Piume di drago

di shinepaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Casa ***
Capitolo 3: *** Vita al villaggio ***
Capitolo 4: *** Questioni di cuore ***
Capitolo 5: *** Nuvola - Parte prima ***
Capitolo 6: *** Nuvola - Parte seconda ***
Capitolo 7: *** I fiori dei sentimenti ***
Capitolo 8: *** Semplicità ***
Capitolo 9: *** Tu ***
Capitolo 10: *** Festoni di drago ***
Capitolo 11: *** Scontri (incontri) ***
Capitolo 12: *** Elettricità nell'aria ***
Capitolo 13: *** Il sapore della vittoria ***
Capitolo 14: *** Dove il mare incontra la notte ***
Capitolo 15: *** Alba ***
Capitolo 16: *** Piccoli passi ***
Capitolo 17: *** Sogni che diventano realtà ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Barcollava, stanco, fradicio e disorientato, sulla spiaggia sconosciuta. Non sapeva nemmeno lui dove stava andando. Sapeva solo che aveva tanto, tanto freddo.

Camminò per un po', lentamente, trascinando i piedi scalzi e dolenti sulla sabbia, finché non iniziò a scorgere in lontananza un villaggio. Allora raddrizzò la schiena, si fece forza ed allungò il passo, rincuorato.

Giunse all'entrata del villaggio, ma non fece in tempo a mettervi piede che degli uomini grandi e grossi sbucarono da chissà dove e lo immobilizzarono.

- Chi sei? Da dove vieni? E cosa vuoi? - gli chiesero bruscamente, mentre gli legavano le braccia dietro la schiena. Egli non rispose, spaventato e confuso.

Lo spintonarono lungo la strada, e le persone nelle case si affacciavano dalle finestre a osservare la scena. Le case erano graziose, più grandi e solide della sua. Chissà cosa ne era stato della sua casetta.

Arrivò un ragazzo della sua età dai capelli biondi e i penetranti occhi verdi, che li fermò.

- Be'? - disse, squadrandolo da capo a piedi.

- Non vuole parlare!

- Forse non capisce la nostra lingua - azzardò uno degli uomini. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

- Non mi sembra una minaccia. È davvero conciato male. Sarà sotto shock; lasciatelo andare - ordinò, e gli uomini obbedirono. In cambio ricevette un'occhiata colma di gratitudine.

- Capisco la vostra lingua. Mi chiamo Mira - disse Mira con un filo di voce, dopo essersi strofinato le braccia. Riprese a tremare, ora solamente di freddo e non più anche di paura. - Non sono qui per causare problemi.

Il biondo sconosciuto gli fece cenno con la testa di proseguire.

- Una tempesta si è abbattuta sulla mia isola, spazzando via tutto - spiegò Mira, percependo la testa dolere al sol pensiero. - Non mi ricordo null'altro. Mi son risvegliato sulla spiaggia, e credetemi, vorrei davvero tornare a casa.

Il ragazzo annuì.

- È troppo tardi, al momento, per riportarti a casa - lo informò, aggiungendo tra sé: se una casa ancora esiste. - Ci penseremo domani. Sarai stanco, e stai tremando. Vieni con me. Puoi passare la notte a casa mia.

Poi ringraziò e congedò gli uomini e iniziò ad avviarsi.

- Mi chiamo Leif - si presentò, girandosi a guardarlo con quei suoi penetranti occhi verdi. - Scusa per la pessima accoglienza. È raro che capitino forestieri da queste parti.

- Non fa niente - mormorò Mira.

- Spero non ti abbiano trattato troppo male e che il resto della tua permanenza sia piacevole - proseguì Leif. Sembrava gentile, nonostante il suo sguardo incutesse soggezione.

La casa di Leif era molto grande, più delle altre. La sua famiglia era composta dai genitori e la sorella maggiore. Quest'ultima era però fuori, gli disse Leif.

- Mamma, papà, lui è Mira. La tempesta di ieri l'ha fatto naufragare sull'isola.

I genitori di Leif avevano gli occhi verdi e penetranti come il figlio e gli stessi capelli biondi. Gli strinsero la mano con cortesia, senza particolare calore. Mira sentì una punta di nostalgia della propria famiglia farsi strada nel suo cuore.

Leif gli diede dei vestiti asciutti, prima di lasciarlo solo per permettergli di asciugarsi e cambiarsi.

Mira si affrettò a raggiungerlo appena pronto. Il ragazzo lo condusse nel luogo adibito a sala da pranzo. Sul tavolo di pietra la madre di Leif stava posando dei piatti ricolmi di pesce cotto e crudo.

- Domattina ti riporteremo a casa con i draghi - esordì Leif per rompere il ghiaccio, una volta che si furono seduti attorno al tavolo. Mira gli lanciò un'occhiata confusa.

- Con i draghi?

Leif e i suoi genitori gli donarono un'occhiata stranita.

- Sì, i draghi - rispose, inarcando un sopracciglio.

- I draghi - ripeté Mira, piano.

- Mira. Non hai mai visto un drago?

Timidamente, il ragazzo fece un cenno d'assenso. Leif scambiò un'occhiata incredula con i propri genitori.

- Nessuno sulla tua isola ha mai avuto un drago? - insistette.

Mira si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.

- Sull'isola vivevamo solo io, la mamma, il papà e la mia sorellina - spiegò, percependo per un istante le lacrime affiorargli agli occhi. - E il mio cane, Cocco.

- Vivevate? - domandò la madre di Leif, la quale stava, come il marito, seguendo la conversazione silenziosamente.

- Una notte di tempesta i miei genitori sono scomparsi - disse tristemente Mira.

- E cosa facevi tutto il giorno sull'isola, da solo? Senza un drago? - chiese Leif, stupito e curioso.

- Leggevo. Suonavo il flauto o ne intagliavo uno nuovo se si rompeva. Raccoglievo le noci di cocco. Pescavo. Giocavo con Cocco. Ascoltavo i suoni delle conchiglie. Stavo con la mia sorellina.

Leif annuì.

- Be', Mira... devi sapere che noi viviamo con i draghi. L'intero villaggio ci vive. Tutti hanno un drago; essi ci aiutano nei più disparati compiti, o semplicemente ci fanno compagnia. Ci sono draghi che controllano il fuoco, l'acqua e il ghiaccio, le piante, l'elettricità, l'aria. I draghi che controllano il fuoco non hanno paura di niente e di nessuno e possono essere molto aggressivi, ma anche leali e protettivi. I draghi che controllano l'acqua e il ghiaccio sono astuti e dispettosi. Quelli che controllano le piante sono i più mansueti; sono assai pazienti, ma non bisogna mai scambiarli per deboli. I draghi che controllano l'elettricità sono davvero imprevedibili. E per finire i draghi che controllano l'aria: sono dei giocherelloni con una forza incredibile - raccontò. - Noi, intendo, la mia famiglia, siamo dei Domadraghi. I nostri antenati sono stati i primi a domare i draghi di fuoco.

Gli mostrò l'interno del polso, il quale recava un tatuaggio d'una piuma rossa.

- Tutti i Domadraghi hanno questo simbolo, di colore diverso a dipendenza di ciò che controlla il drago - proseguì, prima di portarsi una mano al collo, al quale portava una collana di corda nera a cui era appesa una squama rosso-arancio, e sorridere con orgoglio. - Ogni Domadraghi, quando trova il proprio drago e riesce a domarlo, deve indossare una sua squama, un dente o un artiglio. Questa è una squama del mio drago, Rubino, che ho domato sei estati fa e che conoscerai domattina.

Mira si sfregò un polso da sotto il tavolo, indeciso se tacere o no. Perché anche lui, sullo stesso polso di Leif, aveva una piuma bianca tatuata.

In quel momento Leif si riscosse dai propri ricordi e il suo sguardo si posò sul proprio ospite; più precisamente sul suo collo, al quale portava un artiglio di drago bianco-giallastro.

- Ma... quello è un artiglio di drago! - esclamò. I suoi genitori si scambiarono un'occhiata e annuirono. - Tu... sei un Domadraghi?

Mira si grattò la testa.

- Non... non credo? Me l'ha regalato la mamma, questo - disse. Poi allungò il braccio sul tavolo, sul quale spiccava il tatuaggio dello stesso colore dell'artiglio.

Leif rivolse un'occhiata incredula ai propri genitori.

- Non ne ho mai vista una di un colore simile! - esclamò. Loro annuirono. - Mira! Sei un Domadraghi?!

- Ma io non ho mai visto un drago - reiterò Mira, con un pizzico d'imbarazzo.

- I tuoi genitori erano dei Domadraghi! Non può essere altrimenti! - affermò Leif, preso dall'entusiasmo. A quel punto il suo ospite iniziò a piangere, prima piano e poi sempre più rumorosamente, come un bambino: la stanchezza, la preoccupazione per la propria famiglia, la paura presa e ora tutte quelle ipotesi con cui stava venendo bombardato gli avevano provocato un crollo emotivo.

- Leif. Sarà stanco. Lascialo riposare - disse suo padre. Tentennando, il figlio si alzò per accompagnare Mira nella propria camera, in cui gli aveva preparato un letto. Il ragazzo si aggrappò alla sua maglia, singhiozzando, e non si staccò nemmeno una volta entrati in camera.

Leif si sedette sul proprio letto e gli passò un braccio attorno alle spalle a mo' di abbraccio, e così rimase finché Mira non si fu calmato.

Mentre piangeva ebbe modo di osservarlo meglio: aveva i capelli rossicci, un po' mossi verso le punte, gli occhi grandi e dolci, blu mare, il viso spruzzato di lentiggini e la pelle dorata dal sole.

- Va meglio? - domandò, staccandosi imbarazzato.

- Sì. Scusami. Sono un po'... ecco... stravolto - farfugliò Mira.

- Immagino.

Una volta assicuratosi che stesse bene, Leif gli fece promettere di svegliarlo per qualunque esigenza e gli augurò la buonanotte. Non appena toccò il letto, Mira sprofondò nel sonno. Sognò la propria isola, la propria casa e la propria famiglia, con l'unica differenza che, al posto di Cocco, c'era un draghetto bianco.


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Capitolo 2
*** Casa ***


Il mattino seguente Mira si svegliò presto ma ben riposato. Era un po' intimorito all'idea di trovarsi per la prima volta faccia a faccia con un drago, però al contempo non vedeva l'ora di tornare a casa.

Si girò a guardare Leif, e lui si voltò di scatto e spalancò gli occhi, prima di sospirare.

- Scusa. Non sono abituato a dormire con altre persone - bisbigliò.

- Hai i sensi di un drago - constatò Mira con un sorriso. Leif ricambiò il suo sorriso, rilassandosi.

- Buongiorno - disse, concedendosi di sorridere ancora per qualche istante. Si sentiva stranamente a proprio agio con Mira, nonostante l'avesse conosciuto solo la sera prima.

Per un attimo si guardarono, lentamente, con calma e curiosità. A volte i loro occhi s'incrociavano e si sfuggivano, e ancora s'incrociavano, e Mira arrossiva e abbozzava un timido sorriso.

E Leif comprese, ma non comprese davvero.

Si alzarono e si sciacquarono la faccia, dopodiché andarono a far colazione. C'era della frutta fresca e la madre di Leif stava scaldando dell'acqua con delle erbe aromatiche, aiutata da un buffo draghetto nero carbone con gli occhi enormi e le nuvolette di fumo che gli uscivano dalle narici.

- Si chiama Carbonello - disse Leif a Mira che fissava la creatura con meraviglia, affascinato. - Ci aiuta in cucina. È un po' tonto, ma è molto affettuoso. Si offende se non gli dai qualcosa di buono quando ti aiuta.

- Posso accarezzarlo?

Il giovane Domadraghi ridacchiò.

- Aspetta che si raffreddi. Ti scotteresti, altrimenti.

Si sedettero a mangiare.

- Anche il tuo drago è come lui? - domandò Mira, incuriosito. Leif rise.

- Rubino è enorme, rispetto a Carbonello. Potrebbe mangiarselo in un sol boccone e avrebbe ancora fame! Ma per fortuna i draghi addomesticati non si cibano di altri draghi e soprattutto non di umani. Sono abituati a mangiare qualunque cosa commestibile diamo loro.

Terminato di far colazione i due ragazzi salutarono la madre di Leif e uscirono, non prima però di aver recuperato i vestiti asciutti di Mira.

Appena usciti di casa Leif emise un potente fischio e, dal retro dell'edificio, un gigantesco drago rosso spiccò il volo e atterrò di fronte a loro.

Era enorme, come lo aveva definito il suo domatore. Era magro e slanciato, ben proporzionato, con un muso lungo e appuntito e un paio d'ali grandissime; le zampe erano relativamente corte, munite di artigli affilati, e la coda andava assottigliandosi verso la punta. Aveva gli occhi gialli con le pupille allungate e uno sguardo fierissimo.

Leif gli carezzò il collo e la testa come avrebbe fatto con un cane.

- Mira, lui è Rubino, il mio drago. Rubino, ti presento Mira.

Poi scomparve in casa, lasciandoli soli, e Mira pregò che il drago non decidesse che gli andava un assaggio di carne umana.

- Non c'è molto da mangiare, qui - sussurrò, mostrandogli le braccia magre. Rubino lo fissò e il ragazzo constatò che aveva lo stesso sguardo penetrante di Leif. Tale drago tale domatore, si ritrovò a pensare, e ciò lo fece sorridere.

Tornò Leif, reggendo una specie di sella per draghi. La sistemò su Rubino come se stesse bardando un cavallo e poi gli ordinò di andare ad aspettarli in spiaggia. Il drago volò via.

- Perché l'hai mandato via? - chiese Mira, un poco sollevato.

- Ci aspetterà in spiaggia. Non andremo da soli; prima devo chiedere a Yorick se ci accompagna - spiegò Leif. - Yorick è un Domadraghi d'aria ed è molto disponibile.

Camminarono in silenzio per un po'. Il villaggio era già sveglio e le persone per le strade e dalle finestre non mancavano di salutare Leif.

- Tutti si conoscono, ma solo i Domadraghi sono conosciuti anche al di fuori dell'isola, in altre isole. Ad ogni cambio di stagione tutti i Domadraghi delle isole si disputano in varie competizioni con i loro draghi. Chi vince si porta a casa delle scorte per la propria isola da parte delle altre isole - Leif non riuscì a sopprimere un sorrisetto. - Siamo un'isola ricca, ma in questo periodo più di altre.

Salirono su una collinetta, sulla quale sorgeva un'unica casa. Un ragazzo era seduto sul tetto e fece loro un cenno di saluto, sorridendo.

- Ciao, Leif! E ciao anche a te, zuccherino! - gridò, prima di lasciarsi scivolare giù e buttarsi nell'aria. Mira si portò una mano alla bocca.

Un istante dopo Yorick sghignazzava aggrappato al collo del proprio drago, grande quanto Rubino e forse più lungo, di color verde acqua molto tenue.

Leif sbuffò.

- Sempre a dare spettacolo, tu... - borbottò. Yorick atterrò con un balzo davanti a loro, insieme a Lutfi, il suo drago.

- Io sono Yorick! - si presentò entusiasta, stringendo la mano a Mira e ignorando l'amico. - E tu come ti chiami, zuccherino? Non ti ho mai visto.

- Mira - rispose lui timidamente.

- Che bel nome!

- Sì, sì, ora basta con i convenevoli - intervenne Leif. - Mi puoi accompagnare, Yorick? Mira deve tornare sulla sua isola.

- Di già? Che peccato - commentò il Domadraghi d'aria, facendo l'occhiolino a Mira. - Ti ho appena conosciuto e già te ne vai, zuccherino.

Mira arrossì.

- Yorick! - lo richiamò Leif, scocciato. - Guarda che vado a chiedere a Elin, altrimenti.

- E strappare la principessa al suo sonno di bellezza? Non sia mai! Andiamo. Monti su con me, zuccherino? O con Fuocherello?

- Viene con me - rispose per lui Leif, secco. Yorick rise, e i suoi occhi grigi luccicarono.

- Non l'ho chiesto a te, Fuocherello, ma allo zuccherino. Mira?

Mira annuì.

- C-con... con Leif - confermò. Il Domadraghi d'aria gli sorrise, dopodiché andò a prendere la sella e la mise al proprio drago.

- Ci vediamo in spiaggia, piccioncini! - disse, montando su Lutfi e spiccando il volo.

Leif scosse la testa.

- Yorick dice un sacco di sciocchezze - sbuffò. Mira sorrise timidamente.

- A me è sembrato divertente.

- Fa quel trucchetto ogni santa mattina - borbottò Leif, scuotendo nuovamente il capo, contrariato. - Ogni mattina.

Si avviarono verso la spiaggia.

- Chi è Elin? - chiese Mira, rompendo il silenzio. Per un istante Leif non rispose, contraendo la mascella.

- Una Domadraghi d'acqua - disse solamente.

- Perché Yorick l'ha chiamata 'principessa'?

- Perché è molto bella - spiegò spicciamente. Mira non insistette.

Yorick li aspettava sulla spiaggia con Lutfi e Rubino. Dei bambini lo guardavano da lontano e bisbigliavano tra loro che da grandi sarebbero diventati dei Domadraghi come quel ragazzo.

- Adesso saliremo su Rubino. Tu tieniti forte a me e non avrai nulla da temere - bisbigliò Leif all'orecchio di Mira. Lo aiutò ad issarsi sul drago, prima di sistemarsi davanti a lui. Mira gli avvolse le braccia attorno alla vita e si premette contro la sua schiena.

I draghi si alzarono in volo con calma.  Mira appoggiò la testa sulla spalla di Leif, chiuse gli occhi e inspirò a fondo, dopodiché li riaprì.

Il cielo era azzurrissimo e, se si fossero spinti più in alto, Mira pensò che avrebbe potuto toccare le nuvole.

Volare gli parve bellissimo.

- Dimmi quando vedi la tua isola! - disse Leif, strappandolo dai suoi pensieri.

- Okay!

Non dovettero volare molto.

- Puoi abbassarti? - domandò Mira, scorgendo un lembo di terra ferma. Si avvicinarono e a Mira venne un groppo in gola: un tronco di una palma da cocco galleggiava non poco distante da alcuni mobili. Metà della sua isola, che grande non era, era ora sommersa e non v'era traccia d'anima viva.

- È questa? - chiese Leif, ma non ebbe bisogno di risposta, perché il singhiozzo che sfuggì a Mira fu più che eloquente.

Si rialzarono.

- Yorick, va' in perlustrazione ancora per un po' - ordinò il Domadraghi di fuoco. - Riporto Mira a casa.

Yorick non commentò che Mira non aveva più una casa; si limitò ad annuire, anche se avrebbe voluto tornare all'isola con loro per consolare Mira.

- Tieni gli occhi aperti, nel caso dovessi scorgere un cane e una bambina - concluse Leif. Si allontanarono. Mira piangeva disperatamente contro la sua schiena.

Il viaggio di ritorno all'isola fu più breve di quello di andata.

- Mi dispiace - disse Leif, una volta che ebbero smontato. Mira affondò il viso nel suo collo e continuò a singhiozzare. Il Domadraghi, dopo un istante di esitazione, lo abbracciò.

Quando Mira si fu calmato, s'incamminarono verso il villaggio.

