Laureato in Spavento

di LadyDP
(/viewuser.php?uid=1029903)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Smorfie Strane ***
Capitolo 2: *** Sequestro di Mostro ***
Capitolo 3: *** Non ho studiato per questo! ***
Capitolo 4: *** Nessuna mostressa è così. ***



Capitolo 1
*** Smorfie Strane ***


Mandy afferrò il suo orsetto, che riposava insieme a lei, tutto disteso sul cuscino.

Si alzò con una strana angoscia, come dopo un incubo. Cercò di ricordarsi che cosa aveva sognato,

e le venne in mente uno strano mostro viola con le corna da toro.

 

Faceva delle strane smorfie, come un pagliaccio. Ma non l’avevano fatta ridere nemmeno un po'.

Anzi.

 

Mentre scendeva le scale, però, pensò che forse quella scena l’aveva vissuta veramente.

 

“Mamma” respirò profondamente, come sul punto di piangere, appena arrivata al pianterreno.

 

“Dimmi, tesoro” le rispose Barbara.

 

Barbara era una donna molto bella, ed assomigliava molto alla sua bambina.

 

Entrambe avevano un viso rotondo e dolce, incorniciato da lisci capelli biondi.

 

Mandy portava sempre un cerchietto blu, che richiamavano i suoi grandi occhi, dello stesso colore.

 

Anche Barbara aveva gli occhi blu, ma di certo non portava un cerchietto.

 

La donna indossava sempre un tailleur con pantalone, che richiamavano la sua professione di avvocato, e portava un taglio cortissimo, con un ciuffo davanti.

 

La sua serietà nel vestire non si discostava dal suo atteggiamento.

 

Da quando era morto il padre di Mandy, infatti, Barbara non sorrideva mai.

 

Era più protettiva verso la figlia, non la lasciava mai. Le faceva sentire tutto il suo amore, e la sua presenza, ma quello che più avrebbe voluto Mandy sarebbe stato vederla sorridere, sinceramente e col cuore.

 

 

Entro mezz’ora le due sarebbero partite, una per andare a lavoro, e l’altra per andare a scuola.

 

Quel giorno la piccola si era alzata tardi ed infatti non c’era molto tempo per la chiacchiere,

però la madre decise di darle corda, qualunque cosa volesse raccontarle.

 

“Ho visto un mostro questa notte” raccontò, guardando il basso. Sembrava turbata.

 

Sua figlia aveva sette anni. Non era quel tipo di bambina che diceva le bugie, ma di sicuro non poteva fidarsi ciecamente di tutte le fantasie che le raccontava.

 

“Un mostro, Mandy?” chiese “Sei sicura?”

 

“Sì. Era viola, grande, con i denti come quel brutto squalo

che c’era in TV l’altro giorno e due corna da toro”

 

Era piuttosto precisa come descrizione. Poteva esserselo sognato. Magari stava confondendo il sogno con la realtà.

 

“E che cosa faceva?”

 

Si ricordò improvvisamente di un mostro che aveva sognato da piccola.

 

Era simile a quello di cui stava parlando lei.

Grande, grosso, terrificante. Con le corna e brutti denti.

 

Rosso e dai lunghi baffi neri.

 

Ruggiva, e ruggiva contro di lei.

 

“Delle smorfie strane”

 

“Delle smorfie strane?”

 

“Sì. Sembrava che volesse farmi ridere” spiegò.

 

“Però non ti faceva ridere, vero?”

 

“No. Mi ha fatto solo tanta impressione”

 

“Ho capito. Adesso non ci pensare. Ne parleremo dopo, ok?”

 

“E se questa notte ritorna?”

 

“Verrò a dormire con te, d’accordo?”

 

“D’accordo”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sequestro di Mostro ***


Un’altra giornata di schifoso lavoro.

 

Non era per questo che aveva studiato.

 

Non era in questo che aveva investito tanto.

 

“Entri fra venti secondi” gli disse il suo aiutante- Maurice, un nanerottolo piuttosto anziano con lunghi baffoni bianchi, che in gioventù aveva assistito i migliori spaventatori, come suo padre.

