Lo Spezzacuori - Non innamorarti mai di me

di StrongerH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: Tripla E ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Sei la fottutissima Red Hamilton ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Torna a casa ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro: La notte è ancora giovane ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque: Il nemico del mio nemico è mio amico ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei: Vieni qui, non mordo ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette: Ci diamo una possibilità ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: Tripla E ***


Capitolo uno: Tripla E

 

«Smettila di lamentarti Red.» urla mia madre dalla cucina, mentre chiude i restanti scatoloni. Automaticamente alzo gli occhi al cielo.

«Mi spieghi perché sono costretta a fare questa cosa?» urlo a mia volta. Prendo il laptop e lo ficco nello zaino. Oggi è il giorno più brutto della mia vita, signore e signori. E voi sarete spettatori della mia disfatta. 

«Te l'ho già spiegato, io e Craig ci amiamo, e abbiamo deciso di fare il grande passo.»

«Okay madre, lo accetto. Ma non sono io ad amare Craig, sei tu. Perché devo venire pure io a vivere con voi?» alzo gli occhi al cielo, okay lo ammetto. Forse sono un po' esagerata, e forse il mio alzare gli occhi al cielo è un tic nervoso. Craig è il nuovo compagno di mia madre, stanno assieme da circa sei mesi, e soltanto due settimane fa hanno deciso di convivere. Craig è abbastanza simpatico, forse un po' lineare. È un avvocato, e la prima parola che mi verrebbe per definirlo è “barboso”. È il classico uomo da giacca e cravatta, pieno di soldi e monotono. Totalmente il contrario di mia madre, spirito libero e appariscente. Così tanto appariscente da aver avuto la brillante idea di chiamarmi Red. Sono agli antipodi, e questo mi scombussola un po'. Non odio Craig, per carità, se rende felice la mamma non è mio nemico, ma non impazzisco all'idea di dover convivere con lui in una nuova casa. «Perché ovunque io vada, tu vieni con me.» conclude mia madre.

«Continuerò ad appormi, madre.» sibilo, ma lei coglie anche solo il minimo accenno della frase, come se avesse dei ripetitori attaccati alle orecchie e mi urla un «Smettila, Red, e preparati. Abbiamo un treno per Los Angeles da prendere.»

 

 

Arrivate nell'enorme casa di Craig mi sento più a disagio che mai. È tutto così pulito, ordinato, la casa rispecchia esattamente il suo padrone. È tutto di un bianco quasi nauseante e molti dei muri in realtà sono stati abbattuti per creare un open space lussuoso ed elegante. Esattamente tutto il contrario della nostra vecchia casa a Ventura. In confronto a questa poteva considerarsi una vera e propria bettola. «Spero ti piaccia, Red.» si rivolge a me, dato che mia madre è stata più di una volta qui. Sorride e corre ad abbracciare mia madre. «Sono felice di essere qui.» gli sussurra lei, e lui le scocca un sonoro bacio sulla guancia. Gli sussurra qualcosa all'orecchio «Oh sì caro, a tempo debito.» risponde lei. Mi acciglio per così tanta segretezza, ma mia madre mi sorride, e io faccio finta di nulla. È il suo giorno, lei è radiosa nel suo vestito di lino bianco smanicato e i suoi sandali. I capelli biondo rame sono raccolti in uno chignon disordinato, ma è bella da mozzare il fiato. Da lei non ho preso praticamente nulla, a parte gli occhi verdi. Sin da quand’ero uno scricciolo chiunque mi ripeteva che assomigliavo assurdamente a mio padre, e il mio naso all’insù, i capelli bruni e il sorriso ne erano la dimostrazione. Dopo la morte di papà, a volte sorprendevo la mamma a guardarmi assolta nei suoi pensieri, dopo averle chiesto il perché mi spiegò che ogni volta che posava lo sguardo su di me, era come se guardasse lui. Piansi una notte intera per quell’affermazione. Non passa giorno in cui io non senta la mancanza di mio padre, delle sue barzellette imbarazzanti, del suo modo di camminare da bradipo appena sveglio la mattina. Della sua irascibilità dovuta alla mancanza di caffè. Sono passati sette lunghi anni ormai, e la bambina di un tempo non c’è più, ma i miei ricordi con lui sono un pilastro fondamentale della mia esistenza. Non sarà mai più come prima, come quando c’era lui, e nessuno potrà mai prendere il suo posto nel mio cuore. È per questo che mamma ha aspettato quattro mesi prima di presentarmi Craig. Credeva che non l’avrei accettato. Non potrei mai essere così egoista da negarle di essere felice di nuovo, se lo merita, dopo tutti gli anni che ha passato da sola a pensare solo ed esclusivamente a me, ma ho chiarito fin da subito con lei che papà sarebbe sempre rimasto papà, anche se non c’era bisogno di specificarlo. Craig dal canto suo, non ha mai esagerato. Non ha mai preteso nulla da me, ha solo pazientemente aspettato che mi abituassi all’idea di vedere mia madre di nuovo innamorata, e così è stato. 

 

 

Sono nella mia "nuova stanza", e detesto il colore delle pareti. È un rosa antico, con alcuni particolari dipinti in argento, e una parte di me vorrebbe urlare e cavarsi via gli occhi con un cucchiaio. Se è qui che dovrò vivere, mi toccherà ridipingere, perché questo rosa mi fa venire il vomito. Esco dagli scatoloni le diverse foto nelle cornici, due con mio padre, una con mia madre e le restanti con i miei amici, mi conforta l'idea che siano solo ad un ora di macchina da qui. Mi mancherà Ventura, mi mancherà la mia casa, e sto esagerando perché dico che mi mancherà perfino la scuola. Come ultimo esco il quadro che ritrae me e mio padre quando ero piccola, e esco dalla busta il chiodo per poterlo appendere e il piccolo martello da viaggio. Dopo quindici minuti buoni, non sono ancora riuscita a mettere il quadro dritto. In un attacco d'ira, tolgo il quadro di getto, ma senza ricordarmi del chiodo. Parte dell'intonaco cade, lasciando un foro nel muro. 

«Oh cazzo!» urlo, rendendomi conto del buco, per poi portarmi una mano sulla bocca.

«Tutto okay Red?» urla madre dal corridoio. Bene, se adesso entra e vede il buco, mi ucciderà. Faccio un buco veloce poco sopra, e ficco il quadro, storto. Mamma spalanca la porta. 

«Che succede?» chiede guardandosi intorno. Poggio un piede sul pezzettino d'intonaco e mi massaggio la caviglia. «No niente, ho sbattuto.» farfuglio. Si dà un'ultima occhiata intorno, e richiude la porta. Mi butto con un salto sul letto e espiro, ci mancava poco...

 

 

L'ora di cena arriva prima del previsto, e ci ritroviamo io, mamma e Craig intorno ad un tavolo immenso. Una cameriera ci porge un piatto a tesa, con del pollo arrosto e delle patate al forno, e il mio stomaco brontola felice. Sto per infilzare il pollo con la forchetta, quando il campanello suona. Craig sorride e va ad aprire, mentre mia madre farfuglia un «Sono già arrivati?» 

Aspettate, aspettate un momento. Arrivati? Chi?

In meno di un nano secondo, l’enorme e asettica casa si riempie di urla. Craig rientra in sala da pranzo raggiante, e mia madre lo guarda sorridente. Cosa sta succedendo? 

È solo quando dal soggiorno fanno capolino tre teste bionde che mi rendo conto di cosa sta succedendo. I figli di Craig sono qui. I tre figli che avrebbero dovuto non esserci, sono qui. Dentro di me scatta un allarme rosso. Posso sopportare di vivere con Craig e la mamma, ma con loro… oh no. Santo dio, no. Mia madre mi aveva accennato alcune cose su di loro, i loro nomi ad esempio. Evan, Elias e Easton. Poco fissati con la E, comunque. Non sono del tutto pronta a conoscerli, a malapena mi sento a mio agio in camera mia. 

Il più piccolo dei tre, Evan prende posto poco più lontano da me, alla mia destra. Appena si accorge che lo sto guardando diventa rosso e mi fa un cenno con la mano, che ricambio. «Mi chiamo Evan.» dice in un sussurro. «Io sono Red.» gli sorrido. Il piccoletto non è un problema. 

Elias, che ha la mia stessa età, mi scocca un’occhiata che non riesco a decifrare, e si siede alla mia sinistra, ma non mi saluta, né si presenta. 

«Sei seduta al mio posto.» una voce roca gracchia dietro di me. Mi volto impercettibilmente a guardare da chi provenga e per un momento la mia vista si annebbia. Okay Red, sii onesta con te stessa, lui è il ragazzo più figo che tu abbia mai visto nella tua intera esistenza. I capelli mossi e biondissimi sono scompigliati,  portati più lunghi e gli coprono la fronte mentre alcuni ciuffi finiscono ribelli sugli occhi. Le labbra sono carnose e arricciate in una smorfia. E gli occhi… beh, quelli sono un problema. Sono di un colore indefinito, a guardarli meglio sono… grigi?! 

«Non penso sia un problema, Easton.» borbotta Craig dal suo posto al capotavola. 

«Per me è un problema.» sentenzia Easton, sfacciato. 

Okay questa non è casa mia, e io già mi sento a disagio dentro la mia stanza, figurarsi se sono seduta nel posto sbagliato. 

«Non c’è problema Craig, mi sposto.» annuisco, alzando e prendendo il mio piatto con annessa argenteria. 

«Già Craig, per lei non è un problema spostarsi.» mi fa il verso Easton, e io alzo gli occhi al cielo. Lancio un’occhiata accusatoria a mia madre, che mi fa un sorriso più falso del Made In China e istantaneamente abbassa lo sguardo. Lei lo sapeva! 

Poggio il piatto nel mio posto, ma sono troppo stizzita per mangiare. «Se non vi dispiace, vado in camera mia, non ho fame.» 

Mia madre rialza gli occhi, e noto la delusione con cui mi guarda. Sperava che stasera andasse bene, sperava che mi comportassi bene e che la prima cena da “famigliola felice” ci avrebbe uniti. Sei fuori strada, donna. Craig vorrebbe dire qualcosa, resta con la bocca spalancata come un pesce, senza però proferire parola. Mi allontano e sento la voce di Easton dire «Certo, sentiremo sicuramente la tua mancanza.» 

La battutina inutile fa ridacchiare Elias, bene, il mio unico alleato è Evan, e ha dodici anni. Fantastico. Sono spacciata.

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Capitolo 2
*** Capitolo due: Sei la fottutissima Red Hamilton ***


Capitolo due: Sei la fottutissima Red Hamilton 

 

Scappo via dalla cena imbarazzante risalendo in camera mia, e mi fiondo sul letto con un tonfo. Nelle mie orecchie riecheggia la battutina di Easton, e più ci penso, più mi verrebbe voglia di scendere di nuovo giù per prenderlo a schiaffi. Istintivamente compongo sul telefono il numero di Clay, il mio migliore amico, e mi accomodo fuori, sulla balconata. 

«Baby!» mi urla lui al telefono. Il mio cuore si riempie di un calore noto. Clay è il mio migliore amico dall’età di tre anni. Da quando all’asilo lui aveva spinto Rebecca Addams perché mi aveva rubato Barbie Magie delle Nevi e le aveva tagliato una ciocca di capelli. Da quel momento in poi, Clay mi ha protetta, sostenuta e aiutata. È stato presente anche e soprattutto dopo la morte di mio padre, ed è solo grazie a lui ed Alice se sono riuscita ad andare avanti. Alice, come Clay, è la mia migliore amica, con una differenza, ci siamo conosciute il primo giorno delle medie, e dopo quel giorno il nostro terzetto è rimasto imbattibile. Senza lei sarei rimasta il maschiaccio che ero sin dall’elementari. È riuscita a farmi capire come sistemare i capelli, o truccarmi (senza esagerare ovviamente). Alice e Clay sono le mie anime gemelle, senza la loro presenza qui mi sento persa.

«È  un casino qui Clay…» bofonchio portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«Cosa è successo?» è preoccupato, lo si sente dal timbro della voce, è più bassa, più roca. Quanto mi manca il suo essere iper protettivo in questo momento. 

«A cena mi sono seduta nel posto sbagliato al momento sbagliato, e ovviamente sul posto del più stronzo degli stronzi.» ammetto a bassa voce. 

«Sei seria? Mi stai chiamando per un posto a tavola? Cristo, Red.» bofonchia lui, innervosito. 

«Non hai capito, Clay! È un incubo! Un fottutissimo incubo del cazzo!»  incomincio ad urlare. «Red, non ti sembra di stare esagerando con le parolacce?» mi fa la predica lui.

«Si, lo so, devo ridurre le parolacce, ma per adesso, fanculo!» sbotto. «Baby, mi stai perforando un timpano.» la voce di Clay risuona nell’aria, dopo averlo messo in vivavoce. 

