarsi di me, ne sono certa. Ho ostacolato i suoi piani di unirsi ai Van Dalen al ballo...

-Signorina Davies, il test del Dna è risultato positivo. Lei è una Deveraux, ne siamo sicuri al cento per cento. Le andrebbe di spiegarmi com'è risalita alla sua identità?- mantiene un tono neutro e professionale. Se prova fastidio non lo dà a vedere, eppure sono certa di non essergli simpatica.

Inizio a raccontare la storia che abbiamo concordato e sembra crederci.

-Bene, signorina Davies. Essendo lei membro di una famiglia tanto importante, ho dovuto consultare anche il Rappresentante del Terzo Stato. Abbiamo convenuto che le verrà immediatamente restituito tutto, il Dna è una prova incontrovertibile che le dà pieno accesso a tutti i suoi beni: la tenuta, il patrimonio, le rendite dei possedimenti...
Il corpo della signora Deveraux non è mai stato rinvenuto, quindi la legge ci imponeva di attendere trent'anni, prima di utilizzare il patrimonio devoluto ad Albanuova. Nulla è stato toccato per fortuna, tranne quanto necessario per il mantenimento della tenuta. Inoltre dal momento che Corinne Deveraux è scomparsa, temo che questa adozione illegale resterà impunita, visto che sua madre non era a conoscenza della reale identità della signora Deveraux. Ovviamente dovremmo fare delle verifiche, quindi la prego di non allontanarsi signora Davies, così da tenersi a disposizione in caso di interrogatori- si rivolge a mia madre.

-Sono a vostra completa disposizione- risponde lei tranquillamente, tenendomi ben salda la mano sotto la scrivania dell'ufficio.

Dopo aver firmato documenti su documenti, finalmente ci permettono di andare via, rimandando all'indomani le altre carte da firmare. È quasi ora di cena e siamo decisamente esausti. Continuavano a porci così tante domande... per fortuna non ci siamo mai contraddetti. Nora è andata via un po' prima, dovendo occuparsi del negozio.

Quando usciamo dal Palazzo Pubblico, il sole è ormai tramontato.
Noto un'auto scura poco distante e subito sento un vuoto allo stomaco, so benissimo di chi è: infatti poggiato all'auto c'è David che mi scruta.
Cosa ci fa qui? Lo vedo dirigersi verso di noi; ovviamente da buon segugio qual è, anche la mamma si è accorta di lui. Il cuore si agita nel mio petto, martellando come un maledettissimo tamburo.
Maledizione, lei crede che David sia gentile, premuroso, una sorta di Mark/David; diciamo che le ho raccontato qualche altra piccola bugia da quando parlai di lui la prima volta, solo per non farla preoccupare... come avrei mai potuto immaginare che sarebbe venuta qui!

Si avvicina a noi con passo sicuro, indossa una maglia sportiva stretta e a maniche corte, con un paio di jeans scuri. Più si avvicina, più non riesco a staccare gli occhi dalle sue labbra, il solo pensiero che quelle labbra perfette sono state mie, mi fa rabbrividire.
Diamine, pensa ad altro, mi rembecca la mia fastidiosissima vocina. Come posso essere così patetica? Devo tenere ben a mente ciò che mi ha detto dopo.

-Allora le voci sono vere, hai sul serio rivendicato di appartenere ai Deveraux- esordisce all’istante con la sua voce profonda, scrutandomi. Non mi sfugge il tono di disapprovazione con cui ha pronunciato quelle parole.

Mia madre lo fissa a dir poco incantata -tu devi essere David!- esclama ammirata.

Lui si volta a guardarla incuriosito.

-Oh, perdonami, non mi sono presentata! Io sono Elise, la mamma di Amy!- spiega allegramente, porgendogli la mano.

Un sorriso mozzafiato si dipinge sulla sua faccia e invece di una stretta le fa un galante baciamano, mandandola in brodo di giuggiole; alzo gli occhi al cielo, che ruffiano!

-Amy mi ha parlato molto di te- confessa, ancora più incantata e io sobbalzo sorpresa.

David alza un angolo della bocca, in un sorrisetto malizioso -ma davvero?- si rivolge a me estremamente compiaciuto.

Arrossisco violentemente. Non so dove le madri prendano questa dote innata di mettere in imbarazzo i figli. Voglio sprofondare in questo preciso istante. Aiden è accanto a me, rigido e abbastanza infuriato.

-Ma certo! Come potrebbe non parlarmi del suo ragazzo?- gli risponde mia madre, facendomi quasi venire una sincope.

Non l'ha detto sul serio, ho sentito male spero. A giudicare dall'espressione ancora più compiaciuta e soddisfatta di David e da quella cinerea di Aiden, non direi.

-Mamma, non ti ho mai detto che David è il mio ragazzo!- le faccio notare a denti stretti, nervosa e ancora più imbarazzata.

-Voi ragazzi, mai una volta che chiamate le cose con il loro nome- mi rimprovera sospirando.

Adesso lui sicuramente dirà la verità, svelando tutte le bugie che le ho raccontato su quanto andiamo d'accordo; sto già per partire con le scuse e le giustificazioni, quando noto che si avvicina a me, poggiando un braccio sulle mie spalle. Sembra estremamente divertito, cosa avrà in mente? Sto per scrollarmelo di dosso, ma la sua presa è ferrea.

-Ha perfettamente ragione, signora, non capisco perché ti ostini a non chiamare il nostro rapporto per quello che è, Amy. Ti vergogni forse di essere la mia ragazza?- mi chiede melenso, con una faccia innocente e falsamente ferita.

Io lo fisso a bocca aperta, sconvolta. Jess sta per morire dal ridere, Aden sta per uccidere David e io... beh, darei volentieri una mano ad Aiden!
Poi però guardo mia madre, ha una tale ammirazione negli occhi, era così felice che finalmente mi interessassi a qualcuno.
Dopo il modo in cui l'ho trattata, non merita un'altra delusione o di scoprire che le ho mentito anche su questo.
Non posso farlo... per adesso devo stare al gioco, tanto lei non starà qui molto e David sicuramente tra poco andrà via, dopo essersi divertito a sufficienza.

-Io vergognarmi di te? E perché mai, sei così premuroso e gentile- mi stampo un sorriso falsissimo sul viso.
Allungo anche io un braccio per circondargli i fianchi e non mi lascio sfuggire l'occasione di dargli un pizzicotto dietro la schiena, facendolo sussultare dal dolore.

-Oh, che meraviglia, siete una coppia fantastica!- cinguetta la mamma.

Aiden sta per stramazzare al suolo, mentre David continua a spassarsela e anche Jess non è da meno. Queste sono le migliori amiche! Penso irritata.

-Non sa quanto signora, non sa quanto...- lui mi dà un bacio sui capelli, tenendomi ancora il gioco. Lo uccido, giuro.

-Direi che è ora di cena, piccioncini- ci interrompe Aiden gelido, mandando occhiate assassine a David.

Colgo la palla al balzo -Mamma, ti porto in un ristorante fantastico, vedrai- mi allontano da David e mi scrollo finalmente il suo braccio di dosso, non lo tollero e non voglio che mi tocchi! Sono ancora infuriata per ieri, anche se non posso negare che la sua vicinanza mi faccia un certo effetto. I suoi baci ti fanno un certo effetto, un effetto che non vedi l'ora di riprovare! Mi rimbecca la mia vocina fastidiosa, che immediatamente soffoco.

-Bene, David, a domani allora- mi rivolgo a lui,  cercando di trascinare via la mamma.

-Ma perché, lui non viene con noi? Hai altro da fare? Mi farebbe davvero piacere conoscerti meglio- si rivolge a lui dispiaciuta. Non me la bevo minimamente, la conosco troppo bene: vorrà fargli un interrogatorio stile Elise Davies.

Lo incenerisco con lo sguardo allarmata, intimandogli di rifiutare. Lui mi fissa di rimando, con aria di sfida ma ancora più divertito.

-Mamma, David ha un impegno importante- lo anticipo.

-In realtà, niente che non si possa annullare. Sarò felice di unirmi a voi, in fondo questa è una buona occasione per fare conoscenza con tua madre, tesoro- mi contraddice, sempre con quel tono fastidiosamente melenso, e sottolinea particolarmente quel "tesoro".

Maledizione, è forse impazzito?! Mi mordo l'interno della guancia, fermando gli insulti che ho sulla punta della lingua.

-Ne sono molto contenta- risponde mia madre soddisfatta.

-Bene, allora avviamoci al ristorante, andremo con la mia auto- mi prende anche per mano!
Ci dirigiamo verso la macchina, seguiti dagli altri.

Amy, devi stare calma. Controllati e respira, mi ripeto; lo ucciderai dopo con calma. Nel frattempo impongo a me stessa di non provare nessuna sensazione, dovuta alla sua mano stretta nella mia, cosa estremamente difficile. Mi odio ancora di più per questo.

-Che diavolo stai facendo?- bisbiglio, per non farmi sentire dagli altri.

-Esaudisco i tuoi desideri, formaggino- risponde divertito e compiaciuto -dovresti saperlo che le bugie hanno le gambe corte- sussurra al mio orecchio, con la sua voce profonda e non mi sfugge il tono velatamente minaccioso. Un brivido mi attraversa la schiena, capisco di essere seriamente nei guai.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***




Arriviamo all'auto: mia madre, un contrariato Aiden e Jess, si accomodano sugli scintillanti sedili in pelle.

-Scusateci, devo parlare un istante con David- li avviso, con un sorriso che definire falso sarebbe un eufemismo.

Lo prendo rabbiosamente per un braccio e lo trascino lontano -si può sapere cos'hai in mente?!- domando innervosita, una volta raggiunta la distanza sufficiente.

Lui mi fissa, inchiodandomi con lo sguardo -quella che racconta a sua madre che stiamo insieme sei tu, non io- risponde neutro, scrollando le spalle in un gesto quasi scocciato.

A quelle parole arrossisco vistosamente -non le ho raccontato niente del genere! È lei che ha frainteso. Non mi interesso mai a nessuno di  solito e quando per sbaglio le ho accennato di te, ha subito iniziato a fantasticare. Volevo soltanto che non restasse delusa...- mi giustifico, tormentandomi le dita nervosamente. A quelle parole il suo sguardo diventa strano, come se un lampo di comprensione l'avesse sfiorato, ma dura solo un momento. -In ogni caso, cosa ci facevi fuori al palazzo pubblico?- chiedo stizzita.

-Volevo vedere con i miei occhi se ciò che si dice in giro è vero- ribatte duramente.

Sobbalzo allarmata -e cosa si dice in giro?-

-Che è spuntato un nuovo membro della famiglia Deveraux, non si sa ancora chi ma Valerie ha intenzione di scoprilo, per farlo entrare nella nostra cerchia. Ha origliato per sbaglio una telefonata di suo padre, immagino quanto sarà contenta di scoprire che sei tu la nuova ereditiera di Albanuova- sogghigna, quasi pregustando il momento.

-E perché non le hai detto nulla?- mi sfugge, muoio dalla curiosità di sapere perché ha tenuto il mio segreto.

-Perché rovinarle la sorpresa? È uno spettacolo che non ho intenzione di perdermi- sorride con aria maligna. Per un momento avevo sperato che l'avesse fatto per una sorta di lealtà nei miei confronti ma a quanto pare, come sempre, su di lui le mie sono solo illusioni che prontamente demolisce.

Che razza di divertimento ci trova in questa storia? Quello tra lui e Valerie è un gioco al massacro e sia lei che questo ragazzo hanno qualcosa che non va.

-Per questo sei venuto qui? Per goderti la mia faccia, dopo che ho rivendicato il mio nome?- gli domando, di nuovo stizzita.

-No. Perché speravo si sbagliassero, speravo che non avessi fatto una stupidaggine del genere, ma evidentemente ti ho sopravvalutata- mi accusa con rabbia.

Perché deve sempre farmi imbestialire? -Si può sapere a te cosa importa?! E perché mai avrei fatto una stupidaggine? Ho solo rivendicato quello che è mio, in fondo tutto ciò che è dei Deveraux appartiene a me- lo fisso con alterigia. Adesso sto cominciando seriamente a infuriarmi.

-Perché questa storia è pericolosa, me ne sono reso conto dalla prima volta che mi hai raccontato di quegli incubi. Tu sei diversa, una come te non rivendica il suo nome per i soldi; se l'hai fatto è perché vuoi continuare a cercare, ti caccerai nei guai- il suo tono è mortalmente serio.

Era un complimento contorto? Ormai ho rinunciato a cercare di capirlo... -Una come me? Mi reputi tanto diversa dagli altri? Eppure ieri non ti sei fatto scrupoli a trattarmi come le tue amiche "speciali"- gli faccio notare acidamente.

Non appena ascolta quelle parole, leggo vera e propria furia nei suoi occhi: mi trafigge con uno sguardo gelido, puntando le sue lame d'argento su di me, incenerendomi quasi; si avvicina, stringendomi le spalle con forza.

-Non sono riuscito a trattenermi, è vero. Ma non ti ho trattata affatto come tratto le altre- ringhia a voce bassissima e minacciosa, ponendosi a pochi centimetri dal mio viso, la sua voce è ancora più profonda.
Indietreggio, ma lui si avvicina tenendomi ferma.
-Sì che l'hai fatto e non te lo permetterò mai più- rispondo determinata, non distogliendo lo sguardo dal suo, non mi intimidirà.

Fa un amaro sorrisetto -se ti avessi trattata come loro, ieri saresti finita nel mio letto e oggi raccoglieresti i pezzi del tuo patetico cuore spezzato- ribatte con sdegno -perché è questo, ciò che faccio con le altre- sibila con odio.

Il mio battito accelera sotto quel tono duro e non posso impedire al mio viso di assumere un'espressione oltraggiata. -Non ti avrei permesso di farlo con me- rispondo, cercando di mettere tutta la convinzione e sicurezza possibile nella mia voce.

Lui sorride beffardo, inchiodandomi ancora una volta con i suoi profondi laghi d'argento, poi si avvicina al mio orecchio, accorciando ulteriormente le distanze; sento un rimescolamento allo stomaco.

-Certo che me l'avresti permesso. So essere estremamente persuasivo quando voglio qualcosa- sussurra con una voce bassa e sensuale, provocandomi brividi lungo la schiena. Il mio cuore accelera ulteriormente e con esso ho la prova di quanto le mie parole fossero una palese bugia.

Maledetto.

Una parte di me sa bene che dopo quel bacio, probabilmente avrei fatto tutto ciò che voleva, ma questo David non lo saprà mai.
Continuo a fissarlo inebetita e lui mi dà uno schiaffetto leggero sul viso.

-Riprenditi, formaggino, respira!- mi dileggia, odio quando fa così.  

-Sei così innocente, ti ho già detto che mi diverte troppo farti arrossire?- mi dà un leggero pizzicotto sulla guancia, come si fa con i bambini e io mi mordo le labbra per la rabbia, impedendo agli insulti di uscire dalla mia bocca. Sbuffo, allontanandomi da lui e dal suo dannato profumo, la mia sconfitta è palese -sempre modesto- osservo con indignazione.

-La modestia non è una delle mie innumerevoli doti, ahimè- risponde con aria fintamente affranta, nascondendo un sorriso.

-Cosa hai intenzione di fare stasera? Ti avviso, non tollererò che tu deluda mia madre o la trascini in uno dei tuoi giochetti. Fallo e non rispondo di me- lo avviso, incrociando le braccia al petto con aria dura. La sua frase di prima mi ha messa non poco in agitazione.

-Volevo solo controllare che fosse vero ciò che Valerie diceva, poi mi sono lasciato prendere la mano. Sta calma, non sono così stronzo, ti terrò il gioco visto che si tratta di tua madre. Però devi dirmi esattamente cosa le hai detto- alza un sopracciglio con aria interrogativa.

Sul non sono così stronzo, avrei qualcosa da ridire... -Non sono affari tuoi cosa le ho detto.-

-Quindi se mi chiede qualcosa, invento? Ho una fervida immaginazione, sai?- sorride malizioso.

Per carità! Non so cosa possa immaginare quella mente diabolica -nemmeno per sogno!- urlo allarmata e con gli occhi sgranati, mentre se la ride di gusto.

Sospiro rassegnata, iniziando a vuotare il sacco -le ho detto che ti ho conosciuto il primo giorno, tralasciando gli insulti. Le ho raccontato della giornata a lago e del valzer al ballo, aggiungendo che sei gentile e premuroso- lo guardo eloquentemente, sottolineando la falsità di quella affermazione -poi le ho raccontato di tutto ciò che ho fatto con Mark, sostituendo te a lui- mi fisso le scarpe imbarazzata, tormentandomi una ciocca di capelli.

Quando torno a guardarlo, lui sembra alquanto infuriato. Stringe i pugni con una espressione impenetrabile -ed esattamente, cos'è che hai fatto con riccioli d'oro?- ringhia.

Trattengo una risata. Non credevo si scaldasse tanto a essere paragonato a Mark, per quanto è arrogante probabilmente gli dà parecchio fastidio.
Una vocina solletica la mia mente, facendomi notare che magari più che infastidito dal confronto, è geloso. Scaccio subito il pensiero, sarebbe ridicolo e impossibile: non gli importa nulla di me. Farò bene a tenerlo sempre a mente, se non voglio davvero finire col cuore spezzato come ha detto lui stesso poco fa.

-Niente di che... passiamo del tempo insieme... scherziamo... siamo andati a cena. Abbiamo molto in comune e a volte flirtiamo- spiego tranquillamente, scrollando le spalle. -Oh, dimenticavo! Ha cercato di baciami, questo gliel'ho raccontato- aggiungo distrattamente.

-Riccioli d'oro ha cercato di baciarti?!- alza la voce più del dovuto, facendomi sobbalzare. Pare ancora più infuriato...

-Shhh! Abbassa la voce!!- sussurro allarmata.

Questo ragazzo ha dei seri problemi. Ne sono sempre più convinta.

-E tu l'hai respinto?!- mi fulmina con lo sguardo, imperterrito nel suo interrogatorio.

Ma è serio? Cosa può mai interessare a lui di ciò che faccio con Mark? Continuo a non capirlo minimamente -non sono affari tuoi! Ti ho detto ciò che dovevi sapere, punto- ribatto infuriata, guardando altrove.

-Se non me lo dici, spiffero tutto a tua madre! In questo preciso istante- mi minaccia secco, stringendo i pugni.

Alzo gli occhi al cielo -sì, l'ho respinto. Contento?- sibilo tra i denti.

Lui si tranquillizza all'istante, assumendo un'espressione strafottente -non che mi interessi particolarmente; volevo saperlo solo perché quel tipo è un vero perdente. Mi sarei preoccupato dei tuoi gusti, visto che hai baciato me- afferma altezzoso.

Resto a bocca aperta, io avrei baciato lui? Devo forse ricordargli la scena? Signore dammi la forza, stringo anche io i pugni per il nervoso. Conto fino a dieci per tranquillizzarmi.
Non rispondo stavolta, altrimenti so già che inizieremmo un'altro battibecco e gli altri ci aspettano. Sbuffo per l'ennesima volta, dirigendomi verso l'auto. Eppure non posso fare a meno di notare che lui trattiene un sorriso soddisfatto.

Mi prende la mano, intrecciando le sue dita con le mie -c... che fai?- balbetto, sorpresa dal suo gesto.

-Siamo una coppia di rivoltanti fidanzatini, no?- scrolla le spalle sdegnoso.

-Sì, ma non esagerare. Non invadere il mio spazio vitale- lo avviso minacciosa.

Lui mi guarda divertito -quindi nemmeno un bacetto piccolo piccolo?- domanda con la massima innocenza.

-Tu provaci e l'ennesimo ceffone non te lo leva nessuno!- ringhio indignata, cucendomi però un falsissimo sorriso sulla faccia rivolto all'auto, la mamma ci sta guardando.

-Quante storie formaggino, ieri non mi sembrava ti dispiacesse tanto avere le mie labbra tutte per te- mi dileggia maliziosamente.

Le sue parole mi fanno tornare in mente il nostro bacio, sento subito un calore sulle guance e il cuore accelerare. Pensa ad altro, mi ripeto.

Lo fulmino con lo sguardo e lui ride. -Ok... ok, messaggio ricevuto! Farò il bravo, un vero e proprio angelo, vedrai- sogghigna però malevolo, mettendomi in allarme.

La sua frase non mi rassicura per niente, anzi. Ho paura di scoprire cos'ha in mente: che Dio me la mandi buona, penso sospirando. Mentre ci avviamo all'auto, informo David di tutto ciò che mia madre sa sui sogni e sulle nostre ricerche.

-E finalmente piccioncini! Qui stavamo invecchiando- sbuffa Jess ridendo, ha subito capito il gioco; Aiden la fulmina con lo sguardo per nulla divertito.

Mi accomodo accanto a David che mette in moto l'auto. -Signora Davies, vuole che accenda l'aria fredda? Il calore è molto forte questa sera- si rivolge a mia madre premurosamente.

Lei fa un cenno d'assenso -te ne sarei molto grata! E per favore, chiamami Elise- è deliziata.

Almeno Van Dalen sa recitare bene, penso compiaciuta.

****


Arriviamo al ristorante dove qualche giorno fa ho cenato con Mark.

Un cameriere si avvicina, guardando David sorridente -signor Van Dalen, è un piacere averla qui. Le preparo il suo tavolo come al solito?- dice, quasi venerandolo.

-Te ne sarei grato, Darren- risponde entusiasta.
Il giovane si dirige verso un'aria privata e capisco che per David il solito tavolo, deve essere il migliore del locale...

Mia madre lo guarda stranita, come se riflettesse su qualcosa.

-Andava benissimo un tavolo qualsiasi, David, noi non badiamo a queste cose- gli dico in difficoltà.

-Solo il meglio per te, tesoro- risponde mellifluo, baciandomi sulla guancia. Ma che grandissimo stronzo! Quante volte l’ho pensato da quando l’abbiamo incontrato?
Digrigno i denti per la rabbia, ma sul volto mantengo il mio falso sorriso. Non posso impedire però al mio corpo di reagire, quando le sue labbra sfiorano la mia pelle: il mio cuore infatti manca immediatamente di un battito e una piccola scossa mi attraversa la schiena, reazioni che ovviamente nemmeno a lui sfuggono; odio la faccia compiaciuta che assume! È un osservatore troppo acuto e io devo tenere a mente che sta fingendo... eppure è così difficile.

Quando stiamo per avviarci al tavolo Aiden mi trattiene, facendo andare avanti la mamma e David. Jess resta al suo fianco.

-Mi spieghi cosa significa questa messinscena?- È alquanto infuriato, la mia amica invece è estremamente divertita; credo che in fondo abbia sempre parteggiato per David.

-Mia madre ha frainteso il rapporto che c'è tra noi. Non volevo deluderla dopo tutto ciò che è successo e lui starà al gioco, almeno finché lei resterà qui- cerco di spiegarmi.

-E non potevi dirle di aver conosciuto Mark? Dovevi parlarle proprio di quel pallone gonfiato? cosa succederà se avrà un altro dei suoi sbalzi d'umore, piantandoci in asso?- mi fa notare infastidito.

-Non so perché le ho parlato di lui... ma adesso il guaio è fatto, mi ha assicurato che non deluderà mia madre e io gli credo- cerco realmente di convincermene.

-Non mi piace, Amy, questa storia non mi piace...- sospira, mentre ci avviamo anche noi al tavolo.

-Tutto bene, ragazzi?- chiede la mamma, non appena ci sediamo.

-Benissimo, Elise- risponde Jess, cercando di dissimulare e inventando una scusa.

La cena prosegue in maniera tranquilla; David si comporta in modo impeccabile e scambia addirittura qualche battuta con Aiden, che cerca ti tollerarlo. Tentiamo di evitare argomenti pesanti per oggi, come i miei incubi o la questione di Corinne.

-Elise, cosa ne dici di andare in piscina domani? Dopo essere passati al palazzo pubblico, per le ultime formalità, non avremmo granché da fare- propone Jess allegra.

-Quella piscina pubblica per il divertimento? Amy me ne ha parlato, non ci potevo credere! Sarebbe meraviglioso- accetta subito entusiasta.

David però le interrompe -io avrei una controproposta. Venite a casa mia, alla piscina della tenuta staremo molto più comodi e non ci sarà gente. Domani sarà affollatissimo lì- ci fa notare con naturalezza.

-Vivi in una tenuta con piscina?- gli chiede mia madre, spiazzata.

-Hem sì...- ammette lui, aggrottando le sopracciglia e facendo sgranare ancora di più gli occhi della mamma -Amy non le aveva detto nulla?- le domanda, completamente incredulo.

-Veramente no, mi ha detto quanto sei dolce- a quella parola David fa una smorfia, credo non ami essere definito dolce, soffoco una risatina. -Mi ha parlato di quanto sei bravo con il  pianoforte e ovviamente che sei molto, molto attraente; ma questo lo vedo anche da sola- gli strizza l'occhio maliziosamente.

Io sgrano gli occhi, diventando viola -Mamma!!- esclamo del tutto sconvolta e indignata, non può averlo detto sul serio. Lui mi guarda divertito e compiaciuto, questo sarà un toccasana per la sua arroganza.

-Che c'è, tesoro? Quel che è vero, è vero- scrolla le spalle -sarò anche grandicella rispetto a voi, ma gli occhi mi funzionano ancora!- continua, divertita dal mio imbarazzo.

Tutti ridono di gusto, mentre io mi copro il viso con le mani per l'immensa figuraccia. Credo che l'universo cospiri contro di me a volte.

-Grazie per i complimenti, Elise- risponde David ancora più soddisfatto, non togliendomi gli occhi di dosso. Me lo rinfaccerà tutte le volte che ci vedremo, ne sono certa, penso demoralizzata.

-Ero sorpreso, perché di solito è la prima cosa che raccontano di me...- ora il suo sguardo è fisso nel mio e non c'è scherno nelle sue parole, ma assoluta serietà e forse... ammirazione?

Sento un leggero calore sprigionarsi dal mio petto, sono contenta di averlo spiazzato -evidentemente le persone che frequenti non vogliono conoscerti sul serio. Tu sei altro e io l'ho visto. Non so perché tendi a nascondere la parte migliore di te, se la mostrassi tutti riuscirebbero a capire ciò che vedo io quando ti guardo- mi sento dire, le parole mi sono uscite come un fiume in piena.

Mi copro la bocca imbarazzata. Lui è ammutolito e un lampo di sorpresa e qualcos’altro che non saprei definire, gli attraversano lo sguardo. Vorrei rimangiarmi tutto, perché quando sono con lui dico sempre ciò che mi passa per la testa? È come se la mia bocca non avesse più filtri.

-So che tu sei totalmente diversa da coloro che frequento. Forse sei l'unica a cui ho permesso di conoscermi, almeno un po'...- risponde serissimo, con il suo sguardo magnetico incatenato nel mio.
Non so se stia recitando in questo momento o se dice la verità, so solo che sentendo queste parole il cuore, che già aveva accelerato, ha cominciato a martellarmi nel petto come un tamburo. Un silenzio pesante è sceso sul nostro tavolo e gli occhi di tutti sono puntati su di noi.

-Wow! Siete meglio dei miei film romantici preferiti- sospira Jess, sognante e assorta, interrompendo il silenzio: è la regina delle frasi inopportune. Sento il calcio che Aiden le dà sotto il tavolo.

Mi ritrovo ad arrossire e distogliere lo sguardo da quello serio di David. Vedo mia madre trattenere un sorriso, mentre Aiden ci guarda dubbioso e Jess in estasi.

****


Terminata la cena più imbarazzante della mia vita, David ci riaccompagna alla pensione. Notiamo all'entrata una ragazza pressappoco della nostra età: indossa un completo con giacca e pantalone e un paio di occhiali da vista, è magra e ha i capelli scuri legati in una coda elegante.

-Merda- sento dire a David, non appena la nota.

-Chi è?- domandiamo incuriositi, fissandola da lontano.

-È una gran rottura di coglioni!- si passa una mano tra i capelli frustrato, poi si rivolge a mia madre mortificato -scusi Elise ma mi è scappato, quella è Margaret Gleeson e scrive sull'unico giornale scandalistico del Terzo Stato. È sempre a caccia di nuove notizie sulle famiglie più importanti. Credo sia venuta per te- mi informa serio.

-Per me?! E cosa vuole da me?- chiedo allarmata, pensando già a una possibile foto del nostro bacio di ieri su uno di quei giornali spazzatura.

Lui sbuffa, come se la mia domanda fosse incredibilmente stupida -adesso sei una Deveraux. Il Terzo Stato non è molto grande, le notizie corrono. Vorrà certamente un'intervista...-

Mi raggelo e sento il panico crescere. David convince la mamma e i miei amici a entrare per primi nella pensione, così da non farle capire che ci conosciamo. Sembra funzionare: non degna Aiden di uno sguardo e scruta una foto che ha tra le mani, confrontandola col volto di Jess, poi con quello di mia madre.

-Cerca di parlare il meno possibile. Qualunque cosa dirai se la rigirerà a modo suo, per fare notizia- Mi istruisce pragmatico, spingendomi ad avvicinarmi all'entrata della pensione.

Sono sempre più agitata e riluttante, è costretto a trascinarmi quasi. Margaret ovviamente nota subito me e David, mi scruta come faremmo io e Jess dinanzi a una torta invitante, poi si avvicina sorridendo.

-Tu devi essere Amy Deveraux. E vedo che hai già fatto amicizia- si rivolge a David maliziosamente.

-Cosa c'è, adesso Valerie Gardiner non ti basta più? Punti più in alto?- parte subito all'attacco.

David alza gli occhi al cielo. -Maggie, tesoro, sai quali sono i patti, la mia vita privata per te è off-limits- sibila duro.

-Ci ho provato- ammette, scrollando le spalle e guardandolo con malcelato desiderio.

-Ma torniamo alla nuova arrivata. Mi concederesti un'intervista, signorina Deveraux?- punta i suoi occhi famelici su di me.

-Mi chiamo Amy Davies- la correggo irritata, è che il modo in cui ha guardato David mi ha fatta infuriare. Pessima mossa e la stretta minacciosa di lui al mio braccio, ne è la prova.

La giornalista mi fissa interdetta -e perché mai avresti rivendicato il tuo cognome, se poi usi quello dei tuoi genitori adottivi? L'hai fatto solo per i soldi? È un modo per rinnegare Corinne e Cristopher Deveraux? Magari vuoi vendicarti del fatto di essere stata abbandonata...-

Tutte quelle insinuazioni mi lasciano completamente spiazzata e a bocca aperta, incespico con le parole non sapendo nemmeno cosa rispondere -i... io... no! Insomma...- balbetto, ormai nel pallone.
Non credevo che esistesse qualcuno peggiore di Valerie, ma potrei ricredermi. Non intendevo dire quello! Maledizione, dovevo tenere la bocca chiusa; sto per replicare di nuovo ma lo sguardo di rimprovero di David mi zittisce all'istante. Comincio a guardarlo allarmata e ansiosa.

-Maggie, lasciala riposare. Ti chiamerò io quando vorrà farsi intervistare, per adesso lasciala ambientarsi. Coraggio piccola, fallo per me- le sussurra con voce sensuale, sorridendole in modo irresistibile.

La mia vena del collo sta per esplodere, senza contare che sto mordendomi così tanto la guancia da farla sanguinare. Sta flirtando con questa tizia davanti a me!!

-Solo perché sei tu a chiedermelo, Dave...- gli risponde melliflua e con uno sguardo civettuolo, adesso guarda lui come prima guardava me.

Alzo un sopracciglio eloquentemente, Dave?! Sul serio? Potrei vomitare. Mi sto innervosendo ulteriormente e non è per le sue domande.

-Ma sappi che tornerò, se non mi chiamerete nelle prossime settimane! E ovviamente voglio essere la prima a intervistarla- ha un'aria alquanto minacciosa.

-Sarai la prima, promesso- le fa l'occhiolino e lei va via salutandoci.

Mi pongo le mani sui fianchi -come hai fatto a farla cedere così facilmente?- chiedo sospettosa.

-Diciamo che io e Maggie abbiamo un piccolo accordo- sorride enigmatico.

-Che tipo accordo?- aggrotto le sopracciglia incuriosita.

-Vuoi davvero saperlo?- mi fissa con uno sguardo malizioso ed eloquente, facendomi intuire all'istante.

-Assolutamente no!- rispondo schifata.

-Ah formaggino, non essere così moralista! Lei vuole frequentarmi di tanto in tanto e a me sta bene, purché non se ne vada in giro a scrivere stronzate su di me. È così attraente e sa essere molto dolce, quando vuole...- sta per continuare ma io gli tappo la bocca con le mani.

-Zitto, non voglio sapere altro- sibilo  imbarazzata e indignata.

-Dovresti ringraziarmi. Sappi che non potrò esserti così utile con quelli del Primo e del Secondo Stato, sono due uomini- mi informa ancora divertito dalla mia espressione.

-Beh, magari la tua tecnica funziona anche su di loro, potrei metterla in pratica. Non sono così moralista come pensi- ribatto con un'occhiata seria, anche se il mio tono è scherzoso.

Lui mi incenerisce con lo sguardo all'istante -non penso proprio. Quella non è gente per te, quando arriveranno troverò il modo di tenerli fuori dalle palle! Tu stagli lontana- mi avvisa minaccioso.

Prima devo stare alla larga da lui, poi vuole essere mio amico, poi mi bacia, ora finge addirittura di essere il mio ragazzo e sembra volermi proteggere; altro che vacanza: sono sempre più convinta che dovrò andare in psicoanalisi, quando tornerò a casa.


-Sì, papà- rispondo ironicamente, facendogli gli occhi dolci.

Si avvicina pericolosamente al mio viso e mi ritrovo a trattenere il fiato, presa in contropiede.

-Credimi, Amy, potrei essere tutto tranne il tuo papà- insinua malizioso.

Arrossisco vistosamente, spingendolo via -sempre queste battute stupide. hai davvero intenzione di ospitarci a casa tua domani?- domando dubbiosa.

-Non c'è alternativa, domani Valerie andrà alla piscina pubblica e potrebbe spifferare tutto a tua madre. Inoltre devo mostrarti una cosa che ho trovato- mi informa.

-Cosa?- chiedo incuriosita, aggrottando le sopracciglia.

-Una cosa abbastanza inquietante, a dire il vero... ma lo vedrai con i tuoi occhi, adesso devo andare. Buona notte, tesoro- mi strizza l'occhio divertito, facendomi alzare gli occhi al cielo. Poi si volta allontanandosi, ma improvvisamente si blocca e si gira  nuovamente verso di me.

-Sai che è solo una recita, vero? Insomma, non farti strane idee romantiche- mi avvisa, pronunciando la parola “romantiche” con una smorfia di disgusto.

Ma che arrogante, pallone gonfiato, vanesio...

-Non corri alcun rischio, stai tranquillo, come ti ho spiegato ho già su chi fantasticare e farmi idee romantiche!- sbotto inviperita, guadagnandomi un'occhiataccia.  -A domani- lo saluto con un falso tono tranquillo e mi dirigo verso la pensione, affondando dolorosamente le unghie nei palmi delle mani.

Salgo in camera fuori di me dalla rabbia. Insomma, mi aspettavo una frase del genere sinceramente, però questo non significa che non faccia male sentirselo dire. Quando apro la porta, trovo Jess e Aiden sul mio letto: lei è sulle sue gambe e si baciano appassionatamente.

Distolgo lo sguardo imbarazzata, facendo un colpo di tosse.

-Ragazzi, sono felicissima per voi e lo sapete, ma potreste evitare sul mio letto?- alzo un sopracciglio eloquentemente.

-Scusaci, Amy, facevamo la pace- sogghigna Aiden, scrutando Jess che è arrossita vistosamente.

-E perché avete litigato?- domando, anche se sospetto quali siano i motivi.

-Discordanza di vedute- liquida in fretta Jess, senza aggiungere altro.

-Allora, come ha fatto Mr perfezione a mandare via la giornalista?- chiede il mio amico incuriosito.

-Credetemi, non volete saperlo- sospiro esausta, sedendomi accanto a loro.

-Ciò che conta, è che per adesso non mi darà più fastidio. Credo che David abbia trovato qualcosa di strano alla sua tenuta, ha detto che me la mostrerà domani. Mi domando di cosa si tratti...- rimugino soprappensiero.

-Mmm, speriamo che ci sia almeno utile a capire una parte di questa storia- la mia migliore amica sbuffa avvilita. Ultimamente non abbiamo fatto grandi progressi...

In effetti, quando sembra che finalmente riusciamo a trovare un collegamento con i miei incubi e tutto ciò che è successo da quando siamo qui, c'è sempre qualcosa che ci sfugge.

-Lo spero anche io. Inoltre ci ha invitati perché Valerie domani sarà alla piscina pubblica e avrebbe potuto dire qualcosa a mia madre- li informo.

-Sicura che sia solo per questo?- insinua Jess.

-Assolutamente sì. Credetemi, David non ha alcun interesse nei miei confronti. Mi trova attraente è vero, ma la cosa finisce lì e io non ho intenzione di farmi usare e poi gettare via- aggiungo determinata.

-Ben detto!- annuisce Aiden soddisfatto e Jess alza gli occhi al cielo.

Poi ricordo che ai miei amici manca un tassello importante. Quindi prendo coraggio, guardando soprattutto Aiden intimidita.

-Hem ecco... c'è una cosa che non sapete- a quelle parole, ho immediatamente la loro attenzione.

Dopo qualche minuto di silenzio, Jess esplode -coraggio, parla! Non puoi tirare il sasso e nascondere la mano, dì ciò che devi dire.-

-Io e David... ecco noi... noi... ci... ci siamo baciati!- rivelo d'un fiato alla fine, guadagnandomi due occhiate allibite.

-Ti ha dato di volta il cervello?!- tuona subito Aiden, una volta elaborato il senso della mia frase -e cosa ne è stato del non farsi usare e poi gettare via?!- aggiunge poi duramente.

Jess al contrario è euforica, credo abbia gli occhi a forma di cuore, ormai sragiona...

-Beh...- mi gratto la nuca in difficoltà -questo l'ho deciso dopo il nostro bacio, che per inciso è stato il migliore della mia vita- confesso, abbassando gli occhi colpevole.

-È andata ormai- sbuffa lui.

-Bacia bene?- domanda Jess, ignorandolo bellamente. Aiden ci guarda disgustato, è abbastanza buffo a dire la verità.

-Bene è un eufemismo. Bacia da dio- ammetto scoraggiata.  

Lei batte le mani eccitata e divertita, iniziando a saltellare per l’euforia -non avevo dubbi!- ridacchia soddisfatta e con aria maliziosa.

-È in questi momenti che mi pento di aver scelto due donne come migliori amiche- commenta Aiden, scuotendo la testa scoraggiato e facendoci ridere di gusto. Non è la prima volta che lo sentiamo dire cose del genere.

Alla fine decido di raccontare loro anche le note dolenti, ovvero ciò che ha detto dopo il bacio e la frase di poco fa.

-Mmm... è un vero stronzo te lo concedo, Aiden. Eppure mi è simpatico, non posso farci nulla- scrolla le spalle -sono sicura che con un po' di lavoro, sarebbe il ragazzo giusto per te- ribatte Jess determinata.

Il mio amico continua a lanciarle occhiatacce a ogni parola.

-Però che coglione...- aggiunge infastidita. Usiamo anche le stesse parole per insultarlo, ecco perché è la mia migliore amica.

-Finalmente siamo d'accordo su qualcosa. Adesso si ragiona, quando vuoi che gli spacchi la faccia? Preferisci a casa sua o qui fuori?- propone il mio amico motivato.

-Hey... calma, nessuno spacca la faccia a nessuno. Lui ci aiuterà con la mamma e il nostro rapporto resterà di amicizia, conoscenza o quello che è; io continuerò a frequentare Mark, e David continuerà ad andare a letto con qualunque donna respiri nel raggio di un chilometro, questa è la situazione. L'ho capito bene, tranquilli- li rassicuro.

Loro mi guardano con aria poco convinta, ma non ribattono. Credo che Aiden stia escogitando un modo per farla pagare a David, ma starò attenta a tenerli separati domani.
Ci aspetta un'altra giornata impegnativa, ne sono sicura.




 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***



Trascino il mio lungo abito sull'erba gelida. Ha nevicato da poco e la giornata è ancora grigia e fredda; mi stringo nell'ingombrante e pesante mantello, cercando di trovare un po' di calore ma non è soltanto il clima a farmi stare in questo modo: Il freddo che sento è dovuto a ciò che sto per fare, il solo pensarci mi spezza il cuore ma non posso tirarmi indietro. Ho dei doveri.

-Contessina, è sicura di volere che mi allontani?- Un uomo molto robusto e dalla barba incolta mi fissa preoccupato.

-Sì, Bernard, non farti vedere. Interverrai soltanto se la situazione diventasse critica- rispondo sicura ma garbata.

-Come ordinate- fa un rispettoso cenno d'assenso, inchinandosi lentamente e allontanandosi. 

Resto sola a fissare il grande lago dinanzi  me. "Posso farcela, è la cosa migliore per tutti" mi ripeto e stringo il mio ciondolo per darmi forza.

Improvvisamente sento qualcuno cingermi la vita e un profumo inebriante che conosco bene mi circonda.

-Perché hai voluto che ci incontrassimo qui? È una giornata molto fredda- alita al mio orecchio.

Cerco di ignorare i brividi che la sua vicinanza mi suscita, soffoco l'amore che provo per lui.

Mi volto: il viso meraviglioso dell'uomo che amo mi scruta icuriosito. Eppure i suoi occhi non sono più dolci e amorevoli come un tempo ma sono duri, incredibilmente diversi e mi intimoriscono molto.

-Dobbiamo parlare, Frederick- la frase che pronuncio, fuoriesce dalle mie labbra sotto forma di un sussurro strozzato.

-E di cosa?- Lo vedo già irrigidirsi.

-Di noi...- ammetto, torturandomi le dita.

-Non vedo cosa ci sia da dire. Ci sposeremo presto, ho già intenzione di chiedere la tua mano ai tuoi genitori- dice risoluto.

Prendo coraggio deglutendo -non ci sarà nessun matrimonio, nessun noi- il solo dire quella frase mi spezza il cuore.

-Cosa stai dicendo?- Ride incredulo, il suo sguardo si sta indurendo ancora di più.

Cerco con tutte le mie forze di tirare fuori la voce, sembra che il mio corpo si rifiuti di dire ciò che sto per dire.

-Non ho intenzione di sposarti, Frederick, né di continuare a stare con te- sento gli occhi farsi lucidi e il mio cuore ruggisce il contrario.

Lui si avvicina infuriato, stringendomi forte le braccia. Subito il mio battito accellera e non per l'attrazione che provo per lui, come accadeva in passato, ma per la paura.

-Hai intenzione di mettere fine alla nostra relazione?! Perché?!- ringhia, a pochi centimetri dal mio viso -c'è un altro, non è così ?! Non è così?!?!- mi strattona bruscamente, facendomi battere i denti con forza.

-Non c'è nessun altro, sei cambiato! Io non ti riconosco più. Sei diventato violento, possessivo, l'uomo che amavo è scomparso!- urlo, cercando di fargli capire ciò che provo.

-Menti! Dimmi chi è, tu non puoi lasciarmi, Anita! Non capisci? Tu mi appartieni.- Il suo tono ha assunto delle sfumature isteriche, quasi folli. Continua a scuotermi con forza, mentre io serro gli occhi.

-Frederick, ti prego, mi stai facendo male...- le lacrime mi scendono lungo il viso.

Improvvisamente qualcuno mi spinge con forza lontano da lui e spinge Frederik, facendolo balzare indietro.

-Come osi, straccione!-sbotta lui disgustato.

Ormai è su tutte le furie, si avvicina a Bernard ancora con più rabbia e cerca di colpirlo ma il servo lo schiva subito e lo spintona di nuovo lontano. Il cuore mi martella nel petto, so che Bernard è un uomo fidato di mio padre, è esperto nel combattimento; anche Frederick lo è ma non avrebbe speranze contro Bernard, l'ansia mi attanaglia... Nonostante ciò che mi ha fatto poco fa, mi preoccupo per lui.

-Non osate più toccare la contessina- sibila, ponendosi dinanzi al mio corpo per difendermi.

Frederick lo fissa con odio, poi sposta il suo sguardo su di me -vuoi davvero porre fine a tutto? Dimmi che non mi ami. Guardami negli occhi e dimmi che non provi amore per me- mi scruta sicuro, tenendosi però a distanza.

Le lacrime non smettono di solcare il mio viso, ormai sto singhiozzando. -Ti amo, più della mia stessa vita. Ma a volte l'amore non basta- rispondo con la voce rotta dal pianto.

Pura rabbia e rancore attraversano la sua faccia, una raggelante promessa aleggia nei suoi occhi di ghiaccio che solo io so leggere così bene. Non gli do il tempo di rispondermi, non ho la forza di sentire altro, mi volto e Bernard mi segue.

-Io non mi arrenderò, Anita, mai! Tu mi appartieni, io ti troverò sempre! Sarai mia! - Continua a urlare, non ho il coraggio di voltarmi. A ogni passo sento il mio cuore sbriciolarsi poco per volta: ho detto addio all'amore della mia vita.



Mi sveglio con le lacrime agli occhi e sopraffatta da una tristezza sconfinata.
Questo sogno, o meglio questo ricordo, è stato ancora più vivido. Lo diventano sempre di più, potevo persino sentire l'odore del bosco intorno a me, il senso di vuoto provato da lei...
Ho certamente sognato il momento in cui Anita decise di lasciarlo, eppure potevo percepire l'amore che lei provava. Ha davvero ragione a dire che a volte l'amore non basta? Subito il mio pensiero va a David...
La situazione non è nemmeno paragonabile, penso sbuffando. Almeno Frederick amava Anita, certo in un modo contorto e malato ma la amava. Sicuramente non si comportava da stronzo megalomane, portandosi a letto metà della popolazione femminile o voleva soltanto trastullarsi con lei, come David vuole fare con me. Ecco, adesso comincio anche a invidiare l'amore di uno psicopatico, sono proprio messa male...

Decido di fare una doccia veloce, poi controllo il cellulare: non c'è nessun messaggio o telefonata del capo ufficio del palazzo pubblico, questo significa che il resto dei documenti non sono ancora pronti. Devono sbrigarsi! Mia madre deve tornare all'isola il più presto possibile, non possiamo lasciare il Sun chiuso tanto a lungo... è alta stagione, diamine!
Mi ritrovo dopo un po' a fissare dubbiosa il costume da bagno sul mio letto. Sono abbastanza imbarazzata, dopo il bacio con David non mi va di passare tutto il giorno con lui in costume da bagno... so che potrebbe essere vista come una cosa stupida, ma d'altronde sono sempre stata contorta. Lo infilo e continuo a guardarmi allo specchio sospirando.

Dopo una decina di minuti, vedo la porta della mia camera spalancarsi -sei già pronta?- Jess mi fissa incredula -ma questo non è proprio da te! Qualcuno oggi è nervosetto- sogghigna, prendendomi in giro e fissandomi maliziosamente.

-Piantala, stavo solo controllando che mi stesse bene-borbotto infastidita.

-Peccato che non indosserai quello- risponde canzonatoria, ha un sorrisetto compiaciuto e nasconde una bustina dietro la schiena.

-Ta Dan!- Me la mostra con aria teatrale- avanti, aprila- mi incita.

Aggrotto le sopracciglia e la apro con curiosità: dentro c'è un bikini molto elegante e allo stesso tempo accattivante, è dello stesso colore del mio abito da sera del ballo; sembra essere fatto dallo stesso stilista e deve provenire senz'altro dal negozio di Nora.

-L'ha portato Nora ieri, prima di andare al palazzo pubblico, con tutto quello che è successo non le sembrava il caso di dartelo. Ha detto che sei come una nipote e ha intenzione di viziarti, devo riferirti che si tratta di un regalo e che non devi osare restituirglielo-spiega entusiasta.

-Ma non posso accettarlo, inoltre mi sembra davvero un po' troppo... mmm non saprei definirlo- lo scruto diffidente -eccessivo forse...- rifletto.

-Su provalo, sai che non ti permetterò di uscire da questa stanza senza indossarlo- e conoscendola, lo so perfettamente.

Jess mi tira fuori dal bagno con la forza e mi piazza davanti allo specchio, una volta che l'ho indossato. Mi scruta con aria soddisfatta e fa un fischio di approvazione -beh, direi che siamo tutti d'accordo sul fatto che questo colore ti dona.-

Il mio fisico e le mie forme sono messe molto in risalto: le coppe rigide mettono in evidenza la mia seconda scarsa e la parte inferiore è più piccola rispetto a ciò che indosso di solito; diciamo che questo modello è più alla Jess che alla Amy... Il colore poi sembra essere fatto apposta per me, da quando sono qui mi attrae particolarmente.

-Dal modo in cui ti fissava con quell'abito da sera, sono sicura che adesso ti mangerà con gli occhi- sogghigna la mia malefica migliore amica e a quelle parole non posso fare a meno di arrossire violentemente.

-Smettila, non voglio essere il suo divertimento Jess. Il fatto che lui mi trovi attraente non cambia nulla, ha ben chiarito il tipo di "relazioni" a cui aspira- sospiro rammaricata.

-Si può sempre cambiare idea, Amy. Non ti sto spingendo a fare nulla di compromettente, solo a stuzzicarlo un po'- mi fa un occhiolino -non c'è nulla di male visto che ti piace, coraggio-mi dà un colpetto con l'anca e scoppiamo a ridere entrambe.

-Sei davvero diabolica- scuoto la testa, sorridendo al suo riflesso nello specchio.

-Oh tesoro, non sai quanto!- sogghigna.

Purtroppo io non sono Jess, e subito dopo essere uscita dalla mia camera mi pento amaramente di averla assecondata. Mi sento molto in imbarazzo con questo costume da bagno, avrei fatto meglio a indossare l'altro... la mia ansia si è praticamente quadruplicata.

Prima di uscire dalla pensione, noto mia madre e Aiden parlare con Sue e con la signora Miller.

-Buon giorno, Agata!- la salutiamo allegre.

-Buon giorno, ragazze- risponde mentre Sue ci fa un cenno, entrambe mi scrutano attentamente e capisco che Aiden e mia madre stavano discutendo della denuncia di ieri.

-Mi dispiace, bambina, devo avvisarti che si è sparsa la voce. Tutti sono a caccia della figlia di Corinne e presto scopriranno la sua identità- mi avvisa contrita -posso giurarti che da quando tua madre me ne ha parlato, non è uscita una parola dalla mia bocca-ci tiene a precisae subito dopo.

-E nemmeno dalla mia, Amy! Non l'ho detto neppure a Matt- aggiunge Sue, altrettanto dispiaciuta.

-Vi credo, tranquille! Suppongo che sarà inevitabile uscire allo scoperto... anche se per adesso vorrei godermi ancora un po' di pace- sospiro demoralizzata.

-E quale modo migliore di passare una giornata tranquilla, se non a casa del dolce David- Sue mi scruta con aria penetrante e aveva un tono di voce abbastanza eloquente. Credo che Jess deve averla messa al corrente della piccola bugia che ho raccontato a mia madre, non credevo che anche la signora Miller avrebbe tenuto la bocca chiusa, deve costarle veramente tanto.

-Già... bene, noi andiamo. A più tardi!- rispondo frettolosa, portando via la mamma. Non mi sfugge però lo sguardo di rimprovero della signora Miller.

David è già fuori ad aspettarci con un sorriso stampato sul volto. -Buon giorno!- esclama, rivolgendosi prima a mia madre e dandomi un bacio sulla guancia, continua a fare il ruffiano. La mia guancia nel frattempo formicola sotto le sue labbra, odio il modo in cui il mio corpo reagisce a lui!

-Buon giorno- borbotta Aiden, per poi incenerirlo con lo sguardo senza farsi vedere dagli altri. Si prospetta una giornatina a davvero interessante, penso alzando gli occhi al cielo.

****


Quando arriviamo alla tenuta, David lascia l'auto all'esterno dei cancelli; credo voglia mostrare a mia madre il meraviglioso giardino. È ancora più bello di quanto ricordassi.

Lei si guarda intorno a bocca aperta, chiede informazioni su tutto: i tipi di fiori, l'anno in cui la tenuta è stata costruita, le opere di ristrutturazione, è davvero ammirata. David dal canto suo sembra felice di soddisfarne la curiosità, rispondendo con il massimo garbo e gentilezza; sorprende a tratti perfino Aiden, anche se so che non lo ammetterebbe mai.
Attraversato il grande atrio della tenuta e superata anche la porta del giardino segreto, che mi procura ancora una volta un brivido gelido dietro la schiena, David ci conduce sul retro.
Alle spalle della tenuta, nascosta da un recinto di cespugli alti e rigogliosi, c'è una grandissima piscina, ancora più bella di quella pubblica: è circondata da sdraio grandi e dall'aria molto comoda, più lontano noto anche un gazebo ricoperto di fiori con un grande tavolo e delle poltrone da giardino.

Mia madre è ammutolita, cosa successa anche a noi.

-È un posto incantevole- sussurro estasiata e alquanto sbigottita.

-Peccato che venga sfruttato molto poco, oggi però rimedieremo- mi sorride genuinamente, lasciandomi per un attimo senza fiato -ho fatto preparare la colazione, è sotto al gazebo laggiù- aggiunge.

-Sei molto premuroso, ti ringrazio. Ora questa signora lascerà i giovani un po' soli- sghignazza mia madre allusiva, dirigendosi verso la colazione.

Aiden alza gli occhi al cielo, credo non sopporti più questa farsa. -Vengo con te, Elise!- risponde subito,  guadagnandosi un'occhiataccia da Jess.

Decidiamo di togliere gli abiti e di restare in costume, la mia ansia torna a farsi sentire, sono imbarazzatissima. David ci posiziona le sdraio e io ripiego i vestiti miei e di Jess, riponendoli con estrema cura nella borsa. Ci ho messo una vita a sfilarmeli e sto facendo di tutto per evitare di alzare lo sguardo.
Jess alla fine mi costringe con un pizzicotto e quando torno a guardarlo lo vedo fissarmi a bocca aperta. Le mie gunce si colorano immediatamente, è stata una pessima idea...

-E quello che cazzo è?- dice sconvolto, non togliendomi gli occhi di dosso.

Jess soffoca una risatina, mentre io resto spiazzata. -Un costume da bagno?- rispondo, inarcando le sopracciglia e sottolineando l'ovvio.

-"Un costume da bagno?"- fa lui,  imitando la mia voce sottile -oh, lo vedo che è un fottutissimo costume da bagno!!- ringhia e si passa una mano tra i capelli sospirando, sembra come esasperato. -Vado a prendere i teli- aggiunge poi demoralizzato, ci dà le spalle e lo sento imprecare lungo tutto il tragitto.

Jess scoppia a ridere in maniera incontrollata, mentre io sono abbastanza agitata dalla reazione di David.

-Te l'avevo detto che avrebbe apprezzato!- sta ridendo come una pazza.

-Hem... non mi pare Jess. Mi sembrava alquanto imbestialito- rispondo perplessa.

-Ah, quanto sei ingenua. Vado a mangiare qualcosa, vieni?- chiede ancora sghignazzando.

-Non ho molta fame, avviati. Credo farò prima un bagno- lei scuote la testa, continuando a ridere e allontanandosi.

Lentamente decido di immergermi in piscina, forse un bagno mi calmerà... l'acqua è abbastanza fredda, credo sia anche colpa della giornata che abbiamo scelto, non è particolarmente calda e c'è un po' di vento. Spero che il tempo non peggiori.

Nuoto sott'acqua, godendomi la piacevole sensazione di essere sola in quest'immensa vasca, amo quel silenzio donato dalla profondità. Riemergo al lato opposto della piscina ma subito indietreggio sobbalzando, alla vista di due occhi d'argento puntati nei miei.

-M...mi hai spaventata- balbetto e quando metto realmente a fuoco la figura dinanzi a me, sgrano gli occhi ammutolendo.

Non l'avevo mai visto in costume da bagno e forse sarebbe stato meglio non vederlo: petto largo, addominali perfettamente scolpiti ma non eccessivamente muscoloso, diciamo al punto giusto. Mi ritrovo a deglutire.

-Ti godi lo spettacolo, formaggino?- alza un angolo della bocca in un mezzo sorrisetto compiaciuto.

Subito sento un calore propagarsi sul viso, non gli sfugge nulla... -Se lo spettacolo saresti tu, allora passo!- dissimulo sprezzante e guardo altrove, incrociando le braccia al petto.

Lui si avvicina improvvisamente e io indietreggio ma non faccio molta strada, visto che mi ritrovo con le spalle al bordo di pietra e imprigionata dalle sue braccia.

Sono allarmata. -Che diavolo credi di fare?!- cerco di spingerlo via ma resta immobile.

-Sai, volevo fare il bravo. Mi sto impegnando parecchio, ma tu mi rendi le cose estremamente difficili- sibila, scrutandomi in maniera molto eloquente.

Arrossisco, ammutolendo di nuovo.

-Sei così attraente ai miei occhi, Amy- sussurra al mio orecchio, dandomi i brividi. Il suo profumo mi circonda non lasciandomi via di scampo.

Sento la sua mano spostarsi dal bordo piscina e scendere lungo la mia schiena, tracciando dei piccoli e lenti cerchi. È come se il suo tocco mi desse continue scosse.
Ormai ho le palpitazioni: fisso quel viso e quegli occhi meravigliosi a pochi centimetri da me e sono già persa.

-Amo le donne in rosso- sussurra sensuale sul mio collo, mentre le sue labbra morbide mi sfiorano.

Mi avvicina pericolosamente al suo corpo: è praticamente incollato al mio; ne sento ogni centimetro, quindi riesco a dedurre quanto apprezzi sul serio la mia vicinanza e ciò che indosso.
Non ero mai stata così vicina a un ragazzo e soprattutto mai così poco vestita, comincia a darmi dei baci leggeri e infuocati fino ad arrivare alla clavicola, spostandomi la testa all'indietro e continuando ad accarezzarmi la schiena.  Sono ammaliata dal suo tocco, ammaliata dal suo caldo respiro sulla pelle, ammaliata dal modo sensuale in cui mi accarezza. Mi stringo a lui, cercando inutilmente di tenere a bada le sensazioni che mi provoca.
Devo ammettere che per un secondo perdo sul serio il controllo, forse piu di un secondo...

Il modo in cui mi stringe è unico: con una delicatezza infinita ma anche con decisone e desiderio, è come se venerasse col suo tocco ogni centimetro della mia pelle.
Sembra che la temperatura dell'acqua sia aumentata improvvisamente, assieme ai battiti del mio cuore impazzito.
Subito però mi torna in mente la frase di Anita: "A volte l'amore non basta". Già... l'amore, quello che io cerco e che David non potrà mai darmi. Questo per fortuna mi fa rinsavire, lo spingo via con tutte le mie forze maledicendomi da sola.

-Sta' al tuo posto, Casanova!- urlo minacciosa, ancora rossa in viso e lui sogghigna -ti ricordo che io e te non stiamo davvero insieme e se mia madre tornasse, non apprezzerebbe!- Non riesco a guardarlo negli occhi.

-Anche se si tratta di una finta, non vuol dire che non possa divertirmi un po'. Credo che stuzzicarti sia una buona vendetta, per avermi costretto a fingere di essere un rivoltante fidanzatino. Ti avevo detto che le bugie hanno le gambe corte- fa un sorrisino malefico.

E Jess voleva addirittura che fossi io a stuzzicarlo, sapevo che tutto si sarebbe ritorto contro di me, lei non sa quanto David è bravo con questi giochetti, il migliore di tutti... -Tu avvicinati di nuovo e ti faccio vedere io!- ribatto severa.

-Ma davvero?- alza un sopracciglio scettico e si avvicina facendomi indietreggiare di scatto, stavolta verso il centro della piscina.

Ride di gusto alla mia fulminea reazione -la giornata è ancora lunga, mi divertirò molto- mi avvisa minaccioso.

Alzo gli occhi al cielo -era meglio andare alla piscina pubblica, sapevo che dal tuo invito non ne sarebbe uscito niente di buono- borbotto infastidita.

-Ma è colpa tua stavolta, così- dice, scrutandomi eloquentemente -faresti perdere il controllo persino al tuo riccioli d'oro!-mi prende in giro.

-Non credo che quando mi vedrà si comporterà come te, Mark è diverso!- ribatto indignata.

Lui a quel punto sgrana gli occhi e si avvicina alquanto infuriato. -Non avrai intenzione di indossare questo fottuto costume da bagno alla piscina pubblica?!- alza la voce incredulo -in compagnia di quel perdente, per di più? Vuoi ucciderlo, forse? O vuoi che lo uccida io?-mi minaccia serissimo.

Ma non riesce a dire più di dieci parole senza imprecare e dire parolacce?
Inoltre non riesco mai a interpretare le sue azioni, adesso non so se si tratta di una scenata di gelosia o un modo per divertirsi. David è un vero e proprio enigma, ma per adesso propendo molto di più per la seconda ipotesi; infatti lo guardo scetticamente.

Lui sbuffa frustrato e incredulo, mi fissa come se fossi un'aliena. -Tu non hai la minima consapevolezza del tuo aspetto- sospira, sgranando gli occhi -e questo che ti rende ancora più maledettamente irresistibile- mormora stizzito. Poi si passa una mano tra i capelli ed esce dalla piscina imprecando, di nuovo. -Merda! Ho bisogno di un doccia fredda- lo sento borbottare.

Lo guardo allontanarsi e trattengo un sorriso, allora non mi stava prendendo in giro... il suo modo contorto di farmi complimenti in fondo mi piace, devo solo non farmi strane idee.
Esco dall'acqua anche io e mi avvio al gazebo, avvolta in un telo: mia madre e Aiden chiacchierano, mentre Jess si è fiondata sul buffet. Quando noto le meravigliose torte disposte sul tavolo, i miei occhi iniziano a brillare, anche David ci raggiunge sedendosi accanto ad Aiden.

-Fermi tutti, credo di essermi appena innamorata!- esclamo, praticamente con gli occhi a cuoricino.

-Di me?- esordisce David, chi altri poteva intromettersi nella mia dichiarazione d'amore -questo già lo sapevo- sorride beffardo e compiaciuto.

-No. Della torta a cioccolato che Jess sta mangiando, ovviamente- continuo ad ammirarla, non degnandolo di uno sguardo.

-Giù le mani, Amy, l'ho vista prima io!-mi avvisa, pronta al combattimento.

-Ma che razza di migliore amica sei, dovremmo condividere- le faccio gli occhi dolci e allungo la mano, che lei prontamente schiaffeggia.

-Ahi!- metto il broncio.

-È incredibile, gli anni passano eppure certe cose non cambiano mai- sospira mia madre ridendo.

Anche Aiden ridacchia, mentre David mi fissa stranito -non conoscevo questa tua passione sfrenata, lasciami rimediare- ride anche lui di gusto.

Fa un cenno e immediatamente arriva un cameriere. -Cosa posso portarle signor Van Dalen?-
Sentendo quel nome, mia madre scruta ancora David come al ristorante.

-Altra torta al cioccolato, per favore.- Il cameriere fa un cenno d'assenso e va a prenderla.

-Ora potrei seriamente innamorarmi di te- dico con assoluta serietà e lo guardo con gli occhi ricolmi di gioia, facendogli scuotere la testa sorridendo.

Mia madre continua a scrutare David, poi improvvisamente sbianca. -Van Dalen, ma certo!- alza la voce impaurita.

-Mamma, che hai?- chiedo allarmata.

Dopo un minuto buono, lei si decide a  parlare -il suo cognome... continuava a ronzarmi in testa ma non trovavo una spiegazione plausibile. Adesso però ne sono certa, prima di scomparire Corinne mi disse che se mai un giorno qualcuno fosse venuto a chiedere di te, non avrei dovuto in nessun caso rivelare che eri stata adottata. Mi fece giurare soprattutto che se fosse venuto a cercarti un Van Dalen, mai gli avrei permesso di vederti.-

Sul tavolo piomba un silenzio molto pesante. Anche a me Corinne ha fatto presente questa fissa di tenermi lontana da David.

-Mamma, io non credo che Corinne sia molto stabile... Credo che debba ancora fare i conti con la sua vita e i fantasmi del suo passato, non voglio però che i suoi pregiudizi mi coinvolgano o coinvolgano te. Lei ha mentito su molte cose, hai visto com'è David e anche suo padre è una brava persona- dico convinta, anche se a quelle parole sul padre David si irrigidisce.

Lei sembra convincersi un po', Aiden invece pare ancora più preoccupato, anche Jess non è indifferente alle parole di mia madre.
Per fortuna il cameriere arriva con la torta e la mia reazione di pura gioia smorza la tensione, provocando le risate di tutti, visto che non permetto a nessuno di allungare le mani e battibecco con Jess che vuole assaggiare anche la mia.

Terminata la colazione, ci avviammo di nuovo alle sdraio. Il vento si è alzato ancora un po', non credo che potremmo godere per molto del sole. Mia madre sembra pensarla allo stesso modo, infatti scruta anche lei le nuvole scoraggiata.

-Mi sa che approfitterò del poco sole che ci resta- si stiracchia, sedendosi su una sdraio.
Anche Jess la imita, chiedendo a Aiden di spalmarle la crema solare e lui non se lo fa ripetere due volte, da quando stanno insieme  non riescono a stare lontani o togliersi le mani di dosso. Li fisso, non mal celando un sorriso.

-Amy, verresti dentro con me?- chiede  David, interrompendo i miei pensieri.

Dopo ciò che è successo in piscina, sono sempre più convinta che non dovremmo stare soli ma credo voglia mostrarmi ciò che ha trovato.

Aiden si irrigidisce, tuttavia prima che possa ribattere lo anticipo -ma certo- rimetto gli abiti e lo seguo verso l'interno della tenuta, avvertendo gli altri che saremmo tornati tra poco.

Non so cosa voglia mostrarmi, ma sono ansiosa di scoprirlo.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***




Raggiungo David verso l'interno della tenuta, sotto lo sguardo di disapprovazione di Aiden. Sono sicura che mi farà una bella sfuriata: non si fida di lui, a maggior ragione dopo ciò che mia madre ha detto poco fa.

Stiamo salendo sulla grande scala: superiamo il primo piano, quello della sala da ballo, e saliamo ancora fino al terzo. Ci sono numerose porte, credo sia la parte della casa dedicata alle camere da letto. Percorriamo tutto il corridoio finché non raggiungiamo una piccola porta, dietro questa c'è una scala un po' vecchia che conduce a quella che sembra una soffitta.

-Non ci sono ragni, vero?- chiedo impaurita, fissando il buio dinanzi a me.

-I ragni ci sono in ogni soffitta che si rispetti- risponde ridacchiando -coraggio che fastidiosa come sei, fuggiranno a gambe levate!- mi prende in giro.

-Io sarei fastidiosa?! Tu sei l'essere più irritante che conosco- ribatto stizzita e mi avvio, salendo dietro di lui.

Come avevo immaginato, ci ritroviamo in un'ampia soffitta piena di cianfrusaglie e polvere; è buia ma David accende subito una piccola lampadina: improvvisamente noto un ragno orrendo scendere dalla sua tela, proprio davanti a me. Urlo in modo isterico, correndo verso di lui e nascondendomi dietro le sue spalle.

Lui mi fissa incredulo, sbellicandosi dalle risate -ma è minuscolo- me lo mostra, avvicinandosi e facendoselo camminare su un dito.

Lo guardo disgustata -sta' lontano da me con quel coso!!- indietreggio bruscamente.

-Forse ho trovato il modo per farti stare buona!- sorride compiaciuto.

-Tze, continua pure a sognare!- gli rispondo altezzosa.

In tutta risposta si avvicina ulteriormente con il ragnetto sul dito e io indietreggio ancora una volta, terrorizzata inciampo in alcuni vasi facendoli andare in mille pezzi.

-Ops... spero non fossero costosi- mi alzo goffamente, imbarazzata.

-Ok, meglio che la smetto, prima che tu mi demolisca casa- mi guarda severamente, anche se vedo aleggiare l'ombra di un sorriso sulla sua faccia. Continua a prendersi gioco di me, sbuffo contrariata.

-Seguimi- mi avvisa poi, tornando momentaneamente serio.  

Arriviamo in fondo alla soffitta: ci sono due grandi lenzuola bianche che coprono qualcosa poggiato alla parete.
Quando scopre la prima resto assolutamente a bocca aperta: dinanzi a me c'è un quadro che raffigura David, lo scruto meglio... no, questo non è David, questo è Frederick. Lo riconosco dai capelli leggermente più lunghi e dagli abiti antichi. Il suo sguardo è gentile e fiero, diverso sia da quello freddo di David, sia da quello crudele e beffardo dei miei incubi; mentre lo osservo vengo colta dal ricordo del bacio sul lago, dal ricordo del ballo... posso ancora sentire i forti sentimenti di Anita invadermi. Questo è l'uomo di cui era innamorata, quello che rimpiangeva nel mio sogno di questa notte; guardando il ritratto posso capire perché era innamorata di lui.

-Ti avevo detto che siete identici...- sussurro ancora spiazzata, facendo rimbalzare lo sguardo dal quadro a David.

-Sì, ma una cosa è sentirlo dire, tutt'altro è constatarlo con i propri occhi- risponde.

Poi tira via il secondo lenzuolo bianco: un altro quadro enorme è davanti a me ed è molto più grande del primo, di spessore molto più ampio. Resto paralizzata, con il cuore in gola. Raffigura sempre Frederick ma più adulto: i capelli scuri hanno delle ciocche argentate e il viso nasconde qualche ruga; il suo sguardo è duro... crudele, molto simile a quello dei miei incubi.

-Beh... fa un po' impressione vedere come sarò a cinquant'anni. Per fortuna resto sempre molto affascinante- si pavoneggia accanto a me.

Alzo gli occhi al cielo, irritata -sei impossibile! insomma, fai una scoperta del genere e l'unica cosa che noti, è che probabilmente con gli anni diventerai più attraente?!- chiedo spiazzata da tanta arroganza, ma ormai di cosa mi sorprendo?

Lui scrolla le spalle -beh... sì... Cos'altro avrei dovuto notare?- alza un sopracciglio interrogativo.

Dio... quant'è vanitoso, scuoto la testa rassegnata. -Per prima cosa, guarda cos'ha al collo- indico il foulard che Frederick indossa, sbuffando.

-Una spilla un po' pacchiana?- inarca ancora le sopracciglia più confuso.

-Quella non è una spilla, è l'amuleto di Anita. Questo significa che l'ha tenuto anche dopo la sua morte, perché ? Cos'ha di così importante quella collana- rifletto pensierosa e anche lui a questo punto guarda il ritratto con rinnovato interesse.

-Se l'ha tenuto potrebbe essere ancora qui... Oppure dopo tutti questi anni potrebbe essere andato perso- ipotizza.

