Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della DC
Comic, Warner Bros, Bruno Heller ecc.; questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento e
spero che non ne ricordi altre, in tal caso non sarebbe voluto, ma
fatemelo sapere!
Long day in Gotham
Prologo
Era
la terza volta che si svegliava quella notte; sentiva come una strana
sensazione, come se fosse successo qualcosa di estremamente sbagliato a
cui a breve avrebbe dovuto porre rimedio.
Jim Gordon non era il tipo da svegliarsi in preda all’ansia,
erano i demoni che lo tormentavano a non permettergli di dormire, i
volti delle persone che aveva ucciso e di quelle che non era riuscito a
salvare. Quella notte, invece, era il senso di vuoto a fargli
compagnia. Da tempo aveva capito che l’unico modo per non
passare la vita pieno di rimorsi era stare da solo, senza avere accanto
qualcuno da poter ferire o a cui distruggere la vita.
Sembrava così lontano il giorno che tutto era cambiato,
quando per la prima volta si era scontrato con le regole di Gotham e
ogni giorno pezzi della sua anima ferita si erano più volte
ricomposti grazie alle poche persone care che gli erano rimaste vicine.
Si voltò verso l’orologio, erano ormai le cinque e
presto si sarebbe dovuto alzare per recarsi in centrale. Con la testa
frastornata di uno che aveva dormito poco e male si recò in
cucina per peparsi il primo caffè della giornata.
Gotham era estremamente silenziosa a quell’ora del mattino;
fuori dalla finestra c’era ancora quell’aria
particolare di una città che presto si sarebbe svegliata
anche se, forse, non era quello il giusto modo di vederla. Gotham era
la città che non dormiva mai, dove calava la notte e
iniziavano i problemi.
Era ancora in cucina con la tazza di caffè fumante in mano
quando arrivò il primo messaggio sul cellulare, di quella
che sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata. Prese distrattamente
in mano il telefono e le parole di un numero anonimo lo portarono
immediatamente dentro all’incubo quotidiano.
“Vai alla
porta, c’è una sorpresa che ti aspetta”
Appena letto il messaggio, sentì suonare il campanello
d’ingresso.
Gordon non era il tipo da farsi spaventare facilmente, anzi,
più volte aveva agito sconsideratamente pretendendo di fare
tutto da solo e questa volta non faceva eccezione. Recuperò
la pistola e con ogni cautela aprì lentamente la porta. Non
c’era nessuno ad attenderlo ma appoggiato sul tappeto logoro
c’era un pacchetto rosa chiuso da un nastro argento.
Uscì in strada per controllare se il misterioso corriere
fosse ancora nei paraggi ma non sembrava esserci anima viva attorno
alla sua abitazione.
Si chinò verso il pacchetto, indeciso se aprirlo o chiamare
la scientifica per esaminarlo ma un nuovo suono di un messaggio in
entrata lo fece desistere da avvisare qualcuno.
“Chiama i tuoi
colleghi e Lee muore”
Si voltò di scatto, cercando il punto da dove lo stessero
osservando ma era impossibile dire se qualcuno fosse appostato nei
grigi edifici attorno alla sua casa.
“Prendi il
pacchetto e aprilo”
Si chinò nuovamente e raccolse il non gradito dono per poi
rientrare in casa chiudendo la porta e il misterioso stalker alle sue
spalle. Appoggiò il pacchetto sul tavolo e sperando di non
saltare in aria tirò il nastro argento e sollevò
il coperchio. Quello che vi trovò dentro lo fece ribollire
di rabbia: era un dito mignolo mozzato e ancora grondante sangue e
visto il riferimento a Lee temeva fosse proprio della sua ex fidanzata.
Aspettò con una calma che non gli apparteneva di ricevere un
altro messaggio ma non fu accontentato. Passarono dieci interminabili
minuti prima che accadesse qualcosa di nuovo, dieci minuti in cui aveva
più volte composto il numero di Harvey per poi ripensarci.
