Fidati di me... ti prego!

di Mana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


La prima volta che vinco con una poesia che mi hanno anche pubblicato, e mi sono decisa a pubblicarla anche qui, spero vi piaccia
Note dell'autrice: revisionata e corretta, questa storia che ormai ha parecchie primavere alle spalle, essendo stata iniziata nel lontano 2006. Questa storia parla dell'amore tra due uomini, di cui uno temporaneamente minorenne. Non c'è nessuna base di verità in questa storia; il tutto è solo e semplicemente frutto della mia fantasia... ogni riferimento a cose o fatti realmente esistenti è puramente casuale. Non c'è pretesa di veridicità né di verosimiglianza, tutto è puramente e completamente fittizio. In ogni capitolo segnalerò il nome del personaggio il cui punto di vista dominerà il capitolo. Ho riunito le tre parti in tre macro capitoli, sistemando anche le recensioni. Vorrei ringraziare chi, nel corso degli anni, ha commentato la storia aiutandomi a continuarla o anche chi semplicemente è passato per una lettura.
 
Fidati di me... ti prego!

Prima parte
 
Capitolo 1
Un'estate interessante (Morgan)
Appunto. Uno luglio.
Quasi non ci credo di essere qui, solo, in spiaggia, tra la sabbia bollente e il sole che mi brucia la pelle. Per di più i capelli sciolti, fin troppo lunghi, mi fanno sentire il collo madido di sudore. Non mi sono portato neanche l'asciugamano, per quanto fa caldo oggi... però mi sto cuocendo! Ah, giusto, la crema solare... la cerco, ma non la trovo. Ma cavoli, non ce l'ho!
«Qualcosa non va?»
Mi giro, e che mi trovo davanti? Un tipo che avrà un po' più di vent'anni credo. Capelli castano chiaro, sorriso apparentemente dolce... si è seduto accanto a me, non troppo vicino, e mi osserva in attesa della mia risposta.
«No... ecco, io mi sono dimenticato la crema solare...»
Sorride ancora. Cavoli se è bello! Senza esitare infila la mano nella sua sacca, scrutando l'interno, cercando finché trova la sua crema.
«Ecco, tieni. Stai già diventando rosso sulle braccia e in faccia...» dice porgendomela.
«Grazie, io credo di averla dimenticata...»
Restiamo in silenzio per un po', intanto che mi spalmo la crema. È già un sollievo così, anche se ormai sono già cotto a puntino direi... sospiro e gliela rendo, ringraziandolo e sentendomi un po' a disagio.
«È un piacere. Io sono Alan, piacere. Tu come ti chiami?»
Cavoli, ha una bella voce. E poi mi sta parlando. Cioè, vuole fare conversazione?! Con uno come me?!
«Morgan, piacere...» sorrido come a stringergli la mano. «Quanti anni hai?»
«Beh... tu quanti me ne dai?»
«Direi, venti, venticinque...»
«Sì, venticinque. E tu?»
Improvvisamente mi sento un po' intimorito. O forse solo in imbarazzo, perché mi sento piccolo... effettivamente però lo sono.
«Quindici.»
«Ah...»; sembra un po' stupito. «Te ne davo un po' di più... do fastidio se resto qui? Sono solo oggi...»
Non riesco a immaginare minimamente come un tipo del genere possa essere solo.
«Anche io. Tu come mai... ?»
«Immagino sia perché cerco ogni giorno di conoscere gente nuova...» sorride. «Sai, in genere mi stanco di avere attorno sempre le stesse persone...»
«Beh... viaggi molto?»
Mi mette un po' agitazione pensare che sto parlando con un tipo tanto bello. Un po' più pensare che lui sta parlando a me, veramente. All'improvviso penso a mio padre e mi sento un po' in colpa, ma scaccio all'istante questa sensazione fastidiosa che mi spinge a grattarmi un po' la base del collo.
«Mh... non proprio, ma mi muovo. Diciamo che mi capita di cambiare abbastanza spesso posto a causa del mio lavoro... senti, ti dà fastidio se fumo?»
«No... prego...»
Sembra piuttosto vago... beh, se non vuole spiattellare tutti i fatti della sua vita al primo sconosciuto, lo capisco. Il fumo mi dà un po' fastidio, ma lui tiene la sigaretta dall'altra parte, con la mano destra... relativamente lontano da me. Mi sento affascinato a guardarlo mentre aspira il fumo lentamente... ma lo guardo di sfuggita, altrimenti che penserà?
«Tu come mai sei solo? L'altro giorno giurerei di averti visto in spiaggia dieci metri più in là con un paio di amici...» butta lì casualmente.
Cavoli, mi guardava?! Cioè... mi avrà notato, no? Mi sento il cuore che batte all'impazzata mentre lotto per rispondere normalmente, con calma. «Sì... ecco, loro si sono spostati un po' più in là in effetti, e io ho preferito restare più in qua invece... per loro va bene, tanto siamo comunque a dieci passi, e ci vediamo più tardi...»
Ad un tratto apre un po' di più gli occhi, e sembra ricordarsi di qualcosa. Spegne la sigaretta nella sabbia.
«Senti, io devo andare, mi sono ricordato di un impegno... però mi farebbe piacere qualche altra volta parlare con te qui in spiaggia...»
Non ha buttato la sigaretta nella sabbia, quando si è alzato; non l'ha fatto... non so perché non riesco a non pensare a questo particolare...
«Se sono solo? Cioè, voglio dire...»
Arrossisco pensando... proprio quello che sto pensando. Come mi vengono in mente certe cose?! Dannazione a me e a quando parlo senza pensare...
Ma lui non sembra farci caso; anzi, sorride.
«Sì, certo» mi risponde infatti tranquillissimo, poi abbassa la voce sporgendosi verso di me... «se sarai solo.»
Mi sorride un'ultima volta facendomi sentire ancora più in imbarazzo, poi mi saluta con un ultimo cenno della mano, e chissà perché noto che non ha anelli... poi si volta e sparisce.
Mi sento il cuore a mille e una strana sensazione nello stomaco. Cioè, forse mi sto montando la testa, ma sembrerebbe che quello mi abbia messo gli occhi addosso! Ha una voce così sensuale... da brividi. Sorrido come uno stupido, poi sospiro e mi ripeto che se voglio rivederlo devo solo convincere di nuovo i miei amici che io resto in quella zona... solo...
I miei genitori mi lasciano libero l'estate. Sanno che non potrei vivere rinchiuso anche quei pochi mesi di libertà che ho, e mi mandano con i miei amici, quelli che mi invitano al mare. Come spesso succede, sono venuto anche quest'anno qui con Mark e Claude, che sono cugini fra loro.
Mark è mio compagno di classe dalle medie, ci conosciamo abbastanza bene, anche se, detta sincera, non la definirei un'amicizia di quelle da affidare tutto all'altro... Claude è il cugino, mica lo conosco più di tanto. Abbiamo legato superficialmente durante le vacanze, come fanno due ragazzi della nostra età, due ragazzi normali.
Qui ritorna sempre mio padre, ma non mi va di pensarci, quindi scaccio il pensiero con un'alzata di spalle. Questo è il momento di godersi le vacanze, che neanche sono iniziate e già si fanno interessanti...
La sera trascorre tranquilla, mangiamo tutti e tre leggero, il padre di Mark è fuori da qualche parte con la moglie. Non si preoccupa a lasciarci, lo sa che non gli sfasciamo la casa! Dopo cena usciamo un po' sul lungomare, nello stesso tempo cercando qualche locale carino. Mark e Claude ne adocchiano subito uno, e mi chiedono se mi va di entrare.
«Ragazzi, io farei un po' ancora un giro sul lungomare, se permettete.»
«Dai, Morgan, se resti dobbiamo stare con te...»
«Perché? Dai tu piuttosto, entrate! So badare a me stesso, non preoccupatevi... vado a farmi un gelato più in là e torno qui a riprendervi!»
«Ma sicuro? Anche oggi, in spiaggia, mi sono sentito un po'... non so, a disagio a lasciarti solo. In fondo sei ospite...»
«Mark, non farti problemi per me okay? A me è rimasta un po' di fame perché stasera non abbiamo mangiato poi tanto...»
«Okay, ma hai insistito tu... vieni presto, mi raccomando. E non rimpinzarti troppo se no ingrassi!»
Ride un po', poi sparisce col cugino nel locale. Ovviamente scherzava, non fa che ripetermi quanto io sia troppo magro. Mi guardo un po', ma sentendomi imbecille comincio a ridere mentre mi avvio per il lungomare.
Come ho annunciato ai miei, chiamiamoli compagni, faccio un giro verso i bar, indeciso tra frittura e gelato. Sono ancora fermo e indeciso quando sento una voce vagamente familiare dietro di me, e oserei aggiungere, leggermente sensuale...
«Posso offrirti qualcosa?»
Mi giro. Sorriso. Eccolo lì, Alan. Bello, bellissimo, forse interessato a me... e terribilmente più vecchio di me di dieci anni. Cioè, non lo definirei mica vecchio. Solo, più grande. Cazzo, me e le mie seghe mentali.
«Ecco, non so...»
Alza un sopracciglio, mentre sorride per metà.
«Non sai?!»
«Cioè...» mi affretto a rispondere un po' nervoso, «cioè... io non avevo ancora deciso... ma penso che prenderò qualcosa di fritto. Ho voglia di qualcosa di caldo.»
«Bene, e posso offrirtelo, vero?»
E figuriamoci. Neanche mi fa rispondere che già me lo sta comprando. Balbetto qualcosa che dovrebbe essere un grazie senza riuscire a guardarlo, poi mi fa segno e usciamo fuori, sedendoci sul lungomare a mangiare. Stranamente mentre mangiamo non parliamo; sono contento. Finiamo quasi in contemporanea, buttando poi i fazzoletti nella spazzatura più vicina. Seguendolo, un po' incerto, mi siedo di nuovo accanto a lui.
«Mi tieni compagnia ancora un po'?» chiede con quella voce bassa e sensuale.
Cerco di non agitarmi.
«Sì, mi pare il minimo... grazie.»
«Macché, dai. Se ti dà fastidio la mia compagnia, non mi va che stai qui, anche se ti ho offerto lo spuntino.»
Mi chiedo come faccia ad essere così spontaneo e diretto.
«No, ecco, mi fa piacere...» rispondo senza guardarlo. In realtà mi sento un idiota, ma allo stesso tempo sono contento. «È solo che ho detto ai miei amici che li avrei raggiunti e non vorrei farli preoccupare...»
«Okay, allora ci si becca.»
Si alza e sorride, facendo per andarsene.
«Domani?»
Maledetta mancanza di buon senso che mi ritrovo. Ma mi sento il sangue che pulsa incredibilmente dentro, e non voglio perdere tempo a imbarazzarmi.
Mi pare di averlo stupito, ma è solo un attimo. Poi sorride, di nuovo, con quel suo bel sorriso, devo dire.
«Certo, in spiaggia.»
Poi si volta e riprende la sua strada.
Non mi ero mai svegliato tanto presto d'estate. Eppure alle otto in punto sono già in spiaggia, nella speranza che anche Alan sia mattiniero. Ma di lui neanche l'ombra per ora. In effetti, non so praticamente niente di lui. Ieri quando sono tornato da Mark e Claude mi hanno chiesto se fosse successo qualcosa.
«Ho mangiato qualcosa.» ho detto io.
Però mi hanno guardato strano, perché sorridevo.
«Tu non ce la racconti giusta!» ha affermato sicuro Mark, sghignazzando un po' con Claude.
Ma poi per fortuna hanno lasciato cadere l'argomento.
Possibile che Alan mi piaccia già così tanto? Eppure cosa so di lui? Vediamo un po'... alto, capelli castano chiaro, occhi castani, magro ma non troppo, diciamo in forma. Fisicamente. Invece per il resto... sorriso carino, Alan di nome, okay, gli piace conoscere nuova gente, è gentile, fuma... forse viaggia, non saprei. Probabilmente. Un lavoro per cui si viaggia? Non ne ho idea... sono così concentrato su questi pensieri che non mi accorgo di un'ombra accanto a me.
«Ciao.»
Sussulto per la sorpresa.
«Cavoli, m'hai spaventato!»
«Oh... scusa, eh! A che pensavi tutto così assorto?»
Finalmente mi permetto di guardarlo meglio, con un piccolo broncio da finto offeso che lo fa sorridere ancora di più. È veramente stupendo. Cioè, ancora una volta mi chiedo che cosa possa mai volere. Cioè, se veramente ci sta provando con me oppure sta solo giocando, così, tanto per vedere se abbocco, e poi magari mi prende in giro. Abbasso il viso, passandomi le braccia ai lati delle ginocchia. Guardo il mare e respiro profondamente, assottigliando un po' gli occhi per la placida sensazione di calore che sento.
«Tutto ok?» Il suo tono è calmo, un filino sospettoso forse. «Hai la crema oggi?»
«No...»
Mi sento un po' deluso pensando che potrebbe essere venuto solo per portarmi la crema. E magari mi ha offerto quel calzone ieri solo come gesto amichevole, magari prendendomi come un amico o peggio come un figlio... anche se è troppo giovane per essermi padre. È anche un po' troppo lontano dalla mia età per essere mio fratello, mi dico...
«Sembri pensieroso oggi. Che hai in mente? Vuoi la crema... ?»
Sembra sinceramente interessato.
Respiro ancora profondamente. Quasi un sospiro, quasi.
«No, niente di particolare... ma se devo essere sincero... okay, la crema...»
Prendo la crema, mettendomela come ieri. Sembra una specie di rito, perché è già successo ieri. Lui arriva come se niente fosse, mi dà la sua crema... dannazione, perché penso sempre a queste cose nei momenti meno opportuni? Sono il solito maniaco, e devo essere pure arrossito, perché lo sento sorridere anche senza guardarlo.
«Sei un po' timido, vero?»
«Sì.»
Mi sento un idiota.
«Ma se devo essere sincero... poi non mi hai detto... cioè, non hai continuato...» dice fingendo disinteresse...
«Davvero, niente.» replico io seccamente.
Mi sento un po' disturbato dalla situazione. E non so neanche io il perché. E questo non mi piace. E Alan sembra quasi percepire il mio disagio, perché non sorride più come prima.
«Senti, se vuoi star solo... non voglio mica disturbarti.»
«No, nessun disturbo.» dico cercando di mantenermi calmo, mentre sono in realtà terribilmente teso. «Solo, mi imbarazza un po' questa cosa, ecco.»
«Cioè, io?»
Ora sembra più tranquillo anche lui. Meglio, però se ritorna a sorridere mi si aggroviglieranno di nuovo le budella, sul serio...
«Ecco sì.» Evito accuratamente di guardarlo. «Cioè, non so che dire...»
Sembra molto serio, ora che lo guardo.
«Okay, allora se vuoi sarò chiaro e sincero, così dopo decidi un po' tu cosa fare.»
Sono un po' combattuto dentro di me. Così gli toglierei un po' di mistero? Però vorrei sapere se davvero gli interesso. Ma non sono tanto sicuro di cosa fare... quindi, che faccio? Alla fine alzo le spalle, e rispondo con un tono altrettanto serio, guardandolo negli occhi.
«Sì, dimmi.»
Alan se la prende comoda, si accende una sigaretta, poi fissa il mare e dopo un paio di boccate si gira verso di me.
«Okay. Pensavo di abbordarti per un paio di sere e divertirci insieme. Se proprio devo essere sincero mi ha attratto quel bellissimo orecchino che tieni all'orecchio sinistro, e mi piacciono i ragazzi con i capelli un po' lunghi. Ancora più sincero: ammetto che forse, se non avessi avuto quell'orecchino, non ti avrei neanche notato. Però quando ho sentito quanti anni hai, ho pensato di lasciar stare. Poi ti ho visto ieri sera e siccome eri proprio carino ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente e ti ho offerto quello spuntino.»
Prende un altro paio di boccate di fumo lentamente, e mi pare sia un po' teso, o forse è solo una mia impressione, che mi sento mortalmente immobile, con lo sguardo fisso su di lui.
«Ieri sera mi hai detto che non ti dispiaceva la mia compagnia, e mi sono detto che forse un pensierino ce lo potevo fare su di te. Niente di male, sia chiaro. Lo faccio solo se con gente che mi vuole allo stesso modo.»
Io sono ammutolito e per più di un minuto non so che dire, perché il suo sguardo mi mette una certa apprensione.
«Beh... per me va bene.»
È stupito di nuovo. Non so dove ho trovato il coraggio, ma mi sento la testa in fiamme, per non parlare del viso. Però più lo guardo più mi sento meglio, anche se euforico dentro di me. Lui è davvero troppo, troppo bello... tanto che quasi non mi accorgo di star trattenendo il respiro.
Sorride, è bellissimo.
«Sicuro? Se non l'hai mai fatto, magari preferirai qualcun altro, tipo qualcuno della tua età...»
Ma nonostante le parole sento una certa speranza dietro al suo tono. O sono io che mi immagino tutto?
«No, sono sicuro... quando ci vediamo?»
 
Capitolo 2
Una storia che non è proprio una storia (Morgan)
Apro gli occhi, svogliatamente. Non ho per niente voglia di alzarmi. Sono steso di lato, proprio nel modo in cui solitamente dormo. Ma sento subito qualcosa di diverso. Provo ad alzarmi con la testa che pulsa, e sento una fitta un po' più giù... cazzo, come ho fatto? Sono stato praticamente con uno che conosco da neanche due giorni... trattengo un gemito mentre sento parlare nella stanza accanto... striscio a terra fino all'uscio della porta facendo meno rumore possibile, cercando di sentire che si dice... 
«Tieni, te le ho portate. Quelle che mi hai chiesto. Sicuro di star bene?»
«Sì, certo, non ti preoccupare.» È Alan. «Sto magnificamente, quest'anno. Sono contento che sei qui, avevo voglia di vederti.»
«Davvero? Devi dirmi qualcosa?»
Chi è questo? Anche se non dovrei, mi sento a disagio a sentirlo parlare... 
«No, tranquillo, solo che fa piacere rivedere un amico ogni tanto... soprattutto se sei tu.»
Mi sembra di sentirlo sorridere da qui. Chiudo gli occhi e lo vedo, mentre sorride, alla luce del sole, in pieno giorno... butto uno sguardo al letto e vedo il disordine assoluto. Ma non sono affatto pentito... cioè, forse... 
«Chi hai di là? C'è qualcuno vero? So che questo è il tuo orario preferito per farlo...»
«Mh...»
Alan e quell'altro parlano di me?! Improvvisamente mi sento avvampare, e non certo per il caldo.
«Dai, almeno dimmi qualcosa. Ci sa fare?»
«No, è un principiante.»
Mi sento un po' la nausea a sentire queste parole. Anche se è vero.
«Davvero? Quanti anni ha?»
«Mh...»
Alan forse non sa cosa dire... 
«Dai Alan, dimmi...»
Ma perché cavolo insiste?! Non potrebbe farsi i fatti suoi, dico io?
«Quindici.» Ecco, gliel'ha detto... 
«Cosa?! Sei pazzo?!» Ha alzato un po' il tono, quello là... poi si controlla quando Alan gli fa notare che in effetti sono piuttosto vicino. Mi sento un brivido a pensare che potrebbero anche decidere di venir qui... «Alan, sei pazzo? Da quanto lo conosci? Non dirmi che ci stai insieme...»
Dovrei fare schifo solo perché ho quindici anni? Mi sento sempre più ostile verso quel tipo. Perché Alan ci parla? Poi sento che ha ripreso...
«Senti, lo conosco da ieri, a malapena so come si chiama. Era carino e consenziente, niente di più. Non è stato granché, prevedibilmente anche. Tra un po' lo sveglio e lo mando via. Non ho storie serie da più di tre anni, lo sai...»
Okay, mi sento di merda. Okay anche che non dovrei, però... ho sentito abbastanza. Mi trascino sul letto e mi stendo a pancia in giù. Mi sento un paio di lacrime, ma chi se ne importa. Chiudo gli occhi, e stranamente mi addormento. Subito.
---
A svegliarmi è una mano che lenta, quieta e tranquilla mi accarezza i capelli, spostandomeli verso destra e lasciandomi quindi il collo scoperto. Poi mi sento il suo fiato addosso mentre sussurra.
«Ehi, bell'addormentato...»
Mi sento un brivido e cerco di rispondere ma mi esce qualcosa di indecifrabile che non saprei dire neanche io. Riesco solo a pensare alla sua voce, così bassa... 
«Dai, alzati, è tardi. Non devi tornare dai tuoi amici?»
Improvvisamente mi sveglio. Cerco di alzarmi cautamente ma mi sento piuttosto a pezzi. E mi ricordo quella conversazione di prima, quindi mi scosto un po', alla sua sinistra, sempre restando sulla pancia, ma poggiandomi sui gomiti.
«Come stai? Cioè... scusa, forse sono stato un po' brusco prima...»
Si accende una sigaretta. Mi sembra di poter ipotizzare che lo fa quando è nervoso.
«Ora... non ci rivedremo più?»
Domanda sbagliata. Sbagliatissima.
Infatti distoglie lo sguardo, intanto fuma.
«Beh, non penso... senza offesa, ma ti avevo avvisato...»
«Certo, sì...» Ormai non mi resta che improvvisare, e le parole mi escono da sole. «Solo che praticamente non ci vedremo mai più alla fine dell'estate, quindi se passiamo un po' di tempo insieme ora, che c'è che non va... ? Cioè... lo so che non sono bravo... ma mi puoi insegnare... se vuoi.»
Abbasso gli occhi. A volte non so neanch'io da dove le tiro fuori queste cose, ma quando qualcosa mi attira tanto... e sembra proprio che io l'abbia stupito di nuovo, noto mentre ritorno a guardarlo per vedere la sua reazione.
Sembra anche indeciso.
«Mh...»
Sta veramente pensandoci? Seriamente? Mi sento euforico. Ma poi ripenso a quello che ho sentito e mi passa la gioia. In che guaio mi sto cacciando?
«Okay, Morgan. Ma niente sentimentalismi. E non tutti i giorni, certo...»
«Va bene.»
Sono il solito idiota che risponde senza pensare. Ma in questo momento non me ne frega niente. Devo essere completamente ammattito.
«Cominciamo subito?»
«Eh?!»
Mi sento salire un certo panico. Poi però lo vedo ridere, è bellissimo.
«Scherzavo. Non sono un maniaco...»
Improvvisamente mi viene un pensiero che butto subito fuori.
«Ti senti un maniaco a farlo con uno di quindici anni?»
«Beh, non sono proprio tranquillissimo, se devo esser sincero... capiscimi. Non l'avevo mai fatto con un minorenne e sei anche sotto l'età del consenso... cioè, in teoria credo di essere proprio un maniaco!»
Rido, e ride anche lui, e come pensavo anche la sua risata è bella. Ora l'atmosfera è più leggera, e mi sento anche meglio. Con un piede gli tocco una gamba e lo guardo, finché non ricambia. Mi sento arrossire fino alle punte dei capelli...
---
A svegliarmi è una mano che lenta, quieta e tranquilla mi accarezza i capelli, spostandomeli verso destra e lasciandomi quindi il collo scoperto. Poi mi sento il suo fiato addosso mentre sussurra.
«Ehi, bell'addormentato...»
Questa situazione non mi è nuova... cazzo, mi sono addormentato di nuovo dopo averlo fatto! Mi tiro subito a sedere, nonostante ora sia ancora più a pezzi che prima... 
«Oh, Alan, scusa...» Mi sento di nuovo un cretino, e cerco di balbettare qualcosa, anche se non so proprio che dire. «Ecco, io...»
«Shhh, non dire niente. Tutto okay.»
Si sporge un altro po' verso di me e comincia a massaggiarmi la schiena, i fianchi... che mani stupende.
«Grazie...» Continua così per un tempo che oserei dire sfiori il quarto d'ora. Mi sento molto meglio, rilassato. Mi sento ancora un bambino, o forse sarà colpa sua? Cioè, della sua presenza, perché è più grande, non altro. «Io ora vado. Ci vediamo ok? Ciao...»
Sono un po' incerto, ma non mi resta altro da fare. Mi guarda mentre mi rivesto e mi sento un po' in imbarazzo. Calma, mi dico. Per fortuna lui si è coperto con un lenzuolo... è bellissimo, non potrei mai pensare che sia un maniaco... al massimo quello sono io. Mi sento in fiamme.
«Ti sei incantato a guardarmi?»
Ecco. Solita figura di merda.
«Scusa...»
Riprendo a vestirmi, stavolta più in fretta, senza guardarlo minimamente. Mi sembra di sentirlo sorridere... 
Mi accingo a uscire, ma all'improvviso mi sento premere contro la porta mentre Alan accosta le labbra al mio orecchio sinistro...
«Voglio che ci vediamo domani... ti cercherò in spiaggia...»
La sua voce è così seducente, mi sento percorrere da mille brividi...
«S-sì, okay...»
Mi sento il cuore alle stelle. Mi giro e ci baciamo... lui è più alto di me. Abbastanza più alto... mi sento completamente nelle sue mani. Poi il momento però passa, e finalmente ci separiamo.
Finalmente?! No, volevo dire purtroppo. Chissà che avevo in mente quel momento. In realtà è stato bello... okay, in questo momento sono sicuro che non sono affatto pentito. Mi sento affiorare un sorriso idiota, poi ripenso a tutta la situazione e non ho poi tanto da rallegrarmi, mi dico. Tranne che avrò un bel po' da fare quest'estate... sempre questi pensieri, che razza di maniaco che sono... 
«Ciao, Morgan. Dove sei stato fino a ora? È ancora presto per andare in spiaggia...»
Mark. Sorrido, in fondo si è solo preoccupato.
«Beh, avevo trovato un bel bar, e ci ho passato un po' di tempo, tutto qui.»
«Temevamo quasi che fossi andato in spiaggia a suicidarti! Col caldo che fa!» dice Claude.
«No, tranquilli...» mi sento sogghignare pensando a quel che invece ho fatto. «Tutto okay, davvero. Non volevo che vi preoccupaste...»
«Certo, certo. Mica Morgan è prigioniero, è ospite!» Mi sorprendo un po' a sentire il padre di Mark. «Magari ha trovato una buona compagnia... e se vuole uscire solo va bene, basta che non si cacci nei guai...»
Inaspettatamente, cavoli, mi fa l'occhiolino.
Arrossisco improvvisamente consapevole che praticamente ci ha beccato in pieno su tutto. Soprattutto con il fatto che mi sono cacciato nei guai. E sudo freddo, anche se cerco di mantenere un minimo di calma per rispondere, con non proprio soddisfacenti risultati.
«Grazie, signore. Ecco, sì, penso di sì...»
Gli altri cominciano a fissarmi sbalorditi, Mark e Claude. Poi, passato il momento, cominciano a farmi mille domande, dalle quali mi libero chiudendomi in bagno. Ho proprio bisogno di lavarmi, così decido che una bella doccia fredda è la cosa migliore... ma ancora mi sento dietro la sua voce che sussurra...
---
È passata una settimana. E fa sempre più caldo. Le cose vanno piuttosto bene, cioè, meglio di quanto avrei mai pensato. Ah, Alan. È perfetto, ora andiamo nel suo posto... cioè, in spiaggia, mi porta dalla sua parte, ancora un po' più lontano dai miei amici. Praticamente siamo sempre soli però. Ovviamente in spiaggia non mi sfiora neanche, mi guarda e basta, e ogni tanto sorride. Ma giurerei che è sul punto di liberarsi di me.
Questa settimana ci siamo visti praticamente tutti i giorni. Non che mi dispiaccia. È stato lui a venirmi a cercare. Io pensavo che l'avrei visto poco, e invece... stavolta è stato lui a sorprendermi. Ho provato a chiedergli se la sera cerca qualcuno, ma ha sorriso senza rispondere. Mi è un po' dispiaciuto, anche se non so perché. In fondo non stiamo mica insieme... 
Le cose vanno meglio, sto bene insieme a lui. Cioè, insomma... anche in quel senso, però mi piace pure la sua compagnia. È piacevole e mai invadente. Però non parliamo praticamente di niente di serio. Dopo che lo facciamo mi fa un sacco di complimenti sussurrandomeli sul collo... proprio come il primo giorno. Mi sembra un sogno bellissimo; cioè, è lui che è un sogno!
Ho convinto i miei amici, ma soprattutto il padre di Mark, a farmi mangiare fuori, per lo meno all'ora di pranzo. Mi danno sempre dei soldi... troppo gentili. Dopo pranzo sto con Alan, nella sua casa. Me l'ha detto dopo un po' di giorni, che quella casa era proprio sua. Però mi ha anche chiesto di non andarlo a cercare lì; se non sono con lui praticamente per me è zona vietata.
Finalmente la smetto di pensare. Mi è impossibile pensare a qualcosa mentre Alan si muove sopra di me, mi fa dimenticare tutto, tutto quello a cui non voglio pensare... e sarà perché ho quindici anni, ma è tutta la mia vita. Sbuffo quando si sposta, stavo così bene... anche se pesa, non mi da fastidio. Ogni tanto resta su di me ad accarezzarmi i capelli... oggi no.
«Tutto ok?» gli chiedo.
«Sì.»
Si accende una sigaretta, tenendola lontano da me. È nervoso.
Però, perché sento il bisogno di sapere che cos'ha?
«Non mi sembri molto tranquillo...» Domanda sbagliata? Forse. Mi sembra arrabbiato... ha aggrottato la fronte e mi fissa storto. Ops... speriamo che non mi cacci via a pedate... «Scu-scusa...»
Ma Alan non sembra farci caso.
«È una cosa da niente, non ti preoccupare...»
Sento il mio respiro calmarsi un po'... mi giro di fianco per guardarlo meglio... è davvero bellissimo, cazzo. Non voglio che pensi che sono una specie di moccioso appiccicoso, quindi dopo poco mi giro completamente sulla pancia abbracciando il cuscino sotto di me, affondandoci il viso... sentendo il calore in un certo senso rassicurante dei miei stessi capelli sul collo.
Sto quasi per appisolarmi di nuovo quando sento Alan che si sposta su di me. Evidentemente ha finito la sigaretta. Direi che gli piace toccarmi i capelli, scostarmeli... praticamente lo fa quasi sempre, ma forse è solo l'abitudine. Però mi mette sempre i brividi. Adoro questa sensazione. Non avrei mai pensato di potermi sentire così, è meraviglioso.
Prima che riesca a scivolare nel mondo dei sogni mi sveglia come suo solito parlandomi sul collo, ogni tanto dandomi qualche bacio dietro o di lato.
«Mor... gan...»
Mi sento sempre in paradiso quando si rilassa. Insomma, fa rilassare anche me con il suo atteggiamento. Mi lascio andare mentre ormai sono fin troppo sveglio, facendo però finta di essere ancora immerso nel languore... anche se, tutto sommato, un po' ci sto dato il caldo che fa!
Sembra proprio che questa sia una di quelle volte in cui Alan ha voglia di parlare... praticamente non capita quasi mai, a meno che non abbia da dire qualcosa di imbarazzante su quello che facciamo... e ovviamente, imbarazzante solo per me. A me non dispiace affatto sentirlo parlare... anche se capisco che è un po' impegnativo per lui.
«Non pensavo... che sarebbe... stato... così bello... con te...»
Cazzo. Come può uscirsene con queste cose, in questi momenti... 
«Mh...»
Non ho la forza né tanto la capacità di rispondere, così nascondo un po' la testa nel cuscino, senza far vedere quanto sono agitato in questo momento, e mi concentro solo sulle sensazioni che sto provando.
Per fortuna il momento passa, e possiamo parlare liberamente. Cioè, più o meno. Mi è rimasto addosso... e non sono proprio tanto tranquillo, nonostante il rilassamento fisico che avverto... si alza un po' e riprende a parlare, accarezzandomi i capelli...
«Morgan...»
«Mh...»
Sono nervoso, perché? Lo conosco da una settimana... una... una sola settimana.
«Pensavo... tu di dove sei?»
Continua baciandomi il collo come prima.
«Di Hipyon... città idiota...»
Perché ora me lo chiede? Però, in un certo senso sono contento... 
Lui rimane in silenzio per un po'. Chissà che pensa.
«Tu di dove sei, Alan?»
Non risponde... beh, non mi aspettavo niente. Quando penso che proprio dovrei cercare qualcosa io da dire, mi sorprende e parla.
«Hipyon più che una città... secondo me è un paesino...»
Sento il cuore accelerare i battiti.
«Ci sei stato?»
«Sì... a giugno...»
Ora sembra un po' più reticente. Ma perché?
Purtroppo io sono sempre abbastanza curioso... anche se so che dovrei star zitto non riesco a fare a meno di pensarci, quindi dopo un po' riprendo a parlare. In fondo, è stato lui a cominciare.
«Perché?»
«Beh. Sai com'è... per affari.»
Affari? Che affari?
«Sei molto ricco... ?»
«No, figurati. Diciamo... per lavoro, okay? Mica se uno dice affari significa che è ricco...»
«E... mi puoi dire che lavoro fai?»
«Beh... io...»
 
Capitolo 3
L'inizio, seppur inconsapevole, di quello che sarà un supplizio (Alan)
«... sono un professore.»
Ecco, gliel'ho detto. Chissà perché poi sembra totalmente sconvolto.
«Ho iniziato da poco... insegno matematica, pensa un po'...»
«Ah...»
«Dai, riprenditi... non ci avresti pensato, eh?»
«Beh, in effetti no...»
Arrossisce... è davvero carino. Un pensiero mi sfiora, ma lo scaccio subito, perché in realtà non c'è davvero nulla di cui preoccuparsi, almeno per ora.
Gli accarezzo un po' quei bei capelli che ha; sembra subito più tranquillo.
«Alan?»
«Mh... ?!»
In qualche strano modo riesce a fregarmi, con le sue parole. O forse, con il suo viso...
«Cioè... mi chiedevo...»
Il solito tono... ma devo ammettere che sta migliorando...
«Sì, dimmi.»
«Ecco... come mai... cioè, avevi detto...»
Rido un po', è davvero divertente.
«Certo, ho capito. Beh, diciamo che ci ho preso un po' gusto con te. Ma se vuoi ci vediamo di meno...»
«No! Cioè... per me va bene così...»
In effetti è vero, non so neanche io perché ho deciso di frequentarlo così spesso. Ma non ci voglio pensare, lo conosco da una settimana, e ha quindici anni...
Soprattutto questo, ha quindici anni.
Ma ultimamente non riesco propriamente a controllarmi più di tanto. Sarà che sto così... mi sento un po' strano. In qualche modo sto cambiando, ma non saprei dire neanche io in cosa. Però, stranamente sono tranquillo con questo ragazzo.
«Alan, a che pensi?»
Rieccolo.
«Niente di importante...» rispondo, anche se non ne sono certo.
Cioè, non capisco quale sia il motivo, ma quando sono insieme a Morgan, è come se non contasse più nulla, sento un'insensata serenità...
«Alan... ?»
Certo che parla parecchio! Mi vien da ridere...
«Alan!»
«Che c'è?»
«Perché te la ridi sempre alle mie spalle?»
È troppo carino quando fa quel broncio.
«No, pensavo, dai! Dimmi pure.»
«Ecco, io...» No, ora ricomincia. Basta.
«Senti, Morgan, dimmi quello che mi devi dire e basta. Non puoi fare ogni volta così! Se vuoi dire una cosa, dilla!»
Abbassa gli occhi. Semplicemente, secondo me, dovrebbe essere più deciso.
«Scusa!»
Oh, in qualche modo sono riuscito a farlo uscire allo scoperto.
«Ma non è mica facile dire, chiedere se ti va...»
Oh... sorprendente.
«L'abbiamo fatto già due volte oggi...»
«Beh, scusa tanto!»
Si volta. Sì, immagino come si senta. Non posso fare a meno di abbracciarlo, baciarlo, accarezzarlo...
«Alan...»
«Dai, scherzavo...»
---
Anche se odio ammetterlo, soprattutto con me stesso, dentro di me, comincio a provare qualcosa per Morgan. O forse penso soltanto di cominciare a provarlo.
Sorride. È adorabile. Cazzo. E sta solo riposando. Però è sveglio, no?
«Morgan?»
«Sì?»
Voce tranquilla, rilassata. Ne deduco che è del tutto a suo agio. Totalmente diverso dai primi giorni.
«Che c'è?»
Ora guarda verso di me un po' accigliato.
«Niente, pensavo... e mi sono dimenticato che volevo dire.»
«Ah, ah...» ride.
Cazzo, sì che è carino.
Va bene, mi concedo un mezzo sorriso anch'io. Poi Morgan mi abbraccia. Roba da matti quanta confidenza abbia preso con me... okay, facciamo con il mio corpo.
Sospira. Chissà che pensa... no, non devo pensare a cosa pensa. Lo so, sono paranoico, mi devo calmare.. Però ora le cose sono diverse. Come la chiamo io? Astensione dai legami troppo seri.
Peccato che Paul lo chiami terrore dei sentimenti. Sì, okay, ma io non posso permettermeli...
«Usciamo un po'?»
Morgan interrompe i miei pensieri guardandomi.
«E dove andiamo?» domando incuriosito.
In questi momenti vedo quanto in realtà è insicuro. Quanta paura ha di sbagliare. Certo che non è pronto per un rapporto del genere, ha solo quindici anni! In che guaio mi sono cacciato?
«Beh... in spiaggia, no? È ora... cioè, se ti va...»
Odio lasciarmi intenerire, ma anche se non lo do a vedere, è proprio quello che succede.
Ma come sempre fingo indifferenza.
«Mh... okay, perché no? Però cambiamo zona, vuoi?»
Non so neanche perché l'ho detto. Ma ormai è troppo tardi.
«E dove mi porti?»
Ecco, esattamente. E ora?
«Da alcuni miei amici.»
«Okay, non mi vuoi dire. Ma ci andiamo a piedi?»
«Macché, in macchina.»
«Ah...»
«Non ti fidi? Ormai ci conosciamo da un mese...»
«Per quanto ne so potresti aver deciso che è il momento di farmi fuori!»
Lo dice serio, ma capisco che scherza dai suoi occhi.
«Beh, okay che forse sono un maniaco, ma non un assassino!»
Per far risaltare meglio l'idea mi lascio andare anch'io, senza ascoltare quella vocina dentro di me che cerca invano di avvisarmi che devo essere cauto...
«Dai, Alan, lasciami!»
Ridiamo, insieme. Ma poi l'atmosfera cambia, e so che mi è impossibile resistere ancora per molto...
«Morgan, non riesco... a trattenermi...»
«Non farlo...»
Assolutamente indecente.
---
E ora eccoci qui, in spiaggia. Alla fine Morgan è salito sulla mia auto, dopo che ci siamo un po' ripresi. Però lui continuava a stuzzicarmi per gioco.
«Vuoi forse che ci ammazziamo tutti e due?» ho asserito con enfasi.
Da quel momento ha taciuto. Non l'avrei mai detto.
Gli ho presentato Paul, più che altro perché ce lo siamo ritrovato davanti in spiaggia, e non ho potuto evitarlo. Appena l'ho visto ho capito subito che era nervoso... no, forse solo un po' a disagio.
«Alan, che ti è presto?» mi ha chiesto infatti mentre eravamo soli.
«Niente, perché?»
Ma sapevo già cosa stava per dire.
«Lo sai. Scommetto che quello è quel ragazzo dell'altra volta! Dell'ultima volta che ci siamo visti.»
«Mh...»; non sapevo bene come rispondere. «Senti, Paul, so quello che faccio, non c'è pericolo, fidati. Piuttosto, ti aspetto a inizio mese, okay? Me lo fai questo favore, vero?»
«Certo, certo, cambia argomento. Comunque siamo amici, è ovvio che ti aiuto, no? Tra qualche giorno sono da te.»
Il discorso è caduto lì. Ma non sono tanto sicuro di avere tutto sotto controllo. Non è tanto per ora, adesso, ma quando forse per quel dopo...
«Alan, tutto okay?»
Ecco Morgan. Terribilmente premuroso.
«Sì, perché?»
Sorrido, non voglio che pensi che qualcosa non va. E anche se fosse, mi dico, perché dovrebbero essere fatti suoi?
«Di solito sono io quello silenzioso, no?»
«Ultimamente no... vuoi che ti coccoli un po'?»
Ride, anche se non mi sembra di aver detto qualcosa di divertente. Ecco, cazzo, ci sono ricascato. Perché non resisto?
«Ehi, Alan...», ha abbassato il tono, «cioè... ci vedono...»
«Stiamo solo un po' più vicini... chi vuoi che ci disturbi?»
E naturalmente nessuno lo fa. Nessuno fa caso a noi, la spiaggia è molto affollata oggi. Alla fine però mi allontano un po' per fumare una sigaretta. Mi rilassa. Anche se già così sto piuttosto bene.
«Ehi, Alan, posso fare un tiro?»
No, no. Pessima domanda.
«Non sia mai che cominci a fumare per colpa mia!»
«Uff... dai, che male può farmi?»
Capricci, capricci. Questi sono capricci adolescenziali.
«Okay, tieni...», e gli passo la sigaretta, «ma cambierai idea.»
E infatti è quello che succede. Anche se non glielo direi mai, provo una certa soddisfazione.
«Fa schifo!»
Sorrido.
«Certo... un solo tiro, ora spero tu non voglia riprovare...»
«No, no, per carità... non fa per me.»
«Che hai?»
«Niente...»
«Non è vero!»
«Come fai a dirlo?!»
Sorrido di nuovo.
«Un po' ti conosco, no?»
«Uffa, accidenti. Ma se poi ridi?»
Okay, ora sono incuriosito. Un po'.
«Perché dovrei ridere?»
«Alan...»
«Dai, parla senza tante storie.»
«Okay, allora...»; prende un bel respiro. «... stasera che fai?»
Guai. Guai, guai e ancora guai. E non so che dire. Morgan se ne accorge...
«Scusa, Alan...»
«Sono libero.»
Accidenti. Anzi, cazzo.
«Beh...»
«Okay, ti porto da qualche parte...»; l'ho stupito, e mi viene in mente una cosa... «Ci scambiamo i numeri di cellulare?»
Forse è un po' strano pensare che non l'abbiamo già fatto, e invece è così. E mi viene da pensare anche che non so poi molto di Morgan.
 
Capitolo 4
Piacevoli sorprese (Alan)

Come mi sono fatto convincere? No, non lo so. Okay, sì, lo so. Avrei dovuto aver superato l'età in cui si è impulsivi e si fa tutto ciò che si vuole. Forse capita quando si è come me... o quando si sta come me. O quando si ha accanto mister impulsività. O quando mister impulsività è così carino.
Ma ho incontrato seri problemi. Prima ancora di pensarci, naturalmente ho riaccompagnato Morgan a casa. Certo, era piuttosto palesemente contento, ma questo non significa nulla. E soprattutto non mi giustifica.
Okay, tanto per cominciare mi sono posto il problema maggiore, cioè dove portarlo. Questo per il semplice fatto che io qui a Sundale nei mesi estivi ci abito. Cioè ci vivo proprio e quelli del posto mi conoscono e anche nell'ipotesi più ottimistica potrebbe comunque vedermi qualcuno.
Certo, forse non c'è niente di male a uscire con un amico. Ma se c'è una tale differenza di età spesso si da un po' nell'occhio. Se fosse una ragazza non credo sarebbe diverso... quindici anni sono pur sempre quindici anni, no?
Dopo questa questione, sono passato a me stesso. Nel senso che non sapevo cosa mettere. Nel senso che non esco da un sacco di tempo, perché la mia ultima storia, se si può chiamare così, risale a Paul, cioè più di due anni fa.
E anche se a malincuore, alla fine decido di chiedere aiuto proprio a Paul, quindi lo chiamo.
«Pronto?»
«Paul... sono Alan.»
«Che c'è? Stai bene?»
«Sì, sto bene, tranquillo.»
«Ah... bene. Allora, cosa vuoi? Ah, è per oggi? Scusa, non ho avuto tempo, passo domani mattina, okay?»
«No, no... cioè, okay. Comunque... non ti stavo chiamando per quello... senti, prometti di star calmo e prenderla seriamente.»
«Prenderla seriamente?! Che mi devi dire?»
«Stasera esco.»
«Oh... oh, no... oh, cazzo! Alan!»
Sapevo che non l'avrebbe presa bene.
«Dai, Paul, per favore.»
«Quello che mi preoccupa è con chi uscirai, lo sai.»
«So quello che faccio.»
«Spero per te che sia vero. Allora?»
«Ecco... sono un po' in crisi. È da un po' che sono solo, lo sai...»
«Sì, sì, da quando stavamo insieme.»
«Beh, allora, mi aiuti o no?»
«Certo, che altro ti aspettavi?»
---
«Pronto?»
La sua voce è bella anche solo al cellulare. È incredibile. Oppure sono io?
«Ciao, Morgan, sono Alan.»
«Ah, ciao... sì?»
È trasparente anche al telefono. Terrore, ansia. Aspettativa?
«Senti, è un po' problematico uscire...»
«Ah... beh, l'avevo immaginato...»
Delusione, tristezza.
«Puoi uscire?»
«Sì, perché?»
Speranza?
«Beh, puoi venire a casa mia, se ti va.»
«Ah...»
«Non per quello che pensi. Intendo per passare un po' di tempo insieme.»
«Mh...»
Perché non si decide?
«Dai... giuro di non avere cattive intenzioni.»
«Mh... okay. Se prometti di non fare niente di sconveniente...»
«Sconveniente?! Ho in mente di preparare la cena.»
«Cucini?!»
«Vivo solo. Pensavi che vivessi di cibi precotti e insalate?»
«No, sarebbe da pazzi in effetti... comunque, vengo con piacere.»
«Vuoi che ti passi a prendere?»
«No... ehm, come mi vesto?»
«Beh, come vuoi. Ma se mi vuoi aiutare a cucinare niente di troppo impegnativo, okay?»
«Mh... sì, ci penserò. Tra quanto vengo?»
«Se vieni ora mi aiuti. Comunque non ho fretta...»
«Okay, vengo subito allora. Dammi solo il tempo di sistemarmi.»
«Subito? Ti manco già tanto?!»
Ultimamente adoro scherzare insieme a Morgan.
«Scemo!»
«Senti, quanto puoi restare?»
«Non so... tutta la notte?»
«Sul serio?!»
Mi sento strozzare all'idea...
«No, scherzo! Comunque vedrò cosa posso fare!»
«...»
«Dai, Alan, riprenditi...»
«Penso» dico tirando fuori la mia voce più sensuale, «che dovrai farti perdonare...»
E Morgan risponde allo stesso modo.
«Farò tutto quello che vuoi...»
---
Questo è quello che è capitato. Anche se non è andata esattamente come avevo immaginato.
«Alan, eccomi.»
C'è stato un terribile, tremendo momento di imbarazzo nel quale non sapevamo come salutarci. So che se l'avessi baciato senza andare avanti, io l'avrei considerato troppo smielato. E chissà che avrebbe pensato lui. Ma so anche che se l'avessi baciato non mi sarei limitato a quello... o meglio, non ci sarei riuscito, per colpa di Morgan e di come stava bene quella sera.
«Ciao.»
Sorrido e gli faccio segno di seguirmi. Mi è sembrata la cosa migliore da fare.
Morgan conosce già la casa, però. Va beh, l'ingresso e la camera da letto...
«È tutto un po' strano.»
«Proprio quello che pensavo anch'io.»
«Sei nervoso?»
«No, perché?»
«Perché ti accendi la sigaretta?»
«... ah. Ti da fastidio?»
Non ho mai fumato molto in vita mia. Da quando ho conosciuto Morgan però...
«Beh, in effetti sì. Ti spiace?»
Mi ha leggermente spiazzato. E siccome volevo una serata tranquilla, ho deciso di lasciar stare le sigarette.
«Grazie.»
Anche se all'inizio ci comportiamo praticamente come due al loro primo incontro serio, e questo non è molto lontano dal vero, la tensione pian piano si smorza, e ci divertiamo anche a cucinare. Morgan è davvero buffo.
«Sei stato gentile a invitarmi.»
«Ah... beh, figurati. Ormai!»
«Ormai?!»
«Intendo, ci conosciamo da un po', tutto qui.»
«Sei contento?»
«Mh...»
Non lo ammetterei mai, ma è così.
«Beh, io sì...»
«Ti è piaciuta la cena?»
«Sì, certo...»
Si alza e viene verso di me. Credo che il tempo delle parole sia finito. Ma all'inizio della serata non avevo in mente questo, anche se ora non sono affatto dispiaciuto. Quasi automaticamente mi sposto e faccio per alzarmi, ma Morgan mi blocca e mi si siede sopra cominciando a darmi piccoli baci sul collo, ai quali sospiro piano.
«Stasera posso restare?»
 
Capitolo 5
Ritrovarsi al risveglio (Morgan)
«Stasera ho un appuntamento, cioè, una specie!»
La cosa sorprende anche me, certo. Insomma, non mi aspettavo che Alan accettasse, anche se praticamente ha fatto tutto lui. Però sono contento.
«Davvero?! Con chi?!»
Mark. È sempre stato curioso.
«Dai Mark... con qualcuno che ho conosciuto...»
«Ah... prima vai solo in spiaggia, e poi ovviamente conosci... qualcuno! Va beh. Dai, dimmi!»
«No!»
«Dai!»
«Su, su! Mark...» dice il padre di Mark, «non essere troppo curioso. Potresti sembrare un impiccione!»
«Ma Morgan è mio amico e voglio sapere! E poi se no perché mi avrebbe detto che ha un appuntamento?!»
«Non proprio...»; poco fa mi ha chiamato Alan per invitarmi a cenare a casa sua.
«Sembri già più maturo di Mark?»
Mi chiedo se sia davvero una domanda. Domanda trabocchetto? Constatazione?
«Davvero?!» dico mentre faccio la linguaccia a Mark, che mette il broncio.
«Mh... forse no!»
Mi fanno sentire a mio agio... sto bene in questo momento, davvero bene. E se ci penso, effettivamente mi sento un po' diverso. Sarò cresciuto almeno un po'?
«Tra poco dovrei uscire.»
«Sono solo le otto!» afferma stupito Mark.
«Non è mai troppo presto per andare a un appuntamento...» asserisce con solennità il padre di Mark. Oggi dev'essere in vena di insegnamenti. «La tua nuova conquista?»
«Papà!»
«Ehm, all'incirca.»
«Morgan!»
«Mark, vai a vedere se è pronta la cena, vuoi?»
«Ma... !»
«Mark.»
«Oh, uffa, okay, ci vado, ci vado.»
Oh, cazzo. Mi sento in imbarazzo, e allo stesso tempo sono al settimo cielo all'idea di vedere Alan.
«Allora, Morgan. Forse dovremmo parlare.»
«No. Cioè, non ce n'è bisogno, sul serio.»
«Ah...»
Sembra stupito. E io mi sento sottoterra, perché credo proprio che abbia capito.
«Non dica queste cose a mio padre, per piacere...»
«Mh... certo, non vorrei mettermi tra voi, però...»
«Per favore.»
«Okay.»
«Potrei tornare... domani?»
Ormai, tanto vale rischiare.
«Mh... non lo so, Morgan. Mi posso fidare?»
«Sì. Si fidi.»
Ho il cuore a mille mentre prego dentro di me che si convinca che sono affidabile e che non mi caccerò nei guai. Però non sono sicuro di farcela.
«Okay, Morgan. Ma devi promettermi che non farai nulla di irresponsabile...»
«Sì, lo prometto.»
Sto per svenire dalla gioia.
Quando rimango solo torno in camera e mi cambio, mettendo qualcosa di meno impegnativo di quello che avevo prima. Impegnativo... bah! Sarà meglio che vada.
«Non ceni con noi, Morgan? Almeno prendi qualcosa?» mi chiede la madre di Mark vedendomi.
«No, non si preoccupi, mangio fuori.»
Poi saluto tutti e mi scambio uno sguardo con il padre di Mark. E finalmente esco.
---
«Cosa?! Puoi... restare?!»
Ho appena detto ad Alan che posso restare. Tutta la notte. Cioè, una notte insieme a lui. Cioè, dormire insieme di notte. Ora che ci ripenso un attimo, la cosa è molto, molto imbarazzante.
Ma Alan non sembra affatto dispiaciuto. Semmai, un po' spiazzato.
«Sei contento?»
«Sì...»
«Alan, se c'è qualche problema...»
«No, nessuno. Solo, non mi aspettavo sul serio...»
«Beh, neanch'io!»
«Che vuoi dire?»
«Sono qui con alcuni miei amici e i loro genitori, cioè sono solo ospite. Per questo...»
«Ah, non ci sono i tuoi?»
«Già...»
Ora che mi rendo un po' più conto di quello che sta succedendo, mi sento molto agitato. Non nervoso, diciamo emozionato. E non è perché sono seduto su Alan in una posizione non proprio amichevole, e neanche per quello che avevo pensato di fare.
Ma perché stiamo parlando e questo è una specie di appuntamento.
«Alan...»
Non so bene che dire quindi prendo tempo giocando con i suoi capelli. Sono così morbidi... o forse è solo lui che è così bello.
«Sì?»
Dal modo in cui mi guarda direi che è più di là che di qua.
Ovviamente intendo dire che il suo sguardo parla chiaro e che quindi ci sta già pensando. Non che mi dispiaccia.
«Ci spostiamo di là in camera?»
Ma sorprendentemente Alan fa una cosa che da lui non mi sarei mai aspettato: mi prende di peso e mi siede sul tavolo, mettendosi in piedi di fronte a me.
«Alan...»
Questo suo improvviso cambiamento, dato che Alan è sempre molto tranquillo, mi mette una certa ansia addosso.
«Oggi è un giorno particolare, Morgan.»
«Pe-perché?»
Non mi sento molto rassicurato.
«Perché è un mese che ci conosciamo. Oggi è uno agosto. Sai che vuol dire, col fatto che resterai qui?»
«No...»
«Che oggi sarà fantastico...»
Non credevo l'avrebbe fatto davvero, ma invece... cioè, anche io c'entro, ma... okay, l'abbiamo fatto. Sul tavolo. Dove avevamo appena mangiato.
E quello è stato solo l'inizio. Soprattutto visto che dopo, prima di arrivare in camera, ci siamo fermati anche per un po' in corridoio. E stranamente non è stato affatto spiacevole come avrei creduto altrimenti. Del resto, prima o poi bisogna provare cose nuove, no?
«Morgan, ti va di provare qualcosa di nuovo?»
Ed è stato fantastico. L'ennesima volta che l'abbiamo fatto, dopo aver perso il conto, è stata la più dolce, e alla fine mi sono addormentato su Alan senza nessuna paura, nessun timore.
Solo pace.
---
Sento qualcosa, anche se non so bene cosa. Oh, cazzo, lo so! Ed è stupendo. Cioè, sono qui, abbracciato ad Alan. Anzi, forse sarebbe più appropriato dire che è lui che è abbracciato a me. Comunque, è piacevolissimo.
Mi scosto un po', il più delicatamente possibile, finché riesco a guardargli il viso. Una rivelazione improvvisa mi affiora alla mente: il suo viso ha un'espressione molto dolce! Sarà perché sta dormendo ed è completamente rilassato, ma è stupendo.
Ma sento un'incredibile sensazione di... pienezza, una cosa mai provata prima d'ora. Quasi senza rendermene conto porto la mano sul suo volto, fino ad accarezzarlo piano... poi all'improvviso mi rendo conto della situazione e di quello che sto facendo, e smetto immediatamente.
«Mh...»
A quanto pare non avevo considerato l'ipotesi che Alan potesse essere sveglio. Non ci ho pensato minimamente.
Si stringe di nuovo a me baciandomi il collo e mi sussurra qualcosa che potrebbe essere un ciao o un buongiorno.
«Morgan...»
«Sì?»
Sento crescere dentro di me una certa apprensione, anche se non ne capisco il motivo.
«Dormito bene?»
«Sì...»
Lo stringo più forte a me. Sto così bene che non vorrei alzarmi mai più. Ma è un pensiero sbagliato no? Assurdo... perché questa è solo una semplice storia estiva senza alcun seguito...
Sospiro mentre stringo ancora Alan. Ormai so che provo qualcosa, pur se resta ancora da stabilire cosa. Anche se non ho mai provato niente di simile, però, questo non significa che io non sappia almeno intuire di cosa si possa trattare.
Attaccamento.
«Morgan, alziamoci, dai. Io ho fame...»
«Okay.»
Lo lascio a malincuore, e mi sento subito perso. Uffa.
Alan prepara la colazione, e così mangiamo in silenzio, dove ieri sera abbiamo cenato... è strano come tutto sembri diverso ora. Anche se non sono certo che saprei dire la differenza. Sarà la luce, l'atmosfera? Oppure noi due...
Alan indossa solo la canottiera e i pantaloncini... e a guardarlo mi sembra di impazzire al ricordo di ieri.
Anche Alan sembra accorgersi che sono strano.
«Che hai?»
«Niente!»
Cazzo. Risposta troppo precipitosa.
«Mh... se lo dici tu.»
Passa qualche minuto, ed io mi sento sempre più stupido.
«Dai, Morgan. Pensi di potermi ingannare?»
«No, ma...»
«Ho capito, vuoi tenerti questa cosa per te.»
Vorrei farlo? Questa cosa?! Cosa?! È solo che Alan è così... mentre io, boh, non so...
«Vuoi rifarlo?»
«Eh?!»
«Intendo mangiare insieme.»
«Ah... beh, sarebbe bello...»
«Quando vuoi... e quando puoi. Io resto fino al ventisette agosto.»
«Okay.»
Perché me lo sta dicendo?
«Tu?»
«Eh? Io cosa?»
«Fin quando resti qui?»
«Di solito fino ai primi di settembre...»
Suona il campanello, e Alan si alza per ansare ad aprire.
«Sarà Paul, non preoccuparti. Gli avevo chiesto un favore...»
Ma non sono affatto preoccupato. Più che altro sono seccato. E forse anche nervoso. Uffa. Perché?
«Cos'hai lì?»
Alan ha in mano una piccola scatola di cartone.
«Niente.»
Caspita, che tono!
Poi però sembra dispiaciuto e dopo aver portato la scatola in un'altra stanza torna da me sorridendo e abbracciandomi... e io sono sommerso dalla forza dei ricordi. E dal suo odore. Così buono...
«Morgan, quando devi andare?»
Già, cazzo, quanto sono scemo.
«Verso le dieci e mezzo.»
«Bene, allora abbiamo tempo...» dice contento, poi mi sorride e mi bacia.
«Aspe'... che ore sono?»
«Rilassati, sono le nove e un quarto.»
Bene. Perfetto.
 