- Puoi vivere qui - azzardò cautamente Leif. - Mia sorella non torna praticamente mai a casa, puoi stare nella sua stanza... i miei genitori capiranno! Puoi pescare... e ci sono tanti lavori che puoi fare. Ti farò conoscere gli altri Domadraghi, sono tutti simpatici come Yorick. E... e... puoi avere un drago, se ne vuoi uno, e posso portarti alle competizioni dei Domadraghi...

Mira si fermò e lanciò un'occhiata sconsolata al ragazzo.

- Non credo di avere altre possibilità - mormorò, e Leif si sentì stupido.

- Sì... scusa.

Una volta a casa Leif aggiornò la madre sulla situazione di Mira, ed ella acconsentì a lasciargli la stanza della figlia maggiore.

- Vieni. Ti mostro la tua stanza.

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Capitolo 3
*** Vita al villaggio ***


La stanza di Artemisia, la sorella di Leif, era uguale a quella del fratello, anzi, più spoglia: non c'era alcun disegno di draghi o fiori alle pareti.
- Adesso è tua, puoi personalizzarla come vuoi. A mia sorella non importerà - aveva detto Leif.
Mira sospirò piano, tirandosi a sedere sul letto. Non appena si fosse alzato, sarebbe iniziato il suo primo giorno da abitante dell'isola.
Si passò una mano fra i capelli, indeciso se andare a sbirciare nella camera di Leif per vedere se era sveglio o aspettare che fosse lui a venire a dargli il buongiorno.
Rammentò i sensi ultra-sviluppati del ragazzo e decise di non spaventarlo come il giorno prima.
Chiuse gli occhi, immaginandosi di essere nella propria stanza, a casa, anche se ora era quella la sua casa. Per un istante si concesse di sognare di venir svegliato dalla sorellina, di raggiungere i loro genitori che stavano facendo colazione fuori.
- Buongiorno - disse Leif, dopo aver bussato gentilmente sulla parete.
- Buongiorno - replicò Mira, riaprendo gli occhi e abbozzando un sorriso. Era inutile perdersi nei ricordi. La sua nuova vita era lì, ora, e stava per cominciare.
Un angolo della bocca di Leif s'incurvò timidamente all'insù.
- Sei pronto? Oggi ti faccio conoscere gli altri e ti porto a fare acquisti: avrai bisogno di vestiti, soprattutto vestiti che non prendano fuoco facilmente. Non si sa mai, con i nostri draghi in giro per casa.
Mira annuì e si alzò. Insieme andarono a fare colazione e, quando entrarono in cucina, Carbonello gli mordicchiò una caviglia.
- È il suo modo di salutarti - spiegò il giovane Domadraghi, abbassandosi ed emettendo un suono buffo all'indirizzo del draghetto. La creatura gli rispose con un verso simile, agitando la coda.
- Anche Cocco faceva così... - mormorò Mira con nostalgia.
Uscirono. Leif gli mostrò il fruttivendolo, il pescivendolo e il macellaio, poi si fermò davanti a un edificio da cui sbucavano piante ovunque.
- Questo, come puoi vedere, è un negozio di erbe e piante. È gestito da Rorik, il Domadraghi delle piante, naturalmente. Vieni, entriamo.
Rorik era alto e robusto, aveva la pelle scura e i capelli di un castano molto scuro. Si stava affaccendando attorno ad un bancone, aiutato da tre draghetti, e non appena li vide sul suo volto sbocciò un sorriso, che gli illuminò anche gli occhi color cioccolato.
- Ciao - li salutò. La sua voce era gentile e profonda.
- Ciao, Rorik - replicò Leif.
- Come state?
- Bene.
Il suo sguardo si spostò su Mira e il ragazzo annuì.
- Bene anch'io - si affrettò a rispondere. - Mi chiamo Mira.
- Piacere di conoscerti, Mira - disse Rorik, prendendogli una mano tra le proprie.
- Mira viene da un'isola distrutta dall'ultima tempesta e da oggi vivrà qui - lo informò Leif. - Gli sto mostrando il villaggio e presentando i Domadraghi.
Rorik sorrise con compassione.
- Mi dispiace per la tua isola, Mira. Benvenuto al villaggio.
- Grazie.
- Hai ancora bisogno di un assistente, Rorik? - domandò poi Leif. Il Domadraghi delle piante annuì. - Mira, potresti dare una mano al negozio con Rorik, se ti va.
- Prenditi il tempo che ti serve per ambientarti e pensarci - replicò Rorik con indulgenza, prima di rivolgersi ai draghetti. - Alberello, Fiore, Foglia, torniamo al lavoro. Grazie della visita, Leif. È stato un piacere conoscerti, Mira! Ci vediamo in giro.
E sparì nel retrobottega, seguito da Alberello, Fiore e Foglia.
- Il suo drago, Bosko, dorme là dietro - spiegò Leif, indicando il retrobottega. Uscirono dal negozio e proseguirono il giro del villaggio.
Leif gli presentò Lynae, la Domadraghi dell'elettricità e la ragazza di Rorik; era di bassa statura e aveva corti capelli neri, un viso gentile e il carattere vivace. Stava meditando con il proprio drago, una femmina giallo brillante chiamata Illiya, ma s'interruppe immediatamente non appena avvertì la loro presenza.
- Andiamo alla cascata, adesso - disse Leif.
- A conoscere... Elin? - chiese Mira. Il Domadraghi annuì.
- Hai una buona memoria - lo lodò.
La cascata precipitava in un lago, nel quale una ragazza stava facendo eseguire alcuni trucchi al proprio drago, una creatura gigantesca di color azzurro tenue e gli occhi di ghiaccio.
- Elin! - gridò Leif, per sovrastare il fragore della cascata. La ragazza si voltò nella loro direzione, tuttavia rimase nell'acqua. Leif sospirò, dopodiché tese una mano a Mira. - Vieni. Dovremo bagnarci un po'.
Egli afferrò la sua mano e lo seguì nell'acqua, lasciandosi tirare dal biondo che avanzava sicuro.
Elin era molto bella, come aveva detto Leif il giorno prima: aveva lunghi capelli biondo crema e gli stessi occhi azzurro ghiaccio del proprio drago.
Li squadrò rapidamente, soffermandosi sulle loro mani unite. Leif mollò la presa.
- Leif - lo salutò freddamente la Domadraghi.
- Ciao, Elin - replicò lui, con uno strano tono. C'era tensione nell'aria, e Mira si chiese perché.
Leif proseguì col ripetere che stava mostrando il villaggio e presentando i Domadraghi a Mira, il quale ora era un abitante dell'isola, come aveva detto a Rorik e Lynae.
Elin annuì, senza alcun particolare interesse.
- Piacere di conoscerti. Ora, se non vi dispiace, io e Marat abbiamo da fare - li congedò. Ai due non restò che andarsene.
- Quando impari a conoscerla, è una ragazza fantastica - lo rassicurò Leif, mentre lo portava alla bottega dei vestiti.
La proprietaria, una signora cicciottella di mezz'età, li aiutò ad asciugarsi col proprio drago di piccola taglia.
- Come posso aiutarti, Leif? - domandò in seguito. - Hai bisogno di una nuova tenuta da competizione?
Il ragazzo scosse la testa.
- No, non sono qui per me, ma per Mira. La sua isola è stata spazzata via dall'ultima tempesta e da oggi vivrà qui, e avrà bisogno di vestiti a prova di drago - spiegò. La donna, il cui nome era Belle, fece un energico cenno d'assenso con la testa.
- Ti mostro subito tutto ciò che potrebbe fare al caso tuo, caro - asserì, dopo averlo studiato brevemente. Tornò qualche istante più tardi con una montagna di vestiario.
Leif stilò una lista di ciò di cui avrebbe avuto bisogno e la espose a Mira, invitandolo a provare qualunque capo gli piacesse.
Una volta soddisfatti, Belle infilò i vestiti in un sacco e li consegnò al loro nuovo proprietario. Leif pagò per lui.
- Prendilo come un regalo di benvenuto - disse, abbozzando un rapido sorriso.
- Torniamo a casa, adesso? - chiese Mira.
- Prima volevo portarti da un'altra parte, non ci metteremo molto - rispose Leif con fare misterioso. E lo portò in una bottega specializzata in attrezzatura per draghi e Domadraghi.
Mira si guardò attorno, affascinato: c'erano esposte selle come quelle che aveva visto Leif e Yorick utilizzare, delle bottiglie contenenti un liquido per lucidare le squame, dei profumi calmanti. E poi corde, coltelli, guanti, calzature speciali per Domadraghi.
Leif si rivolse al proprietario del negozio e gli chiese qualcosa. Egli se ne andò e tornò con dei coltellini che mise sul bancone.
- Ti piace intagliare il legno, vero? Scegline uno - disse il Domadraghi. Mira si avvicinò e li osservò; attaccato al manico c'era un cartellino col prezzo. Scelse il più economico e lo indicò a Leif, il quale scosse il capo. - Non badare al prezzo. Scegli quello che ti piace, Mira.
Il ragazzo obbedì e prese quello che più assomigliava al coltellino che aveva ricevuto in regalo dal padre, molto tempo addietro.
- Buona scelta - lo lodò Leif, prima di pagare. - Ora possiamo andare a casa.
- Grazie per tutti i regali - disse piano Mira, arrossendo, mentre tornavano a casa.
- Spero di aver rimediato alla pessima accoglienza dell'altra sera - borbottò Leif. Mira sorrise.
- Me ne sono già dimenticato - lo rassicurò. Il Domadraghi si concesse un sorriso.
Entrati in casa, Mira andò a cambiarsi e a riporre gli altri vestiti nell'armadio, mentre Leif andò a salutare il proprio drago.
Si ritrovarono poco dopo, e il biondo si offrì di accompagnarlo a cercare del legno da intagliare. Poi, quando l'ebbero trovato, si sedette accanto a Mira a osservarlo.
Era bello, tutto concentrato, con indosso i vestiti che gli aveva comprato. Gli donavano.
Era bello.
Ed era bravo, apprese non molto più tardi. Suonava benissimo.
Glielo disse.
- Suoni benissimo, Mira.
Lui arrossì, balbettando un ringraziamento.
Era carino.
Leif si soffermò sulla sua bocca, e poi sul movimento delle sue dita.
- Hai mai intagliato qualcos'altro, oltre ai flauti? - gli domandò.
- No, ma ci potrei provare.
- Secondo me saresti bravo. Qua attorno c'è parecchia legna, puoi prenderla. Vado a fare un giro con Rubino. Ci vediamo a casa.
E se ne andò. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, anzi no, di non pensare a nulla. E sul dorso di Rubino era il posto migliore per svuotare la mente.


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Capitolo 4
*** Questioni di cuore ***


Mira viveva ormai da parecchio tempo al villaggio e s'era ambientato senza problemi. Era diventato bravissimo a intagliare statuine di drago, ma anche di altri animali e persone. Con Leif ne vendeva alcune nei giorni di mercato.
Quando non intagliava o pescava, lavorava come assistente di Rorik. Stava ancora imparando a riconoscere le piante, tuttavia il Domadraghi era un insegnante molto paziente.
- Leif ed Elin... - esordì un giorno Mira, mentre riordinava le erbe sugli scaffali, aiutato da Alberello, Fiore e Foglia.
Rorik alzò lo sguardo dal foglio su cui stava scribacchiando e gli lanciò un'occhiata interrogativa.
- Non sono in buoni rapporti? Ogni volta che s'incontrano... c'è più elettricità tra di loro che nel corpo di Illiya.
Il Domadraghi si grattò il mento e sospirò piano.
- Elin è la ex ragazza di Leif - disse, appoggiandosi al bancone. Chiuse gli occhi per un istante, come se stesse riflettendo. - Leif era... super innamorato di lei. E lei gli ha spezzato il cuore.
Mira provò una fitta di pena per il Domadraghi di fuoco. Povero Leif, pensò.
- Povero Leif - sussurrò, dispiaciuto. Rorik annuì.
- È stata molto dura per lui... - esitò, quasi incerto se tacere o proseguire. - Ma tu sei stato una ventata di novità, per tutti ma soprattutto per lui. Da quando sei arrivato sembra essersi ripreso un po'.
Il ragazzo arrossì.
- Oh - replicò, contento. Rorik sorrise con indulgenza.
- Hai finito con quelle? Andiamo a parlare fuori, è una bella giornata.
Si spostarono nel retrobottega, dove Bosko sonnecchiava pacificamente. Il suo domatore si sedette con la schiena contro il suo ventre, invitando il proprio assistente a sistemarglisi vicino.
Mira obbedì senza esitazione; non provava più alcun timore nei confronti dei draghi. Si era affezionato a Carbonello, che tanto gli ricordava il suo Cocco, aveva stretto amicizia con Alberello, Fiore e Foglia e spesso Leif gli chiedeva di dargli una mano a lucidare Rubino e a volte perfino a controllargli i denti.
Dal canto loro, anche i draghi dimostravano di trovarsi a loro agio con Mira, anche se era la prima volta che lo incontravano.
- E... tu e Lynae? State da tanto insieme? - s'azzardò a domandare. Rorik sorrise ulteriormente.
- Sì, da poco dopo che Leif ed Elin si mettessero insieme. Sono durati parecchio, ma...
- Ma?
- Era quasi prevedibile che si lasciassero. Voglio dire, Elin è una Domadraghi eccezionale, come Leif, ma la sua priorità è sempre stata Marat. Quando stava con lei, per Leif esisteva solo Elin. Non ho assolutamente nulla contro il rendere il proprio drago una priorità, anche Artemisia l'ha fatto ed è l'unica compagnia di cui ha bisogno, dico solo che non avrebbe dovuto illudere Leif... - Rorik scosse il capo e sospirò. - E tu, Mira? Sei mai stato innamorato?
Il suo assistente arrossì violentemente.
- I-io? N-no, non credo...
Il Domadraghi ridacchiò, intenerito.
- Non dico di qualche bella ragazza... o bel ragazzo. Anche perché se sulla tua isola ci abitavi solo tu con la tua famiglia... no, dico... della vita. Delle onde che si rinfrangono sulla sabbia, del sole che ti accarezza il viso all'alba, della brezza tra i capelli, di essere vivo.
Mira si fermò un istante a riflettere.
- Allora credo di sì - rispose timidamente. - Dopo aver perso tutto, ho perso un po' anche di quell'amore per la vita. Ma mi innamorando di nuovo, lentamente, con ogni giorno che passa, ed è anche grazie a voi.
Ogni mattina Leif lo accompagnava al negozio e, ogni sera, veniva al negozio e tornavano a casa insieme. Gli piaceva tanto quella routine. Gli piaceva tanto rivederlo, dopo una giornata passata senza di lui, e adorava ascoltare le sue storie di ciò che aveva fatto con Rubino, dei posti che aveva visto dal suo dorso.
Gli piaceva.
Ma gli era difficile comprendere quei sentimenti, non avendoli mai provati prima. Non era completamente cosciente del fatto che stessero germogliando nel suo cuore.
Rorik sorrise di nuovo e si alzò, tendendogli una mano per aiutarlo.
- Vieni. Ti do il compenso di oggi.
Insieme a un sacchetto di monete gli sistemò tra i capelli un fiore bianco con delle striature arancioni.
- È il preferito di Leif - asserì, facendogli l'occhiolino. - Io non ti ho detto nulla, però. Sono sicuro che, se t'intrattieni un po' a fare qualcosa che non richieda particolari movimenti, non riuscirà a trattenersi dal farti un ritratto.
Mira gli rivolse uno sguardo confuso, ma tacque.
- Non c'è bisogno che ti prenda cura di questo fiore. Alcuni fiori crescono da soli - Rorik rise sommessamente, enigmatico. - Quando vedrai che inizia ad appassire, brucialo. Ha un profumo celestiale.
Leif lo aspettava fuori dal negozio come sempre e, quando uscì, lo osservò a lungo.
- Sei... carino, con quel fiore - gli disse, avvampando un poco.
Quella sera, quando Mira si mise a suonare il flauto, il Domadraghi tirò fuori carta e carboncino e gli fece un ritratto, come aveva previsto Rorik.
- Che disegni di bello? - gli chiese timidamente, sbirciando il suo foglio.
- Te.
Mira arrossì e si avvicinò un poco al ragazzo per vedere meglio. Leif terminò di aggiungere le ombreggiature e posò il carboncino.
- Ti piace?
- Sì. Sei molto bravo a disegnare.
- Te lo do, se lo vuoi.
Mira scosse la testa.
- Tienilo tu. Potresti... appenderlo con gli altri - propose cautamente. Leif lo guardò per un lungo istante e poi si aprì in un sorriso.
- Lo appenderò. Lo appenderò... vicino a quello di Rubino.
- Sono così importante? - scherzò Mira. Il Domadraghi arrossì e rise nervosamente.
Calò il silenzio, e Mira si diede dell'idiota per aver rovinato l'atmosfera. Tanto vale che la rovini definitivamente, pensò.
- Hai mai disegnato... Elin? - domandò. Leif gli scoccò un'occhiata stranita, irrigidendosi.
- Elin? Che c'entra Elin?
- N-niente... R-rorik mi ha detto che era molto importante per te, m-ma... ma non ti arrabbiare con lui! Gliel'ho chiesto io di parlarmene!
Leif pareva sul punto di sprizzare fiamme come Rubino.
- S-scusa - balbettò Mira, spaventato. - È c-colpa mia, mi dispiace, non avrei dovuto chiedere! Mi dispiace!
Il Domadraghi poggiò una mano sul letto, dove il ragazzo era seduto, e avvicinò il viso al suo fino quasi a sfiorare la sua bocca. Nonostante la rabbia, il suo respiro era controllato, al contrario di quello di Mira che era accelerato.
- Perché sei così curioso di sapere di me? - chiese a bassa voce. Mira percepì le guance andargli a fuoco e il cuore battergli impazzito. Non aveva mai guardato Leif così da vicino, ed era pericolosamente bello.
- P-perché voglio conoscerti meglio! - rispose di getto. Leif sorrise, ma solo per un istante, perché un secondo dopo la sua espressione tornò neutra e si allontanò.
- Allora chiedi a me, non agli altri - lo rimproverò. - E meno male che hai chiesto a Rorik e non a Yorick...
Mentre parlava appese il disegno vicino a quello di Rubino, come aveva detto.
- Di me ed Elin non c'è nulla da dire - proseguì. - Avrei dovuto saperlo: acqua e fuoco non possono stare insieme.
Sembrava così deluso. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma temeva di venir respinto.
- Mi dispiace - sussurrò. - Sarà meglio che... buonanotte.
E si alzò, non volendo fare altri danni. Leif lo bloccò, afferrandolo per un polso.
- Mira... - esitò, prima di arruffargli i capelli. - Buonanotte.
Lo lasciò andare. Mira entrò nella propria stanza e si afflosciò contro la parete, cercando di calmare il battito del proprio cuore che non voleva saperne di rallentare.
Nella propria camera, Leif si portò una mano al viso e si toccò le labbra. Cosa... volevo fare, prima?, si domandò.
Quando s'infilò sotto le coperte ancora non aveva trovato una risposta. Nella sua mente c'era spazio solo per Mira, Mira che quella sera era troppo carino con il fiore tra i capelli, Mira che s'interessava alla sua vita sentimentale, Mira che voleva conoscerlo meglio.
Si coprì il volto con entrambe le mani.
- Mira - bisbigliò.


