Memento

di Fisico92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Quad ***
Capitolo 2: *** Una cosa importante ***
Capitolo 3: *** Il centro assistenza ***
Capitolo 4: *** La casa di Sharfa ***
Capitolo 5: *** L'operatrice del centro assistenza ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il Quad ***


“Cioccolato e Pistacchio, grazie”

“3 dollari signora, grazie a lei.”


Sharfa prese il suo gelato e si congedò dalla commessa. Non le piaceva essere chiamata signora, era ancora poco più che ventenne dopotutto.

Si sedette ad uno dei tavolini del bar. La superficie del tavolo era un’enorme schermo che trasmetteva tutto ciò che il cliente desiderava. Sharfa si sedette e pensò a quello che desiderava vedere, una gara di pattinaggio. Il video era contenuto nell’Hard Disk quantistico personale della ragazza, collegato direttamente al cervello e di minuscole dimensioni, tanto da poter essere impiantato alla base del cranio. Non dovette fare altro che concentrarsi un minimo e il minuscolo apparecchietto decifrò i suoi desideri, nemmeno un secondo e il video apparve sul suo tavolo, proprio all’istante in cui desiderava farlo partire, cioè quando il suo pattinatore preferito incominciava il suo esercizio.

Fu rapita a tal punto da quanto vedeva da rimanere a fissare imbambolata il video, nonostante ormai lo conoscesse a memoria. L’esercizio finì e lei lo rimise indietro di nuovo al punto di partenza. Dopotutto aveva ancora cinque minuti prima di doversene andare.


“Ehi, ti sta colando tutto…”

“Come scusa?” fece Sharfa alzando lo sguardo su un ragazzo che le aveva appena rivolto la parola, non era solo, c’era un altro tipo insieme a lui.

“Il gelato, ti sta colando tutto sulla mano.” Fece di nuovo questo trattenendo a stento un sorriso.

Sharfa si rese conto di essere stata tanto presa dal suo video dal non aver ancora toccato il gelato. La sua mano aveva dei bei goccioloni marroni che si stavano facendo strada verso il polso.

“Ecco, prendi questo” fece il ragazzo porgendole un tovagliolo “io sono Ealy comunque, e lui è Gamit” fece indicando il compagno che gli stava accanto, che si limitò a sollevare la testa e a fare un cenno col capo.

“Piacere” fece Sharfa che dopo essersi ripulita prese velocemente a mangiare il gelato e torno a concentrarsi sul suo video, ignorando completamente i due tizi, per lei la conversazione era chiusa.


“Ehi scusami”

Sharfa rialzò la testa verso i due tipi e un po’ spazientita disse “Che c’è ancora?”

“Ecco, non ci sono tavoli liberi, ti dispiace se ci mettiamo qui? Infondo sei sola ad occuparlo.”

“Ehi, cosa, no…” farfuglio lei mentre Ealy aveva già preso posto difronte a lei, ignorando il suo rifiuto.


“Uh pattinaggio, questo è quel coreano famoso eh, Dongiu, Donguo, lì”

“Jang Dong Hyun” lo corresse lei piccata, ancora dispiaciuta di essere costretta ad avere quell’interazione sociale

“Anche Gamit qui è un appassionato di sport, su siediti amico, credo che ora le vada bene.”

Il giovane prese posto accanto ad Ealy, titubante sul da farsi.
Giacché ormai erano seduti, Sharfa pensò di dover fare un minimo di conversazione per i due minuti che sarebbe durato ancora il suo gelato. Ma proprio non sopportava il modo di fare di Ealy, così si rivolse all’amico.


“E così ti piace il pattinaggio”

“Non molto in realtà, preferisco altri sport, però so Dong-Hyun ha vinto due olimpiadi consecutive. Questi coreani! Sono diventati temibilissimi da quando hanno riunificato il paese, dominano in molte discipline diverse.”

Bene, era un chiacchierone, ancora il tempo di un'altra domanda ben scelta ed avrebbe finito il suo gelato potendo così andarsene da lì. Prima però che Sharfa potesse parlare Gamit si portò una mano alla tempia, mostrando una lieve smorfia.

“Cosa non va amico?” gli chiese Ealy

“No, nulla, tutto apposto. Il mio Qhad mi avverte che ho il dieci percento della memoria occupata.”

“Il tuo cosa?” chiese Sharfa

“Il mio Quantum Hard Disk, io lo chiamo così.”


“Scusa, parliamo di quasi centomila terabyte di dati, come hai fatto ad occuparne così tanti?” chiese Ealy.

“E’ colpa di Minna, la mia ragazza” aggiunse rivolto a Sharfa per farle capire di chi stesse parlando. “Ha voluto che ci scambiassimo tutti i ricordi, così il mio Qhad ora non ha in memoria solo tutta la mia vita ma anche la sua.”

“E lei ha la tua. Ahi, ahi” fece Ealy ammiccando all’amico.


Ecco, ora doveva proprio andare, e il gelato era finito “bene Ragazzi, è stato un piacere” fece Sharfa alzandosi in piedi e portandosi di lato al tavolo “vi lascio lo schermo e tutto lo spazio per voi” fece ancora prima di diventare silente ed assumere uno sguardo assente che puntava nel vuoto.

Ealy si dimostro molto reattivo, con uno scatto felino acchiappò al volo la ragazza che era caduta a peso morto in avanti.
Quando Sharfa riaprì gli occhi vide sopra di se Ealy e con lui la commessa che l’aveva chiamata signora. Si trovava di nuovo a sedere al suo posto al tavolo.


“Cosa succede?” fece lei non capendo

“Sei svenuta” gli fece Ealy ridacchiando “ma solo un minutino”

“Tu sei… tu sei il ragazzo invadente, eri al tavolo con me…”

“Hai fatto la solita buona impressione Ealy, complimenti” commentò Gamit, che se ne era rimasto seduto al suo posto per tutto il tempo.


“Che faccio, chiamo i soccorsi?” chiese la commessa del locale che si trovava in piedi di fianco alla ragazza.

“No, no, sto bene grazie, credo di stare bene” fece Sharfa cercando di definire la strana sensazione che stava avvertendo, come della mancanza di qualcosa che però non sapeva bene definire.

 

Storia in ambiente Sci-fi ma molto simile al nostro, di genere introspettivo. Spero che la storia vi piaccia, sarei felice di ricevere commenti di qual si voglia genere e/o critiche costruttive.

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Capitolo 2
*** Una cosa importante ***


La commessa tornò al suo posto, raccomandando però ai ragazzi di tornare a chiamarla se ci fossero stati altri problemi.


Sharfa intanto era poggiata coi gomiti sul tavolo, aveva lo sguardo basso e si teneva la testa fra le mani. “Devo andare” fece tra se e se ancora un po’ spaesata.

“Forse ti conviene restare seduta qualche minuto, non credi?” gli fece Ealy, riprendendo posto davanti a lei.

“No, non capisci… devo andare, ma non mi ricordo...”