Capitolo 6
Quello straziante periodo pre-scolastico (Morgan)
Ventotto agosto. Appunto. Sono qui in spiaggia, non da solo né con Alan, ma con Mark e Claude. Niente da dire su di loro, per carità, ma preferirei essere con Alan. Se n'è andato ieri, e già mi manca da morire.
«Beh, ehm, allora, ciao, Morgan.»
Sembrava impacciato.
«Alan, io...»
«Morgan,» ha cominciato con il suo tono serio, «questo periodo insieme è stata una bellissima esperienza per me.»
«Anche per me...» ho risposto contento.
Ma alla fine naturalmente ci siamo dovuti separare. Mi ha abbracciato... sembrava dispiaciuto... o forse sono io che volevo pensarlo.
«Morgan, dai! Vieni a bere qualcosa di fresco con noi!»
«Okay, Mark.»
Ho notato che Claude quest'anno mi ha detto sì e no dieci frasi. E non credo che c'entri con il fatto che ero spesso fuori casa, perché non abbiamo mai parlato molto. Forse non gli sto molto simpatico...
«Arrivo.»
Ma quando ci ritroviamo soli sotto il sole, mentre Mark è in acqua, mi sorprende parlandomi.
«Morgan?»
«Sì?»
«Volevo chiederti una cosa.»
«Dimmi.»
Sono veramente curioso di sentire cosa dirà.
«Che hai?»
«Che vuoi dire?»
«Che sembri... non so, triste. È così, vero?»
«Mh... forse.»
Possibile che io sia tanto trasparente?
«Che è successo? Cioè, se sei qui con noi vuol dire che hai, diciamo, perso compagnia?»
«Mh... già, più o meno.»
«Avevi solo conosciuto qualcuno oppure... una ragazza?»
«Che vuoi dire?»
«Se avevi trovato una compagnia migliore di me e Mark, visto che ci conosciamo intendo. Oppure se avevi proprio trovato una ragazza.»
«Ah...» Questo ragazzo è sorprendente. «Beh, direi un po' tutt'e due...»
«Okay.»
Da questo momento non parliamo più.
---
Apro leggermente la porta della mia camera. Sono ancora un po' frastornato per il sonno, dato che mi sono appena svegliato. È mia madre.
«Morgan, c'è Mark di là, vieni?»
Cosa può volere?!
«Ehi, Morgan!» urla. Cosa avrà poi da urlare tanto? «Su, sveglia. È pomeriggio, sai?»
«Eh... sì. Che vuoi?»
«Pensavo di invitarti in un posto. Ma sai com'è mio padre, prenota secoli e secoli prima!»
«Natale?!»
«Non proprio. La prima settimana dell'anno, ce la facciamo in montagna.»
L'idea non mi attira molto. Ma riflettendoci un secondo penso che sarebbe bello. Allo stesso tempo non voglio approfittarne...
«Senti, Mark, facciamo che ci penso e ti faccio sapere presto, okay?»
«Okay, entro domani?»
«Mh... okay. Sei gentile.»
«No, ma figurati.»
E così a quanto pare le vacanze invernali sono sistemate. Anche se ufficialmente accetterò l'invito domani, sono solo formalità.
«Tutto okay, Morgan?»
«Sì, mamma. Mark mi ha invitato in montagna per la prima settimana dell'anno...»
«Oh, Mark è sempre così gentile!»
«Si figuri, signora! Comunque, io ora vado!»
«Ciao, Mark.»
«Ciao!»
Solo. Con mia madre.
«Ma'...»
«Dovresti dirgli di sì. Queste sono le tue occasioni per le vacanze, Morgan. Sai che noi non possiamo permettercele.»
Odio quando fa così. Quando fa questi discorsi...
«Okay, okay, lo so. Domani glielo dico.»
«Tuo padre torna domani.»
Mio padre. Mi sento a disagio al solo pensiero. Ho la pelle d'oca... non siamo mai andati molto d'accordo, fin da quando ero piccolo.
«Morgan, mi ascolti?»
«Sì, mamma.»
Ma non ne ho molta voglia, quindi con una scusa mi chiudo di nuovo nella mia stanza a riposare. In fondo sono le tre del pomeriggio! E praticamente si può dire che è ancora estate.
Per rilassarmi accendo lo stereo. Alan metteva spesso della musica negli ultimi tempi, anche se non ci facevo molto caso. Ma poi quella canzone mi è tornata in mente: niente di smielato, naturalmente, ma soft e piacevole come sottofondo. Parte la musica e ripenso alle tante volte che abbiamo passato in acqua a giocare, poi a casa a lavarci, insieme...
Scuoto la testa per scacciare i ricordi. So di non doverci pensare più, ma non ci riesco. Forse è solo questione di tempo, eppure non ho voglia di dimenticare nulla... tra qualche giorno comunque tornerò a scuola, e forse ci penserò di meno, o almeno lo spero. La vita riprenderà il suo corso abituale, e il sabato sera sarà ancora e ancora insieme a Mark e ai suoi amici. Chissà perché non ho mai legato molto con loro.
Sarò strano io. Boh... non che m'importi più di tanto... sento che le forze mi abbandonano e sono vicino ad addormentarmi...
... e l'unica cosa che sento, dentro la mia testa, mentre questa musica mi addolcisce il tutto, è la voce di Alan.
«Mor... gan...»
--- 
I giorni passavano lenti. Era il tredici settembre e com'era consuetudine io ero a pranzo e cena dai Delozier. E il giorno successivo sarebbe stato Mark a passare la giornata da me. Più che altro è una sorta di consuetudine tra le nostre famiglie. La mia vuole esprimere un ringraziamento, quella di Mark vuole rassicurarla che è un piacere prendersi cura di me durante le vacanze.
«Allora, Morgan,» aveva tirato fuori suo padre durante il pranzo, «vieni con noi a sciare?»
«Certo.»
Il fatto di non poter in nessun modo ricambiare mi ha sempre dato un po' fastidio, ma naturalmente non posso farci nulla. Per fortuna però Mark è molto comprensivo. E suo padre lo è ancora di più.
«Il fatto che tu non possa ricambiare non significa nulla, Morgan. In fondo siamo amici, no?» ha affermato una volta con semplicità Mark.
Pare che abbia una buona considerazione di me... stranamente questa cosa mi fa stare bene, anche se non penso di meritarmela.
«Sei una bella persona» mi ha detto quest'estate Mark.
«Perché lo pensi?»
«Lo so e basta, Morgan! Io ti capisco e ti conosco meglio di quanto pensi, anche se non parli molto...»
Io mi sono sentito un brivido lungo la schiena quando ha detto così, e mi sono chiesto cosa avrebbe detto di Alan, se gliel'avessi raccontato.
«Grazie, Mark, sei un amico.»
Ora ci sto ripensando, e mi sento bene. Ma come sempre non riesco a dormire, perché domani ricomincia la scuola. Non ne ho molta voglia, tanto più che so di dovermi impegnare di più, perché adesso sono al terzo anno.
A differenza di Mark, io ho cominciato la scuola come anticipatario... ma per poco, perché sono nato a gennaio. E l'altro ieri, quando mio padre è tornato, come ogni anno me lo ha ricordato.
«È come avere un anno in più di vita!» ha detto tutto contento.
A suo tempo, l'idea è stata sua... anche se a me non sembra poi una grande idea. Sarei potuto nascere a dicembre, e non sarebbe cambiato nulla.
Sospiro. In questo momento mi andrebbe bene anche solo scomparire lentamente nell'oscurità che mi avvolge nella mia stanzetta... ma mi rassegno e accendo il lettore cd, mettendo a ripetizione quella che ormai definisco la canzone di Alan. Si chiama Something pretty e a furia di ascoltarla la so già a memoria... me l'ha trovata Mark con il suo computer. Prima non avevo mai saputo cantare per intero una canzone in inglese; non mi interessava. Comunque sono contento, perché questa canzone è davvero carina e rilassante.
Nonostante tutto, però, non riesco a dormire. Prendo un libro e provo a leggere qualche riga per vedere se ha un effetto soporifero, ma nulla. Così passo alla televisione: volume basso, cose poco impegnative... ma ancora niente, e non so che fare.
Sbuffo e mi arrendo, esausto. Assurdo, perché sono stanco di provare ad addormentarmi!
Alla fine rimetto gli auricolari e finalmente mi rilasso. E mi sento prendere dal sonno mentre ancora una volta i ricordi di quest'estate si accavallano nella mia mente...
 
Capitolo 7
I guai della quotidianità (Alan)
Ricomincia tutto anche quest'anno, e ne sono contento in fondo, anche se so che sarà dura. Sono davvero di ottimo umore stamattina, e per colazione prendo un cappuccino e qualche biscotto. Solo una cosa è strana. Cioè, non strana, diciamo che è rilevante, rispetto ad altre.
Sono nella città di Morgan, Hipyon.
Certo, mi dovrei chiedere quanta probabilità c'è di incontrarlo, o di insegnare proprio a lui, ma sento già che in ogni caso lo rivedrò, o chissà, forse sarà lui a cercarmi...
E chissà perché sono convinto che insegnerò a lui. Maledetto oroscopo. È il momento giusto per riallacciare vecchie conoscenze, diceva. No, no, d'ora in poi mai più televisione di prima mattina, soprattutto niente più oroscopo di nessun tipo.
Morgan è nella mia classe della terza ora. Adesso conosco il suo nome per intero, Morgan Chrisman. Non mi è servito neanche vederlo per sapere se era lui... l'ho capito nel momento stesso in cui ho letto il nome sul registro.
Stranamente, Morgan non dà alcun segno di volermi parlare... e la cosa mi pare un po' sospetta, anche se dopotutto siamo in classe e quindi non c'è motivo che lui mi parli ora. È tranquillo, non interviene neanche una volta nel solito dialogo del primo giorno, tranne che per presentarsi.
Io copio il suo atteggiamento distaccato, e tutto mi sembra assurdamente una strana recita obbligata... comunque mi comporto come al solito. E si può dire che mi sento sollevato, perché tutto fila liscio fino all'ultima ora. Del resto a scuola sono quasi sempre a mio agio, e sono poche le cose che mi fanno perdere la pazienza...
«Alan?»
È Morgan. Davanti alla mia auto.
«Che vuoi?»
Parlo piano, ma improvvisamente sono agitato e ho un brutto presentimento.
«Mi dai un passaggio?» chiede con l'aria più innocente del mondo... ma dal suo sguardo capisco che c'è dell'altro, e sento che da ora in poi avrò solo guai.
«E se non volessi?»
«Beh... qualcuno potrebbe notarci, oppure io potrei dire a qualcuno...»
«Okay, sali, subito.»
Sorride soddisfatto e sale. Dietro.
Mentre ci muoviamo mi sento più tranquillo, ma non troppo.
«Prima mi hai spaventato.»
«Scusa, non volevo. Portami a casa tua, vuoi?»
«Perché dovrei? Sai bene che le tue minacce non valgono nulla.»
«Lo so. Contavo sul tuo buon cuore...»
«Certo, come no. Voglio che sparisci.»
«Dai, Alan... è così che si tratta un tuo studente e peggio un vecchio amico? Dobbiamo passare un anno insieme a scuola, no? Se io ti girassi un po' troppo intorno qualcuno potrebbe insospettirsi...»
«Okay, dimmi quello che devi dire.»
«Voglio solo che ci vediamo a casa tua. Sono certo che sei solo. E a scuola non ti darò nessun fastidio. Non ti piaccio più, forse?»
Cazzo, sì...
«Certo che mi piaci.»
Valuto la proposta con calma, dentro di me. Penso ai pro e ai contro... e i contro sembrano di più. Ma i pro sono più piacevoli, soprattutto se ripenso alla prima volta che io e Morgan abbiamo dormito insieme...
«Alan... scusa, ma non ho tutto il giorno.»
«Okay. Tu ci vieni a piedi a casa mia, non mi importa quanto è lontana dalla tua. E poi è vicina alla scuola. Io uso la macchina. Casa tua?»
«Aspe'... ho perso il filo ma credo di aver capito. Casa mia è vicino a questa strada.»
«Sì, perfetto. Io abito qua. Ma vedi di non darmi guai.»
«Ci puoi contare.»
--- 
Eh, sì, in qualche modo mi sono fatto incastrare. Di nuovo. Da Morgan. Ora siamo insieme, dopo che ha mangiato per l'ennesima volta da me e dopo il resto. Non che mi dispiaccia... ma il fatto che tutta questa situazione gli vada bene è strano, assurdo forse.
«Alan, oggi posso restare un po' di più?»
«Perché? Vuoi il bis?»
Arrossisce, e io mi pento di essermi quasi aspettato che ridesse... e sento un certo rimorso per aver parlato con tanto astio.
«Scusa, Morgan.»
Mi sento un verme... e anche maniaco. In fondo Morgan ha solo quindici anni...
«Mh... fa niente. Comunque volevo solo che mi aiutavi un po' perché non ho capito bene quello che hai spiegato oggi.»
«Matematica?!»
Morgan è uno dei migliori in matematica.
«No, scienze.»
«Ah, okay. Hai fatto bene a dirmelo.»
«Hai molto da fare?»
«A parte correggere i vostri noiosissimi test di venerdì scorso? No, figurati!»
Finalmente Morgan ride di nuovo. È un po' come un piccolo perdono, per me...
«In cambio dopo ti aiuto, okay?»
«Okay, ma il tuo lo correggo io.»
«Ecco...»
«Che c'è adesso?»
«Ci sarebbe un'altra cosa...»
«Cosa?»
«Okay, ma prometti che non ti arrabbi?»
Sospiro per cercare di restare calmo...
«Hai detto a qualcuno di noi?»
«Assolutamente no!»
«Allora parla pure.»
«Mh... è così sbagliato volere il bis?»
Oh, che intraprendenza inaspettata. Soprattutto dopo che prima ho parlato in quel modo.
«No, anzi... scusa, Morgan, è che questo è un periodo in cui sono nervoso.»
«Okay, mh... scuse accettate.»
«Ne so un'altra.»
«Un'altra cosa?!»
«Prima il piacere e poi il dovere...»
--- 
Ormai siamo a novembre.
Morgan ultimamente è più taciturno, scostante quasi. Anche con me, e la cosa è sospetta. Gli ho anche detto che se si comporta così, forse non dovremmo più vederci.
E mi preoccupo ancor di più perché non ha risposto.
«Morgan, interrogato.»
Non lo interrogo praticamente mai. E anche se ci vediamo, non gli dico quando lo interrogherò... ma ieri gliel'ho detto dato che in scienze ogni tanto ha bisogno di aiuto... anche se ultimamente non me ne ha chiesto.
«No.»
«Come?!»
Anche la classe è sorpresa quanto me. Morgan non si è mai comportato così. Ieri gli ho chiesto se voleva ripassare con me, ma ha rifiutato.
«Ho detto di no.»
«E... per quale motivo?»
«Perché non ho studiato.»
Okay, Alan, calma. È arrabbiato. Perché? Se voleva che lo aiutassi, lo avrei fatto...
A volte odio dover fare alcune cose, come adesso.
«Se non accetti sarò costretto a metterti un impreparato...»
«Okay.»
Nessuno fiata. E io adesso sono molto arrabbiato, dentro di me. Soprattutto perché non riesco a capire cos'abbia Morgan.
«John, vieni tu?»
«Sì, professore.»
Morgan non mi guarda, non guarda nessuno. E io, nonostante tutto, non posso guardarlo più di tanto. Dopotutto, sono solo un professore.
Quando torno a casa, so già che Morgan oggi non verrà, così lo chiamo sul cellulare... non so che altro fare, ma voglio prima di tutto parlargli. Prima che risponda, mi sembra che passi un'eternità.
«Che vuoi?»
Già il tono della sua voce non mi piace.
«Morgan, vorrei parlare con te. Se puoi venire a casa mia...»
«Okay, arrivo.»
«Morgan...»
Ma prima che possa dire altro, mi chiude la chiamata. E mentre lo aspetto sono nervoso, però ho un po' di tempo per pensare a cosa gli dirò.
Morgan arriva poco dopo; in fondo abitiamo abbastanza vicino. E come sempre non suona, perché gli ho lasciato la porta aperta.
«Eccomi, Alan. Immagino tu voglia parlare di oggi.»
Di nuovo quel tono.
«In effetti, sì. Se non avevi studiato potevi dirmelo...»
«Non sarebbe stato giusto, no?»
«Ti avrei aiutato...»
«Cambiava qualcosa? Sono troppo indietro!»
«E perché?! Non hai capito niente?!»
«No! Non volevo studiare e basta!»
«Senti, quale cazzo è il tuo problema?! Lo so che non è la scuola!»
Inaspettatamente Morgan non risponde, anzi. Abbassa gli occhi. E si mordicchia il labbro inferiore.
«Parla, Morgan!»
 
Capitolo 8
Risolto un guaio ne compare un altro peggiore (Alan)
Morgan è qui, e io sto cercando di cavargli fuori quello che vorrebbe dirmi ma che fino ad ora non è riuscito a dirmi.
«Alan, io...»
Morgan sembra tornato quello di sempre, quello di quest'estate. E di nuovo infatti comincia a piangere, mentre io mi dico che posso anche cercare di essere meno insensibile... quindi mi avvicino a lui e lo abbraccio, e come pensavo si scioglie subito, piangendo ancora di più.
«Alan, mi dispiace tanto, lo so che ti ho deluso...»
«No, non fa niente.»
Non so quanto tempo passa, ma rimaniamo così per un bel po', almeno finché Morgan non si calma. E anche dopo, continua a respirare pesantemente, stringendomi in quel modo particolarmente apprensivo che non ammette distacco.
Poi finalmente mi decido a separarlo da me e gli accarezzo il viso, ancora umido di lacrime. E all'improvviso capisco qual è la cosa giusta da dire.
«Mi hai inzuppato la camicia.»
E infatti Morgan ride e svanisce anche l'ultima traccia di pianto. Poi mi stringe di nuovo e sospira.
«Io ti voglio bene.»
Lo ha detto a voce bassa, e capisco benissimo che ha paura.
«Anche io te ne voglio, ma se non ti impegni a recuperare quell'impreparato di oggi...»
«Lo so, devo studiare.»
«Voglio che recuperi prima dell'incontro con la tua famiglia.»
«Per forza?»
«Beh, no. Ma preferirei di sì. Sempre che tu voglia che ci vediamo ancora...»
Tasto giusto.
«Sì, okay.»
Morgan resta zitto per un po' ed è nervoso, mentre io so esattamente a cosa sta pensando.
«Lo vuoi fare, adesso?» dico sfiorandogli il viso.
«Mh... però...»
«Cosa? In realtà volevi dirmi che non ti piace più farlo?»
Adoro giocare.
«No...»
«Forse allora hai trovato qualcun altro?»
«No! Solo... Alan...»
«Dai, dimmi.»
«È molto bello, davvero, però vorrei tanto che tu fossi un po' più...»
«Più... come?»
«Ecco, non so...»
«Dai, Morgan, sì che lo sai. Guarda che casino hai fatto... e di certo saprai il motivo per cui l'hai fatto, no?»
«... dolce.»
«Dolce?! Tutto qui?! Beh, bastava dirlo!»
«Scusa.»
Se fa così. è troppo carino.
«Pace?»
«Sì.» dice sorridendo... okay, se lo merita.
Gli prendo un braccio e lo riavvicino a me lentamente.
«Vieni qui, Morgan...»
Morgan è ancora qui da me. Sta studiando tutto quello che gli ho dovuto rispiegare, e mi ha detto che pensa di riparare domani stesso... e aveva detto che era troppo indietro...
Sentirlo è buffo, perché ripete quello che gli ho spiegato io, e insomma, sembra quasi un Alan in miniatura, e questa cosa è spaventosa, in un certo senso.
«Alan, mi interroghi di nuovo?»
«Certo, io sono il professore!»
È incredibile quali miracoli possa fare la forza di volontà di un essere umano. Anche se per tante altre cose non basta...
Morgan, però, è perfetto, e io mi sento orgoglioso di lui.
«Se domani vai così, andrà bene...»
«Quanto mi dai?»
«Mh...»
«Dai, Alan!»
«Otto... per prima...»
«Alan!»
«Per ora, otto e mezzo...»
«Mi basta?»
«Sì, ma devi venire un'altra volta.»
«Okay, lo farò... però mi aiuti?»
«Certo! Non voglio più imprevisti con te, chiaro?»
«Okay.»
Non sono certo di sapere cosa sia la vera dolcezza, dato che negli ultimi tempi ho sempre allontanato chi me ne dimostrava troppa. Non so bene cosa fare... però so anche di poter essere dolce, se voglio. Quindi prendo Morgan per mano e lo porto in camera. Allora lui parla.
«Alan, che vuoi fare?»
«Niente, tranquillo. Fidati.»
Lentamente, mentre Morgan mi guarda con diffidenza, comincio a sfilargli i vestiti che poche ore fa ho tolto senza pensare più di tanto se lo stavo facendo dolcemente oppure no. Anche se ero calmo, non significa che fossi lucido.
Vedo subito che le mie nuove mosse fanno effetto su Morgan, che mi osserva languidamente. Io, a vederlo così, me lo mangerei subito...
«A che pensi?»
«Non ti piacerebbe saperlo...» dico ridendo.
«Ne sei sicuro?»
«Mh... pensavo che ti mangerei volentieri, dato che sembri delizioso...»
«Oh... vedi che mi piace?!»
E dopo tutto si mischia: dolcezza e foga, calma e fame...
Dodici novembre, ore dieci. Ho interrogato Morgan stamattina, fingendo da professionista di essere sorpreso del suo voler riparare così presto. Almeno, così ha sostenuto Morgan nel biglietto che mi ha dato di nascosto durante la ricreazione.
Gli devo far notare che non può fare cose simili... o meglio che non può fare niente di minimamente rischioso qui a scuola.
Alla fine gli ho dato otto e mezzo, con l'approvazione della classe. Tutti pensano che Morgan ieri fosse nervoso e non che non avesse studiato sul serio... ed io, ovviamente, non ho detto nulla.
«Se vuoi recuperare oggi, okay. Altrimenti qualcun altro.»
Naturalmente, nessuno ha fiatato, oltre a Morgan.
«No, certo che no, cioè, non credo.»
Temevo di scoppiare a ridere all'improvviso, ma ho concentrato i miei pensieri su qualcos'altro... e ha funzionato. A volte conviene avere qualcosa di non proprio allegro a cui pensare...
Il resto della mattinata trascorre tranquillo, anche se avverto una certa voglia di fumare. Comunque, mi trattengo, perché non voglio che tutta la scuola sappia che fumo. Okay, no, è una cazzata. Forse non ho tanta voglia...
Salgo in macchina e già pregusto il momento in cui sarò a casa con Morgan, così potrò stritolarlo... mica altro. Beh, forse anche altro.
«Alan!»
«Ehilà...»
«Uno di questi giorni voglio le chiavi di casa tua...»
«Sul serio? Okay.»
«Okay? Beh... sul serio?!»
«Che fai, ripeti quello che dico? Ho detto okay, sul serio, mi fido di te.»
«Beh, grazie.»
«Non dovevi mandarmi quel biglietto, oggi.»
«Mh...»
«Morgan...»
«Okay, prometto che non lo farò più. Ti sono piaciuto?»
«Sì.»
«I nostri... ehm, discorsi, non sono granché!»
«Lo so.»
«Mh... non dici niente?»
«Cosa vuoi che dica? Trova tu qualcosa di rilevante da dire!»
Bella sfida. Cosa dovremmo dirci? Sembra che Morgan ci stia pensando molto seriamente. Forse un po' troppo.
«Non so molte cose di te.»
«Okay, chiedi, e se posso rispondo.»
«Stiamo insieme?»
«Beh, sì...»
«Nel senso, siamo una coppia?»
«Se vuoi, sì...»
«Insomma, mi vuoi dire che pensi?!»
Ecco qui, domande serie. Sapevo che si sarebbe arrivati a questo discorso prima o poi... solo speravo non tanto presto. Più che altro perché io non sono tanto sicuro di sapere ciò che penso in questo momento...
«Morgan, io non credo che questa cosa, qualsiasi cosa sia, durerà ancora per molto. E naturalmente chiederò il trasferimento in un'altra scuola a fine anno...»
«Non puoi farlo!»
«Perché non dovrei?»
«Per... per me...»
«Ci penserò durante l'anno. Intanto ho pensato che davvero non sappiamo molto l'uno dell'altro...»
«Comincio io?»
«Okay, okay. Cosa vuoi sapere?»
«Mh... fammici pensare un attimo...»
 
Capitolo 9
L'inizio di una leggera svolta (Morgan)

Ormai è più di un'ora che chiedo ad Alan le cose più assurde, ma anche più comuni, che mi vengono in mente. Ogni volta che risponde cerco di capire invano ciò che pensa, infatti lui non è trasparente per me quanto io lo sono per lui... e a volte la cosa è davvero snervante.
Però non sono certo così stupido da non capire una cosa. E sono un po' triste, perché nonostante ridiamo mi sembra che Alan sia generalmente seccato da tutta questa situazione.
«Morgan?»
«Sì?»
«Tutto okay? Ti sei incantato, sai?»
È adorabile.
«Scusa, ero soprappensiero.»
«Io ho sete, mi hai fatto parlare fino a ora! Mangiamo, anche?»
«Sì, grazie.»
Per un po', mentre mangiamo, non diciamo nulla. Alla fine è Alan che parla di nuovo.
«Morgan?»
«Sì?»
«Ai tuoi cosa hai detto che facevi?»
«Quello che faccio sempre... mangio da Mark, mio amico e compagno di scuola... poi studiamo insieme e infine parliamo finché non è ora di tornare a casa.»
«Mh...»
«È importante?»
«Non lo so. Per te lo è... era solo una curiosità, comunque.»
«Okay...»
«Quando la prossima venuta?»
«Co-cosa?!»
Ho sentito male?! Però Alan sta ridendo...
«Scemo, intendo quando la prossima interrogazione!»
«Eh?!»
«Sei il solito maniaco!»
«Smettila di ridere, io non sono un maniaco!»
«Ah, ma davvero? Allora perché pensi sempre male?»
«Semmai quello sei tu! E mi fai pure le battute apposta!»
Mi sono alzato in piedi e improvvisamente Alan è diventato serio. Stavolta che ho fatto?
«Alan?»
«Scusa, scherzavo...»
«Mh... okay.»
«Pace?»
«Sì.»
Sono contento, ora sto molto meglio. So che Alan lo fa apposta; forse sono io che sono troppo suscettibile...
Idea.
«Ci stai pensando, ora, vero?»
«Sì...»
«Alan... ti sfido.»
«Mi sfidi?!»
«Sì, ecco, perché... lo facciamo troppo spesso.»
«Ah... e cos'è questa sfida?»
«Niente sesso fino a Natale.»
«Mh... fino all'inizio delle vacanze.»
«Mh... okay. Ma non lo devi neanche fare con qualcun altro, altrimenti non vale...»
«Okay.»
---
Venti dicembre, ore dieci e mezzo, di sera.
Com'è per Alan non stare con me? A scuola è perfetto e impeccabile come sempre, mentre il pomeriggio... beh, mi ha detto che è colpa mia se fuma di nuovo, dato che è più nervoso. Dice che l'attività fisica serve a scaricare le energie del corpo, che altrimenti si accumulano e diventano causa di stress... almeno, questo è quello che ho capito.
Proprio stamattina ho recuperato definitivamente il mio impreparato, e dato che Alan è stato molto generoso, sia nell'aiutarmi ieri che nel premiarmi oggi, avrò un voto soddisfacente in pagella.
Perché abbia scelto di essere interrogato adesso è molto semplice: Alan ha finito il secondo giro di interrogazioni molto più in fretta di quanto avrei creduto possibile; inoltre domani pomeriggio conoscerà i miei genitori... per quello che si è soliti definire incontro scuola-famiglia.
E naturalmente io sono tranquillissimo.
Durante questo periodo, comunque, Alan ha fatto le cose più impensabili, cose che non mi sarei mai aspettato da lui. Ovviamente ha fumato molto più di prima... non di fronte a me, ma l'ho capito. Qualche volta mi ha costretto a studiare in anticipo le lezioni che stava preparando... ed è stato un po' come se io lo interrogassi. Tutto sommato, è stato bello. Altre volte mi ha sfidato a risolvere esercizi e problemi di matematica e fisica prima di lui.
Insomma, roba assurda. Una volta mi ha persino lavato i capelli, e poi me li ha anche asciugati... per fortuna li avevo appena lavati e mia madre non si è accorta di nulla. Ora mi arrivano poco sotto le spalle, ma nel complesso sembro spennacchiato, perché quelli di sopra sono più corti e con quelli di sotto ci faccio un codino quando studio.
Comunque, è stato divertente, almeno per me. Alan ha guadagnato un solo giorno con quella storia delle vacanze, perché iniziano proprio la vigilia di Natale. E questa credo sia l'unica volta in cui non ne sono poi tanto dispiaciuto.
Alla fine credo che Alan resisterà anche questi ultimi giorni. Mentre ascoltavo Something pretty si è fatto tardi, quindi spengo tutto e cerco di dormire. Solo che ultimamente, quando penso ad Alan, oppure quando lo guardo, a volte, mi sembra quasi di soffocare... è una cosa stranissima... o forse è solo una mia impressione.
Però ho paura di dirlo ad Alan. Forse è una stupidaggine, ma non voglio assolutamente che mi prenda in giro. Merda, non riesco a dormire. Prendo il cellulare... gli mando un messaggio? Mh... sì.
«Alan, sei sveglio?»
«Sì.»
«Non riesco a dormire.»
«Perché pensi a me?»
Cazzo, come fa a saperlo?»
«Sì, ma come lo sai?»
«Perché mi stai mandando messaggi, scemo!»
«Ah... scemo sarai tu, comunque.»
«È tardi, vedi di dormire.»
«Non dire così. Voglio sapere una cosa.»
«E dilla, no? Tremila messaggi per parlare a monosillabi...»
«Cosa dirai domani ai miei genitori?»
«Sto finendo i soldi.»
«Alan!»
«Vuoi proprio saperlo?»
«Sì... dai!»
---
«Morgan è un elemento molto silenzioso, ma anche molto laborioso.»
Mio padre naturalmente non c'è. Alan sembra divertito, allegro.
«È brillante, non ha nessun problema. Se vuole vedere il registro...»
«Grazie, non ce n'è bisogno.»
Dopo ridiamo di tutto, soprattutto del tono che ha usato Alan, da vero professionista.
«Sei stato perfetto, dovresti fare l'attore!»
«Temevo che da un momento all'altro tu dicessi qualche idiozia o peggio che mi chiamassi per nome!»
«Beh, non l'ho fatto!»
«Che c'è? Oggi ti vedo particolarmente allegro, e non posso credere che sia solo per quello che ho detto.»
«Mh... no, no... oggi vorrei festeggiare...»
«Come?»
«Beh... non lo so.»
«Usciamo? Oggi però è solo mercoledì. Tu a che ora devi tornare a casa?»
«Durante la settimana massimo alle dieci...»
«Allora sabato?» dice accendendosi una sigaretta.
«Okay, comunque non posso tornare troppo tardi...»
«Tranquillo, andrà bene... e non dobbiamo tornare troppo tardi.»
«Che vuoi dire?»
«Mh...»
«A che stai pensando?»
«Ho già un'idea in mente.»
«Che idea? Dimmi!»
«No! Scemo, è una sorpresa!»
«Alan!»
«Morgan... non fare il bambino.»
«Uffa! Okay...»
Non so se ho la forza di aspettare, però so che devo farlo, perché non ho altra scelta... e se Alan dice una cosa con quel tono e quella decisione, è impossibile che ceda. In un certo senso lo adoro quando fa così.
Io mi sento sempre più strano... e non saprei neanche dire perché, ora. Ho tanta voglia di stare con Alan, forse troppa. Com'è possibile che io senta la voglia di starci insieme se già in questo stesso momento siamo insieme? Non capisco... cosa c'è che non va? Sono io, oppure qualcosa del nostro rapporto?
Aspetterò con ansia sabato. Voglio che sia una giornata indimenticabile, e chissà dove mi vuole portare Alan... ah, ora che ci penso...
«Alan, ma usciamo fuori città?»
«Sì, certo, tranquillo.»
«Dove?»
«Mh... non te lo dico. Comunque non ti preoccupare, quando saremo lì, sicuramente non c'è pericolo di incontrare qualcuno di qui.»
«Perché?»
«Non posso dirtelo.»
«Perché?»
«La smetti di dire perché? Perché altrimenti rovino la sorpresa, no?! Non ci arrivi da solo?»
«Scusa... non ti arrabbiare, eh!»
«Non sono arrabbiato... dai, vieni qui, vicino a me...»
«No...»
«Pace... per favore, Morgan, non voglio litigare.»
«Mh... pace. Ma solo perché sono incredibilmente buono e paziente e ti voglio bene...»
«Macché, sei infantile, curioso ed esasperante, altro che buono e paziente...»
«Però ti voglio bene.»
«Mh...»
 
Capitolo 10
Una giornata perfetta... o quasi! (Morgan)

Ventiquattro dicembre, sabato.
Finalmente è arrivato questo giorno. Mi sembrava non arrivasse mai, roba da non credere. Appena uscito da scuola, però, decido di non andare da Alan. Mangio a casa, perché dopo voglio sistemarmi per bene... voglio che Alan mi trovi magnifico, oggi. Dopo poco mi arriva un suo messaggio.
«Non mangi con me?»
«Oggi no, scusa.»
«Perché?»
«È una sorpresa...»
«Ah, sì?! Non vedo l'ora di sapere di cosa si tratta...»
Dopo mangiato mi lavo i denti e tiro fuori i vestiti. Ho scelto due abbigliamenti diversi durante questi giorni, e ora è il momento della decisione finale. Naturalmente sono stato molto attento a non far capire niente a mia madre. Potrei mettermi i miei nuovi pantaloni grigi, lisci e sensuali, con una maglioncino aderente azzurro e come giacca il mio giubbotto di pelle... oppure i miei jeans neri, non meno belli ma semplicemente diversi, e il maglione rosso che mi ha regalato l'anno scorso la madre di Mark a Natale, e come giacca ho il cappotto che fa completo con i jeans...
Anche se il maglione è rosso, non sembra natalizio. Mi dico che se indosso i pantaloni grigi, Alan mi prenderà in giro dandomi dell'infantile... ma in fondo io ho solo quindici anni. Però voglio far comunque colpo su di lui, in qualche modo, perché se metto quel maglione Alan magari non vorrà più vedermi... mh... forse ho trovato. Metterò i pantaloni neri con il maglione azzurro, così sarà una cosa di mezzo tra le due scelte... sì, mi pare la cosa migliore. Speriamo bene.
Prendo le chiavi e sto per uscire, quando improvvisamente mia madre mi chiude la porta davanti.
«Ma', ma che fai?»
«Morgan...»
Improvvisamente sudo freddo... che cosa c'è che non va? Non mi piace il suo tono sospettoso.
«Sì?»
«Cos'hai in mano?»
Le chiavi. Di Alan. Cioè, la mia copia. Una del cancello esterno e l'altra della porta di casa.
«Niente...»
Prima che possa pensare qualsiasi cosa di intelligente per liberarmi da questa situazione, mia madre mi prende il braccio, e naturalmente le chiavi, pur essendo solo due, fanno un rumore inequivocabile.
«Dove le hai prese? Di chi sono?»
«Mie. E ora se non ti dispiace io dovrei uscire.» dico seccato divincolandomi.
«Morgan, tu non esci finché non mi dai delle spiegazioni.»
Cazzo, e ora. Calma... il cellulare è nelle mie tasche, non c'è pericolo che lo prenda. Le chiavi... ce le ho in mano. Le metto subito dentro i jeans, ma mia madre è ancora lì, ferma, che mi fissa. Ed io sono terrorizzato come non mai. Sono le chiavi della mia gioia, ecco cosa sono...
«Non possiamo parlarne dopo...?»
«Quando? Quando viene tuo padre?»
«No, no... per favore. Ti prometto che dopo parliamo, ma ora fammi uscire, ti prego.»
«Mh...»
«Non faccio niente di male.»
«Ne sei sicuro?»
«Sì.» rispondo deciso senza esitazioni... stare con Alan non è sbagliato, per me.
«Va bene. Ma domani voglio una spiegazione, altrimenti potrebbe venirmi voglia di parlarne a tuo padre...»
«No, no... domani, promesso.»
Finalmente riesco ad uscire, e l'aria pomeridiana di dicembre mi sembra fresca, piena del sapore della libertà... in quella famiglia io ci soffoco, e prima o poi ci muoio. Improvvisamente mi accorgo che fa davvero freddo, e mi avvolgo di più nella giacca, abbottonandola. Appena Alan mi vede il viso gli si illumina in un sorriso bellissimo, che però svanisce quando vede la mia espressione terrorizzata.
«Tutto okay, Morgan?»
«Sì, scusa, è solo che...»
Non voglio rovinare la giornata... non posso rovinare la nostra giornata insieme.
«Che... ?»
«Mh... niente di importante.»
«Dimmi subito cos'hai, Morgan. Avanti.»
Non lo sopporto quando usa questo tono... sembra lo stesso dei miei genitori...
«Niente, solo un piccolo litigio con mia madre... ma non ti preoccupare...»
«Perché non me ne parli?»
«Non mi va!»
«Okay... come vuoi. Sei triste?»
«No, semmai arrabbiato. E voglio uscire con te.»
«Okay... mh... vediamo un po', che ti sei messo?»
Finalmente mi sento più rilassato, e faccio vedere ad Alan il mio maglioncino.
«Carino.»
Carino?! Tutto qui?! Uffa... Alan probabilmente si accorge del mio broncio perché comincia a ridere.
«Che c'è da ridere?! Faccio così schifo?!»
«Oh, Morgan, datti una calmata! Prima di tutto, scherzavo, sei stupendo. Secondo, cercavo di migliorare il tuo umore. Terzo, se ce l'hai con tua madre, perché cazzo ti metti a urlare con me?!»
«Oh, Alan, scusa!» dico abbracciandolo. «È solo che quello non è il modo migliore per farmi stare meglio.»
Alan mi prende dolcemente i capelli e mi tira indietro, poi ci guardiamo per un po' e, come sempre in questi momenti, sento crescere l'imbarazzo per la strana atmosfera che si crea ogni volta... proprio quando sto per dire qualcosa, qualsiasi cosa, Alan mi bacia piano, lentamente, tanto lentamente quanto non avrei mai creduto fosse possibile. Mi sento sciogliere, e stranamente non mi ero mai sentito così bene come in questo momento. E già prima pensavo che ogni gesto con Alan fosse fantastico...
«Dimmi, Morgan... io voglio aiutarti.» mi sussurra all'orecchio mentre io sono completamente confuso.
«No... non voglio...»
«Mh...»
«Se mi vuoi bene, non chiedermelo...»
«Okay...»
---
Alan non mi ha detto dove siamo... mi ha detto di chiudere gli occhi e rilassarmi, mi ha detto che potevo stare tranquillo, che non mi avrebbe ammazzato facendolo sembrare un incidente d'auto, mi ha detto... mi ha detto tante altre cose, molte delle quali per farmi ridere, e io sono molto felice. Perché vuol dire che ci tiene a me, no? Che vuole che io stia bene... in fondo una volta me lo ha anche detto che mi vuole bene... significa qualcosa?!
«Alan, dove siamo?!»
«In un bel posto, fidati.»
«Spero ne sia valsa la pena, con due ore di macchina, perché si gela.»
«Appunto, guarda come ti sei vestito e pentiti. Entriamo lì?»
«Negozio di abbigliamento?! E perché?»
«Perché ho deciso così.»
Dopo quasi un quarto d'ora, durante il quale Alan mi ha fatto fare mille prove, usciamo da quel negozio... con un paio di sciarpone di lana in più. La mia è blu, quella di Alan è gialla. Lui si è messo dei jeans chiari e una camicia nera, con sotto trecento imbottiture, a detta sua. E porta un cappotto di jeans imbottito internamente... ma questi per lui sono abiti quotidiani. È stupendo. Sembriamo quasi uno il contrario dell'altro, a vestiti. Sotto io scuro, lui chiaro, sopra viceversa... e anche le giacche. Mi vien quasi da ridere...
«Sei stupendo, oggi.»
«Davvero?!»
Stranamente mi sento in imbarazzo. Eppure non dovrei, dato che io e Alan ci conosciamo da un bel po' di mesi. Ma non mi fa i complimenti tanto spesso, anzi, ora che ci penso, quasi mai; quindi, quelle poche volte che li fa, devono essere veri.
«Sì. Dovresti essere più sicuro di te stesso, Morgan.»
«Più sicuro di me stesso?»
«Se sto con te da tanto tempo, vuol dire che comunque mi piaci... credevo che ormai lo sapessi.»
Cazzo, perché mi sento svenire?! Sono felicissimo, e per una scemenza simile... ma se Alan mi parla così... devo cercare di controllarmi.
«Beh... ehm, anche tu mi piaci molto.»
«Questo lo so.»
Per il resto della giornata andiamo in giro per negozi, roba da matti... e ad un certo punto, Alan vuole comprarmi un portachiavi...
«Dai, scegline uno.»
«Ehm... veramente io...»
«Che c'è? Dai...»
Alla fine ne prendo uno a forma di stella, giallo trasparente. Alan sembra soddisfatto e mi dice di aspettarlo fuori... chissà perché.
«Okay, ora andiamo a casa.»
«Così presto?!»
«Ci vuole tempo per tornare e voglio andare con calma.»
«Comunque, arriveremo troppo presto per salutarci!»
«E chi ha detto che dobbiamo salutarci?»
Infatti, quando arriviamo a casa, quasi automaticamente cominciamo a spogliarci, senza neanche guardarci, come se fosse un'abitudine. Alan accende il riscaldamento e mi prende alle spalle, sorprendendomi un po'.
«A che ora devi tornare?»
«Beh...» comincio a dire, ma in realtà non lo so neanche io. Dato che però ho litigato con mia madre... «... io non voglio che mia madre si arrabbi, quindi se tornassi un po' presto forse sarebbe meglio. Che ore sono?»
«Sono le nove e mezza.»
«Facciamo per le undici, allora?»
«Non devi chiedere a me il permesso, Morgan.»
«Sì, lo so...»
---
Alle undici e cinque circa sono a casa. Mia madre mi sente rientrare e mi guarda... chissà perché credo che mi stesse aspettando apposta. Mi sento subito a disagio, ma non voglio dargliela vinta.
«Ciao, ma'.»
«Ciao, come mai così presto? Ti sei divertito?» dice beffarda... che cazzo ha da sogghignare poi...
«Tanto. Ma sono stanco.»
«Quella sciarpa è tua?»
«Sì... mh... l'ho comprata oggi.»
«Perché non ti siedi a parlare con me?»
«Mh...»
«Tuo padre è già a letto.»
«Abbiamo detto che parliamo domani, no? Ora vorrei riposare.»
Mi preparo in due minuti e mi chiudo in stanza, senza nessuna musica, senza niente. Questo, finora, è stato il giorno più bello, e allo stesso tempo il più brutto della mia vita...
 
Capitolo 11
Sospiri... di sollievo (Morgan)
Domenica mattina. Natale.
«Morgan, buon Natale.»
«Anche a te, ma'.»
«Buon Natale.»
È mio padre...
«Buon Natale, papà.»
A causa dei nostri rapporti un po' complicati, che forse derivano solo dalla mia età... o forse no, mi sento sempre a disagio quando c'è lui.
Sotto l'albero ci sono tre regali. Uno da me a mamma, uno a papà... uno da parte loro per me. Mi hanno regalato un maglione carino... nero con dei laccetti bianchi. Io a mia madre e a mio padre ho regalato i biglietti per un concerto qui vicino di un vecchio gruppo della loro giovinezza, che canta la loro canzone di matrimonio. Mia madre sembra contentissima...
«Oh, Morgan, ma non hai speso troppo?»
«No... tranquilla.»
Papà dopo un po' esce, dice che va a prendersi qualcosa al bar qui vicino, dove vuole anche dare il buon Natale ai suoi amici, credo. Mamma improvvisamente diventa seria e mi si avvicina, e mi cresce subito l'ansia, ma mi dico che devo assolutamente essere un attore perfetto, ora più che mai.
«Morgan, dobbiamo parlare.»
Calma, calma... calma.
«Scusa, ma'... ieri, ecco, avevo fretta.»
«Mh... allora hai una spiegazione?»
«Certo. Sono del professor Steele, le ha dimenticate a scuola e io le ho raccolte, ma era già andato via.»
«Ah... e perché non me l'hai detto ieri?»
«Ero di fretta e... ero nervoso perché non volevo fare tardi.»
«Se ti comportavi così, però, avevi qualcosa da nascondere...»
«Ti giuro che non faccio niente di male, ma'! Te l'ho già detto... e non so come rintracciare il professore. Non posso mica chiedere il suo numero a scuola, non mi sembra giusto, e poi sicuramente lui ha una copia delle chiavi...»
«Mh... e perché le avevi in mano, allora?»
«Mi ero dimenticato di averle e non volevo che le trovassi e pensassi chissà cosa...»
«Okay.»
«È la verità.»
«Ti credo...»
«Ma... ?»
«Ma penso che mi nascondi comunque qualcos'altro, anche se non so cosa... da quando sei tornato dalle vacanze sei strano, diverso...»
«Ma no... sono uguale... cioè... sono solo cresciuto.»
---
«Alan, ha funzionato, ce l'ho fatta!»
«A fare cosa? Comunque, buon Natale.»
«Ah, oh, scusa... buon Natale... questo è per te.»
«Ah, grazie...»
Spero tanto che il mio regalo piaccia ad Alan. Gli ho regalato due scoiattolini di legno, alti circa tre centimetri... li ho presi la settimana scorsa in un negozio di artigianato, mi sono piaciuti subito perché erano molto teneri: uno è sulle zampe anteriori e rivolto verso il basso, mentre l'altro è accucciato e teso verso l'alto... messi vicini sembra che si bacino e sono carinissimi.
«Grazie, Morgan, sono stupendi.»
«Davvero?! Cioè, ti piacciono?»
«Sì...»
Guardo Alan che sistema il mio regalo sul tavolo del soggiorno, e ne sono contento; poi aspetto invano che Alan mi dia il suo, e mi sento tremendamente nervoso, strano. Ho voglia di grattarmi il collo, e sto quasi per farlo, ma Alan sembra improvvisamente accorgersi di me.
«Sì?»
«Ehm... niente.»
«Hai un'aria strana... dimmi pure.»
Sembra divertito. Perché?
«Alan, mi stai prendendo in giro?! Mi fa soffrire... per favore, non farlo...»
«Scusa, vuoi il tuo regalo?»
«Sì.»
«Mh...»
Non capisco, non capisco proprio cosa succede, ma mi sta salendo l'ansia dentro...
«Alan!»
«Ieri ti ho già regalato un po' di cose no?»
Cosa?! Non può essere...
«Alan, non puoi dire sul serio!»
«Scusa. Io vorrei che il regalo di Natale che io ti voglio fare... sia lo stesso che tu fai a me... anche se sembra un po'... mh, troppo seria la cosa, detta così.»
«La cosa... cosa?»
E mentre Alan parla, mi sembra di morire per l'eccitazione e per l'idea assurda ma esaltante che mi si sta formando in mente...
«Okay, perfetto.»
«Sul serio, Morgan? Cioè... sicuro che non ci sono problemi a casa poi?»
«No... sta' tranquillo, posso farcela.»
«Mh... non so... per questo non ero molto sicuro che fosse una buona idea...»
«Se tu vuoi... cioè, se tu mi vuoi così... io posso fare qualsiasi cosa...»
«Non dire così. Per favore.»
«Perché no?»
«Mh...»
«Oggi non mi dici granché...»
«Scusa, è solo che...»
«Dimmi, io ti ascolto...» dico con sincerità, e voglio davvero aiutare Alan.
«... niente. Solo, alcuni pensieri che... ma tu non devi pensarci.»
Oggi Alan è così strano... a Natale si dovrebbe essere felici, non tristi, malinconici, o qualcos'altro. A che starà pensando Alan?! Non ne ho idea, ma non sembrano bei pensieri... e non voglio assolutamente che lui stia male oggi. Oggi, Natale. Questo da solo deve significare che Alan deve passare una giornata splendida, e se ha bisogno di me per farlo, farò davvero tutto ciò che sono capace di fare.
«Alan?»
«Mh?!»
«Adesso facciamo andare via questi brutti pensieri, vero?»
«Mh...»
«Mangiamo insieme?»
«Non mangi a casa?»
«Sì, ma se mangio poco a casa posso mangiare anche qui con te...»
«Non ho cucinato niente di speciale di quello che si fa a Natale...»
«Non fa niente. Se stiamo insieme, basta e avanza... qualsiasi cosa, no?»
«Mh... okay.»
«Sì!»
«Morgan?»
Ops...
«Ehm... sì?»
«Grazie.»
---
«Mh... sembra una cosa pericolosa... non so, Morgan...»
«Ti prego!»
Ecco il punto centrale del mio problema: convincere un amico a darmi tutto il suo aiuto... anche se significa mentire pesantemente e correre il rischio di finire in grossi guai. Anzi, in guai enormi. Almeno per noi...
«Non ne sono sicuro! Non capisco cosa ti prende, non ti sei mai comportato così prima d'ora... e non so se va bene...»
«Ti prego... è una cosa importante, importantissima. Per me ha importanza vitale. Insomma, questione di vita o di morte!»
«Morgan, aspetta. Starai bene? Che farai? E poi almeno dammi qualche informazione... se ti succedesse qualcosa, io...»
«Mh... c'entra questa estate... ma non posso dirti nient'altro, per adesso.»
«Ah... me lo sentivo, lo sapevo. Allora... c'entra un'altra persona?»
«Sì.»
«Qualcuna che ti piace?»
«Mh... forse!»
«Anche a me in questo periodo piace una tipa...»
«Chi?»
«Sally...»
«Sally?! ... non l'avrei immaginato! Complimenti!»
«Ma va'! Lei non fa che guardare te...»
«Me?! Ma cosa dici! Vai e conquistala...»
«Grazie, Morgan, sei un amico.»
«Ma va'... tu sei un amico!»
«Però capisci che dovrà saperlo anche mio padre... vero?»
«Sì... spero che capisca anche lui! Grazie, mille, Mark!»
Alan sarà contento ora. Non vedo l'ora di dirgli che è andato tutto bene e che presto potrà stare molto meglio di come sta adesso... perché io mi prenderò cura di lui, da adesso in poi, finché potrò... voglio che lui sia felice.
 
