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di Crilu_98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 

L'uomo vestito di nero era accovacciato sul ramo di una robusta quercia e in quella posizione la sua figura ricordava quella di un enorme gufo. Un presagio di morte e sventura. 
Gli occhi erano fissi sulla casa che bruciava, immoti e scuri come gelide schegge di ossidiana; una lacrima di sangue che scendeva lentamente sulla guancia era il solo segno del suo turbamento. 
Il vampiro rimase a guardare fino a quando la villa non si ridusse in cenere, poi la sua attenzione fu catturata dagli esseri umani che si muovevano nella penombra data dalle ultime braci. 
Le sue iridi si accesero di un rosso cupo e un ringhio animalesco gli sfuggì tra i canini allungati. 
Sarebbe stato facile, per lui, saltare giù dalla pianta e avvicinarsi di soppiatto a quegli uomini ignari, avventandosi su di loro prima ancora che avessero il tempo di invocare il loro temibile Dio. 
Avrebbe affondato con piacere i denti nelle loro gole pallide per il terrore, godendo dell'energia che lasciava i loro corpi per rinvigorire le sue vene che bruciavano per la sete. 
"Ho bisogno di sangue. "
Pensò leccandosi le labbra sottili, prossimo a cedere a quel desiderio ardente, fatto di dolore, fame e brama di vendetta. 
Ma il movimento della coperta che teneva tra le braccia lo riportò alla realtà: non poteva dare libero sfogo ai suoi istinti, non ora che gli era stata affidata una missione così delicata. 
Abbassò gli occhi fino ad incontrare quelli grigi della bambina appena svegliata. Nonostante la curiosa situazione non sembrava spaventata e lo fissava piuttosto con espressione rapita. 
Il vampiro fece scorrere un dito affusolato lungo la sua guancia, beandosi del calore della sua pelle viva; la bimba, al contrario, si agitò per quel contatto gelido e sgradito, storcendo la bocca in una smorfia di paura. 
"Shhh!" 
Sussurrò la creatura con voce gentile. 
"Non potrei mai farti del male, piccola anima. Ora ti porto al sicuro, va bene?" 
Lanciò un ultimo sguardo a ciò che rimaneva della grande casa sulla collina e spiccò un grande balzo. 
Per un attimo sembrò librarsi nell'aria, ma anche se gli esseri umani si fossero voltati nella sua direzione difficilmente avrebbero potuto scorgere la sua figura ammantata dall'oscurità. 
Poi il vampiro ricadde silenziosamente tra gli alberi e in pochi attimi svanì nella notte.

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Capitolo 2
*** 1 ***




I PARTE: UMBRA INFERORUM 

 

"Che mai farebbe il tuo bene se non esistesse il male, e come apparirebbe la terra se vi scomparissero le ombre?" 
(Michail Bulgakov)

"Non abbiate mai paura dell'ombra. È lì a significare che vicino, da qualche parte, c'è la luce che illumina." 
(Ruth E. Renkel)

 

 

"Sono sempre di più gli Immortali che raggiungono il nostro Paese da ogni parte del mondo, nel tentativo di sfuggire alle persecuzioni razziali di cui sono vittime. Alcuni, tra i più longevi vampiri e licantropi, hanno dichiarato di aver assistito a stragi perpetrate da folle inferocite simili a quelle a cui erano scampati nei secoli medievali. È un dato preoccupante che testimonia l'ondata di violenza che ha investito l'Europa sin da quando un anno fa la maggiore Setta dei vampiri di Londra ha rivelato l'esistenza delle creature sovrannaturali..." 
Sullo schermo appaiono le decine di sfollati che si riversano fuori dai centri di accoglienza di New York, accolti da una moltitudine di curiosi. Alcuni sono pallidi come dei cadaveri, altri hanno la stazza di un armadio, altri ancora sembrano semplici esseri umani dall'aria stanca e spaventata. 
È quest'apparente somiglianza che ha permesso ai cosiddetti Immortali di rimanere nascosti per secoli, favoriti dalla fiducia umana nella ragione. 
Per qualcuno essi ancora oggi sono solo "degli stupidi miti", ma si tratta della minoranza. L'esistenza di vampiri, licantropi ed affini non può più essere messa in discussione; proprio a New York, pochi mesi dopo la rivelazione dei vampiri londinesi, un licantropo si è trasformato a Times Square, causando il panico tra i passanti.
Un episodio controverso e simbolico che ha portato il problema all'attenzione dei media. Personalmente speravo che fosse un argomento destinato ad esaurirsi in breve tempo, ma la successiva scoperta delle Congreghe di streghe ha fatto sì che tutto il mondo si interrogasse sul comportamento da adottare con le creature extra-umane o Immortali, come loro preferiscono essere definiti. Le teorie sulle loro origini e caratteristiche sono innumerevoli, ma io ho appreso solo ciò che poteva tornare utile nei miei studi: il dibattito ancora in corso negli Stati Uniti se considerare i vampiri esseri viventi e quindi con pari diritti e doveri davanti alla giustizia umana, o se la licantropia potesse essere considerata una malattia che comprometteva le facoltà mentali. 
Si tratta per il momento solo di speculazioni teoriche, perché non saprei davvero come convincere una giuria che un lupo mannaro che ha azzannato una persona sia in realtà da giudicare come un comune malato mentale... Ed io sono la più brava nel mio corso! 
Kate, la mia coinquilina, alza il volume della TV quando la voce della giornalista viene sostituita dall'intervento di un militante dei DIN (Death Is Natural), movimento che si oppone alle ampie opportunità offerte dall'America agli Immortali:
"Francamente ancora non mi capacito di come queste creature possano girare liberamente tra di noi! Sono un pericolo costante ed imprevedibile da tenere sotto controllo, non possiamo permettere che si infiltrino nella nostra società più di quanto abbiamo già fatto da secoli! Volete davvero che vostro figlio sia morso dal suo compagno di banco? O che il vostro vicino di casa si presenti alla porta chiedendo una tazza di sangue al posto del sale?" 
Kate storce le labbra e scuote vigorosamente la testa, facendo danzare i vistosi pendenti che porta alle orecchie. 
"Odio quelli come lui!" 
Sbotta, con la fronte aggrottata. 
"Pieni di pregiudizi e di superstizione! Presto o tardi scateneranno una psicosi collettiva e allora sì che torneremo ai tempi di Salem... Non ci vorrà molto prima che qualche innocente ci vada di mezzo, dai retta a me!" 
Io sorrido senza rispondere, continuando a sorseggiare il mio the nero. Kate è una studentessa di Legge come me, ma mentre io ho scelto questo percorso per seguire le orme del mio padre adottivo, lei lo fa con estrema passione, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli. 
È un atteggiamento che trovo ammirevole ed esasperante allo stesso tempo, visto che gli Immortali, da un anno a questa parte, sono il suo argomento di discussione preferito. 
L'esponente dei DIN continua il sul discorso, infervorandosi: 
"Vampiri e licantropi sfidano Dio e la Natura! Vivere per sempre non è e non potrà mai essere una cosa naturale! Sono abomini! E le streghe al seguito... Manipolare la materia come fanno loro è raccapricciante, da brividi. Nessuno potrà convincermi del fatto che una convivenza tra le nostre razze sarà mai possibile!" 
La telecamera si sposta a questo punto su una giovane donna dalla carnagione ambrata e dai lineamenti armoniosi; nonostante il freddo di Gennaio porta una semplice T-shirt e sugli avambracci sono ben visibili i Marchi. 
"Sono una strega dall'età di diciotto anni. Ora ne ho ventinove e non ho mai fatto male ad una mosca!" 
Spiega, con la voce ammorbidita da un accento mediterraneo. Spagnolo, forse. 
"La superstizione è figlia dell'ignoranza. Le nostre Congreghe hanno aperto le porte delle loro biblioteche agli umani proprio per permettere loro di conoscerci a fondo e di non temerci. Non nego che i nostri poteri possano essere a volte utilizzati per cause malvagie, ma gli esseri umani hanno ottenuto risultati altrettanto terribili senza l'utilizzo della magia..." 
Spengo la TV e Kate mi lancia un'occhiata infastidita. 
"Non hai dato ad entrambe le parti la possibilità di spiegare la loro versione dei fatti!" 
"Non siamo in tribunale, Kate. Non ancora, grazie a Dio, perché se uno di loro finisce a processo dubito che riuscirebbe a cavarsela! In compenso, siamo in ritardo a lezione!" 
Afferro la borsa e aspetto pazientemente che la mia coinquilina sia pronta, senza rivolgere un altro pensiero al notiziario del mattino. 
"Del resto, non sono cose che mi riguardano..."

Amo New York: sono dipendente dalle comodità dell'era moderna e forse è per questo che il pensiero di streghe e vampiri mi rende tanto inquieta. Kate ha ragione, se non si trova in fretta una strada per la convivenza pacifica cadremo in preda al delirio della superstizione: le voci più allarmanti affermano che in Europa sono già stati riaccesi i primi roghi, complice l'istigazione di fanatici religiosi. La Chiesa di Roma, uno dei primi governi interpellato in materia, non ha esitato a scomunicare i vampiri e a bollare i licantropi come bestie. Sulle streghe il Vaticano tace, forse in attesa di saperne di più sui loro misteriosi poteri. 
Per la seconda volta in questa mattinata mi ritrovo a scuotere la testa, infastidita: 
"Sto dando troppo peso a questa cosa, evidentemente il telegiornale di questa mattina mi ha impressionato più di quanto credessi. Devo convincere Kate a lasciare spenta la TV per un paio di giorni: lei può andare a caccia delle notizie di cui è avida in altri modi ed io riuscirò finalmente a concentrarmi sull'esame!" 
In realtà mancano ancora alcune settimane al test, ma il mio meticoloso procedimento di preparazione è già iniziato: Kate le chiama paranoie, ma io non riesco a stare tranquilla se non ho rivisto tutti gli appunti e letto ogni pagina del libro. 
Il timore di fallire e deludere così l'unica persona che abbia mai creduto in me è troppo radicato nel mio animo perché io possa prendere quest'esame alla leggera: dopo, me ne rimarrà solo uno prima della laurea e mio padre non vede l'ora di sapermi avvocato. 
Vedendoci insieme salta subito all'occhio il fatto che tra di noi non ci sia alcuna parentela: Andrew McCollins è alto, ha spalle larghe da ex-giocatore di rugby e una folta chioma rossa, eredità del suo sangue scozzese, che in tribunale spicca nella sobrietà generale. Da che io mi ricordi non l'ha mai tagliata e gli conferisce un'aria giovanile, nonostante le rughe inizino a disegnare una fitta ragnatela attorno ai suoi occhi verdi e gentili. 
Io, invece, sono una ragazza minuta, nella media, con ribelli ricci corvini e occhi grigi "da civetta", come li definisce sempre lui. Sono stati gli occhi, dice Andrew, a farlo innamorare di me quando mi ha trovato davanti alla sua porta, un mattino d'estate di venticinque anni fa. 
Quando ha incontrato il mio sguardo ha deciso all'istante di tenermi con sé, senza curarsi di chi potessi essere figlia o dove avessi trascorso il mio primo anno di vita. Ho sempre provato un po' di senso di colpa per come Andrew si è dedicato a me, perché coltivo il segreto timore di essere la ragione per cui non si è mai sposato. Siamo sempre stati solo io e lui e questo ha contribuito a rendermi la ragazza sveglia ed indipendente che sono oggi... Ma a volte mi chiedo se ci sia un modo per trovare risposte ai tanti misteri del mio abbandono. 
Quale madre terrebbe con sé una bambina per poi abbandonarla alla soglia dei due anni? E chi si preoccuperebbe di introdursi in un condomino rispettabile e suonare proprio al campanello di un avvocato famoso ed irreprensibile, invece che lasciarla sui gradini di qualche ospedale? 
Sono così distratta dai miei pensieri che attraverso senza guardare e solo un clacson irritato e lo stridore dei freni mi riporta alla realtà. Sobbalzo, rimanendo ferma in mezzo alla strada di fronte alla macchina che stava quasi per investirmi, gli occhi spalancati come quelli di una lepre presa in trappola: il cuore si agita scompostamente nel petto e il respiro si spezza nell'aria gelida dell'inverno newyorkese. 
C'è qualcosa di insolito e vagamente inquietante nell'auto che è ancora ferma a meno di un metro da me: completamente nera e dai finestrini oscurati, ha una lunga coda dietro di sé ma nessuno accenna a scendere per litigare, rimproverarmi o semplicemente intimarmi di togliersi dalla sua strada. 
Lentamente, come se fossi sospesa in una bolla, faccio qualche passo di lato, arrivando sul marciapiede senza distogliere lo sguardo dall'automobile. È solo così che riesco ad intravedere un volto attraverso il finestrino semi aperto del sedile posteriore: due occhi calcolatori ed attenti, un naso adunco e labbra sottili. Le due dita che sporgono dal vetro sono adornate da un impressionante numero di anelli, ma non riesco a riconoscere i simboli che li impreziosiscono. 
La macchina mi supera ed in un lampo tutto torna alla normalità: attorno a me le persone si muovono affaccendate nella loro vita frenetica, il traffico scorre in maniera esageratamente lenta ed io sono l'unica impietrita sul marciapiede, con la borsa a tracolla, la bocca socchiusa e gli occhi ancora sbarrati per lo spavento. All'improvviso Kate è al mio fianco, con due tazze di caffè fumante in una mano e un sacchetto di Starbucks nell'altra. 
"Lucy! Dammi una mano, tesoro, altrimenti la nostra colazione finirà sul marciapiede!"
Mi affretto ad aiutarla e quando mi volto nuovamente verso la strada, la macchina nera è stata già inghiottita da mille altre.

Sto seguendo la lezione solo per modo di dire: prendo appunti, registro meccanicamente le informazioni e in apparenza sono sempre la solita Lucy operosa. In realtà non ho fatto altro che rimuginare sull'incidente mancato per un pelo e sul passeggero misterioso. 
Più mi sforzo di non pensarci, più quelle iridi gelide scintillano davanti ai miei occhi! E la cosa mi infastidisce perché non sono mai stata una ragazza incline alle fantasticherie: Andrew mi ha cresciuta con un sano e razionale pragmatismo, messo a dura prova solo dalle rivelazioni degli Immortali. 
"È lo stress" mi dico "Il risultato di settimane di studio ininterrotto. Forse dovrei proporre a papà di prendersi un weekend di ferie e trasferirci al cottage sul lago. Un po' d'aria fresca farebbe bene ad entrambi!" 
"Ehi, splendore!" 
La voce divertita di Evan al mio fianco mi richiama alla realtà. 
Evan è il più indolente studente del mio corso, nonché il più sexy e l'unico ragazzo per cui io abbia provato una vaga attrazione dopo le cotte del liceo. 
Non sono l'unica: metà corso sbava dietro ai suoi occhi color cioccolato, al fisico asciutto ma non esagerato e al ciuffo biondo che gli cade perennemente davanti agli occhi. 
L'altra metà sono maschi. 
Evan sorride nella mia direzione, picchiettando con un dito sul mio blocco: 
"Stai pensando di passare ad ingegneria meccanica? Sarebbe un peccato perdere una compagna di corso così interessante!" 
Abbasso gli occhi, confusa, e noto che ho disegnato l'automobile nera su un angolo del foglio. 
"Dici così solo perché sai che i miei appunti sono i migliori su cui puoi mettere le mani!" 
Borbotto, con tono più duro di quanto avrei voluto. Il sorriso abbandona il viso di Evan e mi pento immediatamente di quelle parole: 
"Che succede, Lucy? Non ti ho mai vista così tesa!" 
Esito per qualche istante, incerta su cosa raccontargli esattamente di ciò che mi è capitato questa mattina. Poi scrollò le spalle:
"Non è nulla di importante, ho solo attraversato distrattamente e una macchina mi ha suonato contro. Un bello spavento, ma già superato!" 
Lui sgrana gli occhi: 
"Direi di no, visto come sei distratta oggi!" 
Il professore gli lancia un'occhiata di rimprovero ed Evan abbassa ancor di più la voce: 
"Che ne dici se stasera andiamo a prenderci qualcosa e mi racconti bene cosa è successo?" 
Volto il capo verso di lui, stupita: ci conosciamo da anni e in qualche momento ho sospettato che sapesse della mia infatuazione per lui, ma non mi aveva mai dato motivo di credere che fosse interessato. Questa prospettiva rianima una giornata di per sé iniziata sotto i peggiori auspici ed accetto entusiasta. 
È da tanto che non esco con qualcuno e spero davvero che con Evan possa funzionare; perché nonostante l'affetto di Andrew e l'amicizia di Kate, ultimamente mi sento sempre più sola.


Angolo Autrice: 

Ehilà!
Inizio col dire che The Witching Hour è una storia che avevo iniziato a scrivere su Wattpad nei tempi morti, quindi probabilmente avrà capitoli più corti di quelli che scrivo di solito, ma non per questo carenti di azione! 
Ho pubblicato questo primo capitolo insieme al prologo perché serve a dare una prima impressione di come sta reagendo il mondo a questa scoperta inaspettata: è facile bollare come "minaccia" le creature sovrannaturali e ben presto Lucy ne farà le spese!
E quindi spero che vi piaccia e vi intrighi abbastanza da lasciare una recensioncina per far felice una piccola autrice XD 
Alla prossima

   Crilu 
 

 

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Capitolo 3
*** 2 ***


 

Una volta tanto, lo specchio mi rimanda un'immagine diversa dalla studentessa rigida che sono diventata. 
Non so esattamente cosa voglio da Evan e temevo di inviare segnali contraddittori; il mucchio disordinato di vestiti sul mio letto è il frutto della mia indecisione. 
Ora però sono soddisfatta: un vestito nero, chic ma non impegnativo, mi fa sembrare un poco più alta, grazie anche ai tacchi che non metto quasi mai. Sarà un'impresa non barcollare su questi trampoli, ma se mi aiutano a non sfigurare accanto alla stazza imponente di Evan li sopporterò senza fiatare. 
Sono ancora intenta ad osservarmi con occhio critico quando Kate si affaccia sulla porta della mia stanza con in mano un pacchetto aperto di caramelle: è inutile ripeterle che prima o poi rovineranno il suo sorriso perfetto, la mia amica sembra incapace di sopravvivere senza un'eccessiva
 dose giornaliera  di zuccheri.
Le sopracciglia chiare di Kate schizzano verso l'alto: 

"Wow... Tesoro, sei splendida! Dovresti vestirti così più spesso!" 
Sorrido, imbarazzata: 

"Non credo sia il caso..." 
"Hai ragione: tutti i ragazzi non avrebbero occhi che per te e io non riuscirei a trovare nessuno con cui divertirmi!" 

Le lancio un'occhiata sarcastica: Kate è la regina delle feste, attira gli uomini come i fiori attirano le api ed è disinvolta in qualsiasi situazione. Tratta tutti i suoi pretendenti come farebbe una principessina capricciosa e viziata, ma il suo fascino è tale che quelli le perdonano ogni dispetto. 
"Stasera vorrei essere un po' come te" penso, ma non faccio in tempo a dirglielo perché il mio cellulare squilla e Kate scompare in camera sua dopo avermi mostrato il pollice in su.
Afferro il telefono, sommerso dalla montagna di vestiti, un attimo prima che smetta di suonare. 
"Pronto?" 
Quasi strillo, inciampando nei tacchi e constatando con una smorfia che un ricciolo ribelle è già sfuggito dall'acconciatura. 
"Ciao, stellina!"
"Oh, papà!" 
"Cos'è questo tono sorpreso?" domanda la voce baritonale di mio padre dall'altro capo del telefono. 
"Aspettavi forse la telefonata di qualcun altro?" 
"Ma che cosa dici!" borbotto. 
Senza vederlo so che sta sorridendo e senza dovermi guardare allo specchio so anche che devo essere arrossita violentemente. 
"Va bene, va bene! Ti conosco, so capire quando non vuoi parlare di qualcosa... Come va l'università?" 
Mio padre mi chiama ogni sera con la precisione di un orologio svizzero e questa è una delle sue domande di routine. Eppure colgo una nota estranea nella nostra conversazione e prima di riflettere attentamente su quella sensazione chiedo:
"C'è qualcosa che non va, papà?" 
Una lieve esitazione è la conferma che c'è davvero qualcosa che lo turba. 
"Ti sei cacciata nei guai, per caso?" 
"No, niente di diverso dal solito!" rispondo, corrugando la fronte. L'episodio della macchina appare nella mia mente, fugace come un lampo, ma le parole di Andrew mi riportano alla realtà. 
"Robert ha detto che sono venuti a chiedere di te allo studio. Io non c'ero e non hanno voluto aspettarmi... Ha detto che sembravano due monaci, vestiti tutti di nero!" 
Una spiacevole sensazione di gelo mi pervade, facendomi rabbrividire; all'improvviso la notte, al di fuori del mio appartamento illuminato, mi sembra molto più oscura.
"Ragiona, accidenti! Sei una persona razionale!" 
Con uno scatto rabbioso chiudo la finestra dalla quale si infilava il vento freddo di New York: 
"Sono sicura che ci sia una spiegazione plausibile ed innocua!" 
Sento mio padre sospirare: 
"Sì, ma quale?" 
Il telefono vibra: è un messaggio di Evan che chiede dove sono. 
"Accidenti, lo sapevo che sarebbe finita così! Sempre in ritardo!" 
"Senti, papà, io devo andare adesso. Perché non organizziamo un bel weekend sul Michigan, come quando ero piccola, eh? Ne discuteremo con calma di persona!" 
"È un'ottima idea: ci penso su e vedo come posso fare con lo studio. Ma stai attenta, Lucy. Ti voglio bene..." 
Esco di casa correndo, anzi, sbandando sui tacchi. E nonostante il cuore mi batta forte per l'appuntamento con Evan, una piccola parte di me è in pensiero per il tono di voce di mio padre. Andrew non mi ha mai chiamato per nome, tranne quando era molto arrabbiato o preoccupato. 
"Cosa può esserci di tanto preoccupante in due tizi vestiti da monaci?"

Il bar che Evan ha scelto è quasi sotto il mio condominio, perciò ho deciso di andare a piedi e risparmiare i soldi del taxi. Mi stringo nel cappotto pesante per difendermi dal freddo e chino il capo di fronte ad una raffica più violenta delle precedenti; è così che la noto con la coda dell'occhio e mi irrigidisco. 
La macchina nera, la stessa che questa mattina stava per investirmi, è parcheggiata ad un angolo della strada, pochi metri dietro di me. 
Mi volto per controllare meglio e, come se si trattasse di un cenno convenuto, i fari dell'auto si accendono ed il motore ruggisce.
Un fascio di luce mi punta ed immediatamente ho il presentimento che tutto questo non sia un caso, né il frutto di una mente stressata dallo studio. 
"Sono qui per te!" suggerisce una voce nella mia testa. Una forza sconosciuta fa scattare le mie membra: nonostante i tacchi inizio a correre, scandagliando la strada buia alla ricerca di un posto dove nascondermi. Non mi sono mai trovata in una situazione simile, ma il mio istinto sembra riconoscere la spaventosa sensazione di essere braccati e tutto ciò a cui riesco a pensare si riduce a tre semplici concetti: 
"Scappa. Nasconditi. Confondili." 
Purtroppo il mio quartiere non è mai stato così poco frequentato come stasera: anche gli spacciatori da cui solitamente mi tengo a debita distanza sarebbero una presenza gradita, in qualche modo familiare. Invece ci siamo solo io ed il fischiare basso e minaccioso della macchina che mi segue. 
Ad un tratto succede l'inevitabile: un tacco si infila in una fenditura del marciapiede ed io perdo l'equilibrio, cadendo in avanti. Sbatto malamente le ginocchia e sento che il sangue inizia a colare quasi subito lungo una gamba, ma faccio perno sulle mani e tento di rimettermi in piedi. Barcollo, faccio qualche passo in avanti e cerco di concentrarmi sulle luci intermittenti della strada di fronte. 
"Solo qualche metro e sarai salva. Altri dieci passi e sarai in mezzo alla gente, ti proteggeranno..." 
Delle braccia robuste mi afferrano per la vita, strattonandomi indietro. 
Il mio grido di terrore e protesta è soffocato da un fazzoletto dall'odore intenso e sgradevole; mentre scivolo nell'incoscienza capisco che mi stanno caricando su quella misteriosa auto e con l'ultimo guizzo di adrenalina, risultato della mia breve ed ingloriosa fuga, mi dibatto debolmente e cerco di tenere gli occhi aperti. 
Ovviamente fallisco: l'ultima cosa che distinguo prima di sprofondare nell'oscurità è lo scintillio sinistro di una mano coperta di anelli.


Angolo Autrice: 
Ciao a tutti, 
capitolo un po' corto, ma essenziale per avvicinarci al vivo della storia, visto che è da qui che partono tutte le disavventure della povera Lucy! Sentitevi liberi di commentare tutto ciò che vi piace o non vi convince di The Witching Hour, visto che è il mio primo esperimento serio di urban fantasy tutte le critiche ed i consigli mi saranno utilissimi!
A presto 

   Crilu 

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Capitolo 4
*** 3 ***


Non sono del tutto cosciente di ciò che mi circonda: mi sembra di distinguere il rombo di un aereo, ma potrebbe anche essere un parto della mia mente confusa. Per quanto mi sforzi non riesco ad aprire gli occhi, né a muovere gli arti paralizzati; devono avermi iniettato qualche altra sostanza, perché sento un lieve pizzicore sul collo e il mio corpo è pesante, inerte. 
Guizzi di luce feriscono le mie palpebre socchiuse mentre i miei rapitori mi sollevano, mi spostano e mi abbandonano di nuovo su un altro sedile alla stregua di un sacco d'immondizia. Reclino il capo all'indietro e piano piano le sensazioni che mi legano alla realtà si fanno sempre più distanti...

Sono avvolta dal calore. Non ho idea di cosa sia o da dove provenga, ma è intenso, vicino e potenzialmente pericoloso. Mi sento soffocare e non riesco a vedere nulla oltre la cortina di fumo che mi avvolge, privandomi della vista e del respiro. Boccheggio, forse singhiozzo, ma sono cosciente che nessuno può sentirmi, tanto meno affrontare questo caldo opprimente per venirmi a salvare. 
Poi una figura indistinta, nera come la notte più oscura, si staglia sopra di me, gigantesca...

Apro gli occhi di scatto e balzo a sedere con un singulto spaventato. Sento delle lacrime scendere lungo le mie guance, seguendo il sentiero di altre che devono essermi sfuggite dalle palpebre chiuse durante il sonno forzato. 
Sbatto lentamente le palpebre, mentre la portata di ciò che è successo mi colpisce in tutta la sua violenza:
"Sono stata rapita!" penso, sgomenta. 
Sono in una stanza bianca ed asettica come quelle degli ospedali; anche il lettino su cui mi hanno distesa sembra quello di un ambulatorio. 
Il cuore mi batte come impazzito e la mia paura cresce: qualsiasi altro ambiente mi avrebbe suscitato meno timore. Ho sempre odiato gli ospedali ed il loro caratteristico odore di disinfettante, che anche in questo momento appesta l'aria; soprattutto, questa stanza getta una luce ancora più sinistra sul motivo per cui sono stata rapita, perché non è il caratteristico scantinato umido e buio in cui rinchiuderebbero una ragazza in attesa del riscatto. 
Una porta perfettamente mimetizzata col resto della parete scorre di lato con un sibilo appena percettibile ed io sobbalzo; fa la sua comparsa un uomo alto e magro, che indossa un camice da dottore ed un paio di occhiali dalla montatura argentata. 
Gli osservo le mani, ma sono prive di anelli. 
"Non è lei che mi ha rapita!" Esclamo di getto, prima di riflettere sulle conseguenze delle mie azioni. 
L'uomo fa un passo avanti, studiandomi con aria interessata e rapita, poi scuote la testa. 
Ora che si è avvicinato posso osservare meglio i suoi lineamenti: ha un viso squadrato, dai tratti decisi ed eleganti, una bocca sottile ed inespressiva e un paio di glaciali occhi verdi. I capelli biondi sono in disordine e gli conferiscono un'aria quasi simpatica. 
Quasi.
"Chi è lei, allora? Mi può dire perché mi hanno rapita? La prego, non ho fatto nulla di male! Perché avrebbero dovuto portarmi qui? E poi... Dov'è qui esattamente?"
L'uomo sospira, visibilmente infastidito e per niente incline a rispondere alle mie domande. Scribacchia velocemente qualcosa su una cartella che ha in mano, mi rivolge una seconda occhiata, mordicchia la biro, aggiunge un'altra nota... 
"Capisce la mia lingua?" 
Lui sospira di nuovo e mette via la cartella. 
"Certo che la capisco, signorina Leroux. Parlo fluentemente cinque lingue." 
La sua voce è priva di qualsiasi accento o sfumatura, ma sul momento non mi ci soffermo. Sorrido con condiscendenza: 
"Vede? Avete sbagliato persona! Il mio nome è Lucy McCollins e..." 
L'uomo si muove così velocemente che faccio fatica a vederlo e serra il mio viso in una presa ferrea e dolorosa, impedendomi di continuare. 
"No, mia cara. Il suo vero nome è Sophie Leroux, nata all'Hôpital Clemenceau di Caen, nel nord della Francia, il 18 Febbraio di ventisette anni fa." 
Ammutolita dalla sicurezza e dalla rabbia che dimostra, non dubito neanche per un istante delle sue parole. C'è qualcosa, negli occhi di quest'uomo, che mi convince del fatto che stia dicendo la verità, per quanto assurda ed inquietante essa possa sembrare. 
Le sue dita si rilassano ed io muovo la mandibola dolorante. 
"Forse è bene che le spieghi qualche regola, prima di metterla insieme agli altri..." mormora, meditabondo, fissando il pavimento. 
"Sì, forse dovrebbe!" borbotto tra i denti, non riuscendo a trattenermi. 
Quando riporta lo sguardo su di me, le iridi verdi brillano di una luce decisa e cattiva, quasi folle.
"Lei si trova in un istituto di ricerca che si occupa dei comportamenti delle creature extra-umane e di come essi vadano corretti o adeguatamente sfruttati." 
"Un istituto... Di ricerca?" Balbetto, confusa: non mi è sfuggito il tono sprezzante e minaccioso con cui ha pronunciato 'creature extra-umane'. 
"No. No!" Esclamo poi, più decisa. 
"Io non mi interesso di queste cose. So che alcune organizzazioni stanno rapendo degli Immortali per condurre degli esperimenti illegali... È così, non è vero? Beh, se speravate che potessi aiutarvi a farla franca con un crimine così orrendo sulle vostre mani..."
L'uomo alza la mano e mi colpisce: lo schiaffo brucia sulla mia pelle, ma ancora di più al mio orgoglio. Rimango a fissarlo sbalordita, mente alcune lacrime rotolano, incontrollate, oltre il bordo dei miei occhi; non mi sono mai sentita così impotente ed indifesa come adesso e lui sembra capirlo, perché sogghigna soddisfatto. 
"La prego, signorina Leroux, non mi interrompa. Anzi, nel corso della sua permanenza qui... Permanenza che prevedo molto lunga... Beh, veda di non contrariarmi mai. Potrebbero accaderle cose davvero spiacevoli!" 
Boccheggio, agghiacciata dal terrore e tentata di nascondermi sotto il sottile lenzuolo del letto. Lo sconosciuto continua a parlare come se nulla fosse.
"Il nostro istituto gode dell'aiuto e dell'appoggio di alcune potenze che da secoli perseguono la gloriosa lotta contro le forze del Male, incarnatosi sulla Terra nella forma di vampiri, licantropi, streghe, nephilim, fate e altre creature oscure. La Crociata Nascosta è sconosciuta ai più, ma ha sempre avuto come obiettivo finale il benessere degli esseri umani e la sconfitta delle minacce sovrannaturali alla loro esistenza..." 
"Ci crede... Ci crede davvero in quello che sta dicendo!" realizzo con un certo sgomento, mentre lo ascolto blaterare con gli occhi illuminati dal fanatismo. 
"Da qualche decennio a questa parte, i nostri generosi patrocinatori hanno compreso che la lotta armata non li avrebbe mai portati alla vittoria definitiva e hanno deciso di istituire un organo di ricerca sulle creature che da secoli combattevano. Perciò ai Cacciatori, che conoscono ogni mezzo per catturare ed uccidere tali creature, siamo stati affiancati noi, per comprendere di più la loro natura e le loro leggi..." 
"Va bene, ho capito..." mormoro, guardinga e timorosa di ricevere un altro colpo. Provo una punta di vergogna per il tremore che mi scuote, ma è soffocata dal guazzabuglio di paura, rabbia e smarrimento che si è impadronito del mio corpo sin dall'inizio di quell'assurda conversazione. 
"Quello che non riesco a capire è perché mi avete rapito!" 
Il dottore, o ricercatore, o come diavolo voglia essere chiamato, sorride con espressione estatica. 
"Oh, ma perché lei, signorina Leroux, è una strega. E della più alta estrazione sociale, per di più."


