Lutto

di Inu_Ran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Negazione ***
Capitolo 2: *** 2. Rabbia ***
Capitolo 3: *** 3. Contrattazione ***
Capitolo 4: *** 4. Depressione ***



Capitolo 1
*** 1. Negazione ***


1. Negazione

“Ti avevamo detto più di una volta di non intralciarci.” Disse l’homunculus guardando l’alchimista di fronte a lui. Edward sputò a terra come risposta. Non era il tipo da starsene in disparte e di eseguire gli ordini. Non ascoltava il colonello, ed era un suo superiore, figuriamoci degli esseri spietati come gli homunculus.
“Se non ti diamo una lezione, non imparerai mai.” Envy prese la testa dell’armatura semi distrutta che teneva sotto i suoi piedi e la buttò vicino all’alchimista d’acciaio. Il biondo, anche se con il braccio destro distrutto e la gamba destra ferita, non ci pensò un momento e si avvicinò alla testa del fratello. Strinse i   denti quando quei semplici movimenti, come camminare, gli procuravano dolore e cadde sulle sue ginocchia per la stanchezza. Ma quel dolore non l’avrebbe fermato, avrebbe salvato suo fratello.
“Sai abbiamo trovato un altro sacrificio. Lui...” disse indicando il corpo sotto di lui ”…non ci serve più.” Con lentezza si avvicinò al sigillo che teneva legata l’anima di Alphonse al corpo di metallo. 
“Non far…” Edward provò a parlare ma le parole non riuscivano ad uscire. Il suo corpo si rifiutava di muoversi. Era completamente paralizzato dalla paura. La stessa sensazione l’aveva provata quando avevano praticato la trasmutazione umana. Non poteva perdere di nuovo suo fratello, questa volta non l’avrebbe sopportato. 
“Non fai più il duro?” Envy si mise a ridere. La sua era una risata sguainata, stridente. Pensò che gli umani erano delle creature deboli e che facevano bene a sacrificarli. Mise un dito sul sigillo e lo sfregò piano perché voleva far soffrire l’alchimista. Ed fece forza sul suo braccio umano e si sollevò da terra. Zoppicando si diresse verso Envy per fermarlo. Strinse i denti quando il dolore alla gamba si accentuò, quando sentì tutti i muscoli tirare.
“Fermati.” Urlò con tutta la forza che aveva. L’homunculus rise a quell’affermazione e continuò il suo lavoro.
“Grazie di tutto fratellone.” Le parole di Alphonse furono come un pugno in pieno stomaco per Ed. No, non poteva accettare che suo fratello si desse per vinto. Ci sarebbe riuscito, l’avrebbe salvato. Mancava poco e sarebbe arrivato al suo corpo. Allungò il braccio nel tentativo di toccare l’armatura ma nel momento esatto che lo fece, Envy distrusse il sigillo.
“Fermo lì, homunculus.” Gridò Mustang arrivato per dare supporto al ragazzo. Envy si rese conto che la situazione si complicava e decise di scappare. Il colonello non lo inseguì troppo preso dall’alchimista e da quell’armatura distrutta. Gli arti erano totalmente devastati e la parte che conteneva il sigillo ridotto in frantumi.
Ed crollò sulle sue gambe e guardò il corpo di suo fratello. I ricordi, la sua anima, la sua vita, tutta ridotta in polvere. Non poteva essere.
-Non è vero, non è vero. - si ripeté questo mantra in testa per convincersi che quella non era la realtà. Non poteva semplicemente essersene andato. Loro dovevano tornare nei loro vecchi corpi insieme. Erano sempre stati inseparabili, in ogni cosa che facevamo, come poteva adesso Al essersene andato via? Cercò di scuotere l’armatura come se si aspettasse un movimento, un suono. Pregò anche quel Dio che tanto aveva disprezzato. Nulla successe, solo e assordante silenzio.
“Acciaio.” Roy lo chiamò ma non ebbe risposta.
“Edward.” Riprovò con il suo nome per riportarlo alla realtà e funzionò. Il maggiore degli Elric si girò lentamente e lo fissò. Quello che l’alchimista di fuoco poteva leggere negli occhi del ragazzo, da sempre caratterizzati da una forte determinazione, era un profondo terrore.
“Tuo fratello…” non ebbe tempo di completare che venne interrotto.
“Stia zitto. Zitto.” Urlò il biondo tappandosi le orecchie. Non voleva sentire, non poteva. Al era ancora lì, non era mai andato via. Avrebbe continuato a negare, Mustang lo sapeva con certezza ed era proprio per questo che doveva portarlo alla realtà.
“Ormai lui è…” le mani premute contro le orecchie sempre più forte. “… andato. Quella è solo un’armatura vuota.” Alla fine l’aveva detto. Sentì una forte fitta al petto, l’aria mancargli, la testa girare. Le parole di Mustang gli risuonarono nella mente. Al era morto, era ormai solo polvere. Ecco cosa era diventato suo fratello; della semplice polvere.
Edward urlò. Un urlò disperato, pieno di frustrazione, di tristezza.
Mustang non poté che assistere, impotente, alla fine dei fratelli Elric mentre il suono delle grida riempiva quel silenzio.
 