 

“Sempre più dura, vero Johnny?” gli chiese con sorriso comprensivo, battendogli una mano sulla spalla.

 

“Anni di onesto spavento per poi ritrovarsi a questo. Ma la crisi energetica della paura ce lo impone. Porta pazienza”

 

“Pazienza, pazienza” mormorò. “Beato te, Maurice, che vedrai solo qualche lasso di questo schifo”

 

“Io?” ghignò. “Per me il mestiere non cambia- premi il bottone, abbassa la porta, premi il bottone, alzala”

 

“Puoi andare, figliolo. Cerca di fare bene” gli concesse un sorriso di incoraggiamento.

 

Johnny afferrò la maniglia con una mano, e con l’altra fece un segno di saluto e un sorriso rassegnato, cercando di essere almeno un po' positivo.

 

°°°

 

Le lunghe corna di Johnny fecero capolino dalla porta, per poi lasciar entrare tutta la testa.

 

La figura del bambino sembrava distesa.

 

Dormiva, quindi.

 

Il mostro mise un piede dentro, per poi entrare completamente.

 

Richiuse la porta, come da manuale.

 

Appena voltato, però si ritrovò osservato da due grandi occhi blu.

 

Ma non erano di un bambino. Erano di un adulto. Anzi, di un’adulta.

 

In reggiseno e mutande, perdipiù. E sembrava anche parecchio sconvolta.

 

“Ma..ma...” balbettò. “...Allora sei vero!..”

 

“No-no-no-no, ti prego, non urlare!..” cercò di fermarla.

 

Barbara afferrò la mazza da baseball da sotto il letto della figlia, e mirò il mostro, che cercò di difendersi con le braccia.

 

Il colpò fu letale. O meglio. Non letale.

 

Ma lo fece rotolare a terra come un salame.

 

°°°

 

Erano passate ore da quando Worthington era entrato nella camera di quel bambino, e ancora non si era fatto vivo.

 

Erano ore che quella porta era accesa a vuoto.

 

Dopo mezz’ora di assenza Maurice aveva segnalato il collega al direttore, e a tutti gli altri.

 

In pratica aveva cominciato ad urlare per tutto il reparto. In tanti anni di carriera non gli era mai successa una cosa simile.

 

Ora, Sullivan stava tenendo la mano alla signora Worthington, la madre di Johnny. Era stata avvertita subito dopo le autorità.

 

E con lui, immancabile, c’era Wasowski.

“Signor Sullivan, perché nessuno va a recuperare il mio Johnny? Cos’è, avete paura?” chiese l’anziana. Jenny McArthur in Worthington era una mostressa di alta statura, con fisico a clessidra e chignon biondo in testa. Era completamente diversa dal figlio, se non per il colore viola del manto.

 

Era una ex-modella, testimonial delle vecchie pubblicità sui giornali della Monsters & Co. Era così che aveva conosciuto l’importante marito, Johnny Worthington II, il cui nome risuonava nei reparti dell’azienda come uno dei migliori spaventatori della storia.

 

Pur per la sua età ormai matura, Jenny era una signora affascinante, elegante ed il dolore (per la morte del marito) le donava moltissimo.

 

I suoi lunghi occhi rosa, incorniciati da grandi ciglia affogate nel mascara e protetti da un paio di occhiali vecchia moda, scrutavano Sulley con severità- della vita piena di onore e gloria che le aveva regalato il suo matrimonio, il suo riverito pargolo era l’unico rimasuglio.

 

E in più, gli voleva molto bene. Niente è scontato, meglio specificarlo.

 

“Signora, non si preocc...” balbettò lui.

 

“Dovresti dirgli la verità, Sulley. Potrebbe essergli successo di tutto. Anche se il mondo degli umani non è tossico, di sicuro non è molto amichevole con noi mostri” gli suggerì Mike.

 

“E allora diglielo tu, visto che sei così bravo a parlare”

 

“Non ci penso nemmeno. Chi è il direttore, qui?”

 

“Signori, io vorrei sapere dove diamine è mio figlio, altrimenti URLERÒ COME NON AVETE MAI SENTITO URLARE NESSUNO DI QUESTI MOCCIOS..” strillò Mrs.Worthington, prendendo Sulley per la cravatta, ma fu interrotta.