Capitolo 12
Paura e tristezza (Alan)
«Alan, è andato tutto come avevo sperato!» ha quasi urlato Morgan travolgendomi.
Morgan è su di giri. È da giorni che fa su e giù da casa sua a casa mia, e non l'ho mai visto così agitato. Forse è anche nervoso, chissà. Mi chiedo se non sia stato uno sbaglio invitarlo... però in realtà non voglio domandarmelo, perché ora mi sento molto meglio, dato che la gioia di Morgan ha coinvolto anche me alla fine. È strano come riesca a influenzarmi, e davvero non sono certo di sapere come faccia... ma forse è solo perché è Morgan.
«Morgan, che giorno è oggi?»
«Come che giorno è?! Trenta dicembre! Domani è l'ultimo dell'anno!»
«Sì, lo so... domani è anche sabato però.»
«Che vuoi dire?»
«Andiamo un po' in giro?»
«Dopo pranzo però. Cioè, mangio a casa mia e poi sto fuori tutto il giorno. Teoricamente dovrei dormire da Mark...»
«Okay, dormi da me...»
Morgan sorride in modo un po' diverso... e non so perché avverto un brivido corrermi lungo la schiena.
«Morgan, c'è qualcosa che devi dirmi?»
«No, assolutamente...»
«Mh... sicuro?»
«Sì... allora, domani pomeriggio dove mi porti?»
«Mh... ci sto ancora pensando.»
«Ehi, quello è il tuo paio di chiavi?»
«Sì, perché?»
«Hai comprato il portachiavi uguale al mio...»
«Mi hai detto che tua madre pensa che il tuo paio fosse il mio, no?»
«Mh... ma ci sei riandato per comprarlo?»
«No, a essere sincero no. Mi piaceva e l'ho preso anche per me.»
«Che bello...»
«Bah... non è che ci sia poi tanto di speciale...»
«Ihihih...»
«Smettila di ridacchiare e vieni qua...»
«Scusa...»
«Mh... scuse non accettate. Si prega di riprovare in un altro modo!» dico cercando con tutte le mie forze di non ridere.
Morgan abbassa gli occhi e... sbadiglia.
«Morgan! Ti sembra il modo?»
«Scusa, non ho resistito!»
«Vuol dire che ti annoi a stare con me?!» insinuo tanto per divertirmi un po' a prenderlo in giro.
«No...»
«Allora cosa? Sei... triste?»
«No, non è niente.»
«Mh... se lo dici tu.»
Ma ormai da un bel po' mi sono accorto che Morgan è cambiato. E non credo che dovrò aspettare molto perché la mia curiosità sia soddisfatta... infatti credo proprio che sarà Morgan stesso a parlarmene, quando si sentirà pronto...
---
Finalmente è arrivato, l'ultimo giorno dell'anno.
Morgan e io siamo stati in vari posti, più che altro abbiamo girato qualche città qui vicino, ma non troppo vicino, senza dare nell'occhio. Lui naturalmente era molto entusiasta ed io mi sarei aspettato che... beh, sì, insomma, che saltellasse qua e là contento... invece è stato insolitamente tranquillo, calmo accanto a me, senza mai scomporsi troppo, e la cosa fa crescere ancora di più i miei sospetti... e sento un'incredibile paura. Perché io non voglio che Morgan si innamori di me... assolutamente no. È impossibile, lui non può, io non posso, ma soprattutto io non posso, perché non devo... altrimenti...
«Alan.»
«Sì?»
Ora siamo a casa, sto preparando qualcosa per mangiarla insieme mentre aspettiamo la mezzanotte.
«Senti... non è che ora mi serva urgente, ma...»
«Cosa? Dai, dimmi.»
«Mi fai una ricarica?»
«Di nuovo?!»
«Guarda che tutti con te li spendo i soldi! Non posso mica chiederli ai miei genitori!»
«Uff... ma chi ti dice di mandarmi tutti quei messaggi... ci vediamo praticamente ogni giorno...»
«Sì, ma quando non siamo insieme mi manchi.»
«Mh... e va bene, tanto ormai...»
«Ormai cosa?»
«Niente.»
«Cosa?! Dai!»
«Ho detto niente, quanto rompi!»
«Alan... scusa... io...»
«Scusa tu, sono nervoso.»
«Ah...»
«Non vorrei sfogarmi con te, ma praticamente ci sei sempre tu a portata di mano.»
«Fa niente.»
«Mh... fa invece. È un brutto vizio.»
«Okay... come vuoi. Cioè... non ho capito bene cosa stai dicendo, che devi togliertelo? Comunque, in ogni caso, non ti preoccupare. E poi mi chiedi sempre scusa... cioè...»
«Basta, per favore. Non mi sento molto bene.»
«Che hai?»
«Niente, sul serio, solo stress.»
«Ah... quello sappiamo come curarlo... no?»
«Adesso no. Mi riposo un po', okay? Sono solo stanco... svegliami tra un'oretta.»
«Alle undici?»
«Sì, okay. A dopo.»
Non mi sento molto bene, oggi. Volevo essere contento, ma in realtà non lo sono... e il nervosismo mi fa star male più di ogni altra cosa... o quasi. Vorrei che Morgan sparisse, che se ne andasse e mi lasciasse in pace, così non avrei paura, non dovrei preoccuparmi... no, non è vero. Mi pento subito di questi pensieri, e li scaccio. Anche se mi sento tutto un malessere per questa situazione... poi, proprio quando sto per addormentarmi, suona il cellulare.
«Pronto?»
«Alan, sono io.»
«Ah, ciao Paul.»
«Ma che fai, dormivi?! Hai la voce rauca...»
«Sì...»
«Sta per iniziare il nuovo anno e tu dormi?! Alan... ehm... tutto okay?»
«Mh... sì. Sta' tranquillo. Allora, che volevi?»
«Volevo dirti buon anno adesso perché domani... insomma, dopo sarà impossibile chiamare e non potrò venire. Lo sai, vero?»
«Sì... ho già provveduto da solo, non ti preoccupare.»
«Sì, ma più mi dici di non preoccuparmi più io mi preoccupo, lo sai!»
«Scusa... davvero, sta' tranquillo e goditi le tue vacanze.»
«Grazie.»
«Grazie a te... sei un tesoro.»
«Eh, figurati... per te, questo ed altro... ah, senti...»
---
«Alan... ci sarebbe una cosa che dovrei dirti...»
Siamo a letto, io e Morgan. Oggi non ci siamo neanche sfiorati...
«Dammi un bacio, Morgan...»
«Eh? ... sì...»
Morgan si sporge lentamente verso di me per baciarmi, ed è un bacio lieve, proprio come lo volevo in questo momento... ma mi stacco quasi subito perché non riesco a sopportarlo.
«Tutto okay, Alan?»
«Sì.»
«Perché sei così nervoso?»
«Niente, davvero.»
«Io... ecco, dovrei dirti una cosa... che forse ti farà arrabbiare, non so... però spero che tu non ti arrabbi, sul serio...»
«Dai, parla. Così mi fai solo innervosire di più.»
È giunto già adesso il momento? Non me la sento, non sono pronto ad affrontarlo. In realtà non vorrei ascoltare neanche una parola, perché credo di sapere cosa dirà.
«Ecco, allora... sono molto contento che tu mi abbia invitato per Capodanno, però... io sono stato invitato da Mark e la sua famiglia a trascorrere una settimana in vacanza con loro, in montagna... e ho detto a Mark non solo che volevo saltare questo giorno con lui, ma anche tutta la vacanza... capisci?»
«Eh?! Aspetta un attimo... fammi un riepilogo.»
«Vorrei stare qui con te questa settimana... se vuoi. Altrimenti domani mattina alle cinque devo partire con Mark...»
«Accidenti...»
«Preferirei restare con te, se non ti è di troppo disturbo.»
«Vivere insieme un'intera settimana... cioè sempre. Tutto il giorno. Credi di potercela fare?»
«Io sì, e tu?»
«Sei tu quello che non potrà mettere piede fuori casa, Morgan.»
«Se mi porti fuori città...»
«Escluso, scordatelo. Non se ne parla proprio. Se vuoi restare, voglio che sia una cosa tranquilla.»
«Okay...»
«Possiamo farci anche noi le nostre vacanze in montagna, se vuoi...»
«Ah... noi due soli?»
«No... mi ha chiamato Paul per invitarmi, nel caso fossi solo.»
E lo ero...
«Ah... beh, se tu vuoi... ma non gli dà fastidio?»
«Se glielo chiedo, non gli darà fastidio.»
«Quando?»
«Il due e il tre. Non è un'intera settimana ma... okay?»
«Okay.»
Dopo questo discorso Morgan si accoccola più vicino a me e si addormenta tranquillamente, serenamente, mentre io non riesco a chiudere occhio per un bel pezzo. È così dolce... lui è ancora innocente, spesso ingenuo. Lo trovo terribilmente puro e pieno di fascino e gioia di vivere, di lottare... e terribilmente, dentro di me, molto profondamente, lo invidio anche...
Vorrei solo che tutto fosse più facile per me... perché non lo è? Perché me... ? Perché... me?!
 
Capitolo 13
Il discorso tanto temuto... (Alan)
Quattro gennaio.
Questi giorni insieme a Morgan, Paul e il suo attuale compagno, sono stati davvero rilassanti. Poter stare appiccicati in vacanza anche senza neanche sfiorarsi fisicamente è talmente insolito... perché in genere preferivo attaccarmi solo al corpo di qualcuno senza che ci fosse nessun vero contatto. Durante la vacanza Morgan e Paul hanno avuto modo di conoscersi meglio e credo che almeno un po' della reciproca diffidenza sia scomparso.
«Morgan?»
«Che c'è?»
Per adesso, che sono quelle poche ore del mattino, tra me e Morgan è tutto okay.
«Senti... non ti ho detto una cosa. Oggi è il mio compleanno...»
«Cosa?! Cosa?! Eh?! Perché non me l'hai detto?! Ti avrei fatto un regalo!»
«No, no... non voglio un regalo... basta che... ehm, che stai qui.»
«Ah... compi ventisei anni?»
«Sì, ventisei. Sembro vecchio?»
«Per niente!»
«Già, ti credo... se no non ti avrei sedotto così in fretta, no?»
«Alan!»
«È la verità. Se ti avesse proposto... quello che ti ho proposto io, un tipo che poteva essere tuo padre, l'avresti accettato?»
«Beh... non lo so... forse no, ma se tu avessi quarant'anni e fossi ancora così penso di sì...»
«Mah... se lo dici tu. Già non va bene così...»
«Perché non va bene?»
«Morgan, lo sai.»
«No, veramente non lo so.»
«Ci sono dieci anni fra di noi. E non è neanche la questione principale. Tu sei minorenne, e io... sono anche un tuo professore, ora. Sai che vuol dire, no?»
«Scusa... ma io, veramente, anche se capisco il tuo discorso, non ci trovo niente di male a stare insieme a te... e in fondo in fondo, neanche tu, altrimenti mi lasceresti perdere.»
«Mh... sì, credo di sì... me lo dai, un bacio?»
«Sì... sì... ultimamente me l'hai chiesto altre volte...»
«Tu non mi salti mai addosso... che pretendi?»
«Eh?!»
«Nel senso... sembra che ti piaccia, ma poi non fai quasi mai niente per farmi capire... insomma, mi sembra di desiderarti più di quanto mi voglia tu...»
«Questo non è affatto vero, Alan...»
«Sessualmente, direi di sì.»
«Oh, scusa tanto...»
«Neanche per il resto, visto che non mi baci... va beh, quasi mai, però...»
«Uff... Alan...»
«Dimmi.»
«Tu... ecco, sei comunque grande, più di me intendo... e mi metti un po' di soggezione...»
«Cosa?! Stai scherzando, vero?!»
«No...»
«Mi pare che tu sia a tuo agio con me, o no?!»
«Sì, ma... beh, i gesti intimi sono diversi...»
«Mah... non capisco il problema.»
«E poi ora sei anche un mio professore...»
«Non mi dire cazzate, non è per questo. Puoi anche essere sfacciato, se vuoi.»
«Va bene, mica a me va sempre di baciarti o di farlo ogni volta che ti vedo, Alan!»
«Beh, bastava dirlo! Mi fai sembrare un insensibile che non si accorge quando qualcosa ti frulla nella testa!»
«No... no, scusa.»
«Uff...»
Parlare con Morgan mi stanca sempre, e spesso finiamo per litigare, o peggio per non dirci proprio un bel niente...
«Alan?»
«Cosa?!»
«Ehm... il sei è il mio compleanno, compio sedici anni...»
«Ho capito, vuoi un regalo...»
«No. Non trattarmi come un bambino, non... non lo sopporto, ecco.»
«Va bene... ma se non ti comporti da adulto non posso che trattarti da bambino.»
«Beh... che tu ci creda o no, mi sto impegnando!»
«Mh... non devi impegnarti troppo, perché comportarsi da grande solo per far piacere a qualcuno non serve a niente... e non saranno le tue azioni a renderti responsabile.»
«Lo so, ma non è facile!»
«Non lo è per nessuno.»
---
Dopo le nostre... piccole divergenze... io e Morgan siamo andati abbastanza d'accordo, per oggi, anche se ci evitiamo un po'. Le cose si sistemano un po' la sera, quando siamo seduti al divano in camera a guardare un po' di televisione. Nel senso che la fissiamo, ma in realtà stiamo pensando a tutt'altro che agli stupidi programmi che vanno in onda.
Mentre mi lamento appunto di questo, Morgan si tira un po' su e si avvicina a me, togliendomi il telecomando senza dire una parola; spegne la televisione e si alza per spegnere anche la luce della stanza, accendendo poi quella del lume sul comodino, dietro il divano. Allora torna verso di me...
«Alan, girati.»
«Eh?»
«Fidati...»
Faccio come mi ha detto e lo sento abbassarsi un po' a baciarmi la guancia destra da dietro, poi posa le mani sulle mie spalle... e incomincia a massaggiarmi. Mi sento subito meglio; ne avevo proprio bisogno, con tutto quello che ho accumulato in questi giorni, anche se la maggior parte forse era insofferenza mentale.
«Mh... hai le mani di un angelo...»
Morgan rallenta i suoi movimenti, aumentando un po' la pressione delle sue mani, e mi bacia di nuovo, stavolta l'altra guancia. Dopo scende giù e mi abbraccia, baciandomi il collo, che sposto quasi automaticamente per il piacere che sto provando... Morgan non è sempre così audace. Sembra così sicuro di sé in questo momento... sarà vero?
«Mh... Alan...»
La sua voce è bassa e calda, la adoro in questi momenti. È molto elettrizzante.
«Vuoi farmi un succhiotto?»
«Mh... non so se lo so fare...»
«Vieni qui...»
Morgan fa il giro del divano e si avvicina a me, allontanandosi però un attimo con gli occhi lucidi per la voglia, e in quel momento anche io posso godere della sua vista... questo ragazzo è molto più sensuale di quanto creda lui stesso... e mi attrae a sé in maniera incredibile e sconvolgente, fino a lasciarmi senza fiato. Ed infatti è così che finiamo, prima sul divano a coccolarci un po' e poi nel letto, finché improvvisamente non ci fermiamo, perché ci siamo eccitati così tanto da non poter resistere.
C'è un momento di infinito silenzio con dentro solo i nostri respiri, ma dopo cominciamo tutti e due a ridere, ancora affannati.
«Alan, che hai combinato!»
«Scusa, non so che mi ha preso...»
«Ahahah, scemo!»
«Senti chi parla!»
«Mh... va beh, io sono giovane, facilmente eccitabile...»
«E io sono stato sedotto da quello stesso giovane, allora...»
«Mh... va beh...»
«Vuoi farlo ancora?»
«Mh... io sto bene anche così... tu?»
«Anche io, sul serio, uff... è troppo assurdo...»
Morgan non dice più niente e ride un po'... e io lo trovo bellissimo.
«Sei stupendo, Morgan...» gli sussurro scostandogli piano una ciocca troppo lunga che gli si è posata sulla guancia.
«Mhhh...»
Morgan si nasconde contro di me stringendomi in quel modo possessivo che mi toglie il fiato... e non certo perché sta stringendo troppo forte. Per guardarlo di nuovo in viso me lo devo praticamente scollare di dosso... e vedo che è nervoso e in imbarazzo.
«Cos'hai adesso?»
«Niente, Alan...»
«Dai, dimmi...»
«Io... credo di essermi innamorato di te...»
Oh... oh, cazzo. Cioè, cazzo. Adesso? Ora che questa... sì, è un'atmosfera perfetta, e Morgan... merda.
«Credi?»
«No, cioè, sono sicuro.»
«Non lo so...»
Scusa, Morgan. Lo so che adesso soffrirai come un cane, ma è la cosa migliore... tu non devi...
«Alan... dico sul serio.»
«Ti sbagli.»
«Ma...»
«Cos'è l'amore? Tu mi vuoi solo bene, e pensi di amarmi perché non senti l'affetto delle altre persone che ti sono vicine.»
«Non lo so...»
«Vedi, non lo sai. E sei troppo giovane per pensarci...»
«Tu non ti sei mai... ehm, preso una cotta per qualcuno, quando avevi la mia età?»
«Quando avevo la tua età stavo per cazzi miei.»
«Alan...»
«Senti, Morgan, amare è una cosa... che non va bene, adesso. Vivere insieme...»
«Perché? A me piace stare con te, ci starei sempre, vorrei aiutarti...»
«Morgan.»
«Dimmi...»
«Ci sono delle cose... delle cose che tu non sai.»
Sto male, Morgan. Fa soffrire tremendamente anche me dirti queste cose... mi piaci, e tanto, davvero... ma...
«Dimmele, allora.»
«Non... non ho nessuna voglia di dirtele.»
«Mh...»
«Non voglio che tu... che tu ci stia male. Capito?»
«Mh...»
«Morgan?»
«Sì?»
«Puoi cercare di capire la cosa da un punto di vista maturo? L'amore si costruisce nel tempo... e noi non siamo molto diversi da due estranei. Tu ancora dici di sentirti in soggezione!»
«Scusa, hai ragione... però, ecco... penso che potrebbe diventare...»
«Non ora, vuoi?»
«Okay.»
Merda. Morgan non piange, e mi sento ancora peggio per questo. È come se non ci riuscisse, e quando non si riesce a piangere, non si sta bene... provo a coccolarlo un po', ad accarezzargli il volto e i capelli, le spalle... finché lo sento sospirare.
«Mi vuoi?»
«Eh?»
«Intendo... se tu vuoi me come io voglio te.»
«Io, cioè, ecco...»
«Non per forza, ovviamente...»
«Sì, cioè... finora non avevo mai pensato seriamente che tu... potessi essere mio...»
«Certo che posso...»
«Io ti... cioè, ehm, ti voglio bene, sul serio, tanto.»
«Mi fido di te.»
«Davvero?!»
Davvero? No... non credo. Cioè... mi fido... ma quanto?!
«Sì...»
---
Anche se non sono molto convinto di quello che sto facendo, ho deciso di comprare un regalo a Morgan. Ho provato a chiedergli che cosa vorrebbe, ma ha detto che anche se non gli avessi regalato nulla, sarebbe andato bene lo stesso. Ma non credo di essere tanto meschino da non fargli un regalino...
Giro un po' di negozi qui a Hipyon, ma non c'è niente che mi piaccia sul serio, niente che io trovi adatto a Morgan... anche se forse io non so cos'è veramente adatto a lui.
«Mi scusi, posso aiutarla?»
È la commessa del negozio.
«Ecco, io... dovrei fare un regalo... e non so proprio cosa scegliere...»
«Certo, mi dica pure. Per un amico?»
«No... veramente...»
«Per la sua ragazza?»
Per il mio ragazzo?
«Ehm... sì, all'incirca...»
«Perché non prova il nostro reparto offerte speciali? Ci sono articoli di ogni genere tra cui scegliere...»
«Mh...»
La signorina, che non avrà più di vent'anni, mi ci accompagna e comincia a mostrarmi un po' di cose, mentre la mia attenzione viene stranamente attratta dai peluche...
«Alla sua ragazza piacciono i peluche?»
«Veramente non saprei... avete rose finte?»
«Sì, certo.»
«No, aspetti...» la fermo pensando che forse questo sembrerebbe un po' troppo romantico, «Ho cambiato idea.»
«Certo. Cosa desidera?»
«Avete dei libri?»
«Certo, mi segua...»
Ci sono molti libri, ma non so davvero cosa scegliere, così la ragazza mi lascia solo a riflettere. Che tipo di storia potrebbe piacere a Morgan? Poi vedo un libro che attira la mia attenzione, è una raccolta di poesie di vari argomenti: amore, amicizia, tristezza, gioia... sì, mi dico che può andar bene. Certamente Morgan non si aspetterà una cosa del genere, ed io spero che gli piaccia...
«Scusi, signorina, me lo incarta?»
«Certo, lasci fare a me.»
Morgan... ci sono tante cose che vorrei dirti...
 
Capitolo 14
Triste inverno... e oltre il muro? (Morgan)

Sette gennaio.
Inaspettatamente, ieri Alan mi ha fatto un regalo, anche se non ci speravo più di tanto. Se devo essere sincero in realtà ci speravo proprio, anche se gli avevo detto di non farmelo... mi ha regalato una raccolta di poesie... ma non mi importava cos'era, ero troppo contento per il regalo, ieri. In fondo Alan mi vuole bene, no?
Oggi è il nostro ultimo giorno insieme. Ho chiamato Mark per sapere quando tornano, e pare sia stasera, verso le sei del pomeriggio. L'ho detto ad Alan, che però non ha fiatato; mi ha guardato e basta. E non sono riuscito a capire cosa pensava, purtroppo... in questo preciso momento sta cucinando il pranzo.
«Alan...»
«Sì?»
«La scuola ricomincia lunedì...»
«Lo so.»
«Sarebbe meglio se noi due, dopo questo periodo, stessimo un po' lontani...»
Sento risalire dentro di me la solita ansia. Perché Alan ha questo potere su di me? Non lo sopporto...
«Cosa?! Come sarebbe?! Non ti piaccio più?»
«Uff... Morgan, qualsiasi cosa io dica non devi pensare che all'improvviso non ti voglia più bene, chiaro?»
«Sì... e allora cosa?»
«Penso che dovresti frequentare un po' di più i tuoi coetanei.»
«Eh? Perché?»
«Morgan, lasciami parlare. Non lo vedi che stiamo sempre insieme?! È un po' troppo, non credi? Accetta quello che ti ho detto, per piacere.»
«Cioè... dovremmo vederci di meno?»
«Sì... non molto di meno, basta che tu non trascuri il resto del mondo intorno a te.»
«Okay...»
«Morgan...»
«Okay, sul serio, ho capito. Hai ragione tu.»
Quando Alan fa questi discorsi da adulto, mi sembra di sentire un po' di più la nostra lontananza... perché lui ha più esperienze di vita, forse... non lo so... però quando mi parla in quel modo, in quel suo modo autoritario, mi ricorda mio padre, e io questo non lo sopporto, perché mio padre...
---
Oggi è sabato tredici gennaio.
Si può dire che la mia presenza a casa di Mark sia quasi obbligata, perché in realtà vorrei essere con Alan. Sono praticamente mesi che ci vediamo tutti i giorni a scuola e poi i pomeriggi a casa sua, e pure se anche io comprendo ciò che mi ha detto, sento il desiderio di stare insieme a lui. Forse siamo stati troppo vicini...
«Allora, ti muovi? Insomma, ma che hai? Hai la testa tra le nuvole!»
«Sì, eccomi. Scusa, Mark...»
Come mi ha suggerito gentilmente Alan, ho deciso di stare un po' anche con i miei coetanei.
«Non è che oggi per caso ti dovevi vedere con... ehm, insomma, quella persona di Capodanno?»
«No, no...»
«È successo qualcosa? Hai litigato con la tua ragazza?»
La mia ragazza?
«No... solo, ecco, abbiamo deciso di non stare appiccicati...»
«Ah...»
A che starà pensando?
«Allora è vero che ti sei fidanzato!»
«Ma-Mark! Ma insomma!»
«Ihihih, guarda che buffo, sei pure arrossito!»
Molte volte mi sono domandato se Mark per caso sappia qualcosa di me... forse perché si comporta con me in un modo che a me sembra un po' diverso a quello con cui si rivolge a tutti gli altri suoi amici.
«Pensa a trovartela tu, la ragazza!»
«Oh, oh, okay, non ti scaldare...»
«Mh...»
«Dai, dammi qualche indizio, se puoi!»
Mark, io non ho una ragazza... ma un ragazzo. Anzi, praticamente è un uomo. Ci togliamo dieci anni, sai? E non ci crederai mai, ma lo conosci. Lo vedi quasi tutti i giorni...
«Ehm...»
«Dai, dai!»
«Okay, ma calmati... dunque... è una persona che... mh... tu vedi abbastanza spesso...»
«Ah! Sul serio?!»
«Sì!»
«Altri indizi? Ci sono un sacco di persone che vedo spesso...»
«Spiacente, per ora non posso dirti altro...»
«Ma è quella di quest'estate?»
«Ehm... no comment.»
«No comment?! Mh...»
---
La scuola è dura, stanno per uscire le pagelle.
«Ehi, Alan, oggi mi aiuti?»
«Sì... ho visto subito che non hai capito una parola di quello che ho detto!»
Con la scusa di farmi aiutare a studiare fisica, sono riuscito a recuperare qualche ora con Alan, anche se alla fine, i giorni che stiamo insieme, stiamo insieme... tutto il tempo. Le mie uscite sono andate bene, diciamo. Sono state normali uscite di ragazzi della mia età, cose normali... normali, quanto odio questo termine.
«Non è così!»
Non sono mica un deficiente. Solo che alcune cose non le capisco, soprattutto se si tratta di fisica. Alan lo sa bene...
«Comunque, vuoi che ti rispieghi tutto, no?»
«Sì... per favore.»
«Per favore?! Non c'è bisogno di dirlo così... lo sai che lo faccio con piacere.»
«Vuoi solo che io vada bene, no?»
Proprio come mio padre...
«Eh? No... lo faccio anche per la mia soddisfazione personale.»
«E perché mi vuoi bene, no?»
«Mh... sì, certo.»
Oggi Alan sembra allegro... abbastanza. Non voglio che pensi che sono una seccatura, quindi dovrei stare attento a ciò di cui parlo...
«Io... vorrei parlare di una cosa con te.»
«Parla pure liberamente.»
«Una cosa che non c'entra con la scuola...»
«Certo, dimmi...»
Da quando ho cominciato ad uscire con Mark e con i suoi amici, mi sono accorto che quello che lui mi ha detto qualche tempo fa, non era del tutto infondato... nel senso che Sally è stata molto vicino a me, e Mark sembrava dispiaciuto. Io lo considero mio amico sul serio, non potrei mai stare con Sally in nessun caso... non farei mai una cosa simile a Mark, e soprattutto non credo che potrei fare a meno di Alan in questo momento.
«...»
«Morgan, allora? Se devi dire qualcosa dilla. C'è qualcosa che non va?»
«Niente. C'è una ragazza che...»
«Che ti piace?»
«No, no...»
«Ah, le piaci tu. È Sally per caso?»
Eh?!
«Come fai a saperlo?»
«Perché non sono cieco e queste cose alla tua età sono generalmente piuttosto evidenti.»
«Solo perché è evidente per me...»
«No, Morgan. Lasciami parlare. Per te non è evidente... nessuno se n'è accorto, tranne me. È evidente nel senso che io lo vedo, perché tu lo rivolgi verso di me...»
«Allora perché... a Capodanno...»
«Morgan.» Odio il suo tono di rimprovero, troppo simile a quello di mio padre. «Questo discorso è... insomma, lasciamo stare, okay?»
«Mh...»
Sono triste. Alan mi tratta sempre bene, questo è vero, non posso certo negarlo. Ma nonostante ciò avverto sempre una certa dose di freddezza nel suo atteggiamento, una distanza dovuta non solo alle nostre naturali differenze, ma anche a qualcosa che Alan non mi dice, a una sorta di muro che lui volutamente tiene sempre alzato tra di noi... il cielo non è completamente sereno, e quelle poche nuvole che riesco a vedere da questa finestra, sono scure...
 
Capitolo 15
Dolce inverno (Alan)
Quattro febbraio.
Oggi sono state consegnate le pagelle del primo quadrimestre. Morgan è venuto subito a casa con me, come ha preso l'abitudine di fare da questo nuovo anno, e ha voluto che gli facessi dei complimenti.
«Alan, sono stato bravo?»
«Mh...»
«Alan! Guarda che tu mi hai messo otto in fisica e nove in matematica...»
«Certo, perché te li sei meritati.»
«Cioè... che cambia?»
«Uff... cambia che ti sei applicato alla materia, anche se non più di tanto visto che hai una propensione spontanea verso la matematica...»
«Mh... non sono sicuro di aver capito. Comunque non mi importa. Festeggiamo?»
Cazzo... me lo aspettavo, ma non così presto. Non va affatto bene. Ho detto a Morgan che dobbiamo cercare di non stare tutto il giorno insieme, tutti i giorni... faccio finta di niente?
«Eh?! Festeggiamo cosa? Come?»
«Come sarebbe a dire cosa? La pagella... oltre al tuo nove, ho tutti otto...»
«Mh... e spiegami, questo come dovrebbe interessarmi?»
«Ma... Alan...»
«Devi uscire con i tuoi amici, no? E dovevi andare a casa di Mark a mangiare, se non erro.»
«Non dirà niente... Alan, per favore... è da un sacco che non stiamo un po' insieme per bene, rilassati... ultimamente abbiamo sempre pensato alla scuola.»
«Ognuno di noi fa il suo lavoro, mi pare. Io insegno e tu impari.»
«Quanto sei seccante oggi... Alan, io voglio uscire con te.»
Eh? Cosa? C'è qualcosa di diverso oppure sono io che mi inganno? Perché il tono di Morgan... la sua voce...
«Che tono serio.»
«Ah... beh, sì.»
Dov'è finito il suo tono petulante, infantile e assolutamente insopportabile alle mie orecchie?
«Sembravi quasi un adulto.»
«Sul serio?!»
«No, idiota, ti prendevo in giro... comunque okay, usciamo.»
«Davvero?»
«Davvero.»
«Mh...»
Non se l'è neanche presa per la presa in giro... suona il suo cellulare... non mi riesce difficile immaginare che sia Mark, che naturalmente vorrà sapere che fine ha fatto Morgan.
«Ah, sì. Arrivo subito, aspettami...»
Ha detto che va da lui?! Di nuovo con quel tono? Ma che gli è preso tutt'a un tratto? Ha già riattaccato.
«Vai da Mark?»
«Sì... ehm, ci vediamo dopo, no? Dopo pranzo. Passo da casa a cambiarmi...»
«No. No, cioè... non c'è bisogno che ti cambi, stai bene così...»
«Ah...»
Che ho detto? In realtà sono molto contento della pagella di Morgan, e anche io voglio festeggiare, anche se preferirei che non lo capisse. Ho già in mente dove andare, perché sapevo che lui avrebbe avuto degli ottimi risultati.
«Beh, che mi fissi? Vai, che Mark ti aspetta.»
«Okay, a dopo.»
Mi da un bacio sulla guancia ed esce. Quel ragazzo mi farà impazzire. Perché oggi si sarà comportato in modo diverso? Ma non ho il tempo di pensarci, perché suonano quasi subito alla porta. Penso che sia Morgan, ma avrebbe usato le chiavi, no?
«Paul...»
«Ciao, Alan, disturbo?»
«No... qualcosa non va?»
«Ehm... l'altro giorno non ti ho detto una cosa, cioè che non ti ho portato tutto quanto, perché non riuscivo a trovare la solita quantità...»
«Ah. Grazie di essere passato, hai perso Morgan per un soffio.»
«Sì, l'ho visto, sembrava allegro.»
«Oggi sono uscite le pagelle di metà anno e così...»
«Ah, lui è bravo?»
«Beh... sì. Guarda sul tavolo, per la fretta ha lasciato la pagella.»
«Mh... mi fido della tua parola.»
Prendo quel che Paul mi ha gentilmente portato, come ogni mese, e mi accorgo che mi scruta in modo indagatore, che mi fa sorridere un po'.
«Che c'è?»
«Non so... ti piace molto quel ragazzo, no?»
«Mh... ma dai, non durerà molto, fidati.»
«Già adesso è abbastanza per te... o no? Anche se non mi hai mai parlato delle tue storie precedenti...»
«Paul.»
«Okay, non ti ho mica chiesto niente. Ma c'è qualcosa di diverso in te, una sorta di sfumatura quasi impercettibile nel tuo sguardo che solo uno come me, che ti ha sempre guardato con attenzione, può cogliere.»
«Sì, sì, certo, come no. Ci si vede, okay?»
«Che fai, fuggi?»
«Paul... cazzo, lo sai che non mi piace parlare di questo argomento.»
«Scusa... ehm, non volevo renderti triste... scusa ancora... allora io vado, okay?»
«Okay...»
Ma quando Paul chiude quella porta, mi pento subito di ciò che ho detto. Lui si preoccupa sempre per me, è un vero amico... e io forse, anzi sicuramente, non faccio altrettanto; il fatto che io non abbia tempo non mi giustifica in nessun modo. Mi sento terribilmente solo.
---
«Eh? Ma dici sul serio?»
«Certo che dico sul serio... scegli quello che più ti piace.»
«No, non posso! E altrimenti scegli qualcosa tu!»
«Mh... okay, perché non provi questo?»
Io e Morgan siamo fuori città, in un negozio di abbigliamento. Dopo che gli ho detto di non cambiarsi, mi è venuta questa idea.
«Alan, che ne dici?»
Penso che stai bene, che mi piaci davvero molto. Penso anche che ho paura del cambiamento che io stesso avverto, e non so per quanto tempo le cose potranno andare avanti in questo modo, che nonostante tutto sono abbastanza tranquille così...
«Alan?»
«Sì, stai bene.»
«Oggi sei silenzioso. Ehm, lo so che... cioè, non voglio darti fastidio, però, se c'è qualcosa che non va...»
«Niente, non ti preoccupare.»
Non mi piace molto mentire, ma dire la verità è molto più difficile e complicato. Forse la cosa migliore però sarebbe farlo, così Morgan potrebbe lasciarmi... oppure no. Quest'ultima eventualità sembra stranamente probabile, e credo che la cosa dovrebbe preoccuparmi.
«Adesso che facciamo? Cioè... comunque, i vestiti non posso portarli a casa.»
«Puoi lasciarli a casa mia e li metti per uscire con me... okay?»
«Sì. Ehm... senti io... avrei una idea, però penso che potresti arrabbiarti oppure non pensarci proprio o...»
«Avanti, dimmi. Non mi arrabbierò, promesso.»
Mi sento troppo triste per arrabbiarmi. È una tristezza strana, più simile alla disperazione del mio cuore che a una reale tristezza.
«Tu... insomma, quest'estate andrai a Sundale... no?»
«Sì... vuoi che ci vediamo anche lì?»
«No, no... cioè, certo, sì. Però vorrei... stare con te, cioè, sempre.»
«Come?! Non ho capito...»
«Se riuscissi a convincere Mark a coprirmi...»
«Morgan, ma sei pazzo? Era una settimana, mentre ora stiamo parlando di due mesi. Soprattutto suo padre non potrebbe mai accettare.»
«Io potrei convincerlo...»
«Non mi sembra il caso. E anche se ci riuscissi dovresti convincere me.»
È un'idea assolutamente folle.
«Sì, lo so... farei qualsiasi cosa per convincerti.»
Qualsiasi cosa...
«Per esempio? Lasciarmi in pace?»
«No! Cioè... ti do così tanto fastidio? Non ti piaccio neanche abbastanza perché tu voglia stare un po' con me?»
«Stare un po' con te è diverso da stare sempre con te.»
«Lo so... ma se sto con te a me non serve nient'altro...»
«A me sì invece.»
«Ci penserai, almeno? Ti prego...»
«Mh... e va bene, ci penserò. Ma faresti meglio a non aspettarti niente.»
«Okay.»
Il discorso è caduto lì, ma ovviamente ci ho ripensato. Cioè, ci ho pensato, ma questo non significa che io sia disposto ad accettare. Da una parte vorrei dire di sì, dall'altra... non saprei. Morgan sta dormendo stretto a me; siamo tornati a casa presto e lui ha detto che voleva riposare con me. Io non ho ancora sonno, dato che è presto, e vegliarlo mentre dorme non mi dispiace affatto... e questa è un'altra cosa che mi preoccupa molto. Immagino che stare tanto tempo insieme a lui renderà più difficile la separazione anche a me: so bene che avrei dovuto chiudere questa storia da un pezzo.
Eppure non ne ho avuto la forza. Finora non è stato difficile... con Nick è stato quasi automatico, con Paul... ci siamo fermati prima che le cose diventassero serie. Cioè io mi sono voluto fermare prima che per lui le cose diventassero serie. Lui mi ha capito, anche se era dispiaciuto. Ed è ancora mio amico, forse l'unico che io abbia in questo momento.
Ma c'è anche Morgan, soprattutto Morgan. Morgan che mi sta vicino, che anche senza dire niente riesce a rendere più dolci le mie giornate, che riesce a farmi apprezzare ogni singolo momento che passiamo insieme, da quando siamo a letto a quando studiamo, da quando litighiamo per le cose più stupide a quando ci osserviamo... e sento quell'inquietudine che mi fa sentire impotente, e terribilmente insignificante.
 
Capitolo 16
Quello che non riesco a esprimere (Alan)

Dodici febbraio.
È passata una settimana. Anche se la questione delle vacanze estive all'inizio mi è sembrata assurda e assolutamente impossibile, ci ho ripensato seriamente. Penso ancora che dovrei risolvere in qualche modo tutta questa situazione, ma non sono più tanto certo di sapere come. Prima le cose erano diverse, erano più semplici, perché avevo più tempo... mentre adesso mi sembra quasi di sentirlo scivolare via, anche se non mi sento diverso da allora.
Non sono sicuro di aver capito io stesso i motivi per cui sono diventato ciò che sono oggi, ma non mi importa più di tanto in realtà.
«Alan? Tutto okay? A che stai pensando?»
«Ora siamo nel secondo quadrimestre, giusto?»
«Sì... e allora?»
«Penso che dovresti andar meglio che nel primo.»
«Sì... farò del mio meglio.»
«Intendo che devi essere più che bravo...»
«Ehm... sì, ho capito... cioè... perché mi dici così, all'improvviso?»
«No... ci ho pensato. Se tu... se tu riesci ad andare molto bene a fine anno potrei concederti di passare le vacanze con me, ammesso che Mark e il signor Delozier accettino di coprirti con i tuoi genitori.»
«Veramente?! Sarebbe fantastico...»
«Mh...»
«Ma bene quanto? Quanto bene intendi?»
«Intendo non solo che devi aggiudicarti tutti i punti di credito, ma anche che devi essere più bravo di tutti gli altri.»
«Ah... nella mia classe vado già meglio di tutti...»
«Mh... appunto! Dovrai andar meglio di tutti quelli del terzo anno.»
«Eh?! Ma sei pazzo? Non so se posso farcela...»
«Se ci tieni a stare con me questa estate, ti conviene provarci... e se non ci riesci, comunque sarà stata una buona cosa impegnarti tanto.»
«Sì... questo è un ricatto!»
«Accordo, patto... prendere o lasciare.»
«E va bene... mi impegnerò al massimo, ma tu... mi aiuterai, se ne avrò bisogno, a studiare le tue materie, vero?»
«Certamente.»
In realtà non avevo in mente niente, ma non saprei che altro dire a Morgan. Dirgli assolutamente sì o no mi è sembrato eccessivo...
Mi sembra di impazzire in questo periodo, a causa delle cose che provo. La follia è come una malattia che ti scava dentro, che penetra in ogni fibra del tuo corpo per convincerti a cedere, a lasciarti andare all'apatia...
«Alan?»
«Sì?»
«Sabato prossimo usciamo?
«Devi studiare...»
«Mica sempre... dai...»
«Mh... ci penserò su.»
---
Dodici giugno.
È incredibile quanto il tempo sia volato.
Mi torna in mente quest'estate, quando io e Morgan ci siamo conosciuti, come ci siamo frequentati senza troppo impegno. Ripensandoci, forse trattarlo quasi come un adulto non è stata la scelta migliore, in quel periodo. Non pensavo esattamente che fosse il mio tipo, né lo penso adesso. Eppure stranamente mi ha attratto...
Morgan si è impegnato in maniera incredibile in questi mesi, e sinceramente non avrei creduto che arrivasse a tanto. Si vede che mi vuole proprio molto bene... in questi ultimi tempi mi capita di avere in mente Nick, come ogni anno, perché quando ci siamo lasciati era giugno. Stavamo così bene insieme, era persino amico di mia madre.
«Alan, che stai facendo?»
«Un po' di carne, perché a pranzo non ne abbiamo mangiata. E una mela per frutta. Oppure hai molta fame?»
«No, va bene così...»
«Senti un po', ti piace come cucino io?»
«Sì... che domande! Cioè, non me l'aspettavo.»
«Eheh...»
«Sei triste?»
Come fa Morgan a capirmi così bene?! Finora ho sempre cercato di non sbilanciarmi troppo, eppure lui è riuscito a conoscermi molto intimamente. All'inizio non era così... forse adesso è lui che mi capisce più di quanto non faccia io con lui.
«Mh...»
«Alan?»
Che cosa devo fare? Sono completamente terrorizzato... nel panico totale.
«Non sono triste, stavo solo pensando...»
«Ah... ehm, posso chiederti a cosa?»
«Niente di particolare... tanti ricordi diversi...»
«Di quando eri giovane?»
«No, non proprio... non troppi anni fa. Non sono mica vecchio!»
«Lo so, scusa. Non volevo dire questo...»
«Sì, sì... ehm, forse è meglio lasciar perdere.»
«Dici sempre così...»
«Mh...»
«Perché non parli un po' con me? Io ti dico tutto...»
«Non sono cose piacevoli...»
«Non importa se sono spiacevoli oppure no, se hai bisogno o voglia di parlare, io voglio ascoltarti.»
«Okay...»
«Beh?»
«Sediamoci a tavola però.»
«Allora, eccoci.»
«Pensavo... a...»
«A... ?»
«Cazzo, però non mi mettere fretta!»
«Scusa! Ma colpa tua che sei troppo lento!»
«Non è vero!»
«Ah! Ho capito, sei timido! Che carino...»
«Non è... uffa.»
Morgan che ride in quel suo modo così dolce riesce a farmi finalmente rilassare. Tra gli altri, ha anche questo potere di farmi sentire a mio agio.
«Alan? Dai, parla.»
La sua voce è dolce, bassa, calda. Tenera e intima. Vorrei piangere e non so perché.
«Pensavo a un mio ex... e a quello che... che ci ha fatto separare... cioè, il motivo per cui l'ho lasciato.»
«Ti ha tradito?»
«No.»
«Non ti amava?»
«No, no... non è questo.»
«E allora perché l'hai lasciato?»
«Per lo stesso motivo per cui, alla fine, lascio tutti...»
«Mh...»
«Io, in realtà non vorrei star solo...»
«Alan... ma... stai piangendo?»
Mi sento un idiota, ma non credo di potercela fare così ancora per molto. Morgan viene vicino a me e mi prende per mano, guardandomi quasi come se non fosse qui. È incredulo? Mi porta in camera, mentre io non sono ancora riuscito a capire cosa abbia in mente, e mi fa segno di tacere, chiedendomi poi di stendermi con la pressione delle sue mani sulle mie spalle. Poi spegne la luce, si stende a sua volta accanto a me e mi abbraccia.
«Morgan?»
«Adesso puoi piangere... io starò vicino a te, non ti chiederò nulla... al buio nessuno ti vede, ma io ti terrò stretto...»
Morgan che sta dicendo queste cose, io che penso di non riuscire più a farcela...
«Non lasciarmi...»
«Non lo farò.»
Non voglio piangere, non adesso. Adesso sto bene, benissimo. Non potrei stare meglio, me lo sento. Mi stringo a Morgan, e mi sento pervadere da tutta quella dolcezza che finora ho così strenuamente respinto. Vorrei che questo momento durasse per sempre, mentre Morgan mi coccola e mi dice parole che neanche riesco a capire, ma che penetrano nella mia mente rendendomi tranquillo e sereno.
Non mi chiedo che ore sono, non mi accorgo di Morgan che mi lascia per tornare a casa. Apro gli occhi per pochi istanti, e vedo il sorriso di Morgan, mentre mi dice di riposare. Cerco di rispondere ma le parole non vengono, forse solo perché sono troppo stanco. Ancora non capisco completamente cosa o come sia successo, ma mi sento diverso.
E anche se dentro di me sento che sarà straziante, non ne sono dispiaciuto.
 
Capitolo 17
Rivelazioni obbligate (Morgan)

Ventinove giugno.
Giovedì. Alan è stato contento dei miei ottimi risultati scolastici, ma non so se è per quello che mi ha promesso o per la cosa in sé. Quest'inverno e primavera mi sono davvero impegnato come mai avevo fatto prima, anche se me la cavavo già piuttosto bene in condizioni normali. Pure le altre persone intorno a me si sono accorte di questo cambiamento: primi fra tutti naturalmente i miei professori, poi anche Mark e Sally... che più volte mi hanno chiesto come facessi. Ho risposto loro che dovevo rispettare una promessa fatta a me stesso e che dovevo raggiungere un obiettivo che mi ero posto, ma non credo che abbiano capito bene quello che volevo dire.
Con Alan le cose vanno piuttosto... insomma, vanno, almeno sotto certi aspetti: mi sembra infatti che ultimamente lui sia molto più rilassato e spontaneo. Anche un po' più sereno, forse. Però vorrei tanto sapere cos'è che lo tormenta...
Il motivo per cui alla fine lascia tutti.
Mark e Sally si stanno frequentando, e ciò è avvenuto per merito mio. Cioè, in un certo senso... come dire... è capitato tutto un sabato che eravamo usciti in gruppo, verso metà aprile. Avevo notato che Sally si comportava in modo strano con me, ma non avevo capito bene la differenza con il suo precedente atteggiamento.
«Morgan, io vorrei dirti una cosa.»
Avevo paura che volesse dirmi che le piacevo, perché Mark mi aveva assicurato che fosse così.
«Ehm... sì, dimmi.»
«Ecco, io... sì, insomma... mi piace un ragazzo...»
«Ah... beh, ehm, lo conosco?»
«Sì... io volevo chiederti consiglio proprio per questo.»
«E... chi è?»
«... Mark.»
«Eh?! Sul serio?!»
«Sì, perché? Ti ha detto che non gli piaccio?!»
«No, no... lui pensa di non piacerti.»
«Ma non è vero! Cioè... lui che pensa di me... ?»
«Beh, ehm... non posso dirtelo. Però, puoi chiedergli di frequentarvi... penso che accetterebbe.»
«Oh, sul serio?! Sarebbe fantastico...»
«Eh... sì, dai, provare non costa nulla!»
«Okay, grazie Morgan... sei un tesoro.»
Le cose sono andate all'incirca così. Sono stato contento che almeno per loro due sia così semplice... perché tutti possono vederli, non devono fingere, possono frequentarsi liberamente senza preoccuparsi di sguardi indiscreti...
«Morgan?»
«Sì, che c'è?»
«Lo so che oggi è mercoledì, ma visto che siamo in vacanza, facciamo un giro?»
«Sì, okay!»
«Torniamo presto, comunque.»
«Senti, Alan... io stavo pensando una cosa...»
«Cosa?»
«Ehm... dobbiamo proprio andare a Sundale per le vacanze? Lo so che lì hai la tua casa... però...»
«Il più lontano possibile da te stesso, eh?»
«Eh?!»
«Intendo che vuoi stare lontano da Mark perché fa parte della tua vita... mentre io sono come un qualcosa a parte per te, vero?»
«Beh... più o meno...»
«E pensi che questa cosa vada bene?»
«Dove vuoi arrivare con questo discorso?»
«... non lo so neanche io. Ma sarebbe bello se le cose fossero diverse.»
«Non rattristarti! Prima o poi il mondo cambierà...»
«Non mi rattristo, sono solo... non lo so, davvero.»
«Non ti sei frequentato liberamente con altri ragazzi?»
«Sì, certo...»
«E allora cos'è che non va?»
«Niente... solo che io non ho mai avuto una storia così... così come con te. E mi sembra naturale pensare queste cose, anche se so che resteranno solo pensieri.»
«...»
Non so cosa dire.
«Comunque, usciamo o no?»
«Sì, okay...»
---
Appunto. Uno luglio.
Ieri pomeriggio, prima di partire, ho dovuto fare molte cose. Una delle quali non credevo che avrei mai fatto.
«Allora, hai capito tutto? Siamo d'accordo, vero?»
«Cosa, cosa, cosa?! Aspetta un attimo Morgan... hai saputo di questa cosa adesso?! No, vero?! Lo stai facendo apposta per mettermi in difficoltà!»
Mark non l'ha presa tanto bene, sulle prime. Forse avrei dovuto dirglielo prima, in modo da avere più tempo per convincerlo...
«E dai, per piacere... non puoi rovinarmi così adesso...»
«Morgan... sei sicuro di quello che stai facendo?»
«Sì, signor Delozier... non corro nessun rischio.»
«Mh... ma questo noi come possiamo saperlo?»
«Non potete...»
«Vedi?! Sicuramente ti caccerai in qualche guaio! Prima a Capodanno, e poi adesso... ma due mesi sono troppo lunghi!»
Mark non voleva assolutamente saperne di lasciarmi andare da solo.
«No... no... per piacere, Mark...»
«Morgan, noi non possiamo coprirti se non abbiamo una vaga idea di dove sei e con chi sei, lo capisci?»
Il signor Delozier aveva ragione, lo so. Ma non sapevo proprio come convincerli. Certo era meglio trattare con lui che con Mark... e all'improvviso mi è venuta un'idea.
«... sì. Allora, se io... se voi sapeste con chi sono... ?»
«Sì, forse. Tu perché non ci fai provare?»
«Però... a una condizione.»
«Quale?»
«Mark... Mark non può venire, non può saperlo.»
«Cosa?! Perché no, Morgan?! Io sono tuo amico...»
«Scusa Mark, ma io... tu... cioè, non voglio coinvolgerti.»
«Ci hai già coinvolto, Morgan. Comunque va bene.»
«Papà!»
«Mark, per cortesia...»
«Uffa... non è giusto... non ti fidi di me, Morgan?»
«Io... scusami, ti prego... vorrei che la nostra amicizia fosse bella come sempre...»
«Uffa... okay, ma... voglio saperlo anche io, prima o poi, okay?»
«Te lo prometto.»
E così ho dovuto portare il signor Delozier a casa di Alan... senza che Alan lo sapesse. Il signor Delozier si è accorto del mio nervosismo, ma non ha detto nulla. Però, nonostante questo, prima di fargli sapere la verità, ho preferito parlargli.
«Io penso di essere abbastanza maturo per la mia età, signore... e non penso di far niente di male, però...»
«Però... è qualcosa che non racconti in giro...»
«No, infatti...»
Ho aperto la porta con il mio paio di chiavi, e non so come ho fatto, dato che mi tremavano le mani e avevo il cuore che mi batteva forte nel petto.
«Ehm, per favore, aspetti qui...»
«Morgan?»
Alan mi ha sentito e io sono andato da lui dopo aver dato un ultimo sguardo al signor Delozier, nei cui occhi ho letto solo pura e semplice curiosità.
«Alan... ecco, c'è una persona con me.»
Ho cercato di parlare a bassa voce e Alan mi ha subito imitato.
«Chi?!»
«Aspetta, fammi parlare... è il padre di Mark...»
«Sei pazzo?! Perché è qui?!»
«Non avevo altra scelta! Se voglio passare l'estate con te... ti prego, devi solo parlargli un attimo.»
«Assolutamente no.»
«Ti supplico, Alan... se vuoi stare con me anche tu...»
«... fallo accomodare in salotto, io almeno mi sistemo un po' intanto.»
Ho fatto come Alan mi ha detto, e ci siamo seduti in salotto. Non so quanto ci abbia messo Alan, ma a me sono sembrati eterni quei momenti di attesa.
«Allora?» ha detto ad un certo punto il signor Delozier con una punta di irritazione nella voce...
Ma per fortuna a quel punto è arrivato Alan. Non saprei descrivere, né potevo in quello stesso momento, né posso adesso o in futuro potrei farlo, l'espressione del signor Delozier, perché mi sarebbe impossibile.
«Scusate l'attesa. Ah, signor Delozier... gradisce qualcosa?»
«Professor Steele... io... no, ehm...»
Allora ha cominciato a guardarci, prima l'uno e poi l'altro, un po' di volte... ed io non sapevo proprio che dire; non riuscivo neanche a guardare Alan.
«Si starà chiedendo qual è la situazione, signor Delozier.» ha affermato Alan con un tono sicuro, che alle mie orecchie esperte è però sembrato falso, dato che credo di conoscerlo abbastanza bene.
«Sì, in effetti...»
«La prego gentilmente... di fare quello che ritiene più giusto... l'unica cosa che ci interessa in questo momento è trascorrere un po' di tempo insieme...»
«Alan...»
«Morgan. Ho finito.»
Non so quanto ho sperato in quel momento, né quanta paura ho avuto... paura che le cose si rovinassero. Soprattutto perché il signor Delozier si è alzato e ha fatto per andarsene in modo un po' impacciato, senza che potessi però capire cosa pensasse. Io e Alan ci siamo guardati per un secondo, e lo abbiamo seguito.
«Aspetti, per favore... non se ne vada.» ha detto Alan a bassa voce.
«Io... insomma, vi rendete conto della situazione, voi due?»
«Sì, me ne rendo conto, e anche Morgan. Le cose sono andate in modo... particolare...»
«Non voglio sapere altro, niente... ho capito, ma avrei delle condizioni. Una volta a settimana Morgan deve chiamarmi sul cellulare, e vorrei anche il suo numero, professore, per ogni evenienza.»
«Certo...»
Io, che avevo trattenuto il fiato per non so quanto tempo, ho sentito i miei stessi occhi diventare lucidi per lo scioglimento della tensione.
«Grazie... io... ecco...»
«Morgan. Non devi dire altro, non preoccuparti...»
E ora quasi non ci credo di essere qui, solo in spiaggia con Alan. Lui ogni tanto mi sorride e mi sfiora in qualche modo, ed io amo sul serio questo ragazzo travestito da adulto, e proprio qui, ora, io sento di essere felice come non lo sono mai stato...
 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Note dell'autrice: rileggendo ho deciso di non modificare quasi nulla per non snaturare ciò che rappresenta per me questa storia, pur rendendomi conto di tanti difetti che ora non mi piacciono, a partire dai dialoghi al limite dell'assurdo. Forse la cosa più assurda è che alcuni di questi prendano spunto da conversazioni avvenute realmente. Si tratta comunque di un pezzettino del mio cuore, quindi spero che sia apprezzabile, nonostante la forma estremamente semplicistica e ancora un po' infantile, com'ero io a quei tempi (disse la vecchia XD).