È come se mi sentissi attratta da qualcosa in questo quadro, è una sensazione lontana... come se una forza misteriosa mi chiamasse, ma svanisce subito. Inoltre anche il  ritratto sembra avere un che di diverso, non riesco a capire cosa.

Continuo a scrutare il quadro e il volto di Frederick; poi come un un'illuminazione capisco improvvisamente ciò che non mi torna... Sento il cuore battere fortissimo e non ne conosco il motivo, è come se il mio corpo reagisse d'istinto.

-Che hai?- chiede preoccupato.

-Non noti nient'altro di strano?- sussurro con voce strozzata.

-Hem... no, ma dimmi tu, Sherlock!- mi invita ironico, tuttavia la sua battuta non mi fa affatto ridere: è come se dovessi disperatamente ricordare ma non ci riesco.

Sospiro, dandomi una calmata. -I suoi occhi... Vedi, tu e Frederick siete identici e il colore dei tuoi occhi è unico come il suo, io... io non avevo mai visto un colore così bello- li guardo come in una sorta di trance.
Dopo aver pronunciato quelle parole però sobbalzo, riscuotendomi. Oddio, l'ho davvero detto ad alta voce? Arrossisco violentemente.

Ma che sto farneticando?!

-Stai dicendo che ti piacciono i miei occhi, formaggino?- domanda allusivamente, con uno sguardo malizioso e divertito.

Divento viola e lui continua a fissarmi accrescendo il mio imbarazzo, si aspetta una risposta, lo stronzo. Dico sempre qualcosa di inappropriato in sua compagnia e lui ovviamente si diverte un mondo!

-I...io... beh sono particolari, insomma non credo di essere l'unica ad avertelo mai detto, aah smettila!!- balbetto, guardando altrove. Ormai credo che la mia faccia sia definitamente  bordeaux.

Lui soffoca una risatina.

-Comunque, tornando al quadro- cerco di riportare il discorso su un terreno sicuro -guarda quelli di Frederick raffigurato qui... sono neri- gli faccio notare.

-Beh, magari il pittore aveva finito il colore particolare e bello che ti piace tanto!- risponde canzonatorio, continuando a prendermi in giro.

Alzo gli occhi al cielo -non so perché, però qualcosa mi dice che non è questo il motivo...- sussurro, non smettendo di fissarli: sono così  scuri che quasi si confondono con la pupilla, sembrano racchiudere una grande oscurità, resto di nuovo imbambolata.

Improvvisamente ho un capogiro: di fronte a me c'è il volto di Frederik vicinissimo. Non so dove sono.
Sento un terrore invadermi, ho la nausea, il cuore mi martella nel petto a un ritmo impazzito. Lo scruto e noto i suoi occhi attraversati da ombre, sembrano dei fili di tenebra che nuotano in quegli immensi laghi d'argento. Tutto ciò che desidero in questo momento è morire.


Torno alla realtà, come se vi fossi stata scaraventata da una forza superiore.
È stato un attimo, un secondo; non so che tipo di ricordo era ma sono stata investita dalle sensazioni orribili che provava Anita, tanto opprimenti che mi sento di svenire. Barcollo all'indietro e David mi sostiene: sto provando le medesime sensazioni di quando ho quell'incubo che dimentico al mattino, che ne abbia ricordato un minuscolo frammento? Adesso sono solo tanto confusa, ma se una piccola parte di quell'incubo mi provoca questo, quali orrori in realtà nasconde? Spero di non doverlo mai scoprire.

-Che hai?- domanda allarmato, mi tiene il viso tra le mani -sei pallidissima- aggiunge in un sussurro, con la sua voce roca e profonda a un soffio dalla mia faccia.

-I... io non mi sento molto bene, andiamo di sotto?- lo fisso implorante. Sembra poco convinto dalla mia spiegazione.  

-Sì...- annuisce, non smettendo di sorreggermi.

Mi sostiene, cingendomi il fianco con un braccio, e vorrei dirgli che la sua vicinanza e il suo profumo non aiutano, che mi scombussolano ancora di più. Tuttavia decido di tacere e impormi di accettare il suo aiuto, nonostante in questo momento il mio corpo rifiuti il suo tocco.

Lentamente mi riprendo.

Attraversiamo tutti i piani tornando all'atrio e notiamo Jess, Aiden e mia madre intenti a discutere. Mia madre è pallida e allarmata.

-Che succede?- esclamo ancora scombussolata.

-Un CCI- sussurra terrorizzata la mamma, con un'occhiata significativa.

-Merda!- sbotta David. Subito un cameriere ci raggiunge e lui inizi a impartire ordini -avvia il servizio di sicurezza, raduna il personale e dirama l'allarme nei locali del Paese- elenca sbrigativo.

-Sì, signore!- esclama il cameriere svelto, dileguandosi subito dopo.

CCI sta a significare: cambiamento climatico improvviso. Dopo la Terza Guerra l'inquinamento ha sconvolto il clima del pianeta, provocando uragani, tempeste improvvise e violente, raffiche di vento distruttive. Essendo passati molti anni i CCI sono sempre più rari e lentamente stanno scomparendo, questo però  non significa che di tanto in tanto non si verifichino. L'ultimo c'è stato due anni fa...

Mi avvicino alla mamma -sta' tranquilla, respira. Passerà presto, ok?- le accarezzo la schiena, rassicurandola.

-Ho bisogno di distendermi, tesoro- inizia a tremare convulsamente.

-Signora Bright! Signora Bright!- sento David urlare.

Dopo un po' una donna anziana si avvicina: ha i capelli grigi legati in una crocchia sulla nuca, è bassa e ha un viso gentile e affabile, a differenza degli altri non indossa una divisa.

-Piano, piano, pulce! Non c'è mica bisogno di urlare, sarò anziana ma ci sento ancora benissimo. Ma guarda tu che impertinente!- Si rivolge a David, che la fissa con un misto di affetto e tanto imbarazzo.

Un momento... l'ha davvero chiamato pulce?! Oddio sto per morire, soffoco una risata.

-Signora Bright, abbiamo ospiti- le fa notare lui indicandoci, ancora più imbarazzato. Fai bene a esserlo, David, perché finalmente ho anche io un nomignolo per te! penso, cercando ancora di non ridere.

-Finalmente degli ospiti in questa casa enorme e vuota! Io sono la governante, potete chiamarmi signora Bright- sorride affabile, poi fissa David -allora, cosa succede? Perché urlavi tanto?-

-Elise sta male, è la mamma di Amy. Può aiutarla?- Il modo in cui si rivolge a questa donna mi sconvolge: gentile, rispettoso, sembra un altro; inoltre ha detto il mio nome come se avesse già parlato a quella donna di me.
L'anziana si avvicina a mia madre, scrutandola, prima però guarda me e sorride incantata mentre io distolgo lo sguardo imbarazzata.

-Ha bisogno di stendersi e di una delle mie tisane rilassanti, faccio preparare subito la camera degli ospiti. Venga con me cara- la porta via gentilmente e io faccio per seguirle.

-No, tesoro, tu resta qui. Sai che in questi momenti ho bisogno di stare sola, credo che la signora Bright si prenderà  cura di me molto bene- mi dice la mamma e a quel punto acconsento, lasciandole un bacio sulla guancia. Non insisto perché so già che non servirebbe, la osservo solo allontanarsi.

-Starà male per tutto il tempo- sospiro triste.

-Perché?- chiede David stranito.

-Avrai sentito parlare del CCI che distrusse quasi il Terzo Stato, no?- lui fa un cenno d'assenso. -Mia madre aveva diciotto anni e viveva con i suoi genitori, quando si scatenò il CCI stavano cenando. La casa fu completamente distrutta e rimase giorni sotto le macerie, prima che la trovassero. Suo padre morì immediatamente, sua madre dopo un giorno accanto a lei; se non ci fosse stato mio padre a starle vicino in quel periodo, credo sarebbe impazzita dal dolore. Si sposarono poco dopo, da allora ogni volta che si verifica un CCI va fuori di testa- spiego.

Jess e Aiden mi guardano tristi, conoscono già questa storia e anche David si è intristito. Purtroppo viviamo in tempi difficili, per quanto gli orrori della Terza Guerra siano ormai lontani.

-Mi dispiace per i tuoi nonni e per tua madre- dice accarezzandomi il viso delicatamente, con le sue dita affusolate. Subito il mio cuore accelera mentre lo fisso: questi gesti improvvisi di dolcezza mi spiazzano sempre.

Aiden ci interrompe innervosito -c'è  una TV in questa casa? Potremmo vedere quanto durerà.-

David si allontana bruscamente da me, distogliendo lo sguardo. Sento Jess sbuffare innervosita e dedicare a Aiden un'occhiataccia.

-Sì, venite con me nel salone- percorriamo l'ala sinistra che ci conduce verso una grande porta.

Mentre camminiamo, notiamo che su tutte le finestre sta calando un pannello d'acciaio; credo sia questo che intendeva con "servizio di sicurezza" e per fortuna è così all'avanguardia, o con tutte le vetrate di questa casa scoppierebbe il finimondo.
Entriamo in una ampio salone: sulla parete centrale c'è un bellissimo camino e appesa alla parete una grandissima TV, di fronte al camino ci sono dei grandi divani e sulle altre pareti quadri e numerosi scaffali, con oggetti dall'aria costosa. In un angolo c'è addirittura una vecchia scacchiera.

Sediamo tutti sui divani e David accende la TV. Sullo schermo una donna legge un avviso del Rappresentante:

-"Si avvisano i cittadini del Terzo Stato che questo CCI appena scatenatosi, sarà molto violento. Vi preghiamo quindi di restare in casa, di sbarrare le finestre e accogliere tutti i cittadini che si trovano per le strade. Le nostre previsioni ci dicono che durerà per tutto il giorno, compresa la notte. Vi invitiamo quindi alla massima allerta. In caso di qualsiasi disagio, siete pregati di segnalarlo al numero qui visualizzato..."-

Restiamo tutti in silenzio e preoccupati.

-Farò preparare le stanze degli ospiti, tranquilli la tenuta è il posto più sicuro del Terzo Stato- ci rassicura David.

Io vado completamente nel panico, non posso passare qui la notte! Aiden è insofferente, odia anche lui l'idea di dover dormire qui, glielo si legge in faccia. Inizio a raccontargli di ciò che abbiamo visto poco fa in soffitta, tanto per evitare l'argomento.

-Ma guardate che coincidenza, in tanti anni proprio adesso hai trovato questi quadri?- domanda Aiden, scettico e sospettoso.

-Di solito non mi interesso delle cose gettate in soffitta- risponde David neutro.

-Ma ovviamente! Tu preferisci interessarti a infastidire ragazze che non sono alla tua altezza- sbotta il mio migliore amico, fulminandolo con lo sguardo.

Sgrano gli occhi, facendo un colpo di tosse. Jess dà una gomitata a Aiden, mentre David si limita a irrigidirsi senza rispondere.

-Basta discutere. Potremmo impiegare il tempo in maniera più proficua, posso chiederti se ti va di mostrarci i registri della tua famiglia? Abbiamo già visto quelli di casa Deveraux, con l'aiuto di Matt- propongo per cambiare subito discorso e alleggerire l'atmosfera.

Quando sente il nome di Matt vedo un lampo attraversargli lo sguardo, è come infastidito.

-Certo, potevi chiederlo a me comunque. Ti avrei aiutata di nuovo a entrare a casa Deveraux- dice un po' arrabbiato. Forse non si aspettava che chiedessi aiuto a qualcun altro...

-Beh, i nostri rapporti non erano esattamente amichevoli...- gli faccio notare imbarazzata.

Per un istante vedo trasparire qualcosa dai suoi occhi. Forse mi sbaglio, ma giurerei fosse rimorso.

 


AIDEN (sì, avete capito bene!)


Sono seduto in questo salone e sento sempre di più il sangue ribollirmi nelle vene: dopo quello che Amy mi ha raccontato ieri sul bacio, la mia rabbia è cresciuta ancora e ancora.
L'unica cosa che la tratteneva, era la presenza di Elise.
Fisso Jess e Amy sedute accanto a me: Jess, la ragazza che amo da quand'ero un adolescente... lei è tutto ciò che io possa desiderare, in questo momento potremmo essere in camera a fare qualcosa di più interessante che sentire gli sproloqui di questo qui.
Non capisco come non se ne renda conto, come fa a incoraggiare Amy a stare con lui?
Fisso lo sguardo su quella che considero mia sorella minore: il modo in cui guarda quel pallone gonfiato mi manda fuori di testa, so che la farà soffrire e non posso fare niente per evitarlo, posso sempre spaccargli la faccia però...

Amy è una ragazza forte e tenace; ma quando la guardo non posso fare a meno di pensare al periodo buio che ha passato.
Posso ancora vederla tre anni fa, inerme su quel letto a fissare il soffitto, con me e Jess accanto a lei, poco dopo la morte di suo padre. Abbiamo impiegato una settimana intera soltanto per farla mangiare: non parlava, non si alzava, non beveva, era viva ma soltanto in apparenza. Prima il suo sguardo era pura innocenza e gioia di vivere; credeva che niente fosse malvagio, confidava ciecamente nella bontà del prossimo e provava un amore sconfinato per tutti. La cosa che mi sorprendeva  di più, era la luce che le brillava negli occhi tutte le volte che parlava dei suoi sogni e delle sue aspirazioni o che contemplava qualcosa di bello. Dopo quel tragico giorno, quella luce si spense.  
Si è riaccesa dopo molto tempo, ma non del tutto. Il suo sguardo nascondeva una nuova consapevolezza e durezza: la consapevolezza che non tutto è buono, che in questo mondo esiste il male e che più ami una persona, più il dolore è grande quando la perdi; da allora ha accantonato i suoi sogni, si è impegnata anima e corpo per portare avanti il Sun, per prendersi cura di sua madre, di Jess, di me...
Ma di lei, chi si prende cura di lei? Io non ho una famiglia unita, la mia unica famiglia sono sempre state Jess e Amy. Ho sempre cercato di proteggerle da tutto, Jess è forte e anche Amy, forse però lei lo è così tanto che crede di non aver bisogno di nessuno. La mia migliore amica spesso si chiude in se stessa, non esprime mai apertamente ciò che prova e dalla  morte di suo padre, oltre a noi, ha cercato sempre di non affezionarsi a nessuno, creando un muro intorno a sé. Un muro impenetrabile che soltanto questo stronzo di fronte a me è riuscito a scalfire. Non era questo che sognavo per lei, non permetterò a nessuno di farla soffrire, lei merita di meglio.

-Cosa ne pensi, Aiden?- la mia Jess mi fissa in attesa di una risposta. Ogni volta che la guardo, mi distraggo sempre a guardare quelle labbra piene e morbide. Da quando finalmente sono state mie, non riesco più a farne a meno, sono una specie di droga. Stavolta però mi sono perso nei miei pensieri e non ho seguito il discorso.

-Terra chiama Aiden!- mi richiama ironicamente Amy.

-Scusate ragazze ero distratto, di cosa parlate?- aggottai le sopracciglia.

-David ha proposto a Amy di cercare i registri, mentre noi diamo un'occhiata ai quadri- riassume Jess.

Di nuovo mi infurio, fa di tutto per restare solo con lei, se crede di potermi fregare si sbaglia di grosso. -Non se ne parla. Possiamo andare dopo a vedere i quadri, Tutti insieme- sottolineo le ultime parole, incenerendo il pallone gonfiato con lo sguardo.

-Calma amico, non la mangio mica... anche se non sarebbe male- la fissa maliziosamente, facendola arrossire.

Basta, non ci vedo più dalla rabbia. Mi alzo in piedi, avvicinandomi a grandi falcate; lo stringo per il colletto della maglia facendolo alzare -ripeti di nuovo quello che hai detto, imbecille!- Ringhio vicino al suo viso e lui resta imperturbabile, mi irrita ancora di più.

-Aiden, smettila! Sei forse impazzito- urla Jess, Amy cerca di tirarmi via ma io lo stringo saldamente.

-Era una battuta, rilassati e toglimi le mani di dosso. Non ho intenzione di fare a botte con te- risponde serio, non distogliendo lo sguardo dal mio. Devo ammetterlo, questo ragazzo è inquietante.

-Che peccato, perché si dà il caso che io ne abbia proprio intenzione- lo minaccio.

-Ragazze, uscite un attimo fuori- aggiunge lui ancora tranquillo.

-Sei forse impazzito anche tu?- esclama Amy, rivolgendosi a David.

-Fa' come ti ho detto- la inchioda con lo sguardo e lei improvvisamente sembra convincersi. Incredibile, conoscendo la testardaggine di Amy ero sicuro si sarebbe piantata lì fino a domani.

-Sfiora Aiden, anche per sbaglio e te la vedrai con me- lo minaccia serissima prima di uscire, ha un'aria molto convincente e mi ritrovo a nascondere un sorriso. Sorriso che scompare subito, quando lo vedo dipinto anche sul viso del pallone gonfiato.

-Fino a prova contraria è il tuo amico che mi tiene per la maglia- ribatte, aggrottando le sopracciglia.

Lei scrolla le spalle indifferente. Poi le ragazze escono dal salone, lasciandoci soli.

-Bene, parliamone. Qual'è il tuo problema?- domanda, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Il fatto che lo tenga in questo modo non lo scalfisce minimamente, pare sicuro di potermi allontanare quando vuole.

-Tu sei il mio problema! Devi stare lontano da lei- ringhio, spintonandolo lontano.

-Ci provo costantemente, credimi, Dio solo sa quanto ci provi- sussurra, con gli occhi persi nel vuoto.

Non mi aspettavo questa risposta e nemmeno questo tono disperato.

-Beh, impegnati di più! Amy merita un bravo ragazzo, che la ami e la rispetti, non un arrogante, interessato soltanto a portarsela a letto- lo minaccio con aria dura.

-So di non meritarla. È vero, me la porterei a letto anche subito, per quanto mi attrae- confessa spudoratamente e senza vergogna.

Basta, lo uccido. Mi avvicino di nuovo a lui caricando un pugno, David indietreggia con le mani alzate.

-Calma. Ho detto che lo farei, non ho detto che ho intenzione di farlo- aggiunge sincero, spiazzandomi ancora. Non capisco, sono combattuto: lo faccio parlare o lo zittisco per bene? Opto momentaneamente per la prima opzione.

-Lo vedo quanto è diversa, vedo la sua bontà e il suo modo di coglierla negli altri. La sua dote nell'apprezzare e ammirare tutto ciò che di bello la circonda, contemplandolo con i suoi grandi occhi azzurri. È di un'innocenza disarmante ma allo stesso tempo ha una forza ammirevole; è più forte di me e te messi insieme- sorride, scuotendo la testa -combatte da sola le sue battaglie, non chiede aiuto a nessuno, nemmeno quando ne ha bisogno. La ammiro per questo. Non ho intenzione di farle del male, lei non lo merita; anche se la stuzzico di tanto in tanto, mi sto impegnando con tutte le mie forze per evitarlo- afferma con sicurezza.

Il mio pugno è ancora fermo a mezz'aria. Eppure c'è qualcosa nello sguardo del pallone gonfiato che mi spinge sorprendentemente a credergli. Il modo in cui parla di Amy, la descrive come la descriverei io...
Non so se si tratta di amore, non credo che un tipo del genere possa provarne, ma riesco a credere nel fatto che non voglia farle del male; almeno non intenzionalmente.

Mi allontano da lui, sbuffando -facciamo che per adesso voglio crederti. Ma ti tengo d'occhio, Van Dalen, se vedo una sola lacrima sul suo viso per colpa tua, ti gonfio!- Lo inchiodo con lo sguardo e lui nasconde un sorriso.

Allunga una mano verso di me -tregua?-

Io lo scruto scruto diffidente, poi allungo la mano ancora sospettoso, stringendogliela -tregua- dico e spero per il suo bene che non me ne debba pentire.

David si avvia alla porta, aprendola di scatto: Jess e Amy stanno per cadere, visto che vi erano appoggiate con l'orecchio a impicciarsi. Non mi aspettavo di meno da loro, ridacchiai.

-Se avete finito di origliare, potete entrare- le invita David imperturbabile, mentre loro arrossiscono.

Jess poi mi dedica uno sguardo assassino, mentre Amy guarda David stranita e un po' imbarazzata. Sarà riuscita ad ascoltare tutta la nostra conversazione?

-Andiamo a cercare questi registri- propone Amy, voltandosi e David la segue.

Faccio lo stesso ma Jess mi blocca. Non sono ancora sicuro di voler lasciare soli quei due, ma la mia Jess è la mia Jess...

-Vi raggiungiamo tra poco- gli dice e loro si allontanano, chiudendo la porta. Mi sa che sono nei guai.

-Che diavolo ti è preso?!- inizia subito, alzando la voce.

Il suo piccolo viso è corrucciato e agita il caschetto nero perfettamente pettinato.
Dio... è così sexy quando è arrabbiata; scruto quei grandi occhioni scuri e sono perso.
Concentrati, mi ripeto e cerco di calmarla.

-Dovevo mettere le cose in chiaro con il pallone gonfiato. Tranquilla che ora siamo in tregua, per adesso- le spiego e lei sembra tranquillizzarsi almeno un po'.

-Amy può gestirla da sola questa situazione, Aiden. Sai che è forte- mi fa notare.

-Lo so, ma non posso fare a meno di proteggervi- rispondo con un sorriso mesto.

Anche lei sorride, gettandomi le braccia al collo. L'ho scampata, per fortuna, sto imparando a contenere l'uragano che è la mia ragazza; le prendo il viso e inizio a baciarla: le sue morbide labbra, le nostre lingue che si sfiorano, fanno accelerare il battito del mio cuore. È mia, mi approprio della sua bocca, affondando le mani nei suoi corti capelli scuri. Poi si stacca per un momento, fissandomi negli occhi.

-È anche per questo che mi sono innamorata di te- mi confessa, spiazzandomi totalmente. Il mio cuore manca di un battito, non l'aveva mai detto così esplicitamente...
So quanto le costi fidarsi di un uomo, dopo essere stata delusa da suo padre che le ha abbandonate, è praticamente terrorizzata di finire come sua madre.
Questo però non succederà, non con me.

Ho aspettato così tanto queste parole, così tanto che ammettesse i suoi sentimenti per me. Ricordo ancora quanto ho sofferto a vederla stare con altri ragazzi... era una tortura, ripensandoci sento di nuovo la rabbia e la gelosia. Tutto questo però è passato. Nessuno tranne me la toccherà più.

-Ecco. Lo sapevo, è presto. Non avrei dovuto dirlo! Dimentica tutto!- si sta già voltando per andare via.
Sono un deficente, non le ho risposto. La rincorro, tirandola per un braccio e le prendo di nuovo il viso tra le mani.

-Ti amo anch'io- surrurro.

I suoi occhi si illuminano, vedo delle lacrime e le asciugo subito. Non ci devono essere lacrime sul viso della mia donna, mai.
Comincio a baciarla con passione, stringendola a me e dirigendomi verso il divano.
La faccio distendere continuando a baciarla, il suo corpo sembra così piccolo e fragile sotto il mio, eppure combaciano perfettamente. Sembra creata apposta per me e io sto formulando dei pensieri davvero poco casti.

-Sei pazzo! che fai?- ridacchia.

-Sono pazzo di te- sussurro sul suo collo baciandolo e lei chiude gli occhi, abbandonandosi alle sensazioni.
Ha un profumo così dolce... sa di vaniglia, mi manda in estasi.

Sono in astinenza da Jess. Ho bisogno di lei, subito.

Inizio a sfilarle i vestiti, non togliendole gli occhi di dosso, scoprendo quella magnifica pelle dorata: è bellissima. Lei come sempre arrossisce.

-Ti ho desiderata per così tanto tempo, Jessica, che non ne ho mai abbastanza- alito al suo orecchio, facendola rabbrividire.
Non smetto un secondo di baciarla, facendo scivolare le mani sul suo corpo. Ho bisogno di sentirla vicina, di perdermi dentro di lei, che sembra volere lo stesso e io non vedo l'ora di accontentarla.

Mi sa che quei due dovranno aspettarci ancora per un po'...


**Spazio me**
Ciao a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :). Ho notato che a molti piace questo personaggio e soprattutto che siete interessati alla storia d'amore tra Aiden e Jess, quindi ho deciso di farvi questo regalino XD spero abbiate apprezzato il piccolo tuffo nella testa di Aiden!

A presto e grazie per l'interesse con cui seguite la mia storia :)
JosephineC ❤️

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***




Siamo incollate alla porta ad ascoltare ciò che quei due dicono, ma riusciamo a sentire solo in parte la conversazione.

-Fammi spazio!- bisbiglio nell'orecchio Jess.

-Shh- risponde lei, dandomi un pizzicotto.

-Ahi!!- le lancio un'occhiataccia.

Veniamo interrotte dal discorso di David e subito ci riconcentriamo ad ascoltare.

-So di non meritarla... È vero, me la porterei a letto anche subito per quanto mi attrae- gli sento dire e sgrano gli occhi senza fiato.

Non può averlo detto sul serio. Arrossisco violentemente mentre Jess se la ride.

-Quel ragazzo vuole proprio essere preso a pugni- continua a sghignazzare e guardarmi eloquentemente, ha notato quanto sono in imbarazzo e la cosa la sta particolarmente divertendo.

Sentiamo Aiden ancora più infuriato borbottare qualcosa.

-Calma. Ho detto che lo farei, non ho detto che ho intenzione di farlo- aggiunge.

Cosa intende? Non capisco... la curiosità ormai mi sta divorando e mi concentro ancora di più per ascoltare.

-Lo vedo quanto è diversa, vedo la sua bontà e il suo modo di coglierla negli altri, la sua dote nell'apprezzare e ammirare tutto ciò che di bello la circonda, contemplandolo con i suoi grandi occhi azzurri. È di un'innocenza disarmante ma allo stesso tempo ha una forza ammirevole, è più forte di me e te messi insieme; combatte da sola le sue battaglie, non chiede aiuto a nessuno, nemmeno quando ne ha bisogno. La ammiro per questo. Non ho intenzione di farle del male, lei non lo merita, anche se la stuzzico di tanto  in tanto, mi sto impegnando con tutte le mie forze per evitarlo.-

Quelle parole... non posso credere siano uscite dalla sua bocca. Fisso Jess, anche lei sorpresa e al settimo cielo per ciò che ha sentito mentre il mio cuore accelera a ogni sua frase.
Ha davvero un'opinione così alta di me? Ma se è così, perché mi tratta in modo tanto ambiguo? Nessuno aveva davvero scavato così a fondo in me, riuscendo a cogliere tanto del mio carattere. Sono ammutolita, non riesco nemmeno a rispondere alle battutine di Jess.

Improvvisamente la porta si apre e cadiamo in avanti.

-Se avete finito di origliare, potete entrare- David ci fissa dall'alto imperturbabile.

Che vergogna! Si è accorto che stavamo spiando. Siamo imbarazzatissime, come delle bambine beccate con le mani nella marmellata.

Cerco subito di ricompormi e cambiare argomento. -Andiamo a cercare questi registri- gli dico voltandomi e lui mi segue, nascondendo un sorriso.

Anche Aiden sembra voler venire, ma Jess lo blocca con uno sguardo severo. -Vi raggiungiamo tra poco- ci avvisa e noi ci allontaniamo chiudendo la porta.

Resto in silenzio, non so ancora cosa dire, se rivelargli che ho sentito tutto o fare finta di nulla.
Mi fa strada lungo il corridoio, conducendomi verso un'altra porta sempre sull'ala sinistra della tenuta: la camera dianzi a me è piena di libri, stracolma; sono ancora più numerosi di quelli di casa Deveraux ma il tutto è più moderno, ci sono numerose poltrone e un grande tavolo. Sediamo su un divano all'angolo, vicino a una finestra blindata.

Passano parecchi minuti di imbarazzante silenzio.

-Avremmo dovuto aspettarli, non sapranno dove raggiungerci- sospiro, pentendomi di aver accettato di stare sola con lui dopo ciò che ho sentito.

-Qualcosa mi dice che l'ultimo pensiero dei tuoi amici adesso è raggiungerci, credimi- mi fa un occhiolino, alzando un angolo della bocca in un sorrisetto insinuante.

Lo guardo, non capendo a cosa alluda. -Che intendi?- domando stranita.

Lui sbuffa, poi sogghigna divertito-ah formaggino, si staranno divertendo alla grande- mi guarda maliziosamente e io capisco all'istante.

-Ma cosa dici! È un chiodo fisso il tuo!- Forse ho alzato la voce più del dovuto.

-È il chiodo fisso della maggior parte delle persone; dovresti provare, magari diventi meno acida. Potrei darti una mano a rilassarti...- sussurra al mio orecchio con voce bassa e insinuante, facendomi venire le palpitazioni. Particolari immagini si formano nella mia mente e le scaccio all'istante spingendolo subito via, credo che ci provi gusto a farmi arrossire.

-Ti ho sentito prima- confesso di getto, pentendomene immediatamente. Quando sono imbarazzata dico cose stupide!

-Beh, allora... adesso che sai cosa vorrei fare...- si avvicina pericolosamente ma ha un'aria giocosa.

Lo spingo per l'ennesima volta. -Stupido, sai bene a cosa mi riferisco. Non fare finta di nulla. Pensavi davvero ciò che hai detto?- Lo guardo speranzosa.

-Certo che no! L'ho detto soltanto per evitare di fare a botte col tuo amico- sbotta.

È come un pugno nello stomaco, mi fisso le mani delusa. -Oh... ma certo- sussurro.

Sono un'ingenua, come al solito.

Mi dà una leggera spallata. -Ma quanto sei credulona? Lo pensavo, ti sto solo prendendo un po' in giro- sospiro sollevata -ma quest...- non gli faccio nemmeno terminare la frase.

-Lo so, lo so, questo non cambia le cose tra noi, eccetera eccetera. Tranquillo la pensò esattamente come te- lo rassicuro.

Anche se non si tratta di nessun passo avanti, sono felice che abbia ammesso di pensare quelle cose su di me. Poi mi ritorna alla mente la signora Bright; avrei un mucchio di domande da fargli.

-Quella donna che sta assistendo mia madre, la signora Bright, le vuoi molto bene...- osservo, aspettando che sia lui ad approfondire l'argomento. Ormai ho capito che con David non bisogna fare domande, almeno non domande dirette.

Lui mi scruta sospettoso, si aspetta una specie di interrogatorio, glielo leggi negli occhi ma accortosi che non ho intenzione di aggiungere altro, scrolla le spalle sospirando.

-Si è presa cura di me, da quando mia madre mi ha piantato in asso. Non era tenuta a fare ciò che ha fatto; è la figura più vicina a una madre che io abbia, anche se è molto irritante- scuote la testa con disapprovazione ma dalle sue parole traspare tutto l'affetto che nutre per lei, sorrido felice di vedere questo suo lato.

-Sì è vero, sembra davvero una brava donna, pulce!- lo dileggio ridacchiando, non sono riuscita a trattenermi.

Mi fissa serio di rimando e per un momento mi pento di aver scherzato in questo modo: le reazioni di David sono sempre imprevedibili.

-Ah e così? Ti prendi gioco di me, ragazzina?- un sorriso minaccioso si forma sulla sua faccia e prima che io possa fermarlo mi si avventa addosso, iniziando a farmi il solletico. Urlo cercando di spingerlo via ma è davvero troppo forte, rido così tanto che ho le lacrime agli occhi e anche lui ride spensierato, raramente si lascia andare e ora lo sta facendo, con me. Mi tiene ferma con il suo corpo che ormai è incollato al mio, la sensazione di essere tanto vicina a lui mi piace troppo e questo mi spaventa.

Continua a farmi il solletico e tenermi ferma. -Ti prego, ti prego, basta!- Lo imploro.

-L'hai voluto tu, solo io posso darti un nomignolo!- non smette di tormentarmi, mentre io mi divincolo.

Tuttavia la vicinanza dei nostri visi fa tornare momentaneamente serie le nostre espressioni e ci fa realizzare quanto i nostri corpi siano incollati in questo momento; qualcosa sta cambiando rapidamente e il mio cuore batte veloce come le ali di un colibrì.

La porta si spalanca improvvisamente, interrompendo il momento: David si allontana di scatto e io cerco di ricompormi.

Jess e Aiden ci fissano allibiti. -Vi stavate divertendo?- chiede Aiden irritato, mentre la mia migliore amica sorride come un'ebete.

La scruto con attenzione: il suo caschetto sempre perfetto è un po' spettinato e anche Aiden pare scombussolato.

-Oh... di sicuro non quanto voi- faccio un sorrisetto insinuante, fissandoli maliziosamente.

Li ho messi visibilmente in imbarazzo e David mi guarda a bocca aperta, non si aspettava una frase del genere e probabilmente mi sta contagiando con le sue battutine, poi ride anche lui con me.

-Ho creato un mostro- aggiunge, continuando a ridacchiare.

I miei amici cercano di essere disinvolti e di dissimulare ma si nota quanto siano in evidente imbarazzo, più che altro Jess perché Aiden non pare scomporsi troppo.

-Forza, a lavoro!- prova a cambiare argomento la mia amica.

Per questa volta la assecondo o so bene che me la farà pagare...


****


Cerchiamo tra tutti i libri i registri della famiglia Van Dalen, senza trovarli. Credo siano passate quasi due ore.

-Forse sono nella teca!- scatta David all'improvviso.

Prende una piccola chiave da un cassetto e si dirige verso uno scaffale chiuso; dopo qualche minuto tira fuori un grosso libro, con aria soddisfatta.

-Eccolo!- ripone trionfante il registro su di un tavolo.

Inizia a sfogliarlo freneticamente, finché non trova la pagina che ci interessa.

-Allora?- chiedo impaziente.

-Il registro dice che Frederick Van Dalen è stato accusato dell'uccisione della contessina Anita Amalia Deveraux, trascinando  la famiglia nella vergogna. Non è stato incarcerato, ha pagato una somma di denaro altissima e si è scagionato, dicendo di averla trovata con un altro uomo. Quindi ha giustificato il delitto con la gelosia, forse per avere una pena più lieve... erano fidanzati, quindi i giudici ne hanno tenuto conto- spiega David.

Le sue riflessioni sono abbastanza esatte: a quei tempi gli uomini erano privilegiati rispetto alle donne, aver giustificato l'uccisione di Anita col tradimento deve averlo favorito molto, considerando anche l'importanza delle famiglie di entrambi.

-Ma noi sappiamo che è stata Anita a togliersi la vita...- sussurro soprappensiero.

David continua a leggere, facendoci un riassunto: -ha riscattato il nome della famiglia con affari importantissimi, ha portato così tanto denaro ai Van Dalen che presto il delitto fu dimenticato; sono somme altissime, incredibile- è meravigliato.

Mi avvicino anche io al librone, cercando di leggere. David è a pochi centimetri da me: ci guardiamo negli occhi per un secondo, prima che io riporti l'attenzione sul registro con il battito del mio cuore accelerato.

-Si è tolto la vita anche lui!- esclamo poi, sorpresa.

-Cosa?!- domanda Jess stupita.

-Sì, qui dice che si è suicidato all'età di cinquantacinque anni. Ha lasciato tutto in eredità a un figlio avuto con una serva, molti anni dopo la morte di Anita- spiega David. -Beh... la vita di questo tizio è stata tutto fuorché noiosa- aggiunge, alzando un sopracciglio.

-Qui c'è una copia del suo testamento- richiamo l'attenzione degli altri, iniziando a leggerlo ad alta voce:

"Io, Conte Frederick Van Dalen, nel pieno delle mie facoltà mentali e sapendo di essere ormai giunto al termine della mia vita terrena, nomino mio unico erede mio figlio Jaques. Egli, da questo preciso istante diviene di fatto membro legittimo della famiglia Van Dalen, con il nome di Jaques-Louis Van Dalen.
Pertanto, lascio in suo possesso: il mio patrimonio, la mia casa, gli arredi e tutti i beni in essa custoditi, compresi i proventi delle mie terre; pongo a tutto ciò un unico veto: richiedo, nonostante il turpe atto che ho intenzione di compiere, di essere seppellito in chiesa, di fronte alla tomba della Contessina Anita Amalia Deveraux. Richiedo che mio figlio, ora Conte Jaques-Louis Van Dalen, alla presenza del notaio redigente indossi il mio amuleto fino all'età di Cinquantadue anni; dopodiché lo stesso verrà riposto nel luogo sicuro che ebbi premura di mostrargli in vita. Avendo già illustrato a mio figlio l'importanza di tali atti, confido nel fatto che egli non avrà remore nell'esaudire le mie ultime volontà.
Che Dio abbia pietà della mia anima."


-Ma questo non è possibile, un suicida non poteva essere seppellito in terra consacrata- osserva Jess.

-Beh, considerando il denaro e l'importanza della famiglia, avranno trovato il modo- rispondo.

-Quale sarà questo luogo sicuro? E cosa ci sarà di tanto importante in quella dannata collana?- domanda Aiden.

-Non ne ho idea- risponde David, aggrottando le sopracciglia.

Continuo a fissare il testamento assorta, distraendomi anche da quello che dicono. Di colpo sento qualcosa: una sorta di richiamo, lo stesso che mi era parso di sentire poco fa in soffitta.
Prima era stato solo un momento, adesso sta diventando costante... Sento un calore dentro che mi spinge a cercare ciò che mi sta chiamando.

Mi alzo di scatto, avviandomi verso la porta.

-Amy, dove vai?- sento dire ad Aiden.

Non posso rispondergli, devo andare. Sento che anche loro mi stanno seguendo, continuando a farmi domande ma io procedo spedita: ripercorro l'atrio, il primo piano, il secondo piano e il terzo; apro la porta della soffitta e mi dirigo verso il grande quadro di Frederick Van Dalen.

-Perché sei tornata qui?- mi blocca David.

Lo fisso seria. Io non so cosa sto facendo, il mio corpo reagisce a ciò che mi sta chiamando, vorrei dirgli. Le parole però non riescono a uscire, restano bloccate.

-Aiutami a girare il quadro- gli ordino con voce monocorde, senza che avessi nemmeno formulato quel pensiero: il mio corpo non rispetta la mia volontà.

Lui all'inizio è restio, poi mi scruta con quelle profonde lame d'argento. Non so cosa abbia visto nei mei occhi, ma senza dire una parola mi aiuta a girarlo.
Il richiamo è sempre più forte, sento un calore dentro di me e dei ricordi che solleticano la mia mente, nel disperato bisogno di venire in superficie.
Sfioro il retro in legno del quadro, cercando non so cosa... Poi noto sotto le mie dita una piccola crepa: non è un'increspatura del legno, è qualcos'altro.

-Ho bisogno di qualcosa di sottile e appuntito- ancora una volta, un altro ordine perentorio esce dalle mie labbra senza il mio consenso.

-Prendi la mia lima per unghie- sento dire a Jess. Non mi volto nemmeno a guardarla, allungo solo una mano.

Devo assecondare il richiamo, devo assecondare il richiamo, questa cantilena si ripete nella mia testa come un mantra.

Faccio scivolare la lima nella piccola crepa, sotto lo sguardo attonito e sorpreso di tutti. Con uno scatto secco, un piccolo sportello si apre dinanzi a noi.

-Cazzo! Questo è ancora più inquietante del cassetto segreto a casa Deveraux, formaggino- sento dire a David, ma non riesco a rispondere.
Devo assecondare il richiamo, devo assecondare il richiamo.

All'interno del piccolo spazio, scavato nel quadro dall'ampio spessore, c'è un cofanetto di bronzo. Lo prendo con mano tremante: è ornato con strani disegni e sul coperchio è incisa una frase, ma non perdo tempo a leggerla; lo apro subito, assecondando la voce nella mia testa.

Tutti trattengono il fiato, compresa me.

Resto visibilmente delusa: è vuoto.
L'interno è ricoperto da una stoffa cremisi vellutata e c'è l'impronta di qualcosa di rotondo su di essa, segno che ciò che vi era riposto deve esserci stato per molti anni, custodito, nascosto a tutti.
Sono sicura al cento per cento che fosse l'amuleto. Continuo a fissare l'interno del  piccolo scrigno assorta, è come se fossi in una sorta di trance e non riuscissi a svegliarmi. Sento strane voci, come continui ricordi che bisbigliano e sussurrano per venire alla luce.

-Amy! Amy, ti stiamo chiedendo cosa c'è scritto sul coperchio, ci senti?- Jess mi scuote allarmata.

Non faccio altro che osservare l'interno del cofanetto. Tra i sussurri e i bisbigli nella mia testa riesco a cogliere qualcosa e la ripeto ad alta voce, assecondando ancora una volta la misteriosa forza che si è impossessata di me:

-Il rosso è il suo colore.
Contemplerà e custodirà il mondo e il suo splendore.
Di forza e tenacia sempre avrà ricolmo il cuore.
Orietur in tenebris lux tua.
L'amuleto prima della vita stessa
.-

Ripeto la cantilena, finché lo scrigno non mi cade di mano.
L'amuleto prima della vita stessa, l'amuleto prima della vita stessa...
Il tonfo del pesante bronzo sul pavimento della soffitta mi ridesta di scatto. Tutti mi guardano sconvolti.
David riprende il cofanetto e non appena legge la frase incisa, mi fissa ancora più sorpreso, direi anche intimorito.

Mi strizzo gli occhi confusa, la frase rimbomba ancora nella mia testa.

-Ciò che stavi ripetendo poco fa, è scritto qui. Tu però non l'avevi letto, tu lo sapevi...- il suo tono è alquanto tenebroso.

Sgrano gli occhi e tutti ci avviciniamo a David che ha lo scrigno tra le mani; effettivamente, anche se in un'altra lingua estremamente antica, la traduzione è esattamente corrispondente alle frasi che ripetevo poco fa.

Sto iniziando ad avere seriamente paura, la stessa paura che leggo negli occhi dei miei amici e di David, nonostante cerchino di nasconderla...

-Questo sportello è stato aperto recentemente- ci fa notare Aiden, guardando bene i bordi del posto dove era custodito lo scrigno.

-Come lo sai?- chiede Jess.

-Non c'è polvere intorno, inoltre si è aperto senza fatica- lo osserva soprappensiero, poi rigira il quadro con molto sforzo, essendo estremamente grande e pesante.

Rivedo di nuovo quel volto, quegli occhi terrificanti e scuri di Frederick Van Dalen.

Di nuovo ho un capogiro: di fronte a me c'è il volto di Frederik vicinissimo. Non so dove sono.
Sento un terrore invadermi, ho la nausea; il cuore mi martella nel petto a un ritmo impazzito. Lo scruto e noto i suoi occhi attraversati da ombre, sembrano dei fili di tenebra che nuotano in quegli immensi laghi d'argento. Tutto ciò che desidero in questo momento è morire.

Riapro di nuovo gli occhi di scatto. Quelle orribili sensazioni di poco fa, unite a ciò che questa visione mi provoca, mi tolgono completamente le forze che mi restavano, facendomi piegare nelle ginocchia.

-Amy, che hai!- esclama Aiden.

Ma sento che qualcuno è più veloce: delle forti braccia mi cingono, evitandomi la rovinosa caduta e un profumo inconfondibile mi circonda.
In un attimo David mi ha presa in braccio, mi stringe a sé, facendomi poggiare il viso tra il suo collo e la spalla.

-Tranquilla, respira, Amy. Ora ti porto lontano da qui- sussurra al mio orecchio, dandomi i brividi.

Chiudo gli occhi e stranamente a differenza di quanto accaduto prima, mi sento al sicuro adesso tra le sue braccia. È David, solo David, mi ripeto...
Respiro il suo profumo, lasciandomi cullare dal suo passo leggero. Sento che siamo usciti dalla soffitta, solo perché l'odore di muffa è andato via ma non riapro gli occhi; mi stringo a lui crogiolandomi nel suo calore e protezione, come se fosse la  mia àncora di salvezza, in questo mare in tempesta di sensazioni che rischiano di farmi annegare.
Questo atteggiamento non è da me, perché mi ritrovo ad anelare in questo modo la sua stretta rassicurante? Io che ho sempre cercato solo il sostegno di me stessa, invece adesso sarei disposta ad abbandonarmi a qualcuno. Non ad una persona qualsiasi: a lui, solo e soltanto a lui.
Perché io... io sono sua, aggiunge una voce sconosciuta nella mia testa che mi fa improvvisamente tremare il cuore.

Sento che ci siamo seduti, David non accenna a lasciarmi; mi tiene nella sua stretta ferrea, nonostante il continuo borbottare di Aiden.
Mi sento come in un bozzolo. I battiti del mio cuore impaurito si calmano sotto il balsamo delle sue carezze sulla mia schiena.
Lentamente riapro gli occhi.

Metto a fuoco i numerosi scaffali, il viso infuriato di Aiden e quello soddisfatto di Jess di fronte a me; sono sempre più consapevole di essere incollata a David ed essendo ritornata abbastanza in me, la cosa mi imbarazza non poco.

-I...io... scusami- dico, spostandomi a malincuore in modo impacciato.

-Tranquilla, ormai abbiamo capito tutti che non riesci a starmi lontana- ridacchia, arrogante come al solito.

-Sei tu quello che mi stringeva!- ribatto già innervosita e con le guance arrossate.

-E quanto ti dispiaceva- risponde lui ironico.

Sbuffo guardando altrove, litigare con lui non aiuta, soprattutto quando ciò che dice è la pura verità.

-Quello che è successo poco fa, è stato davvero strano e terrorizzante- mi tormento le dita preoccupata.

Jess fa un cenno d'assenso. -Già, era abbastanza inquietante ma capiremo tutto, Amy. Devi stare tranquilla, ci siamo noi con te- mi stringe le mani in un gesto rassicurante e vorrei davvero non dovermi preoccupare...


****


Decidiamo di impiegare il resto della giornata a cercare in biblioteca altre informazioni su Frederick e sull'amuleto. La nostra ricerca però non porta a grandi risultati; veniamo interrotti soltanto dalla signora Bright che ci porta il pranzo e mi aggiorna sulle condizioni di mia madre.
Nel frattempo il CCI aumenta di ora in ora, sentiamo dall'esterno rumori spaventosi, che per fortuna non scalfiscono minimamente le barriere protettive alle finestre. Dopo molte ore decidiamo di fermarci, visto che è ora di cena.

La signora Bright è emozionantissima, continua a ripetere che non capita spesso di avere degli amici di David a cena.
Beh... definirci amici di David è un'esagerazione ma non voglio contraddirla. Ha preparato tutto nella grande sala da pranzo al primo piano, vicina alla sala da ballo. La cena è deliziosa, mia madre ha deciso di non scendere e continuare a stare in camera, so che finché non casserà il CCI continuerà a stare male.

Tutto procede con calma: chiacchieriamo del più e del meno con tranquillità, David e Aiden riescono anche a scambiare qualche battuta.

-Ragazzi, è ancora presto per andare a dormire. Cosa ne dite di ascoltare un po' di  musica?- propone David, dopo aver terminato la fantastica torta preparata dalla signora Bright.

Non sono mancati commenti e risatine sull'appetito mio e di Jess.

-Per noi va bene!- esclama la mia amica entusiasta, senza consultarci minimamente.

-Bene, seguitemi allora- facciamo come ci dice e lo seguiamo all'esterno della sala da pranzo, ci sta conducendo alla grande sala da ballo.

-Qui l'acustica è meravigliosa, quando non ci sono feste la sfrutto per ascoltare musica- spiega soddisfatto.

In un angolo noto un grande stereo modernissimo, stona visibilmente sia con la sala che col grande pianoforte; durante il ballo deve essere stato spostato...

-Io e Aiden abbiamo bisogno di un po' d'aria, vi raggiungiamo tra un momento- ci informa Jess, trascinando Aiden verso le grandi balconate esterne alla sala.

Solo io riesco a cogliere lo sguardo insinuante della mia diabolica migliore amica; Aiden ha l'aria frustrata ma nemmeno lui oserebbe sfidare l'uragano Jess in azione.
Rimasti soli, fisso David di sottecchi: anche lui sembra nervoso, come se non volesse restare solo con me.

-Se ti chiedessi qualcosa che mi renderebbe immensamente felice, almeno per una volta, la faresti?- chiedo, facendo lo sguardo più dolce e implorante che mi riesce.

-Mmm... non mi fido di te, formaggino, per niente. Ehm, fammi pensare... qualcosa che ti renderebbe immensamente felice? Non vorrai mica chiedermi di baciarti di nuovo?- mi prende in giro falsamente sconvolto, scrutandomi maliziosamente.

Arrossisco subito, sgranando gli occhi. Che razza di arrogante!

-I... io non ti chiederei mai una cosa del genere! E poi quello non mi renderebbe affatto felice, mi farebbe decisamente incazzare- lo minaccio.

-Ci credo poco... andiamo, vuota il sacco, che vuoi?- incrocia le braccia al petto, alzando un sopracciglio. Si sta divertendo da morire, quanto lo odio!

Sbuffo, poi inizio a stringermi le dita tormentandole, lo faccio sempre quando sono nervosa. Che mi è venuto in mente?

Provo a prendere coraggio. -Mi... mi chiedevo, se ti va... insomma, potresti suonare il pianoforte? Quella canzone alla casa sul lago, mi è piaciuta molto- mi fisso le scarpe, arrossendo ancora.

-Mi stai chiedendo di suonare per te, formaggino?- chiede estremamente compiaciuto.

È stata una pessima idea, lo sapevo. -Lascia stare, era una richiesta stupida. Aspettiamo Jess e Aiden- guardo altrove, imbarazzata al massimo. Lui ovviamente è ancora più divertito.

-Wow... sei un fascio di nervi, suonerò tranquilla! Non si dica che David Van Dalen non esaudisce il desiderio di una  bella ragazza- porta all'insù un angolo delle sue labbra perfette, in un mezzo sorriso.

Nascondo anche io un sorriso. Il suo tono è giocoso come questo pomeriggio e ormai sono così pazza che la sua arroganza quasi mi diverte.
Si avvicina al pianoforte e io lo seguo; mi preparo mentalmente all'immagine di David che suona: credo di essere masochista a volte.
Si siede con calma e sicurezza, e dopo avermi fissata per un minuto buono, con uno sguardo profondo che sembrava quasi perforarmi l'anima, inizia a intonare quella dolce melodia.

Sento i miei battiti accelerare con  l'incedere della musica: le sue dita affusolate sfiorano leggere i tasti, lo sguardo è fisso in un punto nel vuoto, il viso perfetto è disteso e rilassato.
Vederlo intento a suonare, sembra marcare ancora di più la sua incredibile bellezza: è come se fosse un animale selvatico e raro, che solo in questo istante ho il privilegio di fissare liberamente.
Averlo tanto vicino ma sapere che non è mio, come vorrei che fosse, fa male al cuore. Eppure sopporto tutto in silenzio, per ora non mi interessa con chi sarà domani, quale ragazza lo bacerà o sarà nel suo letto: perché in questo preciso istante, questo ragazzo incredibilmente enigmatico e dallo sguardo magnetico, sta suonando soltanto per me.


 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


La musica inizia a propagarsi in tutta la grande sala: di nuovo quella melodia sembra solleticare in me dei ricordi ormai sepolti.

Non appena chiudo gli occhi, mi ritrovo in questa sala da ballo che però ha qualcosa di diverso: il piano è più al centro, le candele illuminano l'ambiente e vengo colta dalla stessa visione della casa sul lago. Volteggio nel mio lungo e ampio abito, tenendone i lembi per non inciampare. Frederick mi fissa con amore, come se fossi la creatura più bella sulla quale abbia mai posato i suoi occhi.

Senza accorgermene, come se il mio corpo avesse innescato il pilota automatico, mi ritrovo a volteggiare dinanzi a David. La visione deve essere stata più forte del solito visto che il mio corpo si muove, svincolato dalla mia volontà. Lui era assorto nella canzone ma non appena alza lo sguardo e vede il modo in cui mi muovo impallidisce, restando impietrito; sgrana gli occhi e ferma bruscamente la musica, interrompendosi a metà dell'esecuzione.

Anche io mi fermo bruscamente. -Che hai?- chiedo sorpresa.

-Credo possa bastare- è freddo e distaccato, pare arrabbiato ma non capisco per cosa...

-Sì può sapere che ti prende? Potevi almeno finire la canzone- osservo indispettita.

-Ti ho detto che così può bastare. Non insistere! La tua petulanza è insopportabile.- Mi trafigge con l'argento liquido dei suoi occhi, che sembra solidificarsi ogni volta che assume questo tono.

-Non usare questo tono con me! Tranquillo, la mia petulanza non ti disturberà oltre!- gli dedico un'occhiataccia, sono su tutte le furie.

-Bene ragazzi, eccoci qui! Allora, questa musica?- Jess procede allegra verso di noi.

-Si è fatto tardi, andiamo a dormire. Prima passerà la nottata, prima toglieremo il disturbo- le rispondo con aria dura, lanciando un'occhiata significativa a David e uscendo dalla sala da ballo a passo svelto.

Nessuno dice una parola. Jess e Aiden hanno notato la tensione che si respirava lì dentro, quindi senza fare domande mi seguono in silenzio.
Giunti all'atrio, incontriamo la signora Bright che ci conduce al terzo piano, per mostrarci le camere degli ospiti che ha fatto preparare per questa notte.
Ci sono dodici porte lungo tutto il corridoio, sei a destra e sei a sinistra. La signora Bright mi informa che la camera di mia madre è la prima sulla destra, proprio vicino alla scala.

-Ragazzi- si rivolge a Jess e Aiden -ho pensato che avreste gradito condividere la camera- indica la porta centrale a sinistra.

Jess arrossisce subito -s... sì, signora Bright, va benissimo- balbetta.

-Amy, la tua è sulla destra. Per qualsiasi cosa, in fondo c'è anche la camera di David. Quindi se non dovessi sentirvi dal servizio di interfono, chiamate lui e vi aiuterà subito- gli dedica uno sguardo ammonitore. -Ah, ragazze, mi sono presa la libertà di lasciarvi qualcosa da indossare per dormire. Abbiamo ancora tutte le vecchie camice da notte della signora Van Dalen... per te invece, ragazzo, ho preso un pigiama di David- ci informa, guadagnandosi una smorfia del mio migliore amico, poi dopo mille raccomandazioni si congeda.

-Prima di andare a dormire voglio controllare la mamma- avviso i miei amici che mi rispondono con un cenno d'assenso.

-Io vado. A domani- ci interrompe David ancora serio e impassibile, non mi dedica nemmeno uno sguardo e si allontana voltandosi.

-Van Dalen!- lo richiama Aiden, facendolo girare di nuovo -ti tengo d'occhio. Ho il sonno leggero, quindi attenzione alle porte delle camere che varcherai- il mio amico ha un'aria davvero minacciosa.

David lo fissa di rimando, con uno sguardo disinteressato e freddo.
-Sta' tranquillo, non ho la minima intenzione di varcare alcuna porta. Anche i giocattoli nuovi dopo un po' stancano- detto questo, si volta e va via.

Sentite quelle parole quasi mi raggelo e Aiden infuriato sta per raggiungerlo; Jess per fortuna lo ferma, mentre io  resto paralizzata: perché delle semplici parole hanno il potere di ferire tanto?
Passo un po' di tempo con la mamma, Jess e Aiden volevano farmi compagnia, ma so già che in questi momenti lei non apprezza la presenza di nessuno accanto a sé; infatti dopo essermi accertata che abbia cenato, decido di lasciarla sola.

Apro con uno scatto la porta della mia camera: un grande letto a baldacchino troneggia al centro della stanza, imponente e con lenzuola e coperte dall'aria lussuosa.
Sembra una camera di un hotel a cinque stelle, è dotata di tutti i comfort: TV, camino, una spaziosa scrivania con un personal computer; il bagno ha addirittura una vasca in marmo ricolma d'acqua. Tutto è di un delicato color crema e profuma di gelsomino, sul letto c'è una minuscola camicia da notte in seta, di colore blu. Non è nemmeno paragonabile al mio stupido pigiama rosa con i cuoricini: è corta e scollata, con dei ricami delicati e finissimi in pizzo, ha anche una vestaglia lunga e semplice dello stesso colore; la madre di David deve avere un fisico davvero perfetto e soprattutto deve essere molto elegante...

Prima di andare a letto mi immergo nella calda acqua della vasca, petali di rosa galleggiano in superficie, sento anche l'odore di profumatissimi sali da bagno. Faccio attenzione a non bagnarmi i capelli e mi godo un po' di relax.
Continuo a ripensare alla giornata folle di oggi: quella frase che continuava a rimbombarmi in testa... per quanto mi sforzi non c'è una spiegazione che possa giustificarla, un ricordo che possa aiutarmi a capire.
Svuoto la mente, cercando di evitare di pensare alle dure parole di David ma queste sembrano volermi perseguitare.
Dopo essermi accorta di stare a mollo da più di un'ora, mi avvolgo nel morbido accappatoio e indosso la camicia da notte. Mi guardo allo specchio: la seta aderisce perfettamente al mio corpo, è molto corta e sicuramente non l'avrei scelta; forse è troppo audace per i miei gusti... Decido di addormentarmi con la vestaglia, così da sentirmi più a mio agio.

****

Urlo e mi dimeno tra le lenzuola, sono sudata e terrorizzata.

-Amy! Amy, coraggio sta' tranquilla, svegliati! Apri gli occhi, ti prego!-

Apro le palpebre di scatto, cercando di prendere aria: due occhi di ghiaccio mi fissano preoccupati. La vista di quelle lame ghiacciate mi terrorizza più di prima, cerco di liberarmi dalla sua stretta, di fuggire, ho la mente annabbiata...

-Non toccarmi! Non toccarmi!- urlo disperata.

-Sono io, sono David. Coraggio, cerca di riprendere fiato, era solo un incubo- mi accarezza il viso, spostandomi i capelli dietro un orecchio. Sento la sua voce profonda e rassicurante, mi parla con la massima dolcezza e gentilezza.

La mia mente è ancora un po' annebbiata, ma lentamente smetto di dimenarmi. Sono stordita dalle orribili sensazioni che provo: paura, orrore, ho la nausea...

-Sto male!- esclamo, prima di alzarmi di scatto dal letto e correre in bagno, in preda ai conati di vomito; nella corsa getto via la vestaglia per il troppo caldo.
Di nuovo quell'incubo che non ricordo... odio svegliarmi così. Mi inginocchio sulla tazza del water e sento David dietro di me stringere i miei capelli.

-Va' via! Non voglio che tu mi veda così- mi lamento, cercando di riprendere fiato.

-Non mi scandalizzo certo per questo- ribatte lui, continuando a tenermi i capelli; dopo essersi bagnato una mano con l'acqua fredda, inizia a inumidirmi il collo e la fronte, mentre io continuo a stare male. Il suo tocco sembra però darmi un po' di sollievo.

Dopo non so quanto tempo, il mio stomaco inizia a mettersi a posto e la nausea lentamente passa. David esce dal bagno e io mi sciacquo il viso, lavo i denti due volte e tento di rendermi presentabile. Svegliarsi in questo modo è già abbastanza orrendo, ma vomitare di fronte a lui è stato di gran lunga peggio. Spero sia andato via.
Purtroppo quando esco mi rendo conto che è ancora lì, seduto sul bordo del letto. Indossa un paio di pantaloni blu che devono essere quelli del pigiama ed è scalzo e senza maglietta. Deglutisco, ho davvero vomitato davanti a questo ragazzo? Voglio scomparire, tengo lo sguardo basso, ci manca solo che mi sorprenda a guardarlo di nuovo come in piscina.

-Stenditi, sarai spossata- mi invita.

Vorrei dirgli di farsi gli affari suoi, non ho ancora dimenticato come mi ha trattata qualche ora fa; tuttavia ha ragione, ho bisogno di stendermi, la paura non è ancora andata via e mi sento molto debilitata.
Sospiro distendendomi, ma mantenendo un'aria contrariata.

-Cosa stavi sognando?- domanda curioso. Non c'è freddezza o arroganza nel suo tono, adesso sembra la gentilezza fatta persona. Vallo a capire...

-I... io non lo ricordo, te ne ho parlato; non ricordo mai quest'incubo ma è un bene, credo. Sono assolutamente certa che sia davvero orribile- sospiro.

Restiamo qualche minuto in silenzio, lui è ancora seduto sul bordo del letto, la sua presenza stranamente mi rassicura, nonostante le orribili sensazioni che provo.

-Bene... visto che stai meglio, direi che posso andare- si alza, dirigendosi verso la porta.

Una strana morsa mi attanaglia il petto. Sto per farmi prendere dal panico. -David, aspetta!- la mia voce è scossa.
Come al solito mi stringo le dita e guardo verso il basso; so che mi pentirò di averglielo chiesto, probabilmente mi manderà al diavolo, prendendomi anche in giro ma ho troppa paura. Alzo lentamente il viso, allacciando il mio sguardo nel suo.

-Resteresti con me?- chiedo, terrorizzata da un suo rifiuto. Non voglio restare sola, ho paura di riaddormentarmi.

Mi guarda negli occhi sorpreso: è combattuto; eppure qualcosa nel mio sguardo deve convincerlo, perché lo vedo sospirare affranto -e va bene- risponde. Il mio cuore si alleggerisce subito, liberato in parte dalla morsa di ansia che lo attanagliava.

Si avvicina ma poi si paralizza all'istante, mi scruta dalla testa ai piedi, sgranando gli occhi e facendo una smorfia. Si passa una mano tra i capelli in difficoltà -merda- fissa inorridito la mia camicia da notte e le mie gambe scoperte, nel trambusto non deve averci fatto caso. Avere quello sguardo di ghiaccio incollato addosso, che percorre ogni centimetro del mio corpo, mi fa arrossire immediatamente.

David si abbassa, riprendendo la vestaglia da terra e me la porge con aria grave. -Resto a una sola condizione, questa- dice, indicandola -la cucirai addosso e non te la togli per nessuna ragione- è mortalmente serio.

La situazione è leggermente comica, infatti soffoco subito una risata.
-Affare fatto!- mi rialzo per prenderla e lo sguardo di David, non appena mi vede in piedi, con la camicia da notte di sua madre è da fotografia; stava per strozzarsi con la saliva. Cerco disperatamente di non ridere e lo vedo tirare un sospiro di sollievo, quando la lunga seta blu copre le porzioni di pelle scoperta. Direi che non mi ero sbagliata a considerare le mise da notte della signora Van Dalen eccessivamente audaci.

-Quella dannata psicopatica di mia madre, deve rivedere la sua concezione di camicia da notte- borbotta infatti lui.

Sta per mettersi a letto -aspetta!- lo fermo -va' prima a metterti una maglietta- incrocio le braccia al petto.

Lui in tutta risposta, inizia a ridere di gusto -che c'è ti metto in imbarazzo, formaggino?- chiede con aria maliziosa.

Arrossisco di nuovo e sposto lo sguardo dai suoi addominali -p... per niente, sarebbe educato che la indossassi- ribatto, cercando disperatamente di mantenere un tono di voce controllato, ma non ci riesco visto che mi esce particolarmente acuta.

-Sai benissimo che non sono educato, o gentile o accomodante- alza un angolo della bocca in un sorrisetto divertito -io dormo così, prendere o lasciare. Inoltre con quella camicia da notte addosso, non avresti nemmeno diritto di replica. Forza, fammi spazio- fa un gesto sbrigativo con la mano.

Mi sposto a sinistra, lasciandogli una grande porzione di letto. Spegne le luci e sento che si distende accanto a me, ponendosi però a una certa distanza: questo non basta a evitare che tutto intorno a me si propaghi il suo profumo irresistibile.
La presenza di David in un certo senso mi rassicura; eppure non riesco ad addormentarmi, mi giro e rigiro nel letto in preda all'ansia.
E se stavolta ricordassi l'incubo? Non voglio che succeda... non voglio avere altri ricordi orrendi di Anita a perseguitarmi. Mi rigiro per l'ennesima volta in preda al panico, quando sento una mano scivolarmi sui fianchi e cingermi la vita. David mi spinge verso di sé, abbracciandomi da dietro: sento il suo petto largo e muscoloso incollato alla mia schiena, il suo viso sfiorarmi la spalla, sono circondata dal suo corpo e dal suo profumo fantastico... il cuore mi batte all'impazzata.

-Che... che fai?- bisbiglio.

-Sta' tranquilla, dormi. Nessun incubo ti disturberà, sono qui con te e non appena ti agiterai, ti sveglierò subito. Dormi adesso, Amy- sussurra, sfiorandomi la spalla con le sue labbra e causandomi dei brividi lungo la schiena.

Mi stringe ancora più forte con fare protettivo ed è bellissimo sentire il calore del suo corpo, la sua stretta rassicurante intorno a me; chiudo gli occhi sollevata, potrei restare qui per sempre.
Quanto vorrei che il tempo si fermasse: so bene che quando il sole illuminerà questa stanza e il buio della notte andrà via, porterà con sé anche questo David gentile e premuroso.
Lentamente, nonostante il subbuglio di sensazioni che la sua vicinanza mi provoca, cado in un sonno profondo e tranquillo, come sempre accade quando lui è vicino a me.

Sento qualcuno scuotermi con delicatezza.

-Contessina, contessina svegliatevi. Dovete prepararvi- la voce di Marie mi ridesta.

Lentamente mi alzo dal letto sbadigliando. -Buon giorno Marie e buon Natale- le dico sorridendo.

-Buon Natale a voi contessina Anita- mi risponde anche lei allegra, conducendomi verso la stanza da bagno, dove mi attende già una vasca riempita con acqua calda ed essenze profumate.

-Quante volte devo ripeterti che puoi semplicemente chiamarmi Anita? Siamo amiche, Marie- la rimprovero con uno sguardo serio, immergendomi nell'acqua calda.

-Siamo amiche, ma sono anche la vostra cameriera- ripete come al solito. Mi ritrovo a sospirare di rassegnazione, non la convincerò mai...

Chiudo gli occhi godendomi il bagno e dopo un po' lei ritorna con un telo, asciugandomi e riconducendomi nella mia camera.

-Vostra madre ha scelto personalmente l'abito che indosserete- me lo mostra fiera e ammirata.

Lo guardo, arricciando il naso in una smorfia infastidita: è di colore verde e la stoffa è un velluto pesantissimo, è lungo e ampio a maniche corte, tutto pieno di fronzoli e decisamente in netto contrasto con la mia semplicità. Purtroppo non posso evitare di indossarlo, essendo la mattina di Natale i nostri parenti verranno a farci visita da lontano; ci sarà una grande festa e il consueto scambio dei doni.

Lascio quindi rassegnata che Marie si occupi di me. Mi fa indossare l'abito, inizia a pettinarmi e intreccia i miei capelli biondi con nastri di colore rosso, in una elaborata pettinatura, infine si dedica al trucco. Per tutto il tempo giocherello con il mio amuleto annoiata, odio perdere tempo in queste frivolezze. Non appena termina il lavoro, mi alzo in piedi.

-Ora posso andare, finalmente!- mi avvio verso la porta allegra; Frederick mi aspetta al lago, il nostro posto segreto.

-Contessina, vostra madre non approverebbe. Chi accoglierà gli ospiti!- Marie mi segue concitata per il corridoio.

-Ti prego, Marie, devo vederlo! Tornerò subito. Coprimi, uscirò dalle stanze della servitù- la guardo implorante, facendola capitolare.

Sbuffa -E va bene! Ma indossate almeno il mantello che fuori si gela, la neve ha attecchito al suolo.-

Scuoto la testa ridendo e avviandomi verso l'uscita dalle camere della servitù.
Amo la neve, inoltre quando Frederick mi vedrà infreddolita, sicuramente mi offrirà la sua giacca che profuma di lui e del suo calore.

Afferro i lembi del mio abito, per evitare che si bagnino a causa della neve e arrivo alle stalle. Corro ad abbracciare il mio cavallo e non appena Tulla si accorge di me, comincia a nitrire, così le accarezzo amorevolmente il muso. Il suo manto di colore marrone scuro è più lucido che mai, è stato il più bel regalo di compleanno che mio padre potesse farmi.

-Coraggio, piccola, portami da Frederick- le dico, dopo averla sellata ed essere uscita dalle stalle senza farmi vedere.

Tulla procede spedita al galoppo, conosce bene la stradina che stiamo percorrendo viste le innumerevoli volte in cui sono stata qui.
Arriviamo subito al lago e vedo Frederick in lontananza.

-Resta qui, Tulla- le sussurro, accarezzandole il muso con affetto e dandole una zolletta di zucchero.

-Frederick!- esclamo poi, correndogli incontro allegra.

Lui si volta sorridendo e come al solito la sua bellezza mi lascia per un istante senza fiato: gli scurissimi capelli sono legati all'indietro e tenuti più in ordine del solito, indossa abiti eleganti e formali che mettono ancora più in risalto la sua figura; anche a casa Van Dalen ci sarà una cena formale.
Gli corro incontro e lui mi cinge la vita, facendomi girare.

-Amore mio! Sei bellissima. Buon Natale- si ferma di fronte a me, dandomi un leggero bacio sulle labbra e io fisso l'argento liquido dei suoi occhi ammaliata.

-Buon Natale- sussurro, piena di gioia.

Ci fermiamo a fissare il lago, Frederick stende una coperta vicino a un albero e come avevo sperato, mi offre la sua giacca; sono circondata dal suo profumo e dalla sua stretta rassicurante.
Cominciamo a baciarci con passione, ormai quando siamo vicini non riusciamo mai a smettere, adesso capisco cos'è l'amore di cui tutti parlano, il mio unico desiderio è quello di essere sua: voglio donargli tutta me stessa. Il bacio diventa sempre più profondo e Frederick mi fa stendere sulla coperta, sento il suo corpo sul mio, il suo calore e il suo desiderio. Poi improvvisamente si ferma, si allontana con il fiato corto.

-Cos'hai?- domando preoccupata. Ho forse fatto qualcosa di sbagliato? Non sono molto esperta in questo per saperlo. -Ti ho infastidito?-

Lui mi fissa di rimando, sorridendomi con tenerezza. -Certo che no, amore mio. Voglio che tu sia mia- mi accarezza il viso e mi fa alzare -ma faremo le cose per bene- spiega, guardandomi negli occhi. Non capisco cosa intende.

Mi prende entrambe le mani nelle sue, baciandone le nocche con dolcezza, poi allaccia il suo sguardo di ghiaccio nel mio.

-Contessina Anita Amalia Deveraux, mi concedereste il grande onore di divenire mia sposa?- chiede speranzoso ed emozionato.

Il cuore mi martella nel petto, non riesco a credere alle mie orecchie, non posso nemmeno definire la felicità che provo in questo momento. Ho le lacrime agli occhi, Frederick mi ha chiesto di sposarlo! Si può morire di felicità?

-! Mille volte !- esclamo con la voce rotta, tra la risata e il pianto.

