The Light in Our Heart will Always Rise

di Flos Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alba di Speranza ***
Capitolo 2: *** Stelle, guide nell'Oscurità ***
Capitolo 3: *** Liberi di essere ***



Capitolo 1
*** Alba di Speranza ***


Alba di Speranza




Il mondo non avrebbe mai dimenticato gli eventi del Giorno della Promessa.

La realtà dei fatti sarebbe presto sfumata nella leggenda, i nomi dei valorosi soldati che erano caduti sarebbero andati persi nelle memorie del tempo, diventando solo numeri, vittime a cui la follia di un solo essere - non un uomo, meno di esso- aveva reciso i legami terreni.

Le radici di Amestris affondavano nel sangue di innumerevoli innocenti, sacrifici che la distorta visione del Padre aveva ritenuto necessari per i suoi scopi. Gli stemmi di sangue, disseminati per il Paese componendo un enorme e crudele cerchio alchemico, non sarebbero scomparsi e le persone a cui gli Homunculus avevano strappato la vita non sarebbero mai tornate indietro.

Quale mente distorta, quanta inarrestabile follia in quel mostro che per secoli aveva tramato nell'ombra per ottenere l'immortalità! Al prezzo dell'esistenza di decine di milioni di ignari innocenti...

In quella notte, che era parsa infinita ai coraggiosi uomini e donne che si erano opposti a tale scempio, il mondo era stato sull'orlo del collasso. 

Perché egli non si sarebbe fermato alla nazione cui aveva dato vita, avrebbe ripetuto ancora e ancora quell'atto disumano necessario alla creazione della Pietra Filosofale. Avrebbe avuto tutto il tempo per divenire il solo e unico dominatore del pianeta, in quanto unico suo superstite alla carneficina che avrebbe compiuto.

La follia di quel diritto che aveva arrogato per sé rendeva chiaro quanto egli fosse tutto meno che umano e quanto fosse imperativo impedire a quella mente malata di ottenere quanto desiderasse.

Il mondo si era dunque ribellato al destino cui sarebbe andato incontro sotto i capricci del Padre, invocando l'aiuto di un eroe tramite le voci di coloro che lo stavano combattendo.




Li senti, Fullmetal? Li senti urlare il tuo nome?

-Edward, puoi farcela!-

-Ed!-

-Edward Elric!-

-Forza, ragazzo!-

Erano le voci della Speranza, quella che si rifiuta di arrendersi, quel sentimento che sopravvive sempre a dispetto delle difficoltà, del dolore, della morte.

Era quasi un istinto per gli esseri umani aggrapparsi ad essa che, indomita, come il sole si rifiutava di cedere per sempre all'oscurità. E, annunciata dal primo chiarore dell'alba come un celeste araldo, essa risorgeva. Ogni giorno, da tutta l'eternità, viva per tutto il tempo che il Tempo stesso avrebbe concesso agli esseri viventi e ancora più a lungo.

Essa viveva in ogni uomo e donna presenti in quello che fino al giorno prima era il cuore pulsante del governo militare del Paese, mentre ora si mostrava come il più improbabile dei campi di battaglia, pieno di macerie e cadaveri, ma anche di guerrieri, di persone che avevano scelto di non arrendersi all'infausta sorte che quel folle essere desiderava per loro. Tutti loro avevano imbracciato le armi e ingaggiato il più strenuo combattimento che avrebbero mai potuto immaginare. 

E quando tutto era sembrato perduto, quando la disperazione stava per mettere radici nei loro animi provati dalle lunghe ore di battaglia, un giovane eroe aveva scelto di sacrificarsi per permettere al fratello di continuare a combattere. Aveva abbandonato il suo corpo metallico, rilasciando il legame di sangue che ancorava la sua anima al mondo terreno per salvare la vita all'unica famiglia che gli era rimasta.

Perché si era rifiutato di perdere la speranza quando la lotta si era fatta più aspra che mai, perchè nonostante il suo freddo involucro e il gelo del terrore che doveva aver provato vedendo la vita di Edward in pericolo, aveva dato tutto quello che poteva per dare a tutti loro la possibilità di battere il Padre degli Homunculus. Di continuare a vivere.