Seconda parte

Capitolo 18
Situazioni particolari (Morgan)

Cinque agosto.
Il mio primo intero mese insieme ad Alan è passato in un lampo... anche se non senza qualche inconveniente. Il signor Delozier ha voluto vedere la casa di Alan, anche se non sapeva che era sua. Comunque, è andato tutto per il meglio, o quasi. Tra me e Alan c'è ancora quel qualcosa di non detto che non riesco ad individuare, e farò del mio meglio per non metter fretta ad Alan. Magari si dimenticherà quel motivo e non penserà più di lasciarmi...
Dei motivi per litigare ne abbiamo avuti un po', soprattutto perché, nonostante la nostra convivenza invernale, non eravamo abituati a condividere ogni attimo del giorno e della notte. Dopo la prima settimana già Alan mi guardava storto, e vedevo il suo nervosismo crescere di minuto in minuto. Ed io sudavo freddo.
«Alan, che... che c'è?»
«Ho notato una cosa.»
Aveva un tono terribile, che è riuscito pienamente a spaventarmi e a causarmi mille brividi per la schiena.
«Cosa?» ho chiesto titubante.
«Ti sei accorto che lasci sempre quei pochi vestiti che hai in giro per casa?! Mi sono rotto di rimetterli nel tuo cassetto!»
«Eh? Scusa...»
«Scusa un corno!»
«Alan... ehm, ti prometto che d'ora in poi non le lascerò in giro... ma anche tu lasci in giro un sacco di fogli...»
«È casa mia! Ci faccio quello che voglio, ma tu sei mio ospite, e pretendo che segui le mie regole...»
«Okay, okay.»
«... non volevo essere così duro, scusa.»
«No. Figurati... però...»
«Però... ?»
«... pensavo che se non andassimo d'accordo, se tu mi lasci...»
«Non ti lascio... cioè, ehm, potresti sempre andare dai Delozier... e comunque non ti caccerei fuori da casa.»
«Grazie.»
«Ehm... tutto chiarito, vero?»
«Sì... io mi impegnerò a non lasciare abiti in giro.»
«Anche io... a non lasciare fogli. Dopotutto stiamo convivendo.»
«Pace!»
«Pace...»
«Da celebrare con un bel bacio...»
E così abbiamo fatto pace, impegnandoci però a vivere meglio insieme, cercando di limitare questi nostri difettucci...
Paul è venuto qui il due agosto, di mattina presto, e sono riuscito a sentirlo parlottare con Alan, dato che si presumeva che io stessi dormendo.
«Alan, tutto okay?»
«Sì, grazie Paul... grazie di tutto.»
«Stai con Morgan, eh? Come mai... cioè, glielo hai detto?»
«No, non ancora.»
«No? Già... beh, credo che Morgan starebbe vicino a te... io l'avrei fatto, se tu me lo avessi chiesto.»
«Non voglio chiedere niente a nessuno. E non so se io voglio...»
«Una vita così è triste, però, non trovi?»
«Forse... ma forse è anche meglio di due vite tristi.»
«Allora non vuoi coinvolgerlo?»
«Coinvolgerlo in cosa? Non gli dirò nulla, tutto qui... e finché va avanti...»
«Finché va avanti... ?»
«... non lo so. Non so che dirti.»
«Oh... okay.»
«Dovrei andare a svegliarlo, dato che voglio andare presto in spiaggia.»
«Vieni dove sto io? Stai tra i tuoi amici...»
«No, oggi no. Ho in mente qualcos'altro. Nel senso che dopo la spiaggia devo andare in un posto...»
«Ah... che posto?!»
«Mh... anzi, forse è meglio se vengo dove stai tu. Così magari nel frattempo mi fai un favore.»
«Favore?! Ohi, ohi... tu vuoi sempre favori da me!»
«Sì, ma se ne vuoi qualcuno anche tu...»
«Okay, okay, ho capito, zitto! Non ne ho bisogno... che favore devo farti stavolta, oltre a tutti quelli che ti faccio sempre?»
«Dovresti tenermi Morgan...»
«Eh?! Cosa, cosa?! Stai scherzando, vero?!»
«Lui è minorenne, lo sai...»
«Ma io, e dico io, Paul, non posso occuparmi di lui.»
«Si tratterà di un quarto d'ora al massimo...»
«... uffa, e va bene. Ma non è giusto! Te ne approfitti perché sai che farei qualsiasi cosa per aiutarti...»
«Ma non puoi. Quindi... quindi aiutami per quello che puoi.»
«... va bene.»
Non ho capito bene di cosa stessero parlando, ma credo che sia ciò che Alan mi tiene nascosto, me lo sento. Ho pensato a tutto quello che poteva venirmi in mente... anche considerando altri indizi... qualcosa di illegale da cui Alan non può venire fuori? Sicuramente non qualcosa di positivo per cui una persona continua a restare con te... e certamente è qualcosa di triste... ma cosa? Forse è questo l'interrogativo che devo risolvere per capire l'atteggiamento di Alan verso il mondo e le persone...
---
«Ehi, Alan!»
«Che c'è?»
«Mi sono ricordato una cosa... che, ehm... vorrei tanto chiederti.»
«Cosa?»
«Ecco... alla fine della scuola... non mi hai più detto se...»
«Se... ? Dai, dimmi.»
«Riguarda la scuola.»
«E allora? Devo forse indovinare?!»
«No, scusa... tu volevi cambiare scuola, cioè, non insegnare più a Hipyon... per causa mia.»
«Beh, ho cambiato idea...»
«Davvero?! Cioè... sono contento.»
«Mh...»
«Almeno dimmi qualcosa...»
«Che vuoi che ti dica? Che prima volevo andarmene per colpa tua e adesso invece voglio restare proprio per te?»
«No, ma... insomma, ecco...»
Cade un silenzio che definirei piuttosto imbarazzante, almeno per me. E a romperlo non sono io né Alan, ma il campanello di casa. Vedo Alan accigliarsi, poi alzarsi e andare ad aprire. Chi può essere? Finora qui è venuto solo Paul... e sempre in giorni già stabiliti, a quanto pare.
«Ci. A. O!»
«Tu?!»
È un ragazzo, sembra piuttosto giovane, anche se non quanto me. A quanto pare, lui e Alan si conoscono...
«Sì, perché?! Non sei contento di vedermi? Eheheh...»
«Insomma. Comunque, entra pure.»
«Oh, grazie! Ehi... ciao, tu chi sei?»
«Ah... ehm, io...»
«È Morgan. Morgan, ti presento Victor.»
«Piacere Morgan!»
«Piacere mio...»
«Alan, senti, io sono venuto qui per chiederti un favore...»
«Lo immaginavo.»
«Dai, che male c'è?! In fondo, siamo buoni amici, no?»
«Non mi risulta.»
«Sì, sì, okay... allora mi ascolti?»
«Parla...»
Non se la prende per niente per il modo in cui Alan gli risponde... forse sa che lui è proprio così, e quindi non bisogna dare troppo peso alle sue parole... io invece non ci ho mai pensato, e mi sono sempre sentito un po' triste quando Alan mi parlava con quella sua dose di indifferenza che mi faceva innervosire moltissimo. L'altra unica cosa che riesco a pensare in questo momento, è che Victor è molto più bello di me...
«Ho bisogno di un posto dove stare... per un po'.»
«Cosa? Un po' quanto?»
«Una settimana, al massimo due.»
«Assolutamente no.»
Sono completamente d'accordo con Alan... non voglio che questo Victor stia qui.
«Dai Alan, me lo devi!»
«Cosa dici? Non ti devo proprio niente...»
«Okay, forse no... ma sei generoso, gentile...»
«È inutile che insisti, Victor. Non attacca.»
«Ti prego... ne ho davvero bisogno.»
Vedo Alan che sta per rispondere, ma poi all'ultimo istante tace. Guarda verso di me, e mi sembra che mi legga dentro... però non voglio che sappia quanto tutto questo mi stia dando fastidio, quindi mi sforzo di sorridere, e per fortuna credo di esserci riuscito abbastanza bene.
«Tu che ne pensi, Morgan?»
Oh, cazzo, no! Non puoi chiederlo a me, Alan!
«Ehm... se è solo per una settimana... comunque devi decidere tu...»
«Okay, è deciso. Vic, puoi restare per una settimana, non di più.»
«Fantastico! Grazie Alan... ehm, grazie Morgan! Non ve ne pentirete!»
Non so perché, ma quando Victor dice così, sento prudermi il collo e non prevedo niente di buono... però è successo anche quando ho conosciuto Alan, quindi forse anche lui si scoprirà diverso da come appare? In fondo, sembra simpatico, un ragazzo come tanti...
«Lo spero proprio. Tu sei sempre portatore di guai, per quanto io ne sappia.»
«Sta' tranquillo, Alan... non vi darò alcun fastidio...»

 
Capitolo 19
Quando l'ospite si rende indesiderato e i rapporti si complicano (Alan)

Otto agosto.
«E dai, Alan...» è la frase che più ho sentito dire in questi giorni a Victor, e mi sono rotto.
Nonostante siano passati solo tre giorni, si è reso abbondantemente insopportabile.
«Smettila, Vic. Ti ho detto che non voglio.»
«Io non lo faccio da un sacco... e non puoi stare veramente insieme a quel ragazzino, non è da te.»
«Cosa ne sai di quello che è da me? E poi, io sono molto cambiato, durante quest'anno.»
Morgan è molto teso da quando è arrivato Victor. Dormiamo insieme e mi abbraccia, mentre Victor dorme sul divano in soggiorno. Chiunque capirebbe che Morgan è geloso. Victor fa di tutto per starmi appiccicato, e non fa che lanciare sguardi soddisfatti quando vede le espressioni di Morgan. Sta giocando, per il puro e semplice gusto di farlo. Ma dovrebbe capire che la cosa mi fa incazzare da matti.
«Ma che cambiato...»
«Lasciami stare, sto cucinando. Siediti a tavola e taci, non parlare con Morgan, insomma, lascia stare anche lui.»
«Eh... okay. Che palle però!»
Finalmente va a sedersi. Cerco di tenerlo un po' d'occhio, e mi accorgo che c'è un silenzio molto pesante tra lui e Morgan. Tuttavia, questo mi tranquillizza e continuo a cucinare, attento però a buttare ogni tanto l'occhio. Infatti dopo un po' mi accorgo che Victor cerca di instaurare una conversazione con Morgan, senza troppo successo, dato che gli ho detto che è meglio non dar corda a un tipo come lui. Ma so anche che Victor non è facile da sopportare, quando si mette d'impegno per darti fastidio.
Quindi cerco di ascoltare quello che dicono senza farmi notare.
«Perché non rispondi? Sei asociale solo con me?»
«No, io...»
«Dai, che ti ho fatto? Nessuno mi ha detto niente qui... state insieme, tu e Alan?»
«Sì, stiamo insieme da un anno...»
«Ah, un anno?! Strano...»
«Non è strano.»
«Prima Alan non aveva mai avuto storie tanto lunghe, per quanto ne so io.»
«E allora? Ora sta con me, e siccome gli piaccio sta solo con me.»
«Ah, solo con te, eh? Ne sei sicuro?»
«Sì... cioè... mi fido di lui, non lo farebbe mai.»
«Mah... se lo dici tu. Magari però riesco a convincerlo, no?»
«Non ci riuscirai.»
«Vediamo quanto è grande questo legame, Morgan. Tu hai solo sedici anni...»
«E allora? Alan e io... ci vogliamo bene.»
«Oh, che teneri! Ma dai, quanto vuoi che duri? Scommetto che ti sei appiccicato a lui come una piattola e non lo molli più... altro che relazione seria.»
«Non è vero!»
«Adesso basta! Non ne posso più, ho sentito abbastanza! Ora troviamo subito un altro posto per te, Vic. Morgan, noi parliamo dopo...»
«Oh, Alan, dai... te la prendi subito! Stavamo solo parlando, così, si scherzava...»
«Non mi pare proprio. Ora chiamo Paul e gli chiedo di trovarti un posto.»
«Uffa...»
Se prima la cosa mi faceva incazzare, ora sono davvero furioso.
---
Undici agosto.
Purtroppo Victor è rimasto qui altri due giorni, perché Paul non sapeva proprio come aiutarmi. Ieri però ha trovato un posto per lui, e mi ha chiesto... di offrirglielo, se proprio volevo togliermelo di torno. Inutile dire che ho accettato più che volentieri. Qualsiasi cosa pur di liberarmi di lui.
«Alan...»
«Sì, che c'è?»
«Ehm... non vorrei sembrarti ripetitivo...»
«Uffa, parla e basta.»
«Noi stiamo insieme, no?»
«Ti deprimi per le stronzate che ha detto Vic?»
«No, scusa...»
«Mi piaci, ti voglio bene, chiaro? Quante volte te lo devo dire?»
«Se non me lo dici per un po', io poi comincio a pensare che se non lo dici, è perché non lo provi... no?»
«... mh... va bene, te lo dirò più spesso.»
«Io ti amo.»
«Eh?»
Com'è che all'improvviso Morgan se ne esce con queste cose? Sa bene che l'argomento non è proprio il mio preferito...
«Hai capito bene, ti amo. E... non ho paura di dirtelo.»
«Tu non...»
«Non dire che non ti amo, aspetta. Credimi, avrò sedici anni, magari ti amerò in modo diverso da come intendi tu... ma ti assicuro che i miei sentimenti sono sinceri.»
Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Da quando Morgan è così maturo, sicuro di se, sicuro dei suoi sentimenti?! Sento un nodo alla gola che mi impedisce di dire qualsiasi cosa.
«...»
«Alan, non devi rispondere per forza, però per favore non dire che non ti amo.»
«Okay...»
Morgan, anche tu mi piaci tanto, ti voglio bene... ma non posso, non devo innamorarmi di te. Altrimenti tu soffrirai insieme a me, e io questo non potrei perdonarmelo, è la cosa che meno di tutte desidero...
«Ehm... che facciamo?»
«Tu che vuoi fare?»
«Quello che vuoi tu...»
«E se io non voglio fare niente?»
«... allora niente...»
«Dai, Morgan, vieni più vicino...»
Anche se all'inizio non me ne rendo veramente conto, capisco che in un certo senso che sono diverso negli atteggiamenti, nel modo di comportarmi... quasi mi sento esitante, e Morgan se ne accorge, mettendosi a ridere. È diventato piuttosto bravo a capire i miei stati d'animo.
«Alan, ma che hai? Stai tranquillo, dai...»
La sua voce... dolce, intima, rassicurante.
«Stringimi...»
«Sì, Alan...»
Mi sento molto più tranquillo adesso, ma dentro di me sono inquieto, emozionato. Non so per quanto posso riuscire a controllare tutti i sentimenti che Morgan mi scatena nel cuore.
---
Ventiquattro agosto.
Da quando io e Morgan siamo di nuovo soli, le cose vanno molto, molto bene. E ne sono contento, tanto che non riesco a trattenere un sorriso. Sto leggendo anche io la raccolta di poesie che ho regalato quest'inverno a Morgan per il suo compleanno, e devo ammettere che sono davvero belle; ho scelto un buon libro. Credo che invece Morgan stia saltellando qua e là per la casa, per sistemare tutto quello che ha lasciato in giro ieri: non solo vestiti, ma anche calzini e quaderni di scuola. Il tempo è molto peggiorato negli ultimi tempi, e non andiamo a mare da una settimana, perché o piove, o c'è vento freddo, quindi Morgan ha deciso di approfittarne per fare i compiti delle vacanze, mentre io ho deciso di rilassarmi riposandomi come mi merito.
Potrei quasi chiudere gli occhi in questo momento, e scivolare lentamente e placidamente nel sonno... ma sento all'improvviso due mani sugli occhi.
«Oh! Chi è?»
«Paul!»
«Che vuoi?! Sempre a fare 'sti scherzi... Morgan!»
«Sì, scusa Alan... gli ho aperto io, e voleva farti uno scherzo.»
«Ah... e come mai sei qui, Paul?»
«Già... ehm, potremmo parlarne da soli... cioè, se non ti dispiace, Morgan...»
«Uhm... okay...»
Morgan ci lascia soli, con l'aria un po' mogia, forse triste, ma determinata. Vederlo così mi rende fiero di lui... è talmente cresciuto... del resto, un anno alla sua età è tanto... ma se penso al motivo per cui si allontana da me, a quello di cui Paul può volermi parlare, mi sento subito di nuovo triste. E naturalmente Paul se ne accorge. Sto diventando così di facile interpretazione?!
«Che pensi?»
«Precisamente? Che tutti mi capite improvvisamente senza che io possa farci nulla... e non so se mi sta bene.»
«Alan... ma che dici! È perché ti conosciamo abbastanza bene, no?»
«Morgan è...»
«Sei tu che gli hai dato tanta confidenza... e anche fiducia.»
«Fiducia? Ma va'... non sa nulla...»
«Perché non sei pronto a parlargli. Ma lui sarebbe contento se tu lo facessi. E poi la fiducia non si vede solo dalle cose che ci si dicono, dovresti saperlo.»
«Mh... comunque, dovevi dirmi qualcosa, no?»
«Sì... tu mi hai dato la tua vecchia scheda telefonica, no... ? Mi ha chiamato un tipo...»
No.
«Chi?»
«Eh, un attimo, fammi pensare... è stato l'altro giorno... mi pare si chiamasse Nick.»
«Nick...»
«Sì... una vecchia fiamma?»
«Siamo stati insieme abbastanza seriamente, anni fa.»
«Oh... prima di me, eh? E poi perché è finita, sempre per il solito motivo?»
«Sì... è stato proprio allora... cioè, io non lo sapevo...»
«Sta' tranquillo...»
«Non... non so che dire...»
«Ohi, Alan, mi metti sempre in queste situazioni difficili, non ti parlo mica per metterti in imbarazzo.»
«Sì, scusa... solo, in genere non penso molto a quel periodo.»
«Okay... allora resterai a insegnare a Hipyon?»
«Sì... non voglio ancora separarmi da Morgan... anche se in realtà, vorrei lasciarlo, cioè, dovrei...»
«Ma dai, per favore! Non ci provare a lasciarlo... chi se ne frega se è un moccioso di sedici anni?!»
«Scemo, lo sai che non c'entra...»
«Dovresti tenertelo stretto... non ti ho mai visto così confuso e allo stesso tempo rilassato come quando c'è lui. E penso che siano i tuoi personali sintomi di innamoramento, quello che ti può dare un po' di spensieratezza e serenità...»
«Non lo so... io non so più niente...»
 
Capitolo 20
Le piccole gioie quotidiane (Alan)

Trenta agosto.
È davvero terrificante come il tempo passi in fretta quando si sta veramente bene. Da quando Victor se n'è andato, le cose tra me e Morgan sono andate come in un sogno... e infatti a volte mi pare irreale il rapporto che si è stabilito tra noi. Com'è possibile che così tanti mi abbiano voluto bene, nella vita? Paul, Nick... e adesso Morgan. Allora io a chi ho voluto bene? Amavo Nick, lo amavo sul serio... ma le cose sono cambiate improvvisamente, sconvolgendo completamente la prospettiva della mia vita e del mondo. Invece ora Morgan... ?!
«Morgan?»
«Sì?»
«A che stai pensando? Ti vedo assorto...»
«Che torniamo a Hipyon e non staremo più tutto il giorno insieme come adesso. E questo mi rende un po' triste.»
«Ma va'... sono scemenze. Ci vedremo comunque tutti i giorni, lo sai.»
«Ma tu vuoi stare con me? Non sei stanco di me?»
«No... ma che dici, insomma?»
«Dico che... forse è vero che ti sono stato appiccicato...»
«Forse all'inizio era così. Ma le cose sono cambiate, lo sai.»
«...»
«Pensi sempre a queste cazzate... e scommetto che è colpa di Victor...»
«Non è vero!»
«Ah, no?!»
«No! Scusa tanto se ho sedici anni e sono insicuro!»
«Okay, ti scuso, ti scuso... ma tu non devi star male per ogni cosa... cerca di crescere un po'.»
«Ci provo! Ma non sono cresciuto neanche un po', rispetto all'anno scorso?!»
«Certo che sei cresciuto... e non poco.»
«Allora di che ti lamenti?»
«Niente...»
«Mh...»
Non so che dire. Morgan riesce sempre a spezzare il filo dei miei pensieri, soprattutto quando non sono dei più felici. Cioè, mi viene in mente proprio in quei momenti, senza che io riesca a controllarlo...
---
Quindici settembre.
Purtroppo le vacanze si sono concluse. Ma siamo ancora ai primi giorni di settembre, e Morgan non ha intenzione di perdere un solo attimo in altre attività che non prevedano la mia vicinanza. È persino venuto a finire di fare i compiti delle vacanze qui da me, pur di poter passare un altro po' di tempo insieme. Si comincia la mattina presto, alle nove e mezzo. Lui stesso mi ha detto che si sveglia alle nove, poi viene a casa mia, standomi praticamente appiccicato. Per il pranzo gli ho fatto promettere di restare a casa, tranne il sabato, dato che è sabato.
«È sabato, Alan!»
Non ho potuto dirgli di no. Il modo in cui lo ha detto, la decisione, la ferma convinzione che ha messo in quell'unica affermazione mi hanno convinto. Comunque, tutto sommato si comporta bene, e a pomeriggio ho un margine di un paio di ore libere, durante le quali far qualcosa per me stesso soltanto... non che la presenza di Morgan mi soffochi, anzi... ma a volte il troppo è troppo. Anche se non sono ancora abituato a stare di nuovo solo, per modo di dire vista la situazione, non significa che devo diminuire gradualmente le ore che passo con Morgan. Però è proprio quello che sto, anzi stiamo, facendo, in effetti...
«Alan!»
«Sì, che cosa c'è?»
Rieccolo. Le quattro in punto. In punto... ed è puntuale. Allegro, contento... forse felice. Ma perché?
«Hanno detto che la scuola ricomincia il diciotto... è vero?»
«Sì, è vero...»
«Ma lo sapevi già?»
«Certo, lo so da un bel po'...»
«E non mi hai detto niente?! Cattivone!»
«Morgan, senti.»
«Eh? Che c'è?»
«...»
«Cosa?!»
«Mi sono dimenticato!»
«Ma sei scemo?! Io ti... accidenti, non scappare!»
Ci sono giorni in cui le cose vanno bene, per me. Sono sereno, Morgan ha questo strano potere che nessun altro possiede, quello di farmi sentire a posto con me stesso, senza che ci sia paura di fare qualcosa che non vada, senza preoccuparmi troppo di quello che sto facendo, ma pensando soltanto... ad ora, a questo istante, a questo prezioso momento di pace, di tranquillità... un'atmosfera che Morgan crea, intima e quieta, nella quale sento la possibilità e la voglia di rilassarmi, benché a volte io non sia tanto sicuro di poterlo fare, di potermelo permettere...
«Tanto non mi prendi!»
Morgan ride, ride tanto. E sorride. Sorride quando è con me, quando ci guardiamo, quando giochiamo, quando ci uniamo, quando facciamo le cose più stupide insieme... ho anche provato a insegnargli a cucinare qualcosa, anche se con scarso successo, dato che ho verificato che lui non è molto paziente in cucina. Ma non ha importanza, quello che conta è tutto il resto... non i gesti in sé ma il loro significato profondo...
«Alan, uffa, dove ti sei nascosto?! Mica possiamo giocare a nascondino come due bambini... guarda che sei grande per queste cose...»
«...»
Non voglio ancora farmi trovare, voglio essere io a trovare Morgan. Voglio scoprire di nuovo il suo mondo, che finora non ho mai voluto scoprire, e so che è tanto diverso dal mio, ed io lo desidererei ardentemente, se potessi anche solo pensarlo...
«Dai, Alan! Vieni fuori...»
«...»
Mh... dunque... me lo ha chiesto lui, Morgan. Non mi resta che accontentarlo, perciò gli arrivo alle spalle per coglierlo di sorpresa, stritolandolo per bene. E Morgan ride, farfugliando qualcosa che non riesco più ad ascoltare quello che sta dicendo, non riesco a cogliere il senso, ma solo suoni confusi, finché non cado.
«Alan?! Che hai?!»
«Niente, tranquillo, ho solo dormito poco.»
Ed è vero. Stanotte non ho fatto che pensare, faticando a prendere sonno. Continuavo a pensare alla mia situazione, a Morgan, a Nick... alla mia famiglia. Ma non è solo per queste cose che mi sento stanco... ce ne sono tante, tante altre...
«Ihihih, sai che sei davvero buffo? Dai, dammi la mano, che ti aiuto ad alzarti.»
Morgan è vero, Morgan è reale. Ed è fantastico il suo sorriso, così personale, solo per me... ed io non voglio lasciarlo...
---
La scuola è ricominciata da un bel pezzo, e siamo già ad ottobre. Morgan sta studiando molto seriamente, senza che io gli abbia detto nulla: credo che anche in questo sia maturato. I giorni passano tutti uguali, monotoni; l'unico elemento che da un po' di colore a questi periodi è Morgan. L'ho convinto che almeno un giorno, deve continuare ad uscire con i suoi amici, e lui ha scelto il sabato sera.
«Noi stiamo insieme un po' il sabato, fino a pomeriggio, e poi io esco con i miei amici. Invece la domenica possiamo stare tutto il giorno insieme... è la soluzione migliore, non trovi?»
E come dargli torto? Io ho un sacco di cose da fare, e tra la scuola, Morgan e tutto il resto, non mi rimane molto tempo per stare da solo con me stesso. Ma probabilmente prima me ne rimaneva un po' troppo, e neanche a quel modo le cose andavano bene.
«Morgan?»
«Che vuoi?»
«Oggi hai disturbato in classe, lo sai, vero?»
«Sì, lo so...»
Niente scuse?!
«Beh, cos'è quella faccia triste?»
«Scusa, è che ho litigato con mio padre.»
«Con tuo padre? E perché?»
«Ecco...»
«Avanti, Morgan. Dimmi pure...»
«Sai, lui odia quelli come me.»
«Quelli come te?»
«Sì... perché io non sono un tipo molto deciso, non sono molto carismatico, non ho atteggiamenti da leader naturali...»
«... che razza di idiozie...»
«... e poi mi piacciono i ragazzi...»
«Ah... ma tuo padre lo sa?»
«Non esplicitamente... ma secondo me sospetta qualcosa, lo capisco dal modo in cui mi guarda... si sente deluso... cioè, mi sente come una delusione...»
«Cazzate. Non sei una delusione, sei un bravo figlio, io lo so. Semmai è lui la delusione, dato il rapporto di merda che avete!»
«Dovrei parlargli, secondo te? O almeno, provarci?»
«... non lo so, devi decidere tu. Io a mio padre...»
Mio padre...
«A tuo padre... ? Hai litigato anche tu con lui?»
«Sì, in altri tempi, quando ero più giovane. Ho provato a parlargli, ma solo grazie a mia madre lui non mi ha cacciato di casa.»
«Quanti anni avevi?»
«Venti... e quando scoprì che stavo con un ragazzo, fece di tutto per farci lasciare!»
«Mi dispiace... cioè... lo so che non serve a niente dirlo... ehm, comunque, che successe dopo? Vi lasciaste?»
«Sì, fummo costretti a farlo. Da allora i rapporti con mio padre non sono più stati gli stessi, finché un giorno me ne andai, a ventitré anni.»
«E tua madre?»
«Non disse nulla, neanche lei in fondo mi accettava pienamente. Però è sempre mia madre.»
«Anche mio padre è sempre mio padre... e mia madre pure. Però non so se accetterei una cosa simile da parte loro.»
«Già.»
«Vorrei tanto che le cose fossero più semplici.»
 
Capitolo 21
Piccoli cambiamenti (Morgan)

Quattordici ottobre, sabato.
Settembre è volato via in un soffio, con la delicatezza di una nuova coperta posata sul proprio amante che dorme. Alan... negli ultimi tempi, le cose sono andate in un modo indefinibile, strano. Abbiamo vissuto un po' alla giornata, senza pensare troppo al futuro o alle conseguenze di quello che stavamo facendo... perché io sento che ci stiamo avvicinando pian piano sempre di più; neanche Alan sembra avere più tanti pensieri, e io ne sono molto contento.
Quello che invece non va bene è il solito, ovvero il rapporto con mio padre. Proprio ieri sera, tanto per cambiare, si è messo a discutere con me. Argomento: il mio rientrare tardi, la mia assenza da casa durante il pomeriggio. Io i pomeriggi li passo quasi tutti con Alan, anche se ufficialmente sono con Mark...
«Questa casa non è un albergo!»
«Lo so... e allora?»
«Sono le otto e mezza.»
«Non mi sembra di rientrare tardi, dopotutto non sono mica una femminuccia! E di solito rientro prima...»
«Questo non ti autorizza a fare il pendolare, e con gli orari che vuoi...»
«Ma io non lo faccio!»
«Morgan... sono sicuro che avrai già capito che la cosa migliore è rientrare prima a casa.»
«Ma ritorno sempre per le sette e mezza, massimo le otto... i miei compagni...»
«Non mi interessano i tuoi compagni. Io dovrei credere, secondo te, che fino alle sette e mezza sei con Mark a studiare?! E anche se dopo faceste qualcosa per passare il tempo o parlaste, sarebbe comunque troppo tempo. Non è che frequenti qualche strana compagnia?»
«Ma che dici! No...»
«Allora potrebbe anche venire Mark qui da noi, ogni tanto...»
«Oh... mh... va bene, glielo dirò, e cercherò di non perdermi in chiacchiere e... beh, insomma, queste cose.»
«Bene. Così potrò chiedere a Mark un bel po' di cose...»
«Puoi chiederle anche a me, se riguardano me.»
«E tu mi diresti la verità?»
«Tu non hai mai provato neanche a chiedermela! E poi Mark è mio amico, non tradirebbe mai la mia fiducia!»
«Sì, sì... tu non mi diresti nulla, lo so già. Ma io so che c'è qualcosa, anche se non so cosa.»
«Qualcosa?!»
«Qualcosa che mi tieni nascosto, e anche alla mamma...»
«Che dici... ?»
«Vedi?! Vedi che neghi?! Ma il mio sesto senso da genitore non sbaglia, e si capisce da come sei nervoso e dal tuo atteggiamento... tutto sa di segreto non trascurabile... ti conosco meglio di quanto credi, Morgan...»
Ma come fa? Non è affatto giusto... perché io non riesco a capire cosa pensa lui, eppure lui è mio padre... perché lui deve avere questo vantaggio su di me?
«Mica posso dirti tutto quello che mi succede...»
«Se è qualcosa di importante, puoi o dovresti dirlo, non credi?»
«E come fai a dire cosa è importante?»
«Non sei certo un bambino, Morgan!»
«Uff... però...»
«Niente però, capito?»
Ho paura di non piacerti... di subire il tuo disprezzo...
«Mh...»
«Pensaci su... ma ricordati che tu vivi ancora in questa casa.»
Le cose sono andate all'incirca in questo modo, e praticamente non è cambiato niente... tranne che stranamente mio padre è stato un po' meno insofferente del solito, con me, ma forse era semplicemente che era di buon umore, ed io ho avuto fortuna. Il fatto è che io e mio padre abbiamo discusso quasi civilmente insieme, senza alzare troppo la voce e senza ferirci poi più di tanto...
«Ehi, a che stai pensando? Oggi sei tra le nuvole...»
«Mark... io ieri ho parlato un po' con mio padre... ecco...»
«Cosa?! Che evento... dai, dimmi...»
«... insomma, lui, come mia madre, pensa che io stia con te il pomeriggio, e che studiamo insieme...»
«Sì, certo... e mio padre anche ti copre, anche se io sono l'unico a non sapere perché...»
«Mark, ti prego...»
«Scusa.»
«Senti, Mark... te ne parlerò presto, okay? Lasciami un po' di tempo per mettere insieme le idee...»
---
«... tempo per mettere insieme le idee?! Che tempo ti serve?!»
«Io ho solo sedici anni, che pretendi?»
Ora sono impegnato in una discussione con Alan, della quale né io né lui siamo contenti.
«... non ne capisco il motivo, tutto qui!»
«...»
Distolgo lo sguardo, perché mi sento in colpa.
«Dimmi la verità, Morgan...»
«La verità, la verità... uffa. Ho parlato con mio padre e... ho pensato a un po' di cose.»
«Come per esempio a non vederci per un po'?!»
Ma è arrabbiato?! Io non capisco.
«Prima eri tu a dire che dovevo stare con i miei coetanei...»
«Prima era prima. E ora è ora, e comunque io ti avevo detto di vedere anche i tuoi coetanei, non di stare soltanto ed esclusivamente con loro.»
«Beh... scusa, Alan, ma in fondo il nostro rapporto è un po'... sì, insomma, esagerato. Non lo pensi anche tu?»
«No, non lo penso.»
«Io ho bisogno di pensare un po', di starmene per conto mio...»
Penso che non cederà mai, e uno strano pensiero mi attraversa la mente, quello che forse io non riuscirei a liberarmi di Alan, adesso... così come lui non riusciva a liberarsi di me in passato... ma è una stupidaggine.
«Va bene, ho capito.»
«Sul serio?»
Incredibile, proprio ora. Quasi quasi, avrei voluto che insistesse ancora di più a voler continuare a vedermi...
«Sì, ho capito. Comunque, se vuoi vedermi, hai le chiavi di casa...»
«Ehm... sì... io provo ancora quelle cose per te...»
«Certo, lo so...»
Cavoli: silenzio imbarazzante. Come uscirne? Ogni secondo che passa l'imbarazzo aumenta, a volte senza un vero motivo.
«Mark non fa che ripetermi quanto vuole sapere quello che nascondo... dato che sa che suo padre lo sa.»
«Già, ha ragione... la penserei come lui, se fossi tuo amico e tu ti fossi confidato con mio padre!»
«Sì, ma... tu che ne pensi?»
«Dalla mia posizione? Certo non glielo direi! Come amico... non so. Dipende se tu pensi che lui sia pronto a capirti e ad accettarti come persona, se è in grado di capire che quello che gli dirai non cambia quello che sei.»
«E tu?»
«Sì, questo è più complicato... ma dopo la prima sorpresa, la seconda si spera che faccia meno effetto...»
«Mah... non credo che vada proprio così... non in questo caso, almeno.»
«Vedi tu... sei tu che devi parlare con il tuo amico, non io... se Mark è un vero amico...»
«Sì, sì, ho capito. Comunque, volevo parlarti anche di quello che ci siamo detti io e mia madre qualche giorno fa...»
«Con tua madre? Certo, dimmi...»
 
Capitolo 22
Confusione (Morgan)

Ogni giorno che passa mi accorgo di come le cose sono più complicate e più lente per il semplice fatto che, quando si è in due, le cose sono più facili da sopportare, perché il peso si divide a metà, in un certo senso. Mi chiedo se Alan provi le mie stesse sensazioni, se la pensi allo stesso modo: certo, però, mi sono ripromesso di non pensarci troppo, di non andare a casa sua, e, anche se è molto dura, devo resistere ad ogni costo. Vederci ogni santo giorno a scuola è una vera maledizione in questo caso; non è affatto consolante, anzi. Dopo la nostra ultima discussione, è come se i rapporti tra me e Alan si fossero un po' raffreddati... ma io lo amo sempre, come sempre, anzi forse ancora di più...
«Chrisman... torna tra noi, non stare con la testa tra le nuvole, e segui la lezione.»
Cazzo, beccato in pieno. Eppure non lo stavo guardando... ma avrà capito che pensavo a lui?!
«Mi scusi, professor Steele, mi sono distratto solo un attimo...»
«Meglio. Se è così vuol dire che sei in grado di ripetere quello che ho detto fino a qualche secondo fa.»
«Ehm... veramente no.»
«Perché, non hai capito?»
«Sì, infatti.»
«E perché non l'hai detto, allora?»
Perché odio la fisica e farmela spiegare da te non è esattamente la mia più grande aspirazione, in questo preciso momento.
«Scusi, professore.»
Ora che ci ripenso, ho fatto davvero una figuraccia. E non con gli altri, ma con Alan, e soprattutto, ancora peggio, con me stesso. Non è che io abbia intenzione di non pensare più ad Alan, ma sto solo cercando di non far peggiorare più di tanto la mia situazione. Ad Alan non ho detto tutta la verità...
«... Morgan? Di cosa hai discusso con tua madre?»
«Beh... credo che anche lei la pensi allo stesso modo, quindi non vederci per un po' è la cosa migliore anche per questo motivo.»
«Certo...»
Certo, certo. Non ho mentito, ma non gli ho detto tutto...
«Morgan, ti ho sentito parlare con papà...»
«Ah, ma'...»
«Che ti sta succedendo?»
«Niente, niente...»
«Lo sai che se ci preoccupiamo è solo perché ti vogliamo bene, no?»
«Sì, lo so... ma ti giuro che mi va tutto bene...»
«Anche Mark qualche tempo fa mi ha detto che gli sembravi cambiato.»
«Sono solo cresciuto... nient'altro.»
Il discorso, per fortuna, è caduto lì. Mia madre ha cercato di chiedermi altre cose, più nello specifico, ma l'ho ignorata. Mi è dispiaciuto farlo, ma non avevo altra scelta. Mi chiedo ancora cosa direbbe di tutta questa storia... e penso che ci sono persone che, pur non condividendo ciò che fai, non cercano di allontanarti da quello che ti piace, come ad esempio il padre di Mark. È davvero gentile, umano, a tenere questo segreto insieme a me, a corrispondere così degnamente la mia fiducia. Questo mi fa pensare che dovrei parlare anche con Mark, dato che siamo amici praticamente da tutta la vita...
---
«Sì, certo che mi va! Ho una fame!»
Sally è davvero allegra. Sono fuori con Mark, Sally e Michelle, sua sorella. Sembra una comune uscita a quattro, ma io e Michelle non stiamo insieme... anzi, ci conosciamo appena. Invece Mark e Sally stanno insieme da un bel po', anche se non ricordo precisamente da quando. Forse da giugno. Li vedo contenti tutti e due, e anche io sono felice per loro. Tuttavia, mentre li guardo tenersi per mano e sorridersi in modo complice, non posso che invidiarli, e l'ombra della tristezza mi passa sul volto.
Dev'essere molto evidente, perché Mark manda le ragazze a prendere qualcosa mentre mi porta a sedere in un posto tranquillo, sorprendendomi.
«Che hai? È da un po' che ti vedo giù... è tutta la sera che sei depresso.»
«Scusa, Mark... non voglio rovinarvi la serata.»
«Ma che dici, scemo. Dai, perché non mi dici cos'hai?»
«Ma no, mi vergogno...»
«E con mio padre non ti vergogni?»
«Che c'entra! Cazzo, Mark, è diverso... a lui ho dovuto spiegare per forza!»
Non capisci quanto è difficile per me esprimere quello che ho dentro? La rabbia di non potergli stare vicino di fronte a tutti, sia perché è un uomo, sia perché è tanto più grande di me, e poi anche perché è il nostro professore... è insopportabile.
«Dai, io sono tuo amico. Fidati di me, non ti prenderò in giro.»
«È proprio questa la cosa che mi spaventa.»
«Eh?! Che vuoi dire?»
«Che credo tu la prenda seriamente, e quindi sarebbe ancora peggio.»
«Tu dimmi... io non farò commenti.»
«Mh...»
«Dai... facciamo così, io ti faccio le domande e se vuoi rispondi.»
Va bene? Io non lo so... non sono sicuro di niente.
«Okay.»
«C'entra una persona di cui si è parlato senza mai dire chi è?»
«Sì.»
«Dunque... ci stai insieme?»
«Sì.»
«Da quando?»
«Dall'estate scorsa... anche se in realtà credo sarebbe da settembre scorso.»
«La conosco?»
È un uomo, hai presente? Il nostro amato professore di matematica e fisica, altrimenti conosciuto come Alan Steele.
«Mh...»
«Cioè?»
«Non è che mi va di dirti chi è!»
«E allora che cazzo mi vuoi dire?»
«Una cosa... non proprio comune, che uno non penserebbe come logica.»
«Ah...»
Mark sta pensando. Vedo i suoi occhi stringersi un po', studiarmi e sondarmi, mentre io mi sento completamente terrorizzato. Non è che io non mi fidi di lui, ma semplicemente non sono sicuro di fidarmi veramente di nessuno. Ma di Alan... di lui sì.
«Hai capito?»
«Beh... forse. È una cosa che pensavo già da un po'.»
«Cioè?»
«Come si chiama?»
«No, non posso dirti il suo nome.»
«Uffa...»
«Dai, Mark.»
«Dai cosa?»
Ma dove sono finite Sally e Michelle?! Spero non siano andate al bagno, altrimenti chissà quanto ci mettono a tornare... mi sembra che manchino da un'eternità.
«Mark...»
«È... un ragazzo?»
Sì, è lui. Anzi, è molto più che questo. Non rispondo, non voglio sapere cosa ne pensi. Chi tace acconsente, giusto?
«Morgan... ehm... tutto qui?»
«No, non è tutto qui. Ma il resto è peggio, capisci?!»
«Sta' calmo... ne riparliamo va bene? Stanno tornando Sally e Michelle...»
«Ehi, ragazzi!», dice Sally sorridendo, «vi ho preso un po' di stuzzichini caldi... vanno bene?»
«Sì, grazie.»
«Che ha Morgan?» chiede Michelle.
«Non si sente molto bene.» Grazie, Mark, è così: non mi sento affatto bene. «Lo accompagniamo a casa, okay?»
---
E così ora sono a casa. Mi stendo sul letto, esausto, anche se non ho motivo di esserlo. Mi gira la testa... non mi sento affatto bene. Come mi aspettavo, dopo un po' sento vibrare il cellulare, dev'essere Mark.
«Mi manchi.»
Non è Mark... è Alan... cazzo. Che faccio, gli rispondo? Non voglio riprendere a vederci adesso, sono ancora troppo confuso... ho bisogno di mettere ordine nella mia vita.
«Anche tu mi manchi.»
Dannazione, non ho resistito. Ma dopotutto è la verità! Non so come sto facendo a sopravvivere senza di lui ultimamente. Mi sembra di sprofondare nella tristezza. Prima di conoscerlo stavo stupendamente, ma non c'era niente che contasse davvero nella mia vita.
«Quando possiamo vederci?»
Eccolo. Quando possiamo vederci? Non lo so... ma scrivergli così non sarebbe giusto.
«Morgan, tutto okay?»
Adesso è Mark. Con calma, uno alla volta.
«Alan... dammi tempo, sono un po' confuso in questo momento.»
Okay, andato. A Mark che scrivo?
«Sto bene, tranquillo. Poi parliamo meglio, okay?»
«Okay, e cerca di riposare. Ti voglio bene.»
Che bravo amico, che stupendo amico. Mi sembra impossibile che esista uno come lui, e che per di più stia dietro alle mie paranoie.
«Grazie, sei un amico. Buonanotte.»
Non so quante volte mi sono ritrovato a ringraziarlo. È stato sempre lui a risolvere i miei problemi, anche quando eravamo bambini. Capisce sempre tutto di me, e non so proprio come faccia.
«Okay... a presto.»
È Alan. Sospiro, posandomi una mano sulla testa. Che cosa devo fare adesso?
 
Capitolo 23
Adolescenti, ricordi e dolcezze (Alan)
Quattordici novembre, martedì.
È praticamente un mese esatto che io e Morgan non ci vediamo e non parliamo decentemente. Come posso sopportarlo tutti i santi giorni in classe? Spesso si distrae, o mi guarda con la sua aria afflitta... ma non sono io ad averlo allontanato. Che gli prende? Non mi sento affatto tranquillo a lasciar passare il tempo in questo modo, ma non so cosa fare per sbloccare la situazione. Ho provato anche a mandargli dei messaggi, ma non è servito a molto. Non posso fare nulla di sensazionale, perché temo che qualcuno se ne accorga.
A casa mia è rimasto un quaderno di Morgan; lui ci ha scarabocchiato sopra per un po', oppure ci ha scribacchiato degli esercizi in brutta che abbiamo fatto insieme... e ha addirittura provato a fare dei disegnini che mi ritraggono mentre cucino, mentre parlo al telefono, mentre gli faccio le mie solite prediche. È davvero carino; da una parte è un peccato che se lo sia dimenticato, dall'altra è meglio così, almeno posso guardarlo per un po' io. Forse potrei usare questo a mio vantaggio? Certo, è una sorta di legame tra noi, perché indica tutta la familiarità che Morgan ha con me... nessun altro potrebbe riprendermi così bene, anche se solo con un disegnino. Ora che ci penso, potrebbe averlo fatto apposta, a lasciarlo qui da me. Dopotutto, è pieno di cose che se fossero viste dai suoi genitori o amici, gli farebbero passare momenti non troppo tranquilli, e ci sono anche un bel po' di scritte con il mio nome nelle ultime pagine.
Dunque... che ci scrivo? Potrei semplicemente scrivere quello che mi passa per la testa e poi passare il quaderno a Morgan, oppure scrivergli qualcosa di totalmente spiazzante, ma cosa? Dovrebbe per forza essere qualcosa di assolutamente imbarazzante o tremendamente e tragicamente reale. No, queste idee non vanno bene. Gli scriverò di come non sopporto questo periodo senza di lui. Ecco, potrebbe andare bene.
Caro Morgan...
No, che scrivo?! Forse dovrei prima provare su un foglio e dopo scrivere quello che viene. Però non è che io sappia scrivere molto bene... credo di non avere abbastanza originalità. Dopotutto non sono un poeta, ma un semplice professore di matematica e fisica, materie che non hanno niente di troppo discorsivo. Proverò a essere spontaneo e a scrivere quello che mi suggeriscono sia la testa che il cuore.
Ciao Morgan, come te la passi?
Ti ricordi il giorno del nostro primo incontro? A me sembra passata un'eternità, eppure non è così... è poco più di un anno che ci conosciamo. Ti avevo notato molte volte in spiaggia, per quel tuo orecchino... buffo, no? Questo fa capire quanto dei piccoli particolari che a prima vista sembrano insignificanti sono in realtà importanti. Eri il più carino, quello con il sorriso più dolce e innocente, e mi è stato impossibile resisterti! Ricordo quando eri più timido e non eravamo in confidenza, quando cercavi di parlarmi e io non ti ascoltavo oppure ero troppo distratto per prestarti attenzione.
Ma devi ammettere anche tu che le cose sono cambiate molto. Certo, all'inizio forse non avevo molta voglia di averti intorno, ma pian piano mi ci sono abituato, fino a questo punto in cui non posso farne a meno. Insomma, mi manchi, lo sai... capisco che vuoi pensare un po', ma è passato un mese, dai! La mia porta è aperta (e anche se è chiusa, hai le chiavi!) e ti aspetto, okay? Ma non farmi penare troppo!
Ti voglio bene... tuo Alan.
Avrò fatto bene a scrivere quel ti voglio bene? Va beh... ormai non posso certo negarlo, e poi avevo voglia di scriverlo. Ora come faccio a dare il quaderno a Morgan? Mh... forse non dovrei farmi tanti problemi.
«Morgan, a casa mia hai dimenticato una cosa importante, puoi passare un attimo?»
Ecco fatto, basta un messaggio. Spero che Morgan venga. Anche semplicemente per vederlo. Sento la porta e vado nell'ingresso; ma è possibile che abbia fatto così presto?
«Ciao, Alan.»
Oh, cazzo. Che sta succedendo? Non può essere, non può assolutamente essere quello che vedo, perché non può accadere quello che sta accadendo. Devo svegliarmi.
«Nick... a cosa devo questa visita?»
Sorride amabilmente come suo solito, con una lieve increspatura malinconica, ed entra. È più bello che mai... i suoi occhi penetranti, così scuri, i suoi capelli ribelli, disordinati... sfido chiunque ad indovinare che ha passato i trent'anni.
«Non riabbracci un tuo vecchio amico? Non sei contento di vedermi? Ormai sono passati interi anni e tu neanche mi telefoni.»
«Ma ti pare... ? E poi hai ancora le chiavi di casa mia...»
«Certo, il nostro rifugio d'amore per le vacanze...» dice, e mi abbraccia di slancio. Cavoli!
«Nick!»
In questo momento non ho voglia di ricordare gli eventi passati.
«Rifugio d'amore... ?»
Cazzo, lo sapevo. È Morgan. Perché proprio adesso doveva crearsi una situazione simile? Già è un momento delicato... cazzo.
«No, Morgan... non è come pensi.»
Finalmente Nick mi molla. Lui non sembra affatto seccato da tutto questo, e dopotutto non ne ha motivo. Anzi, sembra quasi divertito e la cosa mi da un po' fastidio.
«Lui chi è?» chiede infatti.
«Il mio ragazzo.» dico d'impulso.
Morgan mi guarda con uno sguardo un po' strano, e sono sicuro di essere arrossito, anche se non capisco bene perché. In fondo è la verità; forse però dirlo in modo così esplicito è cambiare un po' tutto quello che era prima il nostro rapporto. Comunque, Morgan non sembra scontento, anzi, giurerei che se la stia ridendo sotto i baffi... forse sono riuscito a salvarmi.
«Ehm... non ti ho risposto al messaggio perché non ho più soldi, ma ero nei paraggi. Comunque, cos'è che ho lasciato?»
«Un quaderno... vai pure a prenderlo.»
Per fortuna Morgan si allontana, lasciandomi il tempo di riunire le idee. Non avevo progettato di riavvicinarmi a lui in qualche modo, quando fosse arrivato? È tutta colpa di Nick se mi sono distratto e ho perso di vista i miei propositi. E non posso occuparmene davanti a lui altrimenti potrebbe pensare che lo faccio per dimostrargli quanto sto bene... e ancora peggio Morgan potrebbe pensare la stessa cosa, oppure semplicemente che non sono più io. Ho bisogno di calma per pensare!
«Nick, aspetti fuori per piacere? Devo parlare un attimo con Morgan... per piacere.»
«Oh, oh... sì, non ti preoccupare.»
Il modo in cui ha sorriso e allo stesso tempo assottigliato gli occhi è a dir poco diabolico. Se non lo conoscessi direi che sta tramando alle mie spalle, ma per fortuna so che lui è semplicemente così, e quindi sorride in quel modo. Però, che assurdità! Devo concentrarmi su Morgan...
«Alan, è questo, vero?»
«Sì, esatto.»
«Beh, io non so se posso tenerlo... ehm, hai visto cosa c'è dentro?»
«Sì... ma ci ho messo qualcosa per te... insomma, vorrei che leggessi con calma.»
«Okay.»
«Senti, riguardo Nick...»
«No, non devi spiegarmi niente.»
Non è geloso? Strano... siamo sicuri che sia tutto a posto? Non ti starai mica vedendo con qualcun altro, vero? Sbuffo frustrato: non ne posso più. Fisso intensamente Morgan e aspetto che se ne accorga; poi aggrotta la fronte e mi guarda interrogativo, com'era prevedibile. Sta per parlare, ma proprio prima che lo faccia lo abbraccio in un modo che è a metà tra la delicatezza e l'immediatezza che è frutto dell'impulso del momento. Lo stringo più forte e sento immediatamente il dolce profumo della sua pelle; mi sembrano secoli che non posso sfiorarlo, vezzeggiarlo, baciarlo, coccolarlo. Lui trattiene il respiro per un momento, poi si rilassa e ricambia con forza. Vorrei restare così per sempre.
«Alan...»
«Morgan, senza di te... uff... per piacere torna presto a passare del tempo con me.»
Mi scosto un po' per vedere come reagisce, e noto che ha gli occhi un po' lucidi e stringe leggermente le labbra. Ma... cavoli, non credevo che fosse così bello! È cambiato, forse? Quando è successo? Sembra più adorabile che mai, o forse sono io che vedo tutto più bello, oggi. Finalmente ci baciamo.
Un bacio dettato da un sentimento sincero è la cosa più bella che possa esistere.
«Senti, Alan, ora devo andare... comunque più tardi se mi faccio una ricarica ci sentiamo, okay?»
«Te la faccio io.» dico accarezzandogli il viso.
«Grazie... allora io vado.»
«Okay... ciao.»
Mi sembra di aver visto un ragazzo diverso, oggi. Cresce a vista d'occhio, e ora come mai in questi mesi ho voglia di seguire ogni suo passo per viverlo insieme a lui, condividendo tutti i dolori e le gioie che lo circondano. È come se avesse una vita nuova, una nuova personalità, che è sì molto simile a quella passata, ma in più comprende una consapevolezza, una sorta di saggezza superiore. Quali novità mi sono perso?
«Ehi, Alan.»
«Ah, Nick... dai, entra.»
«No, senti... ho un impegno urgente, sai com'è il mio lavoro, no?»
Il solito.
«Okay, non preoccuparti.»
«Comunque, non mi sfuggi. Ci vediamo presto, chiaro? Abbiamo un mucchio di cose da dirci, e voglio parlare anche di quel tipo...»
«Morgan.»
«Sì, Morgan, ecco. Allora io scappo!»
Sbuffo... pericolo scampato, per questa volta! Comunque tutto sommato mi ha fatto piacere rivedere Nick, e in un certo senso il suo arrivo è stato anche perfetto, dato che mi ha costretto ad agire in modo tempestivo. Non vedo l'ora che Morgan mi faccia sapere cosa pensa di quello che gli ho scritto. Oggi, quei pochi attimi che abbiamo condiviso, sono stati preziosi e intrisi di dolcezza.
Ho voglia di Morgan. E in questo momento, mi sento il cuore pieno.
 
Capitolo 24
Io sto bene con te... (Alan)

Diciotto novembre, sabato.
Siamo in classe, e la ricreazione è suonata da un po'. Morgan non mi ha ancora detto niente, e non ho idea di cosa fare adesso, perché la prossima mossa toccherebbe a lui. Da quando non ci vediamo, ho cominciato a pensare cose strane! Mi sento un sacco solo, però... e dire che prima non mi pesava affatto, anzi.
«Chrisman... mi hai portato gli appunti di fisica, per piacere?»
Quale modo migliore per fargli capire che sto aspettando il quaderno se non questa? Sto sperando che mi abbia scritto qualcosa. In questi giorni non gliel'ho chiesto nel caso non avesse avuto tempo per pensarci.
«Sì, eccolo.»
Non c'è nessuno dalla mia parte, dato che sono quasi tutti fuori, e poiché Morgan ha quei pochi presenti dietro le spalle, ne approfitta per farmi un breve sorriso dolcissimo. Lo apro quel tanto che basta per dare un'occhiata ed essere sicuro che sia quello giusto, nonostante abbia visto la copertina... è il quaderno che aspettavo. Non sto più nella pelle dalla voglia di leggere quello che Morgan mi avrà scritto, ma devo trattenermi, perché sono in classe, e non vorrei che qualcuno accidentalmente guardasse il quaderno...
«Professore, posso prendere in prestito gli appunti di fisica di Morgan, quando lei ha finito?»
Cazzo, Mark. Morgan gliel'avrà detto? Lo guardo per un istante e capisco che non l'ha fatto. Del resto, se lo avesse fatto forse saprebbe anche che questo non è un quaderno di appunti. Ma se gli servivano gli appunti di fisica, perché non li ha chiesti direttamente a Morgan?!
«Quando avrò finito io di usarli... e potrai chiederli a Chrisman...»
«Certo...»
Mark si gira a guardare Morgan, che mi sembra un po' preoccupato e teso, anche se vedo lo sforzo che sta compiendo per non darlo a vedere. Dopo gli fa segno di seguirlo ed escono, e Morgan per fortuna non mi rivolge neanche uno sguardo. Che Mark sospetti qualcosa?
Resisto pazientemente fino alla fine delle lezioni, nonostante il prurito alle mani, e appena arrivo a casa, senza neanche scendere dalla macchina mi metto a leggere. Quasi non riesco a girare le pagine tanto sono emozionato... è davvero assurdo. Come pensavo Morgan mi ha scritto qualcosa.
Ciao Alan... io sto bene.
Mi ricordo bene il giorno del nostro primo incontro! Non mi sembrava vero che uno come te mi avesse notato, e mi vergognavo un casino... all'inizio è stata dura, ma pian piano tra di noi è successo qualcosa di bello... ah, ottima idea quella di scrivere su questo quaderno, ma non vorrei correre il rischio che qualcuno lo veda. Beh, non posso che dirti che mi fa piacere che ti manco... anche tu mi manchi.
Ora mi sento un tantino diverso. Questo pomeriggio dopo la scuola vengo da te, okay? Aspettami...
Sorrido; sono contento. E non faccio neanche in tempo ad entrare in casa che Morgan mi abbraccia da dietro.
«Ehi... dai, vieni, qualcuno potrebbe vederci.»
«Sì, scusa...»; sorride stupendamente, poi mi segue.
Mi sento mancare il fiato, come se non ci vedessimo da chissà quanto tempo... e invece è stato solo ieri che ci abbracciavamo e baciavamo. E stamattina a scuola l'ho visto, ma non è la stessa cosa. Cerco subito di mettergli le mani addosso e gli tolgo il cappotto, mentre lui fa lo stesso con me.
«Sono un po' nervoso.» ammetto sottovoce.
«Proprio tu? Ma dai... anche l'anno scorso non l'abbiamo fatto per un mese, ma poi non stavi ridotto così male...»
«Sì,» dico, «ma adesso è diverso. Sai che non è per quello...»
«Mh, sì... dai, vieni...»
Quest'oggi mi sembra un sogno. Dopo un primo momento di tranquillità, anche Morgan sembra esitare. Gli prendo dolcemente il viso tra le mani, gli sfioro le labbra con le dita, e ci avviciniamo fino a quando non respiriamo la stessa aria e sentiamo il reciproco fiato. È incredibile il modo in cui mi sento per questa semplice situazione.
«Morgan...»
Come posso spiegarti quello che sto provando? Non riesco a capire neanche io il tumulto di sensazioni che si aggrovigliano dentro di me in questo momento, e ho il terrore di provare a spiegartele e la paura di non riuscire a farlo.
«Sì, Alan... »
La tua voce mi provoca un tremito piacevole, e mi sento trascinare improvvisamente dalla voglia di averti. Delicatamente appoggio le mie labbra sulle tue, chiudendo gli occhi e assaporando il tuo dolce odore, così caratteristico, così tuo e così terribilmente eccitante... sei speciale, sei unico, non voglio perderti...
«... non voglio perderti...»
Mi guardi e taci, poi riprendi a baciarmi con più passione, quasi rispondendomi in questo modo, e a me basta. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, ci spostiamo insieme, senza lasciarci un solo istante, stretti insieme come se non potessimo più separarci. Qui le cose sono un po' cambiate, e anche se resta una cosa dolcissima, cominciamo a spogliarci sul serio, ormai completamente coinvolti dall'impazienza del momento.
«Alan, tu... non mi perderai...»
Perché i tuoi occhi oggi sono così belli? Premo ancora le mie labbra sulle tue, e finiamo per lasciarci andare con foga, senza più pensare a nient'altro che a quello che stiamo facendo. Rido, perché mi sento spaventosamente felice, e anche se sono terrorizzato continuo a non voler tornare indietro...
Dopo aver riallacciato i nostri rapporti, in tutti i sensi, io e Morgan abbiamo deciso di non uscire, ma di starcene tranquillamente a casa a coccolarci davanti alla televisione. Praticamente non la guardiamo, ma alterniamo il mangiare con i baci e le carezze, vicini come due bambini. Come ho fatto a rinunciare a tutto questo?
«Parliamo un po'?» dice dopo non so quanto Morgan... ho perso la cognizione del tempo.
«Okay, se ti dispiace così tanto baciarci!»
«Scemo! Dai... dammi un altro bacio...»
Lo accontento, e ci sfioriamo appena, contenti.
«Di che vuoi parlare?»
«Volevo sapere qualcosa di Nick... se non ti da fastidio parlarne.»
«No, figurati... ehm... diciamo che non è esattamente che mi vada di parlarne, ma...»
«Okay, lasciamo perdere.»
«No, che dici... sai... è stato molto importante per me, però... alla fine l'ho lasciato e sono fuggito via da tutto. Sono scappato dalla mia casa, dalla mia famiglia, dall'amore e anche da me stesso. Adesso che sono qui con te però mi sento a casa. Io sto bene con te...»
Morgan inaspettatamente arrossisce. Io mi sento tranquillo, e gli sorrido accarezzandogli il viso.
«Grazie... ecco, anche io sto bene con te.»
«Perché sei arrossito? E poi mica mi devi ringraziare...» dico con calma... è così tenero. E dire che all'inizio lo trovavo insopportabile proprio per questo, oltre che per il suo infantilismo.
«Beh... comunque è una bella cosa da dire... scusa, mi è venuto spontaneo!»
«Prima mi ringrazi e poi ti scusi... mah!»
«Ah... senti, ho detto a Mark di me...»
«Come l'ha presa?»
«Beh... lo sospettava...»
«E di me gli hai detto?»
«No... tu dici che sospetta qualcosa?»
«Può darsi... dopotutto non è stupido e ultimamente stiamo dando un po' nell'occhio, considerando che lui sa dove deve guardare.»
«Dove deve guardare?» chiede Morgan aggrottando la fronte.
«Dove guardi tu! Per vedere chi guardi, no?»
«Ah... capito. Preferirei dirglielo io, però.»
«Se lo capisse da solo non sarebbe male. Ti risparmierebbe la fatica e avrebbe più tempo per metabolizzare l'idea, dato che per prenderla in considerazione dovrebbe ammetterla dentro di sé.»
«Ma che discorsi fai... io ho voglia di fare l'amore...»
L'amore... ?! Il mio cuore accelera al solo sentire questa parola, anche se detta in un soffio...
«Che?! Guarda che sei tu che hai detto che volevi parlare!»
«Lo so... ma adesso non ne ho più voglia...»
«Okay...»
Amore, amore... a questo penso mentre bacio Morgan... ho sempre pensato di aver amato davvero almeno due uomini, nella mia vita, Nick e...
«Io per mezzanotte vorrei tornare a casa, per te va bene?»
«Sì, non preoccuparti.»
Non mi va più di pensare a questo... voglio solo baciare Morgan, e dimenticare tutto quello che mi fa salire l'ansia. Tuttavia non riesco a scacciare del tutto questa sensazione, neanche mentre mi unisco a Morgan, che come pensavo se ne accorge.
«Che hai, Alan?»
«Niente, non preoccuparti...»
«Se ti va di parlarne, io sono qui...»
 