 

 

Un rumore sinistro giunse dalla porta. Si stava spegnendo.

 

“..Cos’è successo?” chiese lei.

 

“Ehm..il mio tecnico lo sa di sicuro. Mike?”

 

“Penso che l’abbiamo tenuta accesa troppo a lungo” spiegò. “Queste diavolerie non hanno molta durata”

 

“Comunque sia, tecnico a chi?”

 

“..IL MIO BAMBINO!” esclamò lasciandosi svenire, la signora Worthington.

 

Sulley la prese al volo, con solo le mani.

 

“Io glielo avevo detto – SCEGLI UN ALTRO MESTIERE, VUOI DAVVERO FAR VIVERE COL MAGONE PER TUTTA LA VITA LA TUA POVERA MADRE? NON DEVI PER FORZA FARE LO SPAVENTATORE COME TUO PADRE!” recitò.

In realtà avere un figlio spaventatore faceva figo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Non ho studiato per questo! ***


Mentra riapriva gli occhi stava pensando a quanto fosse scomodo il letto quel giorno.

Sembrava di stare seduti su una sedia, e non distesi su un materasso.

Quella non sembrava una coperta, ma una corda.

 

Piano piano, si decise ad andare incontro ad un altra giornata di pura tortura fisica e psicologica.

 

Aspetta. Era davvero una sedia. Era davvero una corda.

 

Appena spalancò completamente le palpebre rivide quella umana che l’aveva colpito a mazzate la sera prima.

 

Stavolta, indossava una lunga maglietta che le arrivava fino a sotto le mutande.

 

Brandiva ancora la mazza e lo stava fissando attenta. Stava sull’attenti, come un generale.

 

La sua arma era tenuta come un mitra col manico a terra.

 

“Da quanto tempo spaventi mia figlia, sottospecie di squalo-mucca?!” gli chiese lei, dura.

 

“Io non spavento più, mia cara signora. Magari lo facessi.

 

Sono obbligato per contratto a far ridere i bambini” le spiegò.

 

Dunque erano davvero smorfie buffe, quelle che aveva fatto a sua figlia.

 

Per quanto un essere del genere possa essere buffo.

 

“Se quello è far ridere!” osservò arguta. “Mandy ha certe occhiaie!”

 

“Sono completamente d’accordo con lei, ed anzi, le confesso di essere completamente negato.

Ma devo pur campare in qualche modo, no? La mia laurea non vale più in nessun settore”

 

“Laurea..in che?”

 

“In Spavento, chiaro. In cosa dovrebbe laurearsi un mostro?”

 

“Chiaro, certo..” osservò, confusa. “E come mai..ehm..le procedure sono diverse adesso?”

 

“Le urla non forniscono la stessa energia delle risate. Fonti sostenibili più potenti, crisi energetica, insomma, quella roba lì”

 

“..quindi voi ricavate la vostra elettricità dalla voce dei bambini?”

 

“Il succo è quello”

 

“Interessante” affermò convinta.

 

“Comunque sia, dovresti proprio tornare all’università. Questa roba non fa per te” gli consigliò.

 

“Sì, ci stavo pensando da un po'. Ormai ci sono nuovi mestieri”

 

Barbara si sedette. Sembrava una conversazione tra impiegati.

 

“Mamma, parli di lavoro persino col mostro dell’armadio?” chiese Mandy.

 

“Buona, Mandy. Non interrompermi”

 

“È un altro mondo, ormai. Non avrò lo stesso futuro che c’era per mio padre.

Quelli sì che erano anni d’oro”

 

“Più si va avanti, più si ama il passato. Ah, giusto parlando di questo. Tuo padre non era mica un mostro in tutto e per tutto uguale a te, solo rosso e coi baffoni?”

 

“Sì, era lui”

 

“Ah ecco, ecco. Quante notti mi ha terrorizzato da piccola” disse lei, con nostalgia mista ad un sorriso politico.

 

Johnny assunse un mezzo ghigno di commozione.