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Capitolo 5
*** Nuvola - Parte prima ***


Non tornarono più sull'argomento Elin, né parlarono dei loro sentimenti. Ma a volte, solo a volte, Leif si concedeva di essere vulnerabile in presenza di Mira, e di mostrargli qualche pezzo di sé.
Quella sera, a seguito di una giornata come tante altre, i due ragazzi uscirono a fare una passeggiata sulla spiaggia.
- Mira - esordì Leif, e il suo tono così serio gli fece venire in mente i più disparati pensieri.
Mira, anche io voglio conoscerti meglio. Voglio conoscere il sapore della tua bocca, la morbidezza delle tue labbra sulle mie...
No, no, quello era un suo pensiero.
Aspetta, cosa?
Sì, era vero. Da quella sera ci pensava spesso.
Mira, devi ripagarmi tutti i regali che ti ho fatto e devi trovarti una casa il più presto possibile.
Questo lo preoccupava un po'. Aveva messo da parte dei soldi, ma non erano molti. Di sicuro non abbastanza per ripagare i suoi regali e per permettersi una casa. Non voleva approfittare della sua accoglienza per sempre, però.
Mira, io sono ancora follemente innamorato di Elin.
Gli avrebbe fatto piacere che si confidasse con lui, che si fidasse tanto, eppure allo stesso tempo quell'ammissione gli avrebbe fatto male, non sapeva bene perché.
Mira, Mira, Mira, dovresti essere più onesto con te stesso.
- Sai... vivi qui da un po', ormai. Se davvero sei un Domadraghi, come darebbe da far pensare la piuma sul tuo polso, allora dobbiamo trovarti un drago.
Mira sgranò gli occhi, sollevato e deluso al tempo stesso, e un po' sorpreso. A quello non aveva assolutamente pensato.
- E-eh?
- Anzi, il tuo drago ti deve trovare.
Mira si fermò, confuso come non mai. Leif lo osservò e poi ridacchiò.
- Sediamoci qui - disse, lasciandosi cadere sulla sabbia. Il ragazzo obbedì, sedendosi accanto a lui. Le loro gambe si toccarono. - Mira, ci sono tanti draghi selvatici. Un Domadraghi può domare molti draghi, prima di trovare il proprio. Prima che lui lo trovi. Può anche scegliere di accontentarsi di un drago a cui è affezionato, sebbene non sia il suo drago destinato. Ma è raro.
- Come faccio a capire qual è il mio drago?
- Lo capisci e basta. Te lo senti. E anche lui lo sente.
Mira annuì.
- Mi aiuterai? - chiese timidamente. Leif esibì un sorrisetto.
- Sì e no. Ti insegnerò un po' di cose sui draghi, ma dovrai domarlo tu. Io non ti potrò aiutare, sarai tu a dovergli dimostrare che sei un domatore degno di lui.
- Non credo di voler davvero un drago - mugugnò il ragazzo, preoccupato. Il Domadraghi ridacchiò di nuovo e gli arruffò i capelli.
- Ti renderò un Domadraghi con i fiocchi, Mira. Dovrai lavorare duramente, ma non avrai nulla da temere.
- Ma Leif... e se io non fossi affatto un Domadraghi?
- Lo diventerai - affermò divertito il biondo. La sua mano sostò tra i capelli dell'amico.
Leif si ritrovò impossibilitato a distogliere lo sguardo da Mira, dai suoi occhi in cui si riflettevano le stelle, dal suo viso dolce illuminato dalla luna.
Deglutì. Credeva che Elin avesse spento il suo fuoco, ma quel ragazzo l'aveva fatto divampare e ardere di nuovo.
- Torniamo a casa - disse, a malincuore. - Domani si terrà la tua prima lezione, quindi dovrai essere ben riposato e in forma.
***
Il giorno dopo, con l'aiuto degli altri Domadraghi (i quali si dissero contenti d'essere d'aiuto, a parte Elin che non commentò), Leif gli insegnò a riconoscere le orme dei draghi.
- Guarda sempre dove cammini - gli disse. - E tieni le orecchie aperte.
Gli insegnò a riconoscere i versi dei vari draghi, poi con Rubino gli mostrò come interpretare il linguaggio del corpo.
- Dimmi, cosa significa questo movimento della coda? E quel gesto che fa con la testa?
- È... irritato?
Leif rise. Aveva una risata meravigliosa.
- No, vuole giocare. Vedi che i suoi occhi sono belli aperti? Se fosse irritato o arrabbiato, li socchiuderebbe.
Mira sospirò, rassegnato.
- Se finisco mangiato da un drago, sappi che ti ho voluto bene - disse in tono melodrammatico. Il Domadraghi gli accarezzò i capelli, come spesso faceva. Un'abitudine che a Mira non dispiaceva affatto.
- Ti voglio bene anch'io, Mira - replicò affettuosamente. Per un istante si guardarono, arrossendo nello stesso momento.
Leif lo attirò in un abbraccio per nascondere il proprio imbarazzo, ma ciò fece solamente aumentare il battito del suo cuore.
Era consapevole di provare di più di semplice affetto per Mira.
***
Nei giorni seguenti Mira imparò come immobilizzare un drago, come evitare un attacco, dove colpire un drago per distrarlo senza ferirlo seriamente e farlo arrabbiare, perché un drago ferito e arrabbiato è un drago pericoloso, e imparò dove colpirlo per ucciderlo, ma solo in caso di estrema necessità.
- Non siamo cacciatori di draghi, Mira. Li domiamo, ma non li uccidiamo. Mai - aveva detto Leif, serissimo, mentre accarezzava Rubino. - E loro ci proteggono e ci sono fedeli per tutta la vita.
- E quando moriamo? - aveva chiesto l'apprendista Domadraghi.
- Tornano a vivere in libertà e non si legano più a nessun Domadraghi.
Quella era stata l'ultima lezione.
- Sei pronto - aveva affermato Leif, orgoglioso, e gli aveva arruffato i capelli.
Mira non si sentiva affatto pronto, soprattutto non mentre camminava lungo il sentiero che portava nella foresta e si inerpicava sulla montagna, luogo dove i draghi andavano a deporre le uova.
Se vedi un uovo incustodito, non toccarlo. Scappa. La madre è nei dintorni e ti attaccherà a vista.
Comunque presto ci sarà il cambio di stagione e in questo periodo i draghi non depongono uova, si ripeté.
Si portò una mano alla cintura, controllando di avere il pugnale che Leif gli aveva regalato.
- Voglio che tu abbia solo l'attrezzatura migliore - aveva borbottato. - Almeno finché non sarai più esperto. Con questa attrezzatura non ti può succedere nulla.
Temeva che gli succedesse qualcosa. Si preoccupava per lui.
Gli aveva comprato la corda più robusta che vendevano alla bottega, dei profumi calmanti e delle piccole esche per distrarre o attirare i draghi.
- Non sappiamo che tipo di drago sarà il tuo, quindi non posso darti i consigli che darei a chi deve domare un drago di fuoco. Sta' attento e sforzati di ricordarti tutto ciò che ti ho insegnato - si era raccomandato, e per un istante era parso in apprensione.
Si osservò il polso, sul quale spiccava la piuma, bianca contro la sua pelle dorata. Poi riprese a camminare.
Incontrò qualche drago di piccola taglia, ma essi si tennero a distanza da lui. Di tanto in tanto udiva qualche richiamo, qualche calpestio di rametti, ma nulla di preoccupante.
Camminò a lungo, seguendo il sentiero principale, e giunse al limitare della foresta. Decise di proseguire ancora un poco.
Si fermò a fare una pausa solo ad un tornante, dove la strada si allargava. Sul terreno notò delle orme di drago che non aveva mai visto e si chinò a studiarle. C'erano delle minuscole piume bianche sopra, rimaste attaccate al suolo.
All'improvviso udì un grido, misto ad un frullio d'ali. Alzò lo sguardo. Due draghi, uno bianco e uno rosso, stavano litigando, e si avvicinavano in volo. Non voleva attirare la loro attenzione mettendosi a correre, ma doveva andarsene.
Si affrettò a tornare indietro, nella foresta. Tutto taceva.
Pericolo scampato, si disse.
E poi... CRASH! Gli alberi davanti a lui cedettero sotto il peso del drago bianco, il quale era stato sbattuto sul terreno dal drago rosso. Quest'ultimo gridò un ultimo ammonimento e se ne volò via.
Mira si avvicinò lentamente. Tra gli alberi crollati, decorati da piume bianche, giaceva il drago bianco. Non aveva mai visto una creatura simile: era più piccolo della maggior parte dei draghi dei Domadraghi, aveva le zampe più grosse ed era piumato.
Era ferito, aveva le piume macchiate di sangue sulla spalla, e respirava pesantemente.
Mira si avvicinò un altro po', e il drago spalancò gli occhi e lo fissò. Aveva grandi occhi viola, dalla pupilla più tondeggiante rispetto a quella degli altri draghi, che spiccavano sul muso dolcissimo.
- Ehi - sussurrò, azzardando un passo. Il drago balzò in piedi, calpestando qualche albero nel farlo, e gli ringhiò, sulla difensiva. - Non voglio farti male.
Ma tu non farmi male, pensò.
Infilò una mano nella borsa, ne trasse un pesce e glielo lanciò. Il drago gli rivolse un'occhiata sarcastica: e io dovrei mangiare quella cosa?
Mira sospirò, estrasse un altro pezzo di pesce e iniziò a masticarlo. Il drago continuava a fissarlo.
Il ragazzo si sedette.
- Senti - disse, interrompendosi per pensare a cosa voleva dire. Anche la creatura si sedette, come un cane. - Guarda che è buono, diffidente di un drago che non sei altro.
Ridacchiò tra sé.
- Dài, prova - e gliene porse un altro pezzo, senza lanciarglielo. Rimase in attesa, col braccio allungato e la piuma sul polso in vista.
Dopo quella che gli parve un'eternità, il drago si protese in avanti e prese delicatamente ciò che gli veniva offerto. Mira lo lasciò masticare e poi, piano, poggiò la mano sulla sua testa.
L'animale gli lanciò una rapida occhiata e non si mosse. Il ragazzo lo accarezzò. Era così soffice! Come una nuvola.
- Nuvola - bisbigliò. Nuvola chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare. Mira gli fece i grattini, dopodiché raccolse il pesce che gli aveva lanciato e glielo diede. Il drago lo mangiò dalla sua mano, e si mangiò anche tutte le esche che aveva nella borsa.
Pareva si fidasse di lui, e c'era un solo modo per accertarsene.
Si alzò e si allontanò un poco, diretto verso il villaggio. Nuvola lo seguì immediatamente.
(Continua...)


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Capitolo 6
*** Nuvola - Parte seconda ***


Tornarono con calma al villaggio, siccome Nuvola era ferito. O ferita. Chissà se era un maschio o una femmina.
Leif stava rincasando in quel momento, insieme ad Elin: vide stagliarsi nel cielo Rubino, che proseguì il proprio volo verso casa, mentre Marat virò verso la cascata.
S'impose di concentrarsi su Nuvola per non pensare al fastidio immotivato che gli provocava immaginarsi Leif ed Elin insieme.
Quando giunsero a casa, Leif li aspettava fuori.
- Vi ho visti mentre arrivavo! Wow, Mira, ce l'hai fatta! Sapevo che ce l'avresti fatta! - esclamò, abbracciandolo forte. Lui ricambiò l'abbraccio, iniziando a percepire la stanchezza di aver camminato a lungo e aver dovuto vincere la diffidenza di quello che ora era il suo drago. - Sono così fiero di te!
L'attenzione di Leif si spostò su Nuvola, che li osservava, in attesa. Il Domadraghi di fuoco sgranò gli occhi.
- Un drago... piumato? Non ne avevo mai visto uno! - esclamò, prima di notare il sangue sulle sue piume.
- Non l'ho ferito io, ma un altro drago - s'affrettò a precisare Mira.
Il biondo annuì.
- È chiaramente un morso di drago.
- Come posso curarlo, Leif?
- Aspettami qui.
Il Domadraghi di fuoco entrò in casa e tornò poco più tardi con erbe, fasce e unguenti.
- Prima dobbiamo pulire la ferita con l'acqua, poi dobbiamo applicare questo unguento e fasciarlo. Dovrai mischiare queste erbe al suo cibo, quando gli dai da mangiare, per lenire il dolore - spiegò in tono pratico. Mira accarezzò la testa del proprio drago.
- Dovrò dargli da mangiare? - domandò. Nuvola strusciò il capo contro la sua mano.
- Finché non sarà guarito non potrà cacciare - replicò Leif. Si procurò un secchio d'acqua e una spugna e la porse a Mira. Il ragazzo pulì delicatamente la ferita e applicò l'unguento, massaggiando la spalla del drago. Nuvola non emise nemmeno un lamento.
Leif lo aiutò a fasciarla.
- Ecco. Dovrai controllare che non la strappi. Domani gliela cambieremo.
Si grattò la testa, poi sorrise.
- Ce l'ha un nome? È una femmina.
- Nuvola - rispose Mira, arrossendo.
- Nuvola? - ripeté Leif, divertito. Il Domadraghi si strinse nelle spalle. - Nuvola. Che nome carino.
Dato dal suo domatore altrettanto carino. Ma questo lo pensò e basta.
***
Nuvola guarì in fretta, senza mai strappare la medicazione. Dovendo nutrirla ogni giorno, il suo rapporto con Mira si solidificò.
Mentre era in convalescenza molte persone vennero a farle visita: i Domadraghi, vecchi e giovani, che non si capacitavano che esistesse un drago piumato, i bambini, che la riempivano di coccole fino a stremarla, e altri abitanti del villaggio attirati dalle voci.
Nuvola era molto paziente, forse fin troppo, e non dava segno di aver alcun potere speciale da scatenare contro chi la infastidiva: né fuoco né acqua, né elettricità o aria, non il ghiaccio né le piante.
- È una pacifista, come me - scherzava Mira, stampandogli un'infinità di baci sul soffice muso.
- Ma se stava litigando con un drago, quando l'hai incontrata - ribatteva Leif per punzecchiarlo, invidioso di tutte le coccole che il ragazzo faceva al drago. - E tu sei stato arrestato, quando sei arrivato, piccolo criminale.
Allora Mira lo guardava malissimo, e il Domadraghi di fuoco gli arruffava i capelli, ridacchiando.
Ora che Nuvola era guarita poteva nutrirsi da sola, e poteva essere sellata. Leif aiutò Mira a scegliere una sella adatta, prima di dargli lezioni di volo.
- Ecco, vedi? Si mette così. Facile, no? Prova tu, adesso. Bravo.
Nuvola si abituò in fretta alla sella e ad avere sul dorso una persona.
- Direi che sei pronto per provare a volare. Io e Rubino ti staremo vicino, quindi non preoccuparti. Ti prenderemo... al volo.
Mira non rise. Salì in groppa al proprio drago e le ordinò di alzarsi in volo. Nuvola obbedì immediatamente, quasi disarcionandolo con un allegro stacco.
Rubino e il suo domatore, ancora a terra, li osservavano. Leif sospirò. Non si sarebbe mai perdonato se fosse successo qualcosa a Mira.
Da quando ci tengo così tanto a lui?
- Sto bene! - gridò Mira, rassicurante, e sul suo volto sbocciò un sorriso enorme quando il biondo lo raggiunse.
Il Domadraghi di fuoco si sentì gonfiare il cuore di quel sentimento a cui non voleva dar nome, e sorrise a propria volta.
Volarono fianco a fianco lentamente per un po', poi Mira si stufò e gli chiese di insegnargli qualche trucco.
E Leif reputava che fosse davvero troppo presto per quello, ma come faceva a dire di no a quegli occhioni blu, quel viso così dolce?
Gli insegnò a scendere in picchiata e a girarsi sul dorso di Nuvola. Mira era estasiato.
Yorick si unì a loro, ma Leif gli proibì di insegnargli altri trucchi.
- Per oggi basta così - disse, lanciando un'occhiata minacciosa al Domadraghi d'aria.
- Ma io e lo zuccherino ci stavamo divertendo! - piagnucolò Yorick.
- Potete divertirvi ancora domani. Torniamo a casa, Mira - asserì Leif, irremovibile.
- Gelosone! - lo apostrofò Yorick, sghignazzando. E continuò le proprie acrobazie con Lutfi.
Tornarono a casa.
- Sei geloso... di Yorick? - domandò timidamente Mira.
- Non sono geloso di nessuno - mise in chiaro il Domadraghi di fuoco, secco. Scosse il capo, quasi cercasse di scrollarsi di dosso la stizza.
- Quindi a te sta bene se mi alleno a volare con lui?
- Allenati con chi vuoi! - esclamò Leif, prima di accorgersi della propria reazione esagerata. - Ma non farti male.
Forse Yorick aveva ragione. Forse Leif era geloso.
Mira sorrise e gli accarezzò un braccio, prima di baciarlo dolcemente sulla guancia.
- Penso che mi accontenterò di continuare con il miglior Domadraghi dell'isola - soffiò. Dopodiché andò ad occuparsi di Nuvola.
Leif lo seguì con lo sguardo, stregato, e si toccò la guancia dove le labbra del ragazzo si erano posate.
Doveva ammetterlo: aveva completamente perso la testa per Mira, altroché.
Ma Mira? Giocava col fuoco e non se ne accorgeva, nella sua innocenza. E lui, Leif, non era sicuro di saper domare il proprio fuoco. Doveva, tuttavia, imparare a farlo, se per Mira era solo un gioco, per non finire col cuore spezzato.