Capitolo 25
Questioni di fiducia (Morgan)
Venticinque novembre, sabato.
È passata una settimana ormai da quando io e Alan abbiamo ripreso a vederci. Abbiamo passato quasi tutto il tempo che avevamo a disposizione insieme... e forse anche un po' di quello che non avevamo. Comunque, sono contento di come vanno le cose. In questo momento sono a casa di Mark, perché i suoi genitori mi hanno invitato a pranzo. Ora stiamo in camera a parlare del più e del meno, e Mark ad un tratto smette di rispondermi e mi fissa. Mi sento a disagio; sicuramente starà pensando a quello di cui abbiamo parlato... o meglio a quello di cui non abbiamo parlato.
«Ho un sospetto, sai... ?»
Oh, cazzo, no. Non dirmi che ha già capito! Ma come fa? Non può essere così.
«Su... su cosa?»
«Lo sai.»
Okay, niente da fare.
«Mh...»
Non ho proprio voglia di sbilanciarmi.
«Hai detto che questa cosa era peggio e io... beh, ho provato a pensare il peggio.»
«E che hai pensato?» chiedo conoscendo già la risposta.
«Beh... ecco... è un po' strano da dire, e mi suona anche un po' assurdo... soprattutto perché poi ho pensato che lo sa anche mio padre quindi non può essere troppo esagerato... no?»
«No... non credo che c'entri.»
«Ehm... uno che conosco, vero?»
«Sì...»
«... che vedo spesso...»
«Sì...»
«... che non può esporsi troppo?»
«Mh... sì, ma anche se fosse, non andremmo mica in giro liberamente, lo sai... mio padre capirebbe subito che c'è qualcosa di sospetto.»
«Ci ho pensato... e i tempi coincidono...»
«Penso che tu abbia capito...» ... almeno dal modo in cui ti sei comportato sabato scorso.
«Cazzo, non può essere...»
«Invece credo proprio di sì.»
Che strana situazione. Mi sembrerebbe anche piuttosto comica se non fosse dannatamente seria. Ma quando c'è tanto bisogno di essere seri, si vorrebbe poter ridere per scaricare la tensione.
«Il... insomma, lui... Steele?»
Sapevo che l'avrebbe detto.
«... Alan.»
«Ah, per te è Alan...» dice Mark con un viso che definirei completamente sconvolto. O quasi.
«Già... che ne pensi?» chiedo sentendomi un po' più a mio agio, anche se sono ancora molto nervoso.
«Beh... accidenti, dammi un secondo per pensarci!»
«Okay.»
«Non me lo aspettavo... sì, insomma, fino all'ultimo ho pensato che non poteva essere... mi racconti com'è cominciata?»
Oh, accidenti... spero di farcela. Devo farcela, Mark è mio amico.
«Sai, in spiaggia... poi... ehm, diciamo che ci siamo divertiti un po', ma senza impegno... e poi non pensavamo di rivederci.»
«Ma sapevi che era un professore?»
«Sì, me lo ha detto dopo un po'... ma parlavamo e basta. E l'anno scorso quasi non mi sopportava... però alla fine le cose sono andate bene, e insomma... beh, stiamo insieme, adesso.»
«Ah...»
«Scusa, è un po' lungo da dire, se no! Va bene, così?»
«Sì, okay, non preoccuparti.»
«Grazie...»
Mi sembra di poter tirare un lungo sospiro di sollievo dentro di me. Quanto sono stupido! Non è stato poi così difficile, no?
«Ma com'è che ti piace? Cioè... ti piace molto?»
Ora è Mark che sembra un po' a disagio. Però ha voluto chiedermelo... nonostante questo.
«Sì... ecco, mi piace molto.» Accidenti, l'ho detto. A bassa voce, però io lo amo... «Moltissimo. Non c'entra niente come sembra a scuola, sai...»
«Sì, lo immaginavo... e tu gli piaci?»
«Sì.»
«Ne sei sicuro?»
Mark me lo sta chiedendo seriamente, con convinzione... beh, è giusto che si preoccupi per me, no? Forse sono io che non riesco a capire quanto sia prezioso lui per me.
«Sì, tranquillo, lo so.»
«E vai da lui tutti i giorni?»
«Sì... quasi.»
«Quindi io ti ho coperto per tutto questo tempo per... ehm, ma che fate tutto il pomeriggio?»
«Ma no, niente... mica pensiamo solo a... insomma, hai capito! Io studio e lui fa i suoi compiti... deve fare un sacco di cose, sai? A volte l'ho anche aiutato a preparare delle lezioni, e poi mi aiuta sempre quando non capisco qualcosa in fisica. Sai che non la amo molto. E poi mi aiuta pure con le altre cose, anche se non dovrebbe...»
«... non siete mai usciti insieme?»
«Sì, certo... però andiamo fuori città. Abbastanza lontano.»
«E avete passato l'intera estate insieme... ma dove siete stati? Mio padre ha detto che eri sempre lì a Sundale...»
«Sì... a casa sua.»
«Ah, ha la casa lì?»
«Sì, e anche qui ne ha una.»
«Ma quante case ha?»
«No, va beh... boh, non lo so. Non penso che siano tante, saranno solo queste due... e poi quella di qui forse non è proprio sua. Comunque non gliel'ho mai chiesto.»
«Okay... beh, penso che per oggi mi basta quello che mi hai detto!»
«Eh... sì, basta anche a me averti detto queste cose.»
Ci guardiamo per un attimo e poi ridiamo. Mi sento contento, come se avessi finalmente cominciato a rompere quel muro che mi impedisce di essere sincero con chi mi è intorno... escluso Alan, ovviamente.
«L'ha capito da solo. Non è fantastico?! L'ha presa abbastanza bene, e non mi ha detto niente di terribile...»
Sono a casa di Alan, vestito di tutto punto per uscire. Ovviamente ufficialmente sono con Mark e Sally... ma come potrei disturbare i due piccioncini? Ora che ci penso, io non ho chiesto niente a Mark riguardo alla sua storia con Sally... e forse avrai dovuto.
«Bene, sono contento per te.»
Alan mi si avvicina e mi apre il cappotto, per guardare cosa mi sono messo.
«Mi ha chiesto di come è cominciata, se mi piaci sul serio, cose del genere... ti piaccio?»
Oggi ho messo i vestiti che mi ha comprato Alan tempo fa. È stato lui a chiedermi se oggi mi andava di indossarli; a me non è affatto dispiaciuto, anzi. Però sono capi abbastanza costosi... almeno per le mie tasche.
«Sei bellissimo, certo.» dice baciandomi velocemente. «Modestamente ti ho reso perfetto!»
«Scemo!» ribatto facendo finta di prenderlo a pugni, e lui ride. È così bello. «Oggi sei più tranquillo, vero?»
«Sì... grazie a te.»
«Ti amo.»
«Mh...»
Cazzo, mi è scappato. Alan ha abbassato il viso all'istante, ma dopo un attimo lo rialza e mi guarda in un modo... non credo che mi abbia mai guardato così. Mi prende per capelli e mi bacia dolcemente, senza esagerare. Non sembra essersela presa, stavolta, anzi...
«Alan, dai... se fai così mi viene voglia...»
«Scusa. Uff... dai, andiamo.»
Saliamo in macchina e per un po' non parliamo, poi mi accorgo che la mia sacca monospalla è sul sedile posteriore. La prendo; dentro c'è il disco su cui c'è la sua canzone... Something Pretty...
«Posso mettere un disco?»
«Sì.»
Lo metto, e la musica parte. Alan mi lancia degli sguardi di tanto in tanto, e vedo che con questa musica si rilassa. Quasi senza accorgermene sorrido, e gli poso per un istante le labbra sulla guancia destra.
«È quella che mettevi quando lo facevamo due estati fa.»
«Due estati fa... sembra lontanissimo. Quasi non me ne ricordavo.»
«Ha qualche valore particolare, questa canzone?»
Alan abbozza un sorriso, senza guardarmi. Non è che io voglia che si distragga, dato che è al volante.
«No, solo che piaceva molto al mio primo amore...»
«Ah...»
Il suo primo amore?! Chi sarà mai stato? Vorrei tanto chiedere qualcosa di più, ma temo di diventare invadente. E poi non vorrei assolutamente che Alan si sentisse in imbarazzo.
«Non ti preoccupare... non mi da fastidio parlarne. Solo... ti ricordi quando ti dissi che mio padre fece di tutto per farmi lasciare il ragazzo con cui stavo? Beh... era lui, e comunque mio padre riuscì a separarci... perché alla fine non ce la facevamo più.»
«Mi dispiace...»
«Non dispiacerti, o adesso forse non saremmo qui. O forse ci saremmo lo stesso...»
Che cosa vorrà dire questo? Alan non sembra intenzionato ad aggiungere altro. Cerco di studiarlo per un po' senza darglielo a vedere, ma è praticamente impossibile. Comunque lui non dice nulla, e si mette persino a cantare. Quando lo fa mi sento magnificamente; è una strana sensazione. È come se anche la sua voce mi entrasse dentro per non uscire mai più dalla mia mente e dal mio cuore... è una bella sensazione.
«Manca molto?» gli chiedo tanto per fare conversazione.
«No.»
«Ma dove mi hai portato, stavolta? Non mi ricordo questo posto...»
«È una sorpresa. Volevo festeggiare il nostro... ehm, riavvicinamento. Però l'altra settimana è stato abbastanza buono, dal punto di vista intimo... ma adesso dobbiamo anche darci un po' da fare nel mondo.»
«Che vuoi dire?»
«Far vedere agli altri quanto siamo belli quando ci teniamo per mano.»
«Eh? Ma di che parli? Dove mi porti?»
«Fidati, sta' tranquillo...»
Io veramente ora mi sento un po' preoccupato, perché non capisco cos'abbia in mente Alan. Devo fidarmi?
 
Capitolo 26
Sensazioni speciali (Morgan)

Alla fine ho deciso di fidarmi di Alan, anche se sono un po' nervoso. Mi guardo intorno, ma non ho idea di dove siamo, poi alzo le spalle e sospiro, cercando di stare tranquillo. Alan mi prende per mano e mi fa segno di seguirlo, e così faccio.
«Alan, mi dici dove stiamo andando?» chiedo con un filo di apprensione.
«Da amici, non ti preoccupare.»
La mia curiosità viene soddisfatta abbastanza presto, per fortuna. Alan tira fuori un paio di chiavi che non avevo mai visto e apre la porta di una enorme casa.
«Ciao! Che ci fate voi qui?»
È Paul. Inutile dire che io sono completamente stupito.
«Cercavamo un posticino tranquillo. Disturbiamo?»
«No, figurati... ci sono io e qualche amico...»
«Sei single?»
«Sì, di nuovo... ma non importa. Venite pure... ciao Morgan, scusa se non ti ho salutato.»
«Figurati...»
È casa di Paul? Non riesco a capire...
«Dammi il cappotto, Morgan.»
«Alan... okay, tieni.» rispondo sfilandomelo.
Alan si allontana facendomi un sorriso, e rimango con Paul.
«Dai, vieni di là intanto.»
«È casa tua?»
«Spiritoso... ma dai! È di Alan.»
«Di Alan? Ma tutte sue sono queste case? Quella di Hipyon è sua, pure?»
«... sì. Ma tu non sai proprio niente di Alan?»
Eh?
«Non so cosa?»
«Lascialo stare, Morgan.»
Oh, ecco di nuovo Alan... non capisco bene se è arrabbiato, ma pare di no. Sto per dire qualcosa quando mi bacia, sorprendendomi.
«Alan...»
«Qui vengo ogni tanto per stare con i miei amici e con Paul... puoi rilassarti.»
«Okay...»
---
A casa di Alan, o di Paul, o non so di chi altro, abbiamo passato del tempo piacevole. Dopo Alan mi ha detto che voleva assolutamente uscire con me, così siamo stati un po' in giro, tenendoci a braccetto come una coppietta. Pare che nessuno ci abbia notati, oppure semplicemente la gente si fa i fatti suoi, in questo posto... comunque, è molto meglio così.
Ora siamo davanti all'ennesimo negozio di abbigliamento, mentre Alan cerca di convincermi a comprare qualcosa. O meglio a farmi comprare qualcosa da lui.
«Dai, Morgan, guarda che bella camicia... e quel maglione nero, poi...»
«No, dai...»
Devo assolutamente resistere. Insomma, costano care quelle cose! Capisco che Alan abbia un po' di soldi da spendere rispetto a me, ma dopotutto è pur sempre un professore. Non dovrebbe guadagnare tanto; e non voglio che spenda soldi per me.
«Ma perché non vuoi?»
«Perché no. Costano troppo.»
«Ma che dici? Guarda che lo faccio per farti contento e vestirti bene.»
«Ma che dici tu, semmai?! Io sto bene anche così, e così vorrei piacerti...»
«Certo che mi piaci così... volevo solo farti un regalo.»
«Non ho bisogno di nessun regalo, se tu stai con me...»
Alan mi sta abbracciando. Non ci credo; mi sembra di soffocare dalla gioia. Qui, insomma, in mezzo alla città, per strada.
«Grazie.»
Non so cosa dire. Alan mi lascia andare e mi prende per mano, sorridendomi e facendomi segno di seguirlo. Perché è così bello? Mi sembra di impazzire, tanto mi sento pieno. Vorrei che questo giorno non finisse, che il sole non tramontasse mai... ma già adesso è tardi, e quasi non c'è luce. Perché mi sembra così poco il tempo che possiamo stare insieme? Siamo già tornati alla sua macchina, uffa.
«Torniamo?»
«Sì, altrimenti si farà troppo tardi.»
Non posso che dargli ragione. Salgo in macchina e metto la cintura, rassegnato, e Alan se ne accorge.
«Su, non essere triste.»
«Abbiamo così poco tempo!»
«Ma dai! Che dici? Stiamo insieme praticamente sempre...»
«Ma non liberamente, ma non liberamente, ma non liberamente...»
«Ehi, ehi, ho capito. Ma non è mica colpa mia, e neanche tua.»
«Sono felice, sai?»
Alan che sorride: c'è qualcosa di più bello?
«Mi fa piacere.»
Quanto lo amo...
---
Che ore saranno? Non ne ho idea. Controllo sul cellulare: circa le due e mezza. Alan mi ucciderà, lo so. E ancora di più i miei genitori, se mi scoprono. Non riesco a dormire; non ho fatto che pensare a oggi, a me e ad Alan, alla nostra storia, a tutte le cose che non so di lui... non riesco proprio a prender sonno, anche se mi sento piuttosto stanco e frustrato. Faccio la massima attenzione a non fare il minimo rumore, e lascio un biglietto sul comodino in modo che mia madre lo veda.
«Sono uscito presto, non so se torno per pranzo.»
Speriamo che non sospetti nulla e che non si svegli troppo presto. Metto le prime cose che mi capitano tra le mani ed esco. Sembra che fili tutto liscio. Per strada naturalmente non c'è nessuno... è incredibile vedere come un luogo di vita si trasformi completamente di notte. Beh, per fortuna le luci non mancano mai del tutto, altrimenti non so come farei; però credo che riuscirei a trovare la strada che porta a casa di Alan anche se fossi cieco.
Mi fermo di fronte a casa sua. E se si arrabbiasse? Io ormai però sono qui... e non posso tornare indietro, o rischierei troppo. Potrebbe pensare che sono un ladro, accidenti! Ma no, io ho le chiavi. Calma, devo stare tranquillo. Infilo le chiavi nella porta sperando di non fare troppo rumore, e mi pare di riuscirci abbastanza bene. Sto morendo di freddo, e mi concedo un minuto per aspirare l'aria calda della casa, in modo che mi riscaldi un po'.
Tolgo il cappotto; ora non ne ho più bisogno. Mi sfilo anche le scarpe, per non fare rumore, poi percorro silenziosamente le stanze fino ad arrivare alla camera di Alan. Mi faccio luce con il cellulare, e riesco a vedere che Alan sta dormendo. Che faccio? Adesso più che mai non posso davvero più tornare indietro... tuttavia sono terrorizzato. Lascio stare il cellulare e provo a scuotere dolcemente Alan. Ma lui non si sveglia, e provo ad accarezzargli il viso, parlandogli vicino e sottovoce.
«Alan... Alan...»
«Eh... Morgan?» risponde con voce flebile e appena udibile. Ma nel silenzio della stanza è l'unico suono.
«Sì... sono io... posso dormire con te?»
«Mh... Morgan?»
«Sì?»
«Morgan...»
«Eh?»
«... che cazzo ci fai qui in piena notte?»
«Scusa... sei arrabbiato?»
«No, ma... che ore sono?»
«Due e mezza.»
«Oh... ecco. Sei vestito? E i tuoi?»
«Non ti preoccupare... piuttosto, posso dormire con te?»
«Sì... spogliati pure, ti scaldo.»
Faccio come Alan mi ha detto, e mi sento il cuore che batte in modo terribilmente forte, tanto che mi sembra che stia per uscirmi fuori dal petto... ma Alan lo sente quando mi stendo abbracciandomi a lui.
«Stai tranquillo... come mai sei venuto?»
Le nostre voci sono basse, anche se non c'è un vero motivo, dato che siamo completamente soli. Però a me sembrano altissime in questo momento.
«Non riuscivo a dormire, scusa... e ti pensavo...»
«Certo, non preoccuparti.» dice lui baciandomi la fronte. «Stai bene, così? Hai freddo?»
«Sto bene, non ho freddo... però tu stringimi...»
Alan comincia a darmi qualche piccolo bacio sul viso, mentre mi abbraccia e mi accarezza, e mi sento emozionatissimo. Eppure non riesco a capire: cosa c'è di diverso rispetto al solito? Mi sento così... così... non so come!
«Morgan, stai tremando...»
«Sto bene, sto bene... mi sembra quasi di impazzire per la gioia...»
«Oh, Morgan...»
Se potessi descrivere questo momento, lo farei. Lo farei per poterlo capire, ma tutto sommato non mi importa. So solo che questo è il bacio più bello che ci sia mai stato tra me e Alan, e non riesco a capacitarmene. Ci baciamo lentamente, senza fretta, con dolcezza e allo stesso tempo desiderio, voglia di stare insieme. Dopo questo ci abbracciamo più forte e piango un po', mentre Alan mi accarezza il viso e i capelli, baciandomi ogni tanto la testa. Questi istanti non hanno valore... e se ce l'hanno, è inestimabile e impossibile da dire.
 
Capitolo 27
Natale (Alan)
Sento due braccia che mi cingono leggere... è Morgan.
Già, ieri notte è venuto a casa mia. È stato un po' strano, ma non mi è dispiaciuto. Anzi, mi ha fatto piacere che Morgan sia venuto qui, nonostante l'ora. Lo stringo dolcemente inspirando il suo odore, così familiare per me, così buono.
«Mh...»
«Ehi, sei sveglio?» gli chiedo a bassa voce.
«Adesso sì.» risponde lui con voce rauca.
«Come ti senti?»
«Meglio di ieri, grazie.»
Per qualche minuto non parliamo, ma ci coccoliamo semplicemente, con tranquillità. Mi sento molto rilassato, e anche Morgan lo è. Ieri mi è sembrato molto fragile, e non sono sicuro di capire cosa gli passi per la testa. Stanotte ho provato delle emozioni molto forti anch'io, ma stranamente non ne sono turbato più di tanto. Non ho voglia di respingere questi sentimenti...
«Alziamoci, dai.»
«Okay...»
«Cosa vuoi per colazione? Latte?»
«Sì, grazie... hai i biscotti che piacciono a me?»
«Sì, li ho comprati apposta per te...»
«Grazie.»
Ci sediamo a mangiare, in silenzio. Sembra come uno strano sogno. Quest'estate era quest'estate, mentre la prima settimana dell'anno scorso è stata pur sempre una cosa fatta apposta. Invece in questa mattinata non c'è nulla di programmato, di veloce, di pensato. Semplicemente a Morgan andava di stare con me, e adesso siamo qui, a sfiorarci con lo sguardo per paura di rovinare l'atmosfera di delicatezza che si è creata fra noi.
«...»
«Non so che dire.»
«Neanch'io, Morgan...»
«Credo di sentirmi felice, e tu?»
«Già... ehm, credo anche io di stare così.»
Finiamo di mangiare e torniamo in camera. Quando si è alzato, Morgan ha messo qualcosa di mio, per non prendere freddo. Lo abbraccio e lo stringo forte a me, respirando forte, come se mi mancasse l'aria. Credo che se morissi in questo momento, non mi dispiacerebbe, perché temo di non riuscire più ad essere così felice.
«Alan... tutto okay?»
«Sì, non preoccuparti...»
«Io mi vestirei...»
«Non ti va... di farlo?»
Morgan mi guarda, e ho paura che mi veda dentro. Sono passato dalla più pura gioia del tenere l'amato tra le braccia alla più pesante angoscia di non riuscire a trattenerlo.
«Sì che mi va...»
---
Sabato ventitré dicembre.
Morgan e io abbiamo deciso di passare Natale insieme, come l'anno scorso. Ho provato ad invitare anche Paul, visto che so che sta solo, ma non ne ha voluto sapere. In questo periodo ho avuto un bel po' da fare: tra correggere compiti, riflettere su cosa dire ad ogni singolo genitore che si è presentato all'incontro scuola-famiglia di quest'anno e occuparmi di Morgan, non è che io abbia avuto molto tempo per me... tuttavia non ne sono poi tanto dispiaciuto, perché sono stato bene.
Morgan mi ha persino aiutato. Si comporta quasi come l'anno scorso in questo periodo, ed è davvero una cosa strana. Ancora più strano il fatto che io mi comporti come lui. Sembriamo due ragazzetti che hanno paura di spingersi troppo oltre per paura delle conseguenze sui nostri cuori... anche se ci desideriamo molto. Ma ci stiamo andando leggeri, ultimamente. In tutti i sensi.
I nostri rapporti fisici, o forse ormai il nostro fare l'amore, sono diventati più intensi ma meno frequenti, mentre è aumentato terribilmente il tempo che passiamo semplicemente a guardarci negli occhi e a darci baci con il solo fine di sentirci vicini.
«Sei così pensieroso, oggi...»
«Morgan... scusa.»
«Ma no, figurati.»
«Senti, ora che ci penso... i nostri compleanni... cioè, li passeremo insieme?»
«Posso venire a stare da te, come l'anno scorso, no?»
«E Mark e suo padre ti copriranno?»
«Non lo so... ma spero di sì. Ovviamente però devono aver organizzato qualcosa, se no niente...»
«E a Natale? Avevi detto che lo passiamo insieme la sera...»
«Sì, come l'anno scorso. Comunque, pensi che staremo in casa? Va beh... in ogni caso potrei mettere i vestiti che mi hai regalato...»
«Okay. Non so se staremo in casa, ma penso di sì... sempre che tu non voglia uscire.»
«No... se sto con te va bene qualsiasi luogo.»
Forse comincio ad avere un po' paura di tutta questa situazione... mi sento terribilmente vulnerabile. Da troppo tempo avevo dimenticato come si sta in queste circostanze. Non è che la mia vita sentimentale sia stata poi tanto rosea sotto questo punto di vista.
«I primi giorni dell'anno ti vorrei tutto per me... cerca di convincere i Delozier, okay?»
«Farò quel che posso, e se sono in vacanza, quasi sicuramente mi copriranno.»
Siamo abbastanza tranquilli, almeno all'apparenza. Ci mettiamo a fare l'amore con calma, sperando che il tempo non passi mai, respirando ogni istante come se fosse l'ultimo che ci è concesso. C'è qualcosa di più bello di questo? Io non credo... e non ricordo davvero come ho potuto rinunciarci.
Ah... sì, ora mi ricordo.
«Alan, che hai? Dai...»
«Scusa...»
Morgan si accorge di ogni mia piccola esitazione e dei più piccoli cambiamenti nelle sfumature dei miei stati d'animo. Sono un uomo ricco, ricco di questo ragazzo e delle emozioni che mi scatena dentro.
«Baciami, Alan...»
Morgan, io... vorrei dirti...
«Stai con me...»
«Sono qui...»
---
Finalmente è Natale.
Dato che a pranzo Morgan ha dovuto stare con la sua famiglia, io ho pranzato con Paul, invitando anche Nick, naturalmente con il consenso di Morgan.
Eravamo seduti a tavola mentre Paul stava preparando le ultime cose. Sotto il suo albero di Natale c'era un regalo per me e per Morgan, ed ero davvero curioso di sapere cosa fosse. Però Paul mi ha detto che voleva che lo aprissi insieme a Morgan, e quindi avrei dovuto aspettare di stare solo con lui. Paul è un vero amico; ha anche avuto l'accortezza di lasciare me e Nick un po' da soli, in modo che potessimo parlare tranquillamente.
«Allora, come stai?»
«Sto come vedi. Sto bene.»
«Bene. Che mi dici di Morgan? Sembrerebbe una cosa seria.»
Non sapevo cosa rispondere. È una cosa seria oppure no?
«... abbastanza.»
«Se non fosse abbastanza seria non ci staresti insieme da un anno, no?»
«Come lo sai?»
«Me l'ha detto Paul... non è che fosse un segreto, no?»
«No... comunque in effetti è vero, se non ci fosse qualcosa non starei insieme a Morgan.»
«Già...»
«Tu come te la passi?»
«Abbastanza bene.»
«Vedi mia madre, ogni tanto?»
«Sì, ma lei non sa mica niente...»
«Non ho insinuato questo. Era solo per sapere.»
«Okay...»
Forse ero solo io, ma l'aria mi sembrava un po' tesa. Le cose comunque sono molto migliorate dopo che Paul si è seduto con noi. Abbiamo parlato del più e del meno, ci siamo divertiti a passare del piacevole tempo insieme, come tre amici, anche se praticamente Nick non è più così vicino a me, mentre Paul lo è... e tra loro non c'è neanche una buona conoscenza.
Ora sono seduto accanto a Morgan sul tappeto del soggiorno, e stiamo aprendo il regalo che ci ha fatto Paul... sono stupito, non credevo che scegliesse una cosa simile: sono due braccialetti d'argento rigidi, uguali, al cui interno è inciso il mio nome e quello di Morgan, con un piccolo biglietto, che leggo ad alta voce.
«Ad Alan e Morgan, con l'augurio di restare insieme per molto tempo...»
Un po' mi pento di averlo fatto, perché ora mi sento terribilmente in imbarazzo per queste parole. Tuttavia sorrido, e vedo che Morgan si mordicchia le labbra, poi mi porge il suo braccio. Glielo prendo dolcemente e gli infilo il braccialetto, vedendolo contento, dopo lui fa lo stesso con me, ed è come una sorta di piccolo rito privato e intimo con il quale ci leghiamo ancora di più l'uno all'altro. Chi l'avrebbe mai detto che Paul ci avrebbe fatto un regalo simile? Devo ricordarmi di ringraziarlo al più presto.
Adesso però mi concedo quel che ho in mente da tutta la sera, e comincio a sfiorare Morgan, solo con il mio sguardo, mentre noto che anche i suoi occhi sono diventati scuri di desiderio.
«Senti, a Capodanno stiamo insieme, vero? E anche fino al sette, vero?»
«Sì.»
«Bene...»
«Perché?»
«Nulla, nulla... piuttosto, non mi hai portato un regalo per Natale?»
«Sì... sono io il regalo. Posso restare tutta la notte.»
«Sì, che bello... ho proprio voglia di dormire con te, stanotte.»
«Anche io... e il tuo regalo qual è?»
«Beh, io... preferirei darti entrambi i regali il giorno del tuo compleanno, cioè sia questo che quello per il tuo compleanno.»
Cazzo, sono un genio. Mi è appena venuta un'idea fantastica per il compleanno di Morgan.
«Cioè mi hai già preso due regali?»
«Non proprio... comunque, non chiedermelo, se no si rovina la sorpresa...»
Avrò fatto bene a rimandare? Mi sembra la cosa migliore, perché combinando i due regali Morgan sarà più felice. E voglio che l'atmosfera sia perfetta, quindi devo organizzare tutto per bene.
«Okay...»
Ci stendiamo sul tappeto, perché fa caldo, dato che c'è il riscaldamento. Possibile che stia diventando ogni volta più bello, più ricco di sensazioni e sentimenti? Anche se in questo momento sono felice, ancora di più ho voglia di svegliarmi domattina con Morgan al mio fianco nel letto...
 
Capitolo 28
Il mio compleanno (Alan)

Morgan è accanto a me; sento il suo respiro tranquillo e regolare, il calore del suo corpo contro il mio, e la dolcezza che tutto questo mi provoca dentro al cuore. Lo stringo dolcemente a me, percependo forse per la prima vera volta la paura che ho di perderlo. Provo tenerezza verso di lui, e rabbia verso il mondo, verso tutta questa situazione, perché so che presto o tardi dovrò parlare con Morgan, e non sarà facile... né per me, né per lui, e capisco che è una cosa necessaria.
Non voglio fargli capire che sto soffrendo, non proprio adesso che ho deciso di regalargli quel che ho scoperto e ritrovato. Non si è ancora svegliato, ed io ho questo tempo per ammirare il suo viso rilassato, tranquillo, palesemente sereno nel sonno. Pare più bello del solito, indescrivibile nella sua emblematicità, imprescindibile da quel che provo per lui. Alla fine però arriva anche il momento in cui si sveglia. Apre gli occhi, e mi sento sull'orlo della pazzia. Potrei sbagliare tutto...
«Ehi, buongiorno.»
Ma che buongiorno? E con quel sorriso poi? Lo bacio, invece di dargli il buongiorno a parole... e non ne sembra affatto dispiaciuto.
«Come va?»
«Magnificamente, adesso.»
«Ci alziamo?»
«Okay.»
Mentre ci vestiamo, mi concedo del tempo per osservare i suoi movimenti, cercando di non apparire troppo esplicitamente perso nei miei pensieri. Morgan, per fortuna, non si accorge di nulla. Poi mi salta addosso all'improvviso e si aggrappa al mio collo, ridendo.
«Che hai?»
«Niente, è solo che sono contento. E poi sei così bello!»
«Mh... e dire che l'anno scorso ti sentivi in soggezione! Ricordi?»
«Sì che ricordo! Ma adesso è diverso.»
«Anche tu sei bello.»
«Ma va'!»
«Mica scherzo, scemo.»
Passiamo un buon quarto d'ora a giocare innocentemente sul letto, ridendo come ragazzini... beh, dopotutto Morgan ancora lo è. Oppure sono io che lo penso? Alla fine siamo quasi più stanchi di ieri sera, ma dobbiamo proprio alzarci. Morgan deve tornare a casa, e io...
«Allora io vado.»
«Tutto okay per la settimana romantica?»
«Romantica? Eh... mh...»
«Eh, mh, ah! Insomma! Cosa?»
«Scherzavo! Certo che è tutto okay...»
«Stronzo! Te la faccio pagare!»
«No, aspetta, accidenti!»
Non ricordo più l'ultima volta che mi sono divertito così tanto.
---
Quattro gennaio.
Inutile dire che Capodanno è stato stupendo... ma adesso, proprio in questo momento, ho ben altro a cui pensare.
Quest'anno Morgan mi farà un regalo? Credo proprio di sì, dato che quello passato sembrava dispiaciuto di non avermelo fatto... e ora siamo ancora più legati che allora. Cosa mi avrà preso? Ci sto pensando su da un po', ma non mi viene in mente nulla. L'anno scorso per Natale mi ha preso quegli scoiattolini talmente adorabili, che in questo momento si trovano sulla mia scrivania e che osservo ogni giorno mentre preparo le lezioni, correggo i compiti in classe, eccetera.
Per un certo periodo di tempo avevo smesso di festeggiarlo, per via di tante cose, di tanta tristezza... e nessuno mi fa un regalo da almeno cinque annetti, direi! L'ultima volta dev'essere stato proprio con Nick. Chissà cosa starà facendo in questo momento? E cosa starà facendo mia madre? ... e mio padre? Ma è inutile chiederselo, loro non sono qui con me.
Morgan deve avermi comprato... qualsiasi cosa mi abbia comprato, prima di trasferirsi da me. Se fosse uscito me ne sarei accorto, e più che altro gli ho proibito di andare in giro, per ovvi motivi; se qualcuno lo vedesse, che penserebbe? Per tutti lui è su in montagna con i Delozier.
«A che pensi?»
«Che non puoi muoverti di casa senza di me, e se usciamo, usciamo in macchina.»
«Perché ci stai pensando?»
Ma... avrà capito qualcosa?
«Perché è mia abitudine controllare la situazione, sai com'è.»
«Okay...»
Accidenti... spero proprio che non sospetti nulla, altrimenti addio sorpresa! Eppure sembra la cosa migliore da fare, la più giusta, la più bella, la più...
«Senti...»
Come faccio a chiedergli se si ricorda del mio compleanno? Sento che lo sa... e poi è così vicino al suo. Possibile che ancora non mi abbia dato il regalo? Che avrà in mente?
«Eheh... poi dici a me che mi comporto in modo infantile!»
«Che dici?»
«Sei teso, si vede lontano un miglio, e poi stai cercando di farmi notare che non mi sono ricordato il tuo compleanno, no?»
Come ha fatto?! Cazzo, siamo già a questi livelli? Qui si esagera!
«... beh, scusa tanto. Io non festeggio da un sacco di tempo, quindi ora mi sento un po' strano.»
«Aspe', che vado a prenderlo...»
«Sbrigati!»
«Un attimo, un attimo... ma quanto sei impaziente.»
Questa minuscola scatola? Sopra c'è solo un bigliettino con scritto "al mio Alan, con amore". Un anno fa tutto questo mi avrebbe dato fastidio, mentre adesso lo trovo tenero. Sono i sentimenti che fanno questo effetto? Però mi piacevano tutti quei regalini che mi faceva Nick.
«Un disco?»
«No, non è uno... sono tanti. Dunque... Mark mi ha aiutato, perché io non ho il computer, e abbiamo cercato canzoni d'amore in tutte le lingue, da tutto il mondo... e la prima traccia spero ti piaccia, perché ci ho messo Something pretty...»
«Cavoli... grazie... sicuro che reggerò tutta 'sta roba lagnosa?»
«Alan! Non è lagnosa! E poi in una cartellina ti ci ho messo anche tutti i testi stampati... hai idea di quanto ho dovuto dare a Mark? Ora ti picchio, sai?»
«No, no, per carità! Scherzavo...»
«Beh, vedi di scherzare di meno e baciarmi di più...»
Credo proprio che sia stato il compleanno più bello di tutta la mia vita. Semplice, ma speciale.
---
Finalmente è sei gennaio.
Qualche nota: è sabato, e già lunedì si torna a scuola... maledetta scuola. Non l'ho mai trovata insopportabile, per carità... però ora avrei proprio voglia di andarmene via per un po' con Morgan. Forza, coraggio, devo resistere fino a questa estate, e se tutto va bene, andrà come dico io.
«Perché non ti fai crescere un po' i capelli?» dice Morgan accarezzandomi un po' la testa mentre guido.
In questo momento siamo in macchina, diretti nel posto dove festeggeremo... e di cui Morgan ovviamente non sa nulla.
«Mh... sai che qualche anno fa li portavo un po' tipo i tuoi? Però i miei si fanno disordinati quando crescono.»
«Davvero? Non l'avei mai detto... e come sono? Lisci o ricci?»
«Sono... un casino! Sono disordinati, ecco. Insomma, si arruffano troppo.»
«Ahah, chissà che divertente!»
«Cosa ridi?»
«Sì, dicevo, chissà com'eri buffo...»
«C'era a chi piacevo.»
«Oh, non ne dubito. Penso che piaceresti anche a me...»
«Mh... bene, ci penserò su.»
Canticchio un po' mentre siamo in macchina, dove ho messo uno dei dischi di Morgan. Non ci sono affatto grandi lagne come avevo pensato, anzi, per ora ho sentito solo belle canzoni. Morgan sembra contento e si concede qualche nota ogni tanto anche lui, mentre per il resto mangia i baci che gli ho comprato: non pensavo gli piacessero tanto i cioccolatini... e dire che è talmente in forma! E non mi pare proprio che faccia qualcosa di particolare per mantenersi, a parte forse andare e venire da casa mia...
«Accidenti... ma dobbiamo cenare qui? Sembra costoso!»
«Sì, non ti preoccupare... vedrai che ci faranno un buon prezzo.»
«Conosci il proprietario?»
«Beh... più o meno...»
In realtà non so più se lo conosco... soprattutto in questo periodo. Comunque, è tutto preparato in modo che questa serata sia perfetta. Va beh, facciamo non perfetta, ma memorabile...
«Alan...»
«Morgan. Dai, sediamoci.»
«Ehm... ma dove siamo? Non abbiamo fatto molta strada, mi pare...»
«Sta' tranquillo, non c'è alcun pericolo. Oggi rilassati, okay? Ho già pensato a tutto io.»
«Okay.»
Morgan, non ti sei davvero accorto di niente? Accidenti...
«Ti sta piacendo la cena?»
«Sì, grazie... certo che ci siamo proprio tirati a lucido questa sera, no?»
«Diciassette anni, no? Bisogna festeggiare finché sei ancora piccolo e innocente...»
«Ma che piccolo e innocente?! E poi per colpa tua!»
C'è una bella atmosfera, rilassata e allegra; io e Morgan siamo contenti e ci troviamo piuttosto in sintonia ultimamente.
«Ma va'... tu eri già maniaco da prima.»
«Non è affatto vero.»
«Invece sì. Ti ricordo che sei stato tu a buttarti su di me.»
«Io?! Ma se sei tu che mi sei venuto dietro per primo...»
«Solo perché tu eri troppo timido. Ma ho capito quasi subito che mi sbavavi dietro.»
«Cosa... che stronzo che sei!»
«Eh, lo so, la verità è dura da accettare...»
E pensare che se avessi detto queste cose l'anno scorso, Morgan se la sarebbe presa a morte...
«Anche tu però... insomma, quella cazzata dell'orecchino te la potevi risparmiare!»
«Davvero? Se è così, perché penso che tu non l'abbia tolto più da quel giorno? Non mi pare di averti mai visto senza.»
«Beh... okay, è vero. Contento?»
«Aspetta che vado a pagare.»
«Perché? Non vuoi farmi vedere quanto paghi?»
«Sta' zitto e comportati da festeggiato, dai...»
In effetti, quando si fa un regalo non è che si fa vedere quanto è venuto a costare... e la stessa cosa vale per la cena. Morgan ed io usciamo dal ristorante e ci ritroviamo per strada, ma tutto sommato non fa poi tanto freddo. Lo prendo per mano e lo trascino con me.
«Dove mi porti?»
«Non l'hai capito, ancora?»
«No...»
«Questo perché non pensi e soprattutto non ti guardi un po' intorno...»
«Oh, Alan... non... non può essere!»
E invece è proprio così.
 
Capitolo 29
Il più bel compleanno della mia vita (Morgan)

«È incredibile! Alan, davvero...»
«Mi è sembrato il posto migliore, per noi due.»
«E quindi... tu...»
«Quindi ora andremo a fare una bella passeggiata su quella spiaggia dove ci siamo conosciuti, e poi andiamo a casa mia... non trovi sia perfetto?»
«Perfetto? Oh, sì, è fantastico!»
«Tu sei fantastico...»
«Ma va'...»
Ci togliamo le scarpe e i calzini, anche se rischiamo di congelarci i piedi, perché non ci importa... vogliamo passeggiare a piedi nudi sulla sabbia, in questo luogo che ha visto i nostri primi incontri, i nostri primi sguardi...
Come ho fatto a non capire che eravamo a Sundale? Certo, è vero che la città non c'entra niente con come è durante l'estate, però... avrei dovuto capirlo, da tante piccole cose. È stata davvero una bella sorpresa, comunque, e poi Alan sembra molto contento. Mi ha preso per mano e non sembra pensare a nient'altro che a me, e mi guarda, e mi guarda, e sorride...
«Sei contento? A che stai pensando?»
«Sì... ma perché mi fissi?»
«Perché sei bello.»
Ma perché deve dire sempre queste cose che mi mettono in imbarazzo? Non è tanto quel che dice in sé a farmi sentire così... ma il modo in cui lo dice. Stringe di poco gli occhi, addolcisce lo sguardo, e la sua voce diventa delicata e quasi impalpabile, bassa ed emozionata. Possibile che tutto questo stia succedendo a me?! È la vita reale, questa, oppure è un sogno? Non voglio svegliarmi; e se devo farlo, uccidetemi.
«Ehm... ora andiamo a casa?»
«Sì, certo...»
Mi sento un formicolio sul collo... cosa sarà? Ho uno strano presentimento, e credo di non riuscire a respirare a sufficienza per l'eccitazione che sento addosso. Alan ha qualcosa di strano, ma non riesco a capire cosa. Sembra fin troppo rilassato, ecco; forse è questo, o che altro? Siamo arrivati a casa sua, e sta già girando le chiavi nella porta. Mi viene un po' da sorridere vedendo che tutto sommato non è tanto calmo, dato che gli tremano leggermente le mani.
«Eccoci.»
«Già...»
Lascia cadere a terra le chiavi e mi abbraccia all'improvviso, togliendomi quel poco fiato che mi era rimasto. Ci abbracciamo con forza, guardandoci intensamente negli occhi per un lungo e brevissimo istante in cui sono certo che niente ha più significato, se non questo istante, qui e adesso con Alan. Dopo ci baciamo, stringendoci sempre di più, e come potrei descrivere quello che provo? È assolutamente impossibile.
«Oh, Alan...»
Mi trascina giù con sé aiutandomi a sostenermi, e se non fossi così terribilmente spaventato da tutta questa situazione, forse sarei anche capace di ridere per la gioia.
«Morgan... io...»
«Alan...»
«... devo dirti una cosa...»
Cosa? Cosa vuole dirmi? Quello che non mi ha mai detto, quello che lo fa stare male?
«Alan, aspetta...»
«... io ti amo...»
«Eh? Scusa?»
«Hai sentito, no... ? Dai...»
Sì che ho sentito, cazzo. Non ci credo, non ci credo, è impossibile. Le cose sono troppo perfette, troppo belle. Credo di aver sognato questo istante fin da quando ho capito di amarlo, ma non immaginavo che sarebbe stato adesso... e soprattutto non credevo che sarebbe stato ancora più bello di quanto lo avessi desiderato.
«Oh, Alan, Alan... anche io, anche io ti amo, lo sai...»
«Morgan...»
«Alan, amore, tesoro mio... amore...»
Mio, mio, mio. Amore mio. Ti bacio il viso, le labbra, gli occhi, il collo, le labbra, e vorrei che potessimo diventare per sempre uno, come una sola persona. E tu ricambi allo stesso modo, sfiorandomi per certi versi, divorandomi per altri.
«Morgan, voglio fare... l'amore... con te...»
Perché quel che provo è così forte? Non credo di riuscire a farcela, il mio cuore non può sopravvivere... però devo assolutamente rispondere, no?
«Anche io...»
Non è il tempo delle parole, ora. Adesso è il momento di fare l'amore, Alan... freniamo di poco il nostro desiderio per spogliarci con un minimo di calma, e mi aiuti a farlo dato che mi stai addosso, ed io faccio lo stesso con te. Sento solo i nostri respiri, e quasi sento le voci dei nostri corpi e delle nostre anime che si chiamano, si parlano.
Ci rigiriamo per un po', sorridendo nei baci, e mi ritrovo sopra di te, che hai gli occhi lucidi per l'eccitazione, il respiro corto quanto il mio. Mi prendo un minuto per osservarti, e ne approfittiamo entrambi per riprenderci un istante, e nel frattempo ti accarezzo il viso e i capelli, il collo, il petto...
«Morgan, dai... sto morendo dalla voglia...»
«Io sto morendo dalla paura...»
«... perché?»
«Perché... perché è tutto così bello... e tu... insomma, non mi sembra vero.»
«Ehi... ehi... dici che piangi?»
«No, ma... insomma, ho così tanta paura...»
Ce l'ho fatta a dirtelo, finalmente... ma tu sorridi e mi prendi il viso tra le mani, le tue mani così calde...
«Non ti preoccupare, Morgan... va tutto bene. Ti ho fatto soffrire tanto, vero?»
Tanto? Tantissimo... ma io non sono arrabbiato, perché ti amo. Anche se non capisco i motivi del tuo comportamento, non posso fare a meno di amarti ancora e sempre di più, e ogni attimo sembra più forte e più grande...
«... non fa niente... io... ecco, io... insomma...»
«Shhh... non devi dire nulla, Morgan.»
Mi lascio stringere piano e mi rilasso un po'. Le tue mani che mi accarezzano la schiena mi tranquillizzano, ed ora mi sento molto più sereno. Mi rialzo sui gomiti e sento sciogliersi quel nodo in gola che prima mi aveva paralizzato, e finalmente rido. Poi ridi anche tu e ci baciamo, senza nessun altra esitazione. Mi trovo davvero in una situazione fantastica.
Il modo in cui ci dimostriamo amore tra di noi è veramente stupendo, intimo, profondo, e ancora questo momento mi sembra irreale. Perché tu sei così tremendamente pieno di attenzioni per me, adesso? Non voglio dimenticare queste sensazioni, il calore che provo dentro al cuore mentre mi rendi ancora una volta tuo, né la dolce ansia e foga che mi assale nell'avere casa tra le tue braccia e nel tuo corpo.
«Ora dormiamo qui, vero?»
«Sì... però andiamo a letto, okay?»
«Mi prendi in braccio?»
«Sì che ti prendo in braccio... domani mattina torniamo a casa e ti accompagno da Mark.»
«Mh...»
---
È di nuovo mattino, ma è un mattino nuovo per me. Per me e per Alan... per noi. Non credo che potrò mai più dimenticarlo, perché ogni singolo istante è stato impresso indelebilmente nella mia mente e nella mia memoria, e soprattutto ancor più nel mio cuore. Ho l'impressione che quello che è accaduto ieri non resterà fine a se stesso, ma anzi avrà delle conseguenze sulla mia vita.
Certamente percepisco un cambiamento interiore, ma c'è anche un qualcosa che non riesco ad afferrare e che mi impedisce di rilassarmi completamente. Ma guardo Alan e tutti i pensieri svaniscono. È placidamente addormentato, e osservo il lento e regolare movimento del suo petto, vedo le sue labbra socchiuse, i nei sul suo corpo, sento il battito del suo cuore con la mano che tengo su di lui.
È talmente... talmente Alan.
«Alan...»
«Eh...»
«Sveglia, dai, che è tardi.»
«Tardi quanto?»
«Le nove...»
«Potevi farmi dormire un altro po', no?»
«Non volevo correre rischi... e poi avevo troppa voglia di guardare i tuoi occhi.» dico sorridendo.
«Ahah, quanto sei bellino...»
«Bellino, io?»
«Ahah, dai, che scherzo... sei stupendo.»
«... mi ridici quella cosa?»
«Cosa?»
«Alan, hai capito!»
«Sì, ma se tu non mi spieghi decentemente potrei anche non dirti quanto ti amo...»
«Ma... ma che dici, eh?»
«Niente... però io non sono mica come te. Insomma, non ti aspettare che stia ogni due minuti a dirtelo, okay?»
«Accidenti, che buffo sei... si vede che ti vergogni. Forse perché non l'hai detto a molta gente, no?»
«E tu, allora? Non mi risulta che tu lo abbia detto a qualcun altro...»
«Appunto, ma visto che per me è la prima volta, ho proprio voglia di dirlo, ecco. Cioè, credo sia così. Oppure è solo che mi piaci troppo, boh!»
Ci vestiamo mandandoci baci e linguacce, e per lo più ci sorridiamo in maniera intima, senza però avvicinarci, altrimenti credo che non riusciremmo a tornare a casa, per oggi... Alan chiude la casa e saliamo in macchina, dove quasi automaticamente accende la musica con uno dei dischi che gli ho regalato.
«Hai fatto bene a portarti quei vestiti fin da prima.»
«Ma va'... che vorresti dire? Sono i miei vestiti...»
«Sì, scusa, ma che hai capito? Volevo dire che quelli che ti ho regalato io li devi portare solo con me, chiaro?»
«Oh... agli ordini!»
«Ci è rimasto solo un giorno... e neanche intero.»
«Beh, questa notte è stata... insomma, non so come dire...»
«Idem. Ma forse non c'è bisogno di definirla in qualche modo, no?»
«Appunto, ecco, è stata indescrivibile.»
«Emblematica.»
«Ti amo.»
«... idem.»
«Dici sempre idem, oggi?»
«Uff... ti amo, okay? Ti amo, ti amo, ti amo...»
«Ahah, dai, non c'è bisogno che fai così...»
«Sei completamente rosso, te l'hanno detto?»
«Dai, adesso pensa a guidare e basta...»
«Tu accarezzami un po' la testa che io guido...»
«Ti rilassa?»
«Sì. Penso che farò crescere un po' i capelli, dopotutto...»
Questo è davvero il mio fidanzato? Che parola strana da pensare... fidanzato. È proprio vero che i sentimenti sono impagabili. Non voglio che niente ci separi, che niente ci ostacoli... ma credo proprio che le cose non saranno semplici. Non lo erano prima, quando Alan non mi aveva parlato dei suoi sentimenti, e non lo sono adesso, perché niente di ciò che è intorno a noi è cambiato. Comunque vadano le cose, ieri è stato il più bel compleanno della mia vita.
 