“Che vuoi dire? Hai perso la memoria?”

“No, non credo. So chi sono, so chi sei tu, mi ricordo i passati minuti, e altro, così come mi ricordo che dovevo fare una cosa. Ma non mi ricordo cosa!”

“Be può capitare, controlla il tuo Qhad?”

“Il mio cosa?”

“Scusa, l’abitudine di parlare sempre con questo qui” fece Ealy indicando con un lieve cenno del capo Gamit, che intanto era impegnato a consumare tranquillamente la sua ordinazione senza immischiarsi nel loro dialogo. “Intendevo dire, perché non controlli nel tuo Hard Disk cosa dovevi fare?”


Sharfa si tirò su a sedere per bene, continuando a tenersi le tempie con le mani, “nulla, non ci riesco.”

“Non lo avevi segnato in una nota sull’Hard Disk? Beh, allora non ti resta che ripercorrere velocemente a ritroso le ultime giornate, ci vorrà qualche minuto ma così lo troverai sicuramente.”

“No” fece lei spaventata “non mi sono spiegata, quello che voglio dire è che, per qualche motivo, non so come, non trovo più il mio Hard Disk.”

“Che vuol dire che non lo trovi?!” fece Ealy stupito “sta dentro la tua testa, mica se ne può andare da qualche parte!”

“Sì ma, non riesco più a sentirlo!” fece lei cercando le parole migliori per spiegarsi.

“Prova a riproiettare il tuo pattinatore sul tavolo” le propose Ealy.
Sharfa ci provò al meglio che poteva. “Nulla, non succede nulla, non lo trovo!”


Gamit allora, nonostante avesse in tutti i modi cercato di non intervenire in quella discussione si vide costretto dall’ignoranza dei due a parlare: “forse c’è una spiegazione” disse attirando su di sé l’attenzione “so che è estremamente raro, ma il tuo Quad potrebbe essersi rotto.”

“Cosa?” fece a voce alta Sharfa “oddio sono rovinata!”

“Deve essere per questo che sei svenuta, un malfunzionamento del tuo Qhad e deve essere partita qualche scarica di troppo prima che si disattivasse. Sai, ne so qualcosa…”

“Come è possibile?” fece la ragazza, ancora spaventata. Non poteva essere, aveva bisogno del suo Hard Disk, non riusciva a ricordarsi cosa doveva fare, e la risposta era lì dentro.

“Tranquilla, non è così drammatica la cosa” fece ancora Gamit provando a parlare con un tono rassicurante, per quanto la cosa gli venisse poco naturale, “non sono sicuro ma credo che comunque quanto sia salvato sul dispositivo non vada mai perso in questi casi. Penso basti andare in un centro assistenza e farlo ripristinare, dopo di che il tuo Quad sarà come nuovo e con le cose memorizzate intatte.”

Sharfa sì guardo l’orologio. Sapeva di averlo fatto per una ragione ma ignorava quale.

“L’ufficio assistenza della città chiude alle cinque” fece Gamit, intuendo il suo possibile dubbio.

“Ma è tra pochissimo, devo correre lì” disse la ragazza scattando in piedi.

Ealy si alzò per cercare di fermarla “Ehi aspetta, non credi che sia meglio che tu stia un po’ seduta? Sei appena svenuta! Non preoccuparti, anche se oggi chiude ci puoi sempre andare domani mattina, qualche ora non farà poi tutta questa differenza.”

“Tu non capisci” gli inveì contro la ragazza, ben sapendo però che lui non aveva modo di comprendere cosa stesse passando.
“Ecco, io devo fare una cosa. Ricordo che è una cosa molto importante e ho la sensazione di doverla fare entro oggi, ma non ho la più pallida idea di cosa sia.

“E non riesci a ricordarla senza il tuo Hard Disk?”

“Proprio no, per quanto mi sforzi. Forse pensandoci a lungo su potrei riuscirci, ma non me la sento di correre il rischio. Se vado a farmi aggiustare l’Hard Disk la ricorderò sicuramente, giusto?” chiese rivolta a Gamit.

“Beh si” fece lui che non si aspettava di essere nuovamente coinvolto nella conversazione “per quanto ne so i tecnici sono sempre in grado di ripristinare un Qhad”

“Molto bene, allora devo andare.” Fece lei e di peso spostò Ealy di lato per potere avere la via libera verso l’uscita.


Lui per qualche momento restò bloccato indeciso sul da farsi, mentre lei si allontanava, poi si decise “e va bene, se è così importante per te, ma io verrò con te!”

“Eh?”

“Su, non è prudente che tu vada da sola, potresti svenire di nuovo.”

“Io mi sento bene, e poi non credo che possa risuccedermi.”

“Non si sa mai. E poi hai un mezzo di trasporto?”

“In effetti no, pensavo di andare coi mezzi pubblici”

“Possiamo andare con la mia moto” fece Ealy provando a convincerla.

Non le andava proprio di portarselo dietro per permettergli di immischiarsi dei suoi affari, ma in fondo così avrebbe fatto prima, forse ne valeva la pena di sopportare ancora per un po’ quel ragazzo. Sembrava invadente certo, ma nulla di più, e comunque finora era sempre stato gentile: “ok, andiamo allora.”

“Bene” fece Ealy di slancio, rendendosi poi conto che c’era un possibile impedimento al fatto che lui se ne andasse via così. Con aria rammaricata quindi rivolse uno sguardo all’amico che ancora stava seduto al tavolo, come a scusarsi del fatto che stava per lasciarlo lì solo e a chiedergli il permesso di andare.

“Vai pure…” fece Gamit che intanto stava facendo apparire sul suo tavolo una corsa di auto, “…e divertiti” aggiunse distrattamente con tono sarcastico.

 

Secondo capitolo finito, penso di cavarmela in 6/7 capitoli. Ringrazio sentitamente yonoi e molang per aver recensito il primo capitolo e anche per le impressioni e i consigli ricevuti. A chi ha letto fin qui dico che mi farebbe molto piacere ricevere deo commento e/o delle critiche costruttive.

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Capitolo 3
*** Il centro assistenza ***


I due ragazzi uscirono dal locale, Sharfa prese a seguire Ealy verso la sua moto, parcheggiata a qualche metro dall’uscita del locale, incastrata e bloccata dentro un apposito sistema antifurto.

“Faremo presto per il centro assistenza, sì?” fece lei apprensiva, tanto per dar sfogo alle sue preoccupazioni, “d'altronde si trova a” fece una lunga pausa, “vicino a… accidenti, sono sicura di saperlo, un luogo importante, dai vicino a…” continuò a farfugliare lei, provando la strana sensazione di sapere esattamente come proseguire quella frase, ma di non essere in grado di farlo. Il suo cervello sapeva di sapere e messo di fronte all’evidenza faticava ad accettare quella mancanza.
“Vicino al Municipio, su Musk boulevard” fece lui, impietosito dalla difficoltà dell’altra.