 
Salve a tutti^.^,
da poco mi sono avvicinata a questo manga che ho trovato stupendo. Mi sono chiesta come reagirebbe Ed alla morte del fratello . Vorrei analizzare i sentimenti di Ed passando dalle 5 fasi del lutto. Non ho voluto specificare quando succede, o altri particolari simili, non sono importanti ai fine della storia. Vi ringrazio per l’attenzione. Una buona serata =)
 

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Capitolo 2
*** 2. Rabbia ***


2. Rabbia

Correva senza sosta sotto la pioggia incessante. I vestiti ormai zuppi attaccati al corpo gli rendevano più lenti i movimenti. Erano ormai due ore che correva alla ricerca di Envy. Quando Mustang gli aveva buttato in faccia la verità, era scappato via alla ricerca dell’homunculus. Sapeva che avrebbe fatto poco se l’avesse incontrato con gli arti destri fuori uso ma non gli importava. 
Non gli importava se correre gli procurava dolore.
Non gli importava se il suo gesto era avventato.
Ma non poteva permettere alla sua mente di pensare a quello che era appena accaduto. Preferì lasciarsi guidare dall’ira. Ormai però aveva girato quasi tutto il centro di Central City alla sua ricerca ma non c’erano tracce. Probabilmente era anche andato via ma Ed continuò lo stesso a cercare. La pioggia si infittì sempre di più. La gamba continuava a dolergli e ad ogni passo poteva sentire i lembi della sua pelle tirare. Il dolore all’arto inferiore lo distraeva da uno ancora più forte. Non poteva fermarsi o avrebbe sentito tutto e lui non voleva sentire, non voleva affrontare la realtà. Si trovava nella piazza principale ed avrebbe continuato la sua ricerca spingendosi a nord. Mosse il primo passo ma venne interrotto da una voce 
“Acciaio, dovresti fermarti.” Ed riconobbe la voce ma non si girò e continuò a camminare.
“Acciaio, fermati. Stai cercando inutilmente, non fare lo stupido e ragiona.” Le sue parole lo fecero infuriare ancora di più. Strinse i pugni e si girò guardandolo dritto negli occhi. Roy poté leggere dentro quelle pozze dorate solo rabbia. 
“Come ti permetti di darmi dello stupido. Vattene immediatamente e lasciami in pace, non ho bisogno di te.” Lo disse con disprezzo, un tono che non apparteneva al sempre gioviale Edward.
“Sono qui per aiutarti.” Mustang non si arrese. L’avrebbe convinto a ragionare ed insieme avrebbero trovato una soluzione.
“Dici di volermi aiutare? Ma dov’eri quando Envy ci affrontava? Dov’eri quando mio fratello è…” lasciò la frase in sospeso, era pesante quella parola da pronunciare.
“Vattene immediatamente perché giuro che non risponderò di me se continuerai a parlare.” Quelle parole non spaventarono il colonello che rimase impassibile alle sue parole.
“Edward, ragiona per favore.” Il biondo si avvicinò a Roy e gli diede un pugno. L’uomo indietreggiò ma non cadde terra, si asciugò con la manica il sangue che colava dal naso. Non ebbe il tempo di riprendersi che Edward lo colpì di nuovo. Rovinò a terra mentre il ragazzo sopra di lui continuava a colpirlo. Edward era fuori di sé, Roy non riusciva a riconoscerlo. Envy non si era portato via solo Alphonse ma anche una parte del fratello maggiore. Guidato dalla rabbia continuò a colpirlo mentre lui, inutilmente, si parava con le braccia. 
“Ed…ward.” Una voce cristallina riportò il ragazzo alla realtà. Il biondo si girò di scatto ed incatenò il suo sguardo con quello della ragazza. 
“Wi-n-ry.” Balbettò il suo nome e si alzò immediatamente lasciando il colonello a terra coperto in viso di sangue. Si sentì sporco di fronte alla ragazza e sperò che la pioggia potesse lavare via la sua colpa. Guardò l’uomo vicino a sé, non riuscì a provare pietà perché lo riteneva in parte colpevole. Forse se lui fosse arrivato in tempo suo fratello sarebbe stato ancora tra di loro. L’unica cosa che veramente gli dispiaceva era aver fatto assistere la sua amica ad una scena del genere.
“Cosa hai fatto? Colonello, si sente bene?” La sua voce era incredula. L’interessato si alzò con fatica ma le rispose con un mezzo sorriso.
Winry spostò il suo sguardo sul suo amico di infanzia e non riuscì a riconoscerlo. Si rese conto che in quel momento le parole non sarebbero servite. Si avvicinò lentamente e lo strinse a sé. Non disse nulla. Sperò che il suo contatto, il suo calore potessero rassicurarlo. Edward si cullò in quell’abbraccio e lasciò che la pioggia portasse via la sua rabbia.