Capitolo 30
Sofferenze, problemi, casini... (Morgan)

«E quindi ti ha detto... insomma, proprio quello?!»
«Sì... è stato fantastico, davvero, stupendo... indescrivibile...»
«Accidenti! Sono davvero... ehm, davvero contento. Solo, non sembra il tipo da dire queste cose...»
«Ma non lo è! Però quando si provano queste cose... beh, si dicono, no? Però ha detto di non aspettarmi che me lo dica ogni giorno...»
«Quindi gli è piaciuta la musica?»
«Sì, certo...»
Non ne ho parlato con nessun altro, ma avevo proprio voglia di gridarlo al mondo. Però Mark meritava di saperlo; dopotutto, siamo amici!
«Sei... sei felice?»
«Sì... tantissimo... ehm... scusa se mi comporto un po'... boh, così...»
«No, ma figurati, è comprensibile...»
«Volevo chiederti come va con Sally...»
«Ah, beh, ecco... veramente... ci siamo lasciati una settimana fa...»
«Ops...»
Accidenti.
«No, ma figurati. C'è un'altra che mi viene dietro, e mi piace di più... e poi già da un po' le cose non andavano...»
«Ah... sei popolare, eh?»
«Più o meno...»
«Come si chiama?»
«Janet...»
---
Alan sta correggendo dei compiti in classe, di nuovo. Come può voler fare dei compiti a gennaio? Sapendo che poi dovrà correggerli... è da pazzi. Certo, se li avesse fatti prima, non avremmo avuto vacanze complete insieme. No, è una scemenza!
Quanto è bello. Sembra così tranquillo nella sua concentrazione, e come sottofondo ad ogni giornata che passiamo insieme, pare esserci un disco di quelli che gli ho regalato per il compleanno. Lo osserverei per ore, beandomi della sua vista, senza esserne però mai sazio. Lo adoro... lo amo.
«Non è giusto.»
«Cosa?»
«Il regalo che mi hai fatto tu per il compleanno era molto più bello del mio...»
«Non è vero.» risponde tranquillamente. «Io dovevo rifarmi rispetto all'anno passato, per come mi sono comportato... ehm... e poi, mi è piaciuto molto il tuo regalo.»
«Mark ha lasciato Sally.»
«Ah.»
«Non te ne frega niente, lo so.»
«Beh, non conosco Mark. Ma se me ne parli, non mi darà fastidio.»
«Davvero?»
«Certo.»
«Senti... piuttosto, c'è un'altra cosa di cui vorrei parlare.»
«Quale?»
«Quel giorno... quando sono venuto a dormire da te. Cioè, dopo, quando me ne sono andato...»
«Vuoi sapere che ho fatto?»
«Sì.»
«Ah... accidenti.»
«Non vuoi dirmelo?»
«Ma perché pensi che abbia fatto qualcosa di importante?»
«Più tardi sono tornato a casa tua... e non c'eri. Non mi avevi detto che uscivi.»
«Va beh, che c'entra... mica è... merda, non guardarmi a quel modo.»
Ma cosa gli passa per la testa? Io non riesco proprio a capirlo!
«Quale modo? Tu non ti vuoi fidare di me...»
«Non è così, è solo... lasciami mettere in ordine le cose, okay?»
«Ma quali cose? C'entra tutto quello di cui non mi vuoi parlare, lo so. E io sto aspettando, ma mi pare che tu non abbia alcuna intenzione di coinvolgermi. Eppure sembra che sia una parte della tua vita molto importante.»
«Parte della mia vita? Morgan... non sai di che parli...»
«Appunto. Se non me lo spieghi, come faccio a saperlo?»
«Ma non posso parlarti... perché... è difficile...»
«Non mi sembra che tu ci stia provando!»
Che cos'ha Alan? Perché non capisce che io voglio aiutarlo, voglio stargli vicino, di qualsiasi cosa si tratti?
«Io...»
«Perché non provi a fidarti di me, per una volta?»
«Morgan... vuoi proprio sapere perché?»
«Sì.»
Io voglio sapere. Quanto ci vuole a capirlo?
«... ho paura.»
«Che?! Di cosa?»
«Lo so che mi ami, ma... ho paura che tu non la prenda bene, che mi lasci...»
«Ma sei pazzo?! Insomma, me lo dici o no? Non c'è niente di cui aver paura.»
Mi sento triste. Alan non si fida di me... altrimenti mi parlerebbe. Il suo sguardo affranto è terribile, e vorrei non avergli mai visto quest'espressione sul volto. Mi pento di averlo spinto fino a questo punto. Che devo fare? Mi avvicino di più a lui e lo stringo dolcemente a me, mentre Alan posa il capo sulla mia spalla, sospirando. Mi sembra di tenere tra le braccia un bambino... che ha bisogno di tanto affetto e amore.
Senza fretta gli sollevo il viso, notando i suoi occhi ancora adombrati da un pizzico di sofferenza, e lo bacio cercando di trasmettergli tutta la forza dei miei sentimenti. Alan sembra capirlo, perché finalmente mi abbraccia anche lui, portandomi a scivolare con sé giù dal divano, e lontano dai fogli di quei compiti in classe ormai dimenticati.
Spinge più lontano il tavolo, continuando a baciarmi piano e accarezzandomi con un desiderio che mi sembra, nonostante tutto, per certi versi, più violento del solito.
«Morgan...»
«Ehi... aspetta.» dico alzandomi un po'. «Non mi va... non così.»
«Uff...» Sembra seccato. «Volevo fare pace...»
«Beh, non c'è bisogno di farlo... non mi sono offeso. Quando vuoi... quando vorrai... me lo dirai, vero?»
«Sì.» I suoi occhi, che sfuggono ai miei, così pieni di...
«Non smetterò di amarti...»
---
«Si può sapere dove sei stato tutto il giorno?»
«Da Mark.»
«Davvero? Guarda che lui è venuto a cercarti...»
Oh. Merda. Oh cazzo.
«Va beh, prima sono stato da lui però!»
«Questo lo so, me l'ha detto. Ha detto che hai dimenticato una cosa da lui.»
«Cos'è?»
«Non lo so. Ha detto che te la porta un'altra volta. Non ha voluto lasciarmela.»
Provo a far finta di nulla, ma non riesco a mangiare molto mentre lei mi scruta in quel modo. Anzi, non è che mi scruti... mi guarda apertamente.
«Insomma, che c'è?!»
«Lo sai. Non mi hai risposto. Sai che ore sono? Le nove e mezza. E per essere più precisi, è martedì sedici gennaio.»
«Sì, sì...»
«Sì un corno, Morgan. Oppure vuoi che parli con tuo padre, quando torna dal lavoro?»
«No! Cioè... oh, dannazione. Come se non avessi già abbastanza a cui pensare.»
«Ah, sì?! A cosa pensi?»
A quel che potrebbe avere Alan, a come riuscire a convincerlo a fidarsi di me e del mio amore, a come sopportare tutta questa situazione, che da quando Alan mi ha detto quelle cose sembra ancor più complicata di prima... assurdo!
«A tante cose.»
«La scuola va bene, no?»
«Sì che va bene...»
«E mi sembra che tu sia fin troppo libero di gironzolare qua e là... non è che frequenti cattive compagnie?»
«Oh, per favore! Sembra proprio una domanda fatta!»
«Sì o no?»
«No! Assolutamente no! Non ti devi preoccupare.»
«E invece mi preoccupo, soprattutto se mi dici di non farlo. Non capisci che sono tua madre e che mi preoccupo per te?»
Sì che lo capisco, ma io non posso... cazzo! Non posso fidarmi di mia madre?! E poi mi lamento perché Alan non vuole fidarsi di me... mi sento uno schifo, oggi. Mi passo una mano sul viso, esasperato dalla pressione che mi sento addosso, e sospiro cercando di restare calmo.
«Sì, mamma. È solo che... sinceramente io... ho paura che tu lo dica a papà.»
«Se non c'è niente di grave, non gliene parlerò.»
«No, non è che è grave...» ... oppure sì? Forse bisognerebbe fare il conto dei casini... minorenne... professore... ripetizioni all'alunno... omosessualità... bugie su bugie... sembra che non ci siano punti a nostro favore.
«E allora qual è il problema?»
«Il fatto è che...»
«Parlami.»
Forse, se io cominciassi a fidarmi di più delle persone che mi amano, anche Alan lo farebbe...
«Ma... insomma, so che tu non approveresti. Cioè, non condivideresti le mie idee.»
«Perché no?»
Cazzo, no, non ce la faccio. Non adesso.
«Ti prego... lasciami un po' di tempo... lasciami mettere in ordine le cose, okay?»
Bene, adesso arrivo anche ad usare le stesse espressioni di Alan. Ma funzionerà, con mia madre? Io mi sento davvero molto fragile... e cerco di farle capire col mio sguardo quanta paura ho. Mi guarda attentamente, e nei suoi occhi c'è amore, e alla fine sospira con comprensione.
«Va bene, ma il discorso non è chiuso...»
Almeno per un po', è tutto rimandato. Alan, io, mia madre... mio padre.
 
Capitolo 31
Giornata impegnativa (Alan)

Dieci febbraio, sabato.
I giorni passano, le settimane si susseguono con placida e fredda indifferenza, inconsapevoli dell'effetto che il tempo ha sulle persone. Il mondo non è affatto clemente con la gente: la sottopone ad ogni tipo di tortura mentale... senza rendersene conto, perché non ha coscienza. Gli uomini la hanno, ma quando fanno del male agli altri, spesso non lo capiscono pienamente, il più delle volte neanche se ne accorgono, e purtroppo per buona parte lo fanno di proposito.
«Non hai potuto farne a meno, vero?»
«Già... e scusami, perché oggi è sabato...»
«Niente. Piuttosto, perché non vai a trovare tua madre?»
«No... non voglio.»
«Mi ha chiesto di te proprio l'altro giorno, sai?»
«Che le hai detto?»
«La verità. Che ti ho visto a Natale e sembravi felice della tua vita.»
«Felice...»
«Non lo sei, vero?»
«... in parte. Ma non so bene cosa fare con Morgan.»
«Cosa vuoi fare? Sei tremendamente serio, no?»
«Esattamente... ed è per questo che non riesco a decidermi e a parlargli.»
E lui pensa, giustamente, che io non mi fidi abbastanza... ed io lo ferisco, ancora...
«Beh... in effetti, dovresti farlo. Anche per una questione di correttezza, intendo. Quant'è che vi conoscete?»
«Circa un anno e mezzo...»
«Appunto... ma accidenti, quanti anni aveva? Ora quanti ne ha?»
«Sì, ehm... ne aveva quindici, e ora ne ha diciassette.»
«Non credevo ti piacessero i ragazzini.»
«Neanche io. Ma è stato un puro caso.»
«Che ti ha fatto innamorare...»
Accidenti, perché mi sento così in imbarazzo? Odio parlare di queste cose, già è complicato farlo con Morgan, figuriamoci con un ex...
«Ehm...»
«Sì, sì, lo so che sei un timidone! Non ti preoccupare.»
«Allora, quando possiamo vederci?»
«Quando sei libero. Visto il lavoro che fai, ti consiglio di prenderti una bella vacanza... oppure, quest'estate.»
«Quest'estate assolutamente no.»
Devo passarla con Morgan. Tutta, completamente...
«Okay, allora prenditi una pausa dal lavoro...»
«Bene, lo farò.»
«Non ci vorrà molto.»
«Lo so.»
«Mi fa piacere che tu sia venuto da me, questa volta.»
«Già...»
«Mi sento quasi... boh... solo... quando ho saputo... è stato così difficile parlartene...»
«Lo so. Per favore, ora... lasciamo perdere, okay?»
---
«Sei andato da Nick?»
«Sì. Pensi che abbia sbagliato?»
«No, per carità. Solo... boh, forse mi pare strano.»
Sono con Paul, seduto ad un bar vicino casa. Si sta abbastanza bene qui dentro, è sufficientemente caldo. C'è un'atmosfera abbastanza tranquilla, che parla di intimità e di amicizia.
«Non so... però... forse un po' mi mancava. Anche se mi ricorda quel periodo.»
«Capisco. Ne hai parlato con... ?»
«No! No che non gliene ho parlato... ancora non sa nulla.»
«E se gli parli di Nick, dovrai spiegargli perché sei andato da lui...»
«Esattamente.»
Non so perché, ma mi sento un po' a disagio. Mi guardo intorno con un filo di nervosismo, incapace di individuare l'elemento che mi impedisce di rilassarmi. In fondo, sto parlando con un amico... anche se non propriamente di argomenti piacevoli.
«Che hai?»
«Non lo so, ma... c'è una persona...»
«Chi?»
Abbassiamo la voce, ma non ci avviciniamo, in modo che non sembri che stiamo quasi sussurrando.
«Sai... credo di averlo già visto...»
«Chi?!»
«Mi sembra... suo padre.»
«Di chi?»
«Oh, Paul! Di chi puoi immaginare...»
«Ah... oh!»
Non fiatiamo. Appena si avvicina la cameriera, le pago quel che le devo, e implicitamente faccio capire a Paul di seguirmi, e così fa. Una volta fuori tiro un sospiro di sollievo.
«Mi sentivo osservato.»
«Dai! Non è possibile che sospetti qualcosa, no?»
«Non so...»
«No, sul serio, è impossibile! Magari, in realtà, gli piaci...»
«Scemo! Non dire cazzate, per favore...»
«Okay, calmati. Ma sei sicuro che fosse lui?»
«Abitiamo quasi a due passi. Questo lo sai, vero?»
«Sì... quindi è normale che vi vediate in un bar vicino casa...»
«Sono quasi certo che fosse lui. Meglio stargli alla larga, anche se non sospetta niente.»
---
«Cosa? Hai visto mio padre?»
Ora sono con Morgan. Oggi è stata davvero una giornata stressante. Impegnata, diciamo così. Alla fine sono anche andato a casa... nel senso che ci sono passato davanti. L'ho osservata, e avevo voglia di scendere, di sapere come stanno i miei genitori, di parlare con loro... ma mi sentivo troppo triste, e amareggiato dal loro comportamento passato. Così ho ripreso il mio cammino, tornando in quest'altra casa.
Dove c'è Morgan, dove non sono più solo. Tuttavia, mi mancano mia madre e mio padre, a volte. Vorrei che potessero aiutarmi... se solo...
«Sì. Era al bar qua all'angolo, questo pomeriggio.»
«Immagino... in effetti, so che il sabato gli piace andare lì. Non sapevo che tu ci andassi.»
«Ero lì con Paul.»
«Ah... tutto okay?»
«Sì, perché?»
«Niente, boh.»
«Mi dispiace per quello che è successo il mese scorso.»
«Ah. No, non devi scusarti. Io... io ho capito.»
«Davvero?»
«Sì, perché... io amo tanto i miei genitori, anche mio padre... ma non riesco a dir loro tutto. Quindi, ecco, insomma... credo di capirti.»
«Morgan...»
Incredibile... non pensavo che Morgan mi avrebbe detto delle cose simili. Mi sento crescere dentro uno strano sentimento, e d'impulso abbraccio Morgan, senza nessuna voglia di lasciarlo andare. Lui ricambia e mi stringe, parlando sottovoce al mio orecchio.
«Ti amo tanto...»
Che cosa farò? Gli sto nascondendo qualcosa che vorrei davvero dirgli, nonostante quello che provo. Ma adesso forse non è il momento... di dire tutto...
«Cosa non riesci a dire ai tuoi genitori?»
«Di... di noi.»
«Non puoi farlo... cioè... ti rendi conto...»
«Va beh, ma almeno... intendo... lo sai!»
«Cosa?!»
«Che sto con un uomo, no?!»
«Se dici così...»
«Sì, lo so! Mi chiederanno chi è... sempre che la prendano bene. E mio padre non sembra proprio il tipo. Comunque, so che non posso parlarne, per ora.»
«Anche se lo facessi dopo...»
«Sarebbe lo stesso, lo so. Anzi, forse pure peggio.»
Infatti, proprio quello che pensavo. Provo ad immaginare Morgan che parla con i suoi genitori... e sento un brivido freddo che mi attraversa la schiena.
«Accidenti.»
«Che casino, eh?»
«Sì! Va beh... che importanza ha, adesso?»
«Adesso, forse, nessuna...»
«Ti amo.»
«Idem...»
«Vorrei poter andare lontano, insieme a te... e fuggire da tutto...»
«Ah... che bel sogno... ma è un sogno!»
«Se lo dici tu, e se lo dico io, lo è...»
«Non si può fuggire da tutto, e non per sempre.»
Lo so, è così. L'ho desiderato talmente tante volte... e ci ho provato strenuamente, senza ottenere dei buoni risultati.
«Già... a marzo mi prenderò una settimana di vacanza.»
«Eh? Perché?»
«Devo fare una cosa... della quale non posso parlarti.»
«Non vuoi parlarmi, cioè!»
«Sì, infatti. Però volevo dirtelo, perché tu non ti preoccupi.»
Morgan mi osserva, lievemente seccato. Oppure molto? Credo sia impossibile capirlo... sembra combattuto tra l'essere comprensivo e l'arrabbiarsi.
«Alan...»
«Non ti arrabbiare, per favore. Proprio ora hai finito di dire che capivi...»
«Che palle! E va bene, non mi arrabbio, però sono triste.»
«Ti prometto che ne parleremo.»
«Ma quando?»
«Presto.»
«Presto quanto?»
«Presto...»
Ma non so quanto. Se tutto va bene, temo di non riuscire più a farcela... mentre se tutto va male, credo di non avere altra scelta. Sembra che le cose si stiano accavallando contro di me... spingendomi verso l'inevitabile verità. La verità che va detta, a qualsiasi costo, anche perché sono consapevole del fatto che Morgan deve... deve assolutamente sapere.
 
Capitolo 32
Occasioni inaspettate (Alan)
Non credevo che sarebbe stato così, ma è andato tutto bene. Quello che ho provato è stato sollievo... e allo stesso tempo ansietà. Perché ora sento che non riuscirò a parlare con Morgan...
«Sono contento che sia tutto a posto.»
«Per ora.»
«Sì, va beh... è pur sempre qualcosa. Se tu ti decidessi...»
«No. Lo sai che non posso farlo.»
«In verità, non capisco perché!»
«Beh... è... è complicato, ecco. Ma non posso, perché non voglio.»
«Eppure, è stupido.»
«Pensala come credi.»
«Sei stupido, Alan. Posso dirtelo, vero?»
«Paul.»
«Okay, okay... hai sempre ragione tu, contento? Ma poi non ti lamentare!»
«Non mi sembra di lamentarmi molto!»
«No, ma rompi le palle, okay? E parla con Morgan.»
«Non ci riesco.»
«Perché sei un'idiota. Ma se non gliene parli, sarà peggio per tutti e due. Pensaci su.»
«Ci sto pensando...»
Perché mi comporto in questo modo? Perché devo essere così spaventato? Morgan...
«Allora, come ti senti?»
«Sollevato da un peso.»
«Per un po'.»
«Lo so... senti, mia madre ti ha chiesto qualcosa?»
«No, non più. Non sei andato da lei, vero?»
«No.»
«Sai... è venuta a casa mia.»
«Quando?»
«Questa mattina. Ha detto che sto sempre da solo, e che voleva darmi una mano...»
«Uffa... vuoi dire che ora sta a casa tua?»
«Probabile.»
«Vuoi che venga... vero?»
«Sì. Credo che parlare farà bene ad entrambi.»
«Non sa neanche che siamo stati insieme, no?»
«No...»
«Forse non ti troverebbe così adorabile, se lo sapesse.»
«Dai, ora smettila. Se vuoi venire, okay, se no, vai a casa tua! Sei insopportabile, sai?»
«Merda, scusa... è solo... e va bene, vengo...»
Cosa ho provato? All'inizio ho pensato che poteva essere una specie di trappola organizzata da Nick, ma poi ho riflettuto sul fatto che non mi avrebbe mai fatto una cosa simile. Mentre mi faceva entrare in casa ho notato quanto ancora sia bello... e ho provato dolore per la nostra separazione, quello che forse mi sono sempre impedito di provare, perché troppo impegnato a pensare ad altro.
«Signora Steele, è ancora qui?»
«Sì, ci sono!»
Il mio cuore ha cominciato a battere in maniera esageratamente veloce, e mi sono sentito stringere le viscere, in un disperato desiderio di fuggire. Che sciocchezza.
«C'è una persona con me...»
«Ah, chi è? Oh... Alan!»
«Ciao...» ho detto a fatica. Mi sentivo in imbarazzo.
«Alan...»
«Ehm... io vado a prepararmi qualcosa, se permettete...»
Ho osservato Nick che si allontanava verso la cucina, senza possibilità di chiedergli aiuto... mi sentivo talmente strano. La sua casa era proprio come la ricordavo, a parte qualche ritocco qua e là.
«Allora... tutto bene?» ha chiesto mia madre sedendosi.
A quel punto mi sono accomodato anche io, cercando di non agitarmi. Il primo incontro dopo cinque anni. All'incirca...
«Sì, più o meno. Tu come stai?»
«Bene, bene...»
«E papà?»
«Sta bene anche lui... anche se lavora tanto.»
«...»
«...»
C'è stato un intero minuto di silenzio, o forse anche di più, durante il quale ho pensato a cosa potevo dirle... e probabilmente è la stessa cosa che ha fatto anche lei.
«Nick mi ha detto che eri qui, e mi ha convinto a venire... ma ora non so cosa dire.»
«Non ti preoccupare. Piuttosto, sappi che la mia casa è sempre anche la tua...»
«Mio padre non mi ha perdonato.»
«Non è così... forse non lo ammetterebbe, ma... gli manchi.»
«Gli manca un figlio... ma non io. Perché io l'ho deluso. E forse ho deluso anche te...»
«Sbagli a pensarlo...»
«...»
No, mamma, mi sono detto, non sto sbagliando. Mi sentivo ferito, e deluso, anche se in maniera diversa. Ma io ne avevo il diritto, vero?
«Adesso stai con qualcuno... ?»
«... sì, da un po'.»
«Un po' è una quantità di tempo indefinita, non credi?»
«Uff... circa... un anno...»
«Se tu fossi rimasto con Patrick...»
«Cosa che voi non mi avete permesso di fare.»
«Sì, ma... non credo che fosse giusto per te.»
«Mamma, per favore.... ma ti senti? Nessuno sarà giusto, secondo te, perché sono tutti uomini.»
«Eh... è così sbagliato voler vedere il proprio figlio insieme a una brava ragazza?»
«Se tuo figlio è infelice, è giusto volerlo?»
«Tu fai quello che ti pare, no? Non ti ho mai intralciato, io...»
«No, certo! Mi hai solo praticato addosso tutte le pressioni psicologiche di cui è capace una madre.»
«A quei tempi...»
«Non sono vecchio! Non parlarne come se fosse un'altra epoca, perché non è così!»
«Scusate... non starete litigando, no?»
Nick, la mia salvezza. Ci ha permesso di prenderci una pausa, e praticamente ci ha cacciati via, in maniera gentile, anche se dopotutto, aveva ragione, data l'ora. Io e mia madre ci siamo salutati in una sorta di tregua, per cui alla fine mi ha concesso un abbraccio, che ho spontaneamente ricambiato.
«Senti, mamma...»
«No, non dire niente. Non importa... sono felice di averti visto, davvero.»
L'ho guardata negli occhi, e ho visto che era sincera, che era davvero mia madre. Nonostante tutte le incomprensioni che ci sono state e che potranno esserci tra di noi, lei non smetterà di essere mia madre così come io non smetterò di essere suo figlio. Ho intravisto Nick che sorrideva mentre ci osservava, e sono rimasto indietro per poterlo salutare.
«Devo ringraziarti. Nick, io...»
«Davvero? Non stavate litigando?»
«Sì, no, insomma... stavamo discutendo. Comunque, ne sono contento. Grazie, davvero.»
«Mi merito un bacio?»
«Che?!»
«Scherzo! Sei proprio ingenuo.»
«Mh... va beh. Ciao, e buonanotte.»
«Ciao, Alan...»
L'ho osservato per un istante, poi l'ho abbracciato. Quando ho visto il suo viso dopo, ho capito che anche lui è importante per me, e continuerà ad esserlo, anche nei momenti in cui saremo lontani. Tutte le parti della mia vita... parte della mia vita...
«Uffa, che facciamo? Oggi è sabato, Alan!»
«Tu che vuoi fare?! Devo sempre inventare tutto io, no?»
«No... hai ragione, scusa. Solo che io non conosco posti dove andare... e poi, sei tu quello con la macchina...»
«D'accordo. Ma non mi viene in mente niente.»
«A me basta anche stare qui, in realtà... se metti qualche bella canzone delle nostre...»
Nostre... Morgan...
«Okay...»
Gli poso una mano sul collo, spingendolo giù sul letto.
«Alan...»
«Se non mi sbaglio, è un po' che non ci divertiamo come si deve.»
Premo la mano sul suo petto, avvertendo l'accelerare del battito del suo cuore, mentre scruto i suoi occhi che mi osservano, pieni di aspettativa. Vorrei non avere in mente nient'altro che Morgan, eppure... ci sono tante cose che mi frullano in testa. Sbatto gli occhi e scuoto la testa, cercando di scacciar via i pensieri che mi tormentano.
«Tutto okay, Alan?»
«Sì... solo, ho davvero voglia di divorarti.»
E se tu potessi fare parte di me, per sempre... oppure io di te, amore...
«Sì, Alan... ti prego, oggi... fammi impazzire.»
Impazzire? Ma io lo faccio volentieri...
 
Capitolo 33
Dirlo, non dirlo... (Morgan)
Aprile, maggio.
Cosa sono mai due mesi? Cosa sono due mesi ancora senza sapere la verità, senza essere a conoscenza di qualcosa che sembra essere così importante per la persona che ami? Forse sbaglio, forse sono egoista, ma ho aspettato pazientemente per tutto questo tempo. Ora sono un po' stanco, è vero... e neanche io ho parlato con i miei genitori, anche se mia madre sembra stia aspettando. Proprio come me. Probabilmente non è un caso, ma... devo forse parlare con lei, per poter sapere qualcosa da Alan?
In questi due mesi non è accaduto niente di speciale, tuttavia mi è parso che io e Alan fossimo più distanti, a causa di questa strana situazione. Quelle poche volte che siamo usciti e ho visto Paul, ho notato che cercava di capire se sapevo qualcosa. Probabilmente, credeva che sarei già dovuto essere a conoscenza di quel che lui sa da chissà quanto tempo. Ma è diverso, questo lo so.
Non posso farci niente se la cosa mi fa soffrire. È stato impossibile sopportare tutto da solo. Ho dovuto parlarne con Mark.
«Pensi che sia una cosa importante, quindi.»
«È l'unica cosa plausibile. E poi, Alan ha fatto intendere che è effettivamente così...»
«Mh... capisco...»
Abbiamo provato a fare un po' di congetture insieme, ma non si è arrivati a niente... sappiamo troppe poche cose. Mark pensa che la cosa migliore sia parlarne con Alan, ma gli ho spiegato come stanno le cose. Assolutamente impossibile.
«Come va con Janet?»
«Ci sto lavorando!»
«Oh... okay! Se ci sono sviluppi, fammi sapere.»
«Contaci! E tu fammi sapere come vanno le cose con Alan, okay?»
«Sì, certo!»
Alan, in questo periodo, mi è parso un po' più rilassato del solito, soprattutto a scuola, quindi ho deciso di non insistere, proprio come avevo promesso. Quando è con me, si comporta in modo fantastico, certo... è davvero stupendo, se ripenso all'anno scorso. Ma io devo pensare al presente, a quello che adesso è il nostro rapporto. Pare quasi che abbiamo allentato un po'...
--- 
«Ultimamente rientri un po' presto, no?»
Mia madre. Accidenti... possibile che si trovi sempre davanti alla porta quando rientro?
«Che... insomma, che palle. Se rientro tardi mi fai il terzo grado, se rientro presto pure ti insospettisci...»
«Perché cambi abitudini! Non c'è un motivo?»
«No... e poi che cos'è questa storia delle abitudini?»
«Se rientri sempre a una stessa ora, non devo forse pensare che fai all'incirca le stesse cose ogni giorno? Invece, in questo periodo... boh! E sei diverso.»
«Mamma, pronto?! Ho diciassette anni, sto crescendo! È normale che io sia diverso da un mese all'altro, non trovi?»
«Potrò preoccuparmi un minimo, no? Mi pare di averti lasciato fin troppo libero...»
«Oh, per favore. Non conosco nessuno che abbia dei genitori che si preoccupano tanto, al giorno d'oggi.»
«E sbagliano! E poi si sente dire di questo o di quello ucciso, o che si è suicidato, o è morto drogato...»
«Mamma! Per favore... non hai un po' di fiducia in me?»
«Sì, ce l'ho... ma tu abbi pazienza...»
Pazienza, pazienza... proprio quello che mi serve, quello di cui ho bisogno. Devo mantenere la calma; in fondo, sto soltanto parlando con mia madre. Voglio parlarle? Perché mi sento così agitato?
«Senti, ma'... mi fai sentire una specie di criminale, o di teppista, e a me non pare di esserlo. Non sono l'unico ragazzo a stare in giro tutto il giorno. E gli altri genitori non si interessano di dove siano stati i loro figli, tutto qui.»
«Io me ne preoccupo, Morgan.»
«Non mi muovo da Hipyon, tranne a volte il sabato.»
«E ci mancherebbe! Non c'è molto da fare di pomeriggio... e devi pensare a studiare.»
«Lo so! Ma infatti studio... non lo vedi dai miei risultati?»
«Sì, certo...»
«Però sei scontenta...»
«No... ma vorrei sapere qualcosa di più sulla tua vita. Lo so che è la tua vita, ma... dopotutto, io sono tua madre.»
«Lo so...»
Voglio dirglielo? Il mio cuore batte fortissimo, e lo sento talmente intensamente nelle orecchie che per qualche istante temo che lo senta anche lei. Ma è solo uno di quegli stupidi pensieri che vengono in questi momenti, lo so. Voglio parlarle, davvero, confidarmi con lei. Dopotutto, è mia madre! Cosa può fare, nella peggiore delle ipotesi? A parte prendermi in giro, cosa che non credo farà... potrebbe indagare... che brividi, accidenti.
Oh, dimenticavo: potrebbe dirlo a mio padre... e allora sì che sarebbero guai. Grossi guai. Enormi. Come case.
«Morgan, ti senti bene? Sei un po' pallido.»
«Senti... se io ti parlo di questa cosa, tu non devi assolutamente dirla a papà.»
«Se non è grave...»
«Mamma. Senti, non c'entra grave o no. Semplicemente, tu mi dai la tua parola, e io te lo dico. Mi sembra giusto, no? Mi dici che devo fidarmi di te, ma poi sei pronta a parlare con papà appena qualcosa non ti piace. Così non va bene. Per favore... anche tu devi fidarti di me.»
«D'accordo, Morgan... purché questa cosa non...»
«Non danneggi nessuno?! Okay?»
«Beh... okay, mi sembra giusto.»
«E non ho finito. Non posso dirti tutto adesso, anche perché... diciamo che ci sono un po' di cose da dire... e tutte in una volta... proprio non me la sento, ecco.»
«Oh... bene, certo.»
Davvero?!
«Significa che non dovrai farmi domande insistenti, e se non vorrò rispondere mi lascerai stare, perché te ne parlerò più avanti, okay?»
«Sì, va bene.»
Davvero? La studio di nuovo, ritrovando in lei alcuni tratti di me, vedendo la mia stessa determinazione, e forse una parte della mia pazienza. Ma, con i figli, bisogna per forza essere pazienti... altrimenti...
«Dunque... beh, aspetta, eh! Non mi mettere fretta... perché non so da dove cominciare!»
«Io?! Non ho detto niente! Stai facendo tutto tu.»
Merda, che sto facendo?! Sono terrorizzato, davvero. Però voglio davvero parlare con lei. La mia mamma...
«Allora... si tratta... di una cosa... che riguarda me.»
«Non l'avevo capito, guarda!»
«Mamma, e dai...»
«E dai, e dai! Dai tu, piuttosto!»
«Okay, ma calma...»
«...»
E adesso? Sento il sudore fin dentro alle ossa. Possibile? Che razza di idee malate mi vengono, in questi momenti!
«Sai che Mark... ha lasciato Sally?»
«Che c'entra questo, adesso?»
«C'entra! Cioè... non direttamente, ma...»
«Cosa vuoi dirmi? Guarda che non abbiamo tutto il tempo che vogliamo, dato che tuo padre oggi rientra prima.»
«Cazzo. Scusa, ma'... forse ho bisogno di un altro po' di tempo.»
«No, Morgan...»
Devo. Mantenere. La. Calma. Okay, ci sono.
«Nel senso, così mi metti fretta.»
E non guardarmi così, ti prego... oh, accidenti!
«Okay, non fa niente...»
«No, aspetta! Veramente, io... voglio davvero parlarti di questa cosa.»
«Allora fallo...»
«Beh... dunque... non ti sei mai chiesta perché...»
«Perché tu non parli di qualche tua ragazza?»
«... sì, appunto.»
«Uff... beh, in effetti... sì, me lo sono chiesta...»
«E... hai mai cercato una spiegazione?»
«Sì... e non credo che mi piacciano molto le spiegazioni plausibili.»
Cazzo. Ora sono proprio nella merda. Totale, assoluta. Coraggio, Morgan, coraggio.
«Beh... ehm... credo che una di quelle sia giusta...»
«Ma... sul serio?»
«Sì... e sono sicuro... ma... cosa stai pensando?»
«Che sei... cioè, sei... ?»
«Sì.»
Che fatica, sul serio. E adesso? Che cosa succederà?
 
Capitolo 34
Miagolii d'amore (Morgan)

Alan è accanto a me, e sta guidando. I suoi capelli sono davvero cresciuti, in questi ultimi mesi. E ho notato che a volte li guarda in modo strano, quasi malinconico. Che rimpianga i vecchi tempi? Ma dopotutto, lui è talmente giovane... a me sembra perfetto. E se so che non è perfetto, è comunque fantastico. Ovviamente, mia madre non sa che sto con lui, ma ultimamente mi ha concesso di uscire per sempre meno tempo. Che palle, ho diciassette anni! Se ripenso a quel che mi ha detto...
«Morgan... cerca di capire che... insomma, non è una cosa facile da accettare...»
«E per me allora? Pensi sia stato facile?»
Beh, in realtà non mi sono sentito così male. Credo di averlo capito in modo abbastanza naturale.
«Quindi... ti vedi con un ragazzo?»
«Sì, esatto.»
Dopo il primo momento di incertezza, mi è parso più facile parlare. Insomma, ormai sapeva, quindi io dovevo solo cercare di spiegarle meglio... anche se non so proprio cosa ci fosse da spiegare.
«E questo ragazzo... non sarà Mark, vero?»
«No! Figurati... Mark è il mio migliore amico, e poi lui non è come me.»
«Morgan?»
La voce di Alan mi riporta al presente, a questo momento.
«Sì?»
«A che stavi pensando?»
«Alla discussione che ho avuto con mia madre... uffa.»
«Come ti senti dopo averglielo detto?»
«Beh, mi sento più libero, ma... praticamente sospetta che quest'estate io continui a vedermi con quel certo ragazzo... di cui lei non sa nulla. E credo che sospetti che Mark ne sappia qualcosa! Accidenti a me!»
«Su, coraggio... comunque, è meglio così, piuttosto che farti scoprire casualmente.»
«A te come è successo? Allora ti ha scoperto per caso...»
«Già, ma fosse stata solo mia madre... è stato terribile, davvero.»
«Anche tuo padre?»
«Dati i loro impegni sul lavoro, non hanno mai festeggiato il mio compleanno insieme a me, se non a sera tardi. Invece, quando ho compiuto vent'anni, hanno deciso di farmi una sorpresa...»
«Ed eri con un ragazzo?»
«Sì, il mio ragazzo di allora... sai, quello a cui piaceva Something pretty...»
«E allora? Come la presero?»
«Malissimo. Mio padre cacciò via il mio ragazzo, e dopo una lunga discussione tutti insieme trovammo un accordo. Non dovevo farlo sapere in giro, ovviamente... ma c'ero arrivato già da solo. Per un po' le cose andarono bene, ma fin dall'inizio erano tese. Praticamente, ci costrinsero a separarci, perché non riuscivamo più ad avere un rapporto decente. Ci vedevamo sempre meno.»
Sembra così triste... povero Alan. Mi dispiace davvero un sacco. Certo, chissà che imbarazzo...
«Mi dispiace.»
«No, non preoccuparti. Ormai è passato del tempo.»
«Non significa che non ne soffri! E poi... ehm, amavi quel ragazzo?»
«Amare a vent'anni è una parola grossa... ma diciamo che ero profondamente legato a lui. Forse, se le cose fossero andate diversamente, saremmo potuti rimanere insieme... sinceramente, non lo so.»
«Io ho diciassette anni e ti amo...»
«Lo so. Ma io non credo di essere stato abbastanza maturo per amare, a vent'anni.»
«E io lo sono?»
«Non ne sono sicuro... ti sto ancora scoprendo!»
«Fantastico... quanto ti adoro, Alan!»
«Attento a non farmi urtare...»
«Ti ho solo dato un bacino sulla guancia!»
Vedo Alan che sorride soddisfatto, mentre io comincio ad accarezzargli la testa. Possibile che un uomo fantastico come questo stia insieme a me, stupido moccioso di diciassette anni? Ma non ha senso, visto che prima ne avevo sedici, e prima ancora quindici... devo essere davvero irresistibile, per Alan... anche se non ne capisco il motivo!
«Ormai manca poco.»
«Sundale, arriviamo!»
---
Ho detto anche a Mark e a suo padre che ho parlato con mia madre, e Mark ne è rimasto molto stupito. Ha detto che sono stato davvero coraggioso... mentre suo padre ha sorriso, consapevole del fatto che non ho potuto dire tutta la verità in una volta sola.
«E ora? Non lo dirà a tuo padre?»
In effetti, anche io mi sono preoccupato di questo, quindi ho cercato di essere sicuro del fatto che mia madre non avrebbe parlato con mio padre durante la mia assenza.
«Hai promesso che non l'avresti detto a papà.»
«Sì, lo so...»
«Non sembri decisa...»
«Sì, Morgan, okay. Prima, comunque, ho bisogno di un po' di tempo per capire...»
«Non c'è niente da capire, ma'... sono così e basta. Non capisci che è come se ti stessi dicendo che ho gli occhi blu invece che verdi?»
«O come se mi dicessi che hai un braccio invece di due!»
«Mamma! Cazzo... senti... per favore, non darmi addosso...»
«Scusa, Morgan, scusa... davvero, mi dispiace... vieni qui, tesoro mio...»
Mi sono sentito morire, in quel momento. Mi ha abbracciato e ci siamo messi a piangere tutti e due, lasciando da parte tutti i dettagli, ricordandoci che semplicemente siamo madre e figlio. Mi sono liberato di un peso, e di tutte le cose non dette o nascoste nel corso del tempo. Riguardo a mia madre, certo, non riguardo a mio padre...
«Pensate che sia stato giusto? Io... credo di sì.»
«Morgan» inizia il padre di Mark con quel suo tono saggio, «se tu credi che sia stato giusto, certamente lo è. Credo che tu sia molto maturato, ed è una cosa positiva. Inoltre, se pensi che per te il fatto che lei lo sappia sia importante...»
«Sì che lo è! Cioè... è una cosa importante, nella mia vita.»
«Allora hai fatto bene!» si è intromesso subito Mark.
«Le vacanze le passi... ?»
«Sì, sì...»
Sembrava che stessero facendo a gara a chi mi appoggiasse di più... sono stati davvero gentili, come sempre. Un'altra famiglia per me... sembra che tutti si prendano cura di me! Sono circondato da persone meravigliose, Alan aveva proprio ragione, solo che fino ad ora non me ne sono mai reso conto. Devo imparare a guardare meglio chi mi sta intorno, e devo sapermi fidare di più...
---
«Allora, Morgan, andiamo in spiaggia?»
«Siamo appena arrivati!»
Come può pensare che io non abbia notato quel che è accaduto? Anzi, per essere precisi, quel che non è accaduto! Oppure lui non se n'è accorto? No, mi rifiuto di pensarlo...
«E allora?» dice con un sorrisetto.
Okay, ora è certo che lo sa. Altrimenti non farebbe quell'espressione. Ma io non mi arrendo!
«Sai da quanto tempo non lo facciamo? Da una settimana intera!»
«Oh... accidenti, cos'abbiamo qui? Un ragazzino con squilibri ormonali, e decisamente in calore!»
«Scemo! E dai...»
Alan si avvicina a me, con un portamento tale che se non lo conoscessi avrei paura. Mette i brividi per quant'è bello. Vorrei lanciarmi su di lui, ma resisto per non dargliela vinta. No, non dovrà dire che gli sbavo dietro come un ragazzino, anche se è praticamente vero. Mi gira intorno, studiandomi, ed io non mi muovo, mentre la spirale che ha deciso di percorrere si stringe sempre di più, di più... finché si ritrova accanto a me.
Allora mi afferra i fianchi con decisione e mi attira a sé con foga, e non perde tempo mettendomi subito in trappola tra le sue braccia. Credo proprio che potrebbe spezzarmi in due, se volesse... ma ovviamente non lo fa. Sento tutta la forza dell'attrazione che prova per me, ma lo respingo ridendo.
«Che cazzo fai?»
«Alan? Non ero io quello in calore?»
Gliel'ho fatta, accidenti. Infatti vedo dal suo sguardo stupito che non se l'aspettava. Poi ride anche lui.
«Sei un cretino! Lo sai che non so resisterti! Hai vinto, contento?»
Lo abbraccio e gli metto le mani nei capelli, facendolo quasi miagolare dal piacere. Cavoli, sembra davvero un gatto, da come reagisce.
«Sì... sono contento. Fai le fusa?»
«Se me lo chiedi, potrei anche farle...»
Oh cazzo, credo proprio di essere arrossito. Cioè, erano mesi che non arrossivo con Alan. Ma se mi guarda in quel modo, e mi dice certe cose imbarazzanti... mi sento... così strano!
«Le hai mai fatte con qualcun altro?»
«No, mai.»
«Giura!»
«Giuro.»
«Allora sì, magari... è così strano pensarci! Però... è anche eccitante.»
«Vieni più vicino, e ti farò vedere come mi struscio su di te...»
Non credevo che l'avrebbe fatto sul serio, ma... accidenti, possibile che sia così bello? Ho l'impressione di non essermi mai sentito eccitato in questo modo. Alan fa davvero quel che ha detto, e la sua voce mi fa morire... credo che potrei venire anche solo sentendolo.
«Alan...»
«Adesso chi è che miagola, eh?»
«Stronzo... ti sei preso la rivincita per prima, vero?»
«Più o meno... comunque sono contento, e mi diverto.»
«Anche io... ti amo tanto...»
Inutile cercare di spiegare quel che stiamo facendo, perché è troppo complesso; so solo che è stato ancora più bello di tutte le altre volte, e sembra che ogni volta sia nuova, e più dolce, e più intensa, più speciale... è l'amore?
«Idem...»
In questo momento non so nulla, e forse neanche mi importa, perché voglio solo una cosa: Alan...
 

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Note dell'autrice: Benvenuti alla terza parte del racconto. In verità non ho tanto da commentare, su questa terza parte, solo che è decisamente stata la più difficile delle tre, infatti ci ho messo una vita a completarla (ma è completa, per fortuna). Forse il problema è che sono tornata a finirla quando ero già molto distante da tutti i miei personaggi, che mi ricordano una me ancora fin troppo ingenua. E, nonostante tutto, di me c'è fin troppo anche in questa storia, a rileggerla (ma facciamo finta che la cosa non mi imbarazzi). Non vi annoio ulteriormente con le mie chiacchiere, vi chiedo solo clemenza per il mio abuso dei puntini di sospensione. Buona lettura.

Terza parte

Capitolo 35
Spiacevoli sensazioni (Alan)

Ventotto luglio, e se non erro, sabato.
Le cose vanno magnificamente. Stare insieme a Morgan è fantastico, unico, speciale, e terribilmente reale. Come spiegare la sensazione che provo? Sento intimamente che Morgan è la mia famiglia, la mia casa, il mio tutto, adesso. Ed ero io a dirgli che forse stavamo troppo appiccicati... no, d'accordo, forse era vero, e forse è vero. Ma non ha importanza, dopotutto.
Mi passo una mano tra i capelli, cercando di dar loro un minimo di ordine, se così si può dire. Ma è inutile, e ci rinuncio subito. Stringo più forte Morgan, ancora immerso nel mondo dei sogni, e sospiro. Già, perché ancora non gli ho parlato di quel che mi sta succedendo, in tutti i sensi. Adesso però, non voglio pensarci. Mi sembra di vivere in una sorta di limbo di felicità, dal quale non voglio in nessun caso riemergere.
Morgan si sta svegliando: me ne accorgo da come si muove e da come mi preme tutto il corpo contro.
«Ho freddo.»
«Siamo in piena estate... sicuro di aver freddo?»
«Sì... tienimi caldo... e stammi vicino.»
«Sì...»
Faccio come dice, contento di poterlo tenere tra le braccia. Quasi automaticamente comincio ad accarezzargli la schiena, passandoci poi lentamente le unghie, grattandola. Sono riuscito nel mio intento, perché Morgan ora sta facendo la stessa cosa, mordendomi nel frattempo delicatamente un orecchio.
«Mh... Alan...»
«Sì... ? Mi piace un sacco...»
«Aspetta, che vuoi dire?»
«Farmi grattare la schiena. Che hai capito?»
«Pensavo... oh, accidenti!»
«Dai... alziamoci.»
«Scemo!»
«Ma... Morgan? Lo sai che sei davvero buffo?»
«No! Non lo so!» dice tirandomi un cuscino.
Rispondo con uno sguardo molto, molto arrabbiato e minaccioso. È divertente dedicarsi alla classica lotta con i cuscini, lo ammetto. Però, bisogna anche tener conto del fatto che ha una certa rilevanza l'identità della persona con la quale la si fa...
«Andiamo in spiaggia, oggi?»
«Tu mi hai fatto stancare un sacco!»
«Come? Come?! Ma se l'altro giorno hai fatto stancare ben di più me, e poi mi hai costretto a trascinarti fuori con l'auto!»
«Beh, dai... dettagli...»
«... uhm... d'accordo. Ma quando torniamo, voglio la rivincita!»
---
Da un po' di giorni, ho una brutta sensazione. Impressione, okay. Forse è più appropriato spiacevole. È una sorta di sesto senso che mi avverte di un pericolo, credo, o più propriamente di qualcosa di diverso, che stona. Oppure sono semplicemente paranoico, e penso queste cose perché tutto mi sembra troppo perfetto.
Paul ha trovato un nuovo amante. È esattamente la parola che ha usato: amante. Certo, d'estate i rapporti tra esseri umani aumentano in maniera esponenziale, però pare che stiano insieme da quasi un mese. Ho provato a chiedergli se pensa che potrebbe diventare importante, ma ha sorriso senza rispondermi. Forse, solo il tempo darà una risposta alla mia domanda.
Sarei contento se si trovasse un uomo per bene, che lo ami come merita. Anche Nick dovrebbe farlo... eppure, quando gli ho chiesto se avesse avuto qualche storia importante, mi ha risposto che non poteva permettersi più di qualche avventura, data la situazione. Allora mi sono domandato quale fosse questa situazione...
No, è inutile rimuginare su queste cose. La sensazione spiacevole che avverto non va via, e scuoto la testa cercando di rilassarmi. Sono seduto ad un bar con Morgan, che ora sta bevendo una limonata ghiacciata. Approfitto della sua distrazione per osservarlo, e cerco di ricordare la prima volta che l'ho incontrato... è cresciuto tanto, sia fisicamente che spiritualmente. Sta diventando un uomo meraviglioso...
«Cos'è quell'espressione?»
«Quale?»
«Quell'espressione da padre che guarda con orgoglio il proprio figlio prendere la sua strada.»
«Come hai fatto a capirlo?»
«Boh... però l'ho capito. Mio padre non mi guarderebbe mai così.»
«... è solo che mi sento un po' triste.»
Triste. Che parola riduttiva, inutile. Ho con me Morgan, e credo sia tutto quello di cui ho bisogno adesso.
«Come se io mi stessi allontanando da te, ed è assurdo. Sei tu che ti vuoi allontanare, Alan...»
Mi concedo di posargli con naturalezza un braccio intorno ai fianchi, e gli poggio per un po' la testa su una spalla. Non sono certo di conoscerne il motivo, ma mi sento confuso, quasi... perso...
«Ho paura di perderti.»
«Scemo...»
«Non sto scherzando...»
«Scusa. Io... ehm, beh, ecco... neanche io voglio perderti.»
«Come proseguirà questa storia?»
«Beh... Alan, dipende da te. Io non ti voglio lasciare... ehm... insomma, mai... però tu dovresti parlarmi di alcune cose, lo sai...»
«Sì, lo so. Però è difficile.»
Mai?
«Io sto aspettando, come tu mi hai chiesto. No?»
Mi rialzo per guardare i suoi occhi, e vedo esattamente Morgan, così com'è, il ragazzo del quale mi sono innamorato...
«Ti amo, Morgan.» riesco a sussurrargli in un orecchio.
«Sì, anche io... ti prego, non qui... mi imbarazza un po'.» risponde un po' a disagio.
Sono riuscito a sorprenderlo, perché non se lo aspettava. Però...
«Scusa... è solo che ultimamente mi sento un po'... boh, non lo so neanche io.»
«Come? Prova a parlami, Alan...»
Vorrei tanto riuscirci, Morgan...
«Sono confuso... e non so cosa voglio fare...»
«Per colpa mia?»
«No, no... è colpa mia. Intendo... non so cosa voglio fare con la mia vita...»
Non so cosa fare della mia vita, sul serio. Non è assurdo? Ho ventisette anni, dovrei avere in mente cos'è la mia vita, e come procede... ma forse ho troppa paura di andare oltre certi limiti, perché ho timore di quel che vedrei... oppure non sono capace di vedere nulla, soltanto l'oblio, e il dolore...
Morgan mi consola come meglio può, me ne rendo conto. Ricordo quel che mi disse un giorno, quando mi sentivo triste, ancora più di allora, forse. Disse che potevo piangere, e che lui mi sarebbe stato vicino senza chiedermi nulla... stretto nel suo abbraccio, mi sono sentito al sicuro, bisognoso di protezione come un bambino.
«Andiamo a casa?»
Il ragazzo che vende le bibite, in effetti, ci sta guardando in modo un po' insofferente, e la cosa mi provoca davvero fastidio.
«Che cazzo guardi, eh?»
Morgan mi guarda con sorpresa, e sono un po' pentito di quel che ho detto, ma il ragazzo del bar balbetta delle scuse mentre decido che è arrivato il momento di andare, proprio come Morgan ha suggerito.
«Alan, che ti ha preso?»
«Scusa, Morgan, davvero... è solo che sono nervoso, e ho una strana sensazione...»
«Non devi... vedrai che è solo una tua impressione...»


Capitolo 36
Chi fa da sé... (John)

Ho notato subito che qualcosa non andava, così ho chiesto aiuto ad un amico. Non sono certo uno stupido, io. Quando vedi che tuo figlio adolescente ti nasconde qualcosa, dopotutto lo perdoni... ma se lo fa tua moglie, allora ti preoccupi. Ho provato a convincerla a parlarmi, ma...
«Britney, cos'è che non mi dici?»
«Ma niente... non capisco perché pensi che ti stia nascondendo qualcosa!»
«Sei nervosa, mi guardi con un'aria preoccupata e non fai che sospirare. Non devo forse preoccuparmi?»
«Niente, sul serio...»
«Senti, è qualcosa che riguarda Morgan?»
«...»
Sì, è certamente qualcosa che lo riguarda. La sua esitazione l'ha tradita.
«Dimmi.»
«Non... non è niente, davvero.»
«Niente? Non si direbbe, dato che sembri preoccupata.»
«Scusa, John... è solo... che ogni tanto mi manca, quand'è in vacanza!»
Ho fatto finta di crederci, e le ho detto che andavo a fare una passeggiata. Faceva piuttosto caldo, ma sapevo dove andare. A casa di un caro, vecchio amico.
«Che cosa ti serve, eh, John? Siamo in piena estate... e non vieni a trovarmi da secoli.»
«Il tuo aiuto. Anche Claude è in vacanza con mio figlio, no?»
«Sì, con mio fratello... perché?»
«Niente. Solo... ho l'impressione che mia moglie e mio figlio mi stiano nascondendo qualcosa.»
«Non vorrai che indaghi su di loro, no?! Chiedilo a mio fratello, che li tiene tutti nella sua casa adesso...»
«Già... ma non so se mi direbbe la verità.»
«Perché?»
«Perché... non lo so, è una sensazione. Dammi qualche consiglio, per favore.»
«Un consiglio?! Ma dai... vai a Sundale, e vedi un po' cosa sta facendo tuo figlio, no?»
Mi sono sentito uno sciocco. In fondo, cosa c'è di più naturale di un padre che va a trovare il proprio figlio in vacanza?
---
Ho aspettato che passasse qualche giorno, giusto per non insospettire mia moglie, poi ho preso la macchina e mi sono diretto a Sundale. A casa non ho trovato nessuno, ma del resto a quell'ora era normale che fossero tutti in spiaggia. Quindi eccomi qui, a prendere un po' di sole anche io, giusto perché chi mi vede non pensi che sono un tipo di città. Menomale che un po' di colore ce l'ho già, altrimenti sembrerei davvero color mozzarella, come certa gente che vedo in giro... saranno famiglie che fanno una settimana al mare e poi più niente...
Mi stiracchio leggermente, contento di questa inaspettata occasione di relax, e osservo il costume che ho indossato: ho dovuto comprarlo nuovo... non ricordo da quanto tempo non venivo sulla spiaggia: almeno dieci anni dall'ultima volta! Mi volto leggermente a destra e credo di vedere Morgan... possibile? Qui, proprio vicino a me?
Sì, è proprio lui, ma non è con Mark e Claude, come avrei pensato, ma con due uomini che non ho mai visto. Oppure sì? Hanno qualcosa di familiare, anche se da dove mi trovo non riesco a vederli bene. Sì, credo proprio di averli già visti insieme, ma dove? Ora arriva un altro tipo, dall'aspetto tranquillo, che fa segno a uno dei due che sta seduto con Morgan e insieme si allontanano verso il mare.
Certo, staranno andando a fare un bagno... osservo Morgan e quel tipo. Ha i capelli castano chiaro, piuttosto lunghi e disordinati, e sembra molto rilassato. Indosso il cappello, nella remota eventualità che decidano di guardare verso di me, dato che sono piuttosto lontano. Comunque, fa davvero caldo.
Riesco a vedere che mettono le loro cose in un'unica borsa... ma perché? Mi sfugge il motivo. Da lontano fanno un saluto agli altri due, e si dirigono verso il bar della spiaggia. Mi affretto verso di loro, cercando di non perderli di vista, e vedo che si siedono al bar, chiedendo qualcosa da bere. Mi avvicino il più possibile senza farmi scorgere, prendendo una bevanda fredda dal ragazzo del bar.
Rimango immobile, i rumori della spiaggia come sottofondo, ad osservare lo strano modo in cui quell'uomo guarda mio figlio, mentre beve una limonata ghiacciata... e mi accorgo che sono capace di sentire quello che si stanno dicendo...
«Cos'è quell'espressione?»
«Quale?»
«Quell'espressione da padre che guarda con orgoglio il proprio figlio prendere la sua strada.»
Padre?
«Come hai fatto a capirlo?»
«Boh... però l'ho capito. Mio padre non mi guarderebbe mai così.»
Io... non lo guarderei mai così?
«... è solo che mi sento un po' triste.»
«Come se io mi stessi allontanando da te, ed è assurdo. Sei tu che ti vuoi allontanare, Alan...»
Sento qualcosa contorcersi dentro di me mentre quell'uomo, Alan, gli posa un braccio intorno ai fianchi, e gli poggia la testa su una spalla. Sembra un gesto... così intimo...
«Ho paura di perderti.»
«Scemo...»
«Non sto scherzando...»
«Scusa. Io... ehm, beh, ecco... neanche io voglio perderti.»
«Come proseguirà questa storia?»
Quale storia?
«Beh... Alan, dipende da te. Io non ti voglio lasciare... ehm... insomma, mai... però tu dovresti parlarmi di alcune cose, lo sai...»
Lasciare? Mai? Possibile che... ?
«Sì, lo so. Però è difficile.»
«Io sto aspettando, come tu mi hai chiesto. No?»
Alan si rialza per guardarlo negli occhi, e si scambiano uno sguardo strano, uno sguardo che due uomini non dovrebbero mai scambiarsi... poi gli sussurra qualcosa all'orecchio, ma non riesco a sentire cosa sia. Vedo Morgan che risponde un po' a disagio... cosa si saranno detti? Ho quasi paura di pensarci...
«Scusa... è solo che ultimamente mi sento un po'... boh, non lo so neanche io.»
«Come? Prova a parlami, Alan...»
«Sono confuso... e non so cosa voglio fare...»
«Per colpa mia?»
«No, no... è colpa mia. Intendo... non so cosa voglio fare con la mia vita...»
Passano un po' di tempo senza parlare, mentre probabilmente riflettono entrambi... ed io, allora? Questa situazione è davvero... non lo so, davvero... assurda!
«Andiamo a casa?»
A casa?
«Che cazzo guardi, eh?» dice Alan al ragazzo del bar, che in effetti li stava guardando in modo abbastanza ostile...
Morgan sembra sorpreso, ma il ragazzo del bar balbetta delle scuse mentre entrambi cominciano ad andar via, senza dire più nient'altro.
Non li seguo, mi sento troppo scosso. Certo, pensavo che ci fosse qualcosa di strano, che Morgan mi nascondesse qualcosa... ma non questo! Ecco perché mia moglie non mi voleva parlare... perché probabilmente lo sa, e aspetta il momento buono, oppure... semplicemente non sa come dirmelo.
Ma adesso io so. Non mi sembra ancora vero, non mi sembra ancora possibile. Mio figlio, il sangue del mio sangue, in certi atteggiamenti con un tipo simile? Come due... due uomini che... non ci voglio neanche pensare! È assurdo!
Con la poca concentrazione che mi è rimasta, mi siedo dove prima erano loro, chiedendo anche io una bibita ghiacciata al ragazzo del bar.
«Ehi.» dico dopo un po'.
«Sì, signore?»
«Conosci quei due? Vengono qui spesso?»
Quello mi guarda con disappunto, poi riprende a sistemare la roba che ha dietro il banco. Allora cerco di riflettere in fretta, ma non mi viene nessun altra idea se non quella di dargli dei soldi.
«Beh, stanno spesso qui, a volte con altri amici. Ma non so niente di loro.»
Accidenti... allora è proprio così. Qualcuno dovrà darmi delle spiegazioni, e tra questi non soltanto Morgan...