“Si, certo, oddio grazie, non sai che tortura fosse per me non ricordarmelo” chiosò mestamente lei subito prima di acchiappare al volo un casco lanciatole da Ealy.

“Su mettitelo, faremo in cinque minuti” disse un attimo prima di salire sulla moto, lei si mise dietro di lui e, un po’ controvoglia, gli cinse la vita con le braccia. “Imposto la velocità massima” fece ancora Ealy.

La moto prese a sfrecciare con i due a bordo. Ealy teneva le mani sul manubrio che però esisteva solo per meri motivi estetici. Quella moto infatti, come ogni altro mezzo cittadino, si guidava da sola: un tempo simile all’età dei due ragazzi era passato da quando era ancora consentito possedere mezzi che non avessero il pilota automatico.


Con manovre precise e abilmente calcolate, che ad un occhio di una persona poco al passo con i tempi potevano sembrare spericolati slalom tra le auto ma che in realtà erano totalmente sicure, giunsero in poco tempo a destinazione e Ealy dimostrò di aver azzeccato la sua previsione, in cinque minuti esatti furono davanti al luogo selezionato come arrivo sul computer del mezzo. Appena questo fu fermo Sharfa si tolse in fretta e furia il casco e corse via verso il locale, senza badare tanto ad Ealy, ancora intento a fermare e sistemare la moto.

Questi non fece nemmeno in tempo a finire che vide la ragazza tornare indietro sconsolata. “Niente, hanno chiuso mezz’ora prima oggi, c’era un avviso sulla porta” fece lei frustrata.

“Mi spiace”

“Accidenti, che rabbia. La cosa che mi dà più fastidio è che sento di avere la risposta a portata di mano, ma proprio non la ricordo” disse picchiettandosi nervosamente sulla testa, poi rivolgendosi ad Ealy aggiunse mortificata “scusami sai, di solito non sono così, è che questa situazione mi sta snervando parecchio. Comunque vai pure, non è un affare che ti riguardi, vedrò di risolvere da sola la situazione.”

“Senti non hai qualcuno da chiamare, che possa sapere qual è questa cosa così importante?” fece Ealy con tono conciliante, ancora intento a sistemare la moto e senza dare l’impressione di volersene andare.

“Buona idea, chiamerò mia madre” fece Sharfa prendendo di scatto il telefono e facendo partire in un attimo la chiamata.


Ealy rimase seduto sul suo mezzo mentre la ragazza si allontanava di qualche metro mentre telefonava. Forse in effetti avrebbe fatto meglio a lasciarla lì ed andarsene, non sembrava nemmeno molto contenta della sua presenza, e poi era evidentemente preoccupata a pensare ad altro. Quell’idiota di Gamit lo avrebbe canzonato per mesi per il due di picche che stava per prendersi, soprattutto perché avrebbe dovuto rendergli il fatto di averlo lasciato solo quel pomeriggio.

“Mia madre non si ricorda nulla di importante che avevo da fare oggi.”

“Le hai detto del tuo problema?”

“No, si sarebbe preoccupata per nulla, lei pensa sempre al peggio! Le ho solo chiesto se sapeva di qualche appuntamento importante per oggi, ma non sa nulla”

“Forse dovresti chiamare qualcun altro…”

“Io, ecco, no, non voglio disturbare tutti quelli che conosco per una cavolata del genere.”

“Tuo padre magari, o il tuo ragazzo?” tentò Ealy.

“Non ho un ragazzo, furbacchione, e non ho nemmeno un padre.”

“Scusa io…”

“Lascia stare, non potevi saperlo.”

Non ne stava facendo una giusta. Ora non poteva certo andarsene, si sarebbe sentito troppo in colpa “senti, perché non facciamo due passi e magari mi racconti della tua giornata di oggi? Così forse ti torna in mente cosa dovevi fare di tanto importante.”

“Be, perché no, se non hai da fare, mi dispiace farti perdere tempo.”

“Ma no figurati” fece il ragazzo mettendo la sicura antifurto alla moto prima di cominciare a camminare “su, dimmi pure”

“Be, prima di venire alla gelateria dove ci siamo incontrati ho fatto spese” fece Sharfa accennando a tirar fuori un paio di bustine dalla borsa “nella via, sai, la via dove si va sempre a fare spese, quella… oh che irritazione, non mi viene…”

“Second Street?”

“Esatto quella” fece lei intristendosi un po’, “prima ancora ero a pranzo a casa mia con mia madre, anche se non mi ricordo cosa abbiamo mangiato…”

“Be, in questo non posso darti suggerimenti” fece Ealy sorridendole.

“Si, non credo sia importante cosa stessimo mangiando, comunque sono sicura che fosse un piatto squisito, mia madre prepara sempre cose buonissime” fece Sharfa giusto per concludere la frase, mentre un largo sorriso appariva sulla sua bocca.


“Le vuoi molto bene vero? A tua madre intendo.”

Sharfa si irrigidì, cercando di riassumere un’espressione neutra. Non le andava di parlare di cose così intime con quello sconosciuto, però d'altronde lui finora si era comportato molto bene con lei. “Beh sì. Sai com’è, da un po’ di tempo mi sono trasferita a vivere per conto mio e quindi non ho più molte occasioni di vederla. Sembra brutto ma a volte serve staccarsi un po’ dalle persone per renderci conto di quanto ci stanno a cuore. Solo che ecco, vorrei riuscire a farle capire più spesso quanto tengo a lei…”

“Sono sicuro che lo sa già” fece Ealy condiscendente

“Questo non puoi saperlo, non conosci né me né lei” fece Sharfa, pentendosi subito di essere stata così aggressiva “forse dovrei andare al mio appartamento, magari lì c’è qualche indizio che mi aiuti a ricordare.”

“E dove abiti?”

“Si, ecco, io…”

“Non lo ricordi?”

“Tu che ne dici?” fece lei aspramente “accidenti, non mi viene. Dai quella zona per ragazzi giovani, con quel largo parco”

“Dovrebbe essere…”

“No, no, ti prego non aiutarmi, voglio ricordarlo da me. Olster, Easter… accidenti… Eastern qualcosa… dai su, perché quello stupido aggeggino si è dovuto scassare. Che fastidio, è come se fossi totalmente inutile senza” fece arrivando a mordersi una
mano per la rabbia “su avanti, dimmelo!” fece rassegnata alla fine.

“East Village?”

“Esatto, proprio quello, accidenti! Che senso ha? Non sono più nemmeno io, non mi ricordo niente di me stessa. Senti io allora andrei…”

“Vuoi un passaggio?”

“Sicuro, mi sembra di approfittarne…”

“No tranquilla, è abbastanza vicino, piuttosto, ti ricorderai dove si trova l’appartamento una volta che saremo arrivati in zona?”

“Portami lì e vediamo” fece lei ormai rassegnata a quella inedita condizione di handicap.