Lo stringo a me, baciandolo con passione sotto i fiocchi di neve. Sarò sua e lui sarà mio, staremo insieme per sempre. Continuiamo a baciarci per non so quanto tempo, anche quando ci stacchiamo lui continua a guardarmi con adorazione.

-So che la consuetudine impone che debba chiedere la tua mano prima a tuo padre. Tuttavia i miei sentimenti mi hanno spinto a fare questo, non sono riuscito a trattenermi. Passato il Natale chiederò la tua mano a lui, come si conviene- si giustifica mortificato.

-Non preoccuparti, mi hai reso la donna più felice del mondo, questo è il più bel regalo di Natale che potessi farmi- non riesco a smettere di piangere.

-Non ti ho ancora dato la cosa più importante, che proposta sarebbe senza un'anello alla tua altezza?- mi fa un occhiolino.

Estrae un piccolo cofanetto in ceramica e lo apre con uno scatto: al centro di una stoffa vellutata c'è un anello splendido, ha un rubino quadrato, circondato da piccoli diamanti.

-Volevo che fosse del tuo colore preferito- lo estrae dal cofanetto e me lo infila al dito, sotto i battiti assordanti del mio cuore.

-È meraviglioso, Frederick- non riesco a trattenere ancora una volta le lacrime.

Fisso la mia mano e il mio anello di fidanzamento: sembra un sogno. Continuiamo a baciarci e scambiarci promesse di eterno amore, poi ci rendiamo conto della tarda ora e decidiamo di tornare a casa, con la promessa di rivederci l'indomani. Mi avvio verso Tulla, non spostando lo sguardo dall'uomo che amo, le nostre promesse rimbombano nella mia testa.
Non potevo sapere che non sarebbero mai state mantenute.

Lentamente inizio a svegliarmi: sono circondata da un calore e un profumo ammalianti e sento sotto l'orecchio il leggero battere di un cuore.
Apro gli occhi e ci metto un po' a ricordare dove mi trovo, la luce filtra dalle finestre ormai prive di pannelli protettivi e ho il viso appoggiato sul petto nudo di David, sono completamente stesa su di lui. Le nostre gambe sono intrecciate e lui mi stringe tra le sue braccia, cingendomi la vita. Posso ancora sentire la gioia di Anita nel mio cuore, la sicurezza di passare il resto della sua esistenza con l'uomo che amava... Tutto questo si confonde con ciò che provo adesso: sento uno strano calore dentro di me, non avevo mai dormito con un ragazzo, mai mi ero sentita così completa.
Con lentezza alzo il viso per guardarlo, mi aspetto di trovarlo addormentato e invece è sveglio, mi sta scrutando in maniera strana, soprappensiero, come se avesse visto qualcosa. Quando mi rendo conto effettivamente della situazione sobbalzo, cercando di staccarmi da lui.

-No, aspetta!- esclama, stringendo la presa su di me -per favore- deglutisce -restiamo ancora un po' così.-
Lo vedo in difficoltà, sembra vergognarsi di questa richiesta e leggo una strana apprensione nel suo sguardo. Non so spiegarmi il perché, ma poggio di nuovo la testa sul suo petto e lo stringo a me, sospirando.

-Cosa stiamo facendo, David?- chiedo rassegnata.

Anche lui sospira -qualcosa di sbagliato... ma abbiamo sbagliato tutta la notte, quindi sbagliamo ancora un po'- mi dice con la sua voce profonda, che mio malgrado si insinua infida nel mio cuore.

 

**Spazio me**

Ciaoo❤️❤️ Spero che con questo capitolo sia riuscita a compensare la mancanza della settimana scorsa! Grazie ancora per la pazienza e la gentilezza che mi dimostrate!
A presto per il prossimo capitolo (spero di fare un doppio aggiornamento domenica).
JosephineC❤️

 
 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Restiamo avvinghiati l'uno all'altra: il suo calore, il suo respiro sulla mia pelle mi danno i brividi e fanno accelerare il mio cuore in modo incessante; sperimentare tutto questo, per me che non avevo mai provato nulla, mi sorprende sempre di più.
Il tempo passa troppo velocemente quando sono tra le sue braccia, mentre io vorrei che si fermasse; a un tratto l'aria nella stanza sembra mutare, il silenzio è assoluto e interrotto solo dai nostri respiri, sento una strana tensione tra noi, non saprei come definirla, ma qualcosa mi spinge a volere di più.
Credo che anche David la percepisca: inizia a far scendere la sua mano sulla mia schiena con sensuale lentezza, scivola sulla seta liscia e sottile, disegnando lenti cerchi con  le sue dita affusolate e lasciando una scia infuocata sulla mia pelle. Anche la mia mano sembra muoversi da sola lungo il suo petto liscio e duro, lo vedo socchiudere gli occhi sotto le mie carezze. Improvvisamente emette un sospiro frustrato, con uno scatto stringe i miei fianchi e mi gira: mi ritrovo distesa con David su di me, le mie braccia sono agli angoli e lui le tiene ferme; il nodo alla vestaglia si è sciolto, mi inchioda con quelle lame d'argento, togliendomi il fiato. Sento il suo sguardo rovente scendere lungo il mio corpo e arrossisco vistosamente, eppure non dico nulla, mi limito a contemplare il suo viso attraversato dal desiderio, lui mi desidera glielo si legge in faccia...
Il cuore sembra volermi uscire dal petto mentre percepisco il peso delizioso del suo corpo sul mio, il suo profumo caldo e invitante che mi avvolge; so che tutto questo è tremendamente sbagliato, che dovrei fermarlo, dirgli di uscire dalla mia stanza, le parole però mi muoiono in gola...

-Dimmi di fermarmi, ti prego- sussurra, come se mi avesse letto nel pensiero. La sua voce profonda e roca ha un che di tormentato: sembra una preghiera disperata.

Vorrei davvero dirglielo, ma l'unica cosa che riesco a fare è restare immobile, col respiro accelerato, lo sguardo languido e il desiderio che so, lui vede trasudare dai miei occhi. Continua a tenermi ferma, mentre avvicina il suo viso al mio, lentamente. Per un attimo sposto lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra piene e invitanti, Dio quanto le ho desiderate; ricordo ancora, dall'ultimo bacio, la dolce pressione e la morbidezza di quella bocca, il suo sapore irresistibile...
Ormai è a un soffio, ancora pochi centimetri e riproverò quelle sensazioni sconvolgenti... la camera è immersa nel silenzio, tanto che posso sentire il battito sordo del mio cuore; non posso credere che i nostri corpi siano così incollati, così avvinghiati l'uno all'altra.
È come se fossimo delle calamite, ne voglio sempre di più e ogni volta che siamo vicini, sento che ho trovato il mio posto nel mondo: accanto a lui.
Sta per sfiorarmi con le sue labbra, so che sta per baciarmi e che probabilmente non riusciremo a fermarci, perché stavolta un bacio non ci basterà, non placherà il desiderio che sento scorrere tra noi come lava incandescente...

Trattengo il fiato.

Il silenzio viene interrotto dallo scatto della porta.

-Amy, ma quanto dorm... Oddio!- da dietro alla spalla di David, intravedo una Jess sconvolta.

Lui è impietrito, come se si fosse appena svegliato da sogno.

-Sc... scusate! Torno più tardi- balbetta la mia amica, uscendo trafelata dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.

Il momento ormai è stato interrotto, come la strana tensione che si respirava tra noi.
David mi fissa sconvolto, quasi incredulo dalla situazione: intravedo rabbia sul suo volto e non ne capisco il motivo. Affondo i miei occhi nell'argento liquido dei suoi, ha di nuovo un'aria fredda e distaccata.

-Questo non sarebbe dovuto accadere- sibila infuriato e non capisco se lo è con me o con se stesso; si sposta bruscamente e si allontana dal letto come se fosse in fiamme. L'aria fredda colpisce la mia pelle, non più scaldata dalla sua e un senso di vuoto mi invade totalmente.

-Rivestiti, dopo la colazione chiameremo il palazzo pubblico, così potrai firmare gli ultimi documenti e permetteranno a tua madre di andare via.- Detto questo esce dalla stanza, sbattendo la porta, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.

Io resto lì, immobile in quella posizione. Perché gli permetto di farmi del male? Cerco di fermare le lacrime: sono forte e non piangerò, io non piango, reagisco.
Tuttavia devo ammettere che impiego più tempo del solito per riprendermi...
Quando finalmente riesco a reprimere il tumulto di emozioni dentro me, decido di fare un bagno rilassante: riempio la vasca con acqua calda, sali profumati e petali di rosa; poi mi immergo, affondo il viso sotto la superficie dell'acqua, pregando che la calma che si respira qui sotto, possa penetrare anche dentro di me. Quando sento mancare l'ossigeno, risalgo in superficie.
Giusto in tempo, visto che sento bussare alla porta.

-Amy, posso entrare?- È Jess.

-Entra! Sono nella vasca!-

La sento armeggiare con la porta e la vedo entrare: indossa gli abiti di ieri, il caschetto è pettinato alla perfezione come sempre e sembra raggiante, ha passato una nottata decisamente migliore della mia.

Mi scruta sospettosa -che diavolo stavate facendo?- domanda a braccia conserte; come al solito la mia amica va subito al sodo.

-Nulla di compromettente, sei arrivata in tempo- sospiro amareggiata.

Lei mi fissa, alzando un sopracciglio eloquentemente. -Quindi il tuo nulla di compromettente, significa avere David mezzo nudo sopra di te, altrettanto mezza nuda, in un letto matrimoniale?- domanda ancora più sospettosa e scettica.

Arrossisco violentemente a quelle parole -prima di tutto non era mezzo nudo, gli ho chiesto di mettersi una maglia ma non ha voluto, lui dorme così- scrollo le spalle -secondo, ti ho detto la verità. Ho avuto un incubo e David è entrato in camera perché mi ha sentita urlare, avevo troppa paura per restare da sola, così gli ho chiesto di dormire con me. Solo dormire, sia chiaro! Stamattina ci siamo un po' lasciati prendere dalla situazione ma per fortuna, prima che succedesse qualcosa di grave, sei entrata- spiego con voce ferma, cercando di essere il più convincente possibile ma soprattutto di mostrarmi indifferente.

Lei sbuffa esasperata -mi prenderei a schiaffi da sola, maledizione!-

Rido, cercando di mascherare il dolore che provo -Jess, non succederà nulla tra me e David- la avviso risoluta.

Lei pare scettica -se lo dici tu...-

Passa il resto del tempo a tartassarmi di domande decisamente imbarazzanti; una volta vestita ci dirigiamo verso la sala da pranzo, dove la signora Bright ha preparato la colazione. La sala è piena di luce, le grandi finestre sono state liberate dai pannelli di protezione, segno che il CCI è definitivamente passato.
David e Aiden stanno discutendo di auto, ho deciso di non raccontare ancora a Aiden cosa è successo stanotte, non vorrei uno scatto d'ira improvviso e rovinare la loro momentanea e apparente tregua.
La tavola è imbandita con prelibatezze di ogni tipo: colazione dolce e salata. Io e Jess guardiamo tutto con ammirazione, prima che il mio stomaco e anche il suo inizino a brontolare rumorosamente.
Prima di cominciare a mangiare, vedo mia madre entrare nella sala da pranzo e con mio grande sollievo sembra davvero in forma: i suoi lunghi capelli castani sono raccolti in una coda, soltanto il viso nasconde un po' di stanchezza per la nottataccia passata.

Mi alzo e le vado incontro abbracciandola. -Come stai?- chiedo, un po' preoccupata.

-Bene, tesoro. La signora Bright si è presa cura di me, il CCI è passato per fortuna- mi tranquillizza.

Ci avviamo al tavolo, sedendoci e tutti si accertano della salute di mia madre. Divoriamo la colazione, mentre la mamma continua a ringraziare David e la signora Bright che si è unita a noi.

-Dovrei tornare a Baia del Sole, chi sa in che condizioni sarà il Sun dopo questo CCI...- sospira la mamma scoraggiata.

-Non si preoccupi, Elise, adesso chiamo il Palazzo Pubblico. Entro stasera dovrebbe tornare a casa, glielo assicuro- le dice David risoluto.

Poi, per la prima volta da quando è uscito dalla mia camera, si gira verso di me: sussulto sotto il suo sguardo affilato, è come se mi incolpasse di quanto è successo.

-Avvicinati per sentire meglio la telefonata, ti mostro come un membro di una famiglia importante si fa rispettare. Adesso sei una Deveraux, se non dimostrerai polso e fermezza, le persone se ne approfitteranno. Devi imparare- mi avvisa con un tono asciutto e pragmatico.

-Sempre con educazione!- lo ammonisce la signora Bright, facendomi sorridere, prima che David faccia partire la chiamata dal suo cellulare in viva voce.

-Sono il capo ufficio Laurent, con chi parlo?- riconosco la voce dell'uomo che ci ha accolte al Palazzo Pubblico.

-David Van Dalen- risponde secco.

Sento il capo ufficio sospirare, come allarmato -cosa posso fare per lei? C'è forse qualcosa che non va con le licenze?- domanda preoccupato.

-No, le licenze vanno bene, per ora. Chiamo perché la signorina Deveraux necessita di firmare gli ultimi documenti e ottenere la libera uscita dal paese per sua madre-

-Ma... ma... signor Van Dalen, oggi saremo impegnati con i danni del CCI. Ci vorranno ancora due giorni...-

David lo interrompe bruscamente -Laurent!! La mia non era una richiesta, passeremo tra un'ora esatta, spero per lei che sia tutto pronto al nostro arrivo- il tono di David è freddo e irremovibile.

-S... sì signor Van Dalen- biascica l'uomo.

Non risponde nemmeno e stacca la chiamata, mentre tutti lo fissiamo sconvolti e anche un po' intimoriti.

-Beh, non si può negare che il ragazzo abbia polso!- esclama la mamma. -Ti ringrazio, ho urgenza di tornare all'isola entro oggi- lo fissa riconoscente.

-Di nulla, Elise. Salgo un momento in camera, ho delle telefonate da fare- ci avvisa, prima di alzarsi e uscire dalla sala da pranzo, continuando a ignorarmi bellamente. Vorrei urlargli: hey, sono la ragazza a cui eri avvinghiato stamattina! A cui sei stato avvinghiato tutta la notte!!

Jess e Aiden decidono di salire in camera a prendere il resto delle loro cose mentre la mamma si dirige verso le grandi balconate, ha bisogno di respirare aria fresca.

Restiamo io con il mio muso lungo e la signora Bright che mi fissa con dolcezza, sorridendo.

-Sei davvero bellissima- dice, interrompendo il silenzio tormentato.

Arrossisco imbarazzata -grazie... lei è molto gentile- mi stringo le mani nervosa, non sono brava a ricevere complimenti.

-Il mio David è un ragazzo complicato, Amy... Ha un carattere brusco e duro, ciò è dovuto al modo in cui è stato cresciuto. Ho cercato di alleviare le sue pene in tutti i modi, eppure lui ritiene di non saper amare...- spiega, come se avesse letto il mio turbamento.

Alzo di scatto gli occhi su di lei e quando sto per chiederle il perché, veniamo interrotte da David, Jess e Aiden pronti per andare via.

Ci avviamo verso l'atrio, anche mia madre ci ha raggiunti. Do un ultimo sguardo alla casa, prima di uscire verso il giardino. La signora Bright mi abbraccia calorosamente e ci invita a tornare presto, so già che questo non sarà possibile ma accetto comunque il suo invito per non offenderla.

Attraversiamo il giardino quasi distrutto: quei meravigliosi fiori, i cespugli, tutto sradicato. Il mio sguardo si incupisce ancora di più...

-Verrà riordinato nel giro di uno o due giorni- mi sussurra David all'orecchio sorprendendomi, forse si è accorto della mia espressione delusa... faccio solo un cenno d'assenso ma decido di non rispondere, non ho voglia di parlare con lui.

Arrivati in auto, ci conduce al Palazzo Pubblico. Sospiro, entrando e preparandomi a ulteriori domande; stavolta Jess e Aiden restano fuori.
Il capo ufficio Laurent ci accoglie subito, guardando con aria preoccupata David. L'ufficio è come l'ultima volta: non molto luminoso, il colore predominante è il grigio, tipico degli edifici costruiti dopo la Terza Guerra. Tutto è funzionale, nessun oggetto inutile o che abbia uno scopo decorativo.

-Signorina Deveraux, abbiamo modificato i suoi documenti e il nostro archivio, inviando l'aggiornamento anche all'archivio centrale del Terzo Stato- spiega, dopo averci invitato ad accomodarci di fronte alla scrivania.

-Mancano le ultime firme e quella di sua madre- ci mette davanti una decina di fogli e li firmiamo tutti.

-Bene, adesso lei è a tutti gli effetti Amy Deveraux, figlia di Corinne e Cristopher Deveraux. Unica proprietaria della tenuta e del patrimonio Deveraux. Può, se vuole, richiedere il trasferimento all'Università della città vicina, lei signora Davies è libera di abbandonare Albanuova.-

Poi fissa David che gli fa un cenno d'assenso. Dopo i ringraziamenti, ci dirigiamo all'uscita e informo Aiden e Jess delle novità.
Non so ancora se voglio trasferirmi qui, il nostro periodo di vacanza sta per finire, non posso di certo permettermi un soggiorno prolungato alla pensione... anzi, per l'esattezza adesso potrei permettermi anche un soggiorno in un hotel a cinque stelle; che strano... non mi abituerò mai, temo.
Arrivati in macchina, realizzo che mia madre sta per andarsene. Non può restare oltre, il Sun deve essere riaperto, deve verificare i danni ma nonostante questo non posso fare a meno di dispiacermi. Controlliamo gli orari dei treni e David ci riaccompagna alla pensione.

-Devo prendere le mie cose dalla tua camera, prenderò il treno tra un'ora- mi avvisa la mamma, per poi avviarsi all'interno.

David attende in auto, mentre noi ci accertiamo che la signora Miller e Sue stiano bene. Il CCI ha creato danni lievi alla pensione e anche il paese non sembra aver subito ingenti danni.
Ci spiegano che tutti sono provvisti di pannelli protettivi, forniti dall'impresa Van Dalen; è una delle tante attività del padre di David, ci informa la signora Miller. Caspita! Ma c'è qualcosa in cui i Van Dalen non sono invischiati?
Raccontiamo loro ciò che è successo ieri e Sue ritorna a mettermi in guardia su di lui, prima che io possa risponderle arriva la mamma e le saluta affettuosamente, dopodiché ci dirigiamo nuovamente in auto.

David continua a essere taciturno e non mi riserva attenzioni di nessun tipo... Perché si sta comportando così? Il nostro rapporto è divenuto più stretto, non capisco perché mi tratta come un'estranea! È stato lui a chiedermi di restare tra le sue braccia questa mattina, eppure sembra che voglia colpevolizzare me. Quando mia madre andrà via, gli chiederò di parlarmi, voglio sapere che diavolo gli è preso, ne ho tutto il diritto.

Mentre siamo in auto, diretti alla stazione, il suo cellulare squilla.

-David Van Dalen- risponde.

Non riesco a sentire nulla di quello che la persona a telefono gli dice, tuttavia capisco che si tratta di una voce femminile. Non posso impedire alla gelosia di investirmi, per quanto non possa in nessun caso mettere bocca nelle sue faccende, una profondissima irritazione mi assale.

-Ti raggiungo tra un'ora- chiude il telefono, continuando a guidare. Mi mordo l'interno della guancia e cerco di mantenere un'espressione neutra, ma dentro di me sto bruciando!

Arriviamo finalmente alla stazione di Albanuova: è grigia e asettica, come ogni cosa costruita dopo la Terza Guerra; solo un grande orologio digitale si trova al centro, per segnalare l'ora dell'unico treno che porta al paese.
Sembra passato un secolo da quando io, Jess e Aiden siamo arrivati qui. Nessuno dice una parola e io continuo a fissare David di sottecchi, ha lo sguardo perso nel vuoto, sembra molto arrabbiato.

Aspettiamo il treno e la mamma mi spinge da parte, vuole evidentemente parlarmi in privato.

-Tesoro, credo dovresti prendere in considerazione l'idea di stare qui per un po'- esordisce spiazzandomi e guardando altrove, forse intimorita dalla mia reazione.

Le sue parole mi mettono in allarme -ma mamma! Chi ti aiuterà al Sun? Resterai sola! Non se ne parla- rispondo decisa, inorridisco all'idea di allontanarmi tanto tempo da Baia del Sole e dai ricordi di mio padre.

-Amy- dice, accarezzandomi il viso -Per favore, hai bisogno di allontanarti da casa, ti trovo meglio da quando sei qui. Ti vedo sorridere più spesso, hai trovato David, hai scoperto la tua famiglia d'origine, credo fosse destino... So perché vuoi ritornare, ma non è circondandoti dei luoghi dove tuo padre è vissuto che ti sarà più vicino; lui vive in te, nei tuoi ricordi, nel tuo cuore- ha le lacrime agli occhi.

Io cerco di trattenere le mie, non ho mai pianto per mio padre davanti a mia madre, ho sempre cercato di essere forte per lei; tuttavia il tumulto di emozioni provato in questi giorni, sta mettendo a dura prova la mia resistenza.

-Ovunque sarai, bambina mia, lui sarà con te e anche io- ormai sento le lacrime scivolarmi sul viso, le sue parole distruggono definitivamente la mia barriera; non mi aveva mai parlato così apertamente.

-E cosa dovrei fare, mamma? Trasferirmi qui? Non vederti più? Non puoi chiedermi questo- provo a ribattere.

-Certo che no! Apri la tenuta Deveraux, vivi lì per un periodo e scopri le tue origini. Poi viaggia, Amy! Recupera i tuoi sogni, ora puoi farlo. Io verrò a trovarti, ci sentiremo... Tuo padre non avrebbe mai voluto vederti abbandonare tutto, promettimi che ci penserai- mi guarda seria e determinata.

Non so cosa fare, questa richiesta sconvolge i miei piani: io dovevo restare al Sun con mia madre, portare avanti ciò che mio padre aveva iniziato. Sono così combattuta...

L'arrivo del treno interrompe i miei pensieri.

-Adesso devo andare ma ti chiamo all'arrivo, pensa a ciò che ti ho detto, tesoro- mi abbraccia affettuosamente.

-Lo farò, mamma- sussurro, facendo un cenno d'assenso deciso. La stringo a me con forza, mi sento come una bambina che non vuole separarsi dalla mamma, non voglio lasciarla andare. Ho come uno strano presentimento...

Jess, Aiden e David, si avvicinano per salutarla.

Prima di andare via, mia madre si rivolge a David. -Vedo quanto tieni a mia figlia, sono felice che ti abbia incontrato. Spero che riusciate a risolvere i vostri problemi e stare insieme sul serio- gli fa un occhiolino, abbracciandolo.

David risponde goffamente all'abbraccio, sorpreso quanto noi. Mia madre è un segugio, si sarà divertita un mondo mentre noi recitavamo la parte dei fidanzatini. Trattengo a stento una risata mentre lei sale sul treno, salutandoci con la mano.

Guardo il treno allontanarsi, sento una grande tristezza. Non mi ero resa conto sul serio di quanto mi fosse mancata dall'inizio di questa vacanza, vederla andare via mi fa venire voglia di tornare all'isola, non so cosa fare. Ci avviamo verso l'esterno della stazione in silenzio.

-Bene. Ora che questa farsa mal riuscita è finita, direi che posso andare- sospira David, con il solito tono freddo; Jess e Aiden si allontanano da noi... forse hanno intuito che abbiamo bisogno di stare qualche momento da soli.

-Io vorrei parlarti- lo fermo, prendendolo per un braccio.

Affonda quelle lame d'argento nei miei occhi, facendomi trasalire -non abbiamo nulla da dirci, formaggino. Quello che è successo stamattina è stato un errore, dimostra ancora di più che non possiamo essere amici. Io e te non saremo mai nulla- sibila freddamente.

Le sue parole mi trafiggono, come un pugnale appuntito. Non lascia trasparire nessuna emozione mentre le pronuncia, è come se di me non gli importasse nulla.

Sento la rabbia e la delusione montare dentro me. -Quindi è stata davvero tutta una recita? Un fastidio che non vedevi l'ora di toglierti?!- domando, non riuscendo a  trattenere la rabbia.

-Ti avevo detto di non farti strane idee- risponde neutro.

-Non mi son fatta nessuna idea, credevo solo che avessimo fatto qualche progresso- sussurro, ora con tono più incerto.

-Progresso?! Non si possono fare progressi quando non c'è nessun tipo di rapporto. Ho accettato di aiutarti con tua madre, no? Ora però  non starmi tra i piedi, stupida ragazzina. Hai un po' di  dignità almeno?- sputa quella frase con aria sprezzante, è come se mi avesse appena schiaffeggiata.

Ciò che ha detto mi colpisce nel profondo, solo lui sa ferirmi così, la cosa peggiore è che lo fa intenzionalmente.
A questo gioco però, possiamo giocare in due. Forse ciò che provo per lui è maledetto, se non è finita bene per Frederick e Anita, perché dovrebbe finire bene per noi, le loro copie perfette? Sono stufa di lottare per qualcosa che provo soltanto io. Ci distruggeremo a vicenda, lo so, e io non posso permetterlo. Ora più che mai, comprendo che questo è il nostro destino.

Dico l'unica cosa che so, lo ferirà quanto lui ha ferito me.

Alzo lo sguardo e lo affondo nell'argento liquido dei suoi occhi. Cerco di mantenere un'espressione neutra quanto la sua -la signora Bright si sbaglia, davvero non sei capace di amare o provare affetto per qualcuno. Tu distruggi tutto quello che tocchi ma ti assicuro, David Van Dalen, che non distruggerai me. Resterai sempre solo- sibilo tagliente e con una freddezza di cui non mi sarei mai creduta capace.

Le mie parole lo colpiscono più di quanto vuole mostrare: la sua maschera di indifferenza per un attimo lascia trasparire il dolore, causato da ciò che gli ho appena detto. Forse ho esagerato ma la verità è che in questo momento non mi interessa, non può ferirmi in continuazione uscendone sempre indenne. Magari non era nemmeno dolore, lui non prova nulla, cerco di convincermi.

-Bene. È quello che stavo cercando di farti capire, ora che abbiamo chiarito la situazione, posso finalmente andarmene- risponde duro.

Siamo come in una sorta di circolo vizioso, prima ci avviciniamo e subito dopo litighiamo furiosamente, una molla che si avvicina e si allontana senza però mai spezzarsi.
Il cellulare squilla, interrompendoci. Risponde, continuando a guardarmi negli occhi: non c'è affetto, non c'è amore, solo indifferenza; questo è ciò che fa più male.

-Ho finito con questi fastidiosi impegni di lavoro, ti raggiungo tra poco al solito posto, Valerie- dal modo in cui mi guarda, capisco che era sua intenzione farmi ascoltare la chiamata.

Mi raggelo ma cerco di mostrarmi imperturbabile, nonostante i ricordi di questa mattina brucino ancora dentro di me.
Dopo un altro sguardo penetrante, si volta e va via mentre io resto lì impalata, immersa nel dolore che solo lui riesce a provocarmi.

"Abbiamo sbagliato tutta la notte, quindi sbagliamo ancora un po'..." mi mordo l'interno della guancia, scacciando le sue parole che mi avevano illusa per un istante.

-Ma sai cosa ti dico? Va' da Valerie, vai dove diamine ti pare! Anzi fa' di meglio, vai all'inferno, David!!- gli urlo alle spalle con rabbia.

Poi mi volto e mi dirigo verso Jess e Aiden imbestialita. So che sono la gelosia e la delusione a farmi parlare, ma per adesso sono determinata a stare lontana da lui, per il mio bene e forse anche per il suo.

 
 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Ci dirigiamo alla pensione in silenzio, nemmeno Aiden infierisce o dice qualcosa su David. Potrebbe rinfacciarmi di avermi avvisata ma Aiden non fa questo, lui ti sta vicino e ti protegge, anche silenziosamente fa sentire la sua presenza: durante il tragitto allunga un braccio sulle mie spalle, come un fratello protettivo, mentre Jess mi tiene la mano.
Ripenso a quello che mia madre ha detto poco prima di partire: si è accorta di tutto ciò che cercavo di nasconderle, sia del mio dolore sia della voglia di starle accanto; non credevo mi incoraggiasse ad allontanarmi. Nessuno però mi conosce meglio di lei, forse se mi ha dato questo tipo di consiglio, ne ho davvero bisogno...
Cerco di allontanare questi pensieri, per adesso non riesco a prendere una decisione.
Guardo gli edifici intorno a me, sono molto diversi da quelli asettici e grigi a cui sono abituata: tutti questi colori sanno di vita, sanno di speranza; le piccole stradine della parte antica di Albanuova hanno sempre poche persone che le percorrono, si respira pace e tranquillità. Ho sempre desiderato vivere in un posto dove i segni della Terza Guerra fossero poco visibili, nessuno è tanto insofferente come me, essendo nati tutti dopo il conflitto; le persone sono abituate a ciò che le circonda, non ci badano, soltanto io ho sempre mostrato interesse a tutto ciò che precede la Terza Guerra e quando guardo le rovine, i Tre Stati rimasti, un senso di impotenza e rabbia mi invade.

Arrivati alla piccola pensione della signora Miller, la poca tranquillità acquistata svanisce in un istante: di fronte a me c'è Margaret Gleeson, la giornalista sgualdrina, che attende a braccia conserte. Mi fermo, bloccando anche Jess e Aiden.

-Adesso ci mancava solo lei- sospiro frustrata.

-Come faremo a mandarla via, senza il pallone gonfiato?- sbuffa Aiden indispettito.

Mi mordo nervosamente il labbro inferiore, pensando a cosa posso fare per evitare domande scomode... poi ripenso a ciò che ha detto David: "sei una Deveraux adesso, se non mostri sicurezza, le persone se ne approfitteranno."
Forse non ha tutti i torti, per quanto detesti il suo modo altezzoso di comportarsi se oggi non fosse intervenuto, la mamma non sarebbe potuta partire...

Prendo un respiro profondo e raddrizzo la schiena. -Entrate, io vi raggiungo tra poco- avviso i miei amici con sicurezza.

-Amy, sei sicura di poterla gestire?- Jess fa una smorfia preoccupata.

-Ci devo almeno provare- scrollo le spalle rassegnata.

Non sono molto convinti dalle mie parole, ma sanno che quando prendo una decisione non c'è modo di farmi cambiare idea e che preferisco risolvere da sola i miei guai. Quindi senza fare storie si allontanano lasciandomi lì; ammetto che, guardando gli occhi attenti e indagatori della giornalista, per un istante mi pento della mia decisione.

Mi mordo l'interno della guancia e scaccio i pensieri negativi. Non essere codarda, Amy... polso fermo, sicurezza e alterigia.

Mi avvio a passo deciso verso la donna, come l'ultima volta è vestita in modo professionale e serio: i capelli scuri sono legati in una coda alta e stavolta indossa un completo con gonna aderente e giacca leggera di colore grigio; mette ancora più in risalto il fisico perfetto.

Subito posa il suo sguardo famelico su di me -signorina Deveraux- fa un cenno con un sorriso furbo, forse aspettandosi che la corregga come l'ultima volta.

Sorrido anche io formalmente, stavolta ho imparato la lezione, mi mostro calma e controllata. -Ah... lei è la giornalista, Margaret Gleeson, giusto?- alzo un sopracciglio con aria interrogativa.

-Esatto, sono felice che si ricorda di me- allunga la mano e gliela la stringo saldamente.

-Credevo che avessimo deciso di rimandare l'intervista, signorina Gleeson, non mi pare di averla chiamata come ci eravamo accordate- le faccio notare con un falso sorriso, mal celando volutamente una punta di fastidio.

Lei si stringe nelle spalle -beh, direi che le cose sono cambiate- mi fissa in maniera allusiva, senza scomporsi troppo per il mio tono.

-Non la seguo...- aggrotto le sopracciglia sinceramente confusa.

-So dove ha passato la notte, signorina Deveraux, nemmeno Valerie Gardiner ha mai dormito alla tenuta Van Dalen. C'è forse un fidanzamento nascosto?- chiede apparentemente noncurante, ma so benissimo che è perfettamente attenta alle mie reazioni.

Raddrizzo di nuovo la schiena, sul viso mi dipingo una maschera di indifferenza, smorzata soltanto da uno sguardo duro e freddo; direi che l'ho imparato dal migliore...

-Credevo di essere di fronte a una giornalista seria ma a quanto pare mi sbagliavo, forse dovrei rivedere la mia posizione e concedere ad altri giornalisti l'esclusiva- la avviso tagliente.

Per un istante si scompone, forse sorpresa dal mio tono ma riprende subito il controllo -e perché mette in dubbio la mia professionalità? Informarmi di queste cose è il mio lavoro, lei evidentemente non è abituata a questo mondo, signorina Deveraux- spiega condiscendente e calma, come se parlasse con una bambina.

È convinta di avere la situazione in mano, di avere il controllo su di me: la stupida ragazzina impacciata e cotta di David, ma non ha capito con chi ha a che fare...

-Io vedo soltanto la scenata di una donna gelosa, Maggie- la apostrofo con il nomignolo utilizzato da David e la mia voce è ghiaccio puro, quasi non la riconosco -ma voglio farle presente alcuni punti. Siamo in un mondo governato dal denaro, che è posseduto da pochi eletti; il denaro è potere, signorina Gleeson, e io ho recentemente scoperto di possederne molto. Vuole davvero inimicarsi una persona importante, per un ragazzo carino? Sono certa che i giornalisti del Secondo e del Terzo Stato, nonché il suo capo, saranno molto più interessati alla giornalista che nasconde le notizie per andare a letto con David Van Dalen, piuttosto che a me- la fisso freddamente. Il mio discorso è stato gelido e implacabile; non vado per niente fiera delle mie parole, me ne vergogno profondamente in realtà, ma in questo caso mi rendo conto che sono necessarie. Non ho mai condiviso la frase "il fine giustifica i mezzi" né mai credevo mi sarei comportata in questo modo...

Lei è totalmente spiazzata, vedo che la sua sicurezza vacilla -l... lei non lo farebbe... non metterebbe a repentaglio la mia carriera per questo, non è quel genere di persona- ribatte convinta ma un po' intimorita.

Faccio un cenno d'assenso -ha ragione, non sono quel genere di persona. Tuttavia lei non mi conosce bene e non sa cosa sono disposta a fare per tutelare la mia vita e quella delle persone che amo- la inchiodo con lo sguardo -quindi non mi metta alla prova. Adesso sta' a lei, può insistere con la sua intervista o aspettare come da accordo la mia chiamata. Tenga presente però, che nel bene e nel male, io mantengo sempre le mie promesse- le dedico un'occhiata d'avvertimento.

Per un momento pare combattuta, poi estrae dalla borsetta un biglietto da visita e me lo porge.

Sono sorpresa: mi aspettavo una sfuriata, uno sguardo rabbioso, invece appare quasi soddisfatta. -Credevo che lei fosse una stupida ragazzina indifesa, succube di David, come tutte quelle che lui frequenta. Invece lei è tutt'altro, Amy, ora capisco perché lui  prova tutto quest'interesse.-

Resto spiazzata, la fisso di rimando ma cerco comunque di mantenere un'aria impassibile.

-Questo è il mio biglietto da visita, mi chiami quando sarà disponibile. Arrivederci signorina Deveraux- mi fa un'occhiolino e un sorrisetto sghembo, per poi allontanarsi.

Poi si gira improvvisamente.

-Ha ragione, ero gelosa. So di non avere alcuna speranza con lui, ci divertiamo solo di tanto in tanto. Dopo stasera però ho capito una cosa, preferirei vederlo tra le sue braccia che tra quelle di Valerie Gardiner- ammette sincera e senza aspettare alcuna risposta va via.

Che tipa strana. Di certo non saremo mai amiche, ma credo che a modo suo abbia voluto farmi un complimento...
Ripenso a quello che ho detto: aveva ragione, non avrei mai rovinato la sua carriera ma lei questo non poteva saperlo con certezza. Odio le parole che sono uscite dalla mi bocca, non credevo che avrei mai pronunciato un discorso del genere ma non me ne pento... non posso permettere che la mia vita o quella delle persone che amo sia sbandierata ai quattro venti.
Sospiro, avviandomi all'entrata della pensione e rimuginando su quanto successo: ha detto che David prova interesse per me, non sa quanto si sbaglia...

Jess e Aiden mi aspettano seduti nella Hall.

-Allora?- chiedono con apprensione, senza nemmeno lasciarmi il tempo di raggiungerli.

-Anche se non  ne vado fiera, sono riuscita a rimandare l'intervista- li informo per poi raccontare dettagliatamente quanto successo.

-Credeva di avere davanti una ragazzina indifesa, non sa che sei una tipa tosta- Jess mi dà una piccola gomitata scherzosa.

-Le sarebbe bastato fare qualche ricerca a Baia del Sole per rendersene conto! Magari chiedere alla povera Abby- sghignazza Aiden.

Trattengo un sorrisetto compiaciuto.
È vero, all'isola ho questa strana fama: caccio le persone dal Sun quando sono troppo ubriache e mantengo l'ordine, sono io quella che di solito difende Jess da ragazze come Valerie, ecco perché Abby ha rinunciato a importunarci. Da quando sono qui invece, la situazione si è un po' rovesciata; ciò sono sicura è dovuto ai sentimenti che provo verso David... All'isola nessun ragazzo mi provoca tutto questo, la mia indifferenza li scoraggia e li intimorisce, quindi ho sempre avuto io il comando. Invece qui come posso controllarmi con Valerie, sapendo che probabilmente ora è nel suo letto? Il solo pensiero mi dà la nausea.

Entriamo nella pensione, avviandoci verso la sala da pranzo. La signora Miller deve essere indaffarata in cucina, mentre Matt e Sue sono seduti a un tavolo, immersi in una discussione.

Quando Matt mi vede entrare, mi viene incontro e sembra preoccupato -Amy, posso parlarti?- chiede timoroso.

-Certo- rispondo stranita.

Ci allontaniamo dagli altri, mentre Jess e Aiden siedono al tavolo di Sue.

-Dimmi tutto, mi stai facendo preoccupare...- lo scruto incuriosita.

-Vedi... oggi il Palazzo Pubblico mi ha notificato il passaggio di proprietà della tenuta Deveraux. Mi... mi hanno detto che adesso sta a te riconfermare il mio posto di lavoro- si gratta la nuca in difficoltà.

Ora inizio a capire. -Matt! Non crederai che ti licenzi!- esclamo sorpresa.

-Beh... ora sei tu la proprietaria, potresti voler cambiare e inserire qualcuno di cui ti fidi- risponde sommesso.

-Io mi fido di te, sei un bravo ragazzo, conosci la tenuta meglio di chiunque altro! Non ti priverei mai del tuo posto di lavoro, anzi potremmo discutere di un piccolo aumento, in cambio di qualche lavoretto di manutenzione- sorrido, facendogli l'occhiolino.

Anche lui sorride, visibilmente rassicurato. -Dio, non sai che peso mi hai tolto!-

Ci avviamo verso gli altri e ammetto che sono abbastanza stranita, non ho mai avuto dei dipendenti... il Sun è stato sempre gestito da me e mia madre, non abbiamo mai assunto nessuno. A quando pare dovrò abituarmi a parecchie cose di questa mia nuova condizione...

Sue fissa Matt divertita -visto! Ti avevo detto che Amy non ti avrebbe mai licenziato, sei un paranoico!- ridacchiamo tutti del suo imbarazzo.

Sto per rispondere ma mi interrompo, perché sento che qualcuno mi abbraccia da dietro: un profumo muschiato e fresco mi avvolge, riconosco subito Mark.

Mi bacia sulla guancia -hey bellissima! Ho saputo che sei diventata un pezzo grosso- mi dileggia, sedendosi accanto a me.

-Mark! Credevo ti fossi dimenticato di me- incrocio le braccia al petto, fintamente imbronciata.

-Sarebbe impossibile! Sono stato molto indaffarato col lavoro- spiega, passandosi una mano tra i capelli e spingendo indietro le ciocche che gli ricadevano sul viso. Nonostante l'aria stanca, resta sempre molto attraente.

-Da chi hai saputo la novità?- domando incuriosita.

-Sono passato in piazza e per caso ho sentito la sfuriata di Valerie con le gemelle, era davvero inviperita e diceva che aveva addirittura pensato di farti entrare nella sua cerchia, non sapendo che fossi tu la figlia di Cristopher e Corinne. Rabbrividisco solo all'idea di vederti nella cerchia dei ricchi, viziati e stronzi di Albanuova- fa una smorfia e finge un brivido di terrore -poi è arrivato David, era molto divertito dalla scena e dopo un po' è riuscito a calmare la vipera con qualche bacio, quanto è patetica- sbotta schifato.

Il dolore mi colpisce subito a quelle parole, mi mostro indifferente, cerco in tutti i modi di non pensare al fatto che David abbia baciato Valerie, dopo aver passato la notte con me. Eppure fa male, cavoli se brucia...
Non sono affari che ti riguardando, lui può baciare chi vuole, la fastidiosa e acida vocina della mia parte ragionevole mi richiama all'ordine.

-Tranquillo, Mark, non frequenterei mai persone del genere! Neanche se mi volessero- faccio una smorfia infastidita, inorridisco al solo al pensiero.

-Sono passato per un breve saluto, ma ora devo andare. Cosa ne dite di uscire stasera tutti insieme?- chiede speranzoso, ma si nota che si sta rivolgendo in particolare a me.

Faccio un cenno d'assenso sicuro, e anche gli altri accettano entusiasti.

 

****

Dopo pranzo decido di andare in camera a riposare: mi distendo sul morbido letto della mia camera e fisso il soffitto immersa nei miei pensieri.
La verità è che sono ancora combattuta a causa delle parole di mia madre, non sono in grado di  prendere una decisione e penso soltanto ai pro e i contro di un  possibile trasferimento. Lentamente, senza nemmeno accorgermene, inizio ad addormentarmi.

Percorro un corridoio buio, illuminato soltanto dalle torce alle pareti. Indosso una tunica semplice e leggera, stretta da una corda in vita e un mantello.
I miei lunghi capelli biondi sono sciolti, liberi da qualsiasi sofisticata pettinatura, ma so che è così che deve essere. Qualcuno cammina accanto a me tenendomi una mano sulla schiena, con fare rassicurante. I nostri passi producono un rumore particolare quando toccano il pavimento in pietra ed essendo tutto estremamente silenzioso, rimbombano lungo il buio corridoio. Arriviamo in una enorme sala dall'architettura medioevale.
Sono nervosa e come al solito mi stringo le dita per smorzare la tensione.

-Sta' tranquilla, bambina mia, ti ho preparata tanto per questo momento- sussurra dolcemente mio padre, accarezzandomi il viso.

I suoi capelli lasciano trasparire qualche ciocca di colore bianco, segno lampante dell'età che ormai avanza; è vestito in maniera estremamente semplice, quasi non sembra il conte Deveraux.
Improvvisamente, l'enorme porta di legno dinanzi a noi si apre: un uomo incappucciato e con una tunica bianca si avvicina a noi.

-È tutto pronto, entrate- ci avvisa inchinandosi rispettosamente..

Varchiamo la porta ed entriamo in un'altra sala buia.
Non riesco a vedere nulla, tranne il centro, dove delle candele rosse accese sono disposte in modo da formare un cerchio. La tenue luce permette di intravedere un grande tavolo in legno massiccio proprio di fronte. Due figure incappucciate sono sedute al tavolo, anche loro indossano la stessa tunica di colore bianco. Uno di loro si trova all'estrema destra, l'altro all'estrema sinistra, il posto al centro è vuoto.
Per un momento resto paralizzata dall'ansia: fisso le due persone e i loro amuleti di colore diverso che emanano un sinistro bagliore nell'oscurità, uno dalla pietra gialla e l'altro dalla pietra verde.

-Avvicinati, giovane Anita- dice altera la persona sulla destra, con l'amuleto dalla pietra verde: ha una voce femminile.

Subito obbedisco con passo incerto, entrambi mi scrutano in silenzio.

-Nonostante la tua giovane età, siamo certi che sarai in grado di assolvere il tuo compito- dice l'altra persona sulla sinistra, dall'amuleto con la pietra gialla: ha una voce maschile.

Mi guardo intorno e noto che non siamo soli: ci sono numerose persone ai margini della sala, tutte incappucciate.

-Entriamo nel cerchio, figlia mia- mio padre avvolge la sua mano calda nella mia e io mi tranquillizzo grazie alla sua stretta grande e rassicurante. Così più sicura mi dirigo al centro del cerchio.

Le due persone incappucciate, di fronte a noi, si alzano.

-In questo sacro giorno, siamo tutti noi testimoni dell'assunzione della contessa Anita Amalia Deveraux, figlia primogenita del Conte Françoise Deveraux- dice solennemente e a voce alta l'uomo.

Mi inginocchio a capo chino, mio padre è di fronte a me e l'uomo e la donna incappucciati lo affiancano, tenendosi però all'esterno del cerchio.

-Accetti il ruolo che la sorte ti ha conferito dalla nascita, Anita Amalia Deveraux?- domanda altera la donna.

-Lo accetto- rispondo a voce alta e scandendo bene la risposta come mi è stato insegnato, continuo a tenere rispettosamente lo sguardo basso.

-Accetti di donare la tua intera vita e le tue scelte alla nostra causa, Anita Amalia Deveraux?- domanda poi, altrettanto solennemente, l'uomo.

-Accetto.-

Mio padre si avvicina e io alzo lo sguardo su di lui, poi fisso l'amuleto dalla pietra rossa che porta al collo. Lo toglie lentamente, tendendolo verso l'alto e la pietra rossa emana una luce intensa, quasi accecante; il mio cuore comincia a battere all'impazzata e il mio corpo sembra rispondere al potere da esso emanato, come una falena attratta dalla luce.

-Contessa Anita Amalia Deveraux, figlia mia adorata, lascio a te questo onore e questo fardello. Possa tu sempre operare per il bene e nel giusto. Avvolta dalla luce, protetta dalle tenebre- nemmeno queste parole formali e altere, impediscono all'amore e alla dolcezza che prova per me di trasparire dalla sua voce. Infine ripone l'amuleto al mio collo.

-Giuro di onorare e servire la causa. Possa la luce sempre guidarmi. L'amuleto prima della vita stessa- stringo istintivamente le mani intorno alla pietra e mi alzo.

-L'amuleto prima della vita stessa- dicono tutti in coro, mio padre, l'uomo e la donna di fronte a me, accompagnati da tutte le persone nella sala.

Mio padre esce dal cerchio e io mi avvio con le altre due persone al tavolo, sedendomi al centro, quello che ora sarà il mio posto.

-È arrivato il momento di leggere la profezia legata alla tua assunzione, sorella- mi comunica l'uomo alla mia sinistra.

Così mi alzo, prendendo con mano tremante la pergamena riposta dinanzi a me. Rompo il sigillo e leggo ad alta voce il contenuto, ciò che segnerà la mia esistenza:

-Orietur in tenebris lux tua.-

Apro gli occhi di in un lampo, sorpresa e incredula, che diavolo ho sognato? Sembrava una setta. Rabbrividisco, respirando a fatica, quella frase io l'ho già sentita... "orietur in tenebris lux tua" era scritto sulla sua tomba!

Mi alzo di scatto dal letto e corro in camera di Jess; stavolta prima di entrare busso, non voglio certo ritrovarmi ad assistere a scene imbarazzanti.

Jess apre la porta sorpresa. -Amy, cosa succede?- chiede allarmata.

-Ho fatto un sogno molto strano. C'è Aiden?- le dico ansiosa.

-Lo sto aspettando, entra- aggrotta le sopracciglia incuriosita.

Ci sediamo sul letto e non appena Aiden arriva, racconto ciò che ho sognato.

-Che strano, forse faceva parte di una setta?- ipotizza anche Jess non appena smetto di parlare.

-Non saprei, sembrava tutto strettamente legato alla collana. Sapevo già cosa dire, come se l'avessi provato un'infinità di volte e quella frase... hanno detto che si trattava di una profezia.-

-Una profezia che non deve essersi avverata, visto che l'hanno scritta sulla sua tomba- osserva Aiden.

-O che ancora deve avverarsi- sussurro, mortalmente seria.

 

****

Dopo aver cenato, continuando a discutere del mio sogno, decidiamo di prepararci per la serata.
Come sempre Jess si offre di agghindarmi ma non protesto, ho bisogno di non pensare, di distrarmi. Indosso l'abito che ha scelto per me: un tubino aderente di colore scuro e delle scarpe col tacco abbastanza alto dello stesso colore; poi ci avviamo all'entrata, dove troviamo Aiden intento a discutere con Matt e Mark. Mentre aspettiamo che anche Sue ci raggiunga chiacchieriamo allegramente, stare con loro mi fa sentire normale... mi fa dimenticare per qualche momento tutte le assurdità che mi stanno succedendo.

Una volta che il gruppo è finalmente al completo, ci avviamo tutti insieme verso la caffetteria, per la gioia mia e di Jess. Mark mi cinge le spalle con un braccio; scherziamo e chiacchieriamo con spensieratezza, quando sono con lui il tempo scorre leggero e tranquillo.
Dopo aver ordinato vari tipi di dolci e torte, attendiamo con ansia e quando finalmente arrivano io e Jess diamo sfogo a tutta la nostra golosità.

-Amo le ragazze che non hanno paura di mangiare, la maggior parte di quelle che conosco sono ossessionate dalla linea e dalle calorie- commenta Mark divertito dai nostri versi d'approvazione.

-Credimi, la linea è l'ultimo dei miei problemi- rispondo ridendo.

-Ti va di uscire un po'?- chiede, dopo che ho finito.

-Certo! Andiamo- acconsento e non posso fare a meno di notare l'aria eccessivamente compiaciuta di Aiden.

Usciamo all'esterno della caffetteria, ci sediamo su una panchina e non mi ritrovo a fissarlo: quegli occhi castani e limpidi non sono mai freddi o cattivi e i suoi capelli chiari e ricci... chissà come deve essere affondare le dita in quei ricci all'apparenza così morbidi...
Come al solito indossa una maglia scura e una giacca in pelle, anche lui non mi toglie gli occhi di dosso.
Il suo sguardo non mi agita, non mi confonde, anzi direi che mi tranquillizza.

-Mi sei mancata- confessa in un sussurro.

-Anche tu- rispondo sicura, mantenendo un tono basso quanto il suo.

Forse è Mark la risposta a tutti i miei problemi. Ho passato due giorni, immersa in un tumulto di emozioni: prima mi sembrava di toccare il cielo con un dito, poi sono sprofondata nella disperazione.
Con lui tutto questo non succede: lui mi dà tranquillità, comprensione, dolcezza; forse dovrei darmi una possibilità  per essere felice senza drammi. Forse le scosse e i brividi che sento con David non sono amore, sono frutto del sentimento maledetto che proviamo... in fondo io non so cos'è l'amore, non l'ho mai provato davvero, chi mi dice che non sia la serenità e spensieratezza che provo con Mark? 

Lui sembra leggermi nel pensiero, come se soltanto guardandomi negli occhi, avesse capito che gli sto dando una possibilità: si avvicina e il suo profumo muschiato e fresco smorza la mia ansia; avvicina ancora più lentamente il suo viso al mio, fisso i suoi occhi nocciola e sento la tranquillità invadermi e l'effetto calmante che solo lui sa donarmi.
I suoi occhi non mi riportano a nessun incubo, sono solo gli occhi di un ragazzo a cui piace una ragazza. Guardo le sue labbra: sono sottili ma hanno una forma accattivante e sembrano morbide, credo che molte ragazze le abbiano desiderate. Mark è attraente, molto... e io... io devo lasciarmi andare.
Devo dargli una possibilità, dare una possibilità a me stessa, continuo a ripetermi fissandolo.

I miei pensieri sconclusionati non mi avevano fatto notare quanto si fosse avvicinato, me ne rendo conto quando sento le sue labbra sulle mie: è un bacio delicato e dolce.
La sua bocca sa di menta e cioccolato, è gentile non bramosa e bollente, non lussuriosa e appassionata come quella di... basta, non pensarci!
Il mio cuore accelera leggermente ma non fa le capriole, non ci sono brividi sconvolgenti che mi attraversano tutta, fremiti che non mi fanno pensare razionalmente...
Frustrata lo stringo ancora di più a me e gli permetto di esplorare la mia bocca con la lingua, di stringermi più forte.
Continuiamo a baciarci con dolcezza e delicatezza, mentre io affondo le dita nei suoi capelli ricci e chiari, non sono soffici come quelli di David e il bacio non diventa ardente e disperato come... Basta con i paragoni, maledizione! Mi ripeto ancora una volta, non pensare a lui, lasciati andare...
Chiudo gli occhi e con uno sforzo enorme svuoto la mente dal suo molesto ricordo, stavolta penso solo a Mark e alla reale possibilità di essere felice.

 

 
 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Inizio finalmente a godermi il bacio, svuotando la testa da pensieri inopportuni. Assaggio questo momento di normalità che aspettavo da giorni; Mark è estremamente delicato, come se fossi un sottile cristallo e questo suo modo di trattarmi mi piace, anche se dopo un po' lo stringo con più forza, per fargli capire che non sono poi così fragile.

-Bene, ma guardate chi c'è qui, la nostra piccola Cenerentola. Dai piani bassi a quelli alti... Allora, com'è essere una Deveraux?- chiede qualcuno acidamente, interrompendoci.
Quella voce potrei riconoscerla ovunque ormai: Valerie.

Mi gelo, per poi staccarmi da Mark come se mi fossi scottata, perché se c'è Valerie nei dintorni deve esserci anche...
Scaccio immediatamente quei pensieri, non sto facendo nulla di male, non dopo tutto ciò che è successo.
Ormai però la bolla in cui quel bacio mi aveva catapultata si è rotta e sono stata scaraventata bruscamente nella realtà; è vero non ho fatto niente di sbagliato, ma allora perché mi sento in colpa?
Mi mordo l'interno della guancia, voltandomi a guardarla: i capelli rossi e ricci sono sciolti e la avvolgono come lingue di fuoco, indossa un abitino corto in pelle e stivali alti; il modo in cui  le aderisce al corpo la rende sicuramente desiderabile agli occhi di qualsiasi ragazzo, già questo mi fa infuriare, non è invidia... ok forse un pochino.
Una malefica vocina dentro me, sottolinea la mia vera paura: che sia desiderabile agli occhi di un ragazzo in particolare. La cosa che maggiormente mi irrita è il suo solito sorrisetto compiaciuto e derisorio.

-Ma vedo che nonostante la scoperta, ti ostini a frequentare gentaglia. Voglio darti un consiglio non richiesto, dovresti andare oltre l'apparenza, probabilmente sei troppo stupida per rendertene conto- guarda Mark con sdegno.

Lui le restituisce lo sguardo, irrigidendo la mascella. A quel punto mi alzo infuriata e subito mi accorgo di un'altra presenza; in quel momento il mio battito accelera, perché so chi è prima di guardarlo.
Ancora prima di concentrarmi sul viso, fisso le sue mani: stringe così tanto i pugni che le nocche sono bianche, il suo corpo è totalmente rigido e ha la mascella contratta. Per non parlare dello sguardo... Dio il suo sguardo fa venire i brividi; non sta guardando me, sta guardando Mark e sinceramente ho paura per lui.
Sento ribollire ancora di più la rabbia: non ha alcun diritto di avere una reazione del genere, in fondo lui stesso ha avuto premura di farmi presente che io e lui non siamo nulla e mai lo saremo.

Per questo mi sposto davanti a Mark, come a volerlo difendere sia da Valerie che da David e mi riconcentro su di lei, guardandola con aria di sfida. -Il valore di una persona non si misura certo associandolo alla ricchezza, se così fosse tu dovresti vivere sotto i ponti- rispondo, altrettanto sprezzante.

-Il valore di una persona? Il tuo idealismo e finto buonismo mi fanno vomitare. Non è tutto oro quello che luccica- dedica un'altra occhiata alle mie spalle insinuante e altezzosa, con le mani sui fianchi.

Cerco di misurare e controllare la rabbia che ribolle dentro me. Non è aggredendola che riuscirò a ferirla, le parole sono l'arma peggiore, l'ho sperimentato questa mattina con David. -Personalmente, ciò che mi fa vomitare sono le viziate come te, si può sapere che diavolo vuoi? Ti rode che io sia una Deveraux? Invidiavi quello che stavamo facendo? Perché se non te ne fossi accorta, ci hai interrotto- alzo un sopracciglio eloquentemente -capisco che per te, vedere un ragazzo che tratta una ragazza come qualcosa di prezioso deve essere una novità- continuo lapidaria e per un momento guardo David negli occhi, forse questo rimprovero era rivolto più a lui che a Valerie e sembra averlo colpito in pieno; poi ritorno a fissare la strega con aria maligna e lei mi guarda di rimando, sgomenta.
-Deve essere dura non poter baciare il ragazzo che ti piace quando vuoi, o sbaglio? Scommetto che non sei una a cui piace condividere, eppure lo accetti. Come fai?- La incalzo.

Lei assume un' aria seria e ha una punta di derisione negli occhi.
Poi si avvicina al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa, mentre io resto immobile, spiazzata per un momento.
È vero, le parole feriscono molto di più, non avevo considerato però quanto Valerie fosse maledettamente brava a usarle.

-A differenza tua, io non credo nelle fantasie infantili. Accetto la realtà, ciò che lui è disposto a darmi e che io sono disposta a dare a lui, per questo sono l'unica che riesce a stargli accanto. Non mi illudo come te di cambiarlo, perché so che non è possibile, non fingo indifferenza malcelata e soprattutto non gli permetto di distruggermi, come fa con tutte e sicuramente farà con te, stupida ingenua. Come tutte quelle a cui gira intorno, ti illudi di essere speciale per lui- continua a sussurrarmi con tono mellifluo -te lo leggo negli occhi. Pensi davvero che se così fosse, dopo aver dormito con te e dopo ciò che stavate per fare al mattino, sarebbe venuto a consolarsi tra le mie braccia? Il tuo essere così patetica quasi mi commuove...-

Per tutto il tempo, le sue parole mi hanno trafitto come lame ghiacciate. Sentivo quella orribile voce al mio orecchio e fissavo David, nascosta dietro la folta chioma di capelli di Valerie.
Le ha raccontato della notte che abbiamo passato insieme, di ciò che è successo tra noi.
Quando smette di parlare, resto lì come una statua di sale e guardo il sorriso compiaciuto dipinto sul suo volto, tanto odioso quanto fastidiosamente perfetto. È compiaciuta perché sa di avermi colpita, sa che anche stavolta ha vinto lei.

Si volta con un gesto elegante, cingendo i fianchi di David che risponde avvolgendola con le sue braccia. Ho la nausea, non ho il coraggio di guardarli negli occhi; non ho più guardato il viso di David da prima e non ho intenzione di farlo adesso. Non avevo notato le gemelle e gli altri ragazzi accanto a loro, adesso li sento ridacchiare.
Mi danno tutti le spalle, allontanandosi e io fisso il vuoto, sento il cuore sbriciolarsi, mentre sulle labbra ho ancora il sapore di menta e cioccolato, dovuto al bacio di Mark. Quante volte ancora mi farò ferire da lui così?

-Amy, tutto bene? Sembri molto scossa. Cosa ti ha detto?- Mark si avvicina immediatamente.

-Solo la verità...- sussurro flebilmente, con lo sguardo ancora perso nel vuoto.

Dopo essermi presa qualche minuto per riprendermi e senza aggiungere altro, decidiamo di rientrare. Aiden e Jess notano subito la mia espressione e ci fissano interrogativi.

-Valerie- risponde Mark alla loro domanda inespressa -non so cosa le abbia detto, ma sappiamo che la strega ha la lingua tagliente.-

Nessuno aggiunge altro.
Probabilmente la mia reazione è esagerata, non saprei... è solo che nonostante io l'abbia allontanato definitivamente, non mi aspettavo che andasse a spiattellare tutto a Valerie.
Gli altri cercano di cambiare argomento e alleggerire l'atmosfera, ma io resto in silenzio per il resto della serata, fissando Mark di sottecchi e distogliendo lo sguardo ogni volta che lui cerca di catturare il mio.
Non so se ho fatto la cosa giusta a permettergli di baciarmi, in questo momento non sono in grado di stabilire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato: io, sempre tanto razionale e ponderata, mi sto facendo guidare soltanto dalle emozioni e dall'istinto, creando casini colossali.

Dopo aver passato ancora del tempo a chiacchierare, passeggiando per le vie luminose e inondate di ragazzi della parte moderna del paese, decidiamo di tornare alla pensione. Mark mi è sempre stato accanto: cercava di coinvolgermi nella conversazione, mi cingeva le spalle con un braccio in maniera rassicurante, insomma ha provato in tutti i modi a tirarmi su di morale, tuttavia con scarsi risultati.
Arrivati all'esterno della pensione ci salutiamo, lui mi dà un leggero bacio sulla guancia e si allontana; ma il senso di colpa per come ho reagito, dopo il nostro primo bacio, mi opprime. Così, di nuovo guidata dal mio istinto, corro verso di lui stringendogli il braccio per fermarlo.

-Mark aspetta!- urlo, facendolo voltare sorpreso, mi fissa interrogativo con i suoi grandi occhi nocciola. -I... io... ho bisogno di parlarti.-

-Amy, non devi crearti problemi, sul serio- risponde tranquillo.

-Non mi sto creando problemi, insomma sì, tuttavia volevo dirti che non si tratta del bacio- cerco di spiegarmi, arrossendo leggermente -è stato tutto perfetto, mi dispiace che Valerie ci abbia interrotto. In questo periodo sono molto scombussolata per quello che sta succedendo, non voglio che pensi che me ne sia pentita, tutto qui- mi tormento le dita nervosamente, senza guardarlo negli occhi.
Con delicatezza mi alza il mento, spingendomi a fissarlo: sta sorridendo.

-Sono felice che tu non te ne sia pentita, credevo che Valerie ti avesse detto qualcosa sul mio conto. Volevo essere io a parlartene...- Non gli permetto di concludere la frase, poggiando la mia mano sulle sue labbra.

-Qualunque cosa sia può aspettare e nulla di ciò che Valerie dice, può farmi cambiare idea su di te. Ne parleremo domani, per adesso non aggiungiamo altre amarezze a questa serata, era iniziata così bene...- gli sorrido dolcemente.
Lui mi sfiora la guancia con le sue dita, sono ruvide come le mie, per le tante ore di lavoro. Un'altra cosa in comune... ne abbiamo così tante.

-Cosa ne diresti di vederci domani? Ho la mattinata libera- chiede speranzoso.

-Ne sarei contentissima, passi per la colazione?- propongo.

-E colazione sia! Potremmo continuare da dove siamo stati interrotti- sorride maliziosamente facendomi arrossire.

-A... a domani allora- preferisco non contraddirlo, forse anche io ho voglia di continuare senza interruzioni...

Si avvicina, sfiorando leggermente le mie labbra con le sue.

-A domani.-

Mi avvio soddisfatta verso la pensione. Sono convinta di aver fatto la cosa giusta: Mark è il ragazzo adatto a me.
Mi ritrovo Jess, Aiden e Sue a braccia conserte e con sorrisini maliziosi stampati sul volto.

-Mi avete spiata!- esclamo indignata.

-Cosa ti aspettavi, tesoro, siamo tutti impegnati, è ovvio che ci interessiamo alle vite sentimentali altrui. E tu sei davvero una rubacuori!- sghignazza Sue.

-Allora, stiamo morendo dalla curiosità!quando siete usciti dalla caffetteria...- insinua Jess divertita.

Arrossisco violentemente -smettetela! Non vi dirò nulla, impiccioni!-

-Andiamo, Amy, ti ha baciata sì o no? Soltanto questo e non faremo altre domande- mi guarda con uno sguardo implorante. -Promesso!-

Sbuffo, alzando gli occhi al cielo. -Sì, mi ha baciata e io gliel'ho lasciato fare, contenti?- confesso innervosita.

Aiden sta per saltellare dalla gioia, si trattiene solo a causa della mia occhiataccia, ma non del tutto.

-Sia lodato il Signore!- Esclama infatti, sentite le mie parole.

-Aiden!- incrocio le braccia al petto, incenerendolo con lo sguardo.

-Che c'è?- assume un tono innocentissimo -sai che mi è simpatico, a differenza del pallone gonfiato- fa spallucce.

-E ti è piaciuto?- domanda immediatamente Jess tutta allegra.

Sue nel frattempo soffoca una risatina, guardando la mia espressione. -Adesso basta! Non dirò un'altra parola. Vado a dormire e non osate seguirmi- punto il dito verso di loro minacciosamente e il mio sguardo, per fortuna, è abbastanza eloquente.

Salgo in camera ancora imbarazzata.
Prima di mettermi a letto controllo il cellulare, aspettavo una chiamata di mia madre che a quest'ora dovrebbe essere quasi arrivata all'isola.
Con disappunto vedo che sul display non c'è nessuna chiamata persa, nemmeno un messaggio; così compongo il numero ma mi risponde la solita voce metallica, informandomi che il cliente non è raggiungibile. Probabilmente il suo treno è in ritardo, riproverò domani, anche se sono sicura chiamerà lei.

Per rilassarmi decido di annegare i pensieri sotto il getto d'acqua bollente della doccia, di solito funziona a casa, ma qui non tanto...
Quando sono a letto, ripenso al bacio di Mark anche se non è soltanto il suo bacio a darmi da pensare... piuttosto il suo modo di trattarmi in generale: si comporta come se fossi un qualcosa di prezioso da proteggere, non ha mai alzato la voce o cambiato il suo modo di comportarsi verso di me. Non mi destabilizza, non mi fa paura affidarmi a lui, per questo non posso fare a meno di paragonarlo a David che invece è l'opposto.
Mark è ciò che ho sempre immaginato quando fantasticavo su un possibile ragazzo adatto a me: qualcuno che mi stesse vicino, qualcuno che nonostante la forza e sicurezza che manifesto all'esterno, senta il bisogno di starmi accanto e farmi sentire protetta.
Sbuffo, girandomi e rigirandomi, sta' tranquilla, mi ripeto, hai fatto la cosa giusta. Eppure, nonostante questo, continuo a rigirarmi tra le lenzuola.

Il palazzo di vetro ha le finestre inondate da una luce bianca e accecante. Mi guardo intorno spaventata e il cuore mi batte tanto forte che sta per uscirmi dal petto.
Dove sono? Cos'è questo posto?
Inizio a correre, percorro tutta la sala, cercando di aprire le porte che ho appena notato: tiro forte la prima ma nulla, passo alla seconda, nemmeno questa si apre. Così arrivo alla terza, imprecando e cercando di spingerla con tutte le forze: nulla, inizio a prenderla a calci per la frustrazione, sono tutte chiuse.
L'angoscia e il senso di claustrofobia sembrano soffocarmi. Continuo a guardarmi intorno, spaesata; poi al centro noto una scala, è di vetro, come tutto ciò che si trova qui dentro. Corro per raggiungerla ma inciampo, batto le ginocchia sul duro pavimento e sento un dolore bruciante.
Mi proteggo il viso con le mani, sono inciampata in questo abito lungo che indosso e che so non essere mio. Urlo, chiamando Jess e Aiden ma non c'è alcuna risposta.
Decido di alzarmi e salire la scala, sto attenta, alzando i lembi del vestito per non inciampare di nuovo. Mi tocco i capelli, aggrotto le sopracciglia stranita, visto che sono intrecciati in una strana pettinatura.
Ripercorro gli ultimi gradini cercando di non guardare in basso, visto che la scala è trasparente e molto alta.
Arrivata in cima, noto un lampadario di cristallo grandissimo, che illumina un'enorme sala completamente vuota e bianca.
Appesi alle tre pareti, ci sono tre specchi di media grandezza.
Perché dovrebbe esserci una stanza contenente solo tre specchi? Voglio uscire di qui! Mi avvio maldestramente allo specchio sulla sinistra, sempre più impacciata per la lunghezza di questa gonna.
Mi guardo. Di fronte a me c'è Anita o sono io? Ormai non ne sono più tanto sicura: l'abito che indosso, il modo in cui i miei capelli sono pettinati, rendono la nostra somiglianza ancora più inquietante.

Inizio a toccarli e a muovere la gonna, la figura di fronte a me, riflessa nello specchio, ripete i miei movimenti. Cosa ti aspettavi, stupida? È uno specchio, mi rimprovero.
Se questo è uno scherzo non mi piace, chi diavolo mi ha conciata così? Perché indosso i suoi abiti?
Quando rialzo lo sguardo e torno a fissarmi, la figura di fronte a me indossa l'amuleto; prima non c'era ne sono sicura, sobbalzo, sgranando gli occhi e portandomi le mani al collo: io non ho niente, nessuna collana. Ma che diavolo...?

Mi avvicino ancora di più, cercando di capire da dove viene quel riflesso, ma non trovo una spiegazione... continuo a tastarmi il collo.
La figura di fronte a me si ferma, si sta muovendo autonomamente e mi dà seriamente i brividi.
Porta le braccia lungo il corpo e mi fissa in maniera triste, quasi con pietà. L'azzurro dell'abito che indossiamo la rende eterea, come se fosse un fantasma o un'apparizione. Dal suo corpetto, improvvisamente, vedo aprirsi una macchia di colore rosso sul ventre. Subito porto le mani lì, dov'è apparsa la macchia, ma per fortuna sul mio corpo non c'è nulla.

-La nostra colpa, la nostra vergogna- sento che sussurra e credo stia parlando con me.

Il suo taglio sanguina copiosamente e lo sguardo triste diventa ancora più cupo, la pelle diventa di un pallore mortale e tutto l'abito si colora rosso. Si porta le mani al ventre, stringendole, e vedo del sangue uscirle dalla bocca, mentre si accascia sulle ginocchia.
Urlo, a causa dell'orribile scena e mi volto di scatto terrorizzata, mi guardo alle spalle: quasi mi aspetto di ritrovarmi faccia a faccia con Frederick, ma non c'è nessuno.
Quando torno a fissare lo specchio, è distesa a terra con gli occhi sbarrati: è morta.

Mi allontano da lei terrorizzata, non voglio guardare... corro il più lontano possibile da quella macabra immagine, andando a sbattere violentemente contro lo specchio a destra.
Mi massaggio la spalla indolenzita dall'urto e indietreggio.
Sgrano di nuovo gli occhi sorpresa:
nello specchio di fronte a me ci sono io. Riconosco i lunghi capelli biondi che ricadono sulle spalle, in morbide onde, i grandi occhi azzurri sono persi nel vuoto, come se fissassero un punto indefinito e lontano.Vedo i miei jeans scoloriti e la maglia di colore verde menta, che indosso spesso a Baia del Sole.
La figura di fronte a me ripete i miei stessi movimenti ma quando mi guardo, tastandomi il corpo, indosso sempre lo stesso abito di prima e i capelli sono ancora intrecciati.
Mi avvicino ulteriormente e con cautela, allungo una mano e il mio riflesso fa lo stesso. Sento la paura scorrere sotto la pelle... non appena tocco la superficie riflettente, così  fredda e liscia, unendo la mia mano con la sua lo specchio va in frantumi. Provo a proteggermi ma non posso evitare di ferirmi una mano, a causa delle schegge.