Capitolo 37
Guai per tutti (Mark)

«Oh... John, ciao. Che ci fai qui?»
Credo sia la prima volta che sento la voce di mio padre così titubante.
Siamo stati in spiaggia tutta la mattina, perché abbiamo deciso di passare la giornata tutti insieme. Ma come potevamo immaginare che una volta tornati a casa, avremmo trovato davanti a noi il padre di Morgan?
«Ero giusto venuto a trovarvi, e a vedere se vi divertivate. Credo che starò un po' in vacanza anche io, dopotutto...»
«Beh, accomodati...»
Nessuno fiata, tranne mia madre, che lo invita ad entrare contenta. Non può neanche immaginare quanto siamo nei guai, tutti quanti... e lei non sa nulla! Claude mi lancia uno sguardo interrogativo, perché neanche lui sa praticamente niente, ed io ricambio con un sorriso piuttosto tirato. Adesso che succederà? Ho l'impressione che il padre di Morgan non sia tanto comprensivo.
«Allora, dov'è Morgan?»
«...»
Già, dov'è? Ci guardiamo per un istante tutti quanti, senza parlare, incapaci di ragionare con calma, ma nessuno ha pensato all'eventualità che suo padre venisse a cercarlo, in piena estate. Morgan è a casa di Alan, suo ospite e coinquilino, all'incirca...
«Allora, qualcuno me lo dice?»
«Beh, è in spiaggia con alcuni suoi amici.» dice Claude con naturalezza.
Sembra davvero sincero. E in effetti forse lo è, nonostante tutto. Mia madre sta preparando qualcosa da mangiare, e io sento di avere fame, però ho una certa paura in questo momento, e non so se riuscirò a mettere in bocca qualcosa. Com'è possibile che il signor Chrisman sia qui? Per quale motivo ha deciso di venirci a trovare? No, la cosa non mi convince.
«Aspetterò che torni. Posso unirmi a voi, intanto?»
«Per pranzo? Certo, prego!» dice mia madre sorridendo, ma al mio sguardo attento, e ai miei occhi di figlio, appare alquanto tesa.
All'inizio mangiamo piuttosto silenziosamente, ma dopo un po', grazie al provvidenziale aiuto di Claude, conversiamo in maniera abbastanza rilassata. Come faccio a prendere il cellulare e a dire a Morgan di venire subito qui?
«Forse Morgan passerà tutta la giornata fuori, non credi?» mi dice Claude ad un certo punto.
Il padre di Morgan, però, focalizza subito la sua attenzione su di lui, e non so perché, ma ha un qualcosa di davvero spaventoso. Oppure è solo la situazione, ma non ne ho idea.
«Vorrà dire che aspetterò fino a stasera.»
«Potrebbe tornare tardi, se esce...»
«Non dovrà tornare per cambiarsi?»
Oh... merda. Giusta osservazione, certo. E adesso? Mi alzo cercando di apparire il più a mio agio possibile, e dico a tutti che devo andare in bagno. Dove sarà finito il mio cellulare?! Accidenti, nella borsa... come farò? L'ho poggiata in camera, e nel frattempo che cerco resto vicino alla porta per sentire cosa stanno dicendo gli altri.
«Beh, credo di sì...» ha risposto Claude, anche lui in difficoltà, a questo punto.
«Credo che qualcuno mi debba delle spiegazioni, qui.»
Oh cazzo, no! Possibile che le cose vadano già così male? Mi tremano le mani, e ho quasi il terrore di chiamare. Insomma, cosa dirà Morgan? E ancora peggio, io cosa gli dirò?
«Ma cosa dici, John?» interviene allora mio padre.
«Non penserete che la beva, vero? Voglio sapere dov'è mio figlio.»
Avanti, Morgan, rispondi, rispondi...
---
«Pronto?»
«Era ora.» gli soffio nel cellulare.
«Che c'è? Cos'è questo tono cospiratore?»
«Senti, non posso alzare la voce, non so come dirtelo, ma devo farlo.»
«Dimmi.»
«C'è tuo padre, qui da noi.»
«Come?!»
«Ti sta cercando, ti vuole vedere. E credo sappia qualcosa, perché è terribilmente poco incline a credere alle nostre già flebili giustificazioni.»
«Flebili?»
«Gli abbiamo detto che eri fuori per oggi... ma è intenzionato ad aspettare e sembra davvero che voglia spiegazioni dettagliate su dove ti trovi. Non è che tua madre... ?»
«Non lo può aver fatto! No, niente... scusa. Sì, con Mark...»
«Morgan?»
«Scusa... ehm, allora... vengo?»
«Salvaci. Devo chiudere. Ciao.»
«Okay.»
Chiudo il telefono e lo metto nella borsa, per pura abitudine, e mi stendo sul letto, sfinito. Quanto ci vorrà? Claude arriva dopo qualche minuto e mi osserva, forse cercando di capire cos'è che non va... anche se praticamente, niente sta andando come doveva... perché il padre di Morgan è qui? Ancora non ho capito cosa lo abbia spinto a venire qui...
«Sai dov'è?»
«... sì.»
Credo si riferisca a Morgan... ovviamente.
«Perché non glielo dici? Che sta combinando?»
«Niente di... terribile. Solo... lui, suo padre, non sarebbe molto d'accordo.»
«Io... posso saperlo?»
«Non... non so. Comunque, davvero, niente di terribile.»
«L'hai chiamato?»
«Sì, ha detto che stava arrivando.»
«Appena sei venuto qui in camera?»
«Sì, all'incirca. Non ti preoccupare, arriverà...»
«Speriamo.»
«Vado a vedere che succede di là, okay? Vieni anche tu?»
«Sì, anche se non ne sono molto contento...»
«Già...»
Ho un terribile mal di testa. Ma forse è soltanto tutta la situazione a starmi sui nervi. Non oso immaginare come si senta Morgan... e chissà cosa succederà adesso! Rabbrividisco al solo pensiero... non vorrei mai essere nei suoi panni, in questi prossimi momenti.
«Sta arrivando.» affermo nel bel mezzo di un silenzio carico di sguardi pesanti.
Credo che questa sia l'attesa più snervante che mia sia mai capitata, e non voglio neanche pensare a cosa stia provando mio padre... dopotutto, lui ha deciso di appoggiare Morgan, e in un certo senso, anche di coprirlo...
«Eccolo.» dice Claude sentendolo entrare.
«Ciao a tutti...» inizia con aria un po' dispiaciuta, poi abbassa il viso, senza incontrare però quello di suo padre, che ancora fissa il mio, mentre tace.
Si volta verso di me e stringo un po' le labbra, a mo' di scusa, anche se non c'è un vero motivo. Vorrei soltanto dirgli che non deve preoccuparsi di quello che suo padre gli dirà, perché io starò sempre vicino a lui e gli sarò sempre amico. Per me, è come un fratello...
«Morgan.»
Suo padre ha un tono molto serio. Lo vedo che si alza, e sembra quasi che tutto sia un po' rallentato, come se i secondi non si susseguissero alla velocità giusta. Ma è talmente assurdo! Morgan...
«Sì, eccomi.»
Accidenti, se cominci a rivolgerti a tuo padre già con quel tono colpevole e sottomesso, non riuscirai mai a fargli capire che sei abbastanza grande da non avere bisogno dei suoi ordini! Il signor Chrisman sta per parlare, ma poi richiude la bocca e con uno sguardo ci passa tutti, probabilmente giudicando noi doppiamente nemici. Certo che i suoi occhi riescono davvero a farti sentire inerme e insignificante... per fortuna mio padre è diverso!
«Credo che sia meglio se andiamo a parlare da un'altra parte, noi due da soli, non trovi?»
Vedo Morgan annuire stancamente, con rassegnazione, mentre già suo padre lo precede. Ci lancia un'ultima occhiata supplice, ma nessuno di noi può far niente per aiutarlo. Lo osserviamo tutti insieme mentre va via con suo padre, camminando poco distante da lui, leggermente più dietro.
«Papà, credi che si arrabbierà molto con Morgan?»
«Molto... credo di sì. Noi abbiamo fatto... quello che abbiamo potuto, quel che ci è parso più giusto. Ora è inutile preoccuparci... sicuramente suo padre non lo ucciderà. Quindi per adesso aspettiamo, e presto sapremo direttamente da Morgan... se lui ci permetterà di vederlo ancora.»
Sospiro, e scuoto la testa cercando di mettere insieme le idee, ma non ho molta voglia di pensare. Ha ragione mio padre: è inutile stare in pena. Mi stendo e cerco di dormire, ma non ci riesco, e rimango per un sacco di tempo a rigirarmi guardando il soffitto illuminato dalla luce pomeridiana di questo giorno dal cielo così terribilmente sereno...


Capitolo 38
Il principio dei miei guai (Morgan)

Quando Mark mi ha chiamato, ero seduto a tavola con Alan, a scambiarci sguardi ogni tanto e a sorriderci come ragazzini. Va beh, sì, io ho diciassette anni, lo so... però, è stato molto divertente e romantico. Appena ho visto chi era mi sono insospettito... perché mai Mark mi avrebbe dovuto chiamare a quell'ora?
«Ma... è Mark.»
«E rispondi, no?»
«Pronto?»
«Era ora.» mi ha aggredito con aria piuttosto seccata.
«Che c'è? Cos'è questo tono cospiratore?»
Avevo un brutto presentimento, e ho sentito il solito prurito dietro al collo...
«Senti, non posso alzare la voce, non so come dirtelo, ma devo farlo.»
Oh, accidenti... cosa?! La storia mi piaceva sempre meno.
«Dimmi.»
«C'è tuo padre, qui da noi.»
«Come?»
Non riuscivo a crederci, ma perché? Perché qui a Sundale?
«Ti sta cercando, ti vuole vedere. E credo sappia qualcosa, perché è terribilmente poco incline a credere alle nostre già flebili giustificazioni.»
«Flebili?» ho detto sentendomi mancare.
«Morgan? Che succede? Ma stai parlando con Mark?»
Accidenti, Alan...
«Gli abbiamo detto che eri fuori per oggi... ma è intenzionato ad aspettare e sembra davvero che voglia spiegazioni dettagliate su dove ti trovi. Non è che tua madre... ?»
«Non lo può aver fatto! No, niente... scusa. Sì, con Mark...»
«Morgan?»
«Scusa... ehm, allora... vengo?»
«Salvaci. Devo chiudere. Ciao.»
«Okay.»
Ho appoggiato il cellulare al tavolo, e mi sentivo un po' scosso. Mio padre, qui?! E per quale motivo? Non riuscivo a capire, davvero... Alan, intanto, mi guardava con aria interrogativa, e ho pensato a cosa gli avrei detto. La verità? E come avrebbe reagito?
«Mia madre non può aver parlato.»
«Oh... che è successo?»
«Mio padre è a casa dei Delozier. Devo andare a salvarli, perché non si è bevuto quel che si sono inventati.»
«Merda... vuoi che ti accompagni?» si è offerto subito lui.
«No, no... anzi... solo, non fino davanti casa, non vorrei che ci vedessero...»
«Okay.»
«Sono preoccupato.»
«Sì, si vede. Ma adesso calmati.» ha detto Alan abbracciandomi.
«Mi prometti che starai al mio fianco?»
«Sì, sempre... puoi contare su di me...»
---

Eccomi, di fianco a mio padre. Adesso cosa mi dirà? Non sembra affatto avere un'aria comprensiva. Anzi, tutto il contrario. Dai Delozier non mi ha detto niente perché probabilmente vuole parlare in privato, e lo capisco... neanche a me va di litigare con lui davanti a qualcuno. Beh, magari con Alan, così mi aiuta...
«Dove andiamo?»
Che faccio, lo porto da Alan? Ha detto che posso...
«Dimmi, dove sei stato finora?»
«Beh... ehm...»
«Se fossi in te, starei molto attento a quel che dico, Morgan.»
Ma cosa sa?
«Da una persona.»
«So chi è?»
«No, ma...» ... dovresti saperlo.
«Stamattina... io... ti ho visto. Con... con quel tipo.»
Quando? Con chi?
«Eh?»
«Sì, in spiaggia... e a quel bar... con quel... Alan...»
No, con Alan! ... che faccio? Non devo farmi prendere dal panico...
«Andiamo... andiamo da lui?»
«Che?!»
«Sì, insomma... vieni a conoscerlo.»
«Starai scherzando, spero!»
«No! Non capisco cosa ci sia di strano...»
«Non capisci?! Quello è un uomo!»
«Lo so benissimo!» dico infervorato.
Lui mi segue, mentre lo conduco a casa di Alan. Sembra un po' simile alla situazione in cui ho portato il padre di Mark da Alan... ma era molto diverso, perché lui non sapeva nulla, e neanche Alan era consapevole di quello che stavo per fare. Respiro con calma cercando di non arrabbiarmi, perché dopotutto mio padre non sta gridando come un pazzo quanto non mi sopporta... spero solo che non creda di potermi cambiare.
Cosa starà pensando in questo momento? Non gli sono mai piaciuto, neanche prima... e adesso... cosa pensa di me? Sbuffo per scacciare questi pensieri, anche se è praticamente impossibile. Arriviamo davanti casa di Alan dopo un po', e mio padre mi guarda, aspettando una mia mossa.
«Beh?»
«Ehm... abita qui.»
Anche se in realtà, ci abitiamo insieme, d'estate...
«Ci stai sempre?»
«Come?!»
«Intendo... fin dall'inizio dell'estate, tu...»
«Ah... sì, certo.»
Respiro profondamente, senza però abbassare lo sguardo. Non c'è niente di sbagliato in quello che faccio. Noto che mio padre è piuttosto nervoso, e si gratta il collo senza più guardarmi. Almeno in questo, siamo simili, e mi viene una specie di sorriso, anche se credo sia più una smorfia. Non è che ci sia molto da sorridere.
«Che c'è?»
«Niente. Allora, entriamo?»
Lui mi guarda sospettoso, quasi lo stessi attirando in una trappola. Poi mi segue ed entriamo, dato che Alan mi ha dato, anche di questa casa, una copia delle chiavi.
«Sapevi di portarmi qui?»
«Lo sospettavo.»
«Le chiavi... ?»
«Sono mie.» gli spiego rimettendole in tasca. «Alan?»
«Sì, eccomi. Salve... il padre di Morgan, presumo.»
Mio padre lo ha squadrato per bene, come non gli ho visto mai fare con nessuno. Solo mentre lo guardava in faccia ho visto che era teso. Prima non me ne ero accorto. Alan lo osserva più discretamente, senza la minima traccia di imbarazzo. Io non riuscirei mai a rimanere impassibile, se una persona mi guardasse a quel modo.
«Sì, esatto, sono io. John Chrisman.»
«Alan Steele.»
«Steele?»
Oh, speriamo che non lo sappia. Insomma, può darsi che mia madre gli abbia parlato di lui... per il semplice motivo che lo ha trovato esaurientemente lodante nei miei confronti, durante questi due anni. E se lo sapesse già?
«Sì.»
«Ci conosciamo già, per caso?»
«No.»
Certo, dopotutto, è la verità.
«Quanti anni hai?»
«... ventisette.»
Vedo mio padre un po' stupito, perché forse pensava che fosse più giovane. Insomma, è vero che ci togliamo dieci anni, ma non è forse vero che l'amore non ha età? Sarà una cosa che si dice così, ma... è la realtà. Ci sono coppie di tutti i tipi in giro, e non c'è niente di strano. Ci mette un po' a riprendere a parlare, probabilmente perché deve ancora realizzare quello che Alan gli ha detto.
«Vivi qui?»
«No... a Hipyon. Scusi, ma... forse dovremmo sederci.»
«Già.»
«Prego, si accomodi.»
Alan e mio padre si siedono, e dopo un attimo di esitazione, lo faccio anche io, mettendomi abbastanza vicino ad Alan, anche se in modo da poter guardare sia lui che mio padre. E li guardo... Alan è teso, ma sa come non dimostrarlo. Ma io lo conosco bene, e me ne sono accorto. Mio padre, invece, sembra senza parole, ed è chiaramente a disagio. Possibile che non sappia cosa dire? Eppure sembrava pronto a dirne di tutti i colori... e poi, all'uomo che sta con suo figlio...
Accidenti, perché non può essere più semplice? Basterebbe dire le cose come stanno: questo è il mio fidanzato, e siamo innamorati, senza che l'età o la diversità delle nostre situazioni condizioni il nostro rapporto... siamo due esseri umani che si amano. Cosa c'è di difficile da capire? Eppure, pare che per i genitori sia molto complicato accettare il fatto che un figlio faccia quello che vuole... soprattutto quando quello che vuole fare si discosta da quello che loro desiderano che faccia...
 
Capitolo 39
Separazione (Morgan)

«Senti, sarà meglio parlare chiaro.»
«Certo. Dica pure.»
«Non ho nessuna intenzione di permettere che questa cosa vada avanti.»
«No!» scatto subito io.
Poi vedo l'espressione di mio padre, e anche quella di Alan, e mi risiedo. Devo mantenere la calma, lo so...
«Calmati, Morgan. Per piacere, signor Chrisman, cerchiamo di parlare civilmente.»
«Credo che sia tutto abbastanza chiaro. Se ti avvicini di nuovo a mio figlio, sono pronto a denunciarti.»
«Ma cosa dici, papà?!»
«Non ti agitare, Morgan... non potremmo trovare una soluzione?»
«Non credo che ce ne sia un'altra.»
Mio padre è agitato e assolutamente privo della voglia di capire la situazione. La rifiuta completamente, senza neanche provare a conoscerla meglio. È pieno di pregiudizi, e non credevo che ci avrebbe messo davanti un muro così alto... o forse, vuol mettere un muro tra me e Alan. Ma io non posso permetterlo in questo mondo, perché Alan per me è troppo importante.
«Senta...»
«Non credo di aver bisogno di sentire altro.» lo interrompe bruscamente mio padre. «Forza, andiamo.»
«Io non mi muovo di qui!» gli rispondo con tono di sfida.
«Morgan!»
Guardo Alan, sperando che mi aiuti, ma lui sembra pensare ad altro. Mi osserva con calma. Ma come fa?!
«Alan...» tento in un ultimo disperato tentativo, ma lui è irremovibile, seppur gentile.
«Morgan, obbedisci a tuo padre.»
Mi sento morire quando Alan mi fa cenno di sì con la testa, a significare definitivamente che in questo momento devo andare via. Allo stesso tempo, capisco che non c'è poi molto da fare, quindi seguo mio padre, senza fiatare, mentre sento la rabbia che cresce dentro di me ad ogni passo.
«Papà...»
«Non adesso, ne riparliamo a casa.»
Taccio a malincuore, sentendo un terribile impulso di andare il più lontano possibile da lui. Cosa starà pensando? Non sopporto il suo modo di fare... crede di sapere tutto, di sapere qual è la cosa giusta da fare, e non gli importa nulla di quel che penso e dei miei sentimenti. Non gli è mai importato nulla... questo lo so, fin da quando ero bambino. Perché mio padre dev'essere così?
Mi sta riportando a casa... e ora, lo so, non si fiderà più neanche dei Delozier, di Mark e di suo padre... e tutto per colpa mia. Mentre siamo in macchina, mio padre mi ignora completamente, probabilmente per non innervosirsi più di quanto non lo sia già! Chissà cosa dirà mia madre... ma non devo aspettare troppo per saperlo.
«Morgan?! John? Che succede?»
«Succede che Morgan non si muoverà mai più di casa con i nostri cari amici Delozier, né si vedrà con Mark al di fuori della scuola.»
«Ma... perché? Che è successo?»
«Io...»
«Tuo figlio, cara, non era dai Delozier, ma da un uomo che ha dieci anni più di lui...»
«Come?!»
«Mamma, io...»
«E non oso immaginare da quanto vada avanti questa situazione!»
«Con chi?!»
«Cazzo, fatemi parlare!»
«Alan... Alan Steele.»
Oh cazzo.
«Mamma... senti, io...»
«No, aspetta un attimo. Quell'Alan Steele che conosco anche io?»
«Quale?» chiede mio padre incuriosito.
«L'unico che conosci.» rispondo io ignorando la sua perplessità.
Vedo mia madre sedersi, esausta e ancora incredula. Lo so che non è esattamente quello che si aspettava, e, soprattutto, venirlo a sapere così...
«Insomma, volete spiegarmi chi è?»
«...»
Nessuna risposta. Ed io non riesco a guardare nessuno dei due.
«Tu sapevi già tutto, vero?» dice rivolgendosi a mia madre.
«No, no! Non sapevo nulla!»
«Ti comportavi in modo strano...»
«Ma non per questo... !»
Accidenti, perché doveva succedere tutto questo? Proprio adesso che le cose con Alan stavano andando così bene...
«E per cosa?»
Vedo mia madre esitare, per poi guardarmi. Cosa dovrei fare, io?
«Soltanto perché le avevo detto... che io sono...»
«Non osare pronunciare quella parola in casa mia.» dice mio padre con la voce bassa e un tono terribilmente serio, e mi sento morire in gola le parole, così come sento svanire ogni traccia di coraggio.
Senza dire nulla e senza rivolgergli più un solo sguardo, mi chiudo nella mia stanza, stanco nonostante non abbia fatto nulla. Ora che ho un attimo per pensare, sento il cuore che batte all'impazzata, e la testa più leggera, come se avessi bevuto. Non ho neanche le mie cose, dato che le ho lasciate a casa di Alan... scuoto la testa per scacciare i pensieri, ma non ce n'è motivo. Sento le voci dei miei genitori attraverso la porta, e stanno litigando.
«John...»
«Con Morgan parlerò dopo. Ma tu?! Perché non me l'hai detto? Perché non me ne hai parlato?!»
«Io avevo promesso, e non credevo che...»
«Che cosa?!»
«Tu sei sempre così... e non ti dai un po' di tempo...»
«Tempo per cosa?»
«Per capire che...»
«Non c'è niente da capire! Non va bene e basta. È così. E anche tu mi hai mentito...»
«Ma John... l'ho fatto per non tradire la fiducia di Morgan, e non credevo...»
«Cosa, ma cosa?! Che un figlio di quel tipo mi sarebbe andato a genio? Infatti è così!»
Mi scosto, incapace di ascoltare altro, e mi stendo sul letto. Sento gli occhi che mi pungono per le lacrime che li stanno riempiendo, e mi odio per il semplice fatto che lui riesca sempre a ferirmi, senza alcun riguardo né gentilezza. Poi il cellulare vibra, e mi siedo sorpreso. Un messaggio di Alan!
«Morgan, mi dispiace... come va? Quando puoi fammi sapere. Spero tu abbia ancora il cellulare.»
«Sì, ce l'ho.» rispondo in fretta. «I miei genitori stanno litigando, a causa mia...»
«Non ti preoccupare, Morgan...»
Sto per scrivergli un altro messaggio, quando il cellulare comincia a vibrare continuamente, perché mi sta chiamando. Che faccio, rispondo? Potrebbero anche sentirmi... ma starò attento, e poi ora sono troppo impegnati a discutere tra loro.
«Morgan?»
«Alan, non posso parlare ad alta voce, temo che mi sentano.»
«Capisco...»
«Cosa devo fare, secondo te?»
«Non lo so...»
«Tu cosa facesti, quando ti scoprirono?»
«Niente. Non fu così terribile... almeno all'apparenza. Ti consiglio di non cedere, se ne hai la forza. Altrimenti, resisti dentro di te, perché presto ci vedremo a scuola...»
«Mio padre potrebbe impedirmelo. Mia madre ha capito chi sei... ma ancora mio padre non lo sa...»
«Ora stai tranquillo, Morgan. Nascondi il cellulare, e quando sei solo in stanza chiamami pure, oppure mandami un messaggio, così potremo parlare. Ma cerca di non fartelo togliere, altrimenti non potremo sentirci per un bel po'...»
«Okay, grazie.»
«Ti sono vicino, Morgan... ti amo.»
«Anche io ti amo... e non cederò!» dico con più decisione.
Chiudiamo e mi sento più calmo, anche se sono pur sempre molto agitato. Ma la conversazione con Alan mi ha dato nuova forza. Non posso cedere, devo difendere il nostro amore. E devo essere capace di farlo da solo, contro chiunque.
 
Capitolo 40
Separazione (Alan)

Ormai è più di una settimana che non vedo Morgan. Per i primi giorni abbiamo continuato a sentirci, ma poi... è da quasi tre giorni che non ci sentiamo. Forse non avrei dovuto permettere che accadesse tutto questo, ma non so proprio come avrei dovuto comportarmi. Non so se le parole del padre di Morgan fossero serie oppure dettate dal momento, tuttavia... ho provato anche qualcos'altro, qualcosa che prima non avevo compreso appieno. Questa potrebbe essere l'occasione per lasciare Morgan.
In fondo, anche se ora lo amo, so bene come stanno le cose... e non voglio che soffra.
«Allora, perché mi hai chiamato?»
Paul. In questo momento, non potevo pensare a nessun altro con cui parlare.
«È... è successa una cosa grave.»
«Oh cielo, cosa?!»
«Morgan...»
«Già... dov'è?»
«Suo padre, te lo ricordi? Non so come, ha scoperto di me e Morgan... praticamente, è venuto a prenderlo.»
«Accidenti... quand'è stato?»
«La settimana scorsa.»
«È per questo che non sei venuto più in spiaggia?»
«Non ne avevo voglia.»
«Cosa hai intenzione di fare?»
«Suo padre sembrava abbastanza irremovibile... e forse io... dovrei...»
«Non puoi dire sul serio!»
«Invece sì... ci ho pensato, in questi giorni.»
«E lui non ne sa niente.»
«Non mi sento molto bene, ultimamente... e presto vedrò Nick. Riguardo Morgan, in questo momento non siamo in grado di comunicare.»
«E quel suo amico... ?»
«No, niente da fare. Suo padre sa tutto.»
«Accidenti... capisco. Beh, comunque, sappi che io ti sarò vicino...»
«Grazie, Paul. Senza di te, non so come farei!»
«Eh, lo so! Però... secondo me fai male a lasciare Morgan.»
«Dipenderà da quello che dirà Nick... e dal padre di Morgan...»
«Sì, certo... ma in realtà dipende da te. Sei tu a decidere.»
«Insomma...»
«Dai, Alan! Non cercare scuse.»
«D'accordo, hai ragione! È questo che vuoi sentirmi dire? Lo voglio lasciare, perché penso che sia la cosa migliore per entrambi...»
«Non era questo che volevo sentirti dire... dico solo che dovresti essere più sincero con te stesso.»
«Pensi che sia un codardo?»
«No.»
«Scusa.» dico rendendomi conto di quanto sbaglio a prendermela con lui.
«Non devi scusarti.»
Respiro profondamente lasciandomi andare su una sua spalla, senza piangere. Semplicemente, la sua vicinanza, in questo momento, mi fa sentire meno solo. È naturale che io non voglia lasciare Morgan, dato quello che ci lega... ma è ovvio anche che io pensi al futuro.
«Grazie.»
«Di nulla... però, dunque... vorrei che ci riflettessi davvero bene su questa cosa, okay?» mi risponde lui cercando di aiutarmi.
«Okay, te lo prometto...»
---
«È così che stanno le cose?»
«Sì... tu che ne pensi, Nick?»
«Penso che... sei libero di fare quel che vuoi. Ma se continui a fuggire per tutta la vita, non avrai mai nulla.»
«Fuggire...»
«Hai detto a Morgan che gli saresti stato vicino, no?»
«Sì.»
«Beh... se lo abbandoni adesso, non ti perdonerà.»
È proprio questo il motivo della mia indecisione... sono sicuro di volerlo perdere per sempre?
«La mia vita è... senza senso.»
«Non è vero...»
«... posso venire a casa tua?»
«... beh... okay...»
Andiamo a casa sua, dove stranamente c'è mia madre... possibile che io sia sempre così sfortunato?! In questo momento la famiglia è proprio quello di cui ho meno bisogno. Accidentalmente Nick mi vede voltare la testa dall'altra parte con aria affranta, e sembra dispiaciuto.
«Potevi dirmelo...» gli sussurro vicino.
«Scusa.»
«Oh... Alan! Ciao, caro...»
«Ciao, mamma...»
«Come mai qui? Oh, ma dai, venite, che aggiungo un piatto anche per te, Alan...»
Mia madre sembra studiarmi per tutta la cena; allo stesso tempo, trova il tempo per conversare senza sosta con Nick, mentre io vorrei soltanto potermi eclissare completamente, tanto mi sento a disagio. Ho voglia di stare solo... perché, dannazione, perché ho chiesto a Nick di venire a casa sua?! Ma è troppo tardi per pensarci...
«... Alan?!»
«Sì, mamma?»
Non ho sentito... Nick si è allontanato con i piatti vuoti. Accidenti a lui.
«Ti ho chiesto come vanno le cose in amore...»
«Ah...» rispondo abbassando la testa. «Niente, diciamo... non lo so neanche io.»
«Come? Che vuol dire che non lo sai?»
«Forse in questo periodo sono un po' confuso.»
«E vuoi tirartene fuori?»
«Fuori da cosa?! Uff... non si può parlare con te.»
«Ma, scusa, Alan...»
«Ehi, ehi! Mi intrometto io!» dice Nick tornando finalmente a tavola. «Secondo me non ti stai comportando nel modo giusto, Alan. Anche se poi, alla fine, sei tu che decidi...»
«Non so... solo... boh...»
«Sì, forse hai bisogno di riflettere, di mettere un po' di ordine dentro di te, ma... stai attento a quello che fai...»
«Mh...»
Mi pare quasi di sentire dentro di me la fine della sua frase... che potrei perdere per sempre una persona importante...
Mia madre finalmente se ne va, lasciandoci soli. La mia domanda è implicita, e so che Nick la capisce da come lo guardo.
«Okay, resta qui, per stanotte...»
---
«Ciao...»
«Ciao, Morgan.»
Siamo nel cortile dietro la scuola, a ricreazione. Non ci vediamo né sentiamo da un mucchio di tempo... del quale ormai ho perso il conto. Non ho fatto altro che chiedermi cosa gli avrei detto, eppure... ora tutta la mia decisione sembra venir meno, e respiro a fondo per trovare la forza di parlare in modo chiaro.
«Come... come stai?»
«Io bene. Tu invece mi sembri stanco... e debole.»
«Sì... mi sono stancato. Mi sei mancato molto.»
«...»
«Non mi dici niente?»
«Cosa vuoi che ti dica? Ho le mani legate, lo sai.»
Ed è vero. Ma sì, lo so che non mi sto comportando come dovrei, ma non ci riesco, non in questo momento. Anche se sono consapevole del fatto che Morgan ha tremendamente bisogno di me, adesso più che mai.
«Ci vediamo domani? Io sono praticamente quasi rinchiuso in casa, da quel giorno...»
«... non possiamo vederci.»
«Ma Alan...»
«Smettila, Morgan... ho mal di testa.»
Non mi volto a guardarlo, per non vedere la sua espressione, anche se la immagino perfettamente.
«Non so cosa fare, senza di te...»
«Cielo, non uscirtene con queste cose.» dico con tutta l'insofferenza possibile. E dato che ne ho tanta, non è poi tanto difficile. Ma sono cazzate. «Forse, sarebbe meglio se non ci vedessimo più...»
 
Capitolo 41
Un piccolo compromesso (Alan)

È più di una settimana che Morgan non viene a scuola. Dato che oggi ho la giornata libera, decido di arrischiarmi a fare un salto a casa sua. Non mi domando cosa farà suo padre... mi sento in colpa per ciò che ho fatto io. Il cellulare è sempre spento, e neanche Mark sa cosa stia succedendo nella famiglia Chrisman. Guardo l'orologio: sono le nove e mezza. Spero che Morgan non sia arrabbiato con me. Come cazzo mi è saltato in mente di dirgli quelle cose?! Avevano ragione Paul e Nick... sono stato un completo idiota.
Mi ritrovo qui, con i miei ventisette anni, a sentirmi ancora come un ragazzino. Morgan ha questo effetto su di me. E forse provo queste cose anche perché i miei genitori non mi hanno mai appoggiato in questo, nell'amore. Nel modo in cui io vivo me stesso. È proprio vero che è difficile essere decisi nelle proprie convinzioni. Ma se la società è fatta così... sì, insomma, ci sono certe regole, scritte e non, che tutti quanti seguono. Passivamente, senza pensarci.
Suono alla porta, lievemente nervoso. Ad aprirmi, come mi aspettavo, la madre di Morgan. È davvero stupita, e mi guarda con diffidenza, anche se mi pare di intravedere una punta di indecisione. Non sa cosa dirmi? Si sente in imbarazzo?
«Mi scusi il disturbo, signora...»
«No, ecco, io... si figuri...» risponde a bassa voce.
«Volevo solo sapere se lui sta bene, visto che sono tanti giorni che non viene a scuola...»
La donna abbassa lo sguardo, poi si volta a destra e a sinistra, quasi a controllare che non ci sia nessuno con me. O forse, semplicemente che non ci sia nessuno...
Poi mi prende con gentilezza il braccio, invitandomi dentro. Finalmente si lascia andare.
«Sta male, non riesco più a capire cosa devo fare...»
«...»
Vorrei dirle che voglio vederlo, che probabilmente è tutta colpa mia se ora lui sta così, ma... non ne ho il coraggio. Almeno questo lo riconosco. Ma la guardo intensamente, e lei stringe le labbra, poi si riavvia con nervosismo i capelli, poggiando infine le braccia su un tavolo, mentre si lascia andare su una sedia con stanchezza.
«... se lei... potesse...»
«Suo marito...»
«Lo so!» mi interrompe lei. «Ma... ora lui non c'è. Se gli parlasse...»
«Va bene.» dico cercando di non apparire troppo emozionato, e credo di riuscirci abbastanza bene.
Lei lo chiama. Era ancora a letto... e mi sembra impossibile quello che vedo. Trattengo il fiato: Morgan sembra una pallida ombra di se stesso. Sembra un'altra persona. Ma quando mi vede accenna un sorriso, poi viene colto dallo stupore. Mi avvicino lentamente, senza che nessun rumore disturbi il suono dei miei passi, che sembrano rimbombare nel mio cervello assieme al cuore.
Mi fermo a poca distanza da lui, esitando. Osservo sua madre, cercando un segno delle sue emozioni nei suoi occhi. Ma lei stringe le labbra, e non sembra intenzionata a dire nulla, così rivolgo nuovamente la mia attenzione a Morgan. Gli accarezzo gentilmente una guancia, con l'anima che freme di gioia e la testa che comincia a non ragionare più come dovrebbe. Lui mi guarda con degli occhi... e quell'espressione, così incredibile, smarrita, indecisa, triste e vagamente speranzosa, e finalmente mi avvicino a lui e lo abbraccio.
Lui, dopo un istante, si rilassa un po' abbracciandomi a sua volta, anche se è ancora nervoso. Lo percepisco, perché lo conosco piuttosto bene, a questo punto. Mi concedo di dargli qualche bacio in fronte e su una guancia, mentre sento che lui ha cominciato a piangere silenziosamente. Ci guardiamo, e lui mi studia, e temo stia pensando a quello che gli ho detto quel giorno...
«Mi dispiace.» dico semplicemente, e spero che basti, perché non mi viene in mente nient'altro da dire.
Vedo con la coda dell'occhio che la madre di Morgan si sposta in cucina, lasciandoci soli. Prendo il mio ragazzo per mano e lo spingo a sedersi insieme a me al tavolo, ma lui mi fa segno di andare in salotto. Ci sediamo su un divano, vicini ma non troppo, e sento una certa tensione.
«Sto male.» dice lui perentorio.
«Lo vedo.»
«È per questo che ti dispiace?! Faccio pena?»
«No, no... lo sai. Ho sbagliato a dirti quelle cose, a trattarti in quel modo...»
«Va bene, non sono arrabbiato. Solo... mi sono sentito male. Davvero.»
«Lo so...» dico prendendogli una mano.
Lui sorride un po', poi sua madre ricompare portandogli la colazione.
«Morgan, hai fame?»
---
Io e Morgan abbiamo ripreso a vederci... naturalmente, con discrezione. Non che prima andassimo in giro come se nulla fosse.
Sua madre mi ha spiegato cos'è successo, dal suo punto di vista: Morgan ha avuto varie discussioni con il padre, che ovviamente non ha ancora idea di chi io sia realmente, e alla fine ha rifiutato di rispondergli ancora. In seguito si è comportato in modo da risultare quasi non presente, e ha cominciato a mangiare di meno, evitando la compagnia di suo padre.
Ora è a casa mia. Grazie a sua madre, che però ha posto delle regole ben precise: possiamo stare insieme solo tre ore al giorno... certo, questo senza contare le ore che trascorriamo insieme a scuola. Ma quelle non sono molto rilevanti...
«Mi ha fatto arrabbiare un casino!»
Questo il punto di vista di Morgan.
«Lo immagino. Ma... cosa ti ha detto?»
«Voleva sapere chi eri, e si è arrabbiato molto anche con mia madre. Non sapevo cosa fare! Così gli ho promesso che non ti avrei più rivisto, se lui avesse smesso di cercarti.»
«Accidenti...»
«Però, quando poi sono tornato a scuola e mi hai detto quelle cose, dopo tutto il tempo che ho sopportato quella situazione...»
«Dev'esserti sembrato un periodo lunghissimo...»
«Infatti. Ma pensavo alle tue parole, e mi sentivo coraggioso.»
Stiamo in silenzio per un po', apprezzando semplicemente il solo poter stare insieme così, accoccolati uno vicino all'altro, mentre riflettiamo sulla nostra situazione, cercando una soluzione...
«Che cosa dovremmo fare?»
«Tu non hai nessuna idea, Alan?»
«Per ora va bene così... all'incirca.»
«Non va bene...»
«Io non... insomma, lo sai quello che provo per te, ma allo stesso tempo forse dovremmo provare a stare lontani per un po'...»
«Non l'abbiamo già fatto abbastanza?!»
«Lo so, lo so...»
Guardo Morgan, mentre lui imbronciato non dice nulla. Ora che mi soffermo meglio ad osservarlo, mi pare che sia un po' cresciuto. Comunque, forse, semplicemente, quell'aria un poco infantile sta progressivamente svanendo dai suoi lineamenti. Non dai suoi occhi. Accosto istintivamente il viso al suo, sfiorandogli la guancia sinistra col naso, e chiudo gli occhi mentre mi spingo sul collo a sentire il suo profumo.
Il suo odore.
Era da tanto tempo che non lo sentivo, e provo un'emozione bellissima in questo momento... mi sento così commosso che credo potrei piangere di gioia.
«Alan?»
Dentro di me, ovviamente.
«Hai idea da quanto tempo è passato dall'ultima volta che abbiamo fatto l'amore?»
Lui ride, poi mi abbraccia. E mi accorgo sempre più che ogni suo più piccolo gesto mi è mancato come l'aria che respiro, ma...
«Bastava dirlo...»
 
Capitolo 42
Un'iniziativa importante (Morgan)

Alla fine Alan ha deciso che è meglio restare separati per un po'. In realtà non ne vedo motivo: cosa mai potrebbe cambiare?!
«Ci sono altre cose, lo sai... e credo che questa sia la soluzione migliore.» mi ha detto.
Ma non è una soluzione...
Comunque, non gli ho detto nulla. Sono andato dai Delozier, senza dire a mia madre che non stavo andando da Alan... al quale ho persino restituito le chiavi di casa. Temporaneamente. Ma io ho avuto un'idea, e sono andato da Mark e da suo padre proprio per questo. È una cosa alla quale non avevo mai pensato, ma tutto sommato non è poi totalmente insensata. Oppure lo è, ma in questo momento non posso pensarci.
Perché ho deciso di chiedere aiuto al padre di Mark? Beh, non posso mica chiedere aiuto ad Alan... dopotutto, è di lui che si tratta.
«Scusa?! Cos'è che vuoi esattamente?»
«Sì, lo so che è una richiesta un po' bizzarra...»
«Ovviamente lui non lo sa...»
«Senta, lo so che non è esattamente corretto... ma io ho bisogno di sapere.»
«Sapere cosa?»
«Quello che... insomma, penso che incontrare la sua famiglia sia una cosa importante...»
«Va bene, Morgan. Ma dovrai avere un po' di pazienza...»
«Ho tutto il tempo!»
E quindi ora pazienza. I giorni passano lenti e pesanti, ed io mi comporto in modo normale: mamma è contenta. Con papà le cose sono sempre uguali, perché ci evitiamo a vicenda. Ovviamente, ho dovuto ricominciare ad andare a scuola... e quelli sono gli unici momenti in cui vedo Alan. Naturalmente ho parlato con Mark, dato che pure lui era piuttosto preoccupato. Ma da quando vado di nuovo a casa sua, è tutto a posto.
In questo momento sono a scuola. Dalla mia postazione al secondo banco riesco a vedere perfettamente Alan. No, voglio dire, il professor Steele! Sta scrivendo degli assurdi limiti alla lavagna, ed io non ho proprio voglia di stare attento, anche se so che devo. Butto uno sguardo a Mark, ma lui sta diligentemente seguendo, anche se ogni tanto si consente un piccolo scarabocchio ai lati del foglio. Faccio un piccolo sorriso e guardo Alan. È così maledettamente sensuale! E menomale che a scuola si veste normalmente. Sbuffo cercando di non pensare a niente, se non proprio a quello che stiamo facendo.
«Morgan?»
Ora ha preso a chiamarmi per nome anche durante le lezioni. Perché cazzo tutti stanno attenti?!
«Sì, mi scusi...»
D'accordo, per una volta si può fare, no? Gli lancio uno sguardo di sfida che lui non riesce ad interpretare, ma subito è costretto a voltarsi... Alan, non sai cos'ho in mente!
---
Ottobre.
Credevo di non resistere più, perché ogni singola giornata è stata pesante, pesantissima. E poi quest'anno dovrò anche sostenere gli esami di maturità, e io e Mark già ci sentiamo completamente agitati. Beh, più o meno. Il padre di Mark mi ha aiutato. Ha trovato le informazioni che mi servivano, ed è stato molto gentile da parte sua appoggiarmi; insomma, sono davvero una seccatura, talvolta. Per me, però, è un po' lui il mio vero padre...
E così eccomi qui. Non ho idea di come ho fatto ad arrivare in questo posto, anche se probabilmente è successo tutto grazie alla mia volontà. Leggo nuovamente le indicazioni che il signor Delozier mi ha gentilmente scritto, e mi guardo intorno. Possibile che sia questa?! Mi sento un po' insicuro... ma dopo tutto quello che ho fatto per arrivare fin qui, non posso tornare indietro.
Sono partito stamattina presto. Naturalmente ho saltato la scuola, mentre Mark, eventualmente, mi coprirà con mia madre. Dato che mio padre non torna a casa per pranzo, le ho chiesto, almeno per oggi, di poter mangiare da Mark e di starci un po' più del solito. Per fortuna ha accettato: sin dal primo momento in cui sono uscito di casa, sapevo già cosa dovevo fare precisamente. Certo, non perfettamente, perché non avevo mai fatto una cosa così avventata per Alan.
Esatto, lo sto facendo per Alan. Coraggio, Morgan, ce la puoi fare. Perché ti ritrovi qui davanti a questa casa, a questa enorme casa, se non per Alan?
Suono alla porta, con il cuore che batte fortissimo. E se non mi facessero entrare? Non saprò mai nulla, e tutto questo sarà stato inutile... non posso mollare. Nessuna voce mi chiede chi io sia, semplicemente un uomo mi apre la porta, e ha tutto meno che la capacità di accogliere le persone: non mi rivolge la parola per quasi un intero minuto.
«Sì, desidera?» dice alla fine squadrandomi dalla testa ai piedi, e sembra che mi stia implicitamente facendo capire che gli faccio perdere tempo.
«Vorrei parlare con i signori Steele, se possibile...»
Lui mi studia, cercando di valutarmi, e non so proprio cosa pensi, solo che alla fine decide di farmi accomodare in un salotto. Un enorme salotto che mi mette piuttosto in soggezione.
«Salve.»
«Buongiorno, signora.»
È una donna: la madre di Alan? Un po' gli assomiglia... anche se non mi soffermo più di troppo su questo. È ben vestita e posata, e mi guarda con aria di sufficienza, quasi fossi un insetto. Ma la sua voce non è cattiva, solo leggermente seccata.
«Allora? Tu chi saresti? Non capisco perché Sam ti abbia fatto entrare...»
«Mi scusi tanto se la disturbo a quest'ora, signora.» dico dispiaciuto.
Sono le undici.
«Spero sia qualcosa di importante, almeno.»
«Beh, sì, penso che lo sia.»
«Allora, chi sei?»
Coraggio.
«... io... mi chiamo Morgan e...»
«Morgan?»
Ora sembra improvvisamente più attenta. Si siede accanto a me e mi osserva intensamente.
«Ecco, io... signora...»
«Sì, dimmi.»
«Il fatto è che... ci sono alcune cose che io volevo chiederle... riguardo Alan...»
Mi gratto il collo, cercando di mantenere la calma. In fondo, non sto facendo proprio niente di male.
«Sei il suo ragazzo?»
«Sì...»
Lei sospira, poi ritorna a guardarmi.
«Allora, cosa vuoi sapere?»
«Vorrei sapere perché Alan è sempre così... voglio dire, cos'è che non dice mai.»
«... scusa?! Di che parli?»
Possibile che non lo sappia? Forse è qualche stupidaggine troppo intima perché un genitore lo possa sapere...
«Parlo di... cioè, non so di che parlo! Ma Alan sembra soffrirne parecchio...»
Ma sua madre è sinceramente perplessa, e mi guarda senza sapere cosa dire.
«Senti, tesoro, non so a cosa ti riferisci... come faccio a dirti io qualcosa che non sai?»
Accidenti, ha ragione. Ma ora cosa posso fare?!
«E ora come faccio?»
«Sta' tranquillo... dunque, vediamo... puoi... potresti... mh...»
«Potrei parlare con i suoi conoscenti. Cioè, con i suoi vecchi amici.»
«Ah... sì, certo, potresti.»
«Senta... sa per caso dove posso trovare un certo Nick?»
«Nick? Certo... puoi andare a casa sua, oppure puoi andarlo a trovare al lavoro...»
 
Capitolo 43
Quello che ho sempre voluto sapere (Morgan)

Sono in ospedale.
Non sapevo che Nick fosse un dottore, e non ho capito bene qual è il suo campo specialistico... ma non importa. Ho chiesto di vederlo, e lui mi ha ricevuto il prima possibile: cioè, circa dopo mezz'ora.
«Ciao, scusa ma avevo un po' da fare.»
«Ciao... figurati.»
«Allora... cosa ci fai tu qui?»
«Senti Nick... non vorrei seccarti, davvero, è solo che sono un po' stanco di cercare di capire cos'ha Alan... e visto che tu lo conosci da tanto tempo, ho pensato che probabilmente lo sapevi...»
Nick mi guarda con rassegnazione, stringe le labbra e alla fine sospira. Si siede.
«Alan non potrebbe mai dirtelo. Ma io non so se posso...»
«Ti prego!»
«Come hai fatto a trovarmi?»
«Sua madre mi ha detto che eri qui.»
«Ah... beh, senti, perché non vieni a pranzo a casa mia? Anche la signora Steele viene a mangiare da me... mi prepara il pranzo.»
Respiro profondamente. Non devo spazientirmi.
«Non sembra una donna che cucina...»
«Già. Ma tu probabilmente ti sei fatto ingannare dal suo aspetto. In realtà, quando può, le piace molto cucinare. Solo che a casa sua è sempre sola... soprattutto da quando non lavora.»
«E viene da te?»
«Beh... credo che mi consideri come una sorta di secondo figlio. Anche se sono un po' troppo grande per esserlo. C'era un periodo in cui eravamo tutti molto vicini... io, Alan e lei... capisci?»
«Ma... ma lei sa che voi...»
«No. Non l'ha mai saputo. Non so cosa direbbe. Però... insomma, mi vuole bene, e io mi sento meno solo quando la trovo a casa, quando torno.»
«... scusa, ma come fai se ti trovi qualcuno?»
Nick sospira di nuovo, e mi guarda con occhi tristi, ma anche dolci.
«Non ci può essere più nessuno, dopo Alan...»
Mi sento arrossire al pensiero che Nick gli voglia così bene. O che lo ami ancora, non lo so...
«Ma perché?»
«Forse, quando ti spiegherò, capirai...»
«E allora spiegami!»
«Aspetta che mi prendo una pausa...»
Aspetto pazientemente, anche se non mi sento più tanto sicuro di quello che sto facendo, nel senso che non sono certo di riuscire a rispettare i tempi che mi ero prestabilito. Per fortuna stavolta Nick non mi fa aspettare troppo, e mi invita ad andare con lui. Prima è stata la madre di Alan a portarmi qui... è stata gentile.
---
C'è anche la madre di Alan. Mi è venuto in mente che probabilmente si è incuriosita anche lei adesso, e vuol sapere quello che anche io voglio sapere... anche se non sa cosa sia più di quanto non lo sappia io. Nick mi è sembrato un po' in difficoltà, e spero che non si tiri indietro alla fine, perché io ho bisogno di sapere cosa succede. Cos'è che da tanto tempo tormenta Alan.
«Grazie, signora.»
«Figurati, Nick... è un piacere darti una mano.»
Mentre la madre di Alan cucina, finalmente Nick mi prende in disparte e mi guarda.
«Alan mi ucciderà.»
«Dai, parlami.»
«Sua madre non lo sa.»
«E dai! Ho capito, ma parla.»
Ora sì che mi sto innervosendo...
«Non ti arrabbiare... e abbassa la voce.»
«D'accordo. Ma tu parla...»
«Okay... ma ti racconterò tutto dall'inizio. Sai che Alan stava con un ragazzo, prima di me?»
«Sì, mi pare... Patrick?»
«Sì. Io allora lo conoscevo solo perché ero amico del suo medico. Dopo un po' di tempo, però, mi presentò anche Patrick. E quando smisero di vedersi, per via della sua famiglia, Alan venne da me a sfogarsi. Te ne ha parlato?»
«No... so di Patrick, ma... non sapevo che tu...»
Trattengo il respiro e le domande che mi vengono in mente e aspetto che Nick riprenda a parlare, anche se non capisco ancora l'attinenza di questo con ciò che voglio sapere.
«Beh, comunque... alla fine, successe così, cioè, non ricordo bene come, ma un giorno eravamo a casa mia ed è successo. Io piacevo già a sua madre. E non ti ho detto che i nostri genitori sono amici... comunque, Alan era contento, e anche io, così ci siamo messi insieme. Eravamo abbastanza felici. Andavo anche a casa di Alan, perché sua madre ne era contenta. Sembrava che andasse tutto bene. Alan stava pensando di parlare di noi a sua madre...»
«Ma?»
«Alan non stava bene. Era sempre stanco senza motivo. Me lo diceva lui in continuazione e anch'io me n'ero accorto, ma non capivo che avesse, perché quando glielo chiedevo, diceva che non lo sapeva neanche lui. Ma sono sicuro che già allora mi nascondesse qualcosa. Forse andava da un altro medico, non so... ma già allora si stava allontanando da me... stava succedendo qualcosa di cui io non ero al corrente...»
«Nick, Morgan, è pronto in tavola!»
La madre di Alan ci chiama. E io sto sudando.
«Oh mio Dio, dimmi! Cos'ha?»
«Sì, un attimo, signora! Morgan... sta' calmo, okay? Ci sto arrivando...»
«E allora arrivaci.» dico più tranquillo; ma mentre Nick raccontava, mi sono fatto prendere dall'ansia.
«Cominciai a suggerirgli ogni tipo di analisi che mi veniva in mente. Praticamente lo costrinsi. Beh... non ero certo di nulla. In un certo senso mi informai senza farlo sapere al suo medico. Non sapevo come gliene avrei parlato. Mi sentivo sconvolto... Alan ha la leucemia asintomatica.»
«La... la leucemia?»
«È una malattia particolare, la sua. Si chiama leucemia linfatica cronica, ed è un po' diversa dalla leucemia come te la stai immaginando.»
«Che vuoi dire? E poi... com'è successo?»
«Non chiederlo a me. Ti puoi solo immaginare lo stato in cui era Alan. E lo stato in cui ero io.»
«E lui... non ha detto niente alla sua famiglia?!»
«No. Disse che era stanco di doverli sopportare e per questo andava a vivere altrove. Ma non credo che abbia detto esattamente così ai suoi genitori... comunque, continuammo a sentirci. Per quasi un anno sono riuscito a convincerlo fare dei controlli da me... ma quando si è sentito abbastanza indipendente, mi ha detto che voleva stare un po' da solo, e che non voleva più che ci sentissimo.»
«Cioè... ora... come fa?»
«Nick, Morgan! La cena si sta raffreddando!»
«Credo che ogni tanto prenda delle medicine... te ne parlerò poi, se vuoi. Adesso andiamo.»
Ho la testa che mi gira. Vedo la signora Steele abbastanza allegra, e mi chiedo come faccia a non sapere. Mi chiedo come faccia Nick a non dirglielo... e penso a quanto dev'essere stato doloroso per lui... e soprattutto per Alan. Mi ritornano in mente le sue parole.
«... lo stesso motivo per cui, alla fine, lascio tutti...»
Non voglio che sia così. Vedo Nick che mangia, anche se non sembra averne molta voglia. Il mio stomaco ha fame, ma io mi sento sconvolto. Cosa devo fare, adesso?
«Morgan?»
«Sì, signora, mi scusi.»
Se non altro devo mangiare qualcosa, per educazione. Mi stupisco di quanto il cibo sia buono e allo stesso terribilmente pesante, e mi sento le lacrime agli occhi. Nick e la madre di Alan non dicono niente, ed io ho quasi paura di emettere dei suoni. Temo di mettermi a piangere in modo troppo esagerato. Alan, il mio Alan, malato? Leucemia? L'ho studiata, e non ricordo neanche bene cosa sia. Non ne so abbastanza!
«Morgan, tutto bene... ?»
«Sì, mi scusi. Scusatemi...»
Quando finiamo di mangiare, Nick mi consola un po', senza parlare, con un semplice abbraccio, e io gliene sono grato. Alla fine, appena mi calmo un poco, chiedo alla madre di Alan di andare a casa sua, anche se dovrei tornare alla mia, di casa... ma come posso farlo, in questo momento?
«Certo, caro. Vieni pure.»
Lei deve sapere. Vedo Nick che mi guarda con preoccupazione mentre andiamo via, ma non posso tenere questo segreto con lei. E suo padre? Devo ancora conoscerlo... e spero che sia migliore del mio. Inoltre, la signora Steele ha capito che Nick mi ha detto qualcosa, e certamente qualcosa le dovrò dire...
 