-Devi vincere, nii-san!-

L'alba di un nuovo giorno era sembrata più vicina che mai quando Edward si era rialzato, fiero e implacabile nella sua adamantina determinazione, una feroce e bruciante rabbia nella voce carica di disperazione e dolore per il sacrificio del fratello. 

E si era rialzato di nuovo, ancora e ancora, incitato dalle loro voci che lo chiamavano alla lotta, alla vittoria, alla giustizia, alla vita.




Roy Mustang pensò che aveva conosciuto una sola persona in cui riporre la sua speranza, una sola che avesse la stessa forza e la medesima vitalità di quel sentimento, brillante come mille soli. Egli era sopravvissuto nonostante la sorte avversa, la sua implacabile determinazione aveva vinto su ostacoli insormontabili e la Morte, giudice suprema di ogni essere vivente, pareva essere restia ad accogliere nel suo freddo abbraccio quel giovane dotato di un cuore coraggioso e forte come l'acciaio.

Il suo nome riecheggiava come un'eco in quel luogo, sovrastando il suono delle trasmutazioni alchemiche e della lotta corpo a corpo che i due protagonisti di quel tragico palcoscenico stavano emanando.

Ma per il Colonnello quel nome era molto più di un'eco: era il suono stesso della speranza, della luce dell'alba che si avvicinava per annunciare la fine della notte. Era il nome che il suo cuore emetteva ad ogni forsennato palpito, temendo che se solo avesse smesso di battere egli sarebbe sparito per sempre.

Li senti, Fullmetal? Li senti urlare il tuo nome?

A quelle voci, aggiunse anche la sua.

-Fullmetal!-

Nome che sarebbe diventato una leggenda immortale, tramandata per generazioni nell'eternità. In esso si sarebbero racchiuse tutte le vite che il ragazzo aveva toccato e protetto così come quelle che non era riuscito a salvare, ma in ambedue i casi esse sarebbero state parte di una leggenda.
L'unica cosa certa fu che, quel giorno, Edward vinse. L'umanità, vinse.

Ancora un battito di cuore, nuovamente il rombo del suo sangue scandì quel nome, divenuto quasi sacro, mentre l'alba finalmente dissipò l'ultima ombra. E, pur immerso nel buio della notte che era stata calata sui suoi occhi, Roy Mustang poteva ancora vedere il bagliore dei soli celati nelle iridi dell'Alchimista d'Acciaio.

Hai dimostrato che si può sempre essere forti, Fullmetal. In questo primo chiarore dell'alba, la tua voce si alza, trionfante. Un'alba di speranze e sogni per un futuro radioso, distante appena un battito di cuore.




 

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Capitolo 2
*** Stelle, guide nell'Oscurità ***


Stelle, guide nell'Oscurità




I giorni seguenti furono estremamente caotici, ma il Colonnello Mustang li visse solo per sentito dire. La sua infausta condizione di non vedente lo aveva relegato in un letto di ospedale, nonostante ci fossero molte cose da sistemare e persone da aiutare.

Non era mai stato bravo a oziare, la riteneva un'inutile perdita di tempo; inoltre, quando era impegnato a lavorare, o a combattere, o a fare qualunque cosa che lo tenesse minimamente impegnato i ricordi che lo tormentavano già fin troppo durante il sonno si quietavano.

Ma cosa avrebbe potuto fare ora, rinchiuso in quella stanza asettica, se non perdersi nei meandri dei suoi ricordi?




L'improvvisa calma che era scesa sull'ospedale fece capire all'Alchimista di Fuoco che la notte era giunta a donare riposo alle creature di quel mondo, intendendo dai discorsi delle infermiere che la volta celeste quella sera era particolarmente brillante. Molti luoghi di Central City erano rimasti senza elettricità e la luce delle stelle, solitamente nascosta da quella artificiale della metropoli, poteva tornare dopo lungo tempo a illuminare quella terra che era stata infestata fin troppo a lungo da infide serpi in seno.