Ripresa la moto ci vollero appena quindici minuti per raggiungere il luogo in questione, il tempo di prendere la strada principale, passare sul ponte che attraversava il fiume cittadino, poi uscire verso est. Ealy impostò allora la velocità minima, e cominciarono a girarlo molto lentamente in moto.

“Ecco, è quello” fece Sharfa quando i due passarono davanti ad una palazzina “Oddio, menomale, me lo sono ricordata.”

Ealy non se lo fece ripetere e impostò subito la procedura di fermata sul suo mezzo. Sharfa si levò il casco e lo ridiede all’altro. “Ok, allora io vado” fece lui titubante a quel gesto.

“Si, e grazie di tutto” fece lei “ecco, a meno che tu non abbia ancora un po’ di tempo da sprecare e non voglia salire?”

“Be, forse in effetti credo di avere ancora un po’ di tempo…” bofonchiò lui scendendo a sua volta dalla moto.

I due si avviarono all’ingresso “sì, la chiave gira!” Esultò Sharfa subito prima di entrare nel palazzo “terzo piano, questo me lo ricordo” disse correndo su per le scale.

Anche la porta dell’appartamento si aprì. “Scusa il disordine” fece lei entrando “sai, non sono abituata a dover badare ad una casa mia.”


Terzo capitolo, prometto a chi mi segue (molang in primis, sempre molto gentile a recensirmi) che siamo a metà storia, e penso di finire entro un paio di settimane. Come sempre mi farebbe molto piacere riceve da chi ha letto fin qui un commento e/o una critica costruttiva. Ciao e alla prossima.

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Capitolo 4
*** La casa di Sharfa ***


La porta dell’appartamento si aprì. “Scusa il disordine” fece lei entrando “sai, non sono abituata a dover badare ad una casa mia, sono qui solo da poco.”

“Figurati, piuttosto è piccolino qui” ribatté Ealy varcando l’ingresso e guardandosi attorno. Pareva esserci solo un grande ingresso con annessa cucina e altre due camere che probabilmente erano una stanza da letto e un bagno, un monolocale per farla breve. Il ragazzo giunse sulla soglia della porta “la camera però è bella devo dire” disse entrando.

Sharfa colse uno sguardo fisso e, se aveva interpretato correttamente, languido da parte del ragazzo. Non gli rispose subito, si limito a studiarlo un po'. Non voleva per caso provarci con lei in quella situazione? Smise di guardarlo per non incentivarlo a farsi avanti. Che seccatura, non lo capiva l’inferno che stava passando? Probabilmente no, non poteva averne idea non essendo nella sua testa e non vivendo quell’atroce senso di impotenza e incapacità che stava vivendo lei ora. Per quanto avesse accennato qualche volta a descriverla non era una cosa che si poteva facilmente capire se non la si testava direttamente.

Infondo poi era stata una sua idea farlo salire. Era il minimo visto che l’aveva accompagnata fin lì, una gentilezza quasi scontata, che lui avesse frainteso? ‘ti prego non fare nulla’ pensò. Si volse di nuovo verso di lui “senti ascolta…” cominciò a dire prima di bloccarsi. Il ragazzo ora non sembrava più tanto sicuro di se, aveva anzi uno sguardo preoccupato e inquieto, inoltre non la stava più fissando.


“Ehi, ma che per caso è tua quella?” fece lui sbiancando velocemente.

La ragazza si girò per cercare di capire dove stesse puntando con lo sguardo. Poi la vide, quella cosa che faceva capolino da un cassetto mezzo aperto, tutta nera e luccicante, difficile da non notare per quanto semi coperta, una pistola. Anche lei reagì preoccupata scattando in piedi dal letto e allontanandosi: “no, non credo… non lo so.”

“Deve essere tua, è la tua camera, non ricordi…” accennò lui prima di tacere, come a rendersi conto che forse era meglio non parlare affatto.

“Non credo, non è che per caso vuoi prenderla per controllarla?”

“Io? No!” fece lui.

“Non credo di possedere un’arma, c’è qualcosa di strano.” Fece lei avvicinandosi a questa.

“Ehi aspetta, che fai?” urlò lui prima che lei prendesse in mano la pistola e con un rapido movimento della mano la aprisse, rivelandone il contenuto.

“Non so come, il movimento mi è venuto automatico. Guarda, non è una vera pistola, non sembra avere dentro un vero proiettile, non sono arancioni e con sopra questi pallini no?” chiese lei mentre cercava ancora di ricordare cosa ci facesse lì quella cosa.


“No, certo” disse Ealy, visibilmente tranquillizzato, poi, cercando di recuperare la pessima figura da codardo che aveva appena fatto, le prese la pistola dalle mani “credo che siano per il tiro sportivo, tipo a bersagli mobili, fai sport di tiro?”

“Boh… credo, mi pare di sì”

“Ecco prima io vedi, non è che avessi veramente paura, è che la cosa mi ha preso un po’ alla sprovvista e non sapevo come reagire, mi pare normale che uno resti un po’ interdetto vedendo una…”


“Ehi, cos’è quello?” fece lei, notando un post-it attaccato di fronte alla scrivania.

“Sta proprio di fronte al telefono, devi averci annotato qualcosa” fece Ealy prontamente.

“È questo che dovevo fare!” fece lei scattando dalla gioia per l’istantanea epifania.

“Davvero?” fece Ealy sorridendole “e di che si tratta?”

“Ecco, sul biglietto c’è scritto…” cominciò lei, accorgendosi però ben presto che nonostante il suo cervello fosse convinto di aver trovato la soluzione lei in realtà non era in grado di darla.

“Accidenti” sbuffò contrariata “no, non lo so ancora, l’unica cosa che ho capito è che evidentemente quell’appunto significa qualcosa.”

“Va bene, non perdiamoci d’animo” fece Ealy calmo e contento che la sua figuraccia precedente pareva essere subito stata archiviata “possiamo ricostruirlo forse, il biglietto dice ‘MG 2nd St. 17 e 30’, uhm, MG, che vorrà dire?”
 
“Non lo so, cioè, so di saperlo, ma non me lo ricordo!”

“2nd St. sarà Second Street? La via dei negozi! Forse hai prenotato qualcosa e devi passare a prenderlo?”

“Sì, sì… mi convince!”

“Però sono quasi le 18 e 30, mi sa che sei in ritardo.”

“Non importa, magari sono ancora in tempo. Senti, tu che fai…” incominciò lei, ma si bloccò vedendo che lui era titubante se continuare a darle una mano. “Non preoccuparti, posso cavarmela da sola” disse lei, fingendosi dispiaciuta.

“Andiamo pure” disse lui di nuovo carico.

“Oh, grazie grazie” fece lei dirigendosi verso la porta “sai, sei stato veramente carino ad aiutarmi per tutto questo tempo, un giorno o l’altro devo offrirti una cena per ringraziarti!”


I due raggiunsero la strada in questione. Cominciarono a percorrere a piedi su e già tutta la via. Sharfa scattava velocemente verso ogni negozio, si fermava davanti qualche secondo sperando di ricordarsi qualcosa, e poi riscattava verso il successivo, mentre Ealy cercava di tenere il suo passo.