Basta! Sono stufa di questo posto! Devo andare via.

Torno indietro, correndo verso la scala, ma prima che possa anche solo fare un passo verso i gradini, questa va in frantumi, impedendomi di fuggire.
Sospiro, urlando dalla frustrazione.
Mi volto scoraggiata, dirigendomi verso lo specchio più grande. Tuttavia, quando arrivo davanti alla superficie riflettente, l'aria nei miei polmoni si congela: c'è mia madre lì, riflessa nello specchio che sorride.
I suoi lunghi capelli neri sono pettinati alla perfezione come al solito e anche i suoi occhi hanno una luce particolare.

-Mamma!- urlo, ma lei non sembra sentirmi.

Poi la vedo sgranare gli occhi terrorizzata, urla e qualcosa la tira via, facendola allontanare da me. Inizio a prendere a pugni lo specchio, sento l'ansia scorrere in me e il terrore stringermi lo stomaco in una morsa. Lei si allontana sempre di più, con uno sguardo colmo di paura, agita le braccia e le gambe, spinta via da una forza misteriosa che la sta facendo annegare nel buio.

-Mamma! Mamma!- urlo disperata, ma non c'è nulla che io possa fare per salvarla.
 

Mi alzo di soprassalto dal letto, completamente sudata e con il respiro accelerato: era uno stupido sogno, maledizione! Non un ricordo, solo un sogno orribile.

Controllo il cellulare, cercando una chiamata di mia madre ma nulla. Mi sto solo facendo suggestionare, sbuffo.
Sono soltanto le sei del mattino, quindi vado a sciacquarmi il viso con acqua fresca, per mandare via l'inquietudine e ritornare a dormire o almeno ci provo...
Quando torno in camera e cerco di richiamare mia madre, di nuovo mi risponde quell'orrenda voce metallica. Impreco, gettando il cellulare sul letto frustrata.
Sto per distendermi di nuovo, quando
sento bussare alla porta. Chi può essere alle sei del mattino?
Incuriosita vado ad aprire e mi ritrovo davanti la signora Miller, che ha un'aria assonnata ma anche preoccupata.

-Bambina, ci sono delle persone giù che ti stanno cercando.-

La fisso stranita -delle persone? E cosa vogliono?-

-Non me l'hanno detto, ma credo che dovresti scendere.-

Subito decido di indossare degli abiti presentabili e corro verso la Hall, non so perché, ma sto tremando. Ho come un presentimento...

Seduti all'entrata, sulle poltrone colorate della signora Miller, ci sono il capo ufficio Laurent e un uomo di mezza età, vestito di nero e con un auricolare dello stesso colore. Lo riconosco immediatamente: è un membro della Sicurezza del Terzo Stato, sono una sorta di polizia.

-Signorina Deveraux, si sieda, dobbiamo parlare- esordisce immediatamente il capo ufficio Laurent. Nonostante l'ostentata e appetente calma, non mi sfugge il suo reale nervosismo.

Faccio come dice: mi siedo di fronte a lui e comincio a stringermi le dita delle mani, ormai intorpidite dalla paura.

-Mi dica- la strana sensazione che provo non accenna ad abbandonarmi.

-Si tratta di Elise Davies, sua madre...-

Sbianco, le orecchie iniziano a fischiarmi furiosamente e mi tremano le mani. Il mio sogno ritorna davanti a me: in particolare lo sguardo terrorizzato di mia madre.

Mi alzo di scatto, indietreggiando e facendo cadere la poltrona dietro di me.
-No! No... no... no.... no- continuo a ripetere convulsamente.

Con la mente torno a una mattina di tre anni fa: un membro della sicurezza del Terzo Stato sedeva sulla poltrona del nostro salone, noi sul divano di fronte a lui.

-Signora Davies, si stratta di suo marito- disse.

Una sua frase bastò a incenerire tutto il mio mondo. Non urlai, non mi dimenai come sto facendo ora, ascoltai tutto impassibile e impassibile rimasi inchiodata sul mio letto per le settimane successive.
Stavolta però non ci riesco: non può succedere di nuovo, io non potrei sopportarlo.

-Signorina Deveraux, la prego, si calmi. Siamo a conoscenza di ciò che è successo a suo padre, comprendiamo la sua paura- l'agente cerca di rimettermi a sedere inutilmente.

Comprendono? A quelle parole mi viene da ridere, mi esce una risata del tutto isterica. No, nessuno può comprendere come mi sento in questo momento. È come se l'unica àncora che mi teneva salda fosse scivolata via, lasciandomi in alto mare, in balia delle onde, anzi di una vera e spaventosa tempesta.

-Amy, ma che succede!- la voce di Aiden ci interrompe, quando mi volto vedo che anche Jess è accanto a lui. Sono entrambi visibilmente preoccupati.

-Dobbiamo dare un'informazione alla signorina Deveraux, ma è strettamente confidenziale. Devo pregarvi di lasciarci soli- lo informa il capo ufficio.

Aiden si avvicina a me come una furia, cingendomi le spalle e Jess fa lo stesso, stringendo le mie mani nelle sue.

-Non vede che è sconvolta?! Lei non dirà nulla alla mia amica senza il nostro sostegno!- urla, fulminandolo con un solo sguardo. Si guardano in cagnesco per qualche minuto ma il mio migliore amico non ha alcuna intenzione di cedere e anche il capo ufficio deve averlo capito.

-Bene- risponde infatti, visibilmente in difficoltà.
Aiden mi stringe ancora più forte, sostenendomi con Jess.

Laurent fa un colpo di tosse, schiarendosi la gola. -Il treno su cui viaggiava sua madre, è stato fermato e assaltato da un gruppo di uomini non identificati. Sospettiamo, ma non ne abbiamo la certezza, che siano dei senza impiego insoddisfatti. A nessuno dei passeggeri è stato fatto del male, ma sua madre...-

-Cosa le hanno fatto?!- lo interrompo urlando, quasi sull'orlo di una crisi isterica.

-Sua madre è scomparsa, non c'è traccia di lei. Sospettiamo sia stata rapita- si intromette l'agente, rispondendo alla mia domanda.
-Ci perdoni, signorina, il capo ufficio evidentemente non è in grado di adempiere a questi compiti- continua l'agente, indirizzando uno sguardo infuriato verso di lui.

-Rapita?- formulo quella parola quasi estranea, del tutto inaccettabile. Sgrano gli occhi terrorizzata -perché qualcuno vorrebbe rapirla?-

Lui mi guarda con aria penetrante e finalmente capisco: io sono una Deveraux, lei è mia madre, vogliono i soldi; è stata rapita per colpa mia.
L'angoscia per ciò che potrebbero farle e il senso di colpa mi assalgono, tanto che quasi non riesco a reggermi sulle gambe.
La stretta di Aiden però è ferrea. Affondo il viso nel suo petto, circondata dall'odore del suo bagnoschiuma e del dopobarba fresco, che quasi mi riporta a casa; stringo la sua maglia, sento le lacrime salate scendere sulle guance. Sembra che tutte le lacrime non versate nel corso della mia vita, si stiano ripresentando in questo periodo, quasi come se volessero vendicarsi e presentarmi il conto, un conto salatissimo.

-La troveranno, Amy, vedrai- continuano a ripetermi i miei amici.

Io invece rivedo soltanto gli occhi terrorizzati che mia madre aveva nel mio incubo.

 
 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


L'agente ha continuato a parlare per una decina di minuti ma io non ho ascoltato molto; ho solo capito che cercava di rassicurarmi, dicendomi che tutte le forze di Sicurezza del Terzo Stato stanno cercando mia madre... non ho nemmeno avuto la forza di rispondergli.
La mia mente riesce solo a formulare un unico pensiero: è tutta colpa mia.
Avrei dovuto prevedere che ci sarebbero state minacce e quei brutti presentimenti che avevo... dovevo ascoltare il mio istinto.

Fisso i motivi floreali delle lenzuola mentre me ne sto sul letto, con le spalle poggiate alla testiera a rimuginare.
Jess e Aiden sono accanto a me, anche loro in silenzio, sanno che in questi casi non amo parlare; tuttavia la loro presenza basta a darmi un briciolo di conforto.
Non posso non pensare allo sguardo pietoso rivoltomi da Anita nel mio sogno: davvero è questo il nostro destino? Quali peccati avrà mai commesso?
Mi chiedo se non sto continuando a pagare io per ciò che lei ha fatto, qualunque cosa sia...

Sentiamo la porta aprirsi, ma non alzo nemmeno lo sguardo; continuo a fissare questi dannati motivi floreali, con la mente completamente altrove.

-Amy, come stai?- la voce di Mark mi riporta alla realtà e finalmente mi decido a distogliere lo sguardo.

Quando però vedo la sua faccia resto a bocca aperta: ha un grosso livido sullo zigomo sinistro e il labbro inferiore spaccato.

Mi alzo immediatamente, correndogli incontro. -Cosa ti è successo?!- domando allarmata e con le dita sfioro il suo viso delicatamente.

-Sta' tranquilla, sono solo dei graffietti, guariranno nel giro di qualche giorno. Adesso quello che conta per me è sapere come stai...- Tenta di sminuire la cosa ma non mi inganna,
non c'è bisogno di spiegazioni per capire.

-È stato David, vero? Avete fatto a pugni per colpa mia...- sussurro demoralizzata e lui distoglie lo sguardo, dandomene implicitamente conferma.

-Non avrei mai voluto darti un ulteriore motivo di angoscia, mi dispiace... ma quello che ha detto- serra la mascella e lo vedo incupirsi, stringendo i pugni.
-Davvero, non è niente. La cosa importante ora sei tu e trovare tua madre, queste sono stupidaggini- è restio e sembra non voglia rivelarmi troppo, ma non se la caverà così facilmente.

-Voglio sapere cosa ti ha detto, adesso.- Il mio tono è irremovibile e sotto il mio sguardo duro, non può fare a meno di sospirare ma sa benissimo che non lascerò cadere così il discorso.

-Ha iniziato ad accusarmi di cose senza fondamento, cercando di mettermi anche contro di te. Ha detto che ci meritiamo a vicenda e che hai fatto presto dopo aver passato la notte con lui, a trovarti un rimpiazzo- distoglie nuovamente lo sguardo dalla mia faccia. -Amy, ascolta, non mi interessa nulla di ciò che lui dice. Anche se fosse la verità, potrei solo essere felice che hai interrotto ciò che c'era tra voi, è stato il disprezzo con cui parlava di te a farmi scattare- nuovamente vedo la rabbia trasudare dal suo viso e capisco che non sta mentendo...

David ha davvero parlato di me in quel modo... Non posso credere che abbia detto una cosa del genere! Stupida io che ancora mi sorprendo.

Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi ma le ricaccio indietro: non piangerò ancora per le sue cattiverie.

Tuttavia Mark ha bisogno di una spiegazione, la merita dopo ciò che è successo tra noi.

-Abbiamo dormito insieme, è vero, ma non è successo niente. Non so perché ti abbia detto queste cose...- chiarisco immediatamente.

-Non mi devi alcuna spiegazione, soprattutto non in questo momento, bellissima- mi stringe il viso tra le mani con dolcezza -l'unica cosa che conta è concentrarci sulle ricerche.-
Non merito un ragazzo tanto comprensivo e buono con me...

Passiamo ancora un po' di tempo in camera con Jess e Aiden, poi chiedo a tutti di lasciarmi sola: ho intenzione di riposare o almeno di provarci.
Chiudo gli occhi, cercando di svuotare la mente dai pensieri cupi che la attraversano; sta bene, deve stare bene, la troveranno. Lentamente riesco ad addormentarmi ma non è un sonno tranquillo; più che dormire è come se galleggiassi nell'oscurità, in un flusso di pensieri vorticoso e infinitamente angosciante.

-Lasciami entrare, riccioli d'oro, se non vuoi che ti spacchi di nuovo la faccia!!-

Un trambusto mi ridesta immediatamente da quello strano sonno.

-Ha bisogno di riposare e tu sei l'ultima persona che vuole vedere in questo momento!-

Le voci ovattate provengono dall'esterno.

-Non ho intenzione di stare a sentire le tue stronzate, chi ti credi di essere? Ho detto fammi passare e non te lo ripeterò!!-

Il tonfo pesante alla porta mi fa scattare subito in piedi. Si può sapere cosa diavolo sta succedendo?!
Quando la apro vedo Mark che sta per cadere all'indietro e David che lo tiene per il colletto della camicia: il tonfo è stato causato dal corpo di Mark sbattuto violentemente contro la porta.

-Smettetela! David, lascialo immediatamente!- urlo preoccupata, incenerendoli con lo sguardo.

Lui mi dà ascolto, per fortuna, e toglie subito le mani di dosso a Mark.

-Scusami, Amy, ho cercato di non farti svegliare ma è stato inutile- lo fissa con disprezzo.

David alza gli occhi al cielo schifato-adesso comincerai a scodinzolare di fronte a lei? Se vuoi posso allungarti qualche croccantino, sei proprio un bravo cagnolino- lo deride maligno.

Mi fa ribollire dalla rabbia.

Mark stringe i pugni e prima che possa rispondere li interrompo di nuovo, ponendomi tra loro; l'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è assistere a una rissa, soprattutto se il motivo sono io.

-Si può sapere cosa sei venuto a fare, oltre a insultare Mark?- chiedo a David sprezzante, riportando la sua attenzione su di me.

Cambia completamente espressione e il suo viso si rilassa tornato a contatto col mio, noto che anche lui ha un piccolo livido sullo zigomo. I suoi occhi di ghiaccio puntati nei miei hanno  quell'aria gentile con cui tutte le volte riesce a ingannarmi, ma stavolta non mi farò incantare.

-Ho saputo di tua madre. Volevo sapere come stavi e se ci sono novità- spiega con cautela, alla vista della mia espressione fredda e arrabbiata.

Sono incredula -tu vuoi sapere come sto?! Perché, vuoi farmi credere che davvero ti interessa?!- lo guardo con sufficienza e poca convinzione.

A quel punto la sua espressione diventa oltraggiata. -Certo che mi interessa, non sarei qui se così non fosse- ribatte piccato.

Rido di gusto a quelle parole, ma è solo una risata amara. -Quindi è così che fai. Entri ed esci dalla mia vita quando ti pare e piace...-

-Non...- prova a interrompermi ma lo blocco, prima che possa usare qualche patetica scusa.

-Per far sì che tu possa interessarti a me c'è bisogno che un cataclisma colpisca il Terzo Stato, o che urli e mi dimeni disperata in preda agli incubi, oppure che rapiscano mia madre! Altrimenti preferisci startene dietro le quinte a spargere cattiverie sul mio conto, raccontando a Valerie ciò che è successo tra noi!! A picchiare i ragazzi che si interessano a me, creandomi solo problemi. Mentre tu te ne stai tranquillo a portarti a letto Valerie o Margaret o tutta la restante popolazione femminile!!- gli urlo in faccia e stringo i pugni. Ormai ho il fiatone e il mio sguardo è ferito e arrabbiato.

Le nostre voci rimbombano nel corridoio della pensione. Tanto che Jess, Sue e Aiden escono dalle loro stanze e quando si accorgono di noi, ci guardano a bocca aperta.
Non mi sfugge lo sguardo omicida di Aiden rivolto a David che invece, essendo concentrato su di me e sulle mie parole, non si è accorto di nulla.

Il suo viso è una maschera di rabbia e incredulità -i ragazzi che si interessano a te?! Credi davvero che lui sia interessato a te?!- chiede infuriato, indicando sprezzante Mark. Lui per fortuna si limita a uno sguardo assassino, senza ribattere o riprendere a litigare: ha capito che questa cosa dobbiamo risolverla soltanto io e David.

-Non credo, ne sono certa!- rispondo altera, alzando il mento con aria di sfida.

-Se è così perché ti ha baciata solo adesso che sei ricca? Poteva farlo prima. Sai almeno chi è? Lui è Mark Galloway, è il figlio di Rick Galloway. È interessato solo ai tuoi soldi- sputa quelle parole velenose, non staccando lo sguardo sprezzante dalla faccia di Mark. Lui a sua volta resta immobile ma lo vedo irrigidirsi.

Rick Galloway... ricordo questo nome: è un noto criminale del Terzo Stato, fu arrestato circa quattro anni fa dopo due anni di latitanza.
Organizzò una rete criminale grandissima: furti, rapine, rapimenti con riscatto; le notizie delle sue prodezze rimbalzavano sul giornale dello Stato almeno una volta alla settimana. Suo figlio fu accusato di avere nascosto il padre, la cauzione per il suo rilascio è altissima.

Di colpo il dubbio inizia a farsi strada dentro di me e fisso Mark per un istante: non ha bisogno di dire nulla, perché capisco dal suo sguardo che David dice la verità. Per un momento mi sfiora il sospetto che sia per questo che Mark si interessa a me...
Poi però ripenso alla prima volta che ci siamo conosciuti: al modo in cui mi ha sempre corteggiata, prima, quando ancora credevo di essere Amy Davies; le sue dita ruvide per il troppo lavoro... no, non può essere....
nessuno dovrebbe essere accusato per gli errori dei propri genitori.

-Il fatto che suo padre abbia fatto quelle cose, non fa di lui un criminale- dico, guardando Mark con comprensione. Inizialmente lui è sorpreso ma poi mi sorride con gratitudine.

David invece sgrana gli occhi completamente spiazzato -ti fidi di lui?-

-Più di quanto mi fidi di te. L'hai preso a pugni, David! Hai spiattellato tutto a Valerie! hai almeno pensato a ciò che io avrei provato?- sibilo irritata.

-Certo, perché a lui è concesso il beneficio del dubbio, invece io sono solo un mostro- ribatte con rabbia e delusione, alzando di nuovo la voce.

Eh no! Lui non ha alcun diritto di essere deluso o arrabbiato con me. Non gli permetterò di rigirare la situazione.

-Da quando ci siamo conosciuti non fai altro che farmi soffrire! Ti avvicini a me e quando comincio a lasciarmi andare, mi sbatti in faccia tutto il tuo disprezzo. Adesso sono stufa, David, stufa. Mia madre non è stata ancora trovata, capisco che possa interessarti, visto che l'hai conosciuta ma se in futuro vorrai altre informazioni, chiedi agli agenti. Per il resto, non voglio che tu interferisca nella mia vita, non voglio che ti avvicini a me o alle persone a cui voglio bene. Vattene, David, e non tornare. Non voglio vederti mai più- non posso impedire ai miei occhi di inumidirsi e mi odio per questa debolezza che ho nei suoi confronti.

Le mie parole al vetriolo, lo colpiscono più di quanto lasci trasparire dalla espressione indecifrabile che ha assunto. Ormai ho imparato a tradurre il suo sguardo di ghiaccio, almeno un po'...
Ho scaricato su di lui tutta la mia frustrazione e rabbia, è divenuto il bersaglio su cui riversare tutte le mie emozioni negative. La mia conclusione risulta sempre più esatta: più staremo vicini, più ci distruggeremo a vicenda.

Deglutisce senza dire nulla e vedo che irrigidisce la mascella, mentre le sue lame d'argento mi trafiggono con durezza.

-Sta' tranquilla- sussurra dopo un minuto buono -ti starò lontana, non ti rovinerò ulteriormente la vita- conclude sprezzante e... ferito?

Si allontana immediatamente da me. Poi dedica un altro sguardo colmo di odio e avvertimento a Mark, che invece resta in silenzio, fissando il pavimento.

Aiden e Sue guardano David andare via con uno sguardo soddisfatto, l'unica che invece è concentrata su di me e nota il dolore nei miei occhi è Jess.

****

Sono passati tre giorni dalla litigata con David, giorni in cui sono rimasta su questo letto e chiusa in questa stanza; il telefono sempre nelle mie mani, aspettando la chiamata per un riscatto che non è mai arrivata.
La Sicurezza continua le ricerche e io continuo a torturarmi, chiedendomi cosa vogliono da mia madre. Mark passa tra un turno di lavoro e l'altro; non parliamo molto, si limita a sedere sul letto accanto a me, a stringermi tra le sue braccia per darmi consolazione... la cosa sorprendente è che accanto a lui riesco a dormire, almeno per qualche ora.
Voleva raccontarmi tutto sul padre, e sul ruolo che lui ha avuto nella sua fuga dalla Sicurezza dello Stato ma non gliel'ho permesso: leggevo nei suoi occhi che non era pronto e l'ho rassicurato.
Quando lui non c'è Jess e Aiden mi fanno compagnia, la presenza delle persone a cui voglio bene mi aiuta molto anche se non riesce a colmare il vuoto che ho dentro...
David invece non si è più fatto vedere, ha accettato la mia richiesta, se così possiamo chiamarla, di starmi alla larga e ancora devo capire se questo mi fa stare bene o male. Per distrarmi prendo il mio album da disegno, tracciando i contorni del volto di mia madre: l'unica cosa però che riesco a disegnare è il suo viso terrorizzato, frutto del mio incubo, non riesco a togliermelo dalla testa!
Frustrata scaglio l'album sul letto e decido di uscire; ho bisogno d'aria, non tollero più le pareti di questa camera.
Senza farmi vedere da nessuno, sgattaiolo fuori dalla pensione: è tardo pomeriggio e l'aria è più fresca, segno che l'estate sta lentamente volgendo al temine.
Mi tengo lontana dalla parte moderna, passeggiando per le stradine della parte antica del paese; mi sento come se avessi trascorso un anno chiusa in quella camera e non soltanto tre giorni.

Immersa nei miei pensieri continuo a camminare.

-Signirina Davies!- Sento una voce familiare che mi spinge a voltarmi: è Albert Van Dalen, il padre di David.
Indossa uno dei suoi soliti completi formali di ottima fattura, i capelli brizzolati sono pettinati all'indietro col gel. Quest'uomo è sempre fastidiosamente impeccabile, come suo figlio.

-Mi scusi, volevo dire Signirina Deveraux, stavo giusto venendo da lei- si corregge gentilmente.

-Signor Van Dalen! Scusi lei, non l'avevo vista. Mi chiami Amy, capisco che sia difficile ormai ricordare tutti questi cognomi- rispondo ironicamente -perché stava venendo alla pensione?- domando incuriosita.

-Una visita di cortesia, Amy- sorride affabilmente -inoltre ho visto che non hanno ancora trovato sua madre e volevo mettere a disposizione tutte le mie risorse- mi comunica con serietà.

Resto a bocca aperta -lei farebbe questo per me? I... io non so cosa dire... C'è bisogno di tutto l'aiuto possibile- lo fisso commossa -è davvero gentile con me e mi conosce a stento...-

-È vero, la conosco da poco. Tuttavia sapevo che c'era qualcosa di speciale in lei, il modo in cui mio figlio la tratta... il suo aspetto... Come ho fatto a non capire di trovarmi davanti alla figlia di Cristopher?- rivela corrucciato.

Aggrotto le sopracciglia confusa -lei conosceva mio padre?- quella frase mi sfugge d'istinto ma pronunciarla mi lascia l'amaro in bocca, mi sembra un tradimento... mio padre è soltanto uno e io non mi riferirò di nuovo a Cristopher Deveraux così.

-Certo che conoscevo suo padre, era il mio migliore amico! Dopo la sua morte purtroppo ho avuto qualche divergenza con Corinne, quindi non ho mai saputo di sua figlia... ciò non toglie che mai negherei il  mio aiuto a te, permettimi di darmi del tu- confessa sorridendo.

-C...certo. Non sapevo nulla di tutto questo, davvero non so come ringraziarla!-

-Beh... puoi iniziare dandomi del tu come ho fatto io- mi fa l'occhiolino - ora devo andare. Ti lascio proseguire con la tua passeggiata, spero che il mio aiuto porti dei benefici- mi poggia una mano sulla spalla calorosamente, per poi allontanarsi, non prima di voltarsi ulteriormente a guardarmi.

Non posso credere a ciò che è appena successo. Con le enormi risorse dei Van Dalen la Sicurezza avrà un aiuto notevole! Mi sento molto rincuorata e fiduciosa, forse non è tutto perduto. Inoltre non immaginavo che conoscesse Cristopher così bene, o che addirittura fossero amici...
Deve essere strano per lui ritrovarsi davanti la figlia del suo migliore amico. Non capisco perché tutti lo descrivono come un uomo spietato e spinto solo dai suoi interessi, con me è stato sempre gentile e disponibile...

Tra una stradina e l'altra mi ritrovo di fronte al negozio di Nora; non so nemmeno perché vengo così spesso qui: è come se la conoscessi da sempre.
Stavolta però cerco di allontanarmi subito, non mi va di parlare... ma quando sto per incamminarmi vedo la porta del negozio aprirsi.

-Oh, bambina! Non sai quanto ti ho pensata.-

Nora mi viene incontro abbracciandomi, e io rispondo alla stretta in modo impacciato. Questo suo modo di comportarsi: come una vecchia zia, mi mette un po' in soggezione.

-Non ti chiedo come stai, lo immagino...- sussurra dispiaciuta, accarezzandomi il viso -vieni dentro, ti preparo un buon tè.-

In realtà vorrei rifiutare, la sua gentilezza però mi persuade.
Attraversiamo il negozio e la piccola scala che conduce al suo appartamentino, mi fa sedere su una poltrona e inizia a scaldare l'acqua.

Quando il tè è pronto siede di fronte a me -ci sono novità su tua madre?- domanda cautamente.

Sospiro -ancora nulla, la Sicurezza dello Stato prosegue con le ricerche e all'inizio credevano fosse stata rapita per soldi... ma non ho ricevuto alcuna telefonata o messaggio con una richiesta di riscatto, non so più dove sbattere la testa- abbasso il viso scoraggiata.

Mi pone due dita sotto il viso, rialzandomelo -Non devi abbatterti, coraggio, non hanno alcun motivo per farle del male e per fortuna il Terzo Stato non è grande quanto il Secondo- cerca di farmi forza.

Dopo qualche minuto di silenzio la vedo corrucciata e pensierosa, sto per chiederle il motivo ma mi anticipa. -Ho incontrato tua madre, Corinne- rivela d'un tratto.

A quelle parole scatto come una molla -l'unica madre che ho è Elise Davies- rispondo duramente, pentendomene subito: Nora non merita la mia rabbia.

Abbassa lo sguardo dispiaciuta -Scusami, non volevo turbarti ulteriormente, hai ragione. Tuttavia vorrei darti una cosa, non sono passata in questi giorni per non disturbarti...- si alza, cercando tra gli scaffali di una piccola e vecchia libreria.

Si avvicina a me e cerco di capire cos'ha tra le mani, mi rendo conto che si tratta di un vecchio album da disegno.

Lo posa sul tavolo di fronte a me. -Questo apparteneva a Cristopher, è stata tua mad... Corinne a darmelo- si corregge subito -mi ha chiesto di fartelo avere, non si è avvicinata a te in questi giorni per non farti agitare ancora di più- spiega con cautela.

Fisso l'album sul tavolo senza toccarlo, come se potesse mordermi. Poi cerco di tranquillizzarmi e farmi coraggio: non posso considerarlo mio padre, ma sono curiosa di conoscere qualcosa di lui.

Lo prendo con mani tremanti e lo apro: contiene dei disegni magnifici e il suo stile è molto simile al mio. Vedo i paesaggi di Albanuova che anche io ho avuto modo di ritrarre, la tenuta Deveraux e Corinne... ci sono un'infinità di fogli che la ritraggono. Solo un uomo davvero innamorato può cogliere tutti questi minuscoli dettagli che lui ha riportato su carta. Dovevano essere davvero felici...

-Era bravissimo- sussurro soltanto. Non so che altro dire, mi ritrovo dinanzi ai resti della famiglia che avrei potuto avere e che per non so quale motivo mi è stata negata.

-Un talento che ti ha tramandato- osserva lei soddisfatta. Non posso far altro che sorridere mestamente, continuando a guardare i disegni.

-Mi dispiace non provare ciò che dovrei verso di loro ed essere così dura verso Corinne, ma non riesco a farne a meno- confesso demoralizzata.

-Cosa ti fa infuriare di lei maggiormente?- chiede con curiosità.

Sospiro stancamente. -Il fatto che da quando mi ha vista per la prima volta, non fa altro che dirmi cosa fare senza darmi spiegazioni. Come se ne avesse il diritto, come se sapesse cosa è meglio per me ma lei non mi conosce, Nora, per me è un'estranea; se mi avesse cresciuta innanzitutto saprebbe che imponendomi le cose non otterrà mai nulla. Mi ha abbandonata e non ha alcun diritto di dirmi cosa fare, solo la mia madre può ed è Elise mia madre.-

Non riesco a reprimere la durezza nella mia voce; non le rivelo che un altro motivo per cui sono infuriata con lei, è perché ha rinunciato a me. Insomma, qualsiasi cosa l'abbia spinta a farlo, mi ha privata di una parte della mia vita, delle mie origini. È vero, sono stata una bambina felice, con una famiglia perfetta e se tornassi indietro, non cambierei nulla, ma non riesco a non provare astio nei suoi confronti.

-Tutto ciò che ha fatto è stato per proteggerti e anche ora cerca di farlo- tenta di farmi capire.

-Intimandomi di lasciare il paese? Di stare lontana da David? Dai Van Dalen? Albert Van Dalen ha messo a disposizione le sue risorse per cercare la mamma, con me è sempre stato gentile! Credo che Corinne sia perseguitata dai fantasmi del suo passato, ma non può riversarli su di me; se mi intima solo di andare via senza darmi spiegazioni, come posso capire? Forse non sa come ci si comporta con una figlia, ma il suo approccio è totalmente sbagliato- mi sfogo e ormai sono un fiume in piena.

Nora mi ascolta pazientemente. -Probabilmente non sa come comportarsi con te. Non conosco i motivi che la spingono a dirti cosa fare ma credo che in questo caso hai ragione, non dovresti abbandonare il paese. Inoltre Albert Van Dalen ha una brutta fama, è vero, ma se ti ha presa a cuore lei non può essere così paranoica. In fondo era il miglior amico di tuo pad... di Cristopher.-

Sono davvero sorpresa: è la prima persona che non mi intima di stare lontana dai Van Dalen. Non mi aspettavo che la sua migliore amica mi desse ragione, forse conosce il rapporto che c'era tra Albert e Cristopher molto meglio di Corinne.

Mi rendo conto che si è fatto buio, così decido di andare via.

Prima di allontanarmi dal negozio, Nora mi abbraccia di nuovo calorosamente, ancora una volta una sensazione di disagio si impossessa di me. Quando finalmente mi lascia andare, ripongo l'album di Cristopher al sicuro nella borsa e mi incammino verso la pensione; Jess e Aiden saranno in pensiero...

****

L'illuminazione in queste vecchie stradine è molto scarsa: tutti gli edifici intorno a me producono inquietanti ombre sui ciottoli scuri.
Sento un senso di disagio e paura addosso, come se fossi osservata costantemente da qualcuno...
Continuo a guardare in continuazione a destra e sinistra; sto diventando paranoica. Il buio non mi ha mai fatto paura ma credo che con tutta la storia di mia madre, sono abbastanza suggestionata.

Cammino in modo più spedito, cercando di fare il più presto possibile. Improvvisamente sento dei passi dietro di me, a quel punto non posso fare a meno di sobbalzare con il cuore in gola e mi volto di scatto impaurita: non c'è nessuno. Amy, datti una calmata, mi ripeto.

Dopo pochi passi soltanto, vengo di nuovo bloccata da rumori alle mie spalle. Prendo nuovamente un respiro e facendomi coraggio mi volto ancora: stavolta c'è un uomo alle mie spalle e si trova a poca distanza da me, a causa del buio non riesco a distinguere il suo volto. Cerco di tranquillizzarmi, dicendomi che si tratta solo di un passante... tuttavia per sicurezza decido di cambiare strada, svoltando in una stradina sulla sinistra, con questo buio sembrano tutte uguali.

Do di nuovo un'occhiata alle mie spalle e mi ritrovo il petto serrato da una morsa: è ancora dietro di me.
Cerco di camminare più velocemente, senza correre, non voglio fargli capire che l'ho visto; sono però costretta a fermarmi: di fronte a me, a una breve distanza, noto che c'è un'altro uomo a bloccare la strada.
A quel punto mi si gela il sangue e capisco di essere seriamente nei guai.
Mi guardo intorno spaesata e terrorizzata, non ci sono vicoletti in cui poter svoltare, sono in trappola.
Forse sono io che sto fantasticando... magari quell'uomo è lì per caso, mi auto convinco e decido di proseguire e superarlo. Eppure più mi avvicino, più la mia ansia aumenta.
Tengo lo sguardo puntato verso il basso e cammino; per fortuna lo supero in un baleno.

Quando mi convinco di averla scampata e di essermi solo suggestionata, lui mi afferra un braccio.

L'aria mi si gela nei polmoni e sbianco terrorizzata.

-Dove credi di andare- sento la sua voce roca al mio orecchio.

Alzo lo sguardo: ha il volto coperto e nel frattempo anche l'altro uomo si sta avvicinando a noi.

-Chi siete! Cosa volete da me?!- sto tremando, la voce mi esce quasi strozzata. Che frasi banali, stupida, è evidente che non vogliono nulla di buono. I peggiori film horror iniziano così! Mi rimbecca la mia fastidiosissima vocina interiore.

-Tu adesso vieni con noi- risponde lui, prendendomi anche l'altro braccio e stringendomi. Sgrano gli occhi terrorizzata dalla forza della sua stretta.

-Io non vengo da nessuna parte con voi!- rispondo sdegnosamente, cercando di divincolarmi senza successo.

A quel punto ride di gusto mentre mi tiene ferma. Urlo più forte che posso e provo ancora a scivolare via.

-Sta' zitta!- mi strattona violentemente.

Vedo anche l'altro uomo ormai a poca distanza da noi e capisco che devo subito fare qualcosa, contro entrambi non avrò speranze: sono molto robusti.

Prendo coraggio, avvicinandomi al suo corpo e gli sferro una ginocchiata lì dove non batte il sole, come mio padre ebbe modo di istruirmi. 

-Maledetta stronza!- urla il mio assalitore, lasciandomi e piegandosi in due.

Senza perdere tempo ne approfitto, iniziando a correre a perdifiato. Urlo, cercando aiuto ma purtroppo sono in una parte abbastanza isolata e questi edifici non sono abitati: nessuno può sentirmi.
Credo di averlo seminato ma subito sento di nuovo i passi dietro di me: mi stanno inseguendo e io sono troppo lenta!
I polmoni ormai mi bruciano per lo sforzo, non mi sento più le gambe ma stringo caparbiamente i denti, continuando a correre. Non posso fermarmi, devo tenere duro. Resisti, cerco di incoraggiarmi da sola.

Per quando io corra, per quanto mi sforzi, loro sono più veloci...
È un secondo soltanto, il tempo di un respiro e subito sento la stretta dell'uomo dietro di me. Stavolta mi blocca completamente e mi stringe fortissimo, ancora più di prima; mi gira con violenza e mi sbatte contro il muro della stradina.
La mia testa batte con una forza inaudita contro la parete, per un momento vedo solo tanti puntini davanti agli occhi e un dolore lancinante mi colpisce: mi fischiano le orecchie e il dolore mi mozza il respiro.

-Ora ti faccio vedere io, puttana!- ringhia al mio orecchio. Con il mio gesto non ho fatto altro che farli infuriare.

Il terrore mi stringe lo stomaco: cosa vogliono da me?
Tiene una mano avvolta intorno al mio collo, stringendo con forza, mentre con l'altra mano armeggia con il bottone dei miei jeans.
Il suo corpo che è il doppio del mio e mi tiene immobilizzata alla parete.
Capisco subito cosa sta cercando di fare... ho la nausea, più mi dimeno, più lui stringe il mio collo, impedendomi di respirare.

-Fermo! Non possiamo farlo, dobbiamo portarla viva. Ci è stato ordinato di non farle del male...- dice l'altro allarmato.

-E chi ha detto che voglio ucciderla!- esclama divertito. Il suo alito puzza di alcool e mi dà il voltastomaco, come le sue parole e le sue mani su di me.

-Voglio solo divertirmi un po', dopo ciò che ha fatto me lo deve.-

Sento l'adrenalina scorrere sotto la mia pelle, prego che qualcuno mi aiuti, prego perché non succeda ciò che sta per succedere. La sua stretta intorno al mio collo sta iniziando a fare effetto: la vista è quasi del tutto sfocata e la mancanza di ossigeno mi sta facendo bruciare i polmoni.

-Non dovremmo...- prova a persuaderlo l'altro -a lui non piacerà per niente!- ormai le loro voci sono lontane e ho smesso anche di opporre resistenza: non ho le forze per farlo.
Aria, ho bisogno di aria!

-Sta' zitto!- ringhia il mio assalitore, senza nemmeno guardarlo.
È troppo concentrato su ciò che sta facendo: è riuscito a sbottonare i jeans, sento un vuoto dentro di me. Sono nel panico assoluto e il mio cuore mi batte all'impazzata nel petto, diviso tra la mancanza di ossigeno e la nausea per ciò che sta cercando di farmi quest'essere schifoso.

Con le ultime forze mi dimeno, provando a sottrarmi dalla sua ferrea stretta.

-Adesso vedremo se vali tutti i soldi che ci hanno pagato per averti.-

Inizio a subire seriamente la mancanza d'aria, mi sta soffocando, gli occhi mi lacrimano e sto per perdere i sensi.

-Toglile immediatamente quelle viscide mani di dosso!- ci interrompe una voce dura.

La mia testa è offuscata, a causa del colpo alla parete e dalla stretta intorno al mio collo. Tanto che non riesco a distinguere a chi appartenga la voce; vengo lasciata di scatto e prima che possa mettere a fuoco ciò che sta succedendo intorno a me, sento la forza nelle gambe abbandonarmi e il buio avvolgermi completamente.



**Angolo Me**
Ciao a tutti! <3 Ho preferito aggiornare adesso, perchè essendoci la Pasqua di mezzo ero sicura che avrei tardato. Ne approfitto per farvi tanti auguri :)
spero che la storia vi stia piacendo, vi avviso che ne succederanno di tutti i colori, ormai siamo nel vivo ;)
alla prossima <3<3

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Le mie palpebre sono incollate e il mio corpo è così pesante da non permettermi alcun movimento; sono ancora disgustata e impaurita dal tocco di quell'uomo...
Sento dei rumori di spintoni e pugni ma non riesco a capire quanto durino, poi delle braccia mi avvolgono. Qualcuno mi sta portando via!
Vorrei urlare, dimenarmi, fuggire, ma questa strana immobilità non accenna ad abbandonarmi e io non riesco nemmeno più a formulare dei pensieri razionali; la morsa del buio che mi stringeva solo all'esterno, adesso sembra avvolgermi anche all'interno.
 

****

Dove sono?
Sotto il mio corpo percepisco una superficie morbida: cerco di muovere il braccio, di aprire gli occhi, ma di nuovo il mio corpo non risponde ai comandi. C'è qualcuno con me? Provo a concentrarmi, ad ascoltare, ma le orecchie mi fischiano e riesco solo a sentire delle voci ovattate e lontane, non distinguo le parole ma sembrano litigare.
Poi di nuovo il nulla...
Galleggio nell'oscurità, alternando stati di incoscienza a stati di coscienza; ormai ho perso la cognizione del tempo. Non riesco in alcun modo a svegliarmi, eppure sento una presenza costante accanto a me: qualcuno che mi accarezza dolcemente, mi sussurra parole all'orecchio, sento che mi racconta delle storie e mi legge versi di poesie; mi tiene compagnia per tutto il tempo e ringrazio mentalmente che questo angelo custode non mi abbandoni. Prima di essere di nuovo inghiottita dall'oblio, delle parole catturano la mia attenzione:

"Amor, ch'a nullo amato amar perdona. Amor condusse noi ad una morte."

 

****


 
Il suo corpo mi tiene incollata alla parete, le sue mani addosso...
-Ora vediamo se vali quanto ci hanno pagato!- sento di nuovo la nausea e l'orrore farsi strada dentro di me.
Il cuore mi batte all'impazzata nel petto, e ho il respiro accelerato. Vorrei fuggire via ma questa immobilità non me lo permette, ancora non riesco nemmeno ad aprire le palpebre ma capisco che si trattava di un incubo...
-Shh tranquilla-  sussurra quella voce, chiunque sia sta vegliando ancora su di me...
Le orecchie continuano a fischiarmi, quindi non capisco a chi appartenga, riesco soltanto a distinguere le parole.
Una mano fresca mi accarezza il viso e la guancia, provo con tutte le mie forze ad aprire gli occhi ma i miei sforzi sono del tutto inutili. Spero di non essere stata presa da quegli uomini, eppure sono certa che non è così; questa delicatezza con cui mi sta accarezzando... non può certo appartenere a quelle bestie.
-Sei al sicuro. Giuro sulla mia vita che nessuno ti toccherà mai più, dovessi attraversare l'inferno per impedirlo. Ti prego svegliati, torna da me.-
Questa voce è così implorante, così disperata che vorrei accontentarla; vorrei svegliarmi ma il mio corpo non ne vuole sapere. Le parole che mi ha sussurrato mi donano tranquillità: chiunque sia sento che sta dicendo la verità, che mi proteggerà sempre.
Il suo tocco delicato sfiora il mio braccio, poi stringe la mia mano: la sua stretta è così gentile e ferma, così rassicurante.... Chi sei?
Il conforto di quella mano, avvolta nella mia, mi fa sentire protetta, tanto che leggermente scivolo in un dolce sonno.

 

****


 
È una giornata torrida. Il sole è caldissimo e Tulla procede spedita nel boschetto; cavalcare è un qualcosa che mi fa sentire libera.
È passato da poco il mio ventesimo compleanno e mio padre mi ha fatto il regalo più bello che potessi desiderare: la mia adorata Tulla, la cui criniera scura splende sotto i raggi del sole.
Mi sembra ancora di sentire mia madre:
-È sconveniente che una giovane dama cavalchi come una selvaggia, sola per i boschi per giunta. Anche se non rispettiamo le convenzioni, dobbiamo mantenere una parvenza di normalità! Non capite che la gente mormora? Françoise mi stai ascoltando?!-
Io e mio padre la stavamo bellamente ignorando, impegnati ad accarezzare e ammirare Tulla, la nuova arrivata di casa Deveraux.
Dopo una settimana di discussioni, anche la mamma ha ceduto e finalmente ho avuto il permesso di cavalcare tutte le volte che voglio.
Arrivare al mio posto segreto con lei è molto più veloce e divertente, inoltre ho guadagnato una fedele e simpatica amica.
Arrivata al lago, recupero la mela dalla sacca e la avvicino al suo muso, la divora subito.
-Sei una golosona- la accarezzo amorevolmente.
Poi mi avvicino alle sponde del lago e come sempre fisso incantata lo spettacolo meraviglioso dinanzi a me: i raggi del sole si riflettono scintillanti sull'acqua, mentre tutto intorno una lussureggiante vegetazione gli fa da cornice, il prato e gli alberi sono verdi e ricchi di frutti invitanti.
Mi godo il profumo della natura che tanto mi attira e mi dà gioia; poi quando il caldo inizia a farsi sentire, nonostante l'estate stia volgendo al termine, sento bisogno di darmi una rinfrescata.
Inizio a sfilarmi questo abito tanto vaporoso  e fastidioso, slacciando con non poca difficoltà lo stretto corpetto e le gonne pesanti.
"E questa pettinatura!"
Sbuffo e sfilo tutte le forcine che ho in testa, restando con i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle; ora ho addosso solo la sottile sottoveste in lino a maniche corte e lunga fino a metà coscia. Mi sento decisamente più libera, non capisco perché le donne siano costrette a indossare tutta questa robaccia!
Prima di immergermi nelle fresche acque del lago, mi guardo intorno: è un luogo molto isolato per fortuna, mia madre inorridirebbe vedendomi fare il bagno in questo modo. "Griderebbe allo scandalo", penso ridendo.
Mi immergo lentamente: la sottoveste bagnata si incolla addosso e l'acqua fresca mi dà sollievo dall'afa.
Non appena l'acqua mi arriva al collo, vi affondo anche la testa, godendomi il silenzio del fondale nuotando libera. Quando riemergo però sobbalzo immediatamente a causa di un rumore: i cespugli accanto al lago si muovono in modo sospetto.
Imbarazzata, nascondo il mio corpo poco vestito sott'acqua.
-Chi siete?! Dovreste vergognarvi! Uscite immediatamente, siete stato scoperto!- urlo infuriata.
A quelle parole un uomo lentamente fa capolino dai cespugli poco distanti.
È alto e robusto ed è decisamente ben vestito, tuttavia non è questo a sorprendermi: è di una bellezza sconvolgente. I capelli sono scurissimi come l'inchiostro e un po' lunghi, ha gli zigomi pronunciati, il viso ben proporzionato e le labbra piene, di una forma che rasenta una imbarazzante perfezione. Tuttavia la cosa che colpisce maggiormente sono quegli occhi, contornati da scurissime e folte ciglia: sono di un colore magnetico come l'argento fuso.
-Perdonate, sono passato qui per caso...- esordisce con la sua voce profonda, nascondendo un sorriso malizioso.
-E avete pensato di godervi lo spettacolo- sibilo contrariata e irritata. Non gli do nemmeno il tempo di ribattere. -Voltatevi, devo uscire dall'acqua e rivestirmi.-
-Non c'è molto che non abbia già visto- risponde lui divertito.
Resto a bocca aperta, del tutto oltraggiata da quell'insinuazione. Ma che sfacciato!
Il mio sguardo di fuoco gli fa perdere immediatamente  il sorriso e subito, alzando le mani in segno di resa, si volta.
Dagli abiti e dai modi, ma soprattutto dal portamento, capisco che deve provenire da una famiglia nobile.
Mi rivesto velocemente, con tutti questi fronzoli ci metto più tempo del previsto.
Decido di lasciare i capelli gocciolanti sciolti sulle spalle, effettivamente ha visto cose ben più sconvenienti dei miei capelli sciolti...
-Potete girarvi- lo avviso altera.
Quando si volta mi scruta con curiosità, e io non posso che restare senza fiato sotto le sue occhiate insistenti.
Dio... Ha uno sguardo così magnetico e intenso! Sembra che il lago alle mie spalle si sia riversato nei suoi occhi: due meravigliosi laghi d'argento fissi su di me.
-Sono il conte Frederick Van Dalen- si presenta inchinandosi.
Resto spiazzata. Van Dalen? È un parente in visita?
Mi inchino anche io formalmente -Contessina Anita Amalia Deveraux- a quel punto prende la mia mano nella sua e capisco che sta per baciarla.
In realtà il baciamano non prevede che le labbra sfiorino la pelle della dama, ma come avevo intuito dalla sua sfacciataggine lui la sfiora con le sue: sono morbide e calde, un brivido mi sale lungo la schiena e sento un calore sulle guance... sono certamente arrossita.
Perché sto provando queste strane sensazioni? Sgrano gli occhi stupita dalla reazione del mio corpo: la pelle dove si sono posate le sue labbra sembra andare a fuoco!
Lo vedo alzare un angolo della bocca in un mezzo sorriso compiaciuto: si è accorto di tutto. La consapevolezza tinge ulteriormente le mie guance... che vergogna!
-Incantato- sussurra sensualmente, senza togliermi gli occhi di dosso.
-E ditemi, contessina, è costume delle giovani dame di questo luogo, immergersi senza vesti nelle acque del lago?- aggiunge ironico e allusivo.
Questa domanda mi irrita, si sta prendendo gioco di me!
-Ditemi voi, Conte, è vostra abitudine spiare una donna senza alcuna remora o vergogna?- ribatto piccata.
Sussulta un istante per il mio tono e le parole sfacciate, poco consone a una dama del mio rango.
-No, sapete di solito sono loro a spiare e fissare me- si pavoneggia ridacchiando.
Ma che arrogante e presuntuoso...
Alzo un sopracciglio scetticamente. -Devo ammettere di non aver mai visto esternare così apertamente tanta arroganza.-
Di nuovo pare sorpreso ma stavolta anche divertito. -E io devo ammettere di non aver mai visto una giovane donna, del vostro lignaggio per giunta, esternare così apertamente i propri pensieri. Alcuni potrebbero chiamarla sfacciataggine, contessina- di nuovo quel sorrisetto malizioso e ironico.
-Per fortuna ho smesso da molto tempo di curarmi di ciò che le persone dicono sul mio conto- sorrido falsamente.
Ho già inquadrato il tipo: nobile, affascinante, ricco... sicuramente crede di avere tutti ai suoi piedi, l'arroganza che lascia trasparire quando parla ne è la prova tangibile. Spero solo che sia di passaggio.
-A ogni modo, questo luogo è isolato. Nessuno ha l'abitudine di fermarsi o passare per il lago, è per questo che ero tanto tranquilla mentre mi immergevo nelle sue acque- mi giustifico e non so nemmeno perché lo sto facendo.
-Temo che d'ora in avanti non sarà più così. Dal momento che il boschetto confina con le mie terre diventerà un luogo di passaggio, almeno per me. Sono davvero colpito dalla bellezza del posto- sorride allusivo, facendomi arrossire di nuovo. -Spero che ciò non vi scoraggi dal passare qui il vostro tempo- aggiunge con aria innocente.
Mi sta irritando davvero troppo!
Inoltre sono molto sorpresa: non è un parente in visita dei Van Dalen. Ha detto"le mie terre"... lui deve essere il figlio di cui tutti parlano, colui che erediterà la tenuta.
-Voi siete il famoso figlio del conte Van Dalen, deduco.-
-Non ditemi che si parla già di me?- chiede, conoscendo evidentemente la risposta.
-Si parla di voi da sempre, visto che non siete stato cresciuto alla tenuta. Ma questo lo sapete benissimo.-
Annuisce nuovamente divertito. -Spero che le voci e le false notizie si calmino ora che sono tornato. Tra un mese esatto verrà indetto un ballo per festeggiare il mio ritorno, spero partecipiate...-
Così da gonfiare ancora di più il tuo ego? Sono tentata di dirgli... eppure non riesco a essere così scortese...
-Non posso prometterlo, non amo i balli e le formalità- rispondo soltanto, iniziando a camminare per raggiungere Tulla.
Mi sento stranamente in soggezione, come impacciata dinanzi a lui e non mi piace per niente, o forse sì?
-Magari riuscirò a farvi cambiare idea- dice sicuro, camminando accanto a me.
-Ne dubito, devo andare- non so perché sento il bisogno di fuggire. Mi inchino frettolosamente per congedarlo e lui fa lo stesso.
Mi avvicino a Tulla ma quando sto per salire, sento due mani cingermi i fianchi per aiutarmi.
Resto sorpresa dal gesto, non solo per l'audacia ma anche per la sua vicinanza improvvisa: mi ha presa alla sprovvista e di nuovo percepisco quegli strani brividi e quel calore, aumentati dal suo profumo avvolgente. Senza accorgermene trattengo il respiro.
Prima di andare, gli dedico un ultimo sguardo.
-Ci rivedremo presto, contessina, non dubitatene- sembra quasi una promessa e la cosa non mi dispiace affatto.
Il mio cuore accelera leggermente.
Non farti imbambolare, è questo ciò che vuole, mi ripeto. Così decido di non rispondere.
Tulla galoppa via, allontanandomi da lui e dalle strane sensazioni che mi ha fatto provare.
Con lentezza riapro gli occhi, cercando di mettere a fuoco tutto ciò che mi circonda; per fortuna stavolta sembra che il mio corpo risponda ai comandi. Il sogno mi ha donato una strana sensazione di pace: era il primo incontro di Frederick e Anita.
Mi rendo conto di essere stesa sul mio letto, alla pensione. Fisso il mio braccio dal quale spunta un tubicino, collegato alla flebo accanto a me e mi tasto il collo bloccato: è avvolto in una sorta di collare e vari bendaggi. Mi torna alla mente la mano dell'assalitore stringerlo con forza, la mancanza d'aria, i polmoni che bruciavano... tremo convulsamente a quei ricordi.
Mi balza alla mente anche una voce... quella che sentivo tra uno stato di incoscienza e l'altro:
"Giuro sulla mia vita che nessuno ti toccherà mai più, dovessi attraversare l'inferno per impedirlo. Ti prego svegliati, torna da me."
Mi accorgo di una presenza accanto a me: è lui, deve avermi salvato da quegli uomini e aver passato tutto il tempo a farmi compagnia, a vegliarmi.
Mi volto, anche se è difficile farlo con tutto ciò che ho intorno al collo. La vista è ancora annebbiata, cerco di definire i contorni del ragazzo seduto sulla sedia, accanto al mio letto: è Mark.
Quindi è stato lui a salvarmi, a implorarmi con quella voce tanto disperata di svegliarmi. Non posso crederci, come ha fatto ad affrontare quegli uomini? Poi ricordo che si tratta del figlio di Rick Galloway, sicuramente avrà affrontato altre situazioni del genere, partecipato a risse e trattato con criminali.
Mi guarda con dolcezza e gioia.
-Finalmente ti sei svegliata!- sorride.
Cerco di parlare, ma la voce esce con difficoltà ed è bassa e roca. -A... acqua- riesco a dire.
Immediatamente riempie un bicchiere dalla brocca sul comodino e con delicatezza lo avvicina alle mie labbra.
-Piano. Il dottore ha detto pochi sorsi, tra poco verrà a visitarti- mi aiuta ad appoggiare nuovamente la testa sul cuscino. Subito cerco di rivolgergli la domanda che mi preme di più.
-M... mia madre... quanti giorni- biascico.
-Sei stata priva di sensi per due giorni. La Sicurezza continua a cercarla, purtroppo però non ci sono ancora novità- risponde rammaricato.
Cerco di chiedere altro, lui però posa una mano sulle mie labbra.
-Shh, il dottore ci ha raccomandato di non farti parlare troppo, devi riposare la voce. Il modo in cui ti hanno stretto la gola...- deglutisce con rabbia e non aggiunge altro visto che entra il dottore.
Vengo informata minuziosamente delle mie pessime condizioni: della fortissima commozione celebrale, dello stato prolungato di incoscienza, atipico per una commozione...
Mi raccomanda di stare a riposo, di parlare il meno possibile, a causa della gola lesionata per la forte stretta: l'ha definito "tentativo di strangolamento" e quelle parole sembrano così strane, mi provocano ulteriori tremiti di paura.
Tutto questo è davvero stato fatto a me?
-... potrebbe avere svenimenti, fischi alle orecchie, vista sfocata...-
Bene, direi che mi hanno conciata proprio male.
-Mi raccomando, signorina Deveraux, massimo riposo- ripete per la millesima volta, prima di andare via e permettere a Jess e Aiden di entrare.
Corrono verso di me con le lacrime agli occhi. Noto che Aiden ha due occhiaie profonde e Jess ha il viso stanco e tirato.
Il mio migliore amico mi avvolge tra le sue braccia all'istante. Poi, resosi conto di stringermi troppo forte, si allontana di poco, mentre Jess mi accarezza la testa dolcemente.
-Non farci mai più una cosa del genere! Sono morta un centinaio di volte in questi due giorni, non farlo mai più- riesce a dire Jess tra le lacrime.
-Sc...scusatemi- la voce continua a essere bassa e roca.
Dopo aver passato ancora un po' di tempo con loro, arrivano anche Sue, Matt, la signora Miller e infine Nora.
-Oh bambina!- Mi abbraccia delicatamente -non avrei mai dovuto farti andare via a quell'ora- continua a ripetere contrita.
Mi dispiace immensamente aver fatto preoccupare tutti.
Sono circondata dall'affetto di così tante persone, che quasi dimentico per un momento la paura e l'angoscia provate.
Quando si accorgono della mia stanchezza decidono di lasciarmi sola a riposare, anche se rimane sempre almeno uno di loro con me e la cosa mi rassicura: essere aggredita in quel modo non ha danneggiato solo il mio corpo...
I restanti due giorni passano tra un viavai continuo di visite e il riposo assoluto prescritto dal medico; David non è mai passato, ha preso davvero alla lettera la richiesta di starmi alla larga... non che volessi una sua visita comunque.
Le bende dal collo mi sono state tolte poco fa; ho passato quasi un quarto d'ora davanti allo specchio a fissare i segni, poi Jess mi ha interrotta infuriata, rispedendomi a letto.
Continuo a non riuscire a stare sola in camera, ho sempre bisogno di qualcuno che mi faccia compagnia e al minimo rumore sobbalzo terrorizzata. Dicono si tratti del trauma subito, per fortuna sanno solo del tentativo di rapimento, Mark non ha detto loro ciò che quell'uomo voleva fare.
Mi volto: è accanto a me, proprio come negli ultimi due giorni. Anche Jess e Aiden sono vicini al lato opposto.
-Mark, non ho avuto modo di ringraziarti per ciò che hai fatto, hai rischiato la tua vita per aiutarmi- gli sorrido con sincera gratitudine. La mia voce è ancora roca, ma riesco a parlare molto meglio.
Lui sorride mestamente di rimando ma sembra in difficoltà.
-Amy... veramente c'è una cosa che dovresti sapere- abbassa lo sguardo contrito.
-Mark! Non è ancora il momento- lo interrompe subito Aiden.
-Aiden, basta. Prima o poi lo saprà comunque- gli risponde Jess, facendomi aggrottare le sopracciglia confusa.
-Che cosa saprò comunque?- chiedo incuriosita.
-Non sono stato io a salvarti, Amy, avrei voluto, ma non sono stato io- confessa di getto Mark, come se si fosse appena tolto un peso.
Sobbalzo, sgranando gli occhi. -Allora chi...- Non avevo pensato che potesse essere stato qualcun altro, avevo dato per scontato che fosse Mark e loro implicitamente me l'hanno lasciato credere...
-David. È stato David, era lui a starti vicino mentre eri incosciente- mi informa Jess e a quelle parole il mio cuore si ferma del tutto, per poi ricominciare a battere all'impazzata al ricordo della voce al mio fianco e di ciò che mi diceva:
"Giuro sulla mia vita che nessuno ti toccherà mai più, dovessi attraversare l'inferno per impedirlo. Ti prego svegliati, torna da me"
-Perché non me l'avete detto subito?! E dov'è adesso?- li guardo infuriata.
Aiden lancia un' occhiataccia a Jess ma lei sembra determinata a vuotare il sacco.
-È andato via poco prima che ti svegliassi. Non voleva farsi vedere da te, ha detto che non avresti gradito la sua presenza e ci ha pregato di non dirti nulla. Amy, è arrivato alla pensione con te tra le braccia, insanguinato e malconcio. Nessuno è stato in grado di staccarlo da te.-
-Jess- la interrompe di nuovo Aiden. Mark resta in silenzio, studiando la mia reazione.
-No, ha diritto di sapere. Volevamo portarti in ospedale, ma lui è stato irremovibile. Ha detto che non avrebbe permesso nemmeno al diavolo in persona di allontanarti dalla sua vista. Ha chiamato dei dottori dall'ospedale, si sono precipitati qui in un quarto d'ora e nemmeno in quel momento, mentre ti curavano, si è allontanato da te. Era anche stato ferito con un coltello.-
Mi allarmo immediatamente e la paura mi assale, è stato ferito per colpa mia! -Come sta adesso?!- urlo con voce tremante e visibilmente alterata.
-Tranquilla, adesso sta bene- mi rassicura la mia amica con calma -la ferita non era profonda, non ha colpito alcun organo vitale. I dottori l'hanno dovuto ricucire su quella sedia, accanto a te. Abbiamo provato in tutti i modi a farlo allontanare, Aiden ci ha litigato per quasi un'ora senza successo. I suoi occhi, Amy, c'era rabbia, quasi follia. Mark non poteva entrare in questa stanza per nessun motivo, impazziva solo a sentir pronunciare il suo nome. Anche mentre eri al sicuro nel tuo letto e il pericolo era passato sembrava terrorizzato, come se cercasse di proteggerti dal mondo intero. Non ha nemmeno permesso ai medici di toglierti i vestiti, ha chiesto a me di farlo.-
Le ultime parole mi fanno venire le lacrime agli occhi, capisco perché l'ha fatto: evidentemente non ha detto nulla ai miei amici, lui però sa che non ha evitato soltanto un rapimento. Posso ancora sentire le viscide mani di quell'uomo sul mio corpo. Sapeva che non mi avrebbe fatto piacere essere toccata di nuovo da estranei, mi si scalda il cuore a sentire tutto ciò che ha fatto per me.
-Ha passato con te giorno e notte- continua -ha litigato col dottore fino allo sfinimento perché non ti svegliavi. Ti leggeva poesie, ti raccontava storie, sembrava un'altra persona... ha passato due giorni sveglio a vegliarti. Poi, quando si è accorto che stavi per riprendere conoscenza, è andato via. Ho provato a convincerlo, a dirgli di restare ma non c'è stato verso, solo allora ha permesso a Mark di rientrare in camera.-
Non smette nemmeno di parlare che mi alzo di scatto: sento il cuore battermi all'impazzata e la testa mi gira leggermente, per il movimento troppo veloce, ma non mi importa.
-Dov'è adesso?- domando risoluta.
-Jess- la richiama Aiden in tono ammonitorio.
Ecco perché non voleva dirmi nulla: il mio amico mi conosce troppo bene, quindi riesce a prevedere benissimo cosa farò adesso.
Jess però sembra stanca di nascondermi le cose, credo si sia sentita in colpa per tutto il tempo. Soprattutto per non essersi accorta, quel maledetto pomeriggio, della mia fuga dalla pensione.
-Ogni mattina vado in piazza, quella della parte antica, per informarlo dei tuoi progressi. Dovrebbe essere ancora lì ma credo che i suoi amici l'abbiano raggiunto- sussurra guardandosi le scarpe.
Corro immediatamente verso la porta ma Aiden e Mark mi fermano.
-Amy, ti prego. Non fare stupidaggini, sei ancora debole. Andrò a prendere io il pallone gonfiato e lo porterò qui da te, per favore- lo sguardo implorante del mio amico mi stringe il cuore, tuttavia non è sufficiente a farmi cambiare idea.
Mi volto verso Mark: lo guardo, immergendomi nei suoi grandi occhi nocciola.
-Mi dispiace- sussurro soltanto.
Lui mi sfiora il viso con le dita -non hai nulla di cui scusarti, ho visto il modo in cui ti guardava. È un bastardo ma tiene a te, anche se non lo ammetterà mai e non ti merita minimamente. Ti agitavi mentre eri incosciente, è bastata la stretta della sua mano a calmarti. So quando farmi da parte, spero che non ti faccia soffrire, perché se lo farà dovrà vedersela con me e non gli lascerò di nuovo il via libera, come sto facendo- fa un mezzo sorriso.
Lo abbraccio di slancio, stringendolo a me. -Sei una delle persone migliori che conosca- sussurro al suo orecchio. Poi mi stacco e corro via immediatamente: perché stavolta niente e nessuno mi fermerà.
Mentre attraverso il corridoio di corsa, con la testa che mi pulsa dal dolore, mi scontro con la signora Miller che sgrana gli occhi.
Non mi fermo a darle spiegazioni, devo andare da David: è un bisogno, sento che devo raggiungerlo.
Finalmente di corsa arrivo in piazza: il sole è alto e la chiesa con le sue gradinate, come al solito, mi lascia un senso di inquietudine.
Lì, sulla panchina a destra, riconosco il fastidioso gruppetto di David.
Lui è di spalle: i capelli neri splendono sotto i raggi del sole, come nel mio sogno e non appena mi avvicino si volta immediatamente, come se mi avesse percepito. Quando posa gli occhi su di me lo vedo sussultare.
Prima che io possa fare un altro passo, Valerie e le gemelle mi si parano davanti.
-Oh Dio, hai un aspetto orribile! Dicevano che ti eri rimessa- guarda sconvolta i miei pantaloni scoloriti e  la canottiera scura, poi scruta i segni sul mio collo -ma che orrore!- Mi guarda disgustata e le gemelle sogghignano accanto a lei. 
Ma quelle due oltre a sghignazzare, sanno anche parlare?
-Spostati. Devo parlare con David- e nel frattempo vedo che lui si sta già avvicinando.
-Ma non ti scoccia umiliarti continuamente? Perché non lasci perdere? Se gli interessasse di te, sarebbe venuto a trovarti- mi deride.
Non sai quanto ti sbagli, vipera.
Sento la rabbia ribollirmi nelle vene: la fisso, incenerendola con lo sguardo.
Devo fare davvero paura, visto che le gemelle hanno smesso di sghignazzare e giocano nervosamente con le lunghe trecce.
-Ascoltami bene- sibilo, avvicinandomi minacciosamente, mentre lei indietreggia. Devo avere davvero l'aspetto di una pazza con questi capelli arruffati, lo sguardo stanco e i segni intorno al collo.
-Ho scoperto che la mia famiglia non è la mia famiglia, mia madre è stata rapita, io sono stata aggredita. Sono stanca ed esasperata e aspetto solo di sfogare la mia frustrazione su qualcuno. Prendere a calci il tuo culo viziato si sta prospettando come la migliore delle alternative!- per un momento senti che la Amy di Baia del Sole è tornata.
Lei mi fissa sconvolta e inorridita dalle mie parole. Certo, nel suo mondo ricoperto d'oro
nessuno deve essersi mai rivolto a lei così.
Le gemelle mi guardano impaurite e finalmente una di loro parla. Quindi sanno farlo, penso ironicamente.
-Val, coraggio andiamo via. Non vedi che è pazza, su andiamo- la trascinano mentre lei mi lancia occhiate di fuoco.
David arriva proprio quando stanno andando via. Guarda il viso di Valerie incuriosito e me con aria interrogativa.
-Lascia stare, non vuoi saperlo. Devo parlarti- lo avviso, guardandolo finalmente negli occhi: ha un livido abbastanza grande sullo zigomo e sono certa che non sia quello procuratogli da Mark. Nonostante sembri sempre il solito, noto una certa tensione e stanchezza sul suo volto, che è anche stranamente pallido.
-Cosa ci fai qui, formaggino? Nessuno ti ha detto che passeggiare dopo un'aggressione non è un buona idea?- domanda con aria fintamente strafottente.
Non mi ha ancora guardata negli occhi, mi sfugge di continuo.
Gli stringo un braccio per richiamare la sua attenzione, sta osservando i miei lividi sul collo con uno sguardo duro e sento che i muscoli sono tesi.
-So tutto, David, smettila di fingere. Sei stato tu a tirarmi fuori da quella situazione, eri tu a starmi accanto.-
Alza un sopracciglio eloquentemente. -Vedo che la tua amica sa mantenere le promesse. Stai attenta quando le racconti qualcosa, lo sbandiera a tutti- come sempre maschera con l'ironia la sua agitazione.
-Perché sei andato via? Non mi hai nemmeno dato modo di ringraziarti. Credevi davvero che dopo ciò che hai fatto, ti avrei cacciato?-
Abbassa nuovamente lo sguardo. -Mi hai detto di starti lontano e sono sempre più convinto che sia la cosa migliore. Finiamola qui, accetto il tuo ringraziamento ma ora torna alla pensione- fa per andare via.
Prendo il suo braccio e lo blocco. -Adesso basta!- urlo, con questa orribile voce gracchiante che mi ritrovo e lui si volta di scatto, sorpreso.
-Smettila di fingere che non ti importi, smettila di usare quell'aria fredda e distaccata con me! Ti ho sentito, hai detto che saresti andato all'inferno pur di proteggermi. Mi imploravi di tornare da te! Cos'è cambiato adesso? Perché non puoi semplicemente starmi accanto?- Sento le lacrime scivolarmi sul viso.
Vai, Amy, umiliati, mi deride la mia fastidiosa vocina interiore. Tra poco vincerò il premio ragazza patetica dell'anno. Vedo i suoi amici da lontano godersi lo spettacolo, bene anche il pubblico è d'accordo.
Lui si riavvicina a me, asciugandomi le lacrime con dolcezza. Poi mi sfiora il collo delicatamente, proprio sopra i segni, vedo il suo viso attraversato dal dolore.
-Non capisci che è la cosa migliore? Tu non vuoi che io ti stia accanto, lo pensi ma in realtà non vuoi. Io non sono la persona adatta a te, l'hai detto tu stessa, non so amare. Distruggo tutto quello che tocco, ma non permetterò a me stesso di distruggere te- per la prima volta sembra parlarmi sinceramente.
Sospiro -David, l'ho detto in un momento di rabbia, non sono cose che pensavo veramente. Come potresti distruggermi, come potresti tu farmi del male, quando hai passato giorni a vegliarmi e proteggermi?-
Lo guardo con dolcezza e preso coraggio, gli sfioro il viso con una mano tremante. Lui socchiude gli occhi godendosi il mio tocco.
-Parlami, per favore, voglio solo sapere cosa ti frena. Perché un momento prima ti lasci andare, mi baci, mi stringi e subito dopo mi allontani- la mia voce è implorante.
Il suo viso è combattuto, ma credo che il mio sguardo, il mio modo di parlargli, stiano abbattendo le sue difese.
-L'ho visto, Amy...- sussurra flebilmente.
Sgrano gli occhi e aggrotto le sopracciglia con aria interrogativa, cosa ha visto?
Sospira pesantemente, sembra portare un macigno addosso.
-Il tuo sogno, i tuoi sogni. Il bacio al lago di Frederick e Anita, quando lo raccontasti...
ero lui- si passa nervosamente una mano tra i capelli.
-Ora capisci? La donna era sfocata ma anche io l'ho visto. Quella mattina, quando eri a casa mia e abbiamo dormito insieme...
i loro baci ardenti, la proposta di matrimonio, è cominciato tutto quando sei arrivata...- La sua voce continua a essere un sussurro tormentato e di colpo mi si gela il sangue nelle vene.


 
**Angolo me**
Ciao a tutti❤️
Allora, so che in questo momento mi state odiando e probabilmente maledicendo in tutte le lingue che conoscete, per aver lasciato in bilico questo confronto tra Amy e David xD. Il problema è che quando scrivo sono eccessivamente prolissa, quindi almeno qui cerco di non superare mai le 4000 parole. Mi scuso per la lunghezza di questi capitoli, mi dispiace se vi annoia ma in questo punto della vicenda è necessaria. Lentamente la verità sta venendo a galla e devo descrivere tutto in maniera dettagliata.
Grazie per i consigli, i complimenti e l'affetto con cui seguite la mia storia, siete fantastici!
JosephineC ❤️
 
 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Le parole di David mi rimbombano in testa. Sono pietrificata e cerco di trovare una risposta nei suoi occhi, in quell'argento liquido che tanto mi ammalia.
Ripenso al tempo che abbiamo passato insieme: ai suoi repentini cambi d'umore, era così dolce al lago, così comprensivo... ma non appena gli descrissi il sogno cambiò totalmente, costruendo un muro tra noi.
Mi ritorna alla mente il nostro primo bacio: era tutto perfetto, fino a che non gli rivelai di aver scoperto di essere una Deveraux.
Poi c'è quella mattina a casa sua, dopo aver passato la notte insieme: il modo in cui mi guardava... improvvisamente tornò freddo e distaccato.
Non ho bisogno di leggere la verità nei suoi occhi, ripensandoci è tutto così ovvio.