I ricordi presero per l'ennesima volta in quei giorni il sopravvento sulle sue difese mentali, inondandogli la memoria del ricordo delle notti passate nel deserto di Ishval. Laggiù, durante le lunghe notti piene di incubi, aveva affidato se stesso e la sua sanità mentale a quegli astri lontani, pregandoli affinché ponessero fine al suo tormento, narrando loro delle morti che aveva causato con le sue fiamme.

Non era giunta alcuna grazia da loro, com'era ovvio aspettarsi, ma quel suo rituale solitario lo aveva salvato più di una volta dal vortice di follia in cui stava per cadere. Doveva alle stelle la sua stessa sopravvivenza.

Ora che era stato scaraventato in una notte perenne, nonostante lo sconforto e il senso di colpa per non aver mantenuto le promesse che aveva fatto a Hughes e ai suoi uomini, non si sentiva sperduto quanto avrebbe dovuto. Perché riusciva ancora a vedere le stelle dentro di sé, quegli ideali che lo avevano guidato per tutti quegli anni e che nemmeno l'oscurità dei suoi occhi aveva potuto eclissare.

No, finché avrebbe mantenuto viva la luce delle stelle che brillavano nel suo spirito ardente non avrebbe mai potuto temere la notte, neppure quella infinita a cui era stato condannato.

Ma esisteva un'altra stella, la più brillante di tutte, che da qualche anno era giunta a illuminare la sua vita con un calore pari a quello dell'astro diurno che, con il suo brillare, nascondeva alla vista tutti i suoi simili.

-Colonnello?-

Quella voce... quella del suo personalissimo Sole.

-Fullmetal? Sei proprio tu?-

-Non ha senso chiamarmi ancora così. Ho dato la mia alchimia per riavere Al, sono inequivocabilmente fuori dai cani dell'esercito.-

Il suo tono di voce era piatto, quasi annoiato, ma fin troppo apatico per l'esplosività tipica del ragazzo. Era stato un periodo incredibilmente stressante per tutti loro e le ultime vicende dovevano aver provato oltre il limite di sopportazione il ragazzo.

Mustang ripensò al prezzo della loro vittoria, mentre invitava il suo ospite a prendere posto, incuriosito da quell'inaspettata visita.




Edward era stato divorato da fiamme feroci, l'Alchimista di Fuoco poteva affermarlo senza alcun dubbio: quando il fratello aveva slegato la sua stessa anima dall'armatura che la custodiva per ridare il braccio a Edward, in quest'ultimo l'ira e il desiderio di vendetta avevano preso ad ardere senza freno e presto l'avrebbero consumato fino alle ossa. Con i suoi occhi ciechi Mustang era riuscito a vedere direttamente il cuore del ragazzo, scorgendovi solo la colpa di non aver protetto la sua famiglia, di aver fallito ancora una volta.

Ma la vendetta non gli avrebbe mai portato pace, né tantomeno redenzione, lui lo sapeva meglio di chiunque altro. Avrebbe voluto intervenire per proteggerlo da se stesso, in barba alla sua menomazione e alla feroce lotta in corso, ma era stato preceduto.

A salvare l'anima dell'Alchimista d'Acciaio fu una perdita che fece incredibilmente male, specialmente in virtù dell'inaspettata umanità che si era rivelata dietro l'avidità sconfinata di Greed, che aveva accettato di essere riassorbito nel corpo del Padre pur di salvare gli
amici della sua anima.




-Colonnello? Mi é diventato anche sordo ora, oltre che cieco?-

-Simpatico come sempre, tappetto.-

-Chi sarebbe il fagiolino microscopico come un granello di sabbia?- sbraitò per riflesso il biondo, agitandosi come un indemoniato.

Una risata spontanea nacque dal cuore del militare, tranquillizzato dalla solita reazione del giovane bellicoso che si trovava da qualche parte nella stanza insieme a lui. Finalmente scorgeva il ragazzino cocciuto e testardo che aveva imparato a conoscere nel corso degli anni in quel giovane uomo cui doveva la vita insieme a tutta Amestris.

