Conchiglie Rotte

di Hembrant
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** 15 Maggio ***
Capitolo 3: *** 22 Maggio ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


Lunedì 14 Maggio

E siamo di nuovo a questo punto. 
Non mi escono nemmeno più le parole, non riesco nemmeno a spiegarti quanto sia profonda la mia sofferenza. Anche più profonda di quanto si possa notare dall’esterno. Mi prenderò tutto il tempo che mi serve per scrivere la penosa evoluzione degli eventi, per descrivere l’inesorabile declino del mio essere. Tutto ciò a cui riesco a pensare è ciò che è successo ieri, alle tue parole che già iniziano a farsi meno chiare e a svanire. Voglio scriverle perché, anche se fa male da morire, non voglio rischiare di dimenticare nemmeno un attimo. Perciò, prima che l’oblio abbia la meglio, cercherò di riportare tutto ciò che è accaduto e il senso più profondo dei tuoi discorsi e dei miei pensieri. 
Eri seduto sul divano con una sigaretta in mano e quello sguardo sempre un po’ malinconico, appena dopo la colazione. Eri bellissimo anche nella tua stanchezza e nel tuo stato di agitazione. “Ci ho pensato” hai detto, ed io ho iniziato a percepire la terra che si sgretolava sotto ai miei piedi, senza ancora sapere cosa avresti detto, semplicemente sentendoti pronunciare quelle tre parole. Non ero pronta…credo che non lo sarei mai stata, a dir la verità. Il cuore ha iniziato a battermi all’impazzata ed il mio respiro si è fatto un po’ più corto, l’ansia ha combattuto per avere la meglio ed il mio cervello è andato in tilt. Hai detto di aver pensato molto alla conversazione che abbiamo avuto verso la fine dello scorso mese, a come avevi dubitato dei sentimenti che nutri verso di me. Per un po’ di tempo dopo quella conversazione, hai detto, ti era sembrato che i tuoi sentimenti per me fossero tornati e credevi di avermelo dimostrato. Ti ho risposto che in realtà era meno evidente di quanto pensassi, ma potrei anche sbagliare perché da quella conversazione sono sempre stata in bilico su una corda, come una funambola, piena di insicurezze e paure e dubbi. Ad ogni modo i sentimenti erano tornati, hai detto, ma poi negli ultimi giorni erano di nuovo scomparsi e non ti sapevi spiegare il perché. Hai affermato di avere ogni colpa, sostenendo che io non avessi sbagliato nulla, perché ho sempre continuato a darti tutto, tutte le attenzioni, tutti i gesti d’amore, tutte le dimostrazioni possibili. Hai detto di tenerci molto a me e che vorresti vedermi felice, ma che non sai se tutto questo sia definibile amore. Ne abbiamo parlato a lungo, ho pianto a lungo e anche tu stavi per farlo, ti ho visto, ormai so come sei, ma non hai saputo darmi una motivazione per questo cambiamento nei tuoi sentimenti. “Perché?” ti ho chiesto. “Non lo so” è stata la tua risposta. “Come puoi amare qualcuno per tre anni e otto mesi e smettere all’improvviso?” ti ho chiesto tra le lacrime. “Non lo so” hai risposto.
“Il fatto è che non è una cosa che è maturata nel tempo, non è che il sentimento si è sgretolato a poco a poco. È successo da un giorno all’altro, non so perché” hai detto. “Sono io, non è colpa tua, tu non mi hai mai fatto mancare nulla”. 