«Non mi interessa, dannazione. Mi sento uno schifo, questa stanza del cazzo è rosa, Clay! Rosa!» bofonchio, e mi scappa quasi da piangere per il nervoso, ma mi trattengo. 

«E vengo a sapere solo ora che ci saranno i suoi figli? Dio no, non esiste. Sei sicuro che tua madre non possa adottarmi?» chiedo piagnucolando. 

«Tesoro, devi darti una calmata. I muri si ridipingono, e per quanto riguarda i figli… puoi ignorarli.» conclude lui diplomatico. 

«Tu forse non ti rendi conto. Il più grande dei tre mi ha praticamente mangiato la faccia perché ero seduta sulla sua stupida sedia. L’altro nemmeno mi ha guardato! L’unico che si è presentato e mi ha sorriso è il piccoletto, e ha soli dodici anni. Non posso okay?» gesticolo come una stupida, da sola, come se lui potesse guardarmi in questo momento. 

«Clay… mi sento già a disagio da sola in camera mia, non riuscirei a sopravvivere qui alle cene, o che ne so, la sera sul divano a guardare la Tv… È tutto un macello.» abbasso la testa, scuotendola. 

«Non ti sembra di stare esagerando un po’?» chiede Clay dall’altro capo della cornetta. «Come farò a fare colazione senza farmi andare il mio amatissimo caffè di traverso? Oh dio. È un incubo.» Lui ridacchia. 

«Red, datti una calmata. Dove diamine è finita la mia cazzutissima e sarcasticissima migliore amica? Ti facevo meno pappamolle.» mi sfotte lui, e io faccio cadere le braccia in un modo fin troppo teatrale. «Andiamo, tu sei Red! Sei la stessa Red che ha messo KO Therry Jamer con un pugno!» Sorrido al pensiero, me lo ricordo ancora come quell’idiota mugolava con una mano sul naso. 

«E sei la stessa Red che ha umiliato metà delle ragazze pompon.» continua lui, spronandomi. «Sei la fottutissima Red Hamilton. Ricordatelo, prima di farti mettere i piedi in testa da tre figli di papà con la puzza sotto il naso.» 

«Hai ragione…» dico tirando su col naso «Che si fotta lui e il suo posto a tavola. E che si fotta anche l’altro, com’è che ho detto che si chiama?» chiedo annoiata. «Elias.» 

«Si, esatto, lui. Si fotta lui e quell’aria saccente. Confermo la mia idea, l’unico che mi sta simpatico è il piccoletto.» Clay ridacchia all’affermazione. 

Sento un rumore sordo provenire  dalla ringhiera, e mi volto di scatto, sorprendendo Easton a guardarmi. 

«Devo andare, ci sentiamo domani Clay.» biascico, poi chiudo la telefonata e mi alzo per rientrare in camera mia. 

«Ti piace la tua nuova camera, principessa?» mi fa un sorriso sornione e poggia i gomiti sul balcone, gongolando. Io alzo gli occhi al cielo, ma è proprio insopportabile. 

«Non chiamarmi così. E no, preferirei sotterrarmi piuttosto che vivere qui.» porto le braccia al petto, sbuffando. «Allora perché non te ne vai?» chiede divertito. 

«Oh non ti preoccupare. Appena finita la scuola volerò via da qui. Fosse l’ultima cosa che faccio. Dio me ne scampi, vivere con voi!» rido, ma sentendomi non è una risata allegra, è più macabra, fa quasi paura. «Ti rendi conto di quello che stai dicendo?» mi chiede sarcastico, quasi a volermi far capire che sta esagerando, e proprio davanti a lui. 

«Senti, coso. Ne ho già avuto abbastanza. È una giornata del cazzo, sono arrabbiata, ma che dico, sono furiosa! E non ho altro tempo da sprecare con te.» entro nella mia camera, chiudo la portafinestra e tiro tutte le tende, così che da fuori non si possa vedere nulla.

Mi appoggio alla finestra e sento Elias che esce fuori, raggiungendo Easton. 

«Novità?» chiede annoiato.

«Non immagini neanche.» 

«Cioè?» chiede curioso.

«Ha un bel caratterino la ragazza. Era qui fino a due minuti fa, mi ha praticamente mandato a fanculo.» alzo gli occhi al cielo, e sento Elias che scoppia a ridere.

«Sul serio? Sembrava tanto una timorata di Dio.» continua a ridere. Io? Tirmorata di Dio? «Beh, non lo è. Cristo, sarà un po’ più difficile del solito.» 

Faccio scattare la serratura della portafinestra ed esco fuori, in pantaloncini minuscoli e una maglia con su scritto “Give me some coffee”. «Lo sapete vero che vi sento?» chiedo sarcastica, alzando un sopracciglio. Easton al posto di restare sorpreso, mi fissa. Fa scorrere il suo sguardo su e giù, soffermandosi sulle mie gambe nude. 

«E tu smettila di fissarmi, pervertito.» lo sgrido, e Elias scoppia a ridere. «Ma è seria?» chiede continuando a ridere, facendomi aggrottare la fronte. 

«No ma complimenti, messi assieme non arrivate nemmeno alla conta minima di neuroni. Che decerebrati.» sputo acida, e Elias si acciglia. «Cosa ha detto la troietta?» chiede. Oh no, questa non doveva dirla. 

Mi avvicino e lo guardo fisso negli occhi. Elias è molto più alto di me. «Scusa puoi ripetere?» 

«Cosa? Il fatto che sei una troia?» ridacchia. Con un gesto fulmineo gli afferro le palle, e Elias emette un mugolio più simile ad un pianto soffocato. 

«Ascoltami bene. Posso sopportare le vostre frasi del cazzo, il vostro sentirvi Dio sceso in terra, perfino quelle facce da idioti patentati. Ma ho un limite, e tu l’hai superato. Chiedimi scusa.» lo fisso dritto negli occhi. 

«No.» sussurra Elias, e aumento la presa. Si accascia in ginocchio, ma non mollo. «Come? Credo di aver sentito male.» Elias si schiarisce la gola «Mi dispiace.» La sua voce è più alta del normale. Lo lascio andare, e lui si accascia definitivamente per terra, tenendosi le gambe con le braccia.

«Sei una sadica del cazzo!» bofonchia rosso in volto. 

«Non immagini neanche quanto.» Detto ciò, mi volto e torno in camera mia, ma prima scocco un’ultima occhiataccia ad Easton. Prima di chiudere la porta sento Elias bofonchiare.

«Bro, credo di avere una palla in gola.» si lamenta, e scoppio a ridere. 

«Va’ in camera tua, idiota. A lei penseremo domani.» risponde cauto Easton, e dei piccoli brividi si formano sulle mie braccia. Oh andiamo Red, non avrai mica paura ora!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Torna a casa ***


Capitolo tre: Torna a casa 

 

Questa è la seconda settimana di convivenza, e le cose non sarebbero potute andare peggio. Dopo la litigata di quella sera, Elias ha deciso di farmela pagare chiudendomi a chiave in bagno. Sono rimasta un ora e mezza seduta per terra a rimuginare su come ammazzarlo. Qualche giorno dopo al posto del mio shampoo, mi sono lavata i capelli con farina latte e miele… Ci ho messo più di un ora per rilavarmeli e togliere tutto quel miele dai capelli. Poi qualcuno ha ben pensato di mettere dell’olio sugli ultimi gradini delle scale, e ora ho un livido enorme sulla chiappa destra. E non contenti, stamattina, mentre ero distratta hanno messo il sale nel mio caffè. Hanno rovinato il mio momento sacro. Luridi teppisti, ma non lo sanno che il caffè è una delle sette meraviglie del mondo? Che ignoranti. Okay, forse non è proprio una delle sette meraviglie del mondo in generale, ma del mio mondo assolutamente sì. 

 

Sono beatamente sdraiata fuori in piscina a leggere un libro, quando accade tutto fin troppo in fretta. In cinque secondi mi ritrovo bagnata dalla testa ai piedi, e con me, anche il libro, dal quale cola una quantità spropositata d’acqua. 

Easton è proprio di fronte a me, nella piscina, e si è tuffato con così tanta forza da avermi praticamente fatto la doccia.

«Sei un idiota, cristo santo!» urlo mentre mi strizzo la maglietta, lui dal canto suo scoppia a ridere. «E il mio libro… è rovinato…» balbetto. 

Questo è un duro affronto. Tengo ai miei libri come se fossero dei figli, ci tengo così tanto che non ho mai avuto il coraggio di prestarne uno a qualcun altro. E se poi me lo avessero riportato sporco? O sgualcito? O strappato? O se peggio ancora… non me lo avessero mai più riportato?! No no, non ci posso pensare. Ma nel frattempo, mi salgono le lacrime agli occhi per la rabbia, il libro in questione è uno dei miei libri preferiti di sempre. 

«Sai quanto ho pagato questo libro?» chiedo stizzita guardando in cagnesco Easton, che mi sta sorridendo… però… quanto è bello, bagnato, in piscina… NO, okay. No Red, non perdere la concentrazione. Lui scuote la testa. 

«Venticinque dollari, cazzo!» urlo e lui strabuzza gli occhi. «Oh mi dispiace Red, non lo sapevo.» sembra quasi dispiaciuto, ma io non ci casco. «“Oh mi dispiace Red”» gli faccio il verso, e lui alza gli occhi al cielo, mettendo le braccia conserte. «Vedi che sono serio, stupida. Te li ridarò, così potrai comprartene uno nuovo.» la sua voce è lineare, seria… Quindi fa davvero sul serio? Oh al diavolo, non voglio la sua pietà, e nemmeno i suoi soldi del cavolo.

«Non mi serve la carità, grazie comunque.» termino, e mi volto camminando dritta verso la mia stanza. Easton continua a chiamarmi da lontano, ma non ho voglia di sentirlo. 

Il resto della giornata passa tranquillamente, non metto più piede fuori dalla mia stanza, nemmeno per cenare, dato che mamma e Craig sono fuori, e mi toccherebbe cenare con il Diavolo, l’Aiutante Malvagio e il Povero Incosciente. 

Sono le undici, e io sono sul mio letto a guardare qualche episodio di Pretty Little Liars sul mio MacBook, quando sento dei rumori provenire dalla balconata, e qualcuno che bussa alla mia porta finestra. Mi preparo psicologicamente all’idea che possa essere un’imboscata.

Mi alzo lentamente e con molta pigrizia, so che in questo momento il mio spirito guida è un bradipo. Spalanco la porta finestra ed Easton fa capolino, e si siede sul mio letto. «No ma accomodati pure.» sbuffo sedendomi lontano da lui e portando le coperte sopra le ginocchia. 

«Calma calma, sono venuto con un’offerta di pace.» sorride sornione, e mi passa un pacchetto. È incartato con cura, e un c’è un piccolo bigliettino attaccato su un nastro rosso. Apro il bigliettino e leggo un “Mi dispiace” con una grafia un po’ incerta. Apro lentamente la confezione regalo, e di fronte a me c’è il libro nuovo di zecca. 

«Come… perché?» chiedo stordita. 

«Da quando sei qui, non fai altro che leggere e bere caffè. Non volevo rovinare uno dei tuoi libri, so che ci tieni parecchio. Insomma, è come se mi rovinassero la divisa di Football o la moto. Sarebbe orrendo.» commenta, facendomi sorridere lievemente. E ovviamente il più classico dei cliché. Gioca a Football e ha anche una moto. 

«Sei stato gentile, grazie.» mormoro, tenendo il libro stretto tra le mani. «Sono felice che tu l’abbia accettato.» mi sorride a sua volta, e fa per uscire dalla portafinestra, però si gira. «Mi chiedevo se domani avessi bisogno di un passaggio.» si porta una mano dietro la nuca, quasi imbarazzato e la maglia si alza lievemente, scoprendo uno strato di pelle ambrata e liscia. I miei occhi inizialmente si fissano su quel punto, poi come se mi risvegliassi da una trance li punto sulla sua faccia. 

«Per dove?»

«Per andare a scuola, no?» ridacchia. 

Oh cazzo… domani è il primo giorno di scuola. «Oh, beh… quanto è lontana da qui?» domando titubante. «Quindici chilometri.» sentenzia lui «Non fare l’orgogliosa, domani alle sette e trenta devi essere pronta, oppure me ne andrò senza dite. Notte.» dice, per poi uscire dalla porta finestra.

Domani è il primo giorno di scuola, e io non ho neanche un amico. Fantastico. 

 

Alle sei e mezzo la sveglia suona rompendo il fantastico silenzio. Sbuffo, scalciando via le coperte. Ho dormito poco e niente, ero troppo agitata e nervosa per il primo giorno di scuola, e lo sono tuttora. Mi fiondo in bagno per lavarmi, e mentre mi asciugo i capelli, nella mia testa si fanno strada le solite paranoie. Riuscirò a farmi qualche amico? Sarà decente? Verrò odiata da tutti? Dovrò scappare in Messico e abituarmi a mangiare piccante? Chi lo sa. 