Prima che tutto quel tremendo intrigo alchemico iniziasse, il ragazzo aveva come unica preoccupazione la ricerca della Pietra Filosofale allo scopo di ridare il corpo ad Alphonse, ma nonostante i pesi che si era caricato sulle spalle non l'aveva mai sentito lamentarsi. Al contrario, si era addossato le colpe e le conseguenze di tutte le sue azioni come molti adulti non erano capaci di fare.

Aveva sofferto in silenzio per molti anni, restando concentrato sul suo obiettivo, per raggiungere un sogno impossibile. La maggior parte delle persone avrebbe rinunciato dopo i primi fallimenti e le logiche, conseguenti frustrazioni, ma lui no. Aveva dato prova della sua forza rialzandosi ogni volta, gli occhi dorati rivolti sempre a quel sogno... quello di un futuro in cui avrebbe rimediato al suo immane errore.

E alla faccia di tutti coloro che gli avevano dato dell'illuso, ce l'aveva fatta.

Ma a quale prezzo?

Nessuno, a eccezione di quei due ragazzi, avrebbe mai saputo quanta sofferenza avevano sopportato in quell'infinito peregrinare, quanto sangue fosse stato versato nel silenzio di un orgoglio incrollabile, quante cicatrici ora deturpassero la pelle del più giovane Alchimista di Stato della storia.

Quei ragionamenti furono interrotti proprio da quest'ultimo pensiero, risvegliando con un brusco brivido gelido il Colonnello Mustang dalla sua stasi.

Non aveva visto con i suoi occhi la battaglia, gli erano dovuti bastare il suo udito e i resoconti in tempo reale del suo fidato Tenente Hawkeye per capire cosa stesse accadendo intorno a lui... Ma per quanto la donna avesse cercato di minimizzare i danni, era desolantemente ovvio che Edward non poteva in alcun modo essere uscito da una battaglia del genere illeso.

-Come vanno le tue ferite?-

Ci fu un secondo di silenzio, poi fu il turno dell'ex Alchimista di ridacchiare per l'assurdità della situazione.

-Ha ragione il Tenente Hawkeye: lei non é proprio capace di preoccuparsi per se stesso, Colonnello.-

-Sono cieco, non ferito. Sei tu quello che ha combattuto come un pazzo contro un essere che era virtualmente imbattibile.-

-Ma ora é stato sconfitto.-

-Stai cercando di cambiare argomento?-

Colpito e affondato. Mustang sapeva di aver vinto quella piccola diatriba, per cui si godette la vittoria con dignitoso silenzio.

Ci fu un sospiro alla sua sinistra, poi il rumore del lenzuolo che gli venne alzato fino al busto che teneva poggiato contro la testata del letto, infine il non molto dolce peso di Edward gli si posò di fianco, le loro pelli separate solo dal lenzuolo e dalle leggere vesti di entrambi. Non fu esattamente un movimento delicato, in quel ragazzo nulla lo era mai, tanto che Roy si trovò a soffocare una colorita imprecazione per il dolore provocatogli da una ginocchiata d'acciaio dritta dritta sullo stinco.

Nonostante ciò, ora poteva godersi ogni grado del calore che la pelle del ragazzo gli stava trasmettendo con quel nuovo, insolito e intimo contatto. 

Ma cosa gli prendeva? Non era da Edward agire così, era stato sempre molto attento a non toccarlo più del dovuto e tutto si poteva dire di lui, ma non che fosse una persona propensa a manifestazioni fisiche di affetto. 

A meno che non si trattasse di botte, ovviamente.

-Non ho nulla di serio. La maggior parte dei tagli sono già chiusi e il riposo forzato di questi tre giorni mi ha fatto recuperare il sangue che ho perso. Il braccio sinistro ci metterà un po' di più a chiudersi, dato che sono stato infilzato da parte a parte da un pezzo di lamiera, ma non fa male. Il destro invece... beh, avrò bisogno di fare un po' di riabilitazione per i muscoli atrofizzati, ma é il minimo e me lo aspettavo. Per Al sarà ancora più lungo il processo, é molto debilitato... ma almeno é di nuovo nel suo corpo.-

Roy ascoltò con grande attenzione quelle parole, ma prestò soprattutto orecchio al tono usato per pronunciarle.