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Capitolo 3
*** 3. Contrattazione ***


3. Contrattazione 

L’avevano rinchiuso come se fosse un animale. Se anche avesse provato a scappare l’avrebbero preso immediatamente. Il generale Amstrong controllava la porta mentre diversi soldati si trovavano sotto la finestra della stanza. Si ricordò della discussione che aveva avuto con Mustang, dopo averlo picchiato, nel suo ufficio, e questo non poté che innervosirlo di più. 

“Adesso tu te ne torni al tuo hotel e ti calmi, non voglio che tu esca per nessuno motivo.” La sua voce era decisa, un tono che non ammetteva repliche. Era stato fin troppo dolce nei suoi confronti e da come era ridotto il suo viso non aveva avuto un gran successo.
“Non ragioni, sei un pericolo. Devo rinchiuderti o potresti fare male a te stesso o a terze persone. Metterò il generale Amstrong a sorvegliarti. Se nonostante questo tu dovessi scappare ti porterò in tribunale per aver picchiato un tuo superiore. Ti verrà revocato il tuo titolo di alchimista di stato e dovrai essere processato.” La minaccia non fece effetto su Ed. Il suo titolo potevano anche prenderselo, ormai era completamente inutile. Tutto quello che aveva fatto per ottenerlo era solo per lui. Ma adesso che non era stato in grado di salvarlo quel titolo non valeva nulla. Prese l’orologio dalla sua tasca e lo lanciò sul tavolo. 
“Si prenda quello che vuole. Non mi interessa più.” Il colonello non si scompose ma continuò a sostenere il suo sguardo.
“Non pensi a Winry? Vuoi che soffra ancora?” Quel nome. Il suo nome. Fu come una pugnalata nello stomaco. Non voleva che anche lei venisse giù con lui. Diede un calcio alla sedia ed uscì dalla stanza sbattendo la porta.