Capitolo 44
Zucchero e fiele (Alan)

Ottobre.
Questo dev'essere il primo giorno in cui Morgan è assente, da quando siamo tornati insieme. Più o meno. Non so perché ho una strana sensazione... anche perché noto che Mark ha un'aria strana. Cosa sta succedendo? Non dovrei insospettirmi, eppure... qualcosa mi dice che farei bene a chiedere informazioni a Mark. Ed è quello che faccio alla ricreazione.
«Mark, sta succedendo qualcosa?»
«Perché me lo chiede, professore?» risponde lui accigliato e mi sembra lievemente teso.
«Sai per caso come mai Morgan oggi non è venuto a scuola?»
Lui sospira e distoglie lo sguardo. Sembra a disagio.
«No.»
«Non sei molto convincente.»
«Oh, dannazione! È un segreto.»
«Che segreto?»
Ma non lo lascio rispondere che mi alzo per andare a casa. Non mi sento molto bene oggi. Il cellulare di Morgan non è raggiungibile, e dopo qualche tentativo rinuncio. Ma dove è andato a finire? Come se non bastasse sua madre si presenta a casa mia. Sento che potrei avere un attacco di panico, o non so cos'altro. So solo che mi gira la testa e stanotte ho dormito pochissimo.
«Posso entrare, professore?»
«Certo.»
«Non si sente bene?»
Anche se un po' riluttante mi faccio aiutare dalla signora Chrisman, che gentilmente mi chiede il permesso di andare in cucina.
«Cosa vuole fare?» domando allora.
«Zucchero. Credo che lei abbia un calo di zuccheri, tutto qui...»
«Grazie... è gentile da parte sua.» rispondo sorpreso.
«Possiamo darci del tu?»
«Certo. Io sono Alan.»
«Britney.»
«Morgan non è venuto a scuola.»
«Lo so, ho chiamato a scuola poco fa.»
«È per questo che sei qui?»
«Beh... sì.»
«Non so dove sia... ma credo che Mark lo sappia.»
«In questi giorni ho parlato un po' con mio marito...»
«Davvero?»
«Sì. Beh, ecco, non è che le cose stiano bene, ma certamente qualcosa è cambiato...»
«Per esempio? Ha smesso di odiare Morgan?» le sibilo contro senza riuscire a trattenermi... e me ne pento l'istante successivo. «Scusa.»
«Non importa. Comunque John non lo odia affatto. Cerca di capire che per lui certe idee sono difficili da accettare.»
«Scusa, ma non credo che l'omosessualità sia un'idea.»
Mi sembra di sentire mia madre... e ho anche risposto allo stesso modo di allora. Che ironia.
«Ti prometto che entro l'anno prossimo avrà accettato l'idea.»
Non è quello che disse mia madre...
«Come puoi esserne certa?»
«...»
«Comunque, grazie. Mia madre non ha mai cercato di far accettare la mia omosessualità a mio padre.»
«Tu parli ancora con tua madre?»
«Sì, ma non abbiamo un vero e proprio rapporto.»
Non ci posso credere, mi sto confidando con la madre del mio ragazzo? Eppure in questo momento non c'è nessun altro, e mai nessuno c'è stato... perché in realtà è come se in questo modo parlassi con mia madre... più o meno...
Ed è ancora più incredibile che lei mi accarezzi lentamente il viso... sento un nodo alla gola e trattengo il fiato. Lei non dice qualche sciocchezza inutile sul fatto che le dispiaccia, mi guarda semplicemente in modo comprensivo, facendomi addirittura salire un batticuore inaspettato... ma poi suona il cellulare, e l'incanto si spezza in un istante. Mi alzo per rispondere.
«Pronto?»
«Alan. Sono Nick.»
«Nick... ciao.»
«Senti, volevo soltanto dirti che Morgan è stato a casa mia...»
«Morgan è lì?»
Impossibile. Perché?
«No, non più. È appena andato via con tua madre.»
«Come? È con mia madre?!»
«Mi dispiace, ma ho parlato con Morgan.»
«Non puoi averglielo detto!»
«Sarebbe ora che tu crescessi un po' Alan, e la smettessi di comportarti come un malato irrecuperabile. Ciao.»
Ha attaccato. Non può essere... Morgan è... cioè, è andato a casa mia? Da Nick? Da mia madre e mio padre? Ma perché? Come?
«Cosa succede? Morgan è... ?»
Mi ero quasi scordato della madre di Morgan.
«Credo sia a casa dei miei genitori.»
«E ora?»
«Vado a prenderlo.» dichiaro mettendo il cappotto mentre cerco con lo sguardo le chiavi. «Tu non ti preoccupare.»
«Va bene. A dopo.» fa lei un po' preoccupata mentre esce da casa mia.
Resto fermo un attimo nell'indecisione, poi scuoto la testa e parlo.
«Aspetta.»
Lei si è voltata. Abbasso un po' lo sguardo e la voce e dico semplicemente: «Grazie per oggi.»
«Di nulla!» sorride lei, e per un attimo mi sembra di vedere mia madre al suo posto.
Quando salgo in macchina ho una sensazione di incredibile calma, nonostante tutto, e questo è molto strano. Poi però torno a concentrarmi su ciò che devo fare ora: devo andare a prendere Morgan. Dev'essere sicuramente andato con il treno, perché non penso che qualcun altro abbia potuto accompagnarlo... ma come ha fatto a sapere dove abitava la mia famiglia?
Cerco le chiavi, ma non trovandole da nessuna parte mi sono quasi rassegnato a scendere e suonare il campanello, poi però le trovo. Mi sento estremamente nervoso. Incredibilmente ad aprirmi è proprio mia madre, che appena mi raggiunge mi stritola come se non ci vedessimo da secoli.
«Alan, tesoro...» dice affettuosa.
Un po' inquieto la allontano da me.
«Sto cercando Morgan, in realtà. Sua madre è preoccupata e Nick mi ha detto che poteva essere qui.»
Lei sembra perplessa, oppure indecisa, non ne sono sicuro. Poi però sospira e mi invita ad entrare.
«Morgan...» dico vedendolo.
«Ciao, Alan.» fa lui con aria un po' colpevole.
«Supponevo che fossi qui... tua madre era preoccupatissima! Ma come ti viene in mente di fare sciocchezze simili?»
«Io...»
«Non credo che tu abbia il diritto di rimproverarlo.» si intromette mia madre.
Bene, adesso mia madre si è anche alleata con Morgan; sono tutti e due contro di me.
«Mamma, lui è minorenne!»
«Ancora per pochi mesi!»
«Volete smetterla di urlare?!»
Mi rimetto immediatamente in bocca le parole che già stavo per dire, e così sembra fare anche Morgan, imbronciato e arrabbiato almeno quanto me.
«Si può anche parlare civilmente ora. Alan... devi sapere che noi abbiamo parlato con Nick...»
«No...»
«Sta' calmo. Insomma, sono tua madre. E anche Morgan doveva sapere una cosa simile.»
«Mi vedete?! Io sto bene! Ho una vita normalissima, è come se fossi sano.»
«Ma non lo sei.»
Sento il dolore nelle sue parole e vorrei rispondere ancora più aspramente, ma non ne ho la forza. Morgan si limita a guardarmi, anche lui ferito e forse anche un po' deluso. Poi vede come lo guardo e sospira.
«Io volevo solo sapere la verità... volevo solo...»
«Non voglio sentire.»
«Se tu volessi fidarti di me... se tu ti fossi fidato di me...»
«Smettila!» gli urlo contro esasperato.
Ma lui non demorde.
«Alan, tu devi ascoltarmi. Se hai una vita così normale perché non me l'hai detto?»
Io apro la bocca per parlare ma non so cosa dire. In un istante vedo mia madre e Morgan che trattengono il respiro, e so che devo rispondere, che ormai è il momento di dire la verità.
«Perché, io...» comincio sentendo già un nodo alla gola.
«Sì?» fa lentamente Morgan avvicinandosi a me e prendendomi una mano. «Sì, dimmi.»
Anche mia madre si è avvicinata, così cerco di prendere un po' di tempo parlando prima con lei.
«Non potevo dirtelo così come non potevo dirti che ero fidanzato con Nick.»
La vedo sobbalzare leggermente per lo stupore, poi distoglie lo sguardo ripensando a tutto ciò che, probabilmente, in mancanza di me, suo figlio, ha riversato su Nick.
«Alan.» mi richiama Morgan. «Parlami.»
Mi volto e quello che vedo mi fa male.
 
Capitolo 45
La nostra promessa (Alan)

Mi sono finalmente deciso a parlare. O meglio, sono stato costretto dalla situazione, da Morgan e da mia madre, a farlo. Non riesco a non cedere di fronte alle lacrime di Morgan, il mio Morgan...
«Non volevo farti preoccupare per me... mi sento così... inutile...»
Morgan mi abbraccia, mi stringe forte, e lo sento singhiozzare.
«Non sei inutile. Sei solo uno stupido...» mi dice mentre nascondo il viso contro di lui.
Mia madre mi accarezza i capelli, unendosi per qualche istante al nostro abbraccio.
«Devi curarti.» afferma sicura.
«Non cominciare a...»
«Alan!» mi rimprovera Morgan. «Ha ragione tua madre.» dice asciugandosi le lacrime.
Io sospiro. Non ho nessuna voglia di starli a sentire, ma... se Morgan mi guarda così...
«Sono sempre stato un uomo senza scopo finché non ti ho incontrato...» riesco a sussurrare. «Mi farò curare seriamente... ma solo dopo la fine di quest'anno.»
«No! Perché?» si oppone subito lui.
«Voglio esserci mentre ti diplomi. Ci stai?»
Morgan si morde le labbra pensieroso, mentre mia madre gli lancia uno sguardo, e poi tutti e due guardano me.
«Non so... me lo prometti?»
«Te lo prometto. Te lo giuro. Ma tu devi essere il migliore.»
Mi sorride. È così bello, nonostante l'espressione sofferente.
«Contaci. Ti amo.»
E quel calore che provo quando mi dice ciò che prova mi cresce dentro ad ogni respiro.
«Anche io...» rispondo in un soffio. «Ma tua madre è preoccupata per te...» aggiungo.
«D'accordo. Allora, mi accompagni tu a casa?» fa quasi con timidezza.
Io annuisco, salutando mia madre, ancora un po' scossa ma non agitata, e portando Morgan con me in auto. Per tutto il percorso di ritorno non parliamo, e ho l'impressione che Morgan sia quasi più spaventato di me.
«Hai paura?»
«Sto male.»
«Non sto morendo...» dico cercando di rassicurarlo un po'.
«Lo so! Ma... non sono tranquillo.»
Riaccompagno Morgan a casa, ma lui insiste per restare un altro po' con me, così lo porto a casa mia, dove passiamo un po' di tempo insieme... in silenzio. Semplicemente, lui mi osserva, mi guarda con degli occhi enormi quasi aspettandosi che io svenga ad un momento all'altro.
«Non essere così teso.» cerco di calmarlo, dato che ora la cosa comincia un po' a irritarmi. «Non voglio che mi guardi così... capisci? È per questo che non volevo dirtelo...»
«Alan...»
Rancore. Verso me stesso, verso Nick... verso tutto, forse.
«Scusami.» mormoro un po' pentito. «Nick dice sempre che mi comporto come un malato, ma... non vorrei che tu mi trattassi come se lo fossi. Neppure lui lo fa, in fondo... mi tratta come un amico. Come mi ha sempre trattato...»
Morgan mi abbraccia, scusandosi. Poi mi dice che, effettivamente, deve tornare a casa, e mi lascia solo. Dopo un po' mi squilla il telefono, ed è sua madre.
«Britney, ciao.»
«Grazie per aver riportato Morgan a casa.» mi dice subito.
«Figurati...»
«Mi ha raccontato tutto.» fa poi abbassando un po' la voce.
Me lo stavo giusto chiedendo, ed ecco la conferma. Non mi va che tutti sappiano le mie condizioni di salute... anche se non credo che Nick abbia raccontato i dettagli.
«Sto bene.» affermo deciso, cercando di convincermene un po' io stesso.
«Riguardati. Ciao.»
«Ciao...»
Rimango di nuovo solo, io, nel silenzio della mia casa. Non so cosa fare. Mi sento strano, quasi un po' svuotato. Non devo più mentire a Morgan. Non c'è più quell'enorme peso dentro di me... eppure, sento che ci saranno ancora altre prove da superare. In fondo, il signor Chrisman ancora non ha accettato la nostra relazione, e poi c'è sempre mio padre che si disinteressa totalmente di me.
Chiamo Paul, spiegandogli un po' la situazione e cos'è successo, poi parlo un po' anche con me stesso, mettendomi davanti allo specchio e improvvisando conversazioni con Morgan o con Nick.
Nick. Ecco chi devo chiamare. Lui mi saluta calorosamente, e io gli rispondo pacatamente, anche se sono ancora un po' arrabbiato perché ha detto tutto a Morgan senza avvisarmi. Però non ce l'ho con lui. Mi racconta come gli vanno le cose in generale, e parliamo del più e del meno: così mi sta bene. Non è certo colpa sua se la situazione è quella che è. Poi mi lascio sfuggire della promessa, e sento il suo sorriso anche da qui... ma certo non immaginavo che l'avrei visto così presto!
Alla porta, infatti, c'è lui che ha appena suonato. Mi mordo le labbra, un po' intimidito dalla sua presenza in questo momento, ma lui chiude il telefonino e mi abbraccia, e allora mi lascio andare. Nick. Come ho fatto ad allontanarmi tanto da lui? Chiudo la porta e lo faccio accomodare, poi ci mettiamo a ricordare i vecchi tempi.
«Ti ricordi il nostro ultimo anniversario insieme?»
«Sì.»
«Eri così carino con quelle treccine...» ridacchia ricordandomi com'erano i miei capelli.
«Non prendermi in giro!»
Mi sento leggermente arrossire, ma Nick mi guarda con un'espressione così disarmante che non posso fare a meno di sorridere, anche se con un po' di tristezza, e un pizzico di nostalgia.
«Ho promesso a Morgan che andrò in cura, se sarà necessario... o comunque, farò quello che mi consiglierai tu...»
Oggi parliamo tutti a bassa voce, quando si tratta di questioni delicate.
«Era ora! Allora è così...»
«Come?» chiedo non capendo.
«Beh, sì... è proprio la persona giusta per te... il tuo Morgan...»
Il mio Morgan...
«Credo di sì.» borbotto sentendomi incredibilmente vulnerabile.
Nick è stato il mio primo e vero amico. E, probabilmente, anche il primo vero amore... sentirgli dire certe cose mi rassicura, mi fa stare bene. Lui si avvicina di più a me, abbracciandomi dolcemente.
«Sono contento di vederti così umano, finalmente.» sussurra facendomi sentire ancora peggio.
Nel senso che sono veramente, veramente vulnerabile in questo momento.
«Capisco.» dico; in realtà, non so cosa dire.
«Scusa se ho detto tutto a Morgan... in fondo, era tuo il compito di dirglielo, diciamo così. Ma per me, è stato come un dovere... verso di te, intendo. Oltre che verso di lui, naturalmente. Non so se hai capito...»
«Grazie.»
Mi sono voltato, ma ho trovato il suo viso vicino al mio. Ci siamo praticamente accoccolati sul divano, ora fin troppo appiccicati, ed io... non so come, ma mi ritrovo con le labbra sulle sue. O è lui che mi ha baciato? Mi ricordo ancora che è successo l'ultima volta che sono stato a casa sua, qualche mese fa...
«Non dovremmo, vero?» fa lui continuando a baciarmi il volto.
«Adesso ho bisogno di te...»
«Ti ho sempre amato, Alan... ma non voglio approfittarmi di te.»
«Nick...» lo prego.
«So che per te è un momento difficile, ma... potresti anche appoggiarti a Morgan, no?»
«È l'ultima volta... dico sul serio... per favore...» sussurro.
Nick annuisce, un po' comunque incerto. È vero che adesso Morgan sa la verità, ma non me la sento di spingere ulteriormente le cose: ho paura di spezzare qualcosa... anche se so già che, così, sono io a sfruttare Nick.
«Alan...»
«Resti qui, stanotte?»
«Sono di turno domattina presto... ma resto volentieri.»
«Scusa...»
 
Capitolo 46
Ospiti imprevisti dopo cena (Morgan)

Ormai è novembre. Da quando so la verità su Alan, credo di essere maturato un po'. E non lo penso solo perché sto per prendere la mia maturità. Se mi fossi lasciato andare a certi pensieri, e di quelli che Alan non vorrebbe che facessi, mi sarei sicuramente disinteressato dello studio; ora capisco il motivo della promessa che Alan ha voluto che facessi.
Ho fatto del mio meglio per stargli vicino, ma senza soffocarlo. Non ho parlato con nessuno della sua malattia, soltanto con mia madre. Se l'avessi detto a Mark, sicuramente il suo atteggiamento avrebbe potuto tradirlo; inoltre, Alan mi ha chiesto espressamente di tenere la cosa per me. Ed io non voglio assolutamente creare altri motivi di litigio fra noi. Non adesso che sento quest'enorme responsabilità verso di lui.
Lo so, è strano, ma non posso farci nulla. Sento come se tutto dipendesse dal mio comportamento, dalla mia capacità di essere la sua roccia, il suo punto fermo. È dolcissimo quando, la domenica mattina, mi viene ad aprire con quel suo pigiama a righe bianche e azzurre. Ogni volta lo prendo in giro perché sembra un carcerato, e lui per tutta risposta cerca di colpirmi per gioco.
Ci sono stati cambiamenti anche in famiglia. Non so come, ma adesso mio padre cerca un dialogo con me. È incredibile! Dev'essere frutto di qualche stregoneria fatta da mia madre, perché non lo so spiegare in nessun altro modo. In un certo senso, è tenero. È mio padre, sì: burbero, un po' pieno di pregiudizi e di certe idee sull'omosessualità, sì, ma... è impacciato nei suoi tentativi di comunicare.
«Come va con Alan?» mi ha chiesto quella sera, il mese scorso.
«Eh?» sono caduto dalle nuvole io, profondamente concentrato sulla cena e su Alan.
«Ti ho chiesto...»
«Ho sentito.» ho risposto un po' stupito, guardandolo sinceramente curioso.
Non mi aveva mai guardato così, con quell'espressione dispiaciuta e forse veramente interessata a sapere qualcosa di me.
«Mi dispiace.»
È incredibile, ma si è persino scusato. Da allora le cose hanno cominciato ad andare un po' meglio, e quando ho provato a chiedere spiegazioni a mia madre, lei mi ha fatto l'occhiolino, per poi svignarsela evitando il discorso. Che gli avrà mai detto? L'avrà rimesso in riga da perfetta moglie comanda marito? Quella volta sono corso a dirlo ad Alan, che mi ha sorriso in modo dolcissimo. Sembrava stare bene, ed ero felice.
Adesso sono da Alan, costretto a starmene seduto mentre lui prepara la cena. Non ne ha voluto sapere di farsi aiutare; mi ha relegato qui come chissà quale ospite speciale! Ma non ho nessuna voglia di non ostacolarlo, e quindi vado in cucina, arrivandogli alle spalle.
«Non penserai davvero che ti lasci fare tutto da solo, no?» chiedo sbirciando in giro.
«Tanto ormai ho quasi finito.»
«Cosa stai... ?»
«Pane e acqua!» dice spingendomi fuori dalla cucina. vE adesso siediti.»
Io sbuffo, ma lo accontento. Guardo il cellulare che lampeggia; lo avevo lasciato sul tavolo. Mi è arrivato un messaggio di Mark: mi informa sul fatto che il suo appuntamento con una certa Rose sta andando a gonfie vele. Gli rispondo in fretta e furia di non lasciarsela scappare, e specifico che sto aspettando che Alan mi faccia mangiare qualcosa di veramente delizioso.
«Non stavo scherzando.» mi arriva la voce di Alan, che porta un piatto con del pane.
«Ma...» tento di replicare notando invece quanto sia serio.
«Ovvio che sto scherzando!» mi prende in giro lui, arruffandomi i capelli.
«Ehi! Ci ho messo un'ora a sistemarmi...»
«Non devi farti bello per me.» abbassa la voce lui, posando il piatto.
---
«Ho detto a mia madre che sarei tornato presto.» mormoro un po' sconsolato, ma con lo stomaco decisamente pieno.
«Hai gradito?» chiede Alan, accarezzandomi con gli occhi.
È bello sentirsi così coccolati e amati, ma sento che dovrei essere io quello a farlo. Alla fine mi alzo, abbracciandolo.
«Tutto bene?»
«Devi smetterla di preoccuparti così tanto per me.» gli dico, deciso. «Non sono fragile come pensi!»
«Sei un moccioso...» sussurra lui con dolcezza.
«Non sottovalutarmi. Potrei sorprenderti, sai?»
Alan sorride, poi mi bacia, mentre le nostre mani s'intrecciano quasi automaticamente. Mi rilasso all'istante, ma dopo poco mi stacco.
«Devo andare a casa...»
«Lo so. Salutami Britney.»
«Ti amo.» è l'ultima cosa che dico prima di lasciare la sua casa.
Il cielo è pieno di stelle; non ci sono nuvole. Ed io mi sento in colpa per aver lasciato Alan da solo a lavare i piatti e a sistemare i resti della cena. Mi volto per un attimo, e vedo qualcuno davanti casa sua, ma sono troppo lontano per capire di chi si tratti. Incuriosito torno sui miei passi, aspettando qualche istante. Per fortuna ho le chiavi di casa, così entro silenziosamente. Con il rumore delle posate e dei piatti, poi, non credo che Alan mi avrebbe sentito.
Mi avvicino alla cucina, lentamente. Provo anche a buttare un occhio alla stanza, ma l'uomo è di spalle, quindi non riesco ancora a capire chi sia. E non voglio rischiare di farmi beccare a spiare, proprio ora che la curiosità è cresciuta. Respiro profondamente e tendo le orecchie.
«Non dovresti essere qui.»
È stato Alan il primo a parlare, a meno che io non mi sia perso qualcosa prima.
«Sono qui per un buon motivo, Alan. E tu lo sai bene qual è.»
L'uomo parla a voce bassa, e non saprei dire se lo conosco. Un medico? O un suo amico? Mi mordo le labbra, impaziente. Perché è arrivato proprio dopo che io sono andato via?
«Non so di che parli.» continua Alan.
«Il tuo amico ha parlato con me.»
«Perché?» fa Alan dopo essersi schiarito la gola.
«Era ubriaco. L'ho incontrato per puro caso. Ma indovina un po' cosa mi ha raccontato?»
«Non sono comunque affari tuoi.» risponde un po' nervoso il mio Alan.
«Hai ragione, Alan. Ma stai camminando su sentieri pericolosi, e dato che sono tuo amico mi sento in dovere di avvisarti quando penso che tu stia commettendo degli errori...»
«Quanto sei filosofico!» si arrabbia, evidentemente abbandonando l'idea di una discussione civile. «In questo periodo tutti si sentono in dovere di dirmi cosa devo fare e quale sia la cosa giusta da fare, ma da te proprio non me lo sarei aspettato.»
«Sono tuo amico...»
«Allora dovresti starne fuori, questa volta.»
«È quello che hai detto a Morgan?»
Io trattengo il fiato, sentendo Alan sospirare. Ho voglia di guardare la sua espressione, ma mi sento paralizzato. Come se all'improvviso le gambe fossero pesantissime, e mi ancorassero al suolo in maniera irreversibile. Se potessi ridere di questa situazione, lo farei, ma per adesso sto semplicemente cominciando a sudare, preda di una certa inquietudine anche io.
«No...» ha risposto intanto Alan, dopo infiniti attimi di silenzio.
«Immagino che non ne sappia nulla.»
«Per favore...» bisbiglia Alan, e a stento riesco a percepire la sua voce.
Io riesco finalmente a vincere la mia immobilità, ed esco allo scoperto. Alan mi guarda stupito, mentre il suo interlocutore finalmente si volta verso di me.
«Oh cazzo...»
 
Capitolo 47
Spiegazioni e... in attesa del Natale (Morgan)

«Credo che vi lascerò soli.» dice seriamente Paul, con un'ultimo sguardo verso Alan.
Sembra in difficoltà.
«Che è successo?» gli chiedo appena siamo soli.
«Morgan...»
«Dimmelo! Accidenti, mi sta salendo un'ansia, Alan! Per favore...» insisto sentendomi veramente male.
Mi gira la testa e ho la certezza che, qualsiasi cosa sia, non sarà bella. Se Alan stesse male?
«Morgan, io...» comincia senza riuscire a finire.
«Ti prego, dimmi cos'hai... stai male?» chiedo preoccupato.
«No.»
«E cosa, allora?»
«Non sarai felice di saperlo.»
«Dimmelo lo stesso.»
«Ti ho... tradito.»
«Tradito?» ripeto senza riuscire a capire.
«Con Nick.» dice, poi sospira. «Sapevo che era sbagliato, ma nonostante questo l'ho fatto. E certamente ti capirò se adesso ti arrabbierai.»
Io mi siedo lentamente, cercando di assimilare la notizia. Sento gli occhi pungere per le lacrime che vogliono venire, ma scuoto la testa, cercando di capire perché mai Alan mi ha tradito. Mi sembra impossibile pensare che lo abbia fatto; dopotutto, non siamo stati così male nell'ultimo periodo.
«Perché lo hai fatto?» gli chiedo allora.
«Perché sono debole. Sono umano, e ho sbagliato.» ammette sedendosi accanto a me.
Ancora non riesco a guardarlo, ma vorrei tanto che mi toccasse, rassicurandomi.
«Sei stressato, è un brutto periodo per te...» aggiungo cercando di giustificarlo.
«Sì, ma nonostante tutto non avrei dovuto. Ti chiedo scusa, Morgan.»
«Oh, Alan...»
Lo abbraccio, non resisto più. Non mi importa cos'ha fatto, perché lo amo e so che si sta impegnando al massimo. Devo soltanto accettare la cosa, e perdonarlo. Lui mi stringe a sua volta, chiedendomi di restare con lui, e annuisco, anche se non dovrei.
«Va bene, stanotte resto qui.»
Alla fine rimaniamo accoccolati sul divano a parlare per un bel po' di tempo.
«In realtà mi sento libero da un peso, ora che lo sai...»
«Alan, tu puoi contare su di me! Non so perché ancora non ne sei convinto... ti amo, questo lo sai, e farei qualsiasi cosa per te, e so che hai fiducia in me ma... forse non abbastanza, non lo so! Devi solo fidarti di me. Sono abbastanza forte per starti accanto, credimi...» butto giù tutto d'un fiato le mie emozioni, con serietà.
Alan mi guarda con uno sguardo da uomo sperduto, poi si abbarbica a me.
«Non volevo fartelo pesare così tanto...»
«Cosa? Cosa non volevi farmi pesare?» gli chiedo accarezzandogli la schiena.
«... me.»
«Eh?»
«Me stesso. Tutto quello che sono.»
Io sospiro. Possibile che ancora dopo tutto questo tempo... Alan abbia tutte queste insicurezze? O è solo da quando so della sua malattia? Comunque sono contento di averlo saputo, perché in questo modo siamo stati in grado di chiarirci. Voglio essere io a stargli vicino; ne sono più che capace. Sarò forte abbastanza.
---
Dicembre.
Per fortuna mia madre quella volta non si è arrabbiata per il fatto che ho dormito da Alan, e mio padre non ha neppure commentato.
Io e Alan ci vediamo il più possibile, ma allo stesso tempo cerco di impegnarmi al massimo nello studio, sia perché voglio rendere Alan orgoglioso di me, sia per via della nostra promessa. Non riesco a pensare a quando finalmente potremo stare insieme un po' più liberamente, dato che finalmente divento maggiorenne e mio padre non potrà metterci più nessun ostacolo. Ho detto a Mark questa cosa ed è veramente contento per me, anche se non sospetta nulla.
Alan, da quando abbiamo chiarito le cose, mi ha assicurato che avrebbe spiegato tutto anche a Nick. Gli ho creduto. Adesso sono davvero molto concentrato sulle milioni di cose che devo studiare per i compiti in classe di questo periodo. Però devo anche pensare a cosa potrò regalare ad Alan per il suo compleanno quest'anno. Ma, prima ancora di questo, ci sarà il Natale.
Lo so che è incredibile, ma mio padre ha proposto di invitare Alan! È la cosa più sconvolgente che gli abbia sentito dire.
Eravamo a tavola, una sera, e mia madre parlava di decorazioni, dei regali che deve fare e delle previsioni del tempo, mentre io cercavo un modo di farle capire che avrei tanto voluto passare il Natale con Alan.
«Ehm...» avevo cominciato per la centesima volta, per poi essere subito interrotto.
«Ah, e quelle luci intermittenti invece...»
«Insomma, Britney, vuoi smetterla?» si era messo in mezzo allora mio padre, sorprendendo sia me che mia madre. «Morgan sta cercando di dire qualcosa.»
A quel punto ero caduto nell'imbarazzo più totale: sì, avevo la loro piena attenzione e non sapevo più cosa dire.
«Cosa volevi dirmi, tesoro?» mi incoraggiava mia madre.
«Forse volevi inserire Alan nel discorso natalizio?»
«Sì.» mi ero lasciato sfuggire allora, senza però riuscire ad aggiungere altro.
«Perché non lo inviti qui da noi? Per una cena in famiglia. Durante la vigilia intendo. O potremmo pranzare insieme proprio a Natale...»
Era stata proprio una bella sorpresa. Alan, quando glielo avevo detto, dopo i primi momenti di smarrimento aveva accettato entusiasta, commentando il fatto che se sua madre fosse stata almeno un po' più simile alla mia, magari anche suo padre avrebbe trovato il modo di venirgli incontro.
E così adesso sono qui, a scervellarmi su cosa posso regalare al mio Alan quest'anno. È difficile sia perché sono due regali, sia perché per me è già bello semplicemente stare insieme a lui. Ho provato a chiedere consiglio a Mark, ma non mi è stato di grande aiuto.
«Secondo te io dovrei sapere cosa puoi regalare a quell'uomo?» ha esclamato fingendosi più che indignato, anche se si vedeva perfettamente che stava fingendo.
«Uffa, Mark...»
«Non è colpa mia! Sei tu quello che lo conosce meglio, no? Prendi la prima cosa che ti ispira, e vedrai che andrà bene.» aveva poi chiuso il discorso dandomi una pacca sulla spalla.
Come al solito, dovrò fare da solo.
 
Capitolo 48
Inviti e... in attesa del Natale (Alan)

Quando Morgan mi ha detto che suo padre ha proposto di invitarmi a Natale da loro, sono rimasto a dir poco allibito. Morgan cercava di non sorridere mentre mi comunicava quest'interessante sviluppo, poi si è fatto serio e mi ha suggerito di invitare anche i miei genitori, ma sarebbe una follia. Follia pura! Però, ripensandoci su, ho capito che avrei anche potuto provare a invitarli. Mia madre, ansiosa com'è, mi chiamava spesso e avrebbe voluto che andassi a trovarla più spesso. E quindi mi sono deciso a fare una visita a casa il venti dicembre, trovando, fortunatamente o sfortunatamente, anche mio padre.
«Come mai qui?» mi ha chiesto incerto; era un po' stupito.
Un incontro dopo non so quanti anni, e lui mi accoglieva così... stavo ancora pensando a come rispondergli quand'è sparito, ed io l'ho seguito... così ho raggiunto il primo punto del piano che mi ero prefisso. Beh, non è che fosse proprio qualcosa di complicato: il primo punto consisteva nel trovare entrambi i miei genitori ed avere l'occasione di parlare; il secondo, invece, consisteva nell'invitarli alla famosa cena di Natale.
«Alan, tesoro, stai bene?» mi ha domandato mia madre titubante.
«Sì.» ho risposto lottando per mantenere la voce ferma. «Avete programmi per Natale?»
«Non proprio... tuo padre come al solito vuole portarmi in un noioso e costoso ristorante che...»
«Cosa vuoi?» ha tagliato corto lui.
Probabilmente si era innervosito, ma non ne sarei certo. Mi sono concesso ancora un altro respiro, poi ho preso coraggio e ho spiegato cos'avessi in mente.
«Morgan mi ha invitato dai suoi, questo Natale. E siete invitati anche voi.»
Mia madre ha sorriso, annuendo contenta, mettendosi poi però a fissare mio padre.
«Chi è Morgan?» si è lasciato sfuggire con l'ennesima domanda inutile ed inopportuna.
«Il mio ragazzo.» ho risposto fingendomi tranquillo; in realtà ero agitato e per me arrivare alla mia età e avere ancora questi problemi è davvero qualcosa di insopportabile. «Venite o no?»
«Certo!» ha finalmente lasciato andare mia madre, che aspettava l'occasione giusta per scaricare il noioso e costoso ristorante, insieme al probabilmente noioso marito.
No, forse ero stato troppo severo. Forse. Perché mio padre non è riuscito ad aprir bocca, dato che mia madre è partita con un fiume di parole che neppure riesco a ricordare, cacciandomi via nel frattempo, non prima di avermi lanciato un occhiolino piuttosto eloquente: mi avrebbe chiamato più tardi per i dettagli.
---
E adesso sono qui, data ventidue dicembre, ancora in cerca di un regalo per Morgan. La cosa è vergognosa, ma, con tutti gli impegni e lo stress del periodo, mi sono ridotto all'ultimo momento. Vorrei scegliere qualcosa di speciale, visto che è il nostro terzo anno insieme. Inspiegabilmente, al pensiero di questi tre anni, sento il cuore sussultare. Possibile che Morgan mi faccia ancora questo effetto? Che io sia così terribilmente innamorato di lui da perdermi in quelle che fino a poco tempo fa avrei considerato sciocchezze?
Quando ho detto a Morgan di Nick, non ero affatto sicuro che mi avrebbe perdonato. E invece lo ha fatto. Ha continuato a starmi vicino, così come ha sempre fatto, e finalmente gliel'ho permesso. Perché Morgan, quello che tre anni fa era un ragazzino di quindici anni conosciuto sulla spiaggia, adesso è il bellissimo giovane uomo di cui sono innamorato. Scuoto la testa, scacciando questi pensieri sdolcinati. Insomma, sono io l'adulto, comunque! Secondo Nick, la salute è a posto, quindi per il momento posso permettermi questo tipo di divagazioni mentali.
Ecco. Cosa c'è di meglio di un cellulare nuovo per Morgan? Forse però dovrei regalarglielo per il compleanno? Non ne ho idea. Ma il negozio di elettronica, inspiegabilmente, mi attrae come una calamita, e quando esco ho ben due regali: uno per il compleanno e uno, ovviamente, per Natale. Non è che mi dispiaccia una cena in famiglia, anche se forse il fatto di invitare i miei è un po' come... beh, sì, insomma, come una specie di ufficializzazione della cosa...
«Regali per Morgan?»
«Mi hai spaventato, Paul!»
«Scusa, Alan... eri così assorto. A che pensavi?»
«Ah...»
«Uh... scusa, ti ho messo in imbarazzo, eh? Quindi era proprio Morgan...» abbassa la voce mentre parla. «Tutto bene?»
Capisco subito che si riferisce alla mia salute e annuisco contento.
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Ventiquattro dicembre, la vigilia. Dato che domani ci sarà praticamente quello che io definirei uno strano esperimento di pranzo natalizio, io e Morgan abbiamo deciso di passare almeno tutta la vigilia insieme. O, meglio, io ho insistito su questo punto. Morgan era quasi più stupito di me quando ha saputo che mio padre ha accettato, anche se sarebbe più corretto dire che è stato praticamente costretto da mia madre. Non so cosa lei gli abbia detto, ma mi ha chiamato per confermare che ci saranno entrambi, e che porterà qualcosa da mangiare.
«Hai la testa tra le nuvole?»
«Tutto a posto.» rassicuro Morgan. «Piaciuta la cena?»
«Molto buona, grazie. Come sempre, sei un ottimo cuoco.»
Mi sorride.
«Ti va di scambiarceli adesso, i regali?» gli chiedo.
«Perché?»
«Sarebbe imbarazzante, davanti ai nostri genitori... non credi?»
«Mh... sì, probabilmente sì! In realtà ci avevo pensato anch'io, quindi li ho portati qui con me...»
«Bene.» annuisco andando a prendere il primo regalo di Morgan.
Lui non mi segue, per fortuna. Non voglio che scopra che ho già comprato l'altro regalo, o potrebbe diventare troppo curioso. Tra le mani ha il regalo per me.
«Prima tu.» mi fa contento.
Devo avere più o meno la stessa espressione quando apro la busta: dentro ci sono un paio di guanti, un cappello e una sciarpa di lana coordinati tra loro, di un bel colore viola scuro, che subito provo ad indossare.
«Grazie, Morgan. È stupendo. Sto praticamente annegando nella morbidezza!» rido, guardando poi eloquentemente il pacchetto ancora chiuso tra le sue mani.
«Mh... è piuttosto piccolo, no?»
«Non conta la grandezza, Morgan... ti decidi ad aprirlo?»
«Cavoli, è stupendo!» sorride tenendo tra le mani la confezione dell'i-pod.
Poi, finalmente, mi bacia. Durante lo scarto dei regali ci siamo trattenuti un po' senza motivo, ma adesso ho voglia di fare l'amore per tutta la notte. Distrattamente butto uno sguardo all'orologio: ancora non è mezzanotte precisa, ma non me ne importa nulla.
«Sai che non ti lascerò dormire, stanotte, vero?»
«Sì...» mi risponde Morgan, in un sussurro.
«Buon Natale, Morgan.»
«Buon Natale, Alan. Ti amo.»
 
Capitolo 49
Cena natalizia (Alan)

Venticinque dicembre. Alle sette in punto mi presento a casa di Morgan, deciso a trascorrere un po' di tempo con lui e con la sua famiglia. Del resto, sono stati veramente gentili ad invitarmi, specie dopo tutto ciò che è accaduto. La madre di Morgan, Britney, mi accoglie con un sorriso, invitandomi a posare il mio soprabito. Mi saluta con un certo imbarazzo anche il padre di Morgan, senza però riuscire a guardarmi negli occhi per più di qualche istante.
Capisco il suo imbarazzo. In fondo, sono un po' imbarazzato anche io da questa situazione. Poi vedo Morgan che mi viene incontro.
«Ciao! Finalmente sei arrivato. Non vedevo l'ora!» dice tutto allegro, e mi dà un lieve bacio a fior di labbra, allacciandomi le braccia dietro il collo, creandomi ancora più imbarazzo.
«Buonasera a te, Morgan.» dico, mantenendo un certo contegno.
«Buonasera? Cosa sono queste formalità? Dai, vieni in salotto, che ho una sorpresina per te.»
Mi fa l'occhiolino e lo seguo curioso. Cosa sarà? I regali ce li siamo già scambiati, quindi non potrà essere qualcosa del genere... Rimango abbastanza basito nel trovare entrambi i miei genitori seduti sul divano del salotto, a casa del mio ragazzo. Sono già qui! Non credevo che si sarebbero presentati anche loro con tanto anticipo.
«Ciao tesoro.» fa mia madre, correndo ad abbracciarmi forte. «Buon Natale.»
Ricambio l'abbraccio ancora un po' stordito, senza interrompere neanche per un istante il contatto visivo con mio padre. Mi guarda da quando sono entrato, con un'espressione che non saprei definire. Sembra incerto, confuso, in parte scocciato ma anche... curioso?
Vedo mia madre fargli un cenno con gli occhi e si alza anche lui, venendomi incontro. C'è uno strano momento in cui nessuno dei due sa cosa fare, poi ci abbracciamo in maniera un po' impacciata.
«Buon Natale, papà.» sussurro quando ci separiamo, mettendolo leggermente in difficoltà.
«Buon Natale.» risponde un po' burbero, tornando al suo posto.
Quando ci sediamo tutti, penso che sarà difficile trovare qualcosa di cui parlare, però Morgan comincia un bel discorsetto.
«Grazie di essere tutti presenti. So che non è stato facile, però io e Alan lo apprezziamo molto. Ci terrei a dirvi due parole. Ecco... so che la nostra relazione è nata in maniera un po' particolare, che io sono ancora un ragazzino per tante cose e che lui sta attraversando un periodo particolare. Però il fatto di avere le nostre famiglie riunite mi dà speranza nel futuro e mi fa sentire più felice.»
Non credo che dimenticherò le sue parole. Sono state semplici, ma allo stesso tempo sentite. Non riesco a trattenere un sorriso.
«Buon Natale a tutti.» dice alzando in alto il proprio calice.
La serata prosegue bene; si è creata un'atmosfera tranquilla anche e soprattutto grazie a Morgan, che chiacchiera un po' con tutti e sembra davvero di ottimo umore. Ogni tanto mi guarda con quegli occhi brillanti e non riesco a non ricambiare con un sorriso, anche se sono intimidito dalla presenza dei miei genitori.
«Quindi, dopo la fine dell'anno?» mi sta chiedendo mio padre.
«Sì.» annuisco prendendo un altro stuzzichino. «L'ho promesso.»
In realtà, finché i controlli non evidenziano cambiamenti nel mio stato di salute, non dovrei far nulla di particolare. Ma questo glielo spiegherò più avanti.
«Mi dispiace per quanto accaduto.» continua mio padre in modo che solo io possa sentirlo. «Intendo, ehm, per Patrick.» tossisce imbarazzato.
Non credevo che si sarebbe mai scusato per quella storia. Chiaramente mi fa piacere, anche se mi rende allo stesso tempo anche triste. Forse perché in parte penso che mi chieda scusa soltanto perché mi crede malato. Odio essere trattato da malato.
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Hai visto? Te l'avevo detto o no che sarebbe andato tutto bene!?» mi dice entusiasta Morgan, quando ci ritroviamo all'ingresso ed è arrivato il momento di salutarci.
Ho già salutato entrambi i genitori di Morgan, mentre i miei sono qui fuori che mi aspettano.
«Sono felice che tu sia il mio ragazzo.» ammetto sinceramente. Lui sorride in maniera meravigliosa. «Perdonami per non essermi appoggiato a te, finora.»
Lui mi avvolge dolcemente le braccia intorno, affondando il viso nel mio collo.
«Lo sai che puoi fidarti di me...» dice pianissimo, e sono colto da tanti piccoli brividi.
Ricambio quell'abbraccio molto volentieri, baciandogli la nuca, soddisfatto. Per alcuni versi, questa serata è stata davvero impegnativa. Cioè, entrambe le nostre famiglie riunite, insieme a noi due, che non ci stiamo più nascondendo. Beh, almeno da loro. Chiaramente non possiamo fare nulla di compromettente finché la scuola non sarà terminata.
A proposito della scuola, ho anche una mezza idea di chiedere a Morgan di venire a vivere con me dopo il diploma, sempre che lui sia d'accordo, ovviamente.
«Adesso vado.» dico sciogliendo quel dolce momento, quel dolce abbraccio. «Ci vediamo.» dico posandogli un breve bacio sulle labbra. Vorrei fare l'amore, ma l'ho già avuto per tutta la notte, ieri.
I miei genitori mi seguono a casa mia, dove mio padre non aveva finora mai messo piede.
«Ti sei sistemato bene.» dice soddisfatto, guardandosi intorno.
«Mi ha aiutato mamma.» gli comunico, anche se non è esattamente così. «So che abbiamo mangiato un bel po', ma sono passate diverse ore. Avevo preparato qualcosa per voi.»
Mia madre si sporge a spiare in cucina, curiosa.
«Eh?» domanda mio padre, un po' stupito.
Tiro fuori dal frigorifero due bei dolcetti: le mandorle caramellate, il dolce preferito di mia madre, e due cannoli alla crema.
«Li ho preparati apposta per voi.» dico facendo passare lo sguardo da uno all'altra e viceversa. «Con le mie mani.» preciso.
Mia madre sembra quasi commossa, dato che ha portato una mano alla bocca.
«Grazie, Alan.» mi dice felice, accomodandosi su una sedia del tavolo della sala da pranzo.
Mio padre, dopo l'iniziale titubanza, segue il suo esempio, così servo loro i due dolci.
Per quei minuti riesco quasi a sentirmi come quand'ero bambino, con noi tre che scherziamo e ridiamo per cose stupide, perciò quando è ora di andare a dormire, mi sento sereno e spensierato.
 
Capitolo 50
Diploma (Morgan)
A fine giugno c'è un caldo piuttosto afoso. Devo dire che studiare, con questo caldo, non è assolutamente semplice. Tanto più non posso vedere Alan in questo periodo, dato che sono sempre a studiare con Mark. Ho dovuto pensare anche a cosa farò del mio futuro, indipendentemente da Alan. Alla fine sono giunto alla conclusione che vorrei fare l'assistente sociale, o qualcosa del genere. Magari lo psicologo, di quelli che lavorano nei consultori per ragazzi, ascoltandoli e dando consigli quando non hanno nessun altro a cui rivolgersi.
Spero di riuscire ad aiutare famiglie in difficoltà. Forse sono troppo idealista, non saprei. Però ci voglio provare. Intanto durante il ritiro mistico, come lo chiamiamo io e Mark, discutiamo anche di ciò che vuole fare lui.
«Sarò pure banale, ma voglio fare l'avvocato.» aveva dichiarato facendo spallucce.
«Guarda che a me va bene, eh!» gli confermo per l'ennesima volta. «Devi solo convincere i tuoi. Poi vai a capire perché non gli va tanto a genio questa cosa. E dire che c'è chi sognerebbe di avere un figlio che vuol fare l'avvocato!»
«E dai!» sbuffa, fingendo di colpirmi con una penna. «Non prendermi in giro.»
Gli sorrido alzando le mani in segno di resa, poi ci rimettiamo a studiare.
Mi mancano solo alcune prove scritte, poi potrò fare l'esame orale. Non vedo l'ora di liberarmi di queste incombenze per trascorrere un po' di tempo con Alan.
«Guarda che lo vedo che ti sei distratto...» mi fa sornione Mark, dandomi una piccola gomitata amichevole.
«Uff, è vero. Ma che ci vuoi fare? Fa caldo...» mi lamento.
«Quindi non pensavi ad Alan?» continua malizioso.
«Ehm. Forse. Però lo sai che ora non possiamo vederci per la questione degli esami. E poi spero che dopo non cambi nulla, ecco. O meglio, spero che le cose tra noi migliorino. Ormai ho diciott'anni, ecco. L'ho detto.»
«Ah.» mi guarda Mark, quasi soppesandomi. «E cosa vorresti farci con questi tuoi diciott'anni?»
Arrossisco al solo pensiero di vivere con lui. Però non ne abbiamo mai parlato, neppure una volta, neppure per caso...
«Dici che corro troppo?» sussurro distogliendo lo sguardo da lui, per la vergogna.
«Mah, non saprei. Prima ci provi meglio è, no? Io ho già perso il conto delle ragazze che ho frequentato.»
«Tu sei un vero rubacuori!» gli faccio notare. «Del resto, sei proprio un bel ragazzo.»
«Ah sì? Lo pensi seriamente?» mi chiede con una punta di scetticismo.
«Ma certo! Ti puoi fidare del mio parere. Dopotutto, è affidabile perché sono omosessuale.»
Ormai riesco a dire queste cose tranquillamente, senza agitarmi. E poi a casa di Mark lo sanno tutti. Mi hanno sostenuto fin dall'inizio.
«Sì, ma non ti è saltato in mente che magari potrei non considerarti affidabile perché siamo amici praticamente da una vita?» domanda Mark come se fosse una cosa ovvia.
«Già.» annuisco. «Beh, pensa quello che vuoi. Ma tanto lo sai già, no? Con tutte le ragazze che hai frequentato...»
«Eh eh. Grazie, Morgan.» chiude la questione, dandomi un pugnetto su una spalla.
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Quando vengo a sapere che sono realmente stato il migliore di tutti, non riesco a trattenere la sorpresa. Seppure sia vero che mi sono impegnato al massimo per Alan, per la nostra promessa, non riesco a trattenere lo stupore. Purtroppo non potrò comunicare immediatamente la questione ad Alan, che per qualche motivo si trova fuori città. Me l'aveva detto qualche giorno prima con una breve chiamata, nella quale mi augurava buona fortuna.
D'altro canto, ero felice che lui non fosse stato scelto per far parte della commissione d'esame, perché così il mio voto sarebbe stato interamente imparziale. Non che lui fosse mai stato parziale, beh! Però in questo modo mi sentivo più tranquillo. Adesso mi chiedo se non sia stato un qualcosa di fatto apposta, anche se le sue materie non erano state così importanti durante il mio esame orale.
Non so per quanto tempo sarei capace di parlare di matematica e fisica...
«Sei stato bravissimo, tesoro.» mi dice mia madre. «Ho preparato i tuoi piatti preferiti per festeggiare.» continua felice.
«Grazie, mamma.»
«Bravo.» dice semplicemente mio padre, chiedendomi poi di Mark.
Trascorriamo una giornata tranquilla, poi per fortuna la sera mi arriva una chiamata inaspettata di Alan.
«Stasera ci vediamo?» mi chiede subito.
«Sì, ma... hai saputo?» gli chiedo.
«Ma certo che ho saputo. Secondo te? Io sono appena tornato a casa, perché non vieni a trovarmi?»
«Posso fermarmi da te?» gli chiedo con il cuore a mille.
«Se ai tuoi non dà fastidio...» conferma lui calmo, anche se mi sembra di notare una punta di aspettativa nel tono della sua voce. Tutto grazie al nuovo cellulare che mi ha regalato.
Senza neppure rispondere chiudo la chiamata e chiedo subito ai miei se posso andare da Alan.
«Certo.» dice mia madre.
«Torno domani mattina, okay?» aggiungo un po' imbarazzato.
«Ehm... okay. Credo.» fa mia madre guardando mio padre.
«Non guardare me. Decidi sempre tutto tu...»
«Vai pure.» continua mia madre, liquidando la questione.
Nonostante il caldo, percorro velocemente il tragitto da casa mia a quella di Alan, bussando alla porta ancora col fiatone.
«Non avevi le chiavi?» mi domanda Alan subito dopo aver aperto la porta.
Mi ero completamente dimenticato delle chiavi.
«Mi fai entrare?»
«Certo, scusa. Accomodati pure.»
Appena chiude la porta mi stringo a lui, felicissimo.
«Alan...»
«Quanto entusiasmo. Mi fa piacere che tu sia felice di vedermi, però... beh, puzzi parecchio.»
«Cavoli... cosa?! Ho sudato per venire fin qui più in fretta possibile.» dico distaccandomi, incrociando le braccia e mettendo il broncio. «Tu avevi l'aria condizionata in auto, scommetto.»
Alan ridacchia, confermando i miei sospetti. Accidenti a lui, è davvero bello vederlo ridere.
«Vuoi fare una doccia? Avrei qualcosa da dirti, dopo.»
Resisto alla curiosità e seguo il suo consiglio, senza poter comunque bloccare il mio povero cuore e i suoi battiti irrefrenabili. La doccia non riesce a calmarmi, nonostante io abbia più volte girato il regolatore dell'acqua verso il freddo...
Quando esco dalla doccia mi asciugo alla bell'e meglio, strofinandomi distrattamente l'asciugamano sui capelli e guardandomi allo specchio.
Sono diventato più alto. Mi ricordo della conversazione con Mark di qualche giorno fa e sorrido. Anche io sono diventato proprio un bel ragazzo. Anche se molto diverso da Mark. E poi c'è Alan, che è splendido, sul quale non poso le mani e le labbra da quasi un mese.
«Alan?» lo chiamo uscendo dal bagno ancora in quelle condizioni.
Lui, che stava beatamente disteso sul letto con il ventilatore puntato addosso e col cellulare in mano, alza gli occhi e mi vede. Capisco che ho avuto un certo impatto su di lui dal modo in cui mi guarda, da come deglutisce, come se fosse più caldo di prima. E spero proprio che lo sia.
«Morgan...»
«Che dovevi dirmi?» gli chiedo fingendo indifferenza, accomodandomi di fianco a lui sul letto. Accavallo le gambe lentamente. Sono emozionato ed impaziente. Voglio che lo sia anche lui. Metterlo un po' in difficoltà...
«Morgan, io...»
 

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


Capitolo 51
Fidarsi (Morgan)

«Morgan, io...»
Mi volto verso di lui, sorridendo maliziosamente. Oggi mi sento sicuro di me.
«Sì?» chiedo contento del fatto che debba sforzarsi di trattenersi.
Lui però non risponde e si avvicina per baciarmi. Sono un po' sorpreso, perché credevo che prima avremmo parlato. Dopo un attimo, tuttavia, rispondo al suo bacio; Alan, sentendomi fremere, mi avvicina di più a sé, prendendomi tra le braccia, senza fare altro. Non dico nulla e resto immobile, non voglio rovinare questo momento, anche se fa un caldo pazzesco.
«Vorrei che venissi a vivere con me.» spara tutto in una volta.
Io sollevo il viso per guardarlo negli occhi e capire se dice sul serio, ma la sua espressione è determinata, anche se ha gli occhi languidi, vogliosi.
«Mi piacerebbe moltissimo!» rispondo entusiasta, riprendendo a baciarlo.
E poi ci lasciamo andare a tante effusioni, ma lui mi impedisce di andare oltre ogni volta che cerco di muovermi di più verso di lui o di toccarlo meglio...
«Aspetta.»
«Cosa c'è?» soffio impaziente, chiedendomi come faccia ad avere tutto questo autocontrollo.
«Ho fatto delle analisi.» dice lentamente. «Vedi, per ora non ho bisogno di curarmi. So che in questi mesi ti sarai informato sulla mia malattia. Forse avrai capito che, finché le cose vanno avanti così, non avrò problemi. La mia vita alla fine è normalissima.»
«Ma... !» tento invano di interromperlo.
«Tranquillo, mi ricordo della nostra promessa.» continua accarezzandomi una mano con la propria. «E infatti se ci sarà qualche problema, ti prometto che farò tutto il necessario, tutto ciò che reputerà giusto fare il mio medico.»
«Ho capito.» annuisco.
«E naturalmente pensavo di far domanda per qualche scuola nella città in cui sarà la tua università, che ancora non so quale sia...»
«Vorrei studiare psicologia, o qualcosa del genere. Sai, è difficile decidere alla mia età. Però per ora è questo che voglio provare a fare.»
«Ottimo.»
«E ora baciami e non parlare più.» sussurro per indurlo a fare ciò che voglio, mentre intrufolo le mani sotto i suoi vestiti.
«Agli ordini, Morgan...» ribatte finalmente con un tono sensuale...
---
«E così vivrete insieme?»
Mia madre sembrava dubbiosa, un po' preoccupata. C'erano anche la madre di Alan e i nostri padri, dal momento che avevamo deciso di comunicare insieme la notizia alle nostre famiglie.
«Prima però ci godremo le vacanze.» aveva risposto Alan, facendo capire che avremmo trascorso l'estate a Sundale.
«Esatto.» avevo confermato io entusiasta. Onestamente, non vedevo l'ora.
E ora che siamo arrivati in spiaggia, dopo aver mollato le nostre cose a casa sua, posso godermi finalmente le tanto meritate vacanze.
«Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?» mi chiede Alan, da sotto l'ombrellone.
«Sì. Ricordo. Ero così imbarazzato! Non credevo che un tipo come te potesse interessarsi a un ragazzino come me.»
«E infatti ero un bel maniaco.» scherza lui, ridendo. «E pensavo che sarebbe stata solo un'avventura estiva.»
«Beh, poi hai cambiato idea, però!»
«C'è voluto parecchio tempo.» annuisce, allungando un braccio per prendermi la mano. «Sei cresciuto splendidamente.»
Non facciamo nient'altro, siamo distesi sui nostri asciugamani sotto l'ombrellone e ci teniamo per mano. Solo questo piccolo ed intimo gesto, che da solo basta a farmi sentire profondamente felice. Mi godo quella temperatura calda, placida, insieme all'aria fresca del mare, e sono quasi mezzo addormentato quando sento di nuovo la voce di Alan.
«Ora mi fido di te.» dice pianissimo.
Apro gli occhi e vedo che mi sta guardando, con uno splendido sorriso sul volto. Credo proprio di amarlo profondamente. E voglio stargli vicino.
«Anch'io.»
Più tardi, mentre torniamo a casa, faccio partire il cd con le nostre canzoni.
Alan sorride nel riconoscere quella canzone, Something pretty, poi comincia a cantare.
«Here I am, where I've been
I've walked a hundred miles in tobacco skin
And my clothes are worn and gritty
And I know ugliness
Now show me something pretty...»



Fine~

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