-"Amor condusse noi ad una morte" è questo che pensi? È questo che ti spaventa?- chiedo, ripetendogli i versi che mi ha letto mentre ero incosciente. Guardo il tormento impresso sul suo volto e capisco che è così.
-Noi non siamo loro, David...- a quelle parole
lui sorride amaramente.

-Guardaci, Amy, non siamo loro? Ne siamo le copie perfette e l'attrazione che proviamo... non permetterò che ti succeda altro, non mi preoccupo per me. Non mi interessa il mio destino, non dimenticare che è stata Anita a morire- ribatte aspramente.

L'attrazione che proviamo... quindi anche lui è attratto da me? Cerco di nascondere l'euforia e darmi un contegno. Il suo tono irremovibile mi allarma non poco.

-Ma noi potremmo imparare dai loro errori! Noi siamo diversi, non puoi sapere cosa ci riserva il futuro. Il nostro destino non è scritto, siamo noi a deciderlo- lo guardo speranzosa.
Dopo il modo in cui mi ha salvata e mi è stato accanto, non gli permetterò di tagliarmi fuori.

Si passa una mano tra i capelli, un gesto che ho capito fa quando è molto nervoso.

-Non è solo questo. Io non sono adatto a te, non capisci? Guardami, dannazione!- si indica frustrato e la sua voce lascia trasparire tutta la rabbia che sta provando. -Io non sono gentile, non sono romantico, non cammineremo mai mano nella mano sotto un fottuto arcobaleno!-

Tengo il mio sguardo fisso nel suo e lentamente mi avvicino, per poi prendere il suo viso tra le mie mani. -Io non ti ho mai chiesto di cambiare, David, non ti ho mai chiesto una storia romantica. L'unica cosa che ti chiedo, è di non decidere al mio posto! Lasciami giudicare da sola cosa e chi è adatto a stare con me. Hai visto che stare lontani non è possibile, ci ritroviamo sempre insieme, ti chiedo solo di starmi accanto, non tenermi a distanza.-
Non so se sono le mie parole, oppure il mio sguardo implorante ma vedo che qualcosa nei suoi occhi cambia.

Anche lui stringe il mio volto tra le sue lisce e grandi mani. Appoggia la fronte sulla mia e io trattengo il respiro; la sua vicinanza mi fa accelerare il battito e il suo profumo mi stordisce.

Chiude gli occhi sospirando. -Sei la mia ossessione, il mio tormento...- mi sussurra a fior di labbra.

Le sue parole mi arrivano dentro, scavando a fondo nella mia anima. Lentamente avvicina le sue labbra alle mie con un timore reverenziale: quelle magnetiche lame d'argento puntano nei miei occhi, trafiggendomi.
Trattengo il respiro guardandolo e come al solito mi sento una falena attratta dalla luce, come Icaro che volò troppo vicino al sole: tuttavia stavolta ho la certezza che non resterò bruciata. Forse bruceremo entrambi, ma non sarà per il dolore o la tristezza, non questa volta e se è la dannazione ciò che ci aspetta, almeno saremo stati felici nella sua attesa...

Finalmente le sue labbra morbide come il velluto e calde come fiamme ardenti sono sulle mie e non non c'è più nient'altro che conti: la piazza, i suoi amici che ci fissano, il dolore alla testa...

Subito mi stringo a lui, approfondendo il bacio e dischiudendo le labbra; le nostre lingue si toccano inizialmente con timidezza, poi lui inizia a esplorare la mia bocca con ardore, con una frenesia che presto diviene inarrestabile.
Affondo le dita nei suoi capelli sottili e lui mi stringe a sé con una dolce fermezza: ora i nostri corpi aderiscono alla perfezione.
Non è soltanto un bacio: sono parole non dette, segreti non confessati, sentimenti rivelati; posso sentire il battito del suo cuore che come il mio batte all'impazzata.
Ci divoriamo a vicenda come l'ultima volta, i sentimenti e le sensazioni represse traboccano dai nostri corpi... il suo modo di baciarmi mi fa perdere la testa, vorrei che non smettesse mai.

Poi una fitta alla testa mi toglie il fiato. Nel giro di un secondo, sento la forza nelle gambe abbandonarmi.
Solo la stretta di David mi impedisce di cadere,
si stacca immediatamente da me con uno sguardo terrorizzato. -Amy! Che hai?- mi tiene le spalle, fissandomi con apprensione -ti ho fatto male?!-

-La... la testa- ansimo -il dottore mi aveva avvisata che sarebbe potuto accadere.-

Il suo sguardo si fa subito grave -ti riporto alla pensione, adesso.-

Vorrei ribattere, ma la sua occhiata ammonitrice mi blocca in partenza. Prima che io possa fare un solo passo, sento le sue braccia intorno alla vita e sotto le gambe.

-Che... che fai?!- biascico sconvolta -guarda che so camminare- gli faccio notare imbarazzata.

-Lo so, ma poi dove sarebbe il divertimento?- fa un sorrisetto malizioso -inoltre potresti cadere durante il tragitto e battere di nuovo la testa. Non è stato prudente venire qui- inizia a camminare, allontanandosi dalla piazza e stringendomi al suo petto. Se è un sogno non svegliatemi.

Il cuore mi batte all'impazzata e noto fugacemente i suoi amici che sussurrano sconvolti. Poi il mio sguardo cade su Valerie: sembra aver visto un fantasma.

Mi riconcentro sul volto di David: ha un sorriso compiaciuto che mi fa aggrottare le sopracciglia. Perché diavolo sta facendo quella faccia?

-Sai formaggino, sapevo di essere bravo ma addirittura farti svenire... sei proprio cotta- sorride maliziosamente.

A quelle parole arrossisco violentemente oltraggiata. -Non sono certo svenuta per il tuo bacio! Che presuntuoso, non era poi questo granché!- ribatto irritata.

-Per questo sei diventata viola? Scommetto che ci fantasticherai tutto il giorno- sussurra al mio orecchio, dandomi i brividi.

-Illuso- rispondo ma con voce strozzata, a causa del tono volutamente sensuale e insinuante che ha usato.

-Bugiarda- alza un angolo della bocca in un sorrisetto.

Proseguiamo in silenzio e lui non riesce a togliersi quell'espressione compiaciuta dal volto. Io decido di approfittare della sua vicinanza, visto che sento ancora le orecchie fischiare e un dolore costante: poggio la testa nell'incavo del suo collo, chiudendo gli occhi e inalando il suo profumo mentre lui mi stringe a sé protettivamente. Stare tra le sue braccia è come essere in un bozzolo, non credevo di poter provare cose del genere, mi sorprendo continuamente di queste sensazioni.

****

-Che diavolo è successo?!- la voce di Aiden mi riscuote dal torpore in cui ero caduta.

Credo di essermi addormentata, cullata dal passo lento e sicuro di David. Quando riapro gli occhi, scopro di essere nel corridoio della pensione.
Jess ci fissa, è visibilmente divertita.

-Alla tua amica le forti emozioni fanno questo effetto, credo sia stata sopraffatta dal mio fascino- sogghigna malizioso David.

Aiden ci scruta senza capire e io, irritata, do una gomitata a questo concentrato di arroganza che mi tiene tra le braccia.

-Sei davvero un cretino! Non è stato il tuo bacio- ripeto per l'ennesima volta -il dottore mi ha detto che sarebbe accaduto- alzo gli occhi al cielo infastidita.

-Quale bacio?!- esclama Aiden a quelle parole inorridendo.

-Andiamo in camera. Credo che Amy se la caverà...- Jess mi fa un occhiolino insinuante e trascina Aiden in camera sua, nonostante le proteste.

David apre la porta della mia camera, riponendomi sul letto con delicatezza; staccarmi da lui mi lascia un brutto senso di vuoto...
Per un attimo temo che voglia andare via, invece si siede sulla sedia accanto al letto.

Di nuovo si passa una mano tra i capelli nervoso. -Cosa stiamo facendo, Amy?- ma sembra chiederlo più a se stesso che a me.

-Stiamo solo passando del tempo insieme, non credo che questo ci ucciderà- rido per sdrammatizzare, il suo sguardo serio però mi fa subito perdere il sorriso... quindi cerco di cambiare argomento.

-Non voglio litigare o accusarti, ma posso chiederti solo una cosa?- domando timorosa.

-Dimmi.-

-Perché hai raccontato a Valerie della notte che abbiamo passato insieme?- mi stringo le dita delle mani nervosamente.

Lui sospira intristito. -Guarda che non ho mai raccontato nulla a Valerie. È stata Margaret Gleeson, lei ha fatto intendere che eravamo andati a letto insieme, quelle due si odiano... Quando Valerie mi ha chiesto conferma, le ho detto che tra noi non era successo niente del genere, in un certo senso volevo difenderti. Sapevo che una voce del genere non ti avrebbe fatto piacere. Una delle poche volte che ho scelto di fare la cosa giusta, mi si è ritorta contro come al solito- sorride amaramente.

-Perché non me l'hai detto subito?!- alzo la voce incredula.

-Perché hai concesso a riccioli d'oro il beneficio del dubbio, mentre io sono subito stato condannato. Sai, sono un tipo orgoglioso...- fa spallucce -a proposito, dov'è adesso? Si è già stufato di fare il bravo cagnolino?- chiede sprezzante.

Guardo verso il basso, mi sento in colpa per averlo giudicato male senza dargli la possibilità di difendersi, tuttavia il modo in cui parla di Mark continua a irritarmi.

-Scusami, io non lo sapevo... ma non devi comunque parlare di Mark così. Lui ha visto il modo in cui ho deciso di correre da te, non appena ho saputo la verità, ha capito che tra di noi non poteva funzionare. È stato molto maturo e comprensivo- lo difendo.

Lui mi guarda scetticamente -ma ti senti? Quello vuole solo entrare nelle tue mutandine. Perché sei così ingenua?-

Sospiro, decidendo di non rispondere e avere pazienza per adesso, oppure so già che finiremmo sicuramente per litigare...

Poi faccio un bel respiro e mi preparo a dirgli un'altra cosa che mi frulla per la testa da prima. -Io voglio ringraziarti, non solo per avermi salvata. Non hai detto nulla ai miei amici di ciò che quell'uomo stava per farmi... te ne sono infinitamente grata, so che non hai permesso nemmeno ai dottori di togliermi i vestiti...-

Quando alzo lo sguardo e lo fisso, vedo che si è irrigidito, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. Punta i suoi occhi nei miei, intrappolandomi nel suo sguardo di ghiaccio.

-Non voglio che mi ringrazi e soprattutto, non voglio mai più sentirti dire che "quello" stava per succedere. Non sarebbe mai successo. Mai. Quel verme schifoso non ti avrebbe messo una sola mano addosso, non gliel'avrei permesso. Stavo per ucciderlo- la sua voce esprime tutta la rabbia che sta provando, e devo ammettere che fa quasi paura. -L'altro è fuggito, ma lui... lui non me lo sarei mai fatto scappare. L'ho pestato a sangue, l'unica cosa che mi ha fermato è stata la tua voce- sussurra come perso in quei momenti.
Noto le sue nocche ancora ferite e riesco ad avere una vaga idea della ferocia con cui si è scontrato con loro.

-Eri a terra ma stavi sussurrando il mio nome. Ti ho presa e portata via di lì, ma ti assicuro che l'avrei ucciso con le mie mani.-

Restiamo in silenzio per qualche minuto, la tensione di prima si è smorzata ma vedo che è un po' impacciato. David impacciato? Questa mi è nuova...

-Sta' calmo. Non ti mangio mica! sei un fascio di nervi- lo prendo in giro ridacchiando.

-È che non sono abituato... non è che parlo molto con le ragazze di solito- abbassa lo sguardo imbarazzato.

-Quindi tu e Valerie non parlate di nulla?- domando stranita.

Alza un sopracciglio eloquentemente -mi stai davvero chiedendo come passiamo il tempo io e Valerie? Sicura di volerlo sapere?- fa un sorrisetto insinuante.

Incrocio le braccia al petto, innervosita.
-No grazie! Non mi interessa cosa fate- rispondo stizzita.

-Non sarai gelosa, formaggino?- domanda fin troppo soddisfatto.

-Gelosa io?! Non stiamo insieme- ribatto indignata.

-Che Dio me ne scampi! una rompiscatole come te poi!- fa una smorfia di finta paura. -Allora, come ti senti?- aggiunge, dopo il nostro piccolo battibecco.

Sospiro delusa, più che per la presa in giro, perché ha sviato l'argomento...

-Sto molto meglio.-

In realtà non riesco a fare a meno di pensare ai sogni che facciamo. Sapere che anche lui rivive quei ricordi mi dà sicuramente da pensare. La cosa strana è che non sogna la morte di Anita o la violenza con cui Frederick la trattava: sogna soltanto i momenti in cui erano felici e quando siamo insieme, anche io rivivo solo quelli.

-A cosa pensi?- interrompe il mio rimuginare.

-Ai sogni... al fatto che tu abbia sognato solo dei momenti belli e mai la rovina del loro amore... Cosa provava Frederick? Io riesco a percepire le sensazioni di Anita- spiego.

Mi fissa serio. -Lui la amava, non conoscevo questo sentimento e solo grazie a Frederick ho capito cosa significa donare il proprio cuore a una persona. Lo sentivo nei loro baci, nella gioia, dopo che lei ha accettato di sposarlo, potevo percepirlo in ogni fibra del mio essere.- Ha uno sguardo perso e pensieroso.

Prima che possa aggiungere altro, veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta.

-Avanti!- rispondo.

La signora Miller entra, guardando prima me e poi dedicando un'occhiata di puro odio a David. Non credo che abbia dimenticato ciò che ha fatto a Sue...

-Amy, il membro della Sicurezza vuole parlarti. Lo faccio entrare?-

-Sì...- sospiro, preparandomi alle domande.

L'uomo che mi ha comunicato il rapimento di mia madre entra in camera, sedendosi.
La sua solita aria professionale mi mette in soggezione: inizia a farmi molte domande, sia a me che a David, facendolo innervosire parecchio. Il momento più brutto è dover rivivere l'aggressione e quando David nota che l'interrogatorio sta iniziando a turbarmi troppo, diventa una vera furia, costringendo l'agente a interrompere tutto; questo suo lato protettivo non smette di affascinarmi e lasciarmi confusa.
L'agente ci dice che non ci sono novità, né sul rapimento di mia madre, né sul mio...
Quelle parole mi fanno crollare di nuovo nella tristezza, mi assicura che farà di tutto per trovare gli uomini che mi hanno aggredita ma sono scettica al riguardo.
Quando va via, sento David borbottare qualcosa su quanto sia inutile e incompetente la Sicurezza dello Stato.

-Dovremmo andare a cenare, te la senti di alzarti?- chiede premuroso.

-Sì andiamo, ceni con noi?- domando di getto, pentendomene immediatamente. Non voglio sembrare una ragazzina disperata o appiccicosa, ma ho il terrore che vada via. Non posso fare a meno di pensare che tornerà al suo atteggiamento freddo e distaccato.

-Se per te va bene...-

Sgrano gli occhi a causa della sua riluttanza, questo David impacciato mi stranisce sempre di più. È evidente che non sa come comportarsi ora che ha rivelato ciò che prova, non che questo cambi il nostro rapporto...
"Non cammineremo mai mano nella mano sotto un fottuto arcobaleno."
Non aveva nemmeno bisogno di specificarlo, so bene che non è il tipo da relazioni stabili ma nemmeno io lo sono mai stata...

-Andiamo- rispondo sorridendogli.

Quando arriviamo alla sala da pranzo, Aiden vedendoci insieme sbuffa, non nascondendo minimamente il suo fastidio. Sue non si avvicina come al solito, si limita a servirci la cena, lanciando gelide occhiate a David. L'unica contenta della sua presenza è Jess che conversa allegramente, sorridendoci ogni secondo.

-Stanotte preferisci dormire con me o con Jess?- chiede d'un tratto Aiden, guadagnandosi un'occhiata interdetta di David.

-Non dormi da sola?- domanda infatti subito dopo, stranito.

Arrossisco e abbasso lo sguardo imbarazzata. -Ecco... i... io... da quando sono stata aggredita non riesco a stare sola in camera. La verità è che sono terrorizzata- sospiro amareggiata -Mark è stato con me in questi giorni e quando era a lavoro Jess e Aiden lo sostituivano. Il dottore dice che è normale visto il trauma che ho subito...- fisso il piatto senza alzare lo sguardo.
Odio mostrarmi debole, io non sono così.

-Beh, posso dormire io con te stanotte. Sempre che tu non preferisca riccioli d'oro- propone con naturalezza e una punta di malizia.

La sua aria impacciata è già andata a farsi benedire. La forchetta di Aiden cade rumorosamente nel piatto facendo sobbalzare Jess, mentre io inizio a tossire, visto che il boccone mi è andato di traverso.

David invece se la ride di gusto, dandomi dei colpetti dietro alla schiena.

-Calma, formaggino, voglio solo farti compagnia, mi hai chiesto tu di starti accanto, no? Sarò un vero gentiluomo vedrai, non farei nulla di sconveniente con una tanto innocente come te- sorride angelicamente, facendo spallucce.

Non è la prima volta che si riferisce a me con questa frase, tutto per colpa di Aiden! 
Jess soffoca una risatina, mentre il mio migliore amico mi sta incenerendo con lo sguardo, intimandomi di rifiutare.

Io non ho il coraggio di dire altro, se non un flebile -ok...-

Così David chiama subito un domestico della tenuta, per farsi portare tutto il necessario.
Più la cena va avanti, più il mio nervosismo aumenta: è vero, gli ho chiesto di non tenermi a distanza ma non sono abituata a tutto questo...
E se stasera provasse ad andare oltre? Avrò il coraggio di fermarlo? Voglio davvero fermarlo? Ripenso a quella mattina prima del l'interruzione di Jess e sento subito il viso in fiamme; mi tormento nervosamente le dita delle mani e la cena sembra passare in un baleno.

Ci alziamo in silenzio, dirigendoci verso le nostre camere. Prima di andare via, Jess mi dà un leggero pizzicotto, strizzando un occhio; Aiden invece incenerisce con lo sguardo David, come al solito.

-Sta' attento Van Dalen!- lo avvisa minacciosamente, poi sbatte la porta della camera di Jess che ormai è divenuta anche la sua.

Entrati in camera la tensione non accenna ad abbandonarmi.

-Ti dispiace se uso il bagno? Ho davvero bisogno di una doccia- chiede.

Resto a bocca aperta, devo sembrare un pesce lesso. Ok, calma, c'è solo David Van Dalen di fronte a me che mi ha chiesto di usare la mia doccia, per poi passare la notte con me. Sta per venirmi un colpo...

Il nervosismo aumenta esponenzialmente, perché queste situazioni intime non fanno assolutamente per me. Come mi è venuto in mente di dirgli di sì?!

-D... doccia? Ma certo s... sì- balbetto.

Prima di chiudersi la porta alle spalle, mi fissa divertito. -Hey sei un fascio di nervi! Stai per andare a dormire non al patibolo, ti ho detto che farò il bravo- sbuffa riprendendo volutamente le parole che gli ho detto prima. Poi entra in bagno, scuotendo la testa divertito.

Cammino avanti e indietro nella stanza, facendomi mille problemi. Hai già dormito con lui, coraggio!
Apro l'armadio e prendendo il mio pigiama, inorridisco immediatamente: è rosa con degli orribili cuoricini.
Dannazione! perché gli ho detto di sì? Stringo il pigiama al petto, aspettando che il bagno si liberi.

La porta si apre, facendo uscire tutto il vapore dell'acqua calda.
Spalanco gli occhi inebetita: David ha i capelli e il petto gocciolanti, un asciugamano in vita e lo sguardo completamente rilassato.
Lo fisso a bocca aperta, non riuscendo a distogliere lo sguardo. Il mio cuore accelera e arrossisco di nuovo, sembra che in sua presenza io non faccia altro! Sono patetica. Questa non sono io...

-Ti sembra il modo di uscire?!- urlo isterica, cercando di non guardarlo più del dovuto ma è davvero difficile.

Lui ride di gusto -scusami, avevo dimenticato la borsa. Coraggio vai, così nel frattempo mi vesto. Nessuna si è mai lamentata comunque, vedendomi così- mi sta prendendo in giro.

Entro in bagno alzando gli occhi al cielo, come si può essere così sicuri di sé?

Faccio una doccia veloce e indosso il mio pigiama imbarazzante. Quando esco dal bagno mi lui fissa divertito.

-Bel pigiama!- sogghigna ancora.

-Smettila! È comodo- mi difendo.

-Oh lo vedo! Meglio così. Per un momento ho temuto di vederti uscire con una di quelle camice da notte striminzite, come quella che indossavi l'altra notte- fa una smorfia a quel pensiero.

-Senti chi parla, guarda come dormi- indico il suo petto nudo, guardandolo eloquentemente.

Si distende sul mio letto come se fosse il suo e io lo fisso, inarcando le sopracciglia -prego, mettiti comodo- dico ironicamente.

Poi mi avvicino lentamente al letto e con cautela mi stendo accanto a lui, a una certa distanza.

-Sai, non avevo mai dormito tutta la notte con una ragazza. Solo con te mi succede spesso a quanto pare...- ha un tono pensieroso.

-Sono felice di essere la prima allora- rispondo non poco compiaciuta. -Credi che riusciranno a trovare mia madre?-

Lui si tiene la testa con una mano, spostandosi sul fianco e guardandomi.
Mi accarezza leggermente il viso. -La Sicurezza la sta cercando, Amy, il Terzo Stato non è così grande, avremo presto sue notizie.-

-Anche tuo padre sta collaborando con le ricerche- gli confesso e vedo che si irrigidisce subito.

-Devi stare lontana da mio padre. Non so perché si interessi a te ma non mi piace- c'è apprensione nella sua voce.

Sbuffo -lo fa soltanto perché vede il modo in cui ti comporti con me. In realtà credo lo faccia più per te... in fondo è tuo padre, ti vuole bene.-

A quelle parole lo vedo ridere di gusto -mio padre non mi vuole bene. È un bastardo senza cuore, proprio come me. Farai bene a tenerlo a mente se non vuoi farti male- e ha tutta l'aria di essere un avvertimento.

-Tu non sei senza cuore- ribatto determinata, affondando i miei occhi nei suoi.
Poi gli accarezzo dolcemente il viso e lui mi lascia fare: percorro con la punta delle dita i suoi lineamenti perfetti, il contorno della labbra carnose, le guance, il naso dritto e lui chiude gli occhi godendosi il mio tocco.

-Pensi di restare? Ad Albanuova intendo- chiede ancora a occhi chiusi, continuando a godersi le mie carezze quasi come un gatto, anzi direi più come una pantera pericolosa.

Non ci rifletto nemmeno -sì- rispondo.
Credo di aver maturato questa decisione nei tre giorni successivi all'aggressione: avevo già incaricato Matt di occuparsi della tenuta, dandole una sistemata e rendendola vivibile; forse ho sempre saputo che sarei rimasta. Inoltre è stata mia madre a chiedermelo...
Almeno questo suo desiderio voglio rispettarlo, a differenza delle altre volte però, non lo faccio solo per accontentarla; il suo discorso prima della partenza è davvero riuscito a fare breccia nel mio cuore, a farmi tornare la voglia di seguire i miei sogni. Con mia grande sorpresa confesso tutte queste cose a David, è incredibile quanto mi riesce facile parlare con lui...

-Vorrei chiedere a Jess e Aiden di restare con me. La tenuta Deveraux è così grande... potremmo vivere tutti insieme- per la prima volta sto dando voce ai miei progetti futuri, anzi per la prima volta ho dei progetti davvero miei e la cosa non mi intristisce, al contrario mi elettrizza.

-Ne saranno contenti, siete molto uniti- apre gli occhi, spostandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.

-Sì lo siamo. Loro sono la mia famiglia, il mio sostegno, sarei persa senza la loro presenza- sorrido.

-Sei così bella quando sorridi- sussurra, accarezzandomi anche lui il viso.

Il mio cuore manca di un battito sotto il suo tocco delicato, siamo vicinissimi: sento il calore del suo corpo e il suo profumo invitante.
Mi ritrovo a ripensare ai nostri baci ardenti di qualche ora fa e il desiderio cresce dentro di me. Voglio ancora quelle labbra tutte per me.

Senza nemmeno pensarci mi avvicino, posando la mia bocca sulla sua, sembra sorpreso dal mio gesto e a dirla tutta anche io lo sono. David mi incute sempre un certo timore a causa delle sue reazioni inaspettate, ma stavolta ho superato la paura e seguito l'istinto.

Inizialmente resta immobile, poi la sorpresa viene sostituita da uno sguardo bramoso: stringe la presa sul mio viso, baciandomi con ardore, assaporando ogni centimetro della mia bocca; si sposta su di me in uno scatto e il mio cuore accelera mentre il bacio diventa profondo.
Inizia a far scorrere le mani sul mio corpo, sotto la maglia del pigiama, dietro la mia schiena, spingendomi a inarcarla. Il suo tocco è forte e sicuro, in questo momento lo desidero più di ogni altra cosa.
Sposta le sue labbra morbide sul mio collo, lasciando una scia di baci bollenti. Chiudo gli occhi e sento i brividi familiari lungo la schiena, quelli che soltanto lui riesce a provocarmi. Allungo le mani sul suo petto liscio e duro, sembra essere stato scolpito dal più abile degli artisti.
Sento un desiderio mai provato misto alla paura, farsi strada dentro di me.

Si stacca di getto, respirando pesantemente e io faccio lo stesso.

-Se non ci fermiamo adesso, non ci fermeremo più- mi avvisa, con uno sguardo penetrante e serio.
Quando nota il timore nei miei occhi ritorna alla posizione precedente, scendendo dal mio corpo e stendendosi al mio fianco.

-Cazzo! Ti ho promesso che avrei fatto il bravo. Anche tu però non mi aiuti!- mi guarda sconvolto e si passa una mano tra i capelli innervosito.

-Scusa- ridacchio imbarazzata e ancora accaldata.

-Capisci perché ti tenevo a distanza? Questa attrazione che c'è tra noi è incontrollabile- si morde il labbro frustrato.

Riavvicina il suo viso al mio e gioca con una ciocca dei miei capelli, mentre io non faccio altro che restare immobile, ammaliata da quegli occhi tanto magnetici.

-Il modo in cui arrossisci ogni volta che ti sfioro, il fatto che nessuno prima di me ti abbia toccato in questo modo... mi fanno impazzire. Non puoi immaginare quanto io ti desideri in questo momento- sussurra sensualmente al mio orecchio facendomi sobbalzare a quelle parole.
Sento immediatamente un forte calore sulle guance, questo suo modo sfacciato di parlare, senza filtri, mi mette così tanto in imbarazzo... mi provoca un vuoto nello stomaco e continuo ad avere il respiro accelerato. Che diavolo mi sta facendo? Un incantesimo?

Sono ammutolita, potrei ribattere, dire qualcosa ma semplicemente la voce non accenna a uscire. Fa scendere le mani sui miei fianchi voltandomi e mi stringe tra le sue braccia: ora ho la schiena incollata al suo petto.

-Sarà meglio dormire, non vorrei farti svenire di nuovo- ridacchia.

-Non la finirai mai con questa storia dello svenimento, vero?- rispondo infastidita, avendo recuperato un po' di voce.

-Mai. Buonanotte, Amy- sussurra, stringendomi più forte.

Sospiro -notte, David- rispondo flebilmente.

Mi raggomitolo stringendomi a lui, beandomi del suo calore e facendo aderire perfettamente i nostri corpi, così da assaporare a pieno questo fugace attimo di felicità.

 

 
 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Sono passate due ore e io continuo a essere in posa per questo odioso ritratto. Non ho potuto scegliere gli abiti, l'acconciatura o i gioielli, perfino l'espressione del mio viso non mi appartiene: tutto deciso da mia madre.
Quindi eccomi qui, con questo stupido ventaglio tra le mani e un'espressione regale che non mi si addice, ricoperta di fastidiosi fronzoli.

-Ogni giovane nobildonna deve avere dei quadri che la rappresentano. Sii regale, alza il mento, non vorrai vestirti come una selvaggia!- continuava a ripetermi da due giorni.
Ormai sono anni che commissiona quadri su quadri, i quali vanno ad aggiungersi a quelli degli anni precedenti, producendo una sorta di rappresentazione dei miei cambiamenti a ogni età, dall'infanzia all'adolescenza. Abbiamo decine e decine di ritratti, di ogni membro della famiglia; questa mania di imprimere ogni cosa su carta sta diventando di moda, certo sarebbe molto più comodo se non ci volesse tanto tempo. Il pittore continua pigro a imbrattare la tela, mentre mia madre mi fissa soddisfatta e io continuo ad annoiarmi.

Per fortuna Marie interrompe la tortura.

-Contessa, c'è qui il conte Van Dalen. Dice di avere concordato un incontro con la contessina Anita- la informa Marie timorosa, sa quanto mia madre odia che le sedute vengano interrotte.

Il mio stratagemma ha funzuinato, penso soddisfatta. Sono ormai tre settimane che conosco Frederick; mi aveva proposto di visitare la tenuta Van Dalen qualche giorno fa e io ho fatto in modo che la visita fosse rimandata a oggi, coincidendo con la seduta del ritratto, un piano perfetto.

-E in cosa consiste di grazia questo appuntamento?- mi fissa sospettosa. -Passate troppo tempo insieme, non è appropriato visto che non ha chiesto di corteggiarti. Tuo padre cosa ne pensa?-

-Madre, per favore! Il conte mi ha invitato a visitare la tenuta e mio padre è d'accordo, approva la nostra frequentazione anche se non l'abbiamo ancora formalizzata- rispondo.

Lei sospira, massaggiandosi la fronte. -Tuo padre, ma certo! Siete sempre contro di me, la sua indulgenza nei tuoi confronti ci porterà solo guai e rovinerà la tua reputazione!- sbraita come al solito.

Mia madre è stata cresciuta seguendo ferree regole di etichetta e comportamento, completamente subordinata alle convenzioni; la famiglia di mio padre invece, i Deveraux, sono l'opposto ed è stato anche questo a conquistarla. Tuttavia non si può totalmente cambiare il modo in cui si è vissuti...

-Vado a cambiarmi, Marie, dì al conte di attendere in salotto- chiedo gentilmente.

-Cambiarti?! Non se ne parla! Farai visita ai Van Dalen come si conviene, non abbigliata come una selvaggia. O questo, oppure temo che il conte dovrà rinunciare alla tua compagnia questo pomeriggio- risponde la mamma risoluta.

Sbuffo rumorosamente, Frederick piangerà dalle risate vedendomi così combinata.
Dopo le ultime ed estenuanti raccomandazioni di mia madre, lo raggiungo nel salone al primo piano.
Quando apro la porta sento una strana inquietudine, cosa che mi succede spesso da quando lo conosco: mi fa provare delle sensazioni stranissime e contrastanti, inoltre non riesco a privarmi della sua compagnia. All'inizio credevo che ciò fosse dovuto al fatto che siamo coetanei, avendo io avuto poche occasioni per frequentare persone della mia età; credevo fosse normale provare questa curiosità, tuttavia c'è qualcosa di strano in ciò che sento quando siamo vicini...
Apro la porta leggermente, e quando entro nel grande salone lui mi scruta sorpreso.
Come al solito è elegantissimo, la sua bellezza non smette di sorprendermi. Sta cercando di trattenere una risata a ogni costo, con scarsi risultati.

-Frederick- mi inchino ironicamente, visto che non lo faccio mai da quando abbiamo preso confidenza, a differenza sua.

-Contessina- lui fa altrettanto, continuo a chiedergli di chiamarmi per nome e darmi del tu ma sembra non riuscire ad abituarsi. D'altronde ha vissuto in collegio...

-Posso chiedervi, se non sono invadente, a cosa si deve questo abbigliamento? Non siete solita indossare tutte queste chincaglierie- continua a cercare di non ridere, mentre io cerco di immaginarmi quanto devo sembrare ridicola con questa acconciatura e questi abiti così sfarzosi ai suoi occhi, e il ventaglio! Ho ancora questo stupido ventaglio.

Alzo gli occhi al cielo, gettandolo con poca grazia sul sofà.  -Mia madre, si ostina a farmi posare per quegli odiosi ritratti, potete ammirarli in tutti i saloni.- Sospiro scoraggiata.

Lui mi guarda sospettoso, poi sembra avere un'illuminazione.

-È per questo che avete insistito tanto a visitare oggi la tenuta! Volevate interrompere la seduta!- ora sì che ride di gusto, senza la minima intenzione di trattenersi.

Incrocio le braccia al petto corrucciata, sta imparando a conoscermi a quanto pare; alla fine non resisto e inizio a ridere anche io.

-Adesso andiamo via, prima che mia madre cambi idea- lo trascino per i corridoi e poi per le scale, arrivando finalmente all'esterno.

Saliamo sulla carrozza, Frederick cerca di ricomporsi; non deve essere abituato a farsi trascinare di corsa da una ragazza, spero che la mia spontaneità non lo turbi troppo.
Lo vedo scrutarmi pensieroso. E se iniziassi ad annoiarlo? Se volesse frequentare una di quelle donne impostate, sempre ben vestite e pronte in ogni occasione a discutere di futili argomenti? Giocherello nervosamente col mio ciondolo, invasa da mille dubbi.

-Quella collana che portate sempre al collo, è davvero molto particolare. Ho notato che non ve ne separate mai, nemmeno quando vi immergete nelle acque del lago- riflette, fissando il mio amuleto che per istinto stringo ancora più forte.

Sono allarmata da questa domanda inaspettata. Fingi disinteresse e normalità, sei stata istruita a dovere per affrontare situazioni del genere, mi ripeto.

Rilasso immediatamente il volto, sorridendogli. -Questo? È soltanto un cimelio di famiglia, un regalo di mio padre- rispondo con la massima tranquillità.

-La pietra è molto particolare. Credevo fosse un rubino, tuttavia ha un altro tipo di lucentezza- continua pensieroso.

Cerco di riportare la conversazione su un terreno sicuro -non so che tipo di pietra sia, lo indosso per la sua bellezza- scrollo le spalle indifferente. -Oh siamo arrivati!!- gli faccio notare poi, uscendo subito dalla carrozza, così da interrompere altre domande a cui non potrei dare una risposta sincera.

Odio mentirgli, ma non posso ancora raccontare tutto e forse non potrò mai...
La tenuta è davvero incantevole, leggermente più grande di quella Deveraux. Ci sono grandi fontane e giardini che  risplendono sotto i raggi del sole, facendo risaltare ancora di più l'imponente edificio.
Frederick mi offre il suo braccio, conducendomi verso l'entrata, dove un grande atrio si apre dinanzi a noi. Tutto è ricoperto di marmi pregiati e un enorme lampadario di cristallo troneggia al centro, poco vicino alle scale.

Mi conduce all'interno dell'atrio, verso una piccola porta quasi nascosta. Io lo guardo incuriosita e lui sorride enigmatico.
Quando apre la piccola porta, dinanzi a me noto un meraviglioso giardino, si tratta di un giardino segreto: ci sono piante, fontane e un bellissimo gazebo con una panchina di colore bianco. Guardo tutto con grande ammirazione, mi brillano gli occhi; Frederick mi fissa sorridendo e il mio cuore accelera.

-Sapevo che vi sarebbe piaciuto. La vostra passione per la natura è un qualcosa che ci unisce- la sua voce calda mi fa battere ancora di più il cuore.

Respiro il profumo dei fiori misto al suo, cosa mi sta facendo?
Poi mi conduce di nuovo verso l'atrio, mostrandomi il resto. Infine saliamo la grande scala, arrivando al secondo piano. Ci sono moltissime porte ma Frederick mi conduce verso due porte molto grandi e quando le apre, davanti a noi, c'è una immensa sala da ballo: tutto è di un meraviglioso colore crema e c'è un grande pianoforte al centro.

-È una sala davvero incantevole- sussurro.

-È qui che si terrà il ballo di cui vi ho parlato- risponde con un altro sorriso che stavolta sembra celare qualcos'altro.

Capisco subito infatti dove vuole andare a parare. -Mi avete condotta qui per convincermi a partecipare al vostro ballo, vero?- chiedo divertita -volevate incantarmi con lo splendore generale.-

-Beh, uno dei motivi è questo, devo ammetterlo. So che non amate questo tipo di serate, ma vedrete che riuscirò a convincervi. Siete l'unica persona che desidero vedere a quel ballo- il suo sguardo è incredibilmente profondo e io mi perdo nell'argento liquido dei suoi occhi, trattenendo il respiro. Com'è possibile che un solo suo sguardo mi manda il cuore in gola?
Allarmata da ciò che provo mi allontano bruscamente, dirigendomi verso il pianoforte e accarezzandolo; mi siedo, schiacciando casualmente qualche tasto.

-Suonate?- chiedo curiosa.

-Di tanto in tanto, l'ho fatto portare qui dopo il mio trasferimento- risponde.

Sono sorpresa, ho un debole per la dolce melodia del pianoforte. -Suonate qualcosa, adoro la musica.-

-Non credo sia il caso, contessina, non suono in pubblico- confessa un po' nervoso.

-Un solo brano, non vorrete negare un capriccio a una giovane dama?- lo dileggio maliziosa.

Lui mi fissa in maniera strana, come se stesse pensando qualcosa, poi sorride enigmatico.

-A una sola condizione- ha lo sguardo compiaciuto -io accetto di suonare per voi e in cambio prenderete seriamente in considerazione l'idea di presentarvi al ballo.-

-Siete davvero incorreggibile!- sbuffo.

Lui inarca le sopracciglia -allora?-

-E va bene, questo non significa che io abbia accettato, lo prenderò in considerazione. Cosa avete intenzione di suonare?-

-Un brano che ho composto nelle ultime tre settimane. È ispirato a una giovane dama ribelle- mi scruta maliziosamente, facendomi arrossire.
Nessuno mi aveva mai dedicato un brano, sono curiosa di ascoltarlo. Mi sposto, lasciandogli libero lo sgabello.

Siede al piano con naturalezza, come se lo avesse fatto un milione di volte. Ammiro gli uomini che suonano il pianoforte e si dedicano all'arte.
Inizia a sfiorare i tasti con grande maestria e allo stesso tempo delicatezza; immediatamente la musica si diffonde nella grande sala e io mi appoggio al piano, guardando il suo viso concentrato.
Questa canzone è meravigliosa: a tratti è dolce e delicata, a tratti è dura e forte, sembra descrivermi; è come se fosse riuscito a cogliere l'essenza della mia anima, tramutandola in note musicali. Probabilmente se fossi una composizione musicale, sarei esattamente questa.
Chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare e senza che me ne renda conto, inizio a danzare.

Frederick suona il piano al centro della sala, mi guarda con adorazione e dolcezza, mentre io volteggio nel mio lungo abito, sorridendogli.

Non ci togliamo gli occhi di dosso: il suo sguardo accarezza ogni mio passo di danza e le sue note mi accompagnano; il cuore mi martella nel petto, mentre ammiro il suo sorriso. Per la prima volta, inizio a convincermi che ciò che ci unisce non è una semplice amicizia, semplice voglia di passare il tempo con qualcuno...
Sto assaporando un momento di pura gioia, sono felice e allo stesso tempo spaventata a morte.
Noto una figura che ci osserva sotto le grandi porte: è una donna, non riesco a inquadrarla, è sfocata ma ha un'aria familiare. Sento che dovrei conoscerla, che è importante che io capisca chi sia ma non riesco a vederla.

Mi sveglio dolcemente, circondata da un calore rassicurante. Sento un profumo meraviglioso, il suo: ho la testa poggiata sul suo petto e lui mi cinge la vita con un braccio.
Non apro ancora gli occhi, ripercorro le scene del mio sogno; ho vissuto quel ricordo dormendo tra le braccia di David. Chi sa se anche lui...
Quando lentamente apro le palpebre, i suoi grandi e cristallini laghi d'argento mi fissano pensierosi, il mio cuore manca di un battito. Svegliarsi tra le sue braccia... Dio, non credo di aver provato una sensazione più bella.

-Buongiorno- sussurro.

-Buongiorno- risponde con la sua voce profonda e roca. Lo guardo con aria interrogativa e lui sembra subito capire.

-La canzone, ecco perché l'ho composta. Mi rimbombava in testa...- aggrotta le sopracciglia e non riesce a celare la preoccupazione.

-Quindi, quando eravamo a casa tua e hai suonato per me, anche tu l'hai visto! È per questo che dopo sei diventato così freddo e mi hai detto quelle cose orribili!- lentamente tutti i tasselli stanno tornando al loro posto.

Lui mi stringe di più a sé, annuendo dispiaciuto. Ricambio il suo abbraccio, stringendolo più forte, per fargli capire che ora va tutto bene.

-Quella donna, quella sotto le porte che ci fissava, sei riuscito a vederla?- domando poi, non so perché ma sento che è importante.

-Quale donna? Non ho visto nessuno, soltanto te, o meglio Anita che danzava- sussurra perso nei suoi pensieri.

Per un momento ho paura che si penta della sua decisione e che decida di allontanarsi di nuovo da me. Forse questa situazione è davvero troppo grande per noi, ma credo dovremmo affrontarla insieme.

-Devo andare, ho un incontro col capo ufficio Laurent tra un'ora, dobbiamo rivedere delle licenze per la parte moderna di Albanuova.-

Mi intristisco subito ma tanto di nasconderlo.

-Tu cosa farai oggi?- chiede, prima di alzarsi.

-Aspetterò la visita del medico e subito dopo andremo alla tenuta per controllare che sia tutto a posto. Domani saremmo dovuti tornare a casa, oggi dovrò dire ai miei amici che ho intenzione di restare.

-Potremmo uscire questa sera, se il tuo amico è d'accordo a passare una serata con me- propone ridacchiando.

Penso alla possibilità di passare una serata tutti insieme, magari divertendoci: per adesso mi sembra totalmente impossibile. Come posso io solo immaginare di divertirmi, mentre mia madre è nelle mani di persone che potrebbero farle di tutto?

Lui si avvicina di nuovo al letto, accarezzandomi il viso con delicatezza. -Non è stando chiusa in camera a rimuginare che aiuterai tua madre. Non devi farti cogliere dalla tristezza, tutti stanno facendo il possibile per trovarla ma tu devi distrarti in qualche modo. I sogni, l'aggressione, tua madre... è troppo anche per una persona forte come te- dice serio.

Sospiro ancora non convinta del tutto...

-E poi non hai scelta, ti trascinerò fuori anche contro la tua volontà e sono sicuro che i tuoi amici mi aiuteranno. Addirittura Aiden sarebbe d'accordo.-

-Non ti assicuro nulla, ci penserò... Non fai colazione con noi?-

-Meglio evitare, hai visto le occhiate di Sue. Non sono il benvenuto qui e me lo merito pienamente, inoltre potrei incontrare Matt e ti assicuro che sarebbe spiacevole- mi fissa.

-Non potreste chiarire? In fondo è passato molto tempo...- azzardo, ma dal suo sguardo si capisce chiaramente che non vuole affrontare questo argomento.

-Potresti almeno provare... a tutti si concede una seconda occasione- continuo caparbiamente.

Mi fissa scettico -non a uno come me e non dopo il modo in cui mi sono comportato. Tu non lo sai, non c'eri... l'ho umiliata- stringe i pugni, distogliendo lo sguardo dal mio.

-Non puoi saperlo se non ci provi! Sono sicura che se incontrassi Matt...-

-Mi sono scopato la sua ragazza per ripicca, Amy! Cosa pensi che ci sia da chiarire?!- mi interrompe bruscamente, alzando la voce.

Mi pento immediatamente di aver insistito. -Scusami, è stata una domanda stupida...-

Lui si siede accanto a me, passandosi una mano tra i capelli nervoso. -No, scusami tu- sospira amareggiato.
-Dannazione! Devi capire che io non sono una brava persona. Ciò che ho fatto in passato, non ne vado certamente fiero, ma non può essere cambiato e non posso assicurarti che in futuro non lo rifarò. A volte non distinguo il bene dal male e commetto un mare di cazzate. Non ho avuto dei genitori a guidarmi, una madre che mi dicesse cosa è giusto e cosa non lo è. L'unico esempio è stato mio padre, la signora Bright ha fatto quello che poteva ma restava una dipendente, non poteva certo imporsi sui suoi insegnamenti sbagliati.-

Il suo viso tormentato mi fa soffrire molto. Sono sorpresa dal modo in cui mi sta raccontando queste cose della sua vita; vedo lo sforzo che fa per aprirsi a me e lo apprezzo molto, so che i nostri problemi non sono risolti ma questi sono piccoli passi avanti.
Gli stringo una mano e, come sempre, sento quella scossa piacevole dovuta al suo tocco.

-So cosa hai fatto a Sue e certamente non lo condivido o lo minimizzo. Non conosco tutto il tuo passato ma non ho intenzione di giudicarti per questo, David. Ti ho già detto che non voglio cambiarti e non mi aspetto di stare con una persona perfetta, perché nessuno lo è. Non tormentarti per ciò che hai fatto, pensa a quello che potrai fare. Tutti sbagliamo e sei ancora in tempo per imparare, tu mi chiedi di guardarti e io ti guardo. Non vedo solo l'essere cinico e insensibile che descrivi, vedo anche una persona buona, che mi ha salvato la vita, che si preoccupa per me, una persona che ama una vecchia signora come se fosse sua madre, che ama la musica e la bellezza che lo circonda- sorrido.

Mi scruta, inchiodandomi con quegli occhi. -Tu mi spingi a voler essere migliore- sospira soprappensiero.

Poi avvicina a pochi centimetri dalle mie labbra e per un momento credo stia per baciarmi.
Invece si alza e si dirige verso il bagno, lasciandomi con mille dubbi e con il desiderio di poter sentire di nuovo la sua bocca sulla mia.
Spero solo di non aver esagerato...

Dopo quasi mezz'ora lo vedo uscire vestito di tutto punto: camicia bianca, pantaloni scuri e capelli ancora umidi. Mi abituerò mai al suo aspetto?

-Adesso devo andare. Passo stasera, mi raccomando sta' attenta, resta sempre con i tuoi amici e non girare sola per il paese.-

Nemmeno stavolta si avvicina a me o mi bacia,  mi fa un cenno e si avvia verso la porta.

Non passano nemmeno cinque minuti che la porta della mia camera si spalanca.
Jess e Aiden entrano immediatamente e il sorriso malizioso sul volto della mia amica, non promette nulla di buono.

-Allora racconta!- esclama a braccia conserte, fiondandosi sul mio letto.

Aiden mi guarda restio, direi che ha paura di ascoltare...

Alzo gli occhi al cielo. -Non iniziare a fantasticare, non è successo ciò che pensi!-
Il mio migliore amico a quelle parole fa un teatrale sospiro di sollievo, facendo sbuffare Jess. -Però ci siamo andati vicino...- ammetto subito dopo, facendolo quasi strozzare con la saliva.

Gli racconto quello che ci siamo detti e la scoperta che ho fatto sui sogni; loro ascoltano sorpresi e devo sorbirmi il volto inorridito di Aiden, quando parlo dei baci che ci siamo dati.

-Questa situazione è davvero troppo intricata. Sapevo che il pallone gonfiato c'entrava qualcosa e ora si degna di dirti che anche lui sogna le stesse cose?! Se non ti avesse salvato l'altra sera io...- lo interrompo, prima che continui a imprecare contro David, Jess gli dà una gomitata.

-C'è dell'altro, insomma si tratta di una decisione che ho preso- sospiro, vuotando immediatamente il sacco -ho deciso di restare qui ad Albanuova. Domani saremmo dovuti tornare a Baia del Sole, essendo finita la nostra vacanza e vi capisco benissimo se deciderete di partire. Io però resterò qui, non solo per ciò che è successo a mia madre... Voglio scoprire le mie origini, lo devo a me stessa. È stata la mamma ad aprirmi gli occhi, andrò a vivere alla tenuta Deveraux, l'ho fatta sistemare da Matt e se deciderete di restare potremmo vivere insieme lì. Se partite sarò comunque felice e ci sarà sempre un posto per voi, quando vorrete venire a trovarmi- spiego con le lacrime agli occhi: è dura anche solo pensare di dire addio a Jess e Aiden.

Jess mi sta guardando con aria minacciosa e Aiden altrettanto.

-Tu credi davvero che noi ti lasceremmo qui da sola? Ti ha forse dato di volta il cervello?! Ho già parlato con la signora Miller per allungare la nostra permanenza. Useremo i nostri risparmi, non ti abbandoneremo, Amy, quando troveremo tua madre decideremo se trasferirci definitivamente- risponde risoluta Jess e Aiden mi fa intuire dall'espressione che condivide ogni parola.

Li abbraccio subito di slancio, affondando tra le braccia rassicuranti dei miei amici, della mia famiglia.

-Non ci sarà nessun bisogno di usare i risparmi. Ci sposteremo alla tenuta, sono un'ereditiera adesso, l'avete dimenticato?- gli strizzo l'occhio ridendo.

-Wow, avere un'amica ricca ha i suoi vantaggi- ridacchia Aiden.

Dopo poco arriva il medico e mi raccomanda ancora riposo, ma dice che sia i segni sul collo che il colpo alla testa non dovrebbero più darmi grossi problemi.

Quando scendiamo per la colazione noto che Sue è ancora molto distaccata. Dovrò chiarire con lei tutta questa situazione, anche se condanno ciò che David le ha fatto e tengo al rapporto che si sta creando tra noi, non posso rinunciare a lui. Ci ho provato senza alcun risultato.

****

Finalmente ci avviamo verso la tenuta, camminare per queste stradine mi dà un certo senso di inquietudine, anche se cerco in tutti i modi di reprimerlo.

Matt ci sta aspettando ai cancelli sorridente. -Buongiorno ragazzi!- ci saluta con entusiasmo.

-Buongiorno Matt!- rispondiamo.

-Vedrete, non riconoscerete gli interni! È tutto perfettamente vivibile. Ho chiamato la migliore squadra del Terzo Stato- spiega, evidentemente orgoglioso del suo lavoro, conducendoci all'interno.

I giardini sono più curati rispetto all'ultima volta e quando entriamo in casa, restiamo a bocca aperta: tutto è molto più luminoso e pulito, le pareti sono state ritinteggiate e Matt ci fa visitare tutte le camere perfettamente ristrutturate.
Lo studio, la biblioteca, le camere padronali e quelle degli ospiti hanno tutte un'aria più nuova. Anche la serra è stata riempita di fiori e la sala da ballo è incantevole con le finestre spalancate che la inondano di luce. I quadri dei membri della famiglia Deveraux sono stati riappesi alle pareti; mancano solo quelli di Anita del mio sogno, ma sono stati rubati anni fa, un'altra cosa che non si spiega...

Ci sono ancora alcune cose da acquistare ma tutto sommato è perfetta; certo è molto più lussuosa e grande di casa mia è questo stravolgerà completamente la mia vita, ma credo che stando in compagnia di Jess e Aiden non sembrerà poi così grande e diverso.
Matt sta per aprire una piccola porta che purtroppo ricordo bene: è quella camera, quella in cui mi sono sentita male l'ultima volta che sono stata qui.

-Fermo!- esclamo agitata, forse troppo bruscamente.

-Sta' tranquilla, anche questa è stata ritinteggiata.  I pezzi di culla presenti sono stati spostati in cantina...-

L'inquietudine sale senza controllo -grazie Matt, sono sicura che anche qui hai fatto un lavoro perfetto. È che avrei bisogno di un po' d'aria- sussurro.

Per fortuna sembra convincersi e scendiamo al piano di sotto, dirigendoci verso l'atrio.

-Dovresti assumere una governante. La casa è troppo grande, avrai bisogno di aiuto- mi suggerisce.

Non avevo pensato a queste cose...
-Non conosco nessuno qui a parte voi, non saprei chi assumere e non mi alletta avere estranei sotto il mio tetto...- rispondo timorosa.

-Ti aiuterò io, tranquilla. Volete che vi lasci soli a gironzolare? Avrei dei lavori da fare in giardino.-

-Ma certo, va pure!- esclama Aiden.

-Era lì che sei stata male l'ultima volta, vero?- chiede immediatamente Jess, non appena Matt si allontana.

-Sì...- rispondo flebilmente.

Sono stufa di farmi intimorire da questa situazione, non posso avere paura di una stupida stanza, soprattutto se dovrò vivere qui. Questa storia deve finire.

-Risaliamo al piano di sopra, scegliete una delle camere padronali. Io entrerò in quella dannata camera. Da sola.- li informo risoluta.

-Sei sicura, Amy?- domanda Aiden preoccupato.

-Sì- rispondo senza il minimo ripensamento. Non sono una ragazzina spaventata che fugge dai problemi e sembra che da quando sono arrivata ad Albanuova l'ho dimenticato. Loro non insistono, mi conoscono e sanno bene che non servirebbe.

Con decisione inizio a salire le scale; Jess e Aiden avanzano nel corridoio, esplorando le camere e scegliendo quella più adatta.

Io fisso la porta e con mano tremante la apro.
Resto immediatamente sorpresa, perché dopo gli ultimi sogni ora capisco  che questa era la camera di Anita, ne sono certa.

Il cuore mi batte all'impazzata: il letto a baldacchino enorme è ancora lì, il mobile da trucco nell'angolo, invece i pezzi della culla sono scomparsi. La camera è completamente ritinteggiata, la luce filtra dalle finestre e subito inizio ad avere la nausea.
La cosa che mi sorprende maggiormente è che non sono sola in questa camera. Di fronte a me c'è la figura familiare di una donna che guarda fuori dalla finestra e mi dà le spalle.

-Corinne- la riconosco subito.

Avanzo, mordendomi l'interno della guancia, nonostante questo posto mi faccia stare così male cerco di essere forte.

-Amy, come stai?!- si volta, mostrandomi finalmente il suo viso senza occhiali o foulard.

-Cosa ci fai qui? Stavamo per entrare, ti avrebbero vista- le dico, senza rispondere alla sua domanda.

Lei sorride tristemente. -Sapevo che non avresti mai avuto il coraggio di entrare subito.-

Sgrano gli occhi -c... come?!- balbetto.

-Mi fai sempre domande a cui non posso rispondere, bambina mia- sospira tristemente.

A quelle parole sento la rabbia ribollirmi nelle vene. -Non chiamarmi così! Se sei venuta a dirmi di andare via, di stare lontana da David o di abbandonare la tenuta, stai perdendo il tuo tempo- affermo innervosita.
Sento il respiro pesante, stare in questa camera sta mettendo a dura prova la mia resistenza, ma stringo i denti e mi concentro su Corinne.

-Non ti dirò nulla del genere. Ho capito che non serve, sei testarda come tuo padre. Ero in piazza quando hai baciato David. So cosa vuol dire stare lontana dalla persona che si ama, non riuscirò a convincerti ma devi stare attenta! Tu non sai tutto- si avvicina e io indietreggio.

-Allora parla! Dì la verità, spiegami cosa non so!- alzo la voce. Le nostre conversazioni sono sempre uguali.

-Non posso- si massaggia le tempie. -Sto facendo delle ricerche, sto cercando di scoprire chi c'è dietro il rapimento di tua madre e del tuo. Scoprirò la verità e tornerò a dirtela. Nel frattempo promettimi solo che starai attenta- mi guarda speranzosa.

-Starò attenta. Ma non smetterò di indagare, Corinne.-

Lei si guarda intorno malinconica -non mi chiamerai mai mamma...- dice triste e amareggiata. -Sai, quesa sarebbe stata la tua camera. La culla era tua, non ho mai potuto metterti a letto, non ho mai potuto darti la buona notte... Ho fatto tutto questo per proteggerti e il prezzo è stato quello di perderti- una lacrima le scivola sul viso, facendomi sentire in colpa per ciò che le ho detto. Sto per dire qualcosa ma la asciuga velocemente e il suo viso diventa una maschera dura -non ho fatto tutto questo per saperti ancora in pericolo. Scoprirò  chi vuole farti del male!-

Sono combattuta, da un lato sono arrabbiata con lei e dall'altro sono dispiaciuta per lei. Vorrei dire qualcosa per confortarla, scusarmi per essere sempre così dura, ma il risentimento non me lo permette e le parole mi muoiono in gola. È difficile perdonare, se la persona che ti ha messo al mondo rinuncia a te, a prescindere da quale sia il motivo. Avremmo potuto affrontare tutto insieme...

-Devo andare, tornerò quando avrò scoperto qualcosa- interrompe i miei pensieri e si avvia all'esterno della stanza, imboccando il corridoio. Quando anche io esco, decisa a dirle qualcosa, qualsiasi cosa, ormai è già scomparsa.

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Incredibile! Quella donna ha una vera dote nello scomparire.
Sospiro frustrata e chiudo la porta della camera alle mie spalle. Per oggi basta prove di resistenza, non rientrerò tanto presto qui dentro; qualsiasi cosa sia successa ad Anita non deve essere stato bello, né qualcosa che ci tengo a vedere con i miei occhi, la sua morte mi basta e avanza...
Mi dirigo verso Jess e Aiden, che soddisfatti commentano la camera che hanno scelto: è sulle tonalità dell'azzurro e del blu, credo che dovesse essere la camera di Cristopher e Corinne.
Mentre percorriamo i giardini per tornare alla pensione, racconto loro proprio di Corinne e di ciò che mi ha detto.

-Quella donna sa troppe cose!- esclama Aiden sospettoso.

-Sa troppo e dice poco, perché non raccontare tutto e lasciare giudicare a te?- aggrotta le sopracciglia Jess.

-Me lo chiedo anche io. Si comporta come se la mia vita dipendesse dalla verità che non conosco- il mio tono è ironico ma lo sguardo serio di Jess e Aiden mi fa perdere il sorriso.

Arrivati alla pensione noto Sue che si sta dirigendo verso la sala da pranzo, stranamente ci dedica solo un cenno di saluto senza fermarsi a chiacchierare come al solito. Devo chiarire con quella ragazza.

Corro verso di lei e la blocco giusto in tempo. -Sue aspetta! Se hai cinque minuti devo parlarti...- mi mordo nervosamente il labbro.

Il suo viso è altrettanto teso. -Amy, veramente adesso avrei da fare...-

-Per favore, Sue- la guardo implorante e dopo un minuto buono sembra convincersi.

Raggiungiamo le poltrone all'ingresso e Jess e Aiden ci lasciano sole.

-Dimmi- sospira come se sapesse già dove voglio andare a parare.

Mi torturo le dita ma preso coraggio inizio a parlare. -Volevo dirti che mi dispiace, insomma, avrai notato che il rapporto tra me e David è cambiato... Non condivido affatto il modo in cui si è comportato con te e questo ci tengo a ribadirtelo. Mi dispiace doverti imporre la sua presenza qui... non vorrei però che il nostro rapporto cambi, per me è importante che la nostra amicizia continui a crescere. Sono felice di averti conosciuta e non vorrei perderti...- stringo le sue mani nella mia e la guardo speranzosa.

La vedo abbassare lo sguardo contrita.

-Scusami tu, non dovrei prendermela con te. So che non c'entri nulla con David, è solo che ho paura, Amy. Io non provo nulla per lui adesso e finalmente la mia vita ha ripreso ad avere un senso... sono felice con Matt e voglio continuare a esserlo. Non voglio avvicinarmi a David per nessuna ragione, lui rovina tutto ciò che lo circonda e io devo proteggermi...-

-Ma non ti chiedo questo, non lo farei mai. Vorrei soltanto che mi trattassi come sempre. Insomma... che continuassimo a essere amiche...-

A quel punto mi sorride dolcemente.

-Sei una brava ragazza, e per quanto mi riguarda il nostro rapporto resterà lo stesso. Anche se mai mi avvicinerò a te quando c'è lui, spero tu capisca.-

-Lo capisco, sta' tranquilla, volevo soltanto chiarire.-

-Ah quasi dimenticavo! Nora ti aspetta nella sala da pranzo!- mi informa, prima di alzarsi e andare via.

La raggiungo subito: è ad un tavolo a sorseggiare del tè. Quella donna beve sempre e solo tè?

-Ciao, Nora!- la saluto gentilmente.

Lei alza subito lo sguardo e mi fissa sorridendo.
-Come stai, bambina?-

Mi siedo di fronte a lei, ricambiando il sorriso.
-Adesso molto meglio. Sai ho deciso di restare qui ad Albanuova, domani mi trasferirò alla tenuta Deveraux.-

Le si illuminano gli occhi -Oh, ma è una notizia bellissima! Ne sono estremamente felice.-

-C'è ancora molto da fare in realtà... Matt ha detto che serviranno delle cameriere, una governante, cose assolutamente impensabili per me- le confesso preoccupata.

-Per le cameriere posso aiutarti, posso richiamare quelle che erano al servizio dei tuoi genitori vent'anni fa. Erano delle ragazzine e adesso sono donne adulte, ma sono certa vorranno tornare al loro posto. Le chiamerò domani.-

-Grazie! Avevo paura di assumere delle sconosciute...- sono molto sollevata.

-Inoltre, per quanto riguarda la governante, ci sono io- sorride.

La guardo sorpresa. -Tu?! Ma eri la migliore amica di mia madre, io non so se... E il negozio?-

-Tranquilla, sarebbe un modo per starti vicino. Inoltre ho esperienza visto che ero la governante dei Gardiner. Ho abbandonato da qualche anno quella casa, immaginerai il perché...- ridacchia, evidentemente riferendosi a Valerie -con il negozio non ci sono problemi, di solito lo tenevo aperto al mattino ma le persone vengono soltanto se c'è un evento importante, come il ballo estivo...- spiega.

Beh... ammetto che avere Nora vicino sarebbe fantastico.

-Se per te va bene, io ne sarei solo felice- lei fa un cenno d'assenso per confermarlo.

-Allora, ho saputo della novità, tu e David...- più che una domanda è un'affermazione.

-Wow, le notizie corrono veloci!- arrossisco.

-Hai baciato un Van Dalen nella piazza centrale! Cosa ti aspettavi? Questo è un paese piccolo e pieno di pettegoli, lo imparerai presto.-

Sospiro demoralizzata: mi preparo alla ramanzina sullo stare lontana dai Van Dalen, invece mi sorprende.

-Sono felice che il vostro rapporto stia cambiando. Fate bene ad assecondare i vostri sentimenti.-

Dopo aver chiacchierato ancora per qualche minuto e averla messa al corrente dell'incontro con Corinne, ci salutiamo. Mi assicura che da domani inizierà a occuparsi della tenuta e organizzare il lavoro delle cameriere; sono molto più tranquilla, questo non è decisamente il genere di cose di cui sono in grado di occuparmi.

Mi avvio in camera per fare i bagagli e devo ammettere che un po' di malinconia mi assale. Questa camera è stata il mio rifugio e mi dispiace abbandonarla...
Sono arrivata qui per una semplice vacanza e mi sono ritrovata catapultata nel mio passato: ho scoperto che il mondo è un luogo misterioso, dove le coincidenze non esistono e nulla è ciò che sembra.
Incredibile come si possa crescere così tanto in un mese: non avevo sogni, vivevo cercando di rendere felici coloro che mi stavano intorno, dimenticando spesso la mia di felicità. Credevo di avere una famiglia perfetta, invece ho scoperto che più che perfetta è molto complessa; ho scoperto dei sentimenti che non credevo di porter provare e che ancora adesso mi spaventano a morte... La cosa peggiore di tutta questa storia, è che ho perso la persona più importante della mia vita e non mi darò pace finché non sarà di nuovo accanto a me.

Il pomeriggio passa in un baleno, mentre ripongo le mie cose nei grandi borsoni immersa nei miei pensieri.
Quando scendiamo per la cena, riceviamo una piacevole sorpresa: una cena d'addio preparata dalla signora Miller e da Sue; ovviamente non poteva mancare la torta d'addio che io e Jess non esitiamo a divorare.

-Sapete, ragazzi, anche se so che vi trasferirete qui vicino, la pensione non sarà la stessa senza di voi- ci confessa la signora Miller demoralizzata, asciugandosi una lacrima.

-Ma noi non stiamo andando veramente via! Come faremmo senza questi squisiti manicaretti? credo che passeremo qui almeno una volta al giorno- la consola Jess, poi con la sua solita esuberanza la abbraccia affettuosamente.

La mia attenzione però si sposta improvvisamente all'entrata della sala da pranzo, dove vedo David avvicinarsi.
Scatto in piedi come una molla. Sei patetica, lo sai vero? mi deride la fastidiosa e acida vocina dentro di me.
Sì, sono una stupida ragazzina con una grande cotta, ribatto mentalmente e lo sbuffare di Aiden non fa che confermarlo.
La signora Miller si allontana immediatamente, non prima di avermi dedicato uno sguardo di avvertimento e aver incenerito David.

Mi avvicino a lui che mi sorride. Si è cambiato in vista della serata: indossa una maglia scura a maniche corte e un paio di jeans stretti, aveva il cellulare tra le mani ma quando mi avvicino lo rimette in tasca.

-Allora, com'è andata la giornata?- chiede, lasciandomi un leggero bacio sulla guancia che mi fa sussultare.

-Beh, tutto sommato bene. Anche se pare che io non possa vivere un giorno del tutto normale... Ho incontrato Corinne alla tenuta.-

Lui mi fissa visibilmente sorpreso mentre saliamo le scale, diretti alla mia camera.

-Cosa voleva?-

Scrollo le spalle -le solite. Nascondermi la verità, terrorizzarmi con avvertimenti su possibili pericoli e mi ha detto che sta indagando sul rapimento di mia madre.-

-Anche io sto indagando sul rapimento, ma non riesco a venirne a capo. Non vedo come potrebbe riuscirci lei...- si passa una mano tra i capelli, lasciandosi cadere stancamente sul mio letto.

-Come al solito, fa come se fossi a casa tua- alzo un sopracciglio ironicamente e ricevo un sorrisetto in cambio.

-Cosa indosserai?- domanda poco dopo, divertito dal mio imprecare di fronte all'armadio.

Gli dedico uno sguardo omicida, si sta prendendo gioco di me... Credo sia il dubbio esistenziale di qualsiasi donna, dai quattordici ai sessant'anni: l'armadio che ti fissa minaccioso prima di uscire, come se avesse fatto scomparire tutti  i tuoi abiti.

-Sai, l'abito blu... quello che indossavi la prima volta che ci siamo visti, fa risaltare molto i tuoi occhi e non solo quelli- sorride maliziosamente, mentre io mi volto guardandolo a bocca aperta.

-Tu ricordi il modo in cui ero vestita la prima volta che ci siamo incontrati?!- inarco le sopracciglia, sinceramente meravigliata.

Fa spallucce -non farti strane idee, formaggino, ho una buona memoria. Tutto qui- glissa, stendendosi di nuovo con le mani dietro la nuca.

Mi sfugge un sorriso compiaciuto e tiro via l'abito dall'armadio.

Dopo una doccia veloce e innumerevoli tentativi per aggiustare i miei capelli, cosa difficile senza l'aiuto di Jess, sono pronta.

Quando esco dal bagno mi ritrovo lo sguardo penetrante di David stampato addosso: ripercorre tutto il mio corpo con l'argento liquido dei suoi occhi, facendomi arrossire finché non raggiungo lo specchio. Il mio cuore accelera vertiginosamente, non appena comincia ad avvicinarsi.

Lo vedo dal riflesso nello specchio dove mi sto guardando, per controllare che tutto sia a posto: si ferma, ponendosi alle mie spalle e spostandomi i capelli di lato; il suo tocco è delicatissimo, mi sta allacciando una catenina d'argento al collo.
Alla base c'è una piccola pietra blu, è semplicissima e deliziosa; resto sorpresa, profondamente sorpresa da questo gesto...

David si abbassa, avvicinandosi al mio orecchio. -Ora sei perfetta- sussurra a bassa voce, facendomi andare il cuore in gola.

Poi si allontana di nuovo, lasciandomi lì imbambolata.

-G...grazie- balbetto.

Mi ha fatto un regalo, incredibile. Dov'è il ragazzo presuntuoso che ho conosciuto?
Non sono riuscita a dire una parola dopo quel gesto, la verità è che non so come comportarmi con lui. Stiamo insieme? Ci frequentiamo? Con David chi può dirlo...

Dopo aver aspettato Jess e Aiden, ci dirigiamo alla terrazza con l'auto di David.

-Sei sicuro di non voler cambiare posto?- chiedo per la centesima volta.

-Hey, si può sapere cos'hai contro il mio locale? Guarda che potrei ritenermi offeso, l'ho progettato io e ne vado molto fiero- borbotta, un po' imbronciato.

-È un posto bellissimo, ma ogni volta che vado lì succede sempre qualcosa di spiacevole- la mia voce fa trapelare l'ansia che provo.
-So che è da paranoici ma quel posto mi porta sfortuna, credo.-

-E indovina per colpa di chi...- si intromette Aiden ironicamente e vedo Jess alzare gli occhi al cielo.

-Ok, ammetto che è sempre stato per colpa mia. Stavolta però ci vieni direttamente con me, quindi sta' tranquilla. Cosa mai potrebbe accadere?-

Annuisco, ma non sono proprio convinta...

David parcheggia l'auto ed entriamo: è sempre affollatissimo... l'atmosfera, nonostante questo, resta intima e accogliente.

Un cameriere ci conduce a un tavolo accanto al bar e alla pista da ballo; David ordina i cocktail speciali del locale che ci vengono serviti poco dopo con dei bicchieri alti e coloratissimi.

Guardo il contenuto con occhio clinico.

-Ecco, lo sapevo, stai pensando di imitarli al Sun. Non è così?- domanda Jess ridendo.

-Ok, sono stata scoperta- sorrido colpevole.

-Questa è concorrenza sleale! Non sapevo facessi anche da barman- il tono di David è sorpreso.

-Amy fa di tutto. Barman, pasticciera, cameriera, buttafuori all'occorrenza, le sue qualità sono davvero troppe per elencarle- aggiunge Aiden orgoglioso e stizzito. Ogni cosa che gli dice è una frecciatina. Si capisce che nella sua frase c'era un sottinteso "e tu non la meriti".

-So bene che ha molte doti e spero di scoprirle tutte- mi fissa e il suo tono non è ironico, lo dice con una serietà che mi lascia alquanto spiazzata e che mi procura uno strano rimescolamento allo stomaco.

-Bene, noi ragazze vi abbandoniamo per un momento. Voi fate amicizia nel frattempo- li prende in giro Jess, prima di trascinarmi verso il bagno.