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Capitolo 7
*** I fiori dei sentimenti ***


In breve tempo, allenandosi con Leif, Mira divenne un Domadraghi provetto. Era molto bravo nel volo, se la cavava nel combattimento e nella caccia e sapeva far eseguire trucchetti carini a Nuvola, come faceva un tempo con Cocco.
Gli altri Domadraghi adoravano trascorrere del tempo con lui e Nuvola, salvo Elin che non mostrava mai alcun particolare entusiasmo. Fra le nuvole con Yorick, a fare le corone di fiori per Nuvola con Rorik, mentre lei giocava con Bosko, o a meditare con Lynae e Illiya... Mira si divertiva un mondo e sentiva d'appartenere a quell'isola, quel villaggio, ai Domadraghi.
La sua routine, ora che aveva un drago, non era cambiata un granché. Ogni mattina Leif lo accompagnava al negozio e ogni sera lo aspettava fuori, per tornare a casa insieme.
A volte Leif si fermava a scambiare due chiacchiere con Rorik, come fece quel mattino.
Mira riordinava gli scaffali, accarezzando di tanto in tanto Alberello, Fiore e Foglia che gli gironzolavano attorno, pronti ad aiutarlo.
Il Domadraghi di fuoco lo osservava intenerito, in silenzio.
- Ti piace molto, non è vero? - gli chiese Rorik a bassa voce, attento a non farsi udire dal proprio assistente.
- Certo che no - rispose immediatamente l'amico, distogliendo lo sguardo e arrossendo violentemente.
Rorik rise sommessamente.
- È bello vederti così, Leif.
- Così come? - domandò il biondo, sperando che il viso gli tornasse presto d'un colorito normale.
- Innamorato.
- Io non sono... innamorato - ribatté Leif, incrociando le braccia al petto.
- Da quando è arrivato sei così luminoso! È come se ti avesse riacceso - proseguì Rorik, imperterrito.
- Sciocchezze - borbottò il Domadraghi di fuoco fra i denti. Rorik sorrise.
- Secondo me anche tu gli piaci - affermò, facendogli l'occhiolino. Leif lo sbirciò di sottecchi per accertarsi se lo stesse prendendo in giro, poi scosse il capo.
- E cosa te lo fa pensare?
- Ti guarda come tu guardavi Elin, e come ora guardi lui.
- Ti sbagli - Leif arricciò il naso, corrucciato. - Non mi guarda così.
- Leif - mormorò affettuosamente il Domadraghi delle piante. - Gli esseri umani sono come le piante. Quando le conosci, sai come sono anche quando non le vedi in superficie.
L'amico serrò le labbra, testardo.
- Le piante dei vostri sentimenti hanno già messo radici, amico mio - gli disse gentilmente. - Dovresti dirglielo, Leif. Dovresti. Lui non ti spezzerà il cuore.
- Ci penserò - replicò Leif. - Devo andare. Ciao, Rorik.
Si fermò a salutare Mira, augurandogli una buona giornata e arruffandogli i capelli.
Rorik rise tra sé. Erano così carini.
Mira gli rivolse un'occhiata interrogativa, notandolo ridere. Il Domadraghi delle piante agitò una mano come per dire che non era nulla.
La giornata trascorse lenta. La sera, ad aspettare fuori dal negozio, insieme a Leif c'era Lynae.
La ragazza gettò le braccia al collo a Rorik, alzandosi sulle punte, e lo baciò sulla bocca. Mira non poté fare a meno di fissarli, invidioso.
- Che ci fai qui? - chiese Rorik, sorpreso ma contento. Lynae sorrise languidamente.
- Sono andata in ricognizione con Leif, visto che gli altri si stanno tutti preparando per la competizione del cambio di stagione - spiegò. Rorik la strinse a sé.
- Visto che sei già qui... vuoi cenare con me e Bosko? O andiamo da te?
Mira e Leif si scambiarono una rapida occhiata e li lasciarono soli. Rorik e Lynae si spostarono nel retrobottega, con Bosko. Ad un ordine del ragazzo, il drago fece apparire dei fiorellini lungo tutto il proprio corpo. Si prospettava una cena romantica, per loro, e il Domadraghi delle piante si augurò che anche Leif si desse una mossa e si dichiarasse.
- Tu... non ti prepari per la competizione? - domandò Mira, mentre percorrevano la strada verso casa. Le loro mani si sfioravano, di tanto in tanto.
- Non così presto - rispose Leif. - Perché? Volevi prepararti con me?
- Non penso che parteciperò, Leif.
- Perché no?
- Io e Nuvola non siamo all'altezza, e poi Nuvola... non ha alcun potere speciale, e quello serve per superare alcune prove, vero?
- Quello è vero, sì - confermò il Domadraghi di fuoco. - Ma potere o no, tu e Nuvola sareste perfettamente all'altezza di questa competizione. Siete allo stesso livello di ogni altro Domadraghi dell'isola.
Mira sorrise e scosse piano la testa.
- Non parteciperò - ribadì dolcemente.
- Ma verrai con me, vero?
Incrociò lo sguardo supplicante del Domadraghi e si sentì sciogliere.
- Ma certo - rispose. E quando, un istante dopo, la mano di Leif sfiorò la sua, agganciò il mignolo al suo.
Leif avvampò e sorrise.
Cenarono in silenzio. Il biondo era immerso nei propri pensieri e, finito di mangiare, andò dal proprio drago e gli bisbigliò qualcosa.
- Ti comporti in maniera sospetta - asserì Mira, che l'aveva seguito, ridacchiando. Leif arrossì.
- Vieni con me - replicò, nervoso. E, afferrata la sua mano, lo portò in spiaggia.
Quella sera c'era uno spicchio di luna nel cielo blu, spruzzato di stelle. Il mare era calmo, accarezzato da una lieve brezza.
Mira era felice, emozionato e innamorato. Innamorato di quel cielo stupendo, dello sciabordio delle onde, di essere vivo e soprattutto del ragazzo accanto a lui che, da quando gli aveva preso la mano, non l'aveva più lasciata andare.
Sì, era innamorato di Leif.
Rubino li aspettava poco più in là. Il suo domatore gli accarezzò il muso, mormorando un ringraziamento.
Si sedettero contro il corpo del drago.
- Guarda - disse Leif, schioccando le dita. Tante piccole fiammelle si accesero lungo il dorso di Rubino, fino alla punta della coda.
Mira restò a bocca aperta.
- Leif, è bellissimo! - esclamò, con gli occhi luccicanti di meraviglia. Il Domadraghi di fuoco sorrise con orgoglio.
- Romantico, non è vero?
Mira annuì, ancor più emozionato. Leif gli sistemò una ciocca di capelli dietro un orecchio, prima di scendere ad accarezzargli una guancia. Sorrise.
- Sei bellissimo - sussurrò dolcemente.
Lui arrossì.
Leif deglutì, strofinando il pollice contro la sua guancia.
- Mi piaci tanto, Mira - confessò, avvicinando un poco il volto al suo. Mira socchiuse la bocca e chiuse gli occhi, ignorando il cuore che gli martellava impazzito nel petto.
Il Domadraghi di fuoco eliminò la distanza tra le loro labbra e lo baciò teneramente. Mira si aggrappò alle sue spalle e portò una mano tra i suoi capelli, rispondendo al bacio con passione.
Quando si staccarono, per un lungo istante si guardarono negli occhi e si sorrisero, prima di baciarsi di nuovo.
- Mira... - Leif si aprì in un sorriso, senza fiato, e prese il suo viso tra entrambe le mani. - Vuoi essere il mio ragazzo?
Lui premette per l'ennesima volta le labbra sulle sue, avvampando lievemente.
- Pensavo di aver già risposto - bisbigliò, ridacchiando, già ubriaco di baci.
Si baciarono ancora ed ancora.
- Dobbiamo tornare a casa, Mira - mormorò Leif. - Si sta facendo tardi.
Mira sorrise languidamente e lo baciò un'ultima volta.
Il villaggio già dormiva e camminare per le sue vie deserte e silenziose, mano nella mano con Leif, gli parve la cosa più bella del mondo.
Ma niente di paragonabile al momento di andare a letto, quando s'infilò sotto le coperte col bel Domadraghi biondo, per dormire tra le sue braccia forti.
Leif gli accarezzò il viso e lo baciò dolcemente, prima di cingergli la vita con un braccio e tirarlo a sé.
- Non provare neanche ad alzarti, domattina - lo ammonì affettuosamente, assonnato.
Mira gli si avvicinò ulteriormente e lo ammirò per un po'. Non gli sembrava ancora possibile che un ragazzo così bello e bravo fosse suo. Suo.
- Mio - bisbigliò, ridacchiando tra sé. E Leif, che aveva i sensi di drago, socchiuse un occhio e replicò:
- Tuo -.


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Capitolo 8
*** Semplicità ***


Il mattino seguente Mira si svegliò presto come ogni giorno e fece per alzarsi, quando percepì Leif stringerlo nel sonno. Rimase immobile, mentre un sorriso enorme gli si dipingeva sulle labbra nel ricordare la sera passata.
Leif gli aveva regalato un primo bacio da sogno, poi avevano continuato a baciarsi a lungo. Gli aveva chiesto di essere il suo ragazzo, per quanto la risposta fosse scontata.
Gli accarezzò i capelli, prima di passare un dito sulle sue tempie, sugli zigomi, sulle labbra.
- Mira... - mormorò il Domadraghi, abbozzando un sorriso sghembo. Gli prese la mano e se la poggiò sul collo, dopodiché lo afferrò per i fianchi, lo premette contro di sé e lo baciò, ancora ad occhi chiusi.
Mira rispose al bacio, domandandosi se Leif fosse completamente sveglio o no. Il ragazzo aprì i meravigliosi occhi verdi, si sistemò sopra di lui, appoggiandosi ai gomiti, e riprese a baciarlo con passione.
Era incredibile. Avevano trascorso così tanto tempo a desiderarsi l'un l'altro, ed ora stavano divorandosi le labbra sul letto del Domadraghi di fuoco.
Mira arrossì al pensiero, ma tornò in fretta a concentrarsi sulla bocca del proprio ragazzo.
- Dobbiamo alzarci - mormorò Leif, facendogli una carezza.
Si alzarono, cercandosi con lo sguardo in continuazione e tenendosi per mano sotto il tavolo, mentre facevano colazione. I genitori del biondo non s'accorsero di nulla e, se lo fecero, non ebbero niente da dire al riguardo.
Leif accompagnò Mira al negozio di piante come ogni giorno, con l'unica differenza che, non appena uscirono di casa, intrecciò le dita le sue. Novità che fece sorridere entrambi.
- Non ci posso credere! Congratulazioni! - esclamò Rorik, vedendoli arrivare. E rise di gioia. I suoi amici arrossirono lievemente, ma continuarono a tenersi per mano.
- Grazie - farfugliò timidamente Mira.
- Vi auguro tutta la felicità del mondo - disse il Domadraghi delle piante, sorridendo. Era la persona più genuina che Mira avesse mai conosciuto ed era impossibile non volergli bene.
- Grazie - borbottò Leif, prima di rivolgersi al proprio ragazzo e congiungere dolcemente le labbra alle sue. - Ci vediamo stasera, Mira.
E se ne andò. Mira lo guardò andar via con sguardo sognante.
- I tuoi occhi brillano così tanto, - asserì Rorik, una volta entrati in negozio - che pare che qualcuno abbia rubato le stelle e le abbia messe tutte nei tuoi occhi.
Il suo assistente avvampò e si passò una mano tra i capelli, imbarazzato.
- Rettifico, che Leif le abbia messe nei tuoi occhi - infierì bonariamente Rorik, poggiandogli una mano sulla spalla e dandogli una stretta affettuosa. - Mira, vedervi insieme mi rende così felice! Leif è come un drago di fuoco, non teme niente e a volte è un po' scostante, ma è fedele e protettivo ed ha bisogno di qualcuno come te che alimenti il suo fuoco, non che lo spenga...
Come Elin, pensarono entrambi, pur tacendo.
Si misero al lavoro. Mira aveva la testa altrove e fece cadere un paio di vasi. Rorik non ebbe cuore di rimproverarlo.
- Quando io e Lynae ci siamo messi insieme... - raccontò, mentre aiutava il proprio assistente a pulire il disastro che aveva combinato. - Non sono nemmeno andato al lavoro. I miei nonni gestivano ancora il negozio, io davo loro una mano. Siamo montati su Bosko, perché Illiya era ancora molto diffidente e imprevedibile, e siamo scappati su un'altra isola, così, per un giorno.
Mira sorrise.
- Non è esattamente una fuga romantica come la vostra, però... Leif mi porterà alla competizione del cambio di stagione - disse, passandosi nuovamente la mano tra i capelli.
- Spero ti divertirai! - Rorik accarezzò Alberello che gli si era arrampicato addosso. - Quand'ero piccolo il nonno mi portava sempre ad assistere alle competizioni. Le isole si trasformano: ci sono festoni ovunque e gli abitanti indossano vestiti speciali, coloratissimi, per l'occasione. I Domadraghi si vestono con le tenute che si son fatti preparare apposta e i loro draghi hanno attrezzature apposite. Le tenute di Leif sono sempre super pratiche ma bellissime.
Gli fece l'occhiolino, e Mira arrossì.
- Assistere alle competizioni è uno spettacolo, ma nulla batte l'emozione della prima competizione. Presto anche tu farai parte della squadra.
Il Domadraghi dagli occhi blu strascicò i piedi.
- Non so. Non credo di esserne all'altezza, e il mio drago non ha nulla di speciale: non sa far sbocciare i fiori dal nulla, non può radere al suolo una foresta con un soffio infuocato, non è capace di trasformare qualunque cosa in una statua di ghiaccio, non sa spazzare via le nubi col proprio respiro né paralizzare qualunque cosa si muova con un fulmine... è solo un drago piumato con un Domadraghi mediocre che, prima di naufragare qui, manco sapeva che esistessero, i draghi.
Ecco, l'aveva detto. Aveva appena confessato a Rorik la propria preoccupazione più grande: quella di non essere speciale come tutti si aspettavano. Si aspettavano che Nuvola si rivelasse il drago più forte del mondo, e che il suo Domadraghi sapesse domare qualunque drago con un solo sguardo.
Il Domadraghi delle piante sospirò.
- Mira, tu e Nuvola siete speciali. Pensi che si diventi Domadraghi da un giorno all'altro? Tu hai fatto l'incredibile: sei arrivato e in un battito di ciglia hai trovato il tuo drago e hai imparato tutto l'essenziale per essere un Domadraghi, quasi fossi solamente nato sull'isola sbagliata e avessi avuto bisogno di ritrovare le tue radici. Hai una piuma che nessuno ha, e hai un drago che non è mai stato visto prima! Che importa se non siete tradizionalmente speciali? Siete speciali a modo vostro! - fece una pausa, Rorik, per riprendere fiato. - Mira, non sono Leif, ma te lo dirò lo stesso. Vuoi dei motivi per sentirti speciale? Sei speciale perché sei tu! Perché Alberello, Fiore e Foglia ti adorano più di quanto adorino me o Lynae, perché sei la semplicità fatta persona, perché hai gli occhi blu come il mare e un sorriso luminoso quanto il sole. Magari non diventerai il Domadraghi più potente del mondo e probabilmente morirai di vecchiaia, nel sonno. Che male c'è? Non c'è bisogno di essere eccezionali per essere speciali. Essere una persona semplice non esclude l'essere speciale.
- Rorik, come fai ad essere così saggio?
- Sono solo vecchio - rispose lui. I loro occhi s'incontrarono e i due scoppiarono a ridere.
Ripresero a lavorare. Ora Mira era più concentrato; le parole di Rorik gli rimbombavano nella mente: non c'è bisogno di essere eccezionali per essere speciali. Essere una persona semplice non esclude l'essere speciale.
Giunse la sera. Leif lo attendeva fuori come sempre e, quando i suoi meravigliosi occhi verdi si posarono su di lui, sorrise.
- Ciao, Mira - lo salutò, abbracciandolo e baciandogli i capelli. Il ragazzo portò le braccia dietro la sua schiena e gli poggiò la testa sul petto.
- Ciao, Leif - replicò, sentendosi felice e in pace.
Il suo posto era lì, tra le sue braccia. Ed era lì, in quel villaggio, in quell'isola, e non aveva alcun motivo di sentirsi inadeguato.


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Capitolo 9
*** Tu ***


L'inverno stava arrivando, ma ancora faceva caldo. Nelle giornate in cui non avevano niente da fare, i Domadraghi si ritrovavano al lago sotto la cascata ad oziare in compagnia.
Mira adorava quei momenti e, da quando Leif era il suo ragazzo, li amava ancor di più.
Tutti erano rilassati ed amichevoli, e perfino Elin pareva aprirsi un poco.
Quando arrivarono al lago, quel giorno, Rorik e Lynae stavano sbaciucchiandosi sulla riva, Elin stava prendendo il sole e Yorick corse loro incontro.
- Leif! Mi hai rubato lo zuccherino?! Non ti credevo capace di una cosa simile! - esclamò in tono melodrammatico, fingendo di asciugarsi una lacrima. Si rivolse a Mira. - Zuccherino... ti sei lasciato rubare il cuore da Fuocherello? Oh, povero, povero me!
Mira arrossì, imbarazzato, e Leif sbuffò. Yorick scoppiò a ridere.
- Congratulazioni, ragazzi - disse, aprendosi in un gran sorriso.
Quando Elin li vide aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra.
- Ciao, Elin - la salutò gentilmente Mira. Leif si tese e gli strinse involontariamente la mano.
- Ciao... Elin - lo imitò, nervoso. Conosceva quell'espressione. Conosceva tutte le sue espressioni. A volte ancora non si capacitava che, dopo averla amata così tanto, lei lo trattasse quasi come un estraneo.
L'espressione sul volto della Domadraghi s'indurì ulteriormente.
- Ciao - replicò freddamente. E socchiuse gli occhi, dando ad intendere che non avrebbe fatto loro le congratulazioni e che non aveva voglia di parlare.
I ragazzi si allontanarono per salutare Rorik e Lynae, poi entrarono in acqua e iniziarono a spruzzarsi a vicenda.
Mira non ne aveva mai abbastanza della risata del proprio ragazzo, del suo sorriso spensierato. Sorrideva così raramente, nei primi giorni a seguito del suo naufragio.
Leif smise di spruzzarlo e lo acciuffò, prendendolo in braccio.
- Mira... - mormorò, mordendosi il labbro inferiore e fissandogli le labbra. Lui gli chiuse le gambe dietro la schiena e si perse affascinato ad ammirare i capelli bagnati che parevano d'oro e gli ricadevano sul viso, le gocce d'acqua che come polvere di stelle gli correvano lungo le guance, gli solleticavano la bocca.
Si baciarono. I loro amici applaudirono, ma per loro non esisteva più nulla, solo le labbra affamate dell'altro.
Quando Leif si stancò di reggere il proprio fidanzato andarono ad asciugarsi al sole, insieme a Rorik, Lynae e Yorick. Solo Elin non si unì a loro.
- Vado a parlarle - annunciò Leif, seppur incerto. Mira annuì, sorridendogli incoraggiante.
- Non la capisco - borbottò Yorick. - Da quando sei arrivato tu si è allontanata da tutti. Abbiamo fatto di tutto per coinvolgerla come abbiamo sempre fatto, ma lei...
- Non si comportando molto da amica - osservò a bassa voce Lynae.
- Non è colpa nostra - si aggiunse Rorik. - E nemmeno di Leif. Non è stato lui a lasciarla.
- Forse pensa che la coinvolgiate solo perché siete amici di Leif... o magari ha bisogno di un po' di tempo da sola - ipotizzò timidamente Mira. Gli altri Domadraghi scossero la testa.
Il ragazzo rifletté ancora per un istante ed alzò lo sguardo verso Leif, ora seduto accanto alla propria ex.
- Col nuovo arrivato? - stava dicendo Elin. - Wow. Congratulazioni.
- Risparmiami il sarcasmo, Elin - sospirò il Domadraghi di fuoco. - Cos'hai contro Mira?
- Niente, solo non capisco cos'abbia di speciale. Ma non sta a me giudicare con chi stai.
- A me sembra proprio che tu lo stia facendo - ribatté Leif, irritato. - Mira è un ragazzo fantastico e tu sei ingiusta nei suoi confronti! E anche con Rorik, Lynae e Yorick...
Elin guardò altrove, stringendo le labbra.
- Senti, se non vuoi più avere a che fare con me, anche se non lo capisco e non mi sta bene, okay. Ma smettila di essere prevenuta nei confronti di Mira e di comportarti così con i nostri amici! Se ancora li reputi tali.
- Non capisci niente - sibilò la ragazza.
- Ah sì? Forse perché tu non mi dici cosa ti passa per la testa! E hai gradualmente smesso di farlo da quando ci siam messi insieme! - sbottò Leif. Una vocina lontana nella sua mente gli disse di calmarsi, ma la ignorò. Aveva taciuto per troppo tempo. - Avrei fatto qualunque cosa per te! E tu... tu! Eri sempre così indifferente! Che io ci fossi o no non faceva differenza, per te!
Si alzò, percependo le lacrime pizzicargli gli occhi. Faceva così male ricordare. Aveva pianto dopo che lei lo aveva lasciato e anche nei giorni seguenti, sul dorso di Rubino, senza mai mostrare le proprie lacrime a nessuno. Non avrebbe fatto eccezione, quella volta.
Se ne andò, diretto verso la spiaggia. Non aveva tuttavia fatto i conti con un certo qualcuno che, al contrario, aveva il pianto facile e non temeva di mostrarsi con le lacrime lungo le guance.
- Cercate di divertirvi anche per noi - disse Mira a Rorik, Lynae e Yorick, affrettandosi a seguire il proprio ragazzo. - Leif!
- Non seguirmi! Sta' con gli altri...
Lui lo seguì comunque, in silenzio, senza cercare di fermarlo. Il Domadraghi di fuoco camminava e cercava di piangere il più silenziosamente possibile, continuando a sfregarsi il viso per cercar di bloccare le lacrime.
- Leif...
- Vai via, ti prego.
- No.
Un singhiozzo.
- Non ti lascio solo mentre sei in questo stato - Mira lo afferrò delicatamente per un polso e gli donò un'occhiata colma d'affetto e apprensione. - Quando due persone si amano, dovrebbero prendersi cura l'una dell'altra.
- E chi ha detto che ti amo?
Mira sorrise dolcemente e gli asciugò le lacrime.
- Tu. Tu, con i tuoi baci, con i tuoi sguardi, con i tuoi gesti.
Leif lo abbracciò, singhiozzando rumorosamente.
- Posso prendermi cura di te? - chiese con dolcezza il suo ragazzo, accarezzandogli la schiena. Lui fece un cenno d'assenso col capo, nascondendo il viso nel suo collo.
Restarono così abbracciati a lungo, poi si sedettero sulla sabbia. Mira poggiò la mano sopra quella del Domadraghi di fuoco.
- Leif, lo sai, vero? - domandò, piano. - Che provo quello che provi tu.
Leif lo guardò e gli si avvicinò lentamente, prima di poggiare le labbra sulle sue. Nulla diceva ti amo come quel tenero bacio.
- Cos'è successo con Elin? Vuoi parlarne?
Venne zittito da un altro bacio.
- Leif, sono serio...
Il biondo sospirò, allontanandosi, prima di avere un ripensamento e poggiargli la testa sulla spalla.
- Le ho detto... delle cose che mi tenevo dentro da parecchio - mormorò. - Non le avevo mai dette a nessuno. Dopo che ci siam lasciati... pensavo di dover affrontare tutto da solo. Volevo affrontare tutto da solo, per dimostrare d'essere forte. Se esternamente sembravo quello di sempre, internamente mi son chiuso in me stesso e mi son distanziato dagli altri. E poi sei arrivato tu...
Gli sorrise con tenerezza.
- Tu, che mi capisci senza bisogno di parole, che mi chiedi se puoi prenderti cura di me come se non ti stessi prendendo cura del mio cuore da quando ci conosciamo...
Mira arrossì e appoggiò la testa contro la sua.
- Prenditi cura di me ancora a lungo - bisbigliò Leif. E io mi prenderò cura di te, sempre, pensò.