Non poteva rischiare, non sapeva chi lo stesse tenendo
d’occhio e che intenzioni avesse. Qualcuno stava giocando con
lui nel peggiore dei modi e doveva aver ben studiato le proprie mosse
per non lasciare nulla al caso.
Ciò che interruppe quel limbo in cui era rimasto fu
nuovamente il suono della porta. Sta volta il campanello
suonò più volte, denotando una certa impazienza.
Jim riprese la pistola e con rabbia spalancò la porta e la
sorpresa fu presto sostituita dalla voglia di alzare le mani, quando si
trovò davanti Edward Nygma.
Non gli diede tempo di aprire bocca, non avrebbe sopportato un inutile
indovinello, ma lo sbatté contro il muro, furioso,
ricordando l’insensata relazione che Nygma aveva intrecciato
proprio con Lee e che probabilmente ora lo aveva portato a farle
qualcosa di orribile solo per vendicarsi di non essere corrisposto.
« Non è come pensi, detective »
esalò Edward, cercando di togliersi di dosso il suo
aggressore.
« E cosa penso, Ed? » rincarò Jim,
strattonandolo senza alcuna intenzione di lasciarlo andare.
« Immagino che anche tu abbia ricevuto degli SMS anonimi su
Lee »
« Cosa intendi con “anche tu”?
» rispose, lasciando leggermente la presa al punto che Nygma
riuscì a estrarre lentamente dalla tasca il proprio
cellulare.
« Mi hanno scritto che hanno rapito Lee e che tu ne avevi la
prova »
Jim fissò prima il cellulare di Edward e poi lo sguardo
ritornò al pacchetto che aveva appena ricevuto.
Lasciò andare Nygma e lui, senza dire niente, si diresse
verso lo strano dono che giaceva sul tavolo del soggiorno di casa
Gordon.
Quando vide il suo contenuto, la sua espressione solitamente fredda e
imperturbabile, per un attimo, rivelò orrore e rabbia.
« Sembra proprio di Lee » commentò
soltanto.
« Lo so » sospirò il detective
« Come faccio a sapere che tu non c’entri con tutto
questo? »
« Perché io l’amo ancora, Jim
» rispose sostenendo lo sguardo del detective.
Una risata vuota uscì dalla bocca di Gordon che scosse la
testa « Diciamo che ti credo. Tu hai qualche idea? Io non
vedo Lee da mesi e non ho idea del perché qualcuno potrebbe
rapirla per vendicarsi di entrambi »
Edward sembrò soppesare quest’ultimo commento, in
effetti anche a lui sembrava strano che qualcuno avesse pensato di
coinvolgere proprio loro due.
« Hai già chiamato i tuoi colleghi? »
« No, mi è stato scritto di non farlo e al momento
intendo seguire l’ordine »
Edward sembrava sincero, anche se l’ultima cosa che Jim
Gordon aveva intenzione di fare era fidarsi di quel pazzo che lo aveva
bloccato sotto una pressa per gelosia e che lo avrebbe ucciso se non
fosse intervenuta Lee.
Più si concentrava sul perché quella giornata
fosse iniziata in maniera così storta, più
evitava di pensare che la donna che non aveva mai smesso di amare era
stata rapita e ancora una volta era colpa sua. Sentì prudere
le mani, quella tipica sensazione di quanto iniziava la caccia e il
sangue iniziava a pulsare forte nelle vene.
« Non resto qui ad aspettare la prossima mossa, io esco in
cerca di risposte » fece rivolto a Nygma, che aveva preso a
ispezionare il pacchetto con all’interno il dito mozzato, non
rilevando, purtroppo, alcun indizio.
« Dove pensi di andare? »
« Non vogliono l’intervento della polizia, ma non
hanno detto niente sui criminali di Gotham »
« Stai pensando a Oswald? » chiese stupito.
« Non penso sia una mossa prevedibile per me, sanno quanto
odio chiedere favori e se qualcuno sta giocando a guardia e ladri con
me, può essere che Pinguino abbia qualche informazione utile
»
« E Oswald sia, voglio proprio vedere la sua faccia quando ci
vedrà arrivare assieme »
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