Aveva bisogno di lui; del suo fratellino. Doveva trovare un modo per riportarlo indietro. Aveva viaggiato tanto con Alphonse per recuperare i loro corpi ma non avevano trovato una soluzione se non usare la pietra filosofare. Ma adesso dove ne avrebbe trovata un’altra. Sicuramente era nelle mani di quegli homunculus ma sarebbe stato difficile prenderla. Crearla era fuori discussione, non avrebbe avuto il coraggio di uccidere persone. Sapeva che suo fratello non era d’accordo nell’utilizzo della pietra ma adesso non aveva più importanza. C’era un altro modo per riaverlo indietro ed era la trasmutazione umana.
Si convinse che quella era la soluzione al suo problema. Al calare del Sole, con il silenzio della notte prese un gessetto e disegnò il cerchio alchemico con tutte le sue formule. Controllò più volte che fosse corretto. Che la verità si prendesse l’altro braccio, la gamba, i suoi organi e l’intero corpo. Che si prendesse tutto ma che lasciasse libero lui. Così avrebbe espiato le sue colpe. Così finalmente avrebbe rimediato all’errore di tantissimi anni fa. Alzò le mani per poi congiungerle. Si piegò sulle ginocchia e una volta unite le portò verso terra ma una mano fermò il suo movimento. Si girò e vide che Winry stringeva il suo braccio. Non l’aveva sentita entrare perso nei suoi pensieri.
“Cosa stai facendo?” Ed distolse lo sguardo e si alzò in piedi. 
“Una trasmutazione umana.” Winry sentì il sangue gelarsi nelle vene.
“Sei forse impazzito?” lo urlò e non gli importò di poter svegliare qualcuno “ Sai perfettamente quanto è rischioso.” 
“Non m’importa. Non ho una pietra filosofare e questa è l’unica soluzione.” La guardò fissa negli occhi e lei poté leggere disperazione nei suoi occhi.
“E se prendesse il tuo corpo? Se non dovesse funzionare? Pensi che Alphonse sarebbe felice di ritornare qui a discapito della tua vita. Ed… ti prego, non lo fare.” Le ultime parole le sussurrò. Aveva già perso il suo amico d’infanzia non avrebbe retto anche la sua dipartita. Conosceva la determinazione e l’intelligenza di Ed e sapeva che se non fosse stato accecato dal dolore e dalla rabbia avrebbe trovato una soluzione migliore. Ma, da quando Alphonse era scomparso, lui non era Edward Elric. Sembrava il fantasma di se stesso. Nessuno riusciva a calmarlo, nessuno riusciva ad arrivare al suo cuore. Anche Winry che lo conosceva da anni faceva fatica a comprendere cosa gli passasse per la testa. Dopo aver provato a riportare in vita la madre, dopo aver bruciato la casa e dopo aver inciso sul suo orologio -Don’t forget 3.oct.11- era sicura che mai e poi mai avrebbe riprovato a fare una trasmutazione umana. Eppure, lì a terra, c’era un cerchio alchemico e lui era pronto ad effettuarla. Abbracciò Edward nella speranza di infondergli calore ma lui rimase impassibile.
“Era l’unica soluzione.” Lo ripeté come un mantra.
“Non è vero.” Ripeté lei.
 “Devo farlo per lui. In questa stanza tutto mi ricorda di Al. Lo vedo che cammina, che si corica, che mi parla. Lo sento chiedere il mio aiuto. Sto impazzendo” Rise a quest’ultima frase. Una risata amara, triste. “ Devo fare qualcosa. Devo farlo per lui.”
Winry sentì gli occhi inumidirsi ma si trattene. Voleva essere forte per lui.
 “Andiamo Ed. Andiamo via di qui.” Quella le sembrava l’idea migliore. Forse avrebbe allentato, anche se di poco, il suo cuore da quella morsa che lo stringeva.
“Ma dove? Non ho più una casa. Non ho più una famiglia, non c’è lui.”
“Cerchiamo una nuova casa. Vieni con me, non ti lascerò. Ma ti prego, seguimi.” Gli tese la mano.
Lui all’inizio fu tentennante ma poi la strinse lasciandosi portare via dai suoi tormentosi silenzi.

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Capitolo 4
*** 4. Depressione ***