Angolo Autrice: 
Capitolo striminzito, lo so, ma è un aggiornamento lampo prima di trasferirmi al mare xD 

 

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Capitolo 5
*** 4 ***



Lei è una strega. 
E della più alta estrazione sociale... 
Le parole raggiungono la mia mente, vengono scomposte e ricombinate dal cervello impazzito, ma per quanto mi sforzi sembra che io non riesca ad afferrarne il senso. 
O meglio, lo afferro benissimo, ma rimango incredula, incapace di credere in una tale, colossale stronzata. La mia pazienza è agli sgoccioli e vorrei tanto sbottare e urlare al dottorino tutto ciò che penso di questa situazione... Ma la guancia pizzica ancora, perciò saggiamente rimango zitta. Lui sembra apprezzarlo, perché si avvicina e senza dire altro mi butta in grembo la cartella con cui era entrato. 
La apro con mani tremanti e sento un principio di nausea alla bocca dello stomaco quando lascio scorrere lo sguardo sul corposo dossier che questi pazzi hanno assemblato. 
"C'è tutta la mia vita qui dentro!" realizzo, mentre le lacrime riprendono a scorrere. Credo di essere molto vicina ad una crisi isterica. 
C'è davvero tutto: fotografie di me con Kate, con Andrew, io che bevo un caffè, io che studio in biblioteca... Mentre osservo queste immagini sento un sapore amaro in bocca e ho la sgradevole sensazione di trovarmi ad un punto di non ritorno, oltre il quale quest'esistenza tranquilla e tutto sommato felice non esisterà più. 
"A meno che questo non sia tutto un incubo. Sì, un incubo causato dallo stress e dai dannatissimi telegiornali di Kate..." 
Ma non ci credo neanche un po': è tutto reale, spaventosamente reale! 
Scartabello un po' i fogli e vedo la mia foto dell'annuario del liceo, poi le fotocopie dei miei diplomi e infine del certificato di adozione, su cui spicca la firma svolazzante di mio padre. Mi si stringe il cuore al pensiero di quanto sarà preoccupato in questo momento. 
"Come avete fatto a trovare tutto questo?" vorrei chiedere, ma so che non riceverei risposta. Oppure sarebbe talmente orribile da spezzare il mio equilibrio già precario. 
Sul fondo della cartella c'è ancora qualcosa: un ritaglio di giornale ed una fotografia. 
Sul primo, ingiallito dal tempo, campeggia la foto in bianco e nero di un'abitazione devastata: è in gran parte crollata e i muri rimasti in piedi erano anneriti per il fumo. Il titolo ed il testo sono in francese, ma non ci vuole molto a capire cosa sia successo. 
"Un incendio!" realizzo, mentre stralci del sogno che ho fatto poche ore fa riaffiorano e mi fanno rabbrividire. Non voglio ammettere che la storia che il dottore mi sta rifilando potrebbe essere vera; ho bisogno di credere che sia solo il frutto di un grande, spaventoso malinteso. 
"Dopotutto, ci sono tanti punti oscuri!" penso con agitazione crescente "Così tante cose che non capisco..."
Poi osservo la fotografia. 
Ritrae una famiglia - un uomo e una donna che sollevano un neonato avvolto in una coperta rosa. Ha i colori nitidi e decisi delle vecchie polaroid e anche il formato è lo stesso: insomma, è una fotografia che potrebbe benissimo avere la mia stessa età. L'uomo ha i capelli scuri così lunghi che li ha chiusi in una coda e uno sguardo gentile, ma è difficile distinguere il colore dei suoi occhi, perché sono socchiusi e contornati da piccole rughe di felicità. Anche la donna è raggiante: è chinata sulla figlia e i capelli ricci le nascondono gran parte del volto, ma intravedo il suo sorriso. Ha teso una mano a scostare la copertina e sull'avambraccio sono ben visibili due marchi. 
"È una strega!" 
Osservo di nuovo l'uomo, ma nulla in lui fa sospettare una natura extra-umana. 
Quindi respiro a fondo per recuperare una parvenza di tranquillità ed alzo gli occhi verso il dottore: 
"È su questo che basate le vostre preziose ricerche? Uno stralcio di giornale ed una vecchia fotografia?" Sono orgogliosa del tono sferzante che ho tirato fuori da chissà dove, ma tutto ciò che ottengo è un sorriso indulgente: 
"Giri la foto, signorina Leroux, ed 
abbandoni quest'atteggiamento da tribunale: non le servirà, qui dentro." 
Faccio come mi è stato ordinato e rimango di stucco: sul retro c'è una didascalia scritta a mano con una grafia pulita e dai tratti affilati.
"Etienne et Isabeau, avec la petite Sophie, St. Vaast la Hougue, le 20 de Avril 1991" 
"Torna tutto..." mormoro sgomenta. 
Tornano le date, i nomi, i fatti... Tutto sembra convergere verso il grande buco nero che è la mia prima infanzia e che si sta rivelando ai miei occhi in maniera inaspettata. 
"Sono davvero io questa bambina? E questi, allora, sono i miei genitori? Perché questa gente dovrebbe avere una foto del genere? Che fine hanno fatto Etienne ed Isabeau? E se tutto ciò è vero, allora io sono... Una strega?" 
Infine è il mio corpo a ribellarsi e non la mente sconvolta e confusa. 
La vista si fa sfocata mentre la nausea prende il sopravvento ed io vomito, chinandomi da un lato del letto, prima di svenire nuovamente.

Il calore è ancora più soffocante ed opprimente e vedo, o credo di vedere, delle fiamme che lambiscono il mio corpo. Sembrano serpenti insidiosi e letali, che mi circondano e tuttavia non mi bruciano: guizzano, saltano e si dimenano attorno a me, ma si ritraggono sempre prima di toccarmi. Sono debole, incapace di muovermi, sebbene desideri con tutte le mie forze uscire da questo inferno di fuoco e fumo; anelo a dell'aria pulita che scacci via il terrore che mi fa tremare. 
E come nel sogno precedente, su di me si staglia un'ombra oscura.

 

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Capitolo 6
*** 5 ***



Attorno a me avverto un brusio indistinto di voci, ma non riesco a capire se si tratta della realtà o di un parto della mia mente eccitata e sconvolta. Le fiamme hanno lasciato presto il posto ad un'oscurità densa e minacciosa, in cui riecheggiano le sinistre parole del dottore senza nome. Immagini della coppia felice - Étienne ed Isabeau - scintillano dietro le mie palpebre chiuse, veloci come lampi. 
Quando le socchiudo, la prima cosa che metto a fuoco è il volto paffuto e colorito di una bambina: è una visione talmente inaspettata che mi sfugge un singhiozzo. 
"Mamma, perché piange?" trilla la bimba, mostrando due incisivi mancanti. Solo adesso mi accorgo di avere le guance umide e che le lacrime premono ancora per uscire. 
Mi sento debole, svuotata, un'altra donna rispetto a quella che è uscita di casa per recarsi ad un appuntamento con il ragazzo per cui ha una cotta. È come se mi avessero anestetizzato l'anima: posso piangere, vomitare e svenire, ma la mia mente, superato il punto di rottura, affronta tutto con una distaccata indifferenza. Chiudo di nuovo gli occhi, lasciandomi cullare da questa visione ovattata delle cose: un mondo dai contorni indefiniti, in cui non sono Lucy McCollins, né tantomeno questa fantomatica Sophie Leroux. Sono solamente una creatura alla deriva in un mare immaginario...
È un'improvvisa sensazione di soffocamento a riportarmi alla realtà. 
La bambina si è buttata sul mio stomaco con una mossa degna di un maestro di karatè: il mondo si riaccende di colpo e le mie pupille vengono ferite dalla forte luce bianca dei neon. Accecata, ci metto un po' a rendermi conto di ciò che mi circonda: 
una donna di circa trent'anni sta rimproverando la bimba con voce severa e intorno a me si è raggruppato un piccolo gruppo di persone. Si differenziano per età ed aspetto, ma hanno due tratti in comune: sono tutte donne e quasi tutte portano i Marchi. 
"Sono in mezzo ad una Congrega di streghe!" 
Una signora anziana, dal viso gentile solcato da numerose rughe, si china su di me: 
"Come ti senti, ragazza?" 
Provo a muovere le labbra e a schiarirmi la gola e dopo qualche istante riesco a far uscire la voce, ruvida come un pezzo di carta vetrata: 
"Che cosa è successo? Da quanto sono qui dentro?" 
L'anziana scambia un'occhiata preoccupata con le altre donne. 
"Il dottor Hall ti ha portata qui due ore fa, in stato di incoscienza. Sei sicura di star bene? Come ti chiami?" 
Poggia una mano sulla mia fronte ed io mi ritraggo all'istante: 
"Non mi toccare!" urlo con tono isterico. Con la coda dell'occhio, vedo che la bambina si è spaventata e si è nascosta dietro la madre. La signora sorride compassionevole:
"Non devi aver paura di me. Vedi?" dice, indicando un bracciale di ferro serrato attorno al polso ossuto "Hanno preso le loro precauzioni. Nessuna di noi può compiere alcuna magia... Non ti faremo del male."
Raccolgo le ginocchia contro il corpo e le circondo con le braccia serrate; rannicchiata in questa posizione difensiva lancio alla donna un'altra occhiata colma di diffidenza. 
"Come posso fidarmi di voi?" Mormoro con tono aggressivo. Lei non sembra prendersela: 
"Ti fidi dell'uomo che ti ha portata qui?" 
"No!" grido, terrorizzata all'idea di incontrare di nuovo quel dottore. 
"Ecco. Neanche noi." 
Vedendo che non accenno a rispondere, continua, indicando la bambina e sua madre:
"Io sono Magdalena e queste sono mia figlia Soledad e mia nipote, Noelia. Noi veniamo da Valencia, ma qui ci sono donne che vengono dalla Francia, dall'Italia, perfino dalla Russia. Tutte noi siamo state arrestate in segreto con l'accusa... Fondata... Di essere streghe." 
Attorno a lei, alcune donne annuiscono, altre singhiozzano. Alcune sono così pallide e scheletriche da poter essere scambiate per cadaveri; la maggior parte ha delle scure occhiaie che testimoniano la paura e la preoccupazione che stanno provando. Magdalena mi rivolge un sorriso incoraggiante: 
"Su, piccola, raccontaci cosa è successo.  Purtroppo non potremo fare nulla per te, ma ti sentirai meglio!" 
"Io volevo solo divertirmi, per una sera..." pigolo, con le lacrime agli occhi. Mi sento patetica e non oso pensare all'idea che queste streghe si staranno facendo di me: isterica, sospettosa e singhiozzante. 
Un'altra ragazza annuisce: 
"Quando mi hanno preso ero ubriaca: ero andata a festeggiare l'addio al nubilato di una mia amica..." 
"Io stavo tornando da scuola!" si fa avanti una ragazzina, che avrà sì e no diciott'anni. È minuta, pallida e come la piccola Noelia non ha marchi sulle braccia. 
"Noi, invece, eravamo a casa!" racconta una donna dai capelli rossi, mentre la sua gemella si stringe le braccia attorno al corpo, rabbrividendo "Hanno sfondato la porta e ci hanno portato via a forza..." 
Mi stupisco di come quelle testimonianze terribili e molto simili alla mia mi facciano sentire un po' meglio. Almeno recupero l'autocontrollo necessario per smettere di piangere e continuo con voce più ferma: 
"Io non sono una strega. Tutto questo è un gigantesco equivoco!" 
Non appena lo affermo così ad alta voce mi sento subito più sicura della mia identità: all'improvviso quella foto e le parole di un inquietante dottore non sembrano più prove schiaccianti. 
"Il mio nome è Lucy McCollins e vengo da New York; questi pazzi mi hanno scambiato per una di voi sulla base di supposizioni a dir poco fantasiose!" 
Man mano che procedo, alla sicurezza si aggiunge l'aggressività da tribunale che ho acquisito da mio padre. 
"Tutto quello che hanno in mano è una foto, un giornale e il nome di una bambina che, ammesso che sia viva, potrebbe avere la mia stessa età." 
Magdalena aggrotta la fronte e stringe le labbra: 
"Sono qui da ben tre mesi, bambina, e ti consiglio di pregare affinché i nostri carcerieri si sbaglino." 
"Perché? Se sono umana dovranno rilasciarmi, no?" 
Per l'agitazione, balbetto invece di parlare e devo ripetere la domanda, perché Magdalena non ha capito. 
"E, per favore, qualcuno sa dirmi una volta per tutte chi è che ci tiene prigioniere? Ho sentito blaterare di ricercatori e... Cacciatori?" 
"I Cacciatori sono sempre esistiti: ci danno la caccia dalla notte dei tempi, convinti come sono che noi Immortali rappresentiamo tutto il male che c'è nel mondo. Ma non è così: siamo anche noi esseri umani, o lo siamo stati, e siamo dotati di libero arbitrio. Posso anche dirti che questa organizzazione di Cacciatori si fa chiamare la Mano di Dio ed è composta da fanatici che si tramandano la stessa "missione" da generazioni... Per rispondere all'altra tua domanda, è capitato che la Mano di Dio si sbagliasse, nel corso della sua lunga esistenza, ma nessun essere umano è mai uscito vivo da qui: i Cacciatori non amano lasciare testimoni dei loro crimini." 
Un brivido gelido corre lungo la mia spina dorsale:
"Che cosa diavolo è questo posto?"
"Benvenuta al Castillo des brujas, Lucy. Benvenuta nella dimora dove Torquemada bruciò le sue ultime vittime." 

Sbatto le palpebre, perplessa. 
"Torquemada? Mai sentito nominare!" 

L'ombra di un sorriso distende i lineamenti di Magdalena. 

"Meglio così. Il suo nome ha spaventato la nostra gente per generazioni. Ti basti sapere che alcune delle donne salite sui suoi roghi erano davvero delle streghe!" 
Mi massaggio le tempie: la testa pulsa in maniera insostenibile, come se mi fossi presa una sbornia epocale. Ma non è così: sono perfettamente lucida e sono rinchiusa in un castello. Un fottuto castello! In Europa! 
"Ci sono così tante cose che non capisco..." mormoro. Con la coda dell'occhio vedo che la maggior parte delle streghe ha perso interesse nei miei confronti ed è tornata a distendersi sulle brande che riempiono la cella. Mi guardo bene intorno: nella stanza precedente non avevo notato nulla che potesse farmi intendere di trovarmi in una costruzione vecchia di secoli, anzi; invece qui i muri sono di solida pietra e le colonne che si innalzano verso il soffitto proiettano un'ombra cupa sull'enorme stanza. Le ampie finestre, che una volta dovevano ospitare delle vetrate, sono state sigillate e l'unica fonte di luce sono le lampade al neon poggiate accanto ad ogni colonna. Se alzo gli occhi, le pareti sfumano in un'oscurità densa e minacciosa, perciò riporto velocemente lo sguardo sul volto gentile di Magdalena. Soledad mi offre un bicchiere d'acqua e un pezzo di pane, precedentemente appoggiati sull'unico tavolo della stanza; con una veloce occhiata noto che i piatti sono pochi e tutti vuoti. 
"Ci faranno soffrire anche la fame?" 
Istintivamente mi volto verso la bambina, che mi fissa di sottecchi, palesemente curiosa ma anche piena di diffidenza. Mi sforzo di piegare le labbra in un sorriso stiracchiato, a cui lei risponde ammiccando con furbizia. 
Sono tutte molto spaventate e preoccupate, ma sembra che non abbiano fatto davvero del male a nessuna di loro. 
"Perché catturarci?" sbotto, dopo aver divorato il pane. Non mi ero resa conto di essere così affamata, ma in fin dei conti devono essere passati almeno un paio di giorni dall'ultima volta che ho mangiato qualcosa. 
"Voglio dire... Se l'obiettivo di questi Cacciatori è eliminare il Male dal mondo... In base a quale criterio portano alcuni Immortali qui e ne uccidono altri?" 
Soledad si passa una mano tra i capelli scuri: 
"Noelia, perché non vai ad aiutare la senõra Amanda con il suo lenzuolo? Si è incastrato di nuovo!" 
Noelia mette il broncio: 
"Ma, mamma, io..." 
"Fai la brava! E vai a compiere la tua buona azione quotidiana!" 
Entrambe sorridono guardando la bimba che si allontana di malavoglia. Poi Soledad si volta sospirando verso di me: 
"Non voglio che si parli di queste cose davanti a lei: è già abbastanza spaventata da tutta questa situazione e ha solo nove anni..." 
Io annuisco con aria colpevole e lei continua: 
"Noi non ne sappiamo molto: fino a qualche mese fa per me la Mano di Dio era una leggenda! E i Cacciatori un ricordo del passato, ormai scomparsi: nessuna Congrega ne è mai stata minacciata negli ultimi cento anni o giù di lì... Erano diventati uno spauracchio per bambini!" 
I suoi bellissimi occhi scuri si riempiono di lacrime: 
"Non so quante volte ho detto a Noelia 'finisci ciò che hai nel piatto o i Cacciatori verranno a prenderti'! Quando si sono davvero presentati alla nostra porta, ho desiderato con tutto il mio cuore di non averlo mai fatto!" 
"E suo padre?" mormoro, sentendo il cuore riempirsi d'angoscia per quella bambina vivace e così piccola. 
Soledad scuote la testa: 
"Non sa neanche che esiste. Le streghe non sono brave nel mantenere delle relazioni al di fuori della propria Congrega. È per questo che di solito i matrimoni avvengono con i membri maschi delle famiglie della nostra cerchia..." 
"Combinate i matrimoni!?" esclamo, arricciando le labbra. Magdalena ridacchia: 
"Devi capire, Lucy, che il nostro è un mondo molto chiuso. La segretezza è stata la nostra migliore difesa per millenni e non è facile guadagnarsi la nostra fiducia. È normale che molte di noi trovino l'amore tra le persone che frequentano da una vita. Ma per Soledad non è stato così." 
"No" conferma lei, guardandosi ansiosamente intorno ad abbassando la voce: 
"Te lo dico perché sono ragionevolmente sicura che anche se ci spiano non possono udire le nostre parole e perché Noelia ha bisogno della protezione di tutte noi: suo padre è un umano." 
"E quindi?" 
"Loro non devono saperlo! Il potere magico si trasmette attraverso il sangue: la mescolanza con quello umano lo indebolisce. Molte antiche famiglie si sono estinte in questo modo, quando si sono mescolate agli umani... Il mondo è pieno di loro discendenti ignari, convinti di avere un "sesto senso", qualcosa in più degli altri. È magia!" 
"Non sappiamo cosa vogliono fare con noi" interviene di nuovo Magdalena, scura in volto "In questi mesi molte streghe sono arrivate e sono state portate via e non sappiamo che fine abbiano fatto. Qui non sono più tornate... Ma ciò che è certo è che questi uomini hanno degli Immortali che lavorano per loro: qualcuno che conosce i mezzi per neutralizzare noi..." flette il polso, facendo luccicare il bracciale "... O i vampiri rinchiusi nelle segrete sotto i nostri piedi. O i licantropi che affollano le stalle. 
Stanno setacciando il mondo alla ricerca di quanti più Immortali possibili per sfruttarci a loro vantaggio. Sperano di trovare in qualcuno di noi la chiave per rubare i nostri poteri oppure per renderci loro schiavi. Per questo Noelia è in pericolo: la sua vita non varrebbe più nulla per questa gente, se scoprissero che il suo sangue è stato "compromesso"!" 
"Non vi preoccupate: il vostro segreto è al sicuro con me!" 
Magdalena sorride: 
"Lo so. La fiducia nei confronti dei nostri simili è una cosa che assimiliamo con il latte di nostra madre!" 
A quelle parole il volto confuso e misterioso della strega di nome Isabeau  balena davanti ai miei occhi e sussulto. 
"Mamma..."

Per tutto il pomeriggio ho evitato di pensare a ciò che rischiava di farmi impazzire e che si traduceva in tre preoccupazioni fondamentali. 
Primo, le mie origini, che a quanto pare non possono più essere messe in dubbio: che io sia figlia di Isabeau ed Etienne o di qualche altra coppia sovrannaturale, sono una strega. E la probabilità che i Cacciatori si siano sbagliati, oltre ad essere davvero bassa, è anche a mio sfavore. 
Secondo, la mia presente situazione: le altre donne sono gentili, ma su tutte grava una cappa di angoscia e di insicurezza. Non sapere cosa ci aspetta è un lento e costante logorio dei nostri poveri nervi e sono sicura che i nostri carcerieri godano di questo. 
Terzo, ma non per ordine di importanza, non so cosa stiano facendo mio padre e i miei amici a casa: Andrew sarà impazzito dalla preoccupazione e avrà già mobilitato tutte le sue conoscenze, ma so che è una fatica inutile. E Kate? E Evan? Ogni volta che penso a loro mi viene da piangere. 
Anche adesso che mi sto rigirando su questa brandina, senza osare emettere un suono: accanto a me, Noelia dorme beata tra le braccia di sua madre. Ma vengono svegliate lo stesso, da un suono agghiacciante. 
È un urlo rauco e disperato che sembra salire direttamente dal più profondo abisso dell'inferno, un grido di puro orrore che fa tremare il pavimento e risuona in ogni pietra. 
Noelia scoppia a piangere, la ragazza senza marchi singhiozza in preda ad un attacco isterico e anche le altre sembrano scosse. Io balzo in piedi, mentre ogni fibra del mio essere è dilaniata dall'eco di quel lamento. 
"C-che cos'era?" balbetto quando torna il silenzio, poggiando una mano sul petto, dentro al quale il cuore sta correndo la maratona. 
"Ho sentito un suono del genere solo un'altra volta nella mia vita!" commenta cupamente Magdalena. 
"E speravo di non doverlo sentire mai più. Questo è il lamento di un vampiro per il dolore della propria sposa! Povera creatura..."


Angolo Autrice: 
E così facciamo la conoscenza di altre streghe, alcune delle quali saranno fondamentali nell'economia della storia! Per sapere invece cosa siano le Spose dei vampiri dovrete pazientare un altro po' XD

Crilu

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Capitolo 7
*** 6 ***




Vengo svegliata a metà pomeriggio da quell'urlo agghiacciante: il vampiro, ovunque sia, ha ripreso a lamentarsi, come fa regolarmente da due giorni a questa parte. Mi passo una mano sul viso con una smorfia di stizza: ero scivolata in un dormiveglia pacifico e privo di incubi, il primo da quando sono arrivata qui, e lui mi ha svegliata. 
"Inizia davvero a darmi sui nervi! Come se questa situazione non sia già abbastanza angosciante..." 
All'inizio avevo provato anche pena per quella creatura: cogliendo il mio sguardo confuso ed allarmato, Magdalena mi aveva spiegato che i vampiri si legano ad una sola donna nell'arco della loro vita immortale, una "sposa", che è l'unica capace di completarli e dominare la loro sete di sangue. Per quanto il mio io razionale considerasse l'effettiva esistenza delle "anime gemelle" un'idea ridicola, non avevo potuto fare a meno di trovare romantica l'idea che i vampiri aspettassero ansiosamente di incontrare la loro metà per secoli... Almeno fino a quando le altre streghe non mi hanno informato del fatto che torturare le spose - umane o extra-umane - è uno dei passatempi preferiti dei Cacciatori. 
Ed evidentemente è quello che stanno facendo anche adesso, perché il vampiro continua ad emettere quei gemiti spaventosi che fanno tremare i muri con la loro potenza. Sabrina, la ragazza senza marchi che occupa la brandina accanto alla mia, sussulta: 
"È orribile!" 
"Già!" mugugno infastidita, passandomi una mano tra i capelli sporchi ed intrecciati. Il mio stomaco brontola, ma all'unico pasto che ci è concesso mancano ancora diverse ore, perciò mi costringo ad ignorarlo. 
D'improvviso il lamento si interrompe, lasciando però un'eco densa di orrore e preoccupazione; sento che la mia pelle si increspa per la tensione, ma guardandomi intorno noto che sono l'unica ad aver reagito così. 
"Come se potessi leggere qualcosa in questo silenzio..." 
Le porte metalliche che ci separano dal mondo esterno si aprono di scatto e qualcosa viene lanciato nella stanza, rotolando con un suono metallico contro il pavimento. 
"Una bomba!" grida qualcuno, ma prima di poter reagire odo un sonoro 'click' e la sala si riempie di fumo. È una nebbia densa che fa bruciare gli occhi ed istintivamente mi copro il volto con le mani, sbilanciandomi e cadendo dal letto. Attraverso le lacrime, vedo degli uomini armati irrompere dalle porte e sento le grida angosciate di Soledad: 
"No! No! Lasciatela stare! Lasciate stare la mia bambina!" 
Il vampiro ulula in lontananza mentre io cerco di orientarmi nel nulla: vorrei raggiungere Magdalena e sua figlia, capire cosa sta succedendo, ma non so da che parte andare. Con la coda dell'occhio vedo che Sabrina cerca disperatamente di divincolarsi dalla stretta di due soldati e cambio direzione, puntando verso di lei. Faccio solo pochi passi, perché poi vengo sollevata da terra; in un lampo il panico e i ricordi del mio rapimento mi assalgono e ringhio, furiosa come un animale selvatico. Faccio scattare il capo all'indietro, colpendo l'uomo al naso: quello impreca e la sua stretta si fa ancora più dolorosa. Contro la mia volontà, vengo trascinata fuori dalla stanza e osservo impotente le porte che si richiudono dietro di noi.

Quando i miei occhi smettono di lacrimare per il fumogeno irritante mi guardo intorno, osservando le spoglie pareti del corridoio lungo il quale ci stanno sospingendo. Siamo solo in cinque: io, Sabrina, una delle due gemelle tedesche, Noelia e Magdalena, che non si è staccata dalla nipote quando i soldati l'hanno afferrata. 
Dopo una brusca curva sento dell'aria pulita colpire il mio viso dopo giorni e vengo accecata dalla luce del sole: davanti a noi il pesante portone d'ingresso è spalancato e presidiato dalle guardie. Ci scortano nel cortile e per la prima volta riesco a farmi un'idea della nostra prigione: 
"È davvero un castello!" penso, alzando lo sguardo verso le torri alte, scure e minacciose. Ha una struttura spigolosa ed irregolare, l'interno deve essere un vero labirinto: è il posto perfetto per rinchiudere un gran numero di Immortali. 
Anche il cortile è immenso e circondato da poderose mura in pietra, accuratamente sorvegliate dai misteriosi ed impassibili soldati. 
La mia attenzione, però, è quasi subito catturata da uno spettacolo agghiacciante: in un lato dello spiazzo si innalzano i resti di un rogo. Il fumo che si innalza dal palo annerito porta al mio naso un nauseabondo odore di carne bruciata e mi sfugge un gemito quando noto i resti carbonizzati di una figura umana, con i lineamenti distorti in una smorfia grottesca. 
"L'hanno... Bruciato vivo?" chiedo, con voce balbettante, timorosa di conoscere la risposta. 
"Che modo orribile di morire..." 
Serro gli occhi quando sprazzi dei miei sogni tornano a tormentarmi: 
"Non è proprio il momento adatto per lasciarmi andare all'isteria! Una mossa sbagliata e finisco lì sopra!" 
La strega tedesca - mi sembra che si chiami Judith - arriccia il naso quando passiamo lì davanti: 
"Se ti può consolare, non era una strega!" 
"Come fai a saperlo?" mormora Sabrina, battendo i denti. 
"Perché non c'e legna ai suoi piedi, solo cenere. È morto per autocombustione... Probabilmente hanno esposto un vampiro alla luce del sole!" 
"Beh, il pensiero non mi rassicura neanche un po'..." borbotto tra i denti, mentre superiamo il cadavere. Vedo Noelia singhiozzare tra le braccia della nonna e mi si stringe il cuore. Poi un altro curioso pensiero si affaccia alla mia mente: 
"Forse hanno bruciato viva la compagna del vampiro ed è per questo che grida a quel modo! Magdalena ha detto che impazziscono se le loro spose muoiono!"
Lancio un ultimo sguardo compassionevole allo scheletro nero mentre le guardie ci trascinano via; da qualche parte, nel castello, il vampiro riprende ad urlare.