“Questo mi dice qualcosa, ma no. L’ho già visto ma non c’entra con quello che devo ricordare… Quest’altro è carino. Ha un bel, ecco, un bel… no niente, non lo ricordo, ma sono certa che anche questo non c’entra… Quest’altro non credo di averlo mai visto.”
Sharfa continuava a saltellare rapidamente, parlando un po’ ad Ealy e un po’ a se stessa, come isolata nella sua frenetica ricerca.

“Niente, deve essere tra questi, ma non ricordo quale sia, accidenti, che fastidio” concluse dopo quasi un’ora la ragazza, avendo fatto più volte aventi e indietro per tutta la via.

“Dai su, torniamo alla moto, ti riporto a casa, domani saprai quello che devi sapere” gli fece Ealy, sembrandole un po’ condiscendente ma anche stanco di tutto quel via vai.

Si rendeva conto di avergli già chiesto troppo per la loro conoscenza superficiale “Si, scusa, andiamo pure.” Disse lei pentita, mentre prendeva il suo dispositivo di comunicazione.


“Cosa guardi?” le chiese Ealy, notando che da parecchi minuti ci stava armeggiando senza sosta.

“Sto andando sulla pagina del centro assistenza” fece Sharfa scrollando il dito sul suo dispositivo “voglio sapere quando riaprirà domani mattina, per essere subito lì”

“Oh certo, capisco”

“Le 8 di mattina, diavolo, è così tanto tempo!”

“Be, sono le 20 ormai, sono appena 12 ore, cosa ti costa aspettare?”

“Non capisci” fece lei alzando la voce “sono sicura che la cosa importante che devo ricordarmi ha a che fare con oggi, domani è troppo tardi, accidenti perché non riesco a ricordarmelo!”

“Si, ho afferrato” fece lui non sapendo come rispondere, ancora qualche minuto e sarebbe andato via. Non voleva più aver nulla a che fare con quella storia.

“Aspetta, aspetta...”

“Cosa?”

“Qui, sulla pagina del centro. Ci sono molte persone che si complimentano con chi ci lavora, e sotto questi complimenti, ci sono delle risposte di ringraziamento per gli apprezzamenti! Sono sempre dello stesso utente, deve essere uno che lavora lì, non pensi?”

“Si, potrebbe essere, e con questo?” fece Ealy non capendo

“Proviamo a cliccarci sopra, vediamo se ha il profilo personale collegato a questo.” Fece la ragazza tutta presa da quella operazione, prima di esultare subito dopo “Si, eccolo. Avevo ragione, lavora al centro assistenza questa tipa, Ranya Murphy, e tra le informazioni c’è anche l’indirizzo di casa!”

“Aspetta, non vorrai per caso…”

“Potremmo andare da lei, magari ripristinare questo stupido affare che ho in testa è una cosa semplice, di qualche minuto, magari una cosa che può anche fare a casa sua, cosa costa tentare…”

“Ecco, capisco che la cosa per te sia seccante, voglio dire, il vuoto di memoria e tutto il resto, ma credo che andare a disturbare qualcuno a quest’ora e nella propria abitazione sia veramente troppo” fece Ealy visibilmente a disagio, tentando di tirarsi via.

Sharfa, per tutta risposta, si aggrappo con entrambe le mani al giubbino del ragazzo e prese a fissarlo: “ti prego, ti prego, ne ho davvero bisogno” fece supplichevole “so che è difficile da capire, ma non ce la faccio più a non ricordare. La mia testa non prova a fare altro, non riesco a pensare ad altro, eppure ancora non ci sono riuscita, è diventata una tortura!”

Ealy rimase pensieroso a lungo. “E va bene, proviamo a farlo” le concesse.

“Grazie, grazie, grazie” fece lei, scattando verso la moto. Sapeva di stare agendo in maniera molto strana e poco educata, e che si stava rendendo ridicola, ma l’unica cosa che voleva ora era riacquistare la sua memoria. Poi dopo, tornata finalmente in se, avrebbe avuto tutto il tempo e i modi per chiedere scusa per le sue azioni.


“Ti… il tuo comunicatore, hai un messaggio” le fece notare il ragazzo mentre si preparava a partire.

“Oh sì, è mia madre, dice che non inizia a cenare senza di me.”

“Forse dovresti tornare a casa…”

“No, non preoccuparti, le dico che faccio tardi e che può mangiare senza problemi” fece lei sistemandosi e preparandosi a partire.

 

Ringrazio chi ha letto fin qui, spero stiate apprezzando la storia. Se volete lasciare un commento e/o una critica la cosa mi farebbe molto piacere.

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Capitolo 5
*** L'operatrice del centro assistenza ***


In sella per l’ennesima volta alla moto del ragazzo e in nemmeno dieci minuti furono all’indirizzo giusto. Sharfa già pregustava il momento in cui avrebbe ricordato tutto quello che ora smaniava di ricordare. Una cosa importante, da prendere in 2nd St., da sbrigare in giornata, segnata come MG, tutti gli indizi roteavano incessantemente nella testa di Sharfa lungo il tragitto. La sua mente sapeva che erano tutti collegati, e sapeva anche che avrebbe dovuto sapere come, ma il filo che univa tutti quegli indizi era stato tagliato e ora lei stava impazientemente aspettando di ricucire il tutto.


“Chiamiamo il suo comunicatore di casa d’accordo, e le spieghiamo la situazione. Se non vuole farci entrare ce ne andiamo subito, ok?” fece Ealy preoccupato, accostandosi all’appartamento che avevano per qualche minuto cercato.

“Si, si ok” fece Sharfa distrattamente mentre cercava il nome giusto scorrendo sul touch-screen quelli di tutti gli occupanti della casa.
 
“Eccolo qui, Ranya Murphy, allora vado…”

Ci volle qualche secondo, poi una voce cominciò ad uscire dall’altoparlante posto lì. “Sì?”

“Ci scusi signori, lei lavora al centro per la manutenzione degli Hard Disk Quantistici?”

“Con chi sto parlando?”

“Ascolti, il mio non funziona più, ho bisogno che torni operativo al più presto non è che potrebbe…”

“È un’operazione di routine” ribatte la voce dall’altra parte, dando l’impressione di essere scocciata “passi domani dal centro, ci vorranno una decina di minuti.”

Sharfa non era intenzionata assolutamente a desistere “Ascolti, ho veramente bisogno di averlo funzionante per stasera, visto che occorrono pochi minuti, non è che potrebbe…”

“Si, presenti domani al centro, arrivederci” taglio corto la voce dall’altra parte, dopo di ché la comunicazione si interruppe.

Disperata la ragazza provò a richiamare, ma dall’altra parte non ci fu risposta.

“Va be, abbiamo provato, ora dovremmo andare, e poi ti è arrivato un altro messaggio al comunicatore” disse indicandole l’aggeggio che spuntava dalla tasca.