Depressione

Alphonse Elric era morto e con lui Edward. Se qualcuno l’avesse visto da fuori avrebbe detto che il biondo non era altro che un corpo senza anima. Stava tutto il giorno a letto e si alzava solo per andare a mangiare o in bagno. Si stava lasciando andare. Tutto per lui era diventato indifferente come se nulla potesse interessargli. Passava le sue giornate sdraiato ad osservare la sua stanza come se fosse l’attrazione più bella al mondo. Si era isolato da tutto e tutti. Solo con Winry parlava ma solamente quando veniva interpellato
“Sono a casa.” Winry entrò nella sua stanza per avvisarlo di essere tornata. Ed si girò a fissarla. Durò pochi secondi e dopodiché torno a guardare il soffitto. La ragazza non si meravigliò di quel gesto ed uscì lasciandolo solo. La bionda era riuscita a convincere il colonello che lei sarebbe stata accanto ad Ed e che l’avrebbe aiutato in questo terribile momento. Avevano preso una casa in un paesino vicino Central City. Rimanere in quella città avrebbe riportato alla mente del ragazzo troppi ricordi e lo stesso valeva per Resembool. Era passato un mese da quando vivevano lì e per quanto Winry fosse stata accanto a lui, avesse provato a consolarlo, lui non era migliorato. Ogni giorno sembrava peggiorare. Si mise in cucina a preparare il pranzo e pensò cosa poter raccontare ad Ed nella speranza che oggi partecipasse, che provasse ad essere interessato a qualcosa. Dopo una mezz’oretta il tutto fu pronto. Aveva cucinato il riso, il pesce e della tempura. 
“Ed è pronto.” Non ricevette risposta ma sentì il rumore di passi. Lui entrò e si sedette, senza degnare di uno sguardo la cuoca. Incominciò a mangiare senza aspettare.
“Sai oggi c’era una confusione per strada. Stasera ci sarà la festa del paese che ne dici se ci andiamo. Sono curiosa di vedere com’è. Sicuramente ci saranno tantissime cose da mangiare e poi anche i giocolieri. Ma ci pensi? Deve essere bella e poi non ti ho detto la parte più bella…” Cercò di conversare.
“Non mi interessa. Io non verrò.” La sua voce fredda e distaccata interruppe Winry la quale però non si arrese.
“Ma ascolta fino alla fine magari potrebbe interessarti.”
“Ho detto di no.” 
“Ma dai, ci divertiremo…” Lei continuò imperterrita, voleva e doveva farlo uscire da quel circolo di autodistruzione che si era creato. “Fuori c’è un mondo da scoprire e tu sei chiuso in queste quattro mura da troppo tempo.” Ed fece di no con la testa ma lei lo ignorò e continuò.” Ma pensa quante cose potremmo fare e poi…”
Edward sbatté le mani sul tavolo interrompendo la bionda. 
“Smettila.” Le urlò in faccia. “Sei forse stupida? Lui non c’è. Non mi interessa nulla della tua stupida festa, del mondo fuori. Non capisci quello che è successo?” Le sue parole furono dure, crudeli. Edward riversò la sua frustrazione in quelle semplici parole. Eppure a Winry fecero più male di un pugno nello stomaco. Lei non capiva? Lei? Aveva smesso di vivere per lui. Non usciva di casa per stargli accanto. Da quando aveva provato a fare la trasmutazione umana, lei viveva nella costante paura che potesse rifarlo. Usciva solo per fare la spesa e cercava ogni volta di essere sempre più veloce. Non importava se impiegava un’ora, mezz’ora o cinque minuti, l’ansia le stringeva lo stomaco, la paura le toglieva il respiro. Solo quando stava a casa e vedeva Ed tornava a respirare. Eppure, tutto quello che per lui aveva fatto era stato stupido. Per lui, Winry rimaneva la stupida ragazzina a cui non si poteva confidare nulla, che non capiva niente. Ma adesso era stanca. 
“Anche io sto soffrendo come te. Lui era un fratello per me. Anche io amavo Alphonse esattamente come te. Io non ti sto chiedendo di dimenticarlo, ti sto chiedendo di provare ad andare avanti. Ma tu hai deciso di rinchiuderti e di escluderti dal mondo. Ho cercato di aiutarti. Per te, ho smesso di vivere. Per te farei di tutto ma sembra che tu non riesca a vederlo. Ma adesso basta. Edward Elric, hai deciso di vivere così? Bene, ma io me ne vado.” 
Si alzò e si incamminò verso la sua stanza lasciandosi dietro il ragazzo. Però non ebbe il tempo di fare due passi che due forti braccia l’avvolsero. Sentì il respiro caldo di Edward sul suo collo. 
“Ti prego non andartene.” 
“Non andare via” lo ripeté più volte, spaventato che anche lei potesse scomparire come suo fratello. Winry sentì la spalla bagnata e comprese che Ed stava piangendo. Fu un pianto silenzioso come a nascondersi dalla ragazza. Lei si girò per fissarlo negli occhi dorati. E lo vide con le gote bagnate dalle lacrime, gli occhi gonfi e rossi. Gli accarezzò la guancia per fargli capire che lei era li con lui.
“Alphonse è morto.” Lo disse per la prima volta e fu come liberare tutto il suo dolore. Ne seguì un urlo. Si accasciò a terra ed incominciò a dare pugni al pavimento. Non importava se il sangue scorreva. Non importava se le mani dolevano. Il dolore era troppo forte. Quello stesso dolore che aveva nascosto dentro di sé. Ma quando aveva visto Winry allontanarsi da lui, la sua corazza d’indifferenza era caduta come se fosse un debole castello di carta.
Urlava, urlava sempre più forte. E più urlava, più forte sbatteva le nocche nel freddo pavimento. A quella visione il cuore di Winry smise di battere. Calde lacrime le deturparono le nivee gote. Si abbassò e prese il viso del ragazzo tra le sue mani.
“Edward guardami.” Lui smise di fare qualsiasi cosa ed incatenò il suo sguardo a quello della ragazza. Il respiro, da prima veloce, si regolarizzò. Mentre le lacrime scivolano inesorabilmente sulla sua pelle.
“Io sono qui. Non vado da nessuna parte. Supereremo anche questo come abbiamo sempre fatto. Lo faremo insieme perché io non mi muovo da qui.” Prese un profondo respiro. “Non ti abbandonerò mai.”
Lo strinse forte a sé e lasciò che lui sfogasse tutto il suo dolore. Edward Elric stava tornando da lei.

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