Cos'era quella nota di amarezza nella sua voce? Nonostante i fatti che aveva elencato fossero tutto sommato belle notizie, c'era un inconfutabile sottofondo di desolazione insondabile.

Aveva la voce stanca, realizzò. Come quella di un vecchio che ha passato di tutto nella sua lunga vita. Come quella di un uomo che non aveva più fiducia nel domani, o peggio... come se di quel domani non gli importasse, perché ormai non gli restava più nulla da fare.

Possibile che quel giovane dalla mente geniale potesse rivelarsi così ottuso?

-Ascoltami bene, Fullmetal- e non fu solo una sua impressione, la sua voce uscì dura e inflessibile. La voce del comando, alla quale il corpo di Edward rispose irrigidendosi all'istante, pronto a scattare in azione. Un automatismo che, nonostante la situazione insolita, ricordò a Roy che il ragazzo era uno dei suoi uomini. Poteva brontolare, non essere d'accordo con lui o persino contrastarlo, se lo riteneva giusto, ma questo non cambiava la realtà dei fatti.

-Non posso dire di sapere con certezza a cosa tu stia pensando, ma posso intuirlo. Ha a che fare con la perdita dell'Alchimia, non é così? Ti ritieni inutile ora?-

-Ma cosa... non capisco di cosa stia parlando, dannato Colonnello!-

-Non mentirmi, Edward. Tu ora non sai più chi sei, ti sei rimpito di dubbi su te stesso!-

Nel sentire il suo nome, il più giovane si quietò. Fu una reazione talmente spontanea e immediata che Mustang rimase spiazzato, ma poi si riprese e approfittò di quel momento favorevole.

-Prima di essere un Alchimista, sei un essere umano! Non hai perso la tua utilità a questo mondo, come non hai menomato te stesso rinunciando a qualcosa che costituiva così tanta parte del tuo essere. Non sei diventato meno "Edward Elric" con il tuo gesto, anzi hai mantenuto fede alla promessa che hai fatto a tuo fratello e questo é estremamente da te.-

-Non dovrebbe immischiarsi a tal punto dei fatti miei, Colonnello...-

-Sei uno dei miei uomini. Ritengo sia un mio preciso dovere, oltre a essere un personale diletto, farvi entrare un po' di sale in zucca quando perdete la testa dietro pensieri sciocchi.-

-Non sono sciocchezze!-

-No, hai ragione. Ma resta il fatto che devi far tacere questi pensieri, perché il dubbio é un tarlo che corrode l'anima.-

-Senta, lo so benissimo che ho fatto la cosa giusta! Non avrei mai potuto vivere senza Al, rinuncerei nuovamente alla mia alchimia, al mio braccio altre mille volte per riaverlo indietro!-

-Questo lo so benissimo. E questo é perché tu non sei ciò che ti costituisce fisicamente come il tuo braccio, o ciò che sai fare con le tue abilità alchemiche. L'essenza di un uomo é nel suo spirito. Il tuo corpo é qualcosa che hai, ma l'anima é quello che sei. E la tua é piena di determinazione, spirito di sacrificio e legami che ti hanno reso l'eroe che ci ha salvati tutti qualche giorno fa, che ci ha donato speranza. Legami che ti consentono di essere te stesso anche senza Alchimia.-

Mustang non poteva vedere il volto di Fullmetal, ma era abbastanza sicuro che le sue parole lo avessero scosso profondamente. Poteva dedurlo dai tremiti incontrollabili che avvertiva sulla pelle del ragazzo, trasmessi anche al soldato per via dell'estrema vicinanza dei loro corpi.

Una nuova intimità, disagiante per la sua naturalezza.

Edward non avrebbe risposto tanto presto, questo appariva chiaro dal silenzio blindato dietro cui si era chiuso, per cui Mustang, forte di una determinazione nuova, alzò il braccio per posare una leggera carezza sul volto dell'altro.