-Carina la collana- mi fissa con uno sguardo insinuante, aggiustandosi il rossetto.

-Me l'ha regalata prima di uscire. Non so il perché...- rispondo pensierosa.

-Perché gli piaci, Amy!- il suo tono non ammette repliche.

-Con lui non si può mai dire. Prima sembra essere interessato a me, poi mi allontana... chi mi assicura che stavolta sarà diverso, Jess? Non mi va di soffrire, credo di aver già dato abbastanza in questi giorni- ribatto sconsolata.

-Vivitela! Nessuno te l'assicura, ma d'altronde nessuno può vere queste sicurezze in una relazione.Tuttavia, dal momento che non riesci a stargli lontano, devi almeno fidarti di lui. Dagli una possibilità, mal che vada ci hai sempre provato.-

Annuisco senza rispondere, non sono sicura...

Ci avviamo all'esterno per raggiungere il tavolo, ma vengo bloccata da qualcuno che mi rovescia addosso tutto il suo bicchiere.

-Sta' attenta!- esclamo, ma ormai già sono ricoperta da quel liquido appiccicoso.

Quando alzo il viso, capisco immediatamente.

-Oh, scusami, sei così insignificante che non ti avevo vista- sorride Valerie perfidamente.

Le gemelle accanto a lei tengono le braccia incrociate a mo' di sfida e come al solito ridacchiano seguendo la strega.

-Non ti stanchi mai di essere così infantile?- sibila Jess, alzando un sopracciglio eloquentemente.

-Credi che rovinandomi un vestito avrai l'attenzione che cerchi?!- le chiedo infuriata.

Lei mi guarda trionfante, con il suo aspetto fastidiosamente perfetto: i lunghi capelli rossi sono legati in un semiraccolto e indossa un abito nero aderente, dall'aria decisamente costosa e all'ultima moda.

-Non ho bisogno di rovinarti i vestiti per avere l'attenzione che cerco. Quello è più un divertimento e poi detto tra noi, il vestito non era un granché! Ora che sei una Deveraux, porteresti almeno rendere decente il tuo guardaroba e smetterla di vestirti come una poveraccia- sghignazza, facendo  sogghignare anche le gemelle.

-Ci sono persone che hanno altre priorità oltre ai vestiti!-

-Beh, forse dovresti rivedere le tue. Sei addirittura venuta con lui qui? Quando la smetterai di renderti ridicola?- continua con quel tono sprezzante che mi manda in bestia.

-La tua è solo invidia, smettila di sputare veleno e rassegnati- incrocio le braccia al petto.

-Invidia...- aggrotta teatralmente le sopracciglia -e di cosa? Io e David abbiamo passato il pomeriggio insieme. Non si è fatto problemi a baciarmi, quindi dimmi, precisamente, per cosa dovrei invidiarti?-

Sgrano gli occhi per un istante ma mi ricompongo subito.
-Non è vero, David doveva lavorare. Non era con te- cerco di mostrarmi il più sicura possibile.

Una delle gemelle si avvicina, non so se Darla o Clare, ed estrae un cellulare dalla borsetta.

-Credi che Valerie stia mentendo? Allora guarda questa. L'ho scattata io stessa, non volevo perdermi la tua faccia mostrandotela- dice soddisfatta.

Davanti a me c'è la foto inequivocabile di David e Valere che si baciano e riconosco i vestiti che indossava questa mattina.
Resto in silenzio, cos'altro dovrei dire?
Sposto la ragazza con violenza e mi allontano subito da loro, ritornando al tavolo con Jess accanto a me.

Arrivo di fronte a David e Aiden che mi guardano sconcertati.

-Che diavolo è successo al tuo vestito?- domanda subito Aiden.

Sento solo la rabbia ribollirmi dentro.

-Vieni, Aiden, andiamo a ballare- Jess lo porta via, lasciandoci soli.

-Che è successo?- David mi fissa incuriosito.

-Dov'eri oggi?- chiedo piccata, senza rispondere alla sua domanda.

-A lavoro, te l'ho detto...- pare alquanto sorpreso dalla mia domanda.

-Ma non ti vergogni?! Oggi eri con Valerie!- ringhio.

Il mio tono rabbioso fa subito indurire il suo sguardo.

-Non che siano affari tuoi ma sì, ci siamo incontrati e non vedo dove sia il problema. Non devo certo rendere conto a te delle persone che vedo, non stiamo insieme!- alza la voce innervosito e il suo tono è estremamente arrogante.

-Ma ti senti?! Non mi interessa chi vedi. Abbi almeno la decenza di non baciare me, poche ore prima di baciare le altre! Ma sai cosa ti dico? In fondo non è colpa tua, la colpa è mia. Solo mia e della mia stupidità! va all'inferno David!!- mi volto fuggendo via e facendomi spazio tra la gente sulla pista da ballo.

Nella foga di allontanarmi da lui, mi scontro con qualcuno: quando alzo lo sguardo riconosco subito Mark.

-Amy! Che ti è successo?- chiede, notando la mia espressione sconvolta.

-Niente, Mark, lascia stare- mi divincolo per allontanarmi.

-Ho capito... Vieni, avviciniamoci al parapetto.
Non ti chiederò nulla, ti terrò solo compagnia.-

Mi appoggio al parapetto della terrazza, godendomi il panorama di montagna. Mark mi sta accanto, senza fare domande mentre io cerco di tranquillizzarmi.

Non posso crederci. Per lui è normale baciare due ragazze nel giro di ventiquattro ore, ovvio. Continuo a stupirmi della mia ingenuità, mentre quella foto mi rimbalza ancora davanti agli occhi e fa male, fa davvero male illudersi.

-Finalmente ti ho trovata- esclama David alle mie spalle.

Alzo gli occhi al cielo, voltandomi. -Quante volte dovrò mandarti all'inferno, prima che tu ci vada sul serio?!- gli urlo contro, mettendomi le mani sui fianchi e guardandolo con aria minacciosa.

Lui nel frattempo si accorge di Mark al mio fianco.

-Ma tu sei sempre al posto giusto al momento giusto?- domanda sprezzante. 

-Questi disastri sei tu a combinarli, come al solito, Van Dalen- risponde Mark.

David irrigidisce la mascella, infuriandosi ancora di più.

-Fuori dalle palle riccioli d'oro. Devo parlare con Amy- risponde con sdegno.

-Non mi sembra che lei voglia parlare con te!- osserva lui piccato.

A quel punto David si avvicina a Mark minacciosamente, prendendolo per il colletto della maglia.

-Ho detto. Fuori. Dalle. Palle!- La sua voce è bassa e minacciosa, subito tiro via Mark impaurita.
Quel ragazzo è sempre gentile con me e non merita di essere coinvolto in una rissa a causa mia.

-Mark, ti prego lascia stare. Non voglio che litighi con lui per me, vai... lascia stare- lo imploro con lo sguardo.

-Per qualsiasi cosa, sono vicino al bar- poi si allontana, dedicando a David un'occhiataccia.

-Ci siamo già detti tutto- lo guardo e non riesco a nascondere la delusione.

Sospira e ha lo sguardo frustrato e combattuto. -Non avrei dovuto dire che non sono affari tuoi perché non stiamo insieme, e mi dispiace per il tono, ok? Ma tu mi fai imbestialire! Non mi lasci spiegare, parti in quarta, dando per scontato che ho fatto qualcosa di male- si passa una mano tra i capelli.

-Hai detto solo la verità e non pretendo di dirti chi frequentare! Solo non voglio che ti spingi oltre con me, non mi sembra di chiederti tanto.-

-Non ho baciato Valerie!- alza la voce frustrato.

-Ho visto quella dannata foto! perché continui a prendermi in giro?!- il fatto che neghi l'evidenza mi irrita ancora di più -non ti interessa nulla di me, smettila di recitare...-

-Non mi interessa nulla di te?! Credi davvero che poco tempo fa, mi sarei fatto problemi ad ammettere di averla baciata?! Sono qui davanti a te, a giustificarmi come un deficente, ci sarà un motivo!- urla di nuovo lui.

-E quale?!- rispondo, alzando anche io la voce ancora di più.

Finiamo sempre a urlarci in faccia.

-Non sai qual è il motivo?! Davvero, Amy?- sorride amaramente e io scuoto soltanto la testa.

Lui a quel punto sospira incredulo -io tengo a te, maledizione!!- si passa in mano tra i capelli frustrato, come se gli costasse un grande sforzo ammettere ciò che prova così apertamente.

-L'ho incontrata per caso, mi ha fatto troppe domande su di noi e mi stavo innervosendo. Quando stavo per allontanarmi, mi ha tirato e mi ha baciato ma io l'ho spinta subito via- mi stringe le braccia, avvicinandomi al suo viso per richiamare il mio sguardo nel suo.

-E immagino quanto ti sia dispiaciuto!- ribatto  sprezzante.

-Sì, mi è dispiaciuto! E lo sai perché?! Perché volevo le tue labbra non le sue! Volevo te e questo l'ha fatta imbestialire e fa imbestialire me!- Le sue lame d'argento sono puntate nei miei occhi: vedo la frustrazione, la rabbia e il desiderio.

"Volevo te" a quelle parole il mio cuore accelera. Dai suoi occhi si percepisce che sta dicendo la verità...

Devo credere a quello che dice? Ripenso al discorso fatto poco fa con Jess "vivitela Amy".

Siamo passione, siamo ardore, rabbia e litigi, ma non posso fare a meno di lui. È questa la verità... Probabilmente me ne pentirò, ma non mi interessa.

Prendo tra le mani il colletto della sua maglia e lo spingo verso di me con forza, baciandolo: le nostre bocche aderiscono alla perfezione.

Lui sgrana gli occhi per la sorpresa, poi si lascia andare, stringendomi e avvolgendomi col suo calore e profumo: le nostre lingue si scontrano, le nostre bocche si cercano con forza e smania; non so come si faccia la pace in una coppia o quello che siamo, il nostro modo però mi piace... Il cuore mi martella nel petto e mi stringo ulteriormente al suo solido corpo, dimenticando tutte le mie paure e quella stupida foto di Valerie. Sono caduta nel suo tranello, come una stupida.

-Oh!  Avete fatto la pace e io che vi cercavo da per tutto- ci interrompe Jess.

Ci allontaniamo imbarazzati. Jess ci coglie sempre in situazioni equivoche o imbarazzanti.

-Noi stiamo andando via, voi che fate?- chiede David e io lo guardo con aria interrogativa.

-Noi restiamo un altro po'... a domani allora- dice Jess, facendomi uno sguardo allusivo.

-Dove vuoi andare?- chiedo, una volta rimasti soli.

-Lontano da questa stupida terrazza, per inciso, sto iniziando a pensare che tu abbia ragione su questo posto. E soprattutto lontano da Valerie, prima che possa fare qualcosa che comprometta i miei rapporti col rappresentante Gardiner.-

Annuisco, pienamente d'accordo con lui. Così prende la mia mano nella sua e mi trascina via.

Ci avviamo verso l'uscita, ritornando in macchina e, una volta partiti, riconosco subito la strada che ha imboccato...

Attraversiamo il boschetto a piedi, fino ad arrivare al lago che di notte ha una vena di mistero e pace ancora più marcata.
Entriamo nella piccola casetta, tuttavia David non si ferma nel salone: in fondo c'è una piccola scala e mi invita a salire.
Mi ritrovo sul tetto della casa, ammiro ciò che mi circonda e non posso fare a meno di restare a bocca aperta: la notte è limpida, il cielo pieno di stelle e la luna splende, specchiandosi nelle acque del lago che la riflettono perfettamente.

David mi abbraccia da dietro, e mi godo quella stretta accompagnata dallo spettacolo mozzafiato di fronte a me.

-Non smetterò mai di ammirare quella luce nei tuoi occhi quando osservi la natura che ti circonda- sussurra al mio orecchio con la sua voce profonda.

Dopo un po' noto delle coperte e dei cuscini al centro del tetto. -Avevi programmato tutto allora!-

-Sempre previdente, una delle mie numerose qualità!- fa spallucce.

-Ma davvero? Io avrei detto che la modestia è una delle tue numerose qualità. Anzi, forse quella principale- rispondo ironicamente.

-Non sei l'unica a essere piena di risorse- fa un sorrisetto.

-Ecco, appunto!- ridacchio.

Decidiamo  di metterci comodi ad ammirare le stelle. David mi stringe tra le sue braccia e fissa il cielo assorto.

-Vedi quella stella così luminosa? È Vega, la più luminosa del cielo, forma un il triangolo con Altair, il triangolo estivo- lo indica.

-Oh, suppongo che un'altra delle tue numerose qualità sia la conoscenza delle stelle? Dì la verità, la usi per fare colpo sulle ragazze!- insinuo ridendo.

-Solo con quelle che mi interessano davvero- sorride anche lui, facendomi l'occhiolino - c'è una leggenda su quelle due stelle, una leggenda che ha origini nel vecchio Giappone. È molto triste, un po' mi fa pensare a te... a noi...
e a tutta quella storia degli amori maledetti.-

Aggrotto le sopracciglia incuriosita -raccontamela- ci copro con una delle coperte, per difenderci dall'aria umida della notte.

Lui mi stringe ancora di più a se', lasciandomi un bacio sulla tempia.

-Il mito narra di Orihime, figlia del sovrano di tutti gli dei e imperatore del cielo; viveva sulle sponde del fiume celeste, la via lattea, e trascorreva le sue giornate tessendo abiti per gli dei. Lavorava talmente tanto da non aver tempo per se stessa, nemmeno per innamorarsi. Così il padre dispiaciuto per lei e mosso da compassione, le fece conoscere un ragazzo, Hikoboshi, anche lui gran lavoratore che faceva pascolare le sue mucche al di là del fiume celeste. Fra i due fu amore a prima vista; si innamorarono follemente l'uno dell'altra e presi dalla passione, trascorsero tantissimo tempo insieme. Così tanto da trascurare il loro lavoro e le loro responsabilità. Hikoboshi non accudì il suo bestiame e Orihime smise di tessere preziose vesti per gli dei. Allora, il padre di Orihime si adirò e li punì; i due giovani amanti sarebbero stati per sempre separati dal fiume celeste, la via lattea. La separazione li spinse nella più profonda tristezza. La principessa non riusciva più a vivere senza il suo amato e piangeva ininterrottamente.
La loro disperazione fece commuovere l'imperatore e lo spinse ad alleviare la loro pena. Decise che i due potevano incontrarsi solamente una volta l'anno, il settimo giorno del settimo mese, il 7 luglio. Da allora Hikoboshi e Orihime ogni 7 luglio si riabbracciano, piangendo di gioia nel mezzo della Via Lattea e facendo commuovere tutte le altre stelle. Ancora oggi, quando il cielo è sereno nelle notti d'estate, si può ammirare la Via Lattea e ai suoi lati, le due stelle più grandi e luminose, Hikoboshi e Orihime, quelle che noi chiamiamo Altair e Vega.-

Durante tutto il racconto, stretta tra le sue braccia, osservavo il cielo stellato colta da un profondo senso di tristezza.
-Tu credi che i grandi amori siano sempre destinati a finire in tragedia?- chiedo, dando voce alle mie paure, e ripensando a Frederick e Anita... ai nostri sogni....

Lui sospira.

-Io credo che il futuro è frutto delle scelte che vengono compiute, Amy, anche se nell'ultimo periodo mi sono lasciato influenzare da paure infondate. Non credo alle maledizioni, i grandi amori possono durare per sempre o interrompersi tragicamente, ma la colpa non è del fato. È solo delle scelte sbagliate, sta a noi evitare di compierle- sembra sicuro delle sue parole.

-Mi stai dicendo che sei disposto a rischiare?- domando speranzosa.

-Sì... Stasera ho capito che per nessuno motivo voglio perderti. Voglio provarci... voglio stare con te.-

A quelle parole riesco a sentire il mio cuore accelerare e l'emozione pervadermi.

-Mi stai chiedendo di diventare la tua ragazza, David Van Dalen?!- lo prendo in giro, fissandolo divertita.

-Diamine, tu vuoi proprio che le cose ti vengano dette!- ride e direi che è quasi imbarazzato.

Non posso credere di essere riuscita a metterlo in imbarazzo! -Sono una persona concisa- scrollo le spalle.

-Beh in tal caso, signorina Deveraux... sì, le sto chiedendo se vuole diventare la mia ragazza. Non sono molto bravo in queste cose e probabilmente combinerò continui disastri, ma se accetti e vuoi rischiare, io ci sto- il suo viso, inizialmente ironico, diventa serio e mi inchioda con lo sguardo.

Avvicino una mano alla sua guancia, accarezzandola dolcemente.

-Voglio rischiare, David- e dal suo sguardo sollevato, capisco che non era sicuro della mia risposta.

Mi stringe forte, avvicinando il suo viso al mio e baciandomi con estrema dolcezza. Rispondo al bacio ed è diverso: perché adesso mi sento davvero sua e sento che lui mi appartiene.
Mi fa stendere con dolcezza sulle coperte, continuando a baciarmi, provocandomi brividi lungo la schiena e ponendosi su di me. I nostri corpi aderiscono alla perfezione e il bacio diventa più profondo. Sento però una strana ansia farsi strada in me...

-Sta' tranquilla, voglio solo baciarti. Faremo le cose con calma. Non ho intenzione di correre con te- dice, interrompendo il bacio e accarezzandomi il viso. Mi tranquillizzo immediatamente.

Prima che possa tornare a baciarmi, veniamo interrotti dallo squillo del mio cellulare. Lo recupero dalla borsetta, rispondendo senza controllare il numero.

-Pronto?-

-Signorina Deveraux, sono l'agente della Sicurezza. Deve raggiungermi immediatamente al palazzo pubblico.-

-Adesso? Ma perché è successo qualcosa?- mi preoccupo subito.

-Abbiamo novità su sua madre.-

Sento il cuore in gola e sgrano gli occhi dalla sorpresa, mentre David mi fissa serio. Dio, fa che non le sia successo nulla di male.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Chiudo la telefonata e mi tremano le mani, tanto che non riesco nemmeno ad aprire la borsa per riporre il cellulare.

-Maledizione!- urlo.

David mi stringe le mani nelle sue e ripone il cellulare al mio posto. -Hey calma, chi era?-

Racconto brevemente il contenuto della telefonata e in men che non si dica, lui mi trascina di sotto per correre in macchina.

L'auto sfreccia sulle piccole stradine del paese; se non fossi così in ansia gli chiederei di rallentare, ma devo scoprire cosa è successo.
Arrivati all' esterno del palazzo pubblico, guardo con timore l'entrata tormentandomi le dita.

David mi cinge le spalle con un braccio. -Sta' tranquilla, andrà tutto bene.-

Faccio un cenno d'assenso; poi mi avvio spedita all'interno del palazzo pubblico: è il momento di scoprire la verità.

Il capo ufficio Laurent ci ha fatti accomodare nel suo studio e dopo pochi minuti, l'agente della sicurezza pubblica entra con sguardo serio, sedendosi dinanzi a noi.

-Signorina Deveraux, abbiamo arrestato l'uomo che l'ha aggredita l'altra sera- mi informa.

Questa era davvero l'ultima cosa che mi aspettavo di sentire. Mi chiedo cosa c'entri con mia madre...

-Come avete fatto a trovarlo? E soprattutto, questo perché dovrebbe interessare le ricerche di mia madre?!-

L'agente incrocia le braccia al petto, ma non mi guarda negli occhi.

-Vede, l'uomo che abbiamo arrestato si è dovuto recare in ospedale, a causa delle ferite causate dal signor Van Dalen. Per questo siamo riusciti a catturarlo e ha confessato. Ci ha detto che avevano intenzione di rapirla, non volevano soltanto un riscatto, volevano appropriarsi di tutto il suo patrimonio. Loro volevano che lei glielo cedesse.... Il mandante di tutto ciò è Rick Galloway, avrebbe organizzato un'evasione sfruttando i soldi e i complici esterni al carcere. Sono loro che hanno rapito sua madre, gli uomini che hanno tentato di rapire anche lei. Avrebbero minacciato di ucciderla, se lei non avesse accettato il trasferimento del patrimonio. Stiamo indagando anche sul figlio per valutarne il coinvolgimento- spiega l'agente, con voce calma.
Mark? No, non può essere. Non farebbe mai una cosa gel genere.
Sento l'ansia aumentare, ma anche il sollievo... quindi l'hanno trovata!

-Ma loro non sono riusciti a rapirmi. Quindi mia madre dov'è? Dove l'hanno nascosta? State andando a prenderla?- Di sicuro avrà già confessato tutto e tra poco riabbraccerò la mamma! Non riesco a contenere la gioia.

Tuttavia il viso e lo sguardo dell'agente iniziano a farmi paura, non sembra in procinto di dare buone notizie.

-Signorina Deveraux, visto che non sono riusciti a rapirla, la posizione di sua madre si è complicata. Li aveva visti in faccia, non era più una buona merce di scambio...- rivela con cautela.

Mi alzo di scatto dalla sedia, battendo le mani sul tavolo. -Non era?! Perché parla di lei al passato? Dove diavolo è?!- urlo.

Lui abbassa lo sguardo. -Purtroppo è stata uccisa. Sua madre è morta, signorina Deveraux, mi dispiace tanto.-

Uccisa?! Morta?! Cosa sta dicendo?! Quest'uomo è pazzo! Non hanno potuto uccidere mia madre.

-Non è possibile... Lei mente! Quell'uomo non sta dicendo la verità! Dovete trovarla! Cosa le ha raccontato per rendere questa assurdità credibile?!- La voce mi esce stridula e David mi cinge i fianchi per farmi calmare.

-Non è il caso che lei conosca i dettagli, si risparmi il resto...-

La mia rabbia aumenta -voglio sapere quale assurdità le ha raccontato e voglio saperlo adesso.-

Continuo a starmene alzata di fronte a lui, con le mani piantate sul tavolo e lo sguardo minaccioso. L'agente resta in silenzio.

-La signorina le ha fatto una domanda, agente- sibila David freddamente e mi stringe ancora di più.

Lui sospira. -Ci ha detto che le hanno sparato. La ferita era mortale, aveva ancora un alito di vita quando hanno gettato il suo corpo in mare, per accertarsi che morisse. Non può essere sopravvissuta, conosce gli effetti che le acque inquinate dei nostri mari avrebbero su una ferita aperta.-

, li conosco e so che le sofferenze che deve aver provato saranno state indicibili. Sento il sangue defluire dal mio viso; le sue parole mi entrano dentro, sotto la pelle, fin dentro alle ossa, dove un gelo mi pervade.

Morta.
Morta.
Morta.

Dicono che quando ripeti una parola nella tua testa, più e più volte, questa perda di significato. Io sto sperimentando l'effetto contrario: più la ripeto nella mia testa, più questa sembra abbattersi su di me, come la lama di una ghigliottina.

-Abbiamo fatto il possibile, mi dispiace per la sua perdita. So che è un momento difficile ma avrei qualche domanda su Mark Galloway.-

Non sento le sue parole, fisso il suo volto e rivedo il viso di mia madre, quello del mio incubo: quel volto terrorizzato che mi chiedeva aiuto e che io non sono riuscita ad aiutare.

-Ci lasci soli- dice David all'agente.

-Ma veramente io...-

-Ho detto fuori!- gli urla minacciosamente.

L'agente esce dalla stanza, ma io continuo a restare immobile come una statua di sale. Credo che il mio cuore si sia fermato, tutta la mia vita si è fermata... è ridotta a questo momento. Mia madre, la donna che mi ha cresciuta, amata e protetta, non c'è più?

-Amy, guardami- David mi stacca dalla scrivania, voltandomi delicatamente. Tengo il corpo rigido e il viso immobile.

-Dopo portai essere forte quanto vorrai, ma adesso devi sfogarti- tiene il mio viso tra le sue mani, perforandomi con il suo sguardo.

Le sue mani sono talmente delicate che sembra avere paura di rompermi.
Poi mi tira a sé, avvolgendomi nel suo caldo abbraccio: il suo profumo rassicurante mi avvolge immediatamente. Io continuo a starmene immobile e rigida, non sapendo, né volendo, fare altro.

-Devi sfogarti, amore mio, non permetterò che tu vada in pezzi. Ci sarò io a tenerti- sussurra al mio orecchio.

Non so se sono le sue parole o se il mio corpo è troppo piccolo, per contenere tutte quelle emozioni e reprimerle come faccio solitamente.
Sento un singhiozzo scuotermi le spalle, poi un altro e un altro ancora, finché smetto anche di contarli. Le lacrime scivolano come acido sulle mie guance, il dolore è talmente insopportabile da non riuscire a respirare, a pensare, a vivere.

David mantiene la sua promessa: mi tiene stretta e sussurra al mio orecchio parole rassicuranti. Non so per quanto restiamo così...

Quando esco dal palazzo pubblico mi sento svuotata completamente. Il mio volto è tornato rigido e impassibile, lo sguardo perso.
Ci avviamo all'auto e senza che me ne accorga, arriviamo alla pensione. David tiene la mia mano stretta nella sua: è calda, gentile e protettiva. Non mi conduce verso la mia stanza, arriviamo alla porta di Jess e Aiden.

Bussa con decisione, finché entrambi si svegliano e increduli ci fissano.

-Cos'è successo?- esclama Aiden, vedendo la mia faccia.

Quell'espressione, lui e Jess la conoscono bene.
Non hanno bisogno di spiegazioni o parole, capiscono immediatamente. Jess scoppia in lacrime stringendomi, Aiden ci stringe entrambe e noto che con un cenno ringrazia David che mi lascia lì, con i miei amici.
Ha capito perfettamente di cosa avevo bisogno, non credevo mi conoscesse così bene.

Non un'altra lacrima solca il mio volto, non un altro singhiozzo. Come quando ho saputo della morte di mio padre, il dolore mi paralizza e mi lascia spiazzata. Speravo di non provare mai più nulla di simile.
Eccoci qui: di nuovo su un letto ricolmo di disperazione, Jess e Aiden accanto a me, noi tre e tutto il resto del mondo fuori; ricordo le settimane trascorse in questa posizione, dopo la morte di mio padre e le braccia dei miei amici che mi circondavano.
Stavolta però non permetterò che la sofferenza mi schiacci, devo reagire, come lei avrebbe voluto. Certo è più facile a dirsi che a farsi.  Fisso la parete della camera buia, ripensando continuamente a mia madre, a tutte le cose che avrei voluto dirle... non potrò più farlo e questo mi uccide.

 

È una giornata fredda e grigia. Il bosco in inverno ha il suo fascino, gli alberi sembrano immersi in un sonno profondo.
Guardo la superficie del lago e aspetto Frederick con ansia. Stringo tra le mani il sottile ombrellino, cercando di difendermi dalla pioggia. Non abbiamo ancora detto alle nostre famiglie del fidanzamento, credo voglia parlarmi di questo.

-Anita- la sua voce profonda mi fa voltare immediatamente.

La pioggia l'ha bagnato completamente, ma questo non sembra disturbarlo. Vedo qualcosa di strano nella sua postura, è stranamente rigido.

Non corre ad abbracciarmi come al solito, ha il volto tirato, lo sguardo serio.

-Frederick, qualcosa non va?- mi avvicino.

-Devo partire, Anita, questa sera stessa- il suo tono non ammette repliche.

Il mio cuore accelera e guardo il cielo grigio e minaccioso. Subito un mare di pensieri invade la mia mente... che voglia lasciarmi? Rompere il fidanzamento?

Lo guardo intimorita. -Partire? E dove?! Non è il periodo adatto per una partenza. Vuoi rompere nostro fidanzamento, vero? Avevamo deciso di comunicarlo alle nostre famiglie subito dopo il Natale e le altre feste- sono molto preoccupata.

-Amore mio, come puoi pensare queste assurdità! Non ti facevo così insicura.- Sorride, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

In effetti non sono mai insicura, solo che non sono brava con le faccende di cuore.

-Mio padre è malato, sono io a dover guidare la famiglia e gli affari. Devo ritirare alcune cose, prenderò una nave questa sera stessa. È una richiesta di mia madre, non posso non andare, mi dispiace. Starò via una settimana, poi racconteremo alle nostre famiglie del fidanzamento, te lo prometto- mi guarda con dolcezza.

-Non pensi ai pericoli, Frederick? Guarda il cielo, ci sarà una tempesta. È pericoloso!-

Sono allarmata, se dovesse succedergli qualcosa io...

Prende il mio viso tra le mani e mi bacia dolcemente: le sue labbra morbide e calde sulle mie fanno battere più forte il mio cuore.

-Devi stare tranquilla, saprò cavarmela vedrai- è deciso e sicuro.
Vorrei credergli ma non ho mai tenuto a qualcuno così; non credevo che un'altra persona potesse completarmi quanto lui. Il pensiero che debba andare lontano mi spaventa a morte, lo stringo tra le mie braccia. Passa tutto il resto del pomeriggio a rassicurarmi mentre io giocherello nervosamente con il mio ciondolo. Più mi parla di questo viaggio improvviso, più una terribile sensazione si fa largo dentro di me, come un brutto presentimento.

 

Vengo svegliata da alcune voci che parlottano all'esterno della camera. Lentamente apro gli occhi e per un momento non mi rendo conto di dove mi trovo: posso ancora sentire la pioggia sulla pelle e il profumo di Frederick circondarmi. Mi immergo sempre di più nei ricordi di Anita, ogni sogno è più vivido di quello precedente...

Poi tutto ciò che è successo ieri mi ripiomba addosso: mi sento come se il peso della realtà mi schiacciasse su questo letto e mi impedisse di rialzarmi.
Vedo Jess e Aiden rientrare in camera, accompagnati da David.
Hanno tutti l'aria stanca e afflitta; non dicono nulla, lasciano avvicinare soltanto lui che si siede accanto a me. Con un sospiro accarezza il mio viso e mi lascia un leggero bacio sulle labbra, veloce come un battito d'ali.

-Amy, so che probabilmente non vuoi vedere nessuno e che preferiresti startene qui. Ma ho pensato che sarebbe giusto dare a tua madre una cerimonia, un addio.-

Il suo tono è misurato e gentile, credo abbiano paura di una mia reazione negativa. Effettivamente sto per infuriarmi, non posso. Poi ripenso al volto di mia madre, alla sua dolcezza e comprensione...
Sono passati giorni dal suo rapimento, probabilmente giorni dalla sua morte; non avrò mai una tomba su cui piangere la sua mancanza, ma merita che qualcuno le dica addio e che ricordi il suo passaggio in questo mondo.

-Va bene...- la mia voce è impercettibile, quasi un sussurro. È la prima parola che pronuncio da ieri: non ho intenzione di dire altro, non ho la forza di dire altro...

-Passeremo a prenderti tra un'ora, organizzeremo le auto per chiunque voglia partecipare. Prova a mangiare qualcosa- non rispondo, mi limito a restare in silenzio e fissare la parete.

Poi mi alzo e mi dirigo verso la mia camera. Nessuno mi segue, hanno capito che voglio restare sola.

Apro l'armadio, guardando il contenuto: abiti colorati, gioiosi e festosi.
Perché questa doveva essere una vacanza... Secondo mia madre, Jess e Aiden, doveva essere il modo per convincermi a riprendere in mano la mia vita e i miei sogni; credevano non l'avessi capito.

Prendo dei semplici jeans e una maglia scura, non so cosa si indossi a una cerimonia funebre e francamente non ricordo nemmeno di aver partecipato a quella di mio padre.
Dopo un'ora sento bussare alla mia porta, stavo guardando il mio viso e i miei occhi che sembrano del tutto persi e spaventati.
Ho fatto la doccia, mi sono vestita, tutto con movimenti meccanici; ho addirittura aggiustato i capelli in una coda, come piacevano a mia madre. Che stupida, come se potesse vederli...
David mi conduce verso la sua auto, indossa anche lui degli abiti scuri. Vagamente ascolto quello che sta dicendo: qualcosa sul fatto che Jess e Aiden ci avrebbero raggiunti con Sue.

Guardo per tutto il tempo fuori dal finestrino dell'auto: ci stiamo allontanando molto dal paese e vedo lentamente il paesaggio di montagna scomparire alle nostre spalle. Non so per quanto tempo restiamo in macchina, ma vedo che a un certo punto David rallenta: è come se mi guardassi dall'esterno, non so descrivere ciò che provo in questo momento, se non con il vuoto assoluto. Una sensazione che mi è fin troppo familiare...

Quando usciamo dalla macchina, con mia grande sorpresa noto il mare.
La spiaggia è chiusa, come tutte quelle dei Tre Stati, visto che anche la sabbia è troppo inquinata per passeggiare liberamente.
David mi conduce verso lo strapiombo che dà sull'acqua e vedo che sono tutti lì riuniti: Jess, Aiden, Agata, Sue, la signora Bright, Matt e Nora; a una certa distanza dagli altri c'è anche Albert Van Dalen che mi sorride mestamente. Aiden stringe tra le mani una corona di Peonie di un rosa chiarissimo, sono i fiori preferiti di mia madre, difficilissimi da trovare.
Ognuno di loro stringe una Peonia tra le mani. Sento un nodo alla gola, tuttavia riesco a trattenere le lacrime. 

Quando si avvicinano tutti mi abbracciano e mi dicono quanto siano dispiaciuti; io continuo a restare in silenzio mentre ci disponiamo in semicerchio, di fronte allo strapiombo: le onde del mare si infrangono violente sugli scogli, nonostante la giornata di sole c'è un forte vento.

Aiden si pone al centro con aria seria e triste. -Siamo qui riuniti oggi, per dare l'ultimo saluto a Elise Davies. Chi la conosceva da tanto, sa quanto si percepirà la sua mancanza in ciò che resta di questo mondo. Chi ha avuto modo di conoscerla per poco, ha avuto l'onore di incontrare una delle poche persone che meritano di essere conoscoute. Elise era una madre ammirevole, perché non si comportava da madre soltanto con sua figlia, si comportava da madre con chiunque ne avesse bisogno. Ero un bambino quando ho conosciuto Amy, ero solo un bulletto che la infastidiva, perché era infuriato con il mondo intero. Elise si avvicinò a me, perché all'uscita di scuola stavo tirando le trecce alla sua bambina e lei di rimando stava per rispondermi con un bel pugno in faccia- ride per un momento, perso nei ricordi. -Non si infuriò con me, non mi disse di lasciare in pace sua figlia, mi guardò negli occhi per un secondo e poi notò che nessun genitore mi aspettava per riaccompagnarmi. Mi invitò a casa sua per una merenda, cucinò per me e spinse me ed Amy a diventare amici. Poi mi riaccompagnò a casa e da quel giorno fu sempre lei a riprendermi all'uscita da scuola, a preparare per me la merenda, ad aprimi le porte della sua casa e della sua famiglia. Non so cosa vide negli occhi di quel bambino solo, ma posso dire che questa era la sua dote, il motivo per cui rendeva questo mondo un posto migliore. Lei guardava dentro le persone e cercava di renderle felici.- Vedo una lacrima scendere sul viso di Aiden. Stacca un fiore dalla corona di peonie e lo getta in mare, lasciando la corona nelle mani di Jess.

Lei si avvia al centro del nostro semicerchio, stringendo la corona tra le braccia, come se fosse la cosa più preziosa e poi sospira.

-Elise era la migliore amica di mia madre, come io lo sono di sua figlia. Per me tuttavia, è stata più di questo, non dimenticherò mai la comprensione, la dolcezza e l'amore con cui mi trattava. Era la seconda figura di riferimento che avevo, dopo che mio padre ci ha abbandonate. Da quando sono venuta al mondo, non ho mai conosciuto una vita senza Elise ed Amy. Loro per me e mia madre sono la nostra famiglia ed Amy lo sarà sempre per me. Siamo cresciute come sorelle e come sorelle continueremo a vivere.- Poi smette di parlare, non riesce a continuare il discorso.
Inizia a singhiozzare e stacca una peonia dalla corona, gettandola in mare. Asciugatasi le lacrime viene verso di me, con gli occhi ancora lucidi, cedendomi la corona di fiori.

La sento come un macigno tra mie mani, quei passi verso il centro sembrano i più lunghi della mia vita.
Guardo i volti di tutti, poi decido di voltarmi a fissare il mare, avvicinandomi allo strapiombo.

Devo dire addio a mia madre? Come posso farlo, come posso riassumere ciò che provo, ciò che lei ha fatto per me. Guardo le onde, il mare e il modo in cui il vento lo increspa.

-Eri la persona più importante. Ho cercato in tutti i modi di renderti felice, di evitare che le lacrime che ti avevo visto versare, dopo la morte dell'amore della tua vita, si ripresentassero. Sono stata forte per te. Perché tu mamma, tu hai conosciuto la vera sofferenza, prima con i tuoi genitori, poi con papà. Eppure non hai mai tramutato la sofferenza in amarezza o rabbia. Tu sei sempre stata buona, hai sempre sperato che la vita ti riservasse dei momenti di gioia. Non hai reso arido il tuo cuore e ti prometto che anche io farò lo stesso. Perdonami mamma, se puoi, perché nonostante i miei sforzi, non sono stata in grado di proteggerti...-

Vorrei continuare, dirle tutto ciò che ho dentro, ma la mia voce si spezza e non ho intenzione di scoppiare a piangere; quindi mi richiudo nel mio silenzio. Stringo la corona di peonie tra le mani, annusandola e lasciando un bacio leggero su uno dei petali chiari. Poi la getto in acqua.
Resto lì a guardarla galleggiare, con lo sguardo perso.
David si avvicina, stringendomi da dietro, con Jess e Aiden che si tengono al mio fianco. Tutti si avvicinano allo strapiombo, gettando in acqua la peonia che avevano tra le mani. Poi si allontanano, dandomi un colpetto sulla spalla o una carezza sul viso.
Guardiamo la corona di fiori allontanarsi, spinta dalle onde: più si allontana, più sento mia madre allontanarsi da me; forse perché solo adesso ho realizzato che non la rivedrò mai più.

Quando stiamo per tornare, David mi informa del fatto che i miei amici hanno già organizzato il trasferimento, mentre eravamo alla cerimonia.
Le cameriere assunte da Nora, hanno spostato le nostre cose alla tenuta; una parte di me ne è felice, non voglio più rivedere quelle camere alla pensione, troppa sofferenza tra quelle mura...
Arriviamo davanti alla tenuta: i giardini sono ancora più curati dell'ultima volta, anche la facciata è stata ridipinta e adesso sembra ancora più grande e sorprendente.
In questo momento mi mette così in soggezione che correrei a gambe levate verso l'isola, nella nostra accogliente e piccola casa. Nella mia adesso, lei non vivrà più lì... mi correggo amaramente.
Le grandi porte sono chiuse e a terra noto un biglietto.

Per Amy Deveraux

Lo rigiro incuriosita tra le mani, anche David lo fissa aggrottando le sopracciglia. Apro subito la busta.

Troverò chi ti ha fatto questo, bambina mia, te lo prometto.
Corinne.

Lo accartoccio in un moto di rabbia. Continua con le sue stupide ricerche, come se potesse servire a qualcosa, come se potesse restituirmi mia madre.
Inoltre è stato Rick Galloway, Mark non era nemmeno alla cerimonia, deve vergognarsi per ciò che ha fatto suo padre e francamente sono felice che non sia venuto. So che non c'entra nulla con suo padre, ma non l'avrei tollerato.

-Credi che riuscirà davvero a scoprire qualcosa?- domando a David.

-Non credo. La polizia ha già fatto le sue ricerche e i piani di quel criminale sono sfumati- risponde risoluto.

Bussiamo alla porta e subito una cameriera viene ad aprirci: indossa una divisa di colore scuro con un grembiule; sembrano quelle dei vecchi film, simili a quelle dei Van Dalen.

-Buongiorno, signorina Deveraux, io sono Camille- sorride. È una donna dal viso gentile, deve avere sui quarant'anni e porta i capelli biondi legati in una treccia.

-B...buongiorno. Grazie- non so come comportarmi. Cosa dovrei dire a queste persone? Mi sento così a disagio.

-La signorina Deveraux ha bisogno di rilassarsi. La accompagno nella sua stanza a rinfrescarsi, le saremmo grati se volesse prepararci il pranzo. Per favore faccia in modo che nessuno la disturbi, come può immaginare, è stata una mattinata dura.- David parla con naturalezza e formalità, evidentemente lui è molto abituato a tutto questo.

Continuo a guardarmi intorno: tutto mi sembra così grande, così eccessivo. So di essere taciturna e probabilmente di poca compagnia; nonostante ciò David continua a starmi accanto, cerca di rendermi tutto più facile e gli sono grata per questo.
Saliamo al primo piano, dove ci sono le camere padronali. Apro la porta di fronte alla camera scelta da Jess e Aiden, ignorando deliberatamente la porta della camera di Anita.

La stanza è un trionfo di colori pastello: una tonalità di verde acqua e azzurro, che la rende incredibilmente rilassante.
Come le altre al centro c'è un enorme letto matrimoniale. Le grandi finestre lasciano filtrare la luce e c'è un armadio di colore chiaro. Poco distante noto una scrivania, sulla quale c'è il mio album da disegno e una porta dietro alla quale deve esserci il bagno. David siede sul letto, facendomi un cenno di incoraggiamento, affinché vada a rinfrescarmi.
Apro la porta del bagno, anch'esso è molto grande: ci sono una doccia e una vasca rotonda, il tutto sempre sulle stesse tonalità pastello, adornate con finissimi mosaici.
Odora di pulito e di nuovo, si sente che è stato ridipinto tutto da poco.
Quando decido di  uscire dal bagno, David è ancora lì ad aspettarmi, sorride mestamente e subito andiamo a pranzo.

Le altre due cameriere si presentano, mentre ci servono la zuppa: Danielle e Josette, dicono di chiamarsi. Non riesco a mangiare nulla e terminato il pranzo ritorno in camera.

-Ti lascio sola- sussurra David, mentre io mi stendo sul grande letto.

-No, David, per favore... resta.- Lo guardo con aria implorante.

-Credevo ti desse fastidio la mia compagnia. Non hai parlato molto...- mi scruta, cercando di interpretare la mia espressione.

-Non potresti mai infastidirmi- gli rispondo con sicurezza e a quel punto lui si avvicina al letto e si distende accanto a me.

-Goditelo, formaggino, perché sarà l'unico giorno in cui ti permetterò di startene a letto a rimuginare. A meno che tu non voglia fare altro su questo letto, in tal caso potremmo anche starci tutto il giorno.-
Sta cercando di tirarmi su e per un momento riesce addirittura a strapparmi un sorriso. Affonda il viso nei miei capelli, stringendomi i fianchi. Chiudo gli occhi, godendomi le sensazioni del suo profumo e delle sue forti braccia che mi circondano.

Il vento soffia violento, circondandoci e facendo svolazzare il mio vestito. Le mie scarpe affondano nella sabbia e Frederick mi fissa con aria implorante. Dai suoi capelli un po' lunghi, cadono goccioline d'acqua che scorrono lungo il suo viso. Le onde si abbattono violente sulla scogliera, il solo pensiero che debba affrontare tutto questo mi angoscia.

-Non essere triste, Anita, ti prego. Tornerò presto, non ti accorgerai nemmeno della mia assenza- mi stringe tra le sue braccia, mentre affondo il viso nel suo petto.

-Signore, dobbiamo andare- un uomo ci interrompe. Si trova accanto a una piccola imbarcazione in legno, deve condurre Frederick alla nave ormeggiata al largo.

-Sta' attento Frederick, ti prego-  accarezzo il suo viso, baciandolo dolcemente. Di nuovo quella sensazione di angoscia mi pervade e non mi abbandona per tutto il tempo.
Stringo il ciondolo al mio collo, mentre lo vedo allontanarsi da me, avviarsi verso la nave, su quella imbarcazione.
La pioggia e il vento continuano ad abbattersi sul mare e su di me. Prego silenziosamente affinché torni, prego perché i miei presentimenti siano soltanto frutto della mia irrazionale paura di perderlo.

Sobbalzo con il cuore in gola. Tocco frenetica le braccia che mi avvolgono e il viso di David.

-Amy! Che c'è ?- sobbalza preoccupato.

Deglutisco. -Scusami, un ricordo di Anita. Frederick stava partendo, ero così angosciata per lui... così allarmata. Quando è andato via era come se mi avessero strappato una parte di me, mi ha suggestionata così tanto che al mio risveglio credevo di non trovarti... che in realtà fossi stato tu a partire.- Appoggio il viso sul suo petto e mi stringo a lui.

-Non vado da nessuna parte- mi rassicura, dandomi un bacio.

****

Così è trascorsa la settimana peggiore della mia vita. Ho cercato in tutti i modi di abituarmi alla grandezza della tenuta e alla disponibilità delle cameriere.... inoltre la vicinanza di Nora mi ha aiutata molto. I primi giorni sono rimasta chiusa in camera, spesso tra le braccia di David che anche la notte non mi ha mai lasciata sola. Con pazienza ha cercato di farmi uscire, almeno dalla stanza.
Non ha avuto molto successo con il resto: non sono più uscita dalla tenuta.
Jess e Aiden stanno compilando i moduli per il nostro trasferimento universitario alla città di Rainissance e ho affidato il Sun alla madre di Jess, saprà prendersene cura.
Ho addirittura messo in pratica una sorta di routine giornaliera: tra l'ora di pranzo e la cena ne approfitto per leggere qualche libro in giardino, visto che la biblioteca è immensa ho una vasta scelta; oppure dormo, visto che le notti sono il mio incubo personale.
Non credo di riuscire a continuare per molto, David e i miei amici stanno cominciando a perdere la pazienza, inoltre non ho più toccato il mio album da disegno.
La cosa peggiore di tutto questo è che gli incubi sono tornati. In precedenza la vicinanza di David mi faceva rivivere tutti i ricordi felici di Frederick e Anita; ora invece non faccio altro che sognare la sua morte o quell'incubo che mi fa star male, di cui non ricordo nulla al mattino. Questa calma apparente che mostro all'esterno e che i miei amici mostrano, nasconde una grande preoccupazione e consapevolezza: perché in fondo tutti sappiamo che non è ancora finita.

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Di fronte a me c'è il volto di Frederik vicinissimo. Non so dove sono, sento solo un terrore profondo invadermi e ho la nausea, il cuore mi martella nel petto a un ritmo impazzito. Lo scruto e noto i suoi occhi attraversati da ombre: sembrano dei fili di tenebra che nuotano in quegli immensi laghi d'argento. Tutto ciò che desidero in questo momento è morire.

Sgrano gli occhi urlando. -No! Ti prego, non voglio! No!-

Le mie mani sono intorpidite, tutto è confuso e mi terrorizza. Sento che qualcuno mi stringe le braccia, scuotendomi.

-Amy! Ti prego non urlare! sono io, David, svegliati!-

Quando metto a fuoco il volto a pochi centimetri dal mio, la paura mi paralizza: quegli occhi di ghiaccio, fissi nei miei, mi danno i brividi.

-Amy, torna in te, non guardarmi così... mi uccide...-

Quella voce implorante e disperata... quegli occhi che mi danno il tormento, ma che adesso mi guardano con amore, apprensione e senso di colpa, mi riportano alla realtà.
So quanto lo faccia soffrire il fatto che io abbia paura di lui...
Lentamente il mio respiro torna alla normalità e David abbandona la presa dalle mie braccia; quando le guarda però resta sbigottito, adesso lo sguardo di puro orrore è il suo.
Non riesco a chiedergli il perché, visto che subito la solita sensazione di nausea mi pervade.

Corro verso il bagno e come da routine mattutina, ormai da una settimana, lui mi tiene i capelli e si prende cura di me. Mi inumidisce la fronte con un panno umido, dandomi sollievo e quando i conati di vomito sono passati, mi guardo allo specchio: il mio viso è più bianco del solito, solcato da due occhiaie scure, sono dimagrita e i capelli cadono disordinati sulle spalle.
Eppure la cosa peggiore è un'altra: ho due lividi violacei sulle braccia; ecco spiegato il motivo della reazione di David.

Anche lui li sta guardando e lo vedo subito irrigidirsi. -Dannazione!!- urla, prima di dare un pugno alla dura parete del bagno.

Inizialmente sono paralizzata dal suo gesto, poi riscuotendomi corro verso di lui, prendendogli la mano ferita dal pugno.

-Cosa fai! Sei forse impazzito?! Guarda cosa ti sei fatto.- Il suo sguardo è perso e infuriato.

Lo accompagno al lavandino, facendo scorrere l'acqua fredda e spostando la sua mano sotto il getto. Restiamo in silenzio per qualche minuto.

-Perché l'hai fatto, non è ferendoti che risolveremo il problema...- sospiro tristemente.

-Non ce la faccio più...- risponde frustrato, continuando a guardare le mie braccia.
-Mi sento completamente inutile. Vorrei aiutarti, proteggerti, ma sono incapace di farlo.-

Sposto con dolcezza una ciocca di capelli scuri che gli è ricaduta sul volto. -Ma tu mi stai già aiutando, David. Ti prendi cura di me, mi dai sollievo- cerco di rassicurarlo.

-Non basta. Guarda quei lividi... se potessi entrerei nei tuoi incubi e ti difenderei da lui, non gli permetterei mai di toccarti. Non tollero che qualcuno ti faccia del male, soprattutto se quel qualcuno ha il mio aspetto. Questa cosa mi manda fuori di testa!- si stringe le tempie. Sembra prendersela più con se stesso che con qualcuno in particolare.

-Non puoi combattere contro un fantasma- sorrido amaramente.

Si passa l'altra mano tra i capelli -mi dispiace. L'ultima cosa di cui hai bisogno in questo momento sono i miei scatti d'ira.-

-No, scusami tu. Mi dispiace per come ti ho guardato poco fa, ma devi sapere che la mia paura non era rivolta a te! So che mai mi faresti del male- lo guardo con sicurezza e in qualche modo questo sembra tranquillizzarlo.

Questi giorni sono stati difficilissimi per noi... per lui. La mia paura nei suoi confronti, quando mi risveglio dagli incubi, non fa che farci stare peggio, ci allontana in qualche modo... Sembra che abbia paura persino di sfiorarmi; il fatto che Frederick abbia il suo aspetto lo fa sentire tremendamente in colpa, come se fosse lui stesso a farmi del male.

Fa scivolare una mano dietro alla mia schiena, tirandomi a sé. Mi guarda interrogativo e capisco la sua domanda muta: mi sta chiedendo il permesso. David non mi chiede mai il permesso, odio ciò che i miei incubi ci stanno facendo...

Mi stringo a lui, poggiando le mani sul suo duro petto. Guardo il suo viso stanco e preoccupato come il mio, perdendomi come sempre nell'argento liquido dei suoi occhi.
Non abbiamo avuto molti momenti simili, tra la morte di mia madre e i ricordi di Anita...
Il mio respiro accelera e con esso il mio cuore; guardo le sue labbra piene, che so essere morbide come il velluto e che non smetto di desiderare, nemmeno in questo momento.

Con lentezza e timore avvicina il suo viso al mio e io trattengo il respiro, fin quando le sue calde labbra non toccano le mie, facendomi rabbrividire e chiudere gli occhi.
Mi è mancato così tanto.
Lentamente le nostre lingue si sfiorano, ma il bacio resta dolce e delicato. Porta anche l'altra mano dietro la mia schiena, stringendomi e facendomi trasalire, per l'acqua fredda che la bagna. Affondo delicatamente le mani nei suoi capelli sottili e scompigliati dal sonno: in momenti come questo, nonostante tutto ciò che ci sta succedendo, non posso fare a meno di sentirmi fortunata.

Sono circondata dal suo profumo e assaporo le sue labbra... la sua bocca... lo sento rilassarsi finalmente sotto le mie dita.
Vorrei potergli trasmettere ciò che provo: fiducia incondizionata.
Vorrei dirgli che mi affiderei ciecamente a lui.

Cerco di trasmettergli tutto questo con il nostro bacio e sembra percepirlo. Lentamente sento l'atmosfera cambiare intorno a noi: la dolcezza si trasforma in qualcos'altro.

Il mio cuore accelera e il bacio diventa più profondo. Le nostre bocche e le nostre lingue si cercano e si scontrano, come se non fossero mai appagate. Stringo più forte le ciocche dei suoi capelli tirandolo verso di me e lui fa lo stesso, stringendo il mio corpo tra le sue braccia. Sembra che stia cercando di lottare contro se stesso per trattenersi, ma evidentemente la cosa non sta funzionando e non mi dispiace affatto.
Mentre ci baciamo percepisco che mi sta spingendo all'indietro, facendomi scontrare col mobiletto del lavandino. Senza smettere di baciarmi cinge i miei fianchi, aiutandomi a salirci: adesso sono quasi alla sua altezza e mi stringo ancora di più a lui, avvolgendo le mie gambe alla sua vita, facendo aderire i nostri corpi.
Fa scorrere frenetico le mani sul mio corpo, baciandomi e mordendomi le labbra e io faccio lo stesso, godendomi appieno le sue. Il suo tocco lascia una scia di brividi incontrollati; i nostri respiri sono frenetici, quasi scandiscono i battiti del mio cuore impazzito.
Voglio di più, lo desidero con tutto il mio cuore e sento che anche lui mi desidera.
Una paura lontana affiora dentro di me ma la soffoco completamente.
Sposto le mie mani sotto la sua maglia, sfiorando i suoi addominali e il petto scolpito, mentre lui continua a baciarmi con foga, assaporandomi.
Non penso, non respiro, sono completamente persa in lui.
Stringo i lembi della sua maglia, cercando di toglierla e lo sento irrigidirsi.
Con dolcezza prende le mie mani tra le sue, allontanandole e smettendo di baciarmi; mi fissa, puntando le sue lame d'argento nei miei occhi.

-Amy, no...- sussurra allontanandosi, con la voce affannata e le labbra arrossate dai nostri baci.

Le sue parole mi fanno ritornare bruscamente alla realtà. Una sensazione bruciante mi colpisce dritta al petto e so cos'è: è l'imbarazzo per essere stata respinta.
Sento le guance bollenti e sono sicura di essere arrossita violentemente. Cosa mi è saltato in mente?
Ricordo il mio riflesso: le occhiaie, il viso pallido, non posso certo definirmi desiderabile in questo momento. Vorrei scomparire, non ho nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi; patetica come sempre, si fa beffe di me la mia fastidiosa vocina.

Tengo lo sguardo basso e scendo dal mobiletto, allontanandomi. -Sc... scusami... io credevo... lascia perdere. Non so cosa credevo- sento gli occhi inumidirsi e cerco di fuggire via da questo dannato bagno.
Lui però non me lo permette: riesce a prendermi per un braccio, bloccandomi.

-Hey, guardami- sfiora la mia guancia.

Continuo a tenere lo sguardo basso e lui si passa una mano tra i capelli nervoso. Poi prende il mio viso con forza, costringendomi a guardarlo; l'imbarazzo scorre ancora sotto la mia pelle.

-Credi che io non voglia?! Mi prenderei a calci da solo per averti respinto e credimi, mi darò abbondantemente del coglione più tardi. Non ho mai rifiutato nessuna in vita mia- dice sicuro.

Sta forse cercando di consolarmi? Beh... perché, in tal caso, qualcuno dovrebbe dirgli che a consolare fa davvero schifo. Non c'è limite al peggio: sono l'unica che abbia mai rifiutato. Andiamo bene.

Quando mi guarda negli occhi e capisce di star peggiorando la situazione. -Non volevo dire quello!! Insomma, vuoi smetterla di pensare sempre al peggio?- La sua voce è frustrata, la mia credo sia andata a farsi benedire.

-Non voglio che la nostra prima volta sia così...- adesso è lui ad abbassare lo sguardo imbarazzato. -Non voglio che ci siano incubi e paura a rovinarla o sia frutto di uno scatto improvviso. Insomma, siamo in un cazzo di bagno!!- indica ciò che ci circonda innervosito.
-Voglio che sia diverso da ciò che ho sempre avuto e ti assicuro che di scopate senza senso nei bagni ne ho avute fin troppe. Voglio portarti a cena, a ballare, voglio avere la paura e l'ansia di scegliere i vestiti adatti... il posto. Voglio vedere la gioia nei tuoi occhi e la sicurezza.-

Lo vedo rialzare di nuovo lo sguardo e fissarlo nel mio. -Potrà sembrarti strano, alle mie orecchie suona quasi vomitevole un discorso tanto sdolcinato. Sai che non sono il tipo ma, Amy, sei l'unica che mi fa venire voglia di fare tutto questo. Non sai quanto mi sorprenda e mi faccia sentire onorato, il fatto che tu, nonostante tutto, voglia fare l'amore con me per la prima volta. Ma dammi la possibilità di mostrarti quanto può essere bello donarsi a qualcuno completamente, anima e corpo. Possiamo scoprirlo insieme, perché so che con te sarà così.-
Mi accarezza il viso delicatamente: non c'è traccia di imbarazzo nella sua voce, c'è sicurezza e speranza, forse un po' di timore. Non credo abbia mai detto cose del genere e il mio cuore si scioglieva a ogni parola.

Sorrido timidamente. -Beh... non sarai un tipo sdolcinato, David Van Dalen, ma è innegabile che impari maledettamente in fretta!-

Alza l'angolo della bocca in un mezzo sorriso, poi mi dà un leggero bacio sulle labbra. -Come puoi pensare anche solo per un secondo che io non ti desideri?- mi guarda come se fossi pazza. -Cazzo! Passo il novantanove per cento della giornata a desiderarti! Mi controllo con tutte le mie forze, e credimi, non vorresti essere nella mia testa!- sorride maliziosamente, facendomi arrossire.
Ora lo riconosco.

Soffoco una risata. -Ok, basta! Hai chiarito il concetto. A questo punto sarà meglio fare una doccia fredda- ridacchio imbarazzata.

-Sì, sarà meglio- sbuffa, passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
-Inizia a scegliere cosa indossare, formaggino, perché oggi usciremo da questa tenuta. E se te lo stai chiedendo, te lo anticipo, no! Non hai voce in capitolo- mi guarda minaccioso, prima di chiudere la porta del bagno lasciandomi fuori.

Guardo la scrivania della mia camera e qualcosa attira la mia attenzione: il biglietto da visita di Margaret Gleeson; le avevo promesso l'intervista parecchio tempo fa e so che probabilmente non ha ancora chiamato a causa di quanto è successo a mia madre. Ma non starà ancora lontana per molto, credo sia arrivato il momento di incontrarla; come si dice, via il dente via il dolore.

Compongo velocemente il suo numero e risponde al secondo squillo.

-Margaret Gleeson, con chi parlo?-

-Salve signorina Gleeson, sono Amy Davies... Deveraux, Amy Deveraux- mi correggo immediatamente, maledicendomi.

-Oh, signorina Deveraux, finalmente ci sentiamo. Vedo che ha ancora problemi ad accettare il suo cognome- insinua, con una punta di ironia.

-Le abitudini sono dure a morire. Non mi faccia pentire di averle telefonato, signorina Gleeson, come sa non è l'unica a richiedermi interviste. Spero di aver scelto bene- lascio trasparire tutta la freddezza e il controllo possibili.

-Su andiamo, non si scaldi tanto! In fondo mandare frecciatine è il mio lavoro. Mi ha chiamato per l'intervista, giusto?-

-Sì. Se per lei va bene, questo pomeriggio sono libera- dico tutto d'un fiato, onde evitare ripensamenti.

-Certo. A questo pomeriggio, signorina Deveraux- mi saluta, calcando particolarmente l'ultima parola.

David è di fronte a me, intento a fissarmi con le braccia incrociate. Non mi ero accorta della sua presenza.

-Dimmi che non stavi parlando con chi penso- è visibilmente irritato.

-Stavo parlando con chi pensi... Mi avrebbe cercata lei, ho solo anticipato l'inevitabile- scrollo le spalle.

-Maggie non è la persona adatta. Tu non la conosci, ti metterà in difficoltà. Cercherò di contenerla...-

Mi sta davvero irritando. Non riesce a capire che so cavarmela benissimo da sola, è quello che faccio da tutta la vita. Non sono una stupida ragazzina indifesa.

-Sta' tranquillo, saprò tenere a bada la tua Maggie e comunque tu non ci sarai. Verrà questo pomeriggio- lo informo, incrociando le braccia al petto con aria di sfida.

-Sapevi che avrei avuto da lavorare! Non vuoi che la incontri! Non ti facevo così gelosa, formaggino- sta cercando, con scarso successo, di non ridere di me. Tuttavia non riesce a trattenere l'espressione compiaciuta che si è appena formata sul suo viso.

-Non sono gelosa, ma quella donna ti guarda come se volesse scartare un pacco regalo!- ribatto infuriata. Il mio pacco regalo, aggiungo mentalmente.

-Beh... non che non abbia avuto modo di farlo- ride. Subito dopo però, guardando la mia faccia omicida, perde il sorriso.

Prendo un cuscino dal letto e glielo tiro con violenza.

-Ok... ok. Battuta infelice!- Alza le mani in segno di resa.

-Più che infelice- lo incenerisco con lo sguardo.

-Sta' attenta, sul serio. Non farti mettere in bocca parole che non diresti, Amy. A causa mia potrebbe anche metterti ancor più in difficoltà. Adesso andiamo a fare colazione, informeremo i tuoi amici della nostra uscita.-

-Sta' tranquillo. Dopo aver affrontato Valerie, sono abituata alle tue amiche psicopatiche- rispondo con un pizzico di stizza e decido di darmi una sistemata.

Ci dirigiamo verso la piccola sala da pranzo, situata all'ala est della tenuta. Non abbiamo ancora utilizzato quella grande al centro; sembra davvero troppo imponente e per me già è abbastanza strano che qualcuno mi chiami continuamente "signorina" e soddisfi anche il mio più piccolo desiderio.
Jess e Aiden sono già seduti e Nora sta chiacchierando allegramente con loro. Josette e Danielle, due donne sui quarantacinque anni che ho scoperto essere sorelle, servono la colazione con il solito sorriso allegro stampato sul volto. Nora mi ha raccontato che erano felicissime di ritornare a casa Deveraux.

-Buon giorno a tutti!- li saluto sedendomi e David fa lo stesso.

-Buongiorno, bambina, com'è andata la notte?- domanda Nora preoccupata.

-Il solito... Perché non sei seduta con noi?! Nora, quante volte devo dirti che non devi fare così. Se ho accettato che lavorassi qui, è solo per averti più vicina.-

Dopo le mie proteste, acconsente a sedersi con noi.

-Tra poco io ed Amy andremo a fare un giro. Vi unite a noi?- chiede David.

Jess e Aiden mi fissano sorpresi.

-Sei riuscito a convincere Amy a uscire?- Aiden lentamente, anche se non lo ammetterà mai, sta iniziando a tollerare David.

-Più che altro mi ha costretta- ribatto irritata.

-Complimenti, Van Dalen! Se fa storie ti darò un aiuto a trascinarla fuori- gli propone soddisfatto.

-Conta pure su di me!- Non poteva mancare Jess a dare manforte, sbuffo infastidita.

La colazione prosegue tranquilla, anche se David e Aiden battibeccano come sempre. Iniziano a tollerarsi, ma non credo diventeranno mai amici per la pelle.

****

Subito dopo la colazione, David mi ha praticamente trascinata fuori, non ha sentito ragioni.

-Coraggio, signorina Deveraux, la sua auto la attende- si inchina teatralmente, tenendomi la portiera aperta e io alzo gli occhi al cielo, entrando.

Riconosco subito la strada che sta percorrendo e nascondo un sorriso. Non posso non provare un po' di gioia: andremo alla casa al lago.
In questi momenti mi sento ancora più in colpa... La mia gioia nello stare con David, mi rende una persona orribile?
Sento la mancanza di mia madre, come un ronzio continuo di sottofondo e non riesco a superarlo; per ogni mio minimo sorriso, una parte di me si colpevolizza. Ogni giorno che passa mi ricordo che non la rivedrò mai più.

Scendiamo dall'auto e attraversiamo il boschetto umido per la pioggia appena caduta, uno splendido arcobaleno sta spuntando nel cielo, si respira solo pace e tranquillità qui...
Senza pensarci prendo la sua mano: è calda e liscia nella mia.

Lui alza un sopracciglio eloquentemente, fissando le nostre dita intrecciate. -Com'era? Non cammineremo mai mano nella mano, sotto un fottuto arcobaleno? Vuoi proprio far crollare le mie convinzioni, formaggino- ride di gusto, attraversando il prato.

-Credo di essere nata per questo- sorrido anch'io soddisfatta.

Quando arriviamo al lago, lo spettacolo mi lascia come al solito senza fiato: ammiro l'acqua, i raggi del sole che la colpiscono, le dolci increspature causate dal vento.
David apre la borsa che porta con sé e che io non ho notato; tira fuori una coperta e qualche libro...
Poi si siede, appoggiando la schiena a un albero e invitandomi a fare lo stesso. Mi siedo accanto a lui.

-Eh no...- dice, prendendomi e spostandomi tra le sue braccia. Ora ho la schiena poggiata al suo petto, e lui mi stringe affettuosamente a sé.

-Ora va molto meglio- affonda il viso nei miei capelli.

Mi godo la sensazione provocata dalla sua vicinanza, non credo riuscirò mai ad abituarmi; il mio corpo risponde immediatamente ai suoi gesti.

-Ho pensato che una mattinata tranquilla, lontano dalla tenuta, era assolutamente necessaria. Visto che hai praticamente divorato la libreria di casa Deveraux, ti ho portato qualche libro... diciamo i miei preferiti- li indica e ne prendo uno.

"RACCOLTA DI POESIE ANTECEDENTI"

Spesso i libri che raccolgono gli scritti precedenti alla Terza Guerra, vengono chiamati semplicemente antecedenti.

-Poesia? Non ti facevo un tipo da poesia...- sfoglio le pagine, vedendo alcune sottolineature e segni.

La maggior parte dei versi evidenziati in questo libro parlano di abbandono, della corruzione dell'animo umano...
Non credevo che David avesse così poca fiducia nelle persone o in ciò che lo circonda. Sembra che abbia una visione talmente pessimistica delle relazioni con le altre persone, da non trovare alcuna speranza. Poi dei versi in particolare mi colpiscono e inizio a leggere quanto da lui sottolineato.

-Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.-

Resto in silenzio, osservando quelle parole e non posso fare a meno di veder scivolare dinanzi a me, i momenti trascorsi con David: quella volta in cui disegnai la facciata della chiesa in sua compagnia, perdendomi come sempre nei miei momenti di pace; la prima volta che mi ha condotto al lago, il tempo speso a osservare questo spettacolo persa. Poi ci sono i momenti dolorosi... quelli dopo la morte di mia madre, la sua silenziosa e costante vicinanza, i suoi gesti per tirarmi su e il suo sguardo tormentato dopo ogni mio incubo. Sto per leggere gli ultimi versi che ha evidenziato, ma mi interrompe, sussurrando al mio orecchio.

-Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così-

Le sue labbra sfiorano il mio orecchio, mentre recita gli ultimi versi della poesia. Il mio cuore accelera con l'incedere della sua voce profonda. Perché purtroppo devo ammetterlo, David che mi recita una poesia è quasi da infarto...
Mi stringo a lui, affondando il viso nell'incavo del suo collo e godendomi il profumo che tanto mi dà tranquillità e calore.
Restiamo in silenzio, osservando il lago, stretti l'uno all'altra. Posso sentire il battito del suo cuore dietro la mia schiena e le sue forti braccia stringermi.

-Perché credi così poco nei rapporti tra le persone? Perché hai una visione così pessimistica?- domando e per un momento ho paura di turbarlo, so quanto è riservato.

-Sai, quando ero bambino avevo una famiglia felice. I miei genitori si amavano alla follia, posso ancora sentire le nostre risate rimbombare in quella casa- la sua voce è sofferente e guarda malinconico la casa sul lago. Non credo abbia mai affrontato questo discorso con qualcuno.

-Ma allora perché non stanno insieme?- chiedo, con il massimo della delicatezza. Lui mi stringe più forte.

-Perché l'amore, Amy, è solo una stupida favola raccontata per farci credere in qualcosa- risponde con un tono duro e distante. -Guarda ciò che resta del mondo, pura distruzione e per cosa? Per fame di potere. L'uomo aspira soltanto a questo e mio padre non è da meno. Cominciò a dedicarsi anima e corpo agli affari, alla ricchezza e alla potenza della famiglia Van Dalen. L'uomo che giocava con me o baciava mia madre con passione, scomparve in una nuvola di fumo. Iniziò a chiudersi in quel dannato studio notte e giorno, ancora oggi è così. Divenne duro e freddo. Ci trascurava, ignorava mia madre, che lentamente sprofondò in una buia depressione e ignorò me.- Sento una profonda rabbia nelle sue parole.

-È per questo che tua madre è andata via?- non posso reprimere il dolore nella mia voce.

-Vive nel Primo Stato. Ho cercato in tutti i modi di supplire alle mancanze di mio padre. Le stavo vicino, dosavo quelle stupide pillole, dormivo con lei, cercando di farle passare quegli attacchi di panico come meglio potevo... ma avevo nove anni, ero un bambino. Non erano i miei abbracci quelli che lei anelava, non erano le mie carezze... La verità è che mio padre l'ha distrutta pezzo per pezzo e poi ha distrutto me. Ho tentato di passare del tempo con lei dopo la sua partenza, ma tutte le volte che andavo a trovarla, notavo quanto la mia presenza la facesse soffrire. Rivedeva lui in me, rivedeva e rimpiangeva tutto ciò che aveva perso. Così ho smesso di farle visita. Mi ha educato mio padre, ha fatto di me un vero Van Dalen, posso ripeterti a memoria le parole che hanno scandito la mia infanzia e la mia adolescenza. Non fare il moccioso... Il potere della famiglia deve crescere... Sii degno del cognome che porti... Niente smancerie... Un uomo della tua posizione deve avere un polso fermo... Sei un sentimentale come tua madre- irrigidisce la mascella infuriato.

Adesso riesco a capire molto di più la sua durezza e la sua freddezza: riesco a vedere dietro il suo sguardo di ghiaccio, gli occhi di quel bambino ferito.
Non posso consolarlo in alcun modo, posso solo stargli vicino e dimostrargli che l'amore esiste ed è meraviglioso. Mi volto, prendendo il suo viso tra le mani; subito il battito del mio cuore accelera, mentre contemplo la forma degli occhi, le sopracciglia scurissime, gli zigomi pronunciati e il viso a tratti dolce e a tratti duro.
Guardo quell'argento liquido, schiarito dai raggi solari e avvicino il mio volto ancora di più, sfiorando le sue labbra morbide e calde. Ne assaporo il dolce sapore di menta, mescolato al suo profumo inconfondibile.
Lui mi stringe a sé e restiamo così: stretti l'uno all'altra dinanzi a questo lago, come spesso avviene anche nei miei sogni, in quelli dove l'amore di Frederick e Anita non è stato ancora corrotto. Sembra quasi che passato e presente si mescolino.