Ci rinchiudono in una stanza simile a quella in cui mi sono risvegliata, in un edificio adiacente al castello di recente costruzione. 
"Nonna, perché siamo qui?" mormora Noelia. Sono le prime parole che pronuncia da quando l'hanno strappata alle braccia della madre e rabbrividisco nell'udire quella voce soffocata e piatta. Nei due giorni che ho passato in sua compagnia, Noelia si è rivelata una ragazzina sveglia, sempre attiva e dalla voce squillante; ora, invece, il viso tirato e pallido la fa sembrare un'adulta in miniatura. Magdalena le accarezza una guancia, evitando di rispondere. 
"Del resto, cosa potrebbe dire? Nessuno sa cosa hanno in serbo per noi!" 
Un ronzio ci fa irrigidire e dopo pochi secondi una voce gracchiante si diffonde nella stanza: 
"Benvenuti, soggetti della sperimentazione numero 380." 
Mi guardo intorno e noto il luccichio di una telecamera in un angolo del soffitto. 
"Rilevo una presenza in più rispetto a quanto previsto: Magdalena Benítez, nata a Valencia il 17 luglio 1943, con soli due marchi..." 
Si sente un fruscio e la voce borbotta qualcosa che non riusciamo a capire. 
"Beh, sarà interessante testare il nostro progetto su una strega già marchiata. 
D'ora in poi, lei sarà il soggetto 7652. 
Noelia Jiménez, nata a Valencia il 23 agosto 2006, non marchiata, lei è il soggetto numero 8345. 
Sabrina Felucchi, nata a Milano il 28 settembre del 1996, soggetto numero 1690. 
Meredith Schneider, nata a Berlino il 3 dicembre del 1986, soggetto numero 2201.
Sophie Leroux, nata a Caen il 18 febbraio 1990, soggetto numero 3443. 
Il progetto 380 può avere inizio."

 

"Non abbiamo dovuto aspettare a lungo!" penso con un brivido, mentre le porte si aprono e due uomini entrano nella stanza, posizionandosi accanto all'entrata con i fucili imbracciati. 
Sull'uscio si affaccia un terzo uomo, molto più imponente degli altri. Ha le spalle larghe coperte da un curioso mantello bianco e quando fa un paso avanti posso ammirare i suoi lineamenti, ammaliata.
"Sono perfetti!" 
I capelli, di una gradevole tonalità biondo scuro, gli accarezzano il volto dalle proporzioni perfette, i limpidi occhi azzurri, le labbra carnose e simmetriche. Sono sicura che se sorridesse, invece di mantenere quell'aria austera, metterebbe in mostra delle fossette. Alle mie spalle, le streghe gemono e comprendo subito perché; anzi, se non fossi stata così concentrata ad ammirare la perfezione del volto dello sconosciuto, me ne sarei accorta anche io. 
Quelle che avevo scioccamente scambiato per un mantello in realtà sono due ali, morbide e piumate, che l'angelo apre di scatto, scrollandole con una smorfia infastidita. 
"Nephilim..." mormora Magdalena, con un tono di voce a metà tra il disgusto ed il terrore. 
L'angelo piega un angolo delle labbra all'ingiù e all'improvviso vengo assalita da un'angoscia profonda: sento gli occhi pizzicare, la disperazione lacerarmi il petto e vorrei buttarmi in ginocchio per chiedere perdono a questa meravigliosa creatura... 
"Non cadere nella sua trappola" sussurra la voce di Judith nel mio orecchio, strappandomi a quella malia "Tipico degli angeli, ricorrere all'Aura quando sono scontenti!" 
"L'Aura?" mormoro, ma nessuno si da pena di rispondermi. L'angelo fa ancora qualche passo in avanti, fino a inginocchiarsi davanti a Noelia che, mi accorgo con orrore, è totalmente affascinata da lui e dalle sue ali. Lui le lascia accarezzare le piume dai riflessi argentei con un sorriso enigmatico sul volto e Magdalena non interviene. 
"O forse non può farlo!" realizzo, notando il suo sguardo perso nel vuoto. 
"Qualsiasi cosa stia facendo questa creatura, su di lei ha avuto più effetto che su di noi!" 
Scatto in avanti per frappormi tra l'angelo e la bambina nello stesso momento in cui lui le afferra il braccio con forza, strappandole un grido. Serro la mia presa attorno al suo polso ed è come essere colpiti da una scarica elettrica: la sua pelle brucia e sotto di essa sento dei muscoli rigidi come l'acciaio, ma non mi scosto. Dimenandomi e strattonandolo, riesco a far cadere Noelia a terra: lei scoppia a piangere disperata e questo sembra risvegliare Magdalena, che si affretta a nasconderla dietro di sé. L'angelo non sembra neanche accorgersene, troppo preso a scrutare me. 
I suoi occhi chiari, quasi trasparenti, mi strappano un brivido e contemporaneamente sento una forza che preme contro la mia fronte. Vorrei portarmi le mani alla testa, ma la stretta della creatura è troppo forte; provo a resistere alla sua invasione, pur sapendo che è inutile. In breve è dentro di me, scava nei miei pensieri mentre un dolore lancinante mi priva momentaneamente della vista.  
Riesce a vedere ogni cosa - le paure, le gioie, i ricordi, le emozioni - e li analizza senza pietà, infliggendomi ogni volta un fastidio sempre maggiore, fino a quando non mi sembra che arrivi a toccarmi l'anima. 
"Sempre ammesso che le streghe ce l'abbiano, un'anima..." 
Quando riesco a tornare alla realtà, l'angelo sta sogghignando soddisfatto. 
"Ho cambiato idea!" esclama, voltandosi verso i due soldati "Inizieremo da lei!"

Le porte si sono chiuse alle mie spalle senza che le mie compagne di sventura potessero fare alcunché. Per la verità ho sentito Judith urlare qualcosa in tedesco e sbattere i pugni contro il muro e se non avesse avuto quel bracciale stretto attorno al polso probabilmente avrebbe dato fuoco alla stanza; mi piace quella ragazza, spiccia ed energica, ma ora come ora sono sopraffatta dalla paura e mi rendo a malapena conto di ciò che mi circonda. Batto i denti mentre i due soldati seguono l'angelo, trascinandomi per le braccia lungo l'ennesimo corridoio. L'angelo procede davanti a noi a grandi passi e tutto ciò che riesco a vedere si riduce alle sue ampie ali che arrivano a sfiorare le pareti. 
"Così bianche, in un luogo così impuro..." 
Non attraversiamo di nuovo il cortile. Continuiamo a procedere in un labirinto di corridoi e piccole stanze spoglie, mentre l'aria si fa sempre più pesante e calda; ho il dubbio fondato che stiamo scendendo verso l'Inferno. 
Infine, l'angelo si ferma e fa cenno ai suoi di continuare oltre una stretta porta di ferro. Davanti a me c'è una cella spartana: un tavolo, un letto provvisto di solide catene e... 
Urlo, disperata, quando vedo il braciere che brilla rossastro nella semioscurità. Incuranti delle mie proteste e dei miei movimenti scomposti, i miei carcerieri mi legano al letto senza fiatare. 
È allora che un ruggito scuote la struttura e riconosco immediatamente il vampiro pazzo: mi aggrappo a quell'assurda sensazione di familiarità mentre l'angelo si avvicina al tavolo e soppesa gli strumenti che vi sono sopra; ne afferra uno, mentre nell'altra mano regge un tomo pesante ed antico. Con apparente noncuranza allunga un braccio verso il braciere e lascia che la fiamma arroventi il sottile bastoncino di ferro. 
"Sto per essere marchiata." 
La semplice chiarezza e crudeltà di quella prospettiva mi agghiaccia. L'angelo si volta verso di me, impassibile. Grido più forte, fino a graffiarmi la gola, unendo il mio lamento a quello del vampiro e strattonando con forza le catene che mi imprigionano. 
Nulla può prepararmi al dolore bruciante che provo quando il ferro viene premuto con forza sul mio polso o all'odore della carne bruciata che sfrigola, mentre in sottofondo la cupa voce dell'angelo intona una cantilena di cui non afferro il senso. 
Nella mia mente impazzita c'è posto solo per il fuoco e la familiare sensazione di soffocamento che mi chiude la gola: prima di scivolare per l'ennesima volta nell'oblio e nei miei incubi, colgo negli occhi della creatura un lampo di soddisfazione.

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Capitolo 8
*** 7 ***


Lampi di luce guizzano attraverso le mie palpebre socchiuse. Questa volta sono rimasta incosciente per poco, ma non ho dato segni di vita mentre i tirapiedi dell'angelo mi hanno sollevato di peso e riportato in cella. Colgo i mormorii delle altre streghe, ma non ho la forza di aprire gli occhi ed affrontarle, non quando il marchio sul mio polso fa ancora così male; credo che ci abbiano buttato sopra una benda, ma il dolore non accenna a diminuire. 
Frammenti di incubi interrompono il mio contatto con la realtà, facendomi sprofondare in un inferno di fumo e fiamme. 
"Estremamente appropriato!" penso, con cupa ironia. L'unico filo che mi consente di non perdere me stessa nell'oblio è il vampiro che, forse rimasto senza voce, ha mutato le grida furiose in rauchi lamenti di dolore. 
Sono comunque talmente forti da far tremare le pietre delle pareti e sento a malapena la voce dolce ed acuta di Noelia che sussurra al mio orecchio: 
"Ti prego, senõrita Lucy... Svegliati!" 
La sua mano mi scrolla con forza, fino a quando Magdalena non le borbotta qualcosa in spagnolo e la bambina di allontana, sconfitta. Solo a questo punto apro gli occhi ed immediatamente le lacrime che ho trattenuto dietro le palpebre rotolano fuori. Magdalena ha gli occhi addolorati, Judith è furiosa, Sabrina spaventata. Sono in circolo accanto a me, sul pavimento duro e freddo, e l'anziana mi accarezza delicatamente il palmo della mano. 
Il sangue è filtrato attraverso il bendaggio di fortuna e ha sporcato i miei vestiti, già laceri dopo una settimana di prigionia: noto distrattamente che l'abito nero è strappato in più punti e i piedi scalzi sono pieni di lividi. 
"Non sarebbe dovuta andare così..." mormora Sabrina, inorridita. 
"La cerimonia del marchio è una festa..." 
"Una festa?" ringhio e mi sorprendo di quanto suoni roca e cattiva la mia voce. 
"Questa barbarie è una festa per voi!? Allora forse è vero ciò che si dice delle streghe, siete..." 
"Modera il tono, ragazzina!" mi redarguisce Judith. Il tono è calmo, ma glaciale. 
"Non sei nella posizione per discutere di cerimonie antiche di millenni!" 
"Ora basta!" Magdalena riduce entrambe al silenzio. 
"Lucy, hai tutto il diritto di essere spaventata ed arrabbiata: subire un marchio senza adeguata preparazione è molto doloroso, oltre che pericoloso. Nonostante ciò, ti è stato fatto un dono e non dovresti sottovalutarlo." 
"Voi non sapete di cosa state parlando!" strillo, ormai in preda all'isteria "Quel mostro ha premuto un ferro incandescente sulla mia pelle! Mi ha bruciata! Come potete considerarlo un dono!?" 
Magdalena rimuove la benda dal marchio; la pelle in via di guarigione brucia e riprende a sanguinare e per la prima volta poso gli occhi sulla mostruosa cicatrice che ha devastato l'interno del mio polso. 
In realtà il marchio in sé non è molto grande, ma l'area intorno è bruciata, arrossata e disgustosa. Aggrottò la fronte: 
"Credevo... Che la cicatrice dovesse essere bianca..." 
Judith scuote la testa, esasperata: 
"È magico, Lucy. È nero perché le parole recitate durante la cerimonia l'hanno reso permanente." 
Permanente. 
Mi rifiuto di pensarci e osservo con più attenzione il disegno: è una fiamma arricciata e spessa, con delle sottili volute che le disegnano arabeschi intorno. 
"Fuoco..." mormoro, soprappensiero. Subito un pensiero mi fa illuminare gli occhi: 
"Non mi hanno messo alcun bracciale! Questo significa che..." 
L'occhiata sconsolata di Sabrina mi blocca: 
"Nessuna strega è in grado di incanalare la forza di un marchio immediatamente. Alcune ci mettono qualche giorno, altre mesi. Dipende da quanto è puro il tuo sangue e dalla preparazione ricevuta..." 
"E dato che tu non ne hai avuta alcuna, i nostri carcerieri possono permettersi il lusso di aspettare!" conclude Judith. 
"Che genere di preparazione?" insisto. La ragazza tedesca fa un gesto vago con la mano. 
"Esercizi sia fisici che mentali che ti aiutano a controllare la magia; non ti ingannare, essa è sempre dentro di te, scorre nelle tue vene, ma senza un adeguato supporto, come il marchio, rimarrebbe per sempre silente." 
Rimaniamo in silenzio per un po', mentre i lamenti del vampiro risuonano ad intervalli regolari. 
Infine, Magdalena sospira: 
"Penso di aver capito cosa vogliono da noi." 
La osserviamo stupite. Lei lancia un'occhiata a Noelia e la nipote le è subito al fianco, attenta e compita. 
"Vogliono testare la nostra resistenza ai marchi." 
Sabrina scoppia a piangere, mentre Judith non sembra convinta: 
"Ma tu ed io..." 
Magdalena la interrompe, abbassando la voce: 
"Io sono qui per caso, non rientravo nei loro progetti. E in quanto a te, non credere che non abbia notato che tua sorella non abbia i marchi! È il suo nome che hanno chiamato l'altro giorno, non il tuo!" 
Judith si irrigidisce, poi distoglie lo sguardo: 
"Meredith è troppo debole. Nostra madre ha insistito affinché aspettasse."
"Non durerà a lungo, lo sai anche tu: puoi continuare a coprirti le braccia, ma quando verranno a prenderti si accorgeranno di aver preso la gemella sbagliata..." 
"Cosa dovrei fare? Fargli notare l'errore e gettare mia sorella in una gara di resistenza che non può sopportare?" 
"Scusate!" intervengo, sopra i singhiozzi di Sabrina e il piagnucolio di Noelia che sembra ignara quanto me. 
"Che cos'è questa resistenza?" 
Magdalena si stringe la bambina in grembo. 
"Non tutte le streghe sono ugualmente forti. In parte dipende dal sangue, in parte dalla persona in sé, ma è un dato di fatto che il numero di marchi che una strega può sopportare è limitato: alcune fanno fatica a tenere a bada il primo, altre li possono gestire tutti. Temo che i Cacciatori vogliano vedere fino a quanti ne possiamo reggere noi." 
Sabrina geme: 
"Io non posso farcela... Non sono mai stata portata per questo, io... Morirò, oh Dio..." 
"Non dire sciocchezze!" sbotta Judith 
"Sei una strega, tu sei nata per questo! E non morirai!" 
"Cosa succederà a voi due? Voglio dire, avete già i vostri marchi..." chiedo, titubante. 
"Chi può saperlo? Quando ho ricevuto il mio secondo marchio seppi per istinto che non avrei potuto sopportarne un altro, ma a questo punto vedrò di farmi forza." risponde Magdalena. Noelia è in lacrime:
"Nonna! Non voglio che ti facciano del male!" 
"Non me ne faranno, tesoro!" la rassicura la donna, poi si volta verso di me con l'ombra di un sorriso sul volto. 
"Beh, questo almeno chiarisce i dubbi sui tuoi genitori, cara!" 
"Cosa vorresti dire?" 
"Solo chi ha sangue di strega sopravvive alla cerimonia del marchio." 
E io non so se sono più nauseata dal fatto che i Cacciatori avrebbero sacrificato con facilità una di quegli umani che giurano di proteggere o dalla consapevolezza che non posso scappare da qualcosa che mi scorre nel corpo.

Mi scambio un'occhiata preoccupata con Judith, l'ennesima di queste ultime ore. Abbiamo avuto tre giorni di tregua, in cui l'unico contatto con i nostri carcerieri è stato il vassoio di cibo che hanno fatto scivolare attraverso la porta; tre giorni in cui le nostre discussioni sono state ridotte al minimo e permeate da un'angoscia senza soluzione. Ora che hanno preso Sabrina il silenzio si è fatto ancora più pesante. 
A farne le spese più di tutti  è Noelia: sua nonna non riesce più a distrarla ed il suo sguardo ha acquisito una nuova durezza, tipica di quei bambini costretti a crescere troppo in fretta. 
"Come possiamo aiutarla?" mi chiedo per l'ennesima volta. Istintivamente osservo il marchio sul mio braccio destro, nero e circondato da vesciche, poi il bracciale metallico sul polso oppost che mi è stato imposto ieri sera. 
Oltre al dolore, che è andato pian piano scemando, non ho avvertito nulla, nessuna forza sconosciuta si è scatenata in me. 
"Come funzionano i marchi?" chiedo all'improvviso, facendo sobbalzare sia Judith che Magdalena; Noelia si limita a fissarmi, interessata anche lei alla risposta. 
"Sono come dei catalizzatori per la tua magia." risponde la strega tedesca, continuando però a tenere gli occhi fissi sulla porta oltre la quale Sabrina è sparita, in lacrime, qualche ora fa. "È più facile farla affiorare se c'è un punto del tuo corpo attorno al quale essa si può raccogliere!" 
"Perché allora non avverto nulla? Nessun formicolio, nessuna... Presenza..." 
Judith si lascia scappare una risatella divertita: 
"Non è così facile. Ci vogliono ore di meditazione anche solo per sentire uno sprazzo di magia... Ma con quel bracciale probabilmente ti servirebbe anche più tempo!" 
"Allora qual è lo scopo? Perché marchiarci se non possiamo mettere a frutto i nostri poteri?" 
"Oh, tranquilla: troveranno il modo."

Le parole di Judith si sono rivelate profetiche. Quando hanno riportato dentro Sabrina, sveglia ma in stato di shock, con il braccio sanguinante stretto al petto, sulla porta si è affacciato l'angelo. O meglio, il Nephilim, come mi ha spiegato Magdalena: il frutto dell'amore proibito tra un angelo e un essere umano, una creatura che può essere votata al bene assoluto o al male più oscuro. Inutile dire a quale categoria appartiene il nostro carceriere; la buona notizia è che le altre streghe mi hanno insegnato qualche trucco su come aggirare la sua Aura, perciò non sento più il bisogno di prostrarmi ai suoi piedi. 
Lui mi indica con un cenno del capo: 
"Lei." 
Inizio a tremare al pensiero che mi voglia marchiare una seconda volta, ma a quanto pare oggi ha in mente qualcosa di diverso: vengo portata all'aperto, in un cortile più piccolo di quello che abbiamo attraversato l'altra volta, ma ugualmente circondato da alte mura di pietra. 
Il Nephilim si tira su le maniche della camicia, stiracchiando pigramente le ali nella pallida luce del pomeriggio; nella mia immaginazione, la Spagna è sempre stato un posto caldo ed assolato, ma qui il sole sembra perennemente coperto da un velo di nebbia.
"Il mio nome è Adam." esordisce, senza alcuna inflessione nella voce melodiosa. 
"Come il primo uomo. Un nome azzeccato per un angelo caduto!" 
È l'adrenalina che parla e me ne pento immediatamente: la prigionia mi ha privata della razionalità, rendendomi schiava dell'istinto, ma con questa creatura mi servirà ogni briciolo di astuzia rimastomi. 
Adam sembra però apprezzare la mia audacia: 
"La tua ignoranza non mi sorprende, anche se mi infastidisce: i Nephilim non sono mai stati scacciati dalla grazia divina, a differenza dei nostri genitori. Ma dimmi, cosa ti spinge ad essere così ostile nei miei confronti?" 
Mi lasciò sfuggire un suono disarticolato: 
"Mi hai marchiata a sangue, brutto bastardo!" ringhio, mente il marchio brucia in maniera inusuale. Spero che Adam venga incenerito da una fiammata improvvisa, ma ovviamente non accade nulla. 
Il Nephilim inarca un sopracciglio: 
"Ti ho fatto un grande dono, Sophie." 
"Il mio nome è Lucy. Lucy McCollins." 
"Non ha molta importanza. Una volta che sarai entrata al nostro servizio, il tuo nome si confonderà con quello di molti altri." 
"Cosa ti fa pensare, in nome del Cielo, che io ti aiuterò?" sbotto, esterrefatta. Adam sorride e sento i tentacoli insidiosi della sua Aura solleticarmi la mente. 
"Abbiamo i nostri metodi, cara. Ed ora, cominciamo!" 
Tende il palmo della mano in avanti ed il bracciale di restrizione abbandona il mio polso, adagiandosi dolcemente tra le sue dita. Sbatto le palpebre, incredula: 
"Ho cercato di togliermelo di dosso per ore!" 
Adam lo osserva pensoso per un attimo, poi spalanca le ali e si getta su di me: in una frazione di secondo sono a terra, schiacciata dal suo peso, con le sue mani strette attorno al collo. Sotto alla nuca sento la frescura dell'erba umida, mentre respiro con affanno, consapevole che questi probabilmente saranno i miei ultimi istanti di vita. Stringo le dita su quelle più forti e letali di Adam, più per un riflesso incondizionato che per un reale tentativo di difesa; perciò la mia sorpresa è grande quando vedo piccole fiammelle danzare sulle nostre pelli, bruciando la sua e donando alla mia un piacevole e confortevole calore. Adam balza lontano e mi osserva con interesse: 
"Molto bene!" esclama, mentre le lingue di fiamma si estinguono con uno sbuffo di fumo. 
"Ancora!"

Adam mi attacca per ore, in quello che deve essere la versione distorta di un allenamento. Ovviamente la maggior parte delle volte ho la peggio e lui si ferma solo un momento prima di uccidermi: sono piena di lividi ed escoriazioni e mi gira la testa. 
Il fuoco si è presentato poche volte, sempre come un disperato tentativo di salvarmi la vita, ma è debole ed effimero: Judith aveva ragione, ci vuole molta pazienza per raggiungere una connessione con il marchio. 
"E Adam non sembra propenso a concedermi né del tempo, né tranquillità!" 
Quando infine mi scorta di nuovo all'interno il sole sta tramontando. Mi trascina per un braccio lungo i corridoi, visto che io riesco a malapena a reggermi in piedi. Prima di aprire la porta mi afferra per il mento, studiando il mio sguardo per un'ultima volta ed abbozzando l'ennesimo sorriso: 
"Sarai una risorsa preziosa, Lucy McCollins." 
Mentre torno nella mia prigione, comprendo di essermi guadagnata il rispetto di un mezzo angelo fanatico e crudele, ma non riesco a capire se ciò sia una cosa positiva o meno.


Angolo Autrice:
Cosa ne pensate di Adam? E per chi sarà una risorsa preziosa la nostra giovane strega, che sta pian piano imparando ad accettare la sua vera natura? Fatemi sapere! :D

   Crilu

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Capitolo 9
*** 8 ***



Non appena metto piede nella cella l'odore di sangue mi assale, insieme alle grida angosciate delle mie compagne: effettivamente non devo essere un bello spettacolo, coperta di lividi e tagli come sono.
È il terzo giorno di "allenamento" con Adam e sembra sempre più deciso a massacrarmi; del resto, con Sabrina che entra ed esce da un perenne stato comatoso, può sfogare la sua irritazione solo su di me. 
"Devi reagire!" mi rimprovera Judith, mentre io sussulto per la pezzuola bagnata con cui cerca di dare sollievo alle mie ferite. Dio solo sa perché ci lasciano in balia di noi stesse invece di monitorare la nostra salute; pensavo di valere un po' di più, come carne da esperimento. 
"Cosa credi che stia facendo?" replico, con tono più duro del dovuto. 
"Il marchio non risponde!" 
"Significa che non lo stai stimolando nella maniera giusta!" 
Mi mordo le labbra per non lasciarmi sfuggire una risposta cattiva: Judith è sempre più preoccupata, perché le rimane poco tempo prima che i Cacciatori scoprano la verità su sua sorella. Non voglio immaginare cosa accadrà quando Adam scoprirà di essere stato preso in giro. 
Mentre mi scortava dalla prigione al cortile, oggi, ho provato a parlargli, cercando un modo per oltrepassare le sue difese e scoprire di più sui nostri carcerieri. Ma lui ha accolto le mie domande con un'occhiataccia gelida ed io sono ammutolita. 
Ad un tratto la porta si riapre e lui è di nuovo lì, sulla soglia, perfetto e serafico come al solito. 
"Beh, non credevo che fossero già passate altre ventiquattr'ore!" esclamo, inarcando un sopracciglio. Judith stringe spasmodicamente la presa sulla mia spalla per farmi tacere; Noelia si è già acquattata dietro le spalle della nonna, terrorizzata dalla presenza del Nephilim. 
"Sophie." si limita a dire lui ed io sono troppo sorpresa per contrastare efficacemente la sua Aura. Sento che le mie gambe si sollevano e mi portano verso di lui e tiro un sospiro di sollievo quando vedo che nessuna prova a fermarmi: dato lo sguardo furioso negli occhi di Adam, questo non è il momento adatto per mettersi sulla sua strada. 
"Allora, non hai ancora finito con me?" chiedo, una volta che la sua pressione contro la mia mente si è fatta meno forte. 
"Direi di no." 
Con un brivido di inquietudine, mi rendo conto che non stiamo uscendo dall'edificio, ma piuttosto andando verso le sue fondamenta. 
Punto i piedi: 
"No!" 
Adam si volta con espressione annoiata: 
"Potrei costringerti a seguirti, o prenderti di peso e portarti ovunque io voglia, lo sai. Perché non rendi le cose più facili e veloci?" 
"Non tornerò lì dentro!" urlo, tentando di sfuggire alle sue braccia che mi tengono ferma. 
"Così ti farai solo del male, ragazzina!" ruggisce nel mio orecchio, immobilizzandomi. 
"Ti prego, non combatterlo... Rischi di non sopravvivere..." 
Il suo tono carezzevole e quasi timoroso mi sconvolge, ma poi concludo che deve trattarsi di un altro trucco. 
"Non riuscirai a convincermi con le paroline dolci, angioletto!" sibilo, rifilandogli un calcio sugli stinchi e saltando all'indietro, al di fuori della sua portata. 
Dentro di me rabbia e paura crescono, facendomi formicolare la pelle con un'energia sconosciuta ed elettrizzante; ho la testa leggera e sono euforica come se fossi reduce da una sbronza. 
"Eccola! È qui!" penso, meravigliata, mentre la magia mi riscalda il sangue ed il marchio si illumina di un'accecante luce rossastra... 
All'improvviso è come se una tenaglia si fosse stretta attorno al mio polso: abbasso lo sguardo e vedo che il bracciale di contenimento vibra, serrandosi contro il mio braccio e facendo scricchiolare l'osso. Il dolore è talmente forte che perdo la concentrazione, la sensazione di potere evapora ed io mi ritrovo sola in un corridoio buio, insieme ad un Nephilim furibondo.
Questa volta devono riportarmi di peso nella cella, anche se sono cosciente: semplicemente, i miei arti si rifiutano di obbedirmi ed io vengo lanciata attraverso la porta come un sacco di spazzatura. 
"È così che mi sento, in effetti..." 
Mi raggomitolo su me stessa e cerco di fare respiri profondi per non cedere al dolore e all'umiliazione: il secondo marchio è ancora nascosto dalle bende, ma già percepisco lo squilibrio a cui sta spingendo il mio corpo. 
È solo questione di tempo prima che impazzisca o ceda, proprio come Sabrina... 
Una manina calda mi accarezza i capelli ed io alzo lo sguardo verso Noelia: 
"Non piangere... Per favore!" sussurra. 
Io ridacchio, ma quel suono isterico non la rassicura per niente e perciò si siede accanto a me; io lancio un'occhiata a Magdalena, che si è addormentata accanto al corpo esanime di Sabrina, e a Judith che sonnecchia poco lontano. 
"Quando sono triste, la mamma trova sempre qualcosa di bello per cui farmi sorridere." continua la bambina, fermandosi ogni tanto alla ricerca della parola più adatta. 
"Come Pollyanna?" chiedo, sorridendo. 
"Chi?" replica Noelia, perplessa. 
"Nulla, lascia stare. Dubito che si possa trovare qualcosa di bello in questa situazione..." 
Lei indica il mio braccio con la testa. 
"Ho sempre desiderato il secondo marchio; credo che sia l'unica cosa per cui valga la pena davvero farsi fare il primo ed imparare a controllare il fuoco." 
"Ah sì? E perché?" 
Gli occhi della bimba si illuminano: 
"Perché il potere della Terra è immenso! Puoi dare la vita... E toglierla. Percepirla in ogni creatura, in ogni filo d'erba... E poi..." 
"Poi?" 
Lei scuote la testa: 
"Niente, è una sciocchezza da bambini ed io sono grande, adesso!" 
Sussulto a quelle parole ed insisto: 
"Non ci credo che è una sciocchezza, Noelia, avanti... Fammi contenta!" 
La bambina scrolla le spalle con un sorriso imbarazzato: 
"Beh, ho sempre voluto poter parlare con gli animali!"
Nella notte mi sveglio di colpo, anche se non stavo facendo alcun incubo. Ho sognato la mia casa, Kate e Andrew, ma non è stata la nostalgia a svegliarmi. Piuttosto è l'assoluto silenzio che regna sul castello di Torquemada. Mi metto a sedere e Judith piega il capo di lato:
"Non è ancora il tuo turno!" dice, accennando a Sabrina "Torna a dormire."
"Non posso. C'e qualcosa che non va."
"Che cosa?"
"Il vampiro!" mormorò all'improvviso "Non piange più!"
"Beh, sarà morto. Buon per lui!"
Per la prima volta in quest'assurda giornata permetto alle lacrime di riversarsi fuori dai miei occhi e torno a distendermi, piangendo in silenzio.