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Capitolo 10
*** Festoni di drago ***


Mancavano ormai pochi giorni alla competizione. I Domadraghi stavano ultimando i preparativi.
- Nuvola dovrà restare qui - disse Leif, mentre controllava per l'ennesima volta la propria attrezzatura. - Non si possono portare draghi che non competono. I miei genitori la terranno d'occhio, non preoccuparti.
Mira accarezzò il proprio drago sul morbido testone.
- Farai la brava, vero? - le domandò. Nuvola gli diede un colpetto alla mano. - Certo che sì. Mi mancherai, Nuvoletta.
Leif sorrise, intenerito.
- Vedrai che saremo di ritorno prima che te ne accorga - lo rassicurò, avvicinandosi per stampargli un bacio sui capelli. Mira afferrò un lembo della sua maglia e lo tirò timidamente a sé, prima di baciarlo sulle labbra.
***
Era il giorno della partenza verso l'isola in cui si sarebbe svolta la competizione. Ad ogni cambio di stagione, aveva spiegato Leif, c'è la rotazione e un'altra isola ospita la competizione.
- Hai preso tutto? - domandò il Domadraghi di fuoco, con la sacca in spalla. Essa conteneva la tenuta da competizione, la misteriosa tenuta: sebbene il ragazzo l'avesse provata qualche giorno prima per accertarsi che ancora gli andasse alla perfezione e non fosse rovinata, aveva impedito al fidanzato di vederlo con quella indosso. Era una sorpresa.
Mira si grattò la testa.
- Aspetta... mi sa di no - rispose, pensieroso, per poi afferrarlo per la maglia e baciarlo. - Adesso sì.
E sorrise, arrossendo lievemente. Leif rise.
- Sicuro? Non hai dimenticato ancora qualcosa? - lo stuzzicò, e Mira lo baciò ancora e ancora, finché non ebbe più fiato. - Andiamo. Non possiamo far aspettare gli altri.
Salutarono i genitori del biondo e Nuvola. Il drago pareva ignaro che il suo domatore stesse partendo e gli fece le feste come ogni giorno.
Andarono in spiaggia, dove gli altri Domadraghi li attendevano con i rispettivi draghi. Alcuni abitanti del villaggio s'erano radunati ad augurar loro buona fortuna.
- Alla buon'ora, piccioncini! - esclamò Yorick.
- Mira aveva dimenticato qualcosa... - asserì casualmente Leif, voltandosi verso il proprio ragazzo per fargli l'occhiolino. Lui avvampò.
- G-già...
- Siete pronti? - chiese Rorik. Pareva in forma e rilassato; con un braccio cingeva Lynae, la quale sembrava altrettanto rilassata.
- Non sarà un viaggio lungo - bisbigliò Leif all'orecchio di Mira.
- Pronti! - dissero tutti in coro, prima di montare sui draghi.
Mira si sistemò dietro il Domadraghi di fuoco, avvolgendo le braccia attorno alla sua vita. Quanto tempo era passato dal giorno in cui era salito per la prima volta su Rubino e si era ritrovato in quella stessa posizione, pronto per tornare a casa, e quante cose erano cambiate da allora!
Un sorriso dolceamaro gli si dipinse sulle labbra, ma si sforzò di non pensare a cose che avrebbero potuto intristirlo.
I draghi si alzarono in volo uno alla volta. Rubino e Lutfi si posizionarono alla testa del gruppo, seguiti da Bosko e Illiya e, a chiudere, Marat.
Non s'erano più parlati, Leif ed Elin, da quella giornata al lago. A Mira dispiaceva, dispiaceva a tutti, tuttavia nessuno s'intrometteva.
- Forse faranno pace e si riavvicineranno durante la competizione - aveva detto Rorik al riguardo. - Siamo una squadra, dopotutto.
Mira s'impose di godersi la vista delle nuvole sopra le loro teste e del mare sotto di loro. Di tanto in tanto sfregava il viso contro la schiena di Leif, o gli accarezzava lo stomaco. Il biondo poggiava la mano sulla sua per qualche istante, poi tornava a concentrarsi sul proprio drago.
Non fu un viaggio lungo; era ancora mattino quando arrivarono all'isola nella quale si svolgeva la competizione, isola di poco più piccola della loro.
- Ci vediamo in piazza! - gridò Leif agli altri Domadraghi, e loro fecero un cenno d'assenso. Si dispersero.
- Dove vanno? - chiese Mira, confuso.
- Ai loro alloggi. Ogni squadra è divisa per draghi.
Planarono su una spiaggia dalla sabbia nera.
- Per via del vulcano - spiegò Leif. Altri draghi di fuoco sonnecchiavano sulla spiaggia, da soli o in compagnia dei loro domatori.
Smontarono. Leif porse la mano al proprio ragazzo e intrecciò le dita alle sue, dopo aver premiato Rubino con un pesce.
- Ci vediamo dopo, bello - gli disse. Si avviarono verso l'edificio in cui avrebbero dormito. Tutti i Domadraghi di fuoco parevano conoscere Leif e lo salutavano. Lui ricambiava ogni saluto, fermandosi di tanto in tanto a scambiare due chiacchiere con alcuni e a presentar loro Mira.
La loro stanza era piccola, conteneva solo un letto e l'armadio.
- Non ci passeremo molto tempo - commentò il biondo, dopo aver posato la sacca con i propri averi e quelli del fidanzato. - Ora chiudi gli occhi, mi devo cambiare.
Mira obbedì, per poi riaprirli su ordine di Leif.
Indossava una maglia nera a rete, con le maniche lunghe, dei pantaloni scuri e alle mani dei guanti neri senza dita. Alla vita portava una cintura spessa.
Era bellissimo. Il nero faceva risaltare la sua pelle chiara e i suoi capelli biondi, e la maglia a rete lasciava poco spazio all'immaginazione.
Mira lo fissò a bocca aperta.
- Ti piace?
- Sei... incantevole - mormorò il Domadraghi. Leif rise piano.
- Davvero?
- Davvero.
Lui si avvicinò e lo baciò dolcemente.
- Andiamo. Gli altri ci staranno aspettando.
Ovunque posasse lo sguardo, Mira non poteva fare a meno di notare festoni con draghi. La gente del villaggio li salutava come se fossero delle celebrità.
Rorik, Lynae, Elin e Yorick li attendevano in piazza. La tenuta di Rorik era sobria, semplice, verde scuro; quella di Lynae era sportiva, nera, impreziosita dalle decorazioni in oro; quella di Elin era elegantissima ma pratica, azzurra; quella di Yorick era leggera, curata nel minimo dettaglio, di un verde acqua chiarissimo.
- Siete tutti bellissimi - disse Mira, ammirato.
- Grazie, Mira - replicarono Rorik e Lynae.
- Mai quanto te, zuccherino! - rispose Yorick, facendogli l'occhiolino. Leif lo fulminò con lo sguardo.
Altri Domadraghi si radunarono nella piazza.
- Adesso ci sarà il discorso - spiegò Leif a Mira.
Un uomo prese posto al centro della piazza e tutti si zittirono.
- Cari Domadraghi! Grazie di essere qui riuniti, oggi, per dare il benvenuto alla stagione fredda. La prima prova, quella di velocità, si disputerà questo pomeriggio - annunciò. I Domadraghi ruggirono d'entusiasmo. - Il punto di ritrovo per i partecipanti è la spiaggia di sabbia nera.
- Come si fa a decidere chi partecipa? - chiese Mira.
- I due Domadraghi più veloci o più abili nel volo della squadra partecipano - rispose Leif. - In questo caso io e Yorick.
- E in cosa consiste?
- Nel fare più giri possibili attorno all'isola in un determinato tempo, scandito da colpi di tamburo. È vietato ostacolare o ferire gli avversari.
Il ragazzo annuì.
- E quanti giri fate, di solito?
Sulle labbra di Leif si dipinse un sorrisetto.
- Tanti. Vedrai.
Pranzarono in una locanda, poi fecero un breve giro dell'isola. Era bella, ma Mira realizzò che non ci avrebbe mai vissuto perché era affezionato alla propria, alla spiaggia su cui era naufragato, alla foresta in cui aveva stretto amicizia con Nuvola,  alla casa di Leif che ora era un po' anche la sua.
- Torniamo alla spiaggia. Tra poco ci sarà la competizione.


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Capitolo 11
*** Scontri (incontri) ***


Yorick accarezzava distrattamente il proprio drago, nel tentativo di racimolare la concentrazione necessaria per competere.
Non era solo la concentrazione a scarseggiargli, ma anche la motivazione. E quella gli mancava da un po' di tempo.
Amava le competizioni. Le aveva sempre amate. E tuttavia non ci trovava più gusto: si piazzava sempre secondo, nella prova di velocità, dietro Leif.
Leif, Leif, Leif. Il ragazzo più desiderato dell'isola, quello che si accaparrava le ragazze e i ragazzi più carini, uno dei più giovani e talentuosi Domadraghi di tutte le isole.
Gli voleva bene come a un fratello. A volte s'era pure chiesto se volesse essere lui o se volesse stare con lui. Non che il biondo l'avesse mai considerato come qualcosa di più di un amico.
Era stanco di sentirsi un personaggio secondario perfino nella propria vita. Non faceva certo una colpa a Leif di essere un protagonista anche nelle vite altrui, però era stanco, davvero stanco.
Non sapeva cosa fare. Non gli importava di battere Leif. Non gli interessava rubargli Mira, per quanto lo reputasse adorabile. Voleva solo... distinguersi.
Alzò lo sguardo, riscuotendosi dai propri pensieri, e i suoi occhi ne incrociarono un paio marrone scuro, a mandorla.
Appartenevano ad un ragazzo dai capelli del medesimo colore, vestito d'azzurro e grigio. Non l'aveva mai visto prima.
- Bel drago - commentò lo sconosciuto. Yorick deglutì, rapito dalla sua bellezza, e annuì.
- G-grazie...
- Mi chiamo Jun - si presentò il ragazzo. Doveva essere di poco più grande di lui.
- Yorick.
Si strinsero la mano. La piuma sul polso di Jun era blu.
- Mi son sempre chiesto quale fosse il tuo nome - asserì Jun.
- Uh?
- Ho perso il conto di quante stagioni ho trascorso a guardarti, desiderando di poter volare accanto a te, di batterti. Ho trovato il mio drago, Luna, solo recentemente, ma ci siamo allenati duramente per questa competizione. Mi hai ispirato ad inseguire un sogno e voglio coronarlo - affermò il Domadraghi, serio. Yorick sgranò gli occhi. Ciò che quel ragazzo gli stava dicendo aveva dell'incredibile.
- M-mi... mi fa piacere...
- Oggi o alla prossima competizione, non importa. Ti batterò, Yorick - promise Jun, determinato. Fece per andarsene, ma Yorick lo afferrò per un polso e lo trattenne.
- Se perdi, stasera esci con me - gli propose di getto. Lui inarcò un sopracciglio.
- E se vinco?
- Scegli tu.
Sulle labbra del ragazzo si dipinse l'ombra di un sorriso.
- E così sia - accettò, stringendogli di nuovo la mano. Se ne andò, lasciando al Domadraghi d'aria il batticuore e il desiderio di vincere.
Da quel momento avrebbe smesso di essere un personaggio secondario, decise. Sarebbe diventato un protagonista degno della propria storia.
Si rivolse a Lutfi.
- Vinciamo. Per noi.
Il drago soffiò forte dalle narici. Il suo domatore portò una mano sotto il suo muso e lo avvicinò al proprio viso, dopodiché gli posò un bacio sul naso.
Il pomeriggio arrivò in fretta. Yorick scorse Jun tra i partecipanti, seppur per un istante, e solo quello sguardo di sfuggita gli bastò a infiammargli il cuore e ad accenderlo di determinazione.
Raggiunse Leif. Il Domadraghi di fuoco lo guardò e gli sorrise, senza proferir parola. L'amico ricambiò il sorriso. Non avevano bisogno di parlare per intendersi.
Mira si era sistemato tra gli abitanti al punto di partenza per assistere. Era piuttosto emozionato.
L'uomo che aveva parlato in piazza diede il via alla competizione. I draghi si librarono nel cielo azzurro come festoni colorati strappati dal vento.
Rubino si mise in testa al gruppo, seguito da Lutfi e poi da altri draghi sconosciuti.
- E anche l'esito di questa competizione è scontato - scherzò Rorik.
I draghi sparirono alla loro vista. Per parecchi giri Yorick non si voltò a controllare se Jun l'avesse raggiunto o fosse rimasto bloccato dietro altri draghi. Era sicuro di vincere.
Ma poi il ragazzo apparve al suo fianco e lo superò, puntando Leif. Non sapeva quanti giri avesse fatto, però non voleva rischiare di perdere; in caso di pareggio, infatti, contava chi per primo aveva terminato il giro all'ultimo colpo di tamburo.
Non mancava molto al termine della competizione. Tenne d'occhio Jun per qualche giro, certo che Leif non si sarebbe mai lasciato superare. Lui, tuttavia, doveva rimontare. Ma come? Non ci passerò mai tra Luna e Rubino, pensò.
Mira seguiva la gara col fiato sospeso. Un drago sconosciuto, azzurrino, da un po' stava dietro a Rubino e sembrava intenzionato a superarlo. Era velocissimo, per essere un drago d'acqua.
Yorick si decise per una manovra azzardata: ordinò a Lutfi di volare sotto gli altri draghi, per poi risbucare tra Luna e Rubino.
Il tempo stava per scadere.
- Ti prego. Ti prego ti prego ti prego - bisbigliò il Domadraghi d'aria. E il suo drago, quasi avesse ascoltato la sua preghiera, diede un ultimo, potente colpo d'ali e terminò il giro per secondo, dietro Rubino e seguito da Luna.
Yorick si voltò ed incrociò gli occhi di Jun, il quale era allibito. Gli sorrise, prima di girarsi di nuovo.
Vennero sommersi di congratulazioni. Mira buttò le braccia al collo di Leif e lo baciò appassionatamente. Fu dura osservarli ed attendere che la piazza si sgombrasse un poco.
- Sapevo che avresti vinto - disse Jun, dopo avergli stretto la mano. - Sarebbe stato bello batterti, ma era la mia prima competizione, non sono ancora esperto come te e Leif. Non credere che mi stia arrendendo, però! Ti batterò, un giorno, è una promessa.
Yorick sorrise.
- Non vedo l'ora - replicò. - Siete stati incredibili, comunque. Siete arrivati terzi! Alla vostra prima competizione!
Jun avvampò lievemente. Era così carino. Il Domadraghi d'aria si sentì rimescolare da capo a piedi.
- Quindi... stasera... esci con me? - gli domandò, esitante. - Visto che ho vinto.
Sulle labbra rosee del Domadraghi d'acqua si dipinse un sorrisetto.
- Uscirei con te anche se avessi vinto io - confessò, arrossendo ulteriormente.
Si salutarono e si diedero appuntamento per cena in piazza, prima di andare nei rispettivi alloggi per cambiarsi e riposarsi un poco.
Cenarono in una locanda. Jun era una compagnia piacevolissima: era serio, intelligente, interessante e interessato a ciò che il proprio interlocutore aveva da dire; Yorick si sentiva quasi intimidito da lui, pur non riuscendo a spiegarsi il perché, e cercava di comportarsi come faceva con gli altri Domadraghi, ma non riusciva.
Dopo cena andarono in spiaggia. Il sole stava andando a dormire sulla linea dell'orizzonte.
- Dunque... saresti uscito con me... anche se avessi vinto tu? - s'azzardò a chiedere Yorick. Era dalla fine della competizione che quel pensiero lo metteva in agitazione.
Jun annuì.
- Perché?
Il Domadraghi d'acqua arrossì e si passò una mano fra i capelli, manifestando il nervosismo che provava, celato sotto la calma apparente.
- Be', sai che ti ammiro molto come Domadraghi... e poi sei carismatico, sei divertente, sei attraente... - rispose, avvampando ulteriormente. Yorick era stupito.
- Davvero pensi questo di me? - domandò. Jun annuì di nuovo.
- Sì, certo.
- Oh.
Per un attimo calò il silenzio. Il Domadraghi d'aria sbirciò l'amico.
- Stavo pensando... lo so, ci conosciamo solo da oggi, ma potresti allenarti regolarmente con me. Intendo, molto regolarmente. Potrei essere il tuo... insegnante personale, o qualcosa del g-... - ma non terminò la frase, poiché Jun lo afferrò per le spalle e premette le labbra sulle sue. Yorick non ci pensò nemmeno un istante e rispose al bacio.
Si baciarono per un po', premuti uno contro l'altro.
- Be', ecco... era questo che intendevo con insegnante personale - farfugliò Yorick, senza fiato. - Insomma...
Jun era rosso come Rubino, ed era bellissimo.
- Jun...
Gli sfiorò le labbra con le proprie.
- Vuoi... essere il mio ragazzo?
Il Domadraghi d'acqua sorrise timidamente.
- Sì - bisbigliò. Yorick portò una mano sulla sua nuca, tra i suoi capelli castani, e lo tirò a sé per baciarlo.
La sua vita da protagonista iniziava lì, su quella spiaggia, con un ragazzo che non aveva occhi che per lui, per il quale era tutt'altro che un personaggio secondario, e che lo aveva ispirato e motivato.