Appena finisco in bagno corro in camera, e mi vesto il più decentemente possibile. Pantaloncini di jeans comodi a vita alta, crop top bianco semplice, una camicia a quadri bianca e nera e le mie solite e adorate converse a completare il tutto. Mi spazzolo i lunghi capelli scuri un’ultima volta e metto giusto un po’ di mascara, non voglio esagerare. Corro giù in cucina e mia madre e Craig sono seduti intorno al tavolo, si tengono per mano mentre bevono il loro caffè e si guardano con aria sognate. 

«’Giorno.» biascico avvicinandomi alla macchinetta del caffè. 

«Ben alzata, pronta per il primo giorno di scuola?» mia madre mi sorride e Craig mi fa un cenno con la testa. Annuisco velocemente, prendendo una tazza. 

«Come ci arrivi a scuola?» chiede Craig. «Oh… Easton mi ha offerto un passaggio.» balbetto. E lo sguardo di mia madre si illumina. «Ma è fantastico!» ulula. «Non è fantastico, tesoro?» chiede poi a Craig. Lui annuisce un po’ titubante, per poi riportare la sua attenzione all’iPad che ha difronte. Sono le sette in punto. 

Sorseggio lentamente il mio caffè, e mi rilasso istantaneamente. È il buongiorno più bello del mondo, io, il mio amato caffè e la nostra intensa e fantastica storia d’amore. 

Elias entra in cucina e mi scansa, prendendo del latte dal frigo per poi versarlo in una ciotola, e buttandoci dentro una quantità sproporzionata di cereali. Sono intenta a guardarlo mentre mangia come un maiale, quando un profumo strabiliante mi inebria le narici. È muschio, ma con un accenno di cocco. Mi volto e Easton è davanti alla macchinetta del caffè, pronto a berne una tazza. 

«Buongiorno.» mi sorride lievemente, ma so che non vuole farsi vedere da Elias. «’Giorno.» 

Lui si volta a guardarmi, e i suoi occhi si illuminano, poi distoglie un attimo lo sguardo. «Sei in orario.» bofonchia diventando leggermente rosso. «Avevi dubbi?» 

«Molti.» gongola, per poi portare la tazza di caffè alle labbra. È più bello del solito, devo ammetterlo. I capelli sono ancora umidi per la doccia, e sono scompigliati al punto giusto. Indossa una t-shirt oversize nera semplice, e dei jeans slavati aderenti, le Vans semplici completano il tutto. 

«Io vado.» sentenzia dopo aver finito la tazza di caffè, e mi guarda indicando la porta. Okay, non ha detto ad Elias che mi accompagnava. Salgo velocemente in camera mia e afferro lo zaino, scendo giù come un fulmine e saluto mia madre con un “Ci vediamo dopo” urlato prima che chiudessi la porta. Sento provenire dal garage il rombo di un motore, e collego il tutto. Easton, la moto. Lui che mi da un passaggio. Sulla sua dannata moto. Povera me. 

Esce fuori dal garage e la moto lo rende ancora più figo se possibile. È nera, con delle cromature. È una di quelle moto sportive, con il sellino del passeggero più alto rispetto al posto del conducente, e sembra una di quelle moto che potrebbe andare da zero a cento chilometri orari in pochi secondi. 

«Bella moto.» farfuglio avvicinandomi a lui. Lui annuisce e la accarezza. «È la mia bimba. È una Kawasaki Ninja 250Rw.» sorride fiero e io alzo gli occhi al cielo. 

«Si okay, ma promettimi che non andrai veloce.» ammetto un po’ impaurita, lui annuisce indicandomi il sellino del passeggero per poi passarmi un casco nero in mano. «Tu tieniti però.» 

Salgo a fatica sul sellino dopo essere quasi caduta per due volte di fila, e cerco qualcosa a cui appoggiarmi, qualcosa che ovviamente non sia il corpo di Easton. Quando lui se ne accorge, borbotta qualcosa, mi afferra prima la mano destra e poi quella sinistra, e se le poggia sull’addome. «Devi tenerti stretta qui, okay?» urla dal casco. Annuisco e lui parte.

Per tutto il tragitto ho quasi pregato in cinese che non ci ammazzassimo. Altro che piano, sui rettilinei ha quasi superato i centoventi chilometri orari, facendomi venire un infarto ogni due minuti. Più volte ho perso l’equilibrio e sono stata costretta ad avvinghiarmi a lui quasi come un koala. Non mento, alcune volte la mia mente ha fantasticato e parecchio, e sono stata costretta a darmi più volte degli schiaffi mentali.

Arriviamo in quello che sembra essere il parcheggio della scuola e lui spegne la moto, scendo velocemente e noto che ci sono pochissime persone riversate all’entrata. 

«Siamo in anticipo?» 

«Di almeno venti minuti.» dice riponendo i caschi sotto il sellino. Chiude la moto e accende l’antifurto, poi prende a camminare verso l’entrata. Istintivamente lo seguo.

«Grazie del passaggio.» gli sorrido mettendomi accanto a lui, ma la sua reazione è strana. Mi afferra per un braccio nascondendosi dalle persone. «Fai finta di non conoscermi. All’una fatti trovare all’angolo della strada, ti riaccompagno a casa.» borbotta, poi fugge via. 

E tutto nella mia mente si collega. Ecco perché andava così veloce, perché siamo venti minuti in anticipo e perché ha parcheggiato così distante dall’entrata… Non voleva farsi vedere con me. Nel mio cuore si attanaglia il senso di inadeguatezza, misto a rabbia e delusione. Che stupida che sono stata. 

 

La giornata sta procedendo bene, nessuno sembra curarsi di me, e mi va bene così. Non ho alcuna voglia di fare amicizia o cose così. Voglio solo che la giornata finisca in fretta, così da poter tornare a casa il più velocemente possibile. 

Entro velocemente in classe, è la quarta ora, e ho matematica. Bene ma non benissimo insomma. In matematica sono sempre stata una schiappa.  Mi siedo ad una delle ultime file e prendo il telefono in mano. Un gruppetto entra facendo un sacco di rumore, e io alzo istintivamente gli occhi. Easton sta ridendo ad una battuta fatta da un ragazzo accanto a lui. Abbasso lo sguardo e capto parte della conversazione. 

«E quindi te la sei fatta?» chiede un ragazzo. Easton ridacchia. «Che domande, ovvio che si.» Alzo gli occhi al cielo. 

«Oh-ohh.» gli altri esultano. «Lo Spezzacuori colpisce ancora!» esulta un altro. Lo Spezzacuori? Il soprannome di Easton sarebbe “Lo Spezzacuori”? Che idiozia. 

Sento qualcuno sedersi al posto accanto al mio e quando mi volto, una ragazza dai lunghi capelli corvini mi sorride. 

«È occupato qui?» 

«Oh… no.» balbetto. Lei annuisce e posa lo zaino sul banco. 

«Io sono Amber.» dice allungando la mano. La afferro e le sorrido. «Red.» 

Il professore fa capolino in classe e la lezione incomincia, mentre scrive alla lavagna Easton si volta verso la fine della classe, punta gli occhi dritti nei miei e quando mi riconosce sgrana gli occhi. Si volta velocemente e io abbasso lo sguardo. 

 

All’una meno un quarto la campanella suona e io e Amber ci avviciniamo all’uscita. «Allora…» incomincia Amber «Sì?»

«Mi stavo chiedendo se ti andasse di fare qualcosa stasera…» è timidissima, e mi ricorda tanto me qualche anno fa. «Certo, assolutamente.» le sorrido. Infondo Amber è stata l’unica che si sia presentata con me oggi, che ha avuto il coraggio di venire da me e fare amicizia, ed è davvero dolce. Dopo avermi lasciato il suo numero si fionda verso la sua macchina e mi urla un “Chiamami dopo” per poi scappare letteralmente via. 

Io incomincio piano a camminare verso casa, non ho intenzione di salire sulla moto di quel decerebrato. Con in mano il telefono con Google Maps e nelle orecchie la mia Playlist sparata a tutto volume, cammino cercando di orientarmi, anche se francamente non sono un asso in questo. Dopo tre chilometri buoni, sento un rombo dietro di me. E tolgo una delle cuffie, abbassando il volume.

«Cristo Red!» la voce di Easton mi stordisce un attimo. Ha accostato la moto e mi sta dietro. «Vuoi fermarti!» urla nuovamente e mi volto a guardarlo. 

«Cosa c’è?» 

«Cosa c’è? Dovevi aspettarmi più di mezz’ora fa all’angolo della strada! Ti ho aspettata per non so quanto, e poi mi sono reso conto che tu eri già andata via!» è infuriato, ma non mi interessa. Mi ha trattata come se fossi spazzatura, mi ha fatto del male senza nemmeno accorgersene o sentirsi minimamente in colpa. 

«Perché stai urlando?» la mia voce è molto più bassa rispetto alla sua, e ho un groppo in gola. 

«Perché ti sarebbe potuto succedere di tutto! Cristo, sei un incosciente.» tira un calcio ad una lattina e si porta una mano tra i capelli. «Ora sali Red, torniamo a casa.» mi ordina, e gli scocco un’occhiata infuocata. «Io vado a piedi.» 

«Non esiste. Sali.» indica la moto. E alzo gli occhi al cielo. «No.» 

Tira un pugno sul sellino facendomi balzare qualche centimetro più indietro. «Ho detto, sali su questa cazzo di moto. Ora.» urla, e mi tremano le mani.

«Non salirò su quella moto, quindi fa un favore sia a me che a te, va a casa.» 

«È perché vado veloce? Al diavolo Red, andrò piano okay? Starò nei limiti di velocità.» borbotta annoiato. 

«No Easton, non è per la velocità. Non è per la moto. È per te. Non voglio essere in nessun posto dove sei tu, nemmeno nella stessa stanza. Figurarsi sulla stessa moto!» urlo, e lui per la prima volta mi guarda negli occhi. So che in questo momento sono rossi, e che sono anche fin troppo lucidi. So che ho le mani che mi tremano, e che mi sto mordendo le labbra compulsivamente. Ma sono arrabbiata, delusa… Triste. 

«Cosa?» chiede avvicinandosi a me, e istintivamente mi allontano di qualche passo. 

«Faccio ciò che hai chiesto, da oggi farò finta di non conoscerti, e sarà meglio così per tutti.» 

«Oh andiamo Red.» borbotta lui «È che…» si blocca. Non sa nemmeno quale scusa inventarsi. 

«Va a casa Easton.» dico mentre mi incammino e una lacrima scende sul mio viso. 

Non se lo fa ripetere un ultima volta, sento il rombo del motore prima dietro di me, e poi lo vedo sfrecciarmi davanti. Ho ancora le mani che tremano, e le lacrime non la vogliono proprio smettere di scendere. Ora come ora vorrei solo prendere un pullman e tornarmene a Ventura, tra le braccia di Clay e Alice. Dio quanto lo vorrei.

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro: La notte è ancora giovane ***


Capitolo quattro: La notte è ancora giovane

 

Ci ho messo più di due ore per tornare a casa, alla fine le gambe hanno quasi ceduto, ma non appena ho visto in lontananza la casa, ho quasi corso. Inutile dire che mia madre mi ha praticamente urlato in faccia non appena ho messo piede in casa. Mi ha dato dell’irresponsabile, dato che avevo anche messo il telefono in modalità aereo per risparmiare la batteria. Craig invece non ha fatto una piega, anzi, mi ha perfino sorriso scuotendo la testa mentre mamma mi faceva il suo solito rimprovero. Per adesso Craig ha guadagnato un punto in più. 

Sono in camera mia e sto studiando, sono le sette passate. È assurdo che il primo giorno ci abbiano già assegnato dei compiti ma mi tocca farli. Ma ora ho voglia di fare qualsiasi cosa tranne che studiare, così decido di mandare un messaggio ad Amber. 

Sono Red. Che avevi in mente per stasera?” premo invio e nel frattempo continuo a leggere il capitolo di storia. 

C’è una festa a casa di Brooke Davis. È il co-capitano della squadra di football. Vuoi andarci?” Ci penso un po’. A Ventura ero solita andare alle feste, non che fossi la persona più amichevole del mondo, ma con Clay ed Alice sarei andata anche in capo al mondo. Mi bastava la loro presenza. Ovviamente ho sempre cercato di bere il meno possibile, è risaputo che io non sappia reggere l’alcol, sono davvero una frana quando bevo troppo. Le volte in cui ho esagerato Clay ed Alice mi hanno addirittura filmata, inutile dire che ho fatto cose di cui non vado fiera a ripensarci ora. Se qui ci fossero loro due, soprattutto Alice, mi direbbe di vestirmi da strafiga e di divertirmi un po’. 

Mi passi a prendere tu?” digito velocemente e la riposta non tarda ad arrivare.

Tra due ore sono da te. Mandami l’indirzzo.” 

 

Sono quasi le nove, e io mi guardo un’ultima volta allo specchio. Dopo varie paturnie mentali, e fin troppi vestiti gettati per terra, ho deciso di mettere un vestito semplice, nero con degli inserti in pizzo e una scollatura sulla schiena, per stare comoda ho optato per un paio di converse nere e ho lasciato i capelli sciolti, arricciandoli quanto basta per far si che diventassero mossi ma non troppo ricci. Il trucco è semplicissimo, un filo di eye-liner, che ho dovuto rifare tre volte per far sì che fosse uguale su entrambi gli occhi e un po’ di mascara. Non sono un asso per quanto riguarda il trucco, prima ci pensava Alice a truccarmi… Dio quanto mi manca. Il telefono suona e corro a prenderlo, è un messaggio di Amber.

Sono qui.”  

Scendo le scale velocemente ma la voce di mia madre mi blocca.

«Dove stai andando?» chiede schiarendosi la gola. Craig è al suo fianco, come sempre.

«Oh, ad una festa con Amber.» farfuglio tenendo il telefono stretto in mano. 

«Stai andando ad una festa? E chi è Amber?» 

«È l’unica amica che ho per adesso, e la festa non è lontana da qui, è a casa di un certo Brooke non so cosa. Non farò tardi.» Dio ti prego, fa che mia madre svenga così che io possa uscire senza troppi intoppi. 

«Non esiste, domani c’è scuola signorina!» borbotta. Ma da quando le interessa se vado ad una festa? A Ventura non dovevo nemmeno avvisarla di dove andavo, e ora mi nega di uscire? 

«Amore, lasciala andare. Ci sono anche Easton e Elias a quella festa, sono sicuro che la terranno d’occhio.» interviene Craig, e io vorrei stampargli un bacio sulla fronte. Un punto in più per lui. Lei lo guarda stizzita ma poi si rilassa e gli sorride. 

«D’accordo, ma non fare tardi e torna con Easton o Elias. Intesi?» Alzo gli occhi al cielo e le sorrido «Certo, ovvio.» mento, per poi catapultarmi fuori da casa. 

Entro in macchina di Amber come una furia e chiudo un po’ troppo forte lo sportello. «Ciao anche a te.» mi sorride e io faccio altrettanto. 

«Devo chiedertelo, perché abiti dai Parker?» ha lo sguardo accigliato. Fantastico. 

«Mia madre e Craig stanno assieme da più o meno sei mesi, e due settimane fa ci siamo trasferite qui perché loro potessero convivere. È una situazione del cazzo.» borbotto mettendomi comoda sul sedile e aprendo il finestrino. «Tre quarti delle ragazze a scuola ammazzerebbero per vivere dai Parker, lo sai vero?» 

«Tu sei una di queste?» chiedo titubante, ma lei come risposta scoppia a ridere. 

«Ma sei seria? Ti sembro quel tipo di ragazza?» mi scocca un’occhiataccia e ingrana la marcia. 

«Dovevo esserne sicura.» 

 

La casa di Brooke Davis è enorme. Non grande quanto quella di Craig, ma comunque spropositatamente enorme. Il cancello in ferro battuto è aperto e Amber ci si fionda dentro per poi parcheggiare dietro ad una BMW nuova di zecca. La musica è così alta che anche nel parcheggio non riesco a sentire Amber che mi parla.

«Cosa?!» le urlo e lei ridacchia, mi prende per mano e mi conduce verso l’entrata. Dentro la casa è ancora più bella se possibile. È moderna ma non troppo, e abbastanza spaziosa da ospitare almeno cinque famiglie. Le scale sono in marmo scuro e le ringhiere sono in ferro battuto. Mi guardo intorno, e la casa è strapiena di gente. Quasi non si respira. Amber mi tira verso quello che sembra essere un piano bar e ordina da bere per entrambe. Mi poggia il bicchiere in mano. 

«Cin-cin.» dice facendo sbattere il suo bicchiere al mio, le sorrido e prendo un sorso dell’intruglio. Non so cosa ci sia dentro ma è buono. Mi fa cenno di seguirla e mi porta sul giardino esterno, dove ovviamente c’è un’ampia piscina e il dj. La gente è riversata intorno alla piscina e noto anche una jacuzzi che ovviamente è strapiena di gente. No, direi che io passo. 

Il Dj sta suonando da Dio, molto meglio di tutti i Dj di Ventura, e io mi muovo a ritmo di musica, accanto ad Amber. La canzone mi travolge e incomincio a ballare con più entusiasmo, ridendo delle mosse di Amber. Qualcuno mi afferra per i fianchi e mi fa voltare. Per un attimo tutto si blocca intorno a noi e guardo il ragazzo dritto negli occhi. Sono verdissimi e chiari, ma penetranti. I capelli scuri incorniciano il volto in maniera pazzesca e il naso all’insù completa il tutto. È bello da togliere il fiato. 

«Mi sembrava di averti già vista stamattina a scuola.» mi urla nell’orecchio per sovrastare la musica, e io impettita annuisco. Mi sento un’idiota patentata in questo momento, ma non posso fare altro che guardarlo, è di una bellezza devastante. «Sei nuova?» mi urla di nuovo. «Già.» urlo di rimando e lui ride, e Dio mio, il suo sorriso. «Ti va di andare un po’ più in la? C’è troppa confusione qui.» indica un posto più tranquillo e io mi volto verso Amber che ha gli occhi sgranati e mi sorride. Mi avvicino a lei.

«Mi ha chiesto di andare lì con lui.» indico un posto e lei ridacchia «Vai!» urla spingendomi verso il ragazzo e io ridacchio. L’alcol sta facendo effetto ma non mi interessa. Il ragazzo mi afferra la mano e mi fa strada tra la gente. Ci accomodiamo su delle poltrone comodissime e io sospiro rilassata. «Non ci siamo ancora presentati.» mi sorride lui e il mio cuore impazzisce. 

«Sono Red.» gli allungo la mano. Lui al posto di afferrarla se la porta vicino alle labbra e la sfiora. «Brooke.» 

«Brooke… Davis?» continuo io e lui annuisce. «Oh… è casa tua questa…» No davvero Red, molto intelligente da parte tua. Certo che è casa sua!

«Ti piace?» 

«È bellissima.»

«Come te.» divento istintivamente rossa e lui mi sorride di nuovo. «Ho detto qualcosa di sbagliato?»

«Oh no… è che ahm, non sono abituata a ricevere dei complimenti.» farfuglio. Andiamo Red! Puoi fare meglio di così. 

«Dovresti, perché te li meriti tutti.» continua stringendomi la mano e portandomi più vicino a lui. Ci guardiamo negli occhi e lui mi scosta una ciocca di capelli, la mia pelle formicola sotto il suo tatto. 

«Ehi Brooke.» sento una voce interromperci, e purtroppo so anche a chi appartiene. Mi volto a guardarlo. Easton. 

È difronte a noi e ha un’espressione impassibile. «Ti ho presentato la mia quasi sorellastra?» mi indica, e io mi immobilizzo sul posto. Brooke mi guarda e poi guarda lui, poggiandomi un braccio sulle spalle. 

«Si è presentata da sola, fortunatamente.» lo prende in giro e lui alza gli occhi al cielo. 

«Red, lui è il mio migliore amico, Brooke Davis.» enfatizza le parole “migliore amico” e porta le braccia conserte.

«Lo so chi è.» lo rimbecco e Brooke accanto a me ride. 

«Bene, ora se non ti dispiace, dovrei parlare con Red. Red puoi venire un attimo?» mi chiede, anzi più che altro me lo ordina. Alzo gli occhi al cielo, istintivamente do un bacio sulla guancia di Brooke che mi guarda prima sorpreso, poi raggiante e gli sussurro un “Torno subito”. Lui mi scocca uno dei suoi sorrisi irresistibili «Ci conto ah.» mi dice, lasciandomi la mano. 

Easton mi tira per la mano in un posto molto più isolato e mi scocca un’occhiataccia. 

«Cosa ci fai qui?»

«Perché dovrebbe interessarti?» porto le braccia conserte e alzo un sopracciglio. Lui alza gli occhi al cielo e mi guarda in cagnesco. 

«Non credevo fossi il tipo di ragazza che va alle feste… con quel vestito poi!» 

«Ti sbagliavi, e cos’ha il mio vestito che non va?» borbotto lisciando le pieghe che si sono create. 

«Non ti sembra un po’ troppo corto?» chiede guardandomi meglio. E io strabuzzo gli occhi. Gli tiro uno schiaffo sul braccio e lui mi guarda stranito. «Smettila di fissarmi. Hai finito con l’interrogatorio?» chiedo annoiata. Lui alza un sopracciglio, ed è sexy da morire. Lo ammetto, per un attimo questa visione di lui scaccia via quella di Brooke, ma torno in me e sbuffo. 

«Fra un ora ce ne andiamo, ti ho avvisata. E se non sei in cortile ti vengo a prendere ovunque tu sia.» mi ordina. 

«Non puoi comandare la mia vita.» 

«Si che posso.» mi rimbecca e vorrei prenderlo a schiaffi. 

«Ora torno da Brooke se non ti dispiace.»  lui annuisce annoiato «Ah e dov’è finita la storia del “Fa finta di non conoscermi”? Ora mi presenti come la tua “quasi sorellastra”?» 

Lui mi fissa dritta negli occhi e le mani mi tremano leggermente, come diavolo ci riesce a farmi questo effetto anche quando sono arrabbiata con lui. 

«Dovevo specificare.» conclude e poi sparisce nella folla. 

 

Torno da Brooke e passiamo la restante ora a parlare di noi, soprattuto di me. È molto interessato al mio passato e mi sorride ogni due secondi, il che non mi rende semplice restare tranquilla. Alla fine mi trascina in pista e balliamo per quella che sembra essere un’eternità, e il mio cuore scoppia di felicità. Così tanto che non mi rendo conto dell’orario. Quando una mano mi si ferma sulla scollatura della schiena sobbalzo e mi volto. Easton mi guarda in cagnesco. 

«Quale parte di “Ci vediamo tra un ora” non capisci?» 

Brooke ridacchia e gli da una pacca sulla spalla. «Scusa bro, è stata colpa mia. L’ho intrattenuta troppo.» Mi fa sorridere e mi scocca un bacio sulla guancia. «Ci vediamo domani a scuola.» mi fa l’occhiolino. Oh mio Dio, ma questo ragazzo è vero? 

Easton tiene la mano sul mio polso e mi trascina tra la folla come se fossi una bambina di cinque anni che si è persa. Intravedo Amber e le faccio segno che sto andando, lei annuisce mandandomi un bacio volante e io le sorrido. 

Quasi tutte le ragazze presenti alla festa mi stanno squadrando con gli occhi, alcune incuriosite dalla situazione, altre completamente adirate. Cos’hanno che non va? Usciamo in cortile e tutti salutano Easton, e guardano me, chiedendosi chi sia. 

Va verso la moto e io mi blocco all’istante.

«Non ci salgo lì sopra.» gli ricordo e lui sbuffa. 

«Cristo quando la smetterai di comportarti come una bambina capricciosa?» 

«Quando tu la smetterai di comportarti da stronzo egocentrico.» rincaro la dose, se lo merita. Lui si avvicina a me con grandi falcate e io mi faccio piccola piccola. Quello che succede dopo è totalmente inaspettato. Mi prende di peso per le gambe caricandomi sulla sua spalla. Urlo per lo spavento e gli tiro dei pugni sulla schiena. 

«Mettimi giù Easton. Ora.» lo intimo e lui al posto di mettermi giù, scoppia a ridere. «Sono seria.» 

«Non me ne frega un cazzo, il tuo culo sarà su quella moto in cinque secondi, e non puoi opporti.» mi minaccia e io alzo gli occhi al cielo. Sento la testa fin troppo pesante e so che sono tutta rossa. Quanto non lo sopporto. Con una mano apre il sellino, poggia i caschi per terra e ci ficca dentro il portafogli, il suo telefono e il mio. 

Mi mette giù esattamente sul sedile, raccoglie il casco da terra e me lo ficca in testa. 

«Posso sempre fuggire.» gli ricordo. 

«E io ho una moto. Vogliamo scoprire chi vince?» alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Si infila il casco e sale sulla moto e la accende. 

«Red, tieniti.» mi ordina, ma non lo ascolto. Fa uno scatto in avanti e quasi perdo l’equilibrio, ma lui mi afferra la mano, evitando che io cada. «Hai capito il concetto di “tieniti” o vuoi che te lo spieghi con un disegnino?» mi prende in giro. 

Porto le mani all’altezza della sua vita e lui me le stringe meglio. Parte in fretta e furia e istintivamente poggio il mento sulla sua spalla. Quando supera l’entrata di casa gli picchietto la spalla. Lui gira impercettibilmente il viso. 

«Dove stiamo andando?!» urlo. E lo sento ridacchiare, ma non mi risponde. Perché ho una brutta sensazione?

 

Dieci minuti dopo lui parcheggia e mi aiuta a scendere. Siamo in spiaggia. È deserto qui. 

«Perché siamo qui?» chiedo titubante. Lui si sfila il casco velocemente e i suoi capelli si scompigliano per via della brezza marina. E dio quanto è bello. 

Mi guida in spiaggia senza dire una parola. Il rumore delle onde mi rilassa istantaneamente e sorrido. Mi sfilo le scarpe e cammino sulla sabbia fresca. Il cielo è tempestato di stelle, è la vista più bella del mondo. Tutti i miei sensi sono rilassati, e non riesco a non sorridere. Da quando mi sono trasferita qui ho odiato tutto. Per tutto il tempo mi sono lamentata. Ma questo posto mi fa ricredere. Mi trasmette un senso di pacatezza, come se tutti i problemi non esistessero più, come se fosse tutto com’era un tempo. È tutto così perfetto, e il fatto che sia stato Easton a portarmi qui mi incuriosisce. Ma più di tutto mi incuriosisce il suo atteggiamento. È passato da stronzo letale a quasi accettabile in una giornata. Il che mi preoccupa. 

«Perché mi hai portata qui?» chiedo con voce impercettibile. 

«È uno dei miei posti preferiti, sapevo ti sarebbe piaciuto.» borbotta, sedendosi sulla sabbia. Faccio altrettanto e resto a contemplare le onde che si infrangono sulla riva. Mi rialzo e vado verso il bagnasciuga, bagnandomi i piedi. L’acqua è tiepida, ed è rilassante da morire. Lui fa altrettanto, e mi guarda. 

«Mi dispiace per come mi sono comportato stamattina, è una situazione strana.»

«A chi lo dici.» borbotto voltandomi, dandogli le spalle. Lui mi tira per un braccio costringendomi a guardarlo. 

«Sono sincero Red.»

«Uh-uh, Easton Parker è sinceramente dispiaciuto.» lo prendo in giro e lui mi scocca un’occhiataccia. 

«Mi sento un idiota già così, non pensi che possa bastare?» 

«Direi di no.» sorrido lievemente, e lui fa altrettanto spingendomi. 

Lo spingo a mia volta, e lui si acciglia. Lo rifà, facendomi quasi cadere. Vuole la guerra?! 

Tiro un calcio sulla superficie dell’acqua e lo bagno, vestiti compresi. Si acciglia, e quasi mi pento di averlo fatto, ma poi apre la bocca in un sorriso mozzafiato e mi prende di nuovo per le gambe sollevandomi come un sacco di patate.

«Chiedimi scusa.» 

«Non esiste.» ridacchio. 

È questione di attimi, mi ritrovo in acqua, dalla testa ai piedi. Ringrazio mentalmente Easton di aver messo il telefono sottochiave sotto il sellino e quando riemergo dall’acqua lui è lì che sghignazza. Gli salto addosso, buttandolo in acqua e tenendolo sotto. Lui si rialza con forza e mi guarda sorridente. 

«Questa mossa è sleale.» 

«Ah perché prendermi come un sacco di patate e buttarmi in acqua non lo è?» gli ricordo e lui ridacchia. «È stato divertente però.» 

Scuoto la testa sorridendo. È strano come da un momento all’altro Easton diventi una persona completamente diversa.

«E ora che siamo zuppi entrambi, cosa facciamo?» gli chiedo ridacchiando. 

Lui mi attira dal fianco e mi poggia un braccio sulle spalle, mentre il suo sguardo si perde nel mare. I capelli gli colano, e la maglietta si è attaccata alla pelle, rivelando il fisico asciutto e muscoloso al punto giusto. Distolgo lo sguardo dai suoi addominali e lo porto al cielo, contemplando le stelle. 

«Non lo so, tu cosa vuoi fare?» mi chiede.

«Ho una fame assurda.» confesso e lui ride. 

«Andiamo baby, la notte è ancora giovane.» mi prende per mano e mi trascina verso la spiaggia. Già, la notte è ancora giovane, e io vorrei che non finisse mai.

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque: Il nemico del mio nemico è mio amico ***


Capitolo cinque: Il nemico del mio nemico è mio amico

 

Penso che ormai sia chiaro a chiunque che l’umore di Easton cambia come se fosse in perenne premestruo. Dopo quella sera, Easton non mi ha quasi rivolto parola per più di due settimane. Le uniche occasioni in cui mi rivolgeva qualche monosillabo erano: Quando eravamo a tavola e dovevo passargli il sale. Quando ero in bagno e lui bussava chiedendomi di uscire, o quando la mattina mentre bevevo il mio adorato caffè, doveva passare per riempire la sua tazza. Emozionante no?

È stata Amber a venirmi a prendere e riaccompagnarmi per andare a scuola ogni giorno. Sempre Amber a tenermi compagnia, a farmi svagare e a farmi sentire meno sfigata di quanto già non mi sentissi. In queste due settimane ho fatto nuove conoscenze, alcune più simpatiche, altre meno. 

Il nostro duetto si è allargato, diventando un quartetto. Avevamo incontrato Cayenne e Juliet nell’ora di educazione fisica, e avevamo passato l’intera ora a parlare sugli spalti, mentre gli altri si divertivano a giocare a basket e le cheerleader facevano le loro prove. 

Cayenne era quella che più mi era piaciuta, non solo perché aveva dei capelli rosso fuoco e lo sguardo più dolce del mondo, ma anche perché come me, aveva un nome particolare. L’ho amata quando mi ha raccontato che suo padre ha esplicitamente chiesto quel nome per lei, perché il giorno stesso in cui sua madre stava partorendo, lui era in pronto soccorso per via di una sfida con il suo migliore amico. La sfida consisteva in chi mangiava più Peperoncino Cayenne senza sentirsi male. Inutile dire chi ha perso dei due. Ho riso così tanto mentre lei raccontava come sua madre, dopo il parto, fosse stata avvisata che il marito era nello stesso ospedale, e stava prontamente subendo una lavanda gastrica. 

Juliet invece è la cugina di Cayenne, vivono nella stessa strada, ad un numero civico di differenza. Al contrario di Cayenne, Juliet è più riservata ma allo stesso tempo più accattivante. Regina indiscussa del sarcasmo, ha una battuta pronta per ogni evenienza. Un corpo da mozzare il fiato, e uno stile tutto suo. Non la definirei dark o punk, ma i capelli blu, il piercing al naso e i vari tatuaggi la rendono un po’ più particolare di tutte noi messe assieme. Indossa quasi sempre vestiti scuri, e ciò la rende abbastanza simile a me. E questo mi piace. 

Quando ho raccontato a tutte di ciò che è successo quella sera, e di come si è comportato poi Easton, Juliet ha prontamente risposto:  «E cosa ti aspettavi esattamente da un ragazzo che ha un quoziente intellettivo pari ad una nocciolina?» non ho potuto fare a meno di ridere, così, da quel momento il soprannome di Easton da usare in pubblico era diventato Nuts. 

È strano, ma dopo quasi un mese, sono riuscita a trovare la mia stabilità. 

L’incontro spiacevole invece, è stato quando ho conosciuto la capo-cheerleader e il suo gruppetto di arpie. Lo so, è il più grande dei cliché che la capo-cheerleader sia una stronza malefica, ma è proprio così. Camminavo tranquilla per i corridoi quando la sopracitata capo-cheerleader mi è di proposito piombata addosso, facendomi cadere in avanti. Fortuna vuole che io abbia dei riflessi così veloci, da essere riuscita a mettere le mani per terra prima della faccia, o adesso avrei un bel naso rotto. Il motivo? Semplice, le sue fidate arpie, delle quali non ricordo i nomi, avevano visto (e documentato) me e Easton andare via nella festa “mano nella mano”, anche se in realtà mi teneva per il polso. Dopo indagini accurate avevano scoperto che io ero la figlia della nuova compagna del padre di Easton, e ovviamente le avevano raccontato tutto.  Ma tornando alla mia plateale caduta nel bel mezzo del corridoio:

«Oh dio scusami!» ha detto lei con una voce leggermente nasale e totalmente finta. 

«Tranquilla.» ho risposto rialzandomi. 

«Ma tu sei Red!» aveva ghignato, mostrandomi i denti bianchi e perfetti. «Sei la sorella di Easton!» mi ha goffamente abbracciato e poi si è sistemata i capelli. 

«In realtà viviamo solo nella stessa casa.» avevo specificato «E tu saresti?» 

«Oh, io sono Amelie! La sua… ex ragazza.» aveva farfugliato. «Ma presto torneremo assieme.» aveva infine precisato, squadrandomi dalla testa ai piedi. Ero sicura che più che una specificazione fosse una vera e propria minaccia. Il suo volto trasudava odio e i suoi occhi avrebbero potuto incenerirmi in una frazione di secondo. Avevo annuito ed ero andata via, sentendo la sua risata e quella delle sue arpie alle spalle. 

Amelie Banks, o anche Amy, è la reincarnazione terrena del demonio. E no, non sto esagerando. Lunghi capelli biondi, occhi grandi e che virano sul blu scuro. Lunghe gambe slanciate e curve al punto giusto sono solo parte della bellezza di Amelie. Da quello che Cayenne e Amber mi avevano raccontato, è di origini francesi. È nata a Parigi, da madre francese e padre americano. Trasferitasi a Los Angeles dopo che il padre imprenditore aveva deciso di aprire la più grande delle sue aziende qui. Già alla tenera e docile età di sette anni aveva capito la sua strada. Bullizzava chiunque. Non importava che tu fossi ricco o povero, brutto o bello, intelligente o no. Per Amelie non faceva alcuna differenza. Se vi steste chiedendo perché in due settimane di scuola io non l’avessi mai incrociata per i corridoi, la risposta è semplicissima. 

Amelie è tornata una settimana fa dalla Francia, abbronzata più che mai dopo aver passato l’estate in Costa Azzurra. 

Amber e Cayenne mi hanno raccontato dei classici tira e molla di Amelie e Easton, di come tornino assieme dopo ogni rottura, sfilando per i corridoi come se fossero alla Fashion Week di Parigi, e soprattutto di come Easton puntualmente la tradisca. La cosa che inizialmente mi ha rassicurata è stato il fatto che Amber avesse esplicitamente detto che tra di loro non c’era mai stata una pausa così lunga, durata ben tre mesi. Ma immaginatevi il mio stupore quando, proprio oggi, li ho visti entrare mano nella mano a scuola, sorridendo come se stessero girando una pubblicità per un nuovo dentifricio sbiancante. 

Quando Easton mi ha riconosciuta tra la folla ha distolto lo sguardo, e io ho alzato gli occhi al cielo. Amelie invece mi ha rivolto uno dei suoi sorrisi malefici per poi continuare a salutare persone a caso. La giornata non sarebbe potuta incominciare meglio di così. 

 

È ora di pranzo e io, Amber, Cayenne e Juliet siamo sedute intorno al tavolo spiluccando il nostro pranzo.

«E quindi ti ha fatto il sorriso da stronza?» chiede Cayenne mentre mastica il suo hamburger. 

«Cristo Cay, non parlare a bocca piena. Sembri un contadino ucraino.» borbotta Juliet scoccandole un’occhiataccia, mentre Cayenne le fa il dito medio. 

«Esattamente, e Easton ha distolto lo sguardo.» continuo addentando una patatina fritta. 

«È assurdo che siano tornati di nuovo assieme.» sta volta è Amber a parlare. «Quei due finiranno per sposarsi e mettere su famiglia, continuando a tradirsi.» 

«Li avranno fatti i controlli per le malattie veneree? Ew.» sghignazza Juliet facendoci sorridere. 

«Eccoli che arrivano.» sussurra Amber e noi ci voltiamo istantaneamente verso l’entrata della mensa. 

Entrano mano nelle mano, anche se Easton sembra infastidito da qualcosa. Dietro di loro ci sono le arpie, ovviamente, assieme a Brooke e Elias. 

Elias dal canto suo ha una faccia contrariata, come se stesse andando al patibolo.

«Perché Elias ha quella faccia?» domanda Cayenne prima che possa farlo io.

«È risaputo che Elias non sopporti Amelie, anzi, la odia.» risponde Amber e io annuisco. 

Brooke mi riconosce da lontano e si allontana dal gruppetto venendo verso di me. Easton lo segue con lo sguardo e si acciglia quando si rende conto di cosa sta facendo. 

«Ehi Red!» mi saluta Brooke sorridendomi. Mi procuro un’occhiata stranita sia da Cayenne che da Juliet. 

«Ehi Brooke.» la mia voce sembra più acuta e mi schiarisco la gola. 

«Non ti ho visto tanto in questi giorni, dove sei finita?» ridacchia. 

«Era con noi.» risponde Juliet al posto mio, apatica. 

«Oh ciao Juliet.» risponde lui seccato. 

«Microcefalo.» risponde a sua volta e io mi acciglio. Si conoscono? 

«Ahm, io devo andare ora. Ci si vede, Red.» mi saluta, poi scocca un’occhiataccia a Juliet e va via. 

«Com è che vi conoscete voi due?» chiedo stranita e Juliet sospira. 

«La madre del microcefalo e la mia sono migliori amiche dai tempi del college. Non esiste vacanza, festa o perfino funerale dove non ci sia anche la sua famiglia.» borbotta. 

«E Juls ha avuto una cotta per lui.» sghignazza Cayenne, mentre Juliet alza gli occhi al cielo. «Eravamo alle elementari, Cay. Ero incosciente e sicuramente mentalmente instabile.» borbotta lei, e io scoppio a ridere, un po’ troppo forte, tanto che Easton, Elias, Brooke e anche Amelie si voltano verso il nostro tavolo a guardarmi.

Divento violentemente rossa e mi volto dandogli le spalle. 

«Cos’avranno da guardare?» chiede nervosa Amber, e io le poggio una mano sul braccio.

«Lascia stare.»

 

Dopo la fine delle lezioni pomeridiane, Amber mi riaccompagna a casa e ci diamo appuntamento per la sera. Entro dentro casa e una risatina mi fa venire i brividi. 

«Oh lei è così simpatica signora James.» ridacchia falsamente Amelie e alzo gli occhi al cielo. Ma andiamo! Pure qui doveva portarsela!

«Oh cara, chiamami pure Katherine!» 

Entro in cucina e mia madre è intenta a cucinare l’impasto per quella che penso sia una torta… aspettate, mia madre che cucina torte? Dove sono finita?

«Madre.» borbotto passandole dietro e avvicinandomi al frigorifero. 

«Ciao tesoro, tutto bene a scuola?» chiede. 

«Mh-mh.» borbotto versandomi un bicchiere d’acqua, so che Amelie mi sta fissando e vorrei che evaporasse in questo preciso istante. Brutta stronza.

«Conosci Amelie vero? È la ragazza di Easton.» la indica mia madre, con un sorriso raggiante. E a me sta salendo decisamente il vomito. 

«Oh si, Katherine. Ci siamo presentate qualche giorno fa. Sua figlia è simpaticissima.» Dio quanto è falsa.

«Sono contenta che siate amiche.» dice mia madre guardando prima lei e poi me. 

«Si certo, fantastico. Vado in camera mia.» borbotto e mi dileguo. 

Mi fiondo in camera e decido di togliermi subito i compiti così da poter uscire stasera. Mentre sono intenta a rispondere a delle domande di chimica, qualcuno bussa alla mia porta. 

«Avanti!» urlo per farmi sentire, e quando la porta si apre e vedo Elias entrare richiudendosi la porta alle spalle, quasi mi prende un colpo.

«Elias?» 

«Ti prego non ce la faccio più. Si sentono le sue risate orrende in tutta la casa.» borbotta massaggiandosi la testa per poi sedersi all’angolo del mio letto. 

«Amelie?» 

«E chi altri se no? Non bastava avercela tra i coglioni a scuola, adesso anche qui.» si sdraia platealmente e io sorrido. 

«Allora non sono l’unica che preferirebbe spararsi in fronte piuttosto che stare di sotto a guardare la scena pietosa di mia madre che cerca di fare la casalinga modello, senza riuscirci ovviamente, e di Amelie che ride ad ogni battuta orrenda che fa mia madre?» alzo gli occhi al cielo poggiando la penna sul libro. Gli occhi di Elias si illuminano. 

«Come si dice? Chi è nemico del mio nemico, è mio amico?» ghigna verso di me, facendomi sorridere. Mi allunga la mano.

«Tregua, da oggi mi stai più simpatica di prima.» Ridacchio e allungo la mano a mia volta.

«Tregua.»

Sono le sette e Elias è rimasto tutto il tempo in camera mia, e anzi, mi ha anche aiutato con chimica e matematica, è un piccolo genio! Alla fine mi ha pregato di uscire con me e Amber, e io ovviamente, sapendo a quale tortura sarebbe andato incontro se lo avessi lasciato qui da solo, ho accettato. 

Scendiamo le scale ridacchiando, mentre Elias tiene un braccio sulle mie spalle e mi racconta del professore balbuziente di Scienze e di come si era ritrovato con almeno venti rane addosso dopo essersi addormentato nell’ora di pausa. Come per magia Easton spunta e si piazza di fronte alle scale, è accigliato. 

«Che avete da ridere?» chiede incrociando le braccia. Elias mi stringe un po’ di più con il braccio. 

«Nulla di importante.» lo liquida. Gli passiamo davanti e so che Easton in questo momento è fumante di rabbia.

«Noi usciamo.» precisa Elias appena mettiamo piede in cucina, ha ancora il braccio sulle mie spalle, e a quanto vedo, non ha intenzione di toglierlo. 

Sia mia madre che Craig ci guardano straniti. 

«Insieme?» farfuglia mia madre.

«Si, e con altri amici. Non mangiamo qui.» conclude, e Amelie mi scocca un’occhiata furibonda. Per quanto ci abbia provato, non è mai riuscita ad andare a genio ad Elias, e suppongo che le roda parecchio il fatto che in questo momento lui preferisca uscire con me che restare con loro.

«Oh d’accordo, non fate troppo tardi.» conclude Craig, sorridendomi. E io faccio altrettanto. Usciamo e Elias va in garage a prendere la macchina.

«Perché esci con mio fratello?» la voce di Easton rompe il silenzio e per un momento mi spaventa. 

«Perché mi va.» borbotto prendendo il telefono in mano per mandare un messaggio ad Amber, ma lui me lo toglie dalle mani. 

«Ti piace Elias?» colgo una punta di fastidio e irritazione nella sua voce e alzo un sopracciglio.

«È simpatico. E mi piace stare in sua compagnia.» concludo, marcando la parola “piace”. Alza gli occhi al cielo. 

«Credevo di starti più simpatico io.» borbotta abbassando lo sguardo. 

So esattamente cosa sta facendo. Fa come i bambini quando giocano. Se sono intenti a giocare con un giocattolo non pensano all’altro giocattolo che hanno abbandonato per terra, ma non appena qualcun altro prende quel giocattolo, loro scattano rivolendolo subito indietro.

«Non avevo mai stretto rapporti con Elias prima d’ora. Ma mi sbagliavo, è molto più simpatico di te.» punto gli occhi nei suoi e lui stringe la mano in un pugno. 

«Sei sicura di quello che stai dicendo?» si avvicina pericolosamente a me, e quasi mi manca il respiro. 

«Sicurissima. Posso riavere il mio telefono?» Lui me lo allunga, ma indugia un attimo sulla mia mano, toccandomi il palmo. 

Elias suona il clacson uscendo dal garage e mi sorride. 

«Andiamo baby?» urla dal finestrino aperto e io annuisco.

«Devo andare.» faccio notare ad Easton che Elias è arrivato e lo vedo accigliarsi più di prima.

«Te ne pentirai.» borbotta allontanandosi, lasciandomi perplessa. 

Entro in macchina e mi allaccio la cintura.

«Lascialo stare, è solo geloso.» ridacchia Elias mentre parte a tutta velocità uscendo fuori dal cancello. Accende la radio e alza il volume al massimo. L’aria mi colpisce in faccia e scompiglia i miei capelli e io mi poggio con la testa sul sedile guardando fuori dal finestrino. L’unica cosa che in questo momento mi vortica in testa è: Perché Easton si interessa a me proprio ora?

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei: Vieni qui, non mordo ***


Capitolo sei: Vieni qui, non mordo

 

Dopo che Elias è uscito con noi, Amber si è in parte ricreduta su di lui. Hanno passato tutta la serata a parlare delle cose che avevano in comune, e Amber pendeva dalle sue labbra. È stato divertente vedere Amber ricredersi e stare lì ad ascoltare Elias per tutto il tempo, alla fine della serata mi ha mandato un messaggio dicendo che forse aveva sbagliato a giudicarlo frettolosamente e aggiungeva anche di trovarlo irresistibile, caratterialmente ed esteriormente. È strano da dire, ma penso che Amber abbia ufficialmente una cotta per Elias. 

Sono le sette e dieci del mattino e io sono già pronta a vivere la mia giornata. Aspetto diligentemente di fronte alla macchinetta del caffè, fremendo per riuscire a berne una tazza bollente. So che è difficile da spiegare, ma il mio rapporto con il caffè penso sia di totale dipendenza. Almeno la mattina ne ho davvero bisogno per carburare e per risvegliarmi, questa è una delle cose che mi accomuna a mio padre. Dio quanto mi manca. 

Il fluido comincia ad uscire riempiendo la tazza e l’aroma di caffè si diffonde in tutta la casa, inspiro l’odore sorridendo e qualcuno mi poggia le mani sui fianchi.

«Piccola feticista del caffè, potrei averne una tazza?» sghignazza Elias facendomi sorridere.

«Cosa mi dai in cambio?»

«Un passaggio a scuola.» 

«Ci sto.»

Mentre faccio il caffè per Elias, lui non sposta le mani dai miei fianchi e quando Easton entra in cucina e ci vede ridere, torna in modalità premestruo.

«Potete smettere di amoreggiare vicino alla macchinetta del caffè? La state monopolizzando.» borbotta facendoci scansare e afferrando la tazza di Elias. 

Prontamente Elias gliela sfila dalle mani e incomincia a berne il contenuto. 

«Ridammi la tazza.» ordina Easton poggiando una mano sul ripiano.

«No, Red l’ha fatta appositamente per me, fattene una se vuoi del caffè.» risponde secco Elias, andandosi a sedere al tavolo. 

«Oh che carina, la tua fidanzatina ti ha fatto il caffè…» lo prende in giro, e Elias lo guarda truce. Sono nel bel mezzo di due occhiate furenti e vorrei solo scomparire.

«Non è la mia fidanzatina, ma se lo fosse, io almeno avrei una ragazza come si deve al mio fianco, non una troia squilibrata con la puzza sotto il naso.» controbatte avvicinandosi faccia a faccia verso di Easton. 

«Che cazzo hai detto?» ringhia Easton.

«Okay, direi che per stamattina basta così.» intervengo io frapponendomi tra loro. Entrambi mi guardano straniti, Elias poggia un braccio sulle mie spalle. «Hai ragione, non ho bisogno di perdere tempo stamattina. Prendi lo zaino, andiamo a fare colazione fuori.» conclude, poi butta la tazza nel lavandino rompendola in tanti piccoli pezzi. Da un ultimo sguardo al fratello e va via. 

Easton resta impalato a guardare la tazza nel lavandino, così decido di prendere i pezzi uno ad uno e buttarli nella spazzatura, se mia madre o Craig dovessero vederli sarebbe difficile da spiegare. 

«Lascia, faccio io.» interviene Easton ma non mi scanso. «So raccogliere dei pezzi di vetro, non fare il gentile, so che non lo sei.» 

«Ma perché vi comportate tutti da stronzi ultimamente?» urla lui, tirando un pugno sul ripiano in ceramica. 

«Sei il primo che si comporta da stronzo non appena ne ha la possibilità. Stai con quella lì, nessuno di noi la sopporta e la porti pure qui. Dio, sei incredibile.» mi allontano ma lui mi tiene per un braccio.

«Cosa centra adesso Amelie… e perché non la sopportate?» chiede serio. Scoppio a ridere involontariamente, e la mia risata riecheggia per tutta la cucina. 

«Sei serio? Elias preferirebbe sgozzarsi piuttosto che vederla un’altra volta seduta a quel dannato tavolo a fare congetture con mia madre. Io invece? Sono stata spintonata, fatta cadere per terra e minacciata non appena la tua dolcissima e docilissima ragazza è tornata dalla Francia, e il motivo? Le sue piccole spie ci hanno visti andar via dalla festa assieme, con te che mi tenevi per il polso. Non vi eravate nemmeno rimessi insieme e lei già marcava il territorio pisciandoti praticamente addosso.» so che in questo momento la mia faccia ha assunto un’espressione schifata, mentre Easton sembra sceso dalle nuvole. 

«Credimi Red… io non ne sapevo nulla.» 

«E quando mai tu ti rendi conto di qualcun altro se non di te stesso?» sventolo la mano in aria e mi avvio verso la mia stanza per prendere lo zaino. Dietro la parete trovo Elias che mi sorride, mi porge lo zaino e ridacchia.

«Gliele hai cantate eh?» 

 

Dopo aver fatto colazione, e aver avvisato Amber di non passare a prendermi, arriviamo a scuola ed entriamo subito. È strano avere Elias al mio fianco, dopo ciò che è successo l’ultima volta che Easton mi ha accompagnata, avevo il timore che Elias si comportasse allo stesso modo, e invece no. Cammina fiero per i corridoi, con me accanto, ed è raggiante. Sorride a tutti quelli che lo salutano e mi presenta a qualche suo amico. Ed è assurdo che in un mese di scuola non mi ero resa conto di avere molte lezioni in comune con lui. 

Alla fine dell’ultima ora, suona la campanella e noi ci dirigiamo verso la mensa, nel tragitto Amber, Cayenne e Juliet si uniscono a noi. Amber si fionda subito a parlare con Elias, mentre io resto indietro con Cayenne e Juliet. 

«Perché Elias Parker viene con noi in mensa?» chiede Cayenne guardandolo di sottecchi.

«Siamo diventati inspiegabilmente amici, sembra strano, ma fidatevi di me.» le rassicuro, e entriamo in mensa. E ci accomodiamo al tavolo, assieme ad Elias e Amber. Mentre ridacchiamo e spilucchiamo qualcosa da mangiare, Easton è seduto al tavolo con Brooke e gli altri giocatori di football, ma quando Amelie fa il suo ingresso e si avvicina al suo tavolo, Easton si alza. Siamo cosi vicini a loro da sentire quello che lui gli sta dicendo.

«Trovati un altro tavolo Amy.» risponde lui schietto. Lei strabuzza i suoi occhioni blu. «Come prego?» 

«Hai capito. Ah e un’altra cosa.» dice scompigliandosi i capelli. «È finita.» conclude, sedendosi al tavolo. 

«Easton… Tesoro! Cosa stai dicendo?» urla lei, visibilmente irritata. Elias contrae il volto, come se lo stessero pugnalando, e io poggio una mano sulla sua spalla. «La sta lasciando sul serio?» gli sussurro. «Lo spero!» risponde lui. 

«Hai capito Amy, ti sto lasciando.» Easton è tutto il contrario di Amelie in questo momento. La guarda annoiato, ha le braccia conserte e lo sguardo assente.

«Ma tu non puoi lasciare me!» urla lei. 

«Amy, stai facendo una scenata.» interviene Brooke. «‘Sta zitto tu, idiota.» borbotta lei. Brooke la guarda scioccato e si siede di nuovo, sbuffando.

«Lo vedi?» Easton indica prima Brooke e poi lei. «È per questo che ti lascio! Sei una stronza con chiunque, ma non puoi farlo con le persone a cui voglio bene.» 

«Ma tesoro, stavo scherzando con Brooke! Andiamo, Brooke? Lo sai anche tu.» dice puntando prima lo sguardo su Easton e poi su Brooke. 

«Io so solo che sei una psicopatica.» risponde Brooke e tutti i ragazzi presenti al tavolo scoppiano a ridere. Elias sta trattenendo le risate dietro di me. Tutta la mensa è concentrata a guardare la scena, è impossibile distogliere lo sguardo. Cioè, stiamo parlando di Amelie Banks che viene scaricata in pubblico, chi vorrebbe perdersi una scena del genere?

«Easton… Possiamo parlarne in privato, io e te?» chiede, anzi, prega Amelie, e lui scuote la testa. «Ho già preso la mia decisione Amy, nessun rancore eh.» conclude, per poi voltarsi a parlare con i suoi compagni di squadra. Amelie scappa via dalla mensa, e tutti ci guardiamo straniti. È successo per davvero? 

 

Dopo le lezioni pomeridiane, io ed Elias torniamo a casa assieme e con grande sorpresa, troviamo la casa vuota. Sul tavolo c’è un bigliettino:

“Io e Katherine siamo partiti per il week-end, Evan è a casa della nonna, non fate cazzate. Niente feste. -Papà.”  Elias lo legge ad alta voce e poi esulta. 

«Fantastico, sai cosa facciamo?» mi chiede.

«Una festa?» glielo leggo negli occhi.

«Esattamente, si festeggia baby!» 

 

Sono le nove passate, e la notizia della festa è girata così in fretta che la casa è già piena di gente. Non so come Elias e Easton abbiano fatto ad organizzare una festa così bella in pochissime ore, ma fila tutto liscio. Quasi tutte le stanze sono chiuse a chiave, tranne i diversi bagni, fuori la piscina è gremita di ragazzi in costume da bagno. In giardino il Dj fa del suo meglio per intrattenere l’enorme folla, e ci sta riuscendo benissimo. Di Amelie nemmeno l’ombra, e io ringrazio il cielo per questo. Amber ed Elias stanno ballando e divertendosi, e guardandoli così, sorrido. Starebbero così bene assieme. Io, Cayenne e Juliet balliamo vicine e ridiamo ogni due minuti per qualsiasi cosa dica Juliet. Brooke invece è più in la, e flirta con una ragazza. Inizialmente penso al fatto che poco più di due settimane fa, c’ero io al posto di quella ragazza, ma non mi tocca più tanto. Quando Juliet intercetta il mio sguardo e vede che sto guardando Brooke, si avvicina a me e mi sussurra «Sai? Dicono che abbia tre capezzoli!» ridacchia facendomi scoppiare a ridere in una fragorosa risata. Se non esistesse, bisognerebbe inventarla. 

Easton invece non si vede da nessuna parte, non è in giardino, né in casa, così mi allontano dalle ragazze ed incomincio a cercarlo. Salgo le scale e mi avvicino alla sua porta, quando la apro la scena che mi si propina è imbarazzante. Easton è sul letto, a torso nudo, mentre bacia una ragazza dai capelli corti e ricci. 

«Oooh, scusate.» urlo richiudendo la porta. Ew! 

Sto per scendere giù quando una mano mi afferra per il braccio. «Red.» la sua voce mi rimbomba in testa, mi volto a guardarlo e per un momento è come se la musica si bloccasse, se tutti scomparissero e rimanessimo solo io e lui, a guardarci negli occhi. 

«Si?» 

«Ti posso spiegare.» farfuglia lui.

«East, non devi spiegarmi niente. Sei single ora.» borbotto. E lui annuisce. «Oh, d’accordo, allora torno di la…» si avvicina alla porta, mi scocca un’ultima occhiata e rientra in camera, chiudendosi la porta alle spalle. 

Si, è single, e può fare ciò che vuole, ma perché d’un tratto la cosa mi da fastidio? Scaccio via quel pensiero dalla testa e scendo di nuovo le scale, avvicinandomi alle ragazze.

«Ho appena beccato Nuts a pomiciare con una ragazza.» borbotto a Cayenne e Juliet. 

«Ew.» risponde Cayenne. «Io capisco gli ormoni in fermento, ma quel ragazzo è malato! È tipo… una ninfomane uomo!» 

«Volevi dire un “satiro”?» chiede Juliet scioccata. 

«Ma no, non sto parlando della mitologia greca!» borbotta Cayenne. 

Juliet guarda prima me, poi Cayenne. «Ti prego, dimmi che non l’ha detto sul serio!» piagnucola.

«Cay, il satiro è l’equivalente maschile della ninfomane.» specifico sorridendo per l’espressione che ha assunto Juliet e Cayenne strabuzza gli occhi. 

«Oh beh, io credevo valesse per entrambi i sessi.» ridacchia, mentre Juliet si porta una mano sulla fronte. «Ecco perché dico di aver preso i geni migliori della famiglia.» specifica Juliet facendomi ridere, mentre Cayenne la spintona. Le adoro, è inutile, senza di loro non sarebbe la stessa cosa.

La festa si protrae fino a tardi, e quando tutti se ne vanno, la casa è un vero incubo. Ci sono bicchieri di plastica buttati ovunque, bottiglie di birra poggiate su ogni piano possibile, e io vorrei solo mettermi le mani tra i capelli e urlare. Elias si è volatilizzato, e di Easton nessuna traccia, così tocca a me pulire. 

Passo dieci minuti buoni a raccogliere solo dal piano terra i bicchieri di plastica, e mi chiedo: Ma quanto hanno bevuto per lasciare in giro così tanti bicchieri? 

«Hai bisogno di una mano?» la voce di Easton rimbomba nell’ormai soggiorno vuoto e mi volto di scatto. «Sarebbe molto gradita.» borbotto abbassandomi per guardare sotto il divano, ed è assurdo, ci sono bicchieri anche qui! 

Easton ridacchia e incomincia a recuperare il resto dei bicchieri dal giardino. Rientra con una busta di plastica piena zeppa di bicchieri e sbadiglia. «Ma quanta gente c’era stasera?!» 

«Troppa, ma tu eri impegnato a sbaciucchiare la ricciolina, quindi non puoi saperlo.» lo prendo in giro, e lui alza gli occhi al cielo. 

Mi si avvicina «Sei gelosa per caso?» ghigna ad un passo da me, e io lo spintono. «Ti piacerebbe.» borbotto afferrando un paio di bottiglie di birra e gettandole nella busta apposita. 

«Sei gelosa.» risponde, e io alzo gli occhi al cielo. 

«No che non lo sono.» Lo sono?

«Si invece, ti dava fastidio che stessi con Amelie, e ti ha dato fastidio beccarmi con Georgia.»  

«Georgia? Ma chi chiama sua figlia come uno Stato?» farfuglio a disagio... Okay Red, respira. Devi solo rilassarti e stare tranquilla. Facile da dirsi però, ma non quando hai Easton a pochi centimetri di distanza, che si morde le labbra. 

«Cosa te ne importa. Se non sei gelosa, perché dovresti rimuginare sul suo nome?» fa il furbo. In questo momento vorrei lanciargli addosso il sacco d’immondizia con dentro tutte le bottiglie di vetro, ma respingo il mio istinto omicida e respiro. 

«Non sono gelosa, East.» ripeto, anche se una piccola parte del mio cervello mi urla il contrario. Mi sono innervosita ed infastidita quando ho ripensato a Easton e alla ragazza in camera sul suo letto. 

«Se lo dici tu.» sghignazza e mi aiuta a pulire. 

Dopo quasi quaranta minuti, la casa risplende ed è tornata come prima, fortunatamente. Mi butto sul letto stremata e strabuzzo guardando l’orario, sono le due passate. Con estrema lentezza mi infilo una delle maglie extralarge che uso per dormire, e mi fiondo sotto le coperte. 

Mi arriva un messaggio sul telefono:

Da Easton: “Puoi venire un attimo in camera mia?

Alzo gli occhi al cielo, non poteva venire lui qui al posto di mandarmi un messaggio? Pigro bastardo. Esco dalla porta e sbadiglio, poi busso a quella di Easton per poi entrare. 

«Cosa c’è?» borbotto. Sono le due di notte, e io non sono poi così simpatica quando ho sonno. 

«Mi sentivo solo.» si lamenta lui, e io scoppio a ridere. «Tu mi hai fatto alzare dal mio comodissimo letto solo ed esclusivamente perché ti senti solo?» 

«Esattamente Red.» Mi prende in giro? Afferro uno dei suoi cuscini e incomincio a prenderlo a cuscinate. Mi ha fatta alzare per niente. Lo sento ridacchiare, ma mentre sto per sferzargli un’altra cuscinata, lui mi afferra dai fianchi e mi butta sul letto. Prende un altro cuscino e così incomincia una vera e propria lotta con i cuscini. Alla fine, stremati, ci buttiamo sul suo letto ridendo. 

«Ti senti meno solo ora?» dico riprendendo fiato. Si volta a guardarmi, e… Oh mio dio, è ancora più bello. Ha la faccia arrossata per lo sforzo, i capelli ancora più scompigliati del suo solito. Si sta mordendo le labbra ed è sexy da morire. 

«Sono io o fa caldo qui?» borbotto sventolandomi con la mano. Lui annuisce. «Già, fa veramente caldo.» dice togliendosi la maglia e restando a torso nudo. I miei occhi scorrono sul suo petto, per poi scendere verso gli addominali, e so già che potrei sentirmi male. 

«Oookay, io vado.» farfuglio alzandomi dal letto. 

«Dai, Red. Resta.» 

«È tardi East.» cerco di trovare qualche scusa valida.

«Non abbiamo scuola domani.» mi fa presente, e io alzo gli occhi al cielo. Dannata me, oggi è venerdì. 

«Ho sonno.» ritento.

«Il mio letto è comodo esattamente come il tuo.» risponde sicuro lui. Ma ha una risposta a tutto!

«Dai Red, vieni qui…» dice battendo il palmo sul materasso. «Non mordo.» mi fa l’occhiolino e un fremito colpisce tutto il mio corpo, scuotendo anche organi che non sapevo di avere. 

«Okay.» borbotto sconfitta e mi butto sul suo letto, a debita distanza da lui. 

Easton mi afferra e mi fa poggiare la testa sul suo petto, circondandomi i fianchi con un braccio. 

«Cosi va molto meglio.» sospira tra i miei capelli, e dei piccoli brividi si creano sulle mie braccia. Mi sento stupida, vorrei andare via, non vorrei cadergli ai piedi come fanno praticamente tutte le ragazze che incontra, eppure è più forte di me, non ce la faccio. E così, mentre Easton mi accarezza la schiena, cullata dal suo respiro, mi addormento, conscia che, quando domani mattina mi sveglierò, me ne pentirò di sicuro.

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Capitolo 7
*** Capitolo sette: Ci diamo una possibilità ***


Capitolo sette: Ci diamo una possibilità

 

Mi sveglio di soprassalto e mi ricordo di non essere nel mio letto. East mi tiene stretta per la vita con un braccio, e mi volto per guardarlo. Le labbra carnose sono leggermente socchiuse, i capelli ancora più scompigliati e sexy del solito. Mi maledico mentalmente, e senza fare rumore scivolo fuori dalla sua presa, correndo in camera mia. Sapevamo entrambi che al mattino sarebbe ritornato tutto come prima, solo che io non ho la forza di affrontarlo. Mentre mi copro con le coperte, una parte di me vorrebbe correre di nuovo tra le braccia di Easton, l’altra invece sta continuando a dirmene di tutti i colori per esserci cascata. Ma devo ammetterlo, non sentire il suo calore che mi riscalda, e il suo braccio così protettivo che mi stringe quasi mi rattrista. Scaccio subito quei pensieri dalla mente, non posso e non devo comportarmi come se io ed Easton avessimo una possibilità, non ce l’abbiamo, e non ce l’avremo mai. Quindi perché sperare o struggersi. So che se permettessi a me stessa di provare qualcosa per Easton finirei per pentirmene amaramente. 

Per quanto possa essere migliorato il nostro rapporto (in una sola sera), so per certo che Easton non è cambiato.

Lui resterà sempre il classico play-boy delle superiori, quello che non si accontenta di una sola ragazza, specie se la ragazza in questione è la sua quasi sorellastra. Nella mia testa si aziona un meccanismo di autodifesa per non soffrire. Attenzione, non affezionarsi ad Easton Parker, ripeto, non affezionarsi ad Easton Parker! Sento le campane dall’arme fino a qui! 

Provo a riaddormentarmi, ma la mia mente non ne vuole proprio sapere di smetterla di macchinare idee e pensieri su Easton, così faccio la cosa che mi viene meglio, resto con gli occhi chiusi sul letto, fin quando non avrò il bisogno di alzarmi. 

 

Riapro gli occhi, e sono appena passate le otto del mattino, sono sveglia da tre ore, e continuo ancora a pensare a cosa sarebbe successo se fossi rimasta in stanza con Easton. No, diavolo, Red. Resta concentrata. Scendo velocemente dal letto e mi fiondo in bagno. Dopo essermi lavata con acqua tiepida e aver fatto distendere tutti i muscoli, esco e ci metto molto più tempo del solito ad asciugarmi i capelli e a vestirmi. È pur sempre un sabato mattina! 

Sto per scendere giù, quando sento la porta di Easton aprirsi e richiudersi di scatto, ed esattamente quindici secondi dopo, qualcuno bussa alla mia porta. Vado ad aprire velocemente e mi ritrovo Easton davanti, esattamente come lo avevo lasciato, con i capelli scompigliati.

«Mi sono svegliato e non c’eri…» entra in camera e si siede sul mio letto. Guarda le coperte scostate e poi di nuovo me. «Quando sei andata via?» chiede. 

«Circa quattro ore fa, mi sono svegliata e ho pensato che fosse meglio tornare qui.» abbasso lo sguardo sui miei piedi nudi.

«Perché sarebbe stato meglio? Per me saresti potuta rimanere quanto volevi…» Lo leggo nei suoi occhi, si sta domandando perché lo tengo a distanza. Ma come fa a non capire che questa cosa non può funzionare? Che non esiste nemmeno una “cosa” che ci accomuna? 

«Lo so, ma è meglio così davvero. Ora scendo a farmi un caffè, ne vuoi un po’?» cerco di cambiare discorso, ma i suoi occhi mi trafiggono come una lama. Non risponde, si alza e va via, lasciandomi da sola nella stanza. 

 

Sono giù in cucina quando sento la porta d’ingresso sbattere, e la moto di Easton allontanarsi da casa. Stringo la tazza tra le mani, so che se la stringessi ancora un po’ più forte la romperei. Sono consapevole che, se sta scappando, è solo a causa mia. 

«Buongiorno!» mi urla Elias in un orecchio risvegliandomi dai miei pensieri.

«Siamo mattinieri oggi.» gli scocco un bacio sulla guancia e lui mi sorride. In questo momento, con i capelli ancora arruffati e la faccia da appena sveglio, somiglia così tanto ad Easton. «Certo che tu e tuo fratello vi somigliate proprio tanto.» dico di getto, e lui mi guarda stranito.

«Ma va? Siamo fratelli.» dice lui ovviamente. 

«Ci sono fratelli che non si somigliano per niente invece.» borbotto poggiando la tazza di caffè nel lavabo e mi trascino in camera, buttandomi sul letto. Ho bisogno di consigli, e so esattamente chi chiamare. 

«Baby!» mi urla al telefono Alice e io sorrido automaticamente. 

«Sei li con Clay?» chiedo, sperando che sia così. In questo esatto momento mi servono entrambi, disperatamente.

«Sì certo, stavamo andando a fare colazione, cosa ti serve?» 

«Consigli, ho un disperato bisogno di consigli.» piagnucolo coprendomi la faccia. 

«Aspetta!» mi urla nell’orecchio, la sento armeggiare con il telefono e dopo qualche parolaccia riesce a mettere il vivavoce. «Sei ufficialmente collegata, parla pure.» 

«Allora, da quando sono arrivata le cose con Easton non sono andate nel migliore dei modi, poi siamo diventati amici, abbiamo litigato di nuovo e non ci siamo più parlati. Sono andata ad una festa e lui si è come ingelosito appena ho incominciato a parlare con il suo migliore amico, mi ha trascinata fuori e mi ha portato a vedere l’oceano. E ha di nuovo smesso di parlarmi.» alzo gli occhi al cielo e mi schiarisco la gola. 

«Poi è tornata la sua psicopatica e perfetta ex con un leggero e sexy accento francese e lui è caduto tra le sue braccia, ma ieri, dopo avergli detto che la sua fidanzata è simpatica come un cactus fra le natiche, lui l’ha lasciata. Poi abbiamo dato una festa, mi ha aiutato a ripulire e abbiamo dormito assieme per qualche ora, e stamattina alle quattro sono scappata in camera mia. Lui se n’è accorto e si è arrabbiato, andando via. Cosa devo fare?!» dico velocemente per poi riprendere fiato.

«Cristo santo Red! Sei finita in una di quelle soap-opere spagnole?» borbotta Clay. Sento uno schiaffo dall’altra parte della cornetta e Clay che si lamenta.

«Okay, prendiamola dal punto di vista positivo. Domanda numero uno: lui ti piace?» chiede Alice disinvolta.

«Non lo so.» Mi piace? Potrebbe, ma sì che mi piace…

«Red non mentirmi.» mi risponde subito Alice. 

«Okay, forse sì, mi piace un po’.» ammetto, più a me stessa che a lei. 

«Bene, che tu gli piaci è scontato. Domanda numero due: pensi che tra voi possa esserci una possibilità?» chiede nuovamente, e io abbasso lo sguardo. 

«Penso di no. Andiamo Ali, è il genere di ragazzo che porta guai, me lo sento. È un donnaiolo, e soprattutto… è il figlio di Craig!» constato.

«Che si fotta Craig. I ragazzi che portano guai sono sexy da morire, ed è scontato che se è sexy da morire, debba anche essere un donnaiolo. Quindi, tutto si risolve con la domanda numero tre: proveresti a dargli una possibilità?» chiede nuovamente, e io ci penso su un attimo. Il mio cuore quasi mi urla di dargli una possibilità, pensando a tutte le cose positive che ne verrebbero fuori: potrei scompigliargli quei capelli che tanto adoro, passare con lui momenti indimenticabili, sapere che sapore hanno quelle labbra perfette e soprattutto, sentirmi sua. Vedere il suo sorriso illuminarmi ogni giorno, e farmi vivere forse l’esperienza più emozionante della mia vita. Ma il mio cervello invece mi da della stupida pazza e mi consiglia di considerare tutte le cose negative: non riesce a tenerselo nei pantaloni, ed è un fatto risaputo. Potrebbe spezzarmi il cuore in una breve frazione di secondo e questo mi terrorizza. Potrei innamorarmi perdutamente di lui e lui potrebbe tradire la mia fiducia o auspicare solo a del semplice sesso senza impegno, il che sarebbe alla portata massima di tragedia. E se dovesse farmi soffrire, dovrei guardarlo ogni giorno provarci con altre ragazze, e doverlo sopportare a casa. 

«Vorrei ma…» 

«Ma niente!» mi blocca subito lei «Se vuoi, puoi. Quindi senza ma. Tu lo vuoi Red?» 

«Con tutto il cuore… ma se mi facesse soffrire? E se mi innamorassi e lui volesse solo dell’occasionale sesso?» bofonchio. 

«Red…» questa volta è Clay a parlare «Sai quanto ti voglio bene, e quanto odio vederti soffrire, per me dovresti lasciar stare.» dice sincero, e lo apprezzo. 

«Per me invece dovresti provarci, sul serio. E se dovesse andar male, sarà comunque stata un’esperienza. Non ti sei legata a nessuno dopo la morte di tuo padre, e lo so. So che hai paura di perdere le persone a cui vuoi bene…» si schiarisce la gola e sento la sua voce incrinarsi. Mi salgono le lacrime agli occhi. «Ma potresti pentirti di non averci provato. Ora che puoi farlo, ora che hai tempo… buttati. Rischia. Vivi, Red! Ci sarà tanto tempo per rimuginare su tutto, ma ora vivi e basta.» 

«Ti voglio bene Ali.» sussurro trattenendo un singhiozzo.

«Anch’io baby, non immagini nemmeno quanto. Adesso va e fa la tua scelta, qualsiasi sia, noi saremo al tuo fianco a prescindere da tutto.» conclude, Clay mi saluta e chiudono la comunicazione. 

Mi fiondo giù dalle scale.

«Elias!» sbraito e lui mugugna un “Mh?” di risposta.

«Sai dove potrebbe essere Easton?»

«Forse, perché?» mi fa l’occhiolino e alzo gli occhi al cielo.

«Devo parlargli…» sussurro. 

«Non ci credi nemmeno tu a quello che dici.» scuote la testa. 

«Elias…» comincio, ma lui mi blocca.

«D’accordo, ma considera che ciò che farete potrebbe essere considerato quasi incesto.» alza le sopracciglia giù e su, con fare da marpione. «E poi se dovesse farti soffrire, dovrò farli male… molto male.» specifica, sorridendomi. Poi afferra le chiavi della macchina e me le lancia. 

«Vai in spiaggia, sotto il Molo di Santa Monica, quello è il suo posto preferito quando vuole stare da solo.» mi fa l’occhiolino e torna a sdraiarsi meglio per guardare la tv. 

«Sei il migliore!» urlo aprendo la porta. 

«Dimmi qualcosa che non so!» urla lui di rimando, facendomi ridacchiare.

 

Arrivo al Molo di Santa Monica e parcheggio velocemente. Chiudo la macchina e scendo verso la spiaggia. Levo le scarpe tenendole in mano, e mi avvicino al di sotto del molo. Inizialmente non vedo nessuno, poi con la coda dell’occhio, in lontananza, riconosco i suoi capelli biondi e le braccia abbronzate. Ha la testa abbassata e si sta contorcendo le mani. Mi avvicino lentamente e senza far rumore, ma come se lui sentisse la mia presenza, alza di scatto la testa e restiamo a fissarci negli occhi per dei secondi che sembrano interminabili. 

«Cosa ci fai qui? Come facevi a saperlo?» farfuglia lui a disagio, portandosi una mano tra i capelli.

«Elias…» sussurro e lui scuote la testa «Che stronzo.» sorride, e poi mi fa segno di accomodarmi accanto a lui. Mi siedo con incertezza e abbasso lo sguardo. 

«Red…» sussurra lui e io mi volto a guardarlo. 

«Da quando ti ho visto la prima volta, ho capito quanto in realtà tu fossi seccante, odiosa, so tutto io e fin troppo sarcastica.» 

«No ma grazie.» borbotto seccata. Lui invece mi sorride.

«Ma a prescindere da questo… mi sei piaciuta fin dall’inizio, dal primo momento che ho posato gli occhi su di te, qualcosa dentro di me è cambiato.» ammette, e dei piccoli brividi si creano sulle mie braccia. Mi guarda come a farmi cenno di poter continuare e io annuisco. 

«Fin dall’inizio sei sempre stata così sicura di te… senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Eri così inspiegabilmente e insopportabilmente attraente. Con il tuo modo di guardarmi, di camminare o di sorridere…» si blocca un attimo.

«East lo sai… io e te, molto probabilmente… non avremo alcuna possibilità. Né di far incominciare qualcosa, né di farla continuare.» ho così paura che in questo momento mi tremano le mani e vorrei solo ritornare a casa. Vorrei dimenticare tutto.

«Forse si, forse no… ma tu Red… tu mi stai facendo perdere la testa. Non passa giorno in cui non penso a te, o non penso a cosa potrebbe succedere se ci provassimo.» si avvicina a me, e il suo profumo mi inebria le narici.

«East…» sussurro e lui porta una mano sulla mia guancia «E allora… cosa facciamo ora?» 

Lui mi guarda e mi scocca un sorriso debole ma intenso allo stesso tempo. 

«Ci diamo una possibilità.»

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