Cosa stava facendo?

Sapeva solo che non voleva smettere.



 

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Capitolo 3
*** Liberi di essere ***


Liberi di essere




Roy andò un po' a tentativi con le mani prima di trovare la guancia calda di Edward, stupendosi di sentirvi un rivolo che, ne era certo, sarebbe risultato salato al gusto. 

Edward stava piangendo.

Quando era stata l'ultima volta che si era concesso una simile libertà? Quando, che si era liberato dall'angoscia e dal tormento, dal terrore di non riuscire e dall'odio per se stesso?

Sentì il sussulto del biondo e percepì il suo tentativo di scappare un decimo di secondo prima che il ragazzo lo mettesse in pratica, perciò lo anticipò.

Lo strinse tra le sue braccia, bloccando i suoi goffi tentativi di liberarsi forzandolo contro di sé, trattenendo l'esile corpo del giovane dagli occhi dorati contro il suo, più muscoloso e compatto. Cercò di stare attento a non premere troppo sui tratti di pellle coperti dalle bende, ma non era semplice considerata la condizione dei suoi occhi.

Edward, di certo, non lo aiutava muovendosi con la grazia di un bufalo imbizzarrito.

-Fullmetal, stai fermo!-

-Non ci penso nemmeno! Mi lasci andare!-

-No. Sei tu che devi lasciarti andare. Sfogati... io sono qui e non posso vederti, non vergognarti. Liberati dai tuoi demoni, perché ora é tutto finito. Tutto finito...-

Quelle ultime parole colpirono evidentemente nel segno, perché le mani che prima lo stavano scacciando si aggrapparono ferocemente a lui, artigliandogli le spalle come se fosse una roccia nella tempesta.

Nessuno dei due seppe esattamente quanto restarono stretti l'uno all'altro in quella posizione, con Roy semi disteso e le braccia sulla schiena di Edward, che aveva la testa appoggiata nell'incavo del suo collo e una gamba in mezzo alle sue. I suoi fini capelli lisci erano sciolti e sparpagliati sul petto del militare, che li sentiva accarezzarlo con tocchi di seta.

Edward pianse le lacime di anni e anni di singulti soffocati e disperazione taciuta, aggrappato a quell'uomo che aveva tanto significato per lui... e che in quel momento aveva assunto un ruolo ancora più delicato nella sua vita: aveva aperto una crepa nelle sue difese, continuando a batterci contro finché i muri non erano completamente crollati. Ma a essere state polverizzate non erano le mura di difesa che impediscono ai nemici di ferirti, erano le sbarre di una gabbia che aveva impedito ai suoi sentimenti di uscire. Ma ora...

Non c'era più il peso della colpa.

Non c'era più il rimorso per il suo peccato.

Non c'era più uno scopo a tenerlo concentrato.

Non c'era più un nemico a fargli mantenere alta la guardia.

Non c'era più nulla a distrarlo da se stesso e ciò che aveva provato e accumulato nel corso degli anni.

Quello che gli rimaneva, appena fuori da una gabbia improvvisamente aperta, era una spaventosa libertà in uno spazio infinito che temeva di non conoscere più, perché non riconosceva nemmeno se stesso.

La differenza tra un bambino prigioniero del passato e un uomo libero di vivere il suo futuro era immensa come l'oceano, salato come i fiumi di lacrime con cui Edward stava esorcizzando tutte le sue emozioni.




Roy decise di non rompere il quieto silenzio che accoglieva il momento di massima debolezza dell'Alchimista d'Acciaio, restò fermo ad accogliere quel piccolo, grande segreto che era certo fosse costato tutto il suo orgoglio.

Passarono la notte abbracciati, assaporando la novità di quel contatto e la consapevolezza che era finalmente sbocciata nel loro animo.

Finita... é davvero finita. Siamo liberi. Amestris é salva. L'umanità é libera di continuare a commettere i suoi errori, libera di cercare nuovi modi di rimediare, libera di continuare a prosperare o ditruggersi.

