E fumo ancora.

di Grell Evans
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri. ***
Capitolo 2: *** L'essenza ***
Capitolo 3: *** Come un bimbo che sogna. ***
Capitolo 4: *** Negarsi. ***
Capitolo 5: *** Più vivi. ***
Capitolo 6: *** La mia paura è una debolezza. ***
Capitolo 7: *** Insonnia. ***



Capitolo 1
*** Incontri. ***


 
Venerdì. Tardo pomeriggio.



 
 
Temari bussò il campanello della villetta dove avrebbe alloggiato, sperando, per almeno qualche anno. Dovette aspettare circa un minuto prima che Karui le aprisse la porta d’ingresso. Quando l’amica la vide la stritolò in un lungo abbraccio, ricambiandolo affondò il viso tra i suoi lunghi capelli rossi.
- Finalmente sei arrivata! – disse lasciandola. – Dammi la valigia così puoi sistemarti al piano superiore. – era sempre molto accogliente e questo la faceva sentire a casa.
- Grazie! – le sorrise e la segui su per le scale dove Karui le mostrò il bagno che da quel momento era unicamente suo visto che ce ne erano due, e la sua camera da letto. Era già arredata e Temari tirò un sospiro di sollievo; non aveva proprio voglia di decidere che mobili acquistare nei prossimi mesi.Sistemò tutti i suoi vestiti nel grosso armadio bianco che era posto attaccato al muro di fronte al letto a due piazze. Era una grande seccatura ma prima faceva quell’operazione e prima si sarebbe potuta rilassare. Terminato con l’abbigliamento iniziò a ordinare tutti i documenti che portava a casa dal lavoro nella libreria che era alla sinistra del letto, insieme ad alcuni libri dai quali non poteva separarsi. Concludendo ripose i suoi articoli da cancelleria nei cassetti della scrivania che si trovava sotto una grande finestra di fronte alla libreria. Ripose il computer sul desk insieme ad una cornice con una foto di gruppo con i suoi fratelli e decise di dare il tocco finale appendendo sopra alla testiera del letto il suo ventaglio bianco con i tre astri viola.
Si guardò intorno. Fu soddisfatta ma si rese conto di aver bisogno di una doccia, così sgattaiolò fuori la porta e si rintanò nel bagno con la sua trousse e la pochette piena di saponi e profumi tra le mani.
Dopo essersi rilassata per un’ora sotto l’acqua corrente si sentiva una persona nuova e indossati un paio di pantaloncini neri e una maglietta dello stesso colore con un panda sul davanti decise di scendere in cucina e sgranocchiare qualcosa. Si rese conto una volta scesa che c’era qualcuno proprio dove doveva andare. Era seccata ma aveva fame e non aveva voglia di rimanere a stomaco vuoto così si armò di pazienza e aprì la porta della cucina.

- Ehi Tem! Non ti sentivo più, pensavo stessi dormendo. – disse Karui seduta tra un ragazzo abbastanza robusto che masticava delle patatine e una ragazza bionda platino, magra e con i capelli legati in una coda altissima.
- Non preoccuparti ero in doccia. – non si aspettava tutta quella gente ma fece finta di nulla.
- Ti presento Choji, Ino e Shikamaru. – indicò in ordine le prime due persone che aveva visto anche lei e poi girandosi notò un ragazzo alto, con le mani conserte e i capelli neri raccolti in un codino.Li salutò cordialmente stringendo loro la mano e quando arrivò a porgerla al ragazzo dietro di lei, lui sembrò quasi infastidito per aver mosso il braccio. – Shikamaru Nara, piacere. – disse soffocando uno sbadiglio con l’altra mano.
- Temari Sabaku No. – rispose alzando un sopracciglio, snervata dall’atteggiamento del tipo al quale aveva appena stretto la mano.
- Cos’è sei arrabbiata biondina? – le domandò il ragazzo alzando un sopracciglio a sua volta.
- Prego? – Temari lo squadrò dall’alto al basso.Karui fulminò Shikamaru con lo sguardo mentre Ino gli tirò in testa uno dei petali del pot-pourri che era posto al centro del tavolo della cucina.
- Ma che diavolo volete? -  domandò alle due ragazze che sembravano essere parecchio irritate.
- Sei un gran maleducato! – intervenne Ino – Ti hanno insegnato a trattare così le persone nuove che conosci? –
- Lascia stare, avrà rallentato l’apporto di ossigeno ai neuroni. – disse Temari decisa e senza neanche guardarlo uscì con la sua barretta al cioccolato tra le mani.
 
 
Sabato. Mattina.

 
 
Lasciò un biglietto per Karui dove le ricordava che aveva degli affari da sbrigare dall’Hokage quella mattina e uscì. Konoha era molto diversa da Suna e questo se l’aspettava, ma faceva un certo effetto svegliarsi in una città immersa nel verde quando si è abituati al color sabbia.
A quell’ora c’erano poche persone per strada e questo a Temari non dispiaceva, si sentiva tranquilla e finalmente il suo lavoro da ambasciatrice sarebbe diventato meno stressante visto che non avrebbe più dovuto fare avanti e indietro tra un villaggio e l’altro.
Quando arrivò nel corridoio in attesa di essere ricevuta, non c’era ancora nessuno, quindi pensò subito che avrebbe avuto molto tempo da passare in libertà dopo il colloquio. Si voltò, colta di sorpresa da uno sbadiglio piuttosto rumoroso e notò con lieve irritazione che quel suono fastidioso proveniva da una persona altrettanto irritante.
- Ma guarda chi c’è. – disse il ragazzo vestito di nero con il giubbotto da jonin verde scuro.
Temari cercò di ignorarlo. – Meno male che ero io il maleducato. – aggiunse sedendosi su una panca e intrecciando le braccia al petto.
- Ciao. – rispose sbrigativa mentre tamburellava con il piede sul pavimento.
- Vai di fretta? –
- Nara, ma i fatti tuoi? – domandò con un sorriso forzato e gli occhi puntanti su di lui in uno sguardo deciso.
Shikamaru alzò un sopracciglio e stizzito si infilò una sigaretta tra le labbra. – Sei veramente strana, come tutte le donne del resto. Chi vi capisce è bravo. –
Rimase a fissarlo mentre si avvicinava ad una delle finestre sul corridoio e si accendeva la sigaretta con un rapido gesto dell’accendino. Lo vide inspirare il fumo e poi rilasciarlo dalla bocca con un’aria tremendamente seccata.
- Cos’è ne vuoi una? – disse porgendole il pacchetto con una già mezza sfilata.
Si riprese scuotendo leggermente la testa. – No, grazie. – rispose – Non fumo. –
- Capisco. – disse rimettendo la confezione in una tasca interna della giubba. – Che ci fai qui? -  si voltò per guardarla dall’alto in basso.
Temari pensò prima di rispondere, gli ricambiò lo sguardo, e si avvicinò. – Sono diventata ambasciatrice per il villaggio della Sabbia qui a Konoha. -  pensò che era il caso di rispondergli, in fondo prima era stata troppo scorbutica. – Invece un tipo come te, cosa fa nel palazzetto dell’hokage? – continuò mentre sistemava la fascia rossa del kimono.
Shikamaru la guardò storto poi gettò la sigaretta dalla finestra. – Sono consigliere del quinto hokage. – sbadigliò di nuovo.
Sul volto della ragazza comparve un’espressione meravigliata. – Ah, sì? –
- Cosa vorresti dire? – le domandò lui.
- Non hai l’aria di uno che può fare una cosa simile. – confessò.
- Beh, neanche tu. – sorrise.
 
 
Sabato pomeriggio.
 

 
Karui non era in casa, quel pomeriggio aveva gli allenamenti con il suo team, così aspettando il suo ritorno Temari si crogiolò nel letto pensando a quello strano ragazzo, non tanto per l’aspetto quanto per l’atteggiamento. Decise poi di ingannare il tempo compilando alcune scartoffie principalmente riguardanti la nuova selezione dei chunin, che quell’anno si sarebbe svolta a Konoha. Dovette assicurarsi che i documenti dei genin partecipanti e dei loro jonin fossero tutti perfettamente allegati alle carte riconoscitive emanate dai kage dei rispettivi villaggi di provenienza e che ci fossero tutte le firme.
Il tempo volò abbastanza in fretta, ma c’era un pallino nella testa di Temari che non riusciva a mandar via. Era proprio quel viso, con quell’aria seccata che l’aveva intrigata ma allo stesso tempo infastidita, in modo lieve, ma l’aveva fatto.
- Temari! – sentì strillare il suo nome dal piano di sotto; Karui era tornata.
- Dimmi! – ribatté lei senza alzarsi dalla sedia.
- Stasera abbiamo una festa! -  disse entusiasta mentre comparve sulla soglia della porta.
Temari la fissò. – Che festa? –
- Al centro di Konoha c’è una sorta di sagra, la fanno tutti gli anni. È molto graziosa si mangia e si balla, in più ci sono anche tante bancarelle che vendono cose carinissime. Mi sono organizzata con i tre che hai visto ieri e altri ragazzi che ho conosciuto grazie a loro. È un buon modo per ambientarsi no? – Karui le sorrise.
La guardò, sembrava molto entusiasta e non le apparve una cattiva idea. – Perché no? –
Karui sorrise e zampettò gioiosa. – Per le venti usciamo! –
- Ma… -  guardò la piccola sveglia – Sono le diciannove! – si alzò di scatto e aprì di corsa l’armadio. Maledì l’amica per averla avvertita con così poco preavviso, odiava andare di fretta.
Eppure, riuscirono ad essere puntuali. I viali erano stati decorati con delle luminarie colorate, con festoni e palloncini. Le strade erano davvero ricche di qualsiasi cosa sia cibo, che giochi o vendita di souvenir. La prima che videro fu Ino, vestita con un abito viola stretto sul seno e più morbido dalla vita in giù, camminava davanti a Choji che aveva già arraffato una vaschetta di patatine fritte calde con ketchup e maionese e Shikamaru che invece se ne stava con le braccia incrociate dietro la testa e la sigaretta appoggiata tra le labbra.
- Allora ragazze siete pronte? – esordì Ino mentre salutava amichevolmente tutte e due.
- Prontissime! – Karui rispose per entrambe e si avviarono in una lunga passeggiata.
Le strade erano gremite di persone, uomini, donne e bambini camminavano l’uno di fianco all’altra assorti dalla bellezza delle luci colorate che andavano a fondersi con il cielo e alla magia che la musica, unita alle attrazioni presenti dava.
Temari rimase imbambolata davanti a una bancarella; si aveva la possibilità di tirare un kunai tre volte in un bersaglio; se si centrava tutte e tre le volte si vinceva un premio a scelta tra i più grandi disponibili. Pagò la somma dovuta e prese il kunai tra le mani, lo fece roteare su un dito e tirò. Centro. Passò al secondo, mirò il punto esatto e centrò anche quello. Mancava l’ultimo; ciò che desiderava era a un passo e non voleva fallire. Così prese il terzo kunai, lo mise davanti al suo viso e prese la mira pronta per spedirlo dritto nel bersaglio. – Sei davvero molto brava con le armi. – una voce conosciuta la colse di sorpresa facendole perdere la concentrazione proprio in quell’attimo in cui si da lo slancio all’oggetto dopo aver raddrizzato il tiro. Proprio nel secondo in cui tutto sarebbe stato deciso quella voce l’aveva disturbata facendole mancare di pochi millimetri il bersaglio.
- Le ultime parole famose. – gonfiò le guance in segno di protesta.
- Com’è ti sei distratta? Molto strano per una come te. – rispose mentre dava le tre monete necessarie per partecipare.
- Non ti perdonerò mai per questo. – disse tirandogli l’orecchio.
- Mh, rancorosa. – disse Shikamaru mentre tirava e centrava il bersaglio con il primo kunai. – Facciamo così – continuò facendo girare l’arma tra le dita – io centro tutti i tiri e tu mi perdoni. – sbuffò una nuvoletta di fumo dalle labbra.
Temari lo guardò imbronciata, l’espressione crucciata in viso di chi è molto offesa. Lui sorrise mentre mandò a segno anche il secondo tiro. Lui la guardò in cerca di una risposta, ma la ragazza gli aveva praticamente voltato la faccia e si era andata a sedere sulla panchina sul lato opposto rispetto alla bancarella del tiro a segno.
Poco dopo fu sollevato di trovarla ancora lì e le si avvicinò. – Tieni. – le porse il premio che aveva vinto. Lei lo guardò. – So che volevi il panda ma il cervo era più grazioso. – glielo poggiò sulle gambe e si accomodò di fianco a lei.
- Perché non parli? – disse sorridendo mentre un bimbo di cinque anni indicò alla mamma il grande peluche che sostava sulle cosce della ragazza. – Guarda che se non lo vuoi lo do a quel moccioso. – la minacciò ironico.
- Come facevi a sapere che avrei preferito il panda? – continuava a non guardarlo.
- Beh, la maglietta molto sexy di ieri era un buon indizio. –
Stavolta si guadagnò uno sguardo deciso dritto negli occhi. – Pensavo che con uno di quei kunai ti fossi tranciata la lingua e cavata gli occhi. Vedo con piacere che non è così. – poggiò un gomito sullo schienale della panchina girandosi nella sua direzione. Alzò le sopracciglia. – Allora? – domandò.
- Volevo vincerlo io. – sussurrò voltandosi verso di lui e abbracciando delicatamente il giocattolo.
- Ciò che conta è averne preso uno come ricordo, non trovi? – la buttò lì, dalla serie l’importante non è vincere ma partecipare.
Lei lo guardò e l’insoddisfazione sembrava essere quasi svanita, assorbita probabilmente dalla morbidezza del cervo di peluche.
- Vieni, prima che gli altri si facciano strane idee. – le fece l’occhiolino.
- Prego? –
- Che seccatura Tem, alzati. – le fece cenno di lasciare la panchina. – Vuoi sempre una spiegazione per tutto. –
Si incamminò verso Shikamaru con il cervo stretto tra le braccia. – Aspettami! –
 

 
***

 
 