Lei lo prese in mano un paio di secondi, “è solo mia madre, dice che mi aspetterà, anche se dovessi tardare un’ora” commentò sbrigativamente, per poi tornare ad occuparsi di quello che veramente le premeva, “forse c’è un altro modo!” La ragazza seleziono a caso un altro nome nella lista degli occupanti del palazzo e avviò la comunicazione “scusi, ho dimenticato la tessera, potrebbe…” non servì dire altro, senza che ci fosse alcuna risposta l’ingresso si aprì.


“Ehi aspetta, cosa vuoi fare” domandò Ealy sempre più perplesso.

“Vado a chiederglielo di persona, vedendo quanto sono disperata non potrà negarmi questo favore.”

“No, ci ha chiaramente detto…”

“Se non vuoi venire aspetta pure qui…” fece Sharfa sbrigativamente correndo su per le scale, seguita dall’altro, sempre più riluttante. Giunti al quarto piano si trovarono di fronte a tre porte, una delle quali recante sulla targhetta ‘Ranya Murphy’, senza esitare la ragazza suonò il campanello.

La persona che aprì poteva avere all’incirca una decina di anni in più dei dure ragazzi. Era in vestaglia e aveva i capelli legati. “Chi siete voi…” fece per dire, prima di comprendere “… oddio, non sarete quelli che hanno suonato?”

“Si, siamo noi. Perdoni l’insolenza, so bene che tutto ciò è inappropriato, ma le ripeto che ho davvero bisogno di ricordare qualcosa di importante entro stasera…”

“Che seccatura” fece la donna ancora visibilmente contrariata in volto “mi stai dicendo che il tuo Quantum Hard Disk non funziona più?”

“Si, non riesco più ad accedervi”

“E sai che c’è una cosa importante che devi ricordare ma non riesci a farlo giusto? Ti sei sforzata a farlo?”

“Si, è tutto il giorno che lo faccio” gridò indispettita Sharfa, almeno quella donna, facendo quel mestiere, doveva sapere bene le pene che stava passando.

“Sai, non è così insolito” fece l’altra calmandosi un po’, ormai rassegnata a dover perdere qualche minuto con loro, “visto che l’Hard Disk diventa per il corpo un archivio praticamente illimitato il nostro cervello non esercita e non stimola mai la sua memoria, quindi è molto probabile che la memoria naturale delle nostre menti sia in gran parte atrofizzata, se non sbaglio avevo anche letto una ricerca su questo…”

“Si, ma, cosa si può fare…” fece in pena Sharfa, non le interessava parlare di questo, disperava solo di trovare una soluzione per lei.

“Le rare volte che un Hard Disk va fuori uso occorre ripristinarlo, bisogna farlo al centro assistenza, serve l’attrezzatura adatta, quindi mi dispiace ma dovrai aspettare fino a domani.” Poi, provando per la prima volta ad essere comprensiva, aggiunse “comunque non preoccuparti, è un’operazione di routine, andrà sicuramente bene. Ora, se vuoi scusarmi…” fece facendo per chiudere la porta.

“No aspetti” fece Sharfa frapponendo il suo corpo per impedire la chiusura dell’entrata. Perché non riusciva a capila, almeno lei, perché non la capiva nessuno, nemmeno Ealy. Ne aveva bisogno, e ne aveva bisogno ora.

“Senti, cosa vuoi fare? Entrare senza il mio consenso in casa mia?” fece il tecnico, ora furente “ti ho già detto che devi aspettare domattina, serve farlo al centro d’assistenza, quindi mi dispiace per tutti i disturbi che la cosa ti causerà, ma questo è quanto!”

Sharfa rimase immobile, senza togliersi, non sapendo cosa fare. Non poteva sopportare di rinunciare ora che era così vicina alla soluzione del suo problema. Bloccata nella sua indecisione si sentì tirare per il braccio.

“Su, andiamo, non ha senso restare qui.” Era Ealy che cercava di farla spostare dalla porta, ma la sua presa non era così forte, non voleva tirarla via di peso, voleva che desistesse per sua volontà. Eppure non era affatto pronta a rinunciare.


Con un rapido movimento, impressosi nella sua mente a causa delle innumerevoli volte che era stato eseguito, Sharfa tirò via da dietro i pantaloni la sua pistola, ne rimosse la sicura e con lo stesso fluido ed elegante movimento la porto davanti a se, a puntarla contro la sua interlocutrice.

“Cosa… cosa fai…” gridò Ealy atterrito, mollandola.

“Voglio solo che questa donna mi dia retta, che ripristini il mio dannato Hard Disk, e poi tutto andrà bene” urlò di rimando Sharfa, ormai in trance, quasi per sovrastare la voce del ragazzo e continuando a puntare l’arma contro il viso del tecnico che ora rimaneva immobile, sbiancata dalla minaccia che si trovava ad affrontare.

“Dove l’hai… è la tua pistola per il tiro sportivo?” fece ancora Ealy.

“Sì, l’ho messa nella cintola prima, a casa mia.”

“Cosa, non è un’arma vera…” fece la proprietaria di casa, provando a darsi un po’ di coraggio.

“Non ha proprio dei proiettili, ma attenta, da così vicina può fare lo stesso molti danni. Potrebbe accecarti, o perforarti la giugulare, non ti conviene prendere la cosa sotto gamba…” fece serafica Sharfa. Non ricordava bene in realtà quanto quell’arma potesse essere distruttiva, ma le pareva di essere stata abbastanza credibile nella sua minaccia.

“Cosa?” urlò di paura la donna sempre più pallida in volto, portandosi una mano dietro la schiena.

“Non fare scherzi, voglio solo che tu risolva il mio problema, e tutto andrà bene finalmente” ripeté Sharfa, un po’ autoritaria e un po’ supplichevole.

“Io…”

“Non vuoi ancora aiutarmi?”

“Io… io ho il pass del centro dentro casa…” fece molto remissiva la donna “posso prenderlo?”

“Bene, andiamo a prenderlo…”

“Aspetta, cosa stai facendo” Ealy intervenne nel dialogo “Sharfa metti via quella cosa, questa è una pazzia, stai commettendo un reato, non puoi continuare!”

“Vattene” gli intimò la ragazza

“Cosa? Che…”

“Vattene, vattene via. Ti ringrazio dell’aiuto, ma questa storia riguarda solo me, e non c’è bisogno che tu venga coinvolto, vattene ora.”

“Io…” esordì Ealy, senza dire più nulla. Sharfa fece segno alla donna di entrare in casa sua e la seguì, senza curarsi di cosa stesse facendo il ragazzo. Passato qualche minuto si rese conto che non era più lì con loro.

“Ecco, la chiave magnetica sta in questo cassetto…” fece la donna ancora visibilmente scossa. Dopo di che lo aprì con le mani tremanti, facendo sì che il contenuto cadesse sul pavimento. “Scusa, non volevo, un attimo, la raccolgo” urlo istericamente la donna, sempre più preoccupata.