E io ho pianto a dirotto, incapace di smettere. Hai detto di essere dispiaciuto, mi hai ringraziata per questo tempo insieme. Hai ribadito di esserti innamorato di me per la prima volta nella tua vita. “Sei bellissima” mi hai detto. 
“Io ti ho amato anche quando non lo meritavi, mentre il tuo amore me lo sono sempre dovuta guadagnare in qualche modo” ti ho detto, ed è vero. Ho visto benissimo che stavi soffrendo mentre ascoltavi le mie parole, ma non potevo tenermelo dentro. 
Poi hai fatto le valigie, e quando hai visto che non bastavano a contenere tutta la tua roba sei andato a comprarne un’altra. Quando sei tornato ti ho chiesto se fossi sicuro al cento per cento di ciò che stavi facendo, di non amarmi più, e tu hai risposto “Penso di si”, sempre un po’ in dubbio, sempre senza darmi un motivazione. “Forse sono il ragazzo sbagliato per una relazione” hai detto ed io non ci ho più visto, ho lasciato che il dolore prendesse il sopravvento e dalle mia labbra sono sgorgate innumerevoli parole di rabbia. Se ci ripenso ora mi dispiace davvero moltissimo di averti detto tutte quelle cose, ma è stato più forte di me. Hai finito di fare le valigie con me che ti guardavo valutare cosa prendere e cosa gettare via, con me che ti vedevo creare i tuoi vuoti. 
Ti ho chiesto se avresti mai potuto immaginarmi con un altro, sposata con lui e con dei bambini non tuoi, quando io non potrei mai immaginarti con un’altra al tuo fianco. Hai scosso la testa. Ti ho chiesto come potessi davvero andartene quando io non avrei mai potuto farlo, e quando ci siamo abbracciati, anche se dicevi che non avrebbe cambiato le cose, io ho sentito la potenza del legame che mi unisce a te, e ti ho domandato come potessi andartene quando io sapevo benissimo che il mio osto era accanto a te, tra le tue braccia. 
“Forse capirò di aver fatto l’errore più grosso della mia vita, e se dovessi capire che sei la donna della mia vita allora tornerò di certo” hai detto, fermo davanti alla porta di casa. Poi mi hai guardata attraverso i tuoi occhi pieni di dolore e mi hai detto “Grazie”, quasi in lacrime, e te ne sei andato. Ho dovuto chiudere in fretta la porta, perché stavo per tornare di nuovo a piangere. Ho guardato la tua figura percorrere il vialetto e salire in macchina, piangendo, ripetendo all’infinito “Ti prego, non andartene”, in loop come un mantra, ma mi è bastato allontanarmi un secondo dalla finestra e quando mi sono affacciata nuovamente tu non c’eri più. 
Ti ho donato tutto il mio cuore e tu te ne sei andato riducendolo a brandelli. 
Ho dovuto passare la notte da mia zia, totalmente incapace anche solo di immaginare di dormire nel letto che ho condiviso con te fino a sabato notte. Ho fatto molti sogni che francamente non riesco nemmeno a ricordare. Ricordo solo che ogni volta mi svegliavo con l’ansia e dovevo ripetermi che te ne sei andato e che non ti avrei trovato accanto a me cercandoti nel letto. Mi sembra tutto così irreale. Fatico a crederci, ma forse solo perché sono lontana dalla casa in cui abbiamo vissuto insieme. 
Nonostante tutto continuo ad amarti. Avrei dovuto dirtelo prima di lasciarti andare. Beh, te lo dico adesso. Ti amo da morire. 