Avevano scelto di fermarsi ad un ristorante che aveva organizzato per la festa delle grosse tavolate fuori al negozio così che tutti potessero sedersi anche all’esterno. Era restata a tenere i posti mentre Shikamaru era andato a prendere da mangiare. Si sentiva come in una bolla, come se fosse stata colpita da una magia e pensava al gesto carinissimo che lui aveva fatto per lei regalandole quel pupazzo. Non riusciva a comprenderlo fino in fondo e tantomeno voleva montarsi la testa pensando che si fosse invaghito di lei ma quello che era successo le faceva pensare che un minimo di interesse potesse avercelo.
- Scusami – una voce estremamente dolce la destò dai suoi pensieri. – Possiamo sederci al tavolo con te, siamo in due, ammesso che non siano già occupati. – la ragazza che le sorrise aveva dei graziosi capelli lunghi blu e una frangetta a coprirle la fronte. Poco dopo comparve un ragazzo biondo con due vassoi tra le mani che si affrettò ad appoggiarli sul tavolo.
- Certo, accomodatevi pure. – le rispose sorridendo.
- Grazie! – esclamò il ragazzo mentre si sedeva sulla panca opposta alla sua. – Io mi chiamo Naruto, lei invece è Hinata. – presentò entrambi e poi si gettò sulla sua gigantesca ciotola di ramen.
- Io mi chiamo Temari. -  sorrise ad entrambi.
- Sei nuova? – le domandò cordialmente Hinata mentre assaggiava un pezzo di cotoletta.
- Sì, sono arrivata ieri. – rispose mentre si guardava intorno alla ricerca di Shikamaru.
- Kami, che seccatura! Ho dovuto fare una fila lunghissima. – esordì proprio Shikamaru che seccato adagiò poco gentilmente i vassoi sul tavolo. – Naruto?! Hinata?! – esordì stupito.
- Shikamaru?! – esclamarono entrambi osservandolo palesemente meravigliati. Temari strabuzzò gli occhi. Un’espressione rimbambita le comparve in viso, cercò di mantenere la calma, anche se negli occhi di Shikamaru leggeva una certa agitazione. Il problema reale nasceva dal fatto che lei non conosceva i rapporti tra di loro, non conosceva il suo accompagnatore e già immaginava di essere scaricata come una scarpa vecchia.
- Vi state divertendo? – sdrammatizzò Shikamaru assaggiando il suo hamburger.Naruto lo guardò sornione. – Certo, tu? – un sorrisetto malizioso gli apparve in volto.
- Non è stata una brutta serata. – commentò mentre di sottecchi guardò la ragazza di fronte a lui.Temari si gustava nervosa le sue crocchette di pollo, un po’ a disagio dopo aver sentito l’insinuazione del biondo. Non aveva niente da temere, quello poi non era neanche un appuntamento, eppure era incredibilmente a disagio.
- Naruto, che ne pensi di andare alla pesca delle paperelle? – domandò gentile Hinata mentre il biondo beveva fino all’ultima goccia il brodo dalla ciotola.
- Certo! – asserì mentre scattava in piedi. – Ci vediamo in giro! – li salutò Naruto mentre prendeva la mano di Hinata per stringerla alla sua.Rimase a fissare i due che si allontanavano finché non scomparvero tra la folla. – Sono davvero carini quei due assieme. – affermò lei mentre terminava l’acqua che le era rimasta nel bicchiere.
- Non hai idea di quanto tempo ci ha messo Hinata a dichiararsi e quanto altrettanto tempo ha impiegato Naruto a capirlo. È stata un’odissea. – disse Shikamaru con il palmo appoggiato sul viso.Temari rise di gusto. Quando si impegnava sapeva farla davvero ridere.
- Cosa c’è di divertente? – domandò lui con un mezzo sorriso.
- Dovresti avere uno specchio di fronte per vedere la tua faccia. – sorrideva ancora mentre terminava la frase. – Perché mi fissi in quel modo? –Vide il suo sopracciglio alzarsi. – Ti sto solo osservando. C’è qualcosa che mi attira in te e sto cercando di capire che cos’è. –
Non seppe più cosa dire. L’aveva completamente spiazzata e detestava non sapere cosa rispondere.  Sperava con tutto il cuore che apparissero dal nulla Karui con gli altri due così da poter cambiare argomento eppure intorno a loro c’erano centinaia di persone ma non quelle desiderate. L’unico modo per sviare quella situazione era far finta di nulla, come se lui quella frase non l’avesse mai pronunciata.

- Senti – disse mentre giocherellava nervosamente con le dita.Lui la guardò interrogativo. – Tutto bene? –
In quel momento i suoi occhi incontrarono quelli neri e profondi di lui. Ci sarebbe annegata volentieri ma di certo non poteva restare imbambolata come una cretina a fissarlo.

- Sei davvero buffa. – asserì mentre si alzava dalla panca per stiracchiarsi.Stavolta fu lei ad assumere un’espressione interrogativa. – Forza Tem, mica voglio mangiarti. – continuò facendole segno con la testa di andare.
- Tem? – domandò lei mentre raggiungeva Shikamaru sul viale.Lui si girò. – Beh, Temari è troppo lungo. – le sorrise.
- Pff, da che pulpito. – disse ironica. – Il tuo nome ha nove lettere! –
- Il tuo ne ha sei, sono fin troppe. Meglio tre. – ribatté sistemandosi una sigaretta tra le labbra.
- Ma che diavolo significa?! – rise per l’assurdità e la pigrizia che quella frase metteva in evidenza.
- Significa che sei una grande seccatura. – affermò Shikamaru mentre aspirava dal filtro.

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Capitolo 2
*** L'essenza ***


Domenica, le prime ore del giorno.

 
 
Una grande seccatura. Così l’aveva definita il Nara poche ore prima durante la magica festa in centro. Sentiva lo stomaco in subbuglio e quella sensazione fastidiosa aumentò quando, entrando nella sua stanza un odore sconosciuto, la travolse. Collegò il tutto al cervo di peluche adagiato sul letto, che per poco tempo era stato tra le braccia di Shikamaru e che adesso faceva da profumo per ambienti nella sua camera. Un profumo fresco, muschiato, misto all’odore pungente del tabacco, le pizzicava le narici riportandole alla mente quel volto perennemente seccato ma affascinante, antipatico a volte e misterioso.
Sentì l’amica attraversare il corridoio. – Karui… - sussurrò per attirare la sua attenzione.

- Ehi – la ragazza entrò avvicinandosi al letto. – Tutto bene? –
- Che tipo è Shikamaru? – diretta, senza preamboli, andò al punto.Strabuzzò gli occhi. – Beh, è un tipo apposto, tranquillo fin troppo. –
Temari strinse le ginocchia al petto, abbracciandole subito dopo. – è che siamo stati tutta la serata insieme. –
Karui si sedette ai piedi del letto così da poter guardare in faccia l’amica. – esattamente dove sarebbe il problema? – alzò un sopracciglio, munita di uno sguardo indagatore. – ti ha infastidita? –
Fece cenno di no con la testa e Karui sembrò tranquillizzarsi. – Allora dov’è il problema? –
Cercò di nascondere il viso tra le ginocchia, provava una profonda vergogna e non riusciva a spiccicare parola per liberarsi da quel peso. L’amica la guardava con un’aria ancora più interrogativa.  – Mi spieghi che diavolo hai? – la chioma rossa si mosse in seguito al suo scrollo di spalle.

- Perché si è comportato così? – sussurrò mentre faceva riaffiorare almeno gli occhi verdi fino ad allora rimasti nascosti.Karui si grattò la tempia. – Non mi devi rispondere con un’altra domanda. –
La sentì sbuffare.  – Io non posso frequentarlo. – affermò.

- Ah, sì? E perché mai? – domandò seccata.Non rispose. – Non dirmi che sei ancora in pena per quell’idiota. – disse Karui congelandola con lo sguardo. Vide le sue guance rigate da un rivolo di lacrime e il capo dell’amica fare cenno di sì.
 
 
Domenica. Primo pomeriggio.
 
 
 
Aveva passeggiato a lungo per tutto il villaggio. Era rimasta affascinata dalle piccole case vicinissime l’una all’altra, tutte colorate, piene di vita. Le strade erano poco frequentate poiché con il caldo la maggior parte delle persone riposavano, ma lei aveva dormito fin troppo e alle temperature alte era abituata.
Si rese conto di essere arrivata quasi ai confini del villaggio quando vide un torii* a segnalarle l’ingresso al Parco dei Cervi. Un viale composto principalmente da sassolini di ghiaia era circondato da alberi altissimi e cespugli che davano inizio ad una fitta boscaglia. Sentiva diversi fruscii tra le foglie, il cinguettio dei passeri tra i rami e lo scricchiolare delle sue suole ad ogni passo. Notò che a stento riusciva ad intravedere il cielo, gli alberi erano cresciuti così tanto da creare una sorta di tetto naturale che faceva filtrare i raggi solari.
Poi un bivio. Un’insegna scolorita segnava la strada verso alcune abitazioni nascoste mentre l’altra risultava illeggibile. Imboccò proprio quest’ultima e a mano a mano che proseguiva la strada diveniva sempre più stretta ed i sassolini sempre più radi sostituiti dall’erba. Quel passaggio poi si aprì in un grosso slargo zeppo di lapidi.

- Ma che diavolo... – sussurrò. – Proprio al cimitero dovevo finire. –Un fruscio sospetto la mise in guardia; lo shuriken stretto tra indice e medio pronto ad essere scagliato. L’arma volò e non colpì nulla, venne fermata.
- Benvenuta. –Temari scrutò la boscaglia proprio da dove aveva sentito quella voce. – Seccatura. –
Lo vide spuntare come se nulla fosse dalla vegetazione con lo shuriken tra le dita. – Cos’è volevi farmi secco? – inclinò la testa in cerca di una risposta.

- Che cosa ci facevi in mezzo al bosco? – domandò lei mentre tirava un sospiro di sollievo. – Che problemi hai? –Shikamaru fece spallucce. – Beh, dovrei chiedere a te cosa ci fai nel parco di casa mia. – le sorrise.
- Piuttosto i problemi li hai tu che tiri roba alla gente a caso. – continuò facendo roteare lo shuriken sull’indice. Temari trattenne il fiato quando lui le si avvicinò pericolosamente. – La prossima volta, cerca di cogliermi di sorpresa. – un altro sorriso. – magari riesci a colpirmi. –
- Se avessi voluto avresti quel coso conficcato nella fronte. – una smorfia provocatoria le decorò il viso. – Ti ho risparmiato. –Non si capacitava di come poteva aver avuto quella reazione quella mattina se in quell’esatto momento appariva sfrontata e sicura.
- Voi donne siete tutte così. Tutto fumo. – asserì Shikamaru mentre le riponeva lo shuriken nel borsello che la ragazza teneva dietro al fianco sinistro.
- Cos’hai contro le donne? – ribatté battendogli un pugno sui pettorali.
- Assolutamente nulla. – le prese il polso e lo strinse delicatamente osservando la pelle un po’ più scura della sua fare contrasto con le sue dita. – Siete solo incomprensibili. –Rimase colpita dalle vibrazioni di quel tocco che le percorsero tutto il corpo, dalla nuca scendendo giù per la spina dorsale e arrivando fino alla punta dei piedi. Aveva uno sguardo magnetico, ipnotico eppure i suoi occhi erano semplicemente neri incastonati in un taglio a mandorla.  
Un’altra scossa la stordì. Il ricordo di Daimaru*, della loro relazione e poi del loro addio… del suo addio. Tradita come se non valesse nulla, usata solo per arrivare vicino al kazekage e poi gettata via. Proprio lei che gli era stata tanto fedele aveva dovuto subire tutto quello scempio e scoprirlo solo tanto tempo dopo. Lei a quell’uomo aveva dato tutto, lui le aveva consegnato solo della mera apparenza donandole un corpo vuoto, senz’anima.

- Incomprensibili… - sussurrò.Shikamaru la guardò. Vedeva solo un mucchio di capelli biondo scuro e la punta delicata e tonda del suo naso fare capolino dalla sua acconciatura.
- Forse siete voi che non avete un minimo di coscienza; forse siete voi che non sapete o non volete amare perché non avete intenzione di impegnarvi! Desiderate solo svuotarvi e sfogarvi, dei sentimenti non vi interessa. – alzò la testa per guardarlo di nuovo. Nei suoi occhi verdi brillava un orgoglio ferito, un’anima ancora stordita da quel dolore che lacerava il corpo e lo spirito.Il viso del ragazzo da rilassato che era virò in un’espressione contrariata. Liberò il polso di Temari dalla sua stretta per poi intrecciare le sue dita con quelle di lei, poi con il pollice dell’altra mano le carezzò una guancia. Poté sentire la pelle liscia e morbida accogliere quel tocco, plasmarsi sotto quella delicata pressione e trasmettergli una sensazione benefica.
- Ma… - i suoi occhi divennero lucidi.
- Non dire nulla. – fece scorrere il suo dito sulle sue labbra, come a confermarle che non c’era bisogno di ulteriori parole.Una lacrima gli bagnò il palmo, inaspettata, mentre quegli splendidi occhi verdi, spalancati per la sorpresa, si riempivano di pianto, schiarendoli di qualche tono. Poteva leggervi dentro tutta la sua fragilità mentre se ne stava immobile a pochissimi millimetri dal corpo di lei. D’istinto l’attrasse a sé accogliendola in uno stretto abbraccio.
 

 
Lunedì. Ora di pranzo.

 
- Come mai abbiamo tutte queste patatine in dispensa? – domandò Temari mentre osservava tutte quelle buste colorate che segnalavano i diversi gusti.Karui sobbalzò quasi dalla sedia come se l’amica l’avesse accusata di aver ucciso qualcuno.
- Beh, sai… nei giorni prima del ciclo mi vengono degli attacchi di fame e una voglia incredibile di schifezze. – si giustificò giocherellando con il bicchiere di vetro.La bionda alzò un sopracciglio. – Capisco. – disse avvicinandosi curiosa. – e come mai ti sei agitata tanto? – continuò appoggiandosi sulla sua spalla destra. – Infondo non è un tabù parlare di mestruazioni. – sorrise consapevole che la risposta precedente era una scusa ed anche pessima.
- In verità… - Karui fissò intensamente la tovaglia. Era cosciente che l’amica non c’era cascata neanche un po’. – Quando Choji allena il suo team gli porto sempre un pacchetto di patatine quando posso o glielo offro quando viene qui... – ammise senza guardare la sua interrogatrice.
- Quindi ti piace. – concluse Temari fiera ed orgogliosa di aver scoperto la cotta segreta della sua coinquilina.
- Come a te piace Shikamaru. – un’espressione maliziosa comparve sul viso della rossa.Temari fu colta di sorpresa. L’aria vincente di un secondo prima diede i natali a una smorfia di quasi terrore smorzata da un mezzo sorriso. – O sbaglio? – chiese conferma Karui mentre la vedeva boccheggiare in cerca di una risposta.
- Non dire sciocchezze. – affermò mentre cercava di darsi un contegno.
- Appena ho detto il suo nome ti è venuto un attacco di panico. Hai un’espressione che è tutto un programma. – sorrise mentre il disagio sul volto dell’amica si manifestò in un lieve rossore. – Si vede che ti piace… -Davvero le piaceva Shikamaru? Era troppo presto per deciderlo anche se in realtà provava una profonda attrazione verso di lui nata dopo quell’abbraccio così forte ed intenso. Quel corpo sano ed asciutto, che poté percepire attraverso la maglietta leggera che portava, solo avendolo sfiorato con i polpastrelli le aveva trasmesso delle sensazioni che non provava da tanto tempo. Quando gli posò il viso sul petto per sfogarsi in un pianto doloroso udì il battito lento e ritmico del suo cuore, rimbombarle nelle orecchie come una ninna nanna che a poco a poco la calmò. Poteva ancora sentire le sue dita sul suo volto scacciarle via le lacrime e carezzarle le guance e le labbra, la sua voce tranquilla lenire come un balsamo le ferite del suo cuore.
- Temari? – domandò Karui – Tutto bene? –
- Sì. – fece cenno con la testa. – Esco, ci vediamo più tardi. – imboccò la porta della cucina, indossò i sandali e uscì. 
 

 
***
 

 
Quando da piccola aveva iniziato gli allenamenti per diventare genin non pensava di poter arrivare dove era adesso. Ambasciatrice per Suna a Konoha, fuorisede, indipendente e anche lontana dai suoi affetti. Era orgogliosa di ciò che era diventata, considerata una delle kunoichi più forti del suo villaggio, era il punto di riferimento di tante ragazze che aspiravano a diventare come lei; delle donne coraggiose e valorose.
In quel momento però si vergognava come una ladra perché stava semplicemente camminando sul viale che portava verso le abitazioni del clan Nara. Percorreva quel viale a testa bassa, come per nascondersi, perché non credeva neanche lei a ciò che stava facendo.

- Signorina? – una voce femminile la chiamò.Temari si voltò. – Mi dica. –
Una signora anziana, bassa e con dei lunghi capelli bianchi, teneva al suo fianco un cervo con delle lunghe corna. Quell’animale aveva un fascino incredibile, fiero e severo, la guardava con dei profondi occhi neri.