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Capitolo 12
*** Elettricità nell'aria ***


Il giorno seguente si tenevano la prova d'elettricità, la quale consisteva nell'accendere più lampadine possibili e farle durare il più a lungo possibile, e la prova di ghiaccio, nella quale i Domadraghi dovevano cimentarsi nella creazione di statue e sculture.

Questi ultimi si ritrovarono in piazza non molto dopo colazione. Yorick era in compagnia di un Domadraghi d'acqua che presentò come Jun, il suo ragazzo.

- Vi siete conosciuti ieri... e già state insieme? - domandò Leif a bassa voce all'amico.

- È stato amore a prima vista! - trillò lui, prima di sorridere a Jun. C'era qualcosa nel suo sorriso, nel suo sguardo... Leif perse tutto il proprio scetticismo.

- Congratulazioni - borbottò, abbozzando un sorriso. Almeno lascerà stare Mira, pensò. La sera precedente loro avevano cenato, avevano parlato della competizione e poi erano crollati uno sopra l'altro nel letto troppo piccolo per due persone, provati dalla giornata trascorsa.

Rorik pareva riposato, la sua ragazza un po' meno. Era nervosa e si notava. Elin era tranquilla.

- Andiamo a fare un giro - disse Leif, prendendo la mano del proprio ragazzo e iniziando ad avviarsi. Gli altri Domadraghi lo seguirono, chiacchierando tra di loro, anche con Jun. Sembrava che avesse sempre fatto parte del loro gruppo. Yorick era felice.

Mentre gironzolavano incontrarono diversi competitori, intenti a consumare il primo pasto della giornata. Si aggiunsero a loro per scambiare quattro chiacchiere. Due ragazze si dimostrarono molto interessate a Mira, ma lui fu l'unico a non capirlo. Leif era divertito e un po' geloso.

La prova di elettricità si teneva sulla spiaggia opposta a quella di sabbia nera. Mira non aveva mai visto tante lampadine in vita sua; erano appese ad un filo attaccato a due pali, e c'era un filo per ogni Domadraghi partecipante.

- Andrà tutto bene - bisbigliò Rorik a Lynae, stringendola a sé e stampandole un bacio sulla tempia. La ragazza si limitò ad accarezzargli un braccio. 

La prova iniziò. Alcuni Domadraghi principianti non riuscirono a controllare i loro draghi e, nella foga di far accendere loro più lampadine, le fecero esplodere e furono squalificati. Nessuno rimase ferito, per fortuna.

Lynae non perse mai la concentrazione e continuò a guidare Illiya durante tutta la prova, bisbigliandole ordini per accendere un'altra lampadina quando era sicura che ogni lampadina appena accesa sarebbe durata.

Si piazzò terza, dietro due Domadraghi assai talentuosi, i cui draghi avevano la strabiliante capacità di accendere in pochi istanti moltissime lampadine senza farle esplodere.

- Sei stata bravissima - le disse Rorik, baciandole la fronte. - Ed eri bellissima, piccola...

I suoi amici le fecero i complimenti e Lynae li ringraziò, non più agitata e vivace come sempre.

Si spostarono all'entrata del villaggio per la prova del ghiaccio. Pur sentendosi un poco in colpa, Yorick tifava per Jun. Tanto ci sono gli altri a tifare per Elin, si disse.

Elin e Marat erano un binomio incredibile: insieme avrebbero potuto creare un castello di ghiaccio. Mira era affascinato da loro e da tutti gli altri domatori che con maestria dirigevano i draghi per creare capolavori. Era più di una competizione, quella: era arte e magia. Pensò che non avrebbe mai potuto fare il giudice per quella prova, perché ogni creazione era meravigliosa.

Com'era quasi prevedibile la ragazza finì al primo posto, e Jun al secondo. Yorick non avrebbe potuto essere più orgoglioso di lui.

- Diventerai un grande Domadraghi - gli disse, mentre lo abbracciava. Jun ricambiò l'abbraccio e nascose il viso nel suo collo, prima di posarvi un bacio.

Anche Elin era felice, felice di aver vinto, e non poteva importarle di meno di non avere una persona speciale a farle le congratulazioni, a stringerla, a baciarla, ad essere felice per lei, di non avere più Leif ad essere quella persona. Stava bene da sola e non aveva bisogno di nessuno, se non di Marat. 

Forse Leif aveva ragione sul fatto che si stesse comportando male con coloro che in fondo erano suoi amici da sempre, con Mira che giudicava senza conoscere e con lui... con Leif che non le aveva mai fatto un torto, il cui unico sbaglio era stato quello di innamorarsi perdutamente di lei. E forse loro l'avrebbero accolta a braccia aperte qualora avesse deciso di essere una buona amica di nuovo, ma sentiva che stavano prendendo strade diverse e non si sarebbe imposta di camminare lungo una strada che non era la propria solo per il bene della loro amicizia.

Certo, erano una squadra e probabilmente lo sarebbero sempre stati. Chi poteva dirlo? Qualche pensiero sul partirsene per esplorare il mondo con Marat, come aveva fatto Artemisia, la sorella di Leif, l'aveva fatto.

Artemisia tornava molto, molto raramente a casa, solo per il compleanno del fratello, e a volte nemmeno per quello. Era uno spirito libero; nel suo cuore c'era spazio unicamente per X, il suo drago.

Per il momento, tuttavia, erano solo pensieri e non li avrebbe concretizzati presto. Voleva godersi ancora per un po' quella vita monotona che però adorava, e vedere fino a che punto sarebbe riuscita ad arrivare con le abilità di Marat.

Dopo le prove mattutine i Domadraghi andarono a riempirsi lo stomaco.

- Questo pomeriggio si terrà la prova di abilità - annunciò Leif, mentre mangiavano.

- Prova di abilità? - ripeté Mira, perplesso.

- Un Domadraghi che non partecipa alle competizioni lascia cadere delle palline dal cielo - spiegò Rorik. - Vince chi ne prende di più.

- Non è facile quanto sembra - aggiunse Yorick. - Bisogna avere buoni riflessi e un ottimo equilibrio.

- Si vola basso, ma comunque è una bella caduta. Diversi Domadraghi sono finiti male solo per prendere una pallina fuori portata, una pallina in più - proseguì Leif.

Mira deglutì.

- E voi... partecipate? - domandò. Il suo ragazzo, Yorick e Jun annuirono.

- Non hai nulla di cui preoccuparti, Mira - lo rassicurò il Domadraghi di fuoco, accarezzandogli dolcemente il viso. - Io e Yorick sappiamo il fatto nostro e non è certo la prima volta che partecipiamo.

- Va bene... ma fate attenzione - sospirò il ragazzo, lasciandosi coccolare dal fidanzato.

Yorick si rivolse a Jun.

- Anche tu fa' attenzione, per favore.

Il Domadraghi d'acqua annuì. Il suo ragazzo fece per aggiungere qualcosa, ma tacque. Jun non era un bambino, anzi, era più grande di lui, e si sapeva gestire da solo.

- Divertitevi - disse Rorik. - Faremo il tifo per voi.


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Capitolo 13
*** Il sapore della vittoria ***


- Sei preoccupato? - chiese Rorik a Mira, notandolo giocherellare in continuazione col bordo della maglia e con l'artiglio di drago che portava al collo.
- Mira, stai tranquillo. Non succederà niente al tuo uomo - cercò di rasserenarlo Lynae, sorridendogli affettuosamente e poggiandogli una mano sulla spalla.
Mira arrossì violentemente al sentir definire Leif il suo uomo, e i suoi amici risero.
- Anche i principianti partecipano, spesso, ed è una competizione piuttosto divertente per coloro che non sono interessati a vincere a tutti i costi - asserì il Domadraghi delle piante. - I nostri compagni sono competitivi, certo, ma non fino al punto di rischiare la loro incolumità per vincere.
Mira parve rincuorato.
La prova si svolgeva sulla spiaggia con la sabbia bianca, ora sgomberata dalle lampadine. Chissà dove le hanno messe, s'interrogò il ragazzo.
La sfida iniziò. Come aveva detto Rorik, in verità era piuttosto divertente e, tra i partecipanti, c'erano anche Domadraghi molto giovani. Essi a volte si sbilanciavano, ma subito riacquistavano l'assetto, ridevano e tornavano a cercar di acchiappare le palline.
Leif e Yorick erano estremamente precisi e veloci, non ne lasciavano cadere una, e anche Jun non se la cavava male.
Mira restava tuttavia col fiato sospeso ogni qualvolta il Domadraghi di fuoco si sporgeva eccessivamente da Rubino. Ammirava il suo talento, ma non riusciva a non preoccuparsi. Leif era tutto ciò che aveva.
La prova si concluse col biondo al primo posto. Jun si qualificò quarto e Yorick quinto.
- Visto che è andato tutto bene? - disse Rorik, dando una pacca sulla spalla all'amico. Lui fece un cenno d'assenso col capo.
I compagni li raggiunsero poco più tardi. Leif si precipitò dal proprio ragazzo e lo abbracciò, baciandogli i capelli.
- Sano e salvo - gli sussurrò, sorridendogli. Mira annuì, prima di stringerlo forte. Il Domadraghi di fuoco sorrise ulteriormente e gli arruffò la morbida chioma rossiccia.
Quella sera, quando andarono a letto, non s'addormentarono subito.
- Ti piace essere qui? Ad assistere alle competizioni? - chiese Leif, mentre gli accarezzava il viso.
- Sì. Anche se non ho potuto fare a meno di aver un po' paura per te, oggi - ammise Mira, socchiudendo gli occhi per godersi meglio le sue coccole.
Il biondo abbozzò un sorriso.
- Ora sai come mi sento quando ti alleni con Yorick - mormorò, scherzoso ma non troppo.
- Non penso che mi allenerò più con lui... né che lo vedremo spesso - osservò Mira, strofinando la guancia contro la mano del proprio ragazzo. - Adesso che ha Jun...
- Farà la spola da un'isola all'altra - Leif ridacchiò e si contorse nel letto troppo stretto per potersi avvicinare ulteriormente al fidanzato. - Almeno ha smesso di flirtare con te.
- Hai detto che non eri geloso di nessuno - gli ricordò Mira per stuzzicarlo. Il Domadraghi di fuoco sbuffò.
- Ma io non sono geloso di Yorick - ribatté. Mira inarcò un sopracciglio. - Okay, forse un po'.
Il ragazzo dagli occhi blu prese il suo viso tra le mani e lo baciò, sorridendo sulle sue labbra.
- Yorick è carino ed è divertente, ma non è te - sussurrò, cercando i suoi meravigliosi occhi verdi per incatenare lo sguardo al suo. - E io voglio te da quando ti ho visto, anche se non ne ero cosciente.
- Ripetilo.
- Cosa?
Sulle labbra di Leif sbocciò un sorriso.
- Che vuoi me.
- Voglio te - bisbigliò Mira, avvampando lievemente. Il Domadraghi di fuoco lo abbracciò stretto, appoggiando la fronte alla sua e chiudendo gli occhi.
- Mira, non importa dove io mi trovi, mi fai sentire a casa - mormorò.
Mira allungò timidamente un braccio e lo avvolse attorno alla vita del proprio ragazzo.
Casa non era solo un luogo. Casa era anche famiglia, casa era amore.
***
Il giorno seguente si tenevano le ultime tre prove: al mattino la prova d'aria, una pericolosa sfida di acrobazie, e la prova di fuoco, un misto tra la prova di elettricità e quella di ghiaccio, e il pomeriggio la prova delle piante, nella quale i Domadraghi dovevano far sbocciar fiori e piante, o riportare alla vita eventuali vegetali danneggiati dalla prova precedente.
I Domadraghi si ritrovarono per colazione.
Yorick era silenzioso. Rorik era rilassato come sempre. Leif era tranquillo e sdolcinato con Mira.
- È normale, non ti preoccupare - disse il Domadraghi di fuoco a Jun. - Diventa sempre così quando è concentrato. Non spesso, dunque.
L'amico lo guardò male e Leif ridacchiò. Jun si limitò a sorridere.
Dopo colazione si spostarono sulla spiaggia di sabbia bianca. Il Domadraghi d'acqua era in apprensione.
- Non spiaccicarti - disse a Yorick, cercando di buttarla sul ridere. Lui gli accarezzò dolcemente il viso e gli posò un bacio sulla fronte.
- Perché dovrei? Ci sarai tu a prendermi, no? - replicò, e i suoi occhi grigi luccicarono. Jun strinse le labbra in una linea sottile. - Abbi fiducia in me.
- Mi fido di te - mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo. Yorick lo baciò.
- Fa' il tifo per me, amore - asserì, facendogli l'occhiolino. E andò da Lutfi, senza voltarsi.
Più che tifare per il proprio ragazzo, Jun pregò che tutto andasse bene. Anche Mira, che si era allenato col Domadraghi d'aria più di una volta, teneva le dita incrociate per lui. Leif, Rorik, Lynae ed Elin, invece, erano tranquilli, sicuri delle capacità dell'amico.
Yorick si esibì in una performance mozzafiato, lasciandosi cadere dal proprio drago e facendosi riprendere al volo, come aveva fatto il giorno in cui gli era stato presentato Mira. Le sue acrobazie gli valsero il primo posto.
Jun lo strinse forte.
- Grazie di non esserti spiaccicato - sussurrò, nascondendo il viso nel suo collo. Yorick gli accarezzò i capelli.
- Non c'è di che, zuccherino - replicò, felice.
Nella prova del fuoco Leif fece accendere delle fiammelle lungo il dorso di Rubino come aveva fatto la sera in cui aveva chiesto a Mira di essere il suo ragazzo, ma solo dalle ali in giù. Gli fece creare un cuore di fumo in volo, che Mira sospettò fosse indirizzato a lui, e poi altre figure.
- Un giorno gli chiederà di sposarlo così, me lo sento - bisbigliò Yorick a Rorik.
- Piaciuto il mio spettacolo? - chiese il Domadraghi di fuoco al fidanzato, una volta dichiarato vincitore.
Mira lo abbracciò e poggiò la testa sul suo petto, sorridendo.
- L'ho adorato - rispose, fermandosi un istante ad ascoltare il battito lento del cuore del ragazzo.
- Mi fa piacere - mormorò Leif. Averlo lì, in quel momento, dava alla vittoria tutto un altro sapore.


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Capitolo 14
*** Dove il mare incontra la notte ***


Il pomeriggio si svolse la prova delle piante. I draghi riportarono alla vita il legno bruciato nella prova precedente e crearono nuova vita.
Rorik fece sbocciare fiori lungo tutto il corpo di Bosko, formò un drago con i fiori sbucati dal terreno e chiamò Lynae dalla folla degli spettatori, ordinando al proprio drago di farle apparire una rosa da dietro l'orecchio, come in un trucco di magia. Poi le offrì la rosa e le baciò le nocche.
Ottenne il terzo posto.
- Abbiamo vinto tutto ciò che potevamo vincere - gongolò Yorick. - Andiamo a festeggiare.
- Andate senza di noi - disse Leif. Mira gli rifilò un'occhiata perplessa, prima di pensare che magari il Domadraghi stava male e voleva un po' di compagnia. - Ci vediamo domani a pranzo.
- Perché? - chiese Yorick, stupito. L'amico si strinse nelle spalle, invitando Mira ad avviarsi.
- Non preoccupatevi. Divertitevi - li congedò, abbozzando un sorriso.
Andarono all'alloggio. Leif prese la sacca, la quale era piena di chissà cosa.
- Leif? Dove andiamo?
Lui sorrise, misterioso.
- Ti porto in un posto speciale - rispose, prendendolo per mano. Uscirono e montarono su Rubino.
- Ma è lontano?
- No. Saremo di ritorno per pranzo, non temere - lo rassicurò il Domadraghi di fuoco.
Volare di sera era strano, ma strano in senso positivo. Videro il sole tramontare e il cielo fondersi col mare, finché non rimasero solo le stelle sopra di loro nel blu infinito che era diventato il mondo.
Atterrarono su un'isola molto piccola, disabitata, occupata da una grotta enorme. Era spaziosa abbastanza per ospitare un drago.
- Rubino, fa' luce - ordinò Leif, e il drago obbedì, accendendo una fiammella sulla punta della coda.
Le pareti della grotta erano decorate da disegni stilizzati di draghi ed esseri umani, disegni che raccontavano lotte e morte, ma anche amicizia, protezione, lealtà.
- Quando ho bisogno di meditare vengo sempre qui - disse piano Leif. Mira era affascinato. - Si dice che uno dei primi Domadraghi abbia vissuto qui.
Il ragazzo dagli occhi blu si avvicinò a una parete sulla quale era raffigurato un drago bianco di piccole dimensioni, e vi posò la mano sopra.
- Sembra Nuvola - commentò, mascherando la nostalgia del proprio drago con un sorriso.
Leif lo abbracciò da dietro.
- L'ultima volta che sono stato qui ho notato quel drago e ho pensato a te - asserì, poggiando il mento sulla sua spalla. - Stanotte dormiremo qui. Ho portato le coperte, e poi Rubino ci terrà al caldo.
Prepararono un giaciglio vicino al corpo del drago, il quale si era disteso a u. La fiammella sulla punta della sua coda tremolava di tanto in tanto, quando entrava uno spiffero d'aria nella grotta.
I Domadraghi si sdraiarono uno accanto all'altro. Il soffitto della grotta era decorato da delle stelle bianche.
- Chissà come hanno fatto a disegnarle - s'interrogò Mira. Leif sorrise.
- Non lo sapremo mai - fece una pausa. - Domani sera si terrà la danza di chiusura. Ballerai con me?
- Se dicessi di no?
Il Domadraghi di fuoco ridacchiò.
- Sei tremendo - lo apostrofò affettuosamente, prima di girarsi e poi sistemarglisi a cavalcioni, serio. - Mira...
- Ballerò con te - farfugliò immediatamente il ragazzo. Leif lo fissò, e i suoi occhi così penetranti lo fecero arrossire.
Sulle labbra del Domadraghi di fuoco si dipinse un dolce sorriso, il suo sguardo si colmò di tenerezza.
- Ti amo - sussurrò, e il mondo si fermò.
Mira deglutì. Leif lo amava, lo sapeva. C'era amore nel modo in cui lo guardava, nella dolcezza dei suoi baci, nei suoi piccoli gesti.
Ma non gliel'aveva mai detto così, non se l'erano mai detto così.
Perché anche lui l'amava. Lo amava con l'intensità di un drago di fuoco, con la delicatezza di un drago delle piante, con la tenerezza di Nuvola.
- Ti amo anch'io - bisbigliò. Leif si abbassò e lo baciò, prima di allontanarsi leggermente per donargli uno sguardo ardente, un poco incerto: una domanda che non sapeva porgli ad alta voce.
Ma non avevano bisogno di parole per capirsi.
Mira annuì col capo, per poi portare una mano tra i capelli biondi del Domadraghi e attirarlo di nuovo sulla propria bocca.
***
Il mattino dopo Mira si svegliò da solo, vicino al muso di Rubino che lo scaldava.
Si stropicciò gli occhi, sbadigliando.
- Buongiorno, Rubino - borbottò, avvolgendosi nella coperta e alzandosi.
Leif era fuori dalla grotta, ad ammirare l'alba. Per qualche istante Mira lo osservò, poi lo raggiunse.
Il Domadraghi di fuoco si voltò e lo guardò, prima di sorridergli con dolcezza.
- Buongiorno, Mira - sussurrò, passandogli un braccio attorno alle spalle e attirandolo a sé per stampargli un bacio su una tempia.
Mira si strinse a lui e così rimasero a lungo, a guardare il cielo schiarirsi e il sole illuminare il mare. La brezza mattutina scompigliava loro i capelli.
- Ho preso della frutta per far colazione - ruppe il silenzio Leif. Tornarono alla grotta. Mira lasciò la coperta nella sacca e uscì di nuovo col fidanzato.
Si sedettero sulla sabbia, vicino al bagnasciuga. Lo sciabordio delle onde fece loro da sottofondo mentre consumavano il primo pasto della giornata.
- Ho fatto un sogno strano - esordì Mira, una volta terminato di mangiare.
- Cos'hai sognato?
- I miei genitori. Avevano dei draghi bianchi molto simili a Nuvola, e volavano davanti a me...
Leif annuì.
- È capitato anche a me di fare sogni strani, in quella grotta. Credo di aver sognato anche te, prima di conoscerti.
Arrossirono.
- È giunto il momento di andare - borbottò Leif, imbarazzato. - Torneremo ancora qui, tutte le volte che vorrai.
Raccolsero i propri averi. Mira si fermò ad osservare un'ultima volta il drago bianco sulla parete, spostando lo sguardo da esso alla piuma candida sul proprio polso.
Chiuse gli occhi. L'energia emanata da quel posto era davvero intensa.
- Mira?
Si riscosse, andò da Leif e lo baciò. Il Domadraghi di fuoco sorrise sulle sue labbra.
- Andiamo.
Il cielo era terso e l'aria mattutina era fresca. Si prospettava una bella giornata.
Mira si strinse al fidanzato e gli posò un bacio sul collo. Leif sorrise.
- Abbiamo la giornata tutta per noi, fino a stasera - disse, mentre volavano. - C'è qualcosa che ti piacerebbe fare?
- Possiamo fare un giro per le botteghe?
- Tutto quello che vuoi, amore mio.
Atterrarono sull'isola poco prima di pranzo. Leif nutrì il proprio drago, dopodiché invitò il fidanzato a raggiungere gli altri Domadraghi in piazza.
- Congratulazioni! - esclamò Yorick, vedendoli arrivare. L'amico lo fulminò con lo sguardo.
- Yorick.
Lui rise.
- E dài, ce l'avete scritto in faccia che stanotte non avete solo dormito!
- YORICK.
Il Domadraghi d'aria ricevette un'occhiata d'ammonimento anche da parte di Rorik.
- Va bene, va bene, scusate. Non volevo metterti in imbarazzo, zuccherino... ma devi ammettere che quando il tuo ragazzo si arrabbia o è geloso è parecchio divertente.
Leif alzò gli occhi al cielo, e Mira gli accarezzò rapidamente un braccio per calmarlo.
Fecero un giro per le botteghe come Mira aveva chiesto; cercava qualcosa come ricordo della prima competizione a cui aveva assistito. Alla fine acquistò un braccialetto con un ciondolo di lava solidificata.
La sera i Domadraghi indossarono le tenute da competizione per danzare con i compagni.
- Con chi ballerà Elin? - chiese Mira, in apprensione. Gli sarebbe dispiaciuto se la ragazza non avesse avuto nessuno.
- Probabilmente con qualche Domadraghi d'acqua - rispose Leif, nient'affatto preoccupato. - So cosa stai pensando, ma davvero non ne hai motivo. Non le piacciono molto queste cose.
L'uomo degli annunci si sistemò al centro della piazza. Tutt'attorno ad essa erano state accese delle torce.
- Grazie di essere qui riuniti per l'ultima volta e di esservi impegnati nelle sfide - disse. - La competizione si conclude. Diamo il benvenuto all'inverno!
Leif prese la mano del proprio ragazzo e poggiò l'altra sul suo fianco, sorridendo.
Partì la musica. Mira non gli disse che non sapeva ballare; lo seguì e basta.
- Ti muovi bene - lo lodò il Domadraghi di fuoco. I suoi occhi verdi dicevano quanto fosse fiero di lui.
Rorik e Lynae danzavano vicino a loro. Danzavano era un parolone, perché stavano solo ondeggiando di qua e di là abbracciati. Lei era sulle punte, lui la sorreggeva per la vita.
- A cosa pensi? - gli chiese Lynae, notandolo con la mente altrove. Rorik le accarezzò una guancia, portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- A te in abito da sposa, mentre balliamo. E poi a te con i nostri figli in grembo, e a te, fra tantissime stagioni, con le rughe e i capelli grigi - rispose, lasciando sostare la mano sul suo viso. - Penso ad invecchiare con te, piccola.
Non molto lontano da loro c'erano Yorick e Jun. I due Domadraghi volteggiavano con leggiadria, rendendo invidiose le coppie attorno a loro.
- Non riesco ancora a credere di essere qui con te... - mormorò quasi tra sé Jun, senza tuttavia perder la concentrazione.
- Perché? - bisbigliò il suo ragazzo.
- Non mi sentivo alla tua altezza, soprattutto non senza un drago.
- Jun... a me non importa che tu abbia un drago o no - ribatté dolcemente Yorick. - Non ha alcuna importanza. Non per me.
E si fermò per prendere il suo viso tra le mani e baciarlo.
Elin aveva ballato per un po' con un Domadraghi d'acqua moro con gli occhi nocciola, prima di cambiare partner e passare ad una Domadraghi delle piante rimasta sola. Alla fine, con una scusa, era scappata da Marat, a guardare le stelle con lui.
- Un giorno saremo solo io e te - gli disse, accarezzandogli il collo. - E non avremo nulla a cui pensare.


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Capitolo 15
*** Alba ***


Era mattino presto, prestissimo, quasi ancora notte. Yorick si arrampicò sul tetto ed emise un fischio; un istante dopo Lutfi s'alzò in volo. Il Domadraghi balzò sul suo dorso con grazia.
- Andiamo, amico mio - bisbigliò, dandogli qualche pacca affettuosa.
Mentre volavano, a metà strada dalla loro meta, un altro drago si stagliò nel cielo che andava rischiarandosi.
Il Domadraghi d'aria e quello d'acqua si sorrisero, e i loro draghi danzarono uno attorno all'altro.
Volarono fianco a fianco, in silenzio, prima di planare sulla spiaggia dell'isola di Jun.
I due innamorati si sedettero sulla sabbia, tenendosi per mano. Yorick sbadigliò.
- Hai sonno? - chiese Jun. - Non c'è bisogno che ti svegli così presto per me...
- Ma voglio farlo - protestò il ragazzo. - Voglio trascorrere ogni singolo istante che ho a disposizione con te.
Si stesero. Yorick appoggiò la testa sul petto del fidanzato, e lui portò una mano tra i suoi capelli chiari per accarezzarglieli.
In cielo c'era ancora uno spicchio di luna. Il Domadraghi d'acqua sorrise e si mise a canticchiare a bocca chiusa.
Yorick desiderò che quel momento durasse per sempre: lo sciabordio delle onde, il lento battito del cuore del ragazzo che amava, il suo canticchiare sommesso, l'alba nascente, ogni cosa era perfetta.
Chiuse gli occhi.
- Non mi importa niente - borbottò, un poco assonnato. - Se devo, mi sveglierò presto tutte le mattine per venire da te. Sempre... anche quando sarò vecchio...
Gli avvolse un braccio attorno alla vita. Jun si mosse appena per baciargli la fronte.
- Credo che per allora non dovremo più fare avanti e indietro - ridacchiò. - A me non dispiacerebbe trasferirmi. Mi piace la mia isola e voglio bene ai miei genitori, certo, ma penso che per vivere appieno la mia vita... ho bisogno di essere dovunque tu sia.
Yorick sbadigliò di nuovo.
- Ti verrò incontro a metà strada... - farfugliò, prima di cedere al sonno. Jun continuò ad accarezzargli i capelli in silenzio, sentendosi felice e in pace.
***
Mira suonava il flauto, seduto contro il corpo di Nuvola. La creatura lo ascoltava rapita, e lo seguì quando lui si alzò, continuando a suonare.
Leif gli apparve alle spalle e lo abbracciò da dietro, baciandogli il collo.
- Leif - rise il suo ragazzo, appoggiandosi a lui.
- Adoro vedervi insieme - mormorò il Domadraghi di fuoco sul suo collo, facendolo rabbrividire. - E sentirti suonare...
Si sedette, invitando il fidanzato ad accomodarglisi in grembo. Egli riprese a suonare, ma solo dopo aver richiamato il proprio drago vicino a sé.
Ad un tratto smise e poggiò la testa sulla spalla di Leif.
- Leif... stasera voglio andare alla grotta da solo - annunciò, prendendogli una mano e giocherellando con le sue dita.
- Da solo?
- Puoi... accompagnarmi, se ti va. Ma vorrei passare lì la notte... da solo - ripeté. Il Domadraghi di fuoco annuì.
- Va bene. Ti accompagnerò con Rubino.
- Forse... riuscirò a sognare di nuovo i miei genitori - sospirò Mira. Leif appoggiò la testa alla sua e gli accarezzò i capelli.
- Mira...
Il Domadraghi impugnò nuovamente il flauto e se lo portò alle labbra. Leif tacque, limitandosi ad ascoltare la struggente melodia intonata dal suo ragazzo.
Più tardi, quella sera, Mira preparò la sacca per la notte ed uscì col fidanzato. Sellarono i rispettivi draghi e partirono alla volta della grotta.
Non parlarono, durante il viaggio, né si guardarono. Mira rimase chino sul dorso di Nuvola, lo sguardo rivolto alla meta.
- Sentirò la tua mancanza - disse Leif, una volta atterrati, abbozzando un sorriso.
Mira gli accarezzò una guancia.
- E io la tua - bisbigliò, prima che il biondo lo abbracciasse. Si strinsero forte. - Buonanotte, Leif.
Le loro labbra s'incontrarono. Il Domadraghi di fuoco prolungò il bacio il più possibile.
- Leif...
- Non posso restare qui con te?
Mira scosse la testa, per quanto il suo tono di voce supplicante l'avesse messo in difficoltà.
- Mi dispiace. Ci vediamo domattina.
Leif annuì, rassegnato, e lo baciò un'ultima volta.
- Prenditi cura di lui - disse a Nuvola. Dopodiché montò su Rubino e s'alzò in volo, non riuscendo ad impedirsi di voltarsi a guardarlo per un istante.
Mira e Nuvola li seguirono con lo sguardo finché non sparirono alla loro vista.
- Andiamo, piccola - disse il Domadraghi, sfiorando la morbida testa del proprio drago con i polpastrelli.
Si avviò verso la grotta, immediatamente seguito da Nuvola.
Era buia, molto buia, senza Rubino a far luce, ma Mira s'arrangiò con un fiammifero.
Mostrò a Nuvola i disegni sulle pareti, cercando di farle capire che il drago bianco era probabilmente imparentato con lei. Lei gli diede un colpetto alla mano con la testa per chiedergli le coccole.
Il Domadraghi rinunciò a ciò che stava facendo e si dedicò al drago, prima di stendere coperta e cuscino e andare a dormire. Nuvola si raggomitolò attorno a lui, appoggiando la coda sulla sua vita; era più pesante e spessa del braccio di Leif, ma andava benissimo.
Quella notte sognò la tempesta, quella in cui i suoi genitori erano scomparsi. Due draghi bianchi li salvavano prima che l'onda si abbattesse sull'isola.
Si svegliò gridando. Era ancora notte e Nuvola lo osservava preoccupata, mugolando. Si strinse a lei e richiuse gli occhi.
Si ritrovò in un altro sogno: stavolta la tempesta era quella che l'aveva strappato dalla propria isoletta. Mentre annaspava tra le onde, prima di perdere conoscenza, vide una figura bianca raccoglierlo dal mare e abbandonarlo su una spiaggia.
Il sonno lo abbandonò poco dopo. Il sole stava sorgendo. Mira si passò le mani sul viso, trovandolo bagnato di lacrime.
Si tirò a sedere.
- Mi hai salvato? - chiese a Nuvola, ma nei suoi occhioni sinceri non trovò risposta. - Credi che i miei genitori siano ancora vivi?
Si osservò la piuma sul polso.
Era solo un sogno, si disse. Le lacrime ripresero a scorrere. Era solo un sogno.
Abbracciò Nuvola, e lei strofinò il testone contro di lui, cercando di confortarlo.
- Torniamo a casa - mormorò, allontanandosi. Per una volta, la parola casa lo rese triste e basta.
Sellò Nuvola e le baciò il muso, dopodiché si sistemò sul suo dorso e la invitò a partire.
Tornati all'isola, il drago volò via di nuovo per andare a cacciare. Il suo domatore entrò in casa in punta di piedi, sperando di trovare il fidanzato sveglio, ma ancora a letto.
Leif fissava il soffitto, di malumore. Aveva dormito male, senza Mira, e si era svegliato molto presto, senza riuscire a riaddormentarsi.
Dei passi cauti di qualcuno che stava andando nella sua stanza attirarono improvvisamente la sua attenzione.
- Speravo di trovarti sveglio - bisbigliò Mira, sedendosi sul letto e poi sdraiandosi al suo fianco.
Il Domadraghi di fuoco lo strinse a sé, inspirando a fondo il suo profumo.
- Mira...
- Mi sembri stanco...
- Ho dormito male - borbottò Leif. - Ma ora che sei qui mi rimetterei volentieri a dormire...
Mira gli baciò la fronte e sorrise.
- Dormi, amore mio - sussurrò, avvampando un poco.
Decise di non parlargli dei sogni fatti, proprio perché non voleva dar loro importanza. Erano solo sogni. Pur essendo l'unico modo per rivedere i suoi genitori, era troppo doloroso. Doveva smettere di pensarci una volta per tutte, perché continuare a tormentarsi era inutile, gli faceva solo male.
E quando più tardi Leif si risvegliò, decisamente più riposato, e gli chiese se aver trascorso la notte nella grotta fosse stato fruttuoso, gli rispose di aver fatto sogni troppo confusi per ricordarseli.


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Capitolo 16
*** Piccoli passi ***


Elin s'inginocchiò sulla sponda del lago per lavarsi il viso, prima di entrare in acqua. Marat emerse in tutto il proprio splendore, gocciolandole addosso nel scrollare la testa.
- Ciao bellissimo - lo salutò la domatrice, accarezzandogli il collo. Il drago sbuffò, e dalle sue narici uscirono delle nuvolette di vapore. - Hai mangiato?
Marat emise un verso rauco in assenso.
- Ci vediamo più tardi - gli disse dolcemente Elin, prima di andarsene.
Aveva deciso. A breve sarebbe partita per nuove avventure lontano da casa, ma prima voleva riappacificarsi con certe persone... con i suoi amici.
La prima persona da cui andò fu Lynae. La ragazza stava meditando con Illiya come ogni mattina, tuttavia s'interruppe immediatamente quando avvertì la sua presenza.
- Elin! - esclamò, contenta, prima di farsi cauta. - Hai bisogno di qualcosa?
La Domadraghi d'acqua s'attorcigliò una ciocca al dito, giocherellando con i capelli.
- Non esattamente - borbottò, incerta. - Possiamo... parlare?
- Certo - Lynae fece per alzarsi, ma l'amica la fermò e si sedette davanti a lei.
Parlare, aveva detto. Come faceva? Le mancavano le parole.
Lynae era sempre stata una buona amica, vivace ed affettuosa. La sua confidente, colei che la coinvolgeva in tutte le sue avventure, tutti i suoi giochi. La loro amicizia era parsa immutata anche quando era diventata la ragazza di Leif. Ma poi si erano lasciati, e Lynae si era messa insieme a Rorik. Si era aperta una crepa nella loro amicizia, crepa che le era sembrata una voragine.
Ora doveva solo... fare un passo oltre alla crepa, sperando che Lynae fosse al di là di essa ad aspettarla.
- Cosa ti tormenta? - chiese dolcemente la Domadraghi dell'elettricità, rivolgendole uno sguardo affettuoso.
Era lì, oltre alla crepa, e l'attendeva a braccia aperte.
Fallo. Fai il passo.
- Mi dispiace... di tutto - disse Elin in un soffio. - Di essermi allontanata. Di averti ferita. Di aver calpestato la nostra amicizia.
Lynae annuì.
- Non spero che potremo essere ancora amiche - proseguì Elin a bassa voce. - Lynae... ho intenzione di partire e girare il mondo. Ma ci tenevo a dirti che mi dispiace.
- Va bene. Scuse accettate - replicò la ragazza, sorridendo. - Elin, è vero, mi hai ferita. Ma non è nulla di irreparabile. Spero che questo viaggio ti arricchisca. Voglio che tu sappia che, se tornerai, io ti aspetterò. Siamo una squadra, no? Tu ed io lo siamo state ancora prima di diventare Domadraghi.
Si abbracciarono. Lynae ridacchiò.
- Non osare mancare al mio matrimonio.
- Non mancherò - borbottò Elin, godendosi ogni istante di quell'abbraccio.
- E comunque, - bisbigliò la Domadraghi dell'elettricità - tempo e distanza distruggono solo le amicizie superficiali. Spero che saremo amiche ancora per tanto tempo.
La seconda persona da cui Elin andò fu Yorick. Il Domadraghi d'aria era stranamente in casa e non da Jun, e ascoltò pazientemente ciò che aveva da dire.
Tuttavia, una volta terminato di ascoltare, le disse che non avrebbe accettato le sue scuse. Sei venuta a scusarti solo perché parti? Molto carino da parte tua. Sei già passata da Leif? No?
Era arrabbiato, lo capiva. Era sempre stato molto legato al Domadraghi di fuoco più che a lei; la loro amicizia era fragile e s'era spezzata immediatamente.
Era inutile parlare con lui. Se ne andò.
- Buon viaggio - mormorò Yorick, un poco amareggiato della propria reazione.
Mira non era ancora arrivato al negozio di piante per lavorare quando Elin vi si presentò per parlare con Rorik.
- Buongiorno, Elin - le disse lui, lievemente stupito di vederla. - Come posso aiutarti?
La Domadraghi gli spiegò ciò che aveva spiegato a Lynae e Yorick. Rorik annuì, poggiandole una mano sulla spalla.
- Ho sempre voluto bene tanto a te quanto a Leif e mi è dispiaciuto che tu ti sia allontanata quando vi siete lasciati. Non è sempre ovvio dire come ricrescerà una pianta, una volta spezzata - asserì, grattandosi la testa. - L'importante è che non ricresca un'erbaccia.
Elin strinse le labbra, non capendo dove volesse andare a parare.
- Da un fiore non può nascere un'erbaccia - la rassicurò Rorik. - Spero che troverai la terra e il sole che ti servono per sbocciare, Elin.
E la abbracciò. La ragazza ricambiò l'abbraccio.
- Continua a prenderti cura degli altri, Rorik - mormorò. Il Domadraghi le accarezzò i capelli.
- Lo farò - promise. - Prenditi cura di te, Elin. Buon viaggio.
Si separarono. Il ragazzo le sorrise con affetto e le fece un gesto di saluto con la mano.
Nell'andarsene, Elin per poco non andò a sbattere contro il proprio ex ragazzo e il suo fidanzato.
Leif la guardò stranito. Mira le rivolse un timido saluto, ricambiato dalla ragazza.
- Che ci faceva qui? - chiese il Domadraghi di fuoco all'amico. Rorik si strinse nelle spalle.
- Abbiamo scambiato due chiacchiere - rispose.
Elin tornò dal proprio drago come gli aveva promesso. Sguazzò nel lago con Marat fino a sera, quando lo salutò per tornare a casa a cambiarsi.
Dopo cena avrebbe parlato con colui che più di tutti meritava delle scuse.
Leif.
Il suo nome le lasciava l'amaro in bocca.
Stava per uscire quando arrivò Yorick per chiederle scusa di come si era comportato quel mattino.
- Non so se riuscirò ad accettare le tue scuse... ma ci proverò - borbottò, senza guardarla negli occhi. Elin lo ringraziò ed aspettò che se ne andasse per uscire.
Leif era a letto con Mira, a coccolarlo.
- Leif! - lo chiamò Elin da fuori.
Il Domadraghi di fuoco si scusò col fidanzato e andò a vedere chi l'avesse chiamato.
- Elin? - disse, stupito.
- Ciao... Leif.
- Ciao. Che ci fai in giro... di sera?
- Volevo... parlarti.
Leif sospirò.
- Se è per quella discussione... lascia perdere. Lasciamola nel passato.
Elin scosse la testa.
- Volevo... chiederti scusa - mormorò. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
- Di cosa? Sul serio, Elin, non importa.
La Domadraghi scosse di nuovo il capo.
- Leif... ho intenzione di lasciare l'isola per viaggiare da sola, come tua sorella. Ma non volevo partire senza prima aver sistemato le cose tra di noi - fece una pausa, sospirando. - Scusa. Scusa per tutto. Per averti spezzato il cuore, per averti fatto sentire come se la tua presenza non facesse differenza, per aver dimenticato che prima di essere fidanzati eravamo amici.
- È tardi per questo, Elin - borbottò Leif, a disagio, passandosi una mano fra i capelli. - Se ti stai scusando perché ti senti in colpa, lascia qui i tuoi sensi di colpa e parti tranquilla.
Elin avrebbe voluto dirgli che quelle scuse gliele doveva, gliele doveva da tanto tempo, non erano i sensi di colpa, e tuttavia tacque.
Lui le diede una pacca gentile sulla spalla.
- Sono andato avanti. Sono felice - abbozzò un sorriso. Riguardo alla sua felicità, la Domadraghi era d'accordo: Mira lo rendeva felice. - Mi mancherai.
Le accarezzò una guancia. Quanto affetto c'era ancora in quella carezza!
- Devo tornare da Mira. Buonanotte, Elin - le disse. E, senza nemmeno attendere la sua replica, si voltò e tornò in casa.
Un'ondata di emozioni travolse Elin, ora rimasta sola come un cucciolo di drago senza la madre. Non era andata male, ma neppure bene. Almeno si era tolta il peso dal cuore.
Era ora a due passi dalla libertà.


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Capitolo 17
*** Sogni che diventano realtà ***


Elin partì qualche giorno dopo averlo annunciato e Jun s'offrì di prendere il suo posto nella squadra, non appena avesse potuto permettersi di trasferirsi.

I Domadraghi lavoravano sodo per la competizione in arrivo, quella di primavera. Si piazzarono secondi, senza Elin.

Giunse l'estate, e il compleanno di Leif. Artemisia non venne a festeggiarlo.

- Non fa niente - commentò il Domadraghi di fuoco, per quanto si notasse che c'era rimasto male. - Ci sei tu e questo mi basta.

Nemmeno l'estate seguente la misteriosa sorella di Leif sostò sull'isola per il compleanno del fratello.

Quell'autunno, Rorik e Lynae annunciarono che si sarebbero sposati a breve.

Quell'inverno, Jun si trasferì sull'isola. La loro squadra, ora che avevano di nuovo un Domadraghi d'acqua, riprese a vincere tutte le competizioni.

Anche Mira aveva accettato di partecipare e si stava allenando duramente, anche se si tirava indietro prima di ogni competizione.

- Non mi sento ancora pronto - si scusava, nonostante fosse diventato un Domadraghi dalle abilità invidiabili. - Sarà per la prossima competizione.

- Prima che quei due si sposino e decidano di mettere su famiglia - sbuffava Leif, ma sempre scherzando. Preferiva diventare vecchio senza mai competere al fianco del fidanzato piuttosto che obbligarlo quando non si sentiva pronto e mettere a rischio la sua sicurezza.

***

Era il terzo compleanno di Leif che Mira viveva con lui.

Era mattino presto, stava dormendo sul petto scoperto del proprio ragazzo quando il caldo e un certo trambusto lo strapparono al sonno.

- Leif... - farfugliò, lasciandogli qualche bacio sui pettorali per cercare di svegliarlo. Il Domadraghi di fuoco alzò lentamente un braccio e gli arruffò goffamente i capelli.

- Leif! C'è tua sorella! - gridò suo padre. Il figlio spalancò gli occhi, immediatamente sveglio.

- Misa! - esclamò, tirandosi a sedere. Mira soffocò una protesta, assonnato.

Leif corse alla porta di casa, seguito dal fidanzato.

- Misa! - ripeté, entusiasta, con gli occhi che gli luccicavano.

Artemisia era la copia sputata del fratello minore, solamente in versione femminile. Era altissima (almeno in questo si differenziava da Leif, che comunque basso non era), aveva lunghi capelli biondi e penetranti occhi verdi.

- Leif - replicò, abbracciandolo. - Auguri, fiammella.

Mira sbucò timidamente da dietro il padrone di casa, ancora mezz'addormentato.

- E lui chi è? - domandò Artemisia, facendo un cenno col capo al suo indirizzo. Leif sorrise.

- Misa, lui è il mio ragazzo, Mira - annunciò, orgoglioso, stampandogli un bacio su una tempia.

- È suo il drago... piumato?

- Sì, è mio. Si chiama Nuvola - intervenne Mira, stringendosi a Leif. Sua sorella gli metteva soggezione.

La Domadraghi sorrise. Anche il suo sorriso era identico a quello del fratello: raro ma bellissimo.

- Ha carattere! Nonostante le dimensioni, ha messo subito in chiaro chi comandava con il mio X - rise. Si spostarono in cucina a far colazione.

Leif sprizzava gioia da tutti i pori. Si vedeva quanto fosse affezionato ad Artemisia.

- Misa, perché non sei passata anche le estati scorse? - le domandò, un po' risentito.

- Ho conosciuto delle persone interessanti - rispose la ragazza, restando sul vago.

- Vuoi dire che hai un ragazzo?

Lei rise.

- No, fiammella. Lo sai che io e l'amore non andiamo d'accordo. No, ho conosciuto due Domadraghi... davvero speciali.

- Parlaci di loro! - la esortò il fratello. Era ancora a petto nudo, e non sembrava intenzionato a coprirsi.

- Una coppia non molto più giovane dei nostri genitori. Hanno liberato i loro draghi per vivere da comuni esseri umani e costruirsi una famiglia; per parecchio è durata - fece una pausa, Artemisia, ed incrociò per un istante gli occhi di Mira. - Poi hanno perso tutto. Si sono ritrovati su un'isola di tre abitanti. Tre! I loro draghi li hanno salvati e portati lì. Hanno cercato l'isola in cui vivevano prima, ma non ne restava più nulla. Sono rimasta un po' con loro.

A Mira la storia di Artemisia parve tremendamente familiare, tuttavia restò in silenzio ad ascoltare. Chissà quante persone avevano una storia simile alla sua.

- Sembra la storia di Mira - commentò il Domadraghi di fuoco. - Devi sapere che anche l'isola di Mira è stata distrutta, distrutta da una tempesta, e lui è naufragato qui ormai molte stagioni fa. Solo che lui non sapeva nemmeno dell'esistenza dei draghi!

Rise, nel ricordarlo; la sorella, invece, osservò Mira attentamente.

Lui deglutì. Perché due pezzi del puzzle forse combaciavano.

- E perché sarebbero speciali, questi due Domadraghi? - chiese cautamente ad Artemisia. Il cuore gli martellava nel petto.

Non ci pensava più, davvero. Ma come poteva dimenticarsene? Era la sua famiglia.

- Perché i loro draghi sono bianchi come la piuma sui loro polsi, come mai ne ho viste prima.

- Come... questa? - indagò Mira, mostrandole il polso. Artemisia la osservò solo per un istante, prima di annuire.

A quel punto il ragazzo iniziò a piangere, all'inizio piano e poi sempre più rumorosamente.

Non era solo un sogno.

Leif gli passò un braccio attorno alle spalle.

- Misa... credi di poterci portare da questi due Domadraghi?

Si misero in viaggio il giorno stesso e arrivarono tre giorni più tardi. Se fosse stato per Mira non avrebbero mai sostato per dormire o mangiare.

- Aspettatemi qui - disse Artemisia, allontanandosi.

L'isola era grande abbastanza per ospitare quattro case, ma era spoglia. Gli abitanti vivevano probabilmente solo di pesca.

La Domadraghi tornò poco dopo, seguita da due persone che Mira non avrebbe mai potuto dimenticare.

- Mira...? - dissero nel medesimo istante quando lo videro, prima di precipitarsi ad abbracciarlo. Mira si rifugiò nel loro abbraccio e pianse per tutto il tempo in cui erano stati separati.

- Mamma... papà... - singhiozzò. Anche loro piangevano.

Leif li osservava poco più in là e non poté fare a meno di sorridere alla sorella per aver reso possibile quel miracolo.

Una volta che la famiglia si fu calmata, fu il momento delle presentazioni.

- Mi chiamo Leif, sono il fratello di Artemisia nonché il ragazzo di vostro figlio...

Mira arrossì, annuendo.

- È stato lui a trovarmi mentre vagavo all'entrata del villaggio - raccontò, omettendo il fatto che fosse stato catturato per avere un'aria sospetta. - Mi ha salvato.

Gli occhi dei due innamorati s'incrociarono e loro si sorrisero.

- Mi ha ospitato fino ad oggi... scusa, Artemisia, sto occupando la tua stanza... e mi ha insegnato tutto ciò che so.

- Sei diventato un Domadraghi - constatò suo padre, arruffandogli i capelli.

Erano seduti sulla sabbia, ora, accerchiati dai rispettivi draghi: X, Nuvola, Rubino, Nova e Diamante.

- Mamma... papà... - esordì Mira, esitante. - Perché, se avete dei draghi, non siete venuti a cercarmi?

Sua madre sospirò piano.

- Ti abbiamo cercato, tesoro. Siamo tornati più e più volte nelle ultime stagioni sull'isola, ma ci siamo rassegnati. Abbiamo dovuto pensare al peggio - rispose, di nuovo sull'orlo delle lacrime.

Mira annuì.

- Perché non mi avete mai parlato dei draghi?

- Volevamo una vita tranquilla, almeno finché voi non foste diventati grandi. Era il nostro sogno, quello di vivere su un'isola abitata solo da noi, senza draghi e tutto ciò che essere un Domadraghi comporta - spiegò suo padre.

- E i nostri draghi? Cosa sanno fare?

- Ancora non si sa. Stiamo facendo delle ricerche. I libri antichi dicono che siano legati alle stelle, ai sogni, e che siano i draghi da cui si sono evoluti tutti gli altri.

- Questo... è un artiglio di uno dei vostri draghi?

- Sì, è di Diamante.

- E adesso cosa farete? - chiese infine Mira, non certo tuttavia di voler sentire la risposta.

- Tesoro... - sua madre gli sorrise, e nei suoi occhi blu come quelli del figlio c'era tutto l'amore del mondo. - Veniamo con te. Non abbiamo molte cose.

- Non ti lasceremo mai più - aggiunse il marito.

Si abbracciarono di nuovo.

I genitori di Mira salutarono i tre abitanti dell'isola e caricarono i loro averi su Nova e Diamante, dopodiché seguirono il figlio, Artemisia e suo fratello nel viaggio verso casa.

Casa. Quella parola non aveva mai avuto sapore più dolce, per Mira.


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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Artemisia ripartì il giorno dopo aver aiutato Mira a ritrovare la propria famiglia.
- Non sappiamo come ringraziarti - dissero i genitori del ragazzo. La Domadraghi sorrise.
- Prendetevi cura di vostro figlio come vi siete presi cura di me. Non c'è altro ringraziamento che voglio - rispose.
Concesse inoltre a Mira di continuare ad utilizzare la sua stanza e promise di tornare presto, per il matrimonio di Rorik e Lynae.
Mantenne la propria promessa, e anche Elin lo fece. Fu una cerimonia bellissima.
***
Tutte le mattine, quando si svegliava, Mira correva alla finestra. Essa era di fronte ad un'altra finestra, quella del suo ragazzo, Leif, che viveva nella casa accanto.
Il Domadraghi di fuoco, che aveva i sensi di un drago, si alzava immediatamente e si precipitava a dargli il buongiorno.
Poi, di solito, si scambiavano sdolcinatezze per un po' e facevano colazione con le rispettive famiglie.
Ogni mattina Mira schioccava un bacio sulla guancia di sua madre e si lasciava arruffare i capelli dal padre poi, una volta terminato questo rituale e consumato il pasto, correva da Leif per farsi accompagnare al lavoro.
Ma c'erano giorni in cui, al posto di fare tutto questo, si alzava e andava direttamente da lui, infilandosi nel suo letto e svegliandolo, inevitabilmente. Leif, tuttavia, fingeva di continuare a dormire solo per godersi le coccole mattutine.
E c'erano giorni in cui Mira neanche tornava a casa e dormiva direttamente col fidanzato, come quando ancora viveva con lui. I suoi genitori non si preoccupavano mai, perché se avevano un dubbio potevano uscire di casa ed entrare dai vicini a chiedere.
Quel mattino Mira fu svegliato da un raggio di sole dispettoso che lo colpì direttamente in faccia.
Si alzò, sbadigliando e passandosi una mano fra i capelli.
Leif era alla finestra, ad osservarlo con sguardo intenerito. Il Domadraghi si sporse dalla propria finestra.
- Buongiorno! - esclamò, sorridendo. La fresca aria mattutina gli accarezzò il viso.
- Buongiorno, amore mio - replicò Leif, ricambiando il suo sorriso. Per un istante si guardarono in silenzio, innamorati persi l'uno dell'altro. - Mi piace la tua acconciatura, questa mattina. Molto originale.
Mira sbuffò e rise.
- Non tutti possono essere perfetti come te anche appena svegli - ribatté, mostrandogli la lingua.
Il fidanzato si morse il labbro inferiore.
Non ti accorgi che per me sei bellissimo sempre...
- Non c'è nessuno più perfetto di te, Mira - lo zittì, facendolo arrossire.
Mira si arruffò ulteriormente i capelli, ridacchiando imbarazzato.
- Ci vediamo dopo - lo salutò, sottraendosi al suo sguardo per andare a cambiarsi.
La sua stanza era piuttosto grande, ariosa, luminosa, ed era simile alla stanza della casetta in cui abitava sull'isola precedente, con l'unica differenza che alle pareti c'erano appesi dei disegni e sul tavolo c'erano, oltre ad alcuni libri, delle statuette.
Mira accarezzò con lo sguardo ogni disegno: Rubino e Nuvola, lui e Nuvola, Cocco, Nova e Diamante... preziosi regali di Leif.
Ordinò i libri sul tavolo, libri sui draghi, sistemò il flauto che stava intagliando in modo che non potesse cadere (Nuvola gli aveva rotto il precedente, credendolo un bastoncino con cui giocare) e raddrizzò le statuette; esse rappresentavano i suoi genitori, la sua sorellina, Cocco, Nuvola e Leif.
Poi si sistemò davanti allo specchio appeso all'armadio, e rise al proprio riflesso. Leif aveva ragione, pensò, i miei capelli sono un disastro.
Si pettinò, prima di spogliarsi e prendere dall'armadio i vestiti che avrebbe indossato. E che vestiti! La sua prima tenuta da competizione, scelta insieme al fidanzato.
Era formata da una maglia col cappuccio e le maniche lunghe e dei pantaloni aderenti, elastici; era interamente di color grigio chiaro, quasi bianco, abbellita da un nastro violetto a mo' di cintura.
Ne lisciò le pieghe, sorridendo soddisfatto. Per una volta si sentiva all'altezza di ciò che lo attendeva.
Scese a far colazione. Anche i suoi genitori si erano vestiti bene per l'occasione, perché per nulla al mondo si sarebbero persi la prima competizione del figlio.
- Buongiorno - disse Mira, sorridendo ulteriormente, con affetto. Quanto gli era mancato vederli ogni mattina, ogni giorno.
- Buongiorno, tesoro - risposero in coro i suoi genitori.
- Sei bellissimo - mormorò sua madre, mentre lui le schioccava il solito bacio sulla guancia.
- Sei cresciuto così tanto - commentò suo padre, rivolgendogli uno sguardo carico d'orgoglio, e senza poi scompigliargli i capelli come faceva usualmente.
- Hai dormito bene?
Mira annuì, aiutando la propria genitrice a servire la colazione.
- Sei nervoso per oggi?
- No.
Si sedettero per mangiare. Pareva quasi una mattina come altre. Mira desiderò sentirsi sempre così in pace.
- Siamo così fieri di te, Mira.
Dopo colazione il giovane Domadraghi andò dal proprio drago. Nuvola agitò la coda come un cane, nel vedere il proprio domatore.
- Ciao, piccola. Sei già andata a caccia? Sei in forma?
Il drago gli diede un colpo alla mano con la testa, bisognoso di coccole come sempre. E Mira non aveva mai problemi a elargirne.
- Ci vediamo dopo, Nuvola - la salutò infine. - O mi rovinerai i vestiti nuovi.
E andò da Leif, il quale stava uscendo di casa in quel preciso istante. Per un momento i due Domadraghi si scambiarono sguardi ammirati.
- Ti dona - riuscì a commentare Leif, mangiandoselo con gli occhi.
Lui era un trionfo di nero, oro e rosso, ed era elegantissimo e bello da morire.
- Potrei dire lo stesso di te - farfugliò Mira, arrossendo. Perché quando Leif era così bello, lui se ne innamorava un po' di più, per quanto impossibile gli sembrasse. Eppure succedeva: altro amore per il biondo domatore trovava spazio nel suo cuore.
Leif sorrise e gli si avvicinò un poco, prima di afferrarlo per i fianchi e tirarlo a sé.
I loro nasi si sfiorarono e i loro occhi s'incrociarono. Nei suoi verdi, così penetranti ma così sinceri, Mira lesse quanto lo adorasse.
Ti adoro anch'io. Spero che tu lo sappia.
Gli sorrise timidamente, portando le braccia attorno al suo collo. Leif lo baciò dolcemente.
- Sei pronto per la tua prima competizione?
FINE


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