Ma la scelta spetta completamente a noi esseri umani, per la prima volta da molti secoli non siamo marionette inconsapevoli nelle mani di esseri mostruosi.

Possiamo vivere e morire per ciò in cui crediamo... e io
credo.

Nei miei uomini, negli ideali che mi hanno condotto fin qui, nel futuro che Amestris potrebbe avere se saggiamente condotta.


Nel ragazzo che ci ha liberati tutti e che sta qui accanto a me.

Iniziò cautamente a muovere una mano, posandola sul capo di Edward, che non protestò, troppo esausto per lo sfogo appena concluso e per il conseguente imbarazzo.

Non sarebbe stato così male vivere nell'oscurità, se in cambio avrebbe potuto tenere con sé il suo sole personale.

Fu quel pensiero a guidare le sue mosse successive.

In un'infinita sequenza di secondi sempre uguali uno si distinse dagli altri, spezzando l'incantesimo di stasi che li aveva tenuti immobili fino a quel momento: la mano di Roy si mosse, afferrando i capelli alla base della nuca di Edward, che aprì la bocca per protestare, emettendo uno strano verso a metà tra la sorpresa e l'indignazione, ma non fece in tempo a emettere una sola sillaba.

Si trovò le labbra chiuse da quelle del colonnello Mustang, senza possibilità di replica.



*****



-Ma che...-

Roy lo zittì prontamente ed egli ubbidì, troppo scioccato per allontanarlo bruscamente come avrebbe fatto con chiunque altro. 

Quel breve contatto si interruppe presto, troppo presto. Un pensiero che nacque spontaneo, ma l'ex Alchimista di Stato lo scacciò in malo modo. 

Si sforzò di restare lucido e analizzare la situazione, nonostante la vicinanza del corpo del colonnello lo stesse distraendo piuttosto efficacemente, come gli occhi neri dell'uomo, sbiaditi in uno spento grigio che però ammaliava l'oro dei suoi quanto le polle di oscurità che prima lo caratterizzavano.

Ad un analogo gesto, in un qualunque altro momento, Edward avrebbe reagito mollando un giustissimo calcio sinistro d'acciaio, ringhiando peggio di un cane; ma forse quella notte, complice la vicinanza che aveva cercato lui stesso per percepire un po' di calore umano dopo tutta quell'assurda lotta, poteva anche concedere al suo superiore quei gesti con cui gli stava sfiorando il viso e le labbra.

Il biondo ebbe l'impressione che il Colonnello stesse disegnando con le dita sul suo viso, come se stesse provando a memorizzare i suoi tratti tramite il tocco caldo dei polpastrelli. Fu per questo che non si scostò, quando i semplici tocchi vennero sostituiti da carezze con entrambi i palmi sulle guance un po' arrossate, tra i fini capelli biondi, sul collo e infine sulle spalle, che vennero strette con forza in un tentativo di abbraccio ancora più goffo dei precedenti.

Edward gli circondò istintivamente il collo con le braccia per evitare di cadere dal letto come reazione a quel brusco movimento, ritrovandosi letteralmente aggrappato all'uomo su cui era finito completamente disteso. Non che prima non lo fosse, ma dare libero sfogo alle sue emozioni aveva tenuto occupato gran parte del suo notevole cervello per fargli registrare effettivamente la loro posizione.

La sua mente divenne bianca per qualche secondo, rendendogli piuttosto difficile articolare più di qualche sillaba confusa per via del calore emanato da quel corpo che lo sosteneva, ma poi il suo cervello fu folgorato da una constatazione tanto illogica quanto veritiera.

Su questo letto c'é posto per uno solo, ma noi ci stiamo in due. Sfidiamo le leggi della fisica.

Da ottimo scienziato quale si riteneva, avrebbe dovuto giudicare quantomeno sciocco quanto aveva pensato, ma da semplice ragazzo che aveva appena scombussolato il proprio mondo credeva non fosse poi così sbagliato lasciarsi andare a certe considerazioni, se quelle ti facevano provare una tale dolce stretta al cuore.