Mi sveglio all'alba, mentre gli ultimi strascichi degli incubi ricorrenti si dileguano insieme alle ombre della notte; ho la testa pesante, confusa e le guance sono ancora bagnate per le lacrime che ho versato prima di addormentarmi. L'aria nella stanza è consumata e rarefatta, segno che non la cambiano da diverso tempo, e ciò accresce il mio malessere.
Lancio un'occhiata intorno a me e quello che vedo mi blocca il respiro in gola: Magdalena si è addormentata su un fianco in una posizione scomoda per una donna della sua età, ma accanto a lei Sabrina non c'è più. Avanzo a carponi e la sveglio con uno scossone agitato:
"Sabrina dov'è?"
L'anziana sbatte le palpebre, confusa.
"Io... Non lo so, voglio dire... Era qui!"
Mi guardo freneticamente intorno, con l'assurda speranza che la giovane sia nascosta in qualche angolo della stanza, ma ovviamente non la vedo da nessuna parte. Mi sfugge un gemito di orrore e preoccupazione che sveglia Judith e Noelia, allarmandole.
"Sabrina!" inizio ad urlare, tempestando di pugni l'unica porta della cella.
"Dov'è, dove l'avete portata, bastardi?"
Noelia si mette le mani sulle orecchie, spaventata, mentre la mia rabbia cresce. All'improvviso Judith è al mio fianco e afferra con forza il mio braccio prima che possa colpire di nuovo la parete.
"Aspetta... Ascolta!"
Tendo l'orecchio, ma non sento alcun suono. Ci metto qualche istante a capire che la strega tedesca non si riferiva ad un rumore, ma ad una corrente di energia che serpeggia nella stanza, invisibile eppure estremamente presente.
"Cos'è?" mormoro, stupefatta, mentre i marchi iniziano a pizzicare in maniera insostenibile.
"Non lo so..." sussurra lei di rimando ed entrambe ci giriamo verso Magdalena, che sembra assorta in una profonda meditazione.
"E' opera di un'altra strega!" sentenzia infine, alzando lo sguardo verso di noi. Sembra commossa e preoccupata allo stesso tempo.
"Qualcuno sta cercando di contrastare il bracciale... Ci sta mettendo tutta la forza che ha! E cerca di connettersi con noi, con tutte noi! Mi sembra familiare, ma... Non c'è nessuno che potrebbe..."
Aggrotta la fronte ed impallidisce:
"Signore misericordioso... E' lei, è Sabrina!"
"Sabrina? Come è possibile?"
Magdalena si torce le mani in grembo, cercando di comprendere ciò che sta accadendo al di fuori della cella attraverso il flusso di energia:
"E'... Fuori controllo. Non ha alcun potere su ciò che sta facendo, la magia si riversa fuori dal suo corpo... Ad ondate, come una marea. La attraversa, esce, giunge fino a noi e torna indietro... Non è qualcosa che una strega così giovane potrebbe fare da sola!"
"Vuoi dire che la stanno costringendo?"
"No, credo che loro abbiano solo innescato la crisi... Ma c'è qualcun'altro che la sta aiutando e la sta tenendo in vita, prolungando questa connessione!"
"Perché?" chiedo ancora, confusa. Judith scoppia a ridere:
"Non è ovvio?" esclama, con occhi raggianti "Questa è la nostra migliore occasione per scappare!"
"Cosa vuoi dire?"
"Quest'energia di riflesso è ciò che ci serve per liberarci dei bracciali: potremmo finalmente uscire da qui! Ci stanno offrendo la possibilità di fuggire!" 
Scuoto la testa, perplessa, accarezzando distrattamente il primo marchio, che brucia con più intensità. Da diversi giorni mi sono imposta di non guardarli, come se ignorarli potesse farmi magicamente svanire... Poi gli allenamenti di Adam mi costringono a tornare alla realtà.  
"Non sarà semplice!" ammonisce Magdalena, stringendo Noelia davanti a sé, ma nei suoi occhi brilla già una debole speranza. 
Solo io non ho fiducia in questo piano. 
"Anche ammettendo che ciò sia possibile" dico, allargando le braccia. "Come facciamo ad uscire da qui, nella pratica?" 
Judith prende le mie mani tra le sue. 
"Concentrati, Lucy. Ascolta il tuo sangue e l'energia che scorre con esso. Non devi pensare a nient'altro... Poi, quando sentirai di non poter contenere altra energia, dirigila verso il bracciale!" 
"Non so se ce la faccio..." 
"Non c'è spazio per i dubbi!" mi rimbrotta lei, poi sospira. 
"Ti svelo un segreto. In realtà non è un segreto del nostro popolo, ma di tutti gli Immortali, che si sono ben guardati dal svelarlo agli umani. La magia non è solo sangue, potere e concentrazione. Alla base di tutto è un atto di fede." 
"Fede?" ripeto, confusa "Intendi fede religiosa?" 
"Anche. Non importa ciò in cui credi, se sia un dio, un demone, o te stessa: l'importante è che tu abbia fiducia in qualcosa. È la fede che muove tutto, è la base di ogni incantesimo, l'estrema risorsa di tutti gli Immortali." 
Magdalena si avvicina, posandomi una mano gentile sulla spalla. 
"In definitiva, il tuo successo dipende dalla tua volontà: non c'è niente che ti separa dai tuoi poteri se non la tua convinzione di non potercela fare. Lasciati andare, bambina, non avere paura: noi siamo accanto a te e lo faremo insieme!" 
Chiudo gli occhi, con il respiro tremante, e faccio esattamente ciò che Judith mi ha ordinato. Concentro ogni mio pensiero sull'energia che pervade la stanza e fa vibrare il mio corpo. È qualcosa di molto più grande di me, tanto che per un attimo mi trovo smarrita in quella dimensione sconosciuta, come se la mia anima avesse abbandonato il corpo. 
Non sono più Lucy McCollins. 
Sono un filo d'erba che si piega sotto la brezza. 
Sono un falco che cala sulla preda. 
Sono la fiamma che guizza in un camino e l'onda che bagna una spiaggia. 
Sono tutto questo e allo stesso tempo non lo sono. 
Mi sento frammentata in centinaia di sensazioni diverse e la voce di Magdalena è l'unico, tenue legame con la realtà. 
"Non lasciarti trascinare, Lucy: imbriglia il potere! Pensa al bracciale!" 
È difficile: è come spingere contro un muro di cemento nel tentativo di farlo crollare. Il dolore che provo è vero, fisico e mi fa gemere; sono sul punto di mollare e le mie paure stanno per avere il sopravvento. 
"Fede. Devo avere fede. Io ce la posso fare, ce la posso fare... Ce la posso fare..." 
Ripeto quelle parole come un mantra, mentre pian piano la magia si piega al mio volere ed infine, con un sonoro 'cling', il bracciale cade a terra. 
Quando apro gli occhi mi accorgo di essere sudata e di star battendo i denti in maniera incontrollabile; Magdalena e Judith, vicino a me, sembrano ugualmente sconvolte. Noelia invece ci guarda con ammirazione e meraviglia. 
Mi guardo intorno e all'improvviso mi sento invadere dalla rabbia, quella che ho tenuto nascosta, per paura e prostrazione, negli scorsi giorni (o forse sono ormai settimane?). 
"Lucy!" mi richiama la strega più anziana, preoccupata. "Lucy, non lasciargli prendere il controllo!" 
Non ho bisogno di chiederle a cosa si riferisca: i marchi brillano sul mio braccio mentre poggio una mano sopra la porta e spingo. Con una fiammata che scaturisce direttamente dalle mie dita, questa esplode. E si scatena l'inferno.

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Capitolo 10
*** 9 ***



Oltre alla porta il fuoco che ho evocato ha colpito anche due Cacciatori, accorsi per capire cosa stesse succedendo.
Avanzo tra i loro resti carbonizzati in uno stato di trance, evitando di calpestare frammenti metallici e taglienti con i piedi nudi. 
Devo sbattere le palpebre un paio di volte prima che la portata di ciò che ho fatto mi colpisca. 
"Oddio..." gemo, mentre un moto di bile mi sale dallo stomaco. 
"Ho ucciso degli esseri umani. Li ho massacrati. Oh, Cristo, sono un'assassina! Una strega assassina!" 
Un brusco scossone mi fa sussultare: alzo gli occhi in quelli preoccupati di Judith: 
"Avrai tempo per riflettere più tardi, Lucy. Ora dobbiamo muoverci!" 
Annuisco, cercando di ignorare la sottile sensazione di trionfo che ho provato nel dare libero sfogo al mio potere. È stato inebriante, come un vino costoso che ti fa compiere follie: in quello stato avrei potuto fare del male a chiunque, anche alle altre streghe, e non me ne sarei quasi resa conto. 
Da quando sono scesa a patti con la mia nuova natura non mi ero mai soffermata su ciò che volesse dire davvero essere una strega. 
Non posso fare a meno di rifletterci mentre percorriamo i corridoi bui alla ricerca di un'uscita; so ancora così poco di questo mondo - il mio mondo - che avevo dato per scontato che tutte le streghe fossero come Judith, Magdalena e le altre: delle innocue donne con una profonda connessione con la natura, stigmatizzate da un mondo ingiusto. 
Ora non ne sono così sicura: se tutte le streghe provano ciò che ho provato io quando perdono il controllo, posso capire perché gli umani ne siano così spaventati. Non c'era nulla di buono o di giusto in ciò che ho fatto; era semplicemente volontà di distruzione, qualcosa che non credevo di avere dentro di me. 
Qualcosa che non avrei mai voluto scoprire e che invece è saldamente aggrappata alla disperazione che mi divora l'anima.

La luce del sole, come ogni volta che ho messo piede fuori dal sotterraneo, mi acceca per un attimo. Quando riesco ad osservare bene ciò che sta succedendo nel cortile principale socchiudo le labbra, il cuore gonfio di orrore e meraviglia. 
Magdalena dà voce ai miei pensieri, con la voce che vibra per l'orgoglio e la commozione: 
"Le streghe si sono ribellate." 
Da ogni angolo del Castillo des brujas donne di ogni età e nazionalità sciamano verso le fila dei Cacciatori che difendono l'enorme cancello di ferro che separa la nostra prigione dal mondo esterno. Nel terreno si sono aperte profonde crepe, da cui provengono urla e sibili; ci metto un attimo a capire che sono simili alle urla del vampiro pazzo. 
"Devono tenerli segregati sotto terra, per non esporli alla luce del sole!" 
"Dobbiamo aiutarle!" Esclama Judith, scandagliando la folla alla ricerca di sua sorella. "Non dureranno a lungo!" 
Ha ragione: nonostante i roghi che divampano tutto attorno a noi, le piante che si chinano a strangolare i nemici e tutto ciò che la magia può fare, le streghe sono in minoranza, disarmate e quasi tutte provate da una lunga prigionia. 
Il mio sguardo viene attirato da una costruzione di legno in fondo al cortile: il tetto è stato raggiunto dalle fiamme e dall'interno provengono tramestii e profondi ululati di terrore. 
"Cosa c'è lì dentro?" urlo a Magdalena, per sovrastare la confusione. 
"Nelle stalle? I licantropi!" 
La donna sembra comprendere la mia idea, perché mi grida dietro mentre inizio a correre verso le stalle: 
"Fermati! Sono tenuti in quelle condizioni da mesi, ti sbraneranno!" 
Non la ascolto, sono già impegnata ad armeggiare con il pesante chiavistello, ma per quanto mi sforzi non dà segno di cedimento. 
"Al diavolo!" sbotto, quando si surriscalda grazie alla mia magia. Non so se cercare di fonderlo sia una buona idea o possa peggiorare la situazione... 
Sto ancora cercando una soluzione quando il lucchetto vibra, investito da una strana corrente d'aria: alle mie spalle c'è Judith e ha un'espressione concentrata che non le ho mai visto. 
"Sapevo che insistere per avere il terzo marchio era un'idea vincente!" commenta, quando il chiavistello scivola a terra, insieme alla catena che lo regge, come se fosse stato aperto da una chiave. 
Vengo investita da un odore nauseabondo e da versi che non sono certamente umani; decine di occhi gialli e furibondi mi fissano da dietro delle sbarre, illuminate solo dal fuoco che sta erodendo le travi del soffitto. L'aria è quasi irrespirabile. 
"Ora che facciamo?" domanda la mia amica, nervosa. 
"Ora entriamo."

Muovo qualche passo all'interno delle stalle e il rumore dei ringhi cresce; quando mi avvicino alla prima gabbia riesco a vedere il licantropo chiuso all'interno e trattengo il fiato.
"È gigantesco!" 
Devo piegare il capo all'indietro per poter fissare i suoi occhi gialli e feroci: le zanne sono lunghe almeno quattro dita e grondano saliva mentre la bestia si scaglia contro le sbarre. 
Istintivamente io e Judith saltiamo all'indietro, mentre il resto dei licantropi riprende ad ululare e a spingere gli enormi musi contro le porte delle gabbie. 
"Non riusciremo mai a liberarli e ad uscirne vive!" mormora l'altra strega, osservando con preoccupazione le fiamme che ormai lambiscono il pavimento. 
Torno ad osservare il primo lupo, che ha una folta pelliccia rossiccia e una voglia matta di divorarmi, a giudicare dall'impegno con cui cerca di rosicchiare le sbarre. 
"Perché guaisce così?"
Judith azzarda un passo verso il lupo. 
"Ma che bastardi!" sbotta "Le gabbie sono rivestite d'argento, che indebolisce i licantropi! Non c'è da stupirsi che siano così arrabbiati: l'argento impedisce loro di cambiare forma." 
Una raffica di mitra risuona appena fuori dalla porta delle stalle e Judith si irrigidisce: 
"Ormai sono più bestie che uomini, Lucy... Andiamo via, prima che sia troppo tardi!" 
Non mi voglio arrendere, non sapendo che orrenda fine faranno queste creature se non troviamo il modo di liberarle. 
Lo sguardo mi cade sul braccio marchiato: le bende incrostate di sangue coprono ancora il secondo marchio, quello della terra. 
"Judith, puoi fermare quelle fiamme?" 
"Ci posso provare. Cosa hai in mente?" 
Non le rispondo neanche, impegnata come sono a mettere in luce il secondo marchio, un quadrato inscritto in un cerchio: anche questo è nero e leggermente in rilievo sulla mia pelle. 
Inspiro profondamente, isolandomi dall'inferno che mi circonda e tenendo gli occhi fissi in quelli del licantropo rosso. 
"Speriamo che i marchi funzionino tutti allo stesso modo..." 
Questa volta è facile trovare la connessione con il marchio, data la grande quantità di magia all'opera nel castello: la marea di potere sale dentro di me fino a riempirmi, fin quasi a farmi mancare l'aria. 
So che se non trovo uno sfogo a tutto questo esploderò, non sono capace di gestire una tale energia. Mi chino in avanti, verso le sbarre e avverto qualcosa che blocca il flusso: un ostacolo impossibile da girare, che sembra essermi allo stesso tempo simile e opposto. 
"Mi senti?" chiedo al licantropo, ma non sono parole quelle che escono dalle mie labbra: è un miscuglio di sbuffi e guaiti. 
Il lupo piega la grande testa di lato e arriccia le labbra scure prima di rispondere: 
"Strega." 
Non so come ho fatto a comprendere il ringhio che è scivolato fuori attraverso le zanne scoperte, ma sono certa che il lupo volesse intendere proprio quella parola. 
"Sto davvero parlando con un licantropo... Strabiliante!" 
"Sì, sono una strega." 
Ho l'impressione che anche qualcuno degli altri lupi sia in ascolto. 
Quello rosso all'improvviso sembra rilassarsi, perché appiattisce le orecchie lungo il cranio e il pelo sulla schiena. La coda batte ritmicamente sul suolo sporco della gabbia:
"Strega." ripete, ma in maniera più amichevole. 
O almeno è questo che spero. 
"Se apro la gabbia" dico, avvicinandomi un poco alle sbarre "mi mangerai?" 
Il lupo emette un suono roco, di gola, un gorgoglio basso che viene accolto con numerosi ululati dagli altri. Impiego qualche secondo per capire che è una risata. 
"Lucy!" 
Mi volto verso la porta e vedo Noelia, in lacrime, che barcolla verso di me. La sua piccola figura si staglia scura contro le fiamme nel cortile e la mia mente non può fare a meno di paragonarla all'ombra dei miei incubi.
Vengo riportata all realtà dal ruggito del licantropo alle mie spalle. 
"Anche lei è una strega!" mi affretto a spiegare al lupo rosso, che si è accucciato sulle zampe, pronto ad attaccare. 
Stringo a me la bambina: 
"Dov'è tua nonna?" 
Noelia piange e balbetta qualcosa in spagnolo, troppo scossa per ascoltarmi. 
"Non abbiamo più tempo..." mormora Judith, avvicinandosi dopo aver domato il fuoco. 
A questo punto smetto di tentennare: afferro la sbarra che tiene chiusa la gabbia del lupo rosso e la alzo.
Lui
 si scaraventa fuori con un balzo, atterrando saldo sulle zampe. Scrolla il corpo poderoso, stiracchiandosi, finalmente libero. Trattengo il fiato quando si erge in tutta la sua fierezza: alcuni tratti della sua fisionomia ricordano più un orso che un lupo, perché è robusto, massiccio e mi sovrasta con tutta la testa. 
Noto che ha una cicatrice che gli attraversa la spalla sinistra, vicino al collo. 
"Grazie." 
Lo sento chiaramente e solo ora mi rendo conto che il silenzio è sceso nel capannone: gli altri lupi ci fissano con i musi frementi e le orecchie tese, ma non ci mostrano più le zanne. Il lupo rosso fa un passo avanti ed avvicina il muso al mio viso: Noelia, stretta tra le mie braccia, emette un flebile singhiozzo di terrore, ma lui non sembra curarsene mentre mi fiuta con attenzione. 
Vengo investita dal suo fiato umido e caldo e non posso fare a meno di storcere il naso. 
"Senõrita Lucy... Puzza!" commenta Noelia sottovoce. Per un attimo torna ad essere una bambina, ma non appena il licantropo abbassa la testa verso di lei si ricompone ed abbassa lo sguardo, timorosa. 
Il lupo rosso volge poi lo sguardo verso le altre gabbie e non ho bisogno di chiedergli cosa vuole che faccia: nei suoi occhi dorati riesco a leggere apprensione, speranza e una furia appena sopita, che aspetta solo l'avversario giusto per scatenarsi. 
"Non penserai davvero di liberarli tutti!" sbotta Judith, che si è appena ripresa dallo spavento. Ho il sospetto che non sia a suo agio in mezzo ai licantropi, mentre a me il lupo rosso piace; di loro so solamente quello che riportavano i giornali, ma questi esseri non mi sembrano né bestie feroci né creature malate. 
Negli occhi del lupo brilla un'intelligenza sicuramente umana e una volta deciso che non eravamo sue nemiche non ci ha torto un capello. Quando mi vede lottare con la chiusura arrugginita della seconda gabbia e capisce che non ho intenzione di cambiare idea, la mia amica sospira: 
"Accidenti a te, Lucy, spostati!" borbotta, stizzita, prima di schioccare le dita con fare imperioso. Le gabbie si aprono all'unisono con un cigolio di metallo e i lupi escono, alcuni correndo, altri con più cautela. 
Mi volto stupefatta verso Judith, che mi strizza l'occhio con espressione compiaciuta: 
"Te l'ho detto, è uno dei miei trucchi preferiti!" 
La guardo con nuovo rispetto, perché non avevo compreso che fosse così potente: ha manomesso più di trenta gabbie in un battere di ciglia. 
Il lupo rosso, circondato da decine di suoi simili che spingono il naso contro la sua pelliccia, raspa a terra con una zampa. 
"Andare. Ora." ringhia, lanciando sguardi allarmati al cortile dove ancora infuria la battaglia. 
"Dove vuoi andare?" replico "È impossibile uscire da qui!" 
Il lupo scopre i denti in un ghigno: sembra divertito.
"Non per noi, strega." 
Mi volto verso Judith e ci scambiamo un'occhiata perplessa. 
"Cosa dici di fare?" domando, indecisa. Sono esausta e il flusso di magia che mi tiene connessa al resto delle streghe si fa ogni istante più debole, segno che stiamo perdendo. 
"Sono stanchi ed affamati..." mormora lei "Non combatteranno." 
Mi basta incrociare lo sguardo del lupo rosso, che a quanto pare è il capo branco, per capire che ha ragione: vogliono solo scappare da qui e non posso certo biasimarli. All'improvviso sento le lacrime scendere lungo le mie guance. 
"Non ce la faremo mai, vero? Vinceranno loro... E si vendicheranno." 
Gli occhi scuri di Judith riflettono la mia disperazione: 
"Il nephilim sarà furioso!" 
Il pensiero di Adam mi ghiaccia il sangue nelle vene. 
Non mi è venuto in mente neanche una volta nelle ultime ore che lui potesse essere lì fuori in quel caos, probabilmente intento a dare la caccia a noi, il suo prezioso esperimento. Rabbrividisco quando rammento il nostro ultimo incontro, i suoi occhi gelidi e privi di umanità. 
"Come pensate di riuscire a fuggire?" domando al licantropo. Distrattamente mi rendo conto di non aver usato la magia, ma lui sembra comprendermi lo stesso. 
Allunga il collo verso il muro di cinta dietro alle stalle, momentaneamente sguarnito. 
"Credi che possano saltarlo?"
Judith scrolla le spalle: 
"No, non credo sia possibile... Non nelle loro condizioni, almeno. Però la maggior parte di loro potrebbe riuscire a scalarlo."
Abbasso gli occhi su Noelia, che trema e si stringe contro di me con le palpebre serrate. 
"Dobbiamo portarla via da qui!" decido. 
L'altra strega annuisce, le labbra serrate in una smorfia sofferente. 
"Va' con loro, Lucy. I licantropi possono viaggiare per molte ore senza stancarsi e sono sicura che se raggiungerai la costa riuscirai a trovare un passaggio per gli Stati Uniti! Se ci sono troppi controlli - in Europa nessuno si fida degli Immortali - cerca di arrivare a Londra: il governo inglese non permette ai Cacciatori di operare nel Regno Unito. E, per carità, tieniti stretta Noelia: se la Mano di Dio mette di nuovo le mani su di lei non la risparmieranno, anche se è una bambina." 
A quelle parole la piccola scoppia in un pianto disperato e io non posso fare altro che accarezzarle i capelli nel tentativo di calmarla. 
"Tu cosa farai?" 
"Devo trovare mia sorella e nel frattempo coprirò la vostra fuga." 
"È un suicidio! Le streghe da sole non possono sconfiggere i Cacciatori. Ci deve essere un'altra soluzione!" 
"Credimi, vorrei anche io che esistesse!" 
"E i vampiri rinchiusi nei sotterranei?"
Judith allarga le braccia verso il branco di lupi. 
"Pensi che siano messi meglio di queste creature?"
Mi viene in mente il vampiro pazzo e scuoto la testa, amareggiata. 
"Andate!" ordina Judith, spalancando la porta per permettere al branco di passare. 
"Restate con il branco il più a lungo possibile e non guardatevi mai indietro. Che le stelle vi proteggano, sorelle mie!"
Ci avviciniamo alle mura nell'indifferenza generale, correndo furtivi nelle poche zone d'ombra non illuminate dagli incendi; metà castello è in fiamme e con orrore noto delle creature dibattersi tra i merli della torre ad ovest, impossibilitate a sfuggire ad una sorte tremenda. 
Mi guardo intorno, ma è difficile riuscire a comprendere cosa stia succedendo oltre le folte pellicce che mi circondano: i licantropi si muovono in silenzio e in perfetta armonia, una cosa sorprendente data la loro stazza. 
Il lupo rosso alza il muso verso il cielo e fiuta l'aria, poi si alza sulle zampe posteriori e con un grugnito il suo corpo inizia a cambiare: in pochi istanti, dopo qualche spaventoso scricchiolio di ossa, davanti a me c'è un uomo completamente nudo. 
Ha capelli ramati leggermente più chiari della sua pelliccia che gli ricadono sulla fronte e caldi occhi nocciola che mi fissano per un attimo prima di rivolgersi al resto del branco. Non tutti i lupi riescono a tornare in forma umana: alcuni rimangono inerti a terra, sordi ai richiami dei compagni, stremati e pronti ad arrendersi. 
L'uomo li squadra preoccupato, poi grida: 
"Lasciateli stare. Non sono abbastanza forti." 
La sua voce è bassa e molto simile si ringhi che emette in forma lupina, ma non so se sia il suo tono normale o la conseguenza dei mesi passati in cattività. In effetti, quasi tutti i licantropi sono instabili sulle gambe ed incerti nella loro forma umana. 
"Mi chiedo chi siano i veri mostri. Se noi, o i bastardi che hanno costretto queste persone ad essere in tutto e per tutto degli animali!" 
L'uomo si avvicina a me e io non posso fare a meno di arrossire per la disinvoltura con cui esibisce la sua nudità; copro gli occhi di Noelia con una mano e mi affretto a puntare lo sguardo nel suo per non lasciarlo vagare lungo il corpo possente e muscoloso e... Oh mio Dio, ma è eccitato?
Il licantropo scoppia a ridere: 
"Che ti succede, strega? Non hai mai visto un uomo?" 
"Certo che l'ho visto!" brontolo, imbarazzata "Ma non è questo il momento per certe distrazioni!" 
Lui si fa serio e contrae la mascella: 
"Hai ragione." 
Si volta verso i licantropi ancora in piedi: 
"Preparatevi a salire!" 
"E gli altri?" chiedo, trattenendolo per un braccio "Non penserai di abbandonarli qui!" 
L'uomo sospira: 
"Strega, ho il sospetto che tu sappia troppo poco sul nostro conto per mettere in dubbio le mie decisioni. Il dovere di un alfa è pensare prima di tutto a proteggere il proprio branco ed è quello che sto cercando di fare!" 
Poi si volta, offrendomi la vista di una schiena abbronzata e forte, solcata da diverse cicatrici più o meno profonde. 
"Forza, sali!" ordina, con fare brusco "Non abbiamo molto tempo!" 
Alcuni stanno infatti già scalando le mura, aggrappandosi con forza sovrumana agli interstizi tra le pietre. 
Mi volto verso il castello: molte streghe sono a terra e le poche che resistono ancora stanno per essere sopraffatte dai Cacciatori che difendono i cancelli e da quelli che le hanno sorprese alle spalle. 
"Lì in mezzo potrebbero esserci Magdalena e Judith. Forse anche Sabrina!" 
Mi si stringe il cuore al pensiero di quelle donne coraggiose. 
"Qual è il tuo nome?" chiedo al licantropo. Lui volta appena il capo per guardarmi, esasperato. 
"Marcus. Non chiedere il cognome, sono troppo vecchio per averne uno." 
Quell'affermazione mi strappa un sussulto, ma cerco di non darlo a vedere. 
"Bene, Marcus. Ho un favore da chiederti."
"Che storia è questa? Strega, aggrappati alle mie spalle prima che ti trascini di peso su quel muro!" 
"No, non lo farò." 
Ora che ho preso la mia decisione, una strana calma si è impadronita di me e sono decisa a spuntarla in questa conversazione. Del resto, sono la figlia di un avvocato e conosco tutti i trucchi per far capitolare un avversario. 
Marcus si gira verso di me, incrociando le braccia sul petto e lanciandomi un'occhiata truce: ricambio lo sguardo alzando il mento con aria di sfida. 
"Parla!" ringhia alla fine, avendo capito che non mi sarei arresa se non mi avesse lasciato continuare. 
"Devi portare in salvo la bambina!" 
Gli butto Noelia tra le braccia con qualche difficoltà, visto che lei non vuole lasciarmi andare. Marcus l'afferra per le spalle al volo, ma è sbigottito. 
"Perché non vuoi fare la scalata con me?" borbotta, perplesso. "Ti ho forse offesa in qualche modo?"
"Non hai capito. Non intendo farla con nessuno." 
Un lampo dorato attraversa le iridi dell'uomo: 
"Non lascerò qui la donna a cui devo la libertà!" afferma, con calma solo apparente. Nella sua voce vibra infatti una nota di avvertimento mista ad incredulità.
"Devi farlo. Consideralo un modo per saldare il debito." 
"L'unico modo per onorare il mio debito è portarti via da questo inferno!" 
Lo ignoro e mi abbasso all'altezza di Noelia. 
"Ehi, piccola!" sussurro gentile. 
"Voglio la mamma!" singhiozza lei "Voglio la nonna!" 
"Devi essere forte, Noelia. Devi fare la brava e obbedire al signor Marcus... Io cercherò di riportarti la mamma e la nonna." 
È una bugia colossale e mi si stringe il cuore quando vedo gli occhi di Noelia riempirsi di speranza. 
"Davvero, senõrita Lucy?" 
Faccio cenno di sì con la testa, perché un groppo in gola mi impedisce di parlare. 
"Non posso permetterti di farlo, strega!" ringhia a questo punto Marcus e vedo che è davvero arrabbiato, perché gli occhi hanno perso ogni tonalità nocciola: sono gialli e furenti. 
"Mi chiamo LucyMcCollins, non 'strega'. E non posso permetterti di impedirmelo." 
Mi costringo a piegare le labbra in un sorriso stiracchiato: 
"Glielo devo, a tutte loro; la mia permanenza qui sarebbe stata di gran lunga peggiore se non mi avessero accolta come hanno fatto, senza badare alle mie paure e ai miei pregiudizi. Io devo aiutarle!" 
Qualcosa nel mio tono sembra convincerlo, perché il suo atteggiamento si fa meno bellicoso ed io continuo: 
"Il mio padre adottivo vive a New York: si chiama Andrew ed è un avvocato, sono sicura che se porterai Noelia da lui saprà cosa fare. Ti prego, so di chiederti molto, ma è solo una bambina innocente: prenditi cura di lei..." 
"Lo farò." replica il licantropo, prima di afferrarmi per il collo ed avvicinare il suo viso al mio "Poi però tornerò a prenderti, Lucy McCollins. E onorerò il mio debito!" 
Un attimo dopo mi sta baciando: ha forzato ogni mia resistenza e la sua lingua danza nella mia bocca, mentre le sue mani rudi accarezzano con malagrazia i capelli sporchi ed aggrovigliati. 
Quando si allontana, qualche istante più tardi, sono senza fiato. Sorride con malizia: 
"Ora che conosco il tuo odore, non ci sarà alcuna prigione su questa Terra che potrà nasconderti da me!" 
Poi si carica sulle spalle Noelia, che grida e piange per lo shock, e con pochi, agili balzi si innalza sulla cima delle mura. Lì si ferma solo per guardarsi indietro, verso di me che li osservo con il fiato in gola diversi metri più in basso; con un ultimo cenno di saluto, fa scivolare la bambina tra le sue braccia e senza più esitare si getta dall'altra parte.
 