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Capitolo 2
*** 15 Maggio ***


Martedì 15 Maggio

Oggi credevo di stare un po’ meglio.
Non sono riuscita a buttar giù nulla di solido a colazione, per tutta la notte sono stata tormentata dagli incubi e all’ora di pranzo ero totalmente controllata dalle mie paranoie. Ho tartassato un mia amica di messaggi, per farmi dire se avesse avuto tue notizie dal tuo collega. Fortunatamente è stato così, mi ha detto che domenica hai passato la notte in un albergo, da solo. Mi è stato davvero di conforto e per un po’ sono riuscita a calmarmi. Ho anche mangiato di gusto quel poco che avevo nel piatto, anche se alla fine ero fin troppo sazia. Sono stata da mia nonna, ho passato lì la notte scorsa e questa mattina, poi ho visto mio padre. Siamo venuti fuori dal ristorante in cui lavori, per vedere se fossi lì, ma non c’eri. Non sapevo nemmeno io se sentirmi sollevata o in ansia. Per tutto il giorno, anche se sono stata male, sono riuscita a non versare nemmeno una lacrima. 
Poi sono tornata a casa. Mi ci è voluto un po’ prima di decidere di tornare…avevo paura di confrontarmi con tutti i tuoi vuoti. In un certo senso avevo ragione, perché non appena ho varcato la soglia di casa mi è piombato sulle spalle tutto il peso di ciò che è successo. Mi sono ripromessa di non cercarti, di non umiliarmi un’altra volta. Vorrei tanto sentire la tua voce ancora una volta, solo per un secondo, sentirti dire che mi ami solo un’ultima volta. Vorrei poter assaporare i tuoi baci, solo per un po’, solo per fingere per un istante che vada tutto bene. Ma so che non accadrà, e forse questa consapevolezza è ancora più dura da accettare. 
Sei andato via solo domenica, eppure mi sembra siano passati dei mesi. Continuo a pensare che io non riesco nemmeno a stare a casa per più di un paio d’ore, mentre a te magari non frega niente, non ci pensi nemmeno più a me. Come hai potuto farlo? Come sei stato capace di andartene quando l’unico posto giusto per me è nel calore del tuo abbraccio?
Ogni notte mi sveglio innumerevoli volte, mai nel letto che ho condiviso con te, non ce la faccio, e devo ripetermi che te ne sei andato, che non tornerai a tarda notte ad abbracciarmi dopo il lavoro. Continuo a dire a me stessa che è inutile ricordare vividamente com’è dormire tra le tue braccia, perché tanto non accadrà più. Se mi sdraiassi di fianco e chiudessi gli occhi in questo preciso istante so esattamente cosa succederebbe: sentirei il tuo corpo contro il mio, reale in modo devastante, sentirei la tua mano che mi cerca e le tue labbra sulla mia schiena. Sarebbe così realistico che penserei che aprendo gli occhi ti troverei lì…invece troverei solo il vuoto. Un vuoto fisico, causato dalla tua assenza…e una voragine nel cuore. 
Continuo a pensare a tutto quello che abbiamo passato, a tutto quello che abbiamo vissuto insieme…e non riesco ad andare avanti. Sono congelata nel tempo.

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Capitolo 3
*** 22 Maggio ***


Martedì 22 Maggio

Mi ricordo quando ti aspettavo. 
Mi mettevo a letto serena, la maggior parte delle volte, e chiudevo gli occhi sperando di addormentarmi, così saresti arrivato più in fretta e non avrei dovuto aspettare troppo il calore del tuo abbraccio. Ricordo come mi salutavi e mi raccontavi della serata appena trascorsa con la voce un po’ assonnata, già a metà tra la realtà ed il mondo onirico. Ricordo come mi baciavi la schiena quando ero girata sul fianco e come invece allungavi il braccio per farmi spazio sul tuo petto quando ero rivolta verso di te. Ricordo la morbidezza della tua pelle quando ti accarezzavo i fianchi prima di dormire, ricordo le tue spalle larghe che troneggiavano su di me ogni volta che mi abbracciavi. Mi stringevi così forte che sentivo il mio cuore fondersi con il tuo…e ora è come se l’avessi portato via con te quando hai attraversato quella porta. Non so più cosa fare…vorrei dei chiarimenti, ma allo stesso tempo ho paura che non mi ami più e che non vuoi più provare a tener viva la nostra storia. Questa paura è devastante. Lo è, perché non riesco a lasciarti andare. Lo è, perché il mio posto è accanto a te e da quando te ne sei andato non sono più riuscita a sentirmi a casa da nessuna parte. Il mio posto nel mondo è dove sei tu…e tu sei andato via. E senza di te non ho un posto in cui tornare. 
Tempo fa ti dicevo che tu sei la mia ancora e tu rispondevi che io sono la tua nave. E infatti tu hai preso il mio cuore e hai preso il largo, mentre io sono inevitabilmente bloccata qui, in questo posto, in questo istante. Immobile, come la sirena sulla scogliera di Copenaghen. 
Tornerai a prendermi?

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