 

Si asciugò una lacrima. “Eh, sì. Lui ci sapeva fare”

 

“Beh, signor Mostro”

 

“Signor Worthington, ma può chiamarmi Johnny” disse, porgendole la mano.

 

Johnny sapeva fare il lecchino e il galante in qualunque situazione.

 

“Certo, scusami se non te la stringo, mi fa paura solo a guardarla.

 

Comunque pensavo che sarebbe ora di farti andare via”

 

“Ci pensavo anche io, sì”

 

Barbara slegò la sua corda e lo accompagnò all’armadio. Il tutto in un’atmosfera quasi amichevole.

 

“Beh, che dire, buon proseguimento” lo salutò imbarazzata.

 

“A lei” rispose, corretto.

 

Ma appena aperta la porta, volò un’esclamazione assai poco elegante dalla sua bocca.

 

“Ci sono problemi?” chiese la donna, a mani congiunte.

 

“La porta è disattivata, non posso tornare indietro”

 

“..Oh!” esclamò l’altra, come se avesse capito. In realtà tutta quella situazione le stava dando dell’assurdo, e non sapeva come aveva fatto a non impazzire già.

 

“Dovrò far ridere la bambina per riattivarla..”

 

 

“Oh, beh…prego?”

 

Mandy, nel mentre, stava osservando la scena da dietro il muro del corridoio.

 

“Io?” chiese.

 

“Puoi venire qui un momento..com’è che ti chiami..Mandy?” chiese lui.

 

La piccola si avvicinò lentamente.

 

Johnny tentò di sfoggiare il suo miglior sorriso, il più amichevole possibile.

 

Ma riuscì solo a farla piangere.

 

“Mamma!! Vuole mangiarmi?!” chiese lei, abbracciandola.

 

“Non credo sia quello il metodo.

 

Anzi, non mostrare i denti. Consiglio spassionato” disse lei, irritata.

 

“Perfetto.

 

-Com’era il lavoro, oggi?-

 

-Mah sai, così bello che quasi qausi non torno nemmeno a casa-”

 

Mandy si sganciò dalla gamba della madre e si avvicinò a Johnny, che intanto si era seduto, gomiti sulle ginocchia, su uno sgabello.

 

“Signor Worthington” lo richiamò, e cominciò a sussurragli qualcosa all’orecchio.

 

Ovunque fosse l’orecchio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nessuna mostressa è così. ***


Johnny diede un’occhiata a Barbara.

 

Si alzò in piedi e si avvicinò a lei.

 

Continuarono a conversare di varie cose, e Johnny iniziò a fare qualche battuta, inizialmente con poco successo, finché non riuscì a farla ridere.

 

La donna non sapeva cosa stava facendo. O meglio, sì.

Conversava amabilmente con un mostro. Normale? Da manicomio?

In ogni caso, non le dispiaceva.

 

Questo scatenò anche la gioia di Mandy, e anche lei si mise a ridere.

 

Johnny vide che la porta era di nuovo attiva, e quindi la aprì.

 

La bambina però lo fermò con un abbraccio di gratitudine.

 

“Grazie, signor Worthington. Torni quando vuole”

 

“Tu però fa silenzio. Io non sono mai esistito. Non voglio altri problemi con adulti umani, d’accordo?” disse serio. Mandy perse per un attimo il suo sorriso, ma Johnny le accarezzò la testa.

Capì che in realtà non era serio.

 

Johnny buttò uno sguardo a Barbara, e gli fece il cenno del silenzio col dito.

 

Era lei che soprattutto doveva tenere la bocca cucita.

 

Le concesse un sorriso, che fu ricambiato. Era un sorriso dolce, che gli fece perdere un battito

 

Il mostro chiuse la porta, prima di cambiare idea sull’andarsene.

 

 

Appena uscito, fu investito dagli abbracci di colleghi e dagli sguardi di tutti, compresa la madre, Sulley e Mike. Ma lui pensava ad altro.

 

 

Avrebbe aspettato un po', prima di attaccare. Dopotutto, era vedova.

 

Ma non si sarebbe lasciato sfuggire una donna del genere.

 

Nessuna mostressa era così.

 

Chi se ne frega se era umana.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3772849