Mi butto a terra appena in tempo per evitare una fiammata che mi avrebbe carbonizzato; difficile dire se sia stata causata da una strega o da un lanciafiamme. È passata circa mezz'ora da quando gli ululati dei licantropi si sono diradati fino a scomparire del tutto ed io l'ho passata a rovistare tra i cadaveri. Ogni volta che ne volto uno sulla schiena socchiudo gli occhi e prego chiunque sia lì ad ascoltarmi: 
"Per favore, non Magdalena. Non Judith. Non Sabrina. Non Soledad."
Alla fine, ho la conferma che la fede porta a ben poco, nonostante ciò che mi ha confidato Judith: ai miei piedi giace il corpo senza vita di Soledad, con il ventre squarciato da una raffica di pallottole e gli occhi sbarrati, stupefatti, che fissano il cielo senza vederlo.
Il mio primo pensiero va a Noelia, alla promessa che le ho fatto e che non potrò più mantenere; rivedo gli occhi speranzosi della bambina e prima di rendermene conto sento le lacrime che corrono verso le mie guance e scendono lungo il collo, sfiorando il corpetto sfilacciato del vestito che indosso.
Poi la rabbia divampa incontrollata, alimentata dalla paura e dal ricordo delle umiliazioni subite: l'erba attorno a me prende fuoco, bruciando il cadavere di Soledad e tutti coloro che le giacciono intorno.
Le orecchie mi fischiano per un urlo agghiacciante che lacera l'aria e pietrifica tutti i combattenti e solo dopo qualche istante comprendo che questo suono disarticolato fuoriesce dalla mia bocca spalancata. 
La magia entra ed esce dal mio corpo su un piano separato da quello che posso percepire, ma talmente vicino che mi sento tremare per l'energia che mi attraversa; per un attimo mi sento capace di conquistare il mondo ed abbattere ogni nemico. 
Poi una figura atterra pesantemente proprio davanti a me, incurante dell'incendio e della mia furia. 
Adam non distoglie lo sguardo dal mio mentre ripiega le ali dietro la schiena ed io provo l'impulso di fuggire, ma so che non riuscirei mai a metterlo in pratica. 
Nei suoi occhi freddi brilla una luce strana, non riesco a capire se sia rispetto, agitazione o un misto delle due. 
"Sei potente, Lucy!" sussurra, con un tono pieno di riverenza che giunge chiaro alle mie orecchie nonostante il caos. 
"Ma non abbastanza." 
Un bruciore diffuso in tutto il corpo mi fa piegare in due: è un'agonia, non credo di poter sopportare una tale sofferenza. 
Il mondo scivola nel buio.


Angolo Autrice: 
Questo capitolo è corposo e lunghissimo, lo so, ma ho preferito non spezzettare la narrazione dato che siamo giunti alla fine della prima parte di questa storia. Lucy ha fatto un incontro fondamentale seppur breve: Marcus giocherà un ruolo centrale per gli Immortali europei... Più avanti, ovviamente xD 
Per il momento la ribellione delle streghe è finita nel sangue e Adam ha sconfitto Lucy: cosa credete che le farà adesso? 
Un grazie fortissimo a tutti quelli che seguono la storia!

  Crilu 

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Capitolo 11
*** 10 ***




II PARTE: UMBRA CORDIS
 

Le cose reali nel buio non sembrano 
più reali dei sogni.
(Murasaki Shikibu)

 

Amo la luce perché mi mostra la via. 
Ma amo anche il buio, 
perché mi mostra le stelle. 
(Og Mandino)

 

 

L'incubo non è quello a cui sono abituata. Non ci sono fiamme, né fumo, né quel calore insopportabile che mi fa temere di morire soffocata. 
C'è solo un gran silenzio e intorno a me, ovunque posi lo sguardo, tutto è immerso in una perfetta oscurità. 
Non riesco a distinguere neanche il mio corpo, perciò spingo le mani in avanti, per accertarmi di averle ancora attaccate alle braccia. E improvvisamente vanno a sbattere contro qualcosa di duro, coperto da un tessuto liscio e morbido. Il mondo ondeggia - o forse sono io ad oscillare, essendo completamente cieca è difficile da dire. 
Un sibilo perfora il buio, vicinissimo al mio orecchio. 
"Va tutto bene, piccola anima..." sussurra una voce roca e grave. Il tipo di voce più adatto a dare degli ordini che a consolare. 
"Dormi, ora."

 

"Svegliati, soggetto 3443." 
Ho le palpebre così pesanti che anche se volessi non riuscirei ad obbedire. Vengo strattonata, sollevata da terra e sbattuta contro quello che immagino essere un muro. 
La testa mi fa male come se fosse invasa da decine di schegge, ma mi costringo comunque ad aprire gli occhi: non riesco a trattenere un pietoso gemito di terrore quando riconosco la stanza di ospedale in cui mi sono svegliata la prima volta. 
Davanti a me, rannicchiata sul pavimento, c'è lo stesso dottore che mi ha introdotto a quell'inferno; ma prima che possa alzare nuovamente le mani su di me la porta scorrevole si apre e sulla soglia appare Adam. 
"Allontanati, Stefán." 
L'uomo non nasconde il lampo d'ira che lo attraversa: 
"Era uno dei nostri esperimenti più delicati!" strilla, indicandomi con un gesto vago della mano. "Dovevamo studiarla e capire la fonte del potere delle streghe, per comprendere come sfruttare il loro sangue!" 
"La fonte della magia è il sangue!" replica il Nephilim, scocciato, ma Stefán non lo sta ascoltando. 
"Invece guarda in che condizione me l'hai riportata! Marchiata! Rovinata! Rovinata!" 
Sussulto e mi stringo le gambe al petto, tentando di sfuggire allo sguardo spiritato e malevolo del ricercatore. È stato il primo uomo a picchiami, è vero, ma non avevo capito che fosse anche mentalmente instabile, come sembrano suggerire le sue pupille dilatate. 
"Ora basta, Stefán." 
La voce di Adam lo calma immediatamente: i muscoli contratti si rilassano, le palpebre si abbassano, la bocca si socchiude. Non ci vuole un genio per capire che Adam sta facendo ricorso alla sua Aura; mi chiedo solo perché la stia usando su un suo alleato e collaboratore. 
"Ora esci da qui. Devo parlare con lei da solo!" 
Stefán punta i piedi e per un attimo sembra che riesca a contrastare la manipolazione dell'angelo; poi però lo sguardo diventa nuovamente vacuo ed obbedisce docilmente all'ordine. 
Adam si volta verso di me, ma non parla: si limita a studiarmi con la sua solita espressione impenetrabile, facendomi scendere un brivido freddo lungo la schiena. 
Poi allarga le braccia e borbotta qualcosa in una lingua sconosciuta, piena di suoni grezzi e spezzati. A bocca aperta, vedo che l'aria attorno a noi trema, condensandosi in due figure che sono la copia esatta di me e di Adam. 
L'Adam-ombra, che differisce dall'originale solo per la consistenza leggermente evanescente, inizia a gridare contro la mia controparte, ma le sue parole non arrivano fino a noi: sembra che io stia osservando la scena attraverso un vetro appannato. 
Il vero Nephilim ottiene la mia attenzione battendo le mani e riportando lo sguardo su di lui noto che è più pallido e sudato di qualche istante prima. 
"Ora parliamo sul serio, Lucy. Non abbiamo molto tempo." 
"Non ho nulla da dirti!" ringhio, ostinata. In realtà vorrei chiedergli cosa ne è delle altre streghe, ma ho paura della risposta. 
Adam si passa una mano tra i capelli: 
"Strega testarda! Non hai ancora capito che sono qui per aiutarti?" 
"Aiutarmi?" sbotto, incredula "Aiutarmi!? Mi hai imprigionata, torturata, marchiata! Hai ucciso i miei amici!" 
"Ti ho marchiata, è vero, ma l'ho fatto affinché tu avessi i mezzi per proteggerti! E quelle che tu chiami torture erano un mezzo per aiutarti a controllare i tuoi poteri senza destare sospetti!"
Ora ha il respiro pesante, affannato. 
"Non ho ucciso nessuno nella rivolta!" bisbiglia, e sembra sincero. "Non sono stato io ad ordinare la tua cattura, anzi, quando ho saputo che Ratszeky ti aveva trovata sono andato nel panico. L'unica cosa che sono riuscito a fare è stata farti trasferire qui, dove avrei potuto tenerti d'occhio e proteggerti in attesa che il Consiglio degli Anziani rispondesse al mio messaggio!" 
"Ratszeky? Consiglio degli Anziani?" mormoro, frastornata dalle troppe rivelazioni. Poi scuoto la testa: 
"È tutto un trucco, vuoi imbrogliarmi!" 
"Cristo santo! Se fosse un trucco, perché mi sarei dato la pena di creare uno schermo che impedisse ai Cacciatori di filmarci?" ringhia, indicando le due ombre che continuano a parlare, a poca distanza da noi. 
Esito, incerta. 
"Non mi fido di te!" 
Lui annuisce: 
"È comprensibile, ma non hai altra scelta: devi ascoltarmi attentamente. Io sono un infiltrato, Lucy: sono stato mandato a spiare la Mano di Dio per confermare le voci che circolavano sui rapimenti di Immortali. Sono riuscito a scalare i vertici dell'organizzazione e contemporaneamente continuavo ad informare gli Anziani della situazione." 
Fa una pausa, forse notando la confusione sulla mia faccia: 
"Il Consiglio degli Anziani è il massimo tribunale degli Immortali; è un'istituzione comune a cui si fa ricorso in caso di pericolo per tutte le razze, o per un processo controverso. Ne fanno parte i più longevi e potenti Immortali europei, anche se il Consiglio in sé è nato poco più di duecento anni fa. Quello asiatico è più antico, mentre il Congresso degli Anziani americano è sorto insieme alla Rivoluzione." 
"Oh mio Dio..." balbetto, sconcertata. 
"Per secoli gli uomini hanno convissuto con una politica segreta che operava proprio sotto al loro naso!" 
"Il Consiglio credeva che tu fossi morta, Lucy. Per questo non siamo venuti a cercarti..." 
"Perché avete tutto questo interesse nei miei confronti? Perché ti sei comportato come hai fatto, se il tuo compito era assicurarmi la salvezza?" 
Adam inizia a perdere davvero la pazienza: 
"Non ho il tempo di spiegarti tutto adesso! Eravamo impreparati a questa evenienza e ho dovuto improvvisare: eri sotto shock, come potevo spiegarti ogni cosa la prima volta che ci siamo incontrati? Non mi avresti creduto, oppure avresti fatto saltare la mia copertura! Ho chiesto aiuto al Consiglio, ma ci vuole tempo per mettere insieme un esercito, sopratutto se si deve stare attenti a non allarmare gli umani! E fino a quel momento, è bene che i Cacciatori mi credano dalla loro parte." 
Chiudo gli occhi cercando di dare sollievo al dolore alla testa, che in pochi minuti di conversazione si è intensificato: 
"Posso credergli? E se fosse una trappola?" 
"Come faccio a sapere che tutto questo non faccia parte di un inganno ingegnoso?" 
Adam sospira: 
"Chiedimi quello che vuoi ed io ti risponderò sinceramente e con una tale precisione da fugare ogni tuo dubbio. Però non abbiamo molto tempo, l'incantesimo non durerà ancora a lungo e quando svanirà dovrò portarti nella tua nuova sistemazione; perciò hai a disposizione una sola domanda." 
"Una sola!? Come posso sceglierne una? Judith e le altre stanno bene? I licantropi sono sfuggiti alla cattura? Hanno portato in salvo Noelia?" 
Alla fine, quella che mi sale alle labbra porta con sé un brivido di inquietudine: 
"Chi è Ratszeky?" 
Adam ha un'esitazione quasi impercettibile, prima di rispondere con voce alterata: 
"È un uomo malvagio: anche se indossa la porpora cardinalizia non è un fanatico, non vuole sterminare gli Immortali per motivi religiosi. In realtà nessuno sa con esattezza ciò che vuole, ma al centro dei suoi progetti ci sei tu. Ti cerca con disperazione da vent'anni, Lucy, da quando ha dato l'ordine di uccidere i tuoi genitori; ma tu gli sei sfuggita tra le dita e questo lo ha portato alla pazzia. È stato uno dei pochi che ti credeva ancora viva e per trovarti si è imposto come capo supremo della Mano di Dio... In poche parole, è il tuo peggior nemico."

 

Adam e le guardie che ha chiamato per scortarci mi guidano in una parte del castello che non avevo mai visto. Dopo aver dissolto l'illusione che ci aveva permesso di parlare al sicuro dalle orecchie indiscrete dei Cacciatori, il Nephilim è tornato ad essere duro e spietato con me e con i suoi sottoposti, tanto che inizio a dubitare di aver avuto una tale conversazione con lui. 
Poi Adam si gira a controllarmi e mi basta cogliere il guizzo di ansia che gli illumina il volto per sapere che non mi sono immaginata nulla: è davvero una spia. La notizia dovrebbe riempirmi di gioia - significa che abbiamo degli alleati là fuori che si stanno attrezzando per liberarci - invece brucio di rabbia; il bracciale contenitivo si serra attorno al mio polso in maniera dolorosa, ma non riesce ad estinguere il mio desiderio di farla pagare ad Adam. 
"Da quanto tempo sono rinchiusa qui dentro? Un mese? Ogni giorno mi ha trascinato in quel lurido cortile per picchiarmi a sangue e mai una volta che gli fosse venuto in mente di mettere in pratica il trucchetto di prima! Ci ha lasciate affamate, spaventate e senza speranza, il bastardo! Come faccio a fidarmi di un tipo così?" 
Una delle guardie grugnisce quando Adam apre una porta di ferro chiusa a chiave semplicemente spingendola: lo vedo farsi il segno della croce e sputare a terra mentre il Nephilim non guarda nella sua direzione. 
"Guarda guarda... Quindi forse su una cosa Adam ha ragione: la sua posizione qui non è sicura come sembra, se gli umani lo temono e lo detestano!" 
Davanti a noi c'è una scalinata che affonda nel buio e immediatamente penso ai marchi; lancio un'occhiata ad Adam chiedendomi se non voglia impormene un altro, anche se mi aveva assicurato che dopo la ribellione delle streghe l'esperimento era stato sospeso. 
"I Cacciatori hanno capito che non hanno i mezzi per controllarvi e hanno preferito non darvi ulteriori armi da usare contro di loro. Preferiscono tenere le poche di voi che sono sopravvissute il più lontano possibile le une dalle altre!" aveva detto. 
Vengo sospinta in avanti e rischio di perdere l'equilibrio, rotolando lungo i gradini di pietra dai bordi smussati, ma Adam mi afferra per un braccio appena in tempo. Rivolge uno sguardo cupo alle guardie: 
"Da qui in poi la scorto io!" 
"Ma, signore!" interviene uno "Ci hanno ordinato di assicurarci che arrivi in quella cella!" 
Lui sogghigna: 
"E dove credete che possa scappare, quaggiù? Ci sono solo celle e vampiri!" 
Mi lascio sfuggire un gemito strozzato di cui nessuno si cura, mentre Adam mi trascina giù per le scale. 
"Vampiri?" strillo, a voce un po' troppo alta, tanto che la presa sul mio braccio si stringe in segno di avvertimento. 
"Mi stai portando dai vampiri?" ripeto, con tono accusatorio, mentre continuiamo la discesa. Le deboli lampade al neon non sono sufficienti a rischiarare l'ambiente ed inciampo ad ogni passo.
Proprio in quel momento passiamo accanto ad una cella, incastrata nella parete di pietra e una creatura si lancia contro le sbarre ululando. Grido quando il vampiro mi afferra con le mani scheletriche ed artigliate; Adam batte le mani e dai suoi palmi si irradia una potente luce che mi permette di vedere bene l'essere che mi ha attaccato. 
Se non ne fossi così spaventata il suo corpo magro e provato mi farebbe pena; ma al momento sono più preoccupata dagli occhi, in cui il rosso dell'iride ha inghiottito la pupilla, e dalle lunghe zanne che grondano bava. 
"Sangue!" sibila il vampiro "Sangue giovane e fresco! Sangue!" 
"Indietro!" ordina Adam, ma la sete della creatura è tale che neanche la sua Aura riesce a fargli mollare la presa. Poi dal fondo della galleria si alza un ringhio terribile che scuote le sbarre della cella e immediatamente il vampiro lascia la mia spalla come se scottasse. Tremando, si rannicchia in un angolo della sua prigione con la testa tra le mani, borbottando qualcosa su sangue ed omicidi. 
Io sono raggelata ed inchiodata al mio posto, incapace di fare un passo avanti nell'oscurità. 
"Non entrerò in una di queste celle!" dichiaro con fermezza "Dovrai uccidermi, piuttosto!" 
Adam si china verso di me a sussurrarmi nell'orecchio: 
"Non vedono una goccia di sangue da settimane, alcuni anche da mesi. Ricordi i licantropi che hai liberato? Loro sono ancora più pericolosi, perché neanche l'obbedienza ai loro superiori può fermarli quando sono in preda ai morsi della fame. Però tu non devi temere nulla, perché sto per affidarti ad un amico." 
"Un amico!?" 
Adam sogghigna, spostandosi un poco all'indietro: 
"Beh, un collega, più che un amico. Neanche lui è qui per caso." 
Prosegue fino all'ultima cella, i cui contorni si distinguono a malapena grazie alla luce emessa dalla lampadina che pende dal soffitto al suo interno. Apre la porta ed un gemito sommesso arriva dal nero vuoto dietro di essa. Spalanco gli occhi, perché ho sentito quel lamento così tante volte nelle ultime settimane che mi sarebbe impossibile non riconoscerlo. 
"Il vampiro pazzo!" 
Adam inarca le sopracciglia, ma non commenta, indicandomi la cella con un ampio gesto del braccio: 
"Prego, soggetto 3443!" 
"Tu non entri?" 
"Questo vampiro desidera uccidermi sopra ogni altra cosa, dopo gli ultimi giorni... Quindi no, non entrerò." 
Abbassa la voce fino a farla diventare un mormorio incomprensibile per le telecamere che, ne sono sicura, ci osservano dal soffitto: 
"Vai, Lucy. Ti prometto che non ti succederà nulla di male." 
"Ho qualche altra scelta?" 
Dato che la risposta è un sonoro no, obbedisco ed entro esitante nella mia nuova prigione. 
Adam richiude la porta dietro di me e se ne va senza aggiungere altro, se non un'occhiata d'intesa che comprendo al volo. 
"Quando ci rivedremo" dicono i suoi occhi "sarai libera." 
Mi aggrappo a quel pensiero con tutte le mie forze: devo credere che Adam sia sincero e che ci sia una possibilità per me di uscire viva da qui, altrimenti cadrei in preda all'isteria e alla disperazione. 
"Altrimenti, saremo tutti condannati e i sacrifici fatti fino ad ora saranno stati inutili!" 
Un fruscio alle mie spalle mi distoglie da quei pensieri ed io mi volto di scatto, serrandomi le mani sulla gola. Quel gesto strappa una risata arrochita alla creatura con cui diviso la stanza. 
"Stai lontano!" ordino, anche se la mia voce assomiglia più ad uno squittio terrorizzato. Il vampiro si muove lungo il perimetro della cella, tenendosi lontano dalla luce e impedendomi così di distinguere qualcosa in più oltre ai contorni del suo corpo. 
Poi la sua voce mi arriva da un punto alla mia destra, vicina e spaventosa, ma stranamente priva di ostilità: 
"Stai tranquilla, piccola anima. Non potrei mai farti del male."


Angolo Autrice: 
Eccomi qua, la seconda parte di questa storia parte col botto! Ve lo sareste mai aspettato che Adam fosse una spia? E avete riconosciuto la creatura invisibile (per ora) con cui Lucy deve condividere la cella? 

   Crilu 

 
 

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Capitolo 12
*** 11 ***



Mi scappa una risatina nervosa. 
"Sei un vampiro assetato di sangue! Un dannato vampiro - assetato del mio sangue!" 
La figura nascosta nel buio piega la testa di lato, ma non vedendo il suo viso mi è difficile capire come abbia accolto le mie parole. 
"Sei una scettica... Non credevo, dopo tutto quello che hai dovuto sopportare negli ultimi tempi!" 
Apro la bocca per rispondere ma non ne esce fuori nulla, perché ha ragione lui: tutto ciò che ho visto da quando mi hanno rapita è una ferita per la mia ragione e la mia sanità mentale; è tutto così assurdo che potrebbe essere vera anche un'idea balzana come quella di un vampiro civilizzato che rinuncia a cibarsi! 
Mi rannicchio contro la porta della cella, con la schiena contro le sbarre, in modo che il vampiro non possa sorprendermi alle spalle. 
Restiamo in silenzio per quelle che mi sembrano ore, in cui l'unico rumore udibile sono gli agghiaccianti borbottii affamati dei nostri vicini. Sono sicura che fiutino il mio odore e che questo li ecciti: è come offrire una succulente bistecca alla tigre di un circo.
Alla fine il vampiro sospira e con passi strascicati si trascina verso il centro della stanza, almeno per quanto glielo permettono le catene che gli bloccano le braccia e che solo ora riesco a vedere: bracciali di ferro gli serrano i polsi e robusti anelli dello stesso materiale imprigionano il vampiro alla parete. 
"Come vedi, piccola anima, non hai nulla da temere da me." 
La sua voce nasconde una sottile vena di ironia. 
"Sei davvero pazzo, se riesci a scherzare in un momento del genere!" borbotto tra i denti, mentre lo osservo con attenzione. Il suo aspetto sembra smentirmi, perché non c'è traccia di pazzia nel suo sguardo e il volto non reca segni di un recente e devastante dolore, come dovrebbe essere per un vampiro la perdita della sua Sposa. 
Certo, le iridi sono rosso cremisi e i canini affilati brillano sotto il labbro superiore, ma tutto sommato non è ridotto male come la creatura rinchiusa qualche cella più in là. 
"Eppure, la sua voce... Non posso essermi sbagliata, è lui!" 
Mi soffermo sui lineamenti aristocratici e sulla pelle chiarissima, che ha una tonalità giallastra, malata, dovuta probabilmente alla mancanza di sangue fresco; il suo sarebbe un volto magnifico, se non fosse scavato dalla fame. Noto anche che i capelli neri sono incredibilmente lunghi e ricadono scomposti sulle spalle e sulla schiena, ombreggiandogli il viso ed il collo. 
Quando sorride, forse in un tentativo di tranquillizzarmi, mette in mostra tutta la sua impressionante dentatura: i quattro canini sono lunghi il doppio di quelli di un essere umano e anche gli altri denti hanno le estremità leggermente più affilate. 
"Non sono pazzo, te l'assicuro. Il mio nome è Maximilien de Saînt-Gervais ma tu, mia cara, puoi chiamarmi Max. È un onore che non concedo a molti..." 
"Non mi interessano gli onori che vai dispensando, vampiro, e non mi importa un accidente neanche di come ti chiami! Voglio solo uscire da qui il prima possibile!" 
Maximilien serra le labbra in una smorfia seccata. 
"Non sono un pericolo per te!" ringhia e questa volta la sua voce assume un tono irato e prepotente che suona familiare alle mie orecchie. 
"Solo perché sei legato a quelle!" puntualizzo, scacciando quella sensazione ed indicando le catene "Altrimenti mi saresti già saltato addosso!" 
Il vampiro fa scivolare lo sguardo lungo tutto il mio corpo: 
"Probabile. Ma non per il motivo che pensi tu!" 
Rimango senza fiato, perché la sua voce è talmente carezzevole che mi sembra quasi di sentire le sue mani sulla pelle. 
"Ma che bastardo!" bisbiglio, con voce strozzata, spingendomi contro le sbarre della porta fino a farmi male. Vorrei correre il più lontano possibile da questo buco e maledico Adam per le sue parole criptiche e la sua vigliaccheria: se solo mi avesse aiutata a fuggire, invece che rinchiudermi con un vampiro... 
"Senti un po', tu!" replico, quando mi sono ricomposta e lui ha smesso di ridacchiare "Non dovresti essere a lutto?" 
"Prego?" 
"Ma sì, hai appestato tutto il castello con le tue lagne! Le grida, i pianti, le urla... Te ne sei già dimenticato? E io che ho provato pure pena per il povero vampiro pazzo a cui avevano sottratto la compagna!" 
La creatura sembra capire a cosa mi riferisco, perché il suo volto si fa serio: 
"La mia Sposa non era morta, solo in pericolo ed io ero impossibilitato a raggiungerla. Per questo mi lamentavo." 
"Ed ora non è più in pericolo?" chiedo, curiosa mio malgrado "È fuggita durante la rivolta? I licantropi l'hanno fatto!" 
"O almeno, io spero che ci siano riusciti!" 
Maximilien sorride di nuovo: 
"Oh, non posso garantire che si trovi al sicuro, questo no! E non è fuggita, dato che si trova proprio di fronte a me!"
Lo shock per quella rivelazione - la terza in poche ore, l'ennesima da quando la mia vita ha preso una piega inaspettata - mi zittisce. Tutto quello che riesco a fare è fissare il vampiro con le labbra socchiuse e gli occhi inespressivi. 
"Ok" borbotto, con voce stridula "Questo è troppo!" 
Ed inizio a picchiare i pugni contro la porta della cella con una forza che non sapevo di avere, guidata solo dalla disperazione e dall'incredulità. Lascio che le mie grida rabbiose ed incoerenti riecheggino nei sotterranei, mentre ogni briciolo di lucidità rimastomi abbandona la mia mente.


 

"Potresti smettere, per favore?" 
Il tono di Maximilien è gentile come i suoi modi, ma l'esasperazione che colgo nella sua voce mi strappa al delirio in cui sono scivolata. Mi rendo conto solo ora che il lungo e continuo gemito che sentivo proviene dalle mie labbra e mi tappo la bocca con la mano, imbarazzata e anche un po' disgustata da me stessa. 
"Non hai ceduto fino ad ora. Non lasciare loro questa soddisfazione!" 
Il vampiro sembra intuire il corso dei miei pensieri: 
"Credono di spezzarti, rinchiudendoti qui con me. L'unica parvenza di libertà che ti è rimasta è scegliere di resistere." 
Questo tizio riesce a dire le cose più assurde (come, ad esempio, il fatto che io sia la sua Sposa) nella stessa maniera con cui si rivolgerebbe alla regina Elisabetta: educato, rispettoso, con voce pacata e tranquilla. Eppure leggo una grande sofferenza nei muscoli che si contraggono sulla mascella scarna, probabilmente dettata dalla fame. 
Scuoto la testa e decido che, se non posso uscire subito da questa cella, tanto vale continuare a conoscere il mondo in cui mi ritrovo. Quest'iniziativa fa scoccare una scintilla d'orgoglio nel profondo della mia anima: 
"Così, Lucy. Reagisci!" 
"Maximilien, giusto?" 
"Esatto, mia cara." 
"Cosa volevi intendere, prima... Quando hai detto che sono io la tua Sposa?" 
Lui sbatte le palpebre, perplesso, ma si nota che è sollevato dal fatto che sia uscita da quel fastidioso stato catatonico. Arrossisco: 
"Forse è rimasto ad ascoltare i miei piagnucolii per ore senza potermi interrompere!" 
Mi consolo pensando a tutte le volte in cui le sue urla mi hanno svegliata di soprassalto. 
"Intendevo dire esattamente ciò che ho detto. Tu sei la mia Sposa, la mia compagna per l'eternità... L'unica che mi è stata concessa in questa vita." 
"Ma è impossibile! Voglio dire, mi hai vista oggi per la prima volta! Non ci conosciamo nemmeno!" 
Maximilien sembra sul punto di ribattere velocemente, poi esita; infine, quando riprende a parlare, sono sicura che il tono della sua voce si sia abbassato e fatto più cauto. 
"Non serve conoscerti per sapere che sei tu. L'ho saputo fin da quando sei arrivata qui: avvertivo la tua presenza, il tuo incontenibile terrore per tutto ciò che ti circondava. Ho provato il tuo stesso dolore quando il Nephilim ti ha marchiato!" 
L'ultima frase viene soffocata da un ringhio bellicoso e se non avessi timore delle telecamere - il fatto di essere sempre sorvegliata sta avendo un impatto davvero negativo sui miei nervi già fragili - vorrei fargli altre domande su Adam. 
"I Cacciatori sanno chi... Chi credi che io sia?"
Maximilien scuote la testa e lunghe ciocche scure gli ricadono davanti agli occhi, che brillando divertiti illuminano la stanza con un vago bagliore rosso: 
"Mia cara, dolce, piccola anima! Ancora dubiti delle mie parole?" 
"Capirai che ciò che dici ha ben poco senso, soprattutto per me! E non chiamarmi in quel modo!" 
"Quale modo? Mia cara? O piccola anima?" 
"Tutti e due!" borbotto, sperando che non noti quanto effettivamente i suoi modi di fare mi abbiano colpita.
"Il primo a trattarmi con affettuosa delicatezza da quando sono qui è un vampiro... Roba da matti!"
"Io non posso essere la tua Sposa... Mi dispiace, ma a differenza vostra non posso innamorarmi a comando!" dico, con un po' di imbarazzo. 
Maximilien sorride e per la prima volta riesco a vedere oltre alle zanne e agli occhi color rubino: nel notare la dolcezza con cui accoglie le mie parole, mi chiedo come sia possibile che gli esseri umani lo ritengano privo di anima. 
"Sì, le cose possono essere più difficili quando la Sposa non appartiene agli Immortali. Ma l'amore assume numerose forme, piccola anima: io sarò per te tutto ciò di cui hai bisogno. Un padre, un amante, un fratello... Di cosa hai necessità ora? Perché io farei qualsiasi cosa per accontentarti!" 
L'espressione rigida e vagamente sardonica che ha da quando sono entrata trema verso la fine del discorso, lasciando intravedere una creatura sinceramente desiderosa di aiutarmi. E sebbene non mi fidi ancora abbastanza per abbandonare la mia postazione al di fuori del suo raggio d'azione, mi ritrovo a rispondergli con pari sincerità: 
"Un amico. Ho bisogno di un amico." 
Il vampiro annuisce solenne: 
"Bene, allora: sarò il migliore amico che tu abbia mai avuto!"