****

Dopo aver trascorso così gran parte della mattinata, decidiamo di ritornare alla tenuta. David è rimasto in silenzio per molto tempo, credo sia ancora sorpreso dall'essersi aperto tanto a me.

-Adesso devo andare. Tornerò più tardi, in bocca al lupo per l'intervista e non lasciarti sopraffare!- si raccomanda ed è molto serio.

-Sta' tranquillo, non lascerò tutto nelle sue mani. Tu mettici tutto il tempo che vuoi- l'idea di quella donna che posa gli occhi su David mi manda in bestia.

Soffoca una risata, prima di andare via.

Nora apre immediatamente le grandi porte della tenuta.

-Ti ho vista entrare. Com'è andata la mattinata?- domanda, gentile come sempre.

-Molto bene, la signorina Gleeson è già arrivata?-

-Sì, ti aspetta nello studio di tuo pad... di Cristopher- si corregge subito.

Mi avvio verso lo studio. L'ultima volta che sono entrata qui, i ricordi di Anita mi hanno sopraffatta...
Non posso non pensare a quella dolce bambina, tanto felice tra le braccia di suo padre.
Sospiro aprendo la porta: in quella camera mi attende tutt'altro che un padre amorevole, la definirei piuttosto una vipera velenosa.

Mi stampo sul viso un sorriso di circostanza e mi avvio alla scrivania. -Signorina Gleeson, spero non abbia dovuto attendere troppo- la saluto con voce misurata, allungando la mano e stringendogliela.

Come al solito è impeccabile: i capelli scuri sono legati in una coda alta e indossa un tailleur dall'aria costosa e professionale.

-Non da molto signorina Deveraux. Prima di cominciare volevo farle le mie più sentite condoglianze, anche per questo ho preferito non chiamarla- quello sguardo compassionevole è la cosa che più odio quando si subisce un lutto.

-Grazie, anche per il suo tatto- distolgo lo sguardo e mi siedo dietro la scrivania.

-Bene, direi di cominciare! Parto subito con la prima domanda. Si è pentita di aver rivendicato il suo nome? Insomma, da quando ha scoperto di essere una Deveraux, è stata aggredita, poi c'è la questione di sua madre e ovviamente di Mark Galloway, che si è avvicinato a lei per interesse ed è stato incarcerato- il suo tono insinuante è estremamente fastidioso.

La cosa che mi ha sconvolta di più è ciò che ha detto su Mark, in carcere?! Trattieni la sorpresa, non farti prendere alla sprovvista, mi ripeto. Questa è opera di Jess e Aiden: mi hanno nascosto la verità.

Mi stampo sulla faccia un'espressione impassibile. -Non mi sono pentita di aver rivendicato il mio nome. Preferisco la verità sempre, meglio vivere una vita basata sulla verità che su una bella menzogna. Mi pento soltanto di non aver difeso mia madre.-

Non posso controllare la voce che mi si incrina sull'ultima frase; lei però non sembra per nulla soddisfatta di una risposta così diplomatica.

-Passiamo a un argomento più personale- dal suo sorriso enigmatico, capisco subito a cosa si riferisce. -Che tipo di relazione la lega al signor Van Dalen? Vi frequentate da quando ha rivendicato il suo nome?-

Stringo i pugni sotto la scrivania, mordendomi l'interno della guancia. Non posso resistere, devo sbatterglielo in faccia.

-Io e David stiamo insieme, questa è la relazione che ci lega. Ci siamo conosciuti molto prima e gradirei altri tipi di domande. Non amo parlare della mia vita sentimentale- lei sgrana gli occhi sorpresa, poi deglutisce, passando a un'altra domanda.

L'intervista procede senza intoppi, con molto dispiacere di Margaret, si aspettava certamente uno scoop o uno scatto d'ira.

Terminate le domande, la riaccompagno alla porta. Quando la apro, David è all'entrata con il braccio a mezz'aria. Stava per bussare...

-Maggie! Com'è andata l'intervista?- chiede e non appena mi volto, noto lo sguardo della donna: lo stesso mio e di Jess di fronte a una torta al cioccolato.
Ma David non è una torta e anche se lo fosse, sarebbe la mia torta. Ok, sto impazzendo...
Fortuna che nessuno può ascoltare i tuoi ridicoli pensieri, mi ricorda la mia fastidiosa vocina, sempre presente quando si tratta di infierire.

-L'hai istruita bene, purtroppo.-

-Che vuoi farci, sta imparando dal migliore- si pavoneggia, scrollando le spalle.

-La signorina Gleeson stava andando via- ribatto freddamente.

Lei si volta e mi scruta divertita.

-Oh signorina Deveraux, coraggio non sia gelosa. Le do un consiglio, non sprechi fatica a provare gelosia verso le ex frequentazioni del suo ragazzo. Sono talmente numerose che sprecherebbe tutte le sue energie, impieghi il tempo con lui in maniera più proficua- sorride, strizzandomi l'occhio maliziosamente.

David si irrigidisce e le dedica uno sguardo ammonitore -Maggie...- la richiama.

-Non ho bisogno di nessun consiglio, soprattutto di quelli non richiesti- sibilo ancora più infuriata, fulminandola con lo sguardo e cercando di darmi un contegno per quanto possibile.

Lei ignora le nostre reazioni, sogghignando -non sapete quanto pagherei, per vedere la faccia di Valerie Gardiner quando leggerà il mio articolo! Buona serata, signorina Deveraux. David, ci si vede in giro- lo saluta mellifluamente, con un tono davvero troppo insinuante e ammiccante.

-Contaci- sussurro ironica e stizzita, sbattendole la porta in faccia.

Quando mi volto, incenerisco David con lo sguardo. -Maggie, com'è andata l'intervista?- scimmiotto la sua voce da pesce lesso, avviandomi a grandi passi verso la sala da pranzo, dove ci aspetta la cena.

-Dai! Ma non le ho detto nulla di che...- si giustifica, ma vedo che la cosa lo diverte molto e fa infuriare ancora di più me.

-Sei un cretino!- esclamo sedendomi al tavolo.

-Pienamente d'accordo con Amy- si intromette Aiden soddisfatto.

-Non sai nemmeno di cosa stiamo parlando- ribatte David irritato.

-Non ho bisogno di sapere- aggiunge Aiden, ancora più compiaciuto e inizia ad assaporare le pietanze, preparate da Josette e Danielle, con noncuranza.

Lo ignoro per tutta la cena e dopo mangiato ci dirigiamo in camera. Non prima che Jess mi abbia sussurrato quanto la diverta la mia gelosia, e il tempo che ha aspettato per vedermela mostrare verso qualcuno. La mia migliore amica sa essere una vera strega quando vuole.

Dopo una lunga doccia, finalmente mi distendo sul morbido ed enorme letto. David mi raggiunge dopo poco ma continuo a ignorarlo bellamente.

-Dai, parlami, formaggino. Non devi arrabbiarti! Maggie...- alla mia occhiataccia si corregge subito, in difficoltà -Margaret... può apparire fastidiosa ma credimi, è tutta apparenza. Non è di lei che ti devi preoccupare- cerca di spiegarsi.

-So benissimo che la psicopatica è Valerie. Non sono arrabbiata- incrocio le braccia al petto -non mi interessa nulla di tutte le tue ex, puoi fare ciò che ti pare!- guardo altrove con sdegno.

Lui mi abbraccia di slancio, stringendomi e dandomi un bacio sul naso.

-Sei adorabile quando ti ingelosisci- sorride con dolcezza, facendomi appoggiare la testa sul suo petto -ma non devi esserlo, non ne hai motivo. Sei l'unica che abbia mai voluto sul serio, l'unica che sa tutto di me.- Nonostante io sia ancora irritata, la sua voce profonda e le sue parole mi sciolgono come un gelato al sole, facendomi finalmente rilassare. Ci sa fare troppo a differenza mia e per mia sfortuna ne è maledettamente consapevole. Sono rovinata.

Mi stringo a lui e lentamente sento il suo respiro cambiare, capisco che si è addormentato.

 

****

Sono trascorse ore, è quasi mattino ma non riesco a dormire.
Mi giro e rigiro nel letto: il nervosismo e la paura di un possibile incubo, non mi fanno chiudere occhio. Decido di alzarmi e andare verso la cucina, ho bisogno di qualcosa di dolce e di un bicchier d'acqua; forse in questo modo riuscirò a conciliare il sonno...
Mi avvio alla porta, dando un'ultimo sguardo a David che dorme beato.

A piedi nudi scendo la grande scala, dirigendomi verso l'atrio e l'ala opposta della tenuta.
Poi mi blocco improvvisamente: qualcuno sta bussando con violenza alla porta. Chi sarà a quest'ora del mattino? I colpi sono insistenti.

Con mano tremante decido di aprire. So che non è molto saggio, ma la curiosità è troppa.

Di fronte a me c'è Corinne: è affannata, ha i capelli spettinati e il viso tirato; indossa una camicia bianca aderente e sgualcita, e un paio di pantaloni scuri. Sembra aver corso molto...

-Corinne, che ci fai qui?!- chiedo sconvolta.

Si avvicina agitata, stringendomi le spalle, vedo la paura nei suoi occhi.

-Amy, ascolta non c'è più tempo. Ho scoperto la verità! È terribile, sei in grave pericolo, devo raccontarti tutto e subito. Devi sapere che...-

Uno strano scoppio interrompe le sue parole: è un rumore strano, mai sentito prima.

Mi guardo intorno, per capire da dove è partito ma non vedo nulla. Quando riporto lo sguardo sul suo viso è come sorpresa, quasi senza fiato e ha gli occhi sgranati.
Non capisco... poi lei abbassa lo sguardo sconvolta e io faccio lo stesso: un'enorme macchia rossa si sta espandendo sul candido bianco della camicetta che indossa.

Mi si mozza il respiro: quel rumore era uno sparo.

Le hanno appena sparato sotto i miei occhi.
Ho il cuore in gola e mi si gela il sangue nelle vene.

L'unica cosa che riesco a fare, prima che si accasci al suolo dinanzi a me, è urlare una parola, con tutto il fiato che ho in gola, con tutta la disperazione che provo.
Una parola che mai, avrei pensato di rivolgere a qualcuno che non fosse Elise.

-Mamma!!-

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Quella parola, quell'unico grido disperato, spezza il silenzio del mattino già turbato dallo sparo e soprattutto spezza il mio cuore.

Vedo Corinne cadere in ginocchio davanti a me, poi sento il tonfo delle sue spalle sul duro pavimento.
Per un momento resto lì paralizzata, quasi non riesco a comprendere la scena che ho di fronte e la macchia scarlatta che si sta allargando sotto di lei.
Subito mi avvicino, inginocchiandomi al suo fianco e incredibilmente lei mi sorride, avvicinando debolmente una mano al mio viso.

-Do... dovevano spararmi, per sentire quella parola uscire dalla tua b... bocca- sussurra con un filo di voce.

Sento le lacrime farsi strada sul mio viso e la paura attanagliarmi. Soprattutto sento il senso di colpa stringermi come una morsa; sono stata ingiusta con lei.

Le accarezzo i capelli. -Sh...ti prego non parlare. Non affaticarti, chiamerò qualcuno...- mi guardo intorno frenetica, urlando con tutta la voce che mi resta.

-Aiden!! David!! Aiuto! Vi prego, aiutatemi!!-

Lei mi stringe la mano, per richiamare la mia attenzione: il viso è stanco e quegli occhi, così simili ai miei, sembrano perdere lentamente la loro luce.

-È tardi, bambina mia. Ma prima, devi sapere la verità, devo... d...devo darti...- cerca di parlare, nonostante l'immensa fatica che le costa -la mia borsa... prendila. D... devo dirti...- viene interrotta da un fortissimo colpo di tosse, che le scuote il petto violentemente e vedo un rivolo di sangue uscire dalla sua bocca.

Una parte di me sa benissimo che non ce la farà... che quella ferita al petto è mortale, ma l'altra si aggrappa disperatamente alla speranza.

-No! No ti prego, non parlare. Qualcuno tra poco verrà ad aiutarti! Resta con me, coraggio. Aiden!! Jess!! Maledizione, dove siete?!- provo a tamponare la ferita con le mani, ma non serve a nulla: il sangue esce copioso e Corinne inizia a respirare sempre più debolmente.

-T... tutto quello che ho fatto, è stato per proteggerti. Ti voglio bene, piccola mia- sussurra.

-Mi dispiace tanto! Perdonami- singhiozzo e lei mi sorride debolmente, poi distoglie improvvisamente lo sguardo da me e lo indirizza alle mie spalle; sembra che qualcosa abbia attirato la sua attenzione.

Il suo viso si illumina, come se avesse visto la cosa più bella del mondo. Vedo trasparire un amore sconfinato dai suoi occhi, riconosco quello sguardo che spesso dedicava a me e che io non capivo.

-C... Cristopher- biascica meravigliata.

Il mio cuore manca di un battito. Non è possibile, lui è morto.

Mi volto di scatto, ma non c'è nessuno dietro di me.

Quando riporto lo sguardo su Corinne, i suoi occhi sono chiusi e ha un sorriso stampato sul volto. Il suo petto ha smesso di alzarsi e abbassarsi: è immobile e pallida.

-No!!- cerco di scuoterla, di tamponare la ferita ancora più forte, faccio qualunque cosa affinché si riprenda.

-Amy ma che...- sento la voce di Aiden alle mie spalle che si gela, dopo aver messo a fuoco la scena e subito dopo sento un urlo di Jess.

Aiden si precipita accanto a me, vedo il dolore riflesso nei suoi occhi mentre  guarda i miei frenetici e disperati tentativi di salvarla.

Poi cerca di bloccarmi per le spalle. -Amy... Piccola, è andata via. Non c'è più nulla che tu possa fare.-

La mia testa non riesce a elaborare ciò che sta cercando di dirmi, non posso accettare che qualcun altro sia morto per colpa mia.

-No, dobbiamo aiutarla! Chiama un'ambulanza Aiden!! È soltanto svenuta, respirerà vedrete... è solo svenuta. Non è morta, non può essere morta- continuo con un massaggio cardiaco, imparato a una lezione di primo soccorso qualche anno prima.

Vedo Jess stringersi tremante al petto di Aiden ed entrambi guardarmi con quell'espressione... quella che tutti mi dedicavano dopo la morte di mio padre: compassione.

Corinne continua a restare immobile di fronte ai miei disperati e caparbi tentativi, mentre la mia vista è talmente appannata dalle lacrime, che vedo soltanto il rosso del suo sangue sulle mie mani.
Non sta succedendo davvero, non possono aver fatto questo.

"Tutto ciò che ho fatto è stato per proteggerti"

Mi ha sempre ripetuto questa frase, ogni volta che ci siamo incontrate ed è vero: questo ha cercato di fare. Perché io invece non riesco a proteggere le persone che amo?

-Amy, ti prego, basta. Smettila. Non c'è più nulla da fare, ti stai facendo solo del male- sussurra Jess tra le lacrime; mentre sento Aiden chiamare la Sicurezza dello Stato.

Poi qualcuno mi cinge i fianchi e mi tira via con forza.

-No!! Devo aiutarla! Voi non capite! Io devo... devo...- la mia voce si spezza e sento che le gambe non mi sorreggono.

Lui mi tiene ancora più forte, voltandomi, il suo viso mostra tutto il dolore che sta provando. Non so nemmeno quando è arrivato...

-Amy, so che fa male, ma devi lasciarla andare. Lasciala andare- sussurra David al mio orecchio, con la sua voce profonda e rassicurante, stringendomi a sé.

-Perché?! Perché sta succedendo tutto questo?!- urlo, battendo i pugni sul suo petto.

Sento le lacrime e la disperazione impossessarsi di me e quell'orribile sparo, rimbomba nella mia testa in continuazione.

-Troveremo i responsabili, te lo giuro. Troveremo chi ti sta facendo questo- la sua voce è fredda e minacciosa.
Quando ha quel tono furioso, non puoi far altro che credergli e temere per coloro a cui è indirizzato. So che David è anche questo...

Prende il mio volto tra le sue mani. -Cos'è successo?! Chi è stato?- domanda.

-N... non lo so. Ha detto di aver scoperto la verità, stava per rivelarmela quando...- Improvvisamente mi tornano alla mente le sue parole -la sua borsa! Ha detto che voleva darmi qualcosa.-

Cerco confusamente intorno a noi, mentre le lacrime continuano a scivolare incessanti sul mio volto e vedo una piccola borsa accanto all'ingresso.

La stringo a me e non ho il coraggio di voltarmi, di guardare il suo corpo. Mi domando quante cose orribili possano accadere a una persona, prima che crolli del tutto.
David mi riporta all'interno della tenuta, non appena sentiamo le auto della Sicurezza sfrecciare verso l'edificio. Mi accompagna al bagno posto al primo piano, per aiutarmi a lavare via il sangue che imbratta le mie mani.
Il sangue di Corinne... di mia madre... il mio sangue.
Mi lascia un attimo sola, andando in camera a riporre la borsa al sicuro. Non la consegneremo alle autorità.

Mentre guardo quel liquido abbandonare le mie mani, il mio sguardo è quasi assente ma migliaia di pensieri aleggiano nella mia testa.

Tutte le persone legate a me e che amo stanno morendo ed è colpa mia.
Se avessi ascoltato Corinne fin dall'inizio, tutto questo non sarebbe accaduto; se fossi tornata a Baia del Sole quando me l'aveva chiesto, adesso mia madre sarebbe viva e anche lei.
Sono stata così stupida, testarda come al solito. La cosa che fa più male, è che sono stata egoista: tutto quello che è successo, è nato dalla mia voglia di scoprire la verità.
Se avessi conosciuto il prezzo di questo mio desiderio, mai l'avrei cercata.
Non posso fare a meno di assillarmi con una domanda, torturarmi quasi con lo stesso dubbio: chi sarà il prossimo? Jess? Aiden? David? Non posso permetterlo.

Io devo andare in fondo a questa storia, scoprire ciò che lega me e Anita. Non posso farne a meno, ma nessun altro pagherà al mio posto. Loro devono stare lontani da me, non posso permettermi di perdere un'altra persona che amo, non credo riuscirei a sopravvivere. Per quanto provi un dolore indicibile solo a pensarci, devo farli andare via, tutti.

Il rumore della porta interrompe i miei pensieri. David si avvicina cautamente a me.

-Un agente della Sicurezza vuole parlarti. Ho insistito affinché attendesse domani, ma nemmeno io sono stato in grado di posticipare tutto. La comparsa di Corinne dopo così tanti anni, il fatto che avevi dichiarato di non averla mai più vista, hanno creato dei sospetti. Sta' attenta a ciò che dici- mi accarezza il viso con aria seria.

Mi allontano immediatamente da lui, come se il suo tocco mi avesse scottata. Anche se resta perplesso dalla mia reazione, non gli dà peso.

Ci avviamo nella sala da pranzo grande e noto Nora con le lacrime agli occhi, seduta di fronte a un uomo vestito di nero: deve essere l'agente.

Ripeto per filo e per segno quanto è successo e
ciò che ho raccontato il giorno in cui ho rivendicato il mio nome, mentendo su tutto quello che riguarda i precedenti incontri con Corinne e Nora fa lo stesso.

Questa è una faccenda che dovrò sbrigare da sola, non posso certo raccontare dei miei incubi o del perché Corinne mi ha abbandonata; mi prenderebbero per pazza.
Prima di lasciarmi andare, l'agente mi assicura che dopo le dovute indagini, il corpo mi verrà restituito per i funerali.
Il corpo? È questo ciò che resta della donna che mi ha messa al mondo? Non voglio sentire altro, non posso.

Mi alzo subito e corro via. David mi segue, nel frattempo anche Jess e Aiden vengono interrogati.

Chiudo la porta alle mie spalle e fisso la borsa di Corinne adagiata sul mio letto, mentre mi siedo.

Adesso so cosa devo fare.

-Mi dispiace di non avertelo potuto evitare, vedrai che adesso non ti disturberanno più. Non permetterò a nessuno di entrare- mi rassicura David, sedendosi accanto a me.

Allunga una mano, cercando di stringere la mia che subito ritraggo. Soffoco la dolorosa sensazione del mio corpo, che invece implora e brama il suo tocco, più di ogni altra cosa.

-Parlami, Amy, devi sfogarti. Devo permettere agli altri di starti vicino, non puoi affrontare tutto questo da sola- la sua voce dolce mi fa sentire ancora più male.

Sono parole che mi ha ripetuto spesso in questi giorni...

Prendo tutto il coraggio che ho, tutta la forza che mi resta, preparandomi mentalmente a ciò che sto per fare. È necessario, mai più metterò il mio egoismo davanti a tutto il resto.

-Voglio che tu te ne vada- dico con voce fredda, non lasciando trasparire emozioni.

Quelle parole suonano aliene e terribili alle mie orecchie, vorrei rimangiarmele ma non posso; sono necessarie.
Lui resta per un momento in silenzio, poi sbuffa, ponendosi di fronte a me. Io invece non ho il coraggio di guardarlo.

-Sei sconvolta. Non andrò da nessuna parte, non ti lascerò sola a torturarti.-

Sembra così sicuro, finalmente si è aperto a me e io dovrò ripagarlo con un rifiuto. Perdonami, ti prego, vorrei dirgli.

Devo essere più diretta. -Non hai capito, David, io non voglio che tu stia con me. Non ti voglio vicino, devi andartene!- mi alzo, allontanandomi da lui e dandogli le spalle.

Sembra inizialmente sorpreso dalle mie parole, come se lentamente ne stesse mettendo a fuoco il significato. Tuttavia è ancora scettico, glielo si legge in faccia.

Si avvicina ma io mi allontano. So già che basterebbe un suo tocco, un suo bacio, per farmi crollare.

-Non capisco... cos'è cambiato? Sei solo confusa.-

Sento qualcosa nella sua voce, una sorta di paura che sta cercando di nascondermi.

-Tutto è cambiato e non sono mai stata più lucida. Non vedi cosa sta succedendo?- rispondo nervosa.

Lui si passa una mano tra i capelli. -Lo possiamo affrontare insieme. È insieme che possiamo andare avanti! Tutto quello che ci siamo detti ieri, l'hai dimenticato?- 

A questo punto capisco che così non lo convincerò...

Devo ferirlo.

È troppo testardo per rinunciare. Devo dirgli qualcosa che gli spezzi il cuore, che faccia rialzare di nuovo le sue difese. Quelle difese che tanto faticosamente ho fatto crollare.

Lascio che il mio viso assuma una maschera fredda e impassibile. -Non c'è nessun noi. Io non ho intenzione di continuare a stare con te- adesso lo guardo negli occhi, per fargli capire che non sto mentendo, che non è un momento dovuto al fatto che sono sconvolta... per convincerlo che credo in ciò che sto dicendo.

-Chi mi dice che non sia colpa tua? Che tutto questo non sta succedendo perché stiamo insieme?! Davvero credi che potrei mai amare, colui che ha lo stesso aspetto dell'uomo che mi aggredisce nei miei incubi?!- urlo sprezzante.

Lui si irrigidisce visibilmente: le mie parole l'hanno colpito come uno schiaffo in pieno viso.

Deglutisce in difficoltà -sai bene che non ti farei mai del male... - riesce a bisbigliare dopo qualche secondo.

Per essere convincente, so di dover far leva sulle sue paure e so anche che non me lo perdonerà mai.

-Adesso, ma chi può assicurarmi che non me ne farai in futuro? Chi mi assicura che non impazzirai come Frederick?! In fondo sei un suo discendente, per quanto cerchiamo stupidamente di ignorarlo. Corinne mi aveva avvisata di starti lontana, io non l'ho ascoltata e ora lei è morta! Farò come mi ha sempre detto. So solo la metà delle cose orribili che hai fatto, David Van Dalen, e mi disgustano. Nemmeno voglio sapere o oso immaginare il resto!-

Lo vedo sgranare gli occhi, per la durezza insita nelle mie parole.

È straziante fargli questo. -Credi che io non pensi continuamente a ciò che hai fatto a Sue?! Chi mi garantisce che non sarò la prossima? Mi dispiace, ma il gioco non vale la candela. Credi davvero che una come me, possa stare con uno come te?- cerco di mettere tutto il disprezzo possibile nella mia voce.

Ho racchiuso in queste parole tutte le sue paure e insicurezze... ora crederà che l'ho sempre preso in giro. È per il tuo bene.

Mi fissa incredulo, come se avesse visto un fantasma, come se per un momento non volesse credere a ciò che ha sentito.
Poi vedo il suo sguardo cambiare, in qualcosa di dolorosamente familiare: la sua postura è rigida e i suoi occhi mi fissano in maniera diversa, sono distanti e freddi come la prima volta che ci siamo visti.

Lentamente sta elaborando il senso delle mie parole e vedo quella dolorosa consapevolezza farsi strada sul suo viso. Vorrei correre verso di lui, stringerlo tra le mie braccia e implorarlo di perdonarmi; invece tengo i piedi ben piantati a terra, preparandomi a ciò che mi dirà, al dolore che mi causerà con le sue parole e con i suoi gesti.
Perché se c'è una cosa che ho imparato di David Van Dalen è che quando lo ferisci, lui ti ferirà il doppio. Sappiamo entrambi chi dei due è stronzo per natura.

Si avvicina minacciosamente a me, ormai è a un centimetro dal mio viso.

-Spero che ti sia divertita in questi giorni a prenderti gioco di me, con tutte quelle cazzate. Avevi solo bisogno di qualcuno che ti aiutasse nelle tue ricerche- la sua voce è misurata e gelida, le sue lame d'argento puntano nei miei occhi trafiggendomi. -Anche io dovevo ascoltare gli altri. Togliermi lo sfizio, scoparti la prima sera che ti ho vista e tornare alla mia vita. Se penso a quanti giorni ho sprecato con te e tutte le tue stronzate! Non sai quanto mi penta di non averlo fatto. Ma non preoccuparti, ragazzina, posso assicurarti che imparo sempre dai miei errori- mi guarda con disprezzo, convinto che l'abbia preso in giro e che gli abbia sempre mentito.

Il suo sguardo, le sue parole, si accumulano a ciò che è successo oggi e mi straziano l'anima. Come affronterò tutto questo?

Si volta e va via su tutte le furie, sbattendo la porta. Per quanto mi aspettassi una reazione del genere, fa male e tanto.

Corro anche io verso la porta, stringendo la maniglia e impongo a me stessa di non aprirla e corrergli dietro.
Torna da me, ti prego, vorrei urlare.
Invece resto in silenzio, mordendomi l'interno della guancia fino a farlo sanguinare.
Scivolo lentamente sul pavimento, strusciando le spalle lungo la superficie della porta. Conosco quello sguardo: cercherà di non pensare, di dimostrare a se stesso che non conto nulla... magari tornando alle sue vecchie abitudini.
Andrà da Valerie? Da Margaret? Non ho nemmeno il diritto di essere gelosa.
Se per proteggerlo deve credere che lo disprezzi, così sia.

Soltanto ora, in questo preciso istante capisco Corinne: per tenere David al sicuro ho dovuto ferirlo, abbandonarlo.
L'amore verso qualcuno ti spinge a mettere l'altra persona al primo posto. Perché l'amore, quello vero, non è mai egoista. Lei mi amava così tanto che per proteggermi ha rinunciato a me, sua figlia; avrei voluto capire prima, avrei voluto avere la possibilità di conoscerla e volerle bene come a una madre.

Sento bussare alla porta e dalle voci capisco che devono essere Jess e Aiden.
Per quanto dolore mi causi devo continuare, ora tocca ai miei amici andare via, tornare al sicuro.

Quando entrano mi fissano sospettosi.

-Cosa diavolo hai fatto al pallone gonfiato? È uscito come una furia. Non che questo mi dispiaccia, sia chiaro- dice Aiden, sedendosi accanto a me e Jess fa lo stesso, guardandomi curiosa.
Anche se cercano di mascherarlo, vedo quanto in realtà sono scossi e preoccupati per ciò che è successo.

Faccio un bel respiro per calmarmi, prima di parlare. Vi proteggerò.

-Dovete andare via, domani stesso. Voglio restare sola- continuo ad avere un tono distaccato.

Jess sgrana gli occhi spiazzata. -È questo che hai detto a David? Credi davvero che ti lasceremmo qui?- domanda incredula.

-Non ve lo sto chiedendo. Tornerete a casa, non ho intenzione di ospitarvi ulteriormente alla tenuta- sto cominciando a odiarmi. Lo fai per il loro bene, mi ripeto.

Sembra ferita dalle mie parole. -Io non capisco, non puoi affrontare tutto da sola. Non possiamo lasciarti qui, Amy, ragiona!- è in totale confusione.

-Starò benissimo. Non amavate l'isola? Capisco che l'idea di vivere in questo posto, serviti e riveriti, possa allettarvi ma dovrete rinunciarci.-

La mia migliore amica a queste parole ammutolisce; non si aspettava certo che li accusassi di una cosa del genere...

Aiden, che fin ora era rimasto in silenzio, sentendomi discutere così con Jess, mi guarda in cagnesco.

Poi si alza e si pone di fronte a me, incrociando le braccia al petto. -Amèlie Davies, chi credi di imbrogliare?- sbotta infuriato.

Lo fisso sorpresa. -Non so di cosa tu stia parlando. Voglio solo starmene da sola, se non è chiedere troppo- cerco di mantenere un tono freddo.

Aiden continua a guardarmi minacciosamente. -Voglio sapere immediatamente cos'hai in mente e non continuare con queste cazzate, perché con me non attacca! Potrai ingannare il pallone gonfiato, ma non me che ti conosco meglio delle mie tasche!-

Non si è bevuto minimamente nemmeno una delle mie parole...
Sospiro abbattuta, dovevo immaginare che Aiden si accorgesse dei miei propositi... mi conosce troppo bene.

-Voglio tenervi al sicuro. Stare accanto a me in questo momento è il modo migliore per morire e non lo permetterò- confesso, guardando i luminosi occhi verdi del mio migliore amico.

Lui sbuffa, scuotendo la testa con disapprovazione, come se avessi detto la cosa più folle che abbia mai sentito.

Anche Jess si pone di fronte a me e il suo sguardo non promette nulla di buono. -Quindi il tuo brillante piano qual è? Restare da sola qui? Allontanare tutti quelli che ti amano? E se qualcuno dovesse aggredirti? Cosa farai, sentiamo, gli lancerai contro qualche disegno dal tuo album?!- urla, fuori di sé dalla rabbia.

-La cosa più grave è che credevi davvero che saremmo andati via! Non vuoi ospitarci? Perfetto! Torneremo alla pensione!- aggiunge offesa.

Non credo di averla mai vista così arrabbiata. Mi sento tremendamente in colpa ma non me ne pento.

Aiden si volta verso di lei, accarezzandole il viso. -Calmati, Jessica, non lasceremo Amy da sola. Per quanto a volte sia stupida, è pur sempre la nostra migliore amica e dobbiamo accettarla così com'è- la rassicura, incenerendomi con lo sguardo e facendomi ammutolire.

Quando mi guarda così mi fa sentire piccolissima, sembra davvero un fratello maggiore. Direi che decisamente non sono riuscita a convincerli.

-Non oso immaginare cosa avrai detto a quel povero ragazzo! Lo avviso subito- Jess prende il cellulare preoccupata.

Sgrano gli occhi allarmata e la blocco -no! David starà meglio lontano da me, questa storia coinvolge anche lui. È stata la mia presenza a procurargli quei sogni, devo tenerlo al sicuro.-

-Deve essere lui a decidere. Tu non dici nulla?- chiede a Aiden che resta in silenzio. -Il fatto che David non ti piace non deve influenzarti, Aiden!- lo rimprovera.

-Questa è una decisione che spetta ad Amy- ha uno sguardo strano mentre pronuncia quelle parole.

Jess sbuffa, alzando gli occhi al cielo.

Dopo avermi fatto una lavata di testa infinita ed essersi assicurati che stessi bene, mi lasciano sola.

Più tardi, altri membri della Sicurezza verranno a interrogarci. Per adesso devo riflettere e cercare di dimenticare la scena che ho davanti agli occhi.

Mi volto guardando il letto e scorgo la borsa di Corinne.
Per un momento ho paura di scoprire cosa contiene; non vorrei dover affrontare altre questioni dolorose per adesso.
Tuttavia la curiosità vince la paura e decido di aprirla: l'unica cosa che contiene è un libro, il libro che rubai quel giorno, proprio in questa casa.

Il suo titolo ancora mi sorprende e incuriosisce.

"I CUSTODI"

"devo dirti la verità" ricordo le sue ultime parole.

Cosa c'entra la verità con un vecchio libro di strane leggende?
Mi avvicino alla scrivania per sfogliarlo; almeno mi distrarrà da tutto questo e dalla dolorosa mancanza di David, dall'immagine di Corinne distesa immobile...

Quando lo apro, l'illustrazione iniziale mi sconvolge. Perché ora ne sono sicura: quello è l'amuleto di Anita.
La pietra rossa, la frase scritta sotto l'illustrazione... sono i miei sogni che piombano nella realtà.

"L'amuleto prima della vita stessa

Questa non è una frase qualunque: ricordo il sogno dell'ultima volta, il giuramento e questa stessa frase ripetuta da tutte quelle persone.

Chi diamine eri Anita Amalia Deveraux? Cosa nascondeva la tua famiglia? Cosa nascondevi tu?

Rileggo la prima parte della storia, ricominciando a tradurre con non poca difficoltà la lingua antica, in cui il testo è scritto.

"Il nostro pianeta, tutto ciò da noi conosciuto, è dominato da energia.
Taluni tendono a chiamarla fortuna o sfortuna, altri ancora bene e male.
Coloro dotati di fervida fantasia e immaginazione la chiamano magia.
In realtà, ciò che è del tutto passato inosservato alla maggior parte degli uomini, è che il nostro mondo, così come lo conosciamo, si trova sotto il dominio di quelli che chiamiamo Flussi.
Essi, sia positivi che negativi, mantengono l'equilibrio e convergono sulla nostra Terra grazie a dei Tramiti, posizionati dalla natura in punti strategici e del tutto non casuali.

Come tutto ciò sia possibile, sfugge all'umana comprensione.

Tale equilibro, delicato da mantenere, è vitale per far sì che il mondo resti sempre lo stesso e non muti nel peggiore dei modi.

Tutto ciò è rimasto celato all'uomo per secoli.

Tuttavia, come abbiamo avuto modo di constatare, ciò che sfugge all'intuizione di molti, non passa inosservato all'arguzia di pochi. Così, un gruppo di sventurati diede inizio alla ricerca di tali luoghi, con l'intento di appropriarsi e godere dei benefici che i Flussi Positivi possono donare, tenendo il massimo riserbo, invece e per fortuna, sulla posizione di convergenza dei flussi negativi."

Più leggo e più strane sensazioni e confuse reminiscenze si fanno largo nella mia testa. In particolare un'immagine si fa strada tra i miei ricordi e sento cambiare qualcosa intorno a me.

La stanza è nella penombra, illuminata leggermente delle candele; la conosco bene, visto che è quella di Anita.
I miei capelli sono sciolti in morbide onde sulle spalle e sono seduta allo scrittoio. Leggo questo stesso libro, stringendo l'amuleto tra le mie mani. Non è la prima volta che mi dedico a questa lettura.

"Una buona Custode deve conoscere la propria storia" ripete sempre mio padre.

Quando torno alla realtà sono sorpresa e impaurita: mai i ricordi di Anita erano stati così espliciti.
Faccio un bel respiro, preparandomi a leggere il resto. Sto seriamente cominciando a pensare che questa leggenda c'entri parecchio con i segreti che Corinne cercava di nascondermi.

"Trovati i tre luoghi di convergenza, senza alcuna remora essi si appropriarono dei Tramiti, incastonandoli in amuleti e sfruttandone l'immenso e pericoloso potere. Mai errore fu più grande, mai conseguenze furono più funeste di quelle causate da chi sfrutta la natura; da chi si appropria di ciò che dovrebbe restare celato.
Più i tre uomini si arricchivano, più si circondavano della benevolenza dei Flussi Positivi, più intorno a loro caos e disperazione si diffondevano come terribile pestilenza.
Resisi conto dell'aberrazione commessa, cercarono di porvi rimedio, riponendo i Tramiti al loro posto: nulla cambiò, i mali del mondo si abbatterono sulla Terra e i Flussi Negativi presero il sopravvento su quelli positivi.
Ormai convinti che le deplorevoli azioni da loro compiute, avrebbero portato l'umanità all'estinzione, si riunirono in preghiera. Fu un'implorazione alla natura stessa, perché avesse pietà delle loro sventurate anime e di quelle di tutta l'umanità, ormai corrotta.
L'unione dei tre amuleti, la convergenza dei tre Tramiti, scatenò un evento impensabile: riavvolse il filo degli eventi.
Con la consapevolezza del futuro, i tre uomini furono rimandati nel passato, nell'istante esatto in cui si impadronirono dei Tramiti, ma prima che ne sfruttassero i benefici per infimi scopi.

Decisero così di sfruttare la loro seconda possibilità al meglio.
I Tramiti infatti, entrati in contatto con gli uomini, non potevano più essere riposti: avevano sviluppato una connessione e lealtà nei confronti dei nuovi padroni. Li proteggevano, li cercavano e privilegiavano.
Così, saggiamente, i tre decisero di insediarsi nei luoghi di convergenza e di stabilire in ognuno di questi la propria dimora, cosicché l'equilibrio recuperato mai sarebbe stato alterato, perché loro stessi lo avrebbero custodito.
Con il tempo, i tre Custodi, svilupparono la capacità di resistere ai Flussi benefici degli amuleti e di indirizzarli alla Terra. Insieme agli amuleti divennero essi stessi dei Tramiti: protetti dalle pietre, immuni alla corruzione a cui può indurre tanto potere.
E divennero immuni i loro figli e i figli dei loro figli. Ogni primogenito, discendete dai tre, divenne un custode.

Il loro compito sempre sarà custodire l'equilibrio, proteggere l'amuleto ad ogni costo, subordinati ad un unica legge:

"l'amuleto prima della vita stessa".

Una consapevolezza inizia a investirmi: è come se avessi letto questa storia un milione di volte.

Non può essere! Non può essere vero! È una follia. È questo che Anita nascondeva? Questo è il mistero legato ai Deveraux? Chiudo il libro di scatto.
Non voglio leggere altro, non posso leggere altro.

Quella storia ha solleticato qualcosa tra i miei ricordi: è come se sentissi un richiamo, ricordi che cercano di farsi strada nel buio senza successo...

Ripongo il libro nella borsa di Corinne e poi sento il bisogno di uscire. Non so dove sto andando, è il mio istinto a guidarmi.
Strani sussurri e immagini di un tempo ormai andato, mi travolgono. Non riesco a dargli un ordine o un senso... sono solo spaventata e confusa.

Scendo le scale e arrivo alle porte dello studio. Sento la confusione all'esterno: i membri della sicurezza devono essere ancora fuori.
Entro nello studio e mi guardo intorno, devo fare qualcosa ma non so esattamente cosa, le mie azioni sono quasi automatiche.

Sposto la libreria e noto una vecchia porta.
Come facevo a sapere dov'era? Quella storia ha fatto scattare qualcosa in me... una sorta di interruttore che sta sbloccando tutto il resto.

Inizio a spingerla con tutte le mie forze, finché dopo numerosi sforzi riesco a spostarla.

Un corridoio buio si apre dinanzi a me, facendomi luce con il cellulare decido di attraversarlo. Sono già stata qui, nel mio sogno. Terminato il corridoio noto il pavimento di pietra e la sala dall'architettura medioevale.

Incredibile, essere qui è così strano...
Sono ripiombata nei ricordi di Anita o sono i suoi ricordi a essersi impossessati della realtà?
Spingo l'enorme porta, già sapendo cosa mi ritroverò davanti: il grande tavolo è lì, al centro.

Quindi era tutto vero?

Continuo a guardarmi intorno spaesata, finché una teca cattura la mia attenzione.
Sotto il vetro trasparente c'è una pergamena, ricordo le mani di Anita rompere il sigillo e leggere quella frase ad alta voce:

"Orietur in tenebris lux tua"

Era la sua profezia, ricordo che nel mio sogno fu descritta così la pergamena. È la stessa frase che c'è sulla sua tomba "nascerà in mezzo all'oscurità la tua luce".

Non ci sono dubbi: tutti i ricordi che ho rivissuto erano veri. Quindi anche la storia di quel libro deve esserlo... tutto combacia alla perfezione.

Può sembrare una follia, ma tra tutto ciò che ho vissuto da quando sono arrivata in questo luogo, cosa sembra normale?

Migliaia di domande affollano la mia mente. La più importante è dove si trova quel dannato amuleto? Come ha potuto Anita uccidersi, lasciarlo incustodito, se questo era il suo compito? Ha messo a rischio l'intera umanità se quella storia è tutta vera.

"L'amuleto prima della vita stessa".

Ha infranto l'unica legge che doveva rispettare.

Esploro ancora la sala: le mura sono adornate con arazzi dall'aria preziosa e armi, vecchie spade e pugnali di varie misure, uno in particolare attira la mia attenzione.
Lo conosco bene: è il pugnale che tormenta i miei sogni.

Prendo coraggio e lo sfioro con dita tremanti.

Un dolore fortissimo mi colpisce al ventre, mozzandomi il respiro. Mi piego in due, boccheggiando e facendo cadere il cellulare mentre crollo, annegando nel buio.

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


AIDEN

Usciamo dalla camera di Amy ancora infuriati con lei.
Jess è fuori di sé e la capisco benissimo, non posso credere che abbia pensato di poterci allontanare; dobbiamo tenerla sotto controllo, si metterà nei guai.

La mia ragazza sbuffa sonoramente, attirando la mia attenzione. Quando poso nuovamente gli occhi su di lei mi dedica un'occhiataccia.

-Che c'è?- chiedo esasperato, ma so già dove vuole andare a parare...

Si ferma di fronte a me, incrociando le braccia al petto. -Non possiamo starcene qui senza fare nulla. Ha cacciato via l'unico ragazzo per cui abbia mai provato qualcosa. Sai anche tu che è sbagliato!- alza un sopracciglio eloquentemente.

-No! Jess, non ci immischieremo. Non possiamo decidere al suo posto, se non vuole stare con lui? Cosa ne puoi sapere?- provo a convincerla.

Lei inarca le sopracciglia -non ci credi nemmeno tu. Dobbiamo parlare con David, ma non mi crederà se lo farò io! Dovrai andare tu, sa che non vuoi che stia con Amy. Crederà che dici la verità.-

Sbuffo allontanandomi -non andrò a dare spiegazioni al pallone gonfiato, Jessica- rispondo severamente.

Lei corre di fronte a me per bloccarmi di nuovo -non hai scelta, Aiden- quello sguardo determinato lo conosco bene e mi fa capire che se non andrò mi darà il tormento. La mia caparbia e irremovibile ragazza, ottiene sempre quello che vuole.

Dopo un sospiro di frustrazione, scendo di sotto, deciso stavolta a non dargliela comunque vinta.

Arrivati nel salone, siamo costretti a subire un altro interrogatorio dagli agenti della Sicurezza e discutiamo molto, per rimandare l'ulteriore interrogatorio di Amy. Alla fine, almeno su questo, ce la danno vinta e diamo disposizioni a Josette e Danielle affinché, dopo le indagini, puliscano l'entrata. Amy non dovrà vedere quel sangue di nuovo.

-Ho bisogno di riposare. Questa mattinata è stata la peggiore della mia vita- borbotto, salendo le scale per dirigermi in camera.

-Fermo dove sei! Hai un compito. Andrai da David e gli dirai perché Amy si è comportata così. Non ci sono ma che tengano- mi volto e vedo la sua espressione minacciosa.

So che per quanto protesti lei non la smetterà e alla fine sarò costretto a cedere, tanto vale cedere ora ma ottenere qualcosa in cambio...

-Sei un osso duro- alzo un angolo della bocca in un mezzo sorriso -potrei anche accettare, dipende tutto da te- mi avvicino, cingendole il fianco con un braccio e sfiorando le sue labbra morbide con il pollice.

Lei mi guarda sorpresa e poi divertita. -Sai che non te ne pentirai- sorride maliziosamente.

Questa ragazza mi fa perdere la testa. -Affare fatto, allora- le sussurro all'orecchio, facendola rabbrividire. Amo il modo in cui risponde al mio tocco.

Non credevo di poter essere così felice.
Un po' mi sento in colpa... pensare a noi due e al nostro rapporto, e poi vedere Amy e tutto ciò che le sta succedendo... Vorrei poterle donare un po' della mia felicità.
Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, David è l'unico che la rende felice; per quanto sia stronzo, spocchioso e irritante, è l'unica persona che le permetterà di non andare in pezzi.
So bene che ha fatto un madornale errore ad allontanarlo, ma per quanto mi sforzi non riesco a tollerarlo; non è ciò che avevo immaginato per Amy...
Bacio la mia ragazza, mordendole quelle meravigliose labbra carnose e poi la fisso scoraggiato. Riesce sempre ad averla vinta.

-Dovrai impegnarti parecchio, Jessica- la guardo allusivamente facendola arrossire, prima di voltarmi e dirigermi verso l'uscita.

Giro tutta la parte moderna e antica del paese, ma del pallone gonfiato non c'è traccia.
Dove sarà finito? Starà sicuramente rovinando la giornata a qualcuno, sfogando la sua frustrazione per ciò che è successo con Amy.

Decido di andare alla tenuta dei Van Dalen e spero di non trovarlo; così potrò tornarmene a casa...

Il vigilante mi blocca, guardandomi dalla testa ai piedi. -Prego?- inarca le sopracciglia incuriosito.

-Cerco David Van Dalen, sono Aiden, un suo amico e devo parlargli- definirmi suo amico già mi innervosisce parecchio ma cerco di glissare.

L'uomo mi guarda poco convinto -attenda- fa una breve telefonata e poi riporta lo sguardo su di me -il signor Van Dalen al momento non può riceverla, torni un altro giorno.-

Mi irrigidisco infuriato. È sempre di più sulla mia lista nera.

-Dica al pa...- mi correggo in tempo -a David, che non mi muoverò di qui finché non accetterà di incontrarmi!- lo guardo minacciosamente.

Il vigilante pare davvero sorpreso e irritato dal mio atteggiamento e ritorna a chiamare.
Quando termina la telefonata dice soltanto -entri...-

Mi allontano senza rivolgergli la parola, entrando nel lungo viale circondato da immensi e rigogliosi giardini. Alla faccia delle normative contro gli sprechi d'acqua.
Quando arrivo all'entrata della tenuta la porta è aperta, giusto per darmi un assaggio dello spettacolo disgustoso al suo interno: Valerie Gardiner, ai piedi delle scale, sta baciando David ardentemente. Dopo un minuto buono si staccano e la vedo tirarsi più giù il vestitino.

Sto per vomitare.

-Chiamami presto, tesoro- sussurra lei con un tono mellifluo che mi dà ulteriormente il voltastomaco, prima di voltarsi soddisfatta.

Ha il rossetto sbavato e i capelli spettinati, dai suoi abiti si capisce che deve essersi rivestita in fretta. Signore dammi la forza di non spaccargli la faccia, penso ancora più irritato di quando sono entrato.

Prima uscire, la ragazza mi dedica uno sguardo compiaciuto -oh! Ma guarda chi si vede, Dan, giusto? Salutami la tua amica- sorride perfidamente allontanandosi.

Le dedico un'occhiataccia e non mi sforzo nemmeno di risponderle; Questi due si meritano a vicenda.

Riporto il mio sguardo sul pallone gonfiato: ha i capelli spettinati, i vestiti nelle stesse condizioni di quelli della strega e in più, una traccia di rossetto sulla labbra. Incrocio le braccia al petto, guardandolo dalla testa ai piedi schifato mentre si avvicina.

-Dio. Sei proprio un coglione!- sbotto sprezzante, non riesco a trattenermi.

-Sei venuto qui solo per insultarmi?- chiede con tono annoiato.

-Sono venuto qui per dirti la verità e dopo che ho visto quella uscire dalla tua stanza, ne farei volentieri a meno. Ti terrei a un minimo di dieci chilometri di distanza da Amy- lo guardo freddamente.

-In realtà non è uscita dalla mia stanza, ne ho una apposita per divertirmi- mi fissa con quella faccia da schiaffi e mi ritrovo a stringere i pugni e pensare a isole felici e cieli azzurri, pur di non scattare. Gli strizzacervelli e i loro metodi zen!

-E comunque puoi stare più che tranquillo. Non ho intenzione di avvicinarmi alla tua amica. Credevo sarebbe venuta la tua ragazza a implorarmi di tornare da lei, non smettete mai di sorprendermi, di cosa avete bisogno? Qualcosa nella mia biblioteca? Documenti dei Van Dalen? Puoi dirlo senza tutte queste stronzate ma la risposta è no. Non vi aiuterò nella vostra patetica caccia al tesoro- mi guarda spocchioso e ancora annoiato.

Mi mordo la guancia, continuando a pensare a quelle fottutissime isole felici e cieli azzurri. È per il bene di Amy; e vorrei esserne davvero convinto.

-Ascoltami, non sono venuto a implorarti di tornare da lei, anzi. Ma è giusto che tu sappia la verità, non so cosa ti abbia detto ma mentiva... Ti ha cacciato per proteggerti, è convinta che tutti coloro che le stanno introno moriranno. Ha cercato di fare la stessa cosa con noi, ma io conosco quella ragazza meglio delle mie tasche e non mi sono fatto ingannare da quattro stupide offese, a differenza tua- il mio sguardo è penetrante e per un momento vedo l'ombra di un dubbio attraversare il suo volto.

-Sei l'unica persona per cui abbia mai provato qualcosa, a parte noi, e per quanto detesti tutto questo, lei è felice quando le sei accanto. In questi giorni vi ho osservato, comprendi meglio di tutti noi questa situazione e riesci anche a gestire i suoi incubi. Non capisco e non voglio nemmeno sforzarmi di capire cosa lega la mia perfetta migliore amica a te, sono solo venuto a dirti che lei ha bisogno di te. Non ti chiederò di tornare, sinceramente preferirei che non lo facessi ma la scelta è tua. Puoi startene qui a scopare a destra e a manca con ragazze vuote come Valerie, oppure puoi decidere di andare a prenderti la persona che vuoi davvero, anche se non la meriti minimamente. Sappi che lei ha me, io e Jess siamo la sua famiglia e se deciderai di non tornare, ti assicuro che non resterà sola. A te la scelta, Van Dalen, ma ti avviso, qualunque essa sia, non voglio vedere una sola lacrima causata da te sul suo volto, mai!-

Lui rimane in silenzio a guardarmi, mantenendo un'espressione dura. Il mio sguardo serio e penetrante non ammette repliche, lo sfido a dire qualsiasi cosa che possa innervosirmi ma per sua fortuna resta in silenzio.

Mi volto e vado via. Ho fatto ciò per cui sono stato costretto a venire qui senza nemmeno una piccola rissa. Alla fine dovrò ringraziare lo strizzacervelli, i suoi stupidi metodi di rilassamento funzionano sul serio! Certo, se mi prendo un minuto per pensarci... cosa molto rara.

Dal momento che non mi ha seguito, posso dedurre qual è la sua scelta. Ho già detto che è un coglione? Poco male, ripeterlo mi fa sentire meglio.

Adesso la mia ragazza mi aspetta, penso soddisfatto, mentre nella mia mente cominciano a farsi strada pensieri davvero poco casti.

****

Arrivo alla tenuta Deveraux in mezz'ora circa. Gli agenti sono andati via, anche se so che torneranno presto.
Josette e Danielle per fortuna hanno ripulito l'ingresso da tutto quel sangue nel frattempo...
Cerco Jess ma al primo piano non c'è e quando sto per salire le scale, la vedo correre verso di me.
La sua espressione però non è quella che mi aspettavo: ha il viso tirato e preoccupato; credo che i miei pensieri resteranno solo pensieri alla fine...

Mi avvicino a lei e quando scruto i suoi occhi, inizio anche io a preoccuparmi.

-Che diavolo è successo adesso?!- chiedo frustrato e impaurito dalla risposta.

-Non riusciamo a trovare Amy, è scomparsa- risponde affannata.

Il mio cuore si ferma, il mio viso perde colore. Quella ragazza, prima o poi, mi farà venire un colpo.

Iniziamo a cercarla dappertutto: nella grande sala da ballo, in quelle da pranzo, in tutte le camere degli ospiti e nei giardini, ma di lei non c'è traccia; poi ci dedichiamo al piano inferiore, perlustrando le cucine, l'atrio e la biblioteca, ma anche qui niente.
La mia ansia aumenta sempre di più, comincio a pensare al peggio...

Arriviamo allo studio e Jess resta imbambolata di fronte alla porta.

-Che c'è? Che hai visto?- domando agitato; concentro lo sguardo dietro di lei e noto anche io la libreria spostata e una porta aperta che dà su un buio corridoio.

Ci scommetto qualsiasi cosa che quell'incosciente é entrata lì dentro. Dalla faccia di Jess capisco che sta pensando la stessa cosa.
Prima di entrare ci procuriamo delle torce, abbiamo detto solo a Nora della scomparsa di Amy; non volevamo creare il panico con gli agenti in giro, non sarebbe vista di buon occhio una fuga in questo momento.

-Ecco le torce, sicuri di voler entrare?- chiede Nora, osservando il buio corridoio.

-La troveremo. Se ti fanno domande, dirai che siamo andati a prendere una boccata d'aria, visti i recenti avvenimenti è comprensibile- dice Jess.

Nora annuisce, uscendo dallo studio.

-Posso andare da solo, Jess, resta qui- so che è un tentativo inutile ma voglio almeno provarci.

Lei inarca le sopracciglia, guardandomi come se avessi detto un'assurdità.
Sospirando entro per primo, facendomi luce con la torcia: il corridoio è stretto e puzza di muffa, non deve essere stato aperto per moltissimi anni.
Arriviamo in una grande sala dall'architettura medievale e dinanzi a noi, notiamo una porta molto grande che è socchiusa. Punto la torcia verso Jess con aria interrogativa.

-Sì, credo sia lì dentro. Dobbiamo entrare, Aiden- ormai non abbiamo nemmeno bisogno di parole: un gesto, uno sguardo e ci capiamo immediatamente.

Quando entriamo nella seconda sala, vediamo un grosso tavolo al centro e sulle pareti ci sono numerosi arazzi e armi, c'è anche una teca isolata in un angolo.

Sotto uno di questi arazzi, dove sono appesi alla parete una serie di pugnali di diversa grandezza, c'è Amy.
È bianca come un cencio e i suoi occhi sono chiusi, ha una mano stretta sul ventre.

Restiamo paralizzati per un attimo, prima di correre da lei terrorizzati. Non ho il coraggio di spostare la sua mano, ho paura di ciò che potrei trovare; Jess è dietro di me e la guarda immobile.
Con il cuore in gola, decido di farmi forza e con delicatezza sposto il suo braccio: noto una piccola chiazza rossa sulla maglia.

Sgrano gli occhi e prego con tutto me stesso, prego che non sia grave. Se davvero esisti, Dio, in questo mondo distrutto e decimato, ti prego con tutto il mio cuore... non mi portarmi via colei che considero mia sorella. L'unica famiglia che io abbia mai avuto...
Sposto leggermente la maglia con un groppo in gola, ricordando il suo incubo: la morte di quella ragazza e i lividi nello stesso punto.

Non posso fare a meno di emettere un enorme sospiro di sollievo: è soltanto un graffio; prendo il suo viso tra le mani cercando di svegliarla.

-Amy! Amy sono Aiden, svegliati!- le do qualche schiaffetto, per farle riprendere conoscenza.

Lentamente la vedo stringere gli occhi e aprirli; il mio cuore riprende a battere regolarmente e il respiro si calma.
Grazie...

-Aiden- sussurra con un filo di voce.

AMY

Busso con forza, colpendo le grandi porte della tenuta.
Non posso credere che Frederick sia tornato da un giorno e ancora non mi abbia contattata. Continuo a bussare con forza, finché una cameriera non viene ad aprirmi.

-Contessina Deveraux- si inchina formalmente -cosa desiderate?-

-Sono qui per vedere Frederick, vi prego, lasciatemi passare.-

Lei mi guarda mortificata. -Mi dispiace, contessina, per adesso non può ricevere visite. È spossato per il viaggio e ancora impegnato nelle cure per suo padre- si scusa.

-Per favore, fategli sapere che sono qui, sicuramente mi riceverà- cerco di convincerla.

-Sapete che non è buona educazione insistere per essere ricevuti, quando ciò non è possibile?- Sento una voce alle spalle della cameriera: una donna avvolta in un ampio abito vaporoso di colore scuro, si sta avvicinando.

La riconosco immediatamente: è la madre di Frederick; non riesco a vedere il suo viso, mi appare sfocato.

-Contessa Eleonore- mi inchino formalmente -perdonatemi, non volevo essere scortese. Ero solo in ansia per vostro figlio e volevo accertarmi del suo stato.-

-Mio figlio sta bene e mi ha pregata di comunicarvi che verrà a farvi visita nel pomeriggio. Arrivederci, contessina Anita- senza nemmeno aspettare una risposta, chiude la porta di scatto.
Direi che non sono molto simpatica a sua madre...

Quando finalmente arrivo a casa, Marie mi consegna subito un messaggio: è di Frederick, mi chiede di vederci al lago.
Corro alle stalle e dopo che uno stalliere si è occupato di sellare Tulla, procediamo spedite verso il bosco.

Da lontano noto Frederick di spalle, è intento a fissare l'acqua.
Cosa può averlo trattenuto tanto da non venire a salutarmi? È passata più di una settimana dalla sua partenza e non ho ricevuto nemmeno una lettera in quei giorni. Ho continuato a chiedermi incessantemente se stesse bene.
Ogni volta che mi recavo alla tenuta, le cameriere si rifiutavano di darmi informazioni e sua madre non mi ha mai ricevuta con benevolenza.
Io davvero non capisco... la notizia della miracolosa guarigione di suo padre mi è arrivata proprio ieri; se non fosse stato per questo non avrei saputo del ritorno di Frederick: è stato lui a portare la cura.

Nonostante questo, quando lo vedo voltarsi il mio cuore accelera e non posso fare a meno di corrergli incontro felice.

-Frederick!- esclamo, gettandomi tra le sue braccia.

-Anita- mi riponde, stringendomi freddamente.

Subito mi stacco interdetta, guardandolo incuriosita. Non mi ha mai salutata così... c'è qualcosa che non mi torna.
Lo guardo ed è sempre lui, ma ha qualcosa di strano... non so spiegare bene cosa, è soltanto una sensazione.

-Finalmente sei tornato! Perché non mi hai scritto? Forse non vuoi stare più con me?- chiedo intimorita.

-Certo che voglio stare con te. Sono solo stanco per il viaggio- si siede sul prato e mi invita a fare lo stesso.

-Allora, cos'è questa cura miracolosa che hai trovato? Potevi dirmelo prima di partire, non capisco perché hai voluto tenere segreta la cosa anche con me- dico un po' delusa.

-Hai ragione. In fondo non dovrebbero esserci segreti in una coppia prossima al matrimonio, giusto?- il suo tono è allusivo. Punta i suoi occhi di ghiaccio su di me e sussulto, sentendomi in colpa immediatamente. Di istinto stringo il mio amuleto tra le mani e Frederick per un momento lo guarda, poi ritorna a scrutarmi.

-G... giusto- balbetto.

-Prometto che non ci saranno più segreti tra noi. D'altronde anche tu mi diresti tutto, vero?- mi prende la mano e il suo tono continua a essere strano.

Non so cosa rispondere... non ne ho nemmeno il tempo, perché improvvisamente sento Frederick stringermi il polso con forza -e questo chi te l'ha dato?! Sei stata con un altro durante la mia assenza?!-

Resto sconvolta e ammutolisco. Sta guardando con odio il mio braccialetto nuovo; è un regalo di mio padre. Stringe ancora di più, facendomi sgranare gli occhi dalla sorpresa.

-Allora?!-

-Frederick- deglutisco -è un regalo di mio padre. Ha notato la mia tristezza di questi giorni e voleva rimediare!- Cerco di spiegarmi quasi con le lacrime agli occhi.

Dai suoi occhi invece vedo trasudare soltanto odio e rabbia, e giurerei di aver visto qualcos'altro: come un'ombra attraversarli, solo per un istante.

-Menti!!- stringe ancora più forte, facendomi male e avvicinandomi con violenza al suo viso.

Una lacrima scivola sulla mia guancia. Cosa gli succede?!

-Fredrick! Mi fai male! Ho detto la verità, non ti tradirei mai! Ti prego, credimi- lo imploro.

Quando alzo la voce sembra riscuotersi. Abbassa gli occhi sulla sua mano, che chiude il mio polso in una stretta ferrea.

Sussulta, lasciandolo immediatamente.

-Sc...scusami, non so cosa mi sia preso! Sono così stressato e stanco per il viaggio che ho perso il controllo.-

Mi ritrovo a singhiozzare sconvolta e lui mi asciuga il viso, stringendomi a sé delicatamente.

-Non ho giustificazioni, sono stato imperdonabile. Scusami, ti prego- leggo sul suo viso reale pentimento e sgomento per ciò che ha appena fatto. Soprattutto però, riconosco il mio Frederick.
Deve aver passato davvero dei brutti momenti, Frederick non si arrabbia mai...

-Non preoccuparti, dimentichiamo ciò che è appena accaduto. Mi sei mancato così tanto...-  mi stringo nuovamente a lui e finalmente risponde all'abbraccio, con la sua stretta decisa e dolce come sempre. Respiro il suo profumo che tanto mi è mancato e mi sento di nuovo tranquilla.

-Amy! Amy sono Aiden svegliati!-

Sento qualcosa di strano... una voce richiamarmi alla realtà e tutto intorno a me scompare.

Stringo gli occhi, sento il calore di due mani che mi stringono il viso e dei leggeri colpi sulle guance. Quando finalmente riesco ad aprire le palpebre, due occhi verdi mi fissano con apprensione.

-Aiden- sussurro.

-Oh grazie al cielo!- esclama lui.

Cerco di alzarmi ma mi blocca. -No, no! Piano, ti aiuto io!- mi blocca contrariato, aiutandomi ad alzarmi con calma.

-Si può sapere che ti è saltato in mente?! Sei forse impazzita?!- urla Jess immediatamente.

-Jess non urlare! Mi scoppia la testa- mi lamento e lei sbuffa.

-Perché sei scesa qui sotto da sola?- domanda il mio amico, sovrastando i suoi rimproveri.

-I... io non lo so. Ho sentito che dovevo venire qui. Questa è la camera che ho sognato e quando ho toccato quel pugnale... un dolore fortissimo mi ha colpita, credo di essere svenuta. Sono abbastanza sicura che quello sia il pugnale con cui Anita si è tolta la vita- mi sfioro la maglia spostandola, trovo un ampio e abbastanza profondo graffio sul mio ventre; così sussulto dalla sorpresa e dalla paura.

Prima un livido... ora un graffio e se la prossima volta comparisse una ferita? Dallo sguardo dei miei amici capisco che stanno pensando la stessa cosa...

-E tu, dopo tutto quello che ti è successo in quella dannata chiesa, tocchi il pugnale?! Hai forse istinti suicidi?!- adesso anche Aiden è fuori di sé dalla rabbia.

-Ok, forse non è stata un'idea brillante. Mi dispiace!- mi mordo il labbro impacciata.

Mi guadagno due occhiatacce assassine e meritate.

Dopo aver raccontato ai miei amici ciò che è successo e mostrato loro la pergamena, decidiamo di risalire in camera. Così da poter mostrare il libro a entrambi.

-Credi che sia tutto vero?- chiede Jess dubbiosa.

-Sì, è l'unica spiegazione plausibile. Anche per il fatto che sentivo quel particolare richiamo, verso il luogo in cui l'amuleto era custodito. Per adesso non voglio ancora leggere il resto, troppe rivelazioni in un solo giorno mi faranno dare di matto!-

Sentiamo bussare alla porta: è Nora ed è abbastanza infuriata.

-Quegli agenti della Sicurezza non hanno rispetto per nulla! Vogliono interrogarti di nuovo. Ho cercato di fargli capire che sei sconvolta ma non è servito a nulla, sono di sotto. Quando avranno finito servirò la cena, hai bisogno di mangiare qualcosa... non hai praticamente toccato cibo- anche lei pare sconvolta e stanca, credo che cerchi di nascondere il dolore per la morte di Corinne.

L'interrogatorio dura più di un'ora: mi costringono a ripercorrere nuovamente quei dolorosi momenti, nonostante le proteste di Aiden.
Mi assicurano che si impegneranno a scoprire la verità.

-Sua madre ha infranto la legge, ma non facciamo distinzione tra i cittadini. Anche lei avrà giustizia- afferma l'uomo vestito di nero, prima di andare via.

Nonostante il dolore che provo e l'enorme stanchezza, mi costringo a mangiare. Nora mi fissa per assicurarsi che lo faccia e non voglio deluderla.

-Nora, se vuoi qualche giorno di pausa, puoi assentarti quando vuoi. Dillo anche a Josette e Danielle, so che erano legate a Corinne- lei annuisce, senza aggiungere altro.

La cena è silenziosa e triste; quando finiamo di mangiare non ho il coraggio di recarmi in camera.

Come affronterò una notte da sola, dopo tutto ciò che è successo? Come farò a dormire senza le braccia di David che mi stringono e le sue parole di consolazione dopo i miei incubi?
Non mi ero accorta di quanto la sua presenza fosse divenuta indispensabile per me in questi giorni.

-Per adesso non mi va di andare a letto, credo che me ne starò un po' in giardino- avviso Jess e Aiden che si scambiano un'occhiata.

-Non allontanarti troppo, Amy- mi avverte Aiden.

Esco dalla sala da pranzo e percorro velocemente l'atrio e l'uscita, senza guardarmi troppo intorno. Respiro l'aria della sera e decido di sedermi su una panchina, non troppo lontano dalla tenuta.

Quando fisso quelle porte, non posso fare a meno di risentire quello sparo e vedere Corinne crollare davanti a me.
Ripenso al fatto che abbia sussurrato il nome di Cristopher; l'ha visto davvero?
Forse per questo ho allontanato David, non volevo provare ciò che lei ha provato alla sua morte... non volevo vedere morire la persona a cui tengo di più.
Posso solo immaginare l'immenso dolore che deve aver provato e quel velo di tristezza che accompagnava sempre il suo sguardo, ne era la prova. L' ho visto scomparire solo oggi, quando credeva di averlo visto.

-Che ci fai qui fuori?- una voce profonda mi fa sussultare.

Mi volto con estrema lentezza, cercando di ignorare i battiti del mio cuore impazzito. Cerco di mantenere un'espressione neutra: David è in piedi di fronte a me.

-E tu cosa ci fai qui? Credevo ci fossimo già detti tutto- dico freddamente.

Lui si avvicina e vedo tutta la rabbia e la frustrazione scaturire dai suoi occhi.

-Basta con le cazzate, Amy, come hai potuto? Stava a me decidere- sibila.

Non si metto molto a capire: sa tutto, sa perché gli ho detto quelle cose orribili.

-Jess?- domando soltanto.

-Aiden- risponde.

Non riesco a celare la mia sorpresa, Aiden lo detesta eppure gli ha rivelato tutto...

-Mi dispiace...- sussurro, abbassando lo sguardo.

-Ti dispiace?! Hai deciso tu per me, quando poco tempo fa tu stessa mi hai chiesto di lasciarti libera di fare le tue scelte! Di non allontanarti solo per proteggerti! Come hai potuto negare a me la stessa cosa?!- leggo la delusione nel suo sguardo e mi sento morire. -Perché mi hai permesso di rovinare tutto?-domanda infinitamente triste.

A quel punto mi alzo, scrutando il suo viso; quanto mi è mancato... come ho potuto pensare di poter stare senza di lui.

-Ho sbagliato. Ora ho capito... ma possiamo ancora recuperare! torna da me, dimentichiamo questo giorno orribile- la mia voce è implorante e il mio sguardo è speranzoso. Patetica, mi rimbecca la mia fastidiosa vocina.

Sorride amaramente -dimenticare? È troppo tardi.-

A quelle parole mi gelo.

-Non è tardi, David! Siamo stati separati solo per un giorno. Supereremo tutto, insieme!- cerco di avvicinarmi ma indietreggia.

Vedo il dolore e il rammarico attraversare il suo volto.

-Sono andato a letto con Valerie- confessa di getto, non distogliendo lo sguardo dal mio e inchiodandomi con quelle lame d'argento.

Quelle parole mi trafiggono il cuore, sono come un pugno nello stomaco. Resto immobile, paralizzata e non sono in grado di dire nulla; lo fisso con occhi sgranati e sento una lacrima solitaria scivolarmi sul viso.

-Perché?- riesco a sussurrare, dopo parecchi minuti.

Anche lui è immobile e vedo la colpa non dargli tregua.

-Lo sai perché. Sono un bastardo senza cuore, ti avevo avvisata. Ti avevo detto che ti avrei fatto soffrire. Basta un minimo, per darmi una scusa qualsiasi e distruggere chi mi sta troppo vicino. Io non so amare. Sono stato cresciuto così- le sue parole sono fredde e implacabili.

Me lo aspettavo, sapevo che dicendogli quelle cose mi avrebbe ferita il doppio di quanto io avrei ferito lui, che non si sarebbe limitato alle parole.

Allunga una mano, come a volermi asciugare la lacrima ma lascia il braccio a mezz'aria, ritirandolo subito dopo; come se non si sentisse nemmeno degno di sfiorarmi.
Mi guarda un'ultima volta e vedo il profondo senso di colpa e il rammarico che lo attanagliano.
Poi si volta e va via; lasciandomi lì, colma di sentimenti che non credevo di poter provare, che mi mozzano il respiro e mi bruciano da dentro.

Corro in camera mia, sbattendo la porta alle spalle. "Sono andato a letto con Valerie" questa frase mi rimbomba in testa durante il tragitto.

Perché l'ho allontanato da me? Perché gli ho permesso di farmi questo!

Mi siedo sul bordo del letto, tenendomi la testa tra le mani.
Stupida, stupita, stupida! Mi stringo le tempie singhiozzando.
Credevi di cambiarlo? Credevi che il tuo amore l'avrebbe salvato, o che avrebbe salvato entrambi, dal tormento a cui state andando incontro? Continua a deridermi la vocina dentro me beffarda.

Cerco di addormentarmi in tutti i modi ma nulla... riesco soltanto a pensare a lui.
No, non volevo cambiarlo, volevo soltanto provare a essere felice e rendere felice lui... invece ho rovinato tutto. Abbiamo rovinato tutto.
Ripenso a ciò che abbiamo passato insieme: ai baci ardenti, alle promesse sussurrate.
Sapevo che sarebbe stato difficile, sapevo che avremmo sofferto, ma non riesco ad allontanare questa spiacevole sensazione... mi sento come se non avessi lottato abbastanza, come se mi fossi arresa al primo ostacolo.