Sharfa finalmente gliela vide prendere, tempo cinque minuti a piedi e sarebbero arrivati al centro assistenza, un’altra decina e finalmente avrebbe riavuto i suoi ricordi. Dei passi pesanti echeggiarono per le scale. Ancora pochi minuti e finalmente avrebbe saputo la cosa tanto importante che non riusciva a ricordare, una cosa tanto importante da spingerla quasi alla pazzia. I passi si avvicinavano. Finalmente quel collegamento che si figurava interrotto nella sua testa sarebbe ritornato integro, le informazioni avrebbero ripreso a fluire dal suo inconscio e avrebbe saputo tutto quello che ora solo poteva immaginare di sapere.

“Ehi, giù quell’arma!”

Sharfa, che dava le spalle alla porta, si girò di scatto verso l’ingresso, da dove era venuta quella voce profonda, solo per vedere due uomini dalle divise scure che si stavano agitando

“Getta immediatamente quell’arma” le venne intimato perentoriamente.

Ora poteva vederli meglio, i due uomini avevano addosso la divisa della polizia, ed erano anche loro armati, e stavano puntato le loro pistole proprio contro di lei.

“È l’ultimo avvertimento, getta l’arma o apriamo il fuoco.”

E di colpo Sharfa si ridestò dal suo stato di trance. Guardò la mano difronte a se che reggeva tanto sicura la sua arma e le parve di non riconoscerla affatto quella mano, come se non fosse sua, era davvero quel tipo di persona?
Ormai non era più sicura di nulla, non sapeva niente di se, l’unica cosa che ora la sua mente le suggeriva di lei era che non avrebbe mai puntato un’arma contro un essere umano. Di scatto, senza nemmeno pensarci, inorridita da quella sconosciuta che non era più lei, aprì la mano lasciando cadere la sua arma sul pavimento.


In pochi secondi i due uomini scattarono verso di lei e si ritrovò in un attimo con la faccia sbattuta a terra, sentendo in bocca il sapore del suo sangue. Subito dopo, già ammanettata, venne fatta rimettere in piedi dagli uomini in divisa. Gli stavano dicendo ad alta voce qualcosa, ma non si era ancora del tutto destata dal suo delirio e non riusciva a comprenderli bene.


Gli uomini smisero di rivolgersi a lei, e cominciarono a parlare con la proprietaria di casa. Sharfa, ritornando piano piano a se stessa, riuscì a cogliere qui e là qualche parte di quel discorso: “signora, si tranquillizzi, prenda un sorso di” – “ricostruiamo un attimo la dinamica” - “ci ha chiamato un condomino del piano di sotto, ha sentito delle urla preoccupanti” – “per stasera si riposi, domani però venga al commissariato, ci servirà duplicare la sua memoria signora,  così avremo un filmato di tutto quello che è successo qui stasera da usare come prova” – “sì, mi spiace signora, ma deve farlo per forza, capiamo il disturbo, ma è la legge”.

Poi ad un tratto smisero di parlare. Potevano essere passati pochi minuti o un’ora, non avrebbe saputo dirlo. Fu fatta uscire dall’appartamento e prese a fare le scale, con uno dei due poliziotti davanti a lei e l’altro dietro, con le mani ammanettate e col capo mestamente chino.

Sharfa stava per entrare nella macchina della polizia, quando si senti chiamare da lontano. Si voltò e vide Ealy correrle incontro.

“Ehi tu, stai lontano ragazzo, la conosci?” fece un agente frapponendosi di mezzo.

“Non da molto, ci siamo conosciuti oggi, perché la state arrestando?” chiese lui, ben sapendo la risposta.

“Ha minacciato con un’arma una persona.”

“Ero con lei quando l’ha fatto, e sono andato via.”

“Cosa, sei il ragazzo che era con lei? La vittima ci ha parlato di te, dovrai seguirci in centrale!”

“Ecco, io. Non ho un mezzo...” mentì lui “posso venire con voi?”

L’agente parve un po’ titubante “Si, ecco, abbiamo solo questa auto, dovresti sederti dietro con lei se…”

“Non è un problema signore, non credo di rischiare nulla” fece Ealy sorridendo.

“Ma sì, fallo salire, così almeno siamo sicuri che non se la dà a gambe” suggerì l’altro poliziotto, per vincere la titubanza del collega, che alla fine approvò. Dopo di ché i due ragazzi presero posto nella macchina dei poliziotti dietro, con i due agenti davanti.


Sharfa era ancora persa nel suo mondo, con Ealy rammaricato per lei a vederla così. Da come si comportavano era sicuro che i due agenti non la stessero sentendo, eppure poteva distintamente udirla bisbigliare continuamente frasi disperate del tipo: “Cosa ho fatto?” “Perché” “C’ero tanto vicina” “Perché a me”


“Ehi, ho pensato ad una cosa” fece Ealy d’un tratto. La ragazza si volse verso di lui, pur mantenendo uno sguardo spento.

“Forse ho capito, in parte almeno, forse posso risolvere io il tuo enigma!”

“Ah sì, come?” fece lei ravvivandosi d’un tratto.

“Stasera tua madre ti ha scritto di non voler mangiare senza di te no? Ti ha detto anche che ti avrebbe aspettato per ore. Certo, non vi conosco affatto, ma mi sembra eccessivo per una normale cena. Inoltre il tuo bigliettino, il post-it, quello in camera tua, quello collegato al tuo ricordo, diceva ‘MG second street’ giusto? E second street è la via dello shopping cittadina, diciamo. Allora forse dovevi comprare qualcosa in quella via, qualcosa a tua madre, MG, Mom’s Gift, e tua madre oggi voleva per forza mangiare con te, quindi credo che…”

“Oggi è il compleanno della mia mamma” fece candidamente Sharfa, finalmente il filo nella sua testa aveva trovato il modo corretto per riannodare tutti i vari frammenti, ora che sapeva la risposta le sembrava tutto così ovvio e lampante. “Lei c’è sempre per me” fece cominciando a singhiozzare “e non riesco mai a farle capire quanto tenga a lei” in poco tempo le lacrime cominciarono a fioccare copiose “così oggi volevo prenderle un regalo speciale, un regalo che avevo fatto venire da molto lontano apposta per lei così che sapesse quanto le voglio bene. E invece cosa ho ottenuto? Non le ho preso il regalo, ma quel che è peggio è che non ho nemmeno passato il suo compleanno con lei, e ora le sto dando anche questa preoccupazione enorme…”

“Su, non è colpa tua, non potevi ricordare…” fece Ealy per tentare di consolarla, ma non troppo convintamente.

“No, non è vero. Se fosse stato veramente importante me lo sarei ricordata!” taglio corto lei “dio, che ho combinato, sono rovinata” disse chiudendo il discorso. Per tutto il viaggio non parlarono più, le uniche cose che si sentirono echeggiare nella volante furono i commenti euforici dei due agenti sulla partita della sera prima e i singhiozzi mal contenuti della ragazza.