Maximilien sembra essere un vampiro di parola. Nelle ultime due ore ha impedito che i miei pensieri vagassero verso luoghi bui e mi trascinassero in una nuova crisi isterica. 
Non ha però fatto cenno al mondo degli Immortali, forse intuendo che è un argomento da affrontare con cautela, quando sarò più lucida: per il momento mi limito ad ascoltarlo parlare dei numerosi luoghi in cui è stato, pentendomi di non aver viaggiato di più quando ne avevo la possibilità. 
Max, come insiste ad essere chiamato, ha il dono del narratore: non so quanto dipenda da lui e quanto dal suo essere vampiro, ma le parole che escono da quelle labbra incantano e meravigliano e le sue descrizioni sono talmente vivide e piene di dettagli che mi sembra quasi di toccare con mano gli oggetti di cui racconta. 
"Sei mai stato negli States?" chiedo ad un certo punto, perché mi sembra che non abbia mai nominato l'America. 
Il vampiro, che nel frattempo si è steso a pancia in su sul lurido pavimento, fa leva sui gomiti per alzare il capo e guardarmi nella penombra. 
"Sì" ammette infine "Ci sono andato due volte." 
"Solo due?" 
Vedo che le labbra vermiglie di piegano in un sorriso divertito, che rende i suoi lineamenti perfetti un poco più umani: 
"Nei secoli passati, la traversata verso il Nuovo Mondo durava mesi... E io ho un piccolo problema con l'esposizione ai raggi solari!" 
"Capisco... Quindi hai visitato l'America solo in tempi recenti!" 
"Non proprio. Mi recai lì per la prima volta quando ero ancora umano. Vediamo... Che anno era? Il '74, credo. No, il '75! Sì, decisamente il 1775!" 
La mia mascella minaccia di staccarsi e cadere a terra per quanto spalanco la bocca dalla sorpresa: 
"Eri vivo al tempo della rivoluzione americana?" strillo, provocando gemiti di famelico desiderio nei nostri vicini. 
"Mia cara, io ho combattuto durante la vostra rivoluzione!"


Angolo Autrice: 
Che ve ne pare di Maximilien? E' così dolce e coccoloso, io lo adoro, scrivere di lui è stato un piacere! :D E a quanto pare Lucy è la sua Sposa, perciò ne vedremo delle belle... Ma prima vi aspettano dei capitoli un po' didascalici, mi scuso in anticipo ma era l'unico modo per spiegare qualcosa in più su questo mondo! Spero che il capitolo vi piaccia! 

  Crilu 

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Capitolo 13
*** 12 ***


Max si tira a sedere, strisciando verso la luce della lampada; adesso che i miei occhi si sono abituati all'ambiente riesco a vedere anche gli abiti laceri e strappati, come probabilmente devono essere i miei. Istintivamente mi porto una mano ai capelli e li sento sporchi sotto le dita, aggrovigliati e più lunghi di quanto li avessi al momento del rapimento. 
"Ormai sarà passato un mese, forse anche di più... Andrew mi sta ancora cercando? Spero solo che non incappi per sbaglio nei Cacciatori, con il suo fiuto da segugio!" 
"Quanti anni hai, quindi?" domando ancora, con la voce leggermente più tremula di qualche istante prima. Il vampiro, con molto tatto, fa finta di non accorgersene e per la prima volta da quando Adam mi ha rinchiusa qui sento un guizzo di gratitudine nei suoi confronti: la gentilezza di Maximilien è un balsamo per la mia dignità ferita. 
Lui arriccia le labbra in una smorfia pensierosa: 
"Ho smesso di contarli da un po', ma sono nato nel 1758, perciò... Duecentosessant'anni il prossimo autunno, mese più, mese meno." 
"Wow!" mormoro, sinceramente impressionata. 
"Hai assistito a così tante cose... Aspetta un attimo, ha detto il 1758? Questo vuol dire... Che sei andato a combattere a soli diciassette anni?" 
Lui si stringe nelle spalle: 
"A quell'epoca, a diciassette anni eri già un uomo. Anche se ci furono numerose obiezioni quando decisi di partire come volontario per aiutare il tuo Paese." 
"Perché eri troppo giovane?" 
"Perché ero un nobile." 
"Ah!" 
Aggrotto la fronte, cercando di capire cosa ci sia di strano nell'ultimo tratto di conversazione - a parte il fatto che il mio compagno di cella sia un vampiro di sangue blu che ha combattuto nella Rivoluzione Americana, ma ormai non mi stupisco più di nulla. 
"Come fai a sapere che sono americana?" 
"Il tuo accento. Inconfondibile, piccola anima." 
"Giusto... Tu però non sembri affatto francese!" 
"Quasi tre secoli di vita passati a viaggiare intorno al mondo ripuliscono la tua voce da qualsiasi traccia di accento, te lo posso assicurare. In compenso, so bene come sfruttare le mie conoscenze per farmi passare, di volta in volta, come un inglese, un belga, un russo... È molto importante riuscire a costruire storie credibili per non farci scoprire dagli umani." 
Emette uno sbuffo malinconico e sconsolato: 
"Avrei dovuto dire che era molto importante."
Non so cosa rispondere davanti alla sua improvvisa amarezza e mi ritrovo a riflettere, forse per la prima volta, sulle motivazioni per cui le creature extra umane sono venute allo scoperto. 
"Tu lo sai? Sai perché la Setta di Londra ha deciso di rivelare la sua esistenza?" 
Max si stringe nelle spalle: 
"I governi di tutto il mondo ci davano la caccia da decenni. Stavano stringendo il cerchio, prima o poi gli umani avrebbero capito... Avrebbero scoperto che le vecchie favole non erano tali e si sarebbe scatenata una caccia agli Immortali senza precedenti. Credevamo che fare la prima mossa avrebbe impedito il peggio..." 
"... Ma non ha funzionato." 
"No" conferma lui con aria sconsolata "Non ha funzionato."
Il lungo silenzio che segue è rotto solo dal brontolio del mio stomaco. 
"Scusa" borbotto, imbarazzatissima. L'espressione di Max diventa più dura: 
"Da quant'è che non mangi?" 
"Non lo so... Non mi hanno dato nulla dopo che mi sono svegliata e non so quanto tempo sono rimasta svenuta. Accidenti, non so neanche quanto tempo abbia passato qui sotto!" 
"Quasi sei ore." 
Batto le palpebre, perplessa:
"Hai un orologio nascosto dietro quegli enormi canini?" 
Suo malgrado, Maximilien scoppia a ridere ed io sussulto per il suono improvviso, simile al crepitio di un fuoco d'artificio: la sua risata è bassa e gradevole quanto la sua voce. 
"C'è qualcosa in lui che sia meno che aggraziato?" 
"Nessun orologio" sghignazza il vampiro "Ma quelli come me possono avvertire l'approssimarsi del sole e il suo tramonto; è un istinto che ci aiuta a capire quando è ora di cercare un riparo. Quando sei scesa quaggiù il sole stava tramontando e secondo i miei calcoli non sorgerà per almeno altre cinque ore." 
Si alza in piedi, piegando il capo verso il soffitto. 
"Se non mi inganno, il nostro pasto sta per arrivare." 
Mi alzo anche io e i muscoli delle gambe protestano dopo la lunga immobilità; mi sembra di avere la stessa agilità di una vecchietta mentre cautamente faccio qualche passo verso Maximilien e la luce sopra di lui. È in quel momento che scorgo la piccola botola sul soffitto. 
"Quindi ogni tanto vi danno da mangiare!" 
"Una, massimo due volte al mese, sì. Non abbastanza per sostenere un vampiro adulto, ma sufficiente per non farci morire di fame..." 
"Come mai tu non sei... Come loro?" mormoro, accennando alle celle lungo il corridoio dei sotterranei. Max appare sinceramente offeso dalla domanda: 
"Io sono più forte di loro. So controllare la mia sete!" sibila e riesco ad intravedere l'alterigia nobiliare che doveva aver avuto in vita. 
"Cioè... Nella sua vita da umano." 
"E poi" continua lui "tu sei qui. Anche quando non eri fisicamente vicina a me, avvertivo la tua presenza e questo rafforzava la mia volontà di restare lucido."
Le sue parole mi sorprendono più di quanto dia a vedere: mi rendo conto che tutto ciò che sto mettendo insieme sul mondo degli Immortali non è che la punta di un immenso iceberg. Mi chiedo se sarò mai capace di conoscere e capire i misteri di questa società parallela, così diversa dalla nostra; sono sempre stata una persona meticolosa e preparata su tutto ciò che doveva affrontare, quindi la mia ignoranza, oltre a giocare a mio sfavore qui dentro, mi dà parecchio fastidio. 
"Perché non mi sono informata su di loro quando ne avevo la possibilità?" 
Un secondo pensiero, quasi contemporaneo a questo, mi fa vergognare: 
"Eri convinta che la cosa non ti riguardasse, perciò era inutile per la diligente studentessa che non devia mai dal percorso tracciato. Era un mondo troppo lontano dalla vita dorata che volevi condurre e quindi l'hai ignorato. Kate aveva ragione, ma tu non hai voluto ascoltarla..." 
All'improvviso sento qualcosa rotolare sopra le nostre teste e la botola si apre di scatto: se Maximilien non avesse riflessi paranormali non riuscirebbe ad afferrare il tozzo di pane che ne viene sparato fuori. 
Il vampiro squadra il cibo con perplessità e alza lo sguardo, ma la botola si è già richiusa. 
Resta immobile per qualche istante e vedo che le sue ampie spalle si curvano un poco, segno che qualcosa non va. Poi mi porge il pane con un sorriso allegro - o quantomeno una sua pallida imitazione: 
"Con gli omaggi dello chef!" 
Io però non raccolgo la battuta: 
"Maximilien... Tu non puoi mangiare il cibo umano, vero?" 
"Esatto, non posso." 
"Ma la botola si è richiusa." 
"A quanto pare. Stai pensando di scappare da lì? Perché è strettissima, ci ho già provato e..." 
"Maximilien!" lo interrompo, mentre un brivido di panico si fa strada nel mio corpo "Dov'è il tuo pasto?" 
"Temo" mormora lui con voce esitante "che per i nostri carcerieri sia tu, il mio prossimo pasto."

Risulta difficile conciliare l'uomo gentile e divertente che mi ha intrattenuto fino ad ora, distogliendomi dalla mia situazione, con l'immagine di un mostro pronto a succhiarmi via la vita. 
Voglio dire, lo conosco solo da poche ore, ma non è il vampiro che mi aspettavo e questo rischia di complicare tutto perché nel giro di qualche giorno, o settimana al massimo, Maximilien diventerà proprio ciò che temevo: un vampiro assetato del mio sangue. 
Un nemico, l'ennesimo. 
"Non ti farò mai del male, Lucy!" esclama, vedendo che distolgo lo sguardo "Sei la mia Sposa, per Dio! Mi ucciderei prima di poter anche solo pensare di... Di..." 
L'orrore di questa eventualità sembra colpire anche lui e mi fa pena, perché mentre io temo per la mia incolumità e non voglio perdere l'unico amico che ho al momento, Max è roso dal dubbio di non essere abbastanza forte per difendere la sua Sposa da se stesso; da quel poco che so sull'argomento, dev'essere una constatazione straziante.
Perciò mi avvicino, non senza cautela, al vampiro che si è letteralmente piegato in due dallo sgomento: non vedo il suo viso, perché è coperto dai lunghi capelli, ma vedo le mani pallide che ancora stringono il mio pasto. 
Con delicatezza infilo le mie dita tra le sue e sobbalzo per la velocità della sua reazione: in un attimo le braccia di Maximilien sono attorno alla mia schiena e mi spingono contro di lui. Ma non faccio in tempo a gridare, che lui affonda il volto tra i miei capelli, lontano dal collo, lasciando andare un pesante sospiro. 
"Hai un odore così buono" mormora, ma non ha il tono di un affamato che valuta un piatto di zuppa calda. Piuttosto, la sua voce è piena di riverenza, meraviglia... Emozioni che mi contagiano e sciolgono i miei muscoli irrigiditi in quell'abbraccio goffo ed inaspettato. 
"Ti ho sognata e ti ho aspettata tanto... Ma mai, neanche nelle mie fantasie più vivide, ho sperato di ottenere una donna di tale bellezza. E sei così forte, Lucy, così coraggiosa... Non conosco nessuna che avrebbe reagito così bene in questo posto dimenticato da Dio. Nessuna strega ha mai imparato a sfruttare i suoi poteri così velocemente. Oh, Dio, come vorrei averti incontrata in circostanze diverse!" 
"Cosa avresti fatto, allora?" chiedo, a voce bassa per paura di incrinare il fragile equilibrio che si è creato tra noi. Le mie braccia sono attorno al suo collo - sento la pelle fresca sotto i palmi delle mani e l'odore di fumo e muschio di Max invade le mie narici; anche gli altri vampiri tacciono, come se avessero capito l'importanza di questo momento. Mi sembra che tutto il mondo stia trattenendo il fiato in attesa di ciò che sta per succedere. 
Lui ridacchia e quel suono soffocato che gli sale dal petto rimbomba contro il mio seno. 
"Ti avrei corteggiata. Prima dolcemente, per non spaventarti... Poi, quando mi avresti conosciuto un poco, avrei fatto di tutto per sorprenderti, ogni giorno, con ogni più piccolo gesto. Mi sei mancata, Lucy, io... Ho fatto di tutto perché restassi con me, davvero. Se solo non fossi ciò che sono..." 
Le sue parole confuse ed agitate si perdono in un borbottio indistinguibile.
Senza che me ne accorgessi siamo scivolati a terra, ma non so più dire chi sta sorreggendo chi: ognuno tenta di confortare l'altro e allo stesso tempo vi si aggrappa come se fosse l'unico punto fermo rimasto nell'universo che vortica impazzito. 
Quando alzo lo sguardo incontro i suoi occhi: hanno una forma particolare, leggermente allungata, e lunghe ciglia che molte donne gli invidierebbero; le iridi sono ora di un rosso cupo e scintillante, le pupille si sono quasi ridotte a due fessure, come quelle di un serpente. Scendo più in basso, seguendo il profilo affilato del naso, fino alle labbra che si schiudono, lasciando intravedere i canini, e sembrano così morbide ed invitanti che... 
Maximilien è il primo a riprendersi e mi allontana da sé per osservarmi con attenzione: 
"Sarà meglio non farlo mai più!" ringhia, con un tono duro che non ha mai usato prima; il suo corpo è rigido ed eccitato all'inverosimile, dato che la sua Sposa si è appena accoccolata contro di lui senza ritegno. 
Nella penombra sento le mie guance andare a fuoco e spero che non si accorga dei movimenti impacciati e frenetici con cui striscio lontano da lui; in grembo ho il pane raffermo consegnato dalla botola e mi rendo conto in quel momento che ho davvero tanta fame. 
Mentre addento il cibo lancio un'occhiata al vampiro, che continua a studiarmi senza lasciar trapelare nulla dalla sua espressione: il silenzio si fa ogni istante più difficile da sopportare, ma non ho intenzione di discutere ciò che è appena successo tra noi, quindi cerco qualche altro argomento di conversazione. 
"Solo i vampiri hanno delle Spose?" 
Lui sobbalza ed io mi do della stupida: 
"Cosa è successo al filtro che dovresti avere tra il cervello e la bocca?" 
Nonostante l'imbarazzo, Maximilien si affretta a rispondermi: 
"Il legame tra un vampiro e la sua Sposa è molto particolare. Una volta compiuto il rito il nodo non si può più sciogliere: ognuno saprà sempre dove si trova l'altro, un po' come mi succede ora con te, solo molto più forte. Ed è un legame per l'eternità, quindi lo rende diverso dai matrimoni tra streghe, per esempio: che siano dettati dall'amore o dalla politica delle Congreghe, restano un patto tra esseri mortali che si conclude con la loro morte." 
"E se... Se la Sposa non è un'Immortale?" mormoro, ragionando velocemente. 
"Maximilien ha intenzione di dedicare la sua eternità a me, una ragazza che ha appena incontrato? Come fa a sapere che funzioneremmo come coppia, negli anni a venire?" 
"Questo è un altro dei motivi per cui il legame è così famoso nel nostro mondo."


Angolo Autrice: 
Ehilà! 
Sì, lo so cosa state pensando: che modo schifoso di terminare un capitolo! In effetti ero tentata di fermarmi a "... Temo che sia tu il mio prossimo pasto" ma sarebbe venuto fuori un capitolo un po' troppo corto xD e così ho potuto preparare il terreno per l'argomento chiave del rapporto tra Max e Lucy: cosa vuol dire essere la Sposa di un vampiro? La cosa, vi avverto, potrebbe avere risvolti inaspettati... 
Cosa ne dite delle nuove interazioni tra i due? E della minaccia silente dei Cacciatori che li spiano?
Fatemi sapere! 

  Crilu 

P.S. Ho iniziato a pubblicare anche una long storica sui miei "antenati", i Piceni. Long per modo di dire, ha solo dieci capitoli! Se passate a dare un'occhiata ne sarei felice! 

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Capitolo 14
*** 13 ***


Fa una pausa, poi borbotta: 
"Lascia che ti dia un quadro generale della situazione.

Le streghe tengono in conto la sicurezza della Congrega più di ogni altra cosa, per questo difficilmente si sposano al di fuori della loro cerchia di conoscenze; ti potrà sembrare un'espressione brutale, ma tengono molto a mantenere la loro purezza di sangue, perché è da quella che deriva il loro potere.

Gli esseri fatati sono capricciosi: si innamorano con facilità e con altrettanta facilità di stancano dei loro giocattoli. Insomma, non stringono quasi mai legami per la vita.

Gli angeli... Beh, non sono i più amichevoli tra gli Immortali, è molto raro che un Nephilim si innamori e quando succede si tratta di uno della sua razza.

I licantropi sono gli unici leggermente simili a noi, per quanto vi sia del profondo disprezzo reciproco: non invecchiano, non muoiono... A meno che non vengano uccisi, ovviamente... E quando scelgono un compagno non mollano l'osso, se mi passi l'espressione.

Diventano totalmente folli per la donna o l'uomo di cui si innamorano e non potrebbero mai lasciarlo morire, se si trattasse di un mortale!"

"E quindi?" 
"Quindi loro risolvono la questione dilaniandoli a morte sotto forma di lupo, sperando che superino la transizione." 
"È terribile!" 
"È l'unico modo che hanno per stare insieme!" ribatte lui.

"Quindi tu vorresti trasformarmi in un vampiro!" lo accuso, mentre una punta di inquietudine torna a serpeggiare nel mio animo, sussurrandomi all'orecchio quanto sia stupida a fidarmi di un vampiro che vuole dichiaratamente reclamarmi come sua.

Maximilien inarca le sopracciglia: 
"Non sai davvero niente degli Immortali, vero? I licantropi raramente ricorrono a questi estremi, perché raramente si innamorano di qualcuno che non sia già un lupo.

Per i vampiri è diverso, ci sono poche femmine della nostra specie! E non ci è permesso creare mezzosangue se non in casi eccezionali!"
"Come mai ci sono poche vampire? E cosa sono i mezzosangue?"

Sospira, esasperato e divertito allo stesso tempo: 
"Perché ogni volta che ti rispondo tu riparti alla carica con nuove domande?" 
"Perché voglio imparare tutto il possibile sugli Immortali, in modo da non trovarmi impreparata in futuro... Chi lo sa cosa può succedere in questo castello: se si solleva un'altra rivolta devo essere pronta! E poi, hai forse di meglio da fare?"

Maximilien sorride di nuovo, leccandosi i canini con fare interessato e ci metto qualche istante a capire che mi sta prendendo in giro: 
"Non è divertente!"

"Oh, sì che lo è, piccola anima! Posso quasi vedere la battaglia che si svolge dentro la tua testa: 'sembra simpatico, ma è un cattivo pipistrello con i denti a punta, come posso fidarmi di lui?' ...

Immagino che rinnovarti la mia offerta di pace non serva a niente in questo momento: dovrò accontentarmi ed attendere che sia tu a fidarti di me."

Non aspetta la mia risposta — forse sa già che sarebbe un patetico tentativo di controbattere a quello che ha detto, che è la verità dalla prima all'ultima sillaba.

"Per rispondere alla tua prima domanda: nessuno sa perché nascano poche vampire purosangue, forse è una questione di genetica.

E le donne mortali hanno difficoltà a superare la trasformazione perché il primo passaggio consiste nell'essere quasi totalmente dissanguate: nessun vampiro sano di mente correrebbe il rischio di uccidere la sua Sposa perché non riesce a controllarsi.

Perciò il rito che ci lega alle nostre compagne involve sì il sangue, ma in quantità ridotte: non ti trasforma in vampiro, ma ottieni qualche... Diciamo... Vantaggio."

"Come l'immortalità, ad esempio?" 
"Esatto. È utile perché i vampiri, come ti dicevo, trovano le loro Spose tra tutte le razze di Immortali e non... Hai idea di cosa accadesse se trasformassimo una licantropa in vampira? O se donassimo l'immortalità ad una strega votata alle arti oscure?

Creare incroci tra le razze - cioè i mezzosangue - è pericoloso e il Consiglio lo ha proibito secoli fa: tutti mezzosangue vanno uccisi a vista... Con l'eccezione, ovviamente, di chi ha un genitore umano."

Rifletto sulle implicazioni della sua spiegazione: 
"Poniamo il caso..." inizio, esitante. Per un attimo mi sembra di essere di nuovo a casa, ad elaborare strategie di difesa ed accusa per un caso da portare in tribunale: mi sono sempre divertita a fare diverse supposizioni su cosa sarebbe potuto accadere in aula.

"Poniamo il caso che io mi innamori di te ed accettassi di diventare la tua Sposa... Immortalità, patto di sangue, insomma, pacchetto completo." 
"Vai avanti." mormora lui con uno strano sorriso sulle labbra.

"Mettiamo che andiamo d'amore e d'accordo per anni e ad un certo punto decidiamo di volere un figlio... Non sarebbe un mezzosangue? Cosa farebbe il Consiglio a quel punto? Ucciderebbe un bambino per preservare le sue leggi?"

Max esita e stringe le labbra: sta ragionando tra sé e sé, probabilmente decidendo cosa sia meglio dirmi. 
"Voglio la verità!" aggiungo quindi, perentoria.

Il vampiro sembra sorpreso, ma poi un'espressione di rispetto ed apprezzamento distende i tratti del suo viso: 
"La verità è che se cinquant'anni fa mi avessi fatto questa stessa domanda, la mia risposta sarebbe stata sì, senza alcuna ombra di dubbio.

La linea di condotta adottata dagli Anziani di tutto il mondo è che il benessere generale prevale su quello del singolo; quindi la sicurezza di tutti gli Immortali e la segretezza del nostro mondo sulla loro bilancia pesano più di una sola vita, sia pure quella di un innocente.

I mezzosangue per nascita sono imprevedibili: nessuno sa quale natura prevarrà o se saranno votati al bene o al male... E il Consiglio, soprattutto qui in Europa, ha sempre evitato ogni rischio. 

C'è anche da dire che gli incroci tra Immortali sono estremamente rari: per metterla nei tuoi termini, se anche noi due decidessimo di avere un figlio non è scontato che ci riusciremmo.

La nostra genetica è più complicata di quella di un semplice essere umano e il sangue di razze diverse non si mischia facilmente.

Se nascesse un mezzosangue oggi... Beh, credo che gli Anziani vorrebbero monitorarlo da vicino, ma non gli farebbero del male. Non subito, almeno: devono preservare la loro immagine agli occhi degli umani, ora, e assassinare degli infanti è una parte del loro passato che preferirebbero tenere sepolta."


Angolo Autrice: 
Brevissimo aggiornamento al volo (tant'è che non ho neanche inserito il banner), giusto per non lasciare in sospeso la questione delle Spose e dei mezzosangue... Scusate per la formattazione, non so quello che uscirà dato che era stata programmata per una lettura più agevole dallo schermo di uno smartphone! 

   Crilu 

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Capitolo 15
*** 14 ***



Mi trovo in uno strano limbo, in cui davanti ai miei occhi si sovrappongono più visioni a grande velocità.
Vedo un sorriso sfumato che credo appartenga a mia madre, sento delle carezze sul mio viso e un profumo familiare attorno a me. Chi mi sta intorno parla una lingua che non capisco.
Poi tutto ripiomba nel solito incubo fatto di fiamme, fumo e paura. Per la prima volta sento delle grida sopra al crepitare del fuoco: un pianto di donna  che si stempera in un silenzio di morte.
Il terrore mi toglie il respiro ed io annaspo, incapace di emettere anche il più piccolo suono... D'un tratto di fronte a me ci sono un paio di occhi colorati si un rosso cupo, con le pupille strette in due fessure.
Inconfondibili.

"Max!" urlo, svegliandomi di soprassalto. 
Il vampiro si sporge verso di me per quanto glielo permettano le catene: quasi subito, però, abbassa le braccia che aveva teso per stringermi.
Sono passati altri tre giorni e i nostri carcerieri non sembrano propensi a sfamarlo, perciò Maximilien mi ha proibito di avvicinarmi a lui per il mio stesso bene. 
"Peccato, perché ora vorrei proprio essere tra le sue braccia..."
Non c'è nulla di carnale nel mio desiderio di stargli vicino. Oddio, mentirei se non ammettessi di essere attratta dalle sue fattezze regolari e magnetiche, o dalla voce che in questi giorni mi ha intrattenuto con altri racconti sul mondo degli Immortali.
Ma Max, sopra ogni altra cosa, è ciò che mi tiene ancorata a questo mondo: è lui a ricordarmi che lì fuori c'è ancora un po' di umanità ed è quasi esilarante, dato che il suo cuore non batte.
Ecco, Max è un vampiro estremamente umano. 
"Come vorrei riuscire a ridere di questa bizzarra situazione!"
Sono fortunata ad averlo incontrato e sono in ansia per la sua sorte: non vuole parlare dell'argomento, ma il suo corpo si fa ogni giorno più magro.
Mi sembra di vederlo deperire ora dopo ora sotto i miei occhi, ma non so se è vero o uno scherzo della mia immaginazione.
"Che succede, piccola anima?" mormora, preoccupato, scandagliando con gli occhi il corridoio oltre le sbarre alla ricerca del pericolo che mi ha spaventata.
Peccato che esso sia dentro la mia testa e che Maximilien non possa difendermi dai miei stessi sogni. 
Sospiro: 
"Ho fatto un brutto sogno, tutto qui!"
Il vampiro si fa ancora più attento: 
"Le tue amiche, Judith e Magdalena, non ti hanno spiegato l'importanza dei sogni per gli Immortali? Alcune famiglie di streghe hanno la capacità di sognare il futuro!" 
"Credo, piuttosto, che siano visioni del passato!"
Gli racconto tutto, dal fatto che il mio vero nome potrebbe essere Sophie Leroux alle fiamme che sogno da quando sono arrivata qui.
"Ma oggi" continuo "Era diverso. Un sogno ancora più vivido, dai contorni più netti e precisi. Ho sentito le grida di mia madre mentre veniva uccisa e poi ti ho visto: ti sei chinato su di me, in mezzo alle fiamme, e mi hai salvata!"
Maximilien sembra essere rimasto senza parole: le labbra sono socchiuse in un'espressione di totale sgomento.
Quando riprende a parlare, il suo tono è leggermente più stridulo: 
"Forse sei più umana di quel che pensavo. Hai solo proiettato le tue speranze inconsce su di me, ma anche se desidero ardentemente salvarti, Lucy, non c'è nulla che io possa fare!"
"Sono certa che ci sia più di questo!" insisto, testarda. Una scintilla nelle iridi del mio compagno di cella mi conferma che mi sta tenendo nascosta una parte della verità.
"Max, ti prego!" lo supplico, facendo qualche passo verso di lui. Il vampiro ringhia e si ritira nell'ombra; il silenzio tra noi si fa sempre più pesante e quando vede che non ho intenzione di lasciar perdere Maximilien abbassa lo sguardo.
Sta per parlare, ma un movimento improvviso in un angolo della cella mi fa sobbalzare: 
"Un topo!" strillo, orripilata.
La reazione di Max è molto diversa: si lecca i canini e gli occhi si accendono di una luce febbrile, da cacciatore. Allarga le narici per captare l'odore della preda ed il suono roco e gracchiante che fuoriesce dalla sua gola ha davvero ben poco di umano.
Lo osservo, paralizzata dal terrore, mentre si slancia sulla bestiolina. 
Ma le catene gli fanno perdere l'equilibrio ed il topo sfugge alla sua presa: Maximilien ricade a terra in maniera scomposta e rimane immobile così a lungo che temo sia morto; quando infine alza la testa i lineamenti hanno riacquistato la loro umanità, ma gli occhi sono ancora fissi sul ratto che si è accoccolato ai miei piedi.
Il marchio della Terra prende a pizzicare in maniera insostenibile e non posso fare a meno di grattarlo, mentre il topolino si agita e squittisce, poggiando le zampette sui miei piedi scalzi.
Sono sicura che mi voglia dire qualcosa e che non sia qui per caso; mi volto verso Max, che ricambia lo sguardo con un impercettibile cenno d'intesa.
Prendo un respiro profondo e a beneficio delle telecamere iniziò a coccolare la bestiola, sollevandola davanti ai miei occhi.

Ci metto quasi un'ora a richiamare la magia in superficie: il bracciale di contenimento e le due settimane di mancato esercizio giocano a mio sfavore.
Alla fine, però, il topo parla con la voce di Magdalena: 
"Ci hanno divise, ma per la maggior parte siamo rinchiuse nell'ala centrale del castello. Il nostro amico ci ha detto che tu sei nei sotterranei e Judith e poche altre sono state messe nelle gabbie dei licantropi. Tieni duro, Lucy: ci stiamo organizzando per lottare ancora. Ti farò sapere quando sarà il momento!"
Lascio andare il ratto di colpo e quello scuote la testa, come svegliandosi da un lungo sonno; quasi non mi accorgo di quando, sbandando, corre verso Maximilien.
Il vampiro lo afferra al volo e affonda le zanne nel suo ventre; poi, dopo pochi istanti, butta via la carcassa senza vita. Si lecca i canini, di nuovo, segno che il sangue non è bastato a soddisfarlo.
"Com'era?" chiedo. Brucio dalla voglia di raccontargli le buone notizie - si fa per dire - che Magdalena, chissà con quanto sforzi, è riuscita a farmi arrivare; ma l'occhio metallico della telecamera sul soffitto mi frena.
Anche perché rischierei non solo di far saltare la nuova rivolta, ma anche la copertura di Adam, "l'amico" a cui la strega si riferiva.
"Disgustoso!" commenta lui con un sorriso complice. Sorrido anche io, chiedendomi come faccia ad indovinare il mio umore tanto in fretta.
"Sai, Max" dico dopo un po' "Se ci fossimo incontrati fuori da qui avrei davvero perso la testa per te." 
Il sogno e la discussione su di esso vengono dimenticati: la gioia che gli illumina i lineamenti è tale da riscaldare anche il mio cuore.
 