-Dormi pure, Fullmetal, sarà il nostro segreto. Domani potrai riprendere a insultarmi e io ricomincerò a stuzzicarti, ma per stanotte, lascia che sia io a prendermi cura delle tue ferite. Meriti che qualcuno pensi a te, ogni tanto. E ti rendo noto che voglio essere io quel qualcuno. Oggi, domani...-

Il suo fisico ancora provato dalla recente battaglia e dalle notti insonni che aveva passato per vegliare sul debolissimo corpo di Alphonse cedette all'improvviso, facendolo cadere tra le braccia di Morfeo.

Ma furono altre mani a cullarlo nel mondo dei sogni, le stesse a cui si era abbandonato con incalcolabile fiducia, come un bambino tra le braccia della madre.

Insieme a quelle mani aveva affrontato dolori indicibili e ostacoli insormontabili, separati ma uniti, fino a che non si erano finalmente aggrappati l'uno all'altro in quella notte di resa.

Avevano attraversato insieme le ore più oscure del giorno ed erano sopravvissuti. E coloro che passano oltre certi tipi di prove e sofferenze, se non muoiono risplendono come oro, divengono brillanti come la luce dell'alba che spezza il manto di scuro velluto notturno.

Ma erano loro, adesso, a brillare di luce propria.

Erano loro l'alba che aveva illuminato il giorno e che avrebbe annunciato l'arrivo di ogni domani, perché l'oscurità non aveva soffocato la luce nei loro cuori.

Vincendo le vette più nere, chi possiede un cuore abbastanza forte da sopravvivere può sorgere su di esse, ponendo fine al loro perpetuo buio.

Abbiamo oltrepassato le cime più oscure e poiché siamo sopravvissuti... oltre di esse, sorgiamo.

Esattamente come il sole all'alba, che li colse ancora abbracciati su quel letto d'ospedale dove avevano messo a nudo i loro cuori.





Note finali:

Ed eccoci qui, alla fine di questa mini-long che mi ha fatta tanto penare. Giuro, è stato praticamente un parto, la storia ha cambiato direzione almeno una decina di volte prima di assumere questa forma che, lo ammetto, non mi convince del tutto. Ho sempre paura di finire OOC e questa volta temo proprio di essere caduta in questa trappola della scrittura.
Mi rendo perfettamente conto che i miei Roy e Edward di questa storia non sono esattamente coerenti con i caratteri originali, ma vorrei spiegarmi: siamo in un momento davvero molto particolare, alla fine di un'era, se vogliamo chiamarla così.
Il caro Colonnello ha perso la vista e si è ritrovato impotente durante la battaglia finale, senza più vista dovrà anche rinunciare al suo sogno di governare Amestris per proteggere tutti. Non ha ancora ricevuto la notizia per cui può guarire grazie al dottor Marcoh e alla pietra filosofale, per cui a mio parere potrebbe anche starci che abbia passato qualche giorno nella rassegnazione. Ricordiamoci che, nonostante il carattere forte, ne ha passate un bel po' e non sarebbe strano che gli ci volesse qualche tempo per riprendere la consueta forza.
Per quanto riguarda Edward invece, come ho cercato di spiegare in questo capitolo, si sente semplicemente esausto dopo tanti anni di ricerche per ridare il corpo al fratello, finite fortunatamente bene. Per un soffio, però. E a caro prezzo. Non che non lo rifarebbe altre mille volte, ma ha comunque dato via una parte di se stesso, credo ci stia che si senta un po' debole e disorientato. E il Colonnello è sempre stato una figura di riferimento importante per lui, anceh se non l'ha mai ammesso.
Che poi io l'abbia reso l'incipit per una storia romantica è un'altra storia ahahahahahaha!
Beh, che altro dire? Spero non sia uscita un completo disastro e ceh possa appassioanrvi almeno un po'!
Ringrazio profondamente Manto, che ha creato sul forum un contest talmente interessante da darmi almeno mille idee per la scrittura. Questa storia è tutta per te, mia cara <3
E ringrazio tutti voi, che siete arrivati fin qui, sperando di avervi lasciato qualcosa nel cuore.
Flos Ignis
 

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