 

Capitolo lungo per dare una dignitosa conclusione alla vicenda (per quanto comunque non è l'ultimo). Ringrazio molto chi è giunto fin qua e si è sorbito le quasi 8000 parole del raccorto, ho scritto un breve epilogo alla storia che mettero online tra qualche giorno, per dare a chi è interessato qualche informazione su cosa sia successo in seguito ai personaggi, ma sappiate che in linea di massima la vicenda principale della storia è conclusa. 

Ringrazio in particolare Molang per l'interesse mostrato per la storia, per i continuo commenti e impressioni, e per il lavoro gratuito di correzione bozze ;) , davvero, grazie mille <3. 

Mi farebbe molto piacere ricevere da chi ha letto la storia un'impressione, un commento e/o una critica costruttiva, lo apprezzerei tanto. Ciao a tutti e alla prossima :)

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Appena dopo l’orario d’apertura quella mattina Ealy si presentò davanti alla porta del centro. Questa si aprì da sola, lasciandolo passare. Le pareti erano bianche e c’era un forte odore di prodotti chimici nell’aria. Era così presto che dovevano appena aver finito con le pulizie.

“Buongiorno, in cosa possiamo esservi…” esordì la donna dentro il locale, Ranya Murphy, prima di rendersi conto di chi avesse davanti “Sei il ragazzo di quella sera. La sera peggiore della mia vita!” fece con tono accusatorio.

“Mi dispiace per quanto è successo…”

“Ti dispiace un corno. Sono rimasta traumatizzata da quell’evento. E il bello è che non posso nemmeno dimenticarmene, infatti ieri ho dovuto testimoniare al processo di quella pazza della tua amica.

“Non la conoscevo poi così bene…”

“Mi domando io, se hanno le deposizioni video del mio Hard Disk che bisogno c’è di costringere una poveraccia come me a rivivere questo trauma? Non desidero far altro che rimuovermelo dalla memoria, in modo che diventi poco più che un amaro pensiero nebbioso e lontano. Ma il giudice mi ha intimato di non farlo, finché non si concluderà il processo”

“Ah…”

“La cosa peggiore è stata il suo avvocato difensore. Ha invocato la temporanea infermità mentale e ha chiesto solo un anno di prigione, con uscita condizionale dopo sei mesi nel caso di buona condotta. Ci credi? Ti sembra giusto? Io rimarrò traumatizzata per tutta la vita e quella si becca solo sei mesi? Sperò che diano ragione all’accusa e le diano i tre anni di carcere che ha chiesto il pubblico ministero, mi sembra il minimo, quella pazza…”

“Senta” fece per bloccarla Ealy, che non voleva continuare a sentire a parlar male di Sharfa, “io non ho colpe in questa storia, e non desidero parlare di questo. Mi può assistere?”

Ranya era parecchio irritata per essere stata fermata durante la sua invettiva. “Molto bene” concesse alla fine ragazzo “d’altronde io sono un’impiegata pubblica, sono pagata per questo, quindi… mi dica, cosa le serve signore?”

“Vorrei che venisse rimosso il mio Hard Disk mentale personale” fece Ealy, che aveva immaginato più volte come pronunciare quella frase, bello fiero e deciso, senza tentennamenti.

“Cosa? Ma perché? È una pazzia, uno spreco…”

“Sì, si perdono un sacco di capacità. Ma ho visto a cosa può portare il fare troppo affidamento su quel congegno. Si finisce a non poterne più fare a meno e se malauguratamente questo ha problemi non si hanno più le forze per farcela da soli!”

“Cosa? Stai forse parlando di quella pazza della tua amica? Il malfunzionamento del suo HD è solo una scusa, lei era di natura una deviata, una criminale latente, che aspettava solo di esplodere, io non…”

“Ascolti. Può essere come dice lei, non mi interessa. Allora, mi rimuove il mio HD?” fece Ealy, sempre deciso nel suo intento.

“Molto bene, non spetta a me convincere le persone a non fare pazzie. Aspetti un attimo…” disse piegandosi a prendere un dispositivo touch screen “ecco, firmi qui con l’impronta del suo indice destro. È un modulo in cui dichiara di rinunciare al suo diritto costituzionale a possedere una memoria abbastanza capiente da immagazzinare qualsiasi cosa desideri.”

Ealy eseguì, sempre senza tentennamenti.

“Molto bene, venga, si sieda qui, ci vorranno cinque minuti” fece Ranya, dopo di ché i due non si dissero più nulla, se non per congedarsi a pratica finita.


Ealy ora era appena uscito dal locale. Si sentiva un po’ strano. L’operazione per rimuovere l’impianto non era stata affatto dolorosa, aveva solo sentito pungere un attimo. Ora però un senso di malessere si stava facendo strada nella sua mente.

Cerco di mantenere ben focalizzati i suoi pensieri su quanto doveva fare. Dalla tasca estrasse il suo dispositivo touch e già aperto vi trovo una specie di programmino che aveva settato precedentemente. Lo schermo era diviso in due da una linea orizzontale. La metà inferiore era bianca, nella metà superiore invece compariva una domanda: ‘Come ti chiami? ’. “Ealy” rispose il ragazzo, scioccamente ad alta voce. Dopo di ché cliccò su un riquadro in alto a destra dove c’era scritto ‘scopri la risposta’ effettivamente nella metà inferiore apparve una E, seguita da una A, una L ed una Y. Non ci volle più di qualche secondo prima che comparisse un’altra domanda “Come si chiamano i tuoi genitori?” anche questo Ealy se lo ricordava ancora, ‘Eleanor e Bevis’. Molto bene, un’altra risposta esatta, ora un’altra domanda, la terza di venti segnava il contatore del suo apparecchio. ‘Dove abiti? ’ questa era già più difficile, il ragazzo ci pensò su per ben un minuto, poi però parve avere un’illuminazione: ‘London Aveneu’ si disse nella testa, e tutto preso andò a scoprire la risposta. Tuttavia il suo entusiasmo venne smorzato dalla scritta che apparve: ‘Lyndale Aveneu’. Accidenti, ci era andato vicino, o no? Beh, ecco la prima cosa che doveva memorizzare nella sua testa, senza ausilio di strumenti artificiali, abitava in Lyndale Aveneu. Lyndale, Lyndale come Linda, la bambina a cui aveva dato il primo bacio. Ecco, ora non l’avrebbe più scordato. Linda, Linda-Le, Lyndale, era facile no, perché non facevano tutti così? Contento del risultato ottenuto il ragazzo passò alla quarta domanda.



E la storia finisce qui. Ringrazio chi è arrivato fino a questo punto, spero abbiate apprezzato, in ogni caso rimango in attesa di commenti, impressioni e/o critiche costruttive, cose che saranno tutte molto gratite.
Un grazie speciale a molang che mi ha sostenuto con vari commenti per tutto il tempo della pubblicazione di questa storia, grazie davvero :).

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