Vengo svegliata da un profondo rantolo, un gemito talmente disperato da entrarmi nelle ossa.
Apro gli occhi nella più totale oscurità, dato che la lampada al neon si è fulminata ieri ed ovviamente nessuno ha fretta di sostituirla.
Batto le palpebre nel tentativo di capire cosa stia succedendo e alla luce delle lontane torce del corridoio vedo Maximilien steso a terra, rannicchiato come un bambino in posizione fetale.
Capisco immediatamente che la situazione sta precipitando: sono qui da ormai tre settimane e dopo più di un mese di totale astinenza dal sangue Max sta morendo.
In una delle nostre numerose conversazioni mi ha spiegato cosa succede se un vampiro si lascia morire di fame: i crampi diventano insostenibili e le fitte sempre più devastanti, fino a che gli organi collassano ed il corpo marcisce in poche ore; per tutta la durata di questo raccapricciante spettacolo la creatura è viva e soffre fino all'ultimo istante.
Sento le lacrime bagnare le mie guance mentre gattono verso di lui: 
"Max!" sussurro terrorizzata "Maximilien, sono qui!" 
Alza il viso verso di me e subito si ritrae sibilando: 
"Lontana... Lontana!" ringhia, socchiudendo gli occhi.
"Povero idiota! Non si rende conto che in questo stato non potrebbe mai farmi del male?" 
Ignorando le sue proteste lo sollevo per le braccia, in modo che le sue spalle siano appoggiate contro le mie cosce e la testa adagiata sul mio grembo; è talmente magro che posso contargli le costole attraverso la camicia aperta.
I capelli, che quando poche ore fa ho chiuso gli occhi erano ancora di un nero brillante, stanno rapidamente ingrigendo. 
"Non puoi morire!" ringhio, scuotendolo e costringendolo a tenere gli occhi aperti "Non puoi lasciarmi sola!"
"Lucy..." rantola, spingendo il volto contro la mia mano "La mia piccola anima... Dolce, piccola anima..."
"Maximilien non è il momento per queste stronzate!" urlo, sempre più spaventata. "Ci deve essere qualcosa che posso fare per te! Dimmi come aiutarti, per amor di Dio!"
Vengo all'istante colpita da un'illuminazione, che in realtà è un ricordo...
     
Max mi sta spiegando come funzionano le diverse organizzazioni degli Immortali. Le congreghe sono circoli in cui ogni strega ha più o meno lo stesso status, mentre i vampiri e i licantropi sono molto più gerarchici:
"I lupi venerano il più forte: chiunque riesca a battere l'alfa ne prende subito il posto. I vampiri, invece, apprezzano di più i giochi di potere: le Sette sono delle vere e proprie corti, dove il Re e la Regina detengono il potere assoluto!"
"E se uno dei due non è un vampiro?" chiedo, concentrata. Mi dispiace solo di non avere modo di prendere appunti, perché ogni informazione che esce dalle labbra del vampiro è preziosissima per comprendere l'affascinante e complesso mosaico di questo mondo nascosto.
"Non ha importanza. Un vampiro e la sua Sposa condividono lo stesso sangue, che si sono scambiati il giorno del loro matrimonio... È come se fossero la stessa persona!
Inoltre il sangue delle Spose è speciale per i vampiri: ci nutre di più assaggiare una sola goccia del sangue della persona amata che dissanguare un essere umano.
Sono la chiave della sopravvivenza della nostra specie: nessuno penserebbe mai di disprezzare il compagno di un sovrano perché appartiene ad una specie diversa!"
     
"Ti prego, fa che non sia troppo tardi!"
Gli premo il polso sulla bocca, ma Max torce il collo così violentemente che per un attimo temo se lo sia spezzato: 
"No!" grida, con lo spettro della voce di un tempo. 
"No!" ripete sussurrando, fissandomi con gli occhi sbarrati. 
"Non riuscirei a fermarmi..."
Le sue parole si perdono nell'ennesimo gemito e il suo corpo viene scosso da un tremito malato: si sta avvicinando al limite, tra pochi istanti sarà troppo debole anche solo per deglutire.
"Non essere sciocco!" 
Avvicino il mio volto al suo fino a sfiorarlo: anche ora riesco ad avvertire il suo forte profumo che mi avvolge come una coperta calda, tranquillizzandomi e donandomi la forza necessaria a portare avanti la mia decisione.
"Io mi fido di te, Maximilien" sussurro, con la voce rotta dal pianto "Hai capito? Mi fido di te, so che non potresti mai farmi del male!"
Le pupille scure si dilatano: 
"Non voglio..." borbotta "Non così. Tu... Mi devi scegliere, Lucy. Voglio che tu mi scelga... Non che sia costretta... A darmi il tuo sangue... Per pietà..."
"Cretino!" urlo, facendo agitare gli altri vampiri. "Pazzo e sconsiderato! No, non chiudere gli occhi... Non ti azzardare a chiudere gli occhi, vampiro!
Guardami: io ti sto scegliendo, proprio ora, in questa prigione. Scelgo di salvarti la vita perché sei la mia luce nell'oscurità, perché senza di te sarei stata inghiottita dalle ombre. Ti prego, permettimi di aiutarti come tu hai fatto con me... Per favore..."
Inghiotto alcune lacrime, mentre la vista si fa sfocata, interrompendo per un attimo la mia arringa. 
"Io ti accetto come mio sposo!" urlo, disperata, quando vedo Maximilien reclinare la testa sul mio ventre, senza più forze.
Continuo a premere il polso contro le sue labbra serrate, singhiozzando:
"Ti accetto come mio sposo, ora e per l'eternità. Ti scelgo come mio compagno, mio amante, mio amico... Qualsiasi cosa di cui avrò bisogno, ricordi?
Ho bisogno della tua gentilezza, della tua forza e dell'ottimismo con cui mi hai salvata dalla follia.... Io ho bisogno di te e questo è vero tanto quanto è vero il contrario. Bevi il mio sangue, Max, fallo per entrambi!"
Per qualche secondo sembra che le mie parole siano cadute nel nulla. L'oscurità sembra stringersi attorno a me, serrandomi il cuore nella morsa del senso di colpa: non sono riuscita a convincerlo, mi sono mossa troppo tardi.
Poi le palpebre di Max si sollevano e un brivido risale lungo il mio braccio quando fa scorrere la lingua sulla pelle sensibile del polso.
Il tempo di un respiro e le sue zanne stanno affondando nella mia carne, strappandomi un singulto di dolore: ma è una sensazione doleceamara, come perdere la verginità o abbandonare la casa della propria infanzia.
"Niente sarà più lo stesso, d'ora in poi"
Lo so per certo mentre osservo Max che succhia avidamente il mio sangue, reclinato su di me in una posa così intima che mi fa arrossire.


Angolo Autrice: 
Beh, un capitolo pieno di rivelazioni, questo qui! Tenete a mente il discorso sui sogni e sulle profezie, perché sarà molto importante per un altro personaggio della saga xD 
Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, l'Università mi ha un po' inghiottito, ma direi che mi sono fatta perdonare con questi due coccolosissimi Lucy e Max... E contate che non è affatto finita, anzi! 

Sono curiosa di sapere cosa ne dite, alla prossima! 

  Crilu 
 
 
 

 

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Capitolo 16
*** 15 ***


 


Alla fine, Max fa scorrere la lingua sui due piccoli fori creati dai suoi canini, chiudendoli e strappandomi un gemito di puro piacere.

"È stata l'esperienza più intensa di tutta la mia vita!"

Capisco che non è ancora finita, perché il vampiro mi fissa con lo sguardo colmo di una fame d'altro genere. Mi schiarisco la voce:
"Lo... Lo sapevo che saresti riuscito a fermarti!" sussurro, commossa.

È visibilmente ringiovanito: la chioma corvina risplende di salute ed il corpo è tonico e muscoloso sotto i brandelli dei vestiti; anche il viso non reca più segni di deperimento.

Maximilien ride, senza staccare gli occhi dai miei: 
"Non mi sono mai sentito così sazio in tutta la mia esistenza terrena!" confessa. 
"E lo devo a te, dolcissima Sposa mia!"

All'improvviso il peso del passo che ho appena compiuto mi ricade addosso: ho legato la mia esistenza a quella del vampiro, per sempre!

La constatazione non mi spaventa, né mi riempie di timore: la vecchia Lucy sarebbe inorridita di fronte ad una tale prospettiva, ma quella ragazza è morta da tempo.

Non so ancora chi diventerò, non so neanche se resterò viva abbastanza a lungo da scoprirlo, ma voglio che Maximilien resti con me.

Aggrotto la fronte: 
"Il rito non è completo, vero? Non mi hai dato il tuo sangue!" 
Lui torna serio: 
"Non ho intenzione di completarlo ora."

"Perché?" esclamo, incredula. 
"Perché sei giovane, Lucy, troppo per capire cosa hai appena scelto di fare. Ho cercato di prepararti, ma non sarai mai pronta per essere la mia Sposa fino a quando non avrai compreso cosa significhi essere un'Immortale, nel bene e nel male. Non voglio che arrivi il giorno in cui ti pentirai della tua scelta!"

Lo schiaffo si abbatte sulla sua guancia nel giro di mezzo secondo: Maximilien è talmente sbalordito che non si scosta quando il secondo pugno lo raggiunge alla mascella.

Poi sembra riprendersi e ferma la mia ginocchiata diretta verso le sue parti basse: 
"Ti consiglierei di calmarti!" ringhia, infastidito e divertito in egual misura.

"Calmarmi? Stavi morendo per la tua stessa testardaggine! Io ti ho donato il mio sangue, ti ho praticamente confessato il mio amore e tu... Tu non mi credi?"

Mi prende il viso tra le mani, appoggiando la fronte contro la mia; quando parla, il suo tono rivela autentico struggimento.

"Non ho mai dubitato di te, piccola anima. Credimi, in questo momento vorrei vedere le tue labbra sporche del mio sangue e diventare una cosa sola, un'unica forma di vita pulsante nella grande corrente di magia che pervade il mondo...

Ma permettimi di essere arrogante: ho più di duecento anni e so che non si possono prendere certe decisioni sull'impulso di un momento, per quanto nobile esso sia.

Le conseguenze potrebbero essere disastrose per entrambi! Tu sei certa di amarmi, in questo momento, ma là fuori?

Se mai usciremo da quest'oscura prigione le cose si faranno difficili, invece di semplificarsi: non sai cosa significa vivere una vita a metà, Lucy, essere
costretti a nascondersi dalla luce del sole. Non sarebbe giusto chiederti un simile sacrificio."

"Ma io lo voglio!" piagnucolo, liberandomi dalla sua presa "Io ti voglio!"
"Oh, Cristo, Lucy!" soffia Max, esasperato. Le sue iridi brillano di euforia mentre si china su di me per baciarmi.

Le labbra sono dure e screpolate fuori, ma morbide e calde dentro: un contrasto che fa salire i miei ormoni alle stelle e perciò rispondo al bacio con entusiasmo, infilando le dita tra le ciocche scure che gli ricadono sulla schiena.

Le sue mani, così forti da potermi spezzare in due, scivolano leggere sulla mia schiena, fino ad afferrarmi per i fianchi e a farmi sedere sopra di lui. Nell'impeto della nostra passione finiamo per incastrarci con le catene e ridiamo come due ragazzini.

Poi Maximilien alza lo sguardo torvo verso la telecamera e senza troppe cerimonie mi spinge verso l'angolo più buio della cella. 
"Sei solo mia!" borbotta, stringendomi contro di sé, impedendo a chiunque ci stia spiando di osservare il mio corpo mentre mi libera dell'abito che indosso.

Sono mesi che non mi guardo allo specchio e mi vergogno dell'eccessiva magrezza del torso e dei seni che sembrano ancora più piccoli nelle mani del vampiro.

Lui pare aver compreso cosa mi stia passando per la testa, perché passa la lingua sulla mia spalla, scendendo lentamente sempre più giù: 
"Sei perfetta, piccola anima!"

Mi dimeno nella sua presa: 
"Come fai a capire sempre ciò che provo?" 
"Sei un libro aperto, tutti possono percepire cosa stai pensando!" ridacchia, giocherellando con l'elastico delle mutande.

Finora non ha mai mostrato insicurezze nel toccarmi, mentre adesso sembra imbarazzato e non ha intenzione di continuare. Sbuffando afferro i lembi stracciati della sua camicia e tiro: con uno strappo sonoro cadono a terra ed io scendo verso i suoi pantaloni.

"Lucy..." 
"Falla finita, Maximilien! Lo vogliamo tutti e due, quindi lascia perdere l'atteggiamento da principe azzurro e comportati da bravo vampiro!"

Rimane scioccato dalla mia irruenza, poi inarca un sopracciglio: 
"Come si comporta un bravo vampiro?" 
"Beh, seduce le giovani donne innocenti, le attira nel suo letto... Tutto il repertorio di Dracula e compagnia bella!"

Scuote la testa, ridendo divertito, poi finisce di spogliarsi... Devo ammettere che rimango senza parole. Mi viene in mente che sia troppo bello per me, troppo bello per essere vero, ma quando Maximilien entra dentro di me ogni pensiero coerente svanisce.

"Tutto il repertorio di Dracula e compagnia bella!" ripete, beffardo, posizionando le mie gambe sulle sue e facendo scivolare i canini lungo la curva morbida della mia gola. 
"Dio, le cose che sa fare con quelle zanne..."


 

Quando ero ancora a New York non avevo mai pensato a come potesse essere il sesso degli Immortali.

È vero che non avevo prestato molta attenzione all'argomento in generale, ma tra le poche domande che mi ero posta quella non mi aveva sfiorato affatto.

E questo prova nuovamente la mia stupidità.

Perché il sesso con un Immortale - o meglio, il sesso con un vampiro - è qualcosa di indescrivibile, totalizzante, meraviglioso.

Maximilien mi costringe ad un ritmo impossibile che rischia di spezzarmi ed è sordo ad ogni mia richiesta di rallentare; nei suoi occhi ogni tanto compare il lampo del cacciatore ed è strano sentirsi eccitata nell'essere braccata da uno dei predatori più pericolosi della Terra.

Alla fine vado in mille pezzi come un vaso gettato per terra: di me rimangono solo frammenti, sospiri e un sorriso che vorrei durasse per l'eternità.

Non so per quanto siamo rimasti abbracciati, stretti nel buio della cella: ore, forse giorni.

La pelle di Maximilien è sempre fresca — del resto, cos'altro potrei mai aspettarmi da un vampiro? — e costituisce un morbido rifugio per una ragazza che da mesi dorme sul pavimento.

La telecamera brilla minacciosa sopra le nostre teste, a ricordarci che siamo comunque prigionieri e che la nostra felicità è fragile come un cristallo... Ma quando Max mi bacia dolcemente la fronte, scostandomi all'indietro i capelli aggrovigliati, mi sento forte e libera.

"Non potranno mai portarmelo via!" mormoro, guardandolo negli occhi. Ora che si è nutrito in abbondanza le iridi rosse si sono schiarite e hanno assunto una sfumatura tendente al nocciola.

"Che cosa, mia cara?" 
"Tutto questo: noi due, il legame con chiunque abbia incontrato qui dentro... All'inizio ero terrorizzata, incredula, anche un po' disgustata all'idea di essere finita in mezzo ai famigerati Immortali; ora mi chiedo come abbia fatto a vivere per tutti questi anni senza sapere qual era il mio vero posto nel mondo.

Possono torturarmi, marchiarmi, anche uccidermi, se vogliono, ma non potranno sottrarmi questa consapevolezza!"

Il vampiro poggia un dito sulle mie labbra, le sopracciglia scure inarcate in un'espressione preoccupata: 
"Non dare suggerimenti ai Cacciatori, Lucy: potrebbero prenderti sul serio." 
Io ridacchio e lo bacio, piena di ottimismo e di energia, talmente arrogante da credermi invincibile.

     

E invece, ovviamente, non lo sono. Non sono passate che poche ore e già il mio nuovo equilibrio va in frantumi, quando dei passi cadenzati iniziano a scendere lungo le scale dei sotterranei.

Max mi tende il vestito, ormai quasi inutilizzabile dato che l'ha strattonato per sfilarmelo, senza dire una parola: i suoi occhi brillano di una luce ferina e preoccupata.

Vengo scossa da un brivido: 
"Ho paura... Non per me, ma per lui! Potremmo anche non aver completato il rito, ma Max mi considera la sua Sposa e se quegli uomini stanno venendo qui cercherà di proteggermi: potrebbe finire molto male!"

Le mie paure acquistano consistenza man mano che i Cacciatori si avvicinano, ignorando i vampiri che si scagliano contro le sbarre, affamati del loro sangue.

Dal mio punto di vista non sono altro che un gruppo di figure nere senza volto, terrificanti per il loro anonimato: riesco a distinguere giusto il riflesso di un paio di occhiali, o il luccichio dell'anello che tutti portano sulla mano sinistra — dev'essere un qualche segnale di riconoscimento, forse un sigillo.

I vampiri ululano, pazzi per la sete ed il terrore che gli intrusi suscitano in loro: nei meandri della loro follia l'istinto e la ragione si scontrano e le povere creature sono dilaniate tra due reazioni opposte.

"Fuggire o attaccare?"

Me lo chiedo anche io, mentre la porta della nostra cella si apre con un cigolio, ma non faccio in tempo a darmi una risposta, perché Maximilien mi precede, scagliandosi in avanti con così tanta potenza che quasi scardina le catene dal muro a cui sono assicurate.

"Max, no!" strillo, tentando di fermarlo, perché ho visto che i Cacciatori sono armati; il vampiro sembra non sentirmi, mi blocca con un braccio e mi spinge a terra, dietro di sé.

È chino a quattro zampe su di me per farmi scudo col suo corpo ed emette un sibilo di avvertimento nei confronti dei cinque uomini che si stanno disponendo attorno a lui.

Troppo tardi capisco che quelli che avevo scambiato per pistole in realtà sono teaser: tempesto di pugni il fianco di Max, supplicandolo di darmi ascolto e di spostarsi finché è in tempo.

Lui abbassa lo sguardo verso di me e riesco ad intravedere l'umanità attraverso le iridi colorate di sangue: Maximilien è sempre lì dentro, anche se i canini si sono allungati fino ad impedirgli di chiudere la bocca; è sempre il mio salvatore, testardo ed orgoglioso fino a rasentare la stupidità.

Nel momento esatto in cui cerca di comunicarmi tutto il suo amore incondizionato con quell'ultimo sguardo comprendo che non mi darà mai ascolto.

I teaser scattano, colpendolo con cinque scariche elettriche in diverse parti del corpo. 
Maximilien urla e crolla affianco a me boccheggiando, dolorante ma ancora deciso a rialzarsi.

La seconda raffica di scariche lo fa contorcere e singhiozzare come un bambino.

"Basta!" strillo, buttandomi su di lui e sentendo sotto le dita la pelle fradicia di sangue e sudore. 
Il cerchio di Cacciatori si fa più stretto e quello che sembra il capo si accuccia davanti a me.

"Basta!" ripeto, con la voce che trema, cercando di frappormi tra lui e Maximilien. 
Uno dei Cacciatori colpisce il vampiro all'inguine con un calcio per impedirgli di rialzarsi ed io lo sento gemere sommessamente, deciso a non dargliela vinta.

"Vi prego!" continuo, quando vedo che anche gli altri uomini si avvicinano con l'intenzione di vessarlo "Farò tutto ciò che volete!" 
Le labbra del capo si piegano in un sorriso beffardo: 
"Lo farai comunque, serva di Satana! Legatele i polsi!"

Vengo allontanata da Maximilien e costretta a tenere le mani dietro la schiena mentre le legano con una corda; vorrei ribellarmi, ma temo che se la prenderebbero con il vampiro, ora che è chiaro che tengo a lui, perciò mi lascio strattonare senza opporre resistenza.

"Attenti al bracciale!" borbotta uno, squadrandomi da capo a piedi come se nascondessi chissà quale arma batteriologica.

Ricambio il suo sguardo di disgusto con tutta l'alterigia e la fierezza che riesco a racimolare, ma sento che sto per perdere il controllo.

Le settimane con Max sono state una bolla di sapone, in cui ogni orrore che mi attendeva fuori dalla cella era ovattato, distante: un assaggio di perfezione per farmi tirare il fiato, insomma. E adesso che è arrivato il momento di affrontare la realtà temo di non essere pronta.

"Dove mi portate?" domando, ma nessuno si dà pena di rispondermi. 
Lancio un'ultima occhiata a Maximilien, quasi invisibile tra gli uomini che lo stanno malmenando, e sento le lacrime premere per traboccare.

Invece raddrizzo la testa, serro le labbra ed esco dalla cella senza guardarmi indietro, consapevole che se lo facessi la mia facciata di sicurezza e strafottenza crollerebbe di colpo.

L'eco delle urla del vampiro ci insegue fino all'uscita dei sotterranei.


Angolo Autrice: 
Ehilà, cosa ne dite del nuovo banner? Quando avrò il wifi, con calma, provvederò ad inserirlo anche nei capitoli precedenti ^^
Lo so, sono cattiva, Max e Lucy si sono appena trovati e già vengono separati... Il perché, poi, lo scoprirete presto, non manca molto alla fine! 

  Crilu 

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Capitolo 17
*** 16 ***


 


Attraversiamo il cortile, superando le stalle in cui Judith è rinchiusa, poi l'atrio, la cui costruzione risale a non più di vent'anni fa; i Cacciatori mi conducono nell'ala Sud del castello, lontano quindi dal salone in cui ci tenevano inizialmente prigioniere, che se la memoria non mi inganna è situato nella parte ovest.
Iniziamo a salire e ad oltrepassare una serie di porte chiuse da cui provengono tramestii, ringhi e deboli pianti.
Incrociamo un altro gruppo di uomini che trascinano il corpo incosciente di un giovane magrissimo: non avrà più di vent'anni e i lineamenti delicati sono imbrattati di sangue, così come la schiena dalla quale pendono i monconi inutilizzabili di due ali eteree.
La fata viene inghiottita da una delle porte ed io sono strattonata in avanti.

 

Alla fine la nostra meta non è un luogo spaventoso come avevo temuto: ci fermiamo davanti ad un'arcata in pietra, oltre la quale si estende un magnifico terrazzo.
Per la prima volta dopo non so quanto tempo una brezza fresca mi accarezza il viso ed io faccio istintivamente un passo avanti... Salvo poi spalancare la bocca mentre uno strano miscuglio di emozioni mi colpisce come un pugno allo stomaco.
Stupore, sollievo, disgusto, pietà, rabbia... Non riesco a decidere cosa prevalga nel mio animo mentre osservo Sabrina, sospesa a mezz'aria a pochi passi da me.
Mi avvicino, provando a chiamarla, ma sembra immersa in uno stato comatoso, perché ha gli occhi chiusi e respira lentamente; l'unica cosa su cui non posso sbagliare è il suo stato interessante.
"Incinta... Di chi?" mi chiedo con orrore, alzando una mano per sfiorare la sua pancia rigonfia. Mi blocco bruscamente, sia perché non so cosa potrebbe succedere se la tocco, sia perché ho avvertito un'altra presenza sul terrazzo.
"Benvenuta, Sophie. Ti stavo aspettando."
Mi volto e Ratszeky sorride compiaciuto: indossa l'abito cardinalizio che conferisce alla sua figura snella un'apparenza ancora più fragile, ma non mi lascio ingannare.
Gli occhi grigi che scintillano dietro le lenti degli occhiali da lettura e le dita che si contraggono in grembo rivelano tutta la sua eccitazione.
"Me lo aspettavo più vecchio!" penso, squadrandolo bene senza rispondere. Nonostante le rughe di espressione attorno alla bocca e la capigliatura brizzolata, infatti, Ratszeky non dimostra più di quarant'anni: decisamente troppo giovane per guidare un'organizzazione antica e complessa come la Mano di Dio.
Allarga le braccia:
"Era molto tempo che desideravo parlare con te, Sophie."
I numerosi anelli che porta scintillano sotto la luce del sole, accecandomi per un istante.
"Eri tu..." borbotto, stropicciandomi gli occhi. "Sei sempre stato tu, anche a New York..."
Il sorriso del cardinale si fa, se possibile, ancora più largo.
"Sì, ti ho adocchiato da molto tempo. Purtroppo i miei impegni non mi hanno consentito di venire subito ad incontrarti, anche perché sono stato informato delle... Turbolenze che si sono verificate in questo castello. Molto spiacevoli, già."
"Gli impegni di cui parli comprendono rapire Immortali in tutto il mondo per servirli ai tuoi ricercatori come un piatto prelibato?"
Ratszeky scoppia a ridere con fare paternalistico:
"Sì, immagino che la tua permanenza qui non ti abbia bendisposto nei miei confronti! Ma ti pregherei di ascoltarmi: se non per la tua incolumità, fallo per quella della tua giovane amica qui presente."
Rabbrividisco davanti a quella minaccia pronunciata con un tono così gentile e gioviale; istintivamente mi pongo tra lui ed il corpo inerte di Sabrina a braccia incrociate.
"Ti ascolto."
Lui annuisce, soddisfatto:
"Molto bene. Ti assicuro che, prima che il sole tramonti, le nostre divergenze si saranno appianate e tu sarai ansiosa di iniziare a lavorare con me."
"Continua a crederci!"
Mi mordo le labbra a sangue per non replicare e Ratszeky continua:
"Vorrei farti capire, Sophie, che la Mano di Dio e i Cacciatori sono solo il mezzo che utilizzo per uno scopo più alto, un male necessario."
Mi invita a seguirlo mentre passeggia lungo il terrazzo, adornato da piante ben curate e statue dallo stile neoclassico; non muto espressione e mi mantengo a qualche passo di distanza da quell'uomo, di cui inizio ad intravedere i primi segni di follia.
Rimaniamo in silenzio per quelle che mi sembrano ore, ma in realtà sono solo pochi minuti; a disagio, provo a dare un'occhiata al di là del muro di pietra che delimita la terrazza, ma mi tiro subito indietro: sotto di noi c'è un baratro di un centinaio di metri!
"Sophie, io sono un Immortale." dice infine Ratszeky, con lo stesso tono con cui si sarebbe informato del tempo. Socchiudo la bocca, tanto sconvolta ed incredula che dimentico il mio ostile mutismo:
"Sì, come no!"
Il cardinale sogghigna e le sue spalle tremano violentemente: davanti ai miei occhi stupefatti sulla sua schiena si innalzano due piccole gobbe che si agitano e si sollevano come onde sulla riva del mare.
Infine la stoffa si strappa e le ali possono emergere in tutta la loro bellezza: sono sei, impalpabili e leggere come petali di un fiore, ed altrettanto colorate.
L'arcobaleno impallidirebbe di fronte alle sfumature che cambiano in base alla posizione e all'intensità della luce: è uno spettacolo magnifico, ma non ottiene altro effetto che rendere Ratszeky ancora più odioso si miei occhi.
"È ingiusto che lui abbia una tale meraviglia, quando non più di mezz'ora fa ha ridotto a brandelli le ali di quel ragazzo!"
"Vedo che sei rimasta senza parole..."
Sembra non notare la mia espressione di puro disgusto, perciò mi sento in dovere di chiarire la mia posizione.
"Se credevi di ottenere anche solo un briciolo della mia empatia con questa farsa hai sbagliato di grosso!" sibilo "Tu non sei un Immortale più di quanto non lo sia io, che ho vissuto con gli umani tutta la vita! Come puoi definirti uno di noi, quando per ordine tuo stiamo tutti patendo le pene dell'inferno! Voglio dire..."
Indico Sabrina con la mano:
"Questo è immorale, atroce... Disumano. Ma dov'è allora l'umanità che difendete? Con che diritto dite che siamo noi i mostri?"
Ratszeky sbatte pigramente le ali, senza alzarsi dal terreno, poi sospira:
"Hai frainteso tutto, Sophie. A me non interessa proteggere gli esseri umani!"
L'odio che vibra nella sua voce mi fa presagire il peggio:
"Io intendo sterminarli."