Mi ha fatto male, è vero, anche io però l'ho ferito.
Tutti i suoi avvertimenti...
"Sono un bastardo senza cuore, distruggo tutto ciò che tocco".
Lui l'ha sempre saputo, credeva fermamente che avrebbe fatto qualcosa di irreparabile...

"Sono stato cresciuto così" è stato cresciuto tra l'odio e principi sbagliati.
Io so che non è così, indossa una maschera di freddezza e indifferenza per tenere lontani gli altri.
Mi ha lasciato entrare nel suo cuore e ho visto la gentilezza, l'amore che può provare; tutte quelle frasi che mi ha detto dopo l'aggressione e il suo modo di proteggermi...
Quando gli ho detto quelle cose, ho confermato ciò che lui ha sempre pensato: sentirselo dire da me l'ha reso ancora più reale, per questo l'ha fatto, ora riesco a capirlo. Ha fatto ciò che sa fare meglio: autodistruggersi.

Non può finire così... lui è migliore di così, non può credere alle mie parole! Non può convincersene e comportarsi di conseguenza!

Mi alzo di scatto dal letto e inizio a rivestirmi in fetta e furia.
Non posso rinunciare, nonostante ciò che ha fatto, nonostante l'infelicità che sembra pendere come una costante sulle nostre teste, devo riprovarci.
Prendo la borsa in fretta e furia, riponendo il libro di Corinne; non ho intenzione di lasciarlo qui.

Guardo i due cellulari sulla scrivania e li prendo entrambi, riponendone uno nella tasca posteriore dei jeans e l'altro in borsa.
Non posso non nascondere un amaro sorriso, per un solo momento sento la tristezza invadermi ripensando a mia madre, alla sua assurda fissa. Ogni cosa mi ricorda di lei, cerco di fare sempre ciò che mi diceva, credo che sia un buon modo per ricordarla e per tenere vivo il suo ricordo. Basta, non è il momento di pensare a queste cose.

Scrivo velocemente un biglietto a Jess e Aiden e corro fuori dalla tenuta; attraverso di corsa le stradine buie di Albanuova, impaurita da ciò che è successo l'ultima volta, ma motivata a non fermarmi.

Dopo una buona mezz'ora, arrivo ai cancelli della tenuta Van Dalen. Credevo che il vigilante mi avrebbe impedito di entrare, invece si è limitato solo ad un cenno di saluto. David deve aver detto loro della nostra relazione, cosicché potessi sempre andare da lui liberamente. Inizio a bussare alla porta ma niente.
Dopo una decina di minuti, viene aperta e con mia grande sorpresa mi ritrovo Albert Van Dalen di fronte, vestito di tutto punto come sempre.

-Signorina Deveraux, è successo qualcosa?- mi guarda sorpreso.

Lo fisso imbarazzata, non avevo pensato a questo. Devo sembrare una pazza, presentarmi a quest'ora, col fiatone e i capelli scompigliati.

-M... mi dispiace, signor Van Dalen, i... io devo assolutamente vedere David, non volevo svegliarla- cerco di scusarmi.

Lui sorride comprensivo, invitandomi a entrare.

-Non si preoccupi, non mi ha svegliato, ero nel mio studio. Lavoro fino a tarda notte e tutto il personale a quest'ora si è già ritirato, per questo ho aperto io la porta. Mio figlio è in camera sua, immagino conosca già la strada...- non c'è rabbia o fastidio nella sua voce, solo gentilezza. Gli sorrido, ringraziandolo e correndo di sopra.

Percorro di corsa il corridoio, arrivando di fronte alla sua stanza; il cuore mi batte fortissimo e non solo per la corsa.

Busso due, tre, quattro volte, finché non apre la porta: ha i capelli più scompigliati del solito e indossa solo i pantaloni scuri del pigiama, ma non sembra assonnato. Credo che anche lui, come me, non sia riuscito a chiudere occhio.

Non appena si rende conto che sono io, resta a bocca aperta, sorpreso. -Amy? cosa ci fai qui?- pare non credere ai propri occhi.

Lo spingo all'interno della camera, chiudendo la porta alle mie spalle; la penombra in cui è immersa mi aiuta a dire ciò che sto per dire.

-Non mi importa- lo guardo negli occhi; in quegli occhi magnetici, tristi e colpevoli, quegli occhi che mi hanno sempre incantata e trasmesso emozioni contrastanti.

-Di cosa? Io non capisco... è notte fonda, sei venuta qui da sola, a quest'ora?- mi interrompe preoccupato.

-Devi starmi a sentire, David! Ho detto che non mi importa, di nulla. Non mi importa dell'ora, non mi importa dei pericoli che ho corso venendo qui sola, non mi importa di quello che ci siamo detti o di ciò che hai fatto. Non mi importa di quello che dicono le persone, del destino che sembra essere contro di noi. Mi importa solo di te!- esclamo col fiatone, incredibilmente imbarazzata dalla mia confessione; ho le guance in fiamme.

Nonostante sembri sorpreso dalle mie parole, non pare darci peso, come se non sapessi ciò che sto dicendo.

-Non lo pensi sul serio. Non puoi davvero volere uno come me, non dopo tutto ciò che è successo. Torna a casa, ragazzina, ti farai di nuovo del male- il suo viso è freddo e distante, la sua voce amara e carica di colpa. Non mi guarda nemmeno ormai...

-Smettila!- Prendo il suo viso tra le mani, costringendolo a riportare il suo sguardo nel mio.

-Usare questo tono non mi convincerà, insultarmi e cercare di farmi del male, non mi allontanerà, David, non questa volta. Io voglio esattamente uno come te. Io non voglio cambiarti, mi piacciono i tuoi pregi, ma amo ancor di più i tuoi difetti. Ci sarà un motivo se l'unica persona che sia riuscita a farmi provare qualcosa sei tu, soltanto tu. Perché io sono tua David, lo sono sempre stata, dal mio primo respiro io ti appartengo e credo di averlo sempre saputo- non lascio per un momento il suo viso e lui mi guarda, ma la colpa non abbandona i suoi occhi.

-Non posso stare con te, tu meriti di meglio- sussurra.

-Ma io non voglio di meglio! Io voglio soltanto te! Non ho bisogno di nessun cambiamento! Non voglio che mi porti a ballare, a cena, che cambi te stesso per me... io ti desidero dal primo istante in cui ti ho visto, non lo capisci?- Sgrana gli occhi interdetto, poi si allontana, come se non potesse credere alle mie parole.

Mi avvicino a lui, non distogliendo lo sguardo dal suo.

-Mi sono innamorata di te- dico tutto d'un fiato con voce tremante, poi cerco di mettere ancora più sicurezza nel mio tono. -Io ti amo, David Van Dalen, e nulla... nulla di ciò che dirai o farai, potrà farmi cambiare idea.-

Le ho dette... quelle parole... quelle da cui non si può tornare indietro.

Trattiene il fiato sconvolto, è combattuto. So cosa sta pensando: crede di essere un mostro e di non poter essere amato; è convinto di non saper amare, non sa quanto si sbaglia.

Il suo viso è tormentato, sembra in totale confusione.

-I... io non so che fare- dice con voce spezzata.

Lui, sempre sicuro e deciso, ora appare insicuro e spaventato.

Mi avvicino ancora di più, sono a un centimetro dal suo viso. -Baciami, David, stringimi tra le tue braccia, stringimi a te. Baciami fino a farmi dimenticare tutto, il dolore, la disperazione, l'amarezza. Baciami finché non restiamo soltanto noi due- cerco di mettere tutta la sicurezza possibile nelle mie parole, di trasmettergli la certezza e l'assoluta mancanza di dubbi che ho in questo momento.

Quando si accorge del mio sguardo, so di essere riuscita a farglielo capire.

Avvicina le sue mani al mio volto, sfiora con il pollice le mie labbra. Socchiudo gli occhi, godendomi il suo tocco e rabbrividendo.

Poi finalmente sento la pressione delle sue labbra morbide come il velluto sulle mie: sento il suo profumo circondarmi e il suo sapore, unico e perfetto.
Affondo le mie dita nei suoi sottili capelli, stringendolo ancora di più a me, stringendomi al suo solido corpo.
Mi avvolge in una stretta calda e protettiva e mi bacia disperatamente, fino a togliermi il fiato e farmi perdere la ragione.
Mi spinge a indietreggiare, adagiandomi sul suo letto poco distante, senza mai smettere di baciarmi e mi sposta una ciocca di capelli dal viso.

Scruta i miei occhi, cercando l'ombra di un dubbio, di una paura o di una insicurezza, ma io prendo la sua mano, dandogli una muta risposta. Senza indugiare oltre, convinto dal mio sguardo si avvicina, salendo sul mio corpo, ricoprendolo di dolci carezze che mi danno ulteriori e deliziosi brividi. Le sue mani si insinuano sotto la mia camicetta, mentre le mie non smettono di cercare e percorrere il suo corpo, gli addominali scolpiti, la pelle liscia sotto le mie dita...

Sento un nodo alla gola e il cuore sembra volermi uscire dal petto; i miei pensieri si affollano e non mi danno tregua, le mie stupide paure stanno iniziando ad accavallarsi, facendo vacillare la mia iniziale sicurezza.
Voglio farlo? Voglio arrivare a questo punto? Sì, è l'unica mia certezza.
Ma per il resto non so cosa fare, mi sento infantile e inadeguata. Sono stupida e inesperta.

Mi scruta con quegli occhi di ghiaccio che mi tolgono il fiato, spostando le sue mani sul mio viso e stringendolo, mi costringe a guardarlo.

-Ho paura- rispondo alla sua muta domanda e al suo sguardo indagatore.

-Amy, mi basta averti qui tra le mie braccia. Se non ti senti pronta possiamo aspettare, non dobbiamo per forza...-

Poggio una mano sulle sue labbra, interrompendolo. -Non è questo, sono sicura di questo- confesso, abbassando gli occhi imbarazzata, solo a quelle parole divento viola.

Sposta due dita sotto il mio mento, costringendomi ad alzare lo sguardo; cerca di capire i motivi del mio turbamento, poi alza un angolo della bocca in un mezzo sorriso.

-Non pensare a nulla, è normale essere spaventati o imbarazzati- mi fissa con dolcezza, lasciandomi una leggera e rassicurante carezza sul viso. -Ma voglio che tu sappia che in questo momento ho più paura di te. Perché non mi sento degno nemmeno di toccarti e ho paura di fare qualcos'altro di sbagliato.... Perché tu sei perfetta, dentro e fuori. Ora sento che mi appartieni, credo che fossimo destinati a stare insieme. Ma non devi dubitare nemmeno per un momento che anche io ti appartenga, Amy. Il mio cuore, la mia anima, sono tuoi.-

Poggia la fronte sulla mia, intrappolandomi nei suoi laghi immensi d'argento -io ti amo.-

Sbarro gli occhi a quelle parole, il mio cuore manca di un battito e mi si spezza del tutto il respiro. Finalmente abbiamo espresso i nostri sentimenti, finalmente tra noi due c'è solo chiarezza.

-Non è solo la tua prima volta, è anche la mia prima volta. Mai prima di adesso ho donato a qualcuna tutto me stesso - la totale sicurezza e sincerità nelle sue parole, quasi mi fa sciogliere sotto il suo sguardo. Fa svanire le mie paure, mi fa sentire amata e desiderata.

Lentamente inizia a sbottonare la camicetta, con fare esperto e sicuro. Mi trema il cuore ogni volta che i suoi occhi si posano su una porzione scoperta di pelle.
Prima di sfilarla completamente, mi dedica un ultimo sguardo interrogativo e ricevendo un cenno di assenso sorride, gettandola definitamente sul pavimento.

Mi guarda come se fossi la cosa più bella su cui abbia mai posato gli occhi.

Inizialmente sono imbarazzata... non ero mai stata senza maglia di fronte a un ragazzo, ma non appena mi bacia, sfiorando lentamente il mio collo, dimentico tutto: l'imbarazzo e l'ansia svaniscono.
Con con maggiore intensità, inizia a baciare ogni centimetro del mio corpo.
Sento le sue morbide e bollenti labbra sulla spalla, per poi spostarsi sul petto, scendendo giù fino all'ombelico; facendomi impazzire e rabbrividire sempre di più, a ogni secondo che passa.

Ho il respiro accelerato e il cuore sembra volermi uscire dal petto. Ogni volta che sta per sfilare via un indumento, mi fissa con aria interrogativa, cercando l'ombra di ripensamenti e ogni volta riceve un mio cenno d'assenso; finché tutti i vestiti finiscono sul pavimento.
Non ci sono più barriere tra di noi: sento ogni centimetro della sua pelle sfiorare la mia e il mio corpo aderire al suo, ed è una sensazione unica.

Improvvisamente qualcosa solletica la mia mente: un ricordo passato e lontano, qualcosa che dovrebbe spingermi a provare paura, a fuggire...
No, stavolta nulla rovinerà ciò che sto provando. Questo momento non sarà macchiato dal passato, da ricordi altrui, è solo nostro.
Soffoco tutte queste sensazioni, concentrandomi solo sul viso meraviglioso del ragazzo che amo.

-Tremi?- sussurro sorpresa, godendomi il calore e il suo profumo avvolgente, abbandonandomi alla sua stretta rassicurante... ho la pelle d'oca.

-Anche tu- mi fissa con un'intensità unica.

Quello sguardo potrebbe perforare la carne, affonda dritto nel mio cuore; non credo potrò mai dimenticarlo.

-Come potrei non tremare? Sto assaporando il primo vero momento di felicità della mia vita- dice, baciandomi con passione.

Non credevo che si potesse provare un vortice di emozioni tanto forti, essere così intimamente vicini a qualcuno, quasi diventando parte dell'altra persona.
L'iniziale dolore mi ha quasi mozzato il respiro, facendomi trasalire, ma subito è stato sostituito da altre sensazioni che mi hanno sconvolta e hanno scavato dentro di me, sommergendomi completamente. È accorto ed attento a qualsiasi mia reazione, forse ha davvero paura quanto me...

Sono sopraffatta da ciò che provo: dolore, piacere e soprattutto amore, mi invadono completamente mentre David mi stringe a sé,  appropriandosi del mio corpo, di tutta me stessa e facendomi fremere sotto le sue bollenti carezze, i baci dolci e ardenti allo stesso tempo.

Ricordo le sue parole e ora so che aveva ragione: fare l'amore con la persona che ami, ti spinge a donarti completamente.
Sento che ogni cellula del mio corpo è completamente sua: le nostre anime, i nostri cuori, danzano e si fondono insieme; i nostri respiri si uniscono con i nostri corpi e gli sguardi esprimono tutte le parole che mai ci siamo detti.
Sembra che aspettassimo questo momento da sempre, da molto più tempo di quanto io possa solo immaginare.
Non so se il nostro amore è davvero maledetto, se siamo destinati alla sofferenza ma se dovessi scegliere, sceglierei la dannazione piuttosto che stare lontana da lui.



 

**Angolo me**
Ciaoo!
Spero di essermi fatta perdonare per il capitolo precedente, che dite ci sono riuscita? :)
Come già molti sapranno, la storia sta arrivando alla fine.
Per chi non lo sapesse, il mio libro avrà un sequel, quindi non vi abbandonerò del tutto (suona come una minaccia 😂 ) cercherò però di creare un finale che non lasci troppo in bilico chi legge, tranquilli sono buona in fondo XD ❤️
Voglio ringraziarvi ancora una volta e credo non smetterò mai di farlo, per tutti i complimenti e i consigli, siete fantastici! Alla prossima per il gran finale <3<3
JosephineC <3

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


Ascolto gli ormai lenti battiti del cuore di David, tenendo la testa poggiata sul suo petto liscio e duro. Sono avvolta tra le sue lenzuola e il suo profumo, mentre lui sfiora lentamente e dolcemente la mia schiena nuda con le dita, facendole scendere e risalire lungo la spina dorsale, provocandomi intensi e deliziosi brividi.

Quando sento il suo sguardo su di me, alzo il viso per guardarlo, stringendomi a lui. -Che c'è?- chiedo.

-Non credevo potessi essere ancora più bella, ma a quanto pare devi farmi sempre ricredere su tutto.-

Mi avvolge in uno stretto abbraccio e mi compare immediatamente un sorriso ebete sulla faccia.

-Io non credevo si potesse essere così felici- sussurro.

-Però c'è un problema, formaggino- sorride maliziosamente.

-Cioè?- aggrotto le sopracciglia sorpresa.

Con uno scatto improvviso mi sposta, ponendosi su di me e bloccandomi le braccia ai lati della testa: il solo modo in cui mi sta guardando mi fa arrossire vistosamente.

-Se non ti levi dal viso quell'espressione sexy da morire, così languida e compiaciuta, credo che da questo letto non uscirai nemmeno per la prossima settimana- sussurra sensualmente al mio orecchio, facendomi rabbrividire e accelerare i battiti del mio cuore in subbuglio.

Sorride, compiaciuto dalla mia reazione, e inizia a sfiorarmi il collo con quelle morbide e bollenti labbra. -Adoro farti arrossire.-

Dopo parecchio, riesco a recuperare la voce... Sarà impossible stare con lui e mantenere la sanità mentale.

-Mi chiedevo quanto sarebbe durato... il tuo dirmi parole dolci, intendo- cerco di trattenere un sorriso.

Allaccia il suo sguardo quasi sconvolto al mio. -Hey... hey... calma! Non definirmi mai più dolce! Credevo sapessi che non sono uno di quei vomitevoli fidanzati tutti cuori e arcobaleni- borbotta disgustato.

Non riesco a trattenermi, scoppio in una risata interminabile.

-Adesso ridi anche di me? Forse dovrei darti una bella lezione!- mi guarda oltraggiato, prima di iniziare a farmi il solletico.

-No! No ti prego! Basta!- ormai piango dalle risate, mentre mi tiene ferma con il suo corpo torturandomi.

All'improvviso si blocca; lo vedo irrigidirsi e stringere gli occhi, tenendosi la testa tra le mani in un'espressione sofferente.

-David!- esclamo sorpresa.

In un secondo pare di nuovo rilassarsi e riapre gli occhi.
Ora il suo sguardo di ghiaccio punta su di me, ma ha qualcosa di diverso e inquietante; provo una sensazione che mai credevo avrei provato con lui: paura.

-T... tutto bene?- balbetto con voce tremante.

Senza dire una parola, mi blocca col suo corpo e stringe di nuovo le mie braccia ai lati della testa, stavolta però non c'è nulla di scherzoso nel suo tono.

-M... mi stai mettendo paura... per favore smettila- lo guardo allarmata mentre vedo un sadico sorriso formarsi sul suo volto; un sorriso fin troppo simile a quello dei miei incubi.

Nei suoi occhi c'è una furia e un odio che mai avrei creduto di vedere.

-Come hai potuto tradirmi Anita?!-

A quelle parole mi si gela il cuore. Mi ha chiamata Anita.

-Cosa dici... David? Sono Amy! Che ti succede?!- mi divincolo, ma fino all'ultimo cerco di aggrapparmi alla speranza, ignorando l'orribile sensazione che provo in questo momento.

-Ti ho aspettata per anni! Per anni ho pianificato tutto e quando finalmente ero così vicino, tu da sgualdrina quale sei sempre stata, mi hai tradito!- le sue parole lasciano trasparire una rabbia davvero violenta; avvicina la sua mano al mio collo, stringendolo con forza.

Cerco di sciogliere la soffocante stretta, mi agito e dimeno per la mancanza d'aria; sento le lacrime agli occhi e i polmoni in fiamme.

-D... David... t... ti prego... torna da me- riesco a dire con voce spezzata.

L'adrenalina e la paura scorrono sotto la mia pelle; tutte le sensazioni provate prima sono svanite, sostituite dal puro terrore.

Vedo qualcosa sul suo volto cambiare; sgrana gli occhi e si stacca violentemente da me, prendendosi la testa tra le mani e piegandosi sul letto: sta urlando di dolore e la sua fronte è imperlata di sudore.
Resto immobile... non so cosa fare, sono praticamente terrorizzata e stringo il mio collo, ormai libero e dolorante... Dovrei fuggire ma non posso lasciarlo così.

Quando si calma e il suo sguardo torna su di me, riconosco il mio David: è uno sguardo sofferente e preoccupato.

-Rivestiti, svelta, devi andare via!-

Resto immobile e sorpresa per ciò che ha detto.

-Amy, coraggio! Non so per quanto riuscirò a trattenerlo, rivestiti su!-

Quelle parole sono una secchiata d'acqua gelata. A trattenerlo? È davvero Frederick? Inizio a rivestirmi in fretta e furia e recupero la mia borsa, finita sul pavimento.
David si alza dal letto e barcolla verso il comodino, prendendo una chiave dal cassetto, poi si avvicina nuovamente me ma non troppo. Lascia la chiave nelle mie mani e il suo viso si contrae in una smorfia di dolore: vedo una lotta imperversare dentro di lui.

-A... ascoltami, questa è la chiave della mia camera. Esci e chiudimi dentro, poi corri, Amy! Devi correre come non hai mai fatto prima, come se la tua vita dipendesse da questo! Torna alla tenuta Deveraux e non farmi entrare per nessun motivo- ordina con voce affaticata, il suo sguardo è mortalmente serio.

-Ma cosa stai dicendo? Non posso lasciarti qui... in queste condizioni!-

-Amy, non c'è tempo!! Ho sentito i suoi schifosi pensieri nella mia testa! Non gli permetterò di toccarti- prende il mio viso tra le mani, baciandomi disperatamente; mi stringo a lui non volendolo lasciare.
Tutto questo è una follia. Si stacca da me bruscamente, stringendosi la testa e urlando di dolore.

-David...- cerco di avvicinarmi e allungo una mano tremante verso di lui.

-No! Vai via!!- si allontana di scatto ansimando.

-Ma...-

-Via! adesso!!- urla, facendomi sobbalzare.

Decido di dargli ascolto. Prendo la borsa e esco dalla sua camera, richiudendomi la porta alle spalle con la chiave che mi ha dato.
Resto a fissarla per qualche secondo, ma dei tonfi violenti mi fanno balzare il cuore in gola: la sta prendendo a spallate, vuole sfondarla...
Inizio a correre a perdifiato per le scale, arrivando al piano terra.
Quando arrivo alle grandi porte dell'entrata, cerco di aprirle in tutti i modi ma nulla: sono chiuse.

-Aiuto! C'è qualcuno?! Signor Van Dalen!!- Nessuno sembra sentire le mie urla disperate.

La casa è immersa nel silenzio e riesco soltanto a sentire il rumore della porta di sopra che sta per essere sfondata. Cerco di aprire le finestre ma anche queste sono chiuse, lo stesso vale per tutte le porte delle camere, della biblioteca e del salone... tutte maledettamente chiuse.

Mi dirigo correndo verso l'ala della tenuta opposta a questa e sento la paura non darmi tregua: il ricordo di quegli occhi di ghiaccio crudeli mi paralizza.
Proseguo e cerco di aprire tutte le stanze, ma anche queste sono chiuse; inizio a imprecare e disperarmi, finché finalmente una porta si apre. Con un sospiro di sollievo entro subito nella camera, richiudendomela alle spalle. Ricordo che David mi parlò di questa stanza: è lo studio di suo padre, quello in cui passa la maggior parte del tempo, dove non permette a nessuno di entrare... forse qui sarò al sicuro.

Il mio sollievo però dura poco, perché quando mi volto non posso fare a meno di inorridire: tutte le pareti sono ricoperte di ritratti e non sono quadri qualsiasi, sono quelli di Anita.

La rappresentano in ogni fase della sua vita, fin da bambina, ricordo perfettamente quello che ho di fronte... ho rivissuto il suo ricordo proprio l'altro giorno: quell'abito di colore chiaro, la pettinatura elaborata e fastidiosa, la posa troppo altezzosa che Anita odiava tanto, ma che sua madre la costringeva ad assumere... lo stratagemma usato con l'aiuto di Frederick per sottrarsi alla seduta del ritratto.

Questi sono sicuramente tutti i quadri rubati anni fa alla tenuta Deveraux; il fatto che siano qui non mi piace per niente.
C'è un unico spazio non occupato dai ritratti di Anita ed è la parete sulla sinistra: lì si trova un grande specchio, dove riesco a vedere la mia immagine, il mio viso sconvolto e terrorizzato da questa assurdità.
Do le spalle proprio a questa parete mentre mi avvicino alla scrivania, attirata da un piccolo libricino marrone. Lo sfoglio, ma ho la sensazione di averlo già visto da qualche parte... poi capisco: è il diario di Anita, quello di cui Sue mi ha parlato e che era scomparso.

Che diavolo ci fanno tutte queste cose nello studio di Albert Van Dalen? Non ho il tempo di rispondere a queste domanda...

Improvvisamente sento qualcuno stringermi con forza da dietro e prima che io possa urlare, mi copre la bocca con un fazzoletto bianco di stoffa dallo strano odore: più lo respiro, più sento le forze abbandonarmi e una sorta di nebbia avvolgere i miei pensieri, mentre perdo i sensi.

****

Ho la bocca secca e impastata, mi sento debole e frastornata. Sono distesa su una superficie morbida e lentamente cerco di aprire gli occhi.
All'inizio la vista è sfocata, poi riesco a mettere a fuoco ciò che mi circonda: la camera in cui mi trovo non ha finestre, né porte. L'unica cosa che riesco a vedere, dal letto sul quale sono distesa, è lo studio.
Mio Dio! Sono dietro allo specchio!! doveva esserci una camera segreta, ecco da dove'è uscito il mio aggressore!

Una presenza ai piedi del letto mi fa sobbalzare: è Albert Van Dalen.

-S... signor Van Dalen! Dobbiamo andare via!- esclamo, cercando di alzarmi bruscamente; un capogiro mi fa ritornare seduta.

-Finalmente ti sei svegliata, Anita, credevo di aver esagerato con il cloroformio- sorride malignamente.

Resto pietrificata, mi si mozza il respiro. -Anita? Ma cosa sta dicendo signor Van Dalen? È stato lei a portarmi qui?!- domando infuriata.

-Smettila di chiamarmi signor Van Dalen! Sai bene chi sono...- si avvicina, facendomi indietreggiare tremante.

-Questo non è possibile...- provo a dire.

Tuttavia ora, guardandolo negli occhi, riconosco immediatamente lo sguardo che tormenta i miei sogni e il cuore mi martella come un tamburo nel petto. Sono in trappola.

Improvvisamente sentiamo dei colpi alla porta; qualcuno sta bussando alle porte dello studio e lui si alza annoiato, come se nulla fosse.

-Scusami un momento, amore mio, torno subito da te- il suo sorriso sadico e quelle parole mi terrorizzano ancora di più.

Si avvicina alla parete trasparente e la apre con una chiave, richiudendola alle sue spalle.

Mi alzo barcollando, cercando di riaprirla ma niente. Apre leggermente la porta dello studio uscendo fuori, riesco però a distinguere le voci: è David.

-Hai visto Amy?- domanda a suo padre dall'esterno.

-No, mi dispiace, la tua ragazza di qui non è passata. Avete litigato?-

-Questi non sono affari tuoi! Continuo a cercarla. Se per caso la incontri avvisami- la voce è fredda e ricolma di odio, tuttavia riconosco il tono di David. È tornato in sé.

Lo studio è sommerso dalla luce, devo essere stata priva di sensi per tutto il resto della notte.

-Dovresti avere più cura delle persone a cui tieni- risponde suo padre allusivo.

Lui ride di rimando, ed è una risata carica di disprezzo. -Dovrei prendere esempio da te? Da come ti sei preso cura della mamma? Risparmiami le tue stronzate e non parlare di cose che non conosci.-

Non avevo mai sentito questo tipo di discorsi tra i due...

Inizio a colpire il vetro con pugni e calci. -David, sono qui!! David ti prego!-

Ma è tutto inutile, la stanza deve essere insonorizzata. Cerco qualsiasi cosa che possa aiutarmi a rompere il vetro, ma nella camera c'è solo il letto e quando cerco di spostarlo, capisco che è incollato al pavimento.
Continuo a urlare disperata, ma lui alla fine va via, lasciandomi qui con suo padre.

Ai piedi del letto noto la mia borsa e prima che Albert o Frederick o chiunque diavolo è entri, la spingo con un calcio sotto il letto.

Si sta avvicinando di nuovo allo specchio per entrare... è il mio momento. Incollo la schiena alla parete accanto all'entrata, pronta a fuggire non appena aprirà la porta.

Sento lo scatto e il cuore mi martella nel petto; l'ansia mi annoda lo stomaco, ho una sola possibilità e devo sfruttarla al meglio.
La porta sia apre e a quel punto io la spingo con violenza, cercando di spintonare il padre di David e fuggire.
Non appena sto per avvicinarmi, con tutta la forza e la violenza che ho, un lampo di luce rossa mi respinge avvolgendolo e facendomi balzare all'indietro; le mie spalle si scontrano violentemente con la parete e l'urto mi mozza il respiro.

Che diamine è successo?! Guardo Albert Van Dalen sorridere soddisfatto, prima di chiudersi la porta alle spalle.

-Perché devi rendere tutto più complicato? Io non voglio farti del male- dice mellifluo.

-Come no! Per questo mi ha rapita e chiuso in questa camera. Si sta comportando come un pazzo psicopatico!- ribatto duramente.

A quelle parole si avvicina minacciosamente, prendendomi per le spalle e gettandomi con violenza sul letto.

-Smettila di darmi del lei, Anita! Il gioco non mi diverte più. Sai benissimo che sono Frederick e sai perché sto facendo tutto questo! Non cercare di fuggire o di aggredirmi, il tuo amuleto ora è a me che è fedele- mi avvisa, mostrandomi la collana che porta al collo, ben nascosta sotto la camicia.

Non ci posso credere, sgrano gli occhi: quella è la collana di Anita, l'amuleto dei miei ricordi... quello di cui parla il libro.
Allora tutto quello che ho letto è vero!

Quel coso mi ha fatta volare contro la parete e ora mi chiama, sento che mi attira a sé... quello strano calore che provai l'ultima volta che lo stavo cercando, quei sussurri nella mia testa, sono tornati.
Senza nemmeno accorgermene mi sono avvicinata a Frederick, ho una mano sul suo petto e sto sfiorando l'amuleto, come ipnotizzata, a un centimetro dal suo viso.

Non so come ho fatto a percorrere questo tratto e avvicinarmi a lui, non lo ricordo... Sembra sorpreso dal mio gesto e dalla mia vicinanza, tanto che trattiene il fiato. Quando sfioro la pietra, questa si illumina e la luce è quasi accecante; il mio cuore batte all'impazzata, mi sento come se mi stessi ricongiungendo con una parte di me stessa.

Lui ritorna in sé dopo qualche secondo, di scatto mi spinge via con violenza e io resto sorpresa e stordita dal mio gesto.

Riporto l'attenzione sull'uomo che ho di fronte, ancora turbato dalla vicinanza di poco fa. -Cosa vuole da me?- chiedo ancora intontita, non distogliendo lo sguardo dall'amuleto.

-Quello che ho sempre voluto. Soltanto te- dice con naturalezza.

Alzo un sopracciglio incredula. È completamente fuori di testa.

-Lei ha le idee un po' confuse. Io e Anita Deveraux ci somigliamo, è vero, ma la donna che cerca è morta, deceduta, andata. Non ne è rimasta nemmeno la polvere! Inoltre non crede di essere un po' troppo avanti con l'età? Insomma, per quanto lei sia un uomo affascinante, potrebbe essere mio padre. Sarebbe alquanto disgustoso, senza offesa- rispondo ironicamente, non so nemmeno con quale coraggio...

-Ah, Anita, vedo che hai conservato la tua lingua lunga, nonostante ti abbia portato non pochi problemi- mi fissa serio.

-Il mio nome è Amy, Amy- ripeto, scandendo ogni sillaba -per quanto la mia antenata possa somigliarmi, le ripeto che siamo due persone diverse!!- ribatto frustrata.

Lui ride perfidamente -tu ancora non hai capito, vero? Eppure sei sempre stata molto intelligente. Perché cerchi di ignorare la realtà?- si avvicina, guardandomi negli occhi, mentre io indietreggio intimorita.

-C... cosa dovrei capire?-

-Tu non sei semplicemente una discendente dei Deveraux, non somigli semplicemente alla tua antenata. Voi siete due gocce d'acqua e lo siete perché tu sei lei. Tu sei la mia Anita, il mio amore!-

Mi allontano ancora più spaventata -Tu sei pazzo!!- urlo.

-Ma davvero? Sono pazzo? Allora perché hai ricordi continui della tua vita passata? Tu sei lei e prima lo accetterai, meglio sarà- mi blocca alla parete con le sue braccia.

-Q... questo non è possibile- balbetto.

-Ti avevo promesso che la morte non ci avrebbe separato, ti avevo promesso che ti avrei trovata sempre e sai bene che io mantengo le mie promesse- sussurra al mio orecchio, facendomi venire i brividi. Perché quella voce, quelle parole, le conosco troppo bene...

-Io non posso essere lei- ho con le lacrime agli occhi -non ti rendi conto che ciò che dici è una follia?!-

-Invece è possibile- ribatte lui -vuoi ascoltare una storia, mio amore? La nostra storia, quella di un uomo follemente innamorato e di una donna egoista, che si è piantata un pugnale in corpo cercando di sfuggirgli!- il suo tono è carico di rabbia e disprezzo.

-Conosco già tutto questo. So bene cosa è successo ad Anita- lo guardo scettica.

-Ma non conosci il resto- prende il mio viso tra le mani, disgustandomi col suo tocco -non avrei mai potuto lasciarti andare. Così ho sfruttato l'amuleto, conoscevo il suo potere e l'ho utilizzato per incanalare la tua anima. Saresti rinata, la prima bambina nata ai Deveraux saresti stata tu! Dovevo solo aspettare...-

Quelle parole mi bloccano il respiro.

-Ma l'amuleto ti era fedele! Tu sei la Custode, avrei dovuto immaginare che ciò mi avrebbe ostacolato. Per anni ho atteso la tua nascita, ma nessun Deveraux ha mai avuto una bambina! Per la disperazione mi sono tolto la vita, sapevo che anche la mia anima sarebbe stata incanalata nell'amuleto e quando tu saresti tornata, io sarei tornato con te- sibila al mio orecchio, facendomi sbiancare.

Questi non sono solo i vaneggiamenti di un pazzo... Quelle parole scavano a fondo nella mia anima: queste rivelazioni mi stanno torturando e dentro di me, mio malgrado, sento che sono vere.

-Tu ci hai maledetto! Ci hai dannato!- urlo sconvolta, con tutta la rabbia che ho in corpo.

Ricordo le pagine del libro, ricordo cosa succede a utilizzare il potere del Tramite per i propri scopi.

"Mai errore fu più grande, mai conseguenze furono più funeste di quelle causate da chi sfrutta la natura, da chi si appropria di ciò che dovrebbe restare celato. Più i tre uomini si arricchivano, più si circondavano della benevolenza dei Flussi positivi, più intorno a loro caos e disperazione si diffondevano, come terribile pestilenza."

-Il mondo è distrutto e sono sicura che è tutta colpa tua!-

L'odio che provo in questo momento è qualcosa che mai credevo di poter provare verso qualcuno; sempre di più la consapevolezza si fa strada dentro di me. Sono certa che tutto ciò che dice è vero.

-Ma non capisci, amore mio?! Non mi importa nulla del mondo! Non mi è mai importato nulla di nessuno, se non di te! Volevo riaverti- quello sguardo folle mi fa capire perché Anita si sia tolta la vita, pur di non stare con lui.

-Beh, ti informo di un dettaglio che ti è sfuggito! Se la tua ragazza si è tolta la vita, pur di non starti accanto, forse era un modo per lasciarti! Ci hai mai pensato, Mr follia?!- mi sfugge.
Forse non è stata una cosa saggia da dire a un pazzo psicopatico...

Infatti indirizza il suo sguardo gelido su di me e capisco che ho toccato un nervo scoperto: la sua faccia è una maschera di rabbia, alza il braccio e mi dà uno schiaffo fortissimo sul viso, talmente forte da scaraventarmi sul letto.

La guancia brucia come fiamme e delle lacrime si fanno strada sul mio viso.

-Tu credi che sia tutto un gioco! Non hai idea di quanto ho sofferto, di quanto ti ho dovuta aspettare, di quello che ho dovuto fare per riaverti!- Si passa una mano tra i capelli nervoso, un gesto dolorosamente familiare.

-Per anni l'amuleto ha evitato la tua nascita, così tanti che ne ho perso il conto. Poi finalmente sei tornata, l'istante in cui sei stata concepita mi ha risvegliato. Ero nel corpo di questo mio discendente, in una realtà completamente nuova e avevo poco tempo, solo il risveglio dei tuoi ricordi mi avrebbe garantito la permanenza in questo mondo, lo sapevo bene. Dovevo occuparmi di Cristopher, sapevo che i Deveraux non avevano dimenticato, che non appena avrebbe scoperto il sesso del bambino avrebbe saputo che eri tu. Ti avrebbe portato via da me, tutti i miei sforzi sarebbero stati inutili!-

Credo che più che parlare con me, stia parlando con se stesso. Quelle parole, quelle orribili parole, mi danno un'oscura sicurezza: è stato lui.

-Tu!! Tu hai ucciso mio padre!!- mi alzo di scatto accecata dalla rabbia e corro verso di lui per colpirlo; di nuovo quel fascio di luce rossa mi scaraventa sul letto.

-Non capisci, Anita, dovevo farlo! L'ho fatto per noi- si giustifica affranto.

-Ma non è servito a nulla. Corinne mi ha portata via, lei mi ha salvata dalla tua follia! Hai ucciso anche lei?- chiedo ricolma di disprezzo.

-Non l'ho uccisa io purtroppo, anzi mi chiedo chi mi abbia tolto il piacere... Credimi, non sai quanto avrei voluto! Ho sempre sottovalutato quella donna. Non credevo che Cristopher le avesse raccontato della maledizione ma mi sbagliavo. È scomparsa, ti ha portato via da me e io non potevo fare nulla! Dovevo attendere che i tuoi ricordi si risvegliassero e così è stato. Quando sono tornato permanentemente in questo corpo avevo un figlio e una moglie. Tu dovevi avere nove anni ed eri da qualche parte nascosta. Ho lavorato duramente, per anni ho accresciuto il patrimonio dei Van Dalen già enorme, grazie ai flussi positivi dell'amuleto nascosto in casa, come avevo ordinato nel mio testamento. Ho creato la parte moderna del paese, dovevo attirare le persone, dovevo renderlo un posto particolare per attirarti qui. Il destino avrebbe fatto il resto... la mia maledizione si sarebbe compiuta.-

"Ricordare sarà la tua rovina, Anita."

Ecco perché ho quegli incubi!
Sono cominciati esattamente a nove anni... sono i ricordi della mia vita passata! Io sono lei.

Mi torna alla mente il racconto di David: suo padre era buono... erano una famiglia felice fino a che non ho iniziato a ricordare; finché non ho permesso, con i miei ricordi, a questo folle di occupare il suo corpo.

-Tutto quello che hai fatto è inutile! Io ti disprezzo, mi hai sentita?! Ti disprezzo e mai ti amerò, mai!- urlo con tutta la voce e l'odio che ho in corpo.

Lui si avvicina imperturbabile, accarezzandomi il viso e io sposto la sua mano come se scottasse.

-Ma tu già mi ami- sorride enigmatico.

-Ti sbagli. Io amo David, amo solo lui- ribatto con aria di sfida.

-David- ride di gusto -e chi credi che sia il tuo David, se non io?- scruta attento la mia reazione, mentre io sgrano gli occhi e scuoto la testa.

-Non è vero! Lui non ha niente a che fare con te!-

-Ma davvero? È come ti spieghi il fatto che abbia il mio aspetto? I miei ricordi? Lui e io siamo la stessa persona. L'amuleto ha diviso la mia anima, parte di questa è in David. Sono anni che cerco di ricongiungermi al mio corpo, ma lui mi respinge! Proprio come ha fatto poco fa in camera da letto!- spiega infuriato.

Ripenso ai nostri sogni, a quelli di David... Quando ero con lui, la maggior parte delle volte, sognavo la storia d'amore tra Frederick e Anita, il buono che c'era stato nel loro amore; invece quando ero sola avevo gli incubi.

-Ti sbagli! Lui è buono, nonostante tu l'abbia cresciuto nell'odio e nel disprezzo, lui non è come te- metto tutta la sicurezza che ho nella mia voce.

-Perché è la mia parte debole e patetica. Eppure mi faceva comodo che ti innamorassi di lui, quando sarei tornato nel mio corpo mi sarei risparmiato molta fatica. Ma la gelosia mi divorava! Non potevo guardarlo mentre ti stava vicino, per questo ho cercato di rapirti...-

Sussulto istantaneamente. È stato lui! Il rapimento era opera sua.

-Sei un mostro!- ansimo tra le lacrime; sono sicura che lui ha ucciso anche Elise...

-L'altro me stesso ha evitato il rapimento! Che ironia vero? L'unico che mi ostacola sono io stesso! Ho dovuto accettare la relazione che vi univa. Ero certo che non sareste andati oltre qualche bacio, perché ti conosco Anita- si avvicina minacciosamente a me, stringendo il mio collo. -Invece, piccola sgualdrina, ti sei concessa a lui! Hai lasciato che ti possedesse, che possedesse ciò che è mio di diritto!- sibila. Ha gli occhi iniettati di sangue, non ho mai visto tanta rabbia e violenza scaturire da un'unica persona.

Quanto è labile il confine tra amore e pazzia.

-Io sono soltanto sua- riesco a dire, nonostante la stretta al mio collo, guardandolo nuovamente con aria di sfida. Eppure la mancanza d'aria mi opprime.

Uccidimi, penso, mentre continuo a guardarlo compiaciuta. Non mi avrai mai, uccidimi.

Ma lui toglie le mani dal mio collo, permettendomi di respirare.

-Non ti ucciderò, non dopo tutto ciò che ho fatto per averti. Resterai qui finché non riavrò il mio corpo, non posso ucciderlo per averti toccata, perché ucciderei me stesso... La mia soddisfazione più grande, sarà che proprio tu mi aiuterai a riunirmi alla mia anima!- mi guarda perfidamente.

-Puoi scordartelo!-

Ride di nuovo. Sta cominciando a darmi sui nervi...

-Lo stai già facendo, amore mio, più tu ricordi della tua vita passata, più io sarò forte. Quando avrai ricordato tutto, potrò tornare definitivamente- poi si guarda intorno.

Sorride malignamente, prima di avvicinarsi al letto e prendere la mia borsa che avevo nascosto.
Scava al suo interno, prendendo il cellulare; Corro verso di lui, ma prima che io possa raggiungerlo lo getta sul pavimento, schiacciandolo con un piede.

-No!-

-Non cercare di fuggire, non ti permetterò di abbandonarmi, Anita. Ho i miei mezzi per convincerti a fare ciò che voglio, dovresti saperlo. Quando tornerò nel mio corpo, avrò modo di punirti per ciò che hai fatto, poi vivremo felici per sempre. Per ora devo solo cercare di resisterti- continua a scavare nella mia borsa, prendendo il libro.

-Questo puoi tenerlo- lo guarda con sufficienza, gettandolo sul letto -ti aiuterà a ricordare. Ora devo andare o sospetteranno di me, torno presto - si avvicina e io indietreggio spaventata.

Prende il mio viso tra le mani, bloccandolo e mi bacia. Le sue labbra sono acido sulle mie, mi danno il voltastomaco. Lo respingo disgustata.

-Imparerai ad amarmi di nuovo- sussurra, lasciando il mio viso e uscendo dalla camera.

Io resto lì, in ginocchio, guardando i pezzi del mio cellulare e crollando nella disperazione.

Anita o meglio io, ero una Custode. Come ho potuto togliermi la vita? Ho violato la legge per cui sono nata: l'amuleto prima della vita stessa.
Ho permesso a questo pazzo di appropriarsene e usarne il potere. Se è davvero questa che sono, la mia persona, così debole ed egoista, mi disgusta.
Avrei preferito essere morta, piuttosto che scoprire tutto questo: gli errori si pagano e sono certa che adesso io sconterò i miei fino all'ultimo.

Non riesco a non pensare a ciò che ha detto.

"Chi credi che sia David?"

Le coincidenze sono troppe per credere che quelle rivelazioni siano infondate: lui è Frederick, ora lo so; per quanto io abbia voluto ignorare la realtà e crogiolarmi in una verità più comoda, adesso devo farci i conti.
Nonostante tutto, sono pienamente convinta che David non è così; mai avrebbe alzato un dito su di me, mai mi avrebbe fatto del male. Anche se nel suo corpo c'è l'anima di Frederick, probabilmente ne è la parte migliore, quella che ha arginato la follia... quella di cui, mio malgrado, mi sono innamorata.

Ricordo i sogni: la sua gentilezza, la passione, il carisma, l'amore che Anita provava per lui... nemmeno adesso che conosco la verità posso rinunciare a David. Posso ancora sentire il suo calore circondarmi, il suo amore invadermi. Sono sempre più convinta della mia scelta, quella a cui sono arrivata mentre ancora ero tra le sue braccia: mai potrei stare lontana da lui e se devo scegliere la dannazione, sceglierò questa e ne subirò le conseguenze.

****

Sono ancora qui, in ginocchio, persa nei miei pensieri a fissare quel cellulare ormai distrutto, la mia unica fonte di salvezza andata in fumo. Poi, come se una luce avesse rischiarato i miei pensieri, ricordo un particolare...
Prima di andare da David, quando ancora ero in camera mia: ricordo i due cellulari sulla scrivania... i miei pensieri tristi e la voglia di ricordare mia madre nei piccoli gesti.
Quella fissa assurda di mia madre "porta sempre con te due cellulari, così se ne perdi uno, saprò sempre come trovarti".

Non ho il coraggio di sfiorare la tasca posteriore dei miei jeans...

Non farti troppe illusioni, mi ripeto, potrebbe essere caduto, potresti averlo preso mentre eri incosciente.
Tuttavia lui è un folle e le azioni di un folle, spesso sono annebbiate dalle emozioni; potrebbe averlo tralasciato, credendo che i miei unici averi fossero in quella borsa.
Chiudo gli occhi, pregando silenziosamente affinché sia così.

Quando, preso coraggio, faccio scivolare la mia mano nella tasca, la superficie dura del cellulare mi fa balzare il cuore in gola e mi dà un sollievo mai provato.
Credo che mia mia madre, con i suoi consigli e ovunque sia, mi abbia appena salvato la vita.

Chi chiamo? Jess? Aiden? Frederick non gli permetterebbe nemmeno di entrare e se anche ci riuscissero, sarebbero in pericolo.

C'è una sola persona a cui affiderei la mia stessa vita, nonostante tutto ciò che ho scoperto: David.
Quando lo schermo si illumina, una brutta sorpresa mi attende: è quasi del tutto scarico. Non avrò tempo di spiegargli ogni cosa in una chiamata, sarà preoccupato, agitato, devo provare con un messaggio che sia breve e conciso, nel minor tempo possibile.
Guardo le porte dello studio, devo sbrigarmi, se lui tornasse ora sarei rovinata.

"Nello studio, dietro allo specchio. È stato tuo padre" questa è l'unica cosa che scrivo e con dita tremanti premo il tasto invia. Vedo la barra caricarsi e inviare, poi il telefono si spegne.

-No!- urlo.

Cerco di riaccenderlo ma nulla, prego con tutta me stessa che si sia inviato o sarò perduta. Lo nascondo di nuovo nella mia tasca e continuo a pregare che David lo riceva. Poi sobbalzo, perché  le porte dello studio iniziano ad aprirsi e la speranza mi invade. Fa che sia lui, fa che sia venuto a salvarmi da questa situazione.

Un'amara delusione mi coglie quando vedo il padre di David rientrare nello studio. La sua sola presenza mi terrorizza: è come se rivivessi i miei incubi ogni volta che si avvicina.

Apre la porta a specchio ed entra.

-Ti ho portato del cibo, amore mio- avvicina il vassoio a me.

-Non voglio nulla da te, ti ho già detto che ti disprezzo- ribatto acida.

-Smettila!- si avvicina minacciosamente, mentre io di istinto mi copro il viso, preparandomi a un altro schiaffo.

Lui si blocca, guardandomi. -Non avere paura di me, Anita, io ti amo. Perché dopo tutto questo tempo non lo accetti?-
C'è un dolore profondo nella sua voce.

-Forse perché non voglio il tuo amore!- le mie parole lo colpiscono come un pugno, lo vedo.

Quando sto per distogliere lo sguardo da lui, noto la porta dello studio aprirsi piano: David è nascosto dietro questa; Frederick sta per girarsi e non appena guarderà il vetro si accorgerà di lui! Devo fare qualcosa.

-Frederick! Aspetta- lo fermo per un braccio e lo faccio girare di nuovo verso di me.

-Come mi hai chiamato?- chiede sorpreso.

-Ti ho chiamato Frederick. Questo è il tuo nome- il mio tono è sicuro, non distolgo lo sguardo dai suoi occhi.

-Perdonami, non volevo dire quelle cose. Ti ho ferito, l'ho appena visto nei tuoi occhi e mi dispiace- cerco di mantenere un tono di voce dolce.

Il suo sguardo si illumina e prende il mio viso tra le mani, sorridendo. -Ti stai scusando con me? Allora tieni ai miei sentimenti- la sua voce è speranzosa.

Sfioro il suo viso con le mani, accarezzandolo dolcemente. Non riesco a non sentirmi imbarazzata e stranita: sto accarezzando il padre di David.

-Sai che non condivido ciò che hai fatto- sospiro. Cerco sempre di tenerlo girato verso di me, per evitare che veda David aggirarsi nello studio.

-Lo so. Sei troppo buona, amore mio- aggiunge.

-Ma non posso negare che grazie a te siamo di nuovo insieme...-

-Ti stai prendendo gioco di me?!- indurisce all'improvviso la sua espressione, allontanandosi bruscamente.
Il mio cuore si ferma. Prendo di nuovo il suo braccio, impedendogli di girarsi.

-Come puoi pensare questo?! Ti sto confessando ciò che provo, come puoi dubitarne?- Fingo di essere ferita.

Lui abbassa il viso e io colgo l'occasione per guardare David, che sta prendendo una sedia e si sta avvicinando minacciosamente allo specchio.

Vuole distruggerlo, ma quando si avvicinerà a Frederick l'amuleto lo respingerà... Devo toglierglielo, prima che David infranga lo specchio.

Avvicino le mani al petto di Frederick: ciò che sto per fare mi dà il voltastomaco.

Stringo il colletto della sua camicia e lo avvicino bruscamente a me, baciandolo.
Inizialmente sento che trattiene il fiato, spiazzato; poi risponde al bacio con passione e desiderio.
Baciare Frederick è come cadere in un baratro oscuro e senza via d'uscita: è angosciante, orribile, è come se soffocassi tra le tenebre.

Devo continuare, prima che David rompa il vetro, mi ripeto.

Lo tiro a me, camminando all'indietro verso il letto; mi distendo, spingendo lui a fare lo stesso su di me, senza interrompere il bacio. Sento un ricordo oscuro e terribile farsi spazio nella mia mente. Non posso.
Un terrore assoluto mi mozza il respiro, non posso, ripetono quasi automaticamente i miei pensieri; c'è qualcosa che mi sta scuotendo da dentro, vorrei spingerlo via e ho la nausea.

-Angelo mio, ti ho desiderata così tanto- dice, facendo scivolare le sue mani sul mio corpo.

Preferirei morire piuttosto che sentire quelle mani su di me, il suo tocco mi disgusta.

L'amuleto, penso, devo prendere l'amuleto.

Inizio a sbottonare la sua camicia con mani tramanti: la sensazione di dover fuggire, la nausea che provo, non mi abbandonano.
Getta la camicia sul pavimento, iniziando a baciarmi il collo e imprigionandomi con il suo corpo.

Sento il freddo amuleto premere sul mio petto. Non farti sopraffare da tutto questo, mi ripeto, sono abbastanza forte da affrontarlo.
È il momento: guardo David alzare la sedia pronto a infrangere il vetro, mentre Frederick continua a baciarmi con passione e io annego sempre di più nell'oscurità della sua anima.
Le sue mani indugiano su di me, stringendomi, accarezzandomi, scivolando lentamente sotto la mia camicia. Non resisterò a lungo, il panico sta per impadronirsi di me.

Faccio scivolare le mani sul suo petto e non smettendo di baciarlo, finché arrivata all'amuleto, avvolgo la mia mano intorno ad esso, con la massima delicatezza.

Nello stesso istante in cui io strappo la catenina con forza, David getta la sedia nello specchio con una violenza incredibile.

Frederick sbarra gli occhi sorpreso dal mio gesto e dal rumore assordante della porta che va in frantumi.
Tutto è successo nel giro di un secondo, prima che possa riprendersi dalla sorpresa, con un calcio che mi è stato utile anche durante l'aggressione di quegli uomini, riesco a scrollarmelo di dosso. Mi allontano disgustata da lui e allaccio il ciondolo al mio collo affinché mi difenda.

Quando l'amuleto torna al suo posto, perché ora so che questo è il suo posto, un calore mai provato mi invade: la pietra si illumina di una luce accecante.

Una sensazione di completezza mi toglie il respiro: è come se per tutta la vita mi fosse mancato un arto, non me n'ero mai resa conto... mi sento come se mi avessero restituito una parte di me e soprattutto sento il suo potere attraversare il mio corpo.

-No!- Frederick urla furioso, alzandosi e correndo verso di me.
Prima che possa avvicinarsi, David che era rimasto a bocca aperta dinanzi a quella camera nascosta, balza su di lui e lo scaraventa all'esterno.

Iniziano a lottare, prima David sovrastava il corpo di Frederick prendendolo a pugni, ma ora Frederick con uno scatto è riuscito a ribaltare la situazione e lui  non può far altro, se non subire.

Sento quegli orribili colpi e l'angoscia mi invade.

-David!- lo chiamo disperata.

-Cosa volevi fare, moccioso? Credevi che bastassero due pugni da femminuccia per fermarmi?- Frederick continua a infierire su di lui.
Sento le lacrime scivolarmi sul viso. Ormai David è inerte.

Si alza e il suo viso è ricoperto di sangue. Inizia a camminare verso di me, non ho mai avuto tanta paura in vita mia. Indietreggio terrorizzata.

Poi vedo David rialzarsi, barcollando. Mi fa segno di stare in silenzio. Prende un vecchio tagliacarte dalla scrivania e lentamente si avvicina alle spalle di Frederick.

Lui invece alza un braccio per colpirmi, il ciondolo sta già per illuminarsi ma prima che questo succeda, David affonda il tagliacarte appuntito nel suo corpo.

Vedo numerose emozioni attraversagli il viso: sorpresa, dolore, rabbia; poi guarda i miei occhi e incredibilmente vedo l'amore che prova per me, il suo folle amore che ci ha rovinati.

Cade di peso sul pavimento, mentre vedo David osservare le sue mani macchiate di sangue e il corpo di suo padre ai nostri piedi. Perché quello per David è suo padre, e lui l'ha appena ferito gravemente.

Un'ombra oscura attraversa gli occhi di Albert Van Dalen, ormai in fin di vita. Quando riporta il suo sguardo su di noi, so che Frederick non c'è più e il sollievo mi invade.

-F... figlio mio- sussurra, rivolgendosi a David.

Lui si irrigidisce, guardandolo freddamente. Mi avvicino e prendo il suo viso tra le mani.

-Quest'uomo è tuo padre. Quello che giocava con te da bambino, quello che baciava tua madre con passione... Frederick non c'è più, va da lui David o te ne pentirai- lascio un delicato bacio sulle sue labbra, mentre guardo quegli occhi di ghiaccio sciogliersi incredibilmente tra le lacrime.

Si inginocchia accanito a lui e io guardo la scena in disparte, non potendo fare meno di sentirmi in colpa. Quanto vorrei fare mio il dolore che David sta provando.

-M... mi dispiace tanto. Incredibile, sei un uomo adesso- Albert è fiero e orgoglioso. È lo sguardo di un padre che guarda suo figlio e forse lo vede per la prima volta.

-I... io ho cercato di respingerlo ma non ce l'ho fatta. Vi ho sempre amati, tu, tua madre, siete la mia unica ragione di vita- inizia a respirare con fatica.

David non dice nulla, si limita soltanto a fare un cenno d'assenso e ad abbassare lo sguardo. So che non è in grado di cancellare in un baleno questi anni di dolore, ma spero che almeno ci proverà...

-A... Amy- mi chiama Albert sorprendendomi e mi avvicino a lui incerta.

-P... perdonami...- biascica.

-Non è colpa sua, signor Van Dalen, sono io che devo chiedere il suo perdono. Sono stati i miei ricordi... le hanno rovinato la vita- dico singhiozzando.

-N... no bambina, sei una brava ragazza. R... rendi felice mio figlio. Devi sapere una cosa prima che io...-

Lo interrompo -la prego non si affatichi, chiameremo i soccorsi.-

David guarda prima suo padre immobile, poi scuote leggermente la testa, dedicandomi uno sguardo significativo. Sa che non ce la farà.

-T... tua madre, Elise, nelle cantine...- riesce a dire, prima che la morte lo avvolga nel suo gelido manto.

Quelle parole mi fanno sobbalzare.
Mia madre?! Sento le orecchie fischiarmi e la speranza scorrere dentro di me... Resto immobile, paralizzata, cercando di mettere a fuoco la sua frase, cercando di darle un significato.

Ripenso alle parole di Frederick...
"Ho i miei mezzi per convincerti ad amarmi"

Non può essere.

David è ancora immobile e ha lo sguardo fisso sul corpo di Albert ai nostri piedi. So cosa sta provando, conosco le sensazioni che in questo momento lo stanno facendo annegare: il bruciore della perdita, quel bruciore che ti toglie il respiro e ti strappa via ogni speranza.

Non riesco a togliermi dalla testa le sue ultime parole, non voglio che la speranza ritorni da me, per poi lasciarmi di nuovo.

-David...- mi avvicino a lui e poggio una mano sulla sua spalla.

Lui alza lo sguardo e lo punta nel mio, poi si alza e si pone di fronte a me.

-Sto bene- mente -adesso andiamo a vedere se diceva la verità- mi prende per mano e mi trascina fuori dallo studio, prima che io possa dire qualcosa.

Ci dirigiamo spediti verso le cucine e cerco con tutte le mie forze di non pensare alla possibilità che lei sia davvero lì. Non posso illudermi e perderla di nuovo.
Le cucine sono grandi e per adesso sono vuote, essendo ancora mattino presto.
David apre una piccola porta e scende delle scale, invitandomi a fare lo stesso. La luce fioca di una lampadina illumina le scure cantine, occupate da scaffali e scaffali di vini pregiati.

Mi guardo intorno ma di mia madre non c'è traccia. Cerco di soffocare il dolore e la delusione, poi lo vedo spostare gli enormi scaffali e decido di aiutarlo. Quando ormai sto per perdere tutte le speranze e la fatica inizia a farsi sentire, dietro uno di questi sbuca una porta blindata.

Cerchiamo una chiave in tutta la cantina ma non c'è nulla. Nonostante ciò che sta provando, David non si dà per vinto, tenta di sfondarla a spallate, con qualsiasi cosa si trova davanti, ma la porta non si muove di un millimetro.

Disperata inizio a prenderla a calci. -Apriti maledizione!!-

Un fascio di luce rossa si sprigiona dal ciondolo che porto al collo e colpisce la porta, con una violenza tale da scardinarla.
Sgraniamo gli occhi a bocca aperta. So che non dovrei sfruttare il potere dell'amuleto ma è stato del tutto involontario. Quando la polvere inizia a dissiparsi, prendo coraggio e guardo al suo interno: inginocchiata, in un angolo sul pavimento, c'è Elise Davies, mia madre.

Ha i capelli spettinati e arruffati, i profondi occhi castani sono spenti e terrorizzati ma è lei.
Resto lì incredula, non riesco a pronunciare una sillaba; non ho aria nei polmoni, non ho le forze di muovermi, ho il terrore che se facessi solo un passo, lei scomparirebbe... ho paura che sia tutto un sogno.
Quando però si alza e avanza barcollando verso di me, sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e la gioia, una pura gioia invadermi.

Perché lei è di fronte a me e finalmente riesco a respirare, il peso della disperazione che provavo si è dissolto nel nulla.

Corro verso la mamma in uno scatto e la stringo a me con tutte le mie forze. Anche lei sta piangendo, le nostre lacrime ci bagnano il viso; il suo profumo, quello che mi fa compagnia da sempre, che mi consola, che mi dà sicurezza, è di nuovo qui.

-Bambina mia, mi hai trovata- sussurra al mio orecchio, tra le lacrime.

Non riesco a risponderle, riesco solo a pronunciare una singola parola, continuamente e meccanicamente, mentre mi stringo a lei come una bambina.

-Mamma! Mamma! Mamma!- e mi sembra la parola più bella del mondo.

 

**Spazio Autrice**
Il Capitolo successivo è l'epilogo della storia <3

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Capitolo 43
*** EPILOGO ***


EPILOGO

 

È una giornata di sole meravigliosa: è come se anche il tempo volesse festeggiare con noi la serenità ritrovata.

Siamo tutti nel giardino della tenuta Deveraux e sono passati soltanto due giorni da quel terribile momento, ma sembra passato un anno.

Dopo aver ritrovato mia madre non mi sono staccata più da lei, nemmeno per un secondo. Non ho permesso neppure ai membri della Sicurezza di separarci per gli interrogatori...

Quando Jess e Aiden l'hanno rivista, la gioia nei loro occhi era talmente tanta che mi ha scaldato il cuore e gli ennesimi fiumi di lacrime sono scivolati sui nostri volti, ma stavolta si trattava di lacrime di gioia...
Abbiamo dovuto inventare una storia credibile per la Sicurezza, dando la colpa ad Albert Van Dalen di tutto e utilizzando come scusa il fatto che si fosse invaghito di me; anche se mi è dispiaciuto immensamente infangare la sua memoria, non abbiamo avuto altra scelta.

David soffre ma non lo da a vedere, ha preferito stare solo negli ultimi due giorni e quando ci vediamo maschera tutto con l'ironia come sempre. Per questo abbiamo deciso di organizzare una giornata all'aperto, festeggiando così il ritorno di mia madre, per distrarlo e fargli vivere un po' di tranquillità prima del funerale del padre.

Guardo la mamma scherzare con Jess e la signora Bright, Aiden e David battibeccare come sempre, addirittura Agata, Sue e Matt, chiacchierano tranquilli sul prato, nonostante la presenza di David.

-Amy- mi chiama Nora, interrompendo i miei pensieri.

-Sì?- chiedo incuriosita.

-C'è un uomo al telefono, ha chiesto espressamente di te- mi informa.

Così la seguo all'interno della tenuta e prendo il telefono dello studio, continuando a osservare gli altri dalle finestre.

-Sono Amy, con chi parlo?-

-Sono Dmitrij Kireyev, dal Secondo Stato, Custode del secondo Tramite. È un piacere fare la sua conoscenza, Custode Deveraux.-

È una voce maschile, dura e professionale. Sono sorpresa da queste parole e senza pensarci, stringo l'amuleto nelle mie mani.

-I... io non capisco...- aggrotto le sopracciglia confusa.

-Non si preoccupi. Avremo modo di conoscerci e le verrà spiegato tutto, l'importante è che io so chi è lei, Anita. Abbiamo percepito che il Tramite è finalmente tornato al suo posto. Mia figlia Yulya verrà presto a farle visita e spiegarle i suoi compiti, nel frattempo confidiamo che lei svolga al meglio il suo ruolo e custodisca ciò che mai avrebbe dovuto abbandonare. A presto, Custode Deveraux.-

Non posso fare a meno di notare un certo rimprovero nel suo tono. Prima che io possa rispondere qualsiasi cosa riattacca, lasciandomi piena di domande.

C'è ancora così tanto da scoprire su tutto questo... Cosa fanno questi Tramiti esattamente?
So che il potere che scaturisce dal mio amuleto è spaventoso. Lo sento scorrere nelle mie vene e resistergli è molto difficile. Ho così tanti dubbi...
Chi ha ucciso Corinne? Perché Frederick è impazzito? Dovrei dire a David che in realtà lui stesso è una parte di Frederick?

L'angoscia sta per prendere il sopravvento, tuttavia quando guardo fuori e vedo le persone che amo e i miei nuovi amici, tutte le paure si dissipano, lasciando il posto alla gioia per la serenità ritrovata. Questo non è il momento di pensare alle cose brutte...

Non appena ritorno all'esterno, due braccia mi cingono, abbracciandomi da dietro.
Il suo profumo e il suo calore mi avvolgono, togliendomi il fiato e facendomi sentire a casa come sempre.

-Problemi?- domanda preoccupato al mio orecchio.

-Finché mi stringerai tra le tue braccia in questo modo, David Van Dalen, non credo che nella mia vita ci saranno mai problemi- sospiro, stringendomi a lui che mi spinge a sedermi sul prato, senza staccarsi da me.

-Oh, formaggino, ti avevo detto che non avresti più potuto fare a meno di me- sorride maliziosamente, sfiorandomi la spalla con le labbra e dandomi i brividi.

-Vanesio!- esclamo ridendo.

-Che ne diresti di allontanarci con una scusa e continuare il discorso che abbiamo lasciato in sospeso, prima del trambusto?- chiede con voce bassa e seducente, facendo accelerare i battiti del mio cuore e facendomi colorire le guance di un rosso acceso.

-Sei un demonio tentatore!- ribatto, fintamente indignata, facendolo ridere di gusto.

Mi guardo intorno felice. -Aspetta, voglio godermi questo momento. In fondo adesso abbiamo così tanto tempo...- sussurro.

Chiudo gli occhi, affondando il viso nell'incavo del suo collo, respirando il suo profumo ammaliante, finalmente felice, finalmente libera dal passato.

Mi sono chiesta spesso se ne è valsa la pena essere venuta in questo posto, aver lottato per la verità, lottare contro tutto e tutti, per un amore maledetto.

Più sono qui con lui e ripenso a tutto ciò che ho perso e che ho trovato, più arrivo ad un'unica conclusione: ne è valsa assolutamente la pena.

David sorride e mi stringe a sé ancora più forte, come tante volte Frederick nei miei sogni ha fatto con Anita, o meglio, come lui ha fatto con me, nella nostra vita passata.
Restiamo qui sotto il sole caldo ancora un po', circondati dall'affetto dei nostri cari, mentre passato e presente si mescolano in un vortice travolgente, spingendoci inesorabilmente verso il nostro Destino.


 

FINE.

 

 
Ringraziamenti&Sequel

Ciao a tutti!

Devo ammetterlo, scrivere la parola fine mi ha commossa! Ho creato questo spazio in più, perché sentivo di dovervi ringraziare. Devo ringraziare ognuno di voi dal profondo, per avermi accompagnata in questo viaggio meraviglioso. Grazie a voi che con me avete riso, pianto, gioito e siete stati col fiato sospeso, seguendo le avventure di Amy e dei suoi amici.
Grazie per avermi permesso di condurvi nel mio mondo, nella mia fantasia. Spero con tutto il cuore di essere riuscita raggiungere lo scopo per cui ho iniziato a scrivere: trasmettere emozioni.
Inizialmente la scrittura era solo una valvola di sfogo personale, ma col tempo mi sono resa conto di quanto sia gratificante e bello, poter condividere con altri la propria fantasia.
Non vi ringrazierò mai abbastanza per i complimenti, i consigli e le critiche, mi hanno aiutata e ancora mi aiuteranno a crescere e migliorarmi. Grazie a voi sono riuscita a superare un po' della mia timidezza e assoluta insicurezza.
JosephineC❤️❤️

INFO SEQUEL

Come ho già avuto modo di anticiparvi, la mia storia ha un sequel, i protagonisti sono gli stessi con l'aggiunta di nuovi personaggi. Si intitola:

Il Disegno del Destino.

la trovate nel mio profilo, per ulteriori info o aggiornamenti potete seguire il mio profilo instagram: JosephineStories
A presto!<3



 

Approfondimento.

Questa foto rappresenta ciò che resta del mondo ( i territori cerchiati di rosso) i tre stati

Questa foto rappresenta ciò che resta del mondo ( i territori cerchiati di rosso) i tre stati. Come avrete notato alcuni nomi mantengono la loro origine (es Deveraux è un cognome francese) fondamentalmente però non c'è più una lingua d'origine o una cultura specifica. Il resto dei territori (quelli non cerchiati) sono sostituiti dall'Oceano inquinato ed inaccessibile, stessa cosa per America, Africa ecc.
TERZO STATO: 6 città.
SECONDO STATO: il più grande ha 10 città
PRIMO STATO:  4 Città.

-Ogni città dei tre stati ha un rappresentante. I piccoli paesi e le isole, condividono il rappresentante con la città più vicina. Si viene eletti dopo essere stati votati dai cittadini, sulla base dei candidati disponibili. Tra i rappresentanti di ogni città viene eletto un rappresentante unico per ogni stato.
I rappresentanti dei tre stati prendono le decisioni più importanti riguardanti lo stato nella sua interezza, per le decisioni estremamente importanti vengono riuniti i rappresentanti dei tre stati e delle città in assemblea.

-Non c'è un corpo di polizia come noi lo intendiamo, bensì la Sicurezza dello stato.

-Coloro che non hanno un lavoro, sono chiamati senza impiego e vivono in estrema povertà, tanto che è possibile che diano i loro figli in adozione a persone con impiego che non hanno figli.

-È obbligatorio avere almeno un figlio o naturalmente o adottandolo, per garantire la crescita della popolazione, per questo è considerato un reato gravissimo abbandonare i propri bambini o se si ha un impiego darli in adozione, le adozioni sono limitate solo ai senza impiego.

-C'è  una lingua unica che si parla in tutti e tre gli Stati ma è diversa dalla nostra.

-Non c'è una religione specifica, non ci sono chiese ma palazzi di culto dove ogni religione viene praticata.

-Si bada a tutto ciò che può essere funzionale ed utile, non c'è arte, non ci sono monumenti. I giorni nostri sono studiati come passato e definiti Pre interruzione, tutto ciò che è successo dopo la Terza guerra post interruzione.

-C'è un alto tasso di inquinamento nelle acque oceaniche, i laghi non esistono i pochi rimasti sono sigillati (tranne quello di Albanuova ed ho spiegato perché) e le spiagge sono inaccessibili. Inoltre ci sono rigide regole per preservare l'acqua.

-Ogni città, paese ed isola ha un nome che inneggia alla rinascita.

-I farmaci sono distribuiti solo negli ospedali, quelli nelle farmacie sono pochi e costano molto.

-Vengono usati solo treni e navi niente aerei.

-Il primo stato è il più ricco e piccolo dei tre.

 

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