- Lei non vive qui, sbaglio? –
- Non sbaglia. – confermò sorridendole.L’anziana le ricambiò il sorriso e si avvicinò. – è molto bella, lo sa? –
Rimase impietrita quando quella donna le accarezzò il viso, un tocco materno che le era sempre mancato e che le risultò sconosciuto. – La ringrazio molto. – sussurrò Temari guardando il viso dolce e modellato dalle rughe della signora.

- Ascolti… conosce un certo Shikamaru? – le domandò timida.Lei la guardò poggiando le mani sui fianchi. – Certo! È quello sfaticato di mio nipote! – esclamò. – Come mai una bella ragazza come te cerca proprio lui? È peggio di suo padre. – continuò.
Sorrise mentre l’espressione dell’anziana diveniva piuttosto buffa. – Eccolo quel pigrone! – si interruppe e prese fiato. – Nara Shikamaru! – urlò facendo sobbalzare il giovane che non si aspettava di essere chiamato in quel modo.

- Nonna che diavolo hai da sbraitare? – domandò avvicinandosi.
- C’è una bella signorina che ti cerca. Guarda che meraviglia di donna; muovi quel culo e falle fare un bel giro. Forza. – gli ordinò la vecchietta fulminandolo con lo sguardo.Sul viso del ragazzo comparve una smorfia seccata. – Sei una seccatura, peggio di mamma. – asserì mentre faceva cenno alla ragazza di seguirlo.
- Comportati bene! – gli strillò dietro mentre li vide allontanarsi.Alzò la mano e la mosse in modo da comunicare di non volere scocciature.
Camminarono per qualche metro, allontanandosi dalle abitazioni più piccole, percorrendo un viale alberato che portava a delle case più grandi circondate da ricchi giardini.
Rimase affascinata dallo stagno nel quale sguazzavano delle carpe e altri piccoli pesciolini e dal piccolo pozzo che si trovava a pochi passi dalla grande villetta.

- È bello qui. – affermò Temari guardandosi intorno.
- Dici? – domandò mentre si accomodava sul pavimento di legno che precedeva l’ingresso della casa. La guardò e le parve come una bambina felice e curiosa di poter visitare un posto nuovo. Quegli occhi verdi che il giorno prima apparivano spenti e vuoti in quel momento erano vivi e brillanti, densi di felicità.
- Shika! Un cerbiattino! – indicò con il dito il piccolo animaletto che tremava provando a stare in piedi sulle sue scheletriche zampe.Lui sorrise. – Non ti venga in mente di toccarlo. La mamma è qualche metro dietro di lui, potrebbe attaccarti. –
Temari gonfiò le guance, in segno di disapprovazione. – Ma è così carino. – tentò di convincerlo.

- Sei proprio una seccatura. – disse mentre incrociava le gambe e portava le braccia dietro la testa.La sentì avvicinarsi e sedersi poco distante dai suoi piedi. – Che vento ti ha portata qui? – chiuse gli occhi godendosi il venticello fresco.
- Volevo vederti. – beata onestà.Alzò leggermente la testa per guardarla. – Ah, sì? –
Le sue guance arrossirono delicatamente mentre i suoi occhi la scrutavano. Si sentiva una stupida, una perfetta idiota ad aver detto quella frase ma infondo era quello che provava ed era il reale motivo per cui si trovava lì.

- Volevo ringraziarti… per ieri. – confessò.
- Non dovresti farlo. – disse osservando lo stagno che era esattamente di fronte a loro.Temari lo guardò interrogativa. Era sempre molto enigmatico quando parlava, non sputava mai il rospo al primo colpo e questo a volte non le faceva capire quali erano le sue vere intenzioni.
Io ho solo fatto quello che l’istinto mi ha suggerito. Non c’era nulla di programmato, niente di forzato. Il mio cervello mi ha detto “abbracciala” e io l’ho fatto; è servito anche a me in un certo senso. – i suoi occhi ora erano rivolti al cielo azzurro. – Vedi Tem, io sono una persona a tratti detestabile, eternamente seccata, e senza tante pretese ma do tutto me stesso quando si mettono in gioco le cose che amo e le persone a cui voglio bene. È questo dare incondizionato che mi ha reso un po’ più schivo del solito, la delusione di non ricevere mai niente nonostante donassi tutto me stesso per aiutare chiunque, mi ha cambiato. Non è che pretendessi di essere lodato o venerato; cercavo solo di nutrirmi dell’amore che pensavo quella persona provasse per me per sentirmi bene. -  il suo viso mutò in un’espressione piuttosto triste. – Quando ti ho stretta e ho sentito il tuo corpo vicino al mio… io sono rimasto incantato. – si mise seduto con le gambe incrociate e con il viso appoggiato sul palmo della mano rivolto verso di lei. – Un po’ come adesso. – aggiunse mentre un lieve sorriso gli decorò il volto.
Ebbe la percezione che il tempo si fosse fermato nel momento stesso in cui Shikamaru aveva iniziato il suo monologo. Le sembrava di essere stata catapultata in un altro mondo, dove c’erano solo loro due a confessare ciò che erano diventati l’uno con l’altro.

- Credo che noi due siamo molto simili. – affermò Temari mentre una folata di vento le scompigliò i capelli. – Pensavo di aver trovato un uomo che nei momenti difficili potesse trasformare i miei muri in polvere, che potesse rendermi ancora più forte e senza paura, che credesse in me e che mi amasse per ciò che ero. – finse di guardare le nuvole tentando di respingere le lacrime che sentiva nascere. – Non avrei mai immaginato di essere considerata un mero oggetto o un mezzo per ottenere una promozione. Io ho amato tanto e forse, come te, non ho mai ricevuto in cambio neanche un briciolo di quello che ho donato. – fece una pausa. - È andata così. – fece spallucce, come a scacciare quei ricordi, come per dimostrare che non gliene importava più niente.Non se ne accorse neanche, concentrata com’era a formulare un discorso sensato senza piangere e a mantenere un certo contegno, quando la mano di Shikamaru l’attrasse a sé, per regalarle un bacio intenso e caldo sulle labbra. Ebbe come la sensazione che il cuore si fosse alleggerito, che il cervello avesse cancellato tutti quei ricordi dolorosi che pochi attimi prima stava cercando di raccontare; rimase incredula di fronte a quel gesto che in cuor suo desiderava da tempo. Ricambiò quel bacio scossa da un brivido che le percorse l’intera schiena; le sue labbra morbide erano un incanto anche solo da sfiorare, trasmettevano un desiderio covato da tanto, capiva che alla base di tutto questo c’era un’attrazione mentale; come se due pezzi di un puzzle si fossero finalmente incastrati perfettamente.
Il cuore cominciò a batterle forte che le parve scoppiare, non si ricordava che baciare qualcuno potesse scatenarle una reazione simile; si sentiva legata a Shikamaru perché c’era un’intesa tra di loro, qualcosa di forte che legava prima le loro menti e poi i loro corpi.
Le lasciò le labbra. – Non possiamo vivere solo per ricordare – disse guardandola intensamente negli occhi. – Non ne vale la pena. – le sfiorò le guance con i polpastrelli.
Temari rimase immobile a godersi quel tocco che avrebbe desiderato sentire ovunque, chiuse gli occhi e una lacrima le solcò il viso, felice, perché tutto ciò che covava nel profondo andava realizzandosi, finalmente tutto sembrava essere tornato al proprio posto e Shikamaru raccolse quella lacrima, percependone l’essenza, raccogliendola con una carezza.

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Capitolo 3
*** Come un bimbo che sogna. ***


Martedì mattina.

 
 
- Ehi Tem, tutto bene? – le domandò Karui mentre si preparava una bella tazza di cappuccino.La ragazza ancora assonnata batté diverse volte le palpebre assumendo un’aria interrogativa.
 – Sì. – rispose mentre mordeva un biscotto. In realtà aveva sonno da morire anche se la sera prima era rientrata a casa per cena.

- Tu, piuttosto, dove sei stata ieri? – chiese la bionda con sguardo indagatore.
- Sono stata a cena con Choji. – le rispose sorridendo.Gli occhi di Temari si illuminarono. – Davvero? –
- Sì… – confermò timida la rossa mentre si sedeva al tavolo.
- Raccontami com’è andata, dai! – la incitò esuberante inzuppando il biscotto nel latte e caffè. – Su! – continuò battendo la mano sul tavolo.
- Allora: siamo andati in un ristorante, il preferito di Choji, a mangiare carne alla brace e patatine. Praticamente tu ordini i pezzi di carne che gradisci e i camerieri te li portano crudi e, una volta arrivati, te li cuoci sul braciere che c’è al centro del tavolo; è davvero grazioso. – disse mescolando lo zucchero nella tazza.L’amica la guardava sognante e incantata durante il racconto. – E poi? – domandò curiosa.
- Beh, abbiamo parlato del più e del meno sia mentre mangiavamo che quando siamo andati a fare una passeggiata. È stato davvero tenero; è venuto a prendermi a casa e ha voluto anche riaccompagnarmi nonostante abitiamo in due parti del villaggio abbastanza distanti. Testardo com’è ha anche pagato per me, non ha voluto sentire ragioni! – concluse Karui.
- Dai, è stato gentile, infondo era il vostro primo appuntamento e da gentiluomo ti ha offerto la cena; un po’ vecchio stile, ma carino lo stesso. – approvò mentre mangiava l’ennesimo biscotto.
- Tu invece dove sei scappata? – ora toccava a lei subire il terzo grado.
- In realtà… - disse imbarazzata.Karui alzò il sopracciglio come a segnalarle che non voleva sentire bugie ma solo la pura verità.
Erano amiche da diversi anni e ormai la loro amicizia era basata sulla fiducia reciproca. Quando si incontrarono a Suna per la prima volta entrarono subito in sintonia. Lei si ritrovava a fare l’ambasciatrice fuorisede per il villaggio della Nuvola e Temari lavorava a fianco del fratello kazekage. Da quel giorno entrarono parecchio in confidenza tanto che Karui fu l’unica persona ai tempi a conoscere il dramma che Temari stava vivendo con l’ex fidanzato. Erano diventate davvero molto intime e quando entrambe, prima Karui che si trasferì a Konoha per insegnare ai futuri genin e dopo Temari, a seguito della promozione ad ambasciatrice, sentirono la mancanza l’una dell’altra nel periodo in cui non poterono frequentarsi come un tempo. Essere riunite sotto lo stesso tetto in quel momento le rendeva felici tenendo conto anche delle avventure amorose che stavano vivendo.

- Allora?! – la riprese mentre l’altra cercava in tutti i modi di aggirare l’argomento.
- Beh, niente, come dire… - tentennò.
- La pianti? – domandò infastidita – Sembra che ti abbia chiesto chissà che, parla. – la incoraggiò minacciosa.
- Sono andata da Shikamaru ieri, volevo ringraziarlo per quello che aveva fatto per me il giorno prima ma non mi sarei mai immaginata che potesse accadere… -Karui strabuzzò gli occhi. – Che cosa? Hai fatto sesso con Shikamaru? – urlò alzandosi come una furia dalla sedia. – Ma sei impazzita? Capisco che hai una mancanza a livello affettivo ma colmarla così solo perché ti ha regalato un cervo di peluche mi sembra esagerato! – continuò gettando con irruenza la tazza nel lavabo. – Agghiacciante. – concluse ricomponendosi.
Temari la guardò stupita. – Mi spieghi tramite quale meccanismo cerebrale sei arrivata alla conclusione che io abbia fatto cose con lui? – domandò irritata alzando un sopracciglio. – Ci siamo solo baciati e niente più. – rivelò mentre sparecchiava ciò che aveva usato per la colazione.

- Seriamente? – chiese sbattendo velocemente le palpebre.In risposta alzò nuovamente il sopracciglio.
- Non facevo Shikamaru così romantico. – commentò cercando di sciogliere quella lieve tensione che si era andata a creare. – Insomma, lui ritiene le donne troppo complicate per la sua persona e poi ti bacia come se non ci fosse un domani. – continuò. -  Sono sorpresa. –
- Evidentemente il fascino della Sabbia lo ha folgorato. -  rispose Temari facendole l’occhiolino. – Vado a sbrigarmi che ho da fare in ufficio. – sorrise e corse via, su per le scale, felice. 
 
***

 
 
Shikamaru stava aspettando Naruto vicino all’accademia; quando aveva bisogno di confrontarsi, sembrava strano persino a lui, gli riusciva semplice parlare proprio con l’Uzumaki. Poteva scegliere tra alcune persone con cui confidarsi, uno tra i primi era Choji, ma dopo l’appuntamento con Karui non avrebbero parlato d’altro e in quell’occasione era lui che doveva essere aiutato. Un’ altra candidata era Ino, ma era sicuro che l’avrebbe ascoltato solo per fare del gossip spicciolo con Sakura e onestamente non gli andava molto a genio la cosa.

- Ehi, Shika! – esclamò il biondo quasi col fiatone.
- Ciao Ciccio. – gli era uscito quel nomignolo a caso e Naruto sembrò apprezzare perché chiuse entrambi gli occhi e sorrise.Incominciarono a camminare per le strade meno frequentate anche di giorno, voleva mantenere la cosa il più privata possibile. Gli riusciva difficile chiedere consigli in generale, le uniche persone con cui riusciva a confidarsi su certi argomenti erano suo padre e il maestro Asuma, ma in quell’occasione specifica voleva sentire un parere meno razionale e più istintivo e Naruto gli apparve la persona adatta come già aveva dimostrato di esserlo in passato.
- Ti ricordi la ragazza della festa? – gli domandò guardando per aria.
- La bionda del villaggio della Sabbia? – chiese mentre si grattava la testa come per sforzarsi di ricordare.
- Già. – iniziava a percepire i battiti del cuore aumentare a mano a mano che il pensiero di lei si faceva vivo.Naruto lo fissò con il suo solito sguardo indagatore. – Dov’è il problema, amico? – domandò.
- Non ce ne sarebbero se solo non sentissi una voglia matta di averla vicino a me in ogni momento. – affermò. – Detesto questa sensazione; che cazzo, mi sento peggio di Kiba, roba che manco i cani. – il suo viso assunse un’espressione infastidita. – Poi ieri da bravo genio il quale sono l’ho anche baciata pensando che mi passasse e invece ho peggiorato la situazione in un modo che neppure immagini. –
- Beh, diciamo che non è stata proprio una mossa degna di un abile stratega. – confermò il biondo.Shikamaru lo guardò storto in segno che l’affermazione non gli piacque affatto. – Inoltre, la cosa è diventata ancora più tragica perché mi sono reso conto che ho bisogno di lei più a livello mentale e spirituale che a livello fisico. – sospirò seccato.
La faccia del biondo assunse un’aria incredula. – Profondo. Non me l’aspettavo. –
Il sopracciglio del Nara si alzò e se avesse potuto sarebbe arrivato fino in cielo per la disapprovazione. – Non sono mica un animale selvatico che si accoppia con la prima cosa che respira. – fece una pausa e per un attimo gli balenarono per la mente gli occhi verdi di Temari, le sue labbra morbide e umide che rispondevano alle sue.

- Non fare il sostenuto: ammettere che ti attira anche fisicamente non vuol dire essere superficiali, anche perché a baciarla l’hai baciata, quindi qualcosa vorrà pur dire. – disse il biondo convinto di ciò che diceva.
- Non ho detto questo. – sottolineò marcando ogni parola.
-  E allora Shika? – domandò per sottolineare l’ovvio. – Si vede che ti ha colpito, allora ascolta il tuo cuore e il tuo gran bel cervello… più il cuore che a volte la materia grigia che hai chiusa in testa ti fa fare certe cazzate madornali. –Shikamaru sbuffò a quel velato insulto al suo cervello. – Quindi? – domandò.
- Quindi che?! – urlò spaventando un gatto randagio che attraversava la strada. – Cazzo, sei tanto intelligente ma non capisci i segnali che il tuo corpo di manda? Dannazione, quando la vedi vorresti stringerla tra le tue braccia, coccolarla, baciarla, farle i grattini, accarezzarla e non so cos’altro? Allora vorrà dire che ne sei attratto in qualche modo, che diavolo! Mica devo spiegarti io come fare a capire che va oltre l’intesa mentale! – la faccia di Naruto era più che eloquente. – Su, non mi far essere volgare. – continuò.
- Ehi, amico. Non sono a questi livelli di ignoranza del mio corpo e anzi me ne rendo fin troppo conto e mi preoccupo pure. -  dichiarò guardandolo ancora più seccato. –  Dopo quel bacio mi è salito quell’istinto primordiale di prenderla e portarmela dentro casa e ti assicuro che ho fatto fatica a tenere a bada la situazione. – confessò.
- Mi sarei preoccupato del contrario. – disse ridendo il biondo. – Innamorarsi, soprattutto alla nostra età, consiste anche in questo. Te lo dico perché l’ho provato e lo provo tutt’ora con Hinata. Ai miei occhi lei è bellissima e ogni volta che la vedo sento emozioni diverse; a volte la vorrei stringere tra le mie braccia e coccolarla e starei le ore con lei che mi accarezza. Altre volte invece non riusciamo a staccarci e staremmo a letto insieme per un tempo infinito, con tutto il mondo che scorre e che va avanti ma con noi che rimaniamo sempre lì. Succede che non ne hai mai abbastanza ed è quello che ti fotte il cervello, è quello che ti fa sentire nel posto giusto e al sicuro. – gli occhi gli brillarono. Evidenziavano un trasporto davvero invidiabile. – Provaci Shika, scommetto che lei è altrettanto presa da te. – gli batté una mano sulla spalla. – Cos’hai da perdere infondo? –Shikamaru in effetti non aveva assolutamente nulla da perdere e sapeva di doversi dare una possibilità. Dopotutto Naruto aveva ragione; programmare qualsiasi cosa nella vita o la rendeva impossibile o insoddisfacente, priva di emozioni. Lui rimaneva a pensare per ore, a calcolare qualsiasi probabilità di riuscita o fallimento di qualsivoglia esperienza e spesso risultava un’arma a doppio taglio; da una parte lo preparava a ciò che sarebbe potuto accadere e dall’altra lo limitava nei sentimenti. Decise che si sarebbe dovuto godere quelle sensazioni nuove che solo la frequentazione di Temari gli avrebbe potuto regalare, sapeva che lei poteva essere in qualche modo compatibile con il suo essere solitario e calcolatore; lei con la sua velata timidezza celata dietro uno strato d’orgoglio lo spingeva a provocarla e a rivolgerle sempre la parola per primo. Era come se non riuscisse ad esserle indifferente e probabilmente l’avrebbe notata persino in mezzo ad una folla per un singolo particolare che fossero stati i capelli o il profumo lui l’avrebbe trovata.
- Niente. – rispose secco.
- Vedi che allora sei veramente intelligente? – disse con un sorriso smagliante Naruto mentre Shikamaru, di tutta risposta, lo guardò storto per avere messo in dubbio le sue capacità intellettive sbuffando in segno di disapprovazione.
 - Sei sempre il solito! – aggiunse poi il biondo scuotendo leggermente la testa. – Come te non c’è nessuno. – 
 


 
 
Martedì pomeriggio tardi.



 
 
Sentì qualcuno suonare il campanello e si stupì; Karui era uscita da qualche ora e sarebbe tornata molto tardi quindi non aveva idea di chi potesse essere.

- Chissà chi è che rompe! – canticchiò mentre raggiungeva la porta. – Ma che diavolo! –
- Chi è che rompe? – ripeté il ragazzo di fronte a lei.
- Tu. – rispose con un mezzo sorriso. – Comunque, Karui non c’è. – aggiunse.Shikamaru alzò un sopracciglio. – Quindi? –
- Quindi torna più tardi. – gli disse facendo spallucce.La guardò interrogativo. – Seccatura, io sono qui per te. – confessò spegnendo la sigaretta.
Gli occhi di Temari si spalancarono per lo stupore insieme alle labbra che si dischiusero leggermente. – Beh, allora sei proprio masochista. – disse ironica cercando di nascondere la profonda emozione che provava nel vederlo.

- Sarà. – rispose mentre seguiva la ragazza dentro casa.Poté accorgersi che mentre camminava ondeggiava i fianchi in maniera naturale e non fu in grado di non notare che il tutto veniva accentuato da un paio di pantaloncini corti neri di tuta che lei portava al di sotto dell’ombelico, abbinati a un top largo a maniche corte bianco con la stampa di un koala.
- Ho pensato di offrirti del succo. – la vide arrivare con due bicchieri in mano.
- Grazie. – la seguì con lo sguardo mentre di accomodava sul capo opposto del divano rispetto a dove si trovava; con una mano stringeva il bicchiere mentre con l’altra si accarezzava delicatamente i capelli.
- Allora, qual buon vento ti porta? -  cercò di sdrammatizzare sentendosi i suoi occhi addosso.
- Volevo invitarti ad uscire con me, se non hai da fare stasera. – mise da parte l’imbarazzo concentrandosi sul succo che oscillava nel recipiente.
- Eh? – fu tutto quello che riuscì a dire.Shikamaru la guardò dalla testa ai piedi; era davvero buffa quando si imbarazzava e le guance le si coloravano di un lieve rosso. Più che buffa è adorabile, pensò.
- Tem? –Solo così mancava che la chiamasse. “Tem” e il cuore le si liquefaceva nel giro di pochissimi secondi come se fosse di cera. – Sì, okay, va bene. – disse scandendo velocemente ogni parola.
- Ottimo, allora se ti prepari andiamo. – le sorrise.
- Avrai da aspettare. – le rispose facendogli l’occhiolino. – Non andartene eh! – e corse su per le scale.In realtà fu abbastanza veloce e ne fu contento perché mai avrebbe sopportato aspettare intere ore come quando lui e Choji attendevano Ino fuori casa nonostante fossero sempre puntuali. Quando la vide tornare in salotto rimase ad osservarla quanto bastava a fotografare nella sua mente quanto fosse ancora più bella. Aveva scelto una maglietta bianca, con lo scollo a barca rivestita di merletto tono su tono e con qualche perlina qua e là, che portava infilata nei pantaloncini a vita alta di jeans corti fino a metà coscia.
- Eccomi! – fece una piroetta su sé stessa e la suola di gomma dei sandali bassi che si legavano intorno ai polpacci fino a sotto il ginocchio emise un leggero rumore.Chiusero la porta d’ingresso e si incamminarono lungo il grosso viale che portava verso il centro di Konoha. L’aria frizzante della sera solleticava loro la pelle scoperta mentre il cielo era colorato ancora dai toni del tramonto; dall’arancione virava al rosa, poi al rosso, con qualche tocco di giallo e celeste, il sole si nascondeva dando spazio alla luna che a poco a poco emergeva.
- Dove ti piacerebbe andare? – domandò Shikamaru accendendosi una sigaretta.Temari fece spallucce. – Non conosco niente di questo villaggio, scegli tu. –
- D’accordo. Allora ti porto io da qualche parte. – disse mentre aspirava dal filtro.Strinse gli occhi in segno d’assenso e poco dopo giunsero in un piccolo ristorante tipico della zona centrale del quartiere. Quando entrarono notò subito che i tavoli avevano delle braci al centro e subito le tornò in mente la descrizione che Karui le aveva fatto del posto in cui era stata con Choji.
- Ci sei già stata? – le disse mentre si accomodarono.
- Da quando leggi nel pensiero? – controbatté inclinando leggermente la testa.Lui sorrise. – Sono solo un abile osservatore. –
- Modesto. – affermò mentre faceva roteare le bacchette tra le dita. – Comunque me ne ha parlato Karui; l’ho riconosciuto dalla sua descrizione. –
- Sai, questo per me è un posto speciale. Il mio maestro portava me, Ino e Choji a mangiare qui appena c’era da festeggiare qualcosa. Spesso si trovava un pretesto anche stupido pur di venire qui ad ingozzarci. – gli occhi di Shikamaru le parvero persi nel vuoto, come se stesse rivivendo alcuni momenti non più da protagonista ma da spettatore. – Sono dei bellissimi ricordi. – commentò tentando di chiudere il discorso che aveva maldestramente aperto.
- Percepisco un po’ di malinconia. – affermò Temari guardandolo enigmatica.
- Può essere. – confermò tamburellando le dita sul tavolo. – Anche tu non sei male come osservatrice.  –Lei gli sorrise orgogliosa. – Diciamo che me la cavo. –
Sentì gli occhi di Shikamaru scrutarla come ad analizzarle ogni millimetro della sua pelle, concentrarsi su ogni sfumatura delle sue iridi e delle sue labbra. In tanti anni il suo ex non l’aveva mai guardata in quel modo eppure non era un semplice sguardo; era come se volesse provare ad entrarle dentro semplicemente osservandola.

-Sei… -
- Mh? –
- Bellissima. –Colse le sue guance tingersi di rosso e le sue dita stringersi in un gesto nervoso. Le apparve incredula a quelle parole, probabilmente non se l’aspettava.
Nella sua mente invocò l’aiuto degli Dei; cominciò a torturare il tovagliolo di carta su tavolo, riducendolo prima in piccole strisce poi in minuscoli pezzi. Pensò di sorridergli, ma sarebbe sembrata un’ebete, poi le venne di rispondergli con un ‘grazie’ ma non voleva apparigli vanitosa. Implorò al suo cervello di sforzarsi di trovare una soluzione, di riuscire a scampare a quell’affermazione senza sembrare una stupida.

- Anche tu lo sei. – ecco l’illuminazione; rispondere con la stessa moneta.Stavolta fu lui a distogliere lo sguardo per qualche secondo concentrandosi sulla carne che sfrigolava sulla brace.
- Che diavolo dici? – sussurrò.Lei alzò il sopracciglio. – Beh, non è così? –
- Che cosa vuoi che ne sappia, mica vado in giro a lodare la mia persona. – rispose con un mezzo sorriso. L’aveva incastrato. Rise di gusto mentre Shikamaru si grattava la testa imbarazzato al massimo.
Fortunatamente riuscirono a passare oltre quel velo d’imbarazzo che si era creato, mangiarono e chiacchierarono tranquilli del più e del meno come se si conoscessero da una vita. Risero fin troppo quando il ragazzo raccontò che la madre prese a padellate lui ed il padre per non essere andati al tavolo per la cena e Temari quasi pianse tanto gli apparve assurda la situazione; poi fu Shikamaru a ridere fino alle lacrime quando lei gli raccontò della volta in cui la madre del suo ex quasi li beccò a letto insieme.
Pagarono lasciando i soldi sul tavolo e si incamminarono nuovamente verso una meta a Temari sconosciuta.

- Senti, stasera al parco Nara festeggiamo l’inizio dell’estate, ti andrebbe di venire? – domandò aspirando dal filtro della sigaretta.
- Vedrò altri cervi? -  rispose guardandolo sognante.
- È probabile. – sorrise.
- Sono troppo curiosa di vedere le vostre usanze, anche noi a Suna facciamo qualcosa di simile. –
- Mi fa piacere. – la mano di Shikamaru strinse quella di Temari mentre passavano sotto al torii d’ingresso al parco. Fu sollevato quando percepì la mano della ragazza ricambiare la stretta e avvicinarsi di più a lui.
- Guarda alla tua sinistra. – le sussurrò all’orecchio il ragazzo.Dalla boscaglia apparve un maestoso cervo, dalle corna grandi ed ampie che, con aria severa, era intento ad attraversare il viale. Notò Temari e le si avvicinò piano annusandola dai piedi fino al volto solleticandole la pelle col naso umido.
- È bellissimo. – disse piano. – Perché mi annusa? – domandò.
- Ti sta studiando perché non riconosce il tuo odore. Ora porgigli la mano che ti ho stretto, più precisamente il dorso. –La ragazza ubbidì e il cervo percependo l’odore a lui noto si fece accarezzare da entrambi, senza fuggire. – Il mio profumo per loro è segno di sicurezza. – le spiegò mentre se ne stava incantata a carezzare l’animale sul collo e sulla schiena.
- Sono un po’ come i cani. – asserì Temari mentre gli sfiorava un corno.
- Meno rompipalle. – la corresse riprendendola per mano.Vide l’animale andarsene e un bagliore illuminare la fine del viale. La musica e le risate si facevano a mano a mano più vicine. Tante persone se ne stavano sedute intorno ad un enorme falò bevendo e mangiando, altre cantavano e ballavano serene e sorridenti.
- Ma quanta gente c’è? -  domandò stupita.
- Troppa. – rispose ironico mentre la guidava verso il grande fuoco.Rimase estasiata dall’allegria che si respirava e dalla spensieratezza che aleggiava e contagiava tutti i presenti.
- È arrivato il principino! – esclamò un uomo alto, con i capelli legati in un codino, il pizzetto e delle cicatrici sul volto. – Tieni, figliolo, bevi! –
- Già brillo a neanche metà festa? – domandò battendogli una pacca sulla spalla.
- Ma che capisci tu, non mi fare la predica! – esclamò mandando giù un altro sorso. – A proposito… -
- Mh? –
- Chi è questa bella signorina? –
- Papà. – 
Padre e figlio si guardarono in malo modo. Se non fosse stato per la barba e le cicatrici sarebbero stati uno la copia dell’altro.
- Lavoriamo insieme. – aggiunse fulminandolo con lo sguardo.
- Mi chiamo Temari. – gli porse la mano cercando di sdrammatizzare e l’uomo ricambiò la stretta con un baciamano.
- Shikaku Nara, capoclan di una delle famiglie più antiche di Konoha. – le sorrise. – Onorato di averti qui, spero tu ti diverta. –
- D’accordo. -  disse il ragazzo seccato prendendo la ragazza per mano e trascinandola via.
- Ma che? – domandò un po’ infastidita.
- Mio padre è una seccatura quando comincia a blaterare. –
- Tale padre… -  e lasciò intendere il finale.Shikamaru la guardò, alzò un sopracciglio e le fece un mezzo sorriso. – Non mi provocare. – si accese una sigaretta.
- Dove sarebbe la provocazione? – gli occhi di Temari si fecero più penetranti.
- Fai pure l’innocentina. –
- Io? –
- No, mia nonna. –
- Deve essere una donna moderna allora. –
- Modernissima. – confermò avvicinandosi al suo viso.Lo fissò, dritto negli occhi, come a volerli catturare e farli propri. Era davvero affascinante.
- Sai Shikamaru, noi donne della Sabbia non siamo particolarmente docili. Non so quanto ti convenga parlarmi così. –
- A me interessa qualcuno che mi tenga testa non una donna a me sottomessa che mi accontenti e basta. –
L’aveva a un soffio dal viso e gli sarebbe piaciuto davvero tanto stringerla, assaporare quelle labbra morbide e delicate e farle proprie, inspirare il suo profumo così intenso ed avvolgente e sentirselo addosso. Quegli occhi verdi continuavano a guardarlo e pregò gli Dei che smettessero di farlo perché probabilmente ne sarebbe rimasto ammaliato e non avrebbe più risposto di sé. Cercò di mantenere la calma, provò a distrarsi fumando, ma servì a poco perché lei era sempre lì e desiderava con tutto sé stesso non cedere a quegli impulsi; non gli pareva il caso di lasciarsi andare così precocemente nonostante il suo corpo manifestasse il contrario.
- Qualcosa non va? – domandò Temari.
- Mh? -  rinsavì dai suoi pensieri. – Sì. –
- Balliamo? –
- Come? –
- Ma che ti prende? –
- Nulla, sono solo un po’ stanco. – mentì. 
Lei lo guardò cercando di cogliere qualche segnale di disagio, poi lo prese per mano e lo trascinò nei pressi di un altro piccolo falò intorno al quale diverse persone ballavano spensierate.
- Vieni! – cercò di trascinarlo in mezzo alla folla. – Coraggio! Non dirmi che non sai ballare. – insinuò tirandolo per le dita.
- Odio stare appiccicato alla gente. – un’espressione seccata gli comparve in viso.
- Su! Basta seguire il ritmo, è semplice. – gli mostrò qualche passo e rise nel vedere come Shikamaru mal volentieri seguiva i suoi movimenti.
- Sei una grande seccatura. – disse mentre le prendeva la mano e le permise di piroettare su sé stessa.
- Allora sai muoverti un po’. – lo provocò.
Non sai quanto. – rispose cogliendo la provocazione e la attirò a sé baciandola dolcemente sulle labbra.

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Capitolo 4
*** Negarsi. ***


 
Mercoledì, tarda mattinata.
 
- Lei è la signorina Sabaku No Temari? –

- Sì, sono io. – rispose. - Cosa è successo? –

- Ho una lettera per lei da parte del Kazekage. – il messaggero estrasse l’oggetto dalla borsa e scomparve poco dopo avergliela appoggiata sulla scrivania.

Aprì la busta e le parole che lesse la allarmarono in un primo momento, poi cercò di andare a fondo nella questione. Gaara le chiedeva di tornare a Suna dopo neanche una settimana dal suo trasferimento a Konoha, cosa molto strana per un tipo come lui siccome conosceva perfettamente i motivi per i quali lei aveva chiesto di cambiare villaggio. Le spiegazioni che diede poi furono molto vaghe; accennò a una missione di livello A che solo lei e altri pochi jonin di cui conosceva a pieno le potenzialità e di cui si fidava ciecamente potevano effettuare. Il tutto si concludeva con una firma rapida e sconnessa abbinata a un timbro blu con il logo del villaggio della Sabbia. Fu proprio la firma che la disturbò, Gaara quando firmava scriveva sempre in modo chiaro e riconoscibile, inoltre la sua grafia era sì leggibile, ma spigolosa, parecchio complessa da emulare. Cominciò quindi a domandarsi chi poteva aver tentato di allontanarla da Konoha anche solo per qualche giorno e ripensò ai vari documenti che potevano essere soggetti ad un interessamento da parte di terzi o che potevano costituire un elemento importante per chicchessia. Le venne in mente che i rapporti con il villaggio del Suono erano da sempre mitigati da momenti di pace e di conflitto e che evidentemente qualcuno stava provando a sabotare alcuni progetti che valutavano la fine di qualsiasi guerra, ma non ne trovò il senso… in fondo lei era a Konoha, cosa avrebbe significato rivolerla ancora a Suna?
 Si alzò con la lettera tra le mani e imboccò subito il corridoio principale, scese fino al piano terra poi da lì sotto per altri due piani. Aveva bisogno di qualcuno che l’aiutasse a stabilire se effettivamente quello che aveva ricevuto glielo aveva mandato veramente Gaara, perché non aveva intenzione di tornare a Suna senza motivo e soprattutto non voleva sottostare ai capricci di nessuno.
Avanzò a passo svelto fino a quando non vide contrassegnata la scritta “Unità Ninja Crittografi – Konoha”; come aveva immaginato dovevano avere anche alla Foglia un gruppo simile e non si era sbagliata.


- Buongiorno. - disse dopo aver bussato.

- Salve, lei chi è? – domandò una voce femminile.

- Sabaku No Temari, ambasciatrice del villaggio della Sabbia qui a Konoha. – 

Una ragazza giovane, con i capelli lunghi fino a poco sotto le spalle di un particolare biondo, un po’ più bassa di lei e con gli occhiali le venne incontro.

- Di cosa ha bisogno? –

- Dovrei parlare con qualcuno che mi aiuti a comprendere se questa firma appartiene veramente alla persona che ha scritto questa lettera. –

- D’accordo. – le prese la lettera dalle mani.Temari era quasi infastidita, ma cercò di non darlo a vedere. Ostentava un modo di fare che non le piaceva, una superbia che le dava i nervi. - Io sono Shiho e mi occupo di crittografare i messaggi di dubbia provenienza come il tuo. A quanto vedo c’è di mezzo il kazekage. – asserì.

- Sì. – tirò fuori un’altra lettera con la vera firma di Gaara. – Ho il dubbio che quello scritto non l’abbia né firmato né mandato lui. – disse porgendole l’altro pezzo di carta. 
Shiho la guardò pensierosa e risistemò con un dito gli occhiali sul naso. – Dunque, diamo un’occhiata. – posò le due lettere e le mise una al fianco dell’altra poi con uno strumento che le parve una lente d’ingrandimento e altri oggetti non ben identificati iniziò ad osservare le due firme. Rigirò più volte i fogli, li sovrappose e li mise anche controluce per cercare qualche indizio. Ebbe l’impressione che si stesse concentrando moltissimo e che trovare delle differenze tra le due firme stesse diventando un lavoro articolato.

- I tuoi dubbi sono reali. Questa firma non appartiene al kazekage. – concluse Shiho asciugandosi con il dorso della mano alcune goccioline di sudore dalla fronte. 
Temari rimase interdetta e anche un po’ confusa; se l’aspettava ma fino all’ultimo sperò che si stava sbagliando e che il fratello fosse stato solo parecchio stanco mentre scriveva verso la base destra del foglio.

- Come pensavo. – non ebbe il coraggio di aggiungere altro.

- Ti consiglio di parlarne con l’hokage. - 

- Vedrò, ti ringrazio. – arraffò la lettera e filò via, dritta verso casa. 


 
***

 
 
- Mi spieghi perché diavolo stai mettendo a soqquadro tutta la tua stanza? – Karui sostava sulla soglia della porta spazientita mentre l’amica ravanava come una furia in alcuni cassetti.

- Qui non c’è… - disse sbattendo l’ultimo cassetto della scrivania irritata al massimo.

- Temari. – pronunciò decisa battendo una mano sul muro.

- Karui. – le rispose nello stesso identico modo mentre si lanciava verso la libreria aprendo ogni singolo libro.

- O ti decidi a vuotare il sacco o mi arrabbio sul serio. – le diede un ultimatum.

- Qui neanche… - la ignorò. – Qua neppure… -  e rimise l’ennesimo volume al proprio posto. – Sto cercando una lettera. – confessò senza dare alcun peso a ciò che aveva detto.

- E questa lettera è così importante da farti diventare come un segugio pur di ritrovarla? – domandò seccata.

- Esattamente. – passò velocemente il dito tra le pagine. – Trovata! – esclamò tenendo stretto in mano un foglio poco più piccolo di un palmo.

- Siano lodati gli Dei. – imprecò Karui. 

Temari si avviò verso la scrivania e l’amica la seguì con un’aria curiosa; dopo aver fatto quel macello ora voleva comprendere il perché.

- In breve; mi è stata inviato questo scritto a nome di Gaara ma non è stato lui a mandarmelo. – concluse.

- E come fai a … -

- Ho fatto esaminare la firma. – non le diede il tempo di finire. – Ti starai chiedendo allora che diavolo ho cercato in queste due ore. –

- Beh, direi. – disse come a dichiarare l’ovvio Karui.

- Ho cercato qualcosa che potesse ricollegarmi al mio sospetto numero uno. – le sventolò il foglietto davanti agli occhi. – Questa è una lettera che mi spedì Daimaru anni fa, l’unica che ho portato con me. –

- Tu credi che quell’idiota voglia riprendere i rapporti con te? – domandò interrogativa.

- Questo non lo so, ma credo che non si sia rassegnato alla mia lontananza. – gli occhi di Temari si fecero cupi. – non ti nego che la cosa mi infastidisce. – 

Karui mise a confronto le due firme, le osservò per un po’ e le risultò difficile trovare delle somiglianze. – Tem, queste scritte sono agli antipodi. –

Anche la ragazza si mise a scrutarle intensamente provando ad individuare qualcosa che le potesse ricondurre alla stessa persona. Quello che immaginava si era realizzato un’ennesima volta, la soluzione del problema era ancora lontana. – Già hai ragione. – concordò con amarezza. – Resta il fatto che quella firma non è di Gaara. –


- Quindi qualcuno sta cercando di allontanarti da Konoha. – aggiunse Karui. – Ma chi? –

- Lo vorrei tanto sapere anche io. – affermò Temari stringendo tra le mani le due lettere per poi gettarle via, con un moto di stizza, nel primo cassetto. 

 

 
***

 
 
 
Domenica, primo pomeriggio.

 
 
- Tem? – la voce di Shikamaru rimbombò da dietro la porta mentre la ragazza correva ad aprirgli.

- Ciao “principino”. – gli fece l’occhiolino mentre lui le regalò un bacio leggero sulle labbra completamente inaspettato.

- È da un po’ che non ti vedo. – confessò. – Fatta eccezione per gli incontri di sfuggita al palazzetto dell’hokage. –

- Ti sono mancata allora. – asserì lei ciondolando leggermente la testa.

- Ehm, veramente… - sussurrò imbarazzato mentre si stringeva il codino. Pochi secondi prima l’aveva baciata senza tanti scrupoli e alla prima affermazione più intima a stento riusciva a parlare. Comprese di essere un tipo strano e che non poteva farci niente se quella seccatura lo faceva sentire in quel modo.Salirono in camera e la prima cosa che notò fu il cervo di peluche posizionato al centro del letto e d'istinto sorrise; vederlo lì era come sentirsi dire “non mi dimenticherò mai di quel giorno e di te” e ne fu felice, dentro di sé sentiva di star andando sulla strada giusta.

- Senti Shika… -  sussurrò chiudendo la porta. 
Lui la guardò interrogativo, un vago presentimento gli balenò nel cervello. Quel tono di voce, abbinato a certe parole, connesso a una gestualità del corpo esplicita fecero suonare nella sua testa un campanello d’allarme.

- Dimmi Tem. – rispose cercando di essere il più disinvolto possibile.

- Mi domandavo se tu non sentissi un certo bisogno… - batté le palpebre e a Shikamaru parvero come il muoversi di due splendide ali di farfalla mentre incantato indietreggiava verso il letto fino a potersi sedere. La vide mettersi a cavalcioni su di lui, le sue labbra a un palmo dalle sue. – Il bisogno irrefrenabile di… - con entrambe le mani gli accarezzò le guance. Lui se ne stava sempre più imbambolato, fulminato da quel profumo fruttato e delicatamente dolce. – Di… -

- Di? – ripeté.

- Fare la lotta! Beccati questo! -  esclamò strizzandogli il naso con due dita.Shikamaru inizialmente in uno stato confusionale impiegò pochi secondi a rovesciare la situazione; la prese per i fianchi e la mise a pancia all’aria mettendosi poi sopra di lei bloccandole con non troppa forza i polsi.

- Adesso che fai, Seccatura? – un sorriso divertito gli comparve in volto. – Eh? – la incalzò. 

Temari provò a dimenarsi divertita nonostante il brivido di eccitazione che le scosse il corpo e le fece venire la pelle d’oca.

– Che ti succede? -  domandò l’ovvio e lei capì subito che si era accorto di quella reazione fisiologica.

A quel punto avvinghiò le gambe al bacino di Shikamaru e, con una forza che lui non si aspettava, si ritrovò nuovamente la ragazza su di lui, sciolta dalla sua stretta, e perfettamente seduta sul suo ventre. – Qualcosa non va? – stavolta fu lei a lanciargli una provocazione mentre un ghignò le decorò il viso.
Piegò il braccio in modo da avere l’avambraccio sulla fronte, cercando di mantenere la concentrazione e di non distrarsi; sentirla su di sé in quel modo tramite un contatto fisico così ravvicinato con solo pochi sottili strati di tessuto a dividerli gli stava mandando in pappa il cervello.


- Se non scendi qualcosa non andrà bene per davvero. – beata onestà. – Dovresti percepirlo. – tenne gli occhi chiusi cercando di sfuggire almeno alla sua vista. Lei lo guardò maliziosa chinandosi ad un soffio dal suo viso, sfiorandogli il naso.

- Guardami. – sentiva i suoi occhi verdi fissarlo indagatori.

- No, Tem. – sussurrò. – Se ti guardo finisce male. –

- Mh. – la sentì rimettersi seduta senza però spostarsi dalla sua posizione originaria. – Bla, bla, bla. – la sentì stiracchiarsi e approfittò di questa sua disattenzione per catapultare di nuovo la situazione.

- Signorina “bla bla bla”, vediamo come ti comporti quando sei tu a sentirti in trappola. – stavolta era lei in uno stato di svantaggio, percepiva il desiderio dei loro corpi tanto che lo avrebbe potuto tagliare con un coltello; lei stessa si sentiva eccitata e con gli ormoni in subbuglio. Il pollice e l’indice di Shikamaru le reggevano delicatamente il mento ma non si sentiva in grado di distogliere lo sguardo dai suoi profondi occhi neri che la scrutavano dritti nei suoi. – Allora? – domandò tranquillo.
 

Non rispose, era completamente ammaliata da quell’atteggiamento provocante.

– Cos’ è il gatto ti ha mangiato la lingua? – disse poi stampandole un bacio su quelle labbra morbide e rosate che non sembravano aspettare altro e che subito risposero avide alle sue. A quel punto Shikamaru sapeva benissimo di essersi giocato quel minimo di autocontrollo che gli era rimasto e le accarezzò prima i fianchi e a seguire la zona delle costole rimasta scoperta dalla maglietta sottile che portava, lei non si fece scrupoli ad indagare gli addominali delicatamente scolpiti che gli percorrevano l’addome, poi un tonfo li destò da quegli attimi.


- Che diavolo è? – domandò la ragazza cercando una risposta sul volto di lui.

- Pare che qualcosa si sia conficcato sotto al tuo davanzale. – analizzò alzandosi e aprendo la finestra.

- Oh, Dei. – sussurrò raccogliendo il kunai che aveva causato quel rumore. 


Lo sguardo di Shikamaru divenne gelido. – “Non fare la sciocca, Tem.” – lesse sulla pergamena che dondolava appesa all’arma.
Prese il kunai e lo strinse tra le mani, stritolandolo così forte da infilarsi le unghie nei palmi e da far diventare bianche le nocche. – Bastardo. -  sussurrò mentre una lacrima le solcò il viso e la consapevolezza di non essere libera la invase, spaventandola.
 


 
***


 
Lunedì, mattina presto.

 
 
- Lame di vento! – urlò mentre l’attacco appena scagliato andava a mutilare la maggior parte degli alberi che erano di fronte a lei. Ripeté l’operazione altre due volte fino a quando non rimase altro che l’erba rasa e le radici. – Maledetto figlio di puttana. – disse ansimando per la fatica di aver alzato diverse volte il grosso ventaglio. – Ti avrò tra le mani molto presto e ti massacrerò. – aprì totalmente la sua arma svelando tutti e tre gli astri e si morse il pollice. – Tecnica del richiamo! Ballo del taglia taglia! – un grosso ermellino armato di un’altissima falce sbucò dal ventaglio intento a lanciarsi sui centinaia di ettari di bosco che si stagliavano di fronte a loro.Un fruscio sospetto la mise in guardia.

- Che diavolo stai facendo? – domandò una voce a lei fin troppo nota.

- Sono venuta qui per stare da sola. – rispose gelida.

- A me non sembri sola. – asserì il ragazzo indicando l’animale apparso poco prima. – Curiosa evocazione. – aggiunse.

- Disperdi! – disse decisa e l’ermellino scomparve in una nuvoletta bianca. – Adesso vuoi smammare? – continuò fingendo un sorriso.

- No. – negò secco.

- Shikamaru sono incazzata, non ti conviene restare nei paraggi. –

- Le donne arrabbiate non mi fanno paura, mia madre fa cento volte peggio e vivo con lei nella stessa casa. – un mezzo sorriso gli comparve in volto. – Sai che disboscare ettari su ettari di vegetazione non ti farà passare tutta questa rabbia? –

- Stronzate. – disse impugnando con decisione il ventaglio.

- A me sembra che tu abbia raso al suolo una buona parte del bosco e che la tua ira non si sia placata. –

- Smettila. –

- Sei tu quella che deve farlo, non io. – la guardò cercando di scrutare i suoi occhi. – La verità è che non stai risolvendo nulla, ti stai solo facendo del male. – 

Temari chiuse il ventaglio e lo fissò in terra. - Cosa sei venuto a fare qui? – domandò guardando i ciuffi verdi che sbucavano da sotto i suoi sandali.

- Non c’è un motivo, non sempre almeno. – rispose alzandole delicatamente la testa con due dita. – Ho chiesto a Karui dov’eri, non pensare che ti abbia trovato in altri modi. Non avevo la minima intenzione di girovagare a vuoto con questo caldo. Io ammetto di capirci poco in fatto di donne, ma spesso siete davvero prevedibili. – la guardò intensamente in quegli occhi verdi divenuti cupi, tristi.

- Io non ti capisco. – sussurrò Temari.

- Non vuoi, è diverso. – ribatté. – Non è così che si affrontano i problemi. –

- Io non ho problemi. – indurì lo sguardo ma non ottenne l’effetto voluto.

- Ah, sì? –
 
- Vattene. –
  

- Stai facendo il suo gioco Tem. – 

Strinse le nocche in due pugni così forte che divennero bianche. – Io sono il problema. – fece una pausa. – Sai perché? – domandò aprendo violentemente il ventaglio. – Perché avrei dovuto ucciderlo con le mie stesse mani e non l’ho fatto. Avrei dovuto fargli provare il mio stesso dolore e ho avuto pietà di un essere spregevole! – urlò brandendo l’arma con entrambe le mani. – Lame di vento! – e scagliò con tutta la sua forza quelle lame sottili e taglienti sul lato che ancora non aveva distrutto. – Non lo perdonerò mai! Mai! Quel bastardo dovrà passare sul mio cadavere. – affermò decisa pronta a scagliare un altro colpo.

- Tecnica del controllo dell’ombra. – successe in un secondo, neanche se ne rese conto.

- Non posso più muovermi… - sussurrò spalancando gli occhi.

- Basta. – la guardò. – Se non ti fermi da sola con le buone, lo faccio io con le cattive. – un mezzo sorriso gli decorò il volto.

- Lasciami. – disse mentre contro la sua volontà chiudeva e riponeva sulla schiena il ventaglio.

D’improvviso qualcosa fendette l’aria e andò a conficcarsi esattamente sulla linea d’ombra che li univa. 
Rimasero in silenzio ad osservare lo shuriken poco lontano dai loro piedi. Percepì la ragazza tremare mentre l’ombra la liberava e, come se fossero ancora vincolati, si avvicinarono nello stesso momento. Shikamaru lo raccolse e notò che anche su quell’arma c’era un’ennesima pergamena. – “Lei è mia.” – lesse.
Temari tremò mentre cercava di arrivare ancora più vicina al ragazzo, come a cercare un appiglio per non cadere.


- Andrà tutto bene. – asserì in tono calmo mentre delicatamente la stringeva a sé. – Ci sono io qui con te. -








G/E - Angolo dell'autrice.

Ehi, salve a tutti coloro che leggono fino a qui, a chi ha recensito e recensirà.
Spunto al quarto capitolo per ringraziarvi dell'attenzione e del gradimento che state dimostrando a questa FF.
Spero che questo risvolto possa piacervi, fatemi sapere cosa ne pensate.
Un Bacio, Grell.



 

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Capitolo 5
*** Più vivi. ***


Una settimana dopo.

 

-          Figliolo? – Shikaku bussò alla porta.

-          Cosa c’è? – domandò seccato liberando il fumo dal naso.

-          Dovrei chiederlo io a te. – rispose il padre con la mano sulla maniglia. – Mamma mia Shikamaru, apri quella diavolo di finestra, si soffoca. – disse muovendo le mani per dissolvere il fumo. – Se entra tua madre ti gonfia. –

Non rispose. Se ne stava sul letto con le braccia incrociate dietro la testa con al fianco sigarette, accendino e posacenere, il viso rivolto verso la finestra.

-          Dobbiamo parlare. – disse secco.

-          Di cosa? – domandò sbuffando.

Si mise a sedere facendo leva sulle braccia incontrando finalmente lo sguardo di suo padre. Aveva un’aria seria, poche volte in vita sua l’aveva visto con un’espressione simile.

-          Dunque? – lo incalzò accendendosi un’altra sigaretta.

-          Spegnila. – gli ordinò. – Adesso. –

A quelle parole Shikamaru assunse uno sguardo contrariato, lo fissò e tenne la sigaretta tra le labbra, spenta.

-          Vecchio, sputa il rospo. –

-          Shikamaru, è arrivato il momento che tu prenda le redini del clan o che almeno cominci a pensare seriamente al fatto che un giorno, non parecchio lontano, dovrai essere tu il capo.-

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, la sigaretta per poco non gli cadde dalla bocca. – No, pa’. – si alzò. – Non mi sembra il caso. –

-          Shikamaru, non fare il bambino. Hai vent’anni. –

-          Lo so. –

-          Allora non mi dare risposte cretine. Non ti ho chiesto di andarmi a comprare il riso alla bottega che puoi rispondere così. – lo rimproverò. – Sei il mio unico figlio, una delle cose migliori che io e tua madre abbiamo fatto insieme e ci hai reso sempre fieri di te. Forse solo immagini la stima che proviamo per te. – disse mentre gli occhi gli si facevano leggermente lucidi.

-          Papà, io non sono scemo. – rispose accendendosi la sigaretta. – Sei ancora giovane e già vuoi ritirarti? – lo incalzò. – Strano. –

-          Ti prego di non fare domande. -  affermò serio.

-          Avresti dovuto parlarmene prima e non l’hai fatto, nonostante questo non mi risento, anche se la questione è di una certa importanza. – fece una pausa. -  Sei malato, perciò mi cedi il posto. – disse guardandolo negli occhi.

-          Shikamaru… io… - tentò di giustificarsi.

-          Non mi devi dare delle spiegazioni, non ne ho bisogno. – lo rassicurò mettendogli una mano sulla spalla. – Però mi devi fare una promessa. - 

Shikaku guardò suo figlio negli occhi; quel ragazzo gli somigliava incredibilmente ed era orgoglioso che avesse ereditato tutte le sue qualità migliori e le avesse sviluppate cento volte meglio di lui.

-          Fatti curare da madamigella Tsunade. –

-          Shikamaru… - sussurrò.

-          Non voglio obiezioni, vecchio. – un leggero sorriso gli decorò il viso. – Ora va’ da mamma, vuole parlarti. – gli fece l’occhiolino. – Ho un paio di cosette da risolvere, non disturbatemi troppo. –

 

 

 

***

 

Something in you, lit up heaven in me
the feeling won't let me sleep
'cause I'm lost in the way you move, the way you feel.
One kiss is all it takes
fallin' in love with me.
Possibilities,
I look like all you need.


 

 

Dal loro ultimo incontro erano passati sette giorni, fatta esclusione per le rapide chiacchierate sul lavoro brevi e poco consistenti, non si erano più frequentati. Le capitava di pensarci poco prima di andare a dormire o mentre faceva il bagno, nei momenti in cui il cervello si rilassava dai problemi della giornata lui le tornava in mente come un fantasma.

-          “Un meraviglioso fantasma.” – pensò mentre strofinava il bagnoschiuma al mango sulle braccia.

Passarono altri venti minuti quando uscì con il turbante in testa per far assorbire il grosso dell’acqua e l’asciugamano avvolta e fermata poco prima dell’ascella pronta per andare in camera per indossare il suo comodissimo pigiama.

-          Temari! -  la chiamò Karui dopo averla vista passare davanti alla sua porta.

-          Mh? –

-          Hai ospiti. – la guardò maliziosa.

-          Prego? – domandò alzando un sopracciglio. – Sei impazzita? –

-          Che ne so io che non ti porti il cambio al bagno. – cercò di scusarsi l’amica.

Temari la fulminò con lo sguardo e proseguì. - Spero che questo ospite mi stia aspettando al piano di sotto. – disse innervosita.

-          Non proprio… - la sentì sussurrare mentre apriva la porta.

-          Spero che tu stia scher… - non poté finire la frase perché rimase imbambolata nel vedere Shikamaru seduto sul suo letto, con le braccia incrociate, e il viso contratto in un’espressione seccata.

-          Ma che diavolo? – domandò guardandola dall’alto al basso.

-          Vuoi guardare un altro po’? – domandò irritata.

Shikamaru ebbe un brutto presentimento e cercò velocemente il ventaglio sperando non fosse nel suo raggio d’azione.

-          Ora esco. – alzò le braccia in segno di resa, pregando gli Dei di non essere brutalmente picchiato. Non servì. Si beccò un pugno dritto tra le scapole che gli diede l’ultima spinta per uscire definitivamente dalla stanza.

Pochi minuti dopo, dolorante ed imbronciato, ebbe il permesso di entrare nuovamente in camera che ormai profumava di frutta esotica a più non posso.

-          Ti sei riempita di profumo a quanto sento. – disse avvicinandosi.

-          È il bagnoschiuma. – rispose secca, ancora imbarazzata.

-          È buono. – aggiunse carezzandole una guancia. – Scusa, Karui non mi aveva avvertito di questa eventualità. –

-          Fa niente. – cercò di restare imbronciata nonostante la carezza. – È successo qualcosa? – domandò tentando di cambiare discorso.

-          Ho delle novità. – disse. – I tre messaggi che hai ricevuto vengono tutti dal tuo villaggio. –

-          Ne sei certo? – domandò spalancando gli occhi, rispondendo d’impulso senza ragionare.

-          Ovviamente, altrimenti non te l’avrei detto. -  un sorriso beffardo gli comparve in volto. – Che ti credi? –

Temari rimase pensierosa; non si ricordava di aver chiesto a Shikamaru un aiuto eppure lui, probabilmente per quell’intera settimana, aveva indagato riguardo quelle strane lettere. La sua presenza la rendeva felice e la rassicurava ma una parte di lei si sentiva infastidita da questa sua presa di posizione.

-          Perché ti sei messo in mezzo? – domandò guardando oltre la sua spalla.

-          Prego? – chiese come a far finta di non aver capito.  – Sei molto intelligente, ragioni bene e non sei niente male, quindi non fare domande stupide. – disse mentre si accendeva una sigaretta.

Stavolta fu lei ad assumere un’aria stranita. – Non avresti dovuto indagare a mia insaputa. –

-          Ma per favore. – commentò stizzito.

-          Non ti riguarda. – asserì guardandolo negli occhi.

Lui le si avvicinò pericolosamente diminuendo visibilmente la distanza tra i loro volti e aspirò una boccata di fumo deformando il viso in un’espressione decisa. – Dal momento che il tuo amichetto si diverte a lanciare shuriken e kunai interrompendo prima un nostro momento intimo e poi una nostra conversazione, la cosa riguarda anche me. E vorrei inoltre ricordarti che l’ultimo messaggio era rivolto a me. – era tremendamente seccato.

Rimase immobile senza sapere cosa rispondere; lui non aveva tutti i torti e questo la stava infastidendo moltissimo perché aveva trascinato in quella situazione di merda un’altra persona oltre a lei e non le sembrava giusto.

-          Shikamaru io… - tentò di giustificarsi.

-          Non voglio sentire ragioni Tem. – si allontanò dal suo viso e liberò il fumo dalle narici creando una perfetta idea del suo stato d’animo. – Comunque, sappiamo che questo tipo non ha né spedito la prima lettera né lanciato quelle armi con le sue mani. Si serve di, credo, un altro ninja suo complice. – asserì serio.

-          È anche un senza palle. – affermò infastidita.

-          No, è furbo invece. Ha ingaggiato qualcuno che seppur venisse catturato ed interrogato non direbbe una singola parola sulla sua identità. – disse sedendosi a fianco della ragazza. – Temo che se non cederai alle sue minacce potrà passare a qualcosa di più forte e drastico. – aggiunse guardandola preoccupato.

-          So difendermi. -  commentò lapidaria. – Non ho bisogno di nessuno che prenda le mie difese. –

Shikamaru si sdraiò sul letto con le braccia incrociate dietro la testa. – Voi donne credete di poter fare tutto da sole e che niente vi possa mai fare del male. È buffo. – disse accennando un lieve sorriso. – Tu, come altre ragazze che conosco, quando vi infuriate siete incontrollabili paragonabili solo a delle catastrofi naturali per quanta irruenza e violenza riuscite a scatenare. Però vi fate fregare sempre sulla stessa cosa; appena ci sono in gioco i sentimenti tutta quell’ira selvaggia svanisce come se qualcuno, con un soffio, vi avesse spento tutta la rabbia che provavate. –

-          Neanche mi conosci e ti permetti di giudicarmi. – strinse i pugni come a volerlo colpire.

-          Non è un giudizio, è solo un’osservazione del tuo comportamento. – disse secco.

-          Sei irritante. – ribatté spazientita.

-          Invece dovresti accettare la realtà per com’è. – rispose tranquillo.

-          Dovrei accettare le critiche di qualcuno che pensa di sapere tutto di tutti e che non conosce neanche sé stesso? – domandò voltandosi di scatto verso il suo interlocutore.

-          Fai così perché sai che ho ragione. – rispose reggendo il suo sguardo.

Temari non distolse gli occhi dai suoi, niente poteva ferirla più ormai, ma nel profondo si sentiva spaventata. Quelle sensazioni contrastanti che da quando quella storia era iniziata la tormentavano non la lasciavano tranquilla un solo secondo; poi arrivava lui ed era come se la serenità gliela lanciasse addosso, come una guaina protettiva che andava a rassicurarla.

Desiderava a tutti i costi ritrovare un posto felice, qualcuno che placasse la sua anima ardente e tormentata, qualcuno che guarisse anche solo in parte le sue ferite perché si sentiva vuota e senza coraggio quando la negatività la veniva a trovare, mortificandola.

Fu così che lo colse di sorpresa lasciandosi guidare dall’istinto più puro, senza rimpianti, senza paure, senza vincoli. Lo baciò dolcemente, perché non aveva bisogno di qualcosa di forte e sfuggente ma di un gesto delicato e curato, semplicemente sentito.

L’odore speziato e pungente del tabacco si mischiava al profumo mentolato e fresco del dopobarba di lui creando un mix che soddisfò a pieno il suo olfatto e che la spinse a reagire nuovamente alle labbra di Shikamaru. Percepiva come lui la desiderava semplicemente per come aveva risposto al suo bacio, per come le sue labbra si erano dischiuse con le sue, ricche di un coinvolgimento che non riviveva da tempo.

Le mani di lui le scivolavano tra i capelli biondi leggermente umidi e deliziosamente profumati, aveva un tocco così deciso che ritenne un piacere unico sentire la loro presenza accarezzarle la pelle. Un brivido la scosse quando i baci umidi di Shikamaru le raggiunsero il collo per poi percorrere il perimetro delle sue clavicole ed interrompersi solo per guardarla e compiacersi della sua espressione estasiata.

Fu lei poi a sorprenderlo salendo a cavalcioni su di lui per regalargli uno sguardo seducente e profondo e lui si sentì quasi travolto, annientato da tanta bellezza. Ai suoi occhi era incredibilmente bella, e il solo osservarla gli creava un piacere che era difficile da spiegare, che andava ben oltre una reazione fisiologica.

Le accarezzò il costato da sotto la leggera canottiera, che indossava come pigiama, che avrebbe voluto toglierle volentieri ma attese che fosse lei a farlo, probabilmente per non sembrare eccessivo, anche se in fondo lui conosceva bene la realtà; amava in maniera smodata vedere la sua ragazza svestirsi, quindi attese paziente. Ringraziò di possedere un grande autocontrollo anche in situazioni come quella, vittima di quello sguardo avrebbe dovuto già farla sua da qualche minuto ma a lui piaceva anche tenerla un po’ sulle spine, faceva parte del gioco nonostante tutto.

-          Fai il timido? – domandò. – Ti avevo avvertito che con le donne della Sabbia non si scherza. – continuò sorridendo maliziosa.

-          Ancora non ho potuto appurare queste fantomatiche qualità. – rispose giocando con la fascia del suo reggiseno.

Temari alzò un sopracciglio cogliendo la provocazione e si sfilò la canottiera lasciando ben poco all’immaginazione e deliziandosi del sorriso spuntato sul viso del ragazzo.

-          Tu - capovolse la situazione e la ragazza si ritrovò sotto di lui. – non hai idea – le si avvicinò all’orecchio. – di quanto tutto questo – le morse il lobo. – mi faccia perdere la testa. – i brividi tornarono a tormentare i loro corpi che febbricitanti si desideravano come due magneti, impossibili da dividere.

Successe che in pochi attimi si ritrovarono nudi e abbracciati, accaldati, tremanti, scarichi dalla tensioni, travolti da un benessere che riempiva ogni cellula, ogni tessuto; un piacere che violava ogni logica comprensibile.

Le venne automatico stringersi forte a lui appoggiando la testa sul suo petto, giocherellando con i polpastrelli nella zona dell’ombelico per poi seguire la linea non molto estesa di peluria che scendeva fino al pube del ragazzo che rabbrividì visibilmente.

-          Ehi. – le disse solleticandole la pelle morbida in prossimità della colonna vertebrale. – Ti diverti? – domandò stampandole un bacio leggero sulla fronte.

Lei si fece ancora più piccola quando lui la strinse ancora di più a sé. Chiuse gli occhi come a godersi maggiormente quel momento, come a volerlo conservare nella sua mente per sempre.

-          Un po’. – sussurrò.

Lui le sorrise e le apparve come il più bel sorriso che avesse mai visto. – Allora fa pure. – rispose tranquillo mentre si accendeva una sigaretta.

Ricordò di percepire le dita di Shikamaru che l’accarezzavano lungo la schiena, sui fianchi e sulle braccia così delicatamente che furono l’ultima cosa che sentì prima di addormentarsi, serena, tra le sue braccia.

 

 

***

 

 

-          Signore… - l’uomo si girò. - È successo… -

-          E tu sei rimasto lì a guardare. – disse gelido.

Deglutì percependo il rancore del suo capo incrinargli la voce.

-          Sai già cosa devi fare. – aggiunse senza guardarlo.

Rimase sconvolto al suono di quelle parole. – Di già? – domandò incredulo.

-          Ha esagerato. – si limitò a dire lapidario.

Tentennò prima di far cenno di aver capito gli ordini. – Signore… -

Lui si voltò di scatto preso da uno scatto d’ira.  -Non me ne frega un cazzo di quello che pensi! – urlò.

Un brivido di terrore lo scosse, immobilizzandolo.

-          Ora va’. – asserì indicandogli con un cenno del capo la porta. – Fa capire loro contro chi si sono messi.  -

-          Agli ordini. – rispose in un sussurro varcando l’uscio e sparendo nel buio del corridoio.






G/E - L'angolo dell'autrice - 

Ciao cari lettori e recensori, spero con tutta me stessa
che la piega che sta prendendo la storia vi possa piacere.
Io dal mio canto ci ho messo tutta me stessa per scrivere qualcosa di intrigante,
sta a voi farmi sapere se vi piace o meno.
Un bacio,
Grell.

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Capitolo 6
*** La mia paura è una debolezza. ***


Quando varcò la porta d’ingresso era già l’alba, i tiepidi e timidi raggi solari filtravano già tra i rami degli alberi e un leggero tono di giallo già decorava il cielo.
Schiacciò la sigaretta quasi arrivata alla fine prima di entrare in casa e inspirò una bella boccata di aria fresca, si sentiva più tranquillo del solito e stranamente sereno.
- Ti sembra l’ora di rincasare? – una voce femminile lo colse appena chiuse la porta.
- Buongiorno mamma. – rispose piano.
- Sono le cinque, ma dico io… - lo rimproverò appoggiando entrambe le mani sui fianchi.
- Ti prego. – disse seccato Shikamaru massaggiandosi la fronte con due dita. – Non farmi la predica, vorrei recuperare almeno qualche ora di sonno. –
- Certamente figliolo, dopo una notte passata nel letto di chi sa quale fanciulla è anche normale voler dormire un po’. – lo incalzò la mamma con lo sguardo di chi ha capito tutto fin dall’inizio. – Il livido sul tuo collo parla chiaro. – aggiunse Yoshino indicando la macchia violacea alla base del collo del figlio.
Shikamaru arrossì lievemente e distolse lo sguardo sfiorandosi con i polpastrelli il sospetto punto che la madre aveva notato. – Dannata Seccatura. – sussurrò piano.
Yoshino sorrise allontanandosi in direzione della cucina canticchiando un motivetto allegro intenta a preparare del tè. – Dai tesoro, non mettere il muso. – gli disse con un finto tono supplichevole.
- Non ti sfugge mai niente. – replicò il ragazzo grattandosi la nuca.
- Proprio nulla. – confermò la donna con un occhiolino. – Prima di metterti nel letto fatti un bagno. – lo ammonì guardandolo imboccare le scale.
- Che seccatura. – sussurrò mentre cercava invano di raggiungere la sua stanza da letto.
 
 
***
 
 
Al suo risveglio Shikamaru non era più con lei. Lo percepì ancora prima di aprire gli occhi perché l’altra metà del letto era fredda e cercandolo con la mano aveva trovato solo il materasso. Cercò di avvolgersi nel lenzuolo per riacquisire un minimo di calore dato che aveva dormito nuda per tutta la notte e poté constatare che il profumo del ragazzo aveva invaso tutto il completo da letto. 
Si strinse ancora più forte nel lenzuolo come a voler abbracciare il corpo di lui e sentirlo ancora vicino, poi si stiracchiò e decise di alzarsi, accorgendosi che ormai il sole era piuttosto alto.
Trovò ordinati sulla sedia il pigiama e l’intimo e se ne meravigliò visto che la notte prima erano finiti per terra; mentre li indossava le venne da sorridere ad immaginare Shikamaru che raccoglieva le sue cose e le metteva in ordine a chissà quale ora del mattino.
Scese a piedi scalzi in cucina cercando qualcosa da mangiare e si rese effettivamente conto che erano le prime ore del pomeriggio e se ne meravigliò; non aveva mai dormito così tanto in vita sua.
Un bigliettino, fermato da una calamita a forma di coccinella sullo sportello del frigo, catturò la sua attenzione. Karui le aveva lasciato un messaggio per non disturbarla dove le comunicava che sarebbe tornata dopo le cinque del pomeriggio in tempo per prepararsi per la festa che si sarebbe tenuta quella sera stessa al quartiere Yamanaka.
- Qua a Konoha hanno sempre qualcosa da festeggiare? – domandò sottovoce a sé stessa mentre con un bel sorriso tornava in camera sua.
 

 
***
 
 
Qualche ora dopo si ritrovarono a fare le corse per tutta casa, avanti e indietro, dai bagni alle camere da letto. Karui intenta a piastrarsi i lunghi capelli rossi quasi si scottò per la fretta mentre Temari non aveva ancora deciso cosa indossare per l’evento e non le rimaneva molto tempo. L’unica cosa di cui era consapevole era che doveva scegliere un vestito dato che il dress code lo richiedeva, anzi, Ino lo richiedeva.
Guardò sul letto le sue tre scelte per la serata; il primo vestito era bianco, in seta, corto fino al ginocchio e aderente con un bello scollo a cuore ma le sembrò troppo da matrimonio. Il secondo, viola, lasciava la schiena scoperta e cadeva lungo fino alle caviglie stringendosi sul seno e scivolando morbido sul resto del corpo che le parve però troppo elegante. Decise per il terzo, stretto in vita con una gonna svasata corta un pollice sopra il ginocchio, di un bel turchese, mono spalla.
Quando uscì dalla sua camera Karui era intenta a camminare sui tacchi in mezzo al corridoio con indosso un vestito color crema che sotto al seno si stringeva con una cintura di brillanti e poi cadeva morbido fino a poco sopra il ginocchio in una gonna vaporosa e svolazzante.
- Sembri un t-rex. – affermò Temari guardando l’amica, sorridendo.
- Sempre simpatica. – ribattè con una smorfia. – Dannata Ino e i suoi vestiti eleganti che obbligano l’uso dei tacchi. -  aggiunse irritata.
- Non fare la drammatica. – disse incrociando le gambe in perfetto equilibrio sui suoi trampoli. – Il segreto è in un tacco non troppo fino e in un bel plateau che compensi l’altezza. – continuò piroettando su sé stessa.
- A te gira bene perché hai ricevuto le tue dosi di endorfine. – asserì seccata.
- Eh? – domandò arrossendo leggermente.
- Fai l’innocentina con qualcun altro. – disse con uno sguardo malizioso. – Forza andiamo! – continuò prendendola per mano e trascinandola fuori casa senza dare neanche il tempo all’amica di rispondere.
Quando giunsero a casa Yamanaka tutto era pronto, perfettamente decorato con un tripudio di fiori di qualsiasi colore e forma, i giardini erano una tavolozza di meravigliose sfumature e ne rimase colpita; a Suna non esistevano cose del genere siccome la terra non era affatto fertile. Vennero accolte da Ino che, felice, accoglieva gli ospiti insieme a un ragazzo piuttosto pallido e dagli occhi neri come l’inchiostro che aveva capito chiamarsi Sai.
- Ehi Seccatura. – una voce a lei molto familiare la destò dal suo osservare la moltitudine di fiori intorno a lei.
- Ehi. – rispose con un sorriso sereno mentre i suoi occhi scrutavano meravigliati la bellezza che il ragazzo sprigionava con indosso una camicia bianca decorata con sottilissime righe celesti verticali e pantaloni color beige. – Dovresti vestirti più spesso così. – asserì aggiustandogli il colletto della camicia.
- Dici? – domandò ironico. – Tu, invece, sei semplicemente bella. – le sussurrò avvicinandosi al suo orecchio.
Temari arrossì e cercò di nascondersi nell’incavo del suo collo. - Sei sempre esagerato. –
- Non fa parte della mia natura, sono solo sincero. – le carezzò una guancia cogliendo il momento in cui poteva essere sicuro che nessuno li stesse osservando.
Fu felice di essere lì, di poter ricevere quella carezza, mentre lo guardava in quegli occhi scuri così profondi e sensuali, non credeva a quello che stava vivendo, le sembrava irreale.
- Ma quanto siete dolci? – domandò una voce maschile che Shikamaru associò in un nanosecondo al volto di un ragazzo biondo dagli occhi azzurri.
- Ma quanto sei fastidioso? – ribattè Shikamaru guardandolo storto.
Poco dopo spuntò anche Hinata, avvolta in uno splendido abito rosa cipria satinato, facendo timidamente capolino da dietro le spalle di Naruto.
- Lasciali stare… - gli sussurrò all’orecchio mentre gli carezzava la nuca.
Il ragazzo si voltò verso la fidanzata armato di un bellissimo sorriso. – Vorrà dire che li trascineremo con noi in pista! Venite che si balla fuori al giardino! – esclamò prendendo con la mano sinistra Hinata e con la destra Shikamaru che si portò dietro pure Temari attaccata al braccio.
- Sei veramente incorreggibile. – sibilò il Nara con un mezzo sorriso.
Poco dopo, la musica che prima sentivano lontana, una volta fuori, era sparata a un volume altissimo e subito si ritrovarono immersi nella folla che spensierata ballava più o meno a ritmo. Naruto assumeva movenze non ben identificate ma che nel complesso apparivano buffe ma adatte alla musica mentre Hinata, timidamente, muoveva i fianchi e le braccia cercando di non dare tanto nell’occhio, poco più in là Ino ci dava dentro con Sai tra baci appassionati e balli durante i quali il ragazzo le fungeva da palo per le sue mosse sensuali, Shikamaru sarebbe voluto volentieri evaporare in un luogo più tranquillo lontano da quella bolgia ma Temari adorava ballare e non si voleva perdere lo spettacolo di quel corpo formoso muoversi in quell’abito turchese a pochi centimetri da lui, Karui, mano nella mano con Choji, sorrideva allegra mentre canticchiava e mostrava al ragazzo come muoversi a ritmo, al loro fianco Rock Lee, più che ballare, univa le arti marziali ad alcune mosse di danza in un complesso davvero curioso, mentre Neji e Ten-Ten lo guardavano ridendo e battendo le mani a ritmo, Sasuke dava l’idea di volersi suicidare mentre Sakura cercava di coinvolgerlo il più possibile muovendogli per lui le braccia seguendo il ritmo, Kiba, scatenato come un animale selvatico, ballava concentrato sulle sue mosse sexy e un po’ aggressive attirando l’attenzione delle ragazze intorno a lui, ammaliate dai pettorali che la camicia mezza sbottonata mostrava, Shino, dal cantosuo, muoveva impercettibilmente i piedi guardando l’Inuzuka scatenarsi in quel modo scomposto con un’espressione tra lo sconvolto e il rassegnato.
La serata procedeva spensierata e allegra ed Ino ne era entusiasta, tanto da dare il tormento ad ognuno dei presenti chiedendo se si stessero divertendo e se la festa fosse di loro gradimento dato che era il primo anno che l’aveva organizzata interamente lei.
- Shika, vado a prendere qualcosa da bere. – gli disse all’orecchio Temari in modo che potesse sentirla. – Tu vuoi qualcosa? –
- Se c’è un bicchiere di birra, volentieri. – rispose mordendole un lobo.
Lei rabbrividì e si scansò di poco per guardarlo negli occhi. – Torno subito. –
- Ti accompagno? –
- Devo andare a prendere due drink mica sto partendo per una missione di livello S. – disse alzando un sopracciglio e sorridendo leggermente.
Shikamaru fece spallucce, in fondo si aspettava una risposta simile da una tipa come lei. – Ti aspetto qua con Choji e Karui. – concluse dandole un bacio leggero sulle labbra.
Allontanatasi dalla folla proseguì sulla passerella che portava all’ingresso di casa Yamanaka dove Ino aveva sistemato cibo e bevande a non finire. Lì c’era molta meno gente, il posto adatto per chi voleva passare una serata tranquilla e fare due chiacchiere con qualcosa da bere in mano. Le venne in mente, mentre si avvicinava al tavolo dei drink, che le conveniva andare prima al bagno, così proseguì oltre e seguì le indicazioni verso la toilette.
Imboccò un corridoio lungo, decorato con quadri rappresentanti le generazioni passate del clan Yamanaka, poi girò a sinistra.
- Sabaku No Temari? –
- Mh? – si voltò di scatto, sentì qualcosa colpirle forte la nuca, poi tutto divenne nero.
- Buonanotte, principessa della Sabbia. -



G/E - L'angolo dell'autrice.

Innanzitutto mi scuso per i dodici giorni di attesa - scansa pomodori e ortaggi di ogni tipo - ma tra la scarsa ispirazione per questo capitolo (che mi convince a tratti, ma abbiate pietà, è un capitolo di transizione necessario), i lavori di ristrutturazione a casa e altre millemila cose sono riuscita a produrre qualcosa che a grandi linee mi soddisfa e che può aprirmi la strasa per i prossimi capitoli. So anche che è piuttosto breve rispetto ai cinque capitoli precedenti e mi scuso anche per questo.
Ora evaporo, alla prossima, Grell.

 

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Capitolo 7
*** Insonnia. ***


Il dolore alla testa le annebbiava la vista, a stento riusciva ad aprire le palpebre, le tempie le pulsavano ad un ritmo continuo e snervante. Capì presto di aver legate mani e piedi, di essere seduta su qualche suppellettile di ferro o di qualche materiale simile e di avere la bocca serrata a forza. Sentiva il cuore batterle all’impazzata, così forte che se avesse potuto sarebbe uscito anche dalla cassa toracica, percepiva la pelle stretta dalle corde in prossimità delle articolazioni bruciarle, segno che si stava lacerando. Aveva cominciato a sudare appena era riuscita maldestramente a mettere a fuoco l’ambiente intorno a lei; una stanza spoglia, senza finestre, dove l’unica decorazione era il grigio delle pareti, conteneva solo un tavolo lungo posto a pochi metri da lei.
Aveva capito che sopra c’era qualcosa ma non riusciva a capire che genere di oggetti fossero; deglutì e impiegò diversi secondi prima di compiere l’intera operazione, aveva una sete pazzesca e gola e labbra secche.
Chiuse gli occhi cercando di mantenere la calma, di focalizzare tutte le sue forze per pensare a come uscire da quella situazione di merda, ma fu uno sforzo invano interrotto bruscamente dall’apertura violenta di una porta che lei non poteva vedere. Tremò per lo spavento, il cuore accelerò i battiti.
- Tem. – la voce era esattamente dietro di lei. Tremò di nuovo, non lo aveva sentito arrivare, non aveva neanche distinto un singolo passo. – Cos’è hai paura? – percepì una mano posarsi sulla sua testa.
Cercò di divincolarsi, ma si rese conto di avere anche il collo bloccato, così imprecò.
- Vuoi dire qualcosa? – sentì il volto del suo sequestratore avvicinarsi al suo orecchio destro; la sua voce melliflua quasi le fece venire la nausea. Si sforzò di capire di chi fosse quella dannata voce ma non riusciva più a connettere il suo cervello in quella situazione, era stremata, stanca e dolorante.
Poi una mano le strappo con un gesto secco e fulmineo il nastro adesivo che aveva sulla bocca; le parve un dolore terribile, come se le avesse staccato la pelle del viso, invece era solo un innocuo strappo. Si impose di regolare il respiro, così da non apparire eccessivamente spaventata agli occhi dell’uomo dietro di lei, ma non riusciva a tranquillizzarsi. La voglia di inveire contro quel tizio era fortissima, provò a parlare ma si rese conto di non potere muovere le labbra. Tentò una seconda volta e un dolore cento volte più intenso di quello precedente le pervase la zona che partiva da sotto il naso e che terminava sotto il mento. Mugugnò in segno di protesta tentando di liberare la mani e i piedi con dei forti strattoni; cominciarono a dolerle i polsi e le caviglie.
- Oh, povera Temari, non puoi parlare. – il finto tono compassionevole dell’uomo la mandò in bestia così tanto che se avesse potuto, in condizioni normali, lo avrebbe riempito di botte, probabilmente fino ad ucciderlo. – Vuoi vedere come mai? – continuò attirando verso di sé il tavolo che aveva visto in precedenza. – Guardati, mia dolce Temari. –
Appena vide la sua immagine riflessa spalancò gli occhi in un’espressione di puro terrore che le deformò terribilmente il viso; il dolore alle labbra si accentuò non riuscendo a controllare i suoi muscoli facciali, gli occhi le si riempirono di lacrime che prima le schiarirono gli occhi e poi, lentamente, le colarono lungo il viso. Un urlo le morì in gola manifestandosi come un singulto, quando appurò di avere le labbra cucite.
- Cosa c’è? Hai paura che quel mezzo uomo di Shikamaru non ti scopi più? Eh? – le sussurrò all’orecchio. – Eh, puttanella? – le afferrò una ciocca di capelli strattonandola. – Perché non rispondi?! – le urlò mentre sentiva la pelle del collo far attrito sul collare di metallo che le limitava i movimenti.
Sentì la rabbia divamparle dentro come un incendio immenso che la fece dimenare con tutte le forze che le rimanevano, cercò di strappare le corde che la immobilizzano ma si rese conto di essere davvero troppo debole. Fu allora che le lacrime che prima erano scese per il dolore ore le rigavano il volto per la frustrazione, per l’incapacità di reagire, per la libertà che le era stata tolta, per gli insulti e per la paura di morire.
- La mia principessa piange? – immaginò che il viso dell’uomo fosse deformato in un ghigno. – La principessa guerriera della Sabbia piagnucola come una marmocchia indifesa, che pena. –
Un brivido le percorse la schiena al suono di quell’epiteto che aveva usato, realizzò che solo un uomo l’aveva chiamata in quel modo in tutta la sua vita, colui che l’aveva usata e riusata come se non valesse nulla, tradita e preteso di essere perdonato per il suo essere infedele, che aveva approfittato della sua posizione per arrivare in alto nella gerarchia dei ninja, l’uomo che aveva amato più di qualsiasi cosa al mondo e che con altissime probabilità non l’aveva mai amata davvero.
Il petto cominciò ad andarle su e giù ad un ritmo frenetico quando vide con la coda dell’occhio la mano di quel maledetto prendere una sorta di bisturi e avvicinarglielo alla gola, facendolo poi scorrere appena sui contorni del suo viso.
- Allora, da dove vogliamo cominciare? – domandò passandole un dito sulle labbra brutalmente tumefatte.
Si irrigidì quando la punta fredda dell’oggetto ritornò sul collo, sostando sulle carotidi, per poi proseguire tra le clavicole. Si sentiva impotente e debole, in quello scontro impari sentiva di aver perso, ma un’altra parte di sé la teneva ancora sveglia, le chiedeva di lottare, di farsi sentire. Più volte quell’abominio le aveva chiesto di rispondere alle sue domande riprovevoli, provocandola, consapevole che le sue condizioni le impedivano di produrre qualsiasi parola. Decise che non le importava più, il dolore poteva andarsi a far fottere, l’avrebbe sopportato anche se fosse stato il più grande che avesse mai provato; aveva deciso che quell’uomo poteva toglierle tutto ma non la dignità di donna e di ninja. Così reclinò il capo leggermente in avanti e con una smorfia che fu quasi un ghigno deformò il suo viso, raccogliendo tutto il coraggio che aveva in corpo.
Di scatto gettò la testa indietro spalancando con tutta la sua forza le labbra orribilmente sfregiate e livide, urlando, sfogando così tutto il dolore lancinante e pungente che la lacerazione dei punti provocava, ansimando e cercando di prendere aria, conscia di non essere svenuta.
Stavolta il ghigno le ricomparve in volto, più definito, meno contratto, cosparso di sangue che le scivolava come piccoli affluenti giù per il collo, era un ghigno soddisfatto e consapevole di aver incominciato a vincere.
- Oh, ma bene bene. – si congratulò ironico l’uomo. – E cosa avresti intenzione di fare? – domandò ridendo.
Temari raddrizzò la testa, ignorando il dolore e aprendo gli occhi verdi con uno scatto. – Mi sembra ovvio… – disse con voce flebile e piuttosto roca. – Io voglio ucciderti. – respirò profondamente, cercando di non ansimare troppo. – Daimaru. – concluse sputando per terra il suo sangue ormai scuro.
 


 
***


 
 
  Forget about the sunrise
Fight the sleep in your eyes
I don't wanna miss a second with you
Let's stay this way forever
It's only getting better if we want it to


 
 
 
Adorava restare seduta tanto tempo da sola, tra i merli delle altissime mura di cinta di Suna, che rendevano possibile osservare in totale tranquillità le vaste lande deserte che andavano a mescolarsi, dove lo sguardo si perdeva, al cielo azzurro.
Fin da bambina andava spesso lì, quasi come a volersi nascondere dal mondo, non solo perché voleva starsene solo per un po’ ma perché, quando aveva iniziato a rifugiarsi lì, era talmente piccola e minuta che i merli la nascondevano perfettamente. Dopo diversi anni, riusciva ancora a sedersi in quel posto, ma era inevitabile che i suoi ciuffi biondi e il suo kimono la rendessero visibile a chi passava di là.
Spesso ritirarsi in quel luogo ventoso e solitario era l’unico modo che aveva per distrarsi dalla vita movimentata che conduceva tra gli impegni istituzionali e le missioni che raramente le davano un momento di tregua. Sentiva l’esigenza di staccare la spina e restare sola con se stessa per un po’, per rigenerare la mente e il corpo dopo una giornata frenetica o dopo un lungo viaggio di ritorno a Suna. Così quel giorno era salita per l’ennesima vola nella sua vita su quelle mura altissime e si era seduta sempre al suo posto, tra i due merli posizionati esattamente a trecento metri dalle due torri di vedetta.
- Ehi, ti conviene scendere se non vuoi farti male. – il suono di una voce maschile la destò dalla sua lunga osservazione dell’orizzonte.
- Prego? – si voltò volgendo al tipo dietro di lei uno sguardo deciso.
- Se vuoi suicidarti fallo a casa tua. -  rispose lapidario il ragazzo.
- Ma che problemi hai? -  domandò irritata.
- Io? -  rise in modo sommesso. – Sei tu quella appollaiata sulle mura di cinta come un avvoltoio. –
Temari si alzò di scatto facendo indietreggiare di pochi passi il ragazzo. – Senti, perché non ti levi dai piedi? – disse scontrosa.
- Ehi piccolina, stai calma. – ribattè alzando un sopracciglio.
- “Piccolina” dillo a tua sorella. – rispose infastidita. Stava per mollargli un destro in pieno viso se solo non avesse ritenuto opportuno conservarglielo per dopo. – Con chi ti credi di parlare? –
Il ragazzo la osservò per qualche secondo scrutando i capelli biondi che le ricadevano sul viso mossi dal vento caldo, gli occhi verdi, decisi, puntati nei suoi pronti ad intimidirlo, il collo chiaro abbellito dal copri fronte blu con lo stemma del villaggio della Sabbia.
- Con una ragazza molto permalosa. -  un sorriso gli comparve sul volto. –  Cerca di non buttarti giù dalle mura. – si voltò sereno mentre lo sguardo di Temari andò mutando in un’espressione stranita. 
Rimase immobile mentre quel ragazzo sconosciuto spariva, sempre più lontano, verso la grande torre.


 
 
***


 
Una pioggia inaspettata l’aveva sorpreso appena dopo aver lasciato il palazzetto dell’hokage. Quel clima rispecchiava il suo stato d’animo che non gli stava dando tregua in quei giorni bui e tormentati. Le gocce cadevano rapide e veloci ma Shikamaru non si preoccupò di procedere più velocemente verso casa, nonostante si stesse inzuppando i vestiti e avesse i capelli appiccicati alla faccia. Si convinse che l’acqua piovana potesse lavare via il senso di colpa che lo divorava da giorni, che potesse in qualche modo fungere da balsamo per la sua coscienza che non faceva altro che dannarsi per non essere stato in grado di salvare Temari dalle grinfie di quell’uomo misterioso.
Ritenne di essere stato davvero fortunato a trovare quella tempesta ad aspettarlo dopo quell’interrogatorio durato diverse ore con le forze speciali che sperava potesse dare i suoi frutti e che portasse i ninja Ambu a ritrovare Temari. Aveva trattenuto le lacrime a lungo, concentrandosi profondamente e mantenendo un autocontrollo sopra il normale per non scoppiare a piangere come un poppante a cui manca la mamma e in quel momento, solo e sotto la pioggia, avrebbe potuto versare quante lacrime desiderava tanto nessuno le avrebbe notate mai.
Voleva passare inosservato così che chiunque non fosse troppo impegnato a trarsi in riparto da quell’acquazzone non potesse cogliere sul suo viso traccia di alcun dolore. Lui era un ninja, un uomo, erede prossimo di uno dei clan più importanti di Konoha e non poteva concedersi il lusso di disperarsi in mezzo alla strada.
Camminava lentamente come un condannato a morte cammina verso il patibolo, cercando di godersi gli ultimi respiri e gli ultimi sguardi verso il mondo dei vivi prima di cadere nel buio statico della morte eppure lui era fin troppo vivo ma si sentiva come un corpo morto, anzi, avrebbe voluto esserlo davvero.
Era quasi vicino a casa e la voglia di gettarsi del letto era tanta quanto quella di scappare correndo sotto la pioggia e il vento alla ricerca di Temari e del suo rapitore ma realizzò in brevissimo tempo che sarebbe stato tutto inutile; solo e senza indizi su cui avanzare una ricerca, entrò in casa sfilandosi le scarpe zuppe con lentezza e avanzò, bagnando il pavimento, verso il bagno.
Buttò i vestiti per terra, con noncuranza, e mentre si grattava la testa si accorse del suo riflesso nello specchio sopra il lavandino. Il suo viso, pallido ancora più del solito, faceva da sfondo a due occhiaie violacee che risaltavano spaventosamente sul suo tono di pelle, la sua espressione stanca non dava adito a dubbi sul fatto che passava molte notti sveglio e, in quelle poche in cui riusciva a chiudere occhio, non dormiva più di tre o quattro ore. L’incubo di aver perso Temari per sempre lo tormentava sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte, rendendo strazianti anche le azioni più banali come camminare, respirare e riposare.
Gli capitava spesso di sognare Temari, appena dopo aver chiuso gli occhi, coperta da un abito pomposo e elegante, che sorrideva seduta in un prato zeppo di fiori colorati tra cui i suoi occhi verdi scintillavano di felicità e i suoi capelli biondi svolazzavano scompigliati dal vento; lui tentava di raggiungerla ma più si avvicinava più il paesaggio cambiava in un clima freddo e piovoso, il corpo di Temari si svestiva di quei tessuti pregiati e si ricopriva di uno squallido camice bianco, sporco di terra e sangue, il suo volto acquisiva un’aria dolorante e terrorizzata, il viso tumefatto dai lividi e macchiato di un rosso cupo gli si fissò nella mente come la peggiore delle paure.
Spalancò gli occhi e osservò il suo viso contorto in un’espressione provata e disgustata e, accorgendosi di ciò che aveva appena immaginato, scrollò le spalle come a voler gettare via quelle sensazioni spiacevoli.
Si immerse nella vasca ormai piena e ricoperta da uno strato di schiuma bianca e profumata al muschio; appoggiò la testa sul bordo reclinandola leggermente all’indietro socchiudendo gli occhi, sforzandosi di non addormentarsi. Poté sentire come i suoi muscoli si stavano a mano a mano rilassando grazie al tepore dell’acqua, a come il suo battito cardiaco andava a rallentare e i suoi respiri a ridursi, come quella parvenza di tranquillità, rinchiusa nel bagno di casa sua, stava per prendere il sopravvento su di lui.
- Giuro che ti troverò. – sussurrò senza rendersi conto che il sonno l’aveva portato via con sé.



G/E - L'angolo dell'autrice.

 
Potete frustarmi, tirarmi qualsiasi genere alimentare e non che avete a disposizione e assillarmi per il ritardo mostruoso con il qual è stato pubblicato questo capitolo. La cosa migliore che posso fare con chi legge e recensisce questa fic è scusarmi per l'attesa biblica di questo aggiornamento ma tra i lavori a casa, una mini vacanza e soprattutto la mancata ispirazione ho fatto davvero fatica a terminare questa capitolo.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere. 
Un bacio, Grell.

 

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