 

"Mi avevano detto che fossi spietato." sussurro dopo qualche istante di silenzio, perché sono talmente spiazzata dalla piega presa dagli eventi che non riesco a tirare fuori più di un filo di voce. "Ma ora ho la conferma che sei anche fuori di testa!"
Ratszeky per un attimo perde la sua compostezza: il viso diventa una maschera deforme, gli occhi si accendono di una luce cattiva e le mani si chiudono a pugno lungo i fianchi.
"Pazzo, sì, me l'hanno detto in molti. Fin quando mi strapparono dalle braccia di mia madre, che io avevo visto volare. Ma nessuno mi credette, ovviamente!"
Sposta lo sguardo verso l'orizzonte, dove il sole sta sorgendo da dietro le montagne. Quando riprende a parlare il suo tono è molto più pacato:
"Mia madre era una fata, mentre mio padre era un comune essere umano che non era a conoscenza della sua vera natura.
Mia madre l'aveva sedotto per gioco, o forse per noia, come spesso fanno quelli della sua specie; ma quando rimase incinta e mio padre insistette per sposarla, se ne innamorò."
I suoi occhi scattano di nuovo verso di me e le labbra si piegano in un sorrisetto sghembo:
"Stai alla larga dall'amore, Sophie: è fatale per gli Immortali. Quando compii dieci anni mio padre si accorse che c'era qualcosa che non andava in me ed iniziò a dubitare anche di mia madre. Lei, scioccamente, gli rivelò la verità, convinta che ormai l'amasse davvero; invece lui la lasciò, orripilato, convinto di essere stato ingannato... Eccelliamo anche in questo, sai? Comunque, un cuore spezzato è una ferita mortale per gli esseri fatati e mia madre non fece eccezione: spirò dopo un giorno ed una notte di agonia."
"Mi dispiace per lei." replico, in parte toccata da quella storia, in parte decisa a sfruttarla a mio vantaggio "Doveva essere molto triste e sola, nei suoi ultimi momenti."
"Era debole."
Il tono tagliente con cui pronuncia la frase spazza via ogni mia speranza: quello che avevo scambiato per il dolore di un orfano è in realtà il disgusto di un uomo senza morale né sentimenti.
"Come ormai saprai, grazie al tuo amico vampiro, ogni razza di Immortali è un mondo a sé: ognuna ha i suoi punti di forza... E le sue inevitabili, patetiche debolezze. Hai mai letto la Bibbia?"
Scossi la testa, chiedendomi dove volesse andare a parare saltando da un argomento all'altro.
"Dio ha creato degli esseri perfetti a sua immagine e somiglianza... Quanta arroganza ebbero gli uomini, nel vedere se stessi in questa descrizione! Cosa sono gli esseri umani? Sangue e carne, come qualsiasi altro animale! Ma gli Immortali... Creature eterne, bellissime, potenti quanto le forze della Natura! Se solo... Se solo non fosse stato per quelle piccole falle, pensavo: i vampiri che non sopportano la luce del Sole, i licantropi schiavi della Luna, l'amore, che aveva ucciso mia madre... Avevo più o meno la tua età quando fui colpito dalla rivelazione: gli Immortali non erano esseri perfetti, ma avrebbero potuto esserlo! Dio aveva plasmato creature meravigliose, sì, ma incomplete: spettava a noi continuare il Suo disegno, ma nessuno ha risposto alla chiamata. Tranne il sottoscritto, ovviamente!"
Ho la gola secca e gli occhi umidi:
"È per questo che sottoponi gli Immortali agli esperimenti?"
"Che cosa?"
Ratszeky sembra infastidito dal mio intervento.
"Devo aver interrotto il filo del delirante discorso che stava portando avanti nella sua testa!"
"No, no!" sbotta, gesticolando "Quegli esperimenti servono solo per tenere buoni i Cacciatori e gli altri esponenti della Mano di Dio! Credono di riuscire ad ottenere una cura per gli Immortali attraverso la ricerca..."
Scoppia a ridere di gusto:
"Che sciocchi! Nessuno potrà mai capire qualcosa sugli Immortali che io non so! Ho trascorso gli anni della mia giovinezza a studiare le diverse razze e adesso so cosa devo fare per realizzare il Suo progetto!"
Abbassa la voce fino a farla diventare un mormorio quasi incomprensibile:
"Per noi non c'è niente da fare... Le generazioni attuali sono deboli e questo non si può cambiare... Ma il futuro... Il futuro..."
Nella mia testa prende forma una terribile ipotesi:
"Stai creando dei mezzosangue!"
È un'affermazione, non una domanda: la gravidanza di Sabrina, frutto di numerosi stupri, è l'unica conferma necessaria.
Lui fa un cenno di assenso:
"Avevo sempre immaginato che la figlia di Isabeau sarebbe stata intelligente come lei. Non avevo previsto che avresti ereditato anche la sua bellezza, ma non può guastare!"
Troppi pensieri si rincorrono nella mia mente: l'avvertimento di Adam, la fotografia dei miei genitori, il fatto che l'uomo che mi sta fissando con malcelato desiderio li abbia uccisi... E poi ancora il suo folle piano di sfruttare i Cacciatori per creare dei mezzosangue.
Barcollo all'indietro, talmente inorridita da non riuscire ad articolare un insulto di senso compiuto.
Sono talmente infuriata con Ratszeky che potrei incenerirlo all'istante e come se avesse percepito i miei pensieri il primo marchio si illumina all'improvviso: il braccio si tende verso il cardinale come se avesse volontà propria e nonostante il bracciale sia incandescente e serrato contro il mio polso, attorno alle mie dita iniziano a baluginare delle fiamme...
Colgo lo sguardo estasiato di Ratszeky e sbatto le palpebre, tornando in me.
"Mi aveva quasi convinto ad attaccarlo!"
Le voci sulle abilità persuasive delle fate non erano esagerazioni: mi sembra di essermi svegliata da un lungo sonno, ma non posso permettermi di perdere la lucidità ora.
"Creare dei mezzosangue è pericoloso." replico quindi, freddamente "E tu ti sei spinto troppo oltre perché qualcuno ti possa seguire su questa strada. Non so cosa ti abbia legato a mia madre, ma io non sono lei, non l'ho mai conosciuta e grazie a te non potrò mai farlo, perciò non ho alcuna intenzione di aiutarti!"
Le ali vengono riportate lungo la schiena e lui mi osserva a lungo, pensieroso:
"Cosa legava me e tua madre? Solo invidia e disprezzo, suppongo. Lei era l'ultima erede di una famiglia di streghe tra le più antiche del mondo, mentre io ero un bastardo con un padre umano, il servo che nessuno degnava mai di una seconda occhiata. Odiavo quella casa, ma erano gli unici Immortali che mi avessero offerto asilo, perciò non potevo andarmene... E quando si sposò con tuo padre, ah, che coppia ben assortita! Razzisti, arroganti e fieri della loro prepotenza. Ma i Leroux ormai non sono altro che un nome perduto tra le pieghe del tempo!"


Angolo Autrice: 
Finalmente conosciamo il nemico che ha lavorato nell'ombra per tutto questo tempo! Vi sono piaciuti Ratszeky e il suo folle piano? Vi avverto, nei prossimi capitoli, che saranno gli ultimi, c'è un piccolo grande shock e secchiate di angst... Mi scuso in anticipo XD

  Crilu

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Capitolo 18
*** 17 ***


 


"Tu mi disgusti!" commento, ma le parole di Ratszeky mi hanno riempito di curiosità e timore nei confronti della mia famiglia. 
Mi rendo conto che so ogni dettaglio della morte dei miei genitori, ma Adam non ha voluto raccontarmi come fossero in vita.
"Forse perché sapeva che la verità non mi sarebbe piaciuta?" pensai "Possibile che Ratszeky abbia ragione?"
Il cardinale sospira e appare sinceramente dispiaciuto: 
"Dovremo lavorare sul tuo linguaggio, Sophie. Non mi piace affatto!"
"Ma cosa vuoi da me?" urlo, reprimendo l'istinto di ricorrere di nuovo alla magia: sono sicura che non riuscirei a controllarmi e rischierei di fare del male a Sabrina.
"Hai sterminato la mia famiglia, mi hai dato la caccia per venticinque anni, rapita, marchiata ed ancora continui ad affermare che lavorerò con te! Puoi ributtarmi in cella, per quel che mi riguarda!"
"È un peccato, davvero un peccato. Vedi, tu sei estremamente preziosa per me: nonostante il cattivo sangue tra me e tua madre, ho sempre ammirato il suo potere. Sei una creatura straordinaria, Sophie: pensa alle cose che potremo realizzare insieme! Lei" indica Sabrina "È stata inseminata da un vampiro, ma affinché la mia opera riesca il nascituro dev'essere una femmina e lo stesso vale per le streghe che ho fatto accoppiare con i licantropi. Una vera scocciatura... Ma sono sicuro che l'unione del nostro sangue darà i suoi frutti indipendentemente dal sesso dei bambini!"
"Già" biascicai, nauseata "Che fortuna..." 
"Che schifo..." 
Ratszeky sbuffa: 
"È per quel vampiro, vero?"
Il fiato mi si spezza quando lo sento accennare a Max: la consapevolezza che dispone delle nostre vite come un bambino dispone delle sorti del suo esercito di latta è agghiacciante.
"Lo sapevo che metterti in cella con Maximilien de Saînt-Gervais era un errore! Dovevo capire allora che il mezz'angelo stava facendo il doppio gioco!" borbotta, più a sé stesso che a me. Poi sogghigna e per la prima volta vedo un lampo di vera crudeltà nei suoi occhi chiari: 
"Ho saputo che la convivenza è stata proficua! Chissà che tu non porti già in grembo il frutto della vostra unione..."
"Non sono affari che ti riguardano!" ringhio, stringendo istintivamente le mani attorno al ventre.
"Oh, invece mi riguardano e da molto tempo, anche! Avrei voluto uccidere quel succhiasangue diversi anni fa, ma mi è sfuggito tra le dita come un miserabile verme!"
C'è qualcosa di familiare nelle sue parole e l'istinto mi spinge ad indagare per saperne di più, mentre il cuore si ritira timoroso; alla fine, prevale la curiosità.
"Se volevi davvero ucciderlo, perché non l'hai fatto una volta che l'avevi catturato?"
"Perché quando finalmente misi le mani su Saînt-Gervais il quadro era profondamente mutato. E sapevo di non avere in mano tutti i tasselli del puzzle: giustiziarlo in quel momento non sarebbe stato di nessuna utilità!"
I suoi occhi brillano di astuzia ed eccitazione: 
"Non vuoi sapere perché il vampiro che ti considera la tua Sposa si trovasse proprio qui, lo stesso castello in cui sei stata portata tu? Su, Sophie, accontentami: prova ad indovinare!"
"Sembra un bambino ansioso di ricevere i regali di Natale!" penso, ma non c'è nulla di allegro in quel paragone.
"Era un'esca." sussurro con voce tremante "L'avresti tenuto come ultimo asso nella manica per farmi capitolare!" 
"Molto brava. Ma avverto che la cosa non ti convince!"
"Il tuo piano fa acqua da tutte le parti!" commento con freddezza "Non conoscevo Maximilien quando sono arrivata qui; a malapena sapevo dell'esistenza degli Immortali, di certo non immaginavo di essere una Sposa! Quale tipo di vantaggio credevi di avere su di me, minacciando lui?"
"Ah, ma te l'ho detto!" esclama, annuendo con fare comprensivo "Avevo un'idea vaga della situazione, che poi si è rivelata del tutto sbagliata. Che coraggio, quel succhiasangue, ad abbandonare la sua Sposa appena nata in un altro continente e non tentare mai più di riavvicinarsi a lei!"
"Che cosa?" 
La voce mi esce roca e debole, ma la mia mente lavora velocemente: i sogni, la sensazione di familiarità che avevo provato insieme al vampiro, le sue strane esitazioni...

"Sei mai stato negli States?" 
"Sì, ci sono andato due volte!"

"Max..." mormoro "Max..." 
"Non te l'aveva detto?" ghigna Ratszeky, compiaciuto. "Beh, almeno è stato furbo, devo dargliene atto. 
Se ti avesse cresciuta lui qui in Europa non avremmo impiegato molto tempo a trovarvi: lasciandoti in America ha ritardato di venticinque anni l'inevitabile. Alla fine l'abbiamo catturato e abbiamo scavato nelle sue molteplici identità per ricostruire i suoi movimenti negli ultimi due decenni. Da lì, trovarti è stato facile!"
"Ma perché...?" 
Mi stavo chiedendo perché Max mi avesse tenuto all'oscuro di una cosa tanto importante, ma il Cardinale interpreta le mie parole in un altro modo.
"Perché lui, dici? Perché tuo padre era un ipocrita, Sophie. Trattava il sottoscritto dall'alto in basso, ma era amico con un succhiasangue, un assassino centenario! Ed era addirittura entusiasta quando lui riconobbe in te la sua Sposa, anche se avevi solo poche settimane! Sembrava che niente avrebbe potuto rallegrarlo di più!"
Non cerca neanche di celare il disgusto: 
"I mezzosangue sono adatti solo a fare i servi, tra gli Immortali, ma i tuoi genitori non avrebbero esitato a consegnarti nelle mani di un vampiro, non appena fossi stata dell'età giusta per dargli un figlio!"
Sono confusa, schiacciata dall'ombra del sospetto: vorrei negare ciò che dice, ma non ho mai conosciuto i miei genitori...
"Chi erano in realtà? E Max, oh, Max: perché non mi hai raccontato nulla di tutto questo?"
Quando torno a guardare Ratszeky sono riuscita almeno a non far trasparire dai miei lineamenti lo sgomento che mi divora: 
"Quindi hai pensato bene di rapirmi per usarmi come fattrice per il tuo esercito di mezzosangue, data la nobiltà del mio sangue. Immagino che uccidere i miei genitori nel frattempo sia stata una grande soddisfazione!"
"Non andò così" mormora lui, con lo sguardo perso nel vuoto "Non andò così: io gli offrii una scelta. Andai da loro la sera in cui era previsto l'attacco dei Cacciatori: io ero a conoscenza di ogni dettaglio, perché avevo fornito loro le informazioni necessarie per individuare la casa. Dissi a tuo padre che avrebbe potuto salvarti consegnandoti a me, oppure vederti morire insieme a loro. Di certo non immaginavo che Saînt-Gervais fosse alla villa, quella sera: fu molto rapido nell'arrivare alla tua stanza prima di noi... E coraggioso, anche, ad affrontare le fiamme!"
"Mi avresti lasciato morire nel rogo della casa, anche se ero una risorsa così preziosa?" 
"Mia cara, non sono stato certo io ad appiccare il fuoco! Fu tua madre, che perse il controllo nel tentativo di allontanare i Cacciatori dal corpo del marito!"
Rimaniamo in silenzio per un po', mentre io rifletto sull'operato di Max. 
"Chissà quanto ti è costato abbandonarmi davanti alla porta di Andrew, sapendo che c'erano buone probabilità che non mi avresti più rivista... E chissà quanto hai sofferto, una volta qui, nello scoprire che i tuoi sacrifici erano stati inutili!"
"Allora, Sophie?" 
Ratszeky si sta accarezzando il pizzetto, mentre le ciocche brizzolate dei capelli, più lunghe di quanto un ecclesiastico dovrebbe tenerle, svolazzano nella brezza.
"Hai una risposta per la mia proposta?" 
"Quale proposta? Quella di aprire la gambe per te, in modo da dare origine a dei mostri? Devo davvero darti una risposta?" ribatto, arrabbiata e sprezzante.
L'essere fatato schiocca le labbra, infastidito. 
"Sono sicuro che riuscirai ad ammettere i tuoi errori più avanti, quando ripenserai a questo giorno. Ora, mia cara, avvicinati."
Tamburella con le dita sul parapetto del terrazzo ed io ghigno, divertita: dev'essere stupido, oltre che pazzo, se spera che mi avvicini allo strapiombo con lui nelle vicinanze. 
Poi però commetto l'errore di incrociare il suo sguardo.
Quando colgo il lampo violetto nelle sue iridi è già troppo tardi: vengo incantata e all'improvviso mi sembra di osservare la scena dall'esterno. 
Vedo me stessa camminare come un automa verso il precipizio, ma non posso far nulla per fermarmi: 
"Stai calma, Lucy! Non ti ammazzerà così, non dopo che ha fatto tutta questa fatica per averti!"
Pensavo che volesse semplicemente spaventarmi, forse minacciando di farmi precipitare al suolo, invece lo spettacolo che mi attende è qualcosa di più doloroso ed orrendo.

Nel cortile ci sono cinque cataste di legna attorno ad altrettanti pali; i numerosi Cacciatori vanno e vengono, trasportando altre fascine fino a che i pali non vengono quasi seppelliti. A questo punto entrano gli attori principali della farsa che Ratszeky ha organizzato solo per i miei occhi terrorizzati e riconosco tre dei quattro condannati.
Sono Adam, Magdalena e uno dei licantropi troppi deboli per scalare il muro di cinta e fuggire. 
La quarta donna non l'ho mai vista, ma ha sulle spalle un paio di monconi colorati.
"Una fata. Una strega. Un angelo. Un licantropo."
Vorrei gridare, strapparmi i capelli dall'orrore, o anche solo coprirmi gli occhi per non essere costretta a guardare, perché ho capito a chi è destinato il quinto rogo.
I quattro, vestiti con tuniche grigie di stampo medievale, vengono assicurati ai pali e la legna viene incendiata: in pochi istanti si iniziano a sentire le prime grida, mentre il fumo si innalza fino ad arrivare a noi.
Non posso neanche voltarmi verso Ratszeky per supplicarlo di fermare i Cacciatori, promettendo il mio aiuto per qualsiasi deviato progetto abbia in mente; so che non mi ascolterebbe e comunque i Cacciatori non interromperebbero mai un'esecuzione così esemplare.
Sono troppo in alto per sentire ciò che dicono, ma posso quasi respirare la loro soddisfazione.
Non posso distogliere lo sguardo, ma non riesco neanche a vedere bene la scena perché le lacrime, incontrollabili, mi offuscano la vista.
Il licantropo è bloccato in un orribile stadio intermedio tra la forma umana e quella ferina, troppo debole e spaventato per procedere in un senso o nell'altro, ed ulula come un ossesso; la fata, grazie a Dio, è svenuta, o forse è già stata soffocata dal fumo.
Per un po' riesco ad intravedere Magdalena, il volto anziano deformato in un'espressione di paura e dolore, prima che venga inghiottita da una fiammata più alta delle altre.
"Basta, basta, è orribile... Ed è colpa tua."
Mi viene da vomitare, ma al mio corpo non è neanche permesso cadere in ginocchio e rimango in piedi grazie ad una forza di volontà che non è la mia.
Sono quasi convinta che il cardinale possa leggermi nel pensiero, perché le dita nodose e contorte mi accarezzano la nuca con fare benevolente, facendomi rabbrividire.
"È difficile, lo so, ma necessario. Dovevi capire cosa accade a chi crede di potermi combattere... O sfidare!"
Adam non è ancora stato raggiunto dal fuoco e si sta dimenando con tutte le sue forze pur di liberarsi dalle molteplici catene che gli serrano le braccia, le ali ed il torace: ogni istante i suoi momenti si fanno più difficoltosi e disperati e le fiamme arrivano a lambirgli i piedi...
Infine, Ratszeky fa un cenno con la mano e i suoi seguaci mettono in scena in gran finale, quello che il mio cuore aveva già previsto e temuto: le porte dei sotterranei si spalancano e un ruggito di rabbia investe i Cacciatori che si precipitano all'interno, per aiutare i compagni a trattenere Maximilien.
Dai rumori di lotta che raggiungono la terrazza, il mio vampiro non è disposto a cadere senza trascinare con sé il maggior numero possibile di nemici. Con un immenso sforzo di volontà riesco a voltare il capo verso Ratszeky e socchiudo le labbra, ma ne esce solo un rantolo senza senso.
"Ti prego, ti supplico" vorrei dire "Tutto, ma non questo. Uccidimi, piuttosto, strappami il cuore dal petto, ma non costringermi a vederlo morire." 
Se anche ha notato la disperazione sul mio volto, non lo dà a vedere.
Così resto impotente a guardare mentre uno stuolo di Cacciatori trascina Maximilien fuori dai sotterranei, spezzandogli le dita con cui cercava di aggrapparsi agli stipiti.
Non mi accorgo neanche del fatto che Adam è riuscito a liberarsi e sta volando verso di me: tutto ciò che vedo è un'inconfondibile chioma corvina che brilla sotto il sole di metà mattinata, prima che il vampiro prenda fuoco.



Angolo Autrice: 
Ecco, lo so, non odiatemi, se riuscite! 
Ho approfittato dell'allerta meteo e dell'inattività a casa per pubblicare questo capitolo, che è il penultimo - ma non disperate, perché ho già pronta la seconda storia di questa serie xD che però non sarà incentrata su Lucy, bensì su un'altra strega che abbiamo già conosciuto... 
Manca giusto l'atto finale, siete pronti? 

  Crilu 

 

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Capitolo 19
*** Epilogo ***



Mi rendo conto dell'istante in cui l'incanto con cui Ratszeky mi tiene prigioniera ha termine, perché le gambe non riescono più a reggere il mio peso ed io crollo a terra.
Sfinita.
Vuota.
Sconfitta.

"Quest'essere ha ucciso chiunque mi abbia dimostrato un po' di amicizia in questo luogo... Ha ucciso Max! L'uomo... Il vampiro che avevo iniziato ad amare e che mi guardava come se fossi la cosa più preziosa di questo mondo! Non può essere, non è possibile!"
Le lacrime mi impediscono di vedere cosa accade e anche i rumori e le voci mi giungono distorti, come da una grande distanza. 
"Come posso andare avanti, sapendo che sono morti per colpa mia?"
Quell'orribile realizzazione mi scuote da capo a piedi e quando abbasso lo sguardo sulle mie mani vedo che tremano così violentemente da non riuscire neanche ad afferrare il bordo del terrazzo per rimettermi in piedi.
Non so neanche se ne avrei le forze, se è rimasto qualcosa della volontà che mi ha sempre animato: non sono più Lucy McCollins e neanche Sophie Leroux, se mai lo sono stata. Sono un informe massa di dolore vivo e pulsante, come una disgustosa ferita aperta ed infetta.
All'improvviso vengo tirata su da due braccia forti e calde, che mi stringono contro un petto possente: è Adam, che non so come ha spedito Ratszeky lontano da me.
Sbatto le palpebre per vedere meglio e lo individuo, steso a terra a qualche metro da noi, mentre si rialza dolorante, accarezzando un'ala che si è piegata nella caduta.
Le ali piumate di Adam mi accarezzano la pelle nuda delle braccia come una calda e morbida coperta; volto il capo verso di lui e vedo un livido verdastro sotto lo zigomo che rende il suo sguardo d'acciaio ancora più spaventoso.
Mi stringo a lui con la forza della disperazione, anelando ad una presenza amica, a un punto fermo nella devastazione del mio animo.
"Sabrina..." balbetto poi, ancora sotto shock, indicando con il braccio la ragazza incinta. Proprio in quel momento una delle statue si solleva e vola verso di noi con la precisione di un proiettile: il Nephilim deve gettare entrambi a terra per evitare di essere colpito!
Ratszeky ci guarda con gli occhi scintillanti e le mani alzate come in una preghiera, mentre ogni altro oggetto sulla terrazza inizia a vibrare e a spostarsi lentamente verso di noi.
"Non me la porterai via!" commenta il Cardinale con tranquillità "Ho lavorato a lungo per averla, non sarà certo il figlio bastardo di un Itedubh a sottrarmela!"
Adam irrigidisce la mascella, poi replica al mio posto - una cosa che in qualsiasi altra circostanza mi avrebbe fatto infuriare, ma adesso è proprio ciò di cui ho bisogno.
"Lucy è una creatura senziente, Ratszeky: ha il diritto di decidere del proprio destino come chiunque altro... Umani compresi!"
I suoi occhi vagano verso Sabrina ed il suo corpo freme per il disgusto: 
"Non ci sono parole per descrivere l'orrore a cui hai dato vita!"
La sua voce è poco più di un mormorio, ma risuona lungo il terrazzo, carica di rabbia ed amarezza. 
"Risponderai al Consiglio degli Anziani delle tue azioni!"
"Ah, il Consiglio!" esclama il Cardinale, sprezzante "Un branco di vecchie mummie rintanate nelle viscere della terra, troppo codarde anche solo per mostrarsi alla luce del sole! Dovevano guidarci e invece ci hanno condannato all'oblio e alla fuga e per cosa? Gli umani non possono niente contro di noi, niente! Eppure invece di combatterli e sottometterli gli Immortali si nascondono nella notte come se il nostro sangue fosse una vergogna!"
Un gesto secco del polso e Sabrina viene strattonata all'indietro, atterrando ai suoi piedi, accucciata come un cane da guardia addormentato.
"Il nostro sangue è la chiave della nostra ascesa!" continua Ratszeky, la voce trasfigurata dalla pazzia "Il tempo degli uomini è finito, Itedubh. Continuare a proteggere quelle insignificanti creature e il tuo prezioso Consiglio ti porterà solo alla rovina!"
"Sarà anche come dici!" replica Adam, impassibile "Ma oggi sarai tu a cadere, non io."
Un boato assordante fa tremare il castello ed istintivamente mi aggrappo alle spalle del Nephilim per non cadere a terra; solo dopo qualche istante mi rendo conto che in realtà si tratta di una cacofonia di molti suoni diversi.
Quelli che sembrano corni da caccia risuonano in mezzo ai latrati dei licantropi e alle grida d'allarme dei Cacciatori, mentre dal cielo angeli e fate si buttano in picchiata verso il Castillo des Brujas.
Barcollando mi affaccio dal parapetto, mentre il vento mi schiaffeggia i capelli: è un attacco in piena regola e i numeri sembrano dalla nostra parte! Con le lacrime agli occhi osservo i licantropi scalare le mura, come avevano fatto i loro simili solo un mese fa, e gettarsi con ruggiti di rabbia contro i membri della Mano di Dio, che corrono senza ordine nel cortile, chiaramente confusi e terrorizzati.
"La seconda ribellione è inziata!" realizzo e non posso fare a meno di cogliere l'amara ironia della situazione. 
"Magdalena e Maximilien sono morti appena prima di poter essere liberati!"
All'improvviso il dolore e lo sgomento vengono sostituiti dalla rabbia. Il bracciale di contenimento sussulta, indebolito dalla magia che posso quasi respirare nell'aria attorno a me: non mi ci vuole un grande sforzo per romperlo e buttarlo a terra, per poi afferrare una scheggia di pietra e ridurlo in mille frammenti.
Alzo il volto verso Ratszeky e prima che Adam mi possa fermare tendo le mani verso il cardinale, con il cuore gonfio di odio.
Urlo, mentre la torre più alta del castello di Torquemada esplode in un inferno di fuoco incandescente; lancio un grido senza parole né senso compiuto, in cui riverso ogni singolo giorno che ho passato prigioniera.
Urlo, urlo e urlo ancora, fino a non avere più la voce, fino a che le braccia diventano pesanti ed intorpidite, fino a che intorno a me non restano altro che fumo, scintille e rovine carbonizzate.
Solo allora mi lascio cadere a terra e la mia voce si stempera in singhiozzi e pianto; solo a questo punto Adam osa avvicinarsi, prendendomi in braccio come una bambina.
"Che cosa hai fatto..." mormora il Nephilim, mentre mi culla contro il suo petto. 
"Che cosa hai fatto..."
Apro debolmente le palpebre per osservare i muri scalcinati e scuri come denti marci che si innalzano verso il cielo azzurro.
Sotto di noi la battaglia continua ed infuria, ma quassù regna solo il silenzio. Non riesco a smettere di piangere, perché so di aver condannato a morte molte creature innocenti con la mia ira incontrollata.
"E non è servito a niente! Il dolore è sempre qui, Max è sempre morto e Ratszeky..."
Mi sollevo a sedere, stringendo gli occhi nel tentativo di individuare la figura del cardinale attraverso la cortina di fumo che si alza dalle rovine.
"Non c'è!" strillo, con un misto di incredulità e terrore. 
"Lucy..." 
"Non c'è! Se ne è andato!" ripeto, isterica "È riuscito a fuggire... Ha vinto lui!"
"No!" 
Adam mi afferra per il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi.
"Non pensarlo mai. Lucy, finché tu sarai libera e finché ci sarà qualcuno disposto a lottare Ratszeky non può vincere. So cosa hai perso oggi e mi dispiace di non aver potuto fare niente: mi dispiace che ci abbiano scoperto e che lui abbia messo in piedi quell'orribile teatrino per spezzarti, ma devi capire che non è colpa tua. Non doveva andare così."
La sua mano risale a sfiorarmi la guancia e per la prima volta intravedo un groviglio di emozioni dietro i suoi lineamenti perfetti: commozione, rabbia, forse anche tristezza.
"Ci saranno altre battaglie per portarlo davanti alla giustizia: di questo sono certo, perché si è spinto troppo oltre nel suo folle piano per rinunciare dopo una sola sconfitta. E tu dovrai essere pronta, perché quello che hai fatto adesso, qui, dimostra che il tuo potere è un'arma a doppio taglio. Ratszeky ti teme tanto quanto ti desidera: sa che non c'è nemico più spietato di uno in cerca di vendetta e anche se il Consiglio non sarà d'accordo con me, io farò qualsiasi cosa in mio potere per aiutarti ad ottenerla. Hai capito?"
Annuisco distrattamente: ho la testa pesante e le orecchie mi fischiano. Lancio un'ultima occhiata stanca al terrazzo devastato, poi seppellisco il viso tra le piume delle sue ali: in alcuni punti sono state bruciacchiate dal rogo e devono fargli molto male, ma nonostante tutto sanno di pulito.
"Portami a casa."

     

Nulla ci spaventa di più della consapevolezza che il diverso vive tra di noi.
Possiamo ignorarlo, se ci riusciamo, possiamo convincere noi stessi e le nostre coscienze che non è affar nostro; possiamo chiudere gli occhi e procedere nel mondo come i ciechi. Ma il diverso è lì, e ci guarda.
Sarebbe bello potersene lavare le mani, ma il problema permane e riguarda tutti noi, Immortali ed umani di tutte le razze. È così facile dimenticarsi di ciò che ci accomuna, quando la paura si insedia nei nostri cuori!
Non l'avrei mai ammesso, ma anche io avevo paura del mondo che da un giorno all'altro si era risvegliato ed aveva scoperto che le creature delle favole erano più vive e reali che mai; avevo paura del cambiamento, delle nuove regole e dei misteriosi poteri degli Immortali, convinta che da un momento all'altro potessero rivoltarsi contro di noi come cani rabbiosi.
Credevo che far finta che non esistessero li avrebbe fatti scomparire come quando, da bambina, chiamavo Andrew nella mia cameretta perché avevo paura del buio: lui sorrideva, mi baciava la fronte e mi assicurava che il mostro sotto al letto era fuggito.
La realtà è un po' più complicata di così.
Le streghe non mangiano i bambini e i vampiri possono essere gentili tanto quanto gli angeli possono essere crudeli: insomma, il bianco o il nero non esiste. Ci sono solo tante sfumature, menzogne dette per una buona causa, scelte giuste fatte al momento sbagliato. E poi dolore, gioia, amore, pietà, rabbia, rimpianto...
Tutto ciò che ci rende umani.

O Immortali.



Angolo Autrice: 
Scusate, scusate, scusate!!! Ero convinta di aver pubblicato questo capitolo insieme a quello de Il viaggio del Picchio.... Sto fusa xD 
Lo so, è un finale un po' amaro - Max è morto, Ratszky è fuggito, Lucy è a pezzi... Ma questa non è la fine della sua storia, anzi! La vedrete presto nel prossimo capitolo, ma prima credo che pubblicherò una storia intermedia... 
Vi spiego: le storie che parlano di Lucy sono tre (Captive - Civil War - Dawn of Immortals), ma ognuna di queste mi ha dato lo spunto per parlare di altri personaggi, che hanno preteso di dire la loro in tre "spin-off" (The wolf and the raven - Tale of a fallen angel - Children of the night). 
Quindi a presto